ANNO XXIII -N. 6 NOVEMBRE-DICEMBRE 1971 RA.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1971 ABBONAMENTI ANNO L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a:� LIBRERIA DELLO STATO , PIAZZA G. VERDI, 10 -RQMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (2219005) Roma, 1972 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. RICORDO di ADOLFO GIAQUINTO Avvocato Generale dello Stato ADOLFO GIAQUINTO � deceduto in Roma il 12 agosto scorso l'ex 'Avvocato Generaie dello Stato Prof. Adolfo Giaquinto. Nato a Potenza il 12 novembre 1878, studi� a Napoli, laureandosi nel 1901; consegui la libera docenza, nel 1915, in diritto amministrativo e scienza dell'amministrazione; tale insegnamento te,nne, poi, per incarico, nell'Universit� di Roma. Entrato giovanissimo neiza carriera giudiziaria, fu presidente alla Corte de L'Aquila nel 1930; avvocato generale in Cassazi~ne, e poi, nel 1934, procuratore generale alla Corte d'appello di Roma, assurto, poi, alla prima presidenza nel 1936. Nominato Avvocato Generale dello Stato il 1� luglio 1938, ha cessato da tale carica il 10 novembre 1945. Studioso, autOll"e d'una vasta serie di studi; di particolare importanza, sono La responsabilit� degli enti pubblici, in tre volumi (1915), Le Lezioni di diritto amministrativo, tenuto nell'Universit� di Roma (1933-34), e.d i seguenti articoli: Del Sindacato della Corte di Cassa zione sulle dedsioni delle giurisdizioni speciali, Dei danni dipendenti dalla manutenzione di opere pubbliche, La potest� certificatrice della pubblica amministrazione ed il danno dei privati, Responsabilit� degli enti per le contravvenzioni dei rappresentanti e dipendenti, Diritto di polizia e prevenzione indiretta della criminalit�, Dell'.improponibilit� assoluta dell'azione giudiziale in confronto della pubblica amministrazione, Di alcuni problemi attinenti all'or�dinamento degli enti ;pubblici, Problemi giuddziari del lavoro, Della pot�st� interpretativa autentica delle leggi. Dedic� la Sua fervida attivit� a molte istituzioni e a compiti di coltura e di giustizia: liquidatore degli usi civici a Napoli, componente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, della Commissione per la riforma delle legislazioni sulla espropriazione per causa di pubblica utilit�, � stato infine, per moUi anni P1�esidente della Commissione Centrale delle Imposte. I INDICE Parte prima�: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv.� Michele Savarese) pag. 1275 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura dell'avv. Benedetto Baccari) � 1347 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avv. Pietro de Francisci) � � 1360 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura dell'avv. Ugo Gargiulo) . � 1386 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 1392 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. Franco Carusi) . � ' � 15-13 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) � 1530 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazzella) � . � pag. 219 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) � 222 CONSULTAZIONI � � � � � � � � . � � � � � � � 254 La pubbUcazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI FAVARA F., L'impiego e la destinazione d�i redditi acquisiti da enti operanti non per scopo di lucro . . . . . . . . . . pag. 1505 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE -V. Competenza e Giurisdizione. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -V\ Competenza e Giurisdizione. AMNISTIA E INDULTI -Amnistia genm-ale -Questione infondata di costituzionalit�, 1298. -Amnistia � sindacale � -Questione infondata di costituzionalit�, 1298. -Frode in commercio -Ipotesi di esclusione -Questione infondata di costituzionalit�, 1299. -Immediata declaratoria -Non contrasta con diritto di difesa, 1298. -Impossibilit� di rinunciare alla amnistia -Illegittimit� costituzionale, 1298. -Termine di decorrenza -Precedente iniziativa legislativa -Questione infondata di costituzionalit�, 1298. APPALTO -Appalto di opere pubbliche Contabilit� dell'appalto -Nozione, 1513. -Appalto di opere pubbliche -Interessi legali sulle somme contestate -Nozione e portata, 1513. -Appalto di opere pubbliche Maggiori pretese dell'appaltato~ re -Necessit� della previa, tempestiva riserva nei documenti contabili dell'appalto per la successiva presa in considerazione della pretesa dell'appaltatore in sede amministrativa e, quindi arbitrale, 1513. -Appalto di opere pubbliche Maggiori pretese dell'appaltatore -Onere della riserva -Ca rattere generale -Sussiste -Ratio e portata -Inerenza della (maggiore) spese all'esecuzione dell'opera -Nozione -Necessaria correlativit� con l'onere della riserva -sussiste, 1513. -Appalto di opere pubbliche -Novazione del termine dell'appalto -~etese dell'appaltatore a particolari compensi o indennizzi per la prolungata durata del vincolo -Esclusione, 1524. -Appalto di opere pubbliche Responsabilit� della P.A. appaltante per danni arrecati a terzi dall'appaltatore che non siano conseguenza diretta o mediata del progetto dell'opera o del modo di esecuzione che la P .A. committente abbia disposlto Esclusione, 1522. APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Disciplina igienica della produzione e vendita di sostanze alimentari -Analisi dei campioni -Esclusione della comunicazione del risultato -Illegittimit� costituzionale, 1312. ATTO AMMINISTRATIVO -Annullamento d'ufficio -Presupposto e limiti -Decorso del tempo -Valutazione -Obbligo -Sussiste, 1386. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Aclque pulbbliche ed elettricit� -Poteri della p.a. in materia di polizia idraulica -Azione risarcitoria di soggetti non destinatari dei relativi provvedimenti Giurisdizione del giudice ordinario, 1354. -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Condanna della p.a. ad un facere -Inammissibilit�, 1354. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Cointrolli amministrativi -Interesse legittimo dell'ente controllato -Azione giudiziaria per il risarcimento dei danni -Inammissibilit� Fattispecie, 1347. -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -C'rediti Pignorabilit� -Limiti, 1352. -Rapporto di impiego tra i convitti nazionali e il personale insegnante nelle scuol� da essi gestite -Situazione anteriore all'enrt: rata in vigore della legge 9 marzo 1967, n. 1'50 -Impiego pubblico -Esclusione -Giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie, 1358. -Responsabilit� della P .A. -Domanda di risarcimento ex illecito -Competenza del Giudice ordinario -Danno occasionato dall'esecuzione di opere idrauliche -Irrilevanza su tale competenza, 1354. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI , -V. Regione. CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO -V. Contratti pubblici. CONTRATTI AGRARI -Mezzadria -Chiusura annuale dei conti -Decadenza dei reclami del mezzadro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1322. CONTRATTI PUBBLICI -Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni statali per regolare i propri contratti -Natura regolamentare per i contratti interessanti lo Stato -Sussiste, 1518. -Oomminatoria di penali st'abilite con norme di Capitolati geneTali aventi natura regolamentare -Improponi!bilit� nei confronti della P.A. di domanda giudiziale per riduzione della penale ad equit� -Sussiste -Appli cazione al caso di penale irrogata ai isensi dell'atrt. 65 d.m. 20 giugno 1930, n. 35, 1519. -Contratti di fornitura stipulati dall'Amm.ne Militare -Condizioni generali appr. con d.m. 20 giugno 1930, n. 3,5 -Natura regolamentare -Sussiste -Necessit� di specifica approvazione per iscritto delle sue norme ai sensi dell'art. 1341 e.e. -Esclusione Inapplicabilit� dell'art. 1341 e.e. ai contratti stipulati con la P.A. -Sussiste, 1518. -Contratto di fornitura stipulato dall'Amministrazione militare Legittimit� dell'art. 65 delle Condizioni generale appr. con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, statuente l'obbligo del fornitore, sanzionato da penale, di ritirarre la merce rifiutata dall'Amministrazione per esito negativo del relativo collaudo -Sussiste, 1518. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Questione sollevata dal P.M. -Manifesta inammissibilit�, 1316. -Giudizi per conflitto di attribu~ zione -P�rentoriet� dei termini -Ipotesi varie, 1285. -Sentenza dichiarativa di incostituzionalit� -Interpretazione Necessit�, 1389. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V., Amnistia e indulto, Approvvigionamenti e consumi, Contratti agrari, Corte Costituzionale, Impiego pubblico, Imposte e tasse in genere, Indulto, Lavoro, Ordinamento giudiziario, Previdenza e assistenza, Procedimento civili, Procedimento penale, Regione, Riforma fondiaria, Sicilia, Trentino Alto Adige. DANNI -Risarcimento -Prescrizione_ Domanda proposta nei confronti di uno dei compartecipi dell'il INDICE XI lecito -Effetto interruttivo per l'azione di !rivalsa verso l'altro dei compartecipi, 1383. DANNJ: DI GUERRA -Sequestri all'estero di somme liquide -,Acco:rdo italo-egiziano 10 settembre 1946 reso esecutivo c�n 1. 10 maggio 1957, n. 512 Liquidazione -Criteri, 1386. DEMANIO -V. Regione. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Concorso di Enti pubblici nella attuazione dei piani di ricost!l'uzione ai sensi del D.L. io aprile 1947, n. 261 -Legittimazione attiva e passiva rispetto ai terzi .-Presupposti, 1371. -Decreto di esproprio sopravve" nuto nel corso del giudizio di danno per illegittima occupazione ed utilizzazione dell'immobile -Opposizione alla indennit� . Non necessaria, 1360. -Occupazione di urgenza -Protrazione oltre il biennio -Effetti 1360. ' -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Autorizzazione all'ing �resso nel fondo -Obbligo di notifica o comunicazione al proprietario -Non sussiste, 1388. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione da parte di un tecnico dell'ANAS -Legittimit�, 1388. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione -Obbligo di picchettamento�-Non sussiste, 1388. -Occupazione temporanea illegittimit� -Danni -Criteri di determinazione, 1360. GIUNTA PROVINCIALE AMMINISTRATIVA -V. Giustizia Amministrativa. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Atto impugnabile -Occupazione temporanea -Autorizzazione all'ingresso nel fondo per la redazione dello stato di consistenza � atto preparatorio -Impugnazione -Inammissibilit�, 1387. -AttG impugnabile -Partecipazione, al privato, della data di redazione dello stato di consistenza -� atto preparatorio -Impugnazione -Inammissibilit�, 1388. -G;iunta provinciale amministrati-. va -Dichiarazione di incostituzionalit� -Devoluzione del giudizio al Consiglio di Stato -Riassunzione -Termine di decadenza -Non sussiste, 1389. -Impiego pubblico -Segretario comunale -Pretese patrimoniali -Ministero dell'Interno -Non � cont!l'ointeressato, 1389. -Ricorso �avverso atto non ancora emanato -Inammissibilit�, 1386. GUERRA. -V. Danni. IMPIEGO PUBBLICO -Note di qualifica -Assenze giu. stificate -Valutazione negativa -Possibilit� -Limiti, 1391. -Note di qualifica -Dipendente in servizio in pi� uffici nel corso dell'anno -Competenza -Criterio, 1391. -Note di qualifica -Ricorso gerarchico -Decisione motivata su fatti non contestati in precedenza -Illegittimita, 1391. -Pensione privilegiata -Detrazione dal risarcimento del danno 111egittimit� costituzionale, 1328. -�Segretario comunale -Supplenza -Determinazione del col,rnpenso per il pe!l'iodo anteriore all'enkata in vigore della 1. 8 giugno 1962, n. 604 -Distinzione rispetto al periodo � successivo Necessit�, 1389. -Segretario comunale -Supplenza -Diritti di segreteria -Mancato computo -Legittimit�, 1389. XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Stipendi, assegni e indennit� --Agevolazioni per le case di abiPrescrizione -Dichiarazione di tazioni non di lusso -Estensioincostituzionalit� -� limitata ai ne all'imposta sul valore globale rapporti d'impiego privato, 1389. delle donazioni Esclusione, 1445. -Trasferimenti -Graduatoria degli aspiranti -Ricorso gerarchi- Atti rsoggetti ia condizione soco -Semplice interesse al mispensiva -Registrazione a tassa glioramento delle posizioni in fissa -Denuncia di avveramento graduatoria -Non � giuridicadella condizione -Omissione o mente protetto -Omesso esame ritardo -Non influisce sulla temdella posizione della ricorrente pestivit� della registrazione, 1419. in sede di decisione gerarchica Illegittimit�, 1390. -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natu -V. anche Competenza e giurisdi ra le une dalle altre -Societ� zione. di capitali -Aumento di capitale deliberato al fine della fusione IMPOSTA DI REGISTRO Unica tassazione, 1399. -Agevolazioni dell'art. 44 tab. B -Solidariet� -Pluralit� di negozidella legge di registro -Acquisto contenuti in unico atto -Solidadi area per la costruzione di chieriet� limitata fra i distinti grupsa parrocchiale -Si estende, pi contraenti -Effetti -Litiscon1433. sorzio necessario -Esclusione, 1464. -Agevolazioni per la fusione di societ� ex elettriche -Aumento -Successione di leggi nel tempo di capitale diretto a facilitare la Appalti e concessioni di :pubbli fusione -Esclusione dell'agevo co servizio -Legge 28 luglio 1961, lazione -Disposizioni necessa n. 827 -Atti soggetti ad approriamente connesse e derivanti vazione o condizione sospensiva per loro natura le une dalle al Applicabilit� delle norme vigenti tre -Aumento di capitale e fu a1 momento della stipulazione, sione -Possibilit�. 1400. 1449. -Agevolazioni per la fusione di societ� ex -- Usucapione dichiarata con sen elettriche Fusione tenza -Imposta graduale -� do per unione e fusione per incorporazione -Applicabilit� a tutti vuta, 1447. i casi, 1400. -Vendita fra parenti -Presunzio -Agevolazioni per le case di abine di liberalit� -Prova della tazione non di lusso -Acquisto provenienza del prezzo -Assedell'area -Edificabilit� -Esigno di conto col'rente -Inidostenza di limitazioni al momento neit�, 1429. .. .. dell'acquisto -Possibilit� di rimozione, 1481. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBI -Agevolazioni per le case di abi LE tazione non di lusso -Acquisto di area pro indiviso -Applica bilit� -Assegnazione distinta di -Pluralit� di stabilimenti dello soli uffici o negozi -Ininfluenstesso soggetto -Unicit� di bi za, 1392. lancio -Stabilimenti siti nel Mezzogiorno aimmessi ad c:isen -Agevolazioni per le case di abi zione -Passivit� -Inclusione nel tazione non di lusso -Estensio bilancio generale, 1436. ne alla costruzione di colonie climatiche -Leg�ge 19 luglio 1961, -Redditi acquisiti da ente di assi n. 659 -Valore innovativo -� Distenza e beneficenza -Impiego o vieto di rimborso di imposta ridestinazione dei redditi per le scossa -Illegittimit� costituziofinalit� istituzionali dell'ente nale -Manifesta infondatezza, Irrilevanza, con nota di F. F'A1425. VARA, 1505. INDICE XIlI -Redditi acquisiti da ente non avente scop� di lucro -Impiego o destinazione dei redditi per le finalit� istituzionali dell'ente Irrilevan, za, 1505. -Societ� ed enti tassabili in base a bilancio -Interessi passivi Deducibilit� -Criterio di proporzionalit� -Presunzione -� relativa e non assoluta, 1493. -Spese e passivit� inerenti alla posizione del reddito -Pagamento da parte dei soggetti tassabili in base a bilancio ,delle aziende ed istituti di credito, dell'imposta di R.M., Cat. A, sugli interessi corrisposti ai reddituari e rinuncia all'esercizio dell'azione di rivalsa -Non � perdita -� spesa -inerenza alla produzione del reddito -Non sussiste, 1493. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Beneficio di inventaTio -Credito della Finanza per imposta di successione -Procedura �per la liquidazione dell'eredit� -� opponibile alla Finanza -Deroga alle norme tributarie per l'accertamento di passivit� -Sussiste -Impugnazioni ammesse, 1453. -Beneficio di inventario -Omessa compilazione dell'inventario Conseguenze -Opponibilit� della decadenza da parte della Finanza -Esclusione -Insinuazione nella proceduTa di graduazione dei debiti ereditari -Esclusione, 1453i IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Entrata imponibile -Interessi sui mutui concessi a Comuni e provincie -Esclusione, 1395. -Istituti esercenti �il credito -Decisione della sezione speciale per le imposte di negoziazione della Commissione Provinciale -Azione ordinaria -Termine -� quello di sei mesi, 1395. -Prescrizione -Interruzione -Ricorso al Ministro delle Finanze Effetti, ~467. ---'-Quote di partecipazione spettante ai Comuni -Impignorabilit�, 1352. IMPOSTA IPOTECARIA -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Mutuo contratto per l'acquisto dell'area edificabile -Agevolazione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 -Si estende, 1443. - Credito a medio e lungo termine -Risoluzione anticipata in caso di inadempienza -Incom.:. patibilit� col requisito della durata minima dell'operazione Esclusione, con nota di M. SALTINI, 1411. IMPOSTA SUI TERRENI E SUL REDDITO-AGRARIO -Ortovivaisti -Messa a dimora sui fondi dei compratori delle piante prodotte -Autonoma attivit� soggetta all'imposta di ricchezza mobile -Esclusione, 1469. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Competenza e giurisdizione Controversia di imposta -Opposizione all'esecuzione degli eredi del contribuente -Competenza del Tribunale erariale, 1485. -Imposta straordinaria sul patrimonio -Privilegio speciale sugli immobili -Opponibilit� ai successivi acquirenti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1344. -Imposte indirette -Commissioni delle imposte -Poteri sostitutivi nell'accertamento -Esercizio di potest� amministrativa -Ricorso in Cassazione -Inammissibilit�, 1476. -Imposte indirette -Commissioni tributarie -Competenza -Sezione speciale per l'imposta di negoziazione della Commissione provinciale -Competenza per la XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ sola valutazione -Decisione su questione di diritto -Ricorso alla Commissione Centrale -Inammissibilit�, 1488. -Imposte indirette -Competenza delle Commissioni -Controversie di valutazione e cofltrover.sie di diritto -Questione di applicazione della legge pregiudiziale alla valutazione -Fattispecie -Rimessione alla Sezione speciale della Commissione Provinciale Necessit�, 1461. -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Decisione della Commissione provinciale di valutazione che risolve questioni di diritto -Incompetenza -Impugnazione al Tribunale ex art. 29, terzo comma r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 per difetto di calcolo e errore di apprezzamento -Annullamento della decisione impugnata per incompetenza -Esclusione, 1439. -Imposte indirette -Ingiunzione Posizione processuale .della Finanza -Giudizio di appello -Deduzione di diversi presupposti di fatto e di diverso titolo giuridico -Inammissibilit�, 1431. �-Imposte indirette -Ingiunzione -Posizione processuale delle parti -Illegittimit� della ingiunzione -Azione riconvenzionale Condanna al pagamento della stessa somma fondata su diverso titolo -Ammissibilit�, 1473. -Ingiunzione -Posizione processuale della Finanza -Eccezioni nuove in appello -Diverso fondamento giuridico della pretesa tributaria -Ammissibilit�, 1399. - Procedimento dinanzi alle Oommissioni -Ricorso alla Commissione Centrale ., Motivazione Esposizione del fatto -Necessit�, 1490. INFORTUNIO SUL LAVORO -Assicurazioni sociali -Limitazioni in responsabilit�, -Presupposti -Rapporti tra appaltante ed appaltatore -Inapplicabilit�, 1383. . INGIUNZIONE - V. Imposte e tasse in genere. LAVORO -Divieto di licenziamento individuali -Onere del datore di lavoro di comunicare i motivi del licenziamento -Inapplicabilit� ai lavoratori ultra.sessantacinquenni non aventi diritto a pensione Illegittimit� costituzionale, 1295. � -Indennit� di anzianit� -Servizio di durata inferiore all'anno Esclusione -Illegittimit� costituzionale, 1329. -Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti -Valutazione dellla pericolosit� del lavoro A! ffidament.o transitorio agli Ispettorati del Lavoro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1283. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Regolamenti -Impugnabilit� per lilleglttimit� costituzionale Esclusione -Illegittimit� . -Disapplicabilit� da parte del giudice -Sussiste, 1518. NAVE - V. Previdenza e Assistenza . . NOTIFlCAZIONE -Notificazioni in materia penale All'imputato -Domicilio dichiarato -Trasferimento altrove Mancata comunicazione alla cancelleria -Notifica effettuata al domicilio dichiarato -Nullit� Esclusione, � 1534. OBBLIGAZIONI E �ONTRATTI -Clausola risolutiva espressa -Dichiarazione di avvalersi della clausola -Effetti -Decreto amministrativo -Ammissibilit� .: Opposizione, 1369. INDICE OPERE PUBBLICHE - V. Appalto. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO -Composizione di collegio giudicante -Applicazione di giudice da parte del P:residente del Tribunale -Nomina del Presidente del Tribunale previo concerto del Ministro della Giustizia -Inammissibilit� della questione, 1314. PARTE CIVILE - V. Procedimento penale. POLIZIA - V. Procedimento penale. PRESCRIZIONE -V. Danno, Impiegp pubblico, Imposta generale sull'entrata. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Previdenza marinara -Sistema delle retr~buzioni medie -Distinzione secondo il tonnellaggio della nave -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1281. PROCEDIMENTO CIVILE -Mancato funzionamento degli uffici giudiziari -Proroga d'�i termini di decadenza -Declaratoria con decreto ministeriale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1320. PROCEDIMENTO PENALE -Appello incidentale del Pubblico Ministero -Illegittimit� costituzionale, 1310. -Arresto in flagranza -Arresto facoltativo da parte del pubblico ufficiale oltraggiato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1290. -Convalida dell'arresto in flagranza -Omessa prescrizione di mo. tivazione e di ricorribilit� in Cassazione -Illegittimit� costi tuzionale, 1290. -Costituzione di parte civile -Notificazione -Necessit� di elezione di domicilio, 1530. -Dipendenza della polizia giudiziaria dai Procuratori generali Violazione della legge di delega -Esclusione, 1275. -Estinzione del reato -Formule di proscioglimento -Questione �infondata di costituzionalit�, 1298. -Impedimento materiale alla difesa -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 1331. -Parte civile -Obbligo di testimonianza -Illegittimit� costituzionale � -Esclusione, 1317. � -Partecipazione delle parti danneggiate non qualificate -Violazione dei principi di difesa e di eguaglianza -Esclusione, 1332. -Reato estinto per prescrizione Divieto di proscioglimento dell'imputato senza prova evidente Illegittimit� costitti,ziona1e Esclusione, 1326. -Requisitorie del P.M. di istruttoria suppletiva -Preteso obbligo del giudice istruttore di conformarvisi -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1278. - Rito direttissimo -Scelta del P.M. -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1342. - Trasferimento temporaneo degli addetti alla polizia giudiziaria Consenso dei soli Procuratori generali -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1275. REATO -Truffa -Atto di disposizione patrimonale del soggetto passivo . Non � necessario, 1530. - V. anche Procedimento penale. REGIONE - Conflitto di attribuzione con lo �Stato -Beni del demanio archeologico di Naxos -Spettanza alla Regione, 1312. XVI~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RESPONSABILIT� CIVILE -Danni cagionati dalle Forz�e armate alleate !in azioni non di combattimento -Indennizzo Natura -Criteri di liquidazione, 1380. -V. anche Competenza e giurisdizione. RIFORMA FONDIARIA -Espropriazione del terzo residuo -Esclusione di indennizzo -Illegittimit� costituzionale, 1324. SEPARAZIONE DI CONIUGI -Separazione personale tra coniugi -Cbmparizione personale davanti al iPresidente del Tribunale per il tentativo di conciliazione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, � 1326. SICILIA -Legge elettorale amministrativa -Cause di illegittimit� a consigliere provinciale -Limitazione dell'elettorato passivo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 1316. -Potest� tributaria -Esclusione dell'imposta di R.M. per i cantieri edili -Disapplicazione dei relativi decreti regionali -Potere non spettante allo Stato, 1336. SOCIET� -V. Imposta di registro. TRASPORTO -Trasporto internazionale di cose a mezzo ferrovia -Processo ver, bale di verifica -Efficacia -Li.,. miti -Responsabilit� ex recepto -Indennizzo per il ritardo nella consegna e per l'avaria -Cumulabilit� � -Colpa grave -Onere della prova, 1375. TRENTINO-ALTO ADIGE -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Riconoscimento dei vini di origine controllata -Competenza spettante allo Stato, 1285. -Legge regionale sull'impiego del saccarosio nei vini a denominazione di origine controllata Mancato rispetto degli obblighi internazionali dello Stato -Illegittimit� costituzionale, 1286. -Legge statale recante norme sulla protezione civile -Invasione della competenza regionale Esclusione, 1338. USUCAPIONE -V. Imposta-di registro. VENDITA -V. Imposta di registro. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 9 giugno 1971, n. 122 . 9 giugno 1971, n. 123 . 9 giugno 1971, n. 124 . 9 giugno 1971, n. 125 . 14 luglio 1971, n. 171 . 14 luglio 1971, n. 172 . 14 luglio 1971, n. 173 . 14 luglio 1971, n. 174 . 14 luglio 1971, n. 175 . 17 novembre 1971, n. 177 . 17 novembre 1971, n. 178 . 17 novembre 1971, n. 179 . 17 novembre 1971, n. 180 . ao novembre 1971, n. 189 . 30 novembre 1971, n. '190 . 30 novembre 1971, n. 191 . 16 dicembre 1971, n. 198 . 16 dicembre 1971, n. 200 . 16 dicembre 1971, n. 201 . 16 dicembre 1971, n. 202 . 16 dicembre 1971, n. 203 . 28 dicembre 1971, n. 204 . 28 dicembre 1971, n. 205 . 28 dicembre 1971, n. 206 . 28 dicembre 1971, n. 207 . 28 dicembre 1971, n. 208 . 28 dicembre 1971, n. 209 . 28 dicembre 1971, n. 210. GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. l, 19 giugno 1971, n. 1887 . Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1968 . Sez. I, 6 luglio 1971, n. 2103 . . Sez. I, 9 luglio 1971, n. 2191 . . Sez. I, 13 luglio 1911, n. 2241 . . Sez.. I, 13 luglio 1971, n. 2257 . Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2267 . Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2277 . pag. 1275 1278 1281 1283 1285 1286 1290 1295 1298 1310 . 1312 1312 1316 1316 1317 1320 1322 1324 1326 1326 1328 1329 1331 1332 1336 1338 1342 1344 pag. 1392 13.95 1399 1411 1419 1425 1429 1431 XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 14 luglio 1971, n. 2298 . . pag. 1433 Sez. I, 14 luglio 1971, il. 2301 . . 1436 Sez. Un., 20 luglio 1971, n. 2364 . > 1439 Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2375 . 1443 Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2376 . � 1445 Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2378 . 1447 Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2S79 . 1449 Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2490 . > 1453 Sez.' I, 26 luglio 1971, n. 2494 . > 1461 Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2500 . > 1464 Sez. I, 26 agosto 1971, n. 2582 . 1467 Sez. I, 20. settembre 1971, n. 2622 . > 1469 Sez. I, 20 settembre 1971, n. 2623 . > 1473 Sez. Un., 6 ottobre 1971, n. 2735 . . >, 1476 Sez. Un., 6 ottobre 1971, n. 2736 . . 1481 Sez. I, 9 ottobre .1971, n. 2786 . . . 1485 Sez. Un., 11 ottobre 1971, n. 2829 . 1488 Sez. Un., 11 ottobre 1971, n. 2835 . 1347 Sez. I, 11 ottobre 1971, n. 2847 . . 1490 Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2863 . 1352 . Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2864 . 1354 Sez. I, 18 ottobre �1971, n. 2936 . , . 1360 Sez. Un., 21 ottobre 1971, n. 2959 . 1358 Sez. I, 25 ottobre 1971, n. 3�l2 . . 1369 Sez. I, 29 ottobre 1971, n. 3051 . . . 1371 Sez. I, 9 novembre 1971, n. 3161 . . 1513 Sez. I, 19 novembre 19<71, n. 3331 ... � 1518 Sez. m, 24 novembre 1971, n. 3438 . 1375 Sez. Un., 4 dicembre 1971, n. 3521 . 1493 Sez. Ili, 10 dicembre 1971, n. 3591 . 1380 Sez. III, 30 dicembre 1971, n. 3779 . 1383 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 18 novembre, 1971, n. 22. . . . . . . . . . ....�. pag. 1522 CORTE D'APPELLO Firenze, Sez. I, 10 maggio 19711 n. 447 . . . . . . . . . . . pag. 1505 TRIBUNALE Firenze, Sez. I, 10 novembre 1971, n. 1670 .......... pag. 1505 LODO ARBITRALE 26 novembre 1971, n. 72 (Roma) pag. 1524 INDICE GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 1'5 settembre 1971, n. 820 . Sez. IV, 15 sett-embre 1971, n. 837 . Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 839 . Sez. V, 29 settembre 1971, n. 773 . . Sez. VI, 28 settembre 1971, n. 696 . Sez. VI, 28 settembre 1971', n. 699 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI C!A.SSAZIONE Sez. I, 24 marzo 1969 . . . Sez. II, 20 gennaio 1971, n'. 140 . . Sez. IV, 29 aprile 1971, n. 1228 . XIX pag. 1386 1386 1387 1389 1390 1391 pag. 1530 1530 1534 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA RoEHRSSEN C., Governo, Legge, Politica, Giuffr� Ed., Milano, 1969 . . . �. . . . . . . 1� � � � � � � � � � � pag. 219 PASC:APE G., Raccolta di giurisprudenza sulla edilizia popolare . ed economica, Jovene, Napoli, 1970 . . . . . . . . . . 220 RASSEGNA DI LEGIS'LAZIONE Leggi e decreti (segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 221 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostit'uzionali: codice di procedura penale, art. 515, quarto comma . pag. 221 r. d. 7 dicembre 1923, n. 2590, art. 9 ultimo comma . 222 legge 21 ottobre 1950, n. 841, art. 9, quarto comma 222 legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 1, terzo comma . . 222 -Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale: codice civile, art. 2162 . . . . . . . . . . . . 222 codice di procedura civile, art. 707, primo comma . 222 codice di procedura penale, art. 106 . . . . . . 223 codice di procedura penale, art. 152, secondo comma . 223 codice di procedura ~ . � "'le, art. 350, secondo comma, art. 408, secor>~ _,..rma, art. 447, art. 448 e art. 449 223 d. lg. 9 aprflr ...148, n. 437, legge 10 febbraio 1953, n. 73, artt. 1, wti:ma parte e 2 . . . � . . . . 223 1. reg. sic. 9 maggio 1969, n. 14, art. 7, n. 4 . . . . . 224 -Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . ~224 INDICE XXI -Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale � stato definito con pronunce di manifesta infondatezza, di inammissibilit�, o di restituzionale degli atti a.i giudice di merito . . . . . . . . . . . . pag. 248 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Assicurazione Circolazione stradale Commercio Contabilit� generale dello Stato Contributi . Demanio Deposito Enfiteusi . . . Espropriazione per p.u Ferrovie Importazione e esportazione . Imposta di Consumo pag. 253 253 253 254 254 254 254 255 255 255 256 256 Imposta di registro . pag. 256 Imposta generale sull'entrata 256 Imposte e tasse . . . 257 Imposte ipotecarie . 258 Imposte varie 258 Lavoro . 258 Lotto e lotterie 259 � Mezzogiorno . .. 259 Previdenza e assistenza 260 Propriet� 260 Regioni . 260 Strade 260 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE* CO~TE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 122 -Pres. Branca -Rei. Mortati -Conventi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Dipendenza della polizia giudiziaria dai Procuratori generali -Violazione della legge di delega -Esclusione. (Cost., art. 76, 77; l. 18 giugno 1955 n. 517, art. 20; d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 1, 2, 3). Procedimento penale -Trasferimento temporaneo degli addetti alla polizia giudiziaria -Consenso dei soli Procuratori generali -Ille gittimit� costituzionale -Esclusione. ~ (Cost., art. 109; c.p.p., art. 220; d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 2). Non � fondata, con riferimento ai principi della delega legislativa, la questione di legittimit� �costituzionale delle norme di attuazione e di coordinamento del Codice di procedwra penale che prevedono la dipendrnza dai Procuratori generali solo di nuclei specializzati di polizia giudiziaria (1). Non � fondata, con riferimento an'art. 109 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale delle norme del Codice di procedura penale e delle sue norme di attuazione e di coordinamento, le quali richiedono il consenso dei Procuratori generali, e non anche dei Pretori interessati, per il trasferimento non temporaneo dei dirigenti di nuclei di polizia giudiziaria mandamentali (2). (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. (1-2) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 14 agosto 1969 del Pretore di Chieri (Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1969, n. 269) e 25 ottobre 1969 del Pretore di Recanati (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1970). Per i precedenti, cfr. la sentenza 28 novembre 1968, n. 114, in questa Rassegna, 1968, 896 (la sentenza � annotata da GALLI in Giust. cast., 1968, 2050). In dottrina, cfr. VmGA, La potest� di polizia, 1954; RIGHI, G'iust. pen., 1960, I, 305. ~ 1276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -2. -L'ordinanza del pretore di Chieri denuncia i primi tre articoli del d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 93�2, in quanto essi, circoscrivendo i poteri dei Procuratori generali solo ad alcuni nuclei di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria e non a tutti gli appartenenti a questa, sarebbero incorsi in violazione, oltre che dell'art. 109, anche degli articoli 76 e 77 della Costituzione, perch� nello statuire tale limitazione avrebbero oltrepassato i limiti della competenza attribuita al Governo dall'art. 20 della legge 10 giugno 1955, n. 517, modificativa dell'art. 220 del codice di procedura penale. La questione non � fondata innanzi tutto sotto l'aspetto della vio lazione dell'art. 109 della Costituzione. Dall'esame dei lavori prepa ratori dell'Assemblea costituente chiaramente risulta come, pur essen dosi voluta rendere obbligatoria la diretta sottoposizione della polizia giudiziaria alla magistratura, che il progetto dei 75 prevedeva solo come facoltativa, non venne mai e da nessuno prospettata l'ipotesi che tale rapporto di disponibilit� fosse esteso a tutto quel vasto complesso di soggetti cui l'art. 221 del codice di procedura penale attribusce la qua lifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria. Le dispute insorte in quella sede riguardarono solo il carattere da assegnare alla dipenden za, se solo diretta o anche esclusiva, se solo funzionale o anche organica, ma sempre limitatamente ad una parte delle forze di polizia, .secondo risulta confermato anche dall'ordine del giorno �che, a conclusione della discussione, venne approvato, con il quale l'Assemblea �faceva voti per l la creazione di un corpo specializzato di polizia alle dirette dipendenze dell'autorit� giudiziaria�. l Il nuovo testo dell'art. 220 del codice di procedura penale, quale I risulta dalla formulazione data con la novella del 1955, ebbe a svolgere f i il precetto dell'art. 109 della Costituzione specificando i modi e le forme ; della dipendenza da questo sancita limitatamente a nuclei specializzati, in fedele attuazione dell'intento che, come si � visto, ebbe ad ispirarlo. S~ si fosse disposto diversamente e si fossero assoggettate tutte le forze di polizia alla dipendenza, sia pure solo funzionale, dei Procuratori generali, e trasferiti i particolari poteri ex art. 220 per quanto riguarda i movimenti di st;de e la progressione nella carriera del personale ad esse appartenente, mentre si sarebbe andato oltre la volont� del Costituente, si sarebbe anche, da una parte, addossato a detti organi compiti difficolmente assolvibili, e, dall'altra, inciso sull'adempimento �della funzione del mantenimento dell'ordine pubblico, pure affidate alle forze medesime, della quale il Governo assume la responsabilit�. L'assoggettamento all'autorit� giudiziaria solo di appositi nuclei delle forze di polizia non esclude per� che quella possa giovarsi altres� dell'opera degli appartenenti alla polizia, pur se non facciano parte dei nuclei, essendo tutti tenuti all'obbedienza, tempestiva e diligente, agi~ ordini dell'autorit� stessa, secondo risulta dall'art. 229 c.p.p. che garan PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1277 tisce l'osservanza dell'obbligo stesso con la previsione di apposite sanzioni disciplinari irrogabili dal competente Procuratore generale. Sicch� nessun ostacolo giuridico si sarebbe opposto, nella specie, al pretore ad avvalersi, per il compimento di determinate indagini, dell'attivit� di ufficiali o agenti non appartenenti al .personale addetto ai servizi della pretura cui egli era preposto. Che poi siffatto impiego di personale estraneo ai nuclei debba considerarsi eccezionale discende dalla stessa ratio che ha presieduto alla formazione dei medesimi, rivolta sia a garantire negli addetti una particolare specializzazione e sia o sottrarli, per quanto possibile, all'influenza dei superiori gerarchici delle rispettive armi di appartenenza. Se, in linea di fatto, il sistema, quale risulta concretamente realizzato, corrisponda in tutta all'intento .perseguito dal Costituente ed appaghi pienamente le esigenze volute soddisfare � accertamento che esula dai compiti del giudice costituzionale. 