ANNO XXIII -N. 6 NOVEMBRE-DICEMBRE 1971 

RA.SSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 
1971 



ABBONAMENTI 

ANNO L. 7.500 
UN NUMERO SEPARATO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � 1.300 


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Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(2219005) Roma, 1972 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



RICORDO 
di 
ADOLFO GIAQUINTO 


Avvocato Generale dello Stato 


ADOLFO GIAQUINTO 

� deceduto in Roma il 12 agosto scorso l'ex 'Avvocato Generaie 
dello Stato Prof. Adolfo Giaquinto. Nato a Potenza il 12 novembre 1878, 
studi� a Napoli, laureandosi nel 1901; consegui la libera docenza, 
nel 1915, in diritto amministrativo e scienza dell'amministrazione; tale 
insegnamento te,nne, poi, per incarico, nell'Universit� di Roma. Entrato 
giovanissimo neiza carriera giudiziaria, fu presidente alla Corte de 
L'Aquila nel 1930; avvocato generale in Cassazi~ne, e poi, nel 1934, 
procuratore generale alla Corte d'appello di Roma, assurto, poi, alla 
prima presidenza nel 1936. Nominato Avvocato Generale dello Stato 
il 1� luglio 1938, ha cessato da tale carica il 10 novembre 1945. 

Studioso, autOll"e d'una vasta serie di studi; di particolare importanza, 
sono La responsabilit� degli enti pubblici, in tre volumi (1915), 
Le Lezioni di diritto amministrativo, tenuto nell'Universit� di Roma 
(1933-34), e.d i seguenti articoli: Del Sindacato della Corte di Cassa


zione sulle dedsioni delle giurisdizioni speciali, Dei danni dipendenti 
dalla manutenzione di opere pubbliche, La potest� certificatrice della 
pubblica amministrazione ed il danno dei privati, Responsabilit� degli 
enti per le contravvenzioni dei rappresentanti e dipendenti, Diritto di 
polizia e prevenzione indiretta della criminalit�, Dell'.improponibilit� 
assoluta dell'azione giudiziale in confronto della pubblica amministrazione, 
Di alcuni problemi attinenti all'or�dinamento degli enti ;pubblici, 
Problemi giuddziari del lavoro, Della pot�st� interpretativa autentica 
delle leggi. 

Dedic� la Sua fervida attivit� a molte istituzioni e a compiti di 
coltura e di giustizia: liquidatore degli usi civici a Napoli, componente 
del Tribunale superiore delle acque pubbliche, della Commissione per 
la riforma delle legislazioni sulla espropriazione per causa di pubblica 
utilit�, � stato infine, per moUi anni P1�esidente della Commissione 
Centrale delle Imposte. 


I 


INDICE 

Parte prima�: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'avv.� Michele Savarese) pag. 1275 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura dell'avv. Benedetto Baccari) � 1347 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avv. Pietro 
de Francisci) � � 1360 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura dell'avv. 
Ugo Gargiulo) . � 1386 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 1392 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. 
Franco Carusi) . � ' � 15-13 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � 1530 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazzella) � . � pag. 219 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) � 222 
CONSULTAZIONI � � � � � � � � . � � � � � � � 254 

La pubbUcazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

FAVARA F., L'impiego e la destinazione d�i redditi acquisiti da 
enti operanti non per scopo di lucro . . . . . . . . . . pag. 1505 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE 

-V. Competenza e Giurisdizione. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 


-V\ Competenza e Giurisdizione. 

AMNISTIA E INDULTI 

-Amnistia genm-ale -Questione 
infondata di costituzionalit�, 1298. 

-Amnistia � sindacale � -Questione 
infondata di costituzionalit�, 
1298. 

-Frode in commercio -Ipotesi di 
esclusione -Questione infondata 
di costituzionalit�, 1299. 

-Immediata declaratoria -Non 
contrasta con diritto di difesa, 
1298. 

-Impossibilit� di rinunciare alla 
amnistia -Illegittimit� costituzionale, 
1298. 

-Termine di decorrenza -Precedente 
iniziativa legislativa -Questione 
infondata di costituzionalit�, 
1298. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche Contabilit� 
dell'appalto -Nozione, 
1513. 

-Appalto di opere pubbliche -Interessi 
legali sulle somme contestate 
-Nozione e portata, 1513. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
pretese dell'appaltato~ 
re -Necessit� della previa, tempestiva 
riserva nei documenti 
contabili dell'appalto per la successiva 
presa in considerazione 
della pretesa dell'appaltatore in 
sede amministrativa e, quindi arbitrale, 
1513. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
pretese dell'appaltatore 
-Onere della riserva -Ca


rattere generale -Sussiste -Ratio 
e portata -Inerenza della 
(maggiore) spese all'esecuzione 
dell'opera -Nozione -Necessaria 
correlativit� con l'onere della 
riserva -sussiste, 1513. 

-Appalto di opere pubbliche -Novazione 
del termine dell'appalto 
-~etese dell'appaltatore a 
particolari compensi o indennizzi 
per la prolungata durata del 
vincolo -Esclusione, 1524. 

-Appalto di opere pubbliche Responsabilit� 
della P.A. appaltante 
per danni arrecati a terzi 
dall'appaltatore che non siano 
conseguenza diretta o mediata 
del progetto dell'opera o del 
modo di esecuzione che la P .A. 
committente abbia disposlto Esclusione, 
1522. 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI 


-Disciplina igienica della produzione 
e vendita di sostanze alimentari 
-Analisi dei campioni 
-Esclusione della comunicazione 
del risultato -Illegittimit� costituzionale, 
1312. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Annullamento d'ufficio -Presupposto 
e limiti -Decorso del 
tempo -Valutazione -Obbligo 
-Sussiste, 1386. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Aclque pulbbliche ed elettricit� 
-Poteri della p.a. in materia di 
polizia idraulica -Azione risarcitoria 
di soggetti non destinatari 
dei relativi provvedimenti Giurisdizione 
del giudice ordinario, 
1354. 

-Amministrazione dello Stato e 
degli enti pubblici -Condanna 
della p.a. ad un facere -Inammissibilit�, 
1354. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Amministrazione dello Stato e 
degli enti pubblici -Cointrolli 
amministrativi -Interesse legittimo 
dell'ente controllato -Azione 
giudiziaria per il risarcimento 
dei danni -Inammissibilit� Fattispecie, 
1347. 

-Amministrazione dello Stato e 
degli enti pubblici -C'rediti Pignorabilit� 
-Limiti, 1352. 

-Rapporto di impiego tra i convitti 
nazionali e il personale insegnante 
nelle scuol� da essi gestite 
-Situazione anteriore all'enrt:
rata in vigore della legge 
9 marzo 1967, n. 1'50 -Impiego 
pubblico -Esclusione -Giurisdizione 
del giudice ordinario sulle 
relative controversie, 1358. 

-Responsabilit� della P .A. -Domanda 
di risarcimento ex illecito 
-Competenza del Giudice ordinario 
-Danno occasionato dall'esecuzione 
di opere idrauliche 
-Irrilevanza su tale competenza, 
1354. 

CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI 

, -V. Regione. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-V. Contratti pubblici. 

CONTRATTI AGRARI 

-Mezzadria -Chiusura annuale 
dei conti -Decadenza dei reclami 
del mezzadro -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 1322. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Capitolati d'oneri predisposti 
dalle Amministrazioni statali per 
regolare i propri contratti -Natura 
regolamentare per i contratti 
interessanti lo Stato -Sussiste, 
1518. 

-Oomminatoria di penali st'abilite 
con norme di Capitolati geneTali 
aventi natura regolamentare 
-Improponi!bilit� nei confronti 
della P.A. di domanda giudiziale 
per riduzione della penale 
ad equit� -Sussiste -Appli


cazione al caso di penale irrogata 
ai isensi dell'atrt. 65 d.m. 
20 giugno 1930, n. 35, 1519. 

-Contratti di fornitura stipulati 
dall'Amm.ne Militare -Condizioni 
generali appr. con d.m. 20 giugno 
1930, n. 3,5 -Natura regolamentare 
-Sussiste -Necessit� 
di specifica approvazione per 
iscritto delle sue norme ai sensi 
dell'art. 1341 e.e. -Esclusione Inapplicabilit� 
dell'art. 1341 e.e. 
ai contratti stipulati con la P.A. 
-Sussiste, 1518. 

-Contratto di fornitura stipulato 
dall'Amministrazione militare Legittimit� 
dell'art. 65 delle Condizioni 
generale appr. con d.m. 
20 giugno 1930, n. 35, statuente 
l'obbligo del fornitore, sanzionato 
da penale, di ritirarre la merce 
rifiutata dall'Amministrazione 
per esito negativo del relativo 
collaudo -Sussiste, 1518. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Questione 
sollevata dal P.M. -Manifesta 
inammissibilit�, 1316. 

-Giudizi per conflitto di attribu~ 
zione -P�rentoriet� dei termini 
-Ipotesi varie, 1285. 

-Sentenza dichiarativa di incostituzionalit� 
-Interpretazione Necessit�, 
1389. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V., Amnistia e indulto, Approvvigionamenti 
e consumi, Contratti 
agrari, Corte Costituzionale, 
Impiego pubblico, Imposte e tasse 
in genere, Indulto, Lavoro, 
Ordinamento giudiziario, Previdenza 
e assistenza, Procedimento 
civili, Procedimento penale, 
Regione, Riforma fondiaria, Sicilia, 
Trentino Alto Adige. 

DANNI 

-Risarcimento -Prescrizione_ Domanda 
proposta nei confronti 
di uno dei compartecipi dell'il



INDICE XI 

lecito -Effetto interruttivo per 
l'azione di !rivalsa verso l'altro 
dei compartecipi, 1383. 

DANNJ: DI GUERRA 

-Sequestri all'estero di somme liquide 
-,Acco:rdo italo-egiziano 
10 settembre 1946 reso esecutivo 
c�n 1. 10 maggio 1957, n. 512 Liquidazione 
-Criteri, 1386. 

DEMANIO 

-V. Regione. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Concorso di Enti pubblici nella 
attuazione dei piani di ricost!l'uzione 
ai sensi del D.L. io aprile 
1947, n. 261 -Legittimazione 
attiva e passiva rispetto ai terzi 
.-Presupposti, 1371. 

-Decreto di esproprio sopravve" 
nuto nel corso del giudizio di 
danno per illegittima occupazione 
ed utilizzazione dell'immobile 
-Opposizione alla indennit� . Non 
necessaria, 1360. 

-Occupazione di urgenza -Protrazione 
oltre il biennio -Effetti 
1360. ' 

-Occupazione d'urgenza -Stato di 
consistenza -Autorizzazione all'ing
�resso nel fondo -Obbligo di 
notifica o comunicazione al proprietario 
-Non sussiste, 1388. 

-Occupazione d'urgenza -Stato di 
consistenza -Redazione da parte 
di un tecnico dell'ANAS -Legittimit�, 
1388. 

-Occupazione d'urgenza -Stato di 
consistenza -Redazione -Obbligo 
di picchettamento�-Non sussiste, 
1388. 

-Occupazione temporanea illegittimit� 
-Danni -Criteri di determinazione, 
1360. 

GIUNTA PROVINCIALE AMMINISTRATIVA 


-V. Giustizia Amministrativa. 


GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Atto impugnabile -Occupazione 
temporanea -Autorizzazione all'ingresso 
nel fondo per la redazione 
dello stato di consistenza � 
atto preparatorio -Impugnazione 
-Inammissibilit�, 1387. 

-AttG impugnabile -Partecipazione, 
al privato, della data di redazione 
dello stato di consistenza 
-� atto preparatorio -Impugnazione 
-Inammissibilit�, 1388. 

-G;iunta provinciale amministrati-. 
va -Dichiarazione di incostituzionalit� 
-Devoluzione del giudizio 
al Consiglio di Stato -Riassunzione 
-Termine di decadenza 
-Non sussiste, 1389. 

-Impiego pubblico -Segretario 
comunale -Pretese patrimoniali 
-Ministero dell'Interno -Non � 
cont!l'ointeressato, 1389. 

-Ricorso �avverso atto non ancora 
emanato -Inammissibilit�, 1386. 

GUERRA. 

-V. Danni. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Note di qualifica -Assenze giu. 
stificate -Valutazione negativa 
-Possibilit� -Limiti, 1391. 

-Note di qualifica -Dipendente 
in servizio in pi� uffici nel corso 
dell'anno -Competenza -Criterio, 
1391. 

-Note di qualifica -Ricorso gerarchico 
-Decisione motivata su 
fatti non contestati in precedenza 
-Illegittimita, 1391. 

-Pensione privilegiata -Detrazione 
dal risarcimento del danno 111egittimit� 
costituzionale, 1328. 

-�Segretario comunale -Supplenza 
-Determinazione del col,rnpenso 
per il pe!l'iodo anteriore 
all'enkata in vigore della 1. 8 
giugno 1962, n. 604 -Distinzione 
rispetto al periodo � successivo Necessit�, 
1389. 

-Segretario comunale -Supplenza 
-Diritti di segreteria -Mancato 
computo -Legittimit�, 1389. 


XII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Stipendi, assegni e indennit� --Agevolazioni per le case di abiPrescrizione 
-Dichiarazione di tazioni non di lusso -Estensioincostituzionalit� 
-� limitata ai ne all'imposta sul valore globale 
rapporti d'impiego privato, 1389. delle donazioni Esclusione, 

1445.

-Trasferimenti -Graduatoria degli 
aspiranti -Ricorso gerarchi-
Atti rsoggetti ia condizione soco 
-Semplice interesse al mispensiva 
-Registrazione a tassa 
glioramento delle posizioni in fissa -Denuncia di avveramento 
graduatoria -Non � giuridicadella 
condizione -Omissione o 
mente protetto -Omesso esame ritardo -Non influisce sulla temdella 
posizione della ricorrente pestivit� della registrazione, 1419. 

in sede di decisione gerarchica 


Illegittimit�, 1390. -Disposizioni necessariamente connesse 
e derivanti per loro natu


-V. anche Competenza e giurisdi


ra le une dalle altre -Societ�

zione. 

di capitali -Aumento di capitale 
deliberato al fine della fusione IMPOSTA 
DI REGISTRO Unica tassazione, 1399. 

-Agevolazioni dell'art. 44 tab. B -Solidariet� -Pluralit� di negozidella legge di registro -Acquisto contenuti in unico atto -Solidadi 
area per la costruzione di chieriet� 
limitata fra i distinti grupsa 
parrocchiale -Si estende, pi contraenti -Effetti -Litiscon1433. 
sorzio necessario -Esclusione, 

1464.

-Agevolazioni per la fusione di 
societ� ex elettriche -Aumento -Successione di leggi nel tempo 


di capitale diretto a facilitare la 

Appalti e concessioni di :pubbli


fusione -Esclusione dell'agevo


co servizio -Legge 28 luglio 1961,

lazione -Disposizioni necessa


n. 827 -Atti soggetti ad approriamente 
connesse e derivanti 

vazione o condizione sospensiva 


per loro natura le une dalle al


Applicabilit� delle norme vigenti

tre -Aumento di capitale e fu


a1 momento della stipulazione,

sione -Possibilit�. 1400. 

1449. 
-Agevolazioni per la fusione di 


societ� ex -- 
Usucapione dichiarata con sen


elettriche Fusione 

tenza -Imposta graduale -� do


per unione e fusione per incorporazione 
-Applicabilit� a tutti vuta, 1447. 
i casi, 1400. -Vendita fra parenti -Presunzio


-Agevolazioni per le case di abine 
di liberalit� -Prova della 
tazione non di lusso -Acquisto provenienza del prezzo -Assedell'area 
-Edificabilit� -Esigno 
di conto col'rente -Inidostenza 
di limitazioni al momento neit�, 1429. 

.. 
.. 
dell'acquisto -Possibilit� di rimozione, 
1481. 
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBI


-Agevolazioni per le case di abi


LE

tazione non di lusso -Acquisto 
di area pro indiviso -Applica


bilit� -Assegnazione distinta di -Pluralit� di stabilimenti dello 
soli uffici o negozi -Ininfluenstesso 
soggetto -Unicit� di bi


za, 1392. 
lancio -Stabilimenti siti nel 
Mezzogiorno aimmessi ad c:isen


-Agevolazioni per le case di abi


zione -Passivit� -Inclusione nel

tazione non di lusso -Estensio


bilancio generale, 1436. 

ne alla costruzione di colonie climatiche 
-Leg�ge 19 luglio 1961, -Redditi acquisiti da ente di assi


n. 659 -Valore innovativo -� Distenza 
e beneficenza -Impiego o 
vieto di rimborso di imposta ridestinazione 
dei redditi per le 
scossa -Illegittimit� costituziofinalit� 
istituzionali dell'ente nale 
-Manifesta infondatezza, Irrilevanza, con nota di F. F'A1425. 
VARA, 1505. 

INDICE 
XIlI 

-Redditi acquisiti da ente non 
avente scop� di lucro -Impiego 

o destinazione dei redditi per le 
finalit� istituzionali dell'ente Irrilevan,
za, 1505. 
-Societ� ed enti tassabili in base 
a bilancio -Interessi passivi Deducibilit� 
-Criterio di proporzionalit� 
-Presunzione -� 
relativa e non assoluta, 1493. 

-Spese e passivit� inerenti alla 
posizione del reddito -Pagamento 
da parte dei soggetti tassabili 
in base a bilancio ,delle aziende 
ed istituti di credito, dell'imposta 
di R.M., Cat. A, sugli interessi 
corrisposti ai reddituari e 
rinuncia all'esercizio dell'azione 
di rivalsa -Non � perdita -� 
spesa -inerenza alla produzione 
del reddito -Non sussiste, 1493. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Beneficio di inventaTio -Credito 
della Finanza per imposta di successione 
-Procedura �per la liquidazione 
dell'eredit� -� opponibile 
alla Finanza -Deroga 
alle norme tributarie per l'accertamento 
di passivit� -Sussiste 
-Impugnazioni ammesse, 
1453. 

-Beneficio di inventario -Omessa 
compilazione dell'inventario Conseguenze 
-Opponibilit� della 
decadenza da parte della Finanza 
-Esclusione -Insinuazione 
nella proceduTa di graduazione 
dei debiti ereditari -Esclusione, 
1453i 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Entrata imponibile -Interessi sui 
mutui concessi a Comuni e provincie 
-Esclusione, 1395. 

-Istituti esercenti �il credito -Decisione 
della sezione speciale per 
le imposte di negoziazione della 
Commissione Provinciale -Azione 
ordinaria -Termine -� quello 
di sei mesi, 1395. 

-Prescrizione -Interruzione -Ricorso 
al Ministro delle Finanze Effetti, 
~467. 

---'-Quote di partecipazione spettante 
ai Comuni -Impignorabilit�, 
1352. 

IMPOSTA IPOTECARIA 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Mutuo contratto 
per l'acquisto dell'area 
edificabile -Agevolazione dell'art. 
18 della legge 2 luglio 1949, 

n. 408 -Si estende, 1443. 
- 
Credito a medio e lungo termine 
-Risoluzione anticipata in 
caso di inadempienza -Incom.:. 
patibilit� col requisito della durata 
minima dell'operazione Esclusione, 
con nota di M. SALTINI, 
1411. 

IMPOSTA SUI TERRENI E SUL 
REDDITO-AGRARIO 

-Ortovivaisti -Messa a dimora sui 
fondi dei compratori delle piante 
prodotte -Autonoma attivit� 
soggetta all'imposta di ricchezza 
mobile -Esclusione, 1469. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Competenza e giurisdizione 
Controversia di imposta -Opposizione 
all'esecuzione degli eredi 
del contribuente -Competenza 
del Tribunale erariale, 1485. 

-Imposta straordinaria sul patrimonio 
-Privilegio speciale sugli 
immobili -Opponibilit� ai successivi 
acquirenti -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 1344. 

-Imposte indirette -Commissioni 
delle imposte -Poteri sostitutivi 
nell'accertamento -Esercizio di 
potest� amministrativa -Ricorso 
in Cassazione -Inammissibilit�, 
1476. 

-Imposte indirette -Commissioni 
tributarie -Competenza -Sezione 
speciale per l'imposta di 
negoziazione della Commissione 
provinciale -Competenza per la 


XIV 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

\ 

sola valutazione -Decisione su 
questione di diritto -Ricorso alla 
Commissione Centrale -Inammissibilit�, 
1488. 

-Imposte indirette -Competenza 
delle Commissioni -Controversie 
di valutazione e cofltrover.sie di 
diritto -Questione di applicazione 
della legge pregiudiziale alla 
valutazione -Fattispecie -Rimessione 
alla Sezione speciale 
della Commissione Provinciale Necessit�, 
1461. 

-Imposte indirette -Competenza 
e giurisdizione -Decisione della 
Commissione provinciale di valutazione 
che risolve questioni di 
diritto -Incompetenza -Impugnazione 
al Tribunale ex art. 29, 
terzo comma r.d. 7 agosto 1936, 

n. 1639 per difetto di calcolo e 
errore di apprezzamento -Annullamento 
della decisione impugnata 
per incompetenza -Esclusione, 
1439. 
-Imposte indirette -Ingiunzione Posizione 
processuale .della Finanza 
-Giudizio di appello -Deduzione 
di diversi presupposti di 
fatto e di diverso titolo giuridico 
-Inammissibilit�, 1431. 

�-Imposte indirette -Ingiunzione 
-Posizione processuale delle parti 
-Illegittimit� della ingiunzione 
-Azione riconvenzionale Condanna 
al pagamento della 
stessa somma fondata su diverso 
titolo -Ammissibilit�, 1473. 

-Ingiunzione -Posizione processuale 
della Finanza -Eccezioni 
nuove in appello -Diverso fondamento 
giuridico della pretesa 
tributaria -Ammissibilit�, 1399. 

- 
Procedimento dinanzi alle Oommissioni 
-Ricorso alla Commissione 
Centrale ., Motivazione Esposizione 
del fatto -Necessit�, 
1490. 

INFORTUNIO SUL LAVORO 

-Assicurazioni sociali -Limitazioni 
in responsabilit�, -Presupposti 
-Rapporti tra appaltante 
ed appaltatore -Inapplicabilit�,

1383. . 

INGIUNZIONE 

- 
V. Imposte e tasse in genere. 


LAVORO 

-Divieto di licenziamento individuali 
-Onere del datore di lavoro 
di comunicare i motivi del 
licenziamento -Inapplicabilit� ai 
lavoratori ultra.sessantacinquenni 
non aventi diritto a pensione Illegittimit� 
costituzionale, 1295. � 

-Indennit� di anzianit� -Servizio 
di durata inferiore all'anno Esclusione 
-Illegittimit� costituzionale, 
1329. 

-Tutela del lavoro dei fanciulli e 
degli adolescenti -Valutazione 
dellla pericolosit� del lavoro A!
ffidament.o transitorio agli 
Ispettorati del Lavoro -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
1283. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Regolamenti -Impugnabilit� per 
lilleglttimit� costituzionale 
Esclusione -Illegittimit� . -Disapplicabilit� 
da parte del giudice 
-Sussiste, 1518. 

NAVE 

- 
V. Previdenza e Assistenza . . 

NOTIFlCAZIONE 

-Notificazioni in materia penale All'imputato 
-Domicilio dichiarato 
-Trasferimento altrove Mancata 
comunicazione alla cancelleria 
-Notifica effettuata al 
domicilio dichiarato -Nullit� Esclusione,
� 1534. 

OBBLIGAZIONI E �ONTRATTI 

-Clausola risolutiva espressa -Dichiarazione 
di avvalersi della 
clausola -Effetti -Decreto amministrativo 
-Ammissibilit� .: 
Opposizione, 1369. 



INDICE 

OPERE PUBBLICHE 

- 
V. Appalto. 

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO 

-Composizione di collegio giudicante 
-Applicazione di giudice 
da parte del P:residente del Tribunale 
-Nomina del Presidente 
del Tribunale previo concerto del 
Ministro della Giustizia -Inammissibilit� 
della questione, 1314. 

PARTE CIVILE 

- 
V. Procedimento penale. 

POLIZIA 

- 
V. Procedimento penale. 

PRESCRIZIONE 

-V. Danno, Impiegp pubblico, Imposta 
generale sull'entrata. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Previdenza marinara -Sistema 
delle retr~buzioni medie -Distinzione 
secondo il tonnellaggio della 
nave -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 1281. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Mancato funzionamento degli uffici 
giudiziari -Proroga d'�i termini 
di decadenza -Declaratoria 
con decreto ministeriale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
1320. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Appello incidentale del Pubblico 
Ministero -Illegittimit� costituzionale, 
1310. 

-Arresto in flagranza -Arresto facoltativo 
da parte del pubblico 
ufficiale oltraggiato -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
1290. 

-Convalida dell'arresto in flagranza 
-Omessa prescrizione di mo. 
tivazione e di ricorribilit� in 

Cassazione -Illegittimit� costi


tuzionale, 1290. 

-Costituzione di parte civile -Notificazione 
-Necessit� di elezione 
di domicilio, 1530. 

-Dipendenza della polizia giudiziaria 
dai Procuratori generali Violazione 
della legge di delega 
-Esclusione, 1275. 

-Estinzione del reato -Formule di 
proscioglimento -Questione �infondata 
di costituzionalit�, 1298. 

-Impedimento materiale alla difesa 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
1331. 

-Parte civile -Obbligo di testimonianza 
-Illegittimit� costituzionale
� -Esclusione, 1317. � 

-Partecipazione delle parti danneggiate 
non qualificate -Violazione 
dei principi di difesa e di 
eguaglianza -Esclusione, 1332. 

-Reato estinto per prescrizione Divieto 
di proscioglimento dell'imputato 
senza prova evidente Illegittimit� 
costitti,ziona1e 
Esclusione, 1326. 

-Requisitorie del P.M. di istruttoria 
suppletiva -Preteso obbligo 
del giudice istruttore di conformarvisi 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 1278. 

- 
Rito direttissimo -Scelta del 

P.M. -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 1342. 
- 
Trasferimento temporaneo degli 
addetti alla polizia giudiziaria Consenso 
dei soli Procuratori generali 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 1275. 

REATO 

-Truffa -Atto di disposizione patrimonale 
del soggetto passivo .
Non � necessario, 1530. 

- 
V. anche Procedimento penale. 

REGIONE 

- 
Conflitto di attribuzione con lo 

�Stato -Beni del demanio archeologico 
di Naxos -Spettanza alla 
Regione, 1312. 


XVI~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Danni cagionati dalle Forz�e armate 
alleate !in azioni non di 
combattimento -Indennizzo Natura 
-Criteri di liquidazione, 
1380. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


RIFORMA FONDIARIA 

-Espropriazione del terzo residuo 
-Esclusione di indennizzo -Illegittimit� 
costituzionale, 1324. 

SEPARAZIONE DI CONIUGI 

-Separazione personale tra coniugi 
-Cbmparizione personale davanti 
al iPresidente del Tribunale 
per il tentativo di conciliazione 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, � 1326. 

SICILIA 

-Legge elettorale amministrativa 
-Cause di illegittimit� a consigliere 
provinciale -Limitazione 
dell'elettorato passivo -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
1316. 

-Potest� tributaria -Esclusione 
dell'imposta di R.M. per i cantieri 
edili -Disapplicazione dei relativi 
decreti regionali -Potere 
non spettante allo Stato, 1336. 

SOCIET� 

-V. Imposta di registro. 

TRASPORTO 

-Trasporto internazionale di cose 
a mezzo ferrovia -Processo ver,
bale di verifica -Efficacia -Li.,. 
miti -Responsabilit� ex recepto 
-Indennizzo per il ritardo nella 
consegna e per l'avaria -Cumulabilit� 
� -Colpa grave -Onere 
della prova, 1375. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

-Conflitto di attribuzione con lo 
Stato -Riconoscimento dei vini 
di origine controllata -Competenza 
spettante allo Stato, 1285. 

-Legge regionale sull'impiego del 
saccarosio nei vini a denominazione 
di origine controllata Mancato 
rispetto degli obblighi 
internazionali dello Stato -Illegittimit� 
costituzionale, 1286. 

-Legge statale recante norme sulla 
protezione civile -Invasione 
della competenza regionale 
Esclusione, 1338. 

USUCAPIONE 

-V. Imposta-di registro. 

VENDITA 

-V. Imposta di registro. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

9 giugno 1971, n. 122 . 
9 giugno 1971, n. 123 . 
9 giugno 1971, n. 124 . 
9 giugno 1971, n. 125 . 
14 luglio 1971, n. 171 . 
14 luglio 1971, n. 172 . 
14 luglio 1971, n. 173 . 
14 luglio 1971, n. 174 . 
14 luglio 1971, n. 175 . 
17 novembre 1971, n. 177 . 
17 novembre 1971, n. 178 . 
17 novembre 1971, n. 179 . 
17 novembre 1971, n. 180 . ao novembre 1971, n. 189 . 
30 novembre 1971, n. '190 . 
30 novembre 1971, n. 191 . 
16 dicembre 1971, n. 198 . 
16 dicembre 1971, n. 200 . 
16 dicembre 1971, n. 201 . 
16 dicembre 1971, n. 202 . 
16 dicembre 1971, n. 203 . 
28 dicembre 1971, n. 204 . 
28 dicembre 1971, n. 205 . 
28 dicembre 1971, n. 206 . 
28 dicembre 1971, n. 207 . 
28 dicembre 1971, n. 208 . 
28 dicembre 1971, n. 209 . 
28 dicembre 1971, n. 210. 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. l, 19 giugno 1971, n. 1887 . 
Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1968 . 
Sez. I, 6 luglio 1971, n. 2103 . . 
Sez. I, 9 luglio 1971, n. 2191 . . 
Sez. I, 13 luglio 1911, n. 2241 . . 
Sez.. I, 13 luglio 1971, n. 2257 . 
Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2267 . 
Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2277 . 


pag. 1275 
1278 
1281 
1283 
1285 
1286 
1290 
1295 
1298 
1310 
. 1312 
1312 
1316 
1316 
1317 
1320 
1322 
1324 
1326 
1326 
1328 
1329 
1331 
1332 
1336 
1338 
1342 
1344 

pag. 1392 

13.95 
1399 
1411 
1419 
1425 
1429 
1431 


XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 14 luglio 1971, n. 2298 . . pag. 1433 
Sez. I, 14 luglio 1971, il. 2301 . . 1436 
Sez. Un., 20 luglio 1971, n. 2364 . > 1439 
Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2375 . 1443 
Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2376 . � 1445 
Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2378 . 1447 
Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2S79 . 1449 
Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2490 . > 1453 
Sez.' I, 26 luglio 1971, n. 2494 . > 1461 
Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2500 . > 1464 
Sez. I, 26 agosto 1971, n. 2582 . 1467 
Sez. I, 20. settembre 1971, n. 2622 . > 1469 
Sez. I, 20 settembre 1971, n. 2623 . > 1473 
Sez. Un., 6 ottobre 1971, n. 2735 . . >, 1476 
Sez. Un., 6 ottobre 1971, n. 2736 . . 1481 
Sez. I, 9 ottobre .1971, n. 2786 . . . 1485 
Sez. Un., 11 ottobre 1971, n. 2829 . 1488 
Sez. Un., 11 ottobre 1971, n. 2835 . 1347 
Sez. I, 11 ottobre 1971, n. 2847 . . 1490 
Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2863 . 1352 
. Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2864 . 1354 
Sez. I, 18 ottobre �1971, n. 2936 . , . 1360 
Sez. Un., 21 ottobre 1971, n. 2959 . 1358 
Sez. I, 25 ottobre 1971, n. 3�l2 . . 1369 
Sez. I, 29 ottobre 1971, n. 3051 . . . 1371 
Sez. I, 9 novembre 1971, n. 3161 . . 1513 
Sez. I, 19 novembre 19<71, n. 3331 ... � 1518 
Sez. m, 24 novembre 1971, n. 3438 . 1375 
Sez. Un., 4 dicembre 1971, n. 3521 . 1493 
Sez. Ili, 10 dicembre 1971, n. 3591 . 1380 
Sez. III, 30 dicembre 1971, n. 3779 . 1383 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

18 novembre, 1971, n. 22. . . . . . . . . . ....�. pag. 1522 

CORTE D'APPELLO 

Firenze, Sez. I, 10 maggio 19711 n. 447 . . . . . . . . . . . pag. 1505 

TRIBUNALE 

Firenze, Sez. I, 10 novembre 1971, n. 1670 .......... pag. 1505 


LODO ARBITRALE 

26 novembre 1971, n. 72 (Roma) pag. 1524 


INDICE 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 1'5 settembre 1971, n. 820 . 
Sez. IV, 15 sett-embre 1971, n. 837 . 
Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 839 . 
Sez. V, 29 settembre 1971, n. 773 . . 
Sez. VI, 28 settembre 1971, n. 696 . 
Sez. VI, 28 settembre 1971', n. 699 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI C!A.SSAZIONE 

Sez. I, 24 marzo 1969 . . . 
Sez. II, 20 gennaio 1971, n'. 140 . . 
Sez. IV, 29 aprile 1971, n. 1228 . 


XIX 

pag. 
1386 
1386 
1387 
1389 
1390 
1391 

pag. 
1530 
1530 
1534 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

RoEHRSSEN C., Governo, Legge, Politica, Giuffr� Ed., Milano, 
1969 . . . �. . . . . . . 1� � � � � � � � � � � pag. 219 
PASC:APE G., Raccolta di giurisprudenza sulla edilizia popolare 
. ed economica, Jovene, Napoli, 1970 . . . . . . . . . . 220 

RASSEGNA DI LEGIS'LAZIONE 

Leggi e decreti (segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 221 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostit'uzionali: 

codice di procedura penale, art. 515, quarto comma . pag. 221 

r. d. 7 dicembre 1923, n. 2590, art. 9 ultimo comma . 222 
legge 21 ottobre 1950, n. 841, art. 9, quarto comma 222 
legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 1, terzo comma . . 222 

-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimit� costituzionale: 


codice civile, art. 2162 . . . . . . . . . . . . 222 
codice di procedura civile, art. 707, primo comma . 222 
codice di procedura penale, art. 106 . . . . . . 223 
codice di procedura penale, art. 152, secondo comma . 223 
codice di procedura ~ . � "'le, art. 350, secondo comma, 
art. 408, secor>~ _,..rma, art. 447, art. 448 e art. 449 223 

d. lg. 9 aprflr ...148, n. 437, legge 10 febbraio 1953, n. 73, 
artt. 1, wti:ma parte e 2 . . . � . . . . 223 

1. reg. sic. 9 maggio 1969, n. 14, art. 7, n. 4 . . . . . 224 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . ~224 


INDICE 
XXI 

-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di manifesta infondatezza, 
di inammissibilit�, o di restituzionale degli atti 


a.i giudice di merito . . . . . . . . . . . . pag. 248 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Assicurazione 
Circolazione stradale 
Commercio 
Contabilit� generale 
dello Stato 
Contributi . 
Demanio 
Deposito 
Enfiteusi . . . 
Espropriazione per p.u 
Ferrovie 
Importazione e esportazione 
. 
Imposta di Consumo 

pag. 
253 
253 
253 

254 
254 
254 
254 
255 
255 
255 

256 
256 

Imposta di registro . pag. 256 
Imposta generale sull'entrata 
256 
Imposte e tasse . . . 257 
Imposte ipotecarie . 258 
Imposte varie 258 
Lavoro . 258 
Lotto e lotterie 259 
� Mezzogiorno . .. 259 
Previdenza e assistenza 260 
Propriet� 260 
Regioni . 260 
Strade 260 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE* 


CO~TE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 122 -Pres. Branca -Rei. 
Mortati -Conventi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Dipendenza della polizia giudiziaria dai Procuratori 
generali -Violazione della legge di delega -Esclusione. 
(Cost., art. 76, 77; l. 18 giugno 1955 n. 517, art. 20; d.P.R. 25 ottobre 1955, 

n. 932, art. 1, 2, 3). 
Procedimento penale -Trasferimento temporaneo degli addetti alla 

polizia giudiziaria -Consenso dei soli Procuratori generali -Ille


gittimit� costituzionale -Esclusione. 

~ 

(Cost., art. 109; c.p.p., art. 220; d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 2). 

Non � fondata, con riferimento ai principi della delega legislativa, 
la questione di legittimit� �costituzionale delle norme di attuazione e di 
coordinamento del Codice di procedwra penale che prevedono la dipendrnza 
dai Procuratori generali solo di nuclei specializzati di polizia giudiziaria 
(1). 

Non � fondata, con riferimento an'art. 109 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale delle norme del Codice di procedura 
penale e delle sue norme di attuazione e di coordinamento, le 
quali richiedono il consenso dei Procuratori generali, e non anche dei 
Pretori interessati, per il trasferimento non temporaneo dei dirigenti di 
nuclei di polizia giudiziaria mandamentali (2). 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. 

(1-2) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 14 agosto 1969 del 
Pretore di Chieri (Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1969, n. 269) e 25 ottobre 
1969 del Pretore di Recanati (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1970). 

Per i precedenti, cfr. la sentenza 28 novembre 1968, n. 114, in questa 
Rassegna, 1968, 896 (la sentenza � annotata da GALLI in Giust. cast., 
1968, 2050). 

In dottrina, cfr. VmGA, La potest� di polizia, 1954; RIGHI, G'iust. pen., 
1960, I, 305. 



~ 

1276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -2. -L'ordinanza del pretore di Chieri denuncia i primi 
tre articoli del d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 93�2, in quanto essi, circoscrivendo 
i poteri dei Procuratori generali solo ad alcuni nuclei di ufficiali 
e agenti di polizia giudiziaria e non a tutti gli appartenenti a questa, 
sarebbero incorsi in violazione, oltre che dell'art. 109, anche degli articoli 
76 e 77 della Costituzione, perch� nello statuire tale limitazione 
avrebbero oltrepassato i limiti della competenza attribuita al Governo 
dall'art. 20 della legge 10 giugno 1955, n. 517, modificativa dell'art. 220 
del codice di procedura penale. 

La questione non � fondata innanzi tutto sotto l'aspetto della vio


lazione dell'art. 109 della Costituzione. Dall'esame dei lavori prepa


ratori dell'Assemblea costituente chiaramente risulta come, pur essen


dosi voluta rendere obbligatoria la diretta sottoposizione della polizia 

giudiziaria alla magistratura, che il progetto dei 75 prevedeva solo come 

facoltativa, non venne mai e da nessuno prospettata l'ipotesi che tale 

rapporto di disponibilit� fosse esteso a tutto quel vasto complesso di 

soggetti cui l'art. 221 del codice di procedura penale attribusce la qua


lifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria. Le dispute insorte in 

quella sede riguardarono solo il carattere da assegnare alla dipenden


za, se solo diretta o anche esclusiva, se solo funzionale o anche organica, 


ma sempre limitatamente ad una parte delle forze di polizia, .secondo 

risulta confermato anche dall'ordine del giorno �che, a conclusione della 

discussione, venne approvato, con il quale l'Assemblea �faceva voti per 

l

la creazione di un corpo specializzato di polizia alle dirette dipendenze 
dell'autorit� giudiziaria�. 

l 

Il nuovo testo dell'art. 220 del codice di procedura penale, quale 

I

risulta dalla formulazione data con la novella del 1955, ebbe a svolgere f

i

il precetto dell'art. 109 della Costituzione specificando i modi e le forme ; 

della dipendenza da questo sancita limitatamente a nuclei specializzati, 

in fedele attuazione dell'intento che, come si � visto, ebbe ad ispirarlo. 
S~ si fosse disposto diversamente e si fossero assoggettate tutte 
le forze di polizia alla dipendenza, sia pure solo funzionale, dei Procuratori 
generali, e trasferiti i particolari poteri ex art. 220 per quanto 
riguarda i movimenti di st;de e la progressione nella carriera del personale 
ad esse appartenente, mentre si sarebbe andato oltre la volont� 
del Costituente, si sarebbe anche, da una parte, addossato a detti organi 
compiti difficolmente assolvibili, e, dall'altra, inciso sull'adempimento 
�della funzione del mantenimento dell'ordine pubblico, pure affidate alle 

forze medesime, della quale il Governo assume la responsabilit�. 

L'assoggettamento all'autorit� giudiziaria solo di appositi nuclei 

delle forze di polizia non esclude per� che quella possa giovarsi altres� 

dell'opera degli appartenenti alla polizia, pur se non facciano parte dei 

nuclei, essendo tutti tenuti all'obbedienza, tempestiva e diligente, agi~ 

ordini dell'autorit� stessa, secondo risulta dall'art. 229 c.p.p. che garan




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1277 

tisce l'osservanza dell'obbligo stesso con la previsione di apposite sanzioni 
disciplinari irrogabili dal competente Procuratore generale. Sicch� nessun 
ostacolo giuridico si sarebbe opposto, nella specie, al pretore ad 
avvalersi, per il compimento di determinate indagini, dell'attivit� di 
ufficiali o agenti non appartenenti al .personale addetto ai servizi della 
pretura cui egli era preposto. Che poi siffatto impiego di personale estraneo 
ai nuclei debba considerarsi eccezionale discende dalla stessa ratio 
che ha presieduto alla formazione dei medesimi, rivolta sia a garantire 
negli addetti una particolare specializzazione e sia o sottrarli, per quanto 
possibile, all'influenza dei superiori gerarchici delle rispettive armi di 
appartenenza. Se, in linea di fatto, il sistema, quale risulta concretamente 
realizzato, corrisponda in tutta all'intento .perseguito dal Costituente 
ed appaghi pienamente le esigenze volute soddisfare � accertamento che 
esula dai compiti del giudice costituzionale. 

3. -Dalle precedenti osservazioni .si argomenta anche l'infondatezza 
dell'allegata violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione poich� le 
norme dei primi tre articoli del d.P.R. n. 932 del 1955 si mantengono 
negli stretti limiti del potere di attuazione e di coordinamento conferito 
dall'art. 20 della. legge n. 517 del 1955. Essi infatti svolgono i 
principi fissati nell'art. 220 c.p.p. (modificato da quest'ultima) disciplinando 
le modalit� e le proce.dure relative alla formazione dei nuclei, agli 
interventi dell'autorit� giudiziaria nei confronti dei loro appartenenti, 
alla responsabilit� di costoro di fronte ad essa, e quindi non incorrono 
nel denunciato eccesso di delega. 
4. -L'ordinanza del pretore di Recanati, mentre non contesta l'aderenza 
dell'art. 220 c.p.p. all'ar~. 109 della Costituzione per quanto riguarda 
la sottoposizione all'autorit� giudiziaria solo di limitati gruppi 
delle forze di polizia, rinviene un vizio di incostituzionalit� di detto 
articolo, nonch� dell'art. 2 del d.P.R. su citato, in quanto, secondo l'interpretazione 
da essi data dalla prassi e consacrata anche in circolari 
del Ministero di grazia e giustizia, in primo luogo, escludono la necessit� 
del consenso dell'autorit� giudiziaria per gli allontanamenti dalla 
sede dei dirigenti i nuclei allorch� abbiano carattere temporaneo, ed 
inoltre deferiscono in ogni caso la prestazione del consenso sugli allontanamenti 
stessi, anche se non temporanei, ai Procuratori generali, mentre 
invece per gli addetti ai mandamenti l'assenso dovrebbe essere deferito 
ai pretori che di essi dispongono e di fronte ai quali sono responsabili. 
In ordine al primo punto, se � da consentire nel rilievo che anche 
allontanamenti temporanei possono a volte rendere meno agevole il 
compimento delle indagini rivolte alla persecuzione dei reati, deve tuttavia 
escludersi che gli inconvenienti lamentati valgano a conferire al � 


1278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mancato intervento dell'autorit� giudiziaria rilevanza di v1z10 di illegittimit� 
costituzionale. Infatti la norma attiene alle modalit� organizzative 
del servizio. volute affidare alla discrezionalit� del legislatore. 

Ci� affermato, non pu� tuttavia non aus:Picarsi che i nuclei specializzati 
di polizia giudiziaria siano formati in modo tale da garantire 
in ogni momento, sia per il numero e sia per la qualit� degli. addetti, 
una 19ro costante efficace utilizzazione da parte del magistrato inquirente; 
e che quindi gli allontanmenti temporanei dei dirigenti siano ridotti 
al minimo..e sia sempre assicurata la supplenza con altro personale 
idoneo. 

5. -Parimenti non fondata deve ritenersi la seconda censura della 
stessa ordinanza. L'accentramento nel Procuratore .generale del distretto 
della titolarit� della prestazione del consenso agli allontanamenti dalla 
sede, disposto dall'art. 2i2.0 c.p.p.� deve ritenersi anch'esso esplicazione 
della discrezionalit� voluta conferire dall'art. 109 circa i modi di regolamentazione 
del rapporto fra organo inquirente e polizia da esso stabilita. 
D'altra parte il sistema disposto pu� ritenersi giustificato in vista 
della esigenza di conferire uniformit� di criteri all'esercizio degli interventi 
in materia; a tacere poi la considerazione che tale accentramento 
del potere di decisione nel Procuratore� generale non esclude. ed anzi 
di norma consiglia, che questi la faccia in pratica precedere dall'audizione 
del parere del pretore, allorch� si tratta di addetti alla circoscrizione 
cui questi � preposto. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 123 -Pres. Branca -Rel. 
Reale -Tugnoli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Requisitorie del P. M. di istruttoria suppletiva 


Preteso obbligo del giudice istruttore di conformarvisi -Ille~it


timit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 101, 25, 102, 107, 112, 111; c.p.p., art. 370). 

Non � fondata, con riferimento ai principt deZZa indipendenza deZ 
giudice e deZZa sua soggezione soZo azza Zegge, Za questione di Zegittimit� 
costituzionaZe deZZ'art. 370 codice di procedura penaZe, poich�, secondo 
Za giurisprudenza prevaZente, iZ giudice istruttore conserva sempre iZ 
potere di esercitare iZ controZZo suZZ'a.mmissibiZit� e suZZa riZevanza deZZe 
requisitorie suppZetive deZ P. M., ivi previste, e, aZ caso, di non darvi 
corso (1). 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 12 novembre 1969. 
del giudice istruttore del Tribunale di Bologna (Gazzetta Ufficiale, 28 gen

PARTE X. SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1279 

(Omissis). -1. -Nel quadro della disciplina della fase conclusiva 
dell'istruzione formale, l'art. 370 del codice di procedura penale prevede 
il caso che, dopo la comunicazione degli atti per la presentazione delle 
requisitorie, il pubblicq ministero, dissentendo dal giudice istruttore, 
ravvisi la necessit� che l'istruzione sia proseguita allo scopo di acquisire 
ulteriori prove. All'uopo, egli, come recita testualmente il ricordato 
art. 370, �restituisce gli atti con le sue requisitorie specifiche al giudice. 
Questi, compiute senza ritardo le indagini richieste, rimette nuovamente 
gli atti al pubblico ministero>. 

Tale norma, suscettibile di duplice interpretazione, ha dato luogo 
a divergenze giurisprudenziali e dottrinali. 


Dalla meno recente giurisprudenza e anche, non senza qualche ris�rva 
o critica, dalla dottrina, essa � stata intesa, con stretta osservanza 
della�sua formulazione grammaticale, nel senso che la richiesta di istruzione 
supplementare da parte del p. m. vincolerebbe il giudice, cui sarebbe 
imposto di procedere senza ritardo alle nuove indagini, con preclusione 
di vagliare la rilevanza processuale e la necessit� delle prove 
richieste ai fini della decisione circa il proscioglimento o il rinvio a giudizio 
dell'imputato. 

Secondo altra interpretazione, invece, accolta da alcuni anni e costantemente 
seguita in varie sentenze della Corte di cassazione, il contenuto 
dell'art. 370 c.p.p. deve essere ricondotto nell'ambito logico-sistematico 
della disciplina dei poteri del .giudice istruttore, con la conseguenza 
che, anche di fronte alle richieste di nuove indagini da parte del 
pubblico ministero, il detto giudice ha obbligo di esercitare, come in ogni 
altro momento dell'istruzione e nei riguardi di altre parti, il potere di 
conoscere della loro ammissibilit� e della loro rilevanza, ai fini degli 
accertamenti processuali e, quindi, al caso, non dando corso alle richieste 
del pubblico ministero. 

2. -Al primp degli accennati indirizzi emeneutici si sono attenuti i 
giudici istruttori presso i tribunali di Bologna e di Trapani, i quali hanno 
proposto la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 370 c.p.p., 
assumendo che� esso, imponendo mcondizionatamente al giudice istruttore 
di compiere gli atti di ulteriore istruzione indicati dal pubblico 
ministero, ne lederebbe l'indipendenza di giudizio; ci� in contrasto con 
l'art. 101, sec�ndo comma, della Costituzione, nel quale si enuncia il 
principio per cui � i giudici sono soggetti soltanto alla legge >. 
Il giudice istruttore presso il tribunale di Trapani ha sollevato ul


naio 1970 n. 24) e 3 novembre 1970 del giudice istruttore del Tribunale di 
Trapani (Gazzetta Ufficiale 10 febbraio 1971, n. 35). 
Sull'art. 370 cod. proc. pen. Cfr., Cass. 13 maggio 1969, NoLFI, Foro It., 
Rep., 1970, voce Istruzione penale, n. 58 e 21 ottobre 1969, BIANCHI, ibidem, 

n. 59; is dottrina, cfr. VIGNA, Giust. pen. 1965, III, 559. 

1280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

teriori: dubbi sulla legittimit� dell'art. 370 anche sotto altri profili, in 
quanto al pubblico ministero, cui non sono conferite prerogative identiche 
a quelle dei magistrati aventi funzioni giudicanti, sarebbe tuttavia 
attribuito l'esercizio di potest� giurisdizionale, in violazione degli articoli 
102, 107, 112 della Costituzione. 

Inoltre, con violazione della garanzia del giudice naturale (da identificarsi 
nella �specie col giudice istruttore) enunciata nell'art. 25, primo 
comma, Cost., le ricordate funzioni sarebbero affidate eccezionalmente 
all'organo requirente, che le eserciterebbe, per dippi�, con atti non necessariamente 
motivati, in contrasto con l'art. 111, primo comma, Cost., 
il quale esige, invece, tale garanzia per tutti i provvedimenti giurisdizionali. 


Le censure non sono fondate. 

3. -Ancorch� il testo dell'art. 370 consenta perplessit� interpre-' 
tative, basate principalmente sulla gi� cennata lettera della norma, comparata 
con altre disposizioni del -c.p.p. vigente e con quelle (art. 269) 
dell'abrogato c.p.p. del 1913, come � traccia pur nelle ordinanze di rimessione, 
tuttavia sembra alla Corte che, nel sistema del diritto positivo, 
non possa ad esso riconoscersi significato diverso da quello che oggi 
risulta costantemente seguito dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. 
Tale significato � palesato dalla necessaria connessione con la disposizione, 
cui si deve attribuire valore generale, contenuta nell'art. 299 
dello stesso codice. In virt� di essa il g.i. ha l'obbligo di compiere prontamente 
tutti e soltanto quegli atti che, in base agli elementi acquisiti 
nel corso dell'istruzione, appaiono necessari per l'accertamento della 
verit�. Non pu�, quindi, fondatamente ritenersi che in violazione del 
principio di indipendenza sancito dall'art. 101, secondo comma, della 
Costituzione, l'art. 370 vincoli il g.i., limitandone il libero convincimento, 
a dare esecuzione immediata e acritica alle richieste di ulteriori atti 
istruttori che gli pervengano. dal pubblico ministero. A questo soggetto, 
nel sistema, resta riservata (e ci� deve confermarsi con riguardo alla 
fase conclusiva della istruttoria formale) la funzione, pur importantissima, 
di organica �collaborazione giudiziaria, per fini di giustizia e nel 
rispetto dell'interesse obiettivo della legge. 
L'interpretazione suddetta, inoltre, deve ritenersi corroborata dai 
mutamenti legislativi che sono stati apportati alla disciplina stabilita dal 
codice di procedura penale nella materia dei rapporti fra pubblico ministero 
e giudice istruttore. 

Sono da ricordare, in particolare, le disposizioni dell'art. 6 del d.1.1. 
14 settembre 1944, n. 288, che, modificando l'art. 74, terzo comma, di 
detto codice, hanno sottratto al p. m; il potere di disporre l'archiviazione 
degli atti, limitandone l'iniziativa alla mera richiesta, qualora egli reputi 
che per il fatto denunziato non debba essere promossa l'azione penale, ed 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1281 

hanno attribuito appunto al giudice istruttore il potere di pronunziare 
il relativo decreto, o di disporre, malgrado la contraria richiesta dell'organo 
requirente, che si proceda con istruzione formale.. 

N� va dimenticata l'ulterior.e. innovazione contenuta nell'art. 1 della 
legge 7 novembre 1969, n. 780, che, riformando l'art. 389 del codice di 

~ 
procedura penale, ha affidato allo stesso giudice istruttore la competenza 
a giudicare sulla legalit� del procedimento di istruzione sommaria, nel 
caso che l'imputato abbia proposto ricorso contro il decreto con il quale 
il pubblico ministero, rigettandone l'istanza, abbia deciso di proseguire 
nell'istruzione gi� iniziata. 

4. -� evidente poi che, assoggettandosi le richieste del p. m. (che 
devono comunque essere motivate ai sensi dell'art. 76, secondo comma, 
c.p.p.) al sindacato del giudice, cadono le altre censure mosse all'art. 370 
dal giudice istruttore presso il tribunale di Trapani in riferimento. agli 
artt. 25, primo comma, 102, 107, 112 e 111, primo comma, della Costituzione. 
5. -In conclusione la razionale interpretazione dell'art. 370 c.p.p., 
cui la Corte ritiene di accedere, comporta l'iillfondatezza di tutte le 
questione prospettate. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 12:4 -Pres. Branca -Rel. 
Benedetti -Attanasio (avv. Abbamonte), I.N.P.S. (avv. Pierini) e 
Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 


Previdenza e assistenza -Previdenza marinara -Sistema delle retribuzioni 
medie -Distinzione secondo il tonnellaggio della nave Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cast., artt. 3, 53; 1. 27 luglio 1967, n. 658, artt. 5, 6, 7). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e della 
capacitd contributiva, la questione di legittimitd costituzionale degli articoli 
5, 6 e 7 della legge 27 luglio 1967, n. 658 sul riordinamento della 
previdenza marinara, che hanno stabilito, per la determinazione dei contributi, 
il sistema delle retribuzioni medie distinte secondo il tonellaggio 
della nave (1). 

(1) Il giudizio � stato introdotto con ordinanza 24 settembre 1969 del 
Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50). 

1282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Nel presente giudizio le censure d'incostituzionalit� 
non vengono rivolte alla legge per� il fatto che essa abbia adottato il 
sistema delle retribuzioni medie per la determinazione dei contributi e 
delle pensioni degli iscritti alla gestione marittimi. Il ricorso a tabelle di 
retribuzioni medie o convenzionali non �, del resto, fatto esclusivo di 
questi assicurati (vedi art. 49, ultimo comma, del r.d.l. 4 ottobre 1935, 

n. 827). Vi sono speciali categorie di lavoratori addetti a particolari settori 
per i quali � molto difficile e talora impossibile determinare la retribuzione 
effettiva stante la molteplicit� e mutevolezza dei compensi 
corriposti. 
A queste categorie appartiene la gente di mare per la peculiarit� 
del rapporto di lavoro. Basti por mente alla variet� dei relativi contratti 
di arruolamento (a tempo determinato o indeterminato, per uno o pi� 
viaggi) e delle retribuzioni (fisse, a partecipazione o miste) nonch� alle 
competenze accessorie (variabili a seconda del tipo del viaggio, del genere 
di merce trasportata, ecc.). 

Le stesse parti private negli scritti difensivi riconoscono l'utilit� 
pratica di ricorrere a valori retributivi medi per il calcolo dei contributi 
dei marittimi. Le loro doglianze si appuntano unicamente sul fatto 
che la distinzione delle retribuzioni di cui alla tabella annessa alla legge 
� stata effettuata, per le navi da carico, soltanto in base all'elemento del 
tonnellaggio (inferiore o superiore a 500 tonnellate). Le retribuzioni 
medie tabellari cosi fissate dal legislatore sarebbero fittizie, non corrispondenti 
a quelle realmente pagate sulle navi minori; verrebbe conseguentemente 
imposto un contributo uniforme a carico di soggetti che 
si trqvano in situazioni obbiettive diverse con violazione dei principi di 
uguaglianza e della capacit� contril,mtiva enuncia ti dagli artt. 3 e 53 
della Costituzione. 

Queste doglianze non possono trovare ingresso in questa sede. Esse 
implicano un'indagine sulla completezza e l'esattezza di calcoli di retribuzioni, 
per ricavarne una media, che la Corte non pu� compiere. Al 

�giudice della 
legittimit� delle leggi spetta soltanto statuire se lo strumento 
apprestato daJ legislatore �per la determinazione dei contributi 
e delle prestazioni previdenziali non sia arbitrario, irrazionale, discriminatorio 
e non accertare se in concreto detto strumento sia stato poi 
ben utilizzato e se le medie retributive con esso accertate siano pi� o 
meno adeguate alla realt�. � 
Come gi� posto in evidenza l'adozione del sistema contributivo in 
base a tabelle di retribuzioni medie nello specifico settore � ampiamente 

Sull'art. 53 Cost. cfr. Corte Cost., 26 maggio 1971, n. 107 e 26 giugno 
1971, n. 113, in questa Rassegna, retro, 
Sulla previdenza marinara cfr. Enc. del dir., Voce Assicurazioni sociali 
(invalidit�) a cura di LEVI SANDRI. 



PABTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1283 

giustificato da molteplici ragioni. La formazione delle tabelle ad opera 
di organi competenti che operano su dati raccolti dalle autorit� marittime 
preposte alla stipula� dei singoli contratti di arruolam�nto nei vari 
ambienti, la partecipazione delle associazioni sindacali di categori� ed, 
infine, la procedura di variazione delle tabelle sono tutti elementi unitariamente 
rivolti ad assicurare la corrispondenza dei valori medi ai 
valori retributivi reali. 

Il .sistema dettato dal legislatore � quindi disciplinato in .modo idoneo 
ed opportuno per evitare che a base dei contributi siano poste proprio 
quelle retribuzioni fittizie sul cui presupposto sono state sollevate 
le eccezioni d'incostituzionalit�. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 125 -Pres. Branca -�Rel. 
Capalozza -Testa (n.c.) e Presidente d�l Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Savarese). 

Lavoro -Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti -Valutazione 

della pericolosit� del lavoro -�Affidamento transitorio agli Ispet


torati del Lavoro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 25; 1. 17 ottobre 1967, n. 977, art. 28). 

Non � fondata, con riferimento sia al principio di eguaglianza che 
a quello della riserva della legge penale, la,, questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 28 legge 17 ottobre 1967, n. 977, che affidava agli 
Ispettorati del Lavorot.in via tramitoria, il potere di valutare i mestieri 
insalubri e pericolosi, cui � vietato adibire i fanciulli e gli adolescenti (1). 

(Omissis). -1. -Questa Corte � chiamata a pronunziarsi sulla le.:. 
gittimit� costituzionale dell'art. 28 della legge 17 ottobre 196!7, n. 977 
(�Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti>). 

L'ordinanza di rinvio assume che la norma denunziata possa essere 

in contrasto con gli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, nella 

parte in cui, sino all'emanazione del decreto del Presidente della Repub


blica previsto dall'art. 6 della citata legge, affida transitpriamente agli 

Ispettorati del lavoro la valutazione della pericolosit� (o faticosit� o 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 17 giugno 1969 del 
pretore di Nicosia (Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1969, n. 299). 
La sentenza n. 191 del 1970, richiamata in motivazione, trovasi pubblicata 
in questa Rassegna, 1971, 19; v. pure sulle �questioni degli Ispettorati 
del lavoro, Corte Cost. 2 gennaio 1971, n. 10, in questa Rassegna, retro. 



1284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gravosit�) delle prestazioni alle quali i fanciulli e gli adolescenti sono 
addetti. 

2. -La questione non � fondata. 
Non pu� dirsi violato l'art. 3, perch� le eventuali diverse valutazioni 
degli Ispettorati del lavoro provincial� hanno la loro obiettiva giustificazione 
nella variet� delle particolari situazioni locali e d'ambiente, in 
cui gli Ispettorati stessi esercitano le loro funzioni. 

N� pu�, d'altronde, parlarsi di disparit� di trattamento normativo, 
bensi, tutt'al pi�, di diversit� di comportamento degli organi amministrativi 
preposti alla vigilanza del lavoro e alla tutela dei lavoratori: 
eventualit�, questa, che non � evitabile e che, anzi, si riscontra, ovviamente, 
in qualsiasi operazione di polizia giudiziaria diretta all'investigazione 
dei fatti di reato. 

3. -Non va taciuto, del resto -e lo ha sottolineato l'Avvocatura 
dello Stato -che la norma denunziata, come quella che mira ad impedire 
una (parziale) non operativit� della legge �sino alla data dell'entrata 
in vigore del decreto presidenziale (che, nel frattempo, � stato 
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 1971 e che, all'art. 2, 
n. 2, vieta mansioni di carico� e scarico e di trasporto), obbedisce a cri-~ 
teri di necessit� e di ragionevolezza. Non operativit� -� d'uopo aggiungere 
-che sarebbe in ispregio anche agli artt. 31, ultimo comma, 
32, primo comma, e 37, secondo e terzo comma, della Costituzione. 
Quel che � certo si � che, pur se la� disposizione denunziata non fosse 
stata contenuta nella legge, sarebbe pur sempre rimasta affidata agli 
Ispettorati la competenza a vagliare la pericolosit� (o gravosit� o faticosit�) 
del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti. 

4. -Quanto all'art. 25, secondo comma, della� Costituzione, � sufficiente 
osservare che, come gi_� questa Corte ha affermato, sia pure per 
altra specie di reati, con la sentenza n. 191 del 1970, il principio di legalit� 
viene rispettato dal legislatore non solo con la tassativa descrizione 
dei: fatti di reato, ~a, altresi, con il ricorso a �nozioni proprie 
dell'intelligenza comune, che consentono di -individuare con certezza il 
precetto e di giudicare se una condotta lo abbia o ?Jleno violato�. A 
questo principio non contraddice, dunque, la norma denunziata, perch� 
-anche qui -la tipizzazione dell'illecito si richiama ad un lato che 
� di ordinaria. esperienza, prima ancora che di esperienza tecnica. 
D'altro canto, l'attivit� dell'Ispettorato del lavoro, organo tecnico 
qualificato e preposto alla vigilanza nel campo funzionalmente affidatogli, 
si sostanzia nella denunzia all'autorit� giudiziaria, la quale ben 
pu� acquisire altri elementi di prova ed � libera nel suo convincimento, 
in ordine alle complesse questioni che, in tema di protezione socia!~ del 
lavoro, vengono, di volta in volta, sottoposte al suo esame. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1285 

La norma incriminatrice � perfetta col solo divieto di adibire i fanciulli 
e gli adolescenti a prestazioni d'opera pericolose (o faticose o gravose): 
e, a guardar bene, il conferimento (transitorio) di pi� delicate 
attribuzioni agli Ispettorati � predisposto a fini processuali, attenendo 
all'a,i:certamento e alla prova dei reati, mentre, in diritto sostanziale, 
elemento normativo della fattispecie � la pericolosit� (o faticosit� o gravosit�) 
del lavoro. 

Ed � significativo che, proprio per adeguare i poteri degli organi 
ispettivi alle situazioni concrete, l'art. 9 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520 
(�Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del lavoro e della 
previdenza sociale�) ~ di cui questa Corte, con sentenza n. 105 del 
1967, ha escluso l'incostituzionalit� -abbia riconosciuto legittimo il 
potere attribuito agli Ispettorati di diffidar,e il datore di lavoro, con apposite 
prescrizioni, anzich� inoltrare senz'aft'ro il rapporto all'autorit� 
giudiziaria. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 171 -Pres. Branca -
Rel. Rocchetti -Presidente Regione Trentino-Alto Adige (avv. 
Giannini, Guarino) 'C. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv 
gen. dello Stato Savarese). 

Corte C~stituzionale -Giudizi per conflitto dj attribuzione -Perentoriet� 
dei termini -Ipotesi varie. 

(1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). 
Trentino Alto Adige -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Ricono


r . 
scimento dei vini di origine controllata -Competenza spettante 

allo Stato. 

(St. Trentino-Alto Adige, art. 4 n. 9; d.P.R. 12 luglio 1963, n. 930; l. 11 mag


gio 1966, n. 302). 

Nei giudizi per conflitto di att1�ibuzione fra Stato e Regioni, la 
lesione idonea a dar luogo a conflitto si produce nello,stesso istante in 
cui l'atto che si assume lesivo viene emanato, a nulla rilevando la 
natm�a preparatoria dell'atto stesso; per converso, negli stessi giudizi, 
non pu� darsi assoluta rilevanza alle ragioni di inammissibilit�, ed in 
particolare all'acquiescenza, cos� come elaborata dalla giurisprudenza 
amministrativa (1). 

(1-3) Sulle questioni pregiudiziali nei conflitti di attribuzione v., da 
ultimo, C'orte Cast. n. 174 e 140 del 1970. 



1286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Spetta allo Stato provvedere al riconoscimento della denominazione 
di ori~e dei mosti e dei vini a denominazione di origine controllata 
e a denominazione di origine controllata e garantita, disciplinata 
dal decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963 n.930 (2). 

Il 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 172 -Pres. Brianca -
Rel. Rocchetti -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Bavarese) c. Presidente Regione Trentino-Alto Adige 
(avv. Giannini). 

Trentino-Alto Adige -Legge regionale sull'impiego del saccarosio nei 

vini a denominazione di origine controllata -Mancato flspetto degli 

obblighi internazionali dello Stato -Illegittimit� costituzionale. 

(St. Trentino-Alto Adige, art. 4; regg. eEE, nn. 816 e 817-70). 

� costituzi011U11lmente illegittima, pe.r vfolazione de:l limite del rispe1Jto 
degli obblighi asswnti daWitaiia col Trattato di Roma sulla Comunit� 
Economica Europea, la legge della Reg.ione Trentino-Alto. Adige 
7 ottobre 1970 che consente l'additivo di saccaTIOSio nei vini a denominaizone 
di origine con1Jrollata (3). 

I 

(Omissis). -2. -L'Avvocatura dello Stato, quanto al parere del 

Comitato nazionale, eccepisce la inammissibilit� del ricorso per tardi


vit�, e l'eccezione � da ritenersi fondata. 

Invero, la natura preparatoria di determinati atti, nulla togi.ie 

alla loro idoneit� ad affermare, anche per implicito, la competenza 

dell'organo che li adotta, ed a negare quella di altri. H che �, in 

astratto, sufficiente a determinare la lesione della sfera delle potest� 

costituzionalmente attribuite, per la cui reintegrazione l'a'tlt. 39 della 

legge n. 87 del 1953 fornisce, mediante il regolamento di competenza, 

l'idoneo mezzo giurisdizionale. 

Sulla disciplina della denominazione dei vm1, m dottrina, SoRDELLI, 

Denominazione di origine ed indicazione di provenienza, voce dell'Enc. 

del diritto, 1964, XII, 134 -Sul divieto di zuccheraggio dei vini, cfr. Corte 

Cost. n. 3 del 1971. 

Sul rispetto da parte del legislatore regionale degli obblighi interna


zionali dello Stato, cfr. Corte Cost. 8 luglio 1969, n. 120, Giur. cast., 11l69, 

1687, con nota di D'ALEss10 ed in Foro it. 1969, I, 2023 con nota di CATALANO. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1287 

E� poieh� la lesione si produce nello stesso istante in cui l'atto che 
si afferma lesivo viene assunto, mentre la possibilit� dell'azione riparatrice 
inizia dalla conoscenza che di quell'atto ha la parte ehe si considera 
:lesa, non vi � ragione per ritenere che la natura preparatoria 
dell'atto possa sospendere o spostare �l'inizio della decorrenza �dei ter-. 
mini del ricorso ad altro momento e ad altra sede, come quella dell'impugnazione 
dell'atto terminale e conclusivo del procedimento. 

L'eccezione di inammissibilit�, quanto al ricorso contro il parere 
del Comitato nazionale, prodotto ben oltre i sessanta giorni dalla sua 
pubblieazione sulla Gazzetta Ufficiale, va pertanto accolta. 

3. -A diversa conclusione deve .invece pervenirsi quanto alla inammi:
ssibiiltt� del ricorso contro il decreto presidenziale di riconoscimento 
della denominazione di origine del vino di che trattasi, inammissibilit� 
che, secondo l'Avvocatura, deriverebbe dall'acquiescenza della Regione 
che, trasmettendo al Ministero dell'agricoltura (eon lettera dell'Assessore 
16 agosto 1966, n. 4411) \I.e �domande degli interessati e il parere 
del Comitato regionale dell'agricoltura �su di esse, avrebbe accettato e 
r.iconoseiuto legittima la competenza dello Stato a provvedere in 
materia. 
La Corte ha pi� volte ritenuto (sentenze nn. 44 del 1957, 77 del 
1958, 3 del 1964) che nei giudizi innanzi ad essa proposti in via principale, 
non 1pu� daT<si assoluta rilevanza aUe ragioni di inammissibilit� 
ed in pal'lticolare all'acquiescenza, cosi come elaborate dalla giurisprudenza 
amministrativa. Ci� perch� l'oggetto del giudizio per conflitti di 
attribuzione � rappresentato dalla individuazione dell'organo autol'lizzato 
a provvedere, pi� che dalla legittimit� dell'atto per ragioni attin�nti 
alla competenza dell'organo che lo ha emanato. 

L'eccezione di_inammissibilit� va perci�, su questo punto, rigettata. 

4. -Fondata deve invece ritenersi l'altra eccezione sollevata dal1'
AvvoeatuTa, per l'esistenza d[ precedenti atti legislativi, non impugnati 
daUa Regione, e che hanno consoYdato le sfere di competenza 
delle due par.ti in conflitto. Qui non �si tratta, invero, secondo pur si 
afferma, di una eccezione di inammissibilit� ;per acquiescenza, ma di 
una eccezione di merito, che ha per oggetto il contenuto delle norme 
sulla attribuzione e la distribuzione �delle competenze tra lo Stato e le 
Regioni nella materia di che trattasi. 
Con la \legge delegata 12 �luglio 1963, n. 930, lo 'fltato ha emanato 
le disposizioni. per il riconoscimento delle denomina~ioni in origine 
dei mosti e dei vini e tali disposizioni sono certamente applicabili nel 
territorio della Regione Trentino-Alto Adige, perch� la legge che le 
contiene ha inteso regolare la materia in tutto i\I. territorio dello Stato, 
Regioni differenziate comprese. 


1288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La portata generale della relativa normativa, che di gi� appare 
dal testo della citata legge delegata, trova conferma nella successiva 
legge di modifica dell'll maggio 1966, n. 302, la quaile, neM'art. 1, 
dispone �che � nelle Reg.ioni a statuto autonomo, il parere (del Comitato 
regionale statale dell'agricoltura) dovr� essere espresso dagli organi 
competenti delJ.a Regione interessata �. Dal che si ricava che, se per le 
regioni a statuto autonomo la legge n. 302 del 1966 ha espressamente 
prevista questa sola modifica ed integrazione della .precedente legge 

n. 930 del 1963, tutte le altre norme di tale legge debbono intendersi 
applicabili integra�lmente aHe anzidette regioni. 
I 

5. -La difesa della Regione Trentino-Alto Adige, oltre a con!rastare 
tale conclusione, ha poi dedotto che, se la legge 930 sia da applicarsi 
anche nel suo territorio, essa deve ritenersi cosU.tuzionalmente 
illegittima, ed ha perci�, dn via subordinata, formalmente solilevato la 
questione di legittimit� costituzionale della legge di delega n. 116 del 
1963, di quella delegata n. 930 dello stesso anno e della legge n. 302 
del 1966, di modifica e integrazione di quest'ultima, � nella par.te in 
cui esse consentono od dmpongono, nel procedimento diretto al riconoscimento 
della denominazione di origine controllata dei vini, l'intervento 
di organi stataU (parere del Comitato nazionale e decreto terminale 
del Presidente della Repubblica), in violazione delila sfera di competenza 
costituzionalmente riconosciuta alla Regione �. 
La Cor.te, nel prendere in esame la proposta questione, osserva 
che, nel caso, mentre deve ritenersi ricorra il requisito della riil.evanza 
di essa ai fini della rdsoluzione del giudizio principale di conflitto di 
attrdbuzio.ne, altrettanto non pu� dirsi quanto a quello della non manifesta 
infondatezza. 

Cosi come la Corte ebbe a ritenere (Per i marchi, con la sentenza 

n. 8 del 1970, !la tutela della denominazione di origine dei mosti e dei 
vini, sia che si tratti d.i denominazione di origine controllata o controllata 
e garantita (art. 2 legge 930), non pu� essere invero disposta che 
in modo unitario, sul piano nazionale, anche p-er i riflessi che essa ha 
nel commercio Jnternazionale e in quello comunitario, e deve ;perci� 
trovare regolamentazione esclusiva ad opera delle autorit� statali. 
Pu� aggiungersi, a riprova della necessit� di tale intervento dello 
Stato che, spesso, le zone di produzione di un determinato vino ricadono 
nel territorio di pi� regdoni, e che per la complessit� degld interessi 
che sono connessi alla produzione e al commercio dei vini pregiati, 
anche per quanto riguarda la tutela dei consumatori, .non � 
esatto che la materia si esaurisca in quella propria dell'agrieoltura 
sulla quale la Regione ha competenza. 

Pertanto la questione di legittimit� costituzionale, come sopra PTOposta, 
va �dichiarata manifestamente infondata. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1289 

6. -Per concludere, poich� la legge 930 non � contraria a principi 
o norme costituzionali e poti.ch� gli atti impugnati ne sono legittima 
esecuzione, essi risultano compiuti dallo Stato nell'esercizio della propria 
competenza. 
H ricorso pertanto deve essere respinto. -(Omi.ssis). 

Il 

(Omissis). -La legge della Regione Trentino-Alto Adige approvata, 
dopo -rinvfo, il 7 ottobre 1970, ha per oggetto l'autorizzazfone 
all'� impiego del saccarosio quale correttivo della gradazione alcoolica 
dei mosti e dei vini a denominazione di origine controllata e a denominazio:
Q.e di origine controll.ata e garantita �. 

Contro questa legge lo Sta�to ha prodotto ricorso in data 30 ottobre 
1970 deducendo tre motivi di illegittimit�, ;Per violazi<Jn� delle seguenti 
norme di rango costituzionale e cio�: 

1) dell'art. 4 dello Statuto speciale, nella parte che obbliga la 
Regione al rispetto degli obblighi internazionali, derivanti, nel caso, 
dal Regolamento CEE 816 del 1970, che consente l'impiego del saccarosio 
nei soli Stati che gi� lo autorizzavano, e fra i quali l'I.talia non 
pu� ritenersi compresa; .� 

2) deN.'a'l't. 65; n. 9, dello stesso statuto, nella parte in cui stabiUsce 
che i tributi prOipTi che la Regione pu� imporre 'devono essere � in 
armonia coi .principi del sistema tributario dello Stato �, e tale non 
essendo l'anomalo contributo di lire 200 da versarsi alla Regione per 
ogni chilogrammo di saccarosio utilizzato; 

3) dell'art. 25 della Costituzione, nella parte in cui pone la .riserva 
di legge in materia penale, che la Reg.ione avrebbe violato col 
rendere lecito un fatto, come lo zuccheraggi.o, che l'art. 76 del d.P.R. 

n. 162 del 19-65 vieta e sanziona con la reclusione sino a cinque anni. 
In merito al primo dei ded�tti vizi di legittimit�, si osserva preliminarmente 
non essere affatto esatto quello �che la difesa della Regione 
adduce circa l'abrogazione che, della -richiamata norma sul divieto 
dello zuccheraggio, avrebbero operato i regolamenti CEE� i quali consentono, 
in .determinati casi, l'uso del saccarosio come additivo per 
l'eleva2iione della gradazione alcoolica dei mosti e dei vini. 

Sta in fatto, che i 4ue Regolamenti CEE che disciplinano la materia 
-e che sono quelli in data 28 aprile 1970, recanti i nn. 816 e 817 dispongono, 
il primo all'art. 18, n. 1, e il .secondo (specifico per i vini 
di qualit�) all'art. 7, n. 2, che gli Stati membri interessati possono 
autorizzare l'aumento della gradazione alcoolometrica naturale in determinati 
casi e con varie tecniche, fra le quali quella dell'uso del 
saccaTosio. 


1290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I citati regolamenti CEE, autorizzando gli Stati membri ad operare 
in tal guisa, hanno quindi �concesso loro una facolt� e non disposto un 
obbligo, dalla cui imposizione soltanto sarebbe potuta derivare l'abrogazione 
di norme vigenti in quegli Stati che l'uso del saccarosio 
vietavano. 

Inoltre, la regolamentazione CEE, nel consentire l'uso del saccarosio 
agli Stati membri, ha posto anche una limita:done alla quale lo 
Stato italiano, e con esso le sue Regioni, sono rimasti vincolati. Ha 
disposto cio� (Regol. 816, art. 19, n. 3) che l'uso del saccarosio potesse 
essere autorizzato �unicamente nelle regioni viticole in cui sia tradizionalmente 
o eccezionalmente praticato, conformemente alla legislazi9ne 
esistente alla data di entrata in vigore� di esso regolamento 816 che, 
per l'art. 44, � fi�ssato nel terzo giorno daiila pubblicazione, intervenuta 
in data 5 maggio 1970. 

E poich� n� nella nostra legislazione statale, n� in quella regionale 
(posto che le Regioni avessero �competenza in materia), l'uso del saccarosio 
era �consentito alla data anzidetta, � ovvio come in I:talia l'uso 
ne �sia �rimasto interdetto proprio da quella regolamentazione CEE che 
la difesa �della ;Regione invoca a giustificare l'emanazione, per sua 
parte, delle norme in materia. 

Deve quindi ritenersi che la stessa Regione abbia, emanandole, 
superato il limite degli obblighi internazionali dello Stato italiano e 
con ci� violato l'art. 4, prima parte, dello Statuto speciale. 

Gli altri motivi di illegittimit� dedotti dalla difesa dello Stato 
restano assorbiti. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 173 -Pres. Branca -
Rel. Capalozza -Marongiu (n. c.). 

Procedimento penale -Arresto in flagranza -Arresto facoltativo da 

parte del pubblico ufficiale oltraggiato -Illegittimit� costituzio


nale -Esclusione. 

(Cost., art. 13; c.p.p. art. 236; c.p. art. 341). 

Procedimento penale -Convalida dell'arresto in flagranza -Omessa 

prescrizione di motivazione e di ricorribilit� in Cassazione -Ille


gittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 13, 111; c.p.p. artt. 246, 263 bis). 

Non � fcmdata la questione di legittimit� CO$titu.zicmale deit'art: 
236 codice di procedura pemale neila parte in cui consente t'arresto 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1291 

fqcoltamv� in 'flagranza, anche da parte del pubblico ufficiale oUraggiato, 
in combinato disposto con l'art. 341 codice penate (1). 

Sono costituziooalme.nte iitegittimi l'art. 246 codice di procedura 
penale netla parte 'in cui esclude l'obbUgo dell'autorit� giudiziaria di 
motivare sul provvedimento di convalida dell'arres�to in "fl,agraJnZa e 
l'art. 263 bis dello stesso codice neila parte in cui esclude il ricorso per 
Cassazione con'bro il provvedimento di conva.lida dell'arresto in "flagranza 
(2). 

(Omissis). -2. -La questione �relativa all'art. 236 del codice di 
procedura penale � infondata. 

L'art. 13, terzo comma, della Costituzione autorizza la pubblica 
sicurezza ad adottare provvedimenti provvisori restrittivi della lib.ert� 
personale senza l'atto motivato dall'autorit� giudiziaria, richiesto dal 
secondo comma, e si limita a porre condizioni e gar.anzie sostanziali e 
processuali: eccezionalit�, necessit�, urgenza e tassativit�; comunicazione 
entro quarantotto ore all'autorit� giudiziaria; inefficacia per mancata 
convalida dell'autorit� giudiziaria nelle quarantotto ore successive. 

Gli estremi della necessit� e dell'urgenza, affidati al prudente 
apprezzamento degli organi di polizia, nell'esercizio della loro funzione 
�di pubblica sicurezza -vale a dire della loro essenziale funzione 
di istituto -vanno visti sia in relazione alle esi.genze dell'acquisizione 
e della conservazione delle prove, sia, soprattutto, alle qualit� morali 
del soggetto attivo, cio�, pi� in generale, agli elementi subiettivi ed 
obiettivi indicati dall'art. 133 cod. .pen. (vedi art. 241 cod. proc. pen., 
modificato con la legge 18 giugno 1955, n. 517, che ha eliminato il 
richiamo alle condizioni sociali del soggetto stesso). Si tratta, � vero, 
di eccezione alla regola che attribuisce all'autorit� giudizfaria la compet~
za ad emettere provvedimenti coercitivi deMa libert� personale, 
ma l'eccezione � in re ipsa, vale a dire nel fatto in s� -previsto dal 
testo costituzionale -che gli organi di polizia debbono provvedere 
in sostituzione dell'autorit� giudiziaria. 

Il requisito alla tassativit�, esso pure richiesto dall'art. 13, comma 
terzo, Cost., � da ritenersi soddisfatto daNa legge; la quale, ai fini 
dell'arresto, determina l'entit� della pena del delitto o la natura della 
contravvenzione e prende in considerazione i precedenti del soggetto 
attivo (delinquente abituale, ;professionale o per tendenza; reeidivo qualificato; 
sottoposto a misura di sicurezza detentiva) o fa sua residenza 

(1-2) La questione � stata proposta con ordinanza 30 ottobre 1970 del 
Pretore di Mogoro (Gazzetta Ufficiale, 27 gennaio 1971, n. 22). 

Sull'art. 236 Cod. proc. pen. v. BARILE, Libert� nella Costituzione, 
1966, 121; G. AMATO, Individuo e autorit� nella disciplina della libert� 
personale, 1967, 413. � 



1292 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'estero (art. 236 ;cod. proc. pen., modificato dalla citata legge 1955, 

n. 517): n� il rilievo del pretore circa la pretesa insufficienza dei 
criteri sembra aver fondamento, �dal momento che l'identificazione dei 
reati (e delle �situazioni) rper cui si pu� procedere all'arresto in flagranza 
� certamente, anche se indirettamente, operata dalla legge, cos� 
come la norma costituzionale di raffronto esige. 
3. -�, altresl, infondata la questione attinente all'art. 236 del 
codice di procedura penale, in relazione all'art. 341 del codice penale, 
nella mi-sura in cui affida alla discrezionalit� dell'oltraggiato il consentito 
arresto (in flagranza) dell'oltraggiante. 
A prescindere che vi sono numerosi altri reati, accanto all'oltraggio, 
in cui parte offesa �, o pu� essere, colui al quale � conferito il 
potere di arresto, le garanzie per -il prevenuto, sotto la prospettazione 
dell'art. 13 della Costituzione, 'sono le stesse, sia che l'arresto venga 
effettuato direttamente dall'oltraggiato, sia che venga effettuato da 
altri, perch� non mutano le condizioni poste dalla legge, n� i controlli 
ad opera dell'autorit� giudiziaria. 

Non giova l'argomento -addotto dall'ordinanza -tratto dall'art. 
60 c.p.c., circa la rimessione degli atti a un diverso ufficio giudiziario, 
in �caso di offesa a un giudice o a un magistrato del pubblico 
ministero, sia perch� ila competenza a di�sporre l'arresto, ai sensi degli 
artt. 435, primo comma, e 436, �secondo comma, .c.p.p., per il :eato 
commesso in udienza, non � sottratta a.i magistrato offeso; sia perch� 
l'invocato art. 60 c.p.�p. concerne il giudizio, non la misura coercitiva 
cautelare. 

Del resto, non va trascurato che l'arresto :pu� dar luogo a san


zione disciplinare o, persino, penale �contro l'ufficiale o l'agente di po


lizia giudiziaria o della forza pubblica che l'abbia eseguito arbitraria


mente o abbia altrimenti violato i propri doveri (vedi artt. 239 e 

240 c.p.p.). 

Sarebbe, oltre tutto, irr�azionale e addirittura paradossale che l'uf


ficiale o l'agente di polizia giudizia�ria o della forza pubblica, parte 

lesa di un fatto di reato contro la pubblica amministrazione, dovesse 

subire, inerte e impotente, un'offesa anche se grave, anche se reite


rata, anche se commessa in presenza di pi� persone: dovesse, cio�, 

rinunciare ad esercitare quel potere che la legge gli attribuisce a pro


tezione non di se stesso, ma del pubblico interesse, che � oggetto della 

tutela giuridico-penale nel reato di oltraggio. 

� vero che l'offeso non .si trova nelle migliori condizioni per una 
serena valutazione e che, in elevata percentuale, gli incolpati di oltraggio 
vengono tratti in arresto dallo stesso offeso nell'onore o nel 
prestigio; ma l'inconveniente si neutralizza o, quanto meno, �si attenua 
col rispetto rigoroso delle altre r~gole contenute nell'art. 13, terzo 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1293 

comma, Cost., che afferma e conferma che il �principio della inviolabilit� 
della Ubert� personale, contenuto nel .primo comma, non esprime 
un'astratta postulazione ideologica, bensi impone ai pubblici poteri 
precisi imperativi giuridici. 

4. -A diversa conclusione deve giungersi quanto al controllo -di 
diritto e di fatto -da parte dell'autorit� giudiziada sull'eseguito arresto 
facoltativo in flagranza. 
L'art. 246 viene interpretato dalla giuri�sprudenza nel senso che il 
decreto motivato di convalida, da emanarsi entro 48 ore dalla presentazione 
dell'arrestato, e non oltre 96 ore dall'arresto, sia dovuto solo 
per la liberazione dell'arrestato nei casi previsti dal primo e dal secondo 
comma dell'art. 246 -che non attengono al sindacato sulla 
facoltativit� dell'arresto -; e, quanto al terzo comma dello stesso 
art. 246, soltanto allorch� l'autorit� giudiziaria .competente per il. procedimento 
non sia quella cui l'arrestato venga presentato (e neppure 
a pena di nullit�). 

La norma cos interpretata � manifestamente iHegittima. Infatti, 
l'obbligo del decreto motivato di convalida, in mancanza del quale 
l'arresto � �revocato ipso iure, � disposto nell'art. 13, comma terzo, 
della Costituzione per ogni .provvedimento provvisorio preso dall'autorit� 
�di pubblica sicurezza in sostituzione del giudice e quindi per 
ogni provvedimento d'arresto (obbligatorio o facolta.tivo) o di fermo. 
Ne deriva che l'art. 246 c.p.p., poich� non .prevede in ogni caso quell'obbligo 
con le sue conseguenze, � per tale motivo costituzionalmente 
illegittimo: e lo � pure nella parte che concerne il giudizio direttissimo, 
come si dir� anche in appresso. � 

5. -Dichiarata in questi termini l'incostituzionalit� de11'.art. 246 
c.p.p., non � necessaria un'analog!l pronuncia rispetto al combinato 
disposto della stessa norma e dell'a�rt. 269� (custodia preventiva e scarcerazione). 
Invero, l'art. 269 deve essere interpretato alla luce dell'art. 246 
cos� come risulta dal!la predetta dichiarazione di iHegittimit�: ne 
deriva che a.nche qui la protrazione della custodia preventiva o la 
concessione della libert� provvi�soria deve essere preceduta da un motivato 
provvedimento del giudice. 

Non pu� dirsi, infatti, che la .concessione della libert� provvisoria 
conduca alla sanatoria della irregolare situazione, dappoich� la posizione 
di chi .venga scarcerato perch� ingiustamente detenuto � ben diversa 
da quella di chi abbia ottenuto il � beneficio � della libert� provvisoria 
(vedi artt. 282 e 292 c.;p.p.); la quale presuppone, ovviamente, 
l'osservanza e 1a retta applicazione delle norme che regolano l'arresto, 
demandato aU'autorit� di pubblica sicurezza, e il sindacato del giudice 
sull'operato di questa. 


1294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

6. -Altrettanto va detto in relazione agli artt. 502 e 505, che non 
sono stati denunciati ma che -la Corte non pu� fa�re a meno d'osservare 
-devono esseTe ovviamente interpretati alla luce dell'art. 246 
quale risulta dopo la predetta dichiarazione di illegittimit� costituzionale. 
Non c'� dubbio che la gaTanzia del decreto motivato sul mantenimento 
dell'anesto vada obbligatoriamente osservata anche quando 
il procuratore della Repubblica o il pretore ritenga di procedere a 
giudizio direttis�simo (art. 246, .terzo comma, in relazione agli artt. 502 
e 505 c.p.�p.): ch� la forma del rito -la quale anzich� dalla non esigenza 
di �Speciaili indagini pu� .dipendere dalla condizione dell'incolpato: 
art. 502, ult. cpv.; o dalla natura del reato: aTt. 21, teTzo comma, 
legge 8 febbraio 1948, n. 47; art. 112 d.P.R. 30. marzo 1957, n. 361 non 
� tale da determinare la messa in mora delle garanzie costituzionali 
sancite dall'art. 13. Insomma, anche quando si �proceda al giudizio 
direttissimo, occorTe che sia rispettato U doppio termine di 48 
OTe (previsto dall'art. 13, terzo comma, Cost. per tutti i casi di arresto 
in flagranza) e perci� il provvedimento che .dispone il mantenimento 
dell'arresto ex art. 502 deve essere inteso come decreto motivato. 
F�ra l'altro si ponga mente, in particolare, che, chiuso il dibattimento 
del giudizio direttissimo, il giudice pu� disporre che si proceda 
all'istruzione formale (art. 504 c.p.p.): sicch� non � da escludere che 
il mancato controllo sul retto esercizio della discrezionaUt� deliJ.'arresto 
in flagranza, per un reato per i.J quale sia instaurato il rito abbreviato, 
.si risolva in un'ingiusta detenzione sino al termine della fase dibattimentale 
dello stesso giudizio direttissimo, aHorch� fa scarcerazione 
deve, poi, essere ordinata in quanto la legge non consenta il mandato 
di cattura (art. 504, terzo comma, c.p.p.). 

7. -In conclusione, l'unica convalida indiretta non contrastante 
con l'art. 13 � quella della emissione di un ordine di cattura, contenente 
la contestazione dell'accusa e gli ailtri elementi indispensabili 
(artt. 243 e 251 in relazione all'art. 264 c.p.p.): in tale caso, il pi� 
contiene il meno e sono salvaguardati i diritti dell'incoJpato. 
8. -PeT effetto della dichiarazione di parziale iliJ.egittimit� costituzionale 
dell'art. 246 c.p.p. l'autorit� giudiziaria, come innanzi si � 
detto, ha l'obbligo di adottare un motivato provvedimento sulla convalida 
dell'arresto. Ma poich� tale provvedimento, reso necessario dall'attuale 
pronunzia, resterebbe sottratto ad ogni controllo di legittimit�, 
la Corte, in forza dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ed 
in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione, deve 
dichiarare la illegittimit� costituzionale dell'art. 263 bis c.p.p., nella 
parte in cui esclude il ricorso per cassazione contro il �predetto provvedimento. 
-(Omissis). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1295 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 174 -Pres. Branca -
Rel. Trimarchi -Erede (avv. Agostini) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

. ' 

Lavoro -Divieto di licenziamento individuali -Onere del datore di la


voro di comunicare i motivi del licenziamento -Inapplicabilit� 

ai lavoratori ultrasessantacinquenni non aventi diritto a pensione � 

Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 4; l. 15 luglio 1966, .n. 604, artt. 11, 2, 5). 

� costituzionalmente illegittima, per violazione della tutela del 
lavoro, l'art. 11 primo comma, della legge 15 lugiio 1966, n. 604, contenente 
norme sui licenziamenti individuaU, nella parte� in cui esclude 
l'applicabilit� degli artt. 2 e 5 della stessa legge nei riguardi dei .prestatori 
di lavoro non aventi diritto a pensione che abbiano superato il 
sessantacinquesimo anno di et� (1). 

(Omissis). --3. -Secondo il pretore di Voltri sarebbe di fatto limitata 
la pOSISibilit� del lavora.tore ultrasessantacinquenne o pensionato 
di difendersi da un licenziamento per motivi politici, religiosi e 
sindacali, qualora i motivi del licenziamento non siano esplicitamente 
dichiarati dal datore di� lavoro. In tal caso il lavoratore anziano verrebbe 
a trovarsi in un.a posizione diversa e meno favorevole di quella 
del lavoratore non anziano, pereh� essendo esclusa dall'art. 11 l'applicabilit� 
nei suoi confronti degli ar.tt. 2 e 5, non avrebbe diritto a 
ricevere per iscritto il licenziamento e l'indicazione dei relativi motivi 
e non potrebbe giovarsi del vantaggio connesso a.I fatto che l'onere 
della prova, ci'rca la giusta causa o il giustificato motivo, gravi sul 
datore di lavoro. 

La questione viene in tal modo prospettata con riferimento al.la 

differente posizione del lavoratore anziano e di quello non anziano a 

proposito della distribuzione ed incidenza deJ.l'onere della prova tra le 

parti, nell'ipotesi di 1ice:.ziamento effettivamente posto in essere per 

uno dei motivi previsti dall'art. 4. Ed a rigore non tocca, se non in 

modo del tutto indiretto, la materia, di natura sostanziale, della licen


ziabilit� ad nutrum. 

Alla Corte pare non dubbio che, nonostante la portata genera.le 

dell'art. 4, applicabile a tutti i lavoratori di cui alla legge n. 604 del 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 3 dicembre 1969 
del Pretore di Voltri (Gazzetta Ufficiale 11 febbraio 1970, n. 37). 
Sulla legge n. 604 del 1966, v. Corte Cost. 14 aprile 1969, n. 81 in 
questa Rassegna 1969, 424, con richiami di dottrina. 



1296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1966, e la costante incidenza sopra tali lavoratori dell'onere dell.a prova 
nei giudizi di nullit� dei 'licenziamenti determinati da motivi politici, 
religiosi e sindacali, il fatto che, di fronte ad un licenziamento del 
genere, il datore di lavoro sia esentato dall'obbligo di comunica�re per 
iscritto il licenziamento e, se .richiesto, i motivi, e soprattutto sia liberato 
dall'onere di provare la giusta causa ed H giustificato motivo, comporti 
per il lavoratore qnziano una tutela sensibilmente inferiore a 
quella riconosciuta al lavoratore non anziano. L'avente diritto aUa pensione 
di vecchiaia e l'ultrasessantadnquenne infatti non possono ottenere, 
e senza bisogno di assolvere sul punto alcun onere di carattere 
probatorio, che il� licenziamento sia dichiarato inefficace (a seguito 
della mancata osservanza dell'art. 2 da parte del datore di lavoro) 
ovvero risulti operante sia pure con '1e �conseguenze previste dall'art. 8 
(ed ora possa essere annullato, a sensi dell'art. 18 delJa legge 20 maggio 
1970, n. 300) (a seguito della mancata prova della giusta .causa o 
del giustificato motivo, e sempre da parte del datore di lavoro in base 
all'art. 5). E non rileva, dato che la norma � operativa nei confronti 
di tutti i lavoratori, che questi, anche se anziani, debbano .provare che 
i licenziamenti �che .U riguardino, siano stati posti in essere per i motivi 
indicati nell'art. 4. 

Esaminata, pertanto, la questione sotto il particolare profilo ora 
considerato, dali'inapplicabilit� degli artt. 2 e 5, in forza dell'art. 11, 
ai lavoratori anziani, potrebbe dedursi l'esistenza di una ingiustificata 
disparit� di trattamento (in contrasto con l'art. 3 della Costituzione) e 
di una insufficiente tutela del� diritto al lavoro (con la violazione degli 
artt. 4 e 35, comma primo, della Carta). 

Ad avviso della Corte, per�, non si prestano ad essere considerati 
sullo stesso piano i lavoratori che � siano in possesso dei requisiti di 
legge per avere diritto a1la pensione di vecchiaia � e quelli che � abbiano 
comunque superato il 65� anno di et� �. 

Nei riguardi dei lavoratori che si trov.ino nella .prima delle due 
condizioni soggettive, a �ben guardare, la �previ�sione di un trattamento 
diverso da que11o disposto per i lavoratori non anziani risponde a ragioni, 
le quali, anche se in astratto e in generale potrebbero essere 
ritenute non �sufficienti, debbono di~ concretamente coerenti ed adeguate. 
Tali lavoratori, infatti, si presuppone che abbiano diritto alla 
pensione di vecchiaia: e la loro licenziabilit� (fuori delle ipotesi di 
cui all'art. 4) non ha riscontro nell'eventuaUt� che essi possano rimanere 
senza retribuzione e senza trattamento di quiescenza per vecchiaia. 
D'altra parte, in una societ�, come quella -attuale, in cui si 
hanno disoccupazione e �sottooccupazione, la mancata piena tutela del 
diritto al lavoro, per quei lavoratori, � il riflesso giuridico di una necessit� 
pratica, autonomamente valutabile dal �legislatore. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1297 

4. -Queste �ragioni, invece, non valgono nei riguardi dei lavoratori 
che abbiano superato il 65� anno di et� e non siano gi� pensionati 
o in :possesso. dei requisiti di legge per avere diritto alla p�nsione 
di vecchiaia: in tal caso risulta effettiva la violazione dell'art. 3 da 
parte della norma impugnata, nella quale inoltre non ricorre concretamente 
la tutela del diritto al lavoro nei modi e limiti costituzionalmente 
garantiti. 
Per �costoro in .realt� la disparit� di trattamento non appare raziona.
lmente giustificata. 

Non ricorrono specifiche e particolari ragioni perch� a codesti lavoratori 
venga negato o non egualmente riconosciuto il diTitto a determinate 
garanzie. 

La semplice maggiore probabiUt�, �che, in quanto anziani, i lavoratori 
non si trovino nelle migliori condizioni per il normale dispiegamento 
delle energie fisiche e psichiche in favore del datore di lavoro 
e che questo, correlativamente, attraverso la loro collaborazione, non 
consegua un regolare adempimento delle obbligazioni contrattuali e 
di legge o il normale apporto all'esercizio dell'impresa, non pu� essere 
assunta a valida e sufficiente condizione del trattamento differenziato. 
Al lavoratore, che presti .la propria opera in favo�re del datore 
di lavoro o che �sia inserito nella impresa di questo, non possono essere 
negate, e per il solo fatto dell'et�, cautele e garanzie che simo informate 
al rispetto della personalit� umana e costituiscono, altresi, indici 
del valore 1spettante al lavoro nella moderna societ� industTiale. In 
particolare, ed a prescindere dal risultato (della non recedibilit� ad 
nutum) al quale per tale via si dovesse pervenire, il licenziamento del 
lavoratore anziano non pu� non essere comunicato per iscritto in una 
all'indicazione dei motivi (se Tichiesta); e nel processo, se si pretende 
dal lavoratore che il licenziamento sia stato determinato da uno dei 
motivi di cui all'art. 4, non .pu� non incombere sul datore di lavoro 
l'onere di fornire la prova contra11ia indiretta (e cio� che quel licenziamento 
in effetti � avvenuto per giusta causa o peT giustificato 
motivo). 

5. -Il riferimento che dal giudice a quo viene fatto agli artt. 4 e 
35, comma primo, de1la Costituzione, non appare pertinente a proposito 
della seconda disposizione. Come la Corte ha avuto occasione di 
precisare (e �da ultimo con �sentenza n. 10 del 1970), infatti, il prindpio 
enunciato nel primo comma dell'art. 35 �si limita a stabilire il criterio 
generale ispi�ratore di tutte le disposizioni comprese nel titolo III �. 
Risulta invece Ja norma denuncia.ta in contrasto con �l'art. 4 della 
Costituzione, ove si consideri -come pare alla Corte -che la tutela 
del diritto al lavoro sia �strettamente connesso all'attuazione (in precedenza 
valutata) del principio di uguaglianza. 


1298 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A ci� non � d'ostacolo l'Jnterpretazione che dell'art. 4 si � data 
e secondo cui non � .garantito a ciascun cittadino H diritto aJ. conseguimento 
di un'occupazione cosi come non gli � ga�rantito il dirritto alla 
conservazione del lavoro (cfr. sent. n. 45 del 1965), perch�, come la 
Corte ha precisato con la stessa pronuncia, l� ove sono previstJ i casi. 
i tempi ed i modi dei licenziamenti la disciplina, per essere conforme 
alla Costituzione, deve rispecchiare l'esigenza di un trattamento giuridico 
eguale per J.e situazioni eguali, e in relazione a queste pu� essere 
diversificato solo in presenza di giustificate ragioni. 

Ora a proposito della norma denunciata, non appare rispettato il 
disposto dell'art. 4 nel senso ed entro i limiti in cui sussiste la rilevata 
violazione dell'art. 3. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 175 -Pres. Branca -
Rel. Mortati -Ferrati ed altri (avv. Vassalli, Provinciali) Mancini, 
Ergas (avv. Addamiano), Soc. Pezziol (avv. De Luca) e Presidente 
Consiglio �dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima e 
Azzal'iti). 

Amnistia e indulto -Impossibilit� di lrinunciare all'amnistia -Illegittimit� 
costituzionale. 
(Cost.� art. 24; c.p. art. 151; I. 21 maggio 1970, n. 282, artt. 1, 2, 5; d.P.R. 
22 maggio 1970, n. 283, artt. 1, 2, 5). 

Amnistia e indulto -Immediata declaratoria -Non contrasta con diritto 
di difesa. 
(Cost., artt. 3, 24; c.p.p. artt. 152, 591 e 592). 

Procediment�'penale -Estinzione del reato -Formule di proscioglimento 
-Questione infondata di costituzionalit�. I 
(Cost., artt. 3, 21; c.p. art. 596; I. 21 maggio 1970, n. 282, art. 5, lett. d). r 

Amnistia e indulto -Amnistia generale -Questione infondata di costi


�I

tuzionalit�. r 

(Cost., artt. 3, 27, 79; I. 21 maggio 1970, n. 282, art. 5; d.P.R. 22 maggio 1970, 

n. 283, art. 5). 
I

I

Amnistia e indulto -Amnistia � sindacale� -Questione infondata di 
costituzionalit�. 

I

(Cost., artt. 1, 3, 4, 35, 39, 42; I. 21 maggio 1970, n. 282, art. 1; d.P.R. 22 maggio 
1970, n. 283, art. 1). 


--
--
Amnistia e indulto -Termine di decorrenza -Precedente iniziativa 
legislativa -Questione infondata di costituzionalit�. 

(Cost., art. 79; I. 21 maggio 1970, n. 282, art. 11; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, 
art. 1). 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1299 

Amnistia e indulto -Frode in-commercio -Ipotesi di esclusione -Questione 
infondata di costituzionalit�. 
(Cost., art. 3; c.p. �art. 62; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 28,3, art. 5). 

In riferimento all'art. 24, secondo comma, delta Costituzione sono 
nie.gittimi gli artt. 151, primo comma, c.p., 1, 2 e 5 della legge 21 maggio 
1970, n. 282, di delegaz;ione alla concessione di amnistia e induito, 
e 1, 2 e 5 d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, di concessione di amni8tia e 
induito nella parte in cui esciudono che l'imputato, rinunciand� all'applicazione 
dell'amnistia, possa ottenere di essere giudicato nel merito 
(1). 

In riferimento agli artJt. 3 e 24 della Costti,tuzioine, � infondata Za 
f

questione di costituzionalitd degli artt. 152, 591 e 592 c.rp.p., nella parte 
in cui impediscono al giudice, una volta intervenuta l'amnistia, di 
svolgere ulteriore attivitd istruttoria (2). 

In riferimento agli artJt. 3, primo comma e 27, secondo comma, 
della Costituzione, � infondata, ai sensi di cmi in motivazione, la questione 
di costituzionalit� deWart. 152, primo comma, c.p.p. nella parte 
in cui stabilisce che il giudice pronuncia in merito quando risulta una 
causa di estin2Jione del reato, ma gi� esi8tono prove le quali rendono 
evidente, tra l'attro, che il �fatto non � preveduto dalla legge come 
reato� ma non anche che �il fatto non costituisce reato� (3). 

In riferimento agli artt. 3, primo comma, e 21 della Costituzione, 
� infondata la questione di costituzionalitd degli artt. 596, primo comma, 
c.p., e 5, lett. d, legge 21 maggio 1970, n. 282, per i quali � escluso 
da.Ua delega a concedere amni.stia di cui alla legge stessa il delitto di 
diffamazione comme86o a mezzo della stampa e mediante attribuzione 
di un fatto determinato quando ii querelante abbia prOtpOsto, prima del 
divi�to di ammstia, formale domanda di prova delle veritd del fatto 
diffamatorio (4). 

In riferimento agli artt. 3, 27 e 79 della Costituzione, � cos.titu


zionalmente legittima la concessione di amnistia in relazione ad una 

generalit� di reati, pur in assenza di circostanze eccezionali (5). 

In riferimento agli artt. 1, 3, 4, 35, 39 e 42 Costituzione, � legit


tima la concessione di amniiStia in relazione a talune categorie di reati 

commessi in occasione di agitazioni sindacali, studentesche, ecc. (6). 

(1-8) Le questioni decise con la sentenza sono state proposte con 
varie ordinanze di diversi giudici. 


In dottrina, sull'amnistia in generale: CoRDERO, Contributo allo studio 
dell'amnistia nel processo, 1957; DELL'ANDao, Amnistia (dir. costituzionaie) 
in Enc. del dir., 1958, II; DELL'ANDao, Amnistia (dir. penale e dir. proc. 
penale) ibidem; PALADIN, in Giur. cost. 1962, 1474; GUARNIN, in Riv. pen. 
1970, I, 385). 




1300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In riferimento aU'art. 79, seeondo comma, Costituzio111,e, � infondata 
la questione di costituzionaiit� deU'art. 11 legge 21 maggio 1970, 

n. 28.2 e deU'art. 11 d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 che delegano a concedere 
e concedono amnistia fino a tutto il 6 aprile 1970; nonostante 
che alla Camera dei Deputati fosse staiia presenta.ta prima deUa detta 
data altra analoga proposta di amnistia (7). 
In riferimento aU'art. 3, primo comma, della Costituzione, � infondata 
la questione di costituzionalit� dell'art. 5, penultimo comma, 

d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (8). 
(Omissis). -2. -All'esame delle questioni dovT� procedersi secondo 
un ordine che conduce a dare la precedenza a quelle le quali 
investono l'amnistia nel suo fondamento e riguardano il suo pi� generale 
ambito di applicazione. Sotto questo riguardo vengono prima in 
considerazione le ordinanze dei pretori. di Chieri del 26 maggio 1970 e 
di Modena del 30 luglio successivo, le quaili denunciano l'art. 5 del 

d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, per violazione degli artt. 3 e 79 e la 
seconda di esse, anche dell'airt. 27 della Costituzione. Muovendo dal 
rilievo della sussistenza di una gerarchia fra norme e norme della 
stessa Costituzione, si sostiene la necessit� di interpretare l'art. 79 in 
modo da armonizzarne l'applicazione con il rispetto del supremo princip~
o di eguaglianza: il che si otterrebbe quando aJ.l'amnistia si faccia 
luogo solo i:n confronto a reati commessi in situazioni eccezionali e 
limitate nel tempo, ed essa sopravvenga dopo la loro cessazione, poich�, 
in tali ipotesi, verrebbe a porsi in contrasto con il detto principio 
la persecuzione penale di fatti che ormai la coscienza comune ritiene 
non pi� sanzionabili. Mentre al contrario, tale contrasto presenterebbero 
le amnistie c.d. � celebrative ~ relative a situazioni sempre aperte 
nel tempo. Infatti rispetto a queste il trattamento differenziato di reati, 
per il solo fatto che siano stati compiuti prima o dopo un certo termine, 
appare del tutto arbitrario, ed altresi lesivo dell'altro principio 
costituzionale che attribuisce alla pena una funzione !rieducativa della 
personalit� del colpevole. Funzione alla quale (nei casi in cui la particolarit� 
delle circostanze faccia appariTe incongrua la espiazione effettiva 
della pena o la sua perduranza per l'intero periodo stabilito nelle 
sentenze di condanna) ben pi� opportunamente dell'amnistia si adeguano 
altri istituti, come per esempio il perdono giudiziale o la gTazia. 

Sulla prima e seconda massima, cfr. Corte Cost. 23 dicembre 1963, 

n. 171; 27 maggio 1968, n. 52. 
Sull'equivalenza delle formule � il fatto non � preveduto dalla legge 
come reato. e �il fatto non costituisce reato., v. Cass. 7 dicembre 1962, 
GxoNCADA, Foro it., Rep. 1963, voce sentenza penale, n. 141. 

Sui reati �sindacali o studenteschi�, v. Cass. 29 ottobre 1969, CAZZANTI, 
Foro it., Rep. 1970, voce Amnistia, n. 18. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1301 

I rilievi riferiti, che del resto rispecchiano queMi autorevolmente 
formulati anche in Parlamento in sede di discussione del provvedimento 
in esame, appaiono degni di attenta considerazione, riuscendo 
di. indubbia fondatezza J.a premessa da cui si fanno derivare della sussistenza 
(del resto valevole per ogni corpo di disposizioni coordinate 
in sistema) di un ordine che conduce a conferire preminenza ad alcune 
di esse rispetto ad altre. 

L'esigenza prospettata di contenere l'esercfaio del potere di amnistia 
nei Umiti pi� ristretti, cosi da armonizzarlo con .Ja concezione 
personalista cui si ispirava la nuova Costituzione fu bene presente nei 
costituenti che, nel prevederne la �possibilit� (nonostante che autorevoli 
opposizioni, in accoo-do con una antica e diffusa opinione, attribuissero 
all'istituto carattere di mero � relitto storico � ), ne riaffermarono 
in modo esplicito il carattere del tutto eccezionale cos� da farla 
ritenere validamente consentita solo nel caso della sopravvenienza 
di circostanze �siffatte da condul're a considerare i reati .precedentemente 
commessi, in quanto legati ad un momento storico ormai superato, 
non pi� offemsd.v-i della coscienza sociale. Appunto in corrispondenza 
a tale orientamento, si formul� espressa condanna della anteriore 
prassi caratterizza.fa da una ecces�siva frequenza delle conces�sioni 
di amnistia. 

Pur tenendo presenti le precedenti considerazioni, e pur constatato 
.che i nobili propositi del costituente non hanno trovato attuazione, 
sicch� i �provvedimenti di clemenza dopo il 1946 si sono moltiplica.
ti con un ritmo assai superiore a quello dell'antecedente regime, 
tuttavia la Corte ritd.ene che una indagine volta a sindacare l'ampiezza 
dell'uso fatto dal Parlamento della sua discrezd.onalit� in materia eccederebbe 
i limiti entTo cui deve rimanere racchiuso il sindacato della 
mera legittimit� della legge ad essa assegnato. Infatti tale sindacato 
non potrebbe altrimenti effettuarsi se non con il rico!l"so ad accertamenti 
assai pi� penetranti di quelli consentiti, da riferire sia alla entit� 
dei reati considerati degni di oblio, sia all� vaJ.utazioni di opportunit� 
in oo-dine alla situazione politica ritenuta tale da consigldare il 
ricorso alla amnistia, nonch� alla individuazione del momento da cui 
debba farsi validamente decorrere. 

3. -Una riprova della difficolt� ora prospettata pu� venire desunta 
daJ.l'esame dell'altra ordinanza del tribunale di Velletri del 3 ottobre 
1970, che, muovendo da un punto di vista opposto a quello assunto 
dalle altre prima �ri�hiamate, rinviene una lesione del principio di 
eguaglianza (ed altres� di quelli proclamati negli artt. 1, 4, 35, 39 e 
42 Cost.) nella amnistia � particolare �, conc�essa con l'art. 1 del decreto 
presidenziale citato, lesione che si realizzerebbe non solo nei confronti 
degli imputati, ma altres� delle persone offese e dei beni danneggiati, 

1302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

facendo venir meno le garanzie costituzionali previste, senza discriminazioni, 
per alcune di queste, quali quelle che hanno recato offesa alla 
libert� del lavoro, alla .propriet� privata, ecc. Chiaro appare dai rilievi 
cosi prospettati come, anche se si potesse in ipotesi consentire 
nella opinione enunciata secondo cui ammiissibili siano solo le amnistie 
celebrative, non si sfuggirebbe alla necessit� di apprezzamenti che 
trascendono il campo defila �legittimit� per sconfina�re nell'altro diverso 
dell'opportunit�. 

Sicch� la Corte, pur formulando voti per un pi� cauto e meno 
frequente esercizio della potest� .conferita dall'art. 79, deve dichiarare 
non fondate le questioni finora esaminate. 

4. -A non diversa conclusione deve giung�ersi anche in ordine alla 
questione prospettata con le ordinanze del pretore di Chierd del 25 
giugno 1970 e di que11o di Torino del 27 stesso mese~ le quali denunciano 
l'art. 5, penultimo comma, del d.P.R. n. 283 perch�, �consentendo 
l'amnistia �Per il reato di truffa ed escludendola invece per quello 
meno grave di frode in commercio (quando non .ricorra l'attenuante 
dell'art. 62 n. 4), sarebbe incorsa in violazione dell'art. 3, comma primo, 
della Costituzione. 
Mentre � da respingere il'eccezione di inammissibHit� sollevata 
dall'Avvocatura dello Stato poich�, contrariamente a quanto da questa 
ritenuto, il dubbio sollevato sulla costituzionalit� dell'esclusione dell'amnistia 
pel caso del reato oggetto del giudizio, desunto dail confronto 
con .n trattamento usato per altro reato pi� gravemente sanzionato, 
rendeva la questione indubbiamente rilevante, deve ritenersi 
infondata la censura prospettata. Infatti la scelta del criterio di discrimiinazione 
fra Teati amnistiabili o non, non � necessariamente legata 
all'entit� della pena edittaile prevista rispettivamente per gU uni e 
per gli altri, ma pu� farsi discendere da considerazioni di diverso ordine, 
come per esempio la maggiore diffusione di alcuni in un certo 
momento e .i:l �conseguente maggiore allarme sociale, tale da sconsigliare 
per essi l'adozione di un atto di clemenza. Una irrazionalit� potrebbe, 
se mai, prospettarsi, sotto il rispetto messo in rHievo, quando 
la differente disciplina rigua.rdasse �reati lesivi dello stesso bene voluto 
proteggere: ci� �che non si verifica nella specie dato che la frode in 
commercio rientra :lira i delitti contro l'economia pubblica, l'industria 
e il commercio, mentre la truffa appartiene alla categoria dei delitti 
contro il patrimonio; riguardano cio� interessi suscettibili di diversa 
valutazione politico-sociale, e quindi di diff�erente trattamente ai fini 
dell'amnistia. 

