NOVEMBRE -DICEMBRE 1972 ANNO XXIV -N. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISHTUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1972 ABBONAMENTI A.NNo ................................ L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO �������..._. � . � � . � � � 1.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (2219063) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GJU1RJSPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele $avarese} pag. 905 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Baccari} � I058 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avv. Pietro de Francisci} . . . . . . . . . . . . � I O 7 I Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo} . . . . . . . . � . � I097 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile} � I 125 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi} . . . . . . . . . . . � . � I 2 I 9 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura de/l'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte} . . . . . . . . . . � 1229 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -IND.ICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE pag. 159 RECENSIONI � 168 INDICE BIBLIOGRAFICO � 172 CONSULTAZIONI � 173 NOTIZIARIO � 206 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE. OSSERVAZIONI, QUESTIONI CARAFA R., Insindacabilit� in s. g. degli atti della Corte dei conti .. I, 1098 GARGIULO U., Le questioni pregiudiziali alla valutazione nelle imposte indirette: procedimento e decisione . I, 1128 TERRANOVA A., Recensione del libro di E. ZAMPETTI -G. IPSEVICH, Burocrazia, me,zze maniche e .computer, Pan Editrice, Milano, 1972 II, 168 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLlCHE ED ELETTRWIT� Occupazione di fondi per l'esecuzione o manutenzione di opere destinate a regolare il regime delle acque pubbliche -Controversie -Competenza dei tribunali regionali delle acque -Sussiste, 1219. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Legittimatio ad processum -Amministrazione competente -Individuazione -Onere limitato ai terzi, 1071. APPALTO -Appalto di opere militari -Decisioni dell'Amministrazione sul:le riserve dell'appaltatore -Ob.:. bligo dell'Amministrazione di motivare le decisioni di rigetto Insussistenza, 1221. -Appalto di opere militari -r:re: tese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzd per fatti accertabili in ogni tempo -Onere della tempestiva riserva Sussiste, 1221. ARBITRATO -Appalto -Appalto di opere militari -Natura processuale del termine previsto per la proposizione della domanda di arbitrato -Sussiste -Applicabilit� della sospensione per il period? feriale dei termini processuali, relativi alle giurisdizfoni ordinarie ed a quelle amministrative, previste dalla 1. 7 ottobre 1969, n. 742 -Sussiste, 122.1. ASSICURAZIONI Surrogazione verso il terzo danneggiato -Concorso di colpa dell'assicurato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 990. ATTO AMMINISTRATIVO -Atti confermativi -Reiezione di nuova i-stanza basata su elementi diversi -Non � atto confermativo -Impugnativa -Ammissibilit�, 1113. -Controllo -Atti regionali -Friuli- Venezia Giulia -Controllo Corte dei Conti -Diniego di visto del C'onsigliere Delegato - Deforimento alla Sezione del controllo -Leg.ittimit�, con nota di R. CARAFA, 1097. AUTOVEICOLI ED AUTOLINEE -Disciplina dei contratti di compravendita -Casi e procedura per la vendita -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 944. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Concessioni -Ghwisdizione dei Tribunali amministrativi regionali -Diritti di applicabilit�, 1069. -Concessiond .amministrative e contratti di diritto privato -Di. stinzione -Effetti sulla giurisdizione, 1064. -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali -Diniego con deliberazione negativa di controllo della Corte dei Conti Giurisdizione del C.d.S., con nota di R. CARAFA, 1097. -Poteri della P. A. -In merito a funzioni �di prevenzione e di polizia -Discrezionalit� -Insussistenza di diritti soggettivi alla tutela -Difetto di giurisdizione dell'Autol'it� giudiziaria, 1058. CONTRATTI AGRARI -Affitto di fondi rustici -Sistema di determinazione dei canoni in base al reddito dominicale -Legittimit� costituzfonale -Insufficienza dei criteri di rivaluta ! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO j zione ed inclusione degli affittuari imprenditori -Illegdttimit� costituzionale, 1045. CONTRATTI PUBBLICI/ -Attivit� della P.A. relativa alla fase di esezione dei contratti Competenza in materia, 1070. CONSliGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA -Magistrato -Conferimento di uf.: fici direttivi -Autolimitazione del Consiglio superiore -Inosservanza -Illegittimit� -Fattispecie, 1117. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi per conflitto di attribuzione -Pubblicazione del provvedrimento impugnato meramente facoltativa -Irrilevanza sul termine del ricorso -Inammissibilit�, 922. CORTE DEI CONTI -Funzione di controllo� -Organo ausiliario del Governo -Cbnseguenza, con nota di R. CARAFA, 1097. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -L. n. 1902 del 1952 -Contrasto con gli artt. 42 e segg. Cost. -Manifesta infondatezza, 1107 -Regioni -Competenza -Passaggio di funzioni statali -Disciplina legislativa -Questione di incosttuzionalit� -Manifesta infondatezza, 1107. -V. anche Assicurazioni, Autoveicoli e autolinee, Contratti agrari, Corte Costituzionale, Fallimento, Farmacia, Imposta di registro, Imposte doganali, Imposte e tasse in genere, Istruzione pubblica, Lavoro, Leggi, decreti e regolamenti, Locazione, Pensioni, Privilegio, Procedimento civi le, Procedimento penale, Reato, 1 Regione, Responsabilit� civile, Sicilia, Stampa. EDILIZIA I -Oostruzione edilizia -Licenza di ~ costruzione -Edificio illegittimamente costruito -Sequestro Ammissibilit�, 1229. -Licenza .di costruzione -Misure di salvaguardia -Mom�nto -P.rima dell'inizio del procedimento di approvazione del piano -Legittimit�, 1111. -Licenza di costruztione -Misure di salvaguairdia -Presupposti Approvazione del piano regolatDire -Sufficienza -Piani rparticolaireggiati Non occorrono, 1111. -Lfoenza di costruzione -Misure di salvaguardda -Provvedimento prefettizio -Carattere recettizio -Attualit� -Accertamento -Riferimento alla data di notifica, 1111. -Licenza di costruzione -Misure di salvaguaroia -Provvedimento prefettizio -Motivazione Elementi da valutare -Carenza di motivazione .: ,Illegittimit� 1111. -Licenza di costruzione -Misure di .salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Pairere della Commissione edilizia comunale -Non occorre, 1111. -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Presupposti -Insostenibilit� dell'oner�e finanziario per !"attuazione del piano Non OCCOrTe, 1111. -LicenZia di costruzione -Misure di salvaguardia -Rapporti con le espropriazioni connesse al piano �regolatore -Esclusione, ' 1111. -Licenza di costruzione -Misure �di salvaguardia -Tempestivit� Accertamento -Momenti di riferimento, 1111. -Piano iregolatore -Sospensione �quinquennale ex 1. n. 517 del 1966 -Decorr.enza quinquennio effetti, 1111. INDICE VII EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Cooperativa �edilizia -Soci Cooperative fra dipendenti pubblici e Cooperative promiscue Cittadinanza italiana -� pre �SCritta solo per le prime, 1116. ENTI E BENI EOCLESIASTICI -Beni soggetti a conversione in virt� della leg:islazione eversiva -Automatica devoluzione al demanio dello Stato -Presa di possesso' da parte dell'Amministrazione -Effetti, 1080. -Leggi eversive -Beni immobili acquisiti al Demanio dello Stato -Successiva legislazione concordataria -Irretroattivit�, 1080. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Espropriazione -Linea ferroviaria -Mancanza delle autorizzazioni per cavalcavia e ponti -Irrilevanza, 1118. -Immobile detenuto senza titolo dalla P.A. -Risarcimento del danno -Esecuzione dell'opera pubblica -Effetti, 1090. -Indennit� -Determinazione Deposito presso la Cassa DD.PP., 1087. FALLIMENTO -Bancarotta �semplice -Omessa tenuta dei libri contabi1i -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 929. -Mancata audizione degli interessati da parte del Tribunale -Illegittimit� costituzionale, 929. FARMACIA -Sconto obbligatorio dei medicinali agli Enti mutualistici Aleatoriet� della rivalsa verso il produttore -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 905. -Sconto obbligatorio dei medicinali agli Enti mutualistici -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 905. FILIAZIONE Obbligazione alimentare -Vdncolo di sangue tra genitori e figlio non riconoscibile nato all'estero -Sentenza straniera di condanna agli alimenti -Dichiarazione di efffoacia -Ammissibilit�, 1094. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Cessazione della materia del contendere -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Impugnazione -Sopravvenienza del piano regolatore -Non fa cessal'e la materia del contendere, 1110. -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento pTefettizio -Sopravvenienza del piano regolatore -Non fa cessare la materia del .contendere, 1107. -Ricorso .giurisdizionale -Atto impugnabile -Concorso -Bando -Impugnabilit� immediata Esclusione -Conseguenze -Fattispecie, 1105. -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Deliberazione di controllo della Corte dei Conti Deliberazione negativa -� .impugnabile, con nota di R. CARAFA, 1097. -Ricol'so giurisdizionale -Atto . impugnabile -Deliberazione di controllo della Ooil'te dei Conti Deliberazione negativa -Su atto regionale -Ammissibilit� del ri �Corso, con nota di R. CARAFA, 1097. -Ricorso giurisdizionale -Notifi. cazione all'Autorit� emanante Deliberazione di controllo della Corte dei Conti su atti della Regione Friuli-Venezia Giulia -Ricorso -Notificazione alla Corte dei Conti, con nota di R. CARAFA, 1097. IMPIEGO PUBBUCO -Concorso -Concorso per titoli - Limtazione in merito alla pubblicazione -Illegittimit�, 1105. ,VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Concorso -Clriteri di massima Punteggio UIIl�co per voci eterogenee -Illegittimit�, 1105. -Concorso -Titoli -Valutazione Pubblicazioni -Lavori in collabOTazione -V'alutabilit�; -Lii: r�liti, 1105. -Concovso per titoli -Valutazione -Pubblicazioni -Lavori in collaborazione -Lavori di un candidato in collaborazione con un Commissardo di esame -Non sono valutabili, 1105. -Interesse -In tema di concorso - Valutazone titoli -Fattispecie Valutazione di titoli anche a favore del ricorrente -Sussiste interesse, 1105. -Stiipendi, assegni e indennit� Avvocati dello Stato -Comandati presso la Regione Friuli-Venezia Giulia -Propiin.e -Sono computabili, con nota di R. CARAFA, 1097. -Stipendi, a�ssegni e indennU� Diritto -Pensionabilit� dell'emolumento -Non occorre -Fattispecie -Avvocato dello .Stato comandato presso la Regione FriuliVenezia Giulia, con nota dii R. CARAFA, 1097 IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per la fusione di societ� ex elettriche -Limite Capitale della societ� risultante dalla fusione non 'superiore al doppio del capitale delle societ� ex elettrdche -Criteri di determinazione, 1185 -Agevolazioni per la ricostruzione �edilizia -Sono limitate alle attivit� di ricostruzione specificamente regolate nel d.l. 10 aprile 1947, n. 261, 1146. -Agevolazioni .per le case di abitazione non �di lusso -Ambulatordo -Si estende, 1209. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Aree inedificabili destinate a strade -Esclusione, 1182. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Aree soggette a limitazioni urbanistiche L. 7 febbraio 1968, n. 26, articolo 6 ter -Efficacia retroattiva Esclusione, 1182. -Atti sottoposti a condizione sospensiva -Successione di leggi nel tempo -Legg.e vigente al momento dell'avveramente della condizione -� applicabile, 1149. -Azione giudiziaria avverso le decisioni delle Commissioni -Decorrenza dalla data di notifica -Scelta esclusiva dell'Amministrazione -Illegittimit� costituzionale, 1053. -Concessione di pubbldco serv1z10 -Acqua, gas e energia elettrica Somma pagata dal concedente una tantum per spese di impianto -\Tassazione ex iirt. 28 tariffa A legge di registro -Esclusione -Costituisce corrispettivo della concessione tassabile, 1194. -Contratti verbali di appalto -Registrazione di ufficio -Esclusione della prova testimoniale contraria -Illegittimit� costituzionale, 977 -Decreto ingduntivo -Percezione dell'imposta graduale quando diviene esecutivo -Omissione -Atto non registrato -Prescrizione ventennale, 1162. -Imposta speciale sulle automobili nuove -Prima immatricolazione di automobili acquistate anteriormente all'estero Si estende, 1160. Imposta sulle sentenze -Riforma della sentenza -Irrepetibilit� dell'imposta -Illegittimit� costituzionale, 1055. -Lavoro autonomo -Prestazione di attivit� lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto l'obbliigazione -� assimilabile all'appalto, 1158 -Privilegio -Priorit� sulle ipoteche -Ipoteche iscritte anteriormente -Esclusione, 1170. -Responsabilit� solidale di parti contendenti e di prooura�tori legali -Illegittimit� costituzionale, 957. -Simulazione -Atto �dissimulato Irrilevanza ai funi della tassazione -Impugnazione della Finanza -Difetto di legittimazione, 1215. INDICE IX Societ� per azionii -Unico azionista -Trasferimento del pacchetto azionario -Imposta d.i trasferimento 'sui beDJi della societ� -Esclusio1I1e, con nota di C. BAFILE, 1172. -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� -Prova co1I1trarfa della provenienza del prezzo e del :suo impiego -Necessit�, 1203. -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� -Prova della proveruenza del prezzo pagato -Liberalit� rispetto al. maggior valore del bene -N egozdo misto - Arrnmissibilit� -Requisiti, 1203. -Vendita fria parenti -Presunzione di Liberalit� -Pll'ovia della provenienza del prezzo pagato 1'11sultante dall'atto -Prova della prov �enie1I1za del prezzo in relazione al maggior valore del bene accertato successivamente -Non � richiesta, 1203. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Canone corrisposto al comune di Chlancia111Jo dalla Societ� concessionaria delle terme demaniali Entrata di diritto pubblico -Non � tassabile, 1175. -Presupposto del tributo -Provvigd: onii a favore dellla S.I.A.E. sui proventi riscossi -CostituiS'cono reddito tassabile, 1166. Spese pluriennali -Detraibilit� in pi� esercizi -Accantonamento di somme per costituire un fondo pensioni -Ripartizio111Je dell'accantonamento in pi� esercli.zi Detrazione della spesa nello stesso numero di eserdzi, 1166. IMPOSTA DI SUOC'ESSJONE -Presunzione per mobili, denaro e giodelliLi -Inventario -Beni esistenti nella casa dell'autore della successione -Esclusione di ,alcuni di essi -LnvaUdU� dell'inventario, 1192. -Presunzione per mobili, denaro e gioielli -Inventa11io -Requisiti -Contesta:zJione dia parte del1' Ammirustrazione -Ammissibilit�, 1191. IMPOSTE DOGANALI -Imposte di fabbricazione -Qua' lit� del pmdlotto difforme dal dichiarato -Accertamento nei laboratori �chimki dell'AmministrastraziJone -Illegittimit� costituzionale -lnammissibi1it� della questione, 982. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Acceirtamento -Natura, 1152. -Con1cetto .di tributo -Canone corrisposto al Comune d.i Chi.anciano dalla Sodet� concessionaria delle terme demaniali -Non ha natura tributaria, 1175. -Oo1nda!lJilR dell'Arrnministraziione Alle sp,ese -Lmposta ili registro Imposta suppletiva -Inapplicabilit� del!Ja regola dell'art. 148 legge di registro; 1188. Condam.na dell'Amministrazione alle spese -Imposta g�eineraJ.e sull'entrata -Rinuncia al1a ptretesa entro il novantesimo giorno Esclus~ one, 1188. -Diritti eramali sugli spettacoli Spettacoli sportivi -Compensi pagati daUa RAI per la ripresa dli manifestazioni -Non vi sooo sogg: etti, 1201. -Imposta �di registro -Decisione Commissicone distrettuale -Ingiunzione per il pag:amento dell'imposta complementare sul valore non definitivairnente accertato -Legittimit� -Lmpugnazione di nullit� delJla deciisione -Irrilevanza, 1153. -Lmposte ill1ld!IDette -Accertamento di maggior valore -Motivazione -Requisiti, 1152. -Lmposte ~ndirette -Avviso di accertamento -Funzione di provocatio ad opponendum -Termine per l'impug~tiva -Decorrenza Decadenza dail �diritto dd. contesta! l'.\e il v~ore notificato � -Suc, cessiva dm.giunzione di ~agamento -In.a:mmissib!ilit� di ulterio;re sindacato 'IliOn solo sul valo;re ,accertato, ma anche sulla legittimit� deli criteri .dJi valutazione e della procedura ,di accertamento, con nota di u. GARGIULO, 1125. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Imposte indirette -Controversie -Stato contribuente -Imposte erain tema di valutazione e controriali -Esclusione -Enti assimiversie in tema di applicazione lati -Non sono soggetti alle imdella legge -Procedimento e poste erariali, 1141. decisione delle une e delle altre -Questione pregiudiziale alla valutazione -Procedimento e decisione (fattispecie in tema di accessione ex art. 47 l.r.), con nota di u. GARGIULO, 1126. Imposte indirette -Interessi Imposta complementare -Successioni -Dichiarazione suppletiva di valore contenuta nel ricorso alla commissione distrettuale -Non � idonea ad escludere l'obbligo degli interessi sulla parte dell'imposta afferente al valore dichiarato, 1211. -Imposte indirette -Questione di valutazione e questioni r�elative all'applicazione della legge Procedimento e decisione delle une e delle altre -Questione pregiudiziale � alla valutazione -Nozione -Fattispecie, con nota di U. GARGIULO, 1126. - Imposte indirette -Questioni di diritto pregiudiziali alla valutazione -Nozione-'-Procedimento e decisione delle questioni pregiudiziali e delle questioni scindibili. -Ammissibilit�, per le questioni sclndibili dell'azione giudiziaria in autonomo giudizio nonostante sia intervenuta la decisione definitiva sulla valutazione e possibilit� di caducazione pro parte di tale decisione -Fattispecie, con nota di U. GARGIULO, 1127. -Imposte indirette -Questioni di valutazione e questioni di diritto pregiudizialt alla valutazione Procedimento e decisione -Nozione di questione pregiudiziale Fattispecie, con nota di U. GARGIULO, 1128. -Imposte indirette -Valutazione automatica dei fondi rustici Atti diversi dal trasferimento Divisione -Inapplicabilit�, 1151. -Legge delega per la riforma tributaria -Violazione delle competenze regionali -Mancanza di interesse attuale -Inammissibilit� della questione, 937. -Titoli azionari -Atti amministrativi regionali derogatori al principio della nominativit� -Ricorso per conflitto di attribuzione Inammissibilit�, 938. I I ~ ISTITUZIONE PUBBLICA DI ASSISTENZA E BENEFICENZA -Ente ospedaliero -Consiglio di amministrazione -Composizione I -Decreto del Presidente della Repubblica -Prima del passaggio della competenza alla Regione -Legittimit�, 1121. -Ente ospedaliero -Consiglio di amministrazione -Composizione -Sostituzione dei membri non eletti con quelli eletti dalla Regione -Legittimit�, 1121. ISTRUZIONE PUBBLICA -Istruzione superiore -Concorsi a cattedre universitarie -Illegittimit� costituzionale della normativa -Esclusione, 1036. LAVORO -Norme sui licenziamenti individuali -Inapplicabilit� ai dirigenti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 961. � LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Decreto-legge -Mancata conversione in legge -Disciplina dei rapporti pregressi -Sanatoria retroattiva -Ammissibilit�, 906. LOCAZIONE -Proroga relativamente agli immobili urbani -Collegamento con i dati dell'imposta complementare -Illegittimit� costituzionale -Altre ipotesi -Infondatezza, 985. INDICE XI OPERE PUBBLICHE -Rapporti col piano regolatore Armonizzazione -Criterio -Fattispecie -Ferrovia Roma-Firenze -Contrasto col piano regolatore di Roma -Non sussiste, 1117. PENSIONI -Riversibilit� a favore del marito -Condizioni dell'inabilit� e della, convivenza a carico -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 954. -Riversibilit� delle pensioni ordinarie -Determinazione della nullatenenza in base al reddito non' superiore a L. 240.000 annue -Illegittimit� costituzionale, 98,9. PRIVILEGIO -Privilegio speciale dell'INPS Modifica dell'ordine di pr.elazione -Applicazione nei procedimenti in corso -Illegittimit� costituzionale, 979. PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Eccezioni non accolte in primo grado -Riproposizione -Forma, 1090. -Azione risarcitoria -Domande relative a distinti danni determinati da un� unico evento -Proposizione in separato giudizio Ammissibilit�, 1090. -Compenso al consulente tecnico -Liquidazione senza contraddittorio e senza motivazione Illegittimit� costituzionale Esclusione, 973. -Disponibilit� delle prove -Fatto notorio -Cognizioni tecniche -Non sono tali -Indennit� di espropriazione per p.u. -Valutazione -Criteri equitativi Presupposto, 1087. -Esecuzione mobiliare -Vendita con incar\to senza nuova determinazione del prezzo base -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 981. -Impugnazioni -Acquiescenza anteriore alla pubblicazione della sentenza -Inammissibilit�,� 1076. -Legittimatio ad causam -Eredit� giacente -Legittimazione del curatore -Successione dello Stato -Effetti, 1071. -Obbligazioni e contratti -Cauzione per la ricerca di sostanze minerali -Contestazione giudiziale -Competenza territoriale Forum destinatae solu.tionis Domicilio del debitore, �1076. -Ordinanze collegiali -Natura e funzioni -Responsabilit�, 1071. -Regolamento di competenza Deposito scritture difensive Termine ordinatorio, 1076. -Regolamento di competenza Gravame per le spese -Inammissibilit�, 1076. PROCEDIMENTO PENALE -Accertamento da parte del Tribunale fallimentare -Trasmigrazione nel processo penale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 930. -Arresto in flagranza -Reato di ubriachezza -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 975. -Competenza per connessione Spostamento dei procedimenti Illegittimit� costituzionale Esclusione, 952. -Difesa di ufficio -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1039. -Diritti del difensore ad estrarre copia degli atti -Pagamenti diritti di cancelleria -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1039. -Formula di proscioglimento per insufficienza di prove -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 970. -Misura di sicurezza detentiva Trattenimento in carcere del condannato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 920. -Relazione tra la sentenza e l'accusa contestata -In genere Contestazione di truffa aggrava XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ta -Condanna per frodi in pubbliche forniture -Legittimit�, 1231. Sentenza della Corte di Cassazione -Inoppugnabilit� assoluta Illegittimit� costituzionale Esclusione, 993. Sentenze, ordinanze, decreti Correzione di errori materiali Mancata previsione della assistenza di un difensore -Illegittimit� costituzionale, 966. REATO Esercizio abusivo di gioco non di azzardo -Determinazione dell'autorit� di P.S. -Violazione della riserva di legge e del principio di eguaglianza -Esclusione, 941. -Proscioglimento per totale infermit� di mente -Ricovero in manicomio giudiziario per un periodo minimo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 929. Recupero delle spese di mantenimento in carcere -Applicazione anche per la carcerazione preventiva -Illegittimit� costituzionale -Esclusion�, 991. Scriminante dell'ordine superiore -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 968. Truffa -Atto di disposizioni patrimoniali -Pu� avere carattere omissivo, 1237. REGIONE -Regione Marche -Approvazione del conto consuntivo per il 1970 Illegittimit� costituzionale, 922. Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1024. Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1009. -Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di beneficenza pubblica Illegittimit� costituzionale Esclusione, 1002. Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di fiere e mercato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 995. Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni in materia di urbanistica, viabilit�, acquedotti .e lavori pubblici. di interesse regionale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione,, 1013. RESPONSABILIT� CIVILE Configurabilit� di un obbligo della p.A. per evitare danni cagionati da cosa in custodia -Correlativo diritto soggettivo del danneggiato, 1058. Prescrizione del diritto al risarcimento -Sentenza istruttoria di proscioglimento Decorrenza dalla data di irrevocabilit� -Legittimit� costituzionale, 951. SEQUESTRO -Sequestro penale -Finalit�, 1229. SICILIA -Composizione dei comitati provinciali e regionali I.N.P.S. Mancata rappresentanza della Regione -Illegittimit� costituzionale, 919. Concessione di impianti di raffinazione oli minerali -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Appartenenza del potere alla Regione, 922. Controversie per l'elezione del1' Assemblea regionale -Deferimento ai Tribunali amministrativi regionali -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 947. -Legge regionale -Modalit� di pagamento dell'IGE -Illegittimit� costituzionale, 920. INDICE Legge regionale di applicazione della legge statale sulle enfiteusi -Disciplina dei rapporti privati � -Competenza preclusa alle Regioni -Illegittimit� costituzionale, con nota di M. SAVARESE, 1041. -Potest� tributaria Imposta sulle societ� -Esclusione dalla imposta per le imprese armatoriali -Disapplicazione dei relativi decreti regionali -Potere non spettante allo Stato, 1053. -Tributi doganali -Riscossione delle risorse proprie della Comunit� economica europea ~ Mo difica dei capitoli di bilancio Conflitto di,attribuzione -Inammissibilit�, 918. STAMPA Riposo settimanale degli addetti -Fissazione obbligatoria tra la domenica e i luned� -Illegittimit� costituzionale; 926. TRUFFA Artifizi e raggiri diretti a conseguire abbuoni dell'imposta di fabbbricazione -Sussistenza del reato, 1237. .INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 27 luglio 1972, n. 149 905905918 919 92(} 920 922 922 926 9W 929 937 938 941 944 947 951 952 954 957 961 966 968 970973 975 977 979 981 982 985 989 990 991 993 995 1002 1009 1013 1024 1036 1039 .' ' CORTE COSTITUZIONALE 18 maggio 1972, n. 92 24 luglio 1972, n. 144 18 maggio 1972, n. 94 18 maggio 1972, n. 96 18 ma.ggio 1972, n. 98 � . 15 giugno 1972, n. 102 15 giugno 1972, n. 103 15 giugno 15 giugno 15 giugno 27 giugno 27 giugno 27 giugno 27 giugno 27 giugno 1972, n. 114 27 girugno 1972, n. 115 27 giugno 1972, n. 116 27 giugno 1972, n. 117 pag. � 1972, n. 104 1972, n. 105 1972, n. 106 1972, n. 110 1972, n. 111 1972, n. 112 1972, n. 113 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 6 !ruglio 1972, 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 6 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 lugldo 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 12 luglio 1972, 24 !ruglio 1972, 24 luglio 1972, 24 luglio 1972, 24 luglio 1972, 24 luglio 1972, 24 luglio 1972, n. 119 n. 120 n. 121 n. 122 n. 123 n. 124 n. 125 n. 126 n. 128 n. 129 n. 130 n. 131 n. 132 n. 133 n. 134 n. 135 n. 136 n. 138 n. 139 n. 140 n. 141 n. 142 n. 143 i~ ~ > ~ ! ~ ~~ INDICE xv 27 luglio 1972, n. 154 pag. 1041 27 luglio 1972, n. 155 1045 21 dicembre 1972, n. 184 1053 21 dicembre� 1972, n. 186 1053 29 dicembre 1972 ,n. 200 1055 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CIASSAZIONE Sez. I, 12 febbraio 1971, n. 360 . . pag. 1125 Sez. Un., 16 ottobre 1971,. n. 2926 . 1126 Sez. Un., 7 marzo 1972, n. 647 . 1126 Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1804 . . 1141 Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1857 . 1146 Sez. I, 13 �giugno 1972, n. 1858 . � 1149 Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1861 . 1151 Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1888 .. 1152 Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1959 . 1188 Sez. I, 22 giugno 1972, n. 2042 . 1158 Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2091 . 1160 Sez. II, 7 luglio 1972, n. 2274 . . 1071 Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 2349 . 1127 Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2393 . ,. 1076 Sez. I, 26. luglio 1972, n. 2561 . 1162 Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2566 . 1166 Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2567 . 1170 Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2577 . 1172 Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2578 . 1175 Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2583 . 1182 Sez. I, 7 agosto 1972, n. 2644 . 1185 Sez. I, 9 agosto 1972, n. 2654 . 1128 Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2667 . 1188 Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2683 . 1191 Sez. I, 29 agosto 1972, n. 2713 . 1194 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2848 . 1080 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2851 . 1201 Sez~ I, 6 ottobre 1972, n. 2853 . 1203 Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2858 . 1219 Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2941 . �. 1209 Sez. I, 9 ottohre 1972, n. 2949 . 1211 Sez. I, 13 ottobre 1972, n. 3024 .. 1215 Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3060 .. 1058 Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3062 . 1064 Sez. I, 16 ottobre 1972, n. 3090 . . 1087 Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3131 ... 1090 Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3133 . . 1094 Sez. Un., 8 novembre 1972, n. 3348 . 1069 LODO ARBITRALE 29 apri1e 1972, n. 23 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1221 XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE ,CONSIGLIO DI STATO .Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 501 . Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 622 . Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 626 . .Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 629 . Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 636 . S'ez. IV, 11 luglio 1972, n. 702 . Sez. IV, 27 luglio 1972, n. 767 . Sez. IV, 29 agosto 1972, n. 768 . ,Sez. IV, 29 settembre 1972, n. 828 . GIURISDIZIONI PENALI �CORTE DI CASSAZIONE .Sez. III, 11 novembre 1971, n. 2690 . Sez. VI, 19 febbraio 1972, n. 879 .Sez. II, 10 agosto 1972, n. 368 . . . pag. 1097 1105 1107 1110 1113 1116 1117 1117 1121 pag. 1229 1231 1237 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA LEGISLAZIONE �) Norme dichiarate incostituzionali pag. 159 II) Questioni dichiarate non fondate 160 III) Questioni propoote . . . 161 RECENSIONI pag. 168 INDICE BIBLIOGRAFICO pag. 172 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Agricoltura Alberghi ..�... Amministrazione pubblica . . . . Antichit� e belle arti Appalto Associazione Autoyeicoli Bellezze artistiche e naturali Beneficenza e assistenza Catasto. Circolazione stradale Competenza e giurisdizione Comuni e province Comunit� economica europea Concessioni amministrative. Concorsi Contabilit� , generale dello Stato Contenzioso tributario Contrabbando Contributi e finanziamenti Dazi doganali Debito pubblico Demanio Difesa dello Stato pag. 173 Edilizia economica e 173 popolare Enti e beni ecclesia173 stici 174 Esecuzione fiscale 174 Esecuzione forzata 175 Espropriazione per p.u. 176 Fallimento Farmacie 176 Ferrovie Giudizio civile e pe176 nale . ., ... 176 Idrocarburi 176 Igiene e. sanit� . Impiego privato 177 Impiego pubblico 177 Importazione ed esportazione . , . 177 Imposta di bollo Imposta di fabbrica 178 zione . 178 �Imposta di registro Imposta di ricchezza 178 mobile . , . . , . 180 180 Imposta di successione Imposta generale sul181 l'entrata 182 Imposte dirette .. 182 Imposte e tasse .. 182 Imposte ipotecarie 183 �Imposte varie pag. 183 184 184 185 185 186 188 188 189 189 190 190 190 191 191 191 192 193 193 194 194 195 195 196 :2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO SJ'ATO Interessi pag. 196 Regioni pag. 201 Istruzione . 196 Responsabilit� civile . 202 Lavor�. 197 Sanzioni amministra- Lotto e lotterie 197 tive .... 202 Mezzogiorno . 197 Scambi e valute 202 Militari. 198 Societ� . 203 Miniere. 198 Strade 203 Piani regolatori 199 Telefono 203 Poste e telecomunica-Titoli di credito 204 zioni . . . . . . . 199 Transazione . 204 Previdenza e assistenza 199 Trasporto. . . . 204 Prezzi . . . 200 Trattati e convenzioni Procedimento civile 200 internazionali 204 Procedimento penale 201 Turismo e Sport . . 205 Reati finanziari 201 Violazioni tributarie 205 NOTIZIARIO . pag. 206 ,, ~ f , - PARTE PRIMA '~ I f ! - GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (*) I CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 92 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Sbarigia (avv. Ugi), ENPAS (avv. Carbone) e. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Farmacia -Sconto obbligatorio dei medicinali agli Enti mutualistici Aleatoriet� della rivalsa verso il produttore -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 53; I. 4 agosto 1955, n. 692, art. 4; d.1. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 32). Non � fondata, con riferimento al principio di capacit� contributiva, la quest'ione di legittimit� costituzionale dell'art. 4, l. 4 agosto 1955, n. 692, nonch� dell'art. 32 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, che prevedono lo sconto obbligatorio, da parte dei farmacisti, sui medicinali acquistati dagli enti mutualistici, salvo la rivalsa, per la quota a loro carico, nei confronti dei produttori (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 144 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Soc. Armour Erba ed altre (avv. Sandulli, BalladorePallieri, Barile, Acquarone, Bettoni), ENPAS, ENPAIA, INAM (avv. Sorrentino, Jemolo) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Soprano). Farmacia -Sconto obbligatorio del medicinali agli Enti mutualistici Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 53, 23, 32, 41 e 43; I. 4 agosto 1955, n. 692, art. 4; d.l. 26 ottobre 1970, n. 45, art. 32). (1-2-3) La iprima questione �era stata sottoposta all'esame della Corte cbn ordinanza emessa il 25 maggio 1971 dalla Corte d'appello di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 240 del 22 settembre 1971). (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. CARLO CARBONE. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Leggi, Decreti e Regolamenti -Decreto-legge -Mancata conversione in legge -Disciplina dei rapporti pregressi -Sanatoria retroattiva -Ammissibilit�. (Cost., art. 77; dl. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 43; I. 18 dicembre 1970, n. 1035, articolo unico). Non �� fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza, di legittima imposizione tributaria e di libert� di impr�sa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4, i. 4 agosto 1955, n. 692, nonch� dell'articolo 32 del decreto-legge 26 ottobre 1910, n. 145, che prevedono lo sconto obbligatorio da parte delle imprese produttrici, sui medicinali acquistati dagli Enti mutualistici (2). Non � fondata, con riferimento alla normativa costituzionale sulla dec1�etazione di urgenza, per i casi di mancata conversione da parte del Parlamento, la questione di legittimit� costituzionale dell'articolo unico della l. 18 dicembre 1910, n. 6.21, che attribuisce efficacia ai rapporti sorti anteriormente sulla base del d.l. 21 agosto 1910, n. 621, non convertito in legge (3). I (Omissis). -2.. -Un primo gruppo di censure, come si � esposto in narrativa, riguarda l'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692, con cui fu istituito lo sconto a favore degli enti mutualistici; l'art. 32 del d.l. 216 ot tobre 1970, n. 745, con cui � stata aumentata la misura dello sconto,, e l'art. 43 del d.l. 217 agosto 1970, n. 621, non convertito in legge, di cui l'art. 32 suddetto riproduce peraltro esattamente n contenuto, ed � �rife rito alla lamentata violazione, sotto vari profili, del principio di egua glianza sancito dall' art. 3 della Costituzione. Le questioni come sopra sollevate non sono fondate, anzitutto sotto l'aspetto con cui si lamenta l'ingiustificata sperequazione a danno dei produttori di medicinali destinati all'uso dei mutuati nei confronti di quelli che, invece, producono farmaci destinati al consumo ordinario. Trattasi evidentemente di due situazioni non omogenee, per la diversa destinazione dei prodotti, diretti a categorie di consumatori caratterizzate da essenziali differenze obbiettive, quali appunto, da un lato, gli assistiti La seconda questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze emesse: il 14 luglio 1971 dal pretore di Trento (Gazzetta Ufficiale n. 290 del 17 novembre 1971); il 10 novembre 1971 dal pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 65 dell'8 marzo 1972); il 16 dicembre 1971 dal giudice �Conciliatore di Bogliasco (Gazzetta Ufficiale n. 78 del 22 marzo 1972); il 24 �gennaio 1972 dal pretore di Firenze in tre procedimenti civili (Gazzetta Ufficiale n. 97 del 12 aprile 1972). I I! PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 907 da enti mutualistici, che per la loro particolare condizione di lavoratori e la correlativa situazione di inferiorit� economica, lo Stato, in attuazione dei suoi compiti istituzionali sanciti dagli artt. 32 e 38 della Costituzione, ha giustamente considerato degni di una particolare prestazione; e, dall'altro, i consumatori ordinari, cui per la intrinseca diversit� della loro posizione, non si � ritenuto di estendere tale particolare protezione. La razionalit� della differenziazione per quanto riguarda l'assoggettamento agli sconti, scaturisce strettamente da tale diversit�, perch� risponde indubbiamente ad un criterio accettabile dal punto di vista logico l'i!mporre lo sconto, destinato a finanziare l'assistenza mutualistica farmaceutica, proprio sui prezzi dei medicinali che sono destinati a quel tipo di assistenza. Questa Corte ha gi� ritenuto infondato un analogo profilo di Hlegittimit� quando, con la sentenza n. 70 del 1960, ha escluso la violazione del principio di eguaglianza per effetto della imposizione dello sconto in esame a carico della sola categoria .dei produttori di medicinali, rinvenendone la giustificazione nel fatto che trattasi di quella categoria di industriali la cui attivit� si ricollega in particolare all'assistenza farmaceutica e, come tale, ritenuta da legislatore, nella sua discrezionalit�, la pi� idonea a sostenere in parte l'onere. Quest'ultimo profilo di illegittimit� � stato di nuovo sottoposto anche presentemente alla Corte, che peraltro non ritfene di discostarsi dalla precedente decisione, poich� l'incremento della mutualit�, che avrebbe provocato un aggravamento della situazione economica dei produttori, non costituisce un elemento idoneo, pur se fosse dimostrato, a mutare i termini logici della questione. Tali argomenti valgono anche relativamente all'altra censura di il legittimit�, secondo cui l'incidenza dello sconto sarebbe indipen.dente dalla proporzione fra il volume della vendita di farmaci destinati o no ai mutuati, il che rappresenta sostanzialmente una ulteriore specificazione ed articolazione di quanto test� esaminato. Neppure appare violato l'invocato principio di eguaglianza per effetto della dedotta limitazione dello sconto a beneficio di alcuni soltanto degli tmti mutualistici esistenti. Deve osservarsi, anzitutto, che con il decreto n. 745 del 1970 (art. 32) le norme circa la concessione dello sconto sono state estese agli altri nu merosi enti mutualistici ivi indicati, oltre quelli gi� compresi nell'art. 4 della legge del 195�5. Inoltre va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il confronto fra il trattamento previdenziale di categorie diverse non pu� prescindere dalla considerazione di ordine generale che ogni tipo di assi curazioni, non escluse quelle sociali, � necessariamente disciplinato da un sistema proprio di norme e di clausole in funzione di svariati fattori (numero degli �assicurati, frequenza e gravit� dei rischi, durata dei rap porti, misura delle retribuzioni e cos� via), i quali influiscono sensibil 908 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente sulle condizioni assicurative, e la cui analisi sfugge, per la sua natura di circostanza di fatto, al controllo della Corte costituzionale (sent. n. 44 del 1'965). La non omogeneit� delle situazioni previdenziali esclude, pertanto, in linea di principio, che le differenze in esse riscontrabili concretino, per ci� solo, la violaz~one del principio di eguaglianza, il che � tanto pi� vero con riferimento a1le ipotesi attualmente in esame. Infatti, 1a censura, anche se riferita ad enti non specificamente indicati, sembrerebbe tuttavia riguardare i Comuni e le istituzioni locali di assistenza, i quali non risultano compresi nell'elenco degli enti beneficiari dello sconto. Ma � di tutta evidenza la diversit� delle situazioni raffrontate, sol che si consideri che gli enti esclusi erogano prestazioni sostanzialmente diverse da quelle cui sono tenuti gli enti mutualistici, specialmente per quanto riguarda la somministrazione dei farmaci che vengono in tali casi forniti da farmacie proprie o convenzionate, o diret . tamente dagli ospedali, a cui giungono gi� convenientemente scontati. D'altra parte, � noto che la legge n. 692 del 1955 fu ispirata alla finalit� sociale di estendere ai pensionati di.invalidit� e v�ecchiaia il trattamento assistenziale di malattia, e, come risulta dal testo della stessa legge (art. 2) il legislatore segu�, al riguardo, il criterio di attribuire agli enti il compito di provved.ere alla erogazione delle prestazioni per quei soggetti che, prima del pensionamento, erano da essi enti rispettivamente assistiti. Con ci� � gi� individuabile un chiaro motivo specifico della indicazione analitica degli enti beneficiari dello sconto disposto appunto quale mezzo al fine di agevolare i nuovi compiti assistenziali, e si evidenzia cos� quella razionale giustificazione che, come si � detto, costituisce sufficiente motivo per escludere che la diversit� di disciplina adottata per regolare situazioni div~rse si 1ponga in contrasto col principio di e.guaglianza. Non ha poi, ad avviso della Corte, maggior pregio la censura secondo cui il principio di eguaglianza sarebbe violato per la irr�azionalit� che vizierebbe la imposizione di cui all'art. 125 �lel testo unico delle leggi sanitarie, che prevede il prezzo fisso per i medicinali e che � stato det-� tato dalla opportunit� di sottrarre questo delicato settore alla concorrenza, e quindi ad eventuali ribassi di prezzo, nel timore che questi ultimi potessero in qualche modo influire sulla qualit� dei prodotti e, di conseguenza, .sulla salute pubblica. Ed invero, mentre � agevole rinvenire una sostanziale coincidenza di fini �fra le disposizioni ora menzionate, poich� entrambe tendono, sia pure attraverso mezzi diversi, alla tutela della salute pubblica, non potendosi certo dubitare che tale sia lo scopo anche dello sconto in esame, devesi ritenere che la disposizione sullo sconto non si pone, comunque, in contrasto c�n l'esigenza rappresentata dal citato art. 12.5, poich� trattasi di sconto non rimesso alla discrezionalit� del fabbricante, ma disposto con legge per i fini di finanziamento della mutualit� e, quindi, operante PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 909' in un campo del tutto diverso da quello nel quale invece � destinato ad incidere il citato art. 125. 3. -Devesi ora procedere alla trattazione della questione sollevata in relazione alla presunta violazione del principio della capacit� contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione, data l'infl.uenz~ che le considerazioni da svolgere al riguardo, posso;no avere circa la soluzione di talune delle altre questioni prospettate. ~a illegittimit�, sotto il detto profilo, � stata sostanzialmente dedotta sulla base di argomentazioni tendenti a dimostrare la eccessivit� dello sconto imposto a carico dei produttori, che inciderebbe in misura percentualmente eguale su tutte le aziende, indipendentemente dalla loro potenzialit� economica e dalla proporzione delle vendite dei prodotti soggetti allo sconto e,, comunque, finirebbe col compromettere la redditivit� delle aziende. Questa tesi � stata sostenuta altres� da considerazioni relative al sistema di determinazione dei prezzi dei medicinali da parte del CIP (Comitato interministeriale prezzi), in base alle quali si afferma che, in concreto, il detto organo non potrebbe tener conto della illlcidenza dello sconto, sia perch� il prezzo dovrebbe essere riferito esclusivamente ai costi di produzione dei medicinali, e quindi indipendentemente da un fattor�e estrinseco e successivo quale lo sconto ex lege, sia perch�, comunque, non �potrebbe conoscersi reffettiva incidenza dello sconto sull'economia dell'azienda, se non in relazione all'effettivo volume delle vendite, sia perch�, a tutto concedere, l'imposizione dovrebbe essere riferita alla capadt� contributiva attuale dell'azienda, e non a quella che potrebbe risultare da eventuali e futuri correttivi operati sui prezzi, che concorrerebbero a modificare la situazione economica solo successivamente, e di non poco, all'assoggettamento delle imprese allo sconto. Occorre anzitutto ricordare, con riguardo alle obbiezioni mosse dall'Avvocatura dello Stato e dalla difesa degli istituti mutualistici, circa l'applicabilit� nella specie della invocata norma costituzionale e riferite alla asserita natura non tributaria dell'imposizione in discorso, che appunto escluderebbe l'operativit� del principio della capacit� contributiva, che questa Corte con la sentenza n. 70 del 1960, dopo avere riconosciuto nello sconto la sostanza di un sacrificio pecuniario derivante dalla privazione di una parte dell'utile altrimenti spettante ai produttori, che si traduce in prelievo di ricchezza a �Carico dei soggetti ed a favore di enti pubblici, istituito con atto dell'autorit� e senza il concorso del soggetto passivo, ne ha ravvisato la natura giuridica di prestazione patrimoniale ai sensi dell'art. 23 della Costituzione. Questa Corte inoltre con la sentenza n. 92 del 19�72, occupandosi dello sconto sulla vendita dei medicinali 1mposto dalla stessa norma ora denunziata a carico di farmacisti, ha ritenuto applicabile in materia il 910 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO citato art. 53 Cost. �espressamente riconoscendo la conformit� delle norme al � sistema delle leggi tributarie quando prevede che l'intera obbligazione di sconto ricade in primo tempo e luogo sul farmacista, salvo successiv,a rivalsa sul produttore � ed altrettanto esplicitamente ravvisando un evidente parallelismo fra la situazione del farmacista e quella del sostituto d'imposta, � rispondente a criteri di tecnica tributaria, basati sulla finalit� di agevolare l'accertamento e la riscossione dei tributi �. Ed � appena il caso di aggiungere che l'imposizione dello sconto trova piena analogia in quella serie di prestazioni coattive che sono imposte per sopperire ai fini �pubblici riservati allo Stato o affidati ai suoi organi speciali o ad enti che Io Stato stesso crea o riconosce per il conseguimento dei fini stessi, essendo evidenti la sussistenza del fine pubblico, quale � appunto la tutela della salute, anche se riferita ad una individuata categoria di soggetti: la destinazione del provento ad enti pubblici, nonch� la coattivit� della prestazione, che si concreta nel diritto alla riscossione dell'tmporto dello sconto da parte dell'ente e che, sostanzialmente, si atteggia come un vero e rprorprio contributo, promanante direttamente dalla leg.ge. Non vi � dubbio, quindi, che nella specie si versi In materia regolata dall'art. 53 della Costituzione. Peraltro, la questione � infondata nel merito.. Questa Corte, occupandosi di analoga questione sollevata proprio in relazione alla lamentata eccessivit� degli sconti imposti ai farmacisti, con la citata sentenza n. 92 del 1972 ha gi� ritenuto che per capacit� contributiva deve intendersi l'idoneit� soggettiva all'obbligazione d'imposta deducibile dal :presupposto al quale la prestazione � collegata, senza che spetti al giudice della legitUmit� delle leggi valutare e determinare, in funzione dell'art. 53. Cast., l'entit� e la proporzionalit� dell'onere tributario imposto, trattandosi di compito riservato al legislatore, salvo il controllo di legittimit� sotto il profilo dell'assoluta arbitrariet� o irrazionalit� delle norme . Applicando anche al caso in esame il riferito principio, ne segue che � precluso alla Corte, sia quell'esame analitico delle varie componenti della �situazione economica delle aziende in funzione della incidenza dello sconto sui loro bilanci, pur cosi diffusamente compiuto dalla difesa delle societ� produttrici e che riflette precipuamente la valutazione del margine di utile loro spettante in relazione al calcolo delle componenti del prezzo nella determinazione che ne effettua l'organo competente; sia, a maggior ragione, la valutazione della situazione economica generale del settore e particolare delle singole aziende. Ed invero, non pu� negarsi, nella specie, la realt� del presupposto del tributo, identificabile nella concreta esistenza del 1prezzo di vendita, mentre la misura dell'obbligazione appare conforme al precetto costituzionale, perch� � rapportata PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 911 � percentualmente al presupposto stesso di cui rappresenta una funzione, e risulta cos� direttamente da esso deducibile. � certamente possibile che dal maggiore o minore equilibrio del rapporto fra tali elementi nascano, in pratica, conseguenze di natura economica afferenti la redditivit� delle imprese, e quindi la loro stessa funzionalit�, ma trattasi di elementi che, giusta il criterio di massima sopra richiamato, sfuggono al controllo di legittimit� costituzionale, riflettendo un giudizio sulla equit� ed opportunit� della legge che andrebbe ad incidere nel campo riservato all'esclusivo apprezzamento del legislatore, il quale, del resto, ne assume ovviamente piena e intera responsabilit� politica. 4. -La difesa delle imprese ha particolarmente insistito, a questo proposito, sull'impossibilit� di apportare un correttivo alla gravezza della imposizione in sede di determinazione del prezzo base dei medicinali, da parte del CIP e, per questa via, ha prospettato la irrazionalit� del sistema collegando casualmente la presunta illegittimit� della norma impugnata alla circostanza che essa si inserirebbe in un sistema di determinazione dei prezzi che renderebbe arbitraria ed irrazionale la disciplina legislativa. Ma, anzitutto, si deve osservare che, nella interpretazione che ne � stata fornita dalla giurisprudenza di questa Corte, e da quella ordinaria, non � dato rinvenire elementi che suffraghino la lamentata impossibilit� di valutare la incidenza dello sconto sulla situazione economica delle aziende ai fini della' determinazione del prezzo, e rivelino cos� la presenza del vizio lamentato, ed anzi � dato desumere il contrario. L'art. 2 del d.1.1. n. 3163 del 1946, si limita infatti a prevedere genericamente una fase istruttoria del procedimento di determinazione dei prezzi, affidato alla Commissione centrale prezzi, che ha facolt� di avanzare proposte al CIP e l'art. 13 del d.l.c.p.s. n. 896� del 1947 accenna all'accertamento dei �costi delle merci, dei servizi e delle prestazioni che il CIP pu� affidare ad ispettori all'uopo nominati, che hanno facolt� di prendere in esame registri, libri e �corrispondenza delle imprese interessate, oltre che ad indagini, accertamenti e rilievi che lo stesso Comitato pu� richiedere ad uffici statali, ai fini dell'espletamento del suo compito istituzionale, che resta definito dall'art. 1 del d.1.1. n. 347 del 1944 nel � coordinamento e nella disciplina dei prezzi � e che si concreta (art. 4 dello stesso d.1.1.) nella facolt� di determinare i prezzi di qualsiasi merce, in ogni fase di scambio, anche all'importazione ed alla esportazione, nonch� i prezzi dei servizi e delle prestazioni, e modificare, se del caso, quelli gi� fissati dalle competenti autorit�. Questa disciplina legislativa, dettata dalla esigenza di unificazione e perequazione dei prezzi ai fini della tutela della stabilit� della moneta e del valore reale dei salari, pur nella sua lata formulazione, prevede RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dunque una fase di accertamento di elementi obbiettivi, che si estende indubbiamente alla totalit� dei fattori economici che incidono sui prezzi (sent. 103 del rn5,7). E la pur ampia discrezionalit� del CIP richiede comunque l'uso dei -criteri tecnici il cui ambito, come pure questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare espressamente con la menzionata sentenza, � segnato � dall'accertamento del costo delle merci con un margine di utile � . Ci� vuol dire, anzitutto, che � necessario che le attivit� del CIP come ha riconosciuto ri.ipetutamente la giurisprudenza del Consiglio di Stato, si svolgano in forme tali da garantirne la piena legittimit� attraverso l'osservanza dei criteri suddetti e med_iante l'emanazione di provvedimenti motivati congruamente, in modo da conse<J:?.tire un'efficace� applicazione dell'ordinario sindacato di legittimit�; e, pi� precisamente, pu� affermarsi che il provvedimento del CIP trova limiti indubbiamente anche nel sistema economico in cui � destinato ad operare e deve tener� conto, quindi, delle regole proprie di un'economia di mercato per cui il prezzo deve essere remuner-ativo, cio� determinato, in considerazione anche della realizzazione di un profitto da parte delle dmprese . .Comunque, anche nella ipotesi che si trattasse di un sistema non del tutto armonizzato con la disposizione legislativa impugnata nei sensi lamentati dalle case produttrici, tratterebbesi in ogni modo di una prassi amministrativa, certamente suscettibile di adeguamento alla nuova s�tuazion� economica del settore, e concretantesi in provvedimenti amministrativi impugnabili avanti al Consiglio di Stato e mai potrebbe inferirsene la illegittimit� delle norme impugnate sotto il profilo delineato, dato che la determinazione dei prezzi obbedisce a criteri che non costituiscono certo applicazione delle stesse norme impugnate, le quali, come � pacifico, riguardano esclusivamente l'imposizione dello sconto. L'art. 33 del decreto 26 ottobre 1970 offre, d'altra parte, un diretto ed idoneo strumento legislativo di adeguamento nel senso indicato, con la espressa attribuzione al CIP sia del compito di effettuare, entro n 31 ottobre 1971, e successivamente ogni tre anni, una indagine sul rapporto fra costi di produzione ed i prezzi dei medicinali, sia di effettuare entro -il 3"1 dicembre dello stesso anno una revisione dei prezzi di tutti i medicinali sulla base di un nuovo meccanismo di determinazione dei prezzi da stabilirsi dal CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica). E proprio l'ampia documentazione di studi ed indagini prodotta in atti � valida testimonianza della concretezza della materia che si offre agli" organi competenti per la realizzazione di tale comando legislativo. N� pu� portare a diversa conclusione la lamentata .circostanza, se condo cui l'adeguamento in discorso avverrebbe comunque solo in un momneto successivo all'entrata in vigore dello sconto, perch� tale suc cessione temporale, insita del resto nel tipo di fenomeno economico in esame, rappresenta, comunque, un elemento di fatto che, anche per la f f f. ! ! := - PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 913 brevit� dei tempi di adeguamento legislativamente previsti, non � tale da indurne l'arbitrariet� o l'irrazionalit� del sistema. Neppure pu� giovare alla tesi della difesa delle imprese produttrici la prospettata impossibilit� tecnica di procedere ad una determinazione dei prezzi che sia frutto di una v�alutazione preventiva della incidenza dello sconto. Invero, � da considerare che non mancano elementi su cui fondare le determinazioni in discorso se, come � noto, la scienza economica conosce la previsione (in quanto esista, come nella specie indubbiamente esiste), di una linea assegnabile al divenire di determinati fatti economici, tale da garantire un sufficiente margine di attendibilit�, specie se di ordine particolare, cio� relativa a �questo o quel settore circoscritto dell'economia di un dato Paese, dove � pi� agevole tener conto delle principali circostanze pi� direttamente influenti, con riferimento alle condizioni dell'industria in date fasi del ciclo produttivo, ovvero alla stima delle disponibilit� e dei bisogni, da cui dipende appunto il futuro andamento del mercato. Circostanze, le quali possono indubbiamente, una volta riaccostate e coordinate, servire come base a .concrete, anche se prudenti, prospettive d'insieme. Tutte le considerazioni sopra esposte valgono ad escludere l'irr-azionalit� della disctplina impugnata in relazione al sistema di determinazione dei prezzi e valgono quindi anche ad escludere la fondatezza della questione di legittimit� prospettata, sotto l'ulteriore particolare profilo, della violazione dell'art. 3 Cost. per effetto della asserita valutabilit� soltanto ex post della incidenza dello sconto sui prezzi e conseguentemente sulla situazione economica delle singole imprese. 5. -Quanto premesso rende altres� agevole la soluzione delle questioni sollevate con riferimento alla presunta violazione degli artt. 32, 41 e 43 della Costituzione. Tali censure, infatti, sono sostanzialmente tutte fondate sulla pretesa eccessiva entit� dello sconto in funzione del criterio con cui � fissato il prezzo e sulle conseguenze del lamentato squilibrio che si verificherebbero quando l'antieconomicit� della produzione dovesse provocare o la cessazione della attivit� delle imprese, incidendo cos� sulla Ubert� di iniziativa economica (art. 41 Cost.), o la concentrazione in oligopoli della produzione stessa, dando luogo alla denunziata situazione di contrasto con i requisiti previsti 1per la riserva di legge o il trasferimento di imprese �allo Stato od enti pubblici o a comunit� di lavoratori o di utenti (art. 43 Cost.); o, infine, il deterioramento qualitativo o la riduzione delle disponibilit� dei medicinali, con le possibili conseguenze negative per la salute pubblica, in violazione della relativa garanzia costituzionale (articolo 32: Cost.). 914 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche qui, in realt�, si configur�a nelle censure un contrasto non tanto tra le norme ~mpugnate e gli invocati principi e garanzie costituzionali, �quanto tra questi ed il sistema di determinazione dei prezzi ad opera del CIP: e valgono 1e considerazioni sopra svolte per escludere l'influenza di tali elementi in ordine al1a fondatezza delle questioni sollevate. D'altra parte, l'infondatezza delle censure riferite ai principi di cui agli artt. 41 e 43 Cost. � evidente anche sotto altro aspetto, ove si tenga presente la definizione dello sconto come prestazione patrimoniale, cui la Corte � pervenuta con la gi� menzionata sentenza n. 70 del 1960, definizione dalla quale consegue ovviamente che la materia in esame rientra nella sfera di. applicazione dell'art. 23 Cost. ed � pertanto estranea all'art. 41 Cost., che discLplina, invece, la iniziativa economica privata, ed all'art. 43 Co~t., che a sua volta consente alla legge, fra l'altro, la possibilit� di attribuire a enti pubblici, per ragioni di utilit� generale, e in esclusiva, determinate categorie di �tmprese. La Corte, del resto, con la ripetuta sentenza n. 70 del 1960 ebbe gi� a dichiarare mfondata la questione sollevata contro l'art. 4 della legge del 1955 sotto il profilo della violazione dell'art. 41 Cost. proprio perch� la ritenne assorbita p_er i suddetti motivi. A proposito, poi, della questione sollevata in relazione all'art. 32 Cost. � altres� da osservare che i paventati effetti negativi sulla salute, si configurano solo come �eventuali accidentalit� di fatto, al di fuori della previsione :p.ormativa impugnata ed in contrasto con la disciplina della produzione farmaceutica, che si svolge previa registrazione di ogni singolo prodotto, successiva al rigoroso esame ed alla approvazione da parte degli organi sanitari competenti (Ministero della sanit�) e che � tutelata, comunque, da precise norme penali. Onde anche sotto questo profilo trattasi di materia non suscettibile di raffronto con le norme costituzionali invocate. 6. -Parimenti infondata� � la censura sollevata in relazione alla presunta violazione dell'art. 2�3 Cost., .sotto altro particolare profilo. L'illegittimit� dovrebbe riscontrarsi nella assoluta discrezionalit� che la norma impugnata attribuirebbe agli enti mutualistici per quanto riguarda la scelta del sistema di assistenza indiretta, con l'acquisto di medicinali presso i normali canali commerciali e la relativa applicazione dello .sconto, in luogo della gestione diretta della distr.ibuzione dei medicinali stessi, e nel contrasto che cosi si concreterebbe con l'invocato precetto costituzionale. La riserva di legge di cui all'art. 23, peraltro, ha lo scopo di garantire che la determinazione degli estremi della prestazione imposta sia i i f: ~ ~ -����������������������������� ..... ���������������� 1I rrHrl1:Mff!lfltl\rtirttifiliililllxtlrilit1:11:ttrrrrit~1rw@1~�'rrrr1�:1r;lirt~1:r1~rrriifitt1~r1w11&r:riit~f~rlrl11lllrl{ritr1sra PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 915 effettuata in sede legislativa onde garantire il cittadino dagli abusi che una trorppo lata discrezionalit� in materia potrebbe provocare da parte del potere esecutivo. Ora, dopo la sentenza n. 70 del 1960, che ha dichiarato la illegittimit� dell'art. 4 della legge n. 692 del 1955 solo per quella parte che consentiva al Ministro della sanit� di fissare discrezionalmente la misura dello sconto anche in eccedenza alla misura ivi prevista, la norma �, sotto ,questo aspetto, in armonia col dettato costituzionale, risultando gli altri elementi della prestazione predeterminati dalla legge. Ed il fatto che la imposizione patrim0tniale in esame cos� delimitata nella ,sua potenziale incisivit�, possa essere resa operante a seguito di scelta degli enti espressamente a ci� autorizzati dalla legge stessa non attiene al momento impositivo della prestazione, coperto interamente dalla norma legislativa, ma al suo momento attuativo, il cui verificarsi, rispetto all'esigenza garantistica che sta alla base della norma costituzionale, � indifferente, una volta che, come si � detto, la prestazione risulti sufficienfemente precisata dalla legge. Ai fini del rispetto della norma costituzionale invocata non � pertanto necessario che la legge detti criteri direttivi agli enti mutualistici per quanto riguarda la adozione dell'uno o dell'altro sistema di assistenza. 7. -Infine, anche la censura concernente il presunto contrasto dell'articolo unico della legge 1035 del 1970 con l'articolo 77 Cost. � infondata. Si afferma sostanzialmente nelle ordinanze del pretore di Firenze che, aderendo alla inteI'pretazione estensiva della norma impugnata sostenuta dagli enti mutualistici nei giudizi princ1pali, si riconoscerebbe il diritto degli stessi a conseguire il beneficio dello sconto per il periodo di vigenza del decreto non convertito 2:7 agosto 1970, n. 621, relativamente ai rapporti � svoltisi interamente ed esauritisi � sotto la vigenza del decreto stesso. Ed il giudice a quo, sia pure implicitamente, mostra di aderire a tale tesi interpretativa perch� proprio nella detta estensione ravvisa la violazione dei limiti di cui all'art. 77 della Costituzione alla regolamen tazione' dei rapporti giuridici sorti sulla base del decreto non convertito e, motivando sul punto della rilevanza, accenna al riguardo esplicita mente che vi � contesa fra le parti circa � la decorrenza � dello sconto obbligatorio. Se � vero che, come afferma la difesa degli enti mutualistici, si pone nella specie una questione di interpretazione delle norme dmpugnate di competenza del giudice a quo � anche vero che, sia pure implicitamente, lo stesso giudice ha mostrato di accogliere quella interpretazione della �916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO norma che egli ritiene contraria al precetto costituzionale, ed ha quindi .adempiuto al suo obbligo, il che rende ammissibile la questione stessa, .contrariamente a quanto sostenuto dalla di:fesa degli enti. Peraltro, quanto al merito, � sufficiente ricordare che questa Corte, 'con la sentenza n. 89 del 1966, ha gi� riconosciuto che l'art. 77 Cost. si propone soltanto lo scopo di regolare le conseguenze della mancata cooversione dei decreti-legge, senza porre alcun limite alla facolt� del legi, slatore stesso di disdpiinare, secondo una scelta demandata alla sua valutazione politica, i rapporti sorti sulla base dei decreti non convertiti. ,In altri termini, la disposizione costituzionale non pone al potere di regolamentazione retroattiva in discorso altri limiti se non quelli rappresentati dal rispetto delle altre norme e principi costituzionali, che, sotto il profilo ora in esame, non vengono in discussione, tarnto pi� che la _norma impugnata rappresenta la fedele traduzione, in termini di legislazione ordinaria, del �Precetto costituzionale, attribuendo essa testualmente efficacia � ai rapporti giuridici, compresi quelli tributari, sorti .sulla base del d.l. 2�7 agosto 1970, n. 621 �. Indipendentemente quindi dalla maggiore o minore estensione del. l'efficacia della norma impugnata, la cui determinazione resta nel campo riservato alla competenza del giudice a quo, la questione deve essere .dichiarata infondata. -(Omissis).. II (Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale � solle �vata dall'ordinanza di rinvio nei seguenti termini. Dal principio (affermato da questa Corte con sentenza n. 70 del 197p) che lo sconto obbligatorio sul prezzo dei medicinali � configurabile ..come prestazione patrimoniale ai sensi dell'art. 23 della Costituzione e, -quindi, come preUevo, ai fini pubblici, di �parte dell'utile spettante ai _produttori ed ai farmacisti, deriverebbe la conseguenza che la misura di detto sconto debba essere praticata � in ragione della capacit� contributiva � dei soggetti gravati, secondo l'art. 53 della Costituzione. Il che non si verificherebbe nella situazione legislativa in esame (art. 4, com- ma terzo, legge 4 agosto 195�5, n. 692, modificato, solo per le percentuali di sconto, con l'art. 312 d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. lfr34). Ci� per duplice motivo: a) perch�, ..dovendo il farmacista anticipare la quota di sconto stabilita a carico" del _produttore, si darebbe luogo ad una prestazione aggiunta, con l'onere .della rivalsa ,ed il risc~io di un suo esito negativo; b) perch�, rimanendo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 917 in tal modo indeterminata l'entit� della prestazione del farmacista, ver. rebbe alterato il rapporto proporzionale tra prestazione imposta e capacit� contributiva del soggetto gravato, in contrasto con il suindicato art. 53 della Costituzione. 2. -La questione non � fondata. Va dato atto che l'ordinanza di rinvio, in conformit� ad affermata giurisprudenza, muove dalla premessa di base che la disposizione impugnata debba interpretarsi nel senso che, non la frazionata, ma l'intera <>bbligazione di sconto ricada, in primo tempo e luogo, sul farmacista, .salvo suci;:essiva rivalsa sul produttore. La questione di costituzionalit� � coerentemente sollevata in dipendenza di questa premessa interpretativa. Ci� posto, la Corte esclude, tuttavia, che si tratti di disposizione anomala, divergente dal sistema delle leggi tributarie. Al contrario, il sistema comporta ed ammette che, come riconosciuto in via generale dall'art. 14 del testo unico sulle imposte dirette, � chi, in forza di disposizioni di legge, � obbligato al pagamento della imposta, in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili, ha diritto di rivalsa �. La configurazone di � sostituti d'imposta ., in luogo e vece di altri soggetti, con i quali intercorrano rapporti giuridico-economici, risponde a criteri di tecnica tributaria, basati sulla finalit� di agevolare l'accertamento e la riscossione dei tri:buti. A tale fine, quei rapporti, di fronte ai beneficiari del tributo, vengono considerati in modo unitario, onde eliminare difficolt� pratiche. Tale l'esempio fornito dalla situazione in esame, in cui, nell'ambito dei rispettivi rapporti tra le parti, la posizione del farmacista di fronte al rapporto interno con gli istituti ed enti beneficiari dello sconto, assume diretta e palese connessione, diversamente dalla posizione distaccata e meno evidenziata dei soggetti produttori dei medicinali di provenienza. Il che spiega e giustifica la concentrazione dell'obbligo di prestazione in unico soggeto, salvo a questi regolare successivamente, dal lato esterno al suaccennato rapporto con enti ed istituti, il suo personale stato creditorio. 3. -Questi concetti vanno ora .integrati con le seguenti considerazioni, particolarmente attinenti all'art. 53 della Costituzione di cui si � denunciata la violazione. Si assume che il collegamento tra imposizione e capacit� contributiva viene qui ad essere distorto, per effetto della dilatazione del carico tributario, con alterazione in eccesso del risultato quantitativo. Ma l'as .3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sunto non considera, nel suo preeiso contenuto, il concetto di capacit� contributiva, quale delineato uniformemente nella giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 45 del 1964; nn. 16 e 50 del 1965; n. 89 del 1966; n. 97 del 1968). Per capacit� contributiva deve intendersi l'idoneit� soggettiva alla obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al quale la prestazione � collegata. Questo collegamento ad un presupposto condiziona esclusivamente, �e nello stesso tempo _�esaurisce, il riconoscimento di detta idoneit�. Ci� senza che spetti al giudice della legittimit� delle leggi valutare e detevminare, in funzione dell'art. 53, Cost., l'entit� e la proporzionalit� dell'onere tributario imposto, trattandosi di compito riservato_ al legislatore (sentenze n. 89 del 196-6; n. 124 del 1971): salvo .il controllo di legittimit� sotto il pro-filo dell'assoluta arbitrariet� o Irrazionalit� delle� norme, i!potesi da escludersi nel caso in esame per le ragioni spiegate al numero precedente. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 94 -Pres. Chiarelli - Rel. Benedetti -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, Virga) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Tributi do~anali -Riscossione delle risorse proprie della Comunit� economica europea -Modifica dei capitoli di bilancio -Conflitto di attribuzione -Inammissibilit�. (Cost., art. 134; d.P.R. 16 aprile 1971, n. 321). � inammissibile per tardivit� il ricorso per confiitto di attribuzione proposto dal Presidente della Regione Siciliana contro la circolare 22" marzo 1971, n. 155 del Ministero delle Finanze, sulla istituzione di nuovi capitoli di bilancio per la riscossione dei tributi propri della Comunit�. economica europea, in attuazione del d. P. R. 16 aprile 1971, n. 321 (1) (1) La questione era stata sottoposta aH'esame della Corte per conflitto di attribuzione sorto a seguito della circolare 22 marzo 1971, n. 155 del Ministero delle Finanze avente ad oggetto � istituzione di nuovi capitoli di entrate e modifica alla ,denominazione di altri capitoli nel corrente esercizione finanziario 1971 �. La decisione ripropone il problema suH'ammissibilit� delle impugnative di atti esecutivi rispetto ad altri non impugnati. Per i precedenti in materia della Corte, vedasi Foro it. 1972, I, 1920. . � PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 919 CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 96 -Pres. Chiarelli - Rel. Crisafulli -Presidente Regione Siciliana (avv. Sansone, Villari) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Composizione dei comitati provinciali e regionali I.N.P.S. Mancata rappresentenza della Regione -Illegittimit�costituzionale. (St. Reg. Sic. art. 17 lett. f, 20; d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, artt. 34, 33). Sono costituzionalmente illegittimi gli articoli 34 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639:, nella parte in cui non prevedono, rispettivamente, che l'amministrazione regionale siciliana sia rappresentata in seno ai comitati provinciali e regionali dell'INPS (1). (Omissis). -Considerato: che gli artt. 17, lett. f), e 20 dello Statuto della Regione siciliana attribuiscono alla Regione stessa potest� legislativa e amministrativa in materia di �previdenza ed assfatenza ~ociale �; che, in -Ottemperanza a tali norme statutarie, l'art. 4 del d. P. R. giugno 1952., n. 1rns, nell'operare il trasferimento alla Regione del i;:reto esercizio delle funzioni amministrative in detta materia, sta ~e espressamente che l'Amministr�zione regionale sia rappresentata organi locali degli enti ed istituti pubblici esplicanti attivit� in rientranti; .tra questi enti � compreso l'Istituto nazionale della !�'evidenza ' ordine al quale, tuttavia, l'art. 34 del decreto legislativo n. 639, 'i,nare la composizione dei relativi Comitati provinciali, omette �e in seno ad e'ssi la rappresentanza della Regione; .rappresentanza non potrebbe ritenersi .in alcun modo assiiJD una tesi dubitativamente prospettata dalla difesa .dello ttori degli Uffici provinciali del lavoro e della massima ~uanto �chiamati ad esercitare, nella Regione, anche funi, all'uopo posti alle dipendenze della Regione, giacch�, ~,gni altra considerazione di ordine pi� generale, nella \gli Uffici provinciali del lavoro partecipano ai comi'\ le ed istituzionale fig1,1ra di organi dell'Aniministra ��e era stata sollevata dalla stessa Corte Costituzionale ~ iO novembre 1971, n. 181 (Gazz. Uff. 22 dicembre 1971, n. 323). _ coeva sentenza 18 maggio 1972, n. 97, la Corte ha poi annullato, ..ede di conflitto di attribuizione, sei decreti di costituzione dei comitati provinciali I.N.P.S., senza la rappr.esentanza della Regione. Vedi, ora, la legge 11 agosto 1972, n: 466, che colma la lacuna aperta dalla sentenza in rassegna. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 920 zione statale di cui fanno valere gli interessi, che potrebbero anche, in ipotesi, essere in conflitto con quelli dell'Amministrazione regionale; che deve pertanto essere dichiarata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 34 del decreto legislativo n. 639 del 1970, limitatamente alla sua applicazione nella Regione siciliana e nella parte in cui omette di prevedere, e quindi esclude, che la Regione stessa sia rappresentata nei Comitati provinciali dell'INPS, e la pronuncia va estesa, in applicazione dell'art. 27 della I. 11 marzo 1953, n. 87, al precedente art. 33, relativo al Comitato. regionale per la Sicilia, che, per identici motivi ed entro i medesimi limiti, contrasta del pari con la competenza costituzionalmente attribuita in materia alla Regione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 98 ~ Pres. Chiarelli - Rel. Crisafulli -Commissario dello Stato per la Regione siciliana (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione siciliana (avv. Ottaviano). Sicilia -Legge regionale -Modalit� di pagamento dell'IGE -Illegittimit� costituzionale. (St. Reg. Sic. art. 17; 1. reg. 24 marzo 1972). � costituzionalmente illegittima la legge regionale siciliana 24 marzo 1972, recante modalit� di pagamento dell'imposta generale sull'entrata afferente a fattispecie tribut.arie maturate nel territorio della Regione (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte a seguito di ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana contro la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 24 marzo 1972 recante � Modalit� di pagamento dell'imposta generale sull'entrata affer.ente a fattispecie tributarie maturate nel territorio della Regione �. Per le decisioni citate in motivazione (n. 9 del 1957 e n. 14 del 1962) vedasi Foro it., 1957, I, 340; id. 1962, I, 1061, vedi, anche, Corte cost. 21 giugno 1971, n. 138, in questa Rassegna, 1971, I, 1,965). CORTE CO$TITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 102 -~res. Chiarelli - Rel. Reale -Orlandi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento penale -Misura di sicurezza detentiva -Trattenimento in carcere del condannato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 13; c.p.p. art. 633, terzo comma). Non � fondata, con riferimento alla tutela della libert� personale, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 633 codice di proce PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 921 dura penale, relativa al trattenimento in carcere del condannato ad una misura di sicurezza detentiva, ancorch� abbia gi� espiato la pena (1). (Omissis). -2. -Secondo la prospettazione dell'ordinanza la legittimit� dell'art. 633, terzo comma, del c.p.p. � posta in dubbio sul presupposto che ne venga integrata la disposizione con la norma regolamentare che risulta dettata dal Governo, con il procedimento e con la forma propria della normazione secondaria regolamentare, di cui all'art. 7 della 1. n. 100 del 1926 (sent. n. 40/1970; 72 e 91/1968 di questa Corte), al fine di stabilire le concrete modalit� esecutive del trasferimento del condannato dall'istituto di pena ad una casa di lavoro o ad una colonia agricola. Ma dalla stessa prospettazione risulta chiaramente il vizio che ne inficia la correttezza logic�i-giuridica. � principio generale, infatti, non essere consentito all'interprete df identificare il contenuto di una norma di legge sulla scorta di disposizioni aventi, secondo 'ia gerarchia delle fonti del diritto positivo (art. 1 Disp. sulla legge in generale), valore inferiore e secondario; disposizioni, cio�, che non possono contenere norme contrastanti con quelle della legge (art. 4, primo comma, Disp. cit.). Al contrario, alla legge devesi riconoscere, nell'ordinamento, posizione gerarchica e funzione prevalente, che la pone quale dato inderogabile di raffronto ai fini della conformit� ad essa della norma regolamentare. � perci� da escludersi il giudizio sulla costituzionalit� della legge per una asserita illegittimit� del contenuto della norma regolamentare, anche se emanata per l'esecuzione della legge medesima. Orbene, limitando l'esame al solo comma terzo dell'art. 633 c. p. p., in relazione al quale lo stesso giudice a quo non ha enunciato autonome censure, � evidente che questa norma, nella genericit� della sua formulazione, non risulta in contrasto col precetto costituzionale dell'art. 13. E ci� in quanto ne esula il significato che, come si � rilevato, si pretende desumere dalla concessione, erroneamente supposta, con la norma di cui all'art. 266, secondo comma, seconda parte, del citato Regolamento; il significato cio� che, se la persona sottoposta a misura di sicurezza preventiva sia gi� detenuta in espiazione di pena in uno stabilimento ordinario, vi debba rimanere, anche a pena espiata, fin. quando l'Autorit� di pubblica sicurezza non la prelevi per l'internamento altrove. (Omissis). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 31 marzo 1970 dal pretore di Voltri sull'incidente di esecuztone proposto da ORLANDI MAURO (Gazzetta Uff. n. 143 del 10 giugno 1970). 922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 103 -Pres. Chiarelli Rei. Verzl -Presidente Consiglio de'i Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Marche (n. c.). Regione -Regione Marche -Approvazione del conto consuntivo per il 1970 -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 125, 119; 1. reg. 24 novembre 1971). � costituzionalmente illegittima la legge della Regione Marche 24 novembre 1971, sull'approvazione del conto generale dell'amministrazione regionale per l'esercizio 19:70 (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri contro la legge regionale 22 luglio 1971, riapprovata dal Consiglio regionale delle Marche il 24 n9vembre 1971, recante �Approvazione del conto general� dell'Amministrazione regionale per l'esercizio 1970 �. S�lle conseguenze della mancata istituzione della Commissione di controllo, vedasi Corte cost. 1 marzo 1972, n. 36 in questa Rassegna, 1972, I, 179. CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, in. 104 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Jemolo, Orlando-Cascio). Corte Costituzionale -Giudizi per conflitto di attribuzione -Pubblicazione del provvedimento impugnato meramente facoltativa Irrilevanza sul termine del ricorso -Inammissibilit�. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39; r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 2). Sicilia -Concessione di impianti di raffinazione oli minerali -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Appartenenza del potere alla Regione. (St. Reg. Sic., art. 14, lett. d, 20). Nei giudizi per conflitto di attribuzione, dovendosi applicare il regolamento di procedura davanti al Consiglio di Stato, non � rilevante, ai fini della identificazione del dies a quo per l'impugnativa, la pubblicazione del provvedimento, per estratto, sulla Gazzetta Ufficiale della Region�, non prescritta da alcuna legge o regolamento, ma meramente facoltativa (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 21 dicembre 1971, per conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione siciliana sorto a seguito del decreto 21 maggio 1971, n. 537, con il quale l'Assessore per l'industria e il commercio aveva concesso alla ISAB S.p.A. di installare PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 923 Spettano alla Regione Siciliana i poteri relativi alla materia della concessione di impianti ed esercizio di raffinerie di oli minerali (2). (Omissis). -1. -In via pregiudiziale occorre esaminare la eccezione di tardivit� del ricorso sollevata dalla Regione. Al riguardo si rileva : Ai sensi del secondo comma dell'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, i ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni e Stato e altre Regioni debbono essere proposti nel termine di sessanta giorni a decorrere dalla notificazione o pubblicazione ovvero dall'avvenuta conoscenza delratto �impugnato. Per il precedente art. 22, poi, nel procedimento davanti alla Corte costituzionale (esclusi i procedimenti e giudizi di accusa) si osservano, in quanto applicabili, le norme de�l regolamento di procedura per il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. In materia di pubblicazione di atti o provvedimenti amministrativi, l'art. 2 di tale regolam.ento (approvato con r.d. 17 agosto 1907, n. 642) dispone testualmente: � Qualora si pretende che Uil1 atto o provvedimento amministrativo offenda interessi di individui o di enti giuridici, i quali non essendo direttamente con~emplati nell'atto o provvedimento medesimo non ne �abbiano avuto notificazione nelle forme prescritte dagli articoli seguenti, il termine per ricorrere alle sezioni giurisdizionali decorre dal giorno della pubblicazione di un estratto di quell'atto o provvedimento nella Gazzetta Ufficiale (del regno) o nel Bollettino degli annunzi' legali per la provincia �. e gestire nel Cbmune di Melilli un impianto per la raffinazione di oli minerali. La Corte costituzionale, con sentenza 16 luglio 1968, n. 105 (in questa Rassegna, 1968, I, 1, 879) aveva chiarito .che il termine per la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzione da parte dello Stato contro atti regionali va riferito esclusivamente all'organo legittimato a proporlo, cio� al Presidente del Consiglio dei Ministri, a nulla rilevando la pregressa conoscenza dell'atto da parte della Corte dei conti e dell'Avvocatura dello Stato, le quali non possono considerarsi incorporate nella Presidenza del Consiglio dei Mini:stri. Con sentenza 16 dicembre 1960, n. 74, in Foro it., 1961, I, 378, il Giudice costituzionale av�eva stabilito .che nell'impugnativa per conflitto di attribuzione da parte dello Stato di un decreto del Presidente della Regione (siciliana), non riferentesi in akun modo allo Stato stesso e, quindi, non soggetto a specifica notificazione, il termine per ricorrere decorreva dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale regionale. In applicazione del principio generale di� diritto processuale secondo cui l'atto che pu� formare oggetto di impugnazione deve essere portato a conoscenza del soggetto, cui la legge attribuisce la potest� di agire, il termine per proporre ricorso per conflitto di attribuzione fra Stato e Regione e fra Regioni, avanti la Corte costituzionale, decorre, fuori dalle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 924 Che l'atto impugnato nella specie, anche se adottato con la forma di decreto assessoriale, sia un semplice atto amministrativo (concessione) e non di governo non � contestato. Poich� lo Stato non vi � direttamente contemplato, non doveva essergli notificato. � stato, per�, pubblicato, non risulta se d'ufficio o a richiesta di inte ressato, nella Gazzetta Ufficiale della Regione, seconda parte. Per l'art. 15 delle Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione siciliana, adottate con d.l.c.p.s. 2.5 marzo 1947, n. 204, nella seconda parte della Gazzetta Ufficiale di detta Regione debbono essere pubblicati gli annunzi e gli avvisi prescritti dalle leggi e dai regola menti vigenti nella Regione e, su richiesta degli interessati, gli annunzi e gli avvisi di cui � obbligatoria la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Non risulta che ci sia legge o regolamento regionale da cui quella pubblicazione fosse prescritta. Deve, dunque, ritenersi che si tratti di una pubblicazione non obbli-' gatoria ma facoltativa, alla quale, per ovvie considerazioni, non pu� attribuirsi l'effetto contemplato nel sopra trascritto art. 2 del regolamento di procedura per il Consiglio di Stato. Non pu�, in conseguenza, ritenersi che il termine per l'impugnativa in esame dovesse decorrere da quella pubblfoazione, ma deve, invece, ipotesi di pubblicazione imposta da una specifica norma, dalla notifi.cazione o dalla �conoscenza del provvedimento riferite agli organi legittimati alla proposizione del ricorso (Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente della Giunta regionale). Siffatto orientamento, gi� delineato con sentenza 30 dicembre 1958, n. 82, in Giur. cost., 1958, 1003, rimane attualmente confermato; nell'ipotesi di specie era �stato, poi, adottato, con la forma del . decreto assessoriale, un atto di concessione avente natura amministrativa e non di governo, nel quale lo Stato non era contemplato;� atto non soggetto per espressa disposizione normativa a pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della regione. (2) Riprendendo i concetti gi� enunciati nella gi� citata sentenza n. 82 del 1958, la Corte ha confermato il �principio secondo cui essendo la specifica materia regolata dal d.l. 2 novembre 1933, n. 1741, conv. nella legge 8 febbraio 1934, n. 367 e dal regolamento approv;lto con r.d. 20 luglio 1934, n. 1303, contenenti soprattutto norme di prevenzione per la pubblica incolumit� ed evasioni fiscali, non � necessario che la Regione provveda a previi accordi anche con il Ministro per l'industria e commercio. � auspicabile che de iure condendo si tenga conto della necessit� di siffatti accordi, .posto che la materia degli idrocarburi � da considerarsi di preminente interesse nazionale, soggetta a programmazione generale, suscettibile di regolamentazioni comunitarie in via di elaborazione; alle quali � lo Stato a doversi uniformare. Per una disciplina del genere, sempre in tema di impianti di distributori di carburanti, cfr. la successiva sentenza della Corte 27 �luglio 1972, n. 151, di cui infra. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 925 riconoscersi che dovesse decorrere da quello della conoscenza che il Presidente del Consiglio ne ha avuto attraverso la nota del Ministero dell'industria e commercio del 21 ottobre 1971, in atti depositata, rispetto alla quale il ricorso risulta tempestivo. N� pu� in contrario invocarsi la sentenza n. 74 del 1960 di questa Corte, perch� l'atto che formava oggetto del giudizio con tale sentenza definito -decreto del Presidente della Regione di annullamento d'ufficio per motivi di interesse pubblico di un provvedimento amministrativo definitivo -era un decreto del Governo regionale, la cui pubblicazione nella prima parte della Gazzetta Ufficiale della Regione � prescritta espressamente dal sopra citato art. 15 del d.l.c.p.s. n. 204 de.I 1947. L'esaminata eccezione risulta, pertanto, infondata. 2. -Nel merito il ricorso � infondato. La qtJestione circa il trasferimento all'Assessore per l'industria e commercio della Regione siciliana dei poteri relativi alla materia della concessione di impianto ed esercizio di raffinerie di oli minerali � gi� stata sottoposta all'esame di questa Corte, sotto il profilo che, allo stato della legislazione, non fosse configurabile un concerto tra Assessore regionale e Ministro e che, quindi, dovendo la potest� del Ministro per l'industria e commercio in materia essere esercitata di concerto con il Ministro per le finanze ed, eventualmente, con il Ministro per la marina mercantile, le competenze dei quali non erano state trasferite alla Regione, non potesse ammettersi la possibilit� giuridica per l'Assessore all'industria e commercio della Regione di provvedere. Ma questa Corte, con sentenza 18 dicembre 1958, n. 82, respinse tale tesi, in sostanza, affermando: 1) che la materia � tuttora disciplinata soltanto dal decreto-legge 2 novembr� 1933, n. 1741 (conv. nella legge S. febbraio 1934, n. 367) e dal relativo regolamento approvato con r.d. 20 luglio 1934, n. 1303; 2) che non possono �porsi ai poteri attribuibili alle Regioni da norme costituzionali limiti che non siano costituzionalmente giustificati; 3) che l'esigenza del concorso nell'emanazione del provvedimento, voluto dalla legge, di altre Amministrazioni centrali dello Stato, i cui poteri non siano stati trasferiti alla Regione, pu� ben essere manifestato senza la forma tilpica del concerto, mediante accordi tra Stato e Regione. Nel caso in esame, l'Assessore regionale, uniformandosi scrupolosamente alla citata sentenza, come risulta dalla premessa dell'impugnato decreto, prima di emetterlo, ha ottenuto il consenso non soltanto del Ministro per le finanze e di quello per la marina mercantile, ma anche dello Stato Maggiore della Difesa e di tutti gli organi statali, che, ai sensi del regolamento n. 1303 del 1934 possono avere interesse, anche indiretto, nella materia. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A sostegno del gravame viene, perci�, prospettata una nuova tesi che, logicamente, dovrebbe �condurre alla negazione di ogni competenza in materia da parte della Regione, ma che, in concreto, sembra limitata alla richiesta che la Regione 'Provveda previo accordo anche col Ministro per l'Industria e Commercio. Come si � esposto in narrativa, infatti, si sostiene: -che la materia degli idrocarburi e degli impianti che li concernono � di innegabile, preminente interesse nazionale; -che, pertanto, deve formare oggetto di una programmazione globale, che abbracci tutto il territorio nazionale, anche ai fini di una organica e funzionale collocazione territoriale degli impianti; -che la materia presenta anche una notevole rilevanza nei rapporti con il MEC tanto che � in corso l'elaborazione di un regolamento, al quale l'Italia, quale membro della Comunit�, dovrebbe uniformarsi. Anche questa tesi, peraltro, risulta completamente destituita di giuridico fondamento. Come � stato affermato anche nella sopra citata sentenza n. 82 del 19'518, la competenza attribuita in materia alla �Regione dal relativo Statuto trova limiti soltanto nelle leggi costituzionali dello Stato. A tutt'oggi, sul piano della leg.islazione, la materia � disciplinata soltanto dal d.l. n. 1741 del 19'33 e relativo regolamento, che non hanno certo carattere di leggi costituzionali. Per giunta, tale disciplina ha chiaramente per oggetto soprattutto la sorveglianza diretta ad evitare ~vasioni fiscali e la garanzia della pubblica incolumit�. Ne consegue che le deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, pur apprezzabili, in senso astratto e forse anche de� jure condendo, non hanno in atto alcuna base concreta sul piano legislativo ordinario e tanto meno su quello costituzionale. Non si possono, pertanto, in base ad esse disapplicare norme che, invece, come s1 e posto pi� volte in rilievo hanno indiscusso carattere costituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 105 -Pres. Chiarelli - Rel. Crisaf~li -Pasiiii (avv. Amigoni), Galli (avv. Sorrentino e Bovio). Stampa -Riposo settimanale degli addetti -Fissazione obbligatoria tra la domenica e il luned� -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 21; I. 22 febbraio 1934, n. 370; artt. 13, 14, 22, 23, 24, 25, 26, 28). Sono costituzionalmente illegittime, con riferimento aUa libertd di manifestazione del pensiero, le disposizioni della l. 22 febbraio 1934, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 927 -n. 370 che fissano obbligatoriamente il riposo settimanale degli addetti alle aziende editrici di giornali fra le ore 13 della domenica e le ore 14 del luned� (1). (Omissis). -3. -Agiudizio della Corte, le disposizioni fin qui ricordate sono tra loro interdipendenti, formando nel loro insieme un sistema unitario che conduce -obiettivamente -al risultato di impedire, dalle ore 13 della domenica alle 12 del lunedl, la libera diffusione e circolazione delle notizie e delle opinioni, sia a mezzo della stampa periodica, sia attraverso altri mezzi equipollenti, eccezion fatta per il mezzo radiofonico (oggi, radiotelevisivo). Tuttavia, poich� alcune tra esse, e specificamente gli artt. 13 e 14, appaiono rivolte al fine primario di garantire che il riposo settimanale dei dipendenti dalle agenzie giornalistiche e similari abbia sempre e necessariamente luogo la domenica, deve essere qui preliminarmente rilevato che una siffatta rigida disciplina non potrebbe, oggi, ritenersi imposta dal principio costituzionale che tutela il diritto (irrinunciabile) dei lavoratori al riposo settimanale (oltre che alle ferie annuali). Nessun accenno alla domenica o ad altro giorno determinato si rinviene, infatti, nel terzo comma dell'art. 36, che -come questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare nelle sentenze n. 150 del 1967 e n. 146 del 1971 -si limita ad enunciare il principio del riposo settimanale, senza regolarne l'esercizio e senza prescrivere, per tutte le possibili ipotesi, una rigorosa periodicit�. Sgombrato cos� il campo dell'indagine da insussistenti esigenze di rispetto dell'art. 36, la cui attuazione bene pu� assumere, invece, forme pi� elastiche e comunque differenziate secondo la varia natura propria di ciascuna attivit�, deve riconoscersi per il particolare regime dettato per la stampa periodica, per le agenzie di notizie ed altrettanti mezzi ,di diffusione del pensiero contrasta con l'art. 21 Cost., che solennemente proclama uno tra i principi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, garantendo a � tutti � il diritto di manifestare liberamente (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze: 30 novembre 1970 del pretore di Trieste (Gazzetta Uff. n. 42 del 17 febbraio 1971); 31 dicembre 1970 del pretore di Bari (Gazzetta Uff. n. 99 del 21 aprile 1971); 18 marzo 1971 del pretore di Bologna (Gazzetta Uff. n. 151 del 16 giugno 1971); 5 aprile 1971 del pretore di Napoli (Gazzetta Uff. n. 170 del 7 luglio 1971), 6 agosto 1971 de�l pretore di Milano (Gazzetta Vff. n. 323 del 22 dicembre 1971); 30 settembre 1971 del pretore di Torino (Gazzetta Uff. n. 23 del 26 gennaio 1972). Per pcrecedenti giurisprudenziali e dottrinali relativi, in ispecie, alla tutela del riposo settimanale (art. 36, 3� comma, Cost.), all'art. 21 Cost., al .sequestro di giornale, vedasi Foro it. 1972, I, 1912. 928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il proprio pensiero � ogni mezzo di diffusione � e dettando per di prn ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita 928 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il proprio pensiero � ogni mezzo di diffusione � e dettando per di prn ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole. Naturalmente, che �tutti� abbiano diritto di manifestare il proprio pensiero �con ogni mezzo�, non pu� significare che tutti debbano avere, in fatto, la materiale disponibilit� di tutti i possibili mezzi di diffusione, ma vuol dire, pi� realisticamente, che a tutti la legge deve garantire la giuridica possibilit� di usarne o di accedervi, con le modalit� ed entro i limiti resi eventualmente necessari dalle peculiari caratteristiche dei singoli mezzi o dalla esigenza di assicurare l'armonica coesistenza del pari diritto di ciascuno o dalla tutela di altri interessi costituzionalmente apprezzabili, giusta i criteri di cui questa Corte ha fatto applicazione in varie occasioni (sentenze n. 59 del 1960, n. 48 del 1964, n. 11 del 1968). 4. -Ora, come risulta dalla analitica espos1z10ne che se n'� fatta qui sopra al punto 2, le disposizioni della legge del 1934, di cui � questione, contengono una disciplina ispirata a criteri del tutto opposti rispetto a quelli innanzi precisati. Per un verso, e con particolare riguardo alla stampa periodica, determinano, infatti, un 'rigoroso sistema di limiti temporali alla diffusione, manifestamente eccedenti rispetto al fine di realizzare il riposo settimanale dei lavoratori addetti al settore ed in nessun modo giustificati da esigenze di tutela di interessi c9stituzionalmente rilevanti. Per altro verso, spingendosi oltre l'ambito della stampa periodica, giungono sino a inibire (art. 26, primo comma) l'uso di una serie indefinita di altri mezzi di diffusione al pubblico (quali potrebbero essere, ad esempio, notiziari parlati, filmati, ecc.) nel corso di un periodo di tempo press'a poco coincidente con quello durante il quale � sospesa la pubblicazione dei giornali. Ne risulta perci�, dal lato attivo, indebitamente compressa la libert� di manifestazione (libert� di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti); e ne risulta altres� menomato -dal punto di vista, invece, dei destinatari della manifestazione -l'interesse generale, anch'esso indirettamente protetto dairart. 21, alla informazione; il quale, in un regime di libera democrazia, implica pluralit� di fonti di informazione, libero a�ccesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee. 5. -L'accennato contrasto delle disposizioni denunciate con l'art. 21 Cost. ne comporta la declaratoria di illegittimit� costituzionale, restando assorbiti gli altri profili dedotti nelle ordinanze. Fa eccezione il secondo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 929 comma dell'art. 14, che si limita a stabilire le regol,e del riposo settimanale per turno nei �confronti del personale addetto alla vendita dei giornali, in ordine al quale la questione di legittimit� costituzionale deve dichiararsi non fondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 giugno 1972, n. 106 -Pres. Chiarelli - Rel. Mortati -Nieddu (n. c.). Reato -Reato e pena -Proscioglimento per totale infermit� di mente Ricovero in manicomio giudiziario per un periodo minimo -Ille gittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p. art. 222). Non � fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 222 codice penale, che stabilisce il periodo minimo di ricovero in manicomio giudiziario per l'imputato prosciolto per totale infermit� di mente (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza �emessa il 9 settembre 1971 dal giudice istruttore del Tribunale di Nuoro (Gazzetta Uff. n. 37 del 9 febbraio 1972). Per le precedenti decisioni sul problema di legittimit� costituzionale della presunzione di pericolosit� sociale (art. 204, primo e secondo comma, cod. pen.), Corte cost. 10 marzo 1966, n. 19 in Foro it.; 1966, I, 349, Corte cost. 9 giugno 1967, n. 68, idem 1967, I, 1366). Circa il contrasto dell'art. 224, secondo comma, cod. pen. con l'art. 3 Cost. nella parte in cui rende automatico il ricovero in riformatorio giudiziario di tutti i minori di anni 14, resi colpevoli di delitti, cfr. Corte cost. 20 gennaio 1971, n. 1, in questa Rassegna 1971, I, 1, 213. CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 110 -Pres. Chiarelli - Rel. Trimarchi -Antinori (n. p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Fallimento -Mancata audizione degli interessati da parte del Tribunale � -Illegittimit� ~ostituzionale. (Cost., art. 24; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 147, 162, 195). Fallimento -Bancarotta semplice -Omessa tenuta dei libri contabili Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217). 930 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Procedimento penale -Accertamento da parte del tribunale fallimen tare -Trasmigrazione nel processo penale -Illegittimit� costitu zionale -Esclusione. (Cost., art. 24; c.p.p. artt. 19, 21). Sono costituzionalmente illegittime, per violazione del diritto di difesa, le seguenti disposizioni della legge fallimentare (r. d. 16 marzo 1942, n. 267): art. 147, comma primo, nella parte in cui non prevede l'obbligatoria convocazione in camera di consiglio dei soci illimitatamente responsabili, nei cui confronti produce effetti il falliment� della societ�; art. 162, comma primo, nella parte in cui non prevede analoga convocazione del debitore richiedente il concordato preventivo; art. 195, comma secondo, nella parte in cui non prevede analoga convocazione del debitore neiza procedura di accertamento dello stato di insolvenza per la liquidazione coatta amministrativa (1). Non � fondata, con riferimento alL'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 217, comma primo e secondo, della legge fallimentare, sul reato di bancarotta semrptice (2). Non � fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 19 e 21 codice di procedura penale, in base ai quali fanno stato, nel processo penale, gli accertamenti effettuati da parte del tribunale fallimentare (3). (Omissis). -3. -Sulla legittimit� costituzionale dell'art. 147, comma primo, della legge fallimentare, e sempre con riferimento all'art. 24, comma secondo, della Costituzione, vengono avanzati dubbi dal tribu nale di Milano con l'ordinanza del 23 aprile 1970. Ad aviso del giudice a quo la dedotta illegittimit� costituzionale risiederebbe nel fatto che la norma non prevede che siano personalmente sentiti o comunque pre viamente avvertiti i soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce effetto la sentenza che dichiara il fallimento della societ� con soci a responsabilit� illimitata. La Corte ritiene che in relazione alla norma in esame ed a fonda mento della pronuncia che di seguito viene adottata, valgono i motivi posti a base della citata sentenza n. 141 del 1970 nonch� della sentenza (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze emesse: il 13 febbraio 1970 dal Tribunale di Roma (Gazzetta Uff. n. 125 del 20 maggio 1970); il 16 aprile 1970 dal Tribunale di Potenza (G'azzetta Uff. 222 del 2 settembre 1970); il 23 aprile 1970 dal Tribunale di Milano (Gazzetta Uff. n. 106 del 28 aprile 1971); 1'11 marzo 1971 dal pretore di Siracusa (Gazzetta Uff. n. 163 del 30 giugno 1971); il 23 marzo 1971 dal Tribunale di Bologna (Gazzetta Uff. n. 259 del 13 ottobre 1971; il 24 giugno 1971 dal pretore di Verona (G'azzetta Uff. n. 297 del 24 novembre 1971); PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 931 n. 142 dello stesso anno (con cui � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 147, comma secondo, nella parte in cui �non consente ai soci illimitatamente responsabili l'esercizio del diritto di difesa nei limiti .compatibili con la natura del procedimento di camera di consiglio prescritto per la dichiarazione di fallimento�). La circostanza che. la norma dell'art. 15, di cui � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale nei sensi sopra detti, sia una norma di portata generale e quindi applicabile anche all'ipotesi del fallimento delle societ�, non � di ostacolo all'accoglimento della tesi sostenuta dal giudice a quo che per il primo comma dell'art. 147 il tribunale possa non sentire personalmente o non previamente avvertL~ i soci illimitatamente responsabili in quanto tali. Era in facolt� ed ora, dopo la pubblicazione della sentenza n. 141 del 1970, � obbligo del tribunale di � disporre la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio per l'esercizio del suo diritto �di difesa�, e ci� tanto se il debitore sia un imprenditore individuale quanto se lo stesso sia una societ�. Ma in questo secondo caso, e nella specifica ipotesi di societ� con soci a responsabilit� illimitata, � tuttavia vigente la norma denunciata che riguarda i soci illimitatamente responsabili in quanto tali, e non nella loro eventuale qualit� di amministratori o liquidatori della societ�. Giustamente il tribunale di Milano ritiene che in caso di fallimento di una societ� con soci a responsabilit� illimitata, non basti la convocazione dell'imprenditore collettivo in camera� di consiglio prima della dichiarazione di fallimento, ovvero di alcuno dei soci aver>';i la rappresentanza della societ� perch�, qualora si operi in codesti modi, pu� essere soddisfatto il diritto di difesa della societ�, ma non quello di tutti i soci, soggetti personalmente al fallimento. Stante ci�, la Corte � dell'avviso che il diritto di difesa debba essere garantito anche nella prima fase della procedura fallimentare, sia pure compatibilmente con le finalit� di tutela dell'interesse pubblico a cui essa � preordinata, per dar modo ai soci illimitatamente responsabili di contrastare con l'eventuale ausilio di difensori, in confronto della societ� e dei creditori istanti (ed a ciascuno dei soci in confronto degli altri), la veridicit� dell'asserito stato di insolvenza e l'assoggettabilit� all'esecuzione fallimentare. E conseguentemente ritiene che la norma denunciata sia illegittima costituzionalmente nella parte in cui non prevede che il 7 luglio 1971 dal pretore di Napoli (Gazzetta Uff. n. 311 del 9 dicembre 1971); il 2 luglio 1971 dal pretore di Mantova (Gazzetta Uff. n. 323 del 22 dicembre 1971); il 20 aprile 1971 della Corte di Appello di MHano (Gaz zetta Uff. n. 323 del 22 dicembre 1971). Per la dottrina cfr. NuvoLONE, Fallimento (nota), in Enciclopedia del diritto, 1967, XVI, 180; per qualche riferimento giurisprudenzial�e v. Foro it. 1972, I, 1902. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prima della dichiarazione del fallimento della societ� con soci a responsabilit� illimitata, il tribunale debba ordinare la comparizione in camera di consiglio dei soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce effetto la detta sentenza. Ovviamente, gli atti che potranno essere compiuti nel rispetto del diritto di difesa riconosciuto ai soci illimitatamente responsabili, in concreto non potraqno non essere armonizzati con le esigenze di urgenza e tempestivit� proprie della procedura fallimentare e con le finalit� di giustizia, a cui lo stesso diritto di difesa � essenzialmente coordinato. 4. -Deve parimenti essere dichiarata fondata nei limiti di cui appresso, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 162, commi primo e secondo, della legge fallimentare, sollevata dal tribunale di Potenza e dalla Corte d'appello di Milano con ordinanze rispettivamente del 16 aprile 1970 e del 20 aprile 1971. Secondo il primo giudice, la norma sarebbe in contrasto con l'art. 24, comma secondo, sotto due profili: anzitutto, perch� prevede come facoltativa l'audizione del debitore che abbia proposto domanda di ammissione al concordato preventivo, e prima della dichiarazione di inammissibilit� dell'istanza; e perch� non prevede per il debitore, durante questa stessa fase, l'assistenza del difensore; ed in secondo luogo, perch� dichiara non soggetto a reclamo il decreto di inammissibilit�. Relativamente al primo profilo, ricorrono, e non � il caso quindi che siano ripetuti, i motivi posti nel precedente numero a base della pronuncia di parziale illegittimit� dell'art. 147, comma primo. Non pu� dirsi, in effetti, sufficiente, per garantire il diritto di difesa del debitore, la semplice facoltativit� della sua audizione. N� rilevano in senso contrario peculiari caratteristi-che della fase preliminare del procedimento di concordato preventivo; � vero che il debitore � posto in grado di far conoscere le proprie ragioni e richieste con la domanda di ammissione alla procedura, ma dopo che questa ha avuto inizio, al debitore non � consentito pi� di svolgere utili difese. Anzi, va tenuto presente che non costituiscono sufficienti garanzie per il debitore le possibilit� che secondo la giurisprudenza gli sono date di proporre reclamo ex articolo 111 della Costituzione avverso il decreto .di inammissibilit�, qualora a questo non segua la dichiarazione di fallimento, o di impugnare la sentenza dichiarativa del fallimento, perch� il reclamo pu� proporsi solo per violazione di legge, e dall'eventuale s.entenza di revoca del fallimento residuano in danno del debitore evidenti effetti pregiudizievoli. E si deve quindi ritenere costituzionalmente illegittima la norma de qua nella parte in cui non prevede che il tribunale prima di decidere sulla ammissibilit� della proposta, debba invitare il debitore istante a comparire in camera di consiglio perch� possa essere sentito. � PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 933 Risulta non fondato l'assunto dello stesso tribunale di Potenza, che la norma in oggetto sia costituzionalmente illegittima perch� non � prevista l'assistenza ad opera di difensore. �, nel sistema, anche a iProposito dei procedimenti speciali, e delle fasi preliminari o sommarie di pi� ampi procedimenti giurisdizionali, infatti, che la parte si possa far rappresentare o almeno assistere da un difensore. In mancanza di una norma che vieti �codesta assistenza, si deve quindi ritener�e che la stessa sia implicitamente ammessa e consentita. E pertanto il lamentato vizio a proposito della norma de qua non sussiste. � invece inammissibile la questione l� ove � mossa doglianza in relazione alla non reclamabilit� del decreto con cui il debitore non venga ammesso alla procedura di concordato preventivo. � di tutta evidenza, infatti, che manca per il giudice a quo ogni interesse alla dichiarazione d'illegittimit� della norma sul punto in esame, dato che, qualora la Corte dovesse ravvisare la dedotta illegittimit�, la pronuncia in quanto afferente ad una norma non applicabile dal tribunale, non inciderebbe in alcun modo sul procedimento in corso. Rilevata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 162 in relazione al primo profilo, risulta non meritevole di accoglimento la prospettazione che della questione viene effettuata dalla Corte di appello di Milano, per la quale si avrebbe la violazione dell'art. 2'4, comma secondo, per il fatto che la norma denunciata, nel suo secondo �comma, non prevede che il tribunale debba disporre la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa prima di procedere alla dichiarazione del fallimento. Infatti, il decreto di inammissibilit� della domanda di concordato preventivo e la sentenza dichiarativa del fallimento del debitore istante sono i modi e i mezzi di formazione ed esteriorizzazione dell'unica o contestuale volont� dell'ufficio di takh�, prescritto che del debitore debba essere disposta la comparizione in camera di consiglio, prima che il tribunale possa emettere il decreto, il diritto alla difesa � assicurato �anche in relazione all'eventuale dichiarazione di fallimento. 5. -Sarebbe, infine, in contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione, l'art. 195, �comma secondo, della legge fallimentare nella parte in cui non prevede l'obbligo per il tribunale di disporre la comparizione del debitore in camera di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa, in contradditorio con la parte che abbia richiesto la dichiarazione dello stato di i~solvenza dell'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento, e �con l'autorit� governativa che ha la vigilanza sull'impresa stessa. La questione, sollevata dal tribunale di Bologna con ordinanza del 23 marzo 1971, � fondata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La norma dell'art. 195, comma secondo, dispone che, prima di provvedere, il trtbunale deve sentire l'autorit� governativa �he ha la vigilanza sull'impresa. Ma non prevede per lo stesso tribunale l'obbligo di disporre la comparizione in camera di consiglio dell'imprenditore perch� questo possa esercitare il diritto di difesa. L'imprenditore, quindi, non � posto in grado, nela fase anteriore alla dichiarazione del tribunale, di affermare e dimostrare le proprie ragioni e di avanzare le proprie richieste, eventualmente con assistenza tecnica, in confronto dei creditori istanti e dell'autorit� governativa di vigilanza, e a tale carenza, sul terreno delle garanzie della difesa, non si supplisce con il riconoscimento del diritto alla opposizione, operato con il quarto comma dello stesso art. 195. La norma denunciata � perci� illegittima costituzionalmente nella parte in cui non prevede l'obbligo per il tribunale di disporre la comparizione in camera di consiglio dell'imprenditore per l'esercizio del diritto di difesa, prima che il tribunale stesso si pronunci sulla richiesta di dichiarazione dello stato di insolvenza dell'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento. 6. -Non � invece fondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 19 e 21 del codice di procedura penale, in riferimento all'articolo 24, comma secondo, della Costituzione. Secondo il pretore di Mantova si avrebbe una paralisi della difesa. nel procedimento penale a carico di un imputato del reato previsto e punito dall'art. 217, comma secondo, della legge fallimentare, come conseguenza della paralisi della f_unzione .primaria del giudice penale che in base ai dettf artt. 19 e 21 � vincolato � a tener fermo un presupposto (�status� di imprenditore) contenuto in una sentenza resa in un procedimento no.n garantito da adeguato contraddittorio � per. non esserv� previsto l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. Senonch� l'asserita impossibilit� e difficolt� per l'imputato di difendersi non sussiste. Proprio tenendosi conto delle norme impugnate, e sul presupposto della loro applicabilit� alla specie, non pu� ammettersi che l'imprenditore commerciale, il quale, dichiarato fallito con sentenza passata in giudicato, sia imputato del reato di bancarotta semplice, subisca una menomazione del proprio diritto di difesa. Infatti, in ordine alle condizioni oggettive e soggettive necessarie e sufficienti per la dichiarazione di fallimento, esso imprenditore ha a propria disposizione i mezz�. e i modi pi� adeguati per dimostrarne l'inesistenza o la non sufficienza, sia nella fase anteriore alla dichiarazione di fallimento sia avverso la relativa sentenza e sino all'eventuale passaggio in giudicato di essa. Con la dichiarazione di parziale illegittimit� degli artt. 15 e 147, comma primo, e in base al disposto dell'art. 147, secondo comma (alla luce della citata sentenza n. 142 del 1970), il tribunale � tenuto a convocare in camera di consiglio l'imprenditore commerciale e i soci illimitatamente PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 935 responsabili perch� ogni interessato possa esercitare il proprio diritto di difesa, anche con l'assistenza tecnica, nei limiti consentiti dalla natura e funzione del procedimento. E, d'altra parte, attraverso l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, all'imprenditore � assicurata un'ampia difesa. �> Non si vede, d'altronde, come ed in che senso l'esercizio del diritto di difesa venga limitato in dipendenza del fatto che nel procedimento civile di fallimento non � obbligatoria la presenza del pubblico ministero, la cui partecipazione ad ogni processo civile, per altro, non � imposta dal vigente sistema costituzionale. 7. -Il pretore di Verona per i primi due commi dell'art. 217 della legge fallimentare ed i pretori di Siracusa, di Napoli e di Mantova solo per il secondo comma dello stesso articolo, avanzano dubbi di legittimit� costituzionale, assumendo che sarebbe in contrasto con l'art.' 3 della Costituzione la norma risultante dai detti commi, considerata in s� ed in relazione ad istituti quali l'amnistia e la prescrizione, ed allo specifico provvedimento di clemenza di cui al d. P. R. 22 maggio 1970, n. 283. Con le ordinanze di rimessione si ritiene in primo luogo, premesso che l'oggetto della pretesa punitiva statuale consisterebbe non tanto nel comportamento (mancata od irregolare tenuta dei libiri contabili e delle scritture contabili obbligatorie) quanto nell'insolvenza del debitore, che soggetti trovantisi in pari condizioni (e cio� imprenditori commerciali che non abbiano osservato il detto obbligo di comportamento) vengono trattati differentemente in base e a seconda delle proprie vicissitudini economiche. Si rileva in secondo luogo che, dovendosi intendere il reato in oggetto consumato alla data della sentenza di�hiarativa del fallimento, si avrebbe una ingiustificata disparit� di trattamento anche in relazione al momento consumativo del reato che dipenderebbe dal gioco delle pi� varie circostanze o di fattori del tutto casuali o ind~pendenti dalla volont� dell'agente, ovvero dalla solerzia o celerit� degli organi giudiziari preposti alla procedura concorsuale di fallimento. Codeste ragioni, ad avviso della Corte, non hanno sufficiente fonda mento e quindi non possono essere condivise. Spetta al legislatore di dire se, come e quando un dato fatto costituisca reato. Rientra nell'ambito della sua discrezionalit� la valutazione degli interessi meritevoli di tutela, e cos� pure la diversificazione, nel trattamento giuridico, di situazioni che, pur presentando notevoli elementi in comune, non siano identiche. A proposito dell'ipotesi criminosa dell'art. 217, comma secondo, e giusta l'interpretazione che ne d� la Corte di cassazione, il legislatore ha ritenuto che il semplice comportamento dell'imprenditore commerciale, consistente nella mancata, irregolare o incompleta tenuta dei libri 936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e delle altre scritture contabili, in violazione dell'obbligo posto dagli artt. 2214 e seguenti del codice civile, non metta in pericolo il 'bene che con quella i,p<;>tesi ha inteso tutelare; ed ha invece ravvisato come attuale, codesta messa in pericolo solo se e all'atto in cui l'imprenditore com merciale venga dichiarato fallito. L'attivit� dell'imprenditore commer ciale, per gli interessi che tocca o su cui incide, � fonte per lo stesso suo autore di responsabilit�, collegata al rischio dell'impresa. Ed in rela zione ad essa, appare quindi razionale che solo alcuni dei comportamenti che quella attivit� integrano, siano penalmente riprovati e che lo siano se ed in quanto si presentino con una certa gravit�. Il legislatore avrebbe potuto �considerare la dichiarazione di falli mento tra l'altro come semplice condizione di procedibilit� o di puni bilit�, ma ha invece voluto -come � riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione -richiedere l'emissione della sentenza ;per l'esistenza stessa del reato. E d� perch�, intervenendo la sentenza dichia rativa del fallimento, la mes~a in pericolo di lesione del bene protetto si presenta come effettiva ed attuale. Stante ci�, � fuor di luogo parlare di soggetti che si trovano in pari condizioni e di trattamenti giuridici differenziati. L'art. 217, comma se condo, prende in considerazione un'unica o unitaria situazione di fatto (della quale, come si � detto, fa parte integrante ed essenziale Ja dichia razione di fallimento dell'imprenditore commerciale) e per essa opera una unitaria previsione del fatto come reato, e delle sanzioni penali. E del pari non ha ragione di essere l'assunto che, potendo influire in ordine al momento consumativo del reato fattori del tutto casuali o indiJ>endenti dalla volon~� dell'imprenditore commerciale, la' ripetuta norma dell'art. 217, comma secondo, dia vita ad una discriminazione nel trattamento giuridico. Giova al riguardo considerare ancora una . volta che la norma pone in essere una sola previsione valida per tutti � gli'imprenditori commerciali soggetti al fallimento, per cui questi commettono il reato solo quando siano dichiarati falliti. E l'eventualit� che per imprenditori commerciali che abbiano cessato contemporaneamente la loro attivit�, la data del commesso reato debba coincidere con quella della dichiarazione di fallimento relativa a ciascuno di essi � del tutto conseguenziale. Considerati, per ci�, insoddisfacenti gli argomenti addotti in gene rale a sostegno della pretesa disparit� di trattamento, vanno egualmente disattese le ragioni �che a detta dei giudici di merito militerebbero a di mostrazione di quella disparit� in casi particolari ed in relazione a dati istituti. Come� non ricorre una disparit� di trattamento nell'ipotesi sopra ricordata di imprenditori �commerciali che, pur cessando l'attivit� con temporaneamente, commettano il reato di bancarotta semplice in mo menti diversi perch� dichiarati falliti sotto differenti date, cos� per quan PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 937 to in precedenza detto, quella disparit� non sussiste neppure nella ipotesi estrema di pi� soci illimitatamente responsabili che, pur avendo svolto una unica attivit� di impresa, vengano dichiarati falliti in tempi diversi (secondo le previsioni .dei primi due commi dell'art. 147) e qundi commettono il reato de quo nei detti tempi. Dato il carattere personale della� responsabilit� penale, questa non ,pu� non essere ricollegata, per il singolo socio, all'effettivo ed attuale pericolo di lesione del bene protetto e specificamente alla dichiarazione di fallimento che lo riguardi; e d'altra parte, � innegabile l'autonomia dei singoli fallimenti dei vari soci. Non si ravvisa, infine, alcuna disparit� di trattamento mettendo a raffronto le ipotesi fin qui considerate (ed altre analoghe, prospettate anch'esse nelle ordinanze di rimessione) nonch� quella di soggetti imputati in forza di altre ipotesi criminose, e per il caso in cui si renda necessario accertare il momento consumativo del reato, in vista dell'applicazione di amnistie e indulti ed in particolare del d. P. R. n. 283 del 1970. Ci� che caratterizza il modo di accertamento del momento consumativo del reato, come si � visto, non pone la previsione criminosa di cui all'articolo 217, comma secondo, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione; e quindi � logicamente coerente e conseguenziale che ,possano essere di , versi i momenti di consumazione del reato anche quando le attivit� prefallimentari dell'imprenditore siano state contemporanee o siano . finite nello stesso tempo. Posto ci�, � del tutto giustificato �che dell'amnistia o indulto o di un dato provvedimento di clemenza possano giovarsi solo i soggetti per i quali i momenti consumativi dei rispettivi reati intervengano entro il termine di efficacia del singolo provvedimento. E va infine considerato che la denuncia di incostituzionalit� che qui viene esaminata concerne unicamente l'art. 217, commi primo e secondo. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 111 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino), Prestdente Regione Trentino-Alto Adige (avv. Benvenuti) Presidente Regione Sardegna (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Imposte e tasse in genere -Legge delega per la riforma tributaria Violazione delle competenze regionali -Mancanza di interesse attuale -Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 134, 76; 1. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, secondo comma, n. 13). Sono. inammissibili, per mancanza di interesse attuale, i ricorsi proposti dalle Regioni della Sicilia, del Trentino-Alto Adige e della Sar RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 938 degna avverso la norma della legge delega per la riforma tributaria (art. 10, secondo comma, n. 13, l. 9 ottobre 1971, n. 825) che po.ne fra i criteri dirett�vi al Governo l'abrogazione delle leggi regionali derogative alla nominativit� dei titoli azionari (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 112 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Sardegna (avv. Guarino) e Presidente Regione Sicilia (avv. Sorrentino). Imposte e tasse in genere -Titoli azionari -Atti amministrativi regionali derogatori al principio della nominativit� -Ricorso per conflitto di attribuzione -Inammissibilit�. (Cast., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39. I. reg. Sardegna 12 aprile 1957, n. 10; 1. reg. Sicilia 8 luglio 1958, n. 32). Sono inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione proposti dallo Stato contro provvedimenti amministrativi delle Regioni Sardegna (1) La questione era stata sottoposta all'esame della C:orte dalla Regione Siciliana, dalla Regione Sardegna, dalla Regione Trentino-Alto Adige, con ricorsi n�tifkati il 13 ,novembre 1971. La denuncia di costituzionalit� concerneva l'art. 10, secondo .cot~ma, n. 13, della legge statale 9 ottobre 1971, n. 825, contenente delega al Governo per l'attuazione legislativa della riforma tributaria. Il citato articolo pone, fra i criteri direttivi d'esercizio del potere di delegazione, l'abolizione delle deroghe al principio della nominativit� dei titoli azionari previste nelle leggi di regioni a statuto speciale. Il Giudice costituzionale ha accolto la preliminare eccezione di inammissibilit� del ricorso sollevata dalla difesa dello StatO'. La legge di delegazione, infatti, � legge strumentale, come fonte del potere del Governo ed � solo indirettamente o mediatamente legge materiale -cfr. LIGNOLA, La delegazione legislativa, Milano, 1950, 151 -anzi, pu� dirsi, lo � solo condizionatamente all'affettivo esercizio della delega. Se il termine iprefissato �scade, la legge delegante, bench� formalmente e sostanzialmente valida, � inutiliter data. Pertanto il controllo di legittimit� costituzionale, ammesso per �le leggi formali re.canti disposizioni in senso materiale -cfr. REDENTI, Legittimit� delle leggi e Corte costituzionale, Milano, 1957, 20 -non � esercitabile in ipotesi nelle quali le conseguenze connesse all'esercizio della funzione legislativa sono quiescenti e condizionate. Corollario di siffatta premessa � l'ammissibilit� della denuncia costituzionale in via principale della legge delegata con termine scaduto rispetto alla legge delegante, derivando, appunto, l'attualit� della lesione dalla predetta legge delegata. � � La sentenza citata nel testo -Corte cost. 24 febbraio 1964, n. 13 leggersi in Giur. costit., 1964, 96 (nota di CRISAFULLI). PARTE i, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 939 e Sicilia, autorizzativi delL'emissione di titoli azionari ai portatore, in Leggi regionali suita deroga aHa nominativit� obbligatoria dei titoli azionari (2). I (Omissis). -3. -Tutti e tre i ricorsi hanno per oggetto una norma della .su menzionata legge statale, che accord� al Governo delegazione per la riforma tributaria. Precisamente hanno per oggetto uno dei criteri che il Governo deve seguire nell'attuazione della potest� attribuitagli: la legge deleg�ata dovrebbe infatti abrogare le leggi regionai.i che hanno portato deroga al principio della nominativit� dei titoli azionari. Le Regioni sostengono che le loro leggi sono atti di esercizio di una competenza statutaria che lo Stato non pu� concul!!are; ma non avvertono che i loro ricorsi .investono una norma che non porta lesione attuale a quella competenza, perch� ne � destinatario il Governo dello Stato, non le Regioni. Determina infatti l'oggetto dell'attivit� delegata e ne d� un limite, senza innovare direttamente e immediatamente l'ordinamento preesistente, cio� l'ordinamento costituito dalle Regioni. Cosicch� potr� discutersi della validit� delle leggi delegate, dopo che il Governo avr� esercitato la potest� che gli � stata conferita, ma non oggi della validit� della legge deleg�ante. (2) I ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificati il 23 dicembre 1971,. ed il 12 gennaio 1972, con i quali era stata sottoposta all'esame della C�rte con prospettazione di conflitto di attribuzione e deduzione, in via incidentale, come mezzo al fine, dell'illegittimit� costituzionale della legge reg�onale sarda 12 aprile 1957, n. 10, e della legge regionale siciliana 8 luglio 1948, n. 32, sono stati esaminati sotto il profilo formale dell'ammissibilit� dell'impugnazione. Sul punto, v. Corte cost. 18 maggio 1972, n. 94 in questa Rassegna, I, 1, pag 918. Cir�ca l'incostituzionalit� di una disciplina regionale dei titoli azionari che deroghi al .principio della nominativit� non possono qui che ribadirsi i concetti gi� esposti nelle difese dinanzi alla Corte. Sostanzialmente, come pu� legge~si nelle premesse di fatto della decisione, secondo lo Stato non rientra nella potest� �legislativa delle Regioni modificare la disciplina di materie giuridiche, come quelle della societ� e dei titoli di credito, che hanno, nell'ordinamento generale, una loro regolazione unitaria. Per la riaffermazione recente da parte della Corte Costituzionale, della esclusione di ogni competenza regionale in tema di rapporti privatistici, dr. la sentenza 27 luglio 1972, n. 154, di cui infra, 1041. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In altre parole, la legge di delegazione legislativa � soltanto funte di un potere governativo, ha valore preliminare e, pei: non essere legge materiale interessante la Regione, dovr� essere integrata dall'atto di esercizio della delegazione. Il suo controllo di� legittimit� � strumentale a quello relativo alla legittimit� della legge delegata; non pu� essere cio� promosso come fine a se stante, tanto pi� che non si pu� escludere in via di fatto che il termine della delegazione trascorra inutilmente. N� si obietti che vi � lesione attuale dell'interesse delle Regioni perch� la norma impugnata ,ponendo al Governo la direttiva di disporre l'abrogazione di leggi regionali, implicitamente afferma che lo Stato sia a ci� competente: v.ale anche per tale obiezione, proposta nella discussione orale, il rilievo per cui la norma, concernendo unicamente i rapporti fra Parlamento e Governo, incide sulla competenza rivendicata dalle Regioni condizionatamente .all'attuazione concreta della potest� delegata. In altra occasione la Corte ha deciso che la lesione di un diritto o di un interesse sorge dalla legge delegata, non da quella delegante; ed ha giudicato ammissibile la denuncia� in via principale di questa seconda legge quando gi� erano decorsi i termini per la denuncia della incostituzionalit�. -(Omissis). II 1. -Con riferimento a decreti del Presidente della Giunta regionale sarda e rispettivamente dell'Assessore regionale siciliano per l'industria e il commercio, che hanno autorizzato l'emissione di nuove azioni al portatore di societ� commerciali aventi sede :11elle rispettive isole o hanno prorogato o confermato autorizzazioni anteriori o concesso lo svincolo della cauzione depositata a garanzia degli adempimenti che ineriscono ad autorizzazioni del genere, il Presidente del Consiglio dei ministri, con atti notificati rispettivamente il 23 dicembre 1971 ed il 12 gennaio 1972,, ha ricorso a questa Corte per conflitto di attribuzione e ha dedotto, in via incidentale, come mezzo al fine, l'illegittimit� costituzionale rispettivamente della legge regionale sarda 12 aprile 19<57, n. 10, e della legge regionale siciliana 8 luglio 1948, n. 32, su cui si basavano i decreti suindicati. Il Presidente del �onsiglio ha dedotto ch(;! non rientra nella potest� legislativa delle Regioni modificare, in relazione alle singole attivit� di propria competenza, la disciplina di materie giuridiche, come quelle delle societ� e dei titoli di credito, che hanno, nell'ordinamento generale, una loro regolamentazione unitaria ispirata a propri principi e a individuate esigenze generali. \i: 1:: ~~ ~~ �;:: !; PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 941 La legge 9 ottobre 1971, n. 825�, accordando al Governo una delegazione legislativa per la riforma tributaria, ha posto fra i principi direttivi l'abolizione delle deroghe al principio della nominativit� obbligat�ria dei titoli azionari previsti nelle leggi di regioni a statuto speciale; le due leggi regionali denunciate sono in contrasto: a) con l'art. 3 della Costituzione, perch� / creano sperequazioni nel sistema di accertamento tributario fra cittadini di diverse regioni; b) con l'art. 53�, secondo comma, della Costituzione, perch� frustrano le finalit� della riforma tributaria, che sono rivolte ad attuare il �precetto costituzionale della .Progressivit� del carico tributario; c) c�n l'art. 42, secondo comma, della Costituzione, perch� solo alle leggi dello Stato pu� essere riconosciuta l'idoneit� a garantire. disciplinare e limitare la propriet� privata; d) con il limite territori,ale di efficacia delle leggi regionali, perch� le azioni emesse dalle societ� esistenti nelle due isole possono circolare liberamente fuori dal territorio regionale, e fuori da tale territorio essere acquistate, negoziate, cedute, cos� che la legge regionale si sovrapporrebbe .geograficamente, oltre che nella sostanza, al procedimento di accertamento fiscale apprestato dalla legge dello Stato. La legge sarda contrasta con l'art. 4, lett. a, dello Statuto speciale della Sardegna e quella siciliana con l'art. 14, lett. a, dello Statuto speciale della Sicilia; i quali, � vero, danno alle rispettive Regioni competenza in materia di industria e di commercio, ma, dovendosi escludere il criterio finalistico nelle delimitazioni di tale competenza, ne fanno escludere la disciplina derogatrice alla regola della nominativit� dei titoli az�onari, che ~ttiene direUamente a rapporti di diritto privato e strumentalmente alla riforma tributaria, esclusi dalla competenza regionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 113 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Paci (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. �avv. gen. dello Stato Carafa). Reato -Esercizio abusivo di gioco non di azzardo -Determinazione dell'autorit� di P. S. -Violazione della riserva di legge e del prin cipio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 25, 3; c.p., art. 723; r.d. 18 giugno 1.931, n. 773, art. 110). Non � fondata, sia con rife1�imento alla riserva di legge in materia penale che al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 723 codice penale e all'art. 110 t.u. leggi di P.S., che 942 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO affidano aH'autorit� di P.S. la determinazione dei giochi non d'azzardo, passibili di divieto al loro esercizio (1). (Omissis). -1. -Il pretore di Livorno ha sottoposto alla Corte la questione se gli artt. 723 del codice penale e 110 del testo unico delle I leggi di pubblica sicurezza -concernenti, rispettivamente, l'esercizio abusivo dei ~iochi non d'azzardo, proibiti dall'autorit� amministrativa, ed il potere di quest'ultima di stabilire quali giochi siano da vietare violino l'art. 25,, secondo comma, della Costituzione, in quanto la valutazione della 1pubblica amministrazione sulla pericolosit� dei gioch(i sfuggirebbe, non essendo strettamente tecnica, al controllo di mera le~ittimit� del giudice ordinario e attribuirebbe aU'amministrazione � la potest� a creare autonomamente nuove figure di illecito; e l'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparit� tli trattamento tra i cittadini delle varie provincie, a causa del differenziato apprezzamento dei questori circa la proibizione dei giochi, nell'ambito della loro competenza territoriale. 2. -Non � violato il principio della riserva di legge di cui all'articolo 2�5, secondo comma, della Costituzione. � da premettere che l'elencazione dei giochi non d'azzardo da parte dell:a 1pubblica amministrazione risponde -come ha esattamente osservato l'Avvocatura dello Stato -ad una valutazione da cui non esula il carattere tecnico, ove si attdbuisca a tale espressione un significato non meramente meccanico; e che gli atti e i provvedimenti amministrativi di siffatto carattere, connessi a precetti penali posti a garanzia della loro osservanza, sono da ritenere legittime manifestazione dell'attivit� normativa dell'ammmistrazione: per cui il precetto penale risulta costituito dalla generica imposizione di obbedienza a quegli atti e provvedimenti (si vedano, fra le altre, le sentenze di questa Corte n. 103 del 1957; n. 4 del 1958; nn. 36 e 96 del 1964). La Corte, inoltre, -senza prendere posizione sul controverso problema se, inosservato che sia l'atto o �.provvedimento dell'autorit� amministrativa, cui sia collegata la sanzione penale comminata da una norma, il precetto penalmente sanzionato vada identificato in questa norma o in quell'atto o provvedimento -ha avuto gi� occasione di affermare che non � violato il principio della riserva di legge in ma (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 27 novembre 1969 dal pretore di Livorno (Gazzetta Ufficiale n. 143 del 10 giugno 1970). Per 1precedenti giurisprudenziali e dottrinari specie in materia di repressione penale del giuoco d'azzardo, v. Foro it. 1972, I, 2741; cfr. Corte cost. 4 maggio 1972, nn. 80, 81 in questa Rassegna, I, 571, 741. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 943 teria penale � quando sia una legge (o un atto equiparato) dello Stato non importa se <proprio la medesima legge che prevede la sanzione penale o un'altra legge -a indicare con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell'autorit� non legislativa, alla trasgressione dei quali deve seguire la pena � (sentenza n. 26 del 1966; vedasi anche la sentenza n. 168 del 19�71). Condizioni, queste, che si realizzano nel caso che ne occupa, dappoich� sono, sia pure concisamente, soddisfatti i requisiti sopra enunciati, �essendo .indicati la competenza a provvedere e i destinatari, l'oggetto e i motivi del divieto. Del resto, � tutt'altro che pacifica la tesi che la descrizione integrale del fatto tipico debba essere �esaurita dalla legge, cio� che alla legge debba essere attribuito il monopolio della determinazione delle fattispede penalmente sanzionate: �con la citata sentenza n. 36 del 1964 di questa Corte si � precisato, a proposito della specificazione del contenuto di definiti elementi del fatto di reato (elencazione degli stupefacenti da parte dell'autorit� amministrativa), che � il precetto penale, ai fini del1a riserva di legge, 11iceve intera la sua enunciazione con la imposizione del divieto, il quale contiene una idonea indicazione della condotta vietata e dell'oggetto materiale del delitto�. 3. -D'altro �anto, le attiv;it� previste nelle norme denunziate non sono liberamente consentite ai singoli in un pubblico esercizio, bens� sono subordinate al rHascio al gestore di una autorizz~zione (art. 194 r.d. 6 maggio 1940, n. 635), la quale rientra, appunto, nei compm di istituto e neHa sfera discrezionale dell'autorit� di polizia: autorizzazione che, se pu� essere negata, pu� a maggior ragione essere limitata per motivi di � pubblico interesse � (art. 110, primo comma, t.u. n. 773 del 1931), il cui concetto (come si desume dall'art. 100, primo comma, dello stesso t.u.) sinteticamente comprende l'ordine pubblico, la moralit� pubblica, i:l buon costume e la sicurezza dei cittadin~. 4. -� da aggiungere che spettano pur sempre all'dnteressato, oltre. alla garanzia del reclamo, del ricorso e degli altri rimedi di giurisdizione amministrativa (sentenza n. 88 del 19'68), quella del sindacato del giudice ordina11io sulla conformit� del divieto all'ordinamento giuridico (citata sentenza n. 168 del 1971). 5. -Parimenti infondata � l'assunta violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. E, 1invero, l'oggetto del provvedimento dell'autorit� di pubblica sicurezza concerne situazioni differenziate, tanto per le particolarit� delle varie zone in cui i giochi possono essere svolti, quanto �per la diversa loaalizzazione geografica in cui i giochi -anche con nome diverso nelle singole zone -sogliono essere praticati. 944 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A giusta ragione, l'Avvocatura dello Stato deduce che non vanno trascurati dall'autorit� amministrativa il fattore cronologico (esigenze nascenti da ricorrenze festive, religiose, civili, di fiere, di mercati, ecc.), il fattore topografico (pubblici esercizi siti in prossimit� di chiese, scuole, ospedali, ecc.), n fattore ambientale (diffusione del vizio del gioco, ecc.). Di qui la razionalit� della competenza attribuita al questore, nell'ambito della sua provincia, di rilascia.re, nella sfera dei suoi poteri discrezionali, l'autorizzazione all'esercizio dei giochi non d'azzardo (ch� quelli d'azzardo, al pari delle scommesse, sono incondizionatamente proibiti: artt. 71'8, 721 c.p.; 108, secondo comma, e 110, secondo comma, t.u. delle leggi di pubblico sicurezza), nonch� di statuire quali di essi siano da vietare nel pubblico interesse. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 114 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Soc. Commerciale Finanziaria (avv. Napolitano) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Autovei�oli e Autolinee -Disciplina dei contratti di compravendita Casi e procedura per la vendita -Ille~ittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, art. 7, comma secondo, terzo e quarto). Non sono fondate, con riferimento ai principi di eguaglianza e di d.ifesa, le questioni di legittimit� costituzionale deli'art. 7 del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436 sulla d.isciplina dei casi e delle modalit� di vendita degLi autoveicoli, per inadempienza dell'acquirente con pagamento� rateale (1). (Omissis). -3. -Nel merito va, anzitutto, rilevato che, premessa delle norme denunciate � l'art. 2 della stessa legge speciale, che accorda al venditore di autoveicoli un privilegio legale mobiliare, iscritto e certificato dal pubblico registro automobilistico, per il prezzo o per la parte di prezzo pattuito e non corrisposto interamente all'atto della vendita. (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 31 marzo 1970 dal pretore di Recanati (Gazzetta Uff. n. 184 del 22 luglio 1970). Cfr. GUERRIERI, Autoveicoli, .in Enciclopedia del diritto, 1959, IV, 572; Corte Cost. 5 maggio 1967, n. 59, di cui in motivazione, Foro it. 1967, I. 1348 (nota). I - PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 945 Anche il codice civile testualmente d� atto di tale privilegio all'articolo 2810, ultimo comma, aggiungendo che esso debba pi� propriamente � essere considerato come ipoteca mobiliare �, rimandando per il resto alla legge speciale. Il �che si riannoda alla finalit� che con questa legge si � inteso conseguire, nel senso di agevolare la diffusione degli autoveicoli, garantendo e moralizzando il loro commercio. � in dipendenza di tutto ci�, �che, con eccezione ai principi generali in tema di esecuzione, richiedenti la previa formazione di un titolo esecutivo, interviene il decreto del pretore, che non �, in se stesso, titolo esecutivo, ma ne anticipa gli effetti. Coerentem~mte, l'opposizione al decreto, prevista nel denunciato art. 7, assume� natura di opposizione, pertinente allo svolgersi di un procedimento tipicamente esecutivo. Stante questi rilievi, che sono conformi a dottrina e giurisprudenza, va ovviamente esclusa da questo procedimento ogni carattere monitorio, per mancanza dei requisiti di cognizione di un rapporto obbligatorio nonch� di conseguente ingiunzione e condanna. Chiusa questa fase processuale, rimangono pur sempre � salvi i diritti del debitore in prosieguo di giudizio� (art. 7, quarto comma). 4. -Secondo l'ordinanza di rinvio, la decadenza dal beneficio del termine di dilazione, comminata dall'art. 7, primo comma, ed operante, a detta dell'ordinanza, anche nella ipotesi di cui al comma secondo, sarebbe costituzionalmente illegittima perch� collegata a singoli inadempienti, anzich� alla constatazione di uno stato di �insolvenza�, ossia di uno stato generale di incapacit� economica, richiesto, invece, dalla legge ordinaria (art. 1186 cod. civ.). La questione non � fondata. La sanzione, a �carico del compratore, della decadenza dal beneficio del termine rateale di pagamento, � stabilita nell'art. 7 solo in relazione alla ipotesi di cui al primo comma, che riguarda l'alienazione non consentita dell'autoveicolo o di parti di esso, ovvero la diminuzione delle garanzie a favore del venditore. Diversa � l'ipotesi del secondo comma, che riguarda il mancato pagamento di singole rate scadute. Qui l'inadempimento autorizza il ricorso del creditore alla procedura esecutiva, della quale il debitore pu� evitare gli effetti, pagando non l'intero prezzo residuo ma soltanto le rate scadute. Tale limitata conseguenza � stata espressamente ricon�isciuta da questa Corte con sentenza n. 59 del 1967, in via di interpretazione e chiarimento del sistema creato dall'art. 7. Pertanto, viene, nel caso, a mancare la premessa della decadenza <li termine, su cui � basata la questione di illegittimit� costituzionale, come sopra sollevata in relazione al secondo comma dell'art. 7. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -L'ordinanza solleva altra questione, basata sulla violazione dei diritti di difesa del debitore, che deriverebbe dal fatto che il decreto del pretore, emesso ai sensi dell'art. 7, comma secondo, disponendo contestualmente il sequestro e la vendita dell'autoveicolo, verrebbe ad eliminare �un apprezzabile intervallo � fra l'uno e l'altro atto. La questione � parimenti non fondata. Va ricordato, anzitutto, che �con la gi� citata sentenza n. 59 del 1967 la Corte ha posto in rilievo �che il fatto che l'acquirente di autoveicolo normalmente ne ha usato, che � debitore del prezzo ed � sottoposto a privilegio su di esso veicolo in virt� di atto scritto e registrato, legittima � la singolare rapidit� degli atti processuali di sequestro e vendita forzata �. A parte tale considerazione d'ordine sistematico, la Corte ora osserva che tra sequestro e vendita non v'� quella immediatezza supposta in ordinanza. Infatti, giusta il secondo comma dell'art. 7, il decreto del pretore dispone soltanto i preliminari dell'ancora eventuale vendita, tra cui, con suo discrezionale apprezzamento, il giorno a ci� destinato. Ma l'ordine di esecuzione del decreto di vendita rimane distanziato dal sequestro per tutto l'intervallo di tempo corrente tra l'opposizione consentita al �dbeitore dopo la notifica del decreto, e l'udienza che fa seguito alla opposizione, lo svolgimento in essa della prova del pagamento delle rate scadute e, solo nel caso di prova negativa, la emanazione, da parte del pretore, dell'ordine di esecuzione, ai sensi del quarto comma dell'art. 7. L'esercizio del diritto di difesa, pertanto non risulta n� eluso n� menomato. 6. -Successiva questione � proposta dall'ordinanza in relazione al punto dell'art. 7, secondo comma, che conferisce al pretore la determinazione delle modalit� della vendita. Si assume che, non essendo prescritta in proposito l'audizione del debitore per consentirgli le eventuali � osservazioni �, diversamente dalla legge ordinaria (artt. 530 e 569 cod. proc. civ.), si darebbe luogo a disparit� di trattamento ed a violazione dei diritti di difesa. La questione non � fondata. = La specialit� della normativa in esame e le sue particolari finalit� non comportano identificazione di situazioni non omogenee. D'altra parte, le disposizioni di attuazione (r.d. n. 1814 del 1927) puntualizzano all'art. 27 le due alternative modali della vendita (trattative private o pubblici incanti) affidate alla scelta del pretore, con provvedimento motivato � tenuto conto delle circostanze che possono assicurare il maggiore rendimento col minor costo�. Mentre, poi, per la vendita a trattative private si dettano dettagliate formalit�, per la vendita ai pubblici ~-� i~ f::~ !: !: f:: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 947 incanti, si rimanda �alle disposizioni al riguardo stabilite dal codice di procedura civile�. Ci� senza contare che, in sede di giudizio d'opposizione, nulla vjeta che il debitore, qualora non dia dimostrazione del suo adempimento in sanatoria, possa esporre, in subordine, le sue � osservazioni � circa le modalit� della vendita. 7. -Infine, l'ordinanza solleva questione di incongruit� del termine (perentorio) di dieci giorni dalla notifica del decreto pretorile, assegnato al debitore per proporre opposizione. La questione � parimenti non fondata. In primo luogo, il confronto con il maggior termine di venti giorni assegnato all'opponente in procedimento ordinario di ingiunzione (articolo 641 c.p.c.) non � pertinente, poich�, a parte che detto termine, quando concorrano giusti motivi, � riducibile dal giudice sino a cinque giorni (secondo comma detto articolo) il procedimento qui. in esame si differenzia dal monitorio, come spiegato al precedente n. 3. In secondo luogo, in conformit� della giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenza n: 159 del 1969), la congruit� di un termine va valutata, non solo in rapporto all'interesse di chi � obbligato a rispettarlo, ma anche in rapporto alla funzione, assegnata a questo o quel termine nell'ordinamento giuridico. Nel caso in esame, come� gi� precisato nella citata sentenza n. 59 del 1967, il termine � stabilito in funzione di un rapido svolgimento degli atti processuali, anche per evitare -che l'opposizione formi pretesto per evitare il pagamento del prezzo: nonch�, � da aggiungere, in funzione di esigenze di difesa, che ben possono essere soddisfatte in modo non comples~o, mediante la prova documentale (art. 7 quarto comma) del pagamento, anche in via di sanatoria, della somma dovuta. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 115 -Pres. Chiarelli - Rel. Bonifacio -Pres. Regione Siciliana (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Controversie per l'elezione dell'Assemblea regionale -Defe rimento ai Tribunali amministrativi regionali -Illegittimit� co stituzionale -Esclusione. (Cost., art. 66; St. reg. sic., art. 3; 1. 6 dicembre l971, n. 1034, art. 6, 40). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, in via principale, degli artt. 6 e �40 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, che attribuiscono ai Tribunali amministrativi regionali la competenza a conoscere, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in primo grado, delle controversie relative all'elezione� dell'Assemblea 1�egionale (1). (Omissis). -1. -Gli artt. 6 e 40 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sono stati impugnati dal1a Regione siciliana limitatamente alla parte in cui tali disposizioni attribuiscono al tribunale amministrativo regionale e, in secondo grado,' al Consiglio di giustizia amministrativa la competenza a decidere sui ricorsi relativi a controversie concernenti le operazioni per le elezioni regionali. Nel proporre la relativa questione di legittimit� costituzionale, la ricorrente assume che in base allo Statuto �quella competenza spetta in via definitiva ed assoluta -e con la conseguente esclusione di ogni ingerenza degli organi giurisdizionali dello Stato -alla stessa Assemblea regionale, cos� come, in forza dell'art. 66 della Costituzione, appartiene esclusivamente a ciascuna delle due Camere del Parl�:!-mento il giudizio sui titoli di ammissione dei propri componenti. 2. -La Corte ritiene di dover in primo luogo ribadire, secondo i prindpi enunciati fin dalla sentenza n. 66 del 1964, che nel sistema costituzionale il Parlamento e l'Assemblea regionale siciliana occ.pano posizioni nettamente diversificate, sicch� le peculiari prerogative che .abbiano a riconoscersi al pr1~o non si estendono �per ci� stesso alla seconda. Sulla validit� di questa premessa, del resto, la Regione non muove obiezioni, giacch�, relativamente alla materia in esame, essa rivendica un identico regime non gi� in virt� di una generica equiparazione dell'Assemblea regionale alle Assemblee legislative nazionali, sibbene in forza di una ben determinata statuizione statutaria -quindi, di rango .costituzionale -. dalla quale, a suo avviso, discenderebbe l'applicabilit� alla Regione di quella stessa riserva di giudizio sui titoli di ammissione (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso proposto dal Presidente della Regione siciliana il 12 gennaio 1972 con il quale veniva chiesta la decl�ratoria di illegittimit� costituzionale della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella .parte in cui, per il combinato disposto degli artt. 6 e 40, essa attribuisce, in prima istanza, al Tribunale amministrativo regionale e, in grado di appello, al Consiglio di giustizia per la Regione siciliana la competenza a conoscere delle controversie in materia di aperazioni per l'elezione del Consiglio regionale. Nel corso del giudizio dinanzi al giudice costituzionale l'Avvocatura ha sottolineato �che gi� precedentemente (sentenza n. 66 del 1964 -Foro it., 1964, I, 1327) era stata respinta la tesi dell'equiparazione dell'Assemblea regionale siciliana al Parlamento nazionale, essendo necessaria sia l'osservanza dell'art. 24 Cbst. (sent. n. 143 del 1968, in questa Rassegna, 1968, I, 1, 931), sia la necessit� della subordinazione dello Statuto ai principi generali e fondamentali della Costituzione (sent. n. 6 del 1970, in questa Rassegna, 1970, I, 1, 18). ~ f:: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 949 dei consiglieri regionali che l'art. 66, per quanto riguarda deputati e senatori1 attribuisce rispettivamente alle due Camere. Pi� specificamente, la ricorrente ritiene di poter rinvenire nel disposto dell'art. 3 del suo Statuto la ragione di fondo dell'illegittimit� costituzionale dell'impugnata legge statale: rinviando ai � principi fissati dalla Costituente in materia di elezioni politiche � quella norma statutaria non si limiterebbe ad assegnare alla Regione la competen�za legislativa esclusiva in tema di elezioni regionali, ma renderebbe operante per l'Assemblea regionale il principio dell'insindacabilit�, anche giurisdizionale, delle determinazioni adottate da quel corpo deliberante, nello stesso modo in cui ex art. 66 Cost. quell'insindacabilit� caratterizza le analoghe attribuzioni del .Parlamento. La Corte ritiene che siffatta tesi sia da respingere.' Vero � che l'art. 3 dello Statuto, fissato il numero dei deputati regionali e posta la regola che essi debbano essere eletti a suffragio � universale, diretto e .segreto .,' affida alla Regione la �ompetenza legislativa sulle elezioni della propria Assemblea. E, tuttavia, � appunto dalla identificazione dei limiti obiettivi di siffatta materia -prima ancora che dai principi .costituzionali ai quali la sua regolamentazione deve portar rispetto �Che discendono conclusioni contrarie a quelle prospettate dalla difesa regionale. Non si vuol certo disconoscere che. una qualche connessione � esista fra � elezioni � e � giurisdizione sulle elezioni � n� si contesta che nella storia della legislazione tale connessione si � manifestata talvolta nell'inclusione in un unico testo legislativo di entrambe le discipline. Ma ci� non toglie che si tratta di materie affatto diverse, le quali possono appartenere a diverse sfere di attribuzioni, come inevitabilmente deve accadere quando a qualche Regione sia stato conferito il potere legislativo attinente alla materia elettorale. �, infatti, principio fermo della giurisprudenza della Corte che alle Regioni, anche se a statuto speciale, non spetta competenza alcuna in tema di giurisdizione Pi� in particolare � stato evidenziato che: il D.LiC.P.S. n. 204 del 1947 ebbe carattere transitorio; esso, comunque, andrebbe armonizzato con i principi costituzionali sopravvenuti: il concetto di � definitivit� � della pronuncia dell'Assemblea, desunto da norme legislative e regolamentari regionali, non pu� essere inteso nel senso di esclusione di una successiva fase giurisdizionale (incostituzionalit� della disciplina in riferimento agli :artt. 24 e 113 Cost.). Per quanto concerne la COJlllPetenza che la legge impugnata attribuisce :ai tribunali amministrativi regionali la difesa dello Stato ha ricordato sia che la Corte costituzionale (v. sentenza n. 49 del 1968, in questa Rassegna, 1968, I, 1) in relazione alle sezioni per il contenzioso elettorale istituite dalla legge n. 1447 del 1966, aveva ritenuto che l'illegittimit� riguardasse solo il modo di formazione e di provvista di nuovi organi giurisdizionali e� non gi� la loro -competenza sulle operazioni elettorali, sia che dalla legge n. 108 del 1968 non si poteva dedurre altro se non la generale esigenza dell'osservanza dell'inderogabile precetto della tutela giurisdizionale. 950 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (salvo le ben limitate attribuzioni che nella sentenza n. 4 del 1956 furono 11iconosciute alla Regione del Trentino-Alto Adige a proposito dei masi chiusi e con specifico riferimento alle peculiarit� di tale istituto). E perci� non pu� revocarsi in .dubbio che, in applicazione di tale principio, come non sono ammissibili leggi regionali sulla giurisdizione, cos� non � ammissibile che leggi regionali escludano la giurisdizione, giacch� anche questa esclusione si risolverebbe in una interferenza su materia che alla Regione non appartiene. � nell'ambito di queste premesse che va intel'pretato il rinvio operato dall'art. 3 dello Statuto siciliano ai � principi fissati dalla Costituente in materia di elezioni politiche �, al quale non si pu� assegnare altro significato che non sia quello di circoscrivere il quadro entro il quale deve essere esercitata la competenza legislativa in materia elettorale. Una diversa interpretazione -non suffragata dalla formulazione letterale della disposizione statutaria -non solo dovrebbe prescindere dalla suddetta, precisa individuaziione della materia attribuita alla Regione, ma si porrebbe in sicuro contrasto col principio costituzionale secondo il quale la tutela giurisdizionale � a tutti garantita (art. 24 Cost.) ed � affidata agli organi previsti dagli artt. 101 e seguenti della Costituzione. 3. -Siffatta �conclusione -che � l'unica che sia idonea ad assicurare la necessaria coerenza fra Statuto siciliano e Costituzione (secondo una esigenza affermata da questa Corte a fondamento delle statuizioni contenute nella sent. n. 6 del 1970) -non � infirmata dalle considerazioni che la Regione svolge a proposito delle norme legislative e regolamentari pertinenti alla materia de qua. Ed infatti, una volta ribadito. che l� Regioni non hanno competenza in tema di giurisdiz>ione (n� per regolarla n� per escluderla) e che la Regione siciliana anche nell'esercizio delle sue attribuzioni ,sulle � elezioni deve rispettare i principi costituzionali, le disposizioni contenute nella legge statale che disciplin� le prime elezioni regionali (d.l.c.p.s. 2�5 marzo 1947, n. 204), nella legislazione regionale (legge reg. 20 marzo 1951, n..29) e nel Regolamento interno dell'Assemblea (specialmente nell'art. 41) devono essere interpretate in un modo che le renda compatibili con la Costituzione: di tal che il � giudizio definitivo � sui reclami elettorali, la � convalida delle elezioni �, la � incontestabilit� � della pronunzia finale e cos� via sono tutte espressioni che correttamente vanno riferite alla fase conclusiva del complesso procedimento elettorale e che qualificano come definitivi gli atti relativi nel senso che questi concludono, appunto, quel procedimento: non certo nel senso della preclusione di una successiva fase giurisdizionale ,nella quale le situazioni subiettive degli interessati possano trovare quella tutela che la Costituzione a tutti:. riconosce. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 951 4. -Risultando pertanto che con le disposizioni impugnate lo Stato ha esercitato una competenza propria senza recar lesione alla sfera di attribuzioni spettanti alla Regione siciliana, il ricorso deve essere respinto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 116 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Algeri (n. c.). Responsabilit� civile -Prescrizione del diritto al risarcimento -Sen tenza istruttoria di proscioglimento -Decorrenza dalla data di irrevocabilit� -Legittimit� costituzionale. (Cast., art. 3, 24; e.e., art. 2947, terzo comma), Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale delL'art. 2947, terzo comma, codice civile, che fa decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento danni da reato datla data in cui acquista irrevocabilit� la sentenza istruttoria di proscioglimento (1). (Omissis). -Facendo decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da reato dalla data in cui acquista irrevocabilit� la sentenza istruttoria di proscioglimento, l'art. 2.947, terzo comma, del (1) La �questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 25 maggio 1970 dal pretore di Voghera (Gazzetta Uffi:.. ciale n. 235 del 16 settembre 1970). �V. ANDRIOLI (F<Yro it., 1972, I, 2996) avverte l'esigenza di una maggiore coerenza nella specifica materia. Con sentenza 4 marzo 1970, n. 34 (in questa Rassegna, 1970, 1, I), la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittimo, !Per violazione degli articoli 3, primo comma, e 24, secondo comma, Cost., l'art. 297, primo comma c.p.c., ravvisandosi la necessit� che per la decorrenza del termine utile alla richiesta di fissazione della nuova udienza, dovesse tenersi conto non soltanto della cessazione della causa sospensiva, ma anche della conoscenza di quell'evento. � La .combinazione della citata decisione �con la p!t'esente -secondo l'A. -potrebbe causare assurde conseguenze nell'ipotesi in cui il processo civile �sia rimasto sospeso in attesa della definizione di quello penale, poi chiuso con sentenza istruttoria. La conoscenza di tale provvedimento rileverebbe ai fini della riassunzione del processo civile mentre la semplice irrevocabilit� della predetta sentenza istruttoria non seguita da effettiva conoscenza ipe:r la parte rimasta estranea al processo penale ed attrice in quello civile, determinerebbe l'inizio della prescrizione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice civile non ha menomato, come invece ritiene il pretore, il diritto di difesa della parte danneggiata. � vero che a quest'ultima non va data notizia della sentenza predetta; ma � vero altresi che la norma impugnata implicitamente impone alla parte lesa, un onere di diligenza, dandole carico di seguire il corso del procedimento penale che si inizia riguardo al fatto lesivo. Al procedimento essa potrebbe partecipare inserendovi la sua azione civile, cos� da essere in grado di meglio seguire il corso dell'istruttoria, e, a s�guito della sentenza di questa Corte 15 gennaio 1970, n. 1, per potere eventualmente proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento, sia pure Jimitatamente ai suoi interessi civili, nei casi in detta sentenza fndicati. Si � obiettato che la norma non � coerente cqn quella che regola l'ipotesi di archiviazione della notitia criminis, la quale fa decorrere la prescrizione del diritto al danno dalla data di estinzione del reato. L'incoerenza non esiste, perch� la norma opposta regola una ipotesi in cui n procedimento penale non � stato iniziato e no1;1 contempla provvedimenti irrevocabili, mentre la norma impugnata ha presente una fattispecie del tutto diversa; come diversa dalla prima � l'ipotesi in cui l'azione penale � stata promossa e si deve concludere con una pronunzia giurisdizionale suscetti.bile di passare in giudicato. :__ (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1972, n. 117 -Pres. Chiarelli - Rel. Rossi -L1ppi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Procedimento penale -Competenza per connessione -Spostamento dei procedimenti "'.' Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 25, primo comma; c.p.p., artt. 413, 439). Non � fondata, con riferimento al principio della precostituzione del giudice, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 413 e 439 codice di procedura penale, che consentono lo spostamento di competenza in caso di connessione dei processi (1). (1) La questione era stata �sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 2 aprile 1970 dal pretore di Volterra (Gazzetta Ufficiale n. 177 del 15 luglio 1970). Come rilevato nelle difese svolte dinanzi al Giudice .costituzionale la questione 1sollevata, solo formalmente riferita all'art.' 439 c.p.p., concerneva nella sostanza l'istituto della connessione dei procedimenti ed il conseguente potere del giudice di valutare �se la riunione degli stessi fosse opportuna sotto il profilo della speditezza processuale, per il dubbio che siffatta facolt� di apprezzamento violasse il pdnciptio del girudi.ce naturale. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 953 (Omissis). -Il pretore di Volterra, di fronte a una istanza per la riunione di due procedimenti a carico dello stesso imputato, uno dei quali pendente davanti altro giudice, si domanda se l'art. 439 c.p.p. non contrasti col dettato dell'art. 26, primo comma, della Costituzione, nella misura in cui attdbuirebbe al giudice del dibattimento il potere �di disporre la riunione di processi pendenti innanzi giudici diversi, determinando cos� lo spostamento della competenza per territorio, in violazione del principio secondo cui nessuno pu� essere distolto dal suo giudice naturale. Non si vede come la questione, se limitata al solo art. 439 c.p.p.,. potrebbe aver rilevanza nel caso, posto che si trattava di due proce-� dimenti davanti a giudici diversi, uno dei quali processi (bancarotta semplice) era in fase istruttoria e l'altro (emtssione continuata di assegni a vuoto) era in fase dibattimentale, talch� l'istanza di riunione� sarebbe stata improponibile, secondo la comune g.iurisprudenza. Mai rpoich� l'ordinanza fa riferimento sostanziale agli artt. 413" c.p.p., 45 e seguenti stesso codice, investendo l'intero problema. della. competenza per connessione, � necessario scendere all'esame del merito.. La connessione � un criterio razionale per determinare la compe-� tenza, nei casi espressamente indicati dalla legge. Di vero il simultaneus processus, sempre nelle ipotesi previste dal codice di procedura penale, giova alla speditezza dei giudizi, al miglior accertamento dei fatti, alla coerenza delle decisicmi, all'interesse delle parti e in mod0> particolare a quello dell'imputato. Con diverse sentenze (n. 130 dell'anno 1963, n. 1 dell'anno 1965,. n. 15 dell'anno 1970, n. 139 dell'~no 1971) questa Corte ha rilevato che la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione legislativa di una competenza generale, ma si forma anche di tutte quelle disposizioni le quali derogano a tale competenza sulla La Corte costituzionale gi� precedentemente, nell'escludere il contrasto tra le norme che disciplinano l'istituto della connessione ed il principio del giudke naturale, aveva posto in risalto che il potere di apprezzamento attribuito al giudicante perch� concilii l'esigenza di evitare la cognizione distinta dei iprocedimenti con il criterio della speditezza processuale, non � un potere svincolato da limiti, perch� esso � esercitabile nei soli casi regolati dalla legge, e non d� luogo ad una scelta insindacabHe. Insegnamento ribadito dalla stessa Corte in successive decisioni, nelle quali era stata riconosciuta la legittimit� costituzionale degli spostamenti di competenza conseguenti a provvedimenti regolati da precise disposizioni e non insindacabili. Vedi, su tali proposizioni, Corte cost. 13 luglio rn63, n. 130 in Foro it., 1963, I, 1602; Corte cost. 22 giugno 1971, n. 139 in questa Rassegna, I, 1. Per le sentenze indicate in motivazione, oltre le due precedenti e per la dottrina sulla competenza per connessione, cfr. Foro it., 1972, I, 2737. 954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO base di criteri che razionalmente valutano i disp�rati interessi posti in giuoco dal processo. Il principio della precostituzione del giudice, sancito nel primo comma dell'art. 2:5 Cost., � rispettato allorch� l'organo giudicante sia istituito dalla legge sulla base di criteri generali fissati in anticipo e non gi� in vista di singole controversie, n� risulta violato nei casi nei quali la legge preveda la possibilit� di spostamenti di competenza da un giudice a uno diverso, purch� anch'esso precostituito, allorch� tali come quello costituzionale dell'indipendenza ed imparzialit�, o quello spostamenti siano necessari per assicurare il rispetto d'altri principi, dell'ordine e coerenza nella decisione di cause fra loro connesse. Il giudice che viene a conoscere, in forza delle norme sulla con~ nessione, di un processo che senza di essa dovrebbe venir deciso da altro magistrato, � pure esso giudice naturale e precostituito. Arbitrio e violazione del principio del giudice naturale ci sarebbero se il giudice potesse disporre la riunione dei giudizi fuori dei casi indicati negli artt. 45 e 413 c.p.p.; se egli non av~sse obbligo di motivare; se le parti non potessero discutere, presentando istanze e conclusioni. Un margine di relativa discrezionalit� nell'accertare la sussistenza delle condizioni volute dalla legge � inseparabilmente connesso all'esercizio del potere-dovere d'interpretazione proprio del giudice, ma si tratta di una discrezionalit� regolata, razionalmente .indispensabile e del tutto legittima. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 119 -Pres. Chiarelli - Rel. Trimarchi -Luciano (avv. Dottarelli). Pensioni -Riversibilit� a favore del marito -Condizioni dell'inabilit� e della convivenza a carico -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; 1. 15 febbraio 1958, n. 46, art. 11, sesto comma). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di Legittimit� costituzionale dell'art. 11, sesto comma Legge 15 febbraio 1958, n. 46, contenente nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico deHo Stato nelia parte in cui esclude la riversibilit� a favore del marito della titolare, se questi non sia riconosciuto inabile a proficuo lavoro ed a carico della moglie (1). (1) La questione era stata sottoposta al Giudice costituzionale con ordinanze emesse: il 17 ottobre 1970 dalla Corte dei Conti -Sezione terza pensioni civili (Gazzetta Ufficiale n. 163 del 30 giugno 1971); il 17 ottobre 1970 dalla Corte dei Conti -Sezione terza pensioni civili (Gazzetta Ufficiale n. 170 del 7 luglio 1971). t ~:� -r-:: i=: ~:: i=: 11 �=: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 955 (Omissis). -1. -La Corte dei conti, in sede giurisdizionale, con le due ordinanze indicate in epigrad:e, solleva, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11, eomma sesto, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (contenente nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato) nella parte in cui dispone che in caso di decesso della dipendente o pensionata la pensione di riversibilit� spetta al marito quando questi sia riconosciuto inabile a �proficuo lavoro e a carico della moglie. Uni_ca essendo la questione sottoposta all'esame della Corte, i relativi giudizi vengono riuniti e decisi con una sola sentenza. 2. -Secondo la Corte dei conti la norma denunciata, messa a raffronto con quanto dispone lo stesso art. 11 per il caso di morte del dipendente o pensioaato e nei confronti della vedova, porrebbe in essere, a proposito della spettanza del diritto alla riversibilit�, una disciplina differenziata, basata unicamente sulla diversit� di sesso dell'avente causa. Si fa al riguardo notare che, mentre per il vedovo della dipendente o pensionata statale viene richiesto al sopradetto fine, e tra l'altro, che esso sia inabile a proficuo lavoro ed a carico della moglie al momento della di lei morte, queste condizioni non � nec_essario che sussistano perch� quello stesso diritto sia riconosciuto alla vedova del dipendente o pensionato statale. E da ci� si deduce che la rilevata disparit� di trattamento, � tra due soggetti forniti di eguali mezzi economici propri ., sia � connessa alla differenza di sesso � o pi� semplicemente che la norma denunciata sancisca, ai fini� della pensione di ri~ersibilit�, �una palese disparit� di trattamento tra il vedovo e la vedova, basandola unicamente sulla differenza di sesso �. 3. -La questione, cos� proposta in riferimento all'art. 3 della Costituzione, non � fondata. Il giudice a quo, come si � ora ricordato, riconduce la disparit� di trattamento alla differenza di sesso, nei due casi, degli aventi diritto alla riversibilit�, o puramente e semplicemente o argomentando dall'ipotesi che la vedova ed il vedovo siano forniti di eguali mezzi economici propri. Ma � da ritenersi che presupponga su un piano pi� generale come unica o eguale la situazione di fatto e di diritto del coniuge del dipendente o pensionato statale: altrimenti non potrebbe ascrivere solo alla differenza di sesso la diversit� della disdplina giuridica. Ma, a quest'ultimo riguardo, e per valutare la validit� dell'implicita premessa, � necessario tenere nella dovuta considerazione che con l'art. 104 d_el testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO approvato con r.d. 21 febbraio 1895, n. 70, venne riconosciuto alla vedova dell'impiegato o pensionato statale il diritto alla riversibilit� del trattamento di quiescenza maturatosi in favore del marito o da questo gi� acquisito, e che tale diritto ha trovato definitiva disciplina nei primi due commi del citato art. U della legge n. 46 del 1958; e che, con quest'ultima legge, il diritto alla riversibilit� � stato concesso ad altri soggetti, tra cui il vedovo della dipendente o pensionata. Si � operato in tal modo un ampliamento della cerchia e del nu mero degli aventi diritto alla riversibilit�, attraverso una graduale evo luzione della normativa. II legislatore del 1958, subordtnando l'acquisto del diritto da parte del marito della dipendente o pensionata deceduta alla sussistenza, tra l'altro, delle dette due condizioni, non ha introdotto nell'ambito dell'istituto' della riversibilit� -come invece ritiene la Corte dei conti -modifiche sostanziali circa i criteri di riconoscimento del di ritto, ma ha solo dettato una disciplina distinta e articolata della materia. Per ci�, nulla pu� dedursi circa la asserita illegittimit� costitu zionale della norma in questione dal semplice fatto che siano diffe renti i trattamenti per il coniuge superstite nei due casi di decesso del marito o della moglie. Occorre, invece, risalire alla premessa implicita dalla quale come si � detto -su un piano generale procede il giudice a quo nel sottoporre la questione. Ora codesta premessa, in realt�, non � valida. Non � consentito infatti ritenere che sia unica o unitaria la situa zione di fatto e di diritto del coniuge del dipendente o pensionato statale. Non si pu� non considerare tra l'altro che, sia all'epoca in cui � entrata in vigore la legge n. 46, sia attualmente, i lavoratori subor dinati di sesso maschile occupati nell'agricoltura, nell'industria e nelle altre attivit� erano e sono pi� dei due terzi dell'intero complesso delle forze di lavoro operanti in quei ,settori; che in relazione agli stessi anni tra i di.pendenti dello Stato e di altri enti pubblici � certamente preva lente il numero di quelli di sesso maschile; e che analoghe considera zione potrebbero farsi a proposito della titolarit� di redditi non deri vanti da lavoro subordinato. Tutto ci� comporta la minore probabilit� che sia il marito anzich� la moglie a dipendere economicamente dal coniuge, dipendente o pen sionato statale, e fa s� che tale situazione possa ritenersi normale ed essere assunta a base della previsione normativa de qua. Appare conseguentemente razionale che l'accertamento in fatto dello stato di bisogno sia richiesto solo per il marito e non anche per la �moglie. Ed � del pari giustif�ca,ta la previsione del requisito dell'ina 1: ~: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 957 bilit� a proficuo lavoro, specie se si ponga mente alla normale coesistenza di tale stato con la vivenza a carico dell'altro coniuge. Conclusivamente, la norma in esame � perci� il riflesso di una situazione di fatto e giuridica che non � comune a tutti i coniugi dei dipendenti o pensionati, e trova nella peculiarit� sopra messa in evidenza la sua logica ragione d'essere. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 120 -P1�es. Chiarelli Rei. Reale -Ciscato (n.c.), Ministero delle Finanze e Presidente Consiglio dei Ministri (Vice avv. gen. dello Stato Tracanna). Imposta di re~istro -Responsabilit� solidale di parti contendenti e di procuratori le~ali -Ille~ittimit� costituzionale. (Cost., art. 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93, n. 2). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento al principio della capacit� contributiva, l'art. 93, n. 2 della vigente legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269:) nella parte in cui dichiara solidalmente tenuti verso l'amministrazione finanziaria le parti istanti nei giudizi civili relativamente alle tasse di registro in sentenze e convenzioni cui , esse siano rimaste estranee, ed i procuratori legali rel�tivamente alle tasse giudiziali (1). (Omissis). -Con l'art. 93, n. 2, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, (la c.d. legge di registro) si dispone che, salvo gli obblighi dei funzionari e delle persone indicate negli artt. 80, 81, 82, 83, 84 e . 86, sono inoltre solidalmente tenute verso l'Amministrazione dello Stato, per il pagamento delle � tasse sulle sentenze, sui decreti, provvedimenti ed� altri atti giudiziari, nei procedimenti contenziosi in materia civile e (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 26 febbraio 1970 dal Tribuna-le di Venezia (Gazzetta Uff. n. 267 del 21 ottobre 1970). La sentenza Corte Cost. 18 maggio 1972, n. 92 leggesi in questa Rassegna, 1972, I, 1, pag. Per l'art. 93, n. 2, legge di registro, cfr. fra gli altri, AzzARITI, Le imposte di registro, 1959, nn. 9 segg.; .GUGLIELMI e AZZARITI, L'imposta di registro, nn. 35 segg.; in giurisprudenza Cass. 25 febbraio 1967, n. 433, Foro it., 1967, I, 2141 (nota). 958 � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO commerciale, le parti istanti e quelle che fanno uso delle sentenze, dei decreti ed altri atti, ed i rispettivi loro procuratori, nonch� le parti a carico delle quali siano state poste le relative spese in proporzione della loro condanna nelle medesime�; la responsabilit� dei procuratori � per� limitata alle tasse giudiziali. Il tribunale di Venezia, nel corso di un giudizio di opposizione alla liquidazione dell'imposta di registro su una sentenza riguardante varie parti con pluralit� di domande principali e riconvenzionali, ha denunziato la illegittimit� della norma suddetta, in riferimento al principio della capacit� contributiva (art. 53., primo comma, Cost.). E ci� in primo luogo �sul riflesso che l'obbligo del pagamento della c.d. imposta di titolo, riguardante (ai sensi dell'art. 72 della legge di registro) convenzioni sui cui si basano le �domande oggetto della pronuncia giudiziale, grava solidalmente su tutte le parti istanti, anche se estranee alle convenzioni enunziate in sentenza; in secondo luogo, in quanto viene estesa ai procuratori delle parti l'obbligazione solidale relative alle c.d. tasse giudiziali. Le questioni sollevate non concernono, quindi, le ulteriori disposizioni del citato art. 93, n. 2, le quali prevedono l'obbligazione per la imposta di titolo sia a carico delle parti che fanno uso delle sentenze o di altri provvedimenti giurisdizionali, sia delle parti nei confronti delle quali sia stata pronunciata condanna alle spese processuali. 2. -In ordine alla prima questione si rileva nell'ordinanza che l'art. 93, n. 2, nella genericit� del suo dettato, consente una interpretazione per effetto� della quale l'obbligo d'imposta� viene a gravare anche su soggetti estranei alle convenzioni su cui si basano domande giudiziali da essi non proposte o pendenti davanti allo stesso giudice a seguito d_ella riunione di procedimenti separatamente instaurati. Ci� in contrasto con l'art. 53, primo comma, della Costituzione. La questione � fondata. 3. -Il precetto enunciato nell'art. 53, primo comma, della Costituzione, per �cui tutti sono temiti a concorrere alle spese pubbliche, in ragione della loro capacit� contributiva; va interpretato quale specificazione del generale principio di uguaglianza, nel senso che a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a siutazioni diverse un trattamento tributario disuguale. Sul piano garantistico �costituzionale esso deve essere inteso come espressione della esigenza che ogni ;prelievo tributario abbia causa giustificatrke in indici concretamente rivelatori di ricchezza. In riferimento a tali indici, costituenti il presupposto dell'imposizione tributaria, i soggetti rivelano, come questa Corte ha pi� volte ,:::. affermato, capacit� contributiva e idone\t� alla obbligazione d'imposta, !,, -~j f !i: t PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 959 deducibile esclusivamente dal collegamento fra i soggetti medesimi e le fattispecie cui la norma tributaria attribuisce tale efficacia, .secondo valutazioni riservate al legislatore. Il �che, secondo il disposto dell'art. 53, comma primo, Cost., cui deve riconoscersi, disattendendosi l'assunto dell'Avvocatura dello Stato, valore precettivo e non meramente programmatico e applicabilit� anche in materia d'imposte indirette, non esclude tuttavia il controllo della legittimit� della norma sotto il profilo dell'assoluta arbitrariet� ed irrazionalit�. Concetto que>;>t'ultimo che fa Corte ha avuto occasione di affermare anche nella recente sentenza n. 92 del 1972. In materia di imposte indirette, in particolare, il necessario collegamento con la ca,pacit� contributiva non esclude che la legge stabilisca prestazioni tributarie a carico solidalmente oltre che del debitore prindpale, anche di altri soggetti, non direttamente partecipi dell'atto assunto come indice di capacit� contributiva. In tali casi, peraltro, occorre che una siffatta imposizione risulti legittimata da rapporti giu-. ridico-economici, intercorrenti fra i soggetti predetti, rapporti idonei alla configurazione di unitarie situazioni che possano giustificare razionalmente il vincolo obbligatorio e la� sua causa. Alla .stregua di tali criteri non pu� ravvisarsi il presupposto dell'obbligazione solidale per il pagamento dell'imposta di registro sul titolo, preventivamente non registrato, nella mera situazione processuale in cui versi il soggetto rimasto estraneo alla convenzione �considerata in sentenza e che abbia formulato domande non aventi immediato fondamento sulla convenzione stessa. Situazione che l'ordinanza del giudice a quo delinea nelle due fattispecie in esame, con riferimento all'imposizione del tributo solidalmente a carico di parti convenute e relativa alla registrazione di un contratto di mutuo dedotto in causa qu~le titolo legittimamente, in via surrogatoria, l'esercizio di diritti di credito contro le medesime parti, ancorch� rimaste estranee al contratto, nonch� in riferimento ad analoghe imposizioni relative a contratti intercorsi fra altre -parti, con vincolo di solidariet� basato, in questo .secondo caso, sulla semplice circostanza formale delle unicit� del processo, a seguito della riunione discrezionalmente disposta dal giudice, di procedimenti distin tamente promossi dagli interessati. E non vale opporre,' come si fa dall'Avvocatura dello Stato, la spedale configurazione unitaria dell'imposizione di registro come tributo .sugli atti privati o giudiziali, tale cio� da non ammettere il frazionamento del contenuto e l'individuazione, nel suo contesto, di presupposti d'imposta oggettivamente e soggettivamente diversi. Non esattamente � invocato in proposito l'effetto c.d. documentaiivo e rappresentativo della sentenza rispetto alle convenzioni in essa richiamate e soggette all'imposta di titolo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tale effetto, invero, mentre esprime la funzione probatoria documentale svolta dalla sentenza a seguito degli accertamenti che in essa siano contenuti, non comporta sicuramente estensione dei limiti soggettivi di rilevanza degli atti e delle convenzioni dedotte, cosi come l'eventuale efficacia della cosa giudicata formatasi sugli accertamenti che le concernono, senza alcun vincolo di inscindibilit�, non potrebbe riguardare dal lato attivo o passivo i soggetti delle pretese non aventi causa dalle convenzioni medesime. Deve pertanto, e nei sensi suindicati, essere dichiarata la illegittimit� dell'art. 93, n. 2, nella disposizione in cui si consente l'imposizione del tributo di registro anche sulle parti che abbiano proposto domande principali e riconvenzionali, ma che siano rimll.ilte del tutto estranee al titolo considerato nella sentenza o in altro provvedimento giurisdizionale, titolo assunto quale indice rivelatore di ricchezza soggetta a prelievo fiscale. 4. -La seconda questione riguarda i procuratori costituiti in giudizio cui la norma impugnata, come sopra accennato, impone l'obbligo di pagamento limitatamente alle cos� dette tasse giudiziali e in solido con le parti istanti o che fanno uso delle sentenze o degli altri provvedimenti giudiziari. Alla norma stessa � rivolta la censura di incom,patibilit� con il principio dell'art. 53, primo comma, Cost., giacch�, si assume, non sussisterebbe nei confronti dei soggetti predetti un indice di collegamento con il presupposto dell'imposta, sufficiente a giustificare l'imposizione. L'interesse dei procuratori alla retribuzione delle prestazioni professionali risulterebbe, infatti, del tutto indipendente da quelli regolati con la sentenza soggetta a registrazione e considerati dalla legge come para~ metro dell'imposizione. La questione � fondata. 5. -In merito alla estensione dell'obbligazione solidale per le tasse giudiziali a carico dei procuratori che si siano costituiti in giudizio in rappresentanza dei propri clienti, si � rilevato dall'Avvocatura che essi sono chiamati a rispondere dell'adempimento di un'obbligazione tributaria rifertbile ad un presupposto di cui sono partecipi soltanto i rispettivi clienti. Si riconosce, cio�, essere i procuratori estranei a quelle situazioni e fatti di cui la sentenza d� atto ed ai quali la legge ha riguardo ai fini della imposizione tributaria. Essi sono indicati, tuttavia, quali soggetti passivi di una misura fiscale, inquadrata nell'ambito di una responsabilit� d'imposta, il cui tratto saliente � quello di garanzia e rafforzamento dell'adempimento del debito altrui. ~: ~~ ~: t� f.~ ~\ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 961 La loro responsabilit� risulta cosi preordinata all'interesse del fisco alla realizzazione del credito d'imposta, senza �che emerga dall'interpretazione della norma in questione alcun elemento che valga a collegare razionalmente, come invece avviene per altre �categorie di responsabili d'imposta, l'obbligazione dei procuratori al presupposto del tributo. Senza attardarsi nelle dispute circa la definizione della posizione giuridica dei soggetti in questione, va ricordato �che le prestazioni del procuratore legale so.no dall'ordinamento considerate servizio di pubblica necessit� e costituiscono, normalmente, strumento necessario per l'esercizio del diritto di difesa garantito dalla Costituzione (art. 24). Agli stessi procuratori l'ordinamento impone l'obbligo di assumere il patrominio legale; la legge stessa, per vero, prevede il rifiuto dell'incarico �per giusto motivo�, ma appare quanto meno dubbio, al lume dei principi giuridici e di deontologia professionale, che sia sempre giustificato il diniego di prestazioni legali in �caso di mancato o di inadeguato deposito dei fondi occorrenti per sostenere le spese giudiziali ed in particolare quelle, il cui ammontare oltre tutto non � agevolmente preventivabile, inerenti alla registrazione del provvedimento cosi come invece � preveduto in altri casi di legge. Da quanto sopra emerge .che il rapporto intercorrente fra il procuratore legale e il cliente, per quanto concerne la rappresentanza giudiziale, non consente alcun razionale collegamento con il presupposto del tributo di registro. N� un simile collegamento pu� basarsi su di un supposto interesse del procuratore alla decisione; interesse che �, invece, diretto al conseguimento dei compensi preveduti dalle tariffe vigenti ed ha fondamento nella prestazione professionale e non certo nella pronuncia giudiziale. Da queste considerazioni deriva che l'art. 93, n. 2, della legge di rgeistro deve essere dichiarato illegittimo per la parte in cui pone a carico dei procuratori legali la responsabilit� per il pagamento delle c.d. � tasse giudiziali�. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, �n. 121 -Pres. Chiarelli - Rel. Trimarchi -Gualtieri (avv. Mazzei e Simi) e Presidente Consiglio dei JV[inistri (Sost. avv. gen. dello Stato Tarin). Lavoro -Norme sui licenziamenti individuali -Inapplicabilit� ai diri genti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; 1. 15 luglio 1955, n. 604, art. 10). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la que. stione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 O legge 15 luglio 1966, 962 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 604, contenente norme sui licenziamenti individuali, nella parte in cui esclude che le norme stesse si applichino ai dirigenti (1). (Omissis). -2. -Si assume dai tre pretori che, disponendo il citato art. 10 che le norme della legge di cui fa parte, � si applicano nei confronti di prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell'art. 2095 del codice civile �, le stesse norme non siano applicabili nei confronti dei prestatori di lavoro subordinato, aventi la qualifica di dirigenti. Per codesti prestatori di lavoro subordinato si avrebbe una disciplina legislativa diversa da quella dettata per gli impiegati ed operai. E sfocome le situazioni di fatto e di diritto dei dirigenti e degli impiegati ed operai sarebbero eguali, il trattamento �differenziato in tal modo posto in essere, sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza. 3. -Si ritiene anzitutto che siano eguali le situazioni di fatto e di diritto dei dirigenti, da una parte e degli impiegati ed operai, dall'altra. L'eguaglianza delle due situazioni discenderebbe, secondo il pretore di Milano, dagli artt. 2060, 208'6, 2094, 2095, 2.096 e seguenti del codice civile, e 96 e 98 delle disposizioni per l'attuazione dello stesso codice; e dagli artt. 4, 6 e 10 del r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825, convertito nella legge 18 marzo .1926, n. 562, sul contratto di impiego privato; e secondo il pretore di Reggio Calabria, dalle norme che allo stato regolano 1a categoria dei dirigenti amministrativi e tecnici e cio� d�i detti artt. 2'060, 2.086, 2094 e 2095 del codice civile e dal detto r.d.l. n. 18i25 del 1924, nonch� dal r.d.l. 15 marzo rn23, n. 692, art. 1; dall'art. 3 del regolamento approvato con !r.d. 10 settembre 1923, n. 19,5'5; dall'art. 3 del regolamento approvato con il r.d. 10 settembre 1923, n. 1056; dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370, art. 1; e dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, artt. 1 e 4. Senonch�, a parte il fatto che da alcune delle anzidette fonti (come dagli artt. 2060, 2094 e 2096 e seguenti .del codice civile e dal r.d.l. n. 1825 del 1924) nulla pu� ricavarsi in favore dell'asserita uguaglianza delle situazioni di fatto e di dinitto dei dirigenti e delle altre� categorie di prestatori di lavoro subordinato, gli artt. 2086 e 2095 del codice civile, e quest'ultimo unitamente agli artt. 95 e 96 delle disposizioni per l'attuazione dello stesso codice, precisano che nell'ambito (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze emesse: il 1� agosto 1970 dal pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale n. 87 del 7 aprile 1971); il 9 luglio 1971 dal (pretore di Marano di Napoli (Gazzetta Ufficiale n. 259 del 13 ottobre 1971); il 31 agosto 1971 dal pretore di Reggio Calabria (Gazzetta Ufficiale n. 323 del 22 dicembre 1971). Per precedenti, �specie dottrinali, cfr. Foro it., 1972, I, 2731. PARTE I, .SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 963 dell'impresa accanto all'imprenditore vi sono i prestatori di lavoro subordinato e che questi si distingono in dirigenti amministrativi o tecnici, impieg,ati e operai, sulla base dei requisiti di appartenenza a.ne singole categorie determinati dalle leggi special� e dalle norme di autonomia collettiva in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell'impresa. Anteriormente al 1942 i dirigenti avevano trovato una prima, anche se non specifica, considerazione nella legge 15 giugno 189'3, n. 2,95, art. 14, comma secondo, in cui sia pure ai limitati effetti di essa, i di;rettori e gli amministratori di fabbriche o imprese industriali che davano abitualmente lavoro a non meno di 50 operai, erano posti sullo stesso piano degli industriali. Al personale direttivo delle aziende, ,poi si erano riferiti il r.d.l. n. 692 del 192:3 sull'orario di lavoro e i relativi regolamenti approvati con i rr.dd. nn. 1955 e 195�6 del 1923. Ancora, la legge sull'impiego pr~vato (r.d.L n. 1825. del 1924, convertito nella legge n. 5�62 del 19126) aveva riservato agli impiegati di grado pi� elevato un trattamf}nto di magg�o�r favore in caso di licenziamento. Inoltre, il r.d.l. 1� luglio 1926, n. 1.130, aveva prescritto che il personale dirigente dovesse far parte di associazioni sindacali autonome distinte da tutte le .altre, ma inserite nell'organizzazione degli imprenditori. Ed infine al personale avente funzioni direttive con responsabilit� dell'andamento dell'azienda o dei servizi, non erano state applicate le norme di cui alla legge n. 370 del 1934 sul riposo domenicale e settimanale e neppure quelle poste con la legge 10 gennaio 19315, n. 112, sull'istituzione del libretto di lav'oro. Il legislatore del 1942, con le sopracitate norme, quindi ha preso atto di una realt� giuridica e normativa gi� esistente ed ha tenuto altres� conto della specifica e distinta regolamentazione collettiva. Successivamente a quella data e fino ad oggi, sul piano legislativo e su quello della contrattazione. collettiva, ha avuto conferma e � sviluppo il precedente orientamento volto a fare dei dirigenti una categoria a s� stante di prestatori di lavoro subordinato. Di codesto indirizzo sono sicuri segni l'esclusione dei dirigenti dalla disciplina del cosiddetto blocco dei licenziamenti (d.g.Igt. 21 agosto 1945, n. 523; d.lg.lgt. 9 novembre 1945, n. 788, e d.Ig.lgt 3,febbraio 1946, n. 50) e dall'obbligo della assunzione tramite gli uffici di collocamento (art, 11, terzo comma, n. 2, della legge 29 aprile 1949, n. 264); nonch� la possibilit� di richiesta nominativa per l'assunzione di impiegati amministrativi e tecnici con mansioni direttive n agrcoltura (art. 11, comma secondo, Jett. a, del d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, convertito nella legge 11 marzo 1970, n. 83); ed infine, la mancata applicazione delle forme di previdenza previste gli gli altri dipendenti; e cos� pure delle limitazioni poste dalla legge n. 230 del 1962. 964 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In sede sindacale, poi, i dirigenti godono di un inquadramento autonomo; e gli atti di autodisciplina collettiva (sino al contratto collettivo nazionale del 29 luglio 1970 per i dirigenti di aziende industriali) pongono del pari discipline autonome (ed in quanto assoggettate al regime della legge n. 741 del 1959, operanti erga omnes con la valorizzazione della categoria sul piano normativo) . Tutto ci� conduce a ritenere che la categoria dei dirigenti presenta peculiari caratteristiche che sono oggetto di una disciplina particolare e trova riscontro nella definizione che del dirigente viene offerta in giurisprudenza ed in terrriini, nella sostanza, sufficientemente costanti. A caratterizz,are la categoria dei dirigenti si ritiene che concorrano la collaborazione immediata con l'imprenditore per il coordinamento aziendale nel suo complesso od in un ramo importante di esso; il carattere fiduciario della prestazione; l'ampio potere di autonomia neWattivit� direttiva; la supremazia gerarchica su tutto il personale dell'azienda o di un ramo importante di essa, anche senza poteri disciplinari, ma sempre con poteri organizzativi; la subordinazione esclusiva all'imprenditore o ad un dirigente superiore; e l'esistenza di un potere di rappresentanza extra o infraziendale. Ora, tali aspetti del fenomeno che peraltro non devono in concreto tutti specificamente concorrere perch� il prestatore di lavoro subordinato possa e debba essere qualificato dirigente, servono certamente, in una loro considerazione complessiva, a evidenziare la particolare posizione che il dirigente ha nell'ambito dell'impresa ed a fare intendere come di codesta posizione sia dato cogliere l'essenza solo attraverso la valutazione delle relazioni che intercorrono tra l'imprenditore ed il dirigente tra questo e gli altri prestatori di lavoro subordinato. � a tal riguardo appena il caso di osservare come le categorie dei dirigenti, degli impiegati e degli operai non determinino dei salti nella scala gerarchica dei prestatori di lavor,o e come invece si passi da una categoria all'altra e ,particolarmente da quella degli impie,gati a quella dei dirigenti, attraverso qualifiche intermedie. Con ci�, per�, non si mette in forse la realt� e legittimit� della categoria in esame, con le sue note caratterizzanti le quali sono affatto evidenti solo che l'impresa nella quale il dirigente sia inserito, possegga date dimensioni. Anche se non rimane escluso, tenuto conto che in sede collettiva le norme dettate per il rapporto di impiego valgono anche per i dirigenti, in quanto compatibili (art. 17 del citato contratto collettivo nazionale del 1970 per i dirigenti di aziende industriali), che, sempre nei limiti della compatibilit� ed evidentemente in relazione alle note che caratterizzano la categoria dei dirigenti ed alle circostanze del singolo caso, possano valere per gli stessi le norme legislative dettate per gli impiegati. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 965 Al dirigente, in sostanza, che occupa il posto pi� elevato nella scala gerarchica dei prestatori di lavoro subordinato, � assicurata nell'impresa una posizione che trova nel potere direttivo la sua pi� vera qualificazione. L'imprenditore, singolo o collettivo, ha nel dirigente il collaboratore che lo sostituisce o lo assiste nello svolgimento delle funzioni che gli sono proprie, e l'esecutore, con discrezionale responsabilit�, delle sue direttive. Appare per ci� essenziale che in tal caso tra l'imprenditore ed il dirigente s'instauri e si mantenga un rapporto di reciproca fiducia e di positiva valutazione, ed � in armonia .con codesta esigenza che. il rapporto possa venir meno per determinazione unilaterale solo che soggettivamente vengano considerate cessate le condizioni idonee a soddisfare la detta esigenza. Si pu� pertanto ritenere, senza bisogno di far ricorso a formule o qualit� che non sempre rispecchiano la realt� effettuale del fenomeno colto nel suo complessivo accadere, che la situazione dei dirigenti non � di per s� eguale o assimHabile a quella degli impiegati ed operai. 4. -Non si pu� ritenere d'altra parte che il legislatore del 1966 abbia ecceduto dai suoi poteri in sede di valutazione della situazione materiale e giuridica dei dirigenti considerata in s� e raffrontata a quella degli impiegati ed operai. In effetti il rapporto di lavoro dei dirigenti presenta caratteristiche ed offre garanzie per cui pu� ben essere considerato come speciale; e proprio tali caratteristiche e garanzie sono le note differenziali nei confvonti dell'ordinario rapporto di lavoro subordinato. ' Analogamente a quanto � avvenuto per le altre categorie di lavoratori subordinati, per i dirigenti la legge n. 604 ha sostanzialmente tenuto conto dello stato della regolamentazione collettiva. Per essi in particolare si � avuta la conferma della pertinenza di una disciplina che leggi anche recenti (come la n. 230 del 1962), contratti collettivi e accordi resi esecutivi erga omnes e contratti collettivi successivi avevano posto in essere. Dato ci� e considerato altresi che le norme che regolavano il rapporto dirigenziale non sono state abrogate n� espressamente n� tacitamente, appare del tutto conseguenziale e logico che sul terreno dello scioglimento unilaterale del rapporto dirigenziale, continuino ad aver vigore le regole legislative e convenzionali preesistenti, fermo rimanendo che le stesse si accrescano e si evolvano per la migliore tutela della categoria, in forza delle nuove e pi� recenti pattuizioni di autonomia collettiva ed eventualmente con disposizioni legislative, in coerenza con la specialit� della materia. 966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -Il pretore di Reggio Calabria ritiene che l'art. 10 sia illegittimo costituzionalmente tra l'altro nella parte in cui esclude che sia applicabile ai dirigenti l'art. 9 in forza del quale � l'indennit� di anzianit� � dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro �. Decisa nei sensi anzidetti la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 10 'in generale, e cio� affermato che la disciplina relativa ai licenziamenti unilaterali per giusta causa e per giustificato motivo non si riferisce, e senza alcun contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ai dirigenti, il regime dell'indennit� di anzianit� per codesta categoria di prestatori di lavoro � fissato, in termini sostanzialmente eguali a quelli posti dall'art. 9 della legge n. 604, e con portata generale, dall'art. 2120 del codice civile, cos� come risulta a seguito delle sentenze n. 75 del 1968 e n. 204 del 1971, e, per i dirigenti di imprese tndustriali, dall'art. 12 (nel testo risu~tante dalla sentenza n. 7 del 1971 di questa Corte) del contratto collettivo nazionale del 31 dicembre 1948 reso efficace erga omnes dal d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 483. La questione quindi, anche sotto il profilo in esame, non pu� non a,pparire infondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 122 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Romano (n. c.). Procedimento penale -Sentenze, ordinanze, decreti -Correzione di errori materiali -Mancata previsione della assistenza di un di fensore -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 24, 3; c.p.p., art. 149, comma primo). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi di difesa e di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 149, primo comma, codice procedura penale, nella parte in cui non prevede che all'interessato, il quale non abbia un difensore di fiducia, sia nominato un difensore di ufficio, e che sia notificato al difensore l'avviso della data di discussione (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 26 ottobre 1970 dal Pretore di Napoli (Gazzetta Uffeciale n. 22 del 27 gennaio 1971). Il Giudice costituzionale .con sentenza 14 aprile 1969, n. 83, richiamata in motivazione (in questa Riassegna, 1969, I, 1, 611) aveva gi� rilevato che l'art. 149, primo'comma, codice procedura penale, con il quale � disciplinato il procedimento per la correzione degli errori materiali delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti, prescrivendo la citazione, se possibile, della parte che vi ha interesse, con la limitazione posta da dett<> PARTE J:, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 967 (Omissis). -1. -Il pretore di Napoli ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell'art. 149 del codice di procedura penale, nelle parti .in cui non prevede la nomina d'ufficio di un difensore, ove l'interessato non l'abbia nominato di fiducia, n� la notifica al difensore dell'avviso del giorno fissato per la discussione, in riferimento agli artt. 3 24 della Costituzione. 2. -� da premettere che l'ammissibilit� della procedura di correzione ex art. 149 c.p.p. � ritenuta dal giudic~ a quo sulla base dell'art. 82 dello stesso codice, implicitamente richiamato dall'art. 476, che prevede, nel n. 1, la �rettificazione delle generalit� dell'imputato o di altre persone nella sentenza (e il decreto penale ha carattere sostanziale di sentenza). Vero �, per�, che l'interessata � rimasta estranea, gi� nella fase cognitiva, al rapporto processuale di specie, sicch� mancherebbe il presupposto (richiesto dalla giurisprudenza della Cassazione) della immutabilit� della condizione dell'imputato, non esistendo qui una precedente condizione processuale. Problema che, per quanto non rientri nella promossa questione, � tuttavia da tenere presente, perch� vi sono casi in cui sarebbe posta in essere una lesione particolarmente vistosa del diritto di difesa, qualora questo non fosse �pienamente garantito, nel procedimento disciplinato dal denunziato art. 149, nel duplice a.spetto personale e tecnico-professionale. 3. -Per ci� che attiene alla difesa personale, questa Corte s1 e gi� pronunziata con �su sentenza n. 83 del rn69, che ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 149, primo comma, cod. proc. pen., limitatamente all'inciso � se possibile ., sotto il profilo dell'art. 2.4 Cost., per far s� che venga garantita -a tutte le parti -la possibilit� di opporsi, mediante l'esercizio del diritto di difesa, alla richiesta correzione. Ma gli � che tale esercizio non sarebbe pieno, se non fosse dato ingresso al difensore: tra l'altro, essendo l'ordinanza, che dispone la correzione, ricorribile in cassazione, il pretore ha esattamente rilevato che, con la esclusione de_l difensore, � si viene a sottrarre all'imputato il diritto di poter proporre l'impugnazione anche tramite il difensore stesso, ex art. 192, ultimo comma, cod. proc. pen. �. inciso non attua in ogni caso il princ1rp10 del contraddittorio e pertanto viola l'�rt. 24 della C:ostituzione. Per la sentenza rn maggio 1970, n. 69 relativa alla necessit�, nell'incidente di esecuzione, della nomina di un difensore di ufficio, in mancanza di uno di fiducia, v. in questa Rassegna, 1970, I, 1, 501. La sentenza 16 dicembre 1970, n. 190, leggesi in questa Rassegna, 1971, I, 1, 14. 968 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -Se si accede alla tesi che il modello di tutti i procedimenti incidentali, compreso quello della correzione dell'errore materiale, sia l'incidente di esecuzione previsto dagli artt. 628 e seguenti ,cod. proc. pen., va ri�hiamata la sentenza n. 69 del 1970 di questa Corte, la quale ha deciso che, nell'incidente di esecuzione, � necessaria la nomina del difensore d'ufficio, quando non ve ne sia gi� uno di fiducia. '5. -Comunque, si faccia o non si faccia richiamo agli artt. 628 e seguenti: cod. proc. pen., l'art. 24 Cost. postula l"esi,genza della nomina obbligatoria del dtfensore (e, nel primo caso, della notificazione dell'estratto dell'ordinanza, a mente dell'art. 631 �.p.p.; nel secondo caso, della notifica dell'avviso dell'avvenuto deposito, a mente dell'art. 151, terzo comma, dello stesso codice). 6. -La norma denunziata viola anc;he l'art. 3 Cost. per la diversa posizione attribuita al pubblico ministero e alle altre parti, dato che, ai sensi dell'art. 76 c.p.p., nel corso di ogni procedimento penale, il � giudice non pu�, a pena di nullit� (art. 185, n. 2, c.p.,p.), deliberl:\re, se non sia stato sentito il pubblico ministero, tenuto a proporre richieste motivate e conclusioni specifiche (salvo, s'intende, le eccezioni allorch� il procedimento sia di competenza pretoria). Si richiama, all'uopo, la sentenza n. 190 del 1970 di questa Corte (vedasi pure la sentenza n. 62 del 1971). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972., n. 123 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Casilli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Reato -Descriminante dell'ordine superiore -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 28, 3; c.p., art. 51, ultimo comma). Non � fondata, sia con rife1�imento al principio della responsabilit� personale dei funzionari pubblici, sia con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di leigitUmit� costituzionale dell'art. 51, ultimo comma, codice penale, che prevede la non punibilit� dell'agente p,er ordine superiore non sindacabile (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 21 maggio 1970 dal Pretore di Castelnuovo di Garfagnana (Gazzetta Uffi,ciale n. 222 del 2 settembre 1970). Per riferimenti vari, cfr. Foro it., 1972, I, 2727. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 969 (Omissis). -2. -La questione non � fondata. Il richiamo all'art. 28 della Costituzione, per desumerne, premessa l'equivalenza tra responsabilit� � diretta � e responsabilit� �personale., l'assoluta inderogabilit� di quest'ultima, dovendo prevalere in ogni caso il principio di legalit� sul principio di autorit�, non � richiamo idoneo a sostenere l'assunto di incostituzionalit�. Infatti, l'art. 28 non generalizza ma espressamente riconduce il concetto di responsabilit� a quanto dispongono le leggi penali, civili e amn;iinistrative: cio�, come questa Corte ha ritenuto con la sentenza n. 2: del 1968, la norma � rinvia alle leggi ordinarie, che codesta responsabilit� disciplinano variamente per categorie o per situazioni �. Ci�, analogamente a quanto dispone l'art. ,97, comma secondo, della Costituzione nel comprendere le � responsabilit� proprie dei funzionari � come elementi essenziali ai singoli ordinamenti dei pubblici uffici. Il rinvio alle leggi ordinarie significa, pertanto, rtnvio alla disciplina positiva cui � assoggettata, nelle leggi stesse, la responsabilit� soggetiva dei funzionari e dei dipendenti, anche in considerazione di regole particolari, che, in deroga alle regole comuni, determinino il contenuto ed i limiti di detta responsabilit�. Come precisato nella suindicata sentenza di questa Corte, la disciplina dei limiti pu� essere variamente individuata anche per categorie di soggetti o per speciali situazioni. Tale, appunto, come esempio caratterizzante, che inerisce, nel caso, all'oggetto del procedimento a quo, la categoria e la situazione di quegli organi, che, come I'Arma dei Carabinieri, fanno parte, direttamente o per equiparazione, dell'Amministrazione m�litare dello Stato. Per questi ol"lgani vigono norme particolari che pongono come primario il dovere di obbedienza dell'inferiore in grado al superiore, restringono il potere di sindacato degli ordini attinenti al servizio, puniscono il rifiuto, l'omissione e il ritardo nella loro esecuzione. Ci� risulta testualmente dagli artt. 40 e 173 del codice penale militare di pace, che costituiscono, rispettivamente, adattamenti specifici della situazione normativa generale di cui agli artt. 51, ultimo comma, e 3'2�9 del codice penale. Ne consegue che l'art. 51, ultimo comma, c.p., in luogo d'essere tn contraddizione con l'art. 28 della .Costituzione, viceversa fa parte df un sistema che vi si adegua, in quanto entrambi gli articoli contengono un richiamo alla � legge � come regolatrice di determinati rapporti e non come espressione di un principio uniforme e livellatore. Il dubbio, prospettato nell'ordinanza, secondo cui il riconoscimento della legittimit� dell'art. M, ultimo comma, c.p. condurrebbe all'inammissibile conseguenza di ritenere legittima la compressione di fondamentali diritti di libert� individuale, non � fondato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Va considerato che l'esenzione da pena accordata dall'art. 51 agli esecutori di ordini illegittimi (sempre subordinatamente al verificarsi di determinate condizioni, il cui accertamento spetta al giudice di merito) non discri<mina il fatto in s�. Invero, mentre, da un lato, il publ;>Iico ufficiale che ha dato l'ordine, risponde � sempre � del reato, dall'altro lato la responsabilit� dell'esecutore � affermata in via di principio (terzo comma) salvo esclusione per errore di fatto dell'agente (stesso comma) o per situazione speciale prevista da legge (ultimo comma). 3. -Quanto si � osservato al punto precedente, vale ad escludere la fondatezza della questione, anche sotto il pry:ofilo di cui �all'art. 3, della Costituzione. La denunciata disparit� di trattamento non esiste, sia se considerata in rapporto a categorie affini, ma non uguali nel loro ordinamento (agenti di p.s.) sia, tanto pi�, se considerata in rapporto a categorie diverse (dipendenti civili, funzionari di p.s.): il tutto in difetto di quei criteri di omogeneit� di situazione, che caratterizzano l'ambito di applicazione dell'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 124 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Canova Gelli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Procedimento penale -Formula di proscioglimento per insufficienza di prove -Illegittimit� costituzionale -Esclusi01:1e. (Cost., art. 27, secondo comma; c.p.p. art. 479, terzo comma). Non � fondata, con riferimento al principio della presunzione di non colpevolezza dell'imputato, la questione relativa all'art. 479, terzo comma, codice procedura penale sulla formula di proscioglimento per insufficienza di prove (1). (Omissis). -Il pretore di Dolo dubita che la formula di assoluzione per insufficienza di prove (in giudizio: art. 479, terzo comma, del co dice di procedura penale) sia in contrasto con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione. La questione non � fondata. (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 13 aprile 1970 dal pr�etore di Dolo (Gazzetta Uff. n. 286 del1' 11 novembre 1970). Per richiami dottrinali, Foro it. 1972 I, 1897; in giurisprudenza cfr. Corte Cost. 14 luglio 1971, n. 175 in questa Rassegna, 1971, I, 1, 1298 e Cass. 19 novembre 1971, in Foro it. 1972, II, 121 (nota di M. BoscHI). PARTE I, SEZ. I, GIURIS�. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 971 Questa Corte ha avuto occasione di affermare (sia pure a fini diversi da quello che viene oggi in questione) che la disposizione dell'art. 27, secondo comma, Cost., nel dichiarare che l'imputato non � considerato colpevole sino alla condanna definitiva, vuol garantirgli la esclusione della presunzione di colpevolezza durante tutto lo svolgimento del rapporto processuale (sent. n. 107 del 1957; vedasi anche sent. n. 115 del 1964): la condizione giuridica di imputato -� stato osservato -si ricollega al processo, mentre la condizione giuridica di condannato, cio� di colpevole, segue il processo., E ci�, sia alla stregua del concetto stesso di colpevolezza (lato sensu), che per la dottrina generale del reato � comunemente intesa come presupposto indispensabile per l'appHcazione della pena; sia in conformit� alla espressione testuale usata dall'Assemblea Costituente, che, nel contrasto delle opinioni, non ha sancito l� presunzione di innocenza, ma, con l'emendare l'originaria proposta della I Sottocommissione, ha voluto presumibilmente asserire che durante il processo non esiste un colpevole, bens� soltanto un imputato. 1. -Nel nostro sistema e nella terminologia corrente, dunque, la condizione di non colpevole non sembra identificarsi con quella di innocente: chi, durante il processo, � non colpevole pu� essere giudicato, con la sentenza definitiva, innocente oppure colpevole. Se fosse vero il contrario, sarebbe illegittima ogni misura di carcerazione preventiva, che �, invece, ammessa dall'ultimo comma dell'art. 13 Cost. (vedasi.la sent. n. 64 del 1970 di questa Corte), e, al limite, sarebbe illegittima -contrariamente a quanto dichiarato da .questa Corte con sentenza n. 78 del 1969 -l'applicazione provvisoria di pene accessorie e~ artt. 140 del codice penale e 301 del codice di procedura penale. 3. -Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, l'assoluzione per insufficienza di prove presuppone una serie incompleta di elementi di responsabilit�, ovvero la sussistenza di elementi probatori di accusa che possono di per se stessi giustificare un'affermazione di colpevolezza e, insieme, quella di altri elementi favorevoli che, pur senza svalutare i �primi, sono tali da legittimare l'incertezza. La quale rispecchia, nel giudice di merito, l'impossibilit� a vincere gli osta�coli che la realt� processuale frappone alla scoperta e alla ricostruzione della verit�. Orbene, se il presidio costituzionale della presunzione di non colpevolezza importa che non sia la mancanza di prove di innocenza, ma la presenza di pertinenti e concludenti prove a carico a giustificare una s�ntenza di condanna (sent. n. 175 del 1970 di questa Corte); non va dimei;iticato che, nella realt�, l'insufficienza di prove pu� riguardare una vasta gamma di situazioni (la sussistenza del fatto materiale; la commissione o la partecipazione al fatto; l'elemento psicologico; i presupposti del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 972 reato; le condizioni di punibilit�; le cause di esclusione del reato o di esenzione dalla penal). E l'assoluzione per insufficienza di prove, la quale -come ha giustamente posto in rilievo l'Avvocatura generale dello Stato -� il risultato concreto di un giudizio, che non sempre pu� superare la perplessit� -manifestazione di raziocinio e momento ineliminabile del pensiero -, lungi dal confliggere col principio di non colpevolezza, apertamente lo convalida, dappoich� tutte le sentenze di proscioglimento, nella molteplicit� delle formule adottate nel dispositivo, hanno in comune il riconoscimento della non fondatezza dell'azione penale. 4. -Vi �, poi, da tener conto della imprescindibilit� della� motivazione (art. 111 Cast.), che, come � noto, � il maggior impegno del giudice, perch� deve contenere la ricostruzione logica e critica delle prove, per dare ragione della fondatezza della pronunzia e soddisfare le esigenze di giustizia dei consociati (e la contraddittoriet� e la mancanza, in un'accezione non restrittiva, della motivazione sono censurabili in Cassazione: art. 475, n. 3, cod. proc. pen.): la valutazione e la enunciazione della insufficienza delle prove per la condanna dovrebber:o pur sempre essere contenute nella sentenza, anche se la legge non prevedesse l'assoluzione con formula dubitativa. 5. -L'Avvocatura dello Stato afferma che le stesse considerazioni fatte per l'art. 27, secondo comma, Cast., valgono a dimostrare che la disposizione impugnata non �contrasta neppure con l'art. 6, paragrafo 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata e resa esecutiva dall'Italia con 1. 4 agosto 1955, n. 848), il quale reca: �Ogni persona accusata di un reato � presunta innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata�. Si apre qui un problema di interpretazione e di coordinamento affidato al giudice ordinario: problema che parrebbe debba risolversi nel senso della identit� sostanziale di significato delle dizioni dell'art. 27, secondo comma, Cost., e di detto art. 6, paragrafo 2, e di un allineamento di questo a quello, dato che la Convenzione contiene norme sulla carcerazione preventiva (art. 5, lett. b e c), che sembrano incompatibili con la presunzione di innocenza, ma conciliabili con la presunzione di non colpevolezza. 6. -� indiscutibile, per altro, che il proscioglimento per non provata reit� rende possibile che l'imputato, quantunque assolto, subisca conseguenze a lui sfavorevoli, che discendono anche da disposizioni di legge : art. 604 cod. proc. pen. (vedasi pure l'art. 606 dello stesso codice); art. 64, primo comma, disp. att. cod. proc. pen. 28 maggio 1931, n. 602. Ma codeste disposizioni non sono oggetto della dedotta impugnativa. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 973 CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 125 -Pres. Chiarelli - Rel. Reale -Torrini (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento civile -Compenso al consulente tecnico -Liquidazione� senza contraddittorio e senza motivazione -Ille~ittimit� costi tuzionale -Esclusione. (Cost., art. 24, III; r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368, art. 24, primo comma). Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa ed all'obbliga di motivazione, la questi"one di legittimit� costituzionale� de-ti'art. 24, primo comma, disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (r. d. 18 dicemb1�e 1941, n. 1368) sulla liquidazione del compenso al consulente tecnico (1). (Omissis). -Nell'art. 24, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura -civile (approvate col r. d. 18 dicembre 1941, n. 1368) � stabilito che la liquidazione del compenso al consulente-tecnico � fatta con decreto del giudice che lo ha nominato. Il decreto costituisce titolo esecutivo contro la parte a carico della quale � posto il pagamento. Nel secondo comma � previsto che il compenso �1 commisurato alle difficolt� e durata delle indagini, tenuto conto della partecipazione del consulente alle udienze e dell'entit� della materia controversa ed osser-. vate le tariffe esistenti approvate, dalla legge. Dopo aver richiamato l'art. 135, terzo comma, del codice di procedura civile, nel quale � disposto che il decreto non � motivat.o salvo chela motivazione sia prescritta espressa~ente dalla legge, il pretore di Orvieto, ha denunziata l'illegittimit� della norma di attuazione sopramenzionata in riferimento agli artt. 24; primo e s~condo comma, e 111,. primo comma, della Costituzione: sotto un primo profilo, in quanto la norma non stabilisce che il decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico sia pronunziato in contraddittorio con il soggetto a caricodel quale � posto il relativo obbligo di pagamento, mentre allo stesso non � data potest� di contestare la pretesa del consulente in successive fasi di (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 2 maggio 1970 dal pretore di Orvieto (Gazzetta Uff. n. 235 del 16 settembre 1970). Per la giurisprudenza deHa Cassazione alla quale si riferisce il giudice costituzionale in motivazione, dr. Cass. 9 giugno 1969, n. 2016, Foro it. rep. 1969, Cons. tecnico, n. 87. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedimento o in sede di impugnazione; sotto un secondo profilo, inoltre, nella parte in cui non viene disposto espressamente che il decreto predetto sia motivato. Le questioni non sono fondate. 2. -Sono noti i contrasti che la disposizione in esame ha suscitato fra gli interpreti impegnati nella ricerca volta a delineare, cos� sul piano dogmatico come su quello applicativo, la configurazione giuridica del procedimento di liquidazione del compenso al consulente tecnico, i requisiti formali del decreto, i rimedi riservati alla parte condannata alla prestazione. Ma � noto altres� che, anche sulla base di orientamenti dottrinali, la ormai consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, con argomentazioni giuridiche alle quali si ritiene di aderire, ha ricondotto il decreto in esame fra i provvedimenti speciali a carattere monitorio, emessi dal giudice in via provvisoria e senza preventiva contestazione della domanda. Nell'ambito di questa categoria, ha precisato ancora la Corte di cassazione, detto decreto deve assimilarsi al decreto ingiuntivo disciplinato dagli artt. 633 e seguenti del codice di procedura civile nel titolo concernente i procedimenti sommari. Ad esso si � ritenuto, in particolare, applicabile, �con opportuni adattamenti procedurali, la normativa concernente l'opposizione degli interessati, ammettendosi contro il predetto decreto un mezzo di impugnazione idoneo ad introdurre un giudizio ordinario di cognizione anche si.Il merito della domanda creditoria, con l'osservanza della regola del contraddittorio. 3. -Considerata, quindi, in siffatta pi� ampia p:r;ospettiva sistematica la disposizione impugnata, deve ammettersi che essa non preclude il co~traddittorio, ma ne differisce l'attuazione alla fase processuale di opposizione, nella quale appunto pu� realizzarsi la piena cognizione del giudice sulle domande e sulle difese delle parti. In questa fase trova congrua applicazione la garanzia del diritto di difesa preveduta dall'articolo 24, primo e secondo comma, della Costituzione, la quale, come pi� volte affermato da questa Corte, esige che siano assicurati effettivamente lo scopo e la funzione dialettica del processo, per l'attuazione dell'ordinamento giuridico secondo il principio di parit� delle parti. Ma il diritto di difesa non resta infirmato dalla legge che ne adegua le modalit� di esercizio alle speciali caratteristiche di struttura dei singoli procedimenti. 4. -Alla stregua dei criteri interpretativi sopra esposti deve ritenersi priva di fondamento altresi la questione sollevata dal giudice a quo in riferimento all'art. 111, primo comma, della Costituzione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 975 L'obbligo della enunciazione, da parte del giudice, delle argomentazioni di fatto e di diritto che sorreggono il decreto medesimo, assoggettato �come sopra detto alla disciplina monitoria, deriva ovviamente dalla natura giurisdizionale e dalle finalit� decisorie di esso nonch� dall'esigenza che attraverso la motivazione possa svolgersi concretamente, in sede di opposizione, il sindacato sul merito della decisione con speciale riguardo alle circostanze ed agli elementi di cui il giudice deve tener conto .ai fini della determinazione del compenso. Ci� toglie congruenza al collegamento che il giudice del merito ha inteso ravvisare fra la norma impugnata e l'art. 135 del codice di procedura civile e fa ritenere adeguata la norma stessa al dettato costituzionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1972, n. 126 -Pres. Chiarelli - Rel. Rossi -Verna (n. c.) e Presidente Constglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento penale -Arresto in flagranza -Reato di ubriachezza Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 13; c.p.p., art. 236, ultimo comma; c.p., art. 688). Non � fondata, con riferirnento al principio di eguaglianza, ed � manifestamente infondata con riferimento alla tutela della libert� personale, la questione di legittimit� costituzione dell'art. 236, ultimo com-. ma, codice di procedura penale, che consente l'arresto per chi sia colto in flagranza del reato di ubriachezza (1). La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 236, ultimo com ma, c.p.p. � sollevata di ufficio dal pretore di Genova sotto due profili: a) se la norma impugnata non contrasti con il principio della uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3 Cost.) in quanto prevede l'arresto facoltativo per il reato di ubriachezza semplice (arti (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa H 4 luglio 1970 dal pretore di Genova (Gazzetta Ufficiale n. 254 del 7 ottobre 1970). Il Giudice costituzionale ha pienamente condiviso la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato. Secondo. un .consolidato indirizzo dottrinario, l'ubriachezza � uno dei fattori criminogeni pi� insidiosi ed incontrollabili, talch� la �sua intrinseca pericolosit� sociale rende indispensabile l'adozione di opportuni mezzi di prevenzione. Pertanto la previsione contenuta nella norma impugnata, essendo fondata su una valutazione discrezionale del legislatore, non arbitraria e ponderata, non contrasta con l'art. 3 della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 976 colo 68'8, primo com.ma, c.p.), mentre non lo prevede per altre contrav venzioni punite pi� gravemente, come la somministrazione di bevande alcooliche a persona gi� ubriaca (art. 691 c.p.), o l'esercizio di giuochi d'azzardo (art. 718 c.p.); b) se la norma stessa non contrasti con l'art. 13 della Costituzione in quanto lo stato di ubriachezza manifesta in luogo pubblico o aperto al pubblico non rientrerebbe .in quei �casi eccezionali di necessit� ed urgenza indicati tassativamente dalla legge � per cui l'autorit� di pub blica sicurezza pu� adottare misure provvisorie di limitazione della libert� personale. Entrambi i rilievi sono infondati. A) Non vi � lesione del principio di uguaglianza. Se il legisla tore ha ritenuto di dover prevedere l'arresto facoltativo di colui che viene colto in stato di manifesta ubriachezza e non� di altri che siano sorpresi mentre commettono reati puniti con pena uguale ed eventual mente superiore a quella prevista dall'art. 688 c.p., ci� ha fatto perch� l'ubriachezza non pu� considerarsi alla stregua delle altre contravven zioni. Essa costituisce un fattore di pericolosit� specifica, ancora in atto durante il permanere dell'etilismo, indipendentemente dalla gravit� del reato gi� consumato. L'ubriachezza � una delle cause criminogene pi� comuni, tanto che nel nostro sistema penale, come del resto avviene in tutti i paesi civili, essa viene considerata, in una complessa serie di norme particolari : norma particolare, del tutto razionale e non confliggente col principio d'u~uaglianza, � anche la previsione dell'art. 236, ultimo comma, del codice di procedura 'penale. L'arresto in flagranza dell'individuo colto� in condizioni di manifesta ubriachezza � una misura di pubblica cau tela che pu� anche salvare l'incolumit� della stesso arrestato e met terlo al riparo da eventuali responsabilit� penali e civili. B) Quanto alla prospettata ipotesi di una violazione dell'art. 13, terzo comma, Cost., questa Corte con sentenza n. 173 del 1971 dichiar�� non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 236 del codice di procedura penale. Successivamente la Corte, ancora investita Costituzione. Le medesime considerazioni valgono ad escludere la viola zione dell'art. 13 della Costituzione poich� dimostrano che il legislatore ha ravvisato, nell'ipotesi prevista dalla norma impugnata, uno dei casi in cui � necessario ed urgente permettere misure restrittive al fine di evitare il pericolo che pu� nascere per la collettivit� dalla libert� dell'ubriaco. D'altronde le misure consentite all'autorit� di pubblica sicurezza -in . casi tassativamente indicati.-sono provvisorie e soggette ad immediato controllo dell'autorit� giudiziaria. Per alcuni precedenti giurisprudenziali, cfr. Foro it., 1972, I, 2725. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 977 della questione proprio con riferimento a persona assoggettata a giudizio direttissimo perch� colta in flagranza del reato di cui all'art. 688 c.p., ha emesso ordinanza di manifesta infondatezza (n. 107 del 1972), riaffermando che l'ebriet� pu� determinare, nei termini dell'art. 236, ultimo comma, c.p.p., la necessit� e l'urgenza di un intervento dell'autorit� di pubblica sicurezza, intervento che � previsto dalla legge con l'autorizzazione all'arresto in flagranza. E poich� non sono proposti motivi nuovi, la Corte non pu� che confermare le proprie decisioni. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 128 -Pres. Chiarelli - Rel. Verzi -Ghisoni (avv. Biamonti) Amministrazione Finanze dello Stato e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Imposta di re~istro -Contratti verbali di appalto -Re~istrazione di ufficio -Esclusione della prova testimoniale contraria -Ille~itti mit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 24; r.d.I. 15 novembre 1937, n. 1924, art. 6, primo comma). � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, la �questione di legittimit� costituzionale del primo comma dell'art. 6 r. d. l. 15 novembre 19:37, n. 1924, nella parte in cui esclude la prova testimo- niale per vincere la presunzione legale dell'esistenza di un contratto di .appalto (1). (Omissis).--:-L'ordinanza del tribunale di Genova denunzia, perviolazione degli artt. 3 e 2,4, secondo comma, della Costituzione, il primo comma dell'art. 6 del r. d. 1. 15 novembre 1937, n. 1924, che, in merito ~l pagamento dell'imposta di registro sui contratti di appalto di lavori (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 10 luglio 1970 dal Tribunale di Genova (Gazzetta Uff. n. 286 dell'll novembre 1970). In giurisprudenza, Cass. 7 settembre 1970, n. 1249, Foro it. rep. 1971, Registro n. 192; per la prova nel processo tributario, �. U. GARGIULO, � Sull'ammissibilit� della prova testimoniale nel processo tributario, con riguardo .all'applicazione, riduzione o esenzione, dell'imposta di r0egistro ., nota a Cass. 30 giugno 1971, n. 2053 in questa Rassegna, 1971, I, pag. 914. 978 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in caso di mancata presentazione della prescritta denunzia, dispone che, per procedere di ufficio, � sufficiente che l'esecuzione del contratto risulti � da fatti, da atti o da scritti, o da ogni altro elemento informativo adeguato che facciano presumere il negozio giuridico�, ma, per il contribuente, pur ammettendo la prova contraria, esclude quella testimoniale. Deriverebbe da ci� una ingiustificata discriminazione fra la pubblica Amministrazione ed il contribuente rispetto ai mezzi di prova ammessi in giudizio. La Corte non pu� aderire alla tesi sostenuta dall'Avvocatura generale dello Stato che la presunzione della esistenza di un contratto di appalto, essendo prevista e regolata da una norma di legge, rientri nella categorie delle presunzioni legali, la cui legittimit� in materia fiscale � stata riconosciuta da varie sentenze di questa Corte. Ed invero, la norma impugnata, che vuol stabilire.in quali casi l'ufficio pu� procedere per la riscossione dell'imposta di registro, indica alcune circostanze che possono avere un effetto dimostrativo senza voler dare ad esse effetto probatorio assoluto. Anche, quindi, a volere ammettere che il termine � si presumono � non sia usato impropriamente, si pu� trattare di una presunzione semplice, onde esattamente l'ordinanza di rimessione richiama l'art. 2729 del codice civile, per �cui le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni. Il solo fatto della esclusione di un mezzo di prova come quello della testimonianza non costituisce di per se stesso violazione del diritto di difesa. In molti casi, e specie nella materia contrattuale (artt. 2721, 2722, 2723 �C. c.), la prova per testimoni � guardata con disfavore e, perci�, esclusa o limitata per motivi, �che il legislatore pu� apprezzare in piena discrezionalit�. Ma, nel caso in esame, l'illegittimit� deriva dal trattamento differenziato fatto alle parti in giudizio: alla pubblica Amministrazione � �Consentito di provare l'esistenza di un contratto di appalto con qualsiasi mezzo, compreso ogni elemento informativo adeguato, e quindi compresa la prova testimoniale, mentre al contribuente non � concesso di provarne con testimoni la inesistenza. Di fronte alla ampia tutela giurisdizionale accordata alla pubblica Amministrazione sta la limitazione della stessa tutela per il contribuente, limitazione che appare tanto pi� grave in quanto nella variet� dei rapporti contrattuali, nei quali una delle prestazioni consiste nella esecuzione di un lavoro, l'accertamento del fatto obiettivo dell'adempimento di siffatta prestazione non porta necessariamente alla conseguenza di dover ritenere che sia stato stipulato e realizzato un contratto di appalto. La distinzione fra le parti, che dinanzi al giudice dovrebbero tro varsi in condizioni di perfetta uguaglianza, non appare giustificata dal- l'interesse generale della pubblica Amministrazione nella riscossione r:::. dei tributi contro ogni tentativo di evasione. -(Omissis). 1:: r --llB11�l�\�l!0fiiJiBIP%0 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 979 CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 129 -Pres. Chiarelli - Rel. Rocchetti -Brondi (n. c.), INPS (avv. Giorgi) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Privilegio -Privilegio speciale dell'I.N.P.S. -Modifica dell'ordine di prelazione -Applicazione nei procedimenti in corso -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 24; I. 30 aprile 1969, n. 153, art. 66, quinto comma). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza e di difesa, l'art. 66, quinto comma, della legge 30 ap1�ile 1969, n. 153, nella parte in cui non prevede che i titolari di crediti privilegiati, ammessi al passivo fallimentare in data anteriore all'entrata in vigore di detta legge, possano contestare i crediti che, per effetto della nuova disciplina, sono stati anteposti ai loro nel grado del privilegio (1). 3. -� noto che l'applicazione dell'art. �66, quinto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, nelle procedure fallimentari in cui sia stato gi� approvato lo stato passivo, ma non sia ancora divenuto definitivo il piano di riparto, ha dato luogo, in dottrina e in giurisprudenza, a valutazioni e decisioni contrastanti. Secondo l'orientamento, divenuto prevalente dopo le decisioni emesse dalla Corte di cassazione, l'approvazione dello stato passivo, non esaurendo la procedura fallimentare, non preclude l'applicaz�one della nuova disciplina. Ci� sul presupposto che, nel processo fallimentare, l'accertamento del privilegio che assiste il credito ammesso al passivo si svolge in due fasi: nella prima, di verificazione deHo stato passivo, l'indagine � limitata alla esistenza delle cause di prelazione in s� considerate, senza alcuna comparazione con i privilegi che assistono i crediti concorrenti; nella seconda, di ripartizione dell'attivo, in cui si procede invece alla graduazione dei privilegi e alla conseguente reciproca C�oHocazione dei crediti, secondo il grado spettante a ciascuno di essi. 4. -Con rid:erimento alla articolazione di tale accertamento in due fasi, e alla efficacia comunemente attribuita al decreto di approvazione dello stato passivo (art. 96 l.f.), che preclude ogni contestazione sulla (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 12 febbraio 1970 dal Tribunale di Genova (Gazzetta Ufficiale n. 170 dell'8 luglio 1970). "980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .esistenza del credito e delle cause di prelazione che lo assistono, la difesa dell'INPS sostiene che, se un creditore concorrente non ha eser. citato tempestivamente fo quella sede il diritto di impugnazione nei -confronti dei crediti ammessi, deve subire le conseguenze della sua inattivit�, ivi comprese quelle prodotte da una modificazione legislativa concernente i~ grado dei privilegi, che intervenga prima che si con- eluda la fase di ripartizione dell'attivo. Tale rilievo, se � valido per quei creditori che pur avendone inte / resse, non si sono opposti all'ammissione di determinati crediti, non � pertinente per quegli altri creditori che, in rapporto a quei crediti la �Cui ammissione non 1pregiudicava la soddi'Sfazione della loro pretesa, tale interesse non avevano. Il che appunt� si verifica nel caso dei c~editori privilegiati che, per carenza di interesse, non possono contestare crediti -chirografari n� crediti privilegiati assistiti da un privilegio di grado inferiore. 5. -Solo che si tengano presenti l'orientamento giurisprudenziale .sulla applicazione dell'art. 66 della legge n. 153 del rn69, e i principi generali sopra ricordati sull'interesse ad agire, risulta evidente il con- trasto della norma impugnata con gli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione. Quella norma, infatti, nel disporre che la modifica del grado dei privilegi si applica anche neHe procedure ancora in corso al momento -dell'entrata in vigore della legge, altera sostanzialmente, quando sia gi� intervenuto il decreto di esecutivit� dello stato passivo, il meccanismo del processo fallimentare, perch�, pur incidendo in modo tanto :rilevante sulla �situazione anteriore, non propone alcun rimedio per rimuovere, nei confronti dei creditori che, prima di quella disposizione, non potevano opporsi all'ammissione dei crediti previsti dall'art. 66, _preclusioni che,� irrimediabilmente, incidono sulla l�ro posizione processuale. Il che determina una situazione Ghe � in contrasto con la ga. ranzia di un ..regolare e normale svolgimento del contraddittorio. Pertanto la norma impugnata non assicura ai'creditori, cui pi� volte .si � fatto riferimento, il diritto di difesa in modo adeguato ed effettivo .e crea altresi una disparit� di trattamento fra i suddetti creditori e tutti .gli altri che fin da principio erano collocati p~steriormente a quelli cui la legge ha ora conferito un privilegio di grado poziore. Deve, quindi, dichiararsi l'illegittimit� costituzionale dell'art. 66, .quinto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui non prevede, nelle procedure fallimentari in cui sia stato reso esecutivo lo stato p�ssivo, ma non sia stato ancora approvato il piano di riparto, il diritto del creditore pretermesso nel grado del privilegio a contestare i crediti fruenti prima di un privilegio inferiore. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 981 CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 130 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Soc. Pilla (n. c.) e Presidente Consiglio dei Min}stri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento civile -Esecuzione mobiliare -Vendita con incanto senza nuova determinazione del prezzo base -Ille~ittimit� costituzio nale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p.c., art. 538, secondo comma), Non � fcm~ata, con riferimento ai principio dli eguagLianza, La questione di legittimit� costituzionale deU'art. 538, secondo comma, codice di procedura civile che ammette, per i beni mobili, i successivi incanti senza prefi,ssione di un prezzo base minimo (1). (Omissis). -Nell'art. 5�38, secondo comma, del codice di procedura civile non v'� quella lesione del principio di uguaglianza che il pretore denuncia. Nella vendita mobiliare l'incanto posteriore al primo viene disposto senza nuova determinazione di un prezzo di base, necessaria invece nella vendita immobiliare (art. 591, secondo comma), perch� � pi� ridotto il valore dei beni mobili, cosicch� gi� nel provvedimento di cui all'art. 53'5, secondo comma, � determinata una base di incanto corrispondente alla minima stima. Cosi essendo, la fissazione di un altro prezzo irriducibile per le offerte potrebbe agevolare una nuova diserzione dall'incanto con pregiudizio dello stesso debitore che verrebbe gravato dell'aumento del costo dell'esecuzione talora in modo sproporzionato all'entit� del debito. Il giusto prezzo non si raggiunge nemmeno (1) La �questione era stata sottoposta amesame della Corte con ordinanza emessa il 3 luglio 1970 dal pretore di Orvieto (Gazzetta Ufficiale n. 235 del 16 settembre 1970). Nel �corso del giudizio era stato posto in risalto dalla difesa dello Stato che, se nelle disposizioni normative previste dal codice di rito effettivamente � diversa la previsione per la esecuzione mobiliare rispetto a quella immobiliare, ci� non .comporta necessariamente una disparit� di trattamento in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Il principio di eguaglianza deve assicurare ad ognuno parit� di trattamento quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si ri:lieriscono, ma � consentito adeguare la disciplina giuridica delle situazioni agli 1svariati aspetti della vita sociale, distinguendo situazione da situazione, si da rendere effettivo, e non meramente formale, il principio di eguaglianza. Nella specie, la diversit� oggettiva fra le due normative pu� rinvenirsi nel minore e pi� ridotto valore dei beni mobili rispetto agli immobili, nella tutela che anche in tema di esecuzione mobiliare esiste per particolari beni (arg. ex art. 539 c.p.c.), nella particolare onerosit� del 7 982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attraverso la ripetizione dell'incanto senza base fissa, se intervengono turbative; contro le quali, a parte la vigilanza dell'ufficiale procedente, valgono le sanzioni apprestate dal codice penale. Quanto all'altro profilo di illegittimit� costituzionale addotto dal pretore, che cio� il sistema non garantisce <al debitore il suo diritto di propriet�, perch� egli rimane esposto al rischio di perdere i propri beni senza adeguato corrispettivo, � agevole obiettare che il debitore ha nel suo patrimonio l'importo integrale del credito per realizzare il quale si � proceduto, e pertanto non pu� ritenersi depauperato se i beni pignorati, nell'incanto successivo al primo, non vengono aggiudicati o vengono aggiudicati ad un prezzo inferiore alla stima originaria. Per giunta, quando l'asta rimanesse deserta e non avesse altri beni assoggettabili all'esecuzione, �egli riavrebbe i beni pignorati, pur mantenendo nel suo patrimonio l'importo del credito rimasto insoddisfatto. -(Omissis). processo esecutivo anche per la realizzazione di modesti crediti: c10 giustifica pertanto la previsi<me di una normativa diversa fra la esecuzione mobiliare e quella immobiliare. In relazione al profilo di costituzionalit� ;previsto dall'art. 42 Cost. era stato anche avvertito che la fissazione della prima asta al prezzo stabilito in sede di �pignoramento e la fissazione del secondo incanto ad un qualsiasi prezzo, tutelano a sufficienza il debitore che, proprio. dall'esperimento dell'asta pubblica, ha la garanzia di poter ottenere il �rprezzo giusto di mercato dall'alienazione forzata dei suoi beni. La possibilit� che, in concreto, possano intervenire fattori estranei che alterino il risultato dell'asta, consentendo di acquistare a prezzo vile i beni pignorati, � un fatto che attiene alla patologia dell'istituto e non anche al suo normale svolgimento; comunque tale anomalia, proprio perch� illecita anche penalmente, non attiene alla legittimit� della norma sotto il profilo costituzionale. CORTE COSTITUZIONALE, 12, lugHo 1972, n. 131 -Pres. Chiarelli - Rel. Benedetti -Lodigiani (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposte doganali -Imposte di fabbricazione -Qualit� del prodotto difforme dal dichiarato -Accertamento nei laboratori chimici dell'Amministrazione -Illegittimit� costituzionale -Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 24; r.d. 21 settembre 1896, n. 497, art. 3; r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, art. 3). � inammissibile, perch� avente ad oggetto norma regolamentare, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, primo comma, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 983 r.d. 21 settembre 1896, n. 457 concernente il � regofamento sul personale dei lavoratori chimici delle gabelle �; mentre � inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, secondo comma, r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 concernente l'istituzione di una imposta di fabbricazione sugli o.ii minerali (1). (Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale proposta dal tribunale di Bergamo nei riguardi dell'art. 3, comma. primo, del r.d. 21 settembre 1896, n. 457, deve essere dichiarata inammissibile poich� ha per oggetto una disposizione contenuta in un atto privo di forza di legge e quindi non soggetto a controllo di costituzionalit�. La norma impugnata � 'infatti contenuta in un regio decreto -emanato su proposta del Ministro per le finanz.e, udito il parere del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri -che ha natura regolamentare e che come � regolamento sul personale dei laboratori chimici delle gabelle � � qualificato nel suo stesso titolo. 2. -Del pari inammissibile, ma per difetto di rilevanza ai fini della decisione della causa dibattuta dinanzi al tribunale, deve essere dichiarata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, comma secondo, del r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 (convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739), sollevata in riferimento all'art. 2:4 della Costituzione. Erroneo � infatti il presupposto dal quale il giudice a quo muove nel sollevare detta questione e cio� che nel .caso sottoposto al suo giudizio -in cui occorre stat.ire in ordine al reato di sottrazione al pagamento dell'imposta di fabbricazione sugli oli minerali previsto e punito dall'art. 9 della legge 2 luglio 1957, n. 474 (che modifica l'art. 23 del citato r.d., n. 334 del 1939) -trovi applicazione la norma denunciata la quale, ai fini della definizione delle controversie sulla q'uaHficazione dei prodotti da assoggettare all'imposta di fabbricazione, richiama la procedura per la risoluzione delle controversie sull'applicazione dei dazi doganali. Tale .procedura, gi� disciplinata dal t.u. approvato con r.d. 9 aprile 1911, n. 330, ed ora dal decreto legislativo 118 febbraio 1971, n. 18, � un mezzo amministrativo apprestato dal legislatore per addivenire (1) La questione era stata sottoposta all'eisame della Corte con ordinanza emessa il 18 marzo 1970 dal tribunale di Bergamo (Gazze'tta Ufficiale n. 222 del 2 settembre 1970). Per l'inammissibilit� del sindacato costituzionale di norme regolamentari, v. C'ass. 19 novembre 1971, n. 3331 in questa Rassegna, 1971, VI, 1519; cfr. anche Corte cost. 4 maggio 1970, n. 67, id. 1970, I, 374. 984 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO all'accertamento dell'obbligazione tributaria in contraddittorio fra il contribuente e l'Amministrazione. Il presupposto di tale procedimento � la divergenza manifestatasi tra contribuente e ufficio impositore in ordine alla qualificazione della merce da assoggettare all'imposta; allorch� infatti il proprietario ritiene che la classificazione richiesta dall'ufficio non sia rispondente alla natura della merce presentata alla verifica e sostiene per contro che essa, per le sue carattedstiche, debba essere compresa sotto una diversa denominazione della tariffa doganale, pu� promuovere la controversia per la qualificazione. Secondo le disposizioni contenute nel t.u. del 1911, il contribuente poteva chiedere che la controversia fosse decisa dalla Camera di commercio, la quale di regola sentiva una commissione di periti da essa nominata. Qualora il contribuente non avesse chiesto il giudizio della Camera di commercio ovvero la dogana o il contribuente non ritenessero di accettare il giudizio emesso dalla Camera, la decisione veniva emessa dal Ministro per le finanze, il quale normalmente sentiva il parere del Collegio consultivo dei periti doganali. Secondo le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 18 del 1971, la controversia � invece dedsa in prima istanza dal capo del Compartimento doganale previo parere del Collegio consultivo compartimentale dei periti doganali e, in seconda istanza, dal Ministro per le � finanze, previo parere del Collegio consultivo centrale dei periti doganali. Con la decisione del Ministro l'accertamento si intende definito. Alla stregua di siffatta disciplina � quindi evidente che il procedimento di cui trattasi pu� promuoversi quando la merce oggetto di accertamento si trovi sugli spazi doganali e che non possa quindi sollevarsi controversia di qualit� per merce gi� ritirata dalla dogana. , Queste precisazioni valgono a chiarire le modalit� e il momento di applicazione di siffatta procedura in tema di risoluzione delle controversie sulla quaHficazione dei prodotti da assoggettare ad imposta di fabbricazione. Poich� oggetto di questa imposta � la fabbricazione del prodotto, l'accertamento della qualit� e quantit� di es,so e la conseguente liqutdazione del tributo avvengono di regola una volta ultimato il processo di produzione e prima che il prodotto esca dallo stabilimento o dai depositi per essere immesso al consumo. Ora � chiaro che anche nel caso in esame le controversie sulla qualificazione assolvono il compito di comporre amministrativamente dissidi tra produttore e uffici fiscali, ineriscono alla fase di accertamento del tributo e riguardano merce ancora presente nel luogo di produzione. La �controversia di qualificazione del prodotto non pu� essere sollevata in un momento diverso da ,quello attinente alla fase di accertamento. e� Nel caso sottoposto all'esame del tribunale, in cui occorre pronun:":" ciare sulla sussistenza o meno di una frode fiscale, ossia sulla evasione ~~~j i:= PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 985 dell'imposta di fabbricazione su un prodotto gi� uscito dal luogo di produzione e immesso al consumo, non pu� quindi i.n alcun modo tro vare applicazione la disposizione doo.un�iata. La questione proposta non ha pertanto carattere di pregiudizialit� rispetto alla defini2�ione del 'giudizio di merito e deve quindi essere dichiarata inammissibile. -(Omissis). . CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 19<72,, n. 1312 -Pres. Chiarelli - Rel. Verz� -INA (avv. Amato, Formai), Istituto romano beni stabili (avv. Nardone) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Locazione -Proroga relativamente agli immobili urbani -Collega mento con i dati dell'imposta complementare -Illegittimit� co stituzionale -Altre ipotesi -Infondatezza. (Cast., artt. 3, 24; I. 26 novembre 1969, n. 833, artt. 1, 3, 6, modif. da art. 56 d.l. 26 ottobre 1970, n. 745). Sono costituzionalmente illegittime, con riferimento al principio di eguaglianza e di diritto di difesa, gli artt. 1, secondo comma, 3, terzo comma e 6, secondo comma, della legge 26 novembre 1969, n. 833 relativa alle locazioni degli immobili urbani, nella parte in cui non riconoscono al locatore il diritto di provare che il conduttore gode di un reddito superiore a quello risultante dai ruoli dell'imposta complementare per il 1969 e negano rilevanza alle successive variazioni: mentre sono non fondate le altre questioni di legittimit� costituzionale relative all'art. 1, secondo comma, della stessa legge (1). (Omissis). -2.. -L'art. 1, comma secondo, della leg.ge 26 novem bre 1969, n. 8313, viene denunziato, per violazione del principio di uguaglianza dell'art. 3 Cost., dal pretore di Torre del Greco. La questione non � fondata. (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze emesse: il 23 giugno 1970 dal pretore di Torre del Greco (Gazzetta Uffidale n. 254 del 7 ottobre 1970); il 29 gennaio 1971 dal pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale n. W6 del 28 aprile 1971); il 15 marzo 1971 dal pretore di Roma e 1'8 giugno 1971 dal pretore di Poggio Mirteto (Gazzetta Ufficiale n. 233 del 15 settembre 1971); il 1� giugno 1971 dal rpretore di Brescia (Gazzetta Ufficiale n. 240 del 22 settembre 1971); il 4 marzo 1971 dal pretore di Brescia (Gazzetta Ufficiale n. 259 del 13 settembre 1971); RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 986 Il legislatore ha voluto proteggere le categorie di cittadini meritevoli di particolare tutela sotto il punto di vista sociale, concedendo soltanto a costoro il beneficio della proroga di legge dei contratti di locazione, ed all'uopo ha disciplinato la materia con una norma di carattere generale facendo riferimento ai proventi dei conduttori o subconduttori e dei componenti la famiglia anagrafica, non superiori complessivamente a lire 150.000 mensili. La posizione economica del locatore. non poteva essere presa in considerazione da un� norma che vuol creare, per fini sociali, una differenziazione fra conduttori che hanno diritto alla proroga e conduttori che tale diritto non hanno. Comunque ,il caso del proprietavio a reddito fisso, titolare di un appartamento acquistato col piccolo risparmio, e costretto talvolta a pagare, per la sua abitazione, un canone di locazione superiore a quelilo a lui corrisposto dal suo inquilino, a parte la eccezionalit� non v~lida ad infirmare la legge, non � motivo di irrazionale differenziazione. Ed invero, esaminando la questione sotto il riflesso dell'interesse del locatore, va considerato che questo interesse si compendia nell'ottenere la disponibilit� dell'appartamento o per riaffittarlo ad altri, oppure per adibirlo ad abita2lione propria o per i familiari. Ma, nell'attuale regime di blocco dei canoni di locazione, applicabile anche quando il contratto di locazione � rinnovato con altro conduttore, viene meno qualsiasi interesse del locatore a fare cessare la proroga dell'attuale conduttore. Se invece il locatore ha necessit� di riottenere l'appartamento per abitarlo, pu� far �cessare la proroga avvalendosi della disposizione dell'art. 4 della legge 23 maggio 1950, n. 253, applicabile anche nelle ipotesi previste dalla norma impugnata, come sar� dimostrato esaminando la ordinanza del tribunale di Venezia. Queste considera2lioni valgono a dimostrare l'infondatezza della questione sol:levata in termini identici dalle ordinanze del pretore di Milano 29 gennaio 1971 e del pretore di Poggio Mirteto dell'8 giugno 1971 per l'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, che ha modificato il secondo comma dell'art. 1 della legge n. 83�3 del 196�9. 3. -L'art. 1, secondo comma, della legge n. 8'33 del 1969, cos� come modificato dal menzionato art. 56, viene denunziato -sempre per violazione dell'art. 3 Cost. -sotto due diversi profili, rispettivamente, il 18 maggio 1971 dal tribunale di Venezia (Gazzetta Ufficiale n. 297 del 24 novembre 1971); il 14 giugno 1971 dal pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 323 del 22 dicembre 1971); il 7 agosto 1971 dal pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale n. 311 del 9 dicembre 1971); il 20 ottobTe 1971 dal pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 50 del 23 febbraio 1972); il 16 e il 23 novembre 1971 dal pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 90 del 5 aprile 1972). Per riferimenti dottrinali e giuTisprudenziali, cfr. Foro it., 1972, I, 2722. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 987 dal tribunale di Venezia con ordina.za 18 maggio 1971 e dal pretore di Brescia con ordinanze 4 marzo e 1� giugno 197'1. Il trtbunale di Venezia denunziia la differente d~sciplina fra i contratti di locazione previsti dal primo comma e quelli previsti dal secondo comma dell'art. 1 della/legge n. 833 del 1969: ai primi sarebbe applicabile la norma dell'art. 4 della legge n. 2,53 del 19'50, secondo la quale il locatore pu� far cessare la proroga nei casi in cui deve adibire l'immobile ad abitazione propria o dei familiari; mentre ai secondi la stessa norma non sarebbe applicabile. Non vi � dubbio che, se la interpretazione della norma di legge fosse ,esatta, chiaro sarebbe il trattamento differenziato e non giustificato fatto ai conduttori solo sulla base della data di inizio della locazione. Ma l'interpretazione dei giudici di merito non sempre coincide con quella data dal tribunale di Venezia, e, nella difformit� di giudicati su I questioni opinabili, la Corte ritiene di preferire quella che ragionevolmente si conforma ai principi costituzionali. Si possono addurre, a sostegno della tesi del differente trattamento, argomenti interpretativi, o contrapposizfoni terminologkhe o lacune della legge, ma � difficile ammettere che la p~oroga delle locazioni disposta dal secondo comma non sia entrata a :far parte del cosidetto regime vincolistico, che, come riconosce anche l'ordinanza del tribunale, � termine generico, comprendente tutte le norm� che disciplinano la materia delle locazioni. E svariate leggi che prorogano i contratti di locazione stipulati prima dell'anno 1947 parlano di disciplina delle locazioni e di proroga di esse ed usano talvolta anche il termine � regime vincolistico ., ma non per creare differenza fra le proroghe, bens� allo scopo di indicare genericamente i vdncoli esistenti sulle ,locazioni di immobili urbani. Non 'sembra p~rtanto esatto escludere dal� regime vincolistico la � proroga contemplata dal secondo comma. Comunque, anche a volere considerare la lettera della norma impugnata, � sufficiente tenere presente l'espressione � sono altresi prorogati ., per dedurre un coordinamento con i contratti prorogati dal primo comma e per sottoporre tutte le proroghe alla medesima disciplina rispetto ai casi in cui il locatore pu� far cessare la proroga. Interpretata in tali sensi, la norma impugnata non v�ola il principio di uguaglianza. 4. -Il pretore di Brescia prospetta una violazione del princ1p10 di uguaglianza per il fatto che non sono stati prorogati anche i contratti stipulati successivamente al 1� dicembre 1969. In proposito va rilevato che la situazione dei conduttori che stipularono il contratto anteriormente al 1� dicembre 1969 � obbiettivamente diversa ed � stata diversamente valutata dal legislatore. Per i contratti stipulati in epoca sue 988 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cessiva la situazione economica e di mercato, profondamente diversa: da quella esistente al momento in cui vengono prorogati i fitti precedenti, richiedeva una valutazione per sopperire ad altre esigenze, valutazione che implicava una scelta di esclusiva competenza del legislatore. Pertanto, neppure sotto questo profilo, pu� ritenersi violato l'art. 3 della Costituzione. 5. -In merito al denunziato contrasto con gH artt. 3 e 24 Cast. dell'art. 1, secondo comma, dell'art. 3, terzo comma, e dell'art. 6, secondo comma, della legge n. 833 del 1969, cos� come modificati dal ripetuto art. 5,5, varie ordinanze del pretore di Roma e 'del pretore di Milano denunziano, in primo luogo, che le norme impugnate attribuiscono al conduttore la possibilit� di dimostrare la propria condizione economica mediante la produztlone di una certificazione amministrativa insindacabile, mentre negano al locatore la facolt� della prova contraria nelle forme previste dal vigente ordinamento processuale, pratieando cos� in materia di tutela giurisdizionale un trattamento differenziato e non giustificato; .ed, in secondo luogo, �che l'elemento fondamentale per la decisione di una controversia sul diritto di proroga viene acquisito al di fuori del processo, tramite la certificazione di un organo amministrativo, mentre qualsiasi diritto al contraddittorio viene escluso o gravemente compromesso ed i mezzi di prova si riducono a presunzioni nemmeno rispettose del rigore logico di cui sono circondate nel sistema comune. La questione � fondata. L'Avvocatura generale dello Stato ritiene che l'iscrizione nei ruoli della imposta complementare dell'anno 1969 per un reddito non superiore ai due milioni e mezzo di .lire non costituisca un mezzo di prova delle �condizioni economiche del conduttore, bens� un fatto previsto dalla legge, al quale viene condizionata la proroga. In giudizio dovrebbe essere provata soltanto la iscrizione. nei ruoli della imposta complementare per la $Omma sopraindicata, senza alcun limite alle parti nel fornire tale prova, ed al giudice nella valutazione di essa. Siffatta tesi non .pu� essere accolta. Ed invero�, sta di fatto che il legislatore -volendo limitare il beneficio della proroga ad una categoria di conduttori che godano di un limitato reddito annuale, e volendo evitare le diffi.colt� di accertamento delle condizioni economiche e rendere facile e spedita la risoluzione di controversie in materia .delicata quale quella delle locazioni -ha fatto riferimento ad un dato ritenuto obbiettivo, quale sarebbe quello del reddito imponibile risultante dai ruoli dell'anno 1969. Al riguardo fa Corte ritiene che di prova legale non possa trattarsi. Ed invero, l'accertamento fiscale trasferito in un procedimento avente carattere e finalit� assai differenti, pu� avere soltanto valore dimostrativo, e, come tale, va � PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 989 soggetto all'apprezzamento del giudice. E, se cos� �, la tutela giurisdizionale sul diritto controverso deve essere pienamente garantita dal regolare contraddittorib e dalla ammissione della prova contraria, che rappresentimo mezzi essenziali per la ricerca �della verit� e per l'attuazione della giustizia. La necessit� della prova contraria a tutela del diritto di difesa �� maggiormente� avvalorata dalla considerazione che: a) l'iscrizione a ruolo della imposta complementare � fatta in base alla denunzia deL contribuente sui redditi dell'anno precedente e cio� � fatta da chi potrebbe essere indotto a dichiarare un reddito inferiore al vero; b) l'iscri-� zione � provvisoria e non � normalmente sottoposta ad immediato controllo; c) le controversie di natura tributaria di solito vengono defi-nite con notevole ritardo; d) sono in fatto possibili evasioni fiscaH. La dichiarazione di illegittimit� in riferimento agli artt. 3 e 24,. secondo comma, Cost., va estesa anche alla parte delle norme che nega rilevanza alle variazioni di redditi sopravvenute alla iscrizione nei ruoli per l'anno 1969, anche allo scopo di evitare irrazionali differenze� qualora. le condizioni economiche del conduttore siano mutate al momento in cui si decide del diritto alla proroga. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 133 -Pres. Chiarelli - Rel. Benedetti. Pensioni -Riversibilit� delle pensioni ordinarie -Determinazione della. nullatenenza in base al reddito non superiore a L. 240.000 annue -� Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. .3; I. 15 febbraio 1958, n. 46, art. 12, terzo comma). � costituzionalmente iilegittimo l'a1�t. 12, terzo comma, della legge� 15 febbraio 1958, n. 46, sulle pensioni 01�dinarie a carico dello Stato, limitatamente alla parve in cui considera nullaternenti gii orfani maggiorenni che usufruiscono di un reddivo non superiore alle lire 240.000 annue, anzich� quelli che risultino non assoggettati per l'ammontare del loro reddito complessivo dell'imposta complementare, ai sensi delle� leggi in vigore (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame del Giudice costituzionale con ordinanza emessa il 21 giugno 1971 dalla Corte dei Conti,. sez. IV pensioni militare (Gazzetta Ufj�ciale n. 6-5 dell'8 marzo 1972). 990 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE' COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 134 -P1�es. Chiarelli - 990 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE' COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 134 -P1�es. Chiarelli - Rel. Capalozza -INAM (avv. Jemolo). Assicurazioni -Surrogazione verso il terzo danneggiato -poncorso di colpa dell'assicurato -� Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast.. art. 3; e.e., art. 1916). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale deil'art. 1916 codice civile, nella parte in cui preve1de la surrogazione deil'assicurato1�e anche nel caso di concorso di colpa deli'assicurato (1). (Omissis). -In ordine al preteso contrasto con l'art. 3 Cost., con sentenza n. 115 del 1970, questa Corte ha escluso la irrazionalit� della disposizione de qua, stante la diversit� di situazioni tra l'ipotesi di colpa esclusiva e quella di colpa concorrente del danneggiato-assicurato. Per il grado di incidenza patrimoniale a carico dell'assicuratore, stante il trasferimento del rischio; nonch� per il temperamento apportato dalla normativa alla misura dell'incidenza stessa, va richiamato il criterio accolto da questa Corte con sentenza n. 22 del 1967 sui limiti che --in un caso che presenta alcuni aspetti analoghi a quello in esame -sono stati fissati per il raffronto col principio di eguaglianza. In tale sentenza si � osservato che potrebbe sorgere qualche dubbio sul punto se venga a determinarsi una posizione sfavorevole per il lavoratore che subisca una decrnrtazione dell'ammontare del risar�imento che gli sarebbe dovuto. Tuttavia -ha argomentato la Corte -l'indagine � allo scopo di accertare una eventuale violazione dell'art. 3, rkhiederebbe una particolareggiata analisi delle varie componenti causali del rischio assicurato e della loro diversa incidenza media sugli infortuni, indagine che esula del tutto dai poteri �della Corte � . A sostegno, poi, dell'assunta violazione dell'art. 35 Cost., l'ordinanza fa richiamo alla legge n. 9�90 del 1969 sull'assicurazione obbligatoria della resJ?onsabilit� civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, assumendo che il contrasto sussisterebbe almeno per il periodo anteriore all'entrata in vigore di essa legge, dappoich� allora, mentre chi fosse stato vittima di un evento dannoso per (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 16 marzo 1970 dal pretore di Bari (Gazzetta Ufficiale n. 235 del 16 settembre 1970). Corte cost., 6 luglio 1970, n. 115, citata in motivazione, leggesi in �questa Rassegna, 1970, I, 729; per Corte cost., 9 marzo 1967, n. 22, id., 1967, I, 198. ..............,~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 991 colpa di un terzo e non fosse assicurato, avrebbe potuto ottenere dal responsabile l'intiero risarcim�nto, il lavorator..e che versasse in analoga condizione, per il solo fatto di essere obbligatoriamente coperto da assicurazione sociale, avrebbe avuto una limitazione del suo diritto a motivo della surrogazione da parte dell'ente mutualistico. Ma si tratta di un richiamo inconferente, dovendosi, nell'attuale sede, esaminare la situazione .assicurativa del danneggiato e non quella del terzo responsabile. D'altro canto, l'art. 1916 si limita a disciplinare il collegamento tra due rapporti obbligatori, di cui uno contrattuale e l'altro nascente da fatto illecito, senza che la soluzione accolta dal legislatore crei problemi d'ordine costituzionale. E, invero, l'assicurato � garantito, quanto al danno arrecatogli {per gli eventi e nei limiti ex lege o ex contractu), mediante il trasferimento del rischio sull'a~sicuratore: �e non v�ola alcun diritto del lavoratore il fatto che l'assicuratore si surroghi a sua volta, sino alla concorrenza dell'indennit� corrisposta, negli eventuali diritti del danneggiato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 135 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Strillaci (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Reato -Recupero delle spese di mantenimento in carcere -Applicazione anche per la carcerazione preventiva -Ille~ittimit� costituzio nale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p., artt. 166, 198; c.p.p., art. 274, primo comma e 488, terzo comma). Non � fondata, con riferimento al principio di egua.gUanza, la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 166 e 198 codice penale, nonch� degli articoli 274, primo comma, e 488, terzo comma, �codice procedura penale, neUa parte in cui pongono a carico del condannato a pena condizionatamente sospesa il pagamento immediato .alle spese della carcerazione preventiva (1). (Omissis). -2. -La questione non � fondata. L'istituto della carcerazione preventiva (sulla cui legittimit� questa Corte ha avuto occasione di pronunziarsi con sentenza n. 64 del 1970) (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 16 dicembre 1969 dal tribuale di Torino (Gazzetta Ufficiale n. 254 del 7 ottobre 1970). Con sentenza 4 maggio 1970, n. 64, in questa Rassegna 1970, I, 369, il Giudice costituzionale aveva dichiarato non fondata, con riferimento agli 992 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e quello della sospensione condizionale della pena sono basati su cri-� teri e sono diretti a scopi diversi ed autonomi. La carcerazione preventiva si inserisce nel processo; la sospensione condizionale, invece, � ammessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, il giudice presume che il colpevole si asterr� dal commettere ulteriori reati � (art. 164, primo comma, cod. pen.), attiene alla natura e alle finalit� della pena nel suo aspetto rieducativo e, insieme, intimidatorio. La sospensione � rieducativa, perch�confida pi� nella libert� controllata che nel carcere per la riqualificazione e l'emenda del reo; � intimidatoria, perch�, qualora sopraggiungano fatti che la legge tassativamente prevede come incompatibili col ravvedimento del� colpevole -cio� qualora il periodo� de bene vivendo non decorra utilmente -il condannato perde il diritto alla libert� condizionale, sc�nta, di regola, la pena per il precedente e per il successivo reato (art. 1�68 cod. pen.) e viene, comunque, pur se il nuovo reato sia commesso dopo il periodo di prova, escluso dalla reiterazfone del beneficio (art. 164, quarto comma, cod. pen., con i temperamenti di cui al quinto comma, aggiunto dall'art. 1 della legge 24� aprile 1962, n. 191, e cop le modifiche discendenti dalla sentenza n. 86 del 1970 di questa Corte; per il reato anteriormente commesso, vedasi la sentenza n. 73 del 1971). Gli effetti sospensivi della esecuzione della pena si protraggono� per il lasso di tempo che il legislatore ha stabilito a prova dell'effettivo ravvedimento del condannato : e la fase di pendenza si .chiude con quella particolare estinzione, prevista dall'art. 167 cod. pen. (Rel.. Guard. al codice penale, parte I, pag. 218 dell'ed. ufficiale), oppure con la ripresa dell'attivit� esecutiva sospesa, a seconda che, rispettivamente, l'esperimento siasi felicemente concluso o sia fallito; mentre gli obblighi civili verso lo Stato per le spese di mantenimento in carcere, sofferto anche in via preventiva, rimangono indenni. � chiaro che le due situazioni si pongono su piani del tutto distinti, che sfuggono ad ogni confronto tra loro e ad ogni rapporto rispetto all'art. 3 della Costituzione. Non si vede come possa accreditarsi l'assunto di una diversit� di trattamento tra coloro che,. condannati e trattenuti in carcere dopo essere stati legittimamente sottoposti alla misura della carcerazione preventiva, e coloro che, egualmente condannati dopo un periodo di carcerazione preventiva, abbiano ottenuto dalla discrezionalit� del artt. 13 e 27 della Costituzione la questione di legittimit� delle norme del codice di procedura penale (art. 277) o di leggi speciali, che prescrivono l'emissione obbligatoria del mandato o dell'OTdine di cattura per delitti di particolare gravit�. C'orte cost., 10 giugno 1970, n. 86, con nota di richiami leggesi in questa Rassegna, 1970, I, 527. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 993 giudice il rilevante vantaggio della sospensione della (residua) pena irrogata e della (condizionata) aspettativa dell'ulteriore vantaggio che pu� realizzarsi �col compimento del periodo di prova, per il fatto che sia gli uni che gli altri vengano chiamati a soddisfare l'obbligazione civilistica derivante dal reato (art. 198 cod. pen.; artt. 274, primo comma, e 488, terzo comma, �cod. proc. pen.; si vedano anche gli articoli 188 cod. .pen. e 612 �cod. proc. .pen.), che, a mente dell'art. 166 eod. pen., esula dalla sospensione condizionale. 3. -N� pu� ravvisarsi ingiustificata disparit� di trattamento tra ehi sia stato condannato a pena condizionalmente sospesa, dopo la custodia preventiva, e chi abbia sub�to la condanna senza che fosse stata .adottata tale cautela processuale. Questa, infatti, come si � accennato sopra, risponde a �na sua ratio, vuole soddisfare concrete esigenze del .processo ed � subordinata alla sussistenza di particolari situazioni og, gettivamente e soggettivamente diverse da quelle che inducono a non .assicurare la restrizione in carcere dell'indiziato o dell'imputato. Quella del pagamento delle spese di mantenimento in carcere � un'obbligazione, che, scaturendo direttamente dalla concomitanza della carcerazione .e della condanna, non dipende affatto -come vorrebbe 11 tribunale di Torino -dall'eventuale revoca della sospensione condizionale (art. 168 cod. pen.) che al condannato fosse stata concessa. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1972, n. 136 -Pres. Chiarelli - Rel. Crisafulli -Taula (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Procedimento penale -Sentenza della Corte di Cassazione -Inoppu gnabilit� assoluta -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 24; c.p.p., art. 552). Non � fondata, con riferimento ai diritto di difesa, la questione di Legittimit� costituzionale dell'art. 552 codice procedura penale, che -rende inoppugnabiii tutte le sentenze deHa Corte di Cassazione, anche .se sia mancato dei tutto il contraddittorio (1). (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 9 luglio 1970 dalla Corte d'appello di Cagliari (Gazzetta Ufjiciaie n. 267 del 21 ottobre 1970). Sui precedenti dottrinali relativi al problema dell'ammissibilit� di �questioni di costituzionalit� sollevate in sede di incidente d'esecuzione, v. Giur. it., 1972, I, 1; 1.847. RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La questione sollevata nel corso di un incidente di esecuzione .dalla Corte d'appello di Cagliari muove da un particolarissimo caso di specie, nel quale il ricorso in Cassazione, proposto dall'imputato contro la sentenza di condanna a suo tempo emessa dalla medesima Corte di appello, era stato rigettato senza che l'avviso del giorno fissato per l'udienza di discussione fosse stato notificato al difensore (come prescritto dall'art. 534 del c.p.p.) e senza che la relativa nullit� ex art. 185, n. 3, fosse stata rilevata d'ufficio dalla Cassazione. E poich�, com'� noto, a norma dell'art. 552 del codice di procedura penale!, � tutti i provvedimenti della Corte di cassazione in materia penale sono... inoppugnabili ., e pertanto, in forza del successivo articolo 576, la sentenza di condanna era -nella specie diventata irrevocabiJ: e e quindi eseguibile, la Corte d'appello ha creduto di ravvisare un �contrasto tra il detto art. 552, interpretato nel senso che l'inoppugnabilit� copra anche le ipotesi di nullit� per totale mancanza del contraddittorio, e l'art. 24 Cost., secondo comma, che afferma l'inviolabilit� del diritto di difesa. Ma, cos� argomentando, l'ordinanza trasferisce sul piano del sindacato di legittimit� costituzionale delle norme un caso di concreta inosservanza di norme processuali, dettate a garanzia del diritto di difesa, quali sono appunto quelle dei ricordati artt. 534 e 185, n. 3, nella loro �connessione sist~matica. La questione, per�ci�, contrariamente a quanto assume la difesa dello Stato, � rilevante nel giudizio a quo, perch� il dovere della Corte d'appello di dare esecuzione alla propria sentenza, ormai irrevocabile, ha per presupposto la norma dell'art. 552, che stabilisce la inoppugnabilit� della sentenza di rigetto della Corte di cassazione, di guisa che, in questo senso, � proprio il giudice dell'esecuzione che era chiamato ad applicarla; ma non � fondata nel merito, perch� la possibilit� che una determinata norma risulti -in fatto -disattesa o violata non ne implica la illegittimit� costituzionale. Rimane affidata alla prudente valutazione del legislatore, in sede di riforma dei mezzi d� impugnazione straordinaria delle sentenze, la ricerca e l'introduzione -nello spirito del principio dell'art. 24 Costituzione -di opportuni strumenti atti a riparare alle conseguenze del possibile verificarsi di episodi (peraltro rarissimi) come quello che ha dato origine alla presente controversia. Ma di certo non pu� dirsi imposto dall'art. 24 che eventuali nullit� verificatesi per violazione del diritto d� difesa debbano poter esser fatte valere in quals.iasi momento, senza limiti d� tempo, e pur dopo il formarsi del giudicato. Lo stesso art. 24, anche letteralmente, vuole assicurata la inviolabilit� del diritto di difesa � in ogni stato e grado del procedimento � ; nell'interno, cio�, del rapporto processuale, ma senza oltrepassare l'arco complessivo delle varie fasi in cui esso � positivamente articolato. g [~ji ~il i' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 995 Ovvie esigenze di certezza delle situazioni giuridiche, presenti in tutti gli ordinamenti, richiedono d'altronde che -per quanto desiderabilmente larghi ed efficienti siano i controlli ed i mezzi di gravame attribuiti alle parti -ad un certo momento il processo si concluda irretrattabilmente, restando assorbiti nella definitivit� delle dedsioni eventuali vizi in pi-ocedendo o in judicando. Altrimenti detto, la garanzia del diritto di �difesa opera nel processo, finch� questo � in corso di svolgimento, ma non postula anche -in contrasto con le accennate esigenze -che il processo permanga indefinitivamente aperto. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 138 -Pres. Chiarelli - Rel. Bonifacio -Presidente Regione Liguria (avv. Acquarone, Pulvirenti), Presidente Regione Emilia-Romagna (avv. Galgano, Viola), Presidente Regione Puglia ('avv. Sorrentino) c. Presidente Consiglio dei Ministri' (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). ' Re~ione -Re~ioni a statuto ord~ario -Trasferimento delle funzioni in materia di fiere e mercati -Ille~ittimit� costituzionale -Esclu sione. (Cost., art. 117, 118, 76, 5, 123, VIII disp. finale; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7, art. 1, lett. a e b; 2, 3, 4 e 8) . Non sono fondate, con rife1�imento alle norme deUa Costituzione attributive della competenza in materia di fiere e mercati alle Regioni a statuto ordinario, e�d alla legge di delega 16 maggio 1970, n. 218, le questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7, sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative � statali in materia di fiere e mercati e del relativo personale (1). (1) La �questione era stata sottoposta all'esame della Corte con tre ricorsi, rispettivamente della Regione Liguria (24 febbraio 1972, n. 42), della Regione Emilia-Romagna (25 febbraio 1972, n. 44), della Regione Puglia (25 febbraio 1972, n. 45) mediante i quali erano state sollevate alcune questioni di legittimit� .costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7, contenente il trasferimento alle Regioni ordinarie delle funzioni amministrative in materia di fiere e mercati. La difesa dello Stato, nel corso del giudizio, ha insistito sulla necessit� di individuazione di un punto centrale comune, a tutti i ricorsi; questo consisteva nella esclusione, dalle funzioni trasferite col decreto delegato n. 7 del 1972, della competenza in materia di fiere internazionali, organizzate dagli Enti appositamente riconosciuti giusta il r.d.l. 29 gennaio 1934, n. 454. Come corollario a tale censura principale, veniva poi cenSIUrata la 996 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -2. -Le questioni portate all'esame della Corte hanno ad oggetto alcune disposizioni del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7, dalle .quali risulta che non tutte le funzioni inerenti alle �fiere. ed ai � mercati � sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario. In particolare, le censure riguardano la riserva allo Stato della competenza relativa alle fiere internazionali organizzate da enti riconosciuti ai sensi dell'art. 2 del r.d.l. 29 gennaio 1934, n. 454 (art. 1, comma secondo, lett. a), alle esposizioni e mostre a carattere internazionale 00d universale (art. 1, comma secondo, lett. b) ed al riconoscimento degli enti organizzatori di fiere nazionali ed internazionali (art. 2, commi primo, terzo e quarto); la limitazione dei poteri regionali inel'~nti agli enti organizzatori di fiere internazionali alla sola designazione di' due componenti dei consigli di amministrazione (art. 3, comma primo) e J'ingerenza dello Stato negli enti organizzatori delle fiere nazionali, realizzata col conferimento al Presidente del Consiglio del potere di designare tre componenti del 'Consiglio di amministrazione, fra i quali la Regione � obbligata a scegliere il .presidente, e con la designazione �da parte del Ministro per l'industria di un componente dei collegi dei revisori dei conti (art. 3, commi terzo e quarto); il potere del Ministro per il tesoro di nominare un componente del collegio dei revisori negli enti operanti nella materia trasferita (art. 4); il potere del Presidente ..del Consiglio �di emanare il calendario delle fiere, mostre ed esposizioni nazionali ed internazionali (art. 8, quarto comma). In relazione a tali impugnative le Regioni Liguria, Emilia-Romagna ..e Puglia sostengono che le indicate disposizioni sono in contrasto sia riserva di competenza allo Stato nel riconoscimento dei pr�edetti Enti, non ch� nelle nomine dei relativi consigli di amministrazione ed organi di revisione. Ci� premesso � stato replicato a siffatte censur�e che la materia delle fiere internazionali qualificate, cio� quelle organizzate dagli Enti ricono sciuti in base al r.d.l. 29 gennaio 1934, n. 454, ha una caratteristica peculiare che la distingue dalla restante materia delle fiere internazionali, trasferita alla competenza regionale: la caratteristica della periodicit�. .;{rufatti, l'art. 2 del citato art. 2 del �citato r.d.l. del 1934 prescrive che ..gli Enti costituiti per l'organizzazione periodica delle fiere, mostre, esposizioni, ecc. devono essere riconosciuti. In sostanza, l'obbligo del riconoscimento imposto a questi Enti � in funzione della periodicit� delle fiere da essi organizzate: possono esistere Enti non riconosciuti, ma solo in quanto organizzino fiere non rperiodiche, aio� una tantum. Per queste ultime fiere, ancorch� internazionali, il de" creto delegato ha attuato il trasferimento delle funzioni; per quelle internazionali a carattere periodico, invece, non si � disposto il trasferimento. Le ragfoni di siffatta ritenzione di competenza allo Stato consistono nel fatto che non si tratta di materia rientrante nel concetto di fiere e cmercati, di cui all'art. 117 Cost. 1� l ~ i ; ~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 997 con le norme costituzionali ,che alle Regioni attribuiscono la competenza in materia di � fiere e mercati � (artt. 117, 118 e VIII disp. fin. Cost., e, secondo l'assunto della Regione ligure, sotto alcuni aspetti anche con gli artt. 5 e 123 Cost.) sia con la 1egge di delegazione 16 maggio 1970, n. 281, e, coriseguentemente, con l'art. 76 Cost.: dal complesso di queste norme di raffronto risulterebbe che tutte le funzioni attinenti alla materia de qua andavano trasferite e che lo Stato avrebbe dovuto a s� riservare non gi� competenze puntuali su singoli settori, sibbene solo una funzione di indirizzo e di coordinamento. 