3. -Dalle precedenti osservazioni .si argomenta anche l'infondatezza dell'allegata violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione poich� le norme dei primi tre articoli del d.P.R. n. 932 del 1955 si mantengono negli stretti limiti del potere di attuazione e di coordinamento conferito dall'art. 20 della. legge n. 517 del 1955. Essi infatti svolgono i principi fissati nell'art. 220 c.p.p. (modificato da quest'ultima) disciplinando le modalit� e le proce.dure relative alla formazione dei nuclei, agli interventi dell'autorit� giudiziaria nei confronti dei loro appartenenti, alla responsabilit� di costoro di fronte ad essa, e quindi non incorrono nel denunciato eccesso di delega. 4. -L'ordinanza del pretore di Recanati, mentre non contesta l'aderenza dell'art. 220 c.p.p. all'ar~. 109 della Costituzione per quanto riguarda la sottoposizione all'autorit� giudiziaria solo di limitati gruppi delle forze di polizia, rinviene un vizio di incostituzionalit� di detto articolo, nonch� dell'art. 2 del d.P.R. su citato, in quanto, secondo l'interpretazione da essi data dalla prassi e consacrata anche in circolari del Ministero di grazia e giustizia, in primo luogo, escludono la necessit� del consenso dell'autorit� giudiziaria per gli allontanamenti dalla sede dei dirigenti i nuclei allorch� abbiano carattere temporaneo, ed inoltre deferiscono in ogni caso la prestazione del consenso sugli allontanamenti stessi, anche se non temporanei, ai Procuratori generali, mentre invece per gli addetti ai mandamenti l'assenso dovrebbe essere deferito ai pretori che di essi dispongono e di fronte ai quali sono responsabili. In ordine al primo punto, se � da consentire nel rilievo che anche allontanamenti temporanei possono a volte rendere meno agevole il compimento delle indagini rivolte alla persecuzione dei reati, deve tuttavia escludersi che gli inconvenienti lamentati valgano a conferire al � 1278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mancato intervento dell'autorit� giudiziaria rilevanza di v1z10 di illegittimit� costituzionale. Infatti la norma attiene alle modalit� organizzative del servizio. volute affidare alla discrezionalit� del legislatore. Ci� affermato, non pu� tuttavia non aus:Picarsi che i nuclei specializzati di polizia giudiziaria siano formati in modo tale da garantire in ogni momento, sia per il numero e sia per la qualit� degli. addetti, una 19ro costante efficace utilizzazione da parte del magistrato inquirente; e che quindi gli allontanmenti temporanei dei dirigenti siano ridotti al minimo..e sia sempre assicurata la supplenza con altro personale idoneo. 5. -Parimenti non fondata deve ritenersi la seconda censura della stessa ordinanza. L'accentramento nel Procuratore .generale del distretto della titolarit� della prestazione del consenso agli allontanamenti dalla sede, disposto dall'art. 2i2.0 c.p.p.� deve ritenersi anch'esso esplicazione della discrezionalit� voluta conferire dall'art. 109 circa i modi di regolamentazione del rapporto fra organo inquirente e polizia da esso stabilita. D'altra parte il sistema disposto pu� ritenersi giustificato in vista della esigenza di conferire uniformit� di criteri all'esercizio degli interventi in materia; a tacere poi la considerazione che tale accentramento del potere di decisione nel Procuratore� generale non esclude. ed anzi di norma consiglia, che questi la faccia in pratica precedere dall'audizione del parere del pretore, allorch� si tratta di addetti alla circoscrizione cui questi � preposto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 123 -Pres. Branca -Rel. Reale -Tugnoli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Requisitorie del P. M. di istruttoria suppletiva Preteso obbligo del giudice istruttore di conformarvisi -Ille~it timit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 101, 25, 102, 107, 112, 111; c.p.p., art. 370). Non � fondata, con riferimento ai principt deZZa indipendenza deZ giudice e deZZa sua soggezione soZo azza Zegge, Za questione di Zegittimit� costituzionaZe deZZ'art. 370 codice di procedura penaZe, poich�, secondo Za giurisprudenza prevaZente, iZ giudice istruttore conserva sempre iZ potere di esercitare iZ controZZo suZZ'a.mmissibiZit� e suZZa riZevanza deZZe requisitorie suppZetive deZ P. M., ivi previste, e, aZ caso, di non darvi corso (1). (1) La questione � stata sollevata con ordinanza 12 novembre 1969. del giudice istruttore del Tribunale di Bologna (Gazzetta Ufficiale, 28 gen PARTE X. SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1279 (Omissis). -1. -Nel quadro della disciplina della fase conclusiva dell'istruzione formale, l'art. 370 del codice di procedura penale prevede il caso che, dopo la comunicazione degli atti per la presentazione delle requisitorie, il pubblicq ministero, dissentendo dal giudice istruttore, ravvisi la necessit� che l'istruzione sia proseguita allo scopo di acquisire ulteriori prove. All'uopo, egli, come recita testualmente il ricordato art. 370, �restituisce gli atti con le sue requisitorie specifiche al giudice. Questi, compiute senza ritardo le indagini richieste, rimette nuovamente gli atti al pubblico ministero>. Tale norma, suscettibile di duplice interpretazione, ha dato luogo a divergenze giurisprudenziali e dottrinali. Dalla meno recente giurisprudenza e anche, non senza qualche ris�rva o critica, dalla dottrina, essa � stata intesa, con stretta osservanza della�sua formulazione grammaticale, nel senso che la richiesta di istruzione supplementare da parte del p. m. vincolerebbe il giudice, cui sarebbe imposto di procedere senza ritardo alle nuove indagini, con preclusione di vagliare la rilevanza processuale e la necessit� delle prove richieste ai fini della decisione circa il proscioglimento o il rinvio a giudizio dell'imputato. Secondo altra interpretazione, invece, accolta da alcuni anni e costantemente seguita in varie sentenze della Corte di cassazione, il contenuto dell'art. 370 c.p.p. deve essere ricondotto nell'ambito logico-sistematico della disciplina dei poteri del .giudice istruttore, con la conseguenza che, anche di fronte alle richieste di nuove indagini da parte del pubblico ministero, il detto giudice ha obbligo di esercitare, come in ogni altro momento dell'istruzione e nei riguardi di altre parti, il potere di conoscere della loro ammissibilit� e della loro rilevanza, ai fini degli accertamenti processuali e, quindi, al caso, non dando corso alle richieste del pubblico ministero. 2. -Al primp degli accennati indirizzi emeneutici si sono attenuti i giudici istruttori presso i tribunali di Bologna e di Trapani, i quali hanno proposto la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 370 c.p.p., assumendo che� esso, imponendo mcondizionatamente al giudice istruttore di compiere gli atti di ulteriore istruzione indicati dal pubblico ministero, ne lederebbe l'indipendenza di giudizio; ci� in contrasto con l'art. 101, sec�ndo comma, della Costituzione, nel quale si enuncia il principio per cui � i giudici sono soggetti soltanto alla legge >. Il giudice istruttore presso il tribunale di Trapani ha sollevato ul naio 1970 n. 24) e 3 novembre 1970 del giudice istruttore del Tribunale di Trapani (Gazzetta Ufficiale 10 febbraio 1971, n. 35). Sull'art. 370 cod. proc. pen. Cfr., Cass. 13 maggio 1969, NoLFI, Foro It., Rep., 1970, voce Istruzione penale, n. 58 e 21 ottobre 1969, BIANCHI, ibidem, n. 59; is dottrina, cfr. VIGNA, Giust. pen. 1965, III, 559. 1280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO teriori: dubbi sulla legittimit� dell'art. 370 anche sotto altri profili, in quanto al pubblico ministero, cui non sono conferite prerogative identiche a quelle dei magistrati aventi funzioni giudicanti, sarebbe tuttavia attribuito l'esercizio di potest� giurisdizionale, in violazione degli articoli 102, 107, 112 della Costituzione. Inoltre, con violazione della garanzia del giudice naturale (da identificarsi nella �specie col giudice istruttore) enunciata nell'art. 25, primo comma, Cost., le ricordate funzioni sarebbero affidate eccezionalmente all'organo requirente, che le eserciterebbe, per dippi�, con atti non necessariamente motivati, in contrasto con l'art. 111, primo comma, Cost., il quale esige, invece, tale garanzia per tutti i provvedimenti giurisdizionali. Le censure non sono fondate. 3. -Ancorch� il testo dell'art. 370 consenta perplessit� interpre-' tative, basate principalmente sulla gi� cennata lettera della norma, comparata con altre disposizioni del -c.p.p. vigente e con quelle (art. 269) dell'abrogato c.p.p. del 1913, come � traccia pur nelle ordinanze di rimessione, tuttavia sembra alla Corte che, nel sistema del diritto positivo, non possa ad esso riconoscersi significato diverso da quello che oggi risulta costantemente seguito dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. Tale significato � palesato dalla necessaria connessione con la disposizione, cui si deve attribuire valore generale, contenuta nell'art. 299 dello stesso codice. In virt� di essa il g.i. ha l'obbligo di compiere prontamente tutti e soltanto quegli atti che, in base agli elementi acquisiti nel corso dell'istruzione, appaiono necessari per l'accertamento della verit�. Non pu�, quindi, fondatamente ritenersi che in violazione del principio di indipendenza sancito dall'art. 101, secondo comma, della Costituzione, l'art. 370 vincoli il g.i., limitandone il libero convincimento, a dare esecuzione immediata e acritica alle richieste di ulteriori atti istruttori che gli pervengano. dal pubblico ministero. A questo soggetto, nel sistema, resta riservata (e ci� deve confermarsi con riguardo alla fase conclusiva della istruttoria formale) la funzione, pur importantissima, di organica �collaborazione giudiziaria, per fini di giustizia e nel rispetto dell'interesse obiettivo della legge. L'interpretazione suddetta, inoltre, deve ritenersi corroborata dai mutamenti legislativi che sono stati apportati alla disciplina stabilita dal codice di procedura penale nella materia dei rapporti fra pubblico ministero e giudice istruttore. Sono da ricordare, in particolare, le disposizioni dell'art. 6 del d.1.1. 14 settembre 1944, n. 288, che, modificando l'art. 74, terzo comma, di detto codice, hanno sottratto al p. m; il potere di disporre l'archiviazione degli atti, limitandone l'iniziativa alla mera richiesta, qualora egli reputi che per il fatto denunziato non debba essere promossa l'azione penale, ed PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1281 hanno attribuito appunto al giudice istruttore il potere di pronunziare il relativo decreto, o di disporre, malgrado la contraria richiesta dell'organo requirente, che si proceda con istruzione formale.. N� va dimenticata l'ulterior.e. innovazione contenuta nell'art. 1 della legge 7 novembre 1969, n. 780, che, riformando l'art. 389 del codice di ~ procedura penale, ha affidato allo stesso giudice istruttore la competenza a giudicare sulla legalit� del procedimento di istruzione sommaria, nel caso che l'imputato abbia proposto ricorso contro il decreto con il quale il pubblico ministero, rigettandone l'istanza, abbia deciso di proseguire nell'istruzione gi� iniziata. 4. -� evidente poi che, assoggettandosi le richieste del p. m. (che devono comunque essere motivate ai sensi dell'art. 76, secondo comma, c.p.p.) al sindacato del giudice, cadono le altre censure mosse all'art. 370 dal giudice istruttore presso il tribunale di Trapani in riferimento. agli artt. 25, primo comma, 102, 107, 112 e 111, primo comma, della Costituzione. 5. -In conclusione la razionale interpretazione dell'art. 370 c.p.p., cui la Corte ritiene di accedere, comporta l'iillfondatezza di tutte le questione prospettate. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 12:4 -Pres. Branca -Rel. Benedetti -Attanasio (avv. Abbamonte), I.N.P.S. (avv. Pierini) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Previdenza e assistenza -Previdenza marinara -Sistema delle retribuzioni medie -Distinzione secondo il tonnellaggio della nave Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast., artt. 3, 53; 1. 27 luglio 1967, n. 658, artt. 5, 6, 7). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e della capacitd contributiva, la questione di legittimitd costituzionale degli articoli 5, 6 e 7 della legge 27 luglio 1967, n. 658 sul riordinamento della previdenza marinara, che hanno stabilito, per la determinazione dei contributi, il sistema delle retribuzioni medie distinte secondo il tonellaggio della nave (1). (1) Il giudizio � stato introdotto con ordinanza 24 settembre 1969 del Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50). 1282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Nel presente giudizio le censure d'incostituzionalit� non vengono rivolte alla legge per� il fatto che essa abbia adottato il sistema delle retribuzioni medie per la determinazione dei contributi e delle pensioni degli iscritti alla gestione marittimi. Il ricorso a tabelle di retribuzioni medie o convenzionali non �, del resto, fatto esclusivo di questi assicurati (vedi art. 49, ultimo comma, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 827). Vi sono speciali categorie di lavoratori addetti a particolari settori per i quali � molto difficile e talora impossibile determinare la retribuzione effettiva stante la molteplicit� e mutevolezza dei compensi corriposti. A queste categorie appartiene la gente di mare per la peculiarit� del rapporto di lavoro. Basti por mente alla variet� dei relativi contratti di arruolamento (a tempo determinato o indeterminato, per uno o pi� viaggi) e delle retribuzioni (fisse, a partecipazione o miste) nonch� alle competenze accessorie (variabili a seconda del tipo del viaggio, del genere di merce trasportata, ecc.). Le stesse parti private negli scritti difensivi riconoscono l'utilit� pratica di ricorrere a valori retributivi medi per il calcolo dei contributi dei marittimi. Le loro doglianze si appuntano unicamente sul fatto che la distinzione delle retribuzioni di cui alla tabella annessa alla legge � stata effettuata, per le navi da carico, soltanto in base all'elemento del tonnellaggio (inferiore o superiore a 500 tonnellate). Le retribuzioni medie tabellari cosi fissate dal legislatore sarebbero fittizie, non corrispondenti a quelle realmente pagate sulle navi minori; verrebbe conseguentemente imposto un contributo uniforme a carico di soggetti che si trqvano in situazioni obbiettive diverse con violazione dei principi di uguaglianza e della capacit� contril,mtiva enuncia ti dagli artt. 3 e 53 della Costituzione. Queste doglianze non possono trovare ingresso in questa sede. Esse implicano un'indagine sulla completezza e l'esattezza di calcoli di retribuzioni, per ricavarne una media, che la Corte non pu� compiere. Al �giudice della legittimit� delle leggi spetta soltanto statuire se lo strumento apprestato daJ legislatore �per la determinazione dei contributi e delle prestazioni previdenziali non sia arbitrario, irrazionale, discriminatorio e non accertare se in concreto detto strumento sia stato poi ben utilizzato e se le medie retributive con esso accertate siano pi� o meno adeguate alla realt�. � Come gi� posto in evidenza l'adozione del sistema contributivo in base a tabelle di retribuzioni medie nello specifico settore � ampiamente Sull'art. 53 Cost. cfr. Corte Cost., 26 maggio 1971, n. 107 e 26 giugno 1971, n. 113, in questa Rassegna, retro, Sulla previdenza marinara cfr. Enc. del dir., Voce Assicurazioni sociali (invalidit�) a cura di LEVI SANDRI. PABTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1283 giustificato da molteplici ragioni. La formazione delle tabelle ad opera di organi competenti che operano su dati raccolti dalle autorit� marittime preposte alla stipula� dei singoli contratti di arruolam�nto nei vari ambienti, la partecipazione delle associazioni sindacali di categori� ed, infine, la procedura di variazione delle tabelle sono tutti elementi unitariamente rivolti ad assicurare la corrispondenza dei valori medi ai valori retributivi reali. Il .sistema dettato dal legislatore � quindi disciplinato in .modo idoneo ed opportuno per evitare che a base dei contributi siano poste proprio quelle retribuzioni fittizie sul cui presupposto sono state sollevate le eccezioni d'incostituzionalit�. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 125 -Pres. Branca -�Rel. Capalozza -Testa (n.c.) e Presidente d�l Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Lavoro -Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti -Valutazione della pericolosit� del lavoro -�Affidamento transitorio agli Ispet torati del Lavoro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 25; 1. 17 ottobre 1967, n. 977, art. 28). Non � fondata, con riferimento sia al principio di eguaglianza che a quello della riserva della legge penale, la,, questione di legittimit� costituzionale dell'art. 28 legge 17 ottobre 1967, n. 977, che affidava agli Ispettorati del Lavorot.in via tramitoria, il potere di valutare i mestieri insalubri e pericolosi, cui � vietato adibire i fanciulli e gli adolescenti (1). (Omissis). -1. -Questa Corte � chiamata a pronunziarsi sulla le.:. gittimit� costituzionale dell'art. 28 della legge 17 ottobre 196!7, n. 977 (�Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti>). L'ordinanza di rinvio assume che la norma denunziata possa essere in contrasto con gli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui, sino all'emanazione del decreto del Presidente della Repub blica previsto dall'art. 6 della citata legge, affida transitpriamente agli Ispettorati del lavoro la valutazione della pericolosit� (o faticosit� o (1) La questione � stata sollevata con ordinanza 17 giugno 1969 del pretore di Nicosia (Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1969, n. 299). La sentenza n. 191 del 1970, richiamata in motivazione, trovasi pubblicata in questa Rassegna, 1971, 19; v. pure sulle �questioni degli Ispettorati del lavoro, Corte Cost. 2 gennaio 1971, n. 10, in questa Rassegna, retro. 1284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gravosit�) delle prestazioni alle quali i fanciulli e gli adolescenti sono addetti. 2. -La questione non � fondata. Non pu� dirsi violato l'art. 3, perch� le eventuali diverse valutazioni degli Ispettorati del lavoro provincial� hanno la loro obiettiva giustificazione nella variet� delle particolari situazioni locali e d'ambiente, in cui gli Ispettorati stessi esercitano le loro funzioni. N� pu�, d'altronde, parlarsi di disparit� di trattamento normativo, bensi, tutt'al pi�, di diversit� di comportamento degli organi amministrativi preposti alla vigilanza del lavoro e alla tutela dei lavoratori: eventualit�, questa, che non � evitabile e che, anzi, si riscontra, ovviamente, in qualsiasi operazione di polizia giudiziaria diretta all'investigazione dei fatti di reato. 3. -Non va taciuto, del resto -e lo ha sottolineato l'Avvocatura dello Stato -che la norma denunziata, come quella che mira ad impedire una (parziale) non operativit� della legge �sino alla data dell'entrata in vigore del decreto presidenziale (che, nel frattempo, � stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 1971 e che, all'art. 2, n. 2, vieta mansioni di carico� e scarico e di trasporto), obbedisce a cri-~ teri di necessit� e di ragionevolezza. Non operativit� -� d'uopo aggiungere -che sarebbe in ispregio anche agli artt. 31, ultimo comma, 32, primo comma, e 37, secondo e terzo comma, della Costituzione. Quel che � certo si � che, pur se la� disposizione denunziata non fosse stata contenuta nella legge, sarebbe pur sempre rimasta affidata agli Ispettorati la competenza a vagliare la pericolosit� (o gravosit� o faticosit�) del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti. 4. -Quanto all'art. 25, secondo comma, della� Costituzione, � sufficiente osservare che, come gi_� questa Corte ha affermato, sia pure per altra specie di reati, con la sentenza n. 191 del 1970, il principio di legalit� viene rispettato dal legislatore non solo con la tassativa descrizione dei: fatti di reato, ~a, altresi, con il ricorso a �nozioni proprie dell'intelligenza comune, che consentono di -individuare con certezza il precetto e di giudicare se una condotta lo abbia o ?Jleno violato�. A questo principio non contraddice, dunque, la norma denunziata, perch� -anche qui -la tipizzazione dell'illecito si richiama ad un lato che � di ordinaria. esperienza, prima ancora che di esperienza tecnica. D'altro canto, l'attivit� dell'Ispettorato del lavoro, organo tecnico qualificato e preposto alla vigilanza nel campo funzionalmente affidatogli, si sostanzia nella denunzia all'autorit� giudiziaria, la quale ben pu� acquisire altri elementi di prova ed � libera nel suo convincimento, in ordine alle complesse questioni che, in tema di protezione socia!~ del lavoro, vengono, di volta in volta, sottoposte al suo esame. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1285 La norma incriminatrice � perfetta col solo divieto di adibire i fanciulli e gli adolescenti a prestazioni d'opera pericolose (o faticose o gravose): e, a guardar bene, il conferimento (transitorio) di pi� delicate attribuzioni agli Ispettorati � predisposto a fini processuali, attenendo all'a,i:certamento e alla prova dei reati, mentre, in diritto sostanziale, elemento normativo della fattispecie � la pericolosit� (o faticosit� o gravosit�) del lavoro. Ed � significativo che, proprio per adeguare i poteri degli organi ispettivi alle situazioni concrete, l'art. 9 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520 (�Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del lavoro e della previdenza sociale�) ~ di cui questa Corte, con sentenza n. 105 del 1967, ha escluso l'incostituzionalit� -abbia riconosciuto legittimo il potere attribuito agli Ispettorati di diffidar,e il datore di lavoro, con apposite prescrizioni, anzich� inoltrare senz'aft'ro il rapporto all'autorit� giudiziaria. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 171 -Pres. Branca - Rel. Rocchetti -Presidente Regione Trentino-Alto Adige (avv. Giannini, Guarino) 'C. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv gen. dello Stato Savarese). Corte C~stituzionale -Giudizi per conflitto dj attribuzione -Perentoriet� dei termini -Ipotesi varie. (1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). Trentino Alto Adige -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Ricono r . scimento dei vini di origine controllata -Competenza spettante allo Stato. (St. Trentino-Alto Adige, art. 4 n. 9; d.P.R. 12 luglio 1963, n. 930; l. 11 mag gio 1966, n. 302). Nei giudizi per conflitto di att1�ibuzione fra Stato e Regioni, la lesione idonea a dar luogo a conflitto si produce nello,stesso istante in cui l'atto che si assume lesivo viene emanato, a nulla rilevando la natm�a preparatoria dell'atto stesso; per converso, negli stessi giudizi, non pu� darsi assoluta rilevanza alle ragioni di inammissibilit�, ed in particolare all'acquiescenza, cos� come elaborata dalla giurisprudenza amministrativa (1). (1-3) Sulle questioni pregiudiziali nei conflitti di attribuzione v., da ultimo, C'orte Cast. n. 174 e 140 del 1970. 1286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Spetta allo Stato provvedere al riconoscimento della denominazione di ori~e dei mosti e dei vini a denominazione di origine controllata e a denominazione di origine controllata e garantita, disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963 n.930 (2). Il CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 172 -Pres. Brianca - Rel. Rocchetti -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Bavarese) c. Presidente Regione Trentino-Alto Adige (avv. Giannini). Trentino-Alto Adige -Legge regionale sull'impiego del saccarosio nei vini a denominazione di origine controllata -Mancato flspetto degli obblighi internazionali dello Stato -Illegittimit� costituzionale. (St. Trentino-Alto Adige, art. 4; regg. eEE, nn. 816 e 817-70). � costituzi011U11lmente illegittima, pe.r vfolazione de:l limite del rispe1Jto degli obblighi asswnti daWitaiia col Trattato di Roma sulla Comunit� Economica Europea, la legge della Reg.ione Trentino-Alto. Adige 7 ottobre 1970 che consente l'additivo di saccaTIOSio nei vini a denominaizone di origine con1Jrollata (3). I (Omissis). -2. -L'Avvocatura dello Stato, quanto al parere del Comitato nazionale, eccepisce la inammissibilit� del ricorso per tardi vit�, e l'eccezione � da ritenersi fondata. Invero, la natura preparatoria di determinati atti, nulla togi.ie alla loro idoneit� ad affermare, anche per implicito, la competenza dell'organo che li adotta, ed a negare quella di altri. H che �, in astratto, sufficiente a determinare la lesione della sfera delle potest� costituzionalmente attribuite, per la cui reintegrazione l'a'tlt. 39 della legge n. 87 del 1953 fornisce, mediante il regolamento di competenza, l'idoneo mezzo giurisdizionale. Sulla disciplina della denominazione dei vm1, m dottrina, SoRDELLI, Denominazione di origine ed indicazione di provenienza, voce dell'Enc. del diritto, 1964, XII, 134 -Sul divieto di zuccheraggio dei vini, cfr. Corte Cost. n. 3 del 1971. Sul rispetto da parte del legislatore regionale degli obblighi interna zionali dello Stato, cfr. Corte Cost. 8 luglio 1969, n. 120, Giur. cast., 11l69, 1687, con nota di D'ALEss10 ed in Foro it. 1969, I, 2023 con nota di CATALANO. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1287 E� poieh� la lesione si produce nello stesso istante in cui l'atto che si afferma lesivo viene assunto, mentre la possibilit� dell'azione riparatrice inizia dalla conoscenza che di quell'atto ha la parte ehe si considera :lesa, non vi � ragione per ritenere che la natura preparatoria dell'atto possa sospendere o spostare �l'inizio della decorrenza �dei ter-. mini del ricorso ad altro momento e ad altra sede, come quella dell'impugnazione dell'atto terminale e conclusivo del procedimento. L'eccezione di inammissibilit�, quanto al ricorso contro il parere del Comitato nazionale, prodotto ben oltre i sessanta giorni dalla sua pubblieazione sulla Gazzetta Ufficiale, va pertanto accolta. 3. -A diversa conclusione deve .invece pervenirsi quanto alla inammi: ssibiiltt� del ricorso contro il decreto presidenziale di riconoscimento della denominazione di origine del vino di che trattasi, inammissibilit� che, secondo l'Avvocatura, deriverebbe dall'acquiescenza della Regione che, trasmettendo al Ministero dell'agricoltura (eon lettera dell'Assessore 16 agosto 1966, n. 4411) \I.e �domande degli interessati e il parere del Comitato regionale dell'agricoltura �su di esse, avrebbe accettato e r.iconoseiuto legittima la competenza dello Stato a provvedere in materia. La Corte ha pi� volte ritenuto (sentenze nn. 44 del 1957, 77 del 1958, 3 del 1964) che nei giudizi innanzi ad essa proposti in via principale, non 1pu� daT<si assoluta rilevanza aUe ragioni di inammissibilit� ed in pal'lticolare all'acquiescenza, cosi come elaborate dalla giurisprudenza amministrativa. Ci� perch� l'oggetto del giudizio per conflitti di attribuzione � rappresentato dalla individuazione dell'organo autol'lizzato a provvedere, pi� che dalla legittimit� dell'atto per ragioni attin�nti alla competenza dell'organo che lo ha emanato. L'eccezione di_inammissibilit� va perci�, su questo punto, rigettata. 4. -Fondata deve invece ritenersi l'altra eccezione sollevata dal1' AvvoeatuTa, per l'esistenza d[ precedenti atti legislativi, non impugnati daUa Regione, e che hanno consoYdato le sfere di competenza delle due par.ti in conflitto. Qui non �si tratta, invero, secondo pur si afferma, di una eccezione di inammissibilit� ;per acquiescenza, ma di una eccezione di merito, che ha per oggetto il contenuto delle norme sulla attribuzione e la distribuzione �delle competenze tra lo Stato e le Regioni nella materia di che trattasi. Con la \legge delegata 12 �luglio 1963, n. 930, lo 'fltato ha emanato le disposizioni. per il riconoscimento delle denomina~ioni in origine dei mosti e dei vini e tali disposizioni sono certamente applicabili nel territorio della Regione Trentino-Alto Adige, perch� la legge che le contiene ha inteso regolare la materia in tutto i\I. territorio dello Stato, Regioni differenziate comprese. 1288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La portata generale della relativa normativa, che di gi� appare dal testo della citata legge delegata, trova conferma nella successiva legge di modifica dell'll maggio 1966, n. 302, la quaile, neM'art. 1, dispone �che � nelle Reg.ioni a statuto autonomo, il parere (del Comitato regionale statale dell'agricoltura) dovr� essere espresso dagli organi competenti delJ.a Regione interessata �. Dal che si ricava che, se per le regioni a statuto autonomo la legge n. 302 del 1966 ha espressamente prevista questa sola modifica ed integrazione della .precedente legge n. 930 del 1963, tutte le altre norme di tale legge debbono intendersi applicabili integra�lmente aHe anzidette regioni. I 5. -La difesa della Regione Trentino-Alto Adige, oltre a con!rastare tale conclusione, ha poi dedotto che, se la legge 930 sia da applicarsi anche nel suo territorio, essa deve ritenersi cosU.tuzionalmente illegittima, ed ha perci�, dn via subordinata, formalmente solilevato la questione di legittimit� costituzionale della legge di delega n. 116 del 1963, di quella delegata n. 930 dello stesso anno e della legge n. 302 del 1966, di modifica e integrazione di quest'ultima, � nella par.te in cui esse consentono od dmpongono, nel procedimento diretto al riconoscimento della denominazione di origine controllata dei vini, l'intervento di organi stataU (parere del Comitato nazionale e decreto terminale del Presidente della Repubblica), in violazione delila sfera di competenza costituzionalmente riconosciuta alla Regione �. La Cor.te, nel prendere in esame la proposta questione, osserva che, nel caso, mentre deve ritenersi ricorra il requisito della riil.evanza di essa ai fini della rdsoluzione del giudizio principale di conflitto di attrdbuzio.ne, altrettanto non pu� dirsi quanto a quello della non manifesta infondatezza. Cosi come la Corte ebbe a ritenere (Per i marchi, con la sentenza n. 8 del 1970, !la tutela della denominazione di origine dei mosti e dei vini, sia che si tratti d.i denominazione di origine controllata o controllata e garantita (art. 2 legge 930), non pu� essere invero disposta che in modo unitario, sul piano nazionale, anche p-er i riflessi che essa ha nel commercio Jnternazionale e in quello comunitario, e deve ;perci� trovare regolamentazione esclusiva ad opera delle autorit� statali. Pu� aggiungersi, a riprova della necessit� di tale intervento dello Stato che, spesso, le zone di produzione di un determinato vino ricadono nel territorio di pi� regdoni, e che per la complessit� degld interessi che sono connessi alla produzione e al commercio dei vini pregiati, anche per quanto riguarda la tutela dei consumatori, .non � esatto che la materia si esaurisca in quella propria dell'agrieoltura sulla quale la Regione ha competenza. Pertanto la questione di legittimit� costituzionale, come sopra PTOposta, va �dichiarata manifestamente infondata. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1289 6. -Per concludere, poich� la legge 930 non � contraria a principi o norme costituzionali e poti.ch� gli atti impugnati ne sono legittima esecuzione, essi risultano compiuti dallo Stato nell'esercizio della propria competenza. H ricorso pertanto deve essere respinto. -(Omi.ssis). Il (Omissis). -La legge della Regione Trentino-Alto Adige approvata, dopo -rinvfo, il 7 ottobre 1970, ha per oggetto l'autorizzazfone all'� impiego del saccarosio quale correttivo della gradazione alcoolica dei mosti e dei vini a denominazione di origine controllata e a denominazio: Q.e di origine controll.ata e garantita �. Contro questa legge lo Sta�to ha prodotto ricorso in data 30 ottobre 1970 deducendo tre motivi di illegittimit�, ;Per violazi<Jn� delle seguenti norme di rango costituzionale e cio�: 1) dell'art. 4 dello Statuto speciale, nella parte che obbliga la Regione al rispetto degli obblighi internazionali, derivanti, nel caso, dal Regolamento CEE 816 del 1970, che consente l'impiego del saccarosio nei soli Stati che gi� lo autorizzavano, e fra i quali l'I.talia non pu� ritenersi compresa; .