5. -Ad un diverso ordine di problemi � rivolta l'ordinanza del 
pretore �di Pietrasanta del 23 luglio 1970 riguardante iJ. dubbio di 
costituzionalit� dell'art. 11 della legge n. 282 e del pedissequo a;t. 11 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. CO:;ITITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1303 

del d.P .R. n. 283, per violazione dell'art. 79, secondo comma, della 
Costituzione. Ci� nella considerazione secondo cui, se � vero che la 
proposta di delegazione approvata dal Parlamento reca la data del 
5 maggio 1970, sicch� di fronte ad essa non appare criticabile il termine 
del 6 apr.ile da cui si � fatto decorrere il beneficio, � vero altres� 
che una precedente pl'oposta di iniziativa parlamentare, di analogo contenuto 
per quanto riguarda i reati 'commessi in occasione di a~tazioni 
popolari, era stata presentata fin dal 3 febbraio .precedente, sicch� il 
prolungamento del termine oltre tale data pu� avere agito come vero 
e proprio incentivo a delinquere, in contrasto con la ratio ispiratrice 
del secondo comma dell'art. 79. 

La Corte ha avuto occ:asione di �pronunciarsi sulla questione, una 
volta �Con la sentenza n. 171 del 1963, ed un'altra con la n. 51 del 
1968. Con la prima venne ritenuto che, pur essendo buona parte dei 
reati allora amniistiati ~� previsti da proposte presentate anteriormente, 
tuttavia tali proposte erano da considerare irrilevanti, non essendo 
state n� riunite ail disegno governativo per .proced~re ad un 
loro esame unitario n� in alcun modo considera9, e non mai poste in 
discussione. Sostanzialmente conforme � la seconda che, pur notate le 
differenze fra le disposizioni delle prime proposte rispetto a quella poi 
approvata, fonda la statuizione di rigetto sulla constatazione della 
mancata presa in �considerazione delle proposte anteriori, che pertanto 
restarono completamente fuori dall'iter dell'approvazione della legge. 

Tale orientamento dev'essere confermato anche in presenza della 
fattispecie in esame, data la sua somiglianza con quelle che furono oggetto 
delle precedenti decisioni. Riisulta infatti che la proposta di iniziativa 
parlament.are del 3 febbra.io (che rendeva efficace l'amnistia 
particolare ;prevista per i reati commessi fino al 31 dicembre 1969) non 
venne sottoposta a discussione ed anzi fu ritirata dai proponenti il 
16 maggio successivo, sicch� � rimasta del tutto estranea al procedimento 
da cui ha tratto vita 1a legge di delegazione. U secondo comma 
dell'art. 79, modificando, per quanto !riguaroa il termine, l'art.' 151, 
terzo comma, c.p., ha fatto riferimento alla �proposta� d!i delegazione, 
termine con il quale si � 'inteso designare quella fra le varie 
possibili iniziative da cui � direttamente derivato l'atto di clemenza. 

Non pu� ritenersi con l'oroinanza di rinvio che l'esistenza di tale 
proposta, identica alla .parte del progetto governativo .relativa all'amnistia 
particolare, �si !Sia potuta �risolvere in � incentivo a delinquere �, 
dato il termine del 31 dicembre con essa stabilito, termine conservato 
poi dal progetto governativo che aggiungeva aJ:la prima un'amnistia 
generale, mentre il prolungamento al 6 aprile avvenne per opera della 
commissione deliberante, che, applicando anch'essa esattamente il precetto 
del secondo comma dell'art. 79, rese efficace il provvedimento 
limitatamente ai l'eati commessi prima del 6 aprile, data nella quale 


1304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il Governo aveva, per la prima volta, manifestato l'intenzione di estenderne 
la portata. 

6. -Altre ordinanze denunciano disposizioni diverse da quelle 
concessive dell'amn~stia del 1970, o da sole o in unione a queste ultime. 
Il pretore di Napoli ha, in data 15 ottobre 1970, sollevato la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 152, capoverso, del 
c.p.p., per violazione degli artt. 3, primo comma, e 271 secondo-comma, 
Cost., nella considerazione che, limitando �esso la possibilit� della non 
applicazione dell'amnistia per statuire invece l'assoluzione in merito 
solo ai tre casi ivi considerati, esclude che .Jo stesso trattamento il 
giudice possa applicare nell'ipotesi, pur del tutto analoga, dell'esistenza 
di prove cosi evidenti da far ritenere che il � fatto non cos.tituisce 
reato>, 
La censura apparirebbe certamente fondata ove le ipotesi previste 
dal citato art. 152 dovessero ritenersi rigidamente tassative, il che � 
escluso dail:la giurisprudenza e da larga parte della pi� autorevole dottrdna. 
In realt� alla formula, ivi considerata, della non previsione da 
parte della legge di Un fatto come reato si deve attribuire un significato 
~enerico, comprensivo non solo delle ipotesd del difetto di una 
qualsiasi norma penale cui ipossa ricondursi il fatto imputato, ma anche 
di que1le di mancanza delle condizioni di imputabilit� o di punibilit�, 
rispetto a cui il fatto, pur se astrattamente �previsto dalla legge 
penale, �risulta giuridicamente irrilevante al fine dell'applicabilit� di 
questa, e quindi del tutto equivalente all'ailtra. 

Conducono a far adottare tale inter.pretazfone motivi desunti dalla 

ratio dell'art. 152, capov., che � quella di �evitare, di fronte all'evi


denza delle prove, l'adozione della formula di proscioglimento per 

cause di estinzione del reato, che presuppone o pu� :liar presupporre 

l'esistenza, o per .Jo meno l'astratta possibilit�, di fatti in s� suscetti


bili di sanzione penale. E sarebbe assurdo far valere siffatta esigenza 

solo in confronto di alcune delle ipotesi prospettate e non di altre delle 

quali non pu� contestarsi l'equivalenza. 

Ad avviso contrario si potrebbe pervenire solo se il linguaggio 

legislativo j.n materia ;presentasse carattere di univocit�, il che non 

avviene, come risulta dal confronto che si faccia, da una ;parte, fra le 

dizioni degli artt. 1 e 2 c.�p., e daill'altra quella dell'art. 152 c.p.p. e 

delle altre degli artt. 378 e 479 dello stesso codice, nei quali ultimi 

non appare la dizione � fatto che la leg.ge non prevede come reato >, 

ed invece ne � adoperata una diversa: � persona non punibile perch� 

il fatto non costituisce reato �. 

Quanto si � detto, se porta ad escludere ogni rilievo alla differenziazione 
fra le due formule considerate, al fine della sussistenza dell'obbligo 
del giudice di pronunciare .n proscioglimento in merito, in. 
luogo di quello fondato sulla causa di estinzione, non incide invece 



PART:ti: I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1305 

sull'altro aspetto attinente alla geraa:-chia delle formule medesime: gerarchia 
da determinare in considerazione dell'interesse dell'imputato a 
venire assolto con l'impiego di quella fra esse che risulti _produttiva 
degli effetti per lui meno ;pregiudizievoli, e che conduce, com'� ovvio, 
a dare la preminenza aUa non previsione del fatto quale reato. 

In conclusione l'inter:pretazione da assumere deH'art. 152 c.p.p. 
conduce a far ritenere infondata l'eccezione sollevata in ordine ad essa. 

7. -Con quattro ordinanza in dat� 27 maggfo, 1� e 26 giugno 1970 
il tribunale di Milano ha .sollevato d'ufficio questione di legittimit� costituzionale, 
sia dell'art. 596, primo comma, c.p., in relazdone all'a.rticolo 
21 Cost., nella parte in cui escluderebbe la rdilevanza e la. prova 
della verit� del fatto diffamatorio attribuito alla persona offesa, nel 
caso che la pubblicit� data al fatto stesso costituisca esercizio del diritto 
di cronaca, e sia conseguentemente dell'art. 5 del d.P.R. n. 283, 
che, mehtre comprende neU'amni�stia i delitti di diffamazione a mezzo 
della stampa, esclude solo le ipotesi previste dal terzo comma dell'art. 
596 nn. 1, 2 e 3 c.p. Il che contrasterebbe con l'art. 3, �primo 
comma, Cost., perch� si opererebbe una diversit� di trattamento secondo 
che il querelante per diffamazione abbia o no concesso formalmente 
la facolt� di provare lii fatto attribuito; diversit� difettante di 
ogni ragionevole fondamento quando si tratti di esercizio della libert� 
di cronaca, ;poich� .in ordine ad essa l'interesse del querelante alla 
tutela dell'� onoire reale � conduce ad escludere che .J'omi1SSione della 
concessione formale di prova sia da inter.pretare quale rinunzda alla 
tutela stessa. 
La difesa di una delle parti private .ha opposto un'eccezione di 
inammissibilit� per dll;etto di rilev~nza, nella considerazione che il 
tribunale ha ammesso tale rilevanza in quanto ha ritenuto che le imputazioni 
di cui ali.a causa po_trebbero � ev.entualmente � ritenersi .esercizio 
del diritto di cronaca, sicch� la rilevanza potrebbe venire validamente 
affermata solo dopo l'accertamento dell'effettivo realizzarsi di 
tale circostanza. Si pu� opporre che, almeno nei confronti di alcuni 
degli imputati che rivestono Ja qualit� di gio!l'lllalista, cui si addebita la 
patermt� delle pubblicazioni incriminate, non appare dubbio che queste 
siano esplicazione di attivit� professionale, e Ci� � sufficiente a conferire 
ri.levanza alla questione. 

Nel merito l'eccezione non pu� �ritenersi fondata quando si tengano 
presenti i iprdncjipi ad quali � da risalire nella.materia dei reati di 
diffamazione a mezzo della stampa, a\lla stregua dei quali devono interpretarsi 
gli articoli denunciati. Sembra infatti evidente che l'art. 596, 
primo comma, quando non ammette il colpevole del delitto di diffamazione 
a provare a propria discolpa la verit� o notoriet� del fatto 
attribuito alla persona offesa, non possa trovare applicazione allorch� . 
il colpevole stesso sia in grado di invocare l'esimente, prevista dal



1306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 51 c..p., che esclude la punibilit� in quanto il fatto imputato costituisca 
esercizio di un diritto. E non aippar dubbio che tale sia il 
caso del giornalista che, nell'esplicazione del compito di informazione 
ad esso garantito dall'art. 21 Cost., divulghi col mezzo della stampa 
notizie, fatti o circostanze che siano ritenute lesive dell'onore o della� 
reputazione altrui, semprech� la divulgazione rimanga contenuta nel 
.rispetto dei limiti che ciTcoscrivono l'esplica2lione dell'attivit� informativa 
derivabili dalla tutela di altri interessi costituzionali .protetti. 
Discende da taJd premesse che nei confronti di imputazioni riconducibili 
all'ipotesi ora ,prospettata non pu� veni.re in considerazione la 
volo:n,t� del querelante rivolta a consenttre o meno la facolt� di provare 
il fatto addebitato, poich� tale facolt�, discendente diTettamente 
dai principi :rii.chiamati, costituisce mezzo necessario affinch� l'imputato 
ISi sottragga all'accusa a lui rivolta. Allo stesso modo non incorre 
in censure di incostituzionalit� l'art. 5, lett. d, del d.P.R. n. 283" poich� 
deve ritenersi che l'amnistia non possa trovare applicazione per le 
imputazioni rifedbili alla cronaca, dato che tale iipotesi � da assimilaa'e 
in tutto a quelle per ile quali la stessa lett. d :nega la concessione

1

di amnistia. 

Dall'assunto che l'interpretazione sistematica conduce ad estendere 
la non applicabilit� dell'amnistia anche al caso della cronaca diffamatoria, 
ed a far ritenere che al diritto del cronista di fornire la prova 
della verit� (o verosimiglianza) dei fatti denunciati, al fine di sottrarsi 
alla sanzione, corrisponde quello della ,persona offesa di !p!l."etendere 
che tale prova venga effettuata anche senza che ne abbia fatto espressa 
richiesta, . segue che analoga estensione debba farsi valere in confronto 
all'art. 5, lett. d, del decreto presidenziale in esame, in cui �

1

da ritenersi sottintesa, accanto alle .tre ipotesi del ,terzo comma del


l'art. 596 c.p., anche quella riguardante la cronaca. 

Non si riscontra pertanto alcuna differenza di trattamento fra il 
caso di formale concessione dell'exceptio veritatis e quel:lo in cui essa 
manchi, data la notata irrilevanza di tale dichiarazione di VIQlont�. 

Alla conclusione cui si deve giungere dell'infondatezza, alla stregua 
del criterio interpretativo adottato, dell'eccezione sollevata nulla 
pu� fondatamente opporsi muovendo, come fa la difesa di una delle 
parti private, dal richiamo all'a.r.t. 152 c.p.p. Infatti, quest'articolo trova 
applicazione solo quando sia sopravvenuta un causa di estinzione 
del re�to e ,pertanto aippare chiaro che ad esso non possa farsi� riferimento 
aLlorch�, come accade nella specie, si debba escludere l'estensione 
del provvedimento di clemenza. 

8: -Il pretore di Civitanova Marche, in data 27 maggio 1970, ha 
eccepito la incostttuzionaltt� dell'avt. 151 c.ip., nonch� della legge 
n. 282 e pedissequo decreto presidenziale, sotto l'aspetto della viola~ 
zione dell'art. 24, commi primo e secondo Cost., nella considerazione 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1307 

della lesione che dall'applicazione automatica dell"amnistia sancita da 
dette norme deriva alla tutela giudiziale degli interessi, ed al diritto 
di difesa; nonch� dell'a!r.t. 3 Cost. per 1a diversit� di trattamento; quale 
pu� desumersi sia dalla disposizione del c.ip. in ordine all'analogo caso 
della remd�ssione della querela, fa cui efficacia � condizionata all'accettazione 
da parte del querelato, e sia daille precedenti leggi di amnistia 
le quali tutte prevedev�ano la possibilit� della rinuncia. 

Il ;punto relativo al:la compatibilit� dell'amnistia con il diritto di 
difesa spettante all'imputato di reato ad es.sa soggetto � stato prospetta.
to una prima v<JJ.ta alla Corte nel 1963, ma non � sfato preso dn 
considerazione, in quanto come statuito con la �sentenza n. 171/1963, 
non Tisultavano allora impugnate le disposizioni di carattere generale 
alle quali i provvedimenti di amnistia si uniformavano. Successivamente 
con la sentenza n. 52 del 1968 la Corte (di fronte ad una censura 
in senso opposto a quella di cui al 1presente. giudizio, rivolta cio� 
contro un decreto di amnistia che invece consentiva la facolt� di rinunzia, 
per contrasto, oli.tre ,che con l'art. 79 Cost. che non prevede 
l'amnistia rinunciabile, anche con gli artt. 24 e 25 Cost. pe�r le conseguenze 
che se ne devono far derivare nel caso che dl rinunciante all'amnistia 
non riesca a raggiungere la prova della propria innocenza), 
dopo aver dichiara.to infondate le censure che si facevano discendere 
dalle presunte violazioni del diritto di difesa garantito� dall'art. 24 e 
deJ. princiipio 11:uUum crimen sine lege di cui all'a1�>t. 25, ha statuito che 
l'istituto del:l'amnistia quale risulta regolato dall'art.� 79 non � legato 
n� alla concessione della facolt� di rinunciarvi, n�,al divieto di esercitarla, 
riuscendo indifferente ad essa l'accoglimento deJ.l'una o dell'altra 
ipotesi. 

Prendendo a base e confermando quanto stabilito con quest'ultima 
decisione, e precisamente: a) che la facolt� di rinunda all'amnistia non 
solo non contraddiice al diritto di difesa, ma anzi ne costituisce esplicazione; 
b) che l'esercizio della facolt� stessa rende inoperante l'amnistia, 
e conseguentemente consente l'applicabilit� della sanzione penale 
a carico del rinunziante che risulti co]Jpevole in seguito alla prosecuzione 
e definizione del giudizio, la Corte deve riesaminare il problema 
sotto l'aspetto ora sottopostole, se cio� appartenga effettivamente 
alla discrezionalit� del J.egislatore concedere o meno la facolt� di 
rinunzia. 

La risposta negativa sembra discendere logicamente da quanto si 
� gi� ritenuto, che cio� la rinunzia all'amnistia costituisce esplicazione 
del diritto di difesa, �sembrando chiaro discendere da tale afferma-� 
zione come in quest'ultimo sia da considerare inclusa non solo la pretesa 
al regolar.e svolgimento di un giudizio che consenta J.ibert� di 
dedurre ogni .prova a discolpa e garantisca .piena esplicazfone del contraddittorio, 
ma anche quella dd ottenere il riconoscimento della com



1308 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pleta innocenza, da .considerare il bene della vita costituente l'ultimo e 
vero oggetto della difesa, riispetto al quale le altre pretese al giusto 
procedimento assumono fun:liione strumentale. 

Ora, non � contestabile che, a differenza di quanto avviene nel 
caso di abrogazione di una norma penale, l'amnistia non elimina la 
astratta previsione punitiva relativa a determinati comportamenti, ma 
si limita ad arrestare la procedibilit� dei giudizi relativamente a dati 
reati, con riferimento al tempo in cui sono stati commessi. Pertanto, 
con l'obbUgo fatto al giudice di dichiarare in tutti i giudizi in corso 
al momento del sopravvenire di un procedimento di amnistia, l'estinzione 
del reato (salve le tre eccezioni prima ricordate) viene compromessa 
irreparabilmente la soddisfazione dell'interesse ad ottenere una 
sentenza di merito, vincolando invec�e l'imputa.io a soggiacere ad una 
pronuncia di .proscioglimento, la quale, appunto rperch� non scende ad 
accertare e nePI>ure solo a delibare la fondatezza dell'ac.cusa, se anche 
sottrae ad ogni pena, non conferisce alcuna certezza circa l'effettiva 
estraneit� dell'imrputato all'accusa .contro di lui promossa, e quindi lascia 
senza protezione il diritto alla piena integrit� dell'onore e della 
riputazione. 

A riprova della rilevanza costituzionalmente protetta dell'interesse 
di chi sia perseguito penalmente ad ottenere non gi� solo una qualsiasi 
sentenza �Che lo sottragga alla irrogazione di una pena, ma precisamente 
quella sentenza che nella sua formulazione documenti la non 
colpevolezza, rpossono richiamarsi le considerazioni prima dedicate alla 
gerar�chia �che � da porre fra le formule di proscioglimento, quale risulta 
anche dallo stesso primo comma dell'arl. 152 .c.ip.rp. in cui le cause 
di estinzione occupano l'ultimo posto; gerarchia che � stata esattamente 
considerata applicazione del favor innocentiae, come particolare 
aspetto del principio generale del favor rei. 

Non varrebbe, <per giungere a diversa conclusione, richiamarsi 
alla funzione che isi attribuisca all'amnistia, di tutela degli interessi 
della V'ita sociale, poich� tale funzione. deve essere coordinata con 
quelli inalienabili della personalit� morale, fra i quali rientra la pretesa 
dell'imputato di ad.durre e far valutare le prove da cui crede potersi 
argomentare la propria irresponsabilit� penale. 

Si aggiunga poi che all'interesse morale ad una sentenza di assoluzione 
con formula piena si affianca anche quello patr.imoniaile, dato 
che l'assoluzione da amnistia lascia integra (a tacere delle ev�entuali 
connesse responsabilit� amministrative) l'azione dvile per risareimento 
del danno, mentre corrisponde all'interesse dell'imputato di ottenere 
dal giudice penale una pronuncia che, ai sensi dell'art. 25 c.p.p."' 
e ricorrendone i �presupposti, renda improponibile l'aZiione civile. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALli1 1309 

Una volta accertata la violazione dell'art. 24 Cost. pu� ritenersi 
ultroneo esaminare l'altra denunzia fondata sul contrasto con l'art. 3 
della Costituzione. 

9. -Un ultimo gruppo di ordinanze denuncia le norme le quali, 
nel �Caso di sopravvenienza di una amnistia, mentre impongono al giudice 
di non darvi applicazione, pronunciando in meriito, allorch� vi 
siano prove � evidenti � che il fatto non sussiste, che l'imputato non 
lo ha commesso o che il fatto non � previsto come rea�to dalla legge 
penale, inibiiscono poi la prosecuzione dell'istruttoria e quindi l'acquisizione 
delle prove gi� richieste ma non ancora iniziate o delle altr~ 
in corso di acquisizione. In questo senso sono l'ordinanza in data 16 
giugno 1970 del .pretore di Roma (secondo cui gli artt. 152 e 592 c.p.p. 
contrastano con l'art. 24, secondo �comma, Cost.); quelle in data 25 
giugno 1970 del tribunale di Milano (che denuncia g.U artt. 591 e 592 
c.p.p. per violazione dell'art. 24, Cost.); quella del pretore di Padova 
del 29 luglio 1970 (.che impugna gli artt. 152 e 592 c.p.�p. per violazione 
degli artt. 3 e 24 Cost.); l'altra del pretore di Roma del 29 ottobre 1970 
(che�allega il �contrasto dell'art. 152, secondo comma, c.p.p. con l'articolo 
24, secondo comma, Cost.); ed infine quella del pretore di Pietrasanta 
del 30 ottobre 1970 anch'essa rivolta a denunciare, per violazione 
degli artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, 
gli artt. 152 e 592 �CJP.p. 
Le considerazioni esposte in precedenza :in ordine alla rilevanza 
costituzionale dell'interesse dell'imputato ad ottenere una sentenza di 
merito in luogo di una dichiarativa dell'estinzione per amnistia conducono 
a far ritenere fondate le eccezioni proposte. L'incongruenza 
~:Ielle disposizioni che precludono al giudice di aissumere prove o di 
completare quelle in corso appare tantto 'Pi� 1grave quando si tengano 
presenti gli artt. 376 e 398, ultdmo comma, c.p.p., che sa.nciscono, a 
pena di nullit�, il divieto di dichiarare non doversi procedere per amn~
stia con sentenza istruttoria senza il previo interrogatorio dell'imputato 
sul fatto .costituente J'oggetto dell'imputazione. Infatti se, come 
� stato messo 'in rilievo con la sentenza della Corte n. 151 del 1967, 
funzione dell':interrogatorio � quella di consentire alrimputato, in conformit� 
dell'art. 24 Cost., di opporre �le 1proprie difese allo scopo di 
evitare il tipo di sentenze, come quelle di amnistia e le altre previste 
nello stesso art. 376, che analogamente non forniscono la prova della 
sua non �colpevolezza lasciandolo sotto il peso di accuse relative a 

� fatti che, pur non 1costituendo reato, possono essere giudicate sfavorevolmente 
dalla opinione .pubblica o dalla coscienza sociale �, appare 
chiaro che tale funzione ri�sulterebbe elusa se non fosse consentito 
l'esperimento delle prove a discolpa dedotte nell'interrogatorio stesso. 
Accertata la fondatezza delle censure rivolte a.gli artt. 152 e 592 

c.p.p. sorge il quesito dr�ca l'influenza che sulla formulazione della 

1310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

conseguente pronuncia di incostituzionalit� debba essere assegnata alla 
conclusione cui iprdma si � giunti relativamente all'obbligo gravante 
sul legislatore di consentire dn ogni caso il diritto di rinunciare all'amnistia. 


Sembra infatti che, una volta ancorata la pretesa ad ottenere una 
sentenza di merito, in luogo di quella dichiarativa di amnistia, alla 
soddisfazione dell'interesse dell'imputato prevalente su quello posto a 
base del provvedimento di clemenza, lo strumento pi� idoneo al conseguimento 
di tale risultato debba ritenersi la rinunzia, senza che occorra 
aver riguardo al .fatto, del tutto accidentale, della situazione processuale, 
e quindi alla fase dell'iter istruttorio in corso aJ. momento 
della sopravvenienza. 

Di conseguenza, la dichiara:Dione di illegittimit� costituzione per 
l'omessa previsione del diritto alla rinunzia pu� ritenersi assorbente 
le altre censure, nel senso di rendere superflua ogni pronuncia in ordine 
aJ.la differenza di trattamento fra il caso che al momento del sopravvenire 
dell'amnistia siano o no acquisite prove evidenti, dovendosi 
gli articoli denunciati 152 e 593 c.ip.p. interpretare nel senso che l'obbligo 
ivi sancito dell'immediata declaratoria dell'amnistia non sia da 
�far valere quando risulti l'avvenuta rinunc:ia a voler beneficiare del 

provvedimento di clemenza. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 177 -Pres. Fragali 
-Rel. Caipalozza -Romeo (avv. Pisapia). 



Procedimento penale -Appello incidentale del Pubblico Ministero 


Ille~ittimit� costituzionale. 

(Cast., artt. 112, 3, 24; c.p.p. art. 515, quarto comma). 

I 

� fondata, con riferimento al potere-dO'Ver� di azione penale del 

P. M., ed al principio di eguaglianza e di difesa nel processo penale, 
I 

la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 515, quarto comma, i 
c.p.p., sull'appetlo incidentale del P. M. (1). 

(Omissis). -3. -Ad avviso di questa Corte, le censure mosse 
dalle oniinanze di rimessione sotto il profilo della dispa;rit� di tratta


(l}La questione � stata proposta con ordinanze 28 gennaio 1970 e 
13 novembre 1970 della Corte di Appello di Genova (Gazzetta Ufficiale 
1� aprile 1970, n. 82 e 10 febbraio 1971, n. 35), con ordinanze 25 febbraio 
1970 e 11 marzo 1970 del Tribunale di Lecce (Gazzetta Ufficiale 3 giugno 
1970, n. 136 e 10 giugno 1970,� n. 143) e con ordinanza 24 aprile 1970, de1 
Tribunale di Venezia (Gazzetta Ufficiale 7 ottobre 1970, n. 254). 




PARTE t, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1311 

mento nell'esercizio del diritto di difesa (artt. 3 e 24, secondo comma, 
Cost.) -che se isolatamente considerate potrebbero dar luogo a perplessit� 
sulla loro fondatezza -prese nel loro complesso giustificano 
la dichiarazione di illegittimit� costituzionale della norma denunziata. 
E, invero, l'appello incidentale, essendo consentito ad una sola delle 
parti nel processo, turba l'equilibrio del contraddittorio, che si polarizza 
nell'imputato (e nel suo dtfen�sore), da un lato, e, dall'altro, nel 
pubblico ministero, portatori di interessi solitamente contrapposti (vedoi 
sentenza n. 190 del 1970). 

E la fondatezza delle censure � avvalorata dall'inciso, contenuto 
nello stesso art. 515, quarto comma, c.p.p., relativo all'inefficacia, ai 
fini del prosieguo del giudizio di secondo grado, della :rdnuncia dell'imputato 
al proprio appello; e dall'ultima parte di detto articolo, relativa 
al coimputato non a:ppellante. 

4. -�, comunque, assorbente il profilo-della violazione dell'art. 112 
della Costituzione, dato �Che il .potere di .impugnazione -come � stato 
posto in rilievo dal tribuna'le di Venezia (ol'dinanza 24 aprile 1970) � 
un'estrinsecazione ed un aspetto dell'azione penale, un atto conseguente 
-obbU.gatorio e non discrezionale -al ipromovimento dell'azione 
�penale (beninte8o, con gli stessi limiti di comportamento che 
il pubblico ministero ha rispetto alla notitia criminis, dopo la qua.I.e 
pu� convincersi a .proporre al giudice istruttore il decreto di non promovimento, 
oppure, in istruttoria o oin udienza, l'assoluzione o una 
pronuncia pi� favorevole a fronte della contestazione dell'accusa): vale 
a dire un atto dovuto, che si concreta nella richiesta al g:tudice swperiore 
di emettere una diversa decisione, pi� conforme ail'la pretesa punitiva, 
e di rimuovere il pregiudizio che, a criterio dell'organo dell'accusa, 
la (Precedente statuizione abbia arrecato alla realizzazione di 
essa. Un carattere tale da non consentire che il pubblico ministero 
(quale istituto), titolare di questo potere-dovere, tenga un comportamento 
contraddittorio: quello di lasciar scadere d termini per l'impugnazione, 
manifestando implicitamente il convincimento che l'esercizio 
dell'azione penale non debba esprimersi anche nella proposizione dell'appello; 
e di esperire successivamente il .gravame, fuori dei termini 
ordinari stabiliti dal codice per il suo appello principale: e ci� allo 
scopo pratico di contenere J'iniziativa dell'imiputato (Lav. P.rep., voi. 
VII, pag. 74), che � quanto dire di ostacolarne l'espMcazione del diritto 
di tutela giurisdizionale e di difesa giudiziaria (ex art. 24, primo 
e secondo comma, Cost.). -(Omissis). 

Sull'appello incidentale del P. M. v. DEL Pozzo, Appello (dir. proc. 
pen.), voce del Novissimo Digesto, I, 1, 772; BELLAVISTA, Appello incidentale 
(dir. PTOC. pen.) Voce dell'Enc. del diritto, 1958, II; M. PISANI, Il divieto 
della reformatio in peius nel processo penale italiano, 1967. 



1312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 178 -Pres. Fragali 
-Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei ministri (Sost. avv. 
gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione siciliana (avv. 
Orlando Coscio �e Villori). 

Regione -Conflitto di attribuzione con lo ~tato -Beni del demanio 

archeolo~ico di Naxos -Spettanza alla Regione. 
(St. Reg. Sic. art. 32; d.P.R. 1� dicembre 1961, n. 1825, art. 2). 


Spettano aUa Regione Siciliana e non ailo Stato i ruderi rinvenuti 
suWarea del.l'antica Naxos e riconosciuti dal Ministero della P. I. 
di particolare interesse archeologico (1). 

(1) Sulle norme di attuazione v. Corte Cost. 26 maggio 1971, n. 108; 
sui 
beni delle Regioni Corte Ciost. 26 aprile 1971, n. 81. 
In dottrina, CASSARINO, in Giur. cost. 1959, 385. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 179 -Pres. Fragali 
-Rel. Bonifacio -La Fortuna (n,p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Approvvi~ionamenti e consumi -Disciplina i~ienica della produzione 

e vendita di sostanze alimentari -Analisi dei campioni -Esclusione 
della comunicazione del risultato -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 24; 1. 30 aprile 1962, n. 283, art. 1, comma terzo). 


l 

� costituzionalmente iUegittimo, con riferimento al diritto di difeI 
sa, l'art. 1, terzo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283, limitataI 
mente al.la parte in cui esclude l'obbLigo detta comunicazione del.l'esito I 
deU'analisi deUe sostanze alimentari o bevande 'anche a quei soggetti 

I

che, in base agli atti di polizia giudiziaria, risultino indiziati di 
reati (1). 

I

(Omissis). 1. -L'art. 1, terzo comma, della legge 30 aprile 
1962, n. 283, sulla � disciiplina igienica della produzione e della vendita 

I 

(1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 7 novembre 1969 del 
Pretore di Bitonto (Gazzetta Ufficiale 7 gennaio 1970, n. 5). 
Cfr. la sentenza n. 169 del 1969 pi� volte citata nel corso della motivazione. 


V. pure la sentenza n. 86 del 1968 in questa �Rassegna�, 1968, 715. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1313 

delle sostanze alimentari e delle bevande � prescrive che, ove attraverso 
l'analisi comrpi.uta dai competenti laboratori si accerti che i campioni 
prelevati :qgn corrispondono ai requisiti fissa�ti da:lla leg,ge, il risultato 
venga .comunicato � all'esercente presso cui � stato fatto il pr~lievo 
� e, se si tratti di merce � in confezioni originali �, al produttore. 

Ad avvi�so del giudice a quo, tale disposizione, nella parte in cui 
esclude che la predetta comunieazione venga fatta anche ad altri esercenti 
che .possano essere ritenuti resp.onsabili dell'drregolarit� del prodotto, 
� ingiustificatamente non pone costoro in condizione di esercitare 
quel mezzo di difesa (istanza di revisione dell'analisi) che il quarto 
comma dello stesso artieolo mette a disposizioni di. �tutti �.gli interessati 
�: �Con ci� violando sia il rprincilpio di eguaglianza (art. 3 Cost.) 
sia il diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.). 

2. -Questa Corte iin numerose pronunzie ha ritenuto che, nell'osservanza 
del :pJ,"ecetto enunciato dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, 
la legge deve garantire il diritto di difesa a partire dal momento 
in cui l'indizio �di reato � si soggettivizza� nei confronti di una 
determinata persona �. Di tale principio fu fatta specifica a0pplicazione 
praiprio a proposito della legge n. 283 del 1962 (sent. n. 149 del 1969) 
e ad �sso si ispirano '1e modifiche apportate dalla le~e 5 dicembre 
1969, n. 932, all'art. 78 c.p.ip. 
Posta questa premessa e rilevato che quando l'analisi del prodotto 
alimentare ne accerta l'irregolarit� sorge un indizio di reato (cfr. sent. 

n. 149 del 1969), occorre verificare-se J.a disposizione ora impugnata 
metta tutti gli indiziati in condizione di esereitare la propria difesa attraverso 
l'istanza 0�i revisione. � ovvio che la questione non investe il 
problema, al quale accenna la difesa dello Stato, dell'effieacia degli 
atti di polizia giudiziaria nei confronti dei soggetti che solo successivamente 
aJ. loro compimento acquistino la .posizione di indiziati di 
reato: .pi� limitatamente, invece, essa riguarda l'ipotesi nella quale, 
nel momento in �ui si conclude l'analisi; venga a risultare indiziato di 
reato, secondo i criteri fi.ssati dall'art. 78 c.ip.p., a~he un soggetto diverso 
dall'esercente presso il quale era stato effettuato il .prelievo del 
prodotto aumentare. 
Cosi delimitata, la questi�>ne aippare fondata. Si pu� prescindere dal 
risolvere il dubbio se la legge, conferendo agli �interessati� (art. 1, 
quarto coinma) il diritto' di chiedere la revisione dell'analisi, �Si riferisca 
solo ai soggetti indicati nel comma <precedente come destinatari della 
comunicazione del risultato dell'analisi ovvero, pi� in generale, a chiunque 
possa aver interesse a.lla revisione. Anche se si potesse accogliere 
questa pi� larga inte11pretazione, resterebbe pur S'empre certo che solo 
l'esercente presso il quale � stato fatto il �prelievo ed il produttore in 
caso di alimenti � .in confezioni originali � vengono informati della ri



1314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

scontrata irregolarit� e sono iposti in �grado di richiedere, in un termine 
perentorio, che si proceda alla revisione, con quelle .garanzie processuali 
che la citata sent. n. 149 del 1969 ha assicurato. Di modo che qualsiasi 
altro, diverso soggetto, anche se in base ai gi� .compiuti atti di polizia 
giudiziaria sia coinvolto nell'indizio di reit�, vien messo in condizione 
di ignorare l'esito sfavorevole dell'analisi e di non poter esercitare 
quella difesa che si realizza attraverso la richieSta di revisione. Per 
questa parte, dunque, non � dubbio che la disposizione denunziata 
opera una ingiustificata di:scriminazione fsa i soggetti indiziati di reato, 
con conseguente violazione dell'art. 3 Cost., e non assicura a tutti quel 
diritto che l'art. 24, secondo comma, Cost. defini�sce come � inviolabile in 
ogni stato e grado deJ procedimento �. 

3. -I limiti entro i quali la di,sposizione impugnata, rper quanto innanzi 
si � detto, risulta costituzionalmente illegittima, imped~scono di dichiarare, 
come richiede il giudice a quo, l'illegittimit� delle parole 
� presso cui � stato fatto il prelievo �, 1giacch� con tale dichiarazione, 
imponendosi J.'obbligo della comunicazione �all'� esercente � senza adeguata 
specificazione, si andrebbe al di l� di quanto � necessario iper garantire 
il diritto di difesa, in �condizione di parit�, a tutti coloro -e solo 
ad essi -che nel momento in cui l'analisi accerta l'irregolarit� del prodotto 
vengono a risultare, aJ.lo stato degli atti, indiziati di reato. E pertanto 
l'art. 1, comma terzo, della J.egge 30 arprile 1962, n. 283, deve essere 
dichiarato illegittimo solo nella parte in cui esclude l'obbligo della comunicazione 
a tutti coloro che in base agli atti risultino indiziati di 
reato. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 180 -Pres. Fragali 
-Rel. Rocchetti -Borlenghi (n. c.) e Presidente Consi�glio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Agr�). 

Ordinamento giudiziario -Composizione di collegio giudicante -Applicazione 
di giudice da parte del Presidente del Tribunale -Nomina 
del Presidente del Tribunale previo concerto del Ministro 
della Giustizia -Inammissibilit� della questione. 

(Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; I. 24 maggio 1958, n. 195, 
art. 11, terzo comma). 

� inammissibile, per manifesta irrilevanza, la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 11, terzo comma, della legge istitutiva� del 
Ccmsiglio Superiore della Magistrratura 24 marzo 1958, n. 195, sul con



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1315 

certo del Ministro di Grazia e Giustizia nella nomina del Presidein.te 
del Tribunale, che abbia proceduto ati'aippUcazicm.e di� un com.ponente 
il collegio, dai quale � soiteva'/Ja la questione (1). 

(Omissis). -La III sezione penale del tribunale di Milano, essendo 
stato iJ. Collegio costituito con l'applicazione, disposta dal Presidente, 
di un giudice di altra sezione, prima di iprocedere all'esame del merito 
del processo ha ritenuto di dover verificare la iegittimit� .ella sua 
composizione in ordine al rispetto d�lle norme sqlla �nomina e la capacit� 
del giudice, stabilite dalle leggi di ordinamento giudiziario �, 
stante ch� la loro violazione produce, ai sensi 'dell'art. 183 del codice 
di procedura 0penale, la nullit� degli atti. E, pur constatando che l'applicazione 
era stata disposta �dall'organo indicato nell'esercizio dei poteri 
� nell'amqito d.ei casi fissati dalla legge, ha tuttavia concluso di 
dover almeno dubitare della legittimit� della propria composizione per 
il motivo ehe H. ;provvedimento di apiplicazione era istato adottato dal 
Presidente, la cui nomina poteva ritenersi illegittima. E ci� in quanto 
essa era stata .deliberata .dal Consiglio superiore 1(J;ella magistratura a 
seguito del concerto col Ministro di grazia e giustizia, e cio� col procedimento 
stabilito dall'art. 11 delila legge 24 marzo 1958, n. 195, la cui 
disposizione sembrerebbe .contrastare con gli artt. 104, primo comma, 
105 e 110 delJ.a Costituzione. 

Dal che la dedotta questione di costituzionalit�, in ordine alla 
quale la Corte, nel confermare la propria giurisprudenza sull'appartenenza 
aJ. giudice a quo del rgiudizio di rilevanza, purch� sufficientemente 
e non contradi�ttoriamente motivato, constata come 11. giudizio 
espresso nel caso dal tribunale 1n ol'dine � alla rilevanza si �manifesti 
prima facie errato, non essendovi logica connessione tra il ;presunto 
vizio di legittimit� costituzionale delle norme denunziate e l'oggetto 
della indagine che il tribunale, �per non incorrere in eventuali nullit� 
dei suoi atti, si era proposta in ordine alla regolarit� della. propria 
composizione. 

� ovvio infatti che, una volta acclarato che il provvedimento di 

applicazione del giudice era stato adott�to dal Presidente, e cio� dal


l'ol'lgano competente ed 1n <:onfurmit� de11e norme che regolano quel


l'istituto, nessun'altra indagine il tribunale aveva a .compiere, perch� 

la �regolarit� della sua composizione dsultava gi� certa. ed ogni temuta 

irregolarit� degli atti esclusa. 

Ultronea risultava, in .par.ticolare, l'indagine sulla regolarit� del 

procedimento di nomina dell'organo che aveva emanato il provvedi


mento, :perch�, essendo stata quella norma formalmente assunta, gli 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 7 novembre 1969 del 
Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50). 

1316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

atti compiuti e i provvedimenti emanati dall'or,gano resterebbero efficaci 
anche nel caso che essa venisse in prosieguo, nelle forme stabilite 
ed in sede competente, ritenuta invalida ed annullata. 

Ed essendo quindi fuori discussione la efficacia del provvedimento 
di applicazione del giudice alla sezione, ogni questione, compresa quella 
di costituzionalit�, sulla regolarit� della nomina del Presidente che 
quel provvedimento aveva adottato, restava del tutto priva di interesse 
ai fini del giudfaio e, rispetto ad esso, irrilevante. 

Le questioni pro.poste devono essere pertanto dichiarate inammissibili 
per difetto di rilevanza. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 186 (Ordin�nza) -
Pres. Fragali -Rel. De Marco. 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale 
-Questione sollevata dal P. M. -Manifesta inammissibilit�. 


(Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

� manifes�tamente inammissi9ile la questione di legittimit� costituzionale 
in via incidentale proposta dal Pubbiico Ministero (1). 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza del 10 dicembre 1970 
del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. 
Sul difetto di legittimazione del Pubblico Ministero a promuovere 
il giudizio di legittimit� costituzionale, la Corte si � pronunciata con le 
sentenze nn. 40, 41 e 42 del 1963. 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 novembre 1971, n. 189 -Pres. Fra.gali -
Rel. Crisafulli -Del Castillo (avv. Del Castillo), Tedesco (avv. Sangiorgi) 
e Presidente Regione Siciliana (avv. Villari). 

Sicilia -Legge elettorale amministrativa -Cause di illegittimit� a consigliere 
provinciale -Limitazione dell'elettorato passivo -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 51; I. reg. sic. 9 maggio 1969, n. 14, art. 7 n. 4). 

Non � fondata la quesfJicme di legittimit� costituzi<Jtnale deWart. 7 

n. 4 della legge regionale siciliana 9 maggio 1969, n. 14 che stat,y,is'Ce 
l'ine�leggibilit� a consiglieri provinciali degli impiegati ed amministra

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTEl:lNAZIONALE 1317 

toiri delle istituzioni di assistenza e beneficenza esiisternti neil'ambito 
della provincia (1). 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 4 dicembre 1970 della 
Corte di Appello di Palermo (Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 1971, n. 49). 
Sulla competenza delle Regioni ad emanare norme in materia d'ineleggibilit� 
ed incompatibilit� v. Corte Cost. sent. 8 luglio 1957, n. 104 e n. 105; 
14 aprile 1965, n. 26; 26 giugno .1969, n. 108. 
In dottrina: DI C10Lo, Incompatibilit� e ineleggibilit� parlamentari, 
voce dell'Enc. del dir., 1971: XXI, 41. 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 novembre 1971, n. 190 -Pres. F:rag�li -
Rel. Reaile .-,.Do.fola (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Chia;rotti). 

Procedimento penale -Parte civile -Obbligo di testimonianza -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 24; c.p.p. artt. 106, 350, 408, 447, 448, 449). 

� infondatJa, con riferimento al principio di eguaglianza e difesa 
in giudizio, la questi�one di legittimit� costituzionale delle disposizioni 
de�l Codice di procedura penale che prevedono l'obbligo di testi.monianza 
per la� persona offesa dal reato, che sia costituita parte civile 
nel processo (1). 

2. -Le.questioni non sono fondate. 
� indubbio che J.'esercizio dell'azione civile per le restituzioni e 
per i� risarcimento dei danni da reato �, nel processo penale, regolato 
dal legislatore, nei limiti della sua discrezionalit� e per fini di utilit� 
generale, diversamente dall'esercizio ~ell'azione medesima davanti al 
giudice ci:vile. E non � meno indubbio che nei drue sistemi risulta diversamente 
disciplinata la testimonianza. 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza 9 dicembre 1969, del 
pretore di Iseo e 4 dicembre 1970 del Tribunale di Bergamo (Gazzetta 
Ufficiale 11 febbraio 1970, n. 37 e 7 aprile 1971, n. 87). 
Su questioni concernenti il diritto di difesa della parte civile v. le 
sentenze della Corte Costituzionale nn. 132 e 136 del 1968, nn. 1, 52, 108 
e 154 del 1970. 



1318 R\SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tali differenze normative sono, per�, inevitabili effetti dell'applicazione 
del .prindpio della preminenza della giurisdizione penale su 
quella civile, quale, in diipendenza di una scelta J.egislativa non irrazionale, 
� riconosciuta nel nostro ordinamento a corollario della prevalenza 
dell'interesse pubblico all'accertamento dei reati rispetto aLl'interesse 
collegato alla risoluzione delle liti civili. Si tratta dello stesso 
pubblico interesse che informa l'obbligatoriet� dell'azione penale (art. 
112 Cost.) e da cui .promana il principio, fondamentale nel processo 
penale, dell'assenza di limiti legali alla libera ricel'ca e alla valutazione 
delle prove da parte del giudice; limiti che invece non mancano nella 
disciplina del processo civile. 

Lo stesso criterio di preminenza della giurisdizione penale trova, 
invero, significativa espressione leg~slativa, allorch� lo stesso fatto sia 
configurabile, nel contempo, come illecito penale e come illecito civile 
e si prospetti, quindi, in ordine ad esso l'opportunit� che siano evitati 
contrasti di �~udicati. Dal che deriva razionalmente la subordinazione 
dei giudizi civili, amministrativi e disc:iiplinari (salve le eccezioni di cui 
agli artt. 19 e 20 c.p..p.) a quello penale, e la conseguente autorit� del 
giudicato in questo formatosi, in particoJ.are rispetto al giudizio per le 
restituzioni e .per il riisal'cimento del danno (art. 27 c.p.p.) o ad altri 
giudizi civili e amministrativi (art. 28 c.p.p.), come � stato affermato 
nelle recenti sentenze nn. 108/1970 e 55/1971. 

3. -Ci� premesso la Corte non ritiene che la normativa impugnata, 
per quanto riguarda la parte civile, sia illegittima sotto i due aspetti� 
sopra indicati. 
Secondo la ormai costante sua giurisprudenza, il principio di uguaglianza 
assicura ad ognUiilo parit� di trattamento in situazioni non differenziate. 
Le modalit� di esercizio del diritto di difesa, pertanto, possono 
essere legittimamente discipJ.inate in modo diverso, purch� rispondenti 
alle caratteristiche di ciasc�un procedimento, con l'ovvio limite che non 
rimanga vanificato o reso estremamente difficoltoso l'esercizio del diritto 
stesso. 

Ora, dall'accelliilata subordinazione della disciiplina della costituzione 
di .parte civile a quella propria deJ. giudizio penale, ai cui fini � 
preordinato l'obbUgo dell'offeso dal reato (anche se agisca in tale sede 
per il perseguimento della .pretesa ripai:atoria) di rendere la testimonianza, 
nei casi di legge anche sotto vincolo di giuramento, quando sia 
informato dei fatti per i quali si procede, discende il dovere imposto al 
soggetto stesso, sanziooato penaJ.mente nell'art. 372 del c.p., di dire 
tutta la verit� e null'altro che la verit�. Ci� eventualmente anche in 
merito a ci11costanze di fatto che possano influire in senso sfavorevole 
sulla decisione circa la pretesa riparatoria. E, �considerandosi �he il 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1319 

soggetto costituitosi ,parte civile � indicato talvolta come il principale 
e finanche come l'unico testimone .per la ricostruzione storica dei fatti 
dedotti nell'imputazione, non si vede �come i principi costituzionali di 
uguaglianza e di difesa, invocati dalle ordinanze, possano giustificarne 
il diniego da parte di lui di cooperare all'accertamento dei fatti predetti, 
ponendosi su piano diverso da quello di altri soggetti sui quali 
grava il dovere della testimonianza, secondo .J.e norme dettate al riguardo 
dal codice di procedura penale. 

Del resto anche per quanto .concerne n processo 'Civile, nel cui 
ambito, si sostiene nelle ordinanze, sarebbe consentito alle parti di 
esimersi dall'enunciazione di circostanze contrastanti con propri assunti 
difensivi, � opportuno ricordare essere .previsto dal codice di procedura 
civile il dovere .per le parti di comportarsi in giudizio con lealt� e 
probit�; dovere dalla cui inosservanza discendono anche peculiari responsabilit�. 


N� con il precetto de1l'uguaiglianza contrasta la diversa funzione 
riconosciuta dall'or�dinamento processuale penale all'esame testimoniale 
della parte civile rispetto all'interrogatorio dell'imputato. 

La .prova offerta dall'esame suddetto � direttamente soggetta alla 
valutazione critica del �giudice, onde egli possa basare su di essa la 
decisione della causa o debba disattenderla come non veridica. 

D'altro canto le dichiarazioni dell'imputato, mentre non sfuggono 
anch'esse ad un con�trollo di veridicit�, .particolarmente quando vengono 
�richiamati ulteriori fatti e circostanze il cui accertamento possa 
condurre alla giusta decisione, tuttavia �Costituiscono essenzialmente 
mezzo di difesa correlato alla contestazione dell'accusa. Come � noto 
l'interrogatorio dell'imputato � volto anzitutto a consentirne la difesa 
ed � dominato, quillldi, in riferimento all'oggetto della decisione penale, 
dal principio costituzionale che garantisce in ogni stato e grado del 
giudizio l'esercizio della difesa medesima. 

Se, per�, all'jmputato non � imposto l'obbligo di dire la verit�, 
che vi.ge per altri soggetti, tuttavia non pu� disconoscersi che su di lui, 
e nel suo stesso interesse, iricade quanto meno l'onere di diehiarazioni, 
cui il giudice possa riconoscere valore di attendibile fonte di prova, 
non diretta �semplicemente alla tutela di situazioni �di natura patrimoniale, 
quali sono quelle che caratterizzano invece l'istituto della 
parte. civile. 

4. -Alla stregua delle precedenti eonsiderazioni esula anche l'asserita 
violazione degli artt. 3 e 24 �della Costituzione in danno dell'imputato, 
sul presupposto ehe la parte civile, rendendo J.a testimonianza, 
possa, a differenza dell'imputato stesso, porsi quale fonte di prova. Basti 
6 


1320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

osservare in contrario che il rilievo, svolto dall'ordinanza del tribunale 
di Bergamo, ha scarsa importanza nel sistema positivo, dominato, 
come si � gi� detto, dal principio della libera vail.utazione delle prove 
nel processo penale. Non � escluso, infatti, che il giudice, argomentando 
per un verso dalle dichiarazioni dell'imputato, ed in genere dal suo 
contegno, e dalle prove da lui dedotte e per altro verso dall'interesse 
che al trionfo dell'accusa possa avere la parte civile, ne valuti la testimooianza 
in senso ad essa sfavorevole. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 novembre 1971, n. 191 -Pres. Fragali 
-Rel. Rossi -Principato (n. :p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato .Aigr�). 

Procedimento civile -Mancato funzionamento degli uffici giudiziari 


Proroga dei termini di decadenza -Declaratoria con decreto mi


nisteriale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 87, 24, 3; d.l. 9 aprile 1948, n. 437, artt. l e 2). 

Non � fondata, nei sensi delta motivazione, ia questione di legittimit� 
.costituzionale degli artt. 1 e 2 del decreto legis�tatrivo 9 wprile 1948, 

n. 437, i qua;Li attribuisccmo al Ministero del.la Giustizia. ia facoit� di 
dichiarare il mancato o irregolare funzionamento deg'li uffici giudiziari 
ai fini delta 'J>TOroga dei termini di decadenza (1). 
(Omissis). -La Corte deve esaminare anzitutto l'eccezione di irri~ 
levanza. Sostiene l'Avvocatura generale dello Stato che il decreto legislativo 
9 aprile 1948, n. 437, ratificato con legge 10 febbraio 19'53, n. 73, 
prevedendo la proroga dei termini di decadenza nella sola ipotesi di 

� mancato o irregolare funzionamento degli uffici giudiziari �, non pu� 
venir applicato estensivamente quando l'osservanza dei termini sia 
resa difficile, o anche impossibile, da circostanze esteme agli uffiei 
giudiziari com.e, nella specie in esame, da uno sciopero delle Poste. 
L'eccezione � infondata. Il servizio delle notificazioni per mezzo 
della Posta � previsto nel nostro ordinamento come mezzo comune 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 3 dicembre 1969 
del Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1970, n. 70). La sentenza 
n. 79 del 1970, richiamata in motivazione, � riportata in questa 
� Rassegna � 1970, 521. ' 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1321 

d'eseguire le notifiche in materia civile e penale (artt. 149 c . .p.c.; 
178 c.p.p,; 107 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 e disposizioni richiamate). 
Tale servizio � legato all'oroinario funzionamento degli uffici 
di giustizia e vanno �considerati ausiliari degli ufficiali .giudiziari gli 
ufficiali de1ile Poste. N� pu� certo dirsi che il funzionamento degli uffici 
giudiziari sia regolare quando risultino inoperanti norme di legge in 
una materia cosi importante come quella delle notificazioni. 

2. -Priva di fondamento � la questione di legittimit� degli artt. 1, 
ultima pa~te, e 2 del decreto legislativo 9 aprile 1948, n. 437, in ordine 
all'art. 87, comma quinto, della Costituzione che attribuisce al Presidente 
della Repubblica la facolt� d'emanare regolamenti d'esecuzione. 
Il decreto con il quale il Ministro di grazia e giustizia riconosce 
l'eccezionalit� dell'evento, determina il ,periodo di mancato funzionamento 
degli uffici .giudiziari e proroga i termini di decadenza, � un atto 
amministrati'Vo da emettel'Si volta per volta, nell'ambito proprio degli 
accertamenti di competenza.ministeriale. Comunque per quanto riguarda 
la materia regolamentare questa Corte ha gi� ritenuto che un'eventuale 
attribuzione di competenz:;i al Ministero non viola l'art. 87, comma 
quinto, della Costituzione (sent. n. 79 del 1970). 

3. -Sotto un ;profilo unico vanno esaminate le eccezioni di illegittimit� 
costituzionale degli artt. l e 2 del decreto legislativo 9 aprile 
1948, n. 437, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3, primo 
comma della Costituzione. 
Non vi � dubbio alcuno che �l diritto alla difesa e l'uguaglianza di 
trattamento in parit� di situazione siano costituzionalmente garantiti. 
Potrebbe anche essere vero (ed � questione riservata al giudice del 
merito) che il decreto legislativo 9 apriJ.e 1948, n. 437, conferisca al 
cittadino, come si legge nell'ordinanza, �un diritto soggettivo alla 
proroga del termine perentorio in tutti i casi in cui egli si sia trovato 
nell'impossibilit� di compiere tempestivamente atti presso �gli uffici 
giudiziari, o a mezzo del personale addetto a questi uffici �. Ma ci� n<>n 
importa affatto la denunciata i1ilegittimit� degli artt. 1, ultima parte, 
e 2 del decreto che attribuisce al Ministro di .grazia e giustizia di poter~-
dovere �di �constatare il mar.ncato funzionamento degli uffici, il 
determinarne le proporzioni, le conseguenze e di emettere il relativo 
decreto di proroga dei termini. 

Opportunamente il compito di accer.tare il verificarsi di situazioni 
eccezionali, cui debbano corrispondere adeguati provvedimenti previsti 
da norme generali del nostro sistema, � affidato al potere esecutivo, 
che solo pu� assicurare accurata riilevazione e valutazione dei fenomeni, 
uniformit� di criteri e uguaglianza di trattamento. 


1322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il cittadino ragionevolmente interessato alla ricognizione del mancato 
o irregolare funzionamento �degli uffici giudiziari ha facolt� di 
;rivolgersi al Ministro di g.razia e giustizia per chiedere l'emissione del 
relativo decreto. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 198 -Pres. Fragali -
Rel. Oggiooi -Fabi (n. �C.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. �gen. dello Stato Azzariti). 

Contratti agrari -Mezzadria -Chiusura annuale dei conti -Decadenza 
dei reclami del mezzadro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 


(Cost., artt. 35, 36; e.e. artt. 2162, 2152). 

Non � fondata la questione di legittimit� costiituzionale dell'art. 

. I 

2162 e.e., in re�'Lazione al precedente art. 2152, sul termine di decadenza 
di novanta giorni .daUa consegna del libretto co.fonico� per la presentazione, 
da parte del mezzadro, dei reclami contro l'omissione di suoi 
crediti (1). 

1. -L'ordinanza �di rinvio sottopone la questione di legittimit� 
dell'art. 2162 del c.�c., basandola sul motivo che il termine di novanta 
giorni dalla consegna del libretto colonico a chiusura annuale dei conti, 
termine entro oui, a pena di decadenza, il mezzadro deve !reclamare 
contro la omissione di un suo credito, costituito dal compenso di lavoro 
compiuto per miglioramenti arrecati al podere secondo l'art. 2152 del 
e.e., contrasterebbe con gli artt. 35 e 36 della Costituzione, po.gti a 
tutela del lavoro e della sua retribuzione. Ci� in quanto l'imposizione 
di un termine pel ree.Jarno, decorrente non dalla cessaziooe del .rapporto 
mezzadrile ma nella sua pendenza, .porrebbe il mezzadro in 'posizione 
di soggezione, per timore di recesso da parte del concedente, tale da 
indurlo alla �rinuncia del credito. Non diversamente, secondo l'ordinanza, 
da analoga questione gi� sollevata davanti a questa Corte, ri(
1) La questione � stata proposta con ordinanza 31 ottobre 1969 del 
Tribunale di Spoleto. 
Sulla mezzadria in generale v. Cass. 17 giugno 1971, n. 1854, e 24 luglio 
1971, n. 2475, Foro It. 1971, I, 2746, con nota di G. JETTI, La direzione della 
mezzadria. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1323 

guardante la prescrizione dei diritti alle prestazioni salariali, prescrizione 
dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 63 
del 1966 nella :parte degli artt. 2948, 2955 e 2956 in cui ne era consentita 
la decorrenza durante il rapporto di lavoro. 

2. -La questione non � fondata. 
Senza ravvisare necessario, agli effetti della decisione, premettere 
l'analisi degli elementi differenziali e di quelli comuni, che, nel quadro 
del lavoro nel.l'impresa, caratterizzano, rispettivamente, la prestazione 
lavorativa nell'impresa in generale ed in quella agricola i'q particolare, 
la Co.rte osserva che la questione proposta manca di fondamento per 
motivi che attengono alla speciale normativa del rapiporto di mezzadria, 
quale � venuta a consolidarsi nel tempo sul punto concernente la 
durata del rapporto stesso. 

� da porre nel dovuto rilievo che, con inizio dal d.1.1. 5 aprile 
1945, n. 157, una serie ininterrotta di provvedimenti ha posto i contratti 
di mezzadria in reg1me di proroga legale. Infatti, a quel decreto hanno 
fatto seguito il decreto legislativo n. 273 del 1947 : le leggi n. 1094 
del 1948, n. 353 del 1949, n. 505 del 1950, n. 435 del 1951, n. 765 del 
1952, e l'ultima legge 15 sette_mbre 1964, n. 756, che, al divieto di 
stipulazione di nuovi contratti di mezzadria, ha ag�giunto la proro.ga 

� fino a nuova disposizione � di quelli esistenti. 
La constatazione di tale perdurante proroga legale, vale, di per s�, 
ad escludere una valtda prospettabilit� delJ.'argomento su cui si basa 
l'ordinanza di rinvio. 

L'ipotesi di una temuta interruzione del rapporto, quale mezzo a 
disposizione del �concedente :per iporre in essere una coazione psicologica 
sul mezzadro tale da ostacolare indirettamente una richiesta di 
compensi che il mezzadro ritenga a s� dovuti, viene a cadere in forza 
delle succitate leggi protettive delJ.a durata del ra.pporto. 

Questa forza di resistenza assegnata al rapporto non pu� ritenersi 

sminuita dalla previsione legislativa di situazioni ostative alla proroga. 

Trattasi, invero, di situazioni oggettive, tassativamente determinate 
ovvero di situazioni soggettive, da comprovarsi, consistenti in 
colposi e gravi inadempimenti contrattuali da parte del mezzadro 
(art. 4 d.1.1. n. 157 del 1945, art. 1 d ..1gs. n. 273 del 1947, art. 1 legge 

n. 1094 del 1948, art. 15 legge n. 756 del 1964). 
3. -Di .conseguenza, dovendosi escludere la presunzione che il 
mancato tempestivo reclamo del mezzadro, a rapporto in atto, contro 
omissioni nel libretto colonico di ipartitte a suo credito, costituisca 
indice di volont� viziata dal timore di rappresaglia, n termine di decadenza 
stabilito dall'art. 2162 del c..c. va ritenuto immune dalle proposte 
censure di illegittimit�. -(Omissis). 

1324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 200 -Pres. Fragali -
Rel. Benedetti -La Piccirella (avv. Barile) e Presidente Consiglio 
dei Ministri e Ministero Agricoltura e Foreste ~sost. avv. gen. dello 
Stato Agr�). 

Riforma fondiaria -Espropriazione del terzo residuo -Esclusione di 
indennizzo -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 4l!, comma terzo; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 9, comma terzo). 

� costituzionaJmente illegittimo, in relazione� all'art. 42, terzo comma 
della Costituzione, �l'art. 9, comma quarto, della legge 21 ottobre 
195�0, n. 841 suita riforma f011;diaria, limitatamente alle parole �senza 
alcun indennizzo � (1). 

(Omissis). -Og�getto del presente giudizio � il quarto comma 
dell'aJ.>t. 9 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, che l'o,rdinanza di rinvio 
denuncia costituzionalmente illegittimo, in riferimento aH'-art. 42, comma 
terzo, della Costituzione, lim!tatamente alla parte in cui dispone 
l'esproprio �senza aloun indennizzo� dei terreni costituenti il terzo 
residuo sui quali il proprietario non abbia eseguito entro il termine di 
due anni le opere di trasformazione previste dall'ente di riforma 
fondiaria. 

La tesi svolta dall'Avvocatura dello Stato a sostegno della legittimit� 
deUa norma impgnata � che nell'istituto del terzo residuo non 
sarebbe dato sco11gere i caratteri ttpici di un rapporto espropriativo, 
bensi Uit1 raJ?porto convenzionale tra ente ed espropriando nel quale 
quest'ultimo liberamente assume determinati obblighi di trasformazione 
accettando le conseguenze previste dalla legge nel caso di inadempimento 
degli stessi. La deca<�lnza dalla indennit� potrebbe essere quindi 
considerata come la conseguenza dell'inadempimento di siffatta convenzione 
o al pi� essere intesa come risarcimento del danno che 
l'ente rifol1ma verrebbe a subire nella realizzazione dei propri piani 
per effetto della mancata attuazione degli obblighi di trasformazione 
e� miglioria da .parte del rprivato. 

2. -Ad avviso della Corte questa tesi non afjpare giustificata n� 
dalla lettera n� dalla disciplina delle nol1m� concernenti il beneficio 
del terzo residuo. 
(1) Il g�udizio � stato introdotto con ordinanza 4 marzo 1969 del Consiglio 
di Stato -Sezione V -(Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50). 
Sul �terzo residuo� cfr. anche Corte Cost. sent. n. 126 del 1963, n. 134 
del 1967 e n. 119 del 1968. 
Sull'indennizzo previsto dalla legge di esproprio per riforma fondiaria, 
cfr. anche le sentenze della Corte n. 33 del 1958 e n. 41 del 1959. 



PARTE I, SEZ. ,I, GIURIS. t:OSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1325 

Il terzo residuo � istituto tipico ed esclusivo della leg�ge , 21 ottobre 
1950, n. 841. Scopo di esso � stato quello di inserire positivamente 
H ipro.prietario nel processo tecnico economico e sociale della 
trasformazione fondiaria consentendogli di collaborare attivamente alla 

}l~tuazione dei piani di riforma dell'ente. Gli artt. 8 ~ 9 che la legge 
Hedica a tale istituto stabilisce che qualora si proceda all'esproprio 
immediato solo di due terzi dei terreni espropriabili il restante terzo 
resta soggetto a vincolo di indisponibilit� da trascriversi a cura dell'ente 
nei registri immobiliari (art. 8). Al ,pro,prietario che intenda 
conservare definitivamente una parte dei terreni costituenti il terzo 
residuo � data facolt� di chiedere di ese~uire su di essi le opere di 
trasformazione (previste dall'ente. Con la domanda di trasformazione 
il proprietario consegue l'effetto della sospensione dell'espropriazione 
immediata per un terzo dei terreni espropriabili ed assume nei confronti 
dell'ente obblighi precisi di condurre ad esecuzione, a proprie 
spese secondo termini e piani prestabiliti, le opere di miglioramento 
e trasformazione assegnategli. All'adempimento di questi obblighi 
fanno puntuale riscontro il diritto alla conservazione in propriet� 
della met� dei terreni del terzo residuo,, il diritto al pagamento della 
indennit� di espropriazione e al ripiborso �delle spese di trasformazione 
sostenute per l'altra met� che deve �essere consegnata all'ente. 
Nel �caso invece di inadempimento delle obbUgazioni assunte il proprietario 
non solo dovr� consegnare all'amministrazione l'intero terzo 
residuo, ma non avr� neppure diritto all'indennizzo. 

Orbene quest'ultima parte della disposizione contenuta nel quarto 

comma dell'art. 9 della leg,ge stralcio e cio� la privazione di ogni 

indennizzo si pone in contrasto con il precetto dell'art. 42, comma 

terzo della Costituzione. 

N� a giustificare detta .previsione normativa vale addurre che 

se il .proprietario non fosse privato dell'indennizzo l'inadempimento 

degli obblighi da lui volontariamente assunti ,nei confronti dell'ente 

il"esterebbe senza sanzione. 

� naturale ed � conforme ai principi dell'ordinamento che all'ina


dempimento di una obbligazione consegua una sanzione. La priva


zione dell'indennizzo iper� non ;pu� svolgere nella specie la funzione 

sia perch� essa prescinde totalmente dalle ragioni che hanno impedito 

la realizzazione delle opere nel biennio, sia perch� non � in alcun 

modo collegata al danno che l'ente possa aver subito. 

In mancanza di tali presupposti anche per l'espropriazione del 

terzo residuo deve essere corrisposta l'indennit� di cui all'art. 18 della 

legge stralcio, fermo restando l'obbligo del proprietario di risarcire 

tutti i danni secondo il diritto comune. -(Omissis). 


1326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 201 -Pres. Fragali 
-Rel. Trimarchi -Cerotto (n. c.). 

Separazione di coniugi -Comparizione personale davanti al Presidente 
del Tribunale per il tentativo di conciliazione -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cast., art. 24; c.p.c. art. 707, comma primo). 

Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 707, primo comma, codice di procedura 
civile, nella parte in cui vieta ai coniugi comparsi pe�rsonalmente 
davanti al Presidente de:l Tribunale per il tentativo di conciliazione, 
di essere assistiti dai rispettivi difensori (�). 

(1) La precedente sentenza 30 giugno 1971, n. 151, che ha dichiarato 
la fondatezza della questione della stessa disposizione per la fase successiva 
alla mancata conciliazione, � pubblicata in questa �Rassegna�, 1971, 
I, .987. 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 202 -Pres. Fragali 
-Rel. Mortati. 

Procedimento penale -Reato estinto per prescrizione -Divieto di proscioglimento 
dell'imputato senza prova evidente -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cast., artt. 24, 3; c.p.p. art. 152, secondo comma). 

Non � fondata, sia con riferimento al diritto di difesa che al 
principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 152, secondo comma, codice di procedura pena.Le, che impedisce 
al Giudice 'di prosciogliere l'imputato con formula ampia, se non 
� gi� stata acquisita gli atti prova evidente in tal senso (1). 

(1) Il giudizid" � stato introdotto con ordinanza 3 maggio 1971 del 
Tribunale di Taranto (Gazzetta Ufficiale 21 luglio 1971, n. 184). La sentenza 
n. 175 del 1971, richiamata in motivazione, leggesi anche in questa 
�Rassegna., retro, pag. 255. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1327 

(Omissis). -1. -Le censure dedotte nell'ordinanza non sono da 
ritenere fondate. 

Non lo � quella relativa alla violazione dell'art. 24 della Costituzione. 
Infatti � vero che, secondo dedotto dall'ordinanza, pu� sussistere 
l'interesse del prevenuto ad ottenere dal giudice una sentenza 
di pfona assoluzione da cui risulti l'insussistenza o la non commissione 
del fatto-reato, ma tale interesse nel caso di prescrizione non 
pu� non cedere di fronte all'interesse generale di non pi� perseguire 
i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione 
abbia fatto venire meno, o notevolmente attenuato, insieme al 
il.oro ricovdo, anche l'allarme della coscienza comune, ed altresi reso 
difficile, a volte, l'acquisizione del materiale probatorio. 

Non �contrasta con l'esigenza ora prospettata l'art. 152, secondo 
comma, c.p.p. secondo cui deve farsi luogo ad una pronuncia in merito 
quando, pur risultando una causa di estinzione del reato, esistano 
prove evidenti dell'insussistenza del fatto, della sua non previsione 
come reato, o dell'estraneit� ad esso dell'imputato, poich� in tali casi 
la pronuncia stessa assume earattere puramente dichiarativo di una 
situazione gi� eoncretata al momento della �sopravvenienza della prescrizione. 
Mentre � �chiaro che contrasto si , verificherebbe ove per 
giungere a quel risultato si ;rendesse necessario il compimento di 
nuovi atti istruttori, e cio� la prosecuzione dell'istrutto.ria iper un 
reato ormai estinto. 

Non potrebbe condurre a contrario avviso la considerazioJ::>:e che 
la Corte, con la sua sentenza n. 175 del corrente anno, ha affermato 
il diritto dell'imputato ad ottenere una sentenza di merito alloreh� 
l'estinzione del reato consegua all'intervento di un'amnistia, perch� 
a tale statuizione si � giunti in quanto si � ritenuto costituzionalmente 
garantito il diritto �di rinunciare all'amnistia, diritto il cui esercizio, 
facendo venir meno l'effetto estintivo ad essa proprio, rende possibile 
l'ulteriore svolgimento dell'istruttoria in corso. E appare chiaro che 
a soluzione analoghe non pu� giungersi allorch� l'effetto estintivo si 
faccia discendere, non gi�, come nel caso dell'amnistia, da statuizioni 
di volta in volta emesse dal legislatore, sotto l'infiuesso di considerazioni 
politiche, ma da un evento come il decorso del termine, sottratto 
ad ogni discrezionalit�. 

2. -Le eonsiderazioni per ultimo prospettate rendono ragione 
dell'infondatezza anche della seconda denuncia, di violazione dell'art. 
3 della Costituzione. Invero ila disegua.glianza di trattamento che 
si verifica, secondo che si sia .giudicati prima o dopo il sopravvenire 
del termine di prescrizione, a.pipare conseguenza di una mera disparit� 
di fatto, che non si 1pu� evitare se non facendo venire meno lo stesso 
istituto della prescrizione. -(Omissis). 

1328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 203 -Pres. F�ragali 
-Rel. Chiarelli -Di Sole (n. c.). � 

Impiego pubblico -Pensione privilegiata -Detrazione dal risarci


mento del danno -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 3, 28; r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590, art. 9, ultimo comma). 

� fondata, con 1-iferimento ai principi di eguaglianza e di responsabilit� 
civile della� P. A., la questicrne di legittimit� costituzionale 
deWart. 9, ultimo comma, r.d. 7 dicembre 1923 n. 259-0 che prescrive 
la detrazione della pensione privilegiata daWimptJll'to del risarcimento 
del danno facente carico aWAmministrazione di appartenenza del 
dipendente (1). 

(Omissis). -La questione � fondata. 

H diritto del dipendente statale e dei superstiti alla pensione privilegiata 
e il diritto al risarcimento dei danni nei confronti della 
Pubblica Amministrazione si basano, come questa Corte ha rilevato 
nella sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, su titoli diversi. Il primo infatti 
non nasce dalla responsabilit� dell'Amministraziooe, ma dal fatto che, 
a prescindere da tale responsabilit�, si sia verificato un evento di servizio, 
produttivo di infermit� lesioni o morte, previsto dalla legge. 
Tale diritto � strettamente connesso alla posizione del dipendente e, 
come osserva l'ordinanza, si collega, tra l'altro, al precedente versamento, 
da parte dello stesso dipendente, dei contributi ai fini del conseguimento 
della pensione, che sar� ordinaria o privilegiata, secondo le 
cir�ostanze. 

L'eventuale detrazione della pensione privilegiata dalle somme 
dovute alla vittima o ai superstiti a titolo di risarcimento danni viene 
pertanto a eludere o a ridurre la xesponsabilit� della Pubblica Amministrazione 
per fatto illecito, in contrasto con l'art. 28 della Costituzione. 


La norma che prevede tale detrazione per il personale delle Ferrovie 
dello Stato viola inoltre l'art. 3 della Costituzione. Nella ricordata 
sentenza la Corte ha ritenuto che le norme uhe -stabilivano la 
detta detrazione per gli altri dipendenti statali (decreto luogotenen


~ 

(1) Il giudizio � stato introdotto con ordinanza 8 luglio 1969 del 
Tribunale di Catanzaro (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1970, n. 76). La sentenza 
n. 1 del 1962, richiamata in motivazione, leggesi in Foro it., 1962, 
I, 175 con nota di ANDRIOLI. 
Sulle pensioni cfr. anche Corte Cost. nn. 144 e 147 del 30 giugno 1971. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1329 

ziale 21 ottobre 1915, n. 1558, e legge 28 maggio 1936, n. 1126) creavano 
una sperequazione tra il iprivato, vittima di un fatto colposo, e 
il dipendente statale, vittima di un medesimo fatto. Con la dichiarazione 
di illegittimit� co~tituzionale delle menzionate norme si � venuto 
a .produrre un ingiustificato trattamento differenziale anche tra i dipendenti 
delle Ferrovie e gli altri dipendenti dello Stato. 

Va .pertanto dichiarata l'illegittimit� costituzionale della nol'llla 
impugnata, a conferma� di quanto ritenuto nel precedente pronunciato 
di questa Corte. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 204 -Pres. Fragali 
-Rel. Trimarchi -Bassetto (avv. Ventura). 

Lavoro -Indennit� di anziariit� -Servizio di durata inferiore all'anno Esclusione 
-Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 36, comma primo; e.e. art. 2�120. comma primo). 

� costituzionalmente illegittimo, in riferimento al.l'art. 36 della 
Costituzione, l'ar�t. 2120, primo comma, e.e., nella parte in cui esclude 
che l'indennit� di anzianit� sia dovuta al prestatore di lavoro il cui 
servizio abbia una durata inferiore all'anno (1). 

(Omissis). -2. -Nonostante che, in tema di indennit� di anzianit�, 
il legislatore, con l'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604, �abbia 
dettato disposizioni a quel tempo innovative nei. confronti dell'ultima 
parte del detto ;primo comma dell'art. 2120 (cosi come la Corte non ha 
mancato di rilevare con la 'Sentenza n. 75 del 1968), non pu� non ritenersi 
tuttavia in vigore la restante parte della r�lativa norma e precisamente 
quella oggetto della presente denunzia. 

Il citato art. 9, infatti, si limita a prescrivere che �l'indennit� di 

anzianit� � dovuta al prestatore di lavoro in �ogni caso di risoluzione 

del rapporto di lavoro �, ed il �primo comma dell'art. 2120, in conse


guenza dell'entrata in vigore di quella legge, non avente per .altro 

(1) La questione. � stata sollevata con ordinanza 9 gennaio 1970 del 
pretore di Bergamo e 30 maggio del Pretore di Venezia (Gazzetta Ufficiale 
4 marzo 1970, n. 57 e 11 novembre 1970, n. 286). 
La sentenza n. 75 del 1968 � riportata in questa � Rassegna � , 1968, 

699. Per altre recenti pronunzie in materia di rapporto di lavoro v. "'I 
giudizi di costituzionalit� ed ii contenzioso dello Stato negli anni 1966


1970 � voi I, nn. 37 e 80. 



1330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

portata generale, ed a seguito della dichiarazione di �parziale illegittimit� 
costituzionale di cui alla citata sentenza n. 75 del 1968, viene 
a disporre che � in caso di cessazione del contratto a tempo� indeterminato, 
� dovuta al prestatore di lavoro un'indennit� proporzionale agli 

.

anni di servizio � . 


Questa norma, in tal modo, fissando il criterio da osservarsi ai fini 
della determinazione e liquidazione dell'indennit� de qua, che per ci� 
. 
deve essere proporzionata agli anni di servizio, e facendo, allo scqpo, 
riferimento all'anno quale unit� di tempo, secondo la giurisprudenza 

l

w~ 

prevalente considera il servizio prestato per un periodo di tempo in


feriore ad un anno condizione non sufficiente perch� il lavoratore abbia 

diritto alla detta indennit�. 

3. -Cos� interpretata, la norma risulta in contrasto con il disposto 
dell'art. 
36, comma primo, della Costituzione. ,,. 
L'indennit� di anzianit�, ad avviso della Corte (citata sentenza 

n. 75 del 1968), � riveste carattere retrib~tivo, costituendo parte del 
compenso dovuto rpel lavoro prestato �. 
Data la sua portata complementare nei -confronti della retribu


zione in senso stretto, deve riconosce11si ad essa la tutela costituzio


nale propria di quest'ultima: ed in particolare, il relativo diritto di


scende dai principi consacrati nell'art. 36 della Costituzione e si in


forma ad essi. 

Nella specie, escludendo implicitamente l'art. 2120, comma primo, 

che il diritto all'indennit� spetti al lavoratore che abbia una anzianit� 

di servizio inferiore all,..anno, il legislatore viene a negare al lavora


tore un diritto che costi!uzionalmente gli � assicurato. 

Il criterio iper cui in dipendenza della durata (annale o superiore 
all'anno, ovvero inferiore all"anno) del servizio, il rLpetuto diritto 
spetta o meno al lavoratore, non � qui valutato direttamente e in rifet 
$ 
rimento al principio di eguaglianza, sibbene per la conseguenza della 


i 

sua applicazione e cio� per il fatto che, in c�aso di servizio di durata 
inferiore all'anno, al lavoratore non compete l'indennit�. 
Non pu� venire, cos�, in considerazione la ragione che avr� deter


I 

minato il legislatore a ricollegare a�l detto limite di tempo un trattamento 
differenziato; e �Senza, per altro, doversi escludere a priori che 
la previsione di un periodo minimo di servizio possa apparire razionalmente 
giustificata. 


I 

Rileva qui in modo obiettivo la violazione del principio di pro


I 

porzionalit� quantitativa che l'art. 36 pone inderogabilmente a disciplina 
del rapporto tra retribuzione e prestazione di <lavoro, e di conseguenza 
� illegittima costituzionalmente la norma denunziata nella parte 
in cui esclude che l'indennit� di anzianit� spetti al prestatore di 
lavoro il quale abbia prestato servizio per un periodo di tempo inferiore 
all'anno. -(Omissis). 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1331 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 dieembre 1971, n. 205 -Pres. Fragali 
-Rei. Oggioni -Iannuzzi (n.c.) e Presidente Consig.Uo dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Procedjmento penale -Impedimento materiale alla difesa -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost.. art. 24; c.p.p. art. 88). 

Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, ia questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 88 c.p.p., che comente ia prosecuzione 
del giudizio ne.i confronti deU'imputato capace di intendere e di 
-dolere, che si trovi neiia impossibitit� mat~ie di esprimersi a propria 
difesa (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

L'autodifesa, mediante risposte aU'interrogatorio, discolpe e dichiarazioni 
in genere, � certamente diritto primario dell'imputato, garantito 
dalla Cost'ituzione, immanente a tutto l'iter .processuale, dalla 
fase istruttoria a quella di �giudizio (artt. 367, 441, 443 c.p.p.) sino al 
momento di chiusura del dibattimento, in cui �l'imputato deve avere 
per ultimo la parola � (art. 468 c.rp.p.). 

L'art. 88 c.p.p. risponde alla fina.Ut� di mantenere intatto l'esercizio 
di quel diritto e di evitarne la compromissione n�l caso in cui 
l'imputato venga a trovarsi � in tale stato di infermit� di mente (sopravvenuta) 
da escludere totalmente la sua capacit� di intendere o 
di volere �. Da qui, anzitutto, la sospensione del procedimento, fino a 
quando l'imputato riacquisti la capacit� (comma terzo) e, iI).sieme, 
l'avvio ad accertamenti peritali, con eventuale internamento dell'imputato 
in manicomio (comma primo). 

Trattasi, pertanto, di norma che trova, nei suoi presupposti e nel 
contenuto, autonoma, razionale e compiuta .giustificazione. 

L'ordinanza di �rinvio, muovendo dall'accertamento di presupposto 

diverso, escludente .una infermit� della natura e del grado previsti 

nell'indicato art. 88, :Prospetta, come si � detto, il dubbio di incosti


tuzionalit� rpel fatto dell'omessa previsione, nel contesto dell'articolo 

stesso, di altra ipotesi, di natura diversa (fisica, non mentale) ma di 

uguale effetto, come quello derivante dal blocco emotivo dei mezzi 

verbali di espressione del pensiero. 

Ma la Corte osserva che la �Cennata autonomia dell'art. 88 esclude 

che possano in esso ravvisarsi lacune di normativa che ne vizino il 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza 22 ottobre 1970 della 
Corte di Assise di Torino (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1970, n. 324). 

1332 

RAS.SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contenuto, con effetti pregiudizievoli nell'esercizio del diritto di difesa 
personale o cosiddetta e materiale �. 

'La sospensione del rprocedimento, nell'ipotesi di cui all'art. 88, 
non costituisce l'unico mezzo di tutela �di tale diritto, al di fue>ri del 
quale ogni altra esigenza tutelatrice non possa che essere sacrificata 
per mancata previsione di mezzi idonei relativi ad altre situazioni. 

Sono, infatti, :previsti, come provvedimenti contingenti, da adottarsi 
in 'caso di necessit�, sia la � sospensione� del dibattimento (articolo 
431 c.p.p.) sia il �rinvio � del dibattimento a tempo indeterminato 
(art. 432 c.ip.rp.). 

� poi ulteriormente prevista, anche nel caso di solo mutismo, 
l'adozione di provvedimenti succedanei, atti-a supplire alla fisica impossibilit� 
o difficolt� di espressione (art. 143 c.rp.p.). � 

In definitiva, il diritto di difesa :personale trova le sue sufficienti 
garanzie nel sistema del diritto positivo, senza che ne risulti in alcun 
modo intaccata la legittimit� dell'art. 88 c.p.:p. -(0mi8'sis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 206 -Pres. Fragali 
-Rel. Capalozza -Moesch (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gein. dello Stato Azzariti). 

Procedimento penale -Partecipazione delle. parti danneggiat'e non 

qualificate -Violazione dei principi di difesa e di eguaglianza 


Esclusione. 

(Cost., artt. 24, 3; c.p.p. artt. 408, 422, 306, 185). 

Non sono fondate, sia con riferimento al diritto di difesa che a 
quello di eguaglianza, le -questioni di legittimitd costituzionale degli 
Mtt. 408, 422, 306 e 185 c.p.p., che escludono la necessaria citazione in 
giudizio o all'assistenza di atti istruttori la persona danneggiata dal 
reato che non rivesta alcuna delle qualifiche, indicate nell'art. 408 
dello stiesso codice (1). 

(Omissis). -1. .,. Le due ordinanze (del pretore di Napoli e del 
tribunale di Milano), rpur non avendo lo stesso oggetto, sollevano que


(1) La questione � stata introdotta con ordinanze 21 gennaio 1970 del 
pretore di Napoli e 14 gennaio 1970 del Tribunale di Milano (Gazzetta 
Ufficiale 1� aprile 1970, n. 82). 
. 


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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1333 

stioni che attengono alle guarentigie processuali del danneggiato da 
reato, che non sia costituito parte civile o non sia persona offesa o 
querelante o denunziante; e, rispettivamente, a quelle della persona 
offesa, nella fase istruttoria: i giudizi .possono, quindi, essere riuniti e 
definiti con unica sentenza. 

2. -La questione proposta dal pretore di Napoli concerne gli articoli 
408 e 422 (in relazione all'art. 412) c.p..p., che si assumono illegittimi 
in quanto non richiedono, a pena di nullit� assoluta, la citazione 
in dibattimento del dannegiato che non rivesta alcuna delle 
qualifiche indicate nelFart. 408. 
Nei termini in cui � stata prospettata, la censura non ha fondamento. 


L'art. 185 c.p. statuisce che ogni reato .che abbia cagionato un 
danno patrimoniale o. non patrimoniafo obbliga -oltrech� alle restituzioni 
-anche al risarcimento a carko del colpevole e delle persone 
che, a norma delle leggi civili, debbano rispondere per il fatto di lui. 
� da osservare, per�, che trattasi di norma di diritto sostanziale, alla 
quale� non fa riscontro, nel codice di .rito, una coincidente normativa 
processuale: e ci� alla �stregua delle esi�genze di conceintrazione e 
di speditezza del .processo penale, che sarebbe gravemente appesantito 
dalla moltiplicazione delle parti civili. E, altres�, alla stregua dello 
stesso carattere di supremazia -per la sua funzione pubblicistica di 
tale processo, gi� affermata da questa Corte (da ultimo, nella sentenza 
n. 190.del 1971), che ha indotto il legislatore a non richiedere, 
a pena di nullit�, la difficile ricerca individuale di eventuali danneggiati 
(per i quali il pregiudizio pu� anche non essere di carattere patrimoniale: 
art. 185, secondo comma, c.ip. e art. 2059 e.e.) e a limitare 
l'obbUgo della citazione al dibattimento per l'offeso, per il querelante, 
;per il denunziante e, tra i danneggiati, per quelli che si siano 
costituiti parte civile (art. 408, secondo comma, c.p.�p.). 

Che l'art. 22 c.p.p. attribuisca ad og,:ni danneggiato la facolt� di 
costituirsi parte civile, non significa che chi non siasi avvalso di tale 
facolt� acquisisca quei diritti che gli sarebbero �riconosciuti se gli 
competesse, a seguito della costituzione, il ruolo di pacrte (o se si trattasse 
di chi, quale querelante o denunziante, abbia dato avv�o al pro-


Le sentenze n. 132 e n. 136 del 1968 sono riportate in questa � Rasse


gna � 1968, 910 e 920. 

A seguito della sentenza n. 132 del 1968 � stata' emanata la legge 

5 dicembre 1969, n. 932 recante modificazione al codice di procedura pe


nale in merito alle .indagini preliminari, al diritto di difesa, all'avviso di 

procedimento ed alla nomina del difensore. 

/ 



1334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cesso, o di chi, quale direttamente offeso dal reato, sia un contraddit


tore dell'imputato). 

Giustificata cosi la diversit� di trattamento, � da escludersi la vio


lazione dell'art. 3 della Costituzione. 

La scelta legislativa ha una sua coerenza, perch� � indubitabile 

che, nell'economia del processo ipenale e per il ra,ggiungimento degli 

scopi di questo, ben diversa � l'importanza dell'offeso dal reato, del 

querelante o del denunziante, e quella del semplice civilmente dan


neggtato: l'offeso dal reato, il querelante e il denunziainte sono nor


malmente in grado di offrire un contributo all'accertamento della ve


rit� dei fatti e al convincimento del giudi<:e; H semplice danneggiato 

lamenta il pregiudizio che ha sofferto e ne rivendica il ristoro, al di 

fuori della dialettica del processo. 

N� il sistema prescelto viola l'art. 24 Cost.: non il primo comma, 

pe:reh� a nessuno che abbia sofferto un danno (diretto e immediato) 

dal reato, � sottratto il diritto di far valere le proprie ragioni nel pro


cesso penale (vigilantibus iura succurrunt); non il �comma successivo, 

perch� la costituzione di parte civile consente sia la difesa svolta per


sonalmente, sia la difesa tecnica. Per di pi�, l'efficacia riflessa del giu


dicato penale abilita il danneggiato ad avvalersi, a proprio vantaggio, 

del dictum giudiziario (a meno che sia risultato che il fatto non sus


siste o che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto fu commesso 

nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facolt� legit


tima, ovvero �che non � sufficiente la prova che il fatto sussista o che 

l'imputato l'abbia commesso: art. 25 c.p.ip.; v�edi anche art. 27, primo 

comma, stesso codice). 

Non � che il sistema sia _,perfetto (ad alcuni inconvenienti, per altra 
via, questa Corte ha gi� ovviato : sentenza n. 55 del 1971), ma ci� 
� conseguenza della compenetrazione dell'azione civile nel processo 
� penale, adottata dalla nostra legislazione, e della stessa funzione subordinata 
e sussidiaria, nel rapporto processuale penale, attribuita alla 

parte civile. 

3. -Dalla 'premessa che i danneg�gfati, non altrimenti qualificati, 
non rientrano di per s� nella nozione di parte privata (se non dopo 
che siansi costituiti parte civile) discende che non pu� imporsi al 
giudice l'individuazione di -ciascuno di �essi, come non pu� imporglisi 
(tanto meno a pena di nullit�) di disporne la citazione in giudizio. 
4. -Per le stesse ragioni, non � essenziale al processo l'avviso di 
procedimento a tutti i danneggiati: soddisfa alle esigenze volute dall'art. 
8 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, sostitutivo dell'art. 304 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZioNALE E INTERNAZIONALE 1335 

c.p.p., e non contrasta con i precetti costituzionali, la notificazione effettuata 
ai �soli danneggiati cogniti: e tutti eoloro che possonoo assumere 
la qualit� di parte privata � (art. 8, secondo eomma, legge su 
citata) sono quelli, e soltanto quelli, che tali risultano allo stato degli 
atti o che successivflmente vengono a risultare. 

5. -Quanto al dubbio di costituzionalit� degli artt. 306 e 185 
c.p..p., avanzato dal tribunale di Milano, per eventuale contrasto con 
l'art. 24, primo e secondo 1comma, della Costituzione, � da premettere 
che l'art. 306 conferisce all.a persona offesa anche non 1costituita parte 
civile delle limitate faeolt�, nel corsff dell'istruzione, dirette all'accertamento 
della verit�, senza altri diritti nel procedimento; e, altresi, 
che il denunziato art. 185 �c.p.ip. non concerne la ;parte civile, bensl 
riguarda 'le nullit� attinenti alla capacit� del giudice, all'iniziativa e 
all'intervento del pubbliieo ministero e all'intervento, assistenza e .rappresentanza 
dell'imputato. 
D'altronde, questa Corte, con sua sentenza n. 136 del 1968, dichiarando 
infondata la questione relativa alla .non impugnabilit� della 
costituzione di parte civile in sede di istruttoria sommaria, ha gi� accolto 
il principio che il contraddittorio tra imputato e parti civile non 
si instaura nella fase istruttoria, bensi nel dibattimento (artt. 98, 99 
e 100 c.ip.p.). 

Prineipio non smentito dalla diversa diisciiplina statuit~ per l'istruzione 
formale dall'art. 97 c.p.ip., che prevede la opposizione del pubblico 
ministero o dell'imputato alla costituzione di parte civile e la 
,relativa decisione del giudice istruttore, dappoich�, per il sesto comma 
dello stesso art. 97, la costituzione di parte civile pu� venire esclusa, 
pur se prima -durante l'istruzione -era stata ammessa; e, per l'articolo 
99 c..p.p., � la costituzione di parte civile pu� essere dichiarata 
inammissibile dal giud~ce anche d'ufficio con ordinanza in qualsiasi 
stato del procedimento di primo �grado, prima dell'inizio della discussione 
finale �nel �dibattimento � (eceezion~ alla cosiddetta immanenza 
della .parte civile). 

N� disdice' al criterio della .provvisoriet� deJla costituzione di 
parte civile (sino alle soglie della discussione finale di primo grado) 
la superstite validit� degli atti dell'istruzione e "del giudizio, se in qualunque 
stato e grado ,del procedimento detta costituzione venga dichiarata 
nulla (art. 100, terzo comma, c.p.p.), essendo tale validit� 
conforme alla natura del processo penale, �Che esige la utilizzazione 
degli elementi acquisiti al processo ai fini del soddisfacimento della 
pretesa punitiva, che � relativamente autonoma rispetto alla rpretesa 
risarcitoria (e �restitutoria), siccome .emerge dal disposto dell'art. 100, 
secondo �comma, c.p.p. -(OmissiS). 

7 


1336 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 207 -Pres. Fragali 
-Rel. De Marco -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, 
Virga) c, Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello 
Stato Savarese). 

Sicilia -Potest� tributaria -Esclusione dell'imposta di R. M. per i can


tieri edili -Disapplicazione dei relativi decreti regionali -Potere 

non spettante allo Stato. 

(St. Reg. Sic. artt. 20, 36; d.P.Reg. 4 giugno 1954, n. 2). 

Nan spetta allo Stato disapplicare direttamente i decreti regionali 
di esenziane �Lla imposta di R. M. riguardante imprese edili, 
emanati dal Presidente e dagti assessori delta Regioine sieri.liana (1). 

(Omissis). -Col primo motivo di ricorso si prQS1Petta a:pipunto il 

problema di accertare se allo Stato -e per esso al Ministero delle 

finanze -incombesse 'addidttura l'obbligo, come assume l'Avvocatura 

generale dello Stato, o, quanto meno, la potest� di disapplicare i de


creti regionali oggetto delia impugnata circolare. 

L'obbligo discenderebbe dalla sentenza della Cassazione a sezioni 

unite 21 settembre 1970, n. 1640 pronunziata sui ricorsi del Ministero 

delle finanze contro Semilia e da Semilia contro il Ministero delle 

finanze. 

Con questa sentenza, infatti, sono stati dichiarati illegittimi il 

decreto del P�residente della Regione siciliana 4 giugno 1954, n. 2, 

nonch� i decreti di esenzione emessi in esecuzione di esso nei con


fronti del Semilia ed � stato affermato l'obbligo degli uffici statali, che 

provvedono all'accertamento dei tributi erariali spettanti alla Re


gione siciliana, di controlla.re la legittimit� dei decreti di esenzione 

da questa emanati, disapplicandoli ove ne ritengano l'illegittimit�. 

Come esattamente oppone il patrocinio della Regione questa sen


tenza fa stato soltanto fra le parti nei confronti delle quali � stata pro


nunciata (� da notare che la Regione non era fra tali parti) e limita


tamente al caso deciso. 

Che, entro questi limiti, il Ministero delle finanze avesse l'obbligo 

di conformarsi a tale sentenza non vi � dubbio, dato il disposto del 

secondo comma dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, All. E, cui dopo 

l'istituzione della �giurisdizione amministrativa, fa riscontro l'a'l"t. 27, 

n. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. 
(1) Sulla legittimit� costituzionale del sistema legislativo della Regione 
siciliana per incentivaTe le iniziative industriali nell'Isola cfr. Corte 
Cost. 9 dicembre 1963, n. 167; 6 ,giugno 1965, n. 63; 23 novembre 1967, 
n. 122. � 
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PARTE I, SEZ. I,. GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1337 

Neppure � dubbio che il Ministero delle finanze potesse e possa 
adottare l'interipretazione dell'art. 7 della legge regionale n. 61 del 
1953 e dell'art. 1 della legge regionale n. 51 del 1957, in base alla 
quale la Corte di cassazione � pervenuta alla decisione sopra riportata, 
adeguando ad essa il proprio operato. 

Ma da ici� non discende che si possa estendere senz'altro erga omnes 
la efficacia cogente di quella sentenza e, soprattutto, a disapplicare 
direttamente tutti i decreti regionali di esenzione dalla imposta 
di ricchezza mobile rigua'1'danti imprese edili. 

Come �chiaramente risulta dal suo testo, l'art. 5 della legge 20 
marzo 1865, Ali. E, ipone in essere soltanto un correttivo di quanto 
disposto dal secondo comma del precedente art. 4; dal complesso di 
questi articoli, infatti, scaturisce il seguente sistema. 

L'autorit� giudiziaria, di fronte ad un atto amministrativo lesivo 
di un didtto deve limital"si a conoscere degli effetti dell'atto stesso, in 
relazione all'og.getto del giudizio, ma l'atto amministrativo non potr� 
essere revocato o modificato se non sopra rico;rso alle competenti autorit� 
amministrative, le quali hanno l'obbUgo di conformal"Si al giudicato 
dei tribunali, in quanto riguarda il caso deciso. 

Comunque, le autorit� .giudiziarie -e, come si vedr�, esse soltanto 
-possono applicare gli atti amministrativi ed i regolamenti 
gene.rali e locali, solo in quanto siano �onformi ane leggi, ossia debbono 
disapplicarli, se li riconoscono illegittimi. 

Questo sistema �, poi, �stato completato con l'istituzione della 

giurisdizione amministrativa, alla quale � attribuita non soltanto la 

potest� di annullare gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e 

locali triconosciuti illegittimi, ma, nei residui casi; nei quali ha com


~etenza di merito, anche quella di revoc�arli o modificarli. 

� molto significativo, al rigual."do, che, fra i ca�si di competenza 

di merito, vi � tra l'altro quello contemplato dall'art. 27, n. 4 del t.u. 

n. 1054 del 1924, sopra citato, riguardante i ricorsi diretti ad ottenere 
l'adempimento dell'obbUgo dell'autorit� amministrativa di conformal"Si, 
in quanto riguarda il caso decisoo, al -giurucato che abbia riconosciuto 
la lesione di un diritto civile o politico. 
Deve, inoltre, tenersi presente che, in forza dell'ia'1't. 6 della leg-ge 
comunale e proviniciale, del quale � stato riconosciuto il carattere generale 
e l'applicabilit� anche agli atti amministrativi delle l."egioni a 
statuto speciale (v. �sentenze di questa Corte n. 24 del 1957 e nn. 23 e 
58 del 1959) il Governo dello Stato ha la potest� di annullare di ufficio, 
per �gravi ra�gioni di interesse ;pubblico, gli atti amministrativi 
sia emanati da ol."gani dello Stato, sia da Enti pubblici autonomi territoriali 
o istituzionali, che siano riconosciuti illegittimi. 

Occorre, infine, ricordare che nell'eserc~zio della cosiddetta autotutela, 
tutte le autorit� amministrative hanno il potere~dovere di an



1338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nullare i propri atti che riconoscono illegittimi e d1 revocare quelli 
che riconoscono non pi� opportuni o convenienti. 

Di fronte a questo sistema, anche in applicazione del prinClfPlO 
di interesse pubblico di assicurare la stabilit� e 1'a certezza degli atti 
amministrativi, che abbiano acquisita la definitivit�, la potest� di disapplicare 
gli atti amministrativi � ammissibile soltanto aHorch� l'ordinamento 
non preveda altri mezzi per rimuoverli. 

Passando al �caso �Concreto, il Ministero delle finanze dopo aver 
data piena esecuzione alle pronunzie della cassazione, com"era suo obbligo, 
nel caso Semilia, ove, condividendo e adottando la interpretazione 
delle leggi regionali n. 61 del 1953 e n. 51 del 1957, avesse voluto 
estendere erga omnes la disapplicazione del decreto del Presidente 
della Regione siciliana n. 2 del 1954, conseguente a quella interpretazione, 
aveva la possibilit� di promuovere l'annullamento d'ufficio, in 
forza dell'art. 6 della legge comunale e provinciale, dato che non ha 
nei confronti degli or.gani della Regione poteri di supremazione tali 
da consentirgli l'annullamento diretto. 

N� pu� opporsi a questo riguardo, che questa Corte, con sentenza 
n. 167 del 1963, ha dichiarato inammissibile il <ricorso proposto 
avverso il decreto del Presidente della Regione sicHiana 4 maggio 1954, 

n. 2, dato �che nel caso cosi deciso quel decreto era stato impugnato 
in via diretta e non in sede di conflitto di attribuzione, nel falso presupposto 
che avesse il carattere di decreto legislativo. 
3. -Le considerazioni che precedono dimostrano che il Ministero 
delle finanze non aveva la potest� di disappUcare, come ha fatto con 
la impugnata circolare, i decreti assessoriali di concessione alle imprese 
edili della esenzione decennale dell'imposta di ricchezza mobile, 
cosicch� il ricorso della Regione dev'essere accolto senza che occorra 
pa�ssare all'esame del secondo motivo. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 208 -Pres. Fragali 
-Rei. Crisafulli -Presidente Regione Trentino-Alto Adige (avv. 
Guarino) c. Presidente Consiglio dei Mini�stri (Sost. avv. gen. dello 
Stato Savarese). 

Trentino-Alto Adige -Legge statale recante norme sulla protezione 
civile -Invasione della competenza regionale -Esclusione. 
(St. Reg. Trentino-Alto Adige artt. 4 n. 8, 5 n. 2, 11 n. 14, 13; 1. 8 dicembre 
1970, n. 996). 

Non sono fondate Le questioni di legittimit� costituziona;le soUevate 
dalla Regioine Trentino-Atto Adige nei confronti della legge st~



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1339 

tale 8 dicembre 1970, n. 996 recante norme sul soccOTso e l'assiAJtenza 
alle popolazioni colpite da calamit� naturali e su.Ua protezione ci


vile (1). . 

(Omissis). -Le questioni non sono fondate. 
� evidente, in primo luogo, che il riferimento del ricorso all'art. 5, 


n. 2, dello Statuto � fuori proposito: la le~ge impugnata non incide 
affatto sulle attribuzioni spettanti alle Regione in oo:dine alle � istituzioni 
pubbliche di assistenza e beneficenza �, le quali sono e rimangono 
comunque sottoposte -ove esista -alla disciplina legislativa 
regionale, ed in mancanza alla preesistente legislazione statale, come 
pure all'esercizio dei poteri dall'una o dall'altra, secondo i casi, legittimamente 
demandati nei loro confronti all'amministrazione regionale, 
e potranno e dovranno, nei limiti dei rispettivi scopi istituzionali, concorrere 
anch'esse all'assistenza alle popolazioni co]Jpite da cafamit� naturali 
secondo i ipiani e programmi predisposti (come prevede, infatti, 
l'art. 7, sul quale si torner� in �prosieguo). 
Ma � altres� da escludere (e .gi� discende, sostanzialmente, da 
quanto si � premesso al punto 1 in ordine alla sfera di applicazione 
della legge n. 996 del 1970) che sussista lesione delle competenze della 
Regione e delle Provincie nelle materie, rispettivamente, dei servizi 
antincendi e delle oipere di pronto soccorso per calamit� :pubbliche: 
sempre che e fino a quando si tratti di eventi che, iper la loro localizzazione 
e minor gl"avit�, si esauriscano nel territorio regionale. 

Come questa Corte ha avuto occasione di affermare, pronunciandosi 
con la sentenza n. 50 del 1968 sopra un conflitto di attribuzione 
che involgeva questioni in parte anafoghe, dette competenze hanno, 
infatti, carattere settoriale ed oggetti limitati, esplicandosi su piani 
distinti e diversi da quello della protezione civile, intesa come predisposizione 
ed attuazione di .un complesso globale di interventi e proivvidenze 
di soccorso alle popolazioni colpite da calamit� naturali o 
catastrofi. 

I servizi antincendi, in iparticola\l."e, sono essenzialmente e primariamente 
rivolti -come risulta .dalla stessa loro denominazione alla 
prevenzione ed estinzione, appunto, degli incendi, anche se per 
costante tradizione, si estendono altresi all'apporto � di soccorsi tecnici 
in genere � in occasione di eventi calamitosi di altra natura, e sempre 
comunque limitatamente � ai compiti di carattere strettamente urgente., 
per far posto in un secondo momento agli �organi tecnici competenti 
� (cosi come testualmente e correttamente dispone l'art. 27, 

(1) La sentenza n. 50 del 1968, pi� volte richiamata in motivazione, 
� riportata in questa Rassegna 1968, 368. 

1340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ultimo comma, della legge reg. 20 agosto 1954, n. 24, in precedenza 
ricordata, nel testo modificato dalle successive leggi reg. 12 luglio 1961, 

n. 4, e 22 gennaio 1962, n. 7, invocato nel presente giudizio dalla 
difesa della Regione). 
� certo poi che fa legge n. 996 non incide affatto sulla or.ganizzazione 
dei vigili del fuoco dettata dalla competente legislazione regionale, 
il rispetto della quale �, oltre tutto, anche formalmente consacrato 
nel gi� �citato ultimo comma dell'art. 2; ed � altrettanto certo 
che le previsioni dell'art. 6, concernenti .l'impiega del corpo nazionale 
vi.gili del fuoco, �presuppongono, �come d'altronde l'intera legge 
secondo si � detto all'inizio, il verificarsi di grandi calamit� nazionali, 
cui deve sopperire l'intervento dello Stato e non implicano perci� 
-fuori di questa ipotesi -alci,ma illegittima sov�rapposizione di organismi 
stataili ai corpi �provinciali esistenti ed operanti nella Regione 
alla stregua degli ordinamenti �da questa stabiliti e alle dipendenze 
degli organi regionali e provinciali a ci� destinati. 

Quanto, infine, alle opere di .pronto soccorso per pubbliche calamit�, 
non pu� non �essere qui ribadito quel che .la .Corte ebbe a ritenere 
nella menzionata sentenza n. 50 .. del 1968, vaiJ.e a dire che la 
parola �opere. va assunta nel significato tecnico, tradizionalmente 
proprio della espressione � opere pubbliche � (si tratta, invero, di una 
sottospecie di opere pubbliche caratterizzate da iparticolari preswpposti 
e particolari finalit�) e che tale significato � non �PU� essere dilatato 
fino a comprendere tutte .ie attivit� occorrenti :per far fronte alla 
calamit��. 

Le due materie, dunque, dei servizi antincendi e delle opere di 
pronto soccorso per �Calamit� naturali non sono suscettibili di identificarsi 
con quella �che � ora disciplinata dalla legge n. 99�6 del 1970, pur 
potendo, sotto certi aspetti, con quest'ultima interferire. 

3. -Ma, anche se cosi non fosse, resterebbe pur sempre la diversit� 
quantitativa (che, al limite, diventa qualitativa) tra le grandi cailamit�, 
che formano oggetto della legge de qua, e le calamit� aventi 
dimensioni locali. 
Come la stessa difesa della Regione finisce per riconoscere, in presenza 
di calamit� che abbiano malauguratamente ad assumere pi� 
vaste proporzioni, direttamente o indirettamente �coinvolgendo la collettivit� 
nazionale, l'esigenza di assicurare -nel corso della fase operativa, 
successivamente, cio�, al verificarsi dellJ.'evento -effettiva 
unit� di indirizzo e di azione non pu� non prevalere -legittimamente 
-su ogni altra considerazione, pur se rispettabile. In presenza 
di catastrofi che commuovono la pubblica opinione, anche internazionale, 
reclamando la massima concentrazione di energie umane e di 
mezzi materiali, ivi �compresi quelli di cui soltanto lo Stato � in grad� 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1341 

di disporre, non vi � ipi� luogo a sottili dosaggi di �pateri ed a complicazioni 
di procedure, che potrebbero ritardare, se non addirittura compromettere, 
la tempestivit� e l'efficacia del soccorso, cui tutti devono 
animosamente eooperare, nell'adempimento di quei �doveri inderogabili 
di solidariet�... sociale � che l'art. 2 della Costituzione ha solennemente 
posto a base dell'ordinamento vigente e che non concernono i 
soli individui, ma incombono del pari sui gruppi organizzati e gli enti 
di qualsiasi specie. 

Non �sono pel'lci� meritevoli di censura le di�sposizioni dell"art. 5, 
che, mentre includono le Regioni tra i soggetti abilitati a richiedere 
la diehiarazione di pubblica calamit� e prevedono che la nomina del 
Commissario possa cadere anche su amministratori �regionali, non subol'ldinano 
per� la dichiarazione medesima e la nomina del Commissario 
a previa intesa con la Regione ricorrente. 

N� ipu� ravvisarsi violazione dell'autonomia regionale nelia norma 
del quarto comma dello stesso art. 5, a termini della quale il Commissario, 
rlel dirigere i servizi di soccorso, si avvale �della collaborazione 
degli organi regionali (e degli enti locali -interessati): giacch� 
i rapporti di dipendenza che, durante l'opera di soccorso, possono costituirsi 
tra l'organo 'Statale cui ne spetta la responsabilit� e .gli organi 
regionali chiamati ad intervenire, oltre ad essere strettamente limitati 
nel tempo, hanno carattere :llunzionale e sono comunque largamente 
giustificati dalle preminenti esigenze unitarie poc'anzi accennate. 

Deve .soggiungersi che, entro i limiti consentiti da tali esigenze, 
la stessa legge impugnata ha tenuto conto, specie (ma non soltanto) 
per quanto eoncerne la fase preventiva della organizzazione e programmazione 
degli interventi, della nuova realt� regionale. Cosi, l'articolo 
7 stabilisce che in ogni �caipoluogo di regione sia istituito un 
Comitato regionale per la protezione civile, presieduto dal Presidente 
della Giunta o da un �suo delegato, con il compito -tra l'altro -di 
predisporre � programmi intesi a dare... il contributo della Regione 
e degli enti locali ai ;soccorsi alle popolazioni colpite e a fornire, in 
particolare, ogni utile aipporto per quanto concerne �l'assistenza generica, 
sanitaria ed ospedaliera �e per il rapido ripristino della viabilit�, 
degli acquedotti e delle altl'le oipere pubbliche d'interesse regionale �. 
E pi� in generale, poi, dal combinato disposto del medesimo art. 7 
e del terzo comma dell'art. 3 ai Comitati regionali per la protezione 
civile risultano conferiti compiti rilevanti di studio e programmazione, 
� sulla base anche delle indicazioni e delle proposte formulate 
dalla regione �, in ordine alle misure di prevenzione dellie calamit� 
naturali, ai �piani di emergenza per l'attuazione dei provvedimenti 
immediati da assumersi al verificarsi dell'�evento., e alla predisposizione 
degli interventi governativi da adottare durante �e dopo lo stato 
di emergenza. -(Omissis). 


1342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 209 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Reale -Valentini (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mini-
stri (Sost. avv. �gen. dello Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Rito direttissimo -Scelta del P. M. -Ille~ittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 24; c.p.p. art. 502. comma primo). 

Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguagiianza che 
a queito di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 502, 
primo comma, c.p.p. che attribuisce al P. M. il potere di scelta del rito 
direttissimo (1). 

(Omissis). -2. -Le questioni non �sono fondate. 
L'art. 502, primo comma, c.p.p., nella iparte in cui attdbuisce al 


P. M. la potest� discrezionale di adire il tribunale, nei casi indicati, 
per il �giudizio direttissimo a carico dell'imputato in istato di arresto, 
non diverge dalle linee fondamentali del sistema positivo. Nella detta 
norma ha espressione, infatti, il principio che, riconoscendo al P. M. 
la titolarit� dell'azione p�na1e in or.dine ai reati di competenza del 
tribunale, gli conferisce la necessaria legittimazione a promuovere il 
procedimento penaie, nei modi che egli ritenga rispondenti alla leg.ge 
ed agli interessi della giustizia. E non � dubbio che la scelta circa le 
modalit� di esercizio dell'azione penale rientri nel potere istituzionale 
dell'organo requirente e ne determini l'ambito di discrezionalit�, in 
necessaria correlazione, peraltro, col dovere di osservare la legge, in 
riferimento alle condizioni che questa specificamente stabilisca, nonch� 
al principio generale della rcongruenza dello strumento .processuafo 
prescelto, rispetto al fine pratico della persecuzione .penale. E all'osservanza 
della leg.ge da parte del P. M. � preordinato il sindacato del 
giudice di cui alle osservazioni che seguono. 
Va rilevato, inoltre, che la stessa discrezionalit� inerente all'esercizio 
del potere-dovere di richiedere il giudizio direttissimo � preveduta 
nella recente legge 7 novembre 1969, n. 780, la quale, nell'apportare 
modificazioni all'art. 389 c.p.;p., concernente i casi in cui si 
deve proceder.e con istruzione sommaria, fa salva appunto la possibilit� 
che, ad iniziativa del P. M., si instauri il giudizio predetto. 

(1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 30 novembre 1970 del 
Tribunale 
di Torino (Gazzetta Ufficiale 17 febbraio 1971, n. 42). 
Sul giudizio direttissimo cfr. Corte Cost. 8 luglio 1970, n. 92, in questa 

�Rassegna� 1967, 514. 
Sul giudizio direttissimo preveduto dalla legge sulla stampa 8 febbraio 
1948, n. 47 cfr. pure Corte Cost. 26 giugno 1970, n. 109, in questa 

� Rassegna ., 1970, 723. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1343 

Alla stregua di tali considerazioni non pu� ritenersi che sussista 
la asserita violazione dell'art. 3 della Costituzione, in riferimento ali'eventualit� 
che soggetti div�ersi possano subire, in linea di fatto, diseguale 
trattamento. 

3. -� E nemmeno � fondata la questione in �riferimento alla garanzia 
del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.). 
Come � noto, questa Corte, pronunziando con sentenza numero 
117/1968 la incostituzionalit� d�ll'art. 389, terzo comma, c.p.p., nel 
testo anteriore alla riforma introdotta con la sopra �ricordata legge 7 
novembre 1969, n. 780, ebbe ad affermarne il contrasto con l'art. 25, 
primo comma, Cost., nel'la parte in cui lasciava lo' stesso P. M. arbitro 
della scelta del rito istruttorio, a seguito di ritenuta evidenza della 
prova, con la conseguenza che ne potesse derivare compressione delle 
competenze del giudice istruttore. Analoga decisione (sent. n. 40/1971) 
fu adottata a!J.tresi nell'ipotesi prevista dal secondo comma dello stesso 
art. 389, nella parte in cui rimetteva all'aipprezzamento insindacabile 
del procuratore della Repubblica la necessit� di ulteriori atti istruttori 
nel caso di con:llessione dell'imputato. 

