NOVEMBRE -DICEMBRE 1972

ANNO XXIV -N. 6 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISHTUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1972 



ABBONAMENTI 

A.NNo ................................ L. 8.500 
UN NUMERO SEPARATO �������..._. � . � � . � � � 1.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(2219063) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GJU1RJSPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Michele $avarese} pag. 905 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdel/'
avv. Benedetto Baccari} � I058 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avv. Pietro 
de Francisci} . . . . . . . . . . . . � I O 7 I 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo} . . . . . . . . � . � I097 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile} � I 125 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi} . . . . . . . . . . . � . � I 2 I 9 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura de/l'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte} . . . . . . . . . . � 1229 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -IND.ICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE pag. 159 
RECENSIONI � 168 
INDICE BIBLIOGRAFICO � 172 
CONSULTAZIONI � 173 

NOTIZIARIO � 206 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


ARTICOLI, NOTE. OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


CARAFA R., Insindacabilit� in s. g. degli atti della Corte dei 
conti .. I, 1098 
GARGIULO U., Le questioni pregiudiziali alla valutazione nelle 
imposte indirette: procedimento e decisione . I, 1128 
TERRANOVA A., Recensione del libro di E. ZAMPETTI -G. IPSEVICH, 
Burocrazia, me,zze maniche e .computer, Pan Editrice, 
Milano, 1972 II, 168 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLlCHE ED ELETTRWIT� 


Occupazione di fondi per l'esecuzione 
o manutenzione di opere 
destinate a regolare il regime 
delle acque pubbliche -Controversie 
-Competenza dei tribunali 
regionali delle acque -Sussiste, 
1219. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Legittimatio ad processum -Amministrazione 
competente -Individuazione 
-Onere limitato ai 
terzi, 1071. 

APPALTO 

-Appalto di opere militari -Decisioni 
dell'Amministrazione sul:le 
riserve dell'appaltatore -Ob.:. 
bligo dell'Amministrazione di 
motivare le decisioni di rigetto Insussistenza, 
1221. 

-Appalto di opere militari -r:re: 
tese dell'appaltatore a maggiori 
compensi o indennizzd per fatti 
accertabili in ogni tempo -Onere 
della tempestiva riserva Sussiste, 
1221. 

ARBITRATO 

-Appalto -Appalto di opere militari 
-Natura processuale del 
termine previsto per la proposizione 
della domanda di arbitrato 
-Sussiste -Applicabilit� 
della sospensione per il period? 
feriale dei termini processuali, 
relativi alle giurisdizfoni ordinarie 
ed a quelle amministrative, 
previste dalla 1. 7 ottobre 1969, 

n. 742 -Sussiste, 122.1. 
ASSICURAZIONI 

Surrogazione verso il terzo danneggiato 
-Concorso di colpa 
dell'assicurato -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 990. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Atti confermativi -Reiezione di 
nuova i-stanza basata su elementi 
diversi -Non � atto confermativo 
-Impugnativa -Ammissibilit�, 
1113. 

-Controllo -Atti regionali -Friuli-
Venezia Giulia -Controllo 
Corte dei Conti -Diniego di visto 
del C'onsigliere Delegato -
Deforimento alla Sezione del 
controllo -Leg.ittimit�, con nota 
di R. CARAFA, 1097. 

AUTOVEICOLI ED AUTOLINEE 

-Disciplina dei contratti di compravendita 
-Casi e procedura 
per la vendita -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 944. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Concessioni -Ghwisdizione dei 
Tribunali amministrativi regionali 
-Diritti di applicabilit�, 
1069. 

-Concessiond .amministrative e 
contratti di diritto privato -Di.
stinzione -Effetti sulla giurisdizione, 
1064. 

-Impiego pubblico e privato -Diritti 
patrimoniali -Diniego con 
deliberazione negativa di controllo 
della Corte dei Conti Giurisdizione 
del C.d.S., con nota 
di R. CARAFA, 1097. 

-Poteri della P. A. -In merito a 
funzioni �di prevenzione e di polizia 
-Discrezionalit� -Insussistenza 
di diritti soggettivi alla 
tutela -Difetto di giurisdizione 
dell'Autol'it� giudiziaria, 1058. 

CONTRATTI AGRARI 

-Affitto di fondi rustici -Sistema 
di determinazione dei canoni in 
base al reddito dominicale -Legittimit� 
costituzfonale -Insufficienza 
dei criteri di rivaluta



! 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

j 

zione ed inclusione degli affittuari 
imprenditori -Illegdttimit� costituzionale, 
1045. 

CONTRATTI PUBBLICI/ 

-Attivit� della P.A. relativa alla 
fase di esezione dei contratti Competenza 
in materia, 1070. 

CONSliGLIO SUPERIORE DELLA 
MAGISTRATURA 

-Magistrato -Conferimento di uf.: 
fici direttivi -Autolimitazione 
del Consiglio superiore -Inosservanza 
-Illegittimit� -Fattispecie, 
1117. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi per conflitto di attribuzione 
-Pubblicazione del provvedrimento 
impugnato meramente 
facoltativa -Irrilevanza sul 
termine del ricorso -Inammissibilit�, 
922. 

CORTE DEI CONTI 

-Funzione di controllo� -Organo 
ausiliario del Governo -Cbnseguenza, 
con nota di R. CARAFA, 
1097. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Licenza di costruzione -Misure 
di salvaguardia -L. n. 1902 del 
1952 -Contrasto con gli artt. 42 
e segg. Cost. -Manifesta infondatezza, 
1107 

-Regioni -Competenza -Passaggio 
di funzioni statali -Disciplina 
legislativa -Questione di 
incosttuzionalit� -Manifesta infondatezza, 
1107. 

-V. anche Assicurazioni, Autoveicoli 
e autolinee, Contratti agrari, 
Corte Costituzionale, Fallimento, 
Farmacia, Imposta di registro, 
Imposte doganali, Imposte 
e tasse in genere, Istruzione pubblica, 
Lavoro, Leggi, decreti e 
regolamenti, Locazione, Pensioni, 
Privilegio, Procedimento civi


le, Procedimento penale, Reato, 

1

Regione, Responsabilit� civile, 

Sicilia, Stampa. 

EDILIZIA 

I 

-Oostruzione edilizia -Licenza di ~ 
costruzione -Edificio illegittimamente 
costruito -Sequestro Ammissibilit�, 
1229. 

-Licenza .di costruzione -Misure 
di salvaguardia -Mom�nto -P.rima 
dell'inizio del procedimento 
di approvazione del piano -Legittimit�, 
1111. 

-Licenza di costruztione -Misure 
di salvaguairdia -Presupposti Approvazione 
del piano regolatDire 
-Sufficienza -Piani rparticolaireggiati 
Non occorrono, 
1111. 

-Lfoenza di costruzione -Misure 
di salvaguardda -Provvedimento 
prefettizio -Carattere recettizio 
-Attualit� -Accertamento 
-Riferimento alla data di notifica, 
1111. 

-Licenza di costruzione -Misure 
di salvaguaroia -Provvedimento 
prefettizio -Motivazione Elementi 
da valutare -Carenza 
di motivazione .: ,Illegittimit� 
1111. 

-Licenza di costruzione -Misure 
di .salvaguardia -Provvedimento 
prefettizio -Pairere della Commissione 
edilizia comunale -Non 
occorre, 1111. 

-Licenza di costruzione -Misure 
di salvaguardia -Provvedimento 
prefettizio -Presupposti -Insostenibilit� 
dell'oner�e finanziario 
per !"attuazione del piano Non 
OCCOrTe, 1111. 

-LicenZia di costruzione -Misure 
di salvaguardia -Rapporti con 
le espropriazioni connesse al 
piano �regolatore -Esclusione, 

' 1111. 

-Licenza di costruzione -Misure 
�di salvaguardia -Tempestivit� Accertamento 
-Momenti di riferimento, 
1111. 

-Piano iregolatore -Sospensione 

�quinquennale ex 1. n. 517 del 
1966 -Decorr.enza quinquennio effetti, 
1111. 

INDICE VII 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Cooperativa �edilizia -Soci Cooperative 
fra dipendenti pubblici 
e Cooperative promiscue Cittadinanza 
italiana -� pre
�SCritta solo per le prime, 1116. 

ENTI E BENI EOCLESIASTICI 

-Beni soggetti a conversione in 
virt� della leg:islazione eversiva 
-Automatica devoluzione al demanio 
dello Stato -Presa di possesso' 
da parte dell'Amministrazione 
-Effetti, 1080. 

-Leggi eversive -Beni immobili 
acquisiti al Demanio dello Stato 
-Successiva legislazione concordataria 
-Irretroattivit�, 1080. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Espropriazione -Linea ferroviaria 
-Mancanza delle autorizzazioni 
per cavalcavia e ponti -Irrilevanza, 
1118. 

-Immobile detenuto senza titolo 
dalla P.A. -Risarcimento del 
danno -Esecuzione dell'opera 
pubblica -Effetti, 1090. 

-Indennit� -Determinazione Deposito 
presso la Cassa DD.PP., 
1087. 

FALLIMENTO 

-Bancarotta �semplice -Omessa 
tenuta dei libri contabi1i -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
929. 

-Mancata audizione degli interessati 
da parte del Tribunale -Illegittimit� 
costituzionale, 929. 

FARMACIA 

-Sconto obbligatorio dei medicinali 
agli Enti mutualistici Aleatoriet� 
della rivalsa verso il 
produttore -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 905. 

-Sconto obbligatorio dei medicinali 
agli Enti mutualistici -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
905. 

FILIAZIONE 

Obbligazione alimentare -Vdncolo 
di sangue tra genitori e figlio 
non riconoscibile nato all'estero 
-Sentenza straniera di 
condanna agli alimenti -Dichiarazione 
di efffoacia -Ammissibilit�, 
1094. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Cessazione della materia del contendere 
-Licenza di costruzione 
-Misure di salvaguardia -Impugnazione 
-Sopravvenienza del 
piano regolatore -Non fa cessal'e 
la materia del contendere, 
1110. 

-Licenza di costruzione -Misure 
di salvaguardia -Provvedimento 
pTefettizio -Sopravvenienza 
del piano regolatore -Non fa 
cessare la materia del .contendere, 
1107. 

-Ricorso .giurisdizionale -Atto 
impugnabile -Concorso -Bando 
-Impugnabilit� immediata Esclusione 
-Conseguenze -Fattispecie, 
1105. 

-Ricorso giurisdizionale -Atto 
impugnabile -Deliberazione di 
controllo della Corte dei Conti Deliberazione 
negativa -� .impugnabile, 
con nota di R. CARAFA, 
1097. 

-Ricol'so giurisdizionale -Atto 
. impugnabile -Deliberazione di 
controllo della Ooil'te dei Conti Deliberazione 
negativa -Su atto 
regionale -Ammissibilit� del ri
�Corso, con nota di R. CARAFA, 
1097. 

-Ricorso giurisdizionale -Notifi.
cazione all'Autorit� emanante Deliberazione 
di controllo della 
Corte dei Conti su atti della Regione 
Friuli-Venezia Giulia -Ricorso 
-Notificazione alla Corte 
dei Conti, con nota di R. CARAFA, 
1097. 

IMPIEGO PUBBUCO 

-Concorso -Concorso per titoli -
Limtazione in merito alla pubblicazione 
-Illegittimit�, 1105. 


,VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Concorso -Clriteri di massima Punteggio 
UIIl�co per voci eterogenee 
-Illegittimit�, 1105. 

-Concorso -Titoli -Valutazione Pubblicazioni 
-Lavori in collabOTazione 
-V'alutabilit�; -Lii:
r�liti, 1105. 

-Concovso per titoli -Valutazione 
-Pubblicazioni -Lavori in 
collaborazione -Lavori di un 
candidato in collaborazione con 
un Commissardo di esame -Non 
sono valutabili, 1105. 

-Interesse -In tema di concorso -
Valutazone titoli -Fattispecie Valutazione 
di titoli anche a favore 
del ricorrente -Sussiste interesse, 
1105. 

-Stiipendi, assegni e indennit� Avvocati 
dello Stato -Comandati 
presso la Regione Friuli-Venezia 
Giulia -Propiin.e -Sono 
computabili, con nota di R. CARAFA, 
1097. 

-Stipendi, a�ssegni e indennU� Diritto 
-Pensionabilit� dell'emolumento 
-Non occorre -Fattispecie 
-Avvocato dello .Stato comandato 
presso la Regione FriuliVenezia 
Giulia, con nota dii R. 
CARAFA, 1097 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni per la fusione di 
societ� ex elettriche -Limite Capitale 
della societ� risultante 
dalla fusione non 'superiore al 
doppio del capitale delle societ� 
ex elettrdche -Criteri di determinazione, 
1185 

-Agevolazioni per la ricostruzione 
�edilizia -Sono limitate alle 
attivit� di ricostruzione specificamente 
regolate nel d.l. 10 aprile 
1947, n. 261, 1146. 

-Agevolazioni .per le case di abitazione 
non �di lusso -Ambulatordo 
-Si estende, 1209. 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Aree inedificabili 
destinate a strade -Esclusione, 
1182. 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Aree soggette 
a limitazioni urbanistiche 


L. 7 febbraio 1968, n. 26, articolo 
6 ter -Efficacia retroattiva 


Esclusione, 1182. 

-Atti sottoposti a condizione sospensiva 
-Successione di leggi 
nel tempo -Legg.e vigente al 
momento dell'avveramente della 
condizione -� applicabile, 1149. 

-Azione giudiziaria avverso le decisioni 
delle Commissioni -Decorrenza 
dalla data di notifica 
-Scelta esclusiva dell'Amministrazione 
-Illegittimit� costituzionale, 
1053. 

-Concessione di pubbldco serv1z10 
-Acqua, gas e energia elettrica Somma 
pagata dal concedente 
una tantum per spese di impianto 
-\Tassazione ex iirt. 28 tariffa 
A legge di registro -Esclusione 
-Costituisce corrispettivo della 
concessione tassabile, 1194. 

-Contratti verbali di appalto -Registrazione 
di ufficio -Esclusione 
della prova testimoniale contraria 
-Illegittimit� costituzionale, 
977 

-Decreto ingduntivo -Percezione 
dell'imposta graduale quando diviene 
esecutivo -Omissione -Atto 
non registrato -Prescrizione 
ventennale, 1162. 

-Imposta speciale sulle automobili 
nuove -Prima immatricolazione 
di automobili acquistate 
anteriormente all'estero Si 
estende, 1160. 

Imposta sulle sentenze -Riforma 
della sentenza -Irrepetibilit� dell'imposta 
-Illegittimit� costituzionale, 
1055. 

-Lavoro autonomo -Prestazione 
di attivit� lavorativa di persone 
diverse da quella che ha contratto 
l'obbliigazione -� assimilabile 
all'appalto, 1158 

-Privilegio -Priorit� sulle ipoteche 
-Ipoteche iscritte anteriormente 
-Esclusione, 1170. 

-Responsabilit� solidale di parti 
contendenti e di prooura�tori legali 
-Illegittimit� costituzionale, 
957. 

-Simulazione -Atto �dissimulato Irrilevanza 
ai funi della tassazione 
-Impugnazione della Finanza 
-Difetto di legittimazione, 1215. 


INDICE IX 

Societ� per azionii -Unico azionista 
-Trasferimento del pacchetto 
azionario -Imposta d.i trasferimento 
'sui beDJi della societ� 
-Esclusio1I1e, con nota di C. BAFILE, 
1172. 

-Vendita fra parenti -Presunzione 
di liberalit� -Prova co1I1trarfa 
della provenienza del prezzo e 
del :suo impiego -Necessit�, 1203. 

-Vendita fra parenti -Presunzione 
di liberalit� -Prova della proveruenza 
del prezzo pagato -Liberalit� 
rispetto al. maggior valore 
del bene -N egozdo misto -
Arrnmissibilit� -Requisiti, 1203. 

-Vendita fria parenti -Presunzione 
di Liberalit� -Pll'ovia della provenienza 
del prezzo pagato 1'11sultante 
dall'atto -Prova della prov
�enie1I1za del prezzo in relazione 
al maggior valore del bene accertato 
successivamente -Non � 
richiesta, 1203. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Canone corrisposto al comune di 
Chlancia111Jo dalla Societ� concessionaria 
delle terme demaniali Entrata 
di diritto pubblico -Non 
� tassabile, 1175. 

-Presupposto del tributo -Provvigd:
onii a favore dellla S.I.A.E. sui 
proventi riscossi -CostituiS'cono 
reddito tassabile, 1166. 

Spese pluriennali -Detraibilit� 
in pi� esercizi -Accantonamento 
di somme per costituire un fondo 
pensioni -Ripartizio111Je dell'accantonamento 
in pi� esercli.zi Detrazione 
della spesa nello stesso 
numero di eserdzi, 1166. 

IMPOSTA DI SUOC'ESSJONE 

-Presunzione per mobili, denaro e 
giodelliLi -Inventario -Beni esistenti 
nella casa dell'autore della 
successione -Esclusione di ,alcuni 
di essi -LnvaUdU� dell'inventario, 
1192. 

-Presunzione per mobili, denaro 
e gioielli -Inventa11io -Requisiti 
-Contesta:zJione dia parte del1'
Ammirustrazione -Ammissibilit�, 
1191. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Imposte di fabbricazione -Qua'
lit� del pmdlotto difforme dal dichiarato 
-Accertamento nei laboratori 
�chimki dell'AmministrastraziJone 
-Illegittimit� costituzionale 
-lnammissibi1it� della 
questione, 982. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Acceirtamento -Natura, 1152. 

-Con1cetto .di tributo -Canone corrisposto 
al Comune d.i Chi.anciano 
dalla Sodet� concessionaria 
delle terme demaniali -Non ha 
natura tributaria, 1175. 

-Oo1nda!lJilR dell'Arrnministraziione 
Alle sp,ese -Lmposta ili registro 
Imposta suppletiva -Inapplicabilit� 
del!Ja regola dell'art. 148 
legge di registro; 1188. 

Condam.na dell'Amministrazione 
alle spese -Imposta g�eineraJ.e sull'entrata 
-Rinuncia al1a ptretesa 
entro il novantesimo giorno Esclus~
one, 1188.


-Diritti eramali sugli spettacoli Spettacoli 
sportivi -Compensi 
pagati daUa RAI per la ripresa dli 
manifestazioni -Non vi sooo sogg:
etti, 1201. 

-Imposta �di registro -Decisione 
Commissicone distrettuale -Ingiunzione 
per il pag:amento dell'imposta 
complementare sul valore 
non definitivairnente accertato 
-Legittimit� -Lmpugnazione 
di nullit� delJla deciisione -Irrilevanza, 
1153. 

-Lmposte ill1ld!IDette -Accertamento 
di maggior valore -Motivazione 
-Requisiti, 1152. 

-Lmposte ~ndirette -Avviso di accertamento 
-Funzione di provocatio 
ad opponendum -Termine 
per l'impug~tiva -Decorrenza Decadenza 
dail �diritto dd. contesta!
l'.\e il v~ore notificato � -Suc,
cessiva dm.giunzione di ~agamento 
-In.a:mmissib!ilit� di ulterio;re sindacato 
'IliOn solo sul valo;re ,accertato, 
ma anche sulla legittimit� 
deli criteri .dJi valutazione e della 
procedura ,di accertamento, con 
nota di u. GARGIULO, 1125. 


X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Imposte indirette -Controversie -Stato contribuente -Imposte erain 
tema di valutazione e controriali 
-Esclusione -Enti assimiversie 
in tema di applicazione lati -Non sono soggetti alle imdella 
legge -Procedimento e poste erariali, 1141. 

decisione delle une e delle altre 
-Questione pregiudiziale alla 
valutazione -Procedimento e 
decisione (fattispecie in tema di 
accessione ex art. 47 l.r.), con 
nota di u. GARGIULO, 1126. 

Imposte indirette -Interessi Imposta 
complementare -Successioni 
-Dichiarazione suppletiva 
di valore contenuta nel ricorso 
alla commissione distrettuale 
-Non � idonea ad escludere 
l'obbligo degli interessi sulla 
parte dell'imposta afferente al 
valore dichiarato, 1211. 

-Imposte indirette -Questione di 
valutazione e questioni r�elative 
all'applicazione della legge 
Procedimento e decisione delle 
une e delle altre -Questione pregiudiziale
� alla valutazione -Nozione 
-Fattispecie, con nota di 

U. 
GARGIULO, 1126. 
- 
Imposte indirette -Questioni di 
diritto pregiudiziali alla valutazione 
-Nozione-'-Procedimento e 
decisione delle questioni pregiudiziali 
e delle questioni scindibili. 
-Ammissibilit�, per le questioni 
sclndibili dell'azione giudiziaria 
in autonomo giudizio 
nonostante sia intervenuta la decisione 
definitiva sulla valutazione 
e possibilit� di caducazione 
pro parte di tale decisione -Fattispecie, 
con nota di U. GARGIULO, 
1127. 

-Imposte indirette -Questioni di 
valutazione e questioni di diritto 
pregiudizialt alla valutazione Procedimento 
e decisione -Nozione 
di questione pregiudiziale Fattispecie, 
con nota di U. GARGIULO, 
1128. 

-Imposte indirette -Valutazione 
automatica dei fondi rustici Atti 
diversi dal trasferimento Divisione 
-Inapplicabilit�, 1151. 

-Legge delega per la riforma tributaria 
-Violazione delle competenze 
regionali -Mancanza di 
interesse attuale -Inammissibilit� 
della questione, 937. 

-Titoli azionari -Atti amministrativi 
regionali derogatori al principio 
della nominativit� -Ricorso 
per conflitto di attribuzione Inammissibilit�, 
938. 

I 

I ~ 

ISTITUZIONE PUBBLICA DI ASSISTENZA 
E BENEFICENZA 

-Ente ospedaliero -Consiglio di 
amministrazione -Composizione 

I 

-Decreto del Presidente della 
Repubblica -Prima del passaggio 
della competenza alla Regione 
-Legittimit�, 1121. 


-Ente ospedaliero -Consiglio di 
amministrazione -Composizione 
-Sostituzione dei membri non 
eletti con quelli eletti dalla Regione 
-Legittimit�, 1121. 

ISTRUZIONE PUBBLICA 

-Istruzione superiore -Concorsi 
a cattedre universitarie -Illegittimit� 
costituzionale della normativa 
-Esclusione, 1036. 

LAVORO 

-Norme sui licenziamenti individuali 
-Inapplicabilit� ai dirigenti 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 961. � 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Decreto-legge -Mancata conversione 
in legge -Disciplina dei 
rapporti pregressi -Sanatoria 
retroattiva -Ammissibilit�, 906. 

LOCAZIONE 

-Proroga relativamente agli immobili 
urbani -Collegamento con 
i dati dell'imposta complementare 
-Illegittimit� costituzionale 
-Altre ipotesi -Infondatezza, 
985. 



INDICE XI 

OPERE PUBBLICHE 

-Rapporti col piano regolatore Armonizzazione 
-Criterio -Fattispecie 
-Ferrovia Roma-Firenze 
-Contrasto col piano regolatore 
di Roma -Non sussiste, 
1117. 

PENSIONI 

-Riversibilit� a favore del marito 
-Condizioni dell'inabilit� e 
della, convivenza a carico -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
954. 

-Riversibilit� delle pensioni ordinarie 
-Determinazione della 
nullatenenza in base al reddito 
non' superiore a L. 240.000 annue 
-Illegittimit� costituzionale, 
98,9. 

PRIVILEGIO 

-Privilegio speciale dell'INPS Modifica 
dell'ordine di pr.elazione 
-Applicazione nei procedimenti 
in corso -Illegittimit� costituzionale, 
979. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Appello -Eccezioni non accolte 
in primo grado -Riproposizione 
-Forma, 1090. 

-Azione risarcitoria -Domande 
relative a distinti danni determinati 
da un� unico evento -Proposizione 
in separato giudizio Ammissibilit�, 
1090. 

-Compenso al consulente tecnico 
-Liquidazione senza contraddittorio 
e senza motivazione Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 973. 

-Disponibilit� delle prove -Fatto 
notorio -Cognizioni tecniche 
-Non sono tali -Indennit� 
di espropriazione per p.u. -Valutazione 
-Criteri equitativi Presupposto, 
1087. 

-Esecuzione mobiliare -Vendita 
con incar\to senza nuova determinazione 
del prezzo base -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
981. 

-Impugnazioni -Acquiescenza anteriore 
alla pubblicazione della 
sentenza -Inammissibilit�,� 1076. 

-Legittimatio ad causam -Eredit� 
giacente -Legittimazione del 
curatore -Successione dello Stato 
-Effetti, 1071. 

-Obbligazioni e contratti -Cauzione 
per la ricerca di sostanze 
minerali -Contestazione giudiziale 
-Competenza territoriale Forum 
destinatae solu.tionis Domicilio 
del debitore, �1076. 

-Ordinanze collegiali -Natura e 
funzioni -Responsabilit�, 1071. 

-Regolamento di competenza Deposito 
scritture difensive 
Termine ordinatorio, 1076. 

-Regolamento di competenza Gravame 
per le spese -Inammissibilit�, 
1076. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Accertamento da parte del Tribunale 
fallimentare -Trasmigrazione 
nel processo penale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
930. 

-Arresto in flagranza -Reato di 
ubriachezza -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 975. 

-Competenza per connessione Spostamento 
dei procedimenti 
Illegittimit� costituzionale 
Esclusione, 952. 

-Difesa di ufficio -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 1039. 

-Diritti del difensore ad estrarre 
copia degli atti -Pagamenti diritti 
di cancelleria -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
1039. 

-Formula di proscioglimento per 
insufficienza di prove -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
970. 

-Misura di sicurezza detentiva Trattenimento 
in carcere del condannato 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 920. 

-Relazione tra la sentenza e l'accusa 
contestata -In genere Contestazione 
di truffa aggrava



XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ta -Condanna per frodi in pubbliche 
forniture -Legittimit�, 
1231. 

Sentenza della Corte di Cassazione 
-Inoppugnabilit� assoluta Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 993. 

Sentenze, ordinanze, decreti Correzione 
di errori materiali Mancata 
previsione della assistenza 
di un difensore -Illegittimit� 
costituzionale, 966. 

REATO 

Esercizio abusivo di gioco non di 
azzardo -Determinazione dell'autorit� 
di P.S. -Violazione 
della riserva di legge e del principio 
di eguaglianza -Esclusione, 
941. 

-Proscioglimento per totale infermit� 
di mente -Ricovero in manicomio 
giudiziario per un periodo 
minimo -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 929. 

Recupero delle spese di mantenimento 
in carcere -Applicazione 
anche per la carcerazione preventiva 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusion�, 991. 

Scriminante dell'ordine superiore 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
968. 

Truffa -Atto di disposizioni patrimoniali 
-Pu� avere carattere 
omissivo, 1237. 

REGIONE 

-Regione Marche -Approvazione 
del conto consuntivo per il 1970 Illegittimit� 
costituzionale, 922. 

Regioni a statuto ordinario Trasferimento 
delle funzioni in 
materia di agricoltura e foreste, 
caccia e pesca -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 1024. 

Regioni a statuto ordinario Trasferimento 
delle funzioni in 
materia di assistenza sanitaria e 
ospedaliera -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 1009. 

-Regioni a statuto ordinario Trasferimento 
delle funzioni in 
materia di beneficenza pubblica Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 1002. 

Regioni a statuto ordinario 
Trasferimento delle funzioni in 
materia di fiere e mercato -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
995. 

Regioni a statuto ordinario 
Trasferimento delle funzioni in 
materia di urbanistica, viabilit�, 
acquedotti .e lavori pubblici. di 
interesse regionale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione,, 
1013. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Configurabilit� di un obbligo della 
p.A. per evitare danni cagionati 
da cosa in custodia -Correlativo 
diritto soggettivo del 
danneggiato, 1058. 

Prescrizione del diritto al risarcimento 
-Sentenza istruttoria di 
proscioglimento Decorrenza 
dalla data di irrevocabilit� -Legittimit� 
costituzionale, 951. 

SEQUESTRO 

-Sequestro penale -Finalit�, 1229. 

SICILIA 

-Composizione dei comitati provinciali 
e regionali I.N.P.S. Mancata 
rappresentanza della 
Regione -Illegittimit� costituzionale, 
919. 

Concessione di impianti di raffinazione 
oli minerali -Conflitto 
di attribuzione con lo Stato -Appartenenza 
del potere alla Regione, 
922. 

Controversie per l'elezione del1'
Assemblea regionale -Deferimento 
ai Tribunali amministrativi 
regionali -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 947. 

-Legge regionale -Modalit� di 
pagamento dell'IGE -Illegittimit� 
costituzionale, 920. 


INDICE 

Legge regionale di applicazione 
della legge statale sulle enfiteusi 
-Disciplina dei rapporti privati 
� -Competenza preclusa alle 
Regioni -Illegittimit� costituzionale, 
con nota di M. SAVARESE, 
1041. 

-Potest� tributaria Imposta sulle 
societ� -Esclusione dalla imposta 
per le imprese armatoriali -Disapplicazione 
dei relativi decreti 
regionali -Potere non spettante 
allo Stato, 1053. 

-Tributi doganali -Riscossione 
delle risorse proprie della Comunit� 
economica europea ~ Mo


difica dei capitoli di bilancio Conflitto 
di,attribuzione -Inammissibilit�, 
918. 

STAMPA 

Riposo settimanale degli addetti 
-Fissazione obbligatoria tra 
la domenica e i luned� -Illegittimit� 
costituzionale; 926. 

TRUFFA 

Artifizi e raggiri diretti a conseguire 
abbuoni dell'imposta di 
fabbbricazione -Sussistenza del 
reato, 1237. 


.INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


27 luglio 1972, n. 149 

905905918 
919 
92(} 
920 
922 
922 
926 
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929 
937 
938 
941 
944 
947 
951 
952 
954 
957 
961 
966 
968 
970973 
975 
977 
979 
981 
982 
985 
989 
990 
991 
993 
995 
1002 
1009 
1013 
1024 
1036 
1039 

.' ' 

CORTE COSTITUZIONALE 

18 maggio 1972, n. 92 
24 luglio 1972, n. 144 
18 maggio 1972, n. 94 
18 maggio 1972, n. 96 
18 ma.ggio 1972, n. 98 � . 
15 giugno 1972, n. 102 
15 giugno 1972, n. 103 

15 giugno 
15 giugno 
15 giugno 
27 giugno 
27 giugno 
27 giugno 
27 giugno 

27 giugno 1972, n. 114 
27 girugno 1972, n. 115 
27 giugno 1972, n. 116 
27 giugno 1972, n. 117 

pag. 

� 

1972, n. 104 
1972, n. 105 
1972, n. 106 
1972, n. 110 
1972, n. 111 
1972, n. 112 
1972, n. 113 

6 luglio 1972, 
6 luglio 1972, 
6 !ruglio 1972, 
6 luglio 1972, 
6 luglio 1972, 
6 luglio 1972, 
6 luglio 1972, 
6 luglio 1972, 
12 luglio 1972, 
12 luglio 1972, 
12 luglio 1972, 
12 luglio 1972, 
12 lugldo 1972, 
12 luglio 1972, 
12 luglio 1972, 
12 luglio 1972, 
12 luglio 1972, 
24 !ruglio 1972, 
24 luglio 1972, 
24 luglio 1972, 
24 luglio 1972, 
24 luglio 1972, 
24 luglio 1972, 

n. 119 
n. 120 
n. 121 
n. 122 
n. 123 
n. 124 
n. 125 
n. 126 
n. 128 
n. 129 
n. 130 
n. 131 
n. 132 
n. 133 
n. 134 
n. 135 
n. 136 
n. 138 
n. 139 
n. 140 
n. 141 
n. 142 
n. 143 
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INDICE xv 

27 luglio 1972, n. 154 pag. 1041 
27 luglio 1972, n. 155 1045 
21 dicembre 1972, n. 184 1053 
21 dicembre� 1972, n. 186 1053 
29 dicembre 1972 ,n. 200 1055 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CIASSAZIONE 

Sez. I, 12 febbraio 1971, n. 360 . . pag. 1125 
Sez. Un., 16 ottobre 1971,. n. 2926 . 1126 
Sez. Un., 7 marzo 1972, n. 647 . 1126 
Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1804 . . 1141 
Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1857 . 1146 
Sez. I, 13 �giugno 1972, n. 1858 . � 1149 
Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1861 . 1151 
Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1888 .. 1152 
Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1959 . 1188 
Sez. I, 22 giugno 1972, n. 2042 . 1158 
Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2091 . 1160 
Sez. II, 7 luglio 1972, n. 2274 . . 1071 
Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 2349 . 1127 
Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2393 . ,. 1076 
Sez. I, 26. luglio 1972, n. 2561 . 1162 
Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2566 . 1166 
Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2567 . 1170 
Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2577 . 1172 
Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2578 . 1175 
Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2583 . 1182 
Sez. I, 7 agosto 1972, n. 2644 . 1185 
Sez. I, 9 agosto 1972, n. 2654 . 1128 
Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2667 . 1188 
Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2683 . 1191 
Sez. I, 29 agosto 1972, n. 2713 . 1194 
Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2848 . 1080 
Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2851 . 1201 
Sez~ I, 6 ottobre 1972, n. 2853 . 1203 
Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2858 . 1219 
Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2941 . �. 1209 
Sez. I, 9 ottohre 1972, n. 2949 . 1211 
Sez. I, 13 ottobre 1972, n. 3024 .. 1215 
Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3060 .. 1058 
Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3062 . 1064 
Sez. I, 16 ottobre 1972, n. 3090 . . 1087 
Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3131 ... 1090 
Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3133 . . 1094 
Sez. Un., 8 novembre 1972, n. 3348 . 1069 

LODO ARBITRALE 

29 apri1e 1972, n. 23 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1221 


XVI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

,CONSIGLIO DI STATO 

.Sez. 
IV, 6 giugno 1972, n. 501 . 

Sez. 
IV, 4 luglio 1972, n. 622 . 

Sez. 
IV, 4 luglio 1972, n. 626 . 

.Sez. 
IV, 4 luglio 1972, n. 629 . 

Sez. 
IV, 4 luglio 1972, n. 636 . 

S'ez. IV, 11 luglio 1972, n. 702 . 

Sez. IV, 27 luglio 1972, n. 767 . 

Sez. 
IV, 29 agosto 1972, n. 768 . 

,Sez. 
IV, 29 settembre 1972, n. 828 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

�CORTE DI CASSAZIONE 

.Sez. 
III, 11 novembre 1971, n. 2690 . 

Sez. VI, 19 febbraio 1972, n. 879 
.Sez. II, 10 agosto 1972, n. 368 . . . 

pag. 
1097 
1105 
1107 
1110 
1113 
1116 
1117 
1117 
1121 

pag. 
1229 
1231 
1237 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


LEGISLAZIONE 

�) Norme dichiarate incostituzionali pag. 159 
II) Questioni dichiarate non fondate 160 
III) Questioni propoote . . . 161 

RECENSIONI pag. 168 
INDICE BIBLIOGRAFICO pag. 172 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Agricoltura 
Alberghi ..�... 
Amministrazione pubblica 
. . . . 
Antichit� e belle arti 
Appalto 
Associazione 
Autoyeicoli 
Bellezze artistiche e 
naturali 
Beneficenza e assistenza 
Catasto. 
Circolazione stradale 
Competenza e giurisdizione 
Comuni e province 
Comunit� economica 
europea 
Concessioni amministrative. 
Concorsi 
Contabilit� , generale 
dello Stato 
Contenzioso tributario 
Contrabbando 
Contributi e finanziamenti 
Dazi doganali 
Debito pubblico 
Demanio 
Difesa dello Stato 

pag. 173 Edilizia economica e 
173 popolare 
Enti e beni ecclesia173 
stici 
174 Esecuzione fiscale 
174 Esecuzione forzata 
175 Espropriazione per p.u.
176 Fallimento 
Farmacie 
176 Ferrovie 
Giudizio civile e pe176 
nale . ., ... 

176 

Idrocarburi

176 

Igiene e. sanit� . 
Impiego privato

177 

Impiego pubblico

177 

Importazione ed esportazione 
. , . 

177 

Imposta di bollo 
Imposta di fabbrica


178 

zione .

178 

�Imposta di registro 
Imposta di ricchezza

178 

mobile . , . . , . 

180 
180 


Imposta di successione 
Imposta generale sul181 
l'entrata 
182 Imposte dirette .. 
182 Imposte e tasse .. 
182 Imposte ipotecarie 
183 �Imposte varie 

pag. 183 

184 
184 
185 
185 
186 
188 
188 

189 
189 
190 
190 
190 

191 
191 

191 
192 

193 
193 

194 
194 
195 
195 
196 

:2 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO SJ'ATO 

Interessi pag. 196 Regioni pag. 201 
Istruzione . 196 Responsabilit� civile . 202 
Lavor�. 197 Sanzioni amministra-
Lotto e lotterie 197 tive .... 202 
Mezzogiorno . 197 Scambi e valute 202 
Militari. 198 Societ� . 203 
Miniere. 198 Strade 203 
Piani regolatori 199 Telefono 203 
Poste e telecomunica-Titoli di credito 204 
zioni . . . . . . . 199 Transazione . 204 
Previdenza e assistenza 199 Trasporto. . . . 204 
Prezzi . . . 200 Trattati e convenzioni 
Procedimento civile 200 internazionali 204 
Procedimento penale 201 Turismo e Sport . . 205 
Reati finanziari 201 Violazioni tributarie 205 

NOTIZIARIO . pag. 206 

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PARTE PRIMA 



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GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (*) 


I 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 92 -Pres. Chiarelli -
Rel. Oggioni -Sbarigia (avv. Ugi), ENPAS (avv. Carbone) e. Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Farmacia -Sconto obbligatorio dei medicinali agli Enti mutualistici Aleatoriet� 
della rivalsa verso il produttore -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., art. 53; I. 4 agosto 1955, n. 692, art. 4; d.1. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 32). 

Non � fondata, con riferimento al principio di capacit� contributiva, 
la quest'ione di legittimit� costituzionale dell'art. 4, l. 4 agosto 1955, 

n. 692, nonch� dell'art. 32 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, che 
prevedono lo sconto obbligatorio, da parte dei farmacisti, sui medicinali 
acquistati dagli enti mutualistici, salvo la rivalsa, per la quota a loro 
carico, nei confronti dei produttori (1). 
II 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 144 -Pres. Chiarelli -
Rel. Oggioni -Soc. Armour Erba ed altre (avv. Sandulli, BalladorePallieri, 
Barile, Acquarone, Bettoni), ENPAS, ENPAIA, INAM (avv. 
Sorrentino, Jemolo) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Soprano). 

Farmacia -Sconto obbligatorio del medicinali agli Enti mutualistici Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3, 53, 23, 32, 41 e 43; I. 4 agosto 1955, n. 692, art. 4; d.l. 26 ottobre 
1970, n. 45, art. 32). 

(1-2-3) La iprima questione �era stata sottoposta all'esame della Corte 
cbn ordinanza emessa il 25 maggio 1971 dalla Corte d'appello di Roma 
(Gazzetta Ufficiale n. 240 del 22 settembre 1971). 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato 
anche l'avv. CARLO CARBONE. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Leggi, Decreti e Regolamenti -Decreto-legge -Mancata conversione 

in legge -Disciplina dei rapporti pregressi -Sanatoria retroattiva 

-Ammissibilit�. 

(Cost., art. 77; dl. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 43; I. 18 dicembre 1970, n. 1035, 
articolo unico). 

Non �� fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza, di legittima 
imposizione tributaria e di libert� di impr�sa, la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 4, i. 4 agosto 1955, n. 692, nonch� dell'articolo 
32 del decreto-legge 26 ottobre 1910, n. 145, che prevedono lo sconto 
obbligatorio da parte delle imprese produttrici, sui medicinali acquistati 
dagli Enti mutualistici (2). 

Non � fondata, con riferimento alla normativa costituzionale sulla 
dec1�etazione di urgenza, per i casi di mancata conversione da parte del 
Parlamento, la questione di legittimit� costituzionale dell'articolo unico 
della l. 18 dicembre 1910, n. 6.21, che attribuisce efficacia ai rapporti 
sorti anteriormente sulla base del d.l. 21 agosto 1910, n. 621, non convertito 
in legge (3). 

I 

(Omissis). -2.. -Un primo gruppo di censure, come si � esposto in 

narrativa, riguarda l'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692, con cui fu 

istituito lo sconto a favore degli enti mutualistici; l'art. 32 del d.l. 216 ot


tobre 1970, n. 745, con cui � stata aumentata la misura dello sconto,, e 

l'art. 43 del d.l. 217 agosto 1970, n. 621, non convertito in legge, di cui 

l'art. 32 suddetto riproduce peraltro esattamente n contenuto, ed � �rife


rito alla lamentata violazione, sotto vari profili, del principio di egua


glianza sancito dall' art. 3 della Costituzione. 

Le questioni come sopra sollevate non sono fondate, anzitutto sotto 

l'aspetto con cui si lamenta l'ingiustificata sperequazione a danno dei 

produttori di medicinali destinati all'uso dei mutuati nei confronti di 

quelli che, invece, producono farmaci destinati al consumo ordinario. 

Trattasi evidentemente di due situazioni non omogenee, per la diversa 

destinazione dei prodotti, diretti a categorie di consumatori caratterizzate 

da essenziali differenze obbiettive, quali appunto, da un lato, gli assistiti 

La seconda questione era stata sottoposta all'esame della Corte con 
ordinanze emesse: il 14 luglio 1971 dal pretore di Trento (Gazzetta Ufficiale 
n. 290 del 17 novembre 1971); il 10 novembre 1971 dal pretore di 
Roma (Gazzetta Ufficiale n. 65 dell'8 marzo 1972); il 16 dicembre 1971 dal 
giudice �Conciliatore di Bogliasco (Gazzetta Ufficiale n. 78 del 22 marzo 1972); 
il 24 �gennaio 1972 dal pretore di Firenze in tre procedimenti civili (Gazzetta 
Ufficiale n. 97 del 12 aprile 1972). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 907 

da enti mutualistici, che per la loro particolare condizione di lavoratori 
e la correlativa situazione di inferiorit� economica, lo Stato, in attuazione 
dei suoi compiti istituzionali sanciti dagli artt. 32 e 38 della Costituzione, 
ha giustamente considerato degni di una particolare prestazione; e, dall'altro, 
i consumatori ordinari, cui per la intrinseca diversit� della loro 
posizione, non si � ritenuto di estendere tale particolare protezione. 

La razionalit� della differenziazione per quanto riguarda l'assoggettamento 
agli sconti, scaturisce strettamente da tale diversit�, perch� 
risponde indubbiamente ad un criterio accettabile dal punto di vista logico 
l'i!mporre lo sconto, destinato a finanziare l'assistenza mutualistica 
farmaceutica, proprio sui prezzi dei medicinali che sono destinati a quel 
tipo di assistenza. Questa Corte ha gi� ritenuto infondato un analogo profilo 
di Hlegittimit� quando, con la sentenza n. 70 del 1960, ha escluso la 
violazione del principio di eguaglianza per effetto della imposizione dello 
sconto in esame a carico della sola categoria .dei produttori di medicinali, 
rinvenendone la giustificazione nel fatto che trattasi di quella categoria di 
industriali la cui attivit� si ricollega in particolare all'assistenza farmaceutica 
e, come tale, ritenuta da legislatore, nella sua discrezionalit�, la 
pi� idonea a sostenere in parte l'onere. 

Quest'ultimo profilo di illegittimit� � stato di nuovo sottoposto anche 

presentemente alla Corte, che peraltro non ritfene di discostarsi dalla 

precedente decisione, poich� l'incremento della mutualit�, che avrebbe 

provocato un aggravamento della situazione economica dei produttori, 

non costituisce un elemento idoneo, pur se fosse dimostrato, a mutare 

i termini logici della questione. 

Tali argomenti valgono anche relativamente all'altra censura di il


legittimit�, secondo cui l'incidenza dello sconto sarebbe indipen.dente 

dalla proporzione fra il volume della vendita di farmaci destinati o no ai 

mutuati, il che rappresenta sostanzialmente una ulteriore specificazione 

ed articolazione di quanto test� esaminato. 

Neppure appare violato l'invocato principio di eguaglianza per effetto 

della dedotta limitazione dello sconto a beneficio di alcuni soltanto degli 

tmti mutualistici esistenti. 

Deve osservarsi, anzitutto, che con il decreto n. 745 del 1970 (art. 32) 

le norme circa la concessione dello sconto sono state estese agli altri nu


merosi enti mutualistici ivi indicati, oltre quelli gi� compresi nell'art. 4 

della legge del 195�5. 

Inoltre va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, 

il confronto fra il trattamento previdenziale di categorie diverse non pu� 

prescindere dalla considerazione di ordine generale che ogni tipo di assi


curazioni, non escluse quelle sociali, � necessariamente disciplinato da 

un sistema proprio di norme e di clausole in funzione di svariati fattori 

(numero degli �assicurati, frequenza e gravit� dei rischi, durata dei rap


porti, misura delle retribuzioni e cos� via), i quali influiscono sensibil



908 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente sulle condizioni assicurative, e la cui analisi sfugge, per la sua 
natura di circostanza di fatto, al controllo della Corte costituzionale 
(sent. n. 44 del 1'965). La non omogeneit� delle situazioni previdenziali 
esclude, pertanto, in linea di principio, che le differenze in esse riscontrabili 
concretino, per ci� solo, la violaz~one del principio di eguaglianza, 
il che � tanto pi� vero con riferimento a1le ipotesi attualmente in esame. 

Infatti, 1a censura, anche se riferita ad enti non specificamente indicati, 
sembrerebbe tuttavia riguardare i Comuni e le istituzioni locali di 
assistenza, i quali non risultano compresi nell'elenco degli enti beneficiari 
dello sconto. Ma � di tutta evidenza la diversit� delle situazioni 
raffrontate, sol che si consideri che gli enti esclusi erogano prestazioni 
sostanzialmente diverse da quelle cui sono tenuti gli enti mutualistici, 
specialmente per quanto riguarda la somministrazione dei farmaci che 
vengono in tali casi forniti da farmacie proprie o convenzionate, o diret


. tamente dagli ospedali, a cui giungono gi� convenientemente scontati. 
D'altra parte, � noto che la legge n. 692 del 1955 fu ispirata alla 
finalit� sociale di estendere ai pensionati di.invalidit� e v�ecchiaia il trattamento 
assistenziale di malattia, e, come risulta dal testo della stessa 
legge (art. 2) il legislatore segu�, al riguardo, il criterio di attribuire 
agli enti il compito di provved.ere alla erogazione delle prestazioni per 
quei soggetti che, prima del pensionamento, erano da essi enti rispettivamente 
assistiti. Con ci� � gi� individuabile un chiaro motivo specifico 
della indicazione analitica degli enti beneficiari dello sconto disposto 
appunto quale mezzo al fine di agevolare i nuovi compiti assistenziali, 
e si evidenzia cos� quella razionale giustificazione che, come si � detto, 
costituisce sufficiente motivo per escludere che la diversit� di disciplina 
adottata per regolare situazioni div~rse si 1ponga in contrasto col principio 
di e.guaglianza. 

Non ha poi, ad avviso della Corte, maggior pregio la censura secondo 
cui il principio di eguaglianza sarebbe violato per la irr�azionalit� che 
vizierebbe la imposizione di cui all'art. 125 �lel testo unico delle leggi 
sanitarie, che prevede il prezzo fisso per i medicinali e che � stato det-� 
tato dalla opportunit� di sottrarre questo delicato settore alla concorrenza, 
e quindi ad eventuali ribassi di prezzo, nel timore che questi ultimi 
potessero in qualche modo influire sulla qualit� dei prodotti e, di conseguenza, 
.sulla salute pubblica. 

Ed invero, mentre � agevole rinvenire una sostanziale coincidenza 
di fini �fra le disposizioni ora menzionate, poich� entrambe tendono, sia 
pure attraverso mezzi diversi, alla tutela della salute pubblica, non potendosi 
certo dubitare che tale sia lo scopo anche dello sconto in esame, 
devesi ritenere che la disposizione sullo sconto non si pone, comunque, 
in contrasto c�n l'esigenza rappresentata dal citato art. 12.5, poich� trattasi 
di sconto non rimesso alla discrezionalit� del fabbricante, ma disposto 
con legge per i fini di finanziamento della mutualit� e, quindi, operante 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 909' 

in un campo del tutto diverso da quello nel quale invece � destinato ad 
incidere il citato art. 125. 

3. -Devesi ora procedere alla trattazione della questione sollevata 
in relazione alla presunta violazione del principio della capacit� contributiva 
di cui all'art. 53 della Costituzione, data l'infl.uenz~ che le considerazioni 
da svolgere al riguardo, posso;no avere circa la soluzione di 
talune delle altre questioni prospettate. 
~a illegittimit�, sotto il detto profilo, � stata sostanzialmente dedotta 
sulla base di argomentazioni tendenti a dimostrare la eccessivit� dello 
sconto imposto a carico dei produttori, che inciderebbe in misura percentualmente 
eguale su tutte le aziende, indipendentemente dalla loro potenzialit� 
economica e dalla proporzione delle vendite dei prodotti soggetti 
allo sconto e,, comunque, finirebbe col compromettere la redditivit� delle 
aziende. 

Questa tesi � stata sostenuta altres� da considerazioni relative al 
sistema di determinazione dei prezzi dei medicinali da parte del CIP 
(Comitato interministeriale prezzi), in base alle quali si afferma che, 
in concreto, il detto organo non potrebbe tener conto della illlcidenza 
dello sconto, sia perch� il prezzo dovrebbe essere riferito esclusivamente 
ai costi di produzione dei medicinali, e quindi indipendentemente da un 
fattor�e estrinseco e successivo quale lo sconto ex lege, sia perch�, comunque, 
non �potrebbe conoscersi reffettiva incidenza dello sconto sull'economia 
dell'azienda, se non in relazione all'effettivo volume delle 
vendite, sia perch�, a tutto concedere, l'imposizione dovrebbe essere riferita 
alla capadt� contributiva attuale dell'azienda, e non a quella che 
potrebbe risultare da eventuali e futuri correttivi operati sui prezzi, 
che concorrerebbero a modificare la situazione economica solo successivamente, 
e di non poco, all'assoggettamento delle imprese allo sconto. 

Occorre anzitutto ricordare, con riguardo alle obbiezioni mosse dall'Avvocatura 
dello Stato e dalla difesa degli istituti mutualistici, circa 
l'applicabilit� nella specie della invocata norma costituzionale e riferite 
alla asserita natura non tributaria dell'imposizione in discorso, che 
appunto escluderebbe l'operativit� del principio della capacit� contributiva, 
che questa Corte con la sentenza n. 70 del 1960, dopo avere 
riconosciuto nello sconto la sostanza di un sacrificio pecuniario derivante 
dalla privazione di una parte dell'utile altrimenti spettante ai produttori, 
che si traduce in prelievo di ricchezza a �Carico dei soggetti ed a favore 
di enti pubblici, istituito con atto dell'autorit� e senza il concorso del 
soggetto passivo, ne ha ravvisato la natura giuridica di prestazione patrimoniale 
ai sensi dell'art. 23 della Costituzione. 

Questa Corte inoltre con la sentenza n. 92 del 19�72, occupandosi 
dello sconto sulla vendita dei medicinali 1mposto dalla stessa norma ora 
denunziata a carico di farmacisti, ha ritenuto applicabile in materia il 


910 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

citato art. 53 Cost. �espressamente riconoscendo la conformit� delle norme 
al � sistema delle leggi tributarie quando prevede che l'intera obbligazione 
di sconto ricade in primo tempo e luogo sul farmacista, salvo 
successiv,a rivalsa sul produttore � ed altrettanto esplicitamente ravvisando 
un evidente parallelismo fra la situazione del farmacista e quella 
del sostituto d'imposta, � rispondente a criteri di tecnica tributaria, basati 
sulla finalit� di agevolare l'accertamento e la riscossione dei tributi �. 

Ed � appena il caso di aggiungere che l'imposizione dello sconto 
trova piena analogia in quella serie di prestazioni coattive che sono 
imposte per sopperire ai fini �pubblici riservati allo Stato o affidati ai 
suoi organi speciali o ad enti che Io Stato stesso crea o riconosce per il 
conseguimento dei fini stessi, essendo evidenti la sussistenza del fine 
pubblico, quale � appunto la tutela della salute, anche se riferita ad 
una individuata categoria di soggetti: la destinazione del provento ad 
enti pubblici, nonch� la coattivit� della prestazione, che si concreta nel 
diritto alla riscossione dell'tmporto dello sconto da parte dell'ente e che, 
sostanzialmente, si atteggia come un vero e rprorprio contributo, promanante 
direttamente dalla leg.ge. 

Non vi � dubbio, quindi, che nella specie si versi In materia regolata 
dall'art. 53 della Costituzione. 

Peraltro, la questione � infondata nel merito.. 

Questa Corte, occupandosi di analoga questione sollevata proprio 
in relazione alla lamentata eccessivit� degli sconti imposti ai farmacisti, 
con la citata sentenza n. 92 del 1972 ha gi� ritenuto che per capacit� 
contributiva deve intendersi l'idoneit� soggettiva all'obbligazione d'imposta 
deducibile dal :presupposto al quale la prestazione � collegata, 
senza che spetti al giudice della legitUmit� delle leggi valutare e determinare, 
in funzione dell'art. 53. Cast., l'entit� e la proporzionalit� dell'onere 
tributario imposto, trattandosi di compito riservato al legislatore, 
salvo il controllo di legittimit� sotto il profilo dell'assoluta arbitrariet� 

o irrazionalit� delle norme . 
Applicando anche al caso in esame il riferito principio, ne segue che 
� precluso alla Corte, sia quell'esame analitico delle varie componenti 
della �situazione economica delle aziende in funzione della incidenza dello 
sconto sui loro bilanci, pur cosi diffusamente compiuto dalla difesa delle 
societ� produttrici e che riflette precipuamente la valutazione del margine 
di utile loro spettante in relazione al calcolo delle componenti del 
prezzo nella determinazione che ne effettua l'organo competente; sia, a 
maggior ragione, la valutazione della situazione economica generale del 
settore e particolare delle singole aziende. Ed invero, non pu� negarsi, 
nella specie, la realt� del presupposto del tributo, identificabile nella 
concreta esistenza del 1prezzo di vendita, mentre la misura dell'obbligazione 
appare conforme al precetto costituzionale, perch� � rapportata 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 911 

� percentualmente al presupposto stesso di cui rappresenta una funzione, 
e risulta cos� direttamente da esso deducibile. 

� certamente possibile che dal maggiore o minore equilibrio del 
rapporto fra tali elementi nascano, in pratica, conseguenze di natura 
economica afferenti la redditivit� delle imprese, e quindi la loro stessa 
funzionalit�, ma trattasi di elementi che, giusta il criterio di massima 
sopra richiamato, sfuggono al controllo di legittimit� costituzionale, riflettendo 
un giudizio sulla equit� ed opportunit� della legge che andrebbe 
ad incidere nel campo riservato all'esclusivo apprezzamento del legislatore, 
il quale, del resto, ne assume ovviamente piena e intera responsabilit� 
politica. 

4. -La difesa delle imprese ha particolarmente insistito, a questo 
proposito, sull'impossibilit� di apportare un correttivo alla gravezza della 
imposizione in sede di determinazione del prezzo base dei medicinali, da 
parte del CIP e, per questa via, ha prospettato la irrazionalit� del sistema 
collegando casualmente la presunta illegittimit� della norma impugnata 
alla circostanza che essa si inserirebbe in un sistema di determinazione 
dei prezzi che renderebbe arbitraria ed irrazionale la disciplina legislativa. 
Ma, anzitutto, si deve osservare che, nella interpretazione che ne � 
stata fornita dalla giurisprudenza di questa Corte, e da quella ordinaria, 
non � dato rinvenire elementi che suffraghino la lamentata impossibilit� 
di valutare la incidenza dello sconto sulla situazione economica delle 
aziende ai fini della' determinazione del prezzo, e rivelino cos� la presenza 
del vizio lamentato, ed anzi � dato desumere il contrario. 

L'art. 2 del d.1.1. n. 3163 del 1946, si limita infatti a prevedere genericamente 
una fase istruttoria del procedimento di determinazione dei 
prezzi, affidato alla Commissione centrale prezzi, che ha facolt� di avanzare 
proposte al CIP e l'art. 13 del d.l.c.p.s. n. 896� del 1947 accenna 
all'accertamento dei �costi delle merci, dei servizi e delle prestazioni che 
il CIP pu� affidare ad ispettori all'uopo nominati, che hanno facolt� di 
prendere in esame registri, libri e �corrispondenza delle imprese interessate, 
oltre che ad indagini, accertamenti e rilievi che lo stesso Comitato 
pu� richiedere ad uffici statali, ai fini dell'espletamento del suo compito 
istituzionale, che resta definito dall'art. 1 del d.1.1. n. 347 del 1944 nel 

� coordinamento e nella disciplina dei prezzi � e che si concreta (art. 4 
dello stesso d.1.1.) nella facolt� di determinare i prezzi di qualsiasi merce, 
in ogni fase di scambio, anche all'importazione ed alla esportazione, 
nonch� i prezzi dei servizi e delle prestazioni, e modificare, se del caso, 
quelli gi� fissati dalle competenti autorit�. 

Questa disciplina legislativa, dettata dalla esigenza di unificazione 
e perequazione dei prezzi ai fini della tutela della stabilit� della moneta 
e del valore reale dei salari, pur nella sua lata formulazione, prevede 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dunque una fase di accertamento di elementi obbiettivi, che si estende 
indubbiamente alla totalit� dei fattori economici che incidono sui prezzi 
(sent. 103 del rn5,7). E la pur ampia discrezionalit� del CIP richiede 
comunque l'uso dei -criteri tecnici il cui ambito, come pure questa Corte 
ha gi� avuto occasione di affermare espressamente con la menzionata 
sentenza, � segnato � dall'accertamento del costo delle merci con un margine 
di utile � . 

Ci� vuol dire, anzitutto, che � necessario che le attivit� del CIP 
come ha riconosciuto ri.ipetutamente la giurisprudenza del Consiglio di 
Stato, si svolgano in forme tali da garantirne la piena legittimit� attraverso 
l'osservanza dei criteri suddetti e med_iante l'emanazione di provvedimenti 
motivati congruamente, in modo da conse<J:?.tire un'efficace� 
applicazione dell'ordinario sindacato di legittimit�; e, pi� precisamente, 
pu� affermarsi che il provvedimento del CIP trova limiti indubbiamente 
anche nel sistema economico in cui � destinato ad operare e deve tener� 
conto, quindi, delle regole proprie di un'economia di mercato per cui il 
prezzo deve essere remuner-ativo, cio� determinato, in considerazione 
anche della realizzazione di un profitto da parte delle dmprese . 

.Comunque, anche nella ipotesi che si trattasse di un sistema non del 
tutto armonizzato con la disposizione legislativa impugnata nei sensi 
lamentati dalle case produttrici, tratterebbesi in ogni modo di una prassi 
amministrativa, certamente suscettibile di adeguamento alla nuova s�tuazion� 
economica del settore, e concretantesi in provvedimenti amministrativi 
impugnabili avanti al Consiglio di Stato e mai potrebbe inferirsene 
la illegittimit� delle norme impugnate sotto il profilo delineato, 
dato che la determinazione dei prezzi obbedisce a criteri che non costituiscono 
certo applicazione delle stesse norme impugnate, le quali, come 
� pacifico, riguardano esclusivamente l'imposizione dello sconto. L'art. 33 
del decreto 26 ottobre 1970 offre, d'altra parte, un diretto ed idoneo 
strumento legislativo di adeguamento nel senso indicato, con la espressa 
attribuzione al CIP sia del compito di effettuare, entro n 31 ottobre 1971, 
e successivamente ogni tre anni, una indagine sul rapporto fra costi di 
produzione ed i prezzi dei medicinali, sia di effettuare entro -il 3"1 dicembre 
dello stesso anno una revisione dei prezzi di tutti i medicinali sulla 
base di un nuovo meccanismo di determinazione dei prezzi da stabilirsi 
dal CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica). 
E proprio l'ampia documentazione di studi ed indagini prodotta in atti 
� valida testimonianza della concretezza della materia che si offre agli" 
organi competenti per la realizzazione di tale comando legislativo. 

N� pu� portare a diversa conclusione la lamentata .circostanza, se


condo cui l'adeguamento in discorso avverrebbe comunque solo in un 

momneto successivo all'entrata in vigore dello sconto, perch� tale suc


cessione temporale, insita del resto nel tipo di fenomeno economico in 

esame, rappresenta, comunque, un elemento di fatto che, anche per la 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 913 

brevit� dei tempi di adeguamento legislativamente previsti, non � tale da 
indurne l'arbitrariet� o l'irrazionalit� del sistema. Neppure pu� giovare 
alla tesi della difesa delle imprese produttrici la prospettata impossibilit� 
tecnica di procedere ad una determinazione dei prezzi che sia frutto di 
una v�alutazione preventiva della incidenza dello sconto. Invero, � da 
considerare che non mancano elementi su cui fondare le determinazioni 
in discorso se, come � noto, la scienza economica conosce la previsione 
(in quanto esista, come nella specie indubbiamente esiste), di una linea 
assegnabile al divenire di determinati fatti economici, tale da garantire 
un sufficiente margine di attendibilit�, specie se di ordine particolare, 
cio� relativa a �questo o quel settore circoscritto dell'economia di un 
dato Paese, dove � pi� agevole tener conto delle principali circostanze 
pi� direttamente influenti, con riferimento alle condizioni dell'industria 

in date fasi del ciclo produttivo, ovvero alla stima delle disponibilit� e 
dei bisogni, da cui dipende appunto il futuro andamento del mercato. 
Circostanze, le quali possono indubbiamente, una volta riaccostate e coordinate, 
servire come base a .concrete, anche se prudenti, prospettive 
d'insieme. 

Tutte le considerazioni sopra esposte valgono ad escludere l'irr-azionalit� 
della disctplina impugnata in relazione al sistema di determinazione 
dei prezzi e valgono quindi anche ad escludere la fondatezza 
della questione di legittimit� prospettata, sotto l'ulteriore particolare 
profilo, della violazione dell'art. 3 Cost. per effetto della asserita valutabilit� 
soltanto ex post della incidenza dello sconto sui prezzi e conseguentemente 
sulla situazione economica delle singole imprese. 

5. -Quanto premesso rende altres� agevole la soluzione delle questioni 
sollevate con riferimento alla presunta violazione degli artt. 32, 
41 e 43 della Costituzione. 
Tali censure, infatti, sono sostanzialmente tutte fondate sulla pretesa 
eccessiva entit� dello sconto in funzione del criterio con cui � fissato il 
prezzo e sulle conseguenze del lamentato squilibrio che si verificherebbero 
quando l'antieconomicit� della produzione dovesse provocare o la 
cessazione della attivit� delle imprese, incidendo cos� sulla Ubert� di 
iniziativa economica (art. 41 Cost.), o la concentrazione in oligopoli della 
produzione stessa, dando luogo alla denunziata situazione di contrasto 
con i requisiti previsti 1per la riserva di legge o il trasferimento di imprese 
�allo Stato od enti pubblici o a comunit� di lavoratori o di utenti 
(art. 43 Cost.); o, infine, il deterioramento qualitativo o la riduzione delle 
disponibilit� dei medicinali, con le possibili conseguenze negative per la 
salute pubblica, in violazione della relativa garanzia costituzionale (articolo 
32: Cost.). 


914 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Anche qui, in realt�, si configur�a nelle censure un contrasto non 
tanto tra le norme ~mpugnate e gli invocati principi e garanzie costituzionali, 
�quanto tra questi ed il sistema di determinazione dei prezzi ad 
opera del CIP: e valgono 1e considerazioni sopra svolte per escludere 
l'influenza di tali elementi in ordine al1a fondatezza delle questioni 
sollevate. 

D'altra parte, l'infondatezza delle censure riferite ai principi di cui 
agli artt. 41 e 43 Cost. � evidente anche sotto altro aspetto, ove si tenga 
presente la definizione dello sconto come prestazione patrimoniale, cui 
la Corte � pervenuta con la gi� menzionata sentenza n. 70 del 1960, definizione 
dalla quale consegue ovviamente che la materia in esame rientra 
nella sfera di. applicazione dell'art. 23 Cost. ed � pertanto estranea 
all'art. 41 Cost., che discLplina, invece, la iniziativa economica privata, 
ed all'art. 43 Co~t., che a sua volta consente alla legge, fra l'altro, la 
possibilit� di attribuire a enti pubblici, per ragioni di utilit� generale, 
e in esclusiva, determinate categorie di �tmprese. La Corte, del resto, con 
la ripetuta sentenza n. 70 del 1960 ebbe gi� a dichiarare mfondata la 
questione sollevata contro l'art. 4 della legge del 1955 sotto il profilo della 
violazione dell'art. 41 Cost. proprio perch� la ritenne assorbita p_er i 
suddetti motivi. 

A proposito, poi, della questione sollevata in relazione all'art. 32 
Cost. � altres� da osservare che i paventati effetti negativi sulla salute, 
si configurano solo come �eventuali accidentalit� di fatto, al di fuori 
della previsione :p.ormativa impugnata ed in contrasto con la disciplina 
della produzione farmaceutica, che si svolge previa registrazione di ogni 
singolo prodotto, successiva al rigoroso esame ed alla approvazione da 
parte degli organi sanitari competenti (Ministero della sanit�) e che � 
tutelata, comunque, da precise norme penali. Onde anche sotto questo 
profilo trattasi di materia non suscettibile di raffronto con le norme 
costituzionali invocate. 

6. -Parimenti infondata� � la censura sollevata in relazione alla 
presunta violazione dell'art. 2�3 Cost., .sotto altro particolare profilo. 
L'illegittimit� dovrebbe riscontrarsi nella assoluta discrezionalit� 
che la norma impugnata attribuirebbe agli enti mutualistici per quanto 
riguarda la scelta del sistema di assistenza indiretta, con l'acquisto di 
medicinali presso i normali canali commerciali e la relativa applicazione 
dello .sconto, in luogo della gestione diretta della distr.ibuzione 
dei medicinali stessi, e nel contrasto che cosi si concreterebbe con l'invocato 
precetto costituzionale. 

La riserva di legge di cui all'art. 23, peraltro, ha lo scopo di garantire 
che la determinazione degli estremi della prestazione imposta sia 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 915 

effettuata in sede legislativa onde garantire il cittadino dagli abusi che 
una trorppo lata discrezionalit� in materia potrebbe provocare da parte 
del potere esecutivo. Ora, dopo la sentenza n. 70 del 1960, che ha dichiarato 
la illegittimit� dell'art. 4 della legge n. 692 del 1955 solo per quella 
parte che consentiva al Ministro della sanit� di fissare discrezionalmente 
la misura dello sconto anche in eccedenza alla misura ivi prevista, 
la norma �, sotto ,questo aspetto, in armonia col dettato costituzionale, 
risultando gli altri elementi della prestazione predeterminati 
dalla legge. Ed il fatto che la imposizione patrim0tniale in esame cos� 
delimitata nella ,sua potenziale incisivit�, possa essere resa operante a 
seguito di scelta degli enti espressamente a ci� autorizzati dalla legge 
stessa non attiene al momento impositivo della prestazione, coperto interamente 
dalla norma legislativa, ma al suo momento attuativo, il cui 
verificarsi, rispetto all'esigenza garantistica che sta alla base della norma 
costituzionale, � indifferente, una volta che, come si � detto, la prestazione 
risulti sufficienfemente precisata dalla legge. 

Ai fini del rispetto della norma costituzionale invocata non � pertanto 
necessario che la legge detti criteri direttivi agli enti mutualistici per 
quanto riguarda la adozione dell'uno o dell'altro sistema di assistenza. 

7. -Infine, anche la censura concernente il presunto contrasto dell'articolo 
unico della legge 1035 del 1970 con l'articolo 77 Cost. � infondata. 
Si afferma sostanzialmente nelle ordinanze del pretore di Firenze 
che, aderendo alla inteI'pretazione estensiva della norma impugnata sostenuta 
dagli enti mutualistici nei giudizi princ1pali, si riconoscerebbe il 
diritto degli stessi a conseguire il beneficio dello sconto per il periodo 
di vigenza del decreto non convertito 2:7 agosto 1970, n. 621, relativamente 
ai rapporti � svoltisi interamente ed esauritisi � sotto la vigenza 
del decreto stesso. 

Ed il giudice a quo, sia pure implicitamente, mostra di aderire a 

tale tesi interpretativa perch� proprio nella detta estensione ravvisa la 

violazione dei limiti di cui all'art. 77 della Costituzione alla regolamen


tazione' dei rapporti giuridici sorti sulla base del decreto non convertito 

e, motivando sul punto della rilevanza, accenna al riguardo esplicita


mente che vi � contesa fra le parti circa � la decorrenza � dello sconto 

obbligatorio. 

Se � vero che, come afferma la difesa degli enti mutualistici, si pone 
nella specie una questione di interpretazione delle norme dmpugnate di 
competenza del giudice a quo � anche vero che, sia pure implicitamente, 
lo stesso giudice ha mostrato di accogliere quella interpretazione della 


�916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
norma che egli ritiene contraria al precetto costituzionale, ed ha quindi 
.adempiuto al suo obbligo, il che rende ammissibile la questione stessa, 
.contrariamente a quanto sostenuto dalla di:fesa degli enti. 

Peraltro, quanto al merito, � sufficiente ricordare che questa Corte, 
'con la sentenza n. 89 del 1966, ha gi� riconosciuto che l'art. 77 Cost. si 
propone soltanto lo scopo di regolare le conseguenze della mancata cooversione 
dei decreti-legge, senza porre alcun limite alla facolt� del legi,
slatore stesso di disdpiinare, secondo una scelta demandata alla sua valutazione 
politica, i rapporti sorti sulla base dei decreti non convertiti. 
,In altri termini, la disposizione costituzionale non pone al potere di regolamentazione 
retroattiva in discorso altri limiti se non quelli rappresentati 
dal rispetto delle altre norme e principi costituzionali, che, sotto 
il profilo ora in esame, non vengono in discussione, tarnto pi� che la 
_norma impugnata rappresenta la fedele traduzione, in termini di legislazione 
ordinaria, del �Precetto costituzionale, attribuendo essa testualmente 
efficacia � ai rapporti giuridici, compresi quelli tributari, sorti 

.sulla base del d.l. 2�7 agosto 1970, n. 621 �. 

Indipendentemente quindi dalla maggiore o minore estensione del.
l'efficacia della norma impugnata, la cui determinazione resta nel campo 
riservato alla competenza del giudice a quo, la questione deve essere 

.dichiarata infondata. -(Omissis).. 

II 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale � solle
�vata dall'ordinanza di rinvio nei seguenti termini. 
Dal principio (affermato da questa Corte con sentenza n. 70 del 

197p) che lo sconto obbligatorio sul prezzo dei medicinali � configurabile 
..come prestazione patrimoniale ai sensi dell'art. 23 della Costituzione e, 
-quindi, come preUevo, ai fini pubblici, di �parte dell'utile spettante ai 
_produttori ed ai farmacisti, deriverebbe la conseguenza che la misura di 
detto sconto debba essere praticata � in ragione della capacit� contributiva 
� dei soggetti gravati, secondo l'art. 53 della Costituzione. Il che 
non si verificherebbe nella situazione legislativa in esame (art. 4, com-
ma terzo, legge 4 agosto 195�5, n. 692, modificato, solo per le percentuali 
di sconto, con l'art. 312 d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in 
legge 18 dicembre 1970, n. lfr34). Ci� per duplice motivo: a) perch�, 
..dovendo il farmacista anticipare la quota di sconto stabilita a carico" del 
_produttore, si darebbe luogo ad una prestazione aggiunta, con l'onere 
.della rivalsa ,ed il risc~io di un suo esito negativo; b) perch�, rimanendo 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 917 

in tal modo indeterminata l'entit� della prestazione del farmacista, ver.
rebbe alterato il rapporto proporzionale tra prestazione imposta e capacit� 
contributiva del soggetto gravato, in contrasto con il suindicato 
art. 53 della Costituzione. 

2. -La questione non � fondata. 
Va dato atto che l'ordinanza di rinvio, in conformit� ad affermata 
giurisprudenza, muove dalla premessa di base che la disposizione impugnata 
debba interpretarsi nel senso che, non la frazionata, ma l'intera 
<>bbligazione di sconto ricada, in primo tempo e luogo, sul farmacista, 
.salvo suci;:essiva rivalsa sul produttore. La questione di costituzionalit� 
� coerentemente sollevata in dipendenza di questa premessa interpretativa. 


Ci� posto, la Corte esclude, tuttavia, che si tratti di disposizione 
anomala, divergente dal sistema delle leggi tributarie. Al contrario, il 
sistema comporta ed ammette che, come riconosciuto in via generale 
dall'art. 14 del testo unico sulle imposte dirette, � chi, in forza di disposizioni 
di legge, � obbligato al pagamento della imposta, in luogo di altri, 
per fatti o situazioni a questi riferibili, ha diritto di rivalsa �. 

La configurazone di � sostituti d'imposta ., in luogo e vece di altri 
soggetti, con i quali intercorrano rapporti giuridico-economici, risponde 
a criteri di tecnica tributaria, basati sulla finalit� di agevolare l'accertamento 
e la riscossione dei tri:buti. A tale fine, quei rapporti, di fronte 
ai beneficiari del tributo, vengono considerati in modo unitario, onde 
eliminare difficolt� pratiche. 

Tale l'esempio fornito dalla situazione in esame, in cui, nell'ambito 
dei rispettivi rapporti tra le parti, la posizione del farmacista di fronte 
al rapporto interno con gli istituti ed enti beneficiari dello sconto, 
assume diretta e palese connessione, diversamente dalla posizione distaccata 
e meno evidenziata dei soggetti produttori dei medicinali di provenienza. 
Il che spiega e giustifica la concentrazione dell'obbligo di prestazione 
in unico soggeto, salvo a questi regolare successivamente, dal 
lato esterno al suaccennato rapporto con enti ed istituti, il suo personale 
stato creditorio. 

3. -Questi concetti vanno ora .integrati con le seguenti considerazioni, 
particolarmente attinenti all'art. 53 della Costituzione di cui si 
� denunciata la violazione. 
Si assume che il collegamento tra imposizione e capacit� contributiva 
viene qui ad essere distorto, per effetto della dilatazione del carico 
tributario, con alterazione in eccesso del risultato quantitativo. Ma l'as


.3 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sunto non considera, nel suo preeiso contenuto, il concetto di capacit� 
contributiva, quale delineato uniformemente nella giurisprudenza di questa 
Corte (sentenze n. 45 del 1964; nn. 16 e 50 del 1965; n. 89 del 1966; 

n. 97 del 1968). 
Per capacit� contributiva deve intendersi l'idoneit� soggettiva alla 
obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al quale la prestazione 
� collegata. Questo collegamento ad un presupposto condiziona esclusivamente, 
�e nello stesso tempo _�esaurisce, il riconoscimento di detta 
idoneit�. 

Ci� senza che spetti al giudice della legittimit� delle leggi valutare 
e detevminare, in funzione dell'art. 53, Cost., l'entit� e la proporzionalit� 
dell'onere tributario imposto, trattandosi di compito riservato_ al legislatore 
(sentenze n. 89 del 196-6; n. 124 del 1971): salvo .il controllo di 
legittimit� sotto il pro-filo dell'assoluta arbitrariet� o Irrazionalit� delle� 
norme, i!potesi da escludersi nel caso in esame per le ragioni spiegate 
al numero precedente. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 94 -Pres. Chiarelli -
Rel. Benedetti -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, Virga) 
c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato 
Savarese). 

Sicilia -Tributi do~anali -Riscossione delle risorse proprie della Comunit� 
economica europea -Modifica dei capitoli di bilancio -Conflitto 
di attribuzione -Inammissibilit�. 

(Cost., art. 134; d.P.R. 16 aprile 1971, n. 321). 

� inammissibile per tardivit� il ricorso per confiitto di attribuzione 
proposto dal Presidente della Regione Siciliana contro la circolare 22" 
marzo 1971, n. 155 del Ministero delle Finanze, sulla istituzione di nuovi 
capitoli di bilancio per la riscossione dei tributi propri della Comunit�. 
economica europea, in attuazione del d. P. R. 16 aprile 1971, n. 321 (1) 

(1) La questione era stata sottoposta aH'esame della Corte per conflitto 
di attribuzione sorto a seguito della circolare 22 marzo 1971, n. 155 
del Ministero delle Finanze avente ad oggetto � istituzione di nuovi capitoli 
di entrate e modifica alla ,denominazione di altri capitoli nel corrente 
esercizione finanziario 1971 �. 
La decisione ripropone il problema suH'ammissibilit� delle impugnative 
di atti esecutivi rispetto ad altri non impugnati. Per i precedenti in 
materia della Corte, vedasi Foro it. 1972, I, 1920. 

. � 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 919 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 96 -Pres. Chiarelli -
Rel. Crisafulli -Presidente Regione Siciliana (avv. Sansone, Villari) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 


Sicilia -Composizione dei comitati provinciali e regionali I.N.P.S. Mancata 
rappresentenza della Regione -Illegittimit�costituzionale. 

(St. Reg. Sic. art. 17 lett. f, 20; d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, artt. 34, 33). 

Sono costituzionalmente illegittimi gli articoli 34 e 33 del decreto 
del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639:, nella parte in 
cui non prevedono, rispettivamente, che l'amministrazione regionale 
siciliana sia rappresentata in seno ai comitati provinciali e regionali dell'INPS 
(1). 

(Omissis). -Considerato: che gli artt. 17, lett. f), e 20 dello Statuto 
della Regione siciliana attribuiscono alla Regione stessa potest� 
legislativa e amministrativa in materia di �previdenza ed assfatenza 
~ociale �; 

che, in -Ottemperanza a tali norme statutarie, l'art. 4 del d. P. R. 
giugno 1952., n. 1rns, nell'operare il trasferimento alla Regione del 
i;:reto esercizio delle funzioni amministrative in detta materia, sta


~e espressamente che l'Amministr�zione regionale sia rappresentata 
organi locali degli enti ed istituti pubblici esplicanti attivit� in 
rientranti; 

.tra questi enti � compreso l'Istituto nazionale della !�'evidenza 
' ordine al quale, tuttavia, l'art. 34 del decreto legislativo n. 639, 
'i,nare la composizione dei relativi Comitati provinciali, omette 

�e in seno ad e'ssi la rappresentanza della Regione; 

.rappresentanza non potrebbe ritenersi .in alcun modo assiiJD 
una tesi dubitativamente prospettata dalla difesa .dello 
ttori degli Uffici provinciali del lavoro e della massima 
~uanto �chiamati ad esercitare, nella Regione, anche funi, 
all'uopo posti alle dipendenze della Regione, giacch�, 
~,gni altra considerazione di ordine pi� generale, nella 
\gli Uffici provinciali del lavoro partecipano ai comi'\
le ed istituzionale fig1,1ra di organi dell'Aniministra


��e era stata sollevata dalla stessa Corte Costituzionale 
~ iO novembre 1971, n. 181 (Gazz. Uff. 22 dicembre 1971, n. 323). 
_ coeva sentenza 18 maggio 1972, n. 97, la Corte ha poi annullato, 
..ede di conflitto di attribuizione, sei decreti di costituzione dei comitati 


provinciali I.N.P.S., senza la rappr.esentanza della Regione. 
Vedi, ora, la legge 11 agosto 1972, n: 466, che colma la lacuna aperta 
dalla sentenza in rassegna. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

920 

zione statale di cui fanno valere gli interessi, che potrebbero anche, in 
ipotesi, essere in conflitto con quelli dell'Amministrazione regionale; 

che deve pertanto essere dichiarata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 
34 del decreto legislativo n. 639 del 1970, limitatamente alla sua 
applicazione nella Regione siciliana e nella parte in cui omette di prevedere, 
e quindi esclude, che la Regione stessa sia rappresentata nei Comitati 
provinciali dell'INPS, e la pronuncia va estesa, in applicazione 
dell'art. 27 della I. 11 marzo 1953, n. 87, al precedente art. 33, relativo 
al Comitato. regionale per la Sicilia, che, per identici motivi ed entro i 
medesimi limiti, contrasta del pari con la competenza costituzionalmente 
attribuita in materia alla Regione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 98 ~ Pres. Chiarelli -
Rel. Crisafulli -Commissario dello Stato per la Regione siciliana 
(Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione siciliana 
(avv. Ottaviano). 

Sicilia -Legge regionale -Modalit� di pagamento dell'IGE -Illegittimit� 
costituzionale. 
(St. Reg. Sic. art. 17; 1. reg. 24 marzo 1972). 

� costituzionalmente illegittima la legge regionale siciliana 24 marzo 
1972, recante modalit� di pagamento dell'imposta generale sull'entrata 
afferente a fattispecie tribut.arie maturate nel territorio della Regione (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte a seguito 
di ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana contro la 
legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 24 marzo 
1972 recante � Modalit� di pagamento dell'imposta generale sull'entrata 
affer.ente a fattispecie tributarie maturate nel territorio della Regione �. 
Per le decisioni citate in motivazione (n. 9 del 1957 e n. 14 del 1962) 
vedasi Foro it., 1957, I, 340; id. 1962, I, 1061, vedi, anche, Corte cost. 21 
giugno 1971, n. 138, in questa Rassegna, 1971, I, 1,965). 

CORTE CO$TITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 102 -~res. Chiarelli -
Rel. Reale -Orlandi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Savarese). 

Procedimento penale -Misura di sicurezza detentiva -Trattenimento 
in carcere del condannato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 


(Cost., art. 13; c.p.p. art. 633, terzo comma). 

Non � fondata, con riferimento alla tutela della libert� personale, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 633 codice di proce




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 921 

dura penale, relativa al trattenimento in carcere del condannato ad una 
misura di sicurezza detentiva, ancorch� abbia gi� espiato la pena (1). 

(Omissis). -2. -Secondo la prospettazione dell'ordinanza la legittimit� 
dell'art. 633, terzo comma, del c.p.p. � posta in dubbio sul presupposto 
che ne venga integrata la disposizione con la norma regolamentare che 
risulta dettata dal Governo, con il procedimento e con la forma propria 
della normazione secondaria regolamentare, di cui all'art. 7 della 1. n. 100 
del 1926 (sent. n. 40/1970; 72 e 91/1968 di questa Corte), al fine di 
stabilire le concrete modalit� esecutive del trasferimento del condannato 
dall'istituto di pena ad una casa di lavoro o ad una colonia agricola. 

Ma dalla stessa prospettazione risulta chiaramente il vizio che ne 
inficia la correttezza logic�i-giuridica. 

� principio generale, infatti, non essere consentito all'interprete df 
identificare il contenuto di una norma di legge sulla scorta di disposizioni 
aventi, secondo 'ia gerarchia delle fonti del diritto positivo (art. 1 
Disp. sulla legge in generale), valore inferiore e secondario; disposizioni, 
cio�, che non possono contenere norme contrastanti con quelle 
della legge (art. 4, primo comma, Disp. cit.). 

Al contrario, alla legge devesi riconoscere, nell'ordinamento, posizione 
gerarchica e funzione prevalente, che la pone quale dato inderogabile 
di raffronto ai fini della conformit� ad essa della norma regolamentare. 


� perci� da escludersi il giudizio sulla costituzionalit� della legge 
per una asserita illegittimit� del contenuto della norma regolamentare, 
anche se emanata per l'esecuzione della legge medesima. 

Orbene, limitando l'esame al solo comma terzo dell'art. 633 c. p. p., 
in relazione al quale lo stesso giudice a quo non ha enunciato autonome 
censure, � evidente che questa norma, nella genericit� della sua formulazione, 
non risulta in contrasto col precetto costituzionale dell'art. 13. 
E ci� in quanto ne esula il significato che, come si � rilevato, si pretende 
desumere dalla concessione, erroneamente supposta, con la norma di 
cui all'art. 266, secondo comma, seconda parte, del citato Regolamento; 
il significato cio� che, se la persona sottoposta a misura di sicurezza preventiva 
sia gi� detenuta in espiazione di pena in uno stabilimento ordinario, 
vi debba rimanere, anche a pena espiata, fin. quando l'Autorit� 
di pubblica sicurezza non la prelevi per l'internamento altrove. 


(Omissis). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 31 marzo 1970 dal pretore di Voltri sull'incidente di esecuztone 
proposto da ORLANDI MAURO (Gazzetta Uff. n. 143 del 10 giugno 1970). 

922 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 103 -Pres. Chiarelli Rei. 
Verzl -Presidente Consiglio de'i Ministri (Sost. avv. gen. dello 
Stato Savarese) c. Presidente Regione Marche (n. c.). 

Regione -Regione Marche -Approvazione del conto consuntivo per il 
1970 -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 125, 119; 1. reg. 24 novembre 1971). 

� costituzionalmente illegittima la legge della Regione Marche 24 
novembre 1971, sull'approvazione del conto generale dell'amministrazione 
regionale per l'esercizio 19:70 (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso 
del Presidente del Consiglio dei Ministri contro la legge regionale 22 luglio 
1971, riapprovata dal Consiglio regionale delle Marche il 24 n9vembre 
1971, recante �Approvazione del conto general� dell'Amministrazione regionale 
per l'esercizio 1970 �. 
S�lle conseguenze della mancata istituzione della Commissione di controllo, 
vedasi Corte cost. 1 marzo 1972, n. 36 in questa Rassegna, 1972, I, 179. 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, in. 104 -Pres. Chiarelli -
Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Carafa) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Jemolo, 
Orlando-Cascio). 

Corte Costituzionale -Giudizi per conflitto di attribuzione -Pubblicazione 
del provvedimento impugnato meramente facoltativa Irrilevanza 
sul termine del ricorso -Inammissibilit�. 
(Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39; r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 2). 

Sicilia -Concessione di impianti di raffinazione oli minerali -Conflitto 
di attribuzione con lo Stato -Appartenenza del potere alla Regione. 


(St. Reg. Sic., art. 14, lett. d, 20). 

Nei giudizi per conflitto di attribuzione, dovendosi applicare il regolamento 
di procedura davanti al Consiglio di Stato, non � rilevante, ai 
fini della identificazione del dies a quo per l'impugnativa, la pubblicazione 
del provvedimento, per estratto, sulla Gazzetta Ufficiale della Region�, 
non prescritta da alcuna legge o regolamento, ma meramente 
facoltativa (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso 
del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 21 dicembre 1971, 
per conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione siciliana sorto a 
seguito del decreto 21 maggio 1971, n. 537, con il quale l'Assessore per 
l'industria e il commercio aveva concesso alla ISAB S.p.A. di installare 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 923 

Spettano alla Regione Siciliana i poteri relativi alla materia della 
concessione di impianti ed esercizio di raffinerie di oli minerali (2). 

(Omissis). -1. -In via pregiudiziale occorre esaminare la eccezione 
di tardivit� del ricorso sollevata dalla Regione. 

Al riguardo si rileva : 

Ai sensi del secondo comma dell'art. 39 della legge 11 marzo 1953, 

n. 87, i ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni e tra 
Regioni e Stato e altre Regioni debbono essere proposti nel termine di 
sessanta giorni a decorrere dalla notificazione o pubblicazione ovvero 
dall'avvenuta conoscenza delratto �impugnato. 
Per il precedente art. 22, poi, nel procedimento davanti alla Corte 
costituzionale (esclusi i procedimenti e giudizi di accusa) si osservano, 
in quanto applicabili, le norme de�l regolamento di procedura per il 
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. 

In materia di pubblicazione di atti o provvedimenti amministrativi, 
l'art. 2 di tale regolam.ento (approvato con r.d. 17 agosto 1907, n. 642) 
dispone testualmente: � Qualora si pretende che Uil1 atto o provvedimento 
amministrativo offenda interessi di individui o di enti giuridici, 
i quali non essendo direttamente con~emplati nell'atto o provvedimento 
medesimo non ne �abbiano avuto notificazione nelle forme prescritte dagli 
articoli seguenti, il termine per ricorrere alle sezioni giurisdizionali 
decorre dal giorno della pubblicazione di un estratto di quell'atto o provvedimento 
nella Gazzetta Ufficiale (del regno) o nel Bollettino degli 
annunzi' legali per la provincia �. 

e gestire nel Cbmune di Melilli un impianto per la raffinazione di oli 
minerali. 

La Corte costituzionale, con sentenza 16 luglio 1968, n. 105 (in questa 
Rassegna, 1968, I, 1, 879) aveva chiarito .che il termine per la proposizione 
del ricorso per conflitto di attribuzione da parte dello Stato contro atti 
regionali va riferito esclusivamente all'organo legittimato a proporlo, cio� 
al Presidente del Consiglio dei Ministri, a nulla rilevando la pregressa 
conoscenza dell'atto da parte della Corte dei conti e dell'Avvocatura dello 
Stato, le quali non possono considerarsi incorporate nella Presidenza del 
Consiglio dei Mini:stri. 

Con sentenza 16 dicembre 1960, n. 74, in Foro it., 1961, I, 378, il Giudice 
costituzionale av�eva stabilito .che nell'impugnativa per conflitto di 
attribuzione da parte dello Stato di un decreto del Presidente della Regione 

(siciliana), non riferentesi in akun modo allo Stato stesso e, quindi, non 
soggetto a specifica notificazione, il termine per ricorrere decorreva dalla 
data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale regionale. 

In applicazione del principio generale di� diritto processuale secondo 
cui l'atto che pu� formare oggetto di impugnazione deve essere portato a 
conoscenza del soggetto, cui la legge attribuisce la potest� di agire, il 
termine per proporre ricorso per conflitto di attribuzione fra Stato e 
Regione e fra Regioni, avanti la Corte costituzionale, decorre, fuori dalle 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

924 

Che l'atto impugnato nella specie, anche se adottato con la forma 

di decreto assessoriale, sia un semplice atto amministrativo (concessione) 

e non di governo non � contestato. 

Poich� lo Stato non vi � direttamente contemplato, non doveva 

essergli notificato. 

� stato, per�, pubblicato, non risulta se d'ufficio o a richiesta di inte


ressato, nella Gazzetta Ufficiale della Regione, seconda parte. 

Per l'art. 15 delle Norme di attuazione dello Statuto speciale per la 

Regione siciliana, adottate con d.l.c.p.s. 2.5 marzo 1947, n. 204, nella 

seconda parte della Gazzetta Ufficiale di detta Regione debbono essere 

pubblicati gli annunzi e gli avvisi prescritti dalle leggi e dai regola


menti vigenti nella Regione e, su richiesta degli interessati, gli annunzi 

e gli avvisi di cui � obbligatoria la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale 

della Repubblica. 

Non risulta che ci sia legge o regolamento regionale da cui quella 

pubblicazione fosse prescritta. 

Deve, dunque, ritenersi che si tratti di una pubblicazione non obbli-' 

gatoria ma facoltativa, alla quale, per ovvie considerazioni, non pu� 

attribuirsi l'effetto contemplato nel sopra trascritto art. 2 del regolamento 

di procedura per il Consiglio di Stato. 

Non pu�, in conseguenza, ritenersi che il termine per l'impugnativa 

in esame dovesse decorrere da quella pubblfoazione, ma deve, invece, 

ipotesi di pubblicazione imposta da una specifica norma, dalla notifi.cazione 

o dalla �conoscenza del provvedimento riferite agli organi legittimati alla 
proposizione del ricorso (Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente 
della Giunta regionale). Siffatto orientamento, gi� delineato con sentenza 
30 dicembre 1958, n. 82, in Giur. cost., 1958, 1003, rimane attualmente confermato; 
nell'ipotesi di specie era �stato, poi, adottato, con la forma del 
. decreto assessoriale, un atto di concessione avente natura amministrativa 
e non di governo, nel quale lo Stato non era contemplato;� atto non soggetto 
per espressa disposizione normativa a pubblicazione sulla Gazzetta 
Ufficiale della regione. 

(2) Riprendendo i concetti gi� enunciati nella gi� citata sentenza n. 82 
del 1958, la Corte ha confermato il �principio secondo cui essendo la specifica 
materia regolata dal d.l. 2 novembre 1933, n. 1741, conv. nella legge 
8 febbraio 1934, n. 367 e dal regolamento approv;lto con r.d. 20 luglio 1934, 
n. 1303, contenenti soprattutto norme di prevenzione per la pubblica incolumit� 
ed evasioni fiscali, non � necessario che la Regione provveda a 
previi accordi anche con il Ministro per l'industria e commercio. 
� auspicabile che de iure condendo si tenga conto della necessit� 
di siffatti accordi, .posto che la materia degli idrocarburi � da considerarsi 
di preminente interesse nazionale, soggetta a programmazione generale, suscettibile 
di regolamentazioni comunitarie in via di elaborazione; alle quali 
� lo Stato a doversi uniformare. Per una disciplina del genere, sempre in 
tema di impianti di distributori di carburanti, cfr. la successiva sentenza 
della Corte 27 �luglio 1972, n. 151, di cui infra. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 925 

riconoscersi che dovesse decorrere da quello della conoscenza che il Presidente 
del Consiglio ne ha avuto attraverso la nota del Ministero dell'industria 
e commercio del 21 ottobre 1971, in atti depositata, rispetto 
alla quale il ricorso risulta tempestivo. 

N� pu� in contrario invocarsi la sentenza n. 74 del 1960 di questa 
Corte, perch� l'atto che formava oggetto del giudizio con tale sentenza 
definito -decreto del Presidente della Regione di annullamento d'ufficio 
per motivi di interesse pubblico di un provvedimento amministrativo 
definitivo -era un decreto del Governo regionale, la cui pubblicazione 
nella prima parte della Gazzetta Ufficiale della Regione � prescritta 
espressamente dal sopra citato art. 15 del d.l.c.p.s. n. 204 de.I 1947. 

L'esaminata eccezione risulta, pertanto, infondata. 

2. -Nel merito il ricorso � infondato. 
La qtJestione circa il trasferimento all'Assessore per l'industria e 
commercio della Regione siciliana dei poteri relativi alla materia della 
concessione di impianto ed esercizio di raffinerie di oli minerali � gi� 
stata sottoposta all'esame di questa Corte, sotto il profilo che, allo stato 
della legislazione, non fosse configurabile un concerto tra Assessore regionale 
e Ministro e che, quindi, dovendo la potest� del Ministro per 
l'industria e commercio in materia essere esercitata di concerto con il 
Ministro per le finanze ed, eventualmente, con il Ministro per la marina 
mercantile, le competenze dei quali non erano state trasferite alla Regione, 
non potesse ammettersi la possibilit� giuridica per l'Assessore 
all'industria e commercio della Regione di provvedere. 

Ma questa Corte, con sentenza 18 dicembre 1958, n. 82, respinse 
tale tesi, in sostanza, affermando: 

1) che la materia � tuttora disciplinata soltanto dal decreto-legge 
2 novembr� 1933, n. 1741 (conv. nella legge S. febbraio 1934, n. 367) e 
dal relativo regolamento approvato con r.d. 20 luglio 1934, n. 1303; 

2) che non possono �porsi ai poteri attribuibili alle Regioni da 
norme costituzionali limiti che non siano costituzionalmente giustificati; 

3) che l'esigenza del concorso nell'emanazione del provvedimento, 
voluto dalla legge, di altre Amministrazioni centrali dello Stato, i cui 
poteri non siano stati trasferiti alla Regione, pu� ben essere manifestato 
senza la forma tilpica del concerto, mediante accordi tra Stato e Regione. 

Nel caso in esame, l'Assessore regionale, uniformandosi scrupolosamente 
alla citata sentenza, come risulta dalla premessa dell'impugnato 
decreto, prima di emetterlo, ha ottenuto il consenso non soltanto del 
Ministro per le finanze e di quello per la marina mercantile, ma anche 
dello Stato Maggiore della Difesa e di tutti gli organi statali, che, ai 
sensi del regolamento n. 1303 del 1934 possono avere interesse, anche 
indiretto, nella materia. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A sostegno del gravame viene, perci�, prospettata una nuova tesi 
che, logicamente, dovrebbe �condurre alla negazione di ogni competenza 
in materia da parte della Regione, ma che, in concreto, sembra limitata 
alla richiesta che la Regione 'Provveda previo accordo anche col Ministro 
per l'Industria e Commercio. 

Come si � esposto in narrativa, infatti, si sostiene: 
-che la materia degli idrocarburi e degli impianti che li concernono 
� di innegabile, preminente interesse nazionale; 

-che, pertanto, deve formare oggetto di una programmazione globale, 
che abbracci tutto il territorio nazionale, anche ai fini di una organica 
e funzionale collocazione territoriale degli impianti; 

-che la materia presenta anche una notevole rilevanza nei rapporti 
con il MEC tanto che � in corso l'elaborazione di un regolamento, 
al quale l'Italia, quale membro della Comunit�, dovrebbe uniformarsi. 

Anche questa tesi, peraltro, risulta completamente destituita di 
giuridico fondamento. 

Come � stato affermato anche nella sopra citata sentenza n. 82 del 
19'518, la competenza attribuita in materia alla �Regione dal relativo 
Statuto trova limiti soltanto nelle leggi costituzionali dello Stato. 

A tutt'oggi, sul piano della leg.islazione, la materia � disciplinata 
soltanto dal d.l. n. 1741 del 19'33 e relativo regolamento, che non hanno 
certo carattere di leggi costituzionali. 

Per giunta, tale disciplina ha chiaramente per oggetto soprattutto 
la sorveglianza diretta ad evitare ~vasioni fiscali e la garanzia della 
pubblica incolumit�. 

Ne consegue che le deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, pur apprezzabili, 
in senso astratto e forse anche de� jure condendo, non hanno 
in atto alcuna base concreta sul piano legislativo ordinario e tanto 
meno su quello costituzionale. 

Non si possono, pertanto, in base ad esse disapplicare norme che, 

invece, come s1 e posto pi� volte in rilievo hanno indiscusso carattere 

costituzionale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 105 -Pres. Chiarelli -
Rel. Crisaf~li -Pasiiii (avv. Amigoni), Galli (avv. Sorrentino e 
Bovio). 

Stampa -Riposo settimanale degli addetti -Fissazione obbligatoria 
tra la domenica e il luned� -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 21; I. 22 febbraio 1934, n. 370; artt. 13, 14, 22, 23, 24, 25, 26, 28). 

Sono costituzionalmente illegittime, con riferimento aUa libertd di 
manifestazione del pensiero, le disposizioni della l. 22 febbraio 1934, 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 927 

-n. 370 che fissano obbligatoriamente il riposo settimanale degli addetti 
alle aziende editrici di giornali fra le ore 13 della domenica e le ore 14 
del luned� (1). 

(Omissis). -3. -Agiudizio della Corte, le disposizioni fin qui ricordate 
sono tra loro interdipendenti, formando nel loro insieme un sistema 
unitario che conduce -obiettivamente -al risultato di impedire, 
dalle ore 13 della domenica alle 12 del lunedl, la libera diffusione e 
circolazione delle notizie e delle opinioni, sia a mezzo della stampa periodica, 
sia attraverso altri mezzi equipollenti, eccezion fatta per il 
mezzo radiofonico (oggi, radiotelevisivo). 

Tuttavia, poich� alcune tra esse, e specificamente gli artt. 13 e 14, 
appaiono rivolte al fine primario di garantire che il riposo settimanale 
dei dipendenti dalle agenzie giornalistiche e similari abbia sempre e 
necessariamente luogo la domenica, deve essere qui preliminarmente 
rilevato che una siffatta rigida disciplina non potrebbe, oggi, ritenersi 
imposta dal principio costituzionale che tutela il diritto (irrinunciabile) 
dei lavoratori al riposo settimanale (oltre che alle ferie annuali). Nessun 
accenno alla domenica o ad altro giorno determinato si rinviene, infatti, 
nel terzo comma dell'art. 36, che -come questa Corte ha gi� avuto 
occasione di affermare nelle sentenze n. 150 del 1967 e n. 146 del 1971 
-si limita ad enunciare il principio del riposo settimanale, senza regolarne 
l'esercizio e senza prescrivere, per tutte le possibili ipotesi, una 
rigorosa periodicit�. 

Sgombrato cos� il campo dell'indagine da insussistenti esigenze di 
rispetto dell'art. 36, la cui attuazione bene pu� assumere, invece, forme 
pi� elastiche e comunque differenziate secondo la varia natura propria 
di ciascuna attivit�, deve riconoscersi per il particolare regime dettato 
per la stampa periodica, per le agenzie di notizie ed altrettanti mezzi ,di 
diffusione del pensiero contrasta con l'art. 21 Cost., che solennemente 
proclama uno tra i principi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, 
garantendo a � tutti � il diritto di manifestare liberamente 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze: 
30 novembre 1970 del pretore di Trieste (Gazzetta Uff. n. 42 del 17 
febbraio 1971); 31 dicembre 1970 del pretore di Bari (Gazzetta Uff. n. 99 
del 21 aprile 1971); 18 marzo 1971 del pretore di Bologna (Gazzetta Uff. 
n. 151 del 16 giugno 1971); 5 aprile 1971 del pretore di Napoli (Gazzetta 
Uff. n. 170 del 7 luglio 1971), 6 agosto 1971 de�l pretore di Milano (Gazzetta 
Vff. n. 323 del 22 dicembre 1971); 30 settembre 1971 del pretore di Torino 
(Gazzetta Uff. n. 23 del 26 gennaio 1972). 
Per pcrecedenti giurisprudenziali e dottrinali relativi, in ispecie, alla 
tutela del riposo settimanale (art. 36, 3� comma, Cost.), all'art. 21 Cost., al 
.sequestro di giornale, vedasi Foro it. 1972, I, 1912. 



928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
il proprio pensiero � ogni mezzo di diffusione � e dettando per di prn 
ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione 
tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei 
cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita 
928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
il proprio pensiero � ogni mezzo di diffusione � e dettando per di prn 
ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione 
tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei 
cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita 
e consapevole. 

Naturalmente, che �tutti� abbiano diritto di manifestare il proprio 
pensiero �con ogni mezzo�, non pu� significare che tutti debbano avere, 
in fatto, la materiale disponibilit� di tutti i possibili mezzi di diffusione, 
ma vuol dire, pi� realisticamente, che a tutti la legge deve garantire la 
giuridica possibilit� di usarne o di accedervi, con le modalit� ed entro i 
limiti resi eventualmente necessari dalle peculiari caratteristiche dei 
singoli mezzi o dalla esigenza di assicurare l'armonica coesistenza del 
pari diritto di ciascuno o dalla tutela di altri interessi costituzionalmente 
apprezzabili, giusta i criteri di cui questa Corte ha fatto applicazione 
in varie occasioni (sentenze n. 59 del 1960, n. 48 del 1964, n. 11 del 
1968). 

4. -Ora, come risulta dalla analitica espos1z10ne che se n'� fatta 
qui sopra al punto 2, le disposizioni della legge del 1934, di cui � questione, 
contengono una disciplina ispirata a criteri del tutto opposti 
rispetto a quelli innanzi precisati. Per un verso, e con particolare riguardo 
alla stampa periodica, determinano, infatti, un 'rigoroso sistema di 
limiti temporali alla diffusione, manifestamente eccedenti rispetto al 
fine di realizzare il riposo settimanale dei lavoratori addetti al settore 
ed in nessun modo giustificati da esigenze di tutela di interessi c9stituzionalmente 
rilevanti. Per altro verso, spingendosi oltre l'ambito della 
stampa periodica, giungono sino a inibire (art. 26, primo comma) l'uso 
di una serie indefinita di altri mezzi di diffusione al pubblico (quali potrebbero 
essere, ad esempio, notiziari parlati, filmati, ecc.) nel corso di 
un periodo di tempo press'a poco coincidente con quello durante il quale 
� sospesa la pubblicazione dei giornali. 
Ne risulta perci�, dal lato attivo, indebitamente compressa la libert� 
di manifestazione (libert� di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti); 
e ne risulta altres� menomato -dal punto di vista, invece, dei 
destinatari della manifestazione -l'interesse generale, anch'esso indirettamente 
protetto dairart. 21, alla informazione; il quale, in un regime 
di libera democrazia, implica pluralit� di fonti di informazione, 
libero a�ccesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, 
anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee. 

5. -L'accennato contrasto delle disposizioni denunciate con l'art. 21 
Cost. ne comporta la declaratoria di illegittimit� costituzionale, restando assorbiti 
gli altri profili dedotti nelle ordinanze. Fa eccezione il secondo 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 929 

comma dell'art. 14, che si limita a stabilire le regol,e del riposo settimanale 
per turno nei �confronti del personale addetto alla vendita dei giornali, 
in ordine al quale la questione di legittimit� costituzionale deve 
dichiararsi non fondata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 106 -Pres. Chiarelli -
Rel. Mortati -Nieddu (n. c.). 

Reato -Reato e pena -Proscioglimento per totale infermit� di mente 


Ricovero in manicomio giudiziario per un periodo minimo -Ille


gittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; c.p. art. 222). 

Non � fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 222 codice penale, 
che stabilisce il periodo minimo di ricovero in manicomio giudiziario 
per l'imputato prosciolto per totale infermit� di mente (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
�emessa il 9 settembre 1971 dal giudice istruttore del Tribunale di 
Nuoro (Gazzetta Uff. n. 37 del 9 febbraio 1972). 
Per le precedenti decisioni sul problema di legittimit� costituzionale 
della presunzione di pericolosit� sociale (art. 204, primo e secondo comma, 
cod. pen.), Corte cost. 10 marzo 1966, n. 19 in Foro it.; 1966, I, 349, Corte 
cost. 9 giugno 1967, n. 68, idem 1967, I, 1366). 

Circa il contrasto dell'art. 224, secondo comma, cod. pen. con l'art. 3 
Cost. nella parte in cui rende automatico il ricovero in riformatorio giudiziario 
di tutti i minori di anni 14, resi colpevoli di delitti, cfr. Corte cost. 
20 gennaio 1971, n. 1, in questa Rassegna 1971, I, 1, 213. 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 110 -Pres. Chiarelli -
Rel. Trimarchi -Antinori (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Fallimento -Mancata audizione degli interessati da parte del Tribunale 
� -Illegittimit� ~ostituzionale. 

(Cost., art. 24; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 147, 162, 195). 

Fallimento -Bancarotta semplice -Omessa tenuta dei libri contabili Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217). 



930 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Procedimento penale -Accertamento da parte del tribunale fallimen


tare -Trasmigrazione nel processo penale -Illegittimit� costitu


zionale -Esclusione. 

(Cost., art. 24; c.p.p. artt. 19, 21). 

Sono costituzionalmente illegittime, per violazione del diritto di difesa, 
le seguenti disposizioni della legge fallimentare (r. d. 16 marzo 1942, 

n. 267): art. 147, comma primo, nella parte in cui non prevede l'obbligatoria 
convocazione in camera di consiglio dei soci illimitatamente 
responsabili, nei cui confronti produce effetti il falliment� della societ�; 
art. 162, comma primo, nella parte in cui non prevede analoga convocazione 
del debitore richiedente il concordato preventivo; art. 195, comma 
secondo, nella parte in cui non prevede analoga convocazione del 
debitore neiza procedura di accertamento dello stato di insolvenza per 
la liquidazione coatta amministrativa (1). 
Non � fondata, con riferimento alL'art. 3 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 217, comma primo e secondo, 
della legge fallimentare, sul reato di bancarotta semrptice (2). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 19 e 21 codice di procedura 
penale, in base ai quali fanno stato, nel processo penale, gli 
accertamenti effettuati da parte del tribunale fallimentare (3). 

(Omissis). -3. -Sulla legittimit� costituzionale dell'art. 147, comma 

primo, della legge fallimentare, e sempre con riferimento all'art. 24, 

comma secondo, della Costituzione, vengono avanzati dubbi dal tribu


nale di Milano con l'ordinanza del 23 aprile 1970. Ad aviso del giudice 

a quo la dedotta illegittimit� costituzionale risiederebbe nel fatto che 

la norma non prevede che siano personalmente sentiti o comunque pre


viamente avvertiti i soci illimitatamente responsabili nei cui confronti 

produce effetto la sentenza che dichiara il fallimento della societ� con 

soci a responsabilit� illimitata. 

La Corte ritiene che in relazione alla norma in esame ed a fonda


mento della pronuncia che di seguito viene adottata, valgono i motivi 

posti a base della citata sentenza n. 141 del 1970 nonch� della sentenza 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze 
emesse: il 13 febbraio 1970 dal Tribunale di Roma (Gazzetta Uff. 
n. 125 del 20 maggio 1970); il 16 aprile 1970 dal Tribunale di Potenza 
(G'azzetta Uff. 222 del 2 settembre 1970); il 23 aprile 1970 dal Tribunale di 
Milano (Gazzetta Uff. n. 106 del 28 aprile 1971); 1'11 marzo 1971 dal pretore 
di Siracusa (Gazzetta Uff. n. 163 del 30 giugno 1971); il 23 marzo 1971 dal 
Tribunale di Bologna (Gazzetta Uff. n. 259 del 13 ottobre 1971; il 24 giugno 
1971 dal pretore di Verona (G'azzetta Uff. n. 297 del 24 novembre 1971); 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 931 

n. 142 dello stesso anno (con cui � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale 
dell'art. 147, comma secondo, nella parte in cui �non consente 
ai soci illimitatamente responsabili l'esercizio del diritto di difesa nei 
limiti .compatibili con la natura del procedimento di camera di consiglio 
prescritto per la dichiarazione di fallimento�). La circostanza che. la 
norma dell'art. 15, di cui � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale 
nei sensi sopra detti, sia una norma di portata generale e quindi applicabile 
anche all'ipotesi del fallimento delle societ�, non � di ostacolo 
all'accoglimento della tesi sostenuta dal giudice a quo che per il primo 
comma dell'art. 147 il tribunale possa non sentire personalmente o non 
previamente avvertL~ i soci illimitatamente responsabili in quanto tali. 
Era in facolt� ed ora, dopo la pubblicazione della sentenza n. 141 del 
1970, � obbligo del tribunale di � disporre la comparizione dell'imprenditore 
in camera di consiglio per l'esercizio del suo diritto �di difesa�, 
e ci� tanto se il debitore sia un imprenditore individuale quanto se lo 
stesso sia una societ�. Ma in questo secondo caso, e nella specifica ipotesi 
di societ� con soci a responsabilit� illimitata, � tuttavia vigente la norma 
denunciata che riguarda i soci illimitatamente responsabili in quanto 
tali, e non nella loro eventuale qualit� di amministratori o liquidatori 
della societ�. 
Giustamente il tribunale di Milano ritiene che in caso di fallimento 
di una societ� con soci a responsabilit� illimitata, non basti la convocazione 
dell'imprenditore collettivo in camera� di consiglio prima della dichiarazione 
di fallimento, ovvero di alcuno dei soci aver>';i la rappresentanza 
della societ� perch�, qualora si operi in codesti modi, pu� essere 
soddisfatto il diritto di difesa della societ�, ma non quello di tutti i soci, 
soggetti personalmente al fallimento. 

Stante ci�, la Corte � dell'avviso che il diritto di difesa debba essere 
garantito anche nella prima fase della procedura fallimentare, sia pure 
compatibilmente con le finalit� di tutela dell'interesse pubblico a cui 
essa � preordinata, per dar modo ai soci illimitatamente responsabili di 
contrastare con l'eventuale ausilio di difensori, in confronto della societ� 
e dei creditori istanti (ed a ciascuno dei soci in confronto degli altri), la 
veridicit� dell'asserito stato di insolvenza e l'assoggettabilit� all'esecuzione 
fallimentare. E conseguentemente ritiene che la norma denunciata 
sia illegittima costituzionalmente nella parte in cui non prevede che 

il 7 luglio 1971 dal pretore di Napoli (Gazzetta Uff. n. 311 del 9 dicembre 

1971); il 2 luglio 1971 dal pretore di Mantova (Gazzetta Uff. n. 323 del 22 

dicembre 1971); il 20 aprile 1971 della Corte di Appello di MHano (Gaz


zetta Uff. n. 323 del 22 dicembre 1971). 

Per la dottrina cfr. NuvoLONE, Fallimento (nota), in Enciclopedia del 

diritto, 1967, XVI, 180; per qualche riferimento giurisprudenzial�e v. Foro 

it. 1972, I, 1902. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prima della dichiarazione del fallimento della societ� con soci a responsabilit� 
illimitata, il tribunale debba ordinare la comparizione in camera 
di consiglio dei soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce 
effetto la detta sentenza. 

Ovviamente, gli atti che potranno essere compiuti nel rispetto del 
diritto di difesa riconosciuto ai soci illimitatamente responsabili, in concreto 
non potraqno non essere armonizzati con le esigenze di urgenza 
e tempestivit� proprie della procedura fallimentare e con le finalit� di 
giustizia, a cui lo stesso diritto di difesa � essenzialmente coordinato. 

4. -Deve parimenti essere dichiarata fondata nei limiti di cui appresso, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 162, commi 
primo e secondo, della legge fallimentare, sollevata dal tribunale di Potenza 
e dalla Corte d'appello di Milano con ordinanze rispettivamente 
del 16 aprile 1970 e del 20 aprile 1971. 
Secondo il primo giudice, la norma sarebbe in contrasto con l'art. 24, 
comma secondo, sotto due profili: anzitutto, perch� prevede come facoltativa 
l'audizione del debitore che abbia proposto domanda di ammissione 
al concordato preventivo, e prima della dichiarazione di inammissibilit� 
dell'istanza; e perch� non prevede per il debitore, durante questa 
stessa fase, l'assistenza del difensore; ed in secondo luogo, perch� 
dichiara non soggetto a reclamo il decreto di inammissibilit�. 

Relativamente al primo profilo, ricorrono, e non � il caso quindi 
che siano ripetuti, i motivi posti nel precedente numero a base della 
pronuncia di parziale illegittimit� dell'art. 147, comma primo. Non pu� 
dirsi, in effetti, sufficiente, per garantire il diritto di difesa del debitore, 
la semplice facoltativit� della sua audizione. N� rilevano in senso 
contrario peculiari caratteristi-che della fase preliminare del procedimento 
di concordato preventivo; � vero che il debitore � posto in grado 
di far conoscere le proprie ragioni e richieste con la domanda di ammissione 
alla procedura, ma dopo che questa ha avuto inizio, al debitore 
non � consentito pi� di svolgere utili difese. Anzi, va tenuto presente 
che non costituiscono sufficienti garanzie per il debitore le possibilit� 
che secondo la giurisprudenza gli sono date di proporre reclamo ex articolo 
111 della Costituzione avverso il decreto .di inammissibilit�, qualora 
a questo non segua la dichiarazione di fallimento, o di impugnare la 
sentenza dichiarativa del fallimento, perch� il reclamo pu� proporsi 
solo per violazione di legge, e dall'eventuale s.entenza di revoca del fallimento 
residuano in danno del debitore evidenti effetti pregiudizievoli. 
E si deve quindi ritenere costituzionalmente illegittima la norma de qua 
nella parte in cui non prevede che il tribunale prima di decidere sulla 
ammissibilit� della proposta, debba invitare il debitore istante a comparire 
in camera di consiglio perch� possa essere sentito. 


� PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 933 
Risulta non fondato l'assunto dello stesso tribunale di Potenza, che 
la norma in oggetto sia costituzionalmente illegittima perch� non � prevista 
l'assistenza ad opera di difensore. �, nel sistema, anche a iProposito 
dei procedimenti speciali, e delle fasi preliminari o sommarie di pi� 
ampi procedimenti giurisdizionali, infatti, che la parte si possa far rappresentare 
o almeno assistere da un difensore. In mancanza di una norma 
che vieti �codesta assistenza, si deve quindi ritener�e che la stessa sia 
implicitamente ammessa e consentita. E pertanto il lamentato vizio a 
proposito della norma de qua non sussiste. 

� invece inammissibile la questione l� ove � mossa doglianza in 
relazione alla non reclamabilit� del decreto con cui il debitore non venga 
ammesso alla procedura di concordato preventivo. � di tutta evidenza, 
infatti, che manca per il giudice a quo ogni interesse alla dichiarazione 
d'illegittimit� della norma sul punto in esame, dato che, qualora la Corte 
dovesse ravvisare la dedotta illegittimit�, la pronuncia in quanto afferente 
ad una norma non applicabile dal tribunale, non inciderebbe in 
alcun modo sul procedimento in corso. 

Rilevata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 162 in relazione al 
primo profilo, risulta non meritevole di accoglimento la prospettazione 
che della questione viene effettuata dalla Corte di appello di Milano, 
per la quale si avrebbe la violazione dell'art. 2'4, comma secondo, per il 
fatto che la norma denunciata, nel suo secondo �comma, non prevede 
che il tribunale debba disporre la comparizione dell'imprenditore in camera 
di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa prima di procedere 
alla dichiarazione del fallimento. 

Infatti, il decreto di inammissibilit� della domanda di concordato 
preventivo e la sentenza dichiarativa del fallimento del debitore istante 
sono i modi e i mezzi di formazione ed esteriorizzazione dell'unica o contestuale 
volont� dell'ufficio di takh�, prescritto che del debitore debba 
essere disposta la comparizione in camera di consiglio, prima che il tribunale 
possa emettere il decreto, il diritto alla difesa � assicurato �anche 
in relazione all'eventuale dichiarazione di fallimento. 

5. -Sarebbe, infine, in contrasto con l'art. 24, comma secondo, della 
Costituzione, l'art. 195, �comma secondo, della legge fallimentare nella 
parte in cui non prevede l'obbligo per il tribunale di disporre la comparizione 
del debitore in camera di consiglio per l'esercizio del diritto di 
difesa, in contradditorio con la parte che abbia richiesto la dichiarazione 
dello stato di i~solvenza dell'impresa soggetta a liquidazione coatta 
amministrativa con esclusione del fallimento, e �con l'autorit� governativa 
che ha la vigilanza sull'impresa stessa. 
La questione, sollevata dal tribunale di Bologna con ordinanza del 
23 marzo 1971, � fondata. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La norma dell'art. 195, comma secondo, dispone che, prima di provvedere, 
il trtbunale deve sentire l'autorit� governativa �he ha la vigilanza 
sull'impresa. Ma non prevede per lo stesso tribunale l'obbligo di 
disporre la comparizione in camera di consiglio dell'imprenditore perch� 
questo possa esercitare il diritto di difesa. L'imprenditore, quindi, non 
� posto in grado, nela fase anteriore alla dichiarazione del tribunale, di 
affermare e dimostrare le proprie ragioni e di avanzare le proprie richieste, 
eventualmente con assistenza tecnica, in confronto dei creditori istanti 
e dell'autorit� governativa di vigilanza, e a tale carenza, sul terreno 
delle garanzie della difesa, non si supplisce con il riconoscimento del diritto 
alla opposizione, operato con il quarto comma dello stesso art. 195. 

La norma denunciata � perci� illegittima costituzionalmente nella 
parte in cui non prevede l'obbligo per il tribunale di disporre la comparizione 
in camera di consiglio dell'imprenditore per l'esercizio del diritto 
di difesa, prima che il tribunale stesso si pronunci sulla richiesta di dichiarazione 
dello stato di insolvenza dell'impresa soggetta a liquidazione 
coatta amministrativa, con esclusione del fallimento. 

6. -Non � invece fondata la questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 19 e 21 del codice di procedura penale, in riferimento all'articolo 
24, comma secondo, della Costituzione. 
Secondo il pretore di Mantova si avrebbe una paralisi della difesa. 
nel procedimento penale a carico di un imputato del reato previsto e 
punito dall'art. 217, comma secondo, della legge fallimentare, come 
conseguenza della paralisi della f_unzione .primaria del giudice penale 
che in base ai dettf artt. 19 e 21 � vincolato � a tener fermo un presupposto 
(�status� di imprenditore) contenuto in una sentenza resa in un 
procedimento no.n garantito da adeguato contraddittorio � per. non esserv� 
previsto l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. 

Senonch� l'asserita impossibilit� e difficolt� per l'imputato di difendersi 
non sussiste. Proprio tenendosi conto delle norme impugnate, e 
sul presupposto della loro applicabilit� alla specie, non pu� ammettersi 
che l'imprenditore commerciale, il quale, dichiarato fallito con sentenza 
passata in giudicato, sia imputato del reato di bancarotta semplice, subisca 
una menomazione del proprio diritto di difesa. Infatti, in ordine alle 
condizioni oggettive e soggettive necessarie e sufficienti per la dichiarazione 
di fallimento, esso imprenditore ha a propria disposizione i mezz�. 
e i modi pi� adeguati per dimostrarne l'inesistenza o la non sufficienza, 
sia nella fase anteriore alla dichiarazione di fallimento sia avverso la 
relativa sentenza e sino all'eventuale passaggio in giudicato di essa. Con 
la dichiarazione di parziale illegittimit� degli artt. 15 e 147, comma primo, 
e in base al disposto dell'art. 147, secondo comma (alla luce della 
citata sentenza n. 142 del 1970), il tribunale � tenuto a convocare in camera 
di consiglio l'imprenditore commerciale e i soci illimitatamente 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 935 

responsabili perch� ogni interessato possa esercitare il proprio diritto di 
difesa, anche con l'assistenza tecnica, nei limiti consentiti dalla natura 
e funzione del procedimento. E, d'altra parte, attraverso l'opposizione alla 
sentenza dichiarativa di fallimento, all'imprenditore � assicurata un'ampia 
difesa. �> 

Non si vede, d'altronde, come ed in che senso l'esercizio del diritto 
di difesa venga limitato in dipendenza del fatto che nel procedimento 
civile di fallimento non � obbligatoria la presenza del pubblico ministero, 
la cui partecipazione ad ogni processo civile, per altro, non � imposta 
dal vigente sistema costituzionale. 

7. -Il pretore di Verona per i primi due commi dell'art. 217 della 
legge fallimentare ed i pretori di Siracusa, di Napoli e di Mantova solo 
per il secondo comma dello stesso articolo, avanzano dubbi di legittimit� 
costituzionale, assumendo che sarebbe in contrasto con l'art.' 3 della Costituzione 
la norma risultante dai detti commi, considerata in s� ed in 
relazione ad istituti quali l'amnistia e la prescrizione, ed allo specifico 
provvedimento di clemenza di cui al d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283. 
Con le ordinanze di rimessione si ritiene in primo luogo, premesso 
che l'oggetto della pretesa punitiva statuale consisterebbe non tanto nel 
comportamento (mancata od irregolare tenuta dei libiri contabili e delle 
scritture contabili obbligatorie) quanto nell'insolvenza del debitore, che 
soggetti trovantisi in pari condizioni (e cio� imprenditori commerciali 
che non abbiano osservato il detto obbligo di comportamento) vengono 
trattati differentemente in base e a seconda delle proprie vicissitudini 
economiche. 

Si rileva in secondo luogo che, dovendosi intendere il reato in oggetto 
consumato alla data della sentenza di�hiarativa del fallimento, si 
avrebbe una ingiustificata disparit� di trattamento anche in relazione al 
momento consumativo del reato che dipenderebbe dal gioco delle pi� 
varie circostanze o di fattori del tutto casuali o ind~pendenti dalla volont� 
dell'agente, ovvero dalla solerzia o celerit� degli organi giudiziari preposti 
alla procedura concorsuale di fallimento. 

Codeste ragioni, ad avviso della Corte, non hanno sufficiente fonda


mento e quindi non possono essere condivise. 

Spetta al legislatore di dire se, come e quando un dato fatto costituisca 
reato. Rientra nell'ambito della sua discrezionalit� la valutazione 
degli interessi meritevoli di tutela, e cos� pure la diversificazione, nel 
trattamento giuridico, di situazioni che, pur presentando notevoli elementi 
in comune, non siano identiche. 

A proposito dell'ipotesi criminosa dell'art. 217, comma secondo, e 
giusta l'interpretazione che ne d� la Corte di cassazione, il legislatore 
ha ritenuto che il semplice comportamento dell'imprenditore commerciale, 
consistente nella mancata, irregolare o incompleta tenuta dei libri 


936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e delle altre scritture contabili, in violazione dell'obbligo posto dagli 

artt. 2214 e seguenti del codice civile, non metta in pericolo il 'bene che 

con quella i,p<;>tesi ha inteso tutelare; ed ha invece ravvisato come attuale, 

codesta messa in pericolo solo se e all'atto in cui l'imprenditore com


merciale venga dichiarato fallito. L'attivit� dell'imprenditore commer


ciale, per gli interessi che tocca o su cui incide, � fonte per lo stesso 

suo autore di responsabilit�, collegata al rischio dell'impresa. Ed in rela


zione ad essa, appare quindi razionale che solo alcuni dei comportamenti 

che quella attivit� integrano, siano penalmente riprovati e che lo siano 

se ed in quanto si presentino con una certa gravit�. 

Il legislatore avrebbe potuto �considerare la dichiarazione di falli


mento tra l'altro come semplice condizione di procedibilit� o di puni


bilit�, ma ha invece voluto -come � riconosciuto dalla giurisprudenza 

della Corte di cassazione -richiedere l'emissione della sentenza ;per 

l'esistenza stessa del reato. E d� perch�, intervenendo la sentenza dichia


rativa del fallimento, la mes~a in pericolo di lesione del bene protetto 

si presenta come effettiva ed attuale. 

Stante ci�, � fuor di luogo parlare di soggetti che si trovano in pari 

condizioni e di trattamenti giuridici differenziati. L'art. 217, comma se


condo, prende in considerazione un'unica o unitaria situazione di fatto 

(della quale, come si � detto, fa parte integrante ed essenziale Ja dichia


razione di fallimento dell'imprenditore commerciale) e per essa opera 

una unitaria previsione del fatto come reato, e delle sanzioni penali. 

E del pari non ha ragione di essere l'assunto che, potendo influire 

in ordine al momento consumativo del reato fattori del tutto casuali o 
indiJ>endenti dalla volon~� dell'imprenditore commerciale, la' ripetuta 
norma dell'art. 217, comma secondo, dia vita ad una discriminazione 
nel trattamento giuridico. Giova al riguardo considerare ancora una 
. volta che la norma pone in essere una sola previsione valida per tutti � 
gli'imprenditori commerciali soggetti al fallimento, per cui questi commettono 
il reato solo quando siano dichiarati falliti. E l'eventualit� che 
per imprenditori commerciali che abbiano cessato contemporaneamente 
la loro attivit�, la data del commesso reato debba coincidere con quella 
della dichiarazione di fallimento relativa a ciascuno di essi � del tutto 


conseguenziale. 

Considerati, per ci�, insoddisfacenti gli argomenti addotti in gene


rale a sostegno della pretesa disparit� di trattamento, vanno egualmente 

disattese le ragioni �che a detta dei giudici di merito militerebbero a di


mostrazione di quella disparit� in casi particolari ed in relazione a dati 

istituti. 

Come� non ricorre una disparit� di trattamento nell'ipotesi sopra 

ricordata di imprenditori �commerciali che, pur cessando l'attivit� con


temporaneamente, commettano il reato di bancarotta semplice in mo


menti diversi perch� dichiarati falliti sotto differenti date, cos� per quan



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 937 

to in precedenza detto, quella disparit� non sussiste neppure nella ipotesi 
estrema di pi� soci illimitatamente responsabili che, pur avendo svolto 
una unica attivit� di impresa, vengano dichiarati falliti in tempi diversi 
(secondo le previsioni .dei primi due commi dell'art. 147) e qundi commettono 
il reato de quo nei detti tempi. Dato il carattere personale della� 
responsabilit� penale, questa non ,pu� non essere ricollegata, per il singolo 
socio, all'effettivo ed attuale pericolo di lesione del bene protetto 
e specificamente alla dichiarazione di fallimento che lo riguardi; e d'altra 
parte, � innegabile l'autonomia dei singoli fallimenti dei vari soci. 

Non si ravvisa, infine, alcuna disparit� di trattamento mettendo a 
raffronto le ipotesi fin qui considerate (ed altre analoghe, prospettate 
anch'esse nelle ordinanze di rimessione) nonch� quella di soggetti imputati 
in forza di altre ipotesi criminose, e per il caso in cui si renda necessario 
accertare il momento consumativo del reato, in vista dell'applicazione 
di amnistie e indulti ed in particolare del d. P. R. n. 283 del 1970. 
Ci� che caratterizza il modo di accertamento del momento consumativo 
del reato, come si � visto, non pone la previsione criminosa di cui all'articolo 
217, comma secondo, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione; 
e quindi � logicamente coerente e conseguenziale che ,possano essere di


, versi i momenti di consumazione del reato anche quando le attivit� 
prefallimentari dell'imprenditore siano state contemporanee o siano 
. finite nello stesso tempo. 

Posto ci�, � del tutto giustificato �che dell'amnistia o indulto o di un 
dato provvedimento di clemenza possano giovarsi solo i soggetti per i 
quali i momenti consumativi dei rispettivi reati intervengano entro il 
termine di efficacia del singolo provvedimento. 

E va infine considerato che la denuncia di incostituzionalit� che qui 
viene esaminata concerne unicamente l'art. 217, commi primo e secondo. 
-(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 111 -Pres. Chiarelli -
Rel. Fragali -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino), Prestdente 
Regione Trentino-Alto Adige (avv. Benvenuti) Presidente 
Regione Sardegna (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Imposte e tasse in genere -Legge delega per la riforma tributaria Violazione 
delle competenze regionali -Mancanza di interesse attuale 
-Inammissibilit� della questione. 

(Cost., art. 134, 76; 1. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, secondo comma, n. 13). 

Sono. inammissibili, per mancanza di interesse attuale, i ricorsi 
proposti dalle Regioni della Sicilia, del Trentino-Alto Adige e della Sar



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

938 

degna avverso la norma della legge delega per la riforma tributaria 
(art. 10, secondo comma, n. 13, l. 9 ottobre 1971, n. 825) che po.ne fra 
i criteri dirett�vi al Governo l'abrogazione delle leggi regionali derogative 
alla nominativit� dei titoli azionari (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 112 -Pres. Chiarelli -
Rel. Fragali -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Sardegna (avv. Guarino) 
e Presidente Regione Sicilia (avv. Sorrentino). 

Imposte e tasse in genere -Titoli azionari -Atti amministrativi regionali 
derogatori al principio della nominativit� -Ricorso per conflitto 
di attribuzione -Inammissibilit�. 
(Cast., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39. I. reg. Sardegna 12 aprile 1957, 

n. 10; 1. reg. Sicilia 8 luglio 1958, n. 32). 
Sono inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione proposti 
dallo Stato contro provvedimenti amministrativi delle Regioni Sardegna 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della C:orte dalla Regione 
Siciliana, dalla Regione Sardegna, dalla Regione Trentino-Alto Adige, 
con ricorsi n�tifkati il 13 ,novembre 1971. La denuncia di costituzionalit� 
concerneva l'art. 10, secondo .cot~ma, n. 13, della legge statale 9 ottobre 
1971, n. 825, contenente delega al Governo per l'attuazione legislativa 
della riforma tributaria. Il citato articolo pone, fra i criteri direttivi d'esercizio 
del potere di delegazione, l'abolizione delle deroghe al principio della 
nominativit� dei titoli azionari previste nelle leggi di regioni a statuto 
speciale. 
Il Giudice costituzionale ha accolto la preliminare eccezione di inammissibilit� 
del ricorso sollevata dalla difesa dello StatO'. 

La legge di delegazione, infatti, � legge strumentale, come fonte del 
potere del Governo ed � solo indirettamente o mediatamente legge materiale 
-cfr. LIGNOLA, La delegazione legislativa, Milano, 1950, 151 -anzi, 
pu� dirsi, lo � solo condizionatamente all'affettivo esercizio della delega. 
Se il termine iprefissato �scade, la legge delegante, bench� formalmente e 
sostanzialmente valida, � inutiliter data. Pertanto il controllo di legittimit� 
costituzionale, ammesso per �le leggi formali re.canti disposizioni in 
senso materiale -cfr. REDENTI, Legittimit� delle leggi e Corte costituzionale, 
Milano, 1957, 20 -non � esercitabile in ipotesi nelle quali le conseguenze 
connesse all'esercizio della funzione legislativa sono quiescenti e 
condizionate. 

Corollario di siffatta premessa � l'ammissibilit� della denuncia costituzionale 
in via principale della legge delegata con termine scaduto rispetto 
alla legge delegante, derivando, appunto, l'attualit� della lesione dalla 
predetta legge delegata. � 

� La sentenza citata nel testo -Corte cost. 24 febbraio 1964, n. 13 leggersi 
in Giur. costit., 1964, 96 (nota di CRISAFULLI). 



PARTE i, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 939 

e Sicilia, autorizzativi delL'emissione di titoli azionari ai portatore, in 

Leggi regionali suita deroga aHa nominativit� obbligatoria dei titoli 
azionari (2). 

I 

(Omissis). -3. -Tutti e tre i ricorsi hanno per oggetto una norma 
della .su menzionata legge statale, che accord� al Governo delegazione 
per la riforma tributaria. Precisamente hanno per oggetto uno dei criteri 
che il Governo deve seguire nell'attuazione della potest� attribuitagli: 
la legge deleg�ata dovrebbe infatti abrogare le leggi regionai.i che hanno 
portato deroga al principio della nominativit� dei titoli azionari. 

Le Regioni sostengono che le loro leggi sono atti di esercizio di 
una competenza statutaria che lo Stato non pu� concul!!are; ma non 
avvertono che i loro ricorsi .investono una norma che non porta lesione 
attuale a quella competenza, perch� ne � destinatario il Governo dello 
Stato, non le Regioni. Determina infatti l'oggetto dell'attivit� delegata 
e ne d� un limite, senza innovare direttamente e immediatamente l'ordinamento 
preesistente, cio� l'ordinamento costituito dalle Regioni. 
Cosicch� potr� discutersi della validit� delle leggi delegate, dopo che 
il Governo avr� esercitato la potest� che gli � stata conferita, ma non 
oggi della validit� della legge deleg�ante. 

(2) I ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificati il 
23 dicembre 1971,. ed il 12 gennaio 1972, con i quali era stata sottoposta 
all'esame della C�rte con prospettazione di conflitto di attribuzione e deduzione, 
in via incidentale, come mezzo al fine, dell'illegittimit� costituzionale 
della legge reg�onale sarda 12 aprile 1957, n. 10, e della legge 
regionale siciliana 8 luglio 1948, n. 32, sono stati esaminati sotto il profilo 
formale dell'ammissibilit� dell'impugnazione. 
Sul punto, v. Corte cost. 18 maggio 1972, n. 94 in questa Rassegna, 
I, 1, pag 918. 

Cir�ca l'incostituzionalit� di una disciplina regionale dei titoli azionari 
che deroghi al .principio della nominativit� non possono qui che ribadirsi 
i concetti gi� esposti nelle difese dinanzi alla Corte. Sostanzialmente, come 
pu� legge~si nelle premesse di fatto della decisione, secondo lo Stato non 
rientra nella potest� �legislativa delle Regioni modificare la disciplina di 
materie giuridiche, come quelle della societ� e dei titoli di credito, che hanno, 
nell'ordinamento generale, una loro regolazione unitaria. 

Per la riaffermazione recente da parte della Corte Costituzionale, della 
esclusione di ogni competenza regionale in tema di rapporti privatistici, 
dr. la sentenza 27 luglio 1972, n. 154, di cui infra, 1041. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In altre parole, la legge di delegazione legislativa � soltanto funte 
di un potere governativo, ha valore preliminare e, pei: non essere legge 
materiale interessante la Regione, dovr� essere integrata dall'atto di 
esercizio della delegazione. Il suo controllo di� legittimit� � strumentale 
a quello relativo alla legittimit� della legge delegata; non pu� essere 
cio� promosso come fine a se stante, tanto pi� che non si pu� escludere 
in via di fatto che il termine della delegazione trascorra inutilmente. 


N� si obietti che vi � lesione attuale dell'interesse delle Regioni 
perch� la norma impugnata ,ponendo al Governo la direttiva di disporre 
l'abrogazione di leggi regionali, implicitamente afferma che lo 
Stato sia a ci� competente: v.ale anche per tale obiezione, proposta 
nella discussione orale, il rilievo per cui la norma, concernendo unicamente 
i rapporti fra Parlamento e Governo, incide sulla competenza 
rivendicata dalle Regioni condizionatamente .all'attuazione concreta della 
potest� delegata. 

In altra occasione la Corte ha deciso che la lesione di un diritto 

o di un interesse sorge dalla legge delegata, non da quella delegante; 
ed ha giudicato ammissibile la denuncia� in via principale di questa 
seconda legge quando gi� erano decorsi i termini per la denuncia della 
incostituzionalit�. -(Omissis). 
II 

1. -Con riferimento a decreti del Presidente della Giunta regionale 
sarda e rispettivamente dell'Assessore regionale siciliano per l'industria 
e il commercio, che hanno autorizzato l'emissione di nuove 
azioni al portatore di societ� commerciali aventi sede :11elle rispettive 
isole o hanno prorogato o confermato autorizzazioni anteriori o concesso 
lo svincolo della cauzione depositata a garanzia degli adempimenti 
che ineriscono ad autorizzazioni del genere, il Presidente del 
Consiglio dei ministri, con atti notificati rispettivamente il 23 dicembre 
1971 ed il 12 gennaio 1972,, ha ricorso a questa Corte per conflitto 
di attribuzione e ha dedotto, in via incidentale, come mezzo al fine, 
l'illegittimit� costituzionale rispettivamente della legge regionale sarda 
12 aprile 19<57, n. 10, e della legge regionale siciliana 8 luglio 1948, 
n. 32, su cui si basavano i decreti suindicati. 
Il Presidente del �onsiglio ha dedotto ch(;! non rientra nella potest� 
legislativa delle Regioni modificare, in relazione alle singole attivit� 
di propria competenza, la disciplina di materie giuridiche, come quelle 
delle societ� e dei titoli di credito, che hanno, nell'ordinamento generale, 
una loro regolamentazione unitaria ispirata a propri principi e 
a individuate esigenze generali. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 941 

La legge 9 ottobre 1971, n. 825�, accordando al Governo una delegazione 
legislativa per la riforma tributaria, ha posto fra i principi 
direttivi l'abolizione delle deroghe al principio della nominativit� obbligat�ria 
dei titoli azionari previsti nelle leggi di regioni a statuto speciale; 
le due leggi regionali denunciate sono in contrasto: 

a) con l'art. 3 della Costituzione, perch� 
/ 
creano sperequazioni 
nel sistema di accertamento tributario fra cittadini di diverse regioni; 

b) con l'art. 53�, secondo comma, della Costituzione, perch� frustrano 
le finalit� della riforma tributaria, che sono rivolte ad attuare 
il �precetto costituzionale della .Progressivit� del carico tributario; 

c) c�n l'art. 42, secondo comma, della Costituzione, perch� solo 
alle leggi dello Stato pu� essere riconosciuta l'idoneit� a garantire. 
disciplinare e limitare la propriet� privata; 

d) con il limite territori,ale di efficacia delle leggi regionali, perch� 
le azioni emesse dalle societ� esistenti nelle due isole possono circolare 
liberamente fuori dal territorio regionale, e fuori da tale territorio 
essere acquistate, negoziate, cedute, cos� che la legge regionale 
si sovrapporrebbe .geograficamente, oltre che nella sostanza, al procedimento 
di accertamento fiscale apprestato dalla legge dello Stato. 

La legge sarda contrasta con l'art. 4, lett. a, dello Statuto speciale 
della Sardegna e quella siciliana con l'art. 14, lett. a, dello Statuto 
speciale della Sicilia; i quali, � vero, danno alle rispettive Regioni competenza 
in materia di industria e di commercio, ma, dovendosi escludere 
il criterio finalistico nelle delimitazioni di tale competenza, ne 
fanno escludere la disciplina derogatrice alla regola della nominativit� 
dei titoli az�onari, che ~ttiene direUamente a rapporti di diritto privato 
e strumentalmente alla riforma tributaria, esclusi dalla competenza 
regionale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 113 -Pres. Chiarelli -
Rel. Capalozza -Paci (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. �avv. gen. dello Stato Carafa). 

Reato -Esercizio abusivo di gioco non di azzardo -Determinazione 

dell'autorit� di P. S. -Violazione della riserva di legge e del prin


cipio di eguaglianza -Esclusione. 

(Cost., art. 25, 3; c.p., art. 723; r.d. 18 giugno 1.931, n. 773, art. 110). 

Non � fondata, sia con rife1�imento alla riserva di legge in materia 
penale che al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 723 codice penale e all'art. 110 t.u. leggi di P.S., che 


942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

affidano aH'autorit� di P.S. la determinazione dei giochi non d'azzardo, 
passibili di divieto al loro esercizio (1). 

(Omissis). -1. -Il pretore di Livorno ha sottoposto alla Corte 
la questione se gli artt. 723 del codice penale e 110 del testo unico delle 

I 

leggi di pubblica sicurezza -concernenti, rispettivamente, l'esercizio 
abusivo dei ~iochi non d'azzardo, proibiti dall'autorit� amministrativa, 
ed il potere di quest'ultima di stabilire quali giochi siano da vietare violino 
l'art. 25,, secondo comma, della Costituzione, in quanto la valutazione 
della 1pubblica amministrazione sulla pericolosit� dei gioch(i 
sfuggirebbe, non essendo strettamente tecnica, al controllo di mera 
le~ittimit� del giudice ordinario e attribuirebbe aU'amministrazione 

� la potest� a creare autonomamente nuove figure di illecito; e l'art. 3 
della Costituzione, per ingiustificata disparit� tli trattamento tra i cittadini 
delle varie provincie, a causa del differenziato apprezzamento dei 
questori circa la proibizione dei giochi, nell'ambito della loro competenza 
territoriale. 

2. -Non � violato il principio della riserva di legge di cui all'articolo 
2�5, secondo comma, della Costituzione. 
� da premettere che l'elencazione dei giochi non d'azzardo da parte 
dell:a 1pubblica amministrazione risponde -come ha esattamente osservato 
l'Avvocatura dello Stato -ad una valutazione da cui non esula 
il carattere tecnico, ove si attdbuisca a tale espressione un significato 
non meramente meccanico; e che gli atti e i provvedimenti amministrativi 
di siffatto carattere, connessi a precetti penali posti a garanzia 
della loro osservanza, sono da ritenere legittime manifestazione dell'attivit� 
normativa dell'ammmistrazione: per cui il precetto penale 
risulta costituito dalla generica imposizione di obbedienza a quegli atti 
e provvedimenti (si vedano, fra le altre, le sentenze di questa Corte 

n. 103 del 1957; n. 4 del 1958; nn. 36 e 96 del 1964). 
La Corte, inoltre, -senza prendere posizione sul controverso problema 
se, inosservato che sia l'atto o �.provvedimento dell'autorit� amministrativa, 
cui sia collegata la sanzione penale comminata da una 
norma, il precetto penalmente sanzionato vada identificato in questa 
norma o in quell'atto o provvedimento -ha avuto gi� occasione di 
affermare che non � violato il principio della riserva di legge in ma


(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 27 novembre 1969 dal pretore di Livorno (Gazzetta Ufficiale 
n. 143 del 10 giugno 1970). 
Per 1precedenti giurisprudenziali e dottrinari specie in materia di repressione 
penale del giuoco d'azzardo, v. Foro it. 1972, I, 2741; cfr. Corte 
cost. 4 maggio 1972, nn. 80, 81 in questa Rassegna, I, 571, 741. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 943 

teria penale � quando sia una legge (o un atto equiparato) dello Stato non 
importa se <proprio la medesima legge che prevede la sanzione 
penale o un'altra legge -a indicare con sufficiente specificazione i presupposti, 
i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell'autorit� 
non legislativa, alla trasgressione dei quali deve seguire la pena � 
(sentenza n. 26 del 1966; vedasi anche la sentenza n. 168 del 19�71). 

Condizioni, queste, che si realizzano nel caso che ne occupa, dappoich� 
sono, sia pure concisamente, soddisfatti i requisiti sopra enunciati, 
�essendo .indicati la competenza a provvedere e i destinatari, l'oggetto 
e i motivi del divieto. 

Del resto, � tutt'altro che pacifica la tesi che la descrizione integrale 
del fatto tipico debba essere �esaurita dalla legge, cio� che alla 
legge debba essere attribuito il monopolio della determinazione delle 
fattispede penalmente sanzionate: �con la citata sentenza n. 36 del 1964 
di questa Corte si � precisato, a proposito della specificazione del contenuto 
di definiti elementi del fatto di reato (elencazione degli stupefacenti 
da parte dell'autorit� amministrativa), che � il precetto penale, 
ai fini del1a riserva di legge, 11iceve intera la sua enunciazione con la 
imposizione del divieto, il quale contiene una idonea indicazione della 
condotta vietata e dell'oggetto materiale del delitto�. 