� 2) deN.'a'l't. 65; n. 9, dello stesso statuto, nella parte in cui stabiUsce che i tributi prOipTi che la Regione pu� imporre 'devono essere � in armonia coi .principi del sistema tributario dello Stato �, e tale non essendo l'anomalo contributo di lire 200 da versarsi alla Regione per ogni chilogrammo di saccarosio utilizzato; 3) dell'art. 25 della Costituzione, nella parte in cui pone la .riserva di legge in materia penale, che la Reg.ione avrebbe violato col rendere lecito un fatto, come lo zuccheraggi.o, che l'art. 76 del d.P.R. n. 162 del 19-65 vieta e sanziona con la reclusione sino a cinque anni. In merito al primo dei ded�tti vizi di legittimit�, si osserva preliminarmente non essere affatto esatto quello �che la difesa della Regione adduce circa l'abrogazione che, della -richiamata norma sul divieto dello zuccheraggio, avrebbero operato i regolamenti CEE� i quali consentono, in .determinati casi, l'uso del saccarosio come additivo per l'eleva2iione della gradazione alcoolica dei mosti e dei vini. Sta in fatto, che i 4ue Regolamenti CEE che disciplinano la materia -e che sono quelli in data 28 aprile 1970, recanti i nn. 816 e 817 dispongono, il primo all'art. 18, n. 1, e il .secondo (specifico per i vini di qualit�) all'art. 7, n. 2, che gli Stati membri interessati possono autorizzare l'aumento della gradazione alcoolometrica naturale in determinati casi e con varie tecniche, fra le quali quella dell'uso del saccaTosio. 1290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I citati regolamenti CEE, autorizzando gli Stati membri ad operare in tal guisa, hanno quindi �concesso loro una facolt� e non disposto un obbligo, dalla cui imposizione soltanto sarebbe potuta derivare l'abrogazione di norme vigenti in quegli Stati che l'uso del saccarosio vietavano. Inoltre, la regolamentazione CEE, nel consentire l'uso del saccarosio agli Stati membri, ha posto anche una limita:done alla quale lo Stato italiano, e con esso le sue Regioni, sono rimasti vincolati. Ha disposto cio� (Regol. 816, art. 19, n. 3) che l'uso del saccarosio potesse essere autorizzato �unicamente nelle regioni viticole in cui sia tradizionalmente o eccezionalmente praticato, conformemente alla legislazi9ne esistente alla data di entrata in vigore� di esso regolamento 816 che, per l'art. 44, � fi�ssato nel terzo giorno daiila pubblicazione, intervenuta in data 5 maggio 1970. E poich� n� nella nostra legislazione statale, n� in quella regionale (posto che le Regioni avessero �competenza in materia), l'uso del saccarosio era �consentito alla data anzidetta, � ovvio come in I:talia l'uso ne �sia �rimasto interdetto proprio da quella regolamentazione CEE che la difesa �della ;Regione invoca a giustificare l'emanazione, per sua parte, delle norme in materia. Deve quindi ritenersi che la stessa Regione abbia, emanandole, superato il limite degli obblighi internazionali dello Stato italiano e con ci� violato l'art. 4, prima parte, dello Statuto speciale. Gli altri motivi di illegittimit� dedotti dalla difesa dello Stato restano assorbiti. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 173 -Pres. Branca - Rel. Capalozza -Marongiu (n. c.). Procedimento penale -Arresto in flagranza -Arresto facoltativo da parte del pubblico ufficiale oltraggiato -Illegittimit� costituzio nale -Esclusione. (Cost., art. 13; c.p.p. art. 236; c.p. art. 341). Procedimento penale -Convalida dell'arresto in flagranza -Omessa prescrizione di motivazione e di ricorribilit� in Cassazione -Ille gittimit� costituzionale. (Cost., artt. 13, 111; c.p.p. artt. 246, 263 bis). Non � fcmdata la questione di legittimit� CO$titu.zicmale deit'art: 236 codice di procedura pemale neila parte in cui consente t'arresto PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1291 fqcoltamv� in 'flagranza, anche da parte del pubblico ufficiale oUraggiato, in combinato disposto con l'art. 341 codice penate (1). Sono costituziooalme.nte iitegittimi l'art. 246 codice di procedura penale netla parte 'in cui esclude l'obbUgo dell'autorit� giudiziaria di motivare sul provvedimento di convalida dell'arres�to in "fl,agraJnZa e l'art. 263 bis dello stesso codice neila parte in cui esclude il ricorso per Cassazione con'bro il provvedimento di conva.lida dell'arresto in "flagranza (2). (Omissis). -2. -La questione �relativa all'art. 236 del codice di procedura penale � infondata. L'art. 13, terzo comma, della Costituzione autorizza la pubblica sicurezza ad adottare provvedimenti provvisori restrittivi della lib.ert� personale senza l'atto motivato dall'autorit� giudiziaria, richiesto dal secondo comma, e si limita a porre condizioni e gar.anzie sostanziali e processuali: eccezionalit�, necessit�, urgenza e tassativit�; comunicazione entro quarantotto ore all'autorit� giudiziaria; inefficacia per mancata convalida dell'autorit� giudiziaria nelle quarantotto ore successive. Gli estremi della necessit� e dell'urgenza, affidati al prudente apprezzamento degli organi di polizia, nell'esercizio della loro funzione �di pubblica sicurezza -vale a dire della loro essenziale funzione di istituto -vanno visti sia in relazione alle esi.genze dell'acquisizione e della conservazione delle prove, sia, soprattutto, alle qualit� morali del soggetto attivo, cio�, pi� in generale, agli elementi subiettivi ed obiettivi indicati dall'art. 133 cod. .pen. (vedi art. 241 cod. proc. pen., modificato con la legge 18 giugno 1955, n. 517, che ha eliminato il richiamo alle condizioni sociali del soggetto stesso). Si tratta, � vero, di eccezione alla regola che attribuisce all'autorit� giudizfaria la compet~ za ad emettere provvedimenti coercitivi deMa libert� personale, ma l'eccezione � in re ipsa, vale a dire nel fatto in s� -previsto dal testo costituzionale -che gli organi di polizia debbono provvedere in sostituzione dell'autorit� giudiziaria. Il requisito alla tassativit�, esso pure richiesto dall'art. 13, comma terzo, Cost., � da ritenersi soddisfatto daNa legge; la quale, ai fini dell'arresto, determina l'entit� della pena del delitto o la natura della contravvenzione e prende in considerazione i precedenti del soggetto attivo (delinquente abituale, ;professionale o per tendenza; reeidivo qualificato; sottoposto a misura di sicurezza detentiva) o fa sua residenza (1-2) La questione � stata proposta con ordinanza 30 ottobre 1970 del Pretore di Mogoro (Gazzetta Ufficiale, 27 gennaio 1971, n. 22). Sull'art. 236 Cod. proc. pen. v. BARILE, Libert� nella Costituzione, 1966, 121; G. AMATO, Individuo e autorit� nella disciplina della libert� personale, 1967, 413. � 1292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO all'estero (art. 236 ;cod. proc. pen., modificato dalla citata legge 1955, n. 517): n� il rilievo del pretore circa la pretesa insufficienza dei criteri sembra aver fondamento, �dal momento che l'identificazione dei reati (e delle �situazioni) rper cui si pu� procedere all'arresto in flagranza � certamente, anche se indirettamente, operata dalla legge, cos� come la norma costituzionale di raffronto esige. 3. -�, altresl, infondata la questione attinente all'art. 236 del codice di procedura penale, in relazione all'art. 341 del codice penale, nella mi-sura in cui affida alla discrezionalit� dell'oltraggiato il consentito arresto (in flagranza) dell'oltraggiante. A prescindere che vi sono numerosi altri reati, accanto all'oltraggio, in cui parte offesa �, o pu� essere, colui al quale � conferito il potere di arresto, le garanzie per -il prevenuto, sotto la prospettazione dell'art. 13 della Costituzione, 'sono le stesse, sia che l'arresto venga effettuato direttamente dall'oltraggiato, sia che venga effettuato da altri, perch� non mutano le condizioni poste dalla legge, n� i controlli ad opera dell'autorit� giudiziaria. Non giova l'argomento -addotto dall'ordinanza -tratto dall'art. 60 c.p.c., circa la rimessione degli atti a un diverso ufficio giudiziario, in �caso di offesa a un giudice o a un magistrato del pubblico ministero, sia perch� ila competenza a di�sporre l'arresto, ai sensi degli artt. 435, primo comma, e 436, �secondo comma, .c.p.p., per il :eato commesso in udienza, non � sottratta a.i magistrato offeso; sia perch� l'invocato art. 60 c.p.�p. concerne il giudizio, non la misura coercitiva cautelare. Del resto, non va trascurato che l'arresto :pu� dar luogo a san zione disciplinare o, persino, penale �contro l'ufficiale o l'agente di po lizia giudiziaria o della forza pubblica che l'abbia eseguito arbitraria mente o abbia altrimenti violato i propri doveri (vedi artt. 239 e 240 c.p.p.). Sarebbe, oltre tutto, irr�azionale e addirittura paradossale che l'uf ficiale o l'agente di polizia giudizia�ria o della forza pubblica, parte lesa di un fatto di reato contro la pubblica amministrazione, dovesse subire, inerte e impotente, un'offesa anche se grave, anche se reite rata, anche se commessa in presenza di pi� persone: dovesse, cio�, rinunciare ad esercitare quel potere che la legge gli attribuisce a pro tezione non di se stesso, ma del pubblico interesse, che � oggetto della tutela giuridico-penale nel reato di oltraggio. � vero che l'offeso non .si trova nelle migliori condizioni per una serena valutazione e che, in elevata percentuale, gli incolpati di oltraggio vengono tratti in arresto dallo stesso offeso nell'onore o nel prestigio; ma l'inconveniente si neutralizza o, quanto meno, �si attenua col rispetto rigoroso delle altre r~gole contenute nell'art. 13, terzo PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1293 comma, Cost., che afferma e conferma che il �principio della inviolabilit� della Ubert� personale, contenuto nel .primo comma, non esprime un'astratta postulazione ideologica, bensi impone ai pubblici poteri precisi imperativi giuridici. 4. -A diversa conclusione deve giungersi quanto al controllo -di diritto e di fatto -da parte dell'autorit� giudiziada sull'eseguito arresto facoltativo in flagranza. L'art. 246 viene interpretato dalla giuri�sprudenza nel senso che il decreto motivato di convalida, da emanarsi entro 48 ore dalla presentazione dell'arrestato, e non oltre 96 ore dall'arresto, sia dovuto solo per la liberazione dell'arrestato nei casi previsti dal primo e dal secondo comma dell'art. 246 -che non attengono al sindacato sulla facoltativit� dell'arresto -; e, quanto al terzo comma dello stesso art. 246, soltanto allorch� l'autorit� giudiziaria .competente per il. procedimento non sia quella cui l'arrestato venga presentato (e neppure a pena di nullit�). La norma cos interpretata � manifestamente iHegittima. Infatti, l'obbligo del decreto motivato di convalida, in mancanza del quale l'arresto � �revocato ipso iure, � disposto nell'art. 13, comma terzo, della Costituzione per ogni .provvedimento provvisorio preso dall'autorit� �di pubblica sicurezza in sostituzione del giudice e quindi per ogni provvedimento d'arresto (obbligatorio o facolta.tivo) o di fermo. Ne deriva che l'art. 246 c.p.p., poich� non .prevede in ogni caso quell'obbligo con le sue conseguenze, � per tale motivo costituzionalmente illegittimo: e lo � pure nella parte che concerne il giudizio direttissimo, come si dir� anche in appresso. � 5. -Dichiarata in questi termini l'incostituzionalit� de11'.art. 246 c.p.p., non � necessaria un'analog!l pronuncia rispetto al combinato disposto della stessa norma e dell'a�rt. 269� (custodia preventiva e scarcerazione). Invero, l'art. 269 deve essere interpretato alla luce dell'art. 246 cos� come risulta dal!la predetta dichiarazione di iHegittimit�: ne deriva che a.nche qui la protrazione della custodia preventiva o la concessione della libert� provvi�soria deve essere preceduta da un motivato provvedimento del giudice. Non pu� dirsi, infatti, che la .concessione della libert� provvisoria conduca alla sanatoria della irregolare situazione, dappoich� la posizione di chi .venga scarcerato perch� ingiustamente detenuto � ben diversa da quella di chi abbia ottenuto il � beneficio � della libert� provvisoria (vedi artt. 282 e 292 c.;p.p.); la quale presuppone, ovviamente, l'osservanza e 1a retta applicazione delle norme che regolano l'arresto, demandato aU'autorit� di pubblica sicurezza, e il sindacato del giudice sull'operato di questa. 1294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6. -Altrettanto va detto in relazione agli artt. 502 e 505, che non sono stati denunciati ma che -la Corte non pu� fa�re a meno d'osservare -devono esseTe ovviamente interpretati alla luce dell'art. 246 quale risulta dopo la predetta dichiarazione di illegittimit� costituzionale. Non c'� dubbio che la gaTanzia del decreto motivato sul mantenimento dell'anesto vada obbligatoriamente osservata anche quando il procuratore della Repubblica o il pretore ritenga di procedere a giudizio direttis�simo (art. 246, .terzo comma, in relazione agli artt. 502 e 505 c.p.�p.): ch� la forma del rito -la quale anzich� dalla non esigenza di �Speciaili indagini pu� .dipendere dalla condizione dell'incolpato: art. 502, ult. cpv.; o dalla natura del reato: aTt. 21, teTzo comma, legge 8 febbraio 1948, n. 47; art. 112 d.P.R. 30. marzo 1957, n. 361 non � tale da determinare la messa in mora delle garanzie costituzionali sancite dall'art. 13. Insomma, anche quando si �proceda al giudizio direttissimo, occorTe che sia rispettato U doppio termine di 48 OTe (previsto dall'art. 13, terzo comma, Cost. per tutti i casi di arresto in flagranza) e perci� il provvedimento che .dispone il mantenimento dell'arresto ex art. 502 deve essere inteso come decreto motivato. F�ra l'altro si ponga mente, in particolare, che, chiuso il dibattimento del giudizio direttissimo, il giudice pu� disporre che si proceda all'istruzione formale (art. 504 c.p.p.): sicch� non � da escludere che il mancato controllo sul retto esercizio della discrezionaUt� deliJ.'arresto in flagranza, per un reato per i.J quale sia instaurato il rito abbreviato, .si risolva in un'ingiusta detenzione sino al termine della fase dibattimentale dello stesso giudizio direttissimo, aHorch� fa scarcerazione deve, poi, essere ordinata in quanto la legge non consenta il mandato di cattura (art. 504, terzo comma, c.p.p.). 7. -In conclusione, l'unica convalida indiretta non contrastante con l'art. 13 � quella della emissione di un ordine di cattura, contenente la contestazione dell'accusa e gli ailtri elementi indispensabili (artt. 243 e 251 in relazione all'art. 264 c.p.p.): in tale caso, il pi� contiene il meno e sono salvaguardati i diritti dell'incoJpato. 8. -PeT effetto della dichiarazione di parziale iliJ.egittimit� costituzionale dell'art. 246 c.p.p. l'autorit� giudiziaria, come innanzi si � detto, ha l'obbligo di adottare un motivato provvedimento sulla convalida dell'arresto. Ma poich� tale provvedimento, reso necessario dall'attuale pronunzia, resterebbe sottratto ad ogni controllo di legittimit�, la Corte, in forza dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ed in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione, deve dichiarare la illegittimit� costituzionale dell'art. 263 bis c.p.p., nella parte in cui esclude il ricorso per cassazione contro il �predetto provvedimento. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1295 CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 174 -Pres. Branca - Rel. Trimarchi -Erede (avv. Agostini) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). . ' Lavoro -Divieto di licenziamento individuali -Onere del datore di la voro di comunicare i motivi del licenziamento -Inapplicabilit� ai lavoratori ultrasessantacinquenni non aventi diritto a pensione � Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 4; l. 15 luglio 1966, .n. 604, artt. 11, 2, 5). � costituzionalmente illegittima, per violazione della tutela del lavoro, l'art. 11 primo comma, della legge 15 lugiio 1966, n. 604, contenente norme sui licenziamenti individuaU, nella parte� in cui esclude l'applicabilit� degli artt. 2 e 5 della stessa legge nei riguardi dei .prestatori di lavoro non aventi diritto a pensione che abbiano superato il sessantacinquesimo anno di et� (1). (Omissis). --3. -Secondo il pretore di Voltri sarebbe di fatto limitata la pOSISibilit� del lavora.tore ultrasessantacinquenne o pensionato di difendersi da un licenziamento per motivi politici, religiosi e sindacali, qualora i motivi del licenziamento non siano esplicitamente dichiarati dal datore di� lavoro. In tal caso il lavoratore anziano verrebbe a trovarsi in un.a posizione diversa e meno favorevole di quella del lavoratore non anziano, pereh� essendo esclusa dall'art. 11 l'applicabilit� nei suoi confronti degli ar.tt. 2 e 5, non avrebbe diritto a ricevere per iscritto il licenziamento e l'indicazione dei relativi motivi e non potrebbe giovarsi del vantaggio connesso a.I fatto che l'onere della prova, ci'rca la giusta causa o il giustificato motivo, gravi sul datore di lavoro. La questione viene in tal modo prospettata con riferimento al.la differente posizione del lavoratore anziano e di quello non anziano a proposito della distribuzione ed incidenza deJ.l'onere della prova tra le parti, nell'ipotesi di 1ice:.ziamento effettivamente posto in essere per uno dei motivi previsti dall'art. 4. Ed a rigore non tocca, se non in modo del tutto indiretto, la materia, di natura sostanziale, della licen ziabilit� ad nutrum. Alla Corte pare non dubbio che, nonostante la portata genera.le dell'art. 4, applicabile a tutti i lavoratori di cui alla legge n. 604 del (1) La questione � stata sollevata con ordinanza 3 dicembre 1969 del Pretore di Voltri (Gazzetta Ufficiale 11 febbraio 1970, n. 37). Sulla legge n. 604 del 1966, v. Corte Cost. 14 aprile 1969, n. 81 in questa Rassegna 1969, 424, con richiami di dottrina. 