Infine, con altra sentenza n. 123n971, dgua1dante la disciplina 
dell'istruttoria suppletiva (art. 370 c.p.p.), � stato riaffermato che le 
iniziative del P. M. devono ritenersi, nel sistema processuale penale, 
normalmente soggette al controllo del giudice competente in ordine 
ai fatti contestati. 

Da tali princiipi non si discosta la disciplina del .giudizio direttis


simo, per il fatto che all'organo requirente, come sopra accennato, 

sono affidate funzioni connesse alla titolarit� dell'.azione penale. 

L'esercizio deLipotere di iniziativa ai fini della instaurazione del 

rapporto processuale secondo il rito direttissimo non �, per vero, sot


tratto alla cognizione del 0giudice, al quale risulta in definitiva rimessa, 

a garanzia dell'interesse dell'imputato al giusto procedimento, la de


cisione circa la riecessit� che il procedimento stesso venga svolto col 

rito ordinario, in sostituzione di quello direttissimo. Ai sensi dell'ar


ticolo 504, secondo comma, c.p.p., spetta al tribunale verificare la am


missibilit�, nella fattispecie, del rito diretti'SSimo, e, se il giudizio ri


sulta promosso fuori delle circostanze prevedute dalJ'art. 502, disporre 

che gli atti siano trasmessi al P. M., iperch� promuova il giudizio nelle 

forme ordinarie. 

Dopo la chiusura del dibattimento, inoltre, allo stesso giudice 
� data potest� di ordinare che si proceda con istruzione formale, quando 
l'accertamento dei fatti contestati ecceda dai limiti consentiti alle 
indagini dibattimentali (art. 504, :primo comma). 
Ne deriva che, nel �sistema sopra delineato, l'esercizio del diritto 
di difesa (nei limiti compatibili con le particolari caratteristiche del 


1344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

procedimento in esame), risulta assicurato. E ci� anche perch� non 
costituisce menomazione dell'esercizio della di�fesa l'esclusione della 
fase istruttoria, legittimamente pretermessa nel .giudizio direttissimo 
come in altri procedimenti ipenali (sentenza n. 119/1965). 

4. -E nemmeno pu� ravvisarsi violazione dell'art. 24, secondo 
comma, sotto il profilo che nella disciplina vigente non � consentito 
all'imputato chiedere la sua presentazione immediata al tribunale. 
Tale disciplina appare, infatti, razionale e coerente col sistema 
del c.p.p. in vigore 1che appunto al P. M., tito'.lare dell'azione penale, 
riserva l'iniziativa del procedimento, ai sensi dell'art. 112 della Costituzione, 
e J.a scelta, salvi i controlli giurisdizionali, di quelle modalit� 
di esercizio dell"azione medesima che �si palesino congrue nei singoli 
casi. 

Al soggetto passivo dell'azione penale non � riconosciuto per contro 
analogo potere, ma gli sono assicurati i mezzi perch� l'accertamento 
penale �sia svolto con l'osservanza della legge e nel rispetto del 
diritto di difesa. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 210 -Pres. Chiarelli 
-Rel. Verzi -Abbiati (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Imposte e tasse in genere -Imposta straordinaria sul patrimonio 


Privilegio speciale sugli immobili -Opponibilit� ai successivi 

acquirenti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cast., art. 23; d.P.R. 9 maggio 1950, n. 203, art. 65). 

I 

I 

Non � fondata la questione di legittimitd costituzionale dell'articolo 
65 del t.u. sulle imposte straordinarie progressive sul patrimonio 

(d.P.R. 9 maggio 1950,' n. 203) che stabi'Usce il priv-iiegio speciale imI 
mobiiiare opponibile anche ai successivi acquirenti dei beni (1). 
(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 
Nella specie, non appare violato l'art. 23 della Costituzione secondo 
il quale nessuna prestazione patrimoniale pu� essere imposta 

(1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 23 dicembre 1969 del 
Tribunale di Varese (Gazzetta Ufficiale 4 marzo 1970, n. 57). 
Sull'art. 23 della Costituzione cfr. le sentenze della Corte Cost. 21 
gennaio 1967, n. 5, 20 febbraio 1969, n. 21, 15 aprile 1970, n. 58. 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1345 

se non in base alla Jegge, la quale, come ha affermato questa Corte, 
deve tuttavia indicare .i criteri idonei a de'limitare la discrezionalit� 
della pubblica Amministrazione per ci� che attiene al quantum ed ai 
soggetti passivi del tributo. 

� bene precisare che le �censure mosse �sia dalla ordinanza di rimessione, 
sia dalle parti .private, si riferiscono non gi� all'imposizione 
tributaria, ma alla garanzia -privilegio speciale immobiliare -per 
essa prevista dal legislatore. Questo, nel concedere detto diritto di garanzia 
avrebbe la�sciato alla pubblica Amministrazione un'ampia discrezionalit� 
nel correlativo esercizio. 

Sta di fatto per� che l'art. 65 impugnato, lungi dal conferire particolari 
poteri discrezionali a1la Finanza, non ha fatto altro che concedere 
il privilegio speciale immobiliare, rinviando implicitamente, 
per la relativa disciplina, alle norme del codice civile. 

Ed invero, in detto codice, tale privilegio � accordato dalla fogge 
in considerazione della causa del credito (che, per le obbligazioni tributarie, 
dipende dal favore per le esigenze finanziarie dello Stato) ed 
assolve una funzione di garanzia, che si concreta in un raipporto diretto 
fra il creditore e l'immobile, prescindendo da1la persona del debitore. 

La garanzia segue, iper sua natura, le sorti del credito al quale � 
legata e perdura fino a quando l'obbligazione non sia estinta o per 
adempimento o per prescrizione. I termini di q_uesta sono stabiliti, 
talvolta, per le singole imposte, dalle leggi speciali, ma, in mancanza 
di espressa disposizione -come nel caso della imiposta straordinaria 
sul patrimonio -devono ritenersi aipplicabili le norme sulla prescrizione 
ordinaria come per qualsiasi altro diritto di credito del privato. 
Con ci�, risulta dimostrata finesattezza della alfermazione che la pretesa 
del Fisco potrebbe essere fatta valere illimitatamente nel temipq. 

� contemplato altres� dal codice civile -in virt� del principio 
della solidariet� passiva nella obbligazione -il diritto che il creditore 
ha di scegliere, fra i vari immobili gravati dal .privilegio speciale, quello 
sul quale ritiene opportuno, o pi� va.ntaggioso, procedere esecutivamente 
per realizzare il suo �credito. Nella specie, poi, il camipo di scelta risulta 
circoscritto agli immobili di propriet� del contribuente alla data del 
29 marzo 1947, ed il terzo, al quale l'immobile � pervenuto,, risponde 
nei� limiti del valore del bene stesso. Rientra nell'ambito di tali scelte 
anche il potere concesso all'Intendente di finanza di rinunziare in tutto 
od in parte al privilegio speciale su un determinato immobile, contro 
prestazione di adeguata ga:rianzia riconosciuta idonea dall'Amministrazione 
ove il resto del patrimonio non costituisca sufficiente garanzia 
per la riscossione del credito erariale. 

Pertanto, anche sotto questo profilo, la censura di incostituziona


lit� risulta infondata. 


1346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

3. -Rileva infine l'ordinanza che la norma impugnata contrasta 
con il prindpio della certezza del diritto, in quanto il privilegio in 
ar�gomento non deve essere trascritto nei registri immobiliari e non � 
in alcun modo rilevabile dai privati anche perch� i :funzionari del1'
Amministrazione delle imposte non possono dare notizie al terzo acquirente 
per il preciso divieto posto dall'art. 68 del d.P.R. n. 203 
del 1950. 
Orbene, sta di fatto che per il codice civile il privilegio, di regola, 
non va trascritto, ma soltanto pu� essere dalla legge subordinato a particolari 
forme di pubblicit�. E ci� perch� non possono essere ignorate 
le disposizioni del codice civile, che concedono sugli immobili il privHegio 
speciale ai crediti dello Stato per il tributo fondiario e per altri 
tributi diretti ed .indiretti. N� pu� dirsi che dalla norma dell'art. 68 
sopra indicato derivi 'l'occultamento del privilegio speciale, perch�, 
anche a non volere tener conto �di al�tre possibilit� di assum~re legittimamente 
informazioni, anche il segreto di ufficio disposto per i funzionari 
dell'Amministrazione delle imposte, per i componenti dei collegi 
giudicanti, e per altri, non ha ragion di essere quando la notizia � 
richiesta da �coloro che �dimostrino di avere interesse a conoscerla. 

Le altre questioni sollevate in riferimento agli artt. 3, secondo 
comma, 4, 35, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, 
rimangono assorbite. -(Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 ottobre 1971, n. 2835 -Pres. 
Stella Richter -Rel. Tamburrino -P. M. Secco (conf.) -Amministrazione 
dell'Interno (avv. Stato Foligno) c. Amministrazione provinciale 
di Bologna (avvocati Conti e De Luca). 

Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato . e degli 
enti pubblici -Controlli amministrativi -Interesse legittimo del� 
l'ente controllato -Azione giudiziaria per ilrisarcimentodei danni Inammissibilit� 
-Fattispecie. 

(T.u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 42). 
La violazione da paTte dello Stato� dei limiti stabiliti dalla legge pe?� 
i controlli sugli enti pubblici non incide direttamente su un diritto soggettivo 
ma esclusivamente su un interesse legf.tt�mo esse'11.do il controllo 
sull'ente contTollatq, �quale ne sia. la natura e l'essenza., diretto a tute� 
lare immediata.mente un interesse pubblico ed inciden<Zo esso s.olo indi� 
rettamente sull'autonomia dell'ente stesso; n� � ammissibile che dopo 
la tutela amministrativa, l'e'Q-te si avvalga della tutela giudiziaria: fattispecie 
in tema di controllo sostitutivo da parte di uria. giunta pTovinciale 
amministrativa su un' AmministTazione pTovinciale (1). 

(Omissis). -Il 1 � dicembre 1944, Pier Luigi Cocchi, �applicato di 
�ruolo dipend�nte dall'Amministrazione Provinciale di Bologna, fu di


(1) Questa importantissima sentenza, in occasione della fattispecie 
esposta nella massima, �;ribadisce dei principi di grande rilevanza in perfetta 
armonia con le tesi sostenute dall'Avvocatura dello Stato sulle questioni 
agitate nella. controversia di cui si tratta: se ne ritiene pertanto 
opportuna la integrale pubblicazione. In argomento cfT. Cass., Sez. Un., 19 
maggio 1967, n. 1073 in questa Rassegna 1967, I, 958 ed ivi l'ampia nota di 
u. GIARDINI. 

1348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

chiarato dimissionario di ufficio (per assenza ingiustificata dal servizio) 
con provvedimento del Commissario prefettizio che a quell'epoca reggeva 
l'Amministrazione. Il provvedimento venne convalidato il 12 febbraio 
1948 dalla Giunta Provinciale Amministrativa di Bologna, in sede 
amministl,"ativa; ma, su reclamo del Cocchi, la stessa Giunta, in sede 
giurisdizionale, dopo una prima decisione di rigetto, annull�, con decisione 
del 25 novembre 1949, l'atto di convalida e dispose la riassunzione 
in servizio del Cocchi. Contro questa decisione, l'Amministrazione Provinciale 
di Bologna propose ricorso al Consiglio di Stato che l'accolse, 
con decisione del 24 novembre 1940, annullando il provvedimento impugnato. 


Frattanto il Cocchi aveva chiesto alla G.P.A. l'emissione del mandato 
di ufficio per i suoi emolumenti, a norma dell'art. 42 t.u. 3 marzo 
1934, n. 383, e la Giunta, prima di aver data qualsiasi comunicazione 
all'Amministrazione interessata, emise mandato a favore del Cocchi per 

L. 1.216.137, da prelevarsi sui fondi di bilancio della Provincia, mandato 
che il beneficiario immediatamente incass�. I provvedimenti, ormai 
eseguiti, vennero notificati all'Amministrazione provinciale, e questa ricorse 
in via gerarchica al Ministero dell'Interno, che non provvide. Allora 
l'Amministrazione provinciale impugn� innanzi il Consiglio di Stato 
il silenzio-rifiuto del Ministero, ma si vide negare dalla G.P.A. l'autorizzazione 
a stare in giudizio. Ricorse in via gerarchica contro tale provvedimento 
di diniego, ma neanche questa volta il Ministero .provvide, 
onde l'Amministrazione propose nuovo ricorso al Consiglio di Stato contro 
il nuovo silenzio-rifiuto. Il Consiglio di Stato, con una prima decisione, 
accolse il ricorso contro il secondo silenzio del Ministero e concesse 
l'autorizzazione a stare in giudizio; con una seconda decisione, 
accolse nel merito il ricorso e annull� tanto la deliberazione dell'omissione 
del mandato a favore del Cocchi, quanto il mandato stesso. 
A questo punto l'Amministrazione provinciale di Bologna deliber� 
di citare in giudizio innanzi il giudice ordinario il Cocchi, il Ministero 
dell'Interno e il Ricevitore eassiere provinciale, per ottenere il risarcimento 
del danno subito: l'Autorit� tutoria neg� l'autorizzazione, ed il 
Ministero, investito del ricorso gerarchico contro tale diniego, non provvide: 
l'autorizzazione a proporre il giudizio fu data dal Consiglio di 
Stato, investito del ricorso contro il silenzio-rifiuto del Ministero. Con 
atto del 17 ottobre 1961, l'Amministrazione provinciale inizi� il presente 
giudizio, citando innanzi il Tribunale di Bologna il Ministero dell'Interno 
e la Cassa di Risparmio di Bologna, quale Ricevitore-cassiere 
provinciale per ottenerne la condanna solidale al pagamento di Lire 
L216.137, quale risarcimento del danno subito. Il Ministero eccep� preliminarmente 
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e nel merito 
sostenne l'inesistenza, sotto il profilo sog~ettivo, di un atto illecito. 
La Cassa di Risparmio eccep� la mancanza di sua responsabilit� per av~~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIUIUSDIZIONE 1349 

provveduto al pagamento di un mandato formalmente valido. Il Tribunale 
adito, con sentenza 31 gennaio-14 aprile 1966, �accolse la domanda 
nei confronti dell'Amministrazione dell'Interno e la respinse nei confronti 
della Cassa di Risparmio. 

Su appello del Ministero, la Corte d'Appello di Bologna, con sentenza 
1� giugno 1968, conferm� pienamente la decisione impugnata. 

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell'Interno 
con tre motivi, illustrati da memoria. Ha resistito con controricorso 
lAmministrazione provinciale di Bologna. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il primo motivo del ricorso dell'Amministrazione dell'Interno: concerne 
la questione di giurisdizione sollevata dalla stessa Amministrazione 
fin dal primo grado del giudizio. Va ricordato che nel caso in 
esame la Giunta provinciale Amministrativa, in sede di controllo sull'Amministrazione 
'provinciale, ritenne di avvalersi del potere del controllo 
sostitutivo deferitole dall'art. 42 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, 
emettendo mandato di ufficio a favore del Cocchi dipendente dall'Amministrazione 
provinciale. Ma sia la deliberazione di emissione del mandato, 
sia �U mandato stesso furono, dopo varie vicende, annullati dal 
Consiglio di Stato in s.ede giurisdizionale per illegittimit�, che lo stesso 
Consiglio di Stato definl macroscopiche, cio� per non essere state eseguite 
le norme di legge relative alla procedura dettata i>er l'emissione 
dei mandati di ufficio da parte dell'organo di controllo: questo cio�, 
nella specie, come accert� il Consiglio di Stato, emise il mandato senza 
una previa declaratoria di obbligatoriet� della spesa e comunque autorizzi 
l'esecuzione del mandato senza attendere che fossero stati proposti 
e risolti i ricorsi dell'ente controllati o che fosse invano decorso il termine 
per la presentazione dei detti ricorsi, violando cosi l'art. 128 del 
regolamento 12 febbraio 1911, n.. 297. A seguito di siffatta pronuncia 
e poich� il mandato, poi dichiarato illegittimo, era stato riscosso dall'interessato, 
1'Amministrazione provinciale ha chiesto all'Amministrazione 
dell'Interno il risarcimento del danno derivatole dalla illegittima (anzi 
-secondo l'attrice -illeci~) attivit� di controllo. Di fronte ameccezione 
preliminare del Ministero convenuta e relativa all'assunto difetto 
di giurisdizione del giudice ordinario, la sentenza impugnata ha per contro 
affermata la detta giurisdizione. E ci� sotto duplice profilo. In primo 
luogo, da un punto di vista generale, la Corte del merito ha rilevato 
che, a differenza di quanto accade per il privato, nei rapporti tra ente 
controllato ed ente controllante, 1e norme sui controlli non costituiscono 


1350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

una tutela indiretta e non .sono inquadrabili tra le norme cosiddette di 
azione, ma disciplinano proprio i rapporti tra l'ente sottoposto a tutela 
e lo Stato e quindi hanno natura di norme di relazione, intersoggettive, 
onde esse incidono su diritti soggettivi dell'ente controllato, come diritto 
soggettivo dell'ente controllato era quello di poter esercitare i 
ricorsi previsti contro la deliberazione di emettere il mandato senza la 
previa declaratoria di obbligatoriet� della spesa 'e senza avere atteso 
l'esperimento dei ricorsi o il decorso del relativo termine importano 
non abuso del pot~re di controllo, ma mancanza addirittura del medesimo, 
che incide su un diritto azionabile avanti il giudice ordinario. 
Siffatti profili sono criticati nel primo motivo del ricorso, il primo come 
contrastante con i principi che regolano l'attivit� di controllo, i rapporti 
tra ente controllato e Stato e la posizione dell'ente controllato di 
fronte all'esplicazione di quell'attivit�; il secondo come contrastante con 
la differenziazione tra abuso del potere e mancanza radicale dello stesso. 

Le predette censure sono fondate. L'affermazione di principio della 
sentenza impugnata secondo cui sempre, quando l'ente controllato si 
pone in posizione di autonomia di fronte allo Stato, si � in presenza 
di rapporto intersoggettivo, con la conseguenza che le norme che regolano 
l'esercizio dell'attivit� di controllo sono. norme di relazione, di 
fronte alle quali vi � la posizione di diritto soggettivo azionabile avanti 
il giudice ordinario, non pu� essere condivisa perch� contrastante con 
l'essenza della funzione di controllo quale � stata determinata, oltre 
che dalla dominante dottrina, dalla costante giurisprudenza di questo 
Supremo Collegio. Prendendo in considerazione la posizione dell'ente 
pubblico sottoposto a controllo dello Stato, � ehiaro che tale controllo 
� diretto a veder.e se l'azione svolta dall'ente controllato per il raggiungimento 
dei propri fini, che sono in realt� fini pubblici, dello Stato, al 
primo delegati per motivi di dpportunit�, sia non solo legittima ma anche 
opportuna: di guisa che i controlli sono predisposti dalla legge non a 
tutela diretta degli interessi dell'ente controllato o controllante nei loro 
rispettivi rapporti (norma di relazione) ma a tutela dell'interesse pubblico 
al buon andamento delle attivit� dirette al perseguimento di fini 
pubblici (norma di azione). Dal che consegue che anche l'attivit� di 
controllo � regolata dalla legge soprattutto nell'interesse pubblieo a che 
il �controllo medesimo si svolga in modo da poter tutelare il raggiungimento 
di quelle finalit� pubbliche cui � diretta l'attivit� dell'ente controllato. 
Vale a dire che � interesse pubblico :non solo che i fini pubblici 
delegati ad ente diverso dallo Stato siano legittimamente ed opportunamente 
perseguiti, ma � interesse pubblico anche che l'attivit� 
di eontrollo su quell'attivit� dell'ente pubblico .sia legittimamente esercitata. 
Onde la violazione da parte dello Stato dei limiti stabiliti dalla 
legge per i controlli sugli enti pubblici non incide direttamente su un 

diritto soggettivo dell'ente, ma, essendo diretto a tutelare immediata




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1351 

mente un interesse pubblico ed incidendo solo indirettamente sull'autonomia 
dell'ente, tocca esclusivamente un interesse legittimo. E ci� quale 
che sia la natura e l'essenza del controllo, anche se il medesimo � sostitutivo. 
Questo importa che lo Stato nell'esercizio dell'attivit� di controllo 
� legittimato a sostituire la propria attivit� amministra~iva a 
quella, non compiuta, dell'ente controllato, a determinate condizioni ed 
in presenza di determinati presupposti stabiliti dalla legge. Anche questa 
attivit� sostitutiva � stabilita direttamente a tutela dell'interesse pubblico 
di cui si � dianzi parlato al sano e preciso perseguimento dei propri 
fini da parte dell'ente; onde se tale perseguimento non � attuato dall'ente 
vi si pu� sostituire lo Stato nell'esercizio del controllo; ne consegue 
che nelCesercizio di tale sostituzione, lo Stato non segue i presupposti 
e le condizioni di legge, tale violazione non tocca alcun diritto 
soggettivo dell'ente che non esiste, ma solo un interesse legittimo dello 
stesso. 

N� pu� dirsi che nel caso in esame lo Stato (e per esso il suo organo 
di controllo) non avesse il potere di emettere direttamente il mandato 
di ufficio al posto dell'Amministrazione provinciale che non aveva 
provveduto in sede di ammin.istrazione attiva: tale potere � previsto 
dalla legge comunale e provinciale ed attribuito all'autorit� di controllo 
(Giunta provinciale amministrativa). Solo la stessa legge e le relative 
norme regolamentari sottopongono l'esercizio di quel potere a determinate 
condizioni ed a determinati limiti: la violazione di tali limiti e la 
emissione del mandato senza che siano poste in essere le condizioni di 
legge incide certamente sull'esercizio del potere e costituisce un illegittimo 
esercizio, un abuso di quel potere in concreto. Si � quindi nell'ipotesi 
tipica dell'illegittimo esercizio da parte dell'amministrazione di 
un'attivit� (nella specie di controllo) prevista dalla norma direttamente 
a tutela di un interesse pubblico, onde tale illegittimo �esercizio non pu� 
che toccare un interesse legittimo. Interesse che � tale fin dall'inizio, 
che � sorto come interesse legittimo e che -come � costante giurisprudenza 
-non� pu� modificarsi o trasformarsi in diritto soggettivo a seguito 
della dichiarazione di illegittimit� pronunciata in sede di giurisdizione 
amministrativa. Il chiedere, dopo la tutela amministrativa (illegittimit� 
dell'atto), anche la tutela giudiziaria (risarcimento del danno) 
importerebbe quella doppia tutela che � inammissibile nel vigente ordinamento 
in relazione all'interesse legittimo. 

Pertanto il primo motivo del ricorso deve essere accolto con assorbimento 
degli altri relativi alla sussistenza in merito degli elementi dell'azione 
di risarcimento del danno: deve essere in conseguenza dichiarato 
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e cassata senza rinvio 
l'impugnata sentenza. In ordine alle spese dell'intero giudizio, si 
stima equa, in considerazione della .natura della �controversia e delle 
vicende che essa ha avute, la compensazione totale. ._ (Omissis). 

)� 


1352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2863 -Pres. 
Pece -Rel. Mirabile -P. M. Di Maio (diff.) -Amministrazione delle 
Finanze dello Stato (avv. Stato Ricci) c. Milone e Fedullo (avv. Di 
Sevo) nonch� contro Castiello, Lentini, Baldo e Comune di Rofrano 
(n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti 
J>Ubblici -Crediti -Pignorabilit� -Limiti. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). 
Imposta generale sull'entrata -Quote di partecipazione spettanti ai 
Comuni -Impignorabilit�. 

(1. 2 luglio 1952, n. 703; I. 16 giugno 1960, n. 1014). 
I crediti nascenti dall'esercizio di pubbliche potestd, essendo vincolati 
al raggiungimento di pubbliche f�nalitd, le quali costituiscono il presupposto 
e la ragion d'essere del pote1�e, sono come tali sottratti alla 
esecuzione coatta-(1). 

I crediti dei Comuni verso lo Stato per quote di partecipazione sui 
proventi del-l'i.g.e., non possono essere pignorabili giacch� l'eventuale 
loro assoggettamento ad esecuzione forzata importerebbe l'inammissibile 
sostituzione del privato all'Amministrazione in un rapporto, di cui il 
privato non pu� essere soggetto (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo dedotto, l'Amministrazione delle 
Finanze denunzia la violazione e la falsa a,pplicazione degli artt. 1, 2 
e 3 legge 2 luglio 1952, n. 7().3; 543, 546 c.p.c.. ; 3 legge 20 marzo 1865, 

n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360, nn. 1, 3 e 5 c.p.c., e deduce il 
difetto di giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria e l'impignorabilit� 
del credito per quote I.G.E., assumendo che l'indubbia natura 
tributaria del credito del Comune di Rcifrano per le quote I.G.E. attribuitegli 
dal Ministro delle Finanze comportava, nella specie, l'impignorabilit� 
del credito stesso, con conseguente difetto di giurisdizione del 
giudice ordinario rispetto all'azione esecutiva promossa dal Fedullo e 
quindi anche rispetto al giudizio incidentale di cognizione di cui all'art. 
548 c.p.c. Aggiunge che la suddetta impignorabilit� prescindeva 
(1-2) Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione. hanno ribadito 
quanto gi� da esse precedentemente stabilito nella sentenza n. 2448 
del 2 luglio 1969, pubblicata in questa Rassegna 1969, I, 633 con nota di 
richiami. 

La importanza delle questioni esaminate direttamente o indirettamente 
ma comunque incisivamente nella sentenza in rassegna induae a 
pubblicare per intero la parte di diritto. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1353 

dalla prova dell'avvenuta iscrizione delle somme nella parte attiva del 
bilancio ed era perci� rilevabile di ufficio. 

La censura � fondata. 

Il pignoramento in esame _.'._ va innanzi tutto rilevato -� caduto,. 
non su somme di denaro gi� affiuite nelle casse del Comune, ma su crediti 
del Comune verso lo Stato per quote di partecipazione sui proventi 
I.G.E. 

Ora, come queste Sezioni Unite hanno gi� osservato (vedi sentenza 

n. 2428 del 1969), ai fini della pignorabilit�, occorre distinguere tra 
somme di denaro gi� affiuite nelle casse dell'Ente pubblico e crediti 
dell'Ente pubblico. Infatti, mentre per le prime pu� ancora discutersi 
sulla possibilit� di una distinzione a seconda della loro provenienza e 
dell'avvenuta o non avvenuta destinazione ad una pubblica esigenza, 
nel caso dei crediti non � assolutamente possibile prescindere da una 
distinzione in quanto occorre tener separati i crediti che traggono. origine 
dai rapporti di diritto privato -per i quali l'azione esecutiva da 
parte dei creditori dell'Ente � sempre ammissibile -dai crediti nascenti 
dall'esercizio di pubbliche potest�, i cosi detti crediti pubblicistici o di 
natura pubblica, che, essendo vincolati al raggiungimento di pubbliche 
finalit� le quali costituiscono il presupposto e la ragione d'essere del 
potere, sono come tali sottratti all'esecuzione coatta dei creditori dell'Ente. 
E ci� vale non solo per i crediti derivanti da rapporti tributari 
diretti, da rapporti cio� nei quali la potest� pubblica viene direttamente 
esercitata dall'Ente impositore nei confronti del soggetto passivo del 
tributo, ma anche per gli altri crediti, che, per quanto al di fuori di 
un ,vero e proprio rapporto tributario, hanno origine da una potest� 
pubblica. 

Per quanto attiene in particolare a.l_ caso in esame e cio� ai crediti 
dei Comuni verso lo Stato per quote di partecipazione sui �proventi I.G.E., 
risulta dal tenore delle relative norme che con la legge n. 703 del 1952 
� stato riconosciuto ai Comuni un potere di natura pubblica alla percezione 
delle dette quote, potere che si esercita esigendo dallo Stato la 
relativa contribuzione ed il cui eser.cizio non cessa fino ~ quando l'ammontare 
di detta contribuzione non � stata versata nelle casse dell'Ente. 
Ilcorrispondente dovere dello Stato, come risulta dalla medesima legge, 
� connesso, peraltro, col potere dello stesso di determinare le fonti di 
entrate con le quali i detti Enti debbono provvedere all'espletamento 
delle loro funzioni. 

� chiaro quindi che i detti crediti non possono che essere impignorabili, 
giacch� l'eventuale loro assoggettamento ad esecuzione forzata 
importerebbe !'in.ammissibile sostituzione del privato all'Amministrazione 
in un rapporto di cui il privato non pu� essere soggetto. E sotto l'accennato 
profilo l'impignorabilit� assoluta del credito del Comune verso lo 

I 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Stato per quote I.G.E., risolvendosi nella improponibilit�, altrettanto assoluta, 
dell'azione esecutiva, importa il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario. 

Tale difetto di giurisdizione si estende necessariamente al giudizio 
di cui agli artt. 548 e 549 c.p.c., sia -genericamente -per il carattere 
strumentale di tale giudizio rispetto al procedimento �esecutivo, sia pi� 
specificamente -perch� l'accennato giudizio trova il proprio impulso 
o nello stesso atto di pignoramento (ove si ritenga che la dichiarazione 
del terzo costituisca elemento integrativo del pignoramento), oppure 
nell'istanza del creditore .pi�gnorante a che si provveda all'istruttoria 
per accertare il eredit� del terzo, istanza che costituisce pur sempre 
un momento di quel processo esecutivo che, per le gi� esposte ragioni, 
non poteva essere instaurato. 

Il ricorso dev'essere perci� accolto e l'impugnata sentenza cassata 
senza rinvio. 
Quanto alle spese ricorrono giusti motivi per dichiararle interamente 
compensate ,tra le parti in ordine a tutti i gradi di giudizio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2864 -Pres. 
Pece -Rel. Iannitti Piromallo -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero 
dei Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni) c. Nastri (avv. Vitiello). 

Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche ed elettricit� -Poteri 
della p~ a. in materia di polizia idraulica -Azione risarcitoria di 
soggetti non destinatari dei relativi provvedimenti -Giurisdizione 
del giudice ordinario. 

(t.u. 25 luglio 1904, n. 523, art. I), 
Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli 
enti pubblici -Condanna della p. a. ad un facere -Inanunissibllit�. 


(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). 
Competenza e giurisdizione -Responsabllit� della p. a. -Domanda 
di risarcimento ex illecito -Competenza del Giudice ordinario 
-Danno occasionato dall'esecuzione di opere idrauliche -Irrilevanza 
su tale competenza. 

(e.e. art. 2043; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 
n precetto che subordina l'esperibilit� dell'azione risarcitoria all'accoglimento 
in sede amministrativa delle contestazioni sollevate dagli 
interessati ed alla conseguente riespansione del gi� affievolito diritto 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1355 

soggettivo non pu� trovare applicazione nell'ipotesi in cui la pretesa 
risarcitoria attenga a posizioni soggettive non affievolite, siccome pertinenti 
a soggetti non destinatari di statuizioni, provvedimenti od ordini 
emessi, nell'esercizio dei poteri di polizia idraulica, dalla pubblica Am.ministrazione 
.(1). 

Le domande di rimozione della siturazione 1J1roduttiva del danno e 
di restaurazione in forma specifica del diritto leso sono inammissibili 
nei confronti deHa pubblica Amministrazione in quanto il loro accoglimento 
si risolverebbe nella condanna di questa ad un facere per il che 
il giudice ordinario difetta di giurisdizione: in presenza di tali domande 
il giudice ordinario deve limitarsi ad accertare, ove del caso, la lesione 
del diritto soggettivo vantato dall'attore, lasciando che la pubblica Amministrazione 
adotti i provvedimenti necessari alla specifica restaurazione 
del diritto eventualmente leso dall'attivit�, di cui sia riconosciuta l'illegittimit� 
(2). 

Spetta ai Tribunali regionali delle acque pubbliche la competenza 
a conoscere delle controversie per risarcimento dei danni dipendenti da 
qualunque opera eseguita dalla pubblica Amministrazione in materia di 
acque e impianti elettrici; rna spetta agli ordinari giudici civili la competenza 
a conoscere delle controversie nelle quali il privato abbia dedotto 
che il danno, pur se occasionato dall'esecuzione dell'opera pubblica, 
sia stato peralt1'0 cagionato dall'avvenuta commissione di fatti illeciti 
nell'esecuzione della stessa, se non sorgono questioni sulla demanialit� 
delle acque, sulla portata di provvedimenti amministrativi attinenti al 
relativo regime o sulla rispondenza di una determinata attivit� all'interesse 
pubblico legato a tale ?'egime (3). 

(Omissis). -Il Ministro dei Lavori Pubblici ha, con il proposto 
regolamento di competenza, prospettato anche una questione di giurisdizione. 
Conseguentemente il ricorso � stato, su richiesta del P. JYI., rimesso 
a queste Sezioni U~ite per la trattazione in pubblica udienza. 
Poich� tale mutamento di rito trova fondamento nel disposto degli articoli 
37 e 374, comma primo, c.p.c. secondo l'interpretazione ripetutamente 
datane da questo Supremo Collegio (nn. 659 del 1951, 603 del 
1954, 2746 del 1957, ecc.), pu� procedersi all'esame del ricorso, L'Amministrazione 
ricorrente ha affermato che l'intentata azione risarcitoria 
non era proponibile per mancanza del preventivo riconoscimento, da 
parte dell'Amministrazione stessa, della non rispondenza delle opere 

(1-2-3) La sentenza riafferma dei principi importanti al di l� della 
applicazione fattane nel caso di specie. Quindi, anche in considerazione 
dei numerosi richiami giurisprudenziali contenuti nei motivi della deci-� 
sione, se ne ritiene opportuna la pubblicazione per intero. 



RASSEGNA DE~L'AVVOCATURA,DELLO STATO 

idrauliche, dalla cui esecuzione sarebbe' derivato, secondo l'assunto dei 

Nastri, il lamentato dissesto di un loro edificio, �allo scopo cui debbono 

servire ed alle buone regole d'arte�, come richiesto dall'art. 2 del r.d. 

25 luglio 1904, n. 523. L'Avyocatura dello Stato ha sostenuto che tale 

disposizione darebbe luogo a carenza temporanea di giurisdizione, in 

quanto l'attribuzione alla Pubblica Amministrazione del potere di sta


tuire e provvedere, anche in caso di contestazione, su tutto quanto possa 

avere relazione con il buon regime delle acque, determinerebbe l'affie


volimento delle posizioni soggettive �collidenti con l'interesse pubblico 

presidiato d~lla norma innanzi citata, escludendo in conseguenza la tu


tela giurisdizionale delle posizioni stesse fino a quando 1'Amministra


zione non abbia riconosciuto la discordanza .della denunciata situazione 

da detto prevalente interesse. 

L'esposta tesi � destituita di fondamento. 

In ordine alla citata disposizione questo Supremo Collegio ha gi� 
avuto occasione di precisare: che essa attribuisce alla P.A., in materia 
di regime delle acque e di opere idrauliche, un potere di polizia, che 
,determina l'affievolimento delle posizioni giuridiche che ne sono soggette; 
che tale degr�dazione dei diritti soggettivi in interessi legittimi 
va ravvisata sia nei confronti di coloro che deducano di aver subito un 
danno a causa del mancato esercizio di detto potere, la cui discrezionalit� 
vale di per s� ad escludere la tutelabilit� in via diretta ed immediata 
della posizione lesa (n. 1417 del 1966 cit.), sia nei confronti di chi 
sia destinatario ,di statuizioni, provvedimenti o ordini irr cui si estrin


sechi concretamente l'esercizio del potere stesso (n. 2039 del 1966). 

L'Avvocatura dello Stato ha� affermato che le due richiamate deci


sioni di queste Sezioni Unite sono in contrasto tra loro, in quanto la 

prima considererebbe affievolite tutte le posizioni privatistiche soggette 

al potere come sopra attribuito alla P. A., mentre la seconda limiterebbe 

l'indicata degradazione alle sole posizioni dei destinat~ri dei provvedi


menti emessi nell'esercizio d~l potere stesso. La diversit� delle fattispecie 

da esse esaminate elimina ogni possibilit� di dubbio sull'esistenza del


l'asserito contrasto: nella prima fattispecie il privato pretendeva il ri


sarcimento di un danno che assumeva di aver subito a causa del mancato, 

intervento della Pubblica Amministrazione per impedire la deviazione 

di un corso d'acqua ad opera di altro privato e, ci� avvenuto, per ripri


stinare il vecchio corso; nella seconda fattispecie, invece, il proprietario 

di un fondo assumeva di aver subito danno a causa dell'esecuzione di 

opere idrauliche, compiuta -a suo dire -senza l'adozione di normali 

cautele. La prima decisione si impernia sul principio che, stante la di


screzionalit� del menzionato potere di polizia demaniale, il privato non 

pu� pretenderne l'esercizio a presidio di proprie posizioni lese da terzi; 

la seconda decisione si fonda invece sul principio che l'affievolim~nto 

previsto o regolato dal citato art. 2 del t.u. sulle opere idrauliche ha 

,



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1357 

luogo solo nei confronti dei destinatari dei provvedimenti adottati dalla 

P. A. nell'esercizio del potere ad essa Amministrazione conferito dalla 
norma stessa. La diversit� dei rapporti in relazione ai quali � stata esaminata 
l'incidenza di tale potere vale ad escludere che tra le richiamate 
decisioni sussista la disarmonia segnalata dall'Avvocatura dello Stato. 
Poich� il caso attualmente in esame � assimilabile a quello considerato 
nella seconda delle indicate� decisioni pu�, in .ordine alla questione, 
di giurisdizione, ripetersi quanto in essa decisione affermata e, 
cio�, che il precetto .di cui al secondo comma dell'art. 2 del t.u. sulle 
opere idrauliche, che subordina l'esperibilit� dell'azione risarcitoria all'accoglimento 
in sede amministrativa delle contestazioni sollevate dagli 
interessati ed alla conseguente rie.spansione del gi� affievolito diritto 
soggettivo, non pu� trovare applicazione nell'ipotesi che la pretesa risarcitoria 
attenga a posizioni soggettive non affievolite, perch� pertinenti 
a soggetti non destinatari di statuizioni, provvedimenti od ordini emessi, 
nell'esercizio.dei poteri di polizia idraulica, dalla Pubblica Amministrazione. 
L'eccezione di carenza temporanea di giurisdizim1e va, pertanto, 
respinta in relazione al capo di domanda con cui i Nastri hanno chiesto 
il risarcimento pecuniario del danno che essi assumono di aver risentito 
a causa della mancata adozione, da parte della P. A. di normali cautele 
nell'esecuzione dell'indicata opera idraulica. 

Come esposto in narrativa i Nastri hanno, altresi, chiesto l'eliminazione 
del dissesto mediante rimessione in pristino. L'Avvocatura non 
si � specificamente occupata di tale capo della domanda, avendo accomunato 
tutto il contenuto della pretesa, ex adverso dedotta con l'atto 
introduttivo del giudizio, nella sollevata eccezione di improponibilit� 
dell'azione. Senonch� l'indicata domanda di ripristino merita separata 
considerazione, �giaoch� la chiesta ~imozione deMa situazione produttiva 
del danno e l'invocata restaurazione in forma specifica del diritto leso 

si concreta in un facere cui l'Ammini,strazione non pu� essere condannata 
dal giudice or�dinario, stante il disposto dell"art. 4 della legge 20 
marzo 1865, n. 2248, a norma del quale l'autorit� giudizfaria deve limitarsi 
ad accertare la lesione del diritto soggettivo vantato dal1'attore, 
lasciando che l'Amministrazione adotti i provvedimenti necessari alla 
specifica rei;;taurazione del diritto leso dall'attivit� come innanzi riconosciuta 
illegittima. 

Relativamente alla domanda di rimessione in pristino deve, pertanto, 
dichiararsi la carenza di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria. 

Per quel che riguarda, sotto il profilo della competenza, la domanda 
di risarciment� di danni in ordine alla quale � stata riconosciuta la 
giurisdizione ordinaria; deve stabilirsi se la relativa cognizione spetti al 


1358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tribunale regionale d~lle acque pubbliche, come sostenuto dall'Avvocatura 
dello Stato con il proposto regolamento di competenza, o al giudice. 
ordinario non specializzato, come � stato ritenuto dal Tribunale di 
Salerno. 

Ai fini dell'esame di tale questione va precisato che i Nastri hanno 
dedotto come causa della lesione verificatasi nel loro edificio la mancata 
adozione, nell'esecuzione della compiuta opera idraulica di sistemazione 
del rio Sguazzatorio, della normale diligenza ed accortezza, in 
violazione del .generale ;pri�:J.cipio del neminem Zaedere. La causa petendi 
� J>tata, cio�, individuata in un comportamento colposo della Pubblica 
Amministrazione e non gi� nel nuovo assetto da essa dato all'indicato 
corso di acqua demaniale. Si verte, pertanto, nell'ipotesi in relazione 
alla. quale la giurisprudenza di questo Supremo Collegio ha reiteramente 
affermato che la competenza spetta all'autorit� giudiziaria civile ordinaria 
e non al Tribunale regionale delle acque pubbliche, cui l'art. 140 
attribuisce e la c�gnizione delle controversie per risarcimento di danni 
dipendenti da qualunque opera eseguita dalla Pubblica Amministrazio-� 
ne � e non anche di quelle nelle quali ilprivato abbia dedotto che il danno, 
pur se occasionato dall'esecuzione dell'opera pubblica, sia stato, peraltro, 
cagionato dall'avvenuta commissione di fatti illeciti nella esecuzione 
stessa e,. in particolare, da un comportamento non improntato al 
rispetto del principio presidiato dal disposto dell'art. 2043 cod. civ., semprech� 
la controversia non involga questioni sulla demania.Ut� deUe 
acque, sulla portata di provvedimenti amministrativi attinenti al regime 
di esse e sulla ~spondenza di una determinata attivit� all'interesse 
pubblico legato al regime stesso (nn. 2039 del 1966; 1313, 1785, 
2607 del 1967, 1086 del 1968). 

Poich� nella specie non � stato sostenuto che l'opera sia, ex se, 
produttiva di danno, n� � stata sollevata alcuna delle accennate questioni 
su~la qualitas e sul regime delle acque, deve rigettarsi la istanza proposta 
col regolamento di competenza ed affermarsi la competenza del 
giudice civile non specializzato in ordine alla domanda di risarcimento 
di danni. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 ottobre 1971, n. 2959 -Pres. 
Flore -Rel. Cusani -P. M. Trotta (conf.) -Caval�anti (avv. Roc~ 
chetti) c. Convitto nazionale maschile Vittorio Emanuele II (avv. 
Stato Zagari). 

' 

Competenza e giurisdizione -Rapporto di impiego tra i convitti nazionali 
ed il personale insegnante nelle scuole da essi gestite Situazione 
anteriore all'entrata in vigore della legge 9 marzo 1967, 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1359 

n. 150 -Impiego pubblico -Esclusione -Giurisdizione del giudice 
ordinario sulle relative controversie. 
(c.p.c. art. 429; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2; r.d. 26 giugno 1924, 
n. 1054, art. 29 n. 1; reg. 1 settembre 1925, n. 2009, artt. 141, 142 e 145; 
r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, articolo unico). 
Nel periodo anteriore alla promulgazione della legge 9 marzo 1967, 

n. 150, i rapporti di impiego tra i convitti nazionali e g�li insegnarnti 
delle scuole �d essi annesse (ed allora solo parificate) erano di nat'Ura 
privatistica, onde la cognizione delle controversie relative a tali rapporti 
non � sottratta alla giurisdizione dell'A'Utorit� giudiziaria ordinaria (1). 
(1) Sulla questione di cui alla surriportata massima cfr. da ultimo 
Cass., sez. un., 29 aprile 1969, n. 1376 in questa Rassegna 1969, I, 435 ed 
ivi 436 nota 1. 
Sulla natura innovatrice non interpretativa della legge 9 marzo 1967, 

n. 150 che ha riconosciuto carattere pubblico alle scuole di cui si tratta 
natura ribadita ancora dalla se;ntenza in rassegna con la affermata esclusione 
della retroattivit� della legge stessa cfr. Cass., sez. un., 30 marzo 
1968, n. 985 in questa Rassegna 1968, I, 188 ed ivi 189 nota 1). 
Nell'occasione la Corte di Cassazione a sezioni unite ha altresi riaffermato 
che, � nell'ipotesi in cui la legittimazione passiva spetti a una persona 
giuridica, la eventuale erroneit� e la insufficienza dell'indicazione contenuta 
nell'atto introduttivo costituiscono causa di nullit� soltanto se, valutato 
l'atto nel suo complesso, l'indicazione dell'ente o dell'organo che si � in>eso 
evocare in giudizio risulti assolutamente equivoca; onde agli effetti previsti 
dall'art. 366, n. 1 .c.p.c. deve ritenersi che non sussista ragione di 
inammissibilit� qu.ando �non si determini alcuna incertezza nell'identificazione 
del soggetto contro il quale � diretto l'atto di impugnazione�. 
Tanto in relazione alla proposizione del ricorso per la specie nei confronti 
del Preside dell'Istituto parificato (cio� nei confronti di un ente giuridico 
inesistente e comunque diverso dal convitto nazionale, nei confronti 
del quale era stata pronunciata la sentenza impugnata), e traendosi argomento 
del fatto che il ricorso era stato .proposto si contro il Preside dell'Istituto 
parificato, ma quale Rettore del convitto. 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1971, n. 2936 -Pres. Gian,:: 
nattasio -Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Cascino) c~ Lofaro Maria 
(avv. Musolino). 

Espropriazione per p. u. -Decreto di esproprio sopravvenuto nel corso 
del giudizio di danno per illegittima occupazione ed utilizzazione 
dell'immobile -Opposizione alla indennit� -Non necessaria. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). 
Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Protrazione oltre 
il biennio -Effetti. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359,. art. 73). 
Espropriazione per p. u. -Occupazione temporanea illegittimit� Danni 
-Criteri di determinazione. 

Qualora nel corso del giudizio, promosso per conseguire il pagamento 
del valore venale dell'immobile illegittimamente occupato ed utiiizzato 
dalla P. A .� intervenga il decreto di espropriazione per p.u., non � necessario 
che sia proposta anche opposizione alla indennit� di esproprio ai 
sensi dell'art. 51 legge 1865 n. 2359 in quanto, come il diritto di propriet� 
si converte, per effetto del provvedimento ablativo, nel diritto 
all'indennit� di esproprio, cos� la originaria azione risarcitoria si trasforma 
in quella di opposizione alla stima (1). � 

(1) La sentenza si adegua all'indirizzo gi� seguito in talune precedenti 
decisioni cfr. Cass. 30 dicembre 1968, n. 4086 in .Foro It. 1969, I, 1534; 
15 aprile 1970, n. 1036 in Giust. Cic. 1970, I, 1375. 
In dottrina cfr. RuoPPOLO in Giust. Civ., 1969, I, 631 con nota di critica. 
Il principio affermato non pu� tuttavia non suscitare perplessit�, onde 
la, questione � stata ulteriormente riproposto all'esame della Suprema Corte. 
Riteniamo interessante, ad illustrare il thema decidendum, di riportare 


quanto prospettato nel relativo ricorso. 

A) Erroneamente l'impugnata sentenza della Corte d'Appello napoletana 
ha ritenuto che l'originaria domanda risarcitoria della sig.ra Scarpone per 
la protrazione ultrabiennale senza titolo del.l'occupazione da parte della 
ANAS di una porzione estera mq. 2600 di un fondo di sua propriet� in agro 
di Sicignano degli Alburni (Salerno), occorsa per la costruzione di uri 
tronco dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, potesse, nella sopravve


.




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1361 

n protrarsi dell'occ'Upazione dell'immobile oltre il biennio non ne 
determina la illegittimit� fin dal suo inizio, ma solo pf!r il periodo 'Ultra 
biennale (2). 

Se, di norma, il risarcimento del danno per la �illegittima occupazione 
dell'immobile viene ragguagliato agli interessi sul valore venale 
del fondo ovvero S'Ull'indennit� di esproprio, qualora corrisponda a -tale 
valore; nel caso invece in cui il proprietario fornisca la prova di aver 
subito, per effetto dell'occupazione, 'Un danno maggiore di quello corrispondente 
alla mancata percezione dei frutti del fondo, come nel caso 
in .cui abbia perd�to concrete occasioni di vendere l'immobile ad 'Un 
prezzo superiore al corrispettivo di esproprio, dovr� il risarcimento venire 
commisurato al maggior danno (3). 

(Omissis). -La questione principale, che la presente causa ripropone 
all'esame di questa Suprema Corte, � quella formulata con la prima 
delle censure del primo motivo del ricorso incidentale: se, cio�, anche 

nuta em1ss1one del decreto espropriativo, non impugnato dall'interessata 
nel termine di cui all'art. 51 I. 25 giugno 1965, n. 2359, essere accolta come 
opposizione alla stima dell'indennit� di espropriazione, ci� giustificando col 
ricorso al concetto della conversione processuale. Tale istituto, infatti, non 
si attagliava e non si attaglia menomamente al caso considerato. Esso, 
invero, a norma dell'art. 159, ult. comma, c.p.c., supponendo che un atto 
sia viziato, applica il principio �utile per inutile non vitiatur � e, quindi, 
si traduce in una diversa efficacia dell'atto, ove esso sia ugualmente idoneo 
a' produrla. : 

V'� conversione, a.dunque, allorch� un atto a) non possa produrre un 
determinato effetto, a causa di un vizio che lo impedisce, ma b) sia, tuttavia, 
idoneo a produrre un effetto diverso. Nessuna di tali condizioni sussisteva 
nell'ipotesi considerata. Infatti, la sopravvenienza della pronuncia espropriativa, 
con la conversione del diritto di propriet� del bene in diritto alla 
indennit�, non menoma in alcun modo la validit� della domanda di risaricmento 
danni, la quale, a sua volta, non � per s� idonea a produrre il 
diverso effetto dell'impugnativa della stima dell'indennit� espropriativa, 
com'� vero che non v'� continenza dell'una rispetto alla seconda e che la 
decadenza non pu� essere impedita, se non dall'atto tipicamente previsto, 
all'uopo, dalla legge. 

N� ha senso affermare, come fatto dall'impugnata sentenza, per eludere 
i limiti normali dell'istituto, che tutto si riduceva ad un problema di qualificazione 
ope judicis. 

Questa �, s�, potere-dovere del giudice, ma non si riesce a capire come 
possa la sopravvenienza del decreto espropriativo, ossia la conversione del 
diritto di propriet� del bene in diritto all'indennit�, influire sulla qualificazione 
della domanda risarcitoria nel senso di assorbirla e trasformarla in 
qualificazione di opposizione alla stima dell'indennit�. Non � ipotizzabile 
tale assorbimento e trasformazione, dato che la domanda risarcitoria e 
quella della giusta indennit� espropriativa possono perfettamente coesistere. 

Il factum superveniens della pronuncia di espropriazione non rende 
diversamente decifrabile dal giudice la domanda risarcitoria, ma solQ vale 



1362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nell'ipotesi in cui, essendo il decreto di espropriazione intervenuto tardivamente 
ed essendo gi� in corso il giudizio promosso dal proprietario 
del fondo, illegittimamente occupato ed utilizzato dalla pubblica amministrazione, 
per ottenere, fra l'altro, il pagamento del valore venale del 
fondo, il proprietario medesimo possa far valere; nel giudizio gi� pendente 
il diritto alla giusta indennit� di espropriazione, ossia il diritto 
nel quale si � convertito quello originariamente fatto valere di risarcimento 
del danno, o debba, invece, a tale uopo, proporre, .in un separato 
e nuovo giudizio, l'opposizione di cui all'art. 51 della legge sulle espropriazioni, 
nel termine di trenta giorni dalla notifica del decreto ;prefettizio, 
termine trascorso il quale, l'indennit� rimane definitivamente 
stabilita. 

La questione -gi� risolta da questa Suprema Corte con le sentenze 

30 dicembre 1968, n. 4086 e 15 aprile. 1970, n. 1036 nel senso che, nel


l'ipotesi considerata, della congruit� della stima debba decidersi �nel 

giudizio gi� in corso non essendo rr.gionevole duplicare, contro il prin


cipio dell'economia processuale o facendo ricadere sull'espropr�ato le 

a limitarne il contenuto, in relazione alla sanatoria ex mmc della illegittima 

situazione di apprensione del bene, provocata dal decreto espropriativo. 

E questo �, precisamente, il consoli.dato insegnamento dell'Ecc.ma Corte 

di Cassazione (Cass., 5 giugno 1963, n. 1504; 20 gennaio 1964, n. 109; 28 lu


glio 1964, n. 2142; 13 febbraio 1965, n. 223; Sez. Un., 22 luglio 1966, nu


mero 1986, ecc.). 

D'altra parte, se funzione del gi~dice � l'accertamento dei fatti e l'ap


plicazione del diritto, ossia la fissazione della verit� delle circostanze di 

fatto rilevanti per la causa e la scelta delle norme applicabili, la loro 

corretta interpretazione e la deduzione della regola giuridica concreta, � 

fondamentale ed incontestabile il dovere del giudice medesimo di compiere 

quelle operazioni in funzione dell'azione proposta, non J;iotendo egli stesso 

sostituirsi al privato nel chiedere il .provvedimento reputato giusto ed utile, 

e, per giunta, con una inammissibile mutatio libelli. Il problema, allora, 

non � di formalismo o non formalismo, ma di obiettivi poteri dei' giudice 
�secondo il diritto vigente. 

Trattandosi di stabilire i poteri delle parti, e precisamente dell'attore, 

l'Ecc.ma Corte di �C:1assazione ha stabilito essere inammissibile domanda 

nuova perfino quella di risarcimento danni rispetto ad una domanda ori


ginaria di condanna ad un facere (Cass., 6 agosto 1968, n. 2815). Ebbene, 

trattandosi di potere del giudice, di qualificazione dell'azione proposta, 

come potrebbe, viceversa, negarsi che la domanda di risarcimento per 

illegittima occupazione e l'opposizione alla stima dell'indennit� espropria


tiva sostanzino due realt� giuridiche autonome e distinte? 

La prima � stata qualificata dall'Ecc.ma Corte Suprema come azione 

personale restitutoria, o meglio, per effetto della irreversibile trasforma


zione del bene verificatasi con la costruzione dell'opera pubblica, risarci


toria, in quanto normalmente diretta al conseguimento del valore del bene 

illegittimamente occupato ed al ristoro del mancato godimento e della man


cata disponibilit� dello stesso per il periodo di occupazione sine fitulo 

(Cass., Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1591; Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1792; Sez. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1363 

conseguenze onerose di un ritardo a lui non impugnabile, un'istanza rivolta 
ad ottenere un medesimo oggetto, ossia l'indennizzo per la perdita 
del bene, e posto che come il diritto di propriet� si converte, per effetto 
della pronunzia del provvedimento ablativo, in-quello all'indennit� di 
esproprio, cosi l'originaria azione di risarcimento del danno si trasforma 
in quella di opposizione alla stima in virt� della quale � stata determinata 
la detta indennit� non � suscettibile di una soluzione diversa. 

Contro le conseguenze che l'intervenuta conversione del diritto sostanziale 
determina sul terreno del dii-itto processuale non vale opporre 
gli ostacoli rappresentati dal divieto della mutatio libeiti in primo grado 
e dal divieto delle domande nuove in appello. Quand'anche volesse ravvisarsi 
una diversit� -che propriamente non dcorre -di petitum e di 
causa petendi fra la domanda originariamente proposta e quella in �ui 
~sa si trasforma nel corso del giudizio, dovrebbe, tuttavia, riconoscersi 
che la trasformazione � autorizzata dalla stessa legge. L'art. 52 della 
legge suJle espropriazioni stabilisce, infatti, che le azioni di rivendica-

Un. 29 dicembre 1967, n. 3025, ecc.); la seconda ha per oggetto la deterrninazione 
della giusta indennit� espropriativa. L'indennit� � concetto ed 
istituto fondamentalmente diverso dal risarcimento (Cass., 10 aprile 1951, 

n. 836, Giur. compl. Cass. civ., 1951, 1�, n. 719; Corte Cost., sentenze n. 61 
del 1957; n. 33 del 1958; n. 67 del 1959), l'una attiene ad un valore obiettivo, 
l'altro al soggettivo id quod intereM. L'una � determinata secondo criteri 
di legge che proprio l'Ecc.ma Corte di Cassazione proclama inapplicabili 
per la liquidazione �dell'altro (Cass., 27 giugno 1967, n. 1589; 26 aprile 1971, 
n. 1218; 20 aprile 1971, n. 1131, ecc.). Ed ancora:� 
L'una va dep�sitata nella Cassa DD.PP. (Cass., 9 .giugno 1964, n. 1425), 
l'altro va attribuito all'attore; causa petendi dell'una � un atto legittimo; 
dell'altro � un fatto illecito. Passivamente legittimato all'una � il soggetto 
espropriante, all'altra azione il soggetto occupante (Cass., Sez. Un., 29 dicembre 
1967, n. 3025). Questi due soggetti possono non essere identici: basti 
pensare alle ipotesi di concorso di pi� enti o soggetti nell'esecuzione di 
opere pubbliche in cui dall'attivit� sostitutoria di un ente o sog�getto (sostituto, 
affidatario, delegato o anche concessionario) esuli quella di promovimento 
e perfezionamento delle occorrenti procedure espropriative (cfr. 
Cass., 31 gennaio 1968, n. 311). 

Diverse, adunqlie, le due azioni, cosi come autonome e indipendenti 
sono le due situazioni, ed i relativi procedimenti, di occupazione e di 
espropriazione, �dei quali il primo tocca soltanto il diritto d'uso del bene 
ed il secondo trasferisce il diritto di propriet� �, onde � la p;a. espropriante 
conserva integro il potere di ottenere l'espropriazione anche dopo decorso 
il biennio di occupazione provvisoria e pu� esercitare tale potere anche 
in pendenza del giudizio proposto dal proprietario per ottenere il risarcimento 
del danno� ~C:ass., 3 ottobre 1963, n. 2679; 29 maggio 1964, n. 1345; 
13 febbraio 1965, n. 223). 

�, infatti, ius receptum nella giurisprudenza dell'Ecc.ma Corte Suprema 
che, � intervenuto il decreto di espropriazione successivamente al 
decorso del biennio di occupazione di cui all'art. 73 1. n. 2359 del 1865, 
cessa, dal giorno dell'emissione della pronuncia espropriativa l'illegittimit� 



1364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, di usufrutto, di ipoteca, di diretto dominio e tutte le altre azioni 
esperibili sui fondi soggetti ad espropriazione, non possono interrompere 
il corso di essa, n� impedirne gli effetti, e che, pronunciata l'espropriazione, 
tutti i diritti anzidetti si possono far valere non pi� sul fondo� 
espropriato, ma sull'indennit� che lo rappresenta. � chiaro che codeste 
norme -che sono dello, stesso genere di quella dettata dall'art. 948 
e.e. per il caso in cui il convenuto nel giudizio di rivendicazione abbia, 
dopo la domanda, cessato, per fatto proprio, di possedere o di detenere 
la cosa -non sono suscettibili di essere intese nel senso che il giudizio 
promosso dal terzo debba essere, dopo la pronunzia del decreto di espropriazione, 
definito con il rigetto della domanda, o con la dichiarazione 
che � cessata la materia del contendere, e che il terzo medesimo debba, 
poi, far valere il suo diritto sull'indennit� di esproprio in un nuovo giudizio, 
ma debbano essere intese nel senso che il giudizio continua e che 
sulla domanda deve provvedersi nonostante l'intervenuto mutamento del 
petitum -�ndennit� che rappresenta il fondo e non il fondo ~e della 
causa petendi -adeguata alla cangiata situ�zione nei suoi elementi di 
diritto e di fatto. � altres� ovvio che la medesime disposizioni, in virt� 
di un'interpretazione semplicemente estensiva, debbono, per identit� di 
ratio, trovare applicazione nel giudizio promosso dal proprietario contro 
lo espropriante ove, anche in questo, si verifichi la sostituzione del fondo 
con l'indennit� che lo rappresenta o, maiori rationi, quando si verifichi 
la sostituzione di ~somma di denaro con un'altra d'importo eguale o 
addirittura minore. Se la legge sulle espropriazioni non ha previsto 

della detenzione del bene da parte della P.A. ed al proprietario spettano, 
in tale ipotesi, l'indennit� di espropriazione fissata nel relativo decreto o 
nel giudizio di oppomione a stima. l'indennit� per l'occupazione temporanea 
legittima ai sensi dell'art. 71 1. org. espr. P.U. ed il risarcimento del danno 
per il periodo relativo alla occupazione illegittima, oltre il limite del biennio, 
consistente di regola nel mancato reddito ricavabile dall'immobile, 
salva la prova del ma~gior danno in conseguenza della indisponibilit� del 
bene � (Cass., 5 giugno 1963, n. 1504; 20 gennaio 1964, n. 109; 28 luglio 1964, 

n. 2142; 13 febbraio 1965, n. 223). Ed � appunto il sopravvenuto decreto di 
espropriazione a � contenere l'obbligo dell'espropriante al pagamento del 
valore del fondo nei limiti dell'indennit� di esproprio � (Cass., 4 luglio 
1969, n. 2450). 
Insomma, secondo tale consolidato insegnamento, � la sovravvenuta 
espropriazione non incide sul giudizio instaurato dal proprietario per il 
risarcimento del danno, che deve essere contenuto, per�, esclusivamente in 
relazione al periodo di occupazione senza titolo� (Cass., 22 luglio 1960, 

n. 2087, Foro it., I, 1702, 1706; 13 febbraio 1965, n. 223, Rass. Avv. Stato, 
1965, I, 337, sub 2). 
Di guisa che non gi� v'� conversione di un'azione, nell'altra, ma �oncorso 
di autonomi e distinti rimedi giuridici, e, nel giudizio risarcitorio 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1365 

questo caso, mentre 
~ 
ha previsto l'altro, gli � perch� l'ipotesi di una occupazione 
illegittima, seguita, a distanza di tempo, dal provvedimento ablativo, 
� fuori delle linee del suo sistema. 

Come, per�, si � gi� accennato, non si pu�, nell'ipotesi ~n esame, 
parlare propriamente di immutazione nel petitum e nella causa petend.i. 

Difatti l'indennit� di espropriazione non pu� mai essere maggiore 
del valore venale del fondo ed �, in parecchi casi, sensibilmente minore: 
di conseguenza il petitum o rimane invariato o viene ridotto: ma la 
riduzione del petitum in limiti pi� ristretti non importa fa proposizione 
di una domanda nuova (v. Cass. 7 marzo 1967, n. 534) nel senso iln cui 
la novit� � vietata a garanzia del contraddittorio o del doppio grado di 
giurisdizione. N� costituisce domanda nuova quella basata su una causa 
petendi virtualmente compresa nelle istainze formulate con l'atto introduttivo 
del giudizio (v. Cass., 5 settembre 1969, n. 3065; 14 giugno 1967, 

n. 1339). Ora �� co.nforme all'id quod plernmque accidit che la pubblica 
amministrazione nel rispetto della legge, non si appropri dei beni altrui 
senza l'osservanza delle apposite procedure ablative e, pertanto, nOl!l � 
ragionevole supporre che il proprietario del bene illegittimamente occupato 
non tenga conto della possibilit� anzi della probabilit� -tanto 
grande da sfiorare la certezza -che, sebbene in ritardo, il decreto di 
esproprio sia per intervenire nel corso del giudizio. Di conseguenza, 
l'istanza rivolta ad ottenere la giusta indennit� di esproprio ove il relativo 
provvedimento abbia luogo, � sempre virtualmente compresa in 
quella formulata, rebus sic stantibus, per il risarcimento del danno nella 
parte in cui questa riguarda il pagamento del valore del bene occupato. 
l'accertamento del valore del bene da parte del giudice del risarcimento 

� deve aver luogo incidenter tantum, al limitato effetto della determinazione 
del danno consistente nella mancata percezione del reddito e una tale pronunda 
non pu�, pertanto, estendersi alla indennit� di espropriazione � 
(Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, cit., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025, cit.). 
La stessa azione relativa all'indennit� di occupazione biennale com


pete �in via autonoma e distinta dalla indennit� di espropriaz,ione � Cass., 

Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025, cit.). 

Solo nel caso che il giudizio risarcitorio si concluda senza che sia so


pravvenuto il decreto espropriativo � dovuto a titolo di risarcimento del 

danno l'integrale valore del fondo, che assorbe l'indennit� di espropriazione 

(Cass., 22 luglio 1960, n. 2087; 20 gennaio 1964, n. 109, Rass. Avv. Stato, 

1964, I, 323; Sez. Un., 28 maggio 1971, n. 1589). 

Nel caso di sopravvenienza del decreto, espropriativo in corso di giu


dizio risarcitorio v'�, adunque, l'opposto del fenomeno della conversione. 

E, come in coerenza con tali consolidati principi della Corte Suprema, 
non pu� darsi conversione dell'azione risarcitoria in azione di opposizione 
alla stima dell'indennit� espropriativa, cosi non pu� darsi conversione di 
quest'ultima nella prima (Cass., 9 giugno 1971, n. 1728, Flore Pres.). 



1366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O 

�D'altro canto, chi si rivolge al giudice per ottenere un certo bene della 
vita -nel caso l'equivalente del fondo che egli ha perduto -chiede 
quello che gli spetta secondo le norme dell'ordinamento giuridico e, se 
invoca quel bene ad un certo titolo -responsabilit� aquiliana -non 
per questo ne rifiuta, ma ne chiede implicitamente, l;attribuzione anche 
in base a qualsiasi altro titolo diverso che possa essere riconosciuto sussistente: 
nel caso in base alla responsabilit� della P. A. per fatto lecito. 

Ad escludere la ritenuta inutilit�, nell'i.potesi in esame, della preposizione 
dell'opposizione nei modi e :nei termini di cui al citato art. 51, 
neppure � conducente il rilievo che nel giudizio iniziato dal proprietario 
per il risarcimento dei danni rimane estraneo il Prefetto che ha emesso 
il decreto di espropriazione e che, invece, deve avere la notificazione 
dell'atto di opposizione alla stima. Difatti codesta notificazione non � 
diretta ad instaurare un rapporto processuale, ma ha lo scopo di portare 
a conoscenza del Prefetto, ai fini dell'art. 55 della legge sulle espropriazioni, 
l'esistenza del giudizio di opposizione alla stima, la cui pendenza 
impedisce che egli possa autorizzare il pagamento della somma depositata 
dall'espropriante. Pertanto il Prefetto non �, nei giudizi in cui 
si controverte sulla congruit� della stima, parte la cui presenza condizioni 
l'integrit� del contraddittorio. 

N�, infine, avrebbe col1JSistenza l'argomento contrario che si vorrebbe 
desum�re dalla considerazione che anche l'espropriante pu� impugnare 
la stima come eccessiva e che, dovendo egli, nell'ipotesi in questione, 
proporre riconvenzionalmente la sua domanda, non lo potrebbe 
stante la preclusione di cui all'art. 167 c.p.c., salvo il caso del tutto� 
eccezionale nella ipotesi considerata, che il decreto di esproprio intervenga 
dopo la citazione . e prima della costituzione del convenuto. 

Difatti la conversione della quale si tratta riguarda la domanda 

dell'espropriato e non quella dell'espropriante che pu�, ove ne sia il 

Sembra, pertanto, dimostrato lo stridente contrasto, sia con la norma 
dell'art. 159, comma terzo, c.p.c., che con tutti i fondamentali principi enucleati 
�daJ.Ja ricordata giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte Suprema, 
della conclusione cui � pervenuta l'impugnata sentenza della C'orte d'Appello 
napoletana, secondo la quale la conversione in discorso sarebbe � un 
effetto della continuazione del giudizio da parte del proprietario che abbia 
gi� agito per il risarcimento dei danni�. La prosecuzione di quel giudizio, 
invece, non pu� �Che continuare a sortire, appunto, una pronuncia risarcitoria, 
anche se vi sia una mera limitazione di fondatezza del petitum. � 
.solo in questo senso che pu� agire il factum superveniens (com'� ammesso 
che esso provochi, viceversa, la totale o parziale fondatezza di una domanda 
originariamente infondata: cfr. Cass., 11 maggio 1964, n. 1124); ma la mera 
riduzione del petitum lascia ovviamente inalterata la configurazione gl:Uridica 
dell'azione e, quindi, non legittima un mutamento di qualificazione 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1367 

caso, proporla in un distinto processo per il quale varranno le norme 
procedurali applicabili in materia di cause aventi elementi comuni. 

Concludendo, ovvie si presentano le consegue.ze di quanto sin qui 
� stato detto. Poich� la conversione della domanda ha luogo, nel momento 
stesso in cui viene emesso il provvedimento ablativo, in virt� di 
legge e senza che sia in potere dell'attore provocarla od evitarla, ne 
deriva che essa, verificandosi, elimina gli effetti che secondo l'art. 51 
tengono dietro alla mancata proposizione dell'opposizione in esso prevista 
(cio� la definitivit� della stima determinata in sede amministrativa); 
che essa ha egualmente luogo sia nel caso che l'espropriato non 
abbia, sia nel caso che egli, per tuziorismo, abbia anche proposto l'opposizione 
della forma di cui all'art. 51: nel qual caso il nuovo giudizio 
sar� regolato dalle gi� richiamate norme in materia di cause identiche 
e aventi elementi comuni; che ha egualmente luogo sia nel caso che 
l'attore formuli le proprie richieste adeguandole alla mutata situazione 

.giuridica, sia nel caso che continui a presentarle nella originaria maniera, 
e sia nel caso ...che il mutamento della situazione giuridica intervenga 
nel corso del processo di primo grado, sia nel caso che intervenga 
in grado d'appello. 

Pertanto la Corte di merito, anzich� dichiarare cessata la materia 
del contendere sulla richiesta formulata dalla Lofaro per conseguire 
l'equivalente pecuniario del terreno, avrebbe dovuto procedere al� giudizio 
di congruit� della stima operata in sede amministrativa secondo 
i criteri -normali o ecc~ionali -dettati dalla fogge. Da accogliere �, 
du:r;1que, .la prima censura del primo motivo del ricorso della Lofaro e 
disattese debbono essere, in quanto basate sull'erroneo presupposto della 
necessit�, anche nell'ipotesi in esame, della proposizione di un distinto 
giudizio di opposizione alla stima, la seconda censura del primo e la 
prima censura del secondo motivo del ricorso principale. 

Quanto alle altre censure, formulate contro la sentenza impugnata 
dall'una e dall'altra parte, � da osservare ci� che segue. 

della medesima... in eventum da parte del giudice, cos� come sostanzialmente 
ritenuto dalla sentenza denunciata, n�, d'altronde, senza il consenso 
del convenuto, l'attore potrebbe egli stesso mutare la domanda in corso di 
causa (art. 184 c.p.c.); n�, infi.n�, potrebbe seriamente sostenersi che la 
domanda ex art. 51 I. 25 giugno 1865, n. 2359 sia virtualmente contenuta, 

'" siccome logicamente e' gjuridicamente implicit, in quella ex art. 2043 e.e. 
(avv. Franco Carusi). 

(2) Cfr. Cass. 24 maggio 1968, n. 1572 in Foro It. Mass.; 28 luglio 1964, 
n. 2142 in questa Rassegna 1964, I, 733; 21 gennaio 1964, n. 109 in Giust. 
Civ. 1964, I, 1385; 5 giugno 1963, n. 1504 in Riv. giur. edilizia 1964, I, 47; 
31 ottobre 1955, n. 3573 i.n Foro Amm.vo 1955, II, 1, 85; 19 ottobre 1955, 
n. 3309 in Giust. Civ. 1956, I, 915 ecc. 
(3) Cfr. Cass. 24 settembre 1970, n. 1702 in Giust. Civ. 1970, I, 1517; 
20 gennaio 1964, n. 109, ivi 1964, I, 1385 con�nota di rinvio. 
9 



1368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il protrarsi dell'occupazione temporanea oltre il biennio non implica 
che essa debba esser considerata illegittima sin dal suo inizio. La eventualit� 
che essa, disposta come temporanea, sia resa definitiva, �, invero, 
prevista dalla stessa legge (art. 73 legge sulle. espropriazioni) che la. 
subordina al compimento della normale procedura di esproprio. 

Illegittimo �, dunque, il protrarsi dell'occupazione oltre il termine 
di due anni senza che sia intervenuto il formale provvedimento ablativo, 
non il fatto che sia disposta come temporanea un'occupazione della quale 
sia previsto, o prevedibile, il mutamento in occupazione definitiva. 

Pertanto � da accogliere la prima censura del primo motivo del 
ricorso principale. Da accogliere � anche la seconda censura del secondo 
motivo dello stesso ricorso, giacch� � indispensabile distinguere, ad ogni 
possibile effetto (per stabilire, eventualmente, ad esempio, se la perdita 
da parte della Lofaro delle concrete occasioni di vendita, di cui in seguito, 
abbia avuto luogo durante l'occupazione legittima o quella illegittima) 
le date iniziali e finali delle due successive occupazioni e, conseguentemente, 
giusta il criterio sopra enunciato, i periodi di legittimit� 
e di illegittimit� delle due occupazioni, avvenute in tempi diversi e per 
non eguali estensioni di terreno. 

Fondate sono la seconda censura del primo mot,ivo ed il secondo 

motivo del ricorso incidentale. Invero, la sentenza impugnata -non 

accennando affatto ai risultati della prova testimoniale raccolta in prima 

sede, per riconoscerne ovvero per escluderne l'attendibilit�, e limitando 

la liquidazione dei danni derivati dall'occupazion; illegittima agli inte


ressi sul valore del fondo, ed affermando, con ci�, implicitamente, che 

il proprietario del fondo illegittimamente occupato non pu� ottenere un 

risarcimento diverso dai detti interessi -� incorsa in una omissione di 

motivazione su un purito decisivo della controversia prospettata dalla 

parte e si � discostata dal principio di diritto pi� volte affermato da 

questa Suprema Corte (v., fra le altre, le sentenze 22 luglio 1960, n.�2087; 

21 gennaio 1964, n. 109; 24 settembre 1970, n. 1702). Secondo tale prin


cipio, normalmente l'effetto lesivo prodotto dalla occupazione abusiva 

consiste nella mancata percezione dei frutti del fondo, il cui importo, 

in difetto di una pi� precisa determinazione, va ragguagliato agli inte


ressi sul valore venale del fondo e, quindi, ove l'indennit� di espropria


zione corrisponda al detto valore (non quindi se essa � determinata se


condo i criteri eccezionali di cui alla legge 15 gennaio 1885, n. 2892 ed 

alle altre numerose leggi che la richiamano) sulla detta indennit�. Ci� 

per� non esclude che il proprietario possa, a cagione dell'occupazione 

illegittima, aver perduto concrete occasioni di vendere il bene ad un 

prezzo superiore al corrispettivo dell'esproprio: di conseguenza, ove 

quella perdita risulti dimostrata, il risarcimento integrale del danno im


plica che gli sia attribuita la differenza fra il maggior prezzo che avrebbe 

potuto realizzare e la indennit� di esproprio. -(Omissis). � 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1369 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1971, n. 3012 -Pres. Favara 

Est. Giuliano -P. M. Antoci (conf.) -Ministero dei LL. PP. (avv. 

Stato Albisinni) c. Fallimento Puglisi (avv. Arena). 

Obbligazioni e contratti -Clausola risolutiva espressa � Dichiarazione 
di avvalersi della clausola -Effetti -Decreto amministrativo Ammissibilit� 
-Opposizione. 

(e.e. 1456). 
Qualora i contraenti abbiano stipulato la clausola risolutiva espressa 
per L'inadempimento, alle parti interessate � attribuito il diritto (potestativo) 
di determinare l'automatica risoluzione del contratto merc� 
semplice dichiarazione, che pei contratti stipulati dalia P. A. p�� esser 
fatta anche con decreto amministrativo, comunicata all'altra parte di 
volersi avvalere della clausola. 

In tal caso incombe a quest'ultima, qualora iintenda opporsi .alla 
risoluzione, di adire l'Auto1�it� Giudiziaria per dirimere il conflitto (1). 

(Omissis). -Riuniti i ricorsi, a norma dell'art. 335 del codice di 
rito, la Suprema Corte osserva che con l'unico mezzo del ricorso principale 
il Ministero, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 
1456 e.e., in relazione all'art. 150 del T.U. approvato col d.1.1. 19 agosto 
1917, n. 1390, e contraddittoriet� di motivazione, lamenta che la Corte 
del merito abbia reputato ne�essaria, per la risoluzione del contratto, 
una dichiarazione giudiziale, nonostante la clausola risolutiva espressa, 
la quale, del resto, corrispondeva a una precisa disposizione dell'art. 150 
surricordato. 

La censura � .fondata. 

La Corte di Messina, infatti, muovendo dalla considerazione che, 
nel c_ampo contrattuale l'amministrazione pubblica non ha poteri l'imperio, 
afferm� che, ove essa �sul ritenuto presupposto che l'altro con


� 

(1) Decisione di indubbia esattezza: la clausola risolutiva espressa � 
un peculiare mezzo apprestato alla parte, nei contratti con prestazioni 
corrispettive, per conseguire nel caso di inadempimento dell'altra la risoluzione 
del rapporto senza ricorrere alle vie normali, mediante un semplice 
atto di volont�. In dottrina cfr. NATALI Condizione risolutiva espressa e 
rapporto enfiteutico in Foro lt. 1944-46, I, 570. 
Il patto infatti postula una specifica manifestazione di volont� del 
soggetto che intende avvalersi della clausola, la quale pu� desumersi anche 
implicitamente, purch� in maniera non equivoca -cfr. Cass. 29 dicembre 
1969, n. 4052 in Giur. lt. 1970, I, 1, 1214; 11 maggio 1957, n. 1669; 15 ottobre 
1957, n. 3834 ecc.-, avente natura di dichiarazione unilaterale a carat




1370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

traente non abbia adempiuto una determinata obbligazione secondo le 
modalit� stabilite, intenda valersi della clausola risolutiva espressa, deve 
limitarsi a rendere edotta di tanto la controparte e non decretare con 
un proprio atto d'impero la risoluzione del contratto�, e ne ha dedotto 
che, poich� vi era disaccordo tra i contraenti l!Ulia sussistenza dell'inadempimento 
fatto valere dall'Amministrazione, il Ministero �aveva l'obbligo 
di adire la magistratura ordinaria per ottenere la dichiarazione 
giudiziale di risoluzione� del contratto. 

Con queste asserzioni la Corte del merito � caduta nell'errore denunciato 
dal Minister0. Questo, invero, non aveva compiuto UJl atto di 
autorit� valendosi dei propri poteri di natura pubblicistica, bens� aveva 
semplice:rpente comunicato al fa��imento del Puglisi che il contratto era 
risolto perch� erasi avverato l'inadempimento previsto dalla clausola 
risolutiva espressa. L'art. 1456 cpv. e.e. conferisce alla parte. interessata 
il diritto (potestativo) di determinare la risoluzione automatica del 
contratto con la mera dichiarazione che intende valersi .della clausola 
risolutiva espressa. Questa dichiarazione pu� anche esser fatta con un 
decreto amministrativo, notifi.cato alla controparte, com'� avvenuto nella 
specie, perch� tal forma non ne cambia il contenuto, che �l di carattere 
negoziale. �D'altra parte, poich� la dichiarazione prevista da1: capoverso 
dell'art. 1456 e.e. ha effetto risolutorio immediato, non si �pu� negare 
alla parte interessata il diritto di dichiarare che il contratto � risolto 
nell'atto stesso in cui essa fa la suddetta dichiarazione. L'affermazione 
che il contratto � risolto pu� essere contrastata dall'altra parte; e per 

tere negoziale con funzione costitutiva dell'effetto risolutivo al momento 
in cui perviene all'inadempiente. 

Siffatta dichiarazione non � soggetta a vincoli di forma, cfr. Cass. 
25 ottobre 1969, n. 3543 per cui � stato ritenuto che anche un atto di citazione 
nullo -cfr. Cass., 11 maggio 1954, n. 1490 od una dichiarazione portata 
a conoscenza dell'altra parte a mezzo di mandatario non munito di 
apposito mandato scritto. -Cfr. Cass. 2 luglio 1955, n. 2033 -� sufficiente 
allo scopo. � 

Oggetto dell'accertamento giudiziale, qualora l'altra parte intenda opporsi 
agli effetti risolutivi, non � per� la gravit� dell'inadempimento, non 
potendosi a tal fine il giudice .sostituirsi ai contraenti in materia riservata 
alla loro libera determinazione, bens� il presupposto della colpevolezza 
dell'inadempiente perocch�, � nessuna inadempienza, anche in presenza 
di .clausola risolutiva espressa, pu� determinare la risoluzione del contratto 
se non sia sorretta da dolo o da colpa dell'inadempiente �. Cfr. Cass. 21 
marzo 1970, n. 756 in Foro It. 1970, Mass. 

Cli.rea la natura di sentenza di mero accertamento, della pronunzia 
giudiziale concernente la identificazione dei presupposti necessari al diritto 
di provocare la risoluzione del contratto. cfr. Appello Firenze 8 maggio 
1951 in Giur. Toscana 1951 311. 

.� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1371 

derimere un tale conflitto occorrer� l'intervento del giudice; ma se il 
medesimo riconoscer� che l'inadempiment~ contemplato dalla clausola 
risolutiva sussiste e che l'inadempimento non ne ha provato l'inimputabilit�, 
la sua sentenza non aggiunger� sostanzialmente nulla alla situazione 
giuridica che � stata determinata dalla dichiarazione fatta dalla 
parte interessata a norma dell'art. 1456 e.e. e si limiter� .a costatare 
che quella parte aveva ragione di dichiarare conseguentemente, che il 
contratto si era risolto. (Omissis). 

CORTE DI CASS�ZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1971, n. 3051 -Pres. Gian.
nattasio -Est. Valore -P. M. Silocchi (conf.) -Comune di Palermo 
(avv. Accardi e Sansone) c. Ministero dei LL. PP. (avv. Stato 
Albisinni). 

Espropriazione per p. u. -Concorso di Enti pubblici nella attuazione 
dei piani di ricostruzione .ai sensi del D. L. 10 aprile 1947, n. 261 
Legittimazione attiva e passiva rispetto ai terzi -Presupposti. 

(d.l. 10 aprile 1947, n. 261, artt. 58 e 59; l. 25 giugno 1865, n. 2359). 
Se, di regola, parti del rapporto esprop1�iativo sono l'Ente a favore 
del quale l'espropriazione viene disposta ed il soggetto in pregiudizio 
del quale ess�a viene pronunciata, con la conseguenza che, normalm"l'nte, 
i diritti e gli obblighi relativi sorgono direttamente tra di essi, tuttavia 
qualora pi� Enti pubblici concorrono aU'esecuzione dell'opera, com!? 
nell'ipotesi in cui il Ministero dei LL.PP. si so�stituisce al Comune nell'attuazione 
dei piani di ricostruzione, ai sensi degli artt. 58 e 59 D.L.C.P. 
10 aprile 1947 n. 261 ed in aitre analoghe previste dalle leggi, verificandosi 
la separazione tra la titolarit� deUa posizione e� quella della 
attivit�, la legittimazione attiva e passiva nei confronti dei terzi sussiste 
in base alla qualit� e quantit� dei poteri conferiti all'Ente che attua 
l'opera e che il giu�lice dovr� accertare sulla scorta della legge e dei 
singoli atti amministrativi che siano stati emessi (1). 

(Omissis). -Il ricorrente, denunciando, con il primo motivo, la 
violaztone e falsa applicazione dell'art. 58 del citato d. 1. n. 261 del 1947, 
lamenta che la Corte di merito abbia negato la legittimazione passiva 
dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici, trascurando di considerare la 

(1) Cfr. Cass. 21 giugno 1969, n. 2203 in Giust. Civ. 1969, I, 2056; 30 
maggio 1969, n. 1918 in Foro It., 1969 Mass.; 13 luglio 1969, n. 2496, in questa 
Rassegna 1969, I, 45; 31 gennaio 1968, n. 313 ivi 1968, I, 419 con nota cui 
si rinvia. 

1372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

circostanza che l'esecuzio.ne delle opere era stata assunta, in attuazione 
della norma predetta, non dal Comune, ma dall'Amministrazione, che 
aveva versato anche l'indennit� fissata nel decreto di espropriazione, e 
dando, invece, rilievo alla circostanza che beneficiario del provvedimento 
di espropriazione era n Comune di Palermo, a nulla rilevando, nei 
confronti nell'espropriato, che si trattasse di sostituzione. 

La censura � fondata. 

Il fenomeno del concorso di pi� enti pubblici nell'esecuzione di 
opere pubbliche non � nuovo: la nostra legislazione speciale ne contempla 
infatti tutta una serie di casi, di cui quello in esame in tema di 
piani di ricostruzione costituisce soltanto una ipotesi. 

Al fine di stabilire, nelle varie ipotesi, quale degli enti assuma la 
posizion~ di parte nei rapporti con i terzi, attivamente o passivamente 
interessati alle attivit� relative, questa Suprema Corte, con la sentenza 

n. 311 del 31 gennaio 1968, ha proceduto alla classificazione �delle diverse 
fattispecie, fino ad allora presentatesi al suo esame, in quattro 
distinte gategorie: 
a) quella della �delegazione amministrativa �intersoggettiva1 �, 
nella quale l'ente pubblico, investito in via originaria della competenza 
a provvedere alla esecuzione di una determh~ata opera pubblica, conferisce, 
avvalendosi di uno specifico potere attribuito dall'ordinamento, ad 
altro ente pubblico, autoritativamente ed .unilateralmente, una competenza 
derivata nella stessa materia (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, 

n. 2'711; Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128; Cass., 13 agotsto 1964, n. 2307; 
19 luglio 1965 n. 1608; 25 marzo 1966, n. 807); 
b) quella denominata� affidamento� e comprendente due distinte 
figure. La prhna, che potrebbe essere senz'altro equiparata alla delegazione 
amministrativa intersoggettiva, si avrebbe nel caso in cui l'ente 
pubblico, investito della competenza in ordine all'esecuzione di un'opera 
interessante altro ente pubblico, ne affidi -sempre sulla base di uno 
specifico potere conferitogli dalla legge -la intera esecuzione a quest'ulthno 
(Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412; Cass., 2 agosto )968, 

n. 2751); la seconda, invece, configurante l'ipotesi dell'affidamento in 
senso proprio, sarebbe contraddistinta dal conferimento, da parte dell'ente 
pubblico competente in ordine all'esecuzione di una data opera 
interessante altro ente pubblico, dal semplice incarico ad organi tecnici 
di quest'ulthno di curare la parziale esecuzione dell'opera interessante 
altro ente pubblico, dal semplice incarico ad organi tecnici di quest'ultimo 
di curare la parziale esecuzione dell'opera stessa (come, ad esempio: 
la progettazione e la direzione dei lavori), senza peraltro assumerne 
la titolarit� (Cass. 11 luglio 1966, n. 1829); 
e) quella comprendente, le ipotesi di mero �finanziamento�, in 
cui, pur ricadendo l'onere di provvedere alle spese occorrenti per l'oper~ 
su di un distinto ente pubblico, la competenza in ordine alla sua esecu




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

zione rimarrebbe incardinata nell'ente pubblico che ne � beneficiario 
(Sez. Un., 6 dicembre 1966, n. 2854; Cass. 6 agosto 1965, n. 1894; 13 giugno 
1963, n. 1483); 

d) quella, infine, comprendente le ipotesi di vera e propria �sostituzione
�, in cui, al fine di provvedere ad un'esigenza pubblica che 
diversamente rimarrebbe insoddisfatta, un ente pubblico, in forza di 
un espresso potere conferitogli dalla legge, si assume l'esecuzione di 
un'opera di pertinenza di altro ente pubblico (Cass. 11 luglio 1966, 

n. 
1829). 
Queste diverse ipotesi non sempre comportano la partecipazione 
dei vari enti al procedimento espropriativo. 
Nelle ipotesi del mero finanziamento o del semplice affidamento 
dell'esecuzione di certe opere, l'ente finanziante o affidatario, infatti, 
vi rimane estraneo. Nelle ipotesi, invece, di delegazione, sostituzione o. 
anche affidamento (totale), l'ente delegato, sostituente o affidatario assume 
non soltanto l'onere finanziario dell'opera e l'esecuzione della 
stessa, ma anche il compito di provvedere all'espropriazione. 

In relazione a tali ultime ipotesi, la legittimazione attiva o passiva 
nei confronti dei terzi va determinata in base alla qualit� o alla quantit� 
dei poteri che siano conferiti, all'ente che �ttua l'opera, dalla legge 

o dall'atto ammini;trativo che danno luogo alla particolare situazione. 
Orbene, la Corte palermitana, pur mostrandosi edotta di tale orientamento 
giurisprudenziale (ribadito con le decisioni di questa Suprema 
1968, n. 2751 e 22 gennaio 1970, n. 136) e pur avendo identificato nelle 
previsione del citato art. 58 un ipotesi di sostituzione, ha ritenuto di 
potersi distaccare dalla giurisprudenza medesima, pervenendo a conclusioni 
opposte, .sulla base della considerazione che, discendendo dalla 
espropriazione.una responskbilit� da atto lecito, non � possibile ricercare, 
nei confronti del privato, un responsabile diverso dal beneficiario del 
provvedimento. Ha osservato al riguardo eh.e la qualit� di espropriante 
non dipende dal fatto proprio di uno P.ei soggetti attivi nel procedimento 
di espropriazione perch�, quali che siano i fatti e le attivit� svolte, 
esse sono incapaci di produrre l'effetto tipico dell'espropriazione, fino a 
tanto che non intervenga il decreto nei modi e forme di legge e quando 
il decreto interviene l'effetto traslativo del dominio si verifica soltanto 
a favore del soggetto che nello stesso decreto � indicato. Sar�, quindi 
possibile -afferma la sentenza -l'azione di garanzia dello ente beneficiario 
del decreto nei confronti del delegato o del sostituto, ma non 
potr� escludersi la legittimazione del beneficiario. 

Codeste affermazioni, anche se sussidiate da alcuni rilievi non privi 
di correttezza formale, non appaiono idonee ad inficiare i principi reiteratamente 
affermati dalla giurisprudenza di questo Supremo Collegio, 
alla luce dei quali pu� derivare una deroga ai due principi che regolano, 
in generale, la legittimazione in materia di attuazione di opere pubbliche, 


1374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e c1oe, da un lato, quello -ritenuto inderogabile dalla sentenza impugnata 
-per il quale � parte del rapporto di espropriazione l'ente 
a favore del quale l'espropriazione � disposta, e, dall'altro, quello secondo 
cui la responsabilit� delle attivit�, che vengono poste in essere 
dagli enti pubblici, va attribuita all'ente che le compie. 


La particolare disciplina legislativa, infatti, per i fini particolari che 
si prefigge, pei: i mezzi che prodispone e per i risultati cui tende, determina, 
appunto, una scissione tra la titolarit� della posizione e la titolarit� 
dell'attivit�, dalla quale deriva che legittimato a compiere l'attivit� 
con competenza propria sia un soggetto diverso da quello, cui -l'opera 
spetta, o che un'attivit� sia compiuta nell'ambito della competenza altrui, 
senza che il soggetto che la compie assume la titolarit� della posizione 
corrispondente (Cass. n. 311 del 1969, citata). 

Ne consegue che �: compito del giudice accertare, caso per caso, 
quale sia l'effettivo contenuto del complesso di attivit� amministrativa, 
attraverso il quale la situazione per cui un ente compie un'attivit� propria 
di un altro ente, interpretando di volta in volta la singola disposizione 
di legge, dalla quale la situazion� � regolata, ed i singoli atti amministrativi 
che risultino emessi, e che non pu� U giudice limitarsi ad 
enunciare principi generali, senza darsi carico del quesito se tali principi 
non abbiano trovato deroga nella .specifica fattispecie in discussione. 

I

Nel caso in esame, la sentenza impugnata, enunciato il principio, 
secondo il quale legittimato nel rapporto di espropriazione � sempre 

i

l'ente a beneficio del quale l'espropriazione sia stata pronunciata, ha 
escluso che il principio stesso potesse trovare alcuna deroga, mentre 

.I

avrebbe dovuto, in riferimento al citato art. 58, accertare, attraverso 
'lesame di tale norma e ,degli atti amministrativi emessi nel corso del 

I

procedimento, le qualit� e la quantit� dei poteri attribuite ai due neti 


che erano 'intervenuti nel rapporto di collaborazione e, pertanto, la loro 
posizione nei confronti dei terzi. 

L'art. 58 prevede, infatti, che qualora i �comuni non siano in grado, 
per ragioni tecniche-finanziarie, di provvedere direttamente all'attuazione 
totale o parziale dei piani di ricostruzione, il Ministero dei Lavori 
Pubblici �pu� sostituirsi ad �ssi nell'attuazione medesima, in relazione 
alle necessit� di ciascun comune�; laFnorma prevede, cio�, che, con 
propria �determinazione autoritativa ed unilaterale, anche se emessa a 
esguito di .sollecitazione da parte dei comuni interessati, l'Amministrazione 
dello Stato assume su di s� l'attuazione del pia.no di ricostruzione, 
sostituendosi al comune cui fale compito spetterebbe. 

L'attivit� di sostituzione pu� avere un ambito pi� o meno vasto, 
nel senso che lo Stato pu� assumersi sia l'intera attuazione, che va dall'occupazione 
dell'immobile al procedimento di espropriazione ed al compimento 
dell'opera sia assumersi soltanto alcuni di tali -compiti, lasciand9 
gli altri al comune; sia l'una che l'altra ipotesi devono intendersi com



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

prese nella previsione legislativa. Ed invero, nel successivo art. 59 dello 
stesso decreto � prevista una ipotesi di sostituzione piena ed esclusiva 
in quant� ivi � disposto che, �per le opere concernenti ricostruzioni di 
fabbricati destinati ad abitazione�, spetta unicamente al Ministero dei 
Lavori Pubblici procedere all'espropriazione delle aree; ma, dal combinato 
disposto delle due norme, si evince chiaramente che l'art. 59 regola 
un'ipotesi gi� compresa nella previsione dell'art. 58, giacch� fa riferimento 
alla gi� avvenuta assunzione dell'attuazione del pi.ano da parte 
del ministero, e solo in seno a questa prevede la piena esclusione del 
comune dal procedimento di. espropriazione; la sostituzione nel procedimento 
di espropriazione � ammessa, cio�, a sensi dell'art. 58, ma, nella 
previsione generale ivi contenut�, � lasciata alla tleterminazione discrezionale 
degli enti interessati stabilire se debba aver luogo o meno, mentre 
� disposta come attivit� dovuta, :i;iell'ipotesi particolare prevista dall'art. 
59. 

In aderenza a tali principi, questo Supremo Collegio, co:n la citata 
sentenza n. 2496 del 1968, �ha affermato che �nella ipotesi prevista 
dall'art. 58 del d.l. C.P.S. 10 aprile 1947, n. 2,61, l'Amministrazione statale 
o regionale dei lavori pubblici si sostituisce al comune interessato 
nel provvedere al compimento dell'opera e assume la posizione di parte 
sia nel rapporto espropriativo che in ogni altro rapporto inerente alla 
opera, sempre che, dalle particolari modalit� in cui l'attivit� amministrativa 
venga svolta, non risulti il contrario�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 novembre 1971, n. 3438 -Pres. 
Boccia -Est. Grimaldi -P. M. Martinelli (conf.) -L.itro (avv. Fornario 
e Colonna) c. Azienda Autonoma F.S. (avv. Stato Casamassima). 


Trasporto -Trasporto internazionale qi cose a mezzo ferrovia -Processo 
verbale� di verifica -Efficacia -Limiti -Responsabilit� ex 
recepto -Indennizzo per il ritardo nella consegna e per l'avaria -
Cumulabilit� -Colpa grave -Onere della prova. 

(e.e. artt. 1693, 2697; Convenzione Internazionale 25 ottobre 1952 resa esecutiva 
con I. 28 maggio 1955, n. 916, artt. 3.3, 34 e 44). 
Il verbale di verifica delle merci trasportate al fine di accertarne la 
perdita o l'avaria, previsto dall'art. 44 della Convenzione Internazionale 
25 ottobre 1952 per il trasporto delle merci per ferrovia, resa esecutiva 
con legge 28 maggio 1955, n. 916, ha valore di perizia stragiudiziale limitatamente 
alle obbiettive circostanze di fatto sicch�, ove sia stato redatto 


1376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in contraddittorio, � vincolante in ordine alle contestazioni compiute ma 
non vincola il giudice per tutto quel che concerne le conseguenze giuridiche 
ad esse 1�elative (1). 

In conformit� del generale principio di cui all'art. 1693 e.e., il vettore 
ferroviario � responsabil� del danno per la perdita o l'avaria delle 
merci dal momento dell'accettazione fino alla riconsegna, ove non provi 
che il danno sia dovuto ad un evento a lui estraneo e non imputabile, 

o che sussista una delle ipotesi di limitazione di responsabilit� previste 
dalle leggi ferroviarie (2). 
L'indennizzo dovu,to � cumulabile con quello spettante ai sensi dell'art. 
34 par. 1 e 9 C.I.M. per il solo ritardo nella consegna deUe merci (3). 
La responsabilit� del vettore presuppone, per un profilo subbiettivo, 
un inadempimento genericamente colposo da cui esula ogni presunzione 
di colpa grave e pertanto incombe all'interessato, che intenda conseguire 
i pi� rilevanti effetti risarcitori prev.isti dall'art. 37 C.I.M. di 
fornire la relativa prova (4). 

(Omissis). -Col secondo motivo si denunzia la violazione e la falsa 
applicazione degli artt. 41 e 44 della citata Convenzione Internazionale 
Merci, in relazione all'art. 53 della stessa Convenzione, nonch� degli 
art. 1967 e 2738 cod. civ. e dell'art. 49 delle Condizio:q.i e Tariffe Italiane 
sul trasporto del-le cose di cui al r.d. 25 gennaio 1940, n. 9 e si 
lamenta l'omesso esame della questione, prospettata in sede di appello, 
secondo cui con gli accertamenti compiuti ai sensi dei richiamati artt. 41 
e 44 della C.I.M. con il riconoscimento, in essi contenuto, del danno. 
sofferto dal mittente per il ritardo della consegna alle Ferrovie dello 
Stato erna senz'altro vincolate al pagamento del relativo indennizzo, 
con preclusione di ogni altra eccezione e difesa. 

(1) Cfr. Cass. 12 marzo 1969, n. 791 in Foro It. Mass.; 16 marzo 1961, 
n. 596 in Foro It. 1962, I, 1818 ecc. 
In dottrina dr. SANTONI Il contratto per il trasporto delle cose suHe 
Fen�ovie dello Stato 1947, 176 e segg.; DuNI Osservazioni in tema di constatazione 
di danni nel trasporto ferroviario di cose in Riv. Giur. Circ. e 
Trasp. 1962, 23. 

(2) Cfr. Oass. 31 marzo 1969, n. 1070 in Giur. It., 1970, I, 1, 968; Circa 
il momento della riconsegna al destinata1�io del trasporto cfr. lACCANIELLO 
ivi, in nota. Per quel che concerne le limitazioni di responsabilit� � pacifico 
che al vettore a parte i limiti di responsabilit� previsti dalle disposizioni 
in materia, � dato stipulare clausole limitative di responsabilit�, vincolate 
alla osservanza del principio generale contenuto nell'art. 12'29 e.e. 
cfr. Cass. 5 ottobre 1955, n. 2824 in Foro It., 1956, I, 340. 
(3) Non constano precedenti in termini, ma la decisione appare conforme 
alla disciplina dettata dalla convenzione Internazionale 25 ottobre 
1952 per il trasporto delle merci per Forrovia, come � dato desumere dalla 
chiara lettera dell'art. 34. 
(4) Principio pacifico. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA �IVILE 1377 

La censura va disattesa. 

L'istituto della verifica delle cose trasportate per ferrovia, previsto 
e disciplinato dagli artt. 41 e 44 della Convenzione Internazional Merci, 
al fine�di accertare la perdita o l'avaria del carico, ha ~l valore e la portata 
di una perizia stragiudiziale necessaria sui generis, limitata all'accertamento 
di date circostanze obbiettive di fatto, con esclusione di 
ogni apprezzamento sulle conseguenze giuridiche di rilievi nei rapporti 
fra le parti in contesa. In conseguenza, il processo verbale di perizia, 
redatto in caso di avaria in contraddittorio del mittente o del destinatario 
e delle Ferrovie, � vincolativo per le parti interessate soltanto 
relativamente alle contestazioni di fatto (Cass., 17 marzo 1969, n. 791) 
ma non importa alc.n limite per il giudice nell'accertamento della esistenza 
e della misura della responsabilit� dell'Amministrazione Ferroviaria 
per i danni contestati. 

Con il terzo motivo il ricorrente, nel denunziare la violazione� e la 
falsa applicazione dei principi e delle norme sulla responsabilit� civile 
e il risarcimento dei danni, con particolare riferimento agli artt. 26, 27, 
28, 33, 34 e 53 della citata C.1.M., e in relazione agli artt. 12 e 14 delle 
disposizioni sulla Legge in generale, nonch� dell'art. 1222 cod. civ. e 58 
delle Condizioni e Tariffe Italiane sul trasporto delle cose (r.d.l. 25 
gennaio 1940, n. 9), censura la sentenza impugnata per avere limitato 
il risarcimento del danno, dovuto per le gravi avarie subite dalla merce 
a causa del ritardo nella riconsegna, al solo prezzo del trasporto, a norma 
del 2� comma dell'art. 34 della Convenzione e non all'effettivo documento 
sopportato dal mittente. Tale soluzione � in contrasto con lo 
stesso art. 34, che espressamente prevede il cumulo dell'indennit� dovuta 
pe.r il solo ritardo con l'indennit� dovuta in caso di avaria, senza 
operare alcuna distinzione in ordine alla causale del danno e senza 
escludere che l'avaria, per cui spetta il .risarcimento, possa essere anche 
quella derivante dal ritardo. E, in eff.etti, aggiunge il ricorrente, altri 
sono i danni risarcibili per il solo ritardo nella riconsegna, altri sono 
i danni derivanti da avaria, vuoi per il ritardo, vuoi per altra causa. 

La censura � fondata e va accolta. 

L'art. 34 della Convenzione Internazionale Merci, .approvata a Berna 
il 25 ottobre 1952 e ratificata in Italia con la l�gge n. 916 del 1955, -e 
lo stesso pu� affermarsi per l'analoga disposizione contenuta nella 
Convenzione approvata a Berna il 1963 -, nel disciplinare l'ammontare 
dell'indennit� dovuta dalle Ferrovie per il ritardo nella resa della merce

) 

trasportata, prevede noi tre paragrafi della norma una triplice ipot~si di 
risarcimento, a seconda delle conseguenze verificatesi per il ritardo 
stesso: 

1) indennit� per il solo ritardo nella riconsegna, anche se manca 
la prova del danno subito; 


1378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2) indennit� spettando all'avente diritto, se prova che il ritardo 
lo ha danneggiato; 

3) eventuale cumulo delle indennit� dovute per. il ritardo con 
l'indennit� conseguente alla perdita totale o parziale della merce o all'avaria 
della stessa. 

Analizzando pi� in particolare questa distinta disciplina, devesi rilevare 
che nelle prime due ipotesi il pregiudizio contemplato non riguarda 
il carico nella sua consistenza o entit� materiale, bensi ogni documento 
provato o non provato, che derivi all'avente diritto per il solo fatto di 
non ricev�ere la merce. nel tempo stabilito. Trattasi di quei danni che per 
lo pi� ineriscono al lucro cessante e che, come tali, costituiscono una 
fonte di controversia in ordine al loro preciso ammontare: giustamente 
la legge adotta in tal caso un sistema di liquidazione a forfait, vantaggioso 
sia per il vettore che per l'utente, in quanto elimina contestazioni 
e prove laboriose. 

Nella terza ipotesi invece la Convenzione ferroviaria ha inteso rife


rirsi al danno inerente alla cosa trasportata nella sua materiale consi


stenza, e cio� al cosiddetto danno emergente o danno reale (perdita o 

avaria), senza alcuna discriminazione in ordine alla causa di esso, per 

cui appare logicamente indennizzabile anche il danno avvenuto � durante 

il ritardo e per causa del ritardo�, nel senso che la perdita o avaria non 

si sarebbe verificata qualora le cose fossero state consegnate puntual


mente al destinatario. In tale evenienza � ammesso il cumulo tra l'inden


nizzo previsto dai paragrafi 1� e 2� dell'art. 34 e l'indennizzo di cui agli 

artt. 31 e 33 (perdita o avaria.), con l'unico intuitivo limite di non oltre


passare il valore che sarebbe spettato per la perdita totale della merce. 

� pur vero che al paragrafo 3� dell'art. 34 non si accem;1a in modo espli


cit� all'indennizzo per il danno materiale subito dalla merce a causa del 

ritardo, ma ci� � dovuto a ragioni di tecnica legislativa, in quanto l'ipo


tesi stessa risultava gi� regolata in via generale dal precedente art. 33, 

senza alcuna distinzione in ordine alla causa del pregiudizio, per cui 

bastava un semplice richiamo a quella disciplina per ritenere compresa 

tra i risarcimenti indennizzabili anche l'avaria � perdita della merce 

conseguente alla mancata consegna nei termini di resa. 

La contraria opinione della Corte di merito, che ha inteso sussumere 

sotto l'ipotesi di cui al paragrafo 2� dell'art. 34 (indennizzo pari al 

prezzo del trasporto) anche il risarcimento per avaria del carico dipen


dente da ritardo nella riconsegna, cont:r~asta non solo con il principio di 

diritto che impone l'effettivo indennizzo del danno materiale subito, ma 

pi� ancora con la logica del sistema della responsabilit� del vettore. 

All'uopo non � superfluo ricordar�e che l'art. 27 della C.I.M., sulla 

falsariga dell'art. 1693 cod. civ.. stabilisce che il vettore � respontSabile 

del danno risultante dalla perdita totale o parziale della merce, nonc~h� 

delle avarie verificatesi dal momento dell'accettazione al trasporto fino 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

alla riconsegna, a meno che non fornisca la prova che il danno sia dovuto 
ad un evento a lui estraneo e non imputabile. Tale regola, di portata 
generale non subisce deroga in ordine alla causa, onde la responsabilit� 
ex recepto sussiste qualunque sia stata la genesi del danno, salve le poche 
ipotesi di irresponsabilit� del vettore previst�e dalle leggi ferroviarie 
(cali naturali, deterioramento interno della merce e trasporti. eseguiti a 
tariffa eccezionale) che nella specie non ricorrono. 

Posta questa premessa, anche l'avaria o la .perdita della merce 
dovuta a ritardo va risarcita nella sua effettiva entit�, essendo irrilevante 
per l'avente diritto all'indennizzo la �causa del danno e dovendosi 
riconoscere che la stessa resa non puntual� rappresenta un aspetto dell'inadempimento 
contrattuale e quindi una fonte di responsabilit� civile. 

Comunque, anche sul piano logico la tesi dell'assorbimento dell'indennit� 
per avaria nell'indennit� per ritardo va rifiutata se si vogliono 
evitare conseguenze inique in ordine alla entit� del risarcimento: e, 
infatti, qualora le avarie derivanti da ritardo dovessero essere indennizzate 
a norma del 2� paragrafo dell'art. 34, come ha opinato la Corte di 
merito, e cio� nei limiti del presso del trasporto e quindi, il pi� delle 
volte, in misura irrisoria, l'Amministrazione ferroviaria avrebbe' tutto 
l'interesse, per sfuggire ai risarcimenti normali, a ritardare la riconsegna 
e a far apparire l'avaria stessa come derivante da fatto del ritardo. 

Col quarto motivo il ricorrente, nel denunziare la violazione e la 
falsa applicazione dell'art. 2.697 cod. civ., in relazione agli art. 1218 e 
1228 stesso codice, nonch� all'art. 37 della C.I.M., sostiene che, in ogni 
caso, il ritardo nella resa della. merce integrava gli estremi della colpa 
grave di cui all'art.. 37 della citata Convenzione, con la conseguenza che 
al danneggiato spettava un risarcimento pari al doppio delle indennit� 
previste dall'art. 34. Su tale profilo della 'lite la Corte di merito, aggiunge 
il deducente, ha omesso ogni esame, trascurando il rilevare che 
l'onere della prova di una mancanza di colpa grave incombeva all'amministrazione 
ferroviaria, si rendeva operante la presunzione di responsabilit� 
ex art. 1218 cod. civ. 

Il rilievo � destituito di fondamento. 

Ai sensi dell'art. 1693 cod. civ. e del correlativo art. 27 della C.I.M. 

come � stato innanzi sottolineato -il vettore � responsabile ex 
recepto della perdita e dell'avaria delle cose consegnategli per il traporto 
dal momento in cui le. riceve al momento in cui le consegna, se 
non prova che la perdita o l'avaria � derivata da caso fortuito, dalla 
natura o dai vizi della cosa stessa o dal loro imballaggio o dal fatto del 
mittente o da quello del destinatario. Ci� implica una presunzione di 
responsabilit� che non si discosta dalla regola fondamentale dettata 
dall'art. 1218 cod. civ. relativamente alla r�sponsabilit� del debitore e 


1380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che presuppone, sotto il profilo subbiettivo, un inadempimento colposo 
generico e cio� un comportamento neglimente, imprudente o contrario 
a norme regolamentari. 

Esula quindi dal regime del recentum e dal regime generale della 
responsabilit� per inadempimento ogni presunzione di colpa grave, la 
quale condurrebbe a risultati opposti a quelli reclamati dal ricorrente 
e cio� ad una limitazione di responsabilit� del vettore, che, pur nella 
meno severa formulazione legislativa vigente, deve escludersi. 

Ritenuto adunque sufficiente ad integrare la presunzione della responsabilit� 
del vettore il concorso del solo estremo della colpa normale, 
devesi dedurne l'estraneit� a tale sistema del concetto della colpa grave, 
anche perch� per la legge ferroviaria citata la colpa grave rappresenta 
un elemento costitutivo di pi� rilevanti effetti (pagamento del doppio 
delle indennit� massime previste per le inadempienze vettoriali generiche). 
In tal caso, come si verifica con la situazione risarcitoria contemplata 
dall'art. 1225 cod. civ. (inadempimento dovuto a dolo del debitore), 
rivive la regola generale dettata dall'art. 21697 cod. civ. in ordine alla 
prova, secondo cui spetta a chi chiede l'attuazione della volont� della 
legge, in relazione a un diritto che faccia valere in via di azione o di 
eccezione, di provare il fatto giuridico da cui fa discendere il preteso 
diritto e cio� le condizioni della PJ.'.e1lesa. 

Nella specie, incombeva al mittente o destinatario dimostrare la 

colpa grave del vettore nell'adempimento del contratto di trasporto, al 

fine di conseguire quegli effetti risarcitori pi� rilevanti previsti dal


l'art. 37 della C.l.M. e cio� l'affermazione di� una responsabilit� che 

esula dai canoni ordinari e presuntivi del receptum. ~ (Omissis). 

\., 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. lii, 10 dicembre 1971, n. 3591 -Pres. La 
Farina -Est. Sgroi -P. M. Caristo (conf.) -Lener (avv. Lener, 
Lanza, Magliani) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Zagari). 

Responsabilit� civile -Danni cagionati dalle Forze armate alleate in 
azioni non di combattimento -Indennizzo -Natura -Criteri!di 
liquidazione. 

(1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1, 2, 3; r.d.1. 17 agosto 1935, n. 1765). 
L'indennit� prevista dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10, recante norme 
in materia di indennizzi per danni cagionati con azioni non di combi.it




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1381 

timento delle Forze armate aUeate, � per contenuto~ presupposti e� 
ambito �i applicazione, del tuttJo diversa dall'obbligazione risarcitoria 
da iUecito ex art. 2.043 cod. civ. e va liquidata sulla base dei criteri 
tassativamente predeterminati d�lla legge speciale la quale, ove 
si tratti di danni aZ.Za persona, con il rinvio alle disposizi'oni del r.d..l. 
17 ago�sto 1953, n. 1765 e succ. modificazioni, richiama unicamente le 
disposizioni entrate in vigore prima della legge 1951, n. 10 � (1). 

(Omissis). -Dei due motivi in cui si articola il ricorso, il primo 
risulta integralmente svuotato di contenuto a seguito della menzionata 
pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato non fondata la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 e dell'art. 2 nn. 1 e 3 
della 1. 9 genilaio 1971, n. 10 (contenente norme. in materia di indennizzi 
per danni arrecati con azioni non di combattimento per requisizioni 
disposte dalle Forze armate alle�te), nonch� della allegata tabella dei 
coeffic_ienti in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. �, dunque, la disciplina 
dettata dalla legge speci�le che va applicata nella specie; e l'indennit� 
da .essa prevista �, per cc;nteztuto, presupposti e ambito di applicazione, 
del tutto diversa dall'obbligazione per risarcimento dei danni da fatto 
illecito di cui all'art. 2043 e.e., con la conseguie:t.;a che la predetta indennit� 
non pu� essere liquidata, neppure in caso di danni �lla persona, 
in base ai criteri che presie!lono �l risarcimento del danno ex delicto, 
ma sofo in base ai criteri tassativi e predeterminati fissati dalla legge 
stessa (cfr. Cass., 18 maggio 1965, n. 952). Il primo motivo di ricorso si 
impernia sostanzialmente sulla pretesa dl ottenere un risarcimento del 

danno alla stregua della disciplina comune sulla responsabilit� per fatto 

illecito, una voita poste fuori causa per illegittimit� c~stituzion�le (esclu


sa, per contro, nella competente sede) le disposizioni della legge speciale, 

applicate da.i gi�dici di merito. Serionch�, caduto il presupposto della 

illegittimit� costituzion�le !lella normativa" riguardante gli indennizzi 

per danni arrecati �on azioni non. di combattimento dalle For~e arm'ate 

alleate, resta travolta la censura, che da quel presupposto muove e trae 

alimento; e l'esame del ricorso circoscritto al solo secondo motivo, de


dotto, in via subordinata dall'avv. Lener per l'ipotesi, irrecocabilm�nte 

re�lizzatasi, di ritenuta applicabilit� della legge n. 10 del 1951 al caso 

qui controverso. 