3. -La problematica sollevata dai ri'corsi, ancorch� articolata in svariate denuncie di illegittimit� ,costituzionale, deve essere esaminata in modo unitario. La ,sua soluzione, infatti, dipende strettamente dall'esatta individuazione dell'oggetto della materia � fiere e mercati �, assegnata dall'art. 117 Cost. alla competenza legislativa delle Regioni e, con perfetta corrispondenza, dal successivo art. 118, primo comma, anche alla loro competenza amministrativa: ond'� che la decisione del presente giudizio, ancorch� abbia ad oggetto immediato solo la titolarit� di funzioni amministrative, esige che sia definita, nella materia de qua, l'intera sfera (legislativa ed amministrativa) delle at- La periodicit� delle fiere internazionali, moltiplicate per la loro localizzazione territoriale, pone complessi problemi di spettanza esclusiva dello .Stato. Baster� solo enumerare i pi� appariscenti: -problemi politici generali di relazioni internazionali con gli Stati di appartenenza degli espositori stranieri; -problemi valutari e di bilancia dei pagamenti; -problemi di commercio inteirnazionale e di bilancia commerciale; -problemi doganali, anche in relazione agli impegni dell'Italia verso gli altri Paesi della Comunit� economi,ca europea; -problemi di tutela di brevetti e di marchi, relativi ai prodotti esposti. Ora, se il legislatore delegato ha ritenuto che tali problemi non sorgano -o assumano scarso :rilievo -nell'ambito delle fiere internazionali organizzate una tantum, per cui ha consentito il trasferimento della materia alle Regioni, ci� non significa che gli stessi problemi non si pongano nella loro interezza per le fiere internazionali a carattere periodico. N� basterebbe la norma di salvaguardia posta nell'art. 6 del decreto, sulla competenza degli' organi statali in ordine alle relazioni internazionali, perch� questa riserva vale per le materie trasferite, non per quelle non trasferite e non trasferibili. La competenza dello Stato per le fiere internazionali qualificate si spiega con l'esigenza di salvaguardare l'interesse delle singole Regioni, eliminando pericolose concorrenze, attraverso un'opera di coordinamento anche temporale, che trova lo strumento operativo nel ca�endario fieristico, <lemandato, a sensi dell'art. 8 del decreto delegato, alla competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri. 998 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tribuzioni reg~onali costituzionalmente garantite, a tutela della quale� le ricorrenti agiscono. Ci� posto, la Corte ritiene che molteplici ed univoci argomenti sorreggano la conclusione �che in base alle citate norme costituzionali alle Regioni spettino solo poteri inerenti a fiere e mercati di livello (massimo) regionale. Giova anzitutto ricordare che in seno all'Assemblea costituente (cfr. Atti, vol. III, 5508) un emendamento inteso ad aggiungere ai so stantivi � fiere e mevcati � la qualificazione � locali � venne respinto esclusivamente in considerazione della sua non dubitabile superfluit�. Orbene, anche se ai lavori preparatori non si pu� attribuire valore de-� cisivo, neppure � �consentito neg�re ad essi ogni rilevanza, special mente quando se ne deducano argomenti in. armonia col quadro di insieme nel quale le singole norme vanno collocate ed interpretate. A tal proposito va tenuto ben presente che la stessa ragion d'essere del l'ordinamento regionale risiede nel fatto che la Costituzione, presup ponendo l'esistenza di interessi regionalmente localizzati, ha disposto che essi siano affidati alla cura di enti di cor:i;'ispondente estensione territoriale. Dovendosi pertanto le Regioni considerare come enti espo nenziali di interessi �di livello regionale, � d'uopo ritenere che !'.ordi namento costituzionale, come impone che siffatti interessi si soggetti vizzino nelle Regioni (restando allo Stato, in armonia con l'art. 5 Cost., solo il potere di stabilire i princ�pi fondamentali), cos� esige, nel quadro di una razionale individuazione delle due sfere �di competenza, che allo Stato faccia capo la cura di interessi unitari, tali in quanto non suscet tibili di frazionamento territoriale. E questa. affermazione, gi� di per s� non contestabile, appare avvalorata dal rilievo che altrimenti, non essendo riconosciuto allo Stato il potere di sostituirsi alle Regioni in ca�so di loro inerzia, fondamentali esigenze dell'intera comunit� rischie rebbero di restare insoddisfatte. Non si pu� affermare, dunque, che per la definizione delle ma terie elencate nell'art. 117 Cost. sia sempre sufficiente il ricorso a cri teri puramente formali e nominalistici. Anche se nel testo costitu zionale solo per alcune di esse viene espressamente indicato il pre supposto di un sottostante interesse di dimensione regionale, per tutte vale la considerazione che, pur nell'ambito di una stessa espressione linguistica, non � esclusa la possibilit� di identificare materie s�stan zialmente diverse secondo la diversit� degli interessi, regionali o so vraregionali, desumibile dall'esperienza sociale e giuridica. A ci� non contraddicono n� l'oggetto n� i criteri direttivi della delega contenuta nell'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in forza della quale sono stati �emanati i vari decreti legislativi di tra sferimento delle funzioni e, fra questi, 'quello intorno al quale qui si controverte. � evidente che una legge ordinaria, facendo espresso rife PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 999 rimento alle competenze regionali elencate nell'art. 117 Cost. (e, dunque, in primo luogo a quelle legislative), non avrebbe potuto attribuire alle Regioni pi� di quanto � loro riservato dalla norma costituzionale, non essendo ad essa consentito di modificare una sfera di competenza stabilita dalla Costituzione: sicch�, quando dispone (art. 17, lett. b) che il trasferimento debba avvenire � per settori organid di materie �, la legge lascia ovviamente impregiudicato il problema attinente alla definizione ed al contenuto di siffatte materie. E si pu� anche aggiungere che non sembra che al legislatore delegante siffatto problema sia sfuggito : se nel secondo comma dello stesso art. 1 7 si prendono in considerazione, sia pure in riferimento .al passaggio degli uffici, � competenze statali residue� rispetto a quelle da trasferire ai sensi dell'art. 117 Cost. e per esse ~i prevede, di massima, la delega in base all'art. 118, secondo comma, Cost., ci� vuol �dire che i � settori organici di materia � non corrispondono -o possono non corrispondere alla pura e semplice qualificazione linguistica delle singol~ voci elencate nella disposizione costituzionale. Argomento non valido � quello che le Regioni ricorrenti credono si debba trarre, a favore delle loro tesi, dalla connessione fra il trasferimento che, come si � detto, la legge di delega dispone debba avvenire per settori organici di materie e la contestuale riserva allo Stato (art. 17, lett. a) della funzione di indirizzo e di coovdinamento. Tale connessione fu gi� messa in luce da questa Corte nella sentenza n. 39 del 1971, ma va qui precisato che essa va intesa in un senso affatto diverso da quello fatto valere dalle ricorre.nti. Una volta accertato, per quanto innanzi si � detto, che la legge delegante ha imposto di trasferire quelle materie che la � Costituzione vuole fossero trasferite, ai criteri direttivi della delega si deve assegnare, per quanto riguarda gli aspetti qui rilevanti, lo scopo di predisporre lo strumento col quale si possa evitare il rischio che, nelle materie trasferite, l'esercizio delle corrispondenti potest� regionali comporti un sacrificio delle � esigenze di carattere unitario �. � vero, infatti, che pur in presenza di interessi regionali, che radicano nelle Regioni determinate competenze costituzionali, possono essere mediatamente coinvolti interessi di dimensione ultraregionale: si � voluto che questi ultimi siano salvaguavdati non gi� attraverso una diminuzione qualitativa o quantitativa delle attribuzioni regionali, ma, pi� correttamente, indirizzando e coordinandone l'esercizio. In tal modo si delinea, come la Corte rilev� nella gi� citata decisione, un sistema coerente col disegno costituzionale, giacch�, ferme restando le competenze regionali, il rispetto delle esigenze unitarie � garantito dai princ�pi fondamentali stabiliti nelle leggi dello Stato per quanto riguarda la potest� legislativa, dalla funzione statale di indirizzo e di coordinamento per quanto riguarda la potest� amministrativa. 1000 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -Applicando gli esposti principi all'attuale thema dercidendum, si deve riconoscere che in base alla Costituzione le attribuzioni legi' slative e le corrispondenti attribuzioni amministrative della Regione hanno ad oggetto solo fiere e mercati di carattere regionale, giacch� queste manifestazioni, quando abbiano pi� vasta dimensione, corrispondono ad interessi sostanziali che fanno immediatamente capo alla intera comunit� nazionale ed appartengono, conseguentemente, alla competenza dello Stato: col che. si vuol dire che siamo fuori delle ipote. si nelle quali le esigenZ:e unitarie, esterne rispetto ad un interesse regionalmente localizzabile, consentono solo interventi di indirizzo e di coordinamento. Non si pu� infatti ragionevol~ente ritenere che per il problema qui in esame possa aver rilevanza la civcostanza che una fiera nazionale od internazionale si svolga in questa o in quella parte del territorio nazionale, in questa od in quella Regione. Hanno invece decisiva importanza l'ampiezza dell'area comme�rciale, industriale o agricola alla quale le fiere ed i mercati si riferiscono e l'estensione del mercato sul quale essi spiegano influenza (fino al punto che, quando si tratti �di un mercato internazionale, sorge l'esigenza di coordinare le iniziative dei vari Stati, come � dimostrato dalla Convenzione di Parigi relativa alle esposizioni internazionali del 22 novembre 1928, ratificata dall'Italia con il r.d.l. 13 gennaio 1931, n. 24). Del resto, la distinzione delle fiere �e dei mercati secondo il loro diverso carattere, territorialmente qualificato, era gi� da tempo nota al nostro ordinamento (cfr. r.d.l. 29 gennaio 1934, n. 454) e, quel che pi� conta, risulta essere stata pacificamente utilizzata nella ripartizione delle competenze fra lo Stato e le Regioni a statuto speciale, nel senso di riconoscere di spettanza. di queste ultime -si trattasse di competenza esclusiva o concorrente --:; solo le manifestazioni �di carattere regionale, senza che alcun rilievo abbia mai avuto la cillcostanza che gli Statuti, proprio come avviene per l'art. 117 Cost., non specificassero il limite della regionalit� (cfr. ad es., d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, per la Sardegna; d.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, per il Trentino-Alto Adige.; d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, per il Friuli-Venezia Giulia). 1 5. -Le considerazioni fin qui svolte non sono infirmate dal rilievo che l'art. 1, secondo comma, lett. a, dell'impugnato decreto legislativo ha operato il trasferimento alle Re,gioni anche delle funzioni inerenti a fiere' nazionali e perfino internazionali, quando non sia organizzate (con periodicit�) dagli enti riconosciuti ai sensi dell'art. 2 del r.d.l. n. 454 del 1934. La Corte osserva in proposito �che la legge delegata ha disciplinato il trasferimento di � funzioni amministrative �, in ordine alle quali la legge ordinaria -oltre che adempiere all'obbligo costituzionale risul PARTE. I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1001 tante dal combinato disposto degli artt. 117 e 118, primo comma, e dell'VIII disp. fin. della Costituzione -pu�, sulla base di valutazioni discrezionali, affidare alle Regioni (art. 118, secondo comma, Cost.) anche poteri non compresi nella sfera di attribuzioni regionali costitu~ ionalmente garantita. Sicch� -mentre in questa sede non viene in questione se ed in quali limiti il legislatore delegato avesse il potere di provvedere in proposito -si deve concludere che sulla legittimit� costituzionale delle disposizioni impugnate, che tutte riguardano �poteri riservati allo Stato�, nessuna influenza pu� produrre la circostanza che altre disposizioni dello stesso decreto delegato abbiano trasferito alle Regioni competenze amministrative non comprese nella materia � fiere e mercati � ad esse attribuita dall'art. 117 della Costituzione. 6. -Dovendosi escludere, per gli esposti motivi, che nella materia delle fiel'e e dei mercati assegnata dalla Costituzione alla potest� legislativa ed amministrativa delle Regioni debbano essere comprese le manifestazioni a carattere sovraregionale, vanno dichiarate non fondate -senza bisogno di ulteriore, analitico esame -tutte le questioni di legittimit� costituzionale proposte dalle Regioni ricorrenti a proposito delle disposizioni, innanzi indicate, che hanno conservato allo Stato poteri inerenti a fiere, mostre, esposizioni nazionali ed �internazionali, non risultando violata nessuna delle norme di raffronto invocate nei ricorsi (neppure, per quanto riguarda l'art. 3, terzo comma, gli articoli 5 e 123 Cost., giacch� gli enti ivi menzionati, contrariamente all'assunto della Regione ligure, n� godono di autonomia costituzionalmente rilevante n�, per le cose dette, appartengono all'organizzazione . interna regionale). Resta, pel'ci�, solo da esaminare l'art. 4, denunziato nella parte in cui viene attribuita al Ministro per il tesoro la designazione di un componente dei collegi dei revisori dei conti degli enti operanti nella materia indicata nell'art. 1: poich�, attraverso questo �generico rinvio, la disposizione rigual'da anche le fiere ed i mercati di livello regionale, sui quali le Regioni hanno competenza in base alla Costituzione, occorre accertare se, limitatamente a questo aspetto, quel potete sia stato legittimamente conferito. La Corte ritiene che anche q~est'ultima questione sia non fondata. Potendo il Ministro per il tesoro provvedere alla designazione solo � in relazione alla permanenza di interessi finanziari dello Stato �, la presenza, nel collegio dei revisori, di un componente di nomina statale � giustificata da uno specifico interesse statale (�I cui presupposto, peraltro, le Regioni, se ne valuteranno l'opportunit�, potranno rimuovere) e, valutata nel complesso della pienezza dei poteri trasferiti, non pu� esser considerata come una menomazione delle competenze regionali. -(Omissis). 1002 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 139 -Prs. Chiarelli - Rel. Crisafulli -Presidente Regione Lombardia (avv. Benvenuti, Elia), Presidente Regione Puglia (avv. Sorrentino), Presidente Regione Emilia-Romagna (avv. Galgano, Viola) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. g.en. dello Stato Savares:e). Re~ione -Re~ioni a statuto ordinario :-Trasferimento delle funzioni in materia di beneficenza pubblica -Ille~ittimit� costituzionale Esclusione. (Cast., artt. 117, 118, 119, 76, 77; l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9; art. 1, lett. A, 3, 4, 8, 9, 13, 14). Non sono fondate, con riferimento alle norme della Costituzione attributive della competenza in materia di beneficenza pubblica alle Regioni a statuto ordinario, ed alla legge di delega 16. maggio 1970, n. 281, le questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9, sul trasferime.nto alle Regioni a statuto ordinario delle fwnzioni amministrative statali in materia di beneficenza p111,bblica e relativo personale (1). (Omissis). --3. -Complessivamente riguardate, le restanti censure possono suddistinguel'si in due gruppi, a seconda che involgano direttamente questioni relative alla determinazione della materia che, sotto il nome di � beneficenza pubblica �, gli artt. 117 e 118 Cost. attribuiscono alla potest� legislativa ed amministrativa delle Regioni a statuto ordinario, ovvero denuncino particolari interferenze statali nell'ambito di quella stessa materia, .pur se -come assumono -restrittivamente intesa, di cui il decreto in oggetto ha operato il trasferimento. E poich� tale decreto � stato adottato sulla base della delega contenuta nell'art. 17 della legge n. 281 del 1970, la quale si limita a riferirsi alle materie di cui all'art. 117 Cost., cos� come in questo elencate, la maggior parte. delle censul"e mosse dalle Regioni ricouenti per asserita violazione dell'art. 117, e conseguentemente dell'art. 118 Cost., implicano al tempo stesso un ulteriore profilo di illegittimit� costituzionale, per violazione anche della legge, di delega (e perci� dell'articolo 76 Cost.) con speciale rigual'do al principio, enunciato nel suo art. 17, che il trasferimento delle funzioni avvenga �per settori organici di materie �, riservando allo Stato -nelle materie �stesse -la (1) La questione era stata sottorposta all'esame della Corte con ricorsi proposti dalle Regioni Lombardia, Puglia, Emilia-Romagna, notificati il 2 marzo 1972. PARTE r, SEZ. r, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1003 :funzione di indiritto e di coordinamento dell'attivit� delle Regioni che attengano ad esigenze di carattere unitario. Con il che torna a proporsi pregiudizialmente il problema della determinazione della materia costituzionalmente spettante alla competenza regionale, essendo in relazione a questa, come risulta anche testualmente dalla lett. a) dell'art. 17, che indirizzo e coordinamento trovano la loro ragion d'essere. Una chiara indicazione al rigua_rdo si trae dalla stessa dizione, � beneficenza pubblica ., ado:perata nell'art. 117 Cost., che trova sostanziale riscontro (nonosti:tnte qualche trascurabile oscillazione lessicale) nelle analoghe locuzioni adottate dagli statuti costituzionali delle Regioni ad autonomia differenziata: � assistenza e. beneficenza pubblica �, secondo la formula degli artt. 4, lett. h), dello Statuto della Sardegna; 3, lett. i) dello Statuto della Valle d'Aosta e 11, n. 25, deU:o Statuto del Trentino-Alto Adige, nel testo modificato dalla legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1; �pubblica beneficenza ed opere pie., come si legge invece nell'art. 14, lett. m), dello Statuto siciliano; � istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza ., come si esprimeva inizialmente l'art. 5, n. 2, dello Statuto del Trentino-Alto Adige e si �esprime adesso quello del Friuli-Venezia Giulia, nell'art. 5, n. 6. A prima vista, anzi, la dizione dell'art. 117 potrebbe persino apparire pi� restrittiva, richiamando letteralmente l'intitolazione inizialmente propria della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e del relativo regolamento (dov�e si contiene tuttora la disciplina fondamentale della materia); ma non vi ha dubbio -argomentando anche dalla previsione nel medesimo alinea, acc�nto alla �beneficenza pubblica�, della � assistenza sanitaria ed ospedaliera � --che sia da considerare in realt� equivalente a quella, che pi� spesso rico-rre, come si � ora visto, negli statuti speciali, di � assistenza e beneficenza � : assunta nella nostl'.a legislazione, in luogo della originaria intitolazione della legge del 1890, fin dalla riforma introdotta con il r.d. 30 �dicembre 1923, n. 2841. Con tale formula -per ormai costante tradizione legislativa e dottrinale -si � soliti designare un settore normativo bene individuato, venutosi progressivamente sviluppando sul tronco della menzionata legge del 18�90 ed avente ad oggetto un complesso di attivit�, tra loro sufficientemente omogenee,. esplicate in misura prevalente da organi ed enti. locali, che non si confondono -pur affiancandovisi ed integrandone, ov�e necessario, le carenze -con quelle che nel loro insieme danno vita alla � assistenza sociale �, strettamente intesa, cui ha riferimento, con specifico riguardo ai cittadini inabili al lavoro, il primo comma dell'art. 38 Cost., che, rimette poi, nel quarto comma, i compiti ad essa inerenti -al pari di quelli relativi alla � previdenza sociale � -ad � organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato �. La prima � caratterizzata essenzialmente -anche quando, come di regola, l'esercizio ne sia obbligato~io -dalla discrezionalit� delle 1004 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prestazioni, in denaro o in servizi, erogabili in favore di tutti coloro che -per qualsiasi causa ed a prescindere da particolari status e qualifiche -versino in condizione di bisogno: determinante � in essa la considerazione della concreta situazione del singolo individuo, la valutazione della personalit� e delle condizioni di vita dell'assistibile, in relazione, peraltro, alle ,disponibilit� materiali dell'ente od organo erogante. La seconda, invece, specie nei pi� recenti sviluppi della legisla-. zione, � orientata nel senso di eliminare o ridurre entro limiti rigorosi, ancorandola all'accertamento 'di dati oggettivi, la discrezionalit� degli organi od enti erogatori, cos� da rendere progressivamente concreto quel � diritto� all'assistenza sociale, che il primo comma dell'art. 38 Cost. vuole sia attribuito ad ogni cittadino � inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere �. Preminente � in essa la tipizzazione legislativa di determinate categorie di assistibili, per modo che le prestazioni rispettivamente previste abbiano a spettare a chiunque vi rientri, e per il sol fatto di rientrarvi. E, rispettivamente, anche le prestazioni sono, a loro volta, uniformemente stabilite alla stregua di valutazioni medie, configurandosi -tendenzialmente -come sostitutive od integrative di un reddito da lavoro mancante od insufficiente. Che si tratti di due diverse fo�rme di assistenza, delle quali soltanto la prima � considerata, a livello costituzionale, come di competenza di tutte le regioni (siano queste di diritto comune o ad autonomia speciale) � ulteriormente confermato dalla circostanza che in alcuni statuti costituzionali risultano altres� disciplinate -separatamente e, per solito, diversamente da quella in materia di assistenza e� beneficenza -competenze regionali differenziate (di integrazione e adattamento della legislazione statale) aventi ad oggetto, appunto, la � assistenza sociale �, prevista in unico contesto con le analoghe competenze aventi ad oggetto.� il � lavoro.� e la � previdenza sociale �; cos�, nell'art. 5 lett. l>), dello Statuto della Sardegna e nell'art. 6, n. 2, dello. St�tuto del Friuli-Venezia Giulia; cos� pure, sostanzialmente, nell'art. 17, lett. f) dello Statuto della Regione siciliana. Ed � ovvio che siffatte previsioni, che ben si accordano con i princ�pi posti dall'art. 38 Cost., non avrebbero senso, ove la � assistenza sociale � gi� fosse ricompresa in quella � assistenza e beneficenza pubblica ., alla quale puntualmente corrisponde, secondo quanto fin qui rilevato, la � beneficenza pubblica � di cui all'art. 117 della Costituzione. Se questa � la materia che l'art. 117 Cost. prescrive sia trasferita alla potest� legislativa delle Regioni a statuto ordinario (e conseguentemente, alla loro potest� amministrativa), deve soggiungersi che, in conformit� al testuale disposto della VIII disposizioii�e transitoria della Costituzione (avente specifico rirerimento al passaggio alle regioni delle funzioni � statali � ad esse spettanti, nonch� dei funzionari e di ~i� i,, :~ i ~,... PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1005 pendenti delle amministrazioni anche centrali � dello Stato ., l'oggetto della delega conferita al Governo dall'art. 17 � sicuramente cireoscritto alle sole competenze per l'innanzi spettanti ad organi statali, come risulta d'altronde confermato dalla succes,siva disposizione dell'art. 18 concernente le soppressioni o riduzioni da apportare conseguentemente agli stanziamenti previsti � nei singoli stati di previsione, della spesa dei ministeri competenti �. N� il legislatore de.legato avrebbe potuto, senza incorrere in viola-� zione dell'art. 76 Cost., attuare quel riordinamento degli �enti a carattere nazionale o interregionale, pveannunciato nel primo comma dell'art. 4 e �che rientra d'altronde nella pi� lata previsione della IX disp. trans. Cost., a seguito del quale soltanto potrebbero eventualmente� enuclearsi ulterfori settori di materia attribuibili alle regioni. 4. -Alla stregua di tali premesse, risulta la non fondatezza delle� censure all'art. 4, poc'anzi richiamato, nella parte in cui -per l'appunto -mantiene ferme le attribuzioni statali concernenti istituti od� enti a carattere nazionale o pluriregionale, sino al loro riordinamento. A quanto gi� osservato in proposito non � superfluo aggiungere il rilievo, di ordine pratico, della inammissibile confusione che si determinerebbe ov�e enti con finalit�, dimensioni e strutture nazionali o comunque eccedenti l'ambito di una singola regione, f�nch� perdurino con siffatti caratteri, venissero disciplinati, pur nel rispetto dei limiti dei princ�pi e degli interessi stabiliti dall'art. 117 Cost., da una molteplice� variet� di distinte e diverse legislazioni, emanate da ciascuna Regiooe� per la sua parte. Strettamente connessa con l'art. 4 � la questione proposta nei con-� �fronti del criterio adottato nell'art. 1, comma secondo, lett. a), per la. localizzazione regionale delle istituzioni pubbliche assistenziali, in forza del quale passerebbero alle singole Regioni quelle tra esse � che operano nel territorio regionale�: con la possibile conseguenza -come si assume dalle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna -di sottrarre� illegittimamente �dal trasferi~ento le funzioni attualmente esplicate� da organi statali in ordine ad istituzioni che, come spesso accade, svolgono la loro attivit� operativa fuori del territorio della Regione in cui hanno la loro sede. Ma diverso � il significato che deve correttamente attribuirsi alla disposizione impugnata. V.espressione va, infatti, intesa come avente� riferimento a quelle istituzioni che nella Regione hanno la loro sede (e in essa quindi � operano ., nel senso che quivi si esplica la loro attivit� organizzativa e decisionale) e che -da norm�e di leggi o regolamenti, dagli statuti o dalle tavole di fondazione, e in mancanza 9-lla stregua della prassi costante -risultano al tempo stesso destinate, esclusivamente o prevalentemente, a vantaggio della rispettiva popo 1006 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO !azione (ed anche in questo senso, finalistico, � operano � perci� nella Regione). Cosi interpretata, la disposizione. dell'art. 1, comma secondo,, lett. a), non � costituzionalmente illegittima. 5. -Discende altresi dalle premesse sopra affermate al punto 3 l'infondatezza delle censure all'art. 3, n. 3, 'Che mantiene ferme le comI petenze statali in ordine ai comitati di soccorso ed altre istituzioni I private di benefi.cenza operanti nel territorio regionale, � fino a quando 1a materia non .sar� disciplinata con successivo provvedimento da emanarsi entro il 6 giugno 1972 � (vale a dire entro il biennio prefissato per l'esercizio della delega conferita al Gov,erno dall'art. 17 della I legge n. 281 del 1970): giacch� gli enti privati, l'attivit� esplicata dai quali � oggi ricoperta dalla garanzia dell'ultimo comma dell'art. 38 I Cost. ( � L'assistenza privata � libera � ), non rientrano nella materia I I della beneficenza pubblica. Ch�, anzi, gi� la legge fondamentale del I I 1890, nell'art. 2, riferendosi alla fenomenologia del tempo, dichiarava I -espressamente sottratti alla diisciplina da essa dettata i comitati di soc corso ed altre istituzioni temporanee, in ragione del foro carattere I precario; le fondazioni in pro dei membri di famiglie determinate, non soggette a devoluzion� alla beneficenza pubblica, a causa della natura I i \ particolaristica dei loro scopi; n�nch� le associazioni e societ�, regolate dalle disposizioni del codice ,civile (e cio�, aventi struttura meramente \l ' privatistica). t f .Ed � perci� che, nei confronti degli anzidetti enti assistenziali prif i vati, i poteri attribuiti dalla nostra legislazione alle pubbliche autorit� ff .sono diversi, e comunque pi� tenui, rispetto a quelli esercitabili in ~ �ordine alle istituzioni assistenziali pubbliche, come risulta dallo stesso ff 1 .art. 2, �commi secondo e terzo, della legge del 1890 e pi� l'ecentemente ' ~ i dall'art. 4, lett. e), del d.l.lgt. 22 marzo 1945, n. 173, sui comitati prof \: vinciali di assistenza e beneficenza. ~ L'infondatezza della censura principale coinvolge l'infondatezza ! anche delle ulteriori questioni sollevate nei confronti della disposizione I dell'art. 3, n. 3, pokh� queste muovono tutte dal presupposto della ~ .appartenenza delle istituzioni private alla materia spettante alle regioni. Ifi 6. -Rappresenta ulteriore corollario dei criteri in precedenza enundati al punto 3 la infondatezza delle censure rivolte al n. 4 dell'art. 3, ~ che riserva allo Stato le attuali competenze in ordine alle pensioni ed assegni � a carattel'e continuativo�, cui hanno diritto, ricorrendo le *r:;. condizioni rispettivamente stabilite dalle leggi 27 maggio 1970, n. 382, i: :26 maggio 1970, n. 381, 30 marzo 1971, n. 118, i ciechi, i sordomuti ed !! i mutilati e invalidi civili; in ordine ai soccorsi, a norma della legge 22 gennaio 1934, n. 115, e successive modificazioni, all:e famiglie dei PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1007 militari richiamati o trattenuti alle armi; all'assistenza -a nOl'ma della legge 12 aprile 1962, n. 185, e successive modificazioni -agli orfani dei caduti per servizio e alle donne uscite dalle soppresse case di tolleranza o che, gi� avviate alla prostituzione, intendano tornare ad onest� di vita (legge 20 febbraio 195'8, n. 75), nonch� -limitatamente alla fase del primo intervento -�i prof�ghi italiani e rimpatriati, di cui alle leggi 19 ottobre 1970, n. 744, e 25 luglio 1971, n. 568. Tutte queste .ipotesi, infatti, pur nella variet� delle rispettive �discipline, hanno in �comune, per un verso, la tipizzazione legislativa, su piano nazionale, di particolari categorie di aventi titolo all'assistenza, l'appartenenza alle quali � accertabile alla stregua di criteri oggettivi; e, per altro verso, la predeterminazione, talora minuziosamente regolata, delle prestazioni ad essi spettanti. Per quanto concerne, infine, il riferimento dello stesso n. 4 dell'art. 3 � ai profughi stranieri �, la competenza statale si giustifica in �base al rilievo che si tratta di ottemperare, con misure immediate, ad obblighi internazionali dello Stato (accordo tra Governo italiano e IRO, reso esecutivo con legge 25 giugno 1952, n. 907, e Convenzione di Ginevra, resa esecutiva con legge 24 luglio 1954, n. 722), del cui inadempimento, sia pure per un singolo caso, lo Stato medesimo diverrebbe responsabile: di guisa che non sarebbe sufficiente il ricorso a quella funzione di indirizzo e coordinamento cui si richiamano i ricorsi e che, comunque, contrariamente a quanto in essi si afferma, non � prevista dall'art. 17 della legge n. 281 del 1970 come l'unico modo per fare legittimamente fronte -nelle materie di competenza regionale -agli obblighi internazionalmente assunti dallo Stato. 7. -Infondate sono anche le altre questioni, di ordine .pi� partico1are, proposte dalle Regioni ricorrenti. Da un lato, infatti, 1'1i;pplicabilit� della norma denunciata, come della legge n. 9�96 nel suo insieme, � condizionata alla ipotesi di cala. mit� naturali che �per la loro natura o estensione debbano essere fronteggiate con interventi tecnici straordinari �, secondo il principio affermato nell'art. 1: onde l'esigenza di assicurare -in presenza di �eventi che trascendono l'ambito regionale e nel corso della fase operativa -effettiva unit� di indirizzo e di azione, accentrandone il compito e la responsabilit� nello Stato, quale ente esponenziale dell'intera collettivit�. D'altro lato, come pure venne messo in rilievo nella menzionata sentenza, gli interventi di competenza statale non incidono sulle normali attribuzioni regionali in materia di assistenza e beneficenza, ch� anzi, come risulta da numerose disposizioni della legge n. 996, gli enti territoriali e locali, comprese le pubbliche istituzioni assistenziali, sono chiamati a dare il loro contributo, secondo i .programmi predisposti �dai comitati regionali per la protezione civile, nei pi� vari settori, e tra 1008 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'altro proprio nel campo dell'assistenza (testualmente richiamato nel l'art. 7 della legge). Nemmeno possono .considerarsi lesivi dell'autonomia regionale nella materia assistenziale gli altri interventi previsti nello stesso n. 2 del l'art. 3, poich� essi hanno carattere aggiuntivo rispetto ai compiti ordinariamente esplicabili dalle Regioni, in relazione a situazioni parti colari ed imprevedibili, cui esse non sarebbero in grado di far fronte (o di far fronte con la necessaria tempestivit� ed efficacia). E non � pertinente, con specifico riguardo agli 1nterventi perequativi, il richiamo al terzo conun_a dell'art. 119 Cost., che prescrive, bens�, lo strumento della legge, ma per l'assegnazione a singole Regioni di contributi isti tuzionaMzzati, rivolti al conseguimento di scopi permanenti o comun que duraturi nel tempo: che sono cosa di.Jersa da quei bisogni sporadici, che possano m.anifestarsi qua e l�, secondo 1e circostanze e le condizioni locali, cui si riferisce la disposizione impugnata. Vanno altres� disattese le doglianze delle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna quanto alla riserva allo Stato delle competenze relative alla autorizzazione agli enti assistenz:iali ad accettare lasciti e ad acqui� stare immobili (n. 5 dell'art. 3), trattandosi di una particolarissima figura di controlli, oggi disciplinata nell'art. 17 del codice civile e negli artt. 5 e 7 delle rispettive Norme di attuazione, inerente al regime comune a tutte le persone giuridiche, quali che ne siano la natura e gli scopi listituzionali. Sono del pari prive di fondamento le censure all'art. 8, che dette norme transitorie per quel che riguarda i procedimenti amministrativi in corso, mantenendo la competenza stata�le per la definizione di quelli che abbiano comportato l'assunz:ione di impegni anteriormente alla data del trasferimento delle funzioni o che trovino il proprio finanziamento in somme imputate al conto dei residui del bilancio dello Stato. Il cri terio adottato � razionale e, mentre si adegua alle norme generali sulla contablilit� di Stato, non contrasta con alcun principio costituzionale n� pu� diTsi sottragga frazioni di materia alla competenza regionale o disconosca -come si assume dalle Regioni ricorrenti -il diritto delle stesse, a norma del secondo comma dell'art. 119 Cost., ad avere assi curati i mezzi per assolvere ai loro compiti � normali �. �, infatti, carat teristica naturale delle disposizioni transitorie di dettare una disciplina provvisoria e differenziata, per regolare il passaggdo da una vecchia ad una nuova disciplina legislativa di determinati oggetti, com'� il caso, appunto, �dei procedimenti in corso previsti da'll'art. 8: i quali, proprio� perch� in corso al momento dell'inizio dell'attivit� delle Regioni a sta tuto ordinario, non rientrano tra i compiti �normali � a questa spettanti, La non fondatezza delle questioni fin qui prese in esame implica la non fondatezza anche delle censure -prospettate d'altronde come con seguenziali -all'art. 9, che conserva ai comitati provinciali di assi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1009 stenza e beneficenza le attuali funzioni, ad eccezione di quelle trasferite alle Regioni a statuto ordinario, e gli artt. 13 e 14 che, in connessione al medesimo trasferimento, indicano -rispettivamente -le soppressioni e riduzioni di apportare agli stati di previsione della spesa dei Ministeri dell'interno e del tesoro, 111.onch� i criteri per il computo delle spese aggiuntive, determinandone l'ammontare, per l'anno 19�72, in lire 5.733,8 milioni. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 140 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Presidente Regione Liguria (avv. Acquarone, Pulvirenti) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni in materia di assistenza sanit�ria e ospedaliera -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 117, 118, 76, VIII disp. trans.; I. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 6 n. 5, 13 n. 2). Non sono fondate, con riferimento aUe norme deUa Costituzione attributive deHa competenza in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera alle Regioni a statuto ordinario, ed aHa legge di delega .16 maggio 1970, n. 281, ie questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4 sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera (1). (Omissis). -1. -Il decreto del Prestdente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 4, emanato in forza della delega conferita al Governo dall'art. 17 della legge n. 281 del 1970, dispone H trasferimento delle funzion~ amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di assistenza sanitaria, nelle sue fasi di intervento preventivo, curativo e riabilitativo, alle Regioni a statuto ordinario per il rispettivo ternitorio. (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Oorte con ricorso del Presidente della Regione Liguria, notificato il 18 febbraio 1972. La sentenza Corte cost. 4 marzo 1971, n. 39, leggesi in questa Rasse�gna, 1971, I, 503. 1010 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 1 di tale decreto elenca, poi, dettagliatamente� le attribuzioni trasferite e, fra queste, gli artt. 2 e 3 espressamente prevedono le attribuzioni in materia di assistenza ospedaliera nonch� le attribuzioni di vigilanza e tutela in ordine agli enti, consorzi, istituti ed organizzazioni locali operanti nella materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. Senonch� l'art. 6 elenca ben 23 ordini di attribuzioni per le quali restano ferme le attuali competenze degli organi statali ed, in particolare, al n. 5, quelle relative � all'assistenza sanitaria agU invalidi civili ed agli altri soggetti di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, fino all'entrata in vigore della riforma sanitaria, viene delegato alle Regioni, per il relativo territorio. Come 'Si � esposto in narrativa, la Regione Liguria ha impugnato i sopra citati artt. 6, n. 5, e 13, n. 2, del d.P.R. n. 4 del 1972 davanti a questa Corte, c):liedendone la dichiarazione di i:Hegittimit� costituzionale: a) per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, nonch� della relativa VIII disposizione transitoria, in quanto tutta la materia dell'assistenza sanitaria � attribuita dai citati articoli della Carta costituzi. onale alle Regioni e non vi � n� � stato addotto alcun razionale motivo per escludere da tale attribuzione l'assistenza sanitaria agli invalidi civili; b) per eccesso di delega, con violazione dell'art. 76 della C�stituzione, sia perch� il trasferimento non � stato effettuato � per settore organico� come prescritto dall'art. 17, Iett. b), deila legge n. 2,31 del 1970, sia perch� lo schema di quello che poi � diventato il d.P.R. n. 4 del 197.2, sottoposto al parere della Regione, prescritto dal citato art. 17, non conteneva le norme impugnate, che vennero, quindi, introdotte senza tale parere; c) per contraddittoriet�, tn quanto la delega alla Regione, ai sensi deH'art. 118 della Costituzione, dell'eserciz:io di funzioni che lo 'Stato si � riservato, denunzia chiaramente che quelle fumdoni ben possono essere esercitate dalla Regione, jure proprio e non per delega. 2. -Poich�, in seguito al:la eccezione di inammissibilit� del ricorso, per quanto attiene a:lla difformit� tra lo schema del decreto n. 4 del 1972, sul quaie � stato chiesto il parere delle Regioni a statuto ordinario, ed il testo definitivo, sollevata dall'Avvocatura dello Stato, il patrocinio della Regione ha chiarito di aver denunziato quella difformit� al so~o fine di rafforzare la tesi della violazione degli artt. 11 7 e 118 della Costituzione, con la circostanza di fatto che, in un primo tempo lo stesso Governo non aveva posto, evidentemente perch� ne ammetteva la illegittimit�, quei limiti contro i quali la Regdone � insorta e di fronte a questo chiarimento l'Avvocatura dello Stato non vi ha insistito, quella eccezione pu� ritenersi superata sull'accordo delle parti PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1011 e si pu�, quindi, .Passare all'esame del ricorso, nei termini che risultano da quanto precede. '3. -Prima di procedere a tale esame � necessario richiamare taluni principi che questa Corte ha gi� affermati con la sentenza n. 39 del 1971 e coniermati l.llteriormente, chiarendoli e precisandoli, con le sentenze n. 13i8 e n. 13:9 del 1972. Anz:itutto si � chiarito (sentenza n. 39 del 1971) quale sia il significato da attribuire alle norme di delega contenute nelle lettere a) e b} dell'art. 17 della legge n. 281 del 1'970 e specie al concetto di trasferimento � per settori organici di materia �. Fermo rimanendo il principio che il trasferimento deve riferirsi alle dntere materie contemplate nell'art. 117 della Costituzione, evitando quel frazionamento che � sempre fonte di incertezze e di contestazioni, si � chiarito che si deve, peraltro, assicurare l'unit� d'indirizzo che sia di volta in volta richiesta dal prevalere -conforme alla Costituzione di esigenze unitarie che debbono bens� essere coordinate, ma non sacrificate agU interessi regionali. Con le sentenze n. 138 e n. 139 del 1972 questi concetti sono stati ulteriormente precisati e possono riassumersi nella formula che il criterio fondamentale di identificazione del � settore organico di materia ,, sia quello che alle Regioni spettino solo poteri inerenti ad interessi a livello regionale. Nell'applicazione concreta, peraltro, questa formula, in apparenza tanto chiara, incontra notevoli difficolt�, in quanto presuppone una esatta ricognizione, non sempre agevole, del contenuto sostanziale e funzionale, e non semplicemente nominalistico, delle materie da tra sferire. Se ne ha prova nel decreto in esame che, come sopra si � notato, all'art. 6 contiene l'elencazione di ben .23 ordini di attribuzione, che restano riservate allo Stato e che, in linea generale, sembrerebbero riguardare funzioni effettivamente riferibili ad interessi unitari, non limitabili aH'ambito dl territorio regionale. Come se non bastasse, la materia sanitaria nel suo complesso forma oggetto di una vasta riforma, notoriamente in corso, che, indubbia mente, dovrebbe contenere una pi� razionale e funzionale ripartizione delle sfere di competenza statale e regionale, in relazione ai rispettivi interessi unitari o locali. Il legislatore delegato si � trovato, quindi, nella necessit� di evitare, nei limiti del possibile, sostanziali mutamenti allo status quo, suscettibili di essere travolti da quella riforma, all'entrata in vigore della quale, del resto, va limitata la validit� delle norme adottate. 1012 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In conformit� con gli esposti principi e nel quadro della razionale .distribuzione che ne deriva, alla stregua di quanto si � premesso, vanno esaminate Je questioni che formano oggetto del presente g,iudizio. 4. -La legge n. l,18 del 1971 -che pur � ispirata a tale rispetto .delle autonomie regionali da disporre, all'art. 34, che le sue disposizioni, limitatamente a:He materie di cui all'art. 117 della Costituzione, .cesseranno di avere efficacia in corrispondenza e all'atto dell'entrata in vigore della legislazione regionale nelle materie medesime -contiene un complesso organico di norme che, oltre ad interessare le sfere di -competenza di ben tre Ministeri (Interno, Lavoro e previdenza sociale, .Sanit�), in modo non facilmente � scindi<bile, sono tra di loro connesse .in guisa tale da costituire un. sistema razionalmente articolato e diretto .al fine di recuperare ed inserire nella vita sociale gli invalidi civili -e le altre persone in essa �contemplate, attraverso tutti i mezzi possibHi, che vanno da cure sanitarie aUamente specializzate e dall'applica:z;ione -di sistemi educativi del pari altamente specializzati, fino a:Ha conces. sione �di una particolare pensione. Anche se la parte attinente all'assistenza sanitaria, contrariamente .a quanto assume l'Avvocatura generale dello Stato, ben lungi dall'essere marginale, � forse la pi� importante, essa presenta, tuttavia, pi� -delle altre, una esigenza di alta specializzazione, che richiede la predisposizione di parti-colavi istituti, attualmente non in tutte le Regioni .-esistenti, tanto che l'art. 3, primo comma, �prevede l'avviamento degli .assistiti a centri di recupero di altra Regione viciniore a quella di appar �tenenza, sia pure soltanto in casi di comprovata necessit�. Dunque, ci si trova di fronte ad una materia della quale lo Stato non soltanto ha riconosciuto un carattere unitario tale da addossarsene, .almeno allo stato della legislazione, l'onere finanziario non indifferente, ma �Che soprattutto, ripetesi, pi::esenta esigenze e caratteristiche tali che non tutte le Regioni attualmente sono in grado di soddisfare. Tanto, comunque, in base ai principi sopra richiamati, basta ad escludere che le norme impugnate violino gli artt. 117 e 118 della Costituzione e relativa VIII disposizione� transitoria, nonch� l'art. 76 <della Costituzione, in riferimento all'art. 17 della legge n. 281 del 1970 . �In particolare, per quanto riguarda la denunziata violazione dell'art. 118 della Costituzione, sotto il profilo della contraddittoriet�, deve rilevarsi che, una volta riconosciuta la legittimit� costituzionale della riserva allo Stato di determinate attribuzioni, il fatto che ne .sia stato delegato alla Regione l'esercizio concreto, nell'ambito del territorio regionale, rientra nei limiti della potest� attribuita allo Sta.to dal secondo comma della norme costituzionale di cui si lamenta la violazione e, ben ]ungi dal �contraddirla, conferma la titolarit� statale di quelle attribuzioni. Il ricorso, pertanto, dev'essere dichiarato infondato. -(Omissis). 't ,, ,::!�: e-: l�: I I � r. ,,-.-..... ,.,. r --�-�cr.-.z.z-:-:�:�:�z�:�:� ,.,.. � �,.. � � ''"����.-.�.���. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1013 CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 141 -Pres. Chiarelli - Rel. Trimarchi -Presidente Regione Liguria (avv. Pulvirenti, Acquarone) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni in materia di urbanistica, viabilit�, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 5, 117, 118, 123, VIII disp. trans.; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, artt. 1, 5, 9 n. 2 e 20). Non sono fondate, con riferimento alle norme della Costituzione attributive della competenza in materia di urbanistica. alle Regioni a :statuto ordinario ed alla legge di delega 16 maggio 1970, n. 281, le questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni ammini: strative statali in materia di urbanistica, viabilit�, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e del relativo personale (1). (Omissis). -1. -Con il ricorso di cui in epigrafe la Regione Liguria solleva in via principale, in riferimento agli artt. 5�, 117, 118 e 123 della Costituzione, questioni di legittimit� costituzionale degli artt. 1, penultimo comma, 5, 9, ultimo comma, n. 2, 12 e 20, comma terzo, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, relativo al trasferimento alle Regioni (1) La questione. era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorso del Presidente della Regione Liguria, notificato il 26 febbraio 1972. In corso del giudizio di costituzionalit� sono state confutate analiticamente le censure della Regione. In particolare � stato evidenziato, in riferimento all'art. 1, penultimo comma che il trasferimento alle Regioni riguardava anche le attribuzioni esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della P.1., a sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765, nonch� da organi centrali e periferici di altri Ministeri. La censura sulla limitazione posta -per quanto riguarda il Ministero della P.I. -alle sole funzioni da esso esercitate in base alla leggeponte urbanistica era infondata. Si� intende che il richiamo alla leggeponte urbanistica, �Che � parzialmente sostitutiva della legge fondamentale urbanistica del 1942, va rapportato a tutto il complesso deHe leggi urba.nistiche, come � fatto chiaro dal primo comma dell'art. 1, ed agli interventi di tutti gli organi dello Stato, a qualsiasi Ministero appartenenti. Fatta questa precisazione, si appalesava illegittima ogni ulteriore pretesa di allargamento dell'area del trasferimento anche alla materia non urbanistica. I poteri di intervento del Ministero della P.I. in base alle leggi del 1939, nn. 1089 e 1497 sono in funzione della tutela di beni culturali, 9 1014 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urba~istica e di viabiUt�, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici. 2. -Si assume, anzitutto, dalla Regione ricorrente che, in viola118 della Costituzione, non sarebbern state tra1014 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urba~istica e di viabiUt�, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici. 2. -Si assume, anzitutto, dalla Regione ricorrente che, in viola118 della Costituzione, non sarebbern state trazione degli artt. 117 e sferite tutte le funzioni rientranti oggettivamente nella materia dell'urb�nistica ed in particolar~ quelle attribuite agU organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione dalla legge 29 giugno 1939, n. 149'7, non attinenti alla tutela di beni individui. Delle attribuzioni esercitate da detto Ministero a sensi dell'indicata legge sarebbero state, infatti, trasferite solo fa redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui aU'art. 5 (cosi come in effetti disposto dall'ultimo comma dell'articolo in esame) e non anche le altre e cosi quelle relative all'imposizione di vincoli generici e alla previsione del loro ambito di autorizzazioni a modificare l'aspetto esteriore dei luoghi, che riguarderebbero la tutela del paesaggio sotto un profilo squisitamente urbanistico. Ed in conclusione, il Governo, pur avendo operato, nell'esercizio deHa delega, una presa di coscienza della reale natura urbanistica delle funzioni di tutela generica dell'ambiente affidate al detto Ministero dalla citata legge n. 1497, non sarebbe stato interamente conseguente. 3. -Tale prima denuncia di inegittimit� costituzionale non � fondata. Invero, il legislatore delegato era tenuto, in base aU'art. 17, comma primo, della legge 16 maggio 1970, n. 281, a regolare il passaggio alle che era e resta riservata allo Stato. Ancor�ch� la tutela dei beni culturali possa talvolta presentare anche dei risvolti .collegati all'urbanistica, la pretesa della Regione costituiva un tentativo di interferenza su materia non propria. Circa l'art. 5 si trattava di una norma di raccordo e di attesa, che demanda ad una futura legge dello Stato il riordinamento degli Enti ed Istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale operanti nei settori delle materie trasferite. Basti pensare che Enti come l'INCIS, l'ISES, la GESCAL, la Cassa per il Mezzogiorno, ancorch� Q!Peranti nelle materie indicate negli artt. 1 e 2 del decreto, non possono esser� lasciati all'atomistica amministrazione delle Regioni. La norma impugnata 1)revede altre leggi, che coordineranno le competenze trasferite alle Regioni con quelle residuate allo Stato e, dal punto di vista soggettivo, con la struttura unitaria e nazionale degli Enti stessi. Circa l'art. 9, ultimo comma, n. 2, si prevedeva il corretto esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento in materia urbanistica, me diante atti collegiali del Governo e su proposta del Ministro dei LL,PP., PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1015 Regioni a statuto ordinario, ai sensi della VIII disposizione transitoria della Costituzione, delle funzioni ad esse attribuite dal�'art. 117 della Costituzione stessa, operando il trasferimento � per settori organici di materia �; e si � puntualmente attenuto a codeste norme e disposizioni, ed ha osservato, nell'attuazione della delega, i relativi principi e criteri direttivi. Ed infatti, con l'art. 1, comma primo, del decreto n. 8 ha disposto con portata generale e onnicomprensiva il trasferimento delle � funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici deHo Stato in materia urbanistica �; con il secondo comma dello stesso articolo, ha proceduto ad una analitica indicazion.e delle fun:ziioni trasferite, specificando, alla lettera o), che rientrava nel trasferimento � ogni altra funzione amministrativa esercitata dagli organi centrali e periferici dello Stato neHa materia �, relativamente a cui non dovesse valere il disposto dei successivi articoli; anzi, per chiarezza di dettato e di conseguenti rapporti tra lo Stato e le Regioni a statuto ordinario, ha precisato che il trasferimento �riguarda anche le attribuzioni esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765, nonch� da organi centrali e periferici di altri Ministeri � (terzo comma) ed altresi �la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della legge 2�9 giugno 1939, n. 147 � (quarto comma). Manca, in presenza di tale normativa, l'asserita invasione della sfera. di .competenza regionale, pe�rch� � stato trasferito l'intero settore per definire gli aspetti metodologici e pTocedurali da osservare nei piani territoriali Tegionali nonch� gli standar�s urbani�stici ed edilizi, qiuali minimi o massimi inderogabili da osservare ai fini della formazione dei piani urbanistici. La censura della Regione si appuntava principalmente contro gli standards urbanistici ed edilizi che, secondo il suo assunto, non aVTebbero potuto essere predeterminati dallo Stato, neanche sotto il profilo dell'indirizzo e del coordinamento. � stato per� prre.cisato che si trattava di predeterminazione di minimi e di massimi, entro i quali la Regione avrebbe goduto di ampio spazio di autonomia. Gli standards edilizi ed urbanistici toccavano in maniera dttetta i diritti e gli interessi dei cittadini, con l'utilizzabilit� pi� o meno piena della loro propriet� privata, e pertanto essi erano necessari anche per assicura!I'e il rispetto del principio costituzionale di eguaglianza. Circa l'a!l"t. 12, dopo aver disposto il trasferimento alle Regioni degli Uffici del Genio Civile e dei Provveditorati alle 00.PP. -con le eccezioni quivi previste -era stato disposto che a capo dei rispettivi Uffici restassero gli Ingegneri Capo ed i Provveditori. Questa disposizione non era lesiva della competenza regionale. Il testo aveva inteso trasferire -conformemente alla legge di delega oltre che gli uffici, anc.he il !!."elativo personale. Sarebbe stato assurdo 1016 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO organico dell'urbanistica; perch�, solo a causa della inscindibilit� esistente tra l'attivit� urbanistica e la. tutela delle bellezze naturali, sono state trasferite alle Regioni le funzioni ed attribuzioni relative alla redazione e all'approvazione dei piani territoriali paesistici, e perch�, in quanto non rientranti nell'urbanistica, non sono state trasferite le (altre) funzioni attinenti alla tutela delle bellezze naturali d'insieme. L'urbanistica come � materia � � un'attivit� che concerne � l'assetto e l'incremento edilizio dei �centri abitati �; risulta delimitata in codesti termini dalle leggi cosiddette urbanistiche e soprattutto dall'art. 1 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (sentenza n. 50 del 1958); ed � da ritenersi che �os� sia stata considerata nell'art. 117 della Costituzione, secondo il criterio, Titenuto valido anche per altre materie, che in essa Costituzione si sia voluto far riferimento al significato e alla portata che a ciascuna di dette materie erano riconosciuti nella legislazione e nella pratica. L'ambito dell'urbanistica, d'altronde, nella disciplina legislativa, non ha sub�to nel tempo sostanziaU modifiche. In particolare, non � stato ampliato, a tal segno che in esso possa rientrare l'assetto dell'intero territorio e quindi dell'ambiente in generale. Anzi, secondo recenti leggi (dalla legge 2,6 aprile 1964, n. 3110, alla legge 6' agosto 1967, n. 765 e alla legge 19 novembre 1968, n. U87) si � tenuta distinta la disciplina relativa alla tutela del paesaggio. Per ci�, almeno con riferimento ai contenuti voluti dalla Costituzione, appare consentita la separazione dell'urbanistica in senso proprio, come sopra intesa, dalla problematica concernente la conservazione e valorizzazione delle bellezze naturali d'insieme e cio� di quelle localit� il cui caratteristico aspetto abbia valore estetico e tradizionale, e delle bellezze panoramiche considerate come quadri naturali nonch� di quei e praticamente inutile e dannoso, un trasferimento di uffici rimasti senza dirigenti. Quindi da una parte, esisteva una riserva dello Stato di disciplinare la sorte del proprio personale, anche con riguardo alle funzioni statali residuate ai Provveditorati ed agli Uffici del Genio C'ivile; dall'altra, v'era la piena libert� delle Regioni di strutturare gli uffici tecnici trasferiti, secondo le 'rispettive esigenz.e, ovviamente nei limiti dei principi delle leggi dello Stato, giusta l'w.-t. 117, prima parte, della Costituzione. Circa l'art. 20, terzo comma, si PTevedevano concorsi di trasferimento per il personale gi� statale inquadrato nei xuoli regionali. La Regione deduceva una indebita interferenza dello Stato nel proprio potere autorganizzatocio degli uffici. Ma la censura era infondata. La disciplina riguardava ancora il personale statale, al quale, con la norma in esame, si era voluto evitare il congeLamento in perpetuo presso la Regione nel cui territorio prestavano servizio al momento del passaggio delle funzioni. Si trattava, quindi, di una norma dettata da una sostanziale osservanza dell'art. 97 della Costituzione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1017 punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze. Le bellezze naturali, ora indicate, sono soggette alle norme di cui alla legge n. 1497 del 1939 a causa del loro notevole interesse pubblico. La loro protezione � attuata, in particolare e tra l'altro, attraverso la compilazione e pubblicazione di elenchi, provincia per provincia, e apportando agli stessi varianti e modifiche; attraverso la redazione e la approvazione di piani territoriali paesistici; mediante l'imposizione di vincoli nei confronti dei proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili �compresi nei pubblicati elenchi delle localit�; attraverso l'esercizio di poteri di inibizione e di sospensione di lavori, da parte del Ministero della pubblica istruzione, e del potere di prescrivere le distanze, le misure e le varianti ai progetti in corso di esecuzione, riconosciuto al Soprintendente ai monumenti; e, richiedendosi, ai fini della stessa legge, il concerto con il Ministro della pubblica istruzione, per l'approvazione dei piani regolatori o d'amp'l"iamento. Le dette bellezze naturali ambientali, siano a rigore riconducibili o meno alla categoria dei beni culturali, sul piano della protezione, vanno tenute distinte dai beni tutelati mediante la disciplina urbanistica. E tale esigenza trova implicito riconoscimento nel fatto che un collegamento tra le une e gli altri � considerato necessario � la tutela ambientale non essendo che una delle possibili specificazioni degli interessi pubblici connessi al controllo dell'utilizzazione del territorio '!> (come espressamente afferma nella relazione, la Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio, costituita con la citata legge n. 310. del 1964). E trova concreta conferma, da un canto, nel raccordo posto con l'art. 9, ultimo comma, n. 1 del decreto delegato, l� ove si dice che, in sede di esercizio della funzione di indirizzo e di coOTdinamento, debbono essere identificate le linee fondamentali dell'assetto del territorio, con particolare riferimento (tra l'altro) alla tutela paesistica, relativamente alla quale, per quanto non previsto dal citato art. 1, comma quarto, implicitamente � presupposta la competenza statale; e dall'altro, nel disposto, gi� richiamato, dell'ultimo comma dell'articolo in esame. Non � quindi sostenibile -diversamente da quanto assume la Regione ricorrente -che abbiano in realt� natura urbanistica le funzioni di tutela generica dell'ambiente attribuite dalla legge n. 1497 del 1939 al Ministero della pubblica istruzione. Alle Regioni a statuto ordinario, in conclusione, e in maniera costituzionalmente non illegittima, sono state trasferite solo le funzioni ed attribuzioni del Ministero della pubblica istruzione previste dalle leggi di disciplina dell'urbanistica, nonch� dall'art. 5 della ripetuta legge n. 1497 del 1939. 1018 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO /'. 4. -Secondo la Regione ricorrente violerebbe altres� la sfera di competenza regionale, garantita dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, la conservazione in capo ad organi statali delle attribuzioni relative agli enti ed istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale operanti nella materia dell'urbanistica ed in quella della viabilit�, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale, conservazione disposta con l'art. 5 del decreto in esame, con il quale si � stabilito che restano ferme le attribuzioni degli organi dello Stato in ordine agli enti indicati � fino a quando non sar� provveduto al loro riordinamento con legge dello Stato �. La censura non � fondata. Dalla corretta premessa che le materie elencate nell'art. 117 della Costituzione debbono essere assegnate per intero aUe Regi-0ni a statuto ordinario, non si pu� dedurre c;he � in sede di individuazione delle fun zioni oggetto di trasferimento, si debba prescindere completamente dal modo attraverso il quale esse erano concretamente ,espletate prima della effettiva istituzione delle Regioni �. Codesta conclusione della Regione ricorrente, ulteriormente specifi ca:ta nel senso che spettano alle Regioni anche le funzioni � attribuite a denti dipendenti dallo Stato (i cosiddetti Enti strumentali) � o eser citate � da figure soggettive pubbliche appartenenti ad enti strumentali dello stesso Stato-ente ., non pu� essere condivisa. L'art. 5, come si � ricordato, considera � le attribuzioni degli organi dello Stato in ordine agli enti � ed istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale operanti nelle materie di cui agli artt. 1 e 2, e mantiene ferme tali attribuzioni degli organi dello Stato fino a quando non sar� provveduto al riordinamento, con legge dello Stato, di quegli enti ed istituti pubblici. Data la portata della norma non � consentito ritenere .che con essa si siano elusi gli artt. 117 e 118 della Costituzione, e l'art. 17 della legge n. 281 del 1970, ed a maggior ragione che ci� possa avve nire in seguito. �, infatti, presa in esame la situazione in atto esistente (sicura mente non preordinata ad alcuna riserva di attribuzioni allo Stato) ed in piena coerenza con essa viene dettata una disciplina temporanea, nel rispetto delle disposizioni deHa Costituzione e della delega di cui r al citato art. 17. Il Governo ha disposto cos� come doveva. Le attribuzioni di cui si tratta, in effetti, sono dello Stato, ma si ricollegano strettamente alla struttura !:! funzione degli enti ed istituti, che non sono espressione o portatori di interessi propri di singole Regioni. Da un punto di vista pratico, p.oi, non sarebbe stato opportuno consentire che enti con finalit�, dimensioni e strutture nazionali o co-� munque eccedenti l'ambito di una singola Regione, conservando tali lii ~:: PARTE I; SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1019 caratteristiche, venissero disciplinati, pur nel rispetto dei limiti, dei principi e degli interessi stabiliti dall'art. 117 della Costituzione, da distinte e diverse normative, emanate dalle varie Regioni. Co.i:t la norma di raccordo e di attesa di cui all'art. �5 � segnata una linea di politica legislativa che appare pienamente compatibile con l'VIII disposizione transitoria; anzi, dalle leggi che saranno emanate, potrebbe aversi in favore delle Regioni l'attribuzione di altre funzioni, entro i limiti consentiti dalle competenze statali e regionali nelle materie di cui agli artt. 1 e 2 del decreto delegato n. 8 del 1972. 5. -Il decreto delegato, provvedendosi in particolare in merito alla funzione di indirizzo e di coordinamento, dispone, all'art. 9, ultimo comma, n. 2, che mediante l'esercizio di codesta funzione, su proposta del Ministro per i lavori pubblici, tra l'altro, � sono definiti gli aspetti metodologici e procedurali da osservare nella formazione dei piani territoriali regionali nonch� gli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi o massimi inderogabili da osservare ai fini della formazione dei piani urbanistici �. Tale norma, secondo la Regione ricorrente, in violazione degli artt. 5, 117, U8 e 123 della Costituzione, non garantirebbe alle Regioni a statuto ordinario il potere di dare una autonoma regol:amentazione alfa propria organizzazione interna ed ai propri uffici, ed avrebbe svuotato la competenza costituzionalmente spettante alle dette Regioni, di provvedere alla politica del territorio con diretta e specifica soddisfazione delle diverse esigenze da ogni singola Regione manifestate. L'attribuzione al Governo dei sopradetti poteri, per�, ad avviso della Corte, non integra la lamentata invasione della sfera di competenza delle Regioni a statuto ordinario. La definizione degli aspetti metodologici e procedurali da osservare nella formazione dei piani territoriali regionali, infatti, non incide, in quanto compiuta mediante l'esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento, sul potere delle Regioni di dare un'autonoma regolamentazione alla propria organizzazione ed ai propri uffici. Giova a tal riguardo considerare che nello stesso art. 9 del decreto, al penultimo comma, viene precisato che la detta funzione � si esercita al fine di assicurare anche unitariet� e coordinamento all'attivit� di pianificazione urbanistica ai vari livelli di circoscrizione territoriale � , e che, al n. 1 dell'ultimo comma, � disposto che sempre mediante l'esercizio della ripetuta �funzione � sono identificate le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale� e � viene.verificata periodicamente la coerenza di tali linee con gli obiettivi della programmazione economica nazionale �. L'attribuzione di cui si sta valutando la conformit� al dettato costituzionale, rientra, per ci�, in tin pi� ampio contesto relativamente al 1020 RASSE.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale la ricorrente non ha ravvisato esistenti ragioni di illegittimit� 1020 RASSE.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale la ricorrente non ha ravvisato esistenti ragioni di illegittimit� costituzionale. E�ssa risponde certamente alla necessit� che vengano indirizzate e coordinate le attivit� amministrative delle Regioni che attengano ad / esigenze di carattere unitario. Non sarebbe, infatti, coerente con tale necessit� una formazione di piani territoriali regionali svincolata dal rispetto di metodi e procedure comuni a tutte le Regioni. Comunque, il limite alla regolamentazion~ dell'organizzazione in a statuto ordinario non possono non mirare. Non �, d'altra parte, invasiva della sfera di competenza regionale la riserva allo Stato del potere di definire, nella sede e nei modi gi� indicati, gli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi e massimo inderogabili da osservare ai fini della formazione dei piani urbanistici. Con codesta attribuzione, infatti, non risulta svuotata la competenza regionale di provvedere alla politica del territorio e in particolare negata la possibilit� che siano in maniera diretta e specifica soddisfatte le esigenze, eventualmente diverse, manifestate da ogni singola Regione. La definizione degli standard urbanistici ed edilizi, quali minimi e massimi inderogabili da osservare ai fini deUa formazione dei piani urbanistici non comporta ovviamente di per s� lo svuotamento della competenza regionale in materia. La sopra richiamata previsione e indicazione delle funzioni trasferite a sensi dell'art. 1 del decreto alle Regioni (a prescindere da quanto disposto con precedenti leggi tra cui la n. 81515 del 1971, art. 7), � infatti sufficiente a fornire un segno sicuro dell'ampiezza e della portata della competenza regionale nella materia dell'urbanistica, e ad escludere. che con la norma denunciata si sia verificato il temuto. svuotamento. Potrebbe, ad ogni modo, mancare per le Regioni la possibilit� di tenere presenti e tutelar.e le si'ecifiche esigenze proprie di ciascuna di esse. Senonch� una eventualit� del genere deve in realt� ritenersi esclusa solo che si mettano in rilievo i modi di definizione dei detti standard. Di fronte alla diversit�, da Regione a Regione, delle ripetute esigenze (e la ricorrente ha cura di segnalare le particolari caratteristiche del suo territorio, che imporrebbero l'adozione di speciali standard), la fissazione degli standard non pu� che avvenire, allo stato della legislazione �ordinaria, � per zone territoriali omogenee � siccome disposto con l'u1'timo comma dell'art. 41 quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica), e, in sede di prima applicazione deHa legge 6 agosto 1967, n. 765, con il d.m. 2 aprile 1968. terna e degH uffici di cui si lamenta la Regione, potrebbe in pratica essere di assai scarso rilievo, e trova ampia e piena giustificazione nel soddisfacimento di interessi unitari e generali �a cui anche le Regioni PARTE 11 SEZ. I, GIURIS. ~OSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1021 Il fatto che codesto criterio, nella sua pratica attuazione, abbia potuto (come lamenta la Regione ligure) o possa non rispondere alle aspettative delle singole Regioni, non significa che esso non meriti conferma; e soprattutto da quella ,considerazione non pu� inferirsi che la norma che riserva allo Stato, in sede di esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento, la definizione degli standard, sia costituzionalmente illegittima. All'inconveniente che possa non aversi una esatta corrispondenza tra le esigenze localmente avvertibili e gli atti di esercizio della detta funzione, si pu� ovviare, e non c'� dubbio che, nei limiti della ragionevolezza, 1o Stato in concreto ovvier�, dando largo spazio anche in questo specifico campo alle intese con le Regioni (per altro, previste al quarto comma dell'articolo in esame). Di modo che � consentito augurarsi e prevedere che alla omogeneit� delle zone territoriali si faccia ricorso nel modo pi� appropriato possibile e comunque rispondente alle tipiche necessit� locali, nel quadro del rispetto e della migliore tutela delle esigenze di carattere unitario. Alle Regioni in definitiva, con la corretta applicazione della norma oggetto della denuncia, non-viene impedito di operare, con gli strumenti urbanistici, una autonoma e responsabile politica del territorio: la loro attivit� al riguardo non � ridotta, in molti casi, come sostiene la ricorrente, ad una mera applicazione di decisioni che trovano aliunde la loro� fonte. La prefissione, in sede centrale, degli standard � quindi materia suscettibile d'essere disciplinata attraverso l'esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento. E non vale, in contrario, il rilievo che almeno in un caso limite (e cio� quando si fissino minimi tali da ledere il contenuto essenziale del didtto di propriet� che � costituzionalmente garantito) si versa in una materia che attiene ai principi fondamentali dell'ordinamento e la cui disciplina � coperta da riserva di legge, ai sensi dell'art. 42, comma secondo, della Costituzione. E ci�, per escludere che sulla stessa materia lo Stato possa esercitare la funzione di indirizzo e di coordinamento. Per lo St�to, la possibilit� che con atto avente forza di legge si disciplini una data materia o se ne fissino i principi generali, non esclude che sul terreno dell'attivit� amministrativa, ferme restando le competenze delle Regioni a statuto ordinario, sia attraverso l'esercizio della ripetuta funzione, legittimamente perseguita la tutela dell'interesse unitario che, 'Come si � gi� ricordato, rappresenta il limite di quella competenza ed il risvolto di esso. 6. -Ad avviso della Regione ricorrente la competenza regionale sarebbe anche invasa a mezzo della disposizione dell'art. 12 del decreto 1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in esame con la quale, trasferiti alla Regione i provveditorati alle opere pubbliche e gli uffici provinciali del Genio civile, si � stabilito in ordine alla titolarit� di detti organi, la permanenza della preposizione esistente .all'atto del trasferimento. L'illegittimit� costituzionale di detto articolo verrebbe in rilievo sotto un duplice profilo: per ci� che sarebbe stata unilateralmente sta bilita la codipendenza di un organo da pi� enti e sarebbe stato, sempre unilateralmente, addossato l'intero carico finanziario alla Regione. Con la norma oggetto di censura, in effetti, sono stati trasferiti alle Regioni a statuto ordinario i detti uffici periferici del Ministero dei lavori pubblici, con esclusione di date sezioni e servizi dei provveditorati; e si � disposto che i provveditori alle opere pubbliche e gli ingegneri capi continuassero ad essere preposti ai rispettivi uffid, nonch� alle sezioni, servizi ed uffici speciali esclusi dal trasferimento. Solo della seconda delle due norme, come si � visto, si lamenta in sostanza la Regiooe ricorrente, e, ad avviso della Corte, non fon datamente. Indubbiamente, al trasferimento delle funzioni non poteva non accompagnarsi quello del personale preposto agli uffici dello Stato e che quelle funzioni esercitava..Una differente soluzione del problema sarebbe stata oltre tutto illogica e avrebbe determinato una tempo ranea difficolt� nella vita amministrativa delle Regioni. D'altra parte non appare ingiustificato o irrazionale che i funzio nari preposti ai provveditorati e agli uffici provinciali del Genio civile mantengano, quali organi dello Stato, la preposizione agli uffid non trasfer�ti. Tale situazione � prevista come temporanea, fino al riordinamento dei servizi del Ministero dei lavori pubblici ai sensi della legge 28 otto bre 1970, n. 775. Ed in quanto tale, � del tutto ammissibile. Come lo Stato provveder� a disciplinare la sorte del proprio per sonale, cos� sin d'ora alle :r;:tegioni � consentito ampia :l�acolt� di strut turare gli uffici tecnici trasferiti, secondo le rispettive esigenze, ovvia mente nei limiti dei principi delle leggi dello Stato, giusta l'art. 117, prima parte della Costituzione. Siffatte possibilit�, ammesse dalla stessa Avvocatura generale dello Stato, concorrono a che sia considerata inconsistente la lamentata de nuncia dell'art. 12. La regolamentazione del trasferimento e dello stato giuridico ed economico del personale fino alla istituzione dei ruoli regionali ed alla copertura dei relativi posti con il personale trasferito, non poteva non essere disposta dal legislatore statale, data l'importanza dei rela tivi problemi, e per il rispetto egualitario dei diritt.i e delle legittime aspettative del personale trasferito. E per quanto sopra detto, non PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1023 compromette la libert� delle Regioni di strutturare gli uffici trasferiti secondo le esigenze organizzative di ciascuna di esse: la contin.ata preposizione a detti uffici dei provveditori e degli ingegneri capi non presuppone e non comporta, infatti, che gli uffici (trasferiti) debbano mantenere l'attuale strutturazione. Ed infine, come � ammissibile che dati funzionari dipendano e dalla Regione e dallo Stato (per l'esercizio delle funzioni attribuite agli uffici riservati), cos� non � censurabile la disposta disciplina in ordine aU'incidenza del trattamento economico spettante al personale trasferito. Tutt'al pi� si sarebbe potuto prevedere una ripartizione dell'onere relativo, ma, come � facile osservare, le funzioni trasferite s�no di gran lunga pi� numerose e pi� impegnative di quelle riservate, e quindi !'accolta soluzione potrebbe apparfre, soprattutto perch� temporanea, del tutto equa e non lesiva del potere di organizzazione degli uffici e del connesso dovere di sopportarne gli oneri anche per il personale. 7. -Infine, secondo la Regione ricorrente, sarebbe stato violato l'art. 117 della Costituzione, per cui la Regione � competente in tema di organizzazione dei propri uffici, quando, con l'art. 20, comma terzo, del.d.P..R. n. 8 del 1972., si � stabilita una regolamentazione per l'attribuzione dei posti risultati vacanti nei r'uoli regionali dopo il primo inquadramento del personale statale trasferito. Seno~ch�, l'avere previsto che sino ad un anno dall'entrata in vigore delle singole leggi regionali sui ruoli organici, la met� dei posti disponibili dopo l'inquadramento del personale statale trasferito, debba essere conferita nelle singole qualifiche di tali ruoli, per mezzo di concorsi di trasferimento riservati al personale di pari qualifica e di ruoli corrispondenti gi� trasferito ad altra Regione ai sensi del detto decreto, non integra una disposizione invasiva della competenza �regionale, violando il potere di autorganizzazione spettante alle Regioni in relazione ai rispettivi uffici. Non giova osservare, come fa la Regione ricorrente, che l'invasione c'� perch� con il terzo comma dell'art. 20 si detta una disciplina per un personale che proprio per effetto dell'avvenuto inquadramento, non � pi� statale ma regionale. Non va trascurato, in contrario, che la norma de qua � dettata per un personale statale, che diverr� regionale solo dopo l'inquadramento nei ruoli, ed � destinata ad operare per un breve periodo (e cio� per l'anno immediatamente successivo alla entrata in vigore delle leggi regionali istitutive dei ruoli regionali) e sofo per la copertura di met� dei posti a quel tempo ancora disponibili, ed in fatto operer� se ed in quanto verranno dalle Regioni banditi entro quel periodo i previsti concor~i. 1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E per ci� non pu� non essere riconosciuto il conveniente peso all'esigenza di salvaguardia delle posizioni del personale trasferito, per cui la tutela di tali posizioni non si deve esaurire �con il primo inquadramento ma va opportunamente mantenuta sino a quando, nei tempi e con le forme di cui al comma in esame, il personale gi� statale sia messo in grado di conseguire la sua definitiva sistemazione nei ruoli regionali. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 142 -Pres. Chiarelli - Rel. Mortati -Presidente Regione Emilia-Romagna (avv. Galgano), Presidente Regione Lombardia (avv. Benvenuti, Elia), Presidente Regione Lombardia (avv. Benvenuti, Elia), Presidente Regione Umbria (avv. Piras, Cervati) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni in materia di agricoltura e foreste, cacci� e pesca -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost.� artt. 117, 118. 119, 135, 76, VIII disp. trans.; 1. 16 magio 1970, n. 281, artt. 17, 18; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, artt. 2, 3. 4 lett. a, b, e, d, e, f, g,. h, i, l, m, n, o, p, q, r, s, t, 10, 11, 13, 15, 16, 17, 18, 19). Non sono fondate, con riferimento alle norme della Costituzione attributive della competenza in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca alle Regioni a statuto ordinario, ed alla legge di delega 16 maggio 1970, n. 281, le questioni di legittimit� costituzionale del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11� sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statale in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca, nelle acque interne, e del relativo personale (1). (Omissis). -2. -Le censure rivolte a molte disposizioni del d.P.R.. 15 gennaio 1972, n. 11, con cui sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario le funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, riguardano per la pi� gran parte la riserva disposta a favore dello Stato di settori �che si assumono rientranti nella materia (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ricorsi proposti dalla Regione Emilia-Romagna, Lombardia e Umbria notificati rispettivamente il 16, 17 e 20 marzo 1972. Corte Cast. 18 febbraio 1970, n. 20, citata in motivazione, leggesi in questa Rassegna, 1970, .I, 182; rper Corte cast. 3 marzo 1972, n. 40, vedi id., I, 185. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1025 stessa e pertanto da affidare alla competenza regionale, e ci� in contrasto con gli artt. 117 e 118 nonch� con l'art. 76 Cost., per l'incorsa inosservanza dei princip� contenuti nell'art. 17 della legge di delega 16 maggio 1970, n. 281. Si censurano poi le disposizioni le quali hanno ad oggetto o la delegazione alle Regioni di materie che non sono da considerare di competenza statale in contempo,raneit� al passaggio degU uffici, o l'invasione della competenza regionale da parte di disposizioni concernenti il trattamento del personale trasferito, o infine l'affidamento allo Stato, �n via transitoria, di provvedimenti amministrativi che abbiano importato precedenti assunzioni di impegni nel bilancio statale. 3. -Per potere valutar~ la fondatezza dei cennati motivi di impugnativa occorre determinare l'esatta portata dell'art. 17 della legge di delegazione, della quale si assume la violazione da parte dei provvedimenti denunziati. Non appare dubbio che detto articolo, come risulta dalla sua dizione letterale e dal richiamo da esso fatto aH'VIII disposizione transi.toria, ha disposto il trasferimento alle Regioni solo di quelle funzioni amministrative che, per una parte, risultino inerenti alle materie elencate nell'art. 117 Cost., e siano contenute nel limite degH interessi connessi alle esigenze delle singole Regioni senza travalicare in quelli propri dello Stato e di altre Regioni, e, per l'altra parte, esercitate all'atto del trasferimento, da organi centrali o periferici dello Stato. Sicch� dovevano rimanere fuori dell'obbligo del trasferimento tanto le competenze non rientranti nella materia, obiettivamente considerata, quanto le altre che, se pure ad essa riconducibili, riguardassero interessi trascendenti la sfera regionale, e infine quelle estranee alla competenza dell'organizzazione diretta, centra:te o periferica, dello Stato. � solo nell'ambito delle materie in tali limiti suscettibili di trasferimento che l'art. 17" mentre, ha da un lato voluto tutelare le esigenze di carattere unitario attribuendo allo Stato �la funzione di indirizzare e di coordinare ,l'attivit� amministrativa oggetto del trasferimento tutte le volte che essa lo richiedesse, ha poi, dall'altro, curato di assicurare, per quanto possibile, l'organicit� nell'esercizio della medesima, assegnando alla Regione, a titolo di delegazione, compiti statali quando essi venissero a costituire un residuo rispetto a quelli prevalenti oggetto del trasferimento. Risulta perci� 'Chiaro che l'art. 17 nel richiedere che il passaggio di attribuzioni dovesse avvenire per � settori organici di materie � non ha inteso, n� avrebbe potuto, influire sulla determinazione delle materie stesse, ed anzi, prevedendo la delegabilit� di competente statali � residue �, ha dato per ammessa possibilit� di una non perfetta coincidenza della parte trasferibile con quella argomentabile da una generica loro qualificazione. 1026 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4. -Passando ora all'analisi, alla stregua dei principi enunciati, delle singole censure fatte valere, � da escludere la fondatezza di quella rivolta avverso l'art. 2, secondo comma, che, in via transitoria e cio� � fino a quando non si proceder� al loro riordinamento �, affida allo Stato ogni competenza in ordine agli enti pubblici in agricoltura a carattere nazionale o pluriregionale. L'Emilia-Romagna e l'Umbria fanno rilevare che il rinvio a tempo indeterminato del riordinamento che avrebbe dovuto regionalizzare gli enti di cui si tratta costituirebbe inadempimento della delega ex art. 17 citato, secondo cui si sarebbe dovuto, entro il biennio ivi previ-sfo, adottare ogni specie di provvedimento necessario ad investire le Regioni della pienezza delle loro funzioni. A contestare l'esattezza di tali asserzioni basta richiamarsi a quanto si � detto sull'esclusione dell'�bbligo del trasferimento delle funzioni non esercitate dallo Stato, sicch� nessun fondamento pu� riconoscersi all'invocato rispetto del termine del biennio, trattandosi di settori di attivit� ai quali esso non si riferisce. Egualmente infondata � poi la censura mossa all'art. 3 che si limita a riprodurre il disposto dell'VIII disp. trans. e finale-della Costituzione. 5. -Non suscettibili di trasferimento devono considerarsi anche quelle materie che non possono ricondursi al settore dell'agricoltura. Settore che, per la sua comple,ssit� e disorganicit�, appare di non agevole delimitazione. Ad essa non si pu� perv�enire avendo riguardo al fatto dell'attribuzione dei compiti affidati al Ministero dell'agricoltura, poich� ad essa si � a volte provveduto per considerazioni di opportunit� politica che hanno condotto ad accentrare nel medesimo una serie di funzioni che solo in via generica e senza un nesso diretto possono farsi. rientrare nella �cura degli interessi connessi ai prodotti del suolo. � chiaro invece c.he a quest'ultima specie di interessi occorre aver riguardo per la determinazione dell'am)Jito della materia dell'agricoltura di cui l'art. 117 ha disposto il trasferimento. Da tale premessa � facile argomentare l'assoluta estraneit� ad essa dell'oggetto considerato alla lettera i) dell'art. 4 r�elativo all'ordinamento del credito agrario, che, come settore particolare di un'attivit� pi� generale, comprensiva di ogni specie di operazione bancaria, si deve uniformare alla regolamentazione aq essa indirizzata. Ci� pu� risultare comprovato, oltre che dal c�nfronto con gli Statuti sJ,ieciali, i quali, quando attribuiscono competenze riguardanti H credito, lo fanno differenziandole da quelle dell'agricoltura, anche dai lavori preparatori della Costituzione dai quali risulta che la proposta che �era stata formulata di attribuire competenza in materia di credito alle Regioni a statuto ordinari~ teneva distinta quest'ultima da quella dell'agricoltura. Proposta che PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1027 venne respinta nella considerazione che la disciplina del credito non potesse avvenire altrimenti che a livello nazionale per la stretta correlazione con l'intera politica economica e monetaria. Al che pu� aggiungersi anche il rilievo che gli aspetti privatistici dell'attivit� creditizia la rendono' incompatibile con l'intervento delle Regioni. Un'ulteriore riprova dell'esattezza delle precedenti considerazioni pu� trarsi dalle stesse deduzioni di parte che, per r.ivendicare alle Regioni la materia del credito, fanno ricorso ad un criterio finalistico che ~ovrebbe presiedere alla ripartizione delle competenze, e cos� condurre ad assegnare agli enti regionali quelle fra esse che, pur non proprie dell'agricoltura, vi ,dovrebbero essere ricondotte perch� strumentali alle altre, e quindi necessarie all'integrale soddisfazione di tutti gli interessi in essa convergenti. La Corte ha gj.� statuito in senso contrario con la sentenza n. 20 del 1970, s1econdo cui la determinazione della materia regionale deve farsi in modo obiettivo senza riferimento al risultato da conseguire, cio� senza riguardo all'influenza che su essa pu� deri~ vare dall'esercizio di poteri appartenenti a sfere diverse. Pu� ammettersi che sussista un indubbio interesse di queste ultime all'incremento di misure creditizie corrispondenti alle esigenze di sviluppo � di potenziamento della produzione agricola, ma esso deve ritenersi sufficientemente soddisfatto con gli interventi loro consentiti dalla lettera m) dell'art. 1, indirizzati allo scopo di agevolare l'accesso al credito (ivi compresi i rapporti con gli istituti di credito), effettuabili con l'erogazione di sussidi in conto capitale, con il concorso nel pagamento degli interessi, cui fa rimerimento l'art. 35 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, e simili. Ugualmente estranea alle competenze delle Regioni, perch� trascendente l'ambito della materia dell'agricoltura, � quella dell'alimentazione di.cui alla lettera o) dell'art. 4, che la Regione Umbria ha impugnato, senza tuttavia addurre alcun motivo a sostegno. 6. -Esulante dalla materia dell'agricoltura deve considerarsi anche quella riguardante i parchi nazionali, per i quali la lettera s) dispone una riserva a favore dello Stato, impugnata dalle Regioni EmiliaRomagna e Umbria. Infatti la formazione di tali parchi vuole soddisfare l'interesse di conservare integro, preservandolo dal pericolo di alterazione o di manomissione, un insieme paesistico dotato ,di una sua organicit� e caratterizzato da valori estetici, scientifici, ecologici di raro pregio, quali possono presentarsi anche in confronto a territori privi di vegetazione o comunque, pur quando que<Sta sussista, destinata a rimanere esclusa da quelle utilizzaz.ioni produttive che costituiscono l'oggetto specifico dell'attivit� agricola. 7. -Un motivo analogo al precedente pu� essere invocato per giustificare la riserva statale riguardante il reclutamento e l'addestramento 1028 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO 'STATO del corpo forestale e le scuole istituite a tale scopo considerate dalla 1028 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO 'STATO del corpo forestale e le scuole istituite a tale scopo considerate dalla lettera t). Si tratta infatti di una attivit� attinente alla formazione cul turale e professionale di un personale destinato all'assunzione di fun zioni richiedenti una particolare specializzazione tecnica, non dissi mile da quella che si richiede per l'esercizio di numerose professioni e perci� rientr�nte nel �campo proprio dell'istruzione. Considerazioni diverse sono da prospettare in ordine all'altra parte della stessa lettera t) che pure essa esclude dal trasferimento alle Regioni quanto attiene all'inquadramento del predetto :personale fore .stale. Come risulta dalla correlazione co~ l'art. 11, ultimo comma, le Amministrazioni regionali dispongono del personale predetto limitata mente all'impiego del medesimo, il che importa l'attribuzione alle stesse della titolarit� di tutti i poteri di supremazione speciale necessari ad assicurare la piena utilizzazione di tale personale �e la fedele attuazione delle diretti.ve di politi-ca forestale nel quadro di quella nazionale. Contrariamente a quanto sostengono le tre Regioni ricorrenti, l'affidamento allo Stato dello stato giuridico degli appartenenti al corpo forestale trova fondamento nella natura delle funzioni ad esso assegnate che comprendono la polizia forestale, cio� una attivit� che sfugge alle Regioni (cui l'art. 117 conferisce poteri solo per la polizia locale urbana -e rurale) ed altresi un'altra �serie di compiti pure essi di esclusiva o prevalente competenza statale, come la difesa del ruolo, la protezione dell'ambiente naturale, nonch� dei parchi nazionali, la lotta contro gli incendi. 8. -Altre norme limitative della competenza regionale si riferiscono alla disciplina di materie che pur rientrando nell'agricoltura toccano gli interessi di pi� Regioni. Questo si verifica per l'ipotesi di cui alla lettera f), riguardante la classificazione dei comprensori di bonifica, la determinazione dei bacini montani e delle zone depresse, o l'approvazione dei piani generali di bonifica o di sistemazione di detti bacini o zone, in quanto ricadano nel territorio di due o pi� Regioni. Quest'ultima circostanza conduce ad escludere che possa riconoscersi ad ognuna delle Regioni cointeressate quella pienezza di poteri in materia di bonifica che l'art. 1, lettera h), riconosce allorch� le opere non sorpassino l'ambito territoriale di ciascuna. Nell'ipotesi contraria l'intervento dello Stato appare necessitato dal difetto nell'attuale diritto positivo degli strumenti organizzatori idonei a rendere possibile la compartecipazione di pi� Regioni neUe deliberazioni da prendere per la gestione degli interessi comuni e per la regolamentazione dei corre-- lativi obblighi e responsabilit�. N� a superare tale situazione potrebbe utilmente farsi ricorso, come le difese sostengono, all'elevamento di conflitti di attribuzione, poich� essi presuppongono una determinazione di distinta sfera di competenza che invece fa difetto. !ll f:'. i:: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1029 Pu� conversi nell'auspicio che intervengano provvedimenti legislativi in. tale direzione, essendo esatto quello che le �difese deUe Regioni fanno valere circa la convenienza di una disciplina dei rapporti interregionali, in considerazione della non corrispondenza a volte riscontrabile tra la configurazione data dall'art. 134 ai nuclei regionali, sulla base �di dati storico~statistici, e quella che sono venuti ad assumere sotto l'aspetto socio-economico. Ma, fino a quando non si sar� addivenuto a tale regolamentazione, non potr� prescindersi dall'intervento dello Stato, sicch� per ora le esigenze delle Regioni devono ritenersi suffidentemente soddisfatte dall'obbligo della previa intesa con le medesime, prescritto dalla disposizione in esame. 9. -Considerazioni non diverse, sotto l'aspetto del difetto di un'apposita disciplina, necessaria ad ottenere che la soddisfazione degli interessi connessi all'esercizio di un'attivit� affidata alla Regione venga in ogni caso assicurata, p�ssono invocarsi nei riguardi dell'impugnativa che si rivolge alla lettera b) dell'art. 4 relativa all'applicazione di atti della Comunit� economica europea (alla quale pu� accostarsi l'altra che attiene agli interventi a favore degli organismi associativi di produttori agricoli previsti da regolamenti della CEE, di cui alla successiva lettera m). Occorre anzitutto precisare che la censura � ammissibile solo con riferimento agli interventi sulle strutture agricole, rimanendo estranea alla sfera regionale, secondo sar� appresso chiarito, quelli relativi tanto alla politica dei prezzi e dei mercati quanto al commercio dei prodotti agricoli ivi considerati. A sostegno della impugnativa non � sufficiente richiamarsi all'articolo 189, terzo comma, del Trattato di Roma istitutivo della Comunit�, che fa rinvio agli ordinamenti interni degli Stati partecipanti per la disciplina del concreto esercizio. delle attivit� necessarie all'adempimento degli impegni ad essi assunti; ci� perch� ogni distribuzione dei poteri di ~mplicazione delle norme comunitarie che si effettui a favore .di enti minori diversi dallo Stato contraente (che assume la responsabilit� del buon adempimento di fronte alla Comunit�) presuppone il possesso da parte del medesimo degli strumenti idonei a realizzare tale adempimento anche di fronte all'inerzia della Regione che fosse investita della competenza dell'attuazione. Strumenti di tal genere fanno difetto nel nostro ordinamento, �e ad essi ~on potrebbe supplirsi con il potere di indirizzo di cui all'art. 17 della legge di delegazione poich� alla inottemperanza ad esso non si potrebbe in alcun modo porre riparo, non riuscendo allo Stato� sostituirsi nell'esercizio della competenza una volta effettuato il suo trasferime'nto. Pertanto, fino a quando tale situazione non venga modificata con il ricorso alle forme a ci� necessarie, il solo mezzo utilizzabile per fare concorrere le Regioni all'attuazione dei regolamenti comunitari � quello della dele 1030 RASSEGNA DELL'AVVO~ATURA DELLO STATO gazione di poteri in materia di strutture agrarie, che appunto offre il rimedio della sostituibilit� del delegante in caso di inadempimento del delegato. 10. -Un altro gruppo di riserve a favore dello Stato stabilite dall'art. 4 riguarda materie che, mentre attengono all'agricoltura in modo solo marginale, in quanto interferiscono su settori ad essa non riconducibili, trascendono le stesse possibilit� di azione consentite alla Regione, e non possono venire congruamente regolate se non sulla base di interventi che ubbidiscano ad una visione unitaria, che altres� possano giovarsi di strumenti corrispondenti all'ampiezza che devono assumere ove vogliano riuscire efficienti, ed infine siano suscettibili di estendere i loro effetti con eguale effi�cacia su tutto lo Stato. Per tali materie � l'esigenza del rispetto dell'interesse nazionale quale prevista dall'art. 117 eh giustifica la sottrazione, totale o parziale, della loro disciplina all'autonomia regionale, nella sfera legislativa come in quella amministrativa. In questa categoria devono farsi rientrare le fattispecie prev.iste dalle lettere g) e h) dell'art. 4 riguardanti la sistemazione idrogeologica, la conservazione del suolo, la protezione della natura. Esse infatti esigono interventi di difesa dell'ambiente a prevenzione di ogni specie di danni .provenienti da eventi, naturali o da opera dell'uomo, atti a comprometterne l'integrit�, ed esigono un'attivit� continuativa e sistematica, esplicantesi con gli interventi pi� vari spesso sorpassanti i singoli ambiti territoriali. Non � contraddittorio, come assumono le tre Regioni ricorrenti, che le disposizioni denunciate, mentre dispongono la riserva a favore dello Stato, impongono� poi, da un lato, che l'esercizio dei suoi poteri venga preceduto dall'audizione del parere delle Regioni interessate, e, dall'altro, fanno salvi gli interventi di queste ultime, in quanto non contrastanti con quelli statali. Infatti la norma impugnata, cos� disponendo, mentre garantisce lo svolgimento' di una politica nazionale ecologica, che non potrebbe riuscire proficua se non poggiasse sulla base di un'organica programmazione valevole per l'intero territorio nazionale, lascia poi all'autonomia delle Regioni margini sufficienti alla tutela di quella parte dell'ambiente .pi� str�ettamente �connesso agli interessi dell'agricoltura e foreste e contenuta entro il territorio di ognuna. 11. -Considerazioni non diverse sono da far valere, e perc10 conducono ad escludere la fondatezza delle �ensure mosse dai ricorsi della Lombardia e dell'Umbria, nei riguardi della lettera d) che considera il settore del commercio internazionale di piante, di semi, di bestiame o materiale seminale, o in generale di prodotti agricoli o zootecnici, un'attivit� cio� evidentemente sorpassante la capacit� di azione� delle Regioni. Ci� pu� dirsi anche nei confronti del commercio delle sementi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1031 poich�, pur se si dovesse ritenere che il limite sussista anche quando esso non riguardi l'importazione e l'esportazione, varrebbero vincoli discendenti da regolamenti della Comunit� economica europea, pel cui rispetto, come � stato chiarito, si rende necessario sottrarre la materia alla disponibilit� delle Regioni. 12. -In ordine al 'commercio all'interno dello Stato le lettere m) e q) dell'art. 4, che riguardano, la prima, gli interventi per la regolazione del mercato agri�olo e la seconda le rkerche ed informazioni di mercato, la disciplina disposta deve �essere messa in correlazione con l'art. 1, lettera r), risultando da essa una ripartizione di competenza che appare razionale. Infatti, mentr�e sono trasferite alle Regioni le ricerche �ed informazioni di mercato, le attivit� promozionali, gli studi e le iniziative di divulgazione inerenti a problemi agrcoli e forestali, � riservato allo Stato un complesso di altre attivit� rispetto alle quali le Regioni non potrebbero vantare alcuna pretesa. Ci� appare chiaro nei confronti degli interventi che si esplicano con la realizzazione, a totale �carico dello Stato, di impianti di interesse nazionale per la raccolta, conservazione, lavorazione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli o zootecnici, al fine di regolarne la immissione sul mercato, nonch� la conservazione di scorte. � chiaro infatti che una politica del mercato agricolo, strettamente legata al quadro della programmazione nazionale, cui la stessa disposizione si richiama, non si renderebbe possibile senza una direzione unitaria e senza il sussidio di quei disipositivi tecnici necessari a renderla congrua ai fini da perseguire, mentre gli interessi della Regione riescono salvaguardati dall'obbligo dell'audizione del loro parere in ordine ?gli impianti da istituire. Di fronte a questa ovvia esigenza la difesa attrice nessun'altra obiezione ha opposto se non l'asserito difetto, fino ad oggi, di una siffatta politica: una circostanza cio� irrilevante sotto l'aspetto della legittimit� costituzionale, cui � qui da limitare l'esame. A parte altri interventi connessi all'osservanza di regolamenti della Comunit� economica europea di cui 'si � detto (ed a parte anche i marchi e le denominazioni tipiche di prodotti agricoli, pei quali non sembra sia stata formulata esplicita impugnativa), � da osservare, in ordine a quelli che la stessa lettera m) prevede con la genertca :formulazione della � regolazione del mercato agricolo � che essi, se interpretati in correlazione con il ricordato art. 1, lettera r), rimangono circoscritti dal fine della tutela d'interessi ultraregionali, �e �come tali giustamente sottratti al trasferimento. Connessa alla materia del commercio � quella di cui alla lettera n) relativa alla repressione delle :frodi nelle sostanze ad uso agrario o di prodotti agrari. Materia che, pel fatto di richiedere, da una parte, un complesso di istituti specializzati di controllo, e dall'altra di un appa 1032 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rato di prevenzione e di repressione, di competenza degli organi statali della polizia giudiziaria e della magistratura, si sottrae agli interventi regionali. 13. -Infondato appare anche il motivo del ricorso proposto dali l'Umbria che denuncia la invalidit� della lettera e). Infatti sembra chiaro che la ricerca e la sperimentazione scientifica ed il coovdinamento metodologico delle medesime quando siano estese, come ivi � previsto, a tutto il territorio nazionale non possono essere sottratte ! allo Stato, che solo dispone degli ingenti mezzi richiesti e solo pu� . I dare vita agli enti o ~stituti indirizzati a detti fini, differenzandoli per grandi settori, in modo da asstcurare la necessaria specializzazione I I nonch� il coordinamento dei �compiti ad essi assegnati. Ci� che risulta I I confermato dalla legge 27 ottobre 1966, n. 910 (second9 piano verde), I che alla sperimentazione dedica l'art. 2 e ivi prevede la istituzione di un comitato nazionale di sperimentazione agraria. I i Con pi� forte ragione poi devono consideravsi estranee alle Re 1 gioni quelle attivit� di ricerche e di studio connesse alla program ! mazione agricola nazionale, cui ha riguardo la lettera r) dell'articolo in esame, le quali non potrebbero essere sottratte agli organi centrali, sia pure con il necessario concorso della Regione alla predisposizione del programma stesso. Certamente siffatta riserva statale non preclude in alcun modo le iniziative di sperimentazione e di ricerca da parte delle. singole Regioni, effettuabili anche -quando ci� si renda possibile -con l'utilizzazione degli istituti statali; cosi come non esclude l'eventuale delega statale a favore delle medesime di compiti per i quali si palesassero utili iniziative di decentramento. La stessa garanzia d'uniformit� sta alla base del disposto della successiva lettera e) riguardante la tenuta dei registri di variet� e dei libri genealogici, q�ando la unicit� sia richiesta per tutto il territorio nazionale. 14. -La Regione Umbria impugna anche l'art. 4, lettera l), che riserva allo Stato il demanio armentizio ed una part� della materia degli usi civici. Per quanto riguarda il demanio armentizio (denominazione che � assunta a qualificare il regime dei � tratturi� di Puglia e delle � trazzere � di Sicilia, quali trovano disciplina nel r.d. delegato 30 dicembre 1923, n. 3244, e nei Regolamenti nn. 2801 del 1927 e 1706 del 1936) si potrebbe osservare come, mancando ogni interesse all'impugnativa della ricorrente Regione Umbria, per il fatto che essa non annovera nei suo territorio beni di tale natura, n� presumibilmente possa costituirne in futuro, se ne dovrebbe dichiarare la inammissibilit�. Ma, a prescindere da ci�, le norme richiamate, nel disporre la PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1033 conservazione, la alienazione o la trasformazione in strade rotabili delle dette vie di comunicazione (e anche la legittimazione dei possessi abusivi delle aree dell'antico demanio) hanno a loro oggetto un insieme di interessi di cui quelle dell'industria armentizia costituiscono solo un settore, non isolabile dagli altri. 15. -Nei confronti della materia degli usi civici, risulta' dalla correlazione fra la lettera l) dell'art. 4 �ed il precedente art. 1, u.c., una ripartizione di competenza operata fra Stato e Regione nel senso di mantenere al primo quel complesso di attribuzioni di cui alla legge 16 giugno 1927, n. 1766, che o rivestono carattere giurisdizionale (e perch� tali pertinenti solo allo Stato) o che, pur avendo indole amministrativa, attengono a rapporti i quali, PE'.r la interferenza presentata di. aspetti privatistici, esulano dalla competenza regionale. Rientrano. in tale categoria i procedimenti per l'accertamento dei diritti di promiscuo godimento delle terre, per la determinazione delle porzioni di terreno da conferire in compenso della liquidazione degli usi civici, per la legittimazione del possesso degli altri terreni sui quali sono stati effettuati sostanziali migliorie con correlativa fissazione del canone enfiteutico a carico del legittimato, e infine per lo scioglimento delle promiscuit�. Ed invece si dispone il trasferimento alle Regioni di tutti quei compiti di pi� evidente indole pubblicistica, come sono (oltre al controllo ed alla vigilanza sulla gestione dei terreni comunali e sugli enti di amministrazione dei beni di uso civico, ed altres� all'approvazione degli Statuti delle associazioni agrarie) quelli conness'i all'interesse alla rapida definizione delle operazioni di sistemazione dei beni di uso civico, e gli altri, ancora pi� rilevant.i, del conseguimento del massimo incremento della produzione. Finalit� che si realizzano mediante le attivit� previste dal citato art. 1, e cio� con l'approntamento dei piani di trasformazione e sistemazione fondiaria che devono precedere l'assegnazione delle quote, e soprattutto con la ripartizione dei terreni utilizzabili per la cultura agraria di cui all'art. 13 della legge n. 1766 citata, e con l'assegnazione dei terreni a tale �cultura, oppure al bosco o al pascolo (in quanto non se ne autorizzi la vendita ai sensi dell'art. 12) secondo i criteri di contemperamento dei .diversi bisogni della popolazione, giusta il disposto del successivo art. 14. 16. -La censura che la Regione Lombardia muove al terzo comma dell'art. 8 del decreto in esame, fondata sul rilievo che le materie ivi considerate sono riconosciute proprie delle Regioni, appare manifestamente infondata. Infatti non � da accogliere l'interpretazione dell'art. 17 secondo cui il potere di indirizzo, da porre in funzione del coordinamento, sarebbe esercitabile solo rispetto ad attivit� produttive di effetti al di l� del territorio regionale. Invece, come gi� si � detto, la tutela di interessi unitari voluta assicurare da detto articolo 1034 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricorre proprio in confronto a competenze che, pur non riflettendosi su altre Regioni, non potrebbero essere rilasciate all'assoluta discrezionalit� dell'ente che ne � titolare senza danno per l'intera collettivit� nazionale. 17. -La Regione Lombardia impugna anche l'art. 10 perch�, stabilendo una riserva sia pure temporanea a favore dello Stato, contrasterebbe in .particolare con l'art. 119 Cost. oltrech� con l'art. 18 legge n. 281. La doglianza non appare fondata, poich�, per quanto riguarda i provvedimenti gi� in corso di definizione, pei quali era stato assunto il relativo im,pegno di 'spesa a carico del bilancfo statale pri;ma del trasferimento alle Regioni, sembra �che la disposizione si informi al principio della conservazione delle competenze gi� validamente in corso di espletamento per singoli atti, nonch� dell'integrit� degli stanziamenti di bilancio per tutto l'esercizio finanziario in corso. Ci�, .contrariamente a quanto si assume, non contrasta con l'art. 119 Cost. poich� non viene in nessun modo �contestato il diritto della Regione alla attribuzione di tributi propri o di quote di tributi erariali, e neppure con l'art. 18 della legge finanziaria poich� questo stabilisce che la soppressione o riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione dei vari ministeri avvenga con effetto dall'inizio dell'esercizio finanziario successivo alla data di entrata in vigore dei decreti di trasferimento, e �quindi lascia del tutto impregiudicata la sorte degli stanziamenti afferenti al precedente bilancio, che, salvo statuizione che espressamente disponga in �contrario, seguono la sorte stabilita dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato. Per quanto poi attiene alla parte dell'art. 10 riguardante le spese pluriennali per le quali la prima annualit� era stata messa a carico di esercizi finanziari anteriori al trasferimento, � da ritenere che nessuna lesione da ci� provenga all'inter�sse delle Regioni alle quali va il beneficio delle erogazioni pr tutto il periodo predisposto per lo scaglionamento della spesa. Anche per l'ultima parte dell'art. 10, che fino a tutto il 1973 mantiene allo Stato la definizione dei provvedimenti finanziati con somme mantenute in conto residui, sono da far valere esigenze di carattere contabile, e d'altra parte essa espressamente prevede il trasferimento delle somme non ancora impegnate alla data predetta al � fondo � per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, di cui all'art. 9 legge finanziaria. 18. -Un ultimo motivo di impugnativa proposta dalla Regione lombarda si rivolge agli articoli da 15 a 19, tutti ritenuti contrastanti con l'art. 17 legge n. 281 e con l'VIII disposizione transitoria, nella constderazione che, in primo luogo, avrebbero previsto il trasfer� PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1035 mento degli uffici statali periferici senza che ad esso si accompagnasse il contemporaneo passaggio del personale addettovi, ed inoltre disposto in materia di ordinamento degli uffici e di trattamento economico del per~onale trasferito alle Regioni, in contrasto anche con quanto stabilito dalla Corte nella sentenza n. 40 del 1972. La prima censura trova una smentita nello stesso testo impugnato, poich� da esso e dalle tabelle allegate, le quali fissano il contingente del personale che cessa di far parte dei ruoli statali, risulta la contemporaneit� del dupUce trasferimento. Anche la seconda � da rigettare poich� le norme impugnate si limitano o a fissare le modalit� del passaggio del personale (artt. 15 e 16), oppure pongono principi diretti a. tutelare diritti quesiti, quali sono quelli relativi al trattamento di missione allovch� si dispongano trasferimenti di sede (comma settimo art. 15, u.c. art. 16, art. 17) o al mantenimento delle posizioni economkhe e di .carriera gi� godute (art. 18). Nessun elemento in contrario pu� desumersi dalla invocata sentenza n. 40 che ebbe a dichiarare l'invalidit� dell'art. 67 le.gge n. 62 del 1953 nella parte in cui imponeva il rispetto di semplici norme statali, mentre nella specie, come si � detto, l'obbligo riguarda l'osservanza di princ�pi. Ci� sembra potersi affermare anche nei confronti dell'ultimo comma dell'art. 18 che, in via transitoria, fino ad un anno dall'entrata in vigore delle leggi .istitutive dei ruoli regionali, dispone che la met� dei posti disponibili, dopo effettuato l'inquadramento nelle singole qualifiche dei ruoli, siano conferiti mediante trasferimento sulla base di concorsi riservati al personale di uguale qualifica e di ruoli corrispondenti, gi� trasferiti ad altra Regione. Infatti tale disposizione viene incontro a quelle esigenze di assestamento in relazione ad esigenze personali o familiari dei funzionari, tanto pi� apprezzabili quando si tenga presente l'automaticit� del passaggio alle Regioni del personale addetto agli uffici periferici dello Stato aventi sede nel loro territorio, che viene a privare gli appartenenti ad esso della possibilit� dei trasferimenti che erano prima effettuabili, data l'unicit� del ruolo statale di cui fa.cevano parte. 19. -La Regione Emilia-Romagna lamenta che l'art. 19 del decreto impugnato, nel determinare Je variazioni da apportare agli stati di previsione del Ministero interessato in virt� del trasferimento alle Regioni, abbia disposto la riduzione degli stanziamenti dei capitoli nn. 1502 e 5471, mentre, afferendo questi a spese collegate a materie di esclusiva competenza regionale, si sarebbe dovuto disporre la loro soppressione. Per quanto riguarda H capitolo 5471 la censura deve considerarsi assorbita da quanto si � precedentemente statuito civca la validit� della riserva allo Stato di cui alla lettera d) dell'art. 4, della regolamentazione dell'immissione sul mercato di prodotti zootecnici. 1036 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti la riduzione dello stanziamento trova fondamento nella riparti zione che si verifica fra la detta competenza statale e l'altra trasferita alle Regioni per l'art. 1, lettera b). Quanto poi al capitolo 1502, che riguarda i compensi per i com ponenti le commissioni le quali intervengono nel procedimento per l'asse.gnazione delle terre incolte ai contadfoi, di cui all'art. 12 della legge 18 aprile 1950, n. 199, � da osservare che trattasi di materia affidata allo Stato in ogni sua parte, nei riguardi della quale nessuna impugnativa � stata proposta. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 luglio 1972, n. 143 -Pres. Chiarelli - Rel. Fragali -Cheli (avv. Piccardi), Auricchio (avv. Guarino) e Ministero Pubblica Istruzione (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Istruzione pubblica -Istruzione superiore -Concorsi a cattedre uni versitarie -Illegittimit� costituzionale della normativa -Esclu sione. (Cost., artt. 3, 33, 34, 51, 97, 24, 103, 113; r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 68, 70, 73; d.l.lgt. 5 aprile 1945, n. 2.38, art. 4). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale concernente la formazi.one delle commissioni esaminat1�ici dei concorsi a cattedre universitarie ed il procedimento per la formazione del~e terne dei candidati (1). (Omissis). -Non � fondata la questione concernente il modo d� nomina della commissione giudicatrice dei concorsi per le cattedre universitarie, riportata dal Consiglio di Stato alla necessit� di osservare la regola costituzionale del buon andamento dell'amministrazione: la commissione predetta razionalmente viene composta di professori universitari della materia in concorso o di materie affini. Si tratta d� considerare la personalit� scientifi.ca dei candidati, e il relativo potere non � conferibile a persone estral_lee alla materia su cui si � formata la preparazione dei concorrenti o a materie non affini alla stessa: si affiderebbe il giudizio sul candidato a "chi non ha idoneit� a valutare (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 6 dicembre 1971 dal Consiglio di Stato in adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali (Gazzetta Ufficiale n. 107 del 5 aprile 1972). In Foro it., 1972, I, 3003 si leggono oltre ai richiami dottrinali, passi della relazione della VI Commissione permanente del Senato sul progetto di riforma dell'Universit�. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1037 l'attivit� sulla quale deve esprimere il proprio meditato avviso. Un sistema del genere non garantirebbe quel buon andamento dell'ammi nistrazione di cui il Consiglio 'di Stato giustamente si preoccupa, perch� non assicurerebbe scelte informate a �conoscenza della materia di cui al concorso e del .progresso che e&Sa ha potuto far registrare. \ Non � violato il principio dell'esigenza di buon ordinamento del l'amministrazione nemmeno dalla no�rma che affida ad un sistema �elet torale la scelta �dei membri della commissione giudicatrice del con corso. Il Consiglio di Stato afferma che, in tal modo, la legge viene a proporsi la tutela di interessi di categoria anzich� quello dell'istru zione e degli studi; ma � agevole obiettare che il particolare criterio di nomina dei commissari � coerente a quell'esigenza di far esprimere il giudizio sui candidati a persone che ne abbiano idoneit�, della quale si � fatto parola, e questa idoneit� soltanto nell'ambito della facolt� o delle facolt� interessate possono essere meglio poste in evidenza. La legge vigente ha adottato il sistema elettivo allo scopo di sottrarre la nomina dei commissari alle scelte discrezionali del ministro, e quindi per adeguare l'ol'dinamento universitario al principio �della libert� del l'insegnamento, che non tollera ingerenze di ordine politico o comunque ingerenze estranee alle pl'emesse tecniche e scientifiche dell'insegna mento nei massimi istituti di istruzione. Il sistema denunziato assicura il buon andamento dell'insegnamento universitario, pel'ch� garantisce scelte tecniche per compiti tecnici, attraverso la considerazione della stima scientifica che i commissari riscuotono, meglio accertabile nel l'�mbito settoriale. Non � esatto nemmeno che il corpo elettorale chiamato alla scelta dei membri della commissione di soccorso � portatore -di interessi omogenei e corporativi: � in re che le elezioni di quei , membri debbono servire a selezioni coerenti al fine per il quale sono promosse, che non sono fini di categoria o di settore, ma coinvolgono la seriet� degli studi universitari e la congruit� del foro svolgimento, in altre parole !'.interesse generale. L'avere trasferito dal ministro al corpo dei professori il potere di scelta dei membri della commissfone di concorso, nel rispetto del principio di maggioranza, ha potuto costituire un progresso verso la realizzazione di quell'ordinata autonomia cui hanno diritto le istituzioni di alta cultura, le universit� e le accademie, in applicazione dell'art. 33, terzo comma, della Costituzione. 3. -Non � viziato di illegittimit� neanche il procedimento di formazione delle terne, come invece ritiene il Consiglio di Stato. Esso ha sempre giudicato �che il concorso per cattedre universitarie non si presta alla .preventiva determinazione di criteri di massima che autolimitino la discrezionalit� della commissione; ed � razionale infatti ritenere che la personalit� e l'opera scientifica di un candidato rifiutino ogni qmtlificazione paradigmatica, e che la comparazione, ne�i 1038 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concorsi a cattedre universitarie, debba avvenire soltanto raffrontando il merito intrinseco dell'attivit� svolta dai candidati, attraverso una .valutazione che non pu� attingere a regole fisse, data la variet� delle qualit� personali dei singoli candidati. Il buon andamento dell'amministrazione universitaria esige che sia valutata l'opera scientifica del candidato ad una cattedra per quella che �, e non � prevedibile a priori quale essa possa essere, cos� da predisporre criteri ai quali raffrontarla. Non si d� causa, cos� opinando, a disparit� di trattamento: il principio costituzionale di uguaglianza vuole anzi che nei concorsi a cattedre universitarie appaiano nella loro interezza i caratteri personali dei candidati cos� da far luogo a quel giudizio di preferenza che ottempera alla regola di uguaglianza. La quale esige, come tante volte la Corte ha deciso, la .differenziazione di situazioni non omogenee. 4. -La giurisprudenza non favorisce l'arbitrio quando intende la norma impugnata nel senso che essa non impone alla commissione giudicatrice dei concorsi universitari di autolimitarsi mediante la predeterminazione dei .princ�pi direttivi. Il giudizio su ciascun candidato deve essere motivato anche in comparazione con U giudizfo espresso per gli altri;� e questa motivazione, dovendo dare prevalenza a valutazioni tecniche, ovviamente rende possibile il controllo giurisdizionale dell'attivit� svolta dalla commissione: lo scrupolo con il quale il Consiglio di Stato ha sempre esercitato la sua funzione assicura in tale controllo l'opportuno rigore. Non � la categoria dei docenti �che, attraverso i commissari, giudica i titoli dei candidati, ma � un organo dello Stato che esprime un giudizio in piena imparzialit� e nella considerazione di quegli elementi che siano idonei a formare un giudizio sulle attitudini scientifiche e didattiche di colui che aspira ad insegnare nelle universit�; ed inoltre, nell'osservanza del principio di uguaglianza, .che non risulta leso se il giudizio differenziato sui concorrenti viene espresso con riguardo a dati di diversit� fra le qualit� di ciascuno, congruamente e razionalmente individuate �con motivazione che non riveli eccessi di potere. La commissione deve operar�e con imparzialit� anche verso coloro che non hanno seguito l'attivit� .scientifica dei commissari e non ne adottino le opinioni; cosicch� non sorge il pericolo paventato dal Consiglio di Stato, che cio� il ,concorso alle cattedre universitarie si risolva, secondo il sistema vi�gente, in una cooptazione che favorisce coloro che sono stati vicini ai commissari o sono portatori della loro idea scientifica. 5. -Non sono lese neanche le regole della libert� dell'insegnamento e della destinazione della scuola a vantaggio di tutti, la cui os' l.ii .m: k PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1039 servanza � garantita dal fatto, gi� rilevato, che la commissione deve operare imparzialmente anche verso coloro che non appartengono alla scuola scientifica alla quale dirigono le loro preferenze i suoi componenti, e che essa non deve giudicare il concorrente a seconda che questi si sia o non si sia adeguato ai loro insegnamenti. Tutte le considerazioni esposte si possono estendere alle altre questioni, che perci� sono anche esse non fondate. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 149 -Pres. e Rel. Chiarelli- Fabijanovic (n.c.). Procedimento penale -Difesa di ufficio -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., artt. 3, 35, 36; c.p.p., ratt. 128, 131). Procedimento penale -Diritti del difensore ad estrarre copia degli atti -Pagamenti diritti di cancelleria -Illegittimit� costituzio nale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24, 38, 53; 1. 14 marzo 1968, n. 157, tab. D, punto 13 lett. a, b). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza ed a quello della giusta retribuzione, la questione di legittimit� costit~zionale dell'istituto della difesa di ufficio, previsto negli artt. 128 e 131 del codice di procedura penale (1). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, a quello di difesa, ed a quello deUa ripartizione degli oneri sociali sulla collettivit�, la questione di legittimit� costituzionale delle norme che prevedono il pagamento dei diritti di cancelleria per il rilascio di copie degli atti processuali penali (2). (Omissis). -1. -L'ordinanza ripropone la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 128 e 131 del codice di procedura penale, gi� decisa da questa Corte, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, nella !!entenza n. 114 del 1964 (ricordata nella stessa ordinanza). Prospetta inoltre un nuovo profilo della questione, in relazione alla legge 14 marzo 1968, n. 157 Tab. D, punto 13, lett. a) e b), e con riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma; 24, primo secondo e terzo comma; 38 e 53 della Costituzione. 2. -In ordine alla prima censura, l'ordinanza ritiene che l'istituto della difesa d'ufficio, che, cos� come oggi opera, � gratuita per gli indi( 1-2) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 29 ottobre 1970 dal prt'etore di Trieste (Gazzetta Ufficiai.e n. 49 del 24 febbraio 1971). Per precedenti dottrinali e giurisprudenziali, cfr. Foro it., 1972, I, 3001. 1040 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO genti e quasi sempre rende difficile il recupero delle competenze del difensore negli altri casi, lede il principio di parit� dei �cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.) e quello del diritto alla retribuzione (artt. 35 e 36 Cost.). Ma gi� nella citata sentenza n. 114 del 1964 questa Corte ha rile vato, per quanto attiene al gratuito patrocinio, che la tutela del lavoro non esclude � che, in bas�e alla legge, possano essere imposte presta zioni gratuite, per ragioni di interesse generale, a norma dell'art. 23 della Costituzione �, ed ha affermato che l'obbligo deg.li esercenti la .prof.essione forense di assumere gratuitamente la difesa dei non ab bienti, trovando la sua ragione nell'internsse pubblico di fornire l'assi stenza giudiziaria a questi ultimi ed avendo carattere saltuario cos� da non alterare la disciplina economica della professione, non contrasta con i princ�pi costituzionali di eguaglianza dei cittadini e di tutela del lavoro. Per quanto concerne, poi, l'obbligo pi� generale dei professionisti forensi di assumere, con il rischio patrimoniale di non essere retribuiti, la dfesa di ufficio anche dei cittadini abbienti (che sono tenuti, in base all'art. 4 disp. att. del codice di procedura penale, a corrispondere l'onorario al difensore), questa Corte, .con decisione n. 97 del 1970, ha ritenuto che, essendo la difesa dell'imputato, con o senza retribuzione, di interesse pubblico, in quanto attinente alla validit� del giudizio, pu� senz'altro essere imposta a norma dell'art. 23 della Costituzione, senza che ci� comporti, dato il suo carattere occasionale, violazione del l'art. 36. L'ordinanza di rinvio non contiene argomenti tali da potere indurre questa Corte a mutare opinione, n� ha rilevanza, ai fini del giudizio di costituzionalit�, la constatazione, con cui la stessa ordinanza giustifica la riproduzione della questione, che il legislatore non abbia ancora accolta il suggerimento, contenuto, de lege ferenda, nella sentenza n. 114 del 1964, di creare un sistema d'ufficio. Se, infatti, sussistono tuttora le ragioni per cui � auspicabile una rielaborazione legislativa della materia, il fatto che ad essa non sia stato ancora .provveduto non modifica i termini della gi� esaminata questione di legittimit� costituzionale. 3. -Sotto l'altro pro.filo, ora per la prima volta proposto, l'illegittimit� costituzionale delle norme impugnate deriverebbe dall'obbligo del . difensore d'ufficio di corrispondere i cosiddetti � diritti di cancelleria �, previsti dalla legge n. 157 del 1968, per il rilascio delle copie di atti processuali necessari alla difesa. Ci� importerebbe una violazione del principio della rispondenza del concorso alle spese pubbliche in ragione della capacit� contributiva, di cui all'art. 53 della Costituzione; del principio, che deriverebbe dall'art. 38. Cost., secondo cui gli oneri di PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1041 assistenza sociale sono a carico di tutta la collettivit� delle dette copie ostacolerebbe una serie ed efficace attivit� difensiva; del principio di eguaglianza, in quanto il cittadino meno fortunato si troverebbe in condizione di dover rinunciare a una completa difesa, ove non possa pagare quel tributo. Ma le censure cos� dedotte non hanno fondamento. La legge attribuisce al difensore la facolt� di prendere v1s10ne degli atti processuali depositati e di estrarne copia (articoli 201, 304 quate1�, 320, 372, 407, n. 4, 410, 533 c.p.p.). La possibilit�, offerta al difensore, di .chiederne copia alla canc�elleria � un mezzo per agevolare la sua opera, e il versamento dei � �diritti di cancelleria � � il corrispettivo di un servizio �che il difensore pu� utilizzare, ove lo ritenga opportuno, secondo le sue libere valutazioni. Resta quindi �escluso il raffronto delle norme impugnate, sia con l'art. 53 della Costituzione, di cui, del resto, la Corte ha gi� ritenuto la non applicabilit� agli oneri processuali (sentenze n. 30 del 1964 e n. 23 del 1968), che con l'art. 38 della Costituzione, il quale, d'altra parte, non esclude che oneri di assistenza sociale possono �essere posti a carico di determinate categorie e dei loro appartenenti. Del pari infondato � il denunciato contraisto col diritto di difesa e con il principio di eguaglianza. La ricordata facolt� del difensore di prendere visione, direttamente o a mezzo di persona di fiducia, degli atti depositati consente di adempiere al mandato con seriet� e costanza. I vantaggi che indubbiamente offre, per il professionista, la disponibilit� nello studio degli atti processuali non vanno confusi con l'impossibilit� di adempiere all'obbligo �e all'onere di preparare una adeguata difesa ove non sia fornita dall'uffido giudiziario copia degli atti. � da escluder�e, di conseguenza, che la previsione dei � diritti di cancelleria � per il rilascio di tali copie dia luo�go a una disparit� di trattamento nell'esercizio del diritto di difesa. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 154 -Pres. Chiar�elli - Rel. Bonifacio -Ippolito ed altri (avv. Nicol�, Sangiorgi, Vecchio, Aula) e Presidente Regione Siciliana (avv. Villari). Sicilia -Legge regionale di applicazione della legge statale sulle en fiteusi -Disciplina dei rapporti privati -Competenza preclusa alle Regioni -Illegittimit� costituzionale. (St. Reg. Sic., art. 14, lett. a; I. reg. 2 luglio 1969, n. 20; I. 22 luglio 1966, n. 607). n diritto privato costituisce una materia a s� stante, non compresa, neanche teleologicamente ed eccezionalmente, neile varie materie che Statuti e Costituzione, in vari gradi e con vari limiti, attri 1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO buiscono alle potest� regionali: pe,rtanto � costituzionalmente illegit1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO buiscono alle potest� regionali: pe,rtanto � costituzionalmente illegittima la legge regionale siciliana 2 luglio 1969, n. 20 relativa all'appli cazione in Sicilia della legge nazionale 22 luglio 1966, n. 607, in materici di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue� (1). (Omissis). -5. -Secondo l'ordine logico nel quale le attuali questioni vanno collocate, occorre anzitutto decidere se la competenza della Regione siciliana in materia di agricoltura (art. 14, lett. a St.) giustifichi una legge, quale � quella in esame, che in quasi tutte le sue disposizioni disciplina rapporti intersoggettivi di indubbia natura privatistica. La Corte ricorda �che la sua costante giurisprudenza ha affermato, in via di principio, che la regolamentazione di siffatti rapporti appartiene alla competenza istituzionale dello Stato, giacch� ad essa sottostanno esigenze di unit� e di eguaglianza che possono essere salvaguardate solo se esclusivamente all'ente esponenziale dell'intera collettivit� nazionale � riconosciuto il poter:e di emanare norme in proposito: e tale affermazione � stata fatta e ribadita anche in riferimento allo Statuto siciliano, ancorch� questo soltanto in tema di industria e commercio (art. 14, lett. d) esplicitamente escluda la disciplina dei rapporti privati. Vero �, peraltro, che �con numerose pronunzie, pur ribadendosi la piena validit� di quel principio, era stato in passato riconosciuto che le Regioni, in presenza di eccezionali situazioni locali ed in vista (1) La questione era stata sollevata in via incidentale da varie ordinanze di Tribunali e Pretori della Sicilia. Bench� si tratti di giudizio cui non ha partecipato l'Avvocatura dello Stato, � da segnala1re l'estrema importanza di questa sentenza, la quale costituisce l'espressione del pi� chiaro orientamento della Corte sul problema generale_della competenza normativa sui rapporti di diritto privato. La sentenza ha tenuto a precisare che i principi in essa espressi trovano applicazione nei confronti di tutte le Regioni, che il diritto pirivato costituisce una materia a s� stante, non 'ricollegabile, neanche in via finalistica, alle competenze regionali; che tale principio non 'subisce eccezione -�come pure in qualche passata decisione era stato affermato - neanche per far fronte a situazioni particolari e contingenti, dovendo anche in tali evenienze provvedere lo Stato, mentre alle Regioni resta lo strumento giuridico dell'iniziativa (e, ovviamente, quelli pi� propriamente politici). Una sentenza, quindi, dichiaratamente didascalica, per i nuovi centri di produzione legislativa regionale, ed un passo in avanti sulla via della certezza del diritto nei rapporti Stato-Regioni. Per lepre.cedenti sentenze richiamate nel testo, cfr. Corte Cost., 1� marzo 1972, n. 35 in questa Rassegrlia, I, 175; Corte Cost. 28 luglio 1959, n. 50, in Foro it., 1959, I, 1249. ;.:. M.S. i::: -m r.:: I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1043 della soddisfazione di pubblici interessi inerenti alle materie di loro competenza, potessero legiferare in tema di diritto privato purch� con norme temporanee ed in armonia con i criteri informatori della legislazione statale. La Corte ritiene ora di dover riesaminare il problema del fondamento costituzionale di siffatta competenza, eccezionale e derogatoria rispetto al principio generale innanzi ricordato, e ci� anche alla luce dell'intervenuta realizzazione dell'intero ordinamento regionale, della nuova e pi� vasta problematica alla quale questo ha dato vita e della avvertita esigenza di una demarcazione quanto pi� possibile chiara �ed inequivoca fra competenze statali e competenze regionali. In quest'ordine d'idee � da rilevare anzitutto che per il tema qui in esame non sussistono motivi che possano consentire una discriminazione fra He.gioni a statuto speciale e Regioni ordinarie (salvo, per le prime, il caso -quale quello esaminato e deciso con la sent. n. 35 del 1972 -dell'esistenza di puntuali norme statutarie, attributive di specifiche competenze): sicch� occorrerebbe ammettere che tutte le Regioni, nel!~ materie ad esse assegnate, abbiano potest� di legiferare, in presenza di situazioni eccezionali e sia pur nei limiti innanzi ricordati, su rapporti privatistici. Ma di fronte al generalizzarsi di questo tipo di competenza, all'indubbia difficolt� di esevcizio del sindacato giurisdizionale sulla effettiva sussistenza di eccezionali situazioni locali, all'estrema �elasticit� del limite della temporaneit�, con l'inevitabile conseguenza che ciascuna Regione potrebbe dettare un regime differenziato (giacch� la diversit� dei fatti sociali regionalmente localizzati sar�ebbe, ad un tempo, giustificazione della potest� legislativa e della variet� delle singole discipline), di fronte a tutto ci� � lecito immaginare che la competenza dello Stato a legiferare in tema di diritto privato inevitabilmente finivebbe col trasformarsi in competenza a porre solo principi fondamentali, mentre per converso la competenza regionale, da eccezionale e temporaneamente derogatoria, tenderebbe ad istituzionalizzarsi in un tipo di competenza concorrente. E con ci� si rinnegherebbe il principio secondo il quale allo Stato e solo ad esso spetta la legislazione privatistica; principio che tradotto in termini �diversi significa, e non pu� significare che il diritto privato costituisce una materia a s� stante e non compresa, quindi, nelle varie materie che Statuti e Costituzione in vari gradi e con vari limiti attribuiscono alle potest� regionali. Le considerazioni fin qui esposte inducono la Corte a portare alle sue logiche e coeventi conseguenze la premessa dell'�esclusiva appar tenenza allo Stato della potest� legislativa di diritto privato ed a riconoscere che risulta con essa inconciliabile una sia pur settoriale ed eccezionale competen.za regionale. Tale inconciliabilit� deriva dai principi che presiedono alla distinzione fra la sfera di attribuzioni 1044 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO statali e la sfera di attribuzioni regionali e dalla inderogabilit� delle competenze costituzionali. Sul 'Primo punto giova ricordare che la g.iurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato -e di recente ha sostanzialmente ribadito nelle pronuncie concernenti alcuni decreti delegati di trasferimento di funzioni alle Regioni ordinarie che, una volta individuato con criteri obiettivi il contenuto delle singole materie assegnate alle Regioni, la connessione teleologica con la cura degli interessi pubblicistici ad esse inerenti non giustifica un ampliamento della competenza fino a c�mprendervi materie o settori obiettivamente diversi: ed il ,diritto privato, come si � detto, � materia ben definita e non gi� coacervo di materie che possano essere distinte secondo la varia natura dei rapporti disciplinati e, legislativa vuol mediatamente soddisfare. Sul secondo punto, una attenta considerazione del vigente sistema .costituzionale induce alla sicura conclusione che, in difetto di puntuali disposizioni costituzionali che lo consentano (quale � quella dell'art. 76, ,secondo comma, Cost.), l'eccezionalit� delle situazioni non giustifica il radicarsi di competenz.e extra ordinem o il trasferimento di competenze da un sog,getto ad altro soggetto: il che, se � vero a proposito di riipartizione di attribuzioni fra organi dello stesso ente (come la Corte afferm� con sent. n. 50 del 1959), a fortiori vale quando le sfere di competenza costituzionalmente definite facciano capo ad enti ,diversi, quali sono lo Stato e le Regioni. � ovvio �che pervenendosi a queste conclusioni -imposte, giova ripeterlo, dal rispetto di fondamentali principi -non si preclude la possibilit� di far fronte ad eccezionali situazioni locali. Se a questo scopo non ,sono sufficienti interventi �di tipo pubblicistico (per i quali le Regioni, nelle materie ad esse assegnate, dispongono �di adeguati poteri) e se sono necessarie misure legislative che incidano su rapporti intersoggettivi privati, ,sar� lo Stato ad adottarle nell'esercizio della sua competenza, giacch� solo allo Stato spetta di valutare, pur nel quadro della fondamentale unit� della disciplina privatistica, la sussistenza di situazioni locali che giustifichino un regime razionalmente diversificato. N� le Regioni sono costrette ad un ruolo meramente passivo, disponendo esse di un rilevante potere �di in,iziativa legislativa (cfr. art. 121, secondo comma, Cost. e, per quanto specificatamente riguarda la Sicilia, art. 18 St.) e, quindi, di uno strumento idoneo a .promuovere l'intervento del Parlamento nazionale. 6. -Risultando, per gli esposti motivi, che la Regione siciliana non ha potest� legislativa sui rapporti contemplati e regolati dalla legge 2 luglio 1969, n. 20, questa deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 14, lett. a, dello Statuto. Si deve eccettuare il solo art. 6 che, nel comminare in alcune ipotesi la decadenza del concedente dai benefici previsti dal d.l.P.R. 24 febbraio PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1045 1948, n. 114, assume a presupposto di tale decadenza l'estinzione del rapporto enfiteutico, ma non regola affatto le vicende di questo e contiene, invece, una disposizione chiaramente attinente a materia di diritto pubblico. 