1296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1966, e la costante incidenza sopra tali lavoratori dell'onere dell.a prova nei giudizi di nullit� dei 'licenziamenti determinati da motivi politici, religiosi e sindacali, il fatto che, di fronte ad un licenziamento del genere, il datore di lavoro sia esentato dall'obbligo di comunica�re per iscritto il licenziamento e, se .richiesto, i motivi, e soprattutto sia liberato dall'onere di provare la giusta causa ed H giustificato motivo, comporti per il lavoratore qnziano una tutela sensibilmente inferiore a quella riconosciuta al lavoratore non anziano. L'avente diritto aUa pensione di vecchiaia e l'ultrasessantadnquenne infatti non possono ottenere, e senza bisogno di assolvere sul punto alcun onere di carattere probatorio, che il� licenziamento sia dichiarato inefficace (a seguito della mancata osservanza dell'art. 2 da parte del datore di lavoro) ovvero risulti operante sia pure con '1e �conseguenze previste dall'art. 8 (ed ora possa essere annullato, a sensi dell'art. 18 delJa legge 20 maggio 1970, n. 300) (a seguito della mancata prova della giusta .causa o del giustificato motivo, e sempre da parte del datore di lavoro in base all'art. 5). E non rileva, dato che la norma � operativa nei confronti di tutti i lavoratori, che questi, anche se anziani, debbano .provare che i licenziamenti �che .U riguardino, siano stati posti in essere per i motivi indicati nell'art. 4. Esaminata, pertanto, la questione sotto il particolare profilo ora considerato, dali'inapplicabilit� degli artt. 2 e 5, in forza dell'art. 11, ai lavoratori anziani, potrebbe dedursi l'esistenza di una ingiustificata disparit� di trattamento (in contrasto con l'art. 3 della Costituzione) e di una insufficiente tutela del� diritto al lavoro (con la violazione degli artt. 4 e 35, comma primo, della Carta). Ad avviso della Corte, per�, non si prestano ad essere considerati sullo stesso piano i lavoratori che � siano in possesso dei requisiti di legge per avere diritto a1la pensione di vecchiaia � e quelli che � abbiano comunque superato il 65� anno di et� �. Nei riguardi dei lavoratori che si trov.ino nella .prima delle due condizioni soggettive, a �ben guardare, la �previ�sione di un trattamento diverso da que11o disposto per i lavoratori non anziani risponde a ragioni, le quali, anche se in astratto e in generale potrebbero essere ritenute non �sufficienti, debbono di~ concretamente coerenti ed adeguate. Tali lavoratori, infatti, si presuppone che abbiano diritto alla pensione di vecchiaia: e la loro licenziabilit� (fuori delle ipotesi di cui all'art. 4) non ha riscontro nell'eventuaUt� che essi possano rimanere senza retribuzione e senza trattamento di quiescenza per vecchiaia. D'altra parte, in una societ�, come quella -attuale, in cui si hanno disoccupazione e �sottooccupazione, la mancata piena tutela del diritto al lavoro, per quei lavoratori, � il riflesso giuridico di una necessit� pratica, autonomamente valutabile dal �legislatore. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1297 4. -Queste �ragioni, invece, non valgono nei riguardi dei lavoratori che abbiano superato il 65� anno di et� e non siano gi� pensionati o in :possesso. dei requisiti di legge per avere diritto alla p�nsione di vecchiaia: in tal caso risulta effettiva la violazione dell'art. 3 da parte della norma impugnata, nella quale inoltre non ricorre concretamente la tutela del diritto al lavoro nei modi e limiti costituzionalmente garantiti. Per �costoro in .realt� la disparit� di trattamento non appare raziona. lmente giustificata. Non ricorrono specifiche e particolari ragioni perch� a codesti lavoratori venga negato o non egualmente riconosciuto il diTitto a determinate garanzie. La semplice maggiore probabiUt�, �che, in quanto anziani, i lavoratori non si trovino nelle migliori condizioni per il normale dispiegamento delle energie fisiche e psichiche in favore del datore di lavoro e che questo, correlativamente, attraverso la loro collaborazione, non consegua un regolare adempimento delle obbligazioni contrattuali e di legge o il normale apporto all'esercizio dell'impresa, non pu� essere assunta a valida e sufficiente condizione del trattamento differenziato. Al lavoratore, che presti .la propria opera in favo�re del datore di lavoro o che �sia inserito nella impresa di questo, non possono essere negate, e per il solo fatto dell'et�, cautele e garanzie che simo informate al rispetto della personalit� umana e costituiscono, altresi, indici del valore 1spettante al lavoro nella moderna societ� industTiale. In particolare, ed a prescindere dal risultato (della non recedibilit� ad nutum) al quale per tale via si dovesse pervenire, il licenziamento del lavoratore anziano non pu� non essere comunicato per iscritto in una all'indicazione dei motivi (se Tichiesta); e nel processo, se si pretende dal lavoratore che il licenziamento sia stato determinato da uno dei motivi di cui all'art. 4, non .pu� non incombere sul datore di lavoro l'onere di fornire la prova contra11ia indiretta (e cio� che quel licenziamento in effetti � avvenuto per giusta causa o peT giustificato motivo). 5. -Il riferimento che dal giudice a quo viene fatto agli artt. 4 e 35, comma primo, de1la Costituzione, non appare pertinente a proposito della seconda disposizione. Come la Corte ha avuto occasione di precisare (e �da ultimo con �sentenza n. 10 del 1970), infatti, il prindpio enunciato nel primo comma dell'art. 35 �si limita a stabilire il criterio generale ispi�ratore di tutte le disposizioni comprese nel titolo III �. Risulta invece Ja norma denuncia.ta in contrasto con �l'art. 4 della Costituzione, ove si consideri -come pare alla Corte -che la tutela del diritto al lavoro sia �strettamente connesso all'attuazione (in precedenza valutata) del principio di uguaglianza. 1298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A ci� non � d'ostacolo l'Jnterpretazione che dell'art. 4 si � data e secondo cui non � .garantito a ciascun cittadino H diritto aJ. conseguimento di un'occupazione cosi come non gli � ga�rantito il dirritto alla conservazione del lavoro (cfr. sent. n. 45 del 1965), perch�, come la Corte ha precisato con la stessa pronuncia, l� ove sono previstJ i casi. i tempi ed i modi dei licenziamenti la disciplina, per essere conforme alla Costituzione, deve rispecchiare l'esigenza di un trattamento giuridico eguale per J.e situazioni eguali, e in relazione a queste pu� essere diversificato solo in presenza di giustificate ragioni. Ora a proposito della norma denunciata, non appare rispettato il disposto dell'art. 4 nel senso ed entro i limiti in cui sussiste la rilevata violazione dell'art. 3. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 175 -Pres. Branca - Rel. Mortati -Ferrati ed altri (avv. Vassalli, Provinciali) Mancini, Ergas (avv. Addamiano), Soc. Pezziol (avv. De Luca) e Presidente Consiglio �dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Casamassima e Azzal'iti). Amnistia e indulto -Impossibilit� di lrinunciare all'amnistia -Illegittimit� costituzionale. (Cost.� art. 24; c.p. art. 151; I. 21 maggio 1970, n. 282, artt. 1, 2, 5; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, artt. 1, 2, 5). Amnistia e indulto -Immediata declaratoria -Non contrasta con diritto di difesa. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p. artt. 152, 591 e 592). Procediment�'penale -Estinzione del reato -Formule di proscioglimento -Questione infondata di costituzionalit�. I (Cost., artt. 3, 21; c.p. art. 596; I. 21 maggio 1970, n. 282, art. 5, lett. d). r Amnistia e indulto -Amnistia generale -Questione infondata di costi �I tuzionalit�. r (Cost., artt. 3, 27, 79; I. 21 maggio 1970, n. 282, art. 5; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 5). I I Amnistia e indulto -Amnistia � sindacale� -Questione infondata di costituzionalit�. I (Cost., artt. 1, 3, 4, 35, 39, 42; I. 21 maggio 1970, n. 282, art. 1; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 1). -- -- Amnistia e indulto -Termine di decorrenza -Precedente iniziativa legislativa -Questione infondata di costituzionalit�. (Cost., art. 79; I. 21 maggio 1970, n. 282, art. 11; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 1). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1299 Amnistia e indulto -Frode in-commercio -Ipotesi di esclusione -Questione infondata di costituzionalit�. (Cost., art. 3; c.p. �art. 62; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 28,3, art. 5). In riferimento all'art. 24, secondo comma, delta Costituzione sono nie.gittimi gli artt. 151, primo comma, c.p., 1, 2 e 5 della legge 21 maggio 1970, n. 282, di delegaz;ione alla concessione di amnistia e induito, e 1, 2 e 5 d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, di concessione di amni8tia e induito nella parte in cui esciudono che l'imputato, rinunciand� all'applicazione dell'amnistia, possa ottenere di essere giudicato nel merito (1). In riferimento agli artJt. 3 e 24 della Costti,tuzioine, � infondata Za f questione di costituzionalitd degli artt. 152, 591 e 592 c.rp.p., nella parte in cui impediscono al giudice, una volta intervenuta l'amnistia, di svolgere ulteriore attivitd istruttoria (2). In riferimento agli artJt. 3, primo comma e 27, secondo comma, della Costituzione, � infondata, ai sensi di cmi in motivazione, la questione di costituzionalit� deWart. 152, primo comma, c.p.p. nella parte in cui stabilisce che il giudice pronuncia in merito quando risulta una causa di estin2Jione del reato, ma gi� esi8tono prove le quali rendono evidente, tra l'attro, che il �fatto non � preveduto dalla legge come reato� ma non anche che �il fatto non costituisce reato� (3). In riferimento agli artt. 3, primo comma, e 21 della Costituzione, � infondata la questione di costituzionalitd degli artt. 596, primo comma, c.p., e 5, lett. d, legge 21 maggio 1970, n. 282, per i quali � escluso da.Ua delega a concedere amni.stia di cui alla legge stessa il delitto di diffamazione comme86o a mezzo della stampa e mediante attribuzione di un fatto determinato quando ii querelante abbia prOtpOsto, prima del divi�to di ammstia, formale domanda di prova delle veritd del fatto diffamatorio (4). In riferimento agli artt. 3, 27 e 79 della Costituzione, � cos.titu zionalmente legittima la concessione di amnistia in relazione ad una generalit� di reati, pur in assenza di circostanze eccezionali (5). In riferimento agli artt. 1, 3, 4, 35, 39 e 42 Costituzione, � legit tima la concessione di amniiStia in relazione a talune categorie di reati commessi in occasione di agitazioni sindacali, studentesche, ecc. (6). (1-8) Le questioni decise con la sentenza sono state proposte con varie ordinanze di diversi giudici. In dottrina, sull'amnistia in generale: CoRDERO, Contributo allo studio dell'amnistia nel processo, 1957; DELL'ANDao, Amnistia (dir. costituzionaie) in Enc. del dir., 1958, II; DELL'ANDao, Amnistia (dir. penale e dir. proc. penale) ibidem; PALADIN, in Giur. cost. 1962, 1474; GUARNIN, in Riv. pen. 1970, I, 385). 1300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In riferimento aU'art. 79, seeondo comma, Costituzio111,e, � infondata la questione di costituzionaiit� deU'art. 11 legge 21 maggio 1970, n. 28.2 e deU'art. 11 d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 che delegano a concedere e concedono amnistia fino a tutto il 6 aprile 1970; nonostante che alla Camera dei Deputati fosse staiia presenta.ta prima deUa detta data altra analoga proposta di amnistia (7). In riferimento aU'art. 3, primo comma, della Costituzione, � infondata la questione di costituzionalit� dell'art. 5, penultimo comma, d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (8). (Omissis). -2. -All'esame delle questioni dovT� procedersi secondo un ordine che conduce a dare la precedenza a quelle le quali investono l'amnistia nel suo fondamento e riguardano il suo pi� generale ambito di applicazione. Sotto questo riguardo vengono prima in considerazione le ordinanze dei pretori. di Chieri del 26 maggio 1970 e di Modena del 30 luglio successivo, le quaili denunciano l'art. 5 del d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, per violazione degli artt. 3 e 79 e la seconda di esse, anche dell'airt. 27 della Costituzione. Muovendo dal rilievo della sussistenza di una gerarchia fra norme e norme della stessa Costituzione, si sostiene la necessit� di interpretare l'art. 79 in modo da armonizzarne l'applicazione con il rispetto del supremo princip~ o di eguaglianza: il che si otterrebbe quando aJ.l'amnistia si faccia luogo solo i:n confronto a reati commessi in situazioni eccezionali e limitate nel tempo, ed essa sopravvenga dopo la loro cessazione, poich�, in tali ipotesi, verrebbe a porsi in contrasto con il detto principio la persecuzione penale di fatti che ormai la coscienza comune ritiene non pi� sanzionabili. Mentre al contrario, tale contrasto presenterebbero le amnistie c.d. � celebrative ~ relative a situazioni sempre aperte nel tempo. Infatti rispetto a queste il trattamento differenziato di reati, per il solo fatto che siano stati compiuti prima o dopo un certo termine, appare del tutto arbitrario, ed altresi lesivo dell'altro principio costituzionale che attribuisce alla pena una funzione !rieducativa della personalit� del colpevole. Funzione alla quale (nei casi in cui la particolarit� delle circostanze faccia appariTe incongrua la espiazione effettiva della pena o la sua perduranza per l'intero periodo stabilito nelle sentenze di condanna) ben pi� opportunamente dell'amnistia si adeguano altri istituti, come per esempio il perdono giudiziale o la gTazia. Sulla prima e seconda massima, cfr. Corte Cost. 23 dicembre 1963, n. 171; 27 maggio 1968, n. 52. Sull'equivalenza delle formule � il fatto non � preveduto dalla legge come reato. e �il fatto non costituisce reato., v. Cass. 7 dicembre 1962, GxoNCADA, Foro it., Rep. 1963, voce sentenza penale, n. 141. Sui reati �sindacali o studenteschi�, v. Cass. 29 ottobre 1969, CAZZANTI, Foro it., Rep. 1970, voce Amnistia, n. 18. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1301 I rilievi riferiti, che del resto rispecchiano queMi autorevolmente formulati anche in Parlamento in sede di discussione del provvedimento in esame, appaiono degni di attenta considerazione, riuscendo di. indubbia fondatezza J.a premessa da cui si fanno derivare della sussistenza (del resto valevole per ogni corpo di disposizioni coordinate in sistema) di un ordine che conduce a conferire preminenza ad alcune di esse rispetto ad altre. L'esigenza prospettata di contenere l'esercfaio del potere di amnistia nei Umiti pi� ristretti, cosi da armonizzarlo con .Ja concezione personalista cui si ispirava la nuova Costituzione fu bene presente nei costituenti che, nel prevederne la �possibilit� (nonostante che autorevoli opposizioni, in accoo-do con una antica e diffusa opinione, attribuissero all'istituto carattere di mero � relitto storico � ), ne riaffermarono in modo esplicito il carattere del tutto eccezionale cos� da farla ritenere validamente consentita solo nel caso della sopravvenienza di circostanze �siffatte da condul're a considerare i reati .precedentemente commessi, in quanto legati ad un momento storico ormai superato, non pi� offemsd.v-i della coscienza sociale. Appunto in corrispondenza a tale orientamento, si formul� espressa condanna della anteriore prassi caratterizza.fa da una ecces�siva frequenza delle conces�sioni di amnistia. Pur tenendo presenti le precedenti considerazioni, e pur constatato .che i nobili propositi del costituente non hanno trovato attuazione, sicch� i �provvedimenti di clemenza dopo il 1946 si sono moltiplica. ti con un ritmo assai superiore a quello dell'antecedente regime, tuttavia la Corte ritd.ene che una indagine volta a sindacare l'ampiezza dell'uso fatto dal Parlamento della sua discrezd.onalit� in materia eccederebbe i limiti entTo cui deve rimanere racchiuso il sindacato della mera legittimit� della legge ad essa assegnato. Infatti tale sindacato non potrebbe altrimenti effettuarsi se non con il rico!l"so ad accertamenti assai pi� penetranti di quelli consentiti, da riferire sia alla entit� dei reati considerati degni di oblio, sia all� vaJ.utazioni di opportunit� in oo-dine alla situazione politica ritenuta tale da consigldare il ricorso alla amnistia, nonch� alla individuazione del momento da cui debba farsi validamente decorrere. 