3. -D'altro �anto, le attiv;it� previste nelle norme denunziate non 
sono liberamente consentite ai singoli in un pubblico esercizio, bens� 
sono subordinate al rHascio al gestore di una autorizz~zione (art. 194 
r.d. 6 maggio 1940, n. 635), la quale rientra, appunto, nei compm di 
istituto e neHa sfera discrezionale dell'autorit� di polizia: autorizzazione 
che, se pu� essere negata, pu� a maggior ragione essere limitata per 
motivi di � pubblico interesse � (art. 110, primo comma, t.u. n. 773 del 
1931), il cui concetto (come si desume dall'art. 100, primo comma, dello 
stesso t.u.) sinteticamente comprende l'ordine pubblico, la moralit� pubblica, 
i:l buon costume e la sicurezza dei cittadin~. 
4. -� da aggiungere che spettano pur sempre all'dnteressato, oltre. 
alla garanzia del reclamo, del ricorso e degli altri rimedi di giurisdizione 
amministrativa (sentenza n. 88 del 19'68), quella del sindacato 
del giudice ordina11io sulla conformit� del divieto all'ordinamento giuridico 
(citata sentenza n. 168 del 1971). 
5. -Parimenti infondata � l'assunta violazione del principio di eguaglianza 
sancito dall'art. 3 della Costituzione. E, 1invero, l'oggetto del provvedimento 
dell'autorit� di pubblica sicurezza concerne situazioni differenziate, 
tanto per le particolarit� delle varie zone in cui i giochi possono 
essere svolti, quanto �per la diversa loaalizzazione geografica in cui 
i giochi -anche con nome diverso nelle singole zone -sogliono essere 
praticati. 

944 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A giusta ragione, l'Avvocatura dello Stato deduce che non vanno 
trascurati dall'autorit� amministrativa il fattore cronologico (esigenze 
nascenti da ricorrenze festive, religiose, civili, di fiere, di mercati, ecc.), 
il fattore topografico (pubblici esercizi siti in prossimit� di chiese, scuole, 
ospedali, ecc.), n fattore ambientale (diffusione del vizio del gioco, ecc.). 

Di qui la razionalit� della competenza attribuita al questore, nell'ambito 
della sua provincia, di rilascia.re, nella sfera dei suoi poteri 
discrezionali, l'autorizzazione all'esercizio dei giochi non d'azzardo (ch� 
quelli d'azzardo, al pari delle scommesse, sono incondizionatamente proibiti: 
artt. 71'8, 721 c.p.; 108, secondo comma, e 110, secondo comma, 

t.u. delle leggi di pubblico sicurezza), nonch� di statuire quali di essi 
siano da vietare nel pubblico interesse. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 114 -Pres. Chiarelli -
Rel. Oggioni -Soc. Commerciale Finanziaria (avv. Napolitano) e 
Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio 
Azzariti). 

Autovei�oli e Autolinee -Disciplina dei contratti di compravendita 


Casi e procedura per la vendita -Ille~ittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24; r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, art. 7, comma secondo, terzo e 
quarto). 

Non sono fondate, con riferimento ai principi di eguaglianza e di 

d.ifesa, le questioni di legittimit� costituzionale deli'art. 7 del r.d.l. 
15 marzo 1927, n. 436 sulla d.isciplina dei casi e delle modalit� di vendita 
degLi autoveicoli, per inadempienza dell'acquirente con pagamento� 
rateale (1). 

(Omissis). -3. -Nel merito va, anzitutto, rilevato che, premessa 
delle norme denunciate � l'art. 2 della stessa legge speciale, che accorda 
al venditore di autoveicoli un privilegio legale mobiliare, iscritto 
e certificato dal pubblico registro automobilistico, per il prezzo o per 
la parte di prezzo pattuito e non corrisposto interamente all'atto della 
vendita. 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 31 marzo 1970 dal pretore di Recanati (Gazzetta Uff. n. 184 
del 22 luglio 1970). 
Cfr. GUERRIERI, Autoveicoli, .in Enciclopedia del diritto, 1959, IV, 572; 
Corte Cost. 5 maggio 1967, n. 59, di cui in motivazione, Foro it. 1967, I. 
1348 (nota). 

I 

-



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 945 

Anche il codice civile testualmente d� atto di tale privilegio all'articolo 
2810, ultimo comma, aggiungendo che esso debba pi� propriamente 
� essere considerato come ipoteca mobiliare �, rimandando per 
il resto alla legge speciale. Il �che si riannoda alla finalit� che con questa 
legge si � inteso conseguire, nel senso di agevolare la diffusione degli 
autoveicoli, garantendo e moralizzando il loro commercio. 

� in dipendenza di tutto ci�, �che, con eccezione ai principi generali 
in tema di esecuzione, richiedenti la previa formazione di un titolo 
esecutivo, interviene il decreto del pretore, che non �, in se stesso, titolo 
esecutivo, ma ne anticipa gli effetti. 

Coerentem~mte, l'opposizione al decreto, prevista nel denunciato 
art. 7, assume� natura di opposizione, pertinente allo svolgersi di un 
procedimento tipicamente esecutivo. 

Stante questi rilievi, che sono conformi a dottrina e giurisprudenza, 
va ovviamente esclusa da questo procedimento ogni carattere monitorio, 
per mancanza dei requisiti di cognizione di un rapporto obbligatorio 
nonch� di conseguente ingiunzione e condanna. 

Chiusa questa fase processuale, rimangono pur sempre � salvi i 
diritti del debitore in prosieguo di giudizio� (art. 7, quarto comma). 

4. -Secondo l'ordinanza di rinvio, la decadenza dal beneficio del 
termine di dilazione, comminata dall'art. 7, primo comma, ed operante, 
a detta dell'ordinanza, anche nella ipotesi di cui al comma secondo, 
sarebbe costituzionalmente illegittima perch� collegata a singoli inadempienti, 
anzich� alla constatazione di uno stato di �insolvenza�, ossia 
di uno stato generale di incapacit� economica, richiesto, invece, dalla 
legge ordinaria (art. 1186 cod. civ.). 
La questione non � fondata. 

La sanzione, a �carico del compratore, della decadenza dal beneficio 
del termine rateale di pagamento, � stabilita nell'art. 7 solo in relazione 
alla ipotesi di cui al primo comma, che riguarda l'alienazione non consentita 
dell'autoveicolo o di parti di esso, ovvero la diminuzione delle 
garanzie a favore del venditore. 

Diversa � l'ipotesi del secondo comma, che riguarda il mancato 
pagamento di singole rate scadute. Qui l'inadempimento autorizza il 
ricorso del creditore alla procedura esecutiva, della quale il debitore 
pu� evitare gli effetti, pagando non l'intero prezzo residuo ma soltanto 
le rate scadute. Tale limitata conseguenza � stata espressamente ricon�isciuta 
da questa Corte con sentenza n. 59 del 1967, in via di interpretazione 
e chiarimento del sistema creato dall'art. 7. 

Pertanto, viene, nel caso, a mancare la premessa della decadenza 
<li termine, su cui � basata la questione di illegittimit� costituzionale, 
come sopra sollevata in relazione al secondo comma dell'art. 7. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

5. -L'ordinanza solleva altra questione, basata sulla violazione dei 
diritti di difesa del debitore, che deriverebbe dal fatto che il decreto 
del pretore, emesso ai sensi dell'art. 7, comma secondo, disponendo contestualmente 
il sequestro e la vendita dell'autoveicolo, verrebbe ad eliminare 
�un apprezzabile intervallo � fra l'uno e l'altro atto. 
La questione � parimenti non fondata. 

Va ricordato, anzitutto, che �con la gi� citata sentenza n. 59 del 1967 
la Corte ha posto in rilievo �che il fatto che l'acquirente di autoveicolo 
normalmente ne ha usato, che � debitore del prezzo ed � sottoposto a 
privilegio su di esso veicolo in virt� di atto scritto e registrato, legittima 
� la singolare rapidit� degli atti processuali di sequestro e vendita forzata 
�. 

A parte tale considerazione d'ordine sistematico, la Corte ora osserva 
che tra sequestro e vendita non v'� quella immediatezza supposta in 
ordinanza. Infatti, giusta il secondo comma dell'art. 7, il decreto del 
pretore dispone soltanto i preliminari dell'ancora eventuale vendita, tra 
cui, con suo discrezionale apprezzamento, il giorno a ci� destinato. 

Ma l'ordine di esecuzione del decreto di vendita rimane distanziato 
dal sequestro per tutto l'intervallo di tempo corrente tra l'opposizione 
consentita al �dbeitore dopo la notifica del decreto, e l'udienza che fa 
seguito alla opposizione, lo svolgimento in essa della prova del pagamento 
delle rate scadute e, solo nel caso di prova negativa, la emanazione, 
da parte del pretore, dell'ordine di esecuzione, ai sensi del quarto 
comma dell'art. 7. 

L'esercizio del diritto di difesa, pertanto non risulta n� eluso n� 
menomato. 

6. -Successiva questione � proposta dall'ordinanza in relazione al 
punto dell'art. 7, secondo comma, che conferisce al pretore la determinazione 
delle modalit� della vendita. Si assume che, non essendo prescritta 
in proposito l'audizione del debitore per consentirgli le eventuali 
� osservazioni �, diversamente dalla legge ordinaria (artt. 530 e 569 cod. 
proc. civ.), si darebbe luogo a disparit� di trattamento ed a violazione 
dei diritti di difesa. 
La questione non � fondata. = 

La specialit� della normativa in esame e le sue particolari finalit� 
non comportano identificazione di situazioni non omogenee. D'altra 
parte, le disposizioni di attuazione (r.d. n. 1814 del 1927) puntualizzano 
all'art. 27 le due alternative modali della vendita (trattative private o 
pubblici incanti) affidate alla scelta del pretore, con provvedimento motivato 
� tenuto conto delle circostanze che possono assicurare il maggiore 
rendimento col minor costo�. Mentre, poi, per la vendita a trattative 
private si dettano dettagliate formalit�, per la vendita ai pubblici 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 947 

incanti, si rimanda �alle disposizioni al riguardo stabilite dal codice di 
procedura civile�. Ci� senza contare che, in sede di giudizio d'opposizione, 
nulla vjeta che il debitore, qualora non dia dimostrazione del suo 
adempimento in sanatoria, possa esporre, in subordine, le sue � osservazioni 
� circa le modalit� della vendita. 

7. -Infine, l'ordinanza solleva questione di incongruit� del termine 
(perentorio) di dieci giorni dalla notifica del decreto pretorile, assegnato 
al debitore per proporre opposizione. 
La questione � parimenti non fondata. 

In primo luogo, il confronto con il maggior termine di venti giorni 
assegnato all'opponente in procedimento ordinario di ingiunzione (articolo 
641 c.p.c.) non � pertinente, poich�, a parte che detto termine, 
quando concorrano giusti motivi, � riducibile dal giudice sino a cinque 
giorni (secondo comma detto articolo) il procedimento qui. in esame si 
differenzia dal monitorio, come spiegato al precedente n. 3. 

In secondo luogo, in conformit� della giurisprudenza di questa Corte 
(da ultimo, sentenza n: 159 del 1969), la congruit� di un termine va 
valutata, non solo in rapporto all'interesse di chi � obbligato a rispettarlo, 
ma anche in rapporto alla funzione, assegnata a questo o quel 
termine nell'ordinamento giuridico. 

Nel caso in esame, come� gi� precisato nella citata sentenza n. 59 
del 1967, il termine � stabilito in funzione di un rapido svolgimento degli 
atti processuali, anche per evitare -che l'opposizione formi pretesto per 
evitare il pagamento del prezzo: nonch�, � da aggiungere, in funzione 
di esigenze di difesa, che ben possono essere soddisfatte in modo non 
comples~o, mediante la prova documentale (art. 7 quarto comma) del 
pagamento, anche in via di sanatoria, della somma dovuta. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 115 -Pres. Chiarelli -
Rel. Bonifacio -Pres. Regione Siciliana (avv. Guarino) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Sicilia -Controversie per l'elezione dell'Assemblea regionale -Defe


rimento ai Tribunali amministrativi regionali -Illegittimit� co


stituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 66; St. reg. sic., art. 3; 1. 6 dicembre l971, n. 1034, art. 6, 40). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, in via principale, 
degli artt. 6 e �40 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, che attribuiscono 
ai Tribunali amministrativi regionali la competenza a conoscere, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in primo grado, delle controversie relative all'elezione� dell'Assemblea 
1�egionale (1). 

(Omissis). -1. -Gli artt. 6 e 40 della legge 6 dicembre 1971, 

n. 1034, sono stati impugnati dal1a Regione siciliana limitatamente alla 
parte in cui tali disposizioni attribuiscono al tribunale amministrativo 
regionale e, in secondo grado,' al Consiglio di giustizia amministrativa 
la competenza a decidere sui ricorsi relativi a controversie concernenti 
le operazioni per le elezioni regionali. Nel proporre la relativa questione 
di legittimit� costituzionale, la ricorrente assume che in base allo Statuto 
�quella competenza spetta in via definitiva ed assoluta -e con la conseguente 
esclusione di ogni ingerenza degli organi giurisdizionali dello 
Stato -alla stessa Assemblea regionale, cos� come, in forza dell'art. 66 
della Costituzione, appartiene esclusivamente a ciascuna delle due Camere 
del Parl�:!-mento il giudizio sui titoli di ammissione dei propri componenti. 
2. -La Corte ritiene di dover in primo luogo ribadire, secondo i 
prindpi enunciati fin dalla sentenza n. 66 del 1964, che nel sistema 
costituzionale il Parlamento e l'Assemblea regionale siciliana occ.pano 
posizioni nettamente diversificate, sicch� le peculiari prerogative che 
.abbiano a riconoscersi al pr1~o non si estendono �per ci� stesso alla 
seconda. Sulla validit� di questa premessa, del resto, la Regione non 
muove obiezioni, giacch�, relativamente alla materia in esame, essa rivendica 
un identico regime non gi� in virt� di una generica equiparazione 
dell'Assemblea regionale alle Assemblee legislative nazionali, sibbene 
in forza di una ben determinata statuizione statutaria -quindi, di rango 
.costituzionale -. dalla quale, a suo avviso, discenderebbe l'applicabilit� 
alla Regione di quella stessa riserva di giudizio sui titoli di ammissione 
(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso 
proposto dal Presidente della Regione siciliana il 12 gennaio 1972 con il 
quale veniva chiesta la decl�ratoria di illegittimit� costituzionale della 
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella .parte in cui, per il combinato disposto 
degli artt. 6 e 40, essa attribuisce, in prima istanza, al Tribunale 
amministrativo regionale e, in grado di appello, al Consiglio di giustizia 
per la Regione siciliana la competenza a conoscere delle controversie in 
materia di aperazioni per l'elezione del Consiglio regionale. 
Nel corso del giudizio dinanzi al giudice costituzionale l'Avvocatura 
ha sottolineato �che gi� precedentemente (sentenza n. 66 del 1964 -Foro it., 
1964, I, 1327) era stata respinta la tesi dell'equiparazione dell'Assemblea 
regionale siciliana al Parlamento nazionale, essendo necessaria sia l'osservanza 
dell'art. 24 Cbst. (sent. n. 143 del 1968, in questa Rassegna, 1968, 
I, 1, 931), sia la necessit� della subordinazione dello Statuto ai principi 
generali e fondamentali della Costituzione (sent. n. 6 del 1970, in questa 
Rassegna, 1970, I, 1, 18). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 949 

dei consiglieri regionali che l'art. 66, per quanto riguarda deputati e 
senatori1 attribuisce rispettivamente alle due Camere. Pi� specificamente, 
la ricorrente ritiene di poter rinvenire nel disposto dell'art. 3 del suo 
Statuto la ragione di fondo dell'illegittimit� costituzionale dell'impugnata 
legge statale: rinviando ai � principi fissati dalla Costituente in materia 
di elezioni politiche � quella norma statutaria non si limiterebbe ad assegnare 
alla Regione la competen�za legislativa esclusiva in tema di elezioni 
regionali, ma renderebbe operante per l'Assemblea regionale il principio 
dell'insindacabilit�, anche giurisdizionale, delle determinazioni adottate 
da quel corpo deliberante, nello stesso modo in cui ex art. 66 Cost. quell'insindacabilit� 
caratterizza le analoghe attribuzioni del .Parlamento. 

La Corte ritiene che siffatta tesi sia da respingere.' Vero � che 
l'art. 3 dello Statuto, fissato il numero dei deputati regionali e posta la 
regola che essi debbano essere eletti a suffragio � universale, diretto e 
.segreto .,' affida alla Regione la �ompetenza legislativa sulle elezioni 
della propria Assemblea. E, tuttavia, � appunto dalla identificazione dei 
limiti obiettivi di siffatta materia -prima ancora che dai principi 
.costituzionali ai quali la sua regolamentazione deve portar rispetto 
�Che discendono conclusioni contrarie a quelle prospettate dalla difesa 
regionale. Non si vuol certo disconoscere che. una qualche connessione 

� esista fra � elezioni � e � giurisdizione sulle elezioni � n� si contesta 
che nella storia della legislazione tale connessione si � manifestata talvolta 
nell'inclusione in un unico testo legislativo di entrambe le discipline. 
Ma ci� non toglie che si tratta di materie affatto diverse, le quali 
possono appartenere a diverse sfere di attribuzioni, come inevitabilmente 
deve accadere quando a qualche Regione sia stato conferito il 
potere legislativo attinente alla materia elettorale. �, infatti, principio 
fermo della giurisprudenza della Corte che alle Regioni, anche se a 
statuto speciale, non spetta competenza alcuna in tema di giurisdizione 

Pi� in particolare � stato evidenziato che: il D.LiC.P.S. n. 204 del 
1947 ebbe carattere transitorio; esso, comunque, andrebbe armonizzato con 
i principi costituzionali sopravvenuti: il concetto di � definitivit� � della 
pronuncia dell'Assemblea, desunto da norme legislative e regolamentari 
regionali, non pu� essere inteso nel senso di esclusione di una successiva 
fase giurisdizionale (incostituzionalit� della disciplina in riferimento agli 
:artt. 24 e 113 Cost.). 

Per quanto concerne la COJlllPetenza che la legge impugnata attribuisce 
:ai tribunali amministrativi regionali la difesa dello Stato ha ricordato sia 
che la Corte costituzionale (v. sentenza n. 49 del 1968, in questa Rassegna, 
1968, I, 1) in relazione alle sezioni per il contenzioso elettorale istituite 
dalla legge n. 1447 del 1966, aveva ritenuto che l'illegittimit� riguardasse 
solo il modo di formazione e di provvista di nuovi organi giurisdizionali 
e� non gi� la loro -competenza sulle operazioni elettorali, sia che dalla legge 

n. 108 del 1968 non si poteva dedurre altro se non la generale esigenza 
dell'osservanza dell'inderogabile precetto della tutela giurisdizionale. 

950 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(salvo le ben limitate attribuzioni che nella sentenza n. 4 del 1956 
furono 11iconosciute alla Regione del Trentino-Alto Adige a proposito 
dei masi chiusi e con specifico riferimento alle peculiarit� di tale istituto). 
E perci� non pu� revocarsi in .dubbio che, in applicazione di tale 
principio, come non sono ammissibili leggi regionali sulla giurisdizione, 
cos� non � ammissibile che leggi regionali escludano la giurisdizione, 
giacch� anche questa esclusione si risolverebbe in una interferenza su 
materia che alla Regione non appartiene. 

� nell'ambito di queste premesse che va intel'pretato il rinvio operato 
dall'art. 3 dello Statuto siciliano ai � principi fissati dalla Costituente 
in materia di elezioni politiche �, al quale non si pu� assegnare 
altro significato che non sia quello di circoscrivere il quadro entro il 
quale deve essere esercitata la competenza legislativa in materia elettorale. 
Una diversa interpretazione -non suffragata dalla formulazione 
letterale della disposizione statutaria -non solo dovrebbe prescindere 
dalla suddetta, precisa individuaziione della materia attribuita alla 
Regione, ma si porrebbe in sicuro contrasto col principio costituzionale 
secondo il quale la tutela giurisdizionale � a tutti garantita (art. 24 
Cost.) ed � affidata agli organi previsti dagli artt. 101 e seguenti della 
Costituzione. 

3. -Siffatta �conclusione -che � l'unica che sia idonea ad assicurare 
la necessaria coerenza fra Statuto siciliano e Costituzione (secondo 
una esigenza affermata da questa Corte a fondamento delle statuizioni 
contenute nella sent. n. 6 del 1970) -non � infirmata dalle considerazioni 
che la Regione svolge a proposito delle norme legislative e regolamentari 
pertinenti alla materia de qua. Ed infatti, una volta ribadito. 
che l� Regioni non hanno competenza in tema di giurisdiz>ione (n� per 
regolarla n� per escluderla) e che la Regione siciliana anche nell'esercizio 
delle sue attribuzioni ,sulle � elezioni deve rispettare i principi 
costituzionali, le disposizioni contenute nella legge statale che disciplin� 
le prime elezioni regionali (d.l.c.p.s. 2�5 marzo 1947, n. 204), nella 
legislazione regionale (legge reg. 20 marzo 1951, n..29) e nel Regolamento 
interno dell'Assemblea (specialmente nell'art. 41) devono essere 
interpretate in un modo che le renda compatibili con la Costituzione: 
di tal che il � giudizio definitivo � sui reclami elettorali, la � convalida 
delle elezioni �, la � incontestabilit� � della pronunzia finale e cos� 
via sono tutte espressioni che correttamente vanno riferite alla fase 
conclusiva del complesso procedimento elettorale e che qualificano come 
definitivi gli atti relativi nel senso che questi concludono, appunto, 
quel procedimento: non certo nel senso della preclusione di una successiva 
fase giurisdizionale ,nella quale le situazioni subiettive degli 
interessati possano trovare quella tutela che la Costituzione a tutti:. 
riconosce. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 951 

4. -Risultando pertanto che con le disposizioni impugnate lo Stato 
ha esercitato una competenza propria senza recar lesione alla sfera di 
attribuzioni spettanti alla Regione siciliana, il ricorso deve essere 
respinto. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 116 -Pres. Chiarelli -
Rel. Fragali -Algeri (n. c.). 

Responsabilit� civile -Prescrizione del diritto al risarcimento -Sen


tenza istruttoria di proscioglimento -Decorrenza dalla data di 

irrevocabilit� -Legittimit� costituzionale. 

(Cast., art. 3, 24; e.e., art. 2947, terzo comma), 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, 
la questione di legittimit� costituzionale delL'art. 2947, terzo comma, 
codice civile, che fa decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento 
danni da reato datla data in cui acquista irrevocabilit� la sentenza 
istruttoria di proscioglimento (1). 

(Omissis). -Facendo decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento 
del danno da reato dalla data in cui acquista irrevocabilit� 
la sentenza istruttoria di proscioglimento, l'art. 2.947, terzo comma, del 

(1) La �questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 25 maggio 1970 dal pretore di Voghera (Gazzetta Uffi:.. 
ciale n. 235 del 16 settembre 1970). 
�V. ANDRIOLI (F<Yro it., 1972, I, 2996) avverte l'esigenza di una maggiore 
coerenza nella specifica materia. 

Con sentenza 4 marzo 1970, n. 34 (in questa Rassegna, 1970, 1, I), la 
Corte costituzionale aveva dichiarato illegittimo, !Per violazione degli articoli 
3, primo comma, e 24, secondo comma, Cost., l'art. 297, primo comma 
c.p.c., ravvisandosi la necessit� che per la decorrenza del termine utile 
alla richiesta di fissazione della nuova udienza, dovesse tenersi conto non 
soltanto della cessazione della causa sospensiva, ma anche della conoscenza 
di quell'evento. � 

La .combinazione della citata decisione �con la p!t'esente -secondo 

l'A. -potrebbe causare assurde conseguenze nell'ipotesi in cui il processo 

civile �sia rimasto sospeso in attesa della definizione di quello penale, poi 

chiuso con sentenza istruttoria. 

La conoscenza di tale provvedimento rileverebbe ai fini della riassunzione 
del processo civile mentre la semplice irrevocabilit� della predetta 
sentenza istruttoria non seguita da effettiva conoscenza ipe:r la parte 
rimasta estranea al processo penale ed attrice in quello civile, determinerebbe 
l'inizio della prescrizione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice civile non ha menomato, come invece ritiene il pretore, il diritto 
di difesa della parte danneggiata. 

� vero che a quest'ultima non va data notizia della sentenza predetta; 
ma � vero altresi che la norma impugnata implicitamente impone 
alla parte lesa, un onere di diligenza, dandole carico di seguire il corso 
del procedimento penale che si inizia riguardo al fatto lesivo. Al procedimento 
essa potrebbe partecipare inserendovi la sua azione civile, 
cos� da essere in grado di meglio seguire il corso dell'istruttoria, e, a 
s�guito della sentenza di questa Corte 15 gennaio 1970, n. 1, per potere 
eventualmente proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di 
proscioglimento, sia pure Jimitatamente ai suoi interessi civili, nei casi 
in detta sentenza fndicati. 

Si � obiettato che la norma non � coerente cqn quella che regola 
l'ipotesi di archiviazione della notitia criminis, la quale fa decorrere 
la prescrizione del diritto al danno dalla data di estinzione del reato. 

L'incoerenza non esiste, perch� la norma opposta regola una ipotesi 
in cui n procedimento penale non � stato iniziato e no1;1 contempla 
provvedimenti irrevocabili, mentre la norma impugnata ha presente una 
fattispecie del tutto diversa; come diversa dalla prima � l'ipotesi in cui 
l'azione penale � stata promossa e si deve concludere con una pronunzia 
giurisdizionale suscetti.bile di passare in giudicato. :__ (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 117 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rossi -L1ppi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Coronas). 

Procedimento penale -Competenza per connessione -Spostamento 
dei procedimenti "'.' Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 25, primo comma; c.p.p., artt. 413, 439). 

Non � fondata, con riferimento al principio della precostituzione 
del giudice, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 413 e 
439 codice di procedura penale, che consentono lo spostamento di competenza 
in caso di connessione dei processi (1). 

(1) La questione era stata �sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 2 aprile 1970 dal pretore di Volterra (Gazzetta Ufficiale 
n. 177 del 15 luglio 1970). 
Come rilevato nelle difese svolte dinanzi al Giudice .costituzionale la 
questione 1sollevata, solo formalmente riferita all'art.' 439 c.p.p., concerneva 
nella sostanza l'istituto della connessione dei procedimenti ed il conseguente 
potere del giudice di valutare �se la riunione degli stessi fosse 
opportuna sotto il profilo della speditezza processuale, per il dubbio che 
siffatta facolt� di apprezzamento violasse il pdnciptio del girudi.ce naturale. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 953 

(Omissis). -Il pretore di Volterra, di fronte a una istanza per la 
riunione di due procedimenti a carico dello stesso imputato, uno dei 
quali pendente davanti altro giudice, si domanda se l'art. 439 c.p.p. non 
contrasti col dettato dell'art. 26, primo comma, della Costituzione, nella 
misura in cui attdbuirebbe al giudice del dibattimento il potere �di disporre 
la riunione di processi pendenti innanzi giudici diversi, determinando 
cos� lo spostamento della competenza per territorio, in violazione 
del principio secondo cui nessuno pu� essere distolto dal suo 
giudice naturale. 

Non si vede come la questione, se limitata al solo art. 439 c.p.p.,. 
potrebbe aver rilevanza nel caso, posto che si trattava di due proce-� 
dimenti davanti a giudici diversi, uno dei quali processi (bancarotta 
semplice) era in fase istruttoria e l'altro (emtssione continuata di assegni 
a vuoto) era in fase dibattimentale, talch� l'istanza di riunione� 
sarebbe stata improponibile, secondo la comune g.iurisprudenza. 

Mai rpoich� l'ordinanza fa riferimento sostanziale agli artt. 413" 
c.p.p., 45 e seguenti stesso codice, investendo l'intero problema. della. 
competenza per connessione, � necessario scendere all'esame del merito.. 

La connessione � un criterio razionale per determinare la compe-� 
tenza, nei casi espressamente indicati dalla legge. Di vero il simultaneus 
processus, sempre nelle ipotesi previste dal codice di procedura 
penale, giova alla speditezza dei giudizi, al miglior accertamento dei 
fatti, alla coerenza delle decisicmi, all'interesse delle parti e in mod0> 
particolare a quello dell'imputato. 

Con diverse sentenze (n. 130 dell'anno 1963, n. 1 dell'anno 1965,. 

n. 15 dell'anno 1970, n. 139 dell'~no 1971) questa Corte ha rilevato 
che la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione 
legislativa di una competenza generale, ma si forma anche di 
tutte quelle disposizioni le quali derogano a tale competenza sulla 
La Corte costituzionale gi� precedentemente, nell'escludere il contrasto 
tra le norme che disciplinano l'istituto della connessione ed il principio 
del giudke naturale, aveva posto in risalto che il potere di apprezzamento 
attribuito al giudicante perch� concilii l'esigenza di evitare la cognizione 
distinta dei iprocedimenti con il criterio della speditezza processuale, non 
� un potere svincolato da limiti, perch� esso � esercitabile nei soli casi 
regolati dalla legge, e non d� luogo ad una scelta insindacabHe. Insegnamento 
ribadito dalla stessa Corte in successive decisioni, nelle quali era 
stata riconosciuta la legittimit� costituzionale degli spostamenti di competenza 
conseguenti a provvedimenti regolati da precise disposizioni e non 
insindacabili. 

Vedi, su tali proposizioni, Corte cost. 13 luglio rn63, n. 130 in Foro it., 
1963, I, 1602; Corte cost. 22 giugno 1971, n. 139 in questa Rassegna, I, 1. 
Per le sentenze indicate in motivazione, oltre le due precedenti e per 

la dottrina sulla competenza per connessione, cfr. Foro it., 1972, I, 2737. 



954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
base di criteri che razionalmente valutano i disp�rati interessi posti in 
giuoco dal processo. 
Il principio della precostituzione del giudice, sancito nel primo 
comma dell'art. 2:5 Cost., � rispettato allorch� l'organo giudicante sia 
istituito dalla legge sulla base di criteri generali fissati in anticipo e 
non gi� in vista di singole controversie, n� risulta violato nei casi nei 
quali la legge preveda la possibilit� di spostamenti di competenza da 
un giudice a uno diverso, purch� anch'esso precostituito, allorch� tali 
come quello costituzionale dell'indipendenza ed imparzialit�, o quello 
spostamenti siano necessari per assicurare il rispetto d'altri principi, 
dell'ordine e coerenza nella decisione di cause fra loro connesse. 
Il giudice che viene a conoscere, in forza delle norme sulla con~ 
nessione, di un processo che senza di essa dovrebbe venir deciso da 
altro magistrato, � pure esso giudice naturale e precostituito. 
Arbitrio e violazione del principio del giudice naturale ci sarebbero 
se il giudice potesse disporre la riunione dei giudizi fuori dei 
casi indicati negli artt. 45 e 413 c.p.p.; se egli non av~sse obbligo di 
motivare; se le parti non potessero discutere, presentando istanze e 
conclusioni. 
Un margine di relativa discrezionalit� nell'accertare la sussistenza 
delle condizioni volute dalla legge � inseparabilmente connesso all'esercizio 
del potere-dovere d'interpretazione proprio del giudice, ma si tratta 
di una discrezionalit� regolata, razionalmente .indispensabile e del tutto 
legittima. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 119 -Pres. Chiarelli -
Rel. Trimarchi -Luciano (avv. Dottarelli). 
Pensioni -Riversibilit� a favore del marito -Condizioni dell'inabilit� 
e della convivenza a carico -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3; 1. 15 febbraio 1958, n. 46, art. 11, sesto comma). 
Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di Legittimit� costituzionale dell'art. 11, sesto comma Legge 
15 febbraio 1958, n. 46, contenente nuove norme sulle pensioni ordinarie 
a carico deHo Stato nelia parte in cui esclude la riversibilit� a 
favore del marito della titolare, se questi non sia riconosciuto inabile 
a proficuo lavoro ed a carico della moglie (1). 
(1) La questione era stata sottoposta al Giudice costituzionale con 
ordinanze emesse: il 17 ottobre 1970 dalla Corte dei Conti -Sezione terza 
pensioni civili (Gazzetta Ufficiale n. 163 del 30 giugno 1971); il 17 ottobre 
1970 dalla Corte dei Conti -Sezione terza pensioni civili (Gazzetta 
Ufficiale n. 170 del 7 luglio 1971). t ~:� 
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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 955 

(Omissis). -1. -La Corte dei conti, in sede giurisdizionale, con 
le due ordinanze indicate in epigrad:e, solleva, in riferimento all'art. 3 
della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11, 
eomma sesto, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (contenente nuove 
norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato) nella parte in cui 
dispone che in caso di decesso della dipendente o pensionata la pensione 
di riversibilit� spetta al marito quando questi sia riconosciuto 
inabile a �proficuo lavoro e a carico della moglie. 

Uni_ca essendo la questione sottoposta all'esame della Corte, i relativi 
giudizi vengono riuniti e decisi con una sola sentenza. 

2. -Secondo la Corte dei conti la norma denunciata, messa a raffronto 
con quanto dispone lo stesso art. 11 per il caso di morte del 
dipendente o pensioaato e nei confronti della vedova, porrebbe in 
essere, a proposito della spettanza del diritto alla riversibilit�, una 
disciplina differenziata, basata unicamente sulla diversit� di sesso dell'avente 
causa. Si fa al riguardo notare che, mentre per il vedovo della 
dipendente o pensionata statale viene richiesto al sopradetto fine, e tra 
l'altro, che esso sia inabile a proficuo lavoro ed a carico della moglie 
al momento della di lei morte, queste condizioni non � nec_essario che 
sussistano perch� quello stesso diritto sia riconosciuto alla vedova del 
dipendente o pensionato statale. E da ci� si deduce che la rilevata 
disparit� di trattamento, � tra due soggetti forniti di eguali mezzi economici 
propri ., sia � connessa alla differenza di sesso � o pi� semplicemente 
che la norma denunciata sancisca, ai fini� della pensione di 
ri~ersibilit�, �una palese disparit� di trattamento tra il vedovo e la 
vedova, basandola unicamente sulla differenza di sesso �. 
3. -La questione, cos� proposta in riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
non � fondata. 
Il giudice a quo, come si � ora ricordato, riconduce la disparit� di 
trattamento alla differenza di sesso, nei due casi, degli aventi diritto 
alla riversibilit�, o puramente e semplicemente o argomentando dall'ipotesi 
che la vedova ed il vedovo siano forniti di eguali mezzi economici 
propri. Ma � da ritenersi che presupponga su un piano pi� generale 
come unica o eguale la situazione di fatto e di diritto del coniuge 
del dipendente o pensionato statale: altrimenti non potrebbe ascrivere 
solo alla differenza di sesso la diversit� della disdplina giuridica. 

Ma, a quest'ultimo riguardo, e per valutare la validit� dell'implicita 
premessa, � necessario tenere nella dovuta considerazione che con 
l'art. 104 d_el testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

approvato con r.d. 21 febbraio 1895, n. 70, venne riconosciuto alla 

vedova dell'impiegato o pensionato statale il diritto alla riversibilit� 

del trattamento di quiescenza maturatosi in favore del marito o da 

questo gi� acquisito, e che tale diritto ha trovato definitiva disciplina 

nei primi due commi del citato art. U della legge n. 46 del 1958; e che, 

con quest'ultima legge, il diritto alla riversibilit� � stato concesso ad 

altri soggetti, tra cui il vedovo della dipendente o pensionata. 

Si � operato in tal modo un ampliamento della cerchia e del nu


mero degli aventi diritto alla riversibilit�, attraverso una graduale evo


luzione della normativa. 

II legislatore del 1958, subordtnando l'acquisto del diritto da parte 

del marito della dipendente o pensionata deceduta alla sussistenza, 

tra l'altro, delle dette due condizioni, non ha introdotto nell'ambito 

dell'istituto' della riversibilit� -come invece ritiene la Corte dei 

conti -modifiche sostanziali circa i criteri di riconoscimento del di


ritto, ma ha solo dettato una disciplina distinta e articolata della 

materia. 

Per ci�, nulla pu� dedursi circa la asserita illegittimit� costitu


zionale della norma in questione dal semplice fatto che siano diffe


renti i trattamenti per il coniuge superstite nei due casi di decesso del 

marito o della moglie. 

Occorre, invece, risalire alla premessa implicita dalla quale 


come si � detto -su un piano generale procede il giudice a quo nel 

sottoporre la questione. 

Ora codesta premessa, in realt�, non � valida. 

Non � consentito infatti ritenere che sia unica o unitaria la situa


zione di fatto e di diritto del coniuge del dipendente o pensionato 

statale. Non si pu� non considerare tra l'altro che, sia all'epoca in cui 

� entrata in vigore la legge n. 46, sia attualmente, i lavoratori subor


dinati di sesso maschile occupati nell'agricoltura, nell'industria e nelle 

altre attivit� erano e sono pi� dei due terzi dell'intero complesso delle 

forze di lavoro operanti in quei ,settori; che in relazione agli stessi anni 

tra i di.pendenti dello Stato e di altri enti pubblici � certamente preva


lente il numero di quelli di sesso maschile; e che analoghe considera


zione potrebbero farsi a proposito della titolarit� di redditi non deri


vanti da lavoro subordinato. 

Tutto ci� comporta la minore probabilit� che sia il marito anzich� 

la moglie a dipendere economicamente dal coniuge, dipendente o pen


sionato statale, e fa s� che tale situazione possa ritenersi normale ed 

essere assunta a base della previsione normativa de qua. 

Appare conseguentemente razionale che l'accertamento in fatto dello 
stato di bisogno sia richiesto solo per il marito e non anche per la 
�moglie. Ed � del pari giustif�ca,ta la previsione del requisito dell'ina


1: 
~: 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 957 

bilit� a proficuo lavoro, specie se si ponga mente alla normale coesistenza 
di tale stato con la vivenza a carico dell'altro coniuge. 

Conclusivamente, la norma in esame � perci� il riflesso di una situazione 
di fatto e giuridica che non � comune a tutti i coniugi dei dipendenti 
o pensionati, e trova nella peculiarit� sopra messa in evidenza 
la sua logica ragione d'essere. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 120 -P1�es. Chiarelli Rei. 
Reale -Ciscato (n.c.), Ministero delle Finanze e Presidente 
Consiglio dei Ministri (Vice avv. gen. dello Stato Tracanna). 

Imposta di re~istro -Responsabilit� solidale di parti contendenti e di 

procuratori le~ali -Ille~ittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93, n. 2). 

� costituzionalmente illegittimo, con riferimento al principio della 
capacit� contributiva, l'art. 93, n. 2 della vigente legge di registro 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269:) nella parte in cui dichiara solidalmente 
tenuti verso l'amministrazione finanziaria le parti istanti nei giudizi 
civili relativamente alle tasse di registro in sentenze e convenzioni cui 
, 
esse siano rimaste estranee, ed i procuratori legali rel�tivamente alle 
tasse giudiziali (1). 

(Omissis). -Con l'art. 93, n. 2, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
(la c.d. legge di registro) si dispone che, salvo gli obblighi dei funzionari 
e delle persone indicate negli artt. 80, 81, 82, 83, 84 e . 86, sono 
inoltre solidalmente tenute verso l'Amministrazione dello Stato, per il 
pagamento delle � tasse sulle sentenze, sui decreti, provvedimenti ed� 
altri atti giudiziari, nei procedimenti contenziosi in materia civile e 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 26 febbraio 1970 dal Tribuna-le di Venezia (Gazzetta Uff. 
n. 
267 del 21 ottobre 1970). 
La sentenza Corte Cost. 18 maggio 1972, n. 92 leggesi in questa Rassegna, 
1972, I, 1, pag. 
Per l'art. 93, n. 2, legge di registro, cfr. fra gli altri, AzzARITI, Le imposte 
di registro, 1959, nn. 9 segg.; .GUGLIELMI e AZZARITI, L'imposta di registro, 
nn. 35 segg.; in giurisprudenza Cass. 25 febbraio 1967, n. 433, Foro it., 1967, 
I, 2141 (nota). 



958 � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

commerciale, le parti istanti e quelle che fanno uso delle sentenze, dei 
decreti ed altri atti, ed i rispettivi loro procuratori, nonch� le parti a 
carico delle quali siano state poste le relative spese in proporzione della 
loro condanna nelle medesime�; la responsabilit� dei procuratori � per� 
limitata alle tasse giudiziali. 

Il tribunale di Venezia, nel corso di un giudizio di opposizione alla 
liquidazione dell'imposta di registro su una sentenza riguardante varie 
parti con pluralit� di domande principali e riconvenzionali, ha denunziato 
la illegittimit� della norma suddetta, in riferimento al principio 
della capacit� contributiva (art. 53., primo comma, Cost.). E ci� in primo 
luogo �sul riflesso che l'obbligo del pagamento della c.d. imposta di 
titolo, riguardante (ai sensi dell'art. 72 della legge di registro) convenzioni 
sui cui si basano le �domande oggetto della pronuncia giudiziale, 
grava solidalmente su tutte le parti istanti, anche se estranee alle 
convenzioni enunziate in sentenza; in secondo luogo, in quanto viene 
estesa ai procuratori delle parti l'obbligazione solidale relative alle c.d. 
tasse giudiziali. 

Le questioni sollevate non concernono, quindi, le ulteriori disposizioni 
del citato art. 93, n. 2, le quali prevedono l'obbligazione per la 
imposta di titolo sia a carico delle parti che fanno uso delle sentenze 

o di altri provvedimenti giurisdizionali, sia delle parti nei confronti 
delle quali sia stata pronunciata condanna alle spese processuali. 
2. -In ordine alla prima questione si rileva nell'ordinanza che 
l'art. 93, n. 2, nella genericit� del suo dettato, consente una interpretazione 
per effetto� della quale l'obbligo d'imposta� viene a gravare anche 
su soggetti estranei alle convenzioni su cui si basano domande giudiziali 
da essi non proposte o pendenti davanti allo stesso giudice a seguito 
d_ella riunione di procedimenti separatamente instaurati. 
Ci� in contrasto con l'art. 53, primo comma, della Costituzione. 
La questione � fondata. 


3. -Il precetto enunciato nell'art. 53, primo comma, della Costituzione, 
per �cui tutti sono temiti a concorrere alle spese pubbliche, in 
ragione della loro capacit� contributiva; va interpretato quale specificazione 
del generale principio di uguaglianza, nel senso che a situazioni 
uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, 
a siutazioni diverse un trattamento tributario disuguale. Sul 
piano garantistico �costituzionale esso deve essere inteso come espressione 
della esigenza che ogni ;prelievo tributario abbia causa giustificatrke 
in indici concretamente rivelatori di ricchezza. 
In riferimento a tali indici, costituenti il presupposto dell'imposizione 
tributaria, i soggetti rivelano, come questa Corte ha pi� volte 


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affermato, capacit� contributiva e idone\t� alla obbligazione d'imposta, !,, 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 959 

deducibile esclusivamente dal collegamento fra i soggetti medesimi e 
le fattispecie cui la norma tributaria attribuisce tale efficacia, .secondo 
valutazioni riservate al legislatore. Il �che, secondo il disposto dell'art. 53, 
comma primo, Cost., cui deve riconoscersi, disattendendosi l'assunto dell'Avvocatura 
dello Stato, valore precettivo e non meramente programmatico 
e applicabilit� anche in materia d'imposte indirette, non esclude 
tuttavia il controllo della legittimit� della norma sotto il profilo dell'assoluta 
arbitrariet� ed irrazionalit�. Concetto que>;>t'ultimo che fa Corte 
ha avuto occasione di affermare anche nella recente sentenza n. 92 
del 1972. 

In materia di imposte indirette, in particolare, il necessario collegamento 
con la ca,pacit� contributiva non esclude che la legge stabilisca 
prestazioni tributarie a carico solidalmente oltre che del debitore prindpale, 
anche di altri soggetti, non direttamente partecipi dell'atto 
assunto come indice di capacit� contributiva. In tali casi, peraltro, 
occorre che una siffatta imposizione risulti legittimata da rapporti giu-. 
ridico-economici, intercorrenti fra i soggetti predetti, rapporti idonei 
alla configurazione di unitarie situazioni che possano giustificare razionalmente 
il vincolo obbligatorio e la� sua causa. 

Alla .stregua di tali criteri non pu� ravvisarsi il presupposto dell'obbligazione 
solidale per il pagamento dell'imposta di registro sul 
titolo, preventivamente non registrato, nella mera situazione processuale 
in cui versi il soggetto rimasto estraneo alla convenzione �considerata in 
sentenza e che abbia formulato domande non aventi immediato fondamento 
sulla convenzione stessa. Situazione che l'ordinanza del giudice 
a quo delinea nelle due fattispecie in esame, con riferimento all'imposizione 
del tributo solidalmente a carico di parti convenute e relativa 
alla registrazione di un contratto di mutuo dedotto in causa qu~le titolo 
legittimamente, in via surrogatoria, l'esercizio di diritti di credito contro 
le medesime parti, ancorch� rimaste estranee al contratto, nonch� in riferimento 
ad analoghe imposizioni relative a contratti intercorsi fra altre 
-parti, con vincolo di solidariet� basato, in questo .secondo caso, sulla 
semplice circostanza formale delle unicit� del processo, a seguito della 
riunione discrezionalmente disposta dal giudice, di procedimenti distin


tamente promossi dagli interessati. 
E non vale opporre,' come si fa dall'Avvocatura dello Stato, la spedale 
configurazione unitaria dell'imposizione di registro come tributo 
.sugli atti privati o giudiziali, tale cio� da non ammettere il frazionamento 
del contenuto e l'individuazione, nel suo contesto, di presupposti 
d'imposta oggettivamente e soggettivamente diversi. 
Non esattamente � invocato in proposito l'effetto c.d. documentaiivo 
e rappresentativo della sentenza rispetto alle convenzioni in essa 
richiamate e soggette all'imposta di titolo. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tale effetto, invero, mentre esprime la funzione probatoria documentale 
svolta dalla sentenza a seguito degli accertamenti che in essa 
siano contenuti, non comporta sicuramente estensione dei limiti soggettivi 
di rilevanza degli atti e delle convenzioni dedotte, cosi come l'eventuale 
efficacia della cosa giudicata formatasi sugli accertamenti che le 
concernono, senza alcun vincolo di inscindibilit�, non potrebbe riguardare 
dal lato attivo o passivo i soggetti delle pretese non aventi causa 
dalle convenzioni medesime. 

Deve pertanto, e nei sensi suindicati, essere dichiarata la illegittimit� 
dell'art. 93, n. 2, nella disposizione in cui si consente l'imposizione 
del tributo di registro anche sulle parti che abbiano proposto domande 
principali e riconvenzionali, ma che siano rimll.ilte del tutto 
estranee al titolo considerato nella sentenza o in altro provvedimento 
giurisdizionale, titolo assunto quale indice rivelatore di ricchezza soggetta 
a prelievo fiscale. 

4. -La seconda questione riguarda i procuratori costituiti in giudizio 
cui la norma impugnata, come sopra accennato, impone l'obbligo 
di pagamento limitatamente alle cos� dette tasse giudiziali e in solido 
con le parti istanti o che fanno uso delle sentenze o degli altri provvedimenti 
giudiziari. 
Alla norma stessa � rivolta la censura di incom,patibilit� con il 
principio dell'art. 53, primo comma, Cost., giacch�, si assume, non sussisterebbe 
nei confronti dei soggetti predetti un indice di collegamento 
con il presupposto dell'imposta, sufficiente a giustificare l'imposizione. 
L'interesse dei procuratori alla retribuzione delle prestazioni professionali 
risulterebbe, infatti, del tutto indipendente da quelli regolati con 
la sentenza soggetta a registrazione e considerati dalla legge come para~ 
metro dell'imposizione. 

La questione � fondata. 

5. -In merito alla estensione dell'obbligazione solidale per le tasse 
giudiziali a carico dei procuratori che si siano costituiti in giudizio in 
rappresentanza dei propri clienti, si � rilevato dall'Avvocatura che essi 
sono chiamati a rispondere dell'adempimento di un'obbligazione tributaria 
rifertbile ad un presupposto di cui sono partecipi soltanto i rispettivi 
clienti. 
Si riconosce, cio�, essere i procuratori estranei a quelle situazioni 
e fatti di cui la sentenza d� atto ed ai quali la legge ha riguardo ai fini 
della imposizione tributaria. 

Essi sono indicati, tuttavia, quali soggetti passivi di una misura 
fiscale, inquadrata nell'ambito di una responsabilit� d'imposta, il cui 
tratto saliente � quello di garanzia e rafforzamento dell'adempimento 
del debito altrui. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 961 

La loro responsabilit� risulta cosi preordinata all'interesse del fisco 
alla realizzazione del credito d'imposta, senza �che emerga dall'interpretazione 
della norma in questione alcun elemento che valga a collegare 
razionalmente, come invece avviene per altre �categorie di responsabili 
d'imposta, l'obbligazione dei procuratori al presupposto del tributo. 

Senza attardarsi nelle dispute circa la definizione della posizione 
giuridica dei soggetti in questione, va ricordato �che le prestazioni del 
procuratore legale so.no dall'ordinamento considerate servizio di pubblica 
necessit� e costituiscono, normalmente, strumento necessario per 
l'esercizio del diritto di difesa garantito dalla Costituzione (art. 24). 

Agli stessi procuratori l'ordinamento impone l'obbligo di assumere 
il patrominio legale; la legge stessa, per vero, prevede il rifiuto dell'incarico 
�per giusto motivo�, ma appare quanto meno dubbio, al lume 
dei principi giuridici e di deontologia professionale, che sia sempre giustificato 
il diniego di prestazioni legali in �caso di mancato o di inadeguato 
deposito dei fondi occorrenti per sostenere le spese giudiziali ed 
in particolare quelle, il cui ammontare oltre tutto non � agevolmente 
preventivabile, inerenti alla registrazione del provvedimento cosi come 
invece � preveduto in altri casi di legge. 

Da quanto sopra emerge .che il rapporto intercorrente fra il procuratore 
legale e il cliente, per quanto concerne la rappresentanza giudiziale, 
non consente alcun razionale collegamento con il presupposto 
del tributo di registro. N� un simile collegamento pu� basarsi su di un 
supposto interesse del procuratore alla decisione; interesse che �, invece, 
diretto al conseguimento dei compensi preveduti dalle tariffe vigenti ed 
ha fondamento nella prestazione professionale e non certo nella pronuncia 
giudiziale. 

Da queste considerazioni deriva che l'art. 93, n. 2, della legge di 
rgeistro deve essere dichiarato illegittimo per la parte in cui pone a 
carico dei procuratori legali la responsabilit� per il pagamento delle c.d. 
� tasse giudiziali�. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, �n. 121 -Pres. Chiarelli -
Rel. Trimarchi -Gualtieri (avv. Mazzei e Simi) e Presidente Consiglio 
dei JV[inistri (Sost. avv. gen. dello Stato Tarin). 

Lavoro -Norme sui licenziamenti individuali -Inapplicabilit� ai diri


genti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; 1. 15 luglio 1955, n. 604, art. 10). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la que.
stione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 O legge 15 luglio 1966, 


962 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 604, contenente norme sui licenziamenti individuali, nella parte in 
cui esclude che le norme stesse si applichino ai dirigenti (1). 
(Omissis). -2. -Si assume dai tre pretori che, disponendo il citato 
art. 10 che le norme della legge di cui fa parte, � si applicano nei confronti 
di prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e 
di operaio, ai sensi dell'art. 2095 del codice civile �, le stesse norme 
non siano applicabili nei confronti dei prestatori di lavoro subordinato, 
aventi la qualifica di dirigenti. 

Per codesti prestatori di lavoro subordinato si avrebbe una disciplina 
legislativa diversa da quella dettata per gli impiegati ed operai. 

E sfocome le situazioni di fatto e di diritto dei dirigenti e degli 
impiegati ed operai sarebbero eguali, il trattamento �differenziato in 
tal modo posto in essere, sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza. 


3. -Si ritiene anzitutto che siano eguali le situazioni di fatto e di 
diritto dei dirigenti, da una parte e degli impiegati ed operai, dall'altra. 
L'eguaglianza delle due situazioni discenderebbe, secondo il pretore 
di Milano, dagli artt. 2060, 208'6, 2094, 2095, 2.096 e seguenti del 
codice civile, e 96 e 98 delle disposizioni per l'attuazione dello stesso 
codice; e dagli artt. 4, 6 e 10 del r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825, 
convertito nella legge 18 marzo .1926, n. 562, sul contratto di impiego 
privato; e secondo il pretore di Reggio Calabria, dalle norme che allo 
stato regolano 1a categoria dei dirigenti amministrativi e tecnici e cio� 
d�i detti artt. 2'060, 2.086, 2094 e 2095 del codice civile e dal detto 

r.d.l. n. 18i25 del 1924, nonch� dal r.d.l. 15 marzo rn23, n. 692, art. 1; 
dall'art. 3 del regolamento approvato con !r.d. 10 settembre 1923, n. 19,5'5; 
dall'art. 3 del regolamento approvato con il r.d. 10 settembre 1923, 
n. 1056; dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1; e dalla legge 
18 aprile 1962, n. 230, artt. 1 e 4. 
Senonch�, a parte il fatto che da alcune delle anzidette fonti (come 
dagli artt. 2060, 2094 e 2096 e seguenti .del codice civile e dal r.d.l. 

n. 1825 del 1924) nulla pu� ricavarsi in favore dell'asserita uguaglianza 
delle situazioni di fatto e di dinitto dei dirigenti e delle altre� 
categorie di prestatori di lavoro subordinato, gli artt. 2086 e 2095 del 
codice civile, e quest'ultimo unitamente agli artt. 95 e 96 delle disposizioni 
per l'attuazione dello stesso codice, precisano che nell'ambito 
(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze 
emesse: il 1� agosto 1970 dal pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale 
n. 87 del 7 aprile 1971); il 9 luglio 1971 dal (pretore di Marano di Napoli 
(Gazzetta Ufficiale n. 259 del 13 ottobre 1971); il 31 agosto 1971 dal pretore 
di Reggio Calabria (Gazzetta Ufficiale n. 323 del 22 dicembre 1971). 
Per precedenti, �specie dottrinali, cfr. Foro it., 1972, I, 2731. 


PARTE I, .SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 963 

dell'impresa accanto all'imprenditore vi sono i prestatori di lavoro subordinato 
e che questi si distingono in dirigenti amministrativi o tecnici, 
impieg,ati e operai, sulla base dei requisiti di appartenenza a.ne 
singole categorie determinati dalle leggi special� e dalle norme di autonomia 
collettiva in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare 
struttura dell'impresa. 

Anteriormente al 1942 i dirigenti avevano trovato una prima, anche 
se non specifica, considerazione nella legge 15 giugno 189'3, n. 2,95, 
art. 14, comma secondo, in cui sia pure ai limitati effetti di essa, i di;rettori 
e gli amministratori di fabbriche o imprese industriali che davano 
abitualmente lavoro a non meno di 50 operai, erano posti sullo stesso 
piano degli industriali. Al personale direttivo delle aziende, ,poi si erano 
riferiti il r.d.l. n. 692 del 192:3 sull'orario di lavoro e i relativi regolamenti 
approvati con i rr.dd. nn. 1955 e 195�6 del 1923. Ancora, la legge 
sull'impiego pr~vato (r.d.L n. 1825. del 1924, convertito nella legge 

n. 5�62 del 19126) aveva riservato agli impiegati di grado pi� elevato un 
trattamf}nto di magg�o�r favore in caso di licenziamento. Inoltre, il 
r.d.l. 1� luglio 1926, n. 1.130, aveva prescritto che il personale dirigente 
dovesse far parte di associazioni sindacali autonome distinte da tutte 
le .altre, ma inserite nell'organizzazione degli imprenditori. Ed infine 
al personale avente funzioni direttive con responsabilit� dell'andamento 
dell'azienda o dei servizi, non erano state applicate le norme di cui 
alla legge n. 370 del 1934 sul riposo domenicale e settimanale e neppure 
quelle poste con la legge 10 gennaio 19315, n. 112, sull'istituzione 
del libretto di lav'oro. 
Il legislatore del 1942, con le sopracitate norme, quindi ha preso 
atto di una realt� giuridica e normativa gi� esistente ed ha tenuto 
altres� conto della specifica e distinta regolamentazione collettiva. 

Successivamente a quella data e fino ad oggi, sul piano legislativo 
e su quello della contrattazione. collettiva, ha avuto conferma e � 
sviluppo il precedente orientamento volto a fare dei dirigenti una categoria 
a s� stante di prestatori di lavoro subordinato. Di codesto indirizzo 
sono sicuri segni l'esclusione dei dirigenti dalla disciplina del 
cosiddetto blocco dei licenziamenti (d.g.Igt. 21 agosto 1945, n. 523; 
d.lg.lgt. 9 novembre 1945, n. 788, e d.Ig.lgt 3,febbraio 1946, n. 50) e 
dall'obbligo della assunzione tramite gli uffici di collocamento (art, 11, 
terzo comma, n. 2, della legge 29 aprile 1949, n. 264); nonch� la possibilit� 
di richiesta nominativa per l'assunzione di impiegati amministrativi 
e tecnici con mansioni direttive n agrcoltura (art. 11, comma secondo, 
Jett. a, del d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, convertito nella legge 
11 marzo 1970, n. 83); ed infine, la mancata applicazione delle forme 
di previdenza previste gli gli altri dipendenti; e cos� pure delle limitazioni 
poste dalla legge n. 230 del 1962. 


964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In sede sindacale, poi, i dirigenti godono di un inquadramento 
autonomo; e gli atti di autodisciplina collettiva (sino al contratto collettivo 
nazionale del 29 luglio 1970 per i dirigenti di aziende industriali) 
pongono del pari discipline autonome (ed in quanto assoggettate 
al regime della legge n. 741 del 1959, operanti erga omnes con la 
valorizzazione della categoria sul piano normativo) . 

Tutto ci� conduce a ritenere che la categoria dei dirigenti presenta 
peculiari caratteristiche che sono oggetto di una disciplina particolare 
e trova riscontro nella definizione che del dirigente viene 
offerta in giurisprudenza ed in terrriini, nella sostanza, sufficientemente 
costanti. 

A caratterizz,are la categoria dei dirigenti si ritiene che concorrano 
la collaborazione immediata con l'imprenditore per il coordinamento 
aziendale nel suo complesso od in un ramo importante di esso; 
il carattere fiduciario della prestazione; l'ampio potere di autonomia 
neWattivit� direttiva; la supremazia gerarchica su tutto il personale 
dell'azienda o di un ramo importante di essa, anche senza poteri disciplinari, 
ma sempre con poteri organizzativi; la subordinazione esclusiva 
all'imprenditore o ad un dirigente superiore; e l'esistenza di un 
potere di rappresentanza extra o infraziendale. 

Ora, tali aspetti del fenomeno che peraltro non devono in concreto 
tutti specificamente concorrere perch� il prestatore di lavoro subordinato 
possa e debba essere qualificato dirigente, servono certamente, 
in una loro considerazione complessiva, a evidenziare la particolare 
posizione che il dirigente ha nell'ambito dell'impresa ed a fare intendere 
come di codesta posizione sia dato cogliere l'essenza solo attraverso 
la valutazione delle relazioni che intercorrono tra l'imprenditore 
ed il dirigente tra questo e gli altri prestatori di lavoro subordinato. 

� a tal riguardo appena il caso di osservare come le categorie dei 
dirigenti, degli impiegati e degli operai non determinino dei salti nella 
scala gerarchica dei prestatori di lavor,o e come invece si passi da una 
categoria all'altra e ,particolarmente da quella degli impie,gati a quella 
dei dirigenti, attraverso qualifiche intermedie. Con ci�, per�, non si 
mette in forse la realt� e legittimit� della categoria in esame, con le sue 
note caratterizzanti le quali sono affatto evidenti solo che l'impresa 
nella quale il dirigente sia inserito, possegga date dimensioni. Anche 
se non rimane escluso, tenuto conto che in sede collettiva le norme 
dettate per il rapporto di impiego valgono anche per i dirigenti, in 
quanto compatibili (art. 17 del citato contratto collettivo nazionale 
del 1970 per i dirigenti di aziende industriali), che, sempre nei limiti 
della compatibilit� ed evidentemente in relazione alle note che caratterizzano 
la categoria dei dirigenti ed alle circostanze del singolo caso, 
possano valere per gli stessi le norme legislative dettate per gli impiegati. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 965 

Al dirigente, in sostanza, che occupa il posto pi� elevato nella 
scala gerarchica dei prestatori di lavoro subordinato, � assicurata nell'impresa 
una posizione che trova nel potere direttivo la sua pi� vera 
qualificazione. L'imprenditore, singolo o collettivo, ha nel dirigente il 
collaboratore che lo sostituisce o lo assiste nello svolgimento delle funzioni 
che gli sono proprie, e l'esecutore, con discrezionale responsabilit�, 
delle sue direttive. 

Appare per ci� essenziale che in tal caso tra l'imprenditore ed il 
dirigente s'instauri e si mantenga un rapporto di reciproca fiducia e di 
positiva valutazione, ed � in armonia .con codesta esigenza che. il rapporto 
possa venir meno per determinazione unilaterale solo che soggettivamente 
vengano considerate cessate le condizioni idonee a soddisfare 
la detta esigenza. 

Si pu� pertanto ritenere, senza bisogno di far ricorso a formule 

o qualit� che non sempre rispecchiano la realt� effettuale del fenomeno 
colto nel suo complessivo accadere, che la situazione dei dirigenti 
non � di per s� eguale o assimHabile a quella degli impiegati 
ed operai. 
4. -Non si pu� ritenere d'altra parte che il legislatore del 1966 
abbia ecceduto dai suoi poteri in sede di valutazione della situazione 
materiale e giuridica dei dirigenti considerata in s� e raffrontata a 
quella degli impiegati ed operai. 
In effetti il rapporto di lavoro dei dirigenti presenta caratteristiche 
ed offre garanzie per cui pu� ben essere considerato come speciale; e 
proprio tali caratteristiche e garanzie sono le note differenziali nei confvonti 
dell'ordinario rapporto di lavoro subordinato. 

' Analogamente a quanto � avvenuto per le altre categorie di lavoratori 
subordinati, per i dirigenti la legge n. 604 ha sostanzialmente 
tenuto conto dello stato della regolamentazione collettiva. Per essi in 
particolare si � avuta la conferma della pertinenza di una disciplina che 
leggi anche recenti (come la n. 230 del 1962), contratti collettivi e 
accordi resi esecutivi erga omnes e contratti collettivi successivi avevano 
posto in essere. 

Dato ci� e considerato altresi che le norme che regolavano il rapporto 
dirigenziale non sono state abrogate n� espressamente n� tacitamente, 
appare del tutto conseguenziale e logico che sul terreno dello 
scioglimento unilaterale del rapporto dirigenziale, continuino ad aver 
vigore le regole legislative e convenzionali preesistenti, fermo rimanendo 
che le stesse si accrescano e si evolvano per la migliore tutela 
della categoria, in forza delle nuove e pi� recenti pattuizioni di autonomia 
collettiva ed eventualmente con disposizioni legislative, in 
coerenza con la specialit� della materia. 


966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

5. -Il pretore di Reggio Calabria ritiene che l'art. 10 sia illegittimo 
costituzionalmente tra l'altro nella parte in cui esclude che sia 
applicabile ai dirigenti l'art. 9 in forza del quale � l'indennit� di anzianit� 
� dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del 
rapporto di lavoro �. 
Decisa nei sensi anzidetti la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 10 'in generale, e cio� affermato che la disciplina relativa ai 
licenziamenti unilaterali per giusta causa e per giustificato motivo non 
si riferisce, e senza alcun contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ai 
dirigenti, il regime dell'indennit� di anzianit� per codesta categoria di 
prestatori di lavoro � fissato, in termini sostanzialmente eguali a quelli 
posti dall'art. 9 della legge n. 604, e con portata generale, dall'art. 2120 
del codice civile, cos� come risulta a seguito delle sentenze n. 75 del 
1968 e n. 204 del 1971, e, per i dirigenti di imprese tndustriali, dall'art. 
12 (nel testo risu~tante dalla sentenza n. 7 del 1971 di questa 
Corte) del contratto collettivo nazionale del 31 dicembre 1948 reso 
efficace erga omnes dal d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 483. 

La questione quindi, anche sotto il profilo in esame, non pu� non 
a,pparire infondata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 122 -Pres. Chiarelli -
Rel. Capalozza -Romano (n. c.). 

Procedimento penale -Sentenze, ordinanze, decreti -Correzione di 

errori materiali -Mancata previsione della assistenza di un di


fensore -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 24, 3; c.p.p., art. 149, comma primo). 

� costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi di 
difesa e di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
149, primo comma, codice procedura penale, nella parte in cui 
non prevede che all'interessato, il quale non abbia un difensore di 
fiducia, sia nominato un difensore di ufficio, e che sia notificato al difensore 
l'avviso della data di discussione (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 26 ottobre 1970 dal Pretore di Napoli (Gazzetta Uffeciale 
n. 22 del 27 gennaio 1971). 
Il Giudice costituzionale .con sentenza 14 aprile 1969, n. 83, richiamata 
in motivazione (in questa Riassegna, 1969, I, 1, 611) aveva gi� rilevato 
che l'art. 149, primo'comma, codice procedura penale, con il quale � 
disciplinato il procedimento per la correzione degli errori materiali delle 
sentenze, delle ordinanze e dei decreti, prescrivendo la citazione, se possibile, 
della parte che vi ha interesse, con la limitazione posta da dett<> 



PARTE J:, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 967 

(Omissis). -1. -Il pretore di Napoli ha sollevato questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 149 del codice di procedura penale, 
nelle parti .in cui non prevede la nomina d'ufficio di un difensore, ove 
l'interessato non l'abbia nominato di fiducia, n� la notifica al difensore 
dell'avviso del giorno fissato per la discussione, in riferimento agli 
artt. 3 24 della Costituzione. 

2. -� da premettere che l'ammissibilit� della procedura di correzione 
ex art. 149 c.p.p. � ritenuta dal giudic~ a quo sulla base dell'art. 
82 dello stesso codice, implicitamente richiamato dall'art. 476, 
che prevede, nel n. 1, la �rettificazione delle generalit� dell'imputato o 
di altre persone nella sentenza (e il decreto penale ha carattere sostanziale 
di sentenza). 
Vero �, per�, che l'interessata � rimasta estranea, gi� nella fase 
cognitiva, al rapporto processuale di specie, sicch� mancherebbe il presupposto 
(richiesto dalla giurisprudenza della Cassazione) della immutabilit� 
della condizione dell'imputato, non esistendo qui una precedente 
condizione processuale. Problema che, per quanto non rientri nella 
promossa questione, � tuttavia da tenere presente, perch� vi sono casi in 
cui sarebbe posta in essere una lesione particolarmente vistosa del 
diritto di difesa, qualora questo non fosse �pienamente garantito, nel 
procedimento disciplinato dal denunziato art. 149, nel duplice a.spetto 
personale e tecnico-professionale. 

3. -Per ci� che attiene alla difesa personale, questa Corte s1 e 
gi� pronunziata con �su sentenza n. 83 del rn69, che ha dichiarato 
l'illegittimit� dell'art. 149, primo comma, cod. proc. pen., limitatamente 
all'inciso � se possibile ., sotto il profilo dell'art. 2.4 Cost., per far s� 
che venga garantita -a tutte le parti -la possibilit� di opporsi, 
mediante l'esercizio del diritto di difesa, alla richiesta correzione. 
Ma gli � che tale esercizio non sarebbe pieno, se non fosse dato 
ingresso al difensore: tra l'altro, essendo l'ordinanza, che dispone la 
correzione, ricorribile in cassazione, il pretore ha esattamente rilevato 
che, con la esclusione de_l difensore, � si viene a sottrarre all'imputato 
il diritto di poter proporre l'impugnazione anche tramite il difensore 
stesso, ex art. 192, ultimo comma, cod. proc. pen. �. 

inciso non attua in ogni caso il princ1rp10 del contraddittorio e pertanto 
viola l'�rt. 24 della C:ostituzione. 

Per la sentenza rn maggio 1970, n. 69 relativa alla necessit�, nell'incidente 
di esecuzione, della nomina di un difensore di ufficio, in mancanza 
di uno di fiducia, v. in questa Rassegna, 1970, I, 1, 501. 

La sentenza 16 dicembre 1970, n. 190, leggesi in questa Rassegna, 
1971, I, 1, 14. 



968 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4. -Se si accede alla tesi che il modello di tutti i procedimenti 
incidentali, compreso quello della correzione dell'errore materiale, sia 
l'incidente di esecuzione previsto dagli artt. 628 e seguenti ,cod. proc. 
pen., va ri�hiamata la sentenza n. 69 del 1970 di questa Corte, la quale 
ha deciso che, nell'incidente di esecuzione, � necessaria la nomina del 
difensore d'ufficio, quando non ve ne sia gi� uno di fiducia. 
'5. -Comunque, si faccia o non si faccia richiamo agli artt. 628 e 
seguenti: cod. proc. pen., l'art. 24 Cost. postula l"esi,genza della nomina 
obbligatoria del dtfensore (e, nel primo caso, della notificazione dell'estratto 
dell'ordinanza, a mente dell'art. 631 �.p.p.; nel secondo caso, 
della notifica dell'avviso dell'avvenuto deposito, a mente dell'art. 151, 
terzo comma, dello stesso codice). 

6. -La norma denunziata viola anc;he l'art. 3 Cost. per la diversa 
posizione attribuita al pubblico ministero e alle altre parti, dato che, 
ai sensi dell'art. 76 c.p.p., nel corso di ogni procedimento penale, il 
� giudice non pu�, a pena di nullit� (art. 185, n. 2, c.p.,p.), deliberl:\re, 
se non sia stato sentito il pubblico ministero, tenuto a proporre richieste 
motivate e conclusioni specifiche (salvo, s'intende, le eccezioni allorch� 
il procedimento sia di competenza pretoria). Si richiama, all'uopo, 
la sentenza n. 190 del 1970 di questa Corte (vedasi pure la sentenza 

n. 62 del 1971). 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972., n. 123 -Pres. Chiarelli -
Rel. Oggioni -Casilli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Reato -Descriminante dell'ordine superiore -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 
(Cost., artt. 28, 3; c.p., art. 51, ultimo comma). 

Non � fondata, sia con rife1�imento al principio della responsabilit� 
personale dei funzionari pubblici, sia con riferimento al principio di 
eguaglianza, la questione di leigitUmit� costituzionale dell'art. 51, ultimo 
comma, codice penale, che prevede la non punibilit� dell'agente p,er 
ordine superiore non sindacabile (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 21 maggio 1970 dal Pretore di Castelnuovo di Garfagnana 
(Gazzetta Uffi,ciale n. 222 del 2 settembre 1970). Per riferimenti vari, cfr. 
Foro it., 1972, I, 2727. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 969 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

Il richiamo all'art. 28 della Costituzione, per desumerne, premessa 
l'equivalenza tra responsabilit� � diretta � e responsabilit� �personale., 
l'assoluta inderogabilit� di quest'ultima, dovendo prevalere in ogni caso 
il principio di legalit� sul principio di autorit�, non � richiamo idoneo 
a sostenere l'assunto di incostituzionalit�. 

Infatti, l'art. 28 non generalizza ma espressamente riconduce il 
concetto di responsabilit� a quanto dispongono le leggi penali, civili 
e amn;iinistrative: cio�, come questa Corte ha ritenuto con la sentenza 

n. 2: del 1968, la norma � rinvia alle leggi ordinarie, che codesta responsabilit� 
disciplinano variamente per categorie o per situazioni �. Ci�, 
analogamente a quanto dispone l'art. ,97, comma secondo, della Costituzione 
nel comprendere le � responsabilit� proprie dei funzionari � 
come elementi essenziali ai singoli ordinamenti dei pubblici uffici. 
Il rinvio alle leggi ordinarie significa, pertanto, rtnvio alla disciplina 
positiva cui � assoggettata, nelle leggi stesse, la responsabilit� 
soggetiva dei funzionari e dei dipendenti, anche in considerazione di 
regole particolari, che, in deroga alle regole comuni, determinino il 
contenuto ed i limiti di detta responsabilit�. 

Come precisato nella suindicata sentenza di questa Corte, la disciplina 
dei limiti pu� essere variamente individuata anche per categorie 
di soggetti o per speciali situazioni. 

Tale, appunto, come esempio caratterizzante, che inerisce, nel caso, 
all'oggetto del procedimento a quo, la categoria e la situazione di quegli 
organi, che, come I'Arma dei Carabinieri, fanno parte, direttamente o 
per equiparazione, dell'Amministrazione m�litare dello Stato. 

Per questi ol"lgani vigono norme particolari che pongono come primario 
il dovere di obbedienza dell'inferiore in grado al superiore, restringono 
il potere di sindacato degli ordini attinenti al servizio, puniscono 
il rifiuto, l'omissione e il ritardo nella loro esecuzione. Ci� risulta 
testualmente dagli artt. 40 e 173 del codice penale militare di pace, che 
costituiscono, rispettivamente, adattamenti specifici della situazione normativa 
generale di cui agli artt. 51, ultimo comma, e 3'2�9 del codice 
penale. 

Ne consegue che l'art. 51, ultimo comma, c.p., in luogo d'essere tn 
contraddizione con l'art. 28 della .Costituzione, viceversa fa parte df 
un sistema che vi si adegua, in quanto entrambi gli articoli contengono 
un richiamo alla � legge � come regolatrice di determinati rapporti e 
non come espressione di un principio uniforme e livellatore. 

Il dubbio, prospettato nell'ordinanza, secondo cui il riconoscimento 
della legittimit� dell'art. M, ultimo comma, c.p. condurrebbe all'inammissibile 
conseguenza di ritenere legittima la compressione di fondamentali 
diritti di libert� individuale, non � fondato. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Va considerato che l'esenzione da pena accordata dall'art. 51 agli 
esecutori di ordini illegittimi (sempre subordinatamente al verificarsi di 
determinate condizioni, il cui accertamento spetta al giudice di merito) 
non discri<mina il fatto in s�. Invero, mentre, da un lato, il publ;>Iico 
ufficiale che ha dato l'ordine, risponde � sempre � del reato, dall'altro 
lato la responsabilit� dell'esecutore � affermata in via di principio 

(terzo comma) salvo esclusione per errore di fatto dell'agente (stesso 
comma) o per situazione speciale prevista da legge (ultimo comma). 

3. -Quanto si � osservato al punto precedente, vale ad escludere 
la fondatezza della questione, anche sotto il pry:ofilo di cui �all'art. 3, della 
Costituzione. La denunciata disparit� di trattamento non esiste, sia se 
considerata in rapporto a categorie affini, ma non uguali nel loro ordinamento 
(agenti di p.s.) sia, tanto pi�, se considerata in rapporto a 
categorie diverse (dipendenti civili, funzionari di p.s.): il tutto in difetto 
di quei criteri di omogeneit� di situazione, che caratterizzano 
l'ambito di applicazione dell'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 124 -Pres. Chiarelli -
Rel. Capalozza -Canova Gelli (n. c.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Procedimento penale -Formula di proscioglimento per insufficienza 

di prove -Illegittimit� costituzionale -Esclusi01:1e. 

(Cost., art. 27, secondo comma; c.p.p. art. 479, terzo comma). 

Non � fondata, con riferimento al principio della presunzione di 
non colpevolezza dell'imputato, la questione relativa all'art. 479, terzo 
comma, codice procedura penale sulla formula di proscioglimento per 
insufficienza di prove (1). 

(Omissis). -Il pretore di Dolo dubita che la formula di assoluzione 

per insufficienza di prove (in giudizio: art. 479, terzo comma, del co


dice di procedura penale) sia in contrasto con l'art. 27, secondo comma, 

della Costituzione. 

La questione non � fondata. 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 13 aprile 1970 dal pr�etore di Dolo (Gazzetta Uff. n. 286 del1'
11 novembre 1970). 
Per richiami dottrinali, Foro it. 1972 I, 1897; in giurisprudenza cfr. 
Corte Cost. 14 luglio 1971, n. 175 in questa Rassegna, 1971, I, 1, 1298 e Cass. 
19 novembre 1971, in Foro it. 1972, II, 121 (nota di M. BoscHI). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS�. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 971 

Questa Corte ha avuto occasione di affermare (sia pure a fini diversi 
da quello che viene oggi in questione) che la disposizione dell'art. 27, 
secondo comma, Cost., nel dichiarare che l'imputato non � considerato 
colpevole sino alla condanna definitiva, vuol garantirgli la esclusione 
della presunzione di colpevolezza durante tutto lo svolgimento del rapporto 
processuale (sent. n. 107 del 1957; vedasi anche sent. n. 115 del 
1964): la condizione giuridica di imputato -� stato osservato -si 
ricollega al processo, mentre la condizione giuridica di condannato, 
cio� di colpevole, segue il processo., 

E ci�, sia alla stregua del concetto stesso di colpevolezza (lato sensu), 
che per la dottrina generale del reato � comunemente intesa come presupposto 
indispensabile per l'appHcazione della pena; sia in conformit� 
alla espressione testuale usata dall'Assemblea Costituente, che, nel 
contrasto delle opinioni, non ha sancito l� presunzione di innocenza, ma, 
con l'emendare l'originaria proposta della I Sottocommissione, ha voluto 
presumibilmente asserire che durante il processo non esiste un colpevole, 
bens� soltanto un imputato. 

1. -Nel nostro sistema e nella terminologia corrente, dunque, la condizione 
di non colpevole non sembra identificarsi con quella di innocente: 
chi, durante il processo, � non colpevole pu� essere giudicato, con 
la sentenza definitiva, innocente oppure colpevole. 
Se fosse vero il contrario, sarebbe illegittima ogni misura di carcerazione 
preventiva, che �, invece, ammessa dall'ultimo comma dell'art. 13 
Cost. (vedasi.la sent. n. 64 del 1970 di questa Corte), e, al limite, sarebbe 
illegittima -contrariamente a quanto dichiarato da .questa Corte con 
sentenza n. 78 del 1969 -l'applicazione provvisoria di pene accessorie 
e~ artt. 140 del codice penale e 301 del codice di procedura penale. 

3. -Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, l'assoluzione 
per insufficienza di prove presuppone una serie incompleta di elementi 
di responsabilit�, ovvero la sussistenza di elementi probatori di 
accusa che possono di per se stessi giustificare un'affermazione di colpevolezza 
e, insieme, quella di altri elementi favorevoli che, pur senza 
svalutare i �primi, sono tali da legittimare l'incertezza. La quale rispecchia, 
nel giudice di merito, l'impossibilit� a vincere gli osta�coli che la 
realt� processuale frappone alla scoperta e alla ricostruzione della verit�. 
Orbene, se il presidio costituzionale della presunzione di non colpevolezza 
importa che non sia la mancanza di prove di innocenza, ma la 
presenza di pertinenti e concludenti prove a carico a giustificare una 
s�ntenza di condanna (sent. n. 175 del 1970 di questa Corte); non va 
dimei;iticato che, nella realt�, l'insufficienza di prove pu� riguardare una 
vasta gamma di situazioni (la sussistenza del fatto materiale; la commissione 
o la partecipazione al fatto; l'elemento psicologico; i presupposti del 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

972 

reato; le condizioni di punibilit�; le cause di esclusione del reato o di 
esenzione dalla penal). E l'assoluzione per insufficienza di prove, la quale 
-come ha giustamente posto in rilievo l'Avvocatura generale dello 
Stato -� il risultato concreto di un giudizio, che non sempre pu� superare 
la perplessit� -manifestazione di raziocinio e momento ineliminabile 
del pensiero -, lungi dal confliggere col principio di non colpevolezza, 
apertamente lo convalida, dappoich� tutte le sentenze di proscioglimento, 
nella molteplicit� delle formule adottate nel dispositivo, hanno 
in comune il riconoscimento della non fondatezza dell'azione penale. 

4. -Vi �, poi, da tener conto della imprescindibilit� della� motivazione 
(art. 111 Cast.), che, come � noto, � il maggior impegno del giudice, 
perch� deve contenere la ricostruzione logica e critica delle prove, per 
dare ragione della fondatezza della pronunzia e soddisfare le esigenze 
di giustizia dei consociati (e la contraddittoriet� e la mancanza, in un'accezione 
non restrittiva, della motivazione sono censurabili in Cassazione: 
art. 475, n. 3, cod. proc. pen.): la valutazione e la enunciazione della 
insufficienza delle prove per la condanna dovrebber:o pur sempre essere 
contenute nella sentenza, anche se la legge non prevedesse l'assoluzione 
con formula dubitativa. 
5. -L'Avvocatura dello Stato afferma che le stesse considerazioni 
fatte per l'art. 27, secondo comma, Cast., valgono a dimostrare che la 
disposizione impugnata non �contrasta neppure con l'art. 6, paragrafo 2, 
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e 
delle libert� fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata 
e resa esecutiva dall'Italia con 1. 4 agosto 1955, n. 848), il quale reca: 
�Ogni persona accusata di un reato � presunta innocente sino a che la 
sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata�. 
Si apre qui un problema di interpretazione e di coordinamento affidato 
al giudice ordinario: problema che parrebbe debba risolversi nel 
senso della identit� sostanziale di significato delle dizioni dell'art. 27, 
secondo comma, Cost., e di detto art. 6, paragrafo 2, e di un allineamento 
di questo a quello, dato che la Convenzione contiene norme sulla carcerazione 
preventiva (art. 5, lett. b e c), che sembrano incompatibili con 
la presunzione di innocenza, ma conciliabili con la presunzione di non 
colpevolezza. 

6. -� indiscutibile, per altro, che il proscioglimento per non provata 
reit� rende possibile che l'imputato, quantunque assolto, subisca conseguenze 
a lui sfavorevoli, che discendono anche da disposizioni di legge : 
art. 604 cod. proc. pen. (vedasi pure l'art. 606 dello stesso codice); art. 64, 
primo comma, disp. att. cod. proc. pen. 28 maggio 1931, n. 602. Ma codeste 
disposizioni non sono oggetto della dedotta impugnativa. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 973


CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 125 -Pres. Chiarelli -
Rel. Reale -Torrini (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Savarese). 

Procedimento civile -Compenso al consulente tecnico -Liquidazione� 

senza contraddittorio e senza motivazione -Ille~ittimit� costi


tuzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 24, III; r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 24, primo comma). 

Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa ed all'obbliga 
di motivazione, la questi"one di legittimit� costituzionale� de-ti'art. 24, 
primo comma, disposizioni di attuazione del codice di procedura civile


(r. d. 18 dicemb1�e 1941, n. 1368) sulla liquidazione del compenso al 
consulente tecnico (1). 
(Omissis). -Nell'art. 24, primo comma, delle disposizioni di attuazione 
del codice di procedura -civile (approvate col r. d. 18 dicembre 
1941, n. 1368) � stabilito che la liquidazione del compenso al consulente-tecnico 
� fatta con decreto del giudice che lo ha nominato. Il decreto 
costituisce titolo esecutivo contro la parte a carico della quale � posto 
il pagamento. 

Nel secondo comma � previsto che il compenso �1 commisurato alle 
difficolt� e durata delle indagini, tenuto conto della partecipazione del 
consulente alle udienze e dell'entit� della materia controversa ed osser-. 
vate le tariffe esistenti approvate, dalla legge. 

Dopo aver richiamato l'art. 135, terzo comma, del codice di procedura 
civile, nel quale � disposto che il decreto non � motivat.o salvo chela 
motivazione sia prescritta espressa~ente dalla legge, il pretore di 
Orvieto, ha denunziata l'illegittimit� della norma di attuazione sopramenzionata 
in riferimento agli artt. 24; primo e s~condo comma, e 111,. 
primo comma, della Costituzione: sotto un primo profilo, in quanto la 
norma non stabilisce che il decreto di liquidazione del compenso al consulente 
tecnico sia pronunziato in contraddittorio con il soggetto a caricodel 
quale � posto il relativo obbligo di pagamento, mentre allo stesso non 
� data potest� di contestare la pretesa del consulente in successive fasi di 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 2 maggio 1970 dal pretore di Orvieto (Gazzetta Uff. n. 235 
del 16 settembre 1970). 
Per la giurisprudenza deHa Cassazione alla quale si riferisce il giudice 
costituzionale in motivazione, dr. Cass. 9 giugno 1969, n. 2016, Foro it. 
rep. 1969, Cons. tecnico, n. 87. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

procedimento o in sede di impugnazione; sotto un secondo profilo, inoltre, 
nella parte in cui non viene disposto espressamente che il decreto 
predetto sia motivato. 

Le questioni non sono fondate. 

2. -Sono noti i contrasti che la disposizione in esame ha suscitato 
fra gli interpreti impegnati nella ricerca volta a delineare, cos� sul piano 
dogmatico come su quello applicativo, la configurazione giuridica del 
procedimento di liquidazione del compenso al consulente tecnico, i requisiti 
formali del decreto, i rimedi riservati alla parte condannata alla 
prestazione. 
Ma � noto altres� che, anche sulla base di orientamenti dottrinali, 
la ormai consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, con argomentazioni 
giuridiche alle quali si ritiene di aderire, ha ricondotto il decreto 
in esame fra i provvedimenti speciali a carattere monitorio, emessi 
dal giudice in via provvisoria e senza preventiva contestazione della 
domanda. 

Nell'ambito di questa categoria, ha precisato ancora la Corte di 
cassazione, detto decreto deve assimilarsi al decreto ingiuntivo disciplinato 
dagli artt. 633 e seguenti del codice di procedura civile nel titolo 
concernente i procedimenti sommari. 

Ad esso si � ritenuto, in particolare, applicabile, �con opportuni adattamenti 
procedurali, la normativa concernente l'opposizione degli interessati, 
ammettendosi contro il predetto decreto un mezzo di impugnazione 
idoneo ad introdurre un giudizio ordinario di cognizione anche si.Il 
merito della domanda creditoria, con l'osservanza della regola del contraddittorio. 


3. -Considerata, quindi, in siffatta pi� ampia p:r;ospettiva sistematica 
la disposizione impugnata, deve ammettersi che essa non preclude il 
co~traddittorio, ma ne differisce l'attuazione alla fase processuale di opposizione, 
nella quale appunto pu� realizzarsi la piena cognizione del 
giudice sulle domande e sulle difese delle parti. In questa fase trova 
congrua applicazione la garanzia del diritto di difesa preveduta dall'articolo 
24, primo e secondo comma, della Costituzione, la quale, come pi� 
volte affermato da questa Corte, esige che siano assicurati effettivamente 
lo scopo e la funzione dialettica del processo, per l'attuazione dell'ordinamento 
giuridico secondo il principio di parit� delle parti. Ma il diritto 
di difesa non resta infirmato dalla legge che ne adegua le modalit� di 
esercizio alle speciali caratteristiche di struttura dei singoli procedimenti. 
4. -Alla stregua dei criteri interpretativi sopra esposti deve ritenersi 
priva di fondamento altresi la questione sollevata dal giudice a quo in 
riferimento all'art. 111, primo comma, della Costituzione. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 975 

L'obbligo della enunciazione, da parte del giudice, delle argomentazioni 
di fatto e di diritto che sorreggono il decreto medesimo, assoggettato 
�come sopra detto alla disciplina monitoria, deriva ovviamente dalla 
natura giurisdizionale e dalle finalit� decisorie di esso nonch� dall'esigenza 
che attraverso la motivazione possa svolgersi concretamente, in 
sede di opposizione, il sindacato sul merito della decisione con speciale 
riguardo alle circostanze ed agli elementi di cui il giudice deve tener 
conto .ai fini della determinazione del compenso. 

Ci� toglie congruenza al collegamento che il giudice del merito ha 
inteso ravvisare fra la norma impugnata e l'art. 135 del codice di procedura 
civile e fa ritenere adeguata la norma stessa al dettato costituzionale. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 126 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rossi -Verna (n. c.) e Presidente Constglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Savarese). 

Procedimento penale -Arresto in flagranza -Reato di ubriachezza Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 13; c.p.p., art. 236, ultimo comma; c.p., art. 688). 

Non � fondata, con riferirnento al principio di eguaglianza, ed � 
manifestamente infondata con riferimento alla tutela della libert� personale, 
la questione di legittimit� costituzione dell'art. 236, ultimo com-. 
ma, codice di procedura penale, che consente l'arresto per chi sia colto 
in flagranza del reato di ubriachezza (1). 

La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 236, ultimo com


ma, c.p.p. � sollevata di ufficio dal pretore di Genova sotto due profili: 

a) se la norma impugnata non contrasti con il principio della 

uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3 Cost.) in quanto 

prevede l'arresto facoltativo per il reato di ubriachezza semplice (arti


(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa H 4 luglio 1970 dal pretore di Genova (Gazzetta Ufficiale 
n. 254 del 7 ottobre 1970). 
Il Giudice costituzionale ha pienamente condiviso la tesi sostenuta 
dall'Avvocatura dello Stato. Secondo. un .consolidato indirizzo dottrinario, 
l'ubriachezza � uno dei fattori criminogeni pi� insidiosi ed incontrollabili, 
talch� la �sua intrinseca pericolosit� sociale rende indispensabile l'adozione 
di opportuni mezzi di prevenzione. Pertanto la previsione contenuta nella 
norma impugnata, essendo fondata su una valutazione discrezionale del 
legislatore, non arbitraria e ponderata, non contrasta con l'art. 3 della 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

976 

colo 68'8, primo com.ma, c.p.), mentre non lo prevede per altre contrav


venzioni punite pi� gravemente, come la somministrazione di bevande 

alcooliche a persona gi� ubriaca (art. 691 c.p.), o l'esercizio di giuochi 

d'azzardo (art. 718 c.p.); 

b) se la norma stessa non contrasti con l'art. 13 della Costituzione 

in quanto lo stato di ubriachezza manifesta in luogo pubblico o aperto 

al pubblico non rientrerebbe .in quei �casi eccezionali di necessit� ed 

urgenza indicati tassativamente dalla legge � per cui l'autorit� di pub


blica sicurezza pu� adottare misure provvisorie di limitazione della 

libert� personale. 

Entrambi i rilievi sono infondati. 

A) Non vi � lesione del principio di uguaglianza. Se il legisla


tore ha ritenuto di dover prevedere l'arresto facoltativo di colui che 

viene colto in stato di manifesta ubriachezza e non� di altri che siano 

sorpresi mentre commettono reati puniti con pena uguale ed eventual


mente superiore a quella prevista dall'art. 688 c.p., ci� ha fatto perch� 

l'ubriachezza non pu� considerarsi alla stregua delle altre contravven


zioni. Essa costituisce un fattore di pericolosit� specifica, ancora in atto 

durante il permanere dell'etilismo, indipendentemente dalla gravit� del 

reato gi� consumato. 

L'ubriachezza � una delle cause criminogene pi� comuni, tanto che 

nel nostro sistema penale, come del resto avviene in tutti i paesi civili, 

essa viene considerata, in una complessa serie di norme particolari : 

norma particolare, del tutto razionale e non confliggente col principio 

d'u~uaglianza, � anche la previsione dell'art. 236, ultimo comma, del 

codice di procedura 'penale. L'arresto in flagranza dell'individuo colto� 

in condizioni di manifesta ubriachezza � una misura di pubblica cau


tela che pu� anche salvare l'incolumit� della stesso arrestato e met


terlo al riparo da eventuali responsabilit� penali e civili. 

B) Quanto alla prospettata ipotesi di una violazione dell'art. 13, 

terzo comma, Cost., questa Corte con sentenza n. 173 del 1971 dichiar�� 

non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 236 del 

codice di procedura penale. Successivamente la Corte, ancora investita 

Costituzione. Le medesime considerazioni valgono ad escludere la viola


zione dell'art. 13 della Costituzione poich� dimostrano che il legislatore 

ha ravvisato, nell'ipotesi prevista dalla norma impugnata, uno dei casi in 

cui � necessario ed urgente permettere misure restrittive al fine di evitare 

il pericolo che pu� nascere per la collettivit� dalla libert� dell'ubriaco. 

D'altronde le misure consentite all'autorit� di pubblica sicurezza -in 
. casi tassativamente indicati.-sono provvisorie e soggette ad immediato 
controllo dell'autorit� giudiziaria. 
Per alcuni precedenti giurisprudenziali, cfr. Foro it., 1972, I, 2725. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 977 

della questione proprio con riferimento a persona assoggettata a giudizio 
direttissimo perch� colta in flagranza del reato di cui all'art. 688 
c.p., ha emesso ordinanza di manifesta infondatezza (n. 107 del 1972), 
riaffermando che l'ebriet� pu� determinare, nei termini dell'art. 236, 
ultimo comma, c.p.p., la necessit� e l'urgenza di un intervento dell'autorit� 
di pubblica sicurezza, intervento che � previsto dalla legge 
con l'autorizzazione all'arresto in flagranza. E poich� non sono proposti 
motivi nuovi, la Corte non pu� che confermare le proprie decisioni. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 128 -Pres. Chiarelli -
Rel. Verzi -Ghisoni (avv. Biamonti) Amministrazione Finanze dello 
Stato e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato 
Savarese). 

Imposta di re~istro -Contratti verbali di appalto -Re~istrazione di 

ufficio -Esclusione della prova testimoniale contraria -Ille~itti


mit� costituzionale. 

(Cost., artt. 3, 24; r.d.I. 15 novembre 1937, n. 1924, art. 6, primo comma). 

� fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, la 
�questione di legittimit� costituzionale del primo comma dell'art. 6 r. d. l. 
15 novembre 19:37, n. 1924, nella parte in cui esclude la prova testimo-
niale per vincere la presunzione legale dell'esistenza di un contratto di 
.appalto (1). 

(Omissis).--:-L'ordinanza del tribunale di Genova denunzia, perviolazione 
degli artt. 3 e 2,4, secondo comma, della Costituzione, il primo 
comma dell'art. 6 del r. d. 1. 15 novembre 1937, n. 1924, che, in merito 
~l pagamento dell'imposta di registro sui contratti di appalto di lavori 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 10 luglio 1970 dal Tribunale di Genova (Gazzetta Uff. n. 286 
dell'll novembre 1970). 
In giurisprudenza, Cass. 7 settembre 1970, n. 1249, Foro it. rep. 1971, 
Registro n. 192; per la prova nel processo tributario, �. U. GARGIULO, � Sull'ammissibilit� 
della prova testimoniale nel processo tributario, con riguardo 
.all'applicazione, riduzione o esenzione, dell'imposta di r0egistro ., nota a 
Cass. 30 giugno 1971, n. 2053 in questa Rassegna, 1971, I, pag. 914. 



978 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in caso di mancata presentazione della prescritta denunzia, dispone che, 
per procedere di ufficio, � sufficiente che l'esecuzione del contratto risulti 
� da fatti, da atti o da scritti, o da ogni altro elemento informativo adeguato 
che facciano presumere il negozio giuridico�, ma, per il contribuente, 
pur ammettendo la prova contraria, esclude quella testimoniale. 
Deriverebbe da ci� una ingiustificata discriminazione fra la pubblica 
Amministrazione ed il contribuente rispetto ai mezzi di prova ammessi 
in giudizio. 

La Corte non pu� aderire alla tesi sostenuta dall'Avvocatura generale 
dello Stato che la presunzione della esistenza di un contratto di 
appalto, essendo prevista e regolata da una norma di legge, rientri nella 
categorie delle presunzioni legali, la cui legittimit� in materia fiscale 
� stata riconosciuta da varie sentenze di questa Corte. Ed invero, la 
norma impugnata, che vuol stabilire.in quali casi l'ufficio pu� procedere 
per la riscossione dell'imposta di registro, indica alcune circostanze che 
possono avere un effetto dimostrativo senza voler dare ad esse effetto 
probatorio assoluto. Anche, quindi, a volere ammettere che il termine 
� si presumono � non sia usato impropriamente, si pu� trattare di una 
presunzione semplice, onde esattamente l'ordinanza di rimessione richiama 
l'art. 2729 del codice civile, per �cui le presunzioni non si possono 
ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni. 

Il solo fatto della esclusione di un mezzo di prova come quello della 
testimonianza non costituisce di per se stesso violazione del diritto di 
difesa. In molti casi, e specie nella materia contrattuale (artt. 2721, 2722, 
2723 �C. c.), la prova per testimoni � guardata con disfavore e, perci�, 
esclusa o limitata per motivi, �che il legislatore pu� apprezzare in piena 
discrezionalit�. Ma, nel caso in esame, l'illegittimit� deriva dal trattamento 
differenziato fatto alle parti in giudizio: alla pubblica Amministrazione 
� �Consentito di provare l'esistenza di un contratto di appalto 
con qualsiasi mezzo, compreso ogni elemento informativo adeguato, e 
quindi compresa la prova testimoniale, mentre al contribuente non � 
concesso di provarne con testimoni la inesistenza. Di fronte alla ampia 
tutela giurisdizionale accordata alla pubblica Amministrazione sta la 
limitazione della stessa tutela per il contribuente, limitazione che appare 
tanto pi� grave in quanto nella variet� dei rapporti contrattuali, nei 
quali una delle prestazioni consiste nella esecuzione di un lavoro, l'accertamento 
del fatto obiettivo dell'adempimento di siffatta prestazione 
non porta necessariamente alla conseguenza di dover ritenere che sia 
stato stipulato e realizzato un contratto di appalto. 

La distinzione fra le parti, che dinanzi al giudice dovrebbero tro


varsi in condizioni di perfetta uguaglianza, non appare giustificata dal-

l'interesse generale della pubblica Amministrazione nella riscossione 

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dei tributi contro ogni tentativo di evasione. -(Omissis). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 979 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 129 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rocchetti -Brondi (n. c.), INPS (avv. Giorgi) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Privilegio -Privilegio speciale dell'I.N.P.S. -Modifica dell'ordine di 
prelazione -Applicazione nei procedimenti in corso -Illegittimit� 
costituzionale. 

(Cost., artt. 3, 24; I. 30 aprile 1969, n. 153, art. 66, quinto comma). 

� costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi costituzionali 
di eguaglianza e di difesa, l'art. 66, quinto comma, della legge 
30 ap1�ile 1969, n. 153, nella parte in cui non prevede che i titolari di 
crediti privilegiati, ammessi al passivo fallimentare in data anteriore 
all'entrata in vigore di detta legge, possano contestare i crediti che, per 
effetto della nuova disciplina, sono stati anteposti ai loro nel grado 
del privilegio (1). 

3. -� noto che l'applicazione dell'art. �66, quinto comma, della 
legge 30 aprile 1969, n. 153, nelle procedure fallimentari in cui sia 
stato gi� approvato lo stato passivo, ma non sia ancora divenuto definitivo 
il piano di riparto, ha dato luogo, in dottrina e in giurisprudenza, 
a valutazioni e decisioni contrastanti. Secondo l'orientamento, 
divenuto prevalente dopo le decisioni emesse dalla Corte di cassazione, 
l'approvazione dello stato passivo, non esaurendo la procedura fallimentare, 
non preclude l'applicaz�one della nuova disciplina. Ci� sul 
presupposto che, nel processo fallimentare, l'accertamento del privilegio 
che assiste il credito ammesso al passivo si svolge in due fasi: 
nella prima, di verificazione deHo stato passivo, l'indagine � limitata 
alla esistenza delle cause di prelazione in s� considerate, senza alcuna 
comparazione con i privilegi che assistono i crediti concorrenti; nella 
seconda, di ripartizione dell'attivo, in cui si procede invece alla graduazione 
dei privilegi e alla conseguente reciproca C�oHocazione dei crediti, 
secondo il grado spettante a ciascuno di essi. 

4. -Con rid:erimento alla articolazione di tale accertamento in due 
fasi, e alla efficacia comunemente attribuita al decreto di approvazione 
dello stato passivo (art. 96 l.f.), che preclude ogni contestazione sulla 
(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 12 febbraio 1970 dal Tribunale di Genova (Gazzetta Ufficiale 
n. 170 dell'8 luglio 1970). 

"980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.esistenza del credito e delle cause di prelazione che lo assistono, la 
difesa dell'INPS sostiene che, se un creditore concorrente non ha eser.
citato tempestivamente fo quella sede il diritto di impugnazione nei 
-confronti dei crediti ammessi, deve subire le conseguenze della sua 
inattivit�, ivi comprese quelle prodotte da una modificazione legislativa 
concernente i~ grado dei privilegi, che intervenga prima che si con-
eluda la fase di ripartizione dell'attivo. 

Tale rilievo, se � valido per quei creditori che pur avendone inte


/ 
resse, non si sono opposti all'ammissione di determinati crediti, non � 
pertinente per quegli altri creditori che, in rapporto a quei crediti la 
�Cui ammissione non 1pregiudicava la soddi'Sfazione della loro pretesa, tale 
interesse non avevano. Il che appunt� si verifica nel caso dei c~editori 
privilegiati che, per carenza di interesse, non possono contestare crediti 
-chirografari n� crediti privilegiati assistiti da un privilegio di grado 
inferiore. 

5. -Solo che si tengano presenti l'orientamento giurisprudenziale 
.sulla applicazione dell'art. 66 della legge n. 153 del rn69, e i principi 
generali sopra ricordati sull'interesse ad agire, risulta evidente il con-
trasto della norma impugnata con gli artt. 3 e 24, secondo comma, della 
Costituzione. 
Quella norma, infatti, nel disporre che la modifica del grado dei 
privilegi si applica anche neHe procedure ancora in corso al momento 
-dell'entrata in vigore della legge, altera sostanzialmente, quando sia 
gi� intervenuto il decreto di esecutivit� dello stato passivo, il meccanismo 
del processo fallimentare, perch�, pur incidendo in modo tanto 
:rilevante sulla �situazione anteriore, non propone alcun rimedio per rimuovere, 
nei confronti dei creditori che, prima di quella disposizione, 
non potevano opporsi all'ammissione dei crediti previsti dall'art. 66, 
_preclusioni che,� irrimediabilmente, incidono sulla l�ro posizione processuale. 
Il che determina una situazione Ghe � in contrasto con la ga.
ranzia di un ..regolare e normale svolgimento del contraddittorio. 

Pertanto la norma impugnata non assicura ai'creditori, cui pi� volte 
.si � fatto riferimento, il diritto di difesa in modo adeguato ed effettivo 
.e crea altresi una disparit� di trattamento fra i suddetti creditori e tutti 
.gli altri che fin da principio erano collocati p~steriormente a quelli cui 
la legge ha ora conferito un privilegio di grado poziore. 

Deve, quindi, dichiararsi l'illegittimit� costituzionale dell'art. 66, 
.quinto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui non 
prevede, nelle procedure fallimentari in cui sia stato reso esecutivo 
lo stato p�ssivo, ma non sia stato ancora approvato il piano di riparto, 
il diritto del creditore pretermesso nel grado del privilegio a contestare 
i crediti fruenti prima di un privilegio inferiore. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 981 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 130 -Pres. Chiarelli -
Rel. Fragali -Soc. Pilla (n. c.) e Presidente Consiglio dei Min}stri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Procedimento civile -Esecuzione mobiliare -Vendita con incanto senza 

nuova determinazione del prezzo base -Ille~ittimit� costituzio


nale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; c.p.c., art. 538, secondo comma), 

Non � fcm~ata, con riferimento ai principio dli eguagLianza, La 
questione di legittimit� costituzionale deU'art. 538, secondo comma, 
codice di procedura civile che ammette, per i beni mobili, i successivi 
incanti senza prefi,ssione di un prezzo base minimo (1). 

(Omissis). -Nell'art. 5�38, secondo comma, del codice di procedura 
civile non v'� quella lesione del principio di uguaglianza che il pretore 
denuncia. 

Nella vendita mobiliare l'incanto posteriore al primo viene disposto 
senza nuova determinazione di un prezzo di base, necessaria invece 
nella vendita immobiliare (art. 591, secondo comma), perch� � pi� 
ridotto il valore dei beni mobili, cosicch� gi� nel provvedimento di cui 
all'art. 53'5, secondo comma, � determinata una base di incanto corrispondente 
alla minima stima. Cosi essendo, la fissazione di un altro 
prezzo irriducibile per le offerte potrebbe agevolare una nuova diserzione 
dall'incanto con pregiudizio dello stesso debitore che verrebbe 
gravato dell'aumento del costo dell'esecuzione talora in modo sproporzionato 
all'entit� del debito. Il giusto prezzo non si raggiunge nemmeno 

(1) La �questione era stata sottoposta amesame della Corte con ordinanza 
emessa il 3 luglio 1970 dal pretore di Orvieto (Gazzetta Ufficiale 
n. 235 del 16 settembre 1970). 
Nel �corso del giudizio era stato posto in risalto dalla difesa dello 
Stato che, se nelle disposizioni normative previste dal codice di rito 
effettivamente � diversa la previsione per la esecuzione mobiliare rispetto 
a quella immobiliare, ci� non .comporta necessariamente una disparit� di 
trattamento in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 

Il principio di eguaglianza deve assicurare ad ognuno parit� di trattamento 
quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle 
quali le norme giuridiche si ri:lieriscono, ma � consentito adeguare la disciplina 
giuridica delle situazioni agli 1svariati aspetti della vita sociale, distinguendo 
situazione da situazione, si da rendere effettivo, e non meramente 
formale, il principio di eguaglianza. 

Nella specie, la diversit� oggettiva fra le due normative pu� rinvenirsi 
nel minore e pi� ridotto valore dei beni mobili rispetto agli immobili, 
nella tutela che anche in tema di esecuzione mobiliare esiste per 
particolari beni (arg. ex art. 539 c.p.c.), nella particolare onerosit� del 

7 



982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

attraverso la ripetizione dell'incanto senza base fissa, se intervengono 
turbative; contro le quali, a parte la vigilanza dell'ufficiale procedente, 
valgono le sanzioni apprestate dal codice penale. 

Quanto all'altro profilo di illegittimit� costituzionale addotto dal 
pretore, che cio� il sistema non garantisce <al debitore il suo diritto di 
propriet�, perch� egli rimane esposto al rischio di perdere i propri beni 
senza adeguato corrispettivo, � agevole obiettare che il debitore ha nel 
suo patrimonio l'importo integrale del credito per realizzare il quale 
si � proceduto, e pertanto non pu� ritenersi depauperato se i beni pignorati, 
nell'incanto successivo al primo, non vengono aggiudicati o vengono 
aggiudicati ad un prezzo inferiore alla stima originaria. Per giunta, 
quando l'asta rimanesse deserta e non avesse altri beni assoggettabili 
all'esecuzione, �egli riavrebbe i beni pignorati, pur mantenendo nel suo 
patrimonio l'importo del credito rimasto insoddisfatto. -(Omissis). 

processo esecutivo anche per la realizzazione di modesti crediti: c10 giustifica 
pertanto la previsi<me di una normativa diversa fra la esecuzione 
mobiliare e quella immobiliare. 

In relazione al profilo di costituzionalit� ;previsto dall'art. 42 Cost. era 
stato anche avvertito che la fissazione della prima asta al prezzo stabilito 
in sede di �pignoramento e la fissazione del secondo incanto ad un qualsiasi 
prezzo, tutelano a sufficienza il debitore che, proprio. dall'esperimento 
dell'asta pubblica, ha la garanzia di poter ottenere il �rprezzo giusto 
di mercato dall'alienazione forzata dei suoi beni. 

La possibilit� che, in concreto, possano intervenire fattori estranei che 
alterino il risultato dell'asta, consentendo di acquistare a prezzo vile i 
beni pignorati, � un fatto che attiene alla patologia dell'istituto e non 
anche al suo normale svolgimento; comunque tale anomalia, proprio perch� 
illecita anche penalmente, non attiene alla legittimit� della norma 
sotto il profilo costituzionale. 

CORTE COSTITUZIONALE, 12, lugHo 1972, n. 131 -Pres. Chiarelli -
Rel. Benedetti -Lodigiani (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Imposte doganali -Imposte di fabbricazione -Qualit� del prodotto 
difforme dal dichiarato -Accertamento nei laboratori chimici 
dell'Amministrazione -Illegittimit� costituzionale -Inammissibilit� 
della questione. 
(Cost., art. 24; r.d. 21 settembre 1896, n. 497, art. 3; r.d.l. 28 febbraio 1939, 

n. 334, art. 3). 
� inammissibile, perch� avente ad oggetto norma regolamentare, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, primo comma, 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 983 

r.d. 21 settembre 1896, n. 457 concernente il � regofamento sul personale 
dei lavoratori chimici delle gabelle �; mentre � inammissibile, per 
difetto di rilevanza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, 
secondo comma, r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 concernente l'istituzione 
di una imposta di fabbricazione sugli o.ii minerali (1). 
(Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale proposta 
dal tribunale di Bergamo nei riguardi dell'art. 3, comma. primo, 
del r.d. 21 settembre 1896, n. 457, deve essere dichiarata inammissibile 
poich� ha per oggetto una disposizione contenuta in un atto privo 
di forza di legge e quindi non soggetto a controllo di costituzionalit�. La 
norma impugnata � 'infatti contenuta in un regio decreto -emanato 
su proposta del Ministro per le finanz.e, udito il parere del Consiglio 
di Stato e del Consiglio dei ministri -che ha natura regolamentare 
e che come � regolamento sul personale dei laboratori chimici delle 
gabelle � � qualificato nel suo stesso titolo. 

2. -Del pari inammissibile, ma per difetto di rilevanza ai fini 
della decisione della causa dibattuta dinanzi al tribunale, deve essere 
dichiarata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, comma 
secondo, del r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 (convertito in legge 2 giugno 
1939, n. 739), sollevata in riferimento all'art. 2:4 della Costituzione. 
Erroneo � infatti il presupposto dal quale il giudice a quo muove 
nel sollevare detta questione e cio� che nel .caso sottoposto al suo giudizio 
-in cui occorre stat.ire in ordine al reato di sottrazione al pagamento 
dell'imposta di fabbricazione sugli oli minerali previsto e punito 
dall'art. 9 della legge 2 luglio 1957, n. 474 (che modifica l'art. 23 del 
citato r.d., n. 334 del 1939) -trovi applicazione la norma denunciata 
la quale, ai fini della definizione delle controversie sulla q'uaHficazione 
dei prodotti da assoggettare all'imposta di fabbricazione, richiama la 
procedura per la risoluzione delle controversie sull'applicazione dei 
dazi doganali. 

Tale .procedura, gi� disciplinata dal t.u. approvato con r.d. 9 aprile 
1911, n. 330, ed ora dal decreto legislativo 118 febbraio 1971, n. 18, � 
un mezzo amministrativo apprestato dal legislatore per addivenire 

(1) La questione era stata sottoposta all'eisame della Corte con ordinanza 
emessa il 18 marzo 1970 dal tribunale di Bergamo (Gazze'tta Ufficiale 
n. 222 del 2 settembre 1970). 
Per l'inammissibilit� del sindacato costituzionale di norme regolamentari, 
v. C'ass. 19 novembre 1971, n. 3331 in questa Rassegna, 1971, VI, 
1519; cfr. anche Corte cost. 4 maggio 1970, n. 67, id. 1970, I, 374. 



984 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'accertamento dell'obbligazione tributaria in contraddittorio fra il 
contribuente e l'Amministrazione. Il presupposto di tale procedimento 
� la divergenza manifestatasi tra contribuente e ufficio impositore in 
ordine alla qualificazione della merce da assoggettare all'imposta; allorch� 
infatti il proprietario ritiene che la classificazione richiesta dall'ufficio 
non sia rispondente alla natura della merce presentata alla 
verifica e sostiene per contro che essa, per le sue carattedstiche, debba 
essere compresa sotto una diversa denominazione della tariffa doganale, 
pu� promuovere la controversia per la qualificazione. 

Secondo le disposizioni contenute nel t.u. del 1911, il contribuente 
poteva chiedere che la controversia fosse decisa dalla Camera di commercio, 
la quale di regola sentiva una commissione di periti da essa 
nominata. Qualora il contribuente non avesse chiesto il giudizio della 
Camera di commercio ovvero la dogana o il contribuente non ritenessero 
di accettare il giudizio emesso dalla Camera, la decisione veniva 
emessa dal Ministro per le finanze, il quale normalmente sentiva il 
parere del Collegio consultivo dei periti doganali. 

Secondo le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 18 del 
1971, la controversia � invece dedsa in prima istanza dal capo del 
Compartimento doganale previo parere del Collegio consultivo compartimentale 
dei periti doganali e, in seconda istanza, dal Ministro per le � 
finanze, previo parere del Collegio consultivo centrale dei periti doganali. 
Con la decisione del Ministro l'accertamento si intende definito. 

Alla stregua di siffatta disciplina � quindi evidente che il procedimento 
di cui trattasi pu� promuoversi quando la merce oggetto di 
accertamento si trovi sugli spazi doganali e che non possa quindi sollevarsi 
controversia di qualit� per merce gi� ritirata dalla dogana. , 

Queste precisazioni valgono a chiarire le modalit� e il momento 
di applicazione di siffatta procedura in tema di risoluzione delle controversie 
sulla quaHficazione dei prodotti da assoggettare ad imposta 
di fabbricazione. Poich� oggetto di questa imposta � la fabbricazione 
del prodotto, l'accertamento della qualit� e quantit� di es,so e la conseguente 
liqutdazione del tributo avvengono di regola una volta ultimato 
il processo di produzione e prima che il prodotto esca dallo stabilimento 
o dai depositi per essere immesso al consumo. Ora � chiaro che 
anche nel caso in esame le controversie sulla qualificazione assolvono 
il compito di comporre amministrativamente dissidi tra produttore e 
uffici fiscali, ineriscono alla fase di accertamento del tributo e riguardano 
merce ancora presente nel luogo di produzione. 

La �controversia di qualificazione del prodotto non pu� essere sollevata 
in un momento diverso da ,quello attinente alla fase di accertamento. 