(1) Sulla prima parte della massima cfr. Cass., 18 maggio 1965, n. 952 
in questa Rassegna 1965, I, 942. 
La sentenza della Corte Costituzionale 16 marzo 1971, n. 46 si legge in 
Foro It., 1971, I, 838. 



1382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D'.ELLO STATO 

Le molteplici critiche che con questo secondo motivo il ricorrente 
muove alla sentenza impugnata, si rivelano tutte infondate. �, in primo 
luogo, certamente da ripudiare l'idea, espressa dal ricorrente, dell'inapplicabilit� 
della citata legge alla materia dei danni soffert.i dai professionisti. 
Questa opinione, che avrebbe eliminato alla radice il problema 
centrale della causa ed avrebbe reso irrilevante le questioni di legittimit� 
costituzionale sulle quali � intervenuta la decisione .della Corte 
Costituzionale, viene testualmente smentita dalla tabella -allegata alla 
legge e formante parte integrante della medesima -che accanto alle 
altre categor!e (operai, artigiani, proprietari, imprenditori) considera 
esplicitamente anche quella dei professionisti. 

Quanto alla pretesa di vedere applLcata, nella specie, la 1. 3 aprile 
1958, n. 499, sull'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, 
si osserva che, ai sensi dell'art. 2 n. 3 della legge n. 10 del 1951, 
l'indennit� viene liquidata, se trattasi di .danno alla persona, avendo 
riguardo ai criteri stabiliti per gli infortuni sul lavoro .dal r.d.l. 17 agosto 
1935, n. 1765 e successive modificazioni, in quanto applicabili. Erroneamente 
l'avv. Lener sostiene che, rinviando indiscriminatamente alle 
modificazioni successive, la citata tfuiposizione richiamerebbe anche la 
legge n. 499 del 1958, che � anteriore alla liquidazione dell'indennit� in 
sede amministrativa. Li'errore consiste, intanto, nell'aver trascurato di 
tener conto della Tatio ispiratrice dell'intero sistema della legge speciale, 
in cui -come ha messo in luce la Corte Costituzionale -domina l'esigenza 
di attribuire ai dannegiati, anzich� un totale ristoro, una indennit� 
compatibile con i sacrifici sopportabili dall'intera nazione, .sicch� � da 
rifiutare, in linea di principio, una integrazione di disciplina che sia 
atta a sovvertire quella mtio. Che il rinvio sia limit�to alle disposizioni 
entrate in�vigore prima della legge n. 10 del 1951 nella materia dell'assicurazione 
obbligatoria degli infortuni sul lavoro si desume poi testualmente 
dal disposto del n. 3 dell'art. 2 �citato, il quale staibilisce che 
�l'indennizzo si calcola capitalizzando -in base al salario massimo di 
cui all'art. 4 del d.l. C.P.S. 25 gennaio 1947, n. 14 -la rendita spettalnte 
in caso di inabilit� all'infortunato o in caso di morte ai superstiti e moltiplicando 
il capitale cos� ottenuto per una coeffic�ente determinato discrezionalmente 
dall'Amministrazione fra quello minimo e quello massimo 
stabilito nell'allegata tabella in rapporto alla categoria professionale 
alla quale appartiene o apparteneva la persona infortunata�. Essendo 
il reddito da porsi a base del calcolo chiaramente ancorato alla 
misura fissata nell'art. 4 del decreto n. 14 del 1947, � la stessa lettera 
della legge a smentire la fondatezza del riferimento ad una qualsiasi 
diversa base di calcolo, desunta da una legge diversa da quella espressamente 
richiamata ed entrata in vigore successivamente alla legge contenente 
il rinvio. -(Omissis). ~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1383 

,CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 dicembre 1971, n. 3779 -Pres. 
Vallillo -Est. Aliotta -P. M. De Marco (conf.) -Antenore (avv. Di 
Se.gni e Cagli) c. I.N.A.I.L. (avv. Flamini e Ungaro), Pepoli (avv. De 
Luca e Silvestrini) e Ministero dei LL. PP. (avv. Stato R. Bronzini). 

Infortunio sul lavoro -Assicurazioni sociali -Limitazioni in responsabilit� 
-Presupposti -Rapporti tra appaltante ed appaltatore Inapplicabilit�. 
~ 

(r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4). 
Danni -Risarcimento -Prescrizione -Domanda proposta nei confronti 
di uno dei compartecipi dell;illecito -Effetto interruttivo 
per l'azione di rivalsa verso l'altro dei compartecipi. 

(e.e. artt. 1310, 2943). 
L'esonero di responsabilit� stabilito dall'art. 4 del r.d.l. 17 agosto 
1935, n. 1765 per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro, 
in favore del datore di lavoro per i fatti non costituenti reato, ha effetto 
soltanto nell'ambito del rapporto assicurativo, di cui sono parti l'Ente � 
assicuratore, il datore di lavoro ed il lavoratore, onde i rapporti tra 
appaltante ed appaltatore sono regolati invece dalle norme generali 
dettate per il contratto di appalto e cl.alle eventuali clausole stipulate eroi 
contraenti (nella specie art. 23 d.m. 28 maggio 1895 -Capitolato Generale 
di appalto per le Opere pubbliche, che pone a carico dell'appaltatore 
il risarcimento dei danni a terzi, verificatisi nel corso dei i.avori) 
(1). 

La domanda giudiziale per conseguire il risarcimento del danno ed 
ogni altro atto interruttivo della prescrizione previsto dall'art. 3943 cod. 
civ., proposto nei confronti di uno dei compartecipanti del fatto illecito, 
ha effetto interruttivo anche per gli altri e pertanto di esso pu� giovarsi 
chi tra costoro, per avere risarcito il danneggiato, intenda rivalersi verso 
i corresponsabili (2). 

(1) Cfr. Cass. 30 ottobre 1969, h. 3615 in Giust. Civ., 1970, I, 1069; 
10 ottobre 1967, n. 2377 ecc. 
In dottrina dr. RICHARD L'assicurazione contro gli info'l'tuni sul lavoro 
e le malattie professionali in trattato di diritto del lavoro -vol. IV, 1 Padova 
1959, 63-6 e segg.; PERE'.l'TI GRIVA Infortuni sul lavoro e malattie 
professionali Utet 1937 ip. 270. 

(2) Cfr. Sez. Un., 7 febbraio 1969, n. 409 in Giust. Civ., 1969, I, 1059; 
9 maggio 1965, n. 1883 in Foro It., 1965, I, 1645. 
Per il precedente orientamento, in senso contrario, cfr. Cass. 20 ottobre 
1958, n. 3356; 9 giugno 1956, n. 1983. 

10 



1384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Va anzitutto rilevato l'inammissibilit�, ai sensi dell'art. 
366 'c.p.�c., del ricorso principale proposto dall'Antenore. in quanto 
non contiene, come giustamente eccepito dall'I.N.A.I.L., l'indicazione 
della quietanza del deposito per il caso di soccombenza. Ne consegue 
altresi l'inammissibilit� del relativo ricorso incidentale proposto dal 
Ministero dei lavori pubblici. 

Venendo quindi all'esame del ricorso principale proposto dagli eredi 
Pepoli, si rileva che con il primo motivo i rkorrenti, denunziando la 
violazione dell'art. 4 r.d.l. 17 agosto 1935, n. 1765, nonch� difetto di 
motivazione sul punto (art. 360 nn. 3 e 5 �c.p.c.), �sostengono che erroneamente 
e senza alcuna motivazione la Corte di Appello ha escluso l'ap'plicabilit� 
nei suoi confronti dell'esonero di responsabilit� previsto nella 
citata disposizione. Il motivo � infondato. Infatti, come ha esattamente 
ritenuto il giudice di appello, con adeguata motivazione, esente da vizi 
giuridici e logici, l'esonero di responsabilit� di cui all'art..4,.della legge 
infortunistica, previsto in favore del datore di lavoro per i fatti non 
costituenti reato, � applicabile soltanto nell'ambito del rapporto assicurativo, 
dal quale sono parti l'ente assicuratore (nella specie l'I.N.A.I.L.), 
il datore di lavoro ed il laivoratore assicurato. Ne consegue che la norma, 
per il suo carattere eccezionale, non pu� trovare applicazione al di 
fuori di tale ambito nei rapporti tra ente appaltante e appaltatore dei 
lavori che hanno dato causa od occasione all'infortunato, rapporti che 
sono invece regolati dalle norme generali che disciplinano l'appalto e 
dalle particolari clausole eventualmente stipulate dalle parti. E nella 
specie appunto la. responsabilit� dell'appaltatore trova la sua specifica 
regolamentazione in appos~te clausole del capitolato generale, approvato 
con d�m� 28 maggio 1895 (art. 23) e nen contratto di cottimo (art. 3), 
in base alle quali questi si assumeva nei confronti del Ministero ogni 
responsabilit� per gli ventuali danni a terzi che potessero verificarsi nel 
corso dei lavori. Del pari infondato � il secondo motivo, con il quaile i 
ricorrenti, denunziando la violazione degli artt. 2947 -1310 e.e. e delle 
norme che regolano la prescrizione nonch� difetto di motivazione sul 
upnto (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.); sostengono che erroneamente la Corte 

di Appello ha respinto l'eccezione di prescrizione da essi proposta, rite


nendo che la causa interruttiva della stessa, posta in essere nei confronti 

di altro debitore solidale, era operante anche. nei loro confronti, senza 

per altro precisare quale fosse l'obbligazione ..solidale. Infatti, come 

La �giurisprudenza, applicando testualmente la norma di cui all'art. 1310 
cod. civ., con particolare riguardo alla solidariet� passiva, ha ripetutamente 
affermato che qualsiasi atto interruttivo compiuto dal creditore verso uno 
dei condebitori ha efficacia interruttiva della prescrizione anche nei confronti 
degli altri coobbligati. Cfr. Cass. 9 febbraio 1962, n. 272 in <;iust. 
Civ. 1962, I, 885. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

esplicitamente affermato dalla: Corte di Appello nei rapporti tra 
l'I.N.A.I.L. e l'Antenore e quindi implicitamente, per analogia di situazioni 
giuridiche, nei rapporti tra il Ministero e l'appaltatore Pepoli, 
secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze 
Sez. Un., 7 febbraio 1969, n. 408 e 3� Sezfl. 6 agosto 1965, n. 1883), la 
domanda giudiziale di risarcimento, proposta, dal danneggiato nei confronti 
di uno dei compartecipi del fatto illecito, ha effetto interruttivo 
anche nei confronti degli altri compartecipi. Ed analogo effetto interruttivo 
deve essere in conseguenza riconosciuto ad ogni altro atto interruttivo 
della prescrizione previsto nell'art. 2943 e.e. Pertanto di tale effetto 
interruttivo il �compartecipe perseguito dal danneggiato, pu� giovarsi, 
in virt� dell'art. 1310 e.e., ai fini del computo del decorso del termine 
della priescriziorie per la sua azione d.i accertamento della corresponsabilit� 
di altro compartecipe del fatto illecito, comunemente denominata 
di rivalsa o di regresso. Ne consegue nelle specie che il Ministero re,spon'
�sabile dell'incidente de quo, solidam�nte con l'appaltatore dei lavori, 
convenuto in giudizio dall'INAIL con a!zione di regresso ex art. 4 della 
citata legge infortunistica, poteva a sua volta giovarsi degli effetti interruttivi 
della prescrizione v~catisi nei suoi confronti per agire in via 

di rivalsa contro l'appaltatore PePOli. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA* 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 820 -Pres. Potenza 
-Est. Battara -Stefanelli (avv. Caminiti e Cannata) c. Ministero 
del Tesoro (avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Danni di guerra -Sequestri all'estero di somme liquide -Accordo 
italo-egiziano 10 settembre 1946 reso esecutivo con 1. 10 maggio 
1957, n. 512 -Liquidazione -�Criteri. 

{artt. 1 e segg. l. 29 gennaio 1951, n. 21). 

Ai fini della liquidazione da parte deU'Ammimistrazione di una 
somma pari ai fondi liquidi sequestrati presso cittadini italiani dal Governo 
egiziano assume rilevanza, secondo quanto previsto daita l. 29 
gennaio 1951, n. 21, il solo elemento relativo al saldo deUe attivit� liquide 
sequestrate, non richiedendo la legge alcun accertamento circa le 
misure adottate in sede di sequestro dall'autorit� egiziana (1). 

(1) Massima esatta. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 837 -Pres. Granito 
-Est. Giura: -Bellesia (avv. C. e N. Sciacca) c. Ministero della 
Difesa (avv. Stato Peronaci). 

Giustizia amministrativa -Ricorso avverso atto non ancora emanato Inammissibilit�. 


Atto amministrativo -Annullamento d'ufficio -Presupposti e limiti Decorso 
del tempo -Valutazione -Obbligo -Sussiste.. 

� inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro un provvedimento 
amministrativo non ancora emanato (1). 

(1) Giurisprudenza costante. 
(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezion& ha 
collaborato anche l'avv. Francesco Mariuzzo. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1387 

L'annullamento d'ufficio di un atto amministrativo viziato � condizionato, 
oltre che alla sussistenza del vizio, all'esistenza di ragioni di 
pubblico interesse, che ne consigliano la rimozione; pertanto, di fronte 
alla consolidazione degli effetti di un atto, determinata dal decorso di 
un notevole lasso di tempo, sussiste l'obbligo di valutare sul piano discrezionale 
sia l'esigenza del rim�istino della legalit�, dimensi011abile anche 
in termini economici ove rifietta questioni patrimoniali, sia l'esigenza di 
non turbare situazioni giuridiche ormai definitive (2). 

(2) La Sezione ha fatto applicazione nel caso di specie dei principi 
generali elaborati in materia di convalescenza dell'atto amministrativo, 
dichiarando l'illegittimit� di un provvedimento di annullamento di un atto 
di collocamento in congedo, risalente al 1949; i presupposti dell'annullamento 
in sede di autotutela sono stati correttamente identific~ti nella massima, 
che sembra aver trascurato, peraltro, di considerare che l'esistenza 
di ragioni di pubblico interesse, la cui omessa valutazione ha viziato i1 
provvedimento impugnato, andava strettamente correlata ad esigenze di 
carattere patrimoniale, nelle quali ovviamente l'astratta esigenza del ripristino 
della legalit� si colora in modo particolare, nonch� alla circost�nza 
che l'annullamento era stato effettuato dall'autorit� amministrativa in 
presenza di due contemporanei rapporti di servizio da parte dello stesso 
dipendente. 
La valutazione della rilevanza in materia patrimoniale deve ritenersi, 
infatti, esistente in re ipsa in un sistema amministrativo nel quale l'ordinamento 
della spesa � fondato sul principio di legittimit� della stessa: e 
tale conclusione appare, del resto, avvalorata proprio dalle indicazioni fornite 
dalla Sezione per un corretto esercizio del potere di annullamento, 
tenuto conto della concreta inesistenza, in materia patrimoniale, di criteri 
sicuri e diversi da quelli rivolti al recupero di somme indebitamente 
per.cette ed idonei ad ancorar.e l'esercizio della discrezionalit� da parte 
dell'Amministrazione. (Cfr. Ad. plen. 28 novembre 1970, n. 12 Il Consiglio 
di Stato 1970, I, 1841; Ad. plen. 7 ma'fzo 1962, n. 2, ivi, 1962, I, 397; 
inoltre Sez. IV, 8 ottobre 1961, n. 542, ivi, 1961, I, 1832; Sez. IV, 4 novembre 
1963, n. 603, ivi, I, 1307. In dottrina cfr. SANDULLI: Manuale di diritto amministrativo, 
GIUFFR�, 1962, 376 e sgg.; CANNADA-BARTOLI: Sulla discrezionalit� 
dell'annullamento d'ufficio, RADP 1949). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 839 -Pres. Granito 
-Est. Paleologo -Serao (avv. AnvaldC� e� Vitellio) c. A.N.A.S. 
e Prefetto di Napoli (avv. Sta>to Dallari) e soc. Infrasud (avvocato 
Ferrari). 

Giustizia amministrativa -Atto impugnabile -Occupazione temporanea 
-Autorizzazione all'ingresso nel fondo per la redazione dello 
stato di consistenza -� atto preparatorio -Impugnazione Inammissibilit�. 


(art. 71 I. 25 giugno 1865, n. 2359). 



1388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Giustizia amministrativa -Atto impugnabile -P�rtecipazione, al privato, 
della data di redazione dello stato di consistenza -� atto 
preparatorio -Impugnazione -Inammissibilit�. 

Espropriazione per p. u. , -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza 
-Autorizzazione all'ingresso nel fondo -Obbligo di notifica 
o comunicazione al proprietario -Non sussiste. 

Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza 
-Redazione -Obbligo di picchettamento -Non sussiste. 
(art. 8 l. 25 giugno 1865, n. 2359). 

Espropriazione per p. u, -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza 
-Redazione da parte di un tecnico dell'A.N.A.S. -Legittimit�. 


(art. 34 l. 7 febbraio 1961, n. 59; art. 32 1. 25 giugno 1865, n. 2359). 

, 

� inammissibile il ricorso giurisdizionale avanzato contro l'atto del 
Prefetto di autorizzazione all'ingresso nei 'berreni di privati, preordinato 
alla redazione dello stato di consistenza, trattandosi di un mero atto 
intermedio del procedimento che si conclude con l'occuwzione temporanea 
(1). 

� inammissibile il ri.corso proposto contro l'atto di comunicazione 
della data fissata per la redazione dello stato di consistenza, risolvendosi 
detto atto in un momento intermedio del procedimento di occupazione 
temporanea (2). 

L'atto del Prefetto di autorizzazione all'ingresso nei terreni di privati 
non deve essere notificato ai relativi proprietari, essendo sufficiente 
che essi ne prendano conoscenza al momento della redazione dello stato 
di consistenza (3). 

Nel corso della redazione dello stato di consistenza non sussist;e 
alcun obbligo di delimitare con picchetti o altri segnali il fondo da occupare, 
essendo condizione neces8aria e sufficiente la sua esatta determinazione 
(3). 

Legittimamente la redazione dello stato di consistenza di fondi da 
occupare da parte dell'A.N.A.S. viene effettuata, ai se1t8i di quanto disposto 
dall'art. 34 della l. 7 febbraio 1962, n. 59 in deroga alla previsione 
generale deU'art. 71 della l. 25 giugno 1865, n. 2359. direttamente da 
tecnici della suddetta Azienda (5). 

(1-2-3-4-5) Massime da condividere. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1389 

CONSIGL.:IO DI STATO, Sez. V, 29 settembre 1971, n. 773 -f'res. ed 
Est. Breglia -Rel. Salvatore -Svampa (avv. De Paolis) c. Comune 
di Roma (avv.ti Rago e Carnevale) e Prefetto di Roma (n. c.). 

Giustizia amministrativa -Giunta provinciale amministrativa -Dichiarazione 
di incostituzionalit� -Devoluzione del giudizio al Consiglio 
di Stato -Riassunzione -Termine di decadenza -Non sussiste. 


Giustizia amministrativa -Impiego pubblico -Segretario comunale Pretese 
patrimoniali -Ministero dell'Interno -Non � controinteressato. 


Corte costituzionale -Sentenza dichiarativa di incostituzionalit� Interpretazione 
-Necessit�. 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Prescrizione ~ Dichiarazione 
di incostituzionalit� -� limitata ai rapporti d'impiego 
privato. 

(e.e. artt. 2948, n. 4, 2955 e 2956). 
lmpieg�;> pubblico -Segretario comunale -Supplenza -Diritti di segreteria 
-Mancato computo -Legittimit�. 

Impiego pubblico -Segretario comunale -Supplenza -Determinazione 
del compenso per il periodo anteriore atl'entrata in vigore della 

L. 8 giugno 1962, n. 604 -Distinzione rispetto al periodo successivo 
-Necessit�. 
(art. 39 1. 8 giugno 1962, n,. 604; art. 193 t.u. 3 marzo 1934, n. 383). 


La devoluzione al Consiglio di Stato delle' competenze gi� appartenenti 
aila Giunta provinciale amministrativa in s. g. presuppone soltanto 
che il ricorso, introduttivo dell'originario .giudizio, sia stato a suo 
tempo ritualmente proposto e che, del pari, il giudizio medesimo non sia 
divenuto irrevocabile, del tutto irrilevante essendo il momento in cui 
concretamente il processo viene riassunto dinanzi al Consiglio di 
Stato (1). 

Nel giudizio che venga proposto in sede giurisdizionale nei confron.ti 
di un Comune da parte d;i un proprio dipendente il Ministero dell'Interno 
non assume la veste di controinteressatl>, in quanto l'eventuale ac


(1) La massima � da approvare in assenza di espliciti termini di decadenza 
per la riassunzione davanti al C.d.S. dei giudizi gi� pendenti dinanzi 
alle G.P.A., risolvendosi il �coniroarlo avvi.so in una ipotesi di denegata giustizia, 
come � stato chiarito nella motivazione; vedasi per rif. Cass. SS.UU., 
21 settembre 1970, n. 1642, Giust. Civ., 1970, I, 1330. 

1390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

coglimento del ricorso � destinato ad incidere esclusivamente sul Comune 
(2). 

Le. sentenze dichiarative di incostituzionalit� vanno interpretate, 
tenuto anche conto dell'eventuale limitato rilievo della pronuncia nel 
contesto delle norme sottoposte a giudizio, con riferimento alla motivazione, 
che ne costituisce il presupposto e daila quale si rende evidente 
l'esatta portata della decisione (3). 

La dichiarazione di incostituzionalit� degli artt. 2948, n. 4, 2955 e 
2956 e.e., disposta dalla Corte costituzionale con sentenza del 10 giugno 
1966, n. 63 per la parte in cui le suddette norme consentivano la prescrizione 
dei crediti di lavoro in costanza del relativo rapporto, deve essere 
limitata, alla luce di quanto si desume dalla motivazione, al rapporto 
d'impiego di diritto privato, risultando in modo ce.rto escluso l'ambito 
del rapporto di pubblico impiego dalla portata della dichiarazione 
di incostituzionalit�, anche se, in tale ultimo caso, in difetto di disciplina 
espressa, debbano ritenersi applicabili disposizon del e.e. (4). 

Nel calcolo del compenso dovuto a segretari comunali in caso di 
supplenza legit�mamente viene omesso il computo dei diritti di segreteria, 
non essendo questi ultimi ricompresi nella voce tabellare iniziale 
e spettando esclusivamente in 1'elazione al compimento effettivo di singole 
prestazioni (5). 

Relativamente alle supplenze dei segretari comunali, effettuate in 
data anteriore all'entrata in vigore della l. 8 giugno 1962, n. 604 la liquidazione 
del compenso va determinata secondo quanto stabilito dall'articolo 
193 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383 non avendo la nuova discip1.(ina 
introdotta carattere retroattivo (6). 

(2) Massima esatta. 
(3-4) L'affermazione refativa all'.interpretazi.one delle decisioni della 
Corte costituzionale va condivisa, avendo, tra l'altro, la sezione po,sto in 
rilievo la sua opportunit� non soltanto in via g,enel'ale, ma nell'ipotesi in 
cui la dicbia['azione cli incostituzionalit�, attenendo ad un solo aspetto della 
portata della norma, consenta la sua integ,rale, letterale sopravvivenza. 

Non � pacifica, al contrario, la conclusione che nella fatti.spede trae il 

collegio: cf:r. in senso difforme Sez. VI, 23 marzo 1971, n. 225 It Consiglio 

di Stato 1971, I, 618; vedasi anche Corte cost. 20 novembre 1969, n. 143 in 

questa Rassegna 1969, I, 1002. ' 

(5-6) Massime esatte. 

OCNSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 settembr,e 1971, n. 696 -Pres. Tozzi 
-Est. Valitutti -Consoli (avv. Tafuri) c. Ministero pubblica istruzione 
(avv. Stato Zagari). 

Impiego pubblico -Trasferimenti -Graduatoria degli aspiranti Ricorso 
.gerarchico -Semplice interesse al miglioramento delle 
posizione in graduatoria -Non � giuridicamente protetto -Omesso 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1391 

esame della posizione della ricorrente in sede di decisione gerarchica 
-Illegittimit�. 

La sola, obiettiva possibilit� di conseguire il trasferimento richiesto 
legittima l'impugnativa in sede gerarchica della graduatoria di trasferimento, 
non potendosi riconoscere giuridica rilevanza al mero interesse 
al miglioramento della rispettiva posizione in graduatoria, alla quale 
fa, infatti, difetto ogni natura di merito; illegittimo risulta, in conseguenza, 
il provvedimento di"accoglimento del ricorso gerarchico, che abbia 
omesso l'esame della concreta situazione dell'interessata ai fini� suindicati 
(1). 

(1) -Cfr. Sez. VI, 14 novembre 1969, n. 657, Il Consiglio di Stato 1969, 
I, 2251. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 settembre 1971, n. 699 -Pres. Tozzi 
-Est. Brignola -Di Leonardo (avv. Tribuzio) c. Ispettorato Scolastico 
Melfi e Direttore didattico Rionero in Vulture (avv. Stato 
Casamassima). 

Impiego pubblico -Note di qualifica -Dipendente in servizio in pi� 
uffici nel corso dell'anno -Competenza -Criterio. 
(artt. 49 e segg. t.u. 10 gennaio 1957, n. 3). 

Impiego pubblico -Note di qualifica -Ricorso gerarchico -Decisione 
motivata su fatti non contestati in precedenza -Illegittimit�. 

Impiego pubblico -Note di qualifica -Assenze giustificate -Valutazione 
negativa -Possibilit� -Limiti. 

La valutazione dei pubblici dipendenti che abbiano prestato servizio 
in pi� uffici nel corso dell'anno va effettuata, in sede di redazio-ne delle 
note di qualifica, dall'organo preposto all'ufficio presso il quale l'interessato 
presta attuamente la propria opera, a nulla rilevando, a tal fine, 
l'eventuale maggiore periodo di appartenenza �ad altri uffici (1). 

In sede di decisione di ricorso gerarchico � inibita all'Amministrazione 
l'introduzione per la p1�ima v~lta nella valutazione complessiva annuale 
di un insegnante di fatti mai contestati e accertati, non essendo 
consentito all'autorit� decidente di utilizzare elementi di giudizio diversi 
da quelli che formano l'oggetto del thema decidendum �2).~ 

Le assenze dal servizio regolarmente giustificate non possono costituire, 
di per s� considerate, il presupposto per una valutazione negativa, 
non potendo essere imputato al pubblico dipendente l'incidenza obiettivamente 
negativa sul servizio delle assenze medesime (3). 

(1-2-3) Massime esatte: cfr. Sez. V, 3 aprile 1970, n. 330, Il Consiglio 
di Stato 1970, I, 624; Sez. VI, 24 gennaio 1962, n. 92, ivi, 1962, I, 145. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1971, n. 1887 -Pres. Giannattasio 
-Est. Perrone Capano -P. M. Silocchi (conf.) � Ferraro 
(avv. Bonsembiante e Manzi) c. Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Gargiulo). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 
lusso -Acquisto di area pro indiviso -Applicabilit� -Assegnazione 
distinta di soli uffici o negozi -Ininfluenza. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). 
Quando pi� persone acquistano la propriet� d'i un'area e contemporaneamente 
stabiiiscano l'appartenenza delle singole unit� immobiliari 
del fabbricato che verr� costruito, l'acquisto deti'area avviene sempre 
per propriet� indivisa e pu� quind.i fruire deWagevolazione dell'art. 4 
della t. 2 luglio 1949, n. 408 anche se col distinto e separato negozio 
di conces�sione reciproca e ad aed.ificandum � si attribuisce a tal.uno dei 
candomini la propriet� di soli uffici o negozi (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si denuncia la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, per 
avere i giudici di merito ritenuto che nella specie non fossero a1Pplicabili 
le �suindicate agevolazioni tributarie. � 

Il ricorso � fondato. 

Si � gi� detto che i fratelli Ferraro vendettero a pi� persone, fra cui 
la Fracanzani, una parte dell'area edificaibile di loro propriet�; con l'intesa 
che sull'intera area sarebbe stato costruito un nuovo fabbricato. In 

(1) In ordine alla fattispecie va precisato che nel caso non cade in questione 
la vendita isolata di negozio (art. 17), bens� l'acquisto dell'area destinata 
alla costruzione di un edificio per case di abitazione con negozi (articolo 
14); il conttatto di acquisto dell'area va considerato separatamente 
dall'autonomo e coevo negozio di concessione reciproca del diritto di superficie 
per il costruendo edificio in condominio e, cosi isolatamente riguardato, 
al contratto di acquisto per propriet� indivisa non pu� essere negata l'age-. 
volazione se nel complesso dell'edificio (quale che sar� la successiva ripartizione 
fra condomini per effetto dell'altro rapporto) le parti destinate� ad 
uffici e negozi non sono prevalenti. L'autonoma tassabilit� dell'atto di co

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1393 

realt�, nonostante l'unicit� dell'atto, furono eseguite pi� vendite (a diversi 
acquirenti) di quote indivise della detta area, le quali corrispondevano 
� al valore proporzionale del1e future quote di propriet� dello 
erigendo fabbricato�. E tali quote di propriet� dovevano costituire �singole 
unit� immobiliari appartenenti ai singoli proprietari�, salvo il 
condominio sulle parti comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1117 cod. 

civ. Avvenuta la costruzione, che ebbe per ogget.to case di abitazione 
(non di ..lusso) e locali destinati ad altri usi, la Fraca:nzani divenne proprietria 
dell'unit� immobiliare che le era stata assegnata, costituita da 
un negozio. 
Il quesito, che venne sottoposto ai giudici di merito, consisteva nello 
stabilire se io! contratto di compravendita concluso dalla Fracanzani 
potesse beneficiare delle agevolazioni tributarie (imposta fissa di registro 
e riduzione ad un quarto dell'imposta ipotecaria) previste dall'articolo 
14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che � applicabile solo per le 
costruzioni di � case di abitazione, anche se comprendono uffici e negozi
�. 

La Corte di appello ha risolto il quesito in senso negativo, ritenendo 
in via di principio: a) che, ai fini delle predette agevolazioni, si 
debba � ricercare se il fabbricato, pur costituendo strutturalmente un 
solo corpo, sia altresi un unico oggetto, oppure rappresenti una somma 
di oggetti diversi, aventi ciascuno una propria individualit� e costituenti, 
in ultima analisi, immobili divers} �; b) che � nel caso in cui, 
essendoci una pluralit� di persone, il gruppo non acquisti la propriet� 
pro indiviso della eostruzione, ma ciascun soggetto consegua la propriet� 
esclusiva di una parte. (un'ala del fabbricato, o un singolo appartamento, 
o un negozio, o un ufficio), l'unit� della costruzione viene meno, 
,e non v'� pi� un solo oggetto, ma una pluralit� di oggetti, ciascuno 
dei quali deve essere considerato separatamente al fine di stabilire se ricorrano 
le condizioni di legge per il beneficio tributario�. Applicando 
tali principi alla fattispecie, ha poi ritenuto che con il sorgere, fiJn da;Ll'origine, 
di tante singole propriet� esclusive, l'unit� della costruzione 
si frazion� nella molteplicit� delle singole parti, ciascuna delle quali 
costitui un oggetto separato e autonomo, suscettibile di una propria disciplina, 
e 'che i.n tal modo vennero a costituirsi altrettante untt� im


stituzione reciproca del diritto di .superficie, che non d� luogo a connessione 
ex art. 9 legge di registro, esclude che questo atto possa influenzare. ai fini 
della tassazione il contratto di acquisto dell'area. 

Sulla tassabilit� dell'atto di costituzione del diritto di superficie si 
veda fa sent. 5 giugno 1971, n. 1674 (in questa Rassegna, 1971, I, 1127 con 
richiami) che ha escluso l'applicazione del beneficio dell'art. 14, ed ha altresl 
escluso che questo atto possa considerarsi in connessione strumentale o 
indissolubilmente collegato con quello di acquisto de�'area, ed ha infine 
escluso che la concessione reciproca possa considerarsi una permuta. 



1394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mobiliari, tra le quali intercorreva � un mero rapporto di vicinanza �. In 

sostanza, la Corte d'appello ha affermato �che un unico edificio, costi


tuente nella sua struttura un unico fabbricato, ove appartenga a pi� 

persone, in condominio per le parti comuni (suolo, fondazioni, tetti, sca


le, ecc.) ed in propriet� esclusiva per le singole unit� immobiliari (ap


partamenti, uffici, negozi, ecc.), dev�e considerarsi, ai fini tributari di cui 

trattasi, com� una pluralit� di immobili, diversi e distinti, fra i quali 

intercorra un rapporto di mera vicinanza. 

Siffatte affermazioni non possono essere condivise per un triplice 

ordine di ragioni. 

1) La legge 2 luglio 1949, n. 408, .prevede J.e � unit� economiche 

a s� stanti ., al fine di escludere l'applicabilit� delle agevolazioni tribu


tarie concesse con la legge medesima, solo per i negozi gi� costruiti, 

che formino oggetto di vendita isolata (art. 17, ultimo comma). Ana


loga previsione non � contenuta nell'art. 14, che riguarda �gli acquisti 

di aree edificabili ed i co~tratti di appalto, diretti alla costruzione di 

case di abitazione non di lusso, anche se comprendano uffici e negozi. 

Nena specie, la Fracanzani acquist� una quota indivisa di area edifi


cabile, non un negozio (anche se poi divenne proprietaria di un nego


zio, successivamente costruito); e, ai fini dell'imposta di registro sul 

contratto di compravendita, si discuteva circa l'applicabilit� dell'art: 14, 

non dell'art. 17 della legge del 1949. 

2) Nessuna disposizione di tale legge richiede che, ai fini dell'appHcazione 
dell'art. 14, il nuovo fabbricato appartenga in propriet� ad 
una sola persona. � pacifico, anzi, che le agevolazioni tributarie in 
parola si applicano anche nei casi di compropriet� e di condominio. Ed 
� principio ormai affermato che, ai fini delle dette agevolazioni, occorre 
aver riguardo alla destinazione .prevalente dell'intero edificio, non alla 
destinazione delle singole unit� immobiliari in �esso incorporate. La 
prevalenza si determina in base ai criteri specificati con le leggi inter. 
pretative ed integrative del 6 ottobre 1962, n. 1493 e 2 dicembre 1967, 

n. 1212. Se prevalenti -rispetto agli uffici e ai negozi -sono le case 
di abitazione, le agevolazioni competono (sempre che ricorrano le altre 
condizioni richieste dalla legge) non solo per le case di abitazione, ma 
anche per gli uffici e i negozi, anche se appartenenti a .diversi .proprietari. 
3) � giurisprudenza di questa Supr�ema Corte (sentenze n. 2297 
del 1968, nn. 255, 608, 639, 714 del 1970, e altre) che la convenzione 
con la quale pi� soggetti, divenuti comproprietari di un suolo edificatorio 
per effetto di compravendite di quote indivise dello stesso, convengono 
nel l,Iledesimo atto di compravendita di costruire sul loro suolo 
un edificio in condominio, stabilendo che ciascuno di essi debba divenire 
proprietario esclusivo di una parte determinata del progettato 
edificio (tpotesi che ricorreva nella fattispecie), costituisce concessione 
reciproca di diritti di superfici.e, ai sensi dell'art. 952 e.e., soggetta ad 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1395 

autonoma tassazione per imposta di registro. Nell'enunciare tali principi, 
questa c�orte ha sempre affermato che la reciproca concessione 
ad aedificandum non � necessariamente ed intrinsecamente connessa, 
ai sensi dell'art. 9 della legge del registro, con i contestuali contratti 
di acquisto delle quote indivise dell'area edificabile, i quali, ove ne 
ricorrano gli estremi, fruiscono delle agevolazioni tributarie previste 
dall'art. 14 della legge n., 408 del 1949. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1968 -Pres. Stella 
Richter -Est. Granata -P. M. Gentile (conf.) -Cassa di Risparmio 
.di Parma (avv. Costa) c.' Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini 
Rota). 

Imposta generale sull'entrata -Istituti esercenti il credito -Decisione 
della sezione speciale per le imposte di negoziazione della Comutlssione 
Provinciale -Azione ordinaria -Termine -� quello di sei 
mesi. 

(1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 51 e 52). 
Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Interessi sui mutui 
concessi a Comuni e provincie -Esclusione. 

(1. 19 giugno 1940, n ..762, art. 1 lett. f), art. 3 lett. e). 
IZ termine per Za proposizione deU'azione ordinaria dopo Za deci


sione deLla Sezione speciale per l'imposta di negoziaziooe detla Com


missione Provinciale delle imposte in materia di valutazione delle en


trate derivanti dalle operazioni degli istituti eserce111,ti il credito (art. 51 

legge 19 giugno 1940, n. 762) � quello di sei mesi, avente1 portata gene


rale, e non quello di 60 giorni di cui all'art. 52 (1). 

Gli interessi sui mutui concessi ai comuni e alle provincie non 

danno luogo ad entrata imponibile in quanto sono da considerare astrat


ta,mente qualificabili neilZa categoria A del reddito di ricchezza mobile, 

a norma delL'art. 3 lett. e) delZa legge 19 giugno 1940, n. 762 (2). 

(1-2) Sulla prima massima, di evidente esattezza, cfr. la Cass. 10 di


cembre 1970, n. 2625 (in questa Rassegna, 1971, I, 146) che ha ritenuto il 

termine di sei mesi di applicazione generalissima e quindi riferibile, ove 

non �sia diversamente stabilito in modo espresso, a tutte le decisioni di 

contenuto sia amministrativo che giurisdizionale. 

La seconda massima suscita invece gravi perplessit� e non pu� essere 

condivisa. La Suprema C'orte, difatti, � pervenuta alla conclusione che gli 

interessi sui mutui concessi dagli istituti di credito ai comuni e alle pro


vincie non danno luogo ad entrata imponibile con IGE sulla base della 



1396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, la Cassa di Risparmio 
di Parma, denunziando violazione degli artt. 51 e 52 della legge 19 
giugno 1940, n. 762 e degli artt. 325, 326 c ..p.c., sostiene che la Corte 
del merito avrebbe dovuto, in accoglimento dell'eccezione ;preliminare 
da essa formulata, riconoscere e dichiarare l'improponibilit� dell'azione 
giudiziaria promossa dall'Amministrazione con l'atto di citazione 28 
gennaio 1966. E deduce che, non essendo stabilito nell'art. 51 della 
detta legge alcun termine per la proposizione dell'azione giudiziaria 
avverso le decisioni emesse (come nella specie) dalle commissioni tributarie 
in materia di valutazione delle entrate derivanti d.alle operazioni 
degli istituti esercenti il credito, si doveva applicare per analogia 
il termine di sessanta giorni prescritto dal successivo art. 52 per il 
promovimento dell'azione giudiziaria avverso le ordinanze ed i decreti 
emessi dall'Intendente di Finanza e dal Ministro delle Finanze in materia 
di accertamento, cognizione e definizione delle violazioni prevedute 
dalla detta legge, e riconoscere quindi la tardivit� dell'atto introduttivo 
del giudizio, notificato dopo il decorso di oltre cinque mesi 
dalla notifica della pronunzia della Commissione Provinciale. 

La censura � priva di fondamento. 

Si deve bens� riconoscere che l'azione giudiziaria, in materia 
fiscale, deve essere proposta entro un perentorio termine di decadenza 
ancb,e quando la legge tributaria, nel consentire la specifica azione, 
non lo preveda espressamente; ed � parimenti esatto che, in tali casi, 
la durata del termine deve essere desunta da principi generali o mediante 
la applicazione, in via analogica, di norme che regolano rapporti 
similari. 

Per stabilire la similarit�, peraltro, occorre riferirsi alla comunanza 
degli elementi essenziali tra i due rapporti ed alla ratio della 

considerazione che tali interessi, in quanto derivanti da operazioni sottratte, 
per speciali disposizioni di legge, � al libero esercizio dell'attivit� bancaria 
e alla libera contrattazione speculativa�, sarebbero riconducilbili, in quanto 
tali, nella categoria A del reddito di R. M. 

Tale affermazione appare per� in stridente contrasto con la chiara 
disposizione dell'ultimo comma dell'art. 85 del T.U. sulle imposte dirette 

n. 645 del 1958, secondo cui � gli interessi percepiti dalle aziende ed istituti 
di �credito o da altri soggetti nell'esercizio di imprese commerciali, ad esclusione 
di quelli derivanti dai titoli posseduti, concorrono a formare il reddito 
imponibile di cat. B �. 
E siccome l'art. 3 lett. c della leg.g� 19 giugno 1940, n. 762 stabilisce a 
sua volta che � costituiscono entrata gli interessi attivi a qualunque titolo 
percetti da societ�, da istituti ed aziende in dipendenza dell'esercizio del 
credito, non classificabili ai fni dell'imposta di R.M. in cat. A� appare 
che anche .gli interessi in esame debbano essere qualificati come entrata 
imponibile con IGE. 

La questione sar� quindi riproposta all'esame della Suprema Corte. 



'PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1397 

norma espressa, la cui disciplina si deve estendere al rapporto non 
I'egol�to; e, alla stregua di tali criteri, non pu� ravvisarsi sostanziale 
analogia tra i rapporti regolati dall'art. 51 della legge in esame, che 
concernono l'accertamento dell'entrata imponihlle, e-i rapporti regolati 
dal successivo art. 52, che riguardano il contenzioso repressivo, cio� la 
applicazione delle sanzioni derivanti dalla violazione degli obblighi 
imposti dalla legge. 

Manifesta � invece l'intensit� della relazione analogica che esiste 

tra l'azione giudiziaria consentita dal succitato art. 51 della 1. 19 giu


gno 1940 e l'azione giudiziaria concessa, per li;! controversie che abbiano 

formato oggetto di decisioni da parte delle Commissioni tributarie, 

dall'art. 146 della legge di Registro e dalle corrispondenti disposizioni 

dell'art. 94 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 sulle imposte di successione, 

dell'art. 36 del r.d. 30 di�embre 1923 n. 3271 sull'imposta di mano


morta e dall'art. 10 della 1. 25 agosto 1943 n. 540 sulle imposte ipote


carie, le quali determinano tutte in sei mesi dalla notificazione delle 

dette decisioni il termine utile per adire l'autorit� giudiziaria. 

Questa Corte, anzi, giudicando a Sezioni Unite (cfr. sentenze 26 

ottobre 1955 n. 3493 e 20 ottobre 1962 n. 3051), ha sancito che dal 

complesso delle suindicate disposizioni pu� esser.e desunto un prin


cipio di portata generale, secondo cui, con la notifica del provvedi


mento definitivo delle Commissioni tributarie, si pone in moto in ogni 

caso il termine di sei mesi al di l� del quale non � pi� consentito adire 

l'autorit� .giudiziaria ordinaria; e di tale principio, con la decisione 

del 20 ottobre 1962, � stata fatta applicazione proprio in materia di 

imposta sull'entrata, in riguardo ad un'azione giudiziaria proposta per 

il rimborso di tributi indebitamente percetti. 

Non essendo stata dedotta (n� essendo, comunque emersa) alcuna 

ragione che giustifichi un mutamento di indirizzo, il suenunciato prin


cipio_ deve essere anche ora applicato, con la conseguente reiezione del 

motivo in esame. (Omissis). 

Con il terzo motivo la Cassa di Risparmio denunzia la violazione 

degli artt. 1, lett. f) e 3 lett. c) della legge organica sull'I.G.E. e so


stiene che l'applicabilit� del tributo agli interessi da essa percepiti in 

dipendenza di mutui concessi ad ,enti pubblici � stata ill:egittimamente 

affermata dalla Corte del merito, in base all'erroneo convincimento 

che la legge abbia inteso escludere dall'imposta i soli interessi deri


vanti �dal puro impiego d� capitali, indicati nell'art. 1 1 lett. f) e che 

pertanto l'esonero non possa essere esteso agli interessi derivanti dai 

mutui anzidetti, i quali, bench� assoggettati a particolare disciplina, 

costituiscono pur sempre operazioni �dipendenti dall'esercizio del ere/
dito., ai sensi dell'art. 3, lett. c) della succitata legge. 
La censura � fondata. 


1398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per un'esatta soluzione delle questioni sollevate con il motivo in 
esame, � necessario esaminare congiuntamente le disposizioni dell'articolo 
1 lett. f) della legge organica sull'I.G.E., secondo la quale � non 
costituiscono entrata imponibile gli interessi derivanti dal puro impiego 
�di capitale, classificabili agli effetti della imposta di r.m. in 
cat. A, e gli interessi e i dividendi derivanti dall'impiego di capitali 
in titoli di Stato e delle societ� per azioni, nonch� da depositi bancari 
e da rapporti di conto� corrente �, e la disposizione dell'art. 3 lett. c) 
della stessa legge, la quale prescrive che invece � costituiscono entrata 
gli interessi attivi a qualunque titolo percetti da societ�, da istituti 
ed aziende in dipendenza dell'esercizio del credito, non classificabili 
ai fini dell'imposta di R. M. in �categoria A�. 

La prima disposizione ha evidentemente, sul piano soggettivo, 
carattere g�enerale, giacch�, nell'escludere che gli interessi in ess~ indicati 
costituiscano entrata imponibile, si riferisce, in mancanza di qualsiasi 
specificazione o limitazione, a tutte le persone fisiche o giuridiche 
che percepiscano tali interessi, comprese quelle che esercitano l'attivit� 
bancaria. 

La seconda, invece, si riferisce .esclusivamente ai soggetti che 
esercitano l'attivit� creditizia e sancisce che costituiscono entrata gli 
interessi attivi percepiti da tali soggetti nell'esercizio dell'attivit� istituzionale, 
a meno che non siano classificabili, ai fini dell'~posta di r.m., 
in categoria A. 

Orbene, in base a tali premesse, non pu� essere condivisa l'inter


pretazione data a quest'ultima disposizione della Corte del merito, s~


condo cui, con l'inciso �non classificabili, ai fini dell'imposta di r.m., 

in cat. A �, si sarebbe inteso escludere l'assoggettabilit� al tributo degli 

intePessi che non hanno inerenza con l'attivit� bancaria esercitata dal 

percipiente e che siano, in quanto tali, classificabili in cat. A ai fini 

' 

dell'imposta di ricchezza mobile. 

� da considerare, infatti, che la disposizione principale contenuta 

nella norma in esame ( assoggettamento all'imposta) si riferisce agli 

interessi dipendenti dall'esercizio del credito, cio� ad interessi che 

necessariamente derivano da impiego di capitale e dall'organizzazione 

dell'impresa creditizia; non � dunque configurabile, nell'ambito di tale 

categoria, l'esistenza di interessi che non ineriscano all'attivit� ban


caria, e si deve quindi escludere che tale sia il significato della ecce


zione che il legislatore ha inteso apportare alla suindicata disposi


zione principale. 

D'altra parte, la disposizione, se dovesse essere intesa nel senso 

voluto dalla Corte del ~erito, risulterebbe superflua, giac�h�, una 

volta esclusa l'inerenza alla attivit� bancaria, si rientrerebbe n~lla 

previsione del succitato art. 1 lett. f) della legge in esame, che gi� 


PAR'rlil I, SEZ, V_, GIURISPltUDENZA TRIBUTARIA 

stabilisce, nei confronti .di tutti, l'inapplicabilit� dell'imposta agli interessi 
deriovanti dal puro .iinpiego di capita!e. 

L'eccezione stabilita nell'art. 3 lett. e) della legge, con l'iinpiego 
dell'espressione � non classificabili in (lategoria� A) ai fini dell'imposta 
di r.m. � deve dunq�e necessariamente riferirsi ad interessi che, per 

/ quanto inerenti all'esercizio del credito, derivano per� da operazioni 
sottratte, per speciali disposizioni di legge, al libero esercizio -dell'attiv.
iit� bancaria e alla libera t:ontratta21ione speculativa, riconducibili, 
in quantb tali, n�lla categoria A) -del re'ddito di R. 'M. 
E tali caratteristiche presentano fndubbiamente i mutui concessi 
alle Provincie, ai Comuni e agli altri Enti morali, che le vigenti leggi, 
allo s.coipo di mcentivar� e agevolare l'.so pubblico �dei fondi rac.colti 
da#M' iislituti di �:::!eaito e in� partieal�:te dalle-~asse-di Itisparmio, assog
�getta)lo a uno s�iec.iale regime, che mentre fa\);.orlsee:�gll ~ti mutuatari, 
pDeelude altli isti~ti bal�<iari i 'V:antaggi della lil:>et;"a contrattazione. La 
l�gg:e, infatti, ba considerato i recWitiJ~l1wanti da tali �operazioni 
come avulsi-�-dal proficuo cielo dei norm.�li. investimenti bancari 
e :ha iI:it~o pertanit<.1,.,ai.fini ~ell~�.;p(lSta� 'l!!wl:l!~ntl'.lltta, -r!ser:vare ad essi 
('-Come � $ta:to rll~yf,tto '4a autor.evole i;lottrina) un tiratta:mento analogo 
a A111ello-delle _rem~erazioni ��conse$Uite con altri investimenti_ non 
speculatf;Vj, . cQmE!i l'~Ci,lq.ui~t(:) .di titoli -41-Sta<to. 
N~elem~t-c� i. :senso contrario pu� essere p()i desunto dalla 
formulfl ~d.Qttata-'nel ,testo .legi.slativo Jiler stabilire .IiJ,ni;tppli<:abilit� dell'imposta 
!:Jli interessi. d@riv�nti dalle s'Ud.dette op,e~zi�ni. 
Il lesi.slatore, iI:i:fatt:i, �notJ; poteva che riferi:rsi alla classif�cabilit� 
i1i p;b.mtt�f9<4~d;i. il$t<tr(j!Ssi 41-9;ue:$tion.:.ii~l;t:a �tt� .A.), dato e~e fali redditi, 
m.ediante �il complesso ;11iStema ~i riv:al.$.a, .stabilito dagli al'tt. 15 
e 81 Q.el t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, godevano in c�ncreto dell'esenzione 
(Jall'i~ta di R.:M::, ,esenzione_ che � -stata poi eaplicitamente sancita 
c~n l'art..84tdel�v�ente -t.u. 21). gennafo 1~5.il, .n. 641';. -(Omissis). 

-' 

CORTE i>I dl\:SSAZIQNE, s�z. I, 8 luglio 1971, n. 2103 -Pres. Favara 
-Est. Gambogi -P. M. C:�trupia (conf.) -Soc.-Montecatini Edison 
(avv. Mi,,>0h-eli e Menegaz.~i) e� Minis!~r(> delle Fin_anze (avv. Stato 
�oronas:). � 

Imposte e tasse in �genere -Ingiunzfone -Posizione processuale della 
.Finanza -Eccezioni nuove in appello -Diverso fondamento giu-� 
ridico della pretesa tributaria -Ammissibilit�. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639; c.p.c. art. 345). 
Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti 
per loro natura le une dalle altre -Societ� di capitali .. Au



1400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento di capitale deliberat� al fine della fusione -Unica tassa


zione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 8 e 9 e tariffa A, artt. 81 e 85). 
Imposta di registro -Agevolazioni per la fusione di societ� ex elet


triche -Fusione per unione e fusione per incorporazione -Appli


cabilit� a tutti i casi. 

(1. 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 9; e.e. art. 2501). 
Imposta di re~~tro -Agevolazioni per la fusione di societ� ex elettriche 
-Aumento di capitale diretto a facilitare la fusione -Esclusione 
dell'agevolazione -Disposizioni necessariamente connesse 
e derivanti per loro natura le une dalle altre -Aumento di capitale 
e fusione -Possibilit�. 

(l. 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 9; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269-, art. 9). 
L'Amministrazione Finanziaria � a tutti gLi effetrti convenuta nel 
giudizio di opposiz.ione aLl'ingiunzione fiscale e come tale pu.�, anche 
in grado di appeUo, sia essa appeLlante o appenata, propMre nuove 
eccezioni a norma dell'art. 345 c.p.c. e quindi addurre� nuove ragioni 
di diritto per contrastare la pretesa del contribuente ad una agevolazione 
(1). 

� L'aumento di capitale deliberato da una societ� per azioini al preciso 
scopo di realizzare la fusione con altre socieV� � strettamente connesso 
�con l'atto di fusione e costituisce anzi con esso un unico inscindibiie 
feinomeno economico-giuridico soggetto alla sola tassaz.ione prevista 
per la fusione di societ� (2). 

L'agevolazione detl'art. 9 deLla legge 6 dicembre 1962 n. 6143 per 
la\fusio11ie di sooiet� � ex elettriche � si app~ica sia aile funsio11ii per 
unione (creazione di una nuova societ� risultante daita estinz.io11ie di 
queLle fuse) sia alla fusione per incorporazione (3). 

L'aumento di capitale deiibemto noin per assoluta necessit� ma so�l


tanto per facilitare la fusione di societ� ex elettriche no11i rientra nel� 

(1-4) Nello stesso senso della seconda e terza massima � anche la 
sentenza 7 luglio 1971, n. 2122 di cui si omette la pubblicazione. 

Sulla prima massima la giurisprudenza � ormai pacifica, anche con 

specifico riferimento al mutamento del nomen iusis della pretesa tributaria 

in appello (Cass. 21 gennaio 1971, n. 202, in questa Rassegna, 19'71, I, 420). 

La questione oggetto della seconda massima � risolta in modo del 
tutto nuovo: si considerano cio� i due atti di aumento di capitale e di 
fusione non come indissolubilmente connessi (ex art. 9 legge registro) ma 
come integranti un unico e inscindibile fenomeno economico giuridico da 
considerarsi tale ex art. 8. Ma invero � proprio �questa unicit� il carattere 
vero di quella connessione logica e necessaria (in senso giuridico) richiesta 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1401 

l'agevolazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, ma pu� 
tuttavia non dar Luogo ad autonoma tassazione ove sia in logica e 
necessaria concatenazione ai sensi dell'art. 9 della legge di registro 
�on l'atto di fusione (4). 

(Omissis). -Col primo mezzo del suo ricorso la Montedison 
denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del t.u. 14 aprile 
1910 e degli artt. 4 e 5 della leg,ge abolitiva del contenzioso amministrativo, 
lamentando che la Corte di Appello abbia, rigettando la sua 
opposizione, ritenuto atto amministrativo valido la ingiunzione sebbene 
questa recasse una motivazione in diritto diversa da quella adottata 
dalla stessa Corte di Appello ed evidentemente erronea. 

La doglianza � infondata perch� secondo la ormai costante giurisprudenza 
di questa Corte Suprema (da ultimo: sentenze n. 609 del 
1970, 582, 1585, 2775, 2019, 196 del 1969) la opposizione ad ingiunzione 
fiscale instaura un giudizio di cognizione ordinaria nel quale attore � 
l'opponente e convenuta l'Amministrazione delle � finanze, la quale, 
quindi pu� proporre tutte le eccezioni che tale veste processuale le 
consente, nei modi e nei tempi stabiliti dal codice di rito. 

Nella specie la finanza ha resistito in primo grado alla opposizione 
deducendo come eccezione il motivo di diritto posto a fondamento 
della ingiunzione; in appello, invece, ha dedotto una eccezione 
nuova per resistere alla domanda di concessione della agevolazione 
fiscale, sostenendo che questa, anche se non era limitata alla ri-strettissima 
ipotesi di cui al penultimo comma dell'art. 9 della legge di nazionalizzazione, 
non spettava comunque nel caso di fusione per incorporazione. 
Tale comportamento processuale costituisce quindi legittimo 
uso della facolt� concessa dal capoverso dell'art. 345 c.p.c. al convenuto, 
appellante od appellato che sia, e conseguentemente nessuna 
censura pu� essere fondatamente fatta alla Corte di Appello per aver 

dall'art. 9; si applica questa norma quando un unico risultato pu� essere 
raggiunto soltanto attraverso due atti che non possono stare l'uno senza 
l'altro. La S. C. ha spostato invece questo concetto verso l'unicit� del negozio 
per cercare uno spaziO nuovo alla connessione dell'art. 9 verso la quale 
fa convergere (ultima massima) la eventuale concatenazione fra negozi di 
cui il primo (aumento di capitale) serve a �facilitare� la fusione. � chiara 
per� la differenza fra necessit� logica e giuridica e mera possibilit� di facilitazione; 
come � evidente la impossibilit� di considerare la connessione sotto 
l'aspetto �del fatto, in riferimento cio� ad esigenze pratiche ed economiche. 
Di fronte ad un aumento di .capitale di 24 miliardi che non ha una 

corrispondenza con l'incorporazione, di connessione necessaria non po


trebbe minimamente parlarsi, a meno �che non si, voglia portare la norma 

dell'art. 9 sul terreno delle mera utilit� e convenienza dal punto di vista 

pratico. 



1402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

preso in considerazione la nuova eccezione della finanza. Il primo 
motivo di ricorso deve essere quindi rigettato. 

Col secondo mezzo la Montedison, denunziando la violazione degli 
artt. 85, 110 e 113 tariffa di registro allegato A e dell'art. 7 della legge 
15 febbraio 1949 n. 33, si duole del fatto che sia stata sottoposta a registrazione, 
con la relativa richiesta di imposta proporzionale, la deliberazione 
assembleare 14 dicembre 1963 con la quale furono apP,rovati 
i progetti di fusione e gli aumenti di capitale all'uopo necessari, invece 
che il successivo atto di fusione. 

Anche questa censura � infondata, perch� la ingiunzione di pagamento 
del supplemento di imposta fu notificata alla Montedison il 9 
novembre 1966, e cio� dopo che alla fusione erasi data esecuzione con 
rogito Zanussi del 29 febbraio 1964 �e dopo che la societ� aveva comunicato, 
con denunzia 19 maggio 1964, che l'aumento di capitale aveva 
acquistato efficacia a partire dal 2 mag.gio precedente. Il secondo motivo 
di ricorso deve essere quindi anche esso rigettato. 

Col terzo motivo la Montedison lamenta che la Corte di Appello, 
col ritenere soggetto ad autonoma imposta di registro proporzionale 
l'aumento di capitale approvato ed eseguito per realizzare la fusione, 
abbia violato e falsamente applicato gli articoli 1, 4, 9 della legge di 
registro, .Sl bis ed 85 della relativa tariffa allegato A. 

La doglianza �. fondata. 

A ragione, infatti, la societ� ricorre:qte richiama la, sia pur vetusta, 
�sentenza 18 gennaio 1916 della Cassazione di Roma laddove questa 
afferma che �quando 1'.aumento di capitale sia deliberato al preciso 

La giurisprudenza del S. C. su questa questione si � rilevata nel:l'ultimo 
periodo quanto mai instabile: molte�volte si segue il tradizionale concetto 
restrittivo: sentt. 6 febbraio 1970, n. 255; 6 marzo 1970, n. 555; 29 ottobre 
1970, n. 2221 (in questa Rassegna, 1970, I, 292, 427 e 1149); 5 .giugno 1971, 

n. 1674; 15 aprile 1971, n. 1056 (ivi, 1971, I, 1127 e 852); allo stesso tempo 
per� si intende il principio dell'art. 9 �come una semplice convenienza 
soggettiva: .sentt. 3 aprile 1971, n. 944; 26 maggio 1971, n. 1565 (ivi, 1971, 
I, 852 e 1098). 
Non sembra infine corretta l'affermazione che l'atto, considerato unieo 
in forza dell'art. 9, debba tassarsi avendo riferimento al negozio fine (fusione) 
rispetto al quale diventa irrilevante il negozio mezzo (aumento di 
capitale), cosicch� l'unica imposta dovuta sarebbe quella (agevolata) per 
la fusione; in base all'art. 9 l'unica disposizione tassabile � quella ohe d� 
luogo alla tassa pi� grave, si che l'imposta proporzionale sull'aumento di 
capitale non potr� mai assorbirsi nell'imposta fissa di fusione. Pertanto una 
volta affermato che all'aumento di capitale deliberato per facilitare la 
fusione non � applicabile l'agevolazione della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, 
a nulla approderebbe il riservare una concatenazione di questo atto con 
altro che gode dell'agevolazione. ' 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1401 

l'agevolazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, ma pu� 
tuttavia non dar luogo ad autonoma tassazione ove sia in logica e 
necessaria concatenazione ai sensi dell'art. 9 della legge di registro 
�on l'af!to di fusione (4). 

(Omissis). -Col primo mezzo del suo ricorso la Montedison 
denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del t.u. 14 aprile 
1910 e degli artt. 4 e 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, 
lamentando che la Corte di Appello abbia, rigettando la sua 
opposizione, ritenuto atto amministrativo valido la ingiunzione sebbene 
questa recasse una motivazione in diritto diversa da quella adottata 
dalla stessa Corte di Appello ed evidentemente erronea. 

La doglianza � infondata perch� secondo la ormai costante giurisprudenza 
di questa Corte Suprema (da ultimo: sentenze n. 609 del 
1970, 582, 1585, 2775, 2019, 196 del 1969) la opposizione ad ingiunzione 
fiscale instaura un giudizio di cognizione ordinaria nel quale attore � 
l'opponente e convenuta l'Amministrazione delle� finanze, la quale, 
quindi pu� proporre tutte le eccezioni che tale veste processuale le 
consente, nei modi e nei tempi stabiliti dal codice di rito. 

Nella specie la finanza ha resistito in primo grado alla opposizione 
deducendo come eccezione il motivo di diritto po.sto a fondamento 
della ingiunzione; in appello, invece, ha dedotto una eccezione 
nuova per resistere alla domanda di concessione della agevolazione 
fiscale, sostenendo che questa, anche se non era limitata alla ristrettissima 
ipotesi di cui al penultimo comma dell'art. 9 della legge di nazionalizzazione, 
non spettava comunque nel caso di fusione per incorporazione. 
Tale comportamento processuale costituisce quindi legittimo 
uso della facolt� concessa dal capoverso dell'art. 345 c;p.c. al convenuto, 
appellante od appellato che sia, e conseguentemente nessuna 
censura pu� essere fondatamente fatta alla Corte di Appello per aver 

dall'art. 9; si applica questa norma quando un unico risultato pu� essere 
raggiunto soltanto attraverso due atti che non possono stare l'uno senza 
l'altro. La S. C. ha spostato invece questo concetto verso l'unicit� del negozio 
per cercare uno spazia nuovo alla connessione dell'art. 9 verso la quale 
fa convergere (ultima massima) la eventuale concatenazione fra ne.gozi di 
cui il primo (aumento di capitale) serve a � facilitare � la fusione. � chiara 
per� la differenza fra necessit� logica e giuridica e mera possibilit� di facilitazione; 
come � evidente la impossibilit� di considerare la con'nessione sotto 
l'aspetto del fatto, in riferimento do� ad esigenze pratiche ed economiche. 

Di fronte ad un aumento di capitale di 24 miliardi che non ha una 
corrispondenza con l'incorporazione, di connessione necessaria non potrebbe 
minimamente parlarsi, a meno �che non si, voglia portare la norma 
dell'art. 9 sul terreno delle mera utilit� e convenienza dal punto di vista 
pratico. 



1404 RASSEGNA DELL'AVVOCATU~A DELLO STATO 

' 

, Pertanto la questione deve essere esaminato perch� la ricorrente 
ha un preciso ed attuale interesse alla riaffermazione del principio per 
cui nella fusione di societ� per incorporazione il corrispondente aumento 
di capitale azionario non deve essere colpito da imposta diversa ed 
autonoma da quella che, se del caso, colpisca l'atto di fusione. 

E che tale principio debba essere oggi riaffermato non pu� essere 
dubbio. Vero � che dopo la sentenza n. 1945 del 1968 questa Corte 
Suprema ha avuto occasione di affermare che la imposta di registro 
sugli aumenti di capitale pu� corrispondere non solo ad una trasmissione 
di denaro in senso proprio ma anche ad una di quelle variazioni 
di uso e di godimento che rientrano nell'ampia dizione dell'art. 4 
della legge di Registro (sentenza n. 42 del 1971) e che quindi, da questo 
punto di vista, si pu� rilevare che i soci delle due societ� fuse vengono, 
con l'aumento del capitale sociale, reciprocamente a godere di beni dei 
quali in precedenza non godevano, anche perch� la potenzialit� economica 
di una societ� industriale non cresce in semplice ragione aritmetica 
dell'aumento di capitale risultante da una fusione per incorporazione; 
ma l'argomento della mancanza di incremento di ricchezza 
� solo un argomento �di rincalzo -e la sentenza n. 1945 del 1968 come 
tale lo considera -.per sostenere la impossibilit� �di tassare, contemporaneamente 
e distintamente atto di fusione e aumento di capitale. 
L'argomento principale, anzi assorbente, � quello tratto dall'art. 8 
della legge di registro, per cui � le tasse sono applicate �secondo l'intrinseca 
natura e gli effetti degli a~ti �. Nella ipotesi in esame pi� che 
di �connessione necessaria tra fusione per incorporazione ed aumento 
di capitale della societ� incorporante (connessione che porterebbe comunque 
anch'essa alla registrazione a tassa fissa a� sensi dell'art. 9 
cpv. della legge di registro) deve parlarsi di unicit� ed inscindibilit� 
del fenomeno economico-giuridico ehe � oggetto della iII],posta, perch� 
quando avviene la ineorporazione il patrimonio ed il capitale della 
societ� incorporante, se non intervengano accordi o fattori speciali, 
aumentano automaticamente in corrispondenza degli apporti da parte 
della incorporata; avyiene insomma un fenomeno analogo -se il paragone 
� lecito -al fenomeno fisico per cui, se si versa un liquido da 
un recipiente in un altro contenente un liquido diverso il livello della 
mistura cosi risultante cresce insieme al mescolarsi dei componenti, 
non per connessione o coincidenza tra i due fatti, ma perch� questi 
sono, in realt�, un fatto solo. Che poi fusione ed aumento di capitale 
siano oggetti di imposta previsti da due distinti articoli (81 e 85) della 
Tariffa -rilievo che dalla finanza altrove si � fatto -� considerazione 
che non assurge nemmeno a dignit� di argomento, evidente 
essendo che, se difficilmente pu� concepirsi incorporazione senza aumento 
di capitale, normalmente si hanno aumenti di capitale senza incoi~ 



PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1405 

porazioni: e tanto basta a giustificare la esistenza dell'art. 85 della 
Tariffa aceanto all'art. 81. 

Il terzo motivo del ricorso deve essere quindi aecolto, affermandosi 
,che se nella specie � dovuta solo la ,imposta fissa sulla fusione, 
per la stessa agevolazione fiscale nemmeno pu� essere pretesa imposta 
proporzionale sul eorrispondente aumento di capitale. 

Col quarto motivo del ricorso la Montedison, denunziando la 
violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della legge 6 dic�mbre 1962 

n. 1643, lamenta ehe la Corte di appello abbia ritenuto che le fusioni 
di societ� � ex elettriche� agevolate fiscalmente dal quinto comma 
di tale art. ,g siano soltanto le fusioni per unione, attuate mediante 
la costituzione di una nuova societ� risultante dalla estinzione di 
quelle fus~, e non anehe le fusioni per incorporazione. 
Anche questa doglianza � fondata. 

La sentenza impugnata ha basato, in proposito, il suo convincimen~
o -con una motivazione per vero .inadeguata alla gravit� della 
decisione adottata -quasi esclusivamente sul rilievo terminologico 
che l'art. 9 della legge di nazionalizzazione usi la espressione � societ� 
risultante dalla :fusione � che l'art. 2504 cod. civ. adotta in contrapposizione 
alla espressione � societ� incorporante �. Ma questo rilievo � 
pi� �che controbilanciato dalla considerazione che lo stesso art. 9 concede 
la agevolazione senza far distinzioni agli � atti di fusione � e che 
secondo l'art. 2501 e.od. civ. la fusione � un genus nel quale rientrano 
come modi di esecuzione la species della incorporazione e della costitul!:
ione di una nuova societ�. E, d'altra parte, poich� nel concetto di 

� societ� risultante � dalla fusione rientra anche l'ipotesi della societ� 
incorporante, che ovviamente dopo la incorporazione viene ad essere 
un organismo quantitativamente e qualitativamente �diverso da quello 
che era prima, non c'� nulla di strano nel fatto che il legislatore, per 
dettare la condizione limitatrice di cui alla lett. a) del comma quinto 
dell'art. 9, abbia fatto uso di una espressione che ben poteva �coprire 
tutte e due le ipotesi di fusione richiamate precedentemente eon l'Indicazione 
onnicomprensiva degli � atti di fusione �. 
Ma quello che pi� conta, al di l� �di ogni disquisizione terminologica 
(se � vero che -�come oggi in particolar modo si proclama da 
ogni parte, combattendo contro la .interpretazione meramente letterale 
della legge -~icire leges non est verba earum tenerre, se� vim ac 
potestatem) � che la ratio legis della disposizione in esame non con-. 
sente assolutamente la distinzione :fatta dalla Corte di Milano. 

Detta ratio legis �, gi� in s�, evidente: il legislatore, infatti, ha 
evidentemente voluto favorire la concentrazione delle societ� � ex 
elettriche � che, private della loro attivit� sociale, si fossero trovate 
in gravi difficolt� per sopravvivere destinando a nuove imprese i capitali 
ad esse dovuti per indennizzo dall'ENEL, e si fossero conse



1406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

guentemente 1poste in liquidazione con dannose conseguenze tanto per 
i loro azionisti che per l'economia nazionale. Ci� risulta espressamente 
dai lavori preparatori che giustificano il trattamento fiscale di favore 
col e migliore dimensionamento, ai fini dell'esercizio di ulteriori attivit� 
imprenditoriali, delle societ� i cui beni siano stati trasferiti e ci� 
nel quadro di sviluppo della economia � (Relazione di maggioranza alla 
Camera dei Deputati, n. 15); ed �, del resto, l'unica spiegazione ragionevole 
che si pu� .fornire della disposizione in esame. 

Ci� posto, non si vede, allora per quale ragione l'agevolazione 
fiscale non si dovrebbe concedere proprio nel caso in cui, incorporandosi 
la societ� di piccole dimensioni e di esile struttura finanziaria in 
un maggiore ente economico del tipo di quello che � parte in causa 
-e Cio� la Montedison -esiste� la sicurezza assoluta che nessuna 
delle risorse economiche, apportate dalla piccola societ� nella grande, 
vada dispersa o resti inutilizzata. Che se, anzi, una distinzione dovesse 
farsi da questo punto di vista tra le due ipotesi di fusione, sarebbe 
allora la fusione per costituzione di un ente nuovo che �almeno in te~i 
apparirebbe meno idonea allo scopo �legislativo del �miglior dimensionamento 
per l'esercizio di ulteriori attivit� imprenditoriali �; perch� 
mentre si pu� ritenere che l'apporto di nuove forze economiche non 
ipu� che giovare, almeno secondo l'id quod plerumque accidit, ad una 
impresa gi� di .grandi dimensioni, non � affatto sicuro che la somma di 
pi� debolezze dia sempre per risultato una forza; che, cio�, riunendo 
insieme pi� imprese sociali non vitali, per le loro piccole . dimensioni, 
dopo che si sia proceduto all'esproprio delle loro aziende elettriche, si 
possa dar vita �senz'altro ad una grossa e redditizia concentrazione industriale. 


Basta considerare quale possa essere dal punto �di vista dell'avvi
�amento la differenza tra una societ� di nuova costituz.ione ed una 
societ� che gi� da lungo tempo agisce e prospera nel ..campo industriale 
(nella specie la Montecatini, incorporante prima della Edisonvolta 
e poi delle minori so�ciet� di cui oggi � causa) perch� appaia tutto 
l'assurdo interpretativo, dal punto di vista della ratio legis, della tesi 
propugnata dalla finanza ed accolta dalla Corte di Miano,_ che nega 
l'agevolazione fiscale proprio nei casi in cui essa si rivela in prospettiva 
generale ed astratta, naturalmente, e salvi �sempre i casi particolari 
-pi� utile ed appropriata secondo la presumibile volont� del 
legislatore, qual essa appare anche ripetesi, dai lavori preparatori. 

Va infine considerato che con la successiva legge 18 marzo 1965 

n. 170 lo stesso legislatore, dettando una pi� ampia serie di agevolazioni 
.fiscali per ogni forma di fusione e concentrazione di societ� e 
di aziende ha ribadito, all'art. 1 lett. b), che la costituzione di una 
societ� nuova e la incorporazione non sono che i modi di attuazipne 
della fusione; ed ha dato la riprova, sussumendo tutte le varie ipotesi 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1407 

di trasformazione, fusione, concentrazione e aumenti di capitale' allo 
scopo di facilitare dette operazioni sotto lo stesso beneficio fiscale 
(e cio� la registrazione a tassa fissa) che, se la concessione di tale benefiicio 
� motivata dalla necessit� di facilitare il dimensionamento delle 
imprese, delle societ� e delle aziende nell'interesse economico' g�nerale, 
ogni distinzione tra le forme che i soggetti privati interessati 
possano scegliere per meglio conseguire, nella variet� dei casi e delle 
esigenze singole, il fine economico e finanziario che il legislatore ha 
inteso agevolare fiscalmente, purch� naturalmente trattisi di forme 
giuridicamente valide, � a questi scopi arbitraria. 

Vero � che chi si limitasse, come ha fatto la sentenza impugnata, 
ad interpretare la legge secondo il solo criterio letterale, potrebbe osservare 
che la legge n. 170 del 1965 ha espressamente specificato che la 
agevolazione fiscale si applica ad entrambi i modi di attuazione della 
fusione, e cio� costituzione di nuova societ� ed incorporazione, mentre 
la legge di nazionalizzazione elettrica� tale espressa distinzione non ha 
fatto; ma le ragioni logico-giuridiche, sistematiche e di ricostruzione 
della volont� del legislatore sopra messe in luce impediscono di dare 
anche a questa diversit� di formulazione letterale dei testi di legge 
qualsiasi rilievo. � evidente che il legislatore nel redigere una apposita 
legge fiscale di sei complessi articoli ha potuto adottare una fo~ulazione 
pi� diffusa e pi� specifica per descriver� le varie ipotesi di atti 
agevolati in materia di trasformazione fusione e concentrazione di societ� 
commerciali; mentre nell'introdurre una norma particolare in 
materia nel corpo di una legge indirizzata a tutt'altro scopo generale 
ha dovuto necessariamente essere pi� conciso, omettendo quella distinzione 
tra costituzione di nuova societ�, ed incorporazione che del resto 
di fronte al chiaro disposto dell'art. 2501 cod. civ., pu� ben apparire 
pleona$tica quando siasi genericamente .parlato di � atti di fusione �. 

Anche il quarto motivo del ricorso deve essere quindi accolto, 
affermandosi che pure le f.sioni per incorporazione rientrano nella 
agevolazione fiscale di cui �, causa. 

Colquinto ed ultimo motivo di ricorso la Montedison, denunziando 
ancora la violazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643, 
in relazione agli artt. 81 ed 85 della Tariffa all. A della leg.ge di 
registro, lamenta il mancato accoglimento della sua richiesta -fatta 
valere dinanzi alla Corte di Milano con appello incidentaie -di registrazione 
a tassa fissa anche dell'aumento di capitale da 276 a 300 
miliardi di lire destinato a �facilitare � la fusione attraverso il � concambio 
� delle azioni tra nuovi e vecchi azionisti. 

La doglianza � articolata su tre tesi distinte, e cio�: a) estensione 

necessaria della agevolazione dall'aumento di capitale corrispondente 

alla fusione all'aumento di capitale destinato a facilitare detta fusione, 

secondo la tendenza legislativa in materia (leggi n. 192 del 1942, 


1408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 1057 del 1948, n. 603 del 1954, n. 170 del 1965 gi� richiamata); 
b) connessione necessaria (ai. sensi dell'art. 9 della legge di registro) 
tra aumento di capitale .per facilitare la fusione e atto di fusione; 
c) intassabilit� ex art. 85 della Tariffa all. A alla legge di registro 
degli aumenti di capitale effettuati mediante passaggio dalle riserve 
a capitale, per mancanza� in tal caso del trasferimento di ricchezza 
oggetto di imposta. 
La tesi sub e) � stata �correttamente rigettata, sia sotto il profilo 
processuale che sotto quello sostanziale, dalla Corte di .Aippello. Poich� 
detta tesi prescinde completamente dalla questione della agevolazione 
fiscale delle fusioni di societ�, essa poteva essere esaminata nel merito 
senza essere assorbita dalla pronunzia con cui si rigettava la pretesa 
di registrazione a tassa fissa delle fusioni per incorporazioni di imprese 
ex elettriche e relativi aumenti di capitale. E nel merito doveva 
essere respinta, perch� questa Corte Suprema, con la gi� citata sentenza 
n. 42 del 1971, ha affermato che l'aumento di capitale mediante 
passaggio dalle riserve a capitale della somma relativa non si esaurisce 
in una mera operazione contabile ma concreta un mutamento di 
regime nel godimento dei beni spettanti. agli azionisti e come tale deve 
essere sottoposta a tassa proporzionale di registro ai sensi dell'art. 4 
della legge organica e dell'art. 85 della Tariffa all. A; non dovendosi 
confondere, a questi effetti, il caso della imposta di registro con quello 
della tassa sulle concessioni governative, per la quale la � nota � apposta 
all'art. 111 della Tabella annessa alla legge relativa .espressamente 
richiede quel � nuovo apporto di ricchezza � che evidentemente 
non ricorre nel passaggio da riserve a capitale (da ultimo: sentenza 

n. 183 del 1969, n. 2301, 2295, 2147 del 1968). Da questo indirizzo 
giurisprudenziale non v'� oggi motivo di discostarsi, e pertanto la tesi 
sopra elencata sub c) deve essere senz'altro disattesa, rigettandosi per 
questa parte il motivo di ricorso. Anche la tesi sub a) � stata rigettata 
dalla Corte di Appello, che ha escluso che tra la fusione e l'aumento 
di capitale di 24 miliardi di lire vi fosse un � vincolo unitario � tale 
da giustificare l'agevolazione fiscale. Tale pronunzia dal punto di vista 
del rito � ultronea, perch� la Corte stessa, av:endo gi� affermato che 
nemmeno all'atto di fusione, essendo questa avvenuta per incorporazione, 
l'agevolazione spetteva, doveva ovviamente dichiarare assorbita 
quella parte dell'appello incidentale colla quale si sosteneva che detta 
agevolazione doveva essere riconosciuta anche per l'aumento di capitale 
destinato a faciliare la incorporazione, non rigettare la deduzione 
nel merito. 
A parte tale..rilievo, peraltro, la tesi del ricorrente non pu� essere 
in diritto accettata. Questa Corte .Suprema ha ritenuto, accogliendo le 
deduzioni esposte dalla Montedison col terzo mezzo, che l'aumento. di 
capitale corrispondente alla operazione di fusione non pu� essere 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

oggetto di autonoma imposta di registro; ed accogliendo il quarto mezzo, 
poi, ha affermato �che l'agevolazione fiscale di cui al quinto comma 
dell'art. 9 della legge istitutiva dell'ENEL concerne anche gli atti 
di fusione per incorporazione; ma ci� ha fatto, senza procedere ad 
interpretazioni estensive e tanto meno analogiche, col semplice uso del 
criterio logico giuridico per risolvere la questione della unicit� del 
fenomeno fusione-aumento di caipitale e col ricorso alla evidente volont� 
del legislatore per risolvere i dubbi interpretativi fondati sulla 
lettera del predetto art. 9 della Jegge di nazionalizzazione. Ma far rientrare 
nel disposto di tale norma di agevolazione anche gli aumenti di 
capitale eseguiti per facilitare il � concambio � delle azioni nella fusione 
sol perch� le altre leggi indicate dalla ricorrente indubbiamente 
�prevedono, �come la legge n. 170 del 1965, fa registrazione a tassa fissa 
dei � contemporanei aumenti di capitale deliberati per facilitare le 
fusioni o le concentrazioni od in OC�casione di queste� non sarebbe pi� 
una interpretazione logico sistematica e nemmeno semplicemente estensiva, 
ma addirittura analogica, non ammissibile come tale in materia 
di norme di agevolazione fiscale, data la riconosciuta natura eccezionale 
di queste. Sar� pur vero -ma nella specie nemmeno � stata data 
sufficiente spiegazione dell'assunto -che l'aumento di capitale destinato 
a favorire il concambio delle azioni � un'operazione tecnicamente 
indispensabile per una regolare e proficua riuscita della fusione; ma 
certo � che detto aumento di capitale prodromico e preparatorio alla 
fusione stessa: a) non � a questa collegato c9n quel vincolo di identit� 
ed automatica corrispondenza che si � riconosciuto esistere per l'aumento 
di capitale contemporaneo alla incorporazione; b) non pu� in 
alcun modo considerarsi previsto dal disposto dell'art. 9 della legge 
istitutiva dell'ENEL, perch� la stessa formulazione delle disposizioni 
agevolative generali invocate dalla ricorrente fa comprendere che, 
agli effetti fiscali de qu.ibus, mentre l'aumento di ca.pitale che � funzione 
della fusione rientra nel concetto di questa, tanto � vero che 
non viene nemmeno menzionato dal legislatore, l'aumento di �apitale 
deliberato � per facilitare le fusioni o le concentrazioni ed in occasione 
di queste �, 1sempre per riferirsi alla recente legge n./ 1 70 del 1965, � 
espress;imente previsto come autonomo oggetto di registrazione a tassa 
fissa (art. 1 lett. d legge predetta). Se si accogliesse la tesi sopra quali:
ficata sub a), .quindi, si estenderebbe a un caso simile, ma diverso, 
sia pure in omaggio ad una pretesa volont� del legislatore, la norma 
di agevolazione dell'art. 9 legge n. 1643 del 196?; e ci� in violazione 
della norma interpretativa di cui all'art. 14 delle Disposizioni sulla 
legge in generale. 

Ma se ci� �, non � detto �che la legge organica di registro non 
possa tener conto delle esigenze sostanziali dedotte nella specie dalla 
Montedison �col far presente che senza il preliminare aumento di capi



1410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tale per il concambio non si sarebbe potuta eseguire correttamente la 
incorporazione. Il capoverso dell'art. 9 della legge di registro stessa 
� dettato proprio per venire incontro ad esig.enze del genere ed evitare 
quella che in defin9iiva sarebbe una doppia tassazione o, nel caso di 
atto agevolato, una agevolazione monca od incompleta. La � connessione� 
prevista da tale norma, infatti, secondo la giurisprudenza di 
questa Corte Suprema, va riconosciuta � tutte le volte in cui tra pi� 
disposizioni esista, in forza di legge e non per mera volont� delle 
parti; una concatenazione logica necessaria, cosi che le stesse possano 
esser ricondotte per la loro intrinseca natura, o in virt� di un disposto� 
di legge, nell'unico rapporto tassabile ai fini della imposta di registro 
quali elementi indispensabili del medesimo � (sentenza n. 2752 del 
1969); ed � appunto questo principio, richiamato evidentemente dalla 
ricorrente con la tesi sub b) del mezzo in esame, che anche nella 
specie deve essere applicato. Naturalmente sar� il giudice di rinvio 
che con motivato appr�zzamento di fatto dovr� decidere se nel presente 
caso effettivamente sussista questa concatenazione logica necessaria tra 
la fusione e l'aumento del capitale da 276 a 300 miliardi di lire che 
apoditticamente la ricorrente sostiene essere stato nella specie indispensabile 
per procedere al concambio delle azioni e, quindi, alla 
incorporazione registrata a tassa fissa,. cosi che in tale registrazione 
agevolata possa essere compreso anche detto aumento preliminare di 
capitale; e ci� perch� un apprezzamento del ,genere non rientra nei 
poteri di questa�Corte di legittimit� (sentenza n. 2521 del 1962, proprio 
in materia di aumenti di capitale per facilitare la fusione di societ�, 
ai sensi della legge n. 603 del 1954). 

In questi sensi, pertanto, ed entro questi limiti deve essere accolto 
anche il quinto mezzo del ricorso. 

La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata 
per nuovo esame ad altra Corte di Appello che applicher� i 
seguenti principi di diritto. 

� L'agevolazione fiscale (registrazione a tassa fissa) prevista dal 
quinto comma dell'art. �9 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643 per gli 
atti di fusione di societ� gi� esercenti imprese elettriche nazionalizzate 
deve intendersi coneessa anche per gli aumenti di capitale contemporaneamente 
deliberati come mezzo, di esecuzione della fusione, che 
non debbono essere, quindi, autonomamente tassati ai sensi dell'art. 85 
della Tariffa allegato A alla .legge di registro �. 
�Le fusioni di societ� da registrasi a tassa fissa ~i sensi del quinto 
comma dell'art. 9 legge 12 _dicembre 1962 n. 1643 non sono soltanto 
quelle realizzate con la costituzione di una nuova societ�, ma anche 
quelle realizzate mediante incorporazione ai sensi dell'art. 2501 codice 
civile�. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1411 

� Gli aumenti di capitale disposti solo per facilitare le fusioni agevolate 
di �CUi al quinto comma dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962 
n. 1643 potranno fruire della stessa agevolazione per effetto dell'art. 9 
capoverso della legge organica di registro, ove sia in fatto accertata 
la concatenazione logica necessaria, per loro intrinseca natura o per 
un disposto di legge, tra le due operazioni�. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1971, n. 2191 -Pres. Rossano 
-Est. Della Valle -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Alfer (avy. Guerra). 

Imposta ipotecaria -Credito a medio e lungo termine -Risoluzione 
anticipata in caso di inadempienza -Incompatibilit� col requisito 
della durata minima dell'operazione -Esclusione. 

(1. 27 luglio 1962, n. 1228; e.e. artt. 1186 e 1819). 
Condiz1ione per l'applicabiLit� del trattamenfJo fiscale in abbonamento 
per le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine � soltanto 
che, in via di normale proois.ione .contrattuale, la durata convenuta 
sia almeno fJriennale; non contrasta con tale finalit� la clausola 
contrafJtuale che, in applicazione degli artt. 1186 e 1819 e.e., prevede la. 
risoluzione anticipata del contratto in caso di inadempimento del mutuatario; 
n� quella che consente al mutuatario di rimborsare .anticipatamente 
il capitale (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto la ricorrente Amministrazione 
finanziaria dello Stato, denunciando la �vioJazione e la falsa 

(1) Operazioni di finanziamento .a medio e lungo termine: legge 27 luglio 
1962, n. 1228 concedente agevolazioni tributarie. 
La legge 27 luglio 1962, n. 1228 sul trattamento tributario degli Istituti 
di credito a medio e "lungo termine, � fonte di molti dubbi e incertezz,e per 
gli operatori del diritto. 

La Corte di Cassazione, con la sentenza in Tassegna, ha risolto un 
caso, sotto l'aspetto interpretativo della legge, di portata apparentemente 
limitata: se cio� siano o meno in contrasto col concetto di operazione a 
medio e lungo termine, �quale � stato assunto dalla legge �stessa, al 20 comma 
dell'art. 1 ( � agli effetti della presente legge �si considerano a medio o 
lungo termine le operazioni a scopo di investimento di durata non inferiore 
a tre anni � ), le clausole che in applicazione o rafforzamento degli 
artt. 1186 e 1819 cod. civ. diano facolt� al mutuante di !risolvere anticipatamente 
il contratto di mutuo in caso di inadempimento del mutuatario. Era 
stato sostenuto dalla difesa dell'Amministrazione che esse non sono compatibili 
con la particolare natura del finanziamento contemplato dalla ricordata 
legge del 1962, in quanto rischiano � di non consentire all'impresa 



1412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

applicazione de}J'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228 in relazione 
agli artt. 1186, 1453, 1454, 1813 e 1819 e.e., nonch� dell'art. 8 della 
legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269 in :relazione alla legge sulle 
imposte ipotecarie 25 giugno 1943, n. 540, e la contraddittoriet� ed insufficienza 
di motivazione su un punto decisivo della controversia, ai 
sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., censura l'impugnata sentenza per 
aver ritenuto che ai fini della concessione dei benefici .fiscali di cui alla 
citata legge 1228 del 1962 sia sufficiente che il contratto di finanziamento 
sia stato stipulato � a scopo d'investimento �: e per una � durata 
non inferiore a tre anni �, rimanendo il negozio, per tutto il resto, 
soggetto alla disciplina stabilita dal e.e. per le obbligazioni ed i contratti 
in generale, ed in particolare per i comuni contratti di mutuo. 

finanziata, o di renderle oltremodo difficile, il superamento di quelle situazioni 
di sbilancio economico che, soprattutto nel periodo iniziale, quando 
cio� la somma investita rappresenta una posta passiva nel bilancio azien-. 
dale, intervengono cos� di frequente ad ostacolare o ritardare il graduale 
ordinato sviluppo dell'impresa �. La Corte di Cassazione ha osservato che 
siffatta tesi non trova conferma nella lettera della legge la quale � ha voluto 
bens� sottrarre l'impresa finanziata all'arbitrio e all'agemonia dell'ente 
finanziatore con l'assicurarle il godimento del �mutuo per almeno tre anni, 
ma non ha certamente voluto anche svincolare tale � garanzia di durata 
minima � dal fedele e puntuale adempimento, da parte di essa mutuataria, 
degli obblighi contrattualmente assunti, tra i quali quello, essenziale, del 
pagamento dei ratei alle scadenze pattuite �. 

Con l'ultima parte della sentenza la Suprema Corte ha poi negato fondamento 
alla ulteriore tesi sostenuta da1l'Aministrazione, secondo cui la 
clausola contrattuale che autorizza il mutuatario a rimborsare anticipatamente 
il capitale preso a prestito, � in contrasto con la ricordata disposizione 
di legge; ed ha osservato che non si pu� pensare che una norma � posta 
indubbiamente a favore del mutuatario � .Io privi tacitamente del diritto riconosciutogli 
dall'art. 1184 e.e. di eseguire anzitemp,o la sua obbligazione. 
Tale argomento peraltro non sembra consistente in quanto il termine per 
la restituzione della somma trova, in rapporto al contratto di mutuo, una 
regolamentazione speciale nell'art. 1816 e.e., che deroga al principio generale 
posto dall'art. 1184 �e.e.: talch� il termine nel mutuo fruttifero, come 
sempre sono quelli concessi dalle imprese esercenti il credito, si presume 
stipulato a favore di entrambe le parti e non del solo mutuatario. 

Peraltro per ben comprendere il valore e la portata da attribuire alla 
pi� volta ricordata disposizione di cui al secondo �comma, art. 1, della legge 
del 1962, e stabilire quali �clausole �contrattuali siano con essa compatibili 
e quali no, il discorso deve spaziare' pi� ampiamente, a ricercare i criteri 
informatori della legge. 

Occorre invero fissare subito l'attenzione sul fatto che la legge 27 luglio 
1962, n. 1228 ha per oggetto non :gi� il trattamento tributario delle 
operazioni di credito a medio o lungo termine, bens� � il trattamento tributario 
degli Istituti di credito a medio e lungo termine � : �essa cio� vuol 
disciplinare organicamente i benefici tributari che l'e varie leggi spe"Ciali 
concedevano agli istituti operanti nel campo dei finanziamenti a medio e 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1413 

Al riguardo, muovendo dal rilievo che la ratio della norma agevolativa 
� non soltanto quella di favorire lo sviluppo delle medie e piccole 
imprese, sottraendoJ.e ai :rischi connessi, per il suo eccessivo costo, 
al normale ricorso al finanziamento bancario ed agevolandole rispetto 
ai pesi fiscali, ma anche e soprattutto quello di assicurare a dette imprese, 
per tutta la durata del contratto, il pieno godimento della somma 
mutuata, evitando loro anche il rischio, insito in un comune mutuo 
bancario, della decadenza dal beneficio del termine nelle ipotesi previste 
dall'art. 1186 e.e., essa ricorrente sostiene che la clausola con 
cui, all'art. 10 del contratto in oggetto, venne .pattuito che nel caso 
di mancato puntuale pagamento, alle scadenze indicate, anche di una 
sola rata, o di mancata osservanza, ,sia da parte della so�iet� finanziata 
sia da parte dei garanti e dei coobbligati, anche di una sola delle condizioni 
e modalit� contenute in detto contratto e nel relativo capitolato, 
l'Istituto avrebbe potuto far decadere la mutuataria, i garanti ed 

lungo termine, unificando il regime di imposta in abbonamento di cui tali 
istituti possono fruire, imposta sostitutiva delle molteplici e gravose tasse 
e imposte elencate nel terzo comma dell'art. 1 della legge; essa costituisce 
e consolida cosi, a favore di tali istituti, un regime tributario fortemente 
privilegiato. 

D'altra parte, poich� � nell'ordine naturale delle cose che il carico tributario 
venga, da chi concede il finanziamento, riversato su chi lo riceve, 
ne deriva .che i benefici stessi si risolvono in un alleggerimento delle spese 
a favore di costui. 

Ci� premesso, chiaro appare come il legislatore del 1962, per delimitare 
la sfera di applicazione della nuova normativa, segua due criteri, uno 
sog.gettivo e l'altro oggettivo. 

Sotto il profilo soggettivo il nuovo regime indica tassativamente quali 
sono gli enti che operano nel settore del credito, che possono usufruire del 
previsto regime in abbonamento. Essi sono �gli istituti di credito e le sezioni 
di aziende e di istituti di credito, che.esercitano, in conformit� alle 
disposizioni di legge e dei loro statuti, il credito a medio e lungo termine ., 
nonch� � le aziende di credito, per le loro sezioni o gestioni non fornite di. 
personalit� giuridica che esercitano, anch'esse in conformit� alle disposizioni 
di legge e degli statuti, il credito a medio e lungo termine �. La dizione 
della legge, che definisce gli istituti ammessi allo speciale trattamento 
tributario, ha un significato tecnico ben preciso (V. in arg. G. FERRI, 
in Enciclopedia del diritto, vol. IV, voce �Aziende di Credito�, pag. 752, 

n. 1; v. anche P. ADONNINO, Il regime tributario italiano delle operazioni di 
credito a medio e lungo termine, in � Banca, borsa e titoli di credito ., 
1967, vol. I, pag. 196). Si tratta degli istituti che :ricadono sotto la disciplina 
dell'art. 41 della legge.bancaria. E che a questo significato abbia inteso attenersi 
il legislatore appare non solo dalla precisa terminologia adottata 
(v. in arg. gli autori citati), ma � esplicitamente chiarito nella relazione 
del Ministro Trabucchi al disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati 
(Atti parlamentari, III legislatura, progetto n. 2952): ivi infatti, dopo 
aver premesso che �il trattamento tributario degli istituti e delle sezioni 
che esercitano attivit� creditizie diverse dal credito a breve termine 

1414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

,,_i coobbligati dal beneficio del termine come previsto dall'art. 1186 e.e. 

' non � assolutamente compatibile con la particolare natura del finanziamento 
contemplato dalla citata legge del 1962, in quanto rischia di 
non consentire alrimpresa finanziata, o di renderle oltremodo diflicile, 
il superamento di quelle situazioni di sbilancio economico che, 
soprattutto nel periodo iniziale, quando cio� la somma investita rappresenta 
�soltanto una posta passiva nel bilancio aziendale, intervengono 
cosi di frequente ad ostacolare od a ritardare il graduale ordinato 
sviluppo dell'impresa. 
La censura � infondata. 
Che, in vista della partic�olare finalit� perseguita, la legge 1228 
del 1962, col porre la durata e almeno triennale > dell'operazione di 
finanziamento come condizione indefettibile per il godimento dei benefici 
fiscali istituiti nel primo comma dell'art. 1, abbia inteso dero-. 
gare al principio sancito d.aglt artt. 1136 e 1819 e.e. -giacch� tale 

istituti e sezioni che la legge bancaria (artt. 41 e seguenti della legge 7 
marzo 1938, n. 141 e della legge 7 aprile 1938, n. 636) ed i successivi provvedimenti 
legislativi considerano nella disciplina del credito a medio e a 
lungo termine -si presenta attualmente non troppo chiaro e piuttosto diso.
rganico �,vengono esposte le direttive cui si ispira.il disegno di legge, e si 
precisa: � il provvedimento ha riferimento agli istituti ed alle sezioni che 
esercitano il credito a medio e lungo termine -e quindi, ovviamente, a 
quelli che esercitano sia il credito a medio termine che il credito a lungo 
termine, ed a quelli che esercitano soltanto il credito a medio termine o 
soltanto il credito a lungo termine -ed alle aziende di credito aventi speciali 
gestioni, non fornite di personalit� �giuridica, che esercitano il credito 
a medio e lungo termine (art. 1 comma primo). 

� Poich� l'art. 41 della legge bancaria e le leg�gi successive fanno riferimento, 
in via principale, ai singoli istituti, .sezioni o .gestioni, anche l'attuale 
provvedimento segue la medesima impostazione, raggiungendo in tal 
modo il risultato di sopprimere i trattamenti particolari fatti di volta in 
volta ai singoli istituti o a singole attivit� di credito speciale �. 
In sostanza quindi il legislatore non ha inteso estendere il particolare 
regime dell'abbonamento a tutti gli enti di credito che .comunque compiano 
operazioni di mutuo a medio o lungo termine, ma soltanto di dare una disciplina 
unitaria agli enti che, per l'attivit� che svolgono nel campo creditizio, 
a favore di particolari settori dell'economia nazionale, gi� usufruivano 
di un 'Particolare regime tributario. Rimangono quindi escluse dall'ambito 
della legge le � aziende di credito � ricadenti sotto la disciplina 
dell'art. 5 della legge bancaria (fTa cui anche le Casse di Risparmio). 

Alcune di queste aziende operano, si pu� dire esclusivamente, nel 
campo del credito ordinario (e cio� �credito c.d. di esercizio): cosi le banche 
costituite in forma di societ� per azioni, le banche popolari, le banche di 
interesse nazionalei per� anche queste imprese possono in via eccezionale 
concedere mutui a medio o lungo termine (v. art. 99 legge bancaria). 

Altre invece, cos� le Casse di Risparmio, possono operare. promiscuamente 
nel campo del credito ordinario o di quello a medio o lungo terfuine, 
in conformit� ai loro statuti. 



l"ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1415 

�, al fondo, la sostanza del ragionamento dell'Amministrazione ricorrente, 
risolvendosi la menzionata clausola n. 10 ir.i una pura e semplice 
rtproduzione del contenuto di detto articolo -�, invero, affermazione 
che non solo non trova nella lettera della legge conferma alcuna, ma 
contrasta altres� col fondamentale principio secondo il quale in tema

1

di agevolazioni fiscali devesi avere riguardo agli effetti potenziali 

dell'atto e non a quelli eventualmente .prodottisi di poi in concreto. 

Con lo stabilire che � agli effetti della presente legge si conside


rano a medio e lungo termine le operazioni a scopo d'investimento di 

durata non inferiore a tre anni ,, (art. 1 comma 2), il legislatore si � 

limitato, infatti, unicamente a fissare un termine a favore del debi


tore onde dar modo allo stesso di svolgere con tranqui1lit� il proprio 

programma d'investimento senza .cqrrere il pericolo di essere da un 

momento all'altro, inopinatamente, richiesto dall'Istituto mutuante del


la restituzione della somma ricevuta in prestito. 

Nulla di pi� risulta voluto dalla legge; ed in particolare non ri


sulta affatto che si sia voluto allargare a tal punto il trattamento di 

favore riservato alle imprese finanziate da negare agli enti finanziatori, 

Ma come, prima della legge del 1962, queste operazioni non godevano 
di nessun particolare trattamento tributario, cosi le imprese stesse non possono 
considerarsi inserite nello speciale regime della legge del 1962, per le 
operazioni di medio o lungo termine che continuano pi� o meno eccezionalmente 
a svolgere, dato che la legge, nominando le �sezioni di aziende� 
(cio� le sezioni fornite di personalit� giuridiche) e le � gestioni speciali � 
delle aziende stesse (cio� le gestioni sfornite di personalit� giuridica) con 
dizione ben precisa e tutt'altro che equivoca, ne tiene fuori le � aziende 
di credito�. 

il da precisare che per � aversi gestione speciale � non basta, come � 
stato detto (v. ADONNINO, op. cit., pag. 197) che l'istituto di credito tenga 
una contabilit� separata per le operazioni a medio e lungo termine; essenziale 
� invece che a questa si accompagni un'amministrazione separata, in 
modo che l'attivit� di finanziamento a medio e lungo termine si incentri 
in un organo con mezzi e finalit� specializzata, che trovi la sua particolare 
giustificazione, come espressamente richiede l'art. 1, primo comma della 
legge del 1962, nella legge e nello statuto dell'ente. 

Il motivo fondamentale per �:Ui il legislatore ha riservato il tratta


mento tributario di favore agli istituti ricadenti nell'ambito dell'art. 41 

della legge bancaria, escludendone gli enti ed imprese ricadenti invece 
�nell'ambito dell'art. 5 della medesima legge, sta nelle finalit� di pubblico 
interesse che essi perseguono. 
Trattasi di istituti sottoposti a controlli notevolmente diversi da quelli 
predisposti .per le aziende di credito. 

�E ci� (v. FERRI, op. cit., pag. 762) sia in funzione della loro struttura, 
trattandosi nella quasi totalit� di enti pubblici, sia in funzione delle caratteristiche 
della loro attivit�; a differenza infatti di quanto avviene nelle 
operazioni di credito a breve termine nelle quali l'erogazione def fido � 
12 



1416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sia pure durante il solo primo triennio, l'esercizio delle azioni cautelative 
spettanti J.oro in base ai principi generali di diritto posti irt tema 
di esecuzione dei contratti. 

La legge, cio�, ha voluto bensl sottrarre l'impresa finanziata all'arbitrio 
ed alla egemonia dell'ente finanziatore con l'assicurarle il 
godimento del mutuo per almeno tre anni, ma non ha certamente voluto 
anche svincolare tale � garanzia di durata minima � dal fedele e 
puntuale adempimento, da parte di essa mutuataria, degli obblighi contrattualmente 
assunti -.tra i quali quello, essenziale, del pagamento 
dei ratei alle scadenze pattuite -, ben sapendo che l'eliminazione di 
un siffatto vincolo avrebbe potuto frustrare lo scopo della norma agevolativa 
e dare origine, per converso, ad inammissibili e facili abusi, 
ben potendo le imprese finanziate trovare vantaggioso restare inadempienti 
nel pagamento delle quote di rimborso e delle annualit� di interessi 
fino alla scadenza dei tre anni ed impiegare diversamente le 
somme ricevute traendone un reddito superiore al modesto interesse 
da corrispondere all'Istituto finanziatore. 

successiva all'acquisizione dei capitali attraverso i depositi, nelle operazioni 
di credito a medio e lungo termine il finanziamento � antecedente 
all'aeqUisizione dei capitali la quale si attua essenzialmente attraverso la 
emissione di cartelle o di titoli obbligazionari e il loro collocamento sul 
mercato�. 

Sotto il profilo oggettivo il progetto di legge presentato dal Ministro 
Trabucchi si limitava a richiamare il concetto di � operazioni a medio o 
lungo termine � gi� acquisito dalla tecnica l;>ancaria. Concetto ehe interveniva 
anch'esso a delimitare il campo che la legge avrebbe dovuto regolare. 
(v. la lett. a del secondo comma art. 1 del progetto, p�ssato -senza 
alcuna variazione -nel testo definitivo, sotto la lett. a del terzo comma 
art. 1); .ed essenziale a tale delimitazione, dato che anche� gli istituti specializzati, 
operanti cio� nel campo del medio e lungo credito, possono compiere, 
sia pure in via eccezionale, operazroni a breve termine. 

n progetto fu approvato, senza alcuna variazione, almeno per quanto 

ci riguarda, dalla Camera dei Deputati. 

In sede di discussione al Senato, a seguito di un'interrogazione del 

sen. Paratore (v. Atti parlamentari, 155� seduta della 5� Commissione fi


nanza e tesoro, del 27 giugno 1962, pag. 2798), fu peraltro sentita la neces


sit�, dato che la prassi bancaria non dava una precisa classificazione, in 

ordine alla durata, delle operazioni di credito a breve, medio e lungo ter


mine, di stabilire� la durata che doveva avere l'operazione per poter essere 

considerata a medio o lungo termine. Fu cosi inserito nel primo articolo, 

il secondo comma, per il quale � agli effetti della presente legge si consi


derano a medio o lungo termine le operazioni a scopo di investimento di 

durata non inferiore a tre anni. 

Chiara, dopo quanto si � detto, la limitata finalit� della disposizione 

in esame: essa non crea e:x: novo il concetto di �operazioni di finanzia


mento a medio o lungo termine �, che assume invece direttamente dalla 

tecnica bancaria; ma si limita a fissare un criterio unico di discriminazione 

temporale. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPP'UDENZA TRIBUTARIA 1417 

Ci� che la legge ha inteso evitare, in altri termini, non � che la 

.,operazione di finanziamento. venga anticipatamente risolta in conseguenza 
dell'inadempimento del mutuario, ma che la stessa possa essere 
estinta in un qualsiasi momento, prima della scadenza del triennio, su 
semplice richiesta dell'Ente mutuante, anche nel caso che il mutuatario 
abbia adempiuto puntualmente . .gli obblighi . assunti. 

La clausola contrattuale con cui, al n. 10, fu data facolt� all'Istituto 
finanziatore di richiedere l'immediata Testituzione dell'intero nel 

; 
caso che Ja societ� mutuataria fosse venuta meno all'obbligo del. pagamento 
anche di una sola. rata, non altera quindi in alcun modo la 
natura del finanziamento agevolato di cui alla legge speciale summenzionata, 
essendo indubbio che, quand'anche di tale facolt� non fosse 
stato fatto esplicito cenno nell'atto di finanziamento, avrebbe potuto 
l'Istituto finanziatore conseguire egualmente il ri-sultato voluto attraverso 
il ricorso agli artt. 1186 e 1819 e.e., applicabili al contratto in 
oggetto come a qualsiasi altro contratto di mutuo. 

Inutile quindi cercare di spremere da .questa norma ci� che essa non 
dice. Ogni pi� approfondita indagine sul concetto di operazione di finanziamento 
a medio o lungo termine non pu� che rifarsi alla prassi bancaria 
e alle norme in materia., gi�� vigenti prima dell'entrata in vigore della legge 
del 1962. � 

' In particolare, per tornare alla questione da cui abbiamo preso le 
mosse, ed oggetto �della s�ntenza in rassegna, ci sembra che se nella prassi 
. e legislazione bancaria. precedente la legge del 1962. erano conciliabili (e 
una conferma in tal senso potrebbe� trovarsi nella legge 6 dicembre� 1965, 

n. 1381, re�~te interpretazione autentica dell'art. 21 del d.lg. 29 luglio 
1927, n. 1509 sul credito agrario) con le operazioni di credito a medio o 
lungo termine le claus�le contrattuali dirette a� confermare e rafforzare, 
a favore del mutuante, le norme poste a sua tutela dagli artt. 1186 e 1819 
del e.e., possa convenirsi con la Corte Suprema per tale conciliabilit� anche 
di fronte alla legge del 1962. � 
Quanto all'altra questione, esaminata anch'essa nella sentenza, se la 
facolt� contrattualmente concessa al mutuatario di estinguere anticipatamente 
il mutuo possa.conciliarsi con la durata che deve avere l'operazione 
per potersi qualificare a medio o lungo termine, una prima osservazione 
parrebbe da.. farsi: la norma considera a medio o lungo termine le operazioni. 
a scopo <ii investimento;� tale espressione, come fu chiarito in sede 
di lavori parlamentari, va riferita�all'ente mutuante e non al mutuatario. 

Parrebbe quindi in contrasto con lo � scopo di investimento � che deve� 
perseguire 'l'ente finanziatore la facolt� contrattualmente riconosciuta al 
mutuatario� di restituire anticipatamente il mutuo. Pur tuttavia � da osservare 
che l'espressione � a scopo di investimento > � calata forse non molto 
meditatamente -come ne farebbero fede i lavori parlamentari -nel 
corpo della norma, cosicch� non sembra che sia da attribuirle un particolare 
significato. E pertanto tale espressione potrebbe non escludere l'interpretazione 
pi� liberale della norma. �� 

Accanto alle clausole che prevedono l'anticipata risoluzione del mutuo 
per inadempienza del mutuatario alle sue obbligazioni, si trovano spesso 



1418 RASS~GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La durata minima del rapporto � stata, infatti, stabilita dalla leg


ge nel presupposto della piena osservanza, da .parte dell'impresa fi


nanziata, degli obblighi assunti: il che vuol dire che essa deve essere 

presa in considerazione con riferimento alla volont� negoziale espressa 

dalle parti nell'atto �costitutivo del rapporto di finanziamento e non 

in relazione ai possibili eventi successivi capaci di modificarne i ter


mini durante l'esecuzione. 

Al lume di tali principi si deve pertanto ritenere che, in quanto 

previste soltanto per il caso che si verifichino siffatti eventi, le clau


sole cautelative poste a tutela delle ragioni dell'Istituto finanziatore, 

pur potendo portare di fatto ad una riduzione della durata minima 

triennale dell'operazione, non 'Sono tuttavia di ostacolo all'applicazione 

dei benefici fi:scali di cui trattasi, spiegando essi, in effetti, la loro ope


rativit� soltanto nell'ipotesi, possibile 'ma poco probabile, che il mec


canismo del finanziamento s'inceppi per l'inadempienza . dell'impresa 

inserite nei contratti clausole che danno facolt� al mutuante .di chiedere 

l'anticipato rimborso del capitale, �quahdo si verifichino particolari circo


stanze che fanno riferimento a condizioni soggettive sue pr<>prie ed esclu


sive: cos� in particolare quando, verificandosi un'eccezionale corsa agli 

sportelli, la Banca mutuante per far fronte alle richieste di rimborso dei 

depositi, si trovi nella necessit� di chiedere l'anticipata restit'uzione delle 

somme mutuate. Ora � da osservare in primo luogo che quando si tenga 

ben presente quali sono i soggetti che possono essere ammessi a fruire 

dell'imposta in abbonamento, tale confusione di rapporti, per cui l'ente 

finanziatore pu� cadere in dissesto se, determinandosi quelle particolari 

ipotesi, non recupera prontamente le somme mutuate, atteso il � genere � 

e la e specialit� � della provvista destinata a finanziare le operazioni di 
.tali soggetti, non pu� verificarsi. 

Comunque � da rilevare che il mutuo � un contratto reale, il quale 

si perfeziona con la consegna del denaro al mutuatario. Unico obbligato � 

pertanto il mutuatario, cui il contratto concede il beneficio di un termine 

per la restituzione del capitale. 

Ora la clausola che d� facolt� al mutuante di revocare, per ragioni 

sue soggettive, il beneficio del termine, introduce nel termine stesso una 

condizione che non � propria e naturale del contratto di mutuo, come 

quelle che sono dirette a confermare le garanzie di adempimento dell'ob


bligazione del debitore, e che sostanzialmente, derivando dal principio 

generale per cui inadimplenti non est adimplendum non ne impediscono il 

naturale svolgimento. 

Detta condizione invece rende incerto quel termine di durata ultra


triennale che deve avere l'operazione di finanziamento per essere ammessa, 

sotto il profilo oggettivo, ai benefici della legge del 1962, e appare quindi 

con la relativa norma non conciliabile. 

Con questa breve disamina della legge non pretendiamo di avere 

risolto i molti �e gravi dubbi interpretativi che si presentano nella sua 

applicazione, ma gperiamo di aver fornito dei criteri informatori, utili a 

chiarire l'intricata materia. 

M. SALTINI 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

finanziata, passando, per cosi dire, dallo stato fisiologico -che � il 
solo ~r�eso in considerazione dalla legge (art. 1) -a quello patologico. 

N� vale opporre -come la ricorrente oppone -che per tutelarsi 
contro tali evenienze pu� sempre l'Istituto finanziatore avvalersi 
della facolt� datagli dalla legge di esigere dal mutuatario, frnendo 
delle mede~ime agevolazioni fiscali, idonee garanzie reali e personali 
e di agire, occorrendo, in base a queste in via esecutiva. 

L'esercizio di tale facolt� non esclude, infatti, nel sistema generale 
della legge, che il mutuante possa invocare, al tempo stesso, nei 
confronti del mutuatario inadempiente la decadenza dal beneficio del 
termine. Senza dire, poi, che trattasi pur sempre di una facolt�, della 
quale, per ragioni di carattere obiettivo -come la impossidenza del 
mutuatario, l'insufficienza dei beni offerti in garanzia o la mancata 
disponibilit� di fideiussioni valide -non sempre al mutuante � dato 
modo, di fatto, di avvalersi. 

Sulla clausola con cui, alfa lettera C del capitolato, era data facolt� 
all'Istituto mutuante di consentire alla societ�, che ne avesse fatto 
richiesta almeno trenta giorni prima, il rimborso anticipato della somma 
avuta in mutuo, la ricorrente Amministrazione mostra di non volere 
insistere soverchiamente, limitandosi a denunciarne genericamente 
l'incompatibilit� con la norma che fissa, come si � detto, in tre anni la 
durata minima dell'operazione di finanziamento. 

Ma la denuncia � priva di consistenza giuridica, non essendo lecito 
pensare. che da una norma indubbiamente posta in suo favore 
-quale � quella, come si � detto, relativa alla durata minima del finanziamento 
-possa essere stato il mutuatario tacitamente privato 
del diritto riconosciutogli dall'art. 1184 e.e. di eseguire anzitempo la 
sua obbligazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2241 -Pres. Stella 
Richter -Est. Ferrone Capano -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Costruzioni Catania 
(avv. Di Stefano). 