3. -Una riprova della difficolt� ora prospettata pu� venire desunta daJ.l'esame dell'altra ordinanza del tribunale di Velletri del 3 ottobre 1970, che, muovendo da un punto di vista opposto a quello assunto dalle altre prima �ri�hiamate, rinviene una lesione del principio di eguaglianza (ed altres� di quelli proclamati negli artt. 1, 4, 35, 39 e 42 Cost.) nella amnistia � particolare �, conc�essa con l'art. 1 del decreto presidenziale citato, lesione che si realizzerebbe non solo nei confronti degli imputati, ma altres� delle persone offese e dei beni danneggiati, 1302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO facendo venir meno le garanzie costituzionali previste, senza discriminazioni, per alcune di queste, quali quelle che hanno recato offesa alla libert� del lavoro, alla .propriet� privata, ecc. Chiaro appare dai rilievi cosi prospettati come, anche se si potesse in ipotesi consentire nella opinione enunciata secondo cui ammiissibili siano solo le amnistie celebrative, non si sfuggirebbe alla necessit� di apprezzamenti che trascendono il campo defila �legittimit� per sconfina�re nell'altro diverso dell'opportunit�. Sicch� la Corte, pur formulando voti per un pi� cauto e meno frequente esercizio della potest� .conferita dall'art. 79, deve dichiarare non fondate le questioni finora esaminate. 4. -A non diversa conclusione deve giung�ersi anche in ordine alla questione prospettata con le ordinanze del pretore di Chierd del 25 giugno 1970 e di que11o di Torino del 27 stesso mese~ le quali denunciano l'art. 5, penultimo comma, del d.P.R. n. 283 perch�, �consentendo l'amnistia �Per il reato di truffa ed escludendola invece per quello meno grave di frode in commercio (quando non .ricorra l'attenuante dell'art. 62 n. 4), sarebbe incorsa in violazione dell'art. 3, comma primo, della Costituzione. Mentre � da respingere il'eccezione di inammissibHit� sollevata dall'Avvocatura dello Stato poich�, contrariamente a quanto da questa ritenuto, il dubbio sollevato sulla costituzionalit� dell'esclusione dell'amnistia pel caso del reato oggetto del giudizio, desunto dail confronto con .n trattamento usato per altro reato pi� gravemente sanzionato, rendeva la questione indubbiamente rilevante, deve ritenersi infondata la censura prospettata. Infatti la scelta del criterio di discrimiinazione fra Teati amnistiabili o non, non � necessariamente legata all'entit� della pena edittaile prevista rispettivamente per gU uni e per gli altri, ma pu� farsi discendere da considerazioni di diverso ordine, come per esempio la maggiore diffusione di alcuni in un certo momento e .i:l �conseguente maggiore allarme sociale, tale da sconsigliare per essi l'adozione di un atto di clemenza. Una irrazionalit� potrebbe, se mai, prospettarsi, sotto il rispetto messo in rHievo, quando la differente disciplina rigua.rdasse �reati lesivi dello stesso bene voluto proteggere: ci� �che non si verifica nella specie dato che la frode in commercio rientra :lira i delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, mentre la truffa appartiene alla categoria dei delitti contro il patrimonio; riguardano cio� interessi suscettibili di diversa valutazione politico-sociale, e quindi di diff�erente trattamente ai fini dell'amnistia. 5. -Ad un diverso ordine di problemi � rivolta l'ordinanza del pretore �di Pietrasanta del 23 luglio 1970 riguardante iJ. dubbio di costituzionalit� dell'art. 11 della legge n. 282 e del pedissequo a;t. 11 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. CO:;ITITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1303 del d.P .R. n. 283, per violazione dell'art. 79, secondo comma, della Costituzione. Ci� nella considerazione secondo cui, se � vero che la proposta di delegazione approvata dal Parlamento reca la data del 5 maggio 1970, sicch� di fronte ad essa non appare criticabile il termine del 6 apr.ile da cui si � fatto decorrere il beneficio, � vero altres� che una precedente pl'oposta di iniziativa parlamentare, di analogo contenuto per quanto riguarda i reati 'commessi in occasione di a~tazioni popolari, era stata presentata fin dal 3 febbraio .precedente, sicch� il prolungamento del termine oltre tale data pu� avere agito come vero e proprio incentivo a delinquere, in contrasto con la ratio ispiratrice del secondo comma dell'art. 79. La Corte ha avuto occ:asione di �pronunciarsi sulla questione, una volta �Con la sentenza n. 171 del 1963, ed un'altra con la n. 51 del 1968. Con la prima venne ritenuto che, pur essendo buona parte dei reati allora amniistiati ~� previsti da proposte presentate anteriormente, tuttavia tali proposte erano da considerare irrilevanti, non essendo state n� riunite ail disegno governativo per .proced~re ad un loro esame unitario n� in alcun modo considera9, e non mai poste in discussione. Sostanzialmente conforme � la seconda che, pur notate le differenze fra le disposizioni delle prime proposte rispetto a quella poi approvata, fonda la statuizione di rigetto sulla constatazione della mancata presa in �considerazione delle proposte anteriori, che pertanto restarono completamente fuori dall'iter dell'approvazione della legge. Tale orientamento dev'essere confermato anche in presenza della fattispecie in esame, data la sua somiglianza con quelle che furono oggetto delle precedenti decisioni. Riisulta infatti che la proposta di iniziativa parlament.are del 3 febbra.io (che rendeva efficace l'amnistia particolare ;prevista per i reati commessi fino al 31 dicembre 1969) non venne sottoposta a discussione ed anzi fu ritirata dai proponenti il 16 maggio successivo, sicch� � rimasta del tutto estranea al procedimento da cui ha tratto vita 1a legge di delegazione. U secondo comma dell'art. 79, modificando, per quanto !riguaroa il termine, l'art.' 151, terzo comma, c.p., ha fatto riferimento alla �proposta� d!i delegazione, termine con il quale si � 'inteso designare quella fra le varie possibili iniziative da cui � direttamente derivato l'atto di clemenza. Non pu� ritenersi con l'oroinanza di rinvio che l'esistenza di tale proposta, identica alla .parte del progetto governativo .relativa all'amnistia particolare, �si !Sia potuta �risolvere in � incentivo a delinquere �, dato il termine del 31 dicembre con essa stabilito, termine conservato poi dal progetto governativo che aggiungeva aJ:la prima un'amnistia generale, mentre il prolungamento al 6 aprile avvenne per opera della commissione deliberante, che, applicando anch'essa esattamente il precetto del secondo comma dell'art. 79, rese efficace il provvedimento limitatamente ai l'eati commessi prima del 6 aprile, data nella quale 1304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il Governo aveva, per la prima volta, manifestato l'intenzione di estenderne la portata. 6. -Altre ordinanze denunciano disposizioni diverse da quelle concessive dell'amn~stia del 1970, o da sole o in unione a queste ultime. Il pretore di Napoli ha, in data 15 ottobre 1970, sollevato la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 152, capoverso, del c.p.p., per violazione degli artt. 3, primo comma, e 271 secondo-comma, Cost., nella considerazione che, limitando �esso la possibilit� della non applicazione dell'amnistia per statuire invece l'assoluzione in merito solo ai tre casi ivi considerati, esclude che .Jo stesso trattamento il giudice possa applicare nell'ipotesi, pur del tutto analoga, dell'esistenza di prove cosi evidenti da far ritenere che il � fatto non cos.tituisce reato>, La censura apparirebbe certamente fondata ove le ipotesi previste dal citato art. 152 dovessero ritenersi rigidamente tassative, il che � escluso dail:la giurisprudenza e da larga parte della pi� autorevole dottrdna. In realt� alla formula, ivi considerata, della non previsione da parte della legge di Un fatto come reato si deve attribuire un significato ~enerico, comprensivo non solo delle ipotesd del difetto di una qualsiasi norma penale cui ipossa ricondursi il fatto imputato, ma anche di que1le di mancanza delle condizioni di imputabilit� o di punibilit�, rispetto a cui il fatto, pur se astrattamente �previsto dalla legge penale, �risulta giuridicamente irrilevante al fine dell'applicabilit� di questa, e quindi del tutto equivalente all'ailtra. Conducono a far adottare tale inter.pretazfone motivi desunti dalla ratio dell'art. 152, capov., che � quella di �evitare, di fronte all'evi denza delle prove, l'adozione della formula di proscioglimento per cause di estinzione del reato, che presuppone o pu� :liar presupporre l'esistenza, o per .Jo meno l'astratta possibilit�, di fatti in s� suscetti bili di sanzione penale. E sarebbe assurdo far valere siffatta esigenza solo in confronto di alcune delle ipotesi prospettate e non di altre delle quali non pu� contestarsi l'equivalenza. Ad avviso contrario si potrebbe pervenire solo se il linguaggio legislativo j.n materia ;presentasse carattere di univocit�, il che non avviene, come risulta dal confronto che si faccia, da una ;parte, fra le dizioni degli artt. 1 e 2 c.�p., e daill'altra quella dell'art. 152 c.p.p. e delle altre degli artt. 378 e 479 dello stesso codice, nei quali ultimi non appare la dizione � fatto che la leg.ge non prevede come reato >, ed invece ne � adoperata una diversa: � persona non punibile perch� il fatto non costituisce reato �. Quanto si � detto, se porta ad escludere ogni rilievo alla differenziazione fra le due formule considerate, al fine della sussistenza dell'obbligo del giudice di pronunciare .n proscioglimento in merito, in. luogo di quello fondato sulla causa di estinzione, non incide invece PART:ti: I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1305 sull'altro aspetto attinente alla geraa:-chia delle formule medesime: gerarchia da determinare in considerazione dell'interesse dell'imputato a venire assolto con l'impiego di quella fra esse che risulti _produttiva degli effetti per lui meno ;pregiudizievoli, e che conduce, com'� ovvio, a dare la preminenza aUa non previsione del fatto quale reato. In conclusione l'inter:pretazione da assumere deH'art. 152 c.p.p. conduce a far ritenere infondata l'eccezione sollevata in ordine ad essa. 7. -Con quattro ordinanza in dat� 27 maggfo, 1� e 26 giugno 1970 il tribunale di Milano ha .sollevato d'ufficio questione di legittimit� costituzionale, sia dell'art. 596, primo comma, c.p., in relazdone all'a.rticolo 21 Cost., nella parte in cui escluderebbe la rdilevanza e la. prova della verit� del fatto diffamatorio attribuito alla persona offesa, nel caso che la pubblicit� data al fatto stesso costituisca esercizio del diritto di cronaca, e sia conseguentemente dell'art. 5 del d.P.R. n. 283, che, mehtre comprende neU'amni�stia i delitti di diffamazione a mezzo della stampa, esclude solo le ipotesi previste dal terzo comma dell'art. 596 nn. 1, 2 e 3 c.p. Il che contrasterebbe con l'art. 3, �primo comma, Cost., perch� si opererebbe una diversit� di trattamento secondo che il querelante per diffamazione abbia o no concesso formalmente la facolt� di provare lii fatto attribuito; diversit� difettante di ogni ragionevole fondamento quando si tratti di esercizio della libert� di cronaca, ;poich� .in ordine ad essa l'interesse del querelante alla tutela dell'� onoire reale � conduce ad escludere che .J'omi1SSione della concessione formale di prova sia da inter.pretare quale rinunzda alla tutela stessa. La difesa di una delle parti private .ha opposto un'eccezione di inammissibilit� per dll;etto di rilev~nza, nella considerazione che il tribunale ha ammesso tale rilevanza in quanto ha ritenuto che le imputazioni di cui ali.a causa po_trebbero � ev.entualmente � ritenersi .esercizio del diritto di cronaca, sicch� la rilevanza potrebbe venire validamente affermata solo dopo l'accertamento dell'effettivo realizzarsi di tale circostanza. Si pu� opporre che, almeno nei confronti di alcuni degli imputati che rivestono Ja qualit� di gio!l'lllalista, cui si addebita la patermt� delle pubblicazioni incriminate, non appare dubbio che queste siano esplicazione di attivit� professionale, e Ci� � sufficiente a conferire ri.levanza alla questione. Nel merito l'eccezione non pu� �ritenersi fondata quando si tengano presenti i iprdncjipi ad quali � da risalire nella.materia dei reati di diffamazione a mezzo della stampa, a\lla stregua dei quali devono interpretarsi gli articoli denunciati. Sembra infatti evidente che l'art. 596, primo comma, quando non ammette il colpevole del delitto di diffamazione a provare a propria discolpa la verit� o notoriet� del fatto attribuito alla persona offesa, non possa trovare applicazione allorch� . il colpevole stesso sia in grado di invocare l'esimente, prevista dal 1306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 51 c..p., che esclude la punibilit� in quanto il fatto imputato costituisca esercizio di un diritto. E non aippar dubbio che tale sia il caso del giornalista che, nell'esplicazione del compito di informazione ad esso garantito dall'art. 21 Cost., divulghi col mezzo della stampa notizie, fatti o circostanze che siano ritenute lesive dell'onore o della� reputazione altrui, semprech� la divulgazione rimanga contenuta nel .rispetto dei limiti che ciTcoscrivono l'esplica2lione dell'attivit� informativa derivabili dalla tutela di altri interessi costituzionali .protetti. Discende da taJd premesse che nei confronti di imputazioni riconducibili all'ipotesi ora ,prospettata non pu� veni.re in considerazione la volo:n,t� del querelante rivolta a consenttre o meno la facolt� di provare il fatto addebitato, poich� tale facolt�, discendente diTettamente dai principi :rii.chiamati, costituisce mezzo necessario affinch� l'imputato ISi sottragga all'accusa a lui rivolta. Allo stesso modo non incorre in censure di incostituzionalit� l'art. 5, lett. d, del d.P.R. n. 283" poich� deve ritenersi che l'amnistia non possa trovare applicazione per le imputazioni rifedbili alla cronaca, dato che tale iipotesi � da assimilaa'e in tutto a quelle per ile quali la stessa lett. d :nega la concessione 1 di amnistia. Dall'assunto che l'interpretazione sistematica conduce ad estendere la non applicabilit� dell'amnistia anche al caso della cronaca diffamatoria, ed a far ritenere che al diritto del cronista di fornire la prova della verit� (o verosimiglianza) dei fatti denunciati, al fine di sottrarsi alla sanzione, corrisponde quello della ,persona offesa di !p!l."etendere che tale prova venga effettuata anche senza che ne abbia fatto espressa richiesta, . segue che analoga estensione debba farsi valere in confronto all'art. 5, lett. d, del decreto presidenziale in esame, in cui � 1 da ritenersi sottintesa, accanto alle .tre ipotesi del ,terzo comma del l'art. 596 c.p., anche quella riguardante la cronaca. Non si riscontra pertanto alcuna differenza di trattamento fra il caso di formale concessione dell'exceptio veritatis e quel:lo in cui essa manchi, data la notata irrilevanza di tale dichiarazione di VIQlont�. Alla conclusione cui si deve giungere dell'infondatezza, alla stregua del criterio interpretativo adottato, dell'eccezione sollevata nulla pu� fondatamente opporsi muovendo, come fa la difesa di una delle parti private, dal richiamo all'a.r.t. 152 c.p.p. Infatti, quest'articolo trova applicazione solo quando sia sopravvenuta un causa di estinzione del re�to e ,pertanto aippare chiaro che ad esso non possa farsi� riferimento aLlorch�, come accade nella specie, si debba escludere l'estensione del provvedimento di clemenza. 8: -Il pretore di Civitanova Marche, in data 27 maggio 1970, ha eccepito la incostttuzionaltt� dell'avt. 151 c.ip., nonch� della legge n. 282 e pedissequo decreto presidenziale, sotto l'aspetto della viola~ zione dell'art. 24, commi primo e secondo Cost., nella considerazione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1307 della lesione che dall'applicazione automatica dell"amnistia sancita da dette norme deriva alla tutela giudiziale degli interessi, ed al diritto di difesa; nonch� dell'a!r.t. 3 Cost. per 1a diversit� di trattamento; quale pu� desumersi sia dalla disposizione del c.ip. in ordine all'analogo caso della remd�ssione della querela, fa cui efficacia � condizionata all'accettazione da parte del querelato, e sia daille precedenti leggi di amnistia le quali tutte prevedev�ano la possibilit� della rinuncia. Il ;punto relativo al:la compatibilit� dell'amnistia con il diritto di difesa spettante all'imputato di reato ad es.sa soggetto � stato prospetta. to una prima v<JJ.ta alla Corte nel 1963, ma non � sfato preso dn considerazione, in quanto come statuito con la �sentenza n. 171/1963, non Tisultavano allora impugnate le disposizioni di carattere generale alle quali i provvedimenti di amnistia si uniformavano. Successivamente con la sentenza n. 52 del 1968 la Corte (di fronte ad una censura in senso opposto a quella di cui al 1presente. giudizio, rivolta cio� contro un decreto di amnistia che invece consentiva la facolt� di rinunzia, per contrasto, oli.tre ,che con l'art. 79 Cost. che non prevede l'amnistia rinunciabile, anche con gli artt. 24 e 25 Cost. pe�r le conseguenze che se ne devono far derivare nel caso che dl rinunciante all'amnistia non riesca a raggiungere la prova della propria innocenza), dopo aver dichiara.to infondate le censure che si facevano discendere dalle presunte violazioni del diritto di difesa garantito� dall'art. 24 e deJ. princiipio 11:uUum crimen sine lege di cui all'a1�>t. 25, ha statuito che l'istituto del:l'amnistia quale risulta regolato dall'art.