e�

Nel caso sottoposto all'esame del tribunale, in cui occorre pronun:":" 
ciare sulla sussistenza o meno di una frode fiscale, ossia sulla evasione 

~~~j 

i:= 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 985 

dell'imposta di fabbricazione su un prodotto gi� uscito dal luogo di 

produzione e immesso al consumo, non pu� quindi i.n alcun modo tro


vare applicazione la disposizione doo.un�iata. 

La questione proposta non ha pertanto carattere di pregiudizialit� 

rispetto alla defini2�ione del 'giudizio di merito e deve quindi essere 

dichiarata inammissibile. -(Omissis). 

. CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 19<72,, n. 1312 -Pres. Chiarelli -
Rel. Verz� -INA (avv. Amato, Formai), Istituto romano beni stabili 
(avv. Nardone) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Azzariti). 

Locazione -Proroga relativamente agli immobili urbani -Collega


mento con i dati dell'imposta complementare -Illegittimit� co


stituzionale -Altre ipotesi -Infondatezza. 

(Cast., artt. 3, 24; I. 26 novembre 1969, n. 833, artt. 1, 3, 6, modif. da art. 56 

d.l. 26 ottobre 1970, n. 745). 
Sono costituzionalmente illegittime, con riferimento al principio di 
eguaglianza e di diritto di difesa, gli artt. 1, secondo comma, 3, terzo 
comma e 6, secondo comma, della legge 26 novembre 1969, n. 833 relativa 
alle locazioni degli immobili urbani, nella parte in cui non riconoscono 
al locatore il diritto di provare che il conduttore gode di un 
reddito superiore a quello risultante dai ruoli dell'imposta complementare 
per il 1969 e negano rilevanza alle successive variazioni: mentre 
sono non fondate le altre questioni di legittimit� costituzionale relative 
all'art. 1, secondo comma, della stessa legge (1). 

(Omissis). -2.. -L'art. 1, comma secondo, della leg.ge 26 novem


bre 1969, n. 8313, viene denunziato, per violazione del principio di 

uguaglianza dell'art. 3 Cost., dal pretore di Torre del Greco. 

La questione non � fondata. 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze 
emesse: il 23 giugno 1970 dal pretore di Torre del Greco (Gazzetta 
Uffidale n. 254 del 7 ottobre 1970); il 29 gennaio 1971 dal pretore di Milano 
(Gazzetta Ufficiale n. W6 del 28 aprile 1971); il 15 marzo 1971 dal pretore 
di Roma e 1'8 giugno 1971 dal pretore di Poggio Mirteto (Gazzetta 
Ufficiale n. 233 del 15 settembre 1971); il 1� giugno 1971 dal rpretore di 
Brescia (Gazzetta Ufficiale n. 240 del 22 settembre 1971); il 4 marzo 1971 
dal pretore di Brescia (Gazzetta Ufficiale n. 259 del 13 settembre 1971); 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

986 

Il legislatore ha voluto proteggere le categorie di cittadini meritevoli 
di particolare tutela sotto il punto di vista sociale, concedendo 
soltanto a costoro il beneficio della proroga di legge dei contratti di 
locazione, ed all'uopo ha disciplinato la materia con una norma di 
carattere generale facendo riferimento ai proventi dei conduttori o subconduttori 
e dei componenti la famiglia anagrafica, non superiori complessivamente 
a lire 150.000 mensili. La posizione economica del locatore. 
non poteva essere presa in considerazione da un� norma che vuol 
creare, per fini sociali, una differenziazione fra conduttori che hanno 
diritto alla proroga e conduttori che tale diritto non hanno. 

Comunque ,il caso del proprietavio a reddito fisso, titolare di un 
appartamento acquistato col piccolo risparmio, e costretto talvolta a 
pagare, per la sua abitazione, un canone di locazione superiore a quelilo 
a lui corrisposto dal suo inquilino, a parte la eccezionalit� non v~lida 
ad infirmare la legge, non � motivo di irrazionale differenziazione. Ed 
invero, esaminando la questione sotto il riflesso dell'interesse del locatore, 
va considerato che questo interesse si compendia nell'ottenere la 
disponibilit� dell'appartamento o per riaffittarlo ad altri, oppure per 
adibirlo ad abita2lione propria o per i familiari. Ma, nell'attuale regime 
di blocco dei canoni di locazione, applicabile anche quando il contratto 
di locazione � rinnovato con altro conduttore, viene meno qualsiasi 
interesse del locatore a fare cessare la proroga dell'attuale conduttore. 
Se invece il locatore ha necessit� di riottenere l'appartamento per abitarlo, 
pu� far �cessare la proroga avvalendosi della disposizione dell'art. 
4 della legge 23 maggio 1950, n. 253, applicabile anche nelle ipotesi 
previste dalla norma impugnata, come sar� dimostrato esaminando 
la ordinanza del tribunale di Venezia. 

Queste considera2lioni valgono a dimostrare l'infondatezza della questione 
sol:levata in termini identici dalle ordinanze del pretore di 
Milano 29 gennaio 1971 e del pretore di Poggio Mirteto dell'8 giugno 
1971 per l'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, che ha modificato 
il secondo comma dell'art. 1 della legge n. 83�3 del 196�9. 

3. -L'art. 1, secondo comma, della legge n. 8'33 del 1969, cos� come 
modificato dal menzionato art. 56, viene denunziato -sempre per violazione 
dell'art. 3 Cost. -sotto due diversi profili, rispettivamente, 
il 18 maggio 1971 dal tribunale di Venezia (Gazzetta Ufficiale n. 297 del 
24 novembre 1971); il 14 giugno 1971 dal pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale 
n. 323 del 22 dicembre 1971); il 7 agosto 1971 dal pretore di Milano 
(Gazzetta Ufficiale n. 311 del 9 dicembre 1971); il 20 ottobTe 1971 dal pretore 
di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 50 del 23 febbraio 1972); il 16 e il 23 
novembre 1971 dal pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 90 del 5 aprile 
1972). 

Per riferimenti dottrinali e giuTisprudenziali, cfr. Foro it., 1972, I, 2722. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 987 

dal tribunale di Venezia con ordina.za 18 maggio 1971 e dal pretore 
di Brescia con ordinanze 4 marzo e 1� giugno 197'1. 

Il trtbunale di Venezia denunziia la differente d~sciplina fra i contratti 
di locazione previsti dal primo comma e quelli previsti dal secondo 
comma dell'art. 1 della/legge n. 833 del 1969: ai primi sarebbe applicabile 
la norma dell'art. 4 della legge n. 2,53 del 19'50, secondo la quale 
il locatore pu� far cessare la proroga nei casi in cui deve adibire l'immobile 
ad abitazione propria o dei familiari; mentre ai secondi la 
stessa norma non sarebbe applicabile. 

Non vi � dubbio che, se la interpretazione della norma di legge 
fosse ,esatta, chiaro sarebbe il trattamento differenziato e non giustificato 
fatto ai conduttori solo sulla base della data di inizio della locazione. 
Ma l'interpretazione dei giudici di merito non sempre coincide con 
quella data dal tribunale di Venezia, e, nella difformit� di giudicati su 

I questioni opinabili, la Corte ritiene di preferire quella che ragionevolmente 
si conforma ai principi costituzionali. 
Si possono addurre, a sostegno della tesi del differente trattamento, 
argomenti interpretativi, o contrapposizfoni terminologkhe o 
lacune della legge, ma � difficile ammettere che la p~oroga delle locazioni 
disposta dal secondo comma non sia entrata a :far parte del 
cosidetto regime vincolistico, che, come riconosce anche l'ordinanza del 
tribunale, � termine generico, comprendente tutte le norm� che disciplinano 
la materia delle locazioni. E svariate leggi che prorogano i 
contratti di locazione stipulati prima dell'anno 1947 parlano di disciplina 
delle locazioni e di proroga di esse ed usano talvolta anche il 
termine � regime vincolistico ., ma non per creare differenza fra le 
proroghe, bens� allo scopo di indicare genericamente i vdncoli esistenti 
sulle ,locazioni di immobili urbani. 

Non 'sembra p~rtanto esatto escludere dal� regime vincolistico la 

� proroga contemplata dal secondo comma. Comunque, anche a volere 
considerare la lettera della norma impugnata, � sufficiente tenere presente 
l'espressione � sono altresi prorogati ., per dedurre un coordinamento 
con i contratti prorogati dal primo comma e per sottoporre tutte 
le proroghe alla medesima disciplina rispetto ai casi in cui il locatore 
pu� far cessare la proroga. 

Interpretata in tali sensi, la norma impugnata non v�ola il principio 
di uguaglianza. 

4. -Il pretore di Brescia prospetta una violazione del princ1p10 di 
uguaglianza per il fatto che non sono stati prorogati anche i contratti 
stipulati successivamente al 1� dicembre 1969. In proposito va rilevato 
che la situazione dei conduttori che stipularono il contratto anteriormente 
al 1� dicembre 1969 � obbiettivamente diversa ed � stata diversamente 
valutata dal legislatore. Per i contratti stipulati in epoca sue

988 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cessiva la situazione economica e di mercato, profondamente diversa: 
da quella esistente al momento in cui vengono prorogati i fitti precedenti, 
richiedeva una valutazione per sopperire ad altre esigenze, valutazione 
che implicava una scelta di esclusiva competenza del legislatore. 
Pertanto, neppure sotto questo profilo, pu� ritenersi violato l'art. 3 della 
Costituzione. 

5. -In merito al denunziato contrasto con gH artt. 3 e 24 Cast. 
dell'art. 1, secondo comma, dell'art. 3, terzo comma, e dell'art. 6, secondo 
comma, della legge n. 833 del 1969, cos� come modificati dal ripetuto 
art. 5,5, varie ordinanze del pretore di Roma e 'del pretore di Milano 
denunziano, in primo luogo, che le norme impugnate attribuiscono al 
conduttore la possibilit� di dimostrare la propria condizione economica 
mediante la produztlone di una certificazione amministrativa insindacabile, 
mentre negano al locatore la facolt� della prova contraria nelle 
forme previste dal vigente ordinamento processuale, pratieando cos� in 
materia di tutela giurisdizionale un trattamento differenziato e non 
giustificato; .ed, in secondo luogo, �che l'elemento fondamentale per la 
decisione di una controversia sul diritto di proroga viene acquisito al 
di fuori del processo, tramite la certificazione di un organo amministrativo, 
mentre qualsiasi diritto al contraddittorio viene escluso o gravemente 
compromesso ed i mezzi di prova si riducono a presunzioni 
nemmeno rispettose del rigore logico di cui sono circondate nel sistema 
comune. 

La questione � fondata. 

L'Avvocatura generale dello Stato ritiene che l'iscrizione nei ruoli 
della imposta complementare dell'anno 1969 per un reddito non superiore 
ai due milioni e mezzo di .lire non costituisca un mezzo di prova 
delle �condizioni economiche del conduttore, bens� un fatto previsto 
dalla legge, al quale viene condizionata la proroga. In giudizio dovrebbe 
essere provata soltanto la iscrizione. nei ruoli della imposta 
complementare per la $Omma sopraindicata, senza alcun limite alle 
parti nel fornire tale prova, ed al giudice nella valutazione di essa. 

Siffatta tesi non .pu� essere accolta. Ed invero�, sta di fatto che il 
legislatore -volendo limitare il beneficio della proroga ad una categoria 
di conduttori che godano di un limitato reddito annuale, e volendo 
evitare le diffi.colt� di accertamento delle condizioni economiche 
e rendere facile e spedita la risoluzione di controversie in materia 
.delicata quale quella delle locazioni -ha fatto riferimento ad 
un dato ritenuto obbiettivo, quale sarebbe quello del reddito imponibile 
risultante dai ruoli dell'anno 1969. Al riguardo fa Corte ritiene 
che di prova legale non possa trattarsi. Ed invero, l'accertamento fiscale 
trasferito in un procedimento avente carattere e finalit� assai 
differenti, pu� avere soltanto valore dimostrativo, e, come tale, va � 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 989 

soggetto all'apprezzamento del giudice. E, se cos� �, la tutela giurisdizionale 
sul diritto controverso deve essere pienamente garantita dal 
regolare contraddittorib e dalla ammissione della prova contraria, che 
rappresentimo mezzi essenziali per la ricerca �della verit� e per l'attuazione 
della giustizia. 

La necessit� della prova contraria a tutela del diritto di difesa �� 
maggiormente� avvalorata dalla considerazione che: a) l'iscrizione a 
ruolo della imposta complementare � fatta in base alla denunzia deL 
contribuente sui redditi dell'anno precedente e cio� � fatta da chi potrebbe 
essere indotto a dichiarare un reddito inferiore al vero; b) l'iscri-� 
zione � provvisoria e non � normalmente sottoposta ad immediato controllo; 
c) le controversie di natura tributaria di solito vengono defi-nite 
con notevole ritardo; d) sono in fatto possibili evasioni fiscaH. 

La dichiarazione di illegittimit� in riferimento agli artt. 3 e 24,. 
secondo comma, Cost., va estesa anche alla parte delle norme che nega 
rilevanza alle variazioni di redditi sopravvenute alla iscrizione nei 
ruoli per l'anno 1969, anche allo scopo di evitare irrazionali differenze� 
qualora. le condizioni economiche del conduttore siano mutate al momento 
in cui si decide del diritto alla proroga. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 133 -Pres. Chiarelli -
Rel. Benedetti. 

Pensioni -Riversibilit� delle pensioni ordinarie -Determinazione della. 

nullatenenza in base al reddito non superiore a L. 240.000 annue -� 

Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. .3; I. 15 febbraio 1958, n. 46, art. 12, terzo comma). 

� costituzionalmente iilegittimo l'a1�t. 12, terzo comma, della legge� 
15 febbraio 1958, n. 46, sulle pensioni 01�dinarie a carico dello Stato, 
limitatamente alla parve in cui considera nullaternenti gii orfani maggiorenni 
che usufruiscono di un reddivo non superiore alle lire 240.000 
annue, anzich� quelli che risultino non assoggettati per l'ammontare 
del loro reddito complessivo dell'imposta complementare, ai sensi delle� 
leggi in vigore (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame del Giudice costituzionale 
con ordinanza emessa il 21 giugno 1971 dalla Corte dei Conti,. 
sez. IV pensioni militare (Gazzetta Ufj�ciale n. 6-5 dell'8 marzo 1972). 

990 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE' COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 134 -P1�es. Chiarelli -
990 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE' COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 134 -P1�es. Chiarelli -
Rel. Capalozza -INAM (avv. Jemolo). 

Assicurazioni -Surrogazione verso il terzo danneggiato -poncorso di 

colpa dell'assicurato -� Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cast.. art. 3; e.e., art. 1916). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la 
questione di legittimit� costituzionale deil'art. 1916 codice civile, nella 
parte in cui preve1de la surrogazione deil'assicurato1�e anche nel caso 
di concorso di colpa deli'assicurato (1). 

(Omissis). -In ordine al preteso contrasto con l'art. 3 Cost., con 
sentenza n. 115 del 1970, questa Corte ha escluso la irrazionalit� della 
disposizione de qua, stante la diversit� di situazioni tra l'ipotesi di 
colpa esclusiva e quella di colpa concorrente del danneggiato-assicurato. 

Per il grado di incidenza patrimoniale a carico dell'assicuratore, 
stante il trasferimento del rischio; nonch� per il temperamento apportato 
dalla normativa alla misura dell'incidenza stessa, va richiamato 
il criterio accolto da questa Corte con sentenza n. 22 del 1967 
sui limiti che --in un caso che presenta alcuni aspetti analoghi a 
quello in esame -sono stati fissati per il raffronto col principio di 
eguaglianza. In tale sentenza si � osservato che potrebbe sorgere 
qualche dubbio sul punto se venga a determinarsi una posizione sfavorevole 
per il lavoratore che subisca una decrnrtazione dell'ammontare 
del risar�imento che gli sarebbe dovuto. Tuttavia -ha argomentato 
la Corte -l'indagine � allo scopo di accertare una eventuale violazione 
dell'art. 3, rkhiederebbe una particolareggiata analisi delle 
varie componenti causali del rischio assicurato e della loro diversa incidenza 
media sugli infortuni, indagine che esula del tutto dai poteri 
�della Corte � . 

A sostegno, poi, dell'assunta violazione dell'art. 35 Cost., l'ordinanza 
fa richiamo alla legge n. 9�90 del 1969 sull'assicurazione obbligatoria 
della resJ?onsabilit� civile derivante dalla circolazione dei veicoli 
a motore e dei natanti, assumendo che il contrasto sussisterebbe 
almeno per il periodo anteriore all'entrata in vigore di essa legge, dappoich� 
allora, mentre chi fosse stato vittima di un evento dannoso per 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 16 marzo 1970 dal pretore di Bari (Gazzetta Ufficiale n. 235 
del 16 settembre 1970). 
Corte cost., 6 luglio 1970, n. 115, citata in motivazione, leggesi in 
�questa Rassegna, 1970, I, 729; per Corte cost., 9 marzo 1967, n. 22, id., 
1967, I, 198. 


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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 991 

colpa di un terzo e non fosse assicurato, avrebbe potuto ottenere dal 
responsabile l'intiero risarcim�nto, il lavorator..e che versasse in analoga 
condizione, per il solo fatto di essere obbligatoriamente coperto 
da assicurazione sociale, avrebbe avuto una limitazione del suo diritto 
a motivo della surrogazione da parte dell'ente mutualistico. 

Ma si tratta di un richiamo inconferente, dovendosi, nell'attuale 
sede, esaminare la situazione .assicurativa del danneggiato e non quella 
del terzo responsabile. D'altro canto, l'art. 1916 si limita a disciplinare 
il collegamento tra due rapporti obbligatori, di cui uno contrattuale 
e l'altro nascente da fatto illecito, senza che la soluzione accolta dal 
legislatore crei problemi d'ordine costituzionale. 

E, invero, l'assicurato � garantito, quanto al danno arrecatogli 
{per gli eventi e nei limiti ex lege o ex contractu), mediante il trasferimento 
del rischio sull'a~sicuratore: �e non v�ola alcun diritto del 
lavoratore il fatto che l'assicuratore si surroghi a sua volta, sino alla 
concorrenza dell'indennit� corrisposta, negli eventuali diritti del danneggiato. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 135 -Pres. Chiarelli -
Rel. Capalozza -Strillaci (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Reato -Recupero delle spese di mantenimento in carcere -Applicazione 
anche per la carcerazione preventiva -Ille~ittimit� costituzio


nale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; c.p., artt. 166, 198; c.p.p., art. 274, primo comma e 488, terzo 

comma). 

Non � fondata, con riferimento al principio di egua.gUanza, la 
questione di legittimit� costituzionale degli articoli 166 e 198 codice 
penale, nonch� degli articoli 274, primo comma, e 488, terzo comma, 
�codice procedura penale, neUa parte in cui pongono a carico del condannato 
a pena condizionatamente sospesa il pagamento immediato 
.alle spese della carcerazione preventiva (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 
L'istituto della carcerazione preventiva (sulla cui legittimit� questa 
Corte ha avuto occasione di pronunziarsi con sentenza n. 64 del 1970) 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 16 dicembre 1969 dal tribuale di Torino (Gazzetta Ufficiale 
n. 254 del 7 ottobre 1970). 
Con sentenza 4 maggio 1970, n. 64, in questa Rassegna 1970, I, 369, il 
Giudice costituzionale aveva dichiarato non fondata, con riferimento agli 



992 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e quello della sospensione condizionale della pena sono basati su cri-� 
teri e sono diretti a scopi diversi ed autonomi. 

La carcerazione preventiva si inserisce nel processo; la sospensione 
condizionale, invece, � ammessa soltanto se, avuto riguardo alle 
circostanze indicate nell'art. 133, il giudice presume che il colpevole 
si asterr� dal commettere ulteriori reati � (art. 164, primo comma, cod. 
pen.), attiene alla natura e alle finalit� della pena nel suo aspetto rieducativo 
e, insieme, intimidatorio. La sospensione � rieducativa, perch�confida 
pi� nella libert� controllata che nel carcere per la riqualificazione 
e l'emenda del reo; � intimidatoria, perch�, qualora sopraggiungano 
fatti che la legge tassativamente prevede come incompatibili 
col ravvedimento del� colpevole -cio� qualora il periodo� de bene 
vivendo non decorra utilmente -il condannato perde il diritto alla 
libert� condizionale, sc�nta, di regola, la pena per il precedente e per 
il successivo reato (art. 1�68 cod. pen.) e viene, comunque, pur se il 
nuovo reato sia commesso dopo il periodo di prova, escluso dalla 
reiterazfone del beneficio (art. 164, quarto comma, cod. pen., con i temperamenti 
di cui al quinto comma, aggiunto dall'art. 1 della legge 24� 
aprile 1962, n. 191, e cop le modifiche discendenti dalla sentenza n. 86 
del 1970 di questa Corte; per il reato anteriormente commesso, vedasi 
la sentenza n. 73 del 1971). 

Gli effetti sospensivi della esecuzione della pena si protraggono� 
per il lasso di tempo che il legislatore ha stabilito a prova dell'effettivo 
ravvedimento del condannato : e la fase di pendenza si .chiude con 
quella particolare estinzione, prevista dall'art. 167 cod. pen. (Rel.. 
Guard. al codice penale, parte I, pag. 218 dell'ed. ufficiale), oppure con 
la ripresa dell'attivit� esecutiva sospesa, a seconda che, rispettivamente, 
l'esperimento siasi felicemente concluso o sia fallito; mentre 
gli obblighi civili verso lo Stato per le spese di mantenimento in 
carcere, sofferto anche in via preventiva, rimangono indenni. 

� chiaro che le due situazioni si pongono su piani del tutto distinti, 
che sfuggono ad ogni confronto tra loro e ad ogni rapporto rispetto 
all'art. 3 della Costituzione. 

Non si vede come possa accreditarsi l'assunto di una diversit� di 
trattamento tra coloro che,. condannati e trattenuti in carcere dopo 
essere stati legittimamente sottoposti alla misura della carcerazione 
preventiva, e coloro che, egualmente condannati dopo un periodo di 
carcerazione preventiva, abbiano ottenuto dalla discrezionalit� del 

artt. 13 e 27 della Costituzione la questione di legittimit� delle norme 
del codice di procedura penale (art. 277) o di leggi speciali, che prescrivono 
l'emissione obbligatoria del mandato o dell'OTdine di cattura 
per delitti di particolare gravit�. 

C'orte cost., 10 giugno 1970, n. 86, con nota di richiami leggesi in questa 
Rassegna, 1970, I, 527. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 993 

giudice il rilevante vantaggio della sospensione della (residua) pena 
irrogata e della (condizionata) aspettativa dell'ulteriore vantaggio che 
pu� realizzarsi �col compimento del periodo di prova, per il fatto che 
sia gli uni che gli altri vengano chiamati a soddisfare l'obbligazione 
civilistica derivante dal reato (art. 198 cod. pen.; artt. 274, primo 
comma, e 488, terzo comma, �cod. proc. pen.; si vedano anche gli articoli 
188 cod. .pen. e 612 �cod. proc. .pen.), che, a mente dell'art. 166 
eod. pen., esula dalla sospensione condizionale. 

3. -N� pu� ravvisarsi ingiustificata disparit� di trattamento tra 
ehi sia stato condannato a pena condizionalmente sospesa, dopo la custodia 
preventiva, e chi abbia sub�to la condanna senza che fosse stata 
.adottata tale cautela processuale. Questa, infatti, come si � accennato 
sopra, risponde a �na sua ratio, vuole soddisfare concrete esigenze del 
.processo ed � subordinata alla sussistenza di particolari situazioni og,
gettivamente e soggettivamente diverse da quelle che inducono a non 
.assicurare la restrizione in carcere dell'indiziato o dell'imputato. 
Quella del pagamento delle spese di mantenimento in carcere � 
un'obbligazione, che, scaturendo direttamente dalla concomitanza della 
carcerazione .e della condanna, non dipende affatto -come vorrebbe 
11 tribunale di Torino -dall'eventuale revoca della sospensione condizionale 
(art. 168 cod. pen.) che al condannato fosse stata concessa. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 136 -Pres. Chiarelli -
Rel. Crisafulli -Taula (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Procedimento penale -Sentenza della Corte di Cassazione -Inoppu


gnabilit� assoluta -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 24; c.p.p., art. 552). 

Non � fondata, con riferimento ai diritto di difesa, la questione di 
Legittimit� costituzionale dell'art. 552 codice procedura penale, che 
-rende inoppugnabiii tutte le sentenze deHa Corte di Cassazione, anche 
.se sia mancato dei tutto il contraddittorio (1). 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 9 luglio 1970 dalla Corte d'appello di Cagliari (Gazzetta 
Ufjiciaie n. 267 del 21 ottobre 1970). 
Sui precedenti dottrinali relativi al problema dell'ammissibilit� di 
�questioni di costituzionalit� sollevate in sede di incidente d'esecuzione, 

v. Giur. it., 1972, I, 1; 1.847. 

RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -La questione sollevata nel corso di un incidente di 
esecuzione .dalla Corte d'appello di Cagliari muove da un particolarissimo 
caso di specie, nel quale il ricorso in Cassazione, proposto 
dall'imputato contro la sentenza di condanna a suo tempo emessa dalla 
medesima Corte di appello, era stato rigettato senza che l'avviso del 
giorno fissato per l'udienza di discussione fosse stato notificato al difensore 
(come prescritto dall'art. 534 del c.p.p.) e senza che la relativa 
nullit� ex art. 185, n. 3, fosse stata rilevata d'ufficio dalla Cassazione. 
E poich�, com'� noto, a norma dell'art. 552 del codice di procedura 
penale!, � tutti i provvedimenti della Corte di cassazione in materia 
penale sono... inoppugnabili ., e pertanto, in forza del successivo articolo 
576, la sentenza di condanna era -nella specie diventata 
irrevocabiJ:
e e quindi eseguibile, la Corte d'appello ha creduto di ravvisare 
un �contrasto tra il detto art. 552, interpretato nel senso che l'inoppugnabilit� 
copra anche le ipotesi di nullit� per totale mancanza del 
contraddittorio, e l'art. 24 Cost., secondo comma, che afferma l'inviolabilit� 
del diritto di difesa. 
Ma, cos� argomentando, l'ordinanza trasferisce sul piano del sindacato 
di legittimit� costituzionale delle norme un caso di concreta 
inosservanza di norme processuali, dettate a garanzia del diritto di 
difesa, quali sono appunto quelle dei ricordati artt. 534 e 185, n. 3, 
nella loro �connessione sist~matica. 
La questione, per�ci�, contrariamente a quanto assume la difesa 
dello Stato, � rilevante nel giudizio a quo, perch� il dovere della Corte 
d'appello di dare esecuzione alla propria sentenza, ormai irrevocabile, 
ha per presupposto la norma dell'art. 552, che stabilisce la inoppugnabilit� 
della sentenza di rigetto della Corte di cassazione, di guisa 
che, in questo senso, � proprio il giudice dell'esecuzione che era chiamato 
ad applicarla; ma non � fondata nel merito, perch� la possibilit� 
che una determinata norma risulti -in fatto -disattesa o violata 
non ne implica la illegittimit� costituzionale. 
Rimane affidata alla prudente valutazione del legislatore, in sede 
di riforma dei mezzi d� impugnazione straordinaria delle sentenze, la 
ricerca e l'introduzione -nello spirito del principio dell'art. 24 Costituzione 
-di opportuni strumenti atti a riparare alle conseguenze 
del possibile verificarsi di episodi (peraltro rarissimi) come quello che 
ha dato origine alla presente controversia. Ma di certo non pu� dirsi 
imposto dall'art. 24 che eventuali nullit� verificatesi per violazione 
del diritto d� difesa debbano poter esser fatte valere in quals.iasi momento, 
senza limiti d� tempo, e pur dopo il formarsi del giudicato. 
Lo stesso art. 24, anche letteralmente, vuole assicurata la inviolabilit� 
del diritto di difesa � in ogni stato e grado del procedimento � ; 
nell'interno, cio�, del rapporto processuale, ma senza oltrepassare l'arco 
complessivo delle varie fasi in cui esso � positivamente articolato. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 995 

Ovvie esigenze di certezza delle situazioni giuridiche, presenti in 
tutti gli ordinamenti, richiedono d'altronde che -per quanto desiderabilmente 
larghi ed efficienti siano i controlli ed i mezzi di gravame 
attribuiti alle parti -ad un certo momento il processo si concluda irretrattabilmente, 
restando assorbiti nella definitivit� delle dedsioni 
eventuali vizi in pi-ocedendo o in judicando. Altrimenti detto, la garanzia 
del diritto di �difesa opera nel processo, finch� questo � in corso 
di svolgimento, ma non postula anche -in contrasto con le accennate 
esigenze -che il processo permanga indefinitivamente aperto. 


(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 138 -Pres. Chiarelli -
Rel. Bonifacio -Presidente Regione Liguria (avv. Acquarone, Pulvirenti), 
Presidente Regione Emilia-Romagna (avv. Galgano, Viola), 
Presidente Regione Puglia ('avv. Sorrentino) c. Presidente Consiglio 
dei Ministri' (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

' 

Re~ione -Re~ioni a statuto ord~ario -Trasferimento delle funzioni 

in materia di fiere e mercati -Ille~ittimit� costituzionale -Esclu


sione. 

(Cost., art. 117, 118, 76, 5, 123, VIII disp. finale; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; 

d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7, art. 1, lett. a e b; 2, 3, 4 e 8) . 
Non sono fondate, con rife1�imento alle norme deUa Costituzione 
attributive della competenza in materia di fiere e mercati alle Regioni 
a statuto ordinario, e�d alla legge di delega 16 maggio 1970, n. 218, le 
questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7, 
sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative
� statali in materia di fiere e mercati e del relativo personale 
(1). 

(1) La �questione era stata sottoposta all'esame della Corte con tre 
ricorsi, rispettivamente della Regione Liguria (24 febbraio 1972, n. 42), 
della Regione Emilia-Romagna (25 febbraio 1972, n. 44), della Regione 
Puglia (25 febbraio 1972, n. 45) mediante i quali erano state sollevate 
alcune questioni di legittimit� .costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, 
n. 7, contenente il trasferimento alle Regioni ordinarie delle funzioni amministrative 
in materia di fiere e mercati. 
La difesa dello Stato, nel corso del giudizio, ha insistito sulla necessit� 
di individuazione di un punto centrale comune, a tutti i ricorsi; questo 
consisteva nella esclusione, dalle funzioni trasferite col decreto delegato 

n. 7 del 1972, della competenza in materia di fiere internazionali, organizzate 
dagli Enti appositamente riconosciuti giusta il r.d.l. 29 gennaio 1934, 
n. 454. Come corollario a tale censura principale, veniva poi cenSIUrata la 

996 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -2. -Le questioni portate all'esame della Corte hanno 
ad oggetto alcune disposizioni del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7, dalle 
.quali risulta che non tutte le funzioni inerenti alle �fiere. ed ai 

� mercati � sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario. In 
particolare, le censure riguardano la riserva allo Stato della competenza 
relativa alle fiere internazionali organizzate da enti riconosciuti 
ai sensi dell'art. 2 del r.d.l. 29 gennaio 1934, n. 454 (art. 1, comma 
secondo, lett. a), alle esposizioni e mostre a carattere internazionale 
00d universale (art. 1, comma secondo, lett. b) ed al riconoscimento degli 
enti organizzatori di fiere nazionali ed internazionali (art. 2, commi 
primo, terzo e quarto); la limitazione dei poteri regionali inel'~nti agli 
enti organizzatori di fiere internazionali alla sola designazione di' due 
componenti dei consigli di amministrazione (art. 3, comma primo) e 
J'ingerenza dello Stato negli enti organizzatori delle fiere nazionali, 
realizzata col conferimento al Presidente del Consiglio del potere di 
designare tre componenti del 'Consiglio di amministrazione, fra i quali 
la Regione � obbligata a scegliere il .presidente, e con la designazione 
�da parte del Ministro per l'industria di un componente dei collegi dei 
revisori dei conti (art. 3, commi terzo e quarto); il potere del Ministro 
per il tesoro di nominare un componente del collegio dei revisori negli 
enti operanti nella materia trasferita (art. 4); il potere del Presidente 
..del Consiglio �di emanare il calendario delle fiere, mostre ed esposizioni 
nazionali ed internazionali (art. 8, quarto comma). 
In relazione a tali impugnative le Regioni Liguria, Emilia-Romagna 
..e Puglia sostengono che le indicate disposizioni sono in contrasto sia 

riserva di competenza allo Stato nel riconoscimento dei pr�edetti Enti, non


ch� nelle nomine dei relativi consigli di amministrazione ed organi di 

revisione. 

Ci� premesso � stato replicato a siffatte censur�e che la materia delle 

fiere internazionali qualificate, cio� quelle organizzate dagli Enti ricono


sciuti in base al r.d.l. 29 gennaio 1934, n. 454, ha una caratteristica 

peculiare che la distingue dalla restante materia delle fiere internazionali, 

trasferita alla competenza regionale: la caratteristica della periodicit�. 

.;{rufatti, l'art. 2 del citato art. 2 del �citato r.d.l. del 1934 prescrive che 
..gli Enti costituiti per l'organizzazione periodica delle fiere, mostre, esposizioni, 
ecc. devono essere riconosciuti. 

In sostanza, l'obbligo del riconoscimento imposto a questi Enti � in 
funzione della periodicit� delle fiere da essi organizzate: possono esistere 
Enti non riconosciuti, ma solo in quanto organizzino fiere non rperiodiche, 
aio� una tantum. Per queste ultime fiere, ancorch� internazionali, il de"
creto delegato ha attuato il trasferimento delle funzioni; per quelle internazionali 
a carattere periodico, invece, non si � disposto il trasferimento. 
Le ragfoni di siffatta ritenzione di competenza allo Stato consistono 
nel fatto che non si tratta di materia rientrante nel concetto di fiere e 

cmercati, di cui all'art. 117 Cost. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 997 

con le norme costituzionali ,che alle Regioni attribuiscono la competenza 
in materia di � fiere e mercati � (artt. 117, 118 e VIII disp. fin. 
Cost., e, secondo l'assunto della Regione ligure, sotto alcuni aspetti 
anche con gli artt. 5 e 123 Cost.) sia con la 1egge di delegazione 16 
maggio 1970, n. 281, e, coriseguentemente, con l'art. 76 Cost.: dal 
complesso di queste norme di raffronto risulterebbe che tutte le funzioni 
attinenti alla materia de qua andavano trasferite e che lo Stato 
avrebbe dovuto a s� riservare non gi� competenze puntuali su singoli 
settori, sibbene solo una funzione di indirizzo e di coordinamento. 

3. -La problematica sollevata dai ri'corsi, ancorch� articolata in 
svariate denuncie di illegittimit� ,costituzionale, deve essere esaminata 
in modo unitario. La ,sua soluzione, infatti, dipende strettamente dall'esatta 
individuazione dell'oggetto della materia � fiere e mercati �, 
assegnata dall'art. 117 Cost. alla competenza legislativa delle Regioni 
e, con perfetta corrispondenza, dal successivo art. 118, primo 
comma, anche alla loro competenza amministrativa: ond'� che la decisione 
del presente giudizio, ancorch� abbia ad oggetto immediato solo 
la titolarit� di funzioni amministrative, esige che sia definita, nella 
materia de qua, l'intera sfera (legislativa ed amministrativa) delle at-
La periodicit� delle fiere internazionali, moltiplicate per la loro localizzazione 
territoriale, pone complessi problemi di spettanza esclusiva dello 
.Stato. Baster� solo enumerare i pi� appariscenti: 

-problemi politici generali di relazioni internazionali con gli Stati 
di appartenenza degli espositori stranieri; 

-problemi valutari e di bilancia dei pagamenti; 

-problemi di commercio inteirnazionale e di bilancia commerciale; 

-problemi doganali, anche in relazione agli impegni dell'Italia verso 
gli altri Paesi della Comunit� economi,ca europea; 
-problemi di tutela di brevetti e di marchi, relativi ai prodotti 
esposti. 

Ora, se il legislatore delegato ha ritenuto che tali problemi non sorgano 
-o assumano scarso :rilievo -nell'ambito delle fiere internazionali 
organizzate una tantum, per cui ha consentito il trasferimento della materia 
alle Regioni, ci� non significa che gli stessi problemi non si pongano 
nella loro interezza per le fiere internazionali a carattere periodico. N� 
basterebbe la norma di salvaguardia posta nell'art. 6 del decreto, sulla 
competenza degli' organi statali in ordine alle relazioni internazionali, 
perch� questa riserva vale per le materie trasferite, non per quelle non 
trasferite e non trasferibili. 

La competenza dello Stato per le fiere internazionali qualificate si 
spiega con l'esigenza di salvaguardare l'interesse delle singole Regioni, 
eliminando pericolose concorrenze, attraverso un'opera di coordinamento 
anche temporale, che trova lo strumento operativo nel ca�endario fieristico, 
<lemandato, a sensi dell'art. 8 del decreto delegato, alla competenza del 
Presidente del Consiglio dei Ministri. 



998 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tribuzioni reg~onali costituzionalmente garantite, a tutela della quale� 
le ricorrenti agiscono. 

Ci� posto, la Corte ritiene che molteplici ed univoci argomenti 
sorreggano la conclusione �che in base alle citate norme costituzionali 
alle Regioni spettino solo poteri inerenti a fiere e mercati di livello 
(massimo) regionale. 

Giova anzitutto ricordare che in seno all'Assemblea costituente 

(cfr. Atti, vol. III, 5508) un emendamento inteso ad aggiungere ai so


stantivi � fiere e mevcati � la qualificazione � locali � venne respinto 

esclusivamente in considerazione della sua non dubitabile superfluit�. 

Orbene, anche se ai lavori preparatori non si pu� attribuire valore de-� 

cisivo, neppure � �consentito neg�re ad essi ogni rilevanza, special


mente quando se ne deducano argomenti in. armonia col quadro di 

insieme nel quale le singole norme vanno collocate ed interpretate. A 

tal proposito va tenuto ben presente che la stessa ragion d'essere del


l'ordinamento regionale risiede nel fatto che la Costituzione, presup


ponendo l'esistenza di interessi regionalmente localizzati, ha disposto 

che essi siano affidati alla cura di enti di cor:i;'ispondente estensione 

territoriale. Dovendosi pertanto le Regioni considerare come enti espo


nenziali di interessi �di livello regionale, � d'uopo ritenere che !'.ordi


namento costituzionale, come impone che siffatti interessi si soggetti


vizzino nelle Regioni (restando allo Stato, in armonia con l'art. 5 Cost., 

solo il potere di stabilire i princ�pi fondamentali), cos� esige, nel quadro 

di una razionale individuazione delle due sfere �di competenza, che allo 

Stato faccia capo la cura di interessi unitari, tali in quanto non suscet


tibili di frazionamento territoriale. E questa. affermazione, gi� di per 

s� non contestabile, appare avvalorata dal rilievo che altrimenti, non 

essendo riconosciuto allo Stato il potere di sostituirsi alle Regioni in 

ca�so di loro inerzia, fondamentali esigenze dell'intera comunit� rischie


rebbero di restare insoddisfatte. 

Non si pu� affermare, dunque, che per la definizione delle ma


terie elencate nell'art. 117 Cost. sia sempre sufficiente il ricorso a cri


teri puramente formali e nominalistici. Anche se nel testo costitu


zionale solo per alcune di esse viene espressamente indicato il pre


supposto di un sottostante interesse di dimensione regionale, per tutte 

vale la considerazione che, pur nell'ambito di una stessa espressione 

linguistica, non � esclusa la possibilit� di identificare materie s�stan


zialmente diverse secondo la diversit� degli interessi, regionali o so


vraregionali, desumibile dall'esperienza sociale e giuridica. 

A ci� non contraddicono n� l'oggetto n� i criteri direttivi della 

delega contenuta nell'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in 

forza della quale sono stati �emanati i vari decreti legislativi di tra


sferimento delle funzioni e, fra questi, 'quello intorno al quale qui si 

controverte. � evidente che una legge ordinaria, facendo espresso rife



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 999 

rimento alle competenze regionali elencate nell'art. 117 Cost. (e, dunque, 
in primo luogo a quelle legislative), non avrebbe potuto attribuire 
alle Regioni pi� di quanto � loro riservato dalla norma costituzionale, 
non essendo ad essa consentito di modificare una sfera di competenza 
stabilita dalla Costituzione: sicch�, quando dispone (art. 17, lett. b) 
che il trasferimento debba avvenire � per settori organid di materie �, 
la legge lascia ovviamente impregiudicato il problema attinente alla 
definizione ed al contenuto di siffatte materie. E si pu� anche aggiungere 
che non sembra che al legislatore delegante siffatto problema sia 
sfuggito : se nel secondo comma dello stesso art. 1 7 si prendono in 
considerazione, sia pure in riferimento .al passaggio degli uffici, � competenze 
statali residue� rispetto a quelle da trasferire ai sensi dell'art. 
117 Cost. e per esse ~i prevede, di massima, la delega in base 
all'art. 118, secondo comma, Cost., ci� vuol �dire che i � settori organici 
di materia � non corrispondono -o possono non corrispondere alla 
pura e semplice qualificazione linguistica delle singol~ voci elencate 
nella disposizione costituzionale. 

Argomento non valido � quello che le Regioni ricorrenti credono 
si debba trarre, a favore delle loro tesi, dalla connessione fra il trasferimento 
che, come si � detto, la legge di delega dispone debba avvenire 
per settori organici di materie e la contestuale riserva allo 
Stato (art. 17, lett. a) della funzione di indirizzo e di coovdinamento. 
Tale connessione fu gi� messa in luce da questa Corte nella sentenza 

n. 39 del 1971, ma va qui precisato che essa va intesa in un senso affatto 
diverso da quello fatto valere dalle ricorre.nti. Una volta accertato, 
per quanto innanzi si � detto, che la legge delegante ha imposto 
di trasferire quelle materie che la � Costituzione vuole fossero trasferite, 
ai criteri direttivi della delega si deve assegnare, per quanto riguarda 
gli aspetti qui rilevanti, lo scopo di predisporre lo strumento 
col quale si possa evitare il rischio che, nelle materie trasferite, l'esercizio 
delle corrispondenti potest� regionali comporti un sacrificio delle 
� esigenze di carattere unitario �. � vero, infatti, che pur in presenza 
di interessi regionali, che radicano nelle Regioni determinate competenze 
costituzionali, possono essere mediatamente coinvolti interessi di 
dimensione ultraregionale: si � voluto che questi ultimi siano salvaguavdati 
non gi� attraverso una diminuzione qualitativa o quantitativa 
delle attribuzioni regionali, ma, pi� correttamente, indirizzando 
e coordinandone l'esercizio. In tal modo si delinea, come la Corte rilev� 
nella gi� citata decisione, un sistema coerente col disegno costituzionale, 
giacch�, ferme restando le competenze regionali, il rispetto delle 
esigenze unitarie � garantito dai princ�pi fondamentali stabiliti nelle 
leggi dello Stato per quanto riguarda la potest� legislativa, dalla funzione 
statale di indirizzo e di coordinamento per quanto riguarda la 
potest� amministrativa. 

1000 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4. -Applicando gli esposti principi all'attuale thema dercidendum, 
si deve riconoscere che in base alla Costituzione le attribuzioni legi'
slative e le corrispondenti attribuzioni amministrative della Regione 
hanno ad oggetto solo fiere e mercati di carattere regionale, giacch� 
queste manifestazioni, quando abbiano pi� vasta dimensione, corrispondono 
ad interessi sostanziali che fanno immediatamente capo alla 
intera comunit� nazionale ed appartengono, conseguentemente, alla 
competenza dello Stato: col che. si vuol dire che siamo fuori delle ipote.
si nelle quali le esigenZ:e unitarie, esterne rispetto ad un interesse 
regionalmente localizzabile, consentono solo interventi di indirizzo e 
di coordinamento. Non si pu� infatti ragionevol~ente ritenere che per 
il problema qui in esame possa aver rilevanza la civcostanza che una 
fiera nazionale od internazionale si svolga in questa o in quella parte 
del territorio nazionale, in questa od in quella Regione. Hanno invece 
decisiva importanza l'ampiezza dell'area comme�rciale, industriale o 
agricola alla quale le fiere ed i mercati si riferiscono e l'estensione del 
mercato sul quale essi spiegano influenza (fino al punto che, quando si 
tratti �di un mercato internazionale, sorge l'esigenza di coordinare le 
iniziative dei vari Stati, come � dimostrato dalla Convenzione di Parigi 
relativa alle esposizioni internazionali del 22 novembre 1928, ratificata 
dall'Italia con il r.d.l. 13 gennaio 1931, n. 24). Del resto, la distinzione 
delle fiere �e dei mercati secondo il loro diverso carattere, 
territorialmente qualificato, era gi� da tempo nota al nostro ordinamento 
(cfr. r.d.l. 29 gennaio 1934, n. 454) e, quel che pi� conta, risulta 
essere stata pacificamente utilizzata nella ripartizione delle competenze 
fra lo Stato e le Regioni a statuto speciale, nel senso di riconoscere di 
spettanza. di queste ultime -si trattasse di competenza esclusiva o 
concorrente --:; solo le manifestazioni �di carattere regionale, senza che 
alcun rilievo abbia mai avuto la cillcostanza che gli Statuti, proprio 
come avviene per l'art. 117 Cost., non specificassero il limite della regionalit� 
(cfr. ad es., d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, per la Sardegna; 
d.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, per il Trentino-Alto Adige.; d.P.R. 26 
agosto 1965, n. 1116, per il Friuli-Venezia Giulia).
1

5. -Le considerazioni fin qui svolte non sono infirmate dal rilievo 
che l'art. 1, secondo comma, lett. a, dell'impugnato decreto legislativo 
ha operato il trasferimento alle Re,gioni anche delle funzioni inerenti a 
fiere' nazionali e perfino internazionali, quando non sia organizzate 
(con periodicit�) dagli enti riconosciuti ai sensi dell'art. 2 del r.d.l. 
n. 454 del 1934. 
La Corte osserva in proposito �che la legge delegata ha disciplinato 
il trasferimento di � funzioni amministrative �, in ordine alle quali la 
legge ordinaria -oltre che adempiere all'obbligo costituzionale risul



PARTE. I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1001 

tante dal combinato disposto degli artt. 117 e 118, primo comma, e 
dell'VIII disp. fin. della Costituzione -pu�, sulla base di valutazioni 
discrezionali, affidare alle Regioni (art. 118, secondo comma, Cost.) 
anche poteri non compresi nella sfera di attribuzioni regionali costitu~
ionalmente garantita. Sicch� -mentre in questa sede non viene 
in questione se ed in quali limiti il legislatore delegato avesse il potere 
di provvedere in proposito -si deve concludere che sulla legittimit� 
costituzionale delle disposizioni impugnate, che tutte riguardano �poteri 
riservati allo Stato�, nessuna influenza pu� produrre la circostanza che 
altre disposizioni dello stesso decreto delegato abbiano trasferito alle 
Regioni competenze amministrative non comprese nella materia � fiere 
e mercati � ad esse attribuita dall'art. 117 della Costituzione. 

6. -Dovendosi escludere, per gli esposti motivi, che nella materia 
delle fiel'e e dei mercati assegnata dalla Costituzione alla potest� legislativa 
ed amministrativa delle Regioni debbano essere comprese le 
manifestazioni a carattere sovraregionale, vanno dichiarate non fondate 
-senza bisogno di ulteriore, analitico esame -tutte le questioni 
di legittimit� costituzionale proposte dalle Regioni ricorrenti a proposito 
delle disposizioni, innanzi indicate, che hanno conservato allo 
Stato poteri inerenti a fiere, mostre, esposizioni nazionali ed �internazionali, 
non risultando violata nessuna delle norme di raffronto invocate 
nei ricorsi (neppure, per quanto riguarda l'art. 3, terzo comma, gli articoli 
5 e 123 Cost., giacch� gli enti ivi menzionati, contrariamente all'assunto 
della Regione ligure, n� godono di autonomia costituzionalmente 
rilevante n�, per le cose dette, appartengono all'organizzazione . 
interna regionale). 
Resta, pel'ci�, solo da esaminare l'art. 4, denunziato nella parte in 
cui viene attribuita al Ministro per il tesoro la designazione di un 
componente dei collegi dei revisori dei conti degli enti operanti nella 
materia indicata nell'art. 1: poich�, attraverso questo �generico rinvio, 
la disposizione rigual'da anche le fiere ed i mercati di livello regionale, 
sui quali le Regioni hanno competenza in base alla Costituzione, occorre 
accertare se, limitatamente a questo aspetto, quel potete sia stato legittimamente 
conferito. 

La Corte ritiene che anche q~est'ultima questione sia non fondata. 
Potendo il Ministro per il tesoro provvedere alla designazione 
solo � in relazione alla permanenza di interessi finanziari dello Stato �, 
la presenza, nel collegio dei revisori, di un componente di nomina statale 
� giustificata da uno specifico interesse statale (�I cui presupposto, 
peraltro, le Regioni, se ne valuteranno l'opportunit�, potranno rimuovere) 
e, valutata nel complesso della pienezza dei poteri trasferiti, non 
pu� esser considerata come una menomazione delle competenze regionali. 
-(Omissis). 


1002 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 139 -Prs. Chiarelli -
Rel. Crisafulli -Presidente Regione Lombardia (avv. Benvenuti, 
Elia), Presidente Regione Puglia (avv. Sorrentino), Presidente Regione 
Emilia-Romagna (avv. Galgano, Viola) c. Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. g.en. dello Stato Savares:e). 

Re~ione -Re~ioni a statuto ordinario :-Trasferimento delle funzioni 

in materia di beneficenza pubblica -Ille~ittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cast., artt. 117, 118, 119, 76, 77; l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 9; art. 1, lett. A, 3, 4, 8, 9, 13, 14). 

Non sono fondate, con riferimento alle norme della Costituzione 
attributive della competenza in materia di beneficenza pubblica alle 
Regioni a statuto ordinario, ed alla legge di delega 16. maggio 1970, 

n. 281, le questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 9, sul trasferime.nto alle Regioni a statuto ordinario delle fwnzioni 
amministrative statali in materia di beneficenza p111,bblica e relativo 
personale (1). 
(Omissis). --3. -Complessivamente riguardate, le restanti censure 
possono suddistinguel'si in due gruppi, a seconda che involgano direttamente 
questioni relative alla determinazione della materia che, sotto 
il nome di � beneficenza pubblica �, gli artt. 117 e 118 Cost. attribuiscono 
alla potest� legislativa ed amministrativa delle Regioni a statuto 
ordinario, ovvero denuncino particolari interferenze statali nell'ambito 
di quella stessa materia, .pur se -come assumono -restrittivamente 
intesa, di cui il decreto in oggetto ha operato il trasferimento. 


E poich� tale decreto � stato adottato sulla base della delega contenuta 
nell'art. 17 della legge n. 281 del 1970, la quale si limita a riferirsi 
alle materie di cui all'art. 117 Cost., cos� come in questo elencate, 
la maggior parte. delle censul"e mosse dalle Regioni ricouenti per asserita 
violazione dell'art. 117, e conseguentemente dell'art. 118 Cost., 
implicano al tempo stesso un ulteriore profilo di illegittimit� costituzionale, 
per violazione anche della legge, di delega (e perci� dell'articolo 
76 Cost.) con speciale rigual'do al principio, enunciato nel suo 
art. 17, che il trasferimento delle funzioni avvenga �per settori organici 
di materie �, riservando allo Stato -nelle materie �stesse -la 

(1) La questione era stata sottorposta all'esame della Corte con ricorsi 
proposti dalle Regioni Lombardia, Puglia, Emilia-Romagna, notificati il 
2 marzo 1972. 

PARTE r, SEZ. r, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1003 

:funzione di indiritto e di coordinamento dell'attivit� delle Regioni che 
attengano ad esigenze di carattere unitario. Con il che torna a proporsi 
pregiudizialmente il problema della determinazione della materia 
costituzionalmente spettante alla competenza regionale, essendo in relazione 
a questa, come risulta anche testualmente dalla lett. a) dell'art. 
17, che indirizzo e coordinamento trovano la loro ragion d'essere. 
Una chiara indicazione al rigua_rdo si trae dalla stessa dizione, 

� beneficenza pubblica ., ado:perata nell'art. 117 Cost., che trova sostanziale 
riscontro (nonosti:tnte qualche trascurabile oscillazione lessicale) 
nelle analoghe locuzioni adottate dagli statuti costituzionali delle 
Regioni ad autonomia differenziata: � assistenza e. beneficenza pubblica 
�, secondo la formula degli artt. 4, lett. h), dello Statuto della Sardegna; 
3, lett. i) dello Statuto della Valle d'Aosta e 11, n. 25, deU:o 
Statuto del Trentino-Alto Adige, nel testo modificato dalla legge costituzionale 
10 novembre 1971, n. 1; �pubblica beneficenza ed opere pie., 
come si legge invece nell'art. 14, lett. m), dello Statuto siciliano; � istituzioni 
pubbliche di assistenza e beneficenza ., come si esprimeva inizialmente 
l'art. 5, n. 2, dello Statuto del Trentino-Alto Adige e si 
�esprime adesso quello del Friuli-Venezia Giulia, nell'art. 5, n. 6. 
A prima vista, anzi, la dizione dell'art. 117 potrebbe persino apparire 
pi� restrittiva, richiamando letteralmente l'intitolazione inizialmente 
propria della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e del relativo 
regolamento (dov�e si contiene tuttora la disciplina fondamentale della 
materia); ma non vi ha dubbio -argomentando anche dalla previsione 
nel medesimo alinea, acc�nto alla �beneficenza pubblica�, della 

� assistenza sanitaria ed ospedaliera � --che sia da considerare in 
realt� equivalente a quella, che pi� spesso rico-rre, come si � ora visto, 
negli statuti speciali, di � assistenza e beneficenza � : assunta nella 
nostl'.a legislazione, in luogo della originaria intitolazione della legge 
del 1890, fin dalla riforma introdotta con il r.d. 30 �dicembre 1923, 
n. 2841. Con tale formula -per ormai costante tradizione legislativa 
e dottrinale -si � soliti designare un settore normativo bene individuato, 
venutosi progressivamente sviluppando sul tronco della menzionata 
legge del 18�90 ed avente ad oggetto un complesso di attivit�, tra 
loro sufficientemente omogenee,. esplicate in misura prevalente da organi 
ed enti. locali, che non si confondono -pur affiancandovisi ed 
integrandone, ov�e necessario, le carenze -con quelle che nel loro 
insieme danno vita alla � assistenza sociale �, strettamente intesa, cui 
ha riferimento, con specifico riguardo ai cittadini inabili al lavoro, il 
primo comma dell'art. 38 Cost., che, rimette poi, nel quarto comma, i 
compiti ad essa inerenti -al pari di quelli relativi alla � previdenza 
sociale � -ad � organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato �. 
La prima � caratterizzata essenzialmente -anche quando, come 
di regola, l'esercizio ne sia obbligato~io -dalla discrezionalit� delle 


1004 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prestazioni, in denaro o in servizi, erogabili in favore di tutti coloro 
che -per qualsiasi causa ed a prescindere da particolari status e qualifiche 
-versino in condizione di bisogno: determinante � in essa la 
considerazione della concreta situazione del singolo individuo, la valutazione 
della personalit� e delle condizioni di vita dell'assistibile, in 
relazione, peraltro, alle ,disponibilit� materiali dell'ente od organo 
erogante. 

La seconda, invece, specie nei pi� recenti sviluppi della legisla-. 
zione, � orientata nel senso di eliminare o ridurre entro limiti rigorosi, 
ancorandola all'accertamento 'di dati oggettivi, la discrezionalit� degli 
organi od enti erogatori, cos� da rendere progressivamente concreto 
quel � diritto� all'assistenza sociale, che il primo comma dell'art. 38 
Cost. vuole sia attribuito ad ogni cittadino � inabile al lavoro e sprovvisto 
dei mezzi necessari per vivere �. Preminente � in essa la tipizzazione 
legislativa di determinate categorie di assistibili, per modo che 
le prestazioni rispettivamente previste abbiano a spettare a chiunque 
vi rientri, e per il sol fatto di rientrarvi. E, rispettivamente, anche le 
prestazioni sono, a loro volta, uniformemente stabilite alla stregua di 
valutazioni medie, configurandosi -tendenzialmente -come sostitutive 
od integrative di un reddito da lavoro mancante od insufficiente. 

Che si tratti di due diverse fo�rme di assistenza, delle quali soltanto 
la prima � considerata, a livello costituzionale, come di competenza 
di tutte le regioni (siano queste di diritto comune o ad autonomia 
speciale) � ulteriormente confermato dalla circostanza che in alcuni 
statuti costituzionali risultano altres� disciplinate -separatamente 
e, per solito, diversamente da quella in materia di assistenza e� beneficenza 
-competenze regionali differenziate (di integrazione e adattamento 
della legislazione statale) aventi ad oggetto, appunto, la � assistenza 
sociale �, prevista in unico contesto con le analoghe competenze 
aventi ad oggetto.� il � lavoro.� e la � previdenza sociale �; cos�, 
nell'art. 5 lett. l>), dello Statuto della Sardegna e nell'art. 6, n. 2, dello. 
St�tuto del Friuli-Venezia Giulia; cos� pure, sostanzialmente, nell'art. 
17, lett. f) dello Statuto della Regione siciliana. Ed � ovvio che 
siffatte previsioni, che ben si accordano con i princ�pi posti dall'art. 38 
Cost., non avrebbero senso, ove la � assistenza sociale � gi� fosse ricompresa 
in quella � assistenza e beneficenza pubblica ., alla quale 
puntualmente corrisponde, secondo quanto fin qui rilevato, la � beneficenza 
pubblica � di cui all'art. 117 della Costituzione. 

Se questa � la materia che l'art. 117 Cost. prescrive sia trasferita 
alla potest� legislativa delle Regioni a statuto ordinario (e conseguentemente, 
alla loro potest� amministrativa), deve soggiungersi che, 
in conformit� al testuale disposto della VIII disposizioii�e transitoria 
della Costituzione (avente specifico rirerimento al passaggio alle regioni 

delle funzioni � statali � ad esse spettanti, nonch� dei funzionari e di


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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1005


pendenti delle amministrazioni anche centrali � dello Stato ., l'oggetto 
della delega conferita al Governo dall'art. 17 � sicuramente cireoscritto 
alle sole competenze per l'innanzi spettanti ad organi statali, come 
risulta d'altronde confermato dalla succes,siva disposizione dell'art. 18 
concernente le soppressioni o riduzioni da apportare conseguentemente 
agli stanziamenti previsti � nei singoli stati di previsione, della spesa 
dei ministeri competenti �. 

N� il legislatore de.legato avrebbe potuto, senza incorrere in viola-� 
zione dell'art. 76 Cost., attuare quel riordinamento degli �enti a carattere 
nazionale o interregionale, pveannunciato nel primo comma dell'art. 
4 e �che rientra d'altronde nella pi� lata previsione della IX disp. 
trans. Cost., a seguito del quale soltanto potrebbero eventualmente� 
enuclearsi ulterfori settori di materia attribuibili alle regioni. 

4. -Alla stregua di tali premesse, risulta la non fondatezza delle� 
censure all'art. 4, poc'anzi richiamato, nella parte in cui -per l'appunto 
-mantiene ferme le attribuzioni statali concernenti istituti od� 
enti a carattere nazionale o pluriregionale, sino al loro riordinamento. 
A quanto gi� osservato in proposito non � superfluo aggiungere il rilievo, 
di ordine pratico, della inammissibile confusione che si determinerebbe 
ov�e enti con finalit�, dimensioni e strutture nazionali o comunque 
eccedenti l'ambito di una singola regione, f�nch� perdurino con 
siffatti caratteri, venissero disciplinati, pur nel rispetto dei limiti dei 
princ�pi e degli interessi stabiliti dall'art. 117 Cost., da una molteplice� 
variet� di distinte e diverse legislazioni, emanate da ciascuna Regiooe� 
per la sua parte. 
Strettamente connessa con l'art. 4 � la questione proposta nei con-� 

�fronti del criterio adottato nell'art. 1, comma secondo, lett. a), per la. 
localizzazione regionale delle istituzioni pubbliche assistenziali, in forza 
del quale passerebbero alle singole Regioni quelle tra esse � che operano 
nel territorio regionale�: con la possibile conseguenza -come si 
assume dalle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna -di sottrarre� 
illegittimamente �dal trasferi~ento le funzioni attualmente esplicate� 
da organi statali in ordine ad istituzioni che, come spesso accade, svolgono 
la loro attivit� operativa fuori del territorio della Regione in cui 
hanno la loro sede. 

Ma diverso � il significato che deve correttamente attribuirsi alla 
disposizione impugnata. V.espressione va, infatti, intesa come avente� 
riferimento a quelle istituzioni che nella Regione hanno la loro sede 
(e in essa quindi � operano ., nel senso che quivi si esplica la loro 
attivit� organizzativa e decisionale) e che -da norm�e di leggi o regolamenti, 
dagli statuti o dalle tavole di fondazione, e in mancanza 9-lla 
stregua della prassi costante -risultano al tempo stesso destinate, 
esclusivamente o prevalentemente, a vantaggio della rispettiva popo



1006 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

!azione (ed anche in questo senso, finalistico, � operano � perci� nella 
Regione). Cosi interpretata, la disposizione. dell'art. 1, comma secondo,, 
lett. a), non � costituzionalmente illegittima. 

5. -Discende altresi dalle premesse sopra affermate al punto 3 
l'infondatezza delle censure all'art. 3, n. 3, 'Che mantiene ferme le comI 
petenze statali in ordine ai comitati di soccorso ed altre istituzioni 
I

private di benefi.cenza operanti nel territorio regionale, � fino a quando 
1a materia non .sar� disciplinata con successivo provvedimento da emanarsi 
entro il 6 giugno 1972 � (vale a dire entro il biennio prefissato 
per l'esercizio della delega conferita al Gov,erno dall'art. 17 della I 
legge n. 281 del 1970): giacch� gli enti privati, l'attivit� esplicata dai 
quali � oggi ricoperta dalla garanzia dell'ultimo comma dell'art. 38 

I 

Cost. ( � L'assistenza privata � libera � ), non rientrano nella materia I

I 

della beneficenza pubblica. Ch�, anzi, gi� la legge fondamentale del I

I 

1890, nell'art. 2, riferendosi alla fenomenologia del tempo, dichiarava I 

-espressamente sottratti alla diisciplina da essa dettata i comitati di soc


corso ed altre istituzioni temporanee, in ragione del foro carattere 

I 

precario; le fondazioni in pro dei membri di famiglie determinate, non 

soggette a devoluzion� alla beneficenza pubblica, a causa della natura 

I 

i \

particolaristica dei loro scopi; n�nch� le associazioni e societ�, regolate 
dalle disposizioni del codice ,civile (e cio�, aventi struttura meramente 
\l ' 

privatistica). 

t 

f 

.Ed � perci� che, nei confronti degli anzidetti enti assistenziali prif


i 

vati, i poteri attribuiti dalla nostra legislazione alle pubbliche autorit� ff 

.sono diversi, e comunque pi� tenui, rispetto a quelli esercitabili in 

~ 

�ordine alle istituzioni assistenziali pubbliche, come risulta dallo stesso ff

1 

.art. 2, �commi secondo e terzo, della legge del 1890 e pi� l'ecentemente ' ~ 

i

dall'art. 4, lett. e), del d.l.lgt. 22 marzo 1945, n. 173, sui comitati prof 
\: 

vinciali di assistenza e beneficenza. 

~ 

L'infondatezza della censura principale coinvolge l'infondatezza ! 
anche delle ulteriori questioni sollevate nei confronti della disposizione 

I

dell'art. 3, n. 3, pokh� queste muovono tutte dal presupposto della 

~ 

.appartenenza delle istituzioni private alla materia spettante alle regioni. 

Ifi 

6. -Rappresenta ulteriore corollario dei criteri in precedenza enundati 
al punto 3 la infondatezza delle censure rivolte al n. 4 dell'art. 3, ~ 
che riserva allo Stato le attuali competenze in ordine alle pensioni ed 
assegni � a carattel'e continuativo�, cui hanno diritto, ricorrendo le *r:;. 
condizioni rispettivamente stabilite dalle leggi 27 maggio 1970, n. 382, i: 
:26 maggio 1970, n. 381, 30 marzo 1971, n. 118, i ciechi, i sordomuti ed 
!! 

i mutilati e invalidi civili; in ordine ai soccorsi, a norma della legge 

22 gennaio 1934, n. 115, e successive modificazioni, all:e famiglie dei 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1007 

militari richiamati o trattenuti alle armi; all'assistenza -a nOl'ma della 
legge 12 aprile 1962, n. 185, e successive modificazioni -agli orfani 
dei caduti per servizio e alle donne uscite dalle soppresse case di tolleranza 
o che, gi� avviate alla prostituzione, intendano tornare ad onest� 
di vita (legge 20 febbraio 195'8, n. 75), nonch� -limitatamente alla 
fase del primo intervento -�i prof�ghi italiani e rimpatriati, di cui 
alle leggi 19 ottobre 1970, n. 744, e 25 luglio 1971, n. 568. Tutte queste 
.ipotesi, infatti, pur nella variet� delle rispettive �discipline, hanno in 
�comune, per un verso, la tipizzazione legislativa, su piano nazionale, 
di particolari categorie di aventi titolo all'assistenza, l'appartenenza 
alle quali � accertabile alla stregua di criteri oggettivi; e, per altro 
verso, la predeterminazione, talora minuziosamente regolata, delle prestazioni 
ad essi spettanti. 

Per quanto concerne, infine, il riferimento dello stesso n. 4 dell'art. 
3 � ai profughi stranieri �, la competenza statale si giustifica in 
�base al rilievo che si tratta di ottemperare, con misure immediate, ad 
obblighi internazionali dello Stato (accordo tra Governo italiano e IRO, 
reso esecutivo con legge 25 giugno 1952, n. 907, e Convenzione di 
Ginevra, resa esecutiva con legge 24 luglio 1954, n. 722), del cui inadempimento, 
sia pure per un singolo caso, lo Stato medesimo diverrebbe 
responsabile: di guisa che non sarebbe sufficiente il ricorso a 
quella funzione di indirizzo e coordinamento cui si richiamano i ricorsi 
e che, comunque, contrariamente a quanto in essi si afferma, non 
� prevista dall'art. 17 della legge n. 281 del 1970 come l'unico modo 
per fare legittimamente fronte -nelle materie di competenza regionale 
-agli obblighi internazionalmente assunti dallo Stato. 

7. -Infondate sono anche le altre questioni, di ordine .pi� partico1are, 
proposte dalle Regioni ricorrenti. 
Da un lato, infatti, 1'1i;pplicabilit� della norma denunciata, come 
della legge n. 9�96 nel suo insieme, � condizionata alla ipotesi di cala.
mit� naturali che �per la loro natura o estensione debbano essere 
fronteggiate con interventi tecnici straordinari �, secondo il principio 
affermato nell'art. 1: onde l'esigenza di assicurare -in presenza di 
�eventi che trascendono l'ambito regionale e nel corso della fase operativa 
-effettiva unit� di indirizzo e di azione, accentrandone il compito 
e la responsabilit� nello Stato, quale ente esponenziale dell'intera collettivit�. 
D'altro lato, come pure venne messo in rilievo nella menzionata 
sentenza, gli interventi di competenza statale non incidono sulle 
normali attribuzioni regionali in materia di assistenza e beneficenza, 
ch� anzi, come risulta da numerose disposizioni della legge n. 996, gli 
enti territoriali e locali, comprese le pubbliche istituzioni assistenziali, 
sono chiamati a dare il loro contributo, secondo i .programmi predisposti 

�dai comitati regionali per la protezione civile, nei pi� vari settori, e tra 


1008 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'altro proprio nel campo dell'assistenza (testualmente richiamato nel


l'art. 7 della legge). 

Nemmeno possono .considerarsi lesivi dell'autonomia regionale nella 

materia assistenziale gli altri interventi previsti nello stesso n. 2 del


l'art. 3, poich� essi hanno carattere aggiuntivo rispetto ai compiti 

ordinariamente esplicabili dalle Regioni, in relazione a situazioni parti


colari ed imprevedibili, cui esse non sarebbero in grado di far fronte 

(o di far fronte con la necessaria tempestivit� ed efficacia). E non � 

pertinente, con specifico riguardo agli 1nterventi perequativi, il richiamo 

al terzo conun_a dell'art. 119 Cost., che prescrive, bens�, lo strumento 

della legge, ma per l'assegnazione a singole Regioni di contributi isti


tuzionaMzzati, rivolti al conseguimento di scopi permanenti o comun


que duraturi nel tempo: che sono cosa di.Jersa da quei bisogni sporadici, 

che possano m.anifestarsi qua e l�, secondo 1e circostanze e le condizioni 

locali, cui si riferisce la disposizione impugnata. 

Vanno altres� disattese le doglianze delle Regioni Lombardia ed 
Emilia-Romagna quanto alla riserva allo Stato delle competenze relative 
alla autorizzazione agli enti assistenz:iali ad accettare lasciti e ad acqui� 
stare immobili (n. 5 dell'art. 3), trattandosi di una particolarissima 
figura di controlli, oggi disciplinata nell'art. 17 del codice civile e negli 
artt. 5 e 7 delle rispettive Norme di attuazione, inerente al regime 
comune a tutte le persone giuridiche, quali che ne siano la natura e gli 

scopi listituzionali. 

Sono del pari prive di fondamento le censure all'art. 8, che dette 

norme transitorie per quel che riguarda i procedimenti amministrativi 

in corso, mantenendo la competenza stata�le per la definizione di quelli 

che abbiano comportato l'assunz:ione di impegni anteriormente alla data 

del trasferimento delle funzioni o che trovino il proprio finanziamento 

in somme imputate al conto dei residui del bilancio dello Stato. Il cri


terio adottato � razionale e, mentre si adegua alle norme generali sulla 

contablilit� di Stato, non contrasta con alcun principio costituzionale 

n� pu� diTsi sottragga frazioni di materia alla competenza regionale o 

disconosca -come si assume dalle Regioni ricorrenti -il diritto delle 

stesse, a norma del secondo comma dell'art. 119 Cost., ad avere assi


curati i mezzi per assolvere ai loro compiti � normali �. �, infatti, carat


teristica naturale delle disposizioni transitorie di dettare una disciplina 

provvisoria e differenziata, per regolare il passaggdo da una vecchia 

ad una nuova disciplina legislativa di determinati oggetti, com'� il caso, 

appunto, �dei procedimenti in corso previsti da'll'art. 8: i quali, proprio� 

perch� in corso al momento dell'inizio dell'attivit� delle Regioni a sta


tuto ordinario, non rientrano tra i compiti �normali � a questa spettanti, 

La non fondatezza delle questioni fin qui prese in esame implica la 

non fondatezza anche delle censure -prospettate d'altronde come con


seguenziali -all'art. 9, che conserva ai comitati provinciali di assi



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1009 

stenza e beneficenza le attuali funzioni, ad eccezione di quelle trasferite 
alle Regioni a statuto ordinario, e gli artt. 13 e 14 che, in connessione 
al medesimo trasferimento, indicano -rispettivamente -le soppressioni 
e riduzioni di apportare agli stati di previsione della spesa dei 
Ministeri dell'interno e del tesoro, 111.onch� i criteri per il computo delle 
spese aggiuntive, determinandone l'ammontare, per l'anno 19�72, in lire 
5.733,8 milioni. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 140 -Pres. Chiarelli -
Rel. De Marco -Presidente Regione Liguria (avv. Acquarone, Pulvirenti) 
c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello 
Stato Savarese). 

Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni 

in materia di assistenza sanit�ria e ospedaliera -Illegittimit� 

costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 117, 118, 76, VIII disp. trans.; I. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; 

d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 6 n. 5, 13 n. 2). 
Non sono fondate, con riferimento aUe norme deUa Costituzione 
attributive deHa competenza in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera 
alle Regioni a statuto ordinario, ed aHa legge di delega .16 maggio 
1970, n. 281, ie questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 
14 gennaio 1972, n. 4 sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario 
delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria 
e ospedaliera (1). 

(Omissis). -1. -Il decreto del Prestdente della Repubblica 14 gennaio 
1972, n. 4, emanato in forza della delega conferita al Governo 
dall'art. 17 della legge n. 281 del 1970, dispone H trasferimento delle 
funzion~ amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello 
Stato in materia di assistenza sanitaria, nelle sue fasi di intervento 
preventivo, curativo e riabilitativo, alle Regioni a statuto ordinario per 
il rispettivo ternitorio. 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Oorte con ricorso 
del Presidente della Regione Liguria, notificato il 18 febbraio 1972. La 
sentenza Corte cost. 4 marzo 1971, n. 39, leggesi in questa Rasse�gna, 
1971, I, 503. 

1010 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 1 di tale decreto elenca, poi, dettagliatamente� le attribuzioni 
trasferite e, fra queste, gli artt. 2 e 3 espressamente prevedono le 
attribuzioni in materia di assistenza ospedaliera nonch� le attribuzioni 
di vigilanza e tutela in ordine agli enti, consorzi, istituti ed organizzazioni 
locali operanti nella materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. 

Senonch� l'art. 6 elenca ben 23 ordini di attribuzioni per le quali 
restano ferme le attuali competenze degli organi statali ed, in particolare, 
al n. 5, quelle relative � all'assistenza sanitaria agU invalidi civili 
ed agli altri soggetti di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, fino all'entrata 
in vigore della riforma sanitaria, viene delegato alle Regioni, per 
il relativo territorio. 

Come 'Si � esposto in narrativa, la Regione Liguria ha impugnato 
i sopra citati artt. 6, n. 5, e 13, n. 2, del d.P.R. n. 4 del 1972 davanti 
a questa Corte, c):liedendone la dichiarazione di i:Hegittimit� costituzionale: 
a) per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, nonch� 
della relativa VIII disposizione transitoria, in quanto tutta la materia 
dell'assistenza sanitaria � attribuita dai citati articoli della Carta costituzi.
onale alle Regioni e non vi � n� � stato addotto alcun razionale 
motivo per escludere da tale attribuzione l'assistenza sanitaria agli 
invalidi civili; b) per eccesso di delega, con violazione dell'art. 76 della 
C�stituzione, sia perch� il trasferimento non � stato effettuato � per 
settore organico� come prescritto dall'art. 17, Iett. b), deila legge n. 2,31 
del 1970, sia perch� lo schema di quello che poi � diventato il d.P.R. 

n. 4 del 197.2, sottoposto al parere della Regione, prescritto dal citato 
art. 17, non conteneva le norme impugnate, che vennero, quindi, introdotte 
senza tale parere; c) per contraddittoriet�, tn quanto la delega 
alla Regione, ai sensi deH'art. 118 della Costituzione, dell'eserciz:io di 
funzioni che lo 'Stato si � riservato, denunzia chiaramente che quelle 
fumdoni ben possono essere esercitate dalla Regione, jure proprio e non 
per delega. 
2. -Poich�, in seguito al:la eccezione di inammissibilit� del ricorso, 
per quanto attiene a:lla difformit� tra lo schema del decreto n. 4 del 
1972, sul quaie � stato chiesto il parere delle Regioni a statuto ordinario, 
ed il testo definitivo, sollevata dall'Avvocatura dello Stato, il 
patrocinio della Regione ha chiarito di aver denunziato quella difformit� 
al so~o fine di rafforzare la tesi della violazione degli artt. 11 7 
e 118 della Costituzione, con la circostanza di fatto che, in un primo 
tempo lo stesso Governo non aveva posto, evidentemente perch� ne 
ammetteva la illegittimit�, quei limiti contro i quali la Regdone � insorta 
e di fronte a questo chiarimento l'Avvocatura dello Stato non vi ha 
insistito, quella eccezione pu� ritenersi superata sull'accordo delle parti 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1011 

e si pu�, quindi, .Passare all'esame del ricorso, nei termini che risultano 
da quanto precede. 

'3. -Prima di procedere a tale esame � necessario richiamare taluni 
principi che questa Corte ha gi� affermati con la sentenza n. 39 del 1971 
e coniermati l.llteriormente, chiarendoli e precisandoli, con le sentenze 

n. 13i8 e n. 13:9 del 1972. 
Anz:itutto si � chiarito (sentenza n. 39 del 1971) quale sia il significato 
da attribuire alle norme di delega contenute nelle lettere a) e b} 
dell'art. 17 della legge n. 281 del 1'970 e specie al concetto di trasferimento 
� per settori organici di materia �. 

Fermo rimanendo il principio che il trasferimento deve riferirsi 
alle dntere materie contemplate nell'art. 117 della Costituzione, evitando 
quel frazionamento che � sempre fonte di incertezze e di contestazioni, 
si � chiarito che si deve, peraltro, assicurare l'unit� d'indirizzo che sia 
di volta in volta richiesta dal prevalere -conforme alla Costituzione di 
esigenze unitarie che debbono bens� essere coordinate, ma non 
sacrificate agU interessi regionali. 

Con le sentenze n. 138 e n. 139 del 1972 questi concetti sono stati 
ulteriormente precisati e possono riassumersi nella formula che il criterio 
fondamentale di identificazione del � settore organico di materia ,, 
sia quello che alle Regioni spettino solo poteri inerenti ad interessi a 
livello regionale. 

Nell'applicazione concreta, peraltro, questa formula, in apparenza 

tanto chiara, incontra notevoli difficolt�, in quanto presuppone una 

esatta ricognizione, non sempre agevole, del contenuto sostanziale e 

funzionale, e non semplicemente nominalistico, delle materie da tra


sferire. 

Se ne ha prova nel decreto in esame che, come sopra si � notato, 

all'art. 6 contiene l'elencazione di ben .23 ordini di attribuzione, che 

restano riservate allo Stato e che, in linea generale, sembrerebbero 

riguardare funzioni effettivamente riferibili ad interessi unitari, non 

limitabili aH'ambito dl territorio regionale. 

Come se non bastasse, la materia sanitaria nel suo complesso forma 

oggetto di una vasta riforma, notoriamente in corso, che, indubbia


mente, dovrebbe contenere una pi� razionale e funzionale ripartizione 

delle sfere di competenza statale e regionale, in relazione ai rispettivi 

interessi unitari o locali. 

Il legislatore delegato si � trovato, quindi, nella necessit� di evitare, 
nei limiti del possibile, sostanziali mutamenti allo status quo, suscettibili 
di essere travolti da quella riforma, all'entrata in vigore della 
quale, del resto, va limitata la validit� delle norme adottate. 


1012 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In conformit� con gli esposti principi e nel quadro della razionale 
.distribuzione che ne deriva, alla stregua di quanto si � premesso, vanno 
esaminate Je questioni che formano oggetto del presente g,iudizio. 

4. -La legge n. l,18 del 1971 -che pur � ispirata a tale rispetto 
.delle autonomie regionali da disporre, all'art. 34, che le sue disposizioni, 
limitatamente a:He materie di cui all'art. 117 della Costituzione, 
.cesseranno di avere efficacia in corrispondenza e all'atto dell'entrata in 
vigore della legislazione regionale nelle materie medesime -contiene 
un complesso organico di norme che, oltre ad interessare le sfere di 
-competenza di ben tre Ministeri (Interno, Lavoro e previdenza sociale, 
.Sanit�), in modo non facilmente � scindi<bile, sono tra di loro connesse 
.in guisa tale da costituire un. sistema razionalmente articolato e diretto 
.al fine di recuperare ed inserire nella vita sociale gli invalidi civili 
-e le altre persone in essa �contemplate, attraverso tutti i mezzi possibHi, 
che vanno da cure sanitarie aUamente specializzate e dall'applica:z;ione 
-di sistemi educativi del pari altamente specializzati, fino a:Ha conces.
sione �di una particolare pensione. 

Anche se la parte attinente all'assistenza sanitaria, contrariamente 
.a quanto assume l'Avvocatura generale dello Stato, ben lungi dall'essere 
marginale, � forse la pi� importante, essa presenta, tuttavia, pi� 
-delle altre, una esigenza di alta specializzazione, che richiede la predisposizione 
di parti-colavi istituti, attualmente non in tutte le Regioni 
.-esistenti, tanto che l'art. 3, primo comma, �prevede l'avviamento degli 
.assistiti a centri di recupero di altra Regione viciniore a quella di appar
�tenenza, sia pure soltanto in casi di comprovata necessit�. 

Dunque, ci si trova di fronte ad una materia della quale lo Stato 

non soltanto ha riconosciuto un carattere unitario tale da addossarsene, 

.almeno allo stato della legislazione, l'onere finanziario non indifferente, 

ma �Che soprattutto, ripetesi, pi::esenta esigenze e caratteristiche tali che 

non tutte le Regioni attualmente sono in grado di soddisfare. 

Tanto, comunque, in base ai principi sopra richiamati, basta ad 

escludere che le norme impugnate violino gli artt. 117 e 118 della 

Costituzione e relativa VIII disposizione� transitoria, nonch� l'art. 76 

<della Costituzione, in riferimento all'art. 17 della legge n. 281 del 1970 . 

�In particolare, per quanto riguarda la denunziata violazione dell'art. 
118 della Costituzione, sotto il profilo della contraddittoriet�, deve 
rilevarsi che, una volta riconosciuta la legittimit� costituzionale della 
riserva allo Stato di determinate attribuzioni, il fatto che ne .sia stato delegato 
alla Regione l'esercizio concreto, nell'ambito del territorio regionale, 
rientra nei limiti della potest� attribuita allo Sta.to dal secondo comma 
della norme costituzionale di cui si lamenta la violazione e, ben 

]ungi dal �contraddirla, conferma la titolarit� statale di quelle attribuzioni. 
Il ricorso, pertanto, dev'essere dichiarato infondato. -(Omissis). 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1013 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 141 -Pres. Chiarelli -
Rel. Trimarchi -Presidente Regione Liguria (avv. Pulvirenti, 
Acquarone) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Savarese). 

Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni 

in materia di urbanistica, viabilit�, acquedotti e lavori pubblici 

di interesse regionale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 5, 117, 118, 123, VIII disp. trans.; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; 

d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, artt. 1, 5, 9 n. 2 e 20). 
Non sono fondate, con riferimento alle norme della Costituzione 
attributive della competenza in materia di urbanistica. alle Regioni a 
:statuto ordinario ed alla legge di delega 16 maggio 1970, n. 281, le 
questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 sul 
trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni ammini:
strative statali in materia di urbanistica, viabilit�, acquedotti e lavori 
pubblici di interesse regionale e del relativo personale (1). 

(Omissis). -1. -Con il ricorso di cui in epigrafe la Regione Liguria 
solleva in via principale, in riferimento agli artt. 5�, 117, 118 e 123 
della Costituzione, questioni di legittimit� costituzionale degli artt. 1, 
penultimo comma, 5, 9, ultimo comma, n. 2, 12 e 20, comma terzo, 
del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, relativo al trasferimento alle Regioni 

(1) La questione. era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso 
del Presidente della Regione Liguria, notificato il 26 febbraio 1972. 
In corso del giudizio di costituzionalit� sono state confutate analiticamente 
le censure della Regione. 
In particolare � stato evidenziato, in riferimento all'art. 1, penultimo 
comma che il trasferimento alle Regioni riguardava anche le attribuzioni 
esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della P.1., a sensi 
della legge 6 agosto 1967, n. 765, nonch� da organi centrali e periferici 
di altri Ministeri. 

La censura sulla limitazione posta -per quanto riguarda il Ministero 
della P.I. -alle sole funzioni da esso esercitate in base alla leggeponte 
urbanistica era infondata. Si� intende che il richiamo alla leggeponte 
urbanistica, �Che � parzialmente sostitutiva della legge fondamentale 
urbanistica del 1942, va rapportato a tutto il complesso deHe leggi urba.nistiche, 
come � fatto chiaro dal primo comma dell'art. 1, ed agli interventi di 
tutti gli organi dello Stato, a qualsiasi Ministero appartenenti. 

Fatta questa precisazione, si appalesava illegittima ogni ulteriore pretesa 
di allargamento dell'area del trasferimento anche alla materia non 
urbanistica. 

I poteri di intervento del Ministero della P.I. in base alle leggi 
del 1939, nn. 1089 e 1497 sono in funzione della tutela di beni culturali, 

9 



1014 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di 
urba~istica e di viabiUt�, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale 
e dei relativi personali ed uffici. 
2. -Si assume, anzitutto, dalla Regione ricorrente che, in viola118 
della Costituzione, non sarebbern state tra1014 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di 
urba~istica e di viabiUt�, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale 
e dei relativi personali ed uffici. 
2. -Si assume, anzitutto, dalla Regione ricorrente che, in viola118 
della Costituzione, non sarebbern state trazione 
degli artt. 117 e 
sferite tutte le funzioni rientranti oggettivamente nella materia dell'urb�nistica 
ed in particolar~ quelle attribuite agU organi centrali e 
periferici del Ministero della pubblica istruzione dalla legge 29 giugno 
1939, n. 149'7, non attinenti alla tutela di beni individui. 


Delle attribuzioni esercitate da detto Ministero a sensi dell'indicata 
legge sarebbero state, infatti, trasferite solo fa redazione e l'approvazione 
dei piani territoriali paesistici di cui aU'art. 5 (cosi come in effetti 
disposto dall'ultimo comma dell'articolo in esame) e non anche le altre 
e cosi quelle relative all'imposizione di vincoli generici e alla previsione 
del loro ambito di autorizzazioni a modificare l'aspetto esteriore dei 
luoghi, che riguarderebbero la tutela del paesaggio sotto un profilo 
squisitamente urbanistico. 

Ed in conclusione, il Governo, pur avendo operato, nell'esercizio 
deHa delega, una presa di coscienza della reale natura urbanistica delle 
funzioni di tutela generica dell'ambiente affidate al detto Ministero dalla 
citata legge n. 1497, non sarebbe stato interamente conseguente. 

3. -Tale prima denuncia di inegittimit� costituzionale non � 
fondata. 
Invero, il legislatore delegato era tenuto, in base aU'art. 17, comma 
primo, della legge 16 maggio 1970, n. 281, a regolare il passaggio alle 

che era e resta riservata allo Stato. 

Ancor�ch� la tutela dei beni culturali possa talvolta presentare anche 
dei risvolti .collegati all'urbanistica, la pretesa della Regione costituiva un 
tentativo di interferenza su materia non propria. 

Circa l'art. 5 si trattava di una norma di raccordo e di attesa, che 

demanda ad una futura legge dello Stato il riordinamento degli Enti ed 

Istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale operanti nei settori 

delle materie trasferite. 

Basti pensare che Enti come l'INCIS, l'ISES, la GESCAL, la Cassa 

per il Mezzogiorno, ancorch� Q!Peranti nelle materie indicate negli artt. 1 e 2 

del decreto, non possono esser� lasciati all'atomistica amministrazione 

delle Regioni. La norma impugnata 1)revede altre leggi, che coordineranno 

le competenze trasferite alle Regioni con quelle residuate allo Stato e, 

dal punto di vista soggettivo, con la struttura unitaria e nazionale degli 

Enti stessi. 

Circa l'art. 9, ultimo comma, n. 2, si prevedeva il corretto esercizio 

della funzione di indirizzo e coordinamento in materia urbanistica, me


diante atti collegiali del Governo e su proposta del Ministro dei LL,PP., 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1015 

Regioni a statuto ordinario, ai sensi della VIII disposizione transitoria 
della Costituzione, delle funzioni ad esse attribuite dal�'art. 117 della 
Costituzione stessa, operando il trasferimento � per settori organici di 
materia �; e si � puntualmente attenuto a codeste norme e disposizioni, 
ed ha osservato, nell'attuazione della delega, i relativi principi e criteri 
direttivi. 

Ed infatti, con l'art. 1, comma primo, del decreto n. 8 ha disposto 
con portata generale e onnicomprensiva il trasferimento delle � funzioni 
amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici deHo Stato 
in materia urbanistica �; con il secondo comma dello stesso articolo, 
ha proceduto ad una analitica indicazion.e delle fun:ziioni trasferite, specificando, 
alla lettera o), che rientrava nel trasferimento � ogni altra 
funzione amministrativa esercitata dagli organi centrali e periferici 
dello Stato neHa materia �, relativamente a cui non dovesse valere il 
disposto dei successivi articoli; anzi, per chiarezza di dettato e di conseguenti 
rapporti tra lo Stato e le Regioni a statuto ordinario, ha precisato 
che il trasferimento �riguarda anche le attribuzioni esercitate 
dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione 
ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765, nonch� da organi centrali 
e periferici di altri Ministeri � (terzo comma) ed altresi �la redazione 
e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della 
legge 2�9 giugno 1939, n. 147 � (quarto comma). 

Manca, in presenza di tale normativa, l'asserita invasione della 
sfera. di .competenza regionale, pe�rch� � stato trasferito l'intero settore 

per definire gli aspetti metodologici e pTocedurali da osservare nei piani 
territoriali Tegionali nonch� gli standar�s urbani�stici ed edilizi, qiuali 
minimi o massimi inderogabili da osservare ai fini della formazione dei 
piani urbanistici. 

La censura della Regione si appuntava principalmente contro gli 
standards urbanistici ed edilizi che, secondo il suo assunto, non aVTebbero 
potuto essere predeterminati dallo Stato, neanche sotto il profilo dell'indirizzo 
e del coordinamento. 

� stato per� prre.cisato che si trattava di predeterminazione di minimi 
e di massimi, entro i quali la Regione avrebbe goduto di ampio spazio 
di autonomia. 

Gli standards edilizi ed urbanistici toccavano in maniera dttetta i 
diritti e gli interessi dei cittadini, con l'utilizzabilit� pi� o meno piena 
della loro propriet� privata, e pertanto essi erano necessari anche per 
assicura!I'e il rispetto del principio costituzionale di eguaglianza. 

Circa l'a!l"t. 12, dopo aver disposto il trasferimento alle Regioni degli 
Uffici del Genio Civile e dei Provveditorati alle 00.PP. -con le eccezioni 
quivi previste -era stato disposto che a capo dei rispettivi Uffici 
restassero gli Ingegneri Capo ed i Provveditori. 

Questa disposizione non era lesiva della competenza regionale. 

Il testo aveva inteso trasferire -conformemente alla legge di delega 

oltre che gli uffici, anc.he il !!."elativo personale. Sarebbe stato assurdo 



1016 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

organico dell'urbanistica; perch�, solo a causa della inscindibilit� esistente 
tra l'attivit� urbanistica e la. tutela delle bellezze naturali, sono 
state trasferite alle Regioni le funzioni ed attribuzioni relative alla 
redazione e all'approvazione dei piani territoriali paesistici, e perch�, 
in quanto non rientranti nell'urbanistica, non sono state trasferite le 
(altre) funzioni attinenti alla tutela delle bellezze naturali d'insieme. 

L'urbanistica come � materia � � un'attivit� che concerne � l'assetto 
e l'incremento edilizio dei �centri abitati �; risulta delimitata in codesti 
termini dalle leggi cosiddette urbanistiche e soprattutto dall'art. 1 della 
legge 17 agosto 1942, n. 1150 (sentenza n. 50 del 1958); ed � da ritenersi 
che �os� sia stata considerata nell'art. 117 della Costituzione, secondo 
il criterio, Titenuto valido anche per altre materie, che in essa Costituzione 
si sia voluto far riferimento al significato e alla portata che a 
ciascuna di dette materie erano riconosciuti nella legislazione e nella 
pratica. 

L'ambito dell'urbanistica, d'altronde, nella disciplina legislativa, 
non ha sub�to nel tempo sostanziaU modifiche. In particolare, non � 
stato ampliato, a tal segno che in esso possa rientrare l'assetto dell'intero 
territorio e quindi dell'ambiente in generale. Anzi, secondo 
recenti leggi (dalla legge 2,6 aprile 1964, n. 3110, alla legge 6' agosto 1967, 

n. 765 e alla legge 19 novembre 1968, n. U87) si � tenuta distinta la 
disciplina relativa alla tutela del paesaggio. 
Per ci�, almeno con riferimento ai contenuti voluti dalla Costituzione, 
appare consentita la separazione dell'urbanistica in senso proprio, 
come sopra intesa, dalla problematica concernente la conservazione e 
valorizzazione delle bellezze naturali d'insieme e cio� di quelle localit� 
il cui caratteristico aspetto abbia valore estetico e tradizionale, e delle 
bellezze panoramiche considerate come quadri naturali nonch� di quei 

e praticamente inutile e dannoso, un trasferimento di uffici rimasti senza 
dirigenti. Quindi da una parte, esisteva una riserva dello Stato di disciplinare 
la sorte del proprio personale, anche con riguardo alle funzioni statali 
residuate ai Provveditorati ed agli Uffici del Genio C'ivile; dall'altra, 
v'era la piena libert� delle Regioni di strutturare gli uffici tecnici trasferiti, 
secondo le 'rispettive esigenz.e, ovviamente nei limiti dei principi 
delle leggi dello Stato, giusta l'w.-t. 117, prima parte, della Costituzione. 

Circa l'art. 20, terzo comma, si PTevedevano concorsi di trasferimento 
per il personale gi� statale inquadrato nei xuoli regionali. 
La Regione deduceva una indebita interferenza dello Stato nel proprio 
potere autorganizzatocio degli uffici. 

Ma la censura era infondata. La disciplina riguardava ancora il personale 
statale, al quale, con la norma in esame, si era voluto evitare il 
congeLamento in perpetuo presso la Regione nel cui territorio prestavano 
servizio al momento del passaggio delle funzioni. Si trattava, quindi, di 
una norma dettata da una sostanziale osservanza dell'art. 97 della Costituzione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1017 

punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda 
lo spettacolo di quelle bellezze. 

Le bellezze naturali, ora indicate, sono soggette alle norme di cui 
alla legge n. 1497 del 1939 a causa del loro notevole interesse pubblico. 
La loro protezione � attuata, in particolare e tra l'altro, attraverso la 
compilazione e pubblicazione di elenchi, provincia per provincia, e apportando 
agli stessi varianti e modifiche; attraverso la redazione e la 
approvazione di piani territoriali paesistici; mediante l'imposizione di 
vincoli nei confronti dei proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi 
titolo, degli immobili �compresi nei pubblicati elenchi delle localit�; 
attraverso l'esercizio di poteri di inibizione e di sospensione di lavori, 
da parte del Ministero della pubblica istruzione, e del potere di prescrivere 
le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso di esecuzione, 
riconosciuto al Soprintendente ai monumenti; e, richiedendosi, ai 
fini della stessa legge, il concerto con il Ministro della pubblica istruzione, 
per l'approvazione dei piani regolatori o d'amp'l"iamento. 

Le dette bellezze naturali ambientali, siano a rigore riconducibili 

o meno alla categoria dei beni culturali, sul piano della protezione, 
vanno tenute distinte dai beni tutelati mediante la disciplina urbanistica. 
E tale esigenza trova implicito riconoscimento nel fatto che un collegamento 
tra le une e gli altri � considerato necessario � la tutela 
ambientale non essendo che una delle possibili specificazioni degli interessi 
pubblici connessi al controllo dell'utilizzazione del territorio '!> 
(come espressamente afferma nella relazione, la Commissione d'indagine 
per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, 
artistico e del paesaggio, costituita con la citata legge n. 310. 
del 1964). E trova concreta conferma, da un canto, nel raccordo posto 
con l'art. 9, ultimo comma, n. 1 del decreto delegato, l� ove si dice 
che, in sede di esercizio della funzione di indirizzo e di coOTdinamento, 
debbono essere identificate le linee fondamentali dell'assetto del territorio, 
con particolare riferimento (tra l'altro) alla tutela paesistica, 
relativamente alla quale, per quanto non previsto dal citato art. 1, 
comma quarto, implicitamente � presupposta la competenza statale; e 
dall'altro, nel disposto, gi� richiamato, dell'ultimo comma dell'articolo 
in esame. 

Non � quindi sostenibile -diversamente da quanto assume la 
Regione ricorrente -che abbiano in realt� natura urbanistica le funzioni 
di tutela generica dell'ambiente attribuite dalla legge n. 1497 del 
1939 al Ministero della pubblica istruzione. 

Alle Regioni a statuto ordinario, in conclusione, e in maniera 
costituzionalmente non illegittima, sono state trasferite solo le funzioni 
ed attribuzioni del Ministero della pubblica istruzione previste dalle 
leggi di disciplina dell'urbanistica, nonch� dall'art. 5 della ripetuta legge 

n. 1497 del 1939. 

1018 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

/'. 4. -Secondo la Regione ricorrente violerebbe altres� la sfera di 
competenza regionale, garantita dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, 
la conservazione in capo ad organi statali delle attribuzioni relative 
agli enti ed istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale 
operanti nella materia dell'urbanistica ed in quella della viabilit�, acquedotti 
e lavori pubblici di interesse regionale, conservazione disposta con 
l'art. 5 del decreto in esame, con il quale si � stabilito che restano 
ferme le attribuzioni degli organi dello Stato in ordine agli enti indicati 


� fino a quando non sar� provveduto al loro riordinamento con legge 
dello Stato �. 

La censura non � fondata. 

Dalla corretta premessa che le materie elencate nell'art. 117 della 

Costituzione debbono essere assegnate per intero aUe Regi-0ni a statuto 

ordinario, non si pu� dedurre c;he � in sede di individuazione delle fun


zioni oggetto di trasferimento, si debba prescindere completamente 

dal modo attraverso il quale esse erano concretamente ,espletate prima 

della effettiva istituzione delle Regioni �. 

Codesta conclusione della Regione ricorrente, ulteriormente specifi


ca:ta nel senso che spettano alle Regioni anche le funzioni � attribuite 

a denti dipendenti dallo Stato (i cosiddetti Enti strumentali) � o eser


citate � da figure soggettive pubbliche appartenenti ad enti strumentali 

dello stesso Stato-ente ., non pu� essere condivisa. 

L'art. 5, come si � ricordato, considera � le attribuzioni degli organi 
dello Stato in ordine agli enti � ed istituti pubblici a carattere nazionale 


o pluriregionale operanti nelle materie di cui agli artt. 1 e 2, e mantiene 
ferme tali attribuzioni degli organi dello Stato fino a quando non 
sar� provveduto al riordinamento, con legge dello Stato, di quegli 
enti ed istituti pubblici. 
Data la portata della norma non � consentito ritenere .che con 

essa si siano elusi gli artt. 117 e 118 della Costituzione, e l'art. 17 

della legge n. 281 del 1970, ed a maggior ragione che ci� possa avve


nire in seguito. 

�, infatti, presa in esame la situazione in atto esistente (sicura


mente non preordinata ad alcuna riserva di attribuzioni allo Stato) 

ed in piena coerenza con essa viene dettata una disciplina temporanea, 

nel rispetto delle disposizioni deHa Costituzione e della delega di cui 
r al citato art. 17. 

Il Governo ha disposto cos� come doveva. Le attribuzioni di cui 

si tratta, in effetti, sono dello Stato, ma si ricollegano strettamente alla 

struttura !:! funzione degli enti ed istituti, che non sono espressione o 

portatori di interessi propri di singole Regioni. 

Da un punto di vista pratico, p.oi, non sarebbe stato opportuno 
consentire che enti con finalit�, dimensioni e strutture nazionali o co-� 
munque eccedenti l'ambito di una singola Regione, conservando tali lii 

~:: 


PARTE I; SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1019 

caratteristiche, venissero disciplinati, pur nel rispetto dei limiti, dei 
principi e degli interessi stabiliti dall'art. 117 della Costituzione, da 
distinte e diverse normative, emanate dalle varie Regioni. 

Co.i:t la norma di raccordo e di attesa di cui all'art. �5 � segnata una 
linea di politica legislativa che appare pienamente compatibile con 
l'VIII disposizione transitoria; anzi, dalle leggi che saranno emanate, 
potrebbe aversi in favore delle Regioni l'attribuzione di altre funzioni, 
entro i limiti consentiti dalle competenze statali e regionali nelle materie 
di cui agli artt. 1 e 2 del decreto delegato n. 8 del 1972. 

5. -Il decreto delegato, provvedendosi in particolare in merito alla 
funzione di indirizzo e di coordinamento, dispone, all'art. 9, ultimo comma, 
n. 2, che mediante l'esercizio di codesta funzione, su proposta del 
Ministro per i lavori pubblici, tra l'altro, � sono definiti gli aspetti metodologici 
e procedurali da osservare nella formazione dei piani territoriali 
regionali nonch� gli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi 
o massimi inderogabili da osservare ai fini della formazione dei piani 
urbanistici �. 
Tale norma, secondo la Regione ricorrente, in violazione degli 
artt. 5, 117, U8 e 123 della Costituzione, non garantirebbe alle Regioni 
a statuto ordinario il potere di dare una autonoma regol:amentazione 
alfa propria organizzazione interna ed ai propri uffici, ed avrebbe 
svuotato la competenza costituzionalmente spettante alle dette Regioni, 
di provvedere alla politica del territorio con diretta e specifica soddisfazione 
delle diverse esigenze da ogni singola Regione manifestate. 

L'attribuzione al Governo dei sopradetti poteri, per�, ad avviso 
della Corte, non integra la lamentata invasione della sfera di competenza 
delle Regioni a statuto ordinario. 

La definizione degli aspetti metodologici e procedurali da osservare 
nella formazione dei piani territoriali regionali, infatti, non incide, in 
quanto compiuta mediante l'esercizio della funzione di indirizzo e di 
coordinamento, sul potere delle Regioni di dare un'autonoma regolamentazione 
alla propria organizzazione ed ai propri uffici. 

Giova a tal riguardo considerare che nello stesso art. 9 del decreto, 
al penultimo comma, viene precisato che la detta funzione � si esercita 
al fine di assicurare anche unitariet� e coordinamento all'attivit� di 
pianificazione urbanistica ai vari livelli di circoscrizione territoriale � , 
e che, al n. 1 dell'ultimo comma, � disposto che sempre mediante l'esercizio 
della ripetuta �funzione � sono identificate le linee fondamentali 
dell'assetto del territorio nazionale� e � viene.verificata periodicamente 
la coerenza di tali linee con gli obiettivi della programmazione economica 
nazionale �. 

L'attribuzione di cui si sta valutando la conformit� al dettato costituzionale, 
rientra, per ci�, in tin pi� ampio contesto relativamente al 


1020 RASSE.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
quale la ricorrente non ha ravvisato esistenti ragioni di illegittimit� 
1020 RASSE.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
quale la ricorrente non ha ravvisato esistenti ragioni di illegittimit� 
costituzionale. 

E�ssa risponde certamente alla necessit� che vengano indirizzate e 
coordinate le attivit� amministrative delle Regioni che attengano ad / 
esigenze di carattere unitario. Non sarebbe, infatti, coerente con tale 
necessit� una formazione di piani territoriali regionali svincolata dal 
rispetto di metodi e procedure comuni a tutte le Regioni. 

Comunque, il limite alla regolamentazion~ dell'organizzazione in


a statuto ordinario non possono non mirare. 
Non �, d'altra parte, invasiva della sfera di competenza regionale 
la riserva allo Stato del potere di definire, nella sede e nei modi gi� 
indicati, gli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi e massimo inderogabili 
da osservare ai fini della formazione dei piani urbanistici. 
Con codesta attribuzione, infatti, non risulta svuotata la competenza 
regionale di provvedere alla politica del territorio e in particolare 
negata la possibilit� che siano in maniera diretta e specifica soddisfatte 
le esigenze, eventualmente diverse, manifestate da ogni singola Regione. 
La definizione degli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi 
e massimi inderogabili da osservare ai fini deUa formazione dei piani 
urbanistici non comporta ovviamente di per s� lo svuotamento della 
competenza regionale in materia. La sopra richiamata previsione e indicazione 
delle funzioni trasferite a sensi dell'art. 1 del decreto alle 
Regioni (a prescindere da quanto disposto con precedenti leggi tra cui 
la n. 81515 del 1971, art. 7), � infatti sufficiente a fornire un segno sicuro 
dell'ampiezza e della portata della competenza regionale nella materia 
dell'urbanistica, e ad escludere. che con la norma denunciata si sia 
verificato il temuto. svuotamento. 
Potrebbe, ad ogni modo, mancare per le Regioni la possibilit� di 
tenere presenti e tutelar.e le si'ecifiche esigenze proprie di ciascuna 
di esse. 
Senonch� una eventualit� del genere deve in realt� ritenersi 
esclusa solo che si mettano in rilievo i modi di definizione dei detti 
standard. 
Di fronte alla diversit�, da Regione a Regione, delle ripetute esigenze 
(e la ricorrente ha cura di segnalare le particolari caratteristiche 
del suo territorio, che imporrebbero l'adozione di speciali standard), la 
fissazione degli standard non pu� che avvenire, allo stato della legislazione 
�ordinaria, � per zone territoriali omogenee � siccome disposto con 
l'u1'timo comma dell'art. 41 quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 
(legge urbanistica), e, in sede di prima applicazione deHa legge 6 agosto 
1967, n. 765, con il d.m. 2 aprile 1968. 
terna e degH uffici di cui si lamenta la Regione, potrebbe in pratica 
essere di assai scarso rilievo, e trova ampia e piena giustificazione nel 
soddisfacimento di interessi unitari e generali �a cui anche le Regioni 


PARTE 11 SEZ. I, GIURIS. ~OSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1021 

Il fatto che codesto criterio, nella sua pratica attuazione, abbia 
potuto (come lamenta la Regione ligure) o possa non rispondere alle 
aspettative delle singole Regioni, non significa che esso non meriti conferma; 
e soprattutto da quella ,considerazione non pu� inferirsi che la 
norma che riserva allo Stato, in sede di esercizio della funzione di 
indirizzo e di coordinamento, la definizione degli standard, sia costituzionalmente 
illegittima. 

All'inconveniente che possa non aversi una esatta corrispondenza 
tra le esigenze localmente avvertibili e gli atti di esercizio della detta 
funzione, si pu� ovviare, e non c'� dubbio che, nei limiti della ragionevolezza, 
1o Stato in concreto ovvier�, dando largo spazio anche in 
questo specifico campo alle intese con le Regioni (per altro, previste 
al quarto comma dell'articolo in esame). 

Di modo che � consentito augurarsi e prevedere che alla omogeneit� 
delle zone territoriali si faccia ricorso nel modo pi� appropriato 
possibile e comunque rispondente alle tipiche necessit� locali, nel quadro 
del rispetto e della migliore tutela delle esigenze di carattere unitario. 

Alle Regioni in definitiva, con la corretta applicazione della norma 
oggetto della denuncia, non-viene impedito di operare, con gli strumenti 
urbanistici, una autonoma e responsabile politica del territorio: 
la loro attivit� al riguardo non � ridotta, in molti casi, come sostiene 
la ricorrente, ad una mera applicazione di decisioni che trovano aliunde 
la loro� fonte. 

La prefissione, in sede centrale, degli standard � quindi materia 
suscettibile d'essere disciplinata attraverso l'esercizio della funzione di 
indirizzo e di coordinamento. 

E non vale, in contrario, il rilievo che almeno in un caso limite 
(e cio� quando si fissino minimi tali da ledere il contenuto essenziale 
del didtto di propriet� che � costituzionalmente garantito) si versa in 
una materia che attiene ai principi fondamentali dell'ordinamento e la 
cui disciplina � coperta da riserva di legge, ai sensi dell'art. 42, comma 
secondo, della Costituzione. E ci�, per escludere che sulla stessa materia 
lo Stato possa esercitare la funzione di indirizzo e di coordinamento. 

Per lo St�to, la possibilit� che con atto avente forza di legge si 
disciplini una data materia o se ne fissino i principi generali, non 
esclude che sul terreno dell'attivit� amministrativa, ferme restando le 
competenze delle Regioni a statuto ordinario, sia attraverso l'esercizio 
della ripetuta funzione, legittimamente perseguita la tutela dell'interesse 
unitario che, 'Come si � gi� ricordato, rappresenta il limite di quella 
competenza ed il risvolto di esso. 

6. -Ad avviso della Regione ricorrente la competenza regionale 
sarebbe anche invasa a mezzo della disposizione dell'art. 12 del decreto 

1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in esame con la quale, trasferiti alla Regione i provveditorati alle opere 

pubbliche e gli uffici provinciali del Genio civile, si � stabilito in ordine 

alla titolarit� di detti organi, la permanenza della preposizione esistente 
.all'atto del trasferimento. 

L'illegittimit� costituzionale di detto articolo verrebbe in rilievo 

sotto un duplice profilo: per ci� che sarebbe stata unilateralmente sta


bilita la codipendenza di un organo da pi� enti e sarebbe stato, sempre 

unilateralmente, addossato l'intero carico finanziario alla Regione. 

Con la norma oggetto di censura, in effetti, sono stati trasferiti alle 

Regioni a statuto ordinario i detti uffici periferici del Ministero dei lavori 

pubblici, con esclusione di date sezioni e servizi dei provveditorati; e 

si � disposto che i provveditori alle opere pubbliche e gli ingegneri 

capi continuassero ad essere preposti ai rispettivi uffid, nonch� alle 

sezioni, servizi ed uffici speciali esclusi dal trasferimento. 

Solo della seconda delle due norme, come si � visto, si lamenta 

in sostanza la Regiooe ricorrente, e, ad avviso della Corte, non fon


datamente. 

Indubbiamente, al trasferimento delle funzioni non poteva non 

accompagnarsi quello del personale preposto agli uffici dello Stato e 

che quelle funzioni esercitava..Una differente soluzione del problema 

sarebbe stata oltre tutto illogica e avrebbe determinato una tempo


ranea difficolt� nella vita amministrativa delle Regioni. 

D'altra parte non appare ingiustificato o irrazionale che i funzio


nari preposti ai provveditorati e agli uffici provinciali del Genio civile 

mantengano, quali organi dello Stato, la preposizione agli uffid non 

trasfer�ti. 

Tale situazione � prevista come temporanea, fino al riordinamento 

dei servizi del Ministero dei lavori pubblici ai sensi della legge 28 otto


bre 1970, n. 775. Ed in quanto tale, � del tutto ammissibile. 

Come lo Stato provveder� a disciplinare la sorte del proprio per


sonale, cos� sin d'ora alle :r;:tegioni � consentito ampia :l�acolt� di strut


turare gli uffici tecnici trasferiti, secondo le rispettive esigenze, ovvia


mente nei limiti dei principi delle leggi dello Stato, giusta l'art. 117, 

prima parte della Costituzione. 

Siffatte possibilit�, ammesse dalla stessa Avvocatura generale dello 

Stato, concorrono a che sia considerata inconsistente la lamentata de


nuncia dell'art. 12. 

La regolamentazione del trasferimento e dello stato giuridico ed 

economico del personale fino alla istituzione dei ruoli regionali ed alla 

copertura dei relativi posti con il personale trasferito, non poteva 

non essere disposta dal legislatore statale, data l'importanza dei rela


tivi problemi, e per il rispetto egualitario dei diritt.i e delle legittime 

aspettative del personale trasferito. E per quanto sopra detto, non 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1023 

compromette la libert� delle Regioni di strutturare gli uffici trasferiti 
secondo le esigenze organizzative di ciascuna di esse: la contin.ata preposizione 
a detti uffici dei provveditori e degli ingegneri capi non presuppone 
e non comporta, infatti, che gli uffici (trasferiti) debbano mantenere 
l'attuale strutturazione. 

Ed infine, come � ammissibile che dati funzionari dipendano e 
dalla Regione e dallo Stato (per l'esercizio delle funzioni attribuite 
agli uffici riservati), cos� non � censurabile la disposta disciplina in 
ordine aU'incidenza del trattamento economico spettante al personale 
trasferito. Tutt'al pi� si sarebbe potuto prevedere una ripartizione dell'onere 
relativo, ma, come � facile osservare, le funzioni trasferite s�no 
di gran lunga pi� numerose e pi� impegnative di quelle riservate, e 
quindi !'accolta soluzione potrebbe apparfre, soprattutto perch� temporanea, 
del tutto equa e non lesiva del potere di organizzazione degli 
uffici e del connesso dovere di sopportarne gli oneri anche per il 
personale. 

7. -Infine, secondo la Regione ricorrente, sarebbe stato violato 
l'art. 117 della Costituzione, per cui la Regione � competente in tema 
di organizzazione dei propri uffici, quando, con l'art. 20, comma terzo, 
del.d.P..R. n. 8 del 1972., si � stabilita una regolamentazione per l'attribuzione 
dei posti risultati vacanti nei r'uoli regionali dopo il primo 
inquadramento del personale statale trasferito. 
Seno~ch�, l'avere previsto che sino ad un anno dall'entrata in 
vigore delle singole leggi regionali sui ruoli organici, la met� dei 
posti disponibili dopo l'inquadramento del personale statale trasferito, 
debba essere conferita nelle singole qualifiche di tali ruoli, per mezzo 
di concorsi di trasferimento riservati al personale di pari qualifica e 
di ruoli corrispondenti gi� trasferito ad altra Regione ai sensi del detto 
decreto, non integra una disposizione invasiva della competenza �regionale, 
violando il potere di autorganizzazione spettante alle Regioni in 
relazione ai rispettivi uffici. 

Non giova osservare, come fa la Regione ricorrente, che l'invasione 
c'� perch� con il terzo comma dell'art. 20 si detta una disciplina per un 
personale che proprio per effetto dell'avvenuto inquadramento, non � 
pi� statale ma regionale. Non va trascurato, in contrario, che la norma 
de qua � dettata per un personale statale, che diverr� regionale solo 
dopo l'inquadramento nei ruoli, ed � destinata ad operare per un breve 
periodo (e cio� per l'anno immediatamente successivo alla entrata in 
vigore delle leggi regionali istitutive dei ruoli regionali) e sofo per la 
copertura di met� dei posti a quel tempo ancora disponibili, ed in fatto 
operer� se ed in quanto verranno dalle Regioni banditi entro quel 
periodo i previsti concor~i. 


1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E per ci� non pu� non essere riconosciuto il conveniente peso all'esigenza 
di salvaguardia delle posizioni del personale trasferito, per cui la 
tutela di tali posizioni non si deve esaurire �con il primo inquadramento 
ma va opportunamente mantenuta sino a quando, nei tempi e con le 
forme di cui al comma in esame, il personale gi� statale sia messo in 
grado di conseguire la sua definitiva sistemazione nei ruoli regionali. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 142 -Pres. Chiarelli -
Rel. Mortati -Presidente Regione Emilia-Romagna (avv. Galgano), 
Presidente Regione Lombardia (avv. Benvenuti, Elia), Presidente 
Regione Lombardia (avv. Benvenuti, Elia), Presidente Regione 
Umbria (avv. Piras, Cervati) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni 
in materia di agricoltura e foreste, cacci� e pesca -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost.� artt. 117, 118. 119, 135, 76, VIII disp. trans.; 1. 16 magio 1970, n. 281, 
artt. 17, 18; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, artt. 2, 3. 4 lett. a, b, e, d, e, f, g,. 
h, i, l, m, n, o, p, q, r, s, t, 10, 11, 13, 15, 16, 17, 18, 19). 

Non sono fondate, con riferimento alle norme della Costituzione 
attributive della competenza in materia di agricoltura e foreste, caccia 
e pesca alle Regioni a statuto ordinario, ed alla legge di delega 16 maggio 
1970, n. 281, le questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 
15 gennaio 1972, n. 11� sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario 
delle funzioni amministrative statale in materia di agricoltura e foreste, 
caccia e pesca, nelle acque interne, e del relativo personale (1). 

(Omissis). -2. -Le censure rivolte a molte disposizioni del d.P.R.. 
15 gennaio 1972, n. 11, con cui sono state trasferite alle Regioni a 
statuto ordinario le funzioni amministrative statali in materia di agricoltura 
e foreste, riguardano per la pi� gran parte la riserva disposta 
a favore dello Stato di settori �che si assumono rientranti nella materia 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorsi 
proposti dalla Regione Emilia-Romagna, Lombardia e Umbria notificati 
rispettivamente il 16, 17 e 20 marzo 1972. 
Corte Cast. 18 febbraio 1970, n. 20, citata in motivazione, leggesi 
in questa Rassegna, 1970, .I, 182; rper Corte cast. 3 marzo 1972, n. 40, vedi 
id., I, 185. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1025 

stessa e pertanto da affidare alla competenza regionale, e ci� in contrasto 
con gli artt. 117 e 118 nonch� con l'art. 76 Cost., per l'incorsa 
inosservanza dei princip� contenuti nell'art. 17 della legge di delega 
16 maggio 1970, n. 281. Si censurano poi le disposizioni le quali hanno 
ad oggetto o la delegazione alle Regioni di materie che non sono da 
considerare di competenza statale in contempo,raneit� al passaggio degU 
uffici, o l'invasione della competenza regionale da parte di disposizioni 
concernenti il trattamento del personale trasferito, o infine l'affidamento 
allo Stato, �n via transitoria, di provvedimenti amministrativi che abbiano 
importato precedenti assunzioni di impegni nel bilancio statale. 

3. -Per potere valutar~ la fondatezza dei cennati motivi di impugnativa 
occorre determinare l'esatta portata dell'art. 17 della legge di 
delegazione, della quale si assume la violazione da parte dei provvedimenti 
denunziati. Non appare dubbio che detto articolo, come risulta 
dalla sua dizione letterale e dal richiamo da esso fatto aH'VIII disposizione 
transi.toria, ha disposto il trasferimento alle Regioni solo di quelle 
funzioni amministrative che, per una parte, risultino inerenti alle materie 
elencate nell'art. 117 Cost., e siano contenute nel limite degH interessi 
connessi alle esigenze delle singole Regioni senza travalicare in 
quelli propri dello Stato e di altre Regioni, e, per l'altra parte, esercitate 
all'atto del trasferimento, da organi centrali o periferici dello 
Stato. Sicch� dovevano rimanere fuori dell'obbligo del trasferimento 
tanto le competenze non rientranti nella materia, obiettivamente considerata, 
quanto le altre che, se pure ad essa riconducibili, riguardassero 
interessi trascendenti la sfera regionale, e infine quelle estranee 
alla competenza dell'organizzazione diretta, centra:te o periferica, dello 
Stato. 
� solo nell'ambito delle materie in tali limiti suscettibili di trasferimento 
che l'art. 17" mentre, ha da un lato voluto tutelare le esigenze 
di carattere unitario attribuendo allo Stato �la funzione di indirizzare e 
di coordinare ,l'attivit� amministrativa oggetto del trasferimento tutte 
le volte che essa lo richiedesse, ha poi, dall'altro, curato di assicurare, 
per quanto possibile, l'organicit� nell'esercizio della medesima, assegnando 
alla Regione, a titolo di delegazione, compiti statali quando 
essi venissero a costituire un residuo rispetto a quelli prevalenti oggetto 
del trasferimento. 

Risulta perci� 'Chiaro che l'art. 17 nel richiedere che il passaggio 
di attribuzioni dovesse avvenire per � settori organici di materie � non 
ha inteso, n� avrebbe potuto, influire sulla determinazione delle materie 
stesse, ed anzi, prevedendo la delegabilit� di competente statali � residue 
�, ha dato per ammessa possibilit� di una non perfetta coincidenza 
della parte trasferibile con quella argomentabile da una generica loro 
qualificazione. 


1026 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4. -Passando ora all'analisi, alla stregua dei principi enunciati, 
delle singole censure fatte valere, � da escludere la fondatezza di quella 
rivolta avverso l'art. 2, secondo comma, che, in via transitoria e cio� 
� fino a quando non si proceder� al loro riordinamento �, affida allo 
Stato ogni competenza in ordine agli enti pubblici in agricoltura a 
carattere nazionale o pluriregionale. L'Emilia-Romagna e l'Umbria fanno 
rilevare che il rinvio a tempo indeterminato del riordinamento che 
avrebbe dovuto regionalizzare gli enti di cui si tratta costituirebbe 
inadempimento della delega ex art. 17 citato, secondo cui si sarebbe 
dovuto, entro il biennio ivi previ-sfo, adottare ogni specie di provvedimento 
necessario ad investire le Regioni della pienezza delle loro 
funzioni. 
A contestare l'esattezza di tali asserzioni basta richiamarsi a quanto 
si � detto sull'esclusione dell'�bbligo del trasferimento delle funzioni 
non esercitate dallo Stato, sicch� nessun fondamento pu� riconoscersi 
all'invocato rispetto del termine del biennio, trattandosi di 
settori di attivit� ai quali esso non si riferisce. 

Egualmente infondata � poi la censura mossa all'art. 3 che si 
limita a riprodurre il disposto dell'VIII disp. trans. e finale-della Costituzione. 


5. -Non suscettibili di trasferimento devono considerarsi anche 
quelle materie che non possono ricondursi al settore dell'agricoltura. 
Settore che, per la sua comple,ssit� e disorganicit�, appare di non agevole 
delimitazione. Ad essa non si pu� perv�enire avendo riguardo al 
fatto dell'attribuzione dei compiti affidati al Ministero dell'agricoltura, 
poich� ad essa si � a volte provveduto per considerazioni di opportunit� 
politica che hanno condotto ad accentrare nel medesimo una 
serie di funzioni che solo in via generica e senza un nesso diretto possono 
farsi. rientrare nella �cura degli interessi connessi ai prodotti del 
suolo. � chiaro invece c.he a quest'ultima specie di interessi occorre 
aver riguardo per la determinazione dell'am)Jito della materia dell'agricoltura 
di cui l'art. 117 ha disposto il trasferimento. Da tale premessa 
� facile argomentare l'assoluta estraneit� ad essa dell'oggetto considerato 
alla lettera i) dell'art. 4 r�elativo all'ordinamento del credito 
agrario, che, come settore particolare di un'attivit� pi� generale, comprensiva 
di ogni specie di operazione bancaria, si deve uniformare alla 
regolamentazione aq essa indirizzata. Ci� pu� risultare comprovato, 
oltre che dal c�nfronto con gli Statuti sJ,ieciali, i quali, quando attribuiscono 
competenze riguardanti H credito, lo fanno differenziandole 
da quelle dell'agricoltura, anche dai lavori preparatori della Costituzione 
dai quali risulta che la proposta che �era stata formulata di attribuire 
competenza in materia di credito alle Regioni a statuto ordinari~ 
teneva distinta quest'ultima da quella dell'agricoltura. Proposta che 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1027 

venne respinta nella considerazione che la disciplina del credito non 
potesse avvenire altrimenti che a livello nazionale per la stretta correlazione 
con l'intera politica economica e monetaria. Al che pu� aggiungersi 
anche il rilievo che gli aspetti privatistici dell'attivit� creditizia 
la rendono' incompatibile con l'intervento delle Regioni. Un'ulteriore 
riprova dell'esattezza delle precedenti considerazioni pu� trarsi 
dalle stesse deduzioni di parte che, per r.ivendicare alle Regioni la 
materia del credito, fanno ricorso ad un criterio finalistico che ~ovrebbe 
presiedere alla ripartizione delle competenze, e cos� condurre ad assegnare 
agli enti regionali quelle fra esse che, pur non proprie dell'agricoltura, 
vi ,dovrebbero essere ricondotte perch� strumentali alle altre, 
e quindi necessarie all'integrale soddisfazione di tutti gli interessi in 
essa convergenti. La Corte ha gj.� statuito in senso contrario con la 
sentenza n. 20 del 1970, s1econdo cui la determinazione della materia 
regionale deve farsi in modo obiettivo senza riferimento al risultato 
da conseguire, cio� senza riguardo all'influenza che su essa pu� deri~ 
vare dall'esercizio di poteri appartenenti a sfere diverse. 

Pu� ammettersi che sussista un indubbio interesse di queste ultime 
all'incremento di misure creditizie corrispondenti alle esigenze di sviluppo 
� di potenziamento della produzione agricola, ma esso deve ritenersi 
sufficientemente soddisfatto con gli interventi loro consentiti dalla 
lettera m) dell'art. 1, indirizzati allo scopo di agevolare l'accesso al 
credito (ivi compresi i rapporti con gli istituti di credito), effettuabili 
con l'erogazione di sussidi in conto capitale, con il concorso nel pagamento 
degli interessi, cui fa rimerimento l'art. 35 della legge 27 ottobre 
1966, n. 910, e simili. 

Ugualmente estranea alle competenze delle Regioni, perch� trascendente 
l'ambito della materia dell'agricoltura, � quella dell'alimentazione 
di.cui alla lettera o) dell'art. 4, che la Regione Umbria ha impugnato, 
senza tuttavia addurre alcun motivo a sostegno. 

6. -Esulante dalla materia dell'agricoltura deve considerarsi anche 
quella riguardante i parchi nazionali, per i quali la lettera s) dispone 
una riserva a favore dello Stato, impugnata dalle Regioni EmiliaRomagna 
e Umbria. Infatti la formazione di tali parchi vuole soddisfare 
l'interesse di conservare integro, preservandolo dal pericolo di 
alterazione o di manomissione, un insieme paesistico dotato ,di una sua 
organicit� e caratterizzato da valori estetici, scientifici, ecologici di 
raro pregio, quali possono presentarsi anche in confronto a territori 
privi di vegetazione o comunque, pur quando que<Sta sussista, destinata 
a rimanere esclusa da quelle utilizzaz.ioni produttive che costituiscono 
l'oggetto specifico dell'attivit� agricola. 
7. -Un motivo analogo al precedente pu� essere invocato per giustificare 
la riserva statale riguardante il reclutamento e l'addestramento 

1028 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO 'STATO 
del corpo forestale e le scuole istituite a tale scopo considerate dalla 
1028 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO 'STATO 
del corpo forestale e le scuole istituite a tale scopo considerate dalla 
lettera t). Si tratta infatti di una attivit� attinente alla formazione cul


turale e professionale di un personale destinato all'assunzione di fun


zioni richiedenti una particolare specializzazione tecnica, non dissi


mile da quella che si richiede per l'esercizio di numerose professioni 

e perci� rientr�nte nel �campo proprio dell'istruzione. 

Considerazioni diverse sono da prospettare in ordine all'altra 

parte della stessa lettera t) che pure essa esclude dal trasferimento alle 

Regioni quanto attiene all'inquadramento del predetto :personale fore


.stale. Come risulta dalla correlazione co~ l'art. 11, ultimo comma, le 

Amministrazioni regionali dispongono del personale predetto limitata


mente all'impiego del medesimo, il che importa l'attribuzione alle stesse 

della titolarit� di tutti i poteri di supremazione speciale necessari ad 

assicurare la piena utilizzazione di tale personale �e la fedele attuazione 

delle diretti.ve di politi-ca forestale nel quadro di quella nazionale. 

Contrariamente a quanto sostengono le tre Regioni ricorrenti, 

l'affidamento allo Stato dello stato giuridico degli appartenenti al corpo 

forestale trova fondamento nella natura delle funzioni ad esso assegnate 

che comprendono la polizia forestale, cio� una attivit� che sfugge alle 

Regioni (cui l'art. 117 conferisce poteri solo per la polizia locale urbana 

-e rurale) ed altresi un'altra �serie di compiti pure essi di esclusiva o 

prevalente competenza statale, come la difesa del ruolo, la protezione 

dell'ambiente naturale, nonch� dei parchi nazionali, la lotta contro gli 

incendi. 

8. -Altre norme limitative della competenza regionale si riferiscono 
alla disciplina di materie che pur rientrando nell'agricoltura toccano 
gli interessi di pi� Regioni. Questo si verifica per l'ipotesi di cui 
alla lettera f), riguardante la classificazione dei comprensori di bonifica, 
la determinazione dei bacini montani e delle zone depresse, o 
l'approvazione dei piani generali di bonifica o di sistemazione di detti 
bacini o zone, in quanto ricadano nel territorio di due o pi� Regioni. 
Quest'ultima circostanza conduce ad escludere che possa riconoscersi 
ad ognuna delle Regioni cointeressate quella pienezza di poteri in materia 
di bonifica che l'art. 1, lettera h), riconosce allorch� le opere non 
sorpassino l'ambito territoriale di ciascuna. Nell'ipotesi contraria l'intervento 
dello Stato appare necessitato dal difetto nell'attuale diritto 
positivo degli strumenti organizzatori idonei a rendere possibile la compartecipazione 
di pi� Regioni neUe deliberazioni da prendere per la 
gestione degli interessi comuni e per la regolamentazione dei corre--
lativi 
obblighi e responsabilit�. N� a superare tale situazione potrebbe 
utilmente farsi ricorso, come le difese sostengono, all'elevamento di 
conflitti di attribuzione, poich� essi presuppongono una determinazione 
di distinta sfera di competenza che invece fa difetto. 

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f:'. 

i:: 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1029 

Pu� conversi nell'auspicio che intervengano provvedimenti legislativi 
in. tale direzione, essendo esatto quello che le �difese deUe Regioni 
fanno valere circa la convenienza di una disciplina dei rapporti 
interregionali, in considerazione della non corrispondenza a volte riscontrabile 
tra la configurazione data dall'art. 134 ai nuclei regionali, 
sulla base �di dati storico~statistici, e quella che sono venuti ad assumere 
sotto l'aspetto socio-economico. Ma, fino a quando non si sar� 
addivenuto a tale regolamentazione, non potr� prescindersi dall'intervento 
dello Stato, sicch� per ora le esigenze delle Regioni devono ritenersi 
suffidentemente soddisfatte dall'obbligo della previa intesa con 
le medesime, prescritto dalla disposizione in esame. 

9. -Considerazioni non diverse, sotto l'aspetto del difetto di 
un'apposita disciplina, necessaria ad ottenere che la soddisfazione degli 
interessi connessi all'esercizio di un'attivit� affidata alla Regione venga 
in ogni caso assicurata, p�ssono invocarsi nei riguardi dell'impugnativa 
che si rivolge alla lettera b) dell'art. 4 relativa all'applicazione 
di atti della Comunit� economica europea (alla quale pu� accostarsi 
l'altra che attiene agli interventi a favore degli organismi associativi 
di produttori agricoli previsti da regolamenti della CEE, di cui alla 
successiva lettera m). Occorre anzitutto precisare che la censura � 
ammissibile solo con riferimento agli interventi sulle strutture agricole, 
rimanendo estranea alla sfera regionale, secondo sar� appresso 
chiarito, quelli relativi tanto alla politica dei prezzi e dei mercati 
quanto al commercio dei prodotti agricoli ivi considerati. 
A sostegno della impugnativa non � sufficiente richiamarsi all'articolo 
189, terzo comma, del Trattato di Roma istitutivo della Comunit�, 
che fa rinvio agli ordinamenti interni degli Stati partecipanti per 
la disciplina del concreto esercizio. delle attivit� necessarie all'adempimento 
degli impegni ad essi assunti; ci� perch� ogni distribuzione 
dei poteri di ~mplicazione delle norme comunitarie che si effettui a 
favore .di enti minori diversi dallo Stato contraente (che assume la 
responsabilit� del buon adempimento di fronte alla Comunit�) presuppone 
il possesso da parte del medesimo degli strumenti idonei a realizzare 
tale adempimento anche di fronte all'inerzia della Regione che 
fosse investita della competenza dell'attuazione. Strumenti di tal genere 
fanno difetto nel nostro ordinamento, �e ad essi ~on potrebbe supplirsi 
con il potere di indirizzo di cui all'art. 17 della legge di delegazione 
poich� alla inottemperanza ad esso non si potrebbe in alcun 
modo porre riparo, non riuscendo allo Stato� sostituirsi nell'esercizio 
della competenza una volta effettuato il suo trasferime'nto. Pertanto, 
fino a quando tale situazione non venga modificata con il ricorso alle 
forme a ci� necessarie, il solo mezzo utilizzabile per fare concorrere le 
Regioni all'attuazione dei regolamenti comunitari � quello della dele



1030 RASSEGNA DELL'AVVO~ATURA DELLO STATO 

gazione di poteri in materia di strutture agrarie, che appunto offre il 
rimedio della sostituibilit� del delegante in caso di inadempimento del 
delegato. 

10. -Un altro gruppo di riserve a favore dello Stato stabilite dall'art. 
4 riguarda materie che, mentre attengono all'agricoltura in modo 
solo marginale, in quanto interferiscono su settori ad essa non riconducibili, 
trascendono le stesse possibilit� di azione consentite alla Regione, 
e non possono venire congruamente regolate se non sulla base 
di interventi che ubbidiscano ad una visione unitaria, che altres� possano 
giovarsi di strumenti corrispondenti all'ampiezza che devono assumere 
ove vogliano riuscire efficienti, ed infine siano suscettibili di 
estendere i loro effetti con eguale effi�cacia su tutto lo Stato. Per tali 
materie � l'esigenza del rispetto dell'interesse nazionale quale prevista 
dall'art. 117 eh giustifica la sottrazione, totale o parziale, della loro 
disciplina all'autonomia regionale, nella sfera legislativa come in quella 
amministrativa. In questa categoria devono farsi rientrare le fattispecie 
prev.iste dalle lettere g) e h) dell'art. 4 riguardanti la sistemazione 
idrogeologica, la conservazione del suolo, la protezione della 
natura. Esse infatti esigono interventi di difesa dell'ambiente a prevenzione 
di ogni specie di danni .provenienti da eventi, naturali o da 
opera dell'uomo, atti a comprometterne l'integrit�, ed esigono un'attivit� 
continuativa e sistematica, esplicantesi con gli interventi pi� vari 
spesso sorpassanti i singoli ambiti territoriali. Non � contraddittorio, 
come assumono le tre Regioni ricorrenti, che le disposizioni denunciate, 
mentre dispongono la riserva a favore dello Stato, impongono� poi, da 
un lato, che l'esercizio dei suoi poteri venga preceduto dall'audizione 
del parere delle Regioni interessate, e, dall'altro, fanno salvi gli interventi 
di queste ultime, in quanto non contrastanti con quelli statali. 
Infatti la norma impugnata, cos� disponendo, mentre garantisce lo 
svolgimento' di una politica nazionale ecologica, che non potrebbe 
riuscire proficua se non poggiasse sulla base di un'organica programmazione 
valevole per l'intero territorio nazionale, lascia poi all'autonomia 
delle Regioni margini sufficienti alla tutela di quella parte dell'ambiente 
.pi� str�ettamente �connesso agli interessi dell'agricoltura e 
foreste e contenuta entro il territorio di ognuna. 
11. -Considerazioni non diverse sono da far valere, e perc10 conducono 
ad escludere la fondatezza delle �ensure mosse dai ricorsi della 
Lombardia e dell'Umbria, nei riguardi della lettera d) che considera 
il settore del commercio internazionale di piante, di semi, di bestiame 
o materiale seminale, o in generale di prodotti agricoli o zootecnici, 
un'attivit� cio� evidentemente sorpassante la capacit� di azione� delle 
Regioni. Ci� pu� dirsi anche nei confronti del commercio delle sementi 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1031 

poich�, pur se si dovesse ritenere che il limite sussista anche quando 
esso non riguardi l'importazione e l'esportazione, varrebbero vincoli 
discendenti da regolamenti della Comunit� economica europea, pel cui 
rispetto, come � stato chiarito, si rende necessario sottrarre la materia 
alla disponibilit� delle Regioni. 

12. -In ordine al 'commercio all'interno dello Stato le lettere m) 
e q) dell'art. 4, che riguardano, la prima, gli interventi per la regolazione 
del mercato agri�olo e la seconda le rkerche ed informazioni di 
mercato, la disciplina disposta deve �essere messa in correlazione con 
l'art. 1, lettera r), risultando da essa una ripartizione di competenza 
che appare razionale. Infatti, mentr�e sono trasferite alle Regioni le 
ricerche �ed informazioni di mercato, le attivit� promozionali, gli studi 
e le iniziative di divulgazione inerenti a problemi agrcoli e forestali, 
� riservato allo Stato un complesso di altre attivit� rispetto alle quali 
le Regioni non potrebbero vantare alcuna pretesa. Ci� appare chiaro 
nei confronti degli interventi che si esplicano con la realizzazione, a 
totale �carico dello Stato, di impianti di interesse nazionale per la 
raccolta, conservazione, lavorazione, trasformazione e vendita di prodotti 
agricoli o zootecnici, al fine di regolarne la immissione sul mercato, 
nonch� la conservazione di scorte. � chiaro infatti che una politica 
del mercato agricolo, strettamente legata al quadro della programmazione 
nazionale, cui la stessa disposizione si richiama, non si renderebbe 
possibile senza una direzione unitaria e senza il sussidio di 
quei disipositivi tecnici necessari a renderla congrua ai fini da perseguire, 
mentre gli interessi della Regione riescono salvaguardati dall'obbligo 
dell'audizione del loro parere in ordine ?gli impianti da istituire. 
Di fronte a questa ovvia esigenza la difesa attrice nessun'altra 
obiezione ha opposto se non l'asserito difetto, fino ad oggi, di una siffatta 
politica: una circostanza cio� irrilevante sotto l'aspetto della 
legittimit� costituzionale, cui � qui da limitare l'esame. 
A parte altri interventi connessi all'osservanza di regolamenti della 
Comunit� economica europea di cui 'si � detto (ed a parte anche i 
marchi e le denominazioni tipiche di prodotti agricoli, pei quali non 
sembra sia stata formulata esplicita impugnativa), � da osservare, in 
ordine a quelli che la stessa lettera m) prevede con la genertca :formulazione 
della � regolazione del mercato agricolo � che essi, se interpretati 
in correlazione con il ricordato art. 1, lettera r), rimangono 
circoscritti dal fine della tutela d'interessi ultraregionali, �e �come tali 
giustamente sottratti al trasferimento. 

Connessa alla materia del commercio � quella di cui alla lettera n) 
relativa alla repressione delle :frodi nelle sostanze ad uso agrario o di 
prodotti agrari. Materia che, pel fatto di richiedere, da una parte, un 
complesso di istituti specializzati di controllo, e dall'altra di un appa



1032 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rato di prevenzione e di repressione, di competenza degli organi statali 
della polizia giudiziaria e della magistratura, si sottrae agli interventi 
regionali. 

13. -Infondato appare anche il motivo del ricorso proposto dali 
l'Umbria che denuncia la invalidit� della lettera e). Infatti sembra 
chiaro che la ricerca e la sperimentazione scientifica ed il coovdinamento 
metodologico delle medesime quando siano estese, come ivi � 
previsto, a tutto il territorio nazionale non possono essere sottratte ! 
allo Stato, che solo dispone degli ingenti mezzi richiesti e solo pu� . I 
dare vita agli enti o ~stituti indirizzati a detti fini, differenzandoli per 
grandi settori, in modo da asstcurare la necessaria specializzazione I 
I 

nonch� il coordinamento dei �compiti ad essi assegnati. Ci� che risulta 
I 
I

confermato dalla legge 27 ottobre 1966, n. 910 (second9 piano verde), 

I

che alla sperimentazione dedica l'art. 2 e ivi prevede la istituzione di 
un comitato nazionale di sperimentazione agraria. I 

i

Con pi� forte ragione poi devono consideravsi estranee alle Re


1 

gioni quelle attivit� di ricerche e di studio connesse alla program


! 

mazione agricola nazionale, cui ha riguardo la lettera r) dell'articolo 
in esame, le quali non potrebbero essere sottratte agli organi centrali, 
sia pure con il necessario concorso della Regione alla predisposizione 
del programma stesso. 

Certamente siffatta riserva statale non preclude in alcun modo le 
iniziative di sperimentazione e di ricerca da parte delle. singole Regioni, 
effettuabili anche -quando ci� si renda possibile -con l'utilizzazione 
degli istituti statali; cosi come non esclude l'eventuale delega 
statale a favore delle medesime di compiti per i quali si palesassero 
utili iniziative di decentramento. 

La stessa garanzia d'uniformit� sta alla base del disposto della 
successiva lettera e) riguardante la tenuta dei registri di variet� e 
dei libri genealogici, q�ando la unicit� sia richiesta per tutto il territorio 
nazionale. 

14. -La Regione Umbria impugna anche l'art. 4, lettera l), che riserva 
allo Stato il demanio armentizio ed una part� della materia degli 
usi civici. Per quanto riguarda il demanio armentizio (denominazione 
che � assunta a qualificare il regime dei � tratturi� di Puglia e 
delle � trazzere � di Sicilia, quali trovano disciplina nel r.d. delegato 
30 dicembre 1923, n. 3244, e nei Regolamenti nn. 2801 del 1927 e 1706 
del 1936) si potrebbe osservare come, mancando ogni interesse all'impugnativa 
della ricorrente Regione Umbria, per il fatto che essa non 
annovera nei suo territorio beni di tale natura, n� presumibilmente 
possa costituirne in futuro, se ne dovrebbe dichiarare la inammissibilit�. 
Ma, a prescindere da ci�, le norme richiamate, nel disporre la 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1033 

conservazione, la alienazione o la trasformazione in strade rotabili delle 
dette vie di comunicazione (e anche la legittimazione dei possessi abusivi 
delle aree dell'antico demanio) hanno a loro oggetto un insieme di 
interessi di cui quelle dell'industria armentizia costituiscono solo un 
settore, non isolabile dagli altri. 

15. -Nei confronti della materia degli usi civici, risulta' dalla 
correlazione fra la lettera l) dell'art. 4 �ed il precedente art. 1, u.c., una 
ripartizione di competenza operata fra Stato e Regione nel senso di 
mantenere al primo quel complesso di attribuzioni di cui alla legge 
16 giugno 1927, n. 1766, che o rivestono carattere giurisdizionale (e 
perch� tali pertinenti solo allo Stato) o che, pur avendo indole amministrativa, 
attengono a rapporti i quali, PE'.r la interferenza presentata 
di. aspetti privatistici, esulano dalla competenza regionale. Rientrano. 
in tale categoria i procedimenti per l'accertamento dei diritti di promiscuo 
godimento delle terre, per la determinazione delle porzioni di 
terreno da conferire in compenso della liquidazione degli usi civici, per 
la legittimazione del possesso degli altri terreni sui quali sono stati 
effettuati sostanziali migliorie con correlativa fissazione del canone 
enfiteutico a carico del legittimato, e infine per lo scioglimento delle 
promiscuit�. Ed invece si dispone il trasferimento alle Regioni di tutti 
quei compiti di pi� evidente indole pubblicistica, come sono (oltre al 
controllo ed alla vigilanza sulla gestione dei terreni comunali e sugli 
enti di amministrazione dei beni di uso civico, ed altres� all'approvazione 
degli Statuti delle associazioni agrarie) quelli conness'i all'interesse 
alla rapida definizione delle operazioni di sistemazione dei beni 
di uso civico, e gli altri, ancora pi� rilevant.i, del conseguimento del 
massimo incremento della produzione. Finalit� che si realizzano mediante 
le attivit� previste dal citato art. 1, e cio� con l'approntamento 
dei piani di trasformazione e sistemazione fondiaria che devono precedere 
l'assegnazione delle quote, e soprattutto con la ripartizione dei 
terreni utilizzabili per la cultura agraria di cui all'art. 13 della legge 
n. 1766 citata, e con l'assegnazione dei terreni a tale �cultura, oppure 
al bosco o al pascolo (in quanto non se ne autorizzi la vendita ai sensi 
dell'art. 12) secondo i criteri di contemperamento dei .diversi bisogni 
della popolazione, giusta il disposto del successivo art. 14. 
16. -La censura che la Regione Lombardia muove al terzo comma 
dell'art. 8 del decreto in esame, fondata sul rilievo che le materie ivi 
considerate sono riconosciute proprie delle Regioni, appare manifestamente 
infondata. Infatti non � da accogliere l'interpretazione dell'art. 
17 secondo cui il potere di indirizzo, da porre in funzione del 
coordinamento, sarebbe esercitabile solo rispetto ad attivit� produttive 
di effetti al di l� del territorio regionale. Invece, come gi� si � 
detto, la tutela di interessi unitari voluta assicurare da detto articolo 

1034 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricorre proprio in confronto a competenze che, pur non riflettendosi 
su altre Regioni, non potrebbero essere rilasciate all'assoluta discrezionalit� 
dell'ente che ne � titolare senza danno per l'intera collettivit� 
nazionale. 

17. -La Regione Lombardia impugna anche l'art. 10 perch�, stabilendo 
una riserva sia pure temporanea a favore dello Stato, contrasterebbe 
in .particolare con l'art. 119 Cost. oltrech� con l'art. 18 legge 
n. 281. La doglianza non appare fondata, poich�, per quanto riguarda 
i provvedimenti gi� in corso di definizione, pei quali era stato assunto 
il relativo im,pegno di 'spesa a carico del bilancfo statale pri;ma del 
trasferimento alle Regioni, sembra �che la disposizione si informi al 
principio della conservazione delle competenze gi� validamente in corso 
di espletamento per singoli atti, nonch� dell'integrit� degli stanziamenti 
di bilancio per tutto l'esercizio finanziario in corso. Ci�, .contrariamente 
a quanto si assume, non contrasta con l'art. 119 Cost. poich� non 
viene in nessun modo �contestato il diritto della Regione alla attribuzione 
di tributi propri o di quote di tributi erariali, e neppure con 
l'art. 18 della legge finanziaria poich� questo stabilisce che la soppressione 
o riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione 
dei vari ministeri avvenga con effetto dall'inizio dell'esercizio finanziario 
successivo alla data di entrata in vigore dei decreti di trasferimento, 
e �quindi lascia del tutto impregiudicata la sorte degli 
stanziamenti afferenti al precedente bilancio, che, salvo statuizione 
che espressamente disponga in �contrario, seguono la sorte stabilita dalla 
legge sulla contabilit� generale dello Stato. Per quanto poi attiene alla 
parte dell'art. 10 riguardante le spese pluriennali per le quali la 
prima annualit� era stata messa a carico di esercizi finanziari anteriori 
al trasferimento, � da ritenere che nessuna lesione da ci� provenga 
all'inter�sse delle Regioni alle quali va il beneficio delle erogazioni 
pr tutto il periodo predisposto per lo scaglionamento della spesa. 
Anche per l'ultima parte dell'art. 10, che fino a tutto il 1973 mantiene 
allo Stato la definizione dei provvedimenti finanziati con somme mantenute 
in conto residui, sono da far valere esigenze di carattere contabile, 
e d'altra parte essa espressamente prevede il trasferimento delle 
somme non ancora impegnate alla data predetta al � fondo � per il 
finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, di cui all'art. 9 
legge finanziaria. 
18. -Un ultimo motivo di impugnativa proposta dalla Regione 
lombarda si rivolge agli articoli da 15 a 19, tutti ritenuti contrastanti 
con l'art. 17 legge n. 281 e con l'VIII disposizione transitoria, nella 
constderazione che, in primo luogo, avrebbero previsto il trasfer�

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1035 

mento degli uffici statali periferici senza che ad esso si accompagnasse 
il contemporaneo passaggio del personale addettovi, ed inoltre disposto 
in materia di ordinamento degli uffici e di trattamento economico del 
per~onale trasferito alle Regioni, in contrasto anche con quanto stabilito 
dalla Corte nella sentenza n. 40 del 1972. 

La prima censura trova una smentita nello stesso testo impugnato, 
poich� da esso e dalle tabelle allegate, le quali fissano il contingente 
del personale che cessa di far parte dei ruoli statali, risulta la contemporaneit� 
del dupUce trasferimento. 

Anche la seconda � da rigettare poich� le norme impugnate si 
limitano o a fissare le modalit� del passaggio del personale (artt. 15 
e 16), oppure pongono principi diretti a. tutelare diritti quesiti, quali 
sono quelli relativi al trattamento di missione allovch� si dispongano 
trasferimenti di sede (comma settimo art. 15, u.c. art. 16, art. 17) o 
al mantenimento delle posizioni economkhe e di .carriera gi� godute 
(art. 18). Nessun elemento in contrario pu� desumersi dalla invocata 
sentenza n. 40 che ebbe a dichiarare l'invalidit� dell'art. 67 le.gge 

n. 62 del 1953 nella parte in cui imponeva il rispetto di semplici norme 
statali, mentre nella specie, come si � detto, l'obbligo riguarda l'osservanza 
di princ�pi. Ci� sembra potersi affermare anche nei confronti 
dell'ultimo comma dell'art. 18 che, in via transitoria, fino ad un anno 
dall'entrata in vigore delle leggi .istitutive dei ruoli regionali, dispone 
che la met� dei posti disponibili, dopo effettuato l'inquadramento nelle 
singole qualifiche dei ruoli, siano conferiti mediante trasferimento sulla 
base di concorsi riservati al personale di uguale qualifica e di ruoli 
corrispondenti, gi� trasferiti ad altra Regione. Infatti tale disposizione 
viene incontro a quelle esigenze di assestamento in relazione ad esigenze 
personali o familiari dei funzionari, tanto pi� apprezzabili quando 
si tenga presente l'automaticit� del passaggio alle Regioni del personale 
addetto agli uffici periferici dello Stato aventi sede nel loro 
territorio, che viene a privare gli appartenenti ad esso della possibilit� 
dei trasferimenti che erano prima effettuabili, data l'unicit� del ruolo 
statale di cui fa.cevano parte. 
19. -La Regione Emilia-Romagna lamenta che l'art. 19 del decreto 
impugnato, nel determinare Je variazioni da apportare agli stati di 
previsione del Ministero interessato in virt� del trasferimento alle 
Regioni, abbia disposto la riduzione degli stanziamenti dei capitoli 
nn. 1502 e 5471, mentre, afferendo questi a spese collegate a materie 
di esclusiva competenza regionale, si sarebbe dovuto disporre la loro 
soppressione. Per quanto riguarda H capitolo 5471 la censura deve 
considerarsi assorbita da quanto si � precedentemente statuito civca la 
validit� della riserva allo Stato di cui alla lettera d) dell'art. 4, della 
regolamentazione dell'immissione sul mercato di prodotti zootecnici. 

1036 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infatti la riduzione dello stanziamento trova fondamento nella riparti


zione che si verifica fra la detta competenza statale e l'altra trasferita 

alle Regioni per l'art. 1, lettera b). 

Quanto poi al capitolo 1502, che riguarda i compensi per i com


ponenti le commissioni le quali intervengono nel procedimento per 

l'asse.gnazione delle terre incolte ai contadfoi, di cui all'art. 12 della 

legge 18 aprile 1950, n. 199, � da osservare che trattasi di materia 

affidata allo Stato in ogni sua parte, nei riguardi della quale nessuna 

impugnativa � stata proposta. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 143 -Pres. Chiarelli -
Rel. Fragali -Cheli (avv. Piccardi), Auricchio (avv. Guarino) e 
Ministero Pubblica Istruzione (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Istruzione pubblica -Istruzione superiore -Concorsi a cattedre uni


versitarie -Illegittimit� costituzionale della normativa -Esclu


sione. 

(Cost., artt. 3, 33, 34, 51, 97, 24, 103, 113; r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 68, 

70, 73; d.l.lgt. 5 aprile 1945, n. 2.38, art. 4). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale concernente 
la formazi.one delle commissioni esaminat1�ici dei concorsi a cattedre 
universitarie ed il procedimento per la formazione del~e terne dei 
candidati (1). 

(Omissis). -Non � fondata la questione concernente il modo d� 
nomina della commissione giudicatrice dei concorsi per le cattedre 
universitarie, riportata dal Consiglio di Stato alla necessit� di osservare 
la regola costituzionale del buon andamento dell'amministrazione: 
la commissione predetta razionalmente viene composta di professori 
universitari della materia in concorso o di materie affini. Si tratta d� 
considerare la personalit� scientifi.ca dei candidati, e il relativo potere 
non � conferibile a persone estral_lee alla materia su cui si � formata 
la preparazione dei concorrenti o a materie non affini alla stessa: si 
affiderebbe il giudizio sul candidato a "chi non ha idoneit� a valutare 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 6 dicembre 1971 dal Consiglio di Stato in adunanza plenaria 
delle sezioni giurisdizionali (Gazzetta Ufficiale n. 107 del 5 aprile 1972). 
In Foro it., 1972, I, 3003 si leggono oltre ai richiami dottrinali, passi 
della relazione della VI Commissione permanente del Senato sul progetto 
di riforma dell'Universit�. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1037 

l'attivit� sulla quale deve esprimere il proprio meditato avviso. Un 

sistema del genere non garantirebbe quel buon andamento dell'ammi


nistrazione di cui il Consiglio 'di Stato giustamente si preoccupa, perch� 

non assicurerebbe scelte informate a �conoscenza della materia di cui 

al concorso e del .progresso che e&Sa ha potuto far registrare. \ 

Non � violato il principio dell'esigenza di buon ordinamento del


l'amministrazione nemmeno dalla no�rma che affida ad un sistema �elet


torale la scelta �dei membri della commissione giudicatrice del con


corso. Il Consiglio di Stato afferma che, in tal modo, la legge viene a 

proporsi la tutela di interessi di categoria anzich� quello dell'istru


zione e degli studi; ma � agevole obiettare che il particolare criterio 

di nomina dei commissari � coerente a quell'esigenza di far esprimere 

il giudizio sui candidati a persone che ne abbiano idoneit�, della quale 

si � fatto parola, e questa idoneit� soltanto nell'ambito della facolt� o 

delle facolt� interessate possono essere meglio poste in evidenza. La 

legge vigente ha adottato il sistema elettivo allo scopo di sottrarre la 

nomina dei commissari alle scelte discrezionali del ministro, e quindi 

per adeguare l'ol'dinamento universitario al principio �della libert� del


l'insegnamento, che non tollera ingerenze di ordine politico o comunque 

ingerenze estranee alle pl'emesse tecniche e scientifiche dell'insegna


mento nei massimi istituti di istruzione. Il sistema denunziato assicura 

il buon andamento dell'insegnamento universitario, pel'ch� garantisce 

scelte tecniche per compiti tecnici, attraverso la considerazione della 

stima scientifica che i commissari riscuotono, meglio accertabile nel


l'�mbito settoriale. Non � esatto nemmeno che il corpo elettorale chiamato 
alla scelta dei membri della commissione di soccorso � portatore 
-di interessi omogenei e corporativi: � in re che le elezioni di quei 
, membri debbono servire a selezioni coerenti al fine per il quale sono 
promosse, che non sono fini di categoria o di settore, ma coinvolgono la 
seriet� degli studi universitari e la congruit� del foro svolgimento, in 
altre parole !'.interesse generale. L'avere trasferito dal ministro al 
corpo dei professori il potere di scelta dei membri della commissfone 
di concorso, nel rispetto del principio di maggioranza, ha potuto costituire 
un progresso verso la realizzazione di quell'ordinata autonomia 
cui hanno diritto le istituzioni di alta cultura, le universit� e le accademie, 
in applicazione dell'art. 33, terzo comma, della Costituzione. 

3. -Non � viziato di illegittimit� neanche il procedimento di formazione 
delle terne, come invece ritiene il Consiglio di Stato. 
Esso ha sempre giudicato �che il concorso per cattedre universitarie 
non si presta alla .preventiva determinazione di criteri di massima 
che autolimitino la discrezionalit� della commissione; ed � razionale 
infatti ritenere che la personalit� e l'opera scientifica di un candidato 
rifiutino ogni qmtlificazione paradigmatica, e che la comparazione, ne�i 


1038 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
concorsi a cattedre universitarie, debba avvenire soltanto raffrontando 
il merito intrinseco dell'attivit� svolta dai candidati, attraverso una 
.valutazione che non pu� attingere a regole fisse, data la variet� delle 
qualit� personali dei singoli candidati. Il buon andamento dell'amministrazione 
universitaria esige che sia valutata l'opera scientifica del 
candidato ad una cattedra per quella che �, e non � prevedibile a 
priori quale essa possa essere, cos� da predisporre criteri ai quali raffrontarla. 
Non si d� causa, cos� opinando, a disparit� di trattamento: il principio 
costituzionale di uguaglianza vuole anzi che nei concorsi a cattedre 
universitarie appaiano nella loro interezza i caratteri personali 
dei candidati cos� da far luogo a quel giudizio di preferenza che ottempera 
alla regola di uguaglianza. La quale esige, come tante volte 
la Corte ha deciso, la .differenziazione di situazioni non omogenee. 
4. -La giurisprudenza non favorisce l'arbitrio quando intende la 
norma impugnata nel senso che essa non impone alla commissione giudicatrice 
dei concorsi universitari di autolimitarsi mediante la predeterminazione 
dei .princ�pi direttivi. Il giudizio su ciascun candidato 
deve essere motivato anche in comparazione con U giudizfo espresso 
per gli altri;� e questa motivazione, dovendo dare prevalenza a valutazioni 
tecniche, ovviamente rende possibile il controllo giurisdizionale 
dell'attivit� svolta dalla commissione: lo scrupolo con il quale il Consiglio 
di Stato ha sempre esercitato la sua funzione assicura in tale 
controllo l'opportuno rigore. 
Non � la categoria dei docenti �che, attraverso i commissari, giudica 
i titoli dei candidati, ma � un organo dello Stato che esprime un 
giudizio in piena imparzialit� e nella considerazione di quegli elementi 
che siano idonei a formare un giudizio sulle attitudini scientifiche e 
didattiche di colui che aspira ad insegnare nelle universit�; ed inoltre, 
nell'osservanza del principio di uguaglianza, .che non risulta leso se il 
giudizio differenziato sui concorrenti viene espresso con riguardo a 
dati di diversit� fra le qualit� di ciascuno, congruamente e razionalmente 
individuate �con motivazione che non riveli eccessi di potere. 
La commissione deve operar�e con imparzialit� anche verso coloro 
che non hanno seguito l'attivit� .scientifica dei commissari e non ne 
adottino le opinioni; cosicch� non sorge il pericolo paventato dal Consiglio 
di Stato, che cio� il ,concorso alle cattedre universitarie si risolva, 
secondo il sistema vi�gente, in una cooptazione che favorisce coloro che 
sono stati vicini ai commissari o sono portatori della loro idea scientifica. 
5. -Non sono lese neanche le regole della libert� dell'insegnamento 
e della destinazione della scuola a vantaggio di tutti, la cui os'
l.ii 
.m: 
k 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1039 

servanza � garantita dal fatto, gi� rilevato, che la commissione deve 
operare imparzialmente anche verso coloro che non appartengono alla 
scuola scientifica alla quale dirigono le loro preferenze i suoi componenti, 
e che essa non deve giudicare il concorrente a seconda che questi 
si sia o non si sia adeguato ai loro insegnamenti. 

Tutte le considerazioni esposte si possono estendere alle altre questioni, 
che perci� sono anche esse non fondate. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 149 -Pres. e Rel. Chiarelli-
Fabijanovic (n.c.). 

Procedimento penale -Difesa di ufficio -Illegittimit� costituzionale Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 35, 36; c.p.p., ratt. 128, 131). 

Procedimento penale -Diritti del difensore ad estrarre copia degli 

atti -Pagamenti diritti di cancelleria -Illegittimit� costituzio


nale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24, 38, 53; 1. 14 marzo 1968, n. 157, tab. D, punto 13 lett. a, b). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza ed a 
quello della giusta retribuzione, la questione di legittimit� costit~zionale 
dell'istituto della difesa di ufficio, previsto negli artt. 128 e 131 
del codice di procedura penale (1). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, a quello 
di difesa, ed a quello deUa ripartizione degli oneri sociali sulla collettivit�, 
la questione di legittimit� costituzionale delle norme che prevedono 
il pagamento dei diritti di cancelleria per il rilascio di copie degli 
atti processuali penali (2). 

(Omissis). -1. -L'ordinanza ripropone la questione di legittimit� 
costituzionale degli artt. 128 e 131 del codice di procedura penale, gi� 
decisa da questa Corte, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, 
nella !!entenza n. 114 del 1964 (ricordata nella stessa ordinanza). 

Prospetta inoltre un nuovo profilo della questione, in relazione 
alla legge 14 marzo 1968, n. 157 Tab. D, punto 13, lett. a) e b), e con 
riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma; 24, primo secondo e 
terzo comma; 38 e 53 della Costituzione. 

2. -In ordine alla prima censura, l'ordinanza ritiene che l'istituto 
della difesa d'ufficio, che, cos� come oggi opera, � gratuita per gli indi(
1-2) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 29 ottobre 1970 dal prt'etore di Trieste (Gazzetta Ufficiai.e 

n. 
49 del 24 febbraio 1971). 
Per precedenti dottrinali e giurisprudenziali, cfr. Foro it., 1972, I, 3001. 

1040 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

genti e quasi sempre rende difficile il recupero delle competenze del 

difensore negli altri casi, lede il principio di parit� dei �cittadini di 

fronte alla legge (art. 3 Cost.) e quello del diritto alla retribuzione 

(artt. 35 e 36 Cost.). 

Ma gi� nella citata sentenza n. 114 del 1964 questa Corte ha rile


vato, per quanto attiene al gratuito patrocinio, che la tutela del lavoro 

non esclude � che, in bas�e alla legge, possano essere imposte presta


zioni gratuite, per ragioni di interesse generale, a norma dell'art. 23 

della Costituzione �, ed ha affermato che l'obbligo deg.li esercenti la 

.prof.essione forense di assumere gratuitamente la difesa dei non ab


bienti, trovando la sua ragione nell'internsse pubblico di fornire l'assi


stenza giudiziaria a questi ultimi ed avendo carattere saltuario cos� 

da non alterare la disciplina economica della professione, non contrasta 

con i princ�pi costituzionali di eguaglianza dei cittadini e di tutela del 

lavoro. 

Per quanto concerne, poi, l'obbligo pi� generale dei professionisti 

forensi di assumere, con il rischio patrimoniale di non essere retribuiti, 

la dfesa di ufficio anche dei cittadini abbienti (che sono tenuti, in base 

all'art. 4 disp. att. del codice di procedura penale, a corrispondere 

l'onorario al difensore), questa Corte, .con decisione n. 97 del 1970, ha 

ritenuto che, essendo la difesa dell'imputato, con o senza retribuzione, 

di interesse pubblico, in quanto attinente alla validit� del giudizio, pu� 

senz'altro essere imposta a norma dell'art. 23 della Costituzione, senza 

che ci� comporti, dato il suo carattere occasionale, violazione del


l'art. 36. 

L'ordinanza di rinvio non contiene argomenti tali da potere indurre 

questa Corte a mutare opinione, n� ha rilevanza, ai fini del giudizio di 

costituzionalit�, la constatazione, con cui la stessa ordinanza giustifica 

la riproduzione della questione, che il legislatore non abbia ancora 

accolta il suggerimento, contenuto, de lege ferenda, nella sentenza 

n. 114 del 1964, di creare un sistema d'ufficio. Se, infatti, sussistono 
tuttora le ragioni per cui � auspicabile una rielaborazione legislativa 
della materia, il fatto che ad essa non sia stato ancora .provveduto non 
modifica i termini della gi� esaminata questione di legittimit� costituzionale. 
3. -Sotto l'altro pro.filo, ora per la prima volta proposto, l'illegittimit� 
costituzionale delle norme impugnate deriverebbe dall'obbligo del 
. difensore d'ufficio di corrispondere i cosiddetti � diritti di cancelleria �, 
previsti dalla legge n. 157 del 1968, per il rilascio delle copie di atti 
processuali necessari alla difesa. Ci� importerebbe una violazione del 
principio della rispondenza del concorso alle spese pubbliche in ragione 
della capacit� contributiva, di cui all'art. 53 della Costituzione; del 
principio, che deriverebbe dall'art. 38. Cost., secondo cui gli oneri di 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1041 

assistenza sociale sono a carico di tutta la collettivit� delle dette copie 
ostacolerebbe una serie ed efficace attivit� difensiva; del principio di 
eguaglianza, in quanto il cittadino meno fortunato si troverebbe in 
condizione di dover rinunciare a una completa difesa, ove non possa 
pagare quel tributo. 

Ma le censure cos� dedotte non hanno fondamento. 

La legge attribuisce al difensore la facolt� di prendere v1s10ne 
degli atti processuali depositati e di estrarne copia (articoli 201, 304 
quate1�, 320, 372, 407, n. 4, 410, 533 c.p.p.). La possibilit�, offerta al 
difensore, di .chiederne copia alla canc�elleria � un mezzo per agevolare 
la sua opera, e il versamento dei � �diritti di cancelleria � � il corrispettivo 
di un servizio �che il difensore pu� utilizzare, ove lo ritenga opportuno, 
secondo le sue libere valutazioni. Resta quindi �escluso il 
raffronto delle norme impugnate, sia con l'art. 53 della Costituzione, 
di cui, del resto, la Corte ha gi� ritenuto la non applicabilit� agli 
oneri processuali (sentenze n. 30 del 1964 e n. 23 del 1968), che con 
l'art. 38 della Costituzione, il quale, d'altra parte, non esclude che 
oneri di assistenza sociale possono �essere posti a carico di determinate 
categorie e dei loro appartenenti. 

Del pari infondato � il denunciato contraisto col diritto di difesa 
e con il principio di eguaglianza. 

La ricordata facolt� del difensore di prendere visione, direttamente 
o a mezzo di persona di fiducia, degli atti depositati consente 
di adempiere al mandato con seriet� e costanza. I vantaggi che indubbiamente 
offre, per il professionista, la disponibilit� nello studio degli 
atti processuali non vanno confusi con l'impossibilit� di adempiere 
all'obbligo �e all'onere di preparare una adeguata difesa ove non sia 
fornita dall'uffido giudiziario copia degli atti. 

� da escluder�e, di conseguenza, che la previsione dei � diritti di 
cancelleria � per il rilascio di tali copie dia luo�go a una disparit� di 
trattamento nell'esercizio del diritto di difesa. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 154 -Pres. Chiar�elli -
Rel. Bonifacio -Ippolito ed altri (avv. Nicol�, Sangiorgi, Vecchio, 
Aula) e Presidente Regione Siciliana (avv. Villari). 

Sicilia -Legge regionale di applicazione della legge statale sulle en


fiteusi -Disciplina dei rapporti privati -Competenza preclusa 

alle Regioni -Illegittimit� costituzionale. 

(St. Reg. Sic., art. 14, lett. a; I. reg. 2 luglio 1969, n. 20; I. 22 luglio 1966, n. 607). 

n diritto privato costituisce una materia a s� stante, non compresa, 
neanche teleologicamente ed eccezionalmente, neile varie materie 
che Statuti e Costituzione, in vari gradi e con vari limiti, attri



1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
buiscono alle potest� regionali: pe,rtanto � costituzionalmente illegit1042 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
buiscono alle potest� regionali: pe,rtanto � costituzionalmente illegittima 
la legge regionale siciliana 2 luglio 1969, n. 20 relativa all'appli 
cazione in Sicilia della legge nazionale 22 luglio 1966, n. 607, in materici 
di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue� (1). 
(Omissis). -5. -Secondo l'ordine logico nel quale le attuali 
questioni vanno collocate, occorre anzitutto decidere se la competenza 
della Regione siciliana in materia di agricoltura (art. 14, lett. a St.) 
giustifichi una legge, quale � quella in esame, che in quasi tutte le 
sue disposizioni disciplina rapporti intersoggettivi di indubbia natura 
privatistica. 
La Corte ricorda �che la sua costante giurisprudenza ha affermato, 
in via di principio, che la regolamentazione di siffatti rapporti 
appartiene alla competenza istituzionale dello Stato, giacch� ad essa 
sottostanno esigenze di unit� e di eguaglianza che possono essere 
salvaguardate solo se esclusivamente all'ente esponenziale dell'intera 
collettivit� nazionale � riconosciuto il poter:e di emanare norme in 
proposito: e tale affermazione � stata fatta e ribadita anche in riferimento 
allo Statuto siciliano, ancorch� questo soltanto in tema di 
industria e commercio (art. 14, lett. d) esplicitamente escluda la disciplina 
dei rapporti privati. 
Vero �, peraltro, che �con numerose pronunzie, pur ribadendosi 
la piena validit� di quel principio, era stato in passato riconosciuto 
che le Regioni, in presenza di eccezionali situazioni locali ed in vista 
(1) La questione era stata sollevata in via incidentale da varie ordinanze 
di Tribunali e Pretori della Sicilia. 
Bench� si tratti di giudizio cui non ha partecipato l'Avvocatura dello 
Stato, � da segnala1re l'estrema importanza di questa sentenza, la quale 
costituisce l'espressione del pi� chiaro orientamento della Corte sul problema 
generale_della competenza normativa sui rapporti di diritto privato. 
La sentenza ha tenuto a precisare che i principi in essa espressi trovano 
applicazione nei confronti di tutte le Regioni, che il diritto pirivato 
costituisce una materia a s� stante, non 'ricollegabile, neanche in via finalistica, 
alle competenze regionali; che tale principio non 'subisce eccezione 
-�come pure in qualche passata decisione era stato affermato -
neanche per far fronte a situazioni particolari e contingenti, dovendo 
anche in tali evenienze provvedere lo Stato, mentre alle Regioni resta 
lo strumento giuridico dell'iniziativa (e, ovviamente, quelli pi� propriamente 
politici). 
Una sentenza, quindi, dichiaratamente didascalica, per i nuovi centri 
di produzione legislativa regionale, ed un passo in avanti sulla via della 
certezza del diritto nei rapporti Stato-Regioni. 
Per lepre.cedenti sentenze richiamate nel testo, cfr. Corte Cost., 1� marzo 
1972, n. 35 in questa Rassegrlia, I, 175; Corte Cost. 28 luglio 1959, n. 50, 
in Foro it., 1959, I, 1249. ;.:. 
M.S. i::: 
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r.:: I 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1043 

della soddisfazione di pubblici interessi inerenti alle materie di loro 
competenza, potessero legiferare in tema di diritto privato purch� con 
norme temporanee ed in armonia con i criteri informatori della legislazione 
statale. La Corte ritiene ora di dover riesaminare il problema 
del fondamento costituzionale di siffatta competenza, eccezionale 
e derogatoria rispetto al principio generale innanzi ricordato, e 
ci� anche alla luce dell'intervenuta realizzazione dell'intero ordinamento 
regionale, della nuova e pi� vasta problematica alla quale 
questo ha dato vita e della avvertita esigenza di una demarcazione 
quanto pi� possibile chiara �ed inequivoca fra competenze statali e 
competenze regionali. 

In quest'ordine d'idee � da rilevare anzitutto che per il tema qui 
in esame non sussistono motivi che possano consentire una discriminazione 
fra He.gioni a statuto speciale e Regioni ordinarie (salvo, per 
le prime, il caso -quale quello esaminato e deciso con la sent. n. 35 
del 1972 -dell'esistenza di puntuali norme statutarie, attributive 
di specifiche competenze): sicch� occorrerebbe ammettere che tutte 
le Regioni, nel!~ materie ad esse assegnate, abbiano potest� di legiferare, 
in presenza di situazioni eccezionali e sia pur nei limiti innanzi 
ricordati, su rapporti privatistici. Ma di fronte al generalizzarsi di questo 
tipo di competenza, all'indubbia difficolt� di esevcizio del sindacato 
giurisdizionale sulla effettiva sussistenza di eccezionali situazioni 
locali, all'estrema �elasticit� del limite della temporaneit�, con l'inevitabile 
conseguenza che ciascuna Regione potrebbe dettare un regime 
differenziato (giacch� la diversit� dei fatti sociali regionalmente localizzati 
sar�ebbe, ad un tempo, giustificazione della potest� legislativa e 
della variet� delle singole discipline), di fronte a tutto ci� � lecito 
immaginare che la competenza dello Stato a legiferare in tema di 
diritto privato inevitabilmente finivebbe col trasformarsi in competenza 
a porre solo principi fondamentali, mentre per converso la 
competenza regionale, da eccezionale e temporaneamente derogatoria, 
tenderebbe ad istituzionalizzarsi in un tipo di competenza concorrente. 
E con ci� si rinnegherebbe il principio secondo il quale allo Stato e 
solo ad esso spetta la legislazione privatistica; principio che tradotto 
in termini �diversi significa, e non pu� significare che il diritto privato 
costituisce una materia a s� stante e non compresa, quindi, nelle varie 
materie che Statuti e Costituzione in vari gradi e con vari limiti attribuiscono 
alle potest� regionali. 

Le considerazioni fin qui esposte inducono la Corte a portare alle 

sue logiche e coeventi conseguenze la premessa dell'�esclusiva appar


tenenza allo Stato della potest� legislativa di diritto privato ed a 

riconoscere che risulta con essa inconciliabile una sia pur settoriale 

ed eccezionale competen.za regionale. Tale inconciliabilit� deriva dai 

principi che presiedono alla distinzione fra la sfera di attribuzioni 


1044 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

statali e la sfera di attribuzioni regionali e dalla inderogabilit� delle 
competenze costituzionali. Sul 'Primo punto giova ricordare che la 
g.iurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato -e di 
recente ha sostanzialmente ribadito nelle pronuncie concernenti alcuni 
decreti delegati di trasferimento di funzioni alle Regioni ordinarie che, 
una volta individuato con criteri obiettivi il contenuto delle 
singole materie assegnate alle Regioni, la connessione teleologica con 
la cura degli interessi pubblicistici ad esse inerenti non giustifica un 
ampliamento della competenza fino a c�mprendervi materie o settori 
obiettivamente diversi: ed il ,diritto privato, come si � detto, � materia 
ben definita e non gi� coacervo di materie che possano essere distinte 
secondo la varia natura dei rapporti disciplinati e, legislativa vuol 
mediatamente soddisfare. Sul secondo punto, una attenta considerazione 
del vigente sistema .costituzionale induce alla sicura conclusione 
che, in difetto di puntuali disposizioni costituzionali che lo consentano 
(quale � quella dell'art. 76, ,secondo comma, Cost.), l'eccezionalit� 
delle situazioni non giustifica il radicarsi di competenz.e extra 
ordinem o il trasferimento di competenze da un sog,getto ad altro 
soggetto: il che, se � vero a proposito di riipartizione di attribuzioni 
fra organi dello stesso ente (come la Corte afferm� con sent. n. 50 del 
1959), a fortiori vale quando le sfere di competenza costituzionalmente 
definite facciano capo ad enti ,diversi, quali sono lo Stato e le Regioni. 

� ovvio �che pervenendosi a queste conclusioni -imposte, giova 
ripeterlo, dal rispetto di fondamentali principi -non si preclude la 
possibilit� di far fronte ad eccezionali situazioni locali. Se a questo 
scopo non ,sono sufficienti interventi �di tipo pubblicistico (per i quali 
le Regioni, nelle materie ad esse assegnate, dispongono �di adeguati 
poteri) e se sono necessarie misure legislative che incidano su rapporti 
intersoggettivi privati, ,sar� lo Stato ad adottarle nell'esercizio della 
sua competenza, giacch� solo allo Stato spetta di valutare, pur nel 
quadro della fondamentale unit� della disciplina privatistica, la sussistenza 
di situazioni locali che giustifichino un regime razionalmente 
diversificato. N� le Regioni sono costrette ad un ruolo meramente 
passivo, disponendo esse di un rilevante potere �di in,iziativa legislativa 
(cfr. art. 121, secondo comma, Cost. e, per quanto specificatamente 
riguarda la Sicilia, art. 18 St.) e, quindi, di uno strumento 
idoneo a .promuovere l'intervento del Parlamento nazionale. 

6. -Risultando, per gli esposti motivi, che la Regione siciliana 
non ha potest� legislativa sui rapporti contemplati e regolati dalla 
legge 2 luglio 1969, n. 20, questa deve essere dichiarata costituzionalmente 
illegittima per violazione dell'art. 14, lett. a, dello Statuto. Si 
deve eccettuare il solo art. 6 che, nel comminare in alcune ipotesi la 
decadenza del concedente dai benefici previsti dal d.l.P.R. 24 febbraio 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1045 

1948, n. 114, assume a presupposto di tale decadenza l'estinzione del 
rapporto enfiteutico, ma non regola affatto le vicende di questo e 
contiene, invece, una disposizione chiaramente attinente a materia 
di diritto pubblico. 

7. -La dichiarazione di illegittimit� costituzionale degli artt. 1, 
2, 3, 4, 5, 7 ed 8 della legge denunziata rende superfluo a�ccertare se 
le disposizioni .concernenti la determinazione della misura dei canoni 
incorrano nella violazione dell'art. 42, terzo comma, Cost. per aver 
ridotto il corrispettivo ad un limite massimo che si assume essere 
del tutto irrisorio. -(Omissis).
( 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 155 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rocchetti -Sechi (avv. Sandulli, Pinria), Fanc�ellu (avv. Romagnoli 
e Di Stefano) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Savarese). 

Contratti agrari -Affitto di fondi rustici -Sistema di determinazione 
dei canoni in base al reddito dominicale -Legittimit� costituzionale 
-Insufficienza dei criteri di rivalutazione ed inclusione degli 
affittuari imprenditori -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 3, 42, 44; I. 11 febbraio 1971, n. 11, artt. 1, 3, 4). 

� costituzionalmente legittimo il sistema introdotto dalla legge 
�11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto dei fondi rustici, di determinazione 
del canone, in denaro e con riferimento al reddito dominicale: tuttavia 
sono costituzionalmente illegittime le disposizioni della legge che 
fissano tra 12 e 25 (o eccezionalmente 36) i coefficienti di moltiplicazione 
di tale reddito dominicale, che non prevedono una periodica 
rivalutazione pe1� il canone in denaro, e che applicano il sistema anche 
a favore degli affittuari imprenditori (1). 

(Omissis). -2. -Nelle dette ol'dinanze vengono denunciati gli 