Imposta di registro -Atti soggetti a condizione sospensiva -Registrazione 
a tassa fissa -Denuncia di avveramento della condizione Omissione 
o ritardo -Non influisce sulla tempestivit� della registrazione. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 17, 79, 91, 102, 110 e tariffa A, art. 79). 
NeHe ipotesi deH'atto soggetto a condizione sospensiva, deve considerarsi 
come registrazione quella che avviene, con la percezione dell'imposta 
fissa, al momento della presentazione; il successivo obbligo 


1420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di denunzia, stabiliio datl'art. 79 della legge di registro, riguarda soltanto 
la liquidazione defi,ni.tiva deU'imposta, ma non la registrazione 
(che � gi� avvenuta e pu� avvenire una volta sola), cosicch� l'omessa 

o ritardata presentazione della denunzia di avveramento della condizione, 
se pure d� luogo alla applicazione della soprabassa dell'art. 102, 
non comporta decadenza datl'agevolazione ex art. 110 (1). 
(Omissis). -� necessario anzitutto ricoroare che la legge 15 febbraio 
1949, n. 33, con la quale sono 'state apportate modificazioni alle 
leggi concernenti le imposte di registro e ipotecarie, dispone all'art. 7 
che � l'aumento di capitale deliberato dalle societ� azionarie � considerato 
sottoposto alla condizione sospensiva che esso sia �sottoscritto o 
comunque collocato �. La relativa deliberazione va perci� registrata 
a tassa fissa, a norma dell'art. 79 della tariffa allegato A alla leg.ge del 

-registro, mentre l'imposta proporzionale, di cui all'art. 85 della stessa 
tariffa, � dovuta solo nel caso che la condizione si verifichi, ossia che 
l'aumento di ca�pitale venga effettivamente sottoscritto e comunque 
collocato (art. 17 della legge). A tal fine sono dirette -e vanno perci� 
osservate -le disposizioni concernenti la denunzia dell'avveramento 
della condizione, denunzia che deve essere fatta con le modalit� e nei 
termini prescritti dagli artt. 79, 83 e 90 della legge di 'registro, nonch� 
(limitatamente alle sottoscrizioni parziali) dall'art. 7 della �citata legge 

n. 33 del 1949. 
Nella specie, per�, la deliberazione di aumento del capitale sociale, 
adottata dalla societ� Costruzioni Montaggi Catania, rientrava fra gli 

(1) Con la recente sentenza 22 ottobre 1970, n. 2102 (in questa Ras-. 
segna 1970, I, 1117) � stato affermato il principio esattamente opposto: che 
cio� la decadenza ex art. 110, per .gli atti soggetti a �condizione sospensiva, 
si verifica soltanto in relazione al momento dell'avveramento della condizione 
e non al momento della stipulazione .dell'atto. Nemmeno questa proI


nunzia poteva dirsi esatta, ma essa era comunque assai pi� giustificabile 
di quella in esame. 11' vero � che proprio perch� la registrazione consiste 
nell'annotamento degli atti e delle trasmissioni nei pubblici registri con 
l'accertamento della relativa legale esistenza e della data (artt. 3 e 73), 


I

quando l'atto o la trasmissione, per sua natura, si sdoppia in due momenti 
distinti, ambedue essenziali ad operare l'effetto, la registrazione deve necessariamente 
interessare i due momenti; e quindi non solo la percezione del 


I 

tributo (non dissociabile dalla registrazione), ma anche la certificazione t 
della legale esistenza e della data deve riguardare sia la stipulazione sia 
l'avveramento della condizione (n�n avrebbe senso accertare l'esistenza e 
la data di un atto se non si accertasse anche se e quando esso � divenuto 
efficace per l'avveramento della �condizione). Per questo nella sua struttura 
e collocazione l'art. 79 � del tutto simile all'art. 80 e la denuncia in esso 
prevista � la stessa sia quando presuppone un'anteriore registrazione a 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1421 

atti previsti dall'art. 10 della legge regionale siciliana 20 marzo 1950, 

n. 29, la quale, nell'intento di incrementare lo sviluppo delle industrie 
nella Regione, ha concesso una particolare agevolazione tributaria: 
(tassa di registro ed ipotecaria nella misura fissa di lire duecento) per 
gli aumenti di capitale delle societ� che abbiano la sede sociale nella 
Regione e che esercitano attivit� industriali esclusivamente nella stessa, 
quando il ricavato dell'operazione sia destinato al�l'impianto o all'esercizio 
di stabliimenti industriali tecnicamente organizzati. 
In tale �situazione si trovava la �societ� Costruzioni Montaggi Cat~
ia, la quale, nel deliberare l'aumento del proprio capitale, dichiar� 
di volersi avvalere della suindicata agevolazione tributaria. Ma essa, 
mentre ottemper� a tutte le prescrizioni che le erano state imposte dai 
competenti organi della Regione, non denunzi� all'ufficio del registro 
di Catania, presso cui era stata registrata a tassa fissa la deliberazione 
di aUII1;ento del capitale sociale, l'avv>enuta sottoscrizione delle nuove 
azioni. Non provvide, cio�, a presentare la denuncia di avveramento 
della condizione sospensiva, ai sensi dei citati artt. 79, 83 e 90 della 
legge del registro. Da ci� l'Amministrazione finanziaria dedusse �che si 
fosse verificata la decadenza comunicata dall'art. 110 della stessa legge, 
secondo cui � tutti gli atti e contratti, per i .quali � stata concessa riduzione 
dalle normali imposte di registro, decadono da tali benefici... 

tassa fissa (secondo comma) sia quando costituisce l'atto che d� luogo alla 
registrazione (primo comma). Un'equiparazione della denuncia ex art. 79 
alla registrazione emerge chiara anche dal confronto degli artt. 136 e 137. 

Da ci� consegue che non pu� dirsi a tutti gli effetti avvenuta la registrazione 
con la percezione della tassa fissa e che a seguito della denunzia 
si opera solo la liquidazione dell'imposta. 

Non pu�' dirsi registrato agli effetti degli artt. 2, 62, 63, 72, 106 ecc. 
l'atto soggetto a condizione sospensiva per il quale sia stata corrisposta la 
sola imposta fissa; o meglio un tale atto pu� considerarsi registrato se sia 
preso in considerazione come ancora in stato di pendenza dell'avveramento; 
ma se viene impiegato come atto efficace di cui si sia avverata la condizione, 
non pu� farsene uso, non pu� essere prodo�to od enunciato, non pu� essere 
esibito in giudizio se non sia stata, a seguito di denuncia, corrisposta l'imposta 
progressiva, proporzionale o graduale. In modo non dissimile il decreto 
ingiuntivo (art. 28 �.l. 7 agosto 1936, n. 1531) registrato a tassa fissa non 
pu� considerarsi a nessun effetto registrato, dopo che � divenuto esecutivo, 
se non sia stato nuovamente presentato alla registrazione. 

� del resto noto che non pu� concepirsi una registrazione senza il 
pagamento dell'imposta principale; ma quella imposta progressiva, proporzionale 
o graduale che si paga all'avveramento della condizione � indubbiamente 
l'imposta principale. � quindi evidente che quando in particolari 
ipotesi la registrazione ha luogo in due tempi, ambedue le fasi 
sono essenziali per conseguire lo scopo della registrazione e ambedue debbono 
aver luogo con l'osservanza del termine; la tempestivit� della denuncia 
� quindi pi� importante della tempestivit� della prima registrazione 
agli effetti dell'art. 110. 



1422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quando non vengano sottoposti a registrazione entro il termine di 
legge�. 

Codesto assunto, posto a base della pretesa (fatta valere anche 
nel presente giudizio) di assogg.etare l'aumento di capitale alla ordinaria 
imposta proporzionale, non � stato condiviso dalla Corte d'Appello, 
la quale ha ritenuto: a) che nella specie non ricorreva l'obbligo 
della denuncia di avvenuto aumento del capitale sociale, in quanto, 
essendo state adempiute, anche col rispetto dei relativi termini; tutte 
le condizioni stabilite dai competenti Assessorati regionali per la concessione 
dell'anzidetto beneficio, non era dovuta altra imposta, oltre 
quella gi� corrisposta in misura fissa, e perc.i� mancava un tributo da 
liquidare e riscuotere per effetto dell'avveramento della condizione, 
la cui denunc�a � a tale scopo preordinata; b) che, in ogni caso, l'omessa 
denuncia :r;ion equivale ad omessa registrazione, n� incide sulla regolarit� 
e tempestivit� dell'avvenuta registrazione della deUbera di aumento 
del capitale sociale, e perci� non importa la decadenza prevista dall'art. 
110 della legge del registro. 

Ora, con l'unico motivo di ricorso, nel denunciare la violazione e 
falsa applic1:1zione di tutte le norme di legge innanzi indicate, nonch� 
vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione circa punti decisivi 
della c<>ntroversia, .l'Amministrazione delle finanze deduce che � l'operazione 
della registrazione comprende come elemento essenziale il pagamento 
dell'imposta; e nell'ipotesi in cui vengano in considerazione atti 
condizionati sospensivamente, l'operazione della registrazione non pu� 
considerarsi perfezionata, e comunque regolarmente compiuta, prima 
che sia stato denunciato, nei modi e con le forme prescritte, l'avveramento 
della condizione sospensiva �. Fino a quel momento l'imposta 
di registro � tenuta in sospeso (artt. 17 e 91) ed � poi dovuta nella 
misura stabilita dalla legge in vigore al giorno in cui si avvera o 
s'intende avverata la condizione (ultimo comma dell'art. 17). Ci� significa 
-aggiunge la ricorrente -che nel caso di atti sottoposti a 
condizione sospensiva, come gli aumenti di capitale deliberati da societ� 
azionarie, il momento giuddicamente rilevante, per l'applicazione 
dell'imposta � quello del giorno in cui si avvera la condizione. 
Di conseguenza, poich� le leggi regionali siciliane non precludono 
l'applicazione delle norme generali della legge organica di registro, 
� da ritenere -secondo la ricorrente -�Che la decadenza prevista dal 
citato art. 110 � va sempre applicata, quando, trattandosi di beneficio 
fiscale per un atto sospensivamente condizionato, l'interessato non abbia 
provveduto al perfezionamento dell'operazione della registrazione entro 

i termini e con le modalit� di legge �, e cio� non abbia presentato la 
denuncia di avveramento della condizione, da considerarsi atto perfezionativo 
e integrativo di un'anteriore registrazione� � non regolai::mente 
compiuta �. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Il ricorso non � fondato. 

La registrazione consiste nell'~nnotamento degli atti e delle trasmissioni 
di diritti reali nei pubblici registri a ci� destinati. Essa accerta 
la legale esistenza degli atti in genere, ed imprime alle scritture private 
la data certa di fronte a terzi. Cosi dispone testualmente l'art. 3 della 
legge di registro, che nel successivo art. 73, oltre che a ribadire che la 
registrazione consiste � nell'annotazione degli atti e delle dichiarazioni 
in appositi registri ., stabilisce le modalit� della stessa, nonch� le altre 
formalit� all'uopo occorrenti. Con l'adempimento di tali formalit� e 
col pagamento dell'imposta in quel momento dovuta, la registrazione 
viene effettuata e produce i suoi effetti, anche se l'ammontare dell'imposta 
pagata sia suscettibile di successive variazioni. 

Totalmente diverse sono la natura, la funzione e le formalit� della 
denunzia di avveramento della condizione sospensiva, prevista dagli 
artt. 79, 83 e 90 della legge di registro, in relazione agli artt. 17 e 91 
della stessa legge. Essa deve essere fatta su appositi moduli (che una 
volta erano soggetti all'imposta di bollo) con le modalit� prescritte 
dall'art. 79, che nessun rapporto hanno con le formalit� richieste per 
la registrazione dagli artt. 3 e 73. La ricorrente afferma che la registrazione 
degli atti sottoposti a condizione sospensiva � si effettua in due 
tempi successivi e distinti, strettamente collegati fra loro �, una prima 
volta in via provvisoria ed imperfetta, mediante la registrazione a tassa 
fissa ex art. 79 della tariffa allegato A, ed una seconda volta a titolo 
di integrazione e _perfezionamento, mediante la denuncia di avveramento 
della condizione e la liquidazione dell'imposta dovuta. Ci� non 
� esatto, poich� la registrazione � unica, .come unico � il numero progressivo 
del relativo registro ed uriica la data certa di fronte ai terzi. 
Essa avvien�e con la annotazione dell'atto nei pubblici registri a ci� 
destinati e col contemporaneo adempimento delle altre formalit� stabilite 
dalla legge, nonch� col pagamento dell'imposta che in quel momento 
� dovuta. La successiva denuncia di avveramento della condizione 
non attiene al procedimento di registrazione, sibbene a quello 
di liquidazione definitiva dell'imposta. Solo l'imposta, infatti, pu� essere 
provvisoria, rettificabile, o definitiva; non anche la registrazione, che 
non pu� essere n� provvisoria n�. rettificabile. La tassa fissa sull'atto 
condizionato non � certamente definitiva e non preclude una successiva 
diversa tassazione. Ma, ne deriva che se la condizione non si verifica, 
nessuna denuncia deve essere presentata e nessun ulteriore tributo 
deve �essere corrisposto, perci� resta ferma, con tutti gli effetti che ne 
conseguono, la registrazione effettuata a norma dell'art. 79 della tariffa 
allegato A. Se, invece, la condizione si verifica, gli effetti si producono 
in ordine alla liquidazione dell'imposta, rimasta sospesa, non in 
ordine alla registrazione dell'atto, gi� avvenuta a tassa fissa. N� a diversi 
effetti pu� condurre la violazione delle norme concernenti la denuncia 


1424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di avveramento della condizione, dato che l'omessa o tardiva denuncia 
non importa, di regola, che l'applicazione di una sopratassa, giusta la 
disposizione dell'art. 102, lettera c), della legge di registro. 

Tutte tali considerazioni rendono pi� agevole l'esame della questione 
preliminare circa la necessit�, nel caso di specie, della denuncia 
di �sottoscrizione delle nuove azioni, quale denuncia di avveramento 
della condizione sospensiva a cui era da considerarsi subordinata la 
deliberazione di aumento del capitale sociale (alla quale competeva 
la predetta agevolazione tributaria). La decisione adottata su questo 
punto dalla Corte di merito, che ha escluso l'obbligo della denuncia, 
appare giuridicamente corretta e tale da essere condivisa. 

� esatta l'osservazione della ricorrente, secondo cui le leggi regionali 
siciliane non precludono nella soggetta materia l'applicazione delle 
norme generali della legge di registro; ma, nel caso in esame, le disposizioni 
della legge di registro devono essere necessariamente coordinate 
con le norme speciali della legge regionale siciliana 20 marzo 1950, 

n. 29, la quale non si limita a concf'.dere ,la suindicata agevolazione 
tributaria (tassa fissa di registro sugli atti concernenti aumenti di capitale 
sociale), ma all'art. 13 specifica e prescrive: a) che l'agevolazione 
� concessa con decreto dell'assessore alle finanze, di concerto con quello 
per l'industria e commercio, previa istanza debitamente documentata; 
b) che nel decreto di concessione sono stabilite �le condizioni a cui � 
subordinata la concessione ed il termine �entro il quale esse debbono 
essere adempiute �; c) che l'agevolazione s'intende revocata, con la 
conseguenza che � le imposte, tasse e sopratasse sono riscosse nella 
misura normale�, qualora non si dimostri entro tre mesi, a mezzo di 
I

certificato dell'assessore per l'industria e il commercio, l'avvenuto adempimento 
delle dette condizioni. I 

Come vedesi, la concessione dell'agevolazione tributaria e la revoca 
della stessa, nonch� le conseguenze ad esse connesse, sono disciplinate 
d~lla legge regionale siciliana a mezzo di �specifiche norme di 

I 
carattere particolar�, div�erse da quelle della legge di registro e con 
queste incompatibili, soprattutto sul punto (che qui interessa) relativo 

I

alla denuncia di avveramento delle condizioni alle quali viene subor


li 

dinato il beneficio fiscale. E poich� in questa materia la Regione siciliana 
� investita di potest� legislativa, sono le norme regionali, e non 
quelle nazionali, �che devono trovare applicazione, dato che entrambe 
mirano a conseguire la medesima finalit�. Pertanto, se in linea generale 
� da ritenere �che, di regola, la denuncia di avveramento della � 
condizione sospensiva � necessaria, a norma della legge di registro, 
anche quando esista un beneficio fiscale e si ritenga di non dover corrispondere 
ulteriori tributi, a diversa conclusione devesi addivenire in 
applicazione delle norme della citata legge regionale, la quale impo:i:ie 
al contribuente l'onere di una dia:nostrazione documentale, da fornirsi 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1425 

entro un dato termine, sotto pena d,i revoca del beneficio, ed affida agli 
organi della Regione (assessorato alle finanze e assessorat� per l'industria 
e commercio) il compito di accertare l'avvenuto adempimento 
delle -condizioni a cui � subordinata l'agevolazione tributaria e di renderla 
definitiva. 

Esattamente, quindi, la Corte di appello ha ritenuto che la societ� 
Costruzioni Montaggi Catania non fosse tenuta a denunciare all'ufficio 
del registro l'avvenuto aumento del capitale sociale, dato che essa, 
dopo aver registrato a tassa fiss~ la relativa deliberazione, � ottenne 
l'agevolazione fiscale prevista dalla legge regionale e puntualmente 
osserv� tutte le condizioni e i termini stabiliti dal competente assessorato 
�; cosicch� nella specie mancava, giusta l'accertamento compiuto 
dai �competenti organi regionali, un ulteriore tributo da liquidare e 
riscuotere. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2257 -Pres. Favara 
-Est. Spadara -P. M. De Marco (conf.) -Comune di Bologna 
(avv. Guidoboni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso 
;. Estensione alla costruzione di colonie climatiche -Legge 19 luglio 
1961, n. 659 -Valore innovativo -Divieto di rimborso di imposta 
riscossa -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza. 

(1. 2 luglio 1949 n. 408, art. 14; I. 19 luglio 1961 n. 659, artt. 1 e 5). 
. 

. 

L'agevolazione deU'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 per 
l'acquisto di aree e�ificabili destinate aiza costruzione di case di abitazione 
non di lusso � stata. estesa, con la norma innovativa degli articoli 
1 e 5 della legge 19 luglio 1961 n. 659, agli acquisti per la costruzione 
di altri edifici a carattere ricett,:ivo. In nessun caso, per�, pu� farsi 
luogo a restituzione deU'imposta pagata come espressamente dispone 
l'art. 5; l'eccezione di illegittimit� costituzionale di questa norma � 
manife'8tamente infondata (1). 

(1) Decisione da condividere in ogni parte. Il divieto di rimborso dell'imposta 
pagata in esecuzione della norma precedentemente vigente � 

1426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con l'unico motivo, il ricorrente comune di Bologna, 
denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 14 della leg~e 
2 luglio 1949, n. 408, in relazione agli artt. 1 e 5 della legge 19 luglio 
1961 n. 659 e all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., lamenta che la Commissione 
Centrale, con la impugnata decisione, abbia ritenuto inapplicabile il 
beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa, previsto tanto dalla 
legge 2 luglio 1949 n. 408 quanto da quella n. 659 del 1961, rispetto 
all'atto dell'8 giugno 1959 registrato il 12 novembre 1959, col quale 
esso ricorrente ebbe ad effettuare l'acquisto di un'area, da destinarsi 
alla costruzione di una. colonia climatica. In particolare, mentre sostiene 
che la interpretazione della -citata legge n. 408 del 1949' ben consentiva 
di comprendere nel beneficio fiscale in argomento anche gli acquisti di 
aree destinate alla costruzione di colonie, edifici scolastici e simili costruzioni, 
e, perci�, anche l'atto di acquisto de quo, rileva che, comunque, 
il detto beneficio ,andava applicato a tale atto in base alla legge 

n. 659 del 1961, atteso il carattere interpretativo e non innovativo di 
questa legge rispetto alla !?recedente n. 408 del 1949 e avuto riguardo, 
d'altra parte, al principio secondo cui lo ius superveniens si applica 
ai rapporti giuridJ.ci gi� compiuti ma non ancora esauriti, come quello 
relativo al rapporto tributario in questione, che, al momento dell'en


trata in vigore della detta legge, doveva considerarsi non ancora definito, 
potendo essere modificato il quantum del tributo da co�rrispondere 
entro i tre anni dal pagamento ed essendo stata, nella specie, di gi� 
presentata la domanda di restituzione del tributo corrisposto. Osserva, 
infine, che, atteso al car~ttere non definitivo da attribuirsi a tale rapporto 
tributario, non -avrebbe potuto trovare applicazione la norma � 
del 2� comma dell'art. 5 della citata legge n. 659 del 1961; in quanto 

questa disposizione, secondo la quale non si fa luogo a restituzione delle 
somme gi� pagate, sarebbe da riferirsi soltanto alla ipotesi di rapporti ! 
tributari gi� definiti, e, ove la si volesse considerare est�ensibile anche 

I

ai rapporti non ancora definiti, sarebbe da ritenersi costituzionalmente 
illegittima per violazione sia del principio di eguaglianza, sancito dall'art. 
3 della Costituzione, che di quello relativo alla capacit� contribu


i' 

tiva, prevista dall'art. 53 della stessa Costituzione. 
Il motivo � infondato. 
La tesi del ricorrente, secondo cui al rapporto tributario in questione 
si sarebbe dovuto applicare il beneficio fiscale della registrazione 
a tassa fissa e restituzione, in conseguenza, allo stesso ricorrente del 
tr~buto, corrisposto nella misura ordinaria, ossia nell'importo di lire 
espresso in modo incontrovertibile nell'art. 5 della legge 19 luglio 1961, 
n. 659. La legittimit� costituzionale di questa norma � stata espressamente 
confermata dalla Corte Costituzionale con la sent. 14 maggio 1968 n. 4'5 
(in questa Rassegna, 1968, I, 360). 
I 
I 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1427 

14.583.560 si fonda sostanzialmente, da una parte, sulla interpretazione 
estensiva da darsi alla legge n. 408 del 1949 e sul carattere interpretativo 
e non innovativo da attribuirsi, rispetto a questa, alla legge 
n. 659 del 1961, e, dall'altra parte, sulla considerazione che il detto 
rapporto tributario non poteva ritenersi ancora definito, al momento 
della entrata in vigore di quest'ultima legge, e, quindi compreso nella 
esclusione dell'applicazione del beneficio, sancita dall'art. 5 della legge 
stessa. Ma, ai fini della infondatezza dei primi due argomenti prospettati 
a sostegno di questa tesi � sufficiente ricordare che, mentre 
� pacifico nella giurisprudenza di questa Corte Suprema il principio, 
secondo cui le agevolazio:r:ii, previste dal titolo secondo della legge 
n. 408 del 1949 (art. 13 e seg.) e nelle quali rientra il beneficio dell'imposta 
fissa di registro per gli, acquisti di aree edificabili, non sono 
applicabili ad edifici diversi di quelli destinati ad uso di abitazfone privata_, 
�e, quindi, non applicabili ad edifici destinati ad ospitare collettivit� 
di persone come le colonie climatiche, gli edifici s�colastici e simili 
costruzioni (cass. 27 agosto 1963 n. 2361; 12 giugno 1968 n. 1870), � 
ormai consolidato nella giurisprudenza di questa stessa Corte Suprema 
l'altro principio, secondo cui la legge n. 659 del 1961, che ha esteso 
le agevolazioni fiscali tributarie, previste dagli artt. 13, 14, 16 e 18 
della citata legge n. 408 del 1949, anche agli edifici contemplati nello 
art. 2, 2� comma, del r.d. 21 giugno 1938, 1094 (tra i quali sono comprese 
anche le colonie climatiche), ha carattere innovativo e non inter.
pretativo rispetto a quella precedente n. 408 del 1949 (cass. 16 giugno 
1962 n. 1523; 25 gennaio 1968 n. 209). Contro questi principi giurisprudenziali, 
in ordine ai quali non sussistono, n� sono state addotte valide 
ragioni per discostarsene, urtano, quindi, i due argomenti, di cui sopra, 
prospettati dal ricorrente, talch� essi non possono che essere disattesi. 
In .ordine, poi, all'altro argomento, costituito dalla considerazione che 
il rapporto tributario in questione non poteva ritenersi definito al 
momento dell'entrata in vigore della legge 1961 n. 659, deve rilevarsi 
che, anche a volere considerare tale rapporto non ancora definito, 
l'argomento sarebbe privo di rilevanza, dal momento che, per la disposizione 
del 2� �comma dell'art. 5, non si sarebbe potuto fare luogo, per 
un tale rapporto, alla restituzione in favore del comune di Bologna 
della somma co�rrisposta a titolo d'imposta (cass. 12 agosto 1963, n. 2306; 
22 ottobre 1965 n. 2195: 25 gennaio 1968 n. 209). � vero che il ricorrente 
ha risollevato, in ordine alla disposizione contenuta in tale 2� 
comma dell'art. 5, la questione di legittimit� costituzionale, sostenendo 
che essa violerebbe sia il principio di eguaglian:zia, sancito dall'art. 3 
della Costituzione, che quello della parit� di trattamento tributario, 
sancito all'art. 53 della costituzione stessa, ma � anche vero che la 
questione, �come rettamente � stato ritenuto dalla impugnata decisione, 
� manifestamente infondata. 

1428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questa disposizione, che sancisce, per i rapporti tributari non ancora 
definiti, il divieto di restituzione delle somme gi� pagate a titolo 
di imposta, si inquadra, infatti, con riguardo alla legittimit� del ipagamento 
eseguito seeondo la legge vigente al momento del pagamento 
stesso, nel principio generale e fondamentale dell'or<.namento positivo 
(art. 11 delle preleggi) concernente la irretroattivit� deHa legge.� Questo 
divieto va riguardato con .riferimento all'atto giuridico del pa.gamento 
della imposta, verificatosi sotto l'impero della diversa precedente 
legge, e, perci�, con riguardo alla particolare �situazione giuridica 
determinatasi in base a tale legge nei confronti di chi abbia effettuato 
quel pagamento, che, essendo legittimo in base alla legge stessa, non 
dava diritto alla ripetizione di quanto indebitamente corrisposto, situazione 
questa, che, mentre non poteva subire, per effetto del richiamato 
principio della irretroattivit� della nuova legge, alcuna modificazione 
se non per' espressa deroga, riservata, in via eccezionale, al legislatore, 
che, nella specie, non ha inteso avvalersene, si presenta obbiettivamente 
diversa da quella, nella. quale il pagamento dell'imposta non si sia 
verificato e una questione di ripetizione di un indebito non poteva, 


~ 

quindi, sorgere. Il trattamento diverso, previsto dalla disposizione in 

I 

argomento, relativamente alla situazione, nella quale si sia verificato 
il pagamento dell'imposta, rispetto a quella, in cui un tale evento non 


I 

sia intervenuto, � �, pertanto, giustificato dalla diversit� obiettiva di 
queste due situazioni, talch� la relativa norma non pu� ritenersi violatrice 
del principio costituzionale di eguaglianza, che postula che a 
parit� di situazioni deve conispondere parit� di trattamento, per cui 


I'

r

trattamenti differenziali sono riservati a situazioni obiettivamente diverse
� (Corte Cost. 18 aprile 1967 n. 45; 5 maggio 1967 n. 57). ! 

N� risulta violato l'altro principio costituzionale (art. 53) della 
parit� di trattamento in situazioni di pari capacit� contributiva, giacch� 
ci� riguarda, come rettamente � stato posto in evidenza dalla impugnata 
decisione, il regime tributario vigente in un momento determinato, 
ma non anche la successione di leggi tributarie nel tempo, che 
po~sono ben determinare, in diversi momenti, un maggiore o minore 
aggravio del contribuente. E del pari non risultano violati il principio 


-del diritto della difesa (art. 24) e l'altro della piena tutela giurisdizionale 
dei diritti (art. 113), essendo manifestamente evidente che la 
norma in questione non incide, n� interferisce in alcun modo su questi 
diritti; e non omettendosi qui di sottolineare che in ogni caso, come 
in quello prospettato dal ricorrente, una sentenza, che fosse emessa in 
disconoscimento della detta norma, ben sarebbe soggetta al rimedio 
della impugnazione da parte dell'amministrazione interessata, con la 
conseguenza. del suo passaggio in giudicato ove un tale rimedio non 
dovesse essere esperito. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1429 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2267 -Pres. Gian


nattasio -Est. Elia -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze 

(avv. Stato Cavalli) c. Mondini (avv. Iacobelli). 

Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova 
della provenienza del prezzo -Assegno di conto corrente Inidoneit�. 


(1. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). 
La prova idonea a superare la presunzione di liberalitd dell.a vendita 
fra parenti deve essere duplice, dovendo riguardare, da un Lato, la 
possibilitd dell'acquirente di disporre delle somme necessarie a coprire 
il prezzo di acquisto, e, <lall'altro, l'effettivo impiego dell.a detta somma 
nel pagamento del prezzo; mentre il pagamento del prezzo pu� anche 
essere differito, La disponibVitd dell.a somma da parte del compratore 
deve essere anteriore al negoz.io o, quanto meno, contestuale. Conseguentemente 
La presunzione di liberalitd, mentire pu� essere vinta con 
assegni circol.ari emessi all'ordine .del compratore e girati al venditore, 
non pu� invece esserlo con asse.gni di conto corrente emessi dal compratore 
che, potendo anche essere senza copertura, non assicurano del.la 
disponibiiit� della somma (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso la Amministrazione 
delle Finanze dello Stato denuncia violazione dell'art.. 5 d.1.1. 8 marzo 
1945 n. 90 in relazione ai nn. 3 e 5� dell'art. 360 c.p.c. deducendo che 
erroneamente la sentenza impugnata della Corte di me;rito ha ritenuto 
che la presunzione di liberalit�, posta dal citato articolo, secondo cui 

(1) Questa pronunzia, se pur giustamente esclude l'idoneit�, per vincere 
la presunzione di liberalit� nella vendita tra parenti, dell'assegno di 
conto corrente, tuttavia riconosce l'idoneit� dell'assegno circolare. Questa 
ultima affermazione non pu� essere condivisa, perch� l'assegno circolare 
dimostra il possesso, ma non la provenienza del danaro (la girata dell'assegno 
dal compratore al venditore non � niente di pi� della numeratio 
pecuniae) e soprattutto perch� manca assolutamente come prova di tale 
provenienza l'atto di data certa. N� la sentenza 3 maggio 1969, n. 1472 
(Riv. leg. Fisc., 1969, 1893) oggi citata come precedente, ha esplicitamente 
ammesso l'idoneit� dell'assegno circolare. � vero che con la recente, ma 
pur criticabile, decisione 12 maggio 1971, n. 1364 (in questa Rassegna, 1971, 
I, 899) �� stata riconosciuta qualit� di atto di data certa alle certificazioni 
bancarie; ma si trattava pur sempre di attestati inerenti alla esistenza 
anteriore di una somma nella disponibilit� del compratore, non della pura 
e semplice emissione di un assegno circolare di cui si ignora chi ne sia 
stato il richiedente che ha versato la somma corrispondente. Per la riaffermazione 
della necessit� dell'atto di data certa v. Cass. 25 febbraio 1971, 

n. 483 (ivi 1971, I, 626 con richiami). Per l'ipotesi del pagamento differito 
cfr. Cass. 7 gennaio 1967, n. 65 (ivi, 1967, I, 291). 

1430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le trasmissioni di immobili, tra parenti entro il terzo grado, si presumono 
a titolo gratuito, potesse esser vinta dal fatto che il-prezzo 
dell'immobile era stato pagato mediante assegno bancario, di conto 
corrente, ricevuto con quietanza � salvo buon fine �, emesso allo scoperto 
e riscosso due mesi dopo, sempre �allo scoperto. 

La censura � fondata. La presunzione di liberalit� stabilita dal 
citato art. 5 del d.1.1. n. 90 del 1945 pu� essere vinta soltanto dalla 
prova, mediante un atto anteriore, di data certa, della disponibilit�, 
nel patrimonio dell'acquirente del bene, di una somma corrispondente 
al prezzo pattuito, nonch� dalla prova del pagamento effettivo del 
prezzo, al momento dell'acquisto, risultante dal rogito presentato per 
la registrazione (Cass. 6 maggio 1969 n. 1530 e Cass. 8 novembre 1967 

n. 2698). 
La prova idonea a superare la presunzione legale di gratuit� del 
trasferimento deve, dunque, secondo la lettera e la ratio della norma 
richiamata, e$sere duplice, dovendo, da un lato, riguardare la possibilit� 
dell'acquirente di disporre della somma necessaria a coprire il 
prezzo di acquisto, e, dall'altro lato, dovendo dimostrare !'.effettivo 
impiego della detta somma nel pagamento del prezzo. Ovviamente, 
se � dimostrata la disponibilit� della �somma, in momento anteriore al 
rogito di acquisto, nel patrimonio del �compratore, in modo che sia 
escluso che il venditore abbia posto successivamente a disposizione 
del detto acquirente il danaro necessario a pagare il prezzo, pu�-esservi 
un pagamento differito : ma la disponibilit� della somma da parte del 
compratore deve essere anteriore al rogito, o, quanto meno, contestuale 
(Cass. 2 otttobre 1956 n. 3309 e Cass. 7 gennaio 1967, n. 65). 

Deriva da ci� che la presunzione di gratuit� dell'acquisto pu� essere 
vinta dalla esibizione di assegni circolari rilasciati da una banca, prima 
del rogito, all'ordine del compratore e da questi girati al venditore 
dell'immobile (Cass. 3 maggio 1969, n. 1472). Infatti l'assegno circolare, 
analogo al vaglia cambiario, contiene la promessa � incondizionata � 
(art. 83 n. 2 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736) di pagamento, e dunque 
assicura la disponibilit� �della somma presso l'istituto di credito. (Cass. 
10 aprile 1968 n. 1075). Invece l'assegno bancario di conto corrente 
(ch�que) pu� essere emesso senza corrispondente provvista, � analogo 
ad una tratta, e non assicul'la la disponibilit� della somma da parte 
dell'emittente -presso l'istituto bancario ma, a differenza della cambiale 
e dell'assegno circolare, circola con il presupposto di una provvista 
equivalente al suo ammontare, mancando la quale vien meno 
la sua efficacia (Cass. 23 febbraio 1953 n. 437). Mentre dunque l'art. 5 
della citata legge n. 90 del 1945 esige che la prova della disponibilit� 
sussista al momento della vendita, il rilascio di un a�ssegno di conto 

. corrente non costituisce prova dell~ disponibilit� della somma, tanto 
che, nella specie, l'assegno bancario era emesso �senza copertura. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1431 

La circostanza, poi, emergente dalla sentenza gravata, �che l'assegno 
emesso a vuoto, senza copertura sia stato pagato dalla Banca, 
circa due mesi dopo l'emissione, e nonostante non vi fosse la corrispon� 
dente provvista, non solo conferma che l'acquirente non aveva, al momento 
del rogito, la disponibilit� di. somme pari all'importo del prezzo 
pattuito, ma dimostra la mancanza non solo del requisito della disponibilit� 
del danaro, necessario a pagare il prezzo, ma anche dell'altro 
requisito indispensabile a vincere la .presunzione di gratuit�, che, cio�, � 
il prezzo �sia stato �effettivamente pagato, dal compratore, con danaro 
proprio, mentre nella specie la Banca pag� l'assegno con danaro dell'istituto 
e non del �compratore emittente. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2277 -Pres. Favara. 
-Est. Pascasio -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Siconolfi) c. Soc. Tirrena (avv. Rosati). 

Imposte e tasse in genere -lposte indirette -Ingiunzione -Posizione 
processuale della Finanza -Giudizio di appello -Deduzione 
di diversi presupposti di fatto e di diverso� titolo giuridico -Inammissibilit�. 


(c.p.c. artt. 36 e 345; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). 
L'Amministrazione finanziaria, convenuta nel giudizio di opposizione 
ad ingiunzione fiscale, non pu� in grado di appe.zlo dedurre a fondamento 
detla pretesa tTibutaria una nuova causa petendi basata su 
diversi presupposti di fatto e su un diverso titolo giuridico (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo, lamentando la violazione dell'art. 
36 c.p.c., 31 del t.u. 14 aprile 1910 n. 639 e 11 del r.d. 30 dicembre 

(1) La pronuncia non pu� dirsi esatta per quanto concerne� la deduzione 
in appello di un .diverso nomen iuris, nel che non si concreta una 
domanda nuova; � stato pi� volte infatti affermato che la parte convenuta, 
sia essa appellante o appellata, non incontra alcuna delle preclusioni dell'art. 
345 c.p.c. quando modifica, amplia e sostituisce il titolo giuridico della 
tassazione, senza immutare sui pr,esupposti di fatto (Cass., 6 luglio 1971, 
n. 2103 in questo stesso fascicolo pag. 1399 e precedenti ivi citati). Diversa 
� la situazione quando nuovi presupposti di fatto vengono invocati a sostegno 
della pretesa; qui non si ha pi� mutamento della causa petendi, bensl 
del petitum, cosa che non � consentita non tanto per ragioni attinenti alla 
prova del fatto (che potrebbe anche essere stata acquisita), quanto per la 
violazione del principio del doppio grado di giurisdizione (v. nota a Cass. 
27 gennaio 1971, n. 202, in questa Rassegna, 1971, I, 420). 
13 



1432 . RASSEGNA DEl�L'AVVOCATURA DELLO STATO 

1923 n. 3269, l'Amministrazione deduce che la Corte di appello avrebbe 
erroneamente ritenuto che non potesse, nel corso del giudizio di opposizione 
ad ingiunzione fiscale, allargarsi il tema del dibattito senza 
proporre formalmente una domanda riconvenzionale. 

La censura non � fondata. 

Vero � infatti che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa 
Corte Suprema, l'ingiunzione fiscale cumula le caratteristiche del titolo 
esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione del 
debitore costituisce una domanda giudiziale che apre un ordinario 
processo di cognizione il cui l'opponente, oltre a contestare la legittimit� 
dell'ingiunzione, contesta anche la pretesa dell'Amministrazione 
alla percezione del tributo, assumendo veste di attore. 

Conseguentemente, lAmministrazione opposta, in veste di con


venuta, pu� proporre non solo eccezioni dirette a rendere inefficace 

l'azione, ma anche eccezioni e domande riconvenzionali dirette a far 

valere, anche a presdndere dalla domanda, un titolo diverso da quello 

indicato nell'ingiunzione. 

Ci� tuttavia, se � consentito nel giudizio di primo grado, non � 

ammesso. per la prima volta in appello, vietando il testuale disposto 

dell'art. 345 c.p..c. di pronunciare su domande nuove: il che' risponde 

alla inderogabile esigenza di assicurare l'osservanza del doppio grado 

di giurisdizione. 

Ora, come la Corte di merito ha esattamente rilevato 1'Ammini


strazione aveva nella specie, in primo grado, richiesto alla Societ� 

Tirrena il pagamento della somma di L. 1.700.000 per imposta di regi


stro ed accessori sull'atto registrato il 13 aprile 1953 al n. 26328 rela


tivo alla costruzione di una palazzina fondand,o la propria P:r;"etesa 

sull'avvenuto inizio dei lavori in epoca precedente alla stipulazione del 

contratto. Soltanto e per la prima volta in app,ello l'amministrazione 

aveva fondato detta pretesa non pi� sull'atto anzidetto, ma sul contratto 

verbale mai denunciato e desunto aiiunde dalla stessa Amministrazione, 

la quale peraltro 'basava la propria richiesta non gi� sull'intempestivo 

inizio delle opere, bensl sulla mancata denuncia del ,contratto verbale 

di appalto nel termine stabilito dalla legge. 

E poich� tale assunto, secondo ha pure esattamente rilevato la 

Corte di merito, non trovava riscontro negli atti del giudizio di primo 

grado, mentre, anche a prescindere dalla domanda, era diretto a fare 

valere un titolo diverso da quello indicato nella ingiunzione, corretta


mente detta Corte ha ritenuto che non essendo, cdme � noto, consen


tito di introdurre per la prima volta in appello una nuova causa petendi 

per la pretesa tributaria, basata su diversi presupposti di fatto e su,.,.. 

un diverso titolo giuridico, privando cos� l'altra parte di un grado di 

giurisdizione, le domande nuove cos� proposte dall'Amministraz~one 

non potevano trovare rituale ingresso. in appello. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1433 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1971, n. 2298 -Pres. Rossano 

-Est. Valore -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 

Stato Zagari) c. Diocesi di Albano (avv. Tosatti). 

Imposta di registro -Agevolazione ex art. 44 tab. B della legge di 
registro -Acquisto di area per la costruzione di chiesa parrocchiale 
-Si estende. 

(r.d. .SO dicembre 1923, n. 3269, tab. b, art. 44; Concordato fra la Santa Sede 
e l'Italia, art. 29 lett. h). 
Sebbene l'equiparazione del fine di culto al fine di istruzione, 
stabilita nell'art. 29 lett. h) del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia, 
non sia da solo sufficiente per far rientrare gli edifici religiosi nella 
agevolazione dell'art. 44 tab. b della legge d{ registiro, riferito n�n 
alla istruzione in genere 'l1Ul; agli edifici scolastici per le scuole el�mentari 
e i giardini di infanzia, tuttavia questa agevolazione deve ritenersi 
applicabile agli atti relativi aLl'acquisto dell'area e alla co,struzione di 
una chiesa parrocchiale destinata, tra l'altro, all'insegnamento del catechismo, 
ossia alla istruzione religiosa elementare (1). 

(Omissis). -L'amministrazione ricorrente, denunciando la violazione 
efalsa applicazione dell'art. 44 della tabella ali. B alla legge di 
registro 30 dicembre 1923 n. 3269 e dell'art. 29 lett. h del Concordato 
approvato �con legge 27 maggio 1929 n. 810, in relazione all'art. 360 
nn. 3 e 5 c.p.c. sostiene che la Corte di merito abbia errato nello 
estendere automaticamente alle chiese i benefici previsti per ciascun 
tipo di scuola. L'art. 29 del Concordato, secondo la ricorrente enunce


(1) Ritorna ancora la questione dell'agevolazione per le chiese, considerate 
come edifici per l'istruzione elementare. Con la sent. 29 ottobre 
1966, n. 2706 (in questa Rassegna, 1966, I, 1347) la S.C. aveva ragionevolmente 
affermato che la generica equiparazione del fine di culto e di religione 
a quello di beneficienza e di istruzione non poteva consentire di ricomprendere 
nell'art. 44 tab. b) della legge di registro, riferito ad un settore 
circoscritto di scuole, gli edifici di culto. Tuttavia con la successiva 
sentenza 5 luglio 1968, n. 2252 (ivi, 1968, I, 1001) si affermava che l'agevolazione 
doveva essere applicata per gli edifici di culto sia perch� l'equiparazione 
fatta nel concordato deve far rientrare negli edifici scolastici gli 
edifici di. culto, sia perch� la chiesa � un edificio in cui viene impartito 
l'insegnamento della dottrina cristiana, .rientrante nel concetto di istruzione 
elementare, genericamente inteso, dell'art. 44. Oggi, con maggior 
chiarezza, si dichiara che la norma concordataria non pu� giustificare 
l'estensione dell'art. 44, tab. b agli edifici di culto; tuttavia si afferma 
ancora che, indipendentemente dal concordato, le chiese devono considerarsi 
� edifici scola_stici per le scuole elementari � perch� destinate, � tra 
l'altro ., all'insegnamento del catechismo, ossia alla istruzione elementare, 

1434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rebbe un principio generale, demandando al legislatore la regolamentazione 
concreta del trattamento tributario delle particolari attivit� 
che realizzano i singoli fini di �culto o di religione, in modo da attuare 
nelle singole fattispecie il principio generale �enunciato dalla norma. 
E poich� l'art. 44 citato non contempla � i fini di istruzione � generalmente 
intesi, ma semplicemente un settore (quello edilizio) di uno 
dei molteplici ordini scolastici, � impossibile, conclude l'Amministrazione, 
estendere alle chiese l'agevolazione prevista dal suddetto articolo 
44. 

La censura non � fondata. 

Non � superfluo premettere che oggetto della controversia � la 
tass�zione della compravendita dell'area destinata alla costruzione della 
chiesa, giacch�, per quanto attiene alla tassazione concernente �n trasferimento 
di quella part~ dell'area destinata alla costruzione della casa 
canonica, � stata gi� riconosciuta, in sede amministrativa, l'applicabilit� 
�del beneficio fis�ale stabilito dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949. 

L'art. 29 del Concordato fra la Santa Sede .e l'Italia, reso ~secutivo 
con la legge n. 810 del 1929 alla lett. h dispone: �Ferme restando le 
agevolazioni tributarie gi� stabilite a favore degli enti ecclesiastici dalle 
leggi italiane fin qui vigenti, il fine �di culto o di religione �, a tutti 
gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza o di istruzione �. 

La tabella, allegato B alla legge di registro, prevede, allo art. 44 
come soggetti a tassa fissa, gli � atti o contratti relativi all'acquisto 
delle aree � alla costruzione, all'adattamento, all'arredamento ed al 
restauro degli edifici scolastici per le scuole elementari e per i gi�rdini 
ed asili di infanzia, quelli per la costruzione di nuovi edifici destinati 

religiosa e non, intesa nella norma in senso generale. Ne dovrebbe conseguire 
�che sia compreso nel beneficio qualunque edificio nel quale, � tra 
l'altro., sia impartito un inseg~amento di qualunque genere diretto alla 
infanzia indipendentemente dalla religione cattolica. A questo punto, per�, 
la tesi appare veramente insostenibile: infatti la norma de].J'art. 44 tab. b) 
� diretta ad agevolare non, come si afferma, l'� istruzione elementare � in 
genere, ma invece �.gli edifici scolastici per le scuole-elementari� cio� non 
un risultato d'insegnamento, ma una attrezzatura edilizia specifica e qualificata; 
ma soprattutto oggetto dell'agevolazione sono gli edifici con desti.:. 
nazione esclusiva a scuola elementare e non quelli nei �quali � tra l'altro � 
pu� essere impartito un'insegnamento religioso (non specificamente elementare). 
E se deve porsi un rapporto tra principale ed accessorio deve 
dirsi che, ai fini della agevolazione, l'edificio scolastico per la scuola elementare, 
che sia veramente tale, pu� contenere pa_rti accessorie destinate, 
ad esempio, alla refezione, alla assistenza sanitaria, alla ricreazione ed 
anche all'insegnamento e alla pratica religiosa, ma, all'inverso, non pu� 
rientrare nella previsione della norma, un edificio non scolastico (ad esempio 
un ospedale pediatrico, un istituto di assistenza o un edificio di culto) 
nel quale si impartisca anche un insegnamento. � 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

alle �scuole normali e per l'adattamento, l'arredamento, il restauro e 
l'ampliamento di quelli esistenti �. 

Orbene, non � fondata la �tesi dell'Amministrazione, secondo cui 
l� norma del Concordato, avendo natura pattizia sul piano internazionale 
e fissando un principio astratto, necessiterebbe, per la sua 
concreta applicazione, di disposizioni particolari, attuanti, di volta in 
volta, nelle singole fattispecie, il principio generale da essa enunciato. 
Secondo la ricorrente, spetterebbe al legislatore, e non all'interprete, 
stabilire se la equiparazione debba o meno operare nei singoli �asi. 
Ma la disposizione in questione, che ha lo stesso contenuto della relativa 
clausola del Concordato, non rappresenta una enunciazione astratta 
essa invece applicando, nell'ambito dell'ordinamento. giuridico italiano, 
una. norma contrattuale .di diritto internazionale, sancisce, sia pure in 
termini generali, il principio dell'equiparazione, agli effetti tributari, 
tra fini di culto e fini di istruzione. Se cosi �, lo stabilire i casi specifici 
in cui l'equiparazione debba avvenire, � compito dell'interprete, il 
quale, in tale indagine, come ha correttamente rilevato la Corte del 
merito, deve tener conto della ratio della norma tributaria, che concede 
l'esenzione o l'agevolazione, di cui si chiede l'estensione per fini di 
culto, e delle condizioni che detta norma presuppone, in maniera tale 
che la finalit� dell'equiparazione sia raggiunta rispettando dette condizioni 
e presupposti. 

Alla luce di tali considerazioni, non -�, pertanto, accettabile l'assunto 
del resistente che, facendo leva sull'espressione letterale dell'art. 
29, �di carattere cosi generale e quindi �comprensivo di ogni 
agevolazione �, esclude che l'interprete possa operare distinzioni e 
limitazioni e sostiene che l'equtparazione debba essere riconosciuta ogni 
qualvolta l'agevolazione fiscale sia concessa � a fine di istruzione �. 

Ci� posto, poich� l'ordinamento vigente non accorda, in linea di 
generale principio, al fine di istruzione un triattamentc� tributario uniform�, 
avendo il legislatore preferito disciplinare, in relazione a singoli 
casi o gruppi di casi, il regime fiscale, sia degli enti operanti nel settore 
dell'istruzione; sia della attivit� relativa, l'equiparazione disposta dall'art. 
29, per ricevere pratica attuazione, deve avvenire in rapporto a 
singole e specifiche norme tributarie, rispettando, per quanto sopra 
detto, i presupposti e la ratio della norma invocata. 

Orbene, il caso di un ente religioso, il quale acquisti una area per 
erigervi una chiesa, ben pu� essere ricompreso nella prevision'e del 
beneficio tributario �di cui all'art. 44. Invero, anche se tale norma ha 
inteso agevolare solo alcune forme di istruzione e sebbene il legislatorfe 
abbia parlato di scuole elementari e �di asili d'infanzia, con 
evidente riferimento alla ipotesi normale della istruzione impartita in 
tali scuole, tuttavia l'unica condizione sostanziale posta dall'art. 44 per 
l'applicazione del beneficio della registrazione a tassa fissa, � che �le 


1436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aree siano acquistate per la costruzione degli edifici destinati alla 
istruzione elementare in genere e tale condizione indubbiamente ricorre 
allorquando l'acquisto dell'area operato dall'ente ecclesiastico abbia 
come scopo la costruzione �di una chiesa parrocchiale, di un edificio, 
cio�, destinato, tra l'altro, all'insegnamento del catechismo, in cui si 
compendiano i primi elementi della religione cristiana, ossia della 
istruzione religiosa elementare, comunque impartita, anche fuori quindi 
delle scuole elementari e degli asili d'infanzia veri e propri. 

Pertanto, poich� nell'ampio concetto di � istruzione elementare � 
deve essere ricompresa anche l'istruzione elementare � religiosa � e 
poich� nel .caso in esame trattasi di costruzione di edificio e di perseguimento 
di finalit� di interesse pubblico generale, rettamente il giudice 
di merito ha ritenuto l'applicabilit� della norma dell'art. 44 attesa 
l'identit� della ratio e dei presupposti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, ~ez. I, 14 luglio 1971, n. 2301 -Pres. Giannattasio 
-Est. Elia -P. M. Gen~ile (conf.) -Soc. Marconi Italiana 
(avv. Cogliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). 


Imposta di ricchezza mobile -Pluralit� di stabilimenti dello stesso 

soggetto -Unicit� di bilancio -Stabilimenti siti nel Mezzogiorno 

ammessi ad esenzione -Passivit� -Inclusione nel bilancio ~enerale. 

(1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 23; t.u. 29 gennaio 1958, n. 64[>, art. 95; t.u. 24 
agosto 1877, n. 4021, artt..13, 25 e 32; d.1. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 3). 
Poich� in base agli artt. 13 e 25 del t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, il 
reddito imponibile a.i fini dell'imposta di ricchezza mobile a carico di 
societ� per azioni deve commisu1�arsi al risultato netto complessivo di 
tutte le attivit� svolte, anche se in diverse sedi e aziende sfornite di 
distinta personalit� giuridica, vanno detratte �ait"unico bilancio sociale 
anche le passivit� verificatesi in stabilimenti situati nel Mezzogiorno 
per i quali, a norma dell'art. 3 del d.l. 14 dicembre 1947 n. 1598, non � 
dovuta l'imposta sui redditi ivi prodotti (1). 

(1) La risoluzione della delicata questione � stata adottata esclusivamente 
sul piano della normativa generale, senza tener conto della particolare 
situazione cui d� luogo la specifica norma di agevolazione; ma se � 
indubbio il principio della unicit� del bilancio, � pure evidente che l'introduzione 
di una esenzione per determinate aziende localizzate nel territorio 
crea una situazione nuova, anche se la norma di agevolazione nulla dispone 
in proposito. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1437 

(Omissis). -Col primo motivo del ricorso la ricorrente societ� 
Marconi denuncia violazione dell'art. 3 d.l. 14 dicembre 1947 n. 1958, 
col quale si dispone l'esenzione dall'imposta di ricchezza mobile sui 
redditi industriali degli stabilimenti, di nuova costruzione, in alcune 
provincie del Mezzogiorno d'Italia, fra le quali quella dell'Aquila, 

f 

essendosi erroneamente ritenuto dalla Commissione Centrale delle Imposte 
nella impugnata decisione che, per effetto di tale esenzione tributaria, 
non dovessero detrarsi le perdite della gestione dello stabilimento 
sito nell'Aquila, dal reddito complessivo della societ� ricorrente, risultante 
anche dalla gestione dell'altro stabilimento sociale in Genova. 

La censura � fondata. 

Per l'esercizio finanziario 1953-1954, l'Ufficio Imposte Dirette di 
Roma accertava a carico della Societ� per azioni � Marconi Italiana �, 
attuale ricorrente, un r~ddito imponibile di L. 100 milioni, ai fini dell'imposta 
di Ricchezza Mobil~ cat. B. 

La Societ� ricorrente fece presente che da tale reddito, rappresentante 
il complessivo utile di tutte le attivit� e gestioni sociali concretamente 
costituito dagli utili dello stabilimento sociale in Genova, 
dovevano detrarsi le perdite derivanti dalla gestione dello stabilimento 
sociale del!'Aquila, in base al principio della unicit� di bilancio, per 
cui l'imposta di Ricchezza Mobile va commisurata al risultato complessivo 
netto di tutte le attivit� svolte dal �soggetto produttore di 
redditi classificabili nella stessa specie, indipendentemente dal luogo in 
cui esse trovano svolgimento. 

Con la decisione impugn:ata, la Commissione Centrale, invece, ha 
ritenuto �Che le passivit� derivanti dalla gestione dello stabilimento 
dell'Aquila non dovessero detrarsi dagli utili complessivi (derivati 
dalla gestione dello stabilimento di Genova) in quanto per effetto della 
esenzione tributaria veniva ad operarsi una scissione fra lo stabilimento 
sito in zona di esenzione e le altre attivit� del contribuente, onde 
nella determinazione del reddito complessivo imponibile non si pu� 

Sembra inoltre che non sia stato compiutamente valutato il secondo 
aspetto della questione; l'art. 23 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 e l'art. 96 
del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645 indubbiamente, pur sul presupposto della 
unicit� del bilancio, escludono la deducibilit� delle passivit� inerenti a 
redditi comunque non assogg�ttabili ad imposta; il problema consisteva 
allora nel verificare se, indipendentemente dalla separazione territoriale 
delle singole aziende, un eguale principio fosse contenuto anche nella 
legislazione anteriore. A tale quesito non poteva non darsi risposta affermativa: 
� sempre stato pacifico che le spese inerenti alla produzione (art. 
32 T.U. del 1877) sono soltanto quelle in connessione con il reddito tassabile 
e non quelle dirette alla produzione di un reddito esente; n� sembra corretta 
l'affermazione che tale regola possa valere solo quando esista un 
reddito netto esente e non anche quando nell'attivit�, che sarebbe esente 
se chiudesse in attivo, si siano incontrate soltanto perdite. 



1438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tener conto n� degli utili, n� delle perdite dello stabilimento sito in 
zona esente da tributo. 

Ha ritenuto la Commissione Centrale che fosse applicabile alla 
specie l'art. 23 della legge 5 gennaio 1956 n. 1, e che non fosse invece 
applicabile l'art. 95 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, che fissa il principio 
che l'imposta � commisurata, nei confronti di ogni soggetto, in 
base al risultato complessivo netto di ,tutte le sue attivit�, classificabili 
nella stessa categoria, in quanto li reddito per cui � controversia � 
anteriore all'entrata in vigore del t.u. suddetto. 

�Esattamente, al riguardo, � stato rilevato, invece, che, trattandosi 
di reddito relativo all'esercizio 1953-1954, non sono applicabili, nella 
specie, le disposizioni entrate in vigore in epoca successiva, e, cio�, 
l'art. 23 della legge n. 1 dell'anno 1956 e quelle �del citato t.u. n. 645 
del 1958. Ed infatti, ai fini dell'esenzione tributaria, deve applicarsi 
la disposizione dell'art.. 3 del d.l. n. 1598 del 1947, che prevede esenti 

�dalla R.M. i redditi di stabilimenti costruiti nelle provincie meridionali, 
compresa l'Aquila e, ai fini della determinazione del reddito imponibile, 
deve applicarsi la disposizione dell'art. 13 del t.u. 24 agosto 
�1877 n. 4021 per cui le societ� di due stabilimenti in Comuni diversi 
devono fare una sola dichiarazione� dei redditi nel Comune dove � sito 
lo stabilimento pi� importante e pagheranno l'imposta complessivmente, 
mentre va, anche, applicata la disposizione dell'art. 25 . dello 
stesso t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, secondo cui l'imposta sui redditi 
delle societ� anonime v.a commisurata in base al bilancio, che, come 
� noto, � redatto unitariamente (artt. 2423, 2424, 2431 e.e.) e comprende 
il risultato complessivo di tutte le operazioni, svolte in tutti 
gli stabilimenti sociali, con indicazione degli utili al netto, ossia previa 
detrazione delle perdite (Cass. 23 giugno 1962 n. 1634). 

Ai fini del calcolo del reddito imponibile deve dunque tenersi 
conto delle perdite, le quali tutte concorrono ad influenzare il bilan�io 
generale, il risultato complessivo delle attivit� del soggetto, e, dunque, 
il reddito generale oggetto d'imposta di Ricchezza Mobile, reddito che, 
anche in base al precetto cos�ituzionale (artt. 3 e 53) stabilisce la 
capacit� contributiva, in ragione della quale � dovuta l'imposta. 

A tali principi generali in alcun modo deroga l'art. 3 citato del 

d.1. n. 1598 del 1947, che ,si limita soltan!o a fiassare il principio dell'esenzione, 
e non intende operare alcuna � scissione�, n� di azienda, 
n� di gestione, n� di patrimonio: onde vale il principib generale che
1

l'imposta diretta colpisce il soggetto e l'impresa commerciale sociale 
organizza le varie aziende, sfornite di personalit�, e le gestisce nell'ambito 
della sua attivit� complessiva (artt. 2082 e 2555 e.e.) mentre 
l'imposta di R.M. � dovuta non dalle aziende, ma dalle persone fisiche 

o giuridiche che le gestiscono in esercizio di impresa (artt. 2, 13 e 15 
t.u. 24 agosto 1877 n. 4021). L'art. 95 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1439 

non ha �instaurato il principio dell'unicit� di reddito imponibile netto, 
in base al bilancio unico, ma ha esteso il criterio del reddito unitario 
netto, per tutte le diverse attivit� del soggetto, anche per i soggetti non 
tassabili in base a bilancio. 

Quanto all'art. 32 del citato t.u. del 1877, dal quale si vuol dedurre 
che le spese inerenti �alla produzione di un reddito esente non sarebbero 
detraibili agli effetti della determinazione del reddito imponibile, 
esso presuppone che vi sia stato un reddito esente netto, mentre, nella 
specie, non vi � stato alcun reddito netto, in Aquila, e solo una perdita. 

Il complesso delle disposizioni richiamate, e, specie, l'art. 13 e 
l'art. 25 dello stesso t.u. del 1877 affermano, comunque, chiaramente, 
il principio� che il reddito imponibile va calcolato tenendo conto di 
tutte le perdite, verificatesi nei vari stabilimenti �sociali, dovunque 
situati. 

Il primo motivo del ricorso va, dunque, accolto, e si deve fissare 
il principio che l'esenzione tributaria prevista dall'art. 3 d.l. 14 dicembre 
1947 n. 1598 per i redditi industriali derivati da nuovi stabilimenti 
industriali nelle provincie indicate dal medesimo d.l., la quale 
esenzione prevede che i detti stabilimenti abbiano prodotto utili netti 
di gestione, non deroga al principio generale fissato agli artt. 13 e 25 

t.u. 24 a�gosto 1877 n. 4021, secondo cui il reddito imponibile ai fini della 
imposta imposta di R.M. a carico delle societ� anonime per azioni deve 
commisurarsi in base al risultato netto complessivo di tutte le attivit� 
produttive di reddito classificabile nella stessa categoria, detratte le 
perdite, ovunque verificatesi, ed anche, dunque, quelle inerenti alla 
gestione di stabilimenti siti in zona di esenzione prevista dal citato 
d.l. n. 1598 del 1947. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 luglio 1971, n. 2364 -Pres. Marletta 
-Est. Berarducci -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Agosti (avv. Sequi). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione 
-Decisione della Commissione provinciale di valutazione 
che risolve questioni di diritto -Incompetenza -Impugnazione 
al Tribunale ex art. 29, terzo comma r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 
per difetto di calcolo e errore di apprezzamento -Annullamento 
della decisione impugnata per incompetenza -Esclusione. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 
L'impugnazione di mera legittimitd ex art. 29 terzo comma r.d. 
7 agosto 1936 n. 1639 proposta innanzi al tribunale contro le deci



1440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sioni deita commissione provinciale d.i valutazione � circoscritto aUa 
mancanza e insuwcienza di calcolo ed al grave ed evidente errore di 
apprezzamento nena determinazione del valore del bene oggetto del 
trasferimentp; conseguentemente non pu� essere dedotta con tale impugnazione 
i'incompetenza della commissione di valutazione che abbia 
deciso una questione di diritto pregiudiziale atla valutazione, essendo 
una tale censura proponibile esclusivamente con il ricorso per Cassazione, 
in mancanza del quale la decisione, bench� pronunciata dal giudice 
incompetente, diventa definitiva (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale si lamenta 
che la Corte d'Appello abbia ritenuto impugnabile davanti al Tribunale, 
a' sensi dell'art. 29, terzo comma, r.d.l. 1936, n. 1639, la pronuncia 
della Commiss\one provinciale delle imposte indirette; sezione 
valutazione, di Brescia, che, erroneamente, aveva deciso la questione di 
diritto,� relativa alla tassabilit� dell'avviamento, esorbitante dalla propria 
competenza istituzionale. Si assume dalla ricorrente che detta 
pronuncia, in tal caso, era definitiva, e, pertanto, non poteva essere 
impugnata che, ex art. 111 della Costituzione, innanzi alla Corte di 
Cassazione. 

La censura � fondata. 

La questione che, con' l'anzidetto motivo di ricorso. si pone a 
queste Sezioni Unite � se la pronuncia della Commissione provinciale 
delle imposte indirette sui tra�sferimenti, sezione valutazione, nella ipotesi 
in cui, oltre a decidere una controversia avente per oggetto la 
determinazione del valore dei beni oggetto del trasferimento, abbia 
deciso anche una questione di diritto avente carattere pregiudiziale 
rispetto a quella concernente la determinazione del valore, sia, anche 
in tal capo, impugnabile, a' sensi dell'art. 29, terzo comma, del r.d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639, innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. 

La questione non pu� essere decisa che in senso negativo. 
Ripetutamente questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha 
avuto occasione di rilevare che, in mteria di imposte indirette sui tra


(1) Decisione esattissima che corregge la contraria affermazione delle 
stesse Sez. Un. contenuta nella decisione S febbraio 1971, n. 290 (in questa 
Rassegna, 1971, I, 436), seguita dalla Sez. I con la sent. 15 maggio 1971, 
n. 1408 (ivi 1971, I. 909). In base a queste precedenti pronuncie non solo si 
era ritenuta ammissibile l'impugnazione ex art. 29 terzo comma per dedurre 
l'incompetenza della Commissione, m�a si era affermato che l'incompetenza 
dovesse essere dichiarata d'ufficio in ogni stato e grado del giudizi�; 
ma una tale tesi non poteva essere sostenuta con valide argomentazioni. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sferimenti di ricchezza, a norma degli artt. 29 e 30 del r.d..l. 7 agosto 
1936, n. 1639, la �competenza a conoscere le controversie aventi per 
oggetto la determinazione del valore appartiene, in prima istanza, alla 
commissione distrettuale ed, in secondo grado, a quella provinciale, 
sezione valutazione, contro le cui decisioni � ammesso ricorso all'autorit� 
giudiziaria ordinaria per grave ed evidente errore di apprezzamento 
od insufficienza di .calcolo nella determinazione del valore, mentre 
la competenza a conoscere le controv~rsie relative all'applicazione 
delJa legge, cio� quelle che involgono questioni di diritto, appartiene, 
inyece, in primo grado, alla commissione provinciale, in seno alla quale 
esi�ste un'apposita sezione -detta, comunemente di dir.itto -avente 
una particolare composizione, e, in �secondo grado alla commissione 
centrale. 

Stante tale disciplina, non pu�, pertanto, essere contestato che la 
commissione provinciale, s�zione di valutazione, non ha alcuna competenza 
a conoscere le questioni di diritto, appartenendo tale competenza 
unicamente alla commissione provinciale, sezione di diritto; con 
la conseguenza che, trattandosi di competenza per materia e, quindi, 
inderogabile, la commissione provinciale di valutazione non ha il potere 
di decidere le questioni di diritto neppure quando queste si presentano 
come pregiudiziali rispetto a quelle di valutazione. In tal caso si ha, 
infatti, uno sdoppiamento .di cpmpetenza tra 'l'anzidetta commissione, 
sezione speciale competente per la decisione delle questioni di diritto, 
e la commissione provinciale, sezione competente per la valutazione. 
Il che comporta che quest'ultima commissione ha l'obbligo di sospendere 
il giudizio di valutazione fino a quando non divenga definitiva la decisione 
sulle questioni pregiudiziali di diritto da parte della sezione speciale 
competente, cui tale decisione va devoluta. 

Tutto ci� � ormai pacifico in giurisprudenza e non � neppure contestato 
dalla sentenza impugnata, la quale, tuttavia, ha accolto la tesi 
secondo cui, nell'ipotesi in cui la commissio~e provinciale, sezione di 
valutazione, esorbitando dai limiti della propria competenza, abbia 
deciso anche una questione pregiudiziale di diritto, tale decisione, 
affetta da vizio di incompetenza, sarebbe pur sempre impugnabile, a' 
sensi della disposizione del terzo comma dell'art. 29 del r.d.l. del 1936, 

n. 
1639, dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. 
Ed � qui che la sentenza denunciata cade in errore. 
Infatti, se da un lato � vero che il ricorso al giudice ordinario, 
previsto dalla disposizione sopra citata, costituisce una impugnazione 
di mera legittimit�, dall'altro lato non � men vero che l'oggetto di 
tale impugnazione � circoscritto all'esistenza dei vizi specificati nella 
disposizione medesima e consistenti nel grave ed evidente errore di 
apprezzamento, ovvero nella mancanza od insufficienza di calcolo nella 


1442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

determinazione del valore del bene oggetto di trasferimento. In altri 

termini, il controllo demandato al giudice or<linario sul giudizio di 

valutazione reso dalla commissione provinciale di valutazione trova 

un limite nella stessa competenza attribuita dalla legge a detta com


missione, nel senso che, essendo la competenza di tale commissione 

limitata �alla determinazione del valore dei beni oggetto di trasferi


mento, il giudice ordinario non ha, per effetto della disposizione del 

terzo comma .dell'art. 29 innanzi citato, altro potere che quello di con


trollare se la commissione medesima, nella esplicazione dell'attivit� 

ad essa riservata, sia o meno incorsa in vizi di valutazione sotto. il 

profilo del grave ed evidente errore di apprezzamento, o della mancanza 

od insufficienza di calcolo. 

Ci� implica che rimangono fuori del controllo del giudice ordi


nario, in forza dell'anzidetta disposizione, le decisioni rese dalla com


missione provinciale di valutazione ~ori dei limiti della propria com


petenza, quali, appunto, le �decisioni aventi per oggetto le" _questioni 

di diritto. 

Ed allora, poich� contro le decisioni della commissione provinciale 

di valutazione non si pu� ricorrere all'autorit� giudiziaria ordinaria 

fuori dei casi specificati nel terzo comma dell'art. 29 del r.d.l. del 1936, 

n. � 1639, e poich�, d'altra_parte, tali decisioni non sono neppure impugnabili 
innanzi alla commissione .centrale e sono, pertanto, definitive 
nell'ambito del processo tributario, ne discende, di tutta evidenza, che, 
nella ipotesi in cui detta commissione, con le questioni di valutazione, 
abbia, erroneamente, deciso anche una questione di diritto, contro tal 
capo di pronuncia non � consentito altro mezzo di impugnazione che 
non sia il ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione; con la 
conseguenza che, allorquando tale mezzo non sia sperimentato, la 
decisione della questione di diritto, nonostante che sia stata resa da 
organo incompetente, diventa definitiva a tutti gli effetti. � invero, 
principio fondamentale del processo, applicabile anche al processo 
tributario che si svolge innanzi alle commissioni ed ha carattere giurisdizionale, 
che i vizi del processo e degli atti che ne costituiscono i 
presupposti, anche se tali da ripercuotersi sulla sentenza determinandone 
la nullit�, non impediscono che la sentenza stessa (salvo che 
essa provenga � a non judice �, o sia priva della sottoscrizione del 
giudice) passi in giudicato; non potendo tale nullit� essere fatta valere 
se non nell'amibto dello stesso processo e con i mezzi di impugnazione 
previsti dalla legge (cfr. Cass. 3 febbraio 1968, n. 350). 
Tutto ci� non � stato considerato dalla sentenza denunciata, la 
quale va, pertanto, cassata con rinvio della causa, per nuovo esame, 
ad altra Corte idi appello, che si atterr� ai principi sopra enunciati. -..


, (Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1443 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2375 -Pres. Caporaso 
-Est. Mirabelli -P. M. Caccioppoli (diff.) -Giulianini (avv. 
D'Atena) c. Ministero delle Fiinanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta ipotecaria -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso 

-Mutuo contratto per l'acquisto dell'area ediftca~ile -Agevola


zione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 -Si estende. 

-(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 18). 

L'agevolazione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 deve 
intendersi estesa ai mutui contratti per l'acquisto di aree edificabiii, 
dovendosi far rientrare nel concetto di � costruzione � anche il suolo 
su cui in&istono (1). 

(Omissis). -Con l'unic.o motivo di ricorso ,si denuncia violazione 
e falsa applicazione degli artt. 18 e 20 della legge 2 luglio 1949 n. 408, 
nonch� del d.m. 7 gennaio 1950 �e dell'art. 14 delle disposizioni sulla 
legge in .generale, in relazione all'art. 1853 cod. civ. ed ai sensi dell'art. 
360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. e si sostiene che la Corte del merito 
ha interpretato erroneamente le norme indicate, negando l'applicazione 
dell'agevolazione tributaria ai contratti di mutuo di somme devolute 
all'acquisto di area necessaria per la costruzione di casa di abitazione 
non di lusso, nonch~ escludendo l'interpretazione estensiva delle norme 
relative nel senso che nella locuzione � costruzioni � non possa ritenersi 
compresa l'area sulla quale sorger� l'edificio, ed in,oltre ritenendo 
che i contratti di apertura di credito in conto corrente bancario non 
siano equipollenti ai contratti di mutuo, ai fini dell'agevolazione 
suddetta. 

La censura � fondata e le tesi sostenute dal ricorrente sono state 
gi� accolte da questa Corte, con la sente~za 7 dicembre 1970, n. 2585. 

Come fu gi� rilevato in tale pronuncia, la Corte del merito, nell'escludere 
l'applicabilit� dell'art. 18 della legge in questione alla 
fattispecie, nella considerazione che la norma contemplerebbe soltanto 
i mutui stipulati per le costruzioni indicate nell'art. 17 della 
stessa legge o per Ia prima compravendita di tali edifici e non quelli 
stipulati per l'acquisto di aree fabbricabili, ha omesso di interpretare 
compiutamete la norma ,stessa, limitandosi ad una stretta interpreta


(1) Si conferma la decisione 7 dicembre 1970, n. 2585, in questa 
Rassegna, 1971, I, 131. 

1444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione letterale della parola � costruzioni � e trascurando la necessaria 
interpretazione logica della parola stessa nel contesto della norma e 
nel sistema della legge medesima. 

Invero l'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale prescrive 
che la norma di legge venga interpretata non solo lessicalmente, ma 
anche logicamente e sistematicamente, alla stregua della c.d. intenzione 
del legislatore, ossia ai risultati cui la normativa � diretta; se 
attraverso tale procedimento interpretativo l'espressione di legge viene 
a ricevere un contenuto pi� ampio di quello derivante dalla lettera non 
si viene ad ampliare od estendere l'ambito di applicazione della norma 
stessa, ma si accerta l'effettivo suo contenuto, facendovi rientrare tutti 
i casi che in effetti il legislatore ha tenuto presenti e che solo l'inadeguatezza 
dell'espressione parrebbe escludere. Pertanto poich� l'articolo 
12 prevede un procedimento interpretativo applicabile a tutte 
le norme di legge, siano esse comuni od eccezionali, nel senso di cui 
all'art. 14 delle stesse disposizioni sulla legge in generale, tale interpretazione 
non trova. ostacolo nella natura eccezionale delle leggi 
tributarie e delle norme che concedono benefici fiscali, in quanto la 
legge non viene, in tale guisa, ad essere applicata analogicamente a 
casi da essa non contemplati. 

Orbene, va rilevato che la parola � costruzioni � l~ssicalmente 
indica, certo,. l'operazione del costruire, ha, cio�, riferimento all'elevazione 
di un edificio. Tuttavia non pu� non ritenersi che tale termine 
� stato usato dal legislatore nel significato comprensivo di tutto quanto 
sia indi�spensabile all'operazione del costruire, e quindi anche del suolo 
su cui la costruzione deve elevarsi. 

Va rilevato, infatti, non solo che dalla costruzione non pu� escludersi 
il suolo su cui essa sorge, che ne � parte integrante sia sul piano 
materiale che sul piano giuridico, per il principio enunciato dall'articolo 
934 cod. civ. ma anche, e soprattutto, che la legge 12 luglio 1949, 

n. 408, al fine di favorire la costruzione di alloggi, ha concesso agevolazioni 
fiscali non soltanto agli atti concernenti le costruzioni in s�, ma 
pure agli acquisti di aree fabbricabili, come � previsto nell'art. 14 della 
legge stessa. 
La Corte del merito, invero, ha ritenuto di potere trarre da tale 
ultima norma un argomento � a coritrario � per dedurne che, essendo 
separatamente previste le agevolazioni per la costruzione e per l'acquisto 
di aree, le ulteriori disposizioni che contemplano il finanziamento 
delle prime non siano applicabili al finanziamento degli acquisti di aree. 
Ma tale argomentazione non ha alcun fondamento, giacch� mentre 
divel'Se sono le operazioni economiche che si compiono in relazion� alla 
costruzione da quelle concernenti l'acquisto di aree, unico � il contenuto 
dell'operazione di finanziamento, della quale la legge .richiede soltanto 
il collegamento con il complessivo risultato dell'edificazione. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1445 

Pertanto, quando il legislatore, ampliando la sfera delle agevolazioni, 
vi include, all'art. 18, al medesimo scopo di agevolare l'incremento 
della edilizia anche i mutui per le costruzioni, non pu� ritenersi 
che abbia escluso, con intrinseca contraddizione, dall'ambito del-
1',agevolazione, il mutuo diretto all'acquisto dell'area su cui sorger� la 
costruzione, acquisto che � un antecedente ne'cessario rispetto alla 
costruzione stessa. Da tali rilievi non pu� non dedursi, quindi, che 
quando il legislatore ha adoperato il termine �costruzioni ., per indicare 
il risultato cui il finanziamento � diretto, lo ha usato nel,l'accezione 
comprensiva di ogni parte integrante di questa, e quindi anche del suolo. 

Deve essere riaffermato, quindi, che il mutuo .che venga stipulato 
al dichiarato fine di acquistare un'area fabbricabile per costruire edifici 
aventi le caratteristiche previste dall'art. 13 della legge 2 luglio 
1949, n. 40~, rientra nell'ambito delle ag�evolazioni fiscali previste dall'art. 
18 della stessa legge, con l'osservanza delle altre condizioni 
prescritte, per la conservazione del beneficio, dal successivo articolo 

20. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio/1971, n. 2376 -Pres. Mirabelli 
-Est. Santosuosso -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Zagari) c. I.A.C.P. Parma (avv. Jannone). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 

lusso -Estensione all'imposta sul valore globale delle donazioni 


Esclusione� 

. (I. 2 luglio 1949, n. 4os, art. 14). 

L'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 non � 
estensibiie aU'imposta sul valore globale che non pu� considerarsi una 
imposta di regitWro (1). 

(Omissis). -Con l'unico complesso motivo di ricorso, 1'Amministrazione 
finanziaria dello Stato propone all'esame del Supremo Col


(1) Decisione esatta. L'imposta sul valore globale � stata definita un 
tributo autonomo, distinto anche dalla imposta di successione (Cass. 30 
giugno 1971, n. 2008 in questa Rassegna, 1971, I, 1207; 20 aprile 1970, n. 1132, 
ivi, 1970, I, 636). 

,� 

1446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legio due delle questioni trattate nei precedenti gradi del giudizio: 
a) che i benefici fiscali invocati riguardano l'imposta di registro e 
l'imposta ipotecaria, non l'imposta globale progressiva sulle donazioni, 
cui si riferiva il supplemento richiesto con fingiunzione; b) che gli 

� acquisti � di cui parla l'art. 14 della legge n. 408 del 1949 sono soltanto 
quelli a titolo oneroso e non �comprendono le liberalit�. 
Questa Corte ritiene fondato� il primo profilo della censura; onde 
superfluo appare l'esame del secondo. 
Incontestabil1 elementi di partenza pe~ la soluzione del problema 
sono la dizione della citata norma � Sono concessi il beneficio dell'imposta 
fissa di registro e quello della riduzione al quarto dell'imposta 
ipotecaria per gli acquisti ... �) ed il fatto che la pretesa imposta era 
quella globale progressiva sulle donazioni . 

. Ora, non occorre un lungo discorso per .dimostrare come il legislatore 
abbia enucleatp distintamente questo tipo di imposta sia nella 
qualificazione forma�le, che nel contenuto sostanziale, con propri caratteri 
differenziatori da quella di registro. La prima, infatti, prevista 
dal r.d.1. 8 marzo 1945 n. 90 e successive modificazioni, pur presentando 
qualche affinit� con la seconda, � pi� strettamente coordinata 
all'imposta di ~uccessione sotto vari aspetti: per il computo della base 
imponibile, l'esenzione dei minimi, la progressivit� delle aliquote e 
la rilevanza del rapporto di parentela delle parti. Questo parallelismo 
con l'imposta di successione � evidentemente ispirato soprattutto alla 
esigenza di evitare accorgimenti per evasioni. 

Se, allora, l'imposta �sul valore globale � diversa, nei suoi fondamentali 
caratteri, da quella di registro, anche in questo caso va seguito 
il costante orientamento giurisprudenziale (da ultimo, Cass. sent. numero 
1688 del 1968; n. 179 del 1971); secondo/cui le norme aventi 
carattere �eccezionale, come quelle che .concedono benefici fiscali, sono 
insuscettibili di interpretazione analogica, mentre ne � solo consentita 
l'interpretazione estensiva. Ed invero, la tassativit� insita nelle norme 
eccezionali, se ammette un'ampia ricerca esplicativa della �volont� 
della legge, esclude una integrazione della stessa ccm elementi che, pur 
contenendo punti di contratto con quelli della norma, presentano altresl 
elementi certamente diversi. 

Nella specie, si compirebbe una inammissibile applicazione analogica 
dei benefici fiscali previsti dalla citata norma per l'imposta di 
registro all'imposta sul valore globale; la quale, -�come si � detto se 
ha alcuni elementi similari alla prima, presenta molteplici caratteri 
differenziali, che l'avvicinano maggiormente all'imposta di successione. 

Con l'accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata 
e la causa deve essere rinviata ad altra Corte d'appello; che, nel riesaminare 
il merito, terr� presente il principio di diritto deducibile dalla 
motivazione che precede. --(Omissis). � 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1447 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio 1971 n. 2378 -Pres. Giannattasio 
-Est. Milano -P. M. Sciaraffia (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Saffiotti. 

Imposta di registro -Usucapione dichiarata con sentenza -Imposta 
graduale -� dovuta. 

(r.d. 30 novembre 1923, n. 3269, art. 68). 
La sentenza che dichiara l'avvenuta usucapione, in quanto confe1risce 
sicurezza al diritto di propriet� e opera gli effetti attributivi 
di un negozio di accertamento, � soggetta all'imposta graduale a 
norma del quinto .comma dell'art. 68 della legge di re.gistro (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione 
finanziaria ripropone la .questione relativa al regime tributario, ai �fini 
dell'imposta di registro, della sentenza che dichiara l'acquisto del 
diritto di propriet� di un immobile in virt� di usucapione, e sostiene 
che la Corte di merito ritenendo, peraltro con. motivazione difettosa, 
che il detto provvedimento, limitandosi a. desumere dall'accertato stato 
di fatto del possesso e del decorso del tempo le conseguenze giuridiche 
dell'acqui,sto del bene a titolo originario, non soltanto non � soggetto 
all'imposta proporzionale, ma neppure a quella graduale prevista dall'art. 
68 della legge di registro, ha errato perch� la sentenza che riconosce 
la verificatasi usucapione, pur non contenendo che la dichiarazione 
di un diirtto preesistente, attribuisce pur sempre al possessore la 
certezza del dominio con effetti di carattere economico e giuridico e 
rientra, pertanto, nell'ipotesi considerata nel quinto comma del summenzionato 
art. 68.. 

Tralasciando di considerare il lamenta.io �difetto di motivazione 
perch� il vizio previsto dall'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. costituisce motivo 
di annullamento solo se concerne punti di fatto e non profili di 
diritto della causa, osservasi come la tesi prospettata dalla ricorrente 
Amministrazione sia fondata. 

� certamente esatto che, come ritenuto dalla sentenza impugnata, 
l'usucapione � un m,!)do di a�quisto diretto ed originario, che ha in s� 
la sua efficacia e la sua ragione di essere, indipendentemente dall'accertamento 
giudiziale del suo avverarsi. 

Esatto � anche che la sentenza la quale riconosca essersi verificate 
le condizioni previste dalla legge per !'�acquisto del diritto � di propriet� 
di un immobile .per usucapione non opera un trasferimento della 

(1) Decisione da condividere pienamente e che interviene in una materia 
nella quale sono quasi inesistenti precedenti di giurisprudenza. 
14 



1448 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

propriet� da un soggetto ad un alt!O, ma si limita a desumere dall'accertato 
stato di fatto del possesso, congiunto al decorso del tempo, la 
conseguenza giuridica dell'acquisto della propriet�. 

Senonch� il semplice riferimento all'istituto dell'usucapione come 
regolato dal nostro ordinamento ed alla natura del provvedimento 
giurisdizionale non sono sufficienti a risolvere il problema del regime 
tributario della sentenza che dichiara l'avveratasi usucapione, essendo 
invece necessario, per il principio generale sancito dall'art. 8 della 
legge di registro, aver anche riguardo agli effetti di natura patrimoniale 
che il provvedimento � destinato a produrre. 

Infatti, mentre il quarto comma dell'art. 68 della legge di registro 

pone la regola che � soggetta alla tas$a graduale la sentenza di con


danna a somme o valori, il successivo-quinto comma precisa ulterior


mente che la ta.ssa graduale � dovuta anche quando, anzich� recare 

condanna, il provvedimento � sia concepito nei� termini di una sem


plice dichiarazione di 0diritto, quando opera gli effetti dell'attribuzione 

e della condanna per cose valutabili �. 

Tale disposizione -che costituisce, appunto, una particolare ipo


tesi del. suaccennato principio generale della legge tributaria di registro 

-assoggetta, quindi alla stessa disciplina anche i~ provvedimento 

djchiarativo di diritti, qualora da tale accertamento la parte possa far 

derivare, a suo favore, gli stessi effetti che avrebbe prodotto una sen" 

tenza costitutiva o di condanna. 

Non pu� ora fondatamente contestarsi che tale situazione si rea


lizzi nel caso in cui l'usucapione del diritto di propriet� di un bene 

venga dichiarata con sentenza, perch� con tale pronuncia, al ricono


scimento del diritto dominicale, si aggiunge la sicurezza della sua aspet


tazione e la conseguente. possibilit� di disporne liberamente nel com


mercio giuridico, non .potendosi pi� contestare o dubitare che il sog


getto, a cui favore il ricono8cimento � avvenuto, sia proprietario di 

un determinato bene. 

Se, quindi,, non pu� negarsi che la decisione che accerta l'avve


nuta usucapione ha natura dichiarativa perch� � la legge che, pren


dendo in considerazi�ne il fatto del possesso congiunto al decorso del 

tempo, riconosce al possessore l'acquisto del diritto corrispondente al 

possesso stesso, devesi per� riconoscere che tale decisione � destinata a 

produrre effetti di natura patrimoniale, costituiti dal riconoscimento 

definitivo e l!On pi� contestabile, a favore di una parte e nei con


fronti di altri, della propriet� di un bene. 

Ci� non ha considerato la Corte di appello allorch�, rilevato che 

l'usucapione produce l'acquisto del bene a titolo originario ex se, ha 
� ritenuto che la sentenza che la dichiara non esplica alcun effetto attributivo. 
Infatti, non il fatto giuridico complesso dell'usucapione � soggetto 
a tassazione, posto che la legg�e di registro colpisce gli atti e non 



PARTE I, SEZ, V, GIVRISPRUDENZA TRIBUTARIA . 1449 

i fatti giuridici semplici o complessi, bens� la pronuncia del giudice 
che l'accerta e. la dichiara e che, in caso 4i contestazione, tiene luogo 
�di un atto negoziale di accertamento. 

In tali sensi, del resto, hanno avuto occasione di pronunciarsi sia 
la Commissione Centrale delle Imposte (dee. 28 gennaio 1955 n. 67861, 
16 aprile 1956 n. 80955 e 7 gennaio 1970 n. 12743), abbandonando il 
suo .precedente contrario orientamento, sia, in caso analogo a quello 
ora giudicato, questa stessa Corte Suprema con la sentenza n. 3271 
del 23 lugl�o 1932, con la quale si �, appunto, negato all'atto di riconoscimento 
dell'acquisto di un diritto reale per usuca.pione, intervenuto 
tra le parti interessate, il carattere dj. atto meramente riconj,gnitivo e, 
co~e tale, soggetto a tassa fissa ai sensi dell'art. 95 della tariffa all. A) 
alla legge di' registro. (OmisriS). 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio 1971 n. 2379 -Pres. Favara 
-ES!. Leone -P. M. Curupia (conf.) -A.N.S.A. (avv. Barenghi) 


c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Abignente). 
j 

Imposta di registro -Successione di leggi nel tempo -Appalti e concessioni 
di pubblico servizio -Legge 28 luglio 1961, n. 827 -Atti 
soggetti ad approvazione o condizione sospensiva -Applicabilit� 
delle norme vigenti al momento della stipulazione. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80, 81, 150 e 152; 1. 28 luglio 1961, n. 828, 
art. 5). 
In forza dell'art. 5 delta legge 28 luglio 1961, n. 828 la regi,s.trazione 
degli atti stipulati prima della entrata iin vig�ire cl.i detta noll'ma 


, ed approvati su.cce&Slivamente, � regolata dalla norma vige11;te alla 
�data �elila �stipulazione, amche se non sia stato osservato il termine per 
la registrazione (1). 

(Omissis). -Col secondo mezzo di ricorso, 11Ansa� denunzia la 
violazione dell'art. 5 della l�gge 28 ~.glio 1961 n. 828, in rlierimento 


(1) La decisione desta molte perplessit�. Sembrerebbe che l'art. 5 della 
legge 28 luglio 1961, n. 828 .abbia inteso �semplicemente regolare il regime 
transitorio degli atti stipulati anteriormente e registrati successivamente, 
senza porre una netta differenziazione tra gli atti soggetti ad approvazione 
e gli altri. Si � voluto cio� soltanto chiarire che si considera non ancora 
scaduto il termine per gli atti che diventano efficaci dopo l'entrata in 
vigore della norma; questa espressa equiparazione era nece.ssaria perch� 
per la norma generale degli artt. 150 e 152 della legge ~ registro vale la 
regola opposta, si applica cio� sempre la norma vigente al momento in 
cui l'atto diventa efficace. Ma una volta riportati nella stessa categoria 

1450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche all'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, ai principi 
giuridici sull'interpretazione delle leggi tributarie ed a quelli sulla 
successione delle leggi tributarie nel tempo. Sostiene che, a norma dell'art. 
5 della legge n. 828 del 1961, l'applicazione della minore aliquota 
di imposta di registro, prevista dalla legge precedente, non � subordinata, 
in relazione agli atti .soggetti ad approvazione, alla loro presentazione 
per la registrazione entro venti giorni dal provvedimento di 
approvazione., 

La censura cosi proposta, che attiene alla questione di merito centrale 
della controversia, risolta in modo diverso dal Tribunale e dalla 
Corte d:Appello, appare fondata. 

La Corte .d'Appello, dopo aver osservato che il caso in esame 
rigual'da l'ipotesi di atto stipulato anteriormente all'entrata in vigore 
della legge n. 828 del 1961 (prima cio� del 14 settembre 1961), sicch� 
ad esso � applicabile il secondo �comma dell'art. 5 della stessa legge, 
ha affermato cl�e dal� tenore letterale della disposizione risulterebbe 
che l'applicabilit� della legge (precedente) p�� fuvorevole � subordinata 
alla tempestivit� della registrazione solo per la categoria di atti 
perfetti ed immediatamente efficaci: �che, tuttavia, l'estensione di tale 
requisito anche agli atti soggetti ad approva;z:ione, od a condizione 
sospensiva, deve ritenersi dhnostrata dal rapporto di specialit� in cui 
il secondo tipo negoziale si trova rispetto al primo, sicch� la normativa 
dettata per questo non potrebbe non valere anche per gli atti soggetti 
ad approvazione o �condizione sospensiva, in mancanza di specifica 
deroga, ed altresi dalla re�uctio ad absurdum della contraria interpretazione. 


� facile veplicare che il rapporto di specialit� non sussiste. Certamente 
nella categoria degli atti giuridici vi sono atti perfetti ed efficaci 
ed atti perfetti con efficacia variamente differita e condizionata; ma 
le due serie di atti non sono fra loro in rapporto di species e genus, 
bensi autonome ed opposte quanto ai fattori tipologici ed alle linee 
della rispettiva disciplina giuridica. Inoltre la questione di merito 
s'incentra proprio nell'indagine se vi sia apposita disposizione derogativa 
per ~li atti soggetti ad approvazione o condizione e quindi, se non 

tutti gli atti, stipulati sotto la vigenza della vecchia norma, per i quali 
il termine di registrazione non sia comunque scaduto, non semb:ra che 
possano distinguersi delle sottocategorie e non sembra che possa non riferirsi 
anche agli atti soggetti ad approvazione e omologazione la limitazione 
che la registrazione sia eseguita entro il termine; e ci� non perch� l'applicazione 
della legge anteriore debba considerarsi un'agevolazione, ma perch� 
sia per la norma generale (art. 150 1.r.) sia per quella particolar.e (art. 5 
della legge n. 828) la possibilit� di applicare una norma non pi� vigente al 
momento della registrazione � sempre condizionata alla tempestivit� deYa 
registrazione. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ci si vuol chiudere in una petizione di principio, l'argomento fondato 
sull'asserita uniformit� della disciplina degli atti considerati nella 
legge del 1961 � privo di concludenza. 

Ci� posto, deve rilevarsi che la legge n. 828 del 1961, nell'aumentare 
l'imposta di registro per gli atti di appalto e di concessione di 
pubblici servizi, ha disposto per il periodo di transizione dalla tariffa 
precedente a quella nuova, stabilendo testualmente: � Le disposizioni 
contenute negli artic0li precedenti si applicano agli atti che saranno 
stipulati dopo l'entrata in vigore della presente l~gge. 

Non si applicano agli atti stipulati in data anteriore, per i quali 
alla data di entrata in vigore della presente legge non fosse ancora 
scaduto il te:i;mine normale di registrazione e questa sia eseguita entro 
tale termine, nonch� agli atti soggetti ad approvazione o condizione 
sospensiva che si prefezioneranno sotto l'impero di questa legge �. 

La limitazione � e questa (cio� la registrazione) sia eseguita entro 
tale termine�, � riferita esclusivamente alla disciplina intertemporale 
degli atti gi� stipulati per i quali, alla data di entrata in vigore della 
nuova legge, non fosse ancora scaduto il termine normale di registrazione; 
nessun collegamento letterale esiste tra la detta limitazione e 
la successiva diversa disciplina degli atti �soggetti ad approvazione o 
condizione sospensiva, perfezionatisi sotto l'impero della' nuova legge. 
Anzi, ogni collegamento � respinto, anche dal punto di vista logico, 
dalla considerazione che di termine noi'male di registrazione in corso 
al momento dell'entrata in vigore della nuova legge �Si pu� parlaz:.e 
per gli atti perfetti ed efficaci, non per quelli sottoposti ad approvazione 
o condizione, che, a tale data, non si siano ancora verificate. 

Anche sotto il profilo sistematico la detta estensione non appare 
giustificata. 

La disciplina intertemporale in caso di successione delle leggi 
di registro non segue criteri assoluti, In linea generale, per il principio 
dell'irretroattivit� delle leggi, alle nuove tariffe dell'imposta di registro 
dovrebbero essere assoggettati gli atti presentati per la registrazione 
dopo l'entrata in vigore della nuova tariffa; ma � molto applicato il 
temperamento che per gli atti di data anteriore, per i quali non sia 
ancora scaduto il termine normale di registrazione e questa sia eseguita 
nel detto termine, si applicher� la tariffa anteriore (es. art. 150 t.u. 
delle leggi di registro del 1923). 

Si tratta, per�, di criteri ampiamente derogati (per es. con la legge 
6 agosto 1954, n. 603, art. 37), in particolare quando la nuova legge 
comporti un aumento delle tariffe, nelle quali ipotesi il legislatore 
spesso s'� ispirato al principio dell'applicazione dell'imposta pi� favorevole: 
ci� in considerazione del fatto che le parti nelle loro contrattazioni 
tengono conto anche dell'incidenza dell'imposta di registro in 
ordine al regolamento negoziale dei rispettivi interessi patrimoniali, 


1452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sicch� appare giusto che l'aggravamento delle aliquote. non venga a 
pregiudicare tali valutazioni. 

Per gli atti sottoposti ad approvazione o condizione . sospensiva, 
il criterio interterporale di �applicazione dell'imposta in caso di successione 
di leggi modificative delle tariffe dovrebbe essere quello dell'applicazione 
della tariffa vigente alla data dell'approvazione o del 
verificarsi della condizion�, in aderenza anche a quanto dispongono 
gJi artt. 81 e 83 del t.u. del 1923 in tema di decorrenza del termine 
di registrazione di tali atti. Tale criterio, che fu seguito nell'art. 152 
del t.u. cit., ammette ovviamente deroga: ed una deroga esplicita � � 
sancita appunto nell'art. 5 della legge 28 luglio 1961 n. 828, in quanto 
l'applicazione della nuova tariffa a tali atti � esclusa per gli atti stipulati 
.in data anteriore all'entrata in vigore della legge, ancorch� perfezionatisi 
sotto l'impero della stessa, esclusione �svincolata da qualsiasi 
;presupposto o onere limitativo. La ratio di tale disposizione deve ravvisarsi 
appunto nella considerazione che l'aggravamento dell'obbligazione 
tributaria per una serie di rapporti di notevole portata economica 
e sociale,-quali quelli di appalto e di concessione di .pubblici servizi, 
rapporti nei quali tale aggravamento, in ogni caso modificativo delle 
valutazioni fatte dai soggetti alla data della stipulazone, poteva assumere 
aspetti di particolare iniquit�, per essere molto spesso soggetto 
di tali rapporti lo Stato o altri enti pubbli<:i ad esso equiparati, favoriti 
dalla dispositlone che fa incidere il tributo sul solo soggetto ,privato 
del rapporto: considerazione valida sia per gli atti efficaci al momento 
stesso della stipulazione, sia per gli atti soggetti ad approvazione 
o condizione sospensiva. 

Deve aggiungersi che, in caso di successione nel tempo di una 
legge tributaria pi� gravosa, rispetto a quella precedente, per una 
categoria di atti economici considerata nella sua interezza, l'ultrattivit� 
della legge precedente non realizza un'ipotesi di beneficio fiscale, 
in relazione al quale possa prospettarsi l'applicabilit� del principio che 
il beneficio � condizionato all'osservanza di tutti gli obblighi nascenti 
dal rapporto tributario, in particolare dell'obbligo di presentazione tempestiva 
dell'atto all'ufficio del registro. Si tratta, invece, di una modifi.
cazione della disciplina legislativa nel suo � riierimento .generale ed 
astratto a tutta una determinata materia, in modo uniforme, e della 
determinazione del tempo in cui tale generale modifica deve prendere 
effetto, a seconda delle situazioni alle quali essa � applicata. 

Ancora pi� in generale, deve osservarsi che, in tale ipotesi di 
successione di tariffe tributarie, non si pone, almeno di regola, un problema 
di sanzione in relazione all'adempimento degli obblighi strumentali 
compresi nel rapporto tributario, obblighi che, se non espl'essamente 
considerati nella nuova legge, rimangono invariati. Nella 
specie appunto non pu� pensarsi, in mancanza di una diversa volont� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

del legislatore, ad applicare in via di sanzione la �nuova tariffa pi� 
gravosa agli atti stipulati prima della �-entrata�� in vigore della nuova 
legge del 1961, approvati sotto l'impero di tale legge e presentati per 
la registrazione dopo il termine stabilito dal t.u. del 1923, dato che la 
violazione di tale ultimo obbligo trova la sua -normale sanzione nel 
pag-amento della sopratassa, non nell'assoggettamento, in caso di successione 
di tariffe, alla tariffa pi� onerosa. 

Stabilito, cos�. che� nella specie l'esatta interpretazione ed applicazione 
dell'art. 5 comma secondo della legge n. 828 del 1961. comporta 
che la registrazione degli atti ,stipulati prima dell'entrata in vigore 
della detta legge ed approvati dopo tale data sono soggetti ad imposta 
di registro secondo la tariffa vigente a\la data della stipulazione, anche 
se per la presentazione degli atti alla registrazione non sia osservato 
il termine stabilito, salva in tale caso l'applicazione della sopratassa, 
deve essere cassata la sentenza impugnat�, che della detta norma ha 
dato una diversa, non esatta interpretazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2490 -Pres. Giannattasio 
-Est. Milano -P. M. Pandolfelli (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Soprano) c. Benisatto (avv. Russo). 

Imposta di successione -Beneficio di inventario -Omessa compilazione 
dell'inventario -Consegue'.llze -:-Opponibilit� della decadenza 
da parte della Finanza -Esclusione -Insinuazione nella 
procedura di graduazione dei debiti ereditari -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 68 e 70; e.e. artt. 485, 487, 505, 2758, 2772). 
I!Jlposta di successione -Beneficio di inventario -Credito della Finanza 
per imposta di successione -Procedura per la liquidazione dell'eredit� 
-� opponibile� alla Finanza -Deroga�a.ne norme tributarie 
per l'accertamento di passivit� -Sussiste -Impugnazioni ammesse. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 45, 68 e 70; e.e. artt. 498 e segg.). 
Una volta espressa, nelle valide forme, l'accettazione con beneficio 
di inventario da parte d.ell'erede in possesso dei beni ereditari, i successivi 
inadempim.enti (e fm questi la omessa compitazione dell'inventario) 
possono dar luogo a decadenza dal beneficio dell'inventario, ma 
non a far ritenere che l'erede abbia accettato puramentie e semplice



/ 

1454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST~TO 

mente (quest'ultima ipotesi si verifica per l'eSPTessa norma dell'art. 487 
e.e., solo ne�l caso che il chiamato all'eredit� non sict -nel possesso deii 
beni). Poich� l'Amministrazione Finanziaria per l'imposta di successione 
� creditrice dell'erede, essa non ha il potere di far dichiarare la 
decadenza dal beneficio dell'inventario, essendo tale potere riservato 
dall'art. 505 e.e. ai creditori del defunto e ai legatari. Per la stessa ragione 
l'Amministrazione Finamiaria non ha titolo per insinuare il suo 
credito nella procedura .di graduazione dei debiti ereditari che riguarda 
i cre�dito'l"i del defunto (1). 

Poich� a norma dell'a'l"t. 70 della legge sulle successioni t'Amministrazione, 
nel caso di accettazione col beneficio di i111Vetario, ha il 
potere di soddisfare il suo credito per l'imposta di successione con le 
sole attivit� che pervengono all'erede dopo la liquidazione, essa deve 
aece1Jtare il risu.ttato della p'l"Ocedura di graduazione dei debitii eseguita 
secondo le norme del cod. civ., anche se questa, per l'accertamento 
delle passivit�, non ha seguito le regole restrittive stabiUte dagLi artiicoli 
45 e segg. della legge sulle successioni, salvo a far accertare con 
azione ordinaria eventuali frodi commesse nella procedura di liquidazione 
(2). 

(Omissis). _: Con ingiunzione notificata il 15 e il 25 ottobre 1963 
l'ufficio del Registro di Portici h;itimava ad Alfredo e ad Aristide Beni, 
satto, eredi del defunto loro fratello Ferdinando, di pagare la somma 

di L. 584.370 a titolo di imposta di successione. 
Avverso questa ingiunzione proponevano opposizione i Benisatto, 

�deducendo che la eredit� era stata accettata con beneficio d'inventario 
e che era in corso la procedura di liquidazione a norma dell'art. 499 
cod. civ.. Pertanto essi non erano tenuti al pagamento dell'imposta, 
in quanto credito dell'Amministrazione, in base al disposto dell'art. 70 
della legge tributaria sulle successioni, sarebbe sorto solo se a favore 
di essi opponenti fossero residuate, dopo la liquidazione, delle attivit� 
ereditarie. 

L'Amministrazione delle Finanze resisteva all'opposizione sostenendo 
che i Benisatto erano -decaduti dal beneficio di inventario per 
avere iniziato l'inventario dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 
485 cod. civ. 

(1-2) La decisione si riconnette in molti punti con quella 25 giugno 
1971, n. 2007 (in questa Rassegna, 1971, I. 1200) e, sulla stessa linea, stabilisce 
i limiti, piuttosto ristretti, in cui pu� spaziare il potere della Finanzl:l 
nei casi di eredit� beneficiata e di separazione dei beni. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Il Tribunale, con sentenza 20 aprile-17 giugno 1966, ritenuto ch� 
l'Amministrazione delle Finanze non era legittimata, ai sensi dell'articolo 
525 cod. civ., a far valere la pretesa decadenza dal beneficio di 
inventario, accoglieva l'opposizione, dichiarando la ingiunzione fiscale 
priva di efficacia, -e tenuto conto del disposto del cita,to art. 70 della 
legge tributaria sulle successioni, �condannava i Benisatto a pagare 
l'imposta � entro i limiti di valore delle eventuali attivit� patrimoniali 
loro� pervenute dalla eredit� di Benisatto Ferdinando�. 

Avverso questa� sentenza proponeva appello l'Amministrazione delle 
Finanze al quale resistevano i Benisatto..Questi ultimi proponevano 
appello incidentale lamentando l'ultrapetizione della decisione per avere 
il Tribunale pronunciato la loro condanna al pagamento della imposta 
pur nei limiti delle attivit� residue ~ per avere disposta la compensazione 
delle spese. 

Con la sentenza denunziata la Corte di appello di Napoli rigettava 
l'appello .principale, e accoglieva quello incidentale. 

La Corte osservava, tra l'altro, che il credito della Amministrazione 
non pu� essere equiparato ai diritti dei creditori del defunto 
solo perch�, 'ai sensi dell'art. 70 della legge sull'imposta di successione, 
l'erede risponde verso il fisco nei limiti del residuo attivo ereditario 
a lui pervenuto. 

Il credito tributarfo infatti, �, sin dall'origine, soltanto un credito 
verso l'erede e il legatario e l'Amministrazione non � legittimata a far 
valere la decadenza dal beneficio d'inventario. 

N� possono equipararsi gli effetti .del mancato compimento dell'inventario 
nei termini, nell'ipotesi di accettazione espressa con beneficio 
d'inventario, con l'altra in cui sia mancata tale accettazione. 

Per la prima, verificatasi nella specie, pu� solo parlarsi di � decadenza 
� dell'accettazione con beneficio, senza che possa conseguire una 
eq-qiparazione, ex lege, con l'accettazione rpura e semplice, cos� come 
avviene invece per la seconda, dove. non vi � stata espressa accettazione 
con beneficio. 

Del pari infondata era la doglianza subordinata riguardo al mancato 
invio dell'avviso all'Amministrazione di insinuarsi per il suo credito 
nello stato di graduazione e comunque alla mancata inclusione del 
credito tributario nello stato di graduazione con il riconoscimento del 
relativo diritto di prelazione. 

Una volta infatti ritenuto che il credito per imposta di successione 
costituisce credito verso l'erede; ne discende che esso non poteva 
essere inserito tra i crediti verso la massa ereditaria. 

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Amministrazione 
delle Finanze con quattro motivi. Resistono con controricorso 
i Benisatto. Questi ultimi hanno presentato memoria. 


1456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo motivo lAmministrazione del'le Finanze deduce la 
violazione degli artt. 70 d.l. 30 dicembre 1923 n. 3270; 485 e segg. 
cod. civ.; 360 n. 3 c.p.c .. 

La ricorrente ripropone la tesi, disattesa in sede di merito, secondo 
la quale, per la particolarit� dei diritti ad essa attribuiti e Gl.egli interessi 
di cui essa � portatrice, lAmministrazione delle Finanze, in quanto 
titolare del credito d'imposta di successione, dev'essere equiparata ai 
creditori del de cuius per tutto quanto attiene alla procedura d'inventario 
ed alla liquidazione del patrimonio. 

In particolare deduce che l'art. 70 della l~gge sull'imposta di 
successione nello stabilire che l'erede beneficiato � tenuto a pagare la 
tassa di successione soltanto con le attivit� a lui pervenute, conferma 
l'equiparazione di detto credito ai crediti verso la massa ereditaria 
con la conseguenza che anche lAmministrazione � legittimata, cosi 
come i creditori del defunto, ad eccepire la decadenza dal beneficio. 

Il motivo va disatteso. 

Il complesso problema di cui al ricorso, che si articola in varie 
angolazioni, presenta come prima tesi quella di veder equiparata 
l'Amministrazione Finanziaria per il credito di imposta di successione 
ai creditori del defunto, nell'ipotesi di accettazione dell'eredit� con 
beneficio d'inventario: ci� ai fini di poterne eccepire la decadenza, ove 
ne sussistano, come 'si assume per il caso in esame, i presupposti. 

Ma all'accoglimento della tesi ostano i precisi richiami legislativi 
contenuti nella sentenza impugnata e cio� gli artt. 10, 18 della legge 
tributaria sulle successioni, con le modifiche di cui al d.l. 8 marzo 
1945 n. 90 e alla legge 12 maggio 19.49 n. 206, per quanto riguarda 
l'identificazione degli eredi quali obbligati tributari; l'art. 68 della 
legge 3270 del 1923 che limita il privilegio per la riscossione della 
tassa sui mobili �e immobili cui la tassa si riferisce; l'art. 70 stessa legge 
nel quale � detto che l'erede beneficiato � tenuto a pagare la tassa di 
successione �soltanto con le attivit� a lui pervenute. 

Riguardo all'interpretazione di tale ultima norma, oggetto anche 
di rilievi con il 4� motivo, non si vede come . sia possibile desumere 
l'asserita equiparazione del credito tributario a quello dei creditor~ del 
defunto posto che essa � si in favore dell'erede, ma in rem piopriam, 
e cio� .per un debito suo e non quale limitazione di responsabilit� per 
uno speciale debito ereditario. 

Del resto ove anche si voglia condividere l'osservazione che in 
definitiva l'erede, rispondendo per il tributo nei limiti delle attivit� 
residue non si discosta dalle analoghe conseguenze per i crediti del 
defunto, non pu� farsi a meno di rilevare che l'imposta afferisce sem.pre 
in definitiva alle attivit� ereditarie e quando ci� avviene o si pre




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1457 

vede che non avvenga, viene a crearsi il motivo di accettazione con 
beneficio. Quindi occorre in ogni caso distinguere gli aspetti pratici 
dell'incidenza tributaria dall'aspetto giuridico con tutte le relative 
implicazioni in ordine alla responsabilit� verso i terzi e verso l'Amministrazione 
finanziaria. 

Con il secondo motivo � dedotta la_ violazione degli artt. 485 e 505 
cod. civ.; art. 70 del d.l. 30 dicembre 1923 n. 3270; art. 360 n. 3 
e 5 c.p.c. 

La ricorrente contesta la legittimit� dell'applicazione dell'ultimo 
comma dell'art. 505 cod. civ., seguita dalla Corte di merito, in quanto 
tale norma che riserva l'eccezione di decadenza del beneficio soltanto 
ai creditori del defunto e ai le~atari, � dettata esclusivamente per alcuni 
casi di decadenza espressamente numerati nella norma stessa. Nel caso 
di specie, viceversa, I'Amministrazione aveva eccepito un'altra ipotesi 
di decadenza che pi� propriamente si traduce nel mancato acquisto 
della qualit� di erede beneficiato e cio� l'ipotesi prevista dall'art. 485 
cod. civ. per non aver l'erede compiuto l'inventario nei trenta giorni. 

Anche tale motivo va dlsatteso. Come � stato osservato esattamente 
dalla Corte di Appello, l'art. 485 disciplina il caso del chiamato alla 
eredit� il quale sia nel possesso di beni ereditari e non compia l'inventario 
nel termine stabilito senza provvedere n� all'accettazione espressa 
n� tacita dell'eredit�. 

Ed allora la legge, .presuntivamente, equipara tale situazione all'accettazione 
pura e semplice. 

D'altronde lo stesso compimento dell'inventario non equivale ad 
accettazione con .beneficio d'inventario e ci� � precisato nell'ultimo 
comma dell'art. 485 che chiarisce �come tale ac�ettazione dev'essere 
fatta in ogni caso entro il termine di 40 giorni dal compimento dell'inventario, 
dovendosi, in caso contrario ritenere che sussista accettazione, 
anche qui pura e semplice. . 

Da ci� consegue che qualora vi sia �stata una precisa dichiarazione 
di accettazione con beneficio -come nella specie -l'eventuale mancato 
compimento dell'inventario nei termini non pu� inquadrarsi negli 
schemi dell'accettazione pura e semplice � presunta � ma deve configurarsi 
come una causa di decadenza dal beneficio (v. Cass., 24 aprile 
1963, n. 1082). Con l'ulteriore conseguenza che essa pu� essere eccepita, 
ai sensi dell'art. 505, soltanto dai creditori del defunto e dai legatari. 

Su tal punto I'Amministrazione deduce che -la . Corte ha omesso 
di considerare che il contenuto della previsione legislativa � limitato 
ad alcune ipotesi �previste nello ste~o art. 505 (adempimenti di cui 
agli artt. 498, 500, 503), nia non prevede quella del mancato compimento 
dell'inventario nel termine di cui all'art. 485. 

Invero la Corte di merito ha ded.otto la qualificazione giuridica 
della decadenza non sull'interpretazione dell'art. 505, quanto sul prin



1458 .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

c1p10 generale secondo il quale .gli eventi successivi all'accettazione 
con beneficio attinenti all'esecuzione della speciale procedura, possono 
soltanto condurre alla decadenza del beneficio d'inventario ma non 
a porre nel nulla l'atto pubblico di accettazione beneficiata. 

Tale indirizzo anche se non chiaramente espresso in motivazione 
dev'essere condiviso. 

Sono note le divergenze dottrinarie e giudsprudenziali in ordine 
all'istituto del beneficio d'inventario in specie per quanto riguarda la 
duplicit� del contenuto dell'atto, in dichiarazione di accettazione e' in 
dichiarazione di responsabilit� nei limiti della sola attivit� della norma. 

Pur aderendo alla tesi che afferma tale duplicit�, non pu� negarsi 
che mentre per l'accettazione tacita vi pu� essere una interpretazione 
legislativa di alcuni fatti che conducano a stabilire che vi � stata una 
accettazione pura e semplice, ci� non pu� dirsi qualora vi sia stata 
un'ac.cettazione con beneficio espessa formalmente perfetta. 

In definitiva la distinzione tra decadenza dal diritto ad accettare 
con beneficio d'inventario e decadenza dal beneficio � innegabile ed 

II 

attiene ai prinC�.pi generali del negozio giuridico d'aceettazione. 

N� � sufficiente obiettare che per l'art. 487 il chiamato all'eredit� 
non in possesso dei beni ereditari, il quale abbia fatto la dichiarazione 
di accettazione con beneficio, deve compiere l'inventario nel termine 

I r 

di tre mesi dalla dichiarazione e in mancanza � considerato� erede 
puro e semplice. 
Trattasi di eccezione al principio giustificata dalla mancanza del 

t 

possesso dei beni da parte del chiamato che pone in evidenza l'interesse 
pubblico a �Conoscere al pi� presto la natura dell'accettazione dell'eredit� 
e la consistenza della massa ereditaria, l� dove, nel caso del pos


I

sesso dei beni, tale esigenza, una volta avvenuta l'accettazione, degrada 
nell'interesse dei soli creditori e legatari. 