7. -La dichiarazione di illegittimit� costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 7 ed 8 della legge denunziata rende superfluo a�ccertare se le disposizioni .concernenti la determinazione della misura dei canoni incorrano nella violazione dell'art. 42, terzo comma, Cost. per aver ridotto il corrispettivo ad un limite massimo che si assume essere del tutto irrisorio. -(Omissis). ( CORTE COSTITUZIONALE, 27 luglio 1972, n. 155 -Pres. Chiarelli - Rel. Rocchetti -Sechi (avv. Sandulli, Pinria), Fanc�ellu (avv. Romagnoli e Di Stefano) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Contratti agrari -Affitto di fondi rustici -Sistema di determinazione dei canoni in base al reddito dominicale -Legittimit� costituzionale -Insufficienza dei criteri di rivalutazione ed inclusione degli affittuari imprenditori -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 42, 44; I. 11 febbraio 1971, n. 11, artt. 1, 3, 4). � costituzionalmente legittimo il sistema introdotto dalla legge �11 febbraio 1971, n. 11 sull'affitto dei fondi rustici, di determinazione del canone, in denaro e con riferimento al reddito dominicale: tuttavia sono costituzionalmente illegittime le disposizioni della legge che fissano tra 12 e 25 (o eccezionalmente 36) i coefficienti di moltiplicazione di tale reddito dominicale, che non prevedono una periodica rivalutazione pe1� il canone in denaro, e che applicano il sistema anche a favore degli affittuari imprenditori (1). (Omissis). -2. -Nelle dette ol'dinanze vengono denunciati gli artt. 1, 3 �e 4, comma primo, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, avente per ogetto �nuova disciplina dell'affitto dei fondi rustici�, perch� ri (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Coirte con ordinanze emesse il 17 dicembre 1971 dal Tribunale di Sassari (Gazzetta Ufficiale n. 78 del 22 marzo 1972 e n. 90 del 25 aprile 1972). In Giust. it. 1972, 1841 �Sono riportati alcuni fra i pi� significativi riferimenti. li 1046 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenuti in contrasto con gli artt. 3, comma primo, 42, commi secondo e terzo, e 44 della Costituzione. Secondo il giudice a quo, la legge impugnata, per aver stabilito che il canone debba essere determinato con riferimento al reddito . imponibile del fondo, espresso in catasto con la tariffa formata in base ai prezzi del 1939 (1. 2�9 giugno 1939, n. 976) e aggiornata con coefficientLdi moltiplicazione fissati nel minimo di 15 e nel massimo di 45, violerebbe, tra le altre norme costituzionali richiamate, l'art. 3, comma primo, della Costituzione perch� � mentre si preoccupa di assicurare l'equa remunerazione del fattore della produzione agricola, che � costituito dal lavoro (garantito fin dai principi fondamentali della Costituzione e massimamente degno di tutela), sembra per� ignorare le esigenze della propriet� della terra, frutto anch'essa di lavoro. e di risparmio, protetta da una norma costituzionale specifica nelle forme piccole e media e fonte, non di rado, di un sostentamento essenziale a favore della persona �. Secondo questa prima censura, sarebbe dunque illegittimo comprimere, peraltro in modo� massiccio, il reddito del proprietario concedente. per ampliare corrispondentemente l'utile dell'affittuario. Accantonando per il momento il problema se la riduzione cos� operata sul re<;Idito rispetti o no, per la sua entit�, il diritto del proprietario a conseguire dalla �cosa, anche se utilizzata direttamente da altri, un beneficio, e restringendo l'esame al riUevo concernente lo squilibrio appoil'tato dalla legge nella ripartizione del rendimento della terra, occorre dire che la questione, cos� proposta, � solo parzialmente fondata. Essa non � fondata se ad aver vantaggio della comprensione che la legge esercita sul benefi.cio fondiario sia un affittuario che coltivi direttamente la terra con le forze di lavoro proprie e dei suoi familiari, mentre � invece fondata se di quella comprensione dei diritti dominicali debba lucrave gli utili conseguenti un'affittuario imp:r:-enditore che la terra presa in fitt� faccia lavorare da altri. Ci� perch�, mentre l'affittuario coltivatore gode della situazione privilegiata che gli artt. 35 e �segg. Cost. assicurano alla pos.izione del lavoil'atore, garantendo, tra l'altro, che la sua retribuzione sia in ogni caso sufficiente ad assicurare a lui �e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa, l'affittuario imprenditore ha a sua tutela solo il principio sancito dall'art. 41 Cost. e relativo alla libert� della inizia tiva economica privata. La legge quindi, nel dettare, negli artt. 3 e 4, primo comma, le nuov�e norme sulla formazione del canone con riferimento a tutti gli affittuari, siano essi �coltivatori diretti, come imprenditori non colti vatori, viola l'art. 3, comma primo, della Costituzione che, nel sancire, tra. i principi fondamentali, l'eguaglianza fra i cittadini, 1postula, come PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1047 � stato sempre ritenuto da questa Corte, che a situazioni differenziate f tra loro non possa .pJ;"aticarsi idenUco trattamento. Con ci�, ed in riferimento al caso specifico, non vuol dirsi che la determinazione del �canone tra il proprietario concedente e l'affittuario imprenditore debba lasciarsi affidata alle sole, regole dell'economia di mercato. Ma vuol 1dirsi soltanto che tra due forme di attivit� economiche, pi� o meno equivalenti sul piano della tutela costituzionale (per,ch� entrambe fruenti di garanzie g1eneriche), quali appunto l'esevcizio dei diritti dominicali sulla terra e la gestione dell'impresa che provvede, con favoro altrui, alla cultura �di essa, il pubblico interesse volto ad assicurare risultati vantaggiosi alla comunit�, quali il razionale �sfruttamento del suolo, l'abbondanza della .produzione, il contenimento del prezzo dei prodotti, ecc., deve utilizzare, perch� il canone di affitto sia equo, altr�e forme �di intervento, che 1 trovino la loro estrinsecazione in un'analisi pi� approfondita dei dati economici del fenomeno produttivo ,e non possano limitarsi alla semplice massiccia �compressione del beneficio fondiario come mezzo per devolvere l'ampio margine di differenza all'impresa, a copertura delle spese di produzione e alla formazione del profilo. 3. -Le ordinanze deducono poi che� il sistema introdotto dalla legge, di determina~e il �canone assumendo a 1parametro il reddito imponibile risultante dal catasto, la cui ultima revisione rimonta al 1939, � si presenta ictu oculi, ove appena si consideri i rivolgimenti politici, sociali �ed economici degli utimi trent'anni, e la svalutazione monetaria in questo tempo intervenuta, tanto falso e anacron1stico che vorrebbe dirsi arbitrario �. Il �che, sempre secondo le ovdinanze, produrrebbe anche gravi squilibri tra le varie zone agricole del Paese, perch� � l'ancoraggio al reddito dominicale del 1939, nelle regioni che fin da allora avevano conseguito un alto grado di sviluppo e di produzione agricola, non produce effetti cos� iniqui, e ,cos� stridenti con la realt�, come in queste altre regioni � (Italia meridionale e insulare) � in cui il progresso � �cominciato da poco �. La censura investe gli artt. 3 e 4, primo comma, della legge e il riferimento � all'art. 3, primo comma, della Costituzione. La questione non sembra fondata. Per quanto, in linea di massima,_ gli anzidetti argomenti non possano dirsi .privi di consistenza, tuttavia essi aipp�iono di scarso rilievo se si considera che il legislatore, nella sua discrezionalit�, intendeva non instaurare, con quegli accorgimenti che sd esa�Inineranno tra poco, un metodo �di determinazione del canone che abbia il carattere .preminente della precisione (impossibile, per altro, a conseguirsi con .qualsiasi procedimento di valutazione), ma adoperare un mezzo che serva solo a fissarne i valori in maniera pi� o meno pros RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sima alla realt�, mediante un sistema semplice e ispirato a un automatismo volto a contenere le contestazioni cui aveva dato luogo la normativa prec�edente. Ma tale scopo che il legislatore si � proposto non varrebbe a salvare il sistema dalla censura di irrazionalit� se nel contempo non si / fosse dato cura, con quegli accorgimenti di cui � fatto cenno, di rendere meno distanti dalla realt� attuale i dati catastali che si riferiscono al lontano anno dell'ultima revisione. Per �conseguire tale ac�costamento dei vecchi dati alla odierna realt� economica, la legge dispone (art. 3) che, qualora la qualit� e classe. dei terreni componenti il fondo risultassero mutati si possa chiedere la revisione e il nuovo classamento; e �dispone altres� che, nei ca.si di migliore introdotte (si intende fra il 1939 e l'entrata in vigore della legg�e) dal proprietario del fondo, e che non giustifichino una modifica della qualit� e classe (costituzione di edifici ed altri manufatti, ecc. non tassati in catasto), le Commissioni tecniche provinciali possono stabilire criteri e misure di aumento del canone. Ottenuto cos� un certo aggiornamento della consistenza dei dati catastali, il legislatore, tenuto conto che le relative valutazioni, anche in caso �di revi�sione di qualit� e classe, sono espresse in moneta del 1939, ha cercato �di effettuare una dvalutazione di quei dati sul piano dei valori monetari, mediante coeffi.cienti di moltiplicazione fissati � entro il minimo di 12 e il massimo di 45 e stabiliti in 36 nel caso di cui al sesto comma dell'art. 3. Tuttavia tali coefficienti, per quanto si dir� in seguito, risultano inadeguati. Ma, a questo punto, il discorso sulla util:izzazione in astratto dei dati �catastali, ai fini della determinazione del canone pu� concludersi in senso positivo, stante che non mancano, come si � visto, nella legge, procedimenti che tendano ad aggiornare dati e valori e, se non pervengono a risultati accettabili, non � detto che, con opportune modifiche, non possano conseguire l'effetto. Per gli stessi motivi non � fondato il rilievo che eccepisce la violazione dell'art. 3, .primo comma, della Costituzione per l'applicazione delle stesse norme denunciate alle zone agrarie del territorio nazionale, senza tener conto del loro vario grado �di sviluppo. 4. -Si lamenta poi nelle ordinanze di rimessione che il � pretendere di accertare il reddito dominicale secondo la stima di prima della guerra, significa creare una finzione che pu� so�o condurre, qualunque coefficiente molt�plicatorio voglia congetturarsi, a un canone legale incongruo, elusivo nella sostanza della garanzia costituzionale, che esige un indennizzo sedo, anche se non completo, del diritto colpito, e che ha da essere lealmente rispettato �. Dal che deriverebbe la violazione dell'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione. b ~?~ ~~~~ I'~ , , 00 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1049 L'assunto dell'ordinanza, secondo il quale, qualsiasi coefficiente si adottasse, si giungerebbe sempre a un canone incongruo, va precisato nel senso che quelli stabiliti dalla legge sono insuftkienti e conducono alla formazione di un canone inaccettabile per la sua distanza dai valori reali. Quei coefficienti hanno infatti lo scopo di aggiornare i valori monetari per eliminare o ridurre gli effetti della svalutazione, e ragione della loro determinazione fra un .o minimo ed� un massimo � quella di fornire un dato variabile che meglio si adatti alla molteplicit� dei casi cui deve aderire, e che � differenziata in rapporto alle modificazioni intervenute nel tempo nella formazione dei prezzi dei prodotti, soprattutto a seguito dei mutamenti tecnologici nella cultura della terra. Ora, la assoluta inadeguatezza dei coefficienti stabiliti dalla legge risulta innanzi tutto dal loro confronto con l'entit� della svalutazione monetaria che, rispetto al 1939, ha, secondo i dati lstat, superato la quota 100. Ma, in modo che appare anche pi� evidente, risulta dall'ammontare del carico fiscale che, per il solo complesso dei tributi strettamente gravanti sul reddito dominicale dei terreni, ha superato la cifra di lire 1.400 per ogni 100 lire accertate in catasto a seguito della revisione del 1939. Ove si aggiungano a quei tributi gli altri connessi, come nmposta complementare e quella di famiglia, si vedr�: che una larga fascia di canoni, ottenuta con coefficienti di rivalu-� fazione anche superiori al minimo di 12, resta assorbita dalle imposte e che il beneficio fondiario ne risulti annullato. La constatazione resta confermata e non eliminata dal successivo intervento legislativo (1. 4 agosto 1971, n. 592) che ha esentato dal pagamento delle imposte e sovrimposte sui terreni .quei proprietari di fondi concessi in affitto il cui reddito dominicale complessivo non superi le lire 8.000 e l'imponibile in complementare non super.i lire 1.800.000. Ci� perch� tale intervento, se ha sollevato i minori e i minimi proprietari, non ha modificato la situazione rispetto a tutti gli altri, le cui condizioni economiche meno disagiate, o anche addirittura floride, non autorizzano a privarli di quanto � loro dovuto entro i limiti segnati dalla tutela costituzionale loro spettante. A conferma della assoluta inadeguatezza dei coefficienti fissati tra 12 e 45 stanno, tra l'altro, .altri elementi deducibili da uno studio proveniente dall'Amministrazione del Catasto e pubblicato in calce alle relazioni parlamentari sulla legge in esame. Trattasi1 del � promemoria dell'Amministrazione del Castasto in data 18 giugno 1969 ., in cui si rende noto che, nel primo scorcio degli anni sessanta, in vista di una allora progettata e poi non attuata revisione generale degli estimi catastali, si effettu�, operando, col metodo del campione, su 300 Comuni sparsi in quasi tutte le provincie del territorio nazionale e 1050 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO su oltre ventimila aziende, la determinazione dei redditi catastali con riferimento alla consistenza e ai valori monetari del triennio 19581960. I risultati ottenuti portarono alla conclusione che, rispetto ai dati catastali del 1939, i nuovi si attestavano fra le 25 e le 70 volte quelli anteriori. Pertando da questi dati, e, con un calcolo assai semplice ma indicativo, applicando ad essi i coefficienti di ulteriore svalutazione della lira 1971 rispetto a quella del 1960, che � di 1,5365 (Istat, costa vita) si ha che ora essi dovrebbero raggiungere i valori di 38� nel minimo e di 105 nel massimo. La minima misura dei coefficienti, che la legge fissa in cifre tanto lontane da queste, non � giustificata sul ptano economico e quindi neppure su quello giuridico-costituzionale. Dalla assoluta inadeguatezza dei coefficienti consegue infatti una misura del canone tanto esigua da rendere lo stesso privo di ogni valore ~appresentativo del reddito �che la terra deve pur fornire al proprietario ai sensi delle norme della Costituzione. Al riguardo, le ordinanze richiamano l'art. 42 nei suoi commi secondo e ierzo �e l'art. 44. Ora, ai sensi del secondo comma dell'art. 42, la propriet� � riconosciuta e garantita dalla legge la quale, per l'art. 44, primo comma, aiuta la piccola e media propriet�. Entrambi gli articoli indicano poi numerosi limiti che la legge pu� imporre �alla propriet� allo scopo di assicurarne la funzione sociale, conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali. Ma � ovvio �che tali limiti, se possono comprimere le facolt� che formano la sostanza del diritto di propriet�, non possono mai pervenire ad annullarle. Del che fornisce riprova il disposto del terzo comma dello stesso art. 42 il quale, nel sancire che la propriet� privata pu� essere espropriata per motivi di interesse generale, fa salvo in tal caso per il proprietario il diritto alla corresponsione di un indennizzo. La propriet� non pup quindi cedere del tutto, e cio� scomparire, senza che il proprietario ne r.iceva un corrispettivo, e quindi un utile. persino quando il pubblico interesse ne richieda il sacrificio, perch� anche in tal caso � dovuta la �corresponsione di un indennizzo (nei limiti che la pubblica amministrazione � in grado di corrispon dere in rapporto all'interesse che persegue), ma che, come ques~a Corte ha pi� volte affermato, non sia n� simbolico n� irrisorio. Ora, la legge impugnata, rendendo, specie a ragione della insuf ficienza dei suoi coefficienti di rivalutazione, a volte addirittura one rosa la propriet� della terra, ed a volte determinandone il reddito in misura irrisoria, viola gli artt. 42, secondo comma, e 44, primo comma, della Costituzione perch� incide fortemente, fino ad annullarlo, su di un diritto riconosciuto e garantito, e talvolta addirittura oggetto di una, specifica tutela. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1051 Le ordinanze denunciano poi, in rapporto alla stessa fattispecie, anche la violazione del comma terzo dell'art. 42 .circa la mancanza di un indennizzo in quella che viene prospettata come una sostanziale espropriazione, attuata mediante la compressione dei diritti dominicali. Poich�, per�, alla dichiarazione di illegittimit� delle norme della legge impugnata si perviene di gi� con riferimento al secondo comma dello stesso articolo, questa ulteriore questione va dichiarata assorbita. 5. -Le ordinanze :denunciano infine � l'art. 1 della legge, in rapporto anche all'art. 3, secondo comma, in cui il canone � determinato in danaro, e per un tempo lungo � perch� � allarga ancora la divergenza tra diritto e indennit�, a causa della continua svalutazione monetaria e dell'inverso movimento di ascesa dei prodotti agricoli �. Anche qui il r:iferimento � all'art. 42, secondo comma, della . I Costituzione. La questione � fondata. � innanzi tutto da premetter�e che, per l'art. 17 della legge, la durata del �Contratto di affitto per l'affittuario imprenditore � di anni 15, ma quella durata pu� essere, a richiesta dell'affittuario, e per effetto dell'art. 1, terzo comma, della richiamata legg�e 22 luglio 1966, n. 606, aumentata di altr:i 3 anni e, inoltre, pu� ancora essere, a mezzo di sua iniziativa concretantesi nella esecuzione lii sue spese di miglioramenti, accresciuta di almeno altri 12 anni; laddove l'affitto a coltivatore diretto non ha alcuna scadenza (art. 14 I. 15 settembre 1964, n. 756). In sostanza, il contratto, sol che l'affittuario lo voglia, ha una durata superiore in complesso ai trenta anni, quando non ne ha una illimitata, come per l'affittuario coltivatore. Di fronte a una simile lunga o indefinita durata del rapporto, il disposto dell'art. 1 della legge impugnata, stabilendo che � nell'affitto di fondo rustico il canone � determinato e corrisposto in danaro� introduce un nuovo strumento di ric;Iuzione �del canone, la cui azione � prevedibile come certa se si pensa che la svalutazione monetaria, almeno nei limiti di quella cos� detta strisciante, � considerata fenomeno naturale e, in certo senso, necessario, dell'economia dei paesi moderni. Ora, se la corresponsione del canone in danaro costituisce una innovazione che trova ragione nel nuovo sistema di sua formazione ottenuta con riferimento al reddito catastale, che � appunto espresso in danaro, nessuna ragione pu� trovare la soppressione di ogni forma di ragguaglio al prezzo, di determinati prodotti che era antica regola sancita anche, da ultimo, nell'art. 1 della legge 12 giugno 1962, n. 567; come nulla pu� giustificare la mancata introduzione di qualsiasi altra forma di aggiornamento monetario. N� alcun ausilio pu� fornire a tal fine la periodicit� della determinazione della tabella dei canoni di equo fitto che, per l'art. 3 della legge, la Commissione tecnica provinciale � tenuta ad elaborare ogni 1052 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quattro anni, perch�, nel compimento di tale operazione, essa � tenuta a restare entro i limiti dei coefficienti minimi e massimi stabiliti dalla legge. Mentre � ovvio che, determinata che sia la tabella e stabilito poi (art. 4) il canone entro quei limiti, il suo ammontare, s,e si� ammette che un aggiornamento monetario sia necessario, deve essere indipendente dai limiti stessi, potendo anche, ove il calcolo lo comporti, superarli. Pertanto, la mancata previsione di un qualche strumento di rivalutazione del canone, in ordine alla svalutazione, rappresenta una grave carenza della legge, che appare ancor pi� evidente ove si tenga presente che, nella disciplina generale della formazfone dei prezzi imposti, introdotta dal d.l.lgt. 19 ottobre 1944, n. 347, istitutivo del Co mitato interministeriale prezzi e norme successive, la revisione di essi al variare dei presupposti � ritenuta connaturale al sistema, mentre la legge 18 dicembre 1970, n. 1138, contenente nuove no�rme in materia di .enfiteusi, ha stabilito all'art. 6, per quanto �concerne le enfiteusi urbane, che � il canone... pu� essere in ogni caso rivalutato a richiesta della parte interessata, in misura proporzionale al mutato potere di acquisto della lira quale risulta dalle statistiche dell'Istituto Centrale di Statistica ". In un caso del genere, in �cui, in tema di espropriazione per pubblica utilit�, la legge 167 del 1962 stabiliva che i prezzi dei beni espropriandi nel previsto corso di 10 anni dovevano esseTe determinati con riferimento a quelli vigenti nei due anni anteriori alla entrata in vigore della legge stessa, la Corte, nella sentenza n. 22 del 1965 riteneva la illegittimit� della �disposizione, in quanto essa poneva in essere, nei confronti dei proprietari ,compresi nei piani, una situazione di incertezza o di alea, stante la � possibilit� che, nell'intervallo fra l'adozione dei piani e la loro attuazione si verifichino eventi perturbatori tali da condurre a una liquidazione dell'indennit� in misura irrisoria o addirittura simbolica �. Onde la Corte concludeva che, con la dichiarazione di illegittimit�, non si intendeva � disconoscere la discrezionalit� del legislatore di riportare la liquidazione dell'indennit� ad una data anteriore a quella dell'espropriazione ., la qual cosa non avrebbe dato luogo a rilievi purch� fossero stati nel contempo dalla legge predisposti � anche i necessari temperamenti, cos� da eliminare la possibilit� che l'indennizzo, con il concorso degli elementi di cui si � fatta menzione, possa perdere consistenza, in modo tale da non assolvere pi� la funzione di garanzia cui si � accennato �. L'analogia del caso � evidente: esproprio con indennizzo retrodatato, canone da pagarsi in futuro a valori nominali costanti, offrono le stesse alee e determinano gli stessi risultati erosivi della consistenza ,., ~,....,,#~ { PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1053 reale di un valore che la svalutazione, prevedibile .come certa, produce nel tempo. Si deve, in 'conclusione, riconoscere che la mancata previsione di una rivalutazione dei canoni in una misura �corrispondente alle eventuali mutazioni del potere di acquisto della lira appare lesiva del diritto del proprietario concedente a conservare invariato nel valore di acquisto il canone autoritativamente determinato. Ed � ovvio che ci� � vero sia che si tratti di canone gi� anteriormente determinato in danaro, sia che si tratti di canone determinato in natura e convertito in danaro per effetto dell'art. 1 della legge. Dal �Che la parziale illegittimit� dell'art. 1 della legge impugnata per violazione dell'art. 42, s.econdo comma, Cost., per le stesse ragioni esposte nei numeri precedenti. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 184 -Pres. Mortati - Rel. De Marco -Presidente Regione Sicilia (avv. Silvestri) c. Presidente Consiglio dei Ministri (n.<:.). Sicilia -Potest� tributaria -Imposta sulle societ� -Esclusione dalla imposta per le imprese armatoriali -Disapplicazione dei relativi decreti regionali -Potere non spettante allo Stato. (St. Reg. Sic;, artt. 17, 20, 36). Non spetta allo Stavo la potest� di disapplicare direttamente i decreti regionali di esenzione dalla imposta sulle societ� riguardanti imprese armatoriali (1). (1) La sentenza si pone sulla scia de1la rpre.cedente sentenza della Corte 28 dticemq:re 1971, n. 207, in questa Rassegna 1971, 1336. In relazdone a ci�, non vi era stata costituzione in giudizfo del Presidente del Consiglio dei Ministri peT contrastare 1:a pretesa deHa Regione. CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1972, n. 186 -Pres. Chiarelli -Rel. Reale -Vicquery ed altri (n.c.), e Presidente Consiglio dei Ministri e Amministrazione Finanze dello Stato (Sost. avv. gen. dello Stato Corona.s). Imposta di registro -Azione giudiziaria avverso le decisioni delle Commissioni -Decorrenza dalla pata di notifica -Scelta esclusiva dell'Amministrazione -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 113; r.d: 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146). � fondata, con riferimento all'esercizio del dfritto di azione contro la P. A., la questione di legittimit� costituzionale dell'a1�t. 146 della 1054 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge di registro (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269) neiza parte in ciii non stabilisce che la notificazione in esso prevista, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, possa ave.r luogo anche ad istanza del contribuente (1). (Omissis). �-3. -L'Avvocatura generale dello Stato assume che la disposizione impugnata non avrebbe altro significato che di limitare la facolt� delle parti, sia pubblica che privata, di adire il giudice ordinario, nel caso in ,cui, a seguito della pubblicazione della decisione della Commissione tributaria (pubblicazione che, ai sensi dell'art. 34 del r.d. 8 lugli~ 1937, n. 1516, si ha per avvenuta con la comunicazione all'ufficio finanziario che ha partecipato alla contestazione dell'accertamento del .tributo), l'ufficio finanziario medesimo abbia proceduto alla notificazione al contribuente della decisione predetta. E ci� in quanto, dalla data della notificazione decorre il termine semestrale di decadenza dell'esercizio della impugnativa dell'ac,certamento tributario, nei casi di grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero di mancanza ed insufficienza della determinazione del valore (art. 29, r.d. 7 agosto 1936, n. 1639). Ma non vi sarebbe pregiudizio per il contribuente quando, a seguito della decisione della Commissione fosse, come nella fattispecie in esame, risultata soccombente l'Amministrazione, perci� unica interessata alla notificazione. L'Avvocatura ammette che il ritardo nel compimento di questo �tto possa in qualche modo incidere sulla aspettativa del privato per la definizione della controv�rsia. Ma osserva che la norma in questione, in quanto attribuisce all'Amministrazione finanziaria �a facolt� di pro cedere alla notifica nel tempo che ritiene conveniente ai fini pubblici, non sarebbe incompatibile con l'art. 113 Cost., il quale non vieterebbe che la tutela giurisdizionale nei confronti dell'Amministrazione pub blica sia assoggettata a modalit� ed oneri preordinati all'interesse generale. Il precetto 'contenuto nell'art. 113 della Costituzione, per cui contro gli atti della pubbl1ca Amministrazione � ammessa sempre la tutela giurisdizionale, proclama, sul riflesso evidente del principio dell'articolo 24, primo comma, l'inviolabilit� del diritto a questa tutela. E, mentre non vieta che la legge ordinaria possa regolare diversamente l'esercizio del diritto alla protezione giurisdizionale, non esige che (1) La questione -era stata sollevata con ordinanze 13 febbraio 1970 del Tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 2 ,settembl'e 1970, n. 222) e 1" dicembre 1971 deHa Corte di Appello di Ca:1tanisetta (Gazzetta Ufficiale 21 giugno 1972, n. 158). Essa � ora superata daihl'art. 38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, recante la revisione del contenzioso tributario. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1055 questa inerisca, con immediatezza, al sorgere del diritto. Ma la determinazione concreta di modalit� ed oneri cui accenna l'Avvocatura non deve, per�, neppur rendere la domanda di giustizia difficile o impossibile (come questa Corte ha affermato con la sentenza n. 47 del 4 giugno 1964), osta,colandone la proponibilit� fino al punto di pregiudicare o addirittura vanificare il �diritto del quale si richiede protezione. E questa evenienza non � estranea alla disciplina dettata dall'art. 146 legge di registro, giacch� �cons�nte che l'Amministrazione finanziaria discrezionalmente e senza limite di tempo (salvo quello stabilito per il maturare della pre�scrizione) possa procrastinare la definitivit� dell'accertamento del tributo di registro, impedendo quella esplicazione della tutela giurisdizionale che � garantita dalla Costituzione. E ci� in quanto solo alla pubblica Amministrazione, con esclusione di ogni iniziativa del contribuente, con la notificazione della decisione della Commissione tributaria, � dato disporre della decorrenza e in sostanza dell'efficacia del termine semestrale di decadenza dall'impugnativa della decisione. Non pu� omettersi di considerare, in ispecie, alla luce della garanzia disposta dall'art. 113 Cost., il pregiudizio che allo stesso contribuente potrebbe derivare in ordine alle prove di cui egli intenda avvalersi davanti al giudice ordinario, al fine di contrastare le pretese del1' Amministrazione finanziaria; prove, di cui il decorso del tempo valga a sminuire <:> eliminare l'efficacia o la pratica deducibilit�. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1972, n. 200 -Pres. Chiarelli -Rel. Verz� -Marino (n.c.) e Amministrazione delle Finanze dello Stato (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposta di registro -Imposta sull�\ sentenze -Riforma della sentenza -Irripetibilit� dell'imposta -Illegittimit� costituzionale. .(Cost., artt. 3, 53; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 12, 14). Sono costituzionalmente illegittime, in relazione ai principi di eguaglianza e di capacit� contributiva, gli artt. 12 e 14 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269 nella parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione dell'imposta proporzionale, l'ipotesi che sia stata rif01�mata la sentenza con la quale si attua il trasferimerito di un diritto (1). , (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 1� lugHo 1971 della Corte di Appello di Messina (Gazzetta Ufficiale 27 ottob!re 1971, n. 273). Essa ha perduto di attua�Lit�, a decorrere dal 1� g.ennaio 1973, a fronte del nuovo testo dell'imposta di r,egistro (art. 35 d.P.R. 26 ottobre 1972, 1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). --3. -La questione � fondata. L'Avvocatura generale dello Stato premette .che l'imposta, quale imposta di atto, � applicabile indipendentemente dal verificarsi o meno dei suoi effetti, e che le sentenze per le quali -per il loro contenuto obbiettivo -deve essere corrisposto tale tributo al momento della registrazione, non possono sottrarsi alla disciplina degli artt. 12 e 14 della legge sul registro, �che fa divieto di restituzione delle tasse pagate, anche nel �caso che esse siano annullate� in sede di gravame. Ed osserva che la questione deve ritenersi infondata perch�, quando nello stesso procedimento vengono pronunziate pi� sentenze, il carko complessivo di imposta rappresenta la somma di tributi relativi ad atti dive�rsi, susseguitisi nel tempo e determinati talvolta anche dal comportamento degli interessati. Conseguentemente, l'art. 53 non potrebbe dirsi violato in quanto la capacit� contributiva, come idoneit� del contribuente a corrispondere la prestazione imposta, deve porsi in relazione non gi� con la concreta capacit� di ciascun contribuente, ma col presupposto al quale la prestazione stessa � collegata e con gli elementi essenziali della obbligazione. 4. -La Corte non pu� condividere siffatte argomentazioni. � esatto che le sentenze pronunciate nei vari gradi di uno stesso processo costituiscono altrettanti atti fra loro distinti; ma, ai fini della imposizione tributaria, � rilevante soltanto quell'unico trasferimento, che, nel susseguirsi delle suddette decisioni, ristilti effettuato dalla sentenza passata in giudicato. Per l'imposta di atto, dovuta per la sentenza traslativa, la proporzionale, bench� pagata nel momento della registrazione della sentenza, ha carattere autonomo ed indipendente in quanto colpisce soltanto il trasferimento. Pertanto, all'atto della registrazione della sentenza, alla tassa fissa giudiziale si aggiunge quella :proporzionale, se ed in quanto sussista il detto trasferimento. Dimostrata la netta distinzione fra i due tributi, appare chiaro che il primo deve essere corrisposto tante volte quante sono le sentenze emesse nelle varie fasi del giudizio, mentre la proporziona! � dovuta soltanto sull'unico trasferimento da tass�'.re. Sotto il profilo costituzionale non ha rilevanza il fatto che il tributo sia corrisposto all'atto della registrazione di una o pm sentenze non ancora passate in giudicato. � rilevante -invece -agli effetti degli artt. 3 e 53 Cost., che le norme impugnate non consentono che la somma versata sia restituita _:_ per intero o proporziona!~ mente -nel caso in cui dalla sentenza passata in cosa giudicata risulti n. 634) che ammette il conguaglio o il rimborso dell'imposta corrisposta sulle sentenze, in ba:se agld eV'enti successivi fino alla formazione della cosa giudicata. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1057 che il trasferimento non esiste -in tutto od in .parte -e quindi sia venuto a mancare, totalmente o parzialmente, l'oggetto della imposizione tributaria. Ed invero, l'art. 12 della legge del registro dispone che le tasse regolarmente .percette non possono essere restituite in caso di riforma, risol.zione, rescissione od anche .per effetto di condizione risolutiva, alla quale l'atto o il tl'asferimento si trovasse vincolato, n� per qualsiasi altro evento ulteriore fuorch� nei �casi previsti dalla legge. E fra le ec�cezioni alla suindicata norma, tassativamente previste dall'art. 14, non � compresa la riforma in sede di gravame della sentenza di primo grado, in base alla quale � stato corrisposto il tributo. Non si tratta di inconvenienti o disarmonie nella disciplina di un determinato tributo, che possono essere valutate in sede di politica legislativa, come ritiene l'Avvocatura dello Stato, ma di una violazione dei principi della capacit� contributiva, che condiziona la misura massima del tributo nel senso che questo non pu� essere mai fissato ad un livello superiore alla capacit� dimostrata dall'atto o dal fatto economico. Ed evtdentemente il pagamento di un tributo indebito, che talvolta pu� superare, attraverso la ripetuta esazione, il valore del bene, oggetto del tra�sferimento e la impo�ssibilit� di rimborso di quanto indebitamente pagato, concretano mia violazione del principio costituzionale, anche in riferimento all'art. 3 Cost. in quanto la discrezionalit� legislativa trova sempre un limite nella ragionevolezza delle statuizioni volte a giustificare la disparit� di trattamento fra cittadini. Rimane assor-bita la questione in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Serz. Un., 14,ottobre 1972, n. 3060 -Pres. Marletta -Rel. Cusani -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Ministero dei LL.PP., Ministero dell'Interno e ANAS (avv. Stato Lancia), contro Chiti e Lenzini (avv.ti Gobbo, Lessona e Marese). Competenza e giurisdizione -Poteri della P. A. in merito a funzioni di prevenzione e di polizia -Discrezionalit� -Insussistenza di diritti soggettivi alla tutela -Difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria. (e.p.e., artt. 37 e 41; e.e., art. 2043). Responsabilit� civile -Configurabilit� di� un obbligo della P. A. per evitare danni cagionati da cosa in custodia -Correlativo diritto soggettivo del danneggiato. (e.e., art. 2051). Il mancato esercizio.da parte della Pubblica Amministrazione di po teri inerenti alle funzioni di prevenzione e di polizia va pur sempre considerato come esplicazione di una pubblica funzione discrezionale, in relazione alla quale l'astratto dovere di pll'ovvedere non si concreta in una obbligazione che vincoli l'Amministrazione stessa nei confronti de gli altri soggetti onde non sussista un diritto soggettivo di questi ad esse re tutelati (uti singuli, anzich� uti cives) dagli effetti dei fenomeni e calamit� naturali (o di comportamenti illeciti dei consociati) mediante misure preventive, che la Pubbtica Amministmzione ha solo un g'enerico dovere di adottare: risulta da ci� chiaro il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulle domande proposte nei confronti delle Amministra zioni dei lavori pubblici e ~ell'interno in rapporto ad un tale generico dovere (1). L'attivit� di vigilanza e di prevenzione di eventi dannosi costituisce �ii contenuto di un vero e proprio obbligo posto a carico di chi ha la (1-2) Sul princ1p10 ineccepibile contenuto nella prima massima cfr. Cass., Sez. Un., 30 maggio 196�6, n. 1417 in Rass. Avv. Stato 196�6, I, �1379 ed tvi 1380 nota 1 nonch� Cass. Sez. Un., 10 giugno 1968, n. 1769 in Rass. Avv. Stato 1968, I, 512 ed ivi 513 nota 1, entrambe richiamate nella sentenza, di cui si tratta. � ~:: t:: ~:: ~-: r:� ~!. i:: f:'. .. �-~: f;. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1059 disponibilit� di una cosa ed a favore degli altri soggetti, la cui posizione soggettiva si configura correlativamente come diritto soggettivo e non gi� come mero intereisse: di qui la giurisdizione del giudice ordinario sulle domande proposte nei confronti C�ell'ANAS in ra.pporto aiza funzione di questa rispetto alla strada pubblica anche in quanto bene demaniale e non solo in q'lfanto otpera posta a d.isposizi.ol)'l,e dei citrtadini per l'uso della viabilit� (2). (Omissis). -Premesso che il 24 febbraio 1968 una collina gravante su pubblica strada era franata distruggendo anzitutto H piano viabile e, poi, la loro propriet� immobiliare e mobiliare a questo sottostante, Chiti Gino ed altri citavano dinanzi al tribunale di Firenze il proprietario della collina, Gianni Giannino, il Ministero dell'Interno, il Ministero dei LL. PP., nonch� l'ANAS per sentirli condannare al risarcimento dei danni. Pronunciandosi sull'eccezione pregiudizialmente sollevata dalle amministrazioni convenute, il Tribunale, con sentenza non definitiva in data 17 maggio 1.969, ha ritenuto la competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria osservando: che l'indagine va effettuata in riferimento al modo di tutela offerto in astratto dall'ordinamento giuridico alla posizione sogget~ iva delle parti, sulla scorta del contenuto sostanziale della domanda attrice con la combinata utilizzazione del petitum e della causa petendi; che nella fattispecie �non si deduce una mera omis.sione sic et simpliciter ma si afferma' una inerzia delle Amministrazioni�, le quali, malgrado �una palese situazione di immanente pericolo.... non hanno adottato i provvedimenti che rientravano nei loro .compiti istituzionali �; che � il cittadino non ha il diritto di esigere che la P. A. operi cos� come le norme di azione impongono alla stessa ma, se l'amministrazione medesima non opera, trascurando di ovviare ad una situazione di immanente pericolo pur rimediabile viola, nel caso in cui il pericolo diventi danno, la norma di cui all'art. 2043 e.e. e, pi� particolarmente in relazione alla fattispecie, la norma di relazione che impone l'obbligo di non sacrificare la ,propriet� altrui�; che alla P. A. non incombono �soltanto doveri pubblicitari �; ma anche, in virt� del citato art. 2043 e.e., � obbligo a contenuto negativo di non operare a danno dei beni primari assoluti � obbligo che pu� essere violato anche mediante�una condotta omissiva. Ricorrono per regolamento di giurisdizione le amministrazioni convenute. Resistono le controparti con controricd'.l's.i illustrati da memoria. Sul principio di cui alla seconda massima va espressa ogni riserva in quanto attiene alla applicabilit� della re�sponsabilit� per danno cagionato da� cosa in custodia con riferimento ad una strada pubblica (cfr. sull'argomento Cass. 18 marzo 1968, n. 882 in Rass. Avv. Stato 1968, I, 731 e in proposito I giudizi di costituzionalit� ed il contenzioso dello Stato negli anni 1965-1970, vol. II, p. 257) sebbene le affermazioni fatte ai fini della giurisdizione non possono pregiudicare la soluzione di ogni altra questione attinente al merito della causa. 1060 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE Le Amministrazioni ricorrenti deducono che � prima di affermare � la colposit� di un comportamento omissivo � necessario esaminarlo in sede causale �e che la mera inerzia pu� essere assunta come causa di un evento soltanto nel concorso della violazione di un obbligo giuridico di impedire l'evento medesimo. Rilevano, poi: a) che l'art. 2043 �c.�c. non implica un generale ed incondizionato dovere di intervenire a protezione dei diritti assoluti dei terzi, ma impone solo di improntar.e a cautela le eventuali azioni; b) che non esisteva altra norma che facesse obbligo nella specie alla P. A. di impedire la frana, posto che, n� rispetto al potere di ordinanza del Sindaco .(che � di limitazione della posizione soggettiva dei privati), n� rispetto ai poteri di polizia sono ipotizzabili diritti soggettivi. Il ricorso, nelle sue.linee essenziali, � fondato. La sentenza del Tribunale � basata su di una nozione erronea -o, quanto meno, confusa dell'omissione e su di una contraddittoria determinazione sia del contenuto dell'obbligo imposto ai consociati dall'articolo 2043 e.e., sia della natura del rapporto tra la P. A. ed i privati in ordine alla funzione di prevenzione di cui la prima � investita. E tali vizi risultano determinanti rispetto alla soluzione adottata in ordine alla giurisdizione. � anzitutto incongrua la contrapposizione tra � mera omissione � da un lato ed �inerzia � dall'altro. E non � affatto chiaro quale sia la nozione di condotta omissiva che si � inteso accogliere quando si � affern: iato che �l'obbligo di non operare � ben pu� essere violato con detto contegno. Sul primo punto deve rilevarsi che -se, come � noto, l'omissione non implica necessariamente un non facere� ma pu� consistere anche in un non face.re quod debetur onde pu� essere sia un contegno di inazione sia un comportamento attivo non corrispondente tuttavia all'attivit� dovuta (aliud agere) -il rapporto tra inerzia ed omissione � di species a genus e non gi� di �contrapposizione. E -quel che � pi� - era proprio perch� alle convenute veniva ascritta una inazione piuttosto che un aliud agere che il problema circa l'esistenza, la fonte e la natura dell'obbligo, avente come contenuto il comportamento contrario a quello posto in essere, assumeva preminente rilevanza con gli inevitabili riflessi sulla �Competenza giurisdizionale. Ed invero -mentre nella omissione concernente singole modalit� dello svolgimento di una attivit�, il nesso causale rispetto ad un evento derivato dalle modificazioni del mondo esterno prodotte da questo � fuori discussione, in quanto trova base sul piano natuvalistico, onde l'indagine � limitata al controllo dell'osservanza delle cautele necessarie (s.iano esse generiche, do� \} suggerite dalla comune esperienza, ovvero tipizzate, cio� normativamente !::: ~=~ f.~j~ ~..,,#'..,,~~' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1061 specificate) -nell'ipotesi di totale ast�nsione da una qualsiasi attivit� � lo stesso rapporto di �causalit� che nel nostro ordinamento (art. 40 c.p.c.) � condizionato all'esistenza di un � obbligo � avente come contenuto l'attivit� necessaria ad impedire l'evento lamentato, si che il giudice �, in definitiva, �Chiamato a tutelare la posizione soggettiva del danneggiato in ordine alla. prestazione di detta attivit� e non soltanto ad accertare un generico connotato di doverosit� sociale dell'azione protettiva. Quanto alla nozione di condotta omissiva, � chiaro che -se, come .si � visto, questa pu� consistere anche in una azione difforme dal comportamento attivo costituente il contenuto di un obbligo (aliud agere) quando si risolve in vera e propria inazione non pu� certo costituire vi~lazione di un �obbligo�, a contenuto negativo, di non operare come, invece, ha ritenuto il Tribunale con riferimento al pripricio del neminem laedere� sancito dall'art. 2043 e.e., posto che la prestazione dovuta dal soggetto passivo di un obbligo di non facere consiste proprio in un contegno negativo, il quale perci� costituisce adempimento giammai violazione di obblighi di tale genere. Totalmente irrazionale, infine, � l'affermazione dell'obbligo della P. A. di �ovviare a situazioni di immanente pericolo .pur rimediabile� basata sulla constatazione che � il cittadino non ha diritto di esigere �che la P. A. operi cosi come le norme di azione impongono alla st(;lssa �. A questo proposito, comunque, � sufficiente richiamarsi al fermo orientamento giurisprudenziale di questa Corte Suprema (ad es. 1417 /66 e 1769/68) nel senso che il mancato esercizio da parte della P. A. dei poteri inerenti alle funzioni di prevenzione e di polizia va pur sempre considerato come esplicazione di una pubblica funzione discrezionale, in relazione alla quale l'astratto dovere di' provvedere non si concreta in una obbligazione che vincoli lAmministrazione nei confronti del privato, si che non sussiste un diritto s�ggettivo di questo ad essere tutelato (uti singulus anzich� uti civis) dagli effetti dei fenomeni e calamit� naturali (o di comportamenti illeciti dei consociati) mediante misure preventive, che la P. A. ha invece solo un dovere generico di adottare. Risulta con ci� chiaro il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario in ordine alle domande proposte nei confronti delle Amministrazioni dei LL.PP. e dcll'Interno cui nella specie in�combeva quel generico dovere, giacch� si � reso evidente che la reale posizione soggettiva dall'ordinamento assegnata agli attori in relazione all'interesse all'intervento protettivo di dette Amministrazioni, fatto valere in sostanza nel presente giudizio, non � configurabile come diritto soggettivo ma � stata erroneamente prospettata come tal~ e non �, quindi, suscettibile di tutela dinanzi all'Autorit� giudiziaria Ordinaria. Diversa � la situazione per ci� che concerne la domanda proposta contro I'A.N.A.S. Invero alla strada pubblica gli attori hanno fatto rife 1062 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rimento anche nel suo aspetto di bene demaniale e non solo in quello di opera pubblica posta a disposizione dei cittadini per l'uso della viabilit�. E deducono pure che i loro beni sono stati distrvtti da immissioni franose che comprendevano non soltanto il terriccio staccatosi dalla sovrastante collina "ina anche il materiale che costituiva il piano viabile, che era rimasto distrutto per primo ed era rovinato sul sottostante fondo assieme alla frana superiore. Sotto questo profilo alla P. A. si addebita la responsabilit� prevista dall'art. 2051 e.e. ed entro questi limiti la giurisdizione del giudice oroinario va riconosciuta, posto che l'attivit� di vigilanza e di prevenzione di eventi dannosi costituisce il contenuto di un vero e proprio obbligo che la norma citata pone a carico di chi ha la disponibilit� di una cosa ed a favore dei consociati e che, correlativamente, la posizione soggettiva di questi ultimi si configura come diritto soggettivo e non gi� come mero interesse. I resistenti deducono in contrario essenzialmente: 1) dato il limite che l'art. 2043 e.e. pone alla libert�, non pu� riconoscersi alla P. A. la facolt� di non adottare' le �cautele idonee ad evitare danni ai privati �; 2) che, ad ogni modo �trattandosi di esaminare la sussistenza o meno di una fattispecie di illecito civile della P. A.� e di stabilire se si verifichino in concreto Ie condizioni per la tutela invocata, gli argomenti addotti nel ricorso potrebbero condurre a declaratoria di difetto di legittimazione passiva delle amministrazioni in causa ovvero addirittura alla loro assoluzione nel merito, e non gi� di diniego della giurisdizione del Giudice ordinario. In proposito conviene osservare quanto segue: � fuori discussione che, come queste S. U. hanno ripetutamente statuito (cfr. ad es. 2039/66): a) anche la P. A. nell'agire � incondizionatamente soggetta al precetto del neminem laedere, che costituisce l'invalicabile limite della discrezionalit� ad essa attribuita e la cui inosservanza non potrebbe perci� trovare giammai esimente nelle esigenze dell'interesse pubblico; b) spetta al Giudice ordinario la competenza giurisdizionale in ordine alle domande di risarcimento di danni causati dalla P. A. con attivit� svolte in violazione di regole <1;i circospezione e cautela suggerite dalla ,comune esperienza normativamente prescritta a tutela preventiva dei diritti di cui viene lamentata la lesione. Per altro; nella specie il problema attinente alla giurisdizione si pone in termini diversi, giacch� alla P. A. non si imputa di avere compiuto azioni dannose, di avere do� operato modificazioni del mondo esterno comportanti lesioni di diritti fondamentali dei ,consociati. Al contrario alle amministrazioni convenute si imputa una mera inazione, in quanto ad esse viene addebitato di essersi astenute dal produrre nel mondo esterno le modificazioni idonee ad imp,edire che un fenomeno 'PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1063 naturale assumesse sviluppi dannosi per gli attori. Si verte dunque in ipotesi di causalit� giuridica od indiretta, la quale -come gi� si � detto -postula l'inadempimento di un obbligo giuridico di agire a difesa degli altrui beni, obbligo che non va confuso con quello imposto dalla citata norma primaria del neminem laedere. Questa -invero, come la Corte Suprema ha gi� posto in risalto nella sentenza n. 1957/68 -impone soltanto il dovere di improntare le proprie azioni alle regole di circospezione intese ad evitare che esse abbiano risultato pregiudizievoli per i terzi, ma non anche quello di adoperarsi attivamente per pro-teggere i diritti altrui e per interrompere all'uopo serie causali originate e ,sviluppantisi al �di fuori della propria sfera. Nella citata sentenza si � altresi osservato che non �, quindi, a quel precetto che pu� farsi riferimento per l'individu�izione di un obbligo di intervento la cui inosservanza possa integrare la nozione normativa di causa di un evento lesivo e che, al contrario, si deve caso per caso accertare l'esistenza di un vincolo giuridico -derivante o direttamente dalla legge o da uno specifico rapporto -intercorrente tra il titolare dell'interesse leso ed il soggetto chiamato a rispondere della lesione per non averla impedita. La posizione soggettiva di chi prentende il risarcimento di danni per una omissione �, dunque, pi� complessa: di quella di colui che basa la domanda sulla violazione del principio del neminem laedere mediante attivit� antidoverosa. In essa, infatti, assume pregnante rilievo -specie ai fini della individuazione del giudice cui � attribuita la competenza giurisdizionale -la reale posizione so�ggettiva che all'attore deriva dalla tutela che l'ordinamento concede al suo interesse a che altri si adoperi per impedire eventi per lui pregiudizievoli. Pertanto, -se � vero che la qualificazione della posizione sogget tiva del danneggiato nei confronti del preteso autore del danno vale, in ipotesi di causalit� giuridica e non gi� materiale, a stabilire l'esistenza del nesso di causalit�~ ci� non toglie che, quando convenuta sia la P. A., essa incide ancor prima sull'indagine preliminare volta a verificare se si tratta oppur no di posizione suscettibile di tutela dinanzi all'Autorit� Giudiziaria Ordinaria. A quest'ultimo proposito i resistenti hanno osservato che essi non lamentano fa mancata adozione �di misure di �o.rdine generale per la prevenzione di frane, perch� � ovvio che di fronte all'astratto e generico dovere della P. A. i cittadini non sono portatori altroch� di un interesse semplice � bens� di quelle specifiche �e concrete cautele che erano rese necessarie dal preavvertimento e perci� dalla prevedibilit� concreta di quella frana�. Ed aggiungono: a) che -incombendo al Sindaco ex art. 153 T. U. 4 febbraio 1915, n. 148, l'obbligo di fare i provvedimenti contengibili ed urgenti in materia di sicurezza pubblica -� da impu tarsi a colpa del sindaco del Comune in questione (nella sua qualit� di ufficiale di governo), �l'aver omesso sia l'adozione che l'esecuzione di 1064 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ufficio dell'ordine ai proprietari del terreno di eseguire immediatamente i necessari lavori di contenimento della collina � omissione che si era risolta � nella mancata prevenzione di un grave ed imminente pericolo alla sicurezza pubblica�; b) che analoghe considerazioni valgono per l'Amministrazione dei LL.PP. alla quale -avendo essa una precisa competenza in ordine alla sistemazione di quei terreni -� si potr� addebitare di aver omesso l'attuazione dei compiti ad essa demandati dalla legge �. Ma si � .gi� rilevato che la posizione del privato in ordine all'esplicazione dei compiti attribuiti alla P. A. e, in particolare, all'astratto dovere di questa di prevenire calamit�, � di interesse e non gi� di diritto perfetto. Si pu� aggiungere che il maggior grado di prevedibilit� di uno specifico evento dannoso -dovuto oppure no ad un �preavvertimento� o ad una istanza di chi si ritenga esposto a pericolo -pu� valere a differenziare la posizione di questo soggetto rispetto all'interesse collettivo facente capo alla generalit�, e, quindi, a qualificarla come interesse legittimo anzich� come interesse semplice ma non a trasformare in diretta ed immediata quella protezione che l'ordinamento accorda in via soltanto occasionale e riflessa. Si rivela .perci� arbitrario l'assunto dei resistenti, secondo cui sarebbe da configurarsi come diritto soggettivo la posizione di �Coloro che si trovano ad essere pi� direttamente minacciati da una determinata calamit�. Deve dichiararsi pertanto la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria nei soli confronti dell'A.N.A.S. e dichiarare, per .converso, il difetto di .giurisdizioni: nei confronti delle altre Amministrazioni ricorrenti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 ottobre 1972, n. 3062 -Pres. Pece Rei. Mirabelli -P. M. Secco (diff.) -Ente Musicale Catanese (avv. Falzea) contro Assessorato regionale turismo della Regione Siciliana (avv. Stato Terranova) e Comune di Catania (avv.ti Amaduri, Ferri e Silvestri). Competenza e giurisdizione -Concessioni amministrative e contratti di diritto privato -Distinzione -Effetti sulla giurisdizione. (c.p.c., art. 37; I. 20 maTzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4). n rapporto, che si pone in essere tra la Pubblica Amministrazione ed il privato per la utilizzazione di un bene patrimoniale indisponibile a fini compatibili con la sua destinazione, va ricondotto al regime della concessione specialmente quando il godimento di un bene non demaniale sia stato conferito per lo svolgimento di un'attivit� di pubblico interesse ossia per l'attuazione di U'IJ: servizio a favore delta collettivit�, ma, pure PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1065 se si controverte sulla legittimitd degli atti che abbiano posto termine a un rapparto di con�essione, ~n riferimento alla lesione di posizioni soggettive sorte in capo al privato con la costituzione del rapporto stesso, viene parzialmente portata in giudizio una questione che rientra nella giurisdizione deU'Autoritd giudiziaria ordinaria, in quanto_ da ogni concessione sorgono a favore del privato concessionario� posizioni che trovano tutela piena entro i limiti imposti dal pubblico interesse (1). (Omissis). -In primo luogo va esaminata l~ questione di giurisdizione, specificamente sollevata con il terzo motivo del ricorso incidentale, proposto dal Comune di Catania, ed implicitamente posta a fondamento anche del primo motivo del ricorso principale; proposto dall'Ente Musicale Catanese. La sentenza impugnata ha ritenuto che il rapporto instauratosi tra il Comune e l'Ente per la gestione del Teatro Massimo Bellini � da qualificarsi rapporto di concessione; sulla base di tale qualificazione la stessa sentenza, da un canto, ha affermato la giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria a conoscere delle pretese dell'Ente, rilevando che questo, nel contestare tale qualificazione e nel sostener.e che si sia trattato di un rapporto di diritto privato, ha posto a fondamento delle pretese portate in giudizio la lesione di un proprio diritto soggettivo; ma, dall'altro, ha respinto le pretese medesime in quanto, avendo giudicati legittimi gli atti dell'amministrazione comunale, con cui questa ha posto fine al rapporto e si � assunta la ,gestione diretta del Teatro, ha negato che sussistesse, in concreto, una lesione di diritti spettanti all'Ente. Queste statuizioni sono censurate da entrambi i ricorrenti. L'Ente, infatti, insistendo nel contestare che il rapporto rientri nell'ambito del diritto pubblico, approva la sentenza impugnata nel punto in clii questa ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, ma la critica nel punto in cui ha negato che vi sia lesione di diritti dell'Ente; il Comune, per contro, mentre con'corda nell'attribuire al rapporto la natura di concessione amministrativa, sostiene che, peraltro, la Corte di merito sia caduta in errore nell'affermare la propria giurisdizione, giacch�, a suo avviso, venendo in contestazione la legittimit� degli atti compiuti da una Pubblica Amministrazione nell'ambito di un rapporto di diritto pubblico, unko giudice della controversia dovrebbe essere ritenuto il giudice amministrativo. (1) Per i precedenti, ricordati pure nella sentenza di cui si tratta, in quanto riguarda la prima parte della massima cfr. Cass. Sez. Un., 25 maggio 1968, n. 1604 in Foro it. 1968, I, 1773 e in Giust. civ. 1968, I, 1402 nonch� Cass. Sez. Un., 30 ottobre 1969, n. 3587, ined., in quanto riguarda l'ultima parte della massima cfr. Cass. Sez. Un., 24 luglio J9.68, n. 2721 in questa Rassegna 1968, I, 559 ed ivi nota 1 nonch� Cass., Sez. Un., 15 ottobre 1968, n. 3292 in questa Rassegna 1968, I, 725 ed ivi nota 1. llrlrrilll#lillill::Mwi!@flf:llflJ#t1t"iif{Ml;Wri1tl&t=fil1Iti(t:fil~lfi@mw1ii@fff~f!EIWtW�lftfff#='SMfflfftJ@ : 1066 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le censure, per�, sono entrambe infondate. Le ragioni in base alle quali l'Ente contesta che nel rapporto istitutivo tra esso e il Comune possa essere ravvisato un rapporto di concessione concernono sia la forma e l'oggetto dell'atto con cui il rapporto ha avuto inizio, sia la determinazione della durata del rapporto, sia il regolamento del rapporto medesimo. Risulta, invero, che il ra;pporto � sorto, non con la formazione di un atto di concessione, nelle forme usuali, ma attravel\so un complesso di atti dell'amministrazione comunale, e cio� con una deliberazione del Comune di partecipare alla costituzione dell'Ente Musicale Catanese e con l'effettiva partecipazione di rappresentanti del Comune all'atto costitutivo dell'Ente, nel quale si trova statuito il conferimento del godimento del Teatro, da parte del Comune all'Ente, con l'impegn�o del Comune stesso a versare un contributo annuo per la gestione. Si sostiene dall'Ente ricorrente che in tali attivit� non � ravvisabile un atto di concessione e che, invece, il Comune, cosi operando, null'altro ha posto in essere che un atto di adesione ad una assosciazione privata, non avente personalit� giuridica, con conferimento del godimento di un proprio bene a titolo di parteci;pazione alla formazione del patrimonio dell'associazione stessa ossia un'attivit� di mero diritto privato. Ma tale deduzione non pu� essere accolta. La sentenza impugnata P,a precisato, pervero, che la tesi avanzata dal Comune, secondo cui il Teatro Massimo Bellini avrebbe natura di bene demaniale, e come tale �non potrebbe essere dato in godimento se non a mezzo di atti di concessione, non � risultata sorretta da prova adeguata ed ha conseguentemente ritenuto che, trattandosi �di bene di propriet� del Comune, avente una specifica de�stinazione a scopi di pubblico interesse, il bene sia da includere nella categoria dei beni patrimoniali indisponibili; e tale statuizione, sorretta da una motivazione logica e giuridica che questa Corte fa ,propria, � giustificata dalle risultanze di causa che, trattandosi di questione di giurisdizione, questa Corte medesima pu� valutare direttamente. Questa Corte ha, per�, gi� altra volta statuito che il rapporto che si pone in essere tra la Pubblica Amministrazione ed il privato per l'utilizzazione di un bene patrimoniale indisponibile per fini compatibili con la sua destinazione va ricondotto al regime della concessione (Cass. 27 maggio 1968, n. 1604; 30 ottobre 1969, n. 3587). Ma quand'anche si ammetta che, in ipotesi particolari, il godimento di un bene non demaniale possa essere conferito a mezzo di contratti di diritto privato, e non attraverso atti di concessione, tale, non pu� essere il caso in cui il conferimento abbia come fine lo svolgimento-di una attivit� di pubblico interesse, che tale sia obiettivamente e come tale sia assunta dell'amministrazione medesima la quale ad essa destini specifici V b @ ~~]~~I~fil rf1 111111J1111111&1111111:1:11#ii~111if=l:rf:f�iflllit1J1111~111~r1�~==~;,1~���ir~r111ar1::111r11:1111r11J:ri11:1JJ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1067 stanziamenti, curandone particolarmente lo svolgimento; in questa ipotesi, infatti, il conferimento deve ritenersi compiuto, non al mero fine di attribuzione di godimento dietro corrispettivo, ma per l'attuazione di un pubblico servizio, in senso proprio, il rapporto che sorge in questo caso non pu� essere considerato altrimenti che come rapporto di concessione, giacch� il godimento del bene patrimoniale si pone come elemento per l'attuazione di un servizio a favore della collettivit�. A questo riguardo la sentenza impugnata, con dettagliata argomentazione, sostanzialmente neppure contestata dall'Ente ricorrente, ha dato atto che, appunto, il Comune ha adottato la deliberazione di partecipazione all'Ente, di attribuzione del godimento del Teatro e di contrilbuzione alle spese di gestione, come mezzo al fine di rendere possibile l'attl:lazione di rappresentazioni liriche da offrire alla cittadinanza, quale contributo al generale increm~nto culturale. L'esame degli atti che, ripetesi, queste Sezioni Unite possono compiere direttamente, giustifica la valutazione fatta, sul punto, dalla Corte di Appello di guisa �che resta confermato che il contenuto del rapporto � consistito, appunto, nella concessione di. godimento di un bene pubblico per lo svolgimento di un pubblico servizio. L'Ente ricorrente sostiene, peraltro, che alla configurazione del rapporto �come �concessione amministrativa osti la circostanza che nessun termine di scadenza appariva fissato per il rapporto medesimo. Contro tale asserzione, per�, va rilevato come gi� fatto, del resto, nella stessa sentenza impugnata, che il termine della concessione del godimento risulta determinato in modo specifico nell'atto costitutivo dell'Ente, con il quale il conferimento viene effettuato, giacch� il godimento era conferito per la durata dell'Ente, che si andava a costituire; poich� questa data a seguito della delibera assembleare di proroga della durata dell'Ente risult� fissata al 30 giugno 1965, logicamente � a dedursene che tale data si poneva anche come termine ultimo di scadenza della concessione. Al riguardo, l'Ente ricorrente fa rilevare che la durata di esso Ente venne successivamente prorogata, che l'Ente esiste tuttora e che il Comune ha posto in essere gli atti diretti a far cessare concretamente il rapporto, con la reimmissione nella detenzione del bene conferito, in tempo notevolmente posteriore alla data suindicata del 30 giugno 1965: da ci� l'Ente ricorrente vorrebbe dedurne che, in effetti, nessun termine era stato fissato per la durata del godimento, si che nell'atto di conferimento sarebbe mancante un elemento essenziale per la configurabilit� di un atto di concessibne. I rilievi suesposti non possono essere condivisi. Si � gi� detto perch� doveva intendersi fissato per la concessione un termine finale che scadde il 30 giugno 1965; pu� aggiungersi che la persistenza dell'Ente successi vamente a tale data, se ha riflessi giudirici di altra natura, non pu�, i I fri!�lfilir@:::::r;1~1r1rtrr@~r1rmmr1~mrtrrtifiltw1:r11retrE111@rt1trrmir111w1rrt=rww.1mmr~ r1)@:rililf;1r!&1trf~irililllllr1 1068 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per� avere determinata la proroga della conce.ssione dell'uso dei beni di cui � discussione. Infatti, mentre la durata della concessione era stata collegata alla durata dell'Ente secondo le norme dello Statuto, manca come � giustamente .sottolineato dalla Corte d'Appello una delibera assembleare (e, comunque, una delibera antecedente al 30 giugno 1965) che, a termini dell'art. 3 del predetto Statuto, abbia prorogata la prevista qurata dell'Ente .stesso, si da potere importare, per 1�elationem, anche lo spostamento del termine di scadenza della concessione. Inoltre, il fatto che il Comune solamente a novembre 1965 e cio� dopo 5 mesi dalla scadenza della concessione decise di richiedere 1a disponibilit� dei beni oggetto della concessione stessa importa solamente un rita11do, da parte del Comune, nella realizzazione dei diritti ad esso Comune rivenienti dalla verificatasi scadenza della concessione. Tale ritardo, per�, non poteva importare una proroga della concessione. Infatti, e giusta i principi sulla proroga degli atti amministrativi, una eventuale proroga della concessione, per essere tempestiva, avrebbe dovuto intervenire prima della scadenza del termine finale della concessione e cio� come si � gi� detto prima del 30 giugno 1965. L'Ente ricorrente sostiene inoltre che caratteristica del rapporto di concessione sia la predeterminazione delle modalit� di comportamento del concessionario e delle sanzioni per la ino.sservanza dei doveri gravanti a suo carico, ed anche sotto questo aspetto contesta che nel caso in esame possa essere ravvisato un rapporto di concessione, appunto perch� n� nella deliberazione del Comune n� nell'atto costitutivo dell'Ente n� nel conferimento del godimento risultano contenute statuizioni al riguardo. Neppure questa deduzione pu� essere, per�, ritenuta accettabile. Il contenuto delle facolt� attribuite al conces.sionario e dei doveri di questo � da ritenere sufficientemente determinato quando sia .fissata, con adeguata precisione ed in modo specifico, l'attivit� che il concessionario � chiamato a compiere: e nel caso in e.same � incontestata la sussistenza di tale determinazione, avendo l'attribuzione del godimento lo .scopo specifico della gestione del Teatro per lo svolgimento di spettacoli lirici di adeguato livello. Le sanzioni, se non particolarmente previste, sono quelle proprie della inosservanza dei dov�ri imposti al privato gestore di pubblico servizio ed il controllo per l'accertamento dell'osservanza di tali doveri deve ritener.si adeguatamente assicurato dalla partecipazione di rappresentanti dell'Ente concedente negli organi dell'Ente concessionario. Tutte le ragioni sulle quali l'Ente ricorrente ha fondato la contestazione della qualificazione di rapporto di concessione amministrativa, che la sentenza impugnata ha attribuito al rapporto in contestazione, devono, dunque, essere ritenute prive di fondamento, s� che la pronuncia su tale punto deve essere confermata. '� ~:=: F ,..:.; ~jjj PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1069 J I �La qualificazione del rapporto controverso quale rapporto di concessione amministrativa non sottrae, per�, la lite alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, come sostiene il Comune, ricorrente incidentale. In applicazione del principio c. d. del petitum sostanziale, ormai incontestato in dottrina e .giurisprudenza (da ultimo, Cass. 2:4 giugno 1969, n. 2266), quando si controverte se trattasi di rapporto di concessione o di rapporto di diritto privato, viene in discussione la sussistenza, o meno, di posizioni di diritto soggettivo, ossia materia che rientra senza altro nell'ambito di esclusiva competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria; ma anche quando si controverte sulla legittimit� degli atti che abbiano posto termine ad un rapporto di concessione, in riferimento alla lesione di posizioni soggettive sorte in capo .al .privato con la costituzione del rapporto stesso, viene parimenti portata in giudizio una questione di diritto soggettivo, giacch� da ogni concessione sorgono a favore del privato concessionario posizioni che trovano tutela piena, entro i limiti imposti dal pubblico interesse (Cass. 29 luglio 1968, n. 2721; 15 ottobre 1968, n. 3292). La pretesa esercitata dall'Ente ricorrente, quindi, vuoi che la si qualifichi come pretesa fondata suH'affermazione della lesione di un diritto nascente da un rapporto di mero diritto privato, sia che la si consideri come pretesa di rtparazione delle pregiudizievoli conseguenze di un illegittimo comportamento della pubblica amministrazione nello svol-gimento di un rapporto di concessione, concerne comunque posizioni di diritto soggettivo e rientra, pertanto, nella giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria. La circostanza che la pretesa sia dichiarata, poi, infondata, per insussistenza, in concreto, della lesione lamentata non ha, ovviamente, alcuna influenza sulla determinazione della competenza giurisdizionale. L'eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dal Comune di Catania con il terzo motivo del ricorso incidentale, deve essere, pertanto, respinta, cosi come vanno respinte le censure mosse con il primo motivo del ricorso principale dall'Ente Musicale Catanese alla qualificazione assegnata dalla sentenza impugnata al rapporto in contestazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 novembre 1972, n. 3348 -Pres. Gionfrida -Rel. Sposato -P. M. Trotta (conf.). -Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Carafa) contro Medde (avv. Caprifichi). Competenza e giurisdizione -Concessioni -Giurisdizione dei Tribunali amministrativi regionali -Limiti di applicabilit�. (l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 5 e 38). 1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Contratti pubblici -Attivit� della P. A. relativa alla fase di esecuzione 1070 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Contratti pubblici -Attivit� della P. A. relativa alla fase di esecuzione dei contratti -Competenza in materia. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19; r.d. 23 maggio 1924, n 827, art. 117). Sono devoluti alla competenza dei Tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni e servizi pubblici salva la giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennit�, canoni ed altri corrispettivi e, quindi, sebbene non sia detto esplicitamente, a maggior ragione, per quelle concernenti obblighi risarcitori per inadempienze; d'altra parte, la norma in materia � tra quelle che hanno effetto dopo tre mesi dalla data di insediamento dei tribunali amministrativi regionali e per i relativi giudizi promossi anteriormente a quella data rimane� ferma l'attribuzione di competenza prevista dalle leggi in vigore (1). L'attivit� contrattuale della Pubblica AmminisPrazione, posteriore a quella della stipulazione e della approvazione del contratto, relativa cio� alla fase di esecuzione di questo, � dalle norme in materia assoggettata ad una disciplina distinta da quella dettata per le fasi precedenti: pi� precisamente, per quanto in via generale si esclude la possibilit� di aggiunte o variazioni ai contratti stipulati, tali aggiunte o variazioni nella eventualit� che si rendano necessarie (non solo in rapporto ai contratti di fornitura trasporti o lavori, ma anche per tutti gli altri contratti) non possono mandarsi ad effetto se non quando siano autorizzati dail'Autorit� competente ad approvare il contratto, ossia dal Ministro o dall'ufficiale all'uopo delegato (2). (1-2) Sulla prima massima non si rinvengono precedenti ed � ovvio. La .elaborazione giurisprudenziale chiarir� poi i molteplici aspetti delle varie �questioni che volta per volta si porranno in argomento e che nella specie non evidenziavano particolari problemi. Sulla seconda massima pure non pare che siano da farsi speciali osservazioni, salvo a chiarire che, nella specie, una nota della Direzione generale del Demanio (nota della quale si era sostenuta l'assoluta inidoneit� a porre in essere un vincolo contrattuale, nuovo e div.erso da quello precedente, valido nei confronti della Amministrazione finanziaria dello Stato), ritenuta competente a provvedere per l'esecuzione del contratto, avrebbe rappresentato molto meno di un'aggiunta o di una variazione al contratto, un semplice differimento del termine finale della concessione in armonia per le circostanze del caso con il principio della buona fede che deve ispirare l'interpretazi~ne e l'esecuzione del contratto ex artt. 1366 e 1375 e.e. SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 7 luglio 1972, n. 2.274 -Pres. Gionfrida -Est. Persico -P. M. Gentile (conf.) -Teocrito (avv. Teocrito) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). Procedimento civile -Legittimatio ad causam -Eredit� giacente Legittimazione del curatore -Successione dello Stato -Effetti. (c. c. artt. 529, 586; c.p.c. art. 100). Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Legittimatio ad processum -Amministrazione competente -Individuazione Onere limitato ai terzi. (c.p.c. art. 75; t.u. .30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, mod. con 1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). Procedimento civile -Ordinanze collegiali -Natura e funzioni Responsabilit�. (c.p.c. artt. 177, 279). L'esercizio delle ragioni ereditarie e la risposta alle istanze proposte contro l'eredit� giacente, incombono al curatore fino ai .momento in cui non siano venuti meno gli scopi che attengono all'Ufficio dei curatore; pertanto La efficacia retroattiva della devoiuzione di diritto della eredit� \ allo Stato, in mancanza di aitri suocessibiH, non incide sulla legittimatio ad causam medio tempore esercitata dal curato1�e (1). La ripartizione delle competenze tra le varie Amministrazioni de,llo Stato, mentre impone ai terzi L'onere deila precisa individuazione di quella da chiamare in giudizio, non ha rilevanza processuale ove sia (1) Non constano precedenti in termini, ma la sentenza appare rigorosamente conforme ai principi in materia. Le funzioni del curatore della eredit� giacente, come si desume dalle varie disposizioni oltre -che dalla stessa relazione al e.e., sono infatti improntate alJa necessit� di assicurare l'amministrazione e la gestione del patrimonio, nei casi in cui il chiamato per legge o per testamento, non intenda provvedere, onde i presupposti per farsi luogo alla nomina del curatore consistono nella non accettazione del chiamato e nel non essere costui nel possesso dei beni ereditari -cfr. Cass. 11 giugno 1940, n. 190.6' in Foro It., 1940, I, 252. 1072 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lo Stato che si faccia attore o proponga impugnazione, in quanto il riferimento agli organi dell'Amministrazione competente ha luogo, ad ogni effetto utile, con attivit� interna da parte dell'Avvocatura Generale dello Stato, che � l'unico organo cui spetta la rappresentanza e la difesa della P. A. in giudizi9 (2). Le ordinanze collegiali, al pari di quelie proinunziate dal G. I., hanno carattere meramente strumentale in dipendenza della loro natura e funzione processual�, e pertanto non possono produrre effetti preclusivi per la decisione della causa e sono sempre revocabili, salvo le previste limitazioni, anche implicitamente con la successiva sentenza (3). (Omissis). -Col quinto, ottavo e nono motivo dal ricorso, da esaminarsi con precedenza perch� di natura pregiudiziale e contestualmente per l'interferenza delle questioni si denunzia violazione degli art. 105 cpv. 329-99 e 306 c. p. c. Sostanzialmente il ricorrente assume: ~,che il curatore .dell'eredit� era privo della legittimatio ad caiisam la quale presuppone la titolarit� del diritto posto a fondamento della domanda, in quanto il compendio ereditario era stato acqui,stato dallo Stato ex tunc; -che la diserzione del medesimo dal procedimento di primo grado era stata esattamente configurata dal Tribunale come rinunzia alla domanda, non bisognevole di formali conclusioni a seguito dell'inter.venuta acquisizione del compendio da� parte dello Stato e s,piegante effetti di rigetto nel merito; -che l'Amministrazione del Demanio non era legittimata ad processum, n� poteva, quale parte adiuvatrice, ulteriormente coltivare la domanda rinunziata. -che l'Amministrazione della Finanza non poteva surrogarsi in appello all'Amministrazione non legittimata, n� subentrare al posto �del curatore nel processo ormai estinto per rinunzia, anche perch� carente d'interesse, non avendo alcun bene ereditario da rivendicare; -.che, essendosi formato, per acquiescenza, il giudicato sul capo di pronunzia relativo alla rinunzia alla domanda, era precluso al giudice di appello di diversamente valutare la condotta processuale delle parti; e non rimarrebbe per lo Stato che una azione distinta, volta a chiedere il pagamento della sopratassa. (2) Giur. costante -cfr. Cass. 19 settembre 1970, n. 1594 in questa Rassegna 1970, I, 807 e giurisprudenza ivi richiamata. (3) � pacifico che nel sistema del codice di rito alle ordinanze collegiali viene attribuito lo stesso carattere delibativo e provvisorio delle ordinanze del giudice istruttore in quanto, come queste, mirano alla continuazione dell'istruzione, senza pregiudicare il merito delila causa, sempre riservato alla fase decisoria -cfr. Cass. 15 giugno 1955, n. 1825. t 111 ~:: IFAIJl7411171~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Tutte le censure esposte risultano infondate. Anzitutto � da chiarire �che, se l'esercizio e la promozione delle ragioni ereditarie e la risposta alle istanze proposte contro la medesima (art. 539 c. c.) rientrano tra gli obblighi connessi all'ufficio di curatore dell'eredit� giacente, essi devono persistere fino a quando vengano a cessarne gli estremi, conseguentemente, l'efficacia retroattiva dell'accettazione (costruita come onere integrativo della vocazione) o della devoluzione di diritto allo Stato ex art. 586 c. c. (che addirittura prescinde dall'accettazione) mediante la quale si tende ad evitare una vacanza nella titolarit� del. patrimonio ereditario, non pu� incidere sulla legittimazione ad causam medio tempore esercitata dal curatore, e solo dal momento in cui risultano realizzati gli scopi cui tale legittima,zione sostitutiva tende, vengono a cessare di diritto e lo stato di giacenza dell'eredit� e l'ufficio del curatore. Nella specie, per� tale momento, come la sentenza impugnata ha incensurabilmente accertato, si � verificato solo in appello (nonostante che gi� in primo grado si fosse formato il giudicato reiettivo della petitio hereditatis degli asserti chiamati) col trasferimento del patrimonio relitto allo Stato il quale, divenuto esclusivo titolare delle posizioni giuridiche sostanziali, ha sostituito nella medesima posizione processuale il curatore (nei cui confronti la pronunzia � da ritenersi, nella sua portata, estromissiva). Con riguardo alla fase precedente -in cui al detto curatore (titolare di una legittimazione sostitutiva temporanea) si affianc� lo Stato (quale possibile parte �sostituita e po.ssibile titolare della legittimazione principale) -non si sarebbe potuto configurare una rinunzia alla domanda non collegata alla cessazione dello stato di giacenza che non integrasse nel contempo una violazione degli obblighi connessi all'ufficio di curatore, n� una diserzione successiva alla cessazione di quello stato riconducibile ad una rinunzia alla domanda� in�senso proprio (con effetto di reiezione nel merito), attesi gli effetti della cessazione de jure dall'ufficio (sia sulla titolarit� del rapporto che sulla legittimazione sostanziale) i quali escludono che si pregiudichi la prosecuzione d�lle istanze nell'ambito del medesimo procedimento. Ma una tale rinunzia non fu riscontrata in primo grado (salvo che con riguardo alle spese), tant'� che la pronunzia fu resa proprio in favore del curatore, ed il giudice di appello potette (fondatamente, epperci� incensurabilmente: sent. 2285/60) riscontrarla aderente alla fattispecie processuale dell'assenza (derivata 'dalla prevista sollecita immissione in possesso da parte dello Stato (dopo il .giudicato reiettivo della suddetta petitio hereditatis). In ogni caso fuor di ~uogo � il riferimento a preclusioni che, per acquiescenza, avrebbero circoscritto il potere cognitivo del giu~ice di appello, al quale, viceversa, spetta di valutare la condotta processuale 1074 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della parte influente sull'ammissibilit� del gravame e sui limiti della devoluzione. Quanto (poi all'asserita mancanza di legittimatio ad processum dell'amministrazione del Demanio in primo grado ed alle conseguenze che per la legittimazione all'impugnazione si pretende derivarne per l'amministrazione finanziaria, sar� sufficiente il richiamo alla regola la quale dalla rifrazione delle competenze tra le varie branche dell'unico sogg~tto giuridico che � lo Stato desume per i soli terzi un onere di precisa individuazione del ramo dell'Amministrazione statale da chiamare in giudizio, mentre ne dichiara l'irrilevanza processuale nel caso che lo Stato si faccia attore od impugnante, e ci� pecrch� la comunicazione agli organi dell'Amministrazione competente pu� essere compiuta, ad ogni effetto utile, con attivit� meramente interna (irrilevante ai fini �della validit� del rapporto processuale), dalla stessa Avvocatura Generale dello Stato, che � l'unico organo competente per la rappresentanza e la difesa della P. A. in giudizio (sent. 1594/70; 694/63). Col quarto motivo del ricorso anche esso di carattere pregiudiziale, si denunzia violazione degli artt. 279, n. 2 e 177 in relazione al 360, nn. 3 e 5 cpv, Il ricorrente lamenta che l'ordinanza collegiale dell'll giugno 1965 (con la quale, tra altro, era stata data una certa interpretazione del contenuto della domanda in relazione alla tesi della Finanza) sia stata, in sentenza, revocata da un collegio compostoda persone fisiche diverse e con una statuizione contraddittoria perch� non giustificata da fatti nuovi sop.ravvenuti. L.a censura � infondata in entrambe le�prospettazioni. Anche se emesse dal collegio, le ordinanze conservano il loro carattere strumentale insito nella natura e funzione processuale, ancorch� involvano questioni attinenti al merito, sicch�, mentre non possono produrre effetti preclusivi od altrimenti pregiudizievoli per la decisione della causa, sono viceversa, sempre modificabili e revocabili, anche per implicito (salve le limitazioni di cui all'art. 177 c. p. c.) mediante la successiva sentenza, la quale rimane tipico e definitivo provvedimento decisorio. Non �, perci�, configurabile un vizio di contraddittoriet� tra questo ultimo provvedimento e la precedente ordinanza, il contrasto risolvendosi in un implicita revqca (sent. 581/71; 5-09 e 1302/70; 886-1 836 2754/69). Che poi il potere di revoca debba intendersi attribuito alle stesse persone fisiche che deliberarono l'ordinanza .soggetta a revoca, � asser zione errata per inesatta interpretazione della norma. La locuzione� stesso collegio� usata dal comma 4 dell'art. 279 c. p. c. (estensibile, ex art. 359 c. p. c. al giudizio di appello, con le limitazioni di cui all'art. 357 ultimo comma c. p. c.) va riferita all'organo giurisdizionale cui spetta la deliberazione della decisione, all'economia della quale si correla, come momento logicamente pregiudiziale, il riesame del con PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1071) tenuto ordinatario dei provvedimenti dell'istruttore e propri non dichiarati espressamente non impugnabili n� revocabili (art. 177 in relaz. 357 c. p. c.); e la identificazione del collegio va fatta, a norma dell'art. 114 disp. att. c. p. c., con criteri che ne legano la compensazione ad ogni singola udienza. Col primo e secondo motivo che per interdipendenza delle questioni giova esaminare congiuntamente, si denunzia violazione degli artt. 528586- 532 c. c. nonch� degli artt. 55 e 72 della legge sulle successioni, in relazione agli artt. 12-586 e 532 c. c. Il ricorrente sostiene che, non essendovi alcun chiamato all'eredit�, essa non era giacente bens� vacante, sicch� egli, impropriamente qualificato curatore, non era che un custode dei beni, devoluti fin dall'apertura della successione allo Stato, e non aveva veste per denunziare detta successione; donde l'assoluta inefficacia della tardiva denunzia e del successivo concordato fiscale. Aggiunge, poi, che, non potendo farlo rientrare nel novero dei curatori ai quali si riferisce J.'art. 55 della legge successoria (quelli, cio�, di eredi che non abbiano la libera .disponibilit� dei beni o che, pur chiamati, non abbiano accettato l'eredit�), alla mancanza di un obbligo di denunzia si accompagnerebbe, correlativamente, la mancanza dell'obbligo di corrispondere la sopratassa .per ritardata denunzia. Nella memoria, infine, contestata la legittimit� della dicotomia alla stregua del diritto positivo e precisato che � giacente solo l'eredit� rispetto alla quale esista un chiamato che ancora non abbia accettato, esclude che la devoluzione ex lege allo Stato possa dar luogo ad una situazione di giacenza e ne desume che sul curatore, illegittimamente investito, non graverebbe alcun obbligo. Anche tali censure non possono attendersi. Effettivamente, con .riguardo al diritto comune, la distinzione tra giacenza e vacanza dell'eredit� (costruita sul piano dogmatico in base al carattere interinale e cautelare del primo stato dell'eredit� rispetto al secondo, per la mancanza originaria in quest'ultimo di un successibile a titolo testamentario o legittimo quale diaframma tra il patrimonio ereditario relitto e lo Stato tenuto ad acquistarlo) deve ritenersi scevra di conseguenze pratiche; basti pensare alla possibilit� di una vacanza apparente alla quale faccia seguito la .scoperta di un erede legittimo o testamentario, e, viceversa, di una giacenza che si converta in vacanza ,per rinunzia alle vacazioni testamentarie e legittime (sent. 1754/68). Inoltre quella distinzione sembra 1mche claudicante sul piano ontologico, dovendo lo Stato considerarsi vero e proprio successore legittimo del de cuius e non acquirente a titolo originario dei beni relitti da questo ultimo (nonostante l'anomalia dell'acquisto ipso jure, contro il principio generale dettato dall'art. 459 c. c., il predicato di erede nece:ssario, cui non � consentita la rinunzia; il particolare fondamento razionale, cor 1076 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relato al dovere, d'interesse generale, di impedire che i beni relitti, vacui possessionis, siano oggetto di occupazione da parte di chi non vanti su di essi alcun diritto: sent. 1197I 63), con la conseguenza, pi� sopra rilevata, che in entrambi i casi la decorrenza dal momento dell'apertura della successione (quale effetto dell'acquisto ipso jure in un caso e della retroattivit� dell'accettazione nell'altro) soccorre all'unico comune intento di evitare una vacanza nella titolarit� del patrimonio ereditario, affidato interinalmente, con finalit� cautelari ed eventualmente liquidatorie, al curatore (e della cura ed amministrazione di quel compendio si sostanzia il relativo ufficio, in questo come in ogni altro caso in cui l'asse relitto attenda l'identificazione del proprio titolare. . E proprio nella specie la definitiva certezza in ordine allo stato di vacanza dell'eredit� e la materiale acquisizione del compendio ereditario da parte dello Stato si sono avute dopo lungo interVallo per 'ragioni connesse all'esposta vicenda della petizione di eredit�. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2393 -Pres. Giannattasio -Est. Carnevale -P. M. Pedace (conf.) -Pollice (avv. Bagulo e Mattiello) c. Ministero dell'Industria e Commercio (avv. Stato Alibrandi) e Cintcola (avv. Iannarelli) -regolamento di competenza. Procedimento civile -Regolamento di comp�tenza -Deposito scritture difensive -Termine ordinatorio. (c.p.c. art. 47). Procedimento civile -Impugnazioni -Acquiescenza anteriore alla pubblicazione della sentenza -Inammissibilit�. (c.p.c. art. 329). Procedimento civile -Regolamento di competenza -Gravame per le spese -Inammissibilit�. (c.p.c. art. 42). Procedimento civile -Obbligazioni e contratti -Cauzione per la ricerca di sostanze minerali -Contestazione. giudiziale -Competenza territoriale -Forwn destinatae solutionis -Domicilio del debitore. (r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 10; e.e. art. 1182, comma 4�, c.p.c. art. 20). Il termine di venti giorni previsto dall'art. 47 c. p. c., per il deposito nella cancelleria della Corte di Cassazione di eventuali scritture difensive delle parti cui � stata notificata l'istanza pe1� il regolamento di compe PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1077 tenza o comunicata l'ordinanza con cui ne sia stata fatta richiesta di Ufficio, ha natura ordinatoria e quindi, in mancanza di opposizione del ricorrente, tali scritti ancorch� depositati in ritardo possono essere esa minati (1). � L'acquiescenza espressa o tacita, quale atto od efficacia preclusiva del diritto deU'impugnazione, non pu� precedere la pubblicazione della sentenza (2). Le censure estranee alla questione di competenz,a, come quelle con cernenti il capo relativo alLe spese giudiziali, non sono ammissibili in sede di regolamento di competenza e pertanto, senza influire sulla rego larit� dell'istanza per quanto attiene alla questione di competenza, deb bono essere fatte valere con gli ordinari mezzi di impugnativa (3). Nelle controversie concernenti la determinazione de Ha cauzione do vuta dal ricercatore al proprietario del fond'o soggetto a ricerca di sostan ze minerali (art. 10 r. d. 29 luglio 1927, 'n. 1443), le .quali afferiscono ad una obbligazione relativa a somma di denaro da determinarsi� giudizial mente, agli effetti della competenza territoriale concorre elettivamente ed alternativamente con il forum �obligationis il forum destinatae solu tionis, che si identifica con il do.micilio del debitore ai sensi del 4� comma dell'art. 1184 c. c. ( 4). (Omissis). -La circostanza che il resistente Cinicola abbia depositato in cancelleria la propria scrittura difensiva dopo la scadenza (22 aprile 1971) del termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso (24 marw 1971), stabilito dall'ultimo comma dell'art. 47 c. p. c., non ne impedisce l'esame, in mancanza di opposizione della ricorrente, giacch�, data la natura ordinatoria del detto termine la sua inosservanza non d� luogo ad inammissibilit� rilevabile d'ufficio. (1-4) Per quel che concerne la prima massima, � pacifica nella giurisprudenza la natura meramente ordinatoria del termine di venti giorni per il deposito di scritture difensive, previsto dall'art. 47 u.p. c.<p.c., sioch� in difetto di opposizione devesi di esse tener conto, anche agli effetti deHe spese (cfr. Cass. 4 marzo 1970, n. 520; 23 gennaio 1961, n. 103 ecc). La seconda massima costituisce concreta applicazione del generale principio, per cui nel nostro ordinamento non � dato di rinunziare preventivamente ai mezzi di impugnazione che la legge ha disposto onde, in relazione alle singole impugnative, il potere di esercitarle sorge in modo autonomo soltanto al verificarsi di tutti i presupposti fissati dalrla legge. Cfa:. C'ass. 27 aprile 1953, n. 1125, per la quale l'acquiescenza si concreta in un atteggiamento della parte che ha come logico presupposto la situazione giuridica creata dalla sentenza. In dottrina cfr. .ANDRIOLI, Commento 1960, vol. II, p. 383; Minoli e Bergomi in Enciclopedia del diritto -voce Acquiescenza, p. 500. � La terza massima � conforme alla giurisprudenza -cfr. Cass. 9 marzo 1966, n. 668. 13 '' 1078 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Deve, quindi, esaminarsi l'eccezione di inammissibilit� dell'istanza di regolamento, sollevata dal Cinicola sotto il duplice profitto della tardivit� della sua proposizione e della preclusione derivante dall'acquiescenza che la ricorrente avrebbe prestato nel giudizio di merito alla pronuncia di incompetenza emessa dal Tribunale adito, tanto pi� che ogni questione relativa all'ammissibilit� dell'impugnazione, attenendo ad uno dei requisiti di efficacia del mezzo di impugnazione, pu� essere esaminata d'ufficio. L'eccezione � infondata sotto entrambi i profili. In ordine al primo � da osservare che, a norma dell'art. 47, secondo comma, c. p. c., il termine per proporre, mediante notificazione del ricorso alle altre parti, l'istanza di regolamento di competenza � di trenta giorni, decorrenti dalla comunicazione della sentenza che ha pronunciato sulla competenza. E, poich� nella specie quest'ultima risulta comunicata dalla cancelleria del Tribunale di Napoli ai procuratori delle parti il 22 febbraio 1971, ed il ricorso � stato notificato ad entrambi i resistenti il 24 marzo successivo, cio� il trentesimo giorno dopo la comunicazione della sentenza, l'istanza � stata proposta tempestivamente. Riguardo al secondo profilo, deve rilevarsi che la acquiescenza, es,pressa o tacita, come atto ad effetto preclusivo dell'esercizio del diritto di impugnazione_, non .pu� precedere la pubblicazione della sentenza, ma� deve essere ad essa successiva, sicch� la circostanza che la Pollice avesse chiesto, in sede di precisazione delle conclusioni, che la causa fosse rimessa al .Tribunale di Lucera, cio� ad uno dei due Tribunali che il Cinicola, nel proporre la sua eccezione di competenza ratione loci del Tribunale adito, aveva indicato come alternativamente competenti, non poteva precludere, per acquiescenza, la proposizione dell'istanza di regolamento contro la sentenza successiva, con cui il Tribunale di Napoli ha declinato la propria competenza, dichiarando competente il Tribunale di Bari. N� pu� ritenersi che la situazione prospettata realizz� la fattispecie In ordine alla quarta massima cfr. Cass. 7 febbraio 1966, n. 391; l� febbraio 1966, n. 335; 17 aprile 1970, n. 1100 ecc. E' pacifico nella giurisprudenza, che le sole obbligazioni pecuniarie che debbono esser.e adempiute al domicilio del creditore, secondo la disciplina di cui aU'art. 1182, comma terzo e.e., sono quelle che hanno per oggetto somme determinate di denaro, cio� i debiti pecuniari certi e liquidi e quegli altri che possono determinarsi con un semplice calcolo aritmetico in base ad elementi precisi e tassativi. Cass. 10 novembre 1970, n. 2336. Al di fuori di tali ipotesi l'obbligazione, ove non soccorra alcuno dei criteri indicati nel primo comma �ello art. 1182 e.e., va adempiuta al domicilio del debitore. In deroga alle disposizioni della legge comune per�, i pagamenti delle pubbliche amministrazioni sono invece effettuati presso l'Amministrazione cui incombono (artt. 417 e segg. Regolamento 23 maggio 1924, n. 827 per l'amministrazione del patrimonio e la contabilit� dello Stato; artt. 325 T.U. 3 marzo 1934, n. 383, della legge Comunale e Provinciale). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE prevista dall'ultima parte del terzo c�>mma dell'art. 38 c. p. c., dal momento che, 1come risulta dagli atti, all'indicazione del Tribunale di Lucera come competente a conoscere la controversia non aderl anche l'altro convenuto. Pu� procederi;i, perci�, all'esame dell'istanza. � opportuno precisare -anzitutto -che dei due motivi in cui essa si articola, il secondo, avente per oggetto la pronuncia sulle spese del giudizio, � manifestamente inammissibile, essende> noto che le censure estranee alla questione di competenza, come quelle concernenti il capo relativo alle spese giudiziali, non sono ammissibili in sede di regolamento di competenza, ma debbono essere fatte valere con gli ordinari mezzi di impugnazione, anche se la prospettazione di censure estranee non rende inammissibile l'istanza di regolamento -per quanto attiene alla questione di competenza. Con l'altro motivo -che, investendo per l'appunto quest'ultima questione, pu� essere esaminato il ricorrente sostiene che il Tribunale ha erroneamente dichiarata la propria incompetenza, in quanto l'obbligazione dedotta in giudizio � sorta e deve essere e.seguita a Napoli, dove � stato notificato il decreto autorizzativo dell'occupazione dei fondi di sua propriet�, essa ricorrente ha la sua residenza e hanno la loro sede il Corpo delle miniere e l'Avvocatura distrettuale dello Stato. L'istanza � fondata, anche se le ragioni che giustificano la dichiarazione di competenza del Tribunale di Napoli sono in parte diverse da quelle prospettate dalla ricorrente. Deve premettersi che dal principio generale, secondo il quale la competenza si determina unicamente in base alla domanda, quale essa � proposta e indipendentemente dalla sua fondatezza, discende, come evidente corollario, che nessuna rilevanza pu� riconoscersi, ai fini della determinazione della competenza, all'eccezione del Corpo delle miniere di non essere titolare della posizione soggettiva passiva nascente dal rapporto obbligatorio posto a fondamento della domanda. Conseguentemente, ai fini dell'individuazione del Tribunale competente ratione loci, non pu� non tenersi conto anche della domanda proposta nei confronti del detto convenuto. � da aggiungere che, nelle cause relative a diritti di obbligazioni -fra le quali deve comprendersi quella in cui il proprietario di un fondo soggetto alla ricerca di sostanze minerali chieda la determinazione della cauzione prevista dall'art. 10 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, in misura pi� elevata di quella stabilita dall'ingegnere capo del distretto minerario -il forum obligationis e il forum destinatae solutionis concorrono elettivamente ed alternativamente, con la duplice conseguenza che la scelta dell'uno o dell'altro foro spetta all'attore, il quale pu�, quindi, liberamente proporre la sua domanda tanto davanti al giudice IOEO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del luogo nel quale l'obbligazione dedotta in giudizio � sorta, quanto davanti al giudice del luogo in cui la stessa obblig�zione deve essere eseguita, e che, essendo sufficiente che sussista uno dei due anzidetti momenti di collegamento, l'identificazione nella circoscrizione del giudice adito del luogo in cui deve eseguirsi l'obbligazione rende superflua l'indagine volta a stabilire dove la detta obbligazione sia .sorta. Trattandosi nella specie di un'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro, da determinarsi giudizialmente mediante indagini diverse dal semplice calcolo aritmetico, ai fini dell'individuazione del locus solutionis, deve applicarsi il principio fissato nel quarto comma dell'art. 1182 c. c., secondo cui la obbligazione deve essere adempiuta nel domicilio del debitore. Non pu�, infatti, trovare applicazione il criterio stabilito nel terzo comma del citato art. 1182 e.e., per il quale l'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta nel domicilio del creditore, giacch�, come questa Corte ha costantemente ritenuto, l'applicazione di tale criterio postula che l'obbligazione sia gi� determinata in virt� di un titolo negoziale o giudiziale, che �ne abbia stabilito la misura e la scadenza. Ora, poich�, vertendosi in un'ipotesi di cumulo sogggettivo la causa ai sensi dell'art. 33 c.ip.c., poteva essere proposta davanti al giudke competente a conoscere della domanda nei confronti di uno solo dei due convenuti, e uno di essi -il Corpo delle miniere -� un organo decentrato dell'Amministrazione dello Stato avente la sede in Napoli, l'obbligazione dedotta nei confronti del detto convenuto deve eseguirsi nello stesso luogo e, conseguentemente, deve dichiararsi la competenza del Tribunale di Napoli. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2848 -Pres. Capo- raso -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Mensa Arcivescovile di Bologna (avv. Dallari) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carusi). Enti e beni ecclesiastici -Beni soggetti a conversione in virt� della legislazione eversiva -Automatica devoluzione al demanio dello Stato -Presa di possesso da parte dell'Amministrazione -Effetti. (1. 7 luglio 1866, n. 3036, art. 11; reg.to 21 luglio 1866, n. 3070, art. 61). Enti e beni ecclesiastici -I.:eggi eversive -Beni immobili acquisiti al Demanio dello Stato -Successiva legislazione concordataria Irretroattivit�. (1. 27 maggio 1929, n. 810; artt. 29 e 45; 1. 27 maggio 1929, n. 848, art. 35). Il trasferimento al Demanio dello Stato della propriet� dei beni immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici soggetti a conversione, si � !ii~ t;.:::: f:: faj 1 ........,..,,...,....,.jl1l PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1081 verificato per effetto diretto ed automatico delle disposizioni emanate con la legge 7 luglio 1866, n. 3036, indipendentemente dalla effettiva presa di possesso da parte dell'Amministrazione, la quale rileva invece, a termine dell'art. 61 del registro 21 luglio 1866, n. 3070, al solo effetto della decorrenza deUa rendita a favore dell'Ente. La nuova disciplina dettata dai patti stipulati tra la Santa Sede e l'Italia nel 1929 non ha abrogato l'intera precedente legislazione in materia. ecclesiastica, ma regolato soltanto quanto ha formato oggetto di specifica previsione, sicch� la prevista esclusione di ulteriori provvedimenti eversivi ha effetto soltanto per l'avvenire e non incide sulle conversioni di beni immobili gi� realizzate in passato con il trasferimento dei beni allo Stato (1). (Omissis). -La Mensa Arcivescovile, che in un primo tempo aveva fondato la domanda sul presupposto che i beni .per cui � causa non fossero stati appresi dallo Stato, con regolare presa di possesso, a titolo di conversione in rendita di beni immobili di ente ecclesiastico conservato, dinanzi alla realt� che i beni erano stati trasferiti allo Stato proprio a tale titolo, vorrebbe far dichiarare che tale trasferimento, da avvenire mediante iscrizione della rendita nel libro del debito pubblico, iscrizione non ancora effettuata, non � perfezionato: e dovendosi dare attualmente applicazione all'art. II del r. d. 7 luglio 1966, n. 3036 ed all'art. 61 del relativo regolamento approvato con r. d. 21 luglio 1866, n. 3070, sarebbe possibile invocare su tale provvedimento il controllo di legittimit� costituzionale al fine di farli dichiarare costituzionalmente illegittimi. � sufficiente, quindi, dimostrare che il trasferimento dei beni � avvenuto per effetto stesso del decreto n. 3036 del 1866, a prescindere dalla iscrizione della rendita relativa ai beni a carico dello Stato Italiano, perch� si rilevi l'inconsistenza della costruzione giuridica svolta dalla ricorrente. Seppure ispirati a prudenza ed a completezza di indagine, non sono quindi rilevanti e giuridicamente conferenti i primi tre motivi del ricorso, con i quali si sostiene che la Corte d'Appello avrebbe errato nell'affermare che il d. 1. suindicato avrebbe sancito l'incapacit�, per gli enti ecclesiastici conservati, di essere proprietari di beni immobili (I motivo) e nel considerare gli istituti della devoluzione dei beni degli enti soppressi e della conversione in rendita dei beni degli enti conservati come aspetto di un unico fenomeno (II motivo), assimilando poi la conversione ora detta alla confisca (III motivo). (1) Le sentenze della Corte di Cassazione, 11 marzo 1930, n. 803 e 5 marzo 1934, n. 682, richiamate in motivazione, si leggono rispettivamente in Giur. It. 1930, I, 1, 475 ed in Foro It. 1934, I, 1441. 1082 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte d'Appello, sulla spinta delle dissertazioni delle parti, ha richiamato nell'elaborata sentenza il clima storico-politico dell'epoca dell'unif�,cazione dello Stato italiano e delle vkende dei rapporti tra I Stato e Chiesa, ma non pu� dirsi che, con ci�, abbia inteso accertare la �ratio�, delle norme giuridiche che erano state applicate, norme che la Corte ha interpretato con esame diretto del loro testo. Con questo contenuto marginale e di sfondo, rispetto alla ricerca giuridica, l'indagine storico-politica non assume rilievo determinante in questa sede di legittimit�. Tuttavia pu� essere utile precisare: a) che la Corte d'Appello, contrariamente a quanto �ssume la Mensa Arcivescovile, non ha confuso devoluzione al Demanio dei beni �iegli enti ecclesiastici soppressi con la conversione in rendita dei beni immobili degli enti .conservati, ma, sottolineata tale distinzione in modo esplicito, ha osservato che la disciplina normativa, ad essa riferibile, poneva poi regole eguali per i due istituti quanto al trasferimento dei diritti reali ed alla presa di possesso dei beni da parte� dell'Amministrazione dello Stato: il che � esattissimo come si vedr�; b) che in effetti la dottrina ha sempre accreditato ia tesi che il r. d. n. 3070 del 1866 ha stabilito il principio della incapacit� -sia pure non� assoluta -degli enti ecclesiastici conservati di essere titolari di diritti reali sugli immobili; e) che l'accostamento alla confisca della conversione in rendita dei beni immobili � stato fatto dalla Corte d'Appello in via di lata approssimazione, senza trarre da esso alcun apporto di ragionamento essenziale; e ci� ragionevolmente, dato che ispirata allo scopo indiscusso di provvedere, in via eccezionale, a modificare un equiltbrio sociale ed economico, turbato dal progressivo� accumulo, con mezzi legittimi ma non per questo privi di inconvenienti, di una grande mass,a di beni immobili nel possesso della Chiesa, la conversione ora detta si presenta come istituto peculiare, _eccezionale rispetto alla tipologia giuridica tradizionale: sicch� l;accostamento a questo o a quello dei detti istituti tipici assume valore di approssimazione �cosi generica da non presentare utilit� ai fini della interpretazione e dell'applicazione concreta della relativa disciplina normativa. La Corte di merito invece, come si � accennato, ha opportunamente basato la propria decisione, circa l'immediato effetto traslativo ope legis dei beni immobili degli enti ecclesiastici conservati, sull'esame diretto degli artt. 11 e 12 del r. d. 7 luglio 1866, e dell'art. 61 del regolamento 21 luglio 1866, n. 3070. La Mensa critica tale punto de.Ila sentenza impugnata con i motivi sesto e settimo del ricorso, nei quali sostiene che l'art. 11 suindicato non prevede il trasferimento automatico dei beni degli enti conservati, come stabilito per quello dei beni degli enti soppressi, in quanto per essi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO usa il verbo al futuro (.saranno convertiti) e stabilisce .che la conversione si attua � mediante l'iscrizione della rendita � (sesto motivo). Sulla base di questa interpretazione, la ricorrente osserva che l'articolo 61 del regolamento non pu� essere inteso come determinativo della data del trasferimento (altrimenti avrebbe portata innovativa rispetto alla norma primaria) ma stabilisce solo la data della decorrenza della rendita (settimo motivo). L'assunto, per�, non ha fondamento giuridico. Gi� nel r. d. n. 3036 del 1866, dopo aver stabilito gli istituti della devoluzione e della conversione dei beni, il legislatore ha disposto uniformemente per i due istituti quanto alla presa di possesso dei beni, nel senso che questa sarebbe stata eseguita secondo le norme da stabilirsi nel regolamento. Ed il regolamento ha stabilito in modo uniforme, disponendo che i beni immobili si intendono trasferiti al demanio dalla data di presa di possesso e da questa epoca decorre la. rendita da iscriversi a favore del beoificio o altro ente morale. Riferita ai beni devoluti al Demanio, questa disposizione, come quella dell'art. 12 del r. d. n. 3036 del 1866, non pu� regolare .che la presa di possesso, dato che per tali beni non sussiste dubbio che il trasferimento al demanio dello Stato sia avvenuto ope legis, come automatica � stata la soppressione degli enti ecclesiastici cui i beni stessi appartenevano. Ma, stante l'uniformit� di disciplina attuata con le cennate fonti normative, � imprescindibile che la stessa struttura di efficacia automatica deve essere dalla conversione in rendita dei beni immobili degli enti conservati. � logicamente impossibile, in mancanza di qualsiasi riferimento discriminatorio, interpretare le medesime norme in due modi diversi di operare, secondo che oggetto del trasferimento siano beni devoluti o beni da convettire in rendita. Il contenuto di tali norme, perci�, � il collegamento tra la presa di possesso ~ la decorrenza della rendita, da iscriversi, nel caso di beni devoluti, come indennizzo, nel caso dei beni immobili degli enti conservati come mezzo di conversione del preesistente diritto reale nella rendita corrispondente con una palese uniformit� di disciplina e di effetti in questa fase esecutiva che le cennate fonti normative tendono a regolare. Questa interpretazione non � in contrasto con la dizione usata nell'art. 11 del r. d. n. 3036 del 1866 l� dove dispone che, i beni degli enti soppressi sono devoluti al Demanio, i beni immobili di qualsiasi altro ente morale ecclesiastico, fatte alcune eccezioni espresse, saranno pure convertiti per opera dello Stato, mediante iscrizione in favore degli enti morali cui appartengono, di una rendita ecc.; l'uso del tempo futuro � riferito alla conversione, non all'effetto del trasferimento del diritto sugli immobili ed � fatto ovvio che la conversione avviene solo con l'iscrizione della rendita, che rende certo, liquido ed esigibile il credito 1084 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'ente conservato. Ma nella norma ora riportata il collegamento quanto ai diritti sui beni oggetto della conversione non opera nel senso che, prima della conversione in rendita, i beni immobili si debbano con sideraTe ancora di propriet� degli enti, bensi nel senso che l'iscrizione della rendita avrebbe trovato il suo titolo nell'avvenuto trasferimento del diritto reale sui beni stessi. Manca un collegamento condizionante "del trasferimento del diritto reale sui beni alla iscrizione della rendita, collegamento che avrebbe comportato una disciplina, in fase esecutiva, di subordinazione necessaria ed essenziale del trasferimento alla iscri zione della rendita: ,collegamento non solo non emergente dalle fonti normative ma da esse escluso per le osservazioni fatte innanzi circa il loro identico contenuto quanto alla presa di possesso dei beni (devoluti o oggetto di �onversione) ed alla decorr�nza del diritto alla rendita. In tali fonti, cio� al verbo convertire non � stato dato significato giuTidico rispondente a quello lessicale di far passare una cosa (nella specie, il diritto soggettivo sui beni) da uno stato all'altro, bens� quello tecnico-giuridico di trasferire il diritto reale sui beni immobili allo Stato e di costituire a carico dello Stato ed in favore degli enti eccle siastici cui i beni appartenevano il diritto di credito alla rendita corri spondente, senza che le due operazioni fossero reciprocamente condi zionate. Cosi interpretando ed applicando le cennate norme giuridiche, i giudici del merito hanno del resto, seguito l'insegnamento di questa Corte Suprema che nella sentenza n. 803 dell'll marzo 1930 ebbe appunto a stabilire che il trasferimento a favore del Demanio della propriet� degli immobili appartenenti ad enti ecclesiastici s?ggetti a conversione si deve ritenere avvenuto fin dal momento della pubblica zione della 1. 7 luglio 1866, n. 3036, anche se l'Amministrazione non ne abbia preso immediatamente possesso; n� contrasta con tale prin cipio la disposizione dell'art. 61 del regolamento 21 luglio 1866, n. 3070, la quale ha inteso determinare soltanto la data di decorrenza della rendita a favore dell'ente, facendo coincidere tale data con la presa di possesso dei beni da parte dell'Amministrazione demaniale. E, come s'� visto, desaminata la questione, questo S.C. non ravvisa ragione alcuna per modificare tale sua statuizione. Anzi ritiene palese l'erroneit� dell'interpretazione proposta dalla Mensa arcivescovile ricor rente S'econdo cui lo Stato avrebbe preso possesso dei beni della Mensa ancor prima che essi gli fossero stati trasferiti e, a sua volta, la Mensa avrebbe acquisito il diritto alla rendita a decorrere dalla data della presa di possesso, prima ancora di perdere il diritto reale sui beni oggetto di conversione, diritto che dovrebbe considerarsi tuttora esistente per non essere ancora avvenuta l'iscrizione della rendita competente. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE L.a Corte d'Appello ha ritenuto di rafforzare il suo ragionamento nel suo senso detto innanzi osservando che l'art. 1 del t. u. 1� maggio 1930, n. 695, prevedendo, nel concorso di determinati presupposti la possibilit� che gli immobili appresi dal Demanio dello Stato agli effetti della conversione siano retrocessi agli enti ecclesiastici conservati che ne facciano richiesta, ha confermato che si tratta di immobili gi� trasferiti al Demanio, pur non essendo stata ancora assegnata la corrispondente rendita. Questo argomento rafforzativo -palesemente corretto e conferente -� oggetto di critica da parte della Mensa Arcivescovile nell'ottavo motivo di ricorso. Ma questo S.C. che ha trovato conforme a legge la decisione impugnata sulla base dell'esame delle norme che direttamente concernono la questione in esame, non ha motivo di soffermarsi sulle �Critiche dell'argomento rafforzativo, critiche che questo Collegio non condivide ma che comunque non potrebbero mai portare ad un mutamento di interpretazione delle norme applicate. Ci� ritenuto, le rimanenti deduzioni della ricorrente, in particolare quelle svolte nei motivi quarto e quinto rimangono prive della necessaria base logica e giuridica. Poich� il diritto reale sui beni � stato trasferito allo Stato per effetto stesso della nornia eversiva e poich� non sussiste intel'dipendenza condizionante tra iscrizione della rendita ed il trasferimento ora detto, deve escludersi che nella presente con~ troversia possa venire in contestazione la legittimit� delle citate fonti legislative alla stregua della vigente costituzione repubblicana, in particolare dell'art. 42 di detta Costituzione, qualunque debba ritenersi essere la natura sostanziale della disciplina normativa da ess� realizzata. Non si tratta infatti di dare applicazione attuale alla norma circa il trasferimento allo Stato dei beni immobili degli enti ecclesiastici assoggettati a conversione, bens� di dichiarare che tale trasferimento � stato realizzato per effetto �diretto ed automatico delle norme richiamate, le quali, perci�, sui beni per i quali oggi � causa hanno compiutamente realizzato i loro effetti da oltre un secolo. Quindi, da una parte, � esclusa la rilevanza ai fini della decisione della controversia in esame della questione di legittimit� costituzionale delle fonti normative ora dette, che nella specie hanno esaurito i loro effetti quanto al trasferimento del diritto dominicale sugli immobili del Monastero di S. Omobono; dall'altra, essendo stato abolito di assoggettare a conversione i beni immobili appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico (art. 30 del Concordato tra S. Sede e l'Italia), � esclusa anche per questa ragione la possibilit� stessa di prospettare un'applicazione attuale delle disposizioni del 1866 circa la conversione ora detta: ed il problema sarebbe solo di dichiarare non pi� sussistente l'obbligo della Mensa arcivescovile di essere assoggettata attualmente a conversione -se il trasferimento del diritto dominicale non si fosse gi� realizzato nel 1866 -per effetto 1086 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di abrogazione della norma che prevedeva il trasferimento del diritto reale e la conversione di �esso in diritto di credito alla rendita. Ma anche su tale questione di abrogazione di legge non assumerebbe rilevanza l'esistenza o meno di contrasto tra le norme del 1866 innanzi specificate e l'art. 42 della vigente costituzione, altra essendo la ragion1e di ,perdita di efficacia delle norme. Nel nono �ed ultimo motivo di ricorso, la Mensa arcivescovile denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 42 della Costituzione e violazione dell'art. 35 della legge 2�7 maggio 1929, n. 848, per avere la Corte d'A:ppello negato il diritto della Mensa ad un indennizzo pari a'.ll'attuale valore dell'immobile, ritenendolo sostituito dalla possibilit� dell'odierna iscrizione di una rendita rivalutata, dimenticando che l'iscrizione, secondo la ricorrente, non � pi� effettuabile, dopo la legislazione concordataria, per essere preclusa la conversione dall'art. 35 della legge n. 848 del 1929. La tesi � stata ribadita anche nelle note di udienza. Ma questo S. C. condivide anche su questo punto la decisione �adottata dai giudici di merito. Il richiamo, anche in quest'ultimo motivo, all'art. 42 della Costituzione, fa ritenere che la domanda subordinata in esame ha egualmente per presupposto necessario che il trasferimento dei beni degli enti as'Soggettati a conversione ricada nell'ambito degli atti espropriativi, che esso per non essere ancora -fatto giuridico esaurito debba co~portare l'applicazione attuale della disciplina normativa propria di tali atti, infine che alla stregua di tale disciplina debba ritenersi illecita l'appTensione dei beni da parte dello Stato senza la liquidazione della Tendita. Ma una volta ritenuto che il trasferimento allo stato dei beni immobili della Mensa Arcivescovile � avvenuta per effetto diretto del decreto del 1866, e che esso d� titolo solo alla liquidazione della rendita secondo -i criteri stabiliti dallo stesso decreto, il ritardo nell'iscrizione della Tendita e nella conesponsione della stessa, se fosse imputabile a comportamento colposo delle Amministrazioni dello Stato, potrebbe essere causa di risaTcimento ex art. 1224 c. c. ma non darebbe mai diritto alla liqui dazione di un indennizzo pari al valore attuale degli immobili trasferiti allo Stato. Ci� deve affeTmarsi anche se come sostiene la ricorrente, non fosse pi� possibile attualmente l'iscrizione della rendita a favore della Mensa per effetto della legislazione concordataria, stante che il pregiudizio che la Mensa potrebbe addurre sarebbe sempre e solo quello della perdita del diritto alla rendita come determinabile in, virt� del decreto del 1866; tesi �che, per�, � stata giustamente disattesa dalla Corte d'Appello, dato che l'art. 35 della 1. 27 maggio 1929 n. 848, disponendo l'abrogazione di tutte le disposizioni �contrarie alla legge stessa, s'� riferito alle disposizioni specificamente riguardanti la materia regolata in modo diverso ~ r1~1 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1087 dalla nuova legge (nomine ed uffici e benefici ecclesiastici, riconoscimento agli effetti civili degli istituti ecclesiastici e degli enti di culto, autorizzazione ad acquisto di beni, tutela per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, amministrazione civile dei patrimoni destinati a fine di culto, organizzazione di uffici statali per gli affari di culto) ma non ha certo abrogato tutta la legislazione precedente in materia ecclesiastica, abrogazione che neppure pu� essere considerato effetto del Concordato lateranense (Cass. 5 marzo 1934, n. 5S.2); questo all'art. 30 allorch� ha regolato la gestione ordinaria o straordinaria; dei beni degli istituti ecclesiastici e del:le associazioni religiose, ha disposito che essa abbia luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle autorit� della Chiesa, escluso ogni intervento da parte dello Stato e senza obbligo di assoggettare a conversione i beni immobili, si � riferita, come � regola generale e fondamentale dell'efficacia delle leggi, all'avveniri:; ha escluso l'ulteriore esercizio del potere di conversione ed ha vincolato lo stesso esercizio, da parte dello Stato Italiano, del potere legislativo a non disporre ulteriori provvedimenti di eversione, ma nulla ha stabilito per le conversioni di beni immobili gi� realizzate in passato con il trasferimento dei beni allo Stato e per le quali sia residuata contestazione .in ordine solo al quantum della rendita da liquidare. -(Omissis). >CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre 1972, rt. 3090 -Pres. Giannattasio -Est. �oselli -P. M. De Marco (conf.) -Ministero LL.PP. ( Avv. Stato Albisinni) .c. Zigarelli (avv. Vocino). Procedimento civile -Disponibilit�' delle prove -Fatto notorio -Co~ nizione tecniche -Non sono tali -Indennit� di espropriazione per p. u. -Valutazione -Criteri equitativi -Presupposto. (e.p.e. art. 115; e.e. artt. 1226, 2056). Espropriazione per p. u. -Indennit� -Determinazione -Deposito presso la Cassa DD.PP. .(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 48). La nozione di fatto notorio che H giudice pu� porre a fondamento .della decisione senza bisogno di prove, � caratterizzata daUa genericit� dei f.atti che rientrano nella comune esperienza deU'uomo di media cultura in un determinato tempo e luogo. Pertanto mentre notorio pu� considerarsi l'incremento di valore, nel tempo, dei fondi di una determinata zona, tale non pu� ritenersi invece la percentuale dell'aumento dei prezzi, i.l cui calcolo richiede .cognizioni tecniche particolari sulla base di precisi elementi e che sfugge r111r1111r11~r~ft ri;1rtl&~::re1::r~1:::1~1~~:ru111rii)ill~1:;::rur11rrifil:~r11:;~11ri1:~::1111M1r1:rti:r11:1:rmmmrfil{trir&fwillt111mrfilmiliMrrff]::E~ 1088 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO altresi ad una valutazione equitativa ove sussista la possibilit� di determinarla mediante consulenza tecnica, che costituisce lo strumento probatorio idoneo allo scopo (1). L'indennit� di espropriazione, sia che si fratti di somma offerta dall'espropriante ed accetta dall'espropriato, sia che sia stata determinata a seguito di stima di Ufficio od in sede giurisdizionale in dipendenza di opposizione alla stima, deve essere depositata nei modi di legge presso la Cassa Depositi e Prestiti a garanzia degli eventuali diritti dei terzi (2). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso il Ministero dei LL.PP. denunzia la violazione degli artt. 2697 .e 1226 c. c., nonch� il difetto assoluto di motivazione su un punto decisivo della controversia (ex art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c.) e censura la Corte del merito per avere apoditticamente affermato essere �circostanza notoria che il valore dei suoli edificatori (posti in agro di Avellino) fosse aumentato nel periodo fra il 1963 ed il 19�65 e per avere inoltre valutato la misura di codesto aumento in ragione del 15 % sulla base di criteri equjtativi che, a norma dell'art. 1226 c. c., non potevano essere utilizzati nella specie. Il motivo � fondato. Per costante insegnamento di dottrina e giurisprudenza, le nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza che -a norma del sec�ndo comma dell'art. 115 c. p. c. -il giudice pu� porre a fondamento della decisione senza bisogno di prova, sono costituite dai c,. d. �fatti notori �, ossia da quei fatti che un uomo di media cultura, in quel dato tempo ed in quel dato luogo, normalmente conosce, non anche da quelle cognizioni, personali ed incontrollabili, che costituiscono la scienza privata del giudice. Ora, se pu� ammettersi che -con riferimento al tempo in cui la impugnata decisione venne pronunciata, fosse circostanza di fatto nota a quanti risiedevano nella zona che i suoli edificatori siti in agro di Avellino, e pi� precisamente nella zona in cui si trovavano quelli di propriet� dello Zi.garelli, avevano subito -a partire dal 1963 -un incre (1) In senso conforme cfr. Cass. 17 aprile 1970, n. 1097 -In Dottrina sul concetto di fatto notorio, cfr. SATTA -Commentario, 1966, vol. I, p, 460, per il quale, perch� rivestano carattere di notoriet�, deve trattarsi non di fatti che si inseriscono nell'orbita di un determinato rapporto giuridico, come costitutivi, modificativi od estintivi di esso, ma di fatti semplici, genericamente rilevanti rispetto al giudizio sul fatto. Sui limiti del ricorso alla valutazione equitativa del danno cfr. Cass. 18 marzo 1970, n. 721. Circa poi la consulenza tecnica che, al di fuori della disponibilit� del<le parti e senza costituire un mezzo di prova vero e proprio, viene dal legislatore affidata al criterio discrezionale del giudice, quale rapporto tecnico atto ad illuminarlo, cfr. Cass. 23 ottobre 1959; 11 marzo 1963, n. 596; 21 marzo 1970, n. 761 ecc. ' '~iii 1 1! r ~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1089 mento di valore, � sicuramente da escludere che codesta notoriet� potesse riferirsi anche al valore percentuale di un tale aumento (15%), esorbitando la precisione necessaria ai fini del calcolo dell'incremento concreto da quella �genericit� che costituisce il connotato tipico dei fatti che rientrano nella �comune esperienza� e, conseguentemente, il limite entro cui pu� agire la dispensa dalla prova prevista dalla norma dianzi citata. Ne fornisce d'altronde conferma sia pure indiretta la stessa sentenza impugnata l� dove, per la concreta determinazione di tale aumento, ha ritenuto di potersi avvalere dei criteri equitativi di cui agli artt. 1226 e 2056 c. c., in tal guisa incorrendo in una ulteriore e distinta violazione di legge. Dispone invero l'art. 1226 c. c., e costituisce costante insegnamento di giurisprudenza a riguardo, che il ricorso alla valutazione equitativa del danno si legittima solo nel caso che questo non possa essere provato nel suo preciso ammontare. E, se � vero che il giudizio sulla necessit� del ricorso ad un tale criterio liquidativo � rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito, � anche vero che esso, in tanto si sottrae al sindacato di legittimit�, in quanto fornisca un'adeguata dimostrazione, sulla base degli elementi acquisiti al processo, della impossibilit� di provare il danno nel suo preciso ammontare. Nella specie la motivazione fornita dalla Corte del merito non assolve a tale esigenza. Invero, l'asserita superfluit� di una nuova consulenza tecnica, nel mentre implica il riconoscimento dell'esistenza di uno strumento probatorio specificamente idoneo allo scopo, ne esclude tuttavia la utilizzabilit� in concreto pe�r ragioni che sono di mera opportunit� e non di impossibilit�. Dall'accoglimento del motivo ora esaminato, restano -a rigore necessariamente assorbite le ulteriori censure mosse alla impugnata sentenza, ed in particolare quella (secondo mezzo) con la quale -denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 48 e segg. della legge generale sulle espropriazioni -il Ministero dei LL.PP. si duole di essere stato condannato a pagare la differenza (in pi�) liquidata da!La Corte del merito a titolo di indennit� espropriativa, direttamente all'espropriato anzich� alla Cassa DD. e PP. Tuttavia, essendosi nel corso della discussione orale palesato il dubbio che, con la recente decisione n. 21630 del 10 dicembre 1970, la giurisprudenza di questa Suprema Corte si sia discostata dal criterio risolutivo gi� adottato in argomento a Sezioni Unite con le decisioni n. 544 del 17 febbraio 1969 e n. 4020 del 18 dicembre 1968, ragioni di o,pportunit� inducono a precisare che tale supposto mutamento di indirizzo non sussiste, la decisione n. 2630 del 1970 essendo relativa ad una ipotesi diversa, ed a ribadire quindi la costanza del principio secondo cui � l'in 1090 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dennit� di espropriazione, sia che si tratti della somma offerta dall'espropriante e accettata dal proprietario o determinata in seguito a stima d'ufficio, sia che si tratti della somma supplementare determinata in sede giurisdizionale a seguito di opposizione dell'espropriato, va, in ogni caso, depositata nei modi di legge, a garanz'ia di eventuali diritti di terzi, e, quindi, il giudice �dito .con l'opposizione non pu� emettere una pronuncia di condanna a carico dell'espropriante in favore dell'es.propriato, ma deve limitarsi ad ordinare il deposito>>. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3131 -Pres. Rossano -Est." Montanari -P. M. Mililotti (conf.) -Istituto Autonomo .case Popolari della Provincia di Bari (avv. Memeo e Tanzarella} c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). Procedimento civile -Azione risarcitoria -Domande relative a distinti danni determinati da un unico evento -Proposizione in separato giudizio -Ammissibilit�. (e.p.e. art. 112). Espropriazione per p. u. -Immobile detenuto senza titolo dalla P. A. Risarcimento del danno -Esecuzione dell'opera pubblica -Effetti. (l. 20 marzo 1865, n. 2248 alleg. E art. 4; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71 e 73; e.e. art. 1224). Procedimento civile -Appello -Eccezioni non accolte in primo grado Riproposizione -Forma. (e.p.e. art. 346). . � ammissibile la proposizione in processi diversi di domande separate di liquidazione relative� a' distinti capi del danno determinato da un unico evento (nella specie l'Amministrazione finanziaria aveva propo �sto la domanda per conseguire il risarcimento del danno dalla illegittima occupazione di un suo fondo da parte dell'I.A.C.P., con riserva di richiedere in separata sede il valore dell'immobile su cui era stato costruito l'opera pubblica). Qualora la .P.A. abbia occupato senza titolo un immobile, spetta al proprietario il risarcimento del danno per il mancato godimento del bene e la mancata percezione dei frutti. Ove poi l'immobile sia stat� trasformato in modo permanente con la costruzione dell'opera pubblica, poich� con il compimento di questa si determina la conversione del diritto di propriet�, non pi� suscettibile di reintegrazione in forma specifica, nel diritto di c:reidito al risarci PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CI:VILE 1091 mento del danno commisurato al valore venale del bene, al proprietario privato definitivamente del fondo non compete ulteriormente l'indennizzo per l'occupazione ma, sulla somma corrispondente al valore del fondo, gli interessi compensativi decorrenti dalla data di ultimazione dell'opera pubblica (1). La riproposizione espressa in grado di appello delle eccezioni non accolte dal giudice di primo grado, necessaria perch� non si intendano abbandonate, pm� non esigendo formule particolari deve tuttavia consentire di desumere in modo non equivoco la intenzione della parte ed a tal fine non � sufficiente un generico richiamo alle deduzioni e conciusioni formulate nel precedente grado di giudizio (2). (Omissis) .. -Con il quarto mezzo -che si ritiene di esaminare prima del terzo. per la sua ;priorit� logica -il ricorrente deduce la violazione dei principi dell'unit� ed unicit� del procedimento risarcitorio, affermando che era illegittima la domanda di risarcimento parziale, effettuata dall'Amministrazione con riserva di richiedere in separata sede il valore dell'immobile, non essendo possibile frazionare .in pi� procedimenti le richieste risarcitorie che trovano fondamento in un solo fatto dannoso. L'azione proposta dall'Amministrazione Finanziaria avrebbe perci� dovuto dichiararsi inammissibile ovvero si sarebbe dovuto dichiarare inefficace la riserva di agire in' separata sede per l'ulteriore risarcimento. Il motivo � infondato. Deve ritenersi consentita la propos1z10ne in separati processi di domande separate di liquidazione relative a capi distinti del danno determinato da un unico evento. L'opinione contraria risulta in contrasto (come ha affermato questo Supremo Collegio con la sentenza (1) La sentenza riaff.erma, ulteriormente puntualizzandoli, gli elaborati principi in materia, sottolineando che la conv�ersione del diritto di propriet� in quello di credito al risarcimento del danno si verifica con il compimento dell'apera pubblica, che �quindi si pone, agli effetti in esame, su di un piano anarlogo alla emanazione del decreto di espropriazione. Cfr. Cass. 11 febbraio 19�69, n. 461; 23 maggio 1969, n. 2776. La Corte di Cassazione -cfr. Cass. 23 aprile 1969, n. 1282 -non aveva mancato di precisare come fino alla data del decreto di esproprio per p.u. l'espropriato conserva il diritto al godimento del bene, onde gli compete la relativa indennit� di occupazione. Cfr. altres� Cass. 7 ottobre 1970, n. 1831, in cui si ribadisce che la indennit� di occupazione temporanea tiene luogo della mancata utiilizzazione del bene da parte del proprietario. (2) Giurisprudenza pacifica. Come � noto il disposto di cui all'art. 346 c.p.c. non costituisce una sanzione posta a carico della parte ma una preclusione fondata sulla tacita rinunzia. Cfr. Cass. 16 maggio 1968, n. 1549, in For� It. 1968, I, 2159 e giurisprudenza ivi richiamata. 1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 109 del 1957, che mutava una precedente giurisprudenza) con il prin1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 109 del 1957, che mutava una precedente giurisprudenza) con il principio dispositivo che informa il nostro vigente ordinamento processuale secondo cui il giudice (art. 112 c. p. c.) non pu� pronunciare oltre i limiti delle domande delle parti. Affermare, poi, che l'esercizio parziale del credito risarcitorio precluderebbe ogni successiva azione per il conseguimento dell'ulteriore parte del credito stesso significherebbe sostanzialmente creare ed aggiungere una nuova causa estintiva delle obbligazioni rispetto a quelle stabilite dal legislatore nel codice civile. L'argomento, infine, tratto dall'inconveniente che deriverebbe al convenuto autore del fatto danno.so e concretantesi nei maggiori costi processuali qualora egli dovesse subire tante azioni giudiziarie quante sono le voci di danno, esso non ha rilevanza giacch� il convenuto medesimo potrebbe cautelarsi al riguardo proponendo domanda riconvenzionale di accertamento negativo dell'esistenza di ulteriori danni. Con il terzo mezzo l'Istituto ricorrente lamenta la falsa applicazione dell'art. 2043 c. c. la violazione degli artt. 1147 e 1148, stesso codice, nonch� l'omesso esame di un punto decisivo. In particolare esso assume che non avrebbe potuto qualificarsi come illecita l'occupazione del suolo da parte sua, essendo essa avvenuta col consenso, al;rneno tacito, del-� 1'Amministrazione delle Finanze. Il suo possesso non si sarebbe potuto qualificare come di malafede e conseguentemente avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 1148 c. c., secondo cui il possessore di buonafede fa suoi i frutti della cosa fino al giorno della domanda giudiziale. In ogni caso sarebbe stato erroneo il riconoscimento di un risarcimento per il mancato godimento del bene non solo per il primo periodo dell'occupazione, ma anche per quello successivo all'ultimazione dell'opera pubblica costruita sul suolo da esso Istituto. Terminata l'opera 9ubblica e divenuta cos� impossibile la restituzione della � res �, il diritto del proprietario del bene si sarebbe convertito in un diritto di credito e cio� nel diritto al valore del bene stesso. In quel momento sarebbe cessato il diritto al pagamento di ogni indennizzo per la perdita dei frutti che il bene era capace di produrr�e, spettando soltanto gli interessi sulla somma non corrisposta e costituente il valore del bene. Tali interessi non sarebbero liquidabili se il creditore omette "di chiedere la liquidazione della sorte capitale.. Il motivo � infondato per la prima parte. La Corte di Appello - dopo aver correttamente interpretato la domanda giudiziale come diretta a far valere anzitutto una responsabilit� da fatto illecito (giacch� l'azione di arricchimento senza causa era stata proposta soltanto subordinatamente) -ha ritenuto illecita l'ocCUJ?azione dell'immobile della Amministrazione finanziatria da parte dell'Istituto Autonomo per le case Popolari, avendo previamente accertato, con motivazione adeguata e con insindacabile apprezzamento di fatto, che la predetta occupazione PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1093 \ era avvenuta del tutto arbitrariamente, in quanto attuata al di fuori di qualsiasi accordo con l'ente proprietario del bene (e quindi senza il consenso, neanche tacito, di quest'ultimo), nonch� al di fuori di una qualsiasi pr�evisione di legge o di un esercizio di potest� amministrativa. Il mezzo di gravame deve invece trovare accoglimento laddove muove censure nei riguardi dell'avvenuto riconoscimento, da parte della Corte d'appello, di un diritto dell'Amministrazione finanziaria a risarcimento del danno per il mancato godimento del bene anche per il tem,no successivo alla costruzione dell'opera pubblica (costruzione di alloggi popolari) sul suolo risultante dalla demolizione del magazzino gi� doganale. Qualora l'immobile detenuto senza titolo. dalla P.A. sia stato trasformato per la costruzione di un'opera pubblica,� il diritto di propriet� preesistente non � suscettibile di reintegrazione in forma specifica, per l'impossibilit� che sia posta nel 'nulla l'attivit� discrezionale della P.A. (sent. n. 461/69). E nel caso in cui non sia possibile la restit�zione del bene occupato con opere permanenti dalla P.A., � dovuto, a colui che ha subito l'occupazione, una somma pari al valore venale del bene, calcolato secondo il .giusto prezzo che esso avrebbe avuto in una libera contrattazione (sent. n. 2776/69). A seguito e per effetto della costruzione dell'opera pubblica permanente, il proprietario del bene viene, infatti, privato in modo definitivo del .godimento e della disponibilit� del bene medesimo. Se il proprietario stesso pu� vantare, fino .al momento dell'ultimazione della costruzione dell'opera pubblica, un diritto al risarcimento del danno con riferimento al mancato godimento del bene e alla mancata percezione dei frutti della �res � (e quindi anche con riferimento -come si � regolata la Corte d'Appello con la sentenza impugnata -al canone che si. sarebbe potuto conseguire con la concessione in locazione del bene), successivamente al predetto momento -per effetto della conversione del diritto di propriet� nel diritto di credito a un risarcimento del danno commisurato .al valore venale della cosa -il proprietario privato definitivamente del bene pu� far valere in giudizio unicamente il suo diritto alla corresponsione, a titolo di risarcimento, della somma corrispondente al valore venale. Su tale somma capitale sono dovuti ovviamente, secondo i principi generali, gli interessi compensativi dal .giorno. dell'evento dannoso ~costruzione dell'opera pubblica permanente, che ha comportato effetti equiparabili a quelli della perdita della propriet� del bene), ma la liquidazio. ne di tali interessi non � certamente possibile se non viene chiesta previamente la determinazione o liquidazione giudiziale della predetta somma corrispondente al valore venale del bene. � infondato, invece, il quinto motivo del ricorso con il quale l'Istituto Autonomo per le Case Popolari lamenta la violazione dell'art. 2948 14 1094 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (o 2946) c. c., deducendo che i giudici del merito hanno omesso di prendere in esame l'eccezione di prescrizione da esso proposta in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, conclusioni richiamate anche in grado di appello con la comparsa di risposta. A norma dell'art. 346 c. p. c. le eccezioni non accolte dai giudici di primo grado si intendono abbandonate, qualora non siano state espressamente riproposte nel giudizio di appello. A questo fine occorre che dal complesso delle ragioni svolte in secondo ,grado possa desumersi, in modo non equivoco, l'intenzione della parte di sottoporre alla cognizione del giudice di appello anche le suindicate eccezioni, non essendo sufficiente un vago e generico richiamo alle deduzioni e conclusioni di primo grado, come si � verificato invece nella specie, nella quale l'Istituto Autonomo per le Case Popolari si � richiamato del tutto genericamente, -nella comparsa di risposta in appello -alle � argomentazioni � svolte in prime cure. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1972, n. 3133 -Pres. Stella Richter -Est. Boselli -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero dell'Interno (Avv. Stato Zagari) c. Cavalera (avv. Stasi) c. P. M. presso la Corte di Appello di L,ecce. Filiazione -Obbligazione alimentare -Vincolo di sangue tra genitore e figlio non riconoscibile nato all'estero -Sentenza straniera di condanna agli alimenti -Dichiarazione di efficacia -Ammissibilit�. (e.e. art. 279; disp. sulla legge in generale, art. 25; e.p.e. art. 797, n. 7). La sentenza straniera, che per motivi di ordine pubblico non pu�� avere riconoscimento in Italia per quanto at.tiene alla declaratoria di paternit� naturale, pu� ricevere invece efficacia per il capo afferente alla sola condanna agli alimenti, ed a tal fine la paternit�, che si configura co,me un mero presupposto materiale ai fini esclusivi dell'obbligazione aiimentare, pu� essere accertata incidenter tantum sulla base delle� conclusioni cui � pervenuto il giudice straniero. Il diritto agli alimenti del figlio naturale non riconosciuto n� riconoscibile esula infatti dall'ambito degli istituti familiari e si pone' come� una mera obbligazione patrimoniale disciplinata, come tale, dalla legge del luogo ove � avvenuto il fatto (procreazione) dal quale deriva (1). (1) Giurisprudenza pacifica. Cfr. Cass. 31 maggio 1969, n. 1950 in questa, Rassegna 1969, I, 649 e sentenze ivi menzionate. .. �~ 1=: f:1~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1095 (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, il Ministero degli Interni -denunziarido violazione e falsa applicazione dell'art. 798 c. p. c. dell'art. 31 delle preleggi; degli artt. 3 e 12 della Convenzione internazionale firmata a New York il 20 giugno 1956 e resa esecutiva in Italia con 1. 