artt. 1, 3 �e 4, comma primo, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, avente 
per ogetto �nuova disciplina dell'affitto dei fondi rustici�, perch� ri


(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Coirte con ordinanze 
emesse il 17 dicembre 1971 dal Tribunale di Sassari (Gazzetta Ufficiale 
n. 78 del 22 marzo 1972 e n. 90 del 25 aprile 1972). 
In Giust. it. 1972, 1841 �Sono riportati alcuni fra i pi� significativi 
riferimenti. 

li 



1046 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenuti in contrasto con gli artt. 3, comma primo, 42, commi secondo 
e terzo, e 44 della Costituzione. 

Secondo il giudice a quo, la legge impugnata, per aver stabilito 
che il canone debba essere determinato con riferimento al reddito . 
imponibile del fondo, espresso in catasto con la tariffa formata in base 
ai prezzi del 1939 (1. 2�9 giugno 1939, n. 976) e aggiornata con coefficientLdi 
moltiplicazione fissati nel minimo di 15 e nel massimo di 45, 
violerebbe, tra le altre norme costituzionali richiamate, l'art. 3, comma 
primo, della Costituzione perch� � mentre si preoccupa di assicurare 
l'equa remunerazione del fattore della produzione agricola, che � costituito 
dal lavoro (garantito fin dai principi fondamentali della Costituzione 
e massimamente degno di tutela), sembra per� ignorare le 
esigenze della propriet� della terra, frutto anch'essa di lavoro. e di 
risparmio, protetta da una norma costituzionale specifica nelle forme 
piccole e media e fonte, non di rado, di un sostentamento essenziale 
a favore della persona �. 

Secondo questa prima censura, sarebbe dunque illegittimo comprimere, 
peraltro in modo� massiccio, il reddito del proprietario concedente. 
per ampliare corrispondentemente l'utile dell'affittuario. 

Accantonando per il momento il problema se la riduzione cos� 
operata sul re<;Idito rispetti o no, per la sua entit�, il diritto del proprietario 
a conseguire dalla �cosa, anche se utilizzata direttamente da 
altri, un beneficio, e restringendo l'esame al riUevo concernente lo 
squilibrio appoil'tato dalla legge nella ripartizione del rendimento della 
terra, occorre dire che la questione, cos� proposta, � solo parzialmente 
fondata. 

Essa non � fondata se ad aver vantaggio della comprensione 

che la legge esercita sul benefi.cio fondiario sia un affittuario che 

coltivi direttamente la terra con le forze di lavoro proprie e dei suoi 

familiari, mentre � invece fondata se di quella comprensione dei 

diritti dominicali debba lucrave gli utili conseguenti un'affittuario 

imp:r:-enditore che la terra presa in fitt� faccia lavorare da altri. 

Ci� perch�, mentre l'affittuario coltivatore gode della situazione 

privilegiata che gli artt. 35 e �segg. Cost. assicurano alla pos.izione del 

lavoil'atore, garantendo, tra l'altro, che la sua retribuzione sia in ogni 

caso sufficiente ad assicurare a lui �e alla sua famiglia un'esistenza 

libera e dignitosa, l'affittuario imprenditore ha a sua tutela solo il 

principio sancito dall'art. 41 Cost. e relativo alla libert� della inizia


tiva economica privata. 

La legge quindi, nel dettare, negli artt. 3 e 4, primo comma, le 

nuov�e norme sulla formazione del canone con riferimento a tutti gli 

affittuari, siano essi �coltivatori diretti, come imprenditori non colti


vatori, viola l'art. 3, comma primo, della Costituzione che, nel sancire, 

tra. i principi fondamentali, l'eguaglianza fra i cittadini, 1postula, come 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1047 

� stato sempre ritenuto da questa Corte, che a situazioni differenziate 

f tra loro non possa .pJ;"aticarsi idenUco trattamento. 
Con ci�, ed in riferimento al caso specifico, non vuol dirsi che 
la determinazione del �canone tra il proprietario concedente e l'affittuario 
imprenditore debba lasciarsi affidata alle sole, regole dell'economia 
di mercato. Ma vuol 1dirsi soltanto che tra due forme di attivit� 
economiche, pi� o meno equivalenti sul piano della tutela costituzionale 
(per,ch� entrambe fruenti di garanzie g1eneriche), quali appunto 
l'esevcizio dei diritti dominicali sulla terra e la gestione dell'impresa 
che provvede, con favoro altrui, alla cultura �di essa, il pubblico 
interesse volto ad assicurare risultati vantaggiosi alla comunit�, 
quali il razionale �sfruttamento del suolo, l'abbondanza della .produzione, 
il contenimento del prezzo dei prodotti, ecc., deve utilizzare, 
perch� il canone di affitto sia equo, altr�e forme �di intervento, che

1

trovino la loro estrinsecazione in un'analisi pi� approfondita dei dati 
economici del fenomeno produttivo ,e non possano limitarsi alla semplice 
massiccia �compressione del beneficio fondiario come mezzo per 
devolvere l'ampio margine di differenza all'impresa, a copertura delle 
spese di produzione e alla formazione del profilo. 

3. -Le ordinanze deducono poi che� il sistema introdotto dalla 
legge, di determina~e il �canone assumendo a 1parametro il reddito 
imponibile risultante dal catasto, la cui ultima revisione rimonta al 
1939, � si presenta ictu oculi, ove appena si consideri i rivolgimenti 
politici, sociali �ed economici degli utimi trent'anni, e la svalutazione 
monetaria in questo tempo intervenuta, tanto falso e anacron1stico 
che vorrebbe dirsi arbitrario �. Il �che, sempre secondo le ovdinanze, 
produrrebbe anche gravi squilibri tra le varie zone agricole del Paese, 
perch� � l'ancoraggio al reddito dominicale del 1939, nelle regioni che 
fin da allora avevano conseguito un alto grado di sviluppo e di produzione 
agricola, non produce effetti cos� iniqui, e ,cos� stridenti con la 
realt�, come in queste altre regioni � (Italia meridionale e insulare) 
� in cui il progresso � �cominciato da poco �. 
La censura investe gli artt. 3 e 4, primo comma, della legge e il 
riferimento � all'art. 3, primo comma, della Costituzione. 
La questione non sembra fondata. 
Per quanto, in linea di massima,_ gli anzidetti argomenti non 

possano dirsi .privi di consistenza, tuttavia essi aipp�iono di scarso 
rilievo se si considera che il legislatore, nella sua discrezionalit�, 
intendeva non instaurare, con quegli accorgimenti che sd esa�Inineranno 
tra poco, un metodo �di determinazione del canone che abbia 
il carattere .preminente della precisione (impossibile, per altro, a conseguirsi 
con .qualsiasi procedimento di valutazione), ma adoperare un 
mezzo che serva solo a fissarne i valori in maniera pi� o meno pros



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sima alla realt�, mediante un sistema semplice e ispirato a un automatismo 
volto a contenere le contestazioni cui aveva dato luogo la normativa 
prec�edente. 

Ma tale scopo che il legislatore si � proposto non varrebbe a salvare 
il sistema dalla censura di irrazionalit� se nel contempo non si 

/

fosse dato cura, con quegli accorgimenti di cui � fatto cenno, di rendere 
meno distanti dalla realt� attuale i dati catastali che si riferiscono 
al lontano anno dell'ultima revisione. 

Per �conseguire tale ac�costamento dei vecchi dati alla odierna 
realt� economica, la legge dispone (art. 3) che, qualora la qualit� e 
classe. dei terreni componenti il fondo risultassero mutati si possa 
chiedere la revisione e il nuovo classamento; e �dispone altres� che, 
nei ca.si di migliore introdotte (si intende fra il 1939 e l'entrata in 
vigore della legg�e) dal proprietario del fondo, e che non giustifichino 
una modifica della qualit� e classe (costituzione di edifici ed altri manufatti, 
ecc. non tassati in catasto), le Commissioni tecniche provinciali 
possono stabilire criteri e misure di aumento del canone. 

Ottenuto cos� un certo aggiornamento della consistenza dei dati 
catastali, il legislatore, tenuto conto che le relative valutazioni, anche 
in caso �di revi�sione di qualit� e classe, sono espresse in moneta del 
1939, ha cercato �di effettuare una dvalutazione di quei dati sul piano 
dei valori monetari, mediante coeffi.cienti di moltiplicazione fissati � 
entro il minimo di 12 e il massimo di 45 e stabiliti in 36 nel caso di 
cui al sesto comma dell'art. 3. Tuttavia tali coefficienti, per quanto si 
dir� in seguito, risultano inadeguati. 

Ma, a questo punto, il discorso sulla util:izzazione in astratto dei 
dati �catastali, ai fini della determinazione del canone pu� concludersi 
in senso positivo, stante che non mancano, come si � visto, nella legge, 
procedimenti che tendano ad aggiornare dati e valori e, se non pervengono 
a risultati accettabili, non � detto che, con opportune modifiche, 
non possano conseguire l'effetto. 

Per gli stessi motivi non � fondato il rilievo che eccepisce la violazione 
dell'art. 3, .primo comma, della Costituzione per l'applicazione 
delle stesse norme denunciate alle zone agrarie del territorio nazionale, 
senza tener conto del loro vario grado �di sviluppo. 

4. -Si lamenta poi nelle ordinanze di rimessione che il � pretendere 
di accertare il reddito dominicale secondo la stima di prima della 
guerra, significa creare una finzione che pu� so�o condurre, qualunque 
coefficiente molt�plicatorio voglia congetturarsi, a un canone legale 
incongruo, elusivo nella sostanza della garanzia costituzionale, 
che esige un indennizzo sedo, anche se non completo, del diritto 
colpito, e che ha da essere lealmente rispettato �. Dal che deriverebbe 
la violazione dell'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione. b 
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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1049 

L'assunto dell'ordinanza, secondo il quale, qualsiasi coefficiente 
si adottasse, si giungerebbe sempre a un canone incongruo, va precisato 
nel senso che quelli stabiliti dalla legge sono insuftkienti e conducono 
alla formazione di un canone inaccettabile per la sua distanza 
dai valori reali. 

Quei coefficienti hanno infatti lo scopo di aggiornare i valori 
monetari per eliminare o ridurre gli effetti della svalutazione, e ragione 
della loro determinazione fra un .o minimo ed� un massimo � 
quella di fornire un dato variabile che meglio si adatti alla molteplicit� 
dei casi cui deve aderire, e che � differenziata in rapporto alle 
modificazioni intervenute nel tempo nella formazione dei prezzi dei 
prodotti, soprattutto a seguito dei mutamenti tecnologici nella cultura 
della terra. 

Ora, la assoluta inadeguatezza dei coefficienti stabiliti dalla legge 
risulta innanzi tutto dal loro confronto con l'entit� della svalutazione 
monetaria che, rispetto al 1939, ha, secondo i dati lstat, superato la 
quota 100. Ma, in modo che appare anche pi� evidente, risulta dall'ammontare 
del carico fiscale che, per il solo complesso dei tributi 
strettamente gravanti sul reddito dominicale dei terreni, ha superato 
la cifra di lire 1.400 per ogni 100 lire accertate in catasto a seguito 
della revisione del 1939. Ove si aggiungano a quei tributi gli altri 
connessi, come nmposta complementare e quella di famiglia, si vedr�: 
che una larga fascia di canoni, ottenuta con coefficienti di rivalu-� 
fazione anche superiori al minimo di 12, resta assorbita dalle imposte 
e che il beneficio fondiario ne risulti annullato. La constatazione resta 
confermata e non eliminata dal successivo intervento legislativo (1. 4 
agosto 1971, n. 592) che ha esentato dal pagamento delle imposte e 
sovrimposte sui terreni .quei proprietari di fondi concessi in affitto 
il cui reddito dominicale complessivo non superi le lire 8.000 e l'imponibile 
in complementare non super.i lire 1.800.000. Ci� perch� tale 
intervento, se ha sollevato i minori e i minimi proprietari, non ha 
modificato la situazione rispetto a tutti gli altri, le cui condizioni 
economiche meno disagiate, o anche addirittura floride, non autorizzano 
a privarli di quanto � loro dovuto entro i limiti segnati dalla 
tutela costituzionale loro spettante. 

A conferma della assoluta inadeguatezza dei coefficienti fissati 
tra 12 e 45 stanno, tra l'altro, .altri elementi deducibili da uno studio 
proveniente dall'Amministrazione del Catasto e pubblicato in calce 
alle relazioni parlamentari sulla legge in esame. Trattasi1 del � promemoria 
dell'Amministrazione del Castasto in data 18 giugno 1969 ., in 
cui si rende noto che, nel primo scorcio degli anni sessanta, in vista 
di una allora progettata e poi non attuata revisione generale degli 
estimi catastali, si effettu�, operando, col metodo del campione, su 300 
Comuni sparsi in quasi tutte le provincie del territorio nazionale e 


1050 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

su oltre ventimila aziende, la determinazione dei redditi catastali con 
riferimento alla consistenza e ai valori monetari del triennio 19581960. 
I risultati ottenuti portarono alla conclusione che, rispetto ai 
dati catastali del 1939, i nuovi si attestavano fra le 25 e le 70 volte 
quelli anteriori. Pertando da questi dati, e, con un calcolo assai semplice 
ma indicativo, applicando ad essi i coefficienti di ulteriore svalutazione 
della lira 1971 rispetto a quella del 1960, che � di 1,5365 
(Istat, costa vita) si ha che ora essi dovrebbero raggiungere i valori 
di 38� nel minimo e di 105 nel massimo. 

La minima misura dei coefficienti, che la legge fissa in cifre tanto 
lontane da queste, non � giustificata sul ptano economico e quindi 
neppure su quello giuridico-costituzionale. 

Dalla assoluta inadeguatezza dei coefficienti consegue infatti una 
misura del canone tanto esigua da rendere lo stesso privo di ogni 
valore ~appresentativo del reddito �che la terra deve pur fornire al 
proprietario ai sensi delle norme della Costituzione. 

Al riguardo, le ordinanze richiamano l'art. 42 nei suoi commi 
secondo e ierzo �e l'art. 44. Ora, ai sensi del secondo comma dell'art. 
42, la propriet� � riconosciuta e garantita dalla legge la quale, 
per l'art. 44, primo comma, aiuta la piccola e media propriet�. Entrambi 
gli articoli indicano poi numerosi limiti che la legge pu� imporre 
�alla propriet� allo scopo di assicurarne la funzione sociale, 
conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti 
sociali. Ma � ovvio �che tali limiti, se possono comprimere le facolt� 
che formano la sostanza del diritto di propriet�, non possono mai pervenire 
ad annullarle. Del che fornisce riprova il disposto del terzo 
comma dello stesso art. 42 il quale, nel sancire che la propriet� privata 
pu� essere espropriata per motivi di interesse generale, fa salvo 
in tal caso per il proprietario il diritto alla corresponsione di un 
indennizzo. La propriet� non pup quindi cedere del tutto, e cio� scomparire, 
senza che il proprietario ne r.iceva un corrispettivo, e quindi 
un utile. persino quando il pubblico interesse ne richieda il sacrificio, 
perch� anche in tal caso � dovuta la �corresponsione di un indennizzo 

(nei limiti che la pubblica amministrazione � in grado di corrispon


dere in rapporto all'interesse che persegue), ma che, come ques~a 

Corte ha pi� volte affermato, non sia n� simbolico n� irrisorio. 

Ora, la legge impugnata, rendendo, specie a ragione della insuf


ficienza dei suoi coefficienti di rivalutazione, a volte addirittura one


rosa la propriet� della terra, ed a volte determinandone il reddito in 

misura irrisoria, viola gli artt. 42, secondo comma, e 44, primo comma, 

della Costituzione perch� incide fortemente, fino ad annullarlo, su di 

un diritto riconosciuto e garantito, e talvolta addirittura oggetto di 

una, specifica tutela. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1051 

Le ordinanze denunciano poi, in rapporto alla stessa fattispecie, 
anche la violazione del comma terzo dell'art. 42 .circa la mancanza di 
un indennizzo in quella che viene prospettata come una sostanziale 
espropriazione, attuata mediante la compressione dei diritti dominicali. 

Poich�, per�, alla dichiarazione di illegittimit� delle norme della 
legge impugnata si perviene di gi� con riferimento al secondo comma 
dello stesso articolo, questa ulteriore questione va dichiarata assorbita. 

5. -Le ordinanze :denunciano infine � l'art. 1 della legge, in rapporto 
anche all'art. 3, secondo comma, in cui il canone � determinato 
in danaro, e per un tempo lungo � perch� � allarga ancora la divergenza 
tra diritto e indennit�, a causa della continua svalutazione monetaria 
e dell'inverso movimento di ascesa dei prodotti agricoli �. 
Anche qui il r:iferimento � all'art. 42, secondo comma, della 

. I 

Costituzione. 

La questione � fondata. 

� innanzi tutto da premetter�e che, per l'art. 17 della legge, la 
durata del �Contratto di affitto per l'affittuario imprenditore � di anni 
15, ma quella durata pu� essere, a richiesta dell'affittuario, e per effetto 
dell'art. 1, terzo comma, della richiamata legg�e 22 luglio 1966, 

n. 606, aumentata di altr:i 3 anni e, inoltre, pu� ancora essere, a mezzo 
di sua iniziativa concretantesi nella esecuzione lii sue spese di miglioramenti, 
accresciuta di almeno altri 12 anni; laddove l'affitto a coltivatore 
diretto non ha alcuna scadenza (art. 14 I. 15 settembre 1964, 
n. 756). In sostanza, il contratto, sol che l'affittuario lo voglia, ha una 
durata superiore in complesso ai trenta anni, quando non ne ha una 
illimitata, come per l'affittuario coltivatore. Di fronte a una simile 
lunga o indefinita durata del rapporto, il disposto dell'art. 1 della 
legge impugnata, stabilendo che � nell'affitto di fondo rustico il canone 
� determinato e corrisposto in danaro� introduce un nuovo strumento 
di ric;Iuzione �del canone, la cui azione � prevedibile come certa se si 
pensa che la svalutazione monetaria, almeno nei limiti di quella cos� 
detta strisciante, � considerata fenomeno naturale e, in certo senso, 
necessario, dell'economia dei paesi moderni. 
Ora, se la corresponsione del canone in danaro costituisce una 
innovazione che trova ragione nel nuovo sistema di sua formazione 
ottenuta con riferimento al reddito catastale, che � appunto espresso 
in danaro, nessuna ragione pu� trovare la soppressione di ogni forma 
di ragguaglio al prezzo, di determinati prodotti che era antica regola 
sancita anche, da ultimo, nell'art. 1 della legge 12 giugno 1962, n. 567; 
come nulla pu� giustificare la mancata introduzione di qualsiasi altra 
forma di aggiornamento monetario. 

N� alcun ausilio pu� fornire a tal fine la periodicit� della determinazione 
della tabella dei canoni di equo fitto che, per l'art. 3 della 
legge, la Commissione tecnica provinciale � tenuta ad elaborare ogni 


1052 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quattro anni, perch�, nel compimento di tale operazione, essa � tenuta 
a restare entro i limiti dei coefficienti minimi e massimi stabiliti dalla 
legge. Mentre � ovvio che, determinata che sia la tabella e stabilito 
poi (art. 4) il canone entro quei limiti, il suo ammontare, s,e si� ammette 
che un aggiornamento monetario sia necessario, deve essere 
indipendente dai limiti stessi, potendo anche, ove il calcolo lo comporti, 
superarli. 

Pertanto, la mancata previsione di un qualche strumento di rivalutazione 
del canone, in ordine alla svalutazione, rappresenta una 
grave carenza della legge, che appare ancor pi� evidente ove si tenga 
presente che, nella disciplina generale della formazfone dei prezzi imposti, 
introdotta dal d.l.lgt. 19 ottobre 1944, n. 347, istitutivo del Co


mitato interministeriale prezzi e norme successive, la revisione di essi 
al variare dei presupposti � ritenuta connaturale al sistema, mentre 
la legge 18 dicembre 1970, n. 1138, contenente nuove no�rme in materia 
di .enfiteusi, ha stabilito all'art. 6, per quanto �concerne le enfiteusi 
urbane, che � il canone... pu� essere in ogni caso rivalutato a richiesta 
della parte interessata, in misura proporzionale al mutato potere di 
acquisto della lira quale risulta dalle statistiche dell'Istituto Centrale 
di Statistica ". 

In un caso del genere, in �cui, in tema di espropriazione per pubblica 
utilit�, la legge 167 del 1962 stabiliva che i prezzi dei beni espropriandi 
nel previsto corso di 10 anni dovevano esseTe determinati con 
riferimento a quelli vigenti nei due anni anteriori alla entrata in vigore 
della legge stessa, la Corte, nella sentenza n. 22 del 1965 riteneva la 
illegittimit� della �disposizione, in quanto essa poneva in essere, nei 
confronti dei proprietari ,compresi nei piani, una situazione di incertezza 
o di alea, stante la � possibilit� che, nell'intervallo fra l'adozione 
dei piani e la loro attuazione si verifichino eventi perturbatori tali da 
condurre a una liquidazione dell'indennit� in misura irrisoria o addirittura 
simbolica �. 

Onde la Corte concludeva che, con la dichiarazione di illegittimit�, 
non si intendeva � disconoscere la discrezionalit� del legislatore di 
riportare la liquidazione dell'indennit� ad una data anteriore a quella 
dell'espropriazione ., la qual cosa non avrebbe dato luogo a rilievi 
purch� fossero stati nel contempo dalla legge predisposti � anche i 
necessari temperamenti, cos� da eliminare la possibilit� che l'indennizzo, 
con il concorso degli elementi di cui si � fatta menzione, possa 
perdere consistenza, in modo tale da non assolvere pi� la funzione di 
garanzia cui si � accennato �. 

L'analogia del caso � evidente: esproprio con indennizzo retrodatato, 
canone da pagarsi in futuro a valori nominali costanti, offrono 
le stesse alee e determinano gli stessi risultati erosivi della consistenza 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1053 

reale di un valore che la svalutazione, prevedibile .come certa, produce 
nel tempo. 

Si deve, in 'conclusione, riconoscere che la mancata previsione di 
una rivalutazione dei canoni in una misura �corrispondente alle eventuali 
mutazioni del potere di acquisto della lira appare lesiva del diritto 
del proprietario concedente a conservare invariato nel valore di 
acquisto il canone autoritativamente determinato. Ed � ovvio che ci� 
� vero sia che si tratti di canone gi� anteriormente determinato in danaro, 
sia che si tratti di canone determinato in natura e convertito in 
danaro per effetto dell'art. 1 della legge. 

Dal �Che la parziale illegittimit� dell'art. 1 della legge impugnata 
per violazione dell'art. 42, s.econdo comma, Cost., per le stesse ragioni 
esposte nei numeri precedenti. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 184 -Pres. Mortati -
Rel. De Marco -Presidente Regione Sicilia (avv. Silvestri) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (n.<:.). 

Sicilia -Potest� tributaria -Imposta sulle societ� -Esclusione dalla 
imposta per le imprese armatoriali -Disapplicazione dei relativi 
decreti regionali -Potere non spettante allo Stato. 

(St. Reg. Sic;, artt. 17, 20, 36). 

Non spetta allo Stavo la potest� di disapplicare direttamente i 
decreti regionali di esenzione dalla imposta sulle societ� riguardanti 
imprese armatoriali (1). 

(1) La sentenza si pone sulla scia de1la rpre.cedente sentenza della Corte 
28 dticemq:re 1971, n. 207, in questa Rassegna 1971, 1336. 
In relazdone a ci�, non vi era stata costituzione in giudizfo del Presidente 
del Consiglio dei Ministri peT contrastare 1:a pretesa deHa Regione. 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 186 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Reale -Vicquery ed altri (n.c.), e Presidente Consiglio dei 
Ministri e Amministrazione Finanze dello Stato (Sost. avv. gen. 
dello Stato Corona.s). 

Imposta di registro -Azione giudiziaria avverso le decisioni delle 
Commissioni -Decorrenza dalla pata di notifica -Scelta esclusiva 
dell'Amministrazione -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 113; r.d: 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146). 

� fondata, con riferimento all'esercizio del dfritto di azione contro 
la P. A., la questione di legittimit� costituzionale dell'a1�t. 146 della 



1054 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge di registro (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269) neiza parte in ciii 
non stabilisce che la notificazione in esso prevista, ai fini della decorrenza 
del termine per ricorrere, possa ave.r luogo anche ad istanza 
del contribuente (1). 

(Omissis). �-3. -L'Avvocatura generale dello Stato assume che la 
disposizione impugnata non avrebbe altro significato che di limitare la 
facolt� delle parti, sia pubblica che privata, di adire il giudice ordinario, 
nel caso in ,cui, a seguito della pubblicazione della decisione della 
Commissione tributaria (pubblicazione che, ai sensi dell'art. 34 del 

r.d. 8 lugli~ 1937, n. 1516, si ha per avvenuta con la comunicazione 
all'ufficio finanziario che ha partecipato alla contestazione dell'accertamento 
del .tributo), l'ufficio finanziario medesimo abbia proceduto alla 
notificazione al contribuente della decisione predetta. 
E ci� in quanto, dalla data della notificazione decorre il termine 
semestrale di decadenza dell'esercizio della impugnativa dell'ac,certamento 
tributario, nei casi di grave ed evidente errore di apprezzamento 
ovvero di mancanza ed insufficienza della determinazione del valore 
(art. 29, r.d. 7 agosto 1936, n. 1639). Ma non vi sarebbe pregiudizio 
per il contribuente quando, a seguito della decisione della Commissione 
fosse, come nella fattispecie in esame, risultata soccombente l'Amministrazione, 
perci� unica interessata alla notificazione. 

L'Avvocatura ammette che il ritardo nel compimento di questo 

�tto possa in qualche modo incidere sulla aspettativa del privato per 

la definizione della controv�rsia. Ma osserva che la norma in questione, 

in quanto attribuisce all'Amministrazione finanziaria �a facolt� di pro


cedere alla notifica nel tempo che ritiene conveniente ai fini pubblici, 

non sarebbe incompatibile con l'art. 113 Cost., il quale non vieterebbe 

che la tutela giurisdizionale nei confronti dell'Amministrazione pub


blica sia assoggettata a modalit� ed oneri preordinati all'interesse 

generale. 

Il precetto 'contenuto nell'art. 113 della Costituzione, per cui contro 
gli atti della pubbl1ca Amministrazione � ammessa sempre la tutela 
giurisdizionale, proclama, sul riflesso evidente del principio dell'articolo 
24, primo comma, l'inviolabilit� del diritto a questa tutela. E, 
mentre non vieta che la legge ordinaria possa regolare diversamente 
l'esercizio del diritto alla protezione giurisdizionale, non esige che 

(1) La questione -era stata sollevata con ordinanze 13 febbraio 1970 
del Tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 2 ,settembl'e 1970, n. 222) e 1" 
dicembre 1971 deHa Corte di Appello di Ca:1tanisetta (Gazzetta Ufficiale 21 
giugno 1972, n. 158). 
Essa � ora superata daihl'art. 38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, recante 
la revisione del contenzioso tributario. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1055 

questa inerisca, con immediatezza, al sorgere del diritto. Ma la determinazione 
concreta di modalit� ed oneri cui accenna l'Avvocatura non 
deve, per�, neppur rendere la domanda di giustizia difficile o impossibile 
(come questa Corte ha affermato con la sentenza n. 47 del 4 
giugno 1964), osta,colandone la proponibilit� fino al punto di pregiudicare 
o addirittura vanificare il �diritto del quale si richiede protezione. 
E questa evenienza non � estranea alla disciplina dettata dall'art. 146 
legge di registro, giacch� �cons�nte che l'Amministrazione finanziaria 
discrezionalmente e senza limite di tempo (salvo quello stabilito per 
il maturare della pre�scrizione) possa procrastinare la definitivit� dell'accertamento 
del tributo di registro, impedendo quella esplicazione 
della tutela giurisdizionale che � garantita dalla Costituzione. E ci� 
in quanto solo alla pubblica Amministrazione, con esclusione di ogni 
iniziativa del contribuente, con la notificazione della decisione della 
Commissione tributaria, � dato disporre della decorrenza e in sostanza 
dell'efficacia del termine semestrale di decadenza dall'impugnativa della 
decisione. 

Non pu� omettersi di considerare, in ispecie, alla luce della garanzia 
disposta dall'art. 113 Cost., il pregiudizio che allo stesso contribuente 
potrebbe derivare in ordine alle prove di cui egli intenda avvalersi 
davanti al giudice ordinario, al fine di contrastare le pretese del1'
Amministrazione finanziaria; prove, di cui il decorso del tempo valga 
a sminuire <:> eliminare l'efficacia o la pratica deducibilit�. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 200 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Verz� -Marino (n.c.) e Amministrazione delle Finanze dello 
Stato (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Imposta di registro -Imposta sull�\ sentenze -Riforma della sentenza 
-Irripetibilit� dell'imposta -Illegittimit� costituzionale. 
.(Cost., artt. 3, 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 12, 14). 

Sono costituzionalmente illegittime, in relazione ai principi di 
eguaglianza e di capacit� contributiva, gli artt. 12 e 14 della legge di 
registro 30 dicembre 1923, n. 3269 nella parte in cui non prevedono, 
ai fini della restituzione dell'imposta proporzionale, l'ipotesi che sia 
stata rif01�mata la sentenza con la quale si attua il trasferimerito di un 
diritto (1). , 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
1� lugHo 1971 della Corte di Appello di Messina (Gazzetta Ufficiale 27 
ottob!re 1971, n. 273). 
Essa ha perduto di attua�Lit�, a decorrere dal 1� g.ennaio 1973, a fronte 
del nuovo testo dell'imposta di r,egistro (art. 35 d.P.R. 26 ottobre 1972, 



1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). --3. -La questione � fondata. 

L'Avvocatura generale dello Stato premette .che l'imposta, quale 
imposta di atto, � applicabile indipendentemente dal verificarsi o meno 
dei suoi effetti, e che le sentenze per le quali -per il loro contenuto 
obbiettivo -deve essere corrisposto tale tributo al momento della 
registrazione, non possono sottrarsi alla disciplina degli artt. 12 e 14 
della legge sul registro, �che fa divieto di restituzione delle tasse pagate, 
anche nel �caso che esse siano annullate� in sede di gravame. Ed osserva 
che la questione deve ritenersi infondata perch�, quando nello stesso 
procedimento vengono pronunziate pi� sentenze, il carko complessivo 
di imposta rappresenta la somma di tributi relativi ad atti dive�rsi, susseguitisi 
nel tempo e determinati talvolta anche dal comportamento 
degli interessati. Conseguentemente, l'art. 53 non potrebbe dirsi violato 
in quanto la capacit� contributiva, come idoneit� del contribuente 
a corrispondere la prestazione imposta, deve porsi in relazione non 
gi� con la concreta capacit� di ciascun contribuente, ma col presupposto 
al quale la prestazione stessa � collegata e con gli elementi essenziali 
della obbligazione. 

4. -La Corte non pu� condividere siffatte argomentazioni. 
� esatto che le sentenze pronunciate nei vari gradi di uno stesso 
processo costituiscono altrettanti atti fra loro distinti; ma, ai fini della 
imposizione tributaria, � rilevante soltanto quell'unico trasferimento, 
che, nel susseguirsi delle suddette decisioni, ristilti effettuato dalla 
sentenza passata in giudicato. Per l'imposta di atto, dovuta per la 
sentenza traslativa, la proporzionale, bench� pagata nel momento della 
registrazione della sentenza, ha carattere autonomo ed indipendente 
in quanto colpisce soltanto il trasferimento. Pertanto, all'atto della 
registrazione della sentenza, alla tassa fissa giudiziale si aggiunge quella 
:proporzionale, se ed in quanto sussista il detto trasferimento. Dimostrata 
la netta distinzione fra i due tributi, appare chiaro che il primo 
deve essere corrisposto tante volte quante sono le sentenze emesse 
nelle varie fasi del giudizio, mentre la proporziona! � dovuta soltanto 
sull'unico trasferimento da tass�'.re. 

Sotto il profilo costituzionale non ha rilevanza il fatto che il 
tributo sia corrisposto all'atto della registrazione di una o pm sentenze 
non ancora passate in giudicato. � rilevante -invece -agli 
effetti degli artt. 3 e 53 Cost., che le norme impugnate non consentono 
che la somma versata sia restituita _:_ per intero o proporziona!~ 
mente -nel caso in cui dalla sentenza passata in cosa giudicata risulti 

n. 634) che ammette il conguaglio o il rimborso dell'imposta corrisposta 
sulle sentenze, in ba:se agld eV'enti successivi fino alla formazione della 
cosa giudicata. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1057 

che il trasferimento non esiste -in tutto od in .parte -e quindi sia 
venuto a mancare, totalmente o parzialmente, l'oggetto della imposizione 
tributaria. 

Ed invero, l'art. 12 della legge del registro dispone che le tasse 
regolarmente .percette non possono essere restituite in caso di riforma, 
risol.zione, rescissione od anche .per effetto di condizione risolutiva, 
alla quale l'atto o il tl'asferimento si trovasse vincolato, n� per qualsiasi 
altro evento ulteriore fuorch� nei �casi previsti dalla legge. E fra 
le ec�cezioni alla suindicata norma, tassativamente previste dall'art. 14, 
non � compresa la riforma in sede di gravame della sentenza di primo 
grado, in base alla quale � stato corrisposto il tributo. 

Non si tratta di inconvenienti o disarmonie nella disciplina di un 
determinato tributo, che possono essere valutate in sede di politica 
legislativa, come ritiene l'Avvocatura dello Stato, ma di una violazione 
dei principi della capacit� contributiva, che condiziona la misura 
massima del tributo nel senso che questo non pu� essere mai fissato ad 
un livello superiore alla capacit� dimostrata dall'atto o dal fatto economico. 
Ed evtdentemente il pagamento di un tributo indebito, che 
talvolta pu� superare, attraverso la ripetuta esazione, il valore del 
bene, oggetto del tra�sferimento e la impo�ssibilit� di rimborso di quanto 
indebitamente pagato, concretano mia violazione del principio costituzionale, 
anche in riferimento all'art. 3 Cost. in quanto la discrezionalit� 
legislativa trova sempre un limite nella ragionevolezza delle 
statuizioni volte a giustificare la disparit� di trattamento fra cittadini. 

Rimane assor-bita la questione in riferimento all'art. 24, secondo 
comma, della Costituzione. -(Omissis). 


SEZIONE SECONDA 
GIURISPRUDENZA 
SEZIONE SECONDA 
GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Serz. Un., 14,ottobre 1972, n. 3060 -Pres. Marletta 
-Rel. Cusani -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Ministero dei 
LL.PP., Ministero dell'Interno e ANAS (avv. Stato Lancia), contro 
Chiti e Lenzini (avv.ti Gobbo, Lessona e Marese). 

Competenza e giurisdizione -Poteri della P. A. in merito a funzioni 
di prevenzione e di polizia -Discrezionalit� -Insussistenza di diritti 
soggettivi alla tutela -Difetto di giurisdizione dell'Autorit� 

giudiziaria. 
(e.p.e., artt. 37 e 41; e.e., art. 2043). 


Responsabilit� civile -Configurabilit� di� un obbligo della P. A. per 
evitare danni cagionati da cosa in custodia -Correlativo diritto 
soggettivo del danneggiato. 
(e.e., art. 2051). 


Il mancato esercizio.da parte della Pubblica Amministrazione di po


teri inerenti alle funzioni di prevenzione e di polizia va pur sempre 

considerato come esplicazione di una pubblica funzione discrezionale, in 

relazione alla quale l'astratto dovere di pll'ovvedere non si concreta in 

una obbligazione che vincoli l'Amministrazione stessa nei confronti de


gli altri soggetti onde non sussista un diritto soggettivo di questi ad esse


re tutelati (uti singuli, anzich� uti cives) dagli effetti dei fenomeni e 

calamit� naturali (o di comportamenti illeciti dei consociati) mediante 

misure preventive, che la Pubbtica Amministmzione ha solo un g'enerico 

dovere di adottare: risulta da ci� chiaro il difetto di giurisdizione del 

giudice ordinario sulle domande proposte nei confronti delle Amministra


zioni dei lavori pubblici e ~ell'interno in rapporto ad un tale generico 

dovere (1). 

L'attivit� di vigilanza e di prevenzione di eventi dannosi costituisce 
�ii contenuto di un vero e proprio obbligo posto a carico di chi ha la 

(1-2) Sul princ1p10 ineccepibile contenuto nella prima massima cfr. 
Cass., Sez. Un., 30 maggio 196�6, n. 1417 in Rass. Avv. Stato 196�6, I, �1379 ed 
tvi 1380 nota 1 nonch� Cass. Sez. Un., 10 giugno 1968, n. 1769 in Rass. 
Avv. Stato 1968, I, 512 ed ivi 513 nota 1, entrambe richiamate nella sentenza, 
di cui si tratta. � ~:: 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1059 

disponibilit� di una cosa ed a favore degli altri soggetti, la cui posizione 
soggettiva si configura correlativamente come diritto soggettivo e non 
gi� come mero intereisse: di qui la giurisdizione del giudice ordinario 
sulle domande proposte nei confronti C�ell'ANAS in ra.pporto aiza funzione 
di questa rispetto alla strada pubblica anche in quanto bene demaniale 
e non solo in q'lfanto otpera posta a d.isposizi.ol)'l,e dei citrtadini per 
l'uso della viabilit� (2). 

(Omissis). -Premesso che il 24 febbraio 1968 una collina gravante 
su pubblica strada era franata distruggendo anzitutto H piano viabile e, 
poi, la loro propriet� immobiliare e mobiliare a questo sottostante, Chiti 
Gino ed altri citavano dinanzi al tribunale di Firenze il proprietario della 
collina, Gianni Giannino, il Ministero dell'Interno, il Ministero dei LL. 
PP., nonch� l'ANAS per sentirli condannare al risarcimento dei danni. 

Pronunciandosi sull'eccezione pregiudizialmente sollevata dalle amministrazioni 
convenute, il Tribunale, con sentenza non definitiva in data 
17 maggio 1.969, ha ritenuto la competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria 
osservando: che l'indagine va effettuata in riferimento al modo di 
tutela offerto in astratto dall'ordinamento giuridico alla posizione sogget~
iva delle parti, sulla scorta del contenuto sostanziale della domanda 
attrice con la combinata utilizzazione del petitum e della causa petendi; 
che nella fattispecie �non si deduce una mera omis.sione sic et simpliciter 
ma si afferma' una inerzia delle Amministrazioni�, le quali, malgrado 
�una palese situazione di immanente pericolo.... non hanno adottato i 
provvedimenti che rientravano nei loro .compiti istituzionali �; che � il 
cittadino non ha il diritto di esigere che la P. A. operi cos� come le norme 
di azione impongono alla stessa ma, se l'amministrazione medesima non 
opera, trascurando di ovviare ad una situazione di immanente pericolo 
pur rimediabile viola, nel caso in cui il pericolo diventi danno, la norma 
di cui all'art. 2043 e.e. e, pi� particolarmente in relazione alla fattispecie, 
la norma di relazione che impone l'obbligo di non sacrificare la ,propriet� 
altrui�; che alla P. A. non incombono �soltanto doveri pubblicitari 
�; ma anche, in virt� del citato art. 2043 e.e., � obbligo a contenuto 
negativo di non operare a danno dei beni primari assoluti � obbligo 
che pu� essere violato anche mediante�una condotta omissiva. 

Ricorrono per regolamento di giurisdizione le amministrazioni convenute. 
Resistono le controparti con controricd'.l's.i illustrati da memoria. 

Sul principio di cui alla seconda massima va espressa ogni riserva in 
quanto attiene alla applicabilit� della re�sponsabilit� per danno cagionato 
da� cosa in custodia con riferimento ad una strada pubblica (cfr. sull'argomento 
Cass. 18 marzo 1968, n. 882 in Rass. Avv. Stato 1968, I, 731 e in 
proposito I giudizi di costituzionalit� ed il contenzioso dello Stato negli 
anni 1965-1970, vol. II, p. 257) sebbene le affermazioni fatte ai fini della 
giurisdizione non possono pregiudicare la soluzione di ogni altra questione 
attinente al merito della causa. 



1060 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
MOTIVI DELLA DECISIONE 
Le Amministrazioni ricorrenti deducono che � prima di affermare � 
la colposit� di un comportamento omissivo � necessario esaminarlo in 
sede causale �e che la mera inerzia pu� essere assunta come causa di un 
evento soltanto nel concorso della violazione di un obbligo giuridico di 
impedire l'evento medesimo. Rilevano, poi: a) che l'art. 2043 �c.�c. non 
implica un generale ed incondizionato dovere di intervenire a protezione 
dei diritti assoluti dei terzi, ma impone solo di improntar.e a cautela le 
eventuali azioni; b) che non esisteva altra norma che facesse obbligo 
nella specie alla P. A. di impedire la frana, posto che, n� rispetto al potere 
di ordinanza del Sindaco .(che � di limitazione della posizione soggettiva 
dei privati), n� rispetto ai poteri di polizia sono ipotizzabili diritti 
soggettivi. 
Il ricorso, nelle sue.linee essenziali, � fondato. 
La sentenza del Tribunale � basata su di una nozione erronea -o, 
quanto meno, confusa dell'omissione 
e su di una contraddittoria determinazione 
sia del contenuto dell'obbligo imposto ai consociati dall'articolo 
2043 e.e., sia della natura del rapporto tra la P. A. ed i privati in 
ordine alla funzione di prevenzione di cui la prima � investita. E tali 
vizi risultano determinanti rispetto alla soluzione adottata in ordine alla 
giurisdizione. 
� anzitutto incongrua la contrapposizione tra � mera omissione � 
da un lato ed �inerzia � dall'altro. E non � affatto chiaro quale sia la 
nozione di condotta omissiva che si � inteso accogliere quando si � affern:
iato che �l'obbligo di non operare � ben pu� essere violato con detto 
contegno. 
Sul primo punto deve rilevarsi che -se, come � noto, l'omissione 
non implica necessariamente un non facere� ma pu� consistere anche 
in un non face.re quod debetur onde pu� essere sia un contegno di inazione 
sia un comportamento attivo non corrispondente tuttavia all'attivit� 
dovuta (aliud agere) -il rapporto tra inerzia ed omissione � di 
species a genus e non gi� di �contrapposizione. E -quel che � pi� -
era proprio perch� alle convenute veniva ascritta una inazione piuttosto 
che un aliud agere che il problema circa l'esistenza, la fonte e la 
natura dell'obbligo, avente come contenuto il comportamento contrario 
a quello posto in essere, assumeva preminente rilevanza con gli inevitabili 
riflessi sulla �Competenza giurisdizionale. Ed invero -mentre nella 
omissione concernente singole modalit� dello svolgimento di una attivit�, 
il nesso causale rispetto ad un evento derivato dalle modificazioni 
del mondo esterno prodotte da questo � fuori discussione, in quanto trova 
base sul piano natuvalistico, onde l'indagine � limitata al controllo 
dell'osservanza delle cautele necessarie (s.iano esse generiche, do� \} 
suggerite dalla comune esperienza, ovvero tipizzate, cio� normativamente !::: 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1061 

specificate) -nell'ipotesi di totale ast�nsione da una qualsiasi attivit� 
� lo stesso rapporto di �causalit� che nel nostro ordinamento (art. 40 
c.p.c.) � condizionato all'esistenza di un � obbligo � avente come contenuto 
l'attivit� necessaria ad impedire l'evento lamentato, si che il 
giudice �, in definitiva, �Chiamato a tutelare la posizione soggettiva del 
danneggiato in ordine alla. prestazione di detta attivit� e non soltanto 
ad accertare un generico connotato di doverosit� sociale dell'azione 
protettiva. 

Quanto alla nozione di condotta omissiva, � chiaro che -se, come 
.si � visto, questa pu� consistere anche in una azione difforme dal comportamento 
attivo costituente il contenuto di un obbligo (aliud agere) quando 
si risolve in vera e propria inazione non pu� certo costituire 
vi~lazione di un �obbligo�, a contenuto negativo, di non operare come, 
invece, ha ritenuto il Tribunale con riferimento al pripricio del neminem 
laedere� sancito dall'art. 2043 e.e., posto che la prestazione dovuta dal 
soggetto passivo di un obbligo di non facere consiste proprio in un contegno 
negativo, il quale perci� costituisce adempimento giammai violazione 
di obblighi di tale genere. 

Totalmente irrazionale, infine, � l'affermazione dell'obbligo della 

P. A. di �ovviare a situazioni di immanente pericolo .pur rimediabile� 
basata sulla constatazione che � il cittadino non ha diritto di esigere 
�che la P. A. operi cosi come le norme di azione impongono alla st(;lssa �. 
A questo proposito, comunque, � sufficiente richiamarsi al fermo 
orientamento giurisprudenziale di questa Corte Suprema (ad es. 1417 /66 
e 1769/68) nel senso che il mancato esercizio da parte della P. A. dei 
poteri inerenti alle funzioni di prevenzione e di polizia va pur sempre 
considerato come esplicazione di una pubblica funzione discrezionale, in 
relazione alla quale l'astratto dovere di' provvedere non si concreta in 
una obbligazione che vincoli lAmministrazione nei confronti del privato, 
si che non sussiste un diritto s�ggettivo di questo ad essere tutelato 
(uti singulus anzich� uti civis) dagli effetti dei fenomeni e calamit� naturali 
(o di comportamenti illeciti dei consociati) mediante misure preventive, 
che la P. A. ha invece solo un dovere generico di adottare. 

Risulta con ci� chiaro il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario 
in ordine alle domande proposte nei confronti delle Amministrazioni 
dei LL.PP. e dcll'Interno cui nella specie in�combeva quel generico 
dovere, giacch� si � reso evidente che la reale posizione soggettiva dall'ordinamento 
assegnata agli attori in relazione all'interesse all'intervento 
protettivo di dette Amministrazioni, fatto valere in sostanza nel presente 
giudizio, non � configurabile come diritto soggettivo ma � stata 
erroneamente prospettata come tal~ e non �, quindi, suscettibile di tutela 
dinanzi all'Autorit� giudiziaria Ordinaria. 

Diversa � la situazione per ci� che concerne la domanda proposta 
contro I'A.N.A.S. Invero alla strada pubblica gli attori hanno fatto rife



1062 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rimento anche nel suo aspetto di bene demaniale e non solo in quello di 
opera pubblica posta a disposizione dei cittadini per l'uso della viabilit�. 
E deducono pure che i loro beni sono stati distrvtti da immissioni franose 
che comprendevano non soltanto il terriccio staccatosi dalla sovrastante 
collina "ina anche il materiale che costituiva il piano viabile, che era 
rimasto distrutto per primo ed era rovinato sul sottostante fondo assieme 
alla frana superiore. 

Sotto questo profilo alla P. A. si addebita la responsabilit� prevista 
dall'art. 2051 e.e. ed entro questi limiti la giurisdizione del giudice oroinario 
va riconosciuta, posto che l'attivit� di vigilanza e di prevenzione 
di eventi dannosi costituisce il contenuto di un vero e proprio obbligo 
che la norma citata pone a carico di chi ha la disponibilit� di una cosa 
ed a favore dei consociati e che, correlativamente, la posizione soggettiva 
di questi ultimi si configura come diritto soggettivo e non gi� come 
mero interesse. 

I resistenti deducono in contrario essenzialmente: 

1) dato il limite che l'art. 2043 e.e. pone alla libert�, non pu� 
riconoscersi alla P. A. la facolt� di non adottare' le �cautele idonee ad 
evitare danni ai privati �; 

2) che, ad ogni modo �trattandosi di esaminare la sussistenza o 
meno di una fattispecie di illecito civile della P. A.� e di stabilire se si 
verifichino in concreto Ie condizioni per la tutela invocata, gli argomenti 
addotti nel ricorso potrebbero condurre a declaratoria di difetto di legittimazione 
passiva delle amministrazioni in causa ovvero addirittura alla 
loro assoluzione nel merito, e non gi� di diniego della giurisdizione del 
Giudice ordinario. 

In proposito conviene osservare quanto segue: 

� fuori discussione che, come queste S. U. hanno ripetutamente 
statuito (cfr. ad es. 2039/66): a) anche la P. A. nell'agire � incondizionatamente 
soggetta al precetto del neminem laedere, che costituisce l'invalicabile 
limite della discrezionalit� ad essa attribuita e la cui inosservanza 
non potrebbe perci� trovare giammai esimente nelle esigenze dell'interesse 
pubblico; b) spetta al Giudice ordinario la competenza giurisdizionale 
in ordine alle domande di risarcimento di danni causati dalla 

P. A. con attivit� svolte in violazione di regole <1;i circospezione e cautela 
suggerite dalla ,comune esperienza normativamente prescritta a tutela 
preventiva dei diritti di cui viene lamentata la lesione. 
Per altro; nella specie il problema attinente alla giurisdizione si 
pone in termini diversi, giacch� alla P. A. non si imputa di avere compiuto 
azioni dannose, di avere do� operato modificazioni del mondo 
esterno comportanti lesioni di diritti fondamentali dei ,consociati. Al contrario 
alle amministrazioni convenute si imputa una mera inazione, in 
quanto ad esse viene addebitato di essersi astenute dal produrre nel 
mondo esterno le modificazioni idonee ad imp,edire che un fenomeno 


'PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1063 

naturale assumesse sviluppi dannosi per gli attori. Si verte dunque in 
ipotesi di causalit� giuridica od indiretta, la quale -come gi� si � 
detto -postula l'inadempimento di un obbligo giuridico di agire a difesa 
degli altrui beni, obbligo che non va confuso con quello imposto dalla 
citata norma primaria del neminem laedere. Questa -invero, come la 
Corte Suprema ha gi� posto in risalto nella sentenza n. 1957/68 -impone 
soltanto il dovere di improntare le proprie azioni alle regole di circospezione 
intese ad evitare che esse abbiano risultato pregiudizievoli 
per i terzi, ma non anche quello di adoperarsi attivamente per pro-teggere 
i diritti altrui e per interrompere all'uopo serie causali originate 
e ,sviluppantisi al �di fuori della propria sfera. Nella citata sentenza si � 
altresi osservato che non �, quindi, a quel precetto che pu� farsi riferimento 
per l'individu�izione di un obbligo di intervento la cui inosservanza 
possa integrare la nozione normativa di causa di un evento lesivo 
e che, al contrario, si deve caso per caso accertare l'esistenza di un vincolo 
giuridico -derivante o direttamente dalla legge o da uno specifico 
rapporto -intercorrente tra il titolare dell'interesse leso ed il soggetto 

chiamato a rispondere della lesione per non averla impedita. 

La posizione soggettiva di chi prentende il risarcimento di danni 
per una omissione �, dunque, pi� complessa: di quella di colui che basa 
la domanda sulla violazione del principio del neminem laedere mediante 
attivit� antidoverosa. In essa, infatti, assume pregnante rilievo -specie 
ai fini della individuazione del giudice cui � attribuita la competenza 
giurisdizionale -la reale posizione so�ggettiva che all'attore deriva dalla 
tutela che l'ordinamento concede al suo interesse a che altri si adoperi 
per impedire eventi per lui pregiudizievoli. 

Pertanto, -se � vero che la qualificazione della posizione sogget


tiva del danneggiato nei confronti del preteso autore del danno vale, 

in ipotesi di causalit� giuridica e non gi� materiale, a stabilire l'esistenza 

del nesso di causalit�~ ci� non toglie che, quando convenuta sia la P. A., 

essa incide ancor prima sull'indagine preliminare volta a verificare se 

si tratta oppur no di posizione suscettibile di tutela dinanzi all'Autorit� 

Giudiziaria Ordinaria. 

A quest'ultimo proposito i resistenti hanno osservato che essi non 

lamentano fa mancata adozione �di misure di �o.rdine generale per la 

prevenzione di frane, perch� � ovvio che di fronte all'astratto e generico 

dovere della P. A. i cittadini non sono portatori altroch� di un interesse 

semplice � bens� di quelle specifiche �e concrete cautele che erano rese 

necessarie dal preavvertimento e perci� dalla prevedibilit� concreta di 

quella frana�. Ed aggiungono: a) che -incombendo al Sindaco ex 

art. 153 T. U. 4 febbraio 1915, n. 148, l'obbligo di fare i provvedimenti 

contengibili ed urgenti in materia di sicurezza pubblica -� da impu


tarsi a colpa del sindaco del Comune in questione (nella sua qualit� di 

ufficiale di governo), �l'aver omesso sia l'adozione che l'esecuzione di 


1064 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ufficio dell'ordine ai proprietari del terreno di eseguire immediatamente 
i necessari lavori di contenimento della collina � omissione che si era 
risolta � nella mancata prevenzione di un grave ed imminente pericolo 
alla sicurezza pubblica�; b) che analoghe considerazioni valgono per 
l'Amministrazione dei LL.PP. alla quale -avendo essa una precisa 
competenza in ordine alla sistemazione di quei terreni -� si potr� 
addebitare di aver omesso l'attuazione dei compiti ad essa demandati 
dalla legge �. 

Ma si � .gi� rilevato che la posizione del privato in ordine all'esplicazione 
dei compiti attribuiti alla P. A. e, in particolare, all'astratto dovere 
di questa di prevenire calamit�, � di interesse e non gi� di diritto perfetto. 
Si pu� aggiungere che il maggior grado di prevedibilit� di uno 
specifico evento dannoso -dovuto oppure no ad un �preavvertimento� 

o ad una istanza di chi si ritenga esposto a pericolo -pu� valere a 
differenziare la posizione di questo soggetto rispetto all'interesse collettivo 
facente capo alla generalit�, e, quindi, a qualificarla come interesse 
legittimo anzich� come interesse semplice ma non a trasformare in diretta 
ed immediata quella protezione che l'ordinamento accorda in via 
soltanto occasionale e riflessa. 
Si rivela .perci� arbitrario l'assunto dei resistenti, secondo cui sarebbe 
da configurarsi come diritto soggettivo la posizione di �Coloro che si 
trovano ad essere pi� direttamente minacciati da una determinata calamit�. 


Deve dichiararsi pertanto la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria nei soli confronti dell'A.N.A.S. e dichiarare, per .converso, il 
difetto di .giurisdizioni: nei confronti delle altre Amministrazioni ricorrenti. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3062 -Pres. Pece 
Rei. Mirabelli -P. M. Secco (diff.) -Ente Musicale Catanese (avv. 
Falzea) contro Assessorato regionale turismo della Regione Siciliana 
(avv. Stato Terranova) e Comune di Catania (avv.ti Amaduri, Ferri 
e Silvestri). 

Competenza e giurisdizione -Concessioni amministrative e contratti 

di diritto privato -Distinzione -Effetti sulla giurisdizione. 

(c.p.c., art. 37; I. 20 maTzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). 

n rapporto, che si pone in essere tra la Pubblica Amministrazione ed 
il privato per la utilizzazione di un bene patrimoniale indisponibile a 
fini compatibili con la sua destinazione, va ricondotto al regime della concessione 
specialmente quando il godimento di un bene non demaniale sia 
stato conferito per lo svolgimento di un'attivit� di pubblico interesse 
ossia per l'attuazione di U'IJ: servizio a favore delta collettivit�, ma, pure 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1065 

se si controverte sulla legittimitd degli atti che abbiano posto termine 
a un rapparto di con�essione, ~n riferimento alla lesione di posizioni soggettive 
sorte in capo al privato con la costituzione del rapporto stesso, 
viene parzialmente portata in giudizio una questione che rientra nella 
giurisdizione deU'Autoritd giudiziaria ordinaria, in quanto_ da ogni concessione 
sorgono a favore del privato concessionario� posizioni che trovano 
tutela piena entro i limiti imposti dal pubblico interesse (1). 

(Omissis). -In primo luogo va esaminata l~ questione di giurisdizione, 
specificamente sollevata con il terzo motivo del ricorso incidentale, 
proposto dal Comune di Catania, ed implicitamente posta a fondamento 
anche del primo motivo del ricorso principale; proposto dall'Ente Musicale 
Catanese. 

La sentenza impugnata ha ritenuto che il rapporto instauratosi tra 
il Comune e l'Ente per la gestione del Teatro Massimo Bellini � da 
qualificarsi rapporto di concessione; sulla base di tale qualificazione la 
stessa sentenza, da un canto, ha affermato la giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria a conoscere delle pretese dell'Ente, rilevando che 
questo, nel contestare tale qualificazione e nel sostener.e che si sia trattato 
di un rapporto di diritto privato, ha posto a fondamento delle pretese 
portate in giudizio la lesione di un proprio diritto soggettivo; ma, 
dall'altro, ha respinto le pretese medesime in quanto, avendo giudicati 
legittimi gli atti dell'amministrazione comunale, con cui questa ha posto 
fine al rapporto e si � assunta la ,gestione diretta del Teatro, ha negato 
che sussistesse, in concreto, una lesione di diritti spettanti all'Ente. 

Queste statuizioni sono censurate da entrambi i ricorrenti. L'Ente, 
infatti, insistendo nel contestare che il rapporto rientri nell'ambito del 
diritto pubblico, approva la sentenza impugnata nel punto in clii questa 
ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, ma la critica nel punto 
in cui ha negato che vi sia lesione di diritti dell'Ente; il Comune, per 
contro, mentre con'corda nell'attribuire al rapporto la natura di concessione 
amministrativa, sostiene che, peraltro, la Corte di merito sia caduta 
in errore nell'affermare la propria giurisdizione, giacch�, a suo avviso, 
venendo in contestazione la legittimit� degli atti compiuti da una 
Pubblica Amministrazione nell'ambito di un rapporto di diritto pubblico, 
unko giudice della controversia dovrebbe essere ritenuto il giudice 
amministrativo. 

(1) Per i precedenti, ricordati pure nella sentenza di cui si tratta, in 
quanto riguarda la prima parte della massima cfr. Cass. Sez. Un., 25 maggio 
1968, n. 1604 in Foro it. 1968, I, 1773 e in Giust. civ. 1968, I, 1402 nonch� 
Cass. Sez. Un., 30 ottobre 1969, n. 3587, ined., in quanto riguarda l'ultima 
parte della massima cfr. Cass. Sez. Un., 24 luglio J9.68, n. 2721 in questa 
Rassegna 1968, I, 559 ed ivi nota 1 nonch� Cass., Sez. Un., 15 ottobre 1968, 
n. 3292 in questa Rassegna 1968, I, 725 ed ivi nota 1. 
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: 


1066 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le censure, per�, sono entrambe infondate. 
Le ragioni in base alle quali l'Ente contesta che nel rapporto istitutivo 
tra esso e il Comune possa essere ravvisato un rapporto di concessione 
concernono sia la forma e l'oggetto dell'atto con cui il rapporto 
ha avuto inizio, sia la determinazione della durata del rapporto, sia il 
regolamento del rapporto medesimo. 
Risulta, invero, che il ra;pporto � sorto, non con la formazione di un 
atto di concessione, nelle forme usuali, ma attravel\so un complesso di 
atti dell'amministrazione comunale, e cio� con una deliberazione del Comune 
di partecipare alla costituzione dell'Ente Musicale Catanese e con 
l'effettiva partecipazione di rappresentanti del Comune all'atto costitutivo 
dell'Ente, nel quale si trova statuito il conferimento del godimento 
del Teatro, da parte del Comune all'Ente, con l'impegn�o del Comune 
stesso a versare un contributo annuo per la gestione. 
Si sostiene dall'Ente ricorrente che in tali attivit� non � ravvisabile 
un atto di concessione e che, invece, il Comune, cosi operando, null'altro 
ha posto in essere che un atto di adesione ad una assosciazione privata, 
non avente personalit� giuridica, con conferimento del godimento di un 
proprio bene a titolo di parteci;pazione alla formazione del patrimonio 
dell'associazione stessa ossia un'attivit� di mero diritto privato. 
Ma tale deduzione non pu� essere accolta. 
La sentenza impugnata P,a precisato, pervero, che la tesi avanzata 
dal Comune, secondo cui il Teatro Massimo Bellini avrebbe natura di bene 
demaniale, e come tale �non potrebbe essere dato in godimento se non 
a mezzo di atti di concessione, non � risultata sorretta da prova adeguata 
ed ha conseguentemente ritenuto che, trattandosi �di bene di propriet� 
del Comune, avente una specifica de�stinazione a scopi di pubblico interesse, 
il bene sia da includere nella categoria dei beni patrimoniali indisponibili; 
e tale statuizione, sorretta da una motivazione logica e giuridica 
che questa Corte fa ,propria, � giustificata dalle risultanze di causa 
che, trattandosi di questione di giurisdizione, questa Corte medesima pu� 
valutare direttamente. 
Questa Corte ha, per�, gi� altra volta statuito che il rapporto che si 
pone in essere tra la Pubblica Amministrazione ed il privato per l'utilizzazione 
di un bene patrimoniale indisponibile per fini compatibili con la 
sua destinazione va ricondotto al regime della concessione (Cass. 27 maggio 
1968, n. 1604; 30 ottobre 1969, n. 3587). 
Ma quand'anche si ammetta che, in ipotesi particolari, il godimento 
di un bene non demaniale possa essere conferito a mezzo di contratti di 
diritto privato, e non attraverso atti di concessione, tale, non pu� essere 
il caso in cui il conferimento abbia come fine lo svolgimento-di una attivit� 
di pubblico interesse, che tale sia obiettivamente e come tale sia 
assunta dell'amministrazione medesima la quale ad essa destini specifici 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1067 

stanziamenti, curandone particolarmente lo svolgimento; in questa ipotesi, 
infatti, il conferimento deve ritenersi compiuto, non al mero fine 
di attribuzione di godimento dietro corrispettivo, ma per l'attuazione di 
un pubblico servizio, in senso proprio, il rapporto che sorge in questo 
caso non pu� essere considerato altrimenti che come rapporto di concessione, 
giacch� il godimento del bene patrimoniale si pone come elemento 
per l'attuazione di un servizio a favore della collettivit�. 

A questo riguardo la sentenza impugnata, con dettagliata argomentazione, 
sostanzialmente neppure contestata dall'Ente ricorrente, ha dato 
atto che, appunto, il Comune ha adottato la deliberazione di partecipazione 
all'Ente, di attribuzione del godimento del Teatro e di contrilbuzione 
alle spese di gestione, come mezzo al fine di rendere possibile l'attl:lazione 
di rappresentazioni liriche da offrire alla cittadinanza, quale contributo 
al generale increm~nto culturale. 

L'esame degli atti che, ripetesi, queste Sezioni Unite possono compiere 
direttamente, giustifica la valutazione fatta, sul punto, dalla Corte 
di Appello di guisa �che resta confermato che il contenuto del rapporto � 
consistito, appunto, nella concessione di. godimento di un bene pubblico 
per lo svolgimento di un pubblico servizio. 

L'Ente ricorrente sostiene, peraltro, che alla configurazione del rapporto 
�come �concessione amministrativa osti la circostanza che nessun 
termine di scadenza appariva fissato per il rapporto medesimo. 

Contro tale asserzione, per�, va rilevato come gi� fatto, del resto, 
nella stessa sentenza impugnata, che il termine della concessione del 
godimento risulta determinato in modo specifico nell'atto costitutivo 
dell'Ente, con il quale il conferimento viene effettuato, giacch� il godimento 
era conferito per la durata dell'Ente, che si andava a costituire; 
poich� questa data a seguito della delibera assembleare di proroga della 
durata dell'Ente risult� fissata al 30 giugno 1965, logicamente � a dedursene 
che tale data si poneva anche come termine ultimo di scadenza 
della concessione. 

Al riguardo, l'Ente ricorrente fa rilevare che la durata di esso Ente 
venne successivamente prorogata, che l'Ente esiste tuttora e che il Comune 
ha posto in essere gli atti diretti a far cessare concretamente il rapporto, 
con la reimmissione nella detenzione del bene conferito, in tempo 
notevolmente posteriore alla data suindicata del 30 giugno 1965: da ci� 
l'Ente ricorrente vorrebbe dedurne che, in effetti, nessun termine era 
stato fissato per la durata del godimento, si che nell'atto di conferimento 
sarebbe mancante un elemento essenziale per la configurabilit� di un 
atto di concessibne. 

I rilievi suesposti non possono essere condivisi. Si � gi� detto perch� 

doveva intendersi fissato per la concessione un termine finale che scadde 

il 30 giugno 1965; pu� aggiungersi che la persistenza dell'Ente successi


vamente a tale data, se ha riflessi giudirici di altra natura, non pu�, 

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1068 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per� avere determinata la proroga della conce.ssione dell'uso dei beni 
di cui � discussione. 

Infatti, mentre la durata della concessione era stata collegata alla 
durata dell'Ente secondo le norme dello Statuto, manca come � giustamente 
.sottolineato dalla Corte d'Appello una delibera assembleare (e, comunque, 
una delibera antecedente al 30 giugno 1965) che, a termini 
dell'art. 3 del predetto Statuto, abbia prorogata la prevista qurata dell'Ente 
.stesso, si da potere importare, per 1�elationem, anche lo spostamento 
del termine di scadenza della concessione. Inoltre, il fatto che il 
Comune solamente a novembre 1965 e cio� dopo 5 mesi dalla scadenza 
della concessione decise di richiedere 1a disponibilit� dei beni oggetto 
della concessione stessa importa solamente un rita11do, da parte del 
Comune, nella realizzazione dei diritti ad esso Comune rivenienti dalla 
verificatasi scadenza della concessione. 

Tale ritardo, per�, non poteva importare una proroga della concessione. 
Infatti, e giusta i principi sulla proroga degli atti amministrativi, 
una eventuale proroga della concessione, per essere tempestiva, avrebbe 
dovuto intervenire prima della scadenza del termine finale della concessione 
e cio� come si � gi� detto prima del 30 giugno 1965. 

L'Ente ricorrente sostiene inoltre che caratteristica del rapporto di 
concessione sia la predeterminazione delle modalit� di comportamento 
del concessionario e delle sanzioni per la ino.sservanza dei doveri gravanti 
a suo carico, ed anche sotto questo aspetto contesta che nel caso 
in esame possa essere ravvisato un rapporto di concessione, appunto 
perch� n� nella deliberazione del Comune n� nell'atto costitutivo dell'Ente 
n� nel conferimento del godimento risultano contenute statuizioni 
al riguardo. 

Neppure questa deduzione pu� essere, per�, ritenuta accettabile. 

Il contenuto delle facolt� attribuite al conces.sionario e dei doveri di 
questo � da ritenere sufficientemente determinato quando sia .fissata, con 
adeguata precisione ed in modo specifico, l'attivit� che il concessionario 
� chiamato a compiere: e nel caso in e.same � incontestata la sussistenza 
di tale determinazione, avendo l'attribuzione del godimento lo .scopo specifico 
della gestione del Teatro per lo svolgimento di spettacoli lirici di 
adeguato livello. Le sanzioni, se non particolarmente previste, sono quelle 
proprie della inosservanza dei dov�ri imposti al privato gestore di pubblico 
servizio ed il controllo per l'accertamento dell'osservanza di tali 
doveri deve ritener.si adeguatamente assicurato dalla partecipazione di 
rappresentanti dell'Ente concedente negli organi dell'Ente concessionario. 

Tutte le ragioni sulle quali l'Ente ricorrente ha fondato la contestazione 
della qualificazione di rapporto di concessione amministrativa, che 
la sentenza impugnata ha attribuito al rapporto in contestazione, devono, 
dunque, essere ritenute prive di fondamento, s� che la pronuncia su tale 
punto deve essere confermata. 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1069 

J 

I �La qualificazione del rapporto controverso quale rapporto di concessione 
amministrativa non sottrae, per�, la lite alla giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, come sostiene il Comune, ricorrente incidentale. 
In applicazione del principio c. d. del petitum sostanziale, ormai 
incontestato in dottrina e .giurisprudenza (da ultimo, Cass. 2:4 giugno 
1969, n. 2266), quando si controverte se trattasi di rapporto di concessione 
o di rapporto di diritto privato, viene in discussione la sussistenza, 

o meno, di posizioni di diritto soggettivo, ossia materia che rientra senza 
altro nell'ambito di esclusiva competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria; 
ma anche quando si controverte sulla legittimit� degli atti che 
abbiano posto termine ad un rapporto di concessione, in riferimento alla 
lesione di posizioni soggettive sorte in capo .al .privato con la costituzione 
del rapporto stesso, viene parimenti portata in giudizio una questione 
di diritto soggettivo, giacch� da ogni concessione sorgono a favore del 
privato concessionario posizioni che trovano tutela piena, entro i limiti 
imposti dal pubblico interesse (Cass. 29 luglio 1968, n. 2721; 15 ottobre 
1968, n. 3292). 
La pretesa esercitata dall'Ente ricorrente, quindi, vuoi che la si 
qualifichi come pretesa fondata suH'affermazione della lesione di un 
diritto nascente da un rapporto di mero diritto privato, sia che la si consideri 
come pretesa di rtparazione delle pregiudizievoli conseguenze di 
un illegittimo comportamento della pubblica amministrazione nello svol-gimento 
di un rapporto di concessione, concerne comunque posizioni di 
diritto soggettivo e rientra, pertanto, nella giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria. La circostanza che la pretesa sia dichiarata, poi, 
infondata, per insussistenza, in concreto, della lesione lamentata non ha, 
ovviamente, alcuna influenza sulla determinazione della competenza 
giurisdizionale. 

L'eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dal Comune di Catania 
con il terzo motivo del ricorso incidentale, deve essere, pertanto, 
respinta, cosi come vanno respinte le censure mosse con il primo motivo 
del ricorso principale dall'Ente Musicale Catanese alla qualificazione 
assegnata dalla sentenza impugnata al rapporto in contestazione. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 novembre 1972, n. 3348 -Pres. 
Gionfrida -Rel. Sposato -P. M. Trotta (conf.). -Amministrazione 
delle Finanze dello Stato (avv. Stato Carafa) contro Medde (avv. Caprifichi). 


Competenza e giurisdizione -Concessioni -Giurisdizione dei Tribunali 
amministrativi regionali -Limiti di applicabilit�. 

(l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 5 e 38). 

1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Contratti pubblici -Attivit� della P. A. relativa alla fase di esecuzione 
1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Contratti pubblici -Attivit� della P. A. relativa alla fase di esecuzione 
dei contratti -Competenza in materia. 

(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19; r.d. 23 maggio 1924, n 827, art. 117). 
Sono devoluti alla competenza dei Tribunali amministrativi regionali 
i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione 
di beni e servizi pubblici salva la giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria 
ordinaria per le controversie concernenti indennit�, canoni ed altri corrispettivi 
e, quindi, sebbene non sia detto esplicitamente, a maggior ragione, 
per quelle concernenti obblighi risarcitori per inadempienze; 
d'altra parte, la norma in materia � tra quelle che hanno effetto dopo 
tre mesi dalla data di insediamento dei tribunali amministrativi regionali 
e per i relativi giudizi promossi anteriormente a quella data rimane� ferma 
l'attribuzione di competenza prevista dalle leggi in vigore (1). 
L'attivit� contrattuale della Pubblica AmminisPrazione, posteriore 
a quella della stipulazione e della approvazione del contratto, relativa 
cio� alla fase di esecuzione di questo, � dalle norme in materia assoggettata 
ad una disciplina distinta da quella dettata per le fasi precedenti: 
pi� precisamente, per quanto in via generale si esclude la possibilit� 
di aggiunte o variazioni ai contratti stipulati, tali aggiunte o variazioni 
nella eventualit� che si rendano necessarie (non solo in rapporto 
ai contratti di fornitura trasporti o lavori, ma anche per tutti gli altri 
contratti) non possono mandarsi ad effetto se non quando siano autorizzati 
dail'Autorit� competente ad approvare il contratto, ossia dal Ministro 
o dall'ufficiale all'uopo delegato (2). 
(1-2) Sulla prima massima non si rinvengono precedenti ed � ovvio. 
La .elaborazione giurisprudenziale chiarir� poi i molteplici aspetti delle 
varie �questioni che volta per volta si porranno in argomento e che nella 
specie non evidenziavano particolari problemi. 
Sulla seconda massima pure non pare che siano da farsi speciali osservazioni, 
salvo a chiarire che, nella specie, una nota della Direzione generale 
del Demanio (nota della quale si era sostenuta l'assoluta inidoneit� a 
porre in essere un vincolo contrattuale, nuovo e div.erso da quello precedente, 
valido nei confronti della Amministrazione finanziaria dello Stato), 
ritenuta competente a provvedere per l'esecuzione del contratto, avrebbe 
rappresentato molto meno di un'aggiunta o di una variazione al contratto, 
un semplice differimento del termine finale della concessione in armonia 
per le circostanze del caso con il principio della buona fede che deve 
ispirare l'interpretazi~ne e l'esecuzione del contratto ex artt. 1366 e 1375 e.e. 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 7 luglio 1972, n. 2.274 -Pres. Gionfrida 
-Est. Persico -P. M. Gentile (conf.) -Teocrito (avv. Teocrito) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). 
Procedimento civile -Legittimatio ad causam -Eredit� giacente Legittimazione 
del curatore -Successione dello Stato -Effetti. 

(c. c. artt. 529, 586; c.p.c. art. 100). 
Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Legittimatio ad 

processum -Amministrazione competente -Individuazione 


Onere limitato ai terzi. 

(c.p.c. art. 75; t.u. .30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, mod. con 1. 25 marzo 
1958, n. 260, art. 1). 
Procedimento civile -Ordinanze collegiali -Natura e funzioni Responsabilit�. 


(c.p.c. artt. 177, 279). 
L'esercizio delle ragioni ereditarie e la risposta alle istanze proposte 
contro l'eredit� giacente, incombono al curatore fino ai .momento in cui 
non siano venuti meno gli scopi che attengono all'Ufficio dei curatore; 
pertanto La efficacia retroattiva della devoiuzione di diritto della eredit� 

\

allo Stato, in mancanza di aitri suocessibiH, non incide sulla legittimatio 
ad causam medio tempore esercitata dal curato1�e (1). 

La ripartizione delle competenze tra le varie Amministrazioni de,llo 
Stato, mentre impone ai terzi L'onere deila precisa individuazione di 
quella da chiamare in giudizio, non ha rilevanza processuale ove sia 

(1) Non constano precedenti in termini, ma la sentenza appare rigorosamente 
conforme ai principi in materia. 
Le funzioni del curatore della eredit� giacente, come si desume dalle 
varie disposizioni oltre -che dalla stessa relazione al e.e., sono infatti improntate 
alJa necessit� di assicurare l'amministrazione e la gestione del patrimonio, 
nei casi in cui il chiamato per legge o per testamento, non intenda 
provvedere, onde i presupposti per farsi luogo alla nomina del curatore 
consistono nella non accettazione del chiamato e nel non essere costui nel 
possesso dei beni ereditari -cfr. Cass. 11 giugno 1940, n. 190.6' in Foro It., 
1940, I, 252. 



1072 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
lo Stato che si faccia attore o proponga impugnazione, in quanto il riferimento 
agli organi dell'Amministrazione competente ha luogo, ad ogni 
effetto utile, con attivit� interna da parte dell'Avvocatura Generale dello 
Stato, che � l'unico organo cui spetta la rappresentanza e la difesa della 
P. A. in giudizi9 (2). 
Le ordinanze collegiali, al pari di quelie proinunziate dal G. I., hanno 
carattere meramente strumentale in dipendenza della loro natura e funzione 
processual�, e pertanto non possono produrre effetti preclusivi per 
la decisione della causa e sono sempre revocabili, salvo le previste limitazioni, 
anche implicitamente con la successiva sentenza (3). 
(Omissis). -Col quinto, ottavo e nono motivo dal ricorso, da esaminarsi 
con precedenza perch� di natura pregiudiziale e contestualmente 
per l'interferenza delle questioni si denunzia violazione degli art. 105 
cpv. 329-99 e 306 c. p. c. 
Sostanzialmente il ricorrente assume: 
~,che il curatore .dell'eredit� era privo della legittimatio ad caiisam 
la quale presuppone la titolarit� del diritto posto a fondamento 
della domanda, in quanto il compendio ereditario era stato acqui,stato 
dallo Stato ex tunc; 
-che la diserzione del medesimo dal procedimento di primo grado 
era stata esattamente configurata dal Tribunale come rinunzia alla domanda, 
non bisognevole di formali conclusioni a seguito dell'inter.venuta 
acquisizione del compendio da� parte dello Stato e s,piegante effetti di 
rigetto nel merito; 
-che l'Amministrazione del Demanio non era legittimata ad processum, 
n� poteva, quale parte adiuvatrice, ulteriormente coltivare la 
domanda rinunziata. 
-che l'Amministrazione della Finanza non poteva surrogarsi in 
appello all'Amministrazione non legittimata, n� subentrare al posto �del 
curatore nel processo ormai estinto per rinunzia, anche perch� carente 
d'interesse, non avendo alcun bene ereditario da rivendicare; 
-.che, essendosi formato, per acquiescenza, il giudicato sul capo 
di pronunzia relativo alla rinunzia alla domanda, era precluso al giudice 
di appello di diversamente valutare la condotta processuale delle parti; 
e non rimarrebbe per lo Stato che una azione distinta, volta a chiedere 
il pagamento della sopratassa. 
(2) Giur. costante -cfr. Cass. 19 settembre 1970, n. 1594 in questa 
Rassegna 1970, I, 807 e giurisprudenza ivi richiamata. 
(3) � pacifico che nel sistema del codice di rito alle ordinanze collegiali 
viene attribuito lo stesso carattere delibativo e provvisorio delle 
ordinanze del giudice istruttore in quanto, come queste, mirano alla continuazione 
dell'istruzione, senza pregiudicare il merito delila causa, sempre 
riservato alla fase decisoria -cfr. Cass. 15 giugno 1955, n. 1825. 
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IFAIJl7411171~~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Tutte le censure esposte risultano infondate. 

Anzitutto � da chiarire �che, se l'esercizio e la promozione delle ragioni 
ereditarie e la risposta alle istanze proposte contro la medesima 
(art. 539 c. c.) rientrano tra gli obblighi connessi all'ufficio di curatore 
dell'eredit� giacente, essi devono persistere fino a quando vengano a 
cessarne gli estremi, conseguentemente, l'efficacia retroattiva dell'accettazione 
(costruita come onere integrativo della vocazione) o della devoluzione 
di diritto allo Stato ex art. 586 c. c. (che addirittura prescinde 
dall'accettazione) mediante la quale si tende ad evitare una vacanza nella 
titolarit� del. patrimonio ereditario, non pu� incidere sulla legittimazione 
ad causam medio tempore esercitata dal curatore, e solo dal momento 
in cui risultano realizzati gli scopi cui tale legittima,zione sostitutiva 
tende, vengono a cessare di diritto e lo stato di giacenza dell'eredit� 
e l'ufficio del curatore. 

Nella specie, per� tale momento, come la sentenza impugnata ha 
incensurabilmente accertato, si � verificato solo in appello (nonostante 
che gi� in primo grado si fosse formato il giudicato reiettivo della petitio 
hereditatis degli asserti chiamati) col trasferimento del patrimonio 
relitto allo Stato il quale, divenuto esclusivo titolare delle posizioni 
giuridiche sostanziali, ha sostituito nella medesima posizione processuale 
il curatore (nei cui confronti la pronunzia � da ritenersi, nella 
sua portata, estromissiva). 

Con riguardo alla fase precedente -in cui al detto curatore (titolare 
di una legittimazione sostitutiva temporanea) si affianc� lo Stato (quale 
possibile parte �sostituita e po.ssibile titolare della legittimazione principale) 
-non si sarebbe potuto configurare una rinunzia alla domanda 
non collegata alla cessazione dello stato di giacenza che non integrasse 
nel contempo una violazione degli obblighi connessi all'ufficio di curatore, 
n� una diserzione successiva alla cessazione di quello stato riconducibile 
ad una rinunzia alla domanda� in�senso proprio (con effetto di 
reiezione nel merito), attesi gli effetti della cessazione de jure dall'ufficio 
(sia sulla titolarit� del rapporto che sulla legittimazione sostanziale) i 
quali escludono che si pregiudichi la prosecuzione d�lle istanze nell'ambito 
del medesimo procedimento. 

Ma una tale rinunzia non fu riscontrata in primo grado (salvo che 
con riguardo alle spese), tant'� che la pronunzia fu resa proprio in favore 
del curatore, ed il giudice di appello potette (fondatamente, epperci� 
incensurabilmente: sent. 2285/60) riscontrarla aderente alla fattispecie 
processuale dell'assenza (derivata 'dalla prevista sollecita immissione in 
possesso da parte dello Stato (dopo il .giudicato reiettivo della suddetta 

petitio hereditatis). 

In ogni caso fuor di ~uogo � il riferimento a preclusioni che, per 
acquiescenza, avrebbero circoscritto il potere cognitivo del giu~ice di 
appello, al quale, viceversa, spetta di valutare la condotta processuale 


1074 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della parte influente sull'ammissibilit� del gravame e sui limiti della devoluzione. 
Quanto (poi all'asserita mancanza di legittimatio ad processum 
dell'amministrazione del Demanio in primo grado ed alle conseguenze 
che per la legittimazione all'impugnazione si pretende derivarne per 
l'amministrazione finanziaria, sar� sufficiente il richiamo alla regola la 
quale dalla rifrazione delle competenze tra le varie branche dell'unico 
sogg~tto giuridico che � lo Stato desume per i soli terzi un onere di precisa 
individuazione del ramo dell'Amministrazione statale da chiamare in 
giudizio, mentre ne dichiara l'irrilevanza processuale nel caso che lo Stato 
si faccia attore od impugnante, e ci� pecrch� la comunicazione agli organi 
dell'Amministrazione competente pu� essere compiuta, ad ogni effetto 
utile, con attivit� meramente interna (irrilevante ai fini �della 
validit� del rapporto processuale), dalla stessa Avvocatura Generale 
dello Stato, che � l'unico organo competente per la rappresentanza e la 
difesa della P. A. in giudizio (sent. 1594/70; 694/63). 

Col quarto motivo del ricorso anche esso di carattere pregiudiziale, 
si denunzia violazione degli artt. 279, n. 2 e 177 in relazione al 360, nn. 3 
e 5 cpv, 

Il ricorrente lamenta che l'ordinanza collegiale dell'll giugno 
1965 (con la quale, tra altro, era stata data una certa interpretazione del 
contenuto della domanda in relazione alla tesi della Finanza) sia stata, 
in sentenza, revocata da un collegio compostoda persone fisiche diverse 
e con una statuizione contraddittoria perch� non giustificata da fatti 
nuovi sop.ravvenuti. 

L.a censura � infondata in entrambe le�prospettazioni. 
Anche se emesse dal collegio, le ordinanze conservano il loro carattere 
strumentale insito nella natura e funzione processuale, ancorch� 
involvano questioni attinenti al merito, sicch�, mentre non possono produrre 
effetti preclusivi od altrimenti pregiudizievoli per la decisione 
della causa, sono viceversa, sempre modificabili e revocabili, anche per 
implicito (salve le limitazioni di cui all'art. 177 c. p. c.) mediante la successiva 
sentenza, la quale rimane tipico e definitivo provvedimento decisorio. 


Non �, perci�, configurabile un vizio di contraddittoriet� tra questo 

ultimo provvedimento e la precedente ordinanza, il contrasto risolvendosi 

in un implicita revqca (sent. 581/71; 5-09 e 1302/70; 886-1 836 2754/69). 

Che poi il potere di revoca debba intendersi attribuito alle stesse 

persone fisiche che deliberarono l'ordinanza .soggetta a revoca, � asser


zione errata per inesatta interpretazione della norma. 

La locuzione� stesso collegio� usata dal comma 4 dell'art. 279 c. p. c. 
(estensibile, ex art. 359 c. p. c. al giudizio di appello, con le limitazioni 
di cui all'art. 357 ultimo comma c. p. c.) va riferita all'organo giurisdizionale 
cui spetta la deliberazione della decisione, all'economia della quale 
si correla, come momento logicamente pregiudiziale, il riesame del con



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1071) 

tenuto ordinatario dei provvedimenti dell'istruttore e propri non dichiarati 
espressamente non impugnabili n� revocabili (art. 177 in relaz. 357 

c. p. c.); e la identificazione del collegio va fatta, a norma dell'art. 114 
disp. att. c. p. c., con criteri che ne legano la compensazione ad ogni singola 
udienza. 
Col primo e secondo motivo che per interdipendenza delle questioni 
giova esaminare congiuntamente, si denunzia violazione degli artt. 528586-
532 c. c. nonch� degli artt. 55 e 72 della legge sulle successioni, in 
relazione agli artt. 12-586 e 532 c. c. 

Il ricorrente sostiene che, non essendovi alcun chiamato all'eredit�, 
essa non era giacente bens� vacante, sicch� egli, impropriamente qualificato 
curatore, non era che un custode dei beni, devoluti fin dall'apertura 
della successione allo Stato, e non aveva veste per denunziare detta 
successione; donde l'assoluta inefficacia della tardiva denunzia e del 
successivo concordato fiscale. 

Aggiunge, poi, che, non potendo farlo rientrare nel novero dei curatori 
ai quali si riferisce J.'art. 55 della legge successoria (quelli, cio�, 
di eredi che non abbiano la libera .disponibilit� dei beni o che, pur chiamati, 
non abbiano accettato l'eredit�), alla mancanza di un obbligo di 
denunzia si accompagnerebbe, correlativamente, la mancanza dell'obbligo 
di corrispondere la sopratassa .per ritardata denunzia. 

Nella memoria, infine, contestata la legittimit� della dicotomia alla 
stregua del diritto positivo e precisato che � giacente solo l'eredit� rispetto 
alla quale esista un chiamato che ancora non abbia accettato, 
esclude che la devoluzione ex lege allo Stato possa dar luogo ad una 
situazione di giacenza e ne desume che sul curatore, illegittimamente 
investito, non graverebbe alcun obbligo. 

Anche tali censure non possono attendersi. 

Effettivamente, con .riguardo al diritto comune, la distinzione tra 
giacenza e vacanza dell'eredit� (costruita sul piano dogmatico in base al 
carattere interinale e cautelare del primo stato dell'eredit� rispetto al 
secondo, per la mancanza originaria in quest'ultimo di un successibile a 
titolo testamentario o legittimo quale diaframma tra il patrimonio ereditario 
relitto e lo Stato tenuto ad acquistarlo) deve ritenersi scevra di 
conseguenze pratiche; basti pensare alla possibilit� di una vacanza apparente 
alla quale faccia seguito la .scoperta di un erede legittimo o testamentario, 
e, viceversa, di una giacenza che si converta in vacanza ,per 
rinunzia alle vacazioni testamentarie e legittime (sent. 1754/68). 

Inoltre quella distinzione sembra 1mche claudicante sul piano ontologico, 
dovendo lo Stato considerarsi vero e proprio successore legittimo 
del de cuius e non acquirente a titolo originario dei beni relitti da questo 
ultimo (nonostante l'anomalia dell'acquisto ipso jure, contro il principio 
generale dettato dall'art. 459 c. c., il predicato di erede nece:ssario, cui 
non � consentita la rinunzia; il particolare fondamento razionale, cor



1076 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

relato al dovere, d'interesse generale, di impedire che i beni relitti, vacui 
possessionis, siano oggetto di occupazione da parte di chi non vanti su 
di essi alcun diritto: sent. 1197I 63), con la conseguenza, pi� sopra rilevata, 
che in entrambi i casi la decorrenza dal momento dell'apertura 
della successione (quale effetto dell'acquisto ipso jure in un caso e della 
retroattivit� dell'accettazione nell'altro) soccorre all'unico comune intento 
di evitare una vacanza nella titolarit� del patrimonio ereditario, 
affidato interinalmente, con finalit� cautelari ed eventualmente liquidatorie, 
al curatore (e della cura ed amministrazione di quel compendio 
si sostanzia il relativo ufficio, in questo come in ogni altro caso in cui 
l'asse relitto attenda l'identificazione del proprio titolare. 

. E proprio nella specie la definitiva certezza in ordine allo stato di 
vacanza dell'eredit� e la materiale acquisizione del compendio ereditario 
da parte dello Stato si sono avute dopo lungo interVallo per 'ragioni connesse 
all'esposta vicenda della petizione di eredit�. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2393 -Pres. Giannattasio 
-Est. Carnevale -P. M. Pedace (conf.) -Pollice (avv. Bagulo 
e Mattiello) c. Ministero dell'Industria e Commercio (avv. Stato 
Alibrandi) e Cintcola (avv. Iannarelli) -regolamento di competenza. 

Procedimento civile -Regolamento di comp�tenza -Deposito scritture 
difensive -Termine ordinatorio. 

(c.p.c. art. 47). 
Procedimento civile -Impugnazioni -Acquiescenza anteriore alla 
pubblicazione della sentenza -Inammissibilit�. 

(c.p.c. art. 329). 
Procedimento civile -Regolamento di competenza -Gravame per le 
spese -Inammissibilit�. 

(c.p.c. art. 42). 
Procedimento civile -Obbligazioni e contratti -Cauzione per la ricerca 
di sostanze minerali -Contestazione. giudiziale -Competenza 
territoriale -Forwn destinatae solutionis -Domicilio del 
debitore. 

(r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 10; e.e. art. 1182, comma 4�, c.p.c. art. 20). 
Il termine di venti giorni previsto dall'art. 47 c. p. c., per il deposito 
nella cancelleria della Corte di Cassazione di eventuali scritture difensive 
delle parti cui � stata notificata l'istanza pe1� il regolamento di compe



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1077 

tenza o comunicata l'ordinanza con cui ne sia stata fatta richiesta di 

Ufficio, ha natura ordinatoria e quindi, in mancanza di opposizione del 

ricorrente, tali scritti ancorch� depositati in ritardo possono essere esa


minati (1). � 

L'acquiescenza espressa o tacita, quale atto od efficacia preclusiva 

del diritto deU'impugnazione, non pu� precedere la pubblicazione della 

sentenza (2). 

Le censure estranee alla questione di competenz,a, come quelle con


cernenti il capo relativo alLe spese giudiziali, non sono ammissibili in 

sede di regolamento di competenza e pertanto, senza influire sulla rego


larit� dell'istanza per quanto attiene alla questione di competenza, deb


bono essere fatte valere con gli ordinari mezzi di impugnativa (3). 

Nelle controversie concernenti la determinazione de Ha cauzione do


vuta dal ricercatore al proprietario del fond'o soggetto a ricerca di sostan


ze minerali (art. 10 r. d. 29 luglio 1927, 'n. 1443), le .quali afferiscono ad 

una obbligazione relativa a somma di denaro da determinarsi� giudizial


mente, agli effetti della competenza territoriale concorre elettivamente 

ed alternativamente con il forum �obligationis il forum destinatae solu


tionis, che si identifica con il do.micilio del debitore ai sensi del 4� comma 

dell'art. 1184 c. c. ( 4). 

(Omissis). -La circostanza che il resistente Cinicola abbia depositato 
in cancelleria la propria scrittura difensiva dopo la scadenza (22 
aprile 1971) del termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso 
(24 marw 1971), stabilito dall'ultimo comma dell'art. 47 c. p. c., non 
ne impedisce l'esame, in mancanza di opposizione della ricorrente, giacch�, 
data la natura ordinatoria del detto termine la sua inosservanza 
non d� luogo ad inammissibilit� rilevabile d'ufficio. 

(1-4) Per quel che concerne la prima massima, � pacifica nella giurisprudenza 
la natura meramente ordinatoria del termine di venti giorni per 
il deposito di scritture difensive, previsto dall'art. 47 u.p. c.<p.c., sioch� in 
difetto di opposizione devesi di esse tener conto, anche agli effetti deHe 
spese (cfr. Cass. 4 marzo 1970, n. 520; 23 gennaio 1961, n. 103 ecc). 

La seconda massima costituisce concreta applicazione del generale 
principio, per cui nel nostro ordinamento non � dato di rinunziare preventivamente 
ai mezzi di impugnazione che la legge ha disposto onde, in 
relazione alle singole impugnative, il potere di esercitarle sorge in modo 
autonomo soltanto al verificarsi di tutti i presupposti fissati dalrla legge. 

Cfa:. C'ass. 27 aprile 1953, n. 1125, per la quale l'acquiescenza si concreta 
in un atteggiamento della parte che ha come logico presupposto la 
situazione giuridica creata dalla sentenza. 

In dottrina cfr. .ANDRIOLI, Commento 1960, vol. II, p. 383; Minoli e Bergomi 
in Enciclopedia del diritto -voce Acquiescenza, p. 500. � 
La terza massima � conforme alla giurisprudenza -cfr. Cass. 9 marzo 
1966, n. 668. 

13 



'' 


1078 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Deve, quindi, esaminarsi l'eccezione di inammissibilit� dell'istanza 
di regolamento, sollevata dal Cinicola sotto il duplice profitto della tardivit� 
della sua proposizione e della preclusione derivante dall'acquiescenza 
che la ricorrente avrebbe prestato nel giudizio di merito alla pronuncia 
di incompetenza emessa dal Tribunale adito, tanto pi� che ogni 
questione relativa all'ammissibilit� dell'impugnazione, attenendo ad uno 
dei requisiti di efficacia del mezzo di impugnazione, pu� essere esaminata 
d'ufficio. 

L'eccezione � infondata sotto entrambi i profili. 

In ordine al primo � da osservare che, a norma dell'art. 47, secondo 
comma, c. p. c., il termine per proporre, mediante notificazione del ricorso 
alle altre parti, l'istanza di regolamento di competenza � di trenta 
giorni, decorrenti dalla comunicazione della sentenza che ha pronunciato 
sulla competenza. E, poich� nella specie quest'ultima risulta comunicata 
dalla cancelleria del Tribunale di Napoli ai procuratori delle parti il 
22 febbraio 1971, ed il ricorso � stato notificato ad entrambi i resistenti 
il 24 marzo successivo, cio� il trentesimo giorno dopo la comunicazione 
della sentenza, l'istanza � stata proposta tempestivamente. 

Riguardo al secondo profilo, deve rilevarsi che la acquiescenza, 
es,pressa o tacita, come atto ad effetto preclusivo dell'esercizio del diritto 
di impugnazione_, non .pu� precedere la pubblicazione della sentenza, ma� 
deve essere ad essa successiva, sicch� la circostanza che la Pollice avesse 
chiesto, in sede di precisazione delle conclusioni, che la causa fosse rimessa 
al .Tribunale di Lucera, cio� ad uno dei due Tribunali che il Cinicola, 
nel proporre la sua eccezione di competenza ratione loci del Tribunale 
adito, aveva indicato come alternativamente competenti, non poteva 
precludere, per acquiescenza, la proposizione dell'istanza di regolamento 
contro la sentenza successiva, con cui il Tribunale di Napoli ha 
declinato la propria competenza, dichiarando competente il Tribunale di 
Bari. N� pu� ritenersi che la situazione prospettata realizz� la fattispecie 

In ordine alla quarta massima cfr. Cass. 7 febbraio 1966, n. 391; l� febbraio 
1966, n. 335; 17 aprile 1970, n. 1100 ecc. E' pacifico nella giurisprudenza, 
che le sole obbligazioni pecuniarie che debbono esser.e adempiute al 
domicilio del creditore, secondo la disciplina di cui aU'art. 1182, comma 
terzo e.e., sono quelle che hanno per oggetto somme determinate di denaro, 
cio� i debiti pecuniari certi e liquidi e quegli altri che possono determinarsi 
con un semplice calcolo aritmetico in base ad elementi precisi e 
tassativi. Cass. 10 novembre 1970, n. 2336. Al di fuori di tali ipotesi l'obbligazione, 
ove non soccorra alcuno dei criteri indicati nel primo comma 
�ello art. 1182 e.e., va adempiuta al domicilio del debitore. 

In deroga alle disposizioni della legge comune per�, i pagamenti delle 
pubbliche amministrazioni sono invece effettuati presso l'Amministrazione 
cui incombono (artt. 417 e segg. Regolamento 23 maggio 1924, n. 827 per 
l'amministrazione del patrimonio e la contabilit� dello Stato; artt. 325 T.U. 
3 marzo 1934, n. 383, della legge Comunale e Provinciale). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

prevista dall'ultima parte del terzo c�>mma dell'art. 38 c. p. c., dal momento 
che, 1come risulta dagli atti, all'indicazione del Tribunale di Lucera 
come competente a conoscere la controversia non aderl anche l'altro 
convenuto. 

Pu� procederi;i, perci�, all'esame dell'istanza. 

� opportuno precisare -anzitutto -che dei due motivi in cui 
essa si articola, il secondo, avente per oggetto la pronuncia sulle spese 
del giudizio, � manifestamente inammissibile, essende> noto che le censure 
estranee alla questione di competenza, come quelle concernenti il 
capo relativo alle spese giudiziali, non sono ammissibili in sede di regolamento 
di competenza, ma debbono essere fatte valere con gli ordinari 
mezzi di impugnazione, anche se la prospettazione di censure estranee 
non rende inammissibile l'istanza di regolamento -per quanto attiene alla 
questione di competenza. 

Con l'altro motivo -che, investendo per l'appunto quest'ultima 
questione, pu� essere esaminato il ricorrente sostiene che il Tribunale ha 
erroneamente dichiarata la propria incompetenza, in quanto l'obbligazione 
dedotta in giudizio � sorta e deve essere e.seguita a Napoli, dove 
� stato notificato il decreto autorizzativo dell'occupazione dei fondi di sua 
propriet�, essa ricorrente ha la sua residenza e hanno la loro sede il 
Corpo delle miniere e l'Avvocatura distrettuale dello Stato. 

L'istanza � fondata, anche se le ragioni che giustificano la dichiarazione 
di competenza del Tribunale di Napoli sono in parte diverse da 
quelle prospettate dalla ricorrente. 

Deve premettersi che dal principio generale, secondo il quale la 
competenza si determina unicamente in base alla domanda, quale essa � 
proposta e indipendentemente dalla sua fondatezza, discende, come evidente 
corollario, che nessuna rilevanza pu� riconoscersi, ai fini della 
determinazione della competenza, all'eccezione del Corpo delle miniere 
di non essere titolare della posizione soggettiva passiva nascente dal rapporto 
obbligatorio posto a fondamento della domanda. Conseguentemente, 
ai fini dell'individuazione del Tribunale competente ratione loci, non 
pu� non tenersi conto anche della domanda proposta nei confronti del 
detto convenuto. 

� da aggiungere che, nelle cause relative a diritti di obbligazioni 
-fra le quali deve comprendersi quella in cui il proprietario di un fondo 
soggetto alla ricerca di sostanze minerali chieda la determinazione 
della cauzione prevista dall'art. 10 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, in 
misura pi� elevata di quella stabilita dall'ingegnere capo del distretto 
minerario -il forum obligationis e il forum destinatae solutionis concorrono 
elettivamente ed alternativamente, con la duplice conseguenza 
che la scelta dell'uno o dell'altro foro spetta all'attore, il quale pu�, 
quindi, liberamente proporre la sua domanda tanto davanti al giudice 


IOEO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del luogo nel quale l'obbligazione dedotta in giudizio � sorta, quanto 
davanti al giudice del luogo in cui la stessa obblig�zione deve essere 
eseguita, e che, essendo sufficiente che sussista uno dei due anzidetti momenti 
di collegamento, l'identificazione nella circoscrizione del giudice 
adito del luogo in cui deve eseguirsi l'obbligazione rende superflua l'indagine 
volta a stabilire dove la detta obbligazione sia .sorta. Trattandosi 
nella specie di un'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro, 
da determinarsi giudizialmente mediante indagini diverse dal semplice 
calcolo aritmetico, ai fini dell'individuazione del locus solutionis, deve 
applicarsi il principio fissato nel quarto comma dell'art. 1182 c. c., secondo 
cui la obbligazione deve essere adempiuta nel domicilio del debitore. 
Non pu�, infatti, trovare applicazione il criterio stabilito nel terzo comma 
del citato art. 1182 e.e., per il quale l'obbligazione avente per oggetto 
una somma di danaro deve essere adempiuta nel domicilio del creditore, 
giacch�, come questa Corte ha costantemente ritenuto, l'applicazione di 
tale criterio postula che l'obbligazione sia gi� determinata in virt� di un 
titolo negoziale o giudiziale, che �ne abbia stabilito la misura e la 
scadenza. 

Ora, poich�, vertendosi in un'ipotesi di cumulo sogggettivo la causa 
ai sensi dell'art. 33 c.ip.c., poteva essere proposta davanti al giudke 
competente a conoscere della domanda nei confronti di uno solo dei due 
convenuti, e uno di essi -il Corpo delle miniere -� un organo decentrato 
dell'Amministrazione dello Stato avente la sede in Napoli, l'obbligazione 
dedotta nei confronti del detto convenuto deve eseguirsi nello 
stesso luogo e, conseguentemente, deve dichiararsi la competenza del 
Tribunale di Napoli. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2848 -Pres. Capo-
raso -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Mensa Arcivescovile di Bologna 
(avv. Dallari) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carusi). 

Enti e beni ecclesiastici -Beni soggetti a conversione in virt� della 
legislazione eversiva -Automatica devoluzione al demanio dello 
Stato -Presa di possesso da parte dell'Amministrazione -Effetti. 


(1. 7 luglio 1866, n. 3036, art. 11; reg.to 21 luglio 1866, n. 3070, art. 61). 
Enti e beni ecclesiastici -I.:eggi eversive -Beni immobili acquisiti al 
Demanio dello Stato -Successiva legislazione concordataria Irretroattivit�. 


(1. 27 maggio 1929, n. 810; artt. 29 e 45; 1. 27 maggio 1929, n. 848, art. 35). 
Il trasferimento al Demanio dello Stato della propriet� dei beni 
immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici soggetti a conversione, si � 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1081 

verificato per effetto diretto ed automatico delle disposizioni emanate 
con la legge 7 luglio 1866, n. 3036, indipendentemente dalla effettiva presa 
di possesso da parte dell'Amministrazione, la quale rileva invece, a 
termine dell'art. 61 del registro 21 luglio 1866, n. 3070, al solo effetto 
della decorrenza deUa rendita a favore dell'Ente. 

La nuova disciplina dettata dai patti stipulati tra la Santa Sede e 
l'Italia nel 1929 non ha abrogato l'intera precedente legislazione in materia. 
ecclesiastica, ma regolato soltanto quanto ha formato oggetto di specifica 
previsione, sicch� la prevista esclusione di ulteriori provvedimenti 
eversivi ha effetto soltanto per l'avvenire e non incide sulle conversioni 
di beni immobili gi� realizzate in passato con il trasferimento dei beni 
allo Stato (1). 

(Omissis). -La Mensa Arcivescovile, che in un primo tempo aveva 
fondato la domanda sul presupposto che i beni .per cui � causa non fossero 
stati appresi dallo Stato, con regolare presa di possesso, a titolo di 
conversione in rendita di beni immobili di ente ecclesiastico conservato, 
dinanzi alla realt� che i beni erano stati trasferiti allo Stato proprio a 
tale titolo, vorrebbe far dichiarare che tale trasferimento, da avvenire 
mediante iscrizione della rendita nel libro del debito pubblico, iscrizione 
non ancora effettuata, non � perfezionato: e dovendosi dare attualmente 
applicazione all'art. II del r. d. 7 luglio 1966, n. 3036 ed all'art. 61 del 
relativo regolamento approvato con r. d. 21 luglio 1866, n. 3070, sarebbe 
possibile invocare su tale provvedimento il controllo di legittimit� 
costituzionale al fine di farli dichiarare costituzionalmente illegittimi. 

� sufficiente, quindi, dimostrare che il trasferimento dei beni � avvenuto 
per effetto stesso del decreto n. 3036 del 1866, a prescindere dalla 
iscrizione della rendita relativa ai beni a carico dello Stato Italiano, 
perch� si rilevi l'inconsistenza della costruzione giuridica svolta dalla 
ricorrente. 

Seppure ispirati a prudenza ed a completezza di indagine, non sono 
quindi rilevanti e giuridicamente conferenti i primi tre motivi del ricorso, 
con i quali si sostiene che la Corte d'Appello avrebbe errato nell'affermare 
che il d. 1. suindicato avrebbe sancito l'incapacit�, per gli enti ecclesiastici 
conservati, di essere proprietari di beni immobili (I motivo) e 
nel considerare gli istituti della devoluzione dei beni degli enti soppressi 
e della conversione in rendita dei beni degli enti conservati come 
aspetto di un unico fenomeno (II motivo), assimilando poi la conversione 
ora detta alla confisca (III motivo). 

(1) Le sentenze della Corte di Cassazione, 11 marzo 1930, n. 803 e 5 
marzo 1934, n. 682, richiamate in motivazione, si leggono rispettivamente 
in Giur. It. 1930, I, 1, 475 ed in Foro It. 1934, I, 1441. 

1082 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte d'Appello, sulla spinta delle dissertazioni delle parti, ha 
richiamato nell'elaborata sentenza il clima storico-politico dell'epoca 
dell'unif�,cazione dello Stato italiano e delle vkende dei rapporti tra 

I 

Stato e Chiesa, ma non pu� dirsi che, con ci�, abbia inteso accertare la 
�ratio�, delle norme giuridiche che erano state applicate, norme che 
la Corte ha interpretato con esame diretto del loro testo. Con questo 
contenuto marginale e di sfondo, rispetto alla ricerca giuridica, l'indagine 
storico-politica non assume rilievo determinante in questa sede di 
legittimit�. Tuttavia pu� essere utile precisare: 

a) che la Corte d'Appello, contrariamente a quanto �ssume la 
Mensa Arcivescovile, non ha confuso devoluzione al Demanio dei beni 
�iegli enti ecclesiastici soppressi con la conversione in rendita dei beni 
immobili degli enti .conservati, ma, sottolineata tale distinzione in modo 
esplicito, ha osservato che la disciplina normativa, ad essa riferibile, poneva 
poi regole eguali per i due istituti quanto al trasferimento dei diritti 
reali ed alla presa di possesso dei beni da parte� dell'Amministrazione 
dello Stato: il che � esattissimo come si vedr�; 

b) che in effetti la dottrina ha sempre accreditato ia tesi che il 

r. d. n. 3070 del 1866 ha stabilito il principio della incapacit� -sia pure 
non� assoluta -degli enti ecclesiastici conservati di essere titolari di 
diritti reali sugli immobili; 
e) che l'accostamento alla confisca della conversione in rendita 
dei beni immobili � stato fatto dalla Corte d'Appello in via di lata approssimazione, 
senza trarre da esso alcun apporto di ragionamento essenziale; 
e ci� ragionevolmente, dato che ispirata allo scopo indiscusso di provvedere, 
in via eccezionale, a modificare un equiltbrio sociale ed economico, 
turbato dal progressivo� accumulo, con mezzi legittimi ma non per questo 
privi di inconvenienti, di una grande mass,a di beni immobili nel possesso 
della Chiesa, la conversione ora detta si presenta come istituto 
peculiare, _eccezionale rispetto alla tipologia giuridica tradizionale: sicch� 
l;accostamento a questo o a quello dei detti istituti tipici assume valore 
di approssimazione �cosi generica da non presentare utilit� ai fini della 
interpretazione e dell'applicazione concreta della relativa disciplina 
normativa. 

La Corte di merito invece, come si � accennato, ha opportunamente 
basato la propria decisione, circa l'immediato effetto traslativo ope legis 
dei beni immobili degli enti ecclesiastici conservati, sull'esame diretto 
degli artt. 11 e 12 del r. d. 7 luglio 1866, e dell'art. 61 del regolamento 
21 luglio 1866, n. 3070. 

La Mensa critica tale punto de.Ila sentenza impugnata con i motivi 
sesto e settimo del ricorso, nei quali sostiene che l'art. 11 suindicato 
non prevede il trasferimento automatico dei beni degli enti conservati, 
come stabilito per quello dei beni degli enti soppressi, in quanto per essi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

usa il verbo al futuro (.saranno convertiti) e stabilisce .che la conversione 
si attua � mediante l'iscrizione della rendita � (sesto motivo). 

Sulla base di questa interpretazione, la ricorrente osserva che l'articolo 
61 del regolamento non pu� essere inteso come determinativo della 
data del trasferimento (altrimenti avrebbe portata innovativa rispetto 
alla norma primaria) ma stabilisce solo la data della decorrenza della 
rendita (settimo motivo). L'assunto, per�, non ha fondamento giuridico. 

Gi� nel r. d. n. 3036 del 1866, dopo aver stabilito gli istituti della 
devoluzione e della conversione dei beni, il legislatore ha disposto uniformemente 
per i due istituti quanto alla presa di possesso dei beni, nel senso 
che questa sarebbe stata eseguita secondo le norme da stabilirsi nel 
regolamento. Ed il regolamento ha stabilito in modo uniforme, disponendo 
che i beni immobili si intendono trasferiti al demanio dalla data 
di presa di possesso e da questa epoca decorre la. rendita da iscriversi a 
favore del beoificio o altro ente morale. 

Riferita ai beni devoluti al Demanio, questa disposizione, come quella 
dell'art. 12 del r. d. n. 3036 del 1866, non pu� regolare .che la presa di 
possesso, dato che per tali beni non sussiste dubbio che il trasferimento 
al demanio dello Stato sia avvenuto ope legis, come automatica � stata 
la soppressione degli enti ecclesiastici cui i beni stessi appartenevano. 
Ma, stante l'uniformit� di disciplina attuata con le cennate fonti normative, 
� imprescindibile che la stessa struttura di efficacia automatica 
deve essere dalla conversione in rendita dei beni immobili degli enti 
conservati. 

� logicamente impossibile, in mancanza di qualsiasi riferimento 
discriminatorio, interpretare le medesime norme in due modi diversi 
di operare, secondo che oggetto del trasferimento siano beni devoluti o 
beni da convettire in rendita. Il contenuto di tali norme, perci�, � il 
collegamento tra la presa di possesso ~ la decorrenza della rendita, da 
iscriversi, nel caso di beni devoluti, come indennizzo, nel caso dei beni 
immobili degli enti conservati come mezzo di conversione del preesistente 
diritto reale nella rendita corrispondente con una palese uniformit� 
di disciplina e di effetti in questa fase esecutiva che le cennate 
fonti normative tendono a regolare. 

Questa interpretazione non � in contrasto con la dizione usata nell'art. 
11 del r. d. n. 3036 del 1866 l� dove dispone che, i beni degli 
enti soppressi sono devoluti al Demanio, i beni immobili di qualsiasi 
altro ente morale ecclesiastico, fatte alcune eccezioni espresse, saranno 
pure convertiti per opera dello Stato, mediante iscrizione in favore degli 
enti morali cui appartengono, di una rendita ecc.; l'uso del tempo futuro 
� riferito alla conversione, non all'effetto del trasferimento del diritto 
sugli immobili ed � fatto ovvio che la conversione avviene solo con 
l'iscrizione della rendita, che rende certo, liquido ed esigibile il credito 


1084 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
dell'ente conservato. Ma nella norma ora riportata il collegamento 
quanto ai diritti sui beni oggetto della conversione non opera nel senso 

che, prima della conversione in rendita, i beni immobili si debbano con


sideraTe ancora di propriet� degli enti, bensi nel senso che l'iscrizione 

della rendita avrebbe trovato il suo titolo nell'avvenuto trasferimento 
del diritto reale sui beni stessi. Manca un collegamento condizionante 
"del trasferimento del diritto reale sui beni alla iscrizione della rendita, 

collegamento che avrebbe comportato una disciplina, in fase esecutiva, 

di subordinazione necessaria ed essenziale del trasferimento alla iscri


zione della rendita: ,collegamento non solo non emergente dalle fonti 

normative ma da esse escluso per le osservazioni fatte innanzi circa il 

loro identico contenuto quanto alla presa di possesso dei beni (devoluti 

o oggetto di �onversione) ed alla decorr�nza del diritto alla rendita. 

In tali fonti, cio� al verbo convertire non � stato dato significato 

giuTidico rispondente a quello lessicale di far passare una cosa (nella 

specie, il diritto soggettivo sui beni) da uno stato all'altro, bens� quello 

tecnico-giuridico di trasferire il diritto reale sui beni immobili allo 

Stato e di costituire a carico dello Stato ed in favore degli enti eccle


siastici cui i beni appartenevano il diritto di credito alla rendita corri


spondente, senza che le due operazioni fossero reciprocamente condi


zionate. 

Cosi interpretando ed applicando le cennate norme giuridiche, i 

giudici del merito hanno del resto, seguito l'insegnamento di questa 

Corte Suprema che nella sentenza n. 803 dell'll marzo 1930 ebbe 

appunto a stabilire che il trasferimento a favore del Demanio della 

propriet� degli immobili appartenenti ad enti ecclesiastici s?ggetti a 

conversione si deve ritenere avvenuto fin dal momento della pubblica


zione della 1. 7 luglio 1866, n. 3036, anche se l'Amministrazione non 

ne abbia preso immediatamente possesso; n� contrasta con tale prin


cipio la disposizione dell'art. 61 del regolamento 21 luglio 1866, n. 3070, 

la quale ha inteso determinare soltanto la data di decorrenza della 

rendita a favore dell'ente, facendo coincidere tale data con la presa di 

possesso dei beni da parte dell'Amministrazione demaniale. 

E, come s'� visto, desaminata la questione, questo S.C. non ravvisa 

ragione alcuna per modificare tale sua statuizione. Anzi ritiene palese 

l'erroneit� dell'interpretazione proposta dalla Mensa arcivescovile ricor


rente S'econdo cui lo Stato avrebbe preso possesso dei beni della Mensa 

ancor prima che essi gli fossero stati trasferiti e, a sua volta, la Mensa 

avrebbe acquisito il diritto alla rendita a decorrere dalla data della presa 

di possesso, prima ancora di perdere il diritto reale sui beni oggetto di 

conversione, diritto che dovrebbe considerarsi tuttora esistente per non 

essere ancora avvenuta l'iscrizione della rendita competente. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

L.a Corte d'Appello ha ritenuto di rafforzare il suo ragionamento 
nel suo senso detto innanzi osservando che l'art. 1 del t. u. 1� maggio 
1930, n. 695, prevedendo, nel concorso di determinati presupposti la 
possibilit� che gli immobili appresi dal Demanio dello Stato agli effetti 
della conversione siano retrocessi agli enti ecclesiastici conservati che 
ne facciano richiesta, ha confermato che si tratta di immobili gi� trasferiti 
al Demanio, pur non essendo stata ancora assegnata la corrispondente 
rendita. Questo argomento rafforzativo -palesemente corretto 
e conferente -� oggetto di critica da parte della Mensa Arcivescovile 
nell'ottavo motivo di ricorso. Ma questo S.C. che ha trovato conforme 
a legge la decisione impugnata sulla base dell'esame delle norme che 
direttamente concernono la questione in esame, non ha motivo di soffermarsi 
sulle �Critiche dell'argomento rafforzativo, critiche che questo 
Collegio non condivide ma che comunque non potrebbero mai portare 
ad un mutamento di interpretazione delle norme applicate. 
Ci� ritenuto, le rimanenti deduzioni della ricorrente, in particolare 
quelle svolte nei motivi quarto e quinto rimangono prive della necessaria 
base logica e giuridica. Poich� il diritto reale sui beni � stato 
trasferito allo Stato per effetto stesso della nornia eversiva e poich� 
non sussiste intel'dipendenza condizionante tra iscrizione della rendita 
ed il trasferimento ora detto, deve escludersi che nella presente con~ 
troversia possa venire in contestazione la legittimit� delle citate fonti 
legislative alla stregua della vigente costituzione repubblicana, in particolare 
dell'art. 42 di detta Costituzione, qualunque debba ritenersi 
essere la natura sostanziale della disciplina normativa da ess� realizzata. 
Non si tratta infatti di dare applicazione attuale alla norma circa 
il trasferimento allo Stato dei beni immobili degli enti ecclesiastici 
assoggettati a conversione, bens� di dichiarare che tale trasferimento 
� stato realizzato per effetto �diretto ed automatico delle norme richiamate, 
le quali, perci�, sui beni per i quali oggi � causa hanno compiutamente 
realizzato i loro effetti da oltre un secolo. Quindi, da una parte, 
� esclusa la rilevanza ai fini della decisione della controversia in esame 
della questione di legittimit� costituzionale delle fonti normative ora 
dette, che nella specie hanno esaurito i loro effetti quanto al trasferimento 
del diritto dominicale sugli immobili del Monastero di S. Omobono; 
dall'altra, essendo stato abolito di assoggettare a conversione i beni 
immobili appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico (art. 30 del Concordato 
tra S. Sede e l'Italia), � esclusa anche per questa ragione la possibilit� 
stessa di prospettare un'applicazione attuale delle disposizioni 
del 1866 circa la conversione ora detta: ed il problema sarebbe solo di 
dichiarare non pi� sussistente l'obbligo della Mensa arcivescovile di 
essere assoggettata attualmente a conversione -se il trasferimento 
del diritto dominicale non si fosse gi� realizzato nel 1866 -per effetto 


1086 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di abrogazione della norma che prevedeva il trasferimento del diritto 
reale e la conversione di �esso in diritto di credito alla rendita. Ma 
anche su tale questione di abrogazione di legge non assumerebbe rilevanza 
l'esistenza o meno di contrasto tra le norme del 1866 innanzi 
specificate e l'art. 42 della vigente costituzione, altra essendo la ragion1e 
di ,perdita di efficacia delle norme. 

Nel nono �ed ultimo motivo di ricorso, la Mensa arcivescovile denunzia 
violazione e falsa applicazione dell'art. 42 della Costituzione e 
violazione dell'art. 35 della legge 2�7 maggio 1929, n. 848, per avere la 
Corte d'A:ppello negato il diritto della Mensa ad un indennizzo pari 
a'.ll'attuale valore dell'immobile, ritenendolo sostituito dalla possibilit� 
dell'odierna iscrizione di una rendita rivalutata, dimenticando che l'iscrizione, 
secondo la ricorrente, non � pi� effettuabile, dopo la legislazione 
concordataria, per essere preclusa la conversione dall'art. 35 della legge 

n. 848 del 1929. La tesi � stata ribadita anche nelle note di udienza. Ma 
questo S. C. condivide anche su questo punto la decisione �adottata dai 
giudici di merito. 
Il richiamo, anche in quest'ultimo motivo, all'art. 42 della Costituzione, 
fa ritenere che la domanda subordinata in esame ha egualmente 
per presupposto necessario che il trasferimento dei beni degli enti as'Soggettati 
a conversione ricada nell'ambito degli atti espropriativi, che esso 
per non essere ancora -fatto giuridico esaurito debba co~portare l'applicazione 
attuale della disciplina normativa propria di tali atti, infine che 
alla stregua di tale disciplina debba ritenersi illecita l'appTensione dei 
beni da parte dello Stato senza la liquidazione della Tendita. 

Ma una volta ritenuto che il trasferimento allo stato dei beni immobili 
della Mensa Arcivescovile � avvenuta per effetto diretto del decreto 
del 1866, e che esso d� titolo solo alla liquidazione della rendita secondo 
-i criteri stabiliti dallo stesso decreto, il ritardo nell'iscrizione della Tendita 
e nella conesponsione della stessa, se fosse imputabile a comportamento 
colposo delle Amministrazioni dello Stato, potrebbe essere causa 

di risaTcimento ex art. 1224 c. c. ma non darebbe mai diritto alla liqui


dazione di un indennizzo pari al valore attuale degli immobili trasferiti 

allo Stato. 

Ci� deve affeTmarsi anche se come sostiene la ricorrente, non fosse 
pi� possibile attualmente l'iscrizione della rendita a favore della Mensa 
per effetto della legislazione concordataria, stante che il pregiudizio che 
la Mensa potrebbe addurre sarebbe sempre e solo quello della perdita 
del diritto alla rendita come determinabile in, virt� del decreto del 1866; 
tesi �che, per�, � stata giustamente disattesa dalla Corte d'Appello, dato 
che l'art. 35 della 1. 27 maggio 1929 n. 848, disponendo l'abrogazione 
di tutte le disposizioni �contrarie alla legge stessa, s'� riferito alle disposizioni 
specificamente riguardanti la materia regolata in modo diverso 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1087 

dalla nuova legge (nomine ed uffici e benefici ecclesiastici, riconoscimento 
agli effetti civili degli istituti ecclesiastici e degli enti di culto, 
autorizzazione ad acquisto di beni, tutela per gli atti eccedenti l'ordinaria 
amministrazione, amministrazione civile dei patrimoni destinati a 
fine di culto, organizzazione di uffici statali per gli affari di culto) ma non 
ha certo abrogato tutta la legislazione precedente in materia ecclesiastica, 
abrogazione che neppure pu� essere considerato effetto del Concordato 
lateranense (Cass. 5 marzo 1934, n. 5S.2); questo all'art. 30 allorch� 
ha regolato la gestione ordinaria o straordinaria; dei beni degli istituti 
ecclesiastici e del:le associazioni religiose, ha disposito che essa abbia 
luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle autorit� della Chiesa, escluso 
ogni intervento da parte dello Stato e senza obbligo di assoggettare a 
conversione i beni immobili, si � riferita, come � regola generale e fondamentale 
dell'efficacia delle leggi, all'avveniri:; ha escluso l'ulteriore 
esercizio del potere di conversione ed ha vincolato lo stesso esercizio, da 
parte dello Stato Italiano, del potere legislativo a non disporre ulteriori 
provvedimenti di eversione, ma nulla ha stabilito per le conversioni di 
beni immobili gi� realizzate in passato con il trasferimento dei beni allo 
Stato e per le quali sia residuata contestazione .in ordine solo al quantum 
della rendita da liquidare. -(Omissis). 

>CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre 1972, rt. 3090 -Pres. Giannattasio 
-Est. �oselli -P. M. De Marco (conf.) -Ministero LL.PP. (
Avv. Stato Albisinni) .c. Zigarelli (avv. Vocino). 

Procedimento civile -Disponibilit�' delle prove -Fatto notorio -Co~
nizione tecniche -Non sono tali -Indennit� di espropriazione 
per p. u. -Valutazione -Criteri equitativi -Presupposto. 

(e.p.e. art. 115; e.e. artt. 1226, 2056). 
Espropriazione per p. u. -Indennit� -Determinazione -Deposito presso 
la Cassa DD.PP. 
.(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 48). 

La nozione di fatto notorio che H giudice pu� porre a fondamento 

.della decisione senza bisogno di prove, � caratterizzata daUa genericit� 
dei f.atti che rientrano nella comune esperienza deU'uomo di media cultura 
in un determinato tempo e luogo. 

Pertanto mentre notorio pu� considerarsi l'incremento di valore, 
nel tempo, dei fondi di una determinata zona, tale non pu� ritenersi 
invece la percentuale dell'aumento dei prezzi, i.l cui calcolo richiede 
.cognizioni tecniche particolari sulla base di precisi elementi e che sfugge 

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1088 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

altresi ad una valutazione equitativa ove sussista la possibilit� di determinarla 
mediante consulenza tecnica, che costituisce lo strumento probatorio 
idoneo allo scopo (1). 

L'indennit� di espropriazione, sia che si fratti di somma offerta dall'espropriante 
ed accetta dall'espropriato, sia che sia stata determinata 
a seguito di stima di Ufficio od in sede giurisdizionale in dipendenza di 
opposizione alla stima, deve essere depositata nei modi di legge presso la 
Cassa Depositi e Prestiti a garanzia degli eventuali diritti dei terzi (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso il Ministero dei LL.PP. 
denunzia la violazione degli artt. 2697 .e 1226 c. c., nonch� il difetto 
assoluto di motivazione su un punto decisivo della controversia (ex 
art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c.) e censura la Corte del merito per avere 
apoditticamente affermato essere �circostanza notoria che il valore dei 
suoli edificatori (posti in agro di Avellino) fosse aumentato nel periodo 
fra il 1963 ed il 19�65 e per avere inoltre valutato la misura di codesto 
aumento in ragione del 15 % sulla base di criteri equjtativi che, a norma 
dell'art. 1226 c. c., non potevano essere utilizzati nella specie. 

Il motivo � fondato. 

Per costante insegnamento di dottrina e giurisprudenza, le nozioni 
di fatto rientranti nella comune esperienza che -a norma del sec�ndo 
comma dell'art. 115 c. p. c. -il giudice pu� porre a fondamento della 
decisione senza bisogno di prova, sono costituite dai c,. d. �fatti notori �, 
ossia da quei fatti che un uomo di media cultura, in quel dato tempo ed 
in quel dato luogo, normalmente conosce, non anche da quelle cognizioni, 
personali ed incontrollabili, che costituiscono la scienza privata 
del giudice. 

Ora, se pu� ammettersi che -con riferimento al tempo in cui la 
impugnata decisione venne pronunciata, fosse circostanza di fatto nota 
a quanti risiedevano nella zona che i suoli edificatori siti in agro di 
Avellino, e pi� precisamente nella zona in cui si trovavano quelli di propriet� 
dello Zi.garelli, avevano subito -a partire dal 1963 -un incre


(1) In senso conforme cfr. Cass. 17 aprile 1970, n. 1097 -In Dottrina 
sul concetto di fatto notorio, cfr. SATTA -Commentario, 1966, vol. I, p, 460, 
per il quale, perch� rivestano carattere di notoriet�, deve trattarsi non di 
fatti che si inseriscono nell'orbita di un determinato rapporto giuridico, 
come costitutivi, modificativi od estintivi di esso, ma di fatti semplici, genericamente 
rilevanti rispetto al giudizio sul fatto. 
Sui limiti del ricorso alla valutazione equitativa del danno cfr. Cass. 18 
marzo 1970, n. 721. Circa poi la consulenza tecnica che, al di fuori della 
disponibilit� del<le parti e senza costituire un mezzo di prova vero e proprio, 
viene dal legislatore affidata al criterio discrezionale del giudice, quale 
rapporto tecnico atto ad illuminarlo, cfr. Cass. 23 ottobre 1959; 11 marzo 
1963, n. 596; 21 marzo 1970, n. 761 ecc. 

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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1089 

mento di valore, � sicuramente da escludere che codesta notoriet� potesse 
riferirsi anche al valore percentuale di un tale aumento (15%), esorbitando 
la precisione necessaria ai fini del calcolo dell'incremento concreto 
da quella �genericit� che costituisce il connotato tipico dei fatti che rientrano 
nella �comune esperienza� e, conseguentemente, il limite entro 
cui pu� agire la dispensa dalla prova prevista dalla norma dianzi citata. 

Ne fornisce d'altronde conferma sia pure indiretta la stessa sentenza 
impugnata l� dove, per la concreta determinazione di tale aumento, ha 
ritenuto di potersi avvalere dei criteri equitativi di cui agli artt. 1226 
e 2056 c. c., in tal guisa incorrendo in una ulteriore e distinta violazione 
di legge. 

Dispone invero l'art. 1226 c. c., e costituisce costante insegnamento 
di giurisprudenza a riguardo, che il ricorso alla valutazione equitativa 
del danno si legittima solo nel caso che questo non possa essere provato 
nel suo preciso ammontare. 

E, se � vero che il giudizio sulla necessit� del ricorso ad un tale 
criterio liquidativo � rimesso al prudente apprezzamento del giudice del 
merito, � anche vero che esso, in tanto si sottrae al sindacato di legittimit�, 
in quanto fornisca un'adeguata dimostrazione, sulla base degli 
elementi acquisiti al processo, della impossibilit� di provare il danno 
nel suo preciso ammontare. 

Nella specie la motivazione fornita dalla Corte del merito non assolve 
a tale esigenza. Invero, l'asserita superfluit� di una nuova consulenza 
tecnica, nel mentre implica il riconoscimento dell'esistenza di uno 
strumento probatorio specificamente idoneo allo scopo, ne esclude tuttavia 
la utilizzabilit� in concreto pe�r ragioni che sono di mera opportunit� 
e non di impossibilit�. 

Dall'accoglimento del motivo ora esaminato, restano -a rigore necessariamente 
assorbite le ulteriori censure mosse alla impugnata sentenza, 
ed in particolare quella (secondo mezzo) con la quale -denunciando 
violazione e falsa applicazione degli artt. 48 e segg. della legge 
generale sulle espropriazioni -il Ministero dei LL.PP. si duole di essere 
stato condannato a pagare la differenza (in pi�) liquidata da!La Corte 
del merito a titolo di indennit� espropriativa, direttamente all'espropriato 
anzich� alla Cassa DD. e PP. 

Tuttavia, essendosi nel corso della discussione orale palesato il dubbio 
che, con la recente decisione n. 21630 del 10 dicembre 1970, la giurisprudenza 
di questa Suprema Corte si sia discostata dal criterio risolutivo 
gi� adottato in argomento a Sezioni Unite con le decisioni n. 544 
del 17 febbraio 1969 e n. 4020 del 18 dicembre 1968, ragioni di o,pportunit� 
inducono a precisare che tale supposto mutamento di indirizzo 
non sussiste, la decisione n. 2630 del 1970 essendo relativa ad una ipotesi 
diversa, ed a ribadire quindi la costanza del principio secondo cui � l'in



1090 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dennit� di espropriazione, sia che si tratti della somma offerta dall'espropriante 
e accettata dal proprietario o determinata in seguito a stima 
d'ufficio, sia che si tratti della somma supplementare determinata in 
sede giurisdizionale a seguito di opposizione dell'espropriato, va, in ogni 
caso, depositata nei modi di legge, a garanz'ia di eventuali diritti di terzi, 
e, quindi, il giudice �dito .con l'opposizione non pu� emettere una pronuncia 
di condanna a carico dell'espropriante in favore dell'es.propriato, 
ma deve limitarsi ad ordinare il deposito>>. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3131 -Pres. Rossano 
-Est." Montanari -P. M. Mililotti (conf.) -Istituto Autonomo 
.case Popolari della Provincia di Bari (avv. Memeo e Tanzarella} 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). 
Procedimento civile -Azione risarcitoria -Domande relative a distinti 
danni determinati da un unico evento -Proposizione in separato 
giudizio -Ammissibilit�. 

(e.p.e. art. 112). 
Espropriazione per p. u. -Immobile detenuto senza titolo dalla P. A. Risarcimento 
del danno -Esecuzione dell'opera pubblica -Effetti. 

(l. 20 marzo 1865, n. 2248 alleg. E art. 4; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71 
e 73; e.e. art. 1224). 
Procedimento civile -Appello -Eccezioni non accolte in primo grado Riproposizione 
-Forma. 

(e.p.e. art. 346). 
. � ammissibile la proposizione in processi diversi di domande separate 
di liquidazione relative� a' distinti capi del danno determinato da 
un unico evento (nella specie l'Amministrazione finanziaria aveva propo
�sto la domanda per conseguire il risarcimento del danno dalla illegittima 
occupazione di un suo fondo da parte dell'I.A.C.P., con riserva 
di richiedere in separata sede il valore dell'immobile su cui era stato 
costruito l'opera pubblica). 

Qualora la .P.A. abbia occupato senza titolo un immobile, spetta 
al proprietario il risarcimento del danno per il mancato godimento del 
bene e la mancata percezione dei frutti. 

Ove poi l'immobile sia stat� trasformato in modo permanente con 
la costruzione dell'opera pubblica, poich� con il compimento di questa 
si determina la conversione del diritto di propriet�, non pi� suscettibile 
di reintegrazione in forma specifica, nel diritto di c:reidito al risarci



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CI:VILE 1091 

mento del danno commisurato al valore venale del bene, al proprietario 
privato definitivamente del fondo non compete ulteriormente l'indennizzo 
per l'occupazione ma, sulla somma corrispondente al valore del 
fondo, gli interessi compensativi decorrenti dalla data di ultimazione 
dell'opera pubblica (1). 

La riproposizione espressa in grado di appello delle eccezioni non 
accolte dal giudice di primo grado, necessaria perch� non si intendano 
abbandonate, pm� non esigendo formule particolari deve tuttavia consentire 
di desumere in modo non equivoco la intenzione della parte ed 
a tal fine non � sufficiente un generico richiamo alle deduzioni e conciusioni 
formulate nel precedente grado di giudizio (2). 

(Omissis) .. -Con il quarto mezzo -che si ritiene di esaminare 
prima del terzo. per la sua ;priorit� logica -il ricorrente deduce la 
violazione dei principi dell'unit� ed unicit� del procedimento risarcitorio, 
affermando che era illegittima la domanda di risarcimento parziale, 
effettuata dall'Amministrazione con riserva di richiedere in separata 
sede il valore dell'immobile, non essendo possibile frazionare .in 
pi� procedimenti le richieste risarcitorie che trovano fondamento in 
un solo fatto dannoso. L'azione proposta dall'Amministrazione Finanziaria 
avrebbe perci� dovuto dichiararsi inammissibile ovvero si sarebbe 
dovuto dichiarare inefficace la riserva di agire in' separata sede per 
l'ulteriore risarcimento. 

Il motivo � infondato. 

Deve ritenersi consentita la propos1z10ne in separati processi di 
domande separate di liquidazione relative a capi distinti del danno 
determinato da un unico evento. L'opinione contraria risulta in contrasto 
(come ha affermato questo Supremo Collegio con la sentenza 

(1) La sentenza riaff.erma, ulteriormente puntualizzandoli, gli elaborati 
principi in materia, sottolineando che la conv�ersione del diritto di propriet� 
in quello di credito al risarcimento del danno si verifica con il compimento 
dell'apera pubblica, che �quindi si pone, agli effetti in esame, su 
di un piano anarlogo alla emanazione del decreto di espropriazione. Cfr. 
Cass. 11 febbraio 19�69, n. 461; 23 maggio 1969, n. 2776. 
La Corte di Cassazione -cfr. Cass. 23 aprile 1969, n. 1282 -non aveva 
mancato di precisare come fino alla data del decreto di esproprio per p.u. 
l'espropriato conserva il diritto al godimento del bene, onde gli compete la 
relativa indennit� di occupazione. 

Cfr. altres� Cass. 7 ottobre 1970, n. 1831, in cui si ribadisce che la 
indennit� di occupazione temporanea tiene luogo della mancata utiilizzazione 
del bene da parte del proprietario. 

(2) Giurisprudenza pacifica. Come � noto il disposto di cui all'art. 346 
c.p.c. non costituisce una sanzione posta a carico della parte ma una 
preclusione fondata sulla tacita rinunzia. Cfr. Cass. 16 maggio 1968, n. 1549, 
in For� It. 1968, I, 2159 e giurisprudenza ivi richiamata. 

1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
n. 109 del 1957, che mutava una precedente giurisprudenza) con il prin1092 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
n. 109 del 1957, che mutava una precedente giurisprudenza) con il principio 
dispositivo che informa il nostro vigente ordinamento processuale 
secondo cui il giudice (art. 112 c. p. c.) non pu� pronunciare oltre i 
limiti delle domande delle parti. Affermare, poi, che l'esercizio parziale 
del credito risarcitorio precluderebbe ogni successiva azione per il conseguimento 
dell'ulteriore parte del credito stesso significherebbe sostanzialmente 
creare ed aggiungere una nuova causa estintiva delle 
obbligazioni rispetto a quelle stabilite dal legislatore nel codice civile. 
L'argomento, infine, tratto dall'inconveniente che deriverebbe al convenuto 
autore del fatto danno.so e concretantesi nei maggiori costi processuali 
qualora egli dovesse subire tante azioni giudiziarie quante 
sono le voci di danno, esso non ha rilevanza giacch� il convenuto medesimo 
potrebbe cautelarsi al riguardo proponendo domanda riconvenzionale 
di accertamento negativo dell'esistenza di ulteriori danni. 

Con il terzo mezzo l'Istituto ricorrente lamenta la falsa applicazione 
dell'art. 2043 c. c. la violazione degli artt. 1147 e 1148, stesso codice, 
nonch� l'omesso esame di un punto decisivo. In particolare esso assume 
che non avrebbe potuto qualificarsi come illecita l'occupazione del suolo 
da parte sua, essendo essa avvenuta col consenso, al;rneno tacito, del-� 

1'Amministrazione delle Finanze. Il suo possesso non si sarebbe potuto 
qualificare come di malafede e conseguentemente avrebbe dovuto trovare 
applicazione l'art. 1148 c. c., secondo cui il possessore di buonafede 
fa suoi i frutti della cosa fino al giorno della domanda giudiziale. In 
ogni caso sarebbe stato erroneo il riconoscimento di un risarcimento 
per il mancato godimento del bene non solo per il primo periodo dell'occupazione, 
ma anche per quello successivo all'ultimazione dell'opera 
pubblica costruita sul suolo da esso Istituto. Terminata l'opera 9ubblica 
e divenuta cos� impossibile la restituzione della � res �, il diritto del 
proprietario del bene si sarebbe convertito in un diritto di credito e 
cio� nel diritto al valore del bene stesso. In quel momento sarebbe 
cessato il diritto al pagamento di ogni indennizzo per la perdita dei 
frutti che il bene era capace di produrr�e, spettando soltanto gli interessi 
sulla somma non corrisposta e costituente il valore del bene. 
Tali interessi non sarebbero liquidabili se il creditore omette "di chiedere 
la liquidazione della sorte capitale.. 
Il motivo � infondato per la prima parte. La Corte di Appello -
dopo aver correttamente interpretato la domanda giudiziale come diretta 
a far valere anzitutto una responsabilit� da fatto illecito (giacch� 
l'azione di arricchimento senza causa era stata proposta soltanto subordinatamente) 
-ha ritenuto illecita l'ocCUJ?azione dell'immobile della 
Amministrazione finanziatria da parte dell'Istituto Autonomo per le 
case Popolari, avendo previamente accertato, con motivazione adeguata 
e con insindacabile apprezzamento di fatto, che la predetta occupazione 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1093

\ 

era avvenuta del tutto arbitrariamente, in quanto attuata al di fuori di 
qualsiasi accordo con l'ente proprietario del bene (e quindi senza il 
consenso, neanche tacito, di quest'ultimo), nonch� al di fuori di una 
qualsiasi pr�evisione di legge o di un esercizio di potest� amministrativa. 

Il mezzo di gravame deve invece trovare accoglimento laddove 
muove censure nei riguardi dell'avvenuto riconoscimento, da parte della 
Corte d'appello, di un diritto dell'Amministrazione finanziaria a risarcimento 
del danno per il mancato godimento del bene anche per il 
tem,no successivo alla costruzione dell'opera pubblica (costruzione di alloggi 
popolari) sul suolo risultante dalla demolizione del magazzino gi� 
doganale. 

Qualora l'immobile detenuto senza titolo. dalla P.A. sia stato trasformato 
per la costruzione di un'opera pubblica,� il diritto di propriet� 
preesistente non � suscettibile di reintegrazione in forma specifica, per 
l'impossibilit� che sia posta nel 'nulla l'attivit� discrezionale della P.A. 
(sent. n. 461/69). E nel caso in cui non sia possibile la restit�zione del 
bene occupato con opere permanenti dalla P.A., � dovuto, a colui che 
ha subito l'occupazione, una somma pari al valore venale del bene, calcolato 
secondo il .giusto prezzo che esso avrebbe avuto in una libera 
contrattazione (sent. n. 2776/69). A seguito e per effetto della costruzione 
dell'opera pubblica permanente, il proprietario del bene viene, 
infatti, privato in modo definitivo del .godimento e della disponibilit� 
del bene medesimo. Se il proprietario stesso pu� vantare, fino .al momento 
dell'ultimazione della costruzione dell'opera pubblica, un diritto 
al risarcimento del danno con riferimento al mancato godimento del 
bene e alla mancata percezione dei frutti della �res � (e quindi anche 
con riferimento -come si � regolata la Corte d'Appello con la sentenza 
impugnata -al canone che si. sarebbe potuto conseguire con la concessione 
in locazione del bene), successivamente al predetto momento 
-per effetto della conversione del diritto di propriet� nel diritto di 

credito a un risarcimento del danno commisurato .al valore venale della 
cosa -il proprietario privato definitivamente del bene pu� far valere 
in giudizio unicamente il suo diritto alla corresponsione, a titolo di 
risarcimento, della somma corrispondente al valore venale. 

Su tale somma capitale sono dovuti ovviamente, secondo i principi 
generali, gli interessi compensativi dal .giorno. dell'evento dannoso ~costruzione 
dell'opera pubblica permanente, che ha comportato effetti equiparabili 
a quelli della perdita della propriet� del bene), ma la liquidazio.
ne di tali interessi non � certamente possibile se non viene chiesta 
previamente la determinazione o liquidazione giudiziale della predetta 
somma corrispondente al valore venale del bene. 

� infondato, invece, il quinto motivo del ricorso con il quale l'Istituto 
Autonomo per le Case Popolari lamenta la violazione dell'art. 2948 

14 


1094 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(o 2946) c. c., deducendo che i giudici del merito hanno omesso di prendere 
in esame l'eccezione di prescrizione da esso proposta in sede di 
precisazione delle conclusioni in primo grado, conclusioni richiamate 
anche in grado di appello con la comparsa di risposta. 

A norma dell'art. 346 c. p. c. le eccezioni non accolte dai giudici 
di primo grado si intendono abbandonate, qualora non siano state espressamente 
riproposte nel giudizio di appello. A questo fine occorre che 
dal complesso delle ragioni svolte in secondo ,grado possa desumersi, 
in modo non equivoco, l'intenzione della parte di sottoporre alla cognizione 
del giudice di appello anche le suindicate eccezioni, non essendo 
sufficiente un vago e generico richiamo alle deduzioni e conclusioni di 
primo grado, come si � verificato invece nella specie, nella quale l'Istituto 
Autonomo per le Case Popolari si � richiamato del tutto genericamente, 
-nella comparsa di risposta in appello -alle � argomentazioni � 
svolte in prime cure. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3133 -Pres. Stella 
Richter -Est. Boselli -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero dell'Interno 
(Avv. Stato Zagari) c. Cavalera (avv. Stasi) c. P. M. presso la 
Corte di Appello di L,ecce. 

Filiazione -Obbligazione alimentare -Vincolo di sangue tra genitore 
e figlio non riconoscibile nato all'estero -Sentenza straniera di 
condanna agli alimenti -Dichiarazione di efficacia -Ammissibilit�. 


(e.e. art. 279; disp. sulla legge in generale, art. 25; e.p.e. art. 797, n. 7). 
La sentenza straniera, che per motivi di ordine pubblico non pu�� 
avere riconoscimento in Italia per quanto at.tiene alla declaratoria di 
paternit� naturale, pu� ricevere invece efficacia per il capo afferente 
alla sola condanna agli alimenti, ed a tal fine la paternit�, che si configura 
co,me un mero presupposto materiale ai fini esclusivi dell'obbligazione 
aiimentare, pu� essere accertata incidenter tantum sulla base delle� 
conclusioni cui � pervenuto il giudice straniero. 

Il diritto agli alimenti del figlio naturale non riconosciuto n� riconoscibile 
esula infatti dall'ambito degli istituti familiari e si pone' come� 
una mera obbligazione patrimoniale disciplinata, come tale, dalla legge 
del luogo ove � avvenuto il fatto (procreazione) dal quale deriva (1). 

(1) Giurisprudenza pacifica. Cfr. Cass. 31 maggio 1969, n. 1950 in questa, 
Rassegna 1969, I, 649 e sentenze ivi menzionate. 
.. �~ 1=: 

f:1~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

1095 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, il Ministero degli Interni 
-denunziarido violazione e falsa applicazione dell'art. 798 c. p. c. 
dell'art. 31 delle preleggi; degli artt. 3 e 12 della Convenzione internazionale 
firmata a New York il 20 giugno 1956 e resa esecutiva in Italia 
con 1. 23 marzo 1958, n. 338, nonch� dell'art. 1 e dei principi delle Convenzioni 
firmat� all'Aja il 15 aprile 1958 e rese esecutive in Italia con 
la 1. 4 agosto 1960, n. 918; il tutto in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c. osserva 
che, una volta riconosciuta la possibilit� di una delibazione parziale 
della sentenza straniera, limitata cio� alla sola condanna agli alimenti, 
la Corte d'Appello non avrebbe potuto richiamarsi ai principi 
d'ordine pubblico che investono, nel nostro ordinamento, la disciplina 
dei rapporti familiari, per negare efficacia nello Stato alla predetta condanna, 
dal momento che tali principi non restano minimamente vulnerati 
dalla delibazione della pronuncia del .giu'clice straniero sul limitato punto 
della sussistenza di un obbligo alimentare, ancorch� derivante dall'accertamento 
di un rapporto di paternit� naturale non riconosciuto n� riconoscibile 
secondo la nostr.a legge. 

Il motivo � fondato. 

Ad essenziale sostegno della impugnata decisione si pone l'affermazione 
che _:._ essendo nel nostro sistema giuridico paternit�, sia pure 
naturale, ed obbligo degli alimenti istituti intimamente, collegati in un 
rapporto di causa ad effetto -non sarebbe possibile una delibazione del 
capo della sentenza straniera relativo alla obbligazione alimentare che 
non implicasse, come necessario presupposto, anche il riconoscimento 
della declaratoria di paternit� naturale ad ogni �effetto giuridico. 

Tale affermazione � erronea. 

Invero, per l'ordinamento italiano, il vincolo di sangue che unisce, 

per il mero fatto della procreazione, il genitore al figlio non riconosci


bile, non pu� dare luogo ad alcun rapporto familiare e si configura 

come mero presupposto materiale ai fini esclusivi della obbligazione 

alimentare. 

In altri termini, il diritto agli alimenti del figlio naturale non 

riconosciuto n� riconoscibile esula da ogni istituto familiare, � ristretto 

alla mera obbligazione patrimoniale ed � regolato conseguentemente, 

in virtu del.l'art. 25 se,condo comma delle disposizioni sulla legge in 

generale, dalla legge del luogo in cui � avvenuto il fatto (procreazione) 

dal quale deriva l'obbligazione predetta. 

A conferma di tale precisazione, va rilevato che la nostra legge 

civile (art. 279 c. c.) prevede il caso che sul mero fatto della genera


zione (sia pure risultante indirettamente da una sentenza) pu� basarsi 

il credito alimentare, senza che da tale� fatto derivi alcun riconosci


mento od attribuzione di stato familiare. 

Orbene, da tale pacifica premessa la giurisprudenza di questa Su


prema Corte ha costantemente desunto, a .guisa di corollari, due affer



1096 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mazioni di principio particolarmente rilevanti per la soluzione del caso 
di specie. 

La prima � che, allorquando il capo della pronuncia straniera relativo 
alla declaratoria della paternit� naturale non pu� essere riconosciuto 
in Italia per motivi attinenti all'ordine pubblico, ci� non impedisce 
che tale paternit� possa essere� accertata incidente'I' tantum, sulla 
base delle conclusioni cui � pervenuta la sentenza straniera, quando 
si tratti non di conferire al minore uno status familiare o di riconoscere 
i vari effetti morali e patrimoniali che da tale status derivano, bens� come 
nella specie -di attribuire efficacia in Italia (in esecuzione delle 
Convenzioni internazionali intese a facilitare al massimo il riconoscimento 
all'estero degli obblighi alimentari) alla sola condanna agli alimenti 
che formi oggetto di altro capo della sentenza straniera (Cass. 6 
marzo 1970 n. 557; 31 maggio 1969, n. 1950; Id. 24 ottobre 1968, n. 3449). 

E la seconda � che le limitazioni di prova stabilite dalla legge 
italiana ai fini della dimostrazione del fatto materiale (procreazione) 
dal quale si origina la obbligazione predetta, non assumendo valore sostanziale, 
si sottraggono a.i princip� d'ordine pubblico �che investono la 
disciplina dei rapporti familiari e, restando nei limiti della lex fori, 
non vincolano il giudice straniero : sicch� la loro violazione non pu� 
esser di ostacolo sotto il p.rofilo di cui all'art. 797 n. 7 c. p. c. -alla 
delibazione della sentenza straniera di condanna del cittadino italiano 
agli alimenti a favore del figlio non riconoscibile nato all'estero (Cass. 

n. 55�7, del 1970 e n. 1950 del 1969, cit.). 
Tali principi, desumibili -come detto -dal sistema del nostro 
ordinamento e comunque non modificati daUa Convenzione internazionale.
firmata a New York il 20 giugno 1956 e resa esecutiva in Italia 
con la 1. 23 marzo 1957, n. 338, sono stati apertamente violati dalla 
Corte del merito nella soluzione del caso di cui si tratta. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSLGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 501 -Pres. Uccellatore 
-Est. !annotta -Pacia (avv. Carbone) c. Sezione Controllo 
Corte dei Coniti e Consigliere delegato controllo atti Regione auto~ 
noma Friuli-Venezia Giulia (avv. Stato Carafa) e Regione autonoma 
Friuli-Venezia Giulia (n. c.). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile 
-Deliberazione di controllo della Corte dei Conti -Deliberazione 
negativa -� impugnabile. 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali 
-Diniego con deliberazione negativa di controllo della 
Corte dei Conti -Giurisdizione del C. d. S. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Notificazione 
all'Autorit� emanante -Deliberazione di controllo della Corte dei 
Conti su atti della Regione Friuli-Venezia Giulia -Ricorso -Notificazione 
alla Corte dei Conti. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile 
-Deliberazione di controllo della Corte dei Conti -Deliberazione 
negativa -Su atto regionale -Ammissibilit� del ricorso. 

Corte dei Conti -Funzione di controllo -Organo ausiliario del Governo Conseguenza. 


Atto amministrativo -Controllo -Atti regionali -Friuli-Venezia 
Giulia -Controllo Corte dei Conti -Diniego di visto del Consigliere 
delegato -Deferimento alla Sezione del controllo -Legittimit�. 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Avvocati dello Stato Comandati 
presso la Regione Friuli-Venezia Giulia -Proprine Sono 
computabili. 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Diritto -Pensionabilit� 
dell'emolumento -Non occorre -Fattispecie -Avvocato dello 
Stato comandato presso la Regione Friuli-Venezia Giulia. 

La bilateralit� del rapporto obbligatorio non esclude che un terzo 
estraneo a tale rapporrto possa porre in essere una causa di prregiudizio 


controllata (neUa specie, Regione a statuto speciale) e un suo dipendente 
non preclude l'ammissibilit� del gravame giurisdizionale p:roposto 
contro la deliberazione negativa della Sezione del controllo della 
Corte stessa che costituisca l'elemento impeditivo del soddisfacimento 
del diritto di credito spettante al dipendente predetto (l). 
Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia 
concernente un atto imputabile ad iin organo dello Stato (nella specie, 
(1-8) Avverso la massimata decisione � stato pro.posto ricorso alle 
Sezioni Unite della Cassazione. le cui argomentazioni qui di seguito si 
riportano: 
Insindacabilit� in s. g. degli atti della Corte dei Conti. 
(1) Violazione degli artt. 100, 103 e 113 Cast.; 3, secondo comma, 17 e 26 
del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; 58 dello Statuto regionale 31 gennaio 1963, 
n. 1; 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1504, in relazione all'art. 360, n. 1 e 374 
c.p.c. 
Il Consiglio di Stato, con la decisione impugnata, ha escluso che 
venissero in discussione un provvedimento o il comportamento della Regione, 
e ha ritenuto, in conformit� del resto a quanto era sostenuto nel 
ricorso, che oggetto del giudizio fosse il diniego di registrazione opposto 
dalla Corte dei Conti, pervenendo alla conclusione della illegittimit� di 
esso e del riconoscimento, con il diritto del :ricorrente, dell'obbligo di 
registrazione dell'organo di controllo. 
La decisione non manca di avvertire che in tale modo essa veniva a 
discostarsi dal precedente orientamento giurisprudenziale dello stesso giudice 
amministrativo, confermato del resto dalle SS.UU. (22 gennaio 1957, 
n. 167, in Mss. Foro it., col. 36), in virt� del quale non � soggetto a sindacato 
di legittimit� il visto di controllo o il diniego di registrazione da 
parte della C'orte dei Conti. 
Ma ha giustificato il nuovo orientamento per la diversit� delle situazioni, 
trattandosi nell'un caso di atto dell'amministrazione statale, per il 
quale � consentito al Governo di chiedere e pu� quindi imputarsi di non 
aver chiesto la registrazione con riserva, mentre in questo caso una 
uguale facolt� non � concessa alla Regione. 
Peraltro la .spiegazione � inidonea pdma ancora che irrilevante. 
Il vero � che l'atto di controllo, positivo o negativo, non � soggetto 
alla gi.urisdizione amministrativa. L'ipotesi esaminata nel precedente orientamento 
giurisprudenziale � .quello di atto ministeriale, che accoglie le 
istanze del privato, ma non viene registrato dalla Corte dei Conti. Se tale 
rifiuto di registrazione fosse sindacabile, �sarebbe su di esso, in quanto direttamente 
lesivo delle aspettative del privato, che in ogni caso si dovrebbe 
esercitare la giurisdizione amministrativa, e viceversa il precedente orientamento 
giurisprudenziale ha dovuto escluderlo, appunto in ragione della 
sua insindacabilit�. 
controllata (neUa specie, Regione a statuto speciale) e un suo dipendente 
non preclude l'ammissibilit� del gravame giurisdizionale p:roposto 
contro la deliberazione negativa della Sezione del controllo della 
Corte stessa che costituisca l'elemento impeditivo del soddisfacimento 
del diritto di credito spettante al dipendente predetto (l). 
Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia 
concernente un atto imputabile ad iin organo dello Stato (nella specie, 
(1-8) Avverso la massimata decisione � stato pro.posto ricorso alle 
Sezioni Unite della Cassazione. le cui argomentazioni qui di seguito si 
riportano: 
Insindacabilit� in s. g. degli atti della Corte dei Conti. 
(1) Violazione degli artt. 100, 103 e 113 Cast.; 3, secondo comma, 17 e 26 
del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; 58 dello Statuto regionale 31 gennaio 1963, 
n. 1; 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1504, in relazione all'art. 360, n. 1 e 374 
c.p.c. 
Il Consiglio di Stato, con la decisione impugnata, ha escluso che 
venissero in discussione un provvedimento o il comportamento della Regione, 
e ha ritenuto, in conformit� del resto a quanto era sostenuto nel 
ricorso, che oggetto del giudizio fosse il diniego di registrazione opposto 
dalla Corte dei Conti, pervenendo alla conclusione della illegittimit� di 
esso e del riconoscimento, con il diritto del :ricorrente, dell'obbligo di 
registrazione dell'organo di controllo. 
La decisione non manca di avvertire che in tale modo essa veniva a 
discostarsi dal precedente orientamento giurisprudenziale dello stesso giudice 
amministrativo, confermato del resto dalle SS.UU. (22 gennaio 1957, 
n. 167, in Mss. Foro it., col. 36), in virt� del quale non � soggetto a sindacato 
di legittimit� il visto di controllo o il diniego di registrazione da 
parte della C'orte dei Conti. 
Ma ha giustificato il nuovo orientamento per la diversit� delle situazioni, 
trattandosi nell'un caso di atto dell'amministrazione statale, per il 
quale � consentito al Governo di chiedere e pu� quindi imputarsi di non 
aver chiesto la registrazione con riserva, mentre in questo caso una 
uguale facolt� non � concessa alla Regione. 
Peraltro la .spiegazione � inidonea pdma ancora che irrilevante. 
Il vero � che l'atto di controllo, positivo o negativo, non � soggetto 
alla gi.urisdizione amministrativa. L'ipotesi esaminata nel precedente orientamento 
giurisprudenziale � .quello di atto ministeriale, che accoglie le 
istanze del privato, ma non viene registrato dalla Corte dei Conti. Se tale 
rifiuto di registrazione fosse sindacabile, �sarebbe su di esso, in quanto direttamente 
lesivo delle aspettative del privato, che in ogni caso si dovrebbe 
esercitare la giurisdizione amministrativa, e viceversa il precedente orientamento 
giurisprudenziale ha dovuto escluderlo, appunto in ragione della 
sua insindacabilit�. 
1098 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
delle posizioni creditorie, essendo in tale ipotesi possibiie che il titola1�e 
del diritto di credito si rivolga giudizialmente al terzo per far valere 
le sue ragioni; pertanto, la posizione di terzo spettante alla Corte dei 
conti rispetto al rapporto obbligatorio esistente tra un'Amministrazione 


' PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1099 

deliberazione negativa deHa Sezione del controno deHa Corte dei conti) 
�ed una posizione di credito avente titolo in un rapporto di pubblico 
impiego (2). 

La legge Cost. 31 gennaio 1963, ri. 1 (recante io statuto speciale 
della Regione Friuli-Venezia Giulia) non dispone aicunch� in ordine alla 
possibilit� per la Re,gione di chiedere la registrazione con riserva degli 
atti per i quali la Corte dei conti abbia negato il visto, n� sono state 
emesse al riguardo specifiche norme, con fonti diverse da quella costituzionale 
citata; pertanto, poich� i7, diniego di visto della Corte dei conti, 
-0ve non sia seguito da un'adesione dell'Amministrazione regionale e 
dall'adozione dei congrui provvedimenti ed atti, importa l'impossibilit� 
di identificare un atto positivo o negativo, ovvero un'omissione comun.
que imputabile alla stessa Amministrazi'one (che, al massimo, pu� curare 
la comunicazione della conclusione del procedimento di controllo), il 

Se poi si vogliono precisare i motivi, sui �quali riposa l'insindacabilit� 
dell'atto di controllo della Corte dei Conti davanti al Consi�glio di Stato, 
si vedr� che esso non � atto ao:nministrativo n� soggettivamente n� oggettivamente, 
come invece sarebbe necessario per formare oggetto della giurisdizione 
amministrativa, secondo la costante giurisprudenza della SS.UU. 

(15 gennaio 1953, n. 107, in Mass. Foro it., col 26; 8 marzo 1954, n. 668, 
Mass. Foro it., col 141). 

Quanto alla posizione soggettiva, cio� istituzionale della Corte dei 
Conti, occorre tener presente che la Costituzione, pur ponendola fra gli 
organi del Governo (titolo III), le assicura per� una posizione autonoma 
e iI].dipendente rispetto all'Amministrazione, sia ponendola fra gli organi 
ausiliari (Sez. III), distintamente dalla Pubblica Amministrazione (Sez. II), 
sia assicUTandole indipendenza di fronte al Governo (art. 100, ultimo comma), 
sia prevedendo rapporti diretti con il Parlamento (art. 100, penultimo 
comma; art. 26 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214). Il che oltre tutto dsponde 
ad un'esigenza logica, non ;potendosi concepire un'amministrazione, che si 
controlli da s� e pi� ancora assicuri essa stessa un siffatto controllo al 
Parlamento. Volendo definire tale pa!I"ti!colare (posizione bisogna dire che la 
Corte dei Conti si trova in un rapporto di intermediazione (o; se si vuole, 
di equidistanza) fra l'amministrazione e il Parlamento. Tale sua particolare 
posizione poi d� rilievo all'art. 103 e all'art. 113 della C'ostituzione, che 
prevedono l'esercizio della giurisdizione nei confronti soltanto della Pubblica 
Amministrazione, che -come si � detto -viene considerata distintamente 
dagli organi ausiliari. 

Perci� una corrente dottrinale riconosce alla Corte dei Conti posizione 
istituzionale di potere giuridico autonomo, in conside!I"azione della 
rilevanza che tale veste assume ai fini dell'art. 134 della Costituzione e 
37 della legge 11 maTzo 1953, n. 87. 

D'altro canto bisogna aggiungere che non pu� considerarsi l'atto di 
controllo come atto (oggettivamente) amministrativo. 

Esso infatti non � volto a :soddisfare esigenze pratiche, come se la 
Corte dei Conti sia parte, cio� �soggetto, del rapporto giuridiCo sostanziale; 
ma, avendo la funzione soltanto di far dspettare la legalit� in genere e il 
bilancio in particola!I"e, si �distingue e si contrappone all'atto amministrativo, 
che � invece destinato a soddisfare le esigenze pratiche, allo stesso 



1100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricorso giurisdizionale contro la deliberazione negativa della Sezione 
del �controllo della Corte dei conti � ritualmente notificato alla Corte 
stessa, dovendosi ravvisare la causa dei pregiudizio proprio nell'atto 
di controllo che, in quanto negativo,. � preclusivo deWeff�cacia dell'atto 
sottoposto a controllo e dal quale l'interessato attende dei vantaggi (3). 

La possibilitd di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla 
Corte costituzionale tra Stato e Regione e viceversa non preclude che, 
non essendo sollevato tale conflitto dai soggetti a ci� legittimati, la 
persona priva di legittimazione ad agire dava"!-ti alla stessa Corte possa 
ricorrere al giudice amministrativo e� dedurre le proprie censure di 
legittimitd che potrebbero essere proposte nel -giudizio per conflitto di 
attribuzione sopra detto; pertanto, nel caso in cui non risulti sollevato 
conflitto di attribuzione fra Regione a statuto spe'Ciale e Stato in ordine 

modo come l'istituto si distingue e si contrappone funzionalmente a:tl'Amministrazione 
attiva. 

A conclusione di questa disamina, e volendo sintetizzare i due aspetti 
-soggettivo ed oggettivo -del problema, si pu� dire che le deliberazioni 
della Sezione di controllo sono pronunzie della � magistratura � della Corte 
dei Conti, in sede non contenziosa, e tuttavia pronunzie super partes 
della magistratura medesima, in quanto tale, rispetto ai soggetti, attivo 
e passivo, dell'azione amministrativa. 

� �stato necessario indugiare sul tema dell'insindacabilit� dell'atto di 
controllo e sul fondamento di essa per .chiarire come non sia rilevante 
l'argomento pratico, che d� parvenza di logica e di giustizia alla decisione 
impugnata, e cio� che l'insindacabilit� dell'atto di controllo. verrebbe ad 
escludere un qualsiasi rimedio nei confronti del diniego di registrazione, 
non essendo consentito alla Regione di chiedere la registrazione con riserva. 

Non bisogna invero dimenticare che, secondo l'art. 103 della Costi


tuzione e 1secondo la ricordata giurisprudenza delle SS.UU. la tutela giuri


sdizionale, se a questo rimedio si vuole alludere, � concessa contro gli atti 

della Pubblica Amministrazione, mentre si � visto che tale non pu� essere 

considerato l'atto di controllo, tanto meno quando assume contenuto ne-� 

gativo. 

� davvero � una strana inve:nsione dell'ordine logico quella di voler 

attribuire natura di a'tto amministrativo all'atto di controllo allo scopo 

di assoggettarl� alla giuris�.izione amministrativa, l� dove � vero invece 

proprio il contrario, e cio� che una volta stabilito pr.eliminarmente che non 

si tratta di, atto amministrativo, la conseguenza � quella della insindaca


bilit� da parte del giudice di legittimit�. 

D'altro canto non � esatto che contro il diniego di registrazione l'ordi


namento giuridico non �concede alcun rimedio, dal momento che la stessa 

decisione ha dovuto darsi carico, sull;i fa1sariga dell'orientamento della 

Corte Costituzionale (sentenza 13 dicembre 1966, n. 121), che era consen


tito alla Regione sollevare il conflitto di attribuzioni contro il diniego 

di registrazione. 

� questo un ulteriore .profilo del lamentato difetto di giuTisdizione, 

dal momento che il Oonsiglio di Stato non solo ha ritenuto di assoggettare 

a gifill><iizione amministrativa l'atto di oont<ollo, che invece � i=lnda-

I 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ll01 

al rifiuto di visto opposto dalla Corte dei conti rispetto ad un atto� 
dell'Autorit� regionale, deve ritenersi proponibile il ricorso al Consiglio 
di Stato, contro L'atto di controllo negativo, da parte del privato� 
interessato a che l'atto sottoposto al controllo ottenga efficacia (4). 

Attesa la sist�matica della vigente Costituzione, non pu� negarsi 
la natura amministrativa dell'attivit� della Corrte dei conti in sede di" 
controLlo che, al pari del Consiglio di Stato in sede consultiva, � olf'gano 
ausiliario del Governo (art. 100 Cost.), camminando l'efficacia e l'inefficacia 
di alcune delle pi� rilevanti manifestazioni amministrative del 
Governo stesso, in limitati casi anche in modo irreversibile (art. 25, 
terzo comma t.u. 12 luglio 1934, n. 1214); pertanto, dovendosi esclu-� 

cabile in quella sede, ma poi si � sostituito al giudice competente che � 
la Corte Costituzionale. 

Non btso'gna invero ;confondere il raworto fra Corte dei Conti eRegione 
in ordine alla registrazione e quello di diil'itto sostanziale fra la 
Regione �e il privato. 

Il rap>porto fra Corte dei Conti e Regione in ordine alla registrazione 
� attribuito alla cognizione della Corte Costituzionale, mentre non pu� 
pretendersi poi che la Corte dei Conti possa essere chiamata, nel casO' 
di diniego di registrazione, nella controversia sul diritto so,stanziale, quasi 
che sia soggetto �di questo rapporto o comunque parte intere�ssata a inter-� 
ferire in esso che viceversa ha come soggetti e contradditori unieamente 
Regione e privato. Oltre tutto contrasterebbe con ogni principio giuridico� 
che la C:orte dei Conti fosse chiamata alternativamente davanti all'uno 

o all'altro giudice a seconda dell'atteggiamento e quindi a beneiplacitO' 
della Regione. 
� vero invece .che il conflitto di attribuzioni fra $-tato e Regione appar-� 
tiene alla competenza esclusiva della Corte Costituzionale (SS.UU. 12 dicembre. 
1958, n. 3872, in Massim. Giust, Civ., 1939), e non pu� essere sottratto 
a tale gtudice. 

2) Violazione art. 56 e 57 del T.U. iO gennaio 1957, n. 3; art. 4 Statuto� 
regionale approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1; art. 2, 
primo comma, legge regionale 21 novembre 1964, n. 3 e art. 64 legge regionale 
28 marzo 1968, n. 21, art. 29 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione 
agli art 360, n. 1, 374 e 386 c.p.c. 

La decisione ha fondato la giurisdizione del Consiglio di Stato sulla 
considerazione che si verserebbe in materia di pubblico impiego, dal momento 
che �la posizione di credito, dedotta nel presente giudizio, ha il 
suo titolo nella posizione di impiegato pubblico spettante all'avv. Pacia, 
sia pure comandato presso la Regione �, anche se ipoi ha ritenuto di riconoscere 
la rprete�sa creditmia in base non gi� alla di,scipiina di un tale 
rapporto di impiego, ma alla disciplina che al comando awebbe dato la 
Regione con norme sue proprie (art. 2, primo comma, legge regionale 
21 novembre 1964, n. 3 e art. 64 legge regionale 28 marzo 1968, n. 21). 

Ma -queste affeirmazioni pirospettano vatri profili di difetto di giurisdizione, 
connessi fra loco e �che pertanto vengono trattati con questo stesso 
motivo di ricorso. 

Non � esatto che la disciplina (-statale) del rapporto di impiego dell'avv. 
Pacia e tanto meno le norme regionali assicurano allo stesso una 



1102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dere, nell'attuale assetto costituzionale, la riducibilit� della Corte dei 
conti ad organo del Parlamento (tenuto conto dell'espresso disposto 
dell'art. 55 Cost., in base al quale iL Parlamento � costituito solo dalla 
Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica), debbono ritenersi 
impugnabili in sede giurisdizionale gli atti di controllo preventivo di 
legittimit� della Corte dei Conti in quanto atti della pubblica Amministrazione 
(5). 

L'art. 58, legge Cost. 31 gennaio 1963, n. 1 (recante lo statuto speciale 
della Regiol/1,e Friuli-Venezia Giulia) dispone che il controllo di 
legittimit� degli atti amministrativi della Regione � svolto in conformit� 

pretesa configurabile come diritto ,soggettivo di credito, o eventualmente 
come interesse legittimo, da che deriva l'improrponibilit� assoluta nei confronti 
della Pubblica Amministrazione di un'azione diretta �a far valere 
interessi semplici. 

Occorre tenere pvesente che gli artt. 103 e 113 della Costituzione ammettono 
la tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione 
per i diritti e gli interessi legittimi, che quindi !rappresentano l'oggetto 
e il limite dell'eser,cizio della funzione gim1sdizionale nei confronti 
della Pubblica Amministrazione. Perci� il giudice deve accertare preliminarmente, 
in sede di ricognizione della propria giurisdizione, se la pretesa 
fatta valere in ,giudizio dal cittadino sia configurabile in via generale ed 
astratta come diritto soggettivo o interesse legittimo, o non piuttosto come 
interesse semplice, do� se la legge, considerata in via generale ed astratta, 
assicuri al cittadino un diritto soggettivo o un interesse legittimo corrispondente 
alla rpretesa fatta valere in giudizio o non ,piuttosto un interesse 
semplice: salvo naturalmente a rimettere all'eventuale ulteriore corso del 
giudizio ogni questione di merito sulla pertinenza del diritto e la proponibilit� 
della domanda (art. 386 c.rp.c.). 

Non occorre indugiare 'Sulla illustrazione di un tale principio, che � 
stato recepito dalle S.U. nella fondamentale sentenza 12 gennaio 1966, 

n. 
207 (in Foro it., I, 212), confermata con l'altra 12 luglio 1966, n. 1846. 
Ma, posto un tale principio, bisogna dire che nessuna norma, statale 
o regionale, riconosce una indennit� come quella pretesa ex adverso, e che 
ha dato luogo al rifiuto di registrnzione del relativo provvedimento di 
liquidazione. 
L'avv. Pacia era impiegato dello Stato, nella qualit� di avvocato dello 
Stato, e si trovava in posizione di fuori ruoio (e non di comando) presso 
la Regione. La posizione .di fuori ruolo o di comando sono disciplinate 
dall'art. 57 (in relazione all'art. 59 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3), in virt� 
della quale il rapporto di impiego resta quello originario (in conformit� 
del resto alla giudsprudenza dello stesso Consiglio di Stato) e solo passa 
a carico dell'Amministrazione o dell'ente, cui l'impiegato viene destinato, 
la spesa per esso impiegata. 

Ma � certo che all'avvocato dello Stato destinato a prestar servizio 
presso altra amministrazione o ente rpubblico non spetta di partecipare 
alla ripartizione degli onorari di cui all'art. 21 del t.u. 30 ottobre 1933, 

n. 1611. Invero, provenendo i fondi relativi dagli onorari versati dalle 
parti private per le cause trattate dall'Avvocatura dello Stato, partecipano 
alla loro ripartizione solo gli avvocati dello Stato (e gli impiegati 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1103 

delle leggi dello Stato� che disciplinano le attribuzioni della Corte dei 
conti; pertanto, dovendosi ritenere estensibili alla Regione in parola, 
ad esclusione dell'istituto della registrazione con riserva, tutte le altre 
norme relative al controllo preventivo �di legittimit� degli atti statali, 
legittimamente viene deferito un affare alla Sezione del controllo della 
Corte dei conti, dopo che il Consigliere delegato abbia insistito nel 
diniego di visto, malgrado le osservazioni formulate dall'Amministrazione 
regionale, alla quale sono stati mossi i rilievi (6). 

Ai sensi dell'art. 2, legge Reg. Friuli-Venezia Giulia 21 novembre 
1964, n. 3 e dell'a1�t. 64, legge Reg. 28 marzo 1968, n. 21, al personale 
comandato presso la Regione predetta deve essere corrisposto 
lo stesso trattamento economico in godimento presso l'Ente di provenienza, 
trattamento di cui costituiscono parte -le indennit� e competenze 
comunque percepite in modo continuativo, in forza di disposi-

dell'Avvocatura dello Stato), che svolgono attivit� di istituto. Una conferma 
� data dallo stesso citato art. 21, che rprevede che il riparto sia 
operato distintamente per l'Avvocatura Generale e le singole Avvocature 
Distrettuali, in ba�se alle esazioni orperate rispettivamente dall'una o dalle 
singole altre, e inoltre ammette al rispettivo riparto i funzionari in servizio 
presso gli uffici suddetti (� i propri funzionari �, come ivi � detto). 
E infatti il Regolamento peir la ripartizione degli onorari, approvato con 

d.m. 20 maggfo 1924, ai sensi e per gli effetti del suddetto airt. 21, espressamente 
prescrive che � non hanno diritto al riparto per tutto il tempo 
dell'applicazione coloro che siano chiamati a prestare servizio presso altri 
uffici dello Stato e presso altre Amministrazioni � (art. 13). 
Ci� del resto � rriconosciuto indirettamente nella stessa decisione impugnata, 
che cita la precedente decisione della IV Sezione, 16 maggio 1972, 

n. 427, relativa proprio alla natura e spettanza della quota onorari, nella 
quale � affermato il principio che si tratta di indennit� speciale dovuta 
per la particolare natura dell'attivit� di istituto, e che pertanto non srpetta 
a �Chi si trovi a non esplicare tale attivit�. � Le somme -ivi � detto spettanti 
al personale dell'Avvocatura dello Stato per il riparto in questione 
sono quindi irriducibili allo stipendio inteso non solo in senso 
nominalistico, ma anche nella rpi� lata accezione accolta dall'Adunanza 
Plenaria con la decisione 1� luglio 1964, n. 16; ma sono identificabili con 
le indennit� per funzioni e servizi di carattere speciale, per le quali non 
sussiste il diritto alla reintegra (art. 97, primo comma, t.u. 10 gennaio 1957, 
n. 3) �. 
E in definitiva, volendo fare un esempio, se un avvocato dello Stato 
� collocato fuori ruolo (o in ipotesi comandato) .resso altra Amministrazione 
statale, non pu� .pretendere poi dalla stessa, per l'avvenuto trasferimento 
della spesa, la �quota onorari, tenuto conto sia dell'origine .particolare 
dei fondi relativi sia della particolare attivit� di istituto cui tali 
fondi �sono destinati. 

Il Consiglio di Stato invece, essendo l'avv. Pacia destinato a presta�r 
servizio presso la Regione, si � richiamato alle due leggi regionali 21 novembre 
1964, n. 3 e 28 marzo 1968, n. 21, le quali assicurano all'imrpielgato 
statale comandato �il trattamento economico complessivo �. 



1104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


zioni vigenti per l'Amministrazione di appartenenza, epper� anche le 
indennit� che costituiscono la terza fascia retributiva di alcune categorie 
di pubblici dipendenti; pertanto, ai fini de.zia concessione delle� 
quote onorari ad un Avvpcato dello Stato comandato a prestare servizio 
presso la predetta Regione_. nel silenzio delle 1�ichiamate norme� 
regionali, non costituiscono motivo ostativo l'assenza della fissit� di 
dette quote onorari e la mancanza di una effettiva prestazione di, servizio 
presso l'Ente di appartenenza (7). 

La spettanza di una determinata quota di trattamento economico 
non � condizionata alla sua pensionabilit�, essendo previsti dal vigente 
ordinamento indennit� o compensi in genere a favore di pubblici dipen-

Tali leggi per� non aggiungono nulla alla disciplina stabilita dallo 
Stato, per il trattamento economico complessivo del (proprio impiegato, dal 
momento .che con esse la Regione si limita a riconoscere a proprio carico 
la spesa ad essa trasferita in virt� dell'art. 57 del t.u. 10 gennaio 1957, n." 10. 

Basta perci� questo sommario generale esame della disciplina normativa 
della materia per togliere alla .pretesa dedotta in giudizio ogni parvenza 
di diritto soggettivo o di interesse legittimo e suffragare la dedotta 
imprnponibilit� assoluta. 

S'e poi si vuole sostene.re che la Regione con le due leggi suddette 
abbia introdotto una sua prop!l:ia disciplina del trattamento economico 
del personale statale comandato, distinta e anche diversa da quella dello 
Stato, quasi che la pretesa avversaria sia in sostanza rivolta ad ottenere 
il riconoscimento di un'indennit� regionale, sostitutiva della quota onorari, 
allora bisogna trarne talune conclusioni, che configurano anch'esse pro.fili 
di difetto di giurisdizione. 

La prima � quella della illegittimit� costituzionale delle norme suddette, 
per violazione dell'art. 4 dello Statuto speciale (approvato con legge 
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1). La Regione invero ha competenza 
legislativa per il proprio personale, non per quello statale (per un caso 
analogo vedasi Corte Cost. 2 luglio 1968, n. �93), specie poi allorch� per 
questo personale esiste una disciplina legtslativa statale, che la Regione 
non pu� modificare. 

E tale profilo di illegittimit� costituzionale ha rilevanza nell'odierno 
giudizio, poich� da esso dipende la rilevata improponibilit� assoluta. 

La seconda � che qualsiasi diritto o qualsiasi indennit� :riconosciuti 
dalla Regione all'impiegato statale comandato in effetti non sono propri 
dell'originario rappOil'to di impiego: semmai sono soltanto con esso connessi, 
ma sempre distinti e diversi. La indennit� controversa, anche se� 
commisurata alla quota onorari, non � certo la -quota onorari; e anche se 
collegata al comando, non fa parte del trattamento economico proprio dell'impiegato 
statale, restando da esso sepM"ato come qualcosa di aggiunto 

o come un quid alii. 
La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, che in materia di 
diritti � giurisdizione speciale, � contenuta nei limiti del rapporto di impiego 
statale e della disciplina sua propria, mentre ogni altro �diritto 
differente, anche se connesso, � soggetto alla giurisdizione (generale) del 
giudice ordinario. 

RENATO CARAFA ~ 

I 
I 
:.:; 
m 


PARTE I, SEZ. IV, GIURI~PRUDENZA AMMINISTRATIVA 1105 

denti, senza che ne sia stabilita l'inclusione nella base pensionabile; pertanto, 
� illegittima la deliberazione della Sezione del controllo della 
Corte dei conti che nega il visto ad un mandato di pagamento di un'indennit�, 
a titolo di quota-onorari, ad un avvocato dello Stato comandato 
a prestare servizio presso la Regione speciale Friuli-Venezia Giulia, 
in forza della irriducibilit� della quota onorari (ai sensi dell'art. 21, 
�r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611) alla base pensionabile degli avvocati dello 
Stato (8). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 622 -Pres. Mere-
gazzi -Est. Benven�to -Ghigi (avv. Barillaro) �c. Consiglio nazionale 
ricerche (avv. Stato Terranova) e Rinelli (n.c.). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile 
-Concorso -Bando -Impugnabilit� immediata -Esclusione Conseguenze 
-Fattispecie. 

Impiego pubblico -Concorso -Concorso per titoli -Limitazione in 
merito alla pubblicazione -Illegittimit�. 

Impiego pubblico -Concorso -Criteri di massima -Punteggio unico 
per voci eterogenee -Illegittimit�. 

Impiego pubblico -Interesse -In tema di concorso -Valutazione titoli Fattispecie 
-Valutazione di titoli anche a favore del ricorrente Sussiste 
interesse. 

Impiego pubblico -Concorso -Titoli -Valutazione -Pubblicazioni Lavori 
in collaborazione -Valutabilit� -Limiti. 

Impiego pubblico -Concorso per titoli -Valutazione -Pubblicaz~oni�Lavori 
in collaborazione -Lavori di un candidato in collaborazione 
con un Commissario di esame -Non sono valutabili. 

Il bando di concorso non � impugnabile ex se nell'ipotesi in cui 
ia lesione dell'interesse giuridico, per la tutela del quale viene adito 
l'organo giurisdizionale, non sia certa ed immediata conseguenza deUe 
'Clausole del bando, ma si verifichi solo in seguito a determinati risultat.
i del concorso; pertanto, deve ritenersi tempestiva l'impugnativa in 
sede di ricorso contro la mancata nomina di un concorrente delle clau~
wle del bando che limitano numericamente le pubblicazioni che ciascun 
candidato pu� far valere come titoli di me.rito, in quanto la lesfone 
.dell'interesse sostanziale e finale a conseguire un risultato utile nel 
.concorso diviene certa ed attuale -da virtuale che era -solo se 