Con il terzo motivo l'amministrazione denuncia la violazione degli 
artt. 56, 63 e 70 del d.dl. 30 dicembre 1923 n. 3270; 12 d.1. 26 settembre 
1935, n. 1749, all. B; 2758, 2772 e.e.; 360 nn. 3 e 5 c.p.c. 

Si sostiene che la Corte di merito, pur disattendendo la tesi principale 
della ricorrente, non doveva in effetti negare l'obbligo degli 
eredi di invitare essa amministrazione a presentare la dichiarazione 
del suo credito per includerlo nello stato di graduazione e ci� tenuto 
conto del suo diritto di prelazione. 

Deduce in proposito l'amministrazione che � ammissibile un concorso 
delle ragioni creditorie gi� venute ad esistenza nei confronti del 
de cuius con il credito dell'Autorit� Finanziaria per l'imposta di successione 
trattandosi di obbligazioni tutte il cui adempimento oramai 
fa carieo all'erede anche se, per quelle relative all'amministrazione, 
egli debba rispondere nei limiti delle attivit� ereditarie residue, cOfl 
la consguenza gi� detta in ordine alla collocazione prioritaria del ere




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dito tributario nello. �stato di graduazione. Di tale tesi infine si doveva 
trovar �conferma nella disposizione di cui all'art. 2758, 2� comma cod. 
civ., la quale sancisce l'inefficacia del privilegio accordato per .}'imposta 
di successione nei confronti dei soli creditori che hanno esercitato il 
diritto di separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede. 

La doglianza trova ragione nella tesi gi� dioSattesa che parifica il 
credito tributario al credito dei creditori del defunto. 

Solo in tale ipotesi potrebbe l'Amministrazione pretendere di essere 
inserita nello stato di graduazione e conseguentemente, lamentarsi del 
mancato invito a presentare la documentazione del suo credito e comunque 
del mancato inserimento nella graduazione per di pi� con 
il diritto di prelazione ad essa riconosciuto dalla legge. 

In proposito il richiamo all'art. 2'758, 2� comma � fuor di luogo, 
in quanto la disposizione si riferisce all'ipotesi di accettazi-One pura 
e semplice con esercizio del ,diritto di separazione dei beni del defunto 
da quelli dell'erede da parte dei creditori e quindi non pu� argomentarsi 
a contrario per quanto riguarda l'effetto del privilegio accordato 
al credito d'imposta di successione per l'ipotesi di accettazione con 
beneficio d'inventario che resta regolato, per i suoi limiti, dal combinato 
disposto degli artt. 68 e 70 della legge sulla successione e cio� 
privilegio sui beni mobili e immobili cui la tassa inerisce (art. 68) 
beni identificabili nelle attivit� residue pervenute all'erede dopo la 
liquidazione (art. 70). 

Con il quarto motivo .si deduce la violazione delle stesse norme 
di cui al precedente mezzo d'impugnazione. 

Con tale mezzo, in armonia con la tesi precedentemente esposta, 
la ricorrente afferma che l'art. 70 dev'essere interpretato non nel 
senso che l'imposta di successione debba essere applicata alla parte 
residua della liquidazione dell'eredit�, ma nel senso che di detta imposta, 
calcolata normalmente in base alle leggi tributarie, ne possa 
esser richiesto il pagamento all'erede nei soli limiti delle attivit� 
residue, previo collocamento del credito nello stato di graduazione 
con privilegio. 

L'Amministrazione osserva poi che mal si concilia il rispetto dei 
termini indilazionabili di denuncia e di �pagamento dell'imposta di 
successione con il riferimento dell'imposta al residuo attivo non ancora, 
il pi� delle volte, a quelle date determinato. 

La ricorrente tenta in effetti di dare un'altra interpretazione all'art. 
70 della legge 3.270 del 1923, in modo da superare la questione 
di fondo di tutta Ja causa e cio� il contrasto tra i criteri di accertamento 
dei debiti ereditari stabiliti, in via amministrativa, dall'art. 45 
della legge sulle successioni �e il minor rigore con il quale gli stessi 
debiti sono accertati, in sede di graduazione. Una volta accettata la 
eredit� con beneficio d'inventario, proponendo in definitiva la solu



1460 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione dell'accertamento in via �mministrativa del credito d'imposta 
e il suo inserimento in via privilegiata nello stato di graduazione. 

Come questa Corte ha gi� avuto modo di rilevare (Cass. 16 ottobre 
1967, n. 2471), la valutazione delle passivit� effettuata .in sede di 
graduazione successiva all'accettazione con beneficio, � opponibile alla 
finanza ancorch� effettuata con crteri diversi da quelli previsti dalla 
legge tributarfa, perch� tra l'esigenza di evitare la frode fiscale e quella 
di dare contenuto e validit� all'istituto del beneficio d'inventario, la 
legge ha, in via di principio, preferito quest'ultima, tanto pi� che la 
prima esigenza pu� essere. soddisfatta dall'Amministrazione vigilando 
sulle operazioni di accertamento dei crediti e provocando, ove del caso, 
un loro accertamento giudiziale. 

Ed in tal caso l'antinomia si sposterebbe tra accertamento amministrativo 
e giudicato e non v'� chi non veda come anche l'Amministrazione 
pu� ben sentirsi protetta dalle frodi con un siffatto accertamento. 


D'altronde la stessa legge con in citati artt. 2758, 2� comma e 2772, 
3� comma, nel negare gli effetti al privilegio tributario nei confronti 
dei creditori separatisti, -creditori che risultano tali non con i criteri 
di cui all'art. 45 della legge tributaria -sancisce tale preferenza che 
non trova motivo per non essere applicata anche nell'accettazione con 
beneficio d'inventario. 

Cade quindi la pretesa di estendere l'efficacia del privilegio su 
tutti i beni relitti cos� come di scarso rilievo � l'asserzione riguardo 
ai termini per le denuncie e i pagamenti, poich� l'eventuale mancato 
rispetto di essi da parte dell'erede dipende dall'applicazione di altre 
norme non a lui addebitabile. 

In definltiva il sistema, alla stregua delle norme richiamate in 
motivazione, pu� essere cos� riassunto. 

L'accettazione dell'eredit� con il beneficio d'inventario, importa 
il compimento di una serie di attivit� da parte dell'erede, tra le quali 
in primo luogo, se non � stato gi� redatto, fa compilazione dell'inventario. 
Come principio generale,. dopo l'atto pubblico di accettazione 
beneficiata, in ragione dell'operativit� di detto atto, i successivi. inadempimenti 
possono determinare, per iniziativa dei creditori e. dei legatari, 
la sola decadenza-dal beneficio. 

Soltanto per l'ipotesi di erede non in possesso dei beni, la legge 

con norma espressa, parifica il chiamato che ha accettato con beneficio 

ma non ha redatto l'inventario a colui che abbia accettato puramente 

e semplicemente. 

Ne consegue che nell'ipotesi di chiamato in possesso dei beni, l'Am


ministrazione Finanziaria, creditrice dell'erede per l'imposta di suc


cessione, non ha veste per far dichiarare la decadenza dal beneficjo 

ove assume che ne sussistano i. presupposti. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1461 

Ci� posto, la presenza di una valida procedura di graduazione dei 
debiti ereditari, per accettazione con beneficio, cos� come a seguito di 
separ;i.zione dei beni. non permette all'Amministrazione di insinuare 
il suo credito, perch� la liquidazione riguarda i soli creditori del 
defunto. 

L'Amministrazione pu� accertare il suo credito valutando le passivit� 
secondo la legge .tributaria, ma poich� � tenuta a soddisfarsi 
soltanto sul residuo della liquidazione che perviene_ al!l'erede, dovr�, 
in definitiva, ove sussista divergenza tra .il suo accertamento delle 
passivit� e quello conseguente alla graduazione, accettare quest'ultimo. 

Se peraltro ritene che tale divergenza non sia soltanto frutto del 
maggfor rigore della legge tributaria, ma sia conseguenza di frode 
fiscale, essa, quale terza interessata, pu� proporre le opportune azioni 
giudiziarie, ottenendo cosi un accertamento giudiziale sui debiti, contestati. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2494 -Pres. Stella 
Richter -Est. Spadaro -P. M. Pedace (conf.) -Giannini (avv. Fer.i) 

c. Mi�nistero delle Finanze (avv. Stato Freni). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenz~ delle Commissioni 
-Controversie di valutazione e controversie di diritto Questione 
di applicazione della legge pregiudiziale alla valutazione 
-Fattispecie -Rimessione alla Sezione speciale della Commissione 
Provinciale -Necessit�. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1689, artt. 28, 29� e 30). 
Poich� nei procedimenti di valutazione per ie imposte indirette 
le Commissioni distrettuale e provinciale di valutazione non poosono 
decidere questioni di applicazwne della legge e, ove si prese.ntiino questioni 
pregiudiziali di diritto, devono sospendere il giudizio di estimazione 
fino a quando le questioni st~se siano risolte definitivamente 
in via incidentale dalle Commissioni di diritto, la Commissione provinciale 
di valutaziione in grado di appe,ZZo non pu� decidere nel merito .. 
della estimazione ,del valore dei beni conferiti in una societ� enunciata 
iin sentenza ove venga eccepito dal contribuente che la e-n:unciazione 
della stessa societ� m�a contenuta in altro atto anteriormente registrato 
e che il diritto al tributo era prescritto (1). 

(1) I principi su cui la sentenza si fonda sono pacifici, ma la relativa 
applicazione non appare corretta. � stato invero affermato infinite volte che 
la Co.mllssione di valutazione non pu� �iecidere questioni di applicazione 
della legge e deve, se queste si presentino in via pregiudiziale, rimettere 

1462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Ci� premesso in ordine alla infondatezza della eccezione 
di inammissibilit� del ricorso, pu� passarsi all'esame del merito 
di esso e al riguardo deve subito precisarsi che la dedotta censura, il 
cui contenuto � stato gi� sopra puntualizzato, � fondata. 

Questa Corte suprema, sia a sezione semplice che a Sezioni Unite, 
ha avuto, pi� volte, occasione di esaminare la questione giuridica, sulla 
quale si incentra la doglianza, e, in proposito, dopo avere rilevato che, 
ai sensi dell'art. 29 del d.l. n. 1639 del 1936, in materia di imposte 
sui trasferimenti di ricchezza, le controverse, involgenti questioni di 
diritto, sono decise, in priI~() grado, dalla commissione Provinciale Sezione 
di diritto -e, in secondo grado, dalla commissione Centrale, 
ha costantemente ribadito il principio, gi� sopra ricordato, secondo 
cui, quailora in sede di determinazione del valore, si prospetti una questione 
giuridica di natura pregiudiziale, il giudizio di estimazione deve 
essere sospeso e non pu� essere ripreso bench� la questione. stessa non 
sia risolta in via definitiva (sez. un. 30 settembre 1968 n. 3038; 1 agosto 
1968 n. 2737; 23 luglio 1969 n. 2780). 

Ora, nel �caso di specie, � pacifico che, in sede di determinazione 
del valore dei beni conferiti nella societ�, di fatto, enunciata nella 
sentenza del Tribunale di Firenze del 3 giugno 1949, i contribuenti� 
eccepirono, nel corso dell'ulteriore fase del relativo giudizio di estimazione 
�svoltosi avanti alla Commissione distrettuale, che tale societ� di 
fatto, risultando-di gi� enunciata in un precedente atto del 21 aprile 
1945, gi� ~ottoposto a tassazione al momento della sua registrazione, 
non poteva subire una nuova tassazione e che, in ogni caso, il diritto 

la decisione alla competente sezione speciale d�lla Commissione provinciale, 
sospendendo il giudizio di. valutazione (v. Relazione Avv. Stato, 
1966-70, II, 147). Ma questo avviene solo quando la questione di diritto 
sia pregiudiziale rispetto aila questione di valutazione, nel senso che 
debba, come mezzo al fine della valutazione, decidersi una controversia 
di applicazione o .interpretazione di una norma di legge o di regolamento 
o di negozio giuridico. Del tutto diversa � invece la situazione 
quando la questione di diritto concerne l'applicazione di norme tributarie 
attinenti al diritto di imposizione; in questo caso la questione di 
diritto non � pregiudiziale alla valutazione e deve quindi svolgersi in modo 
del tutto indipendente innanzi alla Sezione speciale della Commissione 
provinciale, in primo grado, e alla Commissione Centrale, in appello, senza 
mai entrare in collisione� con la coI).troversia di valutazione che segue il 
suo autonomo procedimento: Di conseguenza sono pregiudiziali alla valutazione, 
e devono essere oggetto di un giudizio incidentale, le seguenti 
questioni che in via di esempio, possono rinvenirsi nella recente giurisprudenza 
della S. C.: se debbano includersi nella valutazione le eccessioni 
non espressamente trasferite (14 dicembre 1970, n. 2665, in .questa Rassegna, 
1971, I, 179); se un'azienda sia agricola o industriale ai fini della valutazione 
dell'avviamento (17 marzo 1970, n., 700, Riv. Leg. :fi.sc., 1970, 1513}; se 
clausole negoziali limitano l'utilizzazione del bene da valutare (6 giugno 

1



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1463 

a nuovi accertamenti di valore in ordine alla societ� stessa da parte 
deM'amministrazione delle Finanze, doveva ritenersi prescritto. � pertanto, 
evidente che, con tale eccezione, furono prospettate delle questioni 
di diritto, attinenti alla legittimit� del potere impositivo e, come 
tali, di natura .pregiudiziale r?-spetto al ,giudizio di valutazione, talch�, 
ben fondatamente, deve affermarsi che la Commissione Distrettuale, disponendo 
la sospensione di tale giudizio di valutazione, che era stato 
ripreso dopo la definitiva risoluzione �di altra questione di diritto in 
precei::lenza sollevata dagli stessi contribuenti, ebbe correttamente ad 
attenersi al richiamato principio giuridico, in ordine al quale non 
sussistono n� sono state addotte valide ragioni per discostarsene. Ne 
consegue che, altrettanto fondatamente, deve affermarsi che la Commissione 
Provinciale -Sezione di valutazione -, nell'annullare a 
seguito dell'appello proposto dall'ufficio delle Finanze, tale decisione 
della Commissione Distrettuale e nel disporre la prosecuzione del giudizio 
di vaultazione, ha disatteso, violandolo, il detto principio giuridico, 
donde l'errore di diritto in cui � incorsa la impugnata decisione. 

� vero che questa pronuncia, nell'�ffermare genericamente che 
il giudizio di estimazione, una volta intervenuta la decisione definitiva 
della Commissione Centrale sull'altra questione di diritto in .precedenza 
sollevata, dovesse proseguire nonostante la nuova questione di diritto 
prospettata, potrebbe indurre a configurare la ratio decidmdi in una 
preclusione che all'esame di questa nuova questione sarebbe derivata 
da quel giudicato fol'l?lale, ma � anche vero che, pur inquadrata in una 
tale ratio, la pronuncia stessa non potrebbe egualmente sfuggire alla 
censura di violazione dell'art. 29 del d.1. n. 1639 del 1936. In relazione 

1967, n. 1236, ivi, 191>7, 1998); se un terreno non sia suscettibile di edificabilit� 
per una limitazione legale (22 settembre 1970, n. 1658 e 5 febbraio 
1971, n. 290, in questa Rassegna, 1970, I, 929 e 1971, I, 436). Non hanno 
per� nessun carattere pregiudiziale alla valutazione le questioni, quale 
quella della prescrizione dell'imposta, che attengono al diritto di imposizione; 
la completa separazione che, in materia di imposte indirette, � 
stabilita tra questioni di valutazione e questioni di imponibilit�, non ammette 
una subordinazione delle questioni �di valutazione a quelle di diritto. 
� cio� del tutto normale che si proceda alla valutazione di un ben(! anche 
quando l'imposta sul relativo trasferimento, potr�, in competente sed~, 
risultare non dovuta o dovuta in misura fissa, come � non solo normale, 
ma necessario, procedere nei termini di decadenza all'accertamento di valore 
(e alla conseguente determinazione in via contenziosa), di beni trasferiti 
con agevolazione per l'eventualit� di una successiva decadenza dal 
beneficio. Nel caso particolare, quindi, giustamente la Commissione provinciale 
di valutazione aveva dato corso al procedimento di estimazione, in 
quanto sarebbe spettato al contribuente adire in via principale la Sezione 
speciale della Commissione provinciale per far dichiarare la prescrizione 
dell'imposta, senza che ci� influisse sul corso del procedimento di valutazione. 


15 



1464 RASSEGNA DELL'AVVOeATURA DELLO STATO 

a una tale ipotesi, verrebbe, infatti, a porsi una questione inerente alla 
interpretazione di quel giudicato ed ai limiti della sua efficacia ai fini 
della preclusione della nuova eccezione, ossia una questione, che, involgendo 
una indagine di carattere giuridico attinente ai .principi che regolano 
gli effetti del giudicato formale ed avente carattere pregiudiziale, 
sarebbe pur sempre sfuggita alla competenza della Commissione Provinciale 
-Sezione di valutazione -rientrando, ai sensi del citato 
art. 29, in quella inderogabile della commissione Provinciale -Sezione 
di diritto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2500 -Pres. Rossano 
-Est. Miele -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Zagari) c. Santarelli (avv. Viaggi). 

Imposta di registro� -Solidariet� -Pluralit� di negozi contenuti in 
unico atto -Solidariet� limitata fra i distinti gruppi contraenti Effetti 
-Litisconsorzio necessario -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 9, 91 e 93; c.p.c. artt. 331 e 334). 
Quando un atto contenga pi� disposizioni indipendenti, l'imposta 
di registro colpisce non L'unico atto (<documento), ma i singoli ne�gozi 
in esso compresi e il vincolo della solidariet� riguarda solo coloro che 
s-0no parti contraenti di ciascun negozio e non si estende agli altri negozi 
contenuti nello stesso atto. Di conseguenza l'impugnazione principale 
proposta relativamente ad una deUe disposizioni non consente 
alle parti contraenti dell'altra di proporre impugnazione incidentale 
tardiva (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente, 
denunziando la violazione�e la falsa applicazione degli artt. 334, comma 
primo, e 331, comma primo, c.p.c., afferma che il diritto all'impugnazione 
incidentale sorge a favore delle parti contro le quali l'impugnazione 
� .proposta per effetto dell'impugnazione principale. 

(1) Questa pronunzia � molto simile a quella del 7 settembre 1970, 
n. 1260, in questa Rassegna, 1970, I, 871 con nota, alla quale si rinvia:. 
Ancora una volta si ripete, contro la tradizionale e consolidata esperienza, 
che nel caso di pi� disposizioni contenute in unico atto la solidariet� intercorre 
soltanto fra i gruppi dei contraenti delle singole convenzioni e non 
fra tutti i partecipanti all'atto; e ancora una volta questa affermazione si 
fa nonostante che il superamento del concetto di spec�ale solidariet� tributaria 
avesse gi� fatto cadere nel nulla la materia controversa. Oggi si 
tenta di spiegare che la necessit� di pagamento integraie dell'imposta, al 
momento della registrazione, su tutte le convenzioni contenute nelllatto, 
deriva dalla esigenza pratica di non poter separare le diverse convenzioni, 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1465 

La censura � infondata. Come ha pi� volte affermato questa 
Suprema Corte (da ultimo 20 novembre 1970 n. 390), solo la parte 
contro la quale � stata proposta impugnazione ovvero la parte chiamata 
ad integrare il contraddittorio a norma dell'art. 331 cod. proc. 

civ. � ammessa a proporre impugnazione incidentale tardiva, la quale 
per� deve contenersi nell'ambito dell'oggetto del giudizio di impugnazione 
quale risulta fissato in modo immutabile dall'impugnazione 
princ.ipale. 
Pertanto l'impugnazione incidentale t�rdiva pu� essere proposta 
quando abbia ad oggetto lo i;;tesso ~capo o punto della sentenza investito 
dall'impugnazione principale o quanto meno un capo o punto della 
sentenza che si trovi con quello impugnato in rapporto di dipendenza 

o connessione. 
Nel caso .in esame, avendo la Corte di merito ritenuto che i due 
capi della sentenza erano a,utonomi ed indipe!].denti e che di questi 
solo uno era stato impugnato, esattamente ha escluso che si potesse 
ipotizzare il potere d'impugnativa per gli appellati relativamente all'altro 
capo della sentenza, il quale, pertanto, non essendo stato impugnato, 
era divenuto definitivo allo scadere dell'anno dalla notificazione 
della sentenza. 

Con il secondo motivo l'Amministrazione finanziaria, deducendo 
violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 334, 
primo comma, e 331, primo comma, cod. proc. civ., in relazione all'art. 
93 n. 1 del d.l. 31 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 360 n. 3 
cod. proc. civ., afferma che, anche a volere adeguarsi aUa giurisprudenza 
di questa Suprema Corte, secondo la quale ;['appello incidentale 
tardivo non pu� essere proposto avverso capi di sentenza non impugnati 
in vi� principale o non conness,i con quello o con quelli investiti dalla 
impugnazione principale, la Corte di merito aveva erroneamente escluso 
che nella fattispecie ricorresse la connessione o la dipendenza dei 
capi della sentenza non avendo considerato che, invece, ricorreva l'ipotesi 
di pi� questioni (quelle relative all'esenzione fiscale) concernenti 
il trattamento tributario di pi� convenzioni contenute in un unico atto, 

richiedendo il meccanismo della registrazione (art. 91) il pagamento dell'intera 
imposta; ma una volta avvenuta la registrazione, le eventuali imposte 
suppletive e complementari gravano in so}ido soltanto su coloro che 
sono parti delle singole convenzioni. Ma tutto questo sembra evidentemente 
contradittorio, perch� se il � meccanismo della registrazione � non 
ammette la separazione delle singole componenti, ci� discende dal principio 
della solidariet� che � unico e agisce al medesimo modo sia per 
l'imposta principale che per l'imposta complementare e suppletiva. Non 
sarebbe di certo commendevole punire il contribuente che abbia dichiarato 
un valore veritiero e premiare quello che, occultando il valore, si 
sottrae alla solidariet� per l'imposta complementare. 



1466 "~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

assoggettato a registrazione. Al riguardo, osserva la ricorrente, i contribuenti 
sono solidamente obbligati per le imposte di registro in base 
all'art. 93 n. 1 della legge di registro e devono considerarsi una sola 
parte, in quanto titolari di un comune interesse a contrastare la pretesa 
fiscale, alla quale sono tenuti anche per la parte di imposta non 
afferente alla convenzione da cia�scuno stipulata. Inoltre, secondo la 
r.icorrente amministrazione, unico essendo stato l'atto sottoposto a 
registrazione, unica � stata la tassazione, bench�, .ai fini del regime di 
tassazione, si sia tenuto conto della diversit� delle due convenzioni in 
esso comprese. Pertanto, conclude la ricorrente Amministrazione, doveva 
affermarsi l'unitariet� della causa e del rapporto dedotto in giudizio. 

Anche tale complessa censura non � fondata. Invero l'art. 9 della 
legge di registro stabilisce che se un atto comprende pi� disposizioni 
indipendenti e non derivanti necessariamente le une dalle altre, ciascuna 
di esse � sottoposta a �tassazione come se formasse un atto distinto. Ci� 
sta a significare che l'imposta colpisce non gi� l'atto (documento) come 
tale, ma i negozi giuridici racchiusi in esso, onde questo costituisce solo 
la documentazione dei vari negozi giuridici mentre la t�ssazione ha 
per presupposto i singoli negozi giuridici in esso compresi. 

Neppure a proposito � invocato il principio della solidariet� nell'obbligazione 
tributaria (art. 93 n. 1 della legge di registro). Invero 
il vincolo delfa solidariet� nell'obbligazione tributaria riguarda solo 
coloro che sono state parti nel neg9zio giuridico concluso ( � le parti 
contraenti �) e quelle nel cui interesse venne richiesta . la formalit� 
della registrazione e ci� costituisce esatta applicazione del principio 
affermato nell'art. 9 (autonomia delle tassazioni). Pertanto le parti di 
un determinato negozio giuridico non sono .tenute anche per l'imposta 
g�ravante su altro negozio giuridico, contenuto nello stesso atto, se ad 
esso sono �ri,maste estranee. 

N� giova alla tesi sostenuta dall'Amministrazione finanziaria l'articolo 
91 della legge di registro, il quale prescrive :i!l pagamento della 
tassa contemporaneamente alla registrazione dell'atto, per cui chi presenta 
l'atto alla registrazione, per ottenere tale formalit�, � obbligato 
a pagare l'importo totale delle imposte riguardanti tutte le convenzioni 
comprese nell'atto, vi abbia o non partecipato. 

Tale obbligo deriva per� non gi� dal carattere unitario della tassazione 
nel caso di pi� convenzioni iracchiuse nello stesso atto, ma come 
� stato esattamente rilevato in dottrina, dal meccanismo della registrazione, 
la quale non pu� essere limitata ad una o ad alcune delle convenzioni 
comprese nell'atto, ma riguarda l'atto nella sua interezza. Pertanto, 
una volta eseguita la registrazione, le eventuali tasse complementari 
o suppletive dovute sulle convenzio:qi comprese nell'unito atto, 
gravano, con vincolo solidale, solo su coloro che sono parti della eon-. 
venzione sottoposta a tali imposte. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1467 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 agosto 1971, n. 2582 -Pres. Favara 

-Est. Alibrandi -P. M. Chir� (conf.) � -Zorzi (avv. Muti) c. Mini


stero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta generale sull'entrata -Prescrizione -Interruzione -Ricorso 
al Ministro delle Finanze -Effetti. 

AlL'imposta generale sull'entrata � applicabile il principio, di portata 
generaie, che la domanda del contribuente, sia in vi�i amministrativa 
che giudiziaria, interrompe la prescrizione a favo1�e di entirambe le parti 
e che la prescrizione cosi interrotta rimane sospesa fino aLla data della 
definizione del procedimento; di conseguenza il ricorso col/'IJtro l'ordinanza 
delL'Intendente di Finanza impedisce che decorra il termine di prescrizione 
fino a quanto non sia p1'Dnunciato il decreto del Ministro (1). 

(Omissis). -Col primo' motivo il ricorrente, nel denunziare violazione 
e falsa applicazione degli artt. 141 r.d. 30 di'Cembre� 1923, n. 3269; 
4�5 della legge 19 giugno 1940, n. 762, sull'Ige e 2945, comma 2, cod. civ., 
in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Corte del merito 
abbia ritenuto che, per effetto del ricorso al Ministero delle finanze, si 
sarebbe verificata l'interruzione della prescrizione decennale e la sospensione 
del suo corso fino al 13 dicembre� 1963, data in cui era stata 
notificata la decisione del Ministro ad esso ricorrente. Sostiene che detto 
ricorso non ha efficacia interruttiva, non essendo atto introduttivo deil 
giudizio, anche perch� diretto alla stessa Amminist-razione creditrice. 
Aggiunge il ricorrente che, rispetto all'Ige, non � applicabile la norma 
dell'art. 141 della legge di registro, la quale prevede un effetto interruttivo 
di carattere eccezionale, per cui nessuna sospensione si sarebbe 
verificata nel periodo di prescrizione del tributo de quo. 

Il motivo non � fondato. 

La questione sollevata dal ricorrente � stata gi� esaminata, negli 
stessi termini e rispetto alla medesima imposta (IGE), da questa Corte 
Suprema (sent. 18 settembre 1962, n. 2768 e ,sent. 28 maggio 1966, 

n. 1396), la quale ha ritenuto che, in tema di evasione dell'Ige, si applica 
il principio secondo cui il ricorso del debitore, sia in via amministrativa, 
sia in via giudiziaria, interrompe la prescrizione a favore di entrambe 
lie parti e riprende a decorrere il nuovo periodo di prescrizione dalla 
data di definizione dei procedimento amministrativo o di quello giudiziario. 
E tuttora valide si ravvisano le ragioni che presidiano tale 
orientamento. 
(1) Decisione da condividere pienamente. V. Cass., 28 maggio 1966. 
n. 1396. in questa Rassegna, 1966, I, 693; v. anche C. B.o.FILE, Considerazioni 
sull'interruzio1ie della prescrizione nelle impost� in�lirette, ivi, 1969, 
I, 280. 

1468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In materia tributaria, da un complesso di norme che disciplinano 
in modo uniforme gli atti aventi efficacia interruttiva della prescrizione 
(artt. 140 e 141 della.legge organica di registro nonch� 89 e 90 
della legge �sulle imposte di successione) si ricava un principio che, 
lungi dal presentare carattere eccezionale, costituisce un criterio di ragione, 
cui si informa, in generale, l'ordinamento giuridico positivo: il 
criterio, cio�, che la pendenza .di un procedimento, sia giudiziario sia 
amministrativo, impone alle parti uno stato di attesa, stato che, mentre 
consente agli interessati lo svolgimento, a seconda dei casi, di attivit� 
meramente processuali, inibisce loro il compimento di attivit� comunque 
dirette all'attuazione del diritto controverso. 

N� consegue che il decorso del tempo, occorrente perch� sia emessa 
la decisione, non si ricollega alla volont� del titolare del diritto e, quindi, 
non pu� essere imputato a sua inerzia. Ed il carattere generale dell'accennato 
principio, �negato dal ricorrente, trova, sotto altro profilo, 
puntuale conferma in altre norme dell'ordinamento tributario (art. 48. 

t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, per le imposte di consumo;_ art. 27 
legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 e art. 31 decreto min.le 
8 luglio 1924 sull'imposta di fabbricazione degli spiriti) dalle quali 
si desume che 1a prescrizione � interrotta e resta sospesa per tutta la 
durata della procedura volta ad accertare fatti che abbiano riferimento 
con i presupposti del tributo. 
N� pu� indurre a diverso avviso la circostanza, messa particolarmente 
in risalto dalla difesa del ricorrente, che, per q�anto, in particolare, 
concerne la materia in esame, il Ministro delle Finanze sia, 
non diversamente 'dall'Intendente di Finanza, un organo della stessa 
pubblica amministrazione, titolare del credito contestato. Il Ministro 
� infatti investito, su sollecitazione del contribuente, di un compito di 
decisione del ricorso: funzione questa che, mentre, da un lato, � del 
tutto estranea all'aj;tivit� amministrativa diretta all'attuazione della 
pretesa tributaria �, d'altro alto, tale da inibire tuttavia all'Amministrazione, 
finch� non sia esaurita, di fare valere le proprie ragioni. 

Il ritardo del Ministero nel pronunciare sul ricorso del contribuente 
-ritardo cui lo stesso contribuente pu� ovviare valendosi dello 
strumento, di generale applicazione, predisposto dall'art. 5 del t.u. 
della legge comunale e provinciale (r.d. 3 marzo 1934, n. 383) -non 
pu� pe:r:tanto essere assimilato, per il diverso campo della sua incidenza, 
all'inerzia della pubblica amministrazione nell'esercizio dei propri 
diritti: all'inerzia, cio�, che costituisce il presupposto della prescrizione 
estintiva. 

Pertanto anche in materia di controversie sull'Ige, l'accennato principio 
deve considerarsi operante e validamente applicabile con la conseguente 
efficacia interruttiva del ricorso, proposto dal contribuente 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1469 

al Ministro delle Finanze contro il provvedimento intendentizio che 
determina l'imposta dovuta e ne ordina il pagamento. 

N�, d'altro lato, potrebbe fondatame.nte obiettarsi che l'Amministrazione 
finanziaria, durante la pendenza del ricorso, avrebbe potuto 
interrompere la prescrizione, con atto, che a norma dell'art. 2943 comma 
4�, in relazione all'art. 1219 stesso codice, valesse a mettere In mora 
il contribuente. Infatti, si � dianzi dimostrato che a tenere vivo il diritto 
deH'Ami:pinistrazione � sufficiente la pendenza del procedimento, 
cio� l'attivit� diretta alla definizione della controversia ed �, sotto 
altro aspetto, evidente che un atto di costituzion'e in mora non avrebbe 
potuto produrre alcun utile effetto, dato� che lo Zorzi attendeva, per 
ogni sua successiva determinazione, di conoscere l'esito del ricol'so da 
lui proposto. 

N�, infine, potrebbe fondatamente obiettarsi che, a norma dell'art. 
247 del disp. trans. del .cod. civ. (r.d. 30 marzo 1942, n. 318), hanno 
cessato di avere effetto, dalla data di entrata in vigore del codice stesso, 
le cause di sospensione della prescrizione da questo non ammesse. 
Infatti, nel caso in esame, la Corte d'appello ha applicato principio 
accolto dal codice vigente, quello cio� previsto dall'art. 2945, comma 
2�, in relazione al precedente art. 2943, comma 1�, che contempla 
mezzi di interruzione della prescrizione ad efficacia continuativa. Trattasi 
del noto criterio della corrispondenza tra la causa e l'effetto, il 
quale si traduce nel canone della durata dell'effetto interruttivo per 
tutto il periodo di tempo durante il quale opera la causa d'interruzione 
(cfr. Cass. sent. n. 3080 del 1957 e sent. n. 1146 del 1965). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 settembre 1971, n. 2622 -Pres. 
Giannattasio -. Est. Milano -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Barni (avv. Cap~ccioli e 
Cocivera). 

Imposta sui terreni e sul reddito agrario -Ortovivaisti -Messa a dimora 
sui fondi dei compratori delle piante prodotte -Autonoma 
attivit� soggetta all'imposta di ricchezza mobile -Esclusione. 

(1. 30 luglio 1936, n. 1231, art. 30; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 65). 
� soggetta all'imposta sui redditi agrari e non all'imposta di ricchezza 
mobile l'attivit� eseguita dall'ortivivaista di messa a dimora delle 
piante sui fondi degli acqui?-enti, con o senza garanzia di attecchimento, 
rientrando ci� (vendita dei prodotti) nel normale ciclo produttivo 
agrario (1). 

(1) Questione nuova. Sul pi� generale concetto di normale ciclo produttivo 
v. la sent. citata nel testo 6 marzo 1958, n. 746, Riv. leg. fisc., 1958, 

1470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso l'Amministrazione 
finanziaria denuncia la vio.lazione e la falsa applicazione dell'art. 30 
legge 30 luglio 1936 n. 1231 e del t.u. 24 agosto 1877 n. 4021 e censura 
la �sentenza impugnata per aver ritenuto che l'attivit� di messa 
a dimora, sui fondi degli acquirenti, delle piante vendute dagli ortovivaisti 
non eccede il normale � ciclo produttivo agrario � di cui fa 
parola l'art. 30 d�lla sopra richiamata �legge, e che, di conseguenza, 
il reddito conseguito da tale attivit� sia da considerarsi agrario e non 
reddito commerciale, soggetto al tributo mobiliare. Sostiene che l'attivit� 
di messa a dimora delle piante di vivaio, �, invece, al di fuori del 
ciclo agrario di produzione perch� richiede una nuova plaintatio, che 
� l'atto iniziale di un diverso ciclo agrario nel nuovo terreno e per un 
diverso soggetto, per cui si ha sovrapposizione di un ciclo agrario ad 
un altro da esso distinto ed indipendente. 

Il motivo non � fondato. 

Ai fini di una esatta cognizione della questione, � da ricordare 
che l'art. 30 della menzionata legge n. 1231 del 1936, per la distinzione 
tra reddito agrario, oggetto dell'imposta sui redditi agrari, e reddito 
industriale, colpito con l'imposta di ricchezza mobile, ricorre al concetto 
di � normale ciclo produttivo agrario secondo i principi ed entro 
i limiti della tecnica che lo governa ., espressione ora �sostituita con 
l'altra, sostanzialmente equipollente, dell'art. 65 del t.u. sulle imposte 
dirette � esercizio normale dell'impresa agricola secondo la tecnica 
che lo governa �. 

Come gi� ritenuto da questa Corte Suprema (Cass. 6 marzo 1958 

n. 746) e come la stessa� Commissione Centrale deHe Imposte ha riconosciuto 
nelle tre decisioni emesse nel pregresso giudizio innanzi alle 
commissioni tributarie, il � ciclo produttivo agrario �, nella sua accezione 
pi� vasta, comprende tutte le trasformazioni e le manlpolazioni 
dei prodotti del suolo ed abbraccia tutto il .processo di produzione che 
va daU'inizio della produzione medesima fino al momento in cui il prodotto 
� reso consumabile e vendibile ed in esso, quindi, rientra anche893; 
in senso pi� restrittivo v. la sent. 21 maggio 1969, n. 1770, in questa 
Rassegna, 1969, I, 715 che ha ritenuto assoggettabile all'imposta di ricchezza 
mobile l'attivit� di allevamento di cavalli da corsa. � soprattutto 
questione di merito il determinare se l'organizzazione dei vivaisti che 
provvedono a mettere a dimora le piante da essi prodotte dia luogo ad 
un'autonoma speculazione commerciale o industriale; non potrebbe di certo 
escludersi una tale attivit� quando il vivaista, ad esempio, assume l'appalto 
della creazione di un parco, provvedendo, con complessa organizzazione, 
ad una serie di operazioni che non possono dirsi normali per l'agricoltura. 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

la organizzazione per il collocament-0 dei prodotti, purch� la medesima 
non ponga in essere un'autonoma speculazione commerciale o 
industriale con il sussidio di opere e di mezzi estranei alla coltivazione 
dei fondi. 

Ed appunto sulla base di tali principi, ai quali ha fatto espresso 
riferimento, J.a Corte di merito ha escluso che l'attivit� degli ortovivaisti 
di messa in dimora delle piante potesse essere considerata un'attivit� 
del tutto avulsa ed a s� stante dall'organizzazione della vendita 
dei prodotti agricoli, esattamente ritenendo che essa invece rientrava 
in tale organizzazione, costituendo l'attivit� stessa uno dei tanti modi 
posti in essere per facilitare ed agevolare la vendita dei prodotti del 
vivaio, specie in . relazione all'assunzione, frequente anche se non 
essenziale, della garanzia di attecchimento dei prodotti stessi. 

Se, infatti, si ha riguardo alla particolaTe natura dei prodotti del 
vivaio ed alla loro conseguente destinazione, non si pu� ne~are� alla 
messa a dimora di essi la natura di clausola accessoria di vendita, 
connessa appunto a tale tipo di prodotto, per il quale spesso non � 
sufficiente la semplice consegna a domicilio. Questa clausola consente 
agli ortovivaisti di vendere le piante da essi prodotte con garanzia 
di attecchimento e costituisce uno dei tanti modi escogitati per facilitare 
il collocamento di questi particolari prodotti agricoli, specie 
nel caso in cui trat~si di piante di alto pregio e, perci�, costose. 

N � pu� esse,re condivisa la tesi della ricorrente Amministrazione 
secondo cui, per essere le piante prodotti finiti del vi~aio, separati e 
vendibili, la loro messa in dimora deve necessariamente dar luogo 
alla prima fase di un ulteriore e diverso ciclo produttivo. � vero, infatti, 
che le dette piante sono prodotti finiti del vivaio, ma se, come 
dianzi detto, nel normale ciclo produttivo agrario rientra anche la 
organizzazione per la alimentazione ed il collocamento dei prodotti 
finiti, la messa a dimora di tali prodotti deve essere coosiderata, non 
gi� come una attivit� separata e scissa dal normaile ciclo di produzione, 
bensi come un completamento di esso, che si chiude appunto con la 
realizzazione mediante la vendita, la cui organizzazione pu� assumere 
per il collocamento dei prodotti agricoli aspetti vari e complessi, sempre 
che non pongano in essere un'autonoma spec�lazione commerciale 

o industriale. 
Non si nega che, nel caso di specie, il collocamento acquista un 
aspetto. peculiare ed una consistenza materiale che si riflette in un'attivit� 
esecutiva successiva alla vendita -peraltro, quale modalit� accessoria 
di questa -ma ci�, non per una acquisizione di autonomia speculativa 
delle relative operazioni, bens� perch� la modalit� pi� connaturale 
nella vendita delle piante da vivaio consiste proprio nella messa 
a dimora di esse per la garanzia di attecchimento. 


1472 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il fatto, poi, che la messa � dimora delle piante avvenga, anzich� 
nel fondo proprio del contribuente, in quello degli acquirenti non basta 
a fare ritenere che tale attivit� costituisca l'inizio di un nuovo ciclo 
agrario. 

Ci�, invero, che deve attenere al fondo, cui � riferibile il reddito 
agrario, � la produzione agricola e non gi� l'organizzazione di vendita, 
l~ quale rappresenta la semplice realizzazione pecuniaria della produzione 
medesima, l'ultima fase, cio�, di un determinato ciclo produttivo 
agrario. 

Il primo motivo di ricorso deve essere, quindi, rigettato. E parimenti 
infondato � il secondo motivo con il quale la ricorrente Amministrazione, 
denunciando, sotto altro profilo, la violazione dell'art. 30 
della citata legge n. 1231 del 1936, censura la impugnata decisione 
per aver omesso di motivare sul punt� decisivo della controversia 
relativo alla normali~ o meno della vendita delle piante �Con il patto 
di messa a dimora e per aver, a tal fine, trascurato di esaminare la 
documentazione prodotta per dimostrare che tale sistema di vendita 
non � frequente presso le imprese ortovivaistiche. 

A parte la considerazione che il richiamo alla � tecni'ca agraria �, 
contenuto sia nell'a�rt. 30 della citata legg~ che nella nuova disposizione 
dell'art. 65 del t.u. sulle imposte dirette, porta a ritenere che la 

� normailit� � del ciclo produttivo agrario debba determinarsi, non gi� 
unicamente con riferimento all'id quod plerumque accidit, bens� anche 
con riguardo a tutte le possibili tecniche di esercizio di un'impresa 
agraria in relazione alla specifica attivit� presa in considerazione, la 
censura non � fond;ta. 
I giudici di merito, invero, hanno dato adeguata giustificazione 
dell'affermazione -che si concreta in un giudizio di fatto -relativa 
al carattere di normalit� de.Ua messa a dimora delle piante da vivaio 
sui fondi degli acquirenti, rilevando che tale attivit�, specie in rela.
zione all'assunzione �frequente anche se non essenziale� della garanzia 
di attecchimento, costituisce uno dei modi vari e complessi escogitati 
dalle imprese vivaistiche pi� progredite per facilitare la vendita 
dei loro prodotti. 

Vero � che nella sentenza impugnata non si fa parola di alcuni 
cataloghi acquisiti agli atti in cui non si farebbe cenno deJila messa in 
dimora, n� si assicurerebbe l'attecchimento delle piante vendute. Senonch� 
deve essere osservato al riguardo che, come � principio pacifico, 
il giudice del merito non � tenuto a discutere ed analizzare ogni dato 
acquisito al processo, essendo sufficiente che egli ponga in rilievo gli 
elementi �di portata essenziale e decisiva, che valgono a dar ragione 
della decisione adottata, al che, nel caso, � stato dalla Corte del m.erito 
ottemperato. --(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1473 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 settembre 1971, n. 2623 -Pres. 
Favara -Est. Pascasio -P. M. Ant?ci (conf.) -Allomello (avv. Cappuccio) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Posizione 
processuale �delle parti -Illegittimit� della ingi'Qllzione Azione 
riconvenzionale -Condanna al pagamento della stessa 
somma .fondata su diverso titolo -Ammissibilit�. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639). 
n giudice che dichiara l'illegittimit� della ingiunzione pu�, in 
accoglimento della domanda� 1�iconvenzionale dell'Amministrazione, 
pronunciare condanna dell'.opponente, fondata su un dive.rso titolo, al 
pagamento totale o parziale della stessa somma oggetto della ingiunzione 
(1). 

(Omissis). -Con citazione notificata il 16 settembre 1965 Claudio 
AllomeHo, rappresentato dal tutore avv. Ugo Cappuccio, propose opposizipne 
all'ingitmzione a lui notificata il 18 agosto 1965, con cui l'Amministrazione 
delle Finanze dello Stato gli aveva .intimato il pagamento 
di i,. 2.199.855 per restituzione della somma a suo tempo a lui 
versata in esecuzione della sentenza 10 gennaio 1963 pronunciata dalla 
Corte ,�J.'a:tfpello �l.i Torino, cassata da questa Corte Suprema e relativi 
interessi. Chiedeva l'opponente che fosse dichiarata illegittima l'ingiunzione 
anzidetta per difetto �l.i titolo e per errore nel calcolo degli interessi 
dovuti in L. 166.325 e non in L. 199.600, come richiesti. 

L'Amministrazione finanziaria si costituiva, riconosceva il denunciato 
errore nel computo degli interessi e, per il caso che .rAllomello 
insistesse nell'opposizione, proponeva domanda riconvenzionale .Per il 

(1) La sentenza � di molto interesse per l'ulteriore approfondimento 
del problema dell'azione riconvenzionale della Finanza convenuta nel giudizio 
di opposizione ad ingiunzione fiscale. L'interesse non si ritrova nell'affermazione 
che la Finanza possa, senza con d� dover proporre una domanda 
riconvenzionale, ded.rre un diverso fondamento giuridico della pretesa 
(sull'argomento v. C. �BAFn.E, Note sull'azione riconvenzionale della 
Finanza nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, in questa Rassegna, 
1969, I, 527, e Ancora sull'azione riconvenzionale della Finanza nel 
giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, ivi, 916; nonch� le sentenze 
e le relative annotazioni 10 marzo 1970, n. 609, ivi, 1970, I, 431; 10 febbraio 
1971, n. 338, ivi, 1971, I, 599; 27 gennaio 1971, n. 202, ivi, 420; quest'ultima 
sentenza e quella 6 luglio 1971, n. 2103, in questo stesso fascicolo pag. 1399 
hanno anche riconosciuto deducibile un mutamento della causa petendi 
della pretesa in grado di appello); l'importanza della decisione va ricercata 
sul punto che l'Amministrazione convenuta possa riproporre in via riconvenzionale 
la stessa domanda oggetto dell'ingiunzione, o taluni capi di essa 
soltanto, fondati sullo stesso titolo o su un diverso titolo, nel caso che l'ingiunzione 
sia viziata; in tale caso il giudice deve pronunciarsi sul merito 



1474 RASSEGNA DELL~AVVOCATURA DELLO STATO 

pagamento di L. 1.999.975 oltre L. 166.330 per interessi, con gli interessi 
ulteriori e bollo di quietanza. 

Il Tribunale di Torino,.. con sentenza 7 aprile 1966, dichiarava 
illegittima l'ingiunzione per essere stati cori essa richiesti interessi non 
dovuti e condannava l'Allomello al pagamento delle somme domandate 
dall'Amministrazione in via riconvenzionale. 

La Corte d'appello, investita di grav~me, con sentenza 23 maggio 
1969, pronunciata nei confronti di UgQ Allomello, fratello ed unico 
erede del Claudio frattanto deceduto, confermava la decisione. 

Contro questa sentenza, con atto del 6 ottobre 1969, Ugo Allomello 
ha proposto ricorso per cassazione formulando quattro motivi. 
L'Amministrazione delle Finanze ha resistito con controricorso. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Col primo motivo si censura la sentenzta denunciando la violazione 
dell'art. 2 del t.u. 14 aprile 1910 n. 639 e dell'art. 132 c.p.c. per avere 
la Corte torinese ritenuto che la sentenza 6 novembre 1964, pronunciata 
in sede di rinvio dalla Corte d'appello di Genova costituisce titolo 
valido prima per l'ingiunzione fiscale e poi per l'accoglimento della 
domanda riconvenzionale senza che nel dispositivo della stessa sentenza 
vi fosse alcuna pronuncia di condanna e senza che la sente~za stessa 
fosse stata prima corretta. 

La censura non � fondata. 

Quanto alla validit� della ingiunzione fiscale, la Corte di merito 

ha esattamente rilevato che la declaratoria di Hlegittimit� della stessa, 

della domanda riconvenzionale senza poter definire la lite con la sola riso


luzione della questione della illegittimit� dell'ingiunzione. Si applica cio� 

all'ingiunzione fiscale la stessa regola �che vale per l'ingiunzione ordinaria. 

In questa ipotesi bene a ragione si parla di azione riconvenzionale 

della Finanza anclle quando essa non domanda contro l'attore niente di 

pi� (o magari qu�lcosa di meno) di quanto era gi� stato domandato con 

l'ingiunzione; ma questa � un'azione riconvenzionale che si sostituisce al


l'ingiunzione nulla. Si era talvolta messo in dubbio che per l'ingiunzio


ne fiscale fosse consentito nel giudizio di opposizione sostituire la do


manda riconvenzionale all'ingiunzione nulla per vizi di forma o emessa 

in ipotesi in cui il procedimento monitorio non era consentito o altrimenti 

illegittima; si era anche affermato che l'ingiunzione parzialmente infon


data andasse annullata nella sua interezza e non fosse consentito all'Am


ministrazione in sede di opposizione di domandare la condanna per una 

somma in:feriore a quella portata nell'ingiunzione; particolarmente per le 

entrate non tributarie si era sostenuto che l'Amministrazione non potesse 

in sede di opposizione sopperire ai vizi dell'ingiunzione domandando una 

pronuncia sul merito sostitutiva dell'ingiunzione, si che con la dichiara


zione di illegittimit� dell'ingiunzione la controversia era definita. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1475 

emanata da primi giudici per errore nel calcolo degli interessi, ha travolto 
ogni interesse dell'Allomello e fare valere per altro motivo la 
dichiarata illegittimit�, dato che la condanna pronunciata dagli stessi 
Giudici nei suoi confronti, avente ad oggetto la restituzione delle 
somme percepite in esecuzione di sentenza cassata, � conseguenza unica 
e diretta dell'accoglimento della domanda riconvenzionale ritualmente 
proposta dall'Amministrazione nel giudizio di opposizione all'ingiunzione 
fiscale, instaurato dallo stesso Allomello. 

Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema 
(da ultimo sent. 10 marzo 1970 n. 609), una volta proposta dall'intimato 
opposizione all'ingiunzione fiscale, tra le parti si instaura un 
vero e proprio giudizio di cognizione avente per oggetto la sussistenza 
dell'obbligazione, giudizio nel quale l'Amministazione ben pu� dedurre 
a fondamento della propria pretesa un titolo diverso da quello indicato 
nella ingiunzione, nei limitt in cui � consentita la modificazione della 
causa petendi. In tal caso il giudice deve conoscere del nuovo titolo 
dedotto, anche indipendentemente dalla � domanda proposta dall'attore, 
ai fini dell'accertamento del~'esistenza del credito fatto valere dall'Amministrazione. 


Ora, in sede di opposizione, 1'Amministrazione aveva dedotto in via 
riconvenzionale, a fondamento della propria pretesa, ila sentenza anzidetta, 
pronunciata dalla Corte di Genova in sede di rinvio ed il Giudice 
dell'opposizione, integrando il dispositivo con la motivazione della 
stessa, l'ha ritenuta titolo valido per l'accoglimento deHa domanda 
riconvenzionale. Ed � noto che l'interpretazione del giudicato esterno 
costituisce apprezzamento riservato al Giudice del merito, che, se 
epresso (come nel caso) con motivazione adeguata, si sottrae al giudizi.
o di sola legittimit� demandato a questa Corte Suprema. -(Omissis). 

Molto esattamente, invece, la decisione ora intervenuta ritiene che 
l'Amministrazione, proprio perch� convenuta in un g.iudi:aio ordinario di 
cognizione, riconoscendo o presupponendo l'invalidit� dell'ingiunzione, possa 
domandare in via riconvenzionale la condanna dell'attore al pagamento, in 
tutto o in parte, della somma domandata con l'ingiunzione per lo stesso o 
per altro titolo giuridico; ne consegue che dichiarata l'illegittimit� dell'ingiunzione, 
il giudizio non � definito, ma deve invece essere affrontata la 
questione di merito, come se proposta per la prima volta in via� riconvenzionale, 
senza alcuna preclusione dipendente dell'affermata nullit� dell'ingiunzione. 
Ed a tale riguardo va ricordato che la menzionata sentenza 13 
marzo 1970, n. 637 ha affermato che si ha una domanda riconvenzionale 
legittimamente proposta anche quando l'Amministrazione con la comparsa 
di risposta abbia dedotto nel merito l'esistenza del proprio diritto alla percezione 
della somma richiesta, anche indipendentemente, se necessario, dalla 
domanda dell'attore, senza che sia necessaria un'espressa e sacramentale 
formulazione riconvenzionale. 



1476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 ottobre 1971, n. 2735 -Pres. 
Stella Richter -Est. Mirabelli -P. M. Di Majo (diff.) -Modica 
(avv. Bucciarelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Commissioni delle 
Imposte -Poteri sostitutivi nell'accertamento -Esercizio di potest� 
amministrativa -Ricorso in Cassazione -Inammissibilit�. 

L'atto con il quale le commissi-Oni, distrettuale e provincial.e, esercitano, 
a norma d.eH'art. 2 del d.l. 5 marzo 1942 n. 186, la facoit� d,.i 
aumentare il valore imponibile, ha natur� di atto amministrativo, ed 
� in tutto equiparabile all'acce'rtamento operato dall'Ufficio; conseguenteme11,
te il deliberato della commissione concernente l'att.mento 
del valore, ment1�e � soggetto, al pari deU'acce1�tamento, a riCO'TSO alla 
Commissione distrettuale, non � invece impu.gnabile con ricorso per 
Cassazione, mancando il cm�attere gim�isdizionale (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso i ricorrenti, denunciando 
la violazione dell'art. 324 cod. proc. civ., che attribuisce il valo�re 
di giudicato alle pronunce non impugnate, in �relazione agli artt. 37 e 
38 del r.d..8 luglio �1937, n. 1516, ed all'art. 2 del r.d.l. 5 marzo 1942, 

n. 186, sostengono che la Commissione provinciale ha errato nel deliberare 
l'elevazione del valore imponibile fissato dalla decisione della 
Commissione distrettuale senza che fosse stata proposta impugnazione 
da parte dell'Ufficio in quanto tale valore doveva essere considerato 
definitivo nei confronti dell'Amministrazione, appunto per difetto di 
impugnazione. 
I ricorrenti contestano, infatti, che nel caso in esame possa essere 
riconosciuta alla Commissione provinciale la potest� prevista dall'articolo 
2 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, che conferisce; appunto, alle 
commissioni tributarie, sia distrettuale che provinciatle, in materia di 
imposte indirette sui trasferimenti, il potere di aumentare i valori attri


(1) Decisione di molto-interesse. Il potere sostitutivo delle commissioni 
nell'accertamento di valore (tuttora valevole solo per le imposte indirette), 
come si ricorder�, era stato addotto dalla Corte Costituzionale (sent. 6 febbraio 
1969, n. 6 e 10 febbraio 1969, n. 10, in questa Rassgna, 1969, I, 7, 8) 
proprio per negare la natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni; 
la Corte di Ciassazione aveva .per� rilevato che una residua esistenza 
di una funzione amministrativa, quale doveva ritenersi quella inerente all'aumento 
dei valori imponibili, non era inconciliabile con il carattere fondamentalmente 
giurisdizionale dell'attivit�� <pTimarria della Commissioni 
(sentenza 20 giugno 1969, n. 2175, ivi, 538). Ora si chiarisce che la funiione 
amministrativa esercitata dalle Commissioni resta nettamente distinta da 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1477 

buti dall'Amministrazione ai beni trasferiti, adducendo una serie di 
argomentazioni: e cio�, in primo luogo, perch� nella decisione impugnata 
non � contenuto alcun riferimento a tale disposizione; in secondo 
luogo in quanto, se si riconoscesse che la Commissione possa esercitare 
congiuntamente funzione amministrativa di accertamento e funzione 
decisoria, la disposizione sarebbe in contrasto con il principio dell'indipendenza 
del giudice, sancito dall'art. 108 della Costituzione; in terzo 
luogo in quanto tale potere dovrebbe ritenersi esercitabile quando la 
Commissione instauri un nuovo accertamento, non quando, come hel 
caso in esame, l'accertamento sia rimasto quello effettuato dall'Ufficio; 
in quarto luogo, perch� tale potere non sarebbe esercitabile in presenza 
di un giudicato ed infine perch� un nuovo accertamento non potrebbe 
aver luogo oltre il termine di un anno, previsto dall'art. 21. del r.d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639, per gli accertamenti suppletivi. 

L'Amministrazione controricorrente sostiene, invece, che nella 
decisione impugnata deve essere ravvisato, appunto, l'esercizio del 
potere di nuova valutazione in aumento, previsto dal citato art. 2 del 

r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, che tale potere � stato legittimamente esercitato 
e che la valutazione compiuta dalla Commissione non � soggetta 
a censura. 
Il primo quesito da risolvere concerne, dunque, l'interpretazione 
deHa decisione impugnata, al fine di accertare se in essa debba essere 
ravvisato un atto di ei?ercizio del potere previsto nel citato art. 2 del 
decreto suindicato, ovvero una pronuncia di diversa natura. 

Sembra a questa Corte che dalla formulazione della pronuncia si 
debba dedurre, senza possibilit� di dubbio, che la Commissione provinciale, 
pur senza farne menzione, ha inteso .esercitare H potere ad� essa 
conferito dalla norma suindicata. Ed invero, la stessa laconicit� della 
motivazione, nella quale la Commissione non ha ritenuto di fornire 
altra giustificazione della deliberazione di aumentQ del valore imponibile, 
oltre l'indicazione analitica dei criteri di valutazione, dimostra 

.che quell'organo ha inteso esercitare un potere ad esso direttamente ed 
incontestabilmente attribuito dalla legge, quale altro non pu� essere 
che quello previsto nella norma citata. 

quella giurisdiziohale e non d� luogo a provvedimenti che siano in parte 

amministrativi e in parte decisori; l'aumento di valore � sempre un atto 

amministrativo, del tutto simile al normale accertamento dell'Ufficio, sog


getto ad autonoma impugnazione come tale. 

Questo chiarimento apporta un nuovo contributo alla questione della 

natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni delle Imposte, non 

influendo sul carattere di esse l'eventualit� che in, limitate ipotesi, le stesse 

Commissioni possano pronunciare degli atti amministrativi del tutto indi


pendenti dalle decisioni; cosa che non � affatto insolita del resto anche per 

gli organi della giurisdizione ordinaria. 



1478 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il ricorso che qui si esamina deve'essere valutato, pertanto, come 
impugnazione di un atto di esercizio del potere attribuito alle Commissioni 
tributarie dalla norma suddetta. 

Il secondo quesito da risolvere, quindi, concerne la qualificazione 
dell'atto con cui le Commissioni tributarie, avvalendosi di quel potere, 
determinano il valore imponibile in misura maggiore di quella indicata 
nell'accertamento dell'Ufficio. 

Sia i ricorrenti che l'Amministrazione controricorrente mostrano, 
invero, di ritenere che tale atto abbia contep.uto e natura di pronuncia 
giurisdizionale; ma tale qualificazione non sembra aderente alla previsione 
legislativa. 

Secondo il primo comma �del citato articolo, infatti, � le commissioni 
distrettuali hanno la facolt� di aumentare i valori attribuiti dall'Amministrazione 
ai beni � e � l'aumento determianto dalla commission~ 
deve essere notifi�ato, a mezzo dell'ufficio del registro, nei termini 
di cui all'art. 35 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, a�l contribuente, il 
quale entro trenta giorni dalla notificazione pu� ricorrere alla commissione 
stessa �. A sensi del secondo comma dello stesso articolo, � la 
facolt� �onferita alle commissioni distrettuali dal comma precedente 
spetta altresi alle commissioni provinciali. In questo caso l'eventuale 
l)i.corso del contribuente deve essere rivolto in prima istanza,� alla commissione 
distrettuale competente, salvo appello avverso la decisione 
della commissione distrettuale alla stessa commissione provinciale, che 
decide in via definitiva �. 

L'atto con il quale le commissioni, distrettuale e provinciale, esercitano 
la facolt� di aumento di valore imponibile � assoggettato, dunque, 
ad una disciplina eguale a quella che � posta per gli atti di 
accertamento suppletivo in generale, dagli artt. 20 e 21 del d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639, in quanto ne � prevista la notificazione al contribuente, 
a cura dell'ufficio, e l'impugnabilit�, in primo e secondo� 
.grado, entro gli stessi termini ed agli stessi organi indicati nelle norme 
generali. 

L'unica differenza si riscontra nella determinazione del termine 
di notificazione che, mentre nel citato art. 21 � fissato in un anno dal 
pagamento della imposta, nella norma che si esamina � parificato al 
termine per la notificazione delle decisioni delle commissioni in generale. 


Non sembra, per�, che da tale differenza .possa dedursi che le 
deliberazioni di aumento di valore emesse dalle Commissioni abbiano 
natura decisoria, e non di atto di accertamento. 

La funzione che le Commissioni esercitano, nel deli):>erare l'aumento, 
�, infatti, la stessa che � .propria deWUfficio; a questo le Coll],missioni 
vengono a sostituirsi, come organi gerarchicamente superiori, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1479 

nel compimento di un'attivit� di pari contenuto, non si giustappongono 
come organi decisori. 

Ed invece le Commissioni, con tali deliberazioni, non si pronunciano 
su pretese proposte dall'ufficio nei confronti del contribuente, 
ma compiono un atto che l'Ufficio avrebbe potuto compiere, ed ha 
omesso; la deliberazione della Commissione si viene a trovare, quindi, 
nella stessa posizione in cui si pone l'atto di accertamento; ed infatti, 
al pari di questo, � soggetto alle generali impugnazioni in sede contenziosa. 


La peculiarit� di tale atto, nei confronti dell'atto dell'Ufficio, va 
ravvisata soltanto nel termine previsto per l'efficacia dell'accertamento. 
L'accertamento suppletivo ad opera delle Commissioni viene ad essere 
ammesso, cio~, anche dopo la scadenza del termine previsto dal citato 
art. 21 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639; il termine di efficacia' � imposto, 
infatti con decorrenza dailla 'data in cui la deliberazione � pervenuta 
all'Ufficio, a sensi del citato art. 35 d.el r,d. 8 luglio 1957, n. 1516, ed 
� quindi del tutto indipendente dal comportamento del contribuente. 

La rilevazione di tale peculiarit� � sufficiente a contestare il rilievo, 
sollevato, come� si � detto, dai ricorrenti, secondo .cui il nuovo 
accertamento non sarebbe stato ammissibile, in quanto effettuato dopo 
la scadenza. del termine annuale previsto dal citato art. 21. La facolt� 
attribuita aile commissioni ha come presupposto, infatti, la pendenza 

d.i un procedimento contenzioso, si che i termi�ni .per l'efficacia degli 
atti relativi vanno determinati in riferimento a 4t~e procedimento, e 
non alle attivit� pregresse. La stessa rileva~one conduce a ritenere 
che nessuna efficacia .possa essere attribuita 'all'accertamento suppletivo 
operato dalle Commissioni, se l'accertamento stesso non sia notificato 
al contribuente nel termine indicato dallo stesso art. 35. Ma tale 
peculiarit� non incide, in alcun modo, surl contenuto e la natura 
dell'atto. 
Da queste considerazioni deve essere dedotto: 

a) che l'atto con il quale le Commissioni tribp.tarie, distrettuale 
e provinciale; �esercitano il potere di aumento del valore imponibile, 
ai sensi dell'art. 2 del d..1. 5 marzo 1942, n. 186, � atto amministrativo 
,fil accertamento, e non atto decisorio; 

b) che l'efficacia dell'accertamento suppletivo, contenuto in tale 
atto, � subordinata alla notificazione dell'atto stesso, a cura dell'Ufficio, 
entro il termine previsto nel primo comma dello stesso articolo; 

c) che avverso tale atto sono esercitabili soltanto i mezzi di impugnazione 
in sede di contenzioso tributario, ivi previsti, e non altri 
rimedi; 

d) che, .non avendo l'atto medesimo contenuto decisorio, ad esso ~/ 
non pu� essere attribuita natura qi pronuncia giurisdizionale, e per


16 


1480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tanto vi si deve ritenere inapplicabile il rimedio previsto dall'art. 111 
della Costituzione, che con�cerne soltanto pronunce giurisdizionali. 

In conseguenza, H r,icorso proposto a' sensi di tale disposizione 
deve essere dichiarato inammissibile, e la pronuncia di inammissibilit� 
travolge le censure proposte nel ricorso stesso, che potranno formare 
oggetto di .impugnazione in sede di contenzioso tributario, sempre 
che l'accertamento sia divenuto efficace attraverso la notificazione ai 
sensi del citato art. 55 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516. 

Il Procuratore Generale, pervero, :nella requisitoria pronunciata 
in udienza, ha ipotizzato che neLla. decisione impugnata con il ricorso, 
di cui si tratta, possano essere distinti due contenuti, l'uno decisorio, 
l'altro di accertamento; ed invero vi si trova enunciato nel dispositivo 
sia il rigetto del gravame proposto dai contribuenti, sia la deliberazione 
di aumento del valore. 

Ad una configurazione similare sembrano rifedrsi anche i ricorrenti, 
quando, come si � detto, contestano che la potest� di a�certamento 

. possa essere esercitata dopo che la Commissione distrettuale si sia pronunciata 
in sede contenziosa e quando sollevano dubbi intorno alla 
legittimit� costituzionale della commistione, in unico organo, di funzioni 
amministrative e funzioni giurisdizionali. 
Conseguenza di tale configuraziooe� sarebbe che in questa sede 
potrebbe conoscersi della decisione, espungendo da questa l'atto amministrativo. 
Ma queste Sezioni Unite non ritengono �di potere aderire a tale 
ricostruzione. 
L'atto con ilquale le Commissioni tributarie deliberano un aumento 
di valore, a' �sensi della norma citata, � sempre e _soltanto atto di accertamento, 
anche se emesso dopo lo svolgimento .di una fase contenziosa 
e con riferimento a questa. 
Ed infatti, non � solo l'accertamento suppletivo emesso dalla Commissione 
distrettuale che si sostituisce all'accertamento dell'Ufficio, 
quale che sia la condotta dell'Ufficio stesso nel corso del procedimento 
contenzioso �di primo grado, ma anche l'accertamento suppletivo emesso 
dalla Commissione provinciale ha eguale contenuto ed eguale natura. 
Nella inerzia, invero, dell'Ufficio di fronte alla decisione di diminuzione 
di valore adottata dalla Commissione distrettuale deve ravvisarsi 
l'adesione al nuovo accertamento; a questo comportamento, con il quale 
l'Ufficio fa proprio l'accertamento deliberato dalla Commissione distrettuale, 
reagisce la Commissione provinciale sostituendo il suo accertamento 
a quello implicitamente accolto dall'Ufficio; anche questa � 
Commissione emette, cio�, un nuovo, autonomo, accertamento. Tale 
accertamento rimane nuovo ed aut�nomo, nei confronti. dell'accertamento 
dell'Ufficio, sia nel caso che il valore enunciato dalla Commissione 
risulti diverso da quello -indicato nell'accertamento dell'Ufficio, 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1481 

sia che l'uno e l'altro coincidano, rimanendo soltanto eliminate le 
diminuzioni apportate dalla Commissione distrettuale; con l'omissione 
dell'impugnazione avverso la �decisione di questa, infatti, al primo 
accertamento dell'Ufficio se ne sostituisce un secondo, che viene ad 
essere coincidente con quello deliberato dalla Commissione distrettuale 
ed a quest'ultimo si sostituisce altro accertamento, sia ipure condotto 
in base ai criteri ed alle misure adottati nel primo. 

Con l'esercizio della facolt� di accertamento in aumento, dunque, 
le Commissioni tributarie si spogliano in ogni caso della funzione decisoria 
contenziosa � svolgono mera attivit� di accertamento, di contenuto 
e natura esclusivamente amministrativi. L'atto che tale accertamento 
contiene si sottrae, quindi, completamente al sindacato di questa 
Corte. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 6 ottobre 1971, n. 2736 -Pres. 
Fiore -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Freni) c. Soc. Reno Immobiliare (avv. Bellardoni). 

Imposta di registro -Agevolazio~ per le case di abitazione non di 
lusso -Acquisto dell'area -Edificabilit� -Esistenza di limitazioni 
al momento dell'acquisto -Possibilit� di rimozione. 

(1. 2 luglio ~949, n. 408, art. 14). 
Nel sistema della legge 2 lwnglio 1949 n. 408 bisogna distinguere 
una fase di �applicazione delle agevolazioni in base alle risultanze dell'atto 
sottoposto a registrazione e una fase di verifica a costruzio'11;� 
uitimata; nella prima fase l'edificabiiitd dell'area va stabilita in relazione 
alla possibilitd che la costruzione possa essere� comunque realizzata 
senza violazione di norme vigenti dell'ordinamento, anche se per 
tale realizzazione l'interessato debba ricorrere a mezzi negoziali che 
presuppongono l'accordo con altri soggetti o 'il ricorso a mezzi di 
tuteia giuris.dizionale' pi� o meno aleatori atti a rimuovere i limiti 
giuridici esistenti, salvo poi a verificare, nella seconda fase, se l'interessato 
sia riuscito a realizzare la costruzione per la quale l'agevolazione 
�'stata concessa e se essa possa esseTe, in tutto o in pall"te, mantenuta 
(1). 

(1) La decisione si riconnette a quella 29 marzo 1969, n. 1029 (in questa 
Rassegna, 1969, I, 869) e riconferma l'esclusione dell'agevolazione per le 
aree ocparti di esse inedificabili al momento dell'acquisto per presctizione 

1482 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Col secondo motivo il Ministero censura la sentenza 
d'appello perch� avrebbe violato l'art. 14 della legge 2 luglio 1949 

n. 408, l'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, gli artt. 1371 e 1372 
cod. civ. infine l'art. 112 c.p. civile e perch� sarebbe affetta da vizi di 
motivazione. 
Assumendo che la Corte d'appello non avrebbe bene inteso la tesi 
svolta, l'Amministrazione delle Finanze precisa che, a suo parere, per 
l'applicazione dei benefici di cui alla cennata legge Tupini si deve aver 
riguardo alla situazione giuridica dell'area compravenduta, quale obbiettivamente 
risulta al momento del trasferimento, ma in tale apprezzamento 
si deve tener conto anche delle servit� convenzionali di inedifidabilit� 
e della stessa volont� negoziale di escludere l'edificabilit� di 
determinate porzioni dell'area; occorre infatti non solo che il .negozio 
concerna un'area edificabile ma altresi che l'acquirente possa e voglia 
eseguire la costruzione di case aventi le caratteristiche volute dalla 
legge, essendo invece irrilevante che l'area sia non edificabile per vincoli 
posti da atti autoritativi o per vincoli convenzionali. 

Aggiunge la ricorrente che non � conferente .il rilievo che le servit� 
�sono rimuovibili a mezzo di accordo degli interessati e perci� non 
importano un �divieto assoluto di ineficabilit�, dato che la situazione 
da prendere in considerazione � quella relativa al bene al momento 
del negozio; e che i V:i.ncoli di indificabilit� derivanti dai piani regolatori 
o da servit� eonvenzionali non comportano utilit� dirette per le 
costruzioni eseguite nella porzione edificabile dell'area. 

Anche queste censure sono prive di fondamento. 

Puntualizzande la questione � da rilevare che essa non concerne 
quella parte dell'area compravenduta soggetta a pel'sistenti vincoli di 
piano regolatore che ne escludono l'edificabilit� (in relazione all'esclusione 
dai benefici 'della legge Tupini delle parti ,di area non edificabile 
a causa di vincoli creati dal piano regolatore, vedasi la sentenza di 
questa S.C. n. 1029 del 1969); concerne invece una parte dell'area sot


di piano regolatore o per divieti imposti da norme cogenti dell'ordinamento. 
Per quanto riguarda invece le limitazioni derivanti da l'apporti di diritto 
privato-o im:qoste con atti amministrativi particolad, non si pu� in sede di 
registrazione� dar rilevanza a limitazioni che sono astrattamente rimuovibili 
attraverso negozi di diritto privato, anche se richiedono il consenso non 
coercibile di altri soggetti, o l'esercizio di azioni giurisdizionali �pi� o 
meno aleatorie �. Su quest'ultimo punto deve rilevarsi che la decisione in 
definitiva trasferisce nella seconda fase (quella della verifica a costruzione 
eseguita) gran parte dei controlli sulla sussistenza dei presupposti dell'agevolazione. 
Non essendo possibile in sede di registrazione una valutazione 
della probabilit� di risultato positivo delle iniziative che l'interessato potr� 
prendere per rimuovere le limitazioni particolari dell'edificazione, si finisc~ 
col restringere quella prima fase di verifica dei presupposti dell'agevola




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1483 

toposta a vincoli destinati a garantire la funzionalit� dell'edificando 
fabbricato con la determinazione di allineamenti imposti nella licenza 
edilizia, di distanze legali e simili, nonch� a limitazioni stabilite a 
vantaggio di immobili contigui con servit� convenzionali. 

Orbene, fermo il principio che l'edificabilit� dell'intera area acquistata 
costituisce il presupposto per la concessione dei benefici fiscali 
di cui al citato art. 14 e che la norma contenuta nel capov�rso di detto 
articolo ( � sulla parte di suolo attigua ad fabbricato, � dovuta, a costruzione 
ultimata, l'ordinaria imposta . di registro ed ipotecaria �) non 
costituisce inte.grazione della nozione di edificabilit� ai fini della concessione 
dei benefici stessi ma contiene solo le condizioni per la conservazione 
di questi, nel senso che a costruzione ultimata tale atea 

�~deve risultare edificata per almeno un terzo (Cass. sent. cit.), deve 
rilevarsi che il sistema della legge Tupini � organizzato su una fase 
di appli�azione dei benefici in base alle. risultanze dell'atto negoziale 
sottoposto a registrazione e ,su una fase di verifica a costruzione ultimata 
o alla scadenza del termine per eseguirla; fasi logicamente collegate 
in relazione allo scopo che i benefici stabiliti in vista delle esigenze 
della costruzione sollecita di abitazioni non di lusso non siano utilizzati 
per atti che a tale esigenza non ri-spondano. � insito !in questo sistema 
il concetto che le questioni relative alla concr.eta edifi�abilit� di questa 

o di quella parte dell'area compravenduta come area edificabile e destinata 
dal compratore alla costruzione di case non di lusso, debbano 
essere risolte pi� che sul piano interpretativo del negozio su quello 
concreto ed effettuale della realt� obiettiva a costruzione ultimata, 
realt� che realizza la finalit� dei benefici tributari e ne determina esattamente 
l'applicazione. 
Concetto, questo, che e m un certo �senso connaturato a benefici 
fiscali che non sono ispirati solo ad uno stato di fatto o giuridico attuale 
di un bene (edificabilit� dell'area) bens� a tale 'stato considerato in 
funzione del risultato ulteriore che � possibile ottenere con un determinato 
impiego del bene in un'attivit� produttiva, risultato ulteriore e 
definitivo che l'ordinamento intende promuovere e favorire. 

zione. Ma in tal modo si fa diventare pressoch� normale l'applicazione del 
capoverso dell'art. 14 della legge n. 408, che invece nel sistema della legge 
costituisce piuttosfo un'eccezione. 

Deve inoltre rilevarsi che il principio sembra affermato nella decisione 
in via generale per ogni sorta di limitazione particolare all'edificabilit�, 
mentre il capoverso dell'art. 14 consente la liquidazione ritardata dell'imposta 
nor.male solo per � la parte del suolo ,attigua al fabbricato �. Ci� dovrebbe 
almeno giustificare l'esclusione dell'agevolazione al momento della 
registrazione quando per l'esistenza di limitazioni attuali (siano o no rimuovibili 
i;n futuro) non � possi<bile l'edificazione nemmeno sulla parte 
del suolo corrispondente a un terzo. 



1484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sicch� mentre la destinazione del bene alla determinata attivit� 
produttiva � anch'essa indispensabile presupposto dell'applicazione del 
beneficio tributario nella fase di valutazione dell'atto negoziale ai fini 
della registrazione, l'accertamento del reale e cqmpleto prodursi del 
risultato economico che Ja legge intende favorire rappresenta la condizione 
della definitiva spettanza del beneficio ed il crit~rio reale della 

misura di esso. 

In questa prospettiva di linee general,i dell'istituto in esame, che 
del resto si ricavano con una �certa chiarezza dalla legge Tupini, edificabilit� 
dell'area e destinazione di essa alla costruzione delle case di 
cui all'art. 13 della medesima legge sono dunque elementi inscindibili 
quale presupposto �.delle agevolazioni tributarie di cui al successivo 
art. 14. E questo rilievo porta ad una moderazione .interpretativa nella 
valutazione della edificabilit� dell'ar.ea, nel senso che nella detta fase 
di valutazione dell'atto negoziale di acquisto non � lecito� escludere 
l'edificabilit� dell'area in base a limiti giuridici esistenti al momento 
in cui l'atto � costituito se la destinazione alla costruzione possa essere 
comunque realizzata, senza violazione �di norme cogenti dell'ordinamento, 
anche se per tale realizzazione l'interessato .debba sperimentare 
il ricorso a mezzi negoziali che presuppongono l'accordo con altri 
sogg.etti o il ricorso a mezzi di tutela giurisdizionale pi� o meno aleatori, 
atti a rimuovere i limiti giuridici esistenti, salvo poi a verificare a 
costruzione eseguita o scaduto il termine �di legge per tale verifica se 

l'interessato sia in concreto riuscito a realizzare sull'area le costruzioni 

per le quali essa � stata acquistata. 

Nella fattispecie l'Ammini:strazione non s'� attenuta a tale criterio, 
ma ha inteso interpretare l'art. 14 della legge Tupini in senso restrittivo, 
intrinsecamente contrario sia alla ratio della norma, 1sia al sistema 
concreto di tassazione all'uopo �disposto dal .legislatore, dando pienamente 
rilievo allo stato giuridico dell'area al momento dell'acquisto, 
come se esso fosse in ogni caso cogente ed immutabile e fosse di conseguenza 
impeditivo in concreto della destinazione alla costruzione 
di case: il che non �, come s'� spiegato innanzi. 

La Corte d'Appello ha accertato infatti che i limiti relativi alla 

utilizzazione dell'intera area alla costruzione di case di abitazione erano 

suscettibili di eliminazione con l'impi.egp dei mezzi esistenti nell'or


dinamento e da questa valutazione, che non � oggetto �di censura riferita 

com'� ai soli vincoli negoziali o relativi a modalit� costruttive disposte 

nella licenza edilizia, rettamente la Corte medesima ha dedotto l'ille


gittimit� della pretesa della Finanza di escludere dai benefici della 

legge Tupi.ni le parti di area�� soggetti ai detti vincoli e di assoggettare 

l'atto di acquisto dell'area alla normale imposta di registro anche per 

queste parti. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1485 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1971, n. 2786 -Pres. Gia.n


nattasio -Est. Br!lncaccio -p. M. Antoci (diff.) -Vilardi (avv. Ca


valieri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Controversia 
di imposta -Opposizione all'esecuzione degli eredi del contribuente 
-Competenza del Tribunale erariale. 

(c.p.c. artt. 25, -615 e 619; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 7 e 8). 
Quando l'opposizione �. proposta dag:f,i eredi del contribuente, necessariamente 
si verte al di fuori dell'opposizione del terrzo di cui all'art. 
619 c.p.c., e di consegueinza la controversia ha per oggetto la pretesa 
esecutiva, cio� ii potere della Finanza veTso il soggetto� pa.8$ivo

' 

del tributo all'adempimento; tale controve'l'Slia � sempre devoluta alla 
competenia del Tribunale ove ha sede l'Avvocat'Ulra deiito Smto � noin 
con�ernendo l'esecuzione (1). > 

(Omissis). -L'istante lamenta che la competenza del Tribunale 
di Catanzaro sia stata affermata con erronea applicazi,one dell'art. 8 

r.d. 30 ottobre 1933 .n. 1611, che demanda la decisione delle controversie 
riguardanti le imposte, anche se insorte in sede �di esecuzione, a:l Tribuna!~ 
del luogo dove risiede �'ufficio' dell'Avvocatura dello Stato, nel 
cui distretto trovasi l'ufficio che ha liquidato l'im);>0sta, e in violazione 
dell'art. 7 dello stesso dicreto .che stabilisce che le norme ordinarie 
di competenza rimangono ferme, anche quando .sia in causa un'ammir 


nistrazione dello �Stato, fra l'altro, per i procedimenti esecutivi. Secondo 
l'istante la prima norma deroga alla seconda solo rper le controversie 
che abbiano come sog.getti 1'Amministrazione finanziaria e il contribuente; 
ma nella specie essa istante doveva considerarsi una persona 
terza risp~tto al rapporto tributaPio, che era intercO'l'so fra la detta 
Amministrazione, da una parte, e l'appaltatore Dattilo Francesco e il 
Comune di Locri dall'altra; come tale essa aveva proposto un'azione 
rivolta a sottrarre beni dL una propriet� all'esecuzione iniziata dal 
Fisco per. r�alizzare la pretesa. oggetto �di quel rapporto, azione che 
doveva essere definita opposizione di terzo ai sensi dell'art. 619 c.p.c. : 

(1) Decisione da con,dividere pienamente. Sull'ampi�zza della controversia 
di imposta che si instauri fra i soggetti del rapporto tributario 
v. Relazione Avv. Stato 1966-70, II, 531. Importante � la seconda parte della 
sentenza nella quale si nega ai fini che interessano ogni distinzione tra 
debitore e responsabile dell'imposta. Premesso che nel caso non veniva in 
questione la figura tipica del responsabile di imposta, si � giustamente 
affermato che la distinzione va posta soltanto tra terzo opponente e debitore 
opponente (artt. 615 e 619 c.p.c.); se infatti l'opponente non pu� conte

1486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questa definizione dell'azione implicava che si doveva dichiarare la 
competenza del T.ribunale di Reggio Calabria, a cui spettava la decisione 
della controversia in applicazione della citata norma dell'art. 7 
del r.d. del 1933. 

Il P. M. sostanzialmente aderisce a questa tesi. 
La decisione sull'istanza di regolamento di competenza richiede 
che sia esattamente qualificata l'azione proposta dalla Villardi. 

� appena il caso di avvertire che all'uopo non ha rilevanza la definizione 
che a codesta azione la parte ha ritenuto di dare; la qualificazione 
�giuridica della domanda � un potere-dovere del giudice, che 
non sarebbe concepibile vincolare all'apprezzamento della parte senza 
incidere sull'esercizio stesso della sua funzione istituzionale. Peraltro 
essa va operata nella base dei fatti dedotti dalla parte e del concreto 
risultato giuridico che questa si propone di ottenere. 

Dai fatti esposti dalla Vilardi nell'atto introduttivo del giudizio e 
dal risultato a cui ess� tende emerge palesemente che la sua domanda, 
ancorch� da lei qualificata opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., non 
integra gli estremi dell'istituto contemplato in questa norma, ma si 
configura come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. 

L'opposizione di terzo prevista dall'art. 619 c.p.c. �. caratterizzata 
dal presupposto che non si controverta sull'estraneit� dell'opponente 
al rapporto esecutivo. In questo tipo di azione, pacifica l'estraneit� del 
terzo a codesto rapporto, � in discussione solo un diritto reale del 
medesimo sul bene pignorato, al fine di sottrarre questo a:ll'esecuzione 
nei limiti del diritto vantato. Ove il riconoscimento di un tale diritto 
venga chiesto non da terzo estraneo al rapporto esecutivo, ma dal soggetto 
passivo di questo, la lite non ha in realt� ad oggetto il riconoscimento 
di quel diritto, ma la legittimit� �l.ell'esE;iCuzione. Invero la domanda 
proposta dail'esecutato per ottenere la liberazione del suo bene 
dal vincolo esecutivo non ha nessun significato giuridico, se non la 
si intende come diretta ad escludere la fondatezza della pretesa esecutiva, 
perch�, fino a che questa rimane integra, la liberazione del bene 
non � giuridicamente concepibile. 

La Vilardi rappresenta una situazione di fatto c;aratterizzata dalla 
pendenza di una procedura �esecutiva _nei suoi riguardi per un debito 

stare la sussistenza del debito di imposta (caso del terzo proprietario del 
bene gravato da privilegio speciale e del contribuente di fatto) si resta 
necessariamente nei limiti di una controversia civile attinente alla esecuzione 
.su determinati beni; ma �se l'opponente o come successore a titolo 
universale .del contribuente o come sostituto di imposta o come responsabile 
di imposta (in senso tecnico) � abilitato a contestare il fondamento della 
pretesa triibutaria (e, in sede di opposizione, il fondamento dell'azione 
esecutiva), non pu� certo dirsi che l'opponente � sia estraneo al rapporto 
esecutivo�. 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

del marito e dalla contestazione della sua responsabilit� per codesto 
debito, e sulla base di questa situazione di fatto essa chiede la liberazione 
dei suoi beni caduti in quella procedura: quale che sia stata la 
forma della impostazione da lei data alla domanda, questa, per quanto 
ora si � osservato in termini di principi, non pu� essere intesa che 
come rivolta a negare i:l titolo che sorregge il rapporto esecutivo, perch� 
la caducazione di codesto titolo � il presupposto indi�spens:abile per la 
sottrazione delle cose staggite alla loro destinazione al soddisfacimento 
delle ragioni di chi di esso si avvale in quella procedura. Intesa la 
domanda in questi termini, resta dimostrato che essa va qualificata 
non come opposizione id terzo, ma come opposizione all'esecuzione. 

Da tale qualificazione consegue che la competenza territoriale a 
decidere la causa deve essere determinata in base all'art. 8 e non 
all'art. 7 del r.d. del 1933 n. 1611, perch� ricorre il caso, previsto dalla 
prima norma, di controvers!a tributaria insorta in sede di esecuzione. 

Ad escludere l'applicazione di codesta norma, per affermare quella 
.dell'altra che rinvia alle regole generali sulla competenza, non si :potrebbe 
pervenire accogliendo la tesi a cui accennano la ricorrente e il 

P. M., s�enza peraltro svilupparla, secondo la quale, in linea di principio, 
controversia tributaria, ai sensi del citato art. 8, � solo quella in cui 
nel soggetto passivo del rapporto in contestazione confluisca la duplice 
qualit� di debitore di imposta e di responsabile per il pagamento di 
essa, e non quella in cui tale soggetto, come sarebbe nella specie, rivesta 
solo la seconda qualit�. 
N � la lettera n� la ratio della norma ne giustificano questa interpretazione 
restrittiva: non la prima, poich� il generico rilerimento alle 

� controversie giudiziali riguardanti le tasse e sovratasse � -per ripetere 
testualmente le espressioni adottate dal legislatore -non contiene 
nessun .indizio da cui si possa desumere che si sia voluto assegnare 
rilevanza alla distinzione fra debito e responsabilit� nel rapporto tributario 
per escludere dall'ambito di quelle controversie le liti riguardanti 
i soggetti responsabili per altrui debiti di imposta; non la seconda, 
perch�, in conformit� di quanto ritenuto da questa Corte Suprema, in 
altra occasione (sentenza n. 1704 del 4 (luglio 1962), devesi affermare che 
la norma ha il suo fondamento nella specifica procedura che si instaura 
presso l'amministrazione quando un ufficio di questa provveda a . ~a 
liquidazione di imposta; siffatta proc�edura comporta un collegamento 
territoriale fra l'amministrazione finanziaria e l'Avvocatura dello Stato 
che giustifica il collegarsi al medesimo luogo pure del foro erariale: 
questa ragione non fa conto alcuno della situazione del soggetto passivo 
del rapporto tributario e ricorre, quindi, anche se questi � solo responsabile 
del debito di imposta e non anche esso �stesso debitore. 
In applicazione del citato art. 8, competente a decidere la controversie 
in esame risulta essere il Tribunale di Catanzaro. -(Omissis). 


1488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 11 ottobre 1971, n. 2829 -Pres. 
Stella Richter -Est. Mirabelli -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Tarin) c. Coop. Proprietari Lavandai. 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Commissioni tributarie 
-Competenza -Sezione speciale per l'imposta di negoziazione 
della Commissione provinciale -Competenza per la sola 
valutazione -Decisione su questioni-di diritto -Ricorso alla Commissione 
Centrale -Inammissibilit�. 

La sezione speciale per l'imposta di negoziazione detia Commissione 
provinciale � competente a decidetre soltanto questioni di valutazione; 
se peraltro essa decide su questioni di diritto, ta relativa decisione non 
� impugnabile innanzi aita Commissione CentJrale, e div~ta inoppugnabile 
se ccmtro di �ssa non viene proposto ricorso per Cassazione o 
azione ordinaria (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione 
denuncia la violazione e falsa applicazione' degli artt. 9, 10 e 17 del 

r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975, degli artt. 1 e 4 del d.1.1. 25 maggio 
1945, n. 301, e �dell'art. 27 della 1. 6 agosto 1954, n. �603, a sensi del(
1) � stato ormai chiarito che la �sezione .speciale per la imposta di 
negoziazione della Commissione provinciale � sotto ogni profilo una Commissione 
per la 'valutazione ohe pronuncia in seconda istanza decisioni 
definitive .soggette soltanto a ricorso per Cassazione e all'impugnazione di 
legittimit� innanzi al Tribunale per difetto di calcolo e errore di apprezza~
ento (Cass. 25 maggio 1971, n. 1537, in questa Rassegna, 1971, I, la93 che 
ha anche chiarito che il ricorso, .inammissibile alla Commissione Centrale 
non pu� essere utile nemmeno per salvare il termine); numerosissime sono 
poi le decisioni che escludono in ogni caso che la Commissione Centrale 
possa essere adita in terza istanza, anche se solo per questioni di vizi del 
procedimento o di competenza della Commissione (v. Relazione Avv. Stato, 
1966-70, II, 497). Deve rilevarsi una imprecisione nella decisione in Rarsegna 
ove si afferma che l'incompetenza della decisione che abbia pronunciato 
su questioni di diritto pu� essere dedotta, oltre che con ricorso per 
Cassazione, �con ricorso ordinario davanti l'Autorit� Giudiziaria�. Se con 
ci� si intende riferirsi all'impugnazione ex art. 29 terzo comma del r.d. 
7 agosto 1936, n. 1639, bisogna rilevare che in quella sede non pu� essere 
denunciata l'incompetenza della Commissione (Cass. Sez. Un. 20 luglio 
1971, n. 2364, in �questo fascicolo pag. 1439); se invece, come sembra pi� ragionevole, 
si � inteso far riferimento all'azione ordinaria proposta in via 
autonoma (e non in grado di impugnazione) � necessario �rilevare che tale 
azione pu� essere bensl proposta per far decidere nel merito la questione 
di diritto (mentre non pu� esserlo, ovviamente, per la parte che concerne 
la valutazione), ma non mai per far dichiarare l'incompetenza � della 
Commissione. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1489 

l'art. 111 della Costituzione e dell'art. 360, nn. �2 e 3, cod. proc. civ., 
deducendo �Che la Sezione speciale imposte di negoziazione dell~ Commissione 
Provinciale delle Imposte, di cui all'art. 1 del d.1.1. 25 maggio 
1945, n. 301, l:a cui �competenza � stata mantenuta ferma dalla 

1. 6 agosto 1954, n. 603, � un organo giurisdizionale al quale � stata 
attribuita la specifica competenza a decidere; in via esclusiva e definitiva, 
le �controversie relative alla determinazione del valore dei titoli, 
e non anche quella di decidere su questioni attinenti alla tassabilit� dei 
medesimi, e che quindi, poich� nel caso in esame � incontestabile che 
:la questione risolta riguardava la tassabilit� e non la va~utazione, � 
indubbio che la Sezione speciale abbia giudicato su materia sottratta 
alla sua competenza; ma �che, per�, per la natura definitiva delle decisioni 
di tale Sezione deve essere ritenuto che �sia da escludere l'impugnabilit� 
delle decisioni della stessa alla Commissione Centrale. 
L'Amministrazione ricorrente sostiene, quindi, che ila Commissione 
Centrale, prendendo in 'esame il ricorso avverso la decisione deUa 
Sezione speciale della Commissione provinciale ha giudicato fuori dell'ambito 
della sua competenza giurisdizionale, ,e chiede che la decisione 
di questa 1sia cassata senza rinvio, petch� emessa da organo carente di 
giurisdizione; la Commissione Centrale sarebbe stata competente, in-

L'azione ordinaria, infatti, pu� essere esperita per riproporre ex novo 
ed in via autonoma una questione di diritto comunque decisa da una commissione 
('cQmpetente e non), ma non per denunciare i vizi del procedimento, 
fra i quali va ricompresa l'incompetenza, innanzi alle Commissioni. 
Ne consegue che il Giudice ordinario decide �definitivamente nel merito 
la questione di diritto sulla quale ha la giurisdizione e ci� esclude assolutamente 
che possa tornarsi innanzi alle Commissioni; ulteriore conseguenza 
� che se la questione di diritto decisa dalla Commissione di valutazione � 
pregiudiziale alla valutazione, essa non pu� essere utilmente portata alla 
cognizione del giudice ordinario che non potrebbe mai conoscere della 
valutazione, se adito in via autonoma, e non potrebbe spaziare oltre i limiti 
del difetto di calcolo e dell'errore di apprezzamento se adito in grado di 
impugnazione (sent. 20 luglio 1971, n. 2364 gi� citata). 

Riassumendo quindi si deve ritenere che allorch� la -Commissione provinciale 
di valutazione abbia deciso senza essere competente una questione 
di diritto, il solo rimedio esperibile � il ricorso per Cassazione; ove questo 
non sia stato interposto, pu� essere adito il Tribunale con azione autonoma 
soltanto se l� questione di. diritto sia separabile da quella di valutazione 
si che possa essere decisa definitivamente nel merito dal giudice ordinario; 
se invece la questione di diritto � pregiudiziale alla valutazione e in essa 
si assorbe non � pi� deducibile innanzi all'A.G.D. n� in via autonoma, 
perch� .sarebbe impossibile (oltre che inutile) decidere una questione pregiudiziale 
lasciando invariata la decisione conclusiva di valutazione n� in 
via di impugnazione ex art. 29 terzo comma, perch� in �questa sede non 
potrebbe denunciarsi n� l'incompetenza della Commissione n, la violazione 
di legge. Sull'argomento v. anche Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 515 e 
segg., 539. 



1490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fatti, solo se il ricorso della contribuente fosse stato deciso in primo 
grado dalla sezione diritto della Commissione provinciale delle imposte 
di Milano. 

Il ricorso dell'Amministrazione � fondato. 

La questione � stata gi� ripetutamente risolta nel senso sostenuto 
dall'Amministrazione ricorrente da queste Sezioni Unite (sentt. 18 ottobre 
1961, n. 2225; 3 maggio 1962, n. 858; 26 febbraio 1963, n. 471; 
12 luglio 1966, n. 1848), le quali hanno dedotto dalla definitivit� delle 
decisioni della Sezione speciale la preclusione del ricorso alla Commissione 
Centrale; e tale preclusione sussiste anche quando la Sezione 
speciale, anzich� decidere su questione di sua competenza e .in grado 
di appello sulla valutazione del Comitato Agenti di cambio, a sensi 
delle norme suindicate, abbia deciso, in primo grado, una questione di 
diritto, giacch� l'avere valicato i limiti delle proprie attribm;joni costituisce 
un vizio che potrebbe essere fatto valere con la 'proposizione di 
ricorso ordinario din�nzi all'autorit� giudiziaria o di ricorso di legittimit�, 
a sensi �dell'art. 111 della Costituzione, ma che non pu� formare 
oggetto di ricOO'so alla Commissione Centrale. 

Ad inficiare tale conclusione non sono sufficienti le argomentazioni 
addotte dalla Cpoperativa resistente. N�, infatti, pu� essere accolta' la 
tesi della non impugnabilit� delle decisioni delle Commissioni tributarie 
a sensi dell'art. 111 della Costituzione,� eh~ contrasta con i principi 
costantemente affermati da questa Corte; n� pu� darsi rilevanza all'osservazione 
che, una volta riconosciuto che il contenuto della decisione 
consista nella soJ.uzione di una questione di ,diritto si debba ammetterne 
�1a ricorribilit� alla Commissione Centrale, in quanto la competenza 
giurisdizionale di questa � esclusa nei confronti di pronunce cui 
la legge attribuisce il carattere della definitivit�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 ottobre 1971, n. 2847 -Pres. Caporaso 
-Est. Pascasio -P. M. Gentile (conf.). -Mini!?tero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Soc. Snia Viscosa (avv. Andrioli). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Ricorso 
alla Commissione Centrale -Motivazione -Esposizione 
del fatto -Necessit�. 

Il ricorso alla Commissione Centrale � un gravame limitato ad 
ipotesi dalla legge tassativamente previste, che si concreta in un iudicium 
rescindens il cui oggetto � costituito dal riscontro di e1�rori tf:pi.ci; 
conseguentemente il ricorso alla Commissione Centrale deve contenere 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1491 

' 
a pena di nuitit� l'esposizione del fatto che ha funzione di necessario 
presupposto per l'esame delle questioni di diritto e deila logicit� della 
motivazione (1). 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione 
degli artt. 38, 45, 46, 47 e 48 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 in 
relazione all'art. 156 c.p.c., �sostiene che l'esposizione dei fatti nel ricorso 
proposto .all~ Commissione centrale delle imposte non � prescritta a 
pena di inammissibilit� e che questa non pu� essere dichiarata se come 
nel caso si sarebbe verificato -i motivi dedotti �consentano di 
individuare i vizi di attivit� e �di giudizio denunciati. 

La censura non � fondata. 

Infatti, l'art. 46 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 �statuisce che, nei 
casi ammessi dalla legge, debbono, nei ricorsi alla Commissione centrale, 
essere esposti i fatti, l~ questioni ed i capi della decisione impugnata, 
indicando gli articoli di legge o di regolamento che si affermano 
violati o erroneamente applicati. 

La norma va coordin�ta con quella del .precedente art. 11:5, secondo 
la quale il contribuente o l'Ufficio possono ricorrere alla Commissione 
centrale nei casi ammessi dalle singole leggi di imposta �; e con l'articolo 
48, ottavo comma, secondo il quale � quando la Commissione 
centrale rinvia una controversia alla Commissione provinciale per 
nuovo giudizio, questo deve essere emesso da una sezione competente, 
diversa .da quella che ha adottata la decisione annullata�. 

Dal coordinamento di queste disposizioni, nel loro rapporto (al 
pari delle altre che �disciplinano il processo .innanzi le commissioni 
tributarie) di legge speciale rispetto alla legge generale, costituita dagli 
articoli del codice di .procedura civile che disciplinano il processo ordinario, 
si trae che il ricorso alla Commissione centrale delle imposte 
� strutturato non gi� come un gravame illimitato, bensl come un gravame 
limitato ad ipotesi dalla legge tassativamente .previste, con procedimento 
nettamente configurato come iudicium rescinde'Tl!S il cui oggetto 
� fornito dal riscontro di alcuni errori tipici che, a loro volta, debbono 
essere specificati, a! fine di sollecitare dalla CQmmissione quella renovatio 
istantiae ch'essa ha facolt� �di rimettere ad altra sezione della 
Commissione provinciale che ha giudicato. 

(1) Sulla motivazione dei ricorsi alle Commissioni v. Relazione Avv. 
Stato 1966-1970, II, 502 e segg.; mentre si ritiene �sufficiente una motivazione 
assai succinta per i ricorsi alle Commissioni distrettuale e provinciale, notevole 
� invece il rigore che si richiede per la motivazione dei ricorsi alla 
Centrale. 
Meno ricca � la giurisprudenza sulla pi� ristretta ipotesi in cui il difetto 
di motivazione concerne l'esposizione del fatto. 



1492 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Consegue che la Commissione Centrale eome gi� altra volta questa 
Corte Suprema ha puntualizzato (Sez. Un., sent. 20 febbraio 1969, 

n. 565) � competente a conoscere: a) delle questioni di diritto; b) delle 
questioni di fatto che, connesse con le questioni di diritto, costituiscono 
presupposti strumentali indispensabili per l'applicazione della legge; 
e) dei _vizi logiei che infirmano la motivazione in fatto della decisione 
impugnata. 
L'esposizione del fatto ha dunque la sua funzione di necessario p:�esupposto 
rispetto alle questioni di diritto o di strumento di controllo 
della logicit� della motivazione, per cui costituisce requisito essenziale 
la cui mancanza, pur non essendo specificamente sanzionata dalla legge 
speciale, trova, tuttavia, la sua sanzione nel regime delle nullit� ed � 
in quello delle impugnazioni regolato dal codice di procedura civile, 
il quale, in relazione alla natura dell'atto di cui la ilegge prescrive obbligatoriamente 
il cont~uto, statuisce la nullit� quando esso manca dei 
requisiti formali per il raggiungimento del suo scopo (art. 156, secondo 
comma, c.p.c.). E la nullit� � causa prevista di inammissibilit� del 
gravame mquanto lo stesso rapporto processuale che si sarebbe dovuto 
costiiuire per effetto della dichiarazione di impugnazione, � :in realt� 
insussistente (artt. 360, n. 4, 398 c.p.c., 201, 8� comma c.p.c. cfr. sent. 
644 del 1957 di questa Corte). 

Vero � che, secondo quanto ebbe a rilevarsi nella sentenza citata, 
la norma del citato 1:/-rt. 46 cosi precisata nell'oggetto, nella sanzione, 
nell'intrinseca sua natura, deve di certo esseve intevpretata con criterio 
funziO!Ilale, nel senso che l'esposizione �del fatto, delle questioni e dei 
capi della decisiooe contestata e la indicazione degli articoli di legge 

o di regolamento che si affermano violati o erroneamente applicati 
de~bono ritenett"Si necessarie per la individuazione del cosiddetto � merito 
dell'impugnazione �. Ma il fatto deve essere esposto e �gli articoli di 
legge che si assumono violati debbono essere ID.dicati come componenti 
di questioni concrete, atte ad identificare il principio di diritto applicabile 
alla fattispecie in esame. 
.Tali concrete questioni non �sono affatto poste dal ricorso proposto 
dall'Amministrazione alla Commissione centrale. 


� Quanto alla lett. a) �concernente gli interessi sui conti correnti di 
corrispondenza, manca ogni riferimento all� fattispecie, n� la semplice 
indicazione dell'art. 85 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 appare sufficiente 
sia alla enlinciazione della questione che si vorrebbe sollevare, sia alla 
idenrtificazio:ne del principio di diritto che si pretenderebbe fosse applicato; 
quanto alla lett. b), l'Ufficio denuncia l'eccessivit� di una detrazione 
ai sen�si dell'art. 84 del citato t.u. senza neppure indicare a 
quale provento essa sia riferita: analoghe deficienze si rilevano nelle 
lettere e), d) ed e) in relazione alla conversione di obbligazioni in a.zioni; .. 
per realizzo di riserve e per spese di gestioni di immobili senza precisare 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPR1JDENZA TRIBUTARIA 1493 

i presupposti di fatto, le questioni ed i vizi della pronuncia gravata. 
N� ad integrare tali gravi deficienze potevano valere successive deduzioni, 
presentate dalla Amministrazione ben oltre il termine stabilito 
per riconere. 

Consegue che esattamente la Commissione centrale ,ebbe a dichiarare 
l'inammissibilit� del ricorso, per cui il presente gravame deve 
essere rigettato siccome infondato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZ�ONE, Sez. Un. 4 dicembre 1971, n. 3521 -Pres. 
Scarpello -Est. Berri -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delfo Finanze 
(avv. .Stato Albi:Sinni) c. Banca Nazionale dell'Agricoltura 
(avv. Aleandri, Pepe, Visentini, Micheli). 

Imposta di ricchezza mobile. -Societ� ed enti tassabili in base a bilancio 
-Interessi passivi -Deducibilit� � -Criterio di proporzionalit� 
-Presunzione -� relativa e non assoluta. 

(1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 23; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 110). 
Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� inerenti alla porzione 
del reddito -Pagamento da parte dei soggetti tassabili in 
base a bilancio, delle aziende ed istituti di credito, dell'imposta 
di R. M., Cat. A, sugli interessi corrisposti ai reddituari e rinuncia 
�ll'esercizio dell'azione di rivalsa -Non � perdita -� spesa -Inerenza 
alla produzione del reddito -Non sussiste. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91, 99 e 127). 
L'art. 23, secondo coma, della l. 5 gennaio 1956, n. 1 (riprodotto 
nell'art. 110 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) pone, per l'esigenza di 
sempLificare l'accertqmento, una presunzione basata su cl.i un criterio 
di proporzionaUt�, secondo ii quale gli interess:i passivi corrisposti 
dalle Societ� ed Entii tassabili in base a bilancio smw deducibili dal 
red�ito di R.M. -Cat. B -per la parte corrispondente at rapporto tra 
l'ammcmtare dei ricavi lordi, che entrano a comporre it re�dito assoggevtabtile 
all'imposta di R.M., e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi 
lordi �eil contribuente. Tale presunzione n01J1, � assoluba, sibbene relativa. 
Se il c'l"iterio adottato, infatti, ha la sua region d'essere nella difficolt� 
�i operare la relativa distinzione, quando la difficolt� mamca, la norma 
non pu� espLicare efficacia. La presunzione, pertanto, non ha ragione di 
esistere allo'l'ch� vi � un obbligo all'acquisto e al possesso del cespite 
esentt? (b.t.o.) costituente cauzione (1). 

(1-2) Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza in 
rassegna �e con altre due portanti la stessa data (nn. 3522 e 3523, rese su 
ricorsi proposti da:\fa Banca Popolare di Teramo e di Citt� Sant'Angelo 



1494 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il pagamento deU'imposta di ricchezza mobile di Categoria A, 
effettuato dagli Istituti di Credito (sostituti di imposta) in Luogo dei 
Loro depositalnti (soggetti passivi di imposta) e per il qua>le i detti Istituti 
non esercitino la rivalsa ammessa daLl'art. 121 t.u. n. 645 dei 1958, 
non costituisce perdita. a.i sensi deil'art. 99 del detto t.u. Detto pagamento 
costituisce spesa in cons.iderazione del fatto che sui piano economico 
� indubbio che il pagamento di somma, pur a titolo di imposta. altrui, 
costituisce sempre una spesa riduttiva del capitale circolante di esercizio 
della banca. La quaiifica di perdita, attinente peroltro a.l conto 
patrimoniale pi� che al conto di gestione, potrebbe trarre attendibilit� 
dalla distinzione del momento di paga.mento della imposta da.l momento, 
successivo, d.i rinuncia all'esercizio del diritto al suo recupero 
nei confronti dei depositanti, effettivi debitori: ma tale distinzione appare 
fittizia, perch� il pagamento della imposta avv~ene col corntestuale 
intendimento od impegno deita. Banca (verso i clienti dep031,tanti) di 
non operare il recupero; qui trova fondamento la gid �fatta asserzione 
che si � in presenza di due momenti da ricondurre a.d u,nit�, perch� 
finaUsticamente coll.egati. La spesa, che gli Istituti di Credito� sostengono 
effettuando il paga.mento della imposta di R.M., Cat. A, sugli 
interessi corrisposti a.i depositanti seinza esercitare la rivalsa, non � 
inerente alla produzione del reddito, trattandosi di spesa volontaria 
che non ha aLcun nesso di causalit� diretta con la produzione del reddito 
stesso. La ragione unica del sorgere e del permanere di detta spesa, 
come posta passiva dei bilancio, � la rinuncia deila Banca. a. recuperarla 
dai depositanti, per ccm.to de.i quaLi, a. titolo di loro� imposta personale, 
� stata. corrisposta da.ila Bansa stessa all'era.rio. La volontariet� 

contro l'Amministrazione delle Finanze dello Stato per l'annullamento di 
due sentenze della Corte di ~pello de L'Aquila), si sono nuovamente occupate, 
confermando e ulteriormente precisando il proprio precedente giudizio 
(Sez. Un. 12 gennaio 1967, n. 125, in questa Rassegna, 1967, I, 644 
e segg.). della questione della detraibilit� o meno, dal reddito di impresa 
dei soggetti tassabili in base a bilancio e delle aziende ed Istituto di credito, 
delle somme, pagate per imposta di R.M. -Cat. A, sugli interessi e premi 
dovuti e per le quali non venga esercitata la rivalsa sui reddituari (art. 127 

t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). 
Dopo la citata sentenza delle Sez. Un. n. 125 del 1967, si riteneva che 

la questione fosse oramai definitivamente risolta. Senonch� prima la Com


missione Provinciale delle Imposte di Novara e poi la Commissione Cen


trale, quest'ultima giudicando a Sezioni Unite sul Ticorso proposto dall'Uf


ficio delle Imposte avverso la decisione della detta Commissione Provinciale, 

(in questa Rassegna, 1969, I, 926 e segg., con nota della Redazione), avevano 

ritenuto di potersi discostare dall'insegnamento della Corte Suprema. 

La decisione della Commissione Centrale a Sezioni Unite fu dichiarata 
giuridicamente inesistente dalla Corte di Cassazione, con la Sent. Sez. Un. 
9 ottobre 1969, n. 3235 (in questa Rassegna, loc. dt.), per la irregolare composizione 
del Collegio giudicante. Rinviata, quindi, il.a controversia, per 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149.5 

deila rinuncia non � esclusa dalle disposizioni contenute negli artt. 32, 
35 e 87 del r.d. 12 marzo 1936, n. 375, e 2 d.l.C.P.S. 17 lugiio 1947, 

n. 591, relativi alla disciplina del cartelLo bancario, n� dalla esistenza 
di accordi interbancari o da convenzioni intervenute, nella fO'l'ma pi� 
varia, tJra le banche e i depositanti, cio� da strumenti �e.n'aut.onomia 
negoziale, che, ancorch� leciti, non possono modificare le no-rme imperative 
che attuano la ripartizione dell'imposta di r.m. tra i vari soggetti. 
Anche, se le Banche sono vincolate a determinati tassi dii interessi passivi 
coitegati con la funzione del reperimento del risparmio, � vano 
ricercare in tutta la disciplina ora richiama1Ja una dispos.izione, avente 
il valore di legge sostanziale, che imponga <ti non esercitare la rivalsa 
prevista dail'art. 127 del t.u. n. 645 del 1958. 
(Omissis). -In sede di definizione bonaria del reddiito netto di 

R.M. cat. B, iper l'esercizio�� finanziario 1956 la societ� p. az. Banca 
Nazionale del:l'Agricoltura contest� la tassabilit� di L. 558.680.271, 
quale imposta di cat. A sugli interessi passivi e di L. 11.225.336, quale 
imposta sulle societ�; e contest� inoltre l'inclusione, tra i ricavi esenti 
che concorrono alla ripartizione degli interessi passivi, a 1I1orma dell'art. 
23 della legge 25 gennaio 1956, n. 1, degli interessi attivi sui 
Buoni del Tesoro ol'dinari depositati a norma �di legge presso la Banca 
d'Italia a garanzia del rapporto tra patrimonio e massa fiduciaria. 
Per la decisione in ordine alle riserve venne adita la Commissione 
distrettuale di Roma che, accogliendo .parzialmente il reclamo, ammise 
in detrazione l'imposta �di.categoria A �e l'imposta sulle societ�. 

nuovo giudizio, alla Commissione Centrale, non risulta che questa abbia 
su di essa nuovamente deciso. * 

Frattanto, la stessa Commissione Centrale, con numerose decisioni a 
Sezioni Semplici, tutte impugnate con ricorso in Cassazione o con azione 
giudiziaria innanzi ai competenti Tribunali, sulla scia della decisione numero 
99776 del 2 dicembre 1968 (in questa Rassegna, 1969, I, 947), resa 
a Sezioni Umte e dichiarata -come si � detto -giuridicamente inesistente 
dalla Corte di Cassazione, ha continuato ad affermare la detraibilit� 
dal reddito di R.M. -Cat. B, delle aziende ed Istituti di Credito, delle 
sopraindicate somme pagate per R.M. -Cat. A, sugli interessi dovuti e per 
le quali non venga esercitata la rivalsa. 

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza in rassegna e 
le altre due indicate, del tutto analoghe al:la prima nella motivazione, ha 
riconfermato il proprio orientamento giurisprudenziale, iniziatosi con la 
sentenza della Cassazione Romana 24 febbraio 1902 (in Foro It., 1902, I, 
col. 759) e rimasto immutato nelle �successive sentenze Sez. I, n. 3672 del 
24 novembre 1927 (in Riv. leg. fisc., 1928, 241), Sez. I, n. 1115 del 7 maggio 
1963 (in Giur. It., 1964, I, 1, col. 822) e Sez. Un. n. 125 del 12 gennaio 
1967, gi� citata, orientamento secondo il quale le somme pagate per R.M. -
Cat. A, sugli interessi dovuti e per le quali non venga esercitata la rivalsa 

17 



1496 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Su appello dell'Ufficio e della societ�, la Commissione provinciale 
di 'Roma in data 20 aprile 1964 in parziale riforma della dec~one di 
primo grado dichiar� indetraibile l'imposta sulle societ~, ma dichiar� 
la detraibilit� della imposta di r.m. cat: A corrisposta rogli interessi 
passivi, nonch� la detraibilit� degli interessi 'sui buoni del teso:ro ordinari. 
L'Ufficio delle Imposte propose ricorso alla Commissione Centrale, 
denunziando la violazione degli artt. 32 del t.u. 24 agosto 1877 e 23 della 
legge 5 gennaio 1956, n. 1. 

La Commissione Centrale, con decisione del 21 gennaio 1966, numero 
80757, Sez. I, in parziale accoglimento del ricorso dell'Ufficio�, 
ha a:nnu~lato la decisione impugnata per la parte relativa alla dichiarazione 
di detraibilit� �delle somme per imposta di r.m. cat. A, sugli interessi 
passivi corrisposti ai depositanti, �Confermandola nel resto. 

Avverso la decisione ha proposto ricorso l'Amnrlinistrazione Finanziaria. 
Resiste con controricorso la Banca Nazionale �della Agricoltura che 
ha proposto ricorso incidentale. 
Le parti hanno presentato memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

I due ricorsi devono essere riuniti sotto il numero di ruolo pi� 

antico n. 2649 del 1966. 

Con l'unico motivo del ricorso principale 1'Amministrazione delle 
finanze dello Stato ha denunciato violazione e fa:lsa applicazione dell'art. 
23 della legge 5 .gennaio 1956, n. 1, in relazione ai principi ed 

non costituiscono spesa inerente alla produzione del il'eddito soggetto alla 

imposta di R.M. -Cat. B, e non 'Sono, perci�, detraibili da tale reddito. 