23 marzo 1958, n. 338, nonch� dell'art. 1 e dei principi delle Convenzioni firmat� all'Aja il 15 aprile 1958 e rese esecutive in Italia con la 1. 4 agosto 1960, n. 918; il tutto in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c. osserva che, una volta riconosciuta la possibilit� di una delibazione parziale della sentenza straniera, limitata cio� alla sola condanna agli alimenti, la Corte d'Appello non avrebbe potuto richiamarsi ai principi d'ordine pubblico che investono, nel nostro ordinamento, la disciplina dei rapporti familiari, per negare efficacia nello Stato alla predetta condanna, dal momento che tali principi non restano minimamente vulnerati dalla delibazione della pronuncia del .giu'clice straniero sul limitato punto della sussistenza di un obbligo alimentare, ancorch� derivante dall'accertamento di un rapporto di paternit� naturale non riconosciuto n� riconoscibile secondo la nostr.a legge. Il motivo � fondato. Ad essenziale sostegno della impugnata decisione si pone l'affermazione che _:._ essendo nel nostro sistema giuridico paternit�, sia pure naturale, ed obbligo degli alimenti istituti intimamente, collegati in un rapporto di causa ad effetto -non sarebbe possibile una delibazione del capo della sentenza straniera relativo alla obbligazione alimentare che non implicasse, come necessario presupposto, anche il riconoscimento della declaratoria di paternit� naturale ad ogni �effetto giuridico. Tale affermazione � erronea. Invero, per l'ordinamento italiano, il vincolo di sangue che unisce, per il mero fatto della procreazione, il genitore al figlio non riconosci bile, non pu� dare luogo ad alcun rapporto familiare e si configura come mero presupposto materiale ai fini esclusivi della obbligazione alimentare. In altri termini, il diritto agli alimenti del figlio naturale non riconosciuto n� riconoscibile esula da ogni istituto familiare, � ristretto alla mera obbligazione patrimoniale ed � regolato conseguentemente, in virtu del.l'art. 25 se,condo comma delle disposizioni sulla legge in generale, dalla legge del luogo in cui � avvenuto il fatto (procreazione) dal quale deriva l'obbligazione predetta. A conferma di tale precisazione, va rilevato che la nostra legge civile (art. 279 c. c.) prevede il caso che sul mero fatto della genera zione (sia pure risultante indirettamente da una sentenza) pu� basarsi il credito alimentare, senza che da tale� fatto derivi alcun riconosci mento od attribuzione di stato familiare. Orbene, da tale pacifica premessa la giurisprudenza di questa Su prema Corte ha costantemente desunto, a .guisa di corollari, due affer 1096 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mazioni di principio particolarmente rilevanti per la soluzione del caso di specie. La prima � che, allorquando il capo della pronuncia straniera relativo alla declaratoria della paternit� naturale non pu� essere riconosciuto in Italia per motivi attinenti all'ordine pubblico, ci� non impedisce che tale paternit� possa essere� accertata incidente'I' tantum, sulla base delle conclusioni cui � pervenuta la sentenza straniera, quando si tratti non di conferire al minore uno status familiare o di riconoscere i vari effetti morali e patrimoniali che da tale status derivano, bens� come nella specie -di attribuire efficacia in Italia (in esecuzione delle Convenzioni internazionali intese a facilitare al massimo il riconoscimento all'estero degli obblighi alimentari) alla sola condanna agli alimenti che formi oggetto di altro capo della sentenza straniera (Cass. 6 marzo 1970 n. 557; 31 maggio 1969, n. 1950; Id. 24 ottobre 1968, n. 3449). E la seconda � che le limitazioni di prova stabilite dalla legge italiana ai fini della dimostrazione del fatto materiale (procreazione) dal quale si origina la obbligazione predetta, non assumendo valore sostanziale, si sottraggono a.i princip� d'ordine pubblico �che investono la disciplina dei rapporti familiari e, restando nei limiti della lex fori, non vincolano il giudice straniero : sicch� la loro violazione non pu� esser di ostacolo sotto il p.rofilo di cui all'art. 797 n. 7 c. p. c. -alla delibazione della sentenza straniera di condanna del cittadino italiano agli alimenti a favore del figlio non riconoscibile nato all'estero (Cass. n. 55�7, del 1970 e n. 1950 del 1969, cit.). Tali principi, desumibili -come detto -dal sistema del nostro ordinamento e comunque non modificati daUa Convenzione internazionale. firmata a New York il 20 giugno 1956 e resa esecutiva in Italia con la 1. 23 marzo 1957, n. 338, sono stati apertamente violati dalla Corte del merito nella soluzione del caso di cui si tratta. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSLGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 giugno 1972, n. 501 -Pres. Uccellatore -Est. !annotta -Pacia (avv. Carbone) c. Sezione Controllo Corte dei Coniti e Consigliere delegato controllo atti Regione auto~ noma Friuli-Venezia Giulia (avv. Stato Carafa) e Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (n. c.). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Deliberazione di controllo della Corte dei Conti -Deliberazione negativa -� impugnabile. Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Diritti patrimoniali -Diniego con deliberazione negativa di controllo della Corte dei Conti -Giurisdizione del C. d. S. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Notificazione all'Autorit� emanante -Deliberazione di controllo della Corte dei Conti su atti della Regione Friuli-Venezia Giulia -Ricorso -Notificazione alla Corte dei Conti. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Deliberazione di controllo della Corte dei Conti -Deliberazione negativa -Su atto regionale -Ammissibilit� del ricorso. Corte dei Conti -Funzione di controllo -Organo ausiliario del Governo Conseguenza. Atto amministrativo -Controllo -Atti regionali -Friuli-Venezia Giulia -Controllo Corte dei Conti -Diniego di visto del Consigliere delegato -Deferimento alla Sezione del controllo -Legittimit�. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Avvocati dello Stato Comandati presso la Regione Friuli-Venezia Giulia -Proprine Sono computabili. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Diritto -Pensionabilit� dell'emolumento -Non occorre -Fattispecie -Avvocato dello Stato comandato presso la Regione Friuli-Venezia Giulia. La bilateralit� del rapporto obbligatorio non esclude che un terzo estraneo a tale rapporrto possa porre in essere una causa di prregiudizio controllata (neUa specie, Regione a statuto speciale) e un suo dipendente non preclude l'ammissibilit� del gravame giurisdizionale p:roposto contro la deliberazione negativa della Sezione del controllo della Corte stessa che costituisca l'elemento impeditivo del soddisfacimento del diritto di credito spettante al dipendente predetto (l). Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia concernente un atto imputabile ad iin organo dello Stato (nella specie, (1-8) Avverso la massimata decisione � stato pro.posto ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. le cui argomentazioni qui di seguito si riportano: Insindacabilit� in s. g. degli atti della Corte dei Conti. (1) Violazione degli artt. 100, 103 e 113 Cast.; 3, secondo comma, 17 e 26 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; 58 dello Statuto regionale 31 gennaio 1963, n. 1; 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1504, in relazione all'art. 360, n. 1 e 374 c.p.c. Il Consiglio di Stato, con la decisione impugnata, ha escluso che venissero in discussione un provvedimento o il comportamento della Regione, e ha ritenuto, in conformit� del resto a quanto era sostenuto nel ricorso, che oggetto del giudizio fosse il diniego di registrazione opposto dalla Corte dei Conti, pervenendo alla conclusione della illegittimit� di esso e del riconoscimento, con il diritto del :ricorrente, dell'obbligo di registrazione dell'organo di controllo. La decisione non manca di avvertire che in tale modo essa veniva a discostarsi dal precedente orientamento giurisprudenziale dello stesso giudice amministrativo, confermato del resto dalle SS.UU. (22 gennaio 1957, n. 167, in Mss. Foro it., col. 36), in virt� del quale non � soggetto a sindacato di legittimit� il visto di controllo o il diniego di registrazione da parte della C'orte dei Conti. Ma ha giustificato il nuovo orientamento per la diversit� delle situazioni, trattandosi nell'un caso di atto dell'amministrazione statale, per il quale � consentito al Governo di chiedere e pu� quindi imputarsi di non aver chiesto la registrazione con riserva, mentre in questo caso una uguale facolt� non � concessa alla Regione. Peraltro la .spiegazione � inidonea pdma ancora che irrilevante. Il vero � che l'atto di controllo, positivo o negativo, non � soggetto alla gi.urisdizione amministrativa. L'ipotesi esaminata nel precedente orientamento giurisprudenziale � .quello di atto ministeriale, che accoglie le istanze del privato, ma non viene registrato dalla Corte dei Conti. Se tale rifiuto di registrazione fosse sindacabile, �sarebbe su di esso, in quanto direttamente lesivo delle aspettative del privato, che in ogni caso si dovrebbe esercitare la giurisdizione amministrativa, e viceversa il precedente orientamento giurisprudenziale ha dovuto escluderlo, appunto in ragione della sua insindacabilit�. controllata (neUa specie, Regione a statuto speciale) e un suo dipendente non preclude l'ammissibilit� del gravame giurisdizionale p:roposto contro la deliberazione negativa della Sezione del controllo della Corte stessa che costituisca l'elemento impeditivo del soddisfacimento del diritto di credito spettante al dipendente predetto (l). Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia concernente un atto imputabile ad iin organo dello Stato (nella specie, (1-8) Avverso la massimata decisione � stato pro.posto ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. le cui argomentazioni qui di seguito si riportano: Insindacabilit� in s. g. degli atti della Corte dei Conti. (1) Violazione degli artt. 100, 103 e 113 Cast.; 3, secondo comma, 17 e 26 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; 58 dello Statuto regionale 31 gennaio 1963, n. 1; 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1504, in relazione all'art. 360, n. 1 e 374 c.p.c. Il Consiglio di Stato, con la decisione impugnata, ha escluso che venissero in discussione un provvedimento o il comportamento della Regione, e ha ritenuto, in conformit� del resto a quanto era sostenuto nel ricorso, che oggetto del giudizio fosse il diniego di registrazione opposto dalla Corte dei Conti, pervenendo alla conclusione della illegittimit� di esso e del riconoscimento, con il diritto del :ricorrente, dell'obbligo di registrazione dell'organo di controllo. La decisione non manca di avvertire che in tale modo essa veniva a discostarsi dal precedente orientamento giurisprudenziale dello stesso giudice amministrativo, confermato del resto dalle SS.UU. (22 gennaio 1957, n. 167, in Mss. Foro it., col. 36), in virt� del quale non � soggetto a sindacato di legittimit� il visto di controllo o il diniego di registrazione da parte della C'orte dei Conti. Ma ha giustificato il nuovo orientamento per la diversit� delle situazioni, trattandosi nell'un caso di atto dell'amministrazione statale, per il quale � consentito al Governo di chiedere e pu� quindi imputarsi di non aver chiesto la registrazione con riserva, mentre in questo caso una uguale facolt� non � concessa alla Regione. Peraltro la .spiegazione � inidonea pdma ancora che irrilevante. Il vero � che l'atto di controllo, positivo o negativo, non � soggetto alla gi.urisdizione amministrativa. L'ipotesi esaminata nel precedente orientamento giurisprudenziale � .quello di atto ministeriale, che accoglie le istanze del privato, ma non viene registrato dalla Corte dei Conti. Se tale rifiuto di registrazione fosse sindacabile, �sarebbe su di esso, in quanto direttamente lesivo delle aspettative del privato, che in ogni caso si dovrebbe esercitare la giurisdizione amministrativa, e viceversa il precedente orientamento giurisprudenziale ha dovuto escluderlo, appunto in ragione della sua insindacabilit�. 1098 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle posizioni creditorie, essendo in tale ipotesi possibiie che il titola1�e del diritto di credito si rivolga giudizialmente al terzo per far valere le sue ragioni; pertanto, la posizione di terzo spettante alla Corte dei conti rispetto al rapporto obbligatorio esistente tra un'Amministrazione ' PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1099 deliberazione negativa deHa Sezione del controno deHa Corte dei conti) �ed una posizione di credito avente titolo in un rapporto di pubblico impiego (2). La legge Cost. 31 gennaio 1963, ri. 1 (recante io statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) non dispone aicunch� in ordine alla possibilit� per la Re,gione di chiedere la registrazione con riserva degli atti per i quali la Corte dei conti abbia negato il visto, n� sono state emesse al riguardo specifiche norme, con fonti diverse da quella costituzionale citata; pertanto, poich� i7, diniego di visto della Corte dei conti, -0ve non sia seguito da un'adesione dell'Amministrazione regionale e dall'adozione dei congrui provvedimenti ed atti, importa l'impossibilit� di identificare un atto positivo o negativo, ovvero un'omissione comun. que imputabile alla stessa Amministrazi'one (che, al massimo, pu� curare la comunicazione della conclusione del procedimento di controllo), il Se poi si vogliono precisare i motivi, sui �quali riposa l'insindacabilit� dell'atto di controllo della Corte dei Conti davanti al Consi�glio di Stato, si vedr� che esso non � atto ao:nministrativo n� soggettivamente n� oggettivamente, come invece sarebbe necessario per formare oggetto della giurisdizione amministrativa, secondo la costante giurisprudenza della SS.UU. (15 gennaio 1953, n. 107, in Mass. Foro it., col 26; 8 marzo 1954, n. 668, Mass. Foro it., col 141). Quanto alla posizione soggettiva, cio� istituzionale della Corte dei Conti, occorre tener presente che la Costituzione, pur ponendola fra gli organi del Governo (titolo III), le assicura per� una posizione autonoma e iI].dipendente rispetto all'Amministrazione, sia ponendola fra gli organi ausiliari (Sez. III), distintamente dalla Pubblica Amministrazione (Sez. II), sia assicUTandole indipendenza di fronte al Governo (art. 100, ultimo comma), sia prevedendo rapporti diretti con il Parlamento (art. 100, penultimo comma; art. 26 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214). Il che oltre tutto dsponde ad un'esigenza logica, non ;potendosi concepire un'amministrazione, che si controlli da s� e pi� ancora assicuri essa stessa un siffatto controllo al Parlamento. Volendo definire tale pa!I"ti!colare (posizione bisogna dire che la Corte dei Conti si trova in un rapporto di intermediazione (o; se si vuole, di equidistanza) fra l'amministrazione e il Parlamento. Tale sua particolare posizione poi d� rilievo all'art. 103 e all'art. 113 della C'ostituzione, che prevedono l'esercizio della giurisdizione nei confronti soltanto della Pubblica Amministrazione, che -come si � detto -viene considerata distintamente dagli organi ausiliari. Perci� una corrente dottrinale riconosce alla Corte dei Conti posizione istituzionale di potere giuridico autonomo, in conside!I"azione della rilevanza che tale veste assume ai fini dell'art. 134 della Costituzione e 37 della legge 11 maTzo 1953, n. 87. D'altro canto bisogna aggiungere che non pu� considerarsi l'atto di controllo come atto (oggettivamente) amministrativo. Esso infatti non � volto a :soddisfare esigenze pratiche, come se la Corte dei Conti sia parte, cio� �soggetto, del rapporto giuridiCo sostanziale; ma, avendo la funzione soltanto di far dspettare la legalit� in genere e il bilancio in particola!I"e, si �distingue e si contrappone all'atto amministrativo, che � invece destinato a soddisfare le esigenze pratiche, allo stesso 1100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricorso giurisdizionale contro la deliberazione negativa della Sezione del �controllo della Corte dei conti � ritualmente notificato alla Corte stessa, dovendosi ravvisare la causa dei pregiudizio proprio nell'atto di controllo che, in quanto negativo,. � preclusivo deWeff�cacia dell'atto sottoposto a controllo e dal quale l'interessato attende dei vantaggi (3). La possibilitd di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale tra Stato e Regione e viceversa non preclude che, non essendo sollevato tale conflitto dai soggetti a ci� legittimati, la persona priva di legittimazione ad agire dava"!-ti alla stessa Corte possa ricorrere al giudice amministrativo e� dedurre le proprie censure di legittimitd che potrebbero essere proposte nel -giudizio per conflitto di attribuzione sopra detto; pertanto, nel caso in cui non risulti sollevato conflitto di attribuzione fra Regione a statuto spe'Ciale e Stato in ordine modo come l'istituto si distingue e si contrappone funzionalmente a:tl'Amministrazione attiva. A conclusione di questa disamina, e volendo sintetizzare i due aspetti -soggettivo ed oggettivo -del problema, si pu� dire che le deliberazioni della Sezione di controllo sono pronunzie della � magistratura � della Corte dei Conti, in sede non contenziosa, e tuttavia pronunzie super partes della magistratura medesima, in quanto tale, rispetto ai soggetti, attivo e passivo, dell'azione amministrativa. � �stato necessario indugiare sul tema dell'insindacabilit� dell'atto di controllo e sul fondamento di essa per .chiarire come non sia rilevante l'argomento pratico, che d� parvenza di logica e di giustizia alla decisione impugnata, e cio� che l'insindacabilit� dell'atto di controllo. verrebbe ad escludere un qualsiasi rimedio nei confronti del diniego di registrazione, non essendo consentito alla Regione di chiedere la registrazione con riserva. Non bisogna invero dimenticare che, secondo l'art. 103 della Costi tuzione e 1secondo la ricordata giurisprudenza delle SS.UU. la tutela giuri sdizionale, se a questo rimedio si vuole alludere, � concessa contro gli atti della Pubblica Amministrazione, mentre si � visto che tale non pu� essere considerato l'atto di controllo, tanto meno quando assume contenuto ne-� gativo. � davvero � una strana inve:nsione dell'ordine logico quella di voler attribuire natura di a'tto amministrativo all'atto di controllo allo scopo di assoggettarl� alla giuris�.izione amministrativa, l� dove � vero invece proprio il contrario, e cio� che una volta stabilito pr.eliminarmente che non si tratta di, atto amministrativo, la conseguenza � quella della insindaca bilit� da parte del giudice di legittimit�. D'altro canto non � esatto che contro il diniego di registrazione l'ordi namento giuridico non �concede alcun rimedio, dal momento che la stessa decisione ha dovuto darsi carico, sull;i fa1sariga dell'orientamento della Corte Costituzionale (sentenza 13 dicembre 1966, n. 121), che era consen tito alla Regione sollevare il conflitto di attribuzioni contro il diniego di registrazione. � questo un ulteriore .profilo del lamentato difetto di giuTisdizione, dal momento che il Oonsiglio di Stato non solo ha ritenuto di assoggettare a gifill><iizione amministrativa l'atto di oont<ollo, che invece � i=lnda- I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA ll01 al rifiuto di visto opposto dalla Corte dei conti rispetto ad un atto� dell'Autorit� regionale, deve ritenersi proponibile il ricorso al Consiglio di Stato, contro L'atto di controllo negativo, da parte del privato� interessato a che l'atto sottoposto al controllo ottenga efficacia (4). Attesa la sist�matica della vigente Costituzione, non pu� negarsi la natura amministrativa dell'attivit� della Corrte dei conti in sede di" controLlo che, al pari del Consiglio di Stato in sede consultiva, � olf'gano ausiliario del Governo (art. 100 Cost.), camminando l'efficacia e l'inefficacia di alcune delle pi� rilevanti manifestazioni amministrative del Governo stesso, in limitati casi anche in modo irreversibile (art. 25, terzo comma t.u. 12 luglio 1934, n. 1214); pertanto, dovendosi esclu-� cabile in quella sede, ma poi si � sostituito al giudice competente che � la Corte Costituzionale. Non btso'gna invero ;confondere il raworto fra Corte dei Conti eRegione in ordine alla registrazione e quello di diil'itto sostanziale fra la Regione �e il privato. Il rap>porto fra Corte dei Conti e Regione in ordine alla registrazione � attribuito alla cognizione della Corte Costituzionale, mentre non pu� pretendersi poi che la Corte dei Conti possa essere chiamata, nel casO' di diniego di registrazione, nella controversia sul diritto so,stanziale, quasi che sia soggetto �di questo rapporto o comunque parte intere�ssata a inter-� ferire in esso che viceversa ha come soggetti e contradditori unieamente Regione e privato. Oltre tutto contrasterebbe con ogni principio giuridico� che la C:orte dei Conti fosse chiamata alternativamente davanti all'uno o all'altro giudice a seconda dell'atteggiamento e quindi a beneiplacitO' della Regione. � vero invece .che il conflitto di attribuzioni fra $-tato e Regione appar-� tiene alla competenza esclusiva della Corte Costituzionale (SS.UU. 12 dicembre. 1958, n. 3872, in Massim. Giust, Civ., 1939), e non pu� essere sottratto a tale gtudice. 2) Violazione art. 56 e 57 del T.U. iO gennaio 1957, n. 3; art. 4 Statuto� regionale approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1; art. 2, primo comma, legge regionale 21 novembre 1964, n. 3 e art. 64 legge regionale 28 marzo 1968, n. 21, art. 29 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione agli art 360, n. 1, 374 e 386 c.p.c. La decisione ha fondato la giurisdizione del Consiglio di Stato sulla considerazione che si verserebbe in materia di pubblico impiego, dal momento che �la posizione di credito, dedotta nel presente giudizio, ha il suo titolo nella posizione di impiegato pubblico spettante all'avv. Pacia, sia pure comandato presso la Regione �, anche se ipoi ha ritenuto di riconoscere la rprete�sa creditmia in base non gi� alla di,scipiina di un tale rapporto di impiego, ma alla disciplina che al comando awebbe dato la Regione con norme sue proprie (art. 2, primo comma, legge regionale 21 novembre 1964, n. 3 e art. 64 legge regionale 28 marzo 1968, n. 21). Ma -queste affeirmazioni pirospettano vatri profili di difetto di giurisdizione, connessi fra loco e �che pertanto vengono trattati con questo stesso motivo di ricorso. Non � esatto che la disciplina (-statale) del rapporto di impiego dell'avv. Pacia e tanto meno le norme regionali assicurano allo stesso una 1102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dere, nell'attuale assetto costituzionale, la riducibilit� della Corte dei conti ad organo del Parlamento (tenuto conto dell'espresso disposto dell'art. 55 Cost., in base al quale iL Parlamento � costituito solo dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica), debbono ritenersi impugnabili in sede giurisdizionale gli atti di controllo preventivo di legittimit� della Corte dei Conti in quanto atti della pubblica Amministrazione (5). L'art. 58, legge Cost. 31 gennaio 1963, n. 1 (recante lo statuto speciale della Regiol/1,e Friuli-Venezia Giulia) dispone che il controllo di legittimit� degli atti amministrativi della Regione � svolto in conformit� pretesa configurabile come diritto ,soggettivo di credito, o eventualmente come interesse legittimo, da che deriva l'improrponibilit� assoluta nei confronti della Pubblica Amministrazione di un'azione diretta �a far valere interessi semplici. Occorre tenere pvesente che gli artt. 103 e 113 della Costituzione ammettono la tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione per i diritti e gli interessi legittimi, che quindi !rappresentano l'oggetto e il limite dell'eser,cizio della funzione gim1sdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione. Perci� il giudice deve accertare preliminarmente, in sede di ricognizione della propria giurisdizione, se la pretesa fatta valere in ,giudizio dal cittadino sia configurabile in via generale ed astratta come diritto soggettivo o interesse legittimo, o non piuttosto come interesse semplice, do� se la legge, considerata in via generale ed astratta, assicuri al cittadino un diritto soggettivo o un interesse legittimo corrispondente alla rpretesa fatta valere in giudizio o non ,piuttosto un interesse semplice: salvo naturalmente a rimettere all'eventuale ulteriore corso del giudizio ogni questione di merito sulla pertinenza del diritto e la proponibilit� della domanda (art. 386 c.rp.c.). Non occorre indugiare 'Sulla illustrazione di un tale principio, che � stato recepito dalle S.U. nella fondamentale sentenza 12 gennaio 1966, n. 207 (in Foro it., I, 212), confermata con l'altra 12 luglio 1966, n. 1846. Ma, posto un tale principio, bisogna dire che nessuna norma, statale o regionale, riconosce una indennit� come quella pretesa ex adverso, e che ha dato luogo al rifiuto di registrnzione del relativo provvedimento di liquidazione. L'avv. Pacia era impiegato dello Stato, nella qualit� di avvocato dello Stato, e si trovava in posizione di fuori ruoio (e non di comando) presso la Regione. La posizione .di fuori ruolo o di comando sono disciplinate dall'art. 57 (in relazione all'art. 59 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3), in virt� della quale il rapporto di impiego resta quello originario (in conformit� del resto alla giudsprudenza dello stesso Consiglio di Stato) e solo passa a carico dell'Amministrazione o dell'ente, cui l'impiegato viene destinato, la spesa per esso impiegata. Ma � certo che all'avvocato dello Stato destinato a prestar servizio presso altra amministrazione o ente rpubblico non spetta di partecipare alla ripartizione degli onorari di cui all'art. 21 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611. Invero, provenendo i fondi relativi dagli onorari versati dalle parti private per le cause trattate dall'Avvocatura dello Stato, partecipano alla loro ripartizione solo gli avvocati dello Stato (e gli impiegati PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1103 delle leggi dello Stato� che disciplinano le attribuzioni della Corte dei conti; pertanto, dovendosi ritenere estensibili alla Regione in parola, ad esclusione dell'istituto della registrazione con riserva, tutte le altre norme relative al controllo preventivo �di legittimit� degli atti statali, legittimamente viene deferito un affare alla Sezione del controllo della Corte dei conti, dopo che il Consigliere delegato abbia insistito nel diniego di visto, malgrado le osservazioni formulate dall'Amministrazione regionale, alla quale sono stati mossi i rilievi (6). Ai sensi dell'art. 2, legge Reg. Friuli-Venezia Giulia 21 novembre 1964, n. 3 e dell'a1�t. 64, legge Reg. 28 marzo 1968, n. 21, al personale comandato presso la Regione predetta deve essere corrisposto lo stesso trattamento economico in godimento presso l'Ente di provenienza, trattamento di cui costituiscono parte -le indennit� e competenze comunque percepite in modo continuativo, in forza di disposi- dell'Avvocatura dello Stato), che svolgono attivit� di istituto. Una conferma � data dallo stesso citato art. 21, che rprevede che il riparto sia operato distintamente per l'Avvocatura Generale e le singole Avvocature Distrettuali, in ba�se alle esazioni orperate rispettivamente dall'una o dalle singole altre, e inoltre ammette al rispettivo riparto i funzionari in servizio presso gli uffici suddetti (� i propri funzionari �, come ivi � detto). E infatti il Regolamento peir la ripartizione degli onorari, approvato con d.m. 20 maggfo 1924, ai sensi e per gli effetti del suddetto airt. 21, espressamente prescrive che � non hanno diritto al riparto per tutto il tempo dell'applicazione coloro che siano chiamati a prestare servizio presso altri uffici dello Stato e presso altre Amministrazioni � (art. 13). Ci� del resto � rriconosciuto indirettamente nella stessa decisione impugnata, che cita la precedente decisione della IV Sezione, 16 maggio 1972, n. 427, relativa proprio alla natura e spettanza della quota onorari, nella quale � affermato il principio che si tratta di indennit� speciale dovuta per la particolare natura dell'attivit� di istituto, e che pertanto non srpetta a �Chi si trovi a non esplicare tale attivit�. � Le somme -ivi � detto spettanti al personale dell'Avvocatura dello Stato per il riparto in questione sono quindi irriducibili allo stipendio inteso non solo in senso nominalistico, ma anche nella rpi� lata accezione accolta dall'Adunanza Plenaria con la decisione 1� luglio 1964, n. 16; ma sono identificabili con le indennit� per funzioni e servizi di carattere speciale, per le quali non sussiste il diritto alla reintegra (art. 97, primo comma, t.u. 10 gennaio 1957, n. 3) �. E in definitiva, volendo fare un esempio, se un avvocato dello Stato � collocato fuori ruolo (o in ipotesi comandato) .resso altra Amministrazione statale, non pu� .pretendere poi dalla stessa, per l'avvenuto trasferimento della spesa, la �quota onorari, tenuto conto sia dell'origine .particolare dei fondi relativi sia della particolare attivit� di istituto cui tali fondi �sono destinati. Il Consiglio di Stato invece, essendo l'avv. Pacia destinato a presta�r servizio presso la Regione, si � richiamato alle due leggi regionali 21 novembre 1964, n. 3 e 28 marzo 1968, n. 21, le quali assicurano all'imrpielgato statale comandato �il trattamento economico complessivo �. 1104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zioni vigenti per l'Amministrazione di appartenenza, epper� anche le indennit� che costituiscono la terza fascia retributiva di alcune categorie di pubblici dipendenti; pertanto, ai fini de.zia concessione delle� quote onorari ad un Avvpcato dello Stato comandato a prestare servizio presso la predetta Regione_. nel silenzio delle 1�ichiamate norme� regionali, non costituiscono motivo ostativo l'assenza della fissit� di dette quote onorari e la mancanza di una effettiva prestazione di, servizio presso l'Ente di appartenenza (7). La spettanza di una determinata quota di trattamento economico non � condizionata alla sua pensionabilit�, essendo previsti dal vigente ordinamento indennit� o compensi in genere a favore di pubblici dipen- Tali leggi per� non aggiungono nulla alla disciplina stabilita dallo Stato, per il trattamento economico complessivo del (proprio impiegato, dal momento .che con esse la Regione si limita a riconoscere a proprio carico la spesa ad essa trasferita in virt� dell'art. 57 del t.u. 10 gennaio 1957, n." 10. Basta perci� questo sommario generale esame della disciplina normativa della materia per togliere alla .pretesa dedotta in giudizio ogni parvenza di diritto soggettivo o di interesse legittimo e suffragare la dedotta imprnponibilit� assoluta. S'e poi si vuole sostene.re che la Regione con le due leggi suddette abbia introdotto una sua prop!l:ia disciplina del trattamento economico del personale statale comandato, distinta e anche diversa da quella dello Stato, quasi che la pretesa avversaria sia in sostanza rivolta ad ottenere il riconoscimento di un'indennit� regionale, sostitutiva della quota onorari, allora bisogna trarne talune conclusioni, che configurano anch'esse pro.fili di difetto di giurisdizione. La prima � quella della illegittimit� costituzionale delle norme suddette, per violazione dell'art. 4 dello Statuto speciale (approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1). La Regione invero ha competenza legislativa per il proprio personale, non per quello statale (per un caso analogo vedasi Corte Cost. 2 luglio 1968, n. �93), specie poi allorch� per questo personale esiste una disciplina legtslativa statale, che la Regione non pu� modificare. E tale profilo di illegittimit� costituzionale ha rilevanza nell'odierno giudizio, poich� da esso dipende la rilevata improponibilit� assoluta. La seconda � che qualsiasi diritto o qualsiasi indennit� :riconosciuti dalla Regione all'impiegato statale comandato in effetti non sono propri dell'originario rappOil'to di impiego: semmai sono soltanto con esso connessi, ma sempre distinti e diversi. La indennit� controversa, anche se� commisurata alla quota onorari, non � certo la -quota onorari; e anche se collegata al comando, non fa parte del trattamento economico proprio dell'impiegato statale, restando da esso sepM"ato come qualcosa di aggiunto o come un quid alii. La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, che in materia di diritti � giurisdizione speciale, � contenuta nei limiti del rapporto di impiego statale e della disciplina sua propria, mentre ogni altro �diritto differente, anche se connesso, � soggetto alla giurisdizione (generale) del giudice ordinario. RENATO CARAFA ~ I I :.:; m PARTE I, SEZ. IV, GIURI~PRUDENZA AMMINISTRATIVA 1105 denti, senza che ne sia stabilita l'inclusione nella base pensionabile; pertanto, � illegittima la deliberazione della Sezione del controllo della Corte dei conti che nega il visto ad un mandato di pagamento di un'indennit�, a titolo di quota-onorari, ad un avvocato dello Stato comandato a prestare servizio presso la Regione speciale Friuli-Venezia Giulia, in forza della irriducibilit� della quota onorari (ai sensi dell'art. 21, �r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611) alla base pensionabile degli avvocati dello Stato (8). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 622 -Pres. Mere- gazzi -Est. Benven�to -Ghigi (avv. Barillaro) �c. Consiglio nazionale ricerche (avv. Stato Terranova) e Rinelli (n.c.). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile -Concorso -Bando -Impugnabilit� immediata -Esclusione Conseguenze -Fattispecie. Impiego pubblico -Concorso -Concorso per titoli -Limitazione in merito alla pubblicazione -Illegittimit�. Impiego pubblico -Concorso -Criteri di massima -Punteggio unico per voci eterogenee -Illegittimit�. Impiego pubblico -Interesse -In tema di concorso -Valutazione titoli Fattispecie -Valutazione di titoli anche a favore del ricorrente Sussiste interesse. Impiego pubblico -Concorso -Titoli -Valutazione -Pubblicazioni Lavori in collaborazione -Valutabilit� -Limiti. Impiego pubblico -Concorso per titoli -Valutazione -Pubblicaz~oni�Lavori in collaborazione -Lavori di un candidato in collaborazione con un Commissario di esame -Non sono valutabili. Il bando di concorso non � impugnabile ex se nell'ipotesi in cui ia lesione dell'interesse giuridico, per la tutela del quale viene adito l'organo giurisdizionale, non sia certa ed immediata conseguenza deUe 'Clausole del bando, ma si verifichi solo in seguito a determinati risultat. i del concorso; pertanto, deve ritenersi tempestiva l'impugnativa in sede di ricorso contro la mancata nomina di un concorrente delle clau~ wle del bando che limitano numericamente le pubblicazioni che ciascun candidato pu� far valere come titoli di me.rito, in quanto la lesfone .dell'interesse sostanziale e finale a conseguire un risultato utile nel .concorso diviene certa ed attuale -da virtuale che era -solo se ~~~ 1106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (e nel momento in cu�) si ve:rifica la soccombenza nel concorso o un risultato di merito inferiore a que(lo sperato (1). 1106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (e nel momento in cu�) si ve:rifica la soccombenza nel concorso o un risultato di merito inferiore a que(lo sperato (1). In un concorso per titoli diretto ad acclarare una competenza ad altissimo livello attraverso il vaglio deWintera personalit�� tecnicoscientifica dei candidati (nella specie, per la nomina a Direttore di ricerca a contratto presso H Consiglio nazionale delle ricerche), vaglio che per ciascun cOTI.corrente deve necessariamente essere condotto sulla scorta, soprattutto, delle pubblicazioni e con riguardo alL'intera gamma di esse, � Hlegittimo il bando che -pur lasciando salva, ovviament,e, la potest� della Commissione esaminatrice di avvalersi del criterio di valutare a posteriori le e'sibite pubblicazioni in base alla qualit�, e non gi� alla quantit�, di esse -adotti una prescrizione limitativa (non pi� di dieci pubblicazioni per candidato) che a priori precluda ai candidati di dimostrare integ1�almente la loro capacit� attraverso l'esibizione di tutte le loro pubblicazioni scientifiche. In sede di concorso per titoli al posto di Direttore di rice.rca a coni & tratto presso il Consiglio nazionale delle ricerche, deve ritenersi del !i tutto irrazionale il criterio, adottato dal bando e seguito dalla Commis i ~ sione giudicatrice, di prevedere l'attribuzione' di un punteggio, unico per tre voci che riguardino titoli (quali, ad esempio, le attivit� di assi~ & stente o incaricato universitario, quelle di ricercatore presso ii Con i:: siglio nazionale delle ricerche e quelle di dirigente industriale presso ~ terzi) caratterizzati da notevoli diversit� tra lmo, soprattutto sotto il I I' profilo del diverso rilievo come indici sintomatici di idoneit� al posto messo a concorso. Il fatto che, in sede di concorso pe'r titoli, lavori in collaborazione siano stati valutati anche a favore del candidato non vincita-re non vale a privare ,.questo dell'interesse a dedurre le censure di violazione dei principi valevoli per l'ipotesi dei lavori in questione, non po,tendosi f$ a priori escludere che, in sede di rinnovazione delle operazioni concorsuali conseguente all'eventuale accoglimento delle censure stesse�, i possa verificarsi -in c~nseguenza dell'esdusione o deUa limitazione di valutazione di tali lavori -l'eventualit� che il contro,interessato I risultato vincitore venga a subire una maggiore detrazione di p1U,nteggio 0. rispetto al ricorrente. rn In sede di concorso per titoli, i lavori compiuti in coUabo-razione con soggetti diversi dai membri della Commissione giudicatrice pos I sono essere considerati solo quando sia possibiie' scindere e individuare M il contributo dei singoli autori e possono essere valutati, a favore' del candidato che li produce �come titoli, solo per la parte che ( se'condo il il ~~~: discrezionale apprezzamento deUa Commissione) sia da riguardarsi fj !� (1) Giurisprudenza costante sul princ1p10 generale. Cfr., fra le tante, ( V Sez. 23 febbraio 1971, n. 121, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 284. t: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1107 come contributo di detto candidato, spettando aria Commissione l'onere di acclarare,� dando conto di tale indagine con adeguata motivazione, quale sia l'apporto dato dal candidato stesso all'opera a cui ha collaborato (2). In sede di concorso per titoli, deve ritenersi pl/'edusa la valutazio1ie delle pubblicazioni in collaborazione tra candidato e un Commissario esaminatore, giacch� in tal caso il relativo giudizio non offre sufficiente garanzia di obiettivit� (3). (2-3) Cfr. V Sez. 14 maggio 1965, n. 513 e 5 marzo 1968, n. 216, iv'i, 196'5, I, 929; 1968, I, 591. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 626 -Pres. Meregazzi -Est. Schinaia -D'Aiello (avv. Cioffi) c. Ministero lavori pubblicl, Prefetto di Napoli e Giunta regionale della Campania (avv. Stato Freni) e Comune di Napoli (avv. Gleijes:es). Giustizia amministrativa -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Sopravvenienza del piano regolatore -Non fa cessare la materia del contendere. Costituzione della Repubblica -Regioni -Competenza -�Passaggio di funzioni statali -Disciplina legislativa -Questione di incostituzionalit� -Manifesta infondatezza. Costituzione della Repubblica -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -L. n. 1902 del 1952 -Contrasto con gli artt. 42 e segg. Cost. -Manifesta infondatezza. La successiva approvazione del piano regolatore da parte del Comune � non fa cessa1�e la materia del .contendere sul ricorso proposto contro il provvedimento con il quale il Prefetto, in virt� dei poteri conferitigli -prima del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 -daU'art. 1 legge 3 novembre 1952, n. 1902, abbia adottato la misura di salvaguardia deHa sospensione� dei lavori relativi ad un'opera che, sebbene autol/'izzata con licenza edilizia, sia in contrasto con le previsioni del piano stesso successivamente adottato dal Comune, non versandosi nell'ipotesi dell'atto impugnato che sia stato eliminat0; dal mondo giuridico e con effetto ex tunc normalmente mediante altro atto emanato dalla stessa Amministrazione. Dopo l'istituzione della Regione e la nomina dei suoi organi di Governo, i poteri gi� esercitati da organi dello Stato e demandati alla Regione dalla Costituzione non devono essere esercitati automatica 1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente e senza alcuna soluzione temporanea ai sensi deUa VIII Disp. 1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente e senza alcuna soluzione temporanea ai sensi deUa VIII Disp. trans. Cost., secondo cui le le�ggi della Repubblica 1�egolano per ogni ramo della P.A. ii passaggio delle funzioni statali attribuite alLe Regioni; perta;,,,to, � manifestamente infondata la questione di legittiimit� -costituzionale di quelle norme che abbiano disciplinato in via generale quel passaggio (nella specie, art. 17 legge 16 maggio 1970, n. 281, in mate1�ia di urbanistica) e quelle che poi, in concreto, lo hanno attuato in virt� della delega contenuta nella citata norma. Le misure di salvaguardia previste dall'art. 1 legge 3 novembre � 1952, n. 1902 sono destinate ad operare in ipotesi determinate, specie -per quanto concerne quella che pu� adottare iL Prefetto, in un ambito temporale circoscritto (bre o cinque anni, a-seconda dei casi), che non �pu� ritenersi non ragionevole, �avuto riguardo alla carnplessit� dell'iter �procedurale per l'approvazione di un piano regolatore generale; pertanto, � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale della legge cit. e succe�ssive m�dificazioni -per �n contrasto .con gli artt. 42 e se�gg. Cost. -, nella considerazione che iL provvedimento del Prefetto o del Sindaco, adottato in base a detta.. legge, sottragga temporaneamente e senza indennizzo la disponibilit� ed ii go. .dimento di immobili da considerarsi e:dificabili in base all'ordinamento �vigente e per i quali sia stata anche concessa autorizzazione ad edi_ jicare (1). (Omissis). -La declaratoria di cessazione della materia del contendere, chiesta dalla difesa del Comune di Napoli, non pu� essere�pronunciata in quanto non ne ricorrano i presupposti. E per vero per farsi �1uogo a tanto � necessario 1che l'atto impugnato sia stato eliminato dal mondo giuridico e con effetto ex tunc, normalmente mediante altro atto emanato dalla stessa Amministrazione. Invece nel caso si pre.tende �di fare infondatamente derivare quell'effetto dall'approvazione del .piano regolatore del Comune �di Napoli, il quale di certo non elimina con effetti ex tunc, il provvedimento con il quale il Prefetto, secondo la legge, abbia adottato la misura di salvaguardia della sospensione dei lavori relativi ad un'opera che, sebbene autorizzata con licenza edilizia, sia in contrasto con le previsioni del ~piano regolatore medesimo successivamente adottato dal Comune. Che la anzidetta misura di salvaguardia, come quella adottata dal �sindaco abbia natura �c.d. cautelare nel senso �che essa dura sino a .quando quel piano in itinere non giunga alla sua normale destinazione, -cio� all'approvazione, e comunque non oltre un certo periodo, in con( 1) Cfr. Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, in questa Rassegna 1968, I, 661. Cfr., altres�, con riferimento agli artt. 1 e segg. legge 10 novembre 1968, :-:-: ( :n. 1187, IV Sez. 7 dkemb['e 1971, n. 1118. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1109 f~rmit� alla legge, � evidentemente nella natura di quel provvedimento, cos� come configurata�dalla legge che nulla ha da condividere con la diversa vicenda giurtdica che conduce alla cessazione della materia del contendere. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto una censura di incompetenza assoluta che in realt� tale potrebbe essere configurata solo se un gruppo di norme ventsse dichiarato incostituzionale. Ed in effetti il ricorrente per sostenere che nella specie il potere del Pre.fetto era venuto meno, quale organo statale, con la istituzione della Regione e dei suoi organi di governo nella materia in cui questa esercita il suo potere legislativo e fra le quali appunto, secondo l'articolo 117 della Costituzione, la materia urbanistica, afferma, senza ulteriore specificazione, che le norme ,contenute nella legge n. 62 del 1953 e quelle dell'art. 17 della legge 281 del 1970 siano viziate di illegittimit� costituzionale per contrasto con .gli articoli da 114 a 133 della Costituzione. L'ecc.ezione di �costituzionalit� � manifestamente infondata. Invero l'assunto del ricorrente � nel senso che una volta che la Regione sia stata istituita e siano stati nominati i suoi organi di governo automaticamente e senza alcuna soluzione temporanea i poteri per l'innanzi esercitati da organi dello Stato debbano .essere invece esercitati dalla Regione, quando si tratti di poteri che, ovviamente, siano stati demandati dalla Costituzione alla Regione. Senonch� un cos� drastico assunto � in aperto contrasto ,con la disposizione transitoria VIII della Costituzione Ja quale al secondo comma,. prescrive che � leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della Pubblica Amministrazione (e quindi, per quello che interessa, anche per l'urbanistica) il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni�. Quindi � manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalit� di quelle norme che hanno disciplinato in via generale quel passaggio, tra le quali rientra l'art. 17 della leg�ge 16 maggio 1970, n. 28, e quelle che poi, in concreto, lo hanno attuato in virt� della delega contenuta nella �citata norma. Ci� posto poich� nel momento in cui fu adottato il provvedimento di salvaguardia ancora non era intervenuta la legge delegata (d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8), ne deriva che competente a provvedere era, giusta il disposto dell'art. 1, secondo comma della legge 3 novembr� 1952, n. 1902 il Prefetto della provincia e quindi l'asserita incompetenza di d�tto organo non sussiste. Anche con il secondo motivo si solleva una questione di legittimit� costituzionale: si, sostiene precisamente che la 1. 3 novembre 1952 n. 1902 e successive modi.fkazioni sia in contrasto con gli articoli 42 e segg. della Costituzione poich�, -traendosi argomento dalla sentenza della Corte costituzionale n. 55 del 29 maggio 1968 -il provve 1110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dimento del Prefetto o del Sindaco in base ad essa adottato sottrae temporanea:rr,iente e senza indennizzo la disponibilit� ed il godimento di immobili da 1considerarsi edificabili in base all'ol'dinamento vigente e per i quali � stata anche concessa autorizzazione ad edificare. Questa ec1cezione, anche se rilevante, � manifestamente infondata. La Sezione, anche se non ha esaminato isolatamente tale questione, ha avuto modo di considerarla in modo indiretto nel contesto cio� degli articoli 1 e successivi della I. 10 novembre 1968 n. 1187, escludendo che la stessa potesse ingenerare alcun dubbio sulla costituzionalit� delle norme che prevedano la salvaguardia (conf. 10 luglio 1970 n. 522, 19 ottobre 1971 n. 889 e 7 dicembre 1971 n. 118). Ed � nel solco di tali pronunce e segnatamente della sent.enza della Corte costituzionale n. 55 del 1968 richiamata dallo stesso ricorrrente che la questione predetta si appalesa manifestamente infondata. Con quest'ultima pronuncia � stato affermato che la garanzia della propriet� privata � violata quando i singoli diritti ad �s1sa collegati vengono soppressi o compl'essi, senza indennizzo, mediante atti di imposizione volti a svuotare in modo in.cisivo la consistenza dei diritti stessi. Per� la Corte costituzionale ha ritenuto legittimo introdurre n'el!la disciplina urban1stica i li.miti diretti a dare ordine ed armonia ai centri abitati o quelli, e questo � il punto che interessa nel caso, che stabiliscono un vincolo di �immodificabilit� di immobili destinati al trasferimento coattivo in vista delle utilizzazioni programmate dal piano, purch� circoscritti nel tempo, e per converso illegittime le sottrazioni delle aree alla loro normale desti:nazione disposta senza indennizzi per un futuro ed eventuale� acquisto co:;ittivo incerto sul �se � e nel �quando�: ovbene le misure di salvaguar�dia sono destinate ad operare in ipotesi determinate, specie per quanto concerne quella che pu� adottare il Prefetto, in un ambito temporale circoscritto (tre o cinque anni, a seconda dei casi), che non pu� ritenersi non ragionevole, avuto riguardo alle complessit� dell'iter procedurale per l'approvazione di un piano regolatore generale. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 629 -P:res. Meregazzi -Est. !annotta -Soc. immobiliare Flegrea (avv. Sorrentino) c. Ministero Lavori Pubblici e Prefetto di Napoli (avv. Stato Freni) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). Giustizia amministrativa -Cessazione della materia del contendere Licen, za di costruzione -Misure di salvaguardia -Impugnazione Sopravvenienza del piano regolatore -Non fa cessare la materia. del contendere. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1111 Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Presupposti -Approvazione del piano regolatore -Sufficienza -Piani particolareggiati -Non occorrono. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Rapporti con le espropriazioni connesse al piano regolatore -Esclusione. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure. di salvaguardia -Tempestivit� -Accertamento -Momenti di riferimento. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Carattere recettizio -Attualit� -Accertamento -Riferimento alla data di notifica. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Parere della Commissione edilizia comunale Non occorre. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Motivazione -Elementi da valutare -Carenza di motivazione -Illegittimit�. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Provvedimento prefettizio -Presupposti -Insostenibilit� dell'onere finanziario per l'attuazione del piano -Non occorre. Edilizia -Licenza di costruzione -Misure di salvaguardia -Momento -Prima dell'inizio del procedimento di approvazione del piano Legittimit�. Edilizia -Piano regolatore -Sospensione quinquennale ex L. n. 517 del 1966 -Decorrenza quinquennio -Effetti. La sopravvenuta approvazione del piano regolatore da parte del Comune �non importa la cessazione deila materia del COl/1,tendere sul ricorso proposto ccmtro il provvedimento che adotta la misura di salvaguardia della sospensione di lavori edilizi, ai sensi della l. 3 novemre 1952 n. 1902 (1). Le misure di salvaguardia previste dalla l. 3 novembre 1952 n. 1902 non presuppcmgono l'a.pprovazione del piano particolareg( l-5) Cfr. IV Sez. 4 luglio 1972, n. 626, retro, ...; IV Sez. 21 marzo 1972, n. 212 e 18 aprile 1972, n. 297, Il Consiglio di Stato, 1972, I, 333 e 563. 1112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giato, ma ben possono essere adottate in rapporto aria sola deliberazione di approvazione del piano regolatore generale, dal quale discendono vincoli di zonizzazione e di localizzazione. Le misure di salvaguardia previste dalla l. 3 novembre 1952 n. 1902 possono essere preordinate anche al fine di evitare l'alterazione di una determinata situazione urbanistica, in modo da assicurare l'attua zione dei criteri di zonizzazione fissati dal piano regolatore; pertanto, l'adozione di tali misure non � subordinata alla possibilit� di espropria. zione di un immobile da acquisire da parte dell'Amministrazione e, del pari, non � impedita da eventuali provvedimenti espropriativi necessari per realizzare i vincoli fissati dal piano (2). I provvedimenti prefettizi di salvaguardia in materia e�dilizia, pre visti dalla l. 3 novembre 1952� n. 1902, devono essere emessi in rap porto a situazioni co%crete, dalle quali non possono desumersi pregiu dizi all'attuazione di previsioni urbanistiche, situazioni che non sono tutte coeve, n� si delineano in egual misura ai tempi identici, decor renti dalla deliberazione del piano regolatore generale; pertanto, la tempestivit� ed urgenza delle� misure di salvaguardia vanno accertate in relazione a tali circostanze e non 001}1, riferimento alla data di deli berazione del piano regolatore. Il provvedimento prefettizio di salvaguardia in materia urbanist.ica . ha carattere recettizio e, pertanto, la sua attualit�, rispetto� alle ve,rifiche sullo stato di avanzamento dei lavori, deve essere identificata con riferimento alla notifica dell'ordine di sospensio�ne dei lavori. Il provvedimento prefettizio di salva.guardia in materia urbanistica non deve essere preceduto dal parere della Commiss.ione edilizia comu nale, previsto solo per il provvedimento di sospensione di ogni deter minazione del Sindaco. � illegittimo il provve�dimento prefettizio di salvaguardia in ma teria urbanistica ove non contenga l'indicazione di precise circostanze dalle quali possano de�sumersi in contrasto tra immobiLe progettato� e piano regolatore deliberato dal Comune e la maggiore compromissione od onerosit� che deriverebbe all'attuazione del piano regolatore per effetto della prosecuzione dell'opera a suo tempo autorizzata con la licenza edilizia (3). L'articolo unico secondo comma. l. 3 novembre 1952 n. 1902 di spone nel senso della maggiore on�rosit� come presupposto, alterna tivo alla compromissione, legittimante il provvedimento di salvaguardia adottato in materia urbanistica dal Prefetto; pertanto, l'adozione di tale provvedimento non postula la insostenibilit� dell'onere finanziario per l'attuazione del piano (4). Le misure di salvaguardia in materia urbanistica po�ssono essere adottate anche prima dell'inizio del procedimento di approvaz.ione del piano regolatore. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1113 Ai sensi deU'art. 1 l. 5 luglio 1966 n. 517, la sospensione quinquennale dei lavori edilizi come misura di salvaguardia postula. la pre�sentazione del piano regolatore ge.nerale per l'approvazione� entro il termine di un anno dalla sua pubblicazione; pertanto, ove detto termine sia decorso, la sospensione dei lavori non pu� essere dispos,ta per un periodo superiore al triennio daila data di deliberazione del piano (5). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 luglio 1972, n. 636 -Pres. Uccellatore -Est. Vaiano -Montanari (avv.ti C. �e N. Sciacca) c. Ministero Difesa (avv. Stato Ferri). Atto amministrativo -Atti confermativi -Reiezione di nuova istanza basata su elementi diversi -Non � atto confermativo -Impugna tiva -Ammissibilit�. Una volta individuata nella reiezione di una nuova istanza fondata su nuovi importanti elementi, che sia stata motivata con l'esistenza di una precedente pronuncia, la natura. di un nuovo provvedimento di �contenuto autonomo, e nolfl, gi� di un mero atto conferma.tivo, deve ritenersi che la volont� dell'Amministrazione, affrettatamente quanto ostinatamente rivolta alla reiezione, si sia formata in modo viziato, per non aver proceduto a quell'<11ccertamento dei presupposti di fatto che costituisce condizione semp1�e impresciooibiie per l'e�sercizio del potere di provvedere; pertanto, illegittimamente l'Amministrazione respinge la nuova istanza intesa alla ricostruzione della carriera (in relazione alla precedente dispensa dal servizio cl�e si assume dall'interessato disposta per motivi politici), ove, di fronte all'allegazione di nuovi importanti elementi (il riconoscimento della qualit� di perseguitato politico, motivato proprio nel fatto della dispensa di servizio), essa abbia omesso un adeguwto esame della nuova situazione di fatto, che andava accertata con opp01�tuna istruttoria, limitandosi .a dichiarare di aver gi� provveduto con precedente pronuncia (1). (Omissis). -Il primo motivo �contiene una censura di ecces�so di potere per difetto di istruttoria sostanzialmente rivolta avverso la determinazione, in data 15 febbraio 1945, di reiezione dell'istanza presentata dal ricorrente e diretta ad ottenere il riconoscimento che la dispensa dal servizio, di cui al provvedimento 12 aprile 1933, fu determinata da motivi politici. Come ha rilevato la difesa dell'amministrazione, la censura � tardiva, n� l'aver indirizzato formalmente il r.Lcorso contro la determi (1) In senso contrario, cfr. Sez. IV, 28 marzo 1972, n. 237, Foro amm., 1972, I, 2, 234. 1114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nazione 11 marzo 1970, con la quale l'amministrazione afferma che non � possibile accogliere l'istanza di revisione � essendo stato ,gi� accertato che la cessazione del s.p.e. non fu determinata da cause politiche, vale a salvarla dalla manifesta irricevibilit�. Quest'ultimo provvedimento � per� investito direttamente dal secondo motivo con il quale ,si denunciano vizi suoi propri. Viene censurata, infatti immediatamente la determinazione dell'amministrazione di respingere l'istanza di revisione senza disporre quell'istruttoria che era resa necessaria dai nuovi elementi offerti costituiti dalla sopravvenienza dell'atto di r1conoscimento della qualit� di periseguitato politico antifascista da parte di un pubblico organo amministrativo quale la Commissione per le provv~denze a perseguitati dal fascismo, istituita ai sensi dell'art. 8 della 1. 10 marzo 1955 n. 96. La censura � questa volta ammissibile. Occorre, in proposito, precisare che la regola ~iurisprudenziale, che esclude l'impugnabilit� dell'atto �confermativo costituisce immediato corollario del carattere perentorio del termine per ricorrere, ed � diretta alla tutela delle decadenze gi� verificate, la cui .efficacia preclusiva si tenta di impedire attraverso l'impugnazione dell'atto conrfermativo. Ne consegue che l'inammissibilit� della impugnazione dell'atto confermativo si risolve sostanzialmente nella irricevibilit� di quei motivi che sono rivolti contro l'atto confermativo e che sono quindi tardivi rispetto alla ,conoscenza .effettiva o presunta di quest'ultimo, rpur essendo tempestivi riSipetto alla dichiarazione di conferma. Quando, invece, come nel caso, viene proposta una censura che investe direttamente la nuova determinazione dell'Amministrazione non sussiste pi� l'ostacolo dell'irricevibilit� che, non trovando pi� giustificazione nell'elusione della perentoriet� del termine, verrebbe a porsi in contrasto con il principio, riconosciuto dall'art. 113 della nostra Costituzione, della tendenziale impugnabilit� degli atti deUa pubblica amministrazione. La non impugnabilit� dell'atto, pu� per�, derivare per altro verso dalla inammissibilit� del ricorso per mancanza di interesse. Ci� av viene quando l'amministrazione non abbia emesso un nuovo provve dimento con il quale abbia mostrato di voler tuttora la regolamen tazione di interessi gi� disposta con il precedente, ma si sia limitata a dichiarare il fatto di avere gi� provveduto. In quest'ultima ipotesi, infatti, non pu� essere riconosciuto, l'interesse a ricorrere che � escluso dalla incapacit� di siffatta dichiarazione, il cui contenuto � meramente acclarativo dell'esistenza, quale fatto storico, del precedente provve dimento, di incidere sugli interessi implicati nella fattispecie. Di qui l'importanza ,di oss(!rvare il contenuto dell'atto per accer �,.�.� tare se esprime la mera dichiarazione di cui innanzi ovvero un auten 1-~ ~--: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1115 tico nuovo provvedimento che, pur avendo� l'effetto di mantenere immutata la situazione effettuale prodotta dal precedente, abbia rper� un contenuto autonomo rispetto a quest'ultimo. Questa affermazione � in linea con la giurisprudenza di questo Consiglio che ha spesso riconosciuto il nuovo provvedimento rilevandolo sintomaticamente dalla espressione di nuovi motivi, ovvero dall'espletamento di una nuova istruttoria. La conseguente necessaria indagine in fatto deve per� essere condotta, prescindendo dalle intenzioni dichiarate dall'amministrazione, sugli elementi oggettivi della fattispecie, in modo da ricavare la volont� effettivamente attuata. Diversamente, si verrebbe, infatti, a subol'dinare l'impugnabilit� dell'atto alla formula usata ed in definitiva alla volont� dell'amministrazione. Ci� significa pure che non basta osservare la sola pronuncia, ma occorre tener 'conto anche dell'istanza del privato e dei motivi da quest'ultimo esposti. Solo cosi pu� dirsi �Che si � esaminata la fattispecie nel suo complesso. Applicando quest'ordine di concetti al caso venuto all'esame della Sezione deve riconoscersi che la reiezione dell'istanza del privato che adduceva nm;>vi importanti elementi (il riconoscimento della qualit� di perseguitato poUtico, motivato proprio nel fatto della dispensa dal servizio) non pu� essere avvenuta senza una effettiva, anche se non esplicita, 'considerazione delle ragioni addotte peraltro menzionate nella lettera di comunicazione del ricorso. Nell'accertamento 'del fatto, il collegio riconosce, invero, che la estrema importanza dei nuovi elementi addotti, dai quali risulta sussistere un aperto contrasto di provvedimenti, non pu� essere sfuggita all'amministrazione, onde la reiezione dell'istanza, motivata sulla esistenza di una precedente pronuncia, dev'essere considerata come la soluzione, ritenuta dall'amministrazione la 'Pi� cauta e comoda, alla questione insorta con la denuncia del privato. Ma ci� implica pure che il provvedimento � significativo di una volont� dell'amministrazione di conservare la regolamentazione di interessi disposta con il precedente provvedimento, vale a �dire che non si tratta di un mero atto confermativo ma di un nuovo provvedimento di contenuto autonomo, poich� emesso in considerazione �di nuovi elementi. Questa conclusione, che, per quanto detto, comporta il riconoscimento dell'ammissibilit� dell'impugnazione, rende pure evidente la fondatezza della proposta censura di difetto di istruttoria. Infatti, una volta individuata nella reiezione in esame la natura di nuovo provvedimento, deve es'sere considerato che l'iter formativo della volont� dell'amministrazione -che poteva poi liberamente con 1116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO eludersi anche nel senso della reiezione dell'istanza, riconoscendosi la correttezza e legittimit� del �precedente provvedimento -doveva comprendere un adeguato esame della nuova situazione di fatto, che di conseguenza andava accertata con opportuna istruttoria. Questo esame � mancato, onde va dichiarato che la volont� della amministrazione, affrettatamente quanto ostinatatamente rivolta alla reiezione, si � formata in modo viziato per non avere proceduto a quell'accertamento dei presupposti di fatto che co.stituisce condizione sempre imprescindibile per l'esercizio del potere di provvedere. Il ricorso in esame deve, quindi, nella parte ritenuta ammissibile, essere accolto con il conseguente annullamento del provvedimento in data 11 marzo 1970 di reiezione dell'istanza rivolta dal ricorrente all'amministrazione in data 10 gennaio 1970. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 luglio 1972, n. 702 -Pres. Meregatti -Est. Qua~anta -Stankewitsch (avv. Gottardi) c. Commissione vigilanza edilizia popolare ed economica (avv. Stato Petroni) e Coop. edil. Fanoikia ed altri (n.c.). Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Soci -Cooperative fra dipendenti pubblici e Cooperative promiscue -Cittadinanza italiana -� prescritta solo per le prime. Il t.u. 28 aprile 1938 n. 1165, sull'ediLizia popofare ed economica, al Titolo VI, prevede due tipi ben distinti di Cooperative edilizie che possono essere ammesse al beneficio del contributo statale, e cio�, da un lato, le Cooperative (art. 91 t.u. cit., modificato daUa l. 1� marzo 1952 n. 113) che possono essere costituite esclusivamente COl/1, dipendenti o pensionati dello Stato o di Enti pubblici e, dall'altro, le Cooperative (art. 90 dello ste�sso t. u.) che possono esse1�e co~ituit� da soci i quali appartengono aUe categorie impiegatizie indicate nell'art. 91 e da soci i quali non appartengono a tali categorie, e cio� da impie�gati privati o autonomi prestatori di opera inteUettuale; pertanto, mentre per le Cooperative del primo tipo la necessitd del requisito della cittadinanza italiana dei soci assegnatari si ricava per implicito dail'a.ppartenenza a determinate categorie: di pubblici dipendenti, per le Cooperative de�l secondo tipo ( c.d. promiscue) i soggetti che vi possono essere legittimamente ammessi (dipendenti da Enti privati, auto11iomi prestatori d'opera) possono anche non essere cittadini italiani, po�sto che il legislatore, quando ha inteso richiede.re come requisito necessario per l'assegnazione di alloggi popolari ed economici il posse�sso della cittadinanza italiana, lo ha previsto specificamente. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1117 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 luglio 1972, n. 767 -Pres. Uccellatore -Est. Quaranta -Mariano (avv. Cannada Bartoli) c. Ministero grazia e giustizia e Consiglio superiore magistratura (avv.. Stato Cia:rdulli) e Bonati (avv. Gianoglio). Consiglio superiore della magistratura -Magistrato -Conferimento� di uffici direttivi -Autolimitazione del Consiglio superiore -Inos-� servanza -Illegittimit� -Fattispecie. Nel caso in cui il Consiglio superiore della magistratura, ai sensi. degli artt. 4 e 5 l. 25 luglio 1966, n. 570, abbia precisato (con una circolare del Comitato di presidenza) che� per il conferimento degli uffici. direttivi vacanti ai magistrati di Corte d'appello debbono essere applicati soltanto i.parametri delle attitudini e dell'anzianit�, con prevalenza del primo sul secondo, la predeterminazione di un tale criterio implica. una concreta ed effettiva comparazione dei vari aspiranti al.l'uffici.o� vacante e delimita il potere di scelta, vincolandolo ai due parametri" indicati ed al rapporto tra questi stabilito; pertanto, poich� il potere stesso incide su posizioni giuridiche individuali, � illegittimo il conferimento di un ufficio direttivo (nella SPecie, di Presidente di tribunale) ove la scelta non risulti neppure sinteticamente motivata in modo da far constatare che, per ciascun aspirante, sono state tenute presenti sia le attitudini che l'anzianit� (specie ove risulti che, in relazione al parametro dell'anzianit�, gli aspiranti si trovano in posizione identica) e che la valutazione comparativa si � svolta in conformit� del criterio predeterminato, risultando dal verbale della seduta del Consiglio superiore� soltanto che sono stati presi in e�same le posizioni ed i fascicoli personalf degli aspiranti al conferimento dell'ufficio direttivo in parola (1). (1) Cfr. Sez. IV, 5 novembre 1971, n. 943, Il Consiglio di Stato, 1971,. I, 2058. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 agosto 197'2, n. 76'8 -Pres. Uccellatore -Est. Vaiano -Grazioli (avv. Sandulli) c. Ministero trasporti. e aviazione civile, Azienda autonoma FF.SS. e Prefetto di Roma (avv. Stato Gentile) e Consorzio Sacopo-Moviter-Girola (avv. Pal-� lottino), Opere pubbliche -Rapporti col piano regolatore -Armonizzazione Criterio -Fattispecie -Ferrovia Roma-Firenze -Contrasto col piano regolatore di Roma -Non sussiste. 1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Linea ferroviaria -Mancanza delle autorizzazioni per cavalcavia e ponti -Irrilevanza. L'opera pubblica ncm pu� porsi in ccmtrasto con le previsioni del piano 1�egolatore generale del Comune nel quale deve essere realizzata, con la conseguenza che, ove sussista contrasto, questo deve essere eliminato attraverso la rinuncia deUo Stato aUa <realizzazione dell'opera, ovvero attraverso una variante del piano; pertanto, � illegittimo il decreto del Ministro per i trasporti che approva il progetto per la costruzione della ferrovia direttissima Roma-Firenze, in quanto, pur mancando 11-el piano regolatore generale della Citt� di Roma una espressa statuizione in ordine alla nuova iinea ferroviaria (che peraltro non poteva essere prevista siccome risultante da un progetto a carattere ultra-locale di pertinenza ministeriale), ncm pu� riconoscersi incompatibilit� tra la destinazione a zcma agricola (contenuta nei pdano) e l'attraversamento jerroviario della stessa zona, che quella destinazione non modifichi e non turbi (come sarebbe stato evidente se la destinazione dEtlla zona josse stata, a titolo di esempio, ad ediLizia residenziale). La mancanza delle autorizzazioni da parte delle Amministrazioni che, a norma dell'art. 99 r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, debbono concedere i permessi per l'esecuzione di cavalcavia, ponti ed opere sui fiumi ai fini della costruzione di una nuova linea ferroviaria, non incide sulla legittimit� della procedura espropriativa indirizzata all'esecuzione di tale opera pubblica, attenendo le autorizzazioni stesse soltanto alla fase �dell' esecuzicme dell'opera. FATTO. -Il ricorso � diretto contro vari provvedimenti relativi .alla costruzione della ferrovia direttissima Roma-Firenze. (Omissis). -Il primo motivo del ricorso, con il quale viene dedotta l'illegittimit� dei decreiti di approvazione del progetto e relativa variante per contrasto con il P.R.G. della citt� di Roma che non contempla l'opera ferroviaria di cui trattasi, (art. 7 n. 1 legge urbanistica come modificato dalla legge 19 novembre 1968, n. 1187) deve essere esaminato assieme ai motivi aggiunti che deducono la stessa illegittimit� in via .alternativa o per il mancato riscontro della conformit� al piano da parte del Ministero dei lavori pubblici, sentito il Comune (art. 10� legge n. 765 del 1967), ovvero per la mancanza della n,ecessaria licenza edilizia (art. 31 legge urbanistica). Le tre censure hanno infatti in comune il profilo attinente ai rapporti tra urbanistica ed opere pubbliche. Al riguardo va tenuto presente che la necessit� che l'opera pubblica non si ponga in contrasto con le previsioni del piano regolatore generale del Comune nel quale deve essere realizzata � stata ripetuta PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1119 mente affermata dalla giurisprudenza di .questo Consiglio (da ultimo: IV Sez., 30 novembre 1971, n. 1087). Risulta poi legislativamente de terminata (art. 10 della legge n. 765 del 1967) la procedura e la com petenza ad effettuare il relativo a�cicertamento. H primo principio comporta .per� soltanto che l'opera pubblica debba essere compatibile con le statuizioni del piano, con la. conse guenza che ove sussista contrasto esso debba essere eliminato attra verso la rinunzia dello Stato alla risoluzione dell'opera, ovvero attra verso una variante del piano. Nel caso per�, pur mancando nel piano una espressa statuizione in ordine alla nuova linea ferroviaria, che peraltro non poteva essere previ8:ta siccome risultante da un progetto a carattere ultra-locale di pertinenza ministeriale, non si riscontra il denunciato contrasto. Non pu� infatti riconoscersi incompatibilit� tra la destinazione a zona agricola e l'attraversamento ferroviario della stessa zona, che quella destinazione non modifica e non turba; incom patibilit� che invece sarebbe stata evidente se la destinazione della .zona fosse stata ad esempio ad edilizia residenziale. In pavticolare va pure tenuto presente che neHa stessa zona a distanza di poche decine di metri gi�� corre la linea auto stradale Roma-Firenze. Circa le successive censure relative alla mancanza, dedotta in-al ternativa, della licenza edilizia o dell'accertamento del Ministero dei LL.PP. circa la conformit� al piano dell'opera pubblica, va anzitutto rhlevato che esse riguardano essenzialmente la successiva fase della realizzazione del progetto. In tal. senso la loro mancanza non influisce di regola sull'effetto dichiarativo della pubblica utilit� che � connesso per legge, all'approvazione del progetto e neppure �sul decreto di ~ccu pazione di urgenza che pure � precedente e preordinato alla realizza zione dell'opera. Peraltro dalle norme fondamentali che regolano tuttora la materia delle opere pubbliche eseguite dalle Amministrazioni statali su terreni non demaniali (art. 29 e 32 legge n. 1150 del 1942) emerge in modo indubbio che l'accertamento spettante al Ministero dei lavori pubblici della non difformit� dell'opera pubblica statale rispetto al piano regolatore � imposto nell'interesse del Comune per cui � attri buita al rappresentante di questo la facolt� di denunziare al Ministero predetto l'eventuale inosservanza del piano sulle costruzioni gi� eseguite. Nella specie, per�, come si � detto, tale inosservanza, a giudizio del Collegio non esiste, almeno allo stato degli atti e ci�, probabilmente, , .spiega il perch� l'ufficio del Genio civile per il Tevere che pure ebbe conoscenza sia pure parziaole del progetto ai fini della compatibilit� col regime del fiume, si astenne da ogni intervento in riferimento al piano regolatore. Tutte le a1tre censure sono del pari infondate o inammissibili. Non -� esatto infatti che il progetto approvato costituisca una mera proposta 1120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di variante. Il progetto esibito agli atti � infatti esecutivo nel sensorichiesto dalla legge (r.d. 8 febbraio 1923, n. 422) perch� si possa riconoscere la pubblica utilit� deH'opera; a tal fine � infatti sufficiente che siano state sviluppate tutte le opere che in fase di progettazione vengono in rilievo. Ci� naturalmente non esclude eventuali rinvii di decisioni a livello esecutivo che non possono essere prese se non nel corso, della pratica realizzazione delle opere. Si tratta ovviamente per� di insopprimibili esigenze di ordine tecnico che non escludono iii. carattere, esecuti;vo del progetto. In quest'ambito vanno collocate le prove geo- gnostiche e penetrometriche ancora da espletarsi. Neppure sembra esatta la denunciata mancanza dei termini ex art. 13 defila legge n. 2359 del 1865. I decreti approvati recano sempre i termini per l'inizio ed il completamento delle opere e della procedura espropriativa. N� sussiste il vizio di eccesso di potere in alcuno dei profili denunciati. In particolare non pu� essere considerata illogica la previsione� di risparmio in mancanza degli accertamenti geognostici, proprio per il carattere di previsione che � connaturale ail progetto; le precedenti affermazioni in ordine alle qualit� della soluzione dapprima prescelta, non vincolano la diversa soluzione adottata con la variante che � stata ampiamente motivata; il motivo di evitare difficolt� per le espropriazioni, non � esclusivo e comunque il relativo apprezzamento costituisce merito del provvedimento. E cos� pure non sono ammissibili le altre censure con le quali in sostanza si chiede a questo collegio di valutare, direttamente gli interessi coinvolti nel provvedimento, valutazione riservata in via esclusiva al giudizio di merito del�'amministrazione. Il quinto motivo non � ammissibile siccome manca l'interesse nel ricorrente a dedurre la censura dal momento che l'accostamento della costruenda strada ferroviaria alla autostrada del sole non avviene mai neppure in prossimit� dell'area di propriet� deJ. ricorrente. Con l'ulte-, riore conseguenza che un'eventuale modifica del tracciato non pu� avvantaggiarlo. I motivi indicati con i numeri 6) e 7) non contengono censure autonome ma soltanto delle conclusioni circa l'estensione dei vizi precedentemente dedotti, che non possono essere accolte ostandovi il rigetto� delle premesse. In relazione alla censura contenuta nell'ottavo motivo, a parte la sua infondatezza in fatto dimostrata dalle lettere che l'amministra� zione dei trasporti ha rivolto all'apposito ufficio deLl'Amministrazione dei lavori pubblici -ufficio del genio civile per il Tevere, possono ripetersi le cose gi� dette a proposito dei motivi aggiunti. L'attuale mancanza infatti delle autorizzazioni in esame non incide sulla legit PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1121 timit� della procedura espropriativa, attinendo soltanto alla fase dell'esecuzione dell'opera. Neppure sussiste violazione dell'art. 71 della legge fondamentale sulle espropriazioni in ordine all'incarico per la redazione delJ.o stato di <:onsistenza, dato dal Prefetto ai tecnid del Consorzio. Al riguardo, va, infatti, considerato, che per l'art. 20 della convenzione tra l'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato ed il Consorzio SACOP-MOVITER, ,questo ultimo� � stato investito dal provvedimento di concessione anche �dell'esercizio di una pubblica funzione, con l'obbligo di imparzialit� .e le garanzie ad esso connesse proprie di tale qualit�. Infondata � pure l'ultima censura, ripetuta nei motivi aggiunti, in ordine alla ma_ncata individuazione delle aree da occupare. Nel decreto di autorizzazione all'occupazione le indicazioni dei dati catastali sono completate con riferimento alla planimetria allegata. E la man �cata alligazione (peraltro non provata), pu� eventualmente viziare la sola notifica, che per� �costituisce atto diverso e strutturalmente autonomo, non hl provvedimento notificato. Il ricorso deve qui'ndi essere respinto, mentre le spese possono .essere compensate, siccome sussistono giusti motivi. <CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 197,2, n. 828 -Pres. Uccellatore -Est. !annotta -Pino (avv. Piccardi) c. Ministeri sanit� e interno (avv. Stato Cosentino) e Reg�ione Puglia (avv.ti Sorrentino e Lecciso). Istituzione pubblica di assistenza e b-eneficenza -Ente ospedaliero Consiglio di amministrazione -Composizione -Decreto del Presidente della Repubblica -Prima del passaggio della competenza alla Regione -Legittimit�. Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza -Ente ospedaliero Consiglio di amministrazione -Composizione -Sostituzione dei membri non eletti con quelli eletti dalla Regione -Legittimit�. La competenza delle Regioni a statuto ordinario � condizionata, tra l'altro, anche dal trasferimento delle materie, rientranti in quelle fissate dall'art. 117 Cost., dallo Stato alle Regioni, ovvero dal compimento del biennio dalla data di entrata in vigore della l. 16 maggio 1970, ~. 281; pertanto, � legittimo il provvedimento con il quale il Presidente della Repubblica modifica La composizione del Consiglio di amministrazione di un Ente pubblico ospedaliero, allorch�, alla data di emanazione del decreto, la Regione non poteva attuare le proprie competenze 1122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in materia di assistenza ospedaliera, in mancanza del trasferimento deUe .relative competenze daUo Stato aUe Regioni (1). Gli Enti pubblici ospedalieri costituiscono organismi ero�gatori dell'assistenza sanitaria ospedaliera, neLLe varie forme indicate daU'art. 2 L. 12 febbraio 1968, n. 132, ausiliari rispetto aUa Regione a statuto ordinario, aUa quale compete, giusta l'art. 117 Cost., la materia dell'assistenza sanitaria e ospedaliera; pertanto, non essendo conforme aUa org(lnizzazione del servizio pubblico ospedaliero, quale delineato dalla legg�, il permanere in carica di componenti del Consiglio di amministrazione dell'ospedale regionale non scelti dal Consiglio regionale, legittimamente, a seguito della istituzione delle Regioni a statuto ordinario e prima del trasferimento dallo Stato alle Regioni delle relative competenze, il Presidente della Repubblica modifica la co;mposizione del Consiglio di amministrazione di un Ente regionale ospedaliero, sostituendo� ai componenti non eletti dal Consiglio regionale un analogo numero di membri eletti da tale Consiglio. (Omissis). -1. -Si pu� prescindere dalla complessa indagine cir ca l'ammissibilit� e ricevibilit� del ricorso in esame, attesa la sua in fondatezza. 2.. -La censura di incompetenza, dedotta in riferimento al d.P.R. 7 novembre 1970, n. 1360 (Gazzetta Ufficiale 2 marzo 1971, n. 54, p. 1148), � stata prospettata nel senso della contestualit� fra costituzione della Regione Puglia ed estinzione delle competenze dell'Amministrazione sanifaria statale cir�ca l'organizzazione degli enti pubblici ospedalieri. Il presupposto sul quale si fonda la censura, cos� com'� stata pro spettata dai ricorrenti, non � esatto. Infatti all'epoca della emanazione del citato decreto presidenziale la Regione Puglia, unitamente del resto alle altre Regi�ni a statuto ordinario, non poteva attuare le proprie competenze in materia di assi stenza ospedaliera, in quanto ancora non era stato disposto alcun tra sferimento di competenze dallo Stato alle Regioni in �tema di assistenza sanitaria e ospedaliera. Tale trasferimento ha avuto luogo, per settori di competenza sanitaria e ospedaliera, con. il d.P.R. 14 gennaio 1972,, n. 4. Ne era trascorso il biennio dalla entrata in vigore della L 16 maggio 1970, n. 281 (al't. 17). La competenza regionale � condizionata, tra l'altro, anche ail trasferimento delle materie, rientranti in quelle fissate dall'art. 117 Cost., (1) Cfr. Corte cost., 4 marzo 1971, n. 39 e 9 giugno 1971, n. 119, in questa Rassegna, 1971, I, 503, 749. r~,I rr ~~,~...,~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1123 dallo Stato alla Regione, ovvero al compimento del biennio suindicato, come ha avuto modo di riconoscere la Corte costituzionale, con I.e sent. n. 3,9, 119, 120 e 121 del 1971. Tali dlievi sono sufficienti a respingere la censura di incompetenza del decreto presidenziale. 3. -Infondato � anche il secondo motivo di ricorso. Invero � inattendibile la tesi, prospettata con il motivo in esame, secondo la quale i consiglieri eletti dal Consiglio provinciale, in luogo di quello regionale, durano in carica 5 anni indipendentemente dalla sopravvenienza della Regione. La elezione da parte del Consiglio provinciale dei 6 componenti del Consiglio di amministrazione dell'ente pubblico ospedaliero regionale, previsti dall'art. 9 n. 1 I. 12 febbraio 1968, n. 132, � disciplinata dall'ultimo comma dell'art. 56 dclla legge citata, in rapporto alla necessit� di assicurare il funzionamento degli enti pubblici ospedalieri, malgrado l'assenza delle Regioni a statuto ordinario, notoriamente non ancora costituite, all'epoca dell'entrata in vigore della legge suindicata. Questa attribuzione temporanea di competenza ai Consigili provinciali corrisponde anche alla temporaneit� della preposizione all'ufficio, di componente del Consiglio di amministrazione ospedaliero, conseguente alla elezione da parte del Consiglio provinciale. Al riguardo si deve precisare che gli enti pubblici ospedalieri costituiscono organismi erogatori dell'assistenza sanitaria ospedaliera, nelle varie forme indicate dall'art. 2 I. 12 febbraio 1968, n. 132.. Questi organismi sono ausiliari rispetto alla Regione a statuto ordinario alla quale compete, giusta l'art. 117 Cost., la .iateria dell'assistenza sanitaria e ospedaliera. Tale rapporto di ausiliarit� � desumibile sia dalla indispensabilit�, sul piano operativo, dell'ente pubblico ospedaliero rispetto alla materia suindicata, sia dalla vigente normativa, che attribuisce alla Regione la competenza a programmare i propri interventi, entro limiti precisi, nel settore dell'assistenza ospedaliera (art. 29 e 31 I. 12 febbraio 1968, n. 132). La stessa Regione ha poteri di tutela e controllo sugli organi degli Enti pubblici ospedalieri (artt. 16 e 17 legge citata). Tale aushliariet� � particolarmente sottoliltleata, pier qpanto riguarda gli ospedali regionali, al punto che la stessa gestione amministrativa dell'ente pubblico ospedaliero � condiz.ionabile, dalla presenza di componenti del Consiglio di amministrazione, eletti dallo stesso Consiglio regionale, art. 9, n. 1 legge citata. Questo rapporto di ausiliarit�, irriducibile ovviamente ad una unione personale tra Consiglio regionale e Consiglio di amministrazione (art. 9 citato, quarto comma) o ad un mero vincolo di esecutivit� del 1124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO secondo organo rispetto al primo (art. 17 legge citata), postula un rapporto di fiducia tra gli amministratori regionali e quelli ospedalieri. Pertanto non appare conforme alla organizzazione del servizio pubblico ospedaliero, quale � delineato dalla I. 12 febbraio 1968, n. 1312, il per. manere in carica di componenti del Consiglio di amministrazione dell'ospedale regionale, non scelti dalla stessa Regione (Consiglio re gionale). La scelta della maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazione dell'ente pubblico ospedaliero regionale da pa;rte del Consiglio provinciale � giustificata dall'assenza dell'ente regione; ma dopo ]a formazione di quest'ultimo la permanenza degli effetti di quella scelta, ,dovuta ad esigenze di efficienza amministrativa, non � ulteriormente _giustificabile. Altrimenti sarebbero pregiudicati i legami funzionali tra Regione 'ed ente pubblico ospedaliero dalla stessa vigilati. 4. -Infondato � il terzo motivo di ricorso. Invero il .presidente della -Regione Puglia, coo decreto 27 settembre 1971, ha proceduto alla costituzione inte~rale del Consiglio di amministrazione �lell'ente ospedahero � Vito Fazzi � di Lecce. Con tale decreto si � disposto sia nel senso della estinzione del :precedente. Consiglio di amministrazione, sia in quello della ricomposizione, con efficacia ex nunc, detto stesso organo. � Il fatto che il presidente della Regione Puglia abbia emesso iil de �.creto suindicato esclude che nel Consiglio di amministrazione dell'ospedale Fazzi facciano parte componenti con distinte decorrenze. Invero per tutte le persone, nominate con il decreto in questione, la preposizione al rispettivo ufficio decorre dal 2,7 settembre 1971, giorno ,di emissione dello stesso decreto, ed ha la durata quinquennale, giusta iLl testuale disposto dell'art. 9, ottavo comma, I. 12 febbraio 1958, n. 132. Questa conclusione non � esclusa daHa circostanza che dal Consi: glio di amministrazione, quale risulta dal decreto 2.7 settembre 1971, :facciano parte alcune persone, gi� �componenti del precedente' Consi glio di amministrazione. Tale circostanza, indica solamente che per alcune persone � avve-. nuta una � riconferma � nell'ufficio consiliare, per un periodo di tempo (quinquennio decorrente dal 27 settembre 1971) distinto da quello cor rispondente alfa durata in carica del Consiglio di amministrazione, quale fu �composto in base alla disciplina provvisoria anteriore aU'attuazione dell'ordinamento regionale. (Omissis). ~: li� .~:= ~:= t ......,,~~ SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 febbraio 1971, n. 360 -Pres. Caporaso -Est. Milano -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Belloni (avv. Petrucd). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Avviso di accertamento -Funzione di provocatio ad opponendum -Termine per l'impugnativa -Decorrenza -Decadenza dal � diritto di contestare il valore notificato� -Successiva ingiunzione di pagamento -Inammissibilit� di ulteriore sindacato non solo sul valore accertato, ma anche sulla legittimit� dei criteri di valutazione e della procedura di accertamento. Poich� l'avviso di accertamento tributario, nell'enunciare i presupposti per l'applicazione del tributo, il procedimento di valutazione eseguito e la concreta determinazione della somma da corrispondersi a titolo d'imposta, svolge anche una funzione di �provocatio ad opponendum, e, se non impugnato entro il termine di cui all'art. 21 l.r., la decadenza si verifica non solo dal diritto di contestare il valore accertato, ma anche dal diritto di contestare la legittimit� dei crite�ri di valutazione e deila procedura di accertamento, dovendosi l'espressione del citato articolo (decade dal diritto di contestare il valo.re notificatogli) intendere co�me acquiescenza al provvedimento amministrativo� co~� come formato in seguito, �dinanzi al giudice ordinario solo la inesistenza del diritto dell'accertamento, con la possibilit�, per il contribuente, di far valere, anche in se�guito, dinanzi al giudice ordinario solo la inesistenza del diritto della Finanza di percepire ii tributo. Ne conse�gue che� il contribuente, verificatasi la indicata decadenza, non ha pi� neanche la possibilit� di impugnare la successiva ingiunzione di pagamento per motivi che attengono alla legittimit� dei criteri di valutazione e della procedura di accertamento (1). 1126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 ottobre 1971, n. 2926 -Pres. Stella Richter -Est. Boselli -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella) c. Cerasoni (n. c.). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Controversie in tema di valutazione e controversie in tema di applicazione della legge Procedimento e decisione delle une e delle altre -Questione pregiudiziale alla valutazione -Procedimento e decisione (fattispecie in tema di accessione ex art. 47 1. r.). In materia di imposte indirette, le controversie sulla determinazione del valore sono decise in prima istanza daUa Commissione distrettuale e in secondo grado daila Commissione provinciale; le co1itroversie �relative alla applicazione delle leggi �, ossia quelle riguarda.nti questioni di diritto, sono decisf: in primo grado dalla Sezione speciale della Commissi01ie provinciale e in secondo grado dalla Commissione centrale. Tale se�parazione di competlenza restia ferma anche quando davanti alle Com-' missioni di valutazione sia stata sollevata una questione di diritto la cui soluzione� rivesta carattere� pregiudiziale rispetto� alla valutazione, dovendosi in tale caso il giudizio di valo<re sospendere in atte�sa che si abbia sulia questione di diritto una decisione definitiva (2). � questione pregiudiziale alla valutazione quella che concerne la applicabilit� della presunzione ex art. 47 l. 1�., e cio� se nella venditla del suo.io debba ritenersi compreso anche l'wccessione (edificio); e perci� la Commissione provinciale (Sezione di valutazione) deve rimettere la decisione della questione alla Sezione speciale ed attendere la relativa pronuncia prima di esaminare la valutazione (fattispecie in tema di valutazione eseguita con un unico accertamento ma con distinte indicazioni di valore per il suolo e per il fabbricato) (3). III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 marzo 1972, n. 647 -Pres. Pece Est. !annetti -P. M. Tavolaro (conf.) -Pallavicino c. Ministero delle Finanze (avv. Baccari). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Questioni di valutazione e questioni relative all'applicazione della legge -Procedimento e decisione delle une e delle altre -Questione pregiudiziale alla valutazione -Nozione -Fattispecie. r.�: (�'.� �:: Nelle imposte indirette le controversie in tema di valutazione sono r~'. decise dalla Commissione di valutazione salvo il ricorso all'A.G.0. per ~~= ti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1127 grave errore di apprezzamento o per mancanza di calcolo, mentre le controversie relative alla appiicazion.e della legge sono decise dalle Commissioni di diritto (Sezione speciale e Commissione centralei) e l'azione giudiziaria non � subordinata all'esperimento del procedimento dinanzi dette Commissioni, senza che abbia rilevanza assumere che la questione di diritto sia destinata a riflettersi sulla estimazione del cespite perch� l'esposta disciplina processuale non contempla altra distinzione da quella tra le questioni sulla determinazione del valore e � t.utte le altre � ; locuzione, questa, che, per la sua gene(J"icit�, com.pll'ende' ogni questione di diritto attinente all'imposizione tributaria nei trasferimenti di ricchezza, anche se influente sulla valutazione (fattispecie in tema di individuazione della data cui, nei contratti sottoposti ad approvazione, va riferita la valutazione, se � quella della stiplll,la. o que.ZZa della approvazione) (4). IV CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 23'49 -Pres. Gionfrida -Est. Moscone -P. M. Trotta ('conf.) -Kiniger (avv. Marucchi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Questioni di diritto pregiudiziali alla valutazione -Nozione -Procedimento e decisione delle questioni pregiudiziali e delle questioni scindibili Ammissibilit�, per le questioni scindibili dell'azione giudiziaria in autonomo giudizio nonostante sia intervenuta la decisione definitiva sulla valutazione e possibilit� di caducazione pro parte di tale decisione -Fattispecie. In materia di imposte indirette, sono questioni di diritto pregiudiziali alla valutazione non tutte le questioni sollevabili a proposito di uno stesso atto di accertamento: lo sono le questioni strettamente pregiudiziali per effettuare in concreto la valutazione, le quali vanno decise dalle apposite Commissioni (Sezione speciale di diritto e Commissione Centrale) e non dalla Commissione di valutazione, la cui decisione, se risolve tali que�stioni, pu� essere impugnata solo col ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.; non lo sono le questioni che incidono sui presupposti e sull'ambito della valutazione, le quali ben possono farsi valere per la prima volta dinanzi l'A.G.O. (in quanto la possibilit� dell'azione ordinaria non � subordJinata all'esperimento del procedimento avanti le Commissioni) e nonostante che, sulla valutazione, sia inte1�venuta una pronuncia definitiva della Commissione, che, risolta � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1128 la questione in senso favorevole al contribuente, pu� essere caducata pro parte (fattispecie in tema di valutazione eseguita con un unico accertamento, ma con distinte indicazioni di valore dell~area e d~l fabbricato) (5). V CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, ,9 agosto 1972, n..265�4 -Pres. leardi Est. Bra~caccio -P. M. Mililotti (cornf.) -Ministero deUe Finanze (avv. Stato Abbignente) c. Capriata (n.c.). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Questioni di valutazione e questioni di diritto pregiudiziali alla valutazione -Procedimento e decisione -Nozione di questione pregiudiziale -Fattispecie. Le questioni di v�alutazione che rientrano neUa competenza deUe Commissioni di valutazione (diStrettuale e provinciale!) sono queUe che, fermi i presupposti concernenti gli elementi di fatto e di diritto che determinano iL sorgere dell'obblig�azione tributaria, riguardano esclusivamente l'accertamento del valore de�l bene; per co%verso, le' que�stioni di diritto, pregiudiziali alla valutazione, che, importando un accertamento incidentale, rientrano nella competenza d�lle Commissioni d~ diritto (Sezione speciale e Commissione centrale), sono trutte quelle che incidono su quei presupposti, e tale incidenza si pu� avere, oltre che per il dubbio sulla interpretazione di una legge, anche quando si tratti di accertare solo le condizioni per l'applicazione delLa legge, perch� in questa ipotesi, la statuizione afferisce ad un momento precedente la valutazione, e quindi non ad essa, ma a un suo presupposto, comportando sempre il collegamento tra le situazioni di fatto accertate e l'inquadramento di esse in una fattispecie normativa (fattispecie in tema di appartenenza delle scorte agli acquirenti e perci� esclusione delle medesime dalla compravendita oggetto del:l'imppsizione, con disapp.Ucazione dell'art. 47 l.r., contenente la presunzione del trasferimento delle pertinenze contestualmente a quella della propriet� del fondo) (6). I (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, l'Amministrazione finanziaTia, denunciando la violazione del 1primo e secondo capover.so del ,�.� l'art. 21 r.d.l. 7 agosto 1913�6, n. 1639, lamenta che la Corte d'appello abbia r� affermato l'ammi1ssibilit� dell'opposizione alla ingiunzione fiscale pro 1:; f~ m PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1129 posta dagli eredi Belloni, pur essendo l'accertamento tributario divenuto definitivo perch� non impugnato nel termine stabilito daH'art. 21 del citato decreto, per aver erroneamente ritenuto che la preclusione stabilita dall'ultimo comma della medesima disposizione si riferisce esclusivamente 'al diritto del contribuente di contestare il valore notificatogli dall'Ufficio e non pregiudichi invece le questioni di diritto con cui si contesta la legittimit� �del procedimento .stesso di valutazione, mentre la detta preclusione riguarda tutte le questioni, di fatto o di diritto, che po�ssono sollevarsi in relazione al :procedimento di accertamento del valore imponibile. La censura � fondata. � indubbio che !',accertamento tributario rappresenti, anche nello schema delle imposte indirette, un ~omento essenzfale dello svolgimento del rapporto giuridico d'tmposta, in quanto enuncia in concreto i concorrenti presuppo,sti per l'ap1plicazione del tributo, il procedimento di valutazione eseguito e la concreta determinazione della somma che il contribuente deve corrispondere a titolo d'imposta: ci� come manifestazione dell'attivit� amministrativa di imposizione tributaria. Ai fini, poi, della sua definitivit�, l'avviso di accertamento assume aspetti processuali del pari evidenti; con esso, cio�, l'Amministrazione (1-5) Le questioni pregiudiziali alla valutazione nelle imposte indirette: procedimento e decisione. 1. -Queiste sentenze esaminano e distinguono, in materia di imposte indirette, le questioni di valutazione dalle questioni di diritto, indicando, per le une e per le altre, il procedimento 'e gli organi competenti per deciderle. Come rHevasi, in particolal'e, dalle sentenze n. 2654 e n. 647, l'orientamento della giurisprudenza � pacifico sia sulla indicazione� del procedimento, sia sulla designazione degli organi competenti. Il contrasto, invece, sorge laddove 1a giurisprudenza, sia pure in fattispecie diverse, si accinge 'ad individuare l�e �questioni di diritto pregiudiziali alla valutazione � e a indicare il procedimento e gli organi competenti per la loro decisione, insieme con le decadenze che si verificano per la mancata impugnativa dell'avviso di accertamento. Talvolta \I.a giur.Lsprudenza le ha delimitate in modo ampio fino a comprendervi tutte le que-stioni inerenti alla legittimit� dei criteri di valutazione e della procedura di accertamento (sentenza n. 360<) per devoll.verne la decisione agli organi appositamente designati (Commissioni di diritto: Sezione speciale e Commissione centrale (sentenza n. 647); talvolta ha tentato una delimitazione pi� ristretta, ma � caduta in contraddizioni, poich� o le ha indicate come le questioni che incidono sui pre~iposti di fatto e di diritto, e cio� sulle condizioni che determinano il sorger.e dell'obbligazione tributaria (sentenza n. 2654) oppure come le questioni strettamente pregiudiziali per effettuare in concreto la valutazione escludendo quelle che incidono sui presupposti o sull'ambito della valutazione (sentenza n. 2349). A mio avviso, la nozione di questione pregiudiziale va intesa nel senso pi� .amipio, e cio� comprende qualsiasi controversia di diritto, sostanziale o formale, che, comunque, possa incidere sulla valutazione, ad es. la 1130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO afferma la propria ipretesa tributaria, come determinata in concreto dall'avviso medesim� perch� il contribuente possa accettarla, anche tacitamente, o possa impugnarla se illegittima. I due aspetti, quello sostanziale e quello 1processuale dell'avviso di accertamento sono interdipendenti, posto che il detto avviso svolge una funzione di provocatio ad opponendum e dalla mancata 1proposizione dei mezzi di ricol'so dalla legge pl'edisposti deriva, con la definitivit�, l'efficacia sostanziale sua propria. Se, infatti, l'avviso non � impugnato nei trenta giorni dalla notificazione -ed esso per legge (art. 21 d.l. 7 agosto 19�36, n. 1639) deve contenere tale avvertenza, la 1quale si pone come elemento costitutivo del- l'�vviso di accertamento., la cui mancanz� ne � causa di nullit� (Cass. 6 novembre 19168, n. 3661) -diviene e1secutivo, perch� non pu� pi� esisere discusso dal ,contribuente, il quale, se ritiene leso un ,suo interesse o un suo diritto a vantaggio dell'Amministrazione (in quanto si effettuerebbe dal suo patrimonio un preleva1mento eccessivo) non ha altro mezzo -se non riesce ad accordarsi con l'Amministrazione -che di ricorrere nel termine perentorio fissato dalla legge contro l'accertamento innanzi alle commissioni tributarie. individuazione della data del contratto da tassare, cui riferire la valutazione; 1a consistenza del cespite per comprendervi o escludervi il fabbricato in virt� della presunzione ex art. 47 1.r.; la aippli.cabilit� o meno della presunzione al trasferimento del,1e pertinenze insieme con fimmobile venduto, l'accertamento del carattere translativo della divisione ereditaria, la validit� o meno dell'accertamento c�'imposta (Cass. 13 dicembre 1972, n. 3586). Ma le incertezze della giurisprudenza sono pi� complesse, e di conseguenze pi� gravi, se si esamina il procedimento indicato per decidere le questioni piregiudiziali, peirch�, fermo irestando che gli organi competenti sonq le Commissioni di diritto (Sezione Speciale, Commissione Centrale) e l'a.g.o., talvolta si ammette che l'azione giudiziaria deve essere promossa prima che diviene definitiva la pronuncia sulla valutazione, talvolta si riconosce che la stessa azione pu� essere promossa anche dopo la definitivit� della pronuncia 1sulla valutazione. Nella seconda ipotesi .non si riesce a compr�endere, una volta passata in giudicato J.a pronuncia sulla valutazione, come l'ufficio possa procedere a nuova valutazione se i1 tel'ffiine per procedervi � gi� decorso o come il contribuente possa impugnare l'accertamento se il teiITil.�ne � pure decorso. 2. -Per chiarire le incertezze nelle q_uali la gi1urisprudenza si dibatte, occorre precisare il si,stema del contenzioso tributario che � pirevisto, in particolare per la proposizione e la decisione delle questioni pregiudiziali. A tal fine � utile richiamare la funzione dell'avviso di accertamento, le impugnative �Che vi sono pr�edisposte per ile questioni di valutazione e per le questioni di diritto a questa pregiudiziali con le conseguenti preelusioni. Occorre, poi, chiarire gli effetti che sull'accertamento discendono dalla decisione pronunziata sul ricorso proposto avverso di esso, e cio� in quali limiti 1e questioni, di valutazione e di diritto, e le questioni pre PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1131 In proposito la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 211 del citato decreto secondo cui, decorso inutilmente il termine, il contribuente � decade dal diritto di contestare il valore notificatogli � � assolutamente chiara e non pu� dare luogo a dubbi di sorta, -risultando da tale disposizione che la mancata opposizione all'avviso di a.ccertamento comporta l'acquiescenza del contribuente al .provvedimento amministrativo cos� formato e non consente alcun ulteriore e diverso sindacato sull'imponibile detel'IITlinato dall'Amministrazione trarmite il provvedimento medesimo. La contraria tesi della sentenza impugnata secondo cui tale acquiescenza rigua�rderebbe unicamente le questioni influenti sulla determinazione del valore accertato e rimasto definitivo 1perch� non Lmpugnato, e non anche quelle concernenti la legitttmit� dei criteri di valutazione e della stessa procedura seguita dall'Ufficio nell'accertamento del valore, non pu� essere condivisa perch� in contrasto sia con l'ampia e generica locuzione usata nella dcordata disposizione, sia con la suaccennata funzione de11'avviso di accertamento. Non pu�, infatti, fondatamente por�si in dubbio che la legge, nel prevedere, senza alcuna precisazione, la decadenza del contribuente dal diritto di contestare il valore noti.ficatogli comprenda qualsiasi contestazione riguardante i valori accertati sia in linea di fatto sia in linea di giudiziali, restano, in seguito alla decisione, pregiudicate dalla mancata loro proposizione nel ricorso. 3. -L'accertamento tributario � un momento essenziale dello svolgimento del raipporto giuridico d'imposta, attuando l'esigenza che si sia verificato in concreto il concorso dei presupposti di applicazione del tributo, che siano valutati gli elementi di fatto, che sia enunciato il procedimento di valutazione e determinata la somma dQIVuta dal contribuente a titolo di imposta. Ai fini dellla sua definitivit�, � l'avviso di accertamento assume aspetti processuali del pari evidenti: con esso, cio�, la p.a. afferma la propria pretesa tributaria come determinata dall'avviso per.ch� il contribuente possa accettarla, oppure impugnarla se iUe�gittima � cos� (v. Cass. 3 ottobre 1968 n. 3068, Rass. Avv. Stato 1968, I, 1023). I due aspetti, quell� sostanziale e quello processuale, sono interdipendenti, posto che l'avv1so svolge una funzione di ptovocatio ad opponendum, e dalla mancata proposizione dei mezzi di ricorso dalla legge previsti deriva, con la definitivit�, l'efficacia sostanziale sua propria. Se, infatti, -ravviso non � impugnato nei trenta giorni daUa notificazione (art. 21 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639), esso diviene �esecutivo e non pu� essere discusso dal contribuente, il quale � decade dal diritto di contestare il valore notificatogli �. La decadenza -ha insegnato la Cassazione -comprende, data la formula ampia adoperata dalla legge, � qualsiasi contestazione riguardante i vafori accertati sia in linea di fatto sia in linea di diritto, restando definitivamente pregiudicate tutte le questioni influenti sulla determinazione della base imponibile, tanto di diritto come di mera estimazione, e quindi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1132 diritto, attribuendo al comportamento del contribuente che ometta l'impugnazione un inequivoco si1gnificato di adesione all'operato dell'Amministrazione. � D'altro canto se, come si � accennato, l'avviso di accertamento, nella struttura che assume nella disci.pl:ina del nostro diritto positivo, svolge, nell'enunciare i presuprposti del tributo ed il procedimento d� valutazione seguito, una funzione di provocatio ad opponendum strumentalmente insostituibile ai fini della definitivit� dell'accertamento, non si vede come la mancata proposizione dei mezzi di ricorso.. predisposti dalla legge, mentre importa la decadenza dal diritto di �contestare il valore accertato, non precluda invece al contribuente la possibilit� di contestare in ogni momento la legittimit� del proced~mento con cui quel valore � stato accertato. Al contrario � senz'altro da ritener�e che dall'inutile decorso del te�rmine di cui all'art. 21 restino definitivamente rpr~giudicate tutte le questioni influenti .sulla deiterminaziope della base imponibile, tanto di diritto come di mera estimazione e, quindi, anche quelle concernenti la legittimit� dei criteri e della procedura seguita dall'Ufficio nell'accertamento dei va.lori. Questa conclusione, del resto, risponde al principio ben fermo nel nostro ordinamento amministrativo per il quale l'atto illegittimo � ese �anche quelle concernenti la legittimit� dei criteri e della procedura segui. fa dall'ufficio neWaccertamento dei valori � (�sentenza n. 360); e ci� in dipendenza della funzione di provocatio ad opponendum strumentalmente insostituibile ai fini della definitivit� dell'accertamento la quale se pl'eclude al contribuente .la possibiUt� di contestare il valore accertato, non pu� non precludere anche, e nel contempo, attesa la unitariet� di� quella funzione, la possibilit� di contestar.e in ogni momento la legittimit� della tassazione, e cio� dei criteri e del pirocedimento 1seguiti per la valutazione. In conseguenza, il contribuente, se intende Epugnare col ricorso alle Commissioni, il valore, deve anche, nello stesso termine di decadenza, impugnare la questione di diritto che sia pregiudiziale alla valutazione. 4. -Vi � infatti, per la riso~uzione di tali questioni pregiudiziali un regime particolare per la loro proposizione e per fa 1oro deci.sione, che si desume dall'ol'di.namento giuridico, dal sistema del contenzioso tributario. Il contribuente, cio�, pu� ricorr�ere contro l'avviso di accertamento entro trenta giorni dalla notifica, a pena di decadenza, alla Commissione distrettuale, alla quale pu� con lo stesso ricorso prospettare la questione pregiudiziale di dirit\o (e la Commissione sospende la pronuncia in attesa che su tale questione venga emessa la decisione ~efinitiva da parte della Commissione Provinciale, Sezione speciale); oppure pu� ricorrere, entro lo stesso termine perentorio di trenta giorni, a pena di decadenza, direttamente alla Commissione provinciale (sezione speciale) o contro l'avviso di accertamento (art. 2'9, ult. comma, d.l. 1639) o contro la decisione della Commissione distrettuale (art. 37 u1t. comma r.d. n. 1516), per ottenere una pronuncia sulla questione pregiudiziale. M ~~ ~;; !11 f:::: ~:::: __.....,...........,.J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA. 1133 cutivo e 'spi�ega effetti analoghi a quelli che deriV'ano dall'atto legittimo, e trascorsi i termini per l'impugnazione �che rpu� provocare il suo eventuale annullamento, diviene inoppugnabile, ossia definitivamente fermo. Vero � che l'avvenuta definitivit� de~l'accertamento non rpreclude al contribuente di far valere la lesione del proprio diritto sotto il profilo dell'inesistenza del diritto dell'Amministrazione di percepire il tributo o della mancanza del potere della stessa Ammintstrazione di imporre quel determina�to tributo. Ma � evidente che una simile situazione, prospettata soltanto per completez.za d'indagine, esorbita manifestamente dalla fattispecie nella quale si fa questione soltanto in ordine alla legittimit� dei criteri e della procedura di accertamento dell'impoS'ta e la controversia, quindi, riguarda .Je modalit� di applicazione dell'tmposta, con la conS'eguenza che devono trovare applicazione le regole del contenzioso tributario, -inclusa quella relatiV'a alla rpreclusione sancita dall'u1timo comma dell'art. 21 del citato decreto. \ In conclusione la 'sentenza denunciata deve essere cassata e la causa va rinviata per nuovo esame al giudice che si uniforni.er� al principio di diritto secondo cui la mancata impugnazione entro il termine di trenta giorni di cui alla summenzionata disposizione avverso l'avviso di accertamento di valore preclude al contribuente la possibilit� Il contribuente pu�, altres�, in via autonoma o in prosecuzione del g1udizio gi� intrapreso dinanzi la Sezione Speciale (della Commissione Provinciale e, eventualmente, dinanzi la Commissione centrale) come impugnativa delle relative pronuncie, portare l'esame della questione dinanzi l'a.g.o. Se l'ol'dinamento rpr�evede tali diverse possibilit�, con appositi termini di decadenza, per proporre una questione pregiudizial�e di diritto, ci� vuol dire che le modalit� per proporre e decidere tale questione costitui,scono un regime particolare, ed altre possibilit�, con procedure diverse, con termini div�ersi, non sono consentite; anzi sono escluse. E vuol dire altresl che la questione :pregiudiziale deve essere risolta con apposita pronuncia della Commissione tributaria o con apposita sentenza delJ.'a.g.o., prima che venga emessa la decisione definitiva sulla valutazione dalla Commissione provinciale, in modo che questa possa uniformarvisi; altrimenti, non avrebbe :senso l'attribuzione del carattere di definitivit� espr.essamente previsto per la predetta decisione (art. 29 cit.). Di conseguenza, se il contribuente impugna il valore, ponendo cos� col �ricorso alla Commissione solo questioni di valutazione, e non propone anche, �secondo le procedure ora esposte, la questione di diritto pregiudiziale alla valutazione, egli incorre, rispetto a tale questione, nella decadenza (per la decorrenza degli indicati termini), e cio� la soluzione ad essa data dall'Ufficio con l'accertamento diviene definitiva, essendosi su di essa verificata la preclusione. Nella decadenza egli incorre anche ,se non impugna, nel termine di trenta giorni, la decisione della Commissione di�strettuale, come � detto. E ne1la decadenza il contribuente inco�l"re altres� se non impugna col ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (il ricorso alla Commissione Centrale � inammissibile: Cass. Sez. Un. 11 luglio 196'8, n. 220-7, 1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'ro 1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'ro di impugnare la successiva ingiunzione di pagamento del tributo per �I motivi che attengono alla legittimit� della procedura di accertamento del valore sul quale � stata liquidata l'imposta. -(Omissis). II (Omissis). -Col primo motivo del ricor�so l'Amministrazione Fi nanziaria -denunziando violazione degli arrtt. 218, 29 e 30 del r.d.l. 7 agosto 19;36, n. 1639; dell'art. 37 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 e dell'art. 47 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 36-0, nn. 3 e �5 c.:p.c. -lamenta che la Commissione provinciale (Sezione valutazione) abbia deciso, nonostante lo specH�co motivo di gravame interposto dall'Ufficio, una questione che, involgendo l'applicazione del l'art. 47 della leg.ge di registro (e cio� se sulla tassazione del trasferi mento dovesse comprendersi o meno anche il fabbricato esistente sul terreno), apparteneva alla .competenza della Sezione di diritto della Commissione medesima, la quale perci� avrebbe dovuto sospendere la decisione sulla questione: valutativa fino a quando sulla questione rela tiva alla applicabilit� dell'art. 47 dt. non si fosse pronunciata la Sezione di diritto, cui Ja causa doveva essere rinviata. La censura � fondata.. Deve infatti osservarsi che in materia di imposte indirette sui tra sferimenti della ricchezza (qual'� appunto l'imposta di registro), mentre Rass. Avv. Stato, 1968, I, 1004) la decisione definitiva della Commissione �provinciale, laddove questa decida la valutazione insieme con una que stione pregiudiziale, giacch�, in conformit� all'insegnamento delle Sezioni Unite (cfr. sentenza 20 Luglio 1971 n. 23�64 ivi, 1972, I, 1439), la pronuncia di una Commissione Provinciale di valutazione che, oltre a decidere il valore dei beni, decida, in senso e�splicito o implicito, esorbitando dai limiti della propria competenza, anche una questione di diritto avente carattere pregiudiziale rispetto a quella concernente Ja determinazione del valore, essa, nonostante che sia stata enie!;!sa da origano incompetente, diventa definitiva a tutti gli effetti, e cio� diV'enta definitiva non solo sulla valutazione ma anche �Sulla questione pregiudiziale, senza che questa possa essere pi� riproposta, come impugnativa della decisione o in autonomo giudizio, dinanzi al Tribunal�e. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 12 gennaio 1972, n. 71, Rass. Avv. Stato, 1972, I, 437) hanno precisato: �L'art. 29 del r.d. 7 agosto 1936 n. 16319, dopo aver stabilito che le controversie riferentisi alla determinazione del valore sono decise in prima istanza dalla Commissione distrettuale ed in secondo grado daUe Commissioni provinciali, dispone, con l'ultimo comma, che tutte le controversie relative alla applicazione de1la legge sono decise in primo grado dal1e Commissioni provinciali (sezione di diritto) ed in secondo grado dalla Commi�ssione Centrale, salvo il ricorso all'autorit� 1giudiziaria nei modi e termini stabiliti dalle leggi vigenti. Nel caso di specie le insorte contestazioni, pur PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1135 le controversie rela-tive alla determinazione del valore sono decise in prima istanza dalle Commissioni distrettuali e, in secondo grado, dalle Commissioni provinciali, le controversie � relative alla applicazione della legge �, ossia quelle che riguardano questioni di diriitto, sono decise in primo grado dalla apposita Sezi'one delle Commissioni provinciali pre viste dall'art. 30 del r.d. 7 agosto 1936, n. 16319, e, in secondo grado, dalla Commissione centrale. Questa separazione di competenza resta ferma anche quando davanti alle Commissioni provinciali delle I!mposte, in sede di valutazione, sia stata ,sollevata una questione di diritto la cui soluzione rivesta carat tere pregiudiziale rispetto alla questione concernente la determinazione del valore: poich� in tal caso il giudizio di valore .deve essere sospeso fino a quando la questione di diritto non sia stata definitivamente decisa nell'apposita sede,. ossia davanti alla Sezione di diritto della Commis sione medesima. Essendosi pertanto nella specie fatta questione circa l'applicabilit� della presunzione di cui al terzo comma dell'art. 47 l.r. -se cio� nella vendita del suolo dovesse ritenersi compresa, ai fini della tassazione, anche l'accessione (edificio) ivi rinvenuta daJ.l'U.T.E. di Bergamo in sede di sopraluogo -la Sezione valutazione della Commiissione pro vinciale, poich� si trattava appunto di una questione pregiudiziale, investendo la valutazione, si incentrano sulla questione di diritto relativa .all'applicabilit� deLla norma di cui all'art. 2704 cod civ., che determina i requisiti della � data certa �, ai fini dell'imposizione indiretta sui t11asferimenti di ricchezza. Trattasi di una questione di diritto, che secondo la precisata ripartizione di competenza tra Commissioni tributarie, andava proposta in primo �grado dinanzi alla Commissione provinciale (Sezione speciale) come � stato ritualmente fatto�. In tal senso si sono sempre espresse le Sezioni Unite con altre pronuncie; e cosi con ila sentenza 1� luglio 1968 n. 2207, ivi, 1908, I, 1004 (a proposito della natura �dichiarativa della divisione ereditaria) e con la sentenza 1� agosto 1968 n. 2737, ivi, 1968, I, 1005. Precisato il regime tributario per i ricorsi in tema di valutazione e di questioni pregiudiziali di diritto, non ha senso ritenere che la questione pregiudiziale pu� essere proposta in un autonomo giudizio dinanzi a1l giudice ordinario in ogni tempo, anche quando sia gi� intervenuta una decisione definitiva sulla valutazione. Non ha senso perch� codesta possibilit� non solo � al di fuori del sistema particolare sopra esposto, ma non condurr,ebbe neanche ad alcun risultato utile, perch� viene a urtare contro le decadenze e le preclusioni ormai verificatesi. E infatti la sentenza de�l giudice ordinario che decidesse la question� pregiudiziale in modo diverso da quello ritenuto dagli organi tributari competenti (e cio� dall'ufficio con l'accertamento ormai definitivo e dalla Commissione provinciale con la decisione definitiva sulla valutazione), non potrebbe travolgere n� l'accertamento n� la deci .sione, n� potrebbe legittimare il contribuente a adire, per nuova valutazione, ' ' 111aiw11111�111111r1,;rw1&r&:1r-w#1;11.#r8&&;111w1f:illwiru1,�1m1w1:1mltrfrillff11rnrfir%�1Wfil 1136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO avrebbe dovuto rimetterne la decisione alla speciale Sezione di diritto ed attendere che la relativa pronuncia fosse divenuta definitiva prima di dprendere in esame la questione di va,lutazione. Non essendosi la Commissione provinciale attenuta a tale crite�r�i:o, l'impugnata dedsione deve essere cassata con rinvio alla medesima Sezione (valutazione) della causa per nuovo esame, previa decisione definitiva della questione di diritto da parte della Sezione competente. ( Omissis). III La motivazione � pubblicata retro a pag. 447. IV (Omissis). -In via preli:minare occorre provvedere aUa riunione del ricorso principale e di quello incidentale condizionato. Ma questo secondo ricorso va dtchiarato inammissibile, in quanto proviene da una parte �che non aveva alcun interesse a proporlo, nemmeno sotto condizione, essendo risultata pienamente vittoriosa in grado di aippello e ben potendo far valere mediante il controTicorso le pToprie eccezioni, anche se l� disattese. la Commi,ssione stessa (n� potrebbe legittimare l'ufficio a procedere a nuovo accertamento, essendosi verificato nei suoi confronti la decadenza prevista dal 1� comma dell'art. 21): -e ci�, perch�, come si � detto, le decadenze nelle varie ipotesi si sono ormai verificate, sia che si tratti di pTeclusione dall'impugnare l'acceTtamento, sia che si tTatti di pireclusione da giudicato (che ha deciso la sola valutazione o ha deciso anche in modo esplicito e implicito la questione pregiudiziale), sia che si tratti di preclusione, per l'ufficio, dal procedere a nuovo accertamento. La sentenza del giudice ordinario sarebbe inutiliter data: non potrebbe superare le decadenze irrimediabilmente v�erificatesi; non potrebbe travolgere l'accertamento definitivo, n� H giudicato che ha definito la valutazione; non potrebbe cio� consentire una nuova valutazione n� ad istanza del contribuente n� ad istanza dell'ufficio. Nei vari casi la preclusione � ,evidente, essendo sanzionata dalla legge (art. 21, 1� e 2� comma). 5. -Ma la preclusione � ancora pi� evidente se, come talvolta si verifica, essa viene considerata in relazione alla forza del giudicato che acquista la decisione che ha deciso il ricorso in&ente alla valutazione. La preclusione per la decadenza dall'impugnare l'accertamento diviene nel processo tributario preclusione da giudicato che inerisce alla pronunzia che ha deciso il giudizio vertente sulla sola valutazione (o sulla valutazione insieme con una pronunzia suUa questione pregiudiziale). Se infatti l'accertamento, che � stato impugnato dinanzi la Commissione, si integra, trasferendolo sul piano processuale, .con la decisione che� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1137 Fra queste eccezioni va subito affrontata quella dell'asserito difetto di giurisdizione' del Giudice Ordinario, peraltro rilevabile se del caso anche di ufficio, a proposito �della quale I'&mrninistrazione Finanziaria sostiene che la Corte di merito, di fronte alle questioni di diTitto sollevate dal Kiniger, non avrebbe potuto ricorrere alla dtstinzione fra, questioni pregiudiziali e non pregiudiziali rispetto alla valutazione dei beni, e avrebbe dovuto respingere fali deduzioni, in qua:ato non tempestivamente e ritualmente sollevate avanti alle COOilllllissioni Tributru-ie, le cui decisioni di valutazione sono definitive, salvo soltanto le possibilit� di impugnativa, di cui al terzo comma dell'art. 29 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, e al secondo comma dell'art. 111 Cost. Tale eccezione va disattesa. In materia d'imposte indirette, � vero che le decisioni di valutazione delle Commissioni Tributarie in grado di appello possono essere impugnate avanti al giudice ordinario soltanto per grave ed evidente errore di apprezzamento o insufficienza di ca�colo nella determinaziione del valore, e che, d'altra parte, qualora eventuali questioni di diritto aventi carattere strettamente pregiudiziale per effettuare in concreto la valutazione non siano sta.te sottoposte per la previa risoluzione alle apposite Commissioni, non resta .che il �ricorso per cassazione, ai sensi del citato art. 111 Cost. Ma � altrettanto vero che non tutte le questioni ha concluso il giudizio, la preclusione per decadenza dall'impugnare (per le questioni pregiudiziali) l'accertamento si risolve nella preclusione da giudicato che copre le stesse questioni; e la decisione costituisce il titolo dell'imposta a integrazione dell'accertamento. L'accertamento esplica la funzione di verificare la fattispecie tributaria (nel .senso che ogni accertamento non pu� che riferirsi a quanto, secondo l'ordinamento, deve essersi verificato, nei presupposti di fatto e nei presupposti di diritto). La stessa funzione si manifesta nel processo con la idoneit� de1la decisione a .costituire giudicato ri,spetto alla stessa fattispecie tributaria: �l'efficacia (,processuale) del giudicato, come l'effi,cacia (sostanziale) dell'accertamento, r�esta limitata all'imposta relativamente alla quale� � sOTta controversia (Cass. Sez. Un. 14 ~uglio 1962 n. 1873, Foro it. 1962, I, 1660), precludendo, rispetto alla controvel'sia stessa, la possibiUt� di proporre, per aspetti diversi e pr.egiudiizali, altre impugnative e ponendosi come titolo dell'imposta cos� definita (nei cui confronti l'ingiunzione ha solo valor.e di atto di riscossione: Cass. 20 marzo 1972 n. 833, Rass. Avv. Stato, rn.72, I, 467). In altri termini, la dedsione assume �carattere di definitivit� e di irr.evocabilit�, con conseguente immutabilit� dell'accertamento in essa contenuto; ed un accertamento immutabile � un accertamento che � fa stato � come si �esprime l'art. 2909 e.e..Per indicare l'effetto della cosa giudicata, tipico delle decisioni giurisdizionali � (Sez. Un., 20 giugno rn.69 n. 2175, Foro it. 1969, I, 1416). E se l'accertamento � fa stato ., nessuna impugnativa pu� essere proposta oltre il termine dinanzi fa stessa Commissione, n� alcuna altra impugnativa pu� essere proposta dinanzi il Tribunale con l'opposizione all'in 1138 RASSEGNA,DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di diritto sollevabili a proposito di uno stesso atto di accertamento hanno necessariamente �carattere :pregiudiziale per la valutazione nel senso :predetto e che, ove invece incidono sui presupposti o sull'ambito della valutazione, ben possono farsi valere avanti al Giudice ordinario per la prima volta e nonostante che, in punto valutazione sia gi� intervenuta una pronunzia definitiva delle Commissioni tributarie,' �dato che la proponibilit� dell'azione in sede ordinaria non � subordinata all'esperimento del :procedtmento avanti al giudice amministrativo. Ora, nella specie, la citazione introduttiva del giudizio avanti al tribunale � stata interpretata dalla corte \ii Trento (e ci� correttamente, data la sostanza di tale citaz.ione) non soltanto come contenente un'impugnazione ex terzo comma dell'art. 29 d.l. n. 1639 del 193,5 della decisione 27 aprile 1967 della Commissione Provindale di Bolzano, per errore di apprezzamento o insufficienza di calcolo, ma anche come contenente una nuova e autonoma impugnazione dell'atto di accertamento, 'Per ragioni di diritto scindibili dalla questione di valutazione, le quali, se fondate, avrebbero condotto alla dichiarazione d'illegittimit� di tale atto, senza incidere sulla valutazione se non nel senso di travolgerla in parte. -(Omissis). V (Omissis). -Col priimo mezzo l'Amministrazione ricorrente -denunciando � violazione e falsa applicazione dell'art. 29 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 in relazione aWart. 3�60, n. 3 c.p.c. � -deduce che la Commissione provinciale di Al�essandria Sezione valutazione era in giunzione, perch� la preclusione del giudicato tributario impedisce anche, come si � detto, la proposizione della questione di diritto dinanzi al Tri bunale in un autonomo giudizio (cfr. la sentenza n. 360). Vero � che' J.'avvenuta definitivit� dell'accertamento non rp;reclude al contribuente la possibilit� di far valere la lesione del proprio diritto sotto il profilo dell'inesistenza del diritto dell'Amministrazione di percepire il tribu to (perch� il tributo non trova corrispondenza nella previsione astratta delle norme) o della mancanza del potere della stessa Amministrazione di irrn porre quel determinato trtbuto (perch� il fatto contributivo dell'imposta non esiste) (giurisprudenza pacifica; v., per tutte sentenza Cass. 21 gen naio 1970, n. 132, Foro, it., 1970, I, 2527, con nota). Ma � evidente che una simile situazione, prospettata soltanto per completezza d'indagine, esorbita manifestamente dalla fattispecie nella quale si fa questione sol tanto in ordine alla legittimit� dei criteri e della procedura di accertamento, e .cio� di questione pregiudiziale alla valutazione. Cosi ad es., nella specie esaminata dalla sentenza n. 2926 la pregiudizialit� deHa questione risulta dall'unica valutazione globale riferita al terreno ed al fabbricato, contenuto nell'unico avviso di accertamento. Anzi codesta valutazione unica globale conferma il carattere pregiudiziale. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1139 competente a pronunciavsi sulla questione dell'appartenenza delle scorte vive e morte ai Capriota, da costoro sollevata per sostenere l'esclusione delle medesime dalla compravendita oggetto dell'imposizione: tale questione �costituirebbe questione di dixitto e non di mera valutazione, sotto due concorrenti profiU: sia perch� si riferirebbe all'accertamento del dkitto di propriet� su quelle scorte, sfa perch� codesto accertamento sarebbe condizionato dall'interpretazione e dall'applicazione dell'art. 47 della legge di registro, contenente la presunzione del trasferimento della propriet� delle pertinenze del fondo contestualmente a quello della propriet� del fondo stesso, presunzione vincibile solo �in casi tassativi; pertanto essa rientrerebbe nella cognizione della Sezione di diritto della ste.ssa Commissione e a questa Sezione sarebbe dovuta essere rimessa. Il motivo � fondato. Come questa Suprema Corte ha avuto occasione di affermare con giurisprudenza che pu� �Considerarsi consolidata (v., fra le molte altre, le sentenze n. 290 del 5 febbraio 1971 e n. 1674 del 22 settembre 1970), ai sensi de~li artt. 29 e 30 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, nell'ambito delle Comm:i:ssioni chiamate a pronunciarsi in materia di imposte indi- Occorreva pevc10 prima decidere la questione dell'accessione e, poi, procedere alla valutazione unitaria deJ. tutto. In punto di fatto si potrebbe escludere la pl'egiudizialit� se il.a valutazione fosse stata eseguita con due pTocedimenti autonomi anche se formalmente contenuti in un'unica decisione (un procedimento per il fabbricato, l'altro peT l'area) oppure con un unico accertamento, ma con distinte indicazioni di valove per l'uno ,e per l'altro bene (per altra specie cfr. Cass. 18 marzo 1972, n. 821, Riv. leg. fisc. 1972, 2118). In tal caso la caducazione, pro parte, della decisione sarebbe ipotiz' ZabHe (cfr. sentenza n. 2349). Anzi la sua ammissibilit� conferma che nel c&so di accertamento con valutazione unica, essa deve escludersi. Nell'ipotesi prospettata la pregiudizialit�, in astratto, della questione della accessione � stata sempre ammessa dalla giurisprrudenza, la quale ha ritenuto che la sua decisione rientri nella competenza della Sezione speciale della Commissione provinciale, secondo la ripartizione di competenza di nanzi .esposta, essendo essa intimamente connessa con ila valutazione al punto che non si pu� decidere questa senza av;er prima -esplicitamente o implicitamente -deciso quella: se la valutazione � stata decisa in un certo senso compvendendo anche il fabbricato, vuol dire che l'accessione, sia pure implicitamente, � stata decisa positivamente, Cass. 9 aprile 1970, n. 969; Riv. leg. fisc., 1970, 1873; Sez. Un. 14 dicembr,e 1970, n, 2665, Rass. Avv. Stato, 1971, I, 179; Cass. 5 dicembre 1970, n. 2560, Foro it. Rep. 1971, voce tributi, n. 449. Non si comprendono, cosi, in verit�, quel1e (isolate) pronunce della Suprema Corte ile quali affermano che tutte le questioni di diritto, anche se pregudiziali alla valutazione, possono essere proposte, in ogni tempo, anche cio� dopo che sip. stata emessa una decisione definitiva sulla valutazione, dinanzi l'a.g.o, in un autonomo giudizio (cfr. la sentenza n. 647; contra Sez. Un., 12 gennaio 1972, n. 71, retro, I, 437). 1140 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rette sui trasferimenti di ricchezza, le controver:sie aventi per oggetto la determinazione del valore sono decise in prima istanza dalla Commissione distrettuale e in seconda istanza da quella provinciale, Sezione valutazione; mentre le controversie relative alla interpretaziione ed all'aprplicazione della legge sono decise in primo grado dalle sezioni di diritto ~elle Commissioni pcrorvinctiali ed in secondo grado dalla Commissione centrale. Tale rtpartizione di funzioni ha rilervanza giuridica eisterna, -in .quanto sono previsti una diversa composizione� ed un ordine processuale specifico, anche per qu~nto attiene all'iter delle impugnazioni. Tr:attasi do� di un fenomeno di ripartizione di competenza per materia, onde, se �codesta ripartizione venga violata, si ha la nullit� della pronuncia. Quando la questione di diritto si presenti pregiudiziale dspetto a quella concernente la determinazione del valore, importando un accertamento di carattere incident�le, � necessario che la Sezione di diritto si pronunci preliminarmente sulla questione giuridica, cosicch� la .controversia sul valo.re, da sospendersi medio tempore, pu� proseguire nella ,propria sede soltanto dopo che sulla medesima questione sia stata l'aggiunta, nell'a,pposita distinta sede, una decisione definitiva. L'applicazione di questi principi al caso di specie conduce anzitutto a riconoscere che la Comm~ssione provinciale di Alessandria, Sezione valutazione; nel ritenere che i Capriota avevano pl"ovato la loro propriet� sulle scorte del valore complessivo di L. 8.000.000, ha manifestamente esorbitato dai limiti della propria competenza, arrogandosi funzioni proprie della Sezione di di,ritto, iper�ch� ha dedso una controversta 6. -La nozione di questione pregiudiziale di diritto ricorre, insieme con le preclusioni che vi sono connesse, anche nel procedimento dinanzi le Commissioni tributarie e nel giudizio di impugnazione dinanzi la Corte di Appello, entrambi regolati, di l'ecente, col d.P.R. 26 ottobr�e 1972, n. 636, rpur dovendosi tener conto del diV'eil'so iter previsto dal nuovo sistema tributario. Il processo ha inizio col ricorso alla Commissione di primo grado entro '60 giorni dalla notificazione dell'avviso di accertamento (art. 16); pil'osegue �con l'appello alla Commissione di secondo grado e (salvo il caso di ricorso 'alla Commissione Centrale) si conclude, per le sole violazioni di legge e -per le questioni di fatto escluse le valutazioni, con l'impugnazione della decisione di secondo grado dinanzi :la Corte di Appello. � evidente che nel giudizio di impugnazione dinanzi la Corte possono trattarsi e decidersi (escluse la valutazione estimativa e la misura delle pene pecuniarie) solo le questioni di diritto che siano stat� proposte entro il termine di decadenza dell'art. 16, dinanzi le Commissioni tributarie, essendo quel giudizio inteso come impugnazione della decisione tributaria. Ne consegue che, in applicazione dei principi generali, se una questione pregiudiziale alla valutazione non � stata tempestivamente proposta dinanzi la Commissione, �essa non pu� essere pi� proposta dinanzi alla Corte di Appello, essendosi su di essa verificata la preclusione per la decorrenza del termine di decadenza. UGO GARGIULO PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1141 nella quale pregiudiziale alla detel"minazione del valore di quelle scorte era l'accertamento della condizione giuridica delle medesime quanto alla loro appartenenza. Invero le questioni di valutazione che rientrano nell'ambito della competenza della Sezione di valutazione sono solo quelle, che, fermi i presupposti concernenti gli elementi di fatto e di diritto che determinano il sorgere dell'obbligazione tributaria, riguardano esclusivamente l'accertamento del valove del bene oggetto dell'atto cui si riferisce l'imposta; per converso, le questioni di diritto, estranee a quell'ambito ed incluse nella sfera di competenza della Sezione di diritto, sono tutte quelle che ,~omunque incidono su quei presupposti. Codesta incidenza si pu� avere, oltre. che per il dubbio che sorga sull'interpretazione di una norma di leg,ge, anche quando in proposito non sussistano incertezze e si tratti soltanto di accertare le condizioni per l'a:ppHcazione della legge nel caso concreto, perch�, anche in questa ipotesi, la statuizione afferisce ad un momento precedente la vaJutazione, e quindi, non ad essa, ma a suo presupposto, e comporta, pur sempre, il collegamento fra la situazione di fatto accertata e l'inquadramento di essa in una fattispecie normativa; e ci� ben � definibile proprio come questione di diritto. Nella specie � evidente ,che. la controversia aveva ad oggetto, anzitutto appunto questioni sostanziali e formali (queste ultime, specificamente, probatorie), dalla cui soluzione dipendeva l'attribuzione alle scorte di una condizione giuridica che era decisiva ai fini della determinazione dei valori ai quali riferire l'imposta di registro, e che pertanto erano Upiche questioni di diritto. L'errore della Sezione valutazione nel giudicare tali questioni ha come conseguenza la nullit� della sua pronuncia. L'evidente ca�rattere pregiudiziale delle medesime questioni rispetto all'accertamento dei concreti valori imponibili comporta che su di esse si pervenga nella sede competente ad una decisione definitiva e che il giudizio innanzi alla Sezione di valutazione resti nel frattempo so speso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 giugno 1972, n. 1804 -Pres. leardi Est. Valore -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Ente di Consumo di Carpi (avv. Capaccioli). Imposte e tasse in genere -Stato contribuente -Imposte erariali Esclusione -Enti assimilati -Non sono soggetti alle imposte erariali. Poich� lo Stato non � mai contribuente per le imposte erariali, non possono essere soggetti alle imposte erariali gli altri enti assimilati allo 17 1142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Stato agli effetti tributari (applicazione specifica in materia di imposta. sulle societ�) (1). (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, deducendo la violazione e falsa a,pplicazione dell'art. 8 d. 1. n. 90 citato in relazione alle� norme ed ai principi giuridici sull'assoggettabilit� dello Stato ai tributi erariali ed alla 1. 6 agosto 1954, n. 603 (sull'imposta sulle societ�) in particolare, nonch� in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l'Ente di Consumo, godendo� del medesimo trattamento tributario dello Stato, sia esente dalfimposta sulle societ�, �e ci� in base alla non esatta premessa che gli organi dello� Stato non siano soggetti alle imposte erariali. '�� Sostiene al riguardo che � principio dominante nel diritto italiano che non ;olo gli enti pubblici minori, ma anche lo Stato, sono soggetti alle imposte, salvo le numerose e puntuali eccezioni stabilite dal diritto positivo. Pertanto, mancando un'esplicita norma di esonero dello Stato dall'imposta sulle societ�, esso vi � soggetto e parimenti vi sono soggetti gli Enti ad esso assimilati agli effetti fiscali. Comunque, anche ammesso che lo Stato non possa essete assoggettato a tributi, la sottrazione dello Stato medesimo al pagamento delle imposte dipenderebbe solo dalla impossibilit� di essere ad un tempo creditore e debitore per una imposta. Rispetto, per�, agli Enti equiparati allo Stato nel trattamento fiscale, in mancanza di specifiche esenzioni� espr�essamente previste, non sussistendo il difetto della duplicit� dei soggetti, il debito di imposta non pu� non sorgere mancando il dato impeditivo suscettibile di operare soltanto per lo Stato. Il ricorso non � fondato. (1) In un'altra occasione, discutendosi della soggezione dello Stato ai tributi locali, la S.C. (sent. 6 marzo 1969, n. 725, in questa Rassegna, 1969, I, 298) ha affermato che il potere di imposizione degli enti locali deriva dalla legge, e si esercita quindi (salvo espresse eccezioni) anche nei confronti delle Amministrazioni deillo Stato, giacch� anche lo Stato � soggentto alla legge fiscale, come lo � a tutte le leggi dell'ordinamento giuridico, secondo il fondamentale principio dello Stato di diritto. Oggi si segue tutt'altra via p�er giungere all'affermazione (gi� fatta con la sent. 26 ottobre 1955, n. 3506, in G'iur. it., 1956, I, 1, 416) che mai lo Stato � soggetto� passivo delle imposte erariali, nemmeno quando una Amministrazione concretamente paga un'imposta che iscrive nel suo bilancio passivo, perch� il 1sistema del versamento stabilito nell'art. 123 del Regolamento 15 settembre 1923, n. 2090, si risolve in una pura fi=ione contabile. Indipendentemente da ci�, bisogna per� ri1levare che il problema pro-posto consisteva nello stabilire se l'equiparazione agli effetti tributari di enti minori allo Stato possa dar luogo o meno ad una esclusione totale dalla soggezione ai tributi erariali. Una soluzione di carattere globale qua�le quella proposta nella sentenza in rassegna non sembra accettabile. Come PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1143 La questione se lo Stato possa essere soggetto passivo dell'imposizione tributaria ha dato luogo in dottrina a soluzioni contrastanti. I fautori della tesi affermativa hanno rilevato che in tutta la legislazione non si trova sancito il principio che lo Stato, come ente sovrano, non possa essere assoggettato ad imposte, tasse, o tributi in genere, ma sono invece specificati i casi nei quali esso � esentato da tali obblighi; talch�, fuori di questi casi, laddove si tratti di atti o di rapporti economici che lo Stato faccia od assuma come potrebbe farli od assumerli ogni privato, esso � ugualmente tenuto al pagamento dei tributi relativi. Ci�, aggiungono gli autori suddetti, risulta da tutte le leggi che impongono tributi sia a pro dello Stato che di altri Enti sempre trovandosi .sipecificate le esenzioni applicabili allo Stato. Peraltro nessuna eserizione � stata mai sancita per i redditi realizzati dalle varie Amministrazioni dello Stato e, se queste non sono sottoposte al pa.gamento dell'imposta di R. M. per gli eventuali redditi di ricchezza, ci� � dovuto ad un rilievo di ordine pratico, identificandosi debitore e creditore d'imposta nello stesso soggetto. A sostegno della tesi negativa, per converso, � stato dedotto che: a) il potere tributario dello Stato costituisce una esplicazione del suo diritto di sovranit�, sicch� il soggetto attivo del diritto di imporre non pu� contemporaneamente esserne il soggetto passivo, salvo che la legge espressamente disponga in senso diverso; b) nella sua struttura il rapporto giuridico d'�mposta si configura come un vero e proprio rapporto di obbligazione, di cui � soggetto attivo lo Stato o altro Ente impositore o anche la persona cui sia stata conferita tale facolt�, e soggetto passivo � l'Ente o la persona obbligata a corrispondere il tributo. Ora � inconcepibile sia che lo Stato rivolga a se stesso un comando di eseguire una tale prestazione o che comunque esso possa essere giuridicamente rilevante per il terzo, sia che la stessa perso- vi sono tributi, quali quelli rea:Ii, che sono sempre dovuti indipendentemente dalla qualit� soggettiva del proprietario (in base all'art. 77 del t.u. sulle imposte dirette sono esenti dall'imposta sui fabbricati le costruzioni del demanio pubblico infruttifero, in quanto obiettivamente incapaci di reddito, mentre sono ,soggetti all'imposta gli altri fabbricati di propriet� dello Stato), cos� vi sono ailtri tributi a cui obiettivamente lo Stato non pu� essere soggetto. Sarebbe quindi certamente erroneo dire che gli enti assimilati non sono soggetti alle imposte fondiarie (per questi enti la finzione contabile non pu� funzionare). Certamente assai pi� delicata � la questione per l'imposta sulle societ� dato che la equiparazione degU enti comunali di consumo, che sono da ritenersi aziende comunali, agli organi statali, deve essere riferita alle aziende dello Stato le quali, a norma dell'art. 3 della [egge 6 agosto 1954, n. 603, riprodotto nell'art. 151 lett. d) del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sono esenti dalla imposta sulle societ�. 