~~~ 



1106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(e nel momento in cu�) si ve:rifica la soccombenza nel concorso o un 
risultato di merito inferiore a que(lo sperato (1). 
1106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(e nel momento in cu�) si ve:rifica la soccombenza nel concorso o un 
risultato di merito inferiore a que(lo sperato (1). 
In un concorso per titoli diretto ad acclarare una competenza ad 
altissimo livello attraverso il vaglio deWintera personalit�� tecnicoscientifica 
dei candidati (nella specie, per la nomina a Direttore di ricerca 
a contratto presso H Consiglio nazionale delle ricerche), vaglio 
che per ciascun cOTI.corrente deve necessariamente essere condotto sulla 
scorta, soprattutto, delle pubblicazioni e con riguardo alL'intera gamma 
di esse, � Hlegittimo il bando che -pur lasciando salva, ovviament,e, 
la potest� della Commissione esaminatrice di avvalersi del criterio di 
valutare a posteriori le e'sibite pubblicazioni in base alla qualit�, e non 
gi� alla quantit�, di esse -adotti una prescrizione limitativa (non pi� 
di dieci pubblicazioni per candidato) che a priori precluda ai candidati 
di dimostrare integ1�almente la loro capacit� attraverso l'esibizione di 
tutte le loro pubblicazioni scientifiche. 

In sede di concorso per titoli al posto di Direttore di rice.rca a coni 


&

tratto presso il Consiglio nazionale delle ricerche, deve ritenersi del 

!i

tutto irrazionale il criterio, adottato dal bando e seguito dalla Commis


i 

~

sione giudicatrice, di prevedere l'attribuzione' di un punteggio, unico 
per tre voci che riguardino titoli (quali, ad esempio, le attivit� di assi~ 


&

stente o incaricato universitario, quelle di ricercatore presso ii Con


i:: 

siglio nazionale delle ricerche e quelle di dirigente industriale presso ~ 
terzi) caratterizzati da notevoli diversit� tra lmo, soprattutto sotto il 

I I'

profilo del diverso rilievo come indici sintomatici di idoneit� al posto 
messo a concorso. 


Il fatto che, in sede di concorso pe'r titoli, lavori in collaborazione 
siano stati valutati anche a favore del candidato non vincita-re non vale 
a privare ,.questo dell'interesse a dedurre le censure di violazione dei 
principi valevoli per l'ipotesi dei lavori in questione, non po,tendosi f$ 
a priori escludere che, in sede di rinnovazione delle operazioni concorsuali 
conseguente all'eventuale accoglimento delle censure stesse�, 


i 

possa verificarsi -in c~nseguenza dell'esdusione o deUa limitazione 
di valutazione di tali lavori -l'eventualit� che il contro,interessato 


I

risultato vincitore venga a subire una maggiore detrazione di p1U,nteggio 0. 
rispetto al ricorrente. rn 
In sede di concorso per titoli, i lavori compiuti in coUabo-razione 
con soggetti diversi dai membri della Commissione giudicatrice pos


I

sono essere considerati solo quando sia possibiie' scindere e individuare M 
il contributo dei singoli autori e possono essere valutati, a favore' del 
candidato che li produce �come titoli, solo per la parte che ( se'condo il il ~~~: 
discrezionale apprezzamento deUa Commissione) sia da riguardarsi fj 

!� 

(1) Giurisprudenza costante sul princ1p10 generale. Cfr., fra le tante, ( 
V Sez. 23 febbraio 1971, n. 121, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 284. t: 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1107 

come contributo di detto candidato, spettando aria Commissione l'onere 
di acclarare,� dando conto di tale indagine con adeguata motivazione, 
quale sia l'apporto dato dal candidato stesso all'opera a cui ha collaborato 
(2). 

In sede di concorso per titoli, deve ritenersi pl/'edusa la valutazio1ie 
delle pubblicazioni in collaborazione tra candidato e un Commissario 
esaminatore, giacch� in tal caso il relativo giudizio non offre sufficiente 
garanzia di obiettivit� (3). 

(2-3) Cfr. V Sez. 14 maggio 1965, n. 513 e 5 marzo 1968, n. 216, 
iv'i, 196'5, I, 929; 1968, I, 591. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 626 -Pres. Meregazzi 
-Est. Schinaia -D'Aiello (avv. Cioffi) c. Ministero lavori 
pubblicl, Prefetto di Napoli e Giunta regionale della Campania 
(avv. Stato Freni) e Comune di Napoli (avv. Gleijes:es). 

Giustizia amministrativa -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia 
-Provvedimento prefettizio -Sopravvenienza del piano 
regolatore -Non fa cessare la materia del contendere. 

Costituzione della Repubblica -Regioni -Competenza -�Passaggio di 
funzioni statali -Disciplina legislativa -Questione di incostituzionalit� 
-Manifesta infondatezza. 

Costituzione della Repubblica -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia 
-L. n. 1902 del 1952 -Contrasto con gli artt. 42 e segg. 
Cost. -Manifesta infondatezza. 

La successiva approvazione del piano regolatore da parte del Comune
� non fa cessa1�e la materia del .contendere sul ricorso proposto 
contro il provvedimento con il quale il Prefetto, in virt� dei poteri 
conferitigli -prima del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 -daU'art. 1 
legge 3 novembre 1952, n. 1902, abbia adottato la misura di salvaguardia 
deHa sospensione� dei lavori relativi ad un'opera che, sebbene 
autol/'izzata con licenza edilizia, sia in contrasto con le previsioni del 
piano stesso successivamente adottato dal Comune, non versandosi nell'ipotesi 
dell'atto impugnato che sia stato eliminat0; dal mondo giuridico 
e con effetto ex tunc normalmente mediante altro atto emanato dalla 
stessa Amministrazione. 

Dopo l'istituzione della Regione e la nomina dei suoi organi di 
Governo, i poteri gi� esercitati da organi dello Stato e demandati alla 
Regione dalla Costituzione non devono essere esercitati automatica




1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
mente e senza alcuna soluzione temporanea ai sensi deUa VIII Disp. 
1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
mente e senza alcuna soluzione temporanea ai sensi deUa VIII Disp. 
trans. Cost., secondo cui le le�ggi della Repubblica 1�egolano per ogni 
ramo della P.A. ii passaggio delle funzioni statali attribuite alLe Regioni; 
perta;,,,to, � manifestamente infondata la questione di legittiimit� 
-costituzionale di quelle norme che abbiano disciplinato in via generale 
quel passaggio (nella specie, art. 17 legge 16 maggio 1970, n. 281, in 
mate1�ia di urbanistica) e quelle che poi, in concreto, lo hanno attuato 
in virt� della delega contenuta nella citata norma. 
Le misure di salvaguardia previste dall'art. 1 legge 3 novembre � 
1952, n. 1902 sono destinate ad operare in ipotesi determinate, specie 
-per quanto concerne quella che pu� adottare iL Prefetto, in un ambito 
temporale circoscritto (bre o cinque anni, a-seconda dei casi), che non 
�pu� ritenersi non ragionevole, �avuto riguardo alla carnplessit� dell'iter 
�procedurale per l'approvazione di un piano regolatore generale; pertanto, 
� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
della legge cit. e succe�ssive m�dificazioni -per �n contrasto 
.con gli artt. 42 e se�gg. Cost. -, nella considerazione che iL provvedimento 
del Prefetto o del Sindaco, adottato in base a detta.. legge, sottragga 
temporaneamente e senza indennizzo la disponibilit� ed ii go. 
.dimento di immobili da considerarsi e:dificabili in base all'ordinamento 
�vigente e per i quali sia stata anche concessa autorizzazione ad edi_
jicare (1). 
(Omissis). -La declaratoria di cessazione della materia del contendere, 
chiesta dalla difesa del Comune di Napoli, non pu� essere�pronunciata 
in quanto non ne ricorrano i presupposti. E per vero per farsi 
�1uogo a tanto � necessario 1che l'atto impugnato sia stato eliminato dal 
mondo giuridico e con effetto ex tunc, normalmente mediante altro 
atto emanato dalla stessa Amministrazione. 
Invece nel caso si pre.tende �di fare infondatamente derivare quell'effetto 
dall'approvazione del .piano regolatore del Comune �di Napoli, 
il quale di certo non elimina con effetti ex tunc, il provvedimento con 
il quale il Prefetto, secondo la legge, abbia adottato la misura di salvaguardia 
della sospensione dei lavori relativi ad un'opera che, sebbene 
autorizzata con licenza edilizia, sia in contrasto con le previsioni del 
~piano regolatore medesimo successivamente adottato dal Comune. 
Che la anzidetta misura di salvaguardia, come quella adottata dal 
�sindaco abbia natura �c.d. cautelare nel senso �che essa dura sino a 
.quando quel piano in itinere non giunga alla sua normale destinazione, 
-cio� all'approvazione, e comunque non oltre un certo periodo, in con(
1) Cfr. Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, in questa Rassegna 1968, I, 
661. Cfr., altres�, con riferimento agli artt. 1 e segg. legge 10 novembre 1968, :-:-: 
( 

:n. 1187, IV Sez. 7 dkemb['e 1971, n. 1118. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1109 

f~rmit� alla legge, � evidentemente nella natura di quel provvedimento, 
cos� come configurata�dalla legge che nulla ha da condividere con 
la diversa vicenda giurtdica che conduce alla cessazione della materia 
del contendere. 

Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto una censura di incompetenza 
assoluta che in realt� tale potrebbe essere configurata solo 
se un gruppo di norme ventsse dichiarato incostituzionale. 

Ed in effetti il ricorrente per sostenere che nella specie il potere 
del Pre.fetto era venuto meno, quale organo statale, con la istituzione 
della Regione e dei suoi organi di governo nella materia in cui questa 
esercita il suo potere legislativo e fra le quali appunto, secondo l'articolo 
117 della Costituzione, la materia urbanistica, afferma, senza ulteriore 
specificazione, che le norme ,contenute nella legge n. 62 del 1953 
e quelle dell'art. 17 della legge 281 del 1970 siano viziate di illegittimit� 
costituzionale per contrasto con .gli articoli da 114 a 133 della 
Costituzione. 

L'ecc.ezione di �costituzionalit� � manifestamente infondata. Invero 
l'assunto del ricorrente � nel senso che una volta che la Regione sia 
stata istituita e siano stati nominati i suoi organi di governo automaticamente 
e senza alcuna soluzione temporanea i poteri per l'innanzi 
esercitati da organi dello Stato debbano .essere invece esercitati dalla 
Regione, quando si tratti di poteri che, ovviamente, siano stati demandati 
dalla Costituzione alla Regione. 

Senonch� un cos� drastico assunto � in aperto contrasto ,con la 
disposizione transitoria VIII della Costituzione Ja quale al secondo 
comma,. prescrive che � leggi della Repubblica regolano per ogni ramo 
della Pubblica Amministrazione (e quindi, per quello che interessa, 
anche per l'urbanistica) il passaggio delle funzioni statali attribuite alle 
Regioni�. 

Quindi � manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalit� 
di quelle norme che hanno disciplinato in via generale quel passaggio, 
tra le quali rientra l'art. 17 della leg�ge 16 maggio 1970, n. 28, e quelle 
che poi, in concreto, lo hanno attuato in virt� della delega contenuta 
nella �citata norma. Ci� posto poich� nel momento in cui fu adottato 
il provvedimento di salvaguardia ancora non era intervenuta la legge 
delegata (d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8), ne deriva che competente a 
provvedere era, giusta il disposto dell'art. 1, secondo comma della 
legge 3 novembr� 1952, n. 1902 il Prefetto della provincia e quindi 
l'asserita incompetenza di d�tto organo non sussiste. 

Anche con il secondo motivo si solleva una questione di legittimit� 

costituzionale: si, sostiene precisamente che la 1. 3 novembre 1952 

n. 1902 e successive modi.fkazioni sia in contrasto con gli articoli 42 
e segg. della Costituzione poich�, -traendosi argomento dalla sentenza 
della Corte costituzionale n. 55 del 29 maggio 1968 -il provve

1110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dimento del Prefetto o del Sindaco in base ad essa adottato sottrae 
temporanea:rr,iente e senza indennizzo la disponibilit� ed il godimento 
di immobili da 1considerarsi edificabili in base all'ol'dinamento vigente 
e per i quali � stata anche concessa autorizzazione ad edificare. 

Questa ec1cezione, anche se rilevante, � manifestamente infondata. 
La Sezione, anche se non ha esaminato isolatamente tale questione, 
ha avuto modo di considerarla in modo indiretto nel contesto cio� 
degli articoli 1 e successivi della I. 10 novembre 1968 n. 1187, escludendo 
che la stessa potesse ingenerare alcun dubbio sulla costituzionalit� 
delle norme che prevedano la salvaguardia (conf. 10 luglio 1970 

n. 522, 19 ottobre 1971 n. 889 e 7 dicembre 1971 n. 118). Ed � nel solco 
di tali pronunce e segnatamente della sent.enza della Corte costituzionale 
n. 55 del 1968 richiamata dallo stesso ricorrrente che la questione predetta 
si appalesa manifestamente infondata. 
Con quest'ultima pronuncia � stato affermato che la garanzia della 
propriet� privata � violata quando i singoli diritti ad �s1sa collegati 
vengono soppressi o compl'essi, senza indennizzo, mediante atti di 
imposizione volti a svuotare in modo in.cisivo la consistenza dei diritti 
stessi. Per� la Corte costituzionale ha ritenuto legittimo introdurre 
n'el!la disciplina urban1stica i li.miti diretti a dare ordine ed armonia 
ai centri abitati o quelli, e questo � il punto che interessa nel caso, che 
stabiliscono un vincolo di �immodificabilit� di immobili destinati al 
trasferimento coattivo in vista delle utilizzazioni programmate dal 
piano, purch� circoscritti nel tempo, e per converso illegittime le 
sottrazioni delle aree alla loro normale desti:nazione disposta senza 
indennizzi per un futuro ed eventuale� acquisto co:;ittivo incerto sul 

�se � e nel �quando�: ovbene le misure di salvaguar�dia sono destinate 
ad operare in ipotesi determinate, specie per quanto concerne 
quella che pu� adottare il Prefetto, in un ambito temporale circoscritto 
(tre o cinque anni, a seconda dei casi), che non pu� ritenersi non ragionevole, 
avuto riguardo alle complessit� dell'iter procedurale per l'approvazione 
di un piano regolatore generale. -(Omissis). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 629 -P:res. Meregazzi 
-Est. !annotta -Soc. immobiliare Flegrea (avv. Sorrentino) 

c. Ministero Lavori Pubblici e Prefetto di Napoli (avv. Stato 
Freni) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). 
Giustizia amministrativa -Cessazione della materia del contendere Licen,
za di costruzione -Misure di salvaguardia -Impugnazione Sopravvenienza 
del piano regolatore -Non fa cessare la materia. 
del contendere. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1111 

Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Presupposti 
-Approvazione del piano regolatore -Sufficienza -Piani 
particolareggiati -Non occorrono. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Rapporti 
con le espropriazioni connesse al piano regolatore -Esclusione. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Misure. di salvaguardia -Tempestivit� 
-Accertamento -Momenti di riferimento. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento 
prefettizio -Carattere recettizio -Attualit� -Accertamento 
-Riferimento alla data di notifica. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento 
prefettizio -Parere della Commissione edilizia comunale Non 
occorre. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento 
prefettizio -Motivazione -Elementi da valutare -Carenza 
di motivazione -Illegittimit�. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento 
prefettizio -Presupposti -Insostenibilit� dell'onere finanziario 
per l'attuazione del piano -Non occorre. 

Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Momento 
-Prima dell'inizio del procedimento di approvazione del piano Legittimit�. 


Edilizia -Piano regolatore -Sospensione quinquennale ex L. n. 517 
del 1966 -Decorrenza quinquennio -Effetti. 

La sopravvenuta approvazione del piano regolatore da parte del 
Comune �non importa la cessazione deila materia del COl/1,tendere sul 
ricorso proposto ccmtro il provvedimento che adotta la misura di salvaguardia 
della sospensione di lavori edilizi, ai sensi della l. 3 novemre 
1952 n. 1902 (1). 

Le misure di salvaguardia previste dalla l. 3 novembre 1952 

n. 1902 non presuppcmgono l'a.pprovazione del piano particolareg(
l-5) Cfr. IV Sez. 4 luglio 1972, n. 626, retro, ...; IV Sez. 21 marzo 1972, 

n. 212 e 18 aprile 1972, n. 297, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 333 e 563. 

1112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giato, ma ben possono essere adottate in rapporto aria sola deliberazione 

di approvazione del piano regolatore generale, dal quale discendono 

vincoli di zonizzazione e di localizzazione. 

Le misure di salvaguardia previste dalla l. 3 novembre 1952 n. 1902 

possono essere preordinate anche al fine di evitare l'alterazione di 

una determinata situazione urbanistica, in modo da assicurare l'attua


zione dei criteri di zonizzazione fissati dal piano regolatore; pertanto, 

l'adozione di tali misure non � subordinata alla possibilit� di espropria.


zione di un immobile da acquisire da parte dell'Amministrazione e, 

del pari, non � impedita da eventuali provvedimenti espropriativi 

necessari per realizzare i vincoli fissati dal piano (2). 

I provvedimenti prefettizi di salvaguardia in materia e�dilizia, pre


visti dalla l. 3 novembre 1952� n. 1902, devono essere emessi in rap


porto a situazioni co%crete, dalle quali non possono desumersi pregiu


dizi all'attuazione di previsioni urbanistiche, situazioni che non sono 

tutte coeve, n� si delineano in egual misura ai tempi identici, decor


renti dalla deliberazione del piano regolatore generale; pertanto, la 

tempestivit� ed urgenza delle� misure di salvaguardia vanno accertate 

in relazione a tali circostanze e non 001}1, riferimento alla data di deli


berazione del piano regolatore. 

Il provvedimento prefettizio di salvaguardia in materia urbanist.ica 
. ha carattere recettizio e, pertanto, la sua attualit�, rispetto� alle ve,rifiche 

sullo stato di avanzamento dei lavori, deve essere identificata con 

riferimento alla notifica dell'ordine di sospensio�ne dei lavori. 

Il provvedimento prefettizio di salva.guardia in materia urbanistica 

non deve essere preceduto dal parere della Commiss.ione edilizia comu


nale, previsto solo per il provvedimento di sospensione di ogni deter


minazione del Sindaco. 

� illegittimo il provve�dimento prefettizio di salvaguardia in ma


teria urbanistica ove non contenga l'indicazione di precise circostanze 

dalle quali possano de�sumersi in contrasto tra immobiLe progettato� e 

piano regolatore deliberato dal Comune e la maggiore compromissione 

od onerosit� che deriverebbe all'attuazione del piano regolatore per 

effetto della prosecuzione dell'opera a suo tempo autorizzata con la 

licenza edilizia (3). 

L'articolo unico secondo comma. l. 3 novembre 1952 n. 1902 di


spone nel senso della maggiore on�rosit� come presupposto, alterna


tivo alla compromissione, legittimante il provvedimento di salvaguardia 

adottato in materia urbanistica dal Prefetto; pertanto, l'adozione di 

tale provvedimento non postula la insostenibilit� dell'onere finanziario 

per l'attuazione del piano (4). 

Le misure di salvaguardia in materia urbanistica po�ssono essere 

adottate anche prima dell'inizio del procedimento di approvaz.ione del 

piano regolatore. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1113 

Ai sensi deU'art. 1 l. 5 luglio 1966 n. 517, la sospensione quinquennale 
dei lavori edilizi come misura di salvaguardia postula. la pre�sentazione 
del piano regolatore ge.nerale per l'approvazione� entro il 
termine di un anno dalla sua pubblicazione; pertanto, ove detto termine 
sia decorso, la sospensione dei lavori non pu� essere dispos,ta per un 
periodo superiore al triennio daila data di deliberazione del piano (5). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 636 -Pres. Uccellatore 
-Est. Vaiano -Montanari (avv.ti C. �e N. Sciacca) c. Ministero 
Difesa (avv. Stato Ferri). 

Atto amministrativo -Atti confermativi -Reiezione di nuova istanza 

basata su elementi diversi -Non � atto confermativo -Impugna


tiva -Ammissibilit�. 

Una volta individuata nella reiezione di una nuova istanza fondata 
su nuovi importanti elementi, che sia stata motivata con l'esistenza 
di una precedente pronuncia, la natura. di un nuovo provvedimento 
di �contenuto autonomo, e nolfl, gi� di un mero atto conferma.tivo, deve 
ritenersi che la volont� dell'Amministrazione, affrettatamente quanto 
ostinatamente rivolta alla reiezione, si sia formata in modo viziato, per 
non aver proceduto a quell'<11ccertamento dei presupposti di fatto che 
costituisce condizione semp1�e impresciooibiie per l'e�sercizio del potere 
di provvedere; pertanto, illegittimamente l'Amministrazione respinge 
la nuova istanza intesa alla ricostruzione della carriera (in relazione 
alla precedente dispensa dal servizio cl�e si assume dall'interessato 
disposta per motivi politici), ove, di fronte all'allegazione di nuovi 
importanti elementi (il riconoscimento della qualit� di perseguitato 
politico, motivato proprio nel fatto della dispensa di servizio), essa 
abbia omesso un adeguwto esame della nuova situazione di fatto, che 
andava accertata con opp01�tuna istruttoria, limitandosi .a dichiarare 
di aver gi� provveduto con precedente pronuncia (1). 

(Omissis). -Il primo motivo �contiene una censura di ecces�so di 
potere per difetto di istruttoria sostanzialmente rivolta avverso la 
determinazione, in data 15 febbraio 1945, di reiezione dell'istanza 
presentata dal ricorrente e diretta ad ottenere il riconoscimento che 
la dispensa dal servizio, di cui al provvedimento 12 aprile 1933, fu 
determinata da motivi politici. 

Come ha rilevato la difesa dell'amministrazione, la censura � 
tardiva, n� l'aver indirizzato formalmente il r.Lcorso contro la determi


(1) In senso contrario, cfr. Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 237, Foro amm., 
1972, I, 2, 234. 

1114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nazione 11 marzo 1970, con la quale l'amministrazione afferma che 
non � possibile accogliere l'istanza di revisione � essendo stato ,gi� 
accertato che la cessazione del s.p.e. non fu determinata da cause 
politiche, vale a salvarla dalla manifesta irricevibilit�. 

Quest'ultimo provvedimento � per� investito direttamente dal 
secondo motivo con il quale ,si denunciano vizi suoi propri. Viene censurata, 
infatti immediatamente la determinazione dell'amministrazione 
di respingere l'istanza di revisione senza disporre quell'istruttoria che 
era resa necessaria dai nuovi elementi offerti costituiti dalla sopravvenienza 
dell'atto di r1conoscimento della qualit� di periseguitato politico 
antifascista da parte di un pubblico organo amministrativo quale 
la Commissione per le provv~denze a perseguitati dal fascismo, istituita 
ai sensi dell'art. 8 della 1. 10 marzo 1955 n. 96. 

La censura � questa volta ammissibile. Occorre, in proposito, precisare 
che la regola ~iurisprudenziale, che esclude l'impugnabilit� dell'atto 
�confermativo costituisce immediato corollario del carattere perentorio 
del termine per ricorrere, ed � diretta alla tutela delle decadenze 
gi� verificate, la cui .efficacia preclusiva si tenta di impedire attraverso 
l'impugnazione dell'atto conrfermativo. 

Ne consegue che l'inammissibilit� della impugnazione dell'atto 
confermativo si risolve sostanzialmente nella irricevibilit� di quei motivi 
che sono rivolti contro l'atto confermativo e che sono quindi tardivi 
rispetto alla ,conoscenza .effettiva o presunta di quest'ultimo, rpur 
essendo tempestivi riSipetto alla dichiarazione di conferma. 

Quando, invece, come nel caso, viene proposta una censura che 
investe direttamente la nuova determinazione dell'Amministrazione non 
sussiste pi� l'ostacolo dell'irricevibilit� che, non trovando pi� giustificazione 
nell'elusione della perentoriet� del termine, verrebbe a 
porsi in contrasto con il principio, riconosciuto dall'art. 113 della 
nostra Costituzione, della tendenziale impugnabilit� degli atti deUa 
pubblica amministrazione. 

La non impugnabilit� dell'atto, pu� per�, derivare per altro verso 

dalla inammissibilit� del ricorso per mancanza di interesse. Ci� av


viene quando l'amministrazione non abbia emesso un nuovo provve


dimento con il quale abbia mostrato di voler tuttora la regolamen


tazione di interessi gi� disposta con il precedente, ma si sia limitata 

a dichiarare il fatto di avere gi� provveduto. In quest'ultima ipotesi, 

infatti, non pu� essere riconosciuto, l'interesse a ricorrere che � escluso 

dalla incapacit� di siffatta dichiarazione, il cui contenuto � meramente 

acclarativo dell'esistenza, quale fatto storico, del precedente provve


dimento, di incidere sugli interessi implicati nella fattispecie. 

Di qui l'importanza ,di oss(!rvare il contenuto dell'atto per accer


�,.�.�

tare se esprime la mera dichiarazione di cui innanzi ovvero un auten


1-~ 


~--: 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1115 

tico nuovo provvedimento che, pur avendo� l'effetto di mantenere 
immutata la situazione effettuale prodotta dal precedente, abbia rper� 
un contenuto autonomo rispetto a quest'ultimo. 

Questa affermazione � in linea con la giurisprudenza di questo 
Consiglio che ha spesso riconosciuto il nuovo provvedimento rilevandolo 
sintomaticamente dalla espressione di nuovi motivi, ovvero dall'espletamento 
di una nuova istruttoria. 

La conseguente necessaria indagine in fatto deve per� essere condotta, 
prescindendo dalle intenzioni dichiarate dall'amministrazione, 
sugli elementi oggettivi della fattispecie, in modo da ricavare la volont� 
effettivamente attuata. 

Diversamente, si verrebbe, infatti, a subol'dinare l'impugnabilit� 
dell'atto alla formula usata ed in definitiva alla volont� dell'amministrazione. 


Ci� significa pure che non basta osservare la sola pronuncia, ma 
occorre tener 'conto anche dell'istanza del privato e dei motivi da quest'ultimo 
esposti. 

Solo cosi pu� dirsi �Che si � esaminata la fattispecie nel suo 
complesso. 

Applicando quest'ordine di concetti al caso venuto all'esame della 
Sezione deve riconoscersi che la reiezione dell'istanza del privato che 
adduceva nm;>vi importanti elementi (il riconoscimento della qualit� 
di perseguitato poUtico, motivato proprio nel fatto della dispensa dal 
servizio) non pu� essere avvenuta senza una effettiva, anche se non 
esplicita, 'considerazione delle ragioni addotte peraltro menzionate nella 
lettera di comunicazione del ricorso. 

Nell'accertamento 'del fatto, il collegio riconosce, invero, che la 
estrema importanza dei nuovi elementi addotti, dai quali risulta sussistere 
un aperto contrasto di provvedimenti, non pu� essere sfuggita 
all'amministrazione, onde la reiezione dell'istanza, motivata sulla esistenza 
di una precedente pronuncia, dev'essere considerata come la 
soluzione, ritenuta dall'amministrazione la 'Pi� cauta e comoda, alla 
questione insorta con la denuncia del privato. Ma ci� implica pure che 
il provvedimento � significativo di una volont� dell'amministrazione di 
conservare la regolamentazione di interessi disposta con il precedente 
provvedimento, vale a �dire che non si tratta di un mero atto confermativo 
ma di un nuovo provvedimento di contenuto autonomo, poich� 
emesso in considerazione �di nuovi elementi. 

Questa conclusione, che, per quanto detto, comporta il riconoscimento 
dell'ammissibilit� dell'impugnazione, rende pure evidente la 
fondatezza della proposta censura di difetto di istruttoria. 

Infatti, una volta individuata nella reiezione in esame la natura 
di nuovo provvedimento, deve es'sere considerato che l'iter formativo 
della volont� dell'amministrazione -che poteva poi liberamente con



1116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

eludersi anche nel senso della reiezione dell'istanza, riconoscendosi la 
correttezza e legittimit� del �precedente provvedimento -doveva comprendere 
un adeguato esame della nuova situazione di fatto, che di 
conseguenza andava accertata con opportuna istruttoria. 

Questo esame � mancato, onde va dichiarato che la volont� della 
amministrazione, affrettatamente quanto ostinatatamente rivolta alla 
reiezione, si � formata in modo viziato per non avere proceduto a 
quell'accertamento dei presupposti di fatto che co.stituisce condizione 
sempre imprescindibile per l'esercizio del potere di provvedere. 

Il ricorso in esame deve, quindi, nella parte ritenuta ammissibile, 
essere accolto con il conseguente annullamento del provvedimento in 
data 11 marzo 1970 di reiezione dell'istanza rivolta dal ricorrente 
all'amministrazione in data 10 gennaio 1970. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1972, n. 702 -Pres. Meregatti 
-Est. Qua~anta -Stankewitsch (avv. Gottardi) c. Commissione 
vigilanza edilizia popolare ed economica (avv. Stato Petroni) e 
Coop. edil. Fanoikia ed altri (n.c.). 

Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Soci -Cooperative 
fra dipendenti pubblici e Cooperative promiscue -Cittadinanza 
italiana -� prescritta solo per le prime. 

Il t.u. 28 aprile 1938 n. 1165, sull'ediLizia popofare ed economica, 
al Titolo VI, prevede due tipi ben distinti di Cooperative edilizie che 
possono essere ammesse al beneficio del contributo statale, e cio�, da 
un lato, le Cooperative (art. 91 t.u. cit., modificato daUa l. 1� marzo 
1952 n. 113) che possono essere costituite esclusivamente COl/1, dipendenti 
o pensionati dello Stato o di Enti pubblici e, dall'altro, le Cooperative 
(art. 90 dello ste�sso t. u.) che possono esse1�e co~ituit� da soci 
i quali appartengono aUe categorie impiegatizie indicate nell'art. 91 
e da soci i quali non appartengono a tali categorie, e cio� da impie�gati 
privati o autonomi prestatori di opera inteUettuale; pertanto, mentre 
per le Cooperative del primo tipo la necessitd del requisito della cittadinanza 
italiana dei soci assegnatari si ricava per implicito dail'a.ppartenenza 
a determinate categorie: di pubblici dipendenti, per le Cooperative 
de�l secondo tipo ( c.d. promiscue) i soggetti che vi possono essere 
legittimamente ammessi (dipendenti da Enti privati, auto11iomi prestatori 
d'opera) possono anche non essere cittadini italiani, po�sto che il 
legislatore, quando ha inteso richiede.re come requisito necessario per 
l'assegnazione di alloggi popolari ed economici il posse�sso della cittadinanza 
italiana, lo ha previsto specificamente. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1117 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 luglio 1972, n. 767 -Pres. Uccellatore 
-Est. Quaranta -Mariano (avv. Cannada Bartoli) c. Ministero 
grazia e giustizia e Consiglio superiore magistratura (avv.. 
Stato Cia:rdulli) e Bonati (avv. Gianoglio). 

Consiglio superiore della magistratura -Magistrato -Conferimento� 
di uffici direttivi -Autolimitazione del Consiglio superiore -Inos-� 
servanza -Illegittimit� -Fattispecie. 

Nel caso in cui il Consiglio superiore della magistratura, ai sensi. 
degli artt. 4 e 5 l. 25 luglio 1966, n. 570, abbia precisato (con una circolare 
del Comitato di presidenza) che� per il conferimento degli uffici. 
direttivi vacanti ai magistrati di Corte d'appello debbono essere applicati 
soltanto i.parametri delle attitudini e dell'anzianit�, con prevalenza 
del primo sul secondo, la predeterminazione di un tale criterio implica. 
una concreta ed effettiva comparazione dei vari aspiranti al.l'uffici.o� 
vacante e delimita il potere di scelta, vincolandolo ai due parametri" 
indicati ed al rapporto tra questi stabilito; pertanto, poich� il potere 
stesso incide su posizioni giuridiche individuali, � illegittimo il conferimento 
di un ufficio direttivo (nella SPecie, di Presidente di tribunale) 
ove la scelta non risulti neppure sinteticamente motivata in modo da 
far constatare che, per ciascun aspirante, sono state tenute presenti sia 
le attitudini che l'anzianit� (specie ove risulti che, in relazione al parametro 
dell'anzianit�, gli aspiranti si trovano in posizione identica) e che 
la valutazione comparativa si � svolta in conformit� del criterio predeterminato, 
risultando dal verbale della seduta del Consiglio superiore� 
soltanto che sono stati presi in e�same le posizioni ed i fascicoli personalf 
degli aspiranti al conferimento dell'ufficio direttivo in parola (1). 

(1) Cfr. Sez. IV, 5 novembre 1971, n. 943, Il Consiglio di Stato, 1971,. 
I, 2058. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 agosto 197'2, n. 76'8 -Pres. Uccellatore 
-Est. Vaiano -Grazioli (avv. Sandulli) c. Ministero trasporti. 
e aviazione civile, Azienda autonoma FF.SS. e Prefetto di Roma 
(avv. Stato Gentile) e Consorzio Sacopo-Moviter-Girola (avv. Pal-� 
lottino), 

Opere pubbliche -Rapporti col piano regolatore -Armonizzazione Criterio 
-Fattispecie -Ferrovia Roma-Firenze -Contrasto col 
piano regolatore di Roma -Non sussiste. 



1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Linea ferroviaria 
-Mancanza delle autorizzazioni per cavalcavia e ponti -Irrilevanza. 


L'opera pubblica ncm pu� porsi in ccmtrasto con le previsioni del 
piano 1�egolatore generale del Comune nel quale deve essere realizzata, 
con la conseguenza che, ove sussista contrasto, questo deve essere eliminato 
attraverso la rinuncia deUo Stato aUa <realizzazione dell'opera, ovvero 
attraverso una variante del piano; pertanto, � illegittimo il decreto 
del Ministro per i trasporti che approva il progetto per la costruzione 
della ferrovia direttissima Roma-Firenze, in quanto, pur mancando 11-el 
piano regolatore generale della Citt� di Roma una espressa statuizione 
in ordine alla nuova iinea ferroviaria (che peraltro non poteva essere 
prevista siccome risultante da un progetto a carattere ultra-locale di 
pertinenza ministeriale), ncm pu� riconoscersi incompatibilit� tra la 
destinazione a zcma agricola (contenuta nei pdano) e l'attraversamento 
jerroviario della stessa zona, che quella destinazione non modifichi e 
non turbi (come sarebbe stato evidente se la destinazione dEtlla zona 
josse stata, a titolo di esempio, ad ediLizia residenziale). 

La mancanza delle autorizzazioni da parte delle Amministrazioni 
che, a norma dell'art. 99 r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, debbono concedere 
i permessi per l'esecuzione di cavalcavia, ponti ed opere sui fiumi ai 
fini della costruzione di una nuova linea ferroviaria, non incide sulla 
legittimit� della procedura espropriativa indirizzata all'esecuzione di 
tale opera pubblica, attenendo le autorizzazioni stesse soltanto alla fase 
�dell' esecuzicme dell'opera. 

FATTO. -Il ricorso � diretto contro vari provvedimenti relativi 
.alla costruzione della ferrovia direttissima Roma-Firenze. 

(Omissis). -Il primo motivo del ricorso, con il quale viene dedotta 
l'illegittimit� dei decreiti di approvazione del progetto e relativa variante 
per contrasto con il P.R.G. della citt� di Roma che non contempla l'opera 
ferroviaria di cui trattasi, (art. 7 n. 1 legge urbanistica come modificato 
dalla legge 19 novembre 1968, n. 1187) deve essere esaminato 
assieme ai motivi aggiunti che deducono la stessa illegittimit� in via 
.alternativa o per il mancato riscontro della conformit� al piano da 
parte del Ministero dei lavori pubblici, sentito il Comune (art. 10� legge 

n. 765 del 1967), ovvero per la mancanza della n,ecessaria licenza edilizia 
(art. 31 legge urbanistica). Le tre censure hanno infatti in comune 
il profilo attinente ai rapporti tra urbanistica ed opere pubbliche. 
Al riguardo va tenuto presente che la necessit� che l'opera pubblica 
non si ponga in contrasto con le previsioni del piano regolatore 
generale del Comune nel quale deve essere realizzata � stata ripetuta



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1119 

mente affermata dalla giurisprudenza di .questo Consiglio (da ultimo: 

IV Sez., 30 novembre 1971, n. 1087). Risulta poi legislativamente de


terminata (art. 10 della legge n. 765 del 1967) la procedura e la com


petenza ad effettuare il relativo a�cicertamento. 

H primo principio comporta .per� soltanto che l'opera pubblica 

debba essere compatibile con le statuizioni del piano, con la. conse


guenza che ove sussista contrasto esso debba essere eliminato attra


verso la rinunzia dello Stato alla risoluzione dell'opera, ovvero attra


verso una variante del piano. Nel caso per�, pur mancando nel piano 

una espressa statuizione in ordine alla nuova linea ferroviaria, che 

peraltro non poteva essere previ8:ta siccome risultante da un progetto 

a carattere ultra-locale di pertinenza ministeriale, non si riscontra il 

denunciato contrasto. Non pu� infatti riconoscersi incompatibilit� tra 

la destinazione a zona agricola e l'attraversamento ferroviario della 

stessa zona, che quella destinazione non modifica e non turba; incom


patibilit� che invece sarebbe stata evidente se la destinazione della 

.zona fosse stata ad esempio ad edilizia residenziale. 

In pavticolare va pure tenuto presente che neHa stessa zona a 

distanza di poche decine di metri gi�� corre la linea auto stradale 

Roma-Firenze. 

Circa le successive censure relative alla mancanza, dedotta in-al


ternativa, della licenza edilizia o dell'accertamento del Ministero dei 

LL.PP. circa la conformit� al piano dell'opera pubblica, va anzitutto 

rhlevato che esse riguardano essenzialmente la successiva fase della 

realizzazione del progetto. In tal. senso la loro mancanza non influisce 

di regola sull'effetto dichiarativo della pubblica utilit� che � connesso 

per legge, all'approvazione del progetto e neppure �sul decreto di ~ccu


pazione di urgenza che pure � precedente e preordinato alla realizza


zione dell'opera. Peraltro dalle norme fondamentali che regolano tuttora 

la materia delle opere pubbliche eseguite dalle Amministrazioni statali 

su terreni non demaniali (art. 29 e 32 legge n. 1150 del 1942) emerge 

in modo indubbio che l'accertamento spettante al Ministero dei lavori 

pubblici della non difformit� dell'opera pubblica statale rispetto al 

piano regolatore � imposto nell'interesse del Comune per cui � attri


buita al rappresentante di questo la facolt� di denunziare al Ministero 

predetto l'eventuale inosservanza del piano sulle costruzioni gi� eseguite. 

Nella specie, per�, come si � detto, tale inosservanza, a giudizio 

del Collegio non esiste, almeno allo stato degli atti e ci�, probabilmente, 
, .spiega il perch� l'ufficio del Genio civile per il Tevere che pure ebbe 
conoscenza sia pure parziaole del progetto ai fini della compatibilit� 
col regime del fiume, si astenne da ogni intervento in riferimento al 


piano regolatore. 

Tutte le a1tre censure sono del pari infondate o inammissibili. Non 

-� esatto infatti che il progetto approvato costituisca una mera proposta 


1120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di variante. Il progetto esibito agli atti � infatti esecutivo nel sensorichiesto 
dalla legge (r.d. 8 febbraio 1923, n. 422) perch� si possa riconoscere 
la pubblica utilit� deH'opera; a tal fine � infatti sufficiente che 
siano state sviluppate tutte le opere che in fase di progettazione vengono 
in rilievo. Ci� naturalmente non esclude eventuali rinvii di decisioni 
a livello esecutivo che non possono essere prese se non nel corso, 
della pratica realizzazione delle opere. Si tratta ovviamente per� di 
insopprimibili esigenze di ordine tecnico che non escludono iii. carattere, 
esecuti;vo del progetto. In quest'ambito vanno collocate le prove geo-
gnostiche e penetrometriche ancora da espletarsi. 

Neppure sembra esatta la denunciata mancanza dei termini ex 
art. 13 defila legge n. 2359 del 1865. I decreti approvati recano sempre 
i termini per l'inizio ed il completamento delle opere e della procedura 
espropriativa. 

N� sussiste il vizio di eccesso di potere in alcuno dei profili denunciati. 
In particolare non pu� essere considerata illogica la previsione� 
di risparmio in mancanza degli accertamenti geognostici, proprio per 
il carattere di previsione che � connaturale ail progetto; le precedenti 
affermazioni in ordine alle qualit� della soluzione dapprima prescelta, 
non vincolano la diversa soluzione adottata con la variante che � stata 
ampiamente motivata; il motivo di evitare difficolt� per le espropriazioni, 
non � esclusivo e comunque il relativo apprezzamento costituisce 
merito del provvedimento. E cos� pure non sono ammissibili le altre 
censure con le quali in sostanza si chiede a questo collegio di valutare, 
direttamente gli interessi coinvolti nel provvedimento, valutazione riservata 
in via esclusiva al giudizio di merito del�'amministrazione. 

Il quinto motivo non � ammissibile siccome manca l'interesse nel 
ricorrente a dedurre la censura dal momento che l'accostamento della 
costruenda strada ferroviaria alla autostrada del sole non avviene mai 
neppure in prossimit� dell'area di propriet� deJ. ricorrente. Con l'ulte-, 
riore conseguenza che un'eventuale modifica del tracciato non pu� 
avvantaggiarlo. 

I motivi indicati con i numeri 6) e 7) non contengono censure 
autonome ma soltanto delle conclusioni circa l'estensione dei vizi precedentemente 
dedotti, che non possono essere accolte ostandovi il rigetto� 
delle premesse. 

In relazione alla censura contenuta nell'ottavo motivo, a parte la 
sua infondatezza in fatto dimostrata dalle lettere che l'amministra� 
zione dei trasporti ha rivolto all'apposito ufficio deLl'Amministrazione 
dei lavori pubblici -ufficio del genio civile per il Tevere, possono 
ripetersi le cose gi� dette a proposito dei motivi aggiunti. L'attuale 
mancanza infatti delle autorizzazioni in esame non incide sulla legit



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1121 

timit� della procedura espropriativa, attinendo soltanto alla fase dell'esecuzione 
dell'opera. 

Neppure sussiste violazione dell'art. 71 della legge fondamentale 
sulle espropriazioni in ordine all'incarico per la redazione delJ.o stato di 
<:onsistenza, dato dal Prefetto ai tecnid del Consorzio. Al riguardo, va, 
infatti, considerato, che per l'art. 20 della convenzione tra l'Azienda 
autonoma delle Ferrovie dello Stato ed il Consorzio SACOP-MOVITER, 
,questo ultimo� � stato investito dal provvedimento di concessione anche 
�dell'esercizio di una pubblica funzione, con l'obbligo di imparzialit� 
.e le garanzie ad esso connesse proprie di tale qualit�. 

Infondata � pure l'ultima censura, ripetuta nei motivi aggiunti, 
in ordine alla ma_ncata individuazione delle aree da occupare. Nel decreto 
di autorizzazione all'occupazione le indicazioni dei dati catastali 
sono completate con riferimento alla planimetria allegata. E la man
�cata alligazione (peraltro non provata), pu� eventualmente viziare la 
sola notifica, che per� �costituisce atto diverso e strutturalmente autonomo, 
non hl provvedimento notificato. 

Il ricorso deve qui'ndi essere respinto, mentre le spese possono 
.essere compensate, siccome sussistono giusti motivi. 

<CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 197,2, n. 828 -Pres. Uccellatore 
-Est. !annotta -Pino (avv. Piccardi) c. Ministeri sanit� 
e interno (avv. Stato Cosentino) e Reg�ione Puglia (avv.ti Sorrentino 
e Lecciso). 

Istituzione pubblica di assistenza e b-eneficenza -Ente ospedaliero Consiglio 
di amministrazione -Composizione -Decreto del Presidente 
della Repubblica -Prima del passaggio della competenza 
alla Regione -Legittimit�. 

Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza -Ente ospedaliero Consiglio 
di amministrazione -Composizione -Sostituzione dei 
membri non eletti con quelli eletti dalla Regione -Legittimit�. 

La competenza delle Regioni a statuto ordinario � condizionata, tra 
l'altro, anche dal trasferimento delle materie, rientranti in quelle fissate 
dall'art. 117 Cost., dallo Stato alle Regioni, ovvero dal compimento 
del biennio dalla data di entrata in vigore della l. 16 maggio 1970, 
~. 281; pertanto, � legittimo il provvedimento con il quale il Presidente 
della Repubblica modifica La composizione del Consiglio di amministrazione 
di un Ente pubblico ospedaliero, allorch�, alla data di emanazione 
del decreto, la Regione non poteva attuare le proprie competenze 


1122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in materia di assistenza ospedaliera, in mancanza del trasferimento deUe 
.relative competenze daUo Stato aUe Regioni (1). 
Gli Enti pubblici ospedalieri costituiscono organismi ero�gatori dell'assistenza 
sanitaria ospedaliera, neLLe varie forme indicate daU'art. 2 

L. 12 febbraio 1968, n. 132, ausiliari rispetto aUa Regione a statuto 
ordinario, aUa quale compete, giusta l'art. 117 Cost., la materia dell'assistenza 
sanitaria e ospedaliera; pertanto, non essendo conforme aUa 
org(lnizzazione del servizio pubblico ospedaliero, quale delineato dalla 
legg�, il permanere in carica di componenti del Consiglio di amministrazione 
dell'ospedale regionale non scelti dal Consiglio regionale, legittimamente, 
a seguito della istituzione delle Regioni a statuto ordinario 
e prima del trasferimento dallo Stato alle Regioni delle relative competenze, 
il Presidente della Repubblica modifica la co;mposizione del Consiglio 
di amministrazione di un Ente regionale ospedaliero, sostituendo� 
ai componenti non eletti dal Consiglio regionale un analogo numero 
di membri eletti da tale Consiglio. 
(Omissis). -1. -Si pu� prescindere dalla complessa indagine cir


ca l'ammissibilit� e ricevibilit� del ricorso in esame, attesa la sua in


fondatezza. 

2.. -La censura di incompetenza, dedotta in riferimento al d.P.R. 

7 novembre 1970, n. 1360 (Gazzetta Ufficiale 2 marzo 1971, n. 54, 

p. 1148), � stata prospettata nel senso della contestualit� fra costituzione 
della Regione Puglia ed estinzione delle competenze dell'Amministrazione 
sanifaria statale cir�ca l'organizzazione degli enti pubblici 
ospedalieri. 
Il presupposto sul quale si fonda la censura, cos� com'� stata pro


spettata dai ricorrenti, non � esatto. 

Infatti all'epoca della emanazione del citato decreto presidenziale 

la Regione Puglia, unitamente del resto alle altre Regi�ni a statuto 

ordinario, non poteva attuare le proprie competenze in materia di assi


stenza ospedaliera, in quanto ancora non era stato disposto alcun tra


sferimento di competenze dallo Stato alle Regioni in �tema di assistenza 

sanitaria e ospedaliera. 

Tale trasferimento ha avuto luogo, per settori di competenza sanitaria 
e ospedaliera, con. il d.P.R. 14 gennaio 1972,, n. 4. 
Ne era trascorso il biennio dalla entrata in vigore della L 16 maggio 
1970, n. 281 (al't. 17). 
La competenza regionale � condizionata, tra l'altro, anche ail trasferimento 
delle materie, rientranti in quelle fissate dall'art. 117 Cost., 

(1) Cfr. Corte cost., 4 marzo 1971, n. 39 e 9 giugno 1971, n. 119, in questa 
Rassegna, 1971, I, 503, 749. 
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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1123 

dallo Stato alla Regione, ovvero al compimento del biennio suindicato, 
come ha avuto modo di riconoscere la Corte costituzionale, con I.e 
sent. n. 3,9, 119, 120 e 121 del 1971. 

Tali dlievi sono sufficienti a respingere la censura di incompetenza 
del decreto presidenziale. 

3. -Infondato � anche il secondo motivo di ricorso. Invero � inattendibile 
la tesi, prospettata con il motivo in esame, secondo la quale 
i consiglieri eletti dal Consiglio provinciale, in luogo di quello regionale, 
durano in carica 5 anni indipendentemente dalla sopravvenienza 
della Regione. 
La elezione da parte del Consiglio provinciale dei 6 componenti 
del Consiglio di amministrazione dell'ente pubblico ospedaliero regionale, 
previsti dall'art. 9 n. 1 I. 12 febbraio 1968, n. 132, � disciplinata 
dall'ultimo comma dell'art. 56 dclla legge citata, in rapporto alla necessit� 
di assicurare il funzionamento degli enti pubblici ospedalieri, malgrado 
l'assenza delle Regioni a statuto ordinario, notoriamente non 
ancora costituite, all'epoca dell'entrata in vigore della legge suindicata. 

Questa attribuzione temporanea di competenza ai Consigili provinciali 
corrisponde anche alla temporaneit� della preposizione all'ufficio, 
di componente del Consiglio di amministrazione ospedaliero, conseguente 
alla elezione da parte del Consiglio provinciale. 

Al riguardo si deve precisare che gli enti pubblici ospedalieri costituiscono 
organismi erogatori dell'assistenza sanitaria ospedaliera, nelle 
varie forme indicate dall'art. 2 I. 12 febbraio 1968, n. 132.. 

Questi organismi sono ausiliari rispetto alla Regione a statuto ordinario 
alla quale compete, giusta l'art. 117 Cost., la .iateria dell'assistenza 
sanitaria e ospedaliera. 

Tale rapporto di ausiliarit� � desumibile sia dalla indispensabilit�, 
sul piano operativo, dell'ente pubblico ospedaliero rispetto alla materia 
suindicata, sia dalla vigente normativa, che attribuisce alla Regione 
la competenza a programmare i propri interventi, entro limiti precisi, 
nel settore dell'assistenza ospedaliera (art. 29 e 31 I. 12 febbraio 1968, 

n. 
132). 
La stessa Regione ha poteri di tutela e controllo sugli organi degli 
Enti pubblici ospedalieri (artt. 16 e 17 legge citata). 
Tale aushliariet� � particolarmente sottoliltleata, pier qpanto riguarda 
gli ospedali regionali, al punto che la stessa gestione amministrativa 
dell'ente pubblico ospedaliero � condiz.ionabile, dalla presenza 
di componenti del Consiglio di amministrazione, eletti dallo stesso Consiglio 
regionale, art. 9, n. 1 legge citata. 

Questo rapporto di ausiliarit�, irriducibile ovviamente ad una 
unione personale tra Consiglio regionale e Consiglio di amministrazione 
(art. 9 citato, quarto comma) o ad un mero vincolo di esecutivit� del 


1124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

secondo organo rispetto al primo (art. 17 legge citata), postula un rapporto 
di fiducia tra gli amministratori regionali e quelli ospedalieri. 
Pertanto non appare conforme alla organizzazione del servizio pubblico 
ospedaliero, quale � delineato dalla I. 12 febbraio 1968, n. 1312, il per.
manere in carica di componenti del Consiglio di amministrazione dell'ospedale 
regionale, non scelti dalla stessa Regione (Consiglio re


gionale). 

La scelta della maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazione 
dell'ente pubblico ospedaliero regionale da pa;rte del Consiglio 
provinciale � giustificata dall'assenza dell'ente regione; ma dopo 
]a formazione di quest'ultimo la permanenza degli effetti di quella scelta, 
,dovuta ad esigenze di efficienza amministrativa, non � ulteriormente 
_giustificabile. 

Altrimenti sarebbero pregiudicati i legami funzionali tra Regione 
'ed ente pubblico ospedaliero dalla stessa vigilati. 

4. -Infondato � il terzo motivo di ricorso. Invero il .presidente della 
-Regione Puglia, coo decreto 27 settembre 1971, ha proceduto alla costituzione 
inte~rale del Consiglio di amministrazione �lell'ente ospedahero 
� Vito Fazzi � di Lecce. 
Con tale decreto si � disposto sia nel senso della estinzione del 
:precedente. Consiglio di amministrazione, sia in quello della ricomposizione, 
con efficacia ex nunc, detto stesso organo. � 
Il fatto che il presidente della Regione Puglia abbia emesso iil de
�.creto suindicato esclude che nel Consiglio di amministrazione dell'ospedale 
Fazzi facciano parte componenti con distinte decorrenze. 
Invero per tutte le persone, nominate con il decreto in questione, la 
preposizione al rispettivo ufficio decorre dal 2,7 settembre 1971, giorno 
,di emissione dello stesso decreto, ed ha la durata quinquennale, giusta 
iLl testuale disposto dell'art. 9, ottavo comma, I. 12 febbraio 1958, n. 132. 
Questa conclusione non � esclusa daHa circostanza che dal Consi:
glio di amministrazione, quale risulta dal decreto 2.7 settembre 1971, 
:facciano parte alcune persone, gi� �componenti del precedente' Consi


glio di amministrazione. 

Tale circostanza, indica solamente che per alcune persone � avve-. 

nuta una � riconferma � nell'ufficio consiliare, per un periodo di tempo 

(quinquennio decorrente dal 27 settembre 1971) distinto da quello cor


rispondente alfa durata in carica del Consiglio di amministrazione, quale 

fu �composto in base alla disciplina provvisoria anteriore aU'attuazione 

dell'ordinamento regionale. (Omissis). 

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SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 febbraio 1971, n. 360 -Pres. Caporaso 
-Est. Milano -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Cavalli) c. Belloni (avv. Petrucd). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Avviso di accertamento 
-Funzione di provocatio ad opponendum -Termine per 
l'impugnativa -Decorrenza -Decadenza dal � diritto di contestare 
il valore notificato� -Successiva ingiunzione di pagamento -Inammissibilit� 
di ulteriore sindacato non solo sul valore accertato, 
ma anche sulla legittimit� dei criteri di valutazione e della procedura 
di accertamento. 

Poich� l'avviso di accertamento tributario, nell'enunciare i presupposti 
per l'applicazione del tributo, il procedimento di valutazione eseguito 
e la concreta determinazione della somma da corrispondersi a titolo 
d'imposta, svolge anche una funzione di �provocatio ad opponendum, e, 
se non impugnato entro il termine di cui all'art. 21 l.r., la decadenza si 
verifica non solo dal diritto di contestare il valore accertato, ma anche 
dal diritto di contestare la legittimit� dei crite�ri di valutazione e deila 
procedura di accertamento, dovendosi l'espressione del citato articolo 
(decade dal diritto di contestare il valo.re notificatogli) intendere co�me 
acquiescenza al provvedimento amministrativo� co~� come formato 
in seguito, �dinanzi al giudice ordinario solo la inesistenza del diritto dell'accertamento, 
con la possibilit�, per il contribuente, di far valere, anche 
in se�guito, dinanzi al giudice ordinario solo la inesistenza del diritto della 
Finanza di percepire ii tributo. Ne conse�gue che� il contribuente, verificatasi 
la indicata decadenza, non ha pi� neanche la possibilit� di impugnare 
la successiva ingiunzione di pagamento per motivi che attengono 
alla legittimit� dei criteri di valutazione e della procedura di accertamento 
(1). 


1126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 ottobre 1971, n. 2926 -Pres. 
Stella Richter -Est. Boselli -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Avella) c. Cerasoni (n. c.). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Controversie in tema 
di valutazione e controversie in tema di applicazione della legge Procedimento 
e decisione delle une e delle altre -Questione pregiudiziale 
alla valutazione -Procedimento e decisione (fattispecie 
in tema di accessione ex art. 47 1. r.). 

In materia di imposte indirette, le controversie sulla determinazione 
del valore sono decise in prima istanza daUa Commissione distrettuale e 
in secondo grado daila Commissione provinciale; le co1itroversie �relative 
alla applicazione delle leggi �, ossia quelle riguarda.nti questioni di diritto, 
sono decisf: in primo grado dalla Sezione speciale della Commissi01ie 
provinciale e in secondo grado dalla Commissione centrale. Tale 
se�parazione di competlenza restia ferma anche quando davanti alle Com-' 
missioni di valutazione sia stata sollevata una questione di diritto la 
cui soluzione� rivesta carattere� pregiudiziale rispetto� alla valutazione, 
dovendosi in tale caso il giudizio di valo<re sospendere in atte�sa che si 
abbia sulia questione di diritto una decisione definitiva (2). 

� questione pregiudiziale alla valutazione quella che concerne la 
applicabilit� della presunzione ex art. 47 l. 1�., e cio� se nella venditla del 
suo.io debba ritenersi compreso anche l'wccessione (edificio); e perci� la 
Commissione provinciale (Sezione di valutazione) deve rimettere la decisione 
della questione alla Sezione speciale ed attendere la relativa 
pronuncia prima di esaminare la valutazione (fattispecie in tema di valutazione 
eseguita con un unico accertamento ma con distinte indicazioni 
di valore per il suolo e per il fabbricato) (3). 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 marzo 1972, n. 647 -Pres. Pece Est. 
!annetti -P. M. Tavolaro (conf.) -Pallavicino c. Ministero delle 
Finanze (avv. Baccari). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Questioni di valutazione 
e questioni relative all'applicazione della legge -Procedimento 
e decisione delle une e delle altre -Questione pregiudiziale 
alla valutazione -Nozione -Fattispecie. r.�: 

(�'.� 

�::

Nelle imposte indirette le controversie in tema di valutazione sono 

r~'. 

decise dalla Commissione di valutazione salvo il ricorso all'A.G.0. per ~~= 

ti 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1127 

grave errore di apprezzamento o per mancanza di calcolo, mentre le 
controversie relative alla appiicazion.e della legge sono decise dalle 
Commissioni di diritto (Sezione speciale e Commissione centralei) e 
l'azione giudiziaria non � subordinata all'esperimento del procedimento 
dinanzi dette Commissioni, senza che abbia rilevanza assumere che la 
questione di diritto sia destinata a riflettersi sulla estimazione del cespite 
perch� l'esposta disciplina processuale non contempla altra distinzione 
da quella tra le questioni sulla determinazione del valore e � t.utte le 
altre � ; locuzione, questa, che, per la sua gene(J"icit�, com.pll'ende' ogni questione 
di diritto attinente all'imposizione tributaria nei trasferimenti 
di ricchezza, anche se influente sulla valutazione (fattispecie in tema 
di individuazione della data cui, nei contratti sottoposti ad approvazione, 
va riferita la valutazione, se � quella della stiplll,la. o que.ZZa della 
approvazione) (4). 

IV 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 23'49 -Pres. Gionfrida 
-Est. Moscone -P. M. Trotta ('conf.) -Kiniger (avv. Marucchi) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Questioni di diritto 
pregiudiziali alla valutazione -Nozione -Procedimento e decisione 
delle questioni pregiudiziali e delle questioni scindibili Ammissibilit�, 
per le questioni scindibili dell'azione giudiziaria 
in autonomo giudizio nonostante sia intervenuta la decisione definitiva 
sulla valutazione e possibilit� di caducazione pro parte 
di tale decisione -Fattispecie. 

In materia di imposte indirette, sono questioni di diritto pregiudiziali 
alla valutazione non tutte le questioni sollevabili a proposito di 
uno stesso atto di accertamento: lo sono le questioni strettamente pregiudiziali 
per effettuare in concreto la valutazione, le quali vanno decise 
dalle apposite Commissioni (Sezione speciale di diritto e Commissione 
Centrale) e non dalla Commissione di valutazione, la cui decisione, se 
risolve tali que�stioni, pu� essere impugnata solo col ricorso per Cassazione 
ai sensi dell'art. 111 Cost.; non lo sono le questioni che incidono 
sui presupposti e sull'ambito della valutazione, le quali ben possono 
farsi valere per la prima volta dinanzi l'A.G.O. (in quanto la possibilit� 
dell'azione ordinaria non � subordJinata all'esperimento del procedimento 
avanti le Commissioni) e nonostante che, sulla valutazione, sia 
inte1�venuta una pronuncia definitiva della Commissione, che, risolta 

� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1128 

la questione in senso favorevole al contribuente, pu� essere caducata 
pro parte (fattispecie in tema di valutazione eseguita con un unico 
accertamento, ma con distinte indicazioni di valore dell~area e d~l 
fabbricato) (5). 

V 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, ,9 agosto 1972, n..265�4 -Pres. leardi Est. 
Bra~caccio -P. M. Mililotti (cornf.) -Ministero deUe Finanze 
(avv. Stato Abbignente) c. Capriata (n.c.). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Questioni di valutazione 
e questioni di diritto pregiudiziali alla valutazione -Procedimento 
e decisione -Nozione di questione pregiudiziale -Fattispecie. 

Le questioni di v�alutazione che rientrano neUa competenza deUe 
Commissioni di valutazione (diStrettuale e provinciale!) sono queUe che, 
fermi i presupposti concernenti gli elementi di fatto e di diritto che 
determinano iL sorgere dell'obblig�azione tributaria, riguardano esclusivamente 
l'accertamento del valore de�l bene; per co%verso, le' que�stioni 
di diritto, pregiudiziali alla valutazione, che, importando un accertamento 
incidentale, rientrano nella competenza d�lle Commissioni d~ 
diritto (Sezione speciale e Commissione centrale), sono trutte quelle che 
incidono su quei presupposti, e tale incidenza si pu� avere, oltre che 
per il dubbio sulla interpretazione di una legge, anche quando si tratti 
di accertare solo le condizioni per l'applicazione delLa legge, perch� in 
questa ipotesi, la statuizione afferisce ad un momento precedente la 
valutazione, e quindi non ad essa, ma a un suo presupposto, comportando 
sempre il collegamento tra le situazioni di fatto accertate e l'inquadramento 
di esse in una fattispecie normativa (fattispecie in tema 
di appartenenza delle scorte agli acquirenti e perci� esclusione delle 
medesime dalla compravendita oggetto del:l'imppsizione, con disapp.Ucazione 
dell'art. 47 l.r., contenente la presunzione del trasferimento delle 
pertinenze contestualmente a quella della propriet� del fondo) (6). 

I 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, l'Amministrazione finanziaTia, 
denunciando la violazione del 1primo e secondo capover.so del


,�.�

l'art. 21 r.d.l. 7 agosto 1913�6, n. 1639, lamenta che la Corte d'appello abbia r� 
affermato l'ammi1ssibilit� dell'opposizione alla ingiunzione fiscale pro


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1129 

posta dagli eredi Belloni, pur essendo l'accertamento tributario divenuto 
definitivo perch� non impugnato nel termine stabilito daH'art. 21 del 
citato decreto, per aver erroneamente ritenuto che la preclusione stabilita 
dall'ultimo comma della medesima disposizione si riferisce esclusivamente 
'al diritto del contribuente di contestare il valore notificatogli 
dall'Ufficio e non pregiudichi invece le questioni di diritto con cui si 
contesta la legittimit� �del procedimento .stesso di valutazione, mentre la 
detta preclusione riguarda tutte le questioni, di fatto o di diritto, che 
po�ssono sollevarsi in relazione al :procedimento di accertamento del valore 
imponibile. 

La censura � fondata. 

� indubbio che !',accertamento tributario rappresenti, anche nello 
schema delle imposte indirette, un ~omento essenzfale dello svolgimento 
del rapporto giuridico d'tmposta, in quanto enuncia in concreto i concorrenti 
presuppo,sti per l'ap1plicazione del tributo, il procedimento di valutazione 
eseguito e la concreta determinazione della somma che il contribuente 
deve corrispondere a titolo d'imposta: ci� come manifestazione 
dell'attivit� amministrativa di imposizione tributaria. 

Ai fini, poi, della sua definitivit�, l'avviso di accertamento assume 
aspetti processuali del pari evidenti; con esso, cio�, l'Amministrazione 

(1-5) Le questioni pregiudiziali alla valutazione nelle imposte indirette: 
procedimento e decisione. 

1. -Queiste sentenze esaminano e distinguono, in materia di imposte 
indirette, le questioni di valutazione dalle questioni di diritto, indicando, 
per le une e per le altre, il procedimento 'e gli organi competenti per deciderle. 
Come rHevasi, in particolal'e, dalle sentenze n. 2654 e n. 647, l'orientamento 
della giurisprudenza � pacifico sia sulla indicazione� del procedimento, 
sia sulla designazione degli organi competenti. 
Il contrasto, invece, sorge laddove 1a giurisprudenza, sia pure in fattispecie 
diverse, si accinge 'ad individuare l�e �questioni di diritto pregiudiziali 
alla valutazione � e a indicare il procedimento e gli organi competenti 
per la loro decisione, insieme con le decadenze che si verificano per la 
mancata impugnativa dell'avviso di accertamento. Talvolta \I.a giur.Lsprudenza 
le ha delimitate in modo ampio fino a comprendervi tutte le que-stioni 
inerenti alla legittimit� dei criteri di valutazione e della procedura 
di accertamento (sentenza n. 360<) per devoll.verne la decisione agli organi 
appositamente designati (Commissioni di diritto: Sezione speciale e Commissione 
centrale (sentenza n. 647); talvolta ha tentato una delimitazione 
pi� ristretta, ma � caduta in contraddizioni, poich� o le ha indicate come 
le questioni che incidono sui pre~iposti di fatto e di diritto, e cio� sulle 
condizioni che determinano il sorger.e dell'obbligazione tributaria (sentenza 

n. 2654) oppure come le questioni strettamente pregiudiziali per effettuare 
in concreto la valutazione escludendo quelle che incidono sui presupposti 
o sull'ambito della valutazione (sentenza n. 2349). 
A mio avviso, la nozione di questione pregiudiziale va intesa nel 
senso pi� .amipio, e cio� comprende qualsiasi controversia di diritto, sostanziale 
o formale, che, comunque, possa incidere sulla valutazione, ad es. la 



1130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

afferma la propria ipretesa tributaria, come determinata in concreto dall'avviso 
medesim� perch� il contribuente possa accettarla, anche tacitamente, 
o possa impugnarla se illegittima. I due aspetti, quello sostanziale 
e quello 1processuale dell'avviso di accertamento sono interdipendenti, 
posto che il detto avviso svolge una funzione di provocatio ad 
opponendum e dalla mancata 1proposizione dei mezzi di ricol'so dalla 
legge pl'edisposti deriva, con la definitivit�, l'efficacia sostanziale sua 
propria. 

Se, infatti, l'avviso non � impugnato nei trenta giorni dalla notificazione 
-ed esso per legge (art. 21 d.l. 7 agosto 19�36, n. 1639) deve contenere 
tale avvertenza, la 1quale si pone come elemento costitutivo del-
l'�vviso di accertamento., la cui mancanz� ne � causa di nullit� (Cass. 
6 novembre 19168, n. 3661) -diviene e1secutivo, perch� non pu� pi� esisere 
discusso dal ,contribuente, il quale, se ritiene leso un ,suo interesse o un 
suo diritto a vantaggio dell'Amministrazione (in quanto si effettuerebbe 
dal suo patrimonio un preleva1mento eccessivo) non ha altro mezzo -se 
non riesce ad accordarsi con l'Amministrazione -che di ricorrere nel 
termine perentorio fissato dalla legge contro l'accertamento innanzi alle 
commissioni tributarie. 

individuazione della data del contratto da tassare, cui riferire la valutazione; 
1a consistenza del cespite per comprendervi o escludervi il fabbricato 
in virt� della presunzione ex art. 47 1.r.; la aippli.cabilit� o meno 
della presunzione al trasferimento del,1e pertinenze insieme con fimmobile 
venduto, l'accertamento del carattere translativo della divisione ereditaria, 
la validit� o meno dell'accertamento c�'imposta (Cass. 13 dicembre 1972, 

n. 3586). 
Ma le incertezze della giurisprudenza sono pi� complesse, e di conseguenze 
pi� gravi, se si esamina il procedimento indicato per decidere le 
questioni piregiudiziali, peirch�, fermo irestando che gli organi competenti 
sonq le Commissioni di diritto (Sezione Speciale, Commissione Centrale) 
e l'a.g.o., talvolta si ammette che l'azione giudiziaria deve essere promossa 
prima che diviene definitiva la pronuncia sulla valutazione, talvolta si 
riconosce che la stessa azione pu� essere promossa anche dopo la definitivit� 
della pronuncia 1sulla valutazione. Nella seconda ipotesi .non si riesce 
a compr�endere, una volta passata in giudicato J.a pronuncia sulla valutazione, 
come l'ufficio possa procedere a nuova valutazione se i1 tel'ffiine 
per procedervi � gi� decorso o come il contribuente possa impugnare l'accertamento 
se il teiITil.�ne � pure decorso. 

2. -Per chiarire le incertezze nelle q_uali la gi1urisprudenza si dibatte, 
occorre precisare il si,stema del contenzioso tributario che � pirevisto, in 
particolare per la proposizione e la decisione delle questioni pregiudiziali. 
A tal fine � utile richiamare la funzione dell'avviso di accertamento, 
le impugnative �Che vi sono pr�edisposte per ile questioni di valutazione e 
per le questioni di diritto a questa pregiudiziali con le conseguenti preelusioni. 


Occorre, poi, chiarire gli effetti che sull'accertamento discendono dalla 
decisione pronunziata sul ricorso proposto avverso di esso, e cio� in 
quali limiti 1e questioni, di valutazione e di diritto, e le questioni pre



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1131 

In proposito la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 211 del citato 
decreto secondo cui, decorso inutilmente il termine, il contribuente 

� decade dal diritto di contestare il valore notificatogli � � assolutamente 
chiara e non pu� dare luogo a dubbi di sorta, -risultando da tale disposizione 
che la mancata opposizione all'avviso di a.ccertamento comporta 
l'acquiescenza del contribuente al .provvedimento amministrativo cos� 
formato e non consente alcun ulteriore e diverso sindacato sull'imponibile 
detel'IITlinato dall'Amministrazione trarmite il provvedimento medesimo. 
La contraria tesi della sentenza impugnata secondo cui tale acquiescenza 
rigua�rderebbe unicamente le questioni influenti sulla determinazione 
del valore accertato e rimasto definitivo 1perch� non Lmpugnato, e 
non anche quelle concernenti la legitttmit� dei criteri di valutazione e 
della stessa procedura seguita dall'Ufficio nell'accertamento del valore, 
non pu� essere condivisa perch� in contrasto sia con l'ampia e generica 
locuzione usata nella dcordata disposizione, sia con la suaccennata funzione 
de11'avviso di accertamento. 

Non pu�, infatti, fondatamente por�si in dubbio che la legge, nel 
prevedere, senza alcuna precisazione, la decadenza del contribuente dal 
diritto di contestare il valore noti.ficatogli comprenda qualsiasi contestazione 
riguardante i valori accertati sia in linea di fatto sia in linea di 

giudiziali, restano, in seguito alla decisione, pregiudicate dalla mancata 
loro proposizione nel ricorso. 

3. -L'accertamento tributario � un momento essenziale dello svolgimento 
del raipporto giuridico d'imposta, attuando l'esigenza che si sia verificato 
in concreto il concorso dei presupposti di applicazione del tributo, 
che siano valutati gli elementi di fatto, che sia enunciato il procedimento 
di valutazione e determinata la somma dQIVuta dal contribuente a titolo 
di imposta. 
Ai fini dellla sua definitivit�, � l'avviso di accertamento assume aspetti 
processuali del pari evidenti: con esso, cio�, la p.a. afferma la propria 
pretesa tributaria come determinata dall'avviso per.ch� il contribuente 
possa accettarla, oppure impugnarla se iUe�gittima � cos� (v. Cass. 3 ottobre 
1968 n. 3068, Rass. Avv. Stato 1968, I, 1023). 

I due aspetti, quell� sostanziale e quello processuale, sono interdipendenti, 
posto che l'avv1so svolge una funzione di ptovocatio ad opponendum, 
e dalla mancata proposizione dei mezzi di ricorso dalla legge 
previsti deriva, con la definitivit�, l'efficacia sostanziale sua propria. Se, 
infatti, -ravviso non � impugnato nei trenta giorni daUa notificazione 

(art. 21 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639), esso diviene �esecutivo e non pu� essere 
discusso dal contribuente, il quale � decade dal diritto di contestare il valore 
notificatogli �. 

La decadenza -ha insegnato la Cassazione -comprende, data la 
formula ampia adoperata dalla legge, � qualsiasi contestazione riguardante 
i vafori accertati sia in linea di fatto sia in linea di diritto, restando definitivamente 
pregiudicate tutte le questioni influenti sulla determinazione 
della base imponibile, tanto di diritto come di mera estimazione, e quindi 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1132 

diritto, attribuendo al comportamento del contribuente che ometta l'impugnazione 
un inequivoco si1gnificato di adesione all'operato dell'Amministrazione.
� 
D'altro canto se, come si � accennato, l'avviso di accertamento, 
nella struttura che assume nella disci.pl:ina del nostro diritto positivo, 
svolge, nell'enunciare i presuprposti del tributo ed il procedimento d� 
valutazione seguito, una funzione di provocatio ad opponendum strumentalmente 
insostituibile ai fini della definitivit� dell'accertamento, non 
si vede come la mancata proposizione dei mezzi di ricorso.. predisposti 
dalla legge, mentre importa la decadenza dal diritto di �contestare il 
valore accertato, non precluda invece al contribuente la possibilit� di 
contestare in ogni momento la legittimit� del proced~mento con cui quel 
valore � stato accertato. 
Al contrario � senz'altro da ritener�e che dall'inutile decorso del 
te�rmine di cui all'art. 21 restino definitivamente rpr~giudicate tutte le 
questioni influenti .sulla deiterminaziope della base imponibile, tanto di 
diritto come di mera estimazione e, quindi, anche quelle concernenti la 
legittimit� dei criteri e della procedura seguita dall'Ufficio nell'accertamento 
dei va.lori. 
Questa conclusione, del resto, risponde al principio ben fermo nel 
nostro ordinamento amministrativo per il quale l'atto illegittimo � ese
�anche quelle concernenti la legittimit� dei criteri e della procedura segui.
fa dall'ufficio neWaccertamento dei valori � (�sentenza n. 360); e ci� 
in dipendenza della funzione di provocatio ad opponendum strumentalmente 
insostituibile ai fini della definitivit� dell'accertamento la quale se 
pl'eclude al contribuente .la possibiUt� di contestare il valore accertato, non 
pu� non precludere anche, e nel contempo, attesa la unitariet� di� quella 
funzione, la possibilit� di contestar.e in ogni momento la legittimit� della 
tassazione, e cio� dei criteri e del pirocedimento 1seguiti per la valutazione. 
In conseguenza, il contribuente, se intende Epugnare col ricorso alle 
Commissioni, il valore, deve anche, nello stesso termine di decadenza, 
impugnare la questione di diritto che sia pregiudiziale alla valutazione. 
4. -Vi � infatti, per la riso~uzione di tali questioni pregiudiziali un 
regime particolare per la loro proposizione e per fa 1oro deci.sione, che si 
desume dall'ol'di.namento giuridico, dal sistema del contenzioso tributario. 
Il contribuente, cio�, pu� ricorr�ere contro l'avviso di accertamento 
entro trenta giorni dalla notifica, a pena di decadenza, alla Commissione 
distrettuale, alla quale pu� con lo stesso ricorso prospettare la questione 
pregiudiziale di dirit\o (e la Commissione sospende la pronuncia in attesa 
che su tale questione venga emessa la decisione ~efinitiva da parte della 
Commissione Provinciale, Sezione speciale); oppure pu� ricorrere, entro lo 
stesso termine perentorio di trenta giorni, a pena di decadenza, direttamente 
alla Commissione provinciale (sezione speciale) o contro l'avviso 
di accertamento (art. 2'9, ult. comma, d.l. 1639) o contro la decisione della 
Commissione distrettuale (art. 37 u1t. comma r.d. n. 1516), per ottenere una 
pronuncia sulla questione pregiudiziale. M 
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__.....,...........,.J 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA. 1133 

cutivo e 'spi�ega effetti analoghi a quelli che deriV'ano dall'atto legittimo, 
e trascorsi i termini per l'impugnazione �che rpu� provocare il suo eventuale 
annullamento, diviene inoppugnabile, ossia definitivamente fermo. 

Vero � che l'avvenuta definitivit� de~l'accertamento non rpreclude 
al contribuente di far valere la lesione del proprio diritto sotto il profilo 
dell'inesistenza del diritto dell'Amministrazione di percepire il tributo 

o della mancanza del potere della stessa Ammintstrazione di imporre 
quel determina�to tributo. Ma � evidente che una simile situazione, prospettata 
soltanto per completez.za d'indagine, esorbita manifestamente 
dalla fattispecie nella quale si fa questione soltanto in ordine alla legittimit� 
dei criteri e della procedura di accertamento dell'impoS'ta e la controversia, 
quindi, riguarda .Je modalit� di applicazione dell'tmposta, con 
la conS'eguenza che devono trovare applicazione le regole del contenzioso 
tributario, -inclusa quella relatiV'a alla rpreclusione sancita dall'u1timo 
comma dell'art. 21 del citato decreto. 
\ 

In conclusione la 'sentenza denunciata deve essere cassata e la causa 
va rinviata per nuovo esame al giudice che si uniforni.er� al principio 
di diritto secondo cui la mancata impugnazione entro il termine 
di trenta giorni di cui alla summenzionata disposizione avverso l'avviso 
di accertamento di valore preclude al contribuente la possibilit� 

Il contribuente pu�, altres�, in via autonoma o in prosecuzione del g1udizio 
gi� intrapreso dinanzi la Sezione Speciale (della Commissione Provinciale 
e, eventualmente, dinanzi la Commissione centrale) come impugnativa 
delle relative pronuncie, portare l'esame della questione dinanzi 
l'a.g.o. 

Se l'ol'dinamento rpr�evede tali diverse possibilit�, con appositi termini 
di decadenza, per proporre una questione pregiudizial�e di diritto, ci� vuol 
dire che le modalit� per proporre e decidere tale questione costitui,scono 
un regime particolare, ed altre possibilit�, con procedure diverse, con termini 
div�ersi, non sono consentite; anzi sono escluse. 

E vuol dire altresl che la questione :pregiudiziale deve essere risolta 
con apposita pronuncia della Commissione tributaria o con apposita sentenza 
delJ.'a.g.o., prima che venga emessa la decisione definitiva sulla valutazione 
dalla Commissione provinciale, in modo che questa possa uniformarvisi; 
altrimenti, non avrebbe :senso l'attribuzione del carattere di definitivit� 
espr.essamente previsto per la predetta decisione (art. 29 cit.). 

Di conseguenza, se il contribuente impugna il valore, ponendo cos� 
col �ricorso alla Commissione solo questioni di valutazione, e non propone 
anche, �secondo le procedure ora esposte, la questione di diritto pregiudiziale 
alla valutazione, egli incorre, rispetto a tale questione, nella decadenza 
(per la decorrenza degli indicati termini), e cio� la soluzione ad 
essa data dall'Ufficio con l'accertamento diviene definitiva, essendosi su 
di essa verificata la preclusione. 

Nella decadenza egli incorre anche ,se non impugna, nel termine di 
trenta giorni, la decisione della Commissione di�strettuale, come � detto. 

E ne1la decadenza il contribuente inco�l"re altres� se non impugna col 
ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (il ricorso alla Commissione 
Centrale � inammissibile: Cass. Sez. Un. 11 luglio 196'8, n. 220-7, 



1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'ro 1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'ro 
di impugnare la successiva ingiunzione di pagamento del tributo per 

�I

motivi che attengono alla legittimit� della procedura di accertamento del 
valore sul quale � stata liquidata l'imposta. -(Omissis). 


II 

(Omissis). -Col primo motivo del ricor�so l'Amministrazione Fi


nanziaria -denunziando violazione degli arrtt. 218, 29 e 30 del r.d.l. 

7 agosto 19;36, n. 1639; dell'art. 37 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 e 

dell'art. 47 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 36-0, 

nn. 3 e �5 c.:p.c. -lamenta che la Commissione provinciale (Sezione 

valutazione) abbia deciso, nonostante lo specH�co motivo di gravame 

interposto dall'Ufficio, una questione che, involgendo l'applicazione del


l'art. 47 della leg.ge di registro (e cio� se sulla tassazione del trasferi


mento dovesse comprendersi o meno anche il fabbricato esistente sul 

terreno), apparteneva alla .competenza della Sezione di diritto della 

Commissione medesima, la quale perci� avrebbe dovuto sospendere la 

decisione sulla questione: valutativa fino a quando sulla questione rela


tiva alla applicabilit� dell'art. 47 dt. non si fosse pronunciata la Sezione 

di diritto, cui Ja causa doveva essere rinviata. 

La censura � fondata.. 

Deve infatti osservarsi che in materia di imposte indirette sui tra


sferimenti della ricchezza (qual'� appunto l'imposta di registro), mentre 

Rass. Avv. Stato, 1968, I, 1004) la decisione definitiva della Commissione 
�provinciale, laddove questa decida la valutazione insieme con una que


stione pregiudiziale, giacch�, in conformit� all'insegnamento delle Sezioni 
Unite (cfr. sentenza 20 Luglio 1971 n. 23�64 ivi, 1972, I, 1439), la pronuncia 
di una Commissione Provinciale di valutazione che, oltre a decidere il 
valore dei beni, decida, in senso e�splicito o implicito, esorbitando dai 
limiti della propria competenza, anche una questione di diritto avente 
carattere pregiudiziale rispetto a quella concernente Ja determinazione del 
valore, essa, nonostante che sia stata enie!;!sa da origano incompetente, diventa 
definitiva a tutti gli effetti, e cio� diV'enta definitiva non solo sulla 
valutazione ma anche �Sulla questione pregiudiziale, senza che questa possa 
essere pi� riproposta, come impugnativa della decisione o in autonomo giudizio, 
dinanzi al Tribunal�e. 

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 12 gennaio 
1972, n. 71, Rass. Avv. Stato, 1972, I, 437) hanno precisato: �L'art. 29 
del r.d. 7 agosto 1936 n. 16319, dopo aver stabilito che le controversie riferentisi 
alla determinazione del valore sono decise in prima istanza dalla 
Commissione distrettuale ed in secondo grado daUe Commissioni provinciali, 
dispone, con l'ultimo comma, che tutte le controversie relative alla 
applicazione de1la legge sono decise in primo grado dal1e Commissioni 
provinciali (sezione di diritto) ed in secondo grado dalla Commi�ssione 
Centrale, salvo il ricorso all'autorit� 1giudiziaria nei modi e termini stabiliti 
dalle leggi vigenti. Nel caso di specie le insorte contestazioni, pur 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1135 

le controversie rela-tive alla determinazione del valore sono decise in 

prima istanza dalle Commissioni distrettuali e, in secondo grado, dalle 

Commissioni provinciali, le controversie � relative alla applicazione della 

legge �, ossia quelle che riguardano questioni di diriitto, sono decise in 

primo grado dalla apposita Sezi'one delle Commissioni provinciali pre


viste dall'art. 30 del r.d. 7 agosto 1936, n. 16319, e, in secondo grado, dalla 

Commissione centrale. 

Questa separazione di competenza resta ferma anche quando davanti 

alle Commissioni provinciali delle I!mposte, in sede di valutazione, sia 

stata ,sollevata una questione di diritto la cui soluzione rivesta carat


tere pregiudiziale rispetto alla questione concernente la determinazione 

del valore: poich� in tal caso il giudizio di valore .deve essere sospeso 

fino a quando la questione di diritto non sia stata definitivamente decisa 

nell'apposita sede,. ossia davanti alla Sezione di diritto della Commis


sione medesima. 

Essendosi pertanto nella specie fatta questione circa l'applicabilit� 

della presunzione di cui al terzo comma dell'art. 47 l.r. -se cio� nella 

vendita del suolo dovesse ritenersi compresa, ai fini della tassazione, 

anche l'accessione (edificio) ivi rinvenuta daJ.l'U.T.E. di Bergamo in 

sede di sopraluogo -la Sezione valutazione della Commiissione pro


vinciale, poich� si trattava appunto di una questione pregiudiziale, 

investendo la valutazione, si incentrano sulla questione di diritto relativa 
.all'applicabilit� deLla norma di cui all'art. 2704 cod civ., che determina 
i requisiti della � data certa �, ai fini dell'imposizione indiretta sui t11asferimenti 
di ricchezza. 

Trattasi di una questione di diritto, che secondo la precisata ripartizione 
di competenza tra Commissioni tributarie, andava proposta in primo 
�grado dinanzi alla Commissione provinciale (Sezione speciale) come � 
stato ritualmente fatto�. 

In tal senso si sono sempre espresse le Sezioni Unite con altre pronuncie; 
e cosi con ila sentenza 1� luglio 1968 n. 2207, ivi, 1908, I, 1004 
(a proposito della natura �dichiarativa della divisione ereditaria) e con la 
sentenza 1� agosto 1968 n. 2737, ivi, 1968, I, 1005. 

Precisato il regime tributario per i ricorsi in tema di valutazione e 
di questioni pregiudiziali di diritto, non ha senso ritenere che la questione 
pregiudiziale pu� essere proposta in un autonomo giudizio dinanzi a1l giudice 
ordinario in ogni tempo, anche quando sia gi� intervenuta una decisione 
definitiva sulla valutazione. 

Non ha senso perch� codesta possibilit� non solo � al di fuori del 
sistema particolare sopra esposto, ma non condurr,ebbe neanche ad alcun 
risultato utile, perch� viene a urtare contro le decadenze e le preclusioni 
ormai verificatesi. E infatti la sentenza de�l giudice ordinario che decidesse 
la question� pregiudiziale in modo diverso da quello ritenuto dagli 
organi tributari competenti (e cio� dall'ufficio con l'accertamento ormai 
definitivo e dalla Commissione provinciale con la decisione definitiva 
sulla valutazione), non potrebbe travolgere n� l'accertamento n� la deci


.sione, n� potrebbe legittimare il contribuente a adire, per nuova valutazione, 

' ' 

111aiw11111�111111r1,;rw1&r&:1r-w#1;11.#r8&&;111w1f:illwiru1,�1m1w1:1mltrfrillff11rnrfir%�1Wfil 



1136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

avrebbe dovuto rimetterne la decisione alla speciale Sezione di diritto 
ed attendere che la relativa pronuncia fosse divenuta definitiva prima di 
dprendere in esame la questione di va,lutazione. 

Non essendosi la Commissione provinciale attenuta a tale crite�r�i:o, 
l'impugnata dedsione deve essere cassata con rinvio alla medesima Sezione 
(valutazione) della causa per nuovo esame, previa decisione definitiva 
della questione di diritto da parte della Sezione competente. (
Omissis). 

III 

La motivazione � pubblicata retro a pag. 447. 

IV 

(Omissis). -In via preli:minare occorre provvedere aUa riunione 
del ricorso principale e di quello incidentale condizionato. Ma questo 
secondo ricorso va dtchiarato inammissibile, in quanto proviene da una 
parte �che non aveva alcun interesse a proporlo, nemmeno sotto condizione, 
essendo risultata pienamente vittoriosa in grado di aippello e ben 
potendo far valere mediante il controTicorso le pToprie eccezioni, anche 
se l� disattese. 

la Commi,ssione stessa (n� potrebbe legittimare l'ufficio a procedere a 
nuovo accertamento, essendosi verificato nei suoi confronti la decadenza 
prevista dal 1� comma dell'art. 21): -e ci�, perch�, come si � detto, le decadenze 
nelle varie ipotesi si sono ormai verificate, sia che si tratti di pTeclusione 
dall'impugnare l'acceTtamento, sia che si tTatti di pireclusione 
da giudicato (che ha deciso la sola valutazione o ha deciso anche in modo 
esplicito e implicito la questione pregiudiziale), sia che si tratti di preclusione, 
per l'ufficio, dal procedere a nuovo accertamento. 

La sentenza del giudice ordinario sarebbe inutiliter data: non potrebbe 
superare le decadenze irrimediabilmente v�erificatesi; non potrebbe travolgere 
l'accertamento definitivo, n� H giudicato che ha definito la valutazione; 
non potrebbe cio� consentire una nuova valutazione n� ad istanza 
del contribuente n� ad istanza dell'ufficio. 

Nei vari casi la preclusione � ,evidente, essendo sanzionata dalla legge 

(art. 21, 1� e 2� comma). 

5. -Ma la preclusione � ancora pi� evidente se, come talvolta si 
verifica, essa viene considerata in relazione alla forza del giudicato che 
acquista la decisione che ha deciso il ricorso in&ente alla valutazione. 
La preclusione per la decadenza dall'impugnare l'accertamento diviene 
nel processo tributario preclusione da giudicato che inerisce alla pronunzia 
che ha deciso il giudizio vertente sulla sola valutazione (o sulla valutazione 
insieme con una pronunzia suUa questione pregiudiziale). 

Se infatti l'accertamento, che � stato impugnato dinanzi la Commissione, 
si integra, trasferendolo sul piano processuale, .con la decisione che� 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1137 

Fra queste eccezioni va subito affrontata quella dell'asserito difetto 
di giurisdizione' del Giudice Ordinario, peraltro rilevabile se del caso 
anche di ufficio, a proposito �della quale I'&mrninistrazione Finanziaria 
sostiene che la Corte di merito, di fronte alle questioni di diTitto sollevate 
dal Kiniger, non avrebbe potuto ricorrere alla dtstinzione fra, questioni 
pregiudiziali e non pregiudiziali rispetto alla valutazione dei beni, 
e avrebbe dovuto respingere fali deduzioni, in qua:ato non tempestivamente 
e ritualmente sollevate avanti alle COOilllllissioni Tributru-ie, le 
cui decisioni di valutazione sono definitive, salvo soltanto le possibilit� 
di impugnativa, di cui al terzo comma dell'art. 29 del d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639, e al secondo comma dell'art. 111 Cost. 

Tale eccezione va disattesa. 

In materia d'imposte indirette, � vero che le decisioni di valutazione 
delle Commissioni Tributarie in grado di appello possono essere 
impugnate avanti al giudice ordinario soltanto per grave ed evidente 
errore di apprezzamento o insufficienza di ca�colo nella determinaziione 
del valore, e che, d'altra parte, qualora eventuali questioni di diritto 
aventi carattere strettamente pregiudiziale per effettuare in concreto la 
valutazione non siano sta.te sottoposte per la previa risoluzione alle 
apposite Commissioni, non resta .che il �ricorso per cassazione, ai sensi 
del citato art. 111 Cost. Ma � altrettanto vero che non tutte le questioni 

ha concluso il giudizio, la preclusione per decadenza dall'impugnare (per 
le questioni pregiudiziali) l'accertamento si risolve nella preclusione da 
giudicato che copre le stesse questioni; e la decisione costituisce il titolo 
dell'imposta a integrazione dell'accertamento. 

L'accertamento esplica la funzione di verificare la fattispecie tributaria 
(nel .senso che ogni accertamento non pu� che riferirsi a quanto, secondo 
l'ordinamento, deve essersi verificato, nei presupposti di fatto e nei 
presupposti di diritto). La stessa funzione si manifesta nel processo con 
la idoneit� de1la decisione a .costituire giudicato ri,spetto alla stessa fattispecie 
tributaria: �l'efficacia (,processuale) del giudicato, come l'effi,cacia 

(sostanziale) dell'accertamento, r�esta limitata all'imposta relativamente alla 
quale� � sOTta controversia (Cass. Sez. Un. 14 ~uglio 1962 n. 1873, Foro it. 
1962, I, 1660), precludendo, rispetto alla controvel'sia stessa, la possibiUt� 
di proporre, per aspetti diversi e pr.egiudiizali, altre impugnative e ponendosi 
come titolo dell'imposta cos� definita (nei cui confronti l'ingiunzione 
ha solo valor.e di atto di riscossione: Cass. 20 marzo 1972 n. 833, 
Rass. Avv. Stato, rn.72, I, 467). 

In altri termini, la dedsione assume �carattere di definitivit� e di 
irr.evocabilit�, con conseguente immutabilit� dell'accertamento in essa contenuto; 
ed un accertamento immutabile � un accertamento che � fa stato � 
come si �esprime l'art. 2909 e.e..Per indicare l'effetto della cosa giudicata, 
tipico delle decisioni giurisdizionali � (Sez. Un., 20 giugno rn.69 n. 2175, 
Foro it. 1969, I, 1416). 

E se l'accertamento � fa stato ., nessuna impugnativa pu� essere proposta 
oltre il termine dinanzi fa stessa Commissione, n� alcuna altra impugnativa 
pu� essere proposta dinanzi il Tribunale con l'opposizione all'in




1138 RASSEGNA,DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di diritto sollevabili a proposito di uno stesso atto di accertamento hanno 
necessariamente �carattere :pregiudiziale per la valutazione nel senso :predetto 
e che, ove invece incidono sui presupposti o sull'ambito della valutazione, 
ben possono farsi valere avanti al Giudice ordinario per la 
prima volta e nonostante che, in punto valutazione sia gi� intervenuta 
una pronunzia definitiva delle Commissioni tributarie,' �dato che la proponibilit� 
dell'azione in sede ordinaria non � subordinata all'esperimento 
del :procedtmento avanti al giudice amministrativo. 

Ora, nella specie, la citazione introduttiva del giudizio avanti al 
tribunale � stata interpretata dalla corte \ii Trento (e ci� correttamente, 
data la sostanza di tale citaz.ione) non soltanto come contenente 
un'impugnazione ex terzo comma dell'art. 29 d.l. n. 1639 del 193,5 della 
decisione 27 aprile 1967 della Commissione Provindale di Bolzano, per 
errore di apprezzamento o insufficienza di calcolo, ma anche come 
contenente una nuova e autonoma impugnazione dell'atto di accertamento, 
'Per ragioni di diritto scindibili dalla questione di valutazione, 
le quali, se fondate, avrebbero condotto alla dichiarazione d'illegittimit� 
di tale atto, senza incidere sulla valutazione se non nel senso di 
travolgerla in parte. -(Omissis). 

V 

(Omissis). -Col priimo mezzo l'Amministrazione ricorrente -denunciando 
� violazione e falsa applicazione dell'art. 29 del r.d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639 in relazione aWart. 3�60, n. 3 c.p.c. � -deduce che 
la Commissione provinciale di Al�essandria Sezione valutazione era in


giunzione, perch� la preclusione del giudicato tributario impedisce anche, 

come si � detto, la proposizione della questione di diritto dinanzi al Tri


bunale in un autonomo giudizio (cfr. la sentenza n. 360). 

Vero � che' J.'avvenuta definitivit� dell'accertamento non rp;reclude al 

contribuente la possibilit� di far valere la lesione del proprio diritto sotto il 

profilo dell'inesistenza del diritto dell'Amministrazione di percepire il tribu


to (perch� il tributo non trova corrispondenza nella previsione astratta delle 

norme) o della mancanza del potere della stessa Amministrazione di irrn


porre quel determinato trtbuto (perch� il fatto contributivo dell'imposta 

non esiste) (giurisprudenza pacifica; v., per tutte sentenza Cass. 21 gen


naio 1970, n. 132, Foro, it., 1970, I, 2527, con nota). Ma � evidente che 

una simile situazione, prospettata soltanto per completezza d'indagine, 

esorbita manifestamente dalla fattispecie nella quale si fa questione sol


tanto in ordine alla legittimit� dei criteri e della procedura di accertamento, 

e .cio� di questione pregiudiziale alla valutazione. 

Cosi ad es., nella specie esaminata dalla sentenza n. 2926 la pregiudizialit� 
deHa questione risulta dall'unica valutazione globale riferita al 
terreno ed al fabbricato, contenuto nell'unico avviso di accertamento. Anzi 
codesta valutazione unica globale conferma il carattere pregiudiziale. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1139 

competente a pronunciavsi sulla questione dell'appartenenza delle scorte 
vive e morte ai Capriota, da costoro sollevata per sostenere l'esclusione 
delle medesime dalla compravendita oggetto dell'imposizione: tale 
questione �costituirebbe questione di dixitto e non di mera valutazione, 
sotto due concorrenti profiU: sia perch� si riferirebbe all'accertamento 
del dkitto di propriet� su quelle scorte, sfa perch� codesto accertamento 
sarebbe condizionato dall'interpretazione e dall'applicazione dell'art. 47 
della legge di registro, contenente la presunzione del trasferimento della 
propriet� delle pertinenze del fondo contestualmente a quello della 
propriet� del fondo stesso, presunzione vincibile solo �in casi tassativi; 
pertanto essa rientrerebbe nella cognizione della Sezione di diritto della 
ste.ssa Commissione e a questa Sezione sarebbe dovuta essere rimessa. 

Il motivo � fondato. 

Come questa Suprema Corte ha avuto occasione di affermare con 

giurisprudenza che pu� �Considerarsi consolidata (v., fra le molte altre, 

le sentenze n. 290 del 5 febbraio 1971 e n. 1674 del 22 settembre 1970), 

ai sensi de~li artt. 29 e 30 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, nell'ambito 

delle Comm:i:ssioni chiamate a pronunciarsi in materia di imposte indi-

Occorreva pevc10 prima decidere la questione dell'accessione e, poi, 
procedere alla valutazione unitaria deJ. tutto. 

In punto di fatto si potrebbe escludere la pl'egiudizialit� se il.a valutazione 
fosse stata eseguita con due pTocedimenti autonomi anche se formalmente 
contenuti in un'unica decisione (un procedimento per il fabbricato, 
l'altro peT l'area) oppure con un unico accertamento, ma con distinte 
indicazioni di valove per l'uno ,e per l'altro bene (per altra specie 
cfr. Cass. 18 marzo 1972, n. 821, Riv. leg. fisc. 1972, 2118). 

In tal caso la caducazione, pro parte, della decisione sarebbe ipotiz'
ZabHe (cfr. sentenza n. 2349). Anzi la sua ammissibilit� conferma che nel 
c&so di accertamento con valutazione unica, essa deve escludersi. 

Nell'ipotesi prospettata la pregiudizialit�, in astratto, della questione 

della accessione � stata sempre ammessa dalla giurisprrudenza, la quale ha 

ritenuto che la sua decisione rientri nella competenza della Sezione speciale 

della Commissione provinciale, secondo la ripartizione di competenza di


nanzi .esposta, essendo essa intimamente connessa con ila valutazione al 

punto che non si pu� decidere questa senza av;er prima -esplicitamente 

o implicitamente -deciso quella: se la valutazione � stata decisa in un 
certo senso compvendendo anche il fabbricato, vuol dire che l'accessione, 
sia pure implicitamente, � stata decisa positivamente, Cass. 9 aprile 1970, 
n. 969; Riv. leg. fisc., 1970, 1873; Sez. Un. 14 dicembr,e 1970, n, 2665, Rass. 
Avv. Stato, 1971, I, 179; Cass. 5 dicembre 1970, n. 2560, Foro it. Rep. 1971, 
voce tributi, n. 449. 
Non si comprendono, cosi, in verit�, quel1e (isolate) pronunce della 
Suprema Corte ile quali affermano che tutte le questioni di diritto, anche se 
pregudiziali alla valutazione, possono essere proposte, in ogni tempo, anche 
cio� dopo che sip. stata emessa una decisione definitiva sulla valutazione, 
dinanzi l'a.g.o, in un autonomo giudizio (cfr. la sentenza n. 647; contra Sez. 
Un., 12 gennaio 1972, n. 71, retro, I, 437). 



1140 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

rette sui trasferimenti di ricchezza, le controver:sie aventi per oggetto 
la determinazione del valore sono decise in prima istanza dalla Commissione 
distrettuale e in seconda istanza da quella provinciale, Sezione 
valutazione; mentre le controversie relative alla interpretaziione 
ed all'aprplicazione della legge sono decise in primo grado dalle sezioni 
di diritto ~elle Commissioni pcrorvinctiali ed in secondo grado dalla 
Commissione centrale. Tale rtpartizione di funzioni ha rilervanza giuridica 
eisterna, -in .quanto sono previsti una diversa composizione� ed un 
ordine processuale specifico, anche per qu~nto attiene all'iter delle impugnazioni. 
Tr:attasi do� di un fenomeno di ripartizione di competenza 
per materia, onde, se �codesta ripartizione venga violata, si ha la nullit� 
della pronuncia. Quando la questione di diritto si presenti pregiudiziale 
dspetto a quella concernente la determinazione del valore, importando 
un accertamento di carattere incident�le, � necessario che la 
Sezione di diritto si pronunci preliminarmente sulla questione giuridica, 
cosicch� la .controversia sul valo.re, da sospendersi medio tempore, 
pu� proseguire nella ,propria sede soltanto dopo che sulla medesima 
questione sia stata l'aggiunta, nell'a,pposita distinta sede, una decisione 
definitiva. 

L'applicazione di questi principi al caso di specie conduce anzitutto 
a riconoscere che la Comm~ssione provinciale di Alessandria, Sezione 
valutazione; nel ritenere che i Capriota avevano pl"ovato la loro propriet� 
sulle scorte del valore complessivo di L. 8.000.000, ha manifestamente 
esorbitato dai limiti della propria competenza, arrogandosi funzioni 
proprie della Sezione di di,ritto, iper�ch� ha dedso una controversta 

6. -La nozione di questione pregiudiziale di diritto ricorre, insieme con 
le preclusioni che vi sono connesse, anche nel procedimento dinanzi le 
Commissioni tributarie e nel giudizio di impugnazione dinanzi la Corte di 
Appello, entrambi regolati, di l'ecente, col d.P.R. 26 ottobr�e 1972, n. 636, rpur 
dovendosi tener conto del diV'eil'so iter previsto dal nuovo sistema tributario. 
Il processo ha inizio col ricorso alla Commissione di primo grado entro 
'60 giorni dalla notificazione dell'avviso di accertamento (art. 16); pil'osegue 
�con l'appello alla Commissione di secondo grado e (salvo il caso di ricorso 
'alla Commissione Centrale) si conclude, per le sole violazioni di legge e -per 
le questioni di fatto escluse le valutazioni, con l'impugnazione della decisione 
di secondo grado dinanzi :la Corte di Appello. 

� evidente che nel giudizio di impugnazione dinanzi la Corte possono 
trattarsi e decidersi (escluse la valutazione estimativa e la misura delle 
pene pecuniarie) solo le questioni di diritto che siano stat� proposte entro 
il termine di decadenza dell'art. 16, dinanzi le Commissioni tributarie, essendo 
quel giudizio inteso come impugnazione della decisione tributaria. 
Ne consegue che, in applicazione dei principi generali, se una questione 
pregiudiziale alla valutazione non � stata tempestivamente proposta dinanzi 
la Commissione, �essa non pu� essere pi� proposta dinanzi alla Corte di Appello, 
essendosi su di essa verificata la preclusione per la decorrenza del 
termine di decadenza. 

UGO GARGIULO 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1141 

nella quale pregiudiziale alla detel"minazione del valore di quelle scorte 
era l'accertamento della condizione giuridica delle medesime quanto 
alla loro appartenenza. 

Invero le questioni di valutazione che rientrano nell'ambito della 
competenza della Sezione di valutazione sono solo quelle, che, fermi i 
presupposti concernenti gli elementi di fatto e di diritto che determinano 
il sorgere dell'obbligazione tributaria, riguardano esclusivamente 
l'accertamento del valove del bene oggetto dell'atto cui si riferisce l'imposta; 
per converso, le questioni di diritto, estranee a quell'ambito ed 
incluse nella sfera di competenza della Sezione di diritto, sono tutte 
quelle che ,~omunque incidono su quei presupposti. 

Codesta incidenza si pu� avere, oltre. che per il dubbio che sorga 
sull'interpretazione di una norma di leg,ge, anche quando in proposito 
non sussistano incertezze e si tratti soltanto di accertare le condizioni 
per l'a:ppHcazione della legge nel caso concreto, perch�, anche in questa 
ipotesi, la statuizione afferisce ad un momento precedente la vaJutazione, 
e quindi, non ad essa, ma a suo presupposto, e comporta, pur 
sempre, il collegamento fra la situazione di fatto accertata e l'inquadramento 
di essa in una fattispecie normativa; e ci� ben � definibile 
proprio come questione di diritto. Nella specie � evidente ,che. la controversia 
aveva ad oggetto, anzitutto appunto questioni sostanziali e 
formali (queste ultime, specificamente, probatorie), dalla cui soluzione 
dipendeva l'attribuzione alle scorte di una condizione giuridica che era 
decisiva ai fini della determinazione dei valori ai quali riferire l'imposta 
di registro, e che pertanto erano Upiche questioni di diritto. 

L'errore della Sezione valutazione nel giudicare tali questioni ha 

come conseguenza la nullit� della sua pronuncia. 

L'evidente ca�rattere pregiudiziale delle medesime questioni rispetto 

all'accertamento dei concreti valori imponibili comporta che su di esse 

si pervenga nella sede competente ad una decisione definitiva e che il 

giudizio innanzi alla Sezione di valutazione resti nel frattempo so


speso. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1804 -Pres. leardi Est. 
Valore -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Ente di Consumo di Carpi (avv. Capaccioli). 

Imposte e tasse in genere -Stato contribuente -Imposte erariali Esclusione 
-Enti assimilati -Non sono soggetti alle imposte erariali. 


Poich� lo Stato non � mai contribuente per le imposte erariali, non 
possono essere soggetti alle imposte erariali gli altri enti assimilati allo 

17 


1142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Stato agli effetti tributari (applicazione specifica in materia di imposta. 
sulle societ�) (1). 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, deducendo la violazione 
e falsa a,pplicazione dell'art. 8 d. 1. n. 90 citato in relazione alle� 
norme ed ai principi giuridici sull'assoggettabilit� dello Stato ai tributi 
erariali ed alla 1. 6 agosto 1954, n. 603 (sull'imposta sulle societ�) in 
particolare, nonch� in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c., censura la 
sentenza impugnata per aver ritenuto che l'Ente di Consumo, godendo� 
del medesimo trattamento tributario dello Stato, sia esente dalfimposta 
sulle societ�, �e ci� in base alla non esatta premessa che gli organi dello� 
Stato non siano soggetti alle imposte erariali. 

'�� Sostiene al riguardo che � principio dominante nel diritto italiano 
che non ;olo gli enti pubblici minori, ma anche lo Stato, sono soggetti 
alle imposte, salvo le numerose e puntuali eccezioni stabilite dal diritto 
positivo. Pertanto, mancando un'esplicita norma di esonero dello Stato 
dall'imposta sulle societ�, esso vi � soggetto e parimenti vi sono soggetti 
gli Enti ad esso assimilati agli effetti fiscali. Comunque, anche 
ammesso che lo Stato non possa essete assoggettato a tributi, la sottrazione 
dello Stato medesimo al pagamento delle imposte dipenderebbe 
solo dalla impossibilit� di essere ad un tempo creditore e debitore per 
una imposta. Rispetto, per�, agli Enti equiparati allo Stato nel trattamento 
fiscale, in mancanza di specifiche esenzioni� espr�essamente previste, 
non sussistendo il difetto della duplicit� dei soggetti, il debito di 
imposta non pu� non sorgere mancando il dato impeditivo suscettibile 
di operare soltanto per lo Stato. 

Il ricorso non � fondato. 

(1) In un'altra occasione, discutendosi della soggezione dello Stato 
ai tributi locali, la S.C. (sent. 6 marzo 1969, n. 725, in questa Rassegna, 
1969, I, 298) ha affermato che il potere di imposizione degli enti locali deriva 
dalla legge, e si esercita quindi (salvo espresse eccezioni) anche nei 
confronti delle Amministrazioni deillo Stato, giacch� anche lo Stato � soggentto 
alla legge fiscale, come lo � a tutte le leggi dell'ordinamento giuridico, 
secondo il fondamentale principio dello Stato di diritto. Oggi si segue 
tutt'altra via p�er giungere all'affermazione (gi� fatta con la sent. 26 ottobre 
1955, n. 3506, in G'iur. it., 1956, I, 1, 416) che mai lo Stato � soggetto� 
passivo delle imposte erariali, nemmeno quando una Amministrazione concretamente 
paga un'imposta che iscrive nel suo bilancio passivo, perch� 
il 1sistema del versamento stabilito nell'art. 123 del Regolamento 15 settembre 
1923, n. 2090, si risolve in una pura fi=ione contabile. 
Indipendentemente da ci�, bisogna per� ri1levare che il problema pro-posto 
consisteva nello stabilire se l'equiparazione agli effetti tributari di 
enti minori allo Stato possa dar luogo o meno ad una esclusione totale dalla 
soggezione ai tributi erariali. Una soluzione di carattere globale qua�le 
quella proposta nella sentenza in rassegna non sembra accettabile. Come 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1143 

La questione se lo Stato possa essere soggetto passivo dell'imposizione 
tributaria ha dato luogo in dottrina a soluzioni contrastanti. I 
fautori della tesi affermativa hanno rilevato che in tutta la legislazione 
non si trova sancito il principio che lo Stato, come ente sovrano, non 
possa essere assoggettato ad imposte, tasse, o tributi in genere, ma sono 
invece specificati i casi nei quali esso � esentato da tali obblighi; talch�, 
fuori di questi casi, laddove si tratti di atti o di rapporti economici 
che lo Stato faccia od assuma come potrebbe farli od assumerli ogni 
privato, esso � ugualmente tenuto al pagamento dei tributi relativi. Ci�, 
aggiungono gli autori suddetti, risulta da tutte le leggi che impongono 
tributi sia a pro dello Stato che di altri Enti sempre trovandosi .sipecificate 
le esenzioni applicabili allo Stato. Peraltro nessuna eserizione � 
stata mai sancita per i redditi realizzati dalle varie Amministrazioni 
dello Stato e, se queste non sono sottoposte al pa.gamento dell'imposta 
di R. M. per gli eventuali redditi di ricchezza, ci� � dovuto ad un rilievo 
di ordine pratico, identificandosi debitore e creditore d'imposta nello 
stesso soggetto. 

A sostegno della tesi negativa, per converso, � stato dedotto che: 

a) il potere tributario dello Stato costituisce una esplicazione 
del suo diritto di sovranit�, sicch� il soggetto attivo del diritto di imporre 
non pu� contemporaneamente esserne il soggetto passivo, salvo che 
la legge espressamente disponga in senso diverso; 

b) nella sua struttura il rapporto giuridico d'�mposta si configura 
come un vero e proprio rapporto di obbligazione, di cui � soggetto attivo 
lo Stato o altro Ente impositore o anche la persona cui sia stata conferita 
tale facolt�, e soggetto passivo � l'Ente o la persona obbligata a corrispondere 
il tributo. Ora � inconcepibile sia che lo Stato rivolga a se 
stesso un comando di eseguire una tale prestazione o che comunque esso 
possa essere giuridicamente rilevante per il terzo, sia che la stessa perso-

vi sono tributi, quali quelli rea:Ii, che sono sempre dovuti indipendentemente 
dalla qualit� soggettiva del proprietario (in base all'art. 77 del t.u. 
sulle imposte dirette sono esenti dall'imposta sui fabbricati le costruzioni 
del demanio pubblico infruttifero, in quanto obiettivamente incapaci di 
reddito, mentre sono ,soggetti all'imposta gli altri fabbricati di propriet� 
dello Stato), cos� vi sono ailtri tributi a cui obiettivamente lo Stato non 
pu� essere soggetto. 