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con ile dette sentenze 
nn. 3521, 3522 e e 3523, hanno, peraltro, escluso che la posta passiva di ..,. 
bilancio, rappresentata dal pagamento di imposta altrui, per la quale poi 
non si eserciti la rivalsa, costituisca una perdita, ai sensi dell'art. 99 del 
:t.u. del 1958, considerando: � ..... sul piano economi�o � indubbio che il 
pagamento di somma, pur a titolo di imposta altrui, costituisce sempre una 
spesa riduttiva del capitale circolante di esercizio della banca. 

La qualifica di perdita, attinente peraltro al conto patrimoniale pi� che 
al conto di gestione, potrebbe trarre attendibilit� dalla distinzione del momento 
di pagamento dell'imposta dal momf!nto, successivo, di rinuncia all'asercizio 
del diritto del suo recupero nei confronti dei depositanti, effettivi 
debitori; ma tale distinzione appare fittizia, perch� il pagamento d'imposta 
avviene col contestuale intendimento od impegno della Banca (verso i 
clienti depositanti) di non operare il recupero; qui trova fondamento la 
gi� fatta asserzione che si � in presenza di due mom�nti da ricondur'l'e ad 
unit�, perch� finatisticamente collegati �. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1497 

alle norme giuridiche in terna di interpretazione della legge (art. 12 
delle disposizioni �sulla legge generale); omessa, insufficiente, contraddittoria 
motivazione, ai sensi e per gU effetti dell'art. 360, nn. 3 e 5 
ood. proc. civ.. 

Assume l'amministrazione ricorrente �che, mettendo a raffronto 
con le precedenti norme abrogate (articoU 31 e 32 legge organica di 

r.m. del 24 agosto 1877, n. 4021, art. 55 del relativo regolamento 11 luglio 
1907, n. 560 e art. 15 della legge 8 giugno 1931, n. 1231) quella 
vigente dell'art. 23, secondo comma, della legge 5 g.ennaio 1956, n. 1, se 
ne dovrebbe dedurre che questa ultima disposizione avrebbe introdotto 
un �criterio di ripartizione, fondato su una presunziqne assoluta di proporzionalit�, 
degli interessi passivi tra redditi soggetti all'imposta di 
r.m. 
cat. B, crediti esenti e proventi non soggetti alla detta imposta. 
Precisa l'Amministrazione finanziaria che trattandosi ~i presunzione 
� jurls ed de jure � �dovrebbE)Si ritenere che fosse impedita ~ll'dnterprete 
qualsiasi deroga al nuovo criterio della proporzionalit� introdotta dalla 
norma. Ne darebbero valida conferma le fonti parlamentari (relazione 
della quarta Commissione permanente della Camera dei Deputati e 
relazione ministeriale). 
Osservano le Sezioni Unite che il motivo di l.'icorso non � fondato 
e che, per conseguenza, deve essere rigettato. 

La Commissione centrale ha fatto retta applicazione del citato 
art. 23 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (riprodotto nella sostanza nell'art. 
110 del t.u. imposte dirette del 1958, n. 645). 

Le Sezioni Unite h�nno cos� definito e chiuso quell'argomento introdotto 
con la sentenza n. 1115 del 7 maggio 1963 (v. in questa Rassegna, 1969, 
I, pag. 932, Nota della Redazione) della I Sez. del.fa Corte di Cassazione, la 
quale, dandosi carieo di �esaminare un altro profilo della questione, aveva 
affermato: �Se, poi, le Aziende e gli Istituti non esercitano tale diritto, il 
pagamento dell'imposta si risolve in un onere di esercizio qualificabile come 
perdita. 

Ora, mentre per le spese inerenti alla produzione del reddito, l'indagine 
diretta ad accertare tale inerenza, richiesta dalla legge come condizion 
necessaria per la loro detraibilit� dal reddito medesimo, si esaurisce di 
fronte alla constatazione dell'esistenza del rapporto di causalit� economica 
fra le spese e il reddito, per la perdita dovuta alla rinuncia al diritto di 
ottenere �n soddisfacimento di un credito, tale indagine si estende alla ricerca 
della volontariet� o meno della rinuncia, in quanto la somma di 
danaro, nella quale si sostanzia la perdita; � detraibile dal reddito soltanto 
nel caso che la rinuncia sia imposta da cause del tutto estranee alla volont� 
del creditore �. 

Le Sezioni Unite, infine, hanno risolto un'altra questione, che era stata 
aperta dalla sentenza della Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1291 (cfr. Nota della 
Redazione, in questa Rassegna, 1969, I, pag. 958 e segg,). Con .tale sentenza 
la Corte di Cassazione aveva annullato la decisione della Commissione Centale 
delle Imposte del 23 giugno 1965, resa su rinvio disposto dalla stessa 



1498 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La norma stabilisce che nei confronti delle societ� .gli interessi 
passivi sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare 
dei ricavi lordi, che entrano a comporre il reddito assoggettabile 
all'imposta di r.m., e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi 
lordi del contribuente. Quando, poi, siano incluse nei ricavi lordi, 
accanto alle entrate soggette all'imposta di r.m., anche entrate non sottoposte 
a tributo (tipico � il caso degli interessi attivi derivanti dai b.t.o., 
esenti per legge dall'imposta mobiliare), allora gli interessi passivi 
dovuti dal contribuente, in dipendenza di finanziamenti ottenuti dalla 
banca, possono essere detratti nella iproporzione sussistente tra l'amm001tare 
degli introiti lordi, riferentisi al reddito tassabile e l'ammontare 
complessivo, comprendente. anche le entrate esenti dall'imposta 

(cfr. secondo comma del citato art. 23). 

In questo modo la legge, per l'esigenza di semplificare l'ac.certamento, 
pone Un.a pre:Sunzione, basata sul richiamato criterio di proporzionalit�. 


Peraltro tale presunzione non � assoluta, sibbene relativa. Se il 
criterio adottato ha �a sua ragione d'essere nella difficolt� di operare la 
-relativa distinzione, � chiaro che qualtl.do la difficolt� manca, la norma 

non pu� esplicare efficacia. 

La presunzione pertanto, non ha ragion.e di esistere alJorch�, come 
nel caso, vi � un obbligo all'acquisto e al possesso del cespite esente 
(b.t.o.), costituente cauzione. 

Esattamente, quindi, la Commissione centrale ha rilevato che in 
tal caso � nulla vi � da presumere, in quanto il suo acquisto si concreta 
nell'adempimento di un obbligo di legge e, quindi, � nella stessa legge 
la prova che il capitale all'uopo investito non � servito a produrre un 
cespite tassabile �. 

Corte con la sentenza n. 1115 del 7 maggio 1963, osservando che la Commissione 
Centrale aveva trascurato di prendere in esame il fatto decisivo, dedotto 
dalla Banca .iJn memoria e concretantesi nella incidenza che sulla 
volontariet� o meno della rinunzia potevano avere le disposizioni contenute 
nel ir.d.1. 12 marzo 1936, n. 375, convertito nella legge 7 marzo 1938, n. 141 

(artt. 32, 35 e 87). 

Commentando, nella richiamata nota redazionale, la indicata sentenza 
della Corte di Cassazione n. 1291 del 1969, si � 1rilevato che tale sentenza si 
era ispirata ad. un eccessivo :rigorismo formale, in considerazione che, dato 
anche che sussistesse, nella decisione della Commissione Centrale, il difetto 
di motivazione attinente all'omesso esame che sulla volontarit� della rinuncia 
potessero avere le citate disposizioni della Legge Bancaria, poteva la 
stessa Corte, trattandosi di questione afferente alla interpretazione di norme 
di diritto e che non implicava, quindi, accertamenti e valutazioni di merito, 
integrare la motivazione, ai sensi �e in appUcazione dell'art. 384 c.p.c. 

Tale rilievo ha trovato integrale accoglimento nelle sentenze ch� si 
annotano; delle Sezioni Unite, le quali hanno rilevato: �Sulla vo




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1499 

La ricorrente contesta anche la validit� del richiamo, operato dalla 

C�missione centrale, alle circolari nn. 350860 e 352040 del 1957, so


stenendo. che le circolari st~e si applicano solo ai casi delle cauzioni 

costituite per l'autorizzazione o il mandato ad emettere assegni circo


lari o al caso dell'investimento di titoli azionari, nella misura minima 

del 60 % del valore dei cespiti per le societ� finanziarie,. iscritte nel


l'apposito albo. L'assunto della ricori~nte non � fondato, perch� la 

ragione delle citate circolari � quella di porre in evidenza la � ratio 

legis �, che pu� essere individuata nella regola secondo cui, allorch� 

una norma di legge impone un investimento in titoli di Stato e questi 

siano costituiti in cauzione, non trova applicazione il disposto del 

secondo comma dell'art. 23 della citata legge del 1956. I capitali uti


lizzati per siffatto scopo non sono stati impiegati dalla banca nella 

produzione di redditi tassabili. 

Ne coosegue che il ricorso principale deve essere rigettato.. 

Occorre ora passare all'esame del motivo di ricorso in�identale 

della Banca Nazionale dell'Agricoltura. 

La questione che viene proposta alle Sezioni Unite pu� cosi rias


sumersi sulla base dell'enunciaziooe del motivo di ricorso incidentale 

della Banca: la decisione impugnata ha ritenuto che nella determi


naziooe del reddito imponibile ai fini dell'applicazione dell'imposta di 

ricchezza mobile cat. B non siano detraibili le somme che le banche 

devono all'erario per l'imposta di ricchezza mobile cat. A sugli interessi 

da esse corrisposti, aventi natura di redditi da capitale, per le quali, 

per uso o per obbligo contrattuale assunto nei confronti dei depositanti 

�che percepiscono gli interessi, non esercitano la rivalsa; cosi pronunciando 
� incorsa nell'omissione dell'esame di un punto decisivo della 
controversia prospettato dalla parte per avere ritenuto irrilevante l'esistenza 
e la prova di detto obbligo della Banca nei confronti dei depolontariet� 
della rinuncia, invero, non pu� sorgere alcun dubbio proprio 

tenuto conto di quella legislazione bancaria, che la ricorrente invoca a suo 

favore, e cio� degli artt. 32, 35 e 87 r.d. 12 marzo 1936, n. 375 e 2 d.l.c.p.s. 

17 luglio 1947, n. 591, relativi alla disciplina del cartello bancario. Che 

il cartello bancario debba essere rispettatOI dagli Istituti di credito � un 

dato pacifico. Fin dal 1937 i1 Comitato interministeriale per il credito e il 

risparmio si � pronunciato in tal senso con deliberazioni annualmente prese 

e pubblicate sul bollettino della Banca d'Italia, a cui � stato attribuito il 

potere di intervenire affinch� sia mantenuto l'equilibrio fra i diversi set


tori in conformit� alle direttive impartite. 

Pu� senz'altro ammettersi che le banche, pertanto, siano praticamente 

vincolate a determinati tassi d'interesse passivi collegati con la funzione del 

reperimento del risparmio, ma vano � ricercare in tutta la disciplina ora 

richiamata una disposizione, avente il valore di iegge sostanziale, che im


ponga di non esercitare la rivalsa prevista dall'art. 127 del T.U. pi� volte 

richiamato �. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sitanti (violazione art. 360, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.; art. 15 del t.u. 
24 agosto 1877, n. 4021, ora art. 127 del t.u. delle imposte dirette approvato 
con d.p. 29 gennaio 1958, n. 64�5; artt. 91, 105 del t.u. delle 
imposte �dirette e gli articoli ad essi corrispondenti delle norme precedenti; 
artt. 1322, 1340, 1341, 1342, 1377 e 1374 cod. civ.). 

La questione � stata definita in �senso contrario al ricorso, cio� 
conformemente alla decisione impugnata, dalla sentenza 12 gennaio 
1~67, n. 125 delle Sezioni Unite, che ha affermato il principio secondo 
cui il pagamento dell'imposta di ricchezza mobile di �categoria A, effettuato 
dagli istituti di. credito (sostituti d'imposta) in luogo dei loro 
depositanti (soggetti passivi di imposta) sugli interessi da questi ultimi 
percepiti non costituisce n� una spesa, n� una perdita ineren~e alla 
produzione del reddito di �Categoria B, proprio degli istituti medesimi 
e non �, quindi, detraibile nella determinazione del reddito stesso, neanche 
nel caso in cui .glt istituti non esercitano la rivalsa, ammessa dall'art. 
127 t.u. n. 645 del 1958, nei confronti dei depositanti. Sussistono 
anche due sentenze della prima sezione sostanzialmente conformi 'a 
quella delle Sezioni Unite, nel senso cio� della non detraibilit�, sia 
pure con motivi parzialmente diversi, e �sono la sentenza 7 maggio 1963 

n. 1115 e la sentenza 23 aprile 1969, n. 1291 che vanno considerate 
collegate in quanto emesse in una stessa vicenda �processuale. Dette due 
sentenze hanno considerato che il pag.llmento dell'imposta di r.m. cat. A, 
quando non sia seguito dall'esercizio della rivalsa, si risolve in un onere 
di esercizio qualificabile come .perdita, e che per.tanto tale perdita sarebbe 
detraibile dal reddito soltanto nel caso in cui la :rinuncia dipendesse 
da cause del tutto estranee alla vol�nt� del debitore. 
Limitandosi cosi al richiamo della giurisprudenza �di questa Corte 
in materia su �controversie riguardanti la legislazione vigente, giurisprudenza 
che del resto si pone sulle linee gi� tracciate da due antiche 
sentenze (24 febbraio 1902, in Foro it. 1902, I, 759 e 24 novembre 1927 

n. 3672, in Riv. legisl. fisc. 1928,.241) sulla base della legislazione anteriore 
in questioni affini, devono le Sezioni Unite stabilire se le ragiOtni 
ora svolte, con ampiezza di argomentazioni e sostenute da favorevoli 
contributi dottrinali di notevole ampiezza, siano tali da determinare un 
mutamento di .giurisprudenza. Il che comporta uin riesame .funditus di 
tutte le questioni alla� luce delle argomentazioni critiche svolte, sia 
pure nei limiti di concisione richiesti da una pronuncia giudiziale (articoli 
132 n. 4 c.p.c.). 
L'indagine deve, cio�, stabilire se si sia in �presenza di spesa o 
passivit� iner~te alla .produzione del reddito (di cat. B) ai sensi dell'art. 
91 �del t.u. n. 645 del 1958, come tale detraibile dal reddito lordo, 
tenuto presente anche l'art. 99 dello stesso t.u. 

Innanzitutto va precisato �Che una prima incertezza � rilevabile nel 
ricorso e nelle memorie della Banca, :nella parte relativa a quale dei 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

due distinti momenti (pagamento dell'imposta di cat. A quale sostituto 
ex lege dei reddituari, mancato esercizio della rivalsa) vada riferito il 
concetto di spesa o di perdita. Infatti ora ci si sofferma sul pagamento 
dell'Jmposta di r.m. di.cat. A, ora si fa iperno sulla mancata rivalsa, 
ed � chiaro �che se i due momenti sono ~enuti distinti, la qualificazione 
giuridica � ancor pi� difficile. Ri.tengono esatto le Sezioni Unite ricondurre 
ad unit� i due momenti, prendendo in considerazione il pagamento 
dell'imposta di r.m. di cat. A sugli interessi dei capitali depositati 
effettuato dalla Banca quale sostituto d'imposta dei reddituari 
con l'intendimento di non esercitare la rivalsa verso di essi. 

L'esattezza .di questa impostazione � fondata sui presupposti di 
fatto della controversia: la banca, nel suo bilancio, inc:luse tra le poste 
passive le somme sopraindicate .pagate all'.erario a norma -dell'art. 127, 
terzo �comma, t.u. n. 645 del 1958; l'Ufficio a norma dell'art. 119, i11 
sede di accertament.o dei redtliti di r.m. cat. B, recuper�, ai fini fi.sCali, 
le predette .somme, ritenendo che la rinuncia per esse al:l'esercizio della 
facolt� di rivalsa spettante alla banca, a norma dello stesso art. 127, 
non giustificava la loro detraibilit� dai �ricavi lordi per determinare un 
minor reddito imponibile fiscale; la banca contest� la legittimit� del 
recupero assumendo, come � fatto valere nel ricorso, �che l'imputazione 
al passivo del bilancio della somma pagata per conto dei depositanti e 

' 

a �costoro non richiesta in rivalsa, al fine di concedere ad essi un ulteriore 
vantaggio economico, � giustificata dal carattere di inerenza della 
mancata rivalsa alla produzione del reddito di cat. B. 

,Tanto premesso, devesi stabilire a questo punto se la posta passiva 
del bilancio, rappresentata dal pagamento d'imposta altrui costituisca 
una spesa ovvero una perdita, rispettivamente a norma degli artt. 91 
e 99 del t.u. del 1958. 

Le Sezioni Unite sono per la prima alternativa, conforme del resto 
alla tesi della ricorrente, in considerazione del fatto che sul piano economico 
� indubbio che il pag:;i.mento di somma, pur a titolo di imposta 
altrui, costituisce sempre una spesa riduttiva del capitale circolante di 
esercizio della banca. 

La qualifica di perdita, attinente peraltro al conto patrimoniale 
pi� che al conto di gestione, potrebbe trarre attendibilit� dalla distinzione 
del momento di pagamento dell'imposta dal momento, successivo, 
di rinuncia all'esercizio del diritto al suo recupero nei confronti dei 
depositanti, �effettivi debitori: ma tale distinzione appare fittizia, perch� 
il pagamento d'imposta avviene col contestuale intendimento od impegno 
della Banca (verso i clienti depositanti) di non operarne il recupero; 
qui trova fondamento la gi� fatta asserzione che si � in presenza 
di due momenti da ricondurre ad unit�, perch� finalisticamente collegati. 



1502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Occorre ora stabilire, ai fini della contestata detraibilit�, se trattasi 
di spesa iner-ente alla produzione del reddito di r.m. di cat. B, :tenendo 
presente quell'evoluzione del concetto �di inerenza che, come rileva la 
banca, si � andata affermando dai! 1887 ad oggi. 

Osservano le Sezioni Unite che la ragione unica del sorgere e permanere 
di detta spesa, come posta passiva di bilancio, � la rinuncia 
della banca a recuperarla dai depositanti, per conto dei quali, a titolo 
di lO'I"o imposta personale, � stata corrisposta dalla banca stessa all'erario; 


Ora detta rinuncia � da ritenere volontaria. 

Sulla volontariet� della rinuncia, invero, non pu� sorgere alcun 
dubbio proprio tenuto conto di quella legislazione bancaria, che la ricorrente 
invoca a suo favore, e cio� degli articoli 32, 36 e 87 r.d. 12 
:rparzo 1936, n. 375 e 2 d.l.c.p.s. 17 luglio 1947, n. 591 relativi alla disciplina 
del cartello bancario. Che il cartello bancario debba essere rispettato 
dagli istituti di credito � un dato pacifico. Fin dal 1937 il Comitato 
intermmisteriale per il credito e il risparmio si � pronunciato in tal 
senso con deliberazioni annualmente prese e pubblicate sul bollettino 
della Banca d'Italia, a cui � stato attribuito il potere di intervenire 
affinch� sia mantenuto l'equilibrio fra i diversi settori in .conformit� 
alle direttive impartite. 

Pu� senz'altro ammettersi che le banche, pertanto, siano praticamente 
vincolate � determinati tassi d'interesse passivi collegati con 
la funzione del reperimento del ri�sparmio, ma vano � ricercare in tutta 
la .disciplina ora richiamata una disposizione, avente il valore di legge 
sostanziale, che imponga di non esercitare la rivalsa prevista dall'articolo 
127 del t.u. pi� volte richiamato. Perci� tale comportamento ha 
carattere volontario ai fini presi qui in considerazione, giacch� pu� 
affermarsi che la mancata rivalsa � dipendente da accordi interbancari 

o da convenzioni intervenute nella forma pi� varia, tra le banche e i 
depositari, cio� da strumenti dell'autono~a negoziale. Ora � certo che 
gli strumenti, ancorch� leciti, dell'a).ltonomia negoziale non possono 
modificare le norme imperative che attuano la ripartizione dell'imposta 
di r.m. tra i vari soggetti. 
A tale risultato si vorrebbe, invero, pervenire attraverso un'interpretazione 
estensiva, praticamente illimitata, del concetto di inerenza, 
assumendo, come si � visto, che la spesa risultante dal pagamento 
dell'imposta di r.m. cat. A dei sostituiti e la mancata rivalsa su di loro 
sarebbe inerente alla produzione del reddito di cat. B. Ma noo pu� dirsi 
inerente alla produzione di un reddito una spesa volontaria che non 
ha alcun nesso di casualit� diretta con la produzione di esso. Basta 
considerare che la legge, mentre prevede la possibilit� di rivalsa sui 
reddituari, ne indica il modo di esercizio attraver-so la ritenuta a Joro 
carico. Assumere che il volontario non esercizio della ritenuta com



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

porta la possibilit� di far considerare spesa detraibile il pagamento di 
imposta per conto di terzi, significa modificare i termini della legge e 
trasferire in definitiva a carico dell'erario, almeno in parte, ci� che pu� 
per legge essere posto soltanto a carico del �soggetto titolare del capitale 
i cui interessi sono colpiti da imposta. 

In tal modo, con l'interpretazione illogicamente estensiva del concetto 
di inerenza, che sussisterebbe per qualsiasi spesa e qualsiasi passivit� 
ed esprimerebbe cos� una nozione praticamente. svuotata di contenuto, 
si perverrebbe al risultato di accollare in buona parte all'erario 
quell'onere di imposta che per legge deve far carico alla banca, la quale 
a sua volta �� facoltizzata esclusivamente ad accollarlo al reddi.tuario 
e non a �scaricarlo, neppure parzialmente, sulle finanze dello Stato. 

Senza rilevare che altrimenti si altererebbe l'oggettivit� dell'obbligazione 
mediante il meccanismo della sostituzione e si opererebbe una 
confusione tra obbligazioni tributarie, che.fanno capo ad un soggetto per 
fatti propri, e quelle che al medesimo vengono imputate in forza della 
sostituzione, obbligazioni che, invece, debbono rimanere insensibili o 
indifferenti. Ben a ragione .quindi la precedente sentenza di queste 
Sezioni Unite (n. 125 d~l 1967) ha affermato che il rapporto tributario 
di fronte al fisco resta immutato ed indipendente dal soggetto passivo 
chiamato a rispondeme, quando l'eventuale diversit� del soggetto stesso 
non sia idonea a modificare l'intima natura del reddito colpito. 

Ad infirmare la logicit� delle suesposte considerazioni strettamente 
giuridiche, come � compito del giudice della legittimi.t�, si � fatto 
ricorso dalla dottrina e da quella parte di giurisprudenza di merito che 
� dissenziente da quanto ritenuto da questa Suprema Corte, a nozioni 
prevalentemente economi�he, dirette a dimostrare la reciproca interdipendenza 
e influenza� delle �entrate e delle spese, e l'incidenza della 
mancata rivalsa sqlla riduzione del reddito. Ossei:vano al proposito le 
Sezioni Unite che al giudice pu� essere domandata una soluzione giuridica 
,delle questioni, strettamente aderente, cio�, all'o!l'dinamento ~iuridico 
vigente e non una soluzione di natura diversa, basata su nozioni 
esclusivamente tecniche, che, ancorch� in ipotesi giustificate sul piano 
patrimoniale, sviano dalla retta applicazione della legge. Ma le Sezioni 
Unite non possono esimersi dal sottolineare, secondo gli opportuni 
rilievi del Procuratore Generale, che gli orientamenti contrari alla 
giurisprudenza della Cassazione poggiano �SU argomentazioni assolutamente 
diverse, tra loro contrastanti in teoria, ancorch� poi sviluppate 
fino a pervenire al risultato voluto. Questa divergenza di opinioni sul 
piano economico e tecnico bancario prova lo sf.orzo di superare una 
legislazione sicuramente univoca, mediante l'individuazione di teorie, 
senza dubbio apprezzabili per lo sforzo della loro formulazione, ma 
certamente contrarie alla lettera e allo spirito delle leggi applicabili. 


1504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La ,critica alla precedente sentenza delle Sezioni Uni.te si � diretta 
a quella parte della motivazione in cui � detto che il mancato ricupero 
dell'imposta pu� avere una sua valida contropartita nella corresponsione 
di un minor tasso di interessi, nell'eliminaZ'ione di registrazioni 
inutili e costose; nella facilitazione e conseguente incremento dei depositi 
e in altri fattori non agevolmente determinabili in marni�era esatta. 
Si � opposto dalla ricorrente che tale schema logico risponde puntualmente 
alla nozione �di spesa detraibile, perch� il pagamento dell'imposta, 
non seguito da rivalsa, � divenuto un mezzo di produzione o di incoc-emento 
del reddito, che non sfugge alla successiva tassazione in cat. B: 
di qui la prova dell'errore in cui l'anteriore sentenza sarebbe incorsa 
negando la detraibilit�. 

Ritengono le Sezioni Unite che la critica, quantunque acuta, non 
� foodata, �anche se si vuole omettere di considerare che si tratterebbe 
in ogni caso di un-m�zzo per incrementare i redditi futuri, non per 
produrre il reddito a cui la tassazione si riferisce. Basta richiamare il 
concetto ,di inerenz� cosi come sopra indicato. � detraibile la SResa inerente 
alla produzione di quel determinato reddito, cio�, si � detto, che 
� legata ad un nesso causale diretto alla produZione del reddito tassato. 
Altrimenti o~i spesa, ogni passivit�, ogni perdita di qualsiasi tipo, incidendo 
direttamente o indirettamente sul reddito, dovrebbe comportare 
la possibilit� della detrazione. 

Invece il legislatore, ai fini tributari, ha affermato un concetto di 
inerenza che ben pu� essere chiamata fiscale, conce~to che, per quanto 
suscettivo di interpretazione estensiva, � legato a un'espressione letterale 
e logica che ha un suo preciso significato. 

L'art. 91 del t.u. n. 645 del 195,8 parla di spese e passivit� � inerenti 
alla produzione di tale reddito �. 

~isogna cio� dare la prova che la spesa sia diretta alla produzione 
di quel determinato reddito, .prova che nel caso dovrebbe superare la 
presunzione di legge derivante dal mancato esercizio della rivalsa mediante 
trattenuta, per dimostrare che tale comportamento � stato strumento 
necessario per la produzione del reddito di cat. B della Banca. 

A tutto concedere, n� il .pagamento di un debito d'imposta altrui, 
n� il mancato guadagno per il non esercizio di una trattenuta in rivalsa, 
l'uno e l'altro relativi all'imposta di r.m. di cat. A sugli interessi di 
capitali altrui, appaiono strumenti diretti, come mezzo al fine, a produrre 
il reddito di r.m. categoria B proprio della banca. Ch� un nesso 
occasionale possa �esservi � fuori dubbio, giacch�, come la precedente 
"Sentenza ha rilevato, le banche non agiscono per fini di liberalit�; ma 
che tale nesso sia riconducibile al concetto di inerenza stabilito dalla 
legge tributaria � certamente da escludere. 

Le considerazioni sopra svolte sono sufficienti, .per la loro natura 
decisiva �ed assorbente, a contrastare validamente il motivo di ricorso 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1505 

e a confermare l'impugnata decisione, che � pervenuta all'esatta affermazione 
della non detraibilit� a titolo di 5pese delle somme non percepite 
dalle banche quale rivalsa dell'imposta pagata da esse, sostituti di 
imposta, iper gli interessi sui capitali depositati. 

Il rigetto dei due ricorsi comporta la �conferma dell'impugnata decisione. 
~ (Omissis). 

I 

TRIBUNALE DI FIRENZE, Sez. I, 10 novembre 1971, n. 1670 -Pres. 
Malenotti -Est. Fusaro -Istituto Orto:t>edico Toscano (avv. Baldi 
Papini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). 

Imposta di' ricchezza mobile -Redditi acquisiti da ente non avente 
scopo di lucro -Impiego o destinazione dei redditi per le finalit� 
istituzionl'l)i dell'ente -Irrilevanza. 

(art. 2 e 3 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021). 

Il sorgere del credito per imposta di ricchezza mobile per i redditi 
conseguiti da un ente non avente scopo dti. lucro non � impedito clatia 
es?istenza di un dovere t;Legii amministratori di impi,ega.re o di destinare 
i reddti.ti medesimi per il perseguimento delle finaZit� istituzionali dell'ente 
(1). 

.II 

CORTE D'APPELLO DI FIRENZE, Sez. I, 10 maggio 1971, n. 447 -Pres. 
Cappellini -Est. Sorge -Spedale della Misericordia di Prato (avv. 
Miele e Narese) .�c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). 

Imposta di ricchezza mobile -Reddi~ acquisiti da ente di assistenza 
e beneficenza -Impiego o destinazione dei redditi per le finalit� 
istituzionali dell'ente -Irrilevanza. 

(artt. 2 e 3 del t.u. 24 agosto 1877 e n. 4021). 

I redditi conseguiti da un ente avente finalit� istitiuzionale di assistenza 
e beneficienza mediante attivit� di carattere speculativo sono 
soggetti ad imposta di ricchezza mobile, anche se i redditi ste'ssi sono 
destinati alle anzidette finalit� non lucrative (2). 

(l-2) L'impiego e la destinazione dei redditi acquisiti da enti operanti non 
per scopo di lucro. 

La sentenza del Tribunale di Firenz�e merita di essere segnalata, perch� 
porta un interessante contributo chiarificatore nella materia della impo




1506 RASSEGNA DELL'AVVOCATtiRA DELLO STATO� 

I 

(Omissis). -La questione prospettata dall'IOT � stata gi� decisa 
da questo Tribunale con la sentenza n. 197/69 confermata da App. Firenze 
10 maggio 1971, n. 447. Dopo approfondito riesame, il collegio,;
non pu� che ribadire il proprio convincimento, rigettando la domanda. 

In sostanza l'I.0.T. deduce due oirdini di argomentazioni: 

1) i redditi in cootestazione non sono tassabili, perreh� devono, per 
legge e per statuto, essere destinati al conseguimento dei fini istituzionali 
dell'ente; 

2) l'intassabilit� degli introiti degli enti ospedalieri deriva dalla 

legge n. 132 del 1968 (legge ospedaliera). 

Ebbene, poich� qui si ,discute di un reddito conseguito nell'anno 

1958, noo soltanto no~ pu� essere applicata la (posteriore) disciplina 

invocata, ma neppure il t.u. n. 645 del 1958 entrato irn vigore dal lo gen


naio 1960. La materia � regolata dall'art. 2 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, 

sizione sui redditi-di ricchezza mobile conseguiti dagli enti non aventi scopo 

di lucro; materia sulla quale la giurisprudenza � a volte pervenuta, negli 

ultimi anni, a soluzioni poco soddi�sfacenti (in proposito, cfr. la Relazione ' 

Avv. Stato 1966-1970, Il, par. 165). 

Il punto centrale della sentenza del Tribunale di Firenze � costituito 

dall'affermazione secondo cui �le finalit� istituzionali del soggetto sono 

irrilevanti � agli effetti della qualificazione come ,redditi imponibili degli 

introiti da questo conseguiti. Affermazione di ind�bbia esattezza, come ap


pare evidente ove si tenga conto della profonda diversit� tra ci� che, con 

una prima approssimazfone, pu� dirsi il dovere generico di un ente pub


blico o privato di perseguire le proprie finalit� istituzionali, e, di contro, 

le obbligazioni in senso proprfo di un soggetto, e cosi ariche dell'ente an-, 

zidetto, nei confronti di altri soggetti titolari di correlate soggettive situa


zioni attive (sui limiti della nozione di obbligazione, tra i molti, cfr. Ro


MANO SANTI, Frammenti di un dizionario giuridico, 1953, 91, GxoRGIANNI, voce 

Obbligazione (Diritto privato), N.mo Digesto Italiano, e inoltre L'obbliga


zione, 1951, 29 segg). 

Per l'ente, �le disposizioni che fissano le finalit� istituzionali dettano 

essenzialmente una normativa sulla competenza (in .senso lato), operano 

cio�, almeno in via principale e diretta, �Come norme � strumentali � e non 

come norme �materiali� (sulla distinzione tra queste due categorie di 

norme, CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, 1951, 43 seg., Aao, Scienza 

giuridica e diritto internazionale, 1950, 69 seg., PmAs A., Interesse legittimo 

e giudizio amministrativo, vol. Il, 1962, 62 seg.): per l'ente quindi, a rigore, 

non si pu� ritenere sussistente neppure un generico dovere (~nteso come 

situazione passiva posta da norme materiali) di perseguire gli scopi per esso 

prefissati. Ovviamente diversa � la situazione relativa agli amministratori 

dell'ente i quali sono tenuti verso l'ente e non direttamente verso i terzi a 

prestare una attivit� rivolta al perseguimento delle finalit� istituzionali. 

Tale essendo il ruolo di dette finalit� per l'ente che le persegue, .� 

palese come nessuna immediata rilevanza esse possano avere agli effetti 

della imposizione mobiliare. Infatti, mentre le obbligazioni in, senso proprio 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1507 

secondo cui � ogni individuo o en.te morale sia dello stato che straniero 
� tenuto all'imposta sui redditi della ricchezza mobile che ha� nello 
Stato�, Dunque l'I.O.T. non pu� invocare alcuna esenzione di natura 
soggettiva, 

Cosi sbarazzato il campo dell'indagine dal secondo motivo, non si 
pu� non rilevare immediatamente �che anche il primo si risolve nella 

" deduzione di una esenziooe soggettiva, attraverso il tentativo di aggiramento 
del problema. � innegabile che tutti gU !introiti dell'ente, anche 
quelli indiscutibfimente di natura speculativa, sono destJinati., per via 
diretta o indiretta, al conseguime.nto dei filni listituziionaU che ad esso 
soino propri; ma ci� significherebbe affermare l'esistenza di un"esenzione 
soggettiva; che invece � esclusa per espressa disposizione di legge. 
Dunque � chmro che le finalit� istituzionali del soggetto scmo irrilevanti 
in relazione atl'indagi'!-e. 
L'obbligo generico di perseguire le proprie finalit� istituzionali e 
quindi di destinare a quel perseguimento i redditi ccmseguiti, noo elimina 
n� reddito come posta tassabile, ma pone un preciso limite ed 
imprime una precisa direzione alla � politica � dell'ente, nel senso che 
a questo � fatto espresso diVieto di devolvere il reddito verso scopi 
diversi da quelli istituzionali. Si tratta, insomma, di. una norma str.mentale, 
che obbliga gli amministratori verso l'ente, ma che non esplica 
alctln effetto nei rapporti con gli altri soggetti. -(Omlisris). 

verso altri �soggetti danno luQgo a voci passive del bilancio dell'ente o in 
genere del sogget~o debitore, e quindi possono essere portate in deduzione 
ai lf�ni della determinazione dei redditi netti imponibili, il .generico dovere 
(che, come si � detto, a it'igore non � tale) di operare.per il perseguimento di 
finalit� istituzionali non lucrative non d� luogo a una voce passiva � gezierale 
� operalllte nel senso di vanificare i redditi netti, 111.� comunque � l'ilevante 
per la loro determinazione. E sarebbe palesamente erroneo, dalle 
norme che indirizzano le attivit� di un ente verso scopi non di lucro, desumere 
Ullla sol'lta di e g.enerale � sua obbligazione Veil'SO se stesso, e contrapporre 
questa strana obbligazione, a mo' di voce passiva, alla voce attiva 
degli introiti netti. 

Del resto, come ritevato nella sentenza in !l'assegna con.argomento per 
absurdum, ritenere diversamente condurit'ebbe i!n sostanza all'attil'ibuzione, 
per via traversa, di una esenzione soggettiva dall'limposizione mobiliare; 
esenzione non solo non prevJsta ma persino esplicitamente negata dall'articolo 
2 del testo unico approvato con r.d. 24 agosto 1~77, n. 4021. 

La messa a fuoco della diversit� 'tra il cosiddetto dovere di un ente di 
persegU�il'e "alcune finalit� non lucrative e le obbl!igazioni in senso proprio 
dell'ente verso altri soggetti � significativa anche in quanto contribuisce ad 
illumdnare la diversit� tra il dovere di un ente di svolgere una attivit� in 
modo da-assicurare il pareggio tra introiti e spese (e di riassorbire gli eventuali 
� avanzi di gestione > per qualsiasi ragione conseguiti), e le vere e 
propriie obbligazioni di un ente con correlati crediti di altri soggetti. 

Come � noto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione negli ultimi 
anni ha omesso dii rileva!l'e tale diversit�, e a �agione di tale omissione 



1508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

(Omissis). -Nel merito, la questione da risolvere � se possono 
essere qualificati come �reddito � ed essere quindi assoggettati all'imposta 
di ricchezza mobile gli avanzi di gestione cui si riferisce la pretesa 
tributaria dell'Amministrazione, la cui intassabilit�, �essendo essi 
relativi all'esercizio 1956-57, non potrebbe �comunque farsi derivare 
dalla successiva legge ospedaliera del 12 febbraio 1968, n. 132, che, ai 
fini del trattamento tributario, equipara gli enti ospedalieri ali'Amministrazione 
dello Stato. --(Omissis). 

La tesi sostenuta dallo � Spedale � �, da un lato, che tutte le attivit� 
dalle quali derivarono i proventi in oggetto rientravano tra i fini 
istituzionali di beneficenza e di assistenza propri dell'ente, si che era 
da escludere per esse ogni carattere speculativo; e, dall'altro, che per 
quei proventi esisteva un vincolo legale di destinazione ai� fini istituzionali. 


� pervenuta ad asserire che H fatto dell~ esistenza di una norma di legge 
in astratto disponente -secondo il linguaggio di tale giurisprudenza 


�un vincolo legale di destinazione� degli introiti� netti (dei cosiddetti 
� avanzi di gestione �) sarebbe di per 'S� sufficiente ad operare come causa 
impeditiva dell'imposi2'lione, indipendentemente dalla ottemperanza o meno 
che alla nonna anzidetta sia stata data e' cio� senza neppure verificare se 
la realt� abbia o meno seguito la previsione legislativa. 
L'erroneit� di questo orientamento giurispruden2'liale � evidente; invero 
non � sufficiente osservare che un � avanzo di gestione � non avrebbe dovuto 
verificarsi, per escludere che esso .si sia in effetti verificato, e neppure per 
escludere che esso presenti caratteri tali da comportare la qualificazione 
come redddto imponibile; ,l'obliterare che la norma, di per s�, esprime solo 
un valore deontologico pu� condurre ai risultati pi� assurdi. 

La solu2'lione del problema del trattamento tribut.ario dei redditi (o 
se si preferisce degli � avanzi �) conseguiti, per errore o per qualsiasi altra 
ragione, da un ente che avrebbe dovuto perseguire il pareggio tra introiti 
e costi, deve essere reperita -ad avviso di chi scrive -nella distinzione 
tra obbligazioni in senso proprio sorte a carico dell'ente, e meri doveri 
di questo in ordine alle proprie attivit� li.stituzionaU. � 

Cosi, ove una attivit� che avrebbe dovuto essere gestita in pB!l'eggio 
risulti invece al termine del periodo di imposta per qualsiasi ragione produttiva 
di un � avanzo � possono verificarsi due diverse situazioni: o l'ente 
� obbligato nei confronti di �altm soggetti (ad esempio, gli acquirenti dei 
suoi servizi) a restituire il di pi� dm.debitamente percetto; o invece obbligazioni 
siffatte non sono sorte, e �rimane solo dl dovere generico dell'ente 
di ottemperare alle norme che disciplinano la sua azione (e, ad esempio, 
prevedono la destinazione dell'� avanzo� a questo o quello scopo). 

Nella prima ipotesi, se cio� si ha la nascita di obbligazioni verso altri 
soggetti creditori, l'ente pu� indicare nel passivo e portare in detrazione 
il complesso delle somme costituenti oggetto delle obbldgaziond stesse; e 
ci� ovviamente ha rilevanza per la determinazione del reddito netto e 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1509 

La Corte riconosce che, in teoria, la capacit� ,di produrre un reddito 
di categoria B si pu� escludere per quelle attivit� dalle quali, per 
determinazione legislativa, sia vietato trarre un provento superiore alla 
spesa occorrente per l'esercizio delle stesse. 

Altrettanto pu� dirsi per i casi in cui, pur �sussistendo tale obbligatoriet� 
di coincidenza tra costi e ricavi, in concreto vi sia un'eccedenza 
di questi ultimi che sia obbligatoriamente destinata ad essere riasso.rbita 
per i fini istituzionali. 

In tali casi, gli � avanzi di gestione � non possono assumere natura 
di reddito; si che, mancando il presupposto oggettivo dell'obbligazione 
d'imposta, vano sarebbe H richiamo dell'Amministrazione al principio 
dell'autonomia del periodo d'imposta di cui agli artt. 3 e 4 t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645. 

Ma quando, ad un Ente che abbia <Scopi istituzionali di assistenza 
e beneficienza, siano conse:qtite, oltre alle attivit� istituzionali per le 
quali vi �sia obbligo di coincidenza tra costi e ;ricavi, anche altre atti-

quindi ~ella imposizione mobiliare. Nell'altra ipotesi, dnvece, lo �avanzo � 
che residua deve essere qualificato come reddito imponibile, senza che alcuna 
rilevanza possa essere riconosciuta alla destinazione successiva (tanto 
pi� se in altro periodo di imposta) della ricchezza acquisita. 

La segnalata sentenza della Corte di Appello di Firenze, pure essa 
favorevole all'A:rnrrui.nistrazdone Finanziaria, � per certi versi emblematica 
delle distorsioni concettuali provocate dalla pi� recente giurisprudenza, in 
tema di � avanzi di gestione �. 

La Cocte ha anch'essa affermato fa non ll'ilevanza delle :finalit� istituzionali 
dd assistenza e benefioienza . ai fini della imposizione mobiliare dei 
redditi conseguiti dall'ente. Per� � rimasta, per cos� dire, prigioniera del 
criticato orientamento giurisdizionale quando ha sentito la necessit� dd 
configurare, per cosi diire, due � gestioni � separate della attivit� dell'unico 
ente: la gestione ca;ratterizzata dalla finalit� di assistenza e beneficienza 
e da un (mitico e in rea:J.t� inesistente) �obbligo di coincidenza tra costi e 
ricavi ., e quella invece <ritenuta � speculativa �. 

Per tale via, per�, si finisce con il sostenere che l'ente ha due... anime 
diverse �e seperate, a seconda dello � scopo � che esso persegue, e che tale 
diversit� ha ruevanza ai fini della imposizione mobliliare. Cosa questa che 
non � pl"evista e per ci� stesso � contraddetta dalle disposizioni legislative 
che desorivono e delimitano la nozione di reddito imponibile. 

Secondo tali disposizioni, com'� noto, il fatto costitutivo del credito 
per imposta di ricchezza mobile � la acquisizione da parte di un soggetto 
e entro un periodo di imposta di entit� (beni o anche crediti) prima non 
compresi nel suo patrimonio; mentre le circostanze dd fatto nelle quali � 
avvenuta J.a produzione delle entit� costituenti redditi mobiliari (e, tra 

�esse, le �scopo� perseguito dal soggetto pel'cettore dei redditi stessi) sono, 
di regola, non rilevanti ai fini dell'imposizione. � 
Pel"altro, che il concetto di reddito amponibile comprenda ogni introito 
anche non derivante da �speculazione� e persino non derivante dall'd?npiego 
di capitale o di lavoro, � stato espressamente disposto dall'art. 3 del 
testo unico approvato con r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, ove -alla lettera f 



1510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vit� per le quali questo obbligo non sussista (ad es. attivit� a caa:attere 
industriale commercfale, gestione di una casa �di cura a .pagamento) e 
sia quindi ammesso un introito superiore alle spese occorrenti per lo 
svolgimento dell"attivit� medesima, allora queste altre attivit� hanno 
carattere speculativo e l'eccedenza del rfoavo rispetto al c~to ha carattere 
di reddito tassabile, anche se obbligatoriamente sia �poi destinata 
a fini istituzionali (cfr. Cassazione 13 ottobre 1961, n. 2128) in Rass. 
Avv. Stato, 1962, 3~; Commissiooe Centrale imposte 19 gennaio 1969, 

n. 94496). 
Ora, fine istituzionale dello � Spedale Misericordia e Dolce � di 
Prato � quello di � provvedere... alla cura gratuita (salvo il diritto al 
rimborso, entro certi limiti, della spesa relativa da parte dell'amministrazi001e 
comunale) degli infermi poveri... aventi nel Comune il dom�cilio 
di soccorso � (art. 2 dello Statuto, approvato con decreto 20 agosto 
1947 del Capo P:rovvisorio dello Stato). Posst:mo peraltro essere 
ammessi nello � Spedale � anche malati non poveri, a pagamento (articoli 
5 e 7 Statuto). 

-si colpisce � ogni specie di !reddito non fondiario ., e daM'art. 81 del testo 
unico del 1958 sulle imposte dirette, ove si legge che pr.esupposto dell'imposta 
di ricchezza mobile � la produzione di un reddito � derivante da qualsiasi... 
fonte �. 

A ben vedere, norme siffatte in sostanza dispongono che la cosiddetta 

� fonte � del reddito � non rilevante ai fini delJJa impondbilit�, e cio� che 
estranee alla nozione di reddito imponibile rimangono le modalit� della 
sua e produzione �. 
A fortiori estraneo :r-ispetto alla nozione di reddito rimane lo scopo 
ultimo e remoto del soggetto percettore del reddito: una distinzione tra 
redditi conseguiti mediante una attivit� avente �scopo di luoro., e ;redditi 
cooseguiti mediante una attivit� non avente detto scopo, non � prevista 
da alcuna norma ed � del tutto irrilevante ai fini della imposizione diil'etta. 
Oltre tutto, lo scopo di lucro � richiesto soltanto per le societ� (a.Tt. 2247 
cod. civ.), ma non deve ricorrere n� nell'attivit� delle persone fisiche n� 
nell'attivit� degli enti morali: richiedere la presenza, di volta in volta, dello 
scopo di lucro nell'attivit� produttiva del. reddito, comporterebbe una indagine 
sui motivi praticamente impossibile, e dn pratica condurrebbe ad una 
imposizione delle... sole societ�. Appare palese, perci�, che ai fini della 
imposizione mobiliare non � possibile una distinzione tra redditi conseguiti 
con una attivit� �speculativa � e redditi conseguiti per cosi dire incidentalmente 
nel perseguire� finalit� � non lucrative �. 

Rimosso l'equivoco dell'asserito carattere � non lucrativo � dell'attivit� 

del soggetto, deve passarsi ,ad esaminare un secondo equivoco: quello con


cernente l'asserita rilevanza dell'impiego �concreto e perstno della eventuale 

e ipotetica destinazione del ;reddito a determinate finalit�. 

Come � gi� stato rilevato (Relazione Avv. Stato 1966-1970, vol. 
II, par. 164), una volta Ti-conosciuta efficacia costitutiva del credito di 
imposta al fatto complesso della acquisizione di entit� patrimoniali 
avvenuta ,entro il periodo di dmposta, ai fatti -successivi nel tempo lt'ispetto 
alle anzidette acquisizioni -di impiego o di destinazione dei redditi 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1511 

Mentre le diarie stabilite per i malati non abbienti devono comprendere 
soltanto il conto del ricovero e delle cure necessarie (art. 81 

r.d. 30 settembre 1938, n. 1631) e l'amministrazione comunale, tenuta 
al rimboMo, pu� ottenere una riduzione del proprio ooere ove l'ente 
ospedaliero abbia realizzato e possa quindi utilizzare avanzi di gestione 
(ar.t. 8 dello Statuto e art. 78 lettera d della legge 17 luglio 1890, 
n. 6972), le rette a carico dei paganti sono stabilite in guisa da consentire 
un margine di guadagno (art. 83 del citato r.d. n .. 1681 del 1938) 
anche se questo va destinato a beneficio dei fini istituzionali dell'ente 
ed in special modo alla riduzione delle rette per i ricoveri di urgenza 
(artt. 83 r.d. n. 1631 del 1938 e 5 e 7 dello Statuto). 
Da ci� consegue che l'attivit� di ricovero e �cura dei paganti ha 
carattere speculativo e l'eccedenza del ricavo rispetto al costo di essa 
costituisce reddiw tassabile. 

Nell'attivit� istituzionali;i dello � Spedale � (ricovero e cura degli 
infermi poveri) in astratto si pu� escludere il carattere speculativo e, 
quindi, negare il carattere di reddito 'alle eccedenze che -per l'impossibilit� 
di una precisa preventiva determinazione dei costi e la con-

conseguiti non potrebbe essere �riconosciuta che una efficacia impeditiva 
del sorgere del credito di imposta o �addidttura una efficacia estintiva di 
tale credito gi� sorto. Senonch�, non � possibile !rinvenire alcuna norma di 
legge che attribuisca ai fatti di impiego o di destinazione dei redditi una 
qualsivo~lia rilevanza per l'imposizione mobiliare (l'art. 62 del regolamento 
approvato con r.d. 11 iluglio 1907, n. 560, abirogato a decorrere dal 10 'gennaio 
1960 per espresso disposto dell'art. 288 lett. B del testo unico del 1958, 
doveViB. essere lnterpretato, proprio perch� disposizione regolamentare, in 
conformit� con ii principi posti dalle norme di legge in materia di imposizione 
mobiliare: sul punto, la sentenza 13 ottobre 1961, n. 2128 de1la Corte 
di Cassazione, in questa Rassegna, 1962, I, 34). 

Per di pi�, un :riconoscimento di rilevanza congiuntamente sia ai fatti 
di acquisizione delle entit� costituenti reddito sia ai fatti di impiego o di 
destinazione delle entit� stesse, questi ultimi per necessit� verificandosi in 
un tempo diverso e successivo rispetto ai primi, renderebbe impossibile la 
delimitazione nel tempo (nel cosiddetto � periodo di imposta �), e perci� 
anche l'individuazione, del fatto complesso cui l'ordinamento ricollega l'effetto 
costitutivo del credito di imposta; l'impiego e la destinazione di un 
reddito possono infatti avvenire (ed ,anzi normalmente avvengono) in un 
tempo successivo alla fine dell'anno (o esercizio) in cui si � avuta l'acquisizione 
del reddito 1nedesimo. 

Una �chiusura� della vicenda rilevante per l'imposi:filone con il con


cludersi cli un tratto di tempo chiaramente delimitato � invero indispen


sabile pre~upposto iperch� � ad ogni. periodo di imposta corrisponda una 

obbligazione tributaria autonoma, distinta da quelle che attengono ai pe


riodi di imposta precedenti e successivi� (cosi la sentenza della Corte di 

Ca.ssazione, 22 giugno 1966, n. 1598, in questa Rassegna, 1966, I, 1083). 

Non � quindi consentito �e conforme a logica riconosceTe rilevanza ai 
fatti di impiego o di destinazion� degli � utili riportati a nuovo � (tra i 

18 



1512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

seguente necessit� di stabilire con un certo margine di si~urezza le 'rette 
per il ricovero dei poveri -in quell'attivit� si possono verificare tra 
costi e ricavi. Ma in concreto, in consideraziooe della destinazione data 
dallo � Spedale � di Prato agli avanzi di gestione ai quali si riferisce 
l'accertamento di cui trattasi, rettamente il Tribunale ha ritenuto di 
dovere, anche per quella parte di essi che proviene dall'esercizio delle 
vere e proprie attivit� istituzionali dell'ente, affermare la natura di 

� reddito � e quindi l'assoggettabilit� all'imposta di ricchezza mobile. 
� invero pacifico -e, comunque, documentato: vedasi dichiarazione 
18 settem�>re 1967 dello � Sp~ale � -che gli � avanzi di gestione 
de quibus impegnati per l'espletamento ed il miglioramento dei locali�. 
Questo, in definitiva, porter� ad un incremento quantitativo e qualitativo 
dell'attivit� ospedaliera in generale, e, quindi, anche del ricovero 
dei mala.ti poveri; ma sar� un' effetto indiretto -ll'iflesso di quell'ampliamento 
e di quel miglioramento, il cui effetto diretto ed immediato 
sar� un incremento d�l patrimonio dell'ente, cio� un aumento di -ricchezza 
capace di produrre nuova ricchezza, anche con un aumento del 
numero dei ricoverati paganti: ci� che costituisce il presupposto della 
imposta in esame (cfr. in tal senso, Cassazione, 13 dicembre 1960, numero 
322, in Giust. civ., 1961, I, 431). 

Una indiretta conferma viene dalla I. 2 marzo 1963, n. 291, con la 
quale il legislatore ha disposto, in deroga alle norme generali (se non 
si tratta�sse di deroga, non sarebbe stata necessaria una legge ad hoc), 
che � il reddito degli enti autonomi portuali... non � assoggettabile ~Ila 
imposta di ricchezza mobile categoria B, nei limiti in cui risulta destinato 
alla costruzione, al miglioramento_ ed alla manutenzione straordinaria 
di opere ed attrezzature portuali...�. -(Omissis). 

quali i cosiddetti � avanzi di gestione � ), e, persino alla mera previsione dei 
fatti stessi, e cio� in �Sostanza ad �na ipotesi il cui !realizzarsi �, oJ.tre che 
incerto, anche sospinto in un futuro imprecisato (e eventualmente remoto}. 


Per concludere, solo un netto rifiuto di attribui!l'e rilevanza a fatti che 

dalla nozione di !reddito imponibile debbono il'imanere estranei (quali i 

fatti meramente normativi della esistenza del cosiddetto � vincolo legale di 

destinazione� o de1la previsione di finalit� istituzionali non lucrative) pu� 

consentire un ritocno alla� originaria semplicit� di detta nozione e restituire 

ad essa quel gr.ado di certezza che � indispensabile per la sua concreta uti


lizzazione. 

F. FAVARA 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI ~ FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1971, n. 3161 -Pres. 
Caporaso -Est. Sposato -P. M. Gentile (diff.) -Ministero dei Lavori 
Pubblici (avv. Stato Carusi) c. Fallimento Impresa Ing. Bruno 
Lugnani (avv. Balzarini). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contabilit� dell'appalto -Nozione. 


(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori pretese dell'appaltore 
-Onere della riserva -Carattere generale -Sussiste -�Ratio � 
e portata -Inerenza della (maggiore) spesa all'esecuzione dell'opera 
-Nozione -Necessaria correlativit� con l'onere della.riserva Sussiste. 


(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37, 53, 54). 
Appalto -App8;lto di opere pubbliche -Maggiori pretese dell'appaltatore 
-Necess_it� della previa, tempestiva riserva nei documenti 
contabili dell'appalto per la successiva presa in considerazione 
della pretesa dell'appaltatore in sede amministrativa e, quindi, 
arbitrale. 

(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 26, 41 e 42). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Interessi legali sulle � somme 
contestate� -Nozione e portata. 

(d.m. 28 maggio 1895, art. 40; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36). 
La' contabitit� cLi un!opera pubblica ha per oggetto !'accertamento 
e ta registrazione �i tutti i fatti producenti ogni e quatsiasi spesa inerente 
all'esecuzione �eil'opera (1). 

(1-2) Questa limpOTtante pronuncia costituisce un'altra �significativa 
tappa nella chiarificazione del pensiero della Suip!l'ema Cocte di Cassazione 
in tema di riserve negli appalti di opere pubbliche �e non consente equivoci 
di sorta nell'interpretazione delle norme del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 e 
del Capitolato generale oo.pp. Spesa per l'esecuzione dell'opera (v. Cass., 13 



1514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La necessit� dell'iscrizione delle riserve den'appaltatoire nella contabilit� 
dell'appalto d'opera pubblica non sta in relazione al titolo in 
base al quale viene chiesto il compenso (se, cio�, a titolo di prezzo o 
a titolo d'indennit�), ma in relazione all'inerenza o meno della maggiore 
spesa all'esecuzione dell'opera: ed inerenti all'esecuzione dell'opera 
s01no tutte le spese alle quali l'appaltante abbia dato luogo, sia 
pur per mancata, f?Untuale osservanza delle clausole contrattuaii, neLla 
gestione dell'appalto, venendo meno i.l rapporto d'inerenza e, quindi, 
l'onere della riserva, con la precisa indicazione delle somme alle quali 
l'appaltat<Yre crede di aver diritto, soltanto nel caso di un'attivit� 
dolosa, vale a diire del tutto scissa e contraria ai :fini di quella gestione, 

o di fatti illeciti di natura aquiliana e non contrattuale (2). 
Per poter essere prese in considerazione in sede amministrativa 
e, poi.., arbitrale, le domande deit'impresa debbono e&sere state pre�sentate 
eid iscritte nei� documenti contabili dell'appalto nei modi e. termini 
tassativamente stabiliti �ial Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 (3). 

La nozione di e somme contestate � di cui all'ultimo capoverso 
dell'art. 40 Cap. gen. oo. pp. 1895 (art. 36, ult. capoverso, Cap. gen. 
oo. pp. 1962) si riferisce a tutti i maggioiri compensi e indennizzi richiesti 
dan'appaltatore, sia in sede amministrativa che, successivamente, 
arbitrale (o, in genere, giudiziale), in relazione alla esecuzione dell'opera 
ed ana gestione dell'appalto e, quindi, comprende anche le somme 
richieste a titolo di risarcimento danni per inadempienze contrattuali 
dell'Amministrazione (4). 

maggio 1971, n. 1384, in questa 'Rassegna, 1971, I, 698, in nota 2; Cass., 22 
giugnn 1971, � n. 1962, ibidem, 928, sub 2, ed ivi nota) non pu� essere 
concetto ristretto al mero allibramento di p!l["tite di lavori o somministrazioni, 
ma riguarda qualsiasi erogazione di somma causata dalla gestione 
dell'appalto. E dalla gestione dell'appalto vanno esclusi soltanto i fatti 
dolosi, ovvero quelli colposi extracontrattuali, che .non hanno, cio�, alcuna 
attinenza, se non di occasionale concomitanm, con l'esecuzione dell'opera 

(v. nota redazionale, sub 2, a Cass., l� maggio 1971, n. 1384 cit., in questa 
Rassegna, 1971, I, 699 segg.). Viene, quindi, evidenziato dalla sentenza in 
rassegna l'inscindibile nesso logico-giuridico fra esecuzione dell'opera -gestione 
dell'appalto -contabilit� del medesimo -onere della rise\l.'Va -controversie 
in sede amministrativa e, quindi, giudiziale :flra appaltatore ed 
amministrazione -limitazione di responsabilit� della medesima ex art. 40 
Cap. gen. oo.pp. 1895 (art. 36 Cap. gen. oo.pp. 1962). 
' (3) Cfr. Cass., Sez. Un., 7 �luglio 1969, n. 2498, in questa Rassegna, 1969, 
I, 753, neila motiv., ove la mancanza della previa iriserva nella contabilit� 
dell'appalto viene configurata come mancanm di un � p11esupposto �processuale 
del giudizio arbitrale �. 

(4) V. precedenti note 1 e 2; v. anche Corte App. Roma, 19 aprile 1966, 
n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712, sub 3; lodo 7 luglio 1970, n. 63 (Ro.. 
ma), id., 1970, ,I, 677, sub 8. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1515 

(Omissis). -Con contratto del 5 dicembre 1956 n. 58393 furono 
dati in appalto alla societ� per azioni Ing. Bruno Lugnani i lavori da 
eseguirsi a totale carico dello Stato -di ampliamento del palazzo 
municipale di Trieste. 

Nel corso dei lavo'l'i l'impresa appaltatrice inser� in contabilit� 
v:arie riserve per un complessivo importo di L. 60.401.147, di cui 

L. 3.765.886, peT rallentamento dei lavori, L. 50.236.875 per la maggiore 
durata dei lavori stessi, L. 6. 398.386 per sovraprezzi e L. 600.000 
PEn" rimborso di penale. 
Essendo state ie dette riserve disattese in sede amministrativa, la 
Societ� ad� il Collegio Arbitra~e di cui agli artt. 43 e segg. del Capitolato 
Generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, .n. 1063, ed il Collegio 
ArbitraJ.e, con lodo 3 dicembre 1966 n. 77, condann� l'Amministrazione 
dei LL. PP. al pagamento �di L. 20.682.990, con gli interessi 
a decorrrere dal giorno de~la domanda d'arbitrato, oltre che ad uma 
parte delle spese del procedimento. 

Con atto del 19 aprile 1967 il Ministero dei LL. PP. propose, davanti 
alla Corte d'Appello di Roma, impugnazione di nullit� del lodo 
a norma dell'art. 51 del citato Capitolato generale e dedusse: 

-che era stata violata la norma dell'ultimo comma dell'art. 40 

del CapitoJ.ato Generale del 1895, secondo la. quale gli interessi sulle 

somme contesta.te cominciano a decorrere due mesi dopo la data della 

registraziooe alla Corte dei Conti del decreto emesso in esecuzione 

dell'atto con cui, in sede amministrativa o arbitrale, sono state risolute 

le controversie; 

-che, a parte quello di cui sopra, e che era il pi� grave, altri 

numerosi �errori di diritto inficiavano la sentenza arbitrale; 

-che di tali altri errori l'Amministrazione si riservava l'illu


stra.zione nella successiva fase rescissoria del giudizio; 

-che, tuttavia, ad ogni �effetto e con ogni riserva, faceva presente: 

a) che errooeamente era stata addossata totalmente all'Ammi


nistrazione la responsabilit� delle sospensioni e delle proroghe occorse 

nell'appalto, in palese violazione delle specifiche norme che lo regola


vano e dell'art. 35 del Capitolato del 1895; 

b) che non era stata fornita una prova rigorosa dei danni lamen


tati dall'impresa; 

c) che i danni erano stati liquidati rapportandoli alle spese 

generali, senza decurtarle delJ.e componenti fisse ed invariabili, rappre


sentate dalle spese contrattuali, dagli oneri fiscali e simili; 

-che era stato attribuito due volte lo stesso risarcimento, una 
volta per il rallentamento ed una seconda volta per il prolungamento 
dei lavori, quasii che il ralJ.entamento non si fosse risolto nel prolungamento. 



1516 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con sentenza 6 dicembre 1968, notificata il 17 marzo 1969, la Corte 
di Appello rigett� l'impugnazione e condann� l'impugnante nelle spese 
a favore del Fallimento della Societ�, che si era costituito in giudizio, 
essendo stata la societ� dichiarata fallita. 

Contro la sentenza d'appello l'Amministrazione ha proposto ricorso 
per cassazione in base a due motivi, con atto ,del 17 maggio 1969. 
Resiste il Fallimento con controricorso e memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

La Col'te d'Appello disattese la prima e fondamentale censura 
formulata da11'Amministrazione contro la sentenza arbitrale, avendo 
rilevato che la decorrenza degli i..nteressi era stata �stabilita dagli arbitri 
sul presupposto che le ~omme da essi liquidate erano dovute a titolo di 
risal'cimento di danni, ed avendo ritenuto che l'art. 40, che l'Amministrazione 
assumeva essere stato disapplicato, rigual'da i ritardi nei 
pagamenti delle somme dovute in ,base al contratto e non pure delle 
somme dovute a titolo risarcitorio per inadempienze contrattuali dell'appellante. 
Quanto alle altre .censure, la Corte di merd.to osserv� 
che esse concernevano palesemente errori di fatto in cui i giudicanti 
sarebbero -incorsi e che, pertanto, non rientravano fra i casi di nullit� 
della sentenza arbitrale previsti dalla legge. 

Ora la ricorrente sostiene -denunziando la vi�lazione del citato 
art. 40 e la falsa �applicazione dei principi ordinari in materia di risarcimento 
dei danni -che erronea � la distinzione fra somme dovute 
a titolo di compensi contrattuali e somme dovute a titolo risarcitorio 
(1<> motivo). 

Lamenta inoltre -denunziando la violazione dell'art. 51 del Capitolato 
del 1962, degli artt. 112, 115, 116 132, 829 c.p.c. e vizi di motivazione 
-che la Corte di merito abbia erroneamente ed immotivatamente 
interpretato le altre 'censure da essa formulate nell'atto di impu-� 
gnazione, come censure concernenti soltanto errori di fatto e non di 
diritto, quali esse erano: in quanto riguardavano la violazione delle 
norme sulla responsabilit� della P. A. per le sospensioni e J.e proroghe 
dei lavori dati in appalto, di quelle che regolano la liquidazione dei 
danni e di quelle che disciplinano l'onere della prova (2� motivo). 

La tesi sostenuta dell'Amm.ne ricorrente in ordine all'estensione 
della speciale normativa dettata dall'art. 40 del Capitolato Generale 
del 1895 (vigendo il quale fu stipulato ed eseguito l'appalto di cui si 
tratta) � fondata. 

L'ultimo ,capoverso di �esso art. 40 dispone �Che �sulle somme 
contestate l'interesse annuo del 5 per cento comincer� a decorrere due.. 
mesi dopo la data della registrazione alla Corte dei Conti del decreto 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1517 

emesso in esecuzione dell'atto con cui, in sede amministrativa o arbitrale, 
sono state risolute le controversie �. Tale essendo il.a disposizione 
che si tratta d'interpretare, � ovvio che la questione della sua applicabilit� 
anche relativamente alle somme che l'impresa appaltatrice pretenda 
a titolo risarcitorio .per incorse inadempienze. contrattuali della 
Pubblica Amministrazione appaltante, si risolve nell'altra, se controversie 
concernenti l'obbligo di .pagamento di determinate somme siano, 
oltre quelle che rig_.ardano la determinazione dei corrispettivi d'appalto, 
anche quelle in cui le richieste dell'appaltatore siano fondate 
sul presupposto di inadempienze contrattuali dell'Amministrazione appaltante. 


Alla questione, cosi �correttamente formulata, non pu�� che rispondersi 
positivamente. 

Il Capitolato Generiale stabilisce, nei �successivi artt. 41 e 42, che 
per poter essere presi in C01;1Siderazione in sede amministrativa e,� poi, 
arbitrale, le domande ed i reclami dell'impresa debbono essere presentati 
ed indi scritti nei documenti contabili nei modi e nei termini 

' 

tassa�tivamente stabiliti dal Regolamento per la direZ:ione, contabilit� 
e collaudazione dei lavori dello Stato, approvato con r.d. 25 maggio 
1895, _n. 350. A sua volta il citato regolamento dispone, da una parte, 
che oggetto della contabilit� di una opera' � l'accertamento e la regi~ 
strazione di tutti i fatti producenti ogni e qualsiasi spesa inerente 
all'esecuzione dell'opera (artt. 36 e 37); e, dall'altra parte, dispone 
che l'appaltatore deve inserire le sue riserve nei documenti contabili 
ed esplicarle in un termine perentorio, formulando le sue domande 
d'indennit� e indicando con precisione le cifre di �compenso cui crede 
di aver diritto, e le ragioni di ciascuna domanda (artt. 53 e 54). Pertanto, 
la necessit� delle riserve e della precisa indicazione in cifre dei compensi 
non sta in relazione con il titolo in base al quale viene chiesto 
il compenso -se cio� a .titolo di prezzo o a titolo d'lildennit� -ma 
sta in relazione all'inerenza, o meno, della maggiore spesa all'esecuzione 
dell'opera; ed inerenti all'esecuzione dell'opera �sono tutte le spese 
alle quali l'appaltante abbia dato duogo, sia pmre per mancata puntuale 
osservanza delle clausole contrattuali, nella gestione dell'appalto, venendo 
meno il rapporto d'inerenza e, quindi, l'obbligo delle riserve e 
dell'indicazione .precisa delle somme aile quali l'appaltatore crede di 
aver diritto, soltanto nel caso di un'attivit� dolosa, vale a dire del tutto 
scissa e contraria ai fini di quella �gestione, o di fatti illeciti, che con 
!'�esecuzione dell'opera abbiano un legame puramente occasionale ed 

inducano una Tesponoobilit� di natura aquiliana e non contrattuale. 

Ci� posto, ossia dal momento che, in sede amministrativa e davanti 
agli arbitri, le domande dell'appaltatore, in quanto riflettano 
spese inerenti all'esecuzione dell'opera e sono state oggetto di riserva, 
sono proposte (come, per l'appunto, � avvenuto, e non poteva non 


1518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

avvenire, nella fattispecie) come domande di �somme precisamente 
determinate, ne deriva che, quand'anche siano fondate su assunte 
inadempienze contrattuali dell'Amministrazione appaltante, :rientrano 
nel novero delle controversie relative a contestazioni di somme, e cio� 
delle controversie previste dall'ultimo �capoverso dell'art. 40 del Capdtolato 
Generale. 

Accolto il primo .motivo del ricorso e stante il principio della indivisibilit� 
della sentenza arbitrale, perde ogni rilevanza, e rimane assorbito, 
il secondo motivo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1971, n. 3331 -Pres. 
Caporaso -Est. Eli.9. -P. M. Caldarera (conf.) -Soc. Tessilprato 
(avv. Paone, Sebastiani) c. Ministero Difesa (avv. Stato Zoboli). 

Contratti pubblici -Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni 
statali per regolare i propri �ontratti -Natura regolamentare 
per i contratti interessanti lo Stato -Sussiste. 

(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16, 88; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, articoli 
45, 99). 
Leggi, decreti e regolamenti -Regolamenti -Impugnabilit� per illegittimit� 
costituzionale -Esclusione -Illegittimit� -Disapplicabilit� 
da parte del giudice -Sussiste. 

(Cost., artt. 134, 136; disp. sulla legge in generale, artt. 1, 3, 4; 1. 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E, art. 5). 

Contratti pubblici -Contratti di fornitura stipulati dall'Amm. Militare 
-Condizioni generali appr. con d. m. 20 giugno 1930, n. 35 -Natura 
regolamentare -Sussiste -Necessit� di specifica approvazione 
per iscritto delle sue norme ai sensi dell'art. 1341 c. c. -Esclusione Inapplicabilit� 
dell'art. 1341 c. c. ai contratti stipulati con la P. A. Sussiste. 


(e.e., art. 1341). 

Contratti pubblici -Contratto di fornitura stipulato dall'Amministrazione 
militare -Legittimit� dell'art. 65 delle Condizioni generali 
appr. con d. m. 20 giugno 1930, n. 35, statuente l'obbligo del fornitore, 
sanzionato da penale, di ritirare la merce rifiutata dall'Amministrazione 
per esito negativo del relativo collaudo -Sussiste. 

(d.m. 20 giugno 1930, n. 35, artt. 52, 65). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1519 

Contratti pubblici -Comminatoria di penali stabilite con norme di 

Capitolati generali, aventi natura regolamentare -Improponibilit� 

nei confronti della P. A. di domanda giudiziale per riduzione della 

penale ad equit� -Sussiste -Applicazione al caso di penale irrogata 

ai sensi dell'art. 65 d. m. 20 giugno 1930, n. 35. 

(e.e., art. 1384; 1. 20 marzo 1865, n. 2248; all. E, artt. 4, 5; d.m. 20 giugno 1930, 

n. 35, art. 65). � 
I Capitolati d'oneri predisposti daile Amministrazioni statali con 
atto amministrativo generale per regolare i propri contratti, hanno valore 
non negoziale, ma normativo e ad essi il privato contraente � 
vincolato, nei contratti interessanti lo Stato, in quanto sottoposto ai 
regolamenti di O!f'ganizzazione cOi quali l'autorit� statale provvede alla 
propria amministrazione e contabilit� (1). 

Le norme regolamentari, che non possono dero,gare� alle .leggi 
ordinarie, non sono, come� queste, impugnabili per illegittimit� costituzionale, 
ma, ove contrastino con norme aventi forza di legge ordinaria, 
oppure con la Costituzione, possono essere disapplicate dal giudice, 
ai sensi dell'art. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (2). 

Le Condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35 

Q 

per gli acquisti di vestiario ed altro da parte deUe Fo!f'ze Armate e dell'Amministrazione 
Statale de:lla Difesa Eserciito, essendo comprese fra 
i Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni Statali, non hanno 
valore negoziale, ma rego�lamentare, epper� non so,ggiacciono alla 
particolare disciplina prevista dall'art. 1341 c. c., norma, comunque, 
inapplicabile ai contratti conclusi con la P. A. (3). 

� legittima la norma dell'art. 65 delle Condizioni generali approvate 
con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, statuente l'obbligo� del fornitore, 
sanzionato da pena1le, di rtitirare la merce rifiutata daLl'Amministrazione 
Militare per effetto dell'esito negativo del relativo collaudo. 

La penale irrogata al fornitolf'e ai sensi dell'art. 65 delle Condizioni 
generali approvate con d.m. 2Q giugno 1930, n. 35 non pu� essere 
rido~ta dal G. O. in applicazione dell'art. 1384 e.e. (4). 

(Omissis). -Col primo mezzo del ricorso principale, la ricorrente 
societ� denuncia la violazione degli artt. 7 r.d. 18 novembre 1923, 

n. 2440, 107, 108 e 109 del Regolamento approvato con r.d. 23 mag(
1) Conf. Cass., 7 settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 
959, sub 1, 'e, in generale, Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, id., 1969, I, 762, 
sub 1, ove nota di :riferimenti. 
(2) Ofr. Cass., 24 ottobre 1967, n. 2624, Giur. it., Mass., 196.7, 978, sub c. 
(3) In senso puntuale, v. Cass., 23 luglio 1969, n, 2766, cit., in questa 
Rassegna, 1969, I, 762, sub 2, 3 e 4, ove note di riferimenti. 
(4) Conf. Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, cit., in questa Rassegna, 1969, 
I, 762, sub 8. 

1520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gio 1924 n. 827, nonch� dell'art. 1 1. 31 gennaio 1926 n. 100 e dell'articolo 
3 delle disposizioni per la legge in generale preliminari al codice 
civile, in relazione agli artt. 3, 23, 41 e 87 della Costituzione ed all'articolo 
360 nn. 2 e 5 c.ip.c., deducendo che i capitolati d'oneri emessi dal1'
Amministrazione dello Stato per regolare i contratti in cui essa � 
parte non hanno efficacia normativa, come erroneamente � stato ritenuto 
dalla sentenza impugnata, ma costituiscono mere condizioni generali 
di contratto, aventi valore esclusivamente negoziale. La censura 
� infondata. 

Le condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930 n. 35 
per gli acquiJSti ,di vestiaTio ed altro da parte delle Forze Armate e 
dell'Amministrazione Statale della Difesa Esercito, essendo comprese 
fra i Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni Statali per 
regolare d. propri contratti, preventivamente, mediante un atto amministrativo 
.generale, weesistente al futuro contratto ed avente quindi 
natura regolamentare, hanno valore non negozia.le, ma normativo, 
mentre ad esse il privato contraente � vincolato, nei contratti interessanti 
lo Stato, 1n quanto sottoposto ai regolamenti di. or.ganizzazione, 
coi quali l'autorit� statale provvede alla propria amministra-. 
zione e contabilit� ~Cass., 22 giugno 1967, n. 1846, e Cass., Sez. Un., 
12 dicembre 1967, n. �2928). 

Il primo motivo del ricorso principale non pu� dunque essere accolto, 
mentre il richiamo a norme costituzionali non � operante, in quanto le 
norme regolamentari, che non possono ,derogare alle leggi ordinarie, 
non. sono, come queste, impugnabili per illegittimit� costituzionale, mentre 
possono essere disapplicate dal giudice ai .sensi dell'art. 5 della 1. 20 
marzo 1865, n. 2248, all. E, ove siano viziate da illegittimit�, per contrasto 
con norme aventi forza di legge ordinaria, oppure con la Costituzione 
(Cass. 24 ott~bre 1967 n. 2624). Nella specie, non sussiste alcuna 
contraddizione della norma regolamentare applicata nella �fattispecie 
dai giudici di merito con alcuna norma di J.egge o della Costituzione. 
L'art. 65 del d.m. n. 35 del 1930, infatti, si .limita a stabilire che, in 
caso di rifiuto di materiali da parte dell'Ammini�strazione p�r esito 
negativo del collaudo, il fornitore deve ritirarli entro sette giorni dal 
ricevimento� della partecipazione del rifiuto, altrimenti, per l'ingombro 
ingiustificato dei mag~zzini statali, dovr� pagare una penale pari 
all'l % del loro valore, per ogni giorno di ritardo, ci� che non contrasta 
con alcuna norma costituzionale, n� con alcuna disposizione 
avep.te forza di legge. 

Gol secondo motivo del ricorso principale la societ� ricorrente 
denuncia violazione rell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., deducendo che la norma 
regolamentare del citato art. 65, imponente una prestazione patrhnoniale, 
sarebbe in contrasto con l'art. 21 della Co�stituzione, secondo il 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1521 

quale solo la legge pu� imporre simili prestazioni. � evidente che la 
norma costituzionale ha riguardo alle prestazioni imp.oste coattivamente, 
senza corrispettivo, mentre la penale per ritardo nel ritiro dei 
materiali trova sua causa nel comportamento del fornitore, che violava 
una norma regolamentare stabiUta nel pubblico Interesse, ingombrando 
ingiustificatamente i magazzini statali, e tale norma era conosciuta da 
esso contraente all'atto del contratto, stipulato nel comune interesse, 
e nel quale era richiamata. N� la norma dell'art. 65 viola in alcun 
modo il .principio della \libert� dell'iniziativa privata, mentre tale 
iniziativa non pu� arrecare ingiusto danno ad altri, n� violare le norme 
regolamentari richiamate in contratto liberamente concluso, anche nel 
proprio interesse privato da un fornitore di materiali allo Stato. N�, 
infine, la norma contrasta con l'art. 1 della 1. 31 gennaio 1926, n. 100, 
che, .. anzi, conferma il potere regolamentare del governo, in materia 
di regolamenti di organizzaz~one. � 

Con lo stesso secondo ~otivo del ricorso pri!llci:pale si deduce ille.:gittimit� 
del comportamento della Pubblica Amministrazione, per aver 
preteso la penale, dopo un periodo di tempo maggiore di quello minimo 
previsto dallo stes~o art. 65 citato, dopo aver promesso che la questione 
sarebbe stata transattivamente risolta, e. violando un parere del Consiglio' 
di Stato. Anche questa censura � infondata, :Ln quanto l'Amministrazione 
aveva; in punto di fatto, come, con accertamento motivato 
congruamente e correttamente e, dunque, insindacabile, accertarono i 
giudfoi di mettito, esattamente riscootrato il ritardo nel t'itiro del materiale, 
onde conseguentemente poteva pretendere la penale entro il 
decorso d�lla prescrizione, sicuramente non verificatasi. e, comunque, 
non eccepita, senza necessit� di giudizio preventivo, in base alla norma 
J.'legolamentare. N� la prospettata eventualit� di transigere ipu� equivati.
ere all'impegno negoziale di non riscuoterla, mentre i giudici di 
merj.to ri~ennero non dimostrato alcun impegno del genere, coo motivazione 
adeguata. 

N� il parere del Consigilo di Stato poteva spiegare effetto vincolante 
sul maturato diritto dell'Amministrazione a riscuoter la penale 
in base alla norma regolamentare vigente. Per l'ar.t. 83 del citato d.m., 
avente natura regolarm�ntare, l'Amministr�zione aveva, ovviamente, 
facolt� di .condonare la penale, ma tale ~colt� era meramente discrezionale 
e nessun diritto al condono .poteva vantare la s'ociet� :pnivata 
ricol'll'ente. Anche il secondo motivo del ricorso princfpale deve essere 
dunque rigettato. 

Col terzo ed ultimo motivo del ricOJ.'lso principale la societ� denuncia 
violaziooe dell'art. 24 della Costituzione, con riguardo agli articoli 
65, citato, e 52 del d.m. n. 35 del 1939, deducendo che, mentre per 
l'art. 24 della Costituzione tutti possono agire in giudizio, per la tutela 
dei proipri diritti, onde le norme regolamentari non possono preva



1522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lere sulla legge, il regolamento conside�ra definitivo il provvedimento 
della Commissione. che decide il rifiuto della merce, ai fini del decorso 
iniziale della penale, senza attendere che trascorra il termine per 
ricorrere al Consiglio di Stato contro la decisione della Commissione. 
La censura � del tutto priva dii fondamento. L'art. 52 del Capitolato 
impegna le parti ad accettare la decisione della Commissione, come 
arbitrato, in ordine al diritto dell'Amministrazione di rifiutare la 
merce, per collaudo negativo. Dalla comunicazione di tale decisione, 
avente comunque efficacia esecutiva, nonostante le possibilit� di impugnazioni, 
l'art. 65 del d.m. stabilisce l'obbligo di ritiro della merce, 
sanzionato da penale. La esecutivit� del provvedimento, ovviamente, 
non esclude l'esercizio della facolt� di impugnazione, l'esercizio del 
quale non elimina l'efficacia esecutiva del provvedimento medesimo, 
per effetto della norma regolamentare richiamata nel contratto. Al 
riguardo, poi, la natura di norma. regolamentare dell'art. 65 escludeva 
l'applicabilit� .dell'art. 1341 e.e., rendendo superflua la necessit� di 
accettazione specifica per iscritto, mentre in ogni caso la detta norma 
non si applica ai contratti conclusi con la Pubblica Amministrazione 
(Cass. 25 giugno 1960, n. 1676). 

N� poteva il .giudic~ di merito, in applicazione dell'art. 1384 e.e., 
ridurre per manifesta eccessivit� la penale, proprio per la rilevata 
natura normativa e non negoziale dell'art. 65. Su tutti questi pit.nti 
la Corte di merito ha correttamente ed ampiamente motivato, onde il 
ricorso principale, .infondato per quanto attiene alla legittimit� della 
decisione, non pu� essere accolto neppure per vizio di motivazione, in 
quanto detto vizio pu� ricorrere solo quando non sia possibile ricostruire 
l'iter logico del giudicante, 'mentre nella specie ci� non si verifica, 
n� vi sono omissioni di esame di punti decisivi, che, se esaminati, 
avrebbero potuto condurre ad una decisione diversa. 

Il ricorso principale deve essere, dunque, rigettato totalmente, 
anche per tale profilo. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 18 novembre 1971, n. 22 -Pres. 
Stella Richter -Est. Leone -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato 
Zoboli) c. Soc. Cincinnato (avv. Lessona, Sorrentino). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Responsabilit� della P. A. appaltante 
per danni, arrecati a terzi dall'appaltatore, che non siano 
conse~uenza diretta o mediata del pro~etto dell'opera o del modo 
di esecuzione che la P. A. committente abbia disposto -Esclusione. 

In un rapporto di appalto, il committente, anche se esso sia la P._A., 
non risponde dei danni a1�recati a terzi dall'appaltatore, che non siano 


PARTE I, SEZ'-VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1523 

conseguenza dfretta o mediata del progetto di opera o del modo di 
esecuzione che il committente stesso abbia dispos.to (1). 

(Omissis). -La soc. Cincinnato ha proposto appello incidentale 
per il capo della sentenza impugnata che ha respinto la sua domanda 
di condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno causato col 
depo'Sito, .su terreno divenso da quello oggetto del decreto di occupazione, 
del materiale di .risulta dello scavo per la costruzione dello 
�scolmatore. Il Tribunale Regionale ha rigettato tale domanda, perch� 
il fatto produttivo del danno doveva imputarsi �alJ.a ditta appaltatrice, 
non ali'Amministrazione, che, d'altra .parte, non poteva e'SSere c�lpita 
dalla responsabilit� ex art. 2049 e.e. relartivo alla responsabiliit� dei 
committenti per il fatto dei lo.ro commessi. Assume 1a ricorrente che 
il danno risalirebbe comunque all'opera dell'Ammmistrazione, che non 
avrebbe impedito all'impres� l'esecuzione dei lavori con modalit� ininee 
ad evitare � �gravi danni alla propriet� di essa �soc. Cincinnato. La 
tesi, per�, non ha fondamento, perch�, esulando dal contratto di 
appalto qualsiasi rapporto di dipendenza dell'appaltatore verso il committente, 
questo potrebbe Tispondere solo per fatto proprio; tale fatto 
nella specie dovrebbe essere il comportamento omissivo della P. A., che 
non avrebbe impedito l'attivit� illecita dell'imprenditore: ma U comportamento 
omissivo �PU� essere fonte di responsabilit� quando sia violatore 
di una norma che prescriva un determinato comportamento come 

obbligatorio. Nella specie, una disposizione siffatta non � stata iindicata, 
n� esiste, e perei� non pu� affermarsi che, in un rapporto di ap


(1) Nell'appalto di opere pubbliche, i'obb1igatoriet� della direzione dei 
lavori non vale a trasformare l'appaltatore in un nudus minister, cosicch� 
questi, il'estando autonomo nell'organizzazione dell'impresa e del lavoro, �, 
in tale ambito, esclusivo il'esponsabile deLle conseguenze delle propifie azioni 
od omissioni (cfu-. Cass., 3 mall'zo 1971, n. 550, Giur. it., Mass., 1971, 224, 
sub c). Deve, per di pi�, avvertinsi che la stessa portata dell'obblig�toriet� 
della D.L. nei pubblici appalti non pu� essere esattamente intesa (cfr., 
inveiro, Ca.ss., 3 ma.rzo 1971, n. 550, supra cit.), ove non si tenga conto che, 
a norma del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, il D.L. �ha la speciale !responsabilit� 
dell'accettazione dei materiali, della buona e puntuale esecuzione dei 
lavori in conformit� ai patti contrattuali ed agli ocdini dell'ingegnere capo � 
(art. 3) e deve prendere �la iniziativa di ogni disposizione necessada, acciocch� 
i lavori, a cui � preposto, siano �eseguiti a perfetta il'egola d'arte ed 
in conformit� dei lt'elativ.i progetti e contratti � (art. 13), mentre � tenuto 
a sorveglialt'e solo il personale �che da lui dipende� (art. 14), ossia gli 

� aiutanti ed assistenti� (art. 3; v . .anche artt. 40, 47, 48, 51), ossia, ancora, 
p�ersonale dell'Amministrazione, e non gi� l'appaltatore o i suoi dipendenti. 

1524 RASSEGNA.DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

palto, lil committente, anche se esso sia la P. A., sia obbligato a sorvegliare 
a che l'appaltatore esegua i lavori in modo da non .arrecare 
danni a terzi, danni che non siano conseguenza �diil'etta o mediata del 
progetto di opera o del modo di esecuzione che )1 committente stesso 
abbia disposto: casi di eccezione dei quali la appeB.ante non fa alcun 
cenno. 

L'appello incidentale, pertanto, dev'essere respinto. -(Omissis). 

LODO DI ARBITRALE 26 novembre 1971, n. 72 (Roma) -Pres. Longo Impresa 
Vinci (avv. Carbone) c. Assessorato ai Lavori Pubblici della 
Regione Siciliana (avv. Stato Ca'1."usi). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Novazione del termine dell'appalto 
-Pretese dell'appaltatore a particolari compensi o indennizzi 
per la prolungata durata del vincolo -Esclusione. 

Qualo'l'a fra la stazione appaltalnte e l'appalbato!l"e di opera pu,bbLica 
si addivenga a cori.sensuale novazione deit'originwl'lio te.'l"ffl;ine contrattuaite, 
l'effetto principale che ne consegue � che l'appaltatore non pu� 
dlCLlla p'l"olwngata durata del vincolo trarre fondato titolo di pretese a 
parbico!ari compensi o indenn:izzi, qualunque S�ia stato il fatto sottostante, 
che ha condobto te parti a p'l"olwngare l'originario terrmine contrattuale, 
sia, cio�, che questo consista in ragioni obiettive, ovvero in un comportamento 
colpevole delt'Amministrazione (1). 

(Omissis). -La difesa dell'Assessorato, con riferimento ai pruni 
cinque quesiti, ha contestato la loro fondatezza, sostenendo che l'Impresa 
con vari atti di sottomissione e segna.tamente con l'ultimo del 16 aP.rile 
1962 avrebbe accettato la novazione dell'originario termine contrattuale 
e l'esecuzione di �tutti i lavori agli stessi patti e condizioni del contratto 
principale, salvi i nuovi prezzi stabiliti in detto atto. Pertanto si � 
dedotto �che, essendo stati tutti i lavori eseguiti entro il nuovo termine 

�di cui all'ultimo atto di sottomissione, nell'ambito di un libero regolamento 
contrattuale, l'Impresa n0111 avrebbe ragione alcuna per pretendere 
un risarcimento dei danni derivanti dalla protrazione dei lavori oltre 
l'originario termine contrattuale, consensualmente modificato. 

(1) Cfr. lodo 29 giugno 1939, Giur. oo.pp., 1939, I, 655, 685 e, in dottrina, 
CIANFLoNE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 517; per un'applicazione 
del concetto di novazione del termine, v. lodo 7 luglio 1970, in questa 
Rassegna, 1970, I, 706, nella motiv.; v. anche Relazione Avv. Stato, 19661970, 
III, 109, n. 416. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1525 

L'Impresa ha a sua volta osservato, con la seconda memoria, che 
l'atto di sottomissiooe con cui l'Impresa appai.tatrice accetta le condizioni 
ed i prezzi stabiliti per i lavori che si richiedono con perizia suppletiva, 
a seguito dell'accertamento della mancata dspondenza del progetto originario 
alle effettive opere da eseguirsi, non comporta di per s� alcuna 
sua rinuncia � al risarcimento dei danni � che la medesima abbia subito 
per effetto della accerfata difformit� e per il colposo comportamento 
dell'Ente apJ;)altante. 

In particolare ha posto in evidenza che la rinuncia ad un diritto non 
pu� desumersi dal silenzio tenuto dall'Impresa in ordine alle modifiche 
apportate dalla stazione appaltante all'originario progetto dell'opera, 
dovendo invece questa rdsultare esplicitamente o da Un comportamento 
che sia incompatibile con la volont� di conservare il diritto stesso. 

Il Collegio, pur non contestando la giuridica esattezza delle cennate 
osservazioni della Impresa, rileva per� che le stesse non sono pertinenti 
alla questione posta al suo ~me. 

Va inv.ero ribadito che il supporto logico dei primi cinque quesiti � 
costituito dal fatto che essa Impresa, per effetto di numerose sospensioni 
-seguite da altrettanti atti di sottomissione -disposte onde predisporre 
varianti all'inadeguato progetto originario !Predisposto dalla 
Amministrazione, sarebbe stata costretta ad eseguire i lavori per completa!
l"e la costruzione dell'edificio scolastico in questione in un arco temporale 
di dieci anni, di contra all'originario termine contra�ttuale di 
un anno. 

Da siffatto prolungamento dei lavori sarebbero d~varti ad essa Impresa 
una serie di oneri (spese di guardiania, aumenti del costo della 
mano d'opera e dei materiali da costruzione intervenuti medio tempore 
etc.) �di cui chiede alternativamente ilrisarcimento del danno o un 
equo compenso, a seconda che debba ravvisarsi un com~rtamento 

I colposo dell'Amministrazione ovvero l'applicazione alla fattispecie della 
previsione normativa �di cui al capoverso dell'art. 1664 cod. civ. 
Conseguentemen.te il Collegio deve innanzi .tutto verificare se l'originario 
termine contrattuale sia stato unilateralmente prolungato -per 
le ragiooi anzidette -dell'Amministrazione, ovv�ero se, come assume 
la difesa dell'Assessorato, si ,.sia avuta una novazione dell'originario 
termine contrattuale. � chiaro, infatti, che, risultando effettiva l'ultima 
delle due ipotesi, non avrebbe senso parlare di colpa dell'Amministrazione 
e, tantomeno, di �sopravvenienza� ai sensi dell'art. 1664, cpv., 
cod. civ., poich� quest'ultima postula quantomeno difficolt� non previste. 
� :inutile al riguavdo fare la cronistoria di tutti gli.atti di sottomissione, 
essendo necessario e sufficiente l'esame dell'ultimo, sottoscritto 
dall'Impresa in data 16 aprdle 1962 ed approvato con D.A. 2436/D del 
13 febbraio 1.963. L'Impresa, .richiamato l'originario contratto in data 
1 marzo 1954, le successive perizie di variante e suppletive, e, segna.ta



1526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente, l'ultima, e perizia generale di variante e suppletiva� concernente 
tutte le opere gi� eseguite e d� eseguire, �secondo cui l'importo netto di 
contratto veniva aumentato d~ L. 56.647 .835 a L. 71.602.088 (si noti che 
il predetto importo netto di L. 56.647.835 risultava, a sua volta, cosi 
determinato per effetto degli aumenti apportati in conseguenza di intervenute 
perizie di variante rispetto all'originario contratto dell'importo 
netto di L. 26.288.617), si impegnava di eseguire i lavori di cui alla 
perizia predetta agli stessi patti, oneri e condizioni del contratto principale, 
del primo atto di sottomissione etc., e di accettare nuovi prezzi per 
i lavori non ;previsti in precedenza. A chiusura dell'atto di sottomissione 
poi si stabiliva che � Resta espressamente convenuto che il tempo utiie 
per la esecuzione dei predetti lavori � fissato in mesi dodici a decorrere 
dal relativo verbale di consegna �. Prima di passare alla valutazione 
giuridica di d�tto atto, � bene porre in evidenza, per completare i dati 
di :llatto della non lineare vicenda, che il verbale di consegna sopra richiamato 
-senza riserve'di sorta -venne posto in essere in data 21 mag


�gio 1963 e che i lavori vennero ultimati lin data 25 ottobre 1963 : vale 
a dire prima della scadenza dell'anno. 
Anche se il Collegio non ritiene che di per s� l'atto di sottomissione, 
con il quale l'impresa abbia dichiarato di accettare variazioni di lavori 
originariamente previsti in contratto, sia senz'altro da considerare atto 
contrattuale sui generis, .riconducibile per analogia alla novazione (cfr. 
in tal senso lodo 22 agosto 1.966, n. 64 -.Roma), non ha per� dubbi che 
l'atto di sottomissione abbia natura contrattuale, essendo il medesimo e 
la precedente proposta o la su~ successiva accettazione da rparite della 
Amministrazione atti che rientrano nell'autonomia contrattuale delle 
parti (cfr. lodo 13 luglio 1964, n. 50, Roma). 

Infatti, se l'accordo che si perfeziona con i due atti sopradescritti 
nella specie implichi novazione dell'originario rapporto � questione che 
deve essere risolta alla stregua dei principi che regolano la novazione 
(in questo caso oggettiva) sanciti dall'art. 1230 cod. civ. Orbene nel caso 
in esame, anche se sussiste dubbio su uno degli elementi essenziali dell~ 
novazione (sostituzione alla obbligazione originaria di altra avente oggetto 
diverso), � per� indubbio che � stata posta in essere una novazione 
del termine dell'originario contratto e successivi atti integrativi. Infatti, 
non solo vengono richiamati dall'Impresa tutti i. predetti atti, ma � altresl 
chiaro che le parti hanno voluto considerare unitariamente il rapporto 
contrattuale, richiamando i prezzi dei singoli lavori sia con ;riferimento 
a quelli gi� fissati, sia stabilendoli ex novo rper opere in 
precedenza non previste, onde determinare l'ammontare complessivo 
dell'appalto. Orbene, rispetto al contratto cosi unitariamente considerato 
dalle parti nella loro autonomia � stato posto un nuovo termine finale, 
che sostituiva in toto i prec�denti, stabilendosi appunto che � resta espressam:
nte convenuto che il tempo utile per la esecuzione dei predetti l~vori 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1527 

(cio� di tutti i lavori e non solo di quelli per i quali, non essendo stati 
previsti in precedenti accordi, era stato stabilito per la ;prima volta il 
relativo prezzo) � fissato in dodici mesi etc... �. 

Perci� il Collegio ritiene, confortato dalla dottrina, che avendo. le 
parti posto in essere una novazione del termine, .}'effetto principale che 
da ci� discende � quello che dalla prolungata durata dei lavori conseguente 
l'appaltatore non pu� avanzare pretese per particolari compensi 

o indennizzi, qualunque sia stato il fatto sottostante che ha condotto 
le parti a prolungare l'originario termine contrattuale, sia cio� che questo 
consista in comportamento colpevole dell'Amministrazione o in ragioni 
obiettive. 
Cosi risolta la questione, il Collegio deve dare rispoata negativa ai 
primi cinque quesiti, meglio specificandola, tuttavia, in relazione ad 
ognuno di essi. � 

a) Come � noto il pagp.mento delle rate di saldo presuppone necessariamente 
la ultimazione dell'opera previa effettuazione del collaudo. 
Ci� stante, il diritto dell'Impresa ad ottenere nella specie detto 
pag~mento non poteva che essere successivo alla data in citi tutti :i lavori, 
per effetto dell'unico termine contrattuale novato, vennero eseguiti. 

Ora, come .si � . gi� visto, Popera venne ultimata in data 25 ottobre 
1963 e perci� la pretesa dell'Impresa formulata con il !Pl'imo quesito, 
e tesa ad ottenere gli interessi sulle somme progressivamente dovute a 
saldo per ti lavori eseguiti dall'l luglio 1954 al 27 dicembre 19.55 e dal 
28 luglio 1'958 al 27 �settembre 1959, deve essere disa.ttesa perch� postula, 
contrariamente a quanto � �stato voluto con l'ultimo atto di sottomissione, 
distinti �~ anteriori termini di esecuzione non gi� della intera opera, 
ma di parte di essa. Viceversa, rispetto al termine fi.nale di esecuzione 
dell.'intera opera, cosi come risultante dalla intervenuta novazione di esso 
termine, risulta essere stata pagata tempestivamente -e comunque su 
quest'ultimo punto non sorge contrasto -l'unica rata di saldo. 

. b) �Il secondo quesito concerne la richiesta di pagamento della 
semma di L. 7.010.850 (ottenuta cosi previa detrazione della somma corrisposta 
all'Impresa dall'Amministrazione a titolo di revisione dei prezzi 
originari) a titolo .di riear�imento danno o indennizzo dovuto ;per effetto 
dei rincari dei costi di mano d'opera o dei� materiali, intervenuti in seguito 
all'enorme spostamento nel tempo della esecuzione dei lavori per effetto 

/ 
de]J.e lunghe sospensioni disposte. dall'Amministrazione. Al quesito deve 
darsi risposta negativa; 

Non vi � dubbio, osserva il Collegio, che -contrariamente a quanto 
sostenuto in linea generale dalla difesa dell'Amministrazione -l'Istituto della 
revisione dei prezzi nel campo degli, appalti per opere pubbliche ha 
oggetto e causa petenti del tutto diversi dal risarcimento del damio, 
presupponendo quest'ultiI1lO, a differenza del primo, colpa dell'Amministrazione. 
N� pu� essere di ostacolo alla proposizione di quest'ultima 


1528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

azione ili. fa.tto, che anteriormente l'appaltatore abbia fatto ricorso al procedimento 
revisionale con esito favorevole, cosa che appunto si � verificata 
nella specie, �se si consideri che l'Impresa in questa sede ha chiesto 
il risarcimento per quella parte del danno assertivamente subito e non 
coperto dal compenso revisionale. In tal senso infatti concordano la dottrina 
e la costante giurisprudenza arbitrale (Cfr. lodo 13 aprile 1960, 

n. 21, Roma; idem 5 .giugno 1963, n. 35, Roma; idem 23 .giugno 1965, 
n. 52, Roma). 
Per�, come si � detto in precedenza, l'intervenuta novazione del 
termine di esecuzione dell'intera opera preclude all'Impresa di far valere 
una siffatta pretesa, non potendosi ovviamente ritenere trilevante la colpa 
in cui sarebbe incorsa l'Amministrazione nel determinare il prolungamento 
dei lavori, quando siffatto prolungamento ormai costituiva, stante 
l'accordo defile pariti, il normale periodo di esecuzione dei lavoxi. 

A diversa conclusipne, per le medesime ragioni, neppure potrebbe 
giungersi, ponendo a fondamento della domanda la � sopravvenienza � 
ex art. 1664 cod. civ. Ed infatti, posto che�non torna applicabile il capoverso 
di detta norma, essendo il fatto causativo del preteso indennizzo maggior 
durata dei lavori -conforme alle previsioni contrattuali, neppure 
pu� sostenersi l'applicabilit� del primo comma dello stesso articolo. 

Invetro, come esattamente ossetrVa in proposito la difesa deH' Assessarato, 
ai pubblici appalti detta previsione normativa non si applica, 
essendo il.a relativa fattispecie interamente disciplinata dalla normativa 
speciale concernente la revisione dei prezl!)i, di cui l'Impresa si � avvalsa 
positivamente, come si � visto. 

e) Il terzo quesito costituisce, quanto alla causa petendi ed al 
petitum, una �specificazione del preced�nte or ora esaminato. Infatti 
l'Impresa, sempre petr effetto della maggioce durata dei lavori, chiede 
li1 pagamento della somma che avrebbe corrisposto a �titolo di � supersalari 
�, vale a dire in misura superiore ai salari �previsti dai contratti 
collettivi, .per effetto di rarefazione della mano d'opetra verificatasi negli 
anni 1962 e 1963. Le ragioni esposte per <lisattendere i!L precedente quesito 
sono necessarie e sufficienti per disattendere anche questo, senza bisogno 
di esaminare la questione, per altro risolta negativamente dalla 
giurisprudenza arbitrale, se alla Impresa competa alcunch� per avere 
corrisposto salari in misura maggiore di quella prevista dai contratti 
collettivi di lavoro per il settore edilizio. 

d) con il quarto quesito 11.'Impresa ha chiesto il pagamento di somme 
corrisposte petr la guardiania e la vigilanza del cantiere nei periodi 
in cui i lavori sarebbero rimasti sos;pesi per colpa dell'Ammini�strazione 
e precisamente daU'l agosto 1958 al 31 agosto 1961 e dall'l settembre 
1961 al 20 maggio 1963. Anche questa richiesta deve essere disattesa 
per le stesse ragioo1 di fondo poste a base della risposta negativa data aj 
quesiti �precedentemente esaminati. Infatti, Ll'Impresa non .pu� pretendere 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1529 

~ounch� a tale titolo, quando i lavori siano stati eseguiti nel previsto 
termine contrattuale, che, nella specie, per effetto dell'anzidetta novazione 
del termine, andava a scadere un anno dopo l'ultima consegna dei 
ilavol'I�, vale a dire il giorno 25 ottobre 1963 .. 

e) Parimenti. � da disattendere il quinto quesito. L'Impresa ha 
chiesto la somma di L. 1.200.000 per aver dovuto registrare tutti gli 
infissi esterni dell'edificio e sostituire ben 110 mq. di spOrtelli, soggiungendo 
.che siffatto onere avrebbe sopportato, iD; quanto, atteso il prolungamento 
dei lavori imputabile all'Amministrazione, gli infissi esterni, 
gi� posti in opera dalla stessa dmpre�a, si saTebbero deteriorati, al punto 
da essere stata necessada una Io:ro sostituzione, podch� e non protetti 
dalla mano di olio di lino � ed esposti in zona soggetta ad abbondanti 
nevicate. 

Ci� premesso e senza �bisogno, perch� mutile, di disporre in�ombenti 
istruttori, dl Collegio osservfi che l'Impresa ha il dovere �di provvedere 
alla manutenzione delle opere man mano ,eseguite sino al collaudo. Pertanto, 
posto che il collaudo � stato effettuato tempestivamente rispetto 
all termine di ultimazione dell'opera, cosi come stabilito nel menzionato 
atto di sottomissione del .J.962,, non si vede la ragione della PTetesa avanzata, 
che non potrebbe non consiste~ se non dn un comportamento colposo 
dell'Amministrazione, viceversa escluso. Non solo, ma la stessa Impresa, 
in �definitiva, ammette che il cennato deterioramento era stato 
determinato pereh� gli infissi non e erano sta�ti protetti dalla mano di 
olio1di lino �, protezione che non l'I�entrava certamente nei doveri della 
.Amministrazione, ma dell'Impresa che quel~e opere aveva eseguito. 

(Omissiis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 marzo 1969 -Pres. Colli -Rel. Roberti 
-P. M. Pace (conf.) -Rie. Cilona. 

Procedimento penale -Costituzione di parte civile -Notificazione Necessit� 
di elezione di domicilio. 
(artt. 167, 94 e 171 c.p.p.) . 

. Tutte Ze notificazioni aria parte civile si eseg'IWIW eisclusivamen.te 
nel domicilio che dev~ essere indicato, a pe:na di imammissiibilit�, neiia 
dichiar~� di costituzione. Ove detta indicazione sia indoinea per una 
qwaisiasi ragione, Oj>pUre diventi tale successivamente senza che intervenga 
una nuova indicazione, le notificazioni alla parte civile non si 

�� eseguono affatto (1). 

(1) La sentenza,. senza precedenti in termini, pone l'equiparazione fra 
inidoneit� originaria deITa elezione di domicilio e inidoneit� successiva 
onde, come esattamente nota il commentatore della massima in Cass. Pen. 
Mass. annotato 1971, p. 404, m. 523, l'inammissibilit� della dichiarazione di 
costituzione di parte eivile ricorre tanto nell'ipotesi di inidoneit� originaria 
della elezione di domicilio quanto in quelJ.a di inidoneit� successiva: v. in 
dottrina, CAVALLARI, Le notificazioni net processo penate, 1959, p. 1!)8. 
Per quanto concerne le costituzioni di parti civili rappresentate dal1'
Avvocatura dello Stato v., per l'inapplicabilit� in questi casi delia norma 
�che prevede l'elezione del domicilio nel comune dove � in corso l'istruzione 

o il giudizio (art. 94 c.p.p.), v. DI TARSIA, Domicilio deU'Avvocatura deUo 
Stato net caso di difesa degli impiegati in processi innanzi ai giudice, ove 
non ha sede t'Ufficio deU'Avvocatura, in questa Rassegna 1966, I, 1434. 
CORTE DI CASSAZIONE, II Sez., 20 gennaio 1971, n. 140 -Pres. Criscuoli 
-Rei. Tria -P. M. De Andreis (conf.) -Rie. Palma ed altri. 

Reato -Truffa -Atto di disposizione patrimoniale del soggetto passivo 
-Non � necessario. 
(art. 640 c.p.), 


Se req'Ui�sito noirmale della truffa � un atto di disposizione da parte 
del soggetto passivo del reato, non pu� affermarsi che tutte le volte 



PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1531 

in cui quell'atto di disposizione manchi, esuli la truffa e si V�fl"si in 
tema di aggressioni direUe deila cosa da parte del sogge�tto attivo� del 
reato, onde pu� esservi reato di truffa anche se la v.ittima non si procuri 

�con le sue mani� un nocumento patrimoniale con profitto� altrui� (1). 
Con sentenza in data 10 febbraio 1968 il Tribunale di Foggia assolveva 
Palma Abele perch� il fatto non sussisteva dal :reato dii produzione 
continuata di alcool e di acquavilte di vifno con indebito beneficio 
delle agevolazioni fiscali temporanee eccezionali (reato che era 
stato acctiisato di aver commesso acquistando presso commercianti e 
dndustriali, nonch� presso prOduttori viticultori, pagando a un prezzo 
infuri.ore a quello stabilito dalle disposizioni e acquistarndo .presso persone 
indicate in fatture c~e produttori irisultati fu. parte non proprietari, 
n� coltivatori�� �di vigneti, in parte inesistenti: articoli 1~4. legge 
1 luglio 1959, n. 458; legge 30 luglio 1959, n. 560; articoli 1-7 d.p. 
28 �aprile 1960, n. 342 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 
24 giugno 1960, n. 584) e dal reato di truffa continuata rpluriaggravata 
liin danno dello Stato (artt. 81 cpv., 640 cpv. n. 1, 61, n. 7 c.p.) con 
abbuono d'imposta di fabbricazione per la rilevante somma di Lire 
69.48-7.115, indebitamente conseguita; dichiarava non doversi procedere 
contro il ~alma .per i reati di falsit� continuata in scrittura privata 

(artt. 81 epv., 485 c.p.) e di uso continuato di scritture private false 
(artt. 81 cpv: e 489 c.p.) perch� estinti :per amnistia; dichiarava del pari 
non doversi ;procedere in ordine ai reati di falsit� in scrittu!l.'a privata 
contestati a Falcone Michele, Ocone Luigi, Mancini Guido Luigi e a 
Rapuano Antonio per esser.e i reati estinti per amnistia. 

. Cootro tale pronuncia proponevano appello alla Corte di Bari 
il P.M. e gli imputati. Il �P. M. domandava la C-O([ldanna del Palma per 
la truffa pluriaggravata contestategli. Il Fail.cone chiedeva l'assoluzione 
con fonnula piena e in mancanza, l'applicazione della prescrizione. 
L'Ocone, il Mancini e il Rapuano domandavano l'assoluzione con formula 
piena. 

(1) La sentenza � indubbiamente esatta 'e-dal confronto con la norma 
di cui all'art. 629 c.p. si traggono airgomenti a conforto della tesi sostenuta 
nella decisione. Le due norme sono infatti pairallele, sanzionando J.'att. 629 
c.p. il comportamento di chi costringe �taluno-�on la violenza ad un atto 
di disposizione patrimoniale, mentre l'art. 640 c.p. sanziona il comportamente 
di chi induca con dolo altri ad un atto di disposizione. 
Senonch�, mentre nell'art. 629 la presenm dell'-inciso � costringendo 
taluno a fare od omettere qualche cosa �, induce ad affermare che, nella ~ 
estorsione, l'atto di disposizione patrimoniale sia essenziale aUa configura




1532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con decisione 13 giugno 1969 la Corte d'Appello di Bari coofermava 
la sentenza impugnata nei confronti 'dell Palma e dichiarava non 
doversi procedere nei confronti del Falcone, dell'Ocone, del Mancini 
e del Rapuaino in ordin~ ai reati di falsit� in scrittuTa privata per 
essere estinti i reati in conseguenza di prescrizione. 

Ricorreva a questo Supremo Collegio il P.rocuratore Generale presso 
la Corte d'Appello di Bari nei confronti di tutti gli imputati (cfr. vol. I, 
foglio 278), denunciando, per�, nei motivi detl ricorso, la suddetta sentenza 
soltanto 1per l'assoluzione del Palma dal delitto di truffa pluriaggravata 
(cfr; voi. I, fogli 48-51). 

Osserva, anzitutto, questa Corte che il ricorso del Procuratore 
Generale � inammissibile, per mancata presentazione dei motivi, nei 
confronti del Falcone, dell'Ocone, del Mancini e del Rapuano. 

In relazione, poi, al ricorso proposto dal �suddetto Procuratore Generale 
nei confronti del Palma, � da rilevare che sia il Tribunale di 
Foggia, 'Sia la Corte d'Appello di Bari ritennero che .egli -col chiedere 
ed ottenere, negli anni 1959 e 1960, il'abbuono dall'imposta d:i fabbricazione 
sugli spiriti, facendo risultare, mediante falsa documentazione, 
che si erano realizzate le condizioni previste dall'art. 3 della citata 
legge n. 458 del 1959 e �dagli articoli 3 e 6 del menzionato d.l. n. 342 
del 1960 -avesse � frustrato il potere d'imposizione tributaria dello 
Stato, impedendo che del �suo .patrimonio entrasse a far .pairte la quota 
d'imposta normalmente dovuta � e che � tale schema corrispondesse 
chiaramente all'ipotesi di evasione fiscale �, anche se � nella materia 
riguardata� �non specificamente prevista come titolo autonomo di 
reato�, come �si legge nella .sentenza del Tribunale (cfr. voi. II, foglio 
170), ma non avesse posto in essere una truffa, mancando l'atto di disposizione 
da parte del soggetto passivo del delitto. 

Senonch�, se requisito normale della truffa � un atto di disposizione 
da parte del soggetto passivo del reato, non pu� affermarsi che tutte 
le volte in cui quell'atto di disposizione manchi esuli la tTUffa e si 
versi in tema di aggressioni dirette della cosa da parte del soggetto 
attivo del Teato di � usurpazioni unilateraM �, secondo la felice espres


biLit� del ireato, !'�assenza di un'espressione analoga nel testo dell'art. 640 

consente di sostenere che truffa ricorra anche quando un atto volontario 

di disposizione non vi sia (ad es. nell'ipotesi di chi abbia viaggiato senza 

biglietto, nascondendosi a bordo di una nave: Cass. 22 febbraio 1963 in 

Cass. Pen. Massimario annotato 1963, 983). 

Ci� detto, va per� subito precisato che nel caso deciso dalla sentenza 
che si annota, cosi come in talune delle esemplificazioni :ricruamate in motivazione, 
l'atto di disposizione in r�ealt� non manca, identificandosi esso, come 
aveva esattamente rilevato il P�rocuratore Gen&ale, nel riconoscimento, 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1533 

Sipne usata dalla dottrina. Cos�, � stato ritenuto 'colpevole di truffa 
l'agente della filiale di una Cassa di risparmio il quale, approfittando 
dell'esistenza di un conto corrente intestato al proprio padre nella 
banca in cui svolgeva attivit� .professionale, aveva posto in essere comportamenti 
lesivi del patrimonio della Cassa di risparmio ,stessa, quald 
operazioni bancarie di versamenti superiori al vero o di prelievi inferiori 
al vero (cfr. Cass. 3 gugno 1963, Braja, in Cass. pen. Mass. ann., 1963, 

p. 890, n. 1625). N�, d'altronde, � possibile, come pure � stato fatto, 
trarre conferma della necessit� imprescindibile dell'autodanneggiamento 
della vittima in seguito all'errore provocato dagli artifici o raggiri 
deH'agente dal fatto �che �nella norma parallela � che prevede il delitto 
di estorsione il requisito della disposizione patrimonia\le � indicato 
espressamente dalla legge poich� vi figura l'inciso � costringendo taluno 
a fare o ad omettere qualche cosa �. �, dnvece, da ritenere che !la Il!.ancata 
specificazione nell'art. 640 c..p. dell'elemento contenuto neH'-articolo 
629 c.p. sia un valido' argomento per noo escludere che possa 
esservi reato di truffa anche se la vittima non �si procuri � con le sue 
mani� un nocumento patrimoniale con profitto altrui, contrariamente 
a quanto osserva un nostro chiaro giurista. 
�, peraltro, da rilevare che anche la dottrina che ritiene indispensabfile 
alla configu'rabilit� del delitto di" truffa la disposizione patrimoniale 
da parte .del �soggetto passivo riconosce che la disposizione stessa 
pu� avere carattere omissivo, come nel caso dell'indiV\�duo che � induce 
il creditore a rinunciare al credito o a non pl'otesta!I'e una cambiale, 
dandogli ad intendere che il .credito � prescritto o che il protesto non 
� n�ecessa:rio per conservare l'azione cambiaria �. ' 

Chiaro �, 1pertanto, ehe nella fattispecie il Procuratore Generale 
ricorrente esattamente affermi che l'atto dispositivo da parte dell'ingannato 
� s'identifica ... nel riconoscimento, ottenuto mediante falsa documentazione, 
del diritto all'esenzione e nella corrispondente rinuncia 
da parte del fisco alla per~ezione del proprio .credito d'imposta � (cfr. 
voi. I, foglio 50). 