1144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO na fisica e giuridica possa essere soggetto attivo e passivo della medesima obbligazione; e) se la funzione economica ~ella imposizione � quella di prelevare dal reddito mezzi materiali necessari alla soddisfazione dei pubblici bisogni, � inconcepibile che il tributo possa colpire il reddito di quei beni che, essendo dello Stato, sono essi stessi i mezzi per la soddisfazione I di tali bisogni. I ! Nelle rare occasioni in cui ha avuto occasione di esaminare la queI I stione (Cass. 22 luglio 1938, n. 2676; 26 ottobre 1955, n. 3506) questa I I I Suprema Corte ha escluso che l'Amministrazione dello Stato possa essere soggetto passivo dell'imposizione tributaria e tale orientamento giurisprudenziale va ribadito nel caso in �esame, non apparendo valide le con i trarie argomentazioni prospettate dalla ricorrente. j Non ha anzitutto rilievo che il principio che lo Stato non possa essere soggetto di imposizione non sia espressamente sancito, in quanto I il principio stesso � contenuto nel concetto di � imposizion� �, cio� di un comando attraverso il quale lo Stato si procura le entrate occorrenti alla I 1 attuazione dei suoi fini, comando, come gi� accennato, che non � concepibile rivolto dallo Stato a s� medesimo. Talch� non .era necessaria Il una enunciazione espr�essa del principio in questione. Conseguentemente f non ha maggior pregio l'assunto che la normale soggezione dello Stato ai 1 f suoi tributi dovrebbe desumersi dalla esistenza di numerose norme espres I f: I� se di esenzione da alcuni di essi, gia�)ch�, una volta accertato che l'Ente ;pubblico non pu� essere contribuente di s� stesso, per l'impossibilit� di concepirlo assoggettato alla sua stessa potest� sovrana, le norme di esenzione vanno piuttosto riguardate come esternazione, anche se superflua, del principio generale della non soggezione dello Stato ai tributi era~: riali. Non senza considerare, inoltre, che alcune di tali norme prevedono i= i= delle �esenzioni � cui solo impropriamente si attaglia tale qualifica, rii: guardando ipotesi nelle quali difetta addirittura il presupposto per l'ap I I ~ plicazione dell'imposta (art. 2 legge 26 gennaio 1865, n. 2136 e art. 77 T.U. 2.9 .gennaio 1958, n. 645, che escludono dall'imposta sul reddito dei fabbricati, i fabbricati demaniali dello Stato, costituenti le fortificazioni e le loro dipendenze � e le �costruzioni costituenti demanio pubblico infruttifero dello .Stato �, cio� beni che non producono per loro stessi I alcun reddito suscettibile di tassazione). f: Per superare l'impossibilit� logica della coesistenza nel medesimo soggetto della qualit� di soggetto attivo e paS'sivo dell'obbligazione tri I butaria, la ricorrente obietta che, al difetto della duplice personalit� del ~ creditore e del debitore, supplisce la possibilit� ormai generalmente ammessa dalla moderna dottrina amministrativa, di rapporti organici, cio� tra organi del medesimo ente, �ai quali non pu� essere negato carattere di rapporti giuridici, non solo nell'ordinamento interno dell'Ente stesso, ma anche in seno all'ordinamento generale �. Esempio tipico di tali rap-~: i� f @ fil ~..-~....,~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA porti interorganici, si assume, si ha appunto nel campo tributario, nel caso di imposte dovute dalle varie Amministrazioni deHo Stato a quella delle Finanze. Al riguardo va, anzitutto, osservato che il rapporto interorganico, come relazione che si stabilisce tra due organi dello stesso ente riguardati non nella loro comune funzione di espressione concret� dell'Ente, ma come soggetti distinti, titolari di situazioni giuridiche contrapposte, � sempre un rapporto particolare, chiaramente definito dalla legge e necessariamente corrispondente ad una determinata funzione nell'economia dei fini dell'Ente. Del pari l'autonomia patrimoniale di un particolare organo o ufficio � sempre limitata entro confini ben precisi, con particolari scopi, che non contraddicano mai alla sostanziale unit� patrimoniale dell'Ente. Vi � poi da considerare che, come questa Suprema Corte ha gi� messo in rilievo (sentenza n. 3506 del 1955), anche quando un'imposta risulta pagata dall'una all'altra Ammintstrazione dello Stato (art. 123 del Regolamento 15 settembre 1923 per l'esecuzione del T.U. sulla riscossione delle Imposte Dirette), trattasi di una mera finzione contabile, che non assume alcuna rilevanza giuridica o finanziaria in ogni caso, infatti, i beni che dovrebbero essere co~piti dall'imposta, sono di spettanza dello Stato, se anche, per esigenze di carattere tecnico-economko, all'Amministrazione degli stessi provvedano vari Ministeri; d'altra parte, lo Stato � l'unico Ente fornito di personalit� giuridica cui.fanno capo le sue varie Amministrazioni suddivise per esigenze di carattere tecnico-amministrativo. Premesse codeste brevi considerazioni in linea generale e passando ad esaminare la ,specifica imposta s:ulle societ� -che viene generalmente inquadrata nelle imposte sul reddito -appare evidente come alla stessa non possa essere assoggettato lo Stato, il quale, se il tributo venisse applicato, dovrebbe ad un tempo pagare e ricevere, dovrebbe, cio�, pe11cepire, a titolo di imposta, e solo in parte (per le necessarie spese di amministrazione), quel reddito 1che ad esso gi� appartiene per intero. Peraltro, la legislazione non conforta la tesi della ricorrente. Invero, ai sensi degli artt. 3, lett. C, legge 6 agosto 1954, n. 603 e 151 T.U. delle Leggi sulle Imposte Dirette 29 gennaio 1958, n. 645, sono espressamente esentate dall'imposta sulle societ�, le Regioni, le Provincie, le Camere di Commercio e Aziende dello Stato. Essendo palesemente assurdo che si sia voluto esentare tutti questi Enti (e numerosi altri) e non lo Stato stesso, l'omessa indicazione di quest'ultimo trova logica spiegazione nel principio generale, sopra enunciato, della non ipotezzabilit� della figura di un ente pubblico debitore d'imposta a s� medesimo. Obietta infine l'Amministrazione ricorrente che, anche ammesso che Stato non possa scontare le imposte, da tale premessa non discenderebbe 1146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO affatto la conseguenza dell'esonero degli Enti ad esso fiscalmente assimilati, difettando per essi la coincidenza della qualit� di soggetto attivo e passivo dell'obbligazione tributaria che, in ordine alle im,poste erariali, sussiste solo relativamente allo Stato. Il rilievo, alla luce deUe considerazioni .svolte, appare privo di consistenza. Esso si fonda sul presupposto che lo Stato, in mancanza di specifiche esenzioni, rientri nella sfera soggettiva delle imposte. Pertanto, l'assimilazione avrebbe l'unico effetto di estendere ai soggetti assimilati le esenzioni espressamente previste per lo Stato medesimo. Orbene, una volta ritenuto che, anche in mancanza di una esenzione espressa, non necessaria, lo Stato non pu� essere assoggettato all'imposta sulle societ�, la cui struttura organica, peraltro, non consente di comprenderlo nel relativo ambito di applicazione, l'obiezione della ricorrente perde ogni consistenza, �onde correttamente la Corte bolognese ha giudicato che agli Enti Comunali'. di Consumo debba essere assicurato il medesimo regime tributario del quale in concreto godono gli org'.ani statali. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE,"Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1857 -Pres. leardi Est. Milano -P. M. Pandolfelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Saltini) c. Opera Assistenza Profughi Giuliani (avv. Lanzara). Imposta di registro -Agevolazioni per la ricostruzione edilizia -Sono limitate alle attivit� di ricostruzione specificamente regolate nel d. 1. 10 aprile 1947, n. 261. (d.l. 10 aprile 1947, n. 261, art. 93). L'agevolazione dell'art. 93 del d. l. 10 aprile 19.47, n. 261 non � istituita in vista soitanto della qualit� soggettiva (persone rimaste senza tetto a causa di eventi bellici) delle persone cui le case sono destinate, ma � invece intesa ad agevolare quella attivit� di ricostruzione che � eseguita prevalentemente dallo Stato, anche attraverso delega o affidamento ad altri enti, ed eccezionalmente, in ipotesi particolari e sotto precise condizioni, da privati proprietar.i di edifici distrutti o danneggati. Non basta pertanto per fruire dell'agevolazione una generica destinazione delle case costruite alle persone rimaste senza tetto, ma � necessario che la ricostruzione si esegua con uno dei procedimenti regolati nel d. l. n. 261 (1). (1) Decisione esattissima da condividere pienamente. . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1147 (Omissis). -Preliminare � l'esame del secondo motivo del ricorso -che attiene all'appltcabilit� dal �contratto di permuta ed alla conseguente iscrizione ipotecaria dello speciale regime fiscale previsto dall'art. 93 del decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 261, perch� qualora si dovesse ritenere che l'atto in questione non rientra nelle previsioni del detto decreto, sarebbe superfluo esaminare la questione relativa all'esistenz~ del nesso oggettivo di connessione tra l'atto stesso ed i fini del decreto, che forma oggetto del primo motivo del ricorso. Denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 93 del decreto n. 261 del 1947, in relazione agli artt. 1 e 55 del decreto stesso, la ri �Corrente Amministrazione, con il suddetto secondo motivo, sostiene che, per poter fruire dei benefici tributari concessi con la richiamata disposizione, non � sufficiente, come ritenuto dalla denunciata sentenza, che si tratti di costruzione eseguita per alloggiare persone rimaste senza tetto a seguito degli eventi bellici, ma occorre che si tratti d:i costruzione o ricostruzione di edifici eseguite dal Ministero dei Lavori Pubblici, in attuazione dei compiti �che il citato decreto gli affida e, in casi parti �colari, da privati possessori di aree singolarmente designate. Il motivo � fondato. In proposito giova ricordare che, a norma del decreto n. 261del1947, �contenente disposizioni per l'alloggio dei rimasti senza tetto in seguito ad eventi bellici e per l'attuazione dei piani di ricostruzione, il Ministero dei Lavori Pubblici � autorizzato a provvedere alle riparazioni dei fabbricati rimasti danneggiati per eventi bellici, alla ricostruzione dei fabbricati distrutti ed alle nuove costruzioni indispensabili per alloggiare i senza tetto, lavori tutti considerati urgenti ed indifferibili (art. 2); che per le riparazioni e le ricostruzioni il Ministero pu� delegare le proprie .attribuzioni ai comuni ed alle provincie (art. 5, n. 1) mentre per esse -e per le �nuove costruzioni� ha la facolt� di dare i lavori in conces. sione agli Istituti autonomi per le case popolari, all'Istituto nazionale case per gli impiegati dello Stato, a consorzi di proprietari, ad enti ;provinciali e comunali ed altri �.enti riconosciuti idonei a siffatto compito� {art. 5, n. 2); che, agli stessi rf�ni, il Ministero pu� autorizzare anche la �costituzione di consorzi edilizi (artt. 7-12); che gli edifici ricostruiti a totale carico dello Stato sono dati in consegna agli Istituti per le case popolari e da questi assegnati a particolari categorie di persone (art. 55); che i privati sono ammessi a svolgere �coi benefici contemplati dalla presente legge � i lavori di riparazione o di ricostruzione in quanto proprietari degli edifici danneggiati da eventi bellici (art. 50), mentre le � nuove costruzioni� possono essere eseguite da privati in quanto o �proprietari .delle aree ricadenti nella zona di ampliamento�, comprese negli elenchi, da compilarsi dagli Uffici del Genio Civile, delle aree necessarie per la 1148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricostruzione dell'aggregato urbano (art. 62, n. 1) ovvero �proprietari di edifici d�strutti che non possono essere ricostruiti in sito per effetto di vincolo� (art. 62, n. 2) e sempre a seguito di uno specifico atto di assegnazione delle aree espropriate da parte degli Uffici del Genio Civile. Non sembra dubbio, pertanto, che trattasi essenzialmente di attivit� di ricostruzione e di costruzione effettuata da una Pubblica Amministrazione nell'esercizio di compiti istituzionali ad essa affidati e solo in particolari ipotesi, poste sotto precise condizioni, di attivit� esercitata� da privati proprietari di edifici distrutti o danneggiati da eventi bellici. Ed � del pari indubbio che soltanto tali attivit�, prevista l'una nel primo capo del decreto e l'altra nel secondo e terzo capo del decreto stesso, possono fruire, in rapporto agli atti occorrenti per il loro espletamento, del trattamento di f~vore previsto dalla disposizione dell'art. 93, la quale appunto prevede, tra gli altri benefiici, la sola tassa fissa di registro ed ipotecaria �per gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione del presente decreto�. Ci� non ha considerato la sentenza impugnata allorquando, rilevato che il contratto di permuta del 26 novembre 1962 e la relativa garanzia ipotecaria erano in sostanza diretti alla costruzione di alloggi popolari da assegnarsi ad esuli giuliani e dalmati, e, cio�, a persone che, come indicato nell'art. 1 del decreto n. 2'61 del 1947, sono rimaste prive di 1 abitazione in dipendenza di eventi bellici, ha senz'altro ritenuto che l'atto doveva fruire dell'agevolazione tributaria di cui alla richiamata disposizi�ne. Se non si pu� negare, infatti, che gli esuli giuliani e dalmati siano da comprendere tra le persone rimaste �senza tetto � in seguito ad eventi bellici, si deve per� riconoscere che non a q,ualsiasi costruzione, anche se destinata a tale categoria di persone, pu� essere accordato lospeciale regime fiscale previsto dal decreto in esame, dal momento che questo non si limita a stabilire, nell'art. 1, le categorie di persone a cui favore si applicano le sue disposizioni, ma stabilisce anche precisi tipi di intervento ed i soggetti che possono esplicarlo. E nella specie, escluso che il Ministero dei Lavori pubblici avesse assunto in proprio l'esecuzione della costruzione di cui tratta.si, la Corte di appello avrebbe dovuto accertare se l'Opera per l'assistenza profughi giuliani e dalmati rientrasse tra gli altri soggetti legittimati, per delega . o concessione della Pubblica Amministrazione, ad eseguire la costruzione stessa o, comunque, se ricorresse una delle ipotesi previste dal capo secondo e terzo del citato decreto. Il ricorso dell'Amministrazione deve essere, quindi, accolto in relazione al secondo motivo, restando cos� assorbiti sia il primo motivo che il terzo che prospettano questioni subordinate. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1149 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1858 -Pres. Giannattasio -Est. Mazzacane -P. M. Cutrupia (conf.) -Vandoni (avv.. Piccardi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). Imposta di registro -Atti sottoposti a condiiione sospensiva -Suc cessione di leggi nel tempo -Legge vigente al momento dell'av veramento della condizione -� applicabile. Per gii atti soggetti a condizione sospensiva, soggetti a registrazione a tassa fissa al momento della stipulazione e alla percezione della imposta progressiva, proporzionale o graduale al momento in cui la condizione si avvera, � applicabile .za norma vigente al momento in cui la condizione si avvera anc_he nel caso in cui al tempo della stipulazione era dovuta, anche per l'atto efficace, la sola imposta fissa (1). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale i Vandoni denunciano la violazione dell'art. 11 disp. sulla legge in generale c. c., dei principi generali del t.u. della legge di registro approvato con r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, ed in particolare degli artt. 7, 17 e 152 dello stesso testo unico. Deducono: la Corte di appello ha ritenuto, in base a,gli artt. 17 e 152 della legge sulla imposta di registro, che l'atto di donazione 1<> ottobre 192�5, in quanto sottoposto a condizione sospensiva, era soggetto al trattamento tributario stabilito dalla legge in vigore al momento del verificarsi della condizione, e che, essendo venuta meno l'esenzione da imposta di trasferimento prevista per le donazioni fra genitori e figli e fra zii e nipoti per effetto del r. d. 1. 3'.0 aprile 1930, n. 431, dopo l'avveramento della condizione, era giustificata la pretesa della Amministra (1) Decisione esattissima che fa puntuale applicazione della norma e mette in chiaro anche un particolare aspetto del problema: unica eccezione alla regola che la registrazione � retta dalla norma vigente al momento dell'avveramento della condizione � (art. 152 della legge di registro) il gi� avvenuto pagamento dell'imposta praporzionale; se invece al momento della stipuli:izione l'atto 8ia stato registrato con la percezione deUa imposta fissa, anche se questa era la sola imposta dovuta secondo la leg.ge del tempo peT l'atto divenuto efficace, sar� sempre dovuta l'imposta in base alla legge sopravvenuta vigente al momento deH'avveramento. La pi'onunzia, ricollegando al momento dell'avv.eramento della condizione la nascita dell'obbligazione tributaria, corregge implicitamente l'affermazione fatta con la sent. 13 luglio 1971, n. 2241 (in questa Rassegna, 1971, I, 1419) che individuava invece il momento essenziale della regi.gtrazione nella percezione dell'imposta fissa al tempo della �Stipulazione dell'atto condizionato. Per altra applicazione del principio ad ipotesi particolari cfr. Cass. 21 luglio 1971, n. 2379 (ivi, 1971, I, 1449). 1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ziqne finanziaria di esigere, per l'atto suddetto, l'imposta proporzionale di trasferimento. In tal modo, sostengono i ricorrenti, la Corte del merito ha erroneamente assoggettato ad imposta di trasferimento, in virt� di disposizioni sopravvenute e in vigore all'epoca di avveramento della condizione, un atto esente dall'imposta stessa in base alle di<Sposizioni legislative vigenti all'epoca del suo compimento, non avendo considerato che per l'applicazione di un tributo al momento dell'avveramento della condizione occorre che l'atto sia stato fin dall'origine registrato come atto sottoposto a condizione sospensiva, per il quale il pagamento dell'imposta sia differito, mentre siffatta situazione non ricorre nell'ipotesi di atto originariamente ese.nte da. imposta. La censura � infondata. Deve anz~tutto precisarsi che l'atto in questione non era esente dall'imposta fin dall'origine. Infatti, come ha rilevato la sentenza impugnata e come � del resto ammesso dai ricorrenti (p. 18 ricorso), l'atto di donazione 1� ottobre 1925 fu registrato a tassa fissa. Questa, costituendo un minus rispetto alla tassa normale, altro non � che una riduzione di imposta (Cass. 26 luglio 1966; n. 2607); con la conseguenza che essa non precludeva la successiva tassazione, diversa nella misura (non pi� fissa ma proporzionale) prevista dalla legge vigente al momento del verificarsi della condizione. Correttamente, pertanto, la Corte del merito ha applicato alla specie l'art. 17 della legge di registro, secondo cui il pagamento della tassa progressiva, proporzionale o graduale per gli 'atti e trasferimento vincolati a condizione sospensiva � dovuto quando la condizione si verifica (salvo che l'atto o il trasferimento abbia effetto prima che la condizione si avveri) ed in tal caso la tassa � dovuta nella misura stabilita dalla legge in vigore al giorno in cui si intende avv�erata la condizione; concetto ribadito nell'art. 152 della stessa legge che, con disposizione transitoria, cui si attribuisce generalmente valore di principio di diritto tributario sul punto della successione delle leggi, stabilisce che, ove l'acquisto o il trasferimento a qualunque titolo dipenda da una condizione sospensiva, si applicano, in caso di successione di legge, le disposizioni vigenti al giorno dell'avveramento della condizione, eccetto il caso che sia stata gi-� pagata la tassa proporzionale di trasferimento. Le disposizioni citate si ispirano ai criteri fondamentali sulla origine del debito di imposta. Questo sorge quando si verifica la situazione di fatto stabilita dalla legge come presupposto della imposizione: nell'imposta sul trasferimento oggetto di esso � precisamente il fatto del trasferimento. Gli elementi di tale situazione di fatto, cui la legge collega il debito di imposta possono verificarsi in momenti successivi, come accade quando il presupposto del tributo � costituito da un rapporto giuridico condizionale. In tal ca.so la legge di registro distingue fra condizione risolutiva e condizione sospensiva: per la prima ipotesi essa dispone che !'.obbligazione di imposta sor ., !::: 1:�1 r::: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1151 ge immediatamente, nonostante la pendenza della condizione (arg. artt. 12 e 64); per la seconda ipotesi differisce la nascita stessa dell'obbligazione al momento in cui si verificher� (o non si verificher�) la condizione, e nella misura stabilita dalla legge vigente nel detto momento (art. 17). Conseguentemente le disposizioni medesime non sono in contrasto con l'art. 11 disp. prel. c. c. poich� esse non stabiliscono che il diritto alla esazione dell'imposta resta s<;>speso fino all'accertamento della �Condizione ma che l'imposta � dovuta (cfr. art. 17) solo in quel determinato momento. In altre parole il diritto della Finanza ad esigere il tributo so:rge soltanto nel momento in cui la condizione si verifica, ed � quindi logico che l'imposta debba riscuotersi nella misura stabilita dalla legge in vigore in quel motnento, nel giorno, cio�, in cui nasce il diritto alla sua esazione. -(Omissis). , �CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1861 -Pres. leardi Est. Miele -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Ponzani (avv. Romualdi). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione automatica dei fondi rustici -Atti diversi dal trasferimento -Divisione Inapplicabilit�. (1. 27 maggio 1959, n. 455; I. 22 novembre.1962, n. 1706). n criterio di valutazione c. d. automatico dei fondi rustici � dalla legge riferito ai � trasfer~menti � in senso proprio per atto ~ra vivi e non trova quindi applicazione negli atti che non producono effetti traslativi, .quale la divisione fuori del caso di attribuzioni di conguaglio (1). (Omissis). -Con l'unico motivo la Amministrazione ricorrente, denunziando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 3 della legge 27 maggio 1959, n. 355, in relazione alla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, afferma che nella specie non poteva procedersi alla valutazione degli immobili assegnati al condividente Bianchi in base ai coefficienti di cui all'art. 1 della citata legge n. 1044 del 1954, in quanto detto sfatema di accertamento si applica solo in caso di trasferimenti di beni immobili rustici e non invece alle divisioni di tali beni. La censura � fo.ndata. (1) Si pu� ritenere ormai definitivo l'orientamento della S.C. in argomento (v. Cass. 15 dicembre 1970, n. 2686 in questa Rassegna, 1971, I, 181). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1152 Questa suprema Corte, con la sentenza 15 dicembre 1970, n. 2686, ha ritenuto che il sistema della valutazione sulla base dei coefficienti agricoli (stima automatica) non si applica al negozio di divisione che ha natura dichiarativa, fuori del caso di �ttribuzione del conguaglio. Pertanto, af frni dell'applicazione dell'imposta graduale, salvo il caso di conguaglio esplicitamente assoggettato dall'art. 48 della legge di registro a tassa di trasferimento, il valore dei beni attribuiti va determinato con applicazione del criterio del valore venale, in applicazione degli artt. 15 e 16" del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. Invero la legge 27 maggio 1959, n. 355 nell'art. 3 stabilisce che la valutazione automatica dei fondi rustici ha luogo nel caso di trasferimenti per atto tra vivi di tali fondi. Con questa espressione si � inteso far riferimento, in armonia con la legge di registro (art. 48), ai trasferimenti in senso proprio con mutamento della titolarit� del bene, non gi� alle divisioni, le quali, quando sono effettuate nei limiti della quota, non hanno carattere traslativo, ma solo dichiarativo e accertativo della. concreta porzione di beni spettante al condividente. N� nel termine �trasferimenti� possono farsi ricomprendere anche� le divisioni per effetto della legge 22 novembre 1962, n.' 1706 (che nella intitolazione reca: Interpretazione autentica della leg,ge 2!0 ottobre 1954, n. 1044 richiamata dalla legge 27 maggio 1959, n. 335, ecc .....) in quanto tale legge si occu,pa non gi� delle categorie di atti ai quali si applica la valutazione automatica, ma stabilis.ce i casi in cui, anzich� procedersi alla valutazione automatica, che sarebbe altrimenti applicabHe, si fa' luogo la valutazione sulla base del valore reale del bene. Non pu� far ritenere che si sia inteso allargare il concetto di � trasferimento � il fatto che in questa legge si usi l'espressione pi� generica: �atti fra vivi�, in quanto tale espressione � solo una indicazione abbr�eviata della categoria di atti, gi� precisata nella precedente legge del 1959, ed inoltre tale espressione � contenuta solo in un inciso dell'art. 1 e dell'art. 2, senza rilievo autonomo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1888 -Pres. Gionfrida -Est. Sposato -P. M. Tavolaro (conf.) -Soc. Alma Parens. Frugum c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pierantozzi). Imposte e tasse in genere -Accertamento -Natura. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Accertamento di mag-� gior valore -Motivazione -Requisiti. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21). i�:� I .. .. I _____,~......... PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1153 Imposte e tasse in genere -In1posta di registro -Decisione Commissione distrettuale -Ingiunzione per il pa~amento dell'imposta complementare sul valore non definitivamente accertato -Leg~ttimit� -Impugnazione di nullit� della decisione -Irrilevanza. (d.l. 5 marzo 1942, n. 186, art. 4). L'avviso di accertamento non � una semplice proposta rivolta al contribuente per sollecitarne un'adesione o un'oppo,sizione, ma � un atto ,amministrativo autoritario suscettibile, se non impugnato, d'incidere nella .sfera giuridica del destinatario (1). L'avviso di accertamento, quale atto amministrativo che sacrifica o limita dfritti o interessi legittimi e impone preistazioni, deve essere motivato; tuttavia L'obbligo della motivazione, ove particolari norme non impongano una moitivazione contestuale ed e1splicita, � soddisfatto con il rinvio, anche implicit;o, ad atti antecedenti, pu'l'ch� sia assicurato il conseguimento del fine in vista del quale la motivazione � imposta, ossia, che iL contribuente sia posto in condizione di conoscere la pre'tesa tributaria in tutti i suoi elementi essenziali ai fini di un'effimce conte .stazione sull'an e sul quantum. In particolare per le imposte indirette L'avviso di accertamento � adeguatamente motivato quando co'fl.tiene l'indicazione deLL'Ufficio impositore, del soggetto obbligato a corrispon. dere l'imposta, deWatto sottoposto a tassazione, del bene o dei singoli beni trasferiti con tale atto, del valore dichiarato e di quello che L'Uf .iicio reputa di attribuire a quei beni o ad alcuni di essi, con l'avvertimento espresso che il contribuente potr� ricorrere entro trenta giorni alla Commissione distrettuale e che decorso inutilmente tale' termine non potr� pi� essere contestato il valore notificato (2). A norma deW.art. 4 del d. l. 5 marzo 1942, n. 186, l'Ufficio, dopo la �decisione della Commissione P,istrettuale, pu� procedere alla riscossione .della imposta di registro ed accessori sulla base dei valori determinati (1-3) Le prime due massime sono assai importanti: L'accertamento, si riconferma autorevolmente, � un atto amministrativo in senso proprio �col quale si esprime la potest� amministrativa di stabilire di autorit� la pretesa tributaria; si tratta quindi di un atto a contenuto prevalentemente .sostanziale, sebbene rivesta anche contenuto processuale. Questa definizione conforme alla pi� valida giurisprudenza (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 454 e segg.) � importante perch� in qualche pronunzia, anche recente, � comparsa l'affermazione che l'avviso di accertamento sia un atto meramente processuale consistente in una provocatio ad opponendum cui .segue la determinazione sostanziale del rapporto o per volont� del contribuente (acqui,escenza e concordato) o per 1effetto di decisione giurisdizionale (Cass. 5 febbraio 1971, n. 273, in questa Rassegna, 1971, I, 429). L'accertamento, quale atto amministrativo, deve essere indubbiamente :motivato. Bisogna per� esattamente intendere il concetto di motivazione che 1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAio daila commissione, anche quando la decisione sia impugnata e se ne deduca la �nullit�, a meno che la decisione non sia giuridicamente inesistente (3). (Omissis). -Denunziando la violazione e la falsa applicazione, in connessione con gli artt. 4, 5 e 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, degli artt. 16, 20 e 21 del d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 e 136 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3,269, in relazione agli artt. 3, 23, 24 e 97 della Costituzione ed agli artt. 2, 3, 16 e 31 del t. u. 14 aprile 1910, n. 630, la societ� ricorrente deduce clie erroneamente i giudici di merito hanno disatteso l'eccezione di prescrizione del diritto della Finanza alla riscossione dell'imposta complementare. Alla data dell'ingiunzione erano, infatti, trascorsi i tre anni di cui all'art. 136 della legge organica di registro e, secondo la ricorrente, l'avviso di accertamento, notificatole il 29 settembre 1959, cio� entro l'anno di cui all'art. 21 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, era improduttivo di effetti perch� nullo, mancando in esso l'indicazione de.gli eiementi ritenuti dall'Ufficio accertante come qualificativi del valore venale dell'immobile venduto secondo i criteri stabiliti dagli artt. 16 e 20 del citato d. I. del 1936. Secondo la ricorrente l'indicazione specifica e dettagliata dei ;predetti elementi � resa necessaria dal fine cui l'avviso di accertamento � preordinato -che � quello di porre il contribuente in grado �di far valere le sue ragioni contro la pretesa della PubbUca Amministrazione -e la sua indispensabilit� � confermata dall'art. 37 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, sulle imposte dirette, che sancisce la nullit� non � un abito formale dell'atto, ma un requisito che deve rispondere ad una concreta utilit�. E' esattissimo, ed � pacifico., che la motivazione deve servire a far conoscere al contribuente tutti gli elementi della pretesa tributaria e di metterlo nell� condizione di poter efficacemente esercitare il suo diritto di difesa; 1'l che non significa, per�, che il contribuente abbia il diritto di trovar ricapitolati nell'accertamento tutti gli elementi della controversia in modo da essere esonerato dalla consultazione degli atti (cosa che non si pretende nemmeno per gli atti d� impugnazione del processo ordinario); ne consegue la legittimit� della motivazione che, anche implicitamente, � in relazione ai precedenti ed agli altri atti del procedimento. Per le imposte indirette la motivazione dell'avviso di accertamento si riduce al minimo, cio�, oltre alle ovvie identificazioni delle parti, dell'atto tassato e del bene trasferito, alla dichiarazione del valor.e che l'Ufficio riU. ene . di attribuire � in contrapposto � a quello dichiarato; l'avvertimento al contribuente dei mezzi e dei termini per l'impugnazione � un requisito formale dell'atto, ma non attiene alla motivazione. Se per le imposte indirette il minimo di motivazione richiesto � assai pi� mode�sto che per le imposte dirette, ci� � dovuto non ,solo alla diversit� della norma ma sopratutto alla radicale diversit� dell'oggetto dei due accertamenti. Per le imposte indirette l'accertamento riguarda .sempre la determinazione del valore di beni, chiaramente gi� individuati; quando si dichiara questo valore si � raggiunto lo scopo di far conoscere al contribuente gli elementi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1155 dell'avviso di accertamento non analiticamente motivato; per cui, ove il citato art. 21 dovesse interpretarsi nel senso dell'esclusione della necessit� della motivazione analitica dell'avviso di accertamento e dovesse, quindi, ritenersi che il contribuente ha in sede d'imposte indirette garanzie minori di quelle che la legge gli offre in sede di imposte dirette, sorgerebbe una questione d'illegittimit� costituzionale del detto art. 21 che sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione che garantisc�e l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Il motivo � privo di fondamento e manifestamente infondata, oltre che irrilevante, � la questione di legi~timit� costituzionale con esso subordinatamente proposta. L'avviso con il quale si conchiude la procedura di accertamento tributario davanti a.gli organi dell'amministrazione attiva non � ~come talvolta si � ritenuto-una semplice proposta rivolta al contribuente per sollecitarne un'adesione o un'opposizione che dia luogo ad una valutazione imparziale delle commissioni tributarie, ma � una manifestazione dell'attivit� amministrativa d'imposizione tributaria (v. Cass. 12 dicembl'e 1971, n. 360). Come tale, ossia come atto autoritativo suscettibile, se non impugnato, di acquistare' efficacia definitiva nella sfera giuridica del destinatario, non pu� essere privo di motivazione. �, difatti, principio comunemente riconosciuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina quello dell'obbligatoriet� della motivazione per gli atti amministrativi che sacrifichino diritti o interessi legittimi od impongano limitazioni o prestazioni. Non �, per�, necessario, ove una particolare disposizione di legge non lo richieda, che la motivazione degli atti amministrativi, anche se obbligatoria, sia contestuale od esplicita. � sufficiente il rinvio, anche implicito, agli atti preparatori o ad altri atti antecedenti purch� tale rinvio basti ad assicurare il conseguimento dello scopo in vista del quale l'obbigo della motivazione � imposto. In applicazione di tale criterio --:-pure essenziali della pretesa e di metterlo nella condizione di difendersi; non � ovviamente necessario spiegare i motivi tecnici di stima in base ai qm:ili si � formulato il giudizio sul valol'e che � per sua natura inevitabilmente sintetico. La sola analisi che � richiesta per l'avviso di accertamento �, quando pi� siano i beni, l'indicazione separata del valore di ognuno, ma ci� �soltanto se il contribuente abbia indicato prezzi o valori distinti (Cass. 4 ottobre 1971, n. 2719, in questa Rassegna, 1972, I, 88). La diversa esigenza di motivazione dell'avviso nelle imposte dirette, e in particolare in que1le personali, si spiega perch� non esiste una pre determinazione delle fonti del reddito e l'accertamento ha per l'appunto lo scopo di individuare, analiticamente, gli elementi che producono il red dito da accertare che possono essere molteplici e di diversa natura. Ma questa esigenza di analisi non si pone quando, nelle imposte indirette, � solo necessario individuare un valore che � gi� incomporato obiettiva mente in un bene determinato. La terza massima � di evidente esattezza. 1156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ,esso generalmente accettato -deve ritenersi che l'obbligo della motivazione dell'avviso di accertamento d'imposta, salvo 1che in casi particolari apposite norme richiedano un'esposizione contestuale ed analitica dei motivi, � soddisfatto sempre che il contribuente sia posto in condizioni di ,conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali, ai fini di un'efficace contestazione sull'an e sul quantum debeatur (v. in �tal senso: Cass. 15 marzo 1969, n. 827); e che, per quanto specificamente riguarda l'avviso di accertamento di maggior valore agli effetti dell'imposta di registro, ad integrarne la motivazione siano sufficienti le indicazioni previste dall'art. 21 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 e relative all'ufficio imiPo, sitore, al soggetto obbligato a corrispondere l'imposta, all'atto sottoposto a tassazione, al bene, o ai singoli beni trasferiti con tale atto, al valore dichiarato ed a quello che l'Ufficio reputa, invece, che si debba attribuir�e .:a quei beni, o ad alcuni di essi, con l'avvertimento, espresso, che il contribuente potr� ricorrere, entro trenta giorni dalla notificazione dell'avviso, alla Commissione Distrettuale delle imposte, e che decorso tale termine ..senza che egli abbia ricorso, decade dal diritto di contestare il valore notificatogli, e con il riferimento, implicito, agli elementi in possesso dei .quali l'ufficio ha reputato di dover determinare il maggior valore secondo i criteri valutativi dettati dagli artt. 16 .e 20 del citato decreto. La mancata esposizione dei detti elementi, e degli apprezzamenti che I'Amministrazione ha ritenuto di fondarvi, non comporta veruna menomazione delle possibilit� di efficace contestazione da parte del contribuente, giacch� le norme che regolano il procedimento davanti alla Commissione distrettuale -davanti alla quale, per l'appunto, la contestazione sull'an e sul quantum della pretesa fiscale deve essere fatta valere, gli danno il ,diritto di consultare, presso la segreteria della Commissione, il rapporto dell'ufficio e gli atti ad esso allegati e di depositare note e documenti, dopo averli consultati (art. 24 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516). N� pu�, d'altra parte, fondatamente sostenersi che anche indipendentemente dall'esigen �za di porre il contrihuente in grado di contrastare efficacemente la pre �tesa dell'Amministrazione, un obbligo di motivare contestualmente ed analiticamente gli avvisi di accertamento, sia stato introdotto, in via generale, nell'ordinamento tributario dall'art I deUa legge 5 gennaio 1956, n. 1, ora trasfuso nell'art. 37 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 6�45, sulle im,poste dirette, n�, di conseguenza, che tali nuove norme abbiano modificato l'art. 21 del decreto del 1936 nel senso che analiticamente motivati debbano essere anche .gli avvisi di accertamento in materia d'imposte sui trasferimenti della ricchezza. L'obbligo della motivazione analitica non -'� imposto dalle nuove norme in via generale neppure nel settore delle imposte dirette, ma � imposto soltanto nella particolare ipotesi in cui il contribuente abbia, a sua volta, nella dichiarazione annuale dei redditi, analiticamente indicato gli elementi attivi e passivi dai quali risulti .l'ammontare dei medesimi. D'altra parte, trattandosi di una disposizione !;'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1157 particolare, dettata in considerazione di una situazione particolare -che pu� non verificarsi neppure nell'ambito dell'imposizione diretta e che normalmente non si verifica \n quello delle imposte sui trasferimenti della ricchezza -non hanno ragione d'essere i rilievi della ricorrente 'Circa una pretesa disparit� di trattamento legislativo fra i contrtbuenti assoggettati alle imposte dirette e quelli tenuti a corrispondere i tributi indiretti. Se sussistesse, la disparit� si verificherebbe anche fra gli stessi obbligati al pagamento delle imposte dir�ette, a seconda che essi abbia no, oppure no, compilato la loro dichiarazione in maniera analitica; ma non sussiste. perch� il principio costituzionale dell'eguaglianza dei cit tadini davanti alla legge non implica, anzi esclude, che situazioni diverse siano regolate da una normativa identica. Pertanto la questione di le gittimit� costituzionale, sollevata, in subovdine, dalla ricorrente �, sotto ogni profilo, manifestamente infondata. � appena il caso di aggiungere che essa, e lo stesso assunto della ricorrente in ordine alla portata dell'art. 37, sono privi di rilevanza ai fini del decidere. Ove, difatti, della validit� dell'avviso d'accertamento dovesse giudicarsi a norma del citato art. 27, la ricorrente, non avendola eccepita davanti alla Com missione distrettuale, non potrebbe pi� far valere la nullit� comminata dal primo capoverso di detto articolo. Con il secondo ed il terzo motivo la ricorrente lamenta che la Corte di merito nQn abbia pr�so in considerazione il suo assunto relativo ad una pretesa illegittimit� dell'ingiunzione fiscale, illegittimit� coo.seguente dalla nullit� della decisione della Commissione distrettuale, sulla quale l'ingiunzione � fondata. Secondo la ricorrente la detta decisione � nulla sia perch� carente di motivazione (2� motivo con il quale � denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 16 e 31 d. L 14 aprile 1910, n. 639, in relazione all'art. III Cost. e in relazione agli artt. 16, 20, 29 d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, 42 d.1. 8 luglio 1937, n. 1516, 4, 5 e 61 legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, ed � denunziata l'omessa motivazione sul punto decisivo della controversia), sia perch� pronunciata a contrad dittorio non integro, non essendo stato notificato, n� ad essa ricorrente n� all'acquirente Sommi, l'avviso di fissazione d'udienza (3� motivo con il quale si denunziano o:qiissione di motivazione su altro punto decisivo della controversia e violazione degli artt. 2,4 e 28 d. 1. 8 luglio 1937, n. 1516, 50 �1. 5 gennaio 1956, n. 1 e 4,. 5, 6 1. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E). L'infondatezza dei due motivi � resa evidente dalla considerazione che l'ufficio impositore non avrebbe potuto procedere a norma dell'art. 4 del d. I. 5 marzo 1942, n. 186, se la decisione della Commissione distrettuale fosse stata giuridicamente inesistente, e che, invece, i vizi della , detta decisione, indicati dalla ricorrente, ne avrebbero, se sussistenti, determinato non la giuridica inesistenza, ma la nullit�. Come queste Sezioni Unite (v. sentenza 20 gennaio 1970, n. 111) hanno avuto modo 18 U58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di affermare, oltre quello espressamente previsto dall'art. 161, 2<> comma c. p. �c., gli altri casi di giuridica inesistenza delle sentenze e, in genere, delle decisioni degli o:rgani giurisdizionali a quello. equiparati dall'elaborazione giurisprudenziale, debbono sempre ricondursi ad un tale difetto di requisiti essenziali da rendere l'atto inidoneo a produrre alcuno degli effetti giuridici che gli sono propri. Alla luce di codesto criterio � chiaro che inesistente sarebbe una decisione della Commissione tributaria che fosse pronunziata nei confronti di un .soggetto immaginario, o �che non contenesse la determinazione in concreto del valore imponibile, e che, invece, la mancata integrazione del contraddittorio (anche ammesso che a costituirlo sia nec�essario, oltre all'atto di opposizione del contribuente, anche l'avviso di fissazione d'udienza) e i difetti di motivazione costituiscono cause di nullit� che si convertono in motivi di impugnazione. Ma l'impugnazione della decisione della Commissione distrettuale davanti alla Commissione provinciale non determina la sospensione dell'obbligo del contribuente al pagamento delle imposte, disponendo, al contrario, il citato art. 4 del decreto n. 186 del 1942 che egli � obbligato al pagamento dell'imposta di registro, delle relative imposte ipotecarie e dei diritti accessori che risultano dovuti in base ai valori determinati con la decisione della Commissione distrettuale, anche quando tale decisione sia gravata di appello dal contribuente stesso o dall'Ufficio, salve, una volta divenuta definitiva la decisione di secondo grado, la restituzione o la riscossione deUe imposte o dei diritti che saranno per risultare pagati in pi� o in meno. Pertanto non pu� essere co~testato il diritto dell'Amministrazione finanziaria ad ingiungere il pagamento delle imposte e degli accessori in base alla decisione della Commissione ,di primo grado, ancorch� questa .sia impugnabile ed effettivamente sia impugnata, per vizi procedurali o sostanziali, davanti alla Commissione di secondo grado. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1972, n. 2042 -Pres. Rossano -Est. 'Boselli -P. M. Mililotti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin) c. Talarico. Imposta di registro -Lavoro autonomo -Prestazione di attivit� lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto l'obbligazione � assimilabile all'appalto. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 55, tariffa A artt. 3.3 e 52, tabella D art. 47; 1. 19 lugli? 1941, n. 771 art. 1; e.e. art. 2222). n contratto di locazione d'opera, che in nessun caso pu� essere ricondotto atla norma dell'arv. 47 tabella D deUa Legge di registro, � soggetto alla disciplina deWart. 33 tariffa A, ma quando ha per oggetto la prestazione di attivit� lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto l'obbligazione � considerato come appalto secondo quanto dispone l'art. 1 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA '1159 della Legge 19 LugLio� 1941, n. 771, ed � soggetto a registrazione a termine fisso in conformit� degli art. 55 deUa legge di registro e 52 della tariffa A (1). (Omissis). -Con i due motivi del ricorso -che per la loro connessione conviene trattare congiuntamente -lAmministrazione finanziaria denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 47 della tariffa all. D, alla Legge di Registro, dell'art. 55 di detta legge, dell'art. 1, quarto comma, della 1. 19 luglio 1941, n. 771 e dell'art. 52 della Tariffa all. A alla L. R. (in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c. pc.). e censura la Corte di merito per avere erroneamente ritenuto che ~i contratti ~on i quali -come nella specie -taluno si impegna a compiere una opera od un servizio senza vincolo di subordinazione e valendosi della collaborazione di altre persone, sia applicabile -ai fini della imposta di registro ~ il trattamento che l'art. 47 della tariffa all. D alla Legge di Registro riserva ai contratti di lavoro subordinato, anzich� (in forza dell'art. 1, quarto comma, della 1. n. 771 del 1941) quello previsto per gli appalti dall'art. 52 della tariffa all. A della legge predetta. La censura � fondata. Pacifica essendo in causa la qualificazione attribuita dalla co.rte del merito al rapporto dedotto in giudizio come rapporto di � locatio operis � in senso stretto (art. 2222 c. c.), il quesito che si pone a questa Suprema Corte consiste nello stabilire se ad un rapporto del genere sia applicabile l'art. 47 della tariffa all. D oppure l'art. 52 della tariffa all. A alla legge organica di registro. La prima delle alternative ora accennate � da escludere sul riflesso che l'art. 47 della Tariffa all. D esenta da registrazione, salvo il caso d'uso, i soli contratti di lavoro subordinato .e pi� precisamente i contratti di Lavoro manuaie (il riferimento � fatto invero agli �operai�) fra imprese e loro dipendenti. Per quanto concerne invece la � locatio operis �, sottoposta -in via generale -al regime di cui all'art. 33 della tariffa ali. A (tass�a proporzionale per i contratti dipendenti da �arti liberali o professioni� o di � servizi personali � ed �altre opere � ), l'art. 1, quarto comma, della legge 19 luglio 1941 n. 771, ha introdotto un ulteriore criterio di discriminazione in seno alla categoria, avendo stabilito che il contratto d'opera � assimilato all'appalto -agli effetti della imposta di registro -ed � quindi soggetto al regime di. cui agli artt. 55 della Legge di Registro e 52 della tariffa ali. A alla legge medesima (registrazione in termine fiss�o) allorquando abbia ad ogetto la prestazione dell'attivit� lavorativa di persone diverse da quella che ha contratto l'obbligazione, comunque sia determinato il corrispettivo. -(Omissis). (1) Massima esatta; non constano precedenti specifici. 1160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2091 -Pres. Giannattasio -Est. Longo -P. M. Gentile (conf) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Saltini) c. Kahil Inns. Imposta di re~istro -Imposta speciale sulle automobili nuove -Prima immatricolazione di automobili acquistate anteriormente all'estero -Si estende. (d.l. 23 febbraio 1964, n. 26; l. 12 aprile 1964, n. 190). Per effetto deUa legge di convers~one (12 aprile� 1964, n. 190) del d. i. 23 febbraio 1964 n. 26, per automobili nuove, soggette alla speciale imposta, devono intendersi quelle che vengono iscritte per la prima volta a.l P.R.A. e quindi anche quelle acquistate all'estero anteriormente ma immatricolate in Italia successivamente all'entrata in vigore della norma istitutiva del tributo (1). (Omissis). -Nel denunciare la violazione d~gli art. 1 della legge 12 aprile 1964, n. 190 (di conversione del d. I. 23 febbraio 1964, n. 26) e 12 delle disposizioni sulla legge in generale, l'Amministrazione ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe errato ravvisando il presuppo�sto dell'imposta nell'acquisto di un'autovettura .nuova (da considerarsi tale, anche se usata, in quanto iscritta per la prima volta al P.R.A.) e negando quindi che il tributo fosse applicabile in caso di prima immatricolazione non -conseguente ad acquisto eif.ettuato nel vigore delle nuove disposizioni. I giudici di merito non avrebbero considerato che la portata della legge di �conversione implicava appunto una presunzione iuris et de� iure secondo cui la circostanza della prima iscrizione comportava, ai fini della tassabilit�, la sussistenza del presupposto, dovendosene necessariamente inferire l'avvenuto acquisto dell'autovettura. II ricorso � fondato. Per vero, la questione ch'esso propone si � gi� recentemente presentata all'esame di questa Suprema Corte, che l'ha decisa (con sent. n. 1753, dell'll giugno 19'71) nel senso che ai fini dell'applicazione dell'imposta speciale prevista dal d. I. 23 febbraio 1964, n. 26, come modificato con la legge �di conversione 12 aprile 1964, n. 190 devono intendersi equiparate alle autovettilre nuove, come tali immatricolate, le altre che, pur essendo_ state acquistate all'estero anterio,rmente all'istituzione del . tributo, vengano tuttavia iscritte per la prima volta al pubblico registro automobilistico dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni. _Siffatta equiparazione questo Supremo Collegio ha desunto dal rilievo ch�, anche se il predetto decreto aveva istituito un'imposta speciale (1) Viene confermata, e pu� dirsi che la questione sia cosi esaurita, l'esatta pronunzia 11 giugno 1971, n. 1753, in quesfa Rassegna, 1971, I, lrn4. r ':-: i:: Ili 1~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1161 �sugli acquisti�, all'art. 1 del decreto stesso, con riguardo agli acquisti delle autovetture �nuove�, la legge di conversione ha aggiunto un comma in base al quale, agli �effetti delle disposizioni in esame, �per nuove s'intendono le autovetture che vengono iscritte per la prima volta nel pubblico registro automobilistico�. Dall'orientamento espresso nella su richiamata decisione questa Suprema Corte non trova motivo .per disco.starsi nella presente controversia. � bensi vero, come la stessa sentenza denunziata riconosce, che in base ad un confronto fra le disposizioni del -decreto-l'egge e quelle della legge di conversione qualche perplessit� pu� sorgere circa l'atto che la nuova imposta speciale intende colpire; e che al fine di un necessario chiarimento � indispensabile il ricorso alla ratio legis. Ma 8,ppunto quest'ultima sembra convincere del'l'esattezza della soluzione opposta a quella adottata dalla pronunzia 1di merito. Come essa ha esattamente affermato, finalit� della leg.ge (tenuto conto, fra l'altro, delle relazioni .parlamentari) era quella di attuare una limitazione degli acquisti di autovetture e imbarcazioni da diporto, nel quadro di una politica volta a contenere l'eccessivo sviluppo della spesa del Paese, evitando il consumo di alcuni prodotti considerati non di prima necessit�. Proprio nell'ambito di tale finalit� doveva indubbiamente essere compreso. anche l'intento di prevenire evasioni derivanti da fittizi acquisti anteriori, la cui finzione (con particolare riferimento al caso di vetture estere) non era facilmente individuabile in sede di immatricolazione, considerata la natura dei documenti che l'art. 6 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1814 (richiamato dalle norme sulla nuova imposta) ritiene sufficienti per l'iscrizione al P.R.A. E il predetto intento doveva servire da guida al fine di risolvere le perplessit� dianzi indicate, decidendo, in sede di interpretazione, se con l'aggiunta apportata dalla legge di conversione il legislatore, anche per le vetture non effettivamente �nuove� ma tali da presumere ex lege, avesse pur sempre voluto in ogni caso considerare l'acquisto come presupposto dell'imposizione ovvero, ponendo l'accento sulla prima immatricolazione, avesse adottato quest'ultima come atto determinante il sorgere del diritto di tributo. La scelta della seconda alternativa � suffragata, oltre �che dalle considerazioni innanzi svolte, and}.e dal riltevo che per l'art. 2, cosi del decreto come della legge �di conversione, l'imposta si corrisponde all'atto della registrazione dei documenti da produrre (in forza del ricordato r. d. n. 1814 del 1927) al P.R.A. per la prima iscrizione, documenti fra i quali ;non � necessariamente compreso l'atto di acquisto. N� infine pu� attribuirsi rilevanza -nell'ambito della questione sottoposta a questo Supremo Collegio -alla deduzione della resistente, riguardante la circostanza che la richiesta di nazionalizzazione del veicolo 1162 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO era stata registrata prima dell'entrata in vigore della legge di conversione, anche se dopo il decreto-legge. La deduzione si rivela inconferente ai fini della decisione sul tema di controversia, giacch� la legge di conversione espressamente ha sancito (art. 2) che le modificazioni da essa apportate al decreto (fra le quali rientra appunto quella interes�sante il caso di specie) �hanno efficacia dalla data di entrata in vigore del decretolegge mede.simo�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1972, n. 2561 -Pres. Giannattasio -Est. Della Valle -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. SACAIE (avv. Paleani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposta di registro -Decreto ingiuntivo -Percezione dell'imposta graduale quando diviene esecutivo -Omissione -Atto non registrato -Prescrizione ventennale. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 137 e 138; d.l. 7 agosto 1936, n. � 1531. art. 32). Nella tassazione del decreto ingiuntivo (soggetto alla tassa fissa immediata e alla tassa graduale dopo essere diventato esecutivo) le due imposte costituisco11,o due diversi tributi autonomi e1 tra loro distinti, corrispondenti ai diversi contenuti e ai diversi effetti riferibili nei due momenti allo stesso atto. Ne consegue che il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per il quale fu p.ercetta all'origine la sola tassa fissa, � da considerare come un atto non registrato agli effetti della prescrizione e quindi ad esso � applicabile il termine ventennale dell'art. 138 (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto la ricorrente S.A.C.A.I.E., denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 136, 137 e 138 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 �.nn. 3 e 5 �c. p. c., si duole �Che la Corte di merito, pure avendo esattamente rilevato che ai fini della determinaizone del termine di prescrizione (triennale o (1) Dec1sione esattissima. Non solo agli effetti della prescrizione, ma a tutti gli altri effetti, la registrazione a tassa fissa non pu� riguardare altro che il decreto nella prima fase; il decreto divenuto esecutivo che non ha scontato l'imposta graduale si trova nella stessa condizione di quello mai registrato nemmeno con l'imposta fissa. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1163 ventennale) dell'azione dell'Amministrazione dello Stato per la riscossione dell'imposta di registro occorre distinguere tra atto � presentato � �ed atto �non presentato alla registrazione�, e pure avendo dato atto che il decreto ingiuntivo di cui trattasi era a suo tempo pervenuto regolarmente all'uffkio del Registro � Atti giudiziari � che aveva riscosso la dovuta tassa fis:sa in L. 1.71-;l:, abbia poi ritenuto tuttavia che, un� volta divenuto esecutivo per mancanza di opposizione, il decreto stesso dovesse esser� considerato come � non registrato � e quindi non compreso tra gli atti contemplati nell'art. 138 L.R. per avere omesso essa societ� ricorrente di notificare all'ufficio finanziario che il decreto non era stato da lei opposto. In particolare la ricorrente, sul rilievo che la legge non fa alcun obbligo alla parte di procedere a tale notifica e che, pertanto, l'atto, � cos� come si presentava �, .si sarebbe dovuto considerare �come gi� registrato � (intendendosi per tale l'atto che, :perve:nuto al competente ufficio, sia stato da questo �annotato nei suoi registri con l'indicazione. del numero, del volume e della serie, e con la liquidazione dell'impor:to della seconda tassa �, nella specie riportata anche � sul retro dell'originale del decreto�), sostiene che, trattandosi di atto rispetto al quale il pagamento della tassa graduale era sottoposto all'avveramento di una condizione sospens1iva (e cio� all'esecutoriet� del decreto per mancata o non proseguita opposizione), avrebbe dovuto la Corte di merito dichiarare a1ppUcabile la prescrizione triennale di .cui all'art. 137 L.R., e, dato atto del verificatosi decorso del triennio non solo dal giorno in cui il decreto era divenuto esecutivo per mancata opposizione (9 marzo 1958) ma anche da quello in cui l'Ufficio del Registro aveva invitato essa ricorrente, con la raccomandata prodotta in.c'ausa, a pagare detta tassa, dichiarare di conseguenza prescritto il diritto della Finanza ed illegittima perci� l'ingiunzione con cui tale ,diritto era stato fatto valere. La doglianza non � fondata. Per una pi� agevole soluzione del problema giova prendere le mosse dal testo letterale di quell'art. 28 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1531, che costituisce tuttora la disciplina tributaria del procedimento monitorio. Dopo aver stabilito che i decreti d'ingiunzione emessi dal Pretore o dal Presidente del Collegio a sensi del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1531 �sono soggetti ad imposta fissa�, detto articolo prosegue avvertendo che Ǐ per� dovuta l'imposta graduale contemplata dall'art. 114 della tariffa all. A sui decreti immediatamente esecutivi, ai sensi d~l detto decreto legge, ovvero non impugnabili, giusta l'ipotesi prevista dal secondo comma dell'art. 22 del medesimo decreto �; che la medesima imposta � � pure dovuta sui decreti d'ingiunzione assoggettati ad imposta fissa, ed indipendentemente da questa, quando dei decreti 1stessi sia ordinata dall'autorit� giudiziaria l'esecutoriet�, anche provvisoria�; che in tal caso 1164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il decreto � deve essere dal concelliere trasmesso all'ufficio del Registro per il pagamento dell'imposta graduale suddetta, la quale � dovuta entro il termtne di venti gio�rni dalla data dell'ordine di esecutoriet� �; che qualora contro. il decreto notificato non sia stata fatta opposizione entro il termine stabilito, �il decreto stesso, entro venti giorni dalla scadenza del detto termine, � soggetto all'imposta sopraindicata, a cura e a carico delle parti, mediante esibizione di una copia in carta semplice all'ufficio: del Registro. Detta imposta sar� riscossa con rilascio di bolletta di cui sar� fatta annotazione a piedi del decreto or:Lginale �; e infine che �del pari, nel caso che sia fatta opposizione, qualora la causa non sia stata iscritta a ruolo, o l'opponente non compaia all'udienza fissata, il decreto� stesso � soggetto all'imposta graduale soprarichiamata, nel termine di venti giorni da quello della mancata comparizione, a cura ed a carico delle parti con le modalit� stabilite nel comma precedente�. Nel sistema della legge, quale risulta dall'insieme delle disposizioni surriportate, il decreto ingiuntivo viene -come si vede -diversamente disciplinato sotto il pr-Olfi.lo fiscale a sec0il1da che lo si ptrenda in consiil.erazione nella sua fase iniziale, come semplice atto di intimazione non ancora esecutivo, o nella sua fase successiva, come pronuncia avente vafore di vera e propria 1sentenza, e perci� munito, come tale, dell'autorit� del giudicato, o comunque come titolo esecutivo. Considerato nella sua prima fa.se, esso viene asf:�oggettato a registrazione con pagamento della sola �imposta fissa�, in quanto non si sa ancora, a quel momento, se ed in qual modo reagir� il debitore all'intimazione con esso fattagli; mentre, considerato nella successiva fase, quando, cio�, in forza della provvisoria esecutoriet� di cui � stato eventualmente munito, o della definitiva esecutoriet� conseguente al passaggio in giudicato, costituisce per il creditore titolo idoneo ad aggredire il patrimonio del debitore, esso, in quanto parificato sostanzialmente, se non formalmente, ad un'ordinaria sentenza esecutiva, viene assoggettato all'imposta ��graduale� (proporzionalmente commisurata, cio�, all'ammontare del credito riconosciuto nell'ingiunzione), come al tipo d'imposta che risulta ad esso applicabile in considerazione del suo contenuto� e delle sue caratteristiche sostanziali. Le due imposte -quella �fissa � e quella �graduale� -non costi tuiscon.o quindi ~come talvolta � stato, viceversa, affermato, in dottrina) i due successivi momenti �di un'unica tassazione applicata in via progres siva ad un medesimo atto giudiziario, ma sono due diversi tributi, auto nomi e distinti tra loro, ciascuno corrispondente alla diversa fisionomia che l'atto, nonostante la sua unicit� ontologica formale e documentale, viene di fatto ad assumere nell'una fase rispetto all'altra in via del diverso suo contenuto e dei diversi effetti spiegati nei confronti del de bitore, e sul di lui patrimonio. ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1165� L'applicazione dell'imposta fissa serve, cio�, soltanto a stabilire un rapporto di collegamento tra il provvedimento giurisdizionale ed il sistema tributario, lasciando peraltro integro ed impregiudicato il potere-� dovere del Fisco di accertare pi� a fondo, in prosieguo di tempo, in quella che si � detto essere la seconqa fase, il contenuto sostanziale ed effettuale del provvedimento stesso onde applicare l'imposta in funzione (d'onde la gradualit�) di tale contenuto e degli effetti che ne possono derivare. E che l'assoggettamento all'imposta fissa non abbia altro scopo ed altro significato, e non esaurisca, in particolare, l'adempimento della formalit� della registrazione agli effetti di cui all'art. 137 sopracitato, risulta, del resto, evidente da ci�, che, nonostante l'obbligo gi� imposto al cancelliere di trasmettere, all'origine, all'Ufficio del Registro una (prima) copia del decreto, la legge, al fine di mettere il Fisco in condizione di avere tempeistiva conoscenza dei nuovi e diversi effetti che a seguito delle successive vicende processuali (mancata opposizione, con conseguente acquisto del carattere di definitivit�) il provvedimento � destinato a spiegare, e di procedere di conseguenza alla prescritta applicazione dell'imposta graduale, fa obbligo alla parte interessata (analogamente a quanto dispone, di regola, a carico del contribuente generico che abbia a sue mani un atto da registrare in termine fisso) di esibire a detto ufficio una (seconda) copia del decreto con l'annotazione della mancata opposizione. Senza, dire, poi, che un'ulteriore riprova della esattezza di quanto sopra rilevato circa la giuridica impossibilit� di considerare come �registrato �, agli effetti del termine prescrizionale, il decreto ingiuntivo per il solo fatto di essere stata per esso a1ssolta la prevista imposta fissa � data, sia pure in forma indiretta, dalla norma che sancisce la non detraibilit� dell'ammontare di tale imposta dalla maggior somma dovuta a titolo di imposta graduale. Quanto sopra detto porta a ritenere che a partire dal giorno di scadenza del termine fissato per l'opposizione il decreto non opposto deve essere considerato come un atto non registrato in precedenza, e perci� da registrare in via principale, e che, conseguentemente (a parte che in ogni caso il termine prescrizionale dovrebbe decorrere, ancorch� fosse applicabile la prescrizione triennale, non dalla data della registrazione ad imposta fissa ma da quella dell'adempimento delle formalit� stabilite tassativamente dal citato art. 28 del d. 1. n. 1531 del 1936, e perci� non suscettibili di sostituzione con equipollenti), la prescrizione per il pagamento dell'imposta graduale e delle relative penalit� � quella ventennale di �Cui all'art. 138 e non quella triennale di cui all'art. 137 1. r. ~ (Omissis). 1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2566 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Mililotti (conf.). -SIAE (avv. Sorrentino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di ricchezza mobile -Presupposto del tributo -Provvi~ioni a favore della S.I.A.E. sui proventi riscossi -Costituiscono reddito tassabile. Imposta di ricchezza mobile -Spese pluriennali -Detraibilit� in pi� esercizi -Accantonamento di somme per costituire un fondo pensioni -Ripartizione dell'accantonai;nento in pi� esercizi -Detrazione della spesa nello stesso numero di esercizi. Presupposto dell'imposta di ricchezza mobile � la percezione di un reddito mobiliare netto da parte di qualunque soggetto, anche se realizzato da enti pubblici con un'attivit� non avente scopo di lucro, semprnch� non vi sia per determinazione legislativa coincidenza necessaria tra il �provento di una data attivit� e la spesa occorrente al suo esercizio. Conseguentemente � colpito dall'imposta di ricchezza mobile il reddito realizzato dalla SIAE con le provvigioni percentuali sulle somme riscosse ver conto degli iscritti (1). � Gli accantonamenti necessari per costituire una riserva matematica del fondo pensioni non costituiscono spesa incidente nell'esercizio in cui la costituzione della riserva � delib�rata, ma gravano sugli esercizi nei quali viene ripartito l'effettivo vers-amento, con il solo limite massimo che l'ammontare sia adeguato alla situazione giuridica dei dipendenti in ciascun periodo (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ri~orso incidentale, il cui esame � pregiudiziale in quanto, tendendo a negare la tassabilit� degli avanzi di gestione comporterebbe l'assorbimento della questione relativa alla tassabilit� delle somme accantonate per la riserva matematica del fondo (1-2) La prima massima riconf.erma un princ1p10 generale esatto e pacifico, che poi applica al reddito conseguito dalla S.I.A.E. attraverso la percezione di provvigioni percentuali sulle somme riscosse per conto degli associati. Degna di nota � l'affermazione che la norma dell'art. 62 del Regolamento 11 luglio 1907, �n. 560 non � stata riprodotta nel t.u. del 1958 per la sua superfluit� e che in conseguenza anche i contributi associativi (del che non si discuteva) darebbero luogo a reddito tassabile in mancanza di una norma di esenzione. 1'l principio di cui alla �seconda massima era gi� stato affermato con la .sentenza 30 novembre 1968, n. 3859 (ivi, 1968, I, 1091). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1167 pensione, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 3, 4, 7, 13 bis, 42 e 43 dello Statuto della S.I.A.E., 2697 c. c. e 360 nn. 3 e 5 c. p. c. e, premesso che la S.I.A.E. ha carattere associativo e che i contributi versati dai soci costituiscono il mezzo per il raggiungimento dei fini dell'ente, sostiene la iI�.tassabilit�, ai sensi dell'art. 62 Regolamento 11 luglio 1907, n. 560, dei residui attivi non potendo essere considerato corrispettivo o provvigione la spesa sostenuta dai soci per la produzione del proprio redito tassato a lor :carico, tanto pi� che gli avanzi di gestione non erano stati investiti in atti speculativi. La doglianza � infondata. La sentenza impugnata ha respinto la tesi della S.I.A.E., riprodotta col presente ricorso, ritenendo che le somme percentuali incamerate dalla ricorrente sui proventi riscossi per conto degli iscritti non hanno natura di contribuzioni, nel senso previsto dal citato art. 62, perch� esse hanno carattere di vere e proprie provvigioni in quanto rappresentano il corrispettivo di prestazioni rese ai soci. Tali conclusioni sono ineccepibili perch� alla stregua delle norme che disciplinano l'imposta di R. M., il presupposto per l'assoggettabilit� di un reddito al tributo mobiliare � la produzione del reddito stesso da parte di qualunque soggetto passivo di imposta, anche di un ente che, pur non avendo scopo di lucro, consegua utili da operazioni rivolte a produrre reddito. Invero, il r. d. 24 agosto 1877, n. 4021 non definiva il reddito di R. M. ma esaminava i fatti giuridici ed economici attraverso i quali poteva determinarsi se vi fosse o meno reddito assoggettabile ad imposta, comprendendo nella nozione di reddito, 'fra l'altro, i redditi procedenti da industrie, commerci, impieghi o professioni esercitate nello Stato (art. 3 �lett. d) e facendo salva, in ossequio al c. d. principio della :redditualit�, l'applicazione dell'imposta � su ogni specie di reddito non fondiario che si produca nello Stato o che sia dovuto da persone domiciliate o residenti nello stato� (lett. f). Nel precisare il principio cos� enunciato, il successivo art. 8 comprendeva nell'ambito dei redditi tassabili � non solamente i redditi certi ed in somma definita, ma anche quelli variabili ed eventuali derivanti dall'esercizio di qualsiasi professione, industria ed occupazione manufatturiera o mercantile, materiale -0d intellettuale�. Ai fini della sussistenza di un reddito tassabile non era posto, quindi, un riferimento limitativo alle attivit� commerciali o industriali aventi finalit� speculativa, come evidenziato dall'art. 3 1. 8 giugno 1936, n. 1231, che considerava redditi anclfe �quelli occasionali comunque prodotti�, ed, ora, dal primo comma dell'art. 81 t. u. 1958, n. 645 per il quale � presupposto dell'imposta (di R. M.) � la produzione di un reddito netto, in danaro o in natura, continuativo od occasionale, derivante da capitale o da lavoro o dal concorso di capitale e lavoro, ..ovvero derivante da qualsiasi altra fonte e non assoggettabile ad alcuna 1168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle imposte previste nei titoli secondo, terzo e quarto � (imposta suf terreni, sui redditi agrari e 'Sui fabbricati). Il reddito mobiliare tassabile sussiste, cio�, per il fatto obiettivo� dell'incremento di valore concretl;/-mente determinabile in danaro che si verifichi nel patrimonio di una persona o di un ente, nel periodo stabilito dalla legge, in dipendenza del capitale o dell'attivit� umana, che ne costituiscono i presu:i;>posti. Infatti, il 2� comma dell'art. 81 t. u. 1958, n. 645 richiede l'esistenza dell'intento speculativo soltanto nel caso della realiz. zazione di plusvalenze da parte di chiunque, con implicito riferimento a tutti i soggetti non organizzati per l'esercizio di una determinata attivit�. Pertanto, i presupposti per la tassabilit� del reddito mobiliare sono la nuova ricchezza e la sua derivazione da una fonte produttiva. In armonia con le disposizioni legislative � pacifico in giurisprudenz� che � assoggettabile all'imposizione di R. �M. ogni reddito mobiliare netto, inteso� come l'incremento verificatosi nel patrimonio di una persona in conseguenza di un introito depurato dalle spese di produzione, e che l'appli cazione dell'imposta � esclusa quando, per determinazione legislativa, vi sia coincidenza necessaria tra il provento di una data attivit� e le spese� occorrenti al suo esercizio. Alla stregua di questo principio deve essere esaminato il secondo comma dell'art. 62 Reg. 11 luglio 1907 n. 560, n_on pi� riprodotto nel l'attuale testo unicp per la sua superfluit�. La citata norma escludeva dalla imposizione le societ� costituite senza scopo industriale, le cui fonti di sostentamento sono unicamente le contribuzioni dei soci, che� si limitano ad erogare tali contribuzioni in opere o atti filantropici, scientifici, letterari o di mero consumo o diletto e, in generale, in opera zioni non produttive di reddito, riaffermandone, al tempo stesso, l'assOg gettabilit� ad imposta � qualora posseggano o producano redditi deri vanti sia, da capitale contrtbuito, sia da qualunque altra origine in qua lunque forma o con qualunque destinazione y,., In tale ampia fo�rmula rientrano anche i redditi aventi la loro origine in una norma di legge pur se non destinati ad incremento del patrimonio o ai fini speculativi. Ci� posto, non pu� revocarsi in dubbio la tassabilit� delle somme percentuali incamerate dalla S.I.A.E. sui provventi riscossi per conto degli iscritti. Tali somme sono dovute alla S.I.A.E. per l'attivit� che svolge per la tutela delle opere dell'ingegno e dei redditi connessi nel l'interesse dei soci e degli isc?tti (art. 4 dello Statuto), i quali sono tenuti a corrispondexe, oltre le quote annue di associazione, anche, me diante trattenute, � provvigioni � sulle somme riscos�se dalla Societ� nel l'espletamento dei suddetti compiti (art. 12 dello Statuto). I proventi dalla S.I.A.E. sono costituiti, quindi, dai �contributi � dovuti dai soci, enti o singoli, dalle � rendite � da qualunque somma spettantele per la propria attivit�, e � dalle provvigiQni sui servizi � (art. 55 dello Sta ;.�. Jjlj llli I'@ PARTE I, SEZ�. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA JJ69 tuto). Orbene, contrariamente all'assunto della ricorrente, come � reso palese anche dalla terminologia delle 1citate norme dello Statuto della :S.I.A.E. e dalla natura stessa di corrispettivo per un servizio reso ai .soci, le percentuali riscosse dalla Societ� non possono considerarsi .quote associative o volontarie elargizioni dei soci, che, peraltro, in mancanza <li una norma di esenzione oggettiva e soggettiva dell'ente sarebbero tassabili depurate delle spese, ma debbono qualificarsi, sul piano economico giuridico, come �corrispettivo della prestazione dei servizi individualmente resa a ciascun socio rispetto alla quale sono in diretto e proporzionale ra'Pporto ,sinallagmatico. Tali provvigioni, inoltre, non possono ritenersi spesa sostenuta dai soci per la produzione del reddito atteso che, nei �confronti della SIAE, si pongono come corrispettivo della prestazione della sua opera, e, quindi, l'eccedenza dell'incasso rispetto alle spese, costituisce, a sensi dei principi sopra enunciati, reddito tassabile ricorrendone i presupposti di nuova ricchezza e di derivazione da attivit� produttiva e non sussstendo alcun obbligo a carico del:la SIAE di far coincidere le entrate con le spese anche mediante il trasfe. rimento degli avanzi di gestione degli esercizi precedenti nei bilanci di quelli successivi. Deve affermarsi, quindi, il principio che il presupposto dell'assog �gettabilit� al tributo di R. M. � la produzione di un reddito da parte di qualunque soggetto passivo di imposta, anche da parte di un ente che, pur non avendo scopo di lucro, consegua utili da operazioni rivolte .a produrre un reddito. Pertanto, le eccedenze dell'incasso rispetto alle spese, delle somme incamerate dalla SIAE come provvigioni sui servizi individualmente resi ai soci per la tutela delle opere dell'impegno e dei diritti ad esse connesse, son.o assoggettabili al tributo di R. M. Con i due motivi del ricorso principale, l'Amministrazione delle Finanze, sotto il p:i;ofilo della violazione degli artt. 32 t. u. 214 agosto 1877, n. 4021, 8 giugno 1936, n. 1231, 18 gennaio 1942, n. 5 convertita nella 1. 2 ottobre 1942, n. 1251, 97 t. u. 29 gennaio 1958, nn. 645 e 360 nn. 3 e 5 c. c., sostiene 1che la sentenza impugnata abbia errato; 1) nel ritenere detraibili le somme di L. 60.000.000 e 106.000.000 erogate, oltre le annualit� di L. 108.000.000, rispettivamente per il 1951 e il 1952 per la costituzione della riserva matematica del fondo pensione .assumendo che dette maggiori sornrne dovevano es1sere escluse dalla detr:azione perch� non comprese nelle quote annuali; 2) nel far riferimento alle norme dello Statuto del Fondo Pensione e nel fraintendere l'assunto dell'Amministrazione cir�ca la regolarit� delle riserve per i dipendenti in ruolo dopo il 1951. Le doglianze 1sono infondate. La sentenza impugnata ha rilevato che in terna di spese pluriennali sussiste il principio, non contestato dalla ricorrente, che l'esenzione � concessa, in base alla regola dell'autonomia dei bilanci, nei limiti delle quote imputabili a ciascuno 1170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO degli esercizi finanziari interessati. Ed ha aggiunto che tale regola subisce deroga (art. 8, comma ,secondo, r. d. 1. 8 gennaio 1942, n. 5) nel caso in cui l'impegno pluriennale di spesa concerna esercizi finanziari precedenti a quello nel corso del quale sorge la relativa obbligazione. Nel caso di specie, allorch� nel 1951 fu istituito il fondo pensione lo Statuto regol�, ai fini interni dell'ente, la costituzione delle riserve matematiche necessarie. Orbene, su tali premesse di fatto, che non possono censurarsi in questa sede nel merito, ineccepibili sono le conclusioni cui � pervenuta la sentenza impugnata, di ritenere detraibili, oltre alla quota annua di L. 108:400.000, anche le altre somme versate in eccedenza al fondo, atteso che l'art. 30 dello Statuto, che aveva distribuito gli accantonamenti in uno spazio di tempo, non poteva comportare un ripristino dell'autonomia dei bilanci a favore della Finanza riferendosi gli accantonamenti al personale gi� in servizio. In tal senso ha deciso, in analoga fattispecie ques.to S. C. (Cass. 30 novembre 1968, n. 3.858) affermando che gli accantonamenti necessari per adeguare il fondo speciale di pensione ad una nuova situazione giuridica ed economica del personale non aostituiscono �spesa incide~te nell'esercizio in cui la modificazione ha luogo, ma vanno riferite a tutti i successivi esercizi nei quali viene ripartito dall'imprenditore l'onere relativo con il sol� limite massimo, ai fini dell'imposizione di R. M., che l'ammontare sia adeguato alla situazione giuridica dei dipendenti in ciascun esercizio. Nel caso in esame, sussistendo tutti i presupposti di merito per il versamento delle suddette somme eccedenti la quota annuale, non poteva essere contestata la loro detrazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2567 -Pres. Rossano -Est. Montanari Visco -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Galle.ani) c. Banco di Sicilia (avv. Ferri). Imposta di registro -Privilegio -Priorit� sulle ipoteche -Ipoteche iscritte anteriormente -Esclusione. n privilegio che assiste ii credito dello Stato per l'imposta di registro non prevale suLle ipoteche anteriormente iscritte, in quanto fra i diritti che i terzi hanno acquistlato anteriormente sugli immobili che a norma dell'art. 2772 non sono plJ'egiudicati dal privilegio speciale, sono compl/'esi anche i diritti reati di garanzia (1). (1) Decisione in netto contrasto con l'altra, pur recente, 14 dicembre 1971, n. 3637 (in questa Rassegna, 1972, I, 134), la motivazione della quale sembra pi� convincente. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1171 (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2748 c. c., 2772 c. c., 2808 c. c., 2741 c. c. 97 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro) e 112 I. 25 giugno 1943, n. 540 sulle imposte ipotecarie (art. 3,50 n. 3 c. p. c.). In particolare la ricorrente assume che � errata l'interpretazione del Tribunale di Palermo secondo cui tra i diritti che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili e in pregiudizio dei quali non pu� esercitarsi, a norma dell'art. 2772 c. c., il privilegio fiscale possono es.sere comprese anche le ipoteche. Il vigente Codice civile configurerebbe l'ipoteca non gi� come di ritto reale ~ diritto sulla cosa, bens� soltanto �come causa legittima di prelazione. All'espressione � diritti acquistati dai terzi � sugli iiruno bili dovrebbe attribuirsi il significato di veri diritti reali e cio� aventi ad oggetto un bene. Si deve pregiudizialmente esaminare l'eccezione del controricor rente Banco di Sicilia, se,condo cui il ricorso in esame sarebbe intem pestivo e quindi inammissibile, essendo stato proposto oltre il termine di 30 giorni dal deposito del piano di riparto in sede fallimentare. L'eccezione non pu� trovare accoglimento in quanto questa Suprema Corte ha gi� affermato (cfr. sent. n. 605 del 1970) che il termine per proporre il ricorso per cassazione a sensi dell'art. 111 della Costi. tuzione contro il decreto, che il Tribunale fallimentare pronuncia sul reclamo avverso i .provvedimenti del giudice delegato, � quello ordinario di giorni .sessanta, a decorrere dalla pubblicazione del decreto stesso. Passando all'esame del ricorso, si deve rilevare che l'unico motivo con esso dedotto � infondato. L'art. 2748, secondo comma cod. civ. stabilisce espressamente che i creditori che hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai creditori ipotecari soltanto se la legge non dispone diversamente. Esat tamente nella motivazione del provvedimento impugnato � stato affer mato che un'eccezione al principio generale della prevalenza del privi legio speciale immobiliare sull'ipoteca � contenuta nel primo comma dell'art. 2772 c. c., laddove stabilisce che il privilegio, che assiste i crediti dello Stato per ogni tributo indiretto sopra gli immobili ai quali il tributo si riferisce, non si pu� esercitare in pregiudizio dei diritti che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli iirunobili. Non pu�, invero, fondatamente negar.si che l'ipoteca abbia, anche secondo il vigente co dice civile, carattere reale. Per quanto l'istituto in questione abbia tro vato una collocazione sistematica tra le cause di prelazione dei crediti e bench� l'art. 2741, secondo comma, c. c. definisca l'ipoteca quale causa legittima di prelazione, accanto al pegno e ai privilegi, deve conside rarsi .che l'art. 2808, nel disciplinare il contenuto e gli effetti del diritto che si costituisce in favore del creditore con l'ipoteca, sancisce espres samente che sui beni assoggettati ad ipoteca sorge un vincolo a garanzia 1172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei crediti e stabilisce inoltre che il diritto del creditore di espropriare il bene vincolato � attribuito anche in confronto del terzo acquirente. Sussistono pertanto, in modo evidente, i connotati di inerenza al bene e di assolutezza, tipici dei diritti reali. Si deve aggiungere che l'art. 2772, primo comma, c. c., nel fare rife: rimento ai diritti acquistati anteriormente dai terzi sugli immobili e nell'escludere per essi la normale pr~valenza del privilegio immobiliare, non distingue tra diritti reali di godimento e diritti reali di garanzia. Non si ravvisa una particolare �ratio�, tale da giustificare sul piano Jogico la discriminazione prospettata dall'Amministrazione delle Fi. nanze. Neppure pu� trarsi argomento, ai fini di un'interpretazione con- traria, dal secondo comma del citato art. 2772, il quale dispone che il privilegio immobiliare dello Stato, per quanto riguarda "l'imposta di sue � cessione, non ha effetto a danno dei creditori del defunto che hanno iscritto la loro ipoteca nei tre mesi dalla morte di lui. Trattasi di una ,disposizione eccezionale che, per il caso .particolare e nei limiti sopra indicati, sancisce addirittura una prevalenza della ipoteca anche rispetto .a un privilegio sorto anteriormente all'iscrizione �di essa. -(Omissis). :CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2577 -Pres. Giannattasio -Est. Granata -P. M. De Marco (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Banca Rasini (avv. Bianchi). _Imposta di re~istro -Societ� per azioni -Unico azionista -Trasferimento del pacchetto azionario -Imposta di trasferimento sui beni della societ� .., Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 88 e 108). Il trasferimento delle azioni � sempre soggetto al tmttamento tribu tario previsto daU'art. 108 tariffa A della legge di registro, anche quan.. do riguarda il trasferimento dell'intero pacchetto azionario ad un unico azionista (1). (1) La decisione non esita a dichiarare che l'unicit� dell'azionista non .modifica in alcun modo il regime tributario del trasferimento delle azioni. Invero qualche dubbio potrebbe pur nascere per�h� fa societ� con unico -azionista, anche se pu� esistere per la legge civile, � indubbiamente una societ� particolare (art. 2362 e.e.) senza un'assembl-ea, nella quale la distin .zione tra ente sociale e persona del socio � meno netta. E' indubbiamente esatta la considerazione che se per l'art. 88 della tariffa A della legge di registro l'assegnazione ai �soci di beni a seguito di :scioglimento delle societ� per azioni � soggetta alla imposta proporzionale di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1173 (Omissis). -Con l'unico complesso motivo di ricorso, l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, denunziando violazione degli artt. 8, 11, 12, 46, 48 della I. 30 dicembre 1923, n. 3269 sull'imposta di registro e 1, 4, 11 della I. 25 giugno 1943, n. 540 sulle imposte ipotecarie, nonch� deficienza di motivazione su punti decisivi della controversia, sostiene che erroneamente la Corte del merito ha escluso l'assoggettabilit� degli atti in questione alle imposte di registro e di trascrizione riguardanti i trasferimenti dei cespiti immobiliari. E deduce, in particolare, a conforto di tale assunto: a) che il principio civilistico secondo cui la cessione del pacchetto azionario non equivale a trasferimento del patrimonio sociale non pu� trovare applicazione in materia di impost� di registro e ipotecarie, giacch� nelle relative leggi il socio � considerato, potenzialmente, proprietario di una quota parte del patrimonio della societ� e quando (come nella specie) sia unico socio � potenzialmente considerato unico proprietario del patrimonio stesso; b) che, ai sensi dell'art. 8 della legge di registro, la Corte del merito avrebbe dovuto tener conto della efficacia strumentale degli atti e quindi della effettiva possibilit� di conseguire con essi, il trasferimento del patrimonio sociale; e) che la Corte stessa non ha esattamente interpretato la clausola n. 5 degli atti in contestazione, con la quale si da atto del trasferimento alla Banca cessionaria �di tutti gli elementi attivi e passivi della Societ� afferenti alle azioni acquistate �. Tali censure sono prive di fondamento. Invero, mentre deve tenersi per fermo, come la stessa ricorrente riconosce, che secondo i principi di diritto comune il trasferimento delle trasferimento, si deve escludere, diversamente da quanto accade nel-le societ� di persone, che i soci possano considerarsi come proprietari, anche potenziali, del patrimonio sociale; e del pari esatta � l'ulteriore considerazione dell'altra sentenza 11 novembre 1969, n. 3672 (Riv. leg. fisc., 1969, 601) che la concentrazione delle azioni in un unico socio non esclude che il successivo atto con cui si concentrano nello, stesso unico socio i beni del patrimonio (cio� l'atto di assegnazione di beni a seguito di scoglimento) sia soggetto ad autonoma tassazione come atto di trasferimento. Ci� tuttavia non esaurisce il problema. L'atto di assegnazione dei beni pu� non intervenire e la societ� con unico socio pu� sopravvivere a tempo indefinito e l'intero pacchetto azionario pu� essere trasferito pi� volte sempre in favore di una sola persona; questi trasferimenti producono l'effetto sostanziale di un trasferimento di beni in una maniera non molto dissimile dal trasferimento della quota di societ� di persone; la posizione del socio unico azionista con responsabilit� illimitata non � molto diversa dalla posizione del 1socio di societ� di persone che ha egualmente una autonomia patrimoniale rispetto aUa quale la responsabilit� del socio � sussidiaria. Le considerazioni fatte sull'art. 88 della tariffa A sono in ogni caso utili per l'altro problema, che si pone in modo esattamente inverso, del 19 1174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO azioni o delle quote di una societ� di capitali non implica il trasferimento del patrimonio sociale (ch� rimane di propriet� della Societ�), si deve escludere, in riguardo alla prima censura, che dalle leggi sulle imposte di registro e ipotecarie possa ricavarsi un diverso principio, applicabile in materia �tributaria. In primo luogo, difatti, � da osservare che l'art. 108 della Tariffa (ali. A) della Legge di Registro, nello stabilire per gli atti pubblici e per le scritture private di negoziazione di azioni di societ� una determinata imposta, riconosce esplicitamente, con ci� stesso, una autonoma individualit� a siffatti negozi giuridici. E l'art. 88 della stessa Tariffa, stabilendo particolari aliquote per gli atti di .assegnazione ai soci di beni mobili o immobili in seguito a scioglimento e liquidazione delle societ�, porta ad escludere che i soci stessi siano considerati, in materia fiscale, proprietari originari del patrimonio sociale. N� tali principi (.applicabili, per quanto si � detto, sia nei rapporti di diritto privato sia in materia tributaria) trovano deroga nella ipotesi di alienazione dell'intero pacchetto azionario, giacch�, come questa Corte ha costantemente rilevato (cfr. Ca~. 19 luglio 1950 n. 1983 . e, da ult. 11 novembre 1969 n. 3672), con tale alienazione si trasferiscono pur sempre dei diritti di partecipazione e non gi� dei diritti reali sul patrimonio sociale, per il quale i poteri di disposizione restano all'ente sociale; ed � manifesto che, diversamente opinando, si configurerebbe, con evidente sovvertimento di indiscussi principi, la possibilit� che l'ente sociale resti privo del proprio patrimonio o si annullerebbe la necessaria separazione tra patrimonio sociale e patrimonio personale dell'azionista unico. Per quanto riflette, poi, la seconda censura, non pu� essere conciiviso l'assunto secondo cui, per valutare la fondatezza della pretesa fiscale, si dovrebbe tener conto, in applicazione dell'art. 8 della Legge di� Registro, del risultato economico raggiunto dai contraenti, consistente trasferimento di quote di socie.t� di persone; a questo proposito la pi� recente giurisprudenza ragiona diversamente e tende ad assimilare la quota sociale all'azione (facendo leva sul principio della autonomia patrimoniale delle societ� e della responsabilit� solo sussidiaria del socio) per concludere che la quota sociale va tassata secondo il valore netto � che rispecchia la situazione economica della societ� e quindi esprime un valore concreto al 'netto degli oneri. (v. C. BAFILE, Le quote di societ� di persone neWimposta di registro, in questa Rassegna 1971, I, 649). Se si compie uno sforzo per avvicinare la quota delle societ� di persone all'azione, bisogna compierlo anche, all'inverso, per avvicinare la posizione dell'unico azionista al socio di societ� di persone; se invece esiste una nettissima separazione tra i due tipi di societ�, ed a ci� si fa ricorso quando si ragiona della societ� per azioni, non bisognerebbe dimenticarlo quando si discute della societ� di persone. C. BAFILE ~:: i.~~ ~~ ~:: r.:: ~:~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1175 nell'effettivo trapasso del patrimonio sociale. Invero, secondo la costante giurisprude:t;1.za in questa Corte, che deve essere anche ora, ribadita, in� mancanza di elementi che inducano a un diverso indirizzo (cfr. da ult. sent. 8 ottobre 1970, n. 1850), il processo di imposizione dei tributi di cui trattasi (per quanto essi siano diretti a colpire taluni atteggiamenti della ricchezza e costituiscano quindi. fenomeni essenzialmente economici) � disciplinato in modo da svolgersi e attuarsi sopra atti giuridici, onde la imposta incide bens� sugli effetti economici dell'atto, ma in quanto essi abbiano carattere di effetti giuridici. E, nella specie, si deve escludere, per quanto si � detto, che tra gli effetti giuridici dell'alienazione del pacchetto azionario possa essere annoverato il trasferimento del patrimonio sociale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2578 -Pres. Favara Est. Della Valle -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Comune di Chianciano Terme (avv. Fanti). Imposte e tasse in genere -Concetto di tributo -Canoi:i-e corrisposto al Comune di Chianciano dalla Societ� concessionaria delle terme demaniali -Non ha natura tributaria. Imposta di ricchezza mobile -Canone corrisposto al Comune di Chianciano dalla Societ� concessionaria delle terme demaniali -Entrata di diritto pubblico -Non � tassabile. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81 e 85). I prov�nti che il Comune di Chianciano percepisce dalla Societ� Terme di Chianciano (trattasi dell'onere assunto dalla Societ� nei confronti dell'Amministrazione dello Stato, proprietaria concedente della stazione termale, di corrispondere una parte degli utili al Comune affinch� questo provveda a perfezion�re e mantenere in efficacia i suoi servizi) non hanno natura di entrata tributaria, non trovando essi la loro fonte nella legge (1). (1-2) La decisione ricalca fedelmente l'altra delle Sez. unite 11 giugno 1971, n. 1745 (in questa Rassegna 1971, I, 1157) pronunciata riguardo ai proventi de1l Comune di S. Remo per l'esercizio della casa da gioco. Sulla prima massima non vi � nulla da osservare. Sulla seconda invece, l'enunciazione, che si presta anche a generalizzazioni, desta perplessit�. La natura pubblicistica dell'entrata, destinata, �come tutte le entrate degli enti pubblici, a soddisfacimento di bisogni pubblici, non basta da sola ad escludere l'imposizione col tributo di ricchezza mobile; non sembra nemmeno accettabile l'affermazione che l'imposta colpisca soltanto l'aumento di ricchezza 1176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I detti proventi, tuttavia, costituendo una entrata pubblicistica soggetta al controllo dello Stato a destinazione vincolata (con.corso nella spesa di �valorizzazione del complesso termale), non sono soggetti all'imposta di ricchezza mobile in quanto non determinano un reddito tassabile, da intendere come un aumento di ricchezza proveniente da energie e forze produttive identificabili nel capitale e nel lavoro, separatamente o congiuntamente operanti (2). (Omissis). -Con un unico complesso motivo 1'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione degliartt. 2, 3 e 5 t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, nonch� del d.1.c.p.s. 18 settembre 1947, n. 1612 (ratificato con legge 28 dicembre 1952, n. 4417) in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c., si duole che la Corte d.i Firenze abbia escluso l'imponibilit� di R.M. sulle somme percepite dal Comune di Chianciano Terme in forza della c�nvenzione 19 dicembre 1946 approvata con d.c.p.s. del 18 febbraio 1947, n. 1612, sull'erroneo presupposto �he si tratti di entrata di natura tributaria come che prevista da una convenzione tradotta successivamente in un formale provvedimento legislativo. All'uopo, richiamata la distinzione esistente, agli effetti della applicazione della imposta di R.M. ai Comuni, alle Provincie ed agli altri Enti pubblici, tra le � entrate tributarie � (imposte, tasse e contributi o tributi speciali) e le �entrate patrimoniali�, e premesso che solo queste ultime sono soggette al tributo mobiliare mancando nelle altre il richiesto carattere di � reddito �, la ricorrente osserva che per distinguere in modo sicuro le � entrate tributarie � (e, cio� le prestazioni patrimoniali che sono stabilite in virt� del potere d'imperio dello Stato, o degli altri Enti territoriali o istituzionali cui � -concesso il medesimo potere, e che, in quanto trovano nella legge la loro unica fonte, non costituiscono, quant� meno in via esclusiva, il corrispettivo di una prestazione resa al privato ma sono dovute, per il solo obiettivo verificarsi dello stato di fatto dalla legge stessa ipotizzato ai fini dell'imposizione, da coloro che si trovano con tale stato nella relazione prevista) -dai � proventi � e dai � corrispettivi di un'attivit� economica del Comune, della Provincia o del- promanante da energie e forze produttive, cio� da capitale �e lavoro separatamente o congiuntamente operanti. E' proprio la S.C. che con sentenza quasi coevca (27 �luglio 1972, n. 256-6, in questo fascicolo, retro) ha insegnato che presupposto del tributo non � soltanto H pi� tipico reddito derivante da capitale e lavoro, ma anche ogni altro reddito netto non soggetto ad altra imposta diretta realizzato da qualunque soggetto, anche pubblico ed anche con attivit� non avente scopo di lucro. Nella questione di specie, del tutto particolare, molte ragioni potevano essere adottate per l'una o per l'altra tesi, ma non sembra che la soluzione potesse� ricercarsi in un principio pi� generale che escluderebbe la tassabilit� degli incrementi di ricchezza derivanti da una fonte diversa da capitale e lavoro. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ll77 l'Ente pubblico� � necessario esaminare �l'entrata�. sotto il duplice aspetto �strutturale� e �finalistico�, sol0 allora potendosi parlare di �entrata tributaria�, quando, da una parte, -sotto il profilo strutturale -il rapporto da cui essa deriva, in quanto trova nella legge il suo unico fondamento e prescinde dall'esistenza di una qualsiasi � situazione negoziale� tra l'obbligato e l'Ente beneficiario della prestazione, si presenti con le caratteristiche proprie che si collegano all'esercizio della potest� di imperio, anche e soprattutto per ci� che attiene alla esecutivit� della pretesa dell'Ente, e, dall'altra, -sotto il profilo finalistico, -essa entrata sia rivolta alla soddisfazione di esigenze pubbliche generali ( � imposta �) o all'esplicazione di servizi pubblici indivisibili ( � tributi speciali o contributi�), ancorch� destinati talvolta a giovare pi� specialmente a particolari soggetti (�tasse�). E sulla base di tale distinzione e dei criteri di discriminazione indicati sostiene che nella entrata di cui si discute manca del tutto l'aspetto strutturale che � proprio del rapporto tributario, a nulla rilevando che la convenzione del 1946 sia stata ad altri fini -(per rimuovere cio� eventuali impedimenti alla validit� dell'impegno da parte dello Stato) approvata con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato, e risultando, per converso, evidente dalle � disposizioni � e dalla � premessa � di detta convenzione che la pretesa del Comune e gli obblighi della societ� Terme di Chianciano e dello Stato (proprietario della Stazione Termale) trovano titolo entrambi in un rapporto obbligatorio di diritto comune, quale � indubbiamente la pattuizione a favore del terzo (Comune di Chianciano Terme) inserita nella convenzione concernente la concessione della gestione dell'azienda patrimoniale dello Stato. A conclusione negativa l'Amministrazione ricorrente previene anche per quanto concerne il profilo finalistico dell'entrata, risultando, a suo avviso, dalla � premessa � della convenzione che il riconoscimento al Comune della � compartecipazione agli utili di gestione � fu suggerito, pi� che dalla � necessit� di potenziare ed incrementare i servizi pubblici di interesse generale�, dalla �opportunit� e convenienza� di mettere il Comune stesso in �condizioni di � realizzare tutte quelle provvidenze che fossero apparse rispondenti alle effettive necessit� della stazione di cura�. All'argomento della Corte di Firenze secondo cui gli introiti in oggetto non costituirebbero redditi imponibili in quanto non deriverebbero da � u~'attivit� produttiva svolta dal Comune�, la ricorrente oppone poi: 1) che in base al disposto degli artt. 3 e 5 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, all'epoca vigente, -cos� come in base ai corrispondenti artt. 81, 85 e 86 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 -, devesi ritenere compresa nel concetto di �reddito� qualsiasi entrata anche non derivante da capitale o da lavoro o dal concorso di capitale e lavoro; 1178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2) che gli introiti di cui trattasi, in quanto non hanno natura tributaria, non derivano da una partecipazione del Comune al capitale della s.p.az. Terme di Chianciano e non hanno luogo � nell'ambito di un sinallagma (opere contro �corrispettiv-0 monetario)� ma sono effettuati, nei limiti della durata d,�lla convenzione e delle sue eventuali proroghe, in virt� di una pattuizione a favore di terzo inserita, in posizione accessoria, in un regolamento convenzionale dei rapporti tra Stato e societ� Terme di Chianciano, � subordinatamente peraltro all'adempimento da parte del Comune di un preciso onere (un certo impiego delle �somme ricevute)�, debbono essere inclusi tra i �redditi temporali misti�, assoggettabili come tali all'imposizione tributaria, stante la loro innegabile affinit� a quelli derivanti da un� � rendita temporanea � costituita da due soggetti a favore di un terzo in vista del loro interesse a -che tale terzo beneficiario compia determinate attivit�. Come ultimo argomento a sostegno della tesi propugnata aggiunge infine che un'ulteriore prova dell'irrilevanza del � momento della attivit� economica produttiva � sulla fattispecie costitutiva del credito d'imposta � agevolmente desumibile dal fatto che in realt� l'imposizione diretta non colpisce la produzione in s� considerata ma colpisce l'aumento della capacit� contributiva derivante dal conseguimento di una ricchezza co, munque ottenuto. La doglianza non pu� essere accolta. Tralasciando questi ultimi tre rilievi, la cui inaccettabilit� appare manifesta soltanto che si consideri, quanto al primo, che, col sostituire alla classica espressione(� redditc;> prodotto�) usata nell'art. 3 della legge fondamentale 24 agosto 1�877, n. 4021 la nuova espressione �produzione di reddito�, l'art. 81 del t.u.i.d. 29 gennaio 1958, n. 645, lungi dall'eliminare ogni e qualsiasi riferimento al � redidto prodotto�, ha inteso soltanto _,_ come risulta dai favori preparatori e come � stato osservato dalla pi� recente dottrina -subiettivare, per cos� dire, il momento della �produzione del reddito�, estendendo poi il concetto di reddito imponibile a taluni incrementi patrimoniali dovuti alla presenza di fatti tassativamente indicati (le cosiddette � plusyalenze �, ritenute assoggettabili all'imposizione tributaria in vista dell'intento speculativo da cui � mosso il soggetto che le realizza); quanto al secondo, che il fatto di trovare la '1oro fonte genetica in un regolamento convenzionale intervenuto � inter alios � -(lo Stato e la societ� Terme di Chianciano) -per disciplinare i loro reciproci rapporti non � per s� sufficiente a fare ritenere assimilabili le entrate di cui trattasi ad una � rendita temporanea � costituita da due soggetti a favore di un terzo in vista del loro interesse a che quest'ultimo .compia determinate attivit�; e quanto al terzo, infine, che se � vero che l'imposizione diretta colpisce in sostanza, l'aumento della capacit� contributiva derivato dagli incrementi patrimoniali verificatisi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1179 nell'economia di un determinato soggetto non � tuttavia meno vero che la imposta di R.M. ha pur sempre come suo presupposto imprescindibile la esigenza di definire il �reddito� formante oggetto del tributo attraverso la identificazione e l'accertamento di quei particolari fatti e situazioni che ne rendono legittima l'applicazione; non � infatti seriamente sostenibile che le somme erogate dalla societ� Terme al Comune di Chianciano debbano essere ricondotte, nonostante la singolarit� degli elementi genetici e funzionali che le caratterizzano, nell'ambito di quei � proventi diversi � che i Comuni e le Provincie percepiscono in taluni casi come corrispettivo di uri prestazione data al privato o, comunque, pi� genericamente, di un'attivit� economica svolta. Gi� altre volte questa Suprema Corte ha avuto occasione di pronunciarsi sulla natura giuridica dei versamenti che i concessionari di determinate attivit� imprenditoriali sono tenuti ad effettuare sotto le forme pi� varie (contributo fisso annuo, canone mensile, compartecipazione sugli utili, ecc.) ai Comuni in ottemperanza all'obbligo' fattogliene dallo Stato nel decreto di concessione. In allora si � trattato, per vero, di stabilire quale trattamento fiscale dovesse essere fatto ai versamenti periodici effettuati al Comune di Sanremo dalla Societ� concessionaria dell'esercizio della locale casa da gioco; m� la sostanziale analogia con la fattispecie formante oggetto del presente giudizio rende utile richiamare le argomentazioni addotte da questa Suprema Corte a sostegno delle pronunce emesse. Dopo avere, in una lontana sentenza del 1936, dichiarato che, agli effetti della registrazione dell'atto di concessione, il canone dovuto al Comune dalla societ� concessionaria dell'esercizio della casa da gioco, � ha, nel suo intrinseco, natura tributaria � in quanto si ricollega ad un servizio assunto in regime chiaramente monopolistico (Cass. 7 febbraio 1936, n. 46.2), e dopo avere, in una successiva sentenza del 1953, ribadito la validit� di tale affermazione, negando peraltro che carattere tributario potesse essere invece riconosciuto ai proventi percepiti dal Comune dall'esercizio diretto del gioco � (Cass. 17 ottobre 1953, n. 3419), questa Suprema Corte, riprendendo recentemente in esame -con sentenza 11 giugno 1971, n. 1745 -il problema sotto H profilo dell'applicabilit� della imposta di R.M. a detto �canone�, � andata in diverso avviso, rilevando che a �porre in dubbio � la gi� ritenuta natura tributaria sta la mancanza di una legge .che, in applicazione dell'art. 23 della Costituzione, preveda un siffatto tributo, non potendosi ritenere tale n� il r.d.m. 22 dicembre 192'7, n. 2448, col quale fu esplicitamente data facolt� al ministro per l'interno di autorizzare, in termini volutamente generici, il Comune di Sanremo ad addottare � i provvedimenti necessari all'assestamento del proprio bilancio, anche in deroga alle leggi vigenti�, senza a�ccennare minimamente all'esercizio del gioco d'azzavdo, � n� i llSO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO successivi decreti ministeriali 4 gennaio . 1928 e 9 gennaio 1932, nei quali, oltre alla autorizzazione all'esercizio del gioco d'azzardo nel Casin� Municipale, null'altro si rinviene che possa fare fondatamente pensare che in effetti con essi -(aventi peraltro natura di atti amministrativi o, tutto al pi�, di regolamenti delegati) -si sfa voluto istituire un tributo in senso proprio e se ne sia voluto anche dettare la disciplina. Ha ancora aggiunto questa Corte che la convenzione relativa al co;ntratto intervenuto tra il Comune e la societ� concessionaria, pure traendo la sua ragion d'essere da provvedimenti governativi e legislativi, non � tuttavia essa stessa una legge; che a nulla rileva che nel contratto si parli di �tassa di concessione�, non potendosi ovviamente equiparare la vofont� dei paciscenti a quella del legislatore, stante soprattutto l'innegabile singolarit�, in materia tributaria, di una pattuizione che pone a �carico del concessionario l'obbligo di corrisp<mdere un canone minimo, gi� per s� particolarmente gravoso, anche nell'ipotesi di un'entrata inferiore a quella prevista; e che del ;pari irrilevante �, infine, che nella relazione ,che accompagna il decreto di autorizzazione si parli di � tributo locale � e che lo stesso Ministero delle Finanze abbia in passato riconosciuto a tali proventi natura tributaria, non costituendo n� la relazione ministeriale n� il parere espresso dal Ministero in ordine al contenuto normativo ed all'applicazione da farsi in concreto di una determinata legge interpretazione autentica della legge stessa. Sulla base di tali considerazioni questa Corte ha escluso pertanto che i proventi di cui trattasi abbiano natura tributaril:l; ma sul rilievo che essi (come risulta dalla stessa struttura della disciplina �legislativa ed amministrativa in forza della quale � stato stipulato il contratto che li prevede�) costituiscano innegabilmente un'entrata di natura pubblicistica che viene assicurata al Comune a titolo di contribuzione per le maggiori spese richieste per soddisfare le sempre crescenti esigenze dei frequentatori di quella nota localit�, li ha dichiarati tuttavia non soggetti all'imposta di R.M., che � H tributo tipico degli incrementi patrimoniali di natura privatistica risultanti dall'impiego di capitale o di lavoro o dell'uno e dell'altro insieme. Al lume dei suesposti principi -dai quali non c'� motivo alcuno di discostarsi, e la cui applicabilit� al caso che ne occupa non pu� essere seriamente contestata, stante la gi� rilevata affinit� esistente tra la fattispecie in oggetto e quella esaminata dalla succitata sentenza n. 1745 del 1971 -le ragioni addotte dall'Amministrazione finanziaria ricorrente a sostegno della proposta censura si rivelano prive di consistenza giuridica, e perci� inaccoglibili. Dalla convenzione aggiuntiva intervenuta tra l'Amministrazione dello Stato e la societ� Terme di Chianciano il 19 dicembre 1946 ed appro PARTE -I, SE,Z� V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1181 vata con d.l. 18 settembre 1947, n. 1612 risulta (artt. 13, 14 e 15) che l'attribuzione al Comune di una limitata parte degli l:ltili della gestione delle Terme -(da fissare, giova notarlo, di volta in volta nel loro ammontare dal Ministero delle Finanze, esclusa qualsiasi ingerenza, da parte del Comune, nella gestione dell'azienda e qualsiasi potere di controllo sugli introiti da questa conseguiti) -rfu disposta al dichiarato scopo di rimborsare il Comune delle spese ,sostenute e da sostenere per �trasformare, perfezionare e sviluppare i propri servizi pubblici e mantenerli in piena efficienza �, costituendo essi un necessario presupposto di quella � az:ione di propulsione e di valorizzazione del complesso aziendale � che lo Stato erasi impegnato a svolgere con '1a convenzione stipulata con la societ� delle Terme il 24 giugno 1941, e che l'utilizzazione delle somme ottenute nell'anno precedente � stato concretamente fatto: cos� �come la loro disponibilit� � subordinata, anno per anno, alla documentazione~ da darsi attraverso una relazione confermata dal prefetto ed il benestare rilasciato dal Ministero delle Finanze -dell'impiego che delle somme ottenute nell'anno precedente � stato concretamente fatto: il che dimostra che, pur non potendosi, per le considerazioni dianzi svolte -(e segnatamente iPer la mancanza di una norma legislativa che espressamente attribuisca qualifiica tributaria a tali provent1i, come � stato fatto con la legge 2 marzo 1935, n. 201, per la casa da gioco e�sistente nel Comune di Campione, molto probabilmente per motivi di politica internazionale suggeriti o imposti dal fatto di essere tale localit� una �enclave� italiana situata in territorio elvetico) -, ravvisare una vera e propria � imposizione tributaria � nell'obbligo fatto aUa societ� concessionaria della gestione delle Terme di corrispondere annualmente al Comune di Chianciano una parte degli utili, e considerare, di conseguenza, � entrata tributaria � quella in tal modo realizzata dal Comune � -(e ci� contrariamente a quanto ha �ritenuto, in proposito, la Corte di merito, '1a cui sentenza va pertanto, sul punto, modificata nella parte motiva, a norma dell'art. 348, comma 2, c.p.c.) -i proventi in oggetto, per la fonte da cui der�\rano -(che non �, giova rilevarlo, l'attivit� produttiva aziendale, cui il Comune rimane del tutto estraneo, ma � la clausola contenuta nella convenzione aggiuntiva del 19 dicembre 1946, approvata, come si � detto, con formale provvedimento legislativo) -, per le finalit� di pubblico interesse cui sono inderogabilmente destinati per legge, nonch� infine per il fatto stesso di essere in parte (nella misura del 2 % ) costituiti dalla quota di utili gi� di spettanza dello Stato, che ha ad essa implicitamente rinunciato per venire incontro aUe riconosciute aumentate necessit� del Comune, non possono tuttavia, d'altra parte, ritenersi compresi in quel particolare � incremento patrimoniale � che nel t.u.i.d. va sotto il nome di � reddito � (artt. 81 e 85), e che nella comune accezione tributaristica postula un aumento di ricchezza proma 1182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nante da energie e forze produttive, identificabili nel ca.pitale e nel lavoro, separatamente o �congiuntamente operanti. Detti proventi, vanno, cio�, considerati come un'entrnta speciale o straordinaria di natura spiccatamente pubblicistica, che, in quanto non costituisce, per i motivi suesposti, �reddito imponibile�, si sottrae alla imposizione �tributaria, rendendo, di �conseguen'.za illegittima -come ha, conclusivamente, ritenuto la Corte di merito, -la pretesa azionata dall'Amministrazione ricorrente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1972, n. 2583 -Pres. Favara Est. Valore -P. M. Antoci (conf.) -Massotto c. Ministero delle Finanze (avv. Stato GaH.eani). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Aree inedificabili destinate a strade -Esclusione. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Aree soggette a limitazioni urbanistiche -L. 7 febbraio 1968, n. 26, art. 6 ter -Efficacia retroattiva -Esclusione. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14; I. 7 febbraio 1968, n. 26, art. 6 ter). Nell'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che concerne le aree edificabili, non possono mai rientrare gli acquisti di suoli destinati a strade pubbliche; la parte del suolo non eccedente il doppio dell'area coperta rientra nell'agevolazione quando sia in astratto edifica bile ma in essa non pu� essere compresa la superficie delle strade che non ha alcun collegamento diretto di complementariet� funzionale con la costruzione (1). La norma dell'art. 6 ter legge 7 febbraio 1968, n. 26, che per i co muni dotati di strumenti urbanistici estende l'agevolazione a tutta l'area necessaria per realizzare i volumi fabbricabili stabiliti dalle norme urba nistiche, non ha eff�caca retroattiva (2). (1-2) Esatta ed importante ila prima massima: la parte di area asso lutamente inedificabile non pu� mai godere dell'agevolazione, anche se non superiore al doppio dell'area coperta. Sull'argomento della seconda massima la SiC. aveva risolto il contrasto sorto nel senso della esclusione del valore retroattivo della legge n. 26 del 1968. E' per� sopravvenuto l'art. 2 del d.l. 30 giugno 1972, n. 285 che espres samente dichiara applicabile la norma della legge del 1968 agl:i atti stipulati anteriormente. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1183 (Omissis). _:_ I ricorrenti -denunciando la violazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 e dell'art. 5 d.l. 11dicembre1967, n. 1150 (in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.) -ripropongono la questione della individuazione delle aree.fabbricabili meritevoli delle agevolazioni previste dalle suddette norme e sostengono che la sentenza impugnata a torto ha escluso da detti benefici le parti di area destinate a strada. La censura non ha f�ndamento. L'art. 14 della legge n. 408 del 1949, disciplinando la concessione di agevolazioni fiscali alle � aree fabbricabili�, stabilisce, al secondo comma, che. � sulla parte del suolo attiguo al fabbricato, la, quaile ecceda il doppio dell'area coperta, � dovuta, a costruzione ultimata, l'imposta ordinaria di registro ed. ipotecaria. Da tale disposizione i ricorrenti deducono che la legge in questione riconosce le agevolazioni fiscali anche aille aree non fabbricabili, purch� non eccedano la met� dell'intero suolo acquistato, indipendentemente dalla loro destinazione. Tale tesi non pu� ricevere consenso, giacch� � di tutta evidenza, come questa Suprema Corte ha gi� affermato (Cass. 29 marzo 1969, n. 1029) che l'edificabilit� dell'intera area acquistata costituisce il presupposto per la concessione del beneficio fisc�le, mentre la norma del capoverso del citato art. 14 non rappresenta integrazione della nozione di edificabilit�, bens� indica soltanto le condizioni per la conservazione del benef�do stesso. Ci� posto, la Corte del merito ha correttamente argomentato eh~ se � vero che, in considerazione del rapporto che, in base ai regolamenti comunali, deve sussistere tra �l'intera area e la parte di essa che pu� essere ricoperta da costruzione, si considera edificabile, ai fini dell'applicazione dell'agevolazione tributaria, l'intera area, purch� la parte scoperta di essa non superi in estensione il suddetto limite quantitativo, � del pari evidente che la ragione della norma sta nell'interesse perseguito dal legislatore che, cio�, gli edifici siano corredati da aree libere da adibirsi a giardino o cortile a servizio degli edifici medesimi. Talch�, essendo in facolt� dell'acquirente dell'area scegliere la parte di essa sulla quale erigere la costruzione, l'intera area � in astratto edificabile. Ben diverso �, invece, il caso in cui -come nella specie -vincoli di piano regolatore. prevedano la destinazione di parte del suolo a strada pubblica. In questa ipotesi, tale parte non � suscettibile di essere ricoperta da costruzioni, n� sussiste, rispetto al costruendo edificio alcun collegamento diretto di complementariet� funzionale, attesa la destinazione all'uso pubblico. Pertanto, poich� l'area � solo parzialmente edificabile, il beneficio fiscale � dovuto solo per la parte di suolo non soggetta a vincolo di strada, o, addirittura, destinata a strada, e sempre che la parte non soggetta sia stata coperta da costruzioni nella misura richiesta dal capoverso dell'art. 14 (sentenza citata n. 1029/1969). L'edificabilit� del suolo acquistato deve inoltre sussistere al momento della stipulazione del contratto e tale presupposto per la concessione dei benefici va valutato obiettivamente, a prescindere dal modo come le parti hanno considerato il suolo medesimo. Nella specie, peraltro, dallo stesso atto pubblico emerge che le parti di area in discussione vennero acquistate per essere, a suo tempo, � dismesse quale sedime stradale � delle vie Ba�timora e Gorizia, il che porta ad escludere che, anche nella previsione degli acquirenti, le aree medesime fossero destinate alla edificazione. Sostengono ancora i ricorrenti l'illegittimit� dell'imposizione suppletiva in base alla sopravvenuta legge 7 febbraio 1968, n. 2'6, che ha convertito in fogge il d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, in virt� del quale a tutta l'area compravenduta col rogito Gancia dovrebbero ritenersi applicabili i benefici invocati. Assumono in proposito che l'art. 6 ter di detta legge (�nei comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione i benefici di cui all'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive modificazioni si applicano all'intera area necessaria per realizzare i volumi fabbricabili stabiliti dalle norme e prescrizioni urbanistiche per le zone residenziali�), ha portata prevalentemente interpretativa del previgente art. 14 e quindi retroattiva, onde la nuova normativa dovrebbe ritenersi applicabile al rapporto tributario in esame. L'assunto non pu� dirsi fondato, in quanto, anche a prescindere dalle considerazioni sopra svolte, devesi, comunque, rilevare che, con la norma dell'art. 14, il legislatore, �con propria valutazione aprioristica ed oggettiva, ha fissato direttamente i limiti dell'area rimasta inedificata (rapportandoli proporzionalmente alla parte edificata) alla quale debbono ugualmente applicarsi i benifici, non lasciando all'interprete alcuna possibilit� di discriminazione in ordine alle ragioni per le quali l'area acquistata in eccedenza sia poi rimasta inedificata oltre la predeterminata misura. Appare, pertanto, indiscutibile il carattere innovativo del citato art. 6 ter che, discriminando certe situazioni, stabilisce per esse un diverso criterio, non pi� riferito al comune parametro meramente dimensionale della superficie coperta, bensi a quello particolare e complesso risultante dal rapporto tra volumi fabbricabili e prescrizioni urbanistiche di piano, con rinvio quindi alle prescrizioni urbanistiche locali per l'applicazione concreta. N� � sostenibile una efficacia retroattiva della norma che, pur non dovendo risultare necessariamente da una disposizione espressa, � necessario tuttavia emerga in modo chiaro ed inequivoco, anche se per implicito, dal testo legislativo; il che non � dato affatto rilevare nella norma in discussione. Infine, non potrebbe neppur sostenersi l'applicabilit� della norma in base ai normali principi in tema di successione di leggi nel tempo in !� I: ,, [: ......,~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1185 quanto una legge nuova pu� applicarsi agli effetti non esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente, solo quando la norma innovatrice incida su detti effetti, ma non sul fatto o sull'atto generatore del rapporto. La norma in esame invece, stabilendo quale trasferimento di area edificatoria resti colpito, e quale esente, con la normale aliquota di imposta di registro, incide direttamente sulla determinazione del fatto generatore del rapporto di imposta ordinaria. Pertanto, poich� alla data di entrata in vigore della nuova ilegge il fa�tto generatore del rapporto de quo si era gi� compiuto ('sia come atto di trasferimento -col rogito Gancia 29 marzo 1961 -sia come successivo evento determinativo dell'oggetto definitivo del rapporto tributario ordinario -con l'ultimazione della costruzione), gli effetti restano regolati dalla precedente normativa. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 agosto 1972, n. 2644 -Pres. Favara Est. Montanari Visco -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. Montedison (avv. Micheli e Menegazzi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). Imposta di re~istro -Agevolazioni per la fusione di societ� ex elettriche -Limite -Capitale della societ� risultante dalla fusione non superiore al doppio del capitale delle societ� ex elettriche Criteri di determinazione. (1. 6 dicembre 1962, n. 164.3, art. 9). Ai fini dell'agevolazione per la fusione di societ� ex elettriche disposta con L'art. 9: deZla legge 6 dicembre 1962, n. 1643, ii limite del doppio del capitale delle societ� ex elettriche va calcolato in riferimento al capitale che risulter� a seguito della fusione, sia nell'ipotesi di fusione per unione sia nell'ipotesi di fusione per incorpo:razione, ed anche quando 1a societ� incorporante non sia ex elettrica. Ove tale eccedenza si verifichi 1a fusione segue le regole normali (1). (Omissis). -Con il primo mezzo del ricorso la Societ� ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, assumendo che come termine della operazione di comparazione, ai fini dell'agevolazione fiscale in discussione, nel caso di fu~ (1) La regola che la fusione di societ� sia soggetta allo stesso regime tributario nelle diverse ipotesi della unione e della concentrazione era gi� stata enunciata sia ai fini della norma in questione (Cass. 6 luglio 1971, 1186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sione per incorporazione, non dovrebbe considerarsi il capitale della societ� incorporante, aumentato per effetto della fusione, ma dovrebbe invece farsi riferimento unicamente all'aumento del 'capitale di detta societ� incorporante e cio� alla differenza in pi� rispetto al capitale preesistente alla fusione. L'agevolazione di cui trattasi per ci� non spetterebbe soltanto nell'ipotesi che l'aumento del capitale della societ� incorporante fosse maggiore del doppio del capitale .complessivo delle societ� ex elettriche incorporate. Il motivo � infondato. Si deve premettere che la disposizione di cui all'art. 9, comma 5� della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, nel disporre l'applicazione di una tassa fissa di registro (in luogo di quella proporzionale) per gli atti di fusione a cui partecipino una o pi� societ� gi� esercenti industrie elettriche e assoggettate a trasferimento a norma della stess.a legge, indubbiamente ricomprende nella previsione del beneficio sia�gli atti di fusione per unione, che quelli di fusione per incorporazione. Si tratta di due forme di fusione accomunate in un'unica previsione normativa e disciplina dagli artt. 2501 e segg. cod. civ. n� vi � ragione alcuna di distinguere nella materia in discussione, dato che lo scopo del beneficio fiscale di cui trattasi � stato -come si legge anche nella relazione al disegno di legge -quello di consentire e favorire la conversione d�lle attivit� e delle strutture delle societ� elettriche assoggettate a trasferimento, per un loro rapido reinserimento nell'attivit� produttiva. Ci� premesso, si tratta di determinare la precisa portata della condi zione che la lettera a) del comma quinto dell'art. 9. citato pon� per l'ope rativit� del beneficio fiscale e cio� della condizione che �il capitale della � societ� risultante dalla fusione non superi, il doppio del capitale com plessivo delle societ� assoggettate a trasferimento�, che hanno parteci pato all'operazione. Il valore della dizione ��Ca!)itale della societ� risultante dalla fusio ne � non pu� essere diverso a seconda che le forme di fusione siano attuate mediante costituzione di una societ� nuova oppure mediante incorporazione di una o pi� societ� in un'altra. A ritenere ci� induce anzitutto il chiaro significato letterale delle parole usate dal legisla tore (significato proprio delle parole determinato dalla connessione di esse), secondo il dettato dell'art. 12, pdmo comma, delle disposi zioni sulla legge in generale. � vero che il senso delle leggi, nel procedimento ermeneutico, deve essere desunto anche dall'intenzione del legislatore (a norma dell'art. 12 n. 2103, in questa Rassegna, 1971, I, 1400) sia ai fini delle agevolazioni per il mezzogiorno (Cass. 10 novembr�e 1971, n. 3186, ivi, 1972, I, 106); essa risulta poi chiarissima dalla norma specifica. Su questa premessa la soluzione della controversia non poteva essere che que11a adottata. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRII!UTARIA 1187 citato), ma si deve appunto rilevare che nel caso della disposizione legislativa in esame la � ratio � della condizione limitativa del beneficio fiscale consiste indubbiamente nello sfavore legislativo sempre dimostrato per le concentrazioni monopolistiche e le unit� imprenditoriali limitatrici della concorrenza. La ricorrente, a sostegno dell'interpretazione da essa pretesa, fa riferimento a una parte dei lavori preparatori delila legge in questione, dai quali si desumerebbe che si dntendeva avere riguardo, nel caso delle fusioni per incorporazione, soltanto all'aumento di capitale della societ� incorporante. Deve per� osservarsi, in contrario, che un simhe concetto non � stato trasfuso nel testo legislativo definitivamente approvato. E ci� a prescindere dal rmevo generale che i lavori preparatori possono fo!rnire soltanto qualche elemento, ma non possono mai avere valore determinante nell'interpretazione della legge, dovendo in ogni caso prevalere la volont� del legislatore obiettivata nelila norma. La societ� Montecatini Edison assume anche che con un'interpretazione contrada a quella da essa sostenuta si giungerebbe a conseguenze abenanti: considerato che l'art. 9, quinto comma lett. a) della legge n. 1643 del 1962 dispone che l'eccedenza del capitale (rispetto al' Hmite del doppio del capitale complessivo delle societ�,assoggettate a trasferimento) � soggetta al tributo nel modo e nelle misure normali, si avrebbe -nel caso di societ� (non elettrica) incorporante di imponente capitale e di societ� (gi� elettrica) incorporata di capdtale modesto -l'assoggettamento a nuovo tributo della quasi totalit� del capitale della societ� incorporante, il cui patrimonio � stato gi� tassato all'atto d~lla costituzione delila societ� stessa e quindi con una duplicazione d'imposta assolutamente ingiustificata, dato che l'imposta di registro pu� colpire unicamente il trasferimento di ricchezza. L'argomento non ha valO!re giacch�, come ha ritenuto esattamente la sentenza impugnata, nel caso della non riconenza della condizione stabilita per l'agevolazione fiscale, il tributo si deve applicare nei modi e nelle misure normali (con applicazione, per la determinazione dell'aliquota della imposta di registro, dell'art. 49 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), fungendo l'eccedenza del capitale (rispetto al limite del doppio nei sensi sopra riportati) soltanto come un limite massimo per la tassazione. Si deve quindi concludere che la norma riguardante la condizione stabilita per �l'operativit� dell'agevolazione fiscale in esame fa riferimento -per �gli atti di fusione mediante incorporazione -non gi� al so.Io aumento di capitale effettuato in relazione alla fusione, ma al nuovo� capitale totale, costituito dalla somma del capital� preesistente e del capitale apportato in aumento. -(Omissis). 1188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2667 -Pres. Rossano Est. NoveUi -P. M. Caristo (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Pacobell:i. Imposte e tasse in genere -Condanna dell'Amministrazione alle spese Imposta Generale sull'Entrata -Rinuncia alla pretesa entro il novantesimo giorno -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3268, art. 148). n principio stabilito nell'art. 148 della legge di registro � di portata generale e valido quindi anche in materia di imposta sull'entrata; pertanto l'Amministrazione non pu� essere condannata alle spese se, notificata la citazione, abbia rinunciato alla pretesa tributaria entro 9.0 giorni (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1972, n. 1959 -Pres. leardi Est. Elia -P. M. MHilotti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Immobiliare Cabor (avv. Vitali). Imposte e tasse)n genere -Condanna dell'Amministrazione alle spese Imposta di registro -Imposta suppletiva -Inapplicabilit� della regola dell'art. 148 legge di registro. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148). La regola dell'art. 148 della legge di registro, secondo la quale l' Amministrazione non pu� essere condannata alle spe�se prima che siano trascorsi 9:0 giorni dalla presentazione della domanda o dalla notifica della citazione, non si wppiica alle imposte swppletive, quando la citazione sia stata intimata entro 30 giorni dalla notifica della prima ingiunzione (2). (1-2) La prima pronunzia certamente esatta e conforme a numerosi precedenti esclude in ogni caso la condanna alle spese dell'Amministrazione che abbia riconosciuto fondata l'opposizione del contribuente entro 90 giorni dalla notifica della citazione; e ci� � stato riaffermato esplicitamente nonostante che, in materia di imposta sull'entrata accertata con il I r. pro.cedimento della legge 7 gennaio 1929, n. 4, non solo non esista nel si PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1189 I (Omissis). -Con l'unico mezzo d� impugnazione, l'Amministrazione delle Finanze deduce la violazione, mancata e falsa applicazione dell'articolo 148 legge di registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; degli artt. 144 e 145 stess� legge; deH'art. 31 t.u. n. 63.9/1910; degli artt. 56 e segg. della legge 7 gennaio 1929, n. 4; dell'art. 52� della legge organica sull'I.G.E. Dette norme sono indicate dalla ricorrente per censurare la mancata compensazione da parte della Corte di merito delle spese giudiziali nella presente causa �di opposizione ad ingiunzione fiscale, ,sul presupposto che detta compensazione, dovuta, qualora ne sussistono le condizioni, in materia di imposta di registro, non lo sia in materia di Imposta Generale sull'Entrata. Orbene questa Corte ha pi� volte ripetuto che il principio espresso dall'art. 148 della legge di registro, secondo cui l'Amministrazione Finanziaria non pu� essere condannata al pagamento delle spese giudiziali, in caso di soccombenza, qualora il contribuente abbia proposta domanda giudiziaria senza che sia stato presentato ricorso in via amministrativa o prima che siano trascorsi 90 giorni dalla presentazione, si applica anche in materia �di I.G.E. (tra le altre Cass. 25 gennaio 1971, n. 155; 24 novembre 1970, n. 2479; 8 ottobre 1970, n. 1858). Per quanto riguarda l'opposizione ad ingiunzione, seguita da revoca del decreto da parte dell'Amministrazione finanziaria, quest~ Corte ha pi� volte affermato che la opposizione, pur essendo rivolta ad ottenere un provvedimento giurisdizionale, � diretta all'Amministrazione e contro un atto di imposizione tributaria, sicch� non pu� non comprendere in s� l'effetto cui tende la domanda in via amministrativa. sterna una domanda in via amministrativa proponibile prima deU'azione ordinaria, ma anzi l'azione ordinaria sia il solo rimedio ammesso per impugnare l'atto (ordinanza dell'intendente o decreto del Miniistro) che se non gravato entro un termine perentorio diventa titolo esecutivo. Tuttavia bene a ragione si dice che la tempestivit� del provvedimento di reyoca adottato dall'Amministrazione � sempre sufficiente ad escludere la sua condanna alle spese. Ben diversamente si ragiona nella seconda sentenza, anch'essa conforme ad un ormai costante orientamento; sol pel'ch� l'opposizione proposta entro trenta giorni dalla notifica dell'ingiunzione sospende l'esecuzione per le imposte suppletive, deve consentirsi al contribuente di adire entro questo termine il giudice ordinario per conseguire il rimedio della sospensione e senza perdere il diritto alla condanna alle spese del soccombente. L'utilit� della domanda ai soli fini della sospensione dell'esecuzione � qualcosa di assai meno della necessit� della domanda per evitare la decadenza; eppure le conseguenze �che se ne traggono nel1e due �sentenze in rassegna sono assai diverse. H <Sol fatto che la proposizione della domanda da parte del contribuente sia giustificata non dovrebbe bastare ad escludere l'applicazione di un principio posto a tutela di un interesse generale (Corte 20 1190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pertanto, poich� nel �caso in esame l'Amministrazione, chiamata in 1190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pertanto, poich� nel �caso in esame l'Amministrazione, chiamata in giudizio con citazione del 3 giugno 1965, provvide subito a revocare il decreto errato e il 22 luglio successivo notific� nuova ingiunzione per la minor somma dovuta al contribuente, consegue che,,,non poteva essere condannata al pagamento delle spese giudiziali. Anche se si aderisce alla tesi che il ricorso amministrativo in materia di I.G.E. � ammesso soltanto nell'ipotesi di I.G.E. in abbonamento, e che quindi la mancata proposizione del ricorso da parte del contr�ibuente era giustificata dal meccanismo delle impugnazioni previste in materia, la condanna non poteva pronunciarsi per la tempestivit� del provvedimento di revoca da parte della Amministrazione. -(Omissis). II (Omissis). -Col primo motivo del. ricorso, la ricorrente Ammini. strazione denuncia violazione degli artt. 7 e 148 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 9 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c . .p.c., deducendo che1 erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che l'imposta richiesta con l'ingiunzione fosse da considerarsi imposta suppletiva, mentre era, invece, una imposta complementare, onde non poteva essere negata l'a.pplicabHit� dell'art. 148 della legge di registro, e la Finanza non poteva essere condannata alle spese. La censura � infondata. L'art. 148 della legge di registro dispone che quando l'azione giudiziaria .sia promossa senza che sia stata presentata domanda in via amministrativa, o prima che siano trascorsi novanta giorni dalla presentazione della istanza amministrativa, l'Amministraziori'e non pu� essere condan- Cost. 6 luglio 1970, n. 116 in questa Rassegna, 1970, I, 730); cadono in conflitto due interessi egualmente appr�ezzabili e protetti dal]ia legge ma nulla autorizza a sacrificarne uno a vantaggio dell'altro. .Sarebbe allora pi� logico tornare all'insegnamento di una pronunzia delle Sezioni Unite che stranamente non ha avuto seguito (16 dicembre 1966, n. 2939, Riv. leg. fisc., 1967, 745): l'imposta suppletiva, si disse allora, pu� giustificare l'omissione del ricorso amministrativo che farebbe perdere la so51Pensione, ma dopo la notifica della citazdone sia per l'imposta suppletiva che per quella principale si presenta la stessa situazione e quindi se entro 90 giorni l'Amministrazione ha rivisto fa �Sua pretesa, la condanna alle �spese non pu� essel'e pronunciata; solo dopo I�1 decorso di questo termine e perdurando l'insistenzia ne1la pretesa di imposta varranno i princtp� della soccombenza ordinaria, si tratti o non di imposta sUJppletiva. E' chiaro che l'esigenza di consentire all'Amministrazione un riesame, riconosciuta dall'art. 148 della legge di registTo, ha la sua ragion d'essere anche, anzi soprattutto, per l'imposta suppletiva; soprattutto per la duplice Il ~:: ~='. ��: f.o ~j ):~ ...,...J 1: ............... PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1191 nata alle spese, neanche in ipotesi di soccombenza. La norma ha il fine di consentire alla Amministrazione di accertare e correggere eventuali errori (Cass. 30 novembre 1967, n. 2852). Ma se si tratta di imposta suppletiva e l'opposizione alla ingiunzione sia stata proposta entro trenta giorni dalla notifica dell'atto ingiuntivo fiscale, e l'ingiunzione stessa non sia stata revocata prima della scadenza di detto termine, l'art. 148 � inapplicabile e l'Amministrazione pu� essere condannata alle spese secondo i principi della soccombenza. Infatti, ai sensi dell'art. 145 della stessa legge di registro, l'esecuzione dell'ingiunzione concernente imposta suppletiva resta sospesa se il contribuente propone opposizione nel predetto termine di trenta giorni dalla notifica della ingiunzione medesima, onde, se per le imposte suppletive fosse applicabile l'art. 148, il contribuente verrebbe a trovarsi nella alternativa di perdere il rimedio della sospensione, o di perdere il diritto alle spese giudiziali nei confronti dell'Amministrazione soccombente (Cass. 21 febbraio 19616, n. 538). Pertanto, la norma �di esonero dalle spese di cui al citato art. 148, non trova luogo se si tratti di, opposizione ad imposta suppletiva, proposta entro trenta giorni dalla notifica di una ingiunzione fiscale, e l'ingiunzione non sia stata revocata entro tale termine (Cass. 5 gennaio 1967, n. 34). -(Omissis). considerazione che l'imposta suppletiva � queHa che (involgendo solitamente questioni di diritto) pi� richiede una meditazione a seguito delle contestazioni mosse dal contribuente, ed � anche quella che costituisce l'oggietto di gran parte delle controversie innanzi ail giudice ordinario. Se quindi, per le tmposte suppletive, si ammette che non possa imporsi al contribuente 1a ;rinuncia al diritto di conseguire la sospensione deH'esecuzione, dovrebbe anche" ammettersi che non possa imporsi all'Amministrazione la rinuncia al diritto di rivedere la sua pretesa dopo l'instaurazione del giudizio. Sarebbe cio� pi� corretto applicare per le imposte di l'egistro e di successione, la ste.ssa regola che senza difficolt� si applica per l'imposta sull'entrata. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 agosto 1972, n. 2683 -Pres. Caporaso -Est. Santosuosso -P. M. Trotta (conf.) -Sinz (avv. Moschella) c. Mi.istero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di successione -Presunzione per mobili, denaro e gioielli Inventario -Requisiti -Contestazione da parte dell'Amministrazione -Ammissibilit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31). 1192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposta di successione -Presunzione per mobili, denaro e ~ioielli Inventario -Beni esistenti nella casa dell'autore della successione Esclusione di alcuni di essi -Invalidit� dell'inventario. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; c.p.c. artt. 621 e 775). L'inventario compiuto per la eredit� beneficiata � idoneo a vincere la presunzione deU'art. 31 della legge sulle succession.i sofo. quando sia pienamente rispondente ai requisiti prescritti dalla legge ordinaria. La Amministrazione finanziaria ha il potere di contestare la regolarit� dell'inventario anche quando non sia stato impugnato d.agli interessati (1). L'inventario deve comprendere tutti i beni che si trovano nella casa deU'autore deUa successio'ne e� che si presumono di sua propriet�, salvo a menzionare le osservazioni o istanze di altr�e parti che ne conte�sta.no l'appartenenza; � inefficace l'inventario che abbia es:cfaiso alcuni beni rinvenuti nell'abitazione del defunto ritenendoli di propriet� aliena (2). (Omissis). --Denunziando la violazione degli articoli 1 e segg. ed in particolare l'art. 31 della legge tributaria sulle successioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270), dell'art. 12 disp. sulla legge in gen., degli artt. 484, 494, 2697 e.e. nonch� degli artt. 112, 113, 115, 775 c.p.c. e 192 disp. att., le ricorrenti muovono alla sentenza impugnata una complessa censura che pu� cos� puntualizzarsi: a) erroneamente � stata contemplata la inopponibilit� alla Finanza dello Stato, al fine di vincere la presunzione ex articolo 31 legge suc.c., di un verbale di inventario valido agli effetti civilistici del beneficio; b) erroneamente la Corte ha ritenuto che, per la r(:lgolarit� di detto verbale, devono essere inventariati tutti i beni che si trovano nella dimora del de cuius, mentre in realt� la legge richiede che siano inclusi nell'inventario solo i beni �caduti in successione; c) ritenendo la Corte necessaria la prova sull'appartenenza dei beni non inclusi nell'inventario ma esistenti nell'abitazione del defunto, avrebbe dovuto ammettere fa prova testimoniale all'uopo dedotta. Il motivo non pu� essere accolto. (1-2) Decisione esattissima. E' giurisprudenza pacifica che l'iJ').ventario idoneo a vincere la presunzione � soltanto quello efficace a produrre gli effetti a cui � diretto secondo la legge ordinaria (Cass. 10 febbraio 1971, n. 343, in questa Rassegna, 1971, I, 617). Utile � tuttavia la precisazione che la Finanza ha sempre il potere di .contestare la validit� dell'inv�entario non impugnato dagli inter�essati. La .seconda massima � assai importante sia nella parte in cui afferma la presunzione di appartenenza all'autore della successione dei mobili rinvenuti nella sua casa in analogia a quanto dispone l'art. 621 c.p.c., sia nella parte in cui dichiara invalido l'inventario nel quale senza contradittorio sia stata accolta l'istanza di reclamo di propriet� avanzata da terzi escludendo dall'elencazione parte dei beni. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Deve anzitutto osservarsi che un inventario -non impugnato, per motivi vari agli effotti civilistici del beneficio -non costituisce automaticamente strumento .,idoneo a vincere la presunzione prevista dall'art. 31 della legge tributaria sulle successioni. Questa norma ha fatto riferimento agli inventari (di tutela o di eredit� beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposizione di suggelli) perch� essi costituiscono utili mezzi di prova dell'effettiva entit� dei beni mobili del de cuis, sempre per� se dagli stessi �risulti� incontestabilmente provato un valore minore o maggiore di quello presunto o l'inesistenza assoluta di gioielli, denaro o mobilia. La legge, cio�, n�n ha escluso che, ad evitare evasioni fiscali mediante lo strumento formale dell'inventario, l'Amministrazione tributaria possa contestare la regolarH�, la completezza e la veridicit� dell'inventario stesso. Diversamente opinando, assurde conseguenze deriverebbero dalla privazione di ogni facolt� di contestazione della Finanza nei casi di inventari compilati senza controinteressati. La vicenda che forma oggetto di questa causa � quanto mai significativa circa la verificabilit� di queste conseguenze, poich�, seguendo la: tesi delle ricorrenti, nessun soggetto, per ragioni di fatto o di diritto, avrebbe rilevato che l'inventario �e quo fu in realt� compilato in viola-zione dell'ultimo comma dell'art. 775 c.p.c., secondo la quale norma: � se alcuno degli interessati contesta l'inopportunit� d'inventariare qualche oggetto, l'ufficiale lo descrive nel processo verbale, facendo menzione delle osservazioni e istanze delle parti �. Ed invero, la presunzione di propriet� sui mobili rinvenuti in alcuni ambienti, a favore del proprietario o del possessore di questi, � un principio affermato da questa Suprema Corte (sent. n. 2789 del 1970) e valevole anche nel caso dell'ufficiale che si reca per procedere all'inventario dei mobili nell'abitazione del defunto. Ove gli eredi o altri abitanti dello stesso immobile intendano far escludere dall'inventario alcuni oggetti in 'contrasto con detta presunzione, devono esporre le loro ragioni all'ufficiale procedente, e questi ha il dovere, non solo di fare menzione delle osservazioni e delle istanze delle parti, ma di � descrivere � nel processo verbale gli oggetti contestati. Tale obbligo non sussiste soltanto nella ipotesi in cui siano presenti alle operazioni di inventario pi� parti che non concordino tra loro sull'opportunit� di inventariare qualche oggetto, �bens� anche nell'ipotesi in cui il conflitto, in quel momento solo potenziale fra eventuali controinteressati, sia gi� manifesto per il contrasto fra la presunzione di propriet� di tutti i mobili esistenti nell'abitazione del de cuius e l'istanza di esclusione di qualche oggetto dall'inventario. La conferma dell'esattezza di questa interpretazione si evince dalla comparazione con altre disposizioni di legge. Se, invero, il legislatore (nell'art. 621 c.p.c.) ,porre rigoro~;i limiti alla prova testimoniale del diritto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del terzo opponente sui mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, non pu� -a maggior ragione..--bastare la mera affermazione di cui si oppone all'inventario di oggetti rinvenuti nell'abitazione del defunto per vincere la presunzione di propriet� degli oggetti stessi e vincere, per conseguenza, anche la presunzione prevista dalla legge tributaria. Esattamente, quindi,� � stato ritenuto che nella specie l'inventario non era stato compiuto in modo regolare e completo, e che la mancata elencazione di tutto ci� che si trovava nell'abitazione del de cuius aveva reso impossibile un controllo di veridicit� ed una prova concreta ed efficiente civca il numero, la natura e appartenenza dei beni non inventariati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 agosto 1972, n. 2713 -Pres. Favara Est. Lipari -P. M. Secco (conf.) -ENEL (avv. Cogliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari). Imposta di registro -Concessione di pubblico servizio -Acqua, gas e energia elettrica -Somma pagata dal concedente una tantum per spese di impianto -Tassazione ex art. 28 tariffa A legge di registro -Esclusione -Costituisce corrispettivo della concessione tassabile. (d.l. 15 novembre 1936, n. 1924; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 9 e 56 e tariffa A art. 28; r.d. 15 novembre 1937, n. 1924). Nella concessione del servizio di illuminazione pubblica la clausola con cui il concedente si impegna a pagare una tantum una somma quale contributo nella spesa di impianto, ove non sia estranea al sinallagma contrattuale, costituisce it corrispettivo della concessione ed � soggetta, al pari del canone, all'imposta di favore di cui al r.d. 15 novembre 1937, n. 1924, anzich� all'imposta prevista nell'art. 28 tariffa �A della legge di registro (1). (Omissis). �-�-Con i due motivi del ricorso che, attesa la loro connessione, possono essere presi in esame congiuntamente, l'ENEL sostiene che (1) Le precedenti sentenze, .citate nel te.sto, 27 marzo 1970, n. 846, 22 settembre 1970, n. 1679 e 24 ottobre 1970, n. 2129 sono pubblicate in Riv. Leg. Fisc., 1970, 1586 �e 1971, 287, 704. r IJ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRl"BUTARIA l'atto di concessione del servizio di pubblica illuminazione delle strade comunali deve essere tassato con l'aliquota dello 0,30 % prevista dal r.d.I. 15 novembre 1937, n. 1924, anche relativamente al contributo una tantum versato dal Comune per concorrere alle spese dell'impianto da considerare quale corrispettivo della concessione. Avrebbe errato, perci�, la Corte napoletana ritenendo che l'obbligazione assunta dal Comune di rimborsare alla societ� �concessionaria parte delle spese sotenute per la costruzione (l'ampliamento e la manutenzione) della rete di trasporto, trasformazione e distribuzione dell'energia � elettrica costituisse una obbligazione autonoma rispetto alla concessione del servizio, tassabile, ai sensi dell'art. 28 della tariffa ali. A, violando l'art. 56 della legge di registro, per l'estrapolazione dalla concessione di una parte del corrispettivo, e falsamente applicando l'art. 28 cit. della tariffa (avvalendosene nei confronti di una obbligazione non autonoma, o fine a se stessa, ma che costituisce il sinallagma di altra prestazione e che d� vita ad un negozio espressamente previsto dalla legge e dalla tariffa), e gli artt. 1362 e 1363 cod. civ. (I motivo). Comunque, la registrazione di favore spetterebbe anche se si dovesse escludere che il contributo costituisca �corrispettivo della concessione�, alla stregua dei principi per cui il trattamento agevolato nella specie, quello riservato alle concessioni di pubblici servizi �Concernenti acqua, gas ed energia elettrica, deve estendersi a tutti gli atti che, pur non rien trando fra quelli nei cui confronti � espressamente dettata una disciplina fiscale di favore, si trovino con essi in rapporto di mezzo a fine, senza per� integrare il nesso intimo e stretto richiesto dalla previsione nor mativa dell'art. 9 della legge di registro. Al riguardo la Corte sarebbe incorsa nel vizio di omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (II motivo). Il ricorso � fondato e va accolto. La questione di .fondo che con esso viene sollevata e gi� stata sotto posta all'esame di questa Suprema Corte, e n� le peculiarit� del caso di specie, n� le argomentazioni della difesa dello Stato sono tali da indur re il Collegio a modificare il proprio ori�J;J.tamento. Con le sentenze 27 marzo 1970, n. 846, 22 settembre 1970, n. 1679, sorrette da identica motivazione, nonch� con la sentenza 24 ottobre 1970, n. 2129, � stato ritenuto �che la concessione del servizio di pubblica illuminazione delle strade comunali la quale prevede, fra l'altro, il versamento di un corrispettivo una tantum d� parte del Comune concedente quale contributo per le spese di impianto della rete elettrica, oltre al canone annuo dovuto dalla societ� concessionaria per tutta la durata del rapporto, va sottoposta al tributo di registro, ai sensi del r.d.l. 15 novembre 1937, n. 1924, (che ha modifi.cato il r.d.l. 1� luglio 1925, n. 1157), con l'aliquota dello 0,30 % stabilita per i contratti di concessione con 1196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cernenti acqua, gas ed energia elettrica, sull'intero ammontare sia del canone che del contributo, da considerarsi conglobati nell'imponibile commisurato, ai sensi dell'art. 56 della legge di registro, �sui corrispettivi convenuti e sui proventi lordi dell'esercizio� del servizio stesso. sempre che dall'interpretazione dell'atto risulti che tale contributo � stato considerato dalle parti nella unitaria valutazione del rapporto di concessione, quale imprescindibile componente della controprestazione a carico del concedente. Per la verifica dell'esattezza dell'enunciato di diritto occorre prendere le mosse dall'esegesi della disposizione dell'art. 56 della legge di registro, il quale, pur essendo stato sottoposto a 'critiche per la sua formulazione, che si riflettono sul piano dello ius� C()ITl,dendum, de iure condito, e secondo la giurisprudenza univoca di questa Suprema Corte, pone la n�zione lata di base imponibile per la tassazione delle concessioni- contratto su cui si fonda l'indirizzo giurisprudenziale richiamato, non �condiviso dalla Corte napoletana e dall'Amministrazione finanziaria. Secondo l'art. 56 del vigente t.u. della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) gli atti di concessione di servizi pubblici sono equiparati agli appalti e la tassa si applica sui corrispettivi e sui pro~ venti lordi dell'esercizio dei servizi stessi. Il precedente t.u. ir materia di tasse di registro, come � noto, non contemplava specificatamente tali concessioni e l'orientamento della giurisprudenza era nel senso di equipararle ai contratti di appalto, commisurando l'aliquota all'imponibile rappresentato dal costo �delle opere nece'ssarie per dar corso al contratto. Tale soluzione si spiegava considerando che le concessioni di servizi del tempo riguardavano soprattutto l'illuminazione a gas, le �tramvie, e gli acquedotti, e che in esse usualmente si stabiliva che il concessio:c.ario avrebbe costruito gli impianti necessari, i quali sarabbero passati, gratuitamente o contro corrispettivo, in propriet� del concedente. Si riteneva, cio�, che con la concessionecontratto il concessionario si obbligasse, come un comune appaltatore, a costruire un impianto, mentre il concedente pagava l'opus, anzich� con danaro, concedendo l'esclusiva del servizio. Successivamente, per�, la prassi negoziale s.i stacc� da tale schema ed i Comuni pretesero non solo la devoluzione dell'impianto, ma anche H pagamento di un canone, o una compartecipazione agli utili di gestione. In tale situazione la Cassazione (8 marzo 1915 in Foro It. 1915, I, 905), aderendo ad un'autorevole opinione della dottrina dell'epoca, osservava che oggetto della concessione non � veramente la costruzione, la quale, eventualmente, costituisce solo il mezzo per raggiungere il fine di assicurare lo svolgimento del pubblico servizio, da ci� deduceva che la tassa d,oveva essere applicata non �sul lucro dell'amministrazione con cedente, ma su ci� che il concessionario ritraeva dalla concessione. 1197 . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Tale opinione, quale che fosse la sua rispondenza alla legge del tempo, venne ricevuta nell'art. 56 della vigente legge organica del registro in base al quale, in sostanza, tutte le somme, comunque incassate o dal concedente o dal concessionario, per effetto della concessione concorrono a formare la base imponibile della tassa di registro. Correlativamente non possono essere escluse dall'imponibile somme comunque corrisposte, o versate, in relazione alla concessione. Ne consegue che, in linea di principio, anche i versamenti effettuati dai Comuni a titolo di contributo totale o parziale delle spese di installazione degli impianti di trasporto, trasformazione e distribuzione dell'energia elettrica (volti cio� a porre in essere gli strumenti materiali necessari per l'attuazione del pubblico servizio oggetto della concessione) vanno inclusi nel concetto di �corrispettivo �. Per contrastare questa conclusione si afferma che la tassazione ri �guarda solo i proventi della concessione, mentre le somme destinate a concorrere alla costruzione degli impianti non possono essere inquadrate fra tali proventi, integrando una obbligazione autonoma rispetto alla concessione, per la cui tassazione sono invocabili i princip� di cui all'art. 9 della legge di registro comportanti nella specie, l'autonoma sottoposizione alla tassa del contributo quale obbligazion� di somma, non essendo ipotizzabile la connessione necessaria di cui al secondo comma dello. stesso articolo. Ma la tesi, che mira a scindere il momento della costruzione degli impianti dal contes,to della concessione-contratto riguardante il servizio pubblico, non � sostenibile. A parte il richiamo alla genesi dell'attuale dispos.iz.ione dell'art. 5�6, da cui emerge che il profilo della costruzione e della devoluzione degli impianti si present� nell'esperienza giuridica con carattere di centralit� per la soluzione del problema della tassazione di tali concessioni, non pu� non sottolinearsi, anche alla stregua della pi� recente elaborazione dell'istituto della concessione di servizi, che rappresenta tipica ed essen ziale �bbligazione del concessionario quella di provvedere alla costruzione degli impianti costituenti (ove non gi� preesistenti) il nec~ssario pre supposto, l'impresdn.:,dibile strumento per l'esel'cizio della cornceS<sione, per assicurare il buon funzionamento del servizio assunto. Quindi non � esatto che la costruzione dell'impianto sia estranea all'oggetto della concessione, ma � vero all'opposto che nella fattispecie della concessione di servizi rientra normalmente (o quanto meno pu� rientrarvi, senza contrastare con le linee portanti all'istituto) la costru zione delle opere necessarie, ponendosi come oggetto della concessione medesima (Cass. 15 gnnaio 1947 n. 34). Ma una volta riconosciuta la congruenza della predisposizione degli impianti con l'oggetto della concessione-contratto, per e.scludere l'uni 1198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO taria tassazione in base all'aliquota dello 0,30 % prevista per la concessione del servizio elettrico bisognerebbe, attraverso un puntuale procedimento ermeneutico, dimostrare che, nonostante l'astratta possLbilit� di una fattispecie di ,concessione in cui assume determinante funzione la previsione di un contributo del genere, in concreto le parti non hanno voluto inserire la suddetta obbligazione nel quadro globale delle reciproche obbligazioni, configurandola separatamente, e positivamente 1198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO taria tassazione in base all'aliquota dello 0,30 % prevista per la concessione del servizio elettrico bisognerebbe, attraverso un puntuale procedimento ermeneutico, dimostrare che, nonostante l'astratta possLbilit� di una fattispecie di ,concessione in cui assume determinante funzione la previsione di un contributo del genere, in concreto le parti non hanno voluto inserire la suddetta obbligazione nel quadro globale delle reciproche obbligazioni, configurandola separatamente, e positivamente escludendola dal sinallagma negoziale. La lettura delle norme dell'art. 1 del r. d. I. 1� luglio 1926 n. 1157 e dell'art. 56 della legge di registro proposta dall'Avvocatura nel senso che la materia imponibile per le concessioni aventi per oggetto l'esercizio di servizi .pubblici dovrebbe essere costituita dai soli proventi e dai soli corrispettivi ricavati (direttamente ed immediatamente) dall'espletamento del servizio non regge in quanto la norma considera separatamente, se pur cumulativamente, due fonti di ricavo: i corrispettivi convenuti per la concessione del servizio (che sono o possono essere, come si � visto, sia a carico del concedente che del, concessionario) ed i proventi lordi dell'esercizio della concessione (che vanno a esclusivo favore del concessionario e che sono i soli commisurati allo 'svolgimento del servizio, mentre il corrispettivo si rkonnette al mero fatto della concessione ed alla esclusiva che essa comporta). Non vi sono quindi ostacoli concettuali od esegetici per collegare il corrispettivo, ad un vantaggio economico assicurato al concessionario onde consentirgli di esercitare il servizio, apprestando i mezzi necessari per l'esercizio medesimo. Nulla vieta in principio che, per la sua natura, il contributo una tantum venga ,sussunto nella base imponibile dell'imposta di registro dovuta sulla concessione-contratto riguardante il servizio pubblico, e si tratta solo di accertare, caso per caso, se tale contributo sia stato effettivamente inserito nel regolamento negoziale. N� al riguardo questo S.C. incontra l'ostacolo della incensurabilit� della interpretazione della concessione-contratto effettuata dalla Corte del merito, in quanto nel caso in esame detta Corte non ha ricostruito la questio voluntatis attraverso un processo di analisi delle singole clausole nella prospettiva dell'intento negoziale soggettivamente perseguito, ma ha escluso aprioristicamente, ed in via del tutto apodittica, che il tipo negoziale considerato fosse suscettibile di integrare nel sinallagma il contributo una tantum. Ma anche se volesse ravvisarsi una duplice linea argomentativa nella sentenza denunziata implicante la coesistenza di un'affermazione (erronea) di principio circa la impossibilit� di ravvisare un nesso sinal lagmatico fra contributo del Comune concedente e prestazioni della societ� concessionaria con una constatazione di fatto che nel caso con PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA creto tale nesso non sussisteva, perch� gli impianti erano stati costruiti nel solo interesse della Societ� elettrica come si desumeva dalla circostanza che essi sarebbero rimasti di sua propriet�, il relativo apprezzamento non si sottrarrebbe al sindacato di questo Supremo Collegio, stante l'errore di diritto puntualmente denunciato dall'ENEL che travaglia la premessa maggiore del sillogismo cui la Corte di Appello affida la propria tesi interpretativa. Pu�, inoltre, soggiungersi che, come esattamente osserva al riguardo la difesa dell'ENEL., se la societ� concessionaria in aggiunta all'impegno di fornire l'energia elettrica avesse assunto anche la distinta obbligazione di trasferire al Comune concedente gli impianti, sarebbe stato forse .possibile sostenere che trattavasi di due distinte obbUgazioni, per ciascuna delle quali era previsto un separato corrispettivo per compensare rispettivamente la fornitura della energia e la cessione, o costruzione, per conto ~iello stesso Comune degli impianti, ma, poich� nella specie l'obbligazione assunta dalla societ� elettrica era soltanto quella di fornire la energia elettrica, avvalendosi di impianti all'uopo costruiti e destinati a rimanere di sua propriet�, non � consentito scindere il corrispettivo a carico del concedente in due parti l'una volta a compensare il servizio e l'altra a concorrere nella spesa dell'impianto, la prima inserita nel sinallagma negoziale e l'altra esclusa da tale nesso. Essendo unica la obbligazione della SEDAC, ed essendo unico il risultato che si voleva perseguire, di assicurare l'illuminazione pubblica di determinate localit�, portandovi la corrente elettrica mediante la costruzione degli appositi impianti, non pare possibile ritenere 1a provvista della rete di trasporto, trasformazione e distribuzione dell'energia elettrica estranea all'oggetto della concessione-contratt� che, pur non esaurendosi nella costruzione della rete elettrica, considerava tale costruzione come mezzo al fine perseguito di assicurare il servizio di pubblica illuminazione, all'unitariet� di quel fine corrispondono rispettivamente l'unitariet� dell'obbligazione della societ� elettrica e l'unitariet� del corrispettivo del Comune concedente, nonostante l'articolazione in due componenti, che attengono l'una al momento genetico della concessione del servizio (realizzazione degli impianti all'uopo necessari) e l'altra a quello di normale erogazione del servizio di illuminazione. Proprio la non riferibilit� del contributo alla propriet� dell'impianto fa ritenere che esso sia stato considerato corrispettivo del servizio (Cass. 24 ottobre 1970 n. 2129 cit.). In effetti sul piano economico, il medesimo risultato potrebbe realizzarsi eliminando il contributo e maggiorando il canone, ma questa interazione ulteriormente conferma che, a prescindere dalla eventuale molteplicit� delle componenti, sul piano del sinallagma, tutto il corrispettivo concorre a determinare nella specie il complesso delle presta 1200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zioni che nella struttura del negozio stanno a carico del Comune concedente. Le considerazioni che precedono portano ad escludere che nella specie possa farsi questione dell'applicazione dell'art. 9 comma 20 della legge di registro, dal momento che l'obbligazione relativa al contributo non d� luogo ad un �separato negozio, contenuto accanto alla concessione- contratto, nell'unico atto della cui tassazione si controverte. In effetti l'art. 56 della legge di registro non esclude l'applicazione dell'art. 9 della stessa legge, ove l'atto di concessione contenga altri negozi giuridici separatamente tassabili (Cass. 6 febbraio 1970 n. 252). Ma presupposto della disciplina di cui alla suddetta norma � l'esistenza di pi� negozi inscindibilmente connessi che siano contenuti in unico documento (Cass. 26 novembre 1971 n. 3447). E correlativamente in tanto pu� ritenersi che un atto, o documento, contenga un'unica disposizione in quanto sia unico il negozio giuridico contenuto dell'atto (anche se articolato in una pluralit� di clausole e pattuizioni determinanti gli obblighi delle parti; Cass. 10 novembre 1971 n. 3197). Ed, invero, l'espressione � disposizion~ � contenuta nell'art. 9 della legge organica va intesa nel senso di negozio giuridico o ,atto tassabile (Cass. 29 ottobre 1970 n. 2221; Cass. S.U. 24 marzo 1969 n. 933). S� quindi in un solo documento sono consacrati pi� negozi giuridici inscindibilmente connessi per volont� di legge, o per la loro intrinseca natura, ci si trova davanti ad una ipotesi in �cui anzich� procedere ad una distinta tassazione per ogni negozio, si opera la tassazione unica in deroga ai principi. La unicit� della tassazione � la regola che non patisce eccezioni quando viene in esame un negozio giuridico unico (che pu� anche regolare un rapporto ad obbligazioni molteplici). Se i negozi sono pi� di uno, anche se contenuti in un solo documento, di norma, la tassazione li colpisce separatamente e distintamente, salva la sussistenza della connessione prevista dall'art. 9 comma 2�. Pertanto la tassazione dell'atto contenente un solo negozio giuridico si effettua senza alcuna interferenza con la disposizione contenuta nell'art. 9 com ma 20 della legge di registro riguardante l'atto racchiudente una plu ralit� di negozi (almeno due). Nel caso in esame si � giunti alla conclusione che le obbligazioni contenute nell'atto da tassare (ivi compreso il contributo una ta.ntum) fanno capo ad un solo negozio giuridico restando unificate nel nesso. sinallagmatico. Non occorre, quindi, prendere specificamente in esame il secondo motivo che comporta la formulazione di una ulteriore mtio decidendi per pervenire alla soluzione che questa S.C. giudica conforme al diritto per una ragione giuridica di carattere assorbente. -(Omissis). .PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1201 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2851 -'Pres. Rossano -Est. Novelli -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. CONI (avv. Marani) e RAI (avv. CogliatiDezza e Sequi). Imposte e tasse in genere -Diritti erariali sugli spettacoli -Spettacoli sportivi -Compensi pagati dalla RAI per la ripresa di manifestazioni -Non vi sono soggetti. (1. 26 novembre 1955, n. 1109, artt. 1 e 2). Poich� l'imposta sui diritti erariali sugli spettacoli sportivi colpisce le entrate riferibili a biglietti di ingresso, abbonamenti, sussidi e dotazioni, non sono soggetti aH'imposta i compensi pagati dalla RAI al CONI o alle sue federazioni per la ripresa radiotelevisiva di manifestazioni sportive (1). (Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1, 4, 11 d. 1. 30 novembre 1923 n. 3276 e 1, 2 e seguenti della 1. 26 novembre 1955 n. 1109 e annesse tabelle. Con esso l'Amministrazione delle Finanze deduce che la Corte di merito ha erroneamente tratto il suo assunto -secondo cui ai sensi della tabella B della 1. n. �1109 del 1955 � prevista l'applicazione dell'imposta sugli spettacoli sportivi soltanto sull'importo del prezzo dei biglietti d'ingresso in quanto il principio della tassabilit� di tutti gli introiti, comunque acquisiti dall'organizzatore, e quindi anche di quelli in discussione eseguiti dalla RAI-TV al CONI o alle sue federazioni per le riprese radiotelevisive di avvenimenti sportivi, doveva desumersi dall'intero testo dell'art. 1 della legge. E la divergenza di formulazione contenuta nel testo, con rinvio alla tabella A per alcuni spettacoli e alla tabella B per gli spettacoli sportivi, doveva ritenersi giustificata soltanto in ragione delle diverse aliquote. Alla stessa �Conclu..sione doveva poi comunque arrivavsi, sia pure con interpretazione estensiva, con riferimento all'art. 2 che prevede la tassazione anche degli abbonamenti ed altre dotazioni o sussidi. Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle stesse norme con riferimento all'affermazione' della Corte di merito, secondo cui l'analisi della ratio delle disposizioni della legge del 1955 induce a concludere che la ~AI-TV, non potendosi qualificare consumatore, non pu� essere tributaria di una imposta di consumo quale � quella sui pubblici spettacoli." (1) Non constano precedenti. 1202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I due motivi possono essere esaminati congiuntamente. In sostanza la ricorrente censura l'interpretazione della 1. 26 novembre 1955 n. 110!} concernente provvedimenti in' materia di diritti erariali sui pubblici spettacoli anche se richiama, con essa, disposizioni del r. d. 30 dicembre 1923 n. 3276 superate dalla 1. del 1955. Le censure si estendono a tutti gli aspetti dell'approfondita analisi delle norme eseguita dal giudice di merito; peraltro esse non possono essere condivise. � indubbio che per quanto riguarda l'elemento letterale e logico dell'interpretazione la fattispecie in esame non rientra nelle entrate soggette a tassazione, le quali sono espressamente indicate nei biglietti d'ingresso (tab. B) e abbonamenti, 1sussidi e dotazioni (art. 2). L'Amministrazione richiama anche l'art. 1 in cui � detto che la tassazione si opera sull'introito lordo totale. Epper� -a prescindere che l'espressione non riguarda tutti gli spettacoli, ma soltanto quelli indicati nella tabella A e quindi non gli spettacoli sportivi, per i quali vi �, in un distinto capoverso, il semplice richiamo alla tabella B -l'espressione non pu� significare altro che dall'importo delle voci anzidette, biglietti e abbonamenti, sussidi, dotazioni, non debbono essere detratte le spese. Proprio l'ind1cazione, in apposita norma, degli abbonamenti, chiaramente sostitutivi dei biglietti d'ingresso, cosi come i sussidi e le dotazioni, esclude che l'espressione � introito lordo totale � possa costituire il principio della tassabilit� globale di ogni entrata. L'Amministrazione si duole inoltre che la Corte di merito non abbia interpretato, in modo. estensivo l'art. 2, assumendo che i versamenti della RAI-TV, non prevedibili quanto ad importanza, nel 1955, possono essere compresi nella norma sopraindicata, doglianza contestata dai resistenti che ritengono di contenuto analogico un risultato interpretativo che giungesse ad accoglierla. Questo Collegio, anche con riferimento a tale questione, ritiene non fondata la pretesa della Finanza per due considerazioni sufficienti a escludere la possibilit� che possa qualificarsi estensiva l'interpretazione richiesta. Innanzitutto i versamenti eseguiti dalla RAI-TV, quanto anche a favore di societ� o enti sportivi, in quanto corrispettivi, non possono parificarsi al prezzo dei biglietti di uno spettacolo o alle altre particolari entrate indicate nell'art. 2, ma devono essere inquadrati nelle spese che la RAI sopporta per l'allestimento della propria produzione radiotelevisiva. La circostanza che lo spettacolo sportivo sia organizzato non in vista dell'utilizzazione esclusiva della RAI non altera la natura del sinallagma, che resta di utilit� di natura economica non soltanto per il CONI, ma anche per la RAI. N� pu� farsi riferimento, e ci� costituisce la seconda considerazione, ad una sorta di rappresentanza degli spettatori televisivi assunta dalla RAI, verso gli organizzatori, perch� il contratto di abbonamento degli utenti RAI non contiene, neppure per implicito, un siffatto mandato. Del resto situazioni analoghe, escluse PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1203 dalla regolamentazione della 1. n. 1109 del 1955, sono facilmente ipotizzabili; valga per tutte quella posta in essere con gli eseguiti versamenti a titolo di corrispettivo del permesso di svolgere pubblicit� negli stadi. Tutto ci� porta a riconoscere l'esattezza della considerazione conclusiva della Corte di merito secondo cui, la natura di imposta di consumo dei diritti erariali sugli spettacoli, impedisce in ogni caso la tassazione dei versamenti RAI. Tale considerazione generale di fatto attinente al substrato economico preso in considerazione dal legislatore, impedirebbe anche il ricorso all'analogia, chiaramente esclusa dal carattere fiscale del provvedimento iJ;J. discussione. -'(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2853 -Pres. leardi Est. Leone -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze (avv.. Stato Cavalli) c. Di Renzo (avv. Uckmar). ' Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova contraria della provenienza del prezzo e del suo impiego Necessit�. (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova della provenienza del prezzo pagato risultante dall'atto Prova della provenienza del prezzo in relazione al maggior valore del bene accertato successivamente -Non � richiesta. (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova della provenienza del prezzo pagato -Liberalit� rispetto al maggior valore del bene -Negozio misto -Ammissibilit� -Requisiti. (d.I. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 8 e 42). Per vincere la presunzione di trasferimento gratuito fra parenti di cui all'art. 5 del d: l. 8 marzo 1945 n. 9'0 � necessario che con atti idonei sia data la p'l"ova non soltanto della disponibilitd deUa somma corrispondente al prezzo da parte del comp!fatore, ma anche dell'effettivo impiego di questa somma nel pagamento del pl/'ezzo stesso (1). (1-3) Decisione di. molto interesse che tocca tutte l,e facce del complesso problema della vendita fra pa!I'enti. Sulla prima massima 1a giurisprudenza � pacifica, anche se ancora aper.to � il problema dei mezzi attraverso i ,quali pu� essere data la prov:a, specie in relazione alle certificazioni bancarie (Cass. 12 maggio 1204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La prova della provenienza del prezzo che deve essere data per vincere la presunzione di trasferimento gratuito f'l'a parenti, deve aver riguardo al prezzo che risulta dalL'atto e non al valore del bene trasferito accertato successivamente (2). Nella vendita fra parenti l'Amministrazione, come pu� impugnare di simulazione l'atto di vendita per far dichiarare che esso � atto di liberalit� in tutto o per la parte corrispondente al maggior valore che supera il prezzo pagato, cosi pu�, in applicazione degli artt. 8 e 4.2 della legge di registro, quatificare l'atto come negotium mixtum cum donatione, semprech� risulti, anche da elementi presuntivi, l'intento di liberotit� (3). (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 5 d. I. I. 8 marzo 1945 n. 90, in relazione agli artt. 1 e 3 dello stesso decreto, nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in quanto la Corte di Genova avrebbe ritenuto, da un lato, che l'art. 5 suindicato prevede soltanto l'onere della prova della disponibilit�, presso il �compratore, della somma corrispondente al prezzo e non anche della destinazione effettiva di essa a quel determinato acquisto oggetto di imposizione tributaria, e, dall'altro, che il prezzo di cui deve essere provata la provenienza, ai fini del superamento della presunzione di liberalit�, � il prezzo dichiarato nell'atto come pattuito e non quello effettivamente stabilito dalle parti o ricavabile dal maggior valore accertato o concordato agli effetti dell'imposta di registro. La censura � fondata nella sua prima parte. 1971, n. 1364, in questa Rassegna, 1971, I, 899 e 13 luglio 1971, n. 2667, ivi, 1429, con note di richiami). Sulla seconda massima, sostanzialmente �pacifica, � stato gi� affermato con maggior p!'ecisione che la p!I'ova contraria deve concernere il prezzo realmente pagato e che questo (salvo prova contraria) � quello risultante dall'atto (Cass. 23 lugilio 1969, n. 2755 e 2777, ivi 1969, I, 914 e 917). Va altresi precisato che se la provia contraria non � data, il trasferimento si considera a titolo gratuito nella sua interezza, sia per il valore dichiarato che per H maggior valore accertato (Oass. 25 febbraio 1971, n. 483, ivi, 1971, I, 623). L'ultima massima riassume il problema del negotium mixtum cum donatione in ordine al quale � ormai pacificamente ammesso che, una volta data la prova della p!rovenienzi:i del prezzo pagato, possa tuttavia considerarsi trasferimento gratuito quello concernente la parte del valore del bene trasferito che supera il prezzo (Cass. 23 luglio 1969, n. 2755 e 2777 gi� citate e precedenti richiami). Riguardo al procedimento sembrerebbe che la sentenza in rassegna voglia fissare la regola che mentre per l'impugnazione di simulazione per l'intero o per la parte corrispondente al maggior valore accertato la Finanza debba proporre un'azione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1205 La lunga e contrastata elaborazione giurisprudenziale circa l'interpretazione da darsi al disposto dell'art. 5 del d. 1. 1. 8 marzo 1945 n. 90, secondo cui le trasmissioni di immobili a titolo oneroso fra parenti entro il terzo grado si presumono liberalit� e come tali sono soggette alla imposta di registro, quando la provenienza del prezzo pagato non viene dimostrata in base a titoli aventi data certa ai sensi del codice civile e sempre che l'imposta sui trasferimenti a Utolo oneroso risulti inferiore a quella stabilita per i trasferimenti a titol� gratuito, � giunta da qualche tempo al punto di arrivo definitivo, alla stregua del quale il fatto da dimostrare con titoli di data certa comprende non soltanto l'anteriore disponibilit� da parte dell'acquirente di una somma corrispondente al prezzo della vendita ma anche l'effettivo impiego di essa nel pagamento di tale prezzo (Cass. 6 maggio 1969 n. 1530, 13 dicembre 1969 n. 3942, 12 maggio 1971 n. 3643). Invero la norma � diretta a neutralizzare i tentativi di frode tributaria volti ad assoggettare l'atto di liberalit� alla minore imposta di registro che sia stabilita per il trasferimento a titolo di vendita, facendo apparire come tale il tr:asferimento domandi causa. Di conseguenza il punto centrale della dimostrazione, diretta a vincere la presunzione di legge ora detta, consiste proprio nella realt� del pagamento del prezzo� con la somma che il compratore deve dimostrare di possedere mentre l'anteriore disponibilit� di detta somma non assume significato, a tal fine, se non � messa in relazione all'effettivo impiego della somma stessa nel pagamento del prezzo. Cos� interpretando la norma in esame, non si aggiunge ad essa qualche cosa che la stessa non dica, ma si sviluppa secondo un fondamento di stretta logica e di tecnica giuridica il significato della norma in considerazione dello scopo che essa univocamente persegue. � certamente esatto il rilievo che anche con tale interpretazione non � resa inattuabile la malizia dei soggetti rivolta alla frode tributaria, ma quanto meno la disciplina normativa acquista significazione razionale e certamente, rendendo pi� complesso e difficile l'onere probatorio dei soggetti medesimi, si scoraggia il comportamento illegittimo, tendente a sfuggire alla giusta imposizione tributaria. ordinada preliminare alla <liquidazione dell'imposta, per � prospettare la esigenza� del negotium mixtum cum donatione possa direttamente qualificar �e tale l'atto in sede di r�egistrazione a norma dell'art. 8. Questo complesso problema � per� soltanto sfiorato; in merito v. C. BAFILE, Ancom sull'azione riconvenzionale alla Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscate (ivi, 1969, I, 916; v. anche Cass. 10 febbraio 1971, n. 338 e 27 febbraio 1971, n. 493, ivi, 1971, 599, con annotazione). 21 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST.!\TO Questa Corte, perci�, non ha motivo di riaprire il contrasto di opinioni, verificatosi in passato, circa l'esatt-0 significato della norme in esame. Ma � da respingere anche il tentativo di riaprire tale contrasto sull'altro punto di contestazione, se �cio� si' debba tener conto, ai fini della prova contraria alla presunzione legale suindicata, del prezzo risultante dall'atto o del maggior prezzo che possa ritenersi sfa stato: pattuito dalle parti. L'Am:r.inistrazione ricorrente si d� carico della corrente giurisprudenziale contraria, alimentata da ripet_ute decisioni di questa Suprema Corte, che ha stabilito che per prezzo pagato si deve intendere quello risultante dall'atto presentato per la registrazione, fatta salva all'Amministrazione la facolt� di far dichiarare, c-0n azione autonoma, la simulazione relativa in ordine al prezzo (Cass. 8 novembre 1967, 7 gennaio 1967 n. 65); ma sostiene che con tale interpretazione la norma in esame diventa inoperante, potendo le parti far figurare un prezzo minimo ed irrisorio per poter pi� agevolmente soddisfar.e la prova della disponibilit� della somma per pagare tale prezzo. Indubbiamente la possibilit� di siffatto comportamento sussiste. Ma questo Supremo Collegio deve ribadire che, disponendo la norma del citato art. 5 d. I. 1. n. 90 del 1945 che per vincere la presunzione di liberalit� la prova deve riguardare � la provenienza del prezzo pagato � e dovendo tale prova ricavarsi dall'atto sottoposto a registrazione, il prezzo cui si riferisce la norma non pu� essere che quello risultante dall'atto come� pattuito: sicch� non viene minimamente in considerazione, nell'interpretazione della norma, l'elemento sopravvenuto dell'accertamento di maggior valore dei beni trasferiti, el~mento che potr� risultare solo a posteriori e che di per s� non � prova di pattuizione �di un maggioz: prezzo, non sussistendo necessaria corrispondenza tra val-Ore venale dei beni e prezzo di vendita degli stessi. D'altra parte l'Amministrazione Finanziaria non � priva di mezzi di tutela nei �confronti dei cennati comportamenti illegittimi. Le sentenze richiamate hanno ammesso che l'Amministrazione possa agire per Riconfermando precedenti pronunzie, si precisa che per la configurabilit� del trasferimento gratuito della parte del valore del bene non coperta dal prezzo deve esser data Ia prova dell'intento di liberalit�; importante � per� l'affermazione che la prova, pu� consistere in elementi presuntivi (grave sp�roporzione tra prezzo pagato e valore del bene, stretto rapporto di parentela, et� del venditore mancanza di esigenza del venditore di realizzare una somma elevata), essendo questi i soli mezzi cui solitamente il terzo pu� far ricorso. }'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1207 far dichiarare I.a simulazione dell'atto, simulazione che pregiudica il suo diritto di credito alla percezione dell'esatto tributo: e la tutela � pienamente idonea potendo l'Amministrazione far valere la simulazione circa l'intrinseca natura dell'atto, dimostrando la causa donandi del trasferimento, che, di conseguenza verr� assoggettato alla disciplina tributaria delle liberalit� a tutti gli effetti. � stato pure ritenuto nelle sentenze indicate innanzi che la disposizione dell'art. 5 qui in esame �prende in considerazione anche il negotium mixtum cum donatione, consentendo di applicare ad ognuna delle diverse parti del rapporto (risultanti direttamente dall'atto o a seguito di acce~tamento giudiziale di simulazione) la relativa aliquota. Per questa seconda parte, pertanto, le censure contenute nel primo motivo di ricorso risultano prive di giuridico fondamento. Nel secondo motivo di ricorso l'Amministrazione Finanziaria so stiene che sono stati violati gli artt. 8 e 42 della legge di registro e 5 del d. 1. 1. 8 marzo 1945 n. 90, avendo la Corte d'Appello con motiva zione insufficiente e contraddittoria escluso che nella specie fosse con figurabile l'ipotesi di un negozio mixtum cum donatione e che comun que fosse applicabile l'art. 42 della legge di registro. La censura � fondata. Come s'� detto or ora, deve ammettersi la facolt� dell'Amministrazione, .creditrice del tributo �secondo l'intrin seca natura e gli effetti degli atti e dei trasferimenti, anche se non v� corrisponda il �titolo o la forma apparente� (art. 8 legge reg.), di impugnare di simulazione l'atto di vendita presentato per la registra: zione e per il quale non operi la presunzione .stabilita dal cennato art. 5, al fine di far dichiarare che esso � in toto un atto di liberalit� o che fo � solo per il maggior valore dei b~ni tra�sferiti rispetto al prezzo che risulta pagato: con applicazione in tal caso del disposto dell'art. 42 della legge di registro, secondo cui, se un contratt~ o per i patti che contiene o per gli effetti che produce risulta in parte gratuito ed in parte oneroso � tassato come contenente due distinti contratti, l'uno a titolo� gratuito, l'altro a titolo oneroso. Fuori dell'ipotesi della simula zione, l'Amministrazione pu�, sulla base dell'effettiva obiettiva spro porzione tra prezzo e valore venale in comune commercio dei beni tra sferiti, prospettare l'esistenza del cosiddetto negotium mixtum cum do natione: con applicazione anche in tal caso del cennato art. 42 de.Ila legge di registro. La Corte d'Appello ha rilevato� che detto negozio � per lo rpi� qualificato dalla dottrina come negozio indiretto, in quanto il fine di liberalit� sarebbe solo lo scopo pratico raggiunto dalle parti della com pravendita e sulla base di una decisione di questa Corte Suprema (Cass. 6 febbraio 1969 n. 288) riguardante una particolare fattispecie, diversa. da quella attuale, ha affermato che d.etto negozio rientra appunto nella 1208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO categoria dei negozi indiretti, tassabili in relazione al loro effettivo contenuto ed all'intrinseca natura, quali risultano dall'atto e non in base alla finalit� indiretta che esso mira a conseguire. Ma � noto quanto sia incerta la dottrina circa la struttura del negozio misto con donazione, nel quale alcuni hanno ravvisato due negozi distinti anche se contestuali, altri un contratto unico ad effetti distinti e diversi. Comunque l'ordinamento giurid~co non accorda, in genere, protezione ad atti negoziali messi in essere per un intento di frode a norme tributarie (necessariamente imperative).. In pi� � stato rilevato che nel negozio di vendita misto con donazione l'intento di liberalit� assume rilevanza giuridica sia pure a determinati effetti (collazione del donato, incompatibilit� a disporre o ricevere donazioni, ecc.), rilevanza ch� ovviamente si presenta determinante quando l'intento di liberalit� appare essere del tutto prevalente per l'entit� della sproporzione tra prezzo e valore dei beni trasferiti. Non si comprende, quindi, perch� non si debba dare rilievo a tale intento di liberalit� ai fini tributari, riguardo ai quali altrimenti il negozio assumerebbe aspetti di aperta frode: il che � da ritenere particolarmente nel caso di vendite tra parenti nel grado indicato nell'art. 5 d. 1. 1. n. 90 del 1945, norma che ha inteso appunto contrastare in modo specifico la frode presunta dei contraenti. Pertanto, anche in conformit� alla disciplina del negotium mixtum cum donatione quale negozio indiretto deve ammettersi che, per quanto concerne il di pi� di valore che s'� voluto donare, il negozio � tassabile come Uberalit� in considerazione degli effetti dell'atto (art. 8 e 42 1. reg.). � naturalmente necessario che l'atto sia animato dall'intento di liberalit� e nella specie la Corte d'Appello ha e:scluso che sia stata data prova di tale ragione. Ma sul punto la motivazione della sentenza impugnata � veramente manchevole, essendosi la Corte limitata ad affermare che tale requisito �non risulta dal contenuto dell'atto�. Con ci� la Corte d'Appello ha trascurafo concrete essenziali circostanze di fatto: la sproporzione enorme, superiore ad ogni limite di seriet�, tra prezzo pagato (L. 20 milioni) e valore dei beni concordato dai contraenti agli effetti tributari (oltre 271 milioni di lire), il rapporto strettissimo di parentela tra i contraenti (madre e figli), l'et� della venditrice, la mancanza di concrete, verificate esigenze di un cos� ingente realizzo: elementi questi che, se consider.ati nella loro portata complessiva, avrebbero potuto .portare i giudici del merito a considerare raggiunta quella prova presuntiva, che, in fattispecie del genere, � di solito l'unica prova che i terzi possono fornire circa la reale finalit� di un negozio giuridico intercorso fra altri. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1209 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2941 -Pres. Caporaso -Est. Miele -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini) c. Gaudenzi (avv. Cassola). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Ambulatorio -Si estende. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14; 1. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1; r.d. 21 giugno 1938, n. 1094, art. 2). Fra gli edifici assimilati alle case di abitazione in forza dell'art. 1 della l. 19 luglio 19.61 n. 659 in relazione all'art. 2 del r. d. 21 giugno' 1938 n. 1094 vanno ricompresi gli ambulatori, attesa la loro funzione di provvedere ai servizi sociali necessari per una civile convivenza (1). (Omissis). -Con l'unico motivo l'Amministrazione finanziaria ricorrente deduce violazione e falsa applicazion~ degli artt. 1 della 1. 19 luglio� 1961 n. 659; 2, 2� comma, del r. d. 1. 21 giugno 1938 n. 1094; 12 e 14 delle disposizioni della legge in generale, difetto e contraddittoriet� di motivazione in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. ed afferma che l'interpretazione dell'art. 2 comma 2� del r. d. 1. cit. adottata dalla Corte di merito � erronea in quanto la Corte non ha tenuto conto che gli edifici ivi menzionati sono destinati ad accogliere pluralit� di persone, ancorch� fluttuante nella sua composizione �e ci� come presupposto della prestazione del servizio specificatamente espletato nell'edificio. La Corte di merito, secondo la ricorrente amministrazione, ha invece al tutto trascurato tale indispensabile elemento della ospitalit�, basandosi solo sull'aspetto funzionale. La censura � infondata. Invero gli edifici menzionati nell'art. 2 comma 2� del r. d. 1. 21 luglio 1938 n. 1094 (convertito nella 1. 5 gennaio 1939 n. 35) richiamato dall'art. 1 della 1. 19 luglio 1961 n. 659, non hanno, (1) La sentenza suscita serie perplesist�. E bens� vero che nell'elencazione dell'art. 2 del r.d. 21 giugno 1938, n. 1094 non tutti gi.i edifici ivi contemplati hanno una destinazione abitativa o ricettiva, sebbene questo carattere si riveli in misura decisamente preponderante; ma � altres� vero che non pu� dalla norma �enuclearsi la regola che siano da ricomprendere neM'elencaz.ione tutti gli edifici che rispondono Jlll'esigenza di appron~are �i servizi sociali indispensabili per una civile convivenza� e nemmeno quelli pi� specificamente rispondenti a " finalit� di istruzione, di cura e di numero numero 1210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contrariamente a quanto sostiene la ricorrente Amministrazione, tutti egualmente, come �iestinazione principale, l'abitazione, ma solo alcuni, come i collegi, le caserme, gli orfanotrofi, gli altri invece, come gli edifici scolastici, gli ospedali, fo case di cura, gli asili infantili, non hanno finalit� abitative, ma costituiscono il mezzo per lo svolgimento di altre attivit� a carattere sociale quale l'istruzione, la cura delle persone, l'assistenza (cfr. Cass. 7 dicembre 1970 n, 2581). Pertanto il criterio di similitudine, in base al quale si deve operare la estensione dei benefici fiscali, secondo il citato comma 2� dell'art. 2 del r. d. 1. n. 1094 del 1938, va tratto non da un carattere comune, che m:;w.ca, agli edifici elencati in detto comma, ma dalle singole e 'specifiche destinazioni degli edifici, costituite da un lato dal fine abitativo, dall'altro da fini di istruzione di cura delle persone, di assistenza. In questi ultimi casi l'edificio. � solo il mezzo per l'attuazione del servizio di interesse sociale che ivi si esplica e non occorre �Che le persone che lo frequentino vi siano ospitate nel senso proprio del termine, come avviene invece per gli edifici destinati ad abitazione. Quindi, nel primo caso il beneficio � concesso con riguardo alla destinazione abitativa dell'edificio, ancorch� esso sia destinato ad ospitare non gi� nuclei familiari rr�a comunit� in genere o gruppi di persone, negli altri casi, invece, il beneficio trae causa dalle specifiche finalit� di istruzione, di cura o di assistenza che nell'edificio trova esplicazione. Pertanto, ai fini della estensione dei benefici fiscali, va accertato, caso per caso, se ricorre una delle finalit� sopra menzionate. / A ben considerare, sia gli uni che gli altri edifici rispondono alla esigenza sociale, tenuta presente dalle leggi agevolative in materia, di sviluppare l'edilizia abitativa e quella che, pur non essendo riservata esclusivamente all'abitazione, permette l'esplicazione dei servizi sociali indispen�sabili per una civile convivenza e che hanno, quindi, funzione strumentale rispetto alla primaria destinazione abitativa degli edifici. Pertanto la Corte di merito ha esattamente applicata la disposizione di legge all'.edificio destinato ad ambulatorio e il ricorso, essendo infondato, va rigettato. -(Omissis). assistenza �. Nel campo specifico delle finalit� di cuva rientrano nella preNisione legislativa soltanto gli ospedali, le case di cura e tutt'al pi� le colonie climatiche, che hanno una indubbia destinazione abitativa o ricettiva, ma non anche tutti gli altri possibili impianti quali studi professionali, farmacie e ambulatori, i quali vanno ripartiti, con ben maggiore similarit�, nella categoria di uffici o negozi espressamente previsti dalla legge 408. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1211 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1972, n. 2949 -Pres. !cardi Est. Granata -P. M. Minetti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani) c. Minutoli (avv. Capaccioli). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta complementare -Successioni -Dichiarazione suppletiva di valore contenuta nel ricorso alla commissione distrettuale -Non � idonea ad escludere l'obbligo degli interessi sulla parte dell'imposta afferente al valore dichiarato. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270. artt. 43 e 72; 1. 12 giugno 1930, n. 742, art. 12; 1. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1. 2 e 3; 1. 28 marzo 1962, n. 147). Poich� la dichiarazione suppletiva di valore (valida a norma dell'art. 12 della l. 12 giugno 1930 n. 742 per escludere l'applicazione deUa sopratassa sulla differenza 1Yra valore accertato e valore dichiarato) per essere efficace, oltre ad essere diretta all'ufficio e ad avere determinati requisiti di forma, deve essere presentata entro un termine che certamente scade anteriormente all'istaurazione del procedimento� in sede contenziosa, nessuna rilevanza ha ai fini dell'obbligo degli interessi la dichiarazione di riconoscimento di un maggior valore contenuta nel ., rico1�so alla commissione distrettuale (1). (1) Decisione esattissima che risolve solo in parte il problema; si lascia volutamente nell'ombra la questione se la dichiarazione di maggior valore sia seJ'llpre irrilevante fino a quando non � seguita dal pagamento della relativa imposta e non si precisa quale sia il termine, certamente anteriore alla presentazione del ricorso, entro il quale la dichiarazione potrebbe eventualmente 'esser fatta. Comunque la maggior parte delle controversie, ed anche quelle riferentesi a successioni apertesi prima dell'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29, pu� dirsi risolta. Il. problema pu� presentarsi con qualche differ-enza per le imposte di registro; mentre infatti per l'imposta di successione 1a dichiarazione suppletiva deve avere gli stessi requisiti di forma della denuncia originaria �e dev�e essere presentata nel termine stabilito per il pagamento della tassa (art. 43 e 72 della l�egge fondamentale), per l'imposta di registro non c.;i prevedono n� forme n� termini particolari di denuncia, da:to che d�i norma la dichiarazione di valore � contenuta nell'atto �registrato e solo eccezionalmente il contribuente pu� essere invitato a :Ilare la dichiara2lione estimativa (art. 17 e 18 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639); bisogna quindi far ricorso �esclusivamente all'art. 40 della legge di 11egistro e all'art. 12 della legge 12 giugno 1930, n. 742 ed indiv�iduare, nel si�stema attuale del procedimento, il momento corrispondente alla notifica della :richi-esta della stima da parte del contribuente; ci�, beninteso, qualora non si risolva il problema pi� a monte ritenendo in ogni caso inefficace una dichiarazione di valore non seguita dal pagamento d�ll'imposta e riflettente soltanto una parte del debito. 1212 RASSEGNA DELL'AVVO.CATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 1. 26 gennaioe 1961 n. 29, della 1. 28 marzo 1962 n. 147, dell'art. 43 r. d. 30 dicembre 1923 n. 3270, deU'art. 12 1. 12 giugno 1930 n. 742 e degli artt. 1181 e 1208 c. c., in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., l'Amministr:azione ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la dichiarazione suppletiva ex art. 12 1. 12 giugno 1930 n. 74J2 sia in principio idonea a far venire meno i presupposti della decorrenza degli interessi. Secondo la ricorrente, invero, deve escludersi che prima del pagamento possa influire sulla produzione degli interessi la dichiarazione integrativa. Ci� perch�, innanzi tutto, in base ai principi generali una offerta del debitore, per essere idonea a far cessare la decorrenza degli interessi, deve comprendere la totalit� del dovuto (art. 1208 n. 3 C. e:C,), I mentre di fronte ad un accertamento tributario di maggior valore la somma dovuta dal contribuente, fino a che tale accertamento non sia posto I nel nulla, � soltanto quella che da esso risulta, senza che alcun rilievo ex post possa in proposito riconoscersi all'esito del definitivo accertamento. Poi perch�, con pi� specifico riguardo al diritto tributario, la I dichiarazione suppletiva non fa sorgere nell'Amministrazione l'obbligo di ili procedere, sulla base del valore con essa dichiarato, ad una nuova liqui@ dazione provvisoria in pendenza del giudizio di valutazione. Infine per ~ ch� le stesse norme che specificatamente regolano la dichiarazione sup lli pletiva non offrono fondamento alcuno alla tesi accolta dalla sentenza impugnata, esse limitando la (possibilit� di) incidenza della dichiarai, 1, zione suppletiva soltanto agli effetti (oltre che dell'accollo delle spese ~ te del giudizio di stima) della commisurazione delle sovratasse, gi� pre~:: vista dagli artt. 43 e 72 della legge tributaria delle successioni, abolita ~ dal d. 1. 10 aprile 1927 n. 502 e poi ripristinata con la 1. 12 giugno 193Q ~ ri. 742. ~:: Mentre le 1. del 1961 e del 1962 sulla decorrenza degli interessi, prosegue la ricorrente, fissano soltanto il criterio per la determinazione I del dies a quo, ma non regolano il dies ad quem, la Corte fiorentina II invece, pur se in via soltanto implicita, ha operato la trasposizione di quel criterio anche al termine, finale, sottintendendo il principio che pur di fronte all'ipotesi di denunzia colposamente infedele sarebbe necessario, affinch� l'obbligazione degli interessi, una volta sorta, resti in vita, che ~ permanga la situazione di discordanza fra valore denunziato e valore !~ imponibile. Si tratta per� di un principio sicuramente errato perch� l'or-W dinamento giuridico tributario richiede, agli effetti degli interessi, che ~j una dichiarazione completa e fedele sussista inizialmente, cio� nel mo-!'' mento in cui tale dichiarazione deve essere presentata. i:: Inoltre con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa appli-If.:: cazione edegli artt. 1, 2, 3 1. 26 gennaio 1961 n. 29, della 1. 28 marzo 1962 io: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1213 n. 147, dell'art. 12 1. 12 giugno 1930 n. 742, in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., nonch� omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo ai sensi dell'art. 360 n. 5 c. p. c., l'Amministrazione ricorrente per l'ipotesi che sia respinta la precedente censura circa la inidoneit� in principio della dichiarazione suppletiva ad influire sul decorso degli interessi -critica la sentenza impugnata per avere disatteso, senza congrua motivazione, le deduzioni con cui in sede di merito si era negato che la dichiarazione-nel caso concreto resa dai contribuenti corrispondesse allo schema legale della dichiarazione suppletiva, sia per essere essa stata resa non all'Ufficio ma alla Commissione distrettuale in, pendenza del ricorso e quindi non prima della notifica della richiesta di stima, come preteso dell'art. 12 della 1. n. 742 del 1930, sia per non essere stata registrata entro il termine prescritto dall'art. 72 della legge tributaria sulle successioni. Con il terzo motivo, infine, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della 1. 216 gennaio 1961 n. 29, della 1. 28 marzo 1962 n. 147, in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., nonch� omessa ed insufc ficiente motivazione su un punto decisivo, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c. p. c., l'Amministrazione ripropone, da un lato, la tesi concorrente circa la configurabilit�, �comunque, della obbligazione per interessi in relazione al ritardo con cui i Minutoli Tegrimi riferirono all'Ufficio impositore le precise vicende successorie concernenti parte dei beni oggetto della tassazione e, dall'altro, la tesi subordinata volta a far riconoscere dovuti gli interessi con decorrenza, quanto meno, dalla liquidazione di imposta notificata il 5 marzo 1962. Fondata e, atteso il suo rilievo assorbente, risolutiva � la censura proposta con il secondo motivo. La Corte di merito, infatti, non ha tratto le dovute conseguenze giuridiche dalla circostanza, pacifica in punto di fatto, che i contribuenti, dopo aver fornito in sede di denunzia di successione una indicazione di . valore largamente infedele, soltanto nel ricorso successivamente P.roposta alla competente Commissione tributaria di primo grado avverso l'accertamento di maggior valore compiuto dall'Amministrazione indicarono, per i beni caduti nella successione, il valore poi riconosciuto definitivamente congruo dalla Commissione stessa. Orbene, .come questa Corte Suprema ha gi� affermato (Cass. 6 ottobre 1972 n. 2865) in relazione ad analoga fattispecie ed agli stessi effetti qui considerati, deve escludersi che possa valere come dichiarazione suppletiva l'indicazione successiva, da parte del contribuente, di un valore dell'asse ereditario maggiore di quello esposto nella denunzia originaria quando la dichiarazione che tale rettifica contiene, oltre che essere diretta non all'Ufficio impositore, ma ad un'autorit� diversa, quale appunto la Commissione distrettuale, sia resa senza l'osservanza della formalit� 1214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di �cui all'art. 72 comma 4� della legge tributaria sulle successioni, che ne impone la registrazione entro un determinato tempo, e dopo la scadenza del termine di cui all'art. 12 comma 3-0 della 1. 12 giugno 1930 n. 742, che eleva a requisito di rilevanza della dichiarazione suppletiva" la presentazione di essa prima della notifica della richiesta di stima da parte del �contribuente. N�, per quanto concerne quest'ultimo profilo formale, pu� condividersi il rilievo svolto nella discussione orale <;iall'abile difel;!a dei resistenti, secondo il quale il relativo precetto normativo sarebbe divenuto inapplicabile per effetto delle radicali innovazioni successivamente apportate al procedimento per l'accertamento del valore dei beni. Posto, invero, che la ratio della norma in esame si sostanzia, da un lato, nella esigenza di porre quanto pi� presto possibile lAmministrazione in grado di avvalersi, ove lo voglia (Cass. 21 marzo 1963 n. 682), della facolt� di acquisire immediatamente all'imposizione l'ulteriore ammontare del tributo sulla base delle indicazioni integrative fornite dal contribuente, e, dall'altro, nella (valutazione della) opportunit� che �ci� non avvenga oltrel'avvio del procedimento volto a dirimere, nel contraddittorio tra 1 il contribuente e l'Ufficio impositore, il contrasto apertosi tra la dichiarazione (infedele o omessa) del primo e l'accertamento del secondo, ne segue �Che il mutamento intervenuto nella struttura del procedimento comporta per l'interprete unicamente la necessit� di adattare quel precetto, facendone salva la ratio, al nuovo contesto normativo in cui deve operare: do� di sostituire al momento puntualmente considerato dalla norma in relazione al sistema previgente, il momento di valore equivalente nel quadro del sistema successivamente introdotto. Orbene, poich� in quest'ultimo il momento di riferimento non pu� essere successivo a quello in cui, con la proposizione del ricorso alla Commisisone tributaria, si instaura direttamente quel contraddittorio giudiziale, che nel sistema previsto dagli artt. 37 e ss. dt[lla legge tributaria sulle successioni era invece (oltre che eventuale) soltanto successivo al c. d. giudizio di stima a mezzo di periti, la richiesta del quale da parte del contribuente costituiva gi� di per s�, secondo la fattispecie legale originaria dell'art. 12 comma 30� citato, il momento preclusivo dell'efficacia sanante della dichiarazione suppletiva, deve ritenersi che attualmente tale dichiarazione no~ pu� essere utilmente resa se non prima della proposizione del ricorso alla Commissione tributaria di primo grado. Posto, dunque, �che nel caso concreto non esiste un atto del contri buente riconducibile allo schema normativo della dichiarazione supple tiva, diviene superfluo l'esame della questione -oggetto del primo motivo di ricorso -se, in principio, tale dichiarazione sia idonea o meno ad esplicare effetti impeditivi (o estintivi) rispetto alla obbligazione per PARTE I, SEZ., V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1215 interessi moratori, regolata dalla 1. 26 gennaio 1961 n. 29, autenticamente interpretata dalla 1. 28 marzo 1962 n. 147. Non pu� invero essere condivisa l'obiezione dei resistenti, secondo �cui la impostazione della questione nei termini accennati sarebbe erronea perch� il fatto imputabile al �contribuente, la cui mancanza giuoca il ruolo di elemento impeditivo della responsabilit� per interessi relativamente al periodo precedente alla liquidazione, potrebbe essere escluso non solo da una dichiarazione suppletiva conforme al modello legale del tipo di atto, ma anche da una qualunque altra dichiarazione atipica, con cui il contribuente rettifichi il valore originariamente denunziato. Ad avviso della Corte, per cogliere la infondatezza della obiezione non occorre prendere posizione sulla questione se, quanto alle successioni apertesi eome quella in causa prima dell'entrata in yigore della 1. n. 29 del 1961 citata, l'obbligazione per interessi si ricolleghi al ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria che si protrae nel tempo ancora al momento dell'entrata in vigore della legge nuova (Cass. 23 novembre 1971 n. 3396), ovvero trovi titolo nell'inadempimento, pur esso ancora in atto a quel medesimo momento, del diverso obbligo che il contribuente avrebbe di rettificare il valore infedele pur dopo la presentazione della denunzia originaria (Cass. 8 marzo 1972 n. 655). Invero, proprio in ragione del predicato di rigida tipicit� normativa che, �come conviene la stessa difesa dei resistenti, contraddistingue il procedimento tributario nella fase sia di accertamento che di attuazione, deve ammettersi che, come la prima delle due soluzioni ipotizzate conduce a ravvisare nel pagamento il solo fatto giuridico idoneo a far cessare la mora, e con essa l'obbligazione dei relativi interessi, cos� la seconda, a sua volta, non pu� non pervenire a limitare al solo atto tipico di rettifica (del valore infedele originariamente denunziato) conosciuto dall'ordinamento, e cio� alla dichiarazione suppletiva.� in tutto conforme al modello legale, l'effetto sanante di cui qui si discute. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 ottobre 197.2,, n. 30,24 -Pres. leardi Est. Falletti -P. M. De Majo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Marrani (avv. Spada). Imposta di re~istro -Simulazione -Atto dissimulato -Irrilevanza ai fini della tassazione -Impu~nazione della Finanza -Difetto di ,le~ittimazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; e.e. art. 1415). L'essenziale correlazione tra l'atto da registrare e l'imposta di registro non consente di ricercare fuori dell'atto stesso gli elementi della 1216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sua identificazione e l'ambito deUa sua portata, si che L'atto dissimulato � irrilevante ai fini deila tassazione a meno che esso non risulti dailo stesso documento al di l� deUe apparenze�; ne consegue che L'Amministrazione non ha Legittimazione a dedurre la simulazione ex articolo 1415 c. c. (1). (Omissis). -Con atto notificato 1'11 luglio 1966 l'Amministrazione delle Finanze conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Firenze Piera Marrani, esponendo che con atto notarile 4 maggio 1961 Gian Lamberto Lamberti aveva venduto alla Marrani la nuda propriet� di un appartamento, sito a Firenze in via delle Mantellate 9; che il 23 luglio 1961 il Lamberti era deceduto; che la Marrani veniva sottoposta a giudizio penale, imputata di circonvenzione di incapace ai danni del Lamberti, per averlo indotto alla vendita fittizia dell'appartamento; che con sentenza 6 marzo 1964, passata in giudicato, la Corte d'Appello di Firenze assolveva la Marrani per insussistenza del fatto, accertando per� che la vendita era stata simulata, al fine di evitare alla Marrani il pagamento delle tasse di successione. L'attrice chiedeva pertanto che il Tribunale dichiarasse simulata la vendita e dissimulata una donazione; in subordine dichiarasse la simulazione assoluta dell'atto; con l'obbligo �conseguente e rispettivo dell'imposta sulla donazione o sulla successione. Il Tribunale respingeva la domanda per difetto di legittimazione attiva ex art. 1415 c. c., e la Corte d'Appello di Firenze, con sentenza 13 febbraio 1970, confermava la pronuncia. Osservava la Corte che per l'accertamento del (1) Decisione in aperto contrasto con consolidata giurisprudenza. Se sono esatte in termini generali Ie premesse circa la tassazione dell'atto secondo la sua intrinseca natura risultante dal documento e con esclusione di elementi estrinseci, tutto ci� ha un diverso valore quando cada in questione il negozio simulato, o indiretto o collegato o comunque in frode alla legge fiscale. Con la �quasi coeva sentenza (6 ottobre 1972, n. 2853 in questo fascicolo, retro) la stessa Sezione della S.C. ha affermato che l'Amministrazione non solo ha il potere di impugnare l'atto per farne dichiarare la simulazione, anche quando la simulazione .concerna una parte soltanto dell'atto (negotium mixtum cum donazione), ma pu� altres� qualificare l'atto direttamente in sede di registrazione secondo il suo contenuto dissimulato; ci� perch� non pu� ammettersi una evidente ed aperta frode aUa legge fiscale contro la quale non sia data alla Finanza possibilit� di tutela. , E' quindi da non condividersi l'affermazione che l'Amministrazione non sia legittimata a proporre l'impugnazione di simulazione, pur dopo che la simulazione era stata dichiarata in un giudicato penale, in quanto non potrebbe mai giungersi a tassare il negozio dissimulato. In tale situazione, la Finanza poteva certamente non� solo proporre l'impugnazione ma addirittura liquidare direttamente l'imposta sull'atto' di�ssimulato. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � quod gestum � in contrasto con il � quod scriptum � non era consentito al fisco di attingere elementi da fatti estranei al documento; che il negozio dissimulato, non risultando dall'atto stesso, era del tutto irrilevante ai fini della tassazione di registro; che relativamente all'imposta di successione l'Ufficio era bens� legittimato, ex art. 1415 c. c., a far valere la simulazione assoluta nei confronti delle parti, ma nella specie il negozio di cui al rogito 4 maggio 1961 non era affetto da simulazione assoluta, ma da simulazione relativa. Con atto 8 maggio 1970 lAmministrazione delle Finanze proponeva ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi. Resisteva la Marrani con controricorso e successiva memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Con i primi due motivi, che ,per connessione d'oggetto possono esaminarsi insieme, lAmministrazione delle Finanze svolge le seguenti censure: 1) La Corte d'Appello, pur avendo ritenuto che le parti, sotto l'apparenza di una compravendita, avevano diss�imulato-una donazione, ha tuttavia negato che la Finanza potesse far valere tale simulazione perch� � la struttura dell'imposta di registro esclude un diritto di imposizione sul negozio dissimulato e non risultante dallo stesso atto�: l'affermazione � sicuramente erronea ed anzi assurda, non potendosi pretendere che l'atto simulato, se questa � appunto la sua qualit�, manifesti contestualmente il negozio dissimulato (violazione degli artt. 1414 e 1415 c. c., e dell'art. 8 r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269). 2) In ogni modo, la Corte d'Appello non ha considerato che secondo l'art. 72 della legge di registro la stessa sentenza nella quale sia contenuta la dichiarazione giudiziale di simulazione relativa costituisce il titolo per la tassazione dell'atto dissimulato (violazione dell'art. 72 cit.). Queste censure non �sono fondate. L'Amministrazione finanziaria, come la Corte d'Appello ha rilevato, chiese in via principale che fosse dichiarata la simulazione della compravendita stipulata con il rogito notarile 5 maggio 1961, e che �fosse dichiarato conseguentemente che con l'atto medesimo le parti avevano inteso porre in essere una donazione �. Non era dunque una domanda che, nei termini di �cui all'art. 8 della legge di registro, .proponesse al giudice di interpretare e qualificare l'intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto, quali si potevano desumere dall'oggettivit� espressa del suo contenuto e dalla ricognizione positiva del suo significato. Ma era la domanda di un'indagine rivolta a scoprire sotto e contro l'apparenza del negozio dichiarato la realt� dissimulata di un diverso negozio: non quindi un'interpretazione 1218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'atto per l'applicazione dell'imposta ad esso pertinente (art. 8 cit.), ma la ricerca di una volont� neppure documentata e tenuta anzi nascosta dalle parti: la sostituzione insomma di un atto ad un altro atto. Correttamente pel'ci� e in puntuale aderenza ai principi giurisprudenziali pi� volte espressi da questo Supremo Collegio, la Corte d'Appello ha osservato che l'essenziale correlazione tra l'atto da registrare e l'imposta di registro non consente di ricercare fuori dell'atto stesso gli elementi della sua identificazione e l'ambito della sua portata, cosicch� l'ipotesi dell'atto dissimulato � a tal fine irrilevante (salvo il caso eh~ esso risulti dallo stesso.. documento, al di l� delle sue apparenze). Infatti il contenuto e la natura dell'atto da registrare devono ricavarsi esclusivamente dalle clausole di �esso, senza possi}?ilit� di integrarne i risultati in virt� di elementi �aliunde � desunti: l'imposta di registro, invero, colpisce, l'atto per quello che esso dichiara, a prescindere dalla corrispondenza o meno delle dichiarazioni alla reale volont� dei dichiaranti, a prescindere perfino dalla concreta idoneit� dell'atto a produrre gli effetti giuridici perseguiti dalle parti (dr. Cass. 1969, n. 3993; id. 1970, n. 881; id. 1971, n. 493). E quindi, mancando nella specie il presupposto di un diritto d'imposizione riconoscibile oltre i limiti anzidetti, la Corte d'Appello ha preliminarmente negato la l�gittimazione della Finanza, ex art. 1415 c. c., a dedurre la simulazione. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 ottobre 1972, n. 2858 -Pres. leardi Est. Sandulli -P. M. Pedace (conf.) -Lo Presti Seminerio (avv. Salvago, Lo Presti Seminerio). Acque pubbliche ed elettricit� -Occupazione di fondi per l'esecuzione o manutenzione di opere destinate a regolare il regime. delle acque pubbliche -Controversie -Competenza dei Tribunali regionali delle acque -Sussiste. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d). Sono devolute alla compe.tenza del Tribunale regionale deile acque l� controversie originate da occupazioni di fondi per l'esecuzione o manutenzione di opere destinate a regolare il regime delle acque pubbliche, senza distinzione tra oc�upazione legittima ed abusiva, sempre che tali occupazioni siano determinate dall'esecuzione di opere attinenti aUa bonifica o alla derivazione ed utilizzazione di acque pub_bliche (applicazione al caso di accupazione per la costruzione di una condotta idrica) (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente si duole il Tribunale abbia declinato la competenza in favore del giudice specializzato, sebbene la controversia dedotta in giudizio non possa ricondursi alla previsione della lettera d) dell'art. 140 del t. u. 11 dicembre 1933, ii. 1775, non costituendo la �costruzione di una condotta di collegamento fra due serbatoi idrici comunali opera di derivazione di acque pubbliche n� opera idraulica. La censura non � fondata. La previsione della lettera d) dell'art. 140 del citato t. u. n. 1775 del 1933 sulle acque pubbliche riserva alla cognizione del Tribunale regionale delle acque le controversie di qualunque natura riguardanti l'occu (1) Giurisprudenza consolidata: v., di recente, Cass., 7 aprile 1972, n. 1047, in questa Rassegna, 1972, I, 357, ed ivi ulteriori riferimenti in nota 1. 1220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pazione (totale o parziale, permanente o temporanea) di fondi e le indennit� previste dalla 1. 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza dell'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonif�.ca e di derivazione ed utilizzazione di acque pubbliche. A tal fine non � richiesto che l'opera che abbia determinato l'occupazione dei fondi sia un'opera idraulica, intesa secondo l'accezione tecnico- giuridica emergente dalla disciplina del t. u. 25 luglio 1904, n. 523, per la quale si esige il compimento di un'opera intorno ad un �corso di acqua, ma � sufficiente che l'opera attenga comunque alla derivazione ed alla utilizzazione di acque pubbliche. E, poich� per opera di derivazione deve intendersi quella effettuata mediante l'innesto in una preesistente conduttura di una nuova condotta, che permetta la diretta utilizzazione delle acque, deve ritenersi che appartenga alla sfera di competenza del giudice specializzato la controversia relativa alla determinazione della indennit� spettante per l'occupazione ed il permanente asservimento dei terreni destinati all'esecuzione di una condotta di collegamento tra due serbatoi idrici comunali, trattandosi di un'opera, che, pur perfezionando la struttura dell'acquedotto comunale, � sempre intesa, oltre che alla derivazione, alla utilizzazione di acque, appartenenti al demanio idrico, da parte della pubblica Amministrazione. Ed in tal senso si � gi� espressa questa Corte, con sentenza 30 gennaio 1970, n. 208, la quale ha ricondotto alla stessa previsione del citato art. 140 lett. d) la controversia concernente l'indennit� di occupazione di terreni per la � costruzione di una condotta di collegamento di alcune frazioni abitate ad un preesistente acquedotto�, ravvisando anche in tale ipotesi il requisito della utilizzazione diretta dell'~cqua da parte della pubblica amministrazione. A conforto della linea seguita sta l'ampia portata assegnata alla sfera di applicazione della disposizione normativa dell'art. 140 lett. d) dalla costante giurisprudenza �di questa Corte (cfr., da ultimo, sent. 10 febbraio 1971, n. 360; sent. 17 dicembre 1970, n. 2700). Va, dunque, ribadito il consolidato criterio direttivo, secondo cui sono devolute alla competenza del Tribunale regionale delle acque le contro�versie originate da occupazioni di f001di per l'esecuzione o manutenzione di opere destinate a regolare il regime delle a�cque pubbliche, senza distinzione tra occupazione legittima ed abusiva, .sempre che tali occupazioni siano determinate dall'esecuzione di opere attinenti alla bonifica o alla derivazione ed utilizzazione di acque pubbliche. Nel caso di specie, trattandosi dell'impugnazione dell'indennit� dovuta per l'occupazione ;permanente dei fondi occorsi per la costruzione di una condotta di acqua .pubblica, deve ritenersi che �competente a conoscere della contestazione sia il Tribunale regionale delle acque pubbliche. -(Omissis). -- PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1221 LODO ARBITRALE, 29 aprile 1972, n. 23 (Roma) -Pres. Santaniello Est. Minniti -Fallimento Impresa De Luca Giorgio (avv. Ambrosio D.) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Carusi). Arbitrato -Appalto -Appalto di opere militari -Natura processuale del termine previsto per la proposizione della domanda di arbitrato -Sussiste -Applicabilit� della sospensione per il periodo feriale dei termini processuali, relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle �amministrative, prevista dalla 1. 7 ottobre 1969, n. 742 -Sussiste. (r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 54; 1. 7 ottobre 1969, n. 742, artt. 1, 3). Appalto -Appalto di opere militari -Decisioni dell'Amministrazione sulle riserve dell'appaltatore -Obbligo dell'Amministrazione di motivare le decisioni di rigetto -Insussistenza. (r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 50). Appalto -Appalto di opere militari -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi per fatti accertabili in ogni tempo Onere della tempestiva riserva -Sussiste. (r.d. 17 marzo 1932, n. 366, art. 50). I Collegi arbitrali previsti dai Capitolati d'appalto di opere dello Stato sono organi della giurisdizione ordinari'!-ed il termine per proporre la domanda di arbitrato ha natura processuale, onde anche a.desso si applica la sospensione per il periodo feriale prevista dalla l. 7 ottobre 19.69, n. 742 (1). L'Amministrazione appaltante non � tenuta a motivare i provvedimenti di reiezione delle riserve dell'appaltatore, da comunicare al medesimo (2). (1) Sulla prima parte della massima, v. Cass., 18 febbraio 1963, n. 365, Giur. it., Mass., 1963, 121, sub 4, con �lteriori riferimenti in nota (2); 22 dicembre 1969, n. 4022, in questa Rassegna, 1969, I, 1182, sub 1; v. anche Cass. 13 dicembre 1966, n. 2919, Giur. it., Mass., 1966, 1273 sub. b, nonch�, sul valore di sentenza del lodo, Cass., 18 aprile 1966, n. 969, ivi, 430, sub b. Sull'ovvia natura processuale del termine per l'impugnazione del lodo con applicabilit� pur ad esso, a fortiori, della sospensione feriale di cui alla 1. n. 742 del 1969 -e sulle caratteristiche di tale impugnazione, v., da ultimo, Cass., Sez. Un., 20 giugno 1972, 1;1. 1960, in questa Rassegna, 1972, I, 862. (2) Cfr. Cass., Sez. Un., 8 maggio 1969, n. 1563, citata nel testo del lodo; v. anche Cass., 7 settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 967, nella mot�v., ove si ribadisce che l'obbligo dell'Amministrazione � quello di comunicare all'appaltatore � il risultato del suo esame � del1e riserve. 22 1222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche per i fatti accertabili in ogni tempo sussiste l'onere detta rituale riserva da parte dell'appaltatore (3). (Omissis). -Pregiudiziale rispetto ad, ogni altra � la questione relativp. alla tempestivit� della domanda d'arbitrato, tempestivit�, che, pur senza essere oggetto di formale eccezione, � tuttavia messa in dubbio dall'Amministrazione, che, con la prima memoria, sollecita il Collegio a controllare se la domanda sia stata proposta nei termini di cui all'articolo 54 delle Condizioni generali di appalto per i lavori del Genio Militare, approvat� con r. d. 17 marzo 1932, n. 366. Dispone l'art. 54 citato, al III comma, che �per la risoluzione delle vertenze dopo il collaudo, la domanda di arbitrato deve essere proposta nel termine di giorni 30 da quello in cui furono notificate all'appaltatore le decisioni prese dall'Amministrazione in via amministrativa sulle vertenze medesime in seguito al collaudo�. �Trascorso detto termine, senza ,che sia stata fatta domanda per l'arbitrato, le decisioni dell'Amministrazione si intendono accettate definitivamente dall'appaltatore, che decade da qualsiasi diritto d'impugnarle �. Nella specie, la decisione dell'Amministrazione sulle riserve � stata emessa il 3 marzo 1970 e risulta notificata all'Impresa in data 2 settembre 1970, mentre la domanda d'arbitrato � stata notificata ben 40 giorni dopo, ossia il 12 ottobre successivo. Ci�, tuttavia, non comporta la decadenza dell'Impresa dal diritto di proporre la domanda d'arbitrato. Invero, a' sensi della I. 7 ottobre 1969, n. 742, il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative � sospeso dal 1o agosto al 15 settembre di ciascun anno e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Precisa ancora l'art. 1 della cennata legge che �ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso � differito alla fine di detto periodo �. Ora, � pacifico che anche i Collegi arbitrali previsti dai Capitolati per gli appalti di opere dipendenti dallo Stato, nella quale ,categQII'ia rientra sicuramente il presente Collegio, non sono giurisdizioni speciali, bens� organi della giurisdizione ordinaria (v., in tal senso, Cass., 18 febbraio 1963, n. 365, 18 novembre 1969, n. 3404 e numero.se altre conformi). N� pu� dubitarsi che il termine per proporre la domanda di arbitrato, essendo diretto a disciplinare l'esercizio dell'azione e la proposizione dell'atto introduttivo della lite, abbia natura processuale., Sicch� pu� ritenersi applicabile la legge citata anche alla domanda d'arbitrato in questione, onde l'inizio della decorrenza del termine posto (3) Sul generale onere della riserva dell'appaltatore, v. Cass., Sez. Un., 20 giugno 1972, n. 1960, citata a nota 1. PARTE I, SEZ. VI, GIURis"."� IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1223 dall'art. 54 delle Condizioni generali � rimasto differito al 16 settembre 1970. E, poich� la notifi.ca � avvenuta il 12 ottobre, la medesima resta largamente compresa nel termine anzidetto. N� gioverebbe obiettare che, trattandg~~ di giudizio arbitrale, per sua stessa natura, quindi, di carattere urg.e e tale da doversi considerare compreso tra quelli elencati nell'art. 92 dell'Ordinamento Giudiziario, l'art. 1 della I. 742 del 1969 non sarebbe applicabile, per l'esplicita esclusione dispost~ dal successivo art. 3. Invero, trattandosi di giudizio, per il quale sarebbe rilevabile. solo il requisito del grave pregiudizio alle parti per la ritardata trattazione, avrebbe dovuto esser provocato, onde potersi disapplicare la norma della sospensione dei termini, il decreto presidenziale previsto dall'ultimo comma dell'art. 92 dell'Ordinamento Giudiziario. Preliminare, nel merito, � poi la questione, appena ac�cennata dal Fallimento (v. II memoria in data 7 dicembre 1971), che, ponendo in �� rilievo che la decisione amministrativa �sulle sue riserve � estremamente generica, osserva che sarebbe piuttosto necessaria -e non solo nel caso concreto, ma in generale -un'adeguata, seppur succinta motivazione, e �ci� al fine di ;porre in condizione gli appaltatori di conoscere le ragioni del rigetto, e di evitare, quindi; ove ne restassero persuasi, di instaurare liti giudiziarie. L'Amministrazione oppone che non � dato vedere in base a quale norma sarebbe ravvisabile un obbligo a suo carico di motivare la decisione amministrativa di rigetto e si richiama all'art. 50 del r. d. 17 marzo 1932, n. 366. Ad avviso del Collegio �, anzitutto, opinabile �che possa configurarsi un obbligo dell'Amministrazione di motivare la decisione di rigetto delle riserve dell'Impresa, poich�, da una parte, un obbligo siffatto non � san cito espressamente dalla normativa vigente (artt. 50 e 54 del r. d. 17 marzo 1932, n. 366) e, dall'altra, non lo si pu� nemmeno desumere, per implicito, dalla natura del provvedimento o da altre circostanze, doven dosi considevare che il procedimento, che sfocia nella decisione sulle riserve, consta di una serie di atti interni, tutti incidenti nell'ambito della formazione della volont� dell'Amministrazione, svincolati da qual siasi schema legale �obbligatorio ed ampiamente, se non esclusivamente, influenzati da fattori discrezionali (�onvenienza economica del rigetto o dell'accettazione della riserva) e tecnici (valutazioni tecniche affidate alla competenza del Direttore dei lavori e del collaudatore), sicch� non � dato vedere perch� il motivo della decisione, fatto meramente interno, dovrebbe trovare estrinsecazione all'esterno ed esser comunicato alla controparte. In tali sensi sembra essere orientata anche la Corte di Cassazione, che, nella sentenza a Sezioni Unite 8 maggio 1969, n. 1563, ha in moti 1224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vazione affermato che l'Amministrazione ha il dovere di comuni�are all'appaltatore �il risultato� del suo esame della fondatezza delle riserve, dando �cos� segno di ritenere sufficiente la notificazione della sol11decisione e non anche dellJJA:.notivazione di questa. ii Ma, pur da ci� presciblfundo e quand'anche in via meramente ipoi: i: tetica si volesse dar per ammesso un siffatto obbligo, tuttavia un'even I tuale violazione di esso non sortirebbe alcun pratico e giuridicQ effetto. Invero, la mancanza di motivazione, ove necessaria, si risolverebbe in una causa di nullit� o addirittura di inesistenza dell'atto. I L'Amministrazione notificherebbe perci� un atto nullo o inesistente, con la sola conseguenza che il termine di 30 giorni, �comminato l dall'art. 54 r. d. 17 marzo 1932, n. 366 all'appaltatore per proporre la I ~ domanda d'arbitrato, non inizierebbe affatto il suo decorso, circostanza questa di cui lo stesso appaltatore non ha ragione di dolersi, contribuendo anzi ad evitargli. di incorrere in una decadenza. I N� sarebbe ravvisabile pregiudizio nel fatto che, mancando la deter ~ minazione amministrativa sulle riserve, resterebbe impedito all'appalta ~ tore di ricorrere alla tutela giurisdizionale dei propri diritti. ~ La Corte di Cassazione, con giurisprudenza ormai consolidata (vedi Cass., 7 settembre 1970, n. 1274; 8 maggio 1969, n. 1563 a Sez. Un. e 7 I luglio 1969, n. 2498 a Sez. Un.), ha affermato che �ove la P. A. non emetta alcun provvedimento sulle riserve formulate dall'appaltatore, malgrado il decorso di congruo termine da questo assegnatole od anche quando sia decorso un tempo tanto lungo da denunciare il rifiuto della stessa Amministrazione di provvedere, l'appaltatore pu� proporre domanda di arbitrato, senza l'onere di sperimentare previamente il procedimento di �cui all'art. 1183 c. c. �. Si pu�, pert�nto, concludere con il ritenere del tutto ininfluente la mancanza di motivazione della decisione amministrativa sulle riserve. La seconda questione preliminare riguarda l'eccezione, proposta dal1' Amministrazione, di decadenza dell'Impresa da quasi tutte le riserve e precisamente da quelle 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 19, 20, 24, 25, 26, 27, per non essere state tempestivamente iscritte ed esplicate nel libretto delle misure. Osserva I'Amministrazione che tutte ~e anzidette riserve si rifer�scono � a pretese, erronee contabilizzazioni con prezzi di elenco che si assumono inapplicabili alle specie di lavoro eseguite. E, poich� l'Impresa oppone che trattasi di fatti continuativi, accertabili in ogni tempo,� per i quali, attesa la funzione della decadenza, cosi come puntualizzataI da ultimo nella sentenza della Cass. 13 maggio 1971, n. 1384, la riserva pu� essere formulata anche in sede di conto finale e collaudo, ribadisce, anzitutto, che si tratta di asserite, erronee contabilizzazioni e non di fatti continuativi e replica che, anche ove ci� fosse, la riserva, a' sensi 'ael PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1225 l'art. 50 r. d. 17 marzo i93,2, n. 366, non avrebbe potuto essere efficacemente formulata solo in sede di redazione del conto finale. Cos� brevemente riassunte le opposte tesi delle parti, ritiene opportuno premettere il Collegio �che la normativa relativa all'iscrizione delle riserve per i lavori eseguiti per conto dell'Amministrazione della Difesa e soggetti alle Condizioni generali d'appalto di cui al r. d. 17 marzo 1932, n. 366 � contenuta negli artt. 32, 33, 41 e 50 cennato r. d. � L'art. 32 disciplina la misurazione e contabilizzazione dei lavori e delle provviste, che vanno annotate in un libretto delle misure. Tale libretto, per tutte le misurazioni compiute sotto una medesima data, deve essere presentato alla firma dell'appaltatore. Ultimati i lavori e le misurazioni, deve essere 'compilato il conto di liquidazione finale di cui all'art. 41. L'art. 33 recita testualmente: �Se l'appaltatore firma il libretto delle misure con riserva, deve, entro il. termine di 10 giorni da quello della firma, sviluppare le ragioni con richiamo alla riserva inserita nel libretto stesso, indicando in �cifre i com~nsi ai quali crede di avere diritto. Trascorso inutilmente tale termine s'intende che abbia rinunziato ad ogni riserva ed accettata l'eseguita contabilizzazione�. L'art. 41 preved.e che l'appaltatore ha facolt� di firmare il conto finale con riserva, ma che non potr� fare domande diverse da quelle formulate durante lo svolgimento dei lavori o iscritte nel libretto delle misure, salvo quelle che si riferiscono a fatti nuovi risultanti esclusivamente � dal conto finale stesso. L'art. 50, infine, prevede �Che le riserve iscritte nei documenti contabili � anche quando gli elementi delle questioni che involgono possono essere accertati successivamente ed anche dopo l'ultimazione dei lavori, saranno preliminarmente esaminati in via amministrativa�. Dal coordinamento delle cennate :norme, che sono sostanzialmente identiche a quelle contenute negli artt. 52, 53, 54 e 64 del regolamento per la direzione, contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato, approvato con r. d. 2�5 maggio 1895, n. 350, il che consente di utilizzare anche i precedenti dottrinari e giurisprudenziali, di gran lunga pi� numerosi, relativi alle riserve per lavori soggetti a tale regolamento, si pu� desumere agevolmente l'esistenza dell'obbligo per l'impresa di inserire nel libretto delle misure le proprie riserve circa pretesi maggiori compensi e di svilupparle, quantificandole, entro 10 giorni dalla firma con riserva. In difetto, opera la decadenza comminata dall'art. 41, che esclude che l'appaltatore possa far val~re, in sede di firma con riserva del conto finale, domande diverse da quelle iscritte nel libretto delle misure, eccetto che non si tratti di fatti nuovi, risultanti esclusivamente dal conto finale stesso. 1226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tuttavia, tali rilievi non risolvono completamente la di.battuta questione, circa i termini e modi di proposizione delle riserve, restando pur sempre da stabilire: a) quali domande dell'appaltatore debbano essere iscritte nel registro; b) entro quale termine l'iscrizione delle riserve nel registro debba essere compiuta. La giurisprudenza, al riguardo, � tuttora in fase di evoluzione, giacch�, mentre quella arbitrale era, almeno fino a qualche tempo fa, orientata in prevalenza nel senso di ritenere che l'onere dell'iscrizione della riserva non sussistesse per i fatti accertabili in ogni tempo e c)le, comunque, per taluni altri fatti, riguardanti la generalit� dell'appalto o di carattere continuativo, bastava che la riserva fosse iscritta alla chiu sura del registro di contabilit�, la giurisprudenza delle magistrature di merito ed in particolare quella della Corte d'Appello di Roma (v. sentenze 19 aprile 1966; 30 novembre 1968; 23 gennaio 1969; 6 maggio 1969 e, da ultimo, 13 marzo 1970, in Giust. civ., 1970, I, 1946) prevalentemente ritiene che l'onere per l'appaltatore di denunciare, mediante, iscrizione di apposita riserva, i fatti o le situazioni giuridiche oggetto di proprie domande per maggiori ,compensi, ha carattere generale e che tale onere diventa attuale e la riserva va iscritta �nel momento in cui l'incidenza del fatto sul costo delle singole unit� di lavoro e quindi la sua rilevanza causale rispetto alla spesa che viene a gravare sull'Amministrazione committente si rende obiettivamente apprezzabile, alla stregua di una valutazione condotta con media diligenza e secondo buona fede >>. Nella giurisprudenza della .Suprema Corte si nota, invece, una progressiva rielaborazione dei precedenti orientamenti. Invero, mentre con sentenza 29 marzo 1943, n. 719 era stata affermata l'inderogabilit� dell'onere di iscrizione di tempestiva riserva per le domande aventi ad oggetto fatti ,continuativi, con sentenza 28 ottobre 1965, n. 2290 si ritenne che le richieste dell'appaltatore di rivalsa dell'IGE e dell'imposta di registro non andavano iscritte come riserve, in quanto estranee alla finalit� del registro di �contabilit�, preordinato a dimostrare � cronologicamente l'opera nel suo iter esecutivo�. E, nonostante alcuni rilievi da parte d�lla dottrina, la Suprema Corte continu� ed affermare, con la sentenza 29 dicembre 1969, n. 2035, che non sussiste l'onere della riserva per richieste di danni (interessi moratori) dipendenti da ritardi ingiustificati dell'Amministrazione e, con sentenze 4 dicembre 1967, numero 2869 e 30 giugno 1969, n. 2393, che l'onere della riserva per i fatti comportanti una maggiorazione del compenso si pone non al loro inizio, ma solo allol'ch�, essendosi esauriti, l'appaltatore dispone di tutti gli elementi necessari per indicare l'importo del compenso richiesto. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1227 Con pi� recente pronuncia, del 29 dicembre 1969, n. 4046, la Su,prema Corte ha modificato in parte il precedente indirizzo, ponendo in rilievo che �l'onere di denuncia di fatti o situazioni che �causino aumento di .spesa nell'esecuzione delle opere � generale e nessuna ragione di compenso pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta�. Infine, con sentenza 13 maggio 1971, n. 1384, la stessa Corte di Cassazione sembra esser ritornata ai principi affermati con le sentenze precedenti, avendo stabilito che �negli atti contabili... debbono essere inserite obbligatoriamente soltanto le annotazioni e le riserve riguardanti i fatti che attengono direttamente e strettamente all'esecuzione dell'opera, quali le partite di lavoro eseguite e le somministrazioni fatte dall'appaltatore, non pure quelle che abbiano altro oggetto del tutto estraneo allo scopo di documentare cronologicamente l'iter dell'opera e di consentire opportuni e tempestivi interventi alla P. A., al fine di assicurare la prova delle sue ragioni per contestare le pretese della controparte in relazione all'esecuzione del!'opera �. Cos� brevemente riassunto lo stato della giurisprudenza, sembra al Collegio che la soluzione del quesito di cui sub a), almeno in relazione ai limiti del presente giudizio, n_on presenti particolari difficolt�. Invero, anche a non tener conto del contrasto tra le due ultime pronunce della Corte di Cassazione, quella n. 4046 del 1969 e quella n. 1384 del 1971, ed a voler aderire all'opinione meno rigorosa di quest'ultima, che si limita a ritenere soggetti all'onere della tempestiva riserva solo i fatti che attengono direttamente all'esecuzione dell'opera, quali le partite di lavoro eseguite e le somministrazioni fatte dall'ap-� paltatore, non sembra potersi dubitare che gran parte delle riserve oggetto del presente giudizio, riguardando proprio partite di lavoro eseguite e somministr:azioni fatte, siano da considerare soggette all'onere della riserva. Resta da risolvere il quesito di cui sub b), quello cio� attinente al termine entro~il quale le riserve debbono essere iscritte. Ad avviso del Collegio, restando nel solco degli indirizzi giuri sprudenziali in precedenza richiamati, pu� ritenersi, in linea generale, che l'onere della riserva scatti, e l'appaltatore sia quindi tenuto ad iscriverla nei documenti contabili, nel momento in �cui la partita di lavoro, in ordine alla quale egli ritiene di aver diritto ad un maggior compenso, sia stata allibrata. -� da escludersi invece che un simile onere non sussista, come pre tenderebbe il Fallimento, per quei fatti accertabili in ogni tempo. Tale principio non � affatto desumibile dalla sentenza della Cassazione n. 1384 del 1971, che ribadisce anzi l'obbligo della riserva per tutti i fatti che attengono direttamente e strettamente all'esecuzione dell'opera, siano essi o meno accertabili in ogni tempo e che proprio in 1228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relazione a tale enunciazione di principio ha escluso l'obbligo di denunciare, mediante apposita riserva, il comportamente doloso o colposo tenuto da organi della P.A. nell'eseguire adempimenti amministrativi, quando non incida direttamente nell'esecuzione dell'opera. Peraltro, per quanto riguarda i lavori soggetti alle Condizioni generali di cui al r.d. 17 marzo 1932, n. 366, la questione sembra trovare testuale soluzione nell'art. 50, che, prescrivendo che le riserve o domande dell'Impresa iscrit~e nei documenti contabili �saranno preliminarmente esaminate in via amministrativa�.... �anche quando gli elementi delle questioni che involgono possano essere accertate successivamente ed anche dopo la ultimazione dei lavori�, lascia chiaramente intendere che anche per i fatti accertabili in ogni tempo sussiste l'onere della riserva (v., in senso conforme, L. Arbitrale 8 luglio 1970, i:l. 74, in Rass. Avv. Stato, 1970, I, 1179, sub. 6). N� � necessario al Collegio stabilire se ed entro quale termine scatti l'onere dell'iscrizione della riserva per i fatti cosiddetti continuativi, che, si noti, concettualmente differiscono dai fatti accertabili in ogni tempo, potendo constare questi di un solo fatto verificatosi istantaneamente, ma tuttavia sempre a~certabile e dovendosi ravvisare invece i fatti continuativi in quegli eventi causativi di maggiori spese per l'Impresa, che o si protraggono per una parte o per tutta la durata dei lavori, o manifestano la loro esatta incidenza di spesa e possono quindi essere quantificati, avendo esaurito i loro effetti, solo a distanza di tempo dal mom~mto in cui sono avvenuti e talvolta unicamente alla fine dell'opera. Un simile accertamento, ripetesi, non � necessario, posto che, come appresso si avr� agio di dire in sede di esame dei singoli quesiti e quindi delle relative riserve, non v'� alcuna di queste che riguardi fatti continuativi secondo la nozione dianzi datane. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III,� 11 novembre 1971, n. 2690 -Pres. Straniero -Rel. Neri -P. M. (conf.) -Rie. Andracchio. Sequestro -Sequestro penale -Finalit�. (Cod. pen., artt. 189, 240; cod. proc-. pen. art. 337). Edilizia -Costruzione edilizia -Licenza di costruzione -Edificio ille gittimamente costruito -Sequestro -Ammissibilit�. (Cod. pen. art. 189; cod. proc. pen., art. 337; I. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31). Il sequestro penale ha finalit� pi� ampie di quelle meramente probatorie, atteso che nel sist.ema della legge l'istituto � preordinato anche a consentire l'eventuale ptrovvedimento di confisca ex art. 240 cod. pen. oltre che alla conversione nelle misure cautelari a garanzia dei crediti di cui all'art. ).89 cod. pen. (1).. � ammissibile il sequestro penale di edificio illegittimamente costruito, senza licenza o in difformit� da questa, al fine di assicurare le prove dell'illecito attraverso la indisponibilit� detle cose suite quali il reato si � concretato (2). Il Pretore con la citata ordinanza ha respinto l'istanza di revoca del sequestro e avver,so la medesima Ol'dinanza la Andracchio ha proposto ricorso per cassazione deducendo: 1) Erronea interpretazione della legge penale; 2) Esercizio da parte del giudice ordinario di una potest� riservata dalla legge ad organi amministrativi. Il ricorso � infondato sia sotto l'uno eh~ l'altro dei profili di diritto. Invero, come si � osservato dal P.G. nella sua requisitoria, il sequestro penale ha finalit� pi� ampie di quelle meramente probatorie, atteso che nel sistema della legge l'istituto � preordinato anche a consentire lo eventuale provvedimento di confisca ex art. 240 c.p. oltre che alla con (1-2) La decisione della Suorema Corte � ineccepibile, sia per quanto concerne la prima massima (l'interpretazione restrittiva che del sequestro penale era 1stata prospettata dalla difesa � infatti contrastata dalla pi� corretta inte11pretazione dottrinaria e giudsprudenziale), sia per quanto concerne la seconda. La difesa aveva infatti sostenuto una violazione dei principi contenuti nell'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, perch� il pretore di Roma, avendo sottoposto a ,sequestro penale un immobile abusivamente costruito nella zona vincolata dell'Appia Antica, avrebbe in tal modo ritardato l'esecuzione dell'eventuale atto amministrativo spet tante al Sindaco. -r~ 1230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO versione nelle misure cautelari a garanzia dei crediti di cui all'art. 189 c.p. Tuttavia nell'ambito delle finalit� probatorie proprie e tipiche del sequestro, in quanto diretto ad assicurare con vincolo di indisponibilit� le cose occorrenti per l'accertamento dell'illecito penale, non si vede quali ragioni si oppongano nella specifica materia (costruzione di edificio illegittima perch� senza licenza da parte dell'autorit� amministrativa �competente o in difformit� dalla licenza concessa) alla adozione del sequestro penale (che pu� cadere sia su cose mobili che immobili) al fine precipuo di assicurare le prove dell'illecito attraverso la indisponibilit� delle cose in cui addirittura si � concretato o che hanno. concorso a concretare il reato. L'apprezzamento �compiuto dal giudice sulla opportunit� di procedere al sequestro si sottrae, come giudizio di puro merito, ad ogni sindacato in questa sede, una volta accertata la �conformit� del provvedimento alle sue finalit� istituzionali e quindi escluso che attraverso il medesimo si sia compiuta una violazione di legge anche sotto il profilo del mantenimento del sequestro, che, essendo il procedimento penale tuttora in corso, � ugualmente r~messo al potere discrezionale del giudice ai sensi dell'art. 622, 1� comma c.p.p. N� potrebbe ravvisarsi violazione di legge per esercizio da parte del giudice di una potest� riservata dalla legge ad organi amministrativi, poich�, operando l'autorit� giudiziaria e quella amministrativa in virt� di poteri e per finalit� ben distinte, nessun conflitto o usurpazione di poteri da parte della autorit� giudiziaria, che disponga il sequestro dell'edificio illegittimamente costruito, sarebbe mai ravvisabile: la pendenza del procedimento giudiziale diretto all'accer.tamento del reato in cui si concreta la illegittima costruzione, proprio in virt� del principio della divisione dei poteri � evento che di per s� impedisce fino alla formazione del giudicato penale l'attuazione concreta degli eventuali provvedimenti (come quello di demolizione) riservati dalla legge alla competenza dell'autorit� amministrativa, fino a quando� si ritenga ai fini istruttori opportuno il mantenimento del sequestro (mantenimento che non ostacola l'esercizio dei poteri per cosi dire cautelari emessi dall'autorit� amministrativa nel frattempo, quale l'ordine di sospensione dei lavori). Una volta escluso quindi che nella soggetta materia possa ravvi sarsi una usurpazione di poteri spettanti alla P.A.�da parte dell'autorit� giudiziaria, va osservato che il disposto sequestro, non pu� non assol vere alla finalit� di consentire alla P.A. la concreta attuazione dei prov vedimenti che alla stessa competono nell'ambito dell'esevcizio dei po teri discrezionali per legge spettantile, quale la concreta eliminazione dell'illecito amministrativo. Il ricorso, sulle conformi conclusioni del P.G. deve essere pertanto rigettato con la condanna della ricorrente alla spese. ~ ~ ~ ~ PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1231 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 19 febbraio 1972, n. 879 -� Pres. Leone -Rel. Fornari -P. M. Padoin (conf.) -Rie. Marcaccino ed altro. Procedimento penale -Relazione tra la sentenza e l'accusa contestata In genere -Contestazione di truffa aggravata -Condanna per frodi in pubbliche forniture -Legittimit�. (c.p., artt. 356 e 640; c.p.p., art. 477). Non ogni modificazione dei particolari del fatto contestato costituisce mutazione tale da stabilire difetto di correlazione fra la sentenza e. l'accusa, ma. solo quell.a che apportando un rilevante mutamento degli elementi essenziali, determini incertezze sull'oggetto dell'imputazione con concreto pregiudizio d~i diritti delta difesa. Non vi � pertanto v'iolazione dell'art. 477 c.p.p. quando queila stessa attivit� per la quale era stato contestato il reato di truffa, venga in sentenza individuata come reato di frode in pubbliche forniture (1). (Omissis). -A seguito delle indagini compiute dapprima dal Commissariato di P.S. di Senigallia e poi del Nucleo di polizia tributaria di Ancona, veniva denunziato che, nel corso degli anni 1960, 1961 e 1962, era stata effettuata dal commerciante Marcaccini Bruno da Fano, col concorso del proprio dipendente Serafini .Sandro e di ta([e Puliti Gino da Falconara e con la compiacente opera dei veterinari comunali di Senigallia, dott. Sartini Ennio, e di Falconara, dott. Serantoni Didimo, l'illecita fornitura alle FF.AA. di stanza a Fano, a Falconara, a Pesaro e ad Ancona, di carne bovina perch�, invece di carne di ottima qualit� e proveniente da animali in ottimo stato di nutrizione e di ingrassamento, �come per contratto, era stata consegnata carne di bassa macelleria in quanto proveniente da bestie magre, ammalate e maceHate d'urgenza, ed erano stati inoltre consegnati 565 quarti anteriori di bestiame di fronte a soli 1212 quarti posteriori, nonch�, due partite di carne refrigerata che provenivano dall'Argentina e dall'Uruguai anzich� dal mercato nazionale, come era stabilito dalle condizioni d'appalto. Veniva riferito che, per le parziali ammissioni del Serafini, del Puliti e de1l dott. Serantoni, per la confessione di due ufficiali delle FF.AA. ed in base ai rilievi effettuati presso i pubblici uffici civili e militari, nonch� in base al sequestro di vari documenti presso l'azienda del Marcaccini, l'anzidetta attivit� illecita e la frode in ordine all'in (1) La giurisprudenza della Cassazione conferma l'indirizzo che ravvisa la ratio dell'art. 477 c.p . .p. nella necessit� di garantire il diritto della difesa. Vedi per una breve rassegna di giurisprudenza in tema di correlazione fra accusa e sentenza, questa Rassegna, 1972, I, 361. 1232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giusto profitto conseguito per il preteso pagamento dei tributi erariali inerenti al rapporto di fqrni�tura erano state poste in essere attraverso false certificazioni sanitarie militari, l'uso abusivo di sigfilli dell'Amministrazione militare, la consegna di danaro a scopo di corruzione, l'omissione delle operazioni di collaudo delle �carni costituenti l'oggetto del rapporto contrattuale e varie attivit� collusive negli incanti per l'appalto delle forniture militari. Procedutosi col rito formale a carico di tutti i denunziati, gli imputati Marcaccini, Serafini, Puliti, Sartini e Serantoni venivano rinviati a giudizio per rispondere dei reati di corruz.fone continuata e di truffa aggravata continuata in danno dell'Amministrazione militare per l'irregolare fornitura, al fine di trarne profitto, di Kg. 10.2rn di carne bovina di bassa macelleria, di �555 quarti anteriori di bestiame rispetto a 112 quarti posteriori, nonch� di Kg. 23.375 e 12.130 di carne refrigerata, provenienti rispettivamente dall'Argentina e dall'Uruguai. Gli imputati Marcaccini, Serafini e Puliti per rispondere altres� dei reati di falsit� continuata in certificazioni sanitarie militari, di uso abusivo continuato di sigilli dell'Amministrazione militare e di truffa aggravata continuata in dap.no di tale Amministrazione in relazione alla somma di L. L368.400 per tributi erariali sulle forniture di Kg. 2_4.639,40 di carne. Il Tribuna[e di Ancona, modificando la contestata imputazione di truffa aggravata, dichiarava il Marcaccini e il Serafini colpevoli, in concorso fra loro, del reato di frode continu~ta nella pubblica fornitura di carne bovina, ai sensi dell'art. 315,5 c.p., con l'aggravante di cui al secondo comma n. 1 dell'art. 315�5 stesso �codice, mentre mandava assolto il Puliti da tale reato per insufficienza di prove sul dolo; riguardo alle altre imputazioni lo stesso Tribunale pronunciava sentenze di assoluzione con formula piena, tranne che per quelle di falsit� aggravata continuata in certificati sanitari militari e di uso abusivo continuato di pubblici sigiJHi, ascritte al Marcaccini e al Serafini, in ordine alle quali dichiarava l'estinzione dei relativi reati per effetto della sopravvenuta amnistia concessa con decreto presidenziale 24 gennaio 1963, n. 5. Proposta impugnazione degli imputati Marcaccini, Serafini e Puliti per asseriti errori di rito e di merito in cui sarebbe incorso il primo Giudice, la Corte d'Appello di Ancona, dopo aver ammesso la perizia contabile invocata dagli appellanti per verificare la rispondenza tra i dati contenuti in due riepiloghi prodotti in prime cure circa l'esecuzione della pubblica fornitura di carne e il contenuto degli atti esistenti presso i competenti uffici comunali delle imposte di �consumo, disattendeva i motivi di gravame. Riteneva la Corte del merito che sussisteva la materialit� del reato di frode nella pubblica fornitura per le ammissioni, sia pure parziali, degli imputati Serafini e Puliti, per le dichiarazioni degli uffidali del PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE l'Esercito preposti alle operazioni di collaudo, per la falsificazione dei certificati sanitari dell'Autorit� mmtare e per l'uso abusivo di pubblici sigilli, nonch� in base alla documentazione sequestrata presso l'azienda del Marcaccini ed ai rilievi eseguiti dagU organi di polizia sugli atti dei pubblici uffici civili e militari, respingendo la tesi de1l vizio di corre lazione tra accusa e sentenza in quanto il tribunale si era limitato ad attribuire una diversa qualificazione giuridica al fatto contestato anche rispetto a quei quantitativi di carne che erano stati consegnati senza che fosse stato preventivamente eseguito il prescritto collaudo. Riguardo poi all'elemento intenzionale del reato la stessa Corte del merito ne confermava tanto \la sussistenza nei confronti degli impu. tati Marcaccini e Serafini quanto le ragioni di dubbio gi� manifestate sul conto dell'imputato Puliti. Avverso tale sentenza di secondo grado gli imputati Marcaccini e Serafini, tenuto conto anche dei motivi aggiunti presentati nel termine prescritto, hanno sostanzialmente rivolto le seguenti censure. Si lamenta in primo luogo fa violazione dell'art. 477 c.p.p., essendo stati gli imputati condannati per fatti non contestati col capo d'impu tazione in spreto al principio della correlazione tra accusa e sentenza, segnatamente in ordine al fatto mai contestato della fornitura di 19 capi di bestiame senza che fosse intervenuto il preventivo collaudo delle competenti autorit� sanitarie militari: il quale fatto, peraltro, � stato erroneamente ritenuto, nel difetto di ogni prova, come elemento indu cente la mancanza di qualit� dell'oggetto del contratto, mentre si sa rebbe potuto tutt'al pi� dedurne ila violazione di un obbligo contrat tuale inerente alla verificazione dell'oggetto stesso, ma mai la sussi stenza di una fraudolenta esecuzione del rapporto di fornitura. La doglianza � priva di fondamento, avendo il Giudice del merito correttamente ritenuto, alla stregua del principio ormai consolidato in giurisprudenza, che non ogni modificazione dei particolari del fatto contestato costituisce mutazione tale da stabilire difetto di correlazione tra la sentenza e l'accusa contestata ai fini dell'art. 477 c.p.p., ma sola mente quella che, apportando un rilevante mutamento degli elementi essenziali, determini incertezza sull'oggetto dell'imputazione con con creto pregiudizio dei diritti della difesa. Nel caso in esame, infatti, � stato all'esito del dibattimento rite uto �che la stessa attivit� riguardante la fraudolenta consegna di carne u collaudata, di qualit� deteriore e di carne refrigerata proveniente dal mercato estero anzich� di quello interno, che era stata enunciata nella sentenza di rinvio a giudizio ai fini della contestata sussistenza del reato di truffa aggravata in .danno dell'Amministrazione militare, inte grava pi� esattamente gli estremi dell'ipotesi deHttuosa.di frode ai sensi dell'art. 3156 c.p., la �quale, indipendentemente da ogni malizia od espe diente con cui l'obbligato si sottrae dolosamente all'esatto adempimento 1234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO degli obblighi contrattuali verso l'ente pubblico, consiste sia nella dolosa consegna di cose di qualit� diversa da quella prevista nel contratto di fornitura sia nella consegna di cose diverse da quelle che dovevano formare oggetto del contratto, anche se da ci� eventualmente non derivi un danno effettivo alla pubblica amministrazione contraente. Non sussiste, pertanto, la denunciata violazione deH'art. 477 c.p.p., essendosi il Giudice limitato ad attribuire ai fatti una diversa qualificazione giuridica, col porre esattamente in rilievo che gli artifizi e raggiri indicati nell'originaria imputazione di truffa non erano affatto incompatibili con la nozione del reato di frode ai sensi dell'art. 35,5 c.p., la cui essenza � costituita appunto dal doloso inadempimento degli obblighi inerenti ad un rapporto di pubblica fornitura di cose o di opere. Ne, contrariamente a quanto soggiungono i ricorrenti, � mancata la contestazione del fatto riguard�nte la dolosa consegna di quantitativi di carne non collaudati preventivamente, in base al capitolato d'oneri, dalle competenti commissioni militari sia perch� il fatto stesso era stato chiaramente indicato, in relazione a 1,9 capi di bestiame, nell'originario capo d'imputazione sia perch� su di esso, come pi� chiaramente si evince dalla sentenza di secondo grado (veggansi pagg. 19, 20 e 21) si era ampiamente dibattuto con rH:erimento agli accertamenti degli organi di polizia e alle ammissioni degli imputati Serantoni e Puliti, anche se quest'ultimo aveva in un secondo tempo cercato di dire, in contrasto con ogni criterio di verosimiglianza, che la carne prelevata dal frigorifero di Fano e non sottoposta a collaudo era stata interamente consegnata alle mense degli ufficiali e dei sottufficiali del C.A.R. di Falconara, per il cui fabbisogno facevasi ricorso al mercato libero e senza alcuna osservanza delle condizioni del rapporto di fornitura militare. L'impugnata sentenza viene quindi denunciata per difetto e contraddittoriet� di motivazione in ordine alle prove poste a base della ritenuta consegna alle FF.AA. di carne di qualit� diversa da quella pattuita e si sostiene a tale riguardo che il giudice del merito, omettendo, per un verso, ogni esame degli elementi probatori favorevoli agli imputati circa l'esatta esecuzione della pubblica fornitura (deposizioni degli ufficiali dei reparti militari di Falconara e di Fano e del Presidio di Ancona), e prospettando, per altro verso, l'ipotesi che, nonostante le operazioni di� collaudo, gli imputati abbiano avuto la possibilit� di consegnare dolosamente carne di qualit� deteriore, sarebbe pervenuto alla pronuncia di condanna attraverso argomentazioni prive di nesso logi�o. Viene altres� specificamente censurata la ritenuta inefficienza deUe operazioni di collaudo, per essere state tali operazioni eseguite mediante �n esame meramente macroscopico delle carni gi� macellate, perch� tale giudizio sarebbe in contrasto con la logica e con il sistema di controllo previsto dalle norme regolamentari, in materia, mentre gen�rica censura viene rivolta aHe affermazioni contenute nella pronuncia di con PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1235 danna circa la fornitura di carne proveniente dalla mattazione di 43 capi di bovini magri, ammalati e macellati d'urgenza, nonch� ci:r:ca la fornitura di quarti anteriori del bestiame mattato, sproporzionati in eccedenza rispetto ai quarti posteriori pi� pregiati, e la fornitura di carne refrigerata proveniente dal mercato estero anzich� da quello interno. Senonch�, anche tale complessa censura non ha pregio perch� le deduzioni dei ricorrenti si risolvono, in buona sostanza, nella invocazione di una va,lutazione probatoria diversa da quella compiuta dal Giudice di merito quando ci�, che attiene all'esercizio del potere discrezionale di apprezzamento delle prove, non � consentito in sede di legittimit�, senza che venga peraltro offerta la possibilit� di cogliere, nelle deduzioni medesime, gli estremi di alcun vizio inficiante la sentenza impugnata in uno dei suoi elementi costitutivi, tanto sotto il profilo della mancanza di motivazione, che sussiste allorquando dal processo logico del Giudice non possono desumersi le ragioni che lo hanno determinato ad emettere quella anzich� altra o diversa statuizione, quanto sotto il profilo della contraddittoriet� di motivazione, che si verifica nel caso che vi sia contraddizione logica fra l'una e l'altra affermazione della pronuncia. Il Giudice di merito ha spiegato infatti le ragioni del proprio convincimento attraverso l'esame degli elementi probatori acquisiti agli atti che andavano dalle ammissioni, sia pur�e parziali, dello stesso coimputato Serafini al risultato, perfettamente concordante, delle indagini sia del Commissariato di P.S. che del Nucle'O di P.T., delle rilevazioni compiute sugli atti degli uffici delle imposte di consumo dei vari comuni interessati e dal contenuto d�lla corrispondenza e dei documenti sequestrati presso l'azienda del Marcaccini alle accertate falsificazioni dei certificati sanitari dell'Autorit� militare, nonch� all'uso abusivo di pubblici sigilli, dalle deposizioni degli ufficiali della specialit� veterinaria e degli altri reparti militari a quelle dei testi ,che erano a conoscenza sia dell'incetta, da parte dell'imputato Marcaccini, di capi di bestiame traumatizzati, malati o mattati d'urgenza, sia dell'acquisto, da parte del medesimo, di quantitativi di carne refrigerata di provenienza estera, ritenendo, con argomentazioni affatto contrastanti col senso comune e con i limiti di una plausibile attendibilit� di apprezzamento, che la dolosa consegna di notevoli quantitativi di 'Carne bovina di qualit� diversa da quella prevista dal rapporto di pubblica fornitura aveva effettivamente riguardato carne non sottoposta a preventivo collaudo, carne di c.d. bassa macelleria e carne refrigerata proveniente dai mercati esteri, nonch� quarti anteriori di bestiame bovino che erano sproporzionati in sensibile eccedenza rispetto ai quarti posteriori, e ci� anche quando, a seguito del coJ.laudo, le operazioni di controllo, data l'entit� e per le modalit� delle varie consegne, non potevano sempre assicurare 1236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la carne corrispondeva, per qualit�, a quella prevista dal capitolato d'oneri della pubblica fornitura. Ne � esatto sostenere, come fanno i ricorrenti, 'Che il Giudice debba essere tenuto a compiere un'analisi particolareggiata di tutte le deduzioni delle parti e di tutti gli elementi probatori emersi nel procedimento, essendo invece sufficiente che egli spieghi le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, come si � precisamente verificato nella specie. Altro motivo di doglianza riguarda il difetto assoluto di motivazione in ordine alle prove documentali prodotte dagli imputati in prime cure a loro difesa, in relazione alle quaili il Giudice di secondo grado aveva ravvisato la necessit� di disporre una perizia contabile per verificare la corrispondenza o meno dei dati risultanti dagli accertamenti di polizia alle indicazioni contenute negli atti esistenti :presso gli uffici delle imposte di consumo dei vari comuni interessati. Ma anche questo motivo di gravame deve essere �disatteso. � bensi vero, infatti, che ila Corte del merito ha ritenuto di ammettere, di fronte al prodotto specchio riassuntivo delle consegne di carne effettuate dal fornitore Marcaccini ai reparti militari di stanza a Falconara, Ancona, Pesaro e Fano dal 1� gennaio 1960 al 30 giugno 19'60, un'indagine peritale per acquisire elementi di comparazione tra i dati degli illeciti concordemente rilevati dal Commissariato di P.S. e dal Nucleo di P.T. e la documentazione esistente presso gli uffici delle imposte di consumo che riferivasi alle macellazioni eseguite nei vari comuni, ma � anche vero che U perito di ufficio non � stato in grado di compiere detta indagine per la sopravvenuta impossibilit�, dato il tempo trascorso, di sequestrare presso i competenti uffici delle imposte di consumo tanto le bollette di accompagnamento e di introduzione dell~ carne macellata quanto quelle di riscossione delila dovuta imposta, tutte indispensabili ai fini dell'accertamento in questione, e che, in conseguenza di ci�, la stessa Corte del merito ha pronunciato un'ordinanza dibattimentale con cui stabilito che ogni ulteriore -istanza di accertamento peritale appariva superflua e che era peraltro acquisita agli atti la documentazione recante i dati sui quali il collegio giudicante, cui in definitiva spettava di decidere, doveva portare il proprio esame. Sicch�, a parte la mancanza di una specifica e separata impugnazione della succitata ordinanza, la quale � peraltro congruamente motivata ed � immune da vizi logici e da errori di diritto, � ovvio come la Corte del merito abbia dovuto formare il proprio convincimento in base all'esame di quei dati che, in relazione alla documentazione apprestata da entrambi gli organi di polizia e alla documentazione sequestrata presso l'azienda del Marcaccini, era di per s� tale da fornire sufficienti elementi di giudizio. Non senza dimenticare che la Corte medesima ha portato altres� il suo esame su quegli altri elementi probatori, quali, soprattutto, le ripetute falsificazioni dei certificati sanitari, l'uso abusivo di pubblici sigilli, le depo PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1237 s1z1oni testimoniali e le parziali ammissioni degli stessi imputati, che, pur di fronte ad eventuali discordanze circa l'iter della mattazione dei numerosi capi di bestiame, sono stati ritenuti di ri\l.evanza decisiva per la sussistenza della frode nella fornitura della carne ai vari reparti delle FF.AA. Ed infine i ricorrenti lamentano che sia stata ritenuta la competenza territoriale del Tribunale di Ancona in base all'apodittica affermazione che l'ultima irregolare consegna di carne era stata effettuata presso il C.A.R. di Falconara. Tale eccezione, per�, essendo stata sollevata per la prima volta nel giudizio di secondo grado, non solo � stata disattesa dalla Corte d'Appello nella corretta appUcazione dell'art. 43 c.p.p., ma � stata anche dalla Corte stessa motivatamente confutata nel merito in consistenza del fatto che, trattandosi di reato continuato, bene era stata radicata la competenza presso il Tribunale di Ancona perch� era risultato, in base alle indagini di polizia ed alle ammissioni degli imputati, che l'ultima consegna di carne era stata effettuata presso il 6� C.A.R. di Falconara. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, come ogni conseguenza di legge a carico dei ricorrenti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 10 agosto 1972, n. 368 -Pres. Colonnese -Rel. De Falco -P. M. Vallaro (conf.) -Rie. e P. M. e Pozzi. Reato�-Truffa -Atto di disposizione patrim~niale -Pu� avere carattere omissivo. Truffa -Artiftzi e raggiri diretti a conseguire abbuoni dell'imposta di fabbricazione -Sussistenza del reto. (Cod. pen., art. 640 c.p.). Nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale pu� avere anche carattere omissivo (1). Costituisce delitto di truffa H fatto di procurarsi, a danno dello Stato ed inducendo in errore gli organi dello stesso mediante artifici o raggiri (facendo apparire, a mezzo della falsificazione della prescritta documentazione, l'irregolare rilascio o l'uso della documentazione falsificata, che il vino impiegato nella distillazione dello spirito e della acquavite era stato acquistato presso produttori-viticuitori a prezzo di imperio), l'ingiusto profitto costituito dal conseguimento degli abbuoni (1-2) La Corte di Cassazione conferma l'indirizzo gi� altre volte espresso e di cui si � data notizia: v. in questa Rassegna 1971, pag. 1530, Cass. 20 gennaio 1971 n. 140. 23 1238 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR~ DELLO STATO dell'imposta di fabbricazione concessi con le leggi lo luglio 19.59, n. 458 e 30 luglio 1959, n. 560, nonch� dal d.l. 20 aprile 1960, n. 342, .convertito in l. 24 giugno 1960, n. 584 (2). Allo scopo di sostenere il mercato viti-vinicolo, con leggi 1� luglio 1959, n. 458 e 30 luglio 1959, n. 560, nonch� con d.l. 28 aprile 1960, n. 342 (conv. in 1. 24 giugno 1960, n. 584) venivano �concesse agevolazioni fiscali temporanee ed eccezionali consistenti in rilevanti abbuoni dall'80 al 98 % dell'imposta di fabbricazione sullo spirito e sulla acquavite ottenuti dalla distillazione del vino, alla triplice condizione che questo fosse stato acquistato presso produttori viticultori ed al prezzo (rispettiv�mente di 390 e 380 lire per ettogrado, franco cantina) e nei limiti di tempo stabiliti dai provvedimenti legislativi; successivamente, venivano precisati gli adempimenti e le formalit� necessari per usufruire delle agevolazioni, e cio� l'emissione delle bollette di accompagnamento da parte dei locali uffici comunali delle imposte di consumo e la compilazione di fatture -convalidate dei competenti ispettorati della agricoltura -contenenti le indicazioni relative alla qualit� del venditore di produttore-coltivatore ed al prezzo nonch� alla qualit� delle partite di vino fatturate, oppure, nella ipotesi di distillazione eseguita nell'interesse e per conto di viticultori-produttori, l'esibizione, da parte del distillatore, di una dichiarazione, rilasciata dal detto ispettorato, relativa alla qualit� del proprietario-produttore ed alle caratteristiche del vino. In esito al controllo di tali adempimenti, i funzionari dell'U,T.I.F. autorizzavano l'introduzione del vino in distilleria in esenzione e la presa in carico mediante annotazione su di apposito registro. Nel 1965 il Nucleo di Polizia tributaria di Taranto accertava che la Societ� Tipan di Brindisi aveva impiegato, per la distillazione di spirito ed acquavite, principalmente per s� ed in minor misura per conto terzi (S.A.S. Grandi Marche Associate, Ditta Giovanni Polizzotto e C.P.A. Vinai), ingenti quantitativi di vino (rispettivamente 40.247,85 e 39.103,36 quintali) acquistati presso industriali e commericanti grossisti ed a prezzo inferiore a quello di imperio e che era stata prodotta documentazione falsificata od artefatta allo scopo di far figurare gli acquisti eseguiti nell'osservanza delle prescrizioni e condizioni stabilite dai detti provvedimenti legislativi�~ e cio� a prezzo legale presso produttori viticultori -usufruendo cos� indebitamente degli abbuoni. , Veniva quindi iniziato procedimento penale a carico del ricorrente Mario Pozzi, amministratore delegato della Tipan, nonch� di altri diciotto imputati (legali rappresentanti delle societ� G.M.A. e Vinai, titolare della ditta Polizzotto nonch� mediatori, commercianti e produttori di prodotti vinosi) per i seguenti reati: a) concorso nel delitto previsto dagli art. 61, n. 2, c.p. e 42 t.u. 8 luglio 1924 sull'imposta di fab PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE bricazione degli spiriti, per avere il primo acquistato e gli altri venduto yino per la distillazione a prezzo di mercato, facendo apparire, contrariamente al vero, mediante false fatture e le bollette di accompagnamento, che gli acquisti erano avvenuti presso viticultori ed a prezzo di imperio, usufruendo cosi indebitamente delle agevolazi�ni fiscali concesse con le leggi del 1959 e del 1960; b) di concorso nel delitto di falsit� aggravata e continuata in scrittura privata, artt. 61, n. 2, 81, 110 e 485 c.p.) per avere, al fine di commettere il precedente reato, falsificato le fatture e le bollette di accompagnamento; e) di concorso nel .d�litto di truffa continuata (a,.-tt. 81, 110 e 640, secondo comma, n. 1, c.p.) per avere, facendo apparire contrariamente al vero, che gli acquisti di vino erano stati fatti presso viticultori a prezzo di imperio, usufruito delle anzidette agevolazioni fiscali. Nel corso dell'istruzione risultava, tra l'altro, la discordanza fra quasi tutti i nominativi indicati nelle bollette di accompagnamento e quelli delle fatture, la falsificazione di quasi tutte le firme apposte in queste ultime o l'indicazione di nominativi inesistenti; solo per alcune firme era possibile accertare che la falsificazione era stata eseguita da uno dei coimputati. All'esito della formale istruzione, il g.i. proscioglieva tutti gli im putati dal delitto sub a) perch� il fatto non costituiva reato (nessuna incriminazione era prevista dalle leggi del 1959 e del 1960 per la vio lazione delle relative disposizioni, mentre i fatti non erano compresi nelle ipotesi criminose previste dall'art. 42 del t.u. del 1924).e da quella sub b), esclusa l'aggravante contestata, perch� il reato era estinto per amnistia; proscioglieva tutti gli imputati, ad eccezione del Pozzi, di Angelo Delle Molle e Giovanni Polizzotto, dalla imputazione di concorso nel delitto di truffa per non aver commesso il fatto; ordinava il rinvio al giudizio del Tribunale di Brindisi del Pozzi, del Delle Molle e del Polizzotto per rispondere di concorso nel delitto di truffa ag~ravata e continuata (artt. 81, 110, 640, 2� comma, n. 1, c.p.) per avere, fa cendo apparire, contrariamente al ve1.'0, mediante false fatture e bol lette di accompagnamento, che gli acquisti di vino per la produzione di alcool ed acquavite, erano avvenuti presso viticultori ed a prezzo di imperio, usufruito delle agevolazioni fiscali di cui alle leggi del 1959 e del 1960, procurandosi un ingiusto profitto a danno dello Stato per abbuoni dell'imposta di fabbricazione indebitamente conseguiti (pari, per il Pozzi, a 145.714.416 lire), cosi precisata l'imputazione di cui sub a) in rubrica. Con sentenza 4 luglio 1970, il tribunale assolveva il Delle Molle ed il Polizzotto per non avere commesso il fatto ed il Pozzi perch� il fatto non costituiva reato. La Corte di appello di Lecce, con sentenza 9 luglio 1971, ha di chiarato inammisibile l'appello del Pozzi ed ha confermato la. sentenza 1240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del tribunale, appellata dal p.m. nei confronti di questo ultimo imputato soltanto. Ricorrono per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Lecce ed il Pozzi. L'amministrazione finanziaria ha insistito nella costituzione di parte civile; la difesa dell'imputato ha presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE La corte di merito, premesso che, nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale, produttiva di danno, pu� consistere anche nella privazione di una concreta aspettativa fondata su di una situazione di diritto soggettivo e che tale privazione pu� essere determinata anche da un comportamento omissivo del soggetto passivo, ha escluso, per�, nella specie, la sussistenza del contestato delitto di truff�, in quanto l'azione fraudolenta dell'obbligato al tributo realizza un'ipotesi di frode fiscale, che trova la sua repressione non nelle comuni sanzioni penali bens� in quelle di ordine finanziario; ha quindi conf�rmato, sia pure per altra via, la decisione del tribunale, che aveva escluso il reato per insussistenza di un danno patrimoniale. Il ricorrente p.m., sul presupposto che la sentenza impugnata abbia affermato anche che l'indebita percezione degli abbuoni -concessi con le leggi del 1959 e 1960 -dell'imposta di fabbricazione rientri nelle ipotesi di contrabbando previste e punite dall'art. 42 del t.u. 8 luglio 1924 sull'imposta di fabbricazione degli spiriti (e, quindi, im-~ plicitamente, la sussistenza di un concorso di norme penali, regolato dall'art. 15 c.p.) e ritenuto, invece, che il fatto ascritto al Pozzi non j rientri l.n queste ipotesi n� in quelle previste da altre disposizioni dello stesso t.u. o da successive leggi, lamenta ad� ogni modo la violazione dell'art. 15 c.p. e 55 del t.u., non avendo la Corte d'appello considerato I che quest'ultima norma dispone che l'applicazione delle pene stabilite dalla legge speciale non pregiudica quella, ove sia il caso, della norma penale generale, e cio�, con riferimento al caso di specie, dell'articolo 640 �C.p. I Il ricorso del p.m., �che � in sostanza fondato, ripropone ancora , ' una volta una questione affrontata e risolta, anche di recente, da que I sta Corte suprema nel senso prospettato dal ricorrente (Cass. Sez. II, 30 gennaio 1971, Palma, in Riv. Pen., 1971, pp. 737-739; Cass. Sez. II, I 7 febbraio 1972, P. M. in c. Lombardo; e, per un rifer., in motiv., Cass. "" ~: Sez. II, 19 dicembre 1971, Cafferata); n� vengono esposte ragioni idonee ad indurre il Collegio a discostarsi da questo deciso orientamento, non ~i rilevando a tal fine le parzialmente difformi e non recenti decisioni di f:! questa st.essa Corte (Cass. Sez. III, 11 novembre 1959, Agostinelli, in I I ~' :-:� PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1241 G.P. 1960, p. 2', col 808 e seg.; Cass. Sez. II, 4 dicembre 1961, P. M. in c. Fiorino, ivi 1969, p. 20, col. 454 e seg., la prima delle quali citata anche dalla sentenza impugnata), relative a fatti e situazioni del tutto diverse. Ci� posto, va osservato che, con l'accusa precisata nel capo di imputazione della sentenza di rinvio a giudizio, al Pozzi � stato ascritto il fatto di essersi procurato, a danno dello Stato, l'ingiusto profitto di 145.714.416 lire per abbuono sull'imposta di fabbricazione dello spirito e dell'acquavite, indebitamente usufruito inducendo in errore, con artifici e raggiri (facendo apparire, contrariamente al vero, che il vino per la distillazione era stato acquistato presso produttori viticultori a prezzo di imperio), gli organi dello Stato in ordine alla sus1sistenza delle condizioni stabilite dalle citate leggi de'l 1959 e 1960 per godere delle agevolazioni fiscali; in particolare, sempre secondo l'accusa contestata in istruttoria e nel giudizio di primo grado, al Pozzi � stato addebitato di avere falsificato, fatto falsificare od usato la documentazione per prospettare una. ~ituazione di fatto (acquisti presso viticultori a prezzo legale) diversa da quella reale (acquisti presso industriali e grossisti o presso viticultori ma a prezzo inferiore a quello di imperio, oppure apparentemente tale ma in effetti inferiore, facendo gravare sui venditori le spese di mediazione, trasporto e simili), determinando cos� l'errore del soggetto passivo sul diritto all'abbuono ed il conseguente danno patrimoniale, con il corrispondente ingiusto profitto per l'imputato, pari all'importo degli abbuoni conseguiti. Orbene, non pu� dubitarsi che il fatto ascritto realizza tutti gli elementi costitutivi -materiale, psicologico ed eziologico -del contestato delitto di truffa; il conseguimento di un ingiusto profitto mediante artifici aventi efficacia causale nell'induzione in errore del soggetto passiva e nella determinazione alla attuazione di una disposizione patrimoniale produttiva di danno per l'offeso. Su quest'ultimo punto la decisione impugnata sembra conforme al citato orientamento di questa Corte in ordine al contenuto ed al carattere della disposizione patrimoniale; ma la sussistenza, denunziata dal p.m., di aspetti contraddittori nella motivazione della sentenza, impone di precisare ancora una volta i principi gi� enunciati da questa Corte suprema. � pacifico che, atteso l'oggetto primario, l'interesse specifico della tutela penale dell'art. 640 c.p., il danno, nel delitto di truffa, deve avere contenuto patrimoniale; deve cio� concretarsi in un pregiudizio patrimoniale, in un �!etrimento del patrimonio .