Sarebbe quindi certamente erroneo dire che gli enti assimilati non sono 

soggetti alle imposte fondiarie (per questi enti la finzione contabile non 

pu� funzionare). Certamente assai pi� delicata � la questione per l'imposta 

sulle societ� dato che la equiparazione degU enti comunali di consumo, che 

sono da ritenersi aziende comunali, agli organi statali, deve essere riferita 

alle aziende dello Stato le quali, a norma dell'art. 3 della [egge 6 agosto 

1954, n. 603, riprodotto nell'art. 151 lett. d) del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, 

sono esenti dalla imposta sulle societ�. 



1144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

na fisica e giuridica possa essere soggetto attivo e passivo della medesima 
obbligazione; 


e) se la funzione economica ~ella imposizione � quella di prelevare 
dal reddito mezzi materiali necessari alla soddisfazione dei pubblici 
bisogni, � inconcepibile che il tributo possa colpire il reddito di quei 
beni che, essendo dello Stato, sono essi stessi i mezzi per la soddisfazione I 
di tali bisogni. I 

!

Nelle rare occasioni in cui ha avuto occasione di esaminare la queI


I

stione (Cass. 22 luglio 1938, n. 2676; 26 ottobre 1955, n. 3506) questa I 

I I 

Suprema Corte ha escluso che l'Amministrazione dello Stato possa essere 
soggetto passivo dell'imposizione tributaria e tale orientamento giurisprudenziale 
va ribadito nel caso in �esame, non apparendo valide le con


i 

trarie argomentazioni prospettate dalla ricorrente. j 

Non ha anzitutto rilievo che il principio che lo Stato non possa 
essere soggetto di imposizione non sia espressamente sancito, in quanto I 
il principio stesso � contenuto nel concetto di � imposizion� �, cio� di un 
comando attraverso il quale lo Stato si procura le entrate occorrenti alla 


I 

1

attuazione dei suoi fini, comando, come gi� accennato, che non � concepibile 
rivolto dallo Stato a s� medesimo. Talch� non .era necessaria Il una enunciazione espr�essa del principio in questione. Conseguentemente 

f 

non ha maggior pregio l'assunto che la normale soggezione dello Stato ai 1 

f

suoi tributi dovrebbe desumersi dalla esistenza di numerose norme espres


I f: I�

se di esenzione da alcuni di essi, gia�)ch�, una volta accertato che l'Ente 

;pubblico non pu� essere contribuente di s� stesso, per l'impossibilit� di 
concepirlo assoggettato alla sua stessa potest� sovrana, le norme di esenzione 
vanno piuttosto riguardate come esternazione, anche se superflua, 
del principio generale della non soggezione dello Stato ai tributi era~: 
riali. Non senza considerare, inoltre, che alcune di tali norme prevedono i= 

i= 

delle �esenzioni � cui solo impropriamente si attaglia tale qualifica, rii: 
guardando ipotesi nelle quali difetta addirittura il presupposto per l'ap


I 

I ~

plicazione dell'imposta (art. 2 legge 26 gennaio 1865, n. 2136 e art. 77 

T.U. 2.9 .gennaio 1958, n. 645, che escludono dall'imposta sul reddito dei 
fabbricati, i fabbricati demaniali dello Stato, costituenti le fortificazioni 
e le loro dipendenze � e le �costruzioni costituenti demanio pubblico 
infruttifero dello .Stato �, cio� beni che non producono per loro stessi 
I 

alcun reddito suscettibile di tassazione). f: 
Per superare l'impossibilit� logica della coesistenza nel medesimo 
soggetto della qualit� di soggetto attivo e paS'sivo dell'obbligazione tri


I 

butaria, la ricorrente obietta che, al difetto della duplice personalit� del ~ 
creditore e del debitore, supplisce la possibilit� ormai generalmente ammessa 
dalla moderna dottrina amministrativa, di rapporti organici, cio� 
tra organi del medesimo ente, �ai quali non pu� essere negato carattere 
di rapporti giuridici, non solo nell'ordinamento interno dell'Ente stesso, 
ma anche in seno all'ordinamento generale �. Esempio tipico di tali rap-~: 

i� 

f 

@ 

fil 

~..-~....,~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

porti interorganici, si assume, si ha appunto nel campo tributario, nel 
caso di imposte dovute dalle varie Amministrazioni deHo Stato a quella 
delle Finanze. 

Al riguardo va, anzitutto, osservato che il rapporto interorganico, 
come relazione che si stabilisce tra due organi dello stesso ente riguardati 
non nella loro comune funzione di espressione concret� dell'Ente, 
ma come soggetti distinti, titolari di situazioni giuridiche contrapposte, 
� sempre un rapporto particolare, chiaramente definito dalla legge e necessariamente 
corrispondente ad una determinata funzione nell'economia 
dei fini dell'Ente. 

Del pari l'autonomia patrimoniale di un particolare organo o ufficio 
� sempre limitata entro confini ben precisi, con particolari scopi, che non 
contraddicano mai alla sostanziale unit� patrimoniale dell'Ente. 

Vi � poi da considerare che, come questa Suprema Corte ha gi� messo 
in rilievo (sentenza n. 3506 del 1955), anche quando un'imposta risulta 
pagata dall'una all'altra Ammintstrazione dello Stato (art. 123 del Regolamento 
15 settembre 1923 per l'esecuzione del T.U. sulla riscossione 
delle Imposte Dirette), trattasi di una mera finzione contabile, che non 
assume alcuna rilevanza giuridica o finanziaria in ogni caso, infatti, i 
beni che dovrebbero essere co~piti dall'imposta, sono di spettanza dello 
Stato, se anche, per esigenze di carattere tecnico-economko, all'Amministrazione 
degli stessi provvedano vari Ministeri; d'altra parte, lo Stato 
� l'unico Ente fornito di personalit� giuridica cui.fanno capo le sue varie 
Amministrazioni suddivise per esigenze di carattere tecnico-amministrativo. 


Premesse codeste brevi considerazioni in linea generale e passando 
ad esaminare la ,specifica imposta s:ulle societ� -che viene generalmente 
inquadrata nelle imposte sul reddito -appare evidente 
come alla stessa non possa essere assoggettato lo Stato, il quale, se il 
tributo venisse applicato, dovrebbe ad un tempo pagare e ricevere, 
dovrebbe, cio�, pe11cepire, a titolo di imposta, e solo in parte (per le 
necessarie spese di amministrazione), quel reddito 1che ad esso gi� 
appartiene per intero. 

Peraltro, la legislazione non conforta la tesi della ricorrente. Invero, 
ai sensi degli artt. 3, lett. C, legge 6 agosto 1954, n. 603 e 151 T.U. delle 
Leggi sulle Imposte Dirette 29 gennaio 1958, n. 645, sono espressamente 
esentate dall'imposta sulle societ�, le Regioni, le Provincie, le Camere 
di Commercio e Aziende dello Stato. Essendo palesemente assurdo che 
si sia voluto esentare tutti questi Enti (e numerosi altri) e non lo Stato 
stesso, l'omessa indicazione di quest'ultimo trova logica spiegazione nel 
principio generale, sopra enunciato, della non ipotezzabilit� della figura 
di un ente pubblico debitore d'imposta a s� medesimo. 

Obietta infine l'Amministrazione ricorrente che, anche ammesso che 
Stato non possa scontare le imposte, da tale premessa non discenderebbe 


1146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

affatto la conseguenza dell'esonero degli Enti ad esso fiscalmente assimilati, 
difettando per essi la coincidenza della qualit� di soggetto attivo e 
passivo dell'obbligazione tributaria che, in ordine alle im,poste erariali, 
sussiste solo relativamente allo Stato. 

Il rilievo, alla luce deUe considerazioni .svolte, appare privo di consistenza. 
Esso si fonda sul presupposto che lo Stato, in mancanza di specifiche 
esenzioni, rientri nella sfera soggettiva delle imposte. Pertanto, 
l'assimilazione avrebbe l'unico effetto di estendere ai soggetti assimilati 
le esenzioni espressamente previste per lo Stato medesimo. 

Orbene, una volta ritenuto che, anche in mancanza di una esenzione 
espressa, non necessaria, lo Stato non pu� essere assoggettato all'imposta 
sulle societ�, la cui struttura organica, peraltro, non consente di comprenderlo 
nel relativo ambito di applicazione, l'obiezione della ricorrente 
perde ogni consistenza, �onde correttamente la Corte bolognese ha giudicato 
che agli Enti Comunali'. di Consumo debba essere assicurato il medesimo 
regime tributario del quale in concreto godono gli org'.ani 
statali. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE,"Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1857 -Pres. leardi Est. 
Milano -P. M. Pandolfelli (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Saltini) c. Opera Assistenza Profughi Giuliani (avv. Lanzara). 


Imposta di registro -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia -Sono 
limitate alle attivit� di ricostruzione specificamente regolate nel 

d. 1. 10 aprile 1947, n. 261. 
(d.l. 10 aprile 1947, n. 261, art. 93). 
L'agevolazione dell'art. 93 del d. l. 10 aprile 19.47, n. 261 non � 
istituita in vista soitanto della qualit� soggettiva (persone rimaste senza 
tetto a causa di eventi bellici) delle persone cui le case sono destinate, 
ma � invece intesa ad agevolare quella attivit� di ricostruzione che � eseguita 
prevalentemente dallo Stato, anche attraverso delega o affidamento 
ad altri enti, ed eccezionalmente, in ipotesi particolari e sotto precise 
condizioni, da privati proprietar.i di edifici distrutti o danneggati. Non 
basta pertanto per fruire dell'agevolazione una generica destinazione 
delle case costruite alle persone rimaste senza tetto, ma � necessario che 
la ricostruzione si esegua con uno dei procedimenti regolati nel d. l. 

n. 261 (1). 
(1) Decisione esattissima da condividere pienamente. 

. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1147 

(Omissis). -Preliminare � l'esame del secondo motivo del ricorso 
-che attiene all'appltcabilit� dal �contratto di permuta ed alla conseguente 
iscrizione ipotecaria dello speciale regime fiscale previsto dall'art. 93 
del decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 261, perch� qualora si dovesse 
ritenere che l'atto in questione non rientra nelle previsioni del detto 
decreto, sarebbe superfluo esaminare la questione relativa all'esistenz~ 
del nesso oggettivo di connessione tra l'atto stesso ed i fini del decreto, 
che forma oggetto del primo motivo del ricorso. 

Denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 93 del decreto 
n. 261 del 1947, in relazione agli artt. 1 e 55 del decreto stesso, la ri
�Corrente Amministrazione, con il suddetto secondo motivo, sostiene che, 
per poter fruire dei benefici tributari concessi con la richiamata disposizione, 
non � sufficiente, come ritenuto dalla denunciata sentenza, che 
si tratti di costruzione eseguita per alloggiare persone rimaste senza 
tetto a seguito degli eventi bellici, ma occorre che si tratti d:i costruzione 
o ricostruzione di edifici eseguite dal Ministero dei Lavori Pubblici, 
in attuazione dei compiti �che il citato decreto gli affida e, in casi parti
�colari, da privati possessori di aree singolarmente designate. 

Il motivo � fondato. 

In proposito giova ricordare che, a norma del decreto n. 261del1947, 
�contenente disposizioni per l'alloggio dei rimasti senza tetto in seguito 
ad eventi bellici e per l'attuazione dei piani di ricostruzione, il Ministero 
dei Lavori Pubblici � autorizzato a provvedere alle riparazioni dei fabbricati 
rimasti danneggiati per eventi bellici, alla ricostruzione dei fabbricati 
distrutti ed alle nuove costruzioni indispensabili per alloggiare i 
senza tetto, lavori tutti considerati urgenti ed indifferibili (art. 2); che 
per le riparazioni e le ricostruzioni il Ministero pu� delegare le proprie 
.attribuzioni ai comuni ed alle provincie (art. 5, n. 1) mentre per esse 
-e per le �nuove costruzioni� ha la facolt� di dare i lavori in conces.
sione agli Istituti autonomi per le case popolari, all'Istituto nazionale 
case per gli impiegati dello Stato, a consorzi di proprietari, ad enti ;provinciali 
e comunali ed altri �.enti riconosciuti idonei a siffatto compito� 
{art. 5, n. 2); che, agli stessi rf�ni, il Ministero pu� autorizzare anche la 

�costituzione di consorzi edilizi (artt. 7-12); che gli edifici ricostruiti a 
totale carico dello Stato sono dati in consegna agli Istituti per le case 
popolari e da questi assegnati a particolari categorie di persone (art. 55); 
che i privati sono ammessi a svolgere �coi benefici contemplati dalla presente 
legge � i lavori di riparazione o di ricostruzione in quanto proprietari 
degli edifici danneggiati da eventi bellici (art. 50), mentre le � nuove 
costruzioni� possono essere eseguite da privati in quanto o �proprietari 
.delle aree ricadenti nella zona di ampliamento�, comprese negli elenchi, 
da compilarsi dagli Uffici del Genio Civile, delle aree necessarie per la 

1148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricostruzione dell'aggregato urbano (art. 62, n. 1) ovvero �proprietari 
di edifici d�strutti che non possono essere ricostruiti in sito per effetto 
di vincolo� (art. 62, n. 2) e sempre a seguito di uno specifico atto di 
assegnazione delle aree espropriate da parte degli Uffici del Genio Civile. 

Non sembra dubbio, pertanto, che trattasi essenzialmente di attivit� 
di ricostruzione e di costruzione effettuata da una Pubblica Amministrazione 
nell'esercizio di compiti istituzionali ad essa affidati e solo in particolari 
ipotesi, poste sotto precise condizioni, di attivit� esercitata� da 
privati proprietari di edifici distrutti o danneggiati da eventi bellici. 

Ed � del pari indubbio che soltanto tali attivit�, prevista l'una nel 
primo capo del decreto e l'altra nel secondo e terzo capo del decreto 
stesso, possono fruire, in rapporto agli atti occorrenti per il loro espletamento, 
del trattamento di f~vore previsto dalla disposizione dell'art. 93, 
la quale appunto prevede, tra gli altri benefiici, la sola tassa fissa di registro 
ed ipotecaria �per gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione 
del presente decreto�. 

Ci� non ha considerato la sentenza impugnata allorquando, rilevato 
che il contratto di permuta del 26 novembre 1962 e la relativa garanzia 
ipotecaria erano in sostanza diretti alla costruzione di alloggi popolari 
da assegnarsi ad esuli giuliani e dalmati, e, cio�, a persone che, come 
indicato nell'art. 1 del decreto n. 2'61 del 1947, sono rimaste prive di 

1 

abitazione in dipendenza di eventi bellici, ha senz'altro ritenuto che 
l'atto doveva fruire dell'agevolazione tributaria di cui alla richiamata 
disposizi�ne. 

Se non si pu� negare, infatti, che gli esuli giuliani e dalmati siano 
da comprendere tra le persone rimaste �senza tetto � in seguito ad 
eventi bellici, si deve per� riconoscere che non a q,ualsiasi costruzione, 
anche se destinata a tale categoria di persone, pu� essere accordato lospeciale 
regime fiscale previsto dal decreto in esame, dal momento che 
questo non si limita a stabilire, nell'art. 1, le categorie di persone a cui 
favore si applicano le sue disposizioni, ma stabilisce anche precisi tipi di 
intervento ed i soggetti che possono esplicarlo. 

E nella specie, escluso che il Ministero dei Lavori pubblici avesse 
assunto in proprio l'esecuzione della costruzione di cui tratta.si, la Corte 
di appello avrebbe dovuto accertare se l'Opera per l'assistenza profughi 
giuliani e dalmati rientrasse tra gli altri soggetti legittimati, per delega 

. o concessione della Pubblica Amministrazione, ad eseguire la costruzione 

stessa o, comunque, se ricorresse una delle ipotesi previste dal capo 

secondo e terzo del citato decreto. 

Il ricorso dell'Amministrazione deve essere, quindi, accolto in relazione 
al secondo motivo, restando cos� assorbiti sia il primo motivo che 
il terzo che prospettano questioni subordinate. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1149 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1858 -Pres. Giannattasio 
-Est. Mazzacane -P. M. Cutrupia (conf.) -Vandoni (avv.. 
Piccardi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). 

Imposta di registro -Atti sottoposti a condiiione sospensiva -Suc


cessione di leggi nel tempo -Legge vigente al momento dell'av


veramento della condizione -� applicabile. 

Per gii atti soggetti a condizione sospensiva, soggetti a registrazione 
a tassa fissa al momento della stipulazione e alla percezione della imposta 
progressiva, proporzionale o graduale al momento in cui la condizione si 
avvera, � applicabile .za norma vigente al momento in cui la condizione 
si avvera anc_he nel caso in cui al tempo della stipulazione era dovuta, 
anche per l'atto efficace, la sola imposta fissa (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale i Vandoni 
denunciano la violazione dell'art. 11 disp. sulla legge in generale c. c., 
dei principi generali del t.u. della legge di registro approvato con r. d. 
30 dicembre 1923, n. 3269, ed in particolare degli artt. 7, 17 e 152 dello 
stesso testo unico. 

Deducono: la Corte di appello ha ritenuto, in base a,gli artt. 17 e 
152 della legge sulla imposta di registro, che l'atto di donazione 1<> ottobre 
192�5, in quanto sottoposto a condizione sospensiva, era soggetto al 
trattamento tributario stabilito dalla legge in vigore al momento del verificarsi 
della condizione, e che, essendo venuta meno l'esenzione da 
imposta di trasferimento prevista per le donazioni fra genitori e figli 
e fra zii e nipoti per effetto del r. d. 1. 3'.0 aprile 1930, n. 431, dopo l'avveramento 
della condizione, era giustificata la pretesa della Amministra


(1) Decisione esattissima che fa puntuale applicazione della norma e 
mette in chiaro anche un particolare aspetto del problema: unica eccezione 
alla regola che la registrazione � retta dalla norma vigente al momento 
dell'avveramento della condizione � (art. 152 della legge di registro) 
il gi� avvenuto pagamento dell'imposta praporzionale; se invece al momento 
della stipuli:izione l'atto 8ia stato registrato con la percezione deUa 
imposta fissa, anche se questa era la sola imposta dovuta secondo la leg.ge 
del tempo peT l'atto divenuto efficace, sar� sempre dovuta l'imposta in base 
alla legge sopravvenuta vigente al momento deH'avveramento. La pi'onunzia, 
ricollegando al momento dell'avv.eramento della condizione la nascita 
dell'obbligazione tributaria, corregge implicitamente l'affermazione fatta con 
la sent. 13 luglio 1971, n. 2241 (in questa Rassegna, 1971, I, 1419) che individuava 
invece il momento essenziale della regi.gtrazione nella percezione 
dell'imposta fissa al tempo della �Stipulazione dell'atto condizionato. Per altra 
applicazione del principio ad ipotesi particolari cfr. Cass. 21 luglio 1971, 
n. 2379 (ivi, 1971, I, 1449). 

1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ziqne finanziaria di esigere, per l'atto suddetto, l'imposta proporzionale 
di trasferimento. In tal modo, sostengono i ricorrenti, la Corte del merito 
ha erroneamente assoggettato ad imposta di trasferimento, in virt� di 
disposizioni sopravvenute e in vigore all'epoca di avveramento della condizione, 
un atto esente dall'imposta stessa in base alle di<Sposizioni legislative 
vigenti all'epoca del suo compimento, non avendo considerato 
che per l'applicazione di un tributo al momento dell'avveramento della 
condizione occorre che l'atto sia stato fin dall'origine registrato come 
atto sottoposto a condizione sospensiva, per il quale il pagamento dell'imposta 
sia differito, mentre siffatta situazione non ricorre nell'ipotesi 
di atto originariamente ese.nte da. imposta. 

La censura � infondata. 

Deve anz~tutto precisarsi che l'atto in questione non era esente dall'imposta 
fin dall'origine. Infatti, come ha rilevato la sentenza impugnata 
e come � del resto ammesso dai ricorrenti (p. 18 ricorso), l'atto 
di donazione 1� ottobre 1925 fu registrato a tassa fissa. Questa, costituendo 
un minus rispetto alla tassa normale, altro non � che una riduzione 
di imposta (Cass. 26 luglio 1966; n. 2607); con la conseguenza che 
essa non precludeva la successiva tassazione, diversa nella misura (non 
pi� fissa ma proporzionale) prevista dalla legge vigente al momento del 
verificarsi della condizione. 

Correttamente, pertanto, la Corte del merito ha applicato alla specie 
l'art. 17 della legge di registro, secondo cui il pagamento della tassa progressiva, 
proporzionale o graduale per gli 'atti e trasferimento vincolati a 
condizione sospensiva � dovuto quando la condizione si verifica (salvo 
che l'atto o il trasferimento abbia effetto prima che la condizione si avveri) 
ed in tal caso la tassa � dovuta nella misura stabilita dalla legge in 
vigore al giorno in cui si intende avv�erata la condizione; concetto ribadito 
nell'art. 152 della stessa legge che, con disposizione transitoria, cui 
si attribuisce generalmente valore di principio di diritto tributario sul 
punto della successione delle leggi, stabilisce che, ove l'acquisto o il 
trasferimento a qualunque titolo dipenda da una condizione sospensiva, 
si applicano, in caso di successione di legge, le disposizioni vigenti al 
giorno dell'avveramento della condizione, eccetto il caso che sia stata 
gi-� pagata la tassa proporzionale di trasferimento. Le disposizioni citate 
si ispirano ai criteri fondamentali sulla origine del debito di imposta. 
Questo sorge quando si verifica la situazione di fatto stabilita dalla legge 
come presupposto della imposizione: nell'imposta sul trasferimento oggetto 
di esso � precisamente il fatto del trasferimento. Gli elementi di tale 
situazione di fatto, cui la legge collega il debito di imposta possono verificarsi 
in momenti successivi, come accade quando il presupposto del tributo 
� costituito da un rapporto giuridico condizionale. In tal ca.so la 
legge di registro distingue fra condizione risolutiva e condizione sospensiva: 
per la prima ipotesi essa dispone che !'.obbligazione di imposta sor


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1151 

ge immediatamente, nonostante la pendenza della condizione (arg. artt. 12 
e 64); per la seconda ipotesi differisce la nascita stessa dell'obbligazione 
al momento in cui si verificher� (o non si verificher�) la condizione, e 
nella misura stabilita dalla legge vigente nel detto momento (art. 17). 
Conseguentemente le disposizioni medesime non sono in contrasto con 
l'art. 11 disp. prel. c. c. poich� esse non stabiliscono che il diritto alla 
esazione dell'imposta resta s<;>speso fino all'accertamento della �Condizione 
ma che l'imposta � dovuta (cfr. art. 17) solo in quel determinato momento. 
In altre parole il diritto della Finanza ad esigere il tributo so:rge 
soltanto nel momento in cui la condizione si verifica, ed � quindi logico 
che l'imposta debba riscuotersi nella misura stabilita dalla legge in 
vigore in quel motnento, nel giorno, cio�, in cui nasce il diritto alla sua 
esazione. -(Omissis). , 

�CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1861 -Pres. leardi Est. 
Miele -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Coronas) c. Ponzani (avv. Romualdi). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione automatica 
dei fondi rustici -Atti diversi dal trasferimento -Divisione Inapplicabilit�. 


(1. 27 maggio 1959, n. 455; I. 22 novembre.1962, n. 1706). 
n criterio di valutazione c. d. automatico dei fondi rustici � dalla 
legge riferito ai � trasfer~menti � in senso proprio per atto ~ra vivi e non 
trova quindi applicazione negli atti che non producono effetti traslativi, 
.quale la divisione fuori del caso di attribuzioni di conguaglio (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo la Amministrazione ricorrente, denunziando 
la violazione e la falsa applicazione dell'art. 3 della legge 27 
maggio 1959, n. 355, in relazione alla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, 
afferma che nella specie non poteva procedersi alla valutazione degli 
immobili assegnati al condividente Bianchi in base ai coefficienti di cui 
all'art. 1 della citata legge n. 1044 del 1954, in quanto detto sfatema di 
accertamento si applica solo in caso di trasferimenti di beni immobili 
rustici e non invece alle divisioni di tali beni. 

La censura � fo.ndata. 

(1) Si pu� ritenere ormai definitivo l'orientamento della S.C. in argomento 
(v. Cass. 15 dicembre 1970, n. 2686 in questa Rassegna, 1971, I, 181). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1152 

Questa suprema Corte, con la sentenza 15 dicembre 1970, n. 2686, ha 
ritenuto che il sistema della valutazione sulla base dei coefficienti agricoli 
(stima automatica) non si applica al negozio di divisione che ha natura 
dichiarativa, fuori del caso di �ttribuzione del conguaglio. Pertanto, af 
frni dell'applicazione dell'imposta graduale, salvo il caso di conguaglio 
esplicitamente assoggettato dall'art. 48 della legge di registro a tassa 
di trasferimento, il valore dei beni attribuiti va determinato con applicazione 
del criterio del valore venale, in applicazione degli artt. 15 e 16" 
del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. 

Invero la legge 27 maggio 1959, n. 355 nell'art. 3 stabilisce che la 
valutazione automatica dei fondi rustici ha luogo nel caso di trasferimenti 
per atto tra vivi di tali fondi. Con questa espressione si � inteso 
far riferimento, in armonia con la legge di registro (art. 48), ai trasferimenti 
in senso proprio con mutamento della titolarit� del bene, non gi� 
alle divisioni, le quali, quando sono effettuate nei limiti della quota, non 
hanno carattere traslativo, ma solo dichiarativo e accertativo della. concreta 
porzione di beni spettante al condividente. 

N� nel termine �trasferimenti� possono farsi ricomprendere anche� 
le divisioni per effetto della legge 22 novembre 1962, n.' 1706 (che nella 
intitolazione reca: Interpretazione autentica della leg,ge 2!0 ottobre 1954, 

n. 1044 richiamata dalla legge 27 maggio 1959, n. 335, ecc .....) in quanto 
tale legge si occu,pa non gi� delle categorie di atti ai quali si applica 
la valutazione automatica, ma stabilis.ce i casi in cui, anzich� procedersi 
alla valutazione automatica, che sarebbe altrimenti applicabHe, si fa' 
luogo la valutazione sulla base del valore reale del bene. Non pu� far 
ritenere che si sia inteso allargare il concetto di � trasferimento � il fatto 
che in questa legge si usi l'espressione pi� generica: �atti fra vivi�, 
in quanto tale espressione � solo una indicazione abbr�eviata della categoria 
di atti, gi� precisata nella precedente legge del 1959, ed inoltre tale 
espressione � contenuta solo in un inciso dell'art. 1 e dell'art. 2, senza 
rilievo autonomo. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1888 -Pres. Gionfrida 
-Est. Sposato -P. M. Tavolaro (conf.) -Soc. Alma Parens. 
Frugum c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pierantozzi). 

Imposte e tasse in genere -Accertamento -Natura. 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Accertamento di mag-� 
gior valore -Motivazione -Requisiti. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21). i�:�
I

.. .. I 

_____,~......... 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1153 

Imposte e tasse in genere -In1posta di registro -Decisione Commissione 
distrettuale -Ingiunzione per il pa~amento dell'imposta 
complementare sul valore non definitivamente accertato -Leg~ttimit� 
-Impugnazione di nullit� della decisione -Irrilevanza. 

(d.l. 5 marzo 1942, n. 186, art. 4). 
L'avviso di accertamento non � una semplice proposta rivolta al contribuente 
per sollecitarne un'adesione o un'oppo,sizione, ma � un atto 
,amministrativo autoritario suscettibile, se non impugnato, d'incidere nella 
.sfera giuridica del destinatario (1). 

L'avviso di accertamento, quale atto amministrativo che sacrifica o 
limita dfritti o interessi legittimi e impone preistazioni, deve essere 
motivato; tuttavia L'obbligo della motivazione, ove particolari norme 
non impongano una moitivazione contestuale ed e1splicita, � soddisfatto 
con il rinvio, anche implicit;o, ad atti antecedenti, pu'l'ch� sia assicurato 
il conseguimento del fine in vista del quale la motivazione � imposta, 
ossia, che iL contribuente sia posto in condizione di conoscere la pre'tesa 
tributaria in tutti i suoi elementi essenziali ai fini di un'effimce conte


.stazione sull'an e sul quantum. In particolare per le imposte indirette 
L'avviso di accertamento � adeguatamente motivato quando co'fl.tiene 
l'indicazione deLL'Ufficio impositore, del soggetto obbligato a corrispon.
dere l'imposta, deWatto sottoposto a tassazione, del bene o dei singoli 
beni trasferiti con tale atto, del valore dichiarato e di quello che L'Uf


.iicio reputa di attribuire a quei beni o ad alcuni di essi, con l'avvertimento 
espresso che il contribuente potr� ricorrere entro trenta giorni 
alla Commissione distrettuale e che decorso inutilmente tale' termine 
non potr� pi� essere contestato il valore notificato (2). 

A norma deW.art. 4 del d. l. 5 marzo 1942, n. 186, l'Ufficio, dopo la 
�decisione della Commissione P,istrettuale, pu� procedere alla riscossione 
.della imposta di registro ed accessori sulla base dei valori determinati 

(1-3) Le prime due massime sono assai importanti: L'accertamento, 
si riconferma autorevolmente, � un atto amministrativo in senso proprio 

�col quale si esprime la potest� amministrativa di stabilire di autorit� la pretesa 
tributaria; si tratta quindi di un atto a contenuto prevalentemente 
.sostanziale, sebbene rivesta anche contenuto processuale. Questa definizione 
conforme alla pi� valida giurisprudenza (v. Relazione Avv. Stato, 
1966-70, II, 454 e segg.) � importante perch� in qualche pronunzia, anche 
recente, � comparsa l'affermazione che l'avviso di accertamento sia un atto 
meramente processuale consistente in una provocatio ad opponendum cui 
.segue la determinazione sostanziale del rapporto o per volont� del contribuente 
(acqui,escenza e concordato) o per 1effetto di decisione giurisdizionale 
(Cass. 5 febbraio 1971, n. 273, in questa Rassegna, 1971, I, 429). 

L'accertamento, quale atto amministrativo, deve essere indubbiamente 
:motivato. Bisogna per� esattamente intendere il concetto di motivazione che 



1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAio 

daila commissione, anche quando la decisione sia impugnata e se ne deduca 
la �nullit�, a meno che la decisione non sia giuridicamente inesistente 
(3). 

(Omissis). -Denunziando la violazione e la falsa applicazione, in 
connessione con gli artt. 4, 5 e 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, 
degli artt. 16, 20 e 21 del d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 e 136 r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3,269, in relazione agli artt. 3, 23, 24 e 97 della Costituzione 
ed agli artt. 2, 3, 16 e 31 del t. u. 14 aprile 1910, n. 630, la societ� ricorrente 
deduce clie erroneamente i giudici di merito hanno disatteso l'eccezione 
di prescrizione del diritto della Finanza alla riscossione dell'imposta 
complementare. Alla data dell'ingiunzione erano, infatti, trascorsi i tre 
anni di cui all'art. 136 della legge organica di registro e, secondo la ricorrente, 
l'avviso di accertamento, notificatole il 29 settembre 1959, 
cio� entro l'anno di cui all'art. 21 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, era improduttivo 
di effetti perch� nullo, mancando in esso l'indicazione de.gli eiementi 
ritenuti dall'Ufficio accertante come qualificativi del valore venale 
dell'immobile venduto secondo i criteri stabiliti dagli artt. 16 e 20 del 
citato d. I. del 1936. Secondo la ricorrente l'indicazione specifica e dettagliata 
dei ;predetti elementi � resa necessaria dal fine cui l'avviso di 
accertamento � preordinato -che � quello di porre il contribuente in 
grado �di far valere le sue ragioni contro la pretesa della PubbUca Amministrazione 
-e la sua indispensabilit� � confermata dall'art. 37 del t. u. 
29 gennaio 1958, n. 645, sulle imposte dirette, che sancisce la nullit� 

non � un abito formale dell'atto, ma un requisito che deve rispondere ad 
una concreta utilit�. E' esattissimo, ed � pacifico., che la motivazione deve 
servire a far conoscere al contribuente tutti gli elementi della pretesa tributaria 
e di metterlo nell� condizione di poter efficacemente esercitare il 
suo diritto di difesa; 1'l che non significa, per�, che il contribuente abbia il 
diritto di trovar ricapitolati nell'accertamento tutti gli elementi della controversia 
in modo da essere esonerato dalla consultazione degli atti (cosa 
che non si pretende nemmeno per gli atti d� impugnazione del processo ordinario); 
ne consegue la legittimit� della motivazione che, anche implicitamente, 
� in relazione ai precedenti ed agli altri atti del procedimento. 

Per le imposte indirette la motivazione dell'avviso di accertamento si 
riduce al minimo, cio�, oltre alle ovvie identificazioni delle parti, dell'atto 
tassato e del bene trasferito, alla dichiarazione del valor.e che l'Ufficio riU.
ene . di attribuire � in contrapposto � a quello dichiarato; l'avvertimento 
al contribuente dei mezzi e dei termini per l'impugnazione � un requisito 
formale dell'atto, ma non attiene alla motivazione. Se per le imposte indirette 
il minimo di motivazione richiesto � assai pi� mode�sto che per le 
imposte dirette, ci� � dovuto non ,solo alla diversit� della norma ma sopratutto 
alla radicale diversit� dell'oggetto dei due accertamenti. Per le 
imposte indirette l'accertamento riguarda .sempre la determinazione del 
valore di beni, chiaramente gi� individuati; quando si dichiara questo valore 
si � raggiunto lo scopo di far conoscere al contribuente gli elementi 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1155 

dell'avviso di accertamento non analiticamente motivato; per cui, ove il 
citato art. 21 dovesse interpretarsi nel senso dell'esclusione della necessit� 
della motivazione analitica dell'avviso di accertamento e dovesse, 
quindi, ritenersi che il contribuente ha in sede d'imposte indirette garanzie 
minori di quelle che la legge gli offre in sede di imposte dirette, sorgerebbe 
una questione d'illegittimit� costituzionale del detto art. 21 che 
sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione che garantisc�e l'eguaglianza 
dei cittadini davanti alla legge. 

Il motivo � privo di fondamento e manifestamente infondata, oltre 
che irrilevante, � la questione di legi~timit� costituzionale con esso subordinatamente 
proposta. 

L'avviso con il quale si conchiude la procedura di accertamento tributario 
davanti a.gli organi dell'amministrazione attiva non � ~come 
talvolta si � ritenuto-una semplice proposta rivolta al contribuente 
per sollecitarne un'adesione o un'opposizione che dia luogo ad una valutazione 
imparziale delle commissioni tributarie, ma � una manifestazione 
dell'attivit� amministrativa d'imposizione tributaria (v. Cass. 12 dicembl'e 
1971, n. 360). Come tale, ossia come atto autoritativo suscettibile, se 
non impugnato, di acquistare' efficacia definitiva nella sfera giuridica del 
destinatario, non pu� essere privo di motivazione. �, difatti, principio 
comunemente riconosciuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina quello 
dell'obbligatoriet� della motivazione per gli atti amministrativi che sacrifichino 
diritti o interessi legittimi od impongano limitazioni o prestazioni. 
Non �, per�, necessario, ove una particolare disposizione di legge non lo 
richieda, che la motivazione degli atti amministrativi, anche se obbligatoria, 
sia contestuale od esplicita. � sufficiente il rinvio, anche implicito, 
agli atti preparatori o ad altri atti antecedenti purch� tale rinvio 
basti ad assicurare il conseguimento dello scopo in vista del quale l'obbigo 
della motivazione � imposto. In applicazione di tale criterio --:-pure 

essenziali della pretesa e di metterlo nella condizione di difendersi; non � 

ovviamente necessario spiegare i motivi tecnici di stima in base ai qm:ili si 

� formulato il giudizio sul valol'e che � per sua natura inevitabilmente 

sintetico. La sola analisi che � richiesta per l'avviso di accertamento �, 

quando pi� siano i beni, l'indicazione separata del valore di ognuno, ma 

ci� �soltanto se il contribuente abbia indicato prezzi o valori distinti (Cass. 

4 ottobre 1971, n. 2719, in questa Rassegna, 1972, I, 88). 

La diversa esigenza di motivazione dell'avviso nelle imposte dirette, e 

in particolare in que1le personali, si spiega perch� non esiste una pre


determinazione delle fonti del reddito e l'accertamento ha per l'appunto 

lo scopo di individuare, analiticamente, gli elementi che producono il red


dito da accertare che possono essere molteplici e di diversa natura. Ma 

questa esigenza di analisi non si pone quando, nelle imposte indirette, 

� solo necessario individuare un valore che � gi� incomporato obiettiva


mente in un bene determinato. 

La terza massima � di evidente esattezza. 



1156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

,esso generalmente accettato -deve ritenersi che l'obbligo della motivazione 
dell'avviso di accertamento d'imposta, salvo 1che in casi particolari 
apposite norme richiedano un'esposizione contestuale ed analitica dei 
motivi, � soddisfatto sempre che il contribuente sia posto in condizioni di 
,conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali, ai fini di 
un'efficace contestazione sull'an e sul quantum debeatur (v. in �tal senso: 
Cass. 15 marzo 1969, n. 827); e che, per quanto specificamente riguarda 
l'avviso di accertamento di maggior valore agli effetti dell'imposta di registro, 
ad integrarne la motivazione siano sufficienti le indicazioni previste 
dall'art. 21 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 e relative all'ufficio imiPo, 
sitore, al soggetto obbligato a corrispondere l'imposta, all'atto sottoposto 
a tassazione, al bene, o ai singoli beni trasferiti con tale atto, al valore 
dichiarato ed a quello che l'Ufficio reputa, invece, che si debba attribuir�e 
.:a quei beni, o ad alcuni di essi, con l'avvertimento, espresso, che il contribuente 
potr� ricorrere, entro trenta giorni dalla notificazione dell'avviso, 
alla Commissione Distrettuale delle imposte, e che decorso tale termine 
..senza che egli abbia ricorso, decade dal diritto di contestare il valore 
notificatogli, e con il riferimento, implicito, agli elementi in possesso dei 
.quali l'ufficio ha reputato di dover determinare il maggior valore secondo 
i criteri valutativi dettati dagli artt. 16 .e 20 del citato decreto. La mancata 
esposizione dei detti elementi, e degli apprezzamenti che I'Amministrazione 
ha ritenuto di fondarvi, non comporta veruna menomazione 
delle possibilit� di efficace contestazione da parte del contribuente, giacch� 
le norme che regolano il procedimento davanti alla Commissione distrettuale 
-davanti alla quale, per l'appunto, la contestazione sull'an 
e sul quantum della pretesa fiscale deve essere fatta valere, gli danno il 
,diritto di consultare, presso la segreteria della Commissione, il rapporto 
dell'ufficio e gli atti ad esso allegati e di depositare note e documenti, 
dopo averli consultati (art. 24 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516). N� pu�, d'altra 
parte, fondatamente sostenersi che anche indipendentemente dall'esigen
�za di porre il contrihuente in grado di contrastare efficacemente la pre
�tesa dell'Amministrazione, un obbligo di motivare contestualmente ed 
analiticamente gli avvisi di accertamento, sia stato introdotto, in via generale, 
nell'ordinamento tributario dall'art I deUa legge 5 gennaio 1956, 
n. 1, ora trasfuso nell'art. 37 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 6�45, sulle im,poste 
dirette, n�, di conseguenza, che tali nuove norme abbiano modificato 
l'art. 21 del decreto del 1936 nel senso che analiticamente motivati debbano 
essere anche .gli avvisi di accertamento in materia d'imposte sui 
trasferimenti della ricchezza. L'obbligo della motivazione analitica non 
-'� imposto dalle nuove norme in via generale neppure nel settore delle 
imposte dirette, ma � imposto soltanto nella particolare ipotesi in cui 
il contribuente abbia, a sua volta, nella dichiarazione annuale dei redditi, 
analiticamente indicato gli elementi attivi e passivi dai quali risulti 

.l'ammontare dei medesimi. D'altra parte, trattandosi di una disposizione 


!;'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1157 

particolare, dettata in considerazione di una situazione particolare -che 

pu� non verificarsi neppure nell'ambito dell'imposizione diretta e che 

normalmente non si verifica \n quello delle imposte sui trasferimenti 

della ricchezza -non hanno ragione d'essere i rilievi della ricorrente 

'Circa una pretesa disparit� di trattamento legislativo fra i contrtbuenti 

assoggettati alle imposte dirette e quelli tenuti a corrispondere i tributi 

indiretti. Se sussistesse, la disparit� si verificherebbe anche fra gli stessi 

obbligati al pagamento delle imposte dir�ette, a seconda che essi abbia


no, oppure no, compilato la loro dichiarazione in maniera analitica; ma 

non sussiste. perch� il principio costituzionale dell'eguaglianza dei cit


tadini davanti alla legge non implica, anzi esclude, che situazioni diverse 

siano regolate da una normativa identica. Pertanto la questione di le


gittimit� costituzionale, sollevata, in subovdine, dalla ricorrente �, sotto 

ogni profilo, manifestamente infondata. � appena il caso di aggiungere 

che essa, e lo stesso assunto della ricorrente in ordine alla portata 

dell'art. 37, sono privi di rilevanza ai fini del decidere. Ove, difatti, 

della validit� dell'avviso d'accertamento dovesse giudicarsi a norma del 

citato art. 27, la ricorrente, non avendola eccepita davanti alla Com


missione distrettuale, non potrebbe pi� far valere la nullit� comminata 

dal primo capoverso di detto articolo. 

Con il secondo ed il terzo motivo la ricorrente lamenta che la Corte 

di merito nQn abbia pr�so in considerazione il suo assunto relativo ad 

una pretesa illegittimit� dell'ingiunzione fiscale, illegittimit� coo.seguente 

dalla nullit� della decisione della Commissione distrettuale, sulla quale 

l'ingiunzione � fondata. Secondo la ricorrente la detta decisione � nulla 

sia perch� carente di motivazione (2� motivo con il quale � denunziata 

la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 16 e 31 d. L 14 aprile 

1910, n. 639, in relazione all'art. III Cost. e in relazione agli artt. 16, 20, 

29 d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, 42 d.1. 8 luglio 1937, n. 1516, 4, 5 e 61 

legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, ed � denunziata l'omessa motivazione 

sul punto decisivo della controversia), sia perch� pronunciata a contrad


dittorio non integro, non essendo stato notificato, n� ad essa ricorrente n� 

all'acquirente Sommi, l'avviso di fissazione d'udienza (3� motivo con il 

quale si denunziano o:qiissione di motivazione su altro punto decisivo 

della controversia e violazione degli artt. 2,4 e 28 d. 1. 8 luglio 1937, 

n. 1516, 50 �1. 5 gennaio 1956, n. 1 e 4,. 5, 6 1. 20 marzo 1865, n. 2248 
ali. E). 
L'infondatezza dei due motivi � resa evidente dalla considerazione 
che l'ufficio impositore non avrebbe potuto procedere a norma dell'art. 4 
del d. I. 5 marzo 1942, n. 186, se la decisione della Commissione distrettuale 
fosse stata giuridicamente inesistente, e che, invece, i vizi della 

, detta decisione, indicati dalla ricorrente, ne avrebbero, se sussistenti, 
determinato non la giuridica inesistenza, ma la nullit�. Come queste Sezioni 
Unite (v. sentenza 20 gennaio 1970, n. 111) hanno avuto modo 

18 


U58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di affermare, oltre quello espressamente previsto dall'art. 161, 2<> comma 

c. p. �c., gli altri casi di giuridica inesistenza delle sentenze e, in genere, 
delle decisioni degli o:rgani giurisdizionali a quello. equiparati 
dall'elaborazione giurisprudenziale, debbono sempre ricondursi ad un 
tale difetto di requisiti essenziali da rendere l'atto inidoneo a produrre 
alcuno degli effetti giuridici che gli sono propri. Alla luce di codesto 
criterio � chiaro che inesistente sarebbe una decisione della Commissione 
tributaria che fosse pronunziata nei confronti di un .soggetto immaginario, 
o �che non contenesse la determinazione in concreto del valore imponibile, 
e che, invece, la mancata integrazione del contraddittorio 
(anche ammesso che a costituirlo sia nec�essario, oltre all'atto di opposizione 
del contribuente, anche l'avviso di fissazione d'udienza) e i difetti 
di motivazione costituiscono cause di nullit� che si convertono in motivi 
di impugnazione. Ma l'impugnazione della decisione della Commissione 
distrettuale davanti alla Commissione provinciale non determina la sospensione 
dell'obbligo del contribuente al pagamento delle imposte, disponendo, 
al contrario, il citato art. 4 del decreto n. 186 del 1942 che 
egli � obbligato al pagamento dell'imposta di registro, delle relative imposte 
ipotecarie e dei diritti accessori che risultano dovuti in base ai 
valori determinati con la decisione della Commissione distrettuale, anche 
quando tale decisione sia gravata di appello dal contribuente stesso o 
dall'Ufficio, salve, una volta divenuta definitiva la decisione di secondo 
grado, la restituzione o la riscossione deUe imposte o dei diritti che saranno 
per risultare pagati in pi� o in meno. Pertanto non pu� essere 
co~testato il diritto dell'Amministrazione finanziaria ad ingiungere il 
pagamento delle imposte e degli accessori in base alla decisione della 
Commissione ,di primo grado, ancorch� questa .sia impugnabile ed effettivamente 
sia impugnata, per vizi procedurali o sostanziali, davanti alla 
Commissione di secondo grado. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1972, n. 2042 -Pres. Rossano 
-Est. 'Boselli -P. M. Mililotti (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Tarin) c. Talarico. 

Imposta di registro -Lavoro autonomo -Prestazione di attivit� lavorativa 
di persone diverse da quella che ha contratto l'obbligazione � 
assimilabile all'appalto. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 55, tariffa A artt. 3.3 e 52, tabella D art. 47; 
1. 19 lugli? 1941, n. 771 art. 1; e.e. art. 2222). 
n contratto di locazione d'opera, che in nessun caso pu� essere ricondotto 
atla norma dell'arv. 47 tabella D deUa Legge di registro, � soggetto 
alla disciplina deWart. 33 tariffa A, ma quando ha per oggetto la prestazione 
di attivit� lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto 
l'obbligazione � considerato come appalto secondo quanto dispone l'art. 1 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA '1159 

della Legge 19 LugLio� 1941, n. 771, ed � soggetto a registrazione a termine 
fisso in conformit� degli art. 55 deUa legge di registro e 52 della tariffa 
A (1). 

(Omissis). -Con i due motivi del ricorso -che per la loro connessione 
conviene trattare congiuntamente -lAmministrazione finanziaria 
denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 47 della tariffa 
all. D, alla Legge di Registro, dell'art. 55 di detta legge, dell'art. 1, 
quarto comma, della 1. 19 luglio 1941, n. 771 e dell'art. 52 della Tariffa 
all. A alla L. R. (in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c. pc.). e censura la 
Corte di merito per avere erroneamente ritenuto che ~i contratti ~on i 
quali -come nella specie -taluno si impegna a compiere una opera od 
un servizio senza vincolo di subordinazione e valendosi della collaborazione 
di altre persone, sia applicabile -ai fini della imposta di registro ~ 
il trattamento che l'art. 47 della tariffa all. D alla Legge di Registro riserva 
ai contratti di lavoro subordinato, anzich� (in forza dell'art. 1, 
quarto comma, della 1. n. 771 del 1941) quello previsto per gli appalti 
dall'art. 52 della tariffa all. A della legge predetta. 

La censura � fondata. 

Pacifica essendo in causa la qualificazione attribuita dalla co.rte del 
merito al rapporto dedotto in giudizio come rapporto di � locatio operis � 
in senso stretto (art. 2222 c. c.), il quesito che si pone a questa Suprema 
Corte consiste nello stabilire se ad un rapporto del genere sia applicabile 
l'art. 47 della tariffa all. D oppure l'art. 52 della tariffa all. A alla legge 
organica di registro. 

La prima delle alternative ora accennate � da escludere sul riflesso 
che l'art. 47 della Tariffa all. D esenta da registrazione, salvo il caso 
d'uso, i soli contratti di lavoro subordinato .e pi� precisamente i contratti 
di Lavoro manuaie (il riferimento � fatto invero agli �operai�) fra imprese 
e loro dipendenti. 

Per quanto concerne invece la � locatio operis �, sottoposta -in via 
generale -al regime di cui all'art. 33 della tariffa ali. A (tass�a proporzionale 
per i contratti dipendenti da �arti liberali o professioni� o di 
� servizi personali � ed �altre opere � ), l'art. 1, quarto comma, della legge 
19 luglio 1941 n. 771, ha introdotto un ulteriore criterio di discriminazione 
in seno alla categoria, avendo stabilito che il contratto d'opera � 
assimilato all'appalto -agli effetti della imposta di registro -ed � 
quindi soggetto al regime di. cui agli artt. 55 della Legge di Registro e 52 
della tariffa ali. A alla legge medesima (registrazione in termine fiss�o) 
allorquando abbia ad ogetto la prestazione dell'attivit� lavorativa di persone 
diverse da quella che ha contratto l'obbligazione, comunque sia determinato 
il corrispettivo. -(Omissis). 

(1) Massima esatta; non constano precedenti specifici. 

1160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2091 -Pres. Giannattasio 
-Est. Longo -P. M. Gentile (conf) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Saltini) c. Kahil Inns. 

Imposta di re~istro -Imposta speciale sulle automobili nuove -Prima 
immatricolazione di automobili acquistate anteriormente all'estero 
-Si estende. 

(d.l. 23 febbraio 1964, n. 26; l. 12 aprile 1964, n. 190). 
Per effetto deUa legge di convers~one (12 aprile� 1964, n. 190) del d. i. 
23 febbraio 1964 n. 26, per automobili nuove, soggette alla speciale imposta, 
devono intendersi quelle che vengono iscritte per la prima volta a.l 

P.R.A. e quindi anche quelle acquistate all'estero anteriormente ma immatricolate 
in Italia successivamente all'entrata in vigore della norma 
istitutiva del tributo (1). 
(Omissis). -Nel denunciare la violazione d~gli art. 1 della legge 12 
aprile 1964, n. 190 (di conversione del d. I. 23 febbraio 1964, n. 26) e 12 
delle disposizioni sulla legge in generale, l'Amministrazione ricorrente 
sostiene che la Corte di merito avrebbe errato ravvisando il presuppo�sto dell'imposta 
nell'acquisto di un'autovettura .nuova (da considerarsi tale, anche 
se usata, in quanto iscritta per la prima volta al P.R.A.) e negando 
quindi che il tributo fosse applicabile in caso di prima immatricolazione 
non -conseguente ad acquisto eif.ettuato nel vigore delle nuove disposizioni. 
I giudici di merito non avrebbero considerato che la portata della 
legge di �conversione implicava appunto una presunzione iuris et de� iure 
secondo cui la circostanza della prima iscrizione comportava, ai fini della 
tassabilit�, la sussistenza del presupposto, dovendosene necessariamente 
inferire l'avvenuto acquisto dell'autovettura. 

II ricorso � fondato. 
Per vero, la questione ch'esso propone si � gi� recentemente presentata 
all'esame di questa Suprema Corte, che l'ha decisa (con sent. 

n. 1753, dell'll giugno 19'71) nel senso che ai fini dell'applicazione dell'imposta 
speciale prevista dal d. I. 23 febbraio 1964, n. 26, come modificato 
con la legge �di conversione 12 aprile 1964, n. 190 devono intendersi 
equiparate alle autovettilre nuove, come tali immatricolate, le altre che, 
pur essendo_ state acquistate all'estero anterio,rmente all'istituzione del . 
tributo, vengano tuttavia iscritte per la prima volta al pubblico registro 
automobilistico dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni. 
_Siffatta equiparazione questo Supremo Collegio ha desunto dal rilievo 
ch�, anche se il predetto decreto aveva istituito un'imposta speciale 

(1) Viene confermata, e pu� dirsi che la questione sia cosi esaurita, 
l'esatta pronunzia 11 giugno 1971, n. 1753, in quesfa Rassegna, 1971, I, lrn4. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1161 

�sugli acquisti�, all'art. 1 del decreto stesso, con riguardo agli acquisti 
delle autovetture �nuove�, la legge di conversione ha aggiunto un comma 
in base al quale, agli �effetti delle disposizioni in esame, �per nuove 
s'intendono le autovetture che vengono iscritte per la prima volta nel 
pubblico registro automobilistico�. 

Dall'orientamento espresso nella su richiamata decisione questa Suprema 
Corte non trova motivo .per disco.starsi nella presente controversia. 

� bensi vero, come la stessa sentenza denunziata riconosce, che in 
base ad un confronto fra le disposizioni del -decreto-l'egge e quelle della 
legge di conversione qualche perplessit� pu� sorgere circa l'atto che la 
nuova imposta speciale intende colpire; e che al fine di un necessario 
chiarimento � indispensabile il ricorso alla ratio legis. 

Ma 8,ppunto quest'ultima sembra convincere del'l'esattezza della soluzione 
opposta a quella adottata dalla pronunzia 1di merito. 

Come essa ha esattamente affermato, finalit� della leg.ge (tenuto 
conto, fra l'altro, delle relazioni .parlamentari) era quella di attuare una 
limitazione degli acquisti di autovetture e imbarcazioni da diporto, nel 
quadro di una politica volta a contenere l'eccessivo sviluppo della spesa 
del Paese, evitando il consumo di alcuni prodotti considerati non di prima 
necessit�. 

Proprio nell'ambito di tale finalit� doveva indubbiamente essere 
compreso. anche l'intento di prevenire evasioni derivanti da fittizi acquisti 
anteriori, la cui finzione (con particolare riferimento al caso di vetture 
estere) non era facilmente individuabile in sede di immatricolazione, 
considerata la natura dei documenti che l'art. 6 del r. d. 29 luglio 1927, 

n. 1814 (richiamato dalle norme sulla nuova imposta) ritiene sufficienti 
per l'iscrizione al P.R.A. 
E il predetto intento doveva servire da guida al fine di risolvere le 
perplessit� dianzi indicate, decidendo, in sede di interpretazione, se con 
l'aggiunta apportata dalla legge di conversione il legislatore, anche per 
le vetture non effettivamente �nuove� ma tali da presumere ex lege, 
avesse pur sempre voluto in ogni caso considerare l'acquisto come presupposto 
dell'imposizione ovvero, ponendo l'accento sulla prima immatricolazione, 
avesse adottato quest'ultima come atto determinante il sorgere 
del diritto di tributo. 

La scelta della seconda alternativa � suffragata, oltre �che dalle considerazioni 
innanzi svolte, and}.e dal riltevo che per l'art. 2, cosi del 
decreto come della legge �di conversione, l'imposta si corrisponde all'atto 
della registrazione dei documenti da produrre (in forza del ricordato 
r. d. n. 1814 del 1927) al P.R.A. per la prima iscrizione, documenti 
fra i quali ;non � necessariamente compreso l'atto di acquisto. 

N� infine pu� attribuirsi rilevanza -nell'ambito della questione 
sottoposta a questo Supremo Collegio -alla deduzione della resistente, 
riguardante la circostanza che la richiesta di nazionalizzazione del veicolo 


1162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

era stata registrata prima dell'entrata in vigore della legge di conversione, 
anche se dopo il decreto-legge. La deduzione si rivela inconferente 
ai fini della decisione sul tema di controversia, giacch� la legge di conversione 
espressamente ha sancito (art. 2) che le modificazioni da essa 
apportate al decreto (fra le quali rientra appunto quella interes�sante il 
caso di specie) �hanno efficacia dalla data di entrata in vigore del decretolegge 
mede.simo�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1972, n. 2561 -Pres. Giannattasio 
-Est. Della Valle -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. SACAIE (avv. 
Paleani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). 

Imposta di registro -Decreto ingiuntivo -Percezione dell'imposta 
graduale quando diviene esecutivo -Omissione -Atto non registrato 
-Prescrizione ventennale. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 137 e 138; d.l. 7 agosto 1936, n. � 1531. 
art. 32). 
Nella tassazione del decreto ingiuntivo (soggetto alla tassa fissa immediata 
e alla tassa graduale dopo essere diventato esecutivo) le due 
imposte costituisco11,o due diversi tributi autonomi e1 tra loro distinti, corrispondenti 
ai diversi contenuti e ai diversi effetti riferibili nei due momenti 
allo stesso atto. Ne consegue che il decreto ingiuntivo divenuto 
esecutivo per il quale fu p.ercetta all'origine la sola tassa fissa, � da considerare 
come un atto non registrato agli effetti della prescrizione e quindi 
ad esso � applicabile il termine ventennale dell'art. 138 (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto la ricorrente S.A.C.A.I.E., 
denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 136, 137 e 138 
del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 �.nn. 3 e 5 
�c. p. c., si duole �Che la Corte di merito, pure avendo esattamente rilevato 
che ai fini della determinaizone del termine di prescrizione (triennale o 

(1) Dec1sione esattissima. Non solo agli effetti della prescrizione, ma 
a tutti gli altri effetti, la registrazione a tassa fissa non pu� riguardare altro 
che il decreto nella prima fase; il decreto divenuto esecutivo che non ha 
scontato l'imposta graduale si trova nella stessa condizione di quello mai 
registrato nemmeno con l'imposta fissa. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1163 

ventennale) dell'azione dell'Amministrazione dello Stato per la riscossione 
dell'imposta di registro occorre distinguere tra atto � presentato � 
�ed atto �non presentato alla registrazione�, e pure avendo dato atto che 
il decreto ingiuntivo di cui trattasi era a suo tempo pervenuto regolarmente 
all'uffkio del Registro � Atti giudiziari � che aveva riscosso la 
dovuta tassa fis:sa in L. 1.71-;l:, abbia poi ritenuto tuttavia che, un� volta 
divenuto esecutivo per mancanza di opposizione, il decreto stesso dovesse 
esser� considerato come � non registrato � e quindi non compreso tra 
gli atti contemplati nell'art. 138 L.R. per avere omesso essa societ� ricorrente 
di notificare all'ufficio finanziario che il decreto non era stato 
da lei opposto. 

In particolare la ricorrente, sul rilievo che la legge non fa alcun 
obbligo alla parte di procedere a tale notifica e che, pertanto, l'atto, 
� cos� come si presentava �, .si sarebbe dovuto considerare �come gi� 
registrato � (intendendosi per tale l'atto che, :perve:nuto al competente 
ufficio, sia stato da questo �annotato nei suoi registri con l'indicazione. 
del numero, del volume e della serie, e con la liquidazione dell'impor:to 
della seconda tassa �, nella specie riportata anche � sul retro dell'originale 
del decreto�), sostiene che, trattandosi di atto rispetto al quale 
il pagamento della tassa graduale era sottoposto all'avveramento di una 
condizione sospens1iva (e cio� all'esecutoriet� del decreto per mancata 

o non proseguita opposizione), avrebbe dovuto la Corte di merito dichiarare 
a1ppUcabile la prescrizione triennale di .cui all'art. 137 L.R., 
e, dato atto del verificatosi decorso del triennio non solo dal giorno in 
cui il decreto era divenuto esecutivo per mancata opposizione (9 marzo 
1958) ma anche da quello in cui l'Ufficio del Registro aveva invitato 
essa ricorrente, con la raccomandata prodotta in.c'ausa, a pagare detta 
tassa, dichiarare di conseguenza prescritto il diritto della Finanza ed 
illegittima perci� l'ingiunzione con cui tale ,diritto era stato fatto valere. 
La doglianza non � fondata. 

Per una pi� agevole soluzione del problema giova prendere le mosse 
dal testo letterale di quell'art. 28 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1531, che 
costituisce tuttora la disciplina tributaria del procedimento monitorio. 

Dopo aver stabilito che i decreti d'ingiunzione emessi dal Pretore 

o dal Presidente del Collegio a sensi del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1531 
�sono soggetti ad imposta fissa�, detto articolo prosegue avvertendo che 
Ǐ per� dovuta l'imposta graduale contemplata dall'art. 114 della tariffa 
all. A sui decreti immediatamente esecutivi, ai sensi d~l detto decreto 
legge, ovvero non impugnabili, giusta l'ipotesi prevista dal secondo 
comma dell'art. 22 del medesimo decreto �; che la medesima imposta � 
� pure dovuta sui decreti d'ingiunzione assoggettati ad imposta fissa, ed 
indipendentemente da questa, quando dei decreti 1stessi sia ordinata dall'autorit� 
giudiziaria l'esecutoriet�, anche provvisoria�; che in tal caso 

1164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il decreto � deve essere dal concelliere trasmesso all'ufficio del Registro 
per il pagamento dell'imposta graduale suddetta, la quale � dovuta entro 
il termtne di venti gio�rni dalla data dell'ordine di esecutoriet� �; che 
qualora contro. il decreto notificato non sia stata fatta opposizione entro 
il termine stabilito, �il decreto stesso, entro venti giorni dalla scadenza 
del detto termine, � soggetto all'imposta sopraindicata, a cura e a carico 
delle parti, mediante esibizione di una copia in carta semplice all'ufficio: 
del Registro. Detta imposta sar� riscossa con rilascio di bolletta di cui 
sar� fatta annotazione a piedi del decreto or:Lginale �; e infine che �del 
pari, nel caso che sia fatta opposizione, qualora la causa non sia stata 
iscritta a ruolo, o l'opponente non compaia all'udienza fissata, il decreto� 
stesso � soggetto all'imposta graduale soprarichiamata, nel termine di 
venti giorni da quello della mancata comparizione, a cura ed a carico 
delle parti con le modalit� stabilite nel comma precedente�. 

Nel sistema della legge, quale risulta dall'insieme delle disposizioni 
surriportate, il decreto ingiuntivo viene -come si vede -diversamente 
disciplinato sotto il pr-Olfi.lo fiscale a sec0il1da che lo si ptrenda in consiil.erazione 
nella sua fase iniziale, come semplice atto di intimazione non ancora 
esecutivo, o nella sua fase successiva, come pronuncia avente vafore 
di vera e propria 1sentenza, e perci� munito, come tale, dell'autorit� del 
giudicato, o comunque come titolo esecutivo. 

Considerato nella sua prima fa.se, esso viene asf:�oggettato a registrazione 
con pagamento della sola �imposta fissa�, in quanto non si sa 
ancora, a quel momento, se ed in qual modo reagir� il debitore all'intimazione 
con esso fattagli; mentre, considerato nella successiva fase, 
quando, cio�, in forza della provvisoria esecutoriet� di cui � stato eventualmente 
munito, o della definitiva esecutoriet� conseguente al passaggio 
in giudicato, costituisce per il creditore titolo idoneo ad aggredire 
il patrimonio del debitore, esso, in quanto parificato sostanzialmente, se 
non formalmente, ad un'ordinaria sentenza esecutiva, viene assoggettato 
all'imposta ��graduale� (proporzionalmente commisurata, cio�, all'ammontare 
del credito riconosciuto nell'ingiunzione), come al tipo d'imposta 
che risulta ad esso applicabile in considerazione del suo contenuto� 
e delle sue caratteristiche sostanziali. 

Le due imposte -quella �fissa � e quella �graduale� -non costi


tuiscon.o quindi ~come talvolta � stato, viceversa, affermato, in dottrina) 

i due successivi momenti �di un'unica tassazione applicata in via progres


siva ad un medesimo atto giudiziario, ma sono due diversi tributi, auto


nomi e distinti tra loro, ciascuno corrispondente alla diversa fisionomia 

che l'atto, nonostante la sua unicit� ontologica formale e documentale, 

viene di fatto ad assumere nell'una fase rispetto all'altra in via del 

diverso suo contenuto e dei diversi effetti spiegati nei confronti del de


bitore, e sul di lui patrimonio. ' 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1165� 

L'applicazione dell'imposta fissa serve, cio�, soltanto a stabilire un 
rapporto di collegamento tra il provvedimento giurisdizionale ed il sistema 
tributario, lasciando peraltro integro ed impregiudicato il potere-� 
dovere del Fisco di accertare pi� a fondo, in prosieguo di tempo, in quella 
che si � detto essere la seconqa fase, il contenuto sostanziale ed effettuale 
del provvedimento stesso onde applicare l'imposta in funzione 
(d'onde la gradualit�) di tale contenuto e degli effetti che ne possono 
derivare. 

E che l'assoggettamento all'imposta fissa non abbia altro scopo ed 
altro significato, e non esaurisca, in particolare, l'adempimento della 
formalit� della registrazione agli effetti di cui all'art. 137 sopracitato, 
risulta, del resto, evidente da ci�, che, nonostante l'obbligo gi� imposto 
al cancelliere di trasmettere, all'origine, all'Ufficio del Registro una 
(prima) copia del decreto, la legge, al fine di mettere il Fisco in condizione 
di avere tempeistiva conoscenza dei nuovi e diversi effetti che a 
seguito delle successive vicende processuali (mancata opposizione, con 
conseguente acquisto del carattere di definitivit�) il provvedimento � 
destinato a spiegare, e di procedere di conseguenza alla prescritta applicazione 
dell'imposta graduale, fa obbligo alla parte interessata (analogamente 
a quanto dispone, di regola, a carico del contribuente generico 
che abbia a sue mani un atto da registrare in termine fisso) di esibire 
a detto ufficio una (seconda) copia del decreto con l'annotazione della 
mancata opposizione. 

Senza, dire, poi, che un'ulteriore riprova della esattezza di quanto 
sopra rilevato circa la giuridica impossibilit� di considerare come �registrato
�, agli effetti del termine prescrizionale, il decreto ingiuntivo per 
il solo fatto di essere stata per esso a1ssolta la prevista imposta fissa � 
data, sia pure in forma indiretta, dalla norma che sancisce la non detraibilit� 
dell'ammontare di tale imposta dalla maggior somma dovuta 
a titolo di imposta graduale. 

Quanto sopra detto porta a ritenere che a partire dal giorno di scadenza 
del termine fissato per l'opposizione il decreto non opposto deve 
essere considerato come un atto non registrato in precedenza, e perci� 
da registrare in via principale, e che, conseguentemente (a parte che in 
ogni caso il termine prescrizionale dovrebbe decorrere, ancorch� fosse 
applicabile la prescrizione triennale, non dalla data della registrazione 
ad imposta fissa ma da quella dell'adempimento delle formalit� stabilite 
tassativamente dal citato art. 28 del d. 1. n. 1531 del 1936, e perci� non 
suscettibili di sostituzione con equipollenti), la prescrizione per il pagamento 
dell'imposta graduale e delle relative penalit� � quella ventennale 
di �Cui all'art. 138 e non quella triennale di cui all'art. 137 1. r. ~ 

(Omissis). 


1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2566 -Pres. Rossano 
-Est. Arienzo -P. M. Mililotti (conf.). -SIAE (avv. Sorrentino) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
Imposta di ricchezza mobile -Presupposto del tributo -Provvi~ioni 
a favore della S.I.A.E. sui proventi riscossi -Costituiscono reddito 
tassabile. 

Imposta di ricchezza mobile -Spese pluriennali -Detraibilit� in pi� 
esercizi -Accantonamento di somme per costituire un fondo pensioni 
-Ripartizione dell'accantonai;nento in pi� esercizi -Detrazione 
della spesa nello stesso numero di esercizi. 

Presupposto dell'imposta di ricchezza mobile � la percezione di un 
reddito mobiliare netto da parte di qualunque soggetto, anche se realizzato 
da enti pubblici con un'attivit� non avente scopo di lucro, semprnch� 
non vi sia per determinazione legislativa coincidenza necessaria tra 
il �provento di una data attivit� e la spesa occorrente al suo esercizio. 
Conseguentemente � colpito dall'imposta di ricchezza mobile il reddito 
realizzato dalla SIAE con le provvigioni percentuali sulle somme riscosse 
ver conto degli iscritti (1). � 

Gli accantonamenti necessari per costituire una riserva matematica 
del fondo pensioni non costituiscono spesa incidente nell'esercizio in cui 
la costituzione della riserva � delib�rata, ma gravano sugli esercizi nei 
quali viene ripartito l'effettivo vers-amento, con il solo limite massimo 
che l'ammontare sia adeguato alla situazione giuridica dei dipendenti 
in ciascun periodo (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ri~orso incidentale, il cui esame 
� pregiudiziale in quanto, tendendo a negare la tassabilit� degli avanzi 
di gestione comporterebbe l'assorbimento della questione relativa alla 
tassabilit� delle somme accantonate per la riserva matematica del fondo 

(1-2) La prima massima riconf.erma un princ1p10 generale esatto e 
pacifico, che poi applica al reddito conseguito dalla S.I.A.E. attraverso la 
percezione di provvigioni percentuali sulle somme riscosse per conto degli 
associati. Degna di nota � l'affermazione che la norma dell'art. 62 del Regolamento 
11 luglio 1907, �n. 560 non � stata riprodotta nel t.u. del 1958 
per la sua superfluit� e che in conseguenza anche i contributi associativi 

(del che non si discuteva) darebbero luogo a reddito tassabile in mancanza 
di una norma di esenzione. 
1'l principio di cui alla �seconda massima era gi� stato affermato con la 
.sentenza 30 novembre 1968, n. 3859 (ivi, 1968, I, 1091). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1167 

pensione, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 3, 4, 7, 13 bis, 42 
e 43 dello Statuto della S.I.A.E., 2697 c. c. e 360 nn. 3 e 5 c. p. c. e, 
premesso che la S.I.A.E. ha carattere associativo e che i contributi versati 
dai soci costituiscono il mezzo per il raggiungimento dei fini dell'ente, 
sostiene la iI�.tassabilit�, ai sensi dell'art. 62 Regolamento 11 luglio 
1907, n. 560, dei residui attivi non potendo essere considerato corrispettivo 
o provvigione la spesa sostenuta dai soci per la produzione 
del proprio redito tassato a lor :carico, tanto pi� che gli avanzi di gestione 
non erano stati investiti in atti speculativi. 

La doglianza � infondata. 

La sentenza impugnata ha respinto la tesi della S.I.A.E., riprodotta 
col presente ricorso, ritenendo che le somme percentuali incamerate 
dalla ricorrente sui proventi riscossi per conto degli iscritti non hanno 
natura di contribuzioni, nel senso previsto dal citato art. 62, perch� esse 
hanno carattere di vere e proprie provvigioni in quanto rappresentano 
il corrispettivo di prestazioni rese ai soci. 

Tali conclusioni sono ineccepibili perch� alla stregua delle norme 
che disciplinano l'imposta di R. M., il presupposto per l'assoggettabilit� 
di un reddito al tributo mobiliare � la produzione del reddito stesso da 
parte di qualunque soggetto passivo di imposta, anche di un ente che, 
pur non avendo scopo di lucro, consegua utili da operazioni rivolte a 
produrre reddito. Invero, il r. d. 24 agosto 1877, n. 4021 non definiva 
il reddito di R. M. ma esaminava i fatti giuridici ed economici attraverso 
i quali poteva determinarsi se vi fosse o meno reddito assoggettabile 
ad imposta, comprendendo nella nozione di reddito, 'fra l'altro, i redditi 
procedenti da industrie, commerci, impieghi o professioni esercitate nello 
Stato (art. 3 �lett. d) e facendo salva, in ossequio al c. d. principio della 
:redditualit�, l'applicazione dell'imposta � su ogni specie di reddito non 
fondiario che si produca nello Stato o che sia dovuto da persone domiciliate 
o residenti nello stato� (lett. f). Nel precisare il principio cos� 
enunciato, il successivo art. 8 comprendeva nell'ambito dei redditi tassabili 
� non solamente i redditi certi ed in somma definita, ma anche 
quelli variabili ed eventuali derivanti dall'esercizio di qualsiasi professione, 
industria ed occupazione manufatturiera o mercantile, materiale 
-0d intellettuale�. Ai fini della sussistenza di un reddito tassabile non 
era posto, quindi, un riferimento limitativo alle attivit� commerciali o 
industriali aventi finalit� speculativa, come evidenziato dall'art. 3 1. 8 
giugno 1936, n. 1231, che considerava redditi anclfe �quelli occasionali 
comunque prodotti�, ed, ora, dal primo comma dell'art. 81 t. u. 1958, 

n. 645 per il quale � presupposto dell'imposta (di R. M.) � la produzione 
di un reddito netto, in danaro o in natura, continuativo od occasionale, 
derivante da capitale o da lavoro o dal concorso di capitale e lavoro, 
..ovvero derivante da qualsiasi altra fonte e non assoggettabile ad alcuna 

1168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle imposte previste nei titoli secondo, terzo e quarto � (imposta suf 

terreni, sui redditi agrari e 'Sui fabbricati). 

Il reddito mobiliare tassabile sussiste, cio�, per il fatto obiettivo� 
dell'incremento di valore concretl;/-mente determinabile in danaro che si 
verifichi nel patrimonio di una persona o di un ente, nel periodo stabilito 
dalla legge, in dipendenza del capitale o dell'attivit� umana, che ne costituiscono 
i presu:i;>posti. Infatti, il 2� comma dell'art. 81 t. u. 1958, n. 645 
richiede l'esistenza dell'intento speculativo soltanto nel caso della realiz.
zazione di plusvalenze da parte di chiunque, con implicito riferimento 
a tutti i soggetti non organizzati per l'esercizio di una determinata attivit�. 
Pertanto, i presupposti per la tassabilit� del reddito mobiliare sono 
la nuova ricchezza e la sua derivazione da una fonte produttiva. In armonia 
con le disposizioni legislative � pacifico in giurisprudenz� che � assoggettabile 
all'imposizione di R. �M. ogni reddito mobiliare netto, inteso� 
come l'incremento verificatosi nel patrimonio di una persona in conseguenza 
di un introito depurato dalle spese di produzione, e che l'appli


cazione dell'imposta � esclusa quando, per determinazione legislativa, vi 

sia coincidenza necessaria tra il provento di una data attivit� e le spese� 

occorrenti al suo esercizio. 

Alla stregua di questo principio deve essere esaminato il secondo 

comma dell'art. 62 Reg. 11 luglio 1907 n. 560, n_on pi� riprodotto nel


l'attuale testo unicp per la sua superfluit�. La citata norma escludeva 

dalla imposizione le societ� costituite senza scopo industriale, le cui 

fonti di sostentamento sono unicamente le contribuzioni dei soci, che� 

si limitano ad erogare tali contribuzioni in opere o atti filantropici, 

scientifici, letterari o di mero consumo o diletto e, in generale, in opera


zioni non produttive di reddito, riaffermandone, al tempo stesso, l'assOg


gettabilit� ad imposta � qualora posseggano o producano redditi deri


vanti sia, da capitale contrtbuito, sia da qualunque altra origine in qua


lunque forma o con qualunque destinazione y,., In tale ampia fo�rmula 

rientrano anche i redditi aventi la loro origine in una norma di legge pur 

se non destinati ad incremento del patrimonio o ai fini speculativi. 

Ci� posto, non pu� revocarsi in dubbio la tassabilit� delle somme 

percentuali incamerate dalla S.I.A.E. sui provventi riscossi per conto 

degli iscritti. Tali somme sono dovute alla S.I.A.E. per l'attivit� che 

svolge per la tutela delle opere dell'ingegno e dei redditi connessi nel


l'interesse dei soci e degli isc?tti (art. 4 dello Statuto), i quali sono 

tenuti a corrispondexe, oltre le quote annue di associazione, anche, me


diante trattenute, � provvigioni � sulle somme riscos�se dalla Societ� nel


l'espletamento dei suddetti compiti (art. 12 dello Statuto). I proventi 

dalla S.I.A.E. sono costituiti, quindi, dai �contributi � dovuti dai soci, 

enti o singoli, dalle � rendite � da qualunque somma spettantele per la 

propria attivit�, e � dalle provvigiQni sui servizi � (art. 55 dello Sta


;.�. 

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PARTE I, SEZ�. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA JJ69 

tuto). Orbene, contrariamente all'assunto della ricorrente, come � reso 
palese anche dalla terminologia delle 1citate norme dello Statuto della 
:S.I.A.E. e dalla natura stessa di corrispettivo per un servizio reso ai 
.soci, le percentuali riscosse dalla Societ� non possono considerarsi .quote 
associative o volontarie elargizioni dei soci, che, peraltro, in mancanza 
<li una norma di esenzione oggettiva e soggettiva dell'ente sarebbero 
tassabili depurate delle spese, ma debbono qualificarsi, sul piano economico 
giuridico, come �corrispettivo della prestazione dei servizi individualmente 
resa a ciascun socio rispetto alla quale sono in diretto e 
proporzionale ra'Pporto ,sinallagmatico. Tali provvigioni, inoltre, non 
possono ritenersi spesa sostenuta dai soci per la produzione del reddito 
atteso che, nei �confronti della SIAE, si pongono come corrispettivo della 
prestazione della sua opera, e, quindi, l'eccedenza dell'incasso rispetto 
alle spese, costituisce, a sensi dei principi sopra enunciati, reddito tassabile 
ricorrendone i presupposti di nuova ricchezza e di derivazione 
da attivit� produttiva e non sussstendo alcun obbligo a carico del:la 
SIAE di far coincidere le entrate con le spese anche mediante il trasfe.
rimento degli avanzi di gestione degli esercizi precedenti nei bilanci di 

quelli successivi. 

Deve affermarsi, quindi, il principio che il presupposto dell'assog
�gettabilit� al tributo di R. M. � la produzione di un reddito da parte 
di qualunque soggetto passivo di imposta, anche da parte di un ente 
che, pur non avendo scopo di lucro, consegua utili da operazioni rivolte 
.a produrre un reddito. Pertanto, le eccedenze dell'incasso rispetto alle 
spese, delle somme incamerate dalla SIAE come provvigioni sui servizi 
individualmente resi ai soci per la tutela delle opere dell'impegno 
e dei diritti ad esse connesse, son.o assoggettabili al tributo di R. M. 

Con i due motivi del ricorso principale, l'Amministrazione delle 
Finanze, sotto il p:i;ofilo della violazione degli artt. 32 t. u. 214 agosto 
1877, n. 4021, 8 giugno 1936, n. 1231, 18 gennaio 1942, n. 5 convertita 
nella 1. 2 ottobre 1942, n. 1251, 97 t. u. 29 gennaio 1958, nn. 645 e 360 
nn. 3 e 5 c. c., sostiene 1che la sentenza impugnata abbia errato; 1) nel 
ritenere detraibili le somme di L. 60.000.000 e 106.000.000 erogate, 
oltre le annualit� di L. 108.000.000, rispettivamente per il 1951 e il 
1952 per la costituzione della riserva matematica del fondo pensione 
.assumendo che dette maggiori sornrne dovevano es1sere escluse dalla 
detr:azione perch� non comprese nelle quote annuali; 2) nel far riferimento 
alle norme dello Statuto del Fondo Pensione e nel fraintendere 
l'assunto dell'Amministrazione cir�ca la regolarit� delle riserve per i 
dipendenti in ruolo dopo il 1951. 

Le doglianze 1sono infondate. La sentenza impugnata ha rilevato 
che in terna di spese pluriennali sussiste il principio, non contestato 
dalla ricorrente, che l'esenzione � concessa, in base alla regola dell'autonomia 
dei bilanci, nei limiti delle quote imputabili a ciascuno 


1170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

degli esercizi finanziari interessati. Ed ha aggiunto che tale regola 
subisce deroga (art. 8, comma ,secondo, r. d. 1. 8 gennaio 1942, n. 5) 
nel caso in cui l'impegno pluriennale di spesa concerna esercizi finanziari 
precedenti a quello nel corso del quale sorge la relativa obbligazione. 
Nel caso di specie, allorch� nel 1951 fu istituito il fondo pensione 
lo Statuto regol�, ai fini interni dell'ente, la costituzione delle riserve 
matematiche necessarie. Orbene, su tali premesse di fatto, che non 
possono censurarsi in questa sede nel merito, ineccepibili sono le conclusioni 
cui � pervenuta la sentenza impugnata, di ritenere detraibili, 
oltre alla quota annua di L. 108:400.000, anche le altre somme versate 
in eccedenza al fondo, atteso che l'art. 30 dello Statuto, che aveva distribuito 
gli accantonamenti in uno spazio di tempo, non poteva comportare 
un ripristino dell'autonomia dei bilanci a favore della Finanza riferendosi 
gli accantonamenti al personale gi� in servizio. In tal senso ha 
deciso, in analoga fattispecie ques.to S. C. (Cass. 30 novembre 1968, 

n. 3.858) affermando che gli accantonamenti necessari per adeguare il 
fondo speciale di pensione ad una nuova situazione giuridica ed economica 
del personale non aostituiscono �spesa incide~te nell'esercizio in 
cui la modificazione ha luogo, ma vanno riferite a tutti i successivi 
esercizi nei quali viene ripartito dall'imprenditore l'onere relativo con 
il sol� limite massimo, ai fini dell'imposizione di R. M., che l'ammontare 
sia adeguato alla situazione giuridica dei dipendenti in ciascun esercizio. 
Nel caso in esame, sussistendo tutti i presupposti di merito per il 
versamento delle suddette somme eccedenti la quota annuale, non poteva 
essere contestata la loro detrazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2567 -Pres. Rossano 
-Est. Montanari Visco -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Galle.ani) c. Banco di Sicilia (avv. Ferri). 

Imposta di registro -Privilegio -Priorit� sulle ipoteche -Ipoteche 
iscritte anteriormente -Esclusione. 

n privilegio che assiste ii credito dello Stato per l'imposta di registro 
non prevale suLle ipoteche anteriormente iscritte, in quanto fra i 
diritti che i terzi hanno acquistlato anteriormente sugli immobili che a 
norma dell'art. 2772 non sono plJ'egiudicati dal privilegio speciale, sono 
compl/'esi anche i diritti reati di garanzia (1). 

(1) Decisione in netto contrasto con l'altra, pur recente, 14 dicembre 
1971, n. 3637 (in questa Rassegna, 1972, I, 134), la motivazione della quale 
sembra pi� convincente. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1171 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente deduce la violazione 

e falsa applicazione degli artt. 2748 c. c., 2772 c. c., 2808 c. c., 2741 c. c. 

97 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro) e 112 I. 25 giugno 

1943, n. 540 sulle imposte ipotecarie (art. 3,50 n. 3 c. p. c.). 

In particolare la ricorrente assume che � errata l'interpretazione 

del Tribunale di Palermo secondo cui tra i diritti che i terzi hanno 

anteriormente acquistato sugli immobili e in pregiudizio dei quali non 

pu� esercitarsi, a norma dell'art. 2772 c. c., il privilegio fiscale possono 

es.sere comprese anche le ipoteche. 

Il vigente Codice civile configurerebbe l'ipoteca non gi� come di


ritto reale ~ diritto sulla cosa, bens� soltanto �come causa legittima 

di prelazione. All'espressione � diritti acquistati dai terzi � sugli iiruno


bili dovrebbe attribuirsi il significato di veri diritti reali e cio� aventi 

ad oggetto un bene. 

Si deve pregiudizialmente esaminare l'eccezione del controricor


rente Banco di Sicilia, se,condo cui il ricorso in esame sarebbe intem


pestivo e quindi inammissibile, essendo stato proposto oltre il termine 

di 30 giorni dal deposito del piano di riparto in sede fallimentare. 

L'eccezione non pu� trovare accoglimento in quanto questa Suprema 
Corte ha gi� affermato (cfr. sent. n. 605 del 1970) che il termine 
per proporre il ricorso per cassazione a sensi dell'art. 111 della Costi. 
tuzione contro il decreto, che il Tribunale fallimentare pronuncia sul 
reclamo avverso i .provvedimenti del giudice delegato, � quello ordinario 
di giorni .sessanta, a decorrere dalla pubblicazione del decreto stesso. 

Passando all'esame del ricorso, si deve rilevare che l'unico motivo 

con esso dedotto � infondato. 

L'art. 2748, secondo comma cod. civ. stabilisce espressamente che 

i creditori che hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai 

creditori ipotecari soltanto se la legge non dispone diversamente. Esat


tamente nella motivazione del provvedimento impugnato � stato affer


mato che un'eccezione al principio generale della prevalenza del privi


legio speciale immobiliare sull'ipoteca � contenuta nel primo comma 

dell'art. 2772 c. c., laddove stabilisce che il privilegio, che assiste i 

crediti dello Stato per ogni tributo indiretto sopra gli immobili ai quali 

il tributo si riferisce, non si pu� esercitare in pregiudizio dei diritti che 

i terzi hanno anteriormente acquistato sugli iirunobili. Non pu�, invero, 

fondatamente negar.si che l'ipoteca abbia, anche secondo il vigente co


dice civile, carattere reale. Per quanto l'istituto in questione abbia tro


vato una collocazione sistematica tra le cause di prelazione dei crediti 

e bench� l'art. 2741, secondo comma, c. c. definisca l'ipoteca quale causa 

legittima di prelazione, accanto al pegno e ai privilegi, deve conside


rarsi .che l'art. 2808, nel disciplinare il contenuto e gli effetti del diritto 

che si costituisce in favore del creditore con l'ipoteca, sancisce espres


samente che sui beni assoggettati ad ipoteca sorge un vincolo a garanzia 


1172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei crediti e stabilisce inoltre che il diritto del creditore di espropriare 
il bene vincolato � attribuito anche in confronto del terzo acquirente. 
Sussistono pertanto, in modo evidente, i connotati di inerenza al bene 
e di assolutezza, tipici dei diritti reali. 

Si deve aggiungere che l'art. 2772, primo comma, c. c., nel fare rife:
rimento ai diritti acquistati anteriormente dai terzi sugli immobili e 
nell'escludere per essi la normale pr~valenza del privilegio immobiliare, 
non distingue tra diritti reali di godimento e diritti reali di garanzia. 
Non si ravvisa una particolare �ratio�, tale da giustificare sul piano 
Jogico la discriminazione prospettata dall'Amministrazione delle Fi.
nanze. 

Neppure pu� trarsi argomento, ai fini di un'interpretazione con-
traria, dal secondo comma del citato art. 2772, il quale dispone che il 
privilegio immobiliare dello Stato, per quanto riguarda "l'imposta di sue
� cessione, non ha effetto a danno dei creditori del defunto che hanno 
iscritto la loro ipoteca nei tre mesi dalla morte di lui. Trattasi di una 
,disposizione eccezionale che, per il caso .particolare e nei limiti sopra 
indicati, sancisce addirittura una prevalenza della ipoteca anche rispetto 
.a un privilegio sorto anteriormente all'iscrizione �di essa. -(Omissis). 

:CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2577 -Pres. Giannattasio 
-Est. Granata -P. M. De Marco (conf.). -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Coronas) c. Banca Rasini (avv. Bianchi). 

_Imposta di re~istro -Societ� per azioni -Unico azionista -Trasferimento 
del pacchetto azionario -Imposta di trasferimento sui beni 
della societ� .., Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 88 e 108). 
Il trasferimento delle azioni � sempre soggetto al tmttamento tribu


tario previsto daU'art. 108 tariffa A della legge di registro, anche quan..
do riguarda il trasferimento dell'intero pacchetto azionario ad un unico 
azionista (1). 

(1) La decisione non esita a dichiarare che l'unicit� dell'azionista non 
.modifica in alcun modo il regime tributario del trasferimento delle azioni. 
Invero qualche dubbio potrebbe pur nascere per�h� fa societ� con unico 
-azionista, anche se pu� esistere per la legge civile, � indubbiamente una 
societ� particolare (art. 2362 e.e.) senza un'assembl-ea, nella quale la distin


.zione tra ente sociale e persona del socio � meno netta. 

E' indubbiamente esatta la considerazione che se per l'art. 88 della tariffa 
A della legge di registro l'assegnazione ai �soci di beni a seguito di 
:scioglimento delle societ� per azioni � soggetta alla imposta proporzionale di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1173 

(Omissis). -Con l'unico complesso motivo di ricorso, l'Amministrazione 
delle Finanze dello Stato, denunziando violazione degli artt. 8, 
11, 12, 46, 48 della I. 30 dicembre 1923, n. 3269 sull'imposta di registro 
e 1, 4, 11 della I. 25 giugno 1943, n. 540 sulle imposte ipotecarie, nonch� 
deficienza di motivazione su punti decisivi della controversia, 
sostiene che erroneamente la Corte del merito ha escluso l'assoggettabilit� 
degli atti in questione alle imposte di registro e di trascrizione 
riguardanti i trasferimenti dei cespiti immobiliari. 

E deduce, in particolare, a conforto di tale assunto: a) che il principio 
civilistico secondo cui la cessione del pacchetto azionario non equivale 
a trasferimento del patrimonio sociale non pu� trovare applicazione 
in materia di impost� di registro e ipotecarie, giacch� nelle relative 
leggi il socio � considerato, potenzialmente, proprietario di una 
quota parte del patrimonio della societ� e quando (come nella specie) 
sia unico socio � potenzialmente considerato unico proprietario del 
patrimonio stesso; b) che, ai sensi dell'art. 8 della legge di registro, 
la Corte del merito avrebbe dovuto tener conto della efficacia strumentale 
degli atti e quindi della effettiva possibilit� di conseguire con essi, 
il trasferimento del patrimonio sociale; e) che la Corte stessa non ha 
esattamente interpretato la clausola n. 5 degli atti in contestazione, con 
la quale si da atto del trasferimento alla Banca cessionaria �di tutti 
gli elementi attivi e passivi della Societ� afferenti alle azioni acquistate
�. 

Tali censure sono prive di fondamento. 
Invero, mentre deve tenersi per fermo, come la stessa ricorrente 
riconosce, che secondo i principi di diritto comune il trasferimento delle 

trasferimento, si deve escludere, diversamente da quanto accade nel-le societ� 
di persone, che i soci possano considerarsi come proprietari, anche 
potenziali, del patrimonio sociale; e del pari esatta � l'ulteriore considerazione 
dell'altra sentenza 11 novembre 1969, n. 3672 (Riv. leg. fisc., 1969, 
601) che la concentrazione delle azioni in un unico socio non esclude che il 
successivo atto con cui si concentrano nello, stesso unico socio i beni del 
patrimonio (cio� l'atto di assegnazione di beni a seguito di scoglimento) 
sia soggetto ad autonoma tassazione come atto di trasferimento. 

Ci� tuttavia non esaurisce il problema. L'atto di assegnazione dei beni 
pu� non intervenire e la societ� con unico socio pu� sopravvivere a tempo 
indefinito e l'intero pacchetto azionario pu� essere trasferito pi� volte 
sempre in favore di una sola persona; questi trasferimenti producono l'effetto 
sostanziale di un trasferimento di beni in una maniera non molto 
dissimile dal trasferimento della quota di societ� di persone; la posizione 
del socio unico azionista con responsabilit� illimitata non � molto diversa 
dalla posizione del 1socio di societ� di persone che ha egualmente una autonomia 
patrimoniale rispetto aUa quale la responsabilit� del socio � sussidiaria. 


Le considerazioni fatte sull'art. 88 della tariffa A sono in ogni caso 
utili per l'altro problema, che si pone in modo esattamente inverso, del 

19 



1174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
azioni o delle quote di una societ� di capitali non implica il trasferimento 
del patrimonio sociale (ch� rimane di propriet� della Societ�), 
si deve escludere, in riguardo alla prima censura, che dalle leggi sulle 
imposte di registro e ipotecarie possa ricavarsi un diverso principio, 
applicabile in materia �tributaria. 
In primo luogo, difatti, � da osservare che l'art. 108 della Tariffa 
(ali. A) della Legge di Registro, nello stabilire per gli atti pubblici e 
per le scritture private di negoziazione di azioni di societ� una determinata 
imposta, riconosce esplicitamente, con ci� stesso, una autonoma 
individualit� a siffatti negozi giuridici. E l'art. 88 della stessa 
Tariffa, stabilendo particolari aliquote per gli atti di .assegnazione ai 
soci di beni mobili o immobili in seguito a scioglimento e liquidazione 
delle societ�, porta ad escludere che i soci stessi siano considerati, in 
materia fiscale, proprietari originari del patrimonio sociale. 
N� tali principi (.applicabili, per quanto si � detto, sia nei rapporti 
di diritto privato sia in materia tributaria) trovano deroga nella ipotesi 
di alienazione dell'intero pacchetto azionario, giacch�, come questa 
Corte ha costantemente rilevato (cfr. Ca~. 19 luglio 1950 n. 1983 . e, 
da ult. 11 novembre 1969 n. 3672), con tale alienazione si trasferiscono 
pur sempre dei diritti di partecipazione e non gi� dei diritti reali sul 
patrimonio sociale, per il quale i poteri di disposizione restano all'ente 
sociale; ed � manifesto che, diversamente opinando, si configurerebbe, 
con evidente sovvertimento di indiscussi principi, la possibilit� che 
l'ente sociale resti privo del proprio patrimonio o si annullerebbe la necessaria 
separazione tra patrimonio sociale e patrimonio personale dell'azionista 
unico. 
Per quanto riflette, poi, la seconda censura, non pu� essere conciiviso 
l'assunto secondo cui, per valutare la fondatezza della pretesa 
fiscale, si dovrebbe tener conto, in applicazione dell'art. 8 della Legge 
di� Registro, del risultato economico raggiunto dai contraenti, consistente 
trasferimento di quote di socie.t� di persone; a questo proposito la pi� recente 
giurisprudenza ragiona diversamente e tende ad assimilare la quota 
sociale all'azione (facendo leva sul principio della autonomia patrimoniale 
delle societ� e della responsabilit� solo sussidiaria del socio) per concludere 
che la quota sociale va tassata secondo il valore netto � che rispecchia 
la situazione economica della societ� e quindi esprime un valore concreto 
al 'netto degli oneri. (v. C. BAFILE, Le quote di societ� di persone neWimposta 
di registro, in questa Rassegna 1971, I, 649). Se si compie uno sforzo 
per avvicinare la quota delle societ� di persone all'azione, bisogna compierlo 
anche, all'inverso, per avvicinare la posizione dell'unico azionista 
al socio di societ� di persone; se invece esiste una nettissima separazione 
tra i due tipi di societ�, ed a ci� si fa ricorso quando si ragiona della 
societ� per azioni, non bisognerebbe dimenticarlo quando si discute della 
societ� di persone. 
C. BAFILE ~:: 
i.~~ 
~~ 
~:: 
r.:: 
~:~ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1175 

nell'effettivo trapasso del patrimonio sociale. Invero, secondo la costante 
giurisprude:t;1.za in questa Corte, che deve essere anche ora, ribadita, 
in� mancanza di elementi che inducano a un diverso indirizzo 
(cfr. da ult. sent. 8 ottobre 1970, n. 1850), il processo di imposizione 
dei tributi di cui trattasi (per quanto essi siano diretti a colpire taluni 
atteggiamenti della ricchezza e costituiscano quindi. fenomeni essenzialmente 
economici) � disciplinato in modo da svolgersi e attuarsi sopra 
atti giuridici, onde la imposta incide bens� sugli effetti economici dell'atto, 
ma in quanto essi abbiano carattere di effetti giuridici. 

E, nella specie, si deve escludere, per quanto si � detto, che tra 
gli effetti giuridici dell'alienazione del pacchetto azionario possa essere 
annoverato il trasferimento del patrimonio sociale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2578 -Pres. Favara Est. 
Della Valle -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Comune di Chianciano Terme (avv. Fanti). 

Imposte e tasse in genere -Concetto di tributo -Canoi:i-e corrisposto 
al Comune di Chianciano dalla Societ� concessionaria delle terme 
demaniali -Non ha natura tributaria. 

Imposta di ricchezza mobile -Canone corrisposto al Comune di Chianciano 
dalla Societ� concessionaria delle terme demaniali -Entrata 
di diritto pubblico -Non � tassabile. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81 e 85). 
I prov�nti che il Comune di Chianciano percepisce dalla Societ� 
Terme di Chianciano (trattasi dell'onere assunto dalla Societ� nei confronti 
dell'Amministrazione dello Stato, proprietaria concedente della 
stazione termale, di corrispondere una parte degli utili al Comune affinch� 
questo provveda a perfezion�re e mantenere in efficacia i suoi servizi) 
non hanno natura di entrata tributaria, non trovando essi la loro fonte 
nella legge (1). 

(1-2) La decisione ricalca fedelmente l'altra delle Sez. unite 11 giugno 
1971, n. 1745 (in questa Rassegna 1971, I, 1157) pronunciata riguardo ai 
proventi de1l Comune di S. Remo per l'esercizio della casa da gioco. Sulla 
prima massima non vi � nulla da osservare. Sulla seconda invece, l'enunciazione, 
che si presta anche a generalizzazioni, desta perplessit�. La natura 
pubblicistica dell'entrata, destinata, �come tutte le entrate degli enti pubblici, 
a soddisfacimento di bisogni pubblici, non basta da sola ad escludere 
l'imposizione col tributo di ricchezza mobile; non sembra nemmeno accettabile 
l'affermazione che l'imposta colpisca soltanto l'aumento di ricchezza 



1176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I detti proventi, tuttavia, costituendo una entrata pubblicistica soggetta 
al controllo dello Stato a destinazione vincolata (con.corso nella 
spesa di �valorizzazione del complesso termale), non sono soggetti all'imposta 
di ricchezza mobile in quanto non determinano un reddito tassabile, 
da intendere come un aumento di ricchezza proveniente da energie e 
forze produttive identificabili nel capitale e nel lavoro, separatamente 

o congiuntamente operanti (2). 
(Omissis). -Con un unico complesso motivo 1'Amministrazione ricorrente, 
denunciando la violazione degliartt. 2, 3 e 5 t. u. 24 agosto 1877, 

n. 4021, nonch� del d.1.c.p.s. 18 settembre 1947, n. 1612 (ratificato con 
legge 28 dicembre 1952, n. 4417) in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c., 
si duole che la Corte d.i Firenze abbia escluso l'imponibilit� di R.M. sulle 
somme percepite dal Comune di Chianciano Terme in forza della c�nvenzione 
19 dicembre 1946 approvata con d.c.p.s. del 18 febbraio 1947, 
n. 1612, sull'erroneo presupposto �he si tratti di entrata di natura tributaria 
come che prevista da una convenzione tradotta successivamente 
in un formale provvedimento legislativo. 
All'uopo, richiamata la distinzione esistente, agli effetti della applicazione 
della imposta di R.M. ai Comuni, alle Provincie ed agli altri Enti 
pubblici, tra le � entrate tributarie � (imposte, tasse e contributi o tributi 
speciali) e le �entrate patrimoniali�, e premesso che solo queste ultime 
sono soggette al tributo mobiliare mancando nelle altre il richiesto carattere 
di � reddito �, la ricorrente osserva che per distinguere in modo 
sicuro le � entrate tributarie � (e, cio� le prestazioni patrimoniali che sono 
stabilite in virt� del potere d'imperio dello Stato, o degli altri Enti 
territoriali o istituzionali cui � -concesso il medesimo potere, e che, in 
quanto trovano nella legge la loro unica fonte, non costituiscono, quant� 
meno in via esclusiva, il corrispettivo di una prestazione resa al privato 
ma sono dovute, per il solo obiettivo verificarsi dello stato di fatto dalla 
legge stessa ipotizzato ai fini dell'imposizione, da coloro che si trovano 
con tale stato nella relazione prevista) -dai � proventi � e dai � corrispettivi 
di un'attivit� economica del Comune, della Provincia o del-

promanante da energie e forze produttive, cio� da capitale �e lavoro separatamente 
o congiuntamente operanti. 

E' proprio la S.C. che con sentenza quasi coevca (27 �luglio 1972, n. 256-6, 
in questo fascicolo, retro) ha insegnato che presupposto del tributo non 
� soltanto H pi� tipico reddito derivante da capitale e lavoro, ma anche 
ogni altro reddito netto non soggetto ad altra imposta diretta realizzato 
da qualunque soggetto, anche pubblico ed anche con attivit� non avente 
scopo di lucro. Nella questione di specie, del tutto particolare, molte ragioni 
potevano essere adottate per l'una o per l'altra tesi, ma non sembra 
che la soluzione potesse� ricercarsi in un principio pi� generale che escluderebbe 
la tassabilit� degli incrementi di ricchezza derivanti da una fonte 
diversa da capitale e lavoro. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ll77 

l'Ente pubblico� � necessario esaminare �l'entrata�. sotto il duplice 
aspetto �strutturale� e �finalistico�, sol0 allora potendosi parlare di 
�entrata tributaria�, quando, da una parte, -sotto il profilo strutturale 
-il rapporto da cui essa deriva, in quanto trova nella legge il suo 
unico fondamento e prescinde dall'esistenza di una qualsiasi � situazione 
negoziale� tra l'obbligato e l'Ente beneficiario della prestazione, si presenti 
con le caratteristiche proprie che si collegano all'esercizio della 
potest� di imperio, anche e soprattutto per ci� che attiene alla esecutivit� 
della pretesa dell'Ente, e, dall'altra, -sotto il profilo finalistico, -essa 
entrata sia rivolta alla soddisfazione di esigenze pubbliche generali 
( � imposta �) o all'esplicazione di servizi pubblici indivisibili ( � tributi 
speciali o contributi�), ancorch� destinati talvolta a giovare pi� specialmente 
a particolari soggetti (�tasse�). 

E sulla base di tale distinzione e dei criteri di discriminazione indicati 
sostiene che nella entrata di cui si discute manca del tutto l'aspetto 
strutturale che � proprio del rapporto tributario, a nulla rilevando che 
la convenzione del 1946 sia stata ad altri fini -(per rimuovere cio� 
eventuali impedimenti alla validit� dell'impegno da parte dello Stato) approvata 
con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato, e 
risultando, per converso, evidente dalle � disposizioni � e dalla � premessa 
� di detta convenzione che la pretesa del Comune e gli obblighi 
della societ� Terme di Chianciano e dello Stato (proprietario della Stazione 
Termale) trovano titolo entrambi in un rapporto obbligatorio di 
diritto comune, quale � indubbiamente la pattuizione a favore del terzo 
(Comune di Chianciano Terme) inserita nella convenzione concernente 
la concessione della gestione dell'azienda patrimoniale dello Stato. 

A conclusione negativa l'Amministrazione ricorrente previene anche 
per quanto concerne il profilo finalistico dell'entrata, risultando, a suo 
avviso, dalla � premessa � della convenzione che il riconoscimento al 
Comune della � compartecipazione agli utili di gestione � fu suggerito, 
pi� che dalla � necessit� di potenziare ed incrementare i servizi pubblici 
di interesse generale�, dalla �opportunit� e convenienza� di mettere il 
Comune stesso in �condizioni di � realizzare tutte quelle provvidenze che 
fossero apparse rispondenti alle effettive necessit� della stazione di 
cura�. 

All'argomento della Corte di Firenze secondo cui gli introiti in 
oggetto non costituirebbero redditi imponibili in quanto non deriverebbero 
da � u~'attivit� produttiva svolta dal Comune�, la ricorrente 
oppone poi: 

1) che in base al disposto degli artt. 3 e 5 del t.u. 24 agosto 1877, 

n. 4021, all'epoca vigente, -cos� come in base ai corrispondenti artt. 81, 
85 e 86 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 -, devesi ritenere compresa nel 
concetto di �reddito� qualsiasi entrata anche non derivante da capitale 
o da lavoro o dal concorso di capitale e lavoro; 

1178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2) che gli introiti di cui trattasi, in quanto non hanno natura tributaria, 
non derivano da una partecipazione del Comune al capitale della 
s.p.az. Terme di Chianciano e non hanno luogo � nell'ambito di un 
sinallagma (opere contro �corrispettiv-0 monetario)� ma sono effettuati, 
nei limiti della durata d,�lla convenzione e delle sue eventuali proroghe, 
in virt� di una pattuizione a favore di terzo inserita, in posizione accessoria, 
in un regolamento convenzionale dei rapporti tra Stato e societ� 
Terme di Chianciano, � subordinatamente peraltro all'adempimento da 
parte del Comune di un preciso onere (un certo impiego delle �somme 
ricevute)�, debbono essere inclusi tra i �redditi temporali misti�, assoggettabili 
come tali all'imposizione tributaria, stante la loro innegabile 
affinit� a quelli derivanti da un� � rendita temporanea � costituita da 
due soggetti a favore di un terzo in vista del loro interesse a -che tale 
terzo beneficiario compia determinate attivit�. 

Come ultimo argomento a sostegno della tesi propugnata aggiunge 
infine che un'ulteriore prova dell'irrilevanza del � momento della attivit� 
economica produttiva � sulla fattispecie costitutiva del credito d'imposta 
� agevolmente desumibile dal fatto che in realt� l'imposizione diretta 
non colpisce la produzione in s� considerata ma colpisce l'aumento della 
capacit� contributiva derivante dal conseguimento di una ricchezza co,
munque ottenuto. 

La doglianza non pu� essere accolta. 

Tralasciando questi ultimi tre rilievi, la cui inaccettabilit� appare 
manifesta soltanto che si consideri, quanto al primo, che, col sostituire 
alla classica espressione(� redditc;> prodotto�) usata nell'art. 3 della legge 
fondamentale 24 agosto 1�877, n. 4021 la nuova espressione �produzione 
di reddito�, l'art. 81 del t.u.i.d. 29 gennaio 1958, n. 645, lungi dall'eliminare 
ogni e qualsiasi riferimento al � redidto prodotto�, ha inteso 
soltanto _,_ come risulta dai favori preparatori e come � stato osservato 
dalla pi� recente dottrina -subiettivare, per cos� dire, il momento della 
�produzione del reddito�, estendendo poi il concetto di reddito imponibile 
a taluni incrementi patrimoniali dovuti alla presenza di fatti tassativamente 
indicati (le cosiddette � plusyalenze �, ritenute assoggettabili 
all'imposizione tributaria in vista dell'intento speculativo da cui � mosso 
il soggetto che le realizza); quanto al secondo, che il fatto di trovare la 
'1oro fonte genetica in un regolamento convenzionale intervenuto � inter 
alios � -(lo Stato e la societ� Terme di Chianciano) -per disciplinare 
i loro reciproci rapporti non � per s� sufficiente a fare ritenere assimilabili 
le entrate di cui trattasi ad una � rendita temporanea � costituita 
da due soggetti a favore di un terzo in vista del loro interesse a che 
quest'ultimo .compia determinate attivit�; e quanto al terzo, infine, che 
se � vero che l'imposizione diretta colpisce in sostanza, l'aumento della 
capacit� contributiva derivato dagli incrementi patrimoniali verificatisi 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1179 

nell'economia di un determinato soggetto non � tuttavia meno vero che la 
imposta di R.M. ha pur sempre come suo presupposto imprescindibile 
la esigenza di definire il �reddito� formante oggetto del tributo attraverso 
la identificazione e l'accertamento di quei particolari fatti e situazioni 
che ne rendono legittima l'applicazione; non � infatti seriamente 
sostenibile che le somme erogate dalla societ� Terme al Comune di 
Chianciano debbano essere ricondotte, nonostante la singolarit� degli 
elementi genetici e funzionali che le caratterizzano, nell'ambito di quei 
� proventi diversi � che i Comuni e le Provincie percepiscono in taluni 
casi come corrispettivo di uri prestazione data al privato o, comunque, 
pi� genericamente, di un'attivit� economica svolta. 

Gi� altre volte questa Suprema Corte ha avuto occasione di pronunciarsi 
sulla natura giuridica dei versamenti che i concessionari di determinate 
attivit� imprenditoriali sono tenuti ad effettuare sotto le forme 
pi� varie (contributo fisso annuo, canone mensile, compartecipazione 
sugli utili, ecc.) ai Comuni in ottemperanza all'obbligo' fattogliene dallo 
Stato nel decreto di concessione. 

In allora si � trattato, per vero, di stabilire quale trattamento fiscale 
dovesse essere fatto ai versamenti periodici effettuati al Comune di Sanremo 
dalla Societ� concessionaria dell'esercizio della locale casa da 
gioco; m� la sostanziale analogia con la fattispecie formante oggetto del 
presente giudizio rende utile richiamare le argomentazioni addotte da 
questa Suprema Corte a sostegno delle pronunce emesse. 

Dopo avere, in una lontana sentenza del 1936, dichiarato che, agli 
effetti della registrazione dell'atto di concessione, il canone dovuto al 
Comune dalla societ� concessionaria dell'esercizio della casa da gioco, 
� ha, nel suo intrinseco, natura tributaria � in quanto si ricollega ad un 
servizio assunto in regime chiaramente monopolistico (Cass. 7 febbraio 
1936, n. 46.2), e dopo avere, in una successiva sentenza del 1953, ribadito 
la validit� di tale affermazione, negando peraltro che carattere tributario 
potesse essere invece riconosciuto ai proventi percepiti dal Comune 
dall'esercizio diretto del gioco � (Cass. 17 ottobre 1953, n. 3419), questa 
Suprema Corte, riprendendo recentemente in esame -con sentenza 
11 giugno 1971, n. 1745 -il problema sotto H profilo dell'applicabilit� 
della imposta di R.M. a detto �canone�, � andata in diverso avviso, 
rilevando che a �porre in dubbio � la gi� ritenuta natura tributaria sta 
la mancanza di una legge .che, in applicazione dell'art. 23 della Costituzione, 
preveda un siffatto tributo, non potendosi ritenere tale n� il 

r.d.m. 22 dicembre 192'7, n. 2448, col quale fu esplicitamente data facolt� 
al ministro per l'interno di autorizzare, in termini volutamente generici, 
il Comune di Sanremo ad addottare � i provvedimenti necessari all'assestamento 
del proprio bilancio, anche in deroga alle leggi vigenti�, 
senza a�ccennare minimamente all'esercizio del gioco d'azzavdo, � n� i 

llSO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

successivi decreti ministeriali 4 gennaio . 1928 e 9 gennaio 1932, nei 
quali, oltre alla autorizzazione all'esercizio del gioco d'azzardo nel 
Casin� Municipale, null'altro si rinviene che possa fare fondatamente 
pensare che in effetti con essi -(aventi peraltro natura di atti amministrativi 
o, tutto al pi�, di regolamenti delegati) -si sfa voluto istituire 
un tributo in senso proprio e se ne sia voluto anche dettare la 
disciplina. 

Ha ancora aggiunto questa Corte che la convenzione relativa al co;ntratto 
intervenuto tra il Comune e la societ� concessionaria, pure traendo 
la sua ragion d'essere da provvedimenti governativi e legislativi, non 
� tuttavia essa stessa una legge; che a nulla rileva che nel contratto si 
parli di �tassa di concessione�, non potendosi ovviamente equiparare 
la vofont� dei paciscenti a quella del legislatore, stante soprattutto l'innegabile 
singolarit�, in materia tributaria, di una pattuizione che pone 
a �carico del concessionario l'obbligo di corrisp<mdere un canone minimo, 
gi� per s� particolarmente gravoso, anche nell'ipotesi di un'entrata inferiore 
a quella prevista; e che del ;pari irrilevante �, infine, che nella relazione 
,che accompagna il decreto di autorizzazione si parli di � tributo 
locale � e che lo stesso Ministero delle Finanze abbia in passato riconosciuto 
a tali proventi natura tributaria, non costituendo n� la relazione 
ministeriale n� il parere espresso dal Ministero in ordine al contenuto 
normativo ed all'applicazione da farsi in concreto di una determinata legge 
interpretazione autentica della legge stessa. 

Sulla base di tali considerazioni questa Corte ha escluso pertanto 
che i proventi di cui trattasi abbiano natura tributaril:l; ma sul rilievo 
che essi (come risulta dalla stessa struttura della disciplina �legislativa 
ed amministrativa in forza della quale � stato stipulato il contratto che 
li prevede�) costituiscano innegabilmente un'entrata di natura pubblicistica 
che viene assicurata al Comune a titolo di contribuzione per le 
maggiori spese richieste per soddisfare le sempre crescenti esigenze 
dei frequentatori di quella nota localit�, li ha dichiarati tuttavia non soggetti 
all'imposta di R.M., che � H tributo tipico degli incrementi patrimoniali 
di natura privatistica risultanti dall'impiego di capitale o di lavoro 

o dell'uno e dell'altro insieme. 
Al lume dei suesposti principi -dai quali non c'� motivo alcuno di 
discostarsi, e la cui applicabilit� al caso che ne occupa non pu� essere 
seriamente contestata, stante la gi� rilevata affinit� esistente tra la fattispecie 
in oggetto e quella esaminata dalla succitata sentenza n. 1745 
del 1971 -le ragioni addotte dall'Amministrazione finanziaria ricorrente 

a sostegno della proposta censura si rivelano prive di consistenza giuridica, 
e perci� inaccoglibili. 
Dalla convenzione aggiuntiva intervenuta tra l'Amministrazione dello 
Stato e la societ� Terme di Chianciano il 19 dicembre 1946 ed appro



PARTE -I, SE,Z� V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1181 

vata con d.l. 18 settembre 1947, n. 1612 risulta (artt. 13, 14 e 15) che 
l'attribuzione al Comune di una limitata parte degli l:ltili della gestione 
delle Terme -(da fissare, giova notarlo, di volta in volta nel loro ammontare 
dal Ministero delle Finanze, esclusa qualsiasi ingerenza, da 
parte del Comune, nella gestione dell'azienda e qualsiasi potere di controllo 
sugli introiti da questa conseguiti) -rfu disposta al dichiarato 
scopo di rimborsare il Comune delle spese ,sostenute e da sostenere per 
�trasformare, perfezionare e sviluppare i propri servizi pubblici e mantenerli 
in piena efficienza �, costituendo essi un necessario presupposto 
di quella � az:ione di propulsione e di valorizzazione del complesso aziendale 
� che lo Stato erasi impegnato a svolgere con '1a convenzione stipulata 
con la societ� delle Terme il 24 giugno 1941, e che l'utilizzazione 
delle somme ottenute nell'anno precedente � stato concretamente fatto: 
cos� �come la loro disponibilit� � subordinata, anno per anno, alla documentazione~ 
da darsi attraverso una relazione confermata dal prefetto 
ed il benestare rilasciato dal Ministero delle Finanze -dell'impiego che 
delle somme ottenute nell'anno precedente � stato concretamente fatto: 
il che dimostra che, pur non potendosi, per le considerazioni dianzi svolte 
-(e segnatamente iPer la mancanza di una norma legislativa che 
espressamente attribuisca qualifiica tributaria a tali provent1i, come 
� stato fatto con la legge 2 marzo 1935, n. 201, per la casa da gioco e�sistente 
nel Comune di Campione, molto probabilmente per motivi di politica 
internazionale suggeriti o imposti dal fatto di essere tale localit� una 
�enclave� italiana situata in territorio elvetico) -, ravvisare una vera 
e propria � imposizione tributaria � nell'obbligo fatto aUa societ� concessionaria 
della gestione delle Terme di corrispondere annualmente al 
Comune di Chianciano una parte degli utili, e considerare, di conseguenza, 
� entrata tributaria � quella in tal modo realizzata dal Comune 

� -(e ci� contrariamente a quanto ha �ritenuto, in proposito, la Corte di 
merito, '1a cui sentenza va pertanto, sul punto, modificata nella parte motiva, 
a norma dell'art. 348, comma 2, c.p.c.) -i proventi in oggetto, 
per la fonte da cui der�\rano -(che non �, giova rilevarlo, l'attivit� 
produttiva aziendale, cui il Comune rimane del tutto estraneo, ma � la 
clausola contenuta nella convenzione aggiuntiva del 19 dicembre 1946, 
approvata, come si � detto, con formale provvedimento legislativo) -, 
per le finalit� di pubblico interesse cui sono inderogabilmente destinati 
per legge, nonch� infine per il fatto stesso di essere in parte (nella misura 
del 2 % ) costituiti dalla quota di utili gi� di spettanza dello Stato, che 
ha ad essa implicitamente rinunciato per venire incontro aUe riconosciute 
aumentate necessit� del Comune, non possono tuttavia, d'altra parte, 
ritenersi compresi in quel particolare � incremento patrimoniale � che 
nel t.u.i.d. va sotto il nome di � reddito � (artt. 81 e 85), e che nella 
comune accezione tributaristica postula un aumento di ricchezza proma



1182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nante da energie e forze produttive, identificabili nel ca.pitale e nel 
lavoro, separatamente o �congiuntamente operanti. 

Detti proventi, vanno, cio�, considerati come un'entrnta speciale o 
straordinaria di natura spiccatamente pubblicistica, che, in quanto non 
costituisce, per i motivi suesposti, �reddito imponibile�, si sottrae alla 
imposizione �tributaria, rendendo, di �conseguen'.za illegittima -come ha, 
conclusivamente, ritenuto la Corte di merito, -la pretesa azionata dall'Amministrazione 
ricorrente. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2583 -Pres. Favara Est. 
Valore -P. M. Antoci (conf.) -Massotto c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato GaH.eani). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 
lusso -Aree inedificabili destinate a strade -Esclusione. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). 
Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 
lusso -Aree soggette a limitazioni urbanistiche -L. 7 febbraio 
1968, n. 26, art. 6 ter -Efficacia retroattiva -Esclusione. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14; I. 7 febbraio 1968, n. 26, art. 6 ter). 
Nell'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che 

concerne le aree edificabili, non possono mai rientrare gli acquisti di suoli 

destinati a strade pubbliche; la parte del suolo non eccedente il doppio 

dell'area coperta rientra nell'agevolazione quando sia in astratto edifica


bile ma in essa non pu� essere compresa la superficie delle strade che 

non ha alcun collegamento diretto di complementariet� funzionale con 

la costruzione (1). 

La norma dell'art. 6 ter legge 7 febbraio 1968, n. 26, che per i co


muni dotati di strumenti urbanistici estende l'agevolazione a tutta l'area 

necessaria per realizzare i volumi fabbricabili stabiliti dalle norme urba


nistiche, non ha eff�caca retroattiva (2). 

(1-2) Esatta ed importante ila prima massima: la parte di area asso


lutamente inedificabile non pu� mai godere dell'agevolazione, anche se 

non superiore al doppio dell'area coperta. 

Sull'argomento della seconda massima la SiC. aveva risolto il contrasto 

sorto nel senso della esclusione del valore retroattivo della legge n. 26 del 

1968. E' per� sopravvenuto l'art. 2 del d.l. 30 giugno 1972, n. 285 che espres


samente dichiara applicabile la norma della legge del 1968 agl:i atti stipulati 

anteriormente. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1183 

(Omissis). _:_ I ricorrenti -denunciando la violazione dell'art. 14 
della legge 2 luglio 1949, n. 408 e dell'art. 5 d.l. 11dicembre1967, n. 1150 
(in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.) -ripropongono la questione 
della individuazione delle aree.fabbricabili meritevoli delle agevolazioni 
previste dalle suddette norme e sostengono che la sentenza impugnata 
a torto ha escluso da detti benefici le parti di area destinate a strada. 

La censura non ha f�ndamento. 

L'art. 14 della legge n. 408 del 1949, disciplinando la concessione 
di agevolazioni fiscali alle � aree fabbricabili�, stabilisce, al secondo 
comma, che. � sulla parte del suolo attiguo al fabbricato, la, quaile ecceda 
il doppio dell'area coperta, � dovuta, a costruzione ultimata, l'imposta 
ordinaria di registro ed. ipotecaria. 

Da tale disposizione i ricorrenti deducono che la legge in questione 
riconosce le agevolazioni fiscali anche aille aree non fabbricabili, purch� 
non eccedano la met� dell'intero suolo acquistato, indipendentemente 
dalla loro destinazione. 

Tale tesi non pu� ricevere consenso, giacch� � di tutta evidenza, come 
questa Suprema Corte ha gi� affermato (Cass. 29 marzo 1969, n. 1029) 
che l'edificabilit� dell'intera area acquistata costituisce il presupposto 
per la concessione del beneficio fisc�le, mentre la norma del capoverso 
del citato art. 14 non rappresenta integrazione della nozione di edificabilit�, 
bens� indica soltanto le condizioni per la conservazione del benef�do 
stesso. 

Ci� posto, la Corte del merito ha correttamente argomentato eh~ se 
� vero che, in considerazione del rapporto che, in base ai regolamenti 
comunali, deve sussistere tra �l'intera area e la parte di essa che pu� 
essere ricoperta da costruzione, si considera edificabile, ai fini dell'applicazione 
dell'agevolazione tributaria, l'intera area, purch� la parte 
scoperta di essa non superi in estensione il suddetto limite quantitativo, � 
del pari evidente che la ragione della norma sta nell'interesse perseguito 
dal legislatore che, cio�, gli edifici siano corredati da aree libere da adibirsi 
a giardino o cortile a servizio degli edifici medesimi. Talch�, essendo 
in facolt� dell'acquirente dell'area scegliere la parte di essa sulla quale 
erigere la costruzione, l'intera area � in astratto edificabile. 

Ben diverso �, invece, il caso in cui -come nella specie -vincoli 
di piano regolatore. prevedano la destinazione di parte del suolo a strada 
pubblica. In questa ipotesi, tale parte non � suscettibile di essere ricoperta 
da costruzioni, n� sussiste, rispetto al costruendo edificio alcun collegamento 
diretto di complementariet� funzionale, attesa la destinazione 
all'uso pubblico. Pertanto, poich� l'area � solo parzialmente edificabile, 
il beneficio fiscale � dovuto solo per la parte di suolo non soggetta a vincolo 
di strada, o, addirittura, destinata a strada, e sempre che la parte 
non soggetta sia stata coperta da costruzioni nella misura richiesta dal 
capoverso dell'art. 14 (sentenza citata n. 1029/1969). 


L'edificabilit� del suolo acquistato deve inoltre sussistere al momento 
della stipulazione del contratto e tale presupposto per la concessione 
dei benefici va valutato obiettivamente, a prescindere dal modo 
come le parti hanno considerato il suolo medesimo. Nella specie, peraltro, 
dallo stesso atto pubblico emerge che le parti di area in discussione vennero 
acquistate per essere, a suo tempo, � dismesse quale sedime stradale 
� delle vie Ba�timora e Gorizia, il che porta ad escludere che, anche 
nella previsione degli acquirenti, le aree medesime fossero destinate alla 
edificazione. 

Sostengono ancora i ricorrenti l'illegittimit� dell'imposizione suppletiva 
in base alla sopravvenuta legge 7 febbraio 1968, n. 2'6, che ha convertito 
in fogge il d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, in virt� del quale a 
tutta l'area compravenduta col rogito Gancia dovrebbero ritenersi applicabili 
i benefici invocati. 

Assumono in proposito che l'art. 6 ter di detta legge (�nei comuni 
dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione i 
benefici di cui all'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive 
modificazioni si applicano all'intera area necessaria per realizzare i volumi 
fabbricabili stabiliti dalle norme e prescrizioni urbanistiche per 
le zone residenziali�), ha portata prevalentemente interpretativa del 
previgente art. 14 e quindi retroattiva, onde la nuova normativa dovrebbe 
ritenersi applicabile al rapporto tributario in esame. 

L'assunto non pu� dirsi fondato, in quanto, anche a prescindere dalle 
considerazioni sopra svolte, devesi, comunque, rilevare che, con la norma 
dell'art. 14, il legislatore, �con propria valutazione aprioristica ed oggettiva, 
ha fissato direttamente i limiti dell'area rimasta inedificata (rapportandoli 
proporzionalmente alla parte edificata) alla quale debbono ugualmente 
applicarsi i benifici, non lasciando all'interprete alcuna possibilit� 
di discriminazione in ordine alle ragioni per le quali l'area acquistata 
in eccedenza sia poi rimasta inedificata oltre la predeterminata misura. 
Appare, pertanto, indiscutibile il carattere innovativo del citato art. 6 ter 
che, discriminando certe situazioni, stabilisce per esse un diverso criterio, 
non pi� riferito al comune parametro meramente dimensionale della superficie 
coperta, bensi a quello particolare e complesso risultante dal rapporto 
tra volumi fabbricabili e prescrizioni urbanistiche di piano, con 
rinvio quindi alle prescrizioni urbanistiche locali per l'applicazione concreta. 


N� � sostenibile una efficacia retroattiva della norma che, pur non 
dovendo risultare necessariamente da una disposizione espressa, � necessario 
tuttavia emerga in modo chiaro ed inequivoco, anche se per implicito, 
dal testo legislativo; il che non � dato affatto rilevare nella norma 
in discussione. 

Infine, non potrebbe neppur sostenersi l'applicabilit� della norma in 
base ai normali principi in tema di successione di leggi nel tempo in 

!� 

I: 
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......,~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1185 

quanto una legge nuova pu� applicarsi agli effetti non esauriti di un rapporto 
giuridico sorto anteriormente, solo quando la norma innovatrice 
incida su detti effetti, ma non sul fatto o sull'atto generatore del rapporto. 
La norma in esame invece, stabilendo quale trasferimento di area 
edificatoria resti colpito, e quale esente, con la normale aliquota di imposta 
di registro, incide direttamente sulla determinazione del fatto generatore 
del rapporto di imposta ordinaria. Pertanto, poich� alla data di 
entrata in vigore della nuova ilegge il fa�tto generatore del rapporto 
de quo si era gi� compiuto ('sia come atto di trasferimento -col rogito 
Gancia 29 marzo 1961 -sia come successivo evento determinativo dell'oggetto 
definitivo del rapporto tributario ordinario -con l'ultimazione 
della costruzione), gli effetti restano regolati dalla precedente normativa. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 agosto 1972, n. 2644 -Pres. Favara Est. 
Montanari Visco -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. Montedison 
(avv. Micheli e Menegazzi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Savarese). 

Imposta di re~istro -Agevolazioni per la fusione di societ� ex elettriche 
-Limite -Capitale della societ� risultante dalla fusione 
non superiore al doppio del capitale delle societ� ex elettriche Criteri 
di determinazione. 

(1. 6 dicembre 1962, n. 164.3, art. 9). 
Ai fini dell'agevolazione per la fusione di societ� ex elettriche disposta 
con L'art. 9: deZla legge 6 dicembre 1962, n. 1643, ii limite del 
doppio del capitale delle societ� ex elettriche va calcolato in riferimento 
al capitale che risulter� a seguito della fusione, sia nell'ipotesi di fusione 
per unione sia nell'ipotesi di fusione per incorpo:razione, ed anche quando 
1a societ� incorporante non sia ex elettrica. Ove tale eccedenza si verifichi 
1a fusione segue le regole normali (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo del ricorso la Societ� ricorrente 
deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 
1962, n. 1643, assumendo che come termine della operazione di comparazione, 
ai fini dell'agevolazione fiscale in discussione, nel caso di fu~ 

(1) La regola che la fusione di societ� sia soggetta allo stesso regime 
tributario nelle diverse ipotesi della unione e della concentrazione era 
gi� stata enunciata sia ai fini della norma in questione (Cass. 6 luglio 1971, 

1186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione per incorporazione, non dovrebbe considerarsi il capitale della societ� 
incorporante, aumentato per effetto della fusione, ma dovrebbe invece 
farsi riferimento unicamente all'aumento del 'capitale di detta societ� 
incorporante e cio� alla differenza in pi� rispetto al capitale preesistente 
alla fusione. L'agevolazione di cui trattasi per ci� non spetterebbe 
soltanto nell'ipotesi che l'aumento del capitale della societ� 
incorporante fosse maggiore del doppio del capitale .complessivo delle 
societ� ex elettriche incorporate. 

Il motivo � infondato. 

Si deve premettere che la disposizione di cui all'art. 9, comma 5� 
della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, nel disporre l'applicazione di una 
tassa fissa di registro (in luogo di quella proporzionale) per gli atti 
di fusione a cui partecipino una o pi� societ� gi� esercenti industrie 
elettriche e assoggettate a trasferimento a norma della stess.a legge, 
indubbiamente ricomprende nella previsione del beneficio sia�gli atti di 
fusione per unione, che quelli di fusione per incorporazione. Si tratta di 
due forme di fusione accomunate in un'unica previsione normativa e 
disciplina dagli artt. 2501 e segg. cod. civ. n� vi � ragione alcuna di distinguere 
nella materia in discussione, dato che lo scopo del beneficio fiscale 
di cui trattasi � stato -come si legge anche nella relazione al disegno 
di legge -quello di consentire e favorire la conversione d�lle attivit� 
e delle strutture delle societ� elettriche assoggettate a trasferimento, 
per un loro rapido reinserimento nell'attivit� produttiva. 

Ci� premesso, si tratta di determinare la precisa portata della condi


zione che la lettera a) del comma quinto dell'art. 9. citato pon� per l'ope


rativit� del beneficio fiscale e cio� della condizione che �il capitale della � 

societ� risultante dalla fusione non superi, il doppio del capitale com


plessivo delle societ� assoggettate a trasferimento�, che hanno parteci


pato all'operazione. 

Il valore della dizione ��Ca!)itale della societ� risultante dalla fusio


ne � non pu� essere diverso a seconda che le forme di fusione siano 

attuate mediante costituzione di una societ� nuova oppure mediante 

incorporazione di una o pi� societ� in un'altra. A ritenere ci� induce 

anzitutto il chiaro significato letterale delle parole usate dal legisla


tore (significato proprio delle parole determinato dalla connessione 

di esse), secondo il dettato dell'art. 12, pdmo comma, delle disposi


zioni sulla legge in generale. 

� vero che il senso delle leggi, nel procedimento ermeneutico, deve 

essere desunto anche dall'intenzione del legislatore (a norma dell'art. 12 

n. 2103, in questa Rassegna, 1971, I, 1400) sia ai fini delle agevolazioni per 
il mezzogiorno (Cass. 10 novembr�e 1971, n. 3186, ivi, 1972, I, 106); essa 
risulta poi chiarissima dalla norma specifica. Su questa premessa la soluzione 
della controversia non poteva essere che que11a adottata. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRII!UTARIA 1187 

citato), ma si deve appunto rilevare che nel caso della disposizione legislativa 
in esame la � ratio � della condizione limitativa del beneficio 
fiscale consiste indubbiamente nello sfavore legislativo sempre dimostrato 
per le concentrazioni monopolistiche e le unit� imprenditoriali limitatrici 
della concorrenza. 

La ricorrente, a sostegno dell'interpretazione da essa pretesa, fa riferimento 
a una parte dei lavori preparatori delila legge in questione, dai 
quali si desumerebbe che si dntendeva avere riguardo, nel caso delle 
fusioni per incorporazione, soltanto all'aumento di capitale della societ� 
incorporante. Deve per� osservarsi, in contrario, che un simhe concetto 
non � stato trasfuso nel testo legislativo definitivamente approvato. E ci� 
a prescindere dal rmevo generale che i lavori preparatori possono fo!rnire 
soltanto qualche elemento, ma non possono mai avere valore determinante 
nell'interpretazione della legge, dovendo in ogni caso prevalere la 
volont� del legislatore obiettivata nelila norma. 

La societ� Montecatini Edison assume anche che con un'interpretazione 
contrada a quella da essa sostenuta si giungerebbe a conseguenze 
abenanti: considerato che l'art. 9, quinto comma lett. a) della legge 

n. 1643 del 1962 dispone che l'eccedenza del capitale (rispetto al' Hmite 
del doppio del capitale complessivo delle societ�,assoggettate a trasferimento) 
� soggetta al tributo nel modo e nelle misure normali, si avrebbe 
-nel caso di societ� (non elettrica) incorporante di imponente capitale 
e di societ� (gi� elettrica) incorporata di capdtale modesto -l'assoggettamento 
a nuovo tributo della quasi totalit� del capitale della societ� 
incorporante, il cui patrimonio � stato gi� tassato all'atto d~lla costituzione 
delila societ� stessa e quindi con una duplicazione d'imposta assolutamente 
ingiustificata, dato che l'imposta di registro pu� colpire unicamente 
il trasferimento di ricchezza. 
L'argomento non ha valO!re giacch�, come ha ritenuto esattamente 
la sentenza impugnata, nel caso della non riconenza della condizione stabilita 
per l'agevolazione fiscale, il tributo si deve applicare nei modi e 
nelle misure normali (con applicazione, per la determinazione dell'aliquota 
della imposta di registro, dell'art. 49 del r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269), fungendo l'eccedenza del capitale (rispetto al limite del doppio 
nei sensi sopra riportati) soltanto come un limite massimo per la tassazione. 
Si deve quindi concludere che la norma riguardante la condizione 
stabilita per �l'operativit� dell'agevolazione fiscale in esame fa riferimento 
-per �gli atti di fusione mediante incorporazione -non gi� al so.Io aumento 
di capitale effettuato in relazione alla fusione, ma al nuovo� capitale 
totale, costituito dalla somma del capital� preesistente e del capitale 
apportato in aumento. -(Omissis). 


1188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2667 -Pres. Rossano Est. 
NoveUi -P. M. Caristo (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Salto) c. Pacobell:i. 

Imposte e tasse in genere -Condanna dell'Amministrazione alle spese Imposta 
Generale sull'Entrata -Rinuncia alla pretesa entro il 
novantesimo giorno -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3268, art. 148). 
n principio stabilito nell'art. 148 della legge di registro � di portata 
generale e valido quindi anche in materia di imposta sull'entrata; pertanto 
l'Amministrazione non pu� essere condannata alle spese se, notificata 
la citazione, abbia rinunciato alla pretesa tributaria entro 9.0 
giorni (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1959 -Pres. leardi Est. 
Elia -P. M. MHilotti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Soprano) c. Soc. Immobiliare Cabor (avv. Vitali). 

Imposte e tasse)n genere -Condanna dell'Amministrazione alle spese Imposta 
di registro -Imposta suppletiva -Inapplicabilit� della 
regola dell'art. 148 legge di registro. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148). 
La regola dell'art. 148 della legge di registro, secondo la quale l' Amministrazione 
non pu� essere condannata alle spe�se prima che siano 
trascorsi 9:0 giorni dalla presentazione della domanda o dalla notifica 
della citazione, non si wppiica alle imposte swppletive, quando la citazione 
sia stata intimata entro 30 giorni dalla notifica della prima ingiunzione 
(2). 

(1-2) La prima pronunzia certamente esatta e conforme a numerosi 
precedenti esclude in ogni caso la condanna alle spese dell'Amministrazione 
che abbia riconosciuto fondata l'opposizione del contribuente entro 
90 giorni dalla notifica della citazione; e ci� � stato riaffermato esplicitamente 
nonostante che, in materia di imposta sull'entrata accertata con il 

I r.

pro.cedimento della legge 7 gennaio 1929, n. 4, non solo non esista nel si



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1189 

I 

(Omissis). -Con l'unico mezzo d� impugnazione, l'Amministrazione 
delle Finanze deduce la violazione, mancata e falsa applicazione dell'articolo 
148 legge di registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; degli artt. 144 
e 145 stess� legge; deH'art. 31 t.u. n. 63.9/1910; degli artt. 56 e segg. della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4; dell'art. 52� della legge organica sull'I.G.E. 

Dette norme sono indicate dalla ricorrente per censurare la mancata 
compensazione da parte della Corte di merito delle spese giudiziali nella 
presente causa �di opposizione ad ingiunzione fiscale, ,sul presupposto 
che detta compensazione, dovuta, qualora ne sussistono le condizioni, in 
materia di imposta di registro, non lo sia in materia di Imposta Generale 
sull'Entrata. 

Orbene questa Corte ha pi� volte ripetuto che il principio espresso 
dall'art. 148 della legge di registro, secondo cui l'Amministrazione Finanziaria 
non pu� essere condannata al pagamento delle spese giudiziali, 
in caso di soccombenza, qualora il contribuente abbia proposta domanda 
giudiziaria senza che sia stato presentato ricorso in via amministrativa 

o prima che siano trascorsi 90 giorni dalla presentazione, si applica 
anche in materia �di I.G.E. (tra le altre Cass. 25 gennaio 1971, n. 155; 24 
novembre 1970, n. 2479; 8 ottobre 1970, n. 1858). 
Per quanto riguarda l'opposizione ad ingiunzione, seguita da revoca 
del decreto da parte dell'Amministrazione finanziaria, quest~ Corte ha 
pi� volte affermato che la opposizione, pur essendo rivolta ad ottenere 
un provvedimento giurisdizionale, � diretta all'Amministrazione e contro 
un atto di imposizione tributaria, sicch� non pu� non comprendere 
in s� l'effetto cui tende la domanda in via amministrativa. 

sterna una domanda in via amministrativa proponibile prima deU'azione 
ordinaria, ma anzi l'azione ordinaria sia il solo rimedio ammesso per impugnare 
l'atto (ordinanza dell'intendente o decreto del Miniistro) che se non 
gravato entro un termine perentorio diventa titolo esecutivo. Tuttavia bene 
a ragione si dice che la tempestivit� del provvedimento di reyoca adottato 
dall'Amministrazione � sempre sufficiente ad escludere la sua condanna 
alle spese. 

Ben diversamente si ragiona nella seconda sentenza, anch'essa conforme 
ad un ormai costante orientamento; sol pel'ch� l'opposizione proposta entro 
trenta giorni dalla notifica dell'ingiunzione sospende l'esecuzione per le 
imposte suppletive, deve consentirsi al contribuente di adire entro questo 
termine il giudice ordinario per conseguire il rimedio della sospensione 
e senza perdere il diritto alla condanna alle spese del soccombente. 

L'utilit� della domanda ai soli fini della sospensione dell'esecuzione � 
qualcosa di assai meno della necessit� della domanda per evitare la decadenza; 
eppure le conseguenze �che se ne traggono nel1e due �sentenze in 
rassegna sono assai diverse. H <Sol fatto che la proposizione della domanda 
da parte del contribuente sia giustificata non dovrebbe bastare ad escludere 
l'applicazione di un principio posto a tutela di un interesse generale (Corte 

20 



1190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Pertanto, poich� nel �caso in esame l'Amministrazione, chiamata in 
1190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Pertanto, poich� nel �caso in esame l'Amministrazione, chiamata in 
giudizio con citazione del 3 giugno 1965, provvide subito a revocare il 
decreto errato e il 22 luglio successivo notific� nuova ingiunzione per 
la minor somma dovuta al contribuente, consegue che,,,non poteva essere 
condannata al pagamento delle spese giudiziali. 


Anche se si aderisce alla tesi che il ricorso amministrativo in materia 
di I.G.E. � ammesso soltanto nell'ipotesi di I.G.E. in abbonamento, 
e che quindi la mancata proposizione del ricorso da parte del contr�ibuente 
era giustificata dal meccanismo delle impugnazioni previste in 
materia, la condanna non poteva pronunciarsi per la tempestivit� del 
provvedimento di revoca da parte della Amministrazione. -(Omissis). 


II 

(Omissis). -Col primo motivo del. ricorso, la ricorrente Ammini. 
strazione denuncia violazione degli artt. 7 e 148 r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269 e dell'art. 9 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, in relazione all'art. 360, 
nn. 3 e 5 c . .p.c., deducendo che1 erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto 
che l'imposta richiesta con l'ingiunzione fosse da considerarsi imposta 
suppletiva, mentre era, invece, una imposta complementare, onde 
non poteva essere negata l'a.pplicabHit� dell'art. 148 della legge di registro, 
e la Finanza non poteva essere condannata alle spese. 
La censura � infondata. 

L'art. 148 della legge di registro dispone che quando l'azione giudiziaria 
.sia promossa senza che sia stata presentata domanda in via amministrativa, 
o prima che siano trascorsi novanta giorni dalla presentazione 
della istanza amministrativa, l'Amministraziori'e non pu� essere condan-


Cost. 6 luglio 1970, n. 116 in questa Rassegna, 1970, I, 730); cadono in conflitto 
due interessi egualmente appr�ezzabili e protetti dal]ia legge ma nulla 
autorizza a sacrificarne uno a vantaggio dell'altro. 


.Sarebbe allora pi� logico tornare all'insegnamento di una pronunzia 
delle Sezioni Unite che stranamente non ha avuto seguito (16 dicembre 
1966, n. 2939, Riv. leg. fisc., 1967, 745): l'imposta suppletiva, si disse allora, 
pu� giustificare l'omissione del ricorso amministrativo che farebbe perdere 
la so51Pensione, ma dopo la notifica della citazdone sia per l'imposta suppletiva 
che per quella principale si presenta la stessa situazione e quindi 
se entro 90 giorni l'Amministrazione ha rivisto fa �Sua pretesa, la condanna 
alle �spese non pu� essel'e pronunciata; solo dopo I�1 decorso di questo termine 
e perdurando l'insistenzia ne1la pretesa di imposta varranno i princtp� 
della soccombenza ordinaria, si tratti o non di imposta sUJppletiva. 


E' chiaro che l'esigenza di consentire all'Amministrazione un riesame, 
riconosciuta dall'art. 148 della legge di registTo, ha la sua ragion d'essere 
anche, anzi soprattutto, per l'imposta suppletiva; soprattutto per la duplice 


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1191 

nata alle spese, neanche in ipotesi di soccombenza. La norma ha il fine 
di consentire alla Amministrazione di accertare e correggere eventuali 
errori (Cass. 30 novembre 1967, n. 2852). Ma se si tratta di imposta suppletiva 
e l'opposizione alla ingiunzione sia stata proposta entro trenta 
giorni dalla notifica dell'atto ingiuntivo fiscale, e l'ingiunzione stessa 
non sia stata revocata prima della scadenza di detto termine, l'art. 148 
� inapplicabile e l'Amministrazione pu� essere condannata alle spese 
secondo i principi della soccombenza. 

Infatti, ai sensi dell'art. 145 della stessa legge di registro, l'esecuzione 
dell'ingiunzione concernente imposta suppletiva resta sospesa se 
il contribuente propone opposizione nel predetto termine di trenta giorni 
dalla notifica della ingiunzione medesima, onde, se per le imposte suppletive 
fosse applicabile l'art. 148, il contribuente verrebbe a trovarsi 
nella alternativa di perdere il rimedio della sospensione, o di perdere il 
diritto alle spese giudiziali nei confronti dell'Amministrazione soccombente 
(Cass. 21 febbraio 19616, n. 538). Pertanto, la norma �di esonero 
dalle spese di cui al citato art. 148, non trova luogo se si tratti di, opposizione 
ad imposta suppletiva, proposta entro trenta giorni dalla notifica 
di una ingiunzione fiscale, e l'ingiunzione non sia stata revocata entro 
tale termine (Cass. 5 gennaio 1967, n. 34). -(Omissis). 

considerazione che l'imposta suppletiva � queHa che (involgendo solitamente 
questioni di diritto) pi� richiede una meditazione a seguito delle contestazioni 
mosse dal contribuente, ed � anche quella che costituisce l'oggietto 
di gran parte delle controversie innanzi ail giudice ordinario. 

Se quindi, per le tmposte suppletive, si ammette che non possa imporsi 
al contribuente 1a ;rinuncia al diritto di conseguire la sospensione 
deH'esecuzione, dovrebbe anche" ammettersi che non possa imporsi all'Amministrazione 
la rinuncia al diritto di rivedere la sua pretesa dopo l'instaurazione 
del giudizio. Sarebbe cio� pi� corretto applicare per le imposte di 
l'egistro e di successione, la ste.ssa regola che senza difficolt� si applica 
per l'imposta sull'entrata. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2683 -Pres. Caporaso 
-Est. Santosuosso -P. M. Trotta (conf.) -Sinz (avv. Moschella) 

c. Mi.istero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
Imposta di successione -Presunzione per mobili, denaro e gioielli Inventario 
-Requisiti -Contestazione da parte dell'Amministrazione 
-Ammissibilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31). 

1192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposta di successione -Presunzione per mobili, denaro e ~ioielli 


Inventario -Beni esistenti nella casa dell'autore della successione 


Esclusione di alcuni di essi -Invalidit� dell'inventario. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; c.p.c. artt. 621 e 775). 
L'inventario compiuto per la eredit� beneficiata � idoneo a vincere 
la presunzione deU'art. 31 della legge sulle succession.i sofo. quando sia 
pienamente rispondente ai requisiti prescritti dalla legge ordinaria. La 
Amministrazione finanziaria ha il potere di contestare la regolarit� dell'inventario 
anche quando non sia stato impugnato d.agli interessati (1). 

L'inventario deve comprendere tutti i beni che si trovano nella casa 
deU'autore deUa successio'ne e� che si presumono di sua propriet�, salvo a 
menzionare le osservazioni o istanze di altr�e parti che ne conte�sta.no l'appartenenza; 
� inefficace l'inventario che abbia es:cfaiso alcuni beni rinvenuti 
nell'abitazione del defunto ritenendoli di propriet� aliena (2). 

(Omissis). --Denunziando la violazione degli articoli 1 e segg. ed in 
particolare l'art. 31 della legge tributaria sulle successioni (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3270), dell'art. 12 disp. sulla legge in gen., degli artt. 484, 494, 
2697 e.e. nonch� degli artt. 112, 113, 115, 775 c.p.c. e 192 disp. att., le 
ricorrenti muovono alla sentenza impugnata una complessa censura che 
pu� cos� puntualizzarsi: a) erroneamente � stata contemplata la inopponibilit� 
alla Finanza dello Stato, al fine di vincere la presunzione ex articolo 
31 legge suc.c., di un verbale di inventario valido agli effetti civilistici 
del beneficio; b) erroneamente la Corte ha ritenuto che, per la r(:lgolarit� 
di detto verbale, devono essere inventariati tutti i beni che si trovano 
nella dimora del de cuius, mentre in realt� la legge richiede che 
siano inclusi nell'inventario solo i beni �caduti in successione; c) ritenendo 
la Corte necessaria la prova sull'appartenenza dei beni non inclusi nell'inventario 
ma esistenti nell'abitazione del defunto, avrebbe dovuto ammettere 
fa prova testimoniale all'uopo dedotta. 

Il motivo non pu� essere accolto. 