Si deve, inoltre, considerare che dell'elemento del profitto da parte 
del Palma na.n � dato dubitare; che, d'altronde, se da una mera aspet


trufialdinamente ottenuto, del diritto all'esenzione tributaria e nella corrispondnte 
rinuncia -che ha efficacia appunto di-spositiva -da parte 
della P.A al credito d'imposta. 

Nelle ipotesi invece in cui 'l'atto di disposizione manchi effettivamente 
occorrer� che J.'�evento -di altrui danno e di ingiusto p!I'Ofitto del reo si 
realizzi non contro �la volont� del soggetto passivo, ch� altrimenti ricorrerebbero 
altre ipotesi di reato. 



1534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tativa non pu� sorgere il danno richiesto per l'imputabilit� della truffa, 
costituisce il danno della truffa non soltanto quello che si concreta 
nella perdita di un bene patrimoniale, ma anche quello che c001siste 
nel mancato acquisto dell'utilit� patrimoniale che si aveva H diritto 
di attendere ed � indubbio che nel caso in parola il fisco avesse il diritto, 
non la semplice aspettativa di riscuotere la somma di L. 69.487.115. 

N� va omesso di aggiungere che non � possibile sostenere col Tribunale 
di Foggia che lo Stato garantisca �per altra via e con altri 
sistemi di recupero � �la realizzazione dei fini perseguiti con l'eccez.ionale 
produzione legislativa riguardante H mercato dei vini� (cfr. volume 
II, foglio 170), facendo riferimento all'art. 6 ter della citata legge 

n. 484 del!l'anno 1960 perch� tale norma si limita a conferire al produttore 
viticultore il diritto ad ottenere dal distillatore la differenza 
tra il prezzo ricevuto e quello fissato d'imperio, ove questo sia superiore 
a quello, � senza pregiudizio delle isanzi001i fiscali, in quanto applicabili 
�; che, invece, non � senza significato l'assenza, posta in evidenza 
dailla parte civile, di previsioni di sanzi001i penali nei menzionati provvedimenti 
J.egislativi del 1959 e del 1960, assenza che ovviamente 
esclude l'applicabilit� dell'art. 15 c.p.. 
Ci� stante, questo Supremo Collegio deve accogliere nei confronti 
del Palma H ricorso proposto dal Procuratore Generale presso il.a Corte 
d'Appello di Bari, annullando per violazi001e di legge la sentenza pronunciata 
il 13 giugno 1969 dalla suddetta Corte, rinviando, il giudizio 
al riguardo ad altra Sezione� della Corte stessa e condannando il Palma, 
nella misura indicata nel dispositivo, alle spese sostenute dalla parte 
civile. 

/ 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 29 aprile 1971, n. 1228 -Pres. Cortese 
Riva Palazzi -Rel. Galessio Piuma -P. M. De Andreis (conf.). 
Rie. Gambardella. 

Notificazione -Notificazioni in materia penale -All'imputato -Domicilio 
dichiarato -Trasferimento altrove -Mancata .comunicazione 
alla cancelleria. -Notifica effettuata al domicilio dichiarato Nullit� 
-Esclusione. 

(c.p.p. artt. 171, 179). 
L'essersi l'imputato trasferito altrove dopo aver indicato, a no'l;rna 
dell'art. 171 cod. P'l"Oc. pen., il pro:!Jrio domicilio, non rende invalide 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1535 

le notificazioni eseguite nei suoi confrontJi nel domicilio dichiarato, se 
del mutamento non � stata data alla cancelleria o segreteria del magistrato 
procedente la comunicazione a forma vincolata prevista dal 
comma terzo della suddetta disposiziome e nei modi prescritti de.Zla 
stessa (1). 

(1) La giurisprudenza della Corte di Cassazione oscilla in mateda di 
indicazione del domicilio e:x: art. 171 c.p.p. fra ile tesi rigori-stica, cui si 
ispira J.a massima che si annota, e quella meno dgoristica, che consente 
l'eJ.ezione di domicHio anche con modalit� diverse da quell.e PTeviste dall'art. 
171 c.p.p. 
Affermano lo stesso principio ora ribadito; Cass., 26 giugno 1969 in 
Cass. Pen. Mass. Annotato, !971, p, 197, m. 150; 4 febbraio 1969 ivi 197i, 

p. 401 m. 515; 13 marzo 1969 ivi, 1970, p. 711, m. 1004; 25 gennaio 1968 ivi, 
1968, p. 1438, m. 2311; 30 novembre 1966 ivi, 1968, p. 176, m. 229; 23 aprile 
1965 ivi, 1966, p. 453, m. 681. Questo indirizzo giurisprudenziale, condiviso 
in dottrina da CAVALLARI -Le notificazioni nel processo penale, 1959 p. 203204, 
individua fa i'agione del rigore della norma dell'art. 171 c.p.p. nella 
necessit� di garantire 'la reale efficacia delle notificazioni destinate all'imputato 
(v. anche in questa Rassegna 1966, I, 1434) onde J.a ratio che la 
ispira � ben diversa da queHa che presiede alla norma di cui all'art. 134 
c.p.p. concernente la nomina del difensore di fiducia e che, intesa a favorire 
l'esercizio della difesa tecnica, consente la nomina del difensore anche con 
letta-a raccomandata. Secondo questo indirizzo giurisprudenziale � quindi 
inefficace l'eJ.ezione di .doinicilio effettuato con lettera raccomandata, quello 
effettuato con lettera raccomandata in calce a dichiarazione di impugnazione 
con firma autenticata, (mentre � valido quello effettuato nella dichiarazione 
d'impugnazione raccolta a verbale dal cancelliere: v. Cass. 4 dicemb!'
e 1964 in Giust. Pen. 1965, II, 289), quello indicato in calce ai motivi 
d'appello presentati nena CancelJ.eria. 
L'opinione meno rigoristica, invece, argomentado dalle norme introdotte 
con la riforma del 1955, secondo le quali � consentito impugnare con 
dichiarazione scritta, da trasmettersi col mezzo delJ:a raccomandata, ritiene 
che nello stesso modo si possa eleggere doinicilio o mutare la dichiarazione 
gi� fatta: v. Cass. 11 dicembre 1960, in Cass. Pen. Mass. Annotato, 1961, 48 
(Validit� dell'azione di domici.Jio contenuta nella dichiarazione d'impugnazione 
proposta a mezzo telegrafo); Cass. 8 aprile 1963 ivi 1963, 750 che ha 
affermato la validit� di un elezione di doinicilio effettuata in calce ad 
un'impugnazione inviata per mezzo di raccomandata con firma autenticata 
sul presupposto -alquanto opinabile -dell'impossibilit� di frazionare la 
validit� di un atto per sua natura unitario. � 

Sulle condizioni di validit� della elezione di domicilio e sulla diffel'ente 
natura giuridica della elezione e della dichia!ra:ziione di domicilio 

v. Cass. 20 giugno 1968 in questa Rassegna 1966, 1434 con nota di DI TARSIA 
-Dichiarazione ed elezione di domicilio: criteri interpretativi giurisprudenziali. 

PAR'TE SECONDA 



I 


I 




RASSEGNA DI DOTTRINA 


CORDERO F., Gli Osservanti -Fenomenologia delle norme, Giuffr� editore, 
Milano, pag. 686. 

ll volume che segnaliamo ai lettori non � di quelli che si lasciano 
catalogare e definire agevolmente. � un libro inconsueto nella sua strutturazione, 
nel suo linguaggio, nel suo contenuto. Ce lo avverte l'editore 
nella .presentazione in sopracoperta quando testualmente dice che (in esso) 

� vi si parla di cose inconsuete, quali la predestinazione, la mitologia del 
potere, reazioni distruttive di psicologia sociale (dalla tutela della mediocrit� 
alla repressione dei talenti ed all'aborrimento delle cose nuove) 
l'anima della chiesa, della setta, del partito, �nalisi di parole e questioni di 
logica, retroscena pratici ed emotivi in filosofia ed in teologia, il contrappasso, 
misura del bene e del male, istinto e xepressione, peccato originale 
e colpa di essere nati, magia, rito, esorcismi, re, taumaturghi, misteri di 
salvezza, pitture del giudizio di oltre tomba �. 
Eppure, nonostante un'elencazione cosi ricca e varia delle cose trattate 
il libro � un'opera che sostanzialmente studia ed approfondisce i fenomeni 
normativi e le esperienze che vi sono connesse. Ma tali fenomeni e tali 
esperienze, lungi dall'essere oggettivate, staccate dalla loro matrice, sono 
constantemente riferite e riportate all'uomo, il quale finisce con l'essere 
il vexo oggetto dell'indagine -l'uomo come � tessitore di norme che impone 
a s�, agli altri, a Dio; l'uomo produttore e consumatore di regole giuridiche, 
legislatore, suddito, ribelle, penitente, guardiano, delatore, giudice, carnefice, 
vittima, spettatore; l'uomo con i suoi titoli di grandezza e di 
miseria: un grumo di materia capace di negare tutto il resto e di reinventarsi 
ad ogni passo, ma pi� spesso vittima della gravit� e quindi 
osservante ottuso, servizievole, e maligno �. 

� un libro di scienza ma 1'A. chiaramente si prefigge di far trarre ai 
suoi lettori conclusioni morali. I richiami, culturali, letterari, filosofici, 
antropologici, le associazioni di idee sono profuse a piene mani ma non si 

li.a mai l'impressione che siano estemporanee, sovtrabbondanti o fuori 
luogo. La confluenza nel volume di discipline diverse (teoria generale e 
filosofia del diritto, filosofia morale e teoretica, teologia, antropologia, 
scienze del linguaggio e del comportamento sociale, storia delle religioni 
e delle istituzioni politiche) non � causale ma consapevolmente voluta: 
risponde alla profonda convinzione del C. il quale fermamente rifiuta nella 
su� attivit� di giurista -�il metodo dello istologo, che stacca un 
frammento, lo esplora e ignora il resto �, cogliendo in tal modo della 
materia trattata solo una parte esigua -e nemmeno la pi-�. interessante e 
correndo il rischio di conclusioni arbitrarie. 
Opera, quindi, di vastissimo respiro dove alla ricerca delle forme primitive 
delle norme si occoppia l'indagine sugli atti, giudizi, apparati 
tecnici e sfondi emotivi che !I.a stessa parola �norma� evoca e suggerisce 
e dove categorie anche un tantino logore (come quella del �contratto 
sociale �) vengono riviste e rivisitate alla luce del Freud di Totem e tab� 
di Darwin, di Atkinson -per poter cogliere in una luce nuova i veri 
rapporti tra l'individuale e il sociale. Ed opera essenzialmente utile perch� 
diretta a sottrarre la scienza giuridica dell'isolamento in' cui � stata o si 



220 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� ricacciata e volta a restituire all'uomo in quanto produttore e destinatario 
di norme quella preminenza nell'indagine che non pu� non 
spettargli, 

L. MAZZELLA 
ROEHRSSEN C., Governo, Legge, Politica, Giuffr� editore, Milano 1969, 
pagj. 252. 

Segnaliamo, sia pure con un certo ritardo rispetto alla sua data di 
pubblicazione, questo acuto studio del R. che, nel quadro della produzione 
scientifica pi� recente, e rappresenta certamente un contributo originale e 
stimolante. Come lucidamente osserva l'A., nella premessa, che si avvicina 
ai problemi del diritto e dello Stato, armato degli strumenti concettuali che 
pone a disposizione la scienza giuridica tradizionale, nc>n pu� non provare 
un senso di insoddisfazione, la sensazione sempre meno vaga, e incerta che 
una semplice ricostruzione di questo o q.el problema � di per s� inadeguata 
a rendere il giurista pago della sua fatica. Perch� � la sua stessa posizione 
di giurista che � poco chiara, cos� com'� equivoca la sua funzione di fronte 
all'oggetto della propria indagine. Manca !;individuazione esatta del punto 
di partenza che non pu� certamente essere astratto, che anzi non pu� 
essere che politico, comunque determinato da una situazione storica e da 
una scelta ad essa collegata, sia questa scelta cosciente o meno. Lungi dal 
voler fare opera di filosofi.a, il R. parte, per la sua indagine, da un concetto 
di diritto, quale si � venuto delineando nel mondo moderno, per 
vedere se una tale configurazione sia ancora adeguata o se essa debba 
essere ulteriormente approfondita da un giurista che voglia realmente 
comprendere la realt� contemporanea. Lo stesso metodo di ricerca presiede 
allo studio dei rapporti tra diritto e politica e della configurazione del 
potere esecutivo in questo ambito. 

L'indagine storica � limitata ai sistemi giuridi!!i del continente europeo 
occidentale: resta esclusa l'Inghilterra per le caratteristiche del tutto 
particolari del suo ordinamento; essa � altresi temporalmente circoscritta 
comprendendo soltanto l'et� moderna e contemporanea (a partire, cio�, 
grosso modo dall'et� dell'illuminismo). 

Analizzando il fenomeno che ha caratterizzato le comunit� statali del 
continente europeo occidentale in questo periodo, l'A. nota che �in queste 
societ�, sulla base di concrete strutture sociali, nonch� delle necessit� 
corrispondenti a queste strutture, il diritto si � venuto configurando in 
un certo modo; in un secondo tempo si � incominciato a prendere co'scienza 
del rapporto tra il diritto e le strutture sociali che lo hanno determinato, 
si � introdotto un metodo di carattere trascendentale nella considerazione 
del fenomeno giuridico; in tal modo la dottrina giuridica ha 
assunto un carattere, ha svolto una funzione ed ha prodotto un effetto ,profondamente 
mutati rispetto a quelli iniziali, ma sopratutto profondamente 
diversi rispetto a quelli contenuti nelle affermazioni di principio dei giuristi 
�. � In particolare -prosegue il R. -ha svolto, proprio per il suo 
preteso distacco, una :liunzione modificatrice delle strutture esistenti e sopratutto 
� stata, anche se molto spesso inconsciamente, un elemento di 
conservazione �. 

Molto acute ed incisive sono le osservazioni del R. sui rapporti tra la 
formazione della borghesia ed il prevalere del formalismo. Egli rileva che 

� al momento in cui la borghesia � sufficientemente forte e l'aristocrazia 

PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

sufficientemente debole, anzi priva di funzioni effettive, la borghesia si 
appropria del potere, configurandolo nella maniera che le � necessaria, cio� 
come potere legislativo �. 

In .questo evento i due elementi caratterizzanti sono dati, da una parte, 
dall'identificazione di una classe con la comunit� intera e dall'altra dall'affermazione 
del prevalere nel fenomeno giuridico. di quell'elemento che. a 
questa classe appare il pi� adatto ai propri bisogni ed alle proprie necessit�: 
la legge �. 

L'appropriazione del potere da parte della borghesia non pu�, d'altronde 
-secondo il R. -non riflettersi in una trasformazione degli strumenti 
di potere: ecco, pertanto, affermarsi l'e,sclusivit� della legge in 
quanto strumento per la creazione del diritto. In questa supremazia della 
legge si mescolano due esigenze: da un lato, quelllf democratica, dell'autolimitazione, 
da'll'altro quello di un diritto generale, tale da garantire l'eguaglianza. 
Dopo un'efficace disamina delle posizioni espresse dai pi� autorevoli 
rappresentanti della scienza giuridica classica -volta anche a dimostrare 
che la funzione di quest'ultima supera sempre i limiti della semplice 
interpretazione e ricostruzio~ sistematica -l'A. si sofferma sul positivismo 
giuridico e sulla costruzione Kelseniana, -quest'ultima riguardata con 
partic�lare attenzione anche in tema di :!;'apporti tra gli organi e la Nazione 
e nel pi� vasto quadro del fenomeno della riduzione della funzione 
di governo a funzione amministrativa. Un capitolo a parte � dedicato alla 
evoluzione dei partiti parlamentari ed extra-parlamentari; un ultimo chiude 
il volume approfondendo il concetto di Costituzione in senso materiale 
e quello di funzione di indirizzo politico. 

Senza volerci addentrare ulteriormente nell'analisi di questo volume, 
possiamo concludere che il risultato cui esso conduce il lettore � veramente 
notevole. L'A. .ci dimostra che concepire il diritto come una pura tecnica 
sociale e non come una filosofia della giustizia non � possibile senza voler 
nascondere la verit�. E la verit� � che il diritto, proprio in quanto tecnica 
dei centri di potere politico, risente delle concezioni di base che informano 
l'azione di questi centri; Solo per una decisione di base di carattere 
politico la scienza giuridica si � limitata nella sua funzione di riflessione e 
di approfondimento. Questa limitazione ora pu� e deve cadere. � merito del 

R. averlo evidenziato. Giurista avvisato, mezzo salvato. 
L. MAZZELLA 
PASCAP� G., Raccolta di giurisprudenza sulla edilizia popolare ed economica, 
Jovene, Napoli, 1970, pagg. 207. 

Questa raccolta ha come riferimento di base la giurisprudenza del 
foro di Napoli sulla complessa legislazione della edilizia economica e 
popolare. La scelta -che � poi il maggior limite del volume -troverebbe 
la sua ragion d'essere -secondo l'A. -nel fatto che le giurisdizioni 
di merito del Foro di Napoli sarebbero le pi� estesamente investite 
delle controversie in materia. L'elaborato � integrato da segnalazioni 
complementari e da un'appendice legislativa e bibliografica ed � altresi 
corredato da un triplice indice (analitico-alfabetico per argomento, cronologico 
della giurisprudenza, cronologico per articoli delle disposizioni 
legislative e regolamentari richiamate nelle sentenze e decisioni) particolarmente 
curato. 

L. M. 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI (*) 

Legge 15 ottobre 1971, n. 911 -Modifica l'art. 1751 del� codice 
civile (G. u. rn novembre 1971, n. 288). 

legge 3 novembre 1971, n. 1059 -Estende l'applicazione dei benefici 
fiscali di cui alla leg�ge 6 agosto 1954, n. 604 e successive integrazioni 
e modificazioni aila compravendita tra iparenti fino al terzo grado 

(G. U. 17 dicembre 1971, n. 318). 
legge 23 �novembre 1971, n. 1047 -Proroga i termini iper la dichiarazione 
d!i paternit� e modifica l'art. 274 del codice civile (G. U. 
16 dicembre 1971, n. jH7). 

legge 25 novembre 1971, n. 1041 ,-Disciplina le �gestioni :fuori 
bilancio nell'ambito delle Amministrazioni dello Stato (G. U. 15 dicembre 
1971; n. 316). 

legge 6 dic:embre 1971, n. 1034 -Istituisce i tribunali amministrativi 
regionali, prevedendone le competenze, la composizione, con 
le i'elativ.e norme di procedura (G. U. 13 dicembre 1971, :n. 314). 

legge 6 dlc:embre 19�71, n. 1065 -Revisiona �l'ordinamento finanziario 
della Regione Valle d'Aosta (G. U. 17 dicembre 1971, n. 318). 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (**) 

NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codlc:e di .proc:edura penale, art. 515 (Cognizione del giudice di appello. 
Appetto incidentale del pubblico ministero), quarto c:omma. 

Sentenza 17 :novembre 1971, n. 177, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 297. 
Ordinanze di rimessione 28 gennaio 1970 della corte di appello di 
Genova (G. U. 1 � aprile 1970, n. 82), 25 febbraio 1970 e 11 marzo 1970 
del tribunale di Lecce (G. U. 3 1giugno 1970, n. 136 e 10 giugno 1970, 

n. 143), 24 aprile 1970 del tribunale di Venezia (G. U. 7 ottobre 1970, 
n. 254), e 13 novembre 1970 della corte .di appello di Genova (G. U. 
10 :febbraio 1971, n. 35). 
(*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. � 

( � �) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 

ai quali sono state proposte o decise le quesrtioni di legittimit� costituzionale. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 223 

r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590 (Nuove disposizioni sulle pensioni del 
personale dell'amministrazione delle ferrovie dello Stato), art. 9, ultimo 
comma. 
Sentenza 16 dicembre 1971, n. 203, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. 
Ordinanza di rimessione 8 luglio 1969 del tribunale di Catanzaro, 

G. U. 25 marzo 1970, n. 76 . 
.. 

legge 21 ottobre 1950, n. 841 (Norme per la espropriazione, bonifica, 
trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadfai.i), art. 9, quarto 
comma, limitatamente alle pa_role � senza alcun indennizzo �. 

Sentenza 16 dicembre 1971, n. 200, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. 
Ordinanza di rimessione 4 ma�rzo 1969 della quinta .sezione del 
Consiglio di Stato, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 

legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 
e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 
27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della 
vendita delle sost;anze alimentari e delle bevande), art. 1, terzo comma, 
limitatamente alla parte in cui esclude l'obbligo della comunicazione 
dell'esito dell'analisi anche a quei soggetti che in base agli atti di 
polizia giudiziaria gi� �Compiuti risultino indiziati di reato (339). 

Sentenza 17 novembre 1971, n. 179, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 
297. 
Ordinanza di rimessione 7 novembre 1969 del pretore di Bitonto, 
G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

Codice civile, art. 2162 (Efficacia pro�batoria del libretto colonico), 
in relazione all'art. 2152 del codice civile (artt. 35 e 36 della Costituzione). 


Sentenza 16 dicembre 1971, n. 198, G. U. 22 dicembre 1971, 

n. 
323. 
Ordinanza di rimessione 31 ottobre 1969 del tribunale di Spol�to, 
G. U. 4 marzo 1970, n. 57. 
codice di procedura civile, art. 101 (Compairizione persoinale delle 
parti), primo comma, nella parte in cui vieta ai coniugi comparsi 

(339) L'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della 
legge 26 febbraio 1963, n. 441 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 
dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi escludeva 
l'applicazione degii artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. 
20 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

224 

per~onalmente davanti al presidente del tribunale, per essere sentiti 
prima separatamente e poi congiuntamente e per il tentativo di conciliazione, 
di essere assistiti dai rispettivi difensori (art. 24 della Costituzione) 
(340). 

Sentenza 16 dicembre 1971, n. 201, G. U. 22 dicembre 1971, 

n. 
323. 
Ordinanza di rimessione 2 febbraio 1971 del tribunale di Napoli, 
G. U. 15 settembre 1971, n. 233. 
1� 

codice di procedura penale, art. 106 (Esercizio dell'azione civiie e 
obbligo della testimonianza) (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 30 novembre 1971, n. 190, G. U. 9 dicembre 1971, 

n. 
311. 
Ordinanze di rimessione 9 dicembre 1969 del pretore di Iseo 
(G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 4 dicembre 1970 del tribunale di 
Bergamo (G. U. 7 aPfile 1971, n. 87). 
codice di pl'ocedura penale, art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria 
di determinate cause di non puni.bilit�), secondo comma (artt. 3 
e 24 della Costituzione) (341). 

Sentenza 16 dicembre 1971, n. 202, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. 
Ordinanza di rimessione 3 ma.g.gio 1971 del tribunale di Taranto, 

G. U. 21 luglio 1971, n. 184. 
c;odice� di procedura penale, art. 350 (Diritto dei prossimi congiunti 
di astenersi cl.al testimoniaJl�e), secondo comma, art. 408 (Notificazione 
del decreto di citaz.ione davanti al tribunale), secondo comma, art. 447 
(Interrogatorio delle parti private. diverse daLl'�imputJato), art. 448 (Esame 
dei testimooi), e art. 449 (Giu:ramento dei testimoni) (artt. 3 e 24, 
secondo comma, della Costituzione) (342). 

Sentenza 30 novembre 1971, n. 190, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. 
Ordinanza di rimessione 9 dicembre 1969 del ;pretore di Iseo, 

G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 
d.lg. 9 aprile 1948, n. 4l7 (Proroga dei termini di demdenza in conseguenza 
del mancato funzionamento degli uffici giudiziari), ratificato 
con legge 10 febbraio 1953, n. 73, artt. 1, ultima parte e 2, nei sensi della 

.(340) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, 

n. 151, nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidente 
del tribunale, ed in caso di mancata conciliazione, � inibito di essere assistiti dai 
rispettivi difensori. 
(341) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, ai sensi di cui in motivazione, 
con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. 
(342) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 449 del codice di 
procedura penale � stata dichiarata non fondata con sentenza 13 luglio 1960, n. 58. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 225 

motivazione (artt. 87, quinto comma, 24, secondo comma, e 3, primo 
comma, della Costituzione). 

Senten~a 30 novembre 1971, n. 191, G . .U. 9 dicembre 1971, n. 311. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1969 del tribunale di Napoli, 

G. U. 25 marzo 1970, n. 76. 
legge reg. sic. 9 maggto 1969, n. 14 (Elezioni dei Consigli del/,e Amministrazioni 
straordinarie delle provincie siciliane), art. 7, n. 4 (art. 51, 
primo comma, della Costituzio~e). 

Sentenza 30 novembre 1971, n. 189, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. 
Ordinanza di rimessione 4 dicembre 1970 della corte di appello di 
Palermo, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 2751 (Credit.i per spese funebri, d'infermit�, alimenti, 
rebribuzicmi), n. 5, in quanto limita il ,privilegio del professionista 
.e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale alle retribuzioni 
dovute per l'ultimo anno (artt.. 1, 35 e 3 della Costituzione) (343). 

Tl'ibunale di Milano, ordinanza 24 giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

codice di procedura civile, art. 705 (Divieto di proporre giudizio petitorio), 
in quanto impedisce al convenuto di far valere il proprio 
dwitto di propriet� sulla cosa fino alla definizione del giudizio poi;sessorio 
(artt. 42, secondo comma, 3 e 24, 1primo comma, della Costituzione). 


Pretore di S. Elpidio a Mare, ordinanza 20 agosto 1971, G. U. 
9 .dicembre 1971, n. 311. 

codice di procedura civile, disp. att., art. 58, in quanto prevede la 
facolt�, e non l'obbligo, di eseguire la notifica o comunicazione presso 
' la canc~eria (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Bitonto, ordinanza 9 aiprile 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

codice penale, art. 102 (Abitualit� presunta della legge), art. 103 
(Abitualit� ritenuta dal giudice), art. 105 (Professionalit� nel reato), 

(343) Questione gi� proposta dalla stessa autorit� giudiziaria (ordinanza 29 ottobre 
1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163). 

/ 

226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

art. 109 (Effetti della dichiarazione di abitualit�, professionalit� o tendenza 
a delinquere), art. 204 (Accertiamento di pericotositd. Pericolosit� 
sociale presunta), .primo e secondo comma, art. 216 (Assegnazione 
a una cotonia agricola o ad una casa di lavOll'o), nn. 1 e 2 e 
art. 217 (Durata minima), in quanto consentono il cumulo tra pene e 
misure di sicurezza e determinano le misure di sieurezza senza alcun 
riferimento alla gravit� oggettiva del nuovo reato commesso (artt. 3, 
25, secondo e terzo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione) 

~~-. 

Pretore di Livorno, ordinanze 22 aprile 1971 e 6 maggio 1971, 

G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. 
codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva) e art. 138 (Pena e 
carceri;iziooe preventiva per reati com71'1'essi all'estero), in quanto escludono 
il periodo di carcerazione preventiva sofferta all'estero dal computo 
della carcerazio.Qe �preventiva sofferta nello Stato per lo stesso 
reato (artt. 2, 3, e 13 della Costituzione) (345). 

Sezione istruttoria della corte di appello di Palermo, ordinanza 
21 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. 

codice 'enale, art. 204 (Accertamento di perico.ZOsit�. Pericolosit� 
sociale presunta), secondo comma, e art. 222 (Ricovero in un ma1liicomio 
giudiziario), in quanto pongono una prevenzione assoluta di pericolosit�, 
equiparando pericolosi effettivi e pericolosi solo presunti e consentendo 
ii1 ricovero in manicomio di inimputabili oggettivamente non 
pericolosi (artt. 2, 3, primo e secondo comma, 25, 27 e 32 della Costituzione) 
(346). 

Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 8 gennaio 

G. U. 17 novembre 1971, n. 290. 
Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, 
G. U. 17 novembre 1971, n. 290. 
codice penale, art. 208 (Riesame della pericolosit�), in quanto l'esecuzione 
della revoca della misura di sicurezza � condizionata al man


(344) Cfr. sentenze 10 marzo 1966, n. 19, 9 giugno 1967, n. 68 e 20 gennaio 
1971, n. 1, della Corte costituzionale. 
(345) Differente .questione di legittimit� costituzionale dell'art. 137 del codice 
penale � stata dichiarata manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 13 
e 27 �della Costituzione e con richiamo alla sentenza 16 giugno 1970, n. 96, con � 
ordinanza 2 febbraio 1971, n. 16. 
(346) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, primo e 
secondo comma, 24, secondo comma, 27, secondo comma, e 32 della Costituzione, 
con sentenza 9 giugno 1967, n. 68 e riproposta, per il primo comma dell'art. 222, 
ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione, anche dal pretore di Tolmezzo (ordinanza 
16 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 22'1 

ca.to ricorso del pubblico ministero ed � sospesa a seguito della proposizione 
di tale ricorso (artt. 3, 13, 102 e 112 della Costituzione) (347). 
Pretore di Livorno, ordinanza 22 aprile 1971, G. U. 1 � dicembre 
1971, n. 304. 

codice penale, art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziario), in 
quanto predetermina il periodo di ricovero obbligatorio in manicomio 
giudiziario con un minimo di due anni (art. 3 della Costituzi�ne). 

Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, 

G. U. 17 novembre 1971, n. 290. 
codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto 
prevede a tutela del �pubblico ufficiale una sanzione pi� g�rave di quella 
prevista, a tutela degli altri cittadirui, dall'art. 594 del codice penale 
(artt. 1, 3 primo e �secondo comma, 28, 35, 54, 97 e 98 .della Costituzione) 
(348). � 

Pretore di Carpi, ordinanza 22 1giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 25 giugno 1971, G. U. 
1� dicembre 1971, n. 304 (artt. 1, 3, 28, 35, 54, 97 e 98 della Costituzione). 


codice penale, art. 589 (Omicidio colposo) e art. 42 (Responsabiiit� 
per dolo o per colpa o per delitto preterintenzicmale. Respomsabilit� 
obiettiva), in quanto consentono che nella valutazione della colpa 
professionaie il giudice attribuisca rilevanza penale a gradi di colpa 
di tipo particolare, autorizzando di�scriminazioni correlate alla professione 
esercitata dagli imputati (a�rt. 3 della Costituzione). 

Tdhunale di Varese, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

codice penale, art. 666 (Spettacoli o trattenimenti pubblici senza 

licenza), in quanto prescrive la licenza del questore anche per detenere 

e far funzionare in un bar un solo elettrogran1mofono a gettone (art. 41 

della Costituzione) (349). 

Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 

1971, n. 297. 

(347) Questione proposta con la stessa ordinanza anche per gli artt. 642, "646 
e 647 del codice di procedura penale e gi� proposta, per gli artt. 642, secondo 
comma, e 646 del codice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale 
!ii Pisa (ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). 
(348) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della 
Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, e gi� riproposta da numerose 
autorit� giudiziarie (V. retro, note 295, 171 e 69). 
(349) L'art. 666 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 
15 aprile 1970, n. 56, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da 
tenersi. in luoghi 'aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, 
~ccorre la licenza del questore. 

228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 718 (Esercizio di giuochi d'azzardo) e art. 720 
(Partecipazione a giuochi d'azzardo), ~n quanto punisce lo svolgimento 
di attivit� consentite invece nei casin� autorizzati (art. 3 della Costituzione) 
(350). 

Pretore di Sampierdarena, ordinanza 27 maggio 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. 

codice di procedura penale, art. 19 (Questioni di stato personate pregiu�iziaLi 
a un giudizio penale), e art. 21 (Autorit� det giudicato che 
decide la questione pregiudA.ziate, civile o amministrativa), in quanto 
vincolano U giudiice penale ad un .presupposto-(status di tmprenditore) 
contenuto in sentenza resa senza la .garanzia di adeguato contraddittorio 
(art. 24, secondo comma, dell� Costituzione). 

Pretore di Mantova, ordinanza 2 luglio 1971, G. U. 22 dicembre 
1971, n. 323. 

codice di procedura penale, art. 27 (Autorit� del giudicato penate nel 
giudizio di danno), in quanto estende gli effetti del giudicato penale 
anche al responsabile civile rimasto estraneo al giudizio (art.. 24 della 
Costituzione) (351). 

Corte di cassazione, ordinanza 27 aprile 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. 
Tribunale di Napoli, ordinanza 9 giugno 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. 

codice di procedura� penale, art. 74 (Esercizio deti'azione penate da 
parte dei pubblico ministero o det pretore), e art. 398 (Poteri del pretO'l"
e nei procedimento con 1-struzione sommaria), in quanto consentono 
al pretore di esercita.re l'azione penale, di istruire il relativo procedimento 
e di pronunziarsi in sede istruttoria sull'azione penale da lui 
stesso �promossa (artt. 3 e 24 della Costituzione) (352). 

Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 .giu~no 1971, G. U. 17 r:iovembre 
1971, n. 290. 

codice di� procedura penale, art. 93 (Dichiarazione�costitutiva di parte 
civile), secondo comma, e art. 94 (Formalit� detta costituzione di parte 

(350) Questione gi� proposta dal pretore di Cingoli (ordinanza 29 novembre 
1969, G. U. 11 marzo 1970, n. 64). La stessa questione, ma in senso opposto, �:� stata 
proposta, per l'art. 1, primo comma, del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertito 
con legge 27 dicembre 1928, n. 3125, dalla quinta sezione del Consiglio di Stato 
(ordinanza 10 giugno 1969, G. U. 26 novembre 1969, n. 299). 

(351) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale 
nella sentenza 22 marzo 1971, n. 55. 
(352) Questione gi� dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, primo 
comma, 24, secondo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 104, primo 
comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, primo e quarto comma, 108 e 'i12 
della Costituzione, con sentenze 24 maggio 1967, n. 61 e 9 luglio 1970, n. 123. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 22'1 

ca.to ricorso del pubblico ministero ed � sospesa a seguito della propos.izione 
di tale ricorso (artt. 3, 13, 102 e 112 della Costituzione) (347). 
Pretore di Livorno, ordinanza 22 aprile 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

codice penale, art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziario), in 
quanto predetennina il periodo di ricovero obbligatorio in manicomio 
giudiziario con un minimo di due anni (art. 3 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, 

G. U. 17 novembre 1971, n. 290. 
codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto 
prevede a tutela del pubblico ufficiale una sanzione pi� grave di quella 
prevista, a tutela degli altri cittadin~, dall'art. 594 del codice penale 
(artt. 1, 3 primo e �secondo comma, 28, 35, 54, 97 e 98 .della Costituzione) 
(348). � 

Pretore di Carpi, ordinanza 22 �giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 25 giugno 1971, G. U. 
1� dicembre 1971, n. 304 (artt. 1, 3, 28, 35, 54, 97 e 98 della Costituzione). 


codice penale, art. 589 (Omicidio colposo) e art. 42 (Responsab.Uitd 
per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilit�, 
obiettiva), in quanto consentono che nella valutazione della colpa 
professionaie il giudice attribuisca rilevanza penale a gradi di colpa 
di tipo particolare, autorizzando discriminazioni correlate alla professione 
esercitata dagli imputati (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Varese, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

codice penale, art. 666 (Spettacoli o trattenimenti pubblici senza 
licenza), in quanto rprescrive la licenza del questore anche per detenere 
e far funzionare in un bar un solo elettrograrrlmofono a gettone (art. 41 
della Costituzione) (349). 

Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 

1971, n. 297. 

(347) Questione proposta con la stessa ordinanza anche per gli artt. 642, 0646 
e 647 del codice di procedura penale e gi� proposta, per gli artt. 642, secondo 
comma, e 646 del codice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale 
lii Pisa (ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). 
(348) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della 
Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, e gi� riproposta da numerose 
autorit� giudiziarie (V. retro, note 295, 171 e 69). 
(349) L'art. 666 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 
15 aprile 1970, n. 56, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da 
tenersi. in luoghi 'aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, 
-;iccorre la licenza del questore. 

230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esclusivo da un giudizio di (probabile) colpevolezza e con irragionevole 
riferimento a massimi edittali di pena' indiscriminati (artt. 3, primo 
comma, e 27, ultimo comma, della Costituzione) (359). 

Giuddce istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 22 marzo 
1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. 

codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere 
i difensori), modificato dal d.I. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito con legge 
18 marzo 1971, n. 62, in quanto non consente al difensore dell'imputato 
di assistere nella fase istruttoria allo svolgimento dell:a prova testimoniale 
(art. 24, secondo comma, della Costituzione) (360). 

Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 13 maggio 1971, 

G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. 
Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 giugno 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. 
Pretore di Stigliaho, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 


codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i 
difensori), modificato dal d.I. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito con legge 
18 marzo 1971, n. 62, in quanto non consente al difensore dell'imiputato 
di intervenire al confronto tra i testimoni e l'imputato (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione) (361). 

Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 12 agosto 
1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. 

codice di procedura penale, art. 394 (Validit� degl.i atti della istll"Uzione 
sommaria nel caso di trasformazione in istruzione formale), in 
quanto consente di considerare vaH!ii gli atti dell'istruttoria sommaria I 
anche quando tale istruttoria sia stata scelta al di fuori dei casi stabiliti 

t 

dall'art. 289 del codice di procedura penale (art. 25 della Costituzione). I 

Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 13 maggio 1971, 

G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. 
I 

(359) Q..estione proposta dalla stessa autorit� giudiziaria, per l'art. 253, anche 
con ordinanza 24 marzo 1971 (G. U. 14 luglio 1971, n. 177). L'art. 253 del codice di 
procedura penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 maggio 1970, 
n. 64, nella parte in cui escludeva l'obbligo della motivazione in ordine alla sussistenza 
di sufficienti indizi di colpevolezza. Con la stessa sentenza � stata invece 
dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 27 e 111 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 277, secondo comma, del codice di 
procedura penale. Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. 255 del 
codice di procedura penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 
della Costituzione, con sentenza 11 maggio 1971, n. 100. Per altre questioni sull'istituto 
della cattura obbligatoria v. retro, nota 324. 
(360) Questione gi� proposta. V. retro, note 308, 255 e 59. 
(361) Per analoghe questioni gi� proposte v. retro, note 308, 255 e 59. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 231 

codice di procedura penale, libro terzo, titolo I, titolo Il, capi I, Il e lii 
(artt. 405�496), nella parte in cui conferiscono al pretore il potere di 
emettere il decreto di citazione, di dirigere il dibattimento e di emettere 
la conseguente sentenza per fatti reato su cui egli stesso ha promosso 
l'azione penale ed ha esercitato funzioni di istruttore (a�rtt. 3 e 24 della 
Costituzione) (362). 

Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 .giugno 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. � 

codice di procedura penale, art. 466 (Lettura di rapporti, referti, denunce, 
querele e altri atti), in quanto consente la lettura in dibattimento 
del rapporto giudiziario anche nelle parti lesive della dignit� 
dell'imputato (artt. 2, 3, primo comma, 24, secondo comma, e 27, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Fornovo Taro, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. ' 

codice di procedura penale, art. 489 (Disposizioni della sentenza di 
coodanna relativa ai ~danni), in quanto non consente l'ap;plicazione 
anche in sede penale, ai soli effetti cd.vili, della presunzione di colp;a stabilita 
dall'art. 2054 del codice civile e subordina l'esecuzione dei provvedimenti 
civili, a differenza di quanto consentito da1gli artt. 282, 283 
e 373 del codice di procedura civile, al passaggio in giudicato della 
sentenza (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Rovereto, ordinanza 13 luglio 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. 

codice di procedura penale, art. 642 (Effetti dei ricorsi e sanzicmi disciplinari), 
art. 646 (Revoca delle misure di sicurezza), e art. 647 (Riesame 
dello stato di pericolosit�), in quanto prevedono l'inefficacia della 
revoca 'della mi�sura di sicurezza prima della scadenza del termine 
previsto per l'impugnazione del pubblico ministero ed attribuiscono a 
tale impugnazione efficacia sospensiva della revoca (artt. 3, 13, 102 
e 112 della Costituzione) (363). 

Pretore di Livorno, or�inanza 22 aprile 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 


codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 373, in 
quanto stabilisce per l'esercizio dei diritti derivanti dal contratto di 


(362) Questione gi� dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
con sentenza 9 luglio 1970, n. 123. 
(363) Questione gi� proposta, per gli artt. 242, secondo comma, e 246 del co-, 
dice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale di Pisa (ordinanza 
15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). 

232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a.rruolaril.ento un termine di prescrizione minore di quello previsto dall'art. 
2948, n. 5 del codice civile per gli altri rapporti di lavoro (artt. 3, 
4 e 35 della Costituzione). 

Pretore di Civitavecchia, ordinanza 30 giugno 1971, G. U. 24 nove:
rpbre 1971, n. 297. 

codice della navigazione (R.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1317, che 
modifica l'art. 6 bis, quarto comma, della legge 12 febbraio 1903, n. 50 

1 

(introdotto con l'art. 1, punto IX, �comma quarto, del r.d.1. 28 dicembre 
1924, n. 2285, convertito con leg.ge 22 dicembre 1927, n. 2637), in quanto 
attribuisce funzioni giurisdizionali� al presidente del Consorzio autonomo 
del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo 
comma, della Costituzione). 

Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, .ordinanza 
6 settembre 1971, G. U. 1� dicembre 19'71, n. 304. 

legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Disciplina delle espropriazioni forzate 
per pubblica utilit�) art. 46, terzo comma, in quanto esclude ogni indennizzo 
per le servit� stabilite da leggi speciali (artt. 3 e 42, terzo comma, 
della Costituzione) (364). 

Corte di appello di Genova, ordinanza 18 giugno 1971, �;. U. 17 
novembre 1971, n. 290. 

legge 4 marzo 1877, n. 3706 (Legge suUa pesca), art. 16, in quanto 
consente il permanere dei diritti esclusivi di pesca (artt. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Milano, ordinanza 4 marzo 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

legge 12 febbraio 1903, n. 50 (Legge per la costituzione di un consorzio 
autonomo per L'esecuzione delle opere e per L'eserrcizio del porto 
di Genova), art. 6 bis, quarto e quinto comma (a.g.giunto con l'art. 1, punto 
IX, quarto e quinto comma, del d.1. 28 dicembre 1924, n. 2285, convertito 
con legge 22 dicembre 1927, n. 2637, e modificato dall'art. 1317 
del codice della navigazione), in quanto attribuisce funzioni giurisdiz:
ionali al presidente del Consorzio autonomo del .porto di Genova 
(artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). 

Presidente �del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 
6 settembre 1971, G. U. �";, dicembre 1971, n. 304. 

(364) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 giugno 1971, n. 133. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGI~LAZIONE 233 

r.d.I, 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il peirsonale addetto. 
ai pubbHci servizi di trasporto in concessione), artt. 21, 26 e 31, in 
quanto prevedono il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio 
che prescinde dalila cadenza settimanale (art. 36, ultimo comma, 
della Costituzione) (365). 

Corte di arppello di Genova, ordinanze 31 maggio 1971 e 21 giugno 
1971 (complessivamente undici), G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304 
e 9 dicembre 1971, n. 311. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3276 (Leggi. dei diritti erariali sugli spettacoli), 
art. 14, riprodotto nell'art. 11 del r.d. 2 ottobre 1924, n. 1589, 
in quanto condiziona il rilascio della licenza di pubblica sicurezza per 
un solo juke-box in un bar al preventivo pagamento dei diritti erariali 
(artt. 2-7, primo e secondo comma, 113, 24, primo comma, e 3, 
primo e secondo comma, della Costituzione) (366). 
Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

r.d. 2 ottobre 1924, n. 1589 (Esazione dei diritti erariali sui cinematografi, 
a mezzo della societd italiana degli autori), art. 11, che riproduce 
l'art. 14 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3276, in quanto condiziona il 
rilascio della licenZ� di pubblica sicurezza ai prevenrtivo pagamento 
dei diritti erariali (artt. 97, primo e secondo comma, 113, 24, primo 
comma, e 3, iprimo e secondo comma, della Costituzione) (367). 
Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

r.d.I. 28 dicembre 1924, n. 2285 (Modificazioni alla legge istitutiv.a del 
Consorzio autonomo del pMto di Genova), convertito con legge 22 dicembre 
1927, n. 2637, art. 1, punto IX, quarto e quinto comma (che aggiunge 
l'art. 6 bis, quarto e quinto eomma, alla legge 12 febl;>raio 1903, 
n.50, modificato dall'art. 1317 del codice della navigazione), in quanto 
attribuisce funzioni .giurisdizionali al presidente del Consorzio autonomo 
del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo 
comma, della Costituzione). 
Prei;idente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 
6 settembre 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. 

(365) L'art. 21 delle disposizioni annesse al r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, modificato 
dal r.d.l. 2 dicembre 1923, n. 2682, � stato dichiarato incostituzionale, per 
il sopra indicato motivo, con sentenza� 30 giugno 1971, n. 146. 
(366) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 6 febbraio 1969, n. 9. 
(,367) Cfr. sentenza 6 febbraio 1969. n. 9 della Corte costituzionale. 

234 

RASSEGNA pELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.J.e9ge... 25. novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello 
Stato), in quanto istitutiva di un gdudice speciale, oltretutto privo dei 
requisiti dell'autonomia e dell'imparzia\lit� (artt. 101, 102, primo e 
secondo c6mma, e 104, primo comma, della Costituzione) (368). 

Corte di appello di Genova, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

r.d. 12 dicembre 1926, n. 2062 (Norme per l'attuazione della legge 25 
novembre 1926, n. 2008, su.i provvedimenti per la difesa dello StJato), 
in quanto relativo alla istituzione di un giudice speciale, oltretutto privo 
dei requisiti dell'autonomia e dell'imparzialit� (artt. 101, 102, primo e 
secondo comma, e 104, primo comma, della Costituzione) (368). 
Corte di appello di Genova, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 1 � dicembre 
1971, n. 304. 

legge 22 dicembre, 1927, n. 2637 (Conversione in legge del decretotegge 
28 dicembre 1924, n. 2285, recante modificazioni alla legge istitutiva 
del Consorzio autonomo del porto di Genova), nella parte in 
eui converte In legge l'art. 1, punto IX, quarto e quinto comma, del 

r.d.l. 28 dicembre 1924, n. 2285 (che a�ggiunge l'art. 6 bis, quarto e 
quinto comma, alla Ieg.ge 12 feb\lraio 1903, n. 50, modificato dall'art. 
1317 del codice della nai:v1gazione), in quanto attribuisce funzioni 
giurisdizionali al presidente del Consorzio autonomo del porto 
di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della 
Costituzione). 
Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 
6 settembre 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. 

r.d. 26 febbraio 1928, n. 619 (Testo unico delle disposizioni legislative 
riguardanti l'Opera di previdenza istituita a favore dei personali 
civile e militJare dello StJato e dei loro superstiti, annministrata dalla 
Direzione generale della Cassa deposibi e prestiti e degli Istituti di 
previdenza), art. 48, primo comma, in quanto condiziona il diritto all'indennit� 
di buonuscita, diversa dall'indennit� una tantum, al conseguimento 
del diritto alla pensione (artt. 3 .e 36 della Costituzione) (369). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 20 ottobre 1970, G. U. 
22 'dicembre 197i, n. 323. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubbl.ica sicurezza), 
art+. 68 e 69, in quanto prescrivono la licenza del questore anche 
(368) Analoga questione, proposta in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e titolo IV 
della Costituzione, � stata dichiarata inammissibile con sentenza 17 febbraio 1971, 
an � 

(369) Analoga questione � stata proposta, dalla quarta sezione del Consiglio 
di Stato, per l'art. 5, secondo comma, della legge 27 novembre 1956, n. 1407 (ordinanza 
30 marzo 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

per detenere e far funzionare in un bar un solo elettrogrammofono a 
gettone (art. 41 della Costituzione) (370). 

Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica.,sicurezza), 
art. 72, in quanto condiziona il rilascio della licenza di pubblica 
sicurezza per un solo juke-box in un bar al preventivo pa.gamento 
dei diritti d'autore (artt. 97, primo e secondo comma, 113., 24, 
primo comma, e 3, �primo e secondo comma, della Costituzione) (371). 
Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

legge 8 ottobre 1931, n. 1604 (Testo unico delle leggi sulla pesca), 
art. 26, in quanto consente il permanere dei dir.itti esclusivi di pesca 
(art. 3 della Costituzione).. 

Tribunale di Milano, ordinanza 4 marzo 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

legge 22 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e settimanale), e 
successive modificazioni, artt. 13 e 14, in quanto disciplinano il riposo 
settimanale degli addetti alle aziende �giornalistiche in modo da impedire 
la pubblicazione di g.iornali e quotidiani nel pomerh~gio della 
domenica e nella mattinata del lunedi (artt. 21, primo e secondo comma, 
3 e 41 della Costituzione); artt. 22, 23, 24, 25 e 26, in quanto impediscono 
la pubblicazione; a mezzo di quotidiani, di not�Zie e commenti 
nella mattinata di Junedi, consentita invece alle imprese di trasmissioni 
radiofoniche ed alla stampa sportiva (artt. 3 e 41 della Costituzione); 
art. 28, secondo e terzo comma, in quanto consente il sequestro 
di �pubblicazioni anche in ipotesi diverse da quelle stabilite dalla 
Costituzione (a�rt. 21, terzo .comma, della Costituzione) (372). 

Pretore di Milano, oniinanza 6 agosto 1971, G. U. 22 dicembre 
1971, n. 323. 

(370) L'art. 68 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 � stato dichiarato incostituzionale 
nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico 
senza la licenza del questore (sentenza 12 dicembre 1967, n. 142), e nella parte in 
cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti 
nell'esercizio di attivit� imprenditoriale, occorre la licenza del questore (sentenza 
15 aprile 1970, n. 56). 
(371) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 6 febbraio 1969, n. 9 
e gi� fiproposta dallo stesso pretore con ordinanza 2 dicembre 1970 (G. U. '12 maggio 
1971, n. 119). 
(372) Questioni gi� proposte dal pretore di Trieste (ordinanza 30 novembre 
1970, G. U. 19 febbraio 1971, n. 42), dal pretore di Bari (ordinanza 31 dicembre 1970, 
G. U. 21 �aprile 1971, n. 99), dal pretore di Bologna (ordinanza 18 marzo 1971, G. U. 
16 giugno 1971, n. 151), e del pretore di Napoli (ordinanza 5 aprile 1971, G. U. 
7 luglio 1971, n. 170). 

236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d. 16. gennaio 1936, n. 801 (Testo unico deUe dispo�sizi<Yni legislative 
riguardanti la costituzione di un Consorzio autoinomo per l'esecuzione 
deUe opere e per l'esercizio del por1Jo di Genova), art. 7, sesto 
e settimo comma, in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali al presidente 
del Con8orzio autonomo del porto di Genova (artt. 101, secondo 
comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). 
Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 
6 settembre �1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. 

r.d.I. 19 ottobre 1938, n. 1930 (recte: n. 1933) (Riforma delle leggi 
sul lotto pubblico), conv�rtito con legge 5 giugno 1939, n. 973, art. 86, 
terzo comma, in quanto contempla una ipotesi di peculato che prescinde 
dalla ricorrenza degli elementi richiesti, per la giuridica esistenza 
del reato, dall'art. 314 del codice penale (art. 3, primo comma, 
della Costituzione). � 
Tribunale di Siracusa, ordinanza 18 giugno 1971, G. U. 9 dicembre 
1971, n._ 311. 

r.d. 30 gennqio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 34 e 38, 
in quanto condizionano l'esercizio dell'azione penale alle dh'ettive del 
pretore dirigente (artt. 3, 25, 101 e 107 della Costituzione) (373). 
Pretore di Roma, ordinanze 5 e 14 giugno 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304 e 24 novembre 1971, n. 297. 

r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice 
di procedura civile), art. 58, in quanto prevede la facolt�, e non 
l'obbUgo, di �seguire la notifica o comunicazione presso la cancelleria 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di B~tonto, �ordinanza 9 aprile 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

r.d. �16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del ccmcordato 
preventivo, delt'ammitnistrazione cointrollata e della liquidazioine coatta 
amministrativa), art. 22, ultimo c�omma, in quanto vincola il tr.i!bunale 
alla .emanazione di sentenza dichiarativa di fallimento sul solo presupposto 
che la corte di appello abbia accolto il reclamo e senza consentirgli 
alcuna indagine di fatto o di diritto (artt. 101, ultima parte, 
e 3 della Costituzione) (374). 
Tribunale di Napoli, ordinanze 12 mag�gio 1971 (diciassette), G. U. 
17 novembre 1971, n. 220. 

(373) Cfr. sentenza 3 giugno 1970, n. 80 della Corte costituzionale. 
(374) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 24,-secondo 
comma, della Costituzione, con sentenza 22 giugno 1971, n. 142. 

PARTE. II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 237 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controUata e deUa liquidazione coatta 
amministrativa), art. 162, secondo comma, in quanto non prevede l'obbUgo 
del tribunale di disporr~ la comparizione dell'imprenditore in 
camera di consiglio iprima che si provveda sulla dichiarazione di fallimento 
(a�rt. 24, secondo comma, della Costituzione) (375). 
Corte di appello di Milano, ordinanza 20 aprile 1971, G. U. 22 
dicembre 1971, n. 323. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 217, .prima parte e primo capoverso, in quanto prevede 
come elemento costitutivo del reato la sentenza dichiarativa di 
fallimento, alla cui data risulta quindi necessariamente correlata l'applicabilit� 
o no del provvedimento di amnistia (art. 3, primo comma, 
della Costituzione) (376). . � 
Pretore di Verona, ordinanza 24 giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 
Pretore di Mantova, ordinanza 2 luglio 1971, G. U. 22 dicembre 
1971, n. 323. 
Pretore di Napoli, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 9 dicembre 1971, 

n. 311. 
legge 17 luglio 1942, n. 907 (Legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi), 
modificata dalla legge 3� gennaio 1951, n. 27, art. 45 e seguenti, 
in quanto :puniscono la preparazione, l'introduzione in Italia e la vendita 
del tabacco, riservandone allo Stato il monopolio per finalit� solo 
fiscali (artt. 41 e 43 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 6 luglio 1971, G. U. 24 novembre 
� 1971, 'n. 297. 

d.lg.lgt. '5 ottobre 1944, n. 316 (Norme per la speciale revisione del.le 
sentenze di condanna emesse dal Tribunale speciale per la difesa �eLlo 
Stato soppresso con r.�.Z. 29 1.uglio 1943, n. 668), in quanto conserva 
gli effetti delle sentenze emanate dal soppresso tribunale speciale in 

(.375) Analoga questione � stata gi� proposta dal tribunale di Palermo (ordinanza 
16 aprile 1970, G. U. 2 settembre 1970, n. 222). V. sentenza 16 luglio 1970, 

n. 141 della Corte costituzionale. 
(376) Questione gi� proposta dal pretore di Siracusa (ordinanza 11 marzo 1971, 
G. u. 30 giugno 1971, n. 163). Differente questione di legittimit� costituzionale dell'�rt. 
217 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 � stata dichiarata non fondata, in rlferimento 
all'art. 76 della Costituzione, con sentenza 7 giugno 1962, n. 47. Altra questione 
� stata proposta dal pretore di Voghera (ordinanza 23 aprile 1970, G. U. 
16 settembre 1970, n. 235). 

238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

materia di reati non politici (artt. 101, 102, primo e secondo comma. 
e 104, iprimo comma, della Costituzione) (377). 

Corte di aippello di,Ancona, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

d.lg. 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del 
personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello 
Stato), art. 9, quarto comma, in quanto esclude il diritto del dipendente 
ad un'indennit� proporzionale agli anni di servizio in ipotesi di licenziamento 
�Per colpa o di dimissioni volontarie (art. 36 della Costituzione) 
(378). 

Consiglio �di Stato, quarta sezione, ordinanza 19 febbraio 1971, 

G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. 
d.lg.C.P.S. 15 settembre 1947, n. 896 (Nuove disposizioni .Per la discipLina 
dei prezzi), art. 1S. in quanto impone la emissione obbligatoria 
del mandato di cattura anche �per i"eati, quali quelli previsti dall'articolo 
14, terzo comma, dello stesso decreto, sanzionati solo con la multa 
(artt. 3 e 13 della Costituzione) (379). 

Pretore di Macerata, ordinanze 30 luglio 1971, 11 agosto 1971, e 
25 agosto 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297 e 9 dicembre 1971, 

n. 311. 
d.lg.C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417 (DiscipLina deU.e pubbliche affissio;
ni e detta pubblicit� affine), in quanto assog.getta ad imposta comunale 
anche la pubblicit� non avente scopo commerciale (art. 21, 
prima parte, e 53 della Costituzione) (380). 

Pretore di Roma, ordinanza 8 luglio 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 290. � 

d.lg.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599 (Istituzione delta Scuola popolare 
contro i'a114lfabetismo), art. 4, ratificato e 'modificato dall'art. 4 
(recte: umco) della legge 16 aprile 1953, n. 326, in quanto prevede 
che la nomina degli insegnanti, nel caso di scuole organizzate da enti 

(377) Analoga questione. proposta con riferimento agli artt. 3, 24, 25 e titolo IV 
della Costituzione, � stata di�hiarata inammissibile con sentenza 17 febbraio 1971. 
n. 17. 
(378) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale 
nella sentenza 27 giugno 1968, n. 75. 
(379) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 24 della Costituzione, 
dal pretore di Cingoli (ordinanza 10 maggio 1971, G. U. 21 luglio 1971, n. 184). 
La questione di legittimit� costituzionale del d.lg.C.P.S. 15 settembre 1947, n. 896 
� stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 41, secondo comma, della 
Costituzione, con sentenza 8 luglio 1957, n. 103. 
(380) Questione proposta, con la stessa ordinanza, anche per la legge 5 luglio 
1961, n. 641. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 239 

o da �associazioni con oneri a loro totale carico o a carico dello Stato, 
ha luogo su proposta e d'intesa con gli enti e le associazioni interessate 
(artt. 3,. 4 e 33 della Costituzione) (381). 
Pretore di Nicosia, ordinanza 23 novembre 1970, G. U. 1 � dicembre 
1971, n. 304. 

d.lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denuncia di stranieri 
o apoZidi), ed in particolare art. 1, in quanto consente la pena dell'arresto 
e il raddO!PPio della misura �della �pena stabilita dall'art. 665, 
ultimo comma, del codice penale solo in ragione della condizione di 
straniero della persona ospitata (a:rtt. 3 e 10 della Costituzione) (382). 

Pretore di Mantova, ordinanza 30 giugno 1971, G. U. 22 dicembre 
1971, n. 323. 

legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e .sublocazioni 
di immobili urbani}, art. 47, in quanto non prevede la proroga 
della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per le 
case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1 � dicembre 
1971, n. 304. 

legge 16 febbraio 1952, n .. 58 (Conversione in legge del decreto-legge 
21 dicembre 1951, n. 1356, concernente norme in materia di locazione 
e sublocazione di immobili urbani e di vincolo alberghiero), in quanto 
non prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra gli 
Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza �22 luglio 1971, G. U. 1 � dicembre 
1971, n. 304. 

legge 16 aprile 1953, n. 326 (Ratifica, con modificaiioni, del decreto 
legislativo 17 dicembre 1947, n. 1599, concernente l'istituzione della 
scuola popolare contro l'analfabetismo), art. 4 (recte: unico), nella 
parte in cui ratifica, con modificazioni, l'art. 4 del d.lg.C.iP.S. 17 dicembre 
1947, n. 1599, che prevede la nomina degli insegnanti. nel 
caso di scuole organizzate da enti o da associazioni con oneri a loro 

(381) Questione gi� dichiarata non fondata, come � ricordato anche nell'ordinanza 
di rimessione, con sentenza 28 aprile 1970, n. 62. 
(382) Questione dichiarata non fondata, in riferimento. all'art. 3 della Costituzione, 
con sentenza 26 giugno 1969, n. 104, e gi� riproposta, sempre in riferimento 
all'art. '3 della Costituzione, dal pretore di Massa (ordinanza 26 febbraio 1971, G. U. 
7 luglio 1971, n. 170). Differente ma analoga questione �� stata dichiarata non fondata, 
in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 16, primo comma, 17, secondo 
comma, 41 e 42 della Costituzione, cmi sentenza 16 luglio 1970, n. 144. 
21 



240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

totale carico o a carico dello Stato, ha luogo su proposta e d'intesa 
con �gli enti e le associazioni interessate (artt. 3, 4 e 33 della Costituzione) 
(383). 

Pretore di Nicosia, ordinanza 23 novembre 1970, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 (Nuove normJ sull'imposta di pubblicit�), 
art. 4 della tariffa ali. A, in quanto impone il pagamento della 
imposta di pubblicit� rper l'uso di tabelle e tal"ghe a prescindere dalla 
effettiva utilizzazione di tali tabelle e targhe (art. 3, primo comma, 
della Costituzione) (384). 
Tribunale d� Torino, ordinanza 11 giugno 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

legge 1� maggio 1955, n. 368 (Norme in materia d� focazion.e e subfocazione 
di immobili urbani), art. 5, in quanto non prevede la proroga 
della durata dei rapporti instaurati tra glii Istituti autonomi per 
le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932 (Norme di attuazioine � di coardinamento 
deita legge 18 giugno 1955, n. 517, c01ieernente modificazioni 
al codice di procedura penale), art. 6, in quanto impone al giudice di 
appello, dichiarata la nullit� della sentenza istruttoria impugnata ai 
sensi dell.'art. 387 del codice di procedura penale per essersi verificata 
una delle nullit� indicate all'art. 185 dello stesso codice, di procedere 
direttamente a norma dell'art. 189 del codice di procedura penale 
(artt. 24 e 25 della Costituzione) (385). 
Sezione istruttoria della corte di appello di Palermo, ordinanza 
30 giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. 

legge 30 novembre 1955, n. 1335 (Ratifica ed esecuzione della convenzione 
tra gli Stati partecipanti al trattato Nord-Atlantico suiio statuto 
delle loro forze armate, ;firmata a Londra ii 19 giugno 1951), 
art. 2, in quanto rende esecutiva in Italia la convenzione di Londra del 

(.383) Questione gi� dichiarata non fondata, come � ricordato anche nell'ordinanza 
di rimessione, con sentenza 28 aprile 1970, n. 62. 

(384) Differente questione di legittimit� costituzionale della norma � stata dichiarata 
non fondata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, con sentenza 
23 febbraio 1970, n. 28. 
(385) Questione gi� proposta dalla stessa autorit� giudiziaria (ordinanza.� 23 
giugno 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 241 

19 giugno 1951 nella parte in cui consente allo Stato di sog.giorno di 
rinunciare al diritto. di pri9rit� nell'esercizio della giurisdizione (articolo 
25 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 15 luglio 1971, 

G. U. 24 novembre 1971, n. 297. 
legge 27 novembre 1956, n. 1407 (Modifiche aUe disposizioni del testo 
unico suli'opera di :rn:evidenza per i personali civile e miz.itare d�l-lo 
Stato, approvato con regio decreto 28 febbraio 1928, n. 619), art. 5, 
secondo comma, in. quanto esclude l'attribuzione dell'indennit� di buonuscita 
alle figlie coniugate. e ai figli ma�g1giorenni del dipendente dece


. duto prima del collocamento a riposo (artt. 3 e 36 della Costituzione) 
(386). 

Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 30 marzo 1971, G. U. 
22 dicembre 1971, n. 3�23. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 207, in quanto impone al terzo di proporre l'opposizione 
prevista dell'art. 619 del codice .di procedura civile, e quindi anche 
' 
soltanto di depositare il ricorso in cancelleria, prima della data fissata 
per il primo incanto (artt. 24, 113 e 3 della Costituzione) (387). 

Pretore di Massa, ordinanza 22 agosto 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

legge 21 marzo 1958, n. 447 (Delega al Gove'l'no per la discipltina 
deila cessione in propriet� a favQ!1'e degli assegnatari degli a.Lloggi di 
tipo economico e popolare costruiti o da costruire a totale carico deUo 
Stato ovvero con il suo concorso o contiributo), art. unico, in quanto 
esclude per i militari il diritto di ottenere la cessione in propriet� degli 
�alloggi in assegnazione (artt. 3 e 47 della Costituzione) (388). 

Tribunale di Milano, ordinanza 23 marzo 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (Norme concernenti la disciplina della 
cessione in propriet� degli alloggi di tipo popo�lare ed economico),� arti� 
(386) Analoga questione � stata proposta, della sesta sezione del, Consiglio di 
Stato, per l'art. 48, primo comma, del r.d. 26 febbraio 1928, n. 619 (ordilianza 
20 ottobre 1970, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323). 
(387) Questione gi� proposta dal pretore di Roma, in riferimento all'art. 24, 
primo comma, della Costituzione (ordinanze 10 e 16 novembre 1970 e 10 dicembre 
1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 e 5 maggio 1971, n. 112). Sull'art. 207 del 
d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 v. sentenze 16 giugno 1964, n. 42, 26 novembre 1964, 
n. 93, 20 dicembre 1968, n. 129, 26 giugno 1969, n. 107, 25 maggio 1970, n. 76 e 
2 febl:lraio 1971, n. 13. 
(388) Questione gi� proposta, per l'art. 2, lett. a, del d.P.R. 17 gennaio 1959, 
n. 2, ed ili riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal tribunale di Torino (ordinanza 
15 gennaio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151). 

242 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

colo 2, lett. a, in quanto esclude rpet i militari il diritto di ottenere la 
cessione in .propriet� degli alloggi in assegnazione (artt. 3 e 47 della 
Costituzione) (389). 

Tribunale di Milano, ordinanza 23 marzo 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle disposizioni per la 
composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), 
art. 93, in quanto punisce chi sottoscrive �due liste di candidati 
alle elezioni amministrative con rpene pi� gravi di quelle stabilite, dall'art. 
106 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, per chi commette lo stesso 
reato in occasione delle elezioni politiche (art. 3, seconda parte, della 
Costituzione) (390). 
Pretore di Giulianova, ordinanze 30 giugno 1971 (due), G. U. 1 � 
dicembre 1971, n. 304. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle disposizioni per la 
composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comll.Lnali), 
art. 102, ultima parte, in quanto esclude per i reati elettorali fa 
sospensione condizionale della rpena ed il beneficio della non menzione 
della condanna nel certificato del casellario giudiziario (artt. 27, terzo 
comma, e2 della Costituzione) (391). 
Pretore di Giulianova, ordinanze 30 �giugno 1971 (due), G. U. 1 � 
dicembre 1971, n. 304. 

d.P.R. 2 ottobre 1960, n. 1394 (Norme sul trattamento econO'l'n.ico e 
normativo degli operai dipendenti dalle imprese per le confezioni in 
serie), in quanto vincola il giudice ad applicare, nei confronti dei 
lavoratori non appartenenti ad associazioni sindacali, i minimi retributivi 
stabiliti dall'accordo salariale 30 settembre 1959 (a�rt. 36 della 
Costituzione) (392). 

(389) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, 
dal tribunale di Torino (ordinanza 15 gennaio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151). 
(390) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 45 e 
gi� riproposta dal pretore di Chiari (ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 12 maggio 
1971, n. 119). 
(391) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della 
costituzione, con sentenza 7 giugno 1962, n. 48 e gi� riproposta dal pretore di Rivarolo 
Canavese in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della 
Costituzione (ordinanza 10 dicembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112) e dal pretore 
di Chiari in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 29 gennaio 1971, 
G. U. 12 maggio 1971, n. 119). 
(392) Con sentenza 6 luglio 1971, n. 156 � stata dichiarata la illegittimit� costituzionale 
di tutti i decreti presidenziali emanati in base alla delega di cui agli 
artt. 1 e 7 della legge 14 luglio 1959, n. 741, limitatamente alla parte in cui escludono 
che la sopravvenuta non corrispondenza' dei minimi salariali fissati nei contratti 
collettivi resi con essi validi per tutti gli appartenenti alle rispettive categorie 
conferisca al giudice ordinario l'esercizio del potere attribuito dall'art. 36 deHa 
Costituzione. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 243 

Tribunale di Napoli, ordinanza 21 aprile 1971, G. U. 9 dicembre 
1971, n. 311. 

legge 13 novembre 1960, n. 1407 (Norme per la classificazione e la 
vendita degli o�l.ii di oliva), art. 8, in quanto discrimina la pena in ragione 
delle condizioni sociali dell'imputato (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Ischia, ordinanza 6 febbraio 1970, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. 

legge 21 dicembre 1960, n. 1521 (Disciplina transitoria �eUe iocazioni 
di immobili urbani), quando nori prevede la proroga della durata 
dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi .per le ca'Se popolari ed 
i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

d.P.R. 1� marzo 1961, n.�121 (Testo unico delle disposizioni in materia 
di tasse sutle concessioni governative), n. 76, par. 4� della tabella 
annessa, in quanto prescrive la licenza di pubblica sicurezza anche per 
detenere e far funzionare in un bar un solo elettrogammofono a gettone 
(art. 41 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

legge 5 luglio 1961, n. 641 (Disposizioni sulle pubbliche affissioni e 
suita pubblicitd affine), e in particolare artt. 2, seco~do e terzo comma, e 
28, in quanto assoggettano all'imposta comunale anche la pubblicit� 
non avente scopo commerciale (artt. 3, 21 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Trento, ordinanza 11 giugno 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. , 
Pretore di Roma, ordinanza 8 luglio 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297 (393): 

legge 24 luglio 1961~ n: 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed 
autostradali), art. 9, primo comma, in quanto non 1prevede indennizzo 
per il divieto di edificazione imposto ai proprietari degli immobili 
ubicati lungo il tracciato delle autostrade (artt. 3, primo comma, e 42, 
terzo comma, della Costituzione) (394). 

Corte di appello di Genova, ordinanza 18 giugno 1971, G. U. 17 
novembre 1971, n. 290. 

(393) Nell'ordinanza di rimessione del pretore di Roma la questione � proposta, 
in riferimento all'art. 21, prima parte, e 53 della Costituzione, per tutta la 
legge 5 luglio 1961, n. 641. Dal pretore di Roma la questione � stata proposta, con 
la stessa ordinanza, anche per il d.lg.C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417. L'art. 30, 
secondo comma, della legge 5 luglio 19Gl, n. 641 � stato dichiarato incostituzionale 
con sentenza 30 maggio 1963, n. 73. 
(394) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 giugno 1971, n. 133. 

244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 19 febbraio 1965, n. 30 (Conversione in leg'ge del decreto-legge 
23 dicembre 1964, n. 1356, concernente la disciplina transitoria delle 
locazioni di immobili urbani), in quanto non prevede la propoga della 
durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per le case 
popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzfon.e). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1 � dicembre 1971, 

n. 304. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni S'Ul lavoro e le malattie 
professionali, art. 51, in quanto ,prevede una sanzione indipendente dalla 
gravit� e dalla diversit� delle violazioni previste (art. 3 della Costituzione) 
(395). 
Tribunale di Ravenna, ordinanze 27 maggio 1971 (quattro), G. U. 
17 novembre 1971, n. 290. 

legge 17 dicembre 1965, n. 1395 (Proroghe di talune disposizioni in 
tema di locazioni di immobili urbani), in quanto non �prevede la proroga 
della durata dei rapporti instaurati tra .gli Istituti autonomi per 
le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

legge 27 giugno 1966, n. 453 (Proroga di disposizioni in tema di locazioni 
urbane), in quanto n�n prevede la proroga della dUl"ata dei rapporti 
instaurati tra gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro 
inquilini (art. 3 della Costituzione). 

Pretqre di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
art. 10, in quanto non comprende gli apprendisti nell'ambito di applicazione 
della legge (ari. 3 della Costituzione) (396). 

Pretore di Napoli, ordinanza 17 maggio 1971, G. U. 22 dicembre 
'1.971, n. 323. 

(395) Questione gi� proposta, in riferimento anche agli artt. 38 e 53 della 
Costituzione, ma sotto profilo opposto a quello sopra riassunto, dal tribunale di 
Bari (ordinanza 12 novembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106), dal tribunale di 
Savona (ordinanza 5 dicembre 1970, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49), e dal tribunale 
di Bologna (ordinanza 1� giugno 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273). 
(396) Questione gi� proposta dal pretore di Milano (ordinanza 18 marzo 1971, 
G. U. 27 luglio 1971, n. 184) e, per quanto concerne i dirigenti, dal pretore ,di Marano 
di Napoli (ordinanza 9 luglio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259). L'art. 10 
della legge 15 luglio 1966, n. 604 � stato gi� dichiarato incostituzionale, con sentenza 
4 febbraio 1970, n. 14, nella parte in cui non comprende gli apprendistftra 
i beneficiari dell'indennit� dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa legge. 

PARTE II, RASSEGNA DI 
LEGISLAZIONE 245 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuati), 
art. 10, in quanto non comprende i dirigenti nell'ambito di applicazione 
della legge (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione) 
(396) (397). 

Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 31 a�gosto 1971, G. U. 22 dicembre 
1971, n. 323. 

legge 6 dicembre 1966, n. 1077 (Estensione ai dipendenti civili non 
di ruolo delle Amministrazioni dello Stato delle norme sul trattamento 
di quiescenza e di previdenza vigenti per i dipendenti di ruolo), 
art. 1, in quanto non contempla fra .gli aventi diritto al trattamento 
di quiescenza e di previdenza a carico dello Stato rgli insegnanti non 
di ruolo con nomina annuale, nemmeno con la disciplina gi� prevista 
per gli �insegnanti non di ruolo con incarico triennale (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei rconti, terza �sezione, ordinanza 31 ottobre 1970, G. U. 
24 novemb_re 1971, n. 297. 

legge 23 dicembre 1966, n. 1123 (Proroga di disposizioni in materia 
di locazioni urbane), in quanto non prevede la proroga della durata 
dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per le case rporpolari ed 
i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

legge 21 aprile 1967, n. 272 (Graduazione delle sanzioni amministrative 
di cui agli artt. 50 e 51 del testo unico delle disposizioni per 
l'assicurazione contro gli inforbuni sul lavoro e le malattie professionali, 
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 
1965, n. 1124), art. 1, in quanto rimette alla discrezione degli istituti 
assicuratori di graduare la sanzione prevista dall'art. 51 del d.P.R. 30 

,, giugno 1965, n. 1124 (art. 3 della Costituzfone). 

Tribunale di Ravenna, ordinanze 27 maggio 1971 (quattro), G. U. 
17 novembre 1971, n. 290. 

legge 29 maggio 1967, n. 379 (Modificazioni alle norme sulla riforma 
fondiaria), art. 7, terzo e quarto comma, in quanto consente .che all'assegnatario 
deceduto subentri uno solo dei �coeredi, designato dal giudice, 
in �caso di disaccordo, secondo discrezionale valutazione, senza 
prevedere per i coeredi esclusi dall'assegnazione adeguato soddisfacimento 
delle .proprie ragioni ereditarie (artt. 3 e 42, terzo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Avezzano, ordinanza 25 agosto 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

(397) Questione gi� proposta dal pretore di Marano di Napoli (ordinanza 9 luglio 
1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259). 
\ 




246 \ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 28 luglio 1967, n. 628 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del decreto-legge 27 giugno 1967, n. 460, concerrnente: � Discipl.ina 
transitoria delle locazioni di d.mmobili urbani � ), in quanto non prevede 
la proroga dell.a durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi 
per' le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, 

n. 304. 
legge 12 febbraio 1969, n. 4 (Conversione in iegge, COf/'I, modificazioni, 
del decreto-legge 22 dicembre 1968, n. 1240, recante proroga 
delle locazioni di immobili destinati a esercizio di attivit� pro',fessional.
i, commerciali o artigiane o ad mo di albergo, pensione o locanda, 
e disposizioni transitorie in tema di locazioni di immobili urbani), in 
quanto non prevede la proroga della durata dei rapP<>rti .inataurati 
tra gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 
1971, n. 304. 

legge reg. sic. 2 lugUo 1969, n. 20 (Applicazione in Sicilia de,iz.a legge 
nazionale 22 luglio 1966, n. 607, recante: nmme in materia di enfiteusi 
e prestazioni fondarie perpetiue), in quanto contempla discilplina 
di rapporti privati non consentita alla legislazione il'egionale (incompetenza 
della Regione e art. 14 dello Statuto r�gionale siciliano) e consente 
di dete:mninare i canoni ed il prezzo dell'affrancazione in misura 
lesiva del diritto di una ,d�lle due parti del rapp0rto (art. 42, terzo 
comma, della Costituzione) (398). 

Tribunale di Palermo, ordinanze 23 dicembre 1970 (due), G. U. 
17 novembre 1971, n. 290. 

legge 26 novembre 1969, n. 833 (Narme relative alle Zocaziof/'l,i degli 
immobili urbani), in quanto non prevede la rprOToga della durata dei 
rapporti instaurati tra .gli Istituti autonomi per le case pQPolari ed i 
loro inquilini (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, 

n. 304. 
(398) Questioni gi� proposte dallo stesso tribunale di Palermo (ordinanze 17 
gennaio 1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64 e 10 aprile 1970 [tre], G. U. 21 ottobre 
1970), dal pretore di Lentini (ordinanza 25 marzo 1970, G. U. 16 settembre 1970, 
n. 235), dal pretore di Caltanissetta (ordinanza 5 maggio 1970, G. U. 15 luglio 1970, 
n. 177), e dal tribunale di Caltanissetta (ordinanze 27 maggio 1970 [sette], G. U. 
24 marzo 1971, n. 74). Altra questione di legittimit� costituzionale � stata propoaj:a, 
per l'art. 4 della legge, dal pretore di Troina (ordinanza 21 ottobre 1970, G. U. 
14 luglio 1971, n. 177). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 247 

legge 26 novembre 1969, n. 833 (Norme relative alle locazioni de�gli 
immobili urbani), art. 1, in quanto limita la ipossibilit� di fa�r valere 
la necessit� di abitazione del locatore ai soli rapporti relativi ad immobili 
locali :prima del marzo 1947 (art. 3, primo e secondo comma, 
della Costituzione) (399). 

Tribunale di Venezia, ovdinanza 28 ma�g.gio 1971, G. U. 24 novembre 
1971, n. 297. 

legge 26 novembre 1969, n. 833 (Norme relatrive alla locazione degli 
immobili urbani), art. 1, in quanto condiziona l'applicabilit� della prorog~ 
legale del rapporto di locazione alle risultanze. . degll accertamenti 
fiscali ai fini dell'imposta complementare (art. 5 della Costituzione) 
e prende in considerazione solo la situazione economica del 
conduttore, e non anche quella del locatore (avt. 24 della Costituzione) 
(399) (400). 

Pretore di Milano, ordinanza 7 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 
1971, n. 311. 

d.lg. 30 aprile 1970, n. 639 (Approvazione delle deleghe conferite al 
Governo con gti artt. 27 e 29 della legge 30 aprile 1969, n. 153, concernente 
revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia 
di sicurezza sociale), art. 34, in quanto non prevede la rappresentanza 
della regione nei comitati provinciali dell'Istituto nazionale della previdenza 
�sociale (artt. 17, lett. f e 20 dello statuto della Regione siciliana). 


Corte costituzionale, ordinanza 10 novembre 1971, G. U. 22 dicembre 
1971, n. 323. 

legge 20 maggio 1970, n. 300 (Tutela della libertd e dignitd dei larvoratori, 
della libertd sindacale e dell'attivit� sindacale nei luoghi di 
lavoro e norme sul collocamento), art. 19, in quanto attribuisce la possibilit� 
di costituire rappresentanze sindacali aziendali soltanto alle 
associazioni aderenti alle confederazioni mag�giormente rappresent.ative 
sul piano nazionale (ail'tt. 3 e 39 della Costituzione) (401). 

Pretore di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 1971, 

n. 311. 
legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertd e 
dignitd dei lavoratori, della libertd sindacale e 'dell'attivitd sindacale 
nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), art. 28, in quanto at


(399) Differente questione � stata proposta, per la stessa norma, dal pretore 
di Torre del Greco (ordinanza 23 giugno 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254). 
(400) La seconda delle due sopra indicate questioni � stata gi� proposta, in 
riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal pretore di Poggio Mirteto (ordinanza 
8 giugno 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). 
(401) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 39 della Costituzione, 
dal pretore di Milano (ordinanza 14 novembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74). 

248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tribuisce alle associazioni sindacali che non sono riconosciute, e ad 
alcune solo di�sse, il diritto di ricorrere all'autorit� giudiziaria (articoli 
24 e 39 della Costituzione) (402). 

Pretore di Pompei, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 1� dicembre. 
1971, n. 304. 

d.I. 26 otttobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa 
economica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 10.34, art. 32, 
in quanto pone a carico del farmaci'Sta l'obbligo della immediata corresponsione 
dello sconto previsto (artt. 3 e 53 della Costituzione) (403). 
Pretore di Trento; ordinanza � 14 luglio 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. � 

d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa 
economica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 56, 
in quanto condiziona l'applicabilit� della proroga legale del rapporto 
di locazione alle risultanze degli accertamenti fiscali ai fini delfimposta 
complementare (artt. 3, 5 e 24 della Costituzione) e prende in 
considerazione solo la �situazione economica del conduttore e non anche 
quella del locatore (art. 24 della �ostituzione) (404). 
Pretore di Roma, ordinanza 14 giugno 1971, G. U. 22 dicembre 
1971, n. 323 (405). 
Pretore di lVIilano, ordinanza 7 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 
1971, n. 311. 

legge 18 dicembre 1970, n. 1034 (Conversione in legge, con modificazioni, 
del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, concernente provvedimenti 
straordinari per la ripresa economica), in quanto non prevede 
la proroga della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti 
autonom~ per le case .popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, 

n. 304. 
(402) Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. 28 della legge 
20 maggio 1970, n. 300 � stata proposta, in riferimento agli artt. 54, 134, 136 e 101 
della Costituzione, dal pretore di Mirandola (ordinanza 23 dicembre 1970, G. U. 
21 aprile 1971, n. 99). 
(403) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 53, primo comma, 
della Costituzione, dalla corte di appello di Roma (ordinanza 25 maggio 1971, G. U. 
22 settembre 1971, n. 240). In argomento, cfr. sentenza 16 dicembre 1960, n. 70 
della Corte costituzionale, richiamata nella sopra indicata ordinanza di rimessione. 
(404) Questioni gi� proposte, la prima dal pretore di Milano in riferimento 
all'art. 2 della Costituzione (ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106) 
e dal pretore di Bologna in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione (ordinanza 
15 marzo 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233), e la seconda dal pretore 
di Poggio Mirteto in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 8 giugno 
1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). 
(405) Dal pretore di Roma la questione � stata proposta, in riferimento 'agli 
artt. 3 e 24 della Costituzione, solo sotto il primo profilo. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 249 

legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme in materia di enfiteusi), 
art. 2, dn quanto mantiene il riferimento agli estimi catastali 
previsti dalla legg� 29 giugno 1939, n. 976 e rivalutati con il d.lg.C.P.S. 
12 mag.gio 1947, n. 356, �senz� prevedere ulteriori revisioni e consentendo 
quindi la determinazione del prezzo di affrancazione in misura 
meramente simbolica (art. 42, terzo comma, della Costituzione). 

Pretore di Licata, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 17 novembre 
1971, n. 290. 

legge reg. Veneto 6 loglio 1971, n. 2, riappr. 13 ottobre 1971 (Trattamento 
eco.nomico di missione per i President! del Consiglio e della 
Giunta regionale, per ?. membri deila Giunta, nonch� per i Consiglieri 
regionali). 

Presidente � del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 1'8 novembre 
1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica 
pe1 la riforma tributaria), �art. 10, n. 13 (artt. 3, 41, 42 e 116 
della Costituzione, artt. 4, 51 e 47 dello statuto speciale per la Sardegna, 
artt. 14 e 21 dello statuto speciale �per la Regione siciliana, e 
artt. 1, 5 e 34 dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto 
Adi�ge). 

Regione sarda, ricorso depositato il 19 novembre 1971, G. U. 9 dicembre 
1971, n. 311. 
Regione siciliana, ricorso depositato il 19 novembre 1971, G. U. 
9 dicembre 1971, n. 311. 
Regione Trentino-Alto Adige, ricorso depositato il 19 novembre 
1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON 'PRONUNCE DI MANIFESTA 
INFONDATEZZA, DI INAMl\USSIBILITA, O DI RESTITUZIONE 
DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codice di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle 
parti), primo comma -Manifesta infondatezza (406). 

Sentenza 16 dicembre 1971, n. 201, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. 
Ordinanza di rimessione 2 febbraio 1971 del tribunale di Napoli, 

G. U. 15 settembre 1971, n. 233. 
(406) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, 
n. 151, nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente dav;mti al presidente 
del tribunale, ed in caso di mancata conciliazione, � inibito di essere assistiti dai 
rispettivi difensori. Altra questione di legittimit� costituzionale della norma � stata 
dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con sentenza 
16 dicembre 1971, n. 201. 

250 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 163 (Sospensione condizionale della pena), primo 
comma; e art. 625 (Circostanza aggravanti), ultimo comma (art. 27, terzo 
comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (407). I 

1 
Ordinanza 17 novembre 1971, n. 184, G. U. 24 novembre 1.971, 

n. 297. 
Ordinanze di rimessione 17 dicembre 1970 e 14 gennaio 1971 del 
tribunale di Torino, G. U. 21 aprile 1971, n. 99 e 30 giugno 1971, 

n. 163. 
codice penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione) 
-Manifesta infondatezza (408). 

Ordinanza 30 novembre 1971, n. 193, G. U. 9 �dicembre 1971, 

n. 
311. 
Ordinanza di rimessione 30 novembre 1970 del pretore di Padova, 
G. U. 21' aprile 1971, n, 99. 
codice penale, art. 596 (Esc.lusione della prova libera.toria), .primo 
comma -Manifesta infondatezza (409). 

Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 
297. 
Ordinanza di r~messione 23 marzo 1971 del tribunale di Roma, 
G. U. 30 giugno 1971, n. 163. 
codice penale, art. 688 (Ubriachezza), secondo comma (a!l.'t. 3 della 
Costituzione) -Manifesta infondatezza (410). 

Ordinanza 17 novembre 1971, n. 185, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 
297. 
Ordinanza di rimessione 29 marzo 1971, del pretore di Rossano, 
G. U. 14 luglio 1971, n. 177. 
r.d. 18 giugno 1931, n. 77'3 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 68 -Manifesta infondatezza (411). 
Ordinanza 17 novembre 1971, n. 182, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 
297. 
Ordinanza di rimessione 18 novembre 1970 del pretore di Fondi, 
G. U. 28 aiprile 1971, n. 106. 
(407) Questioni dichiarate non fondate con ordinanza 30 marzo 1971, n. 64 e 
con sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. V. pure sentenze 10 giugno 1970, n. 86 e 
5 aprile 1971, n. 73 della Corte costituzionale. 
(408) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 16 marzo 1971, n. 49. 
(409) V. sentenza 14 luglio 1971, n. 175 della Corte costituzionale. 
(410) Questione dichiarata manifestamente infondata con ordinanza 30 giu: 
gno 1971, n. 155. 
(411) V. retro, nota 103. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 251 

r.d.I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento della 
previdenza sociale), convertito eon legge 6 aprile 1936, n. 1155, art. 49, 
terzo comma, e ali. tabella B (artt. 3, :primo comma, e 3-8, secondo comma, 
della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 16 dicembre 1971, n. 199, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. 
Ordinanza di rimessione 9 maggio 1969 del tribunale di Parma, 

G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. 
r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle 
radioaudizioni), art. 19 (art. 3, .primo �comma, della Costituzione) Manifesta 
infondatezza (412). 
Ordinanza 17 novembre 1971, n. 187, G. U. 24_ novembre 1971, 

n. 297. 
Ordinanze di rimessione 9 febbraio 1971 del tribunale di Milano 
e 27 ma,rzo 1971 del tribunale di L'Aquila (G. U. 14 luglio 1971, n. 177). 

r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizione), 
art. 19 -Manifesta inammissibilit�. � 
"> 

Ordinanza 17 novembre 1971, n. 186, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 297. 
Ovdinanza di rimessione 10 dicembre 1970 del sostituto procuratore 
della Repubblica presso il tribunale di Milano, G. U. 10 marzo 1971, 

n. 62. 
d.I. 14 aprile 1939, n. 606 (Modificazioni alle disposizioni sulle assicurazioni 
obbligatorie per l'invalidit� e la vecchiaia, per la tubercolosi 
e per la disoccupazione involonmria). eonvertito con legge 6 luglio 1939, 
n. 1272, Jirt. 10, primo comma -Manifesta infondatezza (413). 
Ordinanza 30 novembre 1971, n. 194, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. 
Ordinanza di rimessione 2 aprile 1971 del tribunale di Luc~a, G. U. 
30 giugno 1971, n. 163. 

r.d. 16 marzo 1942, n. �267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 22, terzo comma (artt. �24, secondo comma, e 101, 
secondo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (414). 
Ordinanza 30 novembre 1971, n. 197, G. U. 9 .dicembre 1971, n. 311. 

(412) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 luglio 1971, n. 162. 
Altra questione di legittimit� costituzionale della norma � stata dichiarata non 
fondata con sentenza 8 giugno 1963, n. 81. ' 
(413) Dispoaizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 6 luglio 1971, n. 160, 
nella parte espressa con le parole � a meno di un terzo del suo guadagno normale, 
per gli operai o �, e con le parole finali del comma � per gli impiegati �. 
(414) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 3 della 
Costituzione, con sentenza 22 giugno 1971, n. 142. 

252 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ordinanze di rimessione 2 e 8 febbraio 1971 del tribunale di Massa 
e 1� marzo 1971 del tribunale di Ferrara, G. U. 3 gi~gno 1971, n. 140. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fanimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa). art. 98, primo c:omma (art. 24 della Costituzione) Manifesta 
infondatezza (415). 
01.'dinanza 30 novembre 1971, n. 196, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. 
Ordinanza di rimessione 30 aprile 1970 del tribunale di Milano, 

G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 
d.P.R. 29 CJennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), artt. 207, lett. e: e 131 -Restituzione degli atti per un nuovo 
esame della rilevanza. 
Ordinanza 30 novembre 1971, n. 192, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. 
Ordinanza di rimessione 14 novembre 1969 del tribunale di Torino, 

G. U. 11 marzo 1970, n. 64. 
d.P.R. 29 CJennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), artt. 261 e 262 (art. 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(416). 
Ordinanza 30 novembre 1971, n. 195, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. 
Ordinanza di rimessione 15 aprile 1971 del tribunale di Milano, 

G. U. 15 settembre 1971, n. 233. 
leCJ�Je 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
del Consiglio superiore della Magistratura), artt. 11, terzo c:omma 
(artt. 104, primo comma, 105 e 110 della Costituzione) -Inammissibilit� 
(417). 

Sentenza 17 novembre 1971, n. 180, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. 
Ordinanza di 'rimessione 7 nov~mbre 1969 del tribunale di Milano, 

G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. 
(415) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 luglio 1971, n. 157. 
(416) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 4 della 
Costituzione, con sentenza 6 luglio 1970, n. 114. La questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 261, quarto comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, � stata 
dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, con sentenza 
29 aprile 1971, n. 93. 
(417) Il primo comma della disposizione, dichiarato incostituzionale con sentenza 
2.3 dicembre 1963, n. 168 (in quanto escludeva l'iniziativa del Consiglio superiore 
della magistratura per le materie indicate nel n. 1 dell'art. 10), � stat� 
sostituito con l'art. 5 della legge 18 dicembre 1967, n. 1198. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 253 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
neiza preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, 
primo comma (art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(418). 
Ordinanza 17 novembre 1971, n. 183, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 297. 
Ordinanza di rimessione 16 febbraio 1971 del tribunale di Marsala, 
G. U. 30 giugno 1971, n. 163. 

legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica 
per la concessione di amnistia e di indulto), art. 5, primo c�omma, 
lett. d -Manifesta infondatezza (419). 

Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 
297. 
Ordinanze di rimessione 1� ottobre 1970 del tribunale di Bologna 
(G. U. 28 aprile 1971, n. 106) e 23 marzo 1971 del tribunale in Roma 
(G. U. 30 .giugno 1971, n. 163). 
d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia � di indulto); 
art. 5, primo comma, lett. d e penultimo comma -Manifesta infondatezza 
(419). 
Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, 

n. 
297. 
Ordinanze di rimessione 1� ottobre 1970 del tribunale di Bologna 
(G.U. 28 aprile 1971, n. 106), 8 ma�rzo 1971 del pretore di Venasca 
(G. U. 16 giugno 1971, n. 151), e 23 marzo 1971 del tribunale di Roma 
(G. U. 30 giugno 1971, n. 163). 
(418) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 gennaio 1971, n. 3. 
(419) Questione dichiarata non fondata con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. 
Con questa stessa sentenza sono stati dichiarati incostituzionali, nella parte in cui 
escludono la rinunzia, con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione 
dell'amnistia, gli artt. 1, 2 e 3 della legge 21 maggio 1970, n. 282. 

CONSULTAZIONI 


ASSICURAZIONE. 

Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione 
di crediti relativi all'esecuzione di lavori all'estero. 

Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, � n. 131, recante 
disposizioni sull'assicurazione di cred�ti relativi all'esportazione di merci e 
servizi nonch� ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed 
all'esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa 
ai crediti ancora da scadere, che si �riferiscono a lavori gi� eseguiti 
all'estero al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 83). 

Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a 
lavori gi� in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti nascenti 
dalla applicazione di clausole contrattuali (n. 83). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Decorrenza del termine ai fini della validit� della notifica della ordinanza 
prefettizia ai sensi dell'art. 141 del Cadice della Strada. 

Se il termine di 30 giorni previsto dall'art. 141 del Codice della Strada 
per la notifica del veicolo, decorra dal giorno in cui si � verificato il fatto 
ovvero dal giorno in cui l'ufficio � venuto a conoscenza di tutti gli elementi 
utili per identificare l'autore della violazione (n. 30). 

COMMERCIO 

Camere di Commercio -Funzioni delegate ai sensi dell'art. 1 legge 1502/ 
1952 -Regolamenti -Approvazione ministeriale. 

Se le Camere di Commercio, Industria e Artigianato abbiano potest� 
di emanare regolamenti per le materie ad esse delegate in forza dell'art. 1 
della legge 7 ottobre 1962, n, 1502 (n. 26). 

Se tali regolamenti debbano essere sottoposti ad approvazione ministeriale 
(n. 26). 

Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione 
di crediti relativi all'esecuzione di lavori all'estero. 

Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, recante 
disposizioni sul!'.assicurazione di crediti relativi all'esportazione di merci e 
servizi nonch� ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed alla 
esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa ai 
crediti ancora da scadere, che si riferiscono a lavori gi� eseguiti all'estero 
al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 27). 

Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a 
lavori gi� in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti na-. 
scenti dailla applicf).zione di clausole contrattuali (n. 27). 



, PARTE II, CONSULTAZIONI 266 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Smarrimento de_lla documentazione di crediti erariali -Legge 553/1955. 

Se la procedura PTevista dalla legge 10 luglio 1955, n. 553 sia applicabile 
nella ipotesi di smal'il'imento della documentazione di crediti erariali 
risultanti da una semplice, complessiva e generica annotazione sul registro 
del campione civile, crediti d'importo inferiore a L. 500 ciascuno (n. 249). 

CONTRIBUTI 

Canoni P"er la manutenzione di fognature imposti dall'Ente per l'Acquedotto 
Pugliese, a carico di immobili di propriet� dello Stato. 

Se sia legittima la imposizione di canoni per la manutenzione di fognature, 
di cui all'art. 7 del r:Cl.l. 2 agosto 1938, n. 264, da parte dell'Ente per 
l'Acquedotto Pugliese; a carico di immobili di propriet� dello Stato (n. 94). 

Se sia legittima la imposizione dell'addizionale, di cui all'art. 4 del 
r.dJ. 2 agosto 1938, n. 264, da parte dell'Ente per l'Acquedotto Pug.Uese, a 
carico di immobili di propriet� dello Stato (n. 94). 

DEMANIO 

Art. 5 legge 1636 del 1864 -Possesso del diritto di esigere il canone -Procedura 
di cui al T.U. 639/1910. 

Se l'art. 5 della legge 24 gennaio 1864, n. 1636 sia ancora in vigore 

(n. 238). ,, 
Se il possesso continuato per trenta anni, senza inteirruzione, pacifico, 
pubblico e non equivoco, del diritto di esigere un canone annuo o altra 
prestazione, tenga J.uogo del titolo, seppure limitatamente ai e corpi mora;.. 
li-> intesi come persone giuridiche pubbliche, per tale aspetto sottratte alla 
disciplina privatistica (n,. 238). 
Se gli adempimenti alIJJI}.inistrativo-contabili, sottoposti al rigoroso 
servizio di vigilanza ispettiva, normativamente disciplinato, possano costituire 
elementi attendibili dell'esistenza e della consistenza del diritto dell'Erario 
alla percezione del canone, quanto meno ai fini della instaurazione 
della procedura di cui al T.U. n. 639 del 1910 (n. 238). 

DEPOSITO 

Eventuali modifiche apportate dalla legge 22 luglio 1966, n. 607 alle formalit� 
del deposito presso la Cassa DD.PP. 

Se, in ordine alla procedura extragiudiziale di a:ffirancazione, la legge 
22 luglio 1966, n. 607 abbia apportato modifiche alle precedenti disposizioni 
in matexia relative alle formalit� del deposito del prezzo di affrancazione 
presso la Cassa DD.PP. (n. 27). 

22 


256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ENFITE�SI 

Art. 5 legge 1636 del 1864 -Possesso del diritto di esigere il canone -Procedura 
di cui al T.U. 639/1910. 

Se l'art. 5 della legge 24 gennaio 1864, n. 1636 �sia ancora in vigore 

(n. 32). � 
Se il possesso cont~nuato per trenta �anni, senza intel'ruzione, pacifico, 
pubblico e non equivoco, del diritto di esigere un canone annuo o altra 
prestazione, tenga luogo del titolo, seppure limitatamente ai �corpi morali 
� intesi come persone giuridiche pubbliche, per tale aspetto sottratte alla 
disciplina privatistica (n. 32). 

Se gli adempimenti amministrativo-contabili, sottoposti al rigoroso 
servizio di vigilanza ispettiva, nomativamente disciplinato, possano costituire 
elementi attendibili dell'esistenza e della consistenza del diritto del':' 
l'Erario alla percezione del canone, quanto meno ai fini della instaurazione 
della procedura di c.ui al T.U. n. 639 del 1910 (n. 32). 

Eventuali modifiche apportate dalla legge 22 luglio 1966, n. 607 alle formalit� 
del deposito presso la Cassa DD.PP. 

Se, in ordine alla procedura extragiudiziale di affrancazione, la legge 
22 luglio 1966, n. 607 abbia apportato modifiche ane precedenti disposizioni 
in materia relative aUe formalit� del deposito del prezzo di affrancazione 
presso la Cassa DD.PP. (n. 33). 

Livelli -Fondi non identificabili -Affrancazione. 

Se sia applicabile l'art. 1 legg,e 22 luglio 1966, n. 607 nell'ipotesi in cui 
si intenda affrancare una prestazione fondiaria gravante su terreni non 
identificabili (n. 34). 

Se in detta ipotesi possa farsi luogo alla affrancazione secondo le norme 
di cui agli artt. 1866-1869 cod. civ. (n. 34). 

ESiPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Competenza amministrativa in materia di espropriazione per opere da eseguirsi 
a carico della Cassa,per il Mezzogiorno, 

Se tra Je opere a carico dello Stato o da realizzare con il contributo 
dello Stato, per le quali in via di eccezione le competenze dell'amm.ne 
statale in materia di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilit� 
non sono trasferite alla Giunta regionale sarda, siano p.a annoverarsi anche 
le opere a carico della Cassa per il Mezzogiorno (n. 299). 

FERROVIE 

Rilascio concessioni di viaggio. 

Se l'impiegato rientrato nell'Amministrazione di origine -Azienda 
Autonoma delle FF.SS. -dopo essere stato trasferito ad altra Amministrazione 
statale, debba o meno essere ammesso nuovamente a fruire delle �'oncssioni 
gratuite di viaggio precedentemente godute .(n. 415). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 257 

IMPORTAZIONE � ESPORTAZIONE 

Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione 
di crediti relativi all'esecuzione iii lavori all'estero. 

Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, recante 
disposizioni sull'assicurazione di crediti relativi all'esportazione di merci e 
servizi nonch� ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed alla 
esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa 
ai crediti ancora da scadere, che si riferiscono a lavori gi� eseguiti all'estero 
al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 62). 

Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a 
lavori gi� in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti nascenti 
dall'applicazione di clausole contrattuali (n. 62). 

IMPOSTA DI CONSUMO 

Imposta di consumo sui materiali impiegati nella costruzione di alberghi. 

Se, in materia di imposta di consumo, debba essere accettato il nuovo 
indirizzo giuridisprudenziale che estende, ai materiali impiegati per la 
costruzione di alberghi, la .esenzione prevista per gli � opifici industriali � 
dall'art. 30, n. 6 del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, del Testo unico per la 
Finanza Locale, in relazione all'art. 40 del relativo regolamento (n. 21). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Benefici fiscali di cui alla legge 18 novembre 1964, n. 1271. 

Se la rivendita parziale del fondo, acquistato per eseguirvi opere di 
valorizzazione agraria, comporti la decadenza totale dalle agevolazioni 
fiscali di cui alla legge 18 novembre 1964, n. 1271 (n. 361). 

Decadenza dei benefici fiscali prevista dall'art. 15 legge 6 agosto 1967, 

n. 765 -Modalit� di accertamento -Decorrenza degli effetti. 
Quale prassi debba seguirsi nell'espletamento degli adempimenti volti 
al recupero delle normali imposte nelle ipotesi di decadenza dalle agevolazioni 
fiscali prevista dall'art. 15 legge 765/1967 (n. 362). 

Se la sanzione di decadenza dei fruiti benefici comminata dall'art. 15 

della legge 6 agosto 1967, n. 765 debba applicarsi solo nei casi in cui le 

opere relative alle costruzioni realizzate in contrasto con le prescrizioni 

urbanistiche abbiano avuto inizio dopo l'entrata in vigor�e delJ.a legge 

n. 765, ovvero se le suddette sanzioni siano applicabili anche ai casi di 
inosservanza verificatisi in epoca anteriore (n. 362). 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Compenso corrisposto in percentuale sugli incassi di distributore di films. 

Se il compenso corrisposto per contratto, qualificabile come noleggio ~ 

o associazione in partecipazione, dall'esercente una sala cinematografica al 
distributore del film, in base a percentuale sugli incassi, sia soggetta al

258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'IGE, a norma dell'art. 12 d.l. 3 maggio 1948, n. 799 e prima dell'entrata 
in vigore della legge 4 novembre 1965, n. 1213 (n. 137). 

Entrate derivanti dalla gestione di un'autorimessa. 

Se l'attivit� del gestore di una autorimessa sia inquadrabile fra le prestazioni 
al dettaglio di privati servizi di natura personale ai sensi dell'art. 6 
legge 16 dicembre 1959, n. 2070 e dell'art. 3 legge 31 ottobre 1961, n. 1196 

(n. 138). 
Rimborso I.G.E. per importazione di nave -IngiunziOne doganale di cui all'art. 
24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, 

n. 1424. 
Se l'inutile decorso del termine perentorio previsto dall'art. 24, secondo 
comma, della legge doganal�e 25 settembre 1940, n. 1424, per mancanza 
di opposizione all'ingiunzione, precluda al contribuente di contestar.e la pretesa 
tributaria (n. 139). 

IMPOSTE E TASSE 

Decadenza dei benefici fiscali prevista dall'art. 15 legge 6 agosto 1967, 

n. 765 -Modalit� di accertamento -Decorrenza degli effetti. 
Quale prassi debba seguirsi nell'espletamento degli adempimenti volti 
al recupero delle normali imposte nelle ipotesi di decadenza dalle agevolazioni 
fiscali prevista dall'art. 15 legge 765/1967 (n. 546). 

Se la sanzione di decadenza dai fruiti benefici comminata dall'art. 15 
della legge 6 agosto 1967, n. 765 debba applicMsi solo nei casi in cui le 
� opere relative alle costruzioni realizzate in contrasto con le prescrizioni 
urbanistiche abbiano avuto inizio dopo l'entrata in vigore della legge 

n. 765, ovvero se le suddette sanzioni siano applicabili anche ai casi di. 
inosservanza verificatisi in epoca anteriore (n. 546). 
Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca 
giudiziale. 

Se il trattamento tributado di abbonamento, previsto dalla legge 27 
luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si 
estenda anche alla imposta ipotecaria, relativa alla ipoteca giudiziale 
iscritta sui beni dei debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo 
provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto da un istituto di credito 
(nella specie dall'IRFIS) (n. 547). 

Rimborso I.G.E. per importazione di nave Ingiunzione doganale, di cui 
all'art. 24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, 

n. 1424. 
Se l'inutile decorso d�l termine perentorio previsto dall'art. 24, secondo 
comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, per mancanza 
di opposizione all'ingiunzione, precluda al contribuente di contestare 
la pretesa tributaria (n. 545). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

IMPOS'I'E IPOTECARIE 

Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca 
giudiziale. 

Se il trattamento tributario di abbonamento, previsto dalla legge 27 
luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si 
estenda anche .alla imposta ipotecaria,~ relativa aJla ipoteca giudiziale 
iscritta sui beni dei-debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo 
provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto da un istituto di credito 
(nella specie dall'ffiFIS) (n. 2) . 

. IMPOSTE VARIE 

Imposta camerale -Attribuzione di gettito a Camere di Commercio di 
nuova istituzione. 

Se alla Camera di Conup.ercio di Isernia debba essere attribuito il gettito 
di imposta derivante da redditi iscritt� nei ruoli dell'anno dell'entrata 
in vigore deLla legge 2 febbraio 1970, n. 20, anche se relativi a periodi di 
imposta precedenti (n. 52). 

Imposta di consumo sui materiali impiegati nella costruzione di alberghi, 

Se, in materia di imposta di consumo, debba essere accettato il nuovo 
indirizzo giurisprudenziale che estende, ai materiali impiegati !per la costruzione 
di alberghi, la esenzione prevista per gli � opifici industriali � 
dall'art. 30, n. 6 del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, del Testo unico per la 
Finanza Locale, in relazione all'a�rt. 40 del relativo regolamento (n. 53). 

Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca 
giudiziale. 

Se il trattamento tributario di abbonamento, previsto dalla legge 27 
luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si 
estenda anche alla imposta ipotecaria, relativa alla ipoteca giudiziale iscritta 
sui beni dei debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo 
provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto d.a un istituto di credito 
(nella specie dall'IRFIS) (n. 54). 

Tassa per la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani a carico di amministrazioni 
statali. 

Se sia legittima la pr�tesa del Comune di assoggettare le amministrazioni 
statali alla tassa per -la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani dai 
locali adibiti ad uffici giudiziari (n. 55). 

LAVORO 

Contributi di previdenza marinara -Salariati marittimi -Regolarizzazione 
della posizione assicurativa. 

Se il principio della automaticit� delle prestazioni relative alle assicurazioni 
per invalidit� e vecchiaia, parzialmente introdotto dall'art. 40 
legge 30 aprile 1969, n. 153, si applichi soltanto nei limiti della prescrizione 


260 

�RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
entro i' quali l'Istituto assicuratore pu� ripetere dal datore di lavoro i contributi 
dovuti e non versati (n. 66). 

Se i dipendenti che risentono pregiudizio nella loro posizione assicurativa 
per il mancato pagamento dei contributi del datore di lavoro, essendo 
inoperante il principio della automaticit� della prestazione, abbiano 
azione nei confronti del datore di lavoro, ed in caso affermativo, .quale sia 
la prescrizione applicabile (n. 66). 

Se, non essendo opponibile nei confronti dei dipendenti la prescrizione 
del diritto al <risarcimento, di cui essi siano titolari, il datore di lavoro, in 
mancanza della richiesta prova documentale, sia ammesso a dare altrimenti 
la prova dell'effettuato versamento dei contributi (n. 66). 

Infrazioni atte norme sull'accertamento e col.tocamento dei lavoratori in 
in agricoltura -Rappresentanza detl'Amministrazione nei giudizi di 
opposizione alle ordinanze di pagamento ex art. 9 legge 3 maggio 1967, 

n. 317. 
Se l'Amministrazione, nei giudizi di opposizione alle ordinanze del 
Capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro, che infliggano sanzioni pecuniarie 
per violazione alle norme di cui al d.1. 3 febbraio 1970, n. 7 sul collocamento 
dei lavoratori agricoli, possa essere rappresentata dagli stessi 
suoi funzionari (n. 67). 

Se alle predette ordinanze� del Capo delJ.'Ispettorato provinciale del 

' lavoro, per il richiamo operato dal d.1. 3 febbraio 1970, n. 7 alla legge 3 
maggio 1967, sia applicabile l'art. 9 legge 24 dicembre 1969, n. 991, il quale 
prevede un contributo di L. 2.000 .gravante sulle ordinanze emesse ex art. 9 
legge 3 maggio 1967 (n. 67). 
Se il �richiamo operato dal d.1. 3 � febbraio 1970, n. 7 alla legge n. 317 
del 1967 debba ritenersi comprensivo anche della norma dell'art. 5, cosicch� 
anche per la violazione delle norme sul coJ.locamento agricolo debba 
ritenersi ammissibile il pagamento liberatorio di cui all'articolo citato 

(n. 67). 
LOTTO E LOTTERIE 

Giocata che presenti discordanza tra matrice e bolletta nei numeri giocati. 

Se debba essere pagata la vincita relativa ad una quaterna, la cui giocta 
presenti nelJ.a matrice solo quattro numeri (dei quali tre vincenti), e 
nella bolletta invece cinque numeri (dei quali quattro conformi alla matr'ice 
ed un altro vincente), ovvero se il relativo contratto .sia improduttivo 
di effetti (n. 38). 

MEZZOGIORNO 

Competenza amministrativa in .materia di esprQPriazione per opere da eseguirsi 
a carico della Cassa per il Mezzogiorno. 

Se tra le opere a carico dello Stato o da realizzare con il contributo 
dello Stato, per le quali in via di eccezione le competenze dell'amm.ne 
statale in materia di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilit� 
non sono trasferite alla Giunta regionale sarda, siano da annoverarsi anche 
le opere a carico della Cassa per il Mezzogiorno (n. 48). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 261 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Contributi di previdenza marinara -Salariati marittimi -Regolarizzazione 
dell.a posizione assicurativa. 

Se il principio della automaticit� delle prestazioni relative alle assicurazioni 
per invalidit� e vecchiaia, parzialmente introdotto dall'art. 40 legge 
30 aprile 1969, n. 153, si applichi soltanto nei limiti della prescrizione entro 
i quali l'Istituto assicuratore pu� ripetere dal datore di lavoro i contributi 
dovuti e non versati (n. 84). 

Se i dipendenti che risentono pregiudizio nella loro posizione assicurativa 
per i.I mancato pagamento dei contributi da parte del datore di lavoro, 
essendo inoperante il principio della automaticit� della prestazione, abbiano 
azione nei confronti del datore di lavoro, ed in caso affermativo, quale sia 
la J>l'escrizione applicabile (n. 84). � 

Se, non essendo opponibile nei confronti dei dipendenti la prescrizione 
del diritto al risarcimento, di cui essi siano titolari, il datore di lavoro, in 
mancanza della richiesta prova documentale, sia ammesso a dare altrimenti 
la prova dell'effett'Llato versamento dei contributi (n. 84). 

PROPRIET� 

Livelli -Fondi non identificabili -Affrancazione. 

Se sia applicabile l'art. 1 legge 22 luglio 1966, n. 607 nell'ipotesi in cui 
si �ntenda affrancare una prestazione fondiaria gravante su terreni non 
identificabili (n. 47). 

Se in detta ipotesi possa farsi luogo alla affrancazione secondo le norme 
di cui agli artt. 1866-1869 cod. civ. (n. 47). 

REGIONI 

Compet�nza amministrativa in materia di�espropriazione per opere da eseguirsi 
a carico della Cassa per il Mezzogiorno. 

Se tra le opere a carico dello Stato o da realizzare con il contributo 
dello Stato, per le quali in via di eccezione le competenze dell'amm.ne 
statale in materia di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilit� 
non sono trasferite alla Giunta regionale sarda, siano da annoverarsi anche 
le opere a carico della Cassa per il Mezzogiorno (n. 187). 

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STRADE 

Decorrenza del termine ai fini della validit� della notifica della ordinanza 
prefettizia ai sensi d.ell'art. 141 del Codice della Strada. 

Se il termine di 30 giorni previsto dall'art. 141 del Codice della Strada 
per la notifica del verbale di violazione, rilevata dal numero di targa del , 
veicolo, decorra dal giorno in cui l'ufficio � venuto a conoscenza di tutti 
gli elementi utili per identificare l'autore della violazione (n. 89). 


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