� 79 non � legato n� alla concessione della facolt� di rinunciarvi, n�,al divieto di esercitarla, riuscendo indifferente ad essa l'accoglimento deJ.l'una o dell'altra ipotesi. Prendendo a base e confermando quanto stabilito con quest'ultima decisione, e precisamente: a) che la facolt� di rinunda all'amnistia non solo non contraddiice al diritto di difesa, ma anzi ne costituisce esplicazione; b) che l'esercizio della facolt� stessa rende inoperante l'amnistia, e conseguentemente consente l'applicabilit� della sanzione penale a carico del rinunziante che risulti co]Jpevole in seguito alla prosecuzione e definizione del giudizio, la Corte deve riesaminare il problema sotto l'aspetto ora sottopostole, se cio� appartenga effettivamente alla discrezionalit� del J.egislatore concedere o meno la facolt� di rinunzia. La risposta negativa sembra discendere logicamente da quanto si � gi� ritenuto, che cio� la rinunzia all'amnistia costituisce esplicazione del diritto di difesa, �sembrando chiaro discendere da tale afferma-� zione come in quest'ultimo sia da considerare inclusa non solo la pretesa al regolar.e svolgimento di un giudizio che consenta J.ibert� di dedurre ogni .prova a discolpa e garantisca .piena esplicazfone del contraddittorio, ma anche quella dd ottenere il riconoscimento della com 1308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pleta innocenza, da .considerare il bene della vita costituente l'ultimo e vero oggetto della difesa, riispetto al quale le altre pretese al giusto procedimento assumono fun:liione strumentale. Ora, non � contestabile che, a differenza di quanto avviene nel caso di abrogazione di una norma penale, l'amnistia non elimina la astratta previsione punitiva relativa a determinati comportamenti, ma si limita ad arrestare la procedibilit� dei giudizi relativamente a dati reati, con riferimento al tempo in cui sono stati commessi. Pertanto, con l'obbUgo fatto al giudice di dichiarare in tutti i giudizi in corso al momento del sopravvenire di un procedimento di amnistia, l'estinzione del reato (salve le tre eccezioni prima ricordate) viene compromessa irreparabilmente la soddisfazione dell'interesse ad ottenere una sentenza di merito, vincolando invec�e l'imputa.io a soggiacere ad una pronuncia di .proscioglimento, la quale, appunto rperch� non scende ad accertare e nePI>ure solo a delibare la fondatezza dell'ac.cusa, se anche sottrae ad ogni pena, non conferisce alcuna certezza circa l'effettiva estraneit� dell'imrputato all'accusa .contro di lui promossa, e quindi lascia senza protezione il diritto alla piena integrit� dell'onore e della riputazione. A riprova della rilevanza costituzionalmente protetta dell'interesse di chi sia perseguito penalmente ad ottenere non gi� solo una qualsiasi sentenza �Che lo sottragga alla irrogazione di una pena, ma precisamente quella sentenza che nella sua formulazione documenti la non colpevolezza, rpossono richiamarsi le considerazioni prima dedicate alla gerar�chia �che � da porre fra le formule di proscioglimento, quale risulta anche dallo stesso primo comma dell'arl. 152 .c.ip.rp. in cui le cause di estinzione occupano l'ultimo posto; gerarchia che � stata esattamente considerata applicazione del favor innocentiae, come particolare aspetto del principio generale del favor rei. Non varrebbe, <per giungere a diversa conclusione, richiamarsi alla funzione che isi attribuisca all'amnistia, di tutela degli interessi della V'ita sociale, poich� tale funzione. deve essere coordinata con quelli inalienabili della personalit� morale, fra i quali rientra la pretesa dell'imputato di ad.durre e far valutare le prove da cui crede potersi argomentare la propria irresponsabilit� penale. Si aggiunga poi che all'interesse morale ad una sentenza di assoluzione con formula piena si affianca anche quello patr.imoniaile, dato che l'assoluzione da amnistia lascia integra (a tacere delle ev�entuali connesse responsabilit� amministrative) l'azione dvile per risareimento del danno, mentre corrisponde all'interesse dell'imputato di ottenere dal giudice penale una pronuncia che, ai sensi dell'art. 25 c.p.p."' e ricorrendone i �presupposti, renda improponibile l'aZiione civile. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALli1 1309 Una volta accertata la violazione dell'art. 24 Cost. pu� ritenersi ultroneo esaminare l'altra denunzia fondata sul contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 9. -Un ultimo gruppo di ordinanze denuncia le norme le quali, nel �Caso di sopravvenienza di una amnistia, mentre impongono al giudice di non darvi applicazione, pronunciando in meriito, allorch� vi siano prove � evidenti � che il fatto non sussiste, che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non � previsto come rea�to dalla legge penale, inibiiscono poi la prosecuzione dell'istruttoria e quindi l'acquisizione delle prove gi� richieste ma non ancora iniziate o delle altr~ in corso di acquisizione. In questo senso sono l'ordinanza in data 16 giugno 1970 del .pretore di Roma (secondo cui gli artt. 152 e 592 c.p.p. contrastano con l'art. 24, secondo �comma, Cost.); quelle in data 25 giugno 1970 del tribunale di Milano (che denuncia g.U artt. 591 e 592 c.p.p. per violazione dell'art. 24, Cost.); quella del pretore di Padova del 29 luglio 1970 (.che impugna gli artt. 152 e 592 c.p.�p. per violazione degli artt. 3 e 24 Cost.); l'altra del pretore di Roma del 29 ottobre 1970 (che�allega il �contrasto dell'art. 152, secondo comma, c.p.p. con l'articolo 24, secondo comma, Cost.); ed infine quella del pretore di Pietrasanta del 30 ottobre 1970 anch'essa rivolta a denunciare, per violazione degli artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, gli artt. 152 e 592 �CJP.p. Le considerazioni esposte in precedenza :in ordine alla rilevanza costituzionale dell'interesse dell'imputato ad ottenere una sentenza di merito in luogo di una dichiarativa dell'estinzione per amnistia conducono a far ritenere fondate le eccezioni proposte. L'incongruenza ~:Ielle disposizioni che precludono al giudice di aissumere prove o di completare quelle in corso appare tantto 'Pi� 1grave quando si tengano presenti gli artt. 376 e 398, ultdmo comma, c.p.p., che sa.nciscono, a pena di nullit�, il divieto di dichiarare non doversi procedere per amn~ stia con sentenza istruttoria senza il previo interrogatorio dell'imputato sul fatto .costituente J'oggetto dell'imputazione. Infatti se, come � stato messo 'in rilievo con la sentenza della Corte n. 151 del 1967, funzione dell':interrogatorio � quella di consentire alrimputato, in conformit� dell'art. 24 Cost., di opporre �le 1proprie difese allo scopo di evitare il tipo di sentenze, come quelle di amnistia e le altre previste nello stesso art. 376, che analogamente non forniscono la prova della sua non �colpevolezza lasciandolo sotto il peso di accuse relative a � fatti che, pur non 1costituendo reato, possono essere giudicate sfavorevolmente dalla opinione .pubblica o dalla coscienza sociale �, appare chiaro che tale funzione ri�sulterebbe elusa se non fosse consentito l'esperimento delle prove a discolpa dedotte nell'interrogatorio stesso. Accertata la fondatezza delle censure rivolte a.gli artt. 152 e 592 c.p.p. sorge il quesito dr�ca l'influenza che sulla formulazione della 1310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO conseguente pronuncia di incostituzionalit� debba essere assegnata alla conclusione cui iprdma si � giunti relativamente all'obbligo gravante sul legislatore di consentire dn ogni caso il diritto di rinunciare all'amnistia. Sembra infatti che, una volta ancorata la pretesa ad ottenere una sentenza di merito, in luogo di quella dichiarativa di amnistia, alla soddisfazione dell'interesse dell'imputato prevalente su quello posto a base del provvedimento di clemenza, lo strumento pi� idoneo al conseguimento di tale risultato debba ritenersi la rinunzia, senza che occorra aver riguardo al .fatto, del tutto accidentale, della situazione processuale, e quindi alla fase dell'iter istruttorio in corso aJ. momento della sopravvenienza. Di conseguenza, la dichiara:Dione di illegittimit� costituzione per l'omessa previsione del diritto alla rinunzia pu� ritenersi assorbente le altre censure, nel senso di rendere superflua ogni pronuncia in ordine aJ.la differenza di trattamento fra il caso che al momento del sopravvenire dell'amnistia siano o no acquisite prove evidenti, dovendosi gli articoli denunciati 152 e 593 c.ip.p. interpretare nel senso che l'obbligo ivi sancito dell'immediata declaratoria dell'amnistia non sia da �far valere quando risulti l'avvenuta rinunc:ia a voler beneficiare del provvedimento di clemenza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 177 -Pres. Fragali -Rel. Caipalozza -Romeo (avv. Pisapia). Procedimento penale -Appello incidentale del Pubblico Ministero Ille~ittimit� costituzionale. (Cast., artt. 112, 3, 24; c.p.p. art. 515, quarto comma). I � fondata, con riferimento al potere-dO'Ver� di azione penale del P. M., ed al principio di eguaglianza e di difesa nel processo penale, I la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 515, quarto comma, i c.p.p., sull'appetlo incidentale del P. M. (1). (Omissis). -3. -Ad avviso di questa Corte, le censure mosse dalle oniinanze di rimessione sotto il profilo della dispa;rit� di tratta (l}La questione � stata proposta con ordinanze 28 gennaio 1970 e 13 novembre 1970 della Corte di Appello di Genova (Gazzetta Ufficiale 1� aprile 1970, n. 82 e 10 febbraio 1971, n. 35), con ordinanze 25 febbraio 1970 e 11 marzo 1970 del Tribunale di Lecce (Gazzetta Ufficiale 3 giugno 1970, n. 136 e 10 giugno 1970,� n. 143) e con ordinanza 24 aprile 1970, de1 Tribunale di Venezia (Gazzetta Ufficiale 7 ottobre 1970, n. 254). PARTE t, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1311 mento nell'esercizio del diritto di difesa (artt. 3 e 24, secondo comma, Cost.) -che se isolatamente considerate potrebbero dar luogo a perplessit� sulla loro fondatezza -prese nel loro complesso giustificano la dichiarazione di illegittimit� costituzionale della norma denunziata. E, invero, l'appello incidentale, essendo consentito ad una sola delle parti nel processo, turba l'equilibrio del contraddittorio, che si polarizza nell'imputato (e nel suo dtfen�sore), da un lato, e, dall'altro, nel pubblico ministero, portatori di interessi solitamente contrapposti (vedoi sentenza n. 190 del 1970). E la fondatezza delle censure � avvalorata dall'inciso, contenuto nello stesso art. 515, quarto comma, c.p.p., relativo all'inefficacia, ai fini del prosieguo del giudizio di secondo grado, della :rdnuncia dell'imputato al proprio appello; e dall'ultima parte di detto articolo, relativa al coimputato non a:ppellante. 4. -�, comunque, assorbente il profilo-della violazione dell'art. 112 della Costituzione, dato �Che il .potere di .impugnazione -come � stato posto in rilievo dal tribuna'le di Venezia (ol'dinanza 24 aprile 1970) � un'estrinsecazione ed un aspetto dell'azione penale, un atto conseguente -obbU.gatorio e non discrezionale -al ipromovimento dell'azione �penale (beninte8o, con gli stessi limiti di comportamento che il pubblico ministero ha rispetto alla notitia criminis, dopo la qua.I.e pu� convincersi a .proporre al giudice istruttore il decreto di non promovimento, oppure, in istruttoria o oin udienza, l'assoluzione o una pronuncia pi� favorevole a fronte della contestazione dell'accusa): vale a dire un atto dovuto, che si concreta nella richiesta al g:tudice swperiore di emettere una diversa decisione, pi� conforme ail'la pretesa punitiva, e di rimuovere il pregiudizio che, a criterio dell'organo dell'accusa, la (Precedente statuizione abbia arrecato alla realizzazione di essa. Un carattere tale da non consentire che il pubblico ministero (quale istituto), titolare di questo potere-dovere, tenga un comportamento contraddittorio: quello di lasciar scadere d termini per l'impugnazione, manifestando implicitamente il convincimento che l'esercizio dell'azione penale non debba esprimersi anche nella proposizione dell'appello; e di esperire successivamente il .gravame, fuori dei termini ordinari stabiliti dal codice per il suo appello principale: e ci� allo scopo pratico di contenere J'iniziativa dell'imiputato (Lav. P.rep., voi. VII, pag. 74), che � quanto dire di ostacolarne l'espMcazione del diritto di tutela giurisdizionale e di difesa giudiziaria (ex art. 24, primo e secondo comma, Cost.). -(Omissis). Sull'appello incidentale del P. M. v. DEL Pozzo, Appello (dir. proc. pen.), voce del Novissimo Digesto, I, 1, 772; BELLAVISTA, Appello incidentale (dir. PTOC. pen.) Voce dell'Enc. del diritto, 1958, II; M. PISANI, Il divieto della reformatio in peius nel processo penale italiano, 1967. 1312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 178 -Pres. Fragali -Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione siciliana (avv. Orlando Coscio �e Villori). Regione -Conflitto di attribuzione con lo ~tato -Beni del demanio archeolo~ico di Naxos -Spettanza alla Regione. (St. Reg. Sic. art. 32; d.P.R. 1� dicembre 1961, n. 1825, art. 2). Spettano aUa Regione Siciliana e non ailo Stato i ruderi rinvenuti suWarea del.l'antica Naxos e riconosciuti dal Ministero della P. I. di particolare interesse archeologico (1). (1) Sulle norme di attuazione v. Corte Cost. 26 maggio 1971, n. 108; sui beni delle Regioni Corte Ciost. 26 aprile 1971, n. 81. In dottrina, CASSARINO, in Giur. cost. 1959, 385. CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 179 -Pres. Fragali -Rel. Bonifacio -La Fortuna (n,p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Approvvi~ionamenti e consumi -Disciplina i~ienica della produzione e vendita di sostanze alimentari -Analisi dei campioni -Esclusione della comunicazione del risultato -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 24; 1. 30 aprile 1962, n. 283, art. 1, comma terzo). l � costituzionalmente iUegittimo, con riferimento al diritto di difeI sa, l'art. 1, terzo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283, limitataI mente al.la parte in cui esclude l'obbLigo detta comunicazione del.l'esito I deU'analisi deUe sostanze alimentari o bevande 'anche a quei soggetti I che, in base agli atti di polizia giudiziaria, risultino indiziati di reati (1). I (Omissis). 1. -L'art. 1, terzo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283, sulla � disciiplina igienica della produzione e della vendita I (1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 7 novembre 1969 del Pretore di Bitonto (Gazzetta Ufficiale 7 gennaio 1970, n. 5). Cfr. la sentenza n. 169 del 1969 pi� volte citata nel corso della motivazione. V. pure la sentenza n. 86 del 1968 in questa �Rassegna�, 1968, 715. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1313 delle sostanze alimentari e delle bevande � prescrive che, ove attraverso l'analisi comrpi.uta dai competenti laboratori si accerti che i campioni prelevati :qgn corrispondono ai requisiti fissa�ti da:lla leg,ge, il risultato venga .comunicato � all'esercente presso cui � stato fatto il pr~lievo � e, se si tratti di merce � in confezioni originali �, al produttore. Ad avvi�so del giudice a quo, tale disposizione, nella parte in cui esclude che la predetta comunieazione venga fatta anche ad altri esercenti che .possano essere ritenuti resp.onsabili dell'drregolarit� del prodotto, � ingiustificatamente non pone costoro in condizione di esercitare quel mezzo di difesa (istanza di revisione dell'analisi) che il quarto comma dello stesso artieolo mette a disposizioni di. �tutti �.gli interessati �: �Con ci� violando sia il rprincilpio di eguaglianza (art. 3 Cost.) sia il diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.). 2. -Questa Corte iin numerose pronunzie ha ritenuto che, nell'osservanza del :pJ,"ecetto enunciato dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, la legge deve garantire il diritto di difesa a partire dal momento in cui l'indizio �di reato � si soggettivizza� nei confronti di una determinata persona �. Di tale principio fu fatta specifica a0pplicazione praiprio a proposito della legge n. 283 del 1962 (sent. n. 149 del 1969) e ad �sso si ispirano '1e modifiche apportate dalla le~e 5 dicembre 1969, n. 932, all'art. 78 c.p.ip. Posta questa premessa e rilevato che quando l'analisi del prodotto alimentare ne accerta l'irregolarit� sorge un indizio di reato (cfr. sent. n. 149 del 1969), occorre verificare-se J.a disposizione ora impugnata metta tutti gli indiziati in condizione di esereitare la propria difesa attraverso l'istanza 0�i revisione. � ovvio che la questione non investe il problema, al quale accenna la difesa dello Stato, dell'effieacia degli atti di polizia giudiziaria nei confronti dei soggetti che solo successivamente aJ. loro compimento acquistino la .posizione di indiziati di reato: .pi� limitatamente, invece, essa riguarda l'ipotesi nella quale, nel momento in �ui si conclude l'analisi; venga a risultare indiziato di reato, secondo i criteri fi.ssati dall'art. 78 c.ip.p., a~he un soggetto diverso dall'esercente presso il quale era stato effettuato il .prelievo del prodotto aumentare. Cosi delimitata, la questi�>ne aippare fondata. Si pu� prescindere dal risolvere il dubbio se la legge, conferendo agli �interessati� (art. 1, quarto coinma) il diritto' di chiedere la revisione dell'analisi, �Si riferisca solo ai soggetti indicati nel comma <precedente come destinatari della comunicazione del risultato dell'analisi ovvero, pi� in generale, a chiunque possa aver interesse a.lla revisione. Anche se si potesse accogliere questa pi� larga inte11pretazione, resterebbe pur S'empre certo che