(1-2) Decisione esattissima. E' giurisprudenza pacifica che l'iJ').ventario 
idoneo a vincere la presunzione � soltanto quello efficace a produrre gli 
effetti a cui � diretto secondo la legge ordinaria (Cass. 10 febbraio 1971, 

n. 343, in questa Rassegna, 1971, I, 617). Utile � tuttavia la precisazione che 
la Finanza ha sempre il potere di .contestare la validit� dell'inv�entario non 
impugnato dagli inter�essati. La .seconda massima � assai importante sia 
nella parte in cui afferma la presunzione di appartenenza all'autore della 
successione dei mobili rinvenuti nella sua casa in analogia a quanto dispone 
l'art. 621 c.p.c., sia nella parte in cui dichiara invalido l'inventario nel 
quale senza contradittorio sia stata accolta l'istanza di reclamo di propriet� 
avanzata da terzi escludendo dall'elencazione parte dei beni. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Deve anzitutto osservarsi che un inventario -non impugnato, per 
motivi vari agli effotti civilistici del beneficio -non costituisce automaticamente 
strumento .,idoneo a vincere la presunzione prevista dall'art. 31 
della legge tributaria sulle successioni. Questa norma ha fatto riferimento 
agli inventari (di tutela o di eredit� beneficiata o fallimentare o fatti 
in seguito ad apposizione di suggelli) perch� essi costituiscono utili mezzi 
di prova dell'effettiva entit� dei beni mobili del de cuis, sempre per� 
se dagli stessi �risulti� incontestabilmente provato un valore minore 

o maggiore di quello presunto o l'inesistenza assoluta di gioielli, denaro 
o mobilia. La legge, cio�, n�n ha escluso che, ad evitare evasioni fiscali 
mediante lo strumento formale dell'inventario, l'Amministrazione tributaria 
possa contestare la regolarH�, la completezza e la veridicit� dell'inventario 
stesso. 
Diversamente opinando, assurde conseguenze deriverebbero dalla 
privazione di ogni facolt� di contestazione della Finanza nei casi di inventari 
compilati senza controinteressati. 

La vicenda che forma oggetto di questa causa � quanto mai significativa 
circa la verificabilit� di queste conseguenze, poich�, seguendo la: 
tesi delle ricorrenti, nessun soggetto, per ragioni di fatto o di diritto, 
avrebbe rilevato che l'inventario �e quo fu in realt� compilato in viola-zione 
dell'ultimo comma dell'art. 775 c.p.c., secondo la quale norma: 
� se alcuno degli interessati contesta l'inopportunit� d'inventariare qualche 
oggetto, l'ufficiale lo descrive nel processo verbale, facendo menzione 
delle osservazioni e istanze delle parti �. 

Ed invero, la presunzione di propriet� sui mobili rinvenuti in alcuni 
ambienti, a favore del proprietario o del possessore di questi, � un principio 
affermato da questa Suprema Corte (sent. n. 2789 del 1970) e valevole 
anche nel caso dell'ufficiale che si reca per procedere all'inventario 
dei mobili nell'abitazione del defunto. 

Ove gli eredi o altri abitanti dello stesso immobile intendano far 
escludere dall'inventario alcuni oggetti in 'contrasto con detta presunzione, 
devono esporre le loro ragioni all'ufficiale procedente, e questi 
ha il dovere, non solo di fare menzione delle osservazioni e delle istanze 
delle parti, ma di � descrivere � nel processo verbale gli oggetti contestati. 

Tale obbligo non sussiste soltanto nella ipotesi in cui siano presenti 
alle operazioni di inventario pi� parti che non concordino tra loro sull'opportunit� 
di inventariare qualche oggetto, �bens� anche nell'ipotesi in cui 
il conflitto, in quel momento solo potenziale fra eventuali controinteressati, 
sia gi� manifesto per il contrasto fra la presunzione di propriet� di 
tutti i mobili esistenti nell'abitazione del de cuius e l'istanza di esclusione 
di qualche oggetto dall'inventario. 

La conferma dell'esattezza di questa interpretazione si evince dalla 
comparazione con altre disposizioni di legge. Se, invero, il legislatore 
(nell'art. 621 c.p.c.) ,porre rigoro~;i limiti alla prova testimoniale del diritto 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del terzo opponente sui mobili pignorati nella casa o nell'azienda del 
debitore, non pu� -a maggior ragione..--bastare la mera affermazione 
di cui si oppone all'inventario di oggetti rinvenuti nell'abitazione del 
defunto per vincere la presunzione di propriet� degli oggetti stessi e vincere, 
per conseguenza, anche la presunzione prevista dalla legge tributaria. 


Esattamente, quindi,� � stato ritenuto che nella specie l'inventario 
non era stato compiuto in modo regolare e completo, e che la mancata 
elencazione di tutto ci� che si trovava nell'abitazione del de cuius aveva 
reso impossibile un controllo di veridicit� ed una prova concreta ed 
efficiente civca il numero, la natura e appartenenza dei beni non inventariati. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 agosto 1972, n. 2713 -Pres. Favara Est. 
Lipari -P. M. Secco (conf.) -ENEL (avv. Cogliati Dezza) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari). 

Imposta di registro -Concessione di pubblico servizio -Acqua, gas e 
energia elettrica -Somma pagata dal concedente una tantum per 
spese di impianto -Tassazione ex art. 28 tariffa A legge di registro 
-Esclusione -Costituisce corrispettivo della concessione 
tassabile. 

(d.l. 15 novembre 1936, n. 1924; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 9 e 56 e 
tariffa A art. 28; r.d. 15 novembre 1937, n. 1924). 
Nella concessione del servizio di illuminazione pubblica la clausola 
con cui il concedente si impegna a pagare una tantum una somma quale 
contributo nella spesa di impianto, ove non sia estranea al sinallagma contrattuale, 
costituisce it corrispettivo della concessione ed � soggetta, al 
pari del canone, all'imposta di favore di cui al r.d. 15 novembre 1937, 

n. 1924, anzich� all'imposta prevista nell'art. 28 tariffa �A della legge di 
registro (1). 
(Omissis). �-�-Con i due motivi del ricorso che, attesa la loro connessione, 
possono essere presi in esame congiuntamente, l'ENEL sostiene che 


(1) Le precedenti sentenze, .citate nel te.sto, 27 marzo 1970, n. 846, 
22 settembre 1970, n. 1679 e 24 ottobre 1970, n. 2129 sono pubblicate in 
Riv. Leg. Fisc., 1970, 1586 �e 1971, 287, 704. r 
IJ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRl"BUTARIA 

l'atto di concessione del servizio di pubblica illuminazione delle strade 
comunali deve essere tassato con l'aliquota dello 0,30 % prevista dal 

r.d.I. 15 novembre 1937, n. 1924, anche relativamente al contributo 
una tantum versato dal Comune per concorrere alle spese dell'impianto 
da considerare quale corrispettivo della concessione. 
Avrebbe errato, perci�, la Corte napoletana ritenendo che l'obbligazione 
assunta dal Comune di rimborsare alla societ� �concessionaria parte 
delle spese sotenute per la costruzione (l'ampliamento e la manutenzione) 
della rete di trasporto, trasformazione e distribuzione dell'energia 

� elettrica costituisse una obbligazione autonoma rispetto alla concessione 
del servizio, tassabile, ai sensi dell'art. 28 della tariffa ali. A, violando 
l'art. 56 della legge di registro, per l'estrapolazione dalla concessione di 
una parte del corrispettivo, e falsamente applicando l'art. 28 cit. della 
tariffa (avvalendosene nei confronti di una obbligazione non autonoma, 

o fine a se stessa, ma che costituisce il sinallagma di altra prestazione 
e che d� vita ad un negozio espressamente previsto dalla legge e dalla 
tariffa), e gli artt. 1362 e 1363 cod. civ. (I motivo). 
Comunque, la registrazione di favore spetterebbe anche se si dovesse 

escludere che il contributo costituisca �corrispettivo della concessione�, 

alla stregua dei principi per cui il trattamento agevolato nella specie, 

quello riservato alle concessioni di pubblici servizi �Concernenti acqua, 

gas ed energia elettrica, deve estendersi a tutti gli atti che, pur non rien


trando fra quelli nei cui confronti � espressamente dettata una disciplina 

fiscale di favore, si trovino con essi in rapporto di mezzo a fine, senza 

per� integrare il nesso intimo e stretto richiesto dalla previsione nor


mativa dell'art. 9 della legge di registro. Al riguardo la Corte sarebbe 

incorsa nel vizio di omessa motivazione circa un punto decisivo della 

controversia (II motivo). 

Il ricorso � fondato e va accolto. 

La questione di .fondo che con esso viene sollevata e gi� stata sotto


posta all'esame di questa Suprema Corte, e n� le peculiarit� del caso 

di specie, n� le argomentazioni della difesa dello Stato sono tali da indur


re il Collegio a modificare il proprio ori�J;J.tamento. 

Con le sentenze 27 marzo 1970, n. 846, 22 settembre 1970, n. 1679, 
sorrette da identica motivazione, nonch� con la sentenza 24 ottobre 1970, 

n. 2129, � stato ritenuto �che la concessione del servizio di pubblica illuminazione 
delle strade comunali la quale prevede, fra l'altro, il versamento 
di un corrispettivo una tantum d� parte del Comune concedente 
quale contributo per le spese di impianto della rete elettrica, oltre al 
canone annuo dovuto dalla societ� concessionaria per tutta la durata 
del rapporto, va sottoposta al tributo di registro, ai sensi del r.d.l. 15 
novembre 1937, n. 1924, (che ha modifi.cato il r.d.l. 1� luglio 1925, n. 1157), 
con l'aliquota dello 0,30 % stabilita per i contratti di concessione con

1196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cernenti acqua, gas ed energia elettrica, sull'intero ammontare sia del 
canone che del contributo, da considerarsi conglobati nell'imponibile 
commisurato, ai sensi dell'art. 56 della legge di registro, �sui corrispettivi 
convenuti e sui proventi lordi dell'esercizio� del servizio stesso. sempre 
che dall'interpretazione dell'atto risulti che tale contributo � stato considerato 
dalle parti nella unitaria valutazione del rapporto di concessione, 
quale imprescindibile componente della controprestazione a carico del 
concedente. 

Per la verifica dell'esattezza dell'enunciato di diritto occorre prendere 
le mosse dall'esegesi della disposizione dell'art. 56 della legge di 
registro, il quale, pur essendo stato sottoposto a 'critiche per la sua 
formulazione, che si riflettono sul piano dello ius� C()ITl,dendum, de iure 
condito, e secondo la giurisprudenza univoca di questa Suprema Corte, 
pone la n�zione lata di base imponibile per la tassazione delle concessioni-
contratto su cui si fonda l'indirizzo giurisprudenziale richiamato, 
non �condiviso dalla Corte napoletana e dall'Amministrazione finanziaria. 

Secondo l'art. 56 del vigente t.u. della legge di registro (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269) gli atti di concessione di servizi pubblici sono 
equiparati agli appalti e la tassa si applica sui corrispettivi e sui pro~ 
venti lordi dell'esercizio dei servizi stessi. 

Il precedente t.u. ir materia di tasse di registro, come � noto, non 
contemplava specificatamente tali concessioni e l'orientamento della giurisprudenza 
era nel senso di equipararle ai contratti di appalto, commisurando 
l'aliquota all'imponibile rappresentato dal costo �delle opere 
nece'ssarie per dar corso al contratto. Tale soluzione si spiegava considerando 
che le concessioni di servizi del tempo riguardavano soprattutto 
l'illuminazione a gas, le �tramvie, e gli acquedotti, e che in esse usualmente 
si stabiliva che il concessio:c.ario avrebbe costruito gli impianti 
necessari, i quali sarabbero passati, gratuitamente o contro corrispettivo, 
in propriet� del concedente. Si riteneva, cio�, che con la concessionecontratto 
il concessionario si obbligasse, come un comune appaltatore, 
a costruire un impianto, mentre il concedente pagava l'opus, anzich� con 
danaro, concedendo l'esclusiva del servizio. 

Successivamente, per�, la prassi negoziale s.i stacc� da tale schema 
ed i Comuni pretesero non solo la devoluzione dell'impianto, ma anche 
H pagamento di un canone, o una compartecipazione agli utili di gestione. 

In tale situazione la Cassazione (8 marzo 1915 in Foro It. 1915, I, 

905), aderendo ad un'autorevole opinione della dottrina dell'epoca, 

osservava che oggetto della concessione non � veramente la costruzione, 

la quale, eventualmente, costituisce solo il mezzo per raggiungere il fine 

di assicurare lo svolgimento del pubblico servizio, da ci� deduceva che 

la tassa d,oveva essere applicata non �sul lucro dell'amministrazione con


cedente, ma su ci� che il concessionario ritraeva dalla concessione. 


1197

. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Tale opinione, quale che fosse la sua rispondenza alla legge del tempo, 
venne ricevuta nell'art. 56 della vigente legge organica del registro 
in base al quale, in sostanza, tutte le somme, comunque incassate o dal 
concedente o dal concessionario, per effetto della concessione concorrono 
a formare la base imponibile della tassa di registro. 

Correlativamente non possono essere escluse dall'imponibile somme 
comunque corrisposte, o versate, in relazione alla concessione. 

Ne consegue che, in linea di principio, anche i versamenti effettuati 
dai Comuni a titolo di contributo totale o parziale delle spese di installazione 
degli impianti di trasporto, trasformazione e distribuzione dell'energia 
elettrica (volti cio� a porre in essere gli strumenti materiali 
necessari per l'attuazione del pubblico servizio oggetto della concessione) 
vanno inclusi nel concetto di �corrispettivo �. 

Per contrastare questa conclusione si afferma che la tassazione ri
�guarda solo i proventi della concessione, mentre le somme destinate a 
concorrere alla costruzione degli impianti non possono essere inquadrate 
fra tali proventi, integrando una obbligazione autonoma rispetto alla concessione, 
per la cui tassazione sono invocabili i princip� di cui all'art. 9 
della legge di registro comportanti nella specie, l'autonoma sottoposizione 
alla tassa del contributo quale obbligazion� di somma, non essendo 
ipotizzabile la connessione necessaria di cui al secondo comma dello. 
stesso articolo. 

Ma la tesi, che mira a scindere il momento della costruzione degli 

impianti dal contes,to della concessione-contratto riguardante il servizio 

pubblico, non � sostenibile. 

A parte il richiamo alla genesi dell'attuale dispos.iz.ione dell'art. 5�6, 

da cui emerge che il profilo della costruzione e della devoluzione degli 

impianti si present� nell'esperienza giuridica con carattere di centralit� 

per la soluzione del problema della tassazione di tali concessioni, non 

pu� non sottolinearsi, anche alla stregua della pi� recente elaborazione 

dell'istituto della concessione di servizi, che rappresenta tipica ed essen


ziale �bbligazione del concessionario quella di provvedere alla costruzione 

degli impianti costituenti (ove non gi� preesistenti) il nec~ssario pre


supposto, l'impresdn.:,dibile strumento per l'esel'cizio della cornceS<sione, 

per assicurare il buon funzionamento del servizio assunto. 

Quindi non � esatto che la costruzione dell'impianto sia estranea 

all'oggetto della concessione, ma � vero all'opposto che nella fattispecie 

della concessione di servizi rientra normalmente (o quanto meno pu� 

rientrarvi, senza contrastare con le linee portanti all'istituto) la costru


zione delle opere necessarie, ponendosi come oggetto della concessione 

medesima (Cass. 15 gnnaio 1947 n. 34). 

Ma una volta riconosciuta la congruenza della predisposizione degli 

impianti con l'oggetto della concessione-contratto, per e.scludere l'uni



1198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
taria tassazione in base all'aliquota dello 0,30 % prevista per la concessione 
del servizio elettrico bisognerebbe, attraverso un puntuale procedimento 
ermeneutico, dimostrare che, nonostante l'astratta possLbilit� 
di una fattispecie di ,concessione in cui assume determinante funzione 
la previsione di un contributo del genere, in concreto le parti non hanno 
voluto inserire la suddetta obbligazione nel quadro globale delle reciproche 
obbligazioni, configurandola separatamente, e positivamente 
1198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
taria tassazione in base all'aliquota dello 0,30 % prevista per la concessione 
del servizio elettrico bisognerebbe, attraverso un puntuale procedimento 
ermeneutico, dimostrare che, nonostante l'astratta possLbilit� 
di una fattispecie di ,concessione in cui assume determinante funzione 
la previsione di un contributo del genere, in concreto le parti non hanno 
voluto inserire la suddetta obbligazione nel quadro globale delle reciproche 
obbligazioni, configurandola separatamente, e positivamente 
escludendola dal sinallagma negoziale. 

La lettura delle norme dell'art. 1 del r. d. I. 1� luglio 1926 n. 1157 
e dell'art. 56 della legge di registro proposta dall'Avvocatura nel senso 
che la materia imponibile per le concessioni aventi per oggetto l'esercizio 
di servizi .pubblici dovrebbe essere costituita dai soli proventi e dai 
soli corrispettivi ricavati (direttamente ed immediatamente) dall'espletamento 
del servizio non regge in quanto la norma considera separatamente, 
se pur cumulativamente, due fonti di ricavo: i corrispettivi convenuti 
per la concessione del servizio (che sono o possono essere, come 
si � visto, sia a carico del concedente che del, concessionario) ed i proventi 
lordi dell'esercizio della concessione (che vanno a esclusivo favore 
del concessionario e che sono i soli commisurati allo 'svolgimento del 
servizio, mentre il corrispettivo si rkonnette al mero fatto della concessione 
ed alla esclusiva che essa comporta). Non vi sono quindi ostacoli 
concettuali od esegetici per collegare il corrispettivo, ad un vantaggio 
economico assicurato al concessionario onde consentirgli di esercitare 
il servizio, apprestando i mezzi necessari per l'esercizio medesimo. 

Nulla vieta in principio che, per la sua natura, il contributo una 
tantum venga ,sussunto nella base imponibile dell'imposta di registro 
dovuta sulla concessione-contratto riguardante il servizio pubblico, e 
si tratta solo di accertare, caso per caso, se tale contributo sia stato 
effettivamente inserito nel regolamento negoziale. 

N� al riguardo questo S.C. incontra l'ostacolo della incensurabilit� 
della interpretazione della concessione-contratto effettuata dalla Corte 
del merito, in quanto nel caso in esame detta Corte non ha ricostruito 
la questio voluntatis attraverso un processo di analisi delle singole clausole 
nella prospettiva dell'intento negoziale soggettivamente perseguito, 
ma ha escluso aprioristicamente, ed in via del tutto apodittica, che il 
tipo negoziale considerato fosse suscettibile di integrare nel sinallagma 
il contributo una tantum. 

Ma anche se volesse ravvisarsi una duplice linea argomentativa 
nella sentenza denunziata implicante la coesistenza di un'affermazione 
(erronea) di principio circa la impossibilit� di ravvisare un nesso sinal


lagmatico fra contributo del Comune concedente e prestazioni della 
societ� concessionaria con una constatazione di fatto che nel caso con

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

creto tale nesso non sussisteva, perch� gli impianti erano stati costruiti 
nel solo interesse della Societ� elettrica come si desumeva dalla circostanza 
che essi sarebbero rimasti di sua propriet�, il relativo apprezzamento 
non si sottrarrebbe al sindacato di questo Supremo Collegio, 
stante l'errore di diritto puntualmente denunciato dall'ENEL che travaglia 
la premessa maggiore del sillogismo cui la Corte di Appello affida 
la propria tesi interpretativa. 

Pu�, inoltre, soggiungersi che, come esattamente osserva al riguardo 
la difesa dell'ENEL., se la societ� concessionaria in aggiunta all'impegno 
di fornire l'energia elettrica avesse assunto anche la distinta obbligazione 
di trasferire al Comune concedente gli impianti, sarebbe stato 
forse .possibile sostenere che trattavasi di due distinte obbUgazioni, per 
ciascuna delle quali era previsto un separato corrispettivo per compensare 
rispettivamente la fornitura della energia e la cessione, o costruzione, 
per conto ~iello stesso Comune degli impianti, ma, poich� nella 
specie l'obbligazione assunta dalla societ� elettrica era soltanto quella 
di fornire la energia elettrica, avvalendosi di impianti all'uopo costruiti 
e destinati a rimanere di sua propriet�, non � consentito scindere il corrispettivo 
a carico del concedente in due parti l'una volta a compensare 
il servizio e l'altra a concorrere nella spesa dell'impianto, la prima inserita 
nel sinallagma negoziale e l'altra esclusa da tale nesso. Essendo 
unica la obbligazione della SEDAC, ed essendo unico il risultato che 
si voleva perseguire, di assicurare l'illuminazione pubblica di determinate 
localit�, portandovi la corrente elettrica mediante la costruzione 
degli appositi impianti, non pare possibile ritenere 1a provvista 
della rete di trasporto, trasformazione e distribuzione dell'energia elettrica 
estranea all'oggetto della concessione-contratt� che, pur non esaurendosi 
nella costruzione della rete elettrica, considerava tale costruzione 
come mezzo al fine perseguito di assicurare il servizio di pubblica 
illuminazione, all'unitariet� di quel fine corrispondono rispettivamente 
l'unitariet� dell'obbligazione della societ� elettrica e l'unitariet� 
del corrispettivo del Comune concedente, nonostante l'articolazione in 
due componenti, che attengono l'una al momento genetico della concessione 
del servizio (realizzazione degli impianti all'uopo necessari) e 
l'altra a quello di normale erogazione del servizio di illuminazione. 

Proprio la non riferibilit� del contributo alla propriet� dell'impianto 
fa ritenere che esso sia stato considerato corrispettivo del servizio 
(Cass. 24 ottobre 1970 n. 2129 cit.). 

In effetti sul piano economico, il medesimo risultato potrebbe realizzarsi 
eliminando il contributo e maggiorando il canone, ma questa 
interazione ulteriormente conferma che, a prescindere dalla eventuale 
molteplicit� delle componenti, sul piano del sinallagma, tutto il corrispettivo 
concorre a determinare nella specie il complesso delle presta



1200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zioni che nella struttura del negozio stanno a carico del Comune concedente. 


Le considerazioni che precedono portano ad escludere che nella 
specie possa farsi questione dell'applicazione dell'art. 9 comma 20 della 
legge di registro, dal momento che l'obbligazione relativa al contributo 
non d� luogo ad un �separato negozio, contenuto accanto alla concessione-
contratto, nell'unico atto della cui tassazione si controverte. 

In effetti l'art. 56 della legge di registro non esclude l'applicazione 
dell'art. 9 della stessa legge, ove l'atto di concessione contenga altri 
negozi giuridici separatamente tassabili (Cass. 6 febbraio 1970 n. 252). 
Ma presupposto della disciplina di cui alla suddetta norma � l'esistenza 
di pi� negozi inscindibilmente connessi che siano contenuti in unico 
documento (Cass. 26 novembre 1971 n. 3447). E correlativamente in 
tanto pu� ritenersi che un atto, o documento, contenga un'unica disposizione 
in quanto sia unico il negozio giuridico contenuto dell'atto (anche 
se articolato in una pluralit� di clausole e pattuizioni determinanti gli 
obblighi delle parti; Cass. 10 novembre 1971 n. 3197). 

Ed, invero, l'espressione � disposizion~ � contenuta nell'art. 9 della 

legge organica va intesa nel senso di negozio giuridico o ,atto tassabile 

(Cass. 29 ottobre 1970 n. 2221; Cass. S.U. 24 marzo 1969 n. 933). 

S� quindi in un solo documento sono consacrati pi� negozi giuridici 

inscindibilmente connessi per volont� di legge, o per la loro intrinseca 

natura, ci si trova davanti ad una ipotesi in �cui anzich� procedere ad 

una distinta tassazione per ogni negozio, si opera la tassazione unica 

in deroga ai principi. La unicit� della tassazione � la regola che non 

patisce eccezioni quando viene in esame un negozio giuridico unico 

(che pu� anche regolare un rapporto ad obbligazioni molteplici). Se 

i negozi sono pi� di uno, anche se contenuti in un solo documento, di 

norma, la tassazione li colpisce separatamente e distintamente, salva la 

sussistenza della connessione prevista dall'art. 9 comma 2�. Pertanto 

la tassazione dell'atto contenente un solo negozio giuridico si effettua 

senza alcuna interferenza con la disposizione contenuta nell'art. 9 com


ma 20 della legge di registro riguardante l'atto racchiudente una plu


ralit� di negozi (almeno due). 

Nel caso in esame si � giunti alla conclusione che le obbligazioni 

contenute nell'atto da tassare (ivi compreso il contributo una ta.ntum) 

fanno capo ad un solo negozio giuridico restando unificate nel nesso. 

sinallagmatico. 

Non occorre, quindi, prendere specificamente in esame il secondo 

motivo che comporta la formulazione di una ulteriore mtio decidendi 

per pervenire alla soluzione che questa S.C. giudica conforme al diritto 

per una ragione giuridica di carattere assorbente. -(Omissis). 


.PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1201 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2851 -'Pres. Rossano 
-Est. Novelli -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. CONI (avv. Marani) e RAI (avv. CogliatiDezza 
e Sequi). 

Imposte e tasse in genere -Diritti erariali sugli spettacoli -Spettacoli 
sportivi -Compensi pagati dalla RAI per la ripresa di manifestazioni 
-Non vi sono soggetti. 

(1. 26 novembre 1955, n. 1109, artt. 1 e 2). 
Poich� l'imposta sui diritti erariali sugli spettacoli sportivi colpisce 
le entrate riferibili a biglietti di ingresso, abbonamenti, sussidi e dotazioni, 
non sono soggetti aH'imposta i compensi pagati dalla RAI al CONI 

o alle sue federazioni per la ripresa radiotelevisiva di manifestazioni 
sportive (1). 
(Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione degli 
artt. 1, 4, 11 d. 1. 30 novembre 1923 n. 3276 e 1, 2 e seguenti della 

1. 26 novembre 1955 n. 1109 e annesse tabelle. Con esso l'Amministrazione 
delle Finanze deduce che la Corte di merito ha erroneamente 
tratto il suo assunto -secondo cui ai sensi della tabella B della 
1. n. �1109 del 1955 � prevista l'applicazione dell'imposta sugli spettacoli 
sportivi soltanto sull'importo del prezzo dei biglietti d'ingresso in 
quanto il principio della tassabilit� di tutti gli introiti, comunque 
acquisiti dall'organizzatore, e quindi anche di quelli in discussione eseguiti 
dalla RAI-TV al CONI o alle sue federazioni per le riprese radiotelevisive 
di avvenimenti sportivi, doveva desumersi dall'intero testo 
dell'art. 1 della legge. E la divergenza di formulazione contenuta nel 
testo, con rinvio alla tabella A per alcuni spettacoli e alla tabella B 
per gli spettacoli sportivi, doveva ritenersi giustificata soltanto in ragione 
delle diverse aliquote. Alla stessa �Conclu..sione doveva poi comunque 
arrivavsi, sia pure con interpretazione estensiva, con riferimento 
all'art. 2 che prevede la tassazione anche degli abbonamenti ed altre 
dotazioni o sussidi. 
Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle stesse norme 
con riferimento all'affermazione' della Corte di merito, secondo cui 
l'analisi della ratio delle disposizioni della legge del 1955 induce a concludere 
che la ~AI-TV, non potendosi qualificare consumatore, non 
pu� essere tributaria di una imposta di consumo quale � quella sui pubblici 
spettacoli." 

(1) Non constano precedenti. 

1202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente. In sostanza 
la ricorrente censura l'interpretazione della 1. 26 novembre 1955 n. 110!} 
concernente provvedimenti in' materia di diritti erariali sui pubblici 
spettacoli anche se richiama, con essa, disposizioni del r. d. 30 dicembre 
1923 n. 3276 superate dalla 1. del 1955. Le censure si estendono a 
tutti gli aspetti dell'approfondita analisi delle norme eseguita dal giudice 
di merito; peraltro esse non possono essere condivise. 

� indubbio che per quanto riguarda l'elemento letterale e logico 
dell'interpretazione la fattispecie in esame non rientra nelle entrate 
soggette a tassazione, le quali sono espressamente indicate nei biglietti 
d'ingresso (tab. B) e abbonamenti, 1sussidi e dotazioni (art. 2). L'Amministrazione 
richiama anche l'art. 1 in cui � detto che la tassazione si 
opera sull'introito lordo totale. Epper� -a prescindere che l'espressione 
non riguarda tutti gli spettacoli, ma soltanto quelli indicati nella 
tabella A e quindi non gli spettacoli sportivi, per i quali vi �, in un 
distinto capoverso, il semplice richiamo alla tabella B -l'espressione 
non pu� significare altro che dall'importo delle voci anzidette, biglietti 
e abbonamenti, sussidi, dotazioni, non debbono essere detratte le spese. 

Proprio l'ind1cazione, in apposita norma, degli abbonamenti, chiaramente 
sostitutivi dei biglietti d'ingresso, cosi come i sussidi e le 
dotazioni, esclude che l'espressione � introito lordo totale � possa costituire 
il principio della tassabilit� globale di ogni entrata. L'Amministrazione 
si duole inoltre che la Corte di merito non abbia interpretato, 
in modo. estensivo l'art. 2, assumendo che i versamenti della RAI-TV, 
non prevedibili quanto ad importanza, nel 1955, possono essere compresi 
nella norma sopraindicata, doglianza contestata dai resistenti che 
ritengono di contenuto analogico un risultato interpretativo che giungesse 
ad accoglierla. 

Questo Collegio, anche con riferimento a tale questione, ritiene 
non fondata la pretesa della Finanza per due considerazioni sufficienti 
a escludere la possibilit� che possa qualificarsi estensiva l'interpretazione 
richiesta. Innanzitutto i versamenti eseguiti dalla RAI-TV, quanto 
anche a favore di societ� o enti sportivi, in quanto corrispettivi, non 
possono parificarsi al prezzo dei biglietti di uno spettacolo o alle altre 
particolari entrate indicate nell'art. 2, ma devono essere inquadrati nelle 
spese che la RAI sopporta per l'allestimento della propria produzione 
radiotelevisiva. La circostanza che lo spettacolo sportivo sia organizzato 
non in vista dell'utilizzazione esclusiva della RAI non altera la natura 
del sinallagma, che resta di utilit� di natura economica non soltanto 
per il CONI, ma anche per la RAI. N� pu� farsi riferimento, e ci� costituisce 
la seconda considerazione, ad una sorta di rappresentanza degli 
spettatori televisivi assunta dalla RAI, verso gli organizzatori, perch� 
il contratto di abbonamento degli utenti RAI non contiene, neppure 
per implicito, un siffatto mandato. Del resto situazioni analoghe, escluse 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1203 

dalla regolamentazione della 1. n. 1109 del 1955, sono facilmente ipotizzabili; 
valga per tutte quella posta in essere con gli eseguiti versamenti 
a titolo di corrispettivo del permesso di svolgere pubblicit� negli stadi. 
Tutto ci� porta a riconoscere l'esattezza della considerazione conclusiva 
della Corte di merito secondo cui, la natura di imposta di consumo dei 
diritti erariali sugli spettacoli, impedisce in ogni caso la tassazione dei 
versamenti RAI. Tale considerazione generale di fatto attinente al substrato 
economico preso in considerazione dal legislatore, impedirebbe 
anche il ricorso all'analogia, chiaramente esclusa dal carattere fiscale 
del provvedimento iJ;J. discussione. -'(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2853 -Pres. leardi Est. 
Leone -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze (avv.. 
Stato Cavalli) c. Di Renzo (avv. Uckmar). ' 

Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova 
contraria della provenienza del prezzo e del suo impiego Necessit�. 


(d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). 
Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova 
della provenienza del prezzo pagato risultante dall'atto Prova 
della provenienza del prezzo in relazione al maggior valore 
del bene accertato successivamente -Non � richiesta. 

(d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). 
Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova 
della provenienza del prezzo pagato -Liberalit� rispetto 
al maggior valore del bene -Negozio misto -Ammissibilit� -Requisiti. 


(d.I. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 8 e 42). 
Per vincere la presunzione di trasferimento gratuito fra parenti di 
cui all'art. 5 del d: l. 8 marzo 1945 n. 9'0 � necessario che con atti idonei 
sia data la p'l"ova non soltanto della disponibilitd deUa somma corrispondente 
al prezzo da parte del comp!fatore, ma anche dell'effettivo 
impiego di questa somma nel pagamento del pl/'ezzo stesso (1). 

(1-3) Decisione di. molto interesse che tocca tutte l,e facce del complesso 
problema della vendita fra pa!I'enti. 

Sulla prima massima 1a giurisprudenza � pacifica, anche se ancora 
aper.to � il problema dei mezzi attraverso i ,quali pu� essere data la 
prov:a, specie in relazione alle certificazioni bancarie (Cass. 12 maggio 



1204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La prova della provenienza del prezzo che deve essere data per 
vincere la presunzione di trasferimento gratuito f'l'a parenti, deve aver 
riguardo al prezzo che risulta dalL'atto e non al valore del bene trasferito 
accertato successivamente (2). 

Nella vendita fra parenti l'Amministrazione, come pu� impugnare 
di simulazione l'atto di vendita per far dichiarare che esso � atto di 
liberalit� in tutto o per la parte corrispondente al maggior valore che 
supera il prezzo pagato, cosi pu�, in applicazione degli artt. 8 e 4.2 della 
legge di registro, quatificare l'atto come negotium mixtum cum donatione, 
semprech� risulti, anche da elementi presuntivi, l'intento di liberotit� 
(3). 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia violazione e 
falsa applicazione dell'art. 5 d. I. I. 8 marzo 1945 n. 90, in relazione 
agli artt. 1 e 3 dello stesso decreto, nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione, in quanto la Corte di Genova avrebbe ritenuto, 
da un lato, che l'art. 5 suindicato prevede soltanto l'onere della 
prova della disponibilit�, presso il �compratore, della somma corrispondente 
al prezzo e non anche della destinazione effettiva di essa a quel 
determinato acquisto oggetto di imposizione tributaria, e, dall'altro, 
che il prezzo di cui deve essere provata la provenienza, ai fini del superamento 
della presunzione di liberalit�, � il prezzo dichiarato nell'atto 
come pattuito e non quello effettivamente stabilito dalle parti o ricavabile 
dal maggior valore accertato o concordato agli effetti dell'imposta 
di registro. 

La censura � fondata nella sua prima parte. 

1971, n. 1364, in questa Rassegna, 1971, I, 899 e 13 luglio 1971, n. 2667, 
ivi, 1429, con note di richiami). 

Sulla seconda massima, sostanzialmente �pacifica, � stato gi� affermato 
con maggior p!'ecisione che la p!I'ova contraria deve concernere il prezzo 
realmente pagato e che questo (salvo prova contraria) � quello risultante 
dall'atto (Cass. 23 lugilio 1969, n. 2755 e 2777, ivi 1969, I, 914 e 917). Va 
altresi precisato che se la provia contraria non � data, il trasferimento si 
considera a titolo gratuito nella sua interezza, sia per il valore dichiarato 
che per H maggior valore accertato (Oass. 25 febbraio 1971, n. 483, ivi, 
1971, I, 623). 

L'ultima massima riassume il problema del negotium mixtum cum 
donatione in ordine al quale � ormai pacificamente ammesso che, una 
volta data la prova della p!rovenienzi:i del prezzo pagato, possa tuttavia 
considerarsi trasferimento gratuito quello concernente la parte del valore 
del bene trasferito che supera il prezzo (Cass. 23 luglio 1969, n. 2755 e 
2777 gi� citate e precedenti richiami). Riguardo al procedimento sembrerebbe 
che la sentenza in rassegna voglia fissare la regola che mentre 
per l'impugnazione di simulazione per l'intero o per la parte corrispondente 
al maggior valore accertato la Finanza debba proporre un'azione 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1205 

La lunga e contrastata elaborazione giurisprudenziale circa l'interpretazione 
da darsi al disposto dell'art. 5 del d. 1. 1. 8 marzo 1945 

n. 90, secondo cui le trasmissioni di immobili a titolo oneroso fra parenti 
entro il terzo grado si presumono liberalit� e come tali sono soggette 
alla imposta di registro, quando la provenienza del prezzo pagato non 
viene dimostrata in base a titoli aventi data certa ai sensi del codice 
civile e sempre che l'imposta sui trasferimenti a Utolo oneroso risulti 
inferiore a quella stabilita per i trasferimenti a titol� gratuito, � giunta 
da qualche tempo al punto di arrivo definitivo, alla stregua del quale 
il fatto da dimostrare con titoli di data certa comprende non soltanto 
l'anteriore disponibilit� da parte dell'acquirente di una somma corrispondente 
al prezzo della vendita ma anche l'effettivo impiego di essa 
nel pagamento di tale prezzo (Cass. 6 maggio 1969 n. 1530, 13 dicembre 
1969 n. 3942, 12 maggio 1971 n. 3643). 

Invero la norma � diretta a neutralizzare i tentativi di frode tributaria 
volti ad assoggettare l'atto di liberalit� alla minore imposta di 
registro che sia stabilita per il trasferimento a titolo di vendita, facendo 
apparire come tale il tr:asferimento domandi causa. Di conseguenza il 
punto centrale della dimostrazione, diretta a vincere la presunzione di 
legge ora detta, consiste proprio nella realt� del pagamento del prezzo� 
con la somma che il compratore deve dimostrare di possedere mentre 
l'anteriore disponibilit� di detta somma non assume significato, a tal 
fine, se non � messa in relazione all'effettivo impiego della somma stessa 
nel pagamento del prezzo. 

Cos� interpretando la norma in esame, non si aggiunge ad essa qualche 
cosa che la stessa non dica, ma si sviluppa secondo un fondamento 
di stretta logica e di tecnica giuridica il significato della norma in considerazione 
dello scopo che essa univocamente persegue. 

� certamente esatto il rilievo che anche con tale interpretazione 
non � resa inattuabile la malizia dei soggetti rivolta alla frode tributaria, 
ma quanto meno la disciplina normativa acquista significazione 
razionale e certamente, rendendo pi� complesso e difficile l'onere probatorio 
dei soggetti medesimi, si scoraggia il comportamento illegittimo, 
tendente a sfuggire alla giusta imposizione tributaria. 

ordinada preliminare alla <liquidazione dell'imposta, per � prospettare la 
esigenza� del negotium mixtum cum donatione possa direttamente qualificar
�e tale l'atto in sede di r�egistrazione a norma dell'art. 8. Questo 
complesso problema � per� soltanto sfiorato; in merito v. C. BAFILE, Ancom 
sull'azione riconvenzionale alla Finanza nel giudizio di opposizione 
all'ingiunzione fiscate (ivi, 1969, I, 916; v. anche Cass. 10 febbraio 1971, 

n. 338 e 27 febbraio 1971, n. 493, ivi, 1971, 599, con annotazione). 
21 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST.!\TO 

Questa Corte, perci�, non ha motivo di riaprire il contrasto di opinioni, 
verificatosi in passato, circa l'esatt-0 significato della norme in 
esame. 

Ma � da respingere anche il tentativo di riaprire tale contrasto 
sull'altro punto di contestazione, se �cio� si' debba tener conto, ai fini 
della prova contraria alla presunzione legale suindicata, del prezzo risultante 
dall'atto o del maggior prezzo che possa ritenersi sfa stato: pattuito 
dalle parti. 

L'Am:r.inistrazione ricorrente si d� carico della corrente giurisprudenziale 
contraria, alimentata da ripet_ute decisioni di questa Suprema 
Corte, che ha stabilito che per prezzo pagato si deve intendere quello 
risultante dall'atto presentato per la registrazione, fatta salva all'Amministrazione 
la facolt� di far dichiarare, c-0n azione autonoma, la simulazione 
relativa in ordine al prezzo (Cass. 8 novembre 1967, 7 gennaio 
1967 n. 65); ma sostiene che con tale interpretazione la norma in esame 
diventa inoperante, potendo le parti far figurare un prezzo minimo ed 
irrisorio per poter pi� agevolmente soddisfar.e la prova della disponibilit� 
della somma per pagare tale prezzo. Indubbiamente la possibilit� 
di siffatto comportamento sussiste. Ma questo Supremo Collegio deve 
ribadire che, disponendo la norma del citato art. 5 d. I. 1. n. 90 del 1945 
che per vincere la presunzione di liberalit� la prova deve riguardare 
� la provenienza del prezzo pagato � e dovendo tale prova ricavarsi 
dall'atto sottoposto a registrazione, il prezzo cui si riferisce la norma 
non pu� essere che quello risultante dall'atto come� pattuito: sicch� non 
viene minimamente in considerazione, nell'interpretazione della norma, 
l'elemento sopravvenuto dell'accertamento di maggior valore dei beni 
trasferiti, el~mento che potr� risultare solo a posteriori e che di per s� 
non � prova di pattuizione �di un maggioz: prezzo, non sussistendo necessaria 
corrispondenza tra val-Ore venale dei beni e prezzo di vendita degli 
stessi. 

D'altra parte l'Amministrazione Finanziaria non � priva di mezzi 
di tutela nei �confronti dei cennati comportamenti illegittimi. Le sentenze 
richiamate hanno ammesso che l'Amministrazione possa agire per 

Riconfermando precedenti pronunzie, si precisa che per la configurabilit� 
del trasferimento gratuito della parte del valore del bene non coperta 
dal prezzo deve esser data Ia prova dell'intento di liberalit�; importante � 
per� l'affermazione che la prova, pu� consistere in elementi presuntivi 
(grave sp�roporzione tra prezzo pagato e valore del bene, stretto rapporto 
di parentela, et� del venditore mancanza di esigenza del venditore di 
realizzare una somma elevata), essendo questi i soli mezzi cui solitamente 
il terzo pu� far ricorso. 


}'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1207 

far dichiarare I.a simulazione dell'atto, simulazione che pregiudica il 
suo diritto di credito alla percezione dell'esatto tributo: e la tutela � 
pienamente idonea potendo l'Amministrazione far valere la simulazione 
circa l'intrinseca natura dell'atto, dimostrando la causa donandi del trasferimento, 
che, di conseguenza verr� assoggettato alla disciplina tributaria 
delle liberalit� a tutti gli effetti. � stato pure ritenuto nelle 
sentenze indicate innanzi che la disposizione dell'art. 5 qui in esame 
�prende in considerazione anche il negotium mixtum cum donatione, 
consentendo di applicare ad ognuna delle diverse parti del rapporto 
(risultanti direttamente dall'atto o a seguito di acce~tamento giudiziale 

di simulazione) la relativa aliquota. 

Per questa seconda parte, pertanto, le censure contenute nel primo 

motivo di ricorso risultano prive di giuridico fondamento. 

Nel secondo motivo di ricorso l'Amministrazione Finanziaria so


stiene che sono stati violati gli artt. 8 e 42 della legge di registro e 5 

del d. 1. 1. 8 marzo 1945 n. 90, avendo la Corte d'Appello con motiva


zione insufficiente e contraddittoria escluso che nella specie fosse con


figurabile l'ipotesi di un negozio mixtum cum donatione e che comun


que fosse applicabile l'art. 42 della legge di registro. 

La censura � fondata. Come s'� detto or ora, deve ammettersi la 

facolt� dell'Amministrazione, .creditrice del tributo �secondo l'intrin


seca natura e gli effetti degli atti e dei trasferimenti, anche se non 

v� corrisponda il �titolo o la forma apparente� (art. 8 legge reg.), di 

impugnare di simulazione l'atto di vendita presentato per la registra:


zione e per il quale non operi la presunzione .stabilita dal cennato art. 5, 

al fine di far dichiarare che esso � in toto un atto di liberalit� o che fo � 

solo per il maggior valore dei b~ni tra�sferiti rispetto al prezzo che 

risulta pagato: con applicazione in tal caso del disposto dell'art. 42 

della legge di registro, secondo cui, se un contratt~ o per i patti che 

contiene o per gli effetti che produce risulta in parte gratuito ed in 

parte oneroso � tassato come contenente due distinti contratti, l'uno a 

titolo� gratuito, l'altro a titolo oneroso. Fuori dell'ipotesi della simula


zione, l'Amministrazione pu�, sulla base dell'effettiva obiettiva spro


porzione tra prezzo e valore venale in comune commercio dei beni tra


sferiti, prospettare l'esistenza del cosiddetto negotium mixtum cum do


natione: con applicazione anche in tal caso del cennato art. 42 de.Ila 

legge di registro. 

La Corte d'Appello ha rilevato� che detto negozio � per lo rpi� 

qualificato dalla dottrina come negozio indiretto, in quanto il fine di 

liberalit� sarebbe solo lo scopo pratico raggiunto dalle parti della com


pravendita e sulla base di una decisione di questa Corte Suprema (Cass. 

6 febbraio 1969 n. 288) riguardante una particolare fattispecie, diversa. 

da quella attuale, ha affermato che d.etto negozio rientra appunto nella 


1208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

categoria dei negozi indiretti, tassabili in relazione al loro effettivo 

contenuto ed all'intrinseca natura, quali risultano dall'atto e non in base 

alla finalit� indiretta che esso mira a conseguire. 

Ma � noto quanto sia incerta la dottrina circa la struttura del negozio 
misto con donazione, nel quale alcuni hanno ravvisato due negozi 
distinti anche se contestuali, altri un contratto unico ad effetti distinti 
e diversi. Comunque l'ordinamento giurid~co non accorda, in genere, 
protezione ad atti negoziali messi in essere per un intento di frode 
a norme tributarie (necessariamente imperative).. In pi� � stato rilevato 
che nel negozio di vendita misto con donazione l'intento di liberalit� 
assume rilevanza giuridica sia pure a determinati effetti (collazione 
del donato, incompatibilit� a disporre o ricevere donazioni, ecc.), rilevanza 
ch� ovviamente si presenta determinante quando l'intento di liberalit� 
appare essere del tutto prevalente per l'entit� della sproporzione 
tra prezzo e valore dei beni trasferiti. Non si comprende, quindi, perch� 
non si debba dare rilievo a tale intento di liberalit� ai fini tributari, 
riguardo ai quali altrimenti il negozio assumerebbe aspetti di aperta 
frode: il che � da ritenere particolarmente nel caso di vendite tra parenti 
nel grado indicato nell'art. 5 d. 1. 1. n. 90 del 1945, norma che 
ha inteso appunto contrastare in modo specifico la frode presunta dei 
contraenti. 

Pertanto, anche in conformit� alla disciplina del negotium mixtum 
cum donatione quale negozio indiretto deve ammettersi che, per quanto 
concerne il di pi� di valore che s'� voluto donare, il negozio � tassabile 
come Uberalit� in considerazione degli effetti dell'atto (art. 8 e 42 

1. reg.). 
� naturalmente necessario che l'atto sia animato dall'intento di liberalit� 
e nella specie la Corte d'Appello ha e:scluso che sia stata data 
prova di tale ragione. Ma sul punto la motivazione della sentenza impugnata 
� veramente manchevole, essendosi la Corte limitata ad affermare 
che tale requisito �non risulta dal contenuto dell'atto�. Con ci� 
la Corte d'Appello ha trascurafo concrete essenziali circostanze di fatto: 
la sproporzione enorme, superiore ad ogni limite di seriet�, tra prezzo 
pagato (L. 20 milioni) e valore dei beni concordato dai contraenti agli 
effetti tributari (oltre 271 milioni di lire), il rapporto strettissimo di 
parentela tra i contraenti (madre e figli), l'et� della venditrice, la mancanza 
di concrete, verificate esigenze di un cos� ingente realizzo: elementi 
questi che, se consider.ati nella loro portata complessiva, avrebbero 
potuto .portare i giudici del merito a considerare raggiunta quella 
prova presuntiva, che, in fattispecie del genere, � di solito l'unica 
prova che i terzi possono fornire circa la reale finalit� di un negozio 
giuridico intercorso fra altri. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1209 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2941 -Pres. Caporaso 
-Est. Miele -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Corsini) c. Gaudenzi (avv. Cassola). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 
lusso -Ambulatorio -Si estende. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14; 1. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1; r.d. 21 giugno 
1938, n. 1094, art. 2). 
Fra gli edifici assimilati alle case di abitazione in forza dell'art. 1 
della l. 19 luglio 19.61 n. 659 in relazione all'art. 2 del r. d. 21 giugno' 
1938 n. 1094 vanno ricompresi gli ambulatori, attesa la loro funzione di 
provvedere ai servizi sociali necessari per una civile convivenza (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo l'Amministrazione finanziaria ricorrente 
deduce violazione e falsa applicazion~ degli artt. 1 della 1. 19 luglio� 
1961 n. 659; 2, 2� comma, del r. d. 1. 21 giugno 1938 n. 1094; 12 e 14 delle 
disposizioni della legge in generale, difetto e contraddittoriet� di motivazione 
in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. ed afferma che l'interpretazione 
dell'art. 2 comma 2� del r. d. 1. cit. adottata dalla Corte di 
merito � erronea in quanto la Corte non ha tenuto conto che gli edifici 
ivi menzionati sono destinati ad accogliere pluralit� di persone, ancorch� 
fluttuante nella sua composizione �e ci� come presupposto della prestazione 
del servizio specificatamente espletato nell'edificio. La Corte di 
merito, secondo la ricorrente amministrazione, ha invece al tutto trascurato 
tale indispensabile elemento della ospitalit�, basandosi solo sull'aspetto 
funzionale. 

La censura � infondata. Invero gli edifici menzionati nell'art. 2 
comma 2� del r. d. 1. 21 luglio 1938 n. 1094 (convertito nella 1. 5 gennaio 
1939 n. 35) richiamato dall'art. 1 della 1. 19 luglio 1961 n. 659, non hanno, 

(1) La sentenza suscita serie perplesist�. E bens� vero che nell'elencazione 
dell'art. 2 del r.d. 21 giugno 1938, n. 1094 non tutti gi.i edifici ivi 
contemplati hanno una destinazione abitativa o ricettiva, sebbene questo 
carattere si riveli in misura decisamente preponderante; ma � altres� vero 
che non pu� dalla norma �enuclearsi la regola che siano da ricomprendere 
neM'elencaz.ione tutti gli edifici che rispondono Jlll'esigenza di appron~are 
�i servizi sociali indispensabili per una civile convivenza� e nemmeno 
quelli pi� specificamente rispondenti a " finalit� di istruzione, di cura e di 

numero numero 
1210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
contrariamente a quanto sostiene la ricorrente Amministrazione, tutti 
egualmente, come �iestinazione principale, l'abitazione, ma solo alcuni, 
come i collegi, le caserme, gli orfanotrofi, gli altri invece, come gli edifici 
scolastici, gli ospedali, fo case di cura, gli asili infantili, non hanno finalit� 
abitative, ma costituiscono il mezzo per lo svolgimento di altre attivit� 
a carattere sociale quale l'istruzione, la cura delle persone, l'assistenza 
(cfr. Cass. 7 dicembre 1970 n, 2581). Pertanto il criterio di similitudine, 
in base al quale si deve operare la estensione dei benefici fiscali, 
secondo il citato comma 2� dell'art. 2 del r. d. 1. n. 1094 del 1938, va 
tratto non da un carattere comune, che m:;w.ca, agli edifici elencati in 
detto comma, ma dalle singole e 'specifiche destinazioni degli edifici, 
costituite da un lato dal fine abitativo, dall'altro da fini di istruzione di 
cura delle persone, di assistenza. 
In questi ultimi casi l'edificio. � solo il mezzo per l'attuazione del 
servizio di interesse sociale che ivi si esplica e non occorre �Che le persone 
che lo frequentino vi siano ospitate nel senso proprio del termine, 
come avviene invece per gli edifici destinati ad abitazione. 
Quindi, nel primo caso il beneficio � concesso con riguardo alla destinazione 
abitativa dell'edificio, ancorch� esso sia destinato ad ospitare 
non gi� nuclei familiari rr�a comunit� in genere o gruppi di persone, 
negli altri casi, invece, il beneficio trae causa dalle specifiche finalit� 
di istruzione, di cura o di assistenza che nell'edificio trova esplicazione. 
Pertanto, ai fini della estensione dei benefici fiscali, va accertato, caso 
per caso, se ricorre una delle finalit� sopra menzionate. / 
A ben considerare, sia gli uni che gli altri edifici rispondono alla 
esigenza sociale, tenuta presente dalle leggi agevolative in materia, di 
sviluppare l'edilizia abitativa e quella che, pur non essendo riservata 
esclusivamente all'abitazione, permette l'esplicazione dei servizi sociali 
indispen�sabili per una civile convivenza e che hanno, quindi, funzione 
strumentale rispetto alla primaria destinazione abitativa degli edifici. 
Pertanto la Corte di merito ha esattamente applicata la disposizione 
di legge all'.edificio destinato ad ambulatorio e il ricorso, essendo infondato, 
va rigettato. -(Omissis). 
assistenza �. Nel campo specifico delle finalit� di cuva rientrano nella preNisione 
legislativa soltanto gli ospedali, le case di cura e tutt'al pi� le colonie 
climatiche, che hanno una indubbia destinazione abitativa o ricettiva, 
ma non anche tutti gli altri possibili impianti quali studi professionali, 
farmacie e ambulatori, i quali vanno ripartiti, con ben maggiore similarit�, 
nella categoria di uffici o negozi espressamente previsti dalla legge 


408. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1211 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2949 -Pres. !cardi Est. 
Granata -P. M. Minetti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Galleani) c. Minutoli (avv. Capaccioli). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta 
complementare -Successioni -Dichiarazione suppletiva di valore 
contenuta nel ricorso alla commissione distrettuale -Non � idonea 
ad escludere l'obbligo degli interessi sulla parte dell'imposta 
afferente al valore dichiarato. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270. artt. 43 e 72; 1. 12 giugno 1930, n. 742, art. 12; 
1. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1. 2 e 3; 1. 28 marzo 1962, n. 147). 
Poich� la dichiarazione suppletiva di valore (valida a norma dell'art. 
12 della l. 12 giugno 1930 n. 742 per escludere l'applicazione deUa 
sopratassa sulla differenza 1Yra valore accertato e valore dichiarato) per 
essere efficace, oltre ad essere diretta all'ufficio e ad avere determinati 
requisiti di forma, deve essere presentata entro un termine che certamente 
scade anteriormente all'istaurazione del procedimento� in sede 
contenziosa, nessuna rilevanza ha ai fini dell'obbligo degli interessi la 
dichiarazione di riconoscimento di un maggior valore contenuta nel 

., rico1�so alla commissione distrettuale (1). 

(1) Decisione esattissima che risolve solo in parte il problema; si 
lascia volutamente nell'ombra la questione se la dichiarazione di maggior 
valore sia seJ'llpre irrilevante fino a quando non � seguita dal pagamento 
della relativa imposta e non si precisa quale sia il termine, certamente 
anteriore alla presentazione del ricorso, entro il quale la dichiarazione 
potrebbe eventualmente 'esser fatta. Comunque la maggior parte 
delle controversie, ed anche quelle riferentesi a successioni apertesi prima 
dell'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29, pu� dirsi risolta. 
Il. problema pu� presentarsi con qualche differ-enza per le imposte 
di registro; mentre infatti per l'imposta di successione 1a dichiarazione 
suppletiva deve avere gli stessi requisiti di forma della denuncia originaria 
�e dev�e essere presentata nel termine stabilito per il pagamento della 
tassa (art. 43 e 72 della l�egge fondamentale), per l'imposta di registro non 
c.;i prevedono n� forme n� termini particolari di denuncia, da:to che d�i 
norma la dichiarazione di valore � contenuta nell'atto �registrato e solo 
eccezionalmente il contribuente pu� essere invitato a :Ilare la dichiara2lione 
estimativa (art. 17 e 18 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639); bisogna quindi far 
ricorso �esclusivamente all'art. 40 della legge di 11egistro e all'art. 12 della 
legge 12 giugno 1930, n. 742 ed indiv�iduare, nel si�stema attuale del procedimento, 
il momento corrispondente alla notifica della :richi-esta della stima 
da parte del contribuente; ci�, beninteso, qualora non si risolva il 
problema pi� a monte ritenendo in ogni caso inefficace una dichiarazione 
di valore non seguita dal pagamento d�ll'imposta e riflettente soltanto 
una parte del debito. 



1212 RASSEGNA DELL'AVVO.CATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa 
applicazione degli artt. 1, 2, 3 1. 26 gennaioe 1961 n. 29, della 1. 28 marzo 
1962 n. 147, dell'art. 43 r. d. 30 dicembre 1923 n. 3270, deU'art. 12 1. 12 
giugno 1930 n. 742 e degli artt. 1181 e 1208 c. c., in relazione all'art. 360 

n. 3 c. p. c., l'Amministr:azione ricorrente censura la sentenza impugnata 
per avere ritenuto che la dichiarazione suppletiva ex art. 12 1. 12 giugno 
1930 n. 74J2 sia in principio idonea a far venire meno i presupposti della 
decorrenza degli interessi. 
Secondo la ricorrente, invero, deve escludersi che prima del pagamento 
possa influire sulla produzione degli interessi la dichiarazione integrativa. 
Ci� perch�, innanzi tutto, in base ai principi generali una 
offerta del debitore, per essere idonea a far cessare la decorrenza degli 
interessi, deve comprendere la totalit� del dovuto (art. 1208 n. 3 C. e:C,), 

I

mentre di fronte ad un accertamento tributario di maggior valore la somma 
dovuta dal contribuente, fino a che tale accertamento non sia posto 

I

nel nulla, � soltanto quella che da esso risulta, senza che alcun rilievo 
ex post possa in proposito riconoscersi all'esito del definitivo accertamento. 
Poi perch�, con pi� specifico riguardo al diritto tributario, la 

I 

dichiarazione suppletiva non fa sorgere nell'Amministrazione l'obbligo di 

ili

procedere, sulla base del valore con essa dichiarato, ad una nuova liqui@ 
dazione provvisoria in pendenza del giudizio di valutazione. Infine per


~ 

ch� le stesse norme che specificatamente regolano la dichiarazione sup


lli

pletiva non offrono fondamento alcuno alla tesi accolta dalla sentenza 
impugnata, esse limitando la (possibilit� di) incidenza della dichiarai,
1, 
zione suppletiva soltanto agli effetti (oltre che dell'accollo delle spese ~ 

te

del giudizio di stima) della commisurazione delle sovratasse, gi� pre~:: 


vista dagli artt. 43 e 72 della legge tributaria delle successioni, abolita 

~ 

dal d. 1. 10 aprile 1927 n. 502 e poi ripristinata con la 1. 12 giugno 193Q ~ 
ri. 742. 
~:: 
Mentre le 1. del 1961 e del 1962 sulla decorrenza degli interessi, 
prosegue la ricorrente, fissano soltanto il criterio per la determinazione 

I 

del dies a quo, ma non regolano il dies ad quem, la Corte fiorentina 

II 
invece, pur se in via soltanto implicita, ha operato la trasposizione di 
quel criterio anche al termine, finale, sottintendendo il principio che pur 
di fronte all'ipotesi di denunzia colposamente infedele sarebbe necessario, 
affinch� l'obbligazione degli interessi, una volta sorta, resti in vita, che ~ 
permanga la situazione di discordanza fra valore denunziato e valore !~ 
imponibile. Si tratta per� di un principio sicuramente errato perch� l'or-W 
dinamento giuridico tributario richiede, agli effetti degli interessi, che ~j 
una dichiarazione completa e fedele sussista inizialmente, cio� nel mo-!'' 
mento in cui tale dichiarazione deve essere presentata. i:: 

Inoltre con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa appli-If.:: 

cazione edegli artt. 1, 2, 3 1. 26 gennaio 1961 n. 29, della 1. 28 marzo 1962 io: 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1213 

n. 147, dell'art. 12 1. 12 giugno 1930 n. 742, in relazione all'art. 360 
n. 3 c. p. c., nonch� omessa ed insufficiente motivazione circa un punto 
decisivo ai sensi dell'art. 360 n. 5 c. p. c., l'Amministrazione ricorrente per 
l'ipotesi che sia respinta la precedente censura circa la inidoneit� 
in principio della dichiarazione suppletiva ad influire sul decorso degli 
interessi -critica la sentenza impugnata per avere disatteso, senza 
congrua motivazione, le deduzioni con cui in sede di merito si era negato 
che la dichiarazione-nel caso concreto resa dai contribuenti corrispondesse 
allo schema legale della dichiarazione suppletiva, sia per essere 
essa stata resa non all'Ufficio ma alla Commissione distrettuale in, pendenza 
del ricorso e quindi non prima della notifica della richiesta di 
stima, come preteso dell'art. 12 della 1. n. 742 del 1930, sia per non essere 
stata registrata entro il termine prescritto dall'art. 72 della legge tributaria 
sulle successioni. 
Con il terzo motivo, infine, denunziando violazione e falsa applicazione 
degli artt. 1, 2 e 3 della 1. 216 gennaio 1961 n. 29, della 1. 28 marzo 
1962 n. 147, in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., nonch� omessa ed insufc 
ficiente motivazione su un punto decisivo, ai sensi dell'art. 360 n. 5 

c. p. c., l'Amministrazione ripropone, da un lato, la tesi concorrente 
circa la configurabilit�, �comunque, della obbligazione per interessi in 
relazione al ritardo con cui i Minutoli Tegrimi riferirono all'Ufficio 
impositore le precise vicende successorie concernenti parte dei beni oggetto 
della tassazione e, dall'altro, la tesi subordinata volta a far riconoscere 
dovuti gli interessi con decorrenza, quanto meno, dalla liquidazione 
di imposta notificata il 5 marzo 1962. 
Fondata e, atteso il suo rilievo assorbente, risolutiva � la censura 
proposta con il secondo motivo. 

La Corte di merito, infatti, non ha tratto le dovute conseguenze giuridiche 
dalla circostanza, pacifica in punto di fatto, che i contribuenti, 
dopo aver fornito in sede di denunzia di successione una indicazione di 

. valore largamente infedele, soltanto nel ricorso successivamente P.roposta 
alla competente Commissione tributaria di primo grado avverso l'accertamento 
di maggior valore compiuto dall'Amministrazione indicarono, 
per i beni caduti nella successione, il valore poi riconosciuto definitivamente 
congruo dalla Commissione stessa. 

Orbene, .come questa Corte Suprema ha gi� affermato (Cass. 6 ottobre 
1972 n. 2865) in relazione ad analoga fattispecie ed agli stessi effetti 
qui considerati, deve escludersi che possa valere come dichiarazione suppletiva 
l'indicazione successiva, da parte del contribuente, di un valore 
dell'asse ereditario maggiore di quello esposto nella denunzia originaria 
quando la dichiarazione che tale rettifica contiene, oltre che essere diretta 
non all'Ufficio impositore, ma ad un'autorit� diversa, quale appunto 
la Commissione distrettuale, sia resa senza l'osservanza della formalit� 


1214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di �cui all'art. 72 comma 4� della legge tributaria sulle successioni, che 
ne impone la registrazione entro un determinato tempo, e dopo la scadenza 
del termine di cui all'art. 12 comma 3-0 della 1. 12 giugno 1930 

n. 742, che eleva a requisito di rilevanza della dichiarazione suppletiva" 
la presentazione di essa prima della notifica della richiesta di stima da 
parte del �contribuente. 
N�, per quanto concerne quest'ultimo profilo formale, pu� condividersi 
il rilievo svolto nella discussione orale <;iall'abile difel;!a dei resistenti, 
secondo il quale il relativo precetto normativo sarebbe divenuto 
inapplicabile per effetto delle radicali innovazioni successivamente apportate 
al procedimento per l'accertamento del valore dei beni. Posto, 
invero, che la ratio della norma in esame si sostanzia, da un lato, nella 
esigenza di porre quanto pi� presto possibile lAmministrazione in grado 
di avvalersi, ove lo voglia (Cass. 21 marzo 1963 n. 682), della facolt� 
di acquisire immediatamente all'imposizione l'ulteriore ammontare del 
tributo sulla base delle indicazioni integrative fornite dal contribuente, 

e, dall'altro, nella (valutazione della) opportunit� che �ci� non avvenga 
oltrel'avvio del procedimento volto a dirimere, nel contraddittorio tra

1

il contribuente e l'Ufficio impositore, il contrasto apertosi tra la dichiarazione 
(infedele o omessa) del primo e l'accertamento del secondo, ne 
segue �Che il mutamento intervenuto nella struttura del procedimento 
comporta per l'interprete unicamente la necessit� di adattare quel precetto, 
facendone salva la ratio, al nuovo contesto normativo in cui deve 
operare: do� di sostituire al momento puntualmente considerato dalla 
norma in relazione al sistema previgente, il momento di valore equivalente 
nel quadro del sistema successivamente introdotto. 

Orbene, poich� in quest'ultimo il momento di riferimento non pu� 
essere successivo a quello in cui, con la proposizione del ricorso alla 
Commisisone tributaria, si instaura direttamente quel contraddittorio 
giudiziale, che nel sistema previsto dagli artt. 37 e ss. dt[lla legge tributaria 
sulle successioni era invece (oltre che eventuale) soltanto successivo 
al c. d. giudizio di stima a mezzo di periti, la richiesta del quale da 
parte del contribuente costituiva gi� di per s�, secondo la fattispecie 
legale originaria dell'art. 12 comma 30� citato, il momento preclusivo dell'efficacia 
sanante della dichiarazione suppletiva, deve ritenersi che attualmente 
tale dichiarazione no~ pu� essere utilmente resa se non prima 
della proposizione del ricorso alla Commissione tributaria di primo 
grado. 

Posto, dunque, �che nel caso concreto non esiste un atto del contri


buente riconducibile allo schema normativo della dichiarazione supple


tiva, diviene superfluo l'esame della questione -oggetto del primo 

motivo di ricorso -se, in principio, tale dichiarazione sia idonea o meno 

ad esplicare effetti impeditivi (o estintivi) rispetto alla obbligazione per 


PARTE I, SEZ., V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1215 

interessi moratori, regolata dalla 1. 26 gennaio 1961 n. 29, autenticamente 
interpretata dalla 1. 28 marzo 1962 n. 147. Non pu� invero essere condivisa 
l'obiezione dei resistenti, secondo �cui la impostazione della questione 
nei termini accennati sarebbe erronea perch� il fatto imputabile 
al �contribuente, la cui mancanza giuoca il ruolo di elemento impeditivo 
della responsabilit� per interessi relativamente al periodo precedente 
alla liquidazione, potrebbe essere escluso non solo da una dichiarazione 
suppletiva conforme al modello legale del tipo di atto, ma anche da una 
qualunque altra dichiarazione atipica, con cui il contribuente rettifichi 
il valore originariamente denunziato. Ad avviso della Corte, per cogliere 
la infondatezza della obiezione non occorre prendere posizione sulla 
questione se, quanto alle successioni apertesi eome quella in causa prima 
dell'entrata in yigore della 1. n. 29 del 1961 citata, l'obbligazione per 
interessi si ricolleghi al ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria 
che si protrae nel tempo ancora al momento dell'entrata in vigore 
della legge nuova (Cass. 23 novembre 1971 n. 3396), ovvero trovi titolo 
nell'inadempimento, pur esso ancora in atto a quel medesimo momento, 
del diverso obbligo che il contribuente avrebbe di rettificare il valore 
infedele pur dopo la presentazione della denunzia originaria (Cass. 8 
marzo 1972 n. 655). Invero, proprio in ragione del predicato di rigida 
tipicit� normativa che, �come conviene la stessa difesa dei resistenti, 
contraddistingue il procedimento tributario nella fase sia di accertamento 
che di attuazione, deve ammettersi che, come la prima delle due 
soluzioni ipotizzate conduce a ravvisare nel pagamento il solo fatto giuridico 
idoneo a far cessare la mora, e con essa l'obbligazione dei relativi 
interessi, cos� la seconda, a sua volta, non pu� non pervenire a limitare 
al solo atto tipico di rettifica (del valore infedele originariamente denunziato) 
conosciuto dall'ordinamento, e cio� alla dichiarazione suppletiva.� 
in tutto conforme al modello legale, l'effetto sanante di cui qui si 

discute. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 ottobre 197.2,, n. 30,24 -Pres. leardi Est. 
Falletti -P. M. De Majo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Angelini Rota) c. Marrani (avv. Spada). 

Imposta di re~istro -Simulazione -Atto dissimulato -Irrilevanza 
ai fini della tassazione -Impu~nazione della Finanza -Difetto di 
,le~ittimazione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; e.e. art. 1415). 
L'essenziale correlazione tra l'atto da registrare e l'imposta di registro 
non consente di ricercare fuori dell'atto stesso gli elementi della 


1216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sua identificazione e l'ambito deUa sua portata, si che L'atto dissimulato 
� irrilevante ai fini deila tassazione a meno che esso non risulti dailo 
stesso documento al di l� deUe apparenze�; ne consegue che L'Amministrazione 
non ha Legittimazione a dedurre la simulazione ex articolo 
1415 c. c. (1). 

(Omissis). -Con atto notificato 1'11 luglio 1966 l'Amministrazione 
delle Finanze conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Firenze Piera 
Marrani, esponendo che con atto notarile 4 maggio 1961 Gian Lamberto 
Lamberti aveva venduto alla Marrani la nuda propriet� di un appartamento, 
sito a Firenze in via delle Mantellate 9; che il 23 luglio 1961 il 
Lamberti era deceduto; che la Marrani veniva sottoposta a giudizio penale, 
imputata di circonvenzione di incapace ai danni del Lamberti, per 
averlo indotto alla vendita fittizia dell'appartamento; che con sentenza 
6 marzo 1964, passata in giudicato, la Corte d'Appello di Firenze assolveva 
la Marrani per insussistenza del fatto, accertando per� che la vendita 
era stata simulata, al fine di evitare alla Marrani il pagamento delle 
tasse di successione. L'attrice chiedeva pertanto che il Tribunale dichiarasse 
simulata la vendita e dissimulata una donazione; in subordine dichiarasse 
la simulazione assoluta dell'atto; con l'obbligo �conseguente e 
rispettivo dell'imposta sulla donazione o sulla successione. Il Tribunale 
respingeva la domanda per difetto di legittimazione attiva ex art. 1415 

c. c., e la Corte d'Appello di Firenze, con sentenza 13 febbraio 1970, confermava 
la pronuncia. Osservava la Corte che per l'accertamento del 
(1) Decisione in aperto contrasto con consolidata giurisprudenza. Se 
sono esatte in termini generali Ie premesse circa la tassazione dell'atto 
secondo la sua intrinseca natura risultante dal documento e con esclusione 
di elementi estrinseci, tutto ci� ha un diverso valore quando cada in 
questione il negozio simulato, o indiretto o collegato o comunque in frode 
alla legge fiscale. Con la �quasi coeva sentenza (6 ottobre 1972, n. 2853 
in questo fascicolo, retro) la stessa Sezione della S.C. ha affermato 
che l'Amministrazione non solo ha il potere di impugnare l'atto per farne 
dichiarare la simulazione, anche quando la simulazione .concerna una parte 
soltanto dell'atto (negotium mixtum cum donazione), ma pu� altres� qualificare 
l'atto direttamente in sede di registrazione secondo il suo contenuto 
dissimulato; ci� perch� non pu� ammettersi una evidente ed aperta 
frode aUa legge fiscale contro la quale non sia data alla Finanza possibilit� 
di tutela. 
, E' quindi da non condividersi l'affermazione che l'Amministrazione non 
sia legittimata a proporre l'impugnazione di simulazione, pur dopo che la 
simulazione era stata dichiarata in un giudicato penale, in quanto non 
potrebbe mai giungersi a tassare il negozio dissimulato. In tale situazione, 
la Finanza poteva certamente non� solo proporre l'impugnazione ma addirittura 
liquidare direttamente l'imposta sull'atto' di�ssimulato. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

� quod gestum � in contrasto con il � quod scriptum � non era consentito 
al fisco di attingere elementi da fatti estranei al documento; che il negozio 
dissimulato, non risultando dall'atto stesso, era del tutto irrilevante 
ai fini della tassazione di registro; che relativamente all'imposta 
di successione l'Ufficio era bens� legittimato, ex art. 1415 c. c., a far 
valere la simulazione assoluta nei confronti delle parti, ma nella specie 
il negozio di cui al rogito 4 maggio 1961 non era affetto da simulazione 
assoluta, ma da simulazione relativa. 

Con atto 8 maggio 1970 lAmministrazione delle Finanze proponeva 
ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi. Resisteva la Marrani con 
controricorso e successiva memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con i primi due motivi, che ,per connessione d'oggetto possono esaminarsi 
insieme, lAmministrazione delle Finanze svolge le seguenti 
censure: 

1) La Corte d'Appello, pur avendo ritenuto che le parti, sotto l'apparenza 
di una compravendita, avevano diss�imulato-una donazione, ha 
tuttavia negato che la Finanza potesse far valere tale simulazione perch� 
� la struttura dell'imposta di registro esclude un diritto di imposizione 
sul negozio dissimulato e non risultante dallo stesso atto�: l'affermazione 
� sicuramente erronea ed anzi assurda, non potendosi pretendere 
che l'atto simulato, se questa � appunto la sua qualit�, manifesti contestualmente 
il negozio dissimulato (violazione degli artt. 1414 e 1415 c. c., 
e dell'art. 8 r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269). 

2) In ogni modo, la Corte d'Appello non ha considerato che secondo 
l'art. 72 della legge di registro la stessa sentenza nella quale sia 
contenuta la dichiarazione giudiziale di simulazione relativa costituisce 
il titolo per la tassazione dell'atto dissimulato (violazione dell'art. 72 cit.). 

Queste censure non �sono fondate. L'Amministrazione finanziaria, 
come la Corte d'Appello ha rilevato, chiese in via principale che fosse 
dichiarata la simulazione della compravendita stipulata con il rogito 
notarile 5 maggio 1961, e che �fosse dichiarato conseguentemente che 
con l'atto medesimo le parti avevano inteso porre in essere una donazione
�. Non era dunque una domanda che, nei termini di �cui all'art. 8 
della legge di registro, .proponesse al giudice di interpretare e qualificare 
l'intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto, quali si potevano 
desumere dall'oggettivit� espressa del suo contenuto e dalla ricognizione 
positiva del suo significato. Ma era la domanda di un'indagine 
rivolta a scoprire sotto e contro l'apparenza del negozio dichiarato la 
realt� dissimulata di un diverso negozio: non quindi un'interpretazione 


1218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'atto per l'applicazione dell'imposta ad esso pertinente (art. 8 cit.), 
ma la ricerca di una volont� neppure documentata e tenuta anzi nascosta 
dalle parti: la sostituzione insomma di un atto ad un altro atto. 

Correttamente pel'ci� e in puntuale aderenza ai principi giurisprudenziali 
pi� volte espressi da questo Supremo Collegio, la Corte d'Appello 
ha osservato che l'essenziale correlazione tra l'atto da registrare e 
l'imposta di registro non consente di ricercare fuori dell'atto stesso gli 
elementi della sua identificazione e l'ambito della sua portata, cosicch� 
l'ipotesi dell'atto dissimulato � a tal fine irrilevante (salvo il caso eh~ 
esso risulti dallo stesso.. documento, al di l� delle sue apparenze). Infatti 
il contenuto e la natura dell'atto da registrare devono ricavarsi esclusivamente 
dalle clausole di �esso, senza possi}?ilit� di integrarne i risultati 
in virt� di elementi �aliunde � desunti: l'imposta di registro, invero, 
colpisce, l'atto per quello che esso dichiara, a prescindere dalla corrispondenza 
o meno delle dichiarazioni alla reale volont� dei dichiaranti, 
a prescindere perfino dalla concreta idoneit� dell'atto a produrre gli 
effetti giuridici perseguiti dalle parti (dr. Cass. 1969, n. 3993; id. 1970, 

n. 881; id. 1971, n. 493). 
E quindi, mancando nella specie il presupposto di un diritto d'imposizione 
riconoscibile oltre i limiti anzidetti, la Corte d'Appello ha preliminarmente 
negato la l�gittimazione della Finanza, ex art. 1415 c. c., a 
dedurre la simulazione. -(Omissis). 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2858 -Pres. leardi Est. 
Sandulli -P. M. Pedace (conf.) -Lo Presti Seminerio (avv. 
Salvago, Lo Presti Seminerio). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Occupazione di fondi per l'esecuzione 

o manutenzione di opere destinate a regolare il regime. delle 
acque pubbliche -Controversie -Competenza dei Tribunali regionali 
delle acque -Sussiste. 
(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d). 
Sono devolute alla compe.tenza del Tribunale regionale deile acque 
l� controversie originate da occupazioni di fondi per l'esecuzione o manutenzione 
di opere destinate a regolare il regime delle acque pubbliche, 
senza distinzione tra oc�upazione legittima ed abusiva, sempre che 
tali occupazioni siano determinate dall'esecuzione di opere attinenti aUa 
bonifica o alla derivazione ed utilizzazione di acque pub_bliche (applicazione 
al caso di accupazione per la costruzione di una condotta idrica) (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente si duole 
il Tribunale abbia declinato la competenza in favore del giudice specializzato, 
sebbene la controversia dedotta in giudizio non possa ricondursi 
alla previsione della lettera d) dell'art. 140 del t. u. 11 dicembre 
1933, ii. 1775, non costituendo la �costruzione di una condotta di collegamento 
fra due serbatoi idrici comunali opera di derivazione di acque 
pubbliche n� opera idraulica. 

La censura non � fondata. 

La previsione della lettera d) dell'art. 140 del citato t. u. n. 1775 del 
1933 sulle acque pubbliche riserva alla cognizione del Tribunale regionale 
delle acque le controversie di qualunque natura riguardanti l'occu


(1) Giurisprudenza consolidata: v., di recente, Cass., 7 aprile 1972, 
n. 1047, in questa Rassegna, 1972, I, 357, ed ivi ulteriori riferimenti in 
nota 1. 

1220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pazione (totale o parziale, permanente o temporanea) di fondi e le indennit� 
previste dalla 1. 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza dell'esecuzione 
o manutenzione di opere idrauliche, di bonif�.ca e di derivazione 
ed utilizzazione di acque pubbliche. 

A tal fine non � richiesto che l'opera che abbia determinato l'occupazione 
dei fondi sia un'opera idraulica, intesa secondo l'accezione tecnico-
giuridica emergente dalla disciplina del t. u. 25 luglio 1904, n. 523, 
per la quale si esige il compimento di un'opera intorno ad un �corso di 
acqua, ma � sufficiente che l'opera attenga comunque alla derivazione 
ed alla utilizzazione di acque pubbliche. 

E, poich� per opera di derivazione deve intendersi quella effettuata 
mediante l'innesto in una preesistente conduttura di una nuova condotta, 
che permetta la diretta utilizzazione delle acque, deve ritenersi che 
appartenga alla sfera di competenza del giudice specializzato la controversia 
relativa alla determinazione della indennit� spettante per l'occupazione 
ed il permanente asservimento dei terreni destinati all'esecuzione 
di una condotta di collegamento tra due serbatoi idrici comunali, trattandosi 
di un'opera, che, pur perfezionando la struttura dell'acquedotto 
comunale, � sempre intesa, oltre che alla derivazione, alla utilizzazione 
di acque, appartenenti al demanio idrico, da parte della pubblica Amministrazione. 


Ed in tal senso si � gi� espressa questa Corte, con sentenza 30 gennaio 
1970, n. 208, la quale ha ricondotto alla stessa previsione del citato 
art. 140 lett. d) la controversia concernente l'indennit� di occupazione di 
terreni per la � costruzione di una condotta di collegamento di alcune 
frazioni abitate ad un preesistente acquedotto�, ravvisando anche in tale 
ipotesi il requisito della utilizzazione diretta dell'~cqua da parte della 
pubblica amministrazione. 

A conforto della linea seguita sta l'ampia portata assegnata alla sfera 
di applicazione della disposizione normativa dell'art. 140 lett. d) dalla 
costante giurisprudenza �di questa Corte (cfr., da ultimo, sent. 10 febbraio 
1971, n. 360; sent. 17 dicembre 1970, n. 2700). 

Va, dunque, ribadito il consolidato criterio direttivo, secondo cui 
sono devolute alla competenza del Tribunale regionale delle acque le 
contro�versie originate da occupazioni di f001di per l'esecuzione o manutenzione 
di opere destinate a regolare il regime delle a�cque pubbliche, 
senza distinzione tra occupazione legittima ed abusiva, .sempre che tali 
occupazioni siano determinate dall'esecuzione di opere attinenti alla bonifica 
o alla derivazione ed utilizzazione di acque pubbliche. 

Nel caso di specie, trattandosi dell'impugnazione dell'indennit� dovuta 
per l'occupazione ;permanente dei fondi occorsi per la costruzione 
di una condotta di acqua .pubblica, deve ritenersi che �competente a conoscere 
della contestazione sia il Tribunale regionale delle acque pubbliche. 
-(Omissis). 


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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1221 

LODO ARBITRALE, 29 aprile 1972, n. 23 (Roma) -Pres. Santaniello Est. 
Minniti -Fallimento Impresa De Luca Giorgio (avv. Ambrosio 
D.) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Carusi). 

Arbitrato -Appalto -Appalto di opere militari -Natura processuale 
del termine previsto per la proposizione della domanda di arbitrato 
-Sussiste -Applicabilit� della sospensione per il periodo 
feriale dei termini processuali, relativi alle giurisdizioni ordinarie 
ed a quelle �amministrative, prevista dalla 1. 7 ottobre 1969, 

n. 742 -Sussiste. 
(r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 54; 1. 7 ottobre 1969, n. 742, artt. 1, 3). 
Appalto -Appalto di opere militari -Decisioni dell'Amministrazione 
sulle riserve dell'appaltatore -Obbligo dell'Amministrazione di 
motivare le decisioni di rigetto -Insussistenza. 

(r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 50). 
Appalto -Appalto di opere militari -Pretese dell'appaltatore a maggiori 
compensi o indennizzi per fatti accertabili in ogni tempo Onere 
della tempestiva riserva -Sussiste. 

(r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 50). 
I Collegi arbitrali previsti dai Capitolati d'appalto di opere dello 
Stato sono organi della giurisdizione ordinari'!-ed il termine per proporre 
la domanda di arbitrato ha natura processuale, onde anche a.desso 
si applica la sospensione per il periodo feriale prevista dalla l. 7 ottobre 
19.69, n. 742 (1). 

L'Amministrazione appaltante non � tenuta a motivare i provvedimenti 
di reiezione delle riserve dell'appaltatore, da comunicare al medesimo 
(2). 

(1) Sulla prima parte della massima, v. Cass., 18 febbraio 1963, n. 365, 
Giur. it., Mass., 1963, 121, sub 4, con �lteriori riferimenti in nota (2); 22 dicembre 
1969, n. 4022, in questa Rassegna, 1969, I, 1182, sub 1; v. anche 
Cass. 13 dicembre 1966, n. 2919, Giur. it., Mass., 1966, 1273 sub. b, nonch�, 
sul valore di sentenza del lodo, Cass., 18 aprile 1966, n. 969, ivi, 430, sub b. 
Sull'ovvia natura processuale del termine per l'impugnazione del lodo con 
applicabilit� pur ad esso, a fortiori, della sospensione feriale di cui alla 
1. n. 742 del 1969 -e sulle caratteristiche di tale impugnazione, v., da 
ultimo, Cass., Sez. Un., 20 giugno 1972, 1;1. 1960, in questa Rassegna, 1972, 
I, 862. 
(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 8 maggio 1969, n. 1563, citata nel testo del lodo; 
v. anche Cass., 7 settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 967, 
nella mot�v., ove si ribadisce che l'obbligo dell'Amministrazione � quello di 
comunicare all'appaltatore � il risultato del suo esame � del1e riserve. 
22 



1222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Anche per i fatti accertabili in ogni tempo sussiste l'onere detta 
rituale riserva da parte dell'appaltatore (3). 

(Omissis). -Pregiudiziale rispetto ad, ogni altra � la questione 
relativp. alla tempestivit� della domanda d'arbitrato, tempestivit�, che, 
pur senza essere oggetto di formale eccezione, � tuttavia messa in dubbio 
dall'Amministrazione, che, con la prima memoria, sollecita il Collegio 
a controllare se la domanda sia stata proposta nei termini di cui all'articolo 
54 delle Condizioni generali di appalto per i lavori del Genio Militare, 
approvat� con r. d. 17 marzo 1932, n. 366. 

Dispone l'art. 54 citato, al III comma, che �per la risoluzione delle 
vertenze dopo il collaudo, la domanda di arbitrato deve essere proposta 
nel termine di giorni 30 da quello in cui furono notificate all'appaltatore 
le decisioni prese dall'Amministrazione in via amministrativa sulle vertenze 
medesime in seguito al collaudo�. 

�Trascorso detto termine, senza ,che sia stata fatta domanda per 
l'arbitrato, le decisioni dell'Amministrazione si intendono accettate definitivamente 
dall'appaltatore, che decade da qualsiasi diritto d'impugnarle 
�. 

Nella specie, la decisione dell'Amministrazione sulle riserve � stata 
emessa il 3 marzo 1970 e risulta notificata all'Impresa in data 2 settembre 
1970, mentre la domanda d'arbitrato � stata notificata ben 40 giorni 
dopo, ossia il 12 ottobre successivo. Ci�, tuttavia, non comporta la decadenza 
dell'Impresa dal diritto di proporre la domanda d'arbitrato. 

Invero, a' sensi della I. 7 ottobre 1969, n. 742, il decorso dei termini 
processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative 
� sospeso dal 1o agosto al 15 settembre di ciascun anno e riprende a 
decorrere dalla fine del periodo di sospensione. 

Precisa ancora l'art. 1 della cennata legge che �ove il decorso abbia 

inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso � differito alla 

fine di detto periodo �. 

Ora, � pacifico che anche i Collegi arbitrali previsti dai Capitolati 
per gli appalti di opere dipendenti dallo Stato, nella quale ,categQII'ia rientra 
sicuramente il presente Collegio, non sono giurisdizioni speciali, bens� 
organi della giurisdizione ordinaria (v., in tal senso, Cass., 18 febbraio 
1963, n. 365, 18 novembre 1969, n. 3404 e numero.se altre conformi). 
N� pu� dubitarsi che il termine per proporre la domanda di arbitrato, 
essendo diretto a disciplinare l'esercizio dell'azione e la proposizione dell'atto 
introduttivo della lite, abbia natura processuale., 

Sicch� pu� ritenersi applicabile la legge citata anche alla domanda 

d'arbitrato in questione, onde l'inizio della decorrenza del termine posto 

(3) Sul generale onere della riserva dell'appaltatore, v. Cass., Sez. 
Un., 20 giugno 1972, n. 1960, citata a nota 1. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURis"."� IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1223 

dall'art. 54 delle Condizioni generali � rimasto differito al 16 settembre 
1970. E, poich� la notifi.ca � avvenuta il 12 ottobre, la medesima resta 
largamente compresa nel termine anzidetto. 

N� gioverebbe obiettare che, trattandg~~ di giudizio arbitrale, per 
sua stessa natura, quindi, di carattere urg.e e tale da doversi considerare 
compreso tra quelli elencati nell'art. 92 dell'Ordinamento Giudiziario, 
l'art. 1 della I. 742 del 1969 non sarebbe applicabile, per l'esplicita 
esclusione dispost~ dal successivo art. 3. Invero, trattandosi di giudizio, 
per il quale sarebbe rilevabile. solo il requisito del grave pregiudizio 
alle parti per la ritardata trattazione, avrebbe dovuto esser provocato, 
onde potersi disapplicare la norma della sospensione dei termini, il decreto 
presidenziale previsto dall'ultimo comma dell'art. 92 dell'Ordinamento 
Giudiziario. 

Preliminare, nel merito, � poi la questione, appena ac�cennata dal 
Fallimento (v. II memoria in data 7 dicembre 1971), che, ponendo in �� 
rilievo che la decisione amministrativa �sulle sue riserve � estremamente 
generica, osserva che sarebbe piuttosto necessaria -e non solo nel caso 
concreto, ma in generale -un'adeguata, seppur succinta motivazione, 
e �ci� al fine di ;porre in condizione gli appaltatori di conoscere le ragioni 
del rigetto, e di evitare, quindi; ove ne restassero persuasi, di instaurare 
liti giudiziarie. 

L'Amministrazione oppone che non � dato vedere in base a quale 
norma sarebbe ravvisabile un obbligo a suo carico di motivare la decisione 
amministrativa di rigetto e si richiama all'art. 50 del r. d. 17 marzo 
1932, n. 366. 

Ad avviso del Collegio �, anzitutto, opinabile �che possa configurarsi 

un obbligo dell'Amministrazione di motivare la decisione di rigetto delle 

riserve dell'Impresa, poich�, da una parte, un obbligo siffatto non � san


cito espressamente dalla normativa vigente (artt. 50 e 54 del r. d. 17 

marzo 1932, n. 366) e, dall'altra, non lo si pu� nemmeno desumere, per 

implicito, dalla natura del provvedimento o da altre circostanze, doven


dosi considevare che il procedimento, che sfocia nella decisione sulle 

riserve, consta di una serie di atti interni, tutti incidenti nell'ambito 

della formazione della volont� dell'Amministrazione, svincolati da qual


siasi schema legale �obbligatorio ed ampiamente, se non esclusivamente, 

influenzati da fattori discrezionali (�onvenienza economica del rigetto 

o dell'accettazione della riserva) e tecnici (valutazioni tecniche affidate 
alla competenza del Direttore dei lavori e del collaudatore), sicch� non 
� dato vedere perch� il motivo della decisione, fatto meramente interno, 
dovrebbe trovare estrinsecazione all'esterno ed esser comunicato alla 
controparte. 
In tali sensi sembra essere orientata anche la Corte di Cassazione, 
che, nella sentenza a Sezioni Unite 8 maggio 1969, n. 1563, ha in moti



1224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vazione affermato che l'Amministrazione ha il dovere di comuni�are 
all'appaltatore �il risultato� del suo esame della fondatezza delle riserve, 
dando �cos� segno di ritenere sufficiente la notificazione della sol11decisione 
e non anche dellJJA:.notivazione di questa. ii 

Ma, pur da ci� presciblfundo e quand'anche in via meramente ipoi:
i: 
tetica si volesse dar per ammesso un siffatto obbligo, tuttavia un'even


I

tuale violazione di esso non sortirebbe alcun pratico e giuridicQ effetto. 
Invero, la mancanza di motivazione, ove necessaria, si risolverebbe 
in una causa di nullit� o addirittura di inesistenza dell'atto. 

I 

L'Amministrazione notificherebbe perci� un atto nullo o inesistente, 
con la sola conseguenza che il termine di 30 giorni, �comminato 

l 

dall'art. 54 r. d. 17 marzo 1932, n. 366 all'appaltatore per proporre la 

I ~ 

domanda d'arbitrato, non inizierebbe affatto il suo decorso, circostanza 
questa di cui lo stesso appaltatore non ha ragione di dolersi, contribuendo 
anzi ad evitargli. di incorrere in una decadenza. 

I

N� sarebbe ravvisabile pregiudizio nel fatto che, mancando la deter


~ 

minazione amministrativa sulle riserve, resterebbe impedito all'appalta


~ 

tore di ricorrere alla tutela giurisdizionale dei propri diritti. 

~ 

La Corte di Cassazione, con giurisprudenza ormai consolidata (vedi 
Cass., 7 settembre 1970, n. 1274; 8 maggio 1969, n. 1563 a Sez. Un. e 7 I 
luglio 1969, n. 2498 a Sez. Un.), ha affermato che �ove la P. A. non 
emetta alcun provvedimento sulle riserve formulate dall'appaltatore, 
malgrado il decorso di congruo termine da questo assegnatole od anche 
quando sia decorso un tempo tanto lungo da denunciare il rifiuto della 
stessa Amministrazione di provvedere, l'appaltatore pu� proporre domanda 
di arbitrato, senza l'onere di sperimentare previamente il procedimento 
di �cui all'art. 1183 c. c. �. 

Si pu�, pert�nto, concludere con il ritenere del tutto ininfluente la 
mancanza di motivazione della decisione amministrativa sulle riserve. 

La seconda questione preliminare riguarda l'eccezione, proposta dal1'
Amministrazione, di decadenza dell'Impresa da quasi tutte le riserve 
e precisamente da quelle 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 
19, 20, 24, 25, 26, 27, per non essere state tempestivamente iscritte ed 
esplicate nel libretto delle misure. 

Osserva I'Amministrazione che tutte ~e anzidette riserve si rifer�scono
� a pretese, erronee contabilizzazioni con prezzi di elenco che si 
assumono inapplicabili alle specie di lavoro eseguite. E, poich� l'Impresa 
oppone che trattasi di fatti continuativi, accertabili in ogni tempo,� 
per i quali, attesa la funzione della decadenza, cosi come puntualizzataI 
da ultimo nella sentenza della Cass. 13 maggio 1971, n. 1384, la riserva 
pu� essere formulata anche in sede di conto finale e collaudo, ribadisce, 
anzitutto, che si tratta di asserite, erronee contabilizzazioni e non di fatti 
continuativi e replica che, anche ove ci� fosse, la riserva, a' sensi 'ael



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1225 

l'art. 50 r. d. 17 marzo i93,2, n. 366, non avrebbe potuto essere efficacemente 
formulata solo in sede di redazione del conto finale. Cos� brevemente 
riassunte le opposte tesi delle parti, ritiene opportuno premettere 
il Collegio �che la normativa relativa all'iscrizione delle riserve per i 
lavori eseguiti per conto dell'Amministrazione della Difesa e soggetti 
alle Condizioni generali d'appalto di cui al r. d. 17 marzo 1932, n. 366 
� contenuta negli artt. 32, 33, 41 e 50 cennato r. d. 

� L'art. 32 disciplina la misurazione e contabilizzazione dei lavori e 
delle provviste, che vanno annotate in un libretto delle misure. Tale 
libretto, per tutte le misurazioni compiute sotto una medesima data, deve 
essere presentato alla firma dell'appaltatore. Ultimati i lavori e le misurazioni, 
deve essere 'compilato il conto di liquidazione finale di cui 
all'art. 41. 

L'art. 33 recita testualmente: �Se l'appaltatore firma il libretto 
delle misure con riserva, deve, entro il. termine di 10 giorni da quello 
della firma, sviluppare le ragioni con richiamo alla riserva inserita nel 
libretto stesso, indicando in �cifre i com~nsi ai quali crede di avere 
diritto. Trascorso inutilmente tale termine s'intende che abbia rinunziato 
ad ogni riserva ed accettata l'eseguita contabilizzazione�. 

L'art. 41 preved.e che l'appaltatore ha facolt� di firmare il conto 
finale con riserva, ma che non potr� fare domande diverse da quelle 
formulate durante lo svolgimento dei lavori o iscritte nel libretto delle 
misure, salvo quelle che si riferiscono a fatti nuovi risultanti esclusivamente
� dal conto finale stesso. 

L'art. 50, infine, prevede �Che le riserve iscritte nei documenti contabili 
� anche quando gli elementi delle questioni che involgono possono 
essere accertati successivamente ed anche dopo l'ultimazione dei lavori, 
saranno preliminarmente esaminati in via amministrativa�. 

Dal coordinamento delle cennate :norme, che sono sostanzialmente 
identiche a quelle contenute negli artt. 52, 53, 54 e 64 del regolamento 
per la direzione, contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato, approvato 
con r. d. 2�5 maggio 1895, n. 350, il che consente di utilizzare 
anche i precedenti dottrinari e giurisprudenziali, di gran lunga pi� 
numerosi, relativi alle riserve per lavori soggetti a tale regolamento, si 
pu� desumere agevolmente l'esistenza dell'obbligo per l'impresa di inserire 
nel libretto delle misure le proprie riserve circa pretesi maggiori 
compensi e di svilupparle, quantificandole, entro 10 giorni dalla firma 
con riserva. In difetto, opera la decadenza comminata dall'art. 41, che 
esclude che l'appaltatore possa far val~re, in sede di firma con riserva 
del conto finale, domande diverse da quelle iscritte nel libretto delle 
misure, eccetto che non si tratti di fatti nuovi, risultanti esclusivamente 
dal conto finale stesso. 


1226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tuttavia, tali rilievi non risolvono completamente la di.battuta questione, 
circa i termini e modi di proposizione delle riserve, restando pur 
sempre da stabilire: 

a) quali domande dell'appaltatore debbano essere iscritte nel 
registro; 
b) entro quale termine l'iscrizione delle riserve nel registro debba 
essere compiuta. 

La giurisprudenza, al riguardo, � tuttora in fase di evoluzione, giacch�, 
mentre quella arbitrale era, almeno fino a qualche tempo fa, orientata 
in prevalenza nel senso di ritenere che l'onere dell'iscrizione della 
riserva non sussistesse per i fatti accertabili in ogni tempo e c)le, comunque, 
per taluni altri fatti, riguardanti la generalit� dell'appalto o 
di carattere continuativo, bastava che la riserva fosse iscritta alla chiu


sura del registro di contabilit�, la giurisprudenza delle magistrature di 
merito ed in particolare quella della Corte d'Appello di Roma (v. sentenze 
19 aprile 1966; 30 novembre 1968; 23 gennaio 1969; 6 maggio 
1969 e, da ultimo, 13 marzo 1970, in Giust. civ., 1970, I, 1946) prevalentemente 
ritiene che l'onere per l'appaltatore di denunciare, mediante, 
iscrizione di apposita riserva, i fatti o le situazioni giuridiche oggetto di 
proprie domande per maggiori ,compensi, ha carattere generale e che 
tale onere diventa attuale e la riserva va iscritta �nel momento in cui 
l'incidenza del fatto sul costo delle singole unit� di lavoro e quindi la 
sua rilevanza causale rispetto alla spesa che viene a gravare sull'Amministrazione 
committente si rende obiettivamente apprezzabile, alla 
stregua di una valutazione condotta con media diligenza e secondo 
buona fede >>. 

Nella giurisprudenza della .Suprema Corte si nota, invece, una progressiva 
rielaborazione dei precedenti orientamenti. Invero, mentre con 
sentenza 29 marzo 1943, n. 719 era stata affermata l'inderogabilit� 
dell'onere di iscrizione di tempestiva riserva per le domande aventi ad 
oggetto fatti ,continuativi, con sentenza 28 ottobre 1965, n. 2290 si ritenne 
che le richieste dell'appaltatore di rivalsa dell'IGE e dell'imposta 
di registro non andavano iscritte come riserve, in quanto estranee alla 
finalit� del registro di �contabilit�, preordinato a dimostrare � cronologicamente 
l'opera nel suo iter esecutivo�. E, nonostante alcuni rilievi 
da parte d�lla dottrina, la Suprema Corte continu� ed affermare, con 
la sentenza 29 dicembre 1969, n. 2035, che non sussiste l'onere della 
riserva per richieste di danni (interessi moratori) dipendenti da ritardi 
ingiustificati dell'Amministrazione e, con sentenze 4 dicembre 1967, numero 
2869 e 30 giugno 1969, n. 2393, che l'onere della riserva per i fatti 
comportanti una maggiorazione del compenso si pone non al loro inizio, 
ma solo allol'ch�, essendosi esauriti, l'appaltatore dispone di tutti gli 
elementi necessari per indicare l'importo del compenso richiesto. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1227 

Con pi� recente pronuncia, del 29 dicembre 1969, n. 4046, la Su,prema 
Corte ha modificato in parte il precedente indirizzo, ponendo in 
rilievo che �l'onere di denuncia di fatti o situazioni che �causino aumento 
di .spesa nell'esecuzione delle opere � generale e nessuna ragione di 
compenso pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta�. 

Infine, con sentenza 13 maggio 1971, n. 1384, la stessa Corte di Cassazione 
sembra esser ritornata ai principi affermati con le sentenze precedenti, 
avendo stabilito che �negli atti contabili... debbono essere 
inserite obbligatoriamente soltanto le annotazioni e le riserve riguardanti 
i fatti che attengono direttamente e strettamente all'esecuzione 
dell'opera, quali le partite di lavoro eseguite e le somministrazioni fatte 
dall'appaltatore, non pure quelle che abbiano altro oggetto del tutto 
estraneo allo scopo di documentare cronologicamente l'iter dell'opera 
e di consentire opportuni e tempestivi interventi alla P. A., al fine di 
assicurare la prova delle sue ragioni per contestare le pretese della 
controparte in relazione all'esecuzione del!'opera �. 

Cos� brevemente riassunto lo stato della giurisprudenza, sembra 
al Collegio che la soluzione del quesito di cui sub a), almeno in relazione 
ai limiti del presente giudizio, n_on presenti particolari difficolt�. 
Invero, anche a non tener conto del contrasto tra le due ultime pronunce 
della Corte di Cassazione, quella n. 4046 del 1969 e quella 

n. 1384 del 1971, ed a voler aderire all'opinione meno rigorosa di 
quest'ultima, che si limita a ritenere soggetti all'onere della tempestiva 
riserva solo i fatti che attengono direttamente all'esecuzione dell'opera, 
quali le partite di lavoro eseguite e le somministrazioni fatte dall'ap-� 
paltatore, non sembra potersi dubitare che gran parte delle riserve 
oggetto del presente giudizio, riguardando proprio partite di lavoro 
eseguite e somministr:azioni fatte, siano da considerare soggette all'onere 
della riserva. 
Resta da risolvere il quesito di cui sub b), quello cio� attinente 

al termine entro~il quale le riserve debbono essere iscritte. 

Ad avviso del Collegio, restando nel solco degli indirizzi giuri


sprudenziali in precedenza richiamati, pu� ritenersi, in linea generale, 

che l'onere della riserva scatti, e l'appaltatore sia quindi tenuto ad 

iscriverla nei documenti contabili, nel momento in �cui la partita di 

lavoro, in ordine alla quale egli ritiene di aver diritto ad un maggior 

compenso, sia stata allibrata. 

-� da escludersi invece che un simile onere non sussista, come pre


tenderebbe il Fallimento, per quei fatti accertabili in ogni tempo. 

Tale principio non � affatto desumibile dalla sentenza della Cassazione 
n. 1384 del 1971, che ribadisce anzi l'obbligo della riserva per 
tutti i fatti che attengono direttamente e strettamente all'esecuzione 
dell'opera, siano essi o meno accertabili in ogni tempo e che proprio in 


1228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

relazione a tale enunciazione di principio ha escluso l'obbligo di denunciare, 
mediante apposita riserva, il comportamente doloso o colposo 
tenuto da organi della P.A. nell'eseguire adempimenti amministrativi, 
quando non incida direttamente nell'esecuzione dell'opera. 

Peraltro, per quanto riguarda i lavori soggetti alle Condizioni generali 
di cui al r.d. 17 marzo 1932, n. 366, la questione sembra trovare 
testuale soluzione nell'art. 50, che, prescrivendo che le riserve o domande 
dell'Impresa iscrit~e nei documenti contabili �saranno preliminarmente 
esaminate in via amministrativa�.... �anche quando gli elementi 
delle questioni che involgono possano essere accertate successivamente 
ed anche dopo la ultimazione dei lavori�, lascia chiaramente intendere 
che anche per i fatti accertabili in ogni tempo sussiste l'onere della 
riserva (v., in senso conforme, L. Arbitrale 8 luglio 1970, i:l. 74, in Rass. 
Avv. Stato, 1970, I, 1179, sub. 6). N� � necessario al Collegio stabilire se 
ed entro quale termine scatti l'onere dell'iscrizione della riserva per i 
fatti cosiddetti continuativi, che, si noti, concettualmente differiscono 
dai fatti accertabili in ogni tempo, potendo constare questi di un solo 
fatto verificatosi istantaneamente, ma tuttavia sempre a~certabile e 
dovendosi ravvisare invece i fatti continuativi in quegli eventi causativi 
di maggiori spese per l'Impresa, che o si protraggono per una parte o 
per tutta la durata dei lavori, o manifestano la loro esatta incidenza di 
spesa e possono quindi essere quantificati, avendo esaurito i loro effetti, 
solo a distanza di tempo dal mom~mto in cui sono avvenuti e talvolta 
unicamente alla fine dell'opera. 

Un simile accertamento, ripetesi, non � necessario, posto che, come 
appresso si avr� agio di dire in sede di esame dei singoli quesiti e 
quindi delle relative riserve, non v'� alcuna di queste che riguardi 
fatti continuativi secondo la nozione dianzi datane. -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III,� 11 novembre 1971, n. 2690 -Pres. 
Straniero -Rel. Neri -P. M. (conf.) -Rie. Andracchio. 

Sequestro -Sequestro penale -Finalit�. 
(Cod. pen., artt. 189, 240; cod. proc-. pen. art. 337). 

Edilizia -Costruzione edilizia -Licenza di costruzione -Edificio ille


gittimamente costruito -Sequestro -Ammissibilit�. 

(Cod. pen. art. 189; cod. proc. pen., art. 337; I. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31). 

Il sequestro penale ha finalit� pi� ampie di quelle meramente probatorie, 
atteso che nel sist.ema della legge l'istituto � preordinato anche 
a consentire l'eventuale ptrovvedimento di confisca ex art. 240 cod. pen. 
oltre che alla conversione nelle misure cautelari a garanzia dei crediti 
di cui all'art. ).89 cod. pen. (1).. 

� ammissibile il sequestro penale di edificio illegittimamente costruito, 
senza licenza o in difformit� da questa, al fine di assicurare le 
prove dell'illecito attraverso la indisponibilit� detle cose suite quali il 
reato si � concretato (2). 

Il Pretore con la citata ordinanza ha respinto l'istanza di revoca 
del sequestro e avver,so la medesima Ol'dinanza la Andracchio ha 
proposto ricorso per cassazione deducendo: 1) Erronea interpretazione 
della legge penale; 2) Esercizio da parte del giudice ordinario di una 
potest� riservata dalla legge ad organi amministrativi. 

Il ricorso � infondato sia sotto l'uno eh~ l'altro dei profili di diritto. 
Invero, come si � osservato dal P.G. nella sua requisitoria, il sequestro 
penale ha finalit� pi� ampie di quelle meramente probatorie, atteso che 
nel sistema della legge l'istituto � preordinato anche a consentire lo 
eventuale provvedimento di confisca ex art. 240 c.p. oltre che alla con


(1-2) La decisione della Suorema Corte � ineccepibile, sia per quanto 
concerne la prima massima (l'interpretazione restrittiva che del sequestro 
penale era 1stata prospettata dalla difesa � infatti contrastata dalla pi� corretta 
inte11pretazione dottrinaria e giudsprudenziale), sia per quanto concerne 
la seconda. La difesa aveva infatti sostenuto una violazione dei principi 
contenuti nell'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, 
perch� il pretore di Roma, avendo sottoposto a ,sequestro penale un immobile 
abusivamente costruito nella zona vincolata dell'Appia Antica, avrebbe in 
tal modo ritardato l'esecuzione dell'eventuale atto amministrativo spet


tante al Sindaco. 



-r~ 


1230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

versione nelle misure cautelari a garanzia dei crediti di cui all'art. 189 

c.p. Tuttavia nell'ambito delle finalit� probatorie proprie e tipiche del 
sequestro, in quanto diretto ad assicurare con vincolo di indisponibilit� 
le cose occorrenti per l'accertamento dell'illecito penale, non si vede 
quali ragioni si oppongano nella specifica materia (costruzione di edificio 
illegittima perch� senza licenza da parte dell'autorit� amministrativa 
�competente o in difformit� dalla licenza concessa) alla adozione del 
sequestro penale (che pu� cadere sia su cose mobili che immobili) al 
fine precipuo di assicurare le prove dell'illecito attraverso la indisponibilit� 
delle cose in cui addirittura si � concretato o che hanno. concorso 
a concretare il reato. 
L'apprezzamento �compiuto dal giudice sulla opportunit� di procedere 
al sequestro si sottrae, come giudizio di puro merito, ad ogni 
sindacato in questa sede, una volta accertata la �conformit� del provvedimento 
alle sue finalit� istituzionali e quindi escluso che attraverso 
il medesimo si sia compiuta una violazione di legge anche sotto il profilo 
del mantenimento del sequestro, che, essendo il procedimento penale 
tuttora in corso, � ugualmente r~messo al potere discrezionale del 
giudice ai sensi dell'art. 622, 1� comma c.p.p. 

N� potrebbe ravvisarsi violazione di legge per esercizio da parte 
del giudice di una potest� riservata dalla legge ad organi amministrativi, 
poich�, operando l'autorit� giudiziaria e quella amministrativa in 
virt� di poteri e per finalit� ben distinte, nessun conflitto o usurpazione 
di poteri da parte della autorit� giudiziaria, che disponga il sequestro 
dell'edificio illegittimamente costruito, sarebbe mai ravvisabile: la pendenza 
del procedimento giudiziale diretto all'accer.tamento del reato 
in cui si concreta la illegittima costruzione, proprio in virt� del principio 
della divisione dei poteri � evento che di per s� impedisce fino alla 
formazione del giudicato penale l'attuazione concreta degli eventuali 
provvedimenti (come quello di demolizione) riservati dalla legge alla 
competenza dell'autorit� amministrativa, fino a quando� si ritenga ai 
fini istruttori opportuno il mantenimento del sequestro (mantenimento 
che non ostacola l'esercizio dei poteri per cosi dire cautelari emessi dall'autorit� 
amministrativa nel frattempo, quale l'ordine di sospensione 
dei lavori). 

Una volta escluso quindi che nella soggetta materia possa ravvi


sarsi una usurpazione di poteri spettanti alla P.A.�da parte dell'autorit� 

giudiziaria, va osservato che il disposto sequestro, non pu� non assol


vere alla finalit� di consentire alla P.A. la concreta attuazione dei prov


vedimenti che alla stessa competono nell'ambito dell'esevcizio dei po


teri discrezionali per legge spettantile, quale la concreta eliminazione 

dell'illecito amministrativo. 

Il ricorso, sulle conformi conclusioni del P.G. deve essere pertanto 
rigettato con la condanna della ricorrente alla spese. 

~ 

~ 
~ 
~ 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1231 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 19 febbraio 1972, n. 879 -� Pres. 
Leone -Rel. Fornari -P. M. Padoin (conf.) -Rie. Marcaccino 
ed altro. 

Procedimento penale -Relazione tra la sentenza e l'accusa contestata In 
genere -Contestazione di truffa aggravata -Condanna per 
frodi in pubbliche forniture -Legittimit�. 

(c.p., artt. 356 e 640; c.p.p., art. 477). 

Non ogni modificazione dei particolari del fatto contestato costituisce 
mutazione tale da stabilire difetto di correlazione fra la sentenza 

e. l'accusa, ma. solo quell.a che apportando un rilevante mutamento 
degli elementi essenziali, determini incertezze sull'oggetto dell'imputazione 
con concreto pregiudizio d~i diritti delta difesa. Non vi � pertanto 
v'iolazione dell'art. 477 c.p.p. quando queila stessa attivit� per la quale 
era stato contestato il reato di truffa, venga in sentenza individuata 
come reato di frode in pubbliche forniture (1). 
(Omissis). -A seguito delle indagini compiute dapprima dal Commissariato 
di P.S. di Senigallia e poi del Nucleo di polizia tributaria 
di Ancona, veniva denunziato che, nel corso degli anni 1960, 1961 e 
1962, era stata effettuata dal commerciante Marcaccini Bruno da Fano, 
col concorso del proprio dipendente Serafini .Sandro e di ta([e Puliti 
Gino da Falconara e con la compiacente opera dei veterinari comunali 
di Senigallia, dott. Sartini Ennio, e di Falconara, dott. Serantoni Didimo, 
l'illecita fornitura alle FF.AA. di stanza a Fano, a Falconara, a Pesaro 
e ad Ancona, di carne bovina perch�, invece di carne di ottima qualit� 
e proveniente da animali in ottimo stato di nutrizione e di ingrassamento, 
�come per contratto, era stata consegnata carne di bassa macelleria 
in quanto proveniente da bestie magre, ammalate e maceHate 
d'urgenza, ed erano stati inoltre consegnati 565 quarti anteriori di 
bestiame di fronte a soli 1212 quarti posteriori, nonch�, due partite di 
carne refrigerata che provenivano dall'Argentina e dall'Uruguai anzich� 
dal mercato nazionale, come era stabilito dalle condizioni d'appalto. 
Veniva riferito che, per le parziali ammissioni del Serafini, del 
Puliti e de1l dott. Serantoni, per la confessione di due ufficiali delle 
FF.AA. ed in base ai rilievi effettuati presso i pubblici uffici civili e 
militari, nonch� in base al sequestro di vari documenti presso l'azienda 
del Marcaccini, l'anzidetta attivit� illecita e la frode in ordine all'in


(1) La giurisprudenza della Cassazione conferma l'indirizzo che ravvisa 
la ratio dell'art. 477 c.p . .p. nella necessit� di garantire il diritto della 
difesa. Vedi per una breve rassegna di giurisprudenza in tema di correlazione 
fra accusa e sentenza, questa Rassegna, 1972, I, 361. 

1232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giusto profitto conseguito per il preteso pagamento dei tributi erariali 
inerenti al rapporto di fqrni�tura erano state poste in essere attraverso 
false certificazioni sanitarie militari, l'uso abusivo di sigfilli dell'Amministrazione 
militare, la consegna di danaro a scopo di corruzione, l'omissione 
delle operazioni di collaudo delle �carni costituenti l'oggetto del 
rapporto contrattuale e varie attivit� collusive negli incanti per l'appalto 
delle forniture militari. 

Procedutosi col rito formale a carico di tutti i denunziati, gli imputati 
Marcaccini, Serafini, Puliti, Sartini e Serantoni venivano rinviati 
a giudizio per rispondere dei reati di corruz.fone continuata e di truffa 
aggravata continuata in danno dell'Amministrazione militare per l'irregolare 
fornitura, al fine di trarne profitto, di Kg. 10.2rn di carne bovina 
di bassa macelleria, di �555 quarti anteriori di bestiame rispetto a 112 
quarti posteriori, nonch� di Kg. 23.375 e 12.130 di carne refrigerata, 
provenienti rispettivamente dall'Argentina e dall'Uruguai. 

Gli imputati Marcaccini, Serafini e Puliti per rispondere altres� 
dei reati di falsit� continuata in certificazioni sanitarie militari, di uso 
abusivo continuato di sigilli dell'Amministrazione militare e di truffa 
aggravata continuata in dap.no di tale Amministrazione in relazione alla 
somma di L. L368.400 per tributi erariali sulle forniture di Kg. 2_4.639,40 
di carne. 

Il Tribuna[e di Ancona, modificando la contestata imputazione di 
truffa aggravata, dichiarava il Marcaccini e il Serafini colpevoli, in concorso 
fra loro, del reato di frode continu~ta nella pubblica fornitura 
di carne bovina, ai sensi dell'art. 315,5 c.p., con l'aggravante di cui al 
secondo comma n. 1 dell'art. 315�5 stesso �codice, mentre mandava assolto 
il Puliti da tale reato per insufficienza di prove sul dolo; riguardo alle 
altre imputazioni lo stesso Tribunale pronunciava sentenze di assoluzione 
con formula piena, tranne che per quelle di falsit� aggravata 
continuata in certificati sanitari militari e di uso abusivo continuato di 
pubblici sigiJHi, ascritte al Marcaccini e al Serafini, in ordine alle quali 
dichiarava l'estinzione dei relativi reati per effetto della sopravvenuta 
amnistia concessa con decreto presidenziale 24 gennaio 1963, n. 5. 

Proposta impugnazione degli imputati Marcaccini, Serafini e Puliti 
per asseriti errori di rito e di merito in cui sarebbe incorso il primo 
Giudice, la Corte d'Appello di Ancona, dopo aver ammesso la perizia 
contabile invocata dagli appellanti per verificare la rispondenza tra i dati 
contenuti in due riepiloghi prodotti in prime cure circa l'esecuzione 
della pubblica fornitura di carne e il contenuto degli atti esistenti presso 
i competenti uffici comunali delle imposte di �consumo, disattendeva i 
motivi di gravame. 

Riteneva la Corte del merito che sussisteva la materialit� del reato 
di frode nella pubblica fornitura per le ammissioni, sia pure parziali, 
degli imputati Serafini e Puliti, per le dichiarazioni degli uffidali del



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

l'Esercito preposti alle operazioni di collaudo, per la falsificazione dei 

certificati sanitari dell'Autorit� mmtare e per l'uso abusivo di pubblici 

sigilli, nonch� in base alla documentazione sequestrata presso l'azienda 

del Marcaccini ed ai rilievi eseguiti dagU organi di polizia sugli atti 

dei pubblici uffici civili e militari, respingendo la tesi de1l vizio di corre


lazione tra accusa e sentenza in quanto il tribunale si era limitato ad 

attribuire una diversa qualificazione giuridica al fatto contestato anche 

rispetto a quei quantitativi di carne che erano stati consegnati senza 

che fosse stato preventivamente eseguito il prescritto collaudo. 

Riguardo poi all'elemento intenzionale del reato la stessa Corte 
del merito ne confermava tanto \la sussistenza nei confronti degli impu.
tati Marcaccini e Serafini quanto le ragioni di dubbio gi� manifestate 

sul conto dell'imputato Puliti. 

Avverso tale sentenza di secondo grado gli imputati Marcaccini e 

Serafini, tenuto conto anche dei motivi aggiunti presentati nel termine 

prescritto, hanno sostanzialmente rivolto le seguenti censure. 

Si lamenta in primo luogo fa violazione dell'art. 477 c.p.p., essendo 

stati gli imputati condannati per fatti non contestati col capo d'impu


tazione in spreto al principio della correlazione tra accusa e sentenza, 

segnatamente in ordine al fatto mai contestato della fornitura di 19 capi 

di bestiame senza che fosse intervenuto il preventivo collaudo delle 

competenti autorit� sanitarie militari: il quale fatto, peraltro, � stato 

erroneamente ritenuto, nel difetto di ogni prova, come elemento indu


cente la mancanza di qualit� dell'oggetto del contratto, mentre si sa


rebbe potuto tutt'al pi� dedurne ila violazione di un obbligo contrat


tuale inerente alla verificazione dell'oggetto stesso, ma mai la sussi


stenza di una fraudolenta esecuzione del rapporto di fornitura. 

La doglianza � priva di fondamento, avendo il Giudice del merito 

correttamente ritenuto, alla stregua del principio ormai consolidato in 

giurisprudenza, che non ogni modificazione dei particolari del fatto 

contestato costituisce mutazione tale da stabilire difetto di correlazione 

tra la sentenza e l'accusa contestata ai fini dell'art. 477 c.p.p., ma sola


mente quella che, apportando un rilevante mutamento degli elementi 

essenziali, determini incertezza sull'oggetto dell'imputazione con con


creto pregiudizio dei diritti della difesa. 

Nel caso in esame, infatti, � stato all'esito del dibattimento rite


uto �che la stessa attivit� riguardante la fraudolenta consegna di carne 

u collaudata, di qualit� deteriore e di carne refrigerata proveniente 

dal mercato estero anzich� di quello interno, che era stata enunciata 

nella sentenza di rinvio a giudizio ai fini della contestata sussistenza del 

reato di truffa aggravata in .danno dell'Amministrazione militare, inte


grava pi� esattamente gli estremi dell'ipotesi deHttuosa.di frode ai sensi 

dell'art. 3156 c.p., la �quale, indipendentemente da ogni malizia od espe


diente con cui l'obbligato si sottrae dolosamente all'esatto adempimento 


1234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

degli obblighi contrattuali verso l'ente pubblico, consiste sia nella dolosa 
consegna di cose di qualit� diversa da quella prevista nel contratto di 
fornitura sia nella consegna di cose diverse da quelle che dovevano 
formare oggetto del contratto, anche se da ci� eventualmente non 
derivi un danno effettivo alla pubblica amministrazione contraente. 

Non sussiste, pertanto, la denunciata violazione deH'art. 477 c.p.p., 
essendosi il Giudice limitato ad attribuire ai fatti una diversa qualificazione 
giuridica, col porre esattamente in rilievo che gli artifizi e raggiri 
indicati nell'originaria imputazione di truffa non erano affatto incompatibili 
con la nozione del reato di frode ai sensi dell'art. 35,5 c.p., 
la cui essenza � costituita appunto dal doloso inadempimento degli 
obblighi inerenti ad un rapporto di pubblica fornitura di cose o di opere. 
Ne, contrariamente a quanto soggiungono i ricorrenti, � mancata la 
contestazione del fatto riguard�nte la dolosa consegna di quantitativi 
di carne non collaudati preventivamente, in base al capitolato d'oneri, 
dalle competenti commissioni militari sia perch� il fatto stesso era stato 
chiaramente indicato, in relazione a 1,9 capi di bestiame, nell'originario 
capo d'imputazione sia perch� su di esso, come pi� chiaramente 
si evince dalla sentenza di secondo grado (veggansi pagg. 19, 20 e 21) 
si era ampiamente dibattuto con rH:erimento agli accertamenti degli 
organi di polizia e alle ammissioni degli imputati Serantoni e Puliti, 
anche se quest'ultimo aveva in un secondo tempo cercato di dire, in 
contrasto con ogni criterio di verosimiglianza, che la carne prelevata 
dal frigorifero di Fano e non sottoposta a collaudo era stata interamente 
consegnata alle mense degli ufficiali e dei sottufficiali del C.A.R. 
di Falconara, per il cui fabbisogno facevasi ricorso al mercato libero 
e senza alcuna osservanza delle condizioni del rapporto di fornitura 
militare. L'impugnata sentenza viene quindi denunciata per difetto e 
contraddittoriet� di motivazione in ordine alle prove poste a base della 
ritenuta consegna alle FF.AA. di carne di qualit� diversa da quella pattuita 
e si sostiene a tale riguardo che il giudice del merito, omettendo, 
per un verso, ogni esame degli elementi probatori favorevoli agli 
imputati circa l'esatta esecuzione della pubblica fornitura (deposizioni 
degli ufficiali dei reparti militari di Falconara e di Fano e del Presidio di 
Ancona), e prospettando, per altro verso, l'ipotesi che, nonostante le 
operazioni di� collaudo, gli imputati abbiano avuto la possibilit� di consegnare 
dolosamente carne di qualit� deteriore, sarebbe pervenuto alla 
pronuncia di condanna attraverso argomentazioni prive di nesso logi�o. 
Viene altres� specificamente censurata la ritenuta inefficienza deUe operazioni 
di collaudo, per essere state tali operazioni eseguite mediante �n 
esame meramente macroscopico delle carni gi� macellate, perch� tale 
giudizio sarebbe in contrasto con la logica e con il sistema di controllo 
previsto dalle norme regolamentari, in materia, mentre gen�rica censura 
viene rivolta aHe affermazioni contenute nella pronuncia di con



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1235 

danna circa la fornitura di carne proveniente dalla mattazione di 43 
capi di bovini magri, ammalati e macellati d'urgenza, nonch� ci:r:ca la 
fornitura di quarti anteriori del bestiame mattato, sproporzionati in 
eccedenza rispetto ai quarti posteriori pi� pregiati, e la fornitura di 
carne refrigerata proveniente dal mercato estero anzich� da quello 
interno. 

Senonch�, anche tale complessa censura non ha pregio perch� le 
deduzioni dei ricorrenti si risolvono, in buona sostanza, nella invocazione 
di una va,lutazione probatoria diversa da quella compiuta dal 
Giudice di merito quando ci�, che attiene all'esercizio del potere discrezionale 
di apprezzamento delle prove, non � consentito in sede di legittimit�, 
senza che venga peraltro offerta la possibilit� di cogliere, nelle 
deduzioni medesime, gli estremi di alcun vizio inficiante la sentenza 
impugnata in uno dei suoi elementi costitutivi, tanto sotto il profilo 
della mancanza di motivazione, che sussiste allorquando dal processo 
logico del Giudice non possono desumersi le ragioni che lo hanno determinato 
ad emettere quella anzich� altra o diversa statuizione, quanto 
sotto il profilo della contraddittoriet� di motivazione, che si verifica nel 
caso che vi sia contraddizione logica fra l'una e l'altra affermazione della 
pronuncia. Il Giudice di merito ha spiegato infatti le ragioni del proprio 
convincimento attraverso l'esame degli elementi probatori acquisiti agli 
atti che andavano dalle ammissioni, sia pur�e parziali, dello stesso coimputato 
Serafini al risultato, perfettamente concordante, delle indagini 
sia del Commissariato di P.S. che del Nucle'O di P.T., delle rilevazioni 
compiute sugli atti degli uffici delle imposte di consumo dei vari comuni 
interessati e dal contenuto d�lla corrispondenza e dei documenti sequestrati 
presso l'azienda del Marcaccini alle accertate falsificazioni dei 
certificati sanitari dell'Autorit� militare, nonch� all'uso abusivo di pubblici 
sigilli, dalle deposizioni degli ufficiali della specialit� veterinaria 
e degli altri reparti militari a quelle dei testi ,che erano a conoscenza 
sia dell'incetta, da parte dell'imputato Marcaccini, di capi di bestiame 
traumatizzati, malati o mattati d'urgenza, sia dell'acquisto, da parte del 
medesimo, di quantitativi di carne refrigerata di provenienza estera, 
ritenendo, con argomentazioni affatto contrastanti col senso comune e 
con i limiti di una plausibile attendibilit� di apprezzamento, che la 
dolosa consegna di notevoli quantitativi di 'Carne bovina di qualit� 
diversa da quella prevista dal rapporto di pubblica fornitura aveva 
effettivamente riguardato carne non sottoposta a preventivo collaudo, 

carne di c.d. bassa macelleria e carne refrigerata proveniente dai mercati 
esteri, nonch� quarti anteriori di bestiame bovino che erano sproporzionati 
in sensibile eccedenza rispetto ai quarti posteriori, e ci� anche 
quando, a seguito del coJ.laudo, le operazioni di controllo, data l'entit� 
e per le modalit� delle varie consegne, non potevano sempre assicurare 


1236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che la carne corrispondeva, per qualit�, a quella prevista dal capitolato 
d'oneri della pubblica fornitura. 

Ne � esatto sostenere, come fanno i ricorrenti, 'Che il Giudice debba 
essere tenuto a compiere un'analisi particolareggiata di tutte le deduzioni 
delle parti e di tutti gli elementi probatori emersi nel procedimento, 
essendo invece sufficiente che egli spieghi le ragioni che hanno 
determinato il suo convincimento, come si � precisamente verificato 
nella specie. Altro motivo di doglianza riguarda il difetto assoluto di 
motivazione in ordine alle prove documentali prodotte dagli imputati in 
prime cure a loro difesa, in relazione alle quaili il Giudice di secondo 
grado aveva ravvisato la necessit� di disporre una perizia contabile 
per verificare la corrispondenza o meno dei dati risultanti dagli accertamenti 
di polizia alle indicazioni contenute negli atti esistenti :presso 
gli uffici delle imposte di consumo dei vari comuni interessati. Ma anche 
questo motivo di gravame deve essere �disatteso. � bensi vero, infatti, 
che ila Corte del merito ha ritenuto di ammettere, di fronte al prodotto 
specchio riassuntivo delle consegne di carne effettuate dal fornitore 
Marcaccini ai reparti militari di stanza a Falconara, Ancona, Pesaro e 
Fano dal 1� gennaio 1960 al 30 giugno 19'60, un'indagine peritale per 
acquisire elementi di comparazione tra i dati degli illeciti concordemente 
rilevati dal Commissariato di P.S. e dal Nucleo di P.T. e la 
documentazione esistente presso gli uffici delle imposte di consumo che 
riferivasi alle macellazioni eseguite nei vari comuni, ma � anche vero 
che U perito di ufficio non � stato in grado di compiere detta indagine 
per la sopravvenuta impossibilit�, dato il tempo trascorso, di sequestrare 
presso i competenti uffici delle imposte di consumo tanto le bollette 
di accompagnamento e di introduzione dell~ carne macellata quanto 
quelle di riscossione delila dovuta imposta, tutte indispensabili ai fini 
dell'accertamento in questione, e che, in conseguenza di ci�, la stessa 
Corte del merito ha pronunciato un'ordinanza dibattimentale con cui 
stabilito che ogni ulteriore -istanza di accertamento peritale appariva 
superflua e che era peraltro acquisita agli atti la documentazione recante 

i dati sui quali il collegio giudicante, cui in definitiva spettava di decidere, 
doveva portare il proprio esame. Sicch�, a parte la mancanza di 
una specifica e separata impugnazione della succitata ordinanza, la 
quale � peraltro congruamente motivata ed � immune da vizi logici e 
da errori di diritto, � ovvio come la Corte del merito abbia dovuto 
formare il proprio convincimento in base all'esame di quei dati che, 
in relazione alla documentazione apprestata da entrambi gli organi di 
polizia e alla documentazione sequestrata presso l'azienda del Marcaccini, 
era di per s� tale da fornire sufficienti elementi di giudizio. Non 
senza dimenticare che la Corte medesima ha portato altres� il suo esame 
su quegli altri elementi probatori, quali, soprattutto, le ripetute falsificazioni 
dei certificati sanitari, l'uso abusivo di pubblici sigilli, le depo




PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1237 

s1z1oni testimoniali e le parziali ammissioni degli stessi imputati, che, 
pur di fronte ad eventuali discordanze circa l'iter della mattazione dei 
numerosi capi di bestiame, sono stati ritenuti di ri\l.evanza decisiva per 
la sussistenza della frode nella fornitura della carne ai vari reparti 
delle FF.AA. 

Ed infine i ricorrenti lamentano che sia stata ritenuta la competenza 
territoriale del Tribunale di Ancona in base all'apodittica affermazione 
che l'ultima irregolare consegna di carne era stata effettuata 
presso il C.A.R. di Falconara. 

Tale eccezione, per�, essendo stata sollevata per la prima volta 
nel giudizio di secondo grado, non solo � stata disattesa dalla Corte 
d'Appello nella corretta appUcazione dell'art. 43 c.p.p., ma � stata anche 
dalla Corte stessa motivatamente confutata nel merito in consistenza 
del fatto che, trattandosi di reato continuato, bene era stata radicata la 
competenza presso il Tribunale di Ancona perch� era risultato, in base 
alle indagini di polizia ed alle ammissioni degli imputati, che l'ultima 
consegna di carne era stata effettuata presso il 6� C.A.R. di Falconara. 

Il ricorso deve essere pertanto rigettato, come ogni conseguenza 
di legge a carico dei ricorrenti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 10 agosto 1972, n. 368 -Pres. Colonnese 
-Rel. De Falco -P. M. Vallaro (conf.) -Rie. e P. M. e Pozzi. 

Reato�-Truffa -Atto di disposizione patrim~niale -Pu� avere carattere 
omissivo. 

Truffa -Artiftzi e raggiri diretti a conseguire abbuoni dell'imposta 
di fabbricazione -Sussistenza del reto. 
(Cod. pen., art. 640 c.p.). 

Nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale pu� avere anche 
carattere omissivo (1). 
Costituisce delitto di truffa H fatto di procurarsi, a danno dello 
Stato ed inducendo in errore gli organi dello stesso mediante artifici 

o raggiri (facendo apparire, a mezzo della falsificazione della prescritta 
documentazione, l'irregolare rilascio o l'uso della documentazione falsificata, 
che il vino impiegato nella distillazione dello spirito e della 
acquavite era stato acquistato presso produttori-viticuitori a prezzo di 
imperio), l'ingiusto profitto costituito dal conseguimento degli abbuoni 
(1-2) La Corte di Cassazione conferma l'indirizzo gi� altre volte espresso 
e di cui si � data notizia: v. in questa Rassegna 1971, pag. 1530, Cass. 
20 gennaio 1971 n. 140. 

23 



1238 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR~ DELLO STATO 

dell'imposta di fabbricazione concessi con le leggi lo luglio 19.59, n. 458 
e 30 luglio 1959, n. 560, nonch� dal d.l. 20 aprile 1960, n. 342, .convertito 
in l. 24 giugno 1960, n. 584 (2). 

Allo scopo di sostenere il mercato viti-vinicolo, con leggi 1� luglio 
1959, n. 458 e 30 luglio 1959, n. 560, nonch� con d.l. 28 aprile 1960, 

n. 342 (conv. in 1. 24 giugno 1960, n. 584) venivano �concesse agevolazioni 
fiscali temporanee ed eccezionali consistenti in rilevanti abbuoni 
dall'80 al 98 % dell'imposta di fabbricazione sullo spirito e sulla 
acquavite ottenuti dalla distillazione del vino, alla triplice condizione 
che questo fosse stato acquistato presso produttori viticultori ed al prezzo 
(rispettiv�mente di 390 e 380 lire per ettogrado, franco cantina) 
e nei limiti di tempo stabiliti dai provvedimenti legislativi; successivamente, 
venivano precisati gli adempimenti e le formalit� necessari 
per usufruire delle agevolazioni, e cio� l'emissione delle bollette di 
accompagnamento da parte dei locali uffici comunali delle imposte di 
consumo e la compilazione di fatture -convalidate dei competenti 
ispettorati della agricoltura -contenenti le indicazioni relative alla 
qualit� del venditore di produttore-coltivatore ed al prezzo nonch� 
alla qualit� delle partite di vino fatturate, oppure, nella ipotesi di 
distillazione eseguita nell'interesse e per conto di viticultori-produttori, 
l'esibizione, da parte del distillatore, di una dichiarazione, rilasciata dal 
detto ispettorato, relativa alla qualit� del proprietario-produttore ed 
alle caratteristiche del vino. In esito al controllo di tali adempimenti, 
i funzionari dell'U,T.I.F. autorizzavano l'introduzione del vino in distilleria 
in esenzione e la presa in carico mediante annotazione su di apposito 
registro. 
Nel 1965 il Nucleo di Polizia tributaria di Taranto accertava che 
la Societ� Tipan di Brindisi aveva impiegato, per la distillazione di 
spirito ed acquavite, principalmente per s� ed in minor misura per 
conto terzi (S.A.S. Grandi Marche Associate, Ditta Giovanni Polizzotto 
e C.P.A. Vinai), ingenti quantitativi di vino (rispettivamente 40.247,85 
e 39.103,36 quintali) acquistati presso industriali e commericanti grossisti 
ed a prezzo inferiore a quello di imperio e che era stata prodotta 
documentazione falsificata od artefatta allo scopo di far figurare gli 
acquisti eseguiti nell'osservanza delle prescrizioni e condizioni stabilite 
dai detti provvedimenti legislativi�~ e cio� a prezzo legale presso produttori 
viticultori -usufruendo cos� indebitamente degli abbuoni. 

, Veniva quindi iniziato procedimento penale a carico del ricorrente 
Mario Pozzi, amministratore delegato della Tipan, nonch� di altri diciotto 
imputati (legali rappresentanti delle societ� G.M.A. e Vinai, titolare 
della ditta Polizzotto nonch� mediatori, commercianti e produttori 
di prodotti vinosi) per i seguenti reati: a) concorso nel delitto previsto 
dagli art. 61, n. 2, c.p. e 42 t.u. 8 luglio 1924 sull'imposta di fab



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

bricazione degli spiriti, per avere il primo acquistato e gli altri venduto 
yino per la distillazione a prezzo di mercato, facendo apparire, contrariamente 
al vero, mediante false fatture e le bollette di accompagnamento, 
che gli acquisti erano avvenuti presso viticultori ed a prezzo 
di imperio, usufruendo cosi indebitamente delle agevolazi�ni fiscali 
concesse con le leggi del 1959 e del 1960; b) di concorso nel delitto di 
falsit� aggravata e continuata in scrittura privata, artt. 61, n. 2, 81, 110 
e 485 c.p.) per avere, al fine di commettere il precedente reato, falsificato 
le fatture e le bollette di accompagnamento; e) di concorso nel 

.d�litto di truffa continuata (a,.-tt. 81, 110 e 640, secondo comma, n. 1, 
c.p.) per avere, facendo apparire contrariamente al vero, che gli acquisti 
di vino erano stati fatti presso viticultori a prezzo di imperio, usufruito 
delle anzidette agevolazioni fiscali. 

Nel corso dell'istruzione risultava, tra l'altro, la discordanza fra 

quasi tutti i nominativi indicati nelle bollette di accompagnamento e 

quelli delle fatture, la falsificazione di quasi tutte le firme apposte in 

queste ultime o l'indicazione di nominativi inesistenti; solo per alcune 

firme era possibile accertare che la falsificazione era stata eseguita da 

uno dei coimputati. 

All'esito della formale istruzione, il g.i. proscioglieva tutti gli im


putati dal delitto sub a) perch� il fatto non costituiva reato (nessuna 

incriminazione era prevista dalle leggi del 1959 e del 1960 per la vio


lazione delle relative disposizioni, mentre i fatti non erano compresi 

nelle ipotesi criminose previste dall'art. 42 del t.u. del 1924).e da quella 

sub b), esclusa l'aggravante contestata, perch� il reato era estinto per 

amnistia; proscioglieva tutti gli imputati, ad eccezione del Pozzi, di 

Angelo Delle Molle e Giovanni Polizzotto, dalla imputazione di concorso 

nel delitto di truffa per non aver commesso il fatto; ordinava il rinvio 

al giudizio del Tribunale di Brindisi del Pozzi, del Delle Molle e del 

Polizzotto per rispondere di concorso nel delitto di truffa ag~ravata 

e continuata (artt. 81, 110, 640, 2� comma, n. 1, c.p.) per avere, fa


cendo apparire, contrariamente al ve1.'0, mediante false fatture e bol


lette di accompagnamento, che gli acquisti di vino per la produzione 

di alcool ed acquavite, erano avvenuti presso viticultori ed a prezzo 

di imperio, usufruito delle agevolazioni fiscali di cui alle leggi del 

1959 e del 1960, procurandosi un ingiusto profitto a danno dello Stato 

per abbuoni dell'imposta di fabbricazione indebitamente conseguiti 

(pari, per il Pozzi, a 145.714.416 lire), cosi precisata l'imputazione di 

cui sub a) in rubrica. 

Con sentenza 4 luglio 1970, il tribunale assolveva il Delle Molle 

ed il Polizzotto per non avere commesso il fatto ed il Pozzi perch� il 

fatto non costituiva reato. 

La Corte di appello di Lecce, con sentenza 9 luglio 1971, ha di


chiarato inammisibile l'appello del Pozzi ed ha confermato la. sentenza 


1240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del tribunale, appellata dal p.m. nei confronti di questo ultimo imputato 
soltanto. 
Ricorrono per cassazione il Procuratore generale della Repubblica 
presso la Corte di appello di Lecce ed il Pozzi. 
L'amministrazione finanziaria ha insistito nella costituzione di parte 
civile; la difesa dell'imputato ha presentato memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

La corte di merito, premesso che, nel delitto di truffa, la disposizione 
patrimoniale, produttiva di danno, pu� consistere anche nella privazione 
di una concreta aspettativa fondata su di una situazione di 
diritto soggettivo e che tale privazione pu� essere determinata anche 
da un comportamento omissivo del soggetto passivo, ha escluso, per�, 
nella specie, la sussistenza del contestato delitto di truff�, in quanto 
l'azione fraudolenta dell'obbligato al tributo realizza un'ipotesi di frode 
fiscale, che trova la sua repressione non nelle comuni sanzioni penali 
bens� in quelle di ordine finanziario; ha quindi conf�rmato, sia pure per 
altra via, la decisione del tribunale, che aveva escluso il reato per insussistenza 
di un danno patrimoniale. 

Il ricorrente p.m., sul presupposto che la sentenza impugnata abbia 
affermato anche che l'indebita percezione degli abbuoni -concessi 
con le leggi del 1959 e 1960 -dell'imposta di fabbricazione rientri 
nelle ipotesi di contrabbando previste e punite dall'art. 42 del t.u. 
8 luglio 1924 sull'imposta di fabbricazione degli spiriti (e, quindi, im-~ 
plicitamente, la sussistenza di un concorso di norme penali, regolato 
dall'art. 15 c.p.) e ritenuto, invece, che il fatto ascritto al Pozzi non 

j

rientri l.n queste ipotesi n� in quelle previste da altre disposizioni dello 
stesso t.u. o da successive leggi, lamenta ad� ogni modo la violazione 
dell'art. 15 c.p. e 55 del t.u., non avendo la Corte d'appello considerato 

I

che quest'ultima norma dispone che l'applicazione delle pene stabilite 
dalla legge speciale non pregiudica quella, ove sia il caso, della norma 
penale generale, e cio�, con riferimento al caso di specie, dell'articolo 
640 �C.p. 

I 

Il ricorso del p.m., �che � in sostanza fondato, ripropone ancora , 
' 
una volta una questione affrontata e risolta, anche di recente, da que


I 

sta Corte suprema nel senso prospettato dal ricorrente (Cass. Sez. II, 
30 gennaio 1971, Palma, in Riv. Pen., 1971, pp. 737-739; Cass. Sez. II, 

I

7 febbraio 1972, P. M. in c. Lombardo; e, per un rifer., in motiv., Cass. "" 

~: 

Sez. II, 19 dicembre 1971, Cafferata); n� vengono esposte ragioni idonee 
ad indurre il Collegio a discostarsi da questo deciso orientamento, non 

~i 

rilevando a tal fine le parzialmente difformi e non recenti decisioni di f:! 
questa st.essa Corte (Cass. Sez. III, 11 novembre 1959, Agostinelli, in 

I 

I 
~'

:-:� 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1241 

G.P. 1960, p. 2', col 808 e seg.; Cass. Sez. II, 4 dicembre 1961, P. M. in 
c. Fiorino, ivi 1969, p. 20, col. 454 e seg., la prima delle quali citata 
anche dalla sentenza impugnata), relative a fatti e situazioni del tutto 
diverse. 
Ci� posto, va osservato che, con l'accusa precisata nel capo di imputazione 
della sentenza di rinvio a giudizio, al Pozzi � stato ascritto il 
fatto di essersi procurato, a danno dello Stato, l'ingiusto profitto di 

145.714.416 lire per abbuono sull'imposta di fabbricazione dello spirito 
e dell'acquavite, indebitamente usufruito inducendo in errore, con 
artifici e raggiri (facendo apparire, contrariamente al vero, che il vino 
per la distillazione era stato acquistato presso produttori viticultori 
a prezzo di imperio), gli organi dello Stato in ordine alla sus1sistenza 
delle condizioni stabilite dalle citate leggi de'l 1959 e 1960 per godere 
delle agevolazioni fiscali; in particolare, sempre secondo l'accusa contestata 
in istruttoria e nel giudizio di primo grado, al Pozzi � stato 
addebitato di avere falsificato, fatto falsificare od usato la documentazione 
per prospettare una. ~ituazione di fatto (acquisti presso viticultori 
a prezzo legale) diversa da quella reale (acquisti presso industriali e 
grossisti o presso viticultori ma a prezzo inferiore a quello di imperio, 
oppure apparentemente tale ma in effetti inferiore, facendo gravare 
sui venditori le spese di mediazione, trasporto e simili), determinando 
cos� l'errore del soggetto passivo sul diritto all'abbuono ed il conseguente 
danno patrimoniale, con il corrispondente ingiusto profitto per 
l'imputato, pari all'importo degli abbuoni conseguiti. 
Orbene, non pu� dubitarsi che il fatto ascritto realizza tutti gli 
elementi costitutivi -materiale, psicologico ed eziologico -del contestato 
delitto di truffa; il conseguimento di un ingiusto profitto mediante 
artifici aventi efficacia causale nell'induzione in errore del soggetto 
passiva e nella determinazione alla attuazione di una disposizione 
patrimoniale produttiva di danno per l'offeso. 

Su quest'ultimo punto la decisione impugnata sembra conforme 
al citato orientamento di questa Corte in ordine al contenuto ed al carattere 
della disposizione patrimoniale; ma la sussistenza, denunziata 
dal p.m., di aspetti contraddittori nella motivazione della sentenza, 
impone di precisare ancora una volta i principi gi� enunciati da questa 
Corte suprema. 

� pacifico che, atteso l'oggetto primario, l'interesse specifico della 
tutela penale dell'art. 640 c.p., il danno, nel delitto di truffa, deve 
avere contenuto patrimoniale; deve cio� concretarsi in un pregiudizio 
patrimoniale, in un �!etrimento del patrimonio .(inteso come complesso 
di diritti, rapporti e situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale) 
del soggetto passivo. Non pu� quindi essere ricondotta nella previsione 
legislativa la violazione di una mera aspettativa fondata'su di una astrat



1242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ta situazione giuridica ipotizzata dalla legge; ma quando vengono a verifkarsi 
le condizioni stabilite affinch� la situazione giuridica ~strattamente 
�considerata .sia resa operante nei confronti di un determinato soggetto, 
l'aspettativa diventa concreta e d� luogo al sorgere di un interesse 
munito di tutela giuridica e, come tale, se di contenuto patrimoniale, 
rientrante (sotto il duplice ed alternativo aspetto di acquisizione materiale 
avvenuta o futura) nel patrimonio del soggetto e suscettibile della 
tutela penale dell'art. 640 c.p. 

Ne consegue che, nel delitto di truffa, il danno pu� essere realizzato, 
anzitutto, mediante un atto positivo di disposizione patrimoniale 
(compiuto dalla vittima per effetto dell'errore ingenerato in lei dagli 
artifici o raggiri), consistente nel trasferimento di un bene o di un 
diritto dal patrimonio proprio a quello dell'agente; ma l'atto di disposizione 
patrimoniale pu� avere anche carattere omissivo, nel senso 
che il pregiudizio per il patrimonio dell'offeso pu� consistere anche nel 
mancato acquisto di una concreta utilit� economica, alla quale il soggetto 
passivo ha diritto, e pu�� realizzarsi mediante un comportamento 
in virt� del quale la vittima impedisce che un determinato bene entri 
a far parte del proprio patrimonio, rimanendo acquisito a quello dell'agente. 


Con riferimento, quindi, alla materia oggetto del presente giudizio 
pu� affermarsi, sulla scorta delle considerazioni che precedono, 
che non � comunque riconducibile sotto la fattispecie .criminosa .in esame 
la generica rinunzia (a volerne ammettere la concreta configurabilit�) 
da parte dello Stato al suo diritto di imposizione tributaria 
astrattamente considerato, nei rapporti di determinate situazioni giuridiche; 
ma quando, per effetto del verificarsi dei presupposti di fatto 
-oggettivi e soggettivi -stabiliti dalla legge per il sorgere dell'obbli


. gazione tributaria in rapporto alla situazione giuridica di un determinato 
soggetto, il generale diritto (o potere) di imposizione tributaria, 
astrattamente ipotizzato dal legislatore, si � concretamente determinato, 
ha luogo il sorgere di un diritto a contenuto patrimoniale, entrato a 
far parte del patrimonio (in sen'so lato) dello Stato sotto l'aspetto di un 
credito di imposta munito di piena tutela, quanto alla� sua riscossione, 
cui corrisponde il debito (di imposta) del �contribuente, di guisa che la 
rinunzia al tributo (in tutto od in parte) realizza un atto di disposizione 
patrimoniale. 

Nel �Caso concreto, per effetto dell'introduzione del vino nello sta


bilimento del Pozzi e della sua distillazione. l'obbligazione tributaria 

era sorta e si era perfezionata, nella sua esistenza e nel suo ammontare, 

nei riguardi di un soggetto determinato ed ad essa faceva riscontro il 

corrispondente diritto di credito di imposta (esigibile al momento sta


bilito) dello Stato nei rapporti del contribuente; la concessione dell'ab



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

buono (causat..a dai raggiri adoperati per fare apparire verificate le 
condizioni di legge per usufruire delle agevolazioni) dell'imposta di fabbricazione 
in favore dei" distillatore ha realizzato quindi. un atto di 
disposizione patrimoniale (sia pure di carattere omissivo) consistente, 

' 
in sostanza e sotto un profilo analogico, in una forma di rinunzia dello 
Stato ad esigere il proprio credito di imposta, con �conseguente detrimento 
del patrimonio dello Stato stesso ed ingiusto profitto del contribuente. 


N� pu� condividersi l'affermazione della corte di merito che un 
tale fatto trovi la sua repressione unicamente nelle sanzioni eventualmente 
comminate dalle leggi speciali, che devono prevalere .su quelle 
comuni, a mezzo dell� quali soltanto lo Stato realizza pi� immediatamente 
ed efficacemente la tutela dei suoi superiori interessi e l'esazione 
dei tributi, lesi dalla condotta truffaldina dell'obbligato. 

Al riguardo va osservato anzitutto (rettificandosi una inesattezza 
interpretativa nella quale � incorso il ricorrente p.m. nell'attribuire 
-sia pure in forma dubitativa -alla sentenza impugnata l'affermazione 
che il fatto ascritto al Pozzi sia da comprendere nelle ipotesi criminose 
previste dall'art. 42 del t.u. 8 luglio 1924) che il riferimento 
all'art. 42 cit. � stato fatto dalla corte forse a ti~olo semplicemente 
esemplificativo, come a caso analogo e come argomentazione logica 
diretta a dimostrare l'abituale ricorso del legislatore a particolare normativa 
per punire le frodi fi5cali e l'inapplicabilit� nel caso �Concreto 
dell'art. 640 c.p.; n� .poteva essere altrimenti a causa della preclusione 
nascente dal proscioglimento perch� il fatto non costituisce reato, pronunziato 
con la sentenza istruttoria non impugnata, del Pozzi e degli 
altri prevenuti dalla imputazione (lettera �a � dell'originaria rubrica) 
di concorso nel delitto previsto dal cit. art. 42. E non pu� non condividersi 
l'esatta affermazione del giudice istruttore che l'art. 42 del t.u. 
del 1924 prevede e punisce l'esistenza nella distilleria di materie prime 
diverse da quelle dichiarate sotto il profilo merceologico e non gi� in 
relazione alla loro situazione giuridica; del resto, come giustamente 
osserva il ricorrente p.m., ogni questione dipendente da un eventuale 
concorso di norme incriminatrici � testualmente risolta, nell'ambito �e 
nell'osservanza della disciplina dell'art. 15 c.p., dall'art. 55 del t.u., il 
quale dispone che l'applicazione delle sanzioni stabilite dalla legge speciale 
non pregiudica, ove ne sia il caso, quella delle pene comminate 
dalla legge penale generale. 

La corte de.I merito, poi, non indica affatto le norme di carattere 
tributario che, a suo dire, incriminino o �comunque sanzionino diversamente 
il medesimo fatto ascritto al Pozzi a titolo di truffa; ma -a prescindere 
da ogni questione connessa all'esigenza di una regolare contestazione 
e pur sotto il profilo della semplice qualificazione giuridica del 
fatto contestato -non sembra esatta l'affermazione della �corte barese. 


1244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le leggi del 1959 e 1960, invero, non �contengono alcuna disposizione, 
sia pure a mezzo del semplice rinvio o riferimento -espressi, 
per� -a precedenti disposizioni legislative in materia, destinata a reprimere 
e punire, con efficacia esclusiva nei confronti della disciplina 
penale ordinaria, una condotta fraudolenta diretta ad ot~enere l'indebito 
riconoscimento dell'abbuono dell'imposta di fabbricazione; n� 
(a prescindere da ogni questione dipendente dal divieto del ricorso 
alla analogia e dalle fatte considerazioni in ordine alla disciplina del 
combinato disposto degli artt. 15 c.p. e 55 del t.u.) pu� valere il ricorso 
alle altre disposizioni della legge fondamentale del 1924, che, nella sua 
minuziosissima e dettagliata disciplina, non prevede n� punisce (n�, del 
resto, poteva farlo per ragioni di ordine cronologico) un fatto avente 
i caratteri di quello ascritto al Pozzi a titolo di truffa. 

Nel fatto contestato ricorrono quindi i requisiti, gli elementi costitutivi 
del delitto di truffa e, pertanto, il fatto stesso � .punibile a tale 
titolo; in parziale aceoglimento del, ricorso del p.m. (respingendosi la 
censura relativa alla possibilit� del concorso di norme incriminatrici 
e restando assorbito l'esame del penultimo motivo del ricorso dell'imputato, 
la cui infondatezza discende dall'accoglimento del ricorso del 
p.m.), la sentenza impugnata va annullata per violazione di legge ed 
il giudizio va rinviato alla corte del merito, che, nel nuovo riesame, 
dovr� attenersi ai seguenti principi di diritto: 

a) nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale pu� avere 

anche carattere omissivo; 

b) costituisce delitto di truffa il fatto di procurarsi, a danno dello 

Stato ed inducendo in errore gli organi dello stesso mediante artifici o 

raggiri (facendo apparire, a mezzo della falsificazione della prescritta 

documentazione, l'irregolare rilascio o l'uso della documentazione fal


sificata, che il vino impiegato nella distillazione dello spirito e della 

acquavite era stato acquistato pres�so produttori-viticultori a prezzo di 

imperio), l'ingiusto profitto costit.it� dal conseguimento dagli abbuoni 

dell'imposta di fabbricazione �Concessi con le leggi 1<> luglio 1959, n. 453 

e 30 luglio 1959, n. 560, nonch� dal d.l. 20 aprile 1960, n. 342, conver


tito in I. 24 giugno 1960, n. 584. 

La delimitazione dei compiti del giudice di rinvio impone l'esame 

del primo motivo del ricorso dell'imputato. 

Al riguardo va osservato che, nella medesima data del 7 luglio 

1970 (voi. 2�, fol. 280 e 281), contro la sentenza del tribunale propone


vano appello il p.m. e il difensore dell'imputato; la corte del merito 

ha dichiarato inammissibile l'appello di quest'ultimo perch� costui non 

poteva proporre tale mezzo di impugnazione, bens� ricorso per cas


sazione. 


1245

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Con il primo motivo (pag. 2-5 dell'allegazione) il Pozzi lamenta la 
violazione dell'art. 514 c.p.p., assumendo in sostanza che l'appello da 
lui interposto �dopo la proposizione di identico mezzo di impugnazione 
da parte del p.m. .__ che vi aveva diritto -era valido ed ammissibile 
in virt� del principio di attuazione stabilito dall'art. 514 c.p.p. 

La �censura non � meritevole di accoglimento. 

� pacifico (art. 513, nn. 2 e 3, c.p.p.) che, contro l'unico capo della 
sentenza assolutoria del Tribunale di Brindisi, il p.m. e l'imputato 
erano titolari di due distinti mezzi di impugnazione (rispettivamente 
l'appello ed il ricorso per cassazione); � noto, poi, che, secondo l'opinione 
comunemente accolta, il principio di conversione del ricorso in 
appello (o di attrazione del primo nel secondo) � operante anche nell'ipotesi 
di sentenza che consti di un unico capo, ricorribile da una delle 
parti ed appellabile dall'altra; ed infine, risulta dagli atti (per quel 
che possa valere in funzione dei limiti dell'indagine) che entrambi gli 
appelli furono proposti nella medesima data. 

Ci� posto, va osservato che la norma di attrazione stabilita dall'art. 
514 c.p.p. tende a realizzare un principio di economia e di concentrazione 
processuale, mediante la progressione, nei -medesimi gradi 
successivi, dell'intero giudizio, contestualmente, nei confronti di 
tutte le parti, anche quando ciascuna di queste abbia proposto il mezzo 
di impugnazione che le � proprio, ma non intende attribuire ad una 
parte un mezzo di gravame di cui non era titolare; il principio di attrazione, 
invero, del ricorso nell'appello non introduce una deroga di ordine 
generale all'altro e fondamentale principio della tassativit� dei mezzi ' 
di impugnazione (artt. 190, 207, 513, 526 e 527 c.p.p.). 

N� vale invocare l'operativit� �ex lege � del principio di attribuzione, 
pokh� tale automaticit� non implica necessariamente la deroga 
anzidetta e poich� non esclude l'obbligo della verifica da parte del 
giudice dell'impugnazione quanto meno della insussistenza di una causa 
originaria di inammissibilit� dell'appello, di ostacolo all'instaurarsi del 
relativo procedimentc�. 

Il primo motivo va quindi respinto. 

L'esame del secondo motivo (pag. 6-12 dell'allegazione) involge 
l'indagine di merito relativa all'accertamento dell'imputabilit� materiale 
e psicologica al Pozzi del fatto ascrittogli; esso dipende quindi 
dalla delimitazione dei compiti del giudice di rinvio nell'ulteriore e 
definitivo riesame a seguito della pronunzia di annullamento. 

A tal fine va osservato che il Tribunale di Brindisi aveva accertato 
che il vino acquistato dal Pozzi per la distillazione non aveva i. 
requisiti richiesti dalle leggi del 1959 e 1960 -per usufruire degli 
abbuoni di imposta, che la sussistenza dei requisiti era stata dimostrata 
a mezzo delle bollette di accompagnamento e di fatture falsificate e 


1246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che tali documenti falsi erano stati convalidati dagli organi com.petenti; 
aveva affermato che era da escludere che il Pozzi avesse falsificato materialmente 
le fatture, 'che mancava la prova sicura (per la presenza 
di contrastanti elementi, dettagliatamente esaminati, di accusa e a difesa) 
che lo stesso avesse ,consapevolmente adoperato le fatture falsificate 
da altri, 'Che non poteva quindi affermarsi che l'imputato avesse 
indotto in errore i funzionari e che invece era da ritenere che il Pozzi 
si fosse soltanto avvantaggiato dell'errore nel quale erano incorsi detti 
funzionari nell'apporre la convalida sui documenti falsi, conseguendo 
cos� le agevolazioni fiscali alle quali non aveva �diritto. Premesso, poi, 
che l'omesso pagamento dell'imposta nella misura dovuta (per effetto 
dell'indebito godimento degli abbuoni) non rientrava nello schema 
dell'art. 640 c.p. per difetto di un atto di disposizione patrimoniale, 
aveva ritenuto che, anche a voler ammettere (cosa di cui mancava la 
prova sicura) una attivit� del Pozzi diretta ad indurre in errore la 

P.A. ed a conseguire l'indebito godimento degli abbuoni (e cio� il pagamento 
dell'imposta di fabbricazione in misura inferiore a quella poi 
definitivamente accertata come dovuta), si era sempre in presenza di 
una frode fiscale e non di una truffa, per mancanza di un atto di disposizione 
patrimoniale. 
L'appello del P.M. ebbe per oggetto la decisione sia per quanto 

riguardava la qualificazione giuridica del fatto contestato e sia per quan


to riguardava la riferibilit� materiale e psicologica al Pozzi dell'attivit� 

fraudolenta diretta ad indurre in errore i pubblici funzionari e ad otte


nere gli abbuoni di imposta. 

La corte del merito, nel ,confermare, sia pure per altra via, come 

si � detto, la decisione del tribunale, ha pretermesso il riesame relativo 

al secondo punto del gravame del p.m. ritenendo �assorbita ogni ulte


riore questione circa la sussistenza materiale dei fatti contestati, poich� 

deve dichiararsi �che i medesimi non integrano il modello criminoso 

della truffa �. 

Orbene, per effetto dell'annullamento come sopra disposto e dei 

principi affermati, quell'indagine compiuta dal tribunale nel modo cen


surato dall'appellante p.m. e non rinnovata dalla corte del merito, no


nostante il gravame, a causa dell'assorbente ragione del decidere, deve 

ovviamente essere svolta dal giudice di rinvio con riferimento all'am


bito del motivo di appello del p.m. e nel rispetto di quella parte dell'ac


certamento dei primi giudici divenuta irrevocabile; e cio�, come si � 

detto, �con riferimento alla riferibilit� materiale e psicologica al Pozzi 

dell'attivit~ fraudolenta diretta ad indurre in errore i pubblici funzio


nari e ad ottenere gli abbuoni. 

E resta quindi assorbito ,anche il secondo motivo del ricorso del-
l'imputato (pag. 6-12 dell'allegazione), in quanto il giudice di rinvio, l~ 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

dinanzi al quale le parU sono rimesse -entro i limiti fissati dalla 
pronunzia di annullamento -nella medesim~ situazione esistente anteriormente 
alla decisione annullata, dovr� tenere conto anche delle 
argomentazioni e richieste prospettate dall'imputato; ed invero, l'appello 
del p.m. contro la sentenza di assoluzione ha effetto pienamente devolutivo 
e rimette autqmaticamente l'imputato nella fase iniziale del 
giudizio, con l'effetto di consentirgli di riproporre in secondo grado, 
pur in mancanza di rituale gravame, tutte le istanze proposte in primo 
grado, anche se respinte. 

E resta assorbito, infine, anche l'ultimo motivo del rico~so dell'imputato, 
in quanto ogni decisione sull'onere delle spese del giudizio di 
appello � condizionata all'esito di quello di rinvio. 

Con la memoria esibita in questa sede, il difensore dell'imputato 
solleva, in riferimento al contenuto del ricorso del p.m., una questio~e 
relativa ai limiti della contestazione formulata nei suoi confronti, per 
quanto riguarda la materialit� degli artifici e dei raggiri adoperati per 
indurre in errore i pubblici funzionari. 

La questione (che va affrontata fin da ora in considerazione degli 
effetti della sua soluzione sull'oggetto del giudizio di rinvio) non ha 
ragion d'essere in quanto fondata sull'originaria formulazione del capo 

� c � di imputazione e non tiene conto della definitiva formulazione 
del medesimo -ed ormai unico -capo della sentenza di rinvio a 
giudizio (voi. 2�, fol. 3), legittimamente ;precisato in relazione al contenuto 
delle altre accuse formalmente contestate con il mandato di 
comparizione, nonch� delle ulteriori contestazioni materialmente oggetto 
degli interrogatori dell'imputato; contestazione formale e sostanziale 
avente ad oggetto la materialit� dei fatti di raggiro e di artificio 
sui quali si erano pronunziati i giudici di merito ed ai quali, quindi, 
correttamente fa riferimento il p.m. 
In accoglimento parziale, quindi, del ricorso del p.m., rigettati le 
ulteriori censure di costui nonch� il primo motivo del ricorso dell'imputato, 
e restando assorbito l'esame degli altri motivi formulati da questo 
ultimo, la sentenza impugnata va annullata per violazione di legge, 
per le ragioni esposte in precedenza, ed il giudizio va rinviato alla corte 
del merito affinch�, uniformandosi ai principi sopra enunciati, proceda, 
in piena libert� di valutazione e di ,giudizio, all'ulteriore riesame dei 
punti indicat� in motivazione. 

In �considerazione dell'interesse della parte 'Civile ad intervenire 
nel presente grado del giudizio, in relazione alla possibilit� di un pregiudizio 
per i propri diritti in dipendenza di un eventuale accoglimento 
del gravame dell'imputato, ed atteso l'esito sfavorevole per costui, sostanzialmente 
soccombente nel presente grado, del gravame stesso, il 
Pozzi va �condannato al pagamento delle spese in favore della costituita 
parte civile Amministrazione delle finanze. 


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PARTE SECONDA 

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LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice di procedura penale, art. 645, nella parte in cui, nel caso di 
mancata notifica all'interessato di alcuno degli atti o dei provvedimenti 
che la legge prevede siano a lui comunicati, stabilisce la facoJ.t� dei 
giudici di sorvegUanza e non l'obbligo di ordinare nuove ricerche, 
prima di dichiararne la irreperibilit� e di disporre il deposito degli atti 

o provvedimenti in cancelleria con contestuale avviso del deposito 
stesso al difensore dell'interessato, di fiducia o da nominarsi dall'ufficio. 
Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146, nella parte in cui non stabilisce 
che la notificazione in esso prevista, ai fini della decorrenza del 
termine di decadenza per ricorrere all'autorit� giudiziaria, possa avere 
luogo anche ad istanza del contribuente. 
Sentenza 21 dicembre 1972, n. 186, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. 

contratto collettivo di lavoro 24 mag9io 1956, art. 49, terzo C�omma, 
recepito con d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, nella parte in cui fa decorrere 
il termine di decadenza per i reclami dei dipendenti dal giorno 
in� cui il pagamento venga effettuato o omesso, anche per i rapporti di 
lavoro non considerati dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, e succes�sive 
modificazioni. 

Sentenza 12 dicembre 1972, n. 174, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. 

d.P.R. 9 maggio 1961, n. 902, a�rtlcolo unico, per la parte in cui rende 
obbligatorie erga omnes le clausole 8 e 9 del contratto integrativo di 
lavoro 25 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese della 
industria edilizia ed affini della provincia di Padova (art. 76 della 
Costituzione). 
Sentenza 21 dicembre 1972, n. 185, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. 

legge 17 febbraio 1968, n. 108, art. 5, n. 7, nella parte in cui dispone 
l'ineleggibilit� a consigliere regionale per � i capi degli uffici regionali, 
provinciali e locali dello Stato nella regione, coloro che ne fanno le 
v�ci per disposizione di legge o di regolamento �. 

Sentenza 28 novembre 1972, n. 166, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 



160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice d�i procedura civile, art. 648, secondo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione), questione dichiarata inammissibile. 
Sentenza 21 dkembre 1972, n. 183, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. 

codice .penale, artt. 102, 109, secondo comma (artt. 3, primo e secondo 
comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 

codice penale, art. 106, prima parte ~art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 28 novembre 1972, n. 163, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 

codice .penale,' art. 216 (artt. 27, terzo comma, e 38 della Costituzione). 


Sentenza 28 novembre 1972, n. 167, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 

codice penale, artt. 341 e 344 (artt. 1, 2, 3, 4, 35, 54, 97, 98 e 113 
della Costituzione). 

Sentenza 28 novembre 1972, n. 165, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 

codice di procedura penale, art. 169, per quanto riguard.a la sua appll� 
cazione al procedimento monitorio (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sentenza 15 novembre 1972, n. 15'9, G. U. 22 novembre 1972, 

n. 304. 
codice di procedura penale, art. 175 (artt. 3, primo comma, e 24, 
primo e secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 21 dicembre 1972, n. 187, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. 

codice di procedura penale, art. 389, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 


Sentenza 12 dicembre 1972, n. 169, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. 
' 
codice di procedura penale, art. 498 (art,.. 2_4, secondo comma della 
Costituzione). 

Sentenza 12 dicembre 1972, n. 177, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. 

codice di procedura penale, artt. 502 e 503 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Sentenza 12 dicembre 1972, n. 171, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. 

codice di .procedura penale, art. 509 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 21 dicembre 1972, n. 189, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. I:: 

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PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 604, secondo comma, relativamente 
all'iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza di non doversi 
procedere per amnistia che abbia fatto seguito a sentenza non irrevocabile 
di condanna (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

, Sentenza 21 dicembre 1971, n. 182, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. 

codice di ,procedura penale, artt. 636 e 637 (artt. 3, primo comma, e 
24, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 

legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 114, p,rimo comma (artt. 3, primo 
comma,. e 25, terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 15 novembre 1972, n. 157, G. U. 22 novembre 1972, 

n. 304. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, secondo comma (artt. 3 e 27 della 
Costituzione). 
Sentenza 21 dicembre 1972, n. 190, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. 

legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, terzo e quarto c,omma (artt. 3, 
21, 24, 25, 33, 104 e 111 della Costituzione). 
Sentenza 12 dicembre 1972, n. 172, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. 

legge 21 marzo 1958, n. 447, articolo unico, quarto comma, prima parte 
(artt. 3 e 47 della Costituzione). 
Sentenza 12 dicembre 1972, n. 173, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. 

d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 2, lettera aJ (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 12 dicembre 1972, n. 173, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. 

I 

legge 24 luglio 1961, n. 729, art. 11, ultimo comma (art. 42, secondo 
comma, della Costituzione). \ 

Sentenza 21 ,dicembre 1972, n. 188, G. U. 27 dicembre 1972, n. 344. 

legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 9 (art. 25, primo comma, dell:a 
Costituzione). 
Sentenza 12 dicembre 1972, n. 170, G. U. 20 di�cembre 1972, n. 329. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 844 (artt. 2, 3, 9, secondo comma, 32, primo comma, 
41, secondo e .terzo comma, 42, secondo e terzo comma, della 
Costituzione). 

Pretore .di Bologna, ordinanza 18 maggio 1972, G.U. 15 novembre 
1972, n. 296. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice civile, art. 1462, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 
1972, n. 317. 

codice civile, art. 2120 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 26 aprile 1972, G. U. 6 dicembre 
1972, n. 317. 

c�odice penale, art. 69, quarto e quinto comma (artt. 3, primo comma, 
e 27, terzo comma della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 20 ottobre 1972, G. U. 27 dicembre 
1972, n. 334. 

codice penale, artt. 102, 106 e 109, secondo comma (artt. 3, primo e 
secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanza 12 
settembre 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. 

codice penale, art. 120 (artt. 112 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Codigoro, ordinanza 30 giugno 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 

codice penale, art. 290 (art. 21, primo comma, della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 18 novembre 
1971, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. 

codice penale, art. 341 (artt. 1, 3, 28, 54, 97 e 98 della Costituzione). 

Pretore di Pi.:sa; ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 
Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 4 luglio 1972, 

G. U. 15 novembre 1972, n. 296. 
Tribunale di Milano, ordinanza 10 luglio 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 

codice di procedura penale, art. 93, secondo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Vittoria, ordinanza 26 giugno 1972, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 

codice di procedura penale, art. 108, primo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Bitonto, ordinanza 5 giugno 1972, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 510, secondo comma (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 

Pretore di Todi, ordinanza 29 settembre 1972, G. U. 6 dicembre 
1972, n. 317. 

codice di procedura �penale, artt. 636, 637 e 642, secondo comma (articoli 
24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanza 12 settembre 
1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. 

d.lgt. 20 maggio 1917, n. 876, artt. 6, primo comma, e 7, primo comma 
(art. 3 della Costituzione). 

Corte dei ,conti, quarta sezione, ordinanza 14 maggio 1971, G. U. 
22 novembre 1972, n. 304. 

d.I. 30 dicembre 1923, n. 3270 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale �di Palermo, or.dinanza 26 novembre 1971, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 

r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, artt. 1, 166, 251 (artt. 21 e 43 della 
Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 2,96. 

r.d.I, 3 marzo 1938, n. 680, art. 61, pl"imo comma (art. 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 27 aprile 1972, G. U. 20 
dicembre 1972, n. 329. 

legge 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 116, primo comma (artt. 3, 
primo comma, 27, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione). 


Tribunale di Varese, ordinanza 26 giugno 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 29�6. 

r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, art. 6 (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 20 aprile 1972, G. U. 20 
dicembre 1972, n. 329. 

,fegge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41, primo 
comma, e 43 della Costituzione). � 

Tribunale di Roma, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 27 dicembre 
1972, n. 334. 
Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 3 luglio 
1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. 


164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Tribunale di Roma, ordinanze 25 luglio 1972 (G. U. 6 dicembre 
164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Tribunale di Roma, ordinanze 25 luglio 1972 (G. U. 6 dicembre 
1972, n. 317) e 7 agosto 1972 (G. U. 22 novembre 1972, n. 304). 

d.l.C.P.S. 9 novembre 1945, n. 788, art. 16 (artt. 3, primo comma, 23, 
24, primo comma, e 27 della Costituzione). 
Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 

d.lg.lgt. 16 marzo 1946, n. 98, art. 6 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 

Tribunale di Lucca, ordinanza 18 aprile 1970, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 

d.lg. 22 gennaio 1948, n. 66, articolo unico (artt. 76 e 77 della Costituzione). 


Tribunale di Lucca, ordinanza 18 aprile 1970, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 
Giudice istruttore del tribunale di Genova, ordinanza 12 giugno 
1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. 

legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21 (artt. 3, 21, 24 e 111 della Costituzione). 


Corte d'assise di Campobasso, ordinanza 1� luglio 1972, G. U. 15 
novembre 1972, n. 296. 
Tribunale di Potenza, ordinanza 18 settembre 1972, G. U. 6 dicembr:
e 1972, n. 317. 

legge 23 maggio 1950; n. 253, art. 7 (artt. 3, primo e secondo comma, 
e 47, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Latina, ordinanza 22 settembre 1972, G. U. 20 dicembre 
1972, n. 329. 

legge 3 gennaio 1951, n. 27, artt. 1 e 4 (artt. 41 e. 43 della Costituzione). 


Tribunale di Roma, ordinanza 8 aprile 1972, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 

legge 14 marzo 1952, n. 196, art. 1 (artt. 21 e 43 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 

legge 26 ottobre 1952, n. 1463, art. 1 (artt. 3 e 34 della Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 12 giugno 1972, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge reg. Trentino-Alto Adige, 1� giugno 1954, n. 11, artt. 6 e 7 (art. 3, 
primo comma, della Costituzione). 

Corte dei conti, prima sezione, ordinanza 23 maggio 1972, G. U. 
15 novembre 1972, n. 296. 

T.U. 30 maggio 1955, n. 797, art. 82 (artt. 3, primo comma, 23, 24, 
primo comma, e 27 della Costituzione). 
Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 1'5 novembre 
1972, n. 296. 

legge 14 ottobre 1957, n. 1203, art. 2 (artt. 70, 71, 72, 73, 74, 75 e 
23 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 21 aprile 1972, G. U. 6 dicembre 
1972, n. 317. 

legge 15 febbrai�o � 1958, n. 46, artt. 11, secondo comma, e 19 (artt. 3, 
29, primo comma, 31, primo comma, 36, primo comma, e 38 della 
Costituzione). 

Corte dei �conti, terza sezione, ordinanza 2 \maggio 1972, G. U. 27 
dicembre 1972, n. 334. 

legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 3 (artt. 3 e 29 della Costituzione). 


Tribunale di Bologna, ordinanza 16 'ottobre 1972, G. U. 20 dicembre 
1972, n. 329. 

legge 2 aprile 1958, n. 339, art. 1.7, lettera bi (art. 36 della Costituzione). 


Pretore di Legnano, ordinanza 27 aprile 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 

legge 25 novembre 1962, n. 1684, art. 29, secondo comma (art. 24 della 
� Costituzione). 

Pretore di San Giovanni Rotondo, ovdinanza 23 maggio 1972, G.U. 
22 novembre 1972, n. 304. 

legge 5 marzo 1963, n. 246, (!rt. 25, terzo comma (artt. 53, p,rimo com. 
ma, e 136, primo comma, della Costituzione). 

Corte �di appello di Genova, ordinanza 5 maggio 1972, G. U. 15 
novembre 1972, n. 296. 

d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 25 maggio 1972, G. U. 
27 dicembre 1972, n. 334. 


166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 1 O (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanze 4 luglio 1972 (due), G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 

legge 3 maggio 1967, n. 315, art. 5, primo comma (artt. 36 e 3 della 
Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 29 gennaio 1972, G. U. 
20 dicembre 1972, n. 329. 

legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 8 (artt. 1, 4, 35, 42, 43, 44, 46 e 47 
della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 4 agosto 1972, G. U. 27 dicembre 
1972, n. 334. 

legge 19 novembre 1968, n. 1187, artt. 1, 2 e 5 (artt. 42, terzo comma, 
3 e 13�6 della Costituzione, nonch� art. 1 della legge costituzionale 9 
febbraio 1948, n. 1). 

Consiglio di Stato, quinta sezione, ordinanza 7 aprile 1970, G. U. 
27 dicembre 1972, n. 334. 

legge 26 novembre 1969, �n. 833 m�odificato dall'art. 56 del d.I. 26 ot� 
tobre 1970, n. 745, convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 1 

(art. 3, primo comma, della Costituzione). 
Pretore �di Latina, ordinanza 22 settembre 1972, G. U. 20 dicembre 
1972, n. 329. 

legge 24 dicembre 1969, n. 921, art. 9 (artt. 3, 23, 38, quarto comma, 
della Costituzione). 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 4 aprile 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 
Pretore di Enna, ordinanza 20 settembre 1972, G. U. 6 dicembre 
1972, n. 317. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24, secondo comma (artt. 3 e 24 
e 53 della Costituzione). 
Pretore di Bitonto, ordinanza 5 giugno 1972, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 5, secondo comma (art. 13, primo e 
secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 13 luglio 1972, G. U. 6 �dicembre 
1972, n. 317. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 37 (artt. 3, primo comma, 2�4, 39, 
40 e 113 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 11 luglio 1972, G. U. 20 dicembre 
1972, n. 329. 

d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, art. 4, secondo comma (artt. 3 e 36, 
primo comma, della Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 18 aprile 1972, G. U. 15 
novembre 1972, n. 296. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 13, quarto comma (artt. 113, 24 
e 103 dell?-Costituzione). 

Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 
15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 

legge reg. siciliana 31 marzo 1972, n. 19, art. 9, nono comma (artt. 113, 
24 e 103 della Costituzione, e artt. 14 e 17 dello Statuto speciale per 
la Regione sidliana). 

Consiglio di �giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 
15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 

legge 4 aprile 19�72, n. 218, art. 23 (artt. 3, primo comma, 23, 24, 
primo comma, e 27 della Costituzione). 

Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 15 novembre 
1972, n. 296. 

legge 17 luglio 1972, n. 907, artt. 45 e 73 (artt. 41 e 43 della Costituzione). 


Tribunale di Roma, ordinanza 8 aprile 1972, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 

legge prov. Bolzano 30 agosto 1972, n. 18, artt. 1, primo e quarto comma, 
e 1 O (art. 11 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). 

Provincia di Trento, ricorso 31 ottobre 1972, n. 56, G. U. 22 novembre 
1972, n. 304. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione). 
Regione toscana, ricorso 3 dicembre 1972, G. U. 27 dicembre 1972, 

n. 334. 

RECENSIONI 


E. ZAMPETTI -G. !PSEVICH, Burocrazia, mezze maniche e computer, Pan Editrice, 
Milano, 1972, pagg. 221. 
11 libro va collocato fra i testi di infOirmazione pi� pl'ecisi apparsi, 
fin'ora, nella letteratura dell'informatica. 

Questa nuova disciplina, che conta ormai ben tre Facolt� universitarie 
(Torino, Pisa, Bari) e una moltitudine di centri culturali e di insegnamento, 
costituisce lo strumento pi� moderno e tecnicamente pi� idoneo per 
il management in generale. 

Non a caso 1"informatica ha �compiuto i primi passi in Paesi a pi� 
elevato sviluppo �economico, e -dove i1l pdncipfo della informazione costituisce 
il fondamento per la effettiva r�ealizzazione di un sistema so.cialmente 
avanzato della comunit�. Gli AA., nell'accennare aJ.ile (Linee dell'assetto burocratico 
sta.taile italiano, passato e presente, e nei! deldneare il � futuribile ~ 
nella pubblica .Amministrazione, contribuiscono, in modo rilevante, all'opera 
di � :sensibilizzazione � della pubbUca opinione, 1ed, in particolare, di 
quella degli � addetti � alla pubblica Amministrazione, � sensibilizzazione � 
necessaria per rendere pi� �SOlilecito e senza � inutili � remore, H recepimento 
delle nuove tecniche operative, specie per quanto attiene allo svolgimento 
dei procedimenti amministrativi. 

La puntuaUt� che si riscontra nell'esposizione e la ricchezza dei dati 
e delle informazioni, pur nell'ambito di un vOilume di limitate proporzioni 
tipografiche, costitmscono uno dei non pochi pregi delil'opera, che conduce, 
in modo piano e .gradevole, all'� iniziazione ., con sufficiente conoscenza, 
nel campo dell'informatica. 

Il titolo del libro contiene gi� una presa d'atto del movimento in 
corso all'interno del.ila pubblica Amministrazione, determinato dall'introduzione 
de1le nuove tecnologie nello svolgimento delle procedure amministrative. 
' 

Il sistema burocratico pubblico re.cepisce, talvolta, con qualche � ritardo 
., l'opportunit� dell'applkazione di nuovi sistemi, (peraltro gi� adottati 
largamente neil. settol'e privato) per impirimooe un maggior tono di 
efficienza ne1l sistema produttivo, e iii. richiamo posto dal Presidente del 
Consiglio dei Ministri, nella Prefazione del libro, all'episodio della introduzione 
delle pdme macchine da scrivere negili Uffici. statali., � senza dubbio 
significativo, e d� fa prova di quella � natura�le vischiosit� � che l'ambiente 
oppone al c.d. progresso tecnologico nella pubbli.ca Amministrazione. 

Costituisce un indiscutibHe dato � stol'ico � che qualsiasi innovazione 
nel sistema produttivo amministrativo determina, anzitutto, uno sconvoil.gimento 
� psicologico ., rparticoilarmente neHe � coscienze amministrative � dei 
singoli di-pendenti. � 

Il timor.e per H. � nuovo � � l'elemento negativo che occorre mettere 
in bilancio, laddove si intenda portare avanti il rinnovamento delle strutture 
per consentire al cittadino di avva1lersi dei servizi resi dall'Amministrazione 
iin modo pi� eff.iciente. 

La burocrazia meno illUininata � teme � lil rinnovamenrto che scaturisce 
da:lla introduzione di nuove tecniche, considerandole come possibile 
causa di perdita di � competenza �; ma, storkamente, si � sempre verificato 
esattamente l'opposto. 


PARTE II, RECENSIONI 

L'inserimento delle nuove tecniche non ha determinato mai una diminuzione. 
di competenza, e, quindi, una possibile riduzione di personale, 
ma, produce solo una migldore funzionalit� dei servizi, nel senso che il 
�prodotto amministrativo� risulta reso ai :richi�edenti e ai destinatari per 
leg.ge, nel .tempo pi� breve e nel modo pi� efficiente. 

Proprio sulla base di tali considerazioni, che costituiscono il risultato 
deHa presa d'atto del problema sotto il profilo sociologico, la pall"te pi� 
avanzata della dirigenza amministrativa ha avvertito, da tempo, la ineluttabile 
nec<essit� di innovare alle strutture amminiistrative, avvalendosi dei 
sistemi offerti dalla tecnica della automuione. 

La istituzione delle FacoM� per ila scienza della informatica � la prova 
pi� evidente �che anche il mondo della cuJ.turn e l'ambi.ente universitario 
hanno ovmai 11."ecepito, in modo definitivo, ile istanze che si sono man mano 
affacciate nella materia in questi ultimi anni, anche in Italia. 

Il :libro concede un rapido cenno al procedimento in corso pe!r fintroduzione 
del �sistema automatico dell reperimento dei dat�i e per la rel,ativa 
elaborazione, sottolineando la irreversibilitd del movimento verso l'automazione 
dei serviz.i. 

La irreversibiH.t� non �. fa risultante di un giudizio di vafoire basato 
sulla �e�srperienza italiana, ma trova fondamento nell'entit� del processo di 
automazione rilevabile li:n quasi tutti gli Stati (v. ad es. USA, URSS, Giappone, 
Svezia, Comunit� economica europea, ecc.). 

Il riferimento contenuto nel libro ad akuni ino�ntri fTa esperti ed 
operatori neliJ.a materia, d� la misura dellla fase avanzata in cui si trova, 
ormai, l'inserimento dell'automazione nel sistema di gestione amministrativa 
della cosa pubblica (v. Convegni ISL, INIP, !STA, Confederazione 
mondiale su L'informatica nel sistema di Governo, Firenze 16-20 ottobre 
1972 su iniziativa dell'IBI-UNESCO, ed altri). 

E' un da.to gi� acquisito che tale forma di rinnovamento va ascritta 
all'intuiz~one. di pochi, che, alil'�interno deliJ.a pubblica Amministrazdone, 
hanno � sollecitato � i centri decisionali a prendere coscienza del prob!lema, 
e a consentire l'attuazione delle nuove forme di procedur�a. 

E' del pari dato acquisito, che nei singoli settod dell'Amministrazione 
statale, l'automazione si � inserita nei vari sistemi organizzativi, solo attraverso 
l'impegno personale di .gruppi di dipendenti, anche a:l difuori dei 
rigidi schemi normativi che, ancora, disciplinano, nonostante le nuove 
norme sulla � dirigenza � l'assetto organizzativo degli uffici e del persona�
le tecndco dell'Ammindstrazione statale (v. ad es. invece legge Reg. sic. 

n. 7 deJ. 1971). 
E' noto infatti che la macchina (Hardware, o come si dice ora, � infrastrutture 
informatiche�, di cont!ro a[ Software o � metastrutture informatiche� 
v. Produttivitd, n. 12, p. 762, nota, intervento di Luciano R.ssi), 
il cui proce$SO di pedezionamento si fa semipr.e pi� rapido, non � di per 
s� risolutrice dei problemi organizzativi, ma si traduce ancora in un 
mero strumento, seppure di eccezionali prestazioni, posto a disposizione 
dell'uomo, rendendosi sempre ind:ispensabile la sollecitazione dell'uomo, 
nelle forme sempre pi� raffinate, per ottener.e prestazioni di servizi, un 
tempo neppure ipotizzabili seppur.e con la pi� ampia capadt� di previsione. 

Siffatte sollecitazioni sui programmi di automazione della macchina 
producono necessariamente profonde incidenze sull'organizzazione amministrativa, 
determinando quel processo di rinnovamento delle strutture 
che dovrebbe :rendere pi� puutuale la prestazione resa ai cittadini dei 
pubblici servizi in genere. Non �, infatti, pi� contestabile che H processo 
di automazione non si concreta in una mera meccanizzazione delle pro



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cedure in atto (il che veniva 11eailizzato appunto con i sistemi me�ccanizzati), 
ma determina invece un � !rinnovamento � del1e stesse procedure, 
quale effetto del diverso sistema di elaborazione e1ettrooica dei dati, eliminando 
inutili duplicaziooi, tempi morti e ristagni di dati prresso i singoli 
Uffici, e l'eaUzzando un ,andamento del sistema produttivo dell'Amministrazione 
in modo pi� razionale ,ed efficiente, quale conseguenza 
immediata e diiretta dell'introduzione dell'elaboratore nell'organizzazione 
amministrativa. 

Si inserisce, cosi, nell'ambito del J.avoro il <rigorismo logico della programmazione, 
con il vantaggio deLl'immediato controllo della rispondenza 
fun2lionale de:W.e stngole operazioni. 

La presenza dell'elaboratore costituisce, cosi, la spinta incessante per 
rende!r'e sempre pi� ,efficiente il sistema organizzativo, consentendo, attraverso 
la �simulazione., di otte:t:ler�e �in anticipo., quanto � constatabile, 
normalmente, solo � ex post �. 

lnfine, va sottolineato un ultedore ,effetto .di questo nuovo sistema di 
organizzazione deJ. ,lavoro: 'esso si traduce nella verifica, anticipata, della 
misura di efficienza organizzativa degli Uffici e del personale sulla base 
dei progettati piani di produzione de�l s&vizio. 

L'Avvocatura del.lo Stato ha avvertito, da tempo, l'esigenza di procedere 
ao1la automazione dei servizi. 

La costituzione di un apposito Comitato � volta al reperimento dei dati 
occorrenti per la formuila:1lione �di un programma di .automazione e per la 
scelta dei sistemi operativi. 

Il Comitato si � avvalso, sia dell'apporto di un gruppo di avvocati dello 
Stato, opportunamente se1ezfonati, sia di 'esperti nella materia, messi a 
disposizione da altre Amministrazioni statali, gi� avanzate nel campo della 
automazione dei relativi servizi. 

L'automazione dei servizi dell'Avvocatura dello Stato rigu~der�, oltre 

i settori comund alle ailtl'e Ammtnistrazioni (gestione del personale ed ar


chivio), la gestione automatica degli affari contenziosi e degli affari con


sultivi. 

La gestione automatica degli affari contenziosi dovrebbe consentire il 

reperimento automatico �in tempo rea11e � (cio� con immediatezza) delle 

informazioni relativa alle controversie che l'Avvocatura Generale dello 

Stato e le Avvocature Distrettuali dello Stato abbiano avuto o hanno in 

trattazione in quel dato momento. 

H reperimento automatico �in tempo reaile � di qualsiasi dato relativo 

ad una controversia agevola indubbiamente H lavoro dei singoli avvocati, 

ed insieme, realizza � in tempo reale � l:a conoscenza dei necessari elementi 

tecnici �Che l'attivit� � di routine� non riesc�e ad acquisire anche con l'utiliz


zazione del1e � Relazioni quinquennali � e della � Rassegna �. 

L'impiego degli strumenti tradi:1lionaili (Repertori, Riviste), attiene a 

dati non � in atto �, e cio� a .controv&sie per le quaili sia gi� interv.enuta 

una decisione, non consentendo di accerta.re se per una stessa questione, 

siano attualmente all'esame del Giudice controV'ersie analoghe. 

La gestione automatica degli affari consultivi, offr,e la disponibiut� 

�in tempo reale� dei dati velativi aUe questioni per 1e qua1i sia intervenuto 
il pare�re reso alle Amministrazioni, e per quelle in trattazione. 
Il sistema automatico fornisce, nel contempo, fa .copia deg;li atti per i 
quali � formulata la richiesta di acquisizione. L'impiego di terminali video 
e di stampati veloci r�ealizza Jo scambio immediato delle informazioni fra 
i singoli Uffici dell'Avvocatura e ,i,l Centro ,elaborazione dati, mentre fimpiego 
di terminali con altri centri di elaborazione dati (Corte di cassa



PARTE II, RECENSIONI 

zione -Biblioteche -Camera dei deputati. e Senato della Repubblica) consente 
l'acquisizione dei dati relativi alla giurispTudenza, allla dottrina e 
alla legislazione, l'ealizzando un sistema informativo integrato nel setto'l'e 
dell'infocmatica giuridiiea. 

L'attuazione di un sistema integrato di informazione fl'a pi�'Oentri di 
elaborazione dati in materia � stato gi� 11egi!slativamente disposta dal d.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 636, recante l'evi.sione della disciplina del contenzioso 
tributario, che �p!revede 1a .istituzione presso la Commissione tributaria 
centrale di un Ufficio del massimario da coILegare (art. 13, ult. comma) 

� col centro e1ettronico di documentazione della Corte dli cassazione per 
riceveTne, in cQllloquio a mezzo di teimninali ricetrasmittenti, le informazioni 
sui dati memorizzati 11:1elativi alla giuri!spTUdenza, allla bibliografia e 
alla leg,islazione per trasmettere a detto centro elettronico ie massime 
giurisprudenziali delJa Commissione centrale�. Si tratta di un pf'imo avvio, 
sul piano no:ro:nativo, de1�'attuazione di un sistema integrato di circolazione 
dei dati, come l'unico che consente � in tempo 11."eale � la conoscenza completa 
delle informazioni nella materia (v. in Produttivit�, 1971, n 8, pag. 589 
e segg., sullo scambio delle informazioni fra 1e rpubbliche Amministrazioni). 
ANTONINO TERRANOVA 


INDICE BIBLIOGRAFICO 


delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato. 

D'ANGELO P.-MAZZANTINI M., Trattato di tecnica bancaria (voi. I), 10a ed., 
Vallardi, Milano, 1972. 

ANNUNZIATA M., La legge sulla riforma della casa, Jovene, Napoli, 1972. 

BONACCORSI P.-LANZARO S., La legge per la casa, Pastena Editore, Roma, 
1972. 

MANZINI V., Trattato di diritto processuale penale italiano (voi. I\r), 6� ed., 
UTET, T�rino, 1972. 

AzZARITI G., Successioni dei legittimari e successioni dei legittimi, UTET, 
Torino, 1972. 

DELL'ORO A., Dell'emancipazione dei minori affidati alla pubblica o alla 
privaba assistenza e dell'affiliazione (Art. 390-413) del Commentario 
al 'Codice Civile di ScIALOJA-BRANCA, Zanichelli, Bologna, 1972. 

OccH1uzz1 G., Codice-repertorio dell'edilizia economica e popolare, ed. 
PEM, Roma, 1972. 

QUARANTA A., Lineamenti di diritto amministrativo, Edizioni PEM, Roma, 
1972. 

BuscHEMA S., Il Bilancio (voi. II), Giuffr�, Milano, 1972. 

GENNARO P., La misura dell'atteggiamento verso il rischio nel comportamento 
imprenditoriale, Giuffr�, M�lano, 1972. 

SALZARI M., I ricorsi amministrativi atipici nell'ordinamento deU'istruzione 
secondaria, Giuffr�, M�lano, 1972. 

SIVINI G., Partiti e partecipazione politica in Italia, Giuffr�, Milano, 1972. 

ARDAU G., Manuale di diritto del lavoro (voli. 2), Giuff!l"�, Milano, 1972. 

PIZZETTI F.-ZAGREBELSKY G., �Non manifesta infondatezza. e �Rilevanza� 
nella instaurazione incidentale del giudizio sulle leggi, Giuffr�, Milano, 
1972. 

Rursr-JoRio-MAFFEl ALBERTI-TEDESCHI, Il fallimento (voll. 3), UTET, Torino. 

Bosco G., Lezioni di diritto internazionale, Giuffr�, Milano, 1972. 

ZICCARDI F., Le norme interpretative speciali, Giuffr�, Milano, 1972. 

MoRTATI C., Raccolta di Scritti: vol. I, Studi sul potere costituente e sulla 
riforma costituzionale dello Stato; voi. II, Scritti sulle fonti del diritto 
e sull'interpretazione; voi. III, Problemi di diritto pubblico nell'attuale 
esperienza costituzionale e repubblicana; vol. IV, Problemi di politica 
costituzionale, Giuffr�, Milano, 1972. 

1� 


CONSULTAZIO,NI 


AGRICOLTURA 

Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali 
pregressi ed esauriti -Titolarit� -Procedimento civiie -Conseguenze 

(l. 16 maggio 1970, n. 28; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 c.p.c., art. 111). 
Se il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia 
di agricoltura e for�ste co~orti anche il trasferimento dei rapporti 
sostanziali esauriti e relativamente ai quali restano da esser definite conseguenze 
di ordine patrimoniale (n. 68). 

Se, nel caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni ammir..
istrative in materia di agricoltura e foreste sia ritenuto comprendere anche 
i rapporti sostanziali esauriti, il processo nel quale si controverte di un 
credito -da tali rapporti nascente prosegue tra �le parti originarie o meno 

(n. 68). 
ALBERGHI 

Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Mutamento 
di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi Decorrenza 
(l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). 

Se gli interessi sulle somme percepite a titolo di finanziamento o contributo, 
quali provvidenz�e varie per la razionalizzazione e ~o sviluppo 
della ricettivit� alber.ghiera e turistica, e da r�estituil'e allo Stato qualora 
venga mutata la destinazione specifica in vista della quale il finanziamento 
o contributo fu concesso, 1siano dovute dal giorno in cui le somme 
furono erogate ovvero da quelle in cui � mutata la destinazione specifica 
(n. 18). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Dopolavori postelegrafonici -Natura -Patrocinio (r.d.l. 9 luglio 1926, 

n. 1271). 
Se i Dopolavori Postelegrafonici costituiscano organi periferici dello 
Stato ovvero associazioni di fatto (n. 358). 
Se il patrocinio dei Dopolavori Postelegrafonici spetti all'Avvocatura 
dello Stato (n. 358). 

Gestioni governative pubblici servizi ferrotranviari -Natura giuridica 

(r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 184; d.l. 10 luglio 1947, n. 767, artt. 6 
e 7; l. 2 agosto 1952 n. 1221, art. 18; l. 12 dicembre 1954 n. 1178; 
l. 23 dicembre 19.63 n. 1855; l. 18 luglio 1957 n. 614). 
Quale natura giuridica sia da riconoscere alle Gestioni governative 
di pubblici servizi ferrotranviari. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In particolare, alle seguent�: 

1) Gestione Commissariale Governativa Ferrovie Padane; 

2) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Circumetnea; 

3) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Genova-Casella; 

4) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia p,enne-Pescara; 

5) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Torino-Ceres; 

6) Gestione Commissariale Governativa Ferrovie Meridionali-Sarde; 

7) Gestione Governativa Ferrovie Ca1abro-Lucane; 

8) Gestione Governativa Servizi pubblici di linea di navigazione 
interna sui laghi Maggiore, di Garda e di Como (n. 359). 

ANTICHIT� E BELLE ARTI 

Demanio storico ed artistico -Demolizione non autorizzata di edificio P.
rocedimento penale -Procedimento amministrativo per applicazione 
sanzioni -Rapporti (l. 1� giu.gno 1939, n. 1089, artt. 1, 11, 12, 
20 e 59; c.p.p, art. 27; c.p. art. 40, 2� co.). 

Se il proprietario di un immobile di interesse storico ed artistieo, 
prosciolto in sede penale � per non aver commesso il fatto � dall'addebito 
di abusiva demolizione dell'immobile stesso, possa essere sottoposto a procedimento 
amministrativo per l'applicazione, basata su altri fatti concomitanti, 
non valutata in sede penale, de1la sanzione della riduzione in pristino 
e delle sanzioni pecunarie (n. 67). 

� Se il proprietario di un immobile di intel'esse storico ed artistico, 
prosciolto in sede penale, per insufficienza di prove sul dolo, dall'addebito 
di non aver impedito la abusiva demolizione dell'immobile stesso, possa 
essere sottoposto a procedimento amministrativo per il'applicazione, basata 
su riesame dell'elemento psicologieo dell'incolpazione, della sanzione della 
riduzione in pristino e delle sanzioni pecuniarie (n. 67). 

Ente ecclesiastico -Complesso monumentale. sottoposto a vigilanza dello 
Stato -Lavori di restauro -Contributo erariale -Legittimit� (l. 21 dicembre 
1961, n. 1552, art. 3; l. 1� giugno 1939, n. 1089, artt. 14, 15 e 16). 

Se sia da ritenel'e legittima la concessione, a favor,e di Ente ecclesiastico 
munito di personalit� .giuridica, di contributo erariale per lavori di 
restauro ad un complesso monumentale sottoposto alla vi�gilanza dell'Ammini,
strazione per la tutela delle antichit� e belle arti (n. 68). 

APPALTO 

Appalto di 00. PP. -Trattativa privata -Revisione ;prezzo contrattuale Decorrenza 
variazioni prezzi correnti. 

Se, nei contratti di appalto di opere pubbiliche conclusi in trattativa 
privata, la dat� di decorrenza delle variazioni dei prezzi correnti, ai fini 
della revi1sione dei prezzi contrattuali, vada individuata nel momento della 
presentazione dell'offerta ovvero in quello della stipulazione del contratto 

(n. 356). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

Appalto lavori Genio militare -Fallimento appaltatore -Poteri della P. A. 
committente -Danni da inadempimento -Compensazione -Procedimento 
(condiz. gen. appalto lav. Genio mil. app. con r.d. 17 marzo 
1932, n. 366, artt. 47 e 48; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 56). 

Se, pronunciato lo scioglimento del contratto d'appalto per sopravvenuto 
fallimento dello appaltatore dei lavori per il Genio mhlitare, ai sensi 
dell'art. 47 condiz. gen. appalto Genio militare approvato con r.d. 17 marzo 
1932, n. 36,6, possa l'Amministrazione committente pronunciare la rescissione 
in danno a causa di pregresse inadempienze ed ai sensi dell'art. 48 condizioni 
suddette (n. 357 J. 

Se il credito vantato daH'Amministrazione a titolo di risarcimento 
danni per le pregresse inadempienze dell'appaltatore dei lavori per il Genio 
militare, dichiarato fallito, possa essere opposto in compensazione al credito 
vantato dall'appaltatore fallito per J.avori eseguiti (n. 357). 

Se il credito che l'Amministrazione intende compensare con un proprio 
debito nei confronti dell'appaltatore fallito debba essere fatto valere nell'ambito 
delfa procedura fallimentare (n. 357). 

Contratto d'appalto soggetto ad approvazione -Obbligo di registrazione Decorrenza 
-Ap.provazione da parte del Provveditore Regionale 00. 
PP. -Effetti (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 17 e 81; r.d.l. 18 
novembre 1923, n. 2440, art. 19). 

Se, ai fini di individuare il momento in cui sorge l'obbUgo di sottoporre 
a registrazione i contratti d'appalto stipulati dagli Istituti Autonomi 
Case Popolari e sog,getti ad appwvaziot;le del Ministro dei Lavori Pubblici, 
possa esser ritenuta equipollente di tale approvazione quella proveniente 
dal Provveditore Regionale aille 00.PP. (n. 358). 

F'allimento dell'appaltatore-Interruzione della prestazione -Subentro del 
curatore -Ritardo -Penali.t� -Risarcimento danni (r.d. 16 marzo 
1942, n. 267, art. 72). 

Se, nel caso di interruzione delle prestazioni dovute dall'appaltatore a 
seguito della sua dichiarazione di fallimento, spettino all'Amministrazione 
committente, qualora il curatore abbia dichiarato di voler subentrare nel 
contratto d'appalto, le penali od il risarcimento dei danni relativi al periodo 
intercorrente tra l'interruzione delle prestazioni ed il subentro (n. 359). 

ASSOCIAZIONE 

Organismi Rappresentati1Ji Universitari (0.R.U.) -Liquidazione -Contributi 
di cui alla l. 18 dicembre 1951 n. 1551 -Spettanza (l. 18 dicembre 
1951, n. 1551 art. 11). 

Se possano essere versati al liquidatore di un Organismo Rappresentativo 
Univ�ersitario i contributi versati dagU studenti per le attivit� sportive 
ed assistenziali di cui all'art. 11 I. 18 dicembre 1951, n. 1551 (n. 4). 


176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

AUTOVEICOLI 

Tasse automobilistiche -Autobus e autoscafi di linea -Servizio postale 
-Esenzione -Trasporto fuori linea -Sanzione (t.u. 5 febbraio 1953, 


n. 39, artt. 17, 34 e Tab. atl. 2; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 conv. in 
18 dicembre 1970, n. 1034, art. 17, .Primo comma). 
Se la circolazione in esenzione dalla tassa, di autobus ed autoscafi, che 
effettuano il servizio postale, fuori della linea stabilita per il pubblico 
servizio concesso, costituisca, ai fini delli,t relativa sanzione, �uso diverso� 
dell'autobus ed autoscafo ovvero comporti omissione nel pagamento della 
tassa di circolazione (n. 74). 

BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

Piani particolareggiati -Approvazione -Protezione delle bellezze artistiche 
e naturali -Intervento successivo del .Ministero P. I. (l. 18 aprile 1962, 

n. 167, artt. 6 e 8; l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 5; l. 29 giugno 1939, 
n. 1497, art. 7). 
Se l'avvenuta approvazione dei piani particolareggiati, che comprendono 
anche beni soggetti a1la legge sulla protezione delle bellezze artistiche 
e naturali, precluda al Ministero della Pubblica Istruzione l'esercizio 
dei propri poteri di intervento sui singoli progetti di lavori relativi ai 
detti beni (n. 27). 

BENEFICENZA E ASSISTENZA 

Giovent� Italiana -Attivit� assistenziale -Vigilanza ONMI (l. 23 dicembre 
1937, n. 2566, art. 10; r.d. 24 dicem'Qre 1934, n. 2316, art. 5). 

Se l'attivit� assistenziale che la Giovent� Italiana svolge a favore dei 
minori, sia soggetta alla vigilanza dell'ONMI (n. 1). 

CATASTO 

Domande di voltura catastale -Copie degli atti allegati -Imposta di bollo Esenzione 
-(d. p. 25 giugno 1953, n. 492). 

Se sulle copie degli atti da allegare alla domanda di voltura catastale 
sia dovuta la imposta di bollo (n. 6). 

CffiCOLAZIONE STRADALE 

Illecito amministrativo -Continuazione -Ammissibilit� (cod. pen., art. 81; 

l. 7 .gennaio 1929, n. 4, art. 8). 
Se pi� violazioni di un divieto sanzionato in via amministrativa (nella 
specie: del divieto posto dall'art. 33 del codice stradale in materia di 
carichi superiori alla portata degli automezzi), commesse in esecuzione di 
una medesima risoluzione, possano essere considerate e sanzionate come 
una sola violazione continuata (n. 34). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 1'l'l 

Incrocio di strada provinciale con strada statale -Provvedimento di attribuzione 
di precedenza aiza strada provinciale -Ammissibilit� (articoli 
105 e 3 cod. strad.). 

Se sia legittimo il p:rovv;edimento che attribuisca il diritto di precedenza 
ai veicoli percorrenti una strada provinciale nel suo incrocio con 
una strada statale (n. 35). 

COMPETENZA E G1IURIBDIZIONE 

Esecuzione esattoriale -Opposizione di terzo -Provvedimento dell'Intendente 
di Finanza -Impugnativa -Giurisdizione del C.d.S. (t.u. 29 
gennaio 1958, n. 645, art. 208). 

Se il Consiglio di Stato abbia giurisdizione in ordine alla impugnativa 
di legittimit� avverso il provvedimento definitivo emesso dall'Intendente di 
Finanza, ai sensi dell'art. 208 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, su ricorso 
proposto dal terzo opponente contro gli atti esecutivi (pignoramento mobiliare) 
compiuti dall'Esattore su beni esistenti nella casa di abitazione del 
debitore d'imposta e di cui il ricorrente rivendichi la propriet� (n. 27). 

COMUNI E PROVINCIE 

Sindaco -Sospensione dalle funzioni in caso di rinvio a giudizio o condanna 
per i reati di omissione o abuso di atti di ufficio (r.d. 4 febbraio 1915, 

n. 148, art. 149; r.d. 3 marzo 1934, n. 383 artt. 8, 270; l. 10 novembre 
1970, n. 852). 
Se, abrogato dalla 1. 10 n�vembre rn70, n. 852, le disposizioni dell'articolo 
149, quinto e sesto comma, r.d. 4 febbraio 1915, n. 148 che sancivano 

. specificamente per i sindaci la sospensione dalle funzioni per alcuni reati 
tra i quali quelli di omissione ed abuso di atti di ufficfo, la detta sospensione 
possa cons~derarsi ancora operante in forza di analoghe .disposizioni 
relative pi� genericamente agli amministratori del Comune contenute negli 
artt. 8 e 270 r,d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 144). ' 

Strade comunali -Contributi per costruzione -Strada gi� esistente (l. 21 
aprile 1962, n. 18, art. 4). � 

Se il contributo che l'art. 4 della legge 21 aprile 1962, n. 18 prevede 
a carico dello Stato e a favore dei Comuni per la sistemazione, l'ammodernamento 
e J.a costruzione di strade comunali, possa essere concesso per 
la .costruzione �di una strada gi� esistente prima dell'entrata in vigore de1la 
legge n. 143). 

COMUNIT� ECONOMlliCA EUROPEA 

Repertazione paste alimentari e prodotti da fotrno -Importazione grasso a 
reintegro, in esenzione da prelievo -Posizione soggettiva dell'esportatore 
-Termine -Natura (l. 9 ottobre 1964, n. 948, art. 1 e 4; Reg. 

C.R.E. 21 agosto 1967, n. 421, art. 2, n. 1; Seg. C.E.E. 19 giugno 1967,. 
n. 120, art. 12, n. 2). � 
Se l'esportatore di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate 
caratteristiche sia titolare di un diritto sog,gettivo ovvero di 

25 


178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
un interesse legittimo all'importazione di una corrispondente quantit� di 
grano a r.eintegro ed in esenzione da un prelievo (n. 7). 
Se il termine di se}. mesi dalla data della bolletta doganale di esportazione 
di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, 
�entro il quale esseve �esercitato il diritto all'importazione di grano 
a reintegro in esenzione da prelievo, sia da qualificare termine di prescrizione 
ovvero di decadenza (n. 7). 
Se entro il termine di/sei mesi dalla data della bolletta doganale di 
esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate 
caratteristiche, � suffi.ciente che l'esportatore richieda l'autorizzazione ad 
importare grano a reintegro in �esenzione da prelievo, ovvero � necessario� 
che porti a compimento le op.erazioni di importazione (7). 
Se.l'autorizzazione ad importare grano in esenzione da prelievo, a reintegro 
di quello impiegato nelle paste alimentari e nei prodotti da forno 
esportati, abbia un termine di validit� (n. 7). 
CONCESSIONI AMMINJ!STRATIVE 
Beni demaniali -Uso da parte di altra amministrazione o di amministrazione 
autonoma o di concessionario -Disciplina. 
Se nel caso di utilizzazione di bene demaniale dello Stato da parte di 
un'amministrazione statale diversa da quella che lo ha in gestione ed uso� 
per scopi ed esigenze diverse da quelli propri della destinazione legale 
del bene, ovvero da parte di un'amministrazione autonoma o di concessionario 
di bene demaniale (nella specie Societ� Autostrade) si ponga in essere 
una concessione amministrativa e debba essere corrisposto il relativo canone 
(n. 108). 
Concessioni di pubblici servizi -Fondi per il conseguimento delle finalit�. 
pubbliche -FaUimento del concessionario -Incameramento da parte 
della P. A. 
Se i fondi destinati ad essere utilizzati da concessionario di pubblici 
servizi per il perseguimento della finalit� pubblica propria della loro destinazione 
(nella specie, fondi di rinnovo per societ� concessionaria di funivie) 
possano essere incarne.rati dallo Stato, e nell'affermativa con quali modalit�, 
quando sop:ravvenga H fallimento del concessionario (n. 109). 
CONCORSI 
Concorso -Annullamento -Validtt� limitata al fine della idoneit� dei concorrenti. 
Se in presenza di una decisione di 1annullamento di concorso pubblico, 
lo stesso possa essere ugualmente condotto a termine al pi� limitato fine 
della dichiarazione di idoneit� dei concorrenti, cui la legge (nella specie 
1. 2 aprile 1968, n. 475 sull'assegnazione di sedi farmac�eutiche) riconosca 
determinati effetti (n. 18). 
CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 
Ciechi civili -Indebita corresponsione di pensione 
diretta (l. 27 maggio 1970, n. 382, art. 18). 
-Recupero -Trattenuta 
Se per il recupero di .quote di pensione indebitamente percepite da ciechi 
civili cui sia stato revocato il trattamento pensionistico possa provvedersi 
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PARTE II, CONSULTAZIONI 179 

mediante trattenuta diretta su eventuali altre competenze spettanti a qualsiasi 
titolo al titolare del trattamento pensionistico o ai suoi aventi causa, 
giusta il disposto dell'art. 18, 2o comma, della legge 27 maggio 1970, n. 382 
'(n. 261). 

Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Recupero 


Trattenuta diretta -Annullamento credito -Modalit� (l. 30 marzo 

1971, n. 118; r.d. 25 marzo 1924, n. 827, artt. 263 e 265). 

Se per il recupero di assegni di assistenza indebitamente percepiti da 
mutilati e invalidi civiU sia necessario, ai fini dell'annullamento del relativo 
credito ai sensi degli >artt. 263 lett. e) e 2>65 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, 
il previo esperimento di un tentativo di riscossione ovvero siano sufficienti 
le sole informazioni di polizia o di finanza circa le disagiate condizioni economiche 
dei debitori. 

Se per il recupero di quote di assegni di assi�stenZJa indebitamente percepite 
da mutilati, e invalidi civili, cui sia stato revocato il trattamento 
pensioni�stico, possa provvedersi mediante trattenuta diretta su evenutali 
altre competenze spettanti a qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico 
o ai suoi aventi causa, giusta il disposto dell'art. 18, 2o comma, 
della 1egge 30 marzo 1971, n. 118 (n. 262). 

Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Revoca 
� Effetti (l. 30 marzo 1971, n. 118). 

Se i provvedimenti di revoca di pensioni o assegni indebitamente percepiti 
da mutilati ed invalidi civili, sia quelli adottati dai Comitati Provinciali 
di Assistenza e Benefi.cenza Pubblica ai sensi dell'art. 21 della legge 
30 ma~zo 1971, n. 118 a seguito dei mutamenti intervenuti circa i requisiti 
voluti dalla legge per beneficiar�e delle provvidenze da essa previste, sia 
quelli adottati dal Prefetto nei casi in cui l'assegno fosse stato erogato a 
favore di persona che, essendo titolari di altri trattamenti pensionistici, non 
ne avevano diritto, abbiano efficacia retroattiva (ex tunc) ovvero solo dal 
momento del.fa loro emanazione (ex nunc) (n. 263). 

Mutilati ed invalidi civili -Indebita corresponsione di assegno di assistenza 
-Obbligo di recupero (l. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, 2� co. 
e 13; l. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, 
art. 435, 2� co.). 

Se l'Ammintstrazione sia tenuta, ex art. 435, 2o comma r.d. 23 maggio 
1924, n. 827, a procedere al recupero degli assegni di assistenza indebitamente 
corrisposti a favore di mutilati ed invalidi civili i quali, essendo titolari 
di ailtri trattamenti pensionistici, non ne aveva diritto, giusta il 'combinato 
disposto degli artt. 12, 2o comma, e 13 del1a legge 30 marzo 1971, n. 118, 
nonch� 26 della legge 30 �aprile 1969, n. 153, ovvero possa awlicarsi alla 
fattispecie il principio della irripetibilit� degU stipendi, assegni o altre 
indennit� indebitamente corrisposti dalla P.A. e percepiti in buona f.ede 

(n. 264). 
Pignoramento di somme dovute dall'Amministrazione -Fermo amministrativo 
-Prevalenza (art. 553 c.p.c.; r.d. 8 novembre 1923, n. 2440, art. 69). 

Se nel caso in cui siano state pignorate somme dovute a terzi dall'Amministrazione, 
quest'ultima possa disporre il fermo amministrativo su tali 
norme per 11 recuperodi un contrapposto suo credito verso il debitore esecu



180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tato o invece debba intervenire nell'esecuzione per partecipare alla assegnazione 
in concorso .con il creditore procedente, soggiacendo alle ordinarie 
norme sul concorso di pi� crediti nell'esecuzione (n. 265). � 
CONTENZIOSO TRIBUTARIO 
Avviso di accertamento -Ricorso alle Commissioni Tributarie -Termini -
Sospensione feriale (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21; i. 14 luglio 1965, 
n. 818; l. 7 ottobre 1969, n. 742). 
Se la sospensione dei termini processuali stabilita dalle leggi 14 luglio 
1965, n. 818 e 7 ottobre 1969, n. 742, sia applicabile al termine previsto 
dall'art. 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per il ricorso alle commissioni 
tributarie avverso l'avviso di accertamento del valore imponibile (n. 7). 
Imposte dirette -Contenzioso tributario -Azioni dirette al rimborso di tributi 
indebitamente pagati od allo sgravio di tributi non dovuti -Natura 
-Controversie d'imposta -Limiti (d.l. 7 agosto 1936, n. 1679, 
art. 22, 4� co.; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188; i. 28 ottobre 1970, 
n. 801, art. 8). 
Se, in materia d'imposte dirette, siano da ritenere controversie d'iimposta 
sogg.
ette come tali, alla necessaria previa cognizione da parte delle 
Commissioni tributarie -le controversie relative ai rimborsi ed agli aggravi 
(n. 8). 
Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta -
come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni 
tributarie -quella nella quale si alleghi la totale o parziale inesistenza 
dell'obbligazione tributaria, quando le imposte iscritte a ruolo si 
riferiscano a redditi accertati dall'ufficio ed il relativo atto di accertamento 
non sia stato impugnato (n. 8). 
Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta -
come tale soggetta a1La :necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni 
tributarie -nella quale si alleghi un errore materiale coonmesso 
dal contribuente e non riparato dall'ufficio, sia nella fase di versamento 
dell'imposta in tesor.eria, sia ne11a dichiarazione (n 8). 
Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta -
come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da rparte delle Commissioni 
tributarie _:_ �quella nella quale, pur in presenza di un riconoscimento 
del diritto al rimborso o dalilo sgravio da rparte dell'Amministrazione, 
si sia prodotto un giudicato di ammissibilit�, per tardivit�, del ricorso 
proposto dal contribuente alle Commissioni tributarie (n. 8). 
Se, in materia d'imposte dirette, costituiisca controversia d'imposta -
come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni 
tributarie -quella in materia di riimborso di ritenute d'acconto 
su introiti lordi non corrispondenti ad imponibili definitivi (n. 8). 
CONTRABBANDO 
�Reati doganati -Arresto deUo straniero -Cittadini greci, -Disciplima: 
speciale -Disciplina comune -Compatibilit� (l. 25 settembre 1940, 
n. ,1424, art. 139; cod. proc. pen., �art ,212; i. 4 agosto 1955, n. 848 
i. 3 luglio 1950, n. 886; Costituzione, art. 10). 
Se la custodia preventiva dell'arrestato per reato doganale, ai sensi 
dell'art. 139 1. 25 settembre 1940, n. 1424, fermo restando i limiti massimi il. 
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PARTE II, CONSULTAZIONI 

in detta norma previ1sti, possa superare quelli stabiliti ne1l'art. 272 cod. 
proc. pen., secondo il testo modificato daHe leggi 18. giugno 195,5, n. 517 
e 1 luglio 1970, n. 406 (n. 48). 

Se la 1speciale disciplina della custodia preventiva de11'arrestato per 
reato doganale, pr.evista dall'art. 139 1. 25 settembre 1940, n. 1424, sia applicabHe 
ai cittadini greci (n. 48). 

Se la cauzione imo;>osta allo straniero imputato di reato doganale, come 
condizione per ottenere ila libert� personale, debba essere idonea a garantire 
il pagamento delle multe o delle ammende, ovvero possa essere determinata 
con criteri diversi, quali quelli desumibiU dal codice di procedura 
penale (n. 48). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Ente ecclesiastico -Complesso monumentale sottoposto a vigilanza dello 
Stato -Lavori di restauro -Contributo erariale -Legittimit� (l. 21 
dicembre 1961, n. 1552, art. 3; l. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 14, 15 
e 16). 

Se ,sia da ritenere legittima la concessione, a favore di Ente ecclesiastico 
munito di personalit� giuridica, di contributo erariale per lavori di 
restauro ad un complesso monumentale sottoposto alla vigilanza dell'Amministrazione 
per la tutela delle antichit� e belle arti (n. 104). 

Incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno -Applicabilit� 
della nuova disciplina alle imprese di grande estensione -decorrenza 
(l. 6 ottobre 1971, n. 853, art. 10). 

Con quale decorrenza la legge 6 ottobre 1971, n. 853, che ha introdotto 
nuovi incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno, 
debba riten�rsi applicabile alle imprese industriali di grandi dimensioni 

(n. 101). 
Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Muta


mento di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi 


Decorrenza (l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). 

Se gli interessi sulle somme percepite a titolo di finanziamento e contributo, 
quali provvidenze varie per ila razionalizzazione e lo sviluppo della 
ricettivit� albel'ghiera e turistica, e da .restituire allo Stato qualora venga 
mutata la destinazione specifica in vista della quale il finanziamento o contributo 
fu concesso, siano dovute dal giorno in cui le somme furono erogate 
ovvero da quello in cui � mutata la destinazione specifica (n. 102). 

Strade comunali -Contributi per costruzione -Strada gi� esistente (l. 21 
aprile 1962, n. 181, art. 4). 

Se il contributo che l'art. 4 della legge 21 aprile 1962, n. 181 prevede 
a carico dello Stato e a favore dei Comuni per la sistemazione, l'ammodernamento 
e la costruzione di strade comunali, possa essere concesso per la 
costruzione di una strada .gi� eststente prima delil'entrata in vigore della 
legge (n. 103). 


182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

DAZI DOGANALI 

Repertazione paste alimentari e prodotti da forno -Importazione grasso a 

reintegro, in esenzione da prelievo -Posizione ~oggettiva dell'esporta


tore -Termine -Natura (l. 9 ottobre 19'64, n. 948, artt. 1 e 4; Reg. 

C.R.E. 21 agosto 1967, �n. 421, art. 2 n. 'l; Seg. C.E:E. 19 giugno 1967, 
n. 120, art. 12, n. 2). 
Se l'esportatore di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate 
ca,ratteristiche sia titolal'e di un diritto soggettivo ovvero di un 
interesse legittimo all'iimpoctazione di una corrispondente quantit� di grano 
a reintegro ed in esenzione da un prelievo (n. 64). 

Se il termine di sei mesi da1la data della bolletta doganale di esporta-' 
zione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, 
entro il quale essere �eser�itato il diritto all'importazione di grano 
a reintegro in esenzione da prelievo, sia da qualificare termine di prescrizione 
ovvero di decadenza (n. 64). � 

Se entro il termine di sei mesi dalla data della bo1'letta doganale di 
esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate 
caratteristiche, � sufficiente che l'esportatove richieda l'autorizzazione ad 
importare grano a reintegro in esenzione da prelievo, ovvero � necessario 
che porti a compimento le opera:Zioni di importazione (n. 64). 

Se l'autorizzazione ad importare grano in esenzione da prelievo, a 
reintegro di quello impiegato ne1la paste alimentari e nei prodotti da forno 
esportati, abbia un tel'lffiine di validit� (n. 64). 

Spedizione doganale -Nomina -Patente a validit� illimitata -Rilascio Nuova 
disciplina -Diritto transitorio (d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, 
artt. 27 e 125). 

Se, per spedizionieri accreditati al 30 giugno 1971, presso le dogane, in 
favor�e dei quali l'art. 1 d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 prevede il rilascio di 
diritt9 della patente �Con validit� illimitata, debbano intendersi soltanto 
coloro in possesso di patente scaduta dopo il 30 giugno 1971 ovvero coloro i 
quali, �essendo iii possesso di patente con scadenza prima del 30 giugno 
1971, ne abbiano chiesto il rinnovo prima della scadenza (n. 65). 

" 

DEBITO PUBBLICO 

Indennit� di espropriazione -Richiesta di conversione in titoli del debito 
pubblico -Competenza (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 49; d.l. 23 
marzo 1919, n. 1058, artt. 115 e 116; l. 20 marzo 1968, n. 391). 

Se, a seguito dell'entrata in vigore della legge 2() marzo 1968, n. 391, la 
competenza a disporre la conversione in titoli del debito pubblico della 
somma depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti a titolo di indennit� 
di espropriazione per pubblica utilit� spetti al prefetto ovvero all'Autorit� 
Giudiziaria (n. 14). 

DEMANIO 

Beni demaniali -Uso d.a parte di altra amministrazione o di amministrazione 
autonoma o di concessionario -Disciplina. 

Se nel caso di utilizzazione di bene demaniale dello Stato da parte 
di un'amministrazione statale diversa da quella che lo ha in gestione ed 

I 

I � 

11a11111!r111111111:111111r111r111r11111111r11111r11a1rr111t1 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

uso per scopi ed esigenze diverse da quelli propri della destinazione legale 
'(}el bene, ovvero da parte di un'amministrazione autonoma o di concessionario 
di bene demaniale (ne1la specie Societ� Austrade) si ponga in essere 
una concessione amministrativa e debba essere corrisposto il relativo canone 
(n. 253). 

Occupazione ultrabiennale -Condanna dell'Amministrazione al pagamento 
di somma corrispondente al valore dell'area -Formale acquisizione dell'area 
-Decreto di espropriazione -Usucapione. 

Se, onde procedere alila formale acquisizione al demanio delfimmobile 
ancora non usucapito, per la ntegittima occupazione del quale abbia l'Amministrazione 
corrisposto somma corrispondente al valore, possa emettersi 
decreto di espropriazione (n. 252). 

DIFESA DELLO STATO 

Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali 
pregressi ed esauriti -Titolarit� -Procedimento civile -Conseguenze 

(l. 16 maggio 1970, n. 281; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; c.p.c. art. 111). 
Se tl trasferimento alle Regioni delle funzioni .amministrative in materia 
di agricoltura e foreste comporti anche il trasferimento dei rapporti 
sostanziali esauriti e relativamente ai quali r.estano da essere definite conseguenze 
di ordine patrimoniale (n. 20). 

Se, nel .caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative 
in materia di agricoltura �e foreste sia ritenuto comprendere anche 
i rapporti sostanziali esauriti, il processo nel quale si controverte di un credito 
da tali rapporti nascente prosegua tra le parti originario o sano (n. 20). 

Dopolavori postelegrafonici -Natu.ra -Patrocinio (r.d.l. 9 luglio 1926, 

n. 1271). 
Se i Dopolavori postelegrafonici costituiscano organi periferici dello 
Stato ovvero associazioni di fatto (n. 21). 
Se il patrocinio dei Dopolavori postelegrafonici spetti all'Avvocatura 
dello Stato (n. 21). 

Patronati scolastici -Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (t.u. 30 
ottobre 1933, n. 1611, art. 43). 

Se i Patronati scolastici siano autorizzati ad avvalersi del patrocinio 
dell'Avvocatura dello Stato (n. 22). 

EDILIZIA ECONOMICA POPOLARE 

Alloggi economici e popolari -Prezzo di cessione -Determinazione -Commissioni 
regionali -Competenza -Limiti (l. 27 aprile 1962, n. 231, 
art. 6). 

Se la competenza delle Commissioni regionali in materia di determinazione 
del prezzo di cessione degli alloggi economici e popolari sia limitata 
a stabilire il valore venale degli alloggi ovvero si estenda sino 
alla fissazione definitiva del prezzo di cessione (n. 238). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Alloggi economici e popolari -Sgombero per demolizione -Diritto degli 
assegnatari (t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 38, 42; d.l. 17 aprile 1948, 

n. 1029, artt. 1 e segg.; l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 3; d.P.R. 17 gennaio 
1959, n. 2, artt. 12, 15 e 16; d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655). 
Se e quali pretese nei confronti dell'Ente proprietario possano avanzare 
gli assegnatari di alloggi economici e popolari, nel caso di ordine di 
rilascio degli alloggi medesimi in vista della il.oro demolizione per pericolo 
di rovina non imputabile all'Ente medesimo (n. 240). 

Se .la norma di cui all'art. 18 d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655, secondo 
la quale gli Enti proprietari di aliloggio economico e popolare, nel caso 
in cui debbano procedere allo sgombero degli alloggi, hanno l'obbUgo di 
comunicare alle competenti Commissioni Provinciali l'elenco deg<li assegnatari 
che debbono lasciare gli alloggi, formulando proposte per la nuova 
assegnazione, si applichi soltanto in favore degli assegnatari ovvero anche 
in favore di coloro che gi� hanno acquistato la propriet� deilla cosa (n. 240). 

Aree comprese nei piani di zona -Richiesta di edificazione da parte del 
proprietario -Procedimento -Pendenza -Nuova disciplina -Espropriabilit� 
in favore dei Comuni -Effetti (l. 22 ottobre 1971, n. 865, 
art. 35; l. 18 aprile 1962, n. 167, art. 16). 

Se la nuova disciplina pr.evista dall'art. 35 legge 22 ottobre 19'71, n. 865, 
secondo la quale le aree comprese nei piani di zona di cui arlla legge 18 aprile 
19�62, n. 167 sono riservate alla espropriazione da parte del comune, si 
applichi anche a quelle aree relativamente alle quali, prima dell'entrata in 
vigore della legge n. 865/71, era stata richiesta licenza di costruzione da 
parte del proprietario, ai sensi dell'art. 16 della legge n. 167 /62, ed era stato 
ottenuto il par.ere favorevole della commissione comunale (n. 239). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

Ente ecclesiastico -Complesso monumentale sottoposto a vigilanza dello 
Stato -Lavori di restauro -Contributo erariale -Legittimit� (l. 21 
dicembre 1961, n. 1552, art. 3; L 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 14, 15 e 16). 

Se sia da ritenere l�egitttma la concessione, a favore di Ente ecclesiastico 
munito di personalit� giuridica, di contributo erariale per lavori di restauro 
ad un complesso monumentale sottoposto ailla vigilanza dell'Amministrazione 
per la tutela delle antichit� e belle arti (n. 48). 

ESECUZIONE FISCALE 

Esecuzione esattoriale -Fallimento -Concorso -Effetti -Pignoramento Abitazione 
del debitore d'imposta fallito -Prescrizione di appartenenza 
(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 206 e 207, secondo comma 
lett. b); r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 51). 

Se, nella ipotesi di concorso tra procedura esecutiva esattoriale e procedura 
fallimentare, i pignoramenti esattoriali di beni mobili avvenuti anteriormente 
alla vendita dei beni stessi in sede fallimentare siano resi inefficaci 
a seguito di detta vendita (n. 86). 

Se, nella ipotesi di concorso tra procedura esecutiva esattoriale e procedura 
fallimentare, i pignoramenti esattoriali di beni mob~li avvenuti posteriormente 
alla vendita dei beni stessi in sede fallimentare siano da ritenere 
inefficaci per effetto di detta vendita (n. 86). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 185 

Se possa trovare applicazione a favore dell'Esattore la presunzione di 
cui all'art. 207, secondo comma, lett. b) del t.u. n. 645/58, qualora il pi-gnoramento 
cada su beni mobili tuttora esi�stenti nella casa di abitazione 
del debitore di imposta fallito, ma che si asseriscono essere di propriet� del 
coniuge ovvero di parente affine entro il terzo grado ed acquistati da questi 
ultimi in sede di precedente vendita fallimentare (n. 86). 

Esecuzione esattoriale -Opposizione di terzo -Provvedimento dell'Inten-dente 
di Finanza -1mpugnativa -Giurisdizione del C.d.S. (t.u. 29 
gennaio 1958, n. 645, art. 208). 

Se il Consiglio di Stato abbia giurisdizione in ordine alla impugnativa 
di legittimit� avverso il provvedimento definitivo emesso dall'Intendente 
di Finanza, ai sensi dell'art. 20.S del t.u. 29� gennaio 1958, n. 645, su ricorso 
proposto dal terzo opponente contro -gli atti esecutivi (pignoramento� 
mobiliare) compiuti dall'E�sattore -su beni esistenti nella casa di abitazionedel 
debitore d'imposta e di cui il ricorrente rivendichi la propriet� (n. 87). 

ESECUZIONE FORZATA 

Pignoramento di somme dovute dall'Amministrazione -Fermo amministrativo 
-Prevalenza (art. 553 c.p.c.; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, 
art. 69). 

Se nel caso in cui siano state pignorate somme dovute a terzi dall'Amministrazione, 
quest'ultima possa disporre il fermo amministrativo su tali 
somme per il recupero di un contrapposto suo credito verso il debitore 
esecutato o invece debba intervenire nell'esecuzione per partecipare alla 
assegnazione in concorso con il creditore procedente, soggiacendo alle or-dinarie 
norme sul concorso di pi� crediti nell'esecuzione (n. 53). 

ESPROPRIAzIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Aree comprese nei piani di zona -Richiesta di edificazione da parte del 
proprietario -Procedimento -Pendenza -Nuova disciplina -Espro-priabilit� 
in favore dei Comuni -Effetti (l. 22 ottobre 1971, n. 865, 
art. 35; l. 18 aprile 1962, n. 167, art. 16). 

Se fa nuova di�sciplina prevista da11'art. 35, legge 22 ottobre 1971, n. 865, 
secondo la quale le aree comprese nei piani di zona di cui alla legge 18' 
aprile 1962, n. 167 sono riservate alla espropriazione da parte del Comune, 
si applichi anche a quelle aree relativamente alle quali, prima dell'entrata. 
in vigore della legge n. 865/71, era stata richiesta licenza di costruzione da 
parte del proprietario, ai sensi dell'art. 16, l�egge n. 167/6�2, ed era stato 
ottenuto il parere favorevole della commissione comunale (n. 309). 

Deposito indennit� di espropriazione presso la Cassa DD.PP. -Mancanza 
dell'ordine dell'autorit� giudiziaria -�Legittimit� -Svincolo -Conversione 
in titoli del debito pubblico (l. 20 marzo 1968, n. 391, art. 3; 

l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 30, 49, 55). 
Se si possa legittimamente procedere al deposito presso la Cassa Depositi 
e Prestiti dell'indennit� di espropriazione prima deill'ordine di depo-



186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sito emesso dall'autorit� giudiziaria a sensi dell'art. 3, legge 20 marzo 1968, 

n. 391 (n. 313). � 
Se, nel caso in cui si sia depositata l'indennit� di espropriazione senza 
l'ordine di deposito dell'autorit� giudiziaria, si possa da parte degli interessati 
ottener.e lo svincolo delle somme o la loro conver�sione in titoli del 

debito pubblico (n. 313). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� -Interessi -Pagamento Imposta 
di R.M. 

Se gli interessi corrisposti dall'Amministrazione sulle indennit� di 
espropriazione regolarmente e legittimamente espletate siano soggette ad 
imposta di ricchezza mobile (n. 310). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Industrializzazione del Mezzogiorno Provvedimento 
di pagamento o di deposito delle indennit� -Competenza 
(d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147; l. 20 marzo 1968; 

n. 391). 
Se nelle espropriazioni per pubblica utilit� per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno (art. 147 d.P.R. 30 �giugno 196�7, n. 1523) la competenza ad 
emettere il provvedimento di pagamento o di deposito delle indennit� sia 
passata dal Prefetto all'Autorit� giudiziaria dopo l'entrata in vigore della 
legge 20 marzo 1968, n. 391 (che ha attuato .tale spostamento di competenza 
per le ordinarie procedure di espropriazione) (n. 314). 

Indennit� di espropriazione -Richiesta di conversione in titoli del debito 
pubblico -Competenza (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 49; d.l.l. 23 
marzo 1919, n. 1058, art. 115 e 116; l. 20 marzo 1968, n. 391). 

Se a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 marzo 196'8, n. 391, 
la .competenza a di�sporre la conversione in titoli del debito pubblico della 
somma depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti a titolo di indennit� di 
espropriazione per pubblica utilit� spetti al Prefetto ovv.ero all'Autorit� 
giudiziaria (n. 311). ' \ 

Occupazione ultrabiennale -Condanna dell'Amministrazione al pagamento 
di somma corrispondente al valore detl'area -Formale acquisizione 
dell'area -Decreto di espropriazione -Usucapione. 

' 

Se, onde procedere alla formale acquisizione al demanio dell'immobile 
ancora non usucapito, per la illegittima occupazione del quale abbia 
l'Amministrazione corrisposto somma corrispondente al valore, possa� emettersi 
decreto di espropriazione (n. 312). 

FALLIMENTO 

Appalto lavori Genio militare -Fallimento appaltatore -Poteri della Pubblica 
amministrazione committente -Danni da inadempimento -Compensazione 
-Procedimento (condiz. gen. appalto lav. Genio mil. app. 
con r.d. 17 marzo 1932, n. 366, artt. 47 e 48; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, 
art. 56). 

Se, pronunciato lo scioglimento del contratto d'appalto per sopravvenuto 
fallimento dell'appaltatore dei lavori per il Genio militare, ai sensi 


PARTE II, CONSULTAZIONI 187 

dell'art. 47 coodiz. gen. appalto Genio militare approvato con r.d. 17 marzo 
1932, n. 366, possa l'Amministrazione committente pronunciare la rescissione 
in danno a causa di pregresse inadempienze ed ai sensi dell'art. 48 condizioni 
suddette (n. 129). 

1

Se il credito vantato dall'Amministrazione a titolo di risarcimento 
danni per le pregresse inadempienze dell'appaltatore dei lavori per il 
Genio militare, 'dichiarato faillito, possa essere opposto in compensazione al 
eredito vantato dall'appaltatore fallito per lavori eseguiti (n: 1219). 

Se il credito che l'Amministrazione intenda compensare con un proprio 
debito nei ,confronti dell'appaltatore fallito debba essere fatto valere 
nell'ambito della procedura fallimentare (n. 129). 

Concessioni di pubblici servizi -Fondi per il conseguimento delle finalit� 
pubbliche -Fallimento del concessionario -Incameramento da parte 
della Pubblica amministrazione. 

Se i fondi destinati ad essere utilizzati da concessionario di pubblici 

.servizi per il proseguimento della :finalit� pubblica propria della loro destinazione 
(nella specie, fondi di rinnovo per societ� concessionaria di funivie) 
possano essere incamerati dallo Stato, e nell'affermativa con quali 
modalit�, quando sopravvenga il fallimento del t:oncessionario (n. 132) . 

.Esecuzione esattoriale -FalUmento -Concorso -Effetti -Pignoramento Abitazione 
del debitore d'imposta fallito -Prescrizione di appartenenza 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 206 e 207, secondo comma lett. b); 
r.d.16 marzo 1942, n. 267, art. 51). 
Se, nella i'Potesi di concorso tra procedura esecutiva esattoriale e proeedura 
fallimentare, i pignoramenti esattoriali di beni mobili avvenuti 
anteriormente alla vendita dei beni stessi in sede falolimentare siano resi 
inefficaci a seguito di detta vendita (n. 130). 

Se, nella ipotesi di concorso tr� procedura esecutiva esattoriale e pro
�cedura fallimentare, i pignoramenti esattoriali di beni mobili avv~nuti 
posteriormente alla vendita dei beni stessi in sede fallimentare siano da 
ritenere inefl�icaci per effetto di detta vendita (n. 130). 

Se possa trovare applicazione a favore dell'Esattore la presunzione di 
cui all'art. 207, secondo comma, lett. b) del t.u. n. 645/58, qualora il pignoramento 
cada su beni mobili tuttora esistenti nella casa di abitazione del 
debitore di imposta fallito, ma che si asseriscono essere di propriet� del 
coniuge ovvero di parente affine entro il terzo grado ed acquistati da 
�quest'ultimi in. sede di precedente vendita fallimentare (n. 130.). 

Fallimento dell'appaltatore -Interruzione della prestazione -Subentro 

del curator� -Ritardo -Penalit� -Risarcimento danni (r.d. 16 marzo 

1942, n. 267, art. 72). 

Se, nel caso di interruzione delle prestazioni dovute dall'appaltatore a 
�seguito della 1sua dichiarazione di fallimento, spettino all'Amministrazione 
committente, qualora il curatore abbia dichiarato di voler subentrare nel 
contratto d'appalto, le penali od il risarcimento dei danni :velativi al pexiodo 
intercorrente tra l'interruzione delle prestazioni ed il subentro (n. 131.) 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

FARMACIE 

Concorso -Annullamento -Validit� limitata al fine della idoneit� dei concorrenti. 


Se in presenza di una decisione di annullamento di concorso pubblico,. 
lo stesso possa essere ugualmente condotto a termine al pi� limitato fine 
della �dichiarazione di idoneit� dei concorrenti, cui la legge (nella specie� 
legge 2 aprile 1968, n. 475 sull'assegnazione di sedi farmaceutiche) riconosca 
determinati effetti (n. 28). 

Trasferimento titolarit� esercizio -A.cquisto altra farmacia -Termine 

(Z. 2 aprile 1968, n. 475, artt. 12 e 18). 
Se il farmacista che abbia trasferito la titolarit� dell'esercizio della 
propria farmacia, avvalendosi della speciale deroga di cui all'art. 18 legge 
2 aprile 1968, n. 475, sia consentito di acquistare altra farmacia, senza concorso 
per l'assegnazione, decorso l'anno dal trasferimento (n. 27). 

I 

FERROVIE 

Ferrovie -Concessioni di viaggio -Ex dipendenti F.S. passati ad altra Amministrazione 
-Servizio -Computo (Z. 21 novembre 1955, n. 1108, 
art. 20, Zett. a). ' 

Se il periodo di dieci anni richiesto dalla legge 21 novembre 1955,. 

n. 1108, art. 20, lett. a) ai fini del rilascio di conceissioni ferroviarie di viaggio 
a favore di dipendenti ferroviari passati ad altra amministrazione 
debba essere di servizio effettivo, ovvero �Se possano essere valutati anche 
periodi non di servizio in senso stretto ma riscattabili a fini pensionistici 
(ad es. servizio militare, studi univer�sitari ecc.); e se, nel caso debba trattarsi 
di servizio effettivo se possa essere computato anche il servizio prestato 
precedentemente presso amministrazione diversa da quella ferroviaria 
.(n. 423). 

Ferrovie dello Stato -Transazioni -Stipulazione -Competenza -Limiti di 
valore (d.m. 20 febbraio 1968, n. 1120, art. 13; Z.� 31 dicembre 1962,. 

n. !833, art. 5). 
Se gli atti di transazione delle� Ferrovie dello Stato, per somme superiori 
a L. 3.000.000 ma inferiori a L. 15.000.000i, debbano essere stipulati 
dall'Amministrazione centrale ai sensi dell'art. 5 leg.ge 31 dicembre 1962, 

n. 1833 oppure dagli organi periferici ai sensi dell'art. 13 d.m. 20 feb-� 
braio 1968, n, 1120 (n. 424). 
Gestioni governative pubblici servizi ferrotranviari -Natura giuridica 

(r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 184; d.l. 10 Zuglio 1947, n. 767, artt. 6 
e 7; Z. 2 agosto 1952, n. 1221, art. 18; l. 12 dicembre 1954, n. 1178; Z. 23' 
dicembre 1963, n. 1855; l. 18 luglio 1957, n. 614). 
Quale natura giuridica sia da riconoscere alle Gestioni go�vernative di. 

pubblici servizi ferrotranviari. 

In particolare, alle seguenti: 

1) Gestione Commissariale Governativa Ferrovie Padane; 

2) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Circumetnea; 

3) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Genova-Casella; 

4) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Penne-Pescara; t 

1: 
lli 
~i. 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

5) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Torino-Ceres; 
6) Gestione Commissariale GoV'ernativa Ferrovie Meridionali-Sarde; 
7) Gestione Governativa Ferrovie Calabro-Lucane; 
8) Gestione Governativa Servizi pubbUci di linea di navigazione in


terna sui laghi Maggiore, di Garda e di Como (n. 422). 

Pubblici servizi di trasporto -Personale -Riposo settimanale -Disciplina 

(r.d. 8 gennaio 1931, n. 148; Corte cost. n. 150/67 e n. 146/71; cod. civ. 
artt. 2109 e 2126, secondo comma). 
Se, in mancanza di specifica disposizione legislativa sul riposo settimanale 
del personale dei pubblici servizi di trasporto su ferrovie, tranvie e 
linee di navigazione interna esercitate dall'industria privata ovvero da 
Comuni, provincie e consorzi, la materia, prima che dalle disposizioni comuni 
del codice civile, possa essere disciplinata da contratti collettivi, da 
contratti individuali e da regolamenti (n. 425). 

GIUDIZIO CIVILE E PENALE 

Demanio storico ed artistico -Demolizione non autorizzata di edificio Procedimento 
penale -Procedimento amministrativo per applicazione 
sanzioni -Rapporti (l. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 1, 11, 12, 20 e 59; 

c.p.p. art. 27; c.p. art. 40, secondo comma). 
Se i'l proprietario di un immobile di inter.esse storico ed artistico, prosciolto 
in sede penale � per non aver commesso il fatto � dall'addebito di 
abusiva demolizione dell'immobile �stesso, possa essere sottoposto a procedimento 
amministrativo per l'applicazione, basata su altri fatti concomitanti, 
non valutata in rsede penale, della sanzione della riduzione in pristino 
�e delle sanzioni pecuniarie (n. 6). 
Se il proprietario di un immobile di interesse storico ed artistico, prosciolto 
in sede penale, per insufficienza di provce sul dolo, dall'addebito di 
non aver impedito la abusiva demolizione dell'immobile stesso, possa essere 
sottoposto a procedimento amministrativo per l'applicazione basata su riesame 
dell'elemento psicologi.co dell'incolpazione, della sanzione della riduzione 
in pristino e del,le sanzioni pecuniarie (n. 6). 

IDROCARBURI 

Buoni benzina -Mancato utilizzo -Sopravvenienze attive -Spettanza Imposta 
fabbricazione (d.m. 1� agosto 1950; d.l. 23 ottobre 1964, n. 988, 
Tab. B, lett. b, n. 1; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745). 

Se le sopravvenienze attiv�e derivanti dal servizio di vendita e distribuzione 
dei buoni benzina, per mancata utilizzazione e per mancata presentazione 
al rimborso, spettino allo Stato ovvero agli Enti (E.N.I.T. e 
A.C.I.) che tale servizio esplicano (n. 5). 

Se, relativamente ai buoni benzina acquistati, ma non utilizzati e non 
presentati per il rimborso, l'Amministrazione possa pretendere il pagamento 
dell'imposta di fabbricazione (n. 5). 

Costruzione ed esercizio nuovi impianti distributori di carburanti -Nuova 
disciplina legislativa -Efficacia sui procedimenti pendenti (d.l. 26 ottobre 
1970, n. 745, art. 16; d.P.R. 27 ottobre 1971, n. 1269). 

Se la nuova disciplina llegislativa in materia di costruzione ed esercizio 
di nuovi impianti di distribuzione carburanti sia applicabile anche ai pro



190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cedimenti in corso alla data di �entrata in vigore del d.1. 26 ottobre 1970, 

n. 745, nonch� ai procedimenti da rinnovare a seguito di avvenuto annullamento 
delle autorizzazioni accovdate in precedenza o dei dinieghi di autorizzazione 
in precedenza emessi (n. 6). 
IGIENE E SANIT� 

~ 

L. 
12 febbraio 1968, n. 132 -Trasferimento al nuovo Ente Ospedaliero d~i 
rapporti giuridici -Estensione (i. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 5). 
Se con l'entrata in vigore della 1. 12 febbraio 1968, n. 132 siano stati 
trasferiti al nuovo Ente Ospedaliero tutti ed indiscriminatamente i rapporti 
giuridici non definiti inerenti all'organizzazione deH'ospedale, prima facenti 
capo ai precedenti enti pubblici cui appartenevano ,gli ospedali (n. 8). 

IMPIEGO PRIVATO 

Dipendenti di enti pubblici assunti con contratto di diritto privato a termine 
-TrasformabiUf� in contratto a tempo indeterminato ex i. 18 
aprile 1962, n. 230 (l. 18 aprite 1962, n. 230). 

Se, ai sensi della 1. 18 aprile 1962, n. 230 i contratti privatistici di lavoro 
a termine stipulati da un Ente pubblico (nella specie I.C.E.) possano 
essere trasfovmati in contratti a tempo indeterminato (n. 45). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Dipendenti pubblici -Assolvimento di mansioni superiori' -Passaggio alla 
categoria superiore in forza dello statuto dei lavoratori -Ammissibilit� 
(art. 2103 e.e.; l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 13). 

Se un dipendente di ente pubblico (nella specie Ufficio Italiano Cambi) 
adibito di fatto a mansioni superiori a quelle della categoria di appartenenza 
abbia diritto ad essere inquadrato nella categoria superiore in forza 
dell'art. 2103 e.e. come modificato dall'art. 13, 1. 20 maggio 1970, n. 300 

(n. 741). 
Ferrovie -Concessioni di viaggio -Ex dipendenti F.S. passati ad altra 
Amministrazione -Servizio -Computo (l. 21 novembre 1955, n. 1108, 
art. 20 lett. a). 

Se i�l periodo di dieci anni richiesto dalla 1. 21 novembre 1955, n. 1108 
art. 20 lett. a) ai fini del rilascio di concessioni ferroviarie di viaggi a favore 
di dipendenti ferroviari passati ad altra amministrazione debba essere di 
servizio effettivo, ovvero se possano essere valutati anche periodi non di 
servizio in senso stretto ma riscattabili a fini pensionistici (ad es. servizio 
militare, studi universitari ecc.); e se, nel caso debba trattarsi di servizio 
effettivo se possa essere computato anche il servizio prestato precedentemente 
presso l'amministrazione diversa da quella ferroviaria (n. 742). 

Impiego pubblico -Impiegati di Enti pubblici -Statuto dei lavol)'atori 
Applicabilit� (l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 37). 


Se le norme contenute nello Statuto dei lavoratori siano applicabili ai 
dipendenti di enti pubblici (n. 740). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Pubblici dipendenti -Somme erroneamente percepite a titolo di retribuzione 
-Ripetibilit�. 

Se in via genera-le sia da escludere la possibilit� della repetitio indebiti 
della Pubblica Amministrazione per il recupero di somme erroneamente 
corrisposte ai propri dipendenti a titolo di retribuzione (n. 743). 

IMPORTAZWNE ESPORTAZIONE 

Esportazione paste alimentari e prodotti da forno -Importazione grano a 
reintegro, in esenzione da prelievo -Posizione soggettiva dell'esportatore 
-Termine -Natura (l. 9 ottobre 1964, n. 948, artt. 1 e 4; 'Reg. 

C.E.E. 21 agosto 1967, n. 421, art. 2 n. 1; Seg. C.E.E. 19 giugno 1967, 
n. 120, art. 12, n. 2). 
Se l'esportatore di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate 
caratteristiche sia titolare di un diritto soggettivo ovvero di un 
interesse legittimo all'importazione di una corrispondente quantit� di grano 
a r~integro ed in esenzione da prelievo (n. 67). 

Se il termine di sei mesi dalla data della bolletta doganale di esportazione 
di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, 
entro il quale essere esercitato il diritto all'importazione di grano 
a reintegro in esenzione da preUevo, s�a da qualificare termine di prescrizione 
ovvero di decadenza (n. 67). ' 

Se entro il termine di sei mesi dalla data della bolletta doganale di 
esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate 
caratteristiche, � sufficiente che l'esportatore richieda l'autorizzazione ad 
importare grano a reintegro in esenzione da prelievo, ovvero � necessario 
che porti a compimento le operazioni di importazione (n. 67). 

Se l'autorizzazione ad importare grano -in esenzione da prelievo, a reintegro 
di quello impiegato nelle paste alimentari e nei prodotti da forno 
esportati, abbia un termine di validit� (n. 67). 

IMPOSTA DI BOLLO 

Domande di voltura catastale -Copie degli atti allegati -Imposta di bollo Esenzione 
(d.p. 25 giugno 1953, n. 492). 

Se sulle copie degli atti da allegare alla domanda di voltura catastale 
sia dovuta la imposta di bollo (n. 46). 

IMPOSTA DI FABBRICAZIONE 

Buoni benzina -Mancato utilizzo -Sopravvenienze attive -Spettanza Imposta 
Fabbricazione (d.m. l� agosto 1950; d.l. 23 ottobre 1964, n. 988, 
Tab. B-, lett. b, n. 1; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745). 

Se le sopravvenienze attive derivanti dal servizio di vendita e distribuzione 
dei buoni benzina, per mancata utilizzazione e per mancata presentazione 
al rimborso, spettino allo Stato ovvero agli Enti (E.N.�.T. e AC.I.) 
che tale servizio esplicano (n. 9). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se, relativamente ai buoni benzina acquistati, ma non utilizzati e non 
presentati per il rimborso, l'Amministrazione possa pretendere il pagamento 
dell'imposta di fabbricazione (n. 9). 

-:IMPOSTA DI RE;GISTRO 

Aumenti di capitale sociale -Benefici legge regionale n. 29/1950 -Omessa 
denuncia di avveramento -Decadenza (l. Reg. Sic. 20 marzo 1950, 

n. 29). 
Se costituisca causa di decadenza dall'agevolazione della r,egistrazione 
a tassa fissa accordata dalla legge regionale siciliana 20 marzo 19.50, n. 29 
.agli atti di aumento del capitale delle societ� la mancata denuncia all'ufficio 

dell'avvenuto aumento di capitale (n. 374). 1 

,Contratto d'appalto soggetto ad approvazione -Obbligo di registrazione Decorrenza 
-Approvazione da parte del Provveditore Regionale 00. 
PP. -Effetti (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 17 e 81; r.d.l. 18 
novembre 1923, n. 2440, art. 19). 

Se, ai fini di individuare il momento in cui sorge l'obbligo di sottoporre 

.�a registrazione i contratti d'appailto stipulati dagli Istituti Autonomi Case 
Popolari �e soggetti ad approvazione del Ministero dei Lavori Pubblici, possa 
esser ritenuta ,equipollente di tale approvazione quella proveniente dal 
Provveditore Regionale alle 00.PP. (n. 373) . 

.Erronea registrazione con aliquota ridotta -Riscossione del supplemento Termine 
per l'accertamento di maggior valore -Decorrenza (r.d. 7 agosto 
1936, n. 1639, art. 21). 

Se, nel caso in cui l'ufficio abbia per suo errore registrato un atto a 
�tassa fissa e successivamente abbia riscosso il supplemento dell'imposta che 
sarebbe stata fin ab origine dovuta sul valore dichiarato, il termine per 
'l'accertamento del maggior valore decorra dalla data delila registrazione o 

-da quella di riscossione del supplemento (n. 375). 

Mezzogiorno -Benefici tributari di imposta r.m., registro e ipotecaria Terreni 
da sottoporre a radicale trasformazione -Impianto industriale 
non direttamente utilizzante ze coltivazioni (d.P.R. 30 giugno 1967, 

n. 1523, art. 110; l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). 
Se i benefici dell'�esenzione decennale della imposta di R. M. e della 

�riduzione e tassa fissa dell'imposta di registro e ipotecaria concessi dall'art. 
110 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'acquisto di terreni da sottoporre 
a radicale trasformazione si applichino anche quando l'acquisto del 
terreno sia solo indirettamente strumentale all'impianto di uno stabilimento 
�industriale, nel 'Senso che la materia prima da .questo lavorata non � direttamente 
il prodotto della coltivazione (nella specie si tratta di stabilimento 
'per la lavorazione di latte ottenuto da bestiame alimentato con le coltiva


zioni del fondo acquistato) (n. 376). 

Rappresentanze diplomatiche e consolari -Immobili -Ampliamento -Appalto 
-Imposta registro -I.G.E. -Esenzione (l. 9 agosto 1967, n. 804; 
Convenzione Vienna 18 aprile 1961, art. 1!3; Convenzione Vienna 24 aprile 
1963, art. 32). 

Se i contratti di appalto per l'ampliamento di immobili destinati a sedi 
�di rappresentanze diplomatiche e consolari, di propriet� di Stati firmatari 


PARTE II, CONSULTAZIONI 193 

deHe Convenzioni di Vienna 18 aprile 1961 e 24 aprile 1963, ratificate con 
legge 9 agosto 1967, n. 804, siano esenti dall'imposta di registro-� se i relativi 
corrispettivi siano esenti da I.G.E~ (n. 377). 

Societ� -Oggetto -Mutamento -Deliberazione -Tassa proporzionale Tassa 
fissa (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, Tar. all; A, artt. 81 e 86). 

Se il mutamento della ragione o dell'oggetto sociale (nel caso, da 
societ� immobiUare a �societ� industriale) comporti necessariamente la estinzione 
della precedente societ� e la costituzione di societ� nuova, ai fini 
deHa tassazione della relativa deliberazione assembleare (n. 378). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Enti Comunali di Consumo -Avanzi di gestione, ecc.edenze attive di bilancio 
-Tassabilit�. 

Se siano soggetti ad imposta di R. M. gli avanzi di gestione ovvero le 
eccedenze attive di bilancio conseguite da Enti Comunali di Consumo o 
simili (n. 51). 

Espropriazione P. U. -Indennit� -Interessi -Pagamento -Imposta R. M. 

Se gli interessi, corrisposti dall'Amministrazione sulle indennit� di 
espropriazioni regolarmente e legittimamente espletate siano soggette ad 
imposta di ricchezza mobile (n. 52). 

Mezzogiorno -Benefici tributari di imposta R. M., registro e ipotecaria Terreni 
da sottoporre a radicale trasformazione -Impianto industriale 
non direttamente utilizzante le coltivazioni (d.P.R. 30 giugno 1967, 

n. 1523, art. 110; l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). 
Se i benefici dell'esenzione decennale della imposta di R.M. e della riduzione 
e tassa fissa dell'imposta di registro e ipotecaria concessi dall'articolo 
110 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'�cquisto di terr�eni da sottoporre 
a radicale trasformazione si applichino anche quando l'acquisto del 
terreno sia .solo indirettamente strumentale alil'impianto di uno stabilimento 
industriale, nel �senso che la materia prima da questo lavorata non � direttamente 
il prodotto della coltivazione (nella specie si tratta di stabilimento 
per la lavorazione di latte ottenuto da bestiame alimentato colle coltivazioni 
del fondo acquistato) (n. 53). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Enfiteusi rustiche costituite dopo il 28 ottobre 1941 -Base imponibile (r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3270, art. 30; l. 22 luglio. 1966, n. 607, art. 1; l. 18 
dicembre 1970, n. 1137, art. 1). 

Se nelle successioni relativ.e ad enfiteusi rustica costituita dopo il 28 
ottobre 1941, le quali si siano aperte dopo l'entrata in vigore della legge 22 
luglio 196�6, n. 607, l'imposta di successione debba esser.e liquidata su un 
valore corrispondente a v.enti volte l'annua prestazione o corrispondente a 
quindici volte tale prestazione in relazione a quanto disposto dall'art. 1 legge 
22 luglio 1966, n. 607 (n. 77). 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte di successione -Quota di societ� di fatto -Criterio di valutazione 
-Passivit� -Prova (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15; r.d.l. 30 dicembre 
1923, n. 3270, art. 45; d.l. 26 settembre 1935, n. 1749, art. 11). 

Se, nel valutare -'---a fini imposta di successione -la quota di partecipazione 
ad una societ� di persone, possano essere ammesse in detrazione 
passivit� non documentate nei modi previsti dall'art. 45 r.d.l. 30 dicembre 
1923, n. 3,270 (n. 76). 

Passivit� detraibili -Assegni bancari sottoscritti dal mandatario del titolare 
del conto corrente (l. 24 dicembre 1969, n. 1038; r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3270, cirt.. 45). 

Se .costituiscano passivit� detraibili ai fini della imposta sulle successioni 
i debiti costituiti dal rilascio di assegni di conto corrente del de cuius 
sottoscritti dal rappresentante di costui senza la spendita del nome del rappresentante 
(n. 78). 

Usufrutto -Determinazione del valore -Detraibilit� delle passivit� ereditarie 
e delle imposte di successione (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, 
art. 23). 

Se ai fini della determinazione del valor�tassabile dell'usufrutto ereditario 
debbano essere previamente detratte le passivit�, l'imposta globale di 
successione e l'imposta sulle singole quote (n. 79). 

IMPOSTA GENERALE ENTRATA 

Importazione di caff� -Imponibile dete1�minato in base a prezzo u;fficiale Inapplicabilit� 
-Rimborso amministrativo (l. 19 giugno 1940, n. 762, 
art. 47, quarto �omma). 

Se sia ammissibile il rimborso in via amministrativa dell'i.g.e. su caff� 
importato, indebitamente corrisposta sulla base di un prezzo ufficiale non 
applicabi1e anzich� sulla base delle indicazioni �contenute nella bolletta di 
importazione (n. 142). 

Rappresentanze diplomatiche e consolari -Immobili -Ampliamento -Appalto 
-Imposta registro -I.G.E. -Esenzione (l. 9 agosto 1967, n. 804; 
Concenz. Vienna 18 aprile 1961, art. 23; Conv. Vienna 24 aprile 1963, 
art. 32). 

Se i contratti di appalto per l'ampliamento di immobili destinati a 
sede di rappr.esentanze diplomatiche e conoolari, di propriet� di Stati' firmatari 
delle Convenzioni di Vienna 18 aprile 196�1 e 24 aprile 1963, ratificate 
con legge 9 agosto 1967, n. 804, siano esenti dell'imposta di registro e se i 
relativi corrispettivi siano esenti da I.G.E. (n. 143). 

IMPO.STE DIRETTE 

Imposte dirette -Contenzioso tributario -Azioni dirette al rimborso di tributi 
indebitamente pagati od allo sgravio di tributi non dovuti. Natura 
-Controversie d'imposta -Limiti (d.l. 7 agosto 1936, n. 1679, art. 22, 
quarto comma; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188; l. 28 ottobre 1970, 

n. 801, art. 8). 
Se, in materia d'imposte dirette, siano da ritenere controversie d'imposta 
-soggette come tali, alla necessaria previa cognizione da parte delle 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Commissioni tributarie -le controversie relative ai rimborsi ed agli sgravi 
(n. 9). 

Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controvcersia d'imposta come 
tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni 
tributarie -quella nella quale si ahleghi la totale o parziale inesistenza 
dell'obbligazione tributaria, quando le imposte iscritte a ruolo si 
riferiscano a redditi accertati dall'uffcio ed il relativo atto di accertamento 
non sia stato impugnato (n. 9). 

Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controv�ersia d'imposta come 
tale 1soggetta ailla necessaria p11evia cognizione da parte delle Commissioni 
tributarie -quella nella quale si alleghi un errore materiale commesso 
dal contribuente e non riparato dall'ufficio, sia nella fase di versamento 
dell'imposta in Tesoreria, sia nella dichiarazione (n. 9). 

Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controvcersia d'imposta come 
tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni 
tributarie -quella nella quale, pur in presenza di un riconoscimento 
del diritto al rimborso od allo sgravio da parte dell'Amministrazione, 
si sia prodotto un giudicato di inammissibilit�, per tardivit�, del ricorso 
proposto dal contribuente alle Commissioni tributarie (n. 9). 

Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controvcersia d'imposta come 
tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni 
tributarie -quella in materia di rimborso di ritenute d'acconto su 
introiti lordi non corrispondenti ad imponibili definitivi (n. 9). 

IMPOSTE E TASSE 

Avviso di accertamento -Ricorso alle Commissioni Tributarie -Termini 


Sospensione feriale (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21; l. 14 luglio 

1965, n. 818; l. 7 ottobre 1969, n. 742). 

Se la sospensione dei termini processuali stabilita dalle leggi 14 luglio 
1965, n. 818 e 7 ottobre 1969, n. 742 sia applicabile al termine previsto dall'art. 
21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 per il ricorso alle commissioni tributarie 
avverso l'avviso di accer'tamento del va<lore imponibile (n. 563). 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Mezzogiorno -Benefici tributari di imposta R.M., registro e ipotecaria -Terreni 
da sottoporre a radicale trasformazione -Impianto industriale non 
direttamente utilizzante le coltivazioni (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, 
art. 110; l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). 

Se i benefici dell'esenzione decennale deltla imposta di R.M. e della riduzione 
e tassa fissa dell'imposta di registro e ipotecaria concessi dall'articolo 
110 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'acquisto di terr.eni da sottoporre 
a radicale trasformazione si applichino anche quando l'acquisto del 
terreno Sia soilo indirettamente strumentale all'impianto di uno stabilimento 
industriale, nel senso che la materia prima da questo lavorata non � direttamente 
il prodotto della coltivazione (nella specie si tratta di stabilimento 
per la lavorazione di latte ottenuto da bestiame alimentato con le coltivazioni 
del fondo acquistato) (n. 3). 


196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE VARIE 

Tasse automobilistiche -Autobus e autoscaf� di linea -Servizio postale Esenzione 
-Trasporto fuori linea -Sanzione (t.u. 5 febbraio 1953, 

n. 39, artt. 17, 34 e Tab. all. 2; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 conv. in l. 18 
dicembre 1970, n. 1034, art. 17, primo comma). 
Se la circolazione, in esenzione dalla tassa, di autobus ed autoscafi, che 
effettuano il servizio postale, fuori della linea stabilita per il pubblico servizio 
concesso, costituisca, ai fini della relativa sanzione, e uso diverso � 
daLl'autobus ,ed autoscafo ovvero comporti omissione nel pagamento della 
tassa di circolazione (n. 65). 

Violazioni tributarie -Pluralit� -Pena pecuniaria -Cumulo -Incidenza su 
natura giuridica delle violazioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278; r.d. 
24 settembre 1931, n. 1473). � � 

Se nel caso di pi� violazioni di una medesima norma tributaria (nella 
specie violazioni della disciplina tributaria sui contratti di borsa, di cui al 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278) la somma delle cui penalit� superi L. 200, si 
tratti di illecito amministrativo o di reato (n. 66). 
INTERESSI 

Depenalizzazione -Sanzione amministrativa -Ritardato pagamento -Interessi 
(l. 3 maggio 1967, n. 371; cod. civ. art. 1284). 

Se il ritardato pagamento di sanzioni amministrative previste dalla legge 
3 maggio 1967, n. 317, la quale ha depenalizzato varie infrazioni a disposizioni 
di legge, comporti' o meno l'obbligo di corrispondere agli interessi 
legali a decorrere dalla scadenza del termine prefissato nella ingiunzione di 
pagamento (n. 6). 

Espropriazione p.u. -Indennit� -Interessi -Pagamento -Imposta di R.M. 
Se gli interessi corrisposti dahl'Amministrazione sulle indennit� di 
espropriazioni regolarmente e legittimamente espletate siano soggette ad 
imposta di ricchezza mobile (n. 4). 

Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Mutamento 
di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi Decorrenza 
(l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). 

Se gli interessi sulle ,somme percepite a titolo di finanziamento e contributo, 
quali provvidenze varie per ti.a razionalizzazione e lo sviluppo della 
ricettivit� alberghiera e turistica, e da restituire allo Stato qualora venga 
mutata la destinazione specifica in vista della quale il finanziamento o contributo 
fu concesso, siano dovute dal giorno in cui l'e somme furono erogate 
ovvero da quello in cui � mutata ti.a destinazione specifi.ca (n. 5). 

ISTRUZIONE 

Organismi Rappresentativi Universitari (0.R.U.) -Liquidazione -Contributi 
di cui alla legge 18 dciembre 1951, n. 1551 -Spettanza (l. 18 
dicembre 1951, n. 1551, art. 11). 

Se possano essere versati al liquidatore di un Organismo Rappresentativo 
Universitario i contributi versati dagli studenti per le attivit� sportive 
ed assistenziali di cui all'art. 11 fogge 18 dicembre 1951, n. 1551 (n. 26). 

...................... ' � � � ' , j 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

LAVORO 

Dipendenti pubblici -Assolvimento di mansioni superiori -Passaggio alla 
categoria superiore in forza dello statuto dei lavoratori -Ammissibilitd 
(art. 2103 e.e.; l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 13). 

Se un dipendente di ente pubblico (nella specie Ufficio Italiano Cambi) 
adibito di fatto a mansioni superiori a quelle della categoria di appp.rtenenza 
abbia diritto ad essere inquadrato nella categoria superiore in forza 
dell'art. 2103 c.-c. come modificato dall'art. 13 L 20 maggio 1970, n. 300 

(n. 73). 
Dipendenti di enti pubblici assunti con contratto di diritto privato a termine 
-Trasformabilit� in contratto a tempo indeterminato ex legge 18 
aprile 1962, n. 230 (l. 18 aprile 1962, n. 230). 

Se, ai sensi della legge 18 apri.ile 1962., n. 230 i contratti privatistici di 
lavoro a termine stipulati da un Ente pubblico (nella -specie I.C.E.) possano 
essere trasformati in contratti a tempo indeterminato (n. 72). 

Impiego pubblico -Impiegati di Enti pubblici -Statuto dei lavoratori Applicabilit� 
(l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 37). 

Se le norme contenute nello Statuto dei lavoratori siano applicabili 
ai dipendenti di enti pubblici (n. 71). 

Pubblici servizi di trasporto -Personale -Riposo settimanale -Disciplina 

(r.d. 8 gennaio 1931, n. 148; Corte Cost. n. 150/67 e n. 146/71; cod. civ. 
artt. 2109 e 2126, secondo comma). 
Se, in mancanza di specifica disposizione J.egislativa sul riposo settimanale 
del personale dei pubblici servizi di trasporto su ferrovie, tramvie e 
linee di navigazione interna esercitata dall'industria privata ovvero da Comuni 
provincie e consorzi, la materia, prima che dalle disposizioni comuni 
del -codice civile, possa essere disciplinata da contratti coUettivi, da contratti 
individuali o da regolamenti (n. 74). 

LOTTO E LOTTERIE 

Bolletta vincente -Regolare presentazione in termini -Successivo smarrimento 
-Effetti (r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, artt. 26, 28 �e 34). 

Se l'Amministrazione debba procedere al pagamento della vincita ail. 
lotto ove J.a bolletta vincente, l'egolarmente presentata nel termine stabilito, 
sia andata smarrita quando era �gi� in possesso dell'Amministrazione o di 
suoi agenti (n. 41). 

MEZZOGIORNO 

Espropriazione per pubblica utilit� -Industrializzazione del Mezzogiorno Provvedimento 
di pagamento o di deposito delle indennit� -Competenza 
(d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147; l. 20 marzo 1968, n. 391). 

Se nelle espropriazioni per pubblica utilit� per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno (art. 147 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 15,23) J.a competenza ad 
emettere il provvedimento di pagamento o di deposito delle indennit� sia 
passata dal Prefetto all'Autorit� giudiziaria dopo �l'entrata in vigore della 


198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 marzo 1968, n. 391 (che ha attuato tale spostamento di competenza 
per le ordinarie procedure di espropriazione) (n. 53). 

Incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno -Applicabilit� 
della nuova disciplina alle imprese di grande estensione -Decorrenza 
(l. 6 ottobre 1971, n. 853, art. 10). 

Con quale decorrenza la legge 6 ottobre 1971, n. 853, che ha introdotto 
nuovi incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno, debba 
ritenersi applicabile alle imprese industriali di grandi dimensioni (n. 52). 

Mezzogiorno -Benefici tributari di imposta R.M., registro e ipotecaria -Terreni 
da sottoporre a radicale trasformazione -Impianto industriale non 
direttamente utilizzante le coltivazioni (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, 
art. 110; l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). 

Se i benefici dell'esenzione decennale dalla imposta di R.M. e della 
riduzione e tassa fissa dell'imposta di registro e ipotecaria concessi dall'articolo 
110 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'acquisto di terreni da sottoporre 
a radicale trasformazione si applichino anche quando l'acquisto del 
terreno sia solo indirettamente strumentale all'impianto di uno stabilimento 

�industriale, nel senso che la materia prima da questo lavorata non � direttamente 
irl prodotto della coltivazione (nella specie si tratta di stabilimento 
per la lavorazione di latte ottenuto da bestiame alimentato con le coltivazioni 
del fondo acquistato) (n. 54). 

MILITARI 

Militare deceduto per causa di servizio -Indennit� ex legge 15 dicembre 
1967, n. 1.261 -Beneficiari .� Req11.isiti (l. 15 dicembre 1967, n. 1261). 

Se per l'individuazione dei beneficiari delle elargizioni previste dalla 
legge 15 dicembre 1967, n. 1261 a favor�e delle famiglie di militari deceduti 
per causa di servizio si possa analogicamente far uso dei criteri stabiliti 
in materia di trattamento pensionistico privilegiato, ordinario e di guerra 

(legge 25 febbraio 1958, n. 46 e legge 10 agosto W50, n. 648) e se sia ostativa 
alla percezione di tale indennit� la condotta censurabile del militare deceduto 
(n. 28). 

Veicoli miUtari cingolati -Circolazione -Danni aHa strada -Responsabilit� 
-Divieto di circolazione (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, art. 94). 

Se per i veicoli mildtari cingolati la circolazione sulle strade sia da ritenere 
libera (n. 27). 

Se l'Amministrazione militare possa essere ritenuta responsabile dei 
danni prodotti dailla circolazione di veicoli militari cingolati a strade provinciali 
(n. 27). 

Se possa ritenersi legittimo il provvedimento dell'Autorit� proprietaria 
della strada che V'ieti su di �essa (nel caso, strada provinciale) la circolazione 
ai veicoli militari cingolati (n. 27). 

MINIERE 

Cava -Disponibilit� -Mancanza -Esercizio -Poteri dell'Amministrazione 

(l. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 45; d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, articoli 
28 e 672). 
Se l'Amministrazione possa ordinare la sospensione dei lavori per l'esercizio 
della cava e, successivamente, concedere a terzi l'esercizio medesimo, 

~ 
~ 


I 


I 



PARTE II, CONSULTAZIONI 199 

qualora l'esercizio medesimo venga condotto da chi non � proprietario del 
suolo o da chi non ha di questo la disponibilit� ad altro titolo (n. 22). 

PIANI REGOLATORI 

Piani particolareggiati -Approvazione -Protezione delle bellezze artisti


che e natumli -Intervento succe�ssivo del Ministero P. I. (l. 18 aprile 

1962, n. 167, artt. 6 e 8; l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 5; l. 29 giugno 1939, 

n. 1497, art. 7). 
Se l'avvenuta approvazione dei piand particolareggiati, che comprendono 
anche beni 1soggetti alla �legge sulla protezione delle bellezze artistiche 
e naturali, precluda al Ministero della Pubblica Istruzione l'esercizio 
dei propri poteri di intervento su:i singoli progetti di lavori relativi ai detti 
beni (n. 27). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Dopolavori postelegrafonici -Natura -Patrocinio (r.d.l. 9 luglio 1926, numero 
1271). 

Se i Dopolavori postelegrafonici costituiscano organi periferici dello 
Stato ovvero associazioni di fatto (n. 138). 
Se il patrocinio dei Dopolavori postelegrafonici spetti all'Avvocatura 
dello Stato (n. 138). � 

Installazioni private di impianti di comunicazione -Fondi non contigui Collegamento 
mediante opere a carattere permanente -Nozione (r.d. 
27 febbraio 1936, n. 645, art. 116). 

In. quale senso debba essere inteso il requisito del collegamento tra pi� 
fondi non contigui mediante opere a carattere permanente, cui � condizionata, 
a norma dell'art. 116, secondo comma, r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, la 
possibilit� per il privato di installare, nell'ambito di detti fondi, impianti di 
comunicazioni telegrafiche e telefoniche (n. 139). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Ciechi civili -Indebita corresponsione di pensione -Recupero -Trattenuta 
diretta (l. 27 maggio 1970, n. 382, art. 18). 

Se per il recupero di 1quote di pensione indebitamente percepite da cie


i:hi civili cui sia stato revocato il trattamento pensionistico possa provveder


si mediante trattenuta diretta su eventuali altre competenze spettanti a 

qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico o ai suoi aventi cau


sa, giusta il disposto dell'art. 18, secondo comma, della legge 27 maggio 

1970, n. 382 (n. 9:1). 

Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Recupero Trattenuta 
diretta -Annullamento credito -Modalit� (l. 30 marzo 
1971, n. 118; r.d. 25 marzo 1924, n. 827, artt. 263 e 265). 

Se per il r�ecupero di assegni di assistenza indebitamente percepiti da 
mutilati e invalidi .civili �sia necessario, ai fini dell'annullamento del relativo 
credito ai sensi degli artt. 263 lett. e) e 265 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, 
il previo esperimento di un tentativo di riscossione ovvero siano sufficienti 


200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le sole informazioni di polizia o di finanza circa le disagiate condizioni economiche 
dei debitori (n. 92). 

Se per il recupero di quote di assegni di assi,stenza indebitamente percepite 
da mutilati e invalidi civili, cui sia stato revocato il trattamento pensionistico, 
possa provvedersi mediante trattenuta diretta su eventuali altre 
competenze spettanti a qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico 
o ai suoi aventi causa, giusta il disposto dell'art. 18, secondo comma, 
della legge 30 marzo 1971, n. 118 (n. 92). 

Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Revoca Effetti 
(l. 30 marzo 1971, n. 118). 

Se i provvedimenti di revoca di pensioni o assegni indebitamente percepiti 
da mutilati ed invalidi civili, sia quelli adottati dai Comitati Provinciali 
di Assistenza e Beneficenza Pubblica ai sensi dell'art. 21 della legge� 
30 marzo 1971, n. 118 a seguito dei mutamenti intervenuti circa i requisiti 
voluti dalla legge per beneficiare delle provvidenze da essa previste, sia 
quelli adottati da.I Prefetto nei �casi in cui l'assegno fosse stato erogato a 
favore di persona che, essendo titolari di altri trattamenti pensionistici, non 
ne avevano diritto, abbiano efficacia retroattiva (ex tunc) ovvero solo dal 
momento della loro emanazione (ex nunc) (n. 93). 

Mutilati ed invalidi civili -Indebita corresponsione di assegno di assistenza 
-Obbligo di recupero (l. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12, secondo 
comma e 13; l. 30 aprile 1969, n. 153, a.rt. 26; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, 
art. 435, secondo comma). 

Se l'Amministrazione sia tenuta, ex art. 435, secondo comma r.d. 23 
maggio 1924, n. 827, a procedere al recupero degli assegni di assistenza inde.
bitamente corrisposti a favore di mutilati ed invalidi civili i quali, essendo 
titolari di altri trattamenti pensionistici, non ne avevano diritto, giusta il 
combinato disposto degli artt. 12, secondo comma e 13 della legge 30 marzo 
1971, n. 118 nonch� 26 della legge 30 apriile '1969, n. 1S3, ovvero possa applicarsi 
alla fattispecie il principio della irripetibilit� degli stipendi, assegni 
o altre indennit� indebitamente corrisposti dalla. P.A. e percepiti in buona 
fede (n. 90). 

PREZZI 

Appalto di 00.PP. -Trattativa privata -Revisione prezzo contrattuale Decorrenza 
variazioni prezzi correnti. 

Se, nei contratti di appalto di opere pubbliche, conclusi in trattativa 
privata, la data di decorrenza delle variazioni dei prezzi correnti, ai fini 
della revisione dei prezzi contrattuali, vada individuata nel momento della 
presentazione dell'offerta ovvero in quello della stipulazione de�l contratto 
(n. 72). 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali 
pregressi ed esauriti -Titolarit� -Procedimento civile -Conseguenze 

(l. 16 maggio 1970, n. 281; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; c.p.c. art. 111). 
Se il trasferimento a1le Regioni delle funzioni amministrative in materia 
di agricoltura e foreste comporti anche il trasf,erimento dei rapporti so



PARTE II, CONSULTAZIONI 

stanziali esauriti e relativamente ai quali Testano da essere definite conseguenze 
di ordine patrimoniale (n. 47). 

Se, nel caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative 
in materia di agricoltura e foreste sia ritenuto comprendere anche 
i rapporti sostanziali ,esauriti, il processo nel quale si controverte di un credito 
da tali rapporti nascente prosegua tra 1e parti originario o sano (n. 47).. 

PROCEDIMENTO PENALE 

Indagini contabili di carattere preliminare -Richiesta di partecipazione di 
consulenti di parte -Diniego -Rimedi (c.p.p. artt. 190, 304, 628 segg.). 

Se, avverso l'ordinanza con la quale il Giudice istruttore penale non 
ammette la partecipazione di consulente di parte ad indagini contabili preliminari, 
sia esperibile ricorso per cassazione ex art. 190 c.p.p. ovvero inci-� 
dente 4i esecuzione ai sensi de~i artt. 628 e segg. c.p.p. (n. 16). 

REATI FINANZIARI 

Reati doganali -Arresto dello straniero -Cittadini greci -Disciplina speciale 
-Disciplina comune -Compatibilit� (l. 25 settembre 1940, 

n. 1424, art. 139; cod. proc. pen., art. 272; l. 4 agosto 1955, n. 848; l. Sluglio 
1950, n. 886; Costituzione, art. 10). 
Se la custodia preventiva dell'arrestato per reato doganale, ai sensi 
dell'art. 139 legge 25 settembre 1940, n. 1424, fermi restando i limiti massimi 
in detta norma previsti, possa superare quelli stabiliti nell'art. 272 cod. 
proc. pen., secondo il testo modificato dalle leggi 18 giugno 1955, n. 517 e 
1 luglio 1970, n. 406 (n. 10). 

Se la speciale disciplina della custodia preventiva dell'arrestato per� 
reato doganale, prevista dall'art. 139 legge 25 settembre 1940, n. 1424, sia 
applicabile ai cittadini greci (n. 10). 

Se la cauzione imposta allo straniero imputato di l'eato doganale, 
come condizione per ottenere la .Ubert� personale, debba essere idonea a 
garantire il pagamento delle multe o delle ammende, ovvero possa essere 
determinata con criteri diversi, quali quelli desumibili dal codice di procedura 
penale (n. 10). 

Violazione tributarie -Pluralit� -Pena pecuniaria -Cumulo -Incidenza su 
natura giurhlica delle violazioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278; r.d. 
24 settembre 1931, n. 1473). 

Se nel caso di pi� violazioni di una medesima norma tributaria (nella 
specie violazioni della disciplina tributaria sui contratti di borsa, di cui. 
al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278) la somma delle cui penalit� superi L. 200,. 
si tratti di illecito amministrativo o di reato (n. 11). 

REGIONI 

Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali 
pregressi ed esauriti -Titolarit� -Procedimento civile -Conseguenze 

(l. 16 maggio 1970, n. 281; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; c.p.c. art. 111). 
Se il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia 
di agricoltura e foreste comporti anche il trasferimento dei rapporti sostanziali 
esauriti e relativamente ai quali restano da essere definite conseguenze 
di ordine patrimoniale (n. 189). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se, nel. caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative 
in materia di agricoltura e foreste sia ritenuto comprendere anche 
i rapporti sostanziali esauriti, il processo nel quale si controverte di un 
credito da tali rapporti nascente prosegua tra �le parti originario o sano 

(n. 189). 
Controllo sugli atti amministrativi regionali emessi a seguito di funzioni 
delegate dello Stato. 

Se gli atti emanati dalla Regione nell'esercizio delle funzioni delegate 
dello Stato siano da assoggettare al controllo proprio degli atti dello Stato 

(p.e. Corte dei Conti) ovvero al controllo stabilito per gli atti propri delle 
Regioni (n. 190). 
RESPONSABILIT� CIVILE 

Veicoli militari cingolati -Circolazione -Danni alla strada -Responsabilit� 
-Divieto di circolazione (t.u. 15 giugno 1959, n. 383, art. 94). 

Se per i veicoli mi!litari cingolati la circolazione sulle strade sia da ritenere 
libera (n. 260). 

Se l'Amministrazione militare possa essere ritenuta responsabile dei 
danno prodotti dalla circolazione di veicoli militari cingolati a strade provinciali 
(n. 260). 

Se possa ritenersi legittimo il provvedimento dell'Autorit� proprietaria 
della strada che vieti su di essa (nel caso, strada provinciale) la circolazione 
ai veicoli militari cingolati (n. 260). 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

Depenalizzazione -Sanzione amministrativa -Ritardato pagamento -Interessi 
(l. 3 maggio 1967, n. 317; cod. civ. art. 1284). 

Se il ritardato pagamento di sanzioni amministrative previste dalla 
legge 3 maggio 1967, n. 317, la quale ha depenalizzato varie infrazioni a disposizioni 
di legge, comporti o meno l'obbligo di corrispondere gli interessi 
legali�a decorrere dalla scadenza del termine prefissato nella ingiunzione di 
l)agamento (n. 2). 

Illecito amministrativo -Continuazione -Ammissibilit� (cod. pen., art. 81; 

l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 8). 
Se pi� violazioni di un divieto sanzionato in via amministrativa (nella 
�specie: del divieto posto dall'art. 33 del codi�ce stradale in materia di cari
�chi superiori alla portata degli automezzi), commesse in esecuzione di una 
medesima risoluzione, possano essere considerate e sanzionate come una sola 
violazione continuata (n. 1). 

SCAMBI E VALUTE 

Valuta -Divieto di esportazione -Titoii di credito -Nozione (d.l. 6 giugno 
1956, n. 476, art. 6). 

Quali siano, e quali requisiti debbano av�ere, i titoli di credito di cui 
-� vietata l'esportazione in forza della disciplina valutaria di cui al d.l. 6 
.giugno 1956, n. 476 (n. 23). 

~ 

~� 

1� 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

SOCIET� 

Imposta di successione -Quota di societ� di fatto -Criterio di valutazione 


Passivit� -Prova (d.l. 7� agosto 1936, n. 1639, art. 15; r.d.l. 30 dicem


bre 1923, n. 3270, art. 45; d.l. 26 settembre 1935, n. 1749, art. 11). 

Se, nel valutare -a fini di imposta di ,successione -la quota di partecipazione 
ad una societ� di persone, possano essere ammesse in detrazione 
passivit� non documentate nei modi previsti dall'art. 45 r.d.1. 30 dicembre 
1923, n. 3270 (n. 133). 

Societ� -Oggetto -Mutamento -Deliberazione -Tassa proporzionale Tassa 
fissa (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, Tar. all. A, artt. 81 e 86). 

Se il mutamento della ragione o dell'oggetto socia,le (nel caso, da soeiet� 
immobiliar,e a societ� industriale) comporti necessariamente la estinzione 
della precedente societ� e la costituzione di societ� nuova, ai fini della 
tassazione della relativa deliberazione assembleare (n. 13'4). 

STRADE 

Strade comunali -Contributi per costruzione -Strada gi� esistente (l. 21 
aprile 1962, n. 18, art. 4). 


Se il contributo che l'art. 4 della legge 21 aprile 1962, n. 18, prevede a 
�(;arico dello Stato e a favore dei Comuni per la sistemazione, l'ammodernamento 
e 1a costruzione di strade comunali, possa essere concesso per la 
costruzione di una strada gi� ,esistente prima dell'entrata in vigore della 
1egge (n. 93). 

�Traverse interne ad abitati con popolazione non superiore a 20.000 abitanti 
-Distributori di carburante -Autorizzazione -Competenza (l. 7 
febbraio 1961, n. 59, art. 4; r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, art. 5). 

Se, nelle traverse interne degli abitati con popolazione non superiore 

a 20.000 abitanti, la competenza a rilasciare autorizzazioni o. concessioni 

(nella specie: autorizzazione a11'impianto di distributore di carburante) 
�spetti all'ANAS ovvero al Comune interessato (n. 94). 

Veicoli militari cingolati -Circolazione -Danni alla strada -Responsabilit� 
-Divieto di circolazione (t.u. 15 giugno 1959, n. 393~ art. 94). 

Se per i veicoli militari cingolati la circolazione sulle strade sia da rite


nere libera (n. 95). 

Se l'Amministrazione militare possa esser ritenuta responsabile dei� 
,danni prodotti dalla circolazione di veicoli militari cingolati a strade provinciali 
(n. 95). 

Se possa ritenersi legittimo il provvedimento dell'Autorit� proprietaria 

della strada che vieti su di essa (nel caso, strada provinciale) la circolazione 

ai veicoli militari cingolati (n. 95). 

'TELEFONO 

Installazioni private di impianti di comunicazione -Fondi non contigui Collegamento 
mediante opere a carattere permanente -Nozione (r.d. 
27 febbraio 1936, n. 645, art. 116). 

In quale senso debba essere inteso il requisito del collegamento tra 
-pi� fondi non contigui mediante opere a carattere permanente, cui � con



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dizionata, a norma dell'art. 116, secondo comma, r.d. 27 febbraio 1936, n. 645. 
la possibilit� per il privato di installare, nell'ambito di detti fondi, impianti 
di comunicazioni telegrafiche e telefoniche (n. 30). 

TITOLI DI CREDITO 

Valuta -Divieto di esportazione -Titoli di credito -Nozione (d.l. 6 giugno 
~956, n. 476, art. 6). 

Quali siano, 'e quali requisiti debbano avere, i titoli di credito di cui � 
vietata l'esportazione in forza della disciplina valutaria di cui al d.l. 6 giugno 
1956, n. 476 (n. 19). 

TRANSAZIONE 

F'errovie dello Stato.-Transazioni -Stipulazione-Competenza -Limiti di 
valore (d.m. 20 febbraio 1968, n. 1120, art. 13; l. 31 dicembre 1962, 

n. 1833, art. 5). 
Se gli atti di transazione delle Ferrovie dello Stato, per somme superiori 
a L. 3 milioni ma inferiori a L. 15 milioni, debbano essere stipulati 
dall'Amministrazione centrale ai sensi dell'art. 5 legge 31 dicembre 1962, 

n. 1833 oppure daglli organi periferici ai sensi dell'art. 13 d.m. 20 febbraio 
1968, n. 1120 (n. 20). 
TRASPORTO 

Pubblici servizi di trasporto -Personale -Riposo settimanale -Disciplina 

(r.d. 8 gennaio 1931, n. 148; Corte �cost. n. 150/67 e n. 146/71; cod. civ. 
artt. 2109 e 2126, secondo comma). 
Se, in mancanza di specifica disposizione legislativa sul riposo settimanale 
del personale dei pubblici servizi di trasporto su ferrovie, tramvie e 
linee di navigazione interna esercitata dall'industria privata ovvero da Comuni 
provincie e consorzi, la �materia, prima che dal<le disposizioni comuni 
del codice civile, possa essere disciplinata da contratti collettivi, da contratti 
individuali o da regolamenti (n. 78). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Rappresentanze diplomatiche e consolari -Immobili -Ampliamento -Appalto 
-Imposta registro -I.G.E. -Esenzione (l. 9 agosto 1967, n. 804; 
Conv. Vienna 18 aprile 1961, art. 23; Conv. Vienna 24 aprile 1963, art. 32). 

Se i contratti di appalto per l'ampliamento di immobili destinati a 
sede di rappresentan~e diplomatiche e consolari, di propriet� di Stati firmatari 
delle Convenzioni di Vienna 18 aprile 1961 e 24 aprile 1963, ratificate 
con legg.e 9 agosto 1967, n. 804, siano esenti dell'imposta di registro e 
se i relativi corrispettivi siano esenti da I.G.E. (n. 39). 

. . �----.--.-.--.----�.-.-.--.--.----.-.--.�.�--.�.�.-.--.�'. 


PARTE II, CONSULTAZIONI 205 

TURISMO E SPORT 

Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Mutamento 
di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi Decorrenza 
(l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). 

Se gli interessi sulle somme percepite a titolo di finanziamento e contributo, 
quali provvidenze varie per la razionalizzazione e lo sviluppo della 
ricettivit� alberghiera e turistica, e da restituire allo Stato qualora venga 
mutata fa destinazione specifica in vista de1la quale il finanziamento o contributo 
fu concesso, siano dovute dal giorno in cui le somme furono erogate 
ovvero da quello in cui � mutata la destinazione specifica (n. 22). 

VIOLAZIONI TRIBUTARIE 

Violazioni tributarie -Pluralit� -Pena pecuniaria -Cumulo -Incidenza su 
natura giuridica delle violazioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278; r.d. 
24 settembre 1931, n. 1473). 

Se nel caso di pi� violazioni di una medesima norma tributaria (nella 
specie violazioni della disciplina tributaria sui contratti di borsa, di cui al 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278) la somma delle cui penalit� superi L. 200, si 
tratti di illecito amministrativo o di reato (n. 2). 

NOTIZIARIO 


Si sono svolte recentemente cerimonie d� commiato in onore degli 
avvocati dello Stato Franco Casamassima e Roberto Petroni, collocati a 
riposo a domanda. 

L'Avvocato Franco Casamassima entr� in Avvocatura il 1� dicembre 
1947 come aggiunto di procura di 2� classe, e fu destinato allj\vvocatura 
Distrettuale dello Stato di Venezia. 

Il 1� giugno 1951 fu nominato sostituto avvocato dello Stato di 2� classe. 
Fu trasferito a Roma nel 1954. 
Il 1� aprile 1957 fu promosso vice avvocato dello Stato ed il 
22 marzo 1963 sostituto avvocato generale dello Stato. 
� stato collocato a riposo in data 5 luglio 1972. 
L'Avvocato Roberto Fetroni fu nominato aggiunto d1 procura il 
1� novembre 1947 e destinato all'Avvocatura Distrettuale di Messina. 

Il 1� dicembre 1948 fu trasferito a Napoli dove rimase fino .al 1953 
anno in cui fu nominato sostituto avvocato dello Stato 'di 2� classe e 
destinato all'Avvocatura Distrettuale di Ancona. 

Fu nuovamente trasferito, per esigenze di servizio, dall'Avvocatura 
di Ancona a quella di Napoli il 1� maggio 1956 da dove ripart� definitivamente 
per l'Avvocatura Generale il 1 � marzo 1962. 

Il 1� novembre 1962 fu promosso Vice avvocato dello Stato ed il 
27 dicembre 1971 sostituto avvo�ato generale dello Stato. 
� stato collocato a riposo il 1� dicembre 1972. 

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