(inteso come complesso di diritti, rapporti e situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale) del soggetto passivo. Non pu� quindi essere ricondotta nella previsione legislativa la violazione di una mera aspettativa fondata'su di una astrat 1242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ta situazione giuridica ipotizzata dalla legge; ma quando vengono a verifkarsi le condizioni stabilite affinch� la situazione giuridica ~strattamente �considerata .sia resa operante nei confronti di un determinato soggetto, l'aspettativa diventa concreta e d� luogo al sorgere di un interesse munito di tutela giuridica e, come tale, se di contenuto patrimoniale, rientrante (sotto il duplice ed alternativo aspetto di acquisizione materiale avvenuta o futura) nel patrimonio del soggetto e suscettibile della tutela penale dell'art. 640 c.p. Ne consegue che, nel delitto di truffa, il danno pu� essere realizzato, anzitutto, mediante un atto positivo di disposizione patrimoniale (compiuto dalla vittima per effetto dell'errore ingenerato in lei dagli artifici o raggiri), consistente nel trasferimento di un bene o di un diritto dal patrimonio proprio a quello dell'agente; ma l'atto di disposizione patrimoniale pu� avere anche carattere omissivo, nel senso che il pregiudizio per il patrimonio dell'offeso pu� consistere anche nel mancato acquisto di una concreta utilit� economica, alla quale il soggetto passivo ha diritto, e pu�� realizzarsi mediante un comportamento in virt� del quale la vittima impedisce che un determinato bene entri a far parte del proprio patrimonio, rimanendo acquisito a quello dell'agente. Con riferimento, quindi, alla materia oggetto del presente giudizio pu� affermarsi, sulla scorta delle considerazioni che precedono, che non � comunque riconducibile sotto la fattispecie .criminosa .in esame la generica rinunzia (a volerne ammettere la concreta configurabilit�) da parte dello Stato al suo diritto di imposizione tributaria astrattamente considerato, nei rapporti di determinate situazioni giuridiche; ma quando, per effetto del verificarsi dei presupposti di fatto -oggettivi e soggettivi -stabiliti dalla legge per il sorgere dell'obbli . gazione tributaria in rapporto alla situazione giuridica di un determinato soggetto, il generale diritto (o potere) di imposizione tributaria, astrattamente ipotizzato dal legislatore, si � concretamente determinato, ha luogo il sorgere di un diritto a contenuto patrimoniale, entrato a far parte del patrimonio (in sen'so lato) dello Stato sotto l'aspetto di un credito di imposta munito di piena tutela, quanto alla� sua riscossione, cui corrisponde il debito (di imposta) del �contribuente, di guisa che la rinunzia al tributo (in tutto od in parte) realizza un atto di disposizione patrimoniale. Nel �Caso concreto, per effetto dell'introduzione del vino nello sta bilimento del Pozzi e della sua distillazione. l'obbligazione tributaria era sorta e si era perfezionata, nella sua esistenza e nel suo ammontare, nei riguardi di un soggetto determinato ed ad essa faceva riscontro il corrispondente diritto di credito di imposta (esigibile al momento sta bilito) dello Stato nei rapporti del contribuente; la concessione dell'ab PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE buono (causat..a dai raggiri adoperati per fare apparire verificate le condizioni di legge per usufruire delle agevolazioni) dell'imposta di fabbricazione in favore dei" distillatore ha realizzato quindi. un atto di disposizione patrimoniale (sia pure di carattere omissivo) consistente, ' in sostanza e sotto un profilo analogico, in una forma di rinunzia dello Stato ad esigere il proprio credito di imposta, con �conseguente detrimento del patrimonio dello Stato stesso ed ingiusto profitto del contribuente. N� pu� condividersi l'affermazione della corte di merito che un tale fatto trovi la sua repressione unicamente nelle sanzioni eventualmente comminate dalle leggi speciali, che devono prevalere .su quelle comuni, a mezzo dell� quali soltanto lo Stato realizza pi� immediatamente ed efficacemente la tutela dei suoi superiori interessi e l'esazione dei tributi, lesi dalla condotta truffaldina dell'obbligato. Al riguardo va osservato anzitutto (rettificandosi una inesattezza interpretativa nella quale � incorso il ricorrente p.m. nell'attribuire -sia pure in forma dubitativa -alla sentenza impugnata l'affermazione che il fatto ascritto al Pozzi sia da comprendere nelle ipotesi criminose previste dall'art. 42 del t.u. 8 luglio 1924) che il riferimento all'art. 42 cit. � stato fatto dalla corte forse a ti~olo semplicemente esemplificativo, come a caso analogo e come argomentazione logica diretta a dimostrare l'abituale ricorso del legislatore a particolare normativa per punire le frodi fi5cali e l'inapplicabilit� nel caso �Concreto dell'art. 640 c.p.; n� .poteva essere altrimenti a causa della preclusione nascente dal proscioglimento perch� il fatto non costituisce reato, pronunziato con la sentenza istruttoria non impugnata, del Pozzi e degli altri prevenuti dalla imputazione (lettera �a � dell'originaria rubrica) di concorso nel delitto previsto dal cit. art. 42. E non pu� non condividersi l'esatta affermazione del giudice istruttore che l'art. 42 del t.u. del 1924 prevede e punisce l'esistenza nella distilleria di materie prime diverse da quelle dichiarate sotto il profilo merceologico e non gi� in relazione alla loro situazione giuridica; del resto, come giustamente osserva il ricorrente p.m., ogni questione dipendente da un eventuale concorso di norme incriminatrici � testualmente risolta, nell'ambito �e nell'osservanza della disciplina dell'art. 15 c.p., dall'art. 55 del t.u., il quale dispone che l'applicazione delle sanzioni stabilite dalla legge speciale non pregiudica, ove ne sia il caso, quella delle pene comminate dalla legge penale generale. La corte de.I merito, poi, non indica affatto le norme di carattere tributario che, a suo dire, incriminino o �comunque sanzionino diversamente il medesimo fatto ascritto al Pozzi a titolo di truffa; ma -a prescindere da ogni questione connessa all'esigenza di una regolare contestazione e pur sotto il profilo della semplice qualificazione giuridica del fatto contestato -non sembra esatta l'affermazione della �corte barese. 1244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le leggi del 1959 e 1960, invero, non �contengono alcuna disposizione, sia pure a mezzo del semplice rinvio o riferimento -espressi, per� -a precedenti disposizioni legislative in materia, destinata a reprimere e punire, con efficacia esclusiva nei confronti della disciplina penale ordinaria, una condotta fraudolenta diretta ad ot~enere l'indebito riconoscimento dell'abbuono dell'imposta di fabbricazione; n� (a prescindere da ogni questione dipendente dal divieto del ricorso alla analogia e dalle fatte considerazioni in ordine alla disciplina del combinato disposto degli artt. 15 c.p. e 55 del t.u.) pu� valere il ricorso alle altre disposizioni della legge fondamentale del 1924, che, nella sua minuziosissima e dettagliata disciplina, non prevede n� punisce (n�, del resto, poteva farlo per ragioni di ordine cronologico) un fatto avente i caratteri di quello ascritto al Pozzi a titolo di truffa. Nel fatto contestato ricorrono quindi i requisiti, gli elementi costitutivi del delitto di truffa e, pertanto, il fatto stesso � .punibile a tale titolo; in parziale aceoglimento del, ricorso del p.m. (respingendosi la censura relativa alla possibilit� del concorso di norme incriminatrici e restando assorbito l'esame del penultimo motivo del ricorso dell'imputato, la cui infondatezza discende dall'accoglimento del ricorso del p.m.), la sentenza impugnata va annullata per violazione di legge ed il giudizio va rinviato alla corte del merito, che, nel nuovo riesame, dovr� attenersi ai seguenti principi di diritto: a) nel delitto di truffa, la disposizione patrimoniale pu� avere anche carattere omissivo; b) costituisce delitto di truffa il fatto di procurarsi, a danno dello Stato ed inducendo in errore gli organi dello stesso mediante artifici o raggiri (facendo apparire, a mezzo della falsificazione della prescritta documentazione, l'irregolare rilascio o l'uso della documentazione fal sificata, che il vino impiegato nella distillazione dello spirito e della acquavite era stato acquistato pres�so produttori-viticultori a prezzo di imperio), l'ingiusto profitto costit.it� dal conseguimento dagli abbuoni dell'imposta di fabbricazione �Concessi con le leggi 1<> luglio 1959, n. 453 e 30 luglio 1959, n. 560, nonch� dal d.l. 20 aprile 1960, n. 342, conver tito in I. 24 giugno 1960, n. 584. La delimitazione dei compiti del giudice di rinvio impone l'esame del primo motivo del ricorso dell'imputato. Al riguardo va osservato che, nella medesima data del 7 luglio 1970 (voi. 2�, fol. 280 e 281), contro la sentenza del tribunale propone vano appello il p.m. e il difensore dell'imputato; la corte del merito ha dichiarato inammissibile l'appello di quest'ultimo perch� costui non poteva proporre tale mezzo di impugnazione, bens� ricorso per cas sazione. 1245 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE Con il primo motivo (pag. 2-5 dell'allegazione) il Pozzi lamenta la violazione dell'art. 514 c.p.p., assumendo in sostanza che l'appello da lui interposto �dopo la proposizione di identico mezzo di impugnazione da parte del p.m. .__ che vi aveva diritto -era valido ed ammissibile in virt� del principio di attuazione stabilito dall'art. 514 c.p.p. La �censura non � meritevole di accoglimento. � pacifico (art. 513, nn. 2 e 3, c.p.p.) che, contro l'unico capo della sentenza assolutoria del Tribunale di Brindisi, il p.m. e l'imputato erano titolari di due distinti mezzi di impugnazione (rispettivamente l'appello ed il ricorso per cassazione); � noto, poi, che, secondo l'opinione comunemente accolta, il principio di conversione del ricorso in appello (o di attrazione del primo nel secondo) � operante anche nell'ipotesi di sentenza che consti di un unico capo, ricorribile da una delle parti ed appellabile dall'altra; ed infine, risulta dagli atti (per quel che possa valere in funzione dei limiti dell'indagine) che entrambi gli appelli furono proposti nella medesima data. Ci� posto, va osservato che la norma di attrazione stabilita dall'art. 514 c.p.p. tende a realizzare un principio di economia e di concentrazione processuale, mediante la progressione, nei -medesimi gradi successivi, dell'intero giudizio, contestualmente, nei confronti di tutte le parti, anche quando ciascuna di queste abbia proposto il mezzo di impugnazione che le � proprio, ma non intende attribuire ad una parte un mezzo di gravame di cui non era titolare; il principio di attrazione, invero, del ricorso nell'appello non introduce una deroga di ordine generale all'altro e fondamentale principio della tassativit� dei mezzi ' di impugnazione (artt. 190, 207, 513, 526 e 527 c.p.p.). N� vale invocare l'operativit� �ex lege � del principio di attribuzione, pokh� tale automaticit� non implica necessariamente la deroga anzidetta e poich� non esclude l'obbligo della verifica da parte del giudice dell'impugnazione quanto meno della insussistenza di una causa originaria di inammissibilit� dell'appello, di ostacolo all'instaurarsi del relativo procedimentc�. Il primo motivo va quindi respinto. L'esame del secondo motivo (pag. 6-12 dell'allegazione) involge l'indagine di merito relativa all'accertamento dell'imputabilit� materiale e psicologica al Pozzi del fatto ascrittogli; esso dipende quindi dalla delimitazione dei compiti del giudice di rinvio nell'ulteriore e definitivo riesame a seguito della pronunzia di annullamento. A tal fine va osservato che il Tribunale di Brindisi aveva accertato che il vino acquistato dal Pozzi per la distillazione non aveva i. requisiti richiesti dalle leggi del 1959 e 1960 -per usufruire degli abbuoni di imposta, che la sussistenza dei requisiti era stata dimostrata a mezzo delle bollette di accompagnamento e di fatture falsificate e 1246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che tali documenti falsi erano stati convalidati dagli organi com.petenti; aveva affermato che era da escludere che il Pozzi avesse falsificato materialmente le fatture, 'che mancava la prova sicura (per la presenza di contrastanti elementi, dettagliatamente esaminati, di accusa e a difesa) che lo stesso avesse ,consapevolmente adoperato le fatture falsificate da altri, 'Che non poteva quindi affermarsi che l'imputato avesse indotto in errore i funzionari e che invece era da ritenere che il Pozzi si fosse soltanto avvantaggiato dell'errore nel quale erano incorsi detti funzionari nell'apporre la convalida sui documenti falsi, conseguendo cos� le agevolazioni fiscali alle quali non aveva �diritto. Premesso, poi, che l'omesso pagamento dell'imposta nella misura dovuta (per effetto dell'indebito godimento degli abbuoni) non rientrava nello schema dell'art. 640 c.p. per difetto di un atto di disposizione patrimoniale, aveva ritenuto che, anche a voler ammettere (cosa di cui mancava la prova sicura) una attivit� del Pozzi diretta ad indurre in errore la P.A. ed a conseguire l'indebito godimento degli abbuoni (e cio� il pagamento dell'imposta di fabbricazione in misura inferiore a quella poi definitivamente accertata come dovuta), si era sempre in presenza di una frode fiscale e non di una truffa, per mancanza di un atto di disposizione patrimoniale. L'appello del P.M. ebbe per oggetto la decisione sia per quanto riguardava la qualificazione giuridica del fatto contestato e sia per quan to riguardava la riferibilit� materiale e psicologica al Pozzi dell'attivit� fraudolenta diretta ad indurre in errore i pubblici funzionari e ad otte nere gli abbuoni di imposta. La corte del merito, nel ,confermare, sia pure per altra via, come si � detto, la decisione del tribunale, ha pretermesso il riesame relativo al secondo punto del gravame del p.m. ritenendo �assorbita ogni ulte riore questione circa la sussistenza materiale dei fatti contestati, poich� deve dichiararsi �che i medesimi non integrano il modello criminoso della truffa �. Orbene, per effetto dell'annullamento come sopra disposto e dei principi affermati, quell'indagine compiuta dal tribunale nel modo cen surato dall'appellante p.m. e non rinnovata dalla corte del merito, no nostante il gravame, a causa dell'assorbente ragione del decidere, deve ovviamente essere svolta dal giudice di rinvio con riferimento all'am bito del motivo di appello del p.m. e nel rispetto di quella parte dell'ac certamento dei primi giudici divenuta irrevocabile; e cio�, come si � detto, �con riferimento alla riferibilit� materiale e psicologica al Pozzi dell'attivit~ fraudolenta diretta ad indurre in errore i pubblici funzio nari e ad ottenere gli abbuoni. E resta quindi assorbito ,anche il secondo motivo del ricorso del- l'imputato (pag. 6-12 dell'allegazione), in quanto il giudice di rinvio, l~ ~ f: I. (: ;: ' ~ f ''''''''"'"'fr11r11riilflf~ir1111r11111rlflllrr111111;111111111rJ111111111.r1111J , X PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE dinanzi al quale le parU sono rimesse -entro i limiti fissati dalla pronunzia di annullamento -nella medesim~ situazione esistente anteriormente alla decisione annullata, dovr� tenere conto anche delle argomentazioni e richieste prospettate dall'imputato; ed invero, l'appello del p.m. contro la sentenza di assoluzione ha effetto pienamente devolutivo e rimette autqmaticamente l'imputato nella fase iniziale del giudizio, con l'effetto di consentirgli di riproporre in secondo grado, pur in mancanza di rituale gravame, tutte le istanze proposte in primo grado, anche se respinte. E resta assorbito, infine, anche l'ultimo motivo del rico~so dell'imputato, in quanto ogni decisione sull'onere delle spese del giudizio di appello � condizionata all'esito di quello di rinvio. Con la memoria esibita in questa sede, il difensore dell'imputato solleva, in riferimento al contenuto del ricorso del p.m., una questio~e relativa ai limiti della contestazione formulata nei suoi confronti, per quanto riguarda la materialit� degli artifici e dei raggiri adoperati per indurre in errore i pubblici funzionari. La questione (che va affrontata fin da ora in considerazione degli effetti della sua soluzione sull'oggetto del giudizio di rinvio) non ha ragion d'essere in quanto fondata sull'originaria formulazione del capo � c � di imputazione e non tiene conto della definitiva formulazione del medesimo -ed ormai unico -capo della sentenza di rinvio a giudizio (voi. 2�, fol. 3), legittimamente ;precisato in relazione al contenuto delle altre accuse formalmente contestate con il mandato di comparizione, nonch� delle ulteriori contestazioni materialmente oggetto degli interrogatori dell'imputato; contestazione formale e sostanziale avente ad oggetto la materialit� dei fatti di raggiro e di artificio sui quali si erano pronunziati i giudici di merito ed ai quali, quindi, correttamente fa riferimento il p.m. In accoglimento parziale, quindi, del ricorso del p.m., rigettati le ulteriori censure di costui nonch� il primo motivo del ricorso dell'imputato, e restando assorbito l'esame degli altri motivi formulati da questo ultimo, la sentenza impugnata va annullata per violazione di legge, per le ragioni esposte in precedenza, ed il giudizio va rinviato alla corte del merito affinch�, uniformandosi ai principi sopra enunciati, proceda, in piena libert� di valutazione e di ,giudizio, all'ulteriore riesame dei punti indicat� in motivazione. In �considerazione dell'interesse della parte 'Civile ad intervenire nel presente grado del giudizio, in relazione alla possibilit� di un pregiudizio per i propri diritti in dipendenza di un eventuale accoglimento del gravame dell'imputato, ed atteso l'esito sfavorevole per costui, sostanzialmente soccombente nel presente grado, del gravame stesso, il Pozzi va �condannato al pagamento delle spese in favore della costituita parte civile Amministrazione delle finanze. �---I >' PARTE SECONDA IPlllllllllllllrilllllifllrllllfilllllfllrllllllllalllfltlllllll111 LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, art. 645, nella parte in cui, nel caso di mancata notifica all'interessato di alcuno degli atti o dei provvedimenti che la legge prevede siano a lui comunicati, stabilisce la facoJ.t� dei giudici di sorvegUanza e non l'obbligo di ordinare nuove ricerche, prima di dichiararne la irreperibilit� e di disporre il deposito degli atti o provvedimenti in cancelleria con contestuale avviso del deposito stesso al difensore dell'interessato, di fiducia o da nominarsi dall'ufficio. Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146, nella parte in cui non stabilisce che la notificazione in esso prevista, ai fini della decorrenza del termine di decadenza per ricorrere all'autorit� giudiziaria, possa avere luogo anche ad istanza del contribuente. Sentenza 21 dicembre 1972, n. 186, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. contratto collettivo di lavoro 24 mag9io 1956, art. 49, terzo C�omma, recepito con d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, nella parte in cui fa decorrere il termine di decadenza per i reclami dei dipendenti dal giorno in� cui il pagamento venga effettuato o omesso, anche per i rapporti di lavoro non considerati dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, e succes�sive modificazioni. Sentenza 12 dicembre 1972, n. 174, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. d.P.R. 9 maggio 1961, n. 902, a�rtlcolo unico, per la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le clausole 8 e 9 del contratto integrativo di lavoro 25 settembre 1959 per gli operai dipendenti dalle imprese della industria edilizia ed affini della provincia di Padova (art. 76 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1972, n. 185, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 17 febbraio 1968, n. 108, art. 5, n. 7, nella parte in cui dispone l'ineleggibilit� a consigliere regionale per � i capi degli uffici regionali, provinciali e locali dello Stato nella regione, coloro che ne fanno le v�ci per disposizione di legge o di regolamento �. Sentenza 28 novembre 1972, n. 166, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice d�i procedura civile, art. 648, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione), questione dichiarata inammissibile. Sentenza 21 dkembre 1972, n. 183, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. codice .penale, artt. 102, 109, secondo comma (artt. 3, primo e secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice penale, art. 106, prima parte ~art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 163, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice .penale,' art. 216 (artt. 27, terzo comma, e 38 della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 167, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice penale, artt. 341 e 344 (artt. 1, 2, 3, 4, 35, 54, 97, 98 e 113 della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 165, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice di procedura penale, art. 169, per quanto riguard.a la sua appll� cazione al procedimento monitorio (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 15 novembre 1972, n. 15'9, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. codice di procedura penale, art. 175 (artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1972, n. 187, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. codice di procedura penale, art. 389, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 169, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. ' codice di procedura penale, art. 498 (art,.. 2_4, secondo comma della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 177, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. codice di procedura penale, artt. 502 e 503 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 171, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. codice di .procedura penale, art. 509 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1972, n. 189, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. I:: f,! ~~ .. . I ff wiir'.%irili:::;i11;:�~~:thiw:=;i;i;r1%i&w#jaifJmi.~:i~Wli�ftit,lwx.f�J1�i.����1iil PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 604, secondo comma, relativamente all'iscrizione nel casellario giudiziale della sentenza di non doversi procedere per amnistia che abbia fatto seguito a sentenza non irrevocabile di condanna (artt. 3 e 27 della Costituzione). , Sentenza 21 dicembre 1971, n. 182, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. codice di ,procedura penale, artt. 636 e 637 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 28 novembre 1972, n. 168, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 114, p,rimo comma (artt. 3, primo comma,. e 25, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 15 novembre 1972, n. 157, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, secondo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1972, n. 190, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, terzo e quarto c,omma (artt. 3, 21, 24, 25, 33, 104 e 111 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 172, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 21 marzo 1958, n. 447, articolo unico, quarto comma, prima parte (artt. 3 e 47 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 173, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 2, lettera aJ (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 173, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. I legge 24 luglio 1961, n. 729, art. 11, ultimo comma (art. 42, secondo comma, della Costituzione). \ Sentenza 21 ,dicembre 1972, n. 188, G. U. 27 dicembre 1972, n. 344. legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 9 (art. 25, primo comma, dell:a Costituzione). Sentenza 12 dicembre 1972, n. 170, G. U. 20 di�cembre 1972, n. 329. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 844 (artt. 2, 3, 9, secondo comma, 32, primo comma, 41, secondo e .terzo comma, 42, secondo e terzo comma, della Costituzione). Pretore .di Bologna, ordinanza 18 maggio 1972, G.U. 15 novembre 1972, n. 296. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice civile, art. 1462, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice civile, art. 2120 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 26 aprile 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. c�odice penale, art. 69, quarto e quinto comma (artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 20 ottobre 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. codice penale, artt. 102, 106 e 109, secondo comma (artt. 3, primo e secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanza 12 settembre 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. codice penale, art. 120 (artt. 112 e 3 della Costituzione). Pretore di Codigoro, ordinanza 30 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. codice penale, art. 290 (art. 21, primo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 18 novembre 1971, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. codice penale, art. 341 (artt. 1, 3, 28, 54, 97 e 98 della Costituzione). Pretore di Pi.:sa; ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 4 luglio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. Tribunale di Milano, ordinanza 10 luglio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. codice di procedura penale, art. 93, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Vittoria, ordinanza 26 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. codice di procedura penale, art. 108, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Bitonto, ordinanza 5 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 510, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Todi, ordinanza 29 settembre 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. codice di procedura �penale, artt. 636, 637 e 642, secondo comma (articoli 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanza 12 settembre 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. d.lgt. 20 maggio 1917, n. 876, artt. 6, primo comma, e 7, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei ,conti, quarta sezione, ordinanza 14 maggio 1971, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. d.I. 30 dicembre 1923, n. 3270 (art. 3 della Costituzione). Tribunale �di Palermo, or.dinanza 26 novembre 1971, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, artt. 1, 166, 251 (artt. 21 e 43 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 2,96. r.d.I, 3 marzo 1938, n. 680, art. 61, pl"imo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 27 aprile 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 25 settembre 1940, n. 1424, artt. 116, primo comma (artt. 3, primo comma, 27, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Varese, ordinanza 26 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 29�6. r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, art. 6 (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 20 aprile 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. ,fegge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41, primo comma, e 43 della Costituzione). � Tribunale di Roma, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 3 luglio 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tribunale di Roma, ordinanze 25 luglio 1972 (G. U. 6 dicembre 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tribunale di Roma, ordinanze 25 luglio 1972 (G. U. 6 dicembre 1972, n. 317) e 7 agosto 1972 (G. U. 22 novembre 1972, n. 304). d.l.C.P.S. 9 novembre 1945, n. 788, art. 16 (artt. 3, primo comma, 23, 24, primo comma, e 27 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. d.lg.lgt. 16 marzo 1946, n. 98, art. 6 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 18 aprile 1970, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. d.lg. 22 gennaio 1948, n. 66, articolo unico (artt. 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 18 aprile 1970, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. Giudice istruttore del tribunale di Genova, ordinanza 12 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21 (artt. 3, 21, 24 e 111 della Costituzione). Corte d'assise di Campobasso, ordinanza 1� luglio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. Tribunale di Potenza, ordinanza 18 settembre 1972, G. U. 6 dicembr: e 1972, n. 317. legge 23 maggio 1950; n. 253, art. 7 (artt. 3, primo e secondo comma, e 47, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 22 settembre 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 3 gennaio 1951, n. 27, artt. 1 e 4 (artt. 41 e. 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 8 aprile 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 14 marzo 1952, n. 196, art. 1 (artt. 21 e 43 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. legge 26 ottobre 1952, n. 1463, art. 1 (artt. 3 e 34 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 12 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. PARTE II, LEGISLAZIONE legge reg. Trentino-Alto Adige, 1� giugno 1954, n. 11, artt. 6 e 7 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, prima sezione, ordinanza 23 maggio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. T.U. 30 maggio 1955, n. 797, art. 82 (artt. 3, primo comma, 23, 24, primo comma, e 27 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 1'5 novembre 1972, n. 296. legge 14 ottobre 1957, n. 1203, art. 2 (artt. 70, 71, 72, 73, 74, 75 e 23 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 21 aprile 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 15 febbrai�o � 1958, n. 46, artt. 11, secondo comma, e 19 (artt. 3, 29, primo comma, 31, primo comma, 36, primo comma, e 38 della Costituzione). Corte dei �conti, terza sezione, ordinanza 2 \maggio 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 3 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 16 'ottobre 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 2 aprile 1958, n. 339, art. 1.7, lettera bi (art. 36 della Costituzione). Pretore di Legnano, ordinanza 27 aprile 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. legge 25 novembre 1962, n. 1684, art. 29, secondo comma (art. 24 della � Costituzione). Pretore di San Giovanni Rotondo, ovdinanza 23 maggio 1972, G.U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 5 marzo 1963, n. 246, (!rt. 25, terzo comma (artt. 53, p,rimo com. ma, e 136, primo comma, della Costituzione). Corte �di appello di Genova, ordinanza 5 maggio 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 2, secondo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 25 maggio 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 1 O (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanze 4 luglio 1972 (due), G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 3 maggio 1967, n. 315, art. 5, primo comma (artt. 36 e 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 29 gennaio 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 8 (artt. 1, 4, 35, 42, 43, 44, 46 e 47 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 4 agosto 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 19 novembre 1968, n. 1187, artt. 1, 2 e 5 (artt. 42, terzo comma, 3 e 13�6 della Costituzione, nonch� art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1). Consiglio di Stato, quinta sezione, ordinanza 7 aprile 1970, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. legge 26 novembre 1969, �n. 833 m�odificato dall'art. 56 del d.I. 26 ot� tobre 1970, n. 745, convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 1 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore �di Latina, ordinanza 22 settembre 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. legge 24 dicembre 1969, n. 921, art. 9 (artt. 3, 23, 38, quarto comma, della Costituzione). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 4 aprile 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. Pretore di Enna, ordinanza 20 settembre 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24, secondo comma (artt. 3 e 24 e 53 della Costituzione). Pretore di Bitonto, ordinanza 5 giugno 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 5, secondo comma (art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 13 luglio 1972, G. U. 6 �dicembre 1972, n. 317. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 37 (artt. 3, primo comma, 2�4, 39, 40 e 113 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 11 luglio 1972, G. U. 20 dicembre 1972, n. 329. d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, art. 4, secondo comma (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione, ordinanza 18 aprile 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 13, quarto comma (artt. 113, 24 e 103 dell?-Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge reg. siciliana 31 marzo 1972, n. 19, art. 9, nono comma (artt. 113, 24 e 103 della Costituzione, e artt. 14 e 17 dello Statuto speciale per la Regione sidliana). Consiglio di �giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 6 dicembre 1972, n. 317. legge 4 aprile 19�72, n. 218, art. 23 (artt. 3, primo comma, 23, 24, primo comma, e 27 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 15 novembre 1972, n. 296. legge 17 luglio 1972, n. 907, artt. 45 e 73 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 8 aprile 1972, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. legge prov. Bolzano 30 agosto 1972, n. 18, artt. 1, primo e quarto comma, e 1 O (art. 11 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1). Provincia di Trento, ricorso 31 ottobre 1972, n. 56, G. U. 22 novembre 1972, n. 304. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione). Regione toscana, ricorso 3 dicembre 1972, G. U. 27 dicembre 1972, n. 334. RECENSIONI E. ZAMPETTI -G. !PSEVICH, Burocrazia, mezze maniche e computer, Pan Editrice, Milano, 1972, pagg. 221. 11 libro va collocato fra i testi di infOirmazione pi� pl'ecisi apparsi, fin'ora, nella letteratura dell'informatica. Questa nuova disciplina, che conta ormai ben tre Facolt� universitarie (Torino, Pisa, Bari) e una moltitudine di centri culturali e di insegnamento, costituisce lo strumento pi� moderno e tecnicamente pi� idoneo per il management in generale. Non a caso 1"informatica ha �compiuto i primi passi in Paesi a pi� elevato sviluppo �economico, e -dove i1l pdncipfo della informazione costituisce il fondamento per la effettiva r�ealizzazione di un sistema so.cialmente avanzato della comunit�. Gli AA., nell'accennare aJ.ile (Linee dell'assetto burocratico sta.taile italiano, passato e presente, e nei! deldneare il � futuribile ~ nella pubblica .Amministrazione, contribuiscono, in modo rilevante, all'opera di � :sensibilizzazione � della pubbUca opinione, 1ed, in particolare, di quella degli � addetti � alla pubblica Amministrazione, � sensibilizzazione � necessaria per rendere pi� �SOlilecito e senza � inutili � remore, H recepimento delle nuove tecniche operative, specie per quanto attiene allo svolgimento dei procedimenti amministrativi. La puntuaUt� che si riscontra nell'esposizione e la ricchezza dei dati e delle informazioni, pur nell'ambito di un vOilume di limitate proporzioni tipografiche, costitmscono uno dei non pochi pregi delil'opera, che conduce, in modo piano e .gradevole, all'� iniziazione ., con sufficiente conoscenza, nel campo dell'informatica. Il titolo del libro contiene gi� una presa d'atto del movimento in corso all'interno del.ila pubblica Amministrazione, determinato dall'introduzione de1le nuove tecnologie nello svolgimento delle procedure amministrative. ' Il sistema burocratico pubblico re.cepisce, talvolta, con qualche � ritardo ., l'opportunit� dell'applkazione di nuovi sistemi, (peraltro gi� adottati largamente neil. settol'e privato) per impirimooe un maggior tono di efficienza ne1l sistema produttivo, e iii. richiamo posto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, nella Prefazione del libro, all'episodio della introduzione delle pdme macchine da scrivere negili Uffici. statali., � senza dubbio significativo, e d� fa prova di quella � natura�le vischiosit� � che l'ambiente oppone al c.d. progresso tecnologico nella pubbli.ca Amministrazione. Costituisce un indiscutibHe dato � stol'ico � che qualsiasi innovazione nel sistema produttivo amministrativo determina, anzitutto, uno sconvoil.gimento � psicologico ., rparticoilarmente neHe � coscienze amministrative � dei singoli di-pendenti. � Il timor.e per H. � nuovo � � l'elemento negativo che occorre mettere in bilancio, laddove si intenda portare avanti il rinnovamento delle strutture per consentire al cittadino di avva1lersi dei servizi resi dall'Amministrazione iin modo pi� eff.iciente. La burocrazia meno illUininata � teme � lil rinnovamenrto che scaturisce da:lla introduzione di nuove tecniche, considerandole come possibile causa di perdita di � competenza �; ma, storkamente, si � sempre verificato esattamente l'opposto. PARTE II, RECENSIONI L'inserimento delle nuove tecniche non ha determinato mai una diminuzione. di competenza, e, quindi, una possibile riduzione di personale, ma, produce solo una migldore funzionalit� dei servizi, nel senso che il �prodotto amministrativo� risulta reso ai :richi�edenti e ai destinatari per leg.ge, nel .tempo pi� breve e nel modo pi� efficiente. Proprio sulla base di tali considerazioni, che costituiscono il risultato deHa presa d'atto del problema sotto il profilo sociologico, la pall"te pi� avanzata della dirigenza amministrativa ha avvertito, da tempo, la ineluttabile nec<essit� di innovare alle strutture amminiistrative, avvalendosi dei sistemi offerti dalla tecnica della automuione. La istituzione delle FacoM� per ila scienza della informatica � la prova pi� evidente �che anche il mondo della cuJ.turn e l'ambi.ente universitario hanno ovmai 11."ecepito, in modo definitivo, ile istanze che si sono man mano affacciate nella materia in questi ultimi anni, anche in Italia. Il :libro concede un rapido cenno al procedimento in corso pe!r fintroduzione del �sistema automatico dell reperimento dei dat�i e per la rel,ativa elaborazione, sottolineando la irreversibilitd del movimento verso l'automazione dei serviz.i. La irreversibiH.t� non �. fa risultante di un giudizio di vafoire basato sulla �e�srperienza italiana, ma trova fondamento nell'entit� del processo di automazione rilevabile li:n quasi tutti gli Stati (v. ad es. USA, URSS, Giappone, Svezia, Comunit� economica europea, ecc.). Il riferimento contenuto nel libro ad akuni ino�ntri fTa esperti ed operatori neliJ.a materia, d� la misura dellla fase avanzata in cui si trova, ormai, l'inserimento dell'automazione nel sistema di gestione amministrativa della cosa pubblica (v. Convegni ISL, INIP, !STA, Confederazione mondiale su L'informatica nel sistema di Governo, Firenze 16-20 ottobre 1972 su iniziativa dell'IBI-UNESCO, ed altri). E' un da.to gi� acquisito che tale forma di rinnovamento va ascritta all'intuiz~one. di pochi, che, alil'�interno deliJ.a pubblica Amministrazdone, hanno � sollecitato � i centri decisionali a prendere coscienza del prob!lema, e a consentire l'attuazione delle nuove forme di procedur�a. E' del pari dato acquisito, che nei singoli settod dell'Amministrazione statale, l'automazione si � inserita nei vari sistemi organizzativi, solo attraverso l'impegno personale di .gruppi di dipendenti, anche a:l difuori dei rigidi schemi normativi che, ancora, disciplinano, nonostante le nuove norme sulla � dirigenza � l'assetto organizzativo degli uffici e del persona� le tecndco dell'Ammindstrazione statale (v. ad es. invece legge Reg. sic. n. 7 deJ. 1971). E' noto infatti che la macchina (Hardware, o come si dice ora, � infrastrutture informatiche�, di cont!ro a[ Software o � metastrutture informatiche� v. Produttivitd, n. 12, p. 762, nota, intervento di Luciano R.ssi), il cui proce$SO di pedezionamento si fa semipr.e pi� rapido, non � di per s� risolutrice dei problemi organizzativi, ma si traduce ancora in un mero strumento, seppure di eccezionali prestazioni, posto a disposizione dell'uomo, rendendosi sempre ind:ispensabile la sollecitazione dell'uomo, nelle forme sempre pi� raffinate, per ottener.e prestazioni di servizi, un tempo neppure ipotizzabili seppur.e con la pi� ampia capadt� di previsione. Siffatte sollecitazioni sui programmi di automazione della macchina producono necessariamente profonde incidenze sull'organizzazione amministrativa, determinando quel processo di rinnovamento delle strutture che dovrebbe :rendere pi� puutuale la prestazione resa ai cittadini dei pubblici servizi in genere. Non �, infatti, pi� contestabile che H processo di automazione non si concreta in una mera meccanizzazione delle pro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cedure in atto (il che veniva 11eailizzato appunto con i sistemi me�ccanizzati), ma determina invece un � !rinnovamento � del1e stesse procedure, quale effetto del diverso sistema di elaborazione e1ettrooica dei dati, eliminando inutili duplicaziooi, tempi morti e ristagni di dati prresso i singoli Uffici, e l'eaUzzando un ,andamento del sistema produttivo dell'Amministrazione in modo pi� razionale ,ed efficiente, quale conseguenza immediata e diiretta dell'introduzione dell'elaboratore nell'organizzazione amministrativa. Si inserisce, cosi, nell'ambito del J.avoro il <rigorismo logico della programmazione, con il vantaggio deLl'immediato controllo della rispondenza fun2lionale de:W.e stngole operazioni. La presenza dell'elaboratore costituisce, cosi, la spinta incessante per rende!r'e sempre pi� ,efficiente il sistema organizzativo, consentendo, attraverso la �simulazione., di otte:t:ler�e �in anticipo., quanto � constatabile, normalmente, solo � ex post �. lnfine, va sottolineato un ultedore ,effetto .di questo nuovo sistema di organizzazione deJ. ,lavoro: 'esso si traduce nella verifica, anticipata, della misura di efficienza organizzativa degli Uffici e del personale sulla base dei progettati piani di produzione de�l s&vizio. L'Avvocatura del.lo Stato ha avvertito, da tempo, l'esigenza di procedere ao1la automazione dei servizi. La costituzione di un apposito Comitato � volta al reperimento dei dati occorrenti per la formuila:1lione �di un programma di .automazione e per la scelta dei sistemi operativi. Il Comitato si � avvalso, sia dell'apporto di un gruppo di avvocati dello Stato, opportunamente se1ezfonati, sia di 'esperti nella materia, messi a disposizione da altre Amministrazioni statali, gi� avanzate nel campo della automazione dei relativi servizi. L'automazione dei servizi dell'Avvocatura dello Stato rigu~der�, oltre i settori comund alle ailtl'e Ammtnistrazioni (gestione del personale ed ar chivio), la gestione automatica degli affari contenziosi e degli affari con sultivi. La gestione automatica degli affari contenziosi dovrebbe consentire il reperimento automatico �in tempo rea11e � (cio� con immediatezza) delle informazioni relativa alle controversie che l'Avvocatura Generale dello Stato e le Avvocature Distrettuali dello Stato abbiano avuto o hanno in trattazione in quel dato momento. H reperimento automatico �in tempo reaile � di qualsiasi dato relativo ad una controversia agevola indubbiamente H lavoro dei singoli avvocati, ed insieme, realizza � in tempo reale � l:a conoscenza dei necessari elementi tecnici �Che l'attivit� � di routine� non riesc�e ad acquisire anche con l'utiliz zazione del1e � Relazioni quinquennali � e della � Rassegna �. L'impiego degli strumenti tradi:1lionaili (Repertori, Riviste), attiene a dati non � in atto �, e cio� a .controv&sie per le quaili sia gi� interv.enuta una decisione, non consentendo di accerta.re se per una stessa questione, siano attualmente all'esame del Giudice controV'ersie analoghe. La gestione automatica degli affari consultivi, offr,e la disponibiut� �in tempo reale� dei dati velativi aUe questioni per 1e qua1i sia intervenuto il pare�re reso alle Amministrazioni, e per quelle in trattazione. Il sistema automatico fornisce, nel contempo, fa .copia deg;li atti per i quali � formulata la richiesta di acquisizione. L'impiego di terminali video e di stampati veloci r�ealizza Jo scambio immediato delle informazioni fra i singoli Uffici dell'Avvocatura e ,i,l Centro ,elaborazione dati, mentre fimpiego di terminali con altri centri di elaborazione dati (Corte di cassa PARTE II, RECENSIONI zione -Biblioteche -Camera dei deputati. e Senato della Repubblica) consente l'acquisizione dei dati relativi alla giurispTudenza, allla dottrina e alla legislazione, l'ealizzando un sistema informativo integrato nel setto'l'e dell'infocmatica giuridiiea. L'attuazione di un sistema integrato di informazione fl'a pi�'Oentri di elaborazione dati in materia � stato gi� 11egi!slativamente disposta dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, recante l'evi.sione della disciplina del contenzioso tributario, che �p!revede 1a .istituzione presso la Commissione tributaria centrale di un Ufficio del massimario da coILegare (art. 13, ult. comma) � col centro e1ettronico di documentazione della Corte dli cassazione per riceveTne, in cQllloquio a mezzo di teimninali ricetrasmittenti, le informazioni sui dati memorizzati 11:1elativi alla giuri!spTUdenza, allla bibliografia e alla leg,islazione per trasmettere a detto centro elettronico ie massime giurisprudenziali delJa Commissione centrale�. Si tratta di un pf'imo avvio, sul piano no:ro:nativo, de1�'attuazione di un sistema integrato di circolazione dei dati, come l'unico che consente � in tempo 11."eale � la conoscenza completa delle informazioni nella materia (v. in Produttivit�, 1971, n 8, pag. 589 e segg., sullo scambio delle informazioni fra 1e rpubbliche Amministrazioni). ANTONINO TERRANOVA INDICE BIBLIOGRAFICO delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato. D'ANGELO P.-MAZZANTINI M., Trattato di tecnica bancaria (voi. I), 10a ed., Vallardi, Milano, 1972. ANNUNZIATA M., La legge sulla riforma della casa, Jovene, Napoli, 1972. BONACCORSI P.-LANZARO S., La legge per la casa, Pastena Editore, Roma, 1972. MANZINI V., Trattato di diritto processuale penale italiano (voi. I\r), 6� ed., UTET, T�rino, 1972. AzZARITI G., Successioni dei legittimari e successioni dei legittimi, UTET, Torino, 1972. DELL'ORO A., Dell'emancipazione dei minori affidati alla pubblica o alla privaba assistenza e dell'affiliazione (Art. 390-413) del Commentario al 'Codice Civile di ScIALOJA-BRANCA, Zanichelli, Bologna, 1972. OccH1uzz1 G., Codice-repertorio dell'edilizia economica e popolare, ed. PEM, Roma, 1972. QUARANTA A., Lineamenti di diritto amministrativo, Edizioni PEM, Roma, 1972. BuscHEMA S., Il Bilancio (voi. II), Giuffr�, Milano, 1972. GENNARO P., La misura dell'atteggiamento verso il rischio nel comportamento imprenditoriale, Giuffr�, M�lano, 1972. SALZARI M., I ricorsi amministrativi atipici nell'ordinamento deU'istruzione secondaria, Giuffr�, M�lano, 1972. SIVINI G., Partiti e partecipazione politica in Italia, Giuffr�, Milano, 1972. ARDAU G., Manuale di diritto del lavoro (voli. 2), Giuff!l"�, Milano, 1972. PIZZETTI F.-ZAGREBELSKY G., �Non manifesta infondatezza. e �Rilevanza� nella instaurazione incidentale del giudizio sulle leggi, Giuffr�, Milano, 1972. Rursr-JoRio-MAFFEl ALBERTI-TEDESCHI, Il fallimento (voll. 3), UTET, Torino. Bosco G., Lezioni di diritto internazionale, Giuffr�, Milano, 1972. ZICCARDI F., Le norme interpretative speciali, Giuffr�, Milano, 1972. MoRTATI C., Raccolta di Scritti: vol. I, Studi sul potere costituente e sulla riforma costituzionale dello Stato; voi. II, Scritti sulle fonti del diritto e sull'interpretazione; voi. III, Problemi di diritto pubblico nell'attuale esperienza costituzionale e repubblicana; vol. IV, Problemi di politica costituzionale, Giuffr�, Milano, 1972. 1� CONSULTAZIO,NI AGRICOLTURA Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali pregressi ed esauriti -Titolarit� -Procedimento civiie -Conseguenze (l. 16 maggio 1970, n. 28; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 c.p.c., art. 111). Se il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e for�ste co~orti anche il trasferimento dei rapporti sostanziali esauriti e relativamente ai quali restano da esser definite conseguenze di ordine patrimoniale (n. 68). Se, nel caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni ammir.. istrative in materia di agricoltura e foreste sia ritenuto comprendere anche i rapporti sostanziali esauriti, il processo nel quale si controverte di un credito -da tali rapporti nascente prosegue tra �le parti originarie o meno (n. 68). ALBERGHI Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Mutamento di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi Decorrenza (l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). Se gli interessi sulle somme percepite a titolo di finanziamento o contributo, quali provvidenz�e varie per la razionalizzazione e ~o sviluppo della ricettivit� alber.ghiera e turistica, e da r�estituil'e allo Stato qualora venga mutata la destinazione specifica in vista della quale il finanziamento o contributo fu concesso, 1siano dovute dal giorno in cui le somme furono erogate ovvero da quelle in cui � mutata la destinazione specifica (n. 18). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Dopolavori postelegrafonici -Natura -Patrocinio (r.d.l. 9 luglio 1926, n. 1271). Se i Dopolavori Postelegrafonici costituiscano organi periferici dello Stato ovvero associazioni di fatto (n. 358). Se il patrocinio dei Dopolavori Postelegrafonici spetti all'Avvocatura dello Stato (n. 358). Gestioni governative pubblici servizi ferrotranviari -Natura giuridica (r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 184; d.l. 10 luglio 1947, n. 767, artt. 6 e 7; l. 2 agosto 1952 n. 1221, art. 18; l. 12 dicembre 1954 n. 1178; l. 23 dicembre 19.63 n. 1855; l. 18 luglio 1957 n. 614). Quale natura giuridica sia da riconoscere alle Gestioni governative di pubblici servizi ferrotranviari. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In particolare, alle seguent�: 1) Gestione Commissariale Governativa Ferrovie Padane; 2) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Circumetnea; 3) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Genova-Casella; 4) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia p,enne-Pescara; 5) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Torino-Ceres; 6) Gestione Commissariale Governativa Ferrovie Meridionali-Sarde; 7) Gestione Governativa Ferrovie Ca1abro-Lucane; 8) Gestione Governativa Servizi pubblici di linea di navigazione interna sui laghi Maggiore, di Garda e di Como (n. 359). ANTICHIT� E BELLE ARTI Demanio storico ed artistico -Demolizione non autorizzata di edificio P. rocedimento penale -Procedimento amministrativo per applicazione sanzioni -Rapporti (l. 1� giu.gno 1939, n. 1089, artt. 1, 11, 12, 20 e 59; c.p.p, art. 27; c.p. art. 40, 2� co.). Se il proprietario di un immobile di interesse storico ed artistieo, prosciolto in sede penale � per non aver commesso il fatto � dall'addebito di abusiva demolizione dell'immobile stesso, possa essere sottoposto a procedimento amministrativo per l'applicazione, basata su altri fatti concomitanti, non valutata in sede penale, de1la sanzione della riduzione in pristino e delle sanzioni pecunarie (n. 67). � Se il proprietario di un immobile di intel'esse storico ed artistico, prosciolto in sede penale, per insufficienza di prove sul dolo, dall'addebito di non aver impedito la abusiva demolizione dell'immobile stesso, possa essere sottoposto a procedimento amministrativo per il'applicazione, basata su riesame dell'elemento psicologieo dell'incolpazione, della sanzione della riduzione in pristino e delle sanzioni pecuniarie (n. 67). Ente ecclesiastico -Complesso monumentale. sottoposto a vigilanza dello Stato -Lavori di restauro -Contributo erariale -Legittimit� (l. 21 dicembre 1961, n. 1552, art. 3; l. 1� giugno 1939, n. 1089, artt. 14, 15 e 16). Se sia da ritenel'e legittima la concessione, a favor,e di Ente ecclesiastico munito di personalit� .giuridica, di contributo erariale per lavori di restauro ad un complesso monumentale sottoposto alla vi�gilanza dell'Ammini, strazione per la tutela delle antichit� e belle arti (n. 68). APPALTO Appalto di 00. PP. -Trattativa privata -Revisione ;prezzo contrattuale Decorrenza variazioni prezzi correnti. Se, nei contratti di appalto di opere pubbiliche conclusi in trattativa privata, la dat� di decorrenza delle variazioni dei prezzi correnti, ai fini della revi1sione dei prezzi contrattuali, vada individuata nel momento della presentazione dell'offerta ovvero in quello della stipulazione del contratto (n. 356). PARTE II, CONSULTAZIONI Appalto lavori Genio militare -Fallimento appaltatore -Poteri della P. A. committente -Danni da inadempimento -Compensazione -Procedimento (condiz. gen. appalto lav. Genio mil. app. con r.d. 17 marzo 1932, n. 366, artt. 47 e 48; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 56). Se, pronunciato lo scioglimento del contratto d'appalto per sopravvenuto fallimento dello appaltatore dei lavori per il Genio mhlitare, ai sensi dell'art. 47 condiz. gen. appalto Genio militare approvato con r.d. 17 marzo 1932, n. 36,6, possa l'Amministrazione committente pronunciare la rescissione in danno a causa di pregresse inadempienze ed ai sensi dell'art. 48 condizioni suddette (n. 357 J. Se il credito vantato daH'Amministrazione a titolo di risarcimento danni per le pregresse inadempienze dell'appaltatore dei lavori per il Genio militare, dichiarato fallito, possa essere opposto in compensazione al credito vantato dall'appaltatore fallito per J.avori eseguiti (n. 357). Se il credito che l'Amministrazione intende compensare con un proprio debito nei confronti dell'appaltatore fallito debba essere fatto valere nell'ambito delfa procedura fallimentare (n. 357). Contratto d'appalto soggetto ad approvazione -Obbligo di registrazione Decorrenza -Ap.provazione da parte del Provveditore Regionale 00. PP. -Effetti (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 17 e 81; r.d.l. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19). Se, ai fini di individuare il momento in cui sorge l'obbUgo di sottoporre a registrazione i contratti d'appalto stipulati dagli Istituti Autonomi Case Popolari e sog,getti ad appwvaziot;le del Ministro dei Lavori Pubblici, possa esser ritenuta equipollente di tale approvazione quella proveniente dal Provveditore Regionale aille 00.PP. (n. 358). F'allimento dell'appaltatore-Interruzione della prestazione -Subentro del curatore -Ritardo -Penali.t� -Risarcimento danni (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 72). Se, nel caso di interruzione delle prestazioni dovute dall'appaltatore a seguito della sua dichiarazione di fallimento, spettino all'Amministrazione committente, qualora il curatore abbia dichiarato di voler subentrare nel contratto d'appalto, le penali od il risarcimento dei danni relativi al periodo intercorrente tra l'interruzione delle prestazioni ed il subentro (n. 359). ASSOCIAZIONE Organismi Rappresentati1Ji Universitari (0.R.U.) -Liquidazione -Contributi di cui alla l. 18 dicembre 1951 n. 1551 -Spettanza (l. 18 dicembre 1951, n. 1551 art. 11). Se possano essere versati al liquidatore di un Organismo Rappresentativo Univ�ersitario i contributi versati dagU studenti per le attivit� sportive ed assistenziali di cui all'art. 11 I. 18 dicembre 1951, n. 1551 (n. 4). 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO AUTOVEICOLI Tasse automobilistiche -Autobus e autoscafi di linea -Servizio postale -Esenzione -Trasporto fuori linea -Sanzione (t.u. 5 febbraio 1953, n. 39, artt. 17, 34 e Tab. atl. 2; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 conv. in 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 17, .Primo comma). Se la circolazione in esenzione dalla tassa, di autobus ed autoscafi, che effettuano il servizio postale, fuori della linea stabilita per il pubblico servizio concesso, costituisca, ai fini delli,t relativa sanzione, �uso diverso� dell'autobus ed autoscafo ovvero comporti omissione nel pagamento della tassa di circolazione (n. 74). BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Piani particolareggiati -Approvazione -Protezione delle bellezze artistiche e naturali -Intervento successivo del .Ministero P. I. (l. 18 aprile 1962, n. 167, artt. 6 e 8; l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 5; l. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 7). Se l'avvenuta approvazione dei piani particolareggiati, che comprendono anche beni soggetti a1la legge sulla protezione delle bellezze artistiche e naturali, precluda al Ministero della Pubblica Istruzione l'esercizio dei propri poteri di intervento sui singoli progetti di lavori relativi ai detti beni (n. 27). BENEFICENZA E ASSISTENZA Giovent� Italiana -Attivit� assistenziale -Vigilanza ONMI (l. 23 dicembre 1937, n. 2566, art. 10; r.d. 24 dicem'Qre 1934, n. 2316, art. 5). Se l'attivit� assistenziale che la Giovent� Italiana svolge a favore dei minori, sia soggetta alla vigilanza dell'ONMI (n. 1). CATASTO Domande di voltura catastale -Copie degli atti allegati -Imposta di bollo Esenzione -(d. p. 25 giugno 1953, n. 492). Se sulle copie degli atti da allegare alla domanda di voltura catastale sia dovuta la imposta di bollo (n. 6). CffiCOLAZIONE STRADALE Illecito amministrativo -Continuazione -Ammissibilit� (cod. pen., art. 81; l. 7 .gennaio 1929, n. 4, art. 8). Se pi� violazioni di un divieto sanzionato in via amministrativa (nella specie: del divieto posto dall'art. 33 del codice stradale in materia di carichi superiori alla portata degli automezzi), commesse in esecuzione di una medesima risoluzione, possano essere considerate e sanzionate come una sola violazione continuata (n. 34). ~ ~~ f f'. ~: !: ~ ................................................................ � .................................................................................................................. -..c-..................................."'"'"'"""'"'"'.'.'.".-C." . .......................... . ............................... ,,...1: PARTE II, CONSULTAZIONI 1'l'l Incrocio di strada provinciale con strada statale -Provvedimento di attribuzione di precedenza aiza strada provinciale -Ammissibilit� (articoli 105 e 3 cod. strad.). Se sia legittimo il p:rovv;edimento che attribuisca il diritto di precedenza ai veicoli percorrenti una strada provinciale nel suo incrocio con una strada statale (n. 35). COMPETENZA E G1IURIBDIZIONE Esecuzione esattoriale -Opposizione di terzo -Provvedimento dell'Intendente di Finanza -Impugnativa -Giurisdizione del C.d.S. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 208). Se il Consiglio di Stato abbia giurisdizione in ordine alla impugnativa di legittimit� avverso il provvedimento definitivo emesso dall'Intendente di Finanza, ai sensi dell'art. 208 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, su ricorso proposto dal terzo opponente contro gli atti esecutivi (pignoramento mobiliare) compiuti dall'Esattore su beni esistenti nella casa di abitazione del debitore d'imposta e di cui il ricorrente rivendichi la propriet� (n. 27). COMUNI E PROVINCIE Sindaco -Sospensione dalle funzioni in caso di rinvio a giudizio o condanna per i reati di omissione o abuso di atti di ufficio (r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 149; r.d. 3 marzo 1934, n. 383 artt. 8, 270; l. 10 novembre 1970, n. 852). Se, abrogato dalla 1. 10 n�vembre rn70, n. 852, le disposizioni dell'articolo 149, quinto e sesto comma, r.d. 4 febbraio 1915, n. 148 che sancivano . specificamente per i sindaci la sospensione dalle funzioni per alcuni reati tra i quali quelli di omissione ed abuso di atti di ufficfo, la detta sospensione possa cons~derarsi ancora operante in forza di analoghe .disposizioni relative pi� genericamente agli amministratori del Comune contenute negli artt. 8 e 270 r,d. 3 marzo 1934, n. 383 (n. 144). ' Strade comunali -Contributi per costruzione -Strada gi� esistente (l. 21 aprile 1962, n. 18, art. 4). � Se il contributo che l'art. 4 della legge 21 aprile 1962, n. 18 prevede a carico dello Stato e a favore dei Comuni per la sistemazione, l'ammodernamento e J.a costruzione di strade comunali, possa essere concesso per la .costruzione �di una strada gi� esistente prima dell'entrata in vigore de1la legge n. 143). COMUNIT� ECONOMlliCA EUROPEA Repertazione paste alimentari e prodotti da fotrno -Importazione grasso a reintegro, in esenzione da prelievo -Posizione soggettiva dell'esportatore -Termine -Natura (l. 9 ottobre 1964, n. 948, art. 1 e 4; Reg. C.R.E. 21 agosto 1967, n. 421, art. 2, n. 1; Seg. C.E.E. 19 giugno 1967,. n. 120, art. 12, n. 2). � Se l'esportatore di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche sia titolare di un diritto sog,gettivo ovvero di 25 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un interesse legittimo all'importazione di una corrispondente quantit� di grano a r.eintegro ed in esenzione da un prelievo (n. 7). Se il termine di se}. mesi dalla data della bolletta doganale di esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, �entro il quale esseve �esercitato il diritto all'importazione di grano a reintegro in esenzione da prelievo, sia da qualificare termine di prescrizione ovvero di decadenza (n. 7). Se entro il termine di/sei mesi dalla data della bolletta doganale di esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, � suffi.ciente che l'esportatore richieda l'autorizzazione ad importare grano a reintegro in �esenzione da prelievo, ovvero � necessario� che porti a compimento le op.erazioni di importazione (7). Se.l'autorizzazione ad importare grano in esenzione da prelievo, a reintegro di quello impiegato nelle paste alimentari e nei prodotti da forno esportati, abbia un termine di validit� (n. 7). CONCESSIONI AMMINJ!STRATIVE Beni demaniali -Uso da parte di altra amministrazione o di amministrazione autonoma o di concessionario -Disciplina. Se nel caso di utilizzazione di bene demaniale dello Stato da parte di un'amministrazione statale diversa da quella che lo ha in gestione ed uso� per scopi ed esigenze diverse da quelli propri della destinazione legale del bene, ovvero da parte di un'amministrazione autonoma o di concessionario di bene demaniale (nella specie Societ� Autostrade) si ponga in essere una concessione amministrativa e debba essere corrisposto il relativo canone (n. 108). Concessioni di pubblici servizi -Fondi per il conseguimento delle finalit�. pubbliche -FaUimento del concessionario -Incameramento da parte della P. A. Se i fondi destinati ad essere utilizzati da concessionario di pubblici servizi per il perseguimento della finalit� pubblica propria della loro destinazione (nella specie, fondi di rinnovo per societ� concessionaria di funivie) possano essere incarne.rati dallo Stato, e nell'affermativa con quali modalit�, quando sop:ravvenga H fallimento del concessionario (n. 109). CONCORSI Concorso -Annullamento -Validtt� limitata al fine della idoneit� dei concorrenti. Se in presenza di una decisione di 1annullamento di concorso pubblico, lo stesso possa essere ugualmente condotto a termine al pi� limitato fine della dichiarazione di idoneit� dei concorrenti, cui la legge (nella specie 1. 2 aprile 1968, n. 475 sull'assegnazione di sedi farmac�eutiche) riconosca determinati effetti (n. 18). CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO Ciechi civili -Indebita corresponsione di pensione diretta (l. 27 maggio 1970, n. 382, art. 18). -Recupero -Trattenuta Se per il recupero di .quote di pensione indebitamente percepite da ciechi civili cui sia stato revocato il trattamento pensionistico possa provvedersi 1: i� t f. I� \ �����������ᥥ���ᥥ����>>��>��>ȥ�>���>ȥ������>�>����������������������>����>�'��>�>'�"�"�ȥ.-""�c.' ~ I� ! f PARTE II, CONSULTAZIONI 179 mediante trattenuta diretta su eventuali altre competenze spettanti a qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico o ai suoi aventi causa, giusta il disposto dell'art. 18, 2o comma, della legge 27 maggio 1970, n. 382 '(n. 261). Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Recupero Trattenuta diretta -Annullamento credito -Modalit� (l. 30 marzo 1971, n. 118; r.d. 25 marzo 1924, n. 827, artt. 263 e 265). Se per il recupero di assegni di assistenza indebitamente percepiti da mutilati e invalidi civiU sia necessario, ai fini dell'annullamento del relativo credito ai sensi degli >artt. 263 lett. e) e 2>65 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, il previo esperimento di un tentativo di riscossione ovvero siano sufficienti le sole informazioni di polizia o di finanza circa le disagiate condizioni economiche dei debitori. Se per il recupero di quote di assegni di assi�stenZJa indebitamente percepite da mutilati, e invalidi civili, cui sia stato revocato il trattamento pensioni�stico, possa provvedersi mediante trattenuta diretta su evenutali altre competenze spettanti a qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico o ai suoi aventi causa, giusta il disposto dell'art. 18, 2o comma, della 1egge 30 marzo 1971, n. 118 (n. 262). Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Revoca � Effetti (l. 30 marzo 1971, n. 118). Se i provvedimenti di revoca di pensioni o assegni indebitamente percepiti da mutilati ed invalidi civili, sia quelli adottati dai Comitati Provinciali di Assistenza e Benefi.cenza Pubblica ai sensi dell'art. 21 della legge 30 ma~zo 1971, n. 118 a seguito dei mutamenti intervenuti circa i requisiti voluti dalla legge per beneficiar�e delle provvidenze da essa previste, sia quelli adottati dal Prefetto nei casi in cui l'assegno fosse stato erogato a favore di persona che, essendo titolari di altri trattamenti pensionistici, non ne avevano diritto, abbiano efficacia retroattiva (ex tunc) ovvero solo dal momento del.fa loro emanazione (ex nunc) (n. 263). Mutilati ed invalidi civili -Indebita corresponsione di assegno di assistenza -Obbligo di recupero (l. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, 2� co. e 13; l. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 435, 2� co.). Se l'Ammintstrazione sia tenuta, ex art. 435, 2o comma r.d. 23 maggio 1924, n. 827, a procedere al recupero degli assegni di assistenza indebitamente corrisposti a favore di mutilati ed invalidi civili i quali, essendo titolari di ailtri trattamenti pensionistici, non ne aveva diritto, giusta il 'combinato disposto degli artt. 12, 2o comma, e 13 del1a legge 30 marzo 1971, n. 118, nonch� 26 della legge 30 �aprile 1969, n. 153, ovvero possa awlicarsi alla fattispecie il principio della irripetibilit� degU stipendi, assegni o altre indennit� indebitamente corrisposti dalla P.A. e percepiti in buona f.ede (n. 264). Pignoramento di somme dovute dall'Amministrazione -Fermo amministrativo -Prevalenza (art. 553 c.p.c.; r.d. 8 novembre 1923, n. 2440, art. 69). Se nel caso in cui siano state pignorate somme dovute a terzi dall'Amministrazione, quest'ultima possa disporre il fermo amministrativo su tali norme per 11 recuperodi un contrapposto suo credito verso il debitore esecu 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tato o invece debba intervenire nell'esecuzione per partecipare alla assegnazione in concorso .con il creditore procedente, soggiacendo alle ordinarie norme sul concorso di pi� crediti nell'esecuzione (n. 265). � CONTENZIOSO TRIBUTARIO Avviso di accertamento -Ricorso alle Commissioni Tributarie -Termini - Sospensione feriale (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21; i. 14 luglio 1965, n. 818; l. 7 ottobre 1969, n. 742). Se la sospensione dei termini processuali stabilita dalle leggi 14 luglio 1965, n. 818 e 7 ottobre 1969, n. 742, sia applicabile al termine previsto dall'art. 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per il ricorso alle commissioni tributarie avverso l'avviso di accertamento del valore imponibile (n. 7). Imposte dirette -Contenzioso tributario -Azioni dirette al rimborso di tributi indebitamente pagati od allo sgravio di tributi non dovuti -Natura -Controversie d'imposta -Limiti (d.l. 7 agosto 1936, n. 1679, art. 22, 4� co.; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188; i. 28 ottobre 1970, n. 801, art. 8). Se, in materia d'imposte dirette, siano da ritenere controversie d'iimposta sogg. ette come tali, alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -le controversie relative ai rimborsi ed agli aggravi (n. 8). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta - come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -quella nella quale si alleghi la totale o parziale inesistenza dell'obbligazione tributaria, quando le imposte iscritte a ruolo si riferiscano a redditi accertati dall'ufficio ed il relativo atto di accertamento non sia stato impugnato (n. 8). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta - come tale soggetta a1La :necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -nella quale si alleghi un errore materiale coonmesso dal contribuente e non riparato dall'ufficio, sia nella fase di versamento dell'imposta in tesor.eria, sia ne11a dichiarazione (n 8). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controversia d'imposta - come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da rparte delle Commissioni tributarie _:_ �quella nella quale, pur in presenza di un riconoscimento del diritto al rimborso o dalilo sgravio da rparte dell'Amministrazione, si sia prodotto un giudicato di ammissibilit�, per tardivit�, del ricorso proposto dal contribuente alle Commissioni tributarie (n. 8). Se, in materia d'imposte dirette, costituiisca controversia d'imposta - come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -quella in materia di riimborso di ritenute d'acconto su introiti lordi non corrispondenti ad imponibili definitivi (n. 8). CONTRABBANDO �Reati doganati -Arresto deUo straniero -Cittadini greci, -Disciplima: speciale -Disciplina comune -Compatibilit� (l. 25 settembre 1940, n. ,1424, art. 139; cod. proc. pen., �art ,212; i. 4 agosto 1955, n. 848 i. 3 luglio 1950, n. 886; Costituzione, art. 10). Se la custodia preventiva dell'arrestato per reato doganale, ai sensi dell'art. 139 1. 25 settembre 1940, n. 1424, fermo restando i limiti massimi il. 1:: fil 1,� I!' r PARTE II, CONSULTAZIONI in detta norma previ1sti, possa superare quelli stabiliti ne1l'art. 272 cod. proc. pen., secondo il testo modificato daHe leggi 18. giugno 195,5, n. 517 e 1 luglio 1970, n. 406 (n. 48). Se la 1speciale disciplina della custodia preventiva de11'arrestato per reato doganale, pr.evista dall'art. 139 1. 25 settembre 1940, n. 1424, sia applicabHe ai cittadini greci (n. 48). Se la cauzione imo;>osta allo straniero imputato di reato doganale, come condizione per ottenere ila libert� personale, debba essere idonea a garantire il pagamento delle multe o delle ammende, ovvero possa essere determinata con criteri diversi, quali quelli desumibiU dal codice di procedura penale (n. 48). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Ente ecclesiastico -Complesso monumentale sottoposto a vigilanza dello Stato -Lavori di restauro -Contributo erariale -Legittimit� (l. 21 dicembre 1961, n. 1552, art. 3; l. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 14, 15 e 16). Se ,sia da ritenere legittima la concessione, a favore di Ente ecclesiastico munito di personalit� giuridica, di contributo erariale per lavori di restauro ad un complesso monumentale sottoposto alla vigilanza dell'Amministrazione per la tutela delle antichit� e belle arti (n. 104). Incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno -Applicabilit� della nuova disciplina alle imprese di grande estensione -decorrenza (l. 6 ottobre 1971, n. 853, art. 10). Con quale decorrenza la legge 6 ottobre 1971, n. 853, che ha introdotto nuovi incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno, debba riten�rsi applicabile alle imprese industriali di grandi dimensioni (n. 101). Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Muta mento di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi Decorrenza (l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). Se gli interessi sulle somme percepite a titolo di finanziamento e contributo, quali provvidenze varie per ila razionalizzazione e lo sviluppo della ricettivit� albel'ghiera e turistica, e da .restituire allo Stato qualora venga mutata la destinazione specifica in vista della quale il finanziamento o contributo fu concesso, siano dovute dal giorno in cui le somme furono erogate ovvero da quello in cui � mutata la destinazione specifica (n. 102). Strade comunali -Contributi per costruzione -Strada gi� esistente (l. 21 aprile 1962, n. 181, art. 4). Se il contributo che l'art. 4 della legge 21 aprile 1962, n. 181 prevede a carico dello Stato e a favore dei Comuni per la sistemazione, l'ammodernamento e la costruzione di strade comunali, possa essere concesso per la costruzione di una strada .gi� eststente prima delil'entrata in vigore della legge (n. 103). 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DAZI DOGANALI Repertazione paste alimentari e prodotti da forno -Importazione grasso a reintegro, in esenzione da prelievo -Posizione ~oggettiva dell'esporta tore -Termine -Natura (l. 9 ottobre 19'64, n. 948, artt. 1 e 4; Reg. C.R.E. 21 agosto 1967, �n. 421, art. 2 n. 'l; Seg. C.E:E. 19 giugno 1967, n. 120, art. 12, n. 2). Se l'esportatore di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate ca,ratteristiche sia titolal'e di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo all'iimpoctazione di una corrispondente quantit� di grano a reintegro ed in esenzione da un prelievo (n. 64). Se il termine di sei mesi da1la data della bolletta doganale di esporta-' zione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, entro il quale essere �eser�itato il diritto all'importazione di grano a reintegro in esenzione da prelievo, sia da qualificare termine di prescrizione ovvero di decadenza (n. 64). � Se entro il termine di sei mesi dalla data della bo1'letta doganale di esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, � sufficiente che l'esportatove richieda l'autorizzazione ad importare grano a reintegro in esenzione da prelievo, ovvero � necessario che porti a compimento le opera:Zioni di importazione (n. 64). Se l'autorizzazione ad importare grano in esenzione da prelievo, a reintegro di quello impiegato ne1la paste alimentari e nei prodotti da forno esportati, abbia un tel'lffiine di validit� (n. 64). Spedizione doganale -Nomina -Patente a validit� illimitata -Rilascio Nuova disciplina -Diritto transitorio (d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, artt. 27 e 125). Se, per spedizionieri accreditati al 30 giugno 1971, presso le dogane, in favor�e dei quali l'art. 1 d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 prevede il rilascio di diritt9 della patente �Con validit� illimitata, debbano intendersi soltanto coloro in possesso di patente scaduta dopo il 30 giugno 1971 ovvero coloro i quali, �essendo iii possesso di patente con scadenza prima del 30 giugno 1971, ne abbiano chiesto il rinnovo prima della scadenza (n. 65). " DEBITO PUBBLICO Indennit� di espropriazione -Richiesta di conversione in titoli del debito pubblico -Competenza (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 49; d.l. 23 marzo 1919, n. 1058, artt. 115 e 116; l. 20 marzo 1968, n. 391). Se, a seguito dell'entrata in vigore della legge 2() marzo 1968, n. 391, la competenza a disporre la conversione in titoli del debito pubblico della somma depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti a titolo di indennit� di espropriazione per pubblica utilit� spetti al prefetto ovvero all'Autorit� Giudiziaria (n. 14). DEMANIO Beni demaniali -Uso d.a parte di altra amministrazione o di amministrazione autonoma o di concessionario -Disciplina. Se nel caso di utilizzazione di bene demaniale dello Stato da parte di un'amministrazione statale diversa da quella che lo ha in gestione ed I I � 11a11111!r111111111:111111r111r111r11111111r11111r11a1rr111t1 PARTE II, CONSULTAZIONI uso per scopi ed esigenze diverse da quelli propri della destinazione legale '(}el bene, ovvero da parte di un'amministrazione autonoma o di concessionario di bene demaniale (ne1la specie Societ� Austrade) si ponga in essere una concessione amministrativa e debba essere corrisposto il relativo canone (n. 253). Occupazione ultrabiennale -Condanna dell'Amministrazione al pagamento di somma corrispondente al valore dell'area -Formale acquisizione dell'area -Decreto di espropriazione -Usucapione. Se, onde procedere alila formale acquisizione al demanio delfimmobile ancora non usucapito, per la ntegittima occupazione del quale abbia l'Amministrazione corrisposto somma corrispondente al valore, possa emettersi decreto di espropriazione (n. 252). DIFESA DELLO STATO Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali pregressi ed esauriti -Titolarit� -Procedimento civile -Conseguenze (l. 16 maggio 1970, n. 281; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; c.p.c. art. 111). Se tl trasferimento alle Regioni delle funzioni .amministrative in materia di agricoltura e foreste comporti anche il trasferimento dei rapporti sostanziali esauriti e relativamente ai quali r.estano da essere definite conseguenze di ordine patrimoniale (n. 20). Se, nel .caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura �e foreste sia ritenuto comprendere anche i rapporti sostanziali esauriti, il processo nel quale si controverte di un credito da tali rapporti nascente prosegua tra le parti originario o sano (n. 20). Dopolavori postelegrafonici -Natu.ra -Patrocinio (r.d.l. 9 luglio 1926, n. 1271). Se i Dopolavori postelegrafonici costituiscano organi periferici dello Stato ovvero associazioni di fatto (n. 21). Se il patrocinio dei Dopolavori postelegrafonici spetti all'Avvocatura dello Stato (n. 21). Patronati scolastici -Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43). Se i Patronati scolastici siano autorizzati ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 22). EDILIZIA ECONOMICA POPOLARE Alloggi economici e popolari -Prezzo di cessione -Determinazione -Commissioni regionali -Competenza -Limiti (l. 27 aprile 1962, n. 231, art. 6). Se la competenza delle Commissioni regionali in materia di determinazione del prezzo di cessione degli alloggi economici e popolari sia limitata a stabilire il valore venale degli alloggi ovvero si estenda sino alla fissazione definitiva del prezzo di cessione (n. 238). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Alloggi economici e popolari -Sgombero per demolizione -Diritto degli assegnatari (t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 38, 42; d.l. 17 aprile 1948, n. 1029, artt. 1 e segg.; l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 3; d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, artt. 12, 15 e 16; d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655). Se e quali pretese nei confronti dell'Ente proprietario possano avanzare gli assegnatari di alloggi economici e popolari, nel caso di ordine di rilascio degli alloggi medesimi in vista della il.oro demolizione per pericolo di rovina non imputabile all'Ente medesimo (n. 240). Se .la norma di cui all'art. 18 d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655, secondo la quale gli Enti proprietari di aliloggio economico e popolare, nel caso in cui debbano procedere allo sgombero degli alloggi, hanno l'obbUgo di comunicare alle competenti Commissioni Provinciali l'elenco deg<li assegnatari che debbono lasciare gli alloggi, formulando proposte per la nuova assegnazione, si applichi soltanto in favore degli assegnatari ovvero anche in favore di coloro che gi� hanno acquistato la propriet� deilla cosa (n. 240). Aree comprese nei piani di zona -Richiesta di edificazione da parte del proprietario -Procedimento -Pendenza -Nuova disciplina -Espropriabilit� in favore dei Comuni -Effetti (l. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35; l. 18 aprile 1962, n. 167, art. 16). Se la nuova disciplina pr.evista dall'art. 35 legge 22 ottobre 19'71, n. 865, secondo la quale le aree comprese nei piani di zona di cui arlla legge 18 aprile 19�62, n. 167 sono riservate alla espropriazione da parte del comune, si applichi anche a quelle aree relativamente alle quali, prima dell'entrata in vigore della legge n. 865/71, era stata richiesta licenza di costruzione da parte del proprietario, ai sensi dell'art. 16 della legge n. 167 /62, ed era stato ottenuto il par.ere favorevole della commissione comunale (n. 239). ENTI E BENI ECCLESIASTICI Ente ecclesiastico -Complesso monumentale sottoposto a vigilanza dello Stato -Lavori di restauro -Contributo erariale -Legittimit� (l. 21 dicembre 1961, n. 1552, art. 3; L 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 14, 15 e 16). Se sia da ritenere l�egitttma la concessione, a favore di Ente ecclesiastico munito di personalit� giuridica, di contributo erariale per lavori di restauro ad un complesso monumentale sottoposto ailla vigilanza dell'Amministrazione per la tutela delle antichit� e belle arti (n. 48). ESECUZIONE FISCALE Esecuzione esattoriale -Fallimento -Concorso -Effetti -Pignoramento Abitazione del debitore d'imposta fallito -Prescrizione di appartenenza (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 206 e 207, secondo comma lett. b); r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 51). Se, nella ipotesi di concorso tra procedura esecutiva esattoriale e procedura fallimentare, i pignoramenti esattoriali di beni mobili avvenuti anteriormente alla vendita dei beni stessi in sede fallimentare siano resi inefficaci a seguito di detta vendita (n. 86). Se, nella ipotesi di concorso tra procedura esecutiva esattoriale e procedura fallimentare, i pignoramenti esattoriali di beni mob~li avvenuti posteriormente alla vendita dei beni stessi in sede fallimentare siano da ritenere inefficaci per effetto di detta vendita (n. 86). PARTE II, CONSULTAZIONI 185 Se possa trovare applicazione a favore dell'Esattore la presunzione di cui all'art. 207, secondo comma, lett. b) del t.u. n. 645/58, qualora il pi-gnoramento cada su beni mobili tuttora esi�stenti nella casa di abitazione del debitore di imposta fallito, ma che si asseriscono essere di propriet� del coniuge ovvero di parente affine entro il terzo grado ed acquistati da questi ultimi in sede di precedente vendita fallimentare (n. 86). Esecuzione esattoriale -Opposizione di terzo -Provvedimento dell'Inten-dente di Finanza -1mpugnativa -Giurisdizione del C.d.S. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 208). Se il Consiglio di Stato abbia giurisdizione in ordine alla impugnativa di legittimit� avverso il provvedimento definitivo emesso dall'Intendente di Finanza, ai sensi dell'art. 20.S del t.u. 29� gennaio 1958, n. 645, su ricorso proposto dal terzo opponente contro -gli atti esecutivi (pignoramento� mobiliare) compiuti dall'E�sattore -su beni esistenti nella casa di abitazionedel debitore d'imposta e di cui il ricorrente rivendichi la propriet� (n. 87). ESECUZIONE FORZATA Pignoramento di somme dovute dall'Amministrazione -Fermo amministrativo -Prevalenza (art. 553 c.p.c.; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69). Se nel caso in cui siano state pignorate somme dovute a terzi dall'Amministrazione, quest'ultima possa disporre il fermo amministrativo su tali somme per il recupero di un contrapposto suo credito verso il debitore esecutato o invece debba intervenire nell'esecuzione per partecipare alla assegnazione in concorso con il creditore procedente, soggiacendo alle or-dinarie norme sul concorso di pi� crediti nell'esecuzione (n. 53). ESPROPRIAzIONE PER PUBBLICA UTILIT� Aree comprese nei piani di zona -Richiesta di edificazione da parte del proprietario -Procedimento -Pendenza -Nuova disciplina -Espro-priabilit� in favore dei Comuni -Effetti (l. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35; l. 18 aprile 1962, n. 167, art. 16). Se fa nuova di�sciplina prevista da11'art. 35, legge 22 ottobre 1971, n. 865, secondo la quale le aree comprese nei piani di zona di cui alla legge 18' aprile 1962, n. 167 sono riservate alla espropriazione da parte del Comune, si applichi anche a quelle aree relativamente alle quali, prima dell'entrata. in vigore della legge n. 865/71, era stata richiesta licenza di costruzione da parte del proprietario, ai sensi dell'art. 16, l�egge n. 167/6�2, ed era stato ottenuto il parere favorevole della commissione comunale (n. 309). Deposito indennit� di espropriazione presso la Cassa DD.PP. -Mancanza dell'ordine dell'autorit� giudiziaria -�Legittimit� -Svincolo -Conversione in titoli del debito pubblico (l. 20 marzo 1968, n. 391, art. 3; l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 30, 49, 55). Se si possa legittimamente procedere al deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti dell'indennit� di espropriazione prima deill'ordine di depo- 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sito emesso dall'autorit� giudiziaria a sensi dell'art. 3, legge 20 marzo 1968, n. 391 (n. 313). � Se, nel caso in cui si sia depositata l'indennit� di espropriazione senza l'ordine di deposito dell'autorit� giudiziaria, si possa da parte degli interessati ottener.e lo svincolo delle somme o la loro conver�sione in titoli del debito pubblico (n. 313). Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� -Interessi -Pagamento Imposta di R.M. Se gli interessi corrisposti dall'Amministrazione sulle indennit� di espropriazione regolarmente e legittimamente espletate siano soggette ad imposta di ricchezza mobile (n. 310). Espropriazione per pubblica utilit� -Industrializzazione del Mezzogiorno Provvedimento di pagamento o di deposito delle indennit� -Competenza (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147; l. 20 marzo 1968; n. 391). Se nelle espropriazioni per pubblica utilit� per l'industrializzazione del Mezzogiorno (art. 147 d.P.R. 30 �giugno 196�7, n. 1523) la competenza ad emettere il provvedimento di pagamento o di deposito delle indennit� sia passata dal Prefetto all'Autorit� giudiziaria dopo l'entrata in vigore della legge 20 marzo 1968, n. 391 (che ha attuato .tale spostamento di competenza per le ordinarie procedure di espropriazione) (n. 314). Indennit� di espropriazione -Richiesta di conversione in titoli del debito pubblico -Competenza (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 49; d.l.l. 23 marzo 1919, n. 1058, art. 115 e 116; l. 20 marzo 1968, n. 391). Se a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 marzo 196'8, n. 391, la .competenza a di�sporre la conversione in titoli del debito pubblico della somma depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti a titolo di indennit� di espropriazione per pubblica utilit� spetti al Prefetto ovv.ero all'Autorit� giudiziaria (n. 311). ' \ Occupazione ultrabiennale -Condanna dell'Amministrazione al pagamento di somma corrispondente al valore detl'area -Formale acquisizione dell'area -Decreto di espropriazione -Usucapione. ' Se, onde procedere alla formale acquisizione al demanio dell'immobile ancora non usucapito, per la illegittima occupazione del quale abbia l'Amministrazione corrisposto somma corrispondente al valore, possa� emettersi decreto di espropriazione (n. 312). FALLIMENTO Appalto lavori Genio militare -Fallimento appaltatore -Poteri della Pubblica amministrazione committente -Danni da inadempimento -Compensazione -Procedimento (condiz. gen. appalto lav. Genio mil. app. con r.d. 17 marzo 1932, n. 366, artt. 47 e 48; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 56). Se, pronunciato lo scioglimento del contratto d'appalto per sopravvenuto fallimento dell'appaltatore dei lavori per il Genio militare, ai sensi PARTE II, CONSULTAZIONI 187 dell'art. 47 coodiz. gen. appalto Genio militare approvato con r.d. 17 marzo 1932, n. 366, possa l'Amministrazione committente pronunciare la rescissione in danno a causa di pregresse inadempienze ed ai sensi dell'art. 48 condizioni suddette (n. 129). 1 Se il credito vantato dall'Amministrazione a titolo di risarcimento danni per le pregresse inadempienze dell'appaltatore dei lavori per il Genio militare, 'dichiarato faillito, possa essere opposto in compensazione al eredito vantato dall'appaltatore fallito per lavori eseguiti (n: 1219). Se il credito che l'Amministrazione intenda compensare con un proprio debito nei ,confronti dell'appaltatore fallito debba essere fatto valere nell'ambito della procedura fallimentare (n. 129). Concessioni di pubblici servizi -Fondi per il conseguimento delle finalit� pubbliche -Fallimento del concessionario -Incameramento da parte della Pubblica amministrazione. Se i fondi destinati ad essere utilizzati da concessionario di pubblici .servizi per il proseguimento della :finalit� pubblica propria della loro destinazione (nella specie, fondi di rinnovo per societ� concessionaria di funivie) possano essere incamerati dallo Stato, e nell'affermativa con quali modalit�, quando sopravvenga il fallimento del t:oncessionario (n. 132) . .Esecuzione esattoriale -FalUmento -Concorso -Effetti -Pignoramento Abitazione del debitore d'imposta fallito -Prescrizione di appartenenza (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 206 e 207, secondo comma lett. b); r.d.16 marzo 1942, n. 267, art. 51). Se, nella i'Potesi di concorso tra procedura esecutiva esattoriale e proeedura fallimentare, i pignoramenti esattoriali di beni mobili avvenuti anteriormente alla vendita dei beni stessi in sede falolimentare siano resi inefficaci a seguito di detta vendita (n. 130). Se, nella ipotesi di concorso tr� procedura esecutiva esattoriale e pro �cedura fallimentare, i pignoramenti esattoriali di beni mobili avv~nuti posteriormente alla vendita dei beni stessi in sede fallimentare siano da ritenere inefl�icaci per effetto di detta vendita (n. 130). Se possa trovare applicazione a favore dell'Esattore la presunzione di cui all'art. 207, secondo comma, lett. b) del t.u. n. 645/58, qualora il pignoramento cada su beni mobili tuttora esistenti nella casa di abitazione del debitore di imposta fallito, ma che si asseriscono essere di propriet� del coniuge ovvero di parente affine entro il terzo grado ed acquistati da �quest'ultimi in. sede di precedente vendita fallimentare (n. 130.). Fallimento dell'appaltatore -Interruzione della prestazione -Subentro del curator� -Ritardo -Penalit� -Risarcimento danni (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 72). Se, nel caso di interruzione delle prestazioni dovute dall'appaltatore a �seguito della 1sua dichiarazione di fallimento, spettino all'Amministrazione committente, qualora il curatore abbia dichiarato di voler subentrare nel contratto d'appalto, le penali od il risarcimento dei danni :velativi al pexiodo intercorrente tra l'interruzione delle prestazioni ed il subentro (n. 131.) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO FARMACIE Concorso -Annullamento -Validit� limitata al fine della idoneit� dei concorrenti. Se in presenza di una decisione di annullamento di concorso pubblico,. lo stesso possa essere ugualmente condotto a termine al pi� limitato fine della �dichiarazione di idoneit� dei concorrenti, cui la legge (nella specie� legge 2 aprile 1968, n. 475 sull'assegnazione di sedi farmaceutiche) riconosca determinati effetti (n. 28). Trasferimento titolarit� esercizio -A.cquisto altra farmacia -Termine (Z. 2 aprile 1968, n. 475, artt. 12 e 18). Se il farmacista che abbia trasferito la titolarit� dell'esercizio della propria farmacia, avvalendosi della speciale deroga di cui all'art. 18 legge 2 aprile 1968, n. 475, sia consentito di acquistare altra farmacia, senza concorso per l'assegnazione, decorso l'anno dal trasferimento (n. 27). I FERROVIE Ferrovie -Concessioni di viaggio -Ex dipendenti F.S. passati ad altra Amministrazione -Servizio -Computo (Z. 21 novembre 1955, n. 1108, art. 20, Zett. a). ' Se il periodo di dieci anni richiesto dalla legge 21 novembre 1955,. n. 1108, art. 20, lett. a) ai fini del rilascio di conceissioni ferroviarie di viaggio a favore di dipendenti ferroviari passati ad altra amministrazione debba essere di servizio effettivo, ovvero �Se possano essere valutati anche periodi non di servizio in senso stretto ma riscattabili a fini pensionistici (ad es. servizio militare, studi univer�sitari ecc.); e se, nel caso debba trattarsi di servizio effettivo se possa essere computato anche il servizio prestato precedentemente presso amministrazione diversa da quella ferroviaria .(n. 423). Ferrovie dello Stato -Transazioni -Stipulazione -Competenza -Limiti di valore (d.m. 20 febbraio 1968, n. 1120, art. 13; Z.� 31 dicembre 1962,. n. !833, art. 5). Se gli atti di transazione delle� Ferrovie dello Stato, per somme superiori a L. 3.000.000 ma inferiori a L. 15.000.000i, debbano essere stipulati dall'Amministrazione centrale ai sensi dell'art. 5 leg.ge 31 dicembre 1962, n. 1833 oppure dagli organi periferici ai sensi dell'art. 13 d.m. 20 feb-� braio 1968, n, 1120 (n. 424). Gestioni governative pubblici servizi ferrotranviari -Natura giuridica (r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 184; d.l. 10 Zuglio 1947, n. 767, artt. 6 e 7; Z. 2 agosto 1952, n. 1221, art. 18; l. 12 dicembre 1954, n. 1178; Z. 23' dicembre 1963, n. 1855; l. 18 luglio 1957, n. 614). Quale natura giuridica sia da riconoscere alle Gestioni go�vernative di. pubblici servizi ferrotranviari. In particolare, alle seguenti: 1) Gestione Commissariale Governativa Ferrovie Padane; 2) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Circumetnea; 3) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Genova-Casella; 4) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Penne-Pescara; t 1: lli ~i. PARTE II, CONSULTAZIONI 5) Gestione Commissariale Governativa Ferrovia Torino-Ceres; 6) Gestione Commissariale GoV'ernativa Ferrovie Meridionali-Sarde; 7) Gestione Governativa Ferrovie Calabro-Lucane; 8) Gestione Governativa Servizi pubbUci di linea di navigazione in terna sui laghi Maggiore, di Garda e di Como (n. 422). Pubblici servizi di trasporto -Personale -Riposo settimanale -Disciplina (r.d. 8 gennaio 1931, n. 148; Corte cost. n. 150/67 e n. 146/71; cod. civ. artt. 2109 e 2126, secondo comma). Se, in mancanza di specifica disposizione legislativa sul riposo settimanale del personale dei pubblici servizi di trasporto su ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna esercitate dall'industria privata ovvero da Comuni, provincie e consorzi, la materia, prima che dalle disposizioni comuni del codice civile, possa essere disciplinata da contratti collettivi, da contratti individuali e da regolamenti (n. 425). GIUDIZIO CIVILE E PENALE Demanio storico ed artistico -Demolizione non autorizzata di edificio Procedimento penale -Procedimento amministrativo per applicazione sanzioni -Rapporti (l. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 1, 11, 12, 20 e 59; c.p.p. art. 27; c.p. art. 40, secondo comma). Se i'l proprietario di un immobile di inter.esse storico ed artistico, prosciolto in sede penale � per non aver commesso il fatto � dall'addebito di abusiva demolizione dell'immobile �stesso, possa essere sottoposto a procedimento amministrativo per l'applicazione, basata su altri fatti concomitanti, non valutata in rsede penale, della sanzione della riduzione in pristino �e delle sanzioni pecuniarie (n. 6). Se il proprietario di un immobile di interesse storico ed artistico, prosciolto in sede penale, per insufficienza di provce sul dolo, dall'addebito di non aver impedito la abusiva demolizione dell'immobile stesso, possa essere sottoposto a procedimento amministrativo per l'applicazione basata su riesame dell'elemento psicologi.co dell'incolpazione, della sanzione della riduzione in pristino e del,le sanzioni pecuniarie (n. 6). IDROCARBURI Buoni benzina -Mancato utilizzo -Sopravvenienze attive -Spettanza Imposta fabbricazione (d.m. 1� agosto 1950; d.l. 23 ottobre 1964, n. 988, Tab. B, lett. b, n. 1; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745). Se le sopravvenienze attiv�e derivanti dal servizio di vendita e distribuzione dei buoni benzina, per mancata utilizzazione e per mancata presentazione al rimborso, spettino allo Stato ovvero agli Enti (E.N.I.T. e A.C.I.) che tale servizio esplicano (n. 5). Se, relativamente ai buoni benzina acquistati, ma non utilizzati e non presentati per il rimborso, l'Amministrazione possa pretendere il pagamento dell'imposta di fabbricazione (n. 5). Costruzione ed esercizio nuovi impianti distributori di carburanti -Nuova disciplina legislativa -Efficacia sui procedimenti pendenti (d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 16; d.P.R. 27 ottobre 1971, n. 1269). Se la nuova disciplina llegislativa in materia di costruzione ed esercizio di nuovi impianti di distribuzione carburanti sia applicabile anche ai pro 190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cedimenti in corso alla data di �entrata in vigore del d.1. 26 ottobre 1970, n. 745, nonch� ai procedimenti da rinnovare a seguito di avvenuto annullamento delle autorizzazioni accovdate in precedenza o dei dinieghi di autorizzazione in precedenza emessi (n. 6). IGIENE E SANIT� ~ L. 12 febbraio 1968, n. 132 -Trasferimento al nuovo Ente Ospedaliero d~i rapporti giuridici -Estensione (i. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 5). Se con l'entrata in vigore della 1. 12 febbraio 1968, n. 132 siano stati trasferiti al nuovo Ente Ospedaliero tutti ed indiscriminatamente i rapporti giuridici non definiti inerenti all'organizzazione deH'ospedale, prima facenti capo ai precedenti enti pubblici cui appartenevano ,gli ospedali (n. 8). IMPIEGO PRIVATO Dipendenti di enti pubblici assunti con contratto di diritto privato a termine -TrasformabiUf� in contratto a tempo indeterminato ex i. 18 aprile 1962, n. 230 (l. 18 aprite 1962, n. 230). Se, ai sensi della 1. 18 aprile 1962, n. 230 i contratti privatistici di lavoro a termine stipulati da un Ente pubblico (nella specie I.C.E.) possano essere trasfovmati in contratti a tempo indeterminato (n. 45). IMPIEGO PUBBLICO Dipendenti pubblici -Assolvimento di mansioni superiori' -Passaggio alla categoria superiore in forza dello statuto dei lavoratori -Ammissibilit� (art. 2103 e.e.; l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 13). Se un dipendente di ente pubblico (nella specie Ufficio Italiano Cambi) adibito di fatto a mansioni superiori a quelle della categoria di appartenenza abbia diritto ad essere inquadrato nella categoria superiore in forza dell'art. 2103 e.e. come modificato dall'art. 13, 1. 20 maggio 1970, n. 300 (n. 741). Ferrovie -Concessioni di viaggio -Ex dipendenti F.S. passati ad altra Amministrazione -Servizio -Computo (l. 21 novembre 1955, n. 1108, art. 20 lett. a). Se i�l periodo di dieci anni richiesto dalla 1. 21 novembre 1955, n. 1108 art. 20 lett. a) ai fini del rilascio di concessioni ferroviarie di viaggi a favore di dipendenti ferroviari passati ad altra amministrazione debba essere di servizio effettivo, ovvero se possano essere valutati anche periodi non di servizio in senso stretto ma riscattabili a fini pensionistici (ad es. servizio militare, studi universitari ecc.); e se, nel caso debba trattarsi di servizio effettivo se possa essere computato anche il servizio prestato precedentemente presso l'amministrazione diversa da quella ferroviaria (n. 742). Impiego pubblico -Impiegati di Enti pubblici -Statuto dei lavol)'atori Applicabilit� (l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 37). Se le norme contenute nello Statuto dei lavoratori siano applicabili ai dipendenti di enti pubblici (n. 740). PARTE II, CONSULTAZIONI Pubblici dipendenti -Somme erroneamente percepite a titolo di retribuzione -Ripetibilit�. Se in via genera-le sia da escludere la possibilit� della repetitio indebiti della Pubblica Amministrazione per il recupero di somme erroneamente corrisposte ai propri dipendenti a titolo di retribuzione (n. 743). IMPORTAZWNE ESPORTAZIONE Esportazione paste alimentari e prodotti da forno -Importazione grano a reintegro, in esenzione da prelievo -Posizione soggettiva dell'esportatore -Termine -Natura (l. 9 ottobre 1964, n. 948, artt. 1 e 4; 'Reg. C.E.E. 21 agosto 1967, n. 421, art. 2 n. 1; Seg. C.E.E. 19 giugno 1967, n. 120, art. 12, n. 2). Se l'esportatore di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche sia titolare di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo all'importazione di una corrispondente quantit� di grano a r~integro ed in esenzione da prelievo (n. 67). Se il termine di sei mesi dalla data della bolletta doganale di esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, entro il quale essere esercitato il diritto all'importazione di grano a reintegro in esenzione da preUevo, s�a da qualificare termine di prescrizione ovvero di decadenza (n. 67). ' Se entro il termine di sei mesi dalla data della bolletta doganale di esportazione di paste alimentari e di prodotti da forno aventi determinate caratteristiche, � sufficiente che l'esportatore richieda l'autorizzazione ad importare grano a reintegro in esenzione da prelievo, ovvero � necessario che porti a compimento le operazioni di importazione (n. 67). Se l'autorizzazione ad importare grano -in esenzione da prelievo, a reintegro di quello impiegato nelle paste alimentari e nei prodotti da forno esportati, abbia un termine di validit� (n. 67). IMPOSTA DI BOLLO Domande di voltura catastale -Copie degli atti allegati -Imposta di bollo Esenzione (d.p. 25 giugno 1953, n. 492). Se sulle copie degli atti da allegare alla domanda di voltura catastale sia dovuta la imposta di bollo (n. 46). IMPOSTA DI FABBRICAZIONE Buoni benzina -Mancato utilizzo -Sopravvenienze attive -Spettanza Imposta Fabbricazione (d.m. l� agosto 1950; d.l. 23 ottobre 1964, n. 988, Tab. B-, lett. b, n. 1; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745). Se le sopravvenienze attive derivanti dal servizio di vendita e distribuzione dei buoni benzina, per mancata utilizzazione e per mancata presentazione al rimborso, spettino allo Stato ovvero agli Enti (E.N.�.T. e AC.I.) che tale servizio esplicano (n. 9). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se, relativamente ai buoni benzina acquistati, ma non utilizzati e non presentati per il rimborso, l'Amministrazione possa pretendere il pagamento dell'imposta di fabbricazione (n. 9). -:IMPOSTA DI RE;GISTRO Aumenti di capitale sociale -Benefici legge regionale n. 29/1950 -Omessa denuncia di avveramento -Decadenza (l. Reg. Sic. 20 marzo 1950, n. 29). Se costituisca causa di decadenza dall'agevolazione della r,egistrazione a tassa fissa accordata dalla legge regionale siciliana 20 marzo 19.50, n. 29 .agli atti di aumento del capitale delle societ� la mancata denuncia all'ufficio dell'avvenuto aumento di capitale (n. 374). 1 ,Contratto d'appalto soggetto ad approvazione -Obbligo di registrazione Decorrenza -Approvazione da parte del Provveditore Regionale 00. PP. -Effetti (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 17 e 81; r.d.l. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19). Se, ai fini di individuare il momento in cui sorge l'obbligo di sottoporre .�a registrazione i contratti d'appailto stipulati dagli Istituti Autonomi Case Popolari �e soggetti ad approvazione del Ministero dei Lavori Pubblici, possa esser ritenuta ,equipollente di tale approvazione quella proveniente dal Provveditore Regionale alle 00.PP. (n. 373) . .Erronea registrazione con aliquota ridotta -Riscossione del supplemento Termine per l'accertamento di maggior valore -Decorrenza (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21). Se, nel caso in cui l'ufficio abbia per suo errore registrato un atto a �tassa fissa e successivamente abbia riscosso il supplemento dell'imposta che sarebbe stata fin ab origine dovuta sul valore dichiarato, il termine per 'l'accertamento del maggior valore decorra dalla data delila registrazione o -da quella di riscossione del supplemento (n. 375). Mezzogiorno -Benefici tributari di imposta r.m., registro e ipotecaria Terreni da sottoporre a radicale trasformazione -Impianto industriale non direttamente utilizzante ze coltivazioni (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 110; l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). Se i benefici dell'�esenzione decennale della imposta di R. M. e della �riduzione e tassa fissa dell'imposta di registro e ipotecaria concessi dall'art. 110 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'acquisto di terreni da sottoporre a radicale trasformazione si applichino anche quando l'acquisto del terreno sia solo indirettamente strumentale all'impianto di uno stabilimento �industriale, nel 'Senso che la materia prima da .questo lavorata non � direttamente il prodotto della coltivazione (nella specie si tratta di stabilimento 'per la lavorazione di latte ottenuto da bestiame alimentato con le coltiva zioni del fondo acquistato) (n. 376). Rappresentanze diplomatiche e consolari -Immobili -Ampliamento -Appalto -Imposta registro -I.G.E. -Esenzione (l. 9 agosto 1967, n. 804; Convenzione Vienna 18 aprile 1961, art. 1!3; Convenzione Vienna 24 aprile 1963, art. 32). Se i contratti di appalto per l'ampliamento di immobili destinati a sedi �di rappresentanze diplomatiche e consolari, di propriet� di Stati firmatari PARTE II, CONSULTAZIONI 193 deHe Convenzioni di Vienna 18 aprile 1961 e 24 aprile 1963, ratificate con legge 9 agosto 1967, n. 804, siano esenti dall'imposta di registro-� se i relativi corrispettivi siano esenti da I.G.E~ (n. 377). Societ� -Oggetto -Mutamento -Deliberazione -Tassa proporzionale Tassa fissa (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, Tar. all; A, artt. 81 e 86). Se il mutamento della ragione o dell'oggetto sociale (nel caso, da societ� immobiUare a �societ� industriale) comporti necessariamente la estinzione della precedente societ� e la costituzione di societ� nuova, ai fini deHa tassazione della relativa deliberazione assembleare (n. 378). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Enti Comunali di Consumo -Avanzi di gestione, ecc.edenze attive di bilancio -Tassabilit�. Se siano soggetti ad imposta di R. M. gli avanzi di gestione ovvero le eccedenze attive di bilancio conseguite da Enti Comunali di Consumo o simili (n. 51). Espropriazione P. U. -Indennit� -Interessi -Pagamento -Imposta R. M. Se gli interessi, corrisposti dall'Amministrazione sulle indennit� di espropriazioni regolarmente e legittimamente espletate siano soggette ad imposta di ricchezza mobile (n. 52). Mezzogiorno -Benefici tributari di imposta R. M., registro e ipotecaria Terreni da sottoporre a radicale trasformazione -Impianto industriale non direttamente utilizzante le coltivazioni (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 110; l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). Se i benefici dell'esenzione decennale della imposta di R.M. e della riduzione e tassa fissa dell'imposta di registro e ipotecaria concessi dall'articolo 110 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'�cquisto di terr�eni da sottoporre a radicale trasformazione si applichino anche quando l'acquisto del terreno sia .solo indirettamente strumentale alil'impianto di uno stabilimento industriale, nel �senso che la materia prima da questo lavorata non � direttamente il prodotto della coltivazione (nella specie si tratta di stabilimento per la lavorazione di latte ottenuto da bestiame alimentato colle coltivazioni del fondo acquistato) (n. 53). IMPOSTA DI SUCCESSIONE Enfiteusi rustiche costituite dopo il 28 ottobre 1941 -Base imponibile (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 30; l. 22 luglio. 1966, n. 607, art. 1; l. 18 dicembre 1970, n. 1137, art. 1). Se nelle successioni relativ.e ad enfiteusi rustica costituita dopo il 28 ottobre 1941, le quali si siano aperte dopo l'entrata in vigore della legge 22 luglio 196�6, n. 607, l'imposta di successione debba esser.e liquidata su un valore corrispondente a v.enti volte l'annua prestazione o corrispondente a quindici volte tale prestazione in relazione a quanto disposto dall'art. 1 legge 22 luglio 1966, n. 607 (n. 77). ���������������rr��������-��r� ����������������������������������������-����������-���������������.z�'.�:���� -�.��.�.�.��.��.�.�.�.�.-�.�.�.�.�.�. �����:-:�Z�Z�'.�'.�Z".".�'.�'.�Z�'.�'.�'."'.�Z�Z�'.".�Z".�'."'.�'.�Z1Z�'.�'.�Z�:-'.�: .�.�.�.�.�.�.-.-.-.�.-.-.-.-.�.�r.��r.�r.� 111111111;11fl!;J=f;1~11rm1:i1:i!;1=::1:11::=r1!:1:==:1~1:11:1rf~:1fffi:~t:r&1==!::illrt1wi~=rrti11:1;111illriir1::~~1r1~111t;:==:mrr~=-11)r1m=11r111m;It1~rr11~:=ifi~~1fili/ij,f~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte di successione -Quota di societ� di fatto -Criterio di valutazione -Passivit� -Prova (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15; r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 45; d.l. 26 settembre 1935, n. 1749, art. 11). Se, nel valutare -'---a fini imposta di successione -la quota di partecipazione ad una societ� di persone, possano essere ammesse in detrazione passivit� non documentate nei modi previsti dall'art. 45 r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3,270 (n. 76). Passivit� detraibili -Assegni bancari sottoscritti dal mandatario del titolare del conto corrente (l. 24 dicembre 1969, n. 1038; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, cirt.. 45). Se .costituiscano passivit� detraibili ai fini della imposta sulle successioni i debiti costituiti dal rilascio di assegni di conto corrente del de cuius sottoscritti dal rappresentante di costui senza la spendita del nome del rappresentante (n. 78). Usufrutto -Determinazione del valore -Detraibilit� delle passivit� ereditarie e delle imposte di successione (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 23). Se ai fini della determinazione del valor�tassabile dell'usufrutto ereditario debbano essere previamente detratte le passivit�, l'imposta globale di successione e l'imposta sulle singole quote (n. 79). IMPOSTA GENERALE ENTRATA Importazione di caff� -Imponibile dete1�minato in base a prezzo u;fficiale Inapplicabilit� -Rimborso amministrativo (l. 19 giugno 1940, n. 762, art. 47, quarto �omma). Se sia ammissibile il rimborso in via amministrativa dell'i.g.e. su caff� importato, indebitamente corrisposta sulla base di un prezzo ufficiale non applicabi1e anzich� sulla base delle indicazioni �contenute nella bolletta di importazione (n. 142). Rappresentanze diplomatiche e consolari -Immobili -Ampliamento -Appalto -Imposta registro -I.G.E. -Esenzione (l. 9 agosto 1967, n. 804; Concenz. Vienna 18 aprile 1961, art. 23; Conv. Vienna 24 aprile 1963, art. 32). Se i contratti di appalto per l'ampliamento di immobili destinati a sede di rappr.esentanze diplomatiche e conoolari, di propriet� di Stati' firmatari delle Convenzioni di Vienna 18 aprile 196�1 e 24 aprile 1963, ratificate con legge 9 agosto 1967, n. 804, siano esenti dell'imposta di registro e se i relativi corrispettivi siano esenti da I.G.E. (n. 143). IMPO.STE DIRETTE Imposte dirette -Contenzioso tributario -Azioni dirette al rimborso di tributi indebitamente pagati od allo sgravio di tributi non dovuti. Natura -Controversie d'imposta -Limiti (d.l. 7 agosto 1936, n. 1679, art. 22, quarto comma; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 188; l. 28 ottobre 1970, n. 801, art. 8). Se, in materia d'imposte dirette, siano da ritenere controversie d'imposta -soggette come tali, alla necessaria previa cognizione da parte delle PARTE II, CONSULTAZIONI Commissioni tributarie -le controversie relative ai rimborsi ed agli sgravi (n. 9). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controvcersia d'imposta come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -quella nella quale si ahleghi la totale o parziale inesistenza dell'obbligazione tributaria, quando le imposte iscritte a ruolo si riferiscano a redditi accertati dall'uffcio ed il relativo atto di accertamento non sia stato impugnato (n. 9). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controv�ersia d'imposta come tale 1soggetta ailla necessaria p11evia cognizione da parte delle Commissioni tributarie -quella nella quale si alleghi un errore materiale commesso dal contribuente e non riparato dall'ufficio, sia nella fase di versamento dell'imposta in Tesoreria, sia nella dichiarazione (n. 9). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controvcersia d'imposta come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -quella nella quale, pur in presenza di un riconoscimento del diritto al rimborso od allo sgravio da parte dell'Amministrazione, si sia prodotto un giudicato di inammissibilit�, per tardivit�, del ricorso proposto dal contribuente alle Commissioni tributarie (n. 9). Se, in materia d'imposte dirette, costituisca controvcersia d'imposta come tale soggetta alla necessaria previa cognizione da parte delle Commissioni tributarie -quella in materia di rimborso di ritenute d'acconto su introiti lordi non corrispondenti ad imponibili definitivi (n. 9). IMPOSTE E TASSE Avviso di accertamento -Ricorso alle Commissioni Tributarie -Termini Sospensione feriale (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21; l. 14 luglio 1965, n. 818; l. 7 ottobre 1969, n. 742). Se la sospensione dei termini processuali stabilita dalle leggi 14 luglio 1965, n. 818 e 7 ottobre 1969, n. 742 sia applicabile al termine previsto dall'art. 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 per il ricorso alle commissioni tributarie avverso l'avviso di accer'tamento del va<lore imponibile (n. 563). IMPOSTE IPOTECARIE Mezzogiorno -Benefici tributari di imposta R.M., registro e ipotecaria -Terreni da sottoporre a radicale trasformazione -Impianto industriale non direttamente utilizzante le coltivazioni (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 110; l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). Se i benefici dell'esenzione decennale deltla imposta di R.M. e della riduzione e tassa fissa dell'imposta di registro e ipotecaria concessi dall'articolo 110 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'acquisto di terr.eni da sottoporre a radicale trasformazione si applichino anche quando l'acquisto del terreno Sia soilo indirettamente strumentale all'impianto di uno stabilimento industriale, nel senso che la materia prima da questo lavorata non � direttamente il prodotto della coltivazione (nella specie si tratta di stabilimento per la lavorazione di latte ottenuto da bestiame alimentato con le coltivazioni del fondo acquistato) (n. 3). 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTE VARIE Tasse automobilistiche -Autobus e autoscaf� di linea -Servizio postale Esenzione -Trasporto fuori linea -Sanzione (t.u. 5 febbraio 1953, n. 39, artt. 17, 34 e Tab. all. 2; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 conv. in l. 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 17, primo comma). Se la circolazione, in esenzione dalla tassa, di autobus ed autoscafi, che effettuano il servizio postale, fuori della linea stabilita per il pubblico servizio concesso, costituisca, ai fini della relativa sanzione, e uso diverso � daLl'autobus ,ed autoscafo ovvero comporti omissione nel pagamento della tassa di circolazione (n. 65). Violazioni tributarie -Pluralit� -Pena pecuniaria -Cumulo -Incidenza su natura giuridica delle violazioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278; r.d. 24 settembre 1931, n. 1473). � � Se nel caso di pi� violazioni di una medesima norma tributaria (nella specie violazioni della disciplina tributaria sui contratti di borsa, di cui al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278) la somma delle cui penalit� superi L. 200, si tratti di illecito amministrativo o di reato (n. 66). INTERESSI Depenalizzazione -Sanzione amministrativa -Ritardato pagamento -Interessi (l. 3 maggio 1967, n. 371; cod. civ. art. 1284). Se il ritardato pagamento di sanzioni amministrative previste dalla legge 3 maggio 1967, n. 317, la quale ha depenalizzato varie infrazioni a disposizioni di legge, comporti' o meno l'obbligo di corrispondere agli interessi legali a decorrere dalla scadenza del termine prefissato nella ingiunzione di pagamento (n. 6). Espropriazione p.u. -Indennit� -Interessi -Pagamento -Imposta di R.M. Se gli interessi corrisposti dahl'Amministrazione sulle indennit� di espropriazioni regolarmente e legittimamente espletate siano soggette ad imposta di ricchezza mobile (n. 4). Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Mutamento di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi Decorrenza (l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). Se gli interessi sulle ,somme percepite a titolo di finanziamento e contributo, quali provvidenze varie per ti.a razionalizzazione e lo sviluppo della ricettivit� alberghiera e turistica, e da restituire allo Stato qualora venga mutata la destinazione specifica in vista della quale il finanziamento o contributo fu concesso, siano dovute dal giorno in cui l'e somme furono erogate ovvero da quello in cui � mutata ti.a destinazione specifi.ca (n. 5). ISTRUZIONE Organismi Rappresentativi Universitari (0.R.U.) -Liquidazione -Contributi di cui alla legge 18 dciembre 1951, n. 1551 -Spettanza (l. 18 dicembre 1951, n. 1551, art. 11). Se possano essere versati al liquidatore di un Organismo Rappresentativo Universitario i contributi versati dagli studenti per le attivit� sportive ed assistenziali di cui all'art. 11 fogge 18 dicembre 1951, n. 1551 (n. 26). ...................... ' � � � ' , j PARTE II, CONSULTAZIONI LAVORO Dipendenti pubblici -Assolvimento di mansioni superiori -Passaggio alla categoria superiore in forza dello statuto dei lavoratori -Ammissibilitd (art. 2103 e.e.; l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 13). Se un dipendente di ente pubblico (nella specie Ufficio Italiano Cambi) adibito di fatto a mansioni superiori a quelle della categoria di appp.rtenenza abbia diritto ad essere inquadrato nella categoria superiore in forza dell'art. 2103 c.-c. come modificato dall'art. 13 L 20 maggio 1970, n. 300 (n. 73). Dipendenti di enti pubblici assunti con contratto di diritto privato a termine -Trasformabilit� in contratto a tempo indeterminato ex legge 18 aprile 1962, n. 230 (l. 18 aprile 1962, n. 230). Se, ai sensi della legge 18 apri.ile 1962., n. 230 i contratti privatistici di lavoro a termine stipulati da un Ente pubblico (nella -specie I.C.E.) possano essere trasformati in contratti a tempo indeterminato (n. 72). Impiego pubblico -Impiegati di Enti pubblici -Statuto dei lavoratori Applicabilit� (l. 20 maggio 1970, n. 300, art. 37). Se le norme contenute nello Statuto dei lavoratori siano applicabili ai dipendenti di enti pubblici (n. 71). Pubblici servizi di trasporto -Personale -Riposo settimanale -Disciplina (r.d. 8 gennaio 1931, n. 148; Corte Cost. n. 150/67 e n. 146/71; cod. civ. artt. 2109 e 2126, secondo comma). Se, in mancanza di specifica disposizione J.egislativa sul riposo settimanale del personale dei pubblici servizi di trasporto su ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna esercitata dall'industria privata ovvero da Comuni provincie e consorzi, la materia, prima che dalle disposizioni comuni del -codice civile, possa essere disciplinata da contratti coUettivi, da contratti individuali o da regolamenti (n. 74). LOTTO E LOTTERIE Bolletta vincente -Regolare presentazione in termini -Successivo smarrimento -Effetti (r.d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, artt. 26, 28 �e 34). Se l'Amministrazione debba procedere al pagamento della vincita ail. lotto ove J.a bolletta vincente, l'egolarmente presentata nel termine stabilito, sia andata smarrita quando era �gi� in possesso dell'Amministrazione o di suoi agenti (n. 41). MEZZOGIORNO Espropriazione per pubblica utilit� -Industrializzazione del Mezzogiorno Provvedimento di pagamento o di deposito delle indennit� -Competenza (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147; l. 20 marzo 1968, n. 391). Se nelle espropriazioni per pubblica utilit� per l'industrializzazione del Mezzogiorno (art. 147 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 15,23) J.a competenza ad emettere il provvedimento di pagamento o di deposito delle indennit� sia passata dal Prefetto all'Autorit� giudiziaria dopo �l'entrata in vigore della 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 20 marzo 1968, n. 391 (che ha attuato tale spostamento di competenza per le ordinarie procedure di espropriazione) (n. 53). Incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno -Applicabilit� della nuova disciplina alle imprese di grande estensione -Decorrenza (l. 6 ottobre 1971, n. 853, art. 10). Con quale decorrenza la legge 6 ottobre 1971, n. 853, che ha introdotto nuovi incentivi finanziari per le imprese industriali del Mezzogiorno, debba ritenersi applicabile alle imprese industriali di grandi dimensioni (n. 52). Mezzogiorno -Benefici tributari di imposta R.M., registro e ipotecaria -Terreni da sottoporre a radicale trasformazione -Impianto industriale non direttamente utilizzante le coltivazioni (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 110; l. 29 luglio 1957, n. 634, art. 37). Se i benefici dell'esenzione decennale dalla imposta di R.M. e della riduzione e tassa fissa dell'imposta di registro e ipotecaria concessi dall'articolo 110 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'acquisto di terreni da sottoporre a radicale trasformazione si applichino anche quando l'acquisto del terreno sia solo indirettamente strumentale all'impianto di uno stabilimento �industriale, nel senso che la materia prima da questo lavorata non � direttamente irl prodotto della coltivazione (nella specie si tratta di stabilimento per la lavorazione di latte ottenuto da bestiame alimentato con le coltivazioni del fondo acquistato) (n. 54). MILITARI Militare deceduto per causa di servizio -Indennit� ex legge 15 dicembre 1967, n. 1.261 -Beneficiari .� Req11.isiti (l. 15 dicembre 1967, n. 1261). Se per l'individuazione dei beneficiari delle elargizioni previste dalla legge 15 dicembre 1967, n. 1261 a favor�e delle famiglie di militari deceduti per causa di servizio si possa analogicamente far uso dei criteri stabiliti in materia di trattamento pensionistico privilegiato, ordinario e di guerra (legge 25 febbraio 1958, n. 46 e legge 10 agosto W50, n. 648) e se sia ostativa alla percezione di tale indennit� la condotta censurabile del militare deceduto (n. 28). Veicoli miUtari cingolati -Circolazione -Danni aHa strada -Responsabilit� -Divieto di circolazione (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, art. 94). Se per i veicoli mildtari cingolati la circolazione sulle strade sia da ritenere libera (n. 27). Se l'Amministrazione militare possa essere ritenuta responsabile dei danni prodotti dailla circolazione di veicoli militari cingolati a strade provinciali (n. 27). Se possa ritenersi legittimo il provvedimento dell'Autorit� proprietaria della strada che V'ieti su di �essa (nel caso, strada provinciale) la circolazione ai veicoli militari cingolati (n. 27). MINIERE Cava -Disponibilit� -Mancanza -Esercizio -Poteri dell'Amministrazione (l. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 45; d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, articoli 28 e 672). Se l'Amministrazione possa ordinare la sospensione dei lavori per l'esercizio della cava e, successivamente, concedere a terzi l'esercizio medesimo, ~ ~ I I PARTE II, CONSULTAZIONI 199 qualora l'esercizio medesimo venga condotto da chi non � proprietario del suolo o da chi non ha di questo la disponibilit� ad altro titolo (n. 22). PIANI REGOLATORI Piani particolareggiati -Approvazione -Protezione delle bellezze artisti che e natumli -Intervento succe�ssivo del Ministero P. I. (l. 18 aprile 1962, n. 167, artt. 6 e 8; l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 5; l. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 7). Se l'avvenuta approvazione dei piand particolareggiati, che comprendono anche beni 1soggetti alla �legge sulla protezione delle bellezze artistiche e naturali, precluda al Ministero della Pubblica Istruzione l'esercizio dei propri poteri di intervento su:i singoli progetti di lavori relativi ai detti beni (n. 27). POSTE E TELECOMUNICAZIONI Dopolavori postelegrafonici -Natura -Patrocinio (r.d.l. 9 luglio 1926, numero 1271). Se i Dopolavori postelegrafonici costituiscano organi periferici dello Stato ovvero associazioni di fatto (n. 138). Se il patrocinio dei Dopolavori postelegrafonici spetti all'Avvocatura dello Stato (n. 138). � Installazioni private di impianti di comunicazione -Fondi non contigui Collegamento mediante opere a carattere permanente -Nozione (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 116). In. quale senso debba essere inteso il requisito del collegamento tra pi� fondi non contigui mediante opere a carattere permanente, cui � condizionata, a norma dell'art. 116, secondo comma, r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, la possibilit� per il privato di installare, nell'ambito di detti fondi, impianti di comunicazioni telegrafiche e telefoniche (n. 139). PREVIDENZA E ASSISTENZA Ciechi civili -Indebita corresponsione di pensione -Recupero -Trattenuta diretta (l. 27 maggio 1970, n. 382, art. 18). Se per il recupero di 1quote di pensione indebitamente percepite da cie i:hi civili cui sia stato revocato il trattamento pensionistico possa provveder si mediante trattenuta diretta su eventuali altre competenze spettanti a qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico o ai suoi aventi cau sa, giusta il disposto dell'art. 18, secondo comma, della legge 27 maggio 1970, n. 382 (n. 9:1). Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Recupero Trattenuta diretta -Annullamento credito -Modalit� (l. 30 marzo 1971, n. 118; r.d. 25 marzo 1924, n. 827, artt. 263 e 265). Se per il r�ecupero di assegni di assistenza indebitamente percepiti da mutilati e invalidi .civili �sia necessario, ai fini dell'annullamento del relativo credito ai sensi degli artt. 263 lett. e) e 265 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, il previo esperimento di un tentativo di riscossione ovvero siano sufficienti 200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le sole informazioni di polizia o di finanza circa le disagiate condizioni economiche dei debitori (n. 92). Se per il recupero di quote di assegni di assi,stenza indebitamente percepite da mutilati e invalidi civili, cui sia stato revocato il trattamento pensionistico, possa provvedersi mediante trattenuta diretta su eventuali altre competenze spettanti a qualsiasi titolo al titolare del trattamento pensionistico o ai suoi aventi causa, giusta il disposto dell'art. 18, secondo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118 (n. 92). Mutilati e invalidi civili -Indebita corresponsione di assegni -Revoca Effetti (l. 30 marzo 1971, n. 118). Se i provvedimenti di revoca di pensioni o assegni indebitamente percepiti da mutilati ed invalidi civili, sia quelli adottati dai Comitati Provinciali di Assistenza e Beneficenza Pubblica ai sensi dell'art. 21 della legge� 30 marzo 1971, n. 118 a seguito dei mutamenti intervenuti circa i requisiti voluti dalla legge per beneficiare delle provvidenze da essa previste, sia quelli adottati da.I Prefetto nei �casi in cui l'assegno fosse stato erogato a favore di persona che, essendo titolari di altri trattamenti pensionistici, non ne avevano diritto, abbiano efficacia retroattiva (ex tunc) ovvero solo dal momento della loro emanazione (ex nunc) (n. 93). Mutilati ed invalidi civili -Indebita corresponsione di assegno di assistenza -Obbligo di recupero (l. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12, secondo comma e 13; l. 30 aprile 1969, n. 153, a.rt. 26; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 435, secondo comma). Se l'Amministrazione sia tenuta, ex art. 435, secondo comma r.d. 23 maggio 1924, n. 827, a procedere al recupero degli assegni di assistenza inde. bitamente corrisposti a favore di mutilati ed invalidi civili i quali, essendo titolari di altri trattamenti pensionistici, non ne avevano diritto, giusta il combinato disposto degli artt. 12, secondo comma e 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 nonch� 26 della legge 30 apriile '1969, n. 1S3, ovvero possa applicarsi alla fattispecie il principio della irripetibilit� degli stipendi, assegni o altre indennit� indebitamente corrisposti dalla. P.A. e percepiti in buona fede (n. 90). PREZZI Appalto di 00.PP. -Trattativa privata -Revisione prezzo contrattuale Decorrenza variazioni prezzi correnti. Se, nei contratti di appalto di opere pubbliche, conclusi in trattativa privata, la data di decorrenza delle variazioni dei prezzi correnti, ai fini della revisione dei prezzi contrattuali, vada individuata nel momento della presentazione dell'offerta ovvero in quello della stipulazione de�l contratto (n. 72). PROCEDIMENTO CIVILE Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali pregressi ed esauriti -Titolarit� -Procedimento civile -Conseguenze (l. 16 maggio 1970, n. 281; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; c.p.c. art. 111). Se il trasferimento a1le Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste comporti anche il trasf,erimento dei rapporti so PARTE II, CONSULTAZIONI stanziali esauriti e relativamente ai quali Testano da essere definite conseguenze di ordine patrimoniale (n. 47). Se, nel caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste sia ritenuto comprendere anche i rapporti sostanziali ,esauriti, il processo nel quale si controverte di un credito da tali rapporti nascente prosegua tra 1e parti originario o sano (n. 47).. PROCEDIMENTO PENALE Indagini contabili di carattere preliminare -Richiesta di partecipazione di consulenti di parte -Diniego -Rimedi (c.p.p. artt. 190, 304, 628 segg.). Se, avverso l'ordinanza con la quale il Giudice istruttore penale non ammette la partecipazione di consulente di parte ad indagini contabili preliminari, sia esperibile ricorso per cassazione ex art. 190 c.p.p. ovvero inci-� dente 4i esecuzione ai sensi de~i artt. 628 e segg. c.p.p. (n. 16). REATI FINANZIARI Reati doganali -Arresto dello straniero -Cittadini greci -Disciplina speciale -Disciplina comune -Compatibilit� (l. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 139; cod. proc. pen., art. 272; l. 4 agosto 1955, n. 848; l. Sluglio 1950, n. 886; Costituzione, art. 10). Se la custodia preventiva dell'arrestato per reato doganale, ai sensi dell'art. 139 legge 25 settembre 1940, n. 1424, fermi restando i limiti massimi in detta norma previsti, possa superare quelli stabiliti nell'art. 272 cod. proc. pen., secondo il testo modificato dalle leggi 18 giugno 1955, n. 517 e 1 luglio 1970, n. 406 (n. 10). Se la speciale disciplina della custodia preventiva dell'arrestato per� reato doganale, prevista dall'art. 139 legge 25 settembre 1940, n. 1424, sia applicabile ai cittadini greci (n. 10). Se la cauzione imposta allo straniero imputato di l'eato doganale, come condizione per ottenere la .Ubert� personale, debba essere idonea a garantire il pagamento delle multe o delle ammende, ovvero possa essere determinata con criteri diversi, quali quelli desumibili dal codice di procedura penale (n. 10). Violazione tributarie -Pluralit� -Pena pecuniaria -Cumulo -Incidenza su natura giurhlica delle violazioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278; r.d. 24 settembre 1931, n. 1473). Se nel caso di pi� violazioni di una medesima norma tributaria (nella specie violazioni della disciplina tributaria sui contratti di borsa, di cui. al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278) la somma delle cui penalit� superi L. 200,. si tratti di illecito amministrativo o di reato (n. 11). REGIONI Agricoltura e foreste -Trasferimento alle Regioni -Rapporti sostanziali pregressi ed esauriti -Titolarit� -Procedimento civile -Conseguenze (l. 16 maggio 1970, n. 281; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; c.p.c. art. 111). Se il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste comporti anche il trasferimento dei rapporti sostanziali esauriti e relativamente ai quali restano da essere definite conseguenze di ordine patrimoniale (n. 189). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se, nel. caso in cui il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste sia ritenuto comprendere anche i rapporti sostanziali esauriti, il processo nel quale si controverte di un credito da tali rapporti nascente prosegua tra �le parti originario o sano (n. 189). Controllo sugli atti amministrativi regionali emessi a seguito di funzioni delegate dello Stato. Se gli atti emanati dalla Regione nell'esercizio delle funzioni delegate dello Stato siano da assoggettare al controllo proprio degli atti dello Stato (p.e. Corte dei Conti) ovvero al controllo stabilito per gli atti propri delle Regioni (n. 190). RESPONSABILIT� CIVILE Veicoli militari cingolati -Circolazione -Danni alla strada -Responsabilit� -Divieto di circolazione (t.u. 15 giugno 1959, n. 383, art. 94). Se per i veicoli mi!litari cingolati la circolazione sulle strade sia da ritenere libera (n. 260). Se l'Amministrazione militare possa essere ritenuta responsabile dei danno prodotti dalla circolazione di veicoli militari cingolati a strade provinciali (n. 260). Se possa ritenersi legittimo il provvedimento dell'Autorit� proprietaria della strada che vieti su di essa (nel caso, strada provinciale) la circolazione ai veicoli militari cingolati (n. 260). SANZIONI AMMINISTRATIVE Depenalizzazione -Sanzione amministrativa -Ritardato pagamento -Interessi (l. 3 maggio 1967, n. 317; cod. civ. art. 1284). Se il ritardato pagamento di sanzioni amministrative previste dalla legge 3 maggio 1967, n. 317, la quale ha depenalizzato varie infrazioni a disposizioni di legge, comporti o meno l'obbligo di corrispondere gli interessi legali�a decorrere dalla scadenza del termine prefissato nella ingiunzione di l)agamento (n. 2). Illecito amministrativo -Continuazione -Ammissibilit� (cod. pen., art. 81; l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 8). Se pi� violazioni di un divieto sanzionato in via amministrativa (nella �specie: del divieto posto dall'art. 33 del codi�ce stradale in materia di cari �chi superiori alla portata degli automezzi), commesse in esecuzione di una medesima risoluzione, possano essere considerate e sanzionate come una sola violazione continuata (n. 1). SCAMBI E VALUTE Valuta -Divieto di esportazione -Titoii di credito -Nozione (d.l. 6 giugno 1956, n. 476, art. 6). Quali siano, e quali requisiti debbano av�ere, i titoli di credito di cui -� vietata l'esportazione in forza della disciplina valutaria di cui al d.l. 6 .giugno 1956, n. 476 (n. 23). ~ ~� 1� PARTE II, CONSULTAZIONI SOCIET� Imposta di successione -Quota di societ� di fatto -Criterio di valutazione Passivit� -Prova (d.l. 7� agosto 1936, n. 1639, art. 15; r.d.l. 30 dicem bre 1923, n. 3270, art. 45; d.l. 26 settembre 1935, n. 1749, art. 11). Se, nel valutare -a fini di imposta di ,successione -la quota di partecipazione ad una societ� di persone, possano essere ammesse in detrazione passivit� non documentate nei modi previsti dall'art. 45 r.d.1. 30 dicembre 1923, n. 3270 (n. 133). Societ� -Oggetto -Mutamento -Deliberazione -Tassa proporzionale Tassa fissa (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, Tar. all. A, artt. 81 e 86). Se il mutamento della ragione o dell'oggetto socia,le (nel caso, da soeiet� immobiliar,e a societ� industriale) comporti necessariamente la estinzione della precedente societ� e la costituzione di societ� nuova, ai fini della tassazione della relativa deliberazione assembleare (n. 13'4). STRADE Strade comunali -Contributi per costruzione -Strada gi� esistente (l. 21 aprile 1962, n. 18, art. 4). Se il contributo che l'art. 4 della legge 21 aprile 1962, n. 18, prevede a �(;arico dello Stato e a favore dei Comuni per la sistemazione, l'ammodernamento e 1a costruzione di strade comunali, possa essere concesso per la costruzione di una strada gi� ,esistente prima dell'entrata in vigore della 1egge (n. 93). �Traverse interne ad abitati con popolazione non superiore a 20.000 abitanti -Distributori di carburante -Autorizzazione -Competenza (l. 7 febbraio 1961, n. 59, art. 4; r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, art. 5). Se, nelle traverse interne degli abitati con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, la competenza a rilasciare autorizzazioni o. concessioni (nella specie: autorizzazione a11'impianto di distributore di carburante) �spetti all'ANAS ovvero al Comune interessato (n. 94). Veicoli militari cingolati -Circolazione -Danni alla strada -Responsabilit� -Divieto di circolazione (t.u. 15 giugno 1959, n. 393~ art. 94). Se per i veicoli militari cingolati la circolazione sulle strade sia da rite nere libera (n. 95). Se l'Amministrazione militare possa esser ritenuta responsabile dei� ,danni prodotti dalla circolazione di veicoli militari cingolati a strade provinciali (n. 95). Se possa ritenersi legittimo il provvedimento dell'Autorit� proprietaria della strada che vieti su di essa (nel caso, strada provinciale) la circolazione ai veicoli militari cingolati (n. 95). 'TELEFONO Installazioni private di impianti di comunicazione -Fondi non contigui Collegamento mediante opere a carattere permanente -Nozione (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 116). In quale senso debba essere inteso il requisito del collegamento tra -pi� fondi non contigui mediante opere a carattere permanente, cui � con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dizionata, a norma dell'art. 116, secondo comma, r.d. 27 febbraio 1936, n. 645. la possibilit� per il privato di installare, nell'ambito di detti fondi, impianti di comunicazioni telegrafiche e telefoniche (n. 30). TITOLI DI CREDITO Valuta -Divieto di esportazione -Titoli di credito -Nozione (d.l. 6 giugno ~956, n. 476, art. 6). Quali siano, 'e quali requisiti debbano avere, i titoli di credito di cui � vietata l'esportazione in forza della disciplina valutaria di cui al d.l. 6 giugno 1956, n. 476 (n. 19). TRANSAZIONE F'errovie dello Stato.-Transazioni -Stipulazione-Competenza -Limiti di valore (d.m. 20 febbraio 1968, n. 1120, art. 13; l. 31 dicembre 1962, n. 1833, art. 5). Se gli atti di transazione delle Ferrovie dello Stato, per somme superiori a L. 3 milioni ma inferiori a L. 15 milioni, debbano essere stipulati dall'Amministrazione centrale ai sensi dell'art. 5 legge 31 dicembre 1962, n. 1833 oppure daglli organi periferici ai sensi dell'art. 13 d.m. 20 febbraio 1968, n. 1120 (n. 20). TRASPORTO Pubblici servizi di trasporto -Personale -Riposo settimanale -Disciplina (r.d. 8 gennaio 1931, n. 148; Corte �cost. n. 150/67 e n. 146/71; cod. civ. artt. 2109 e 2126, secondo comma). Se, in mancanza di specifica disposizione legislativa sul riposo settimanale del personale dei pubblici servizi di trasporto su ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna esercitata dall'industria privata ovvero da Comuni provincie e consorzi, la �materia, prima che dal<le disposizioni comuni del codice civile, possa essere disciplinata da contratti collettivi, da contratti individuali o da regolamenti (n. 78). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Rappresentanze diplomatiche e consolari -Immobili -Ampliamento -Appalto -Imposta registro -I.G.E. -Esenzione (l. 9 agosto 1967, n. 804; Conv. Vienna 18 aprile 1961, art. 23; Conv. Vienna 24 aprile 1963, art. 32). Se i contratti di appalto per l'ampliamento di immobili destinati a sede di rappresentan~e diplomatiche e consolari, di propriet� di Stati firmatari delle Convenzioni di Vienna 18 aprile 1961 e 24 aprile 1963, ratificate con legg.e 9 agosto 1967, n. 804, siano esenti dell'imposta di registro e se i relativi corrispettivi siano esenti da I.G.E. (n. 39). . . �----.--.-.--.----�.-.-.--.--.----.-.--.�.�--.�.�.-.--.�'. PARTE II, CONSULTAZIONI 205 TURISMO E SPORT Provvidenze alberghiere e turistiche -Contributi e finanziamenti -Mutamento di destinazione -Revoca -Obbligo di restituzione -Interessi Decorrenza (l. 12 marzo 1968, n. 326, art. 17). Se gli interessi sulle somme percepite a titolo di finanziamento e contributo, quali provvidenze varie per la razionalizzazione e lo sviluppo della ricettivit� alberghiera e turistica, e da restituire allo Stato qualora venga mutata fa destinazione specifica in vista de1la quale il finanziamento o contributo fu concesso, siano dovute dal giorno in cui le somme furono erogate ovvero da quello in cui � mutata la destinazione specifica (n. 22). VIOLAZIONI TRIBUTARIE Violazioni tributarie -Pluralit� -Pena pecuniaria -Cumulo -Incidenza su natura giuridica delle violazioni (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278; r.d. 24 settembre 1931, n. 1473). Se nel caso di pi� violazioni di una medesima norma tributaria (nella specie violazioni della disciplina tributaria sui contratti di borsa, di cui al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3278) la somma delle cui penalit� superi L. 200, si tratti di illecito amministrativo o di reato (n. 2). NOTIZIARIO Si sono svolte recentemente cerimonie d� commiato in onore degli avvocati dello Stato Franco Casamassima e Roberto Petroni, collocati a riposo a domanda. L'Avvocato Franco Casamassima entr� in Avvocatura il 1� dicembre 1947 come aggiunto di procura di 2� classe, e fu destinato allj\vvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia. Il 1� giugno 1951 fu nominato sostituto avvocato dello Stato di 2� classe. Fu trasferito a Roma nel 1954. Il 1� aprile 1957 fu promosso vice avvocato dello Stato ed il 22 marzo 1963 sostituto avvocato generale dello Stato. � stato collocato a riposo in data 5 luglio 1972. L'Avvocato Roberto Fetroni fu nominato aggiunto d1 procura il 1� novembre 1947 e destinato all'Avvocatura Distrettuale di Messina. Il 1� dicembre 1948 fu trasferito a Napoli dove rimase fino .al 1953 anno in cui fu nominato sostituto avvocato dello Stato 'di 2� classe e destinato all'Avvocatura Distrettuale di Ancona. Fu nuovamente trasferito, per esigenze di servizio, dall'Avvocatura di Ancona a quella di Napoli il 1� maggio 1956 da dove ripart� definitivamente per l'Avvocatura Generale il 1 � marzo 1962. Il 1� novembre 1962 fu promosso Vice avvocato dello Stato ed il 27 dicembre 1971 sostituto avvo�ato generale dello Stato. � stato collocato a riposo il 1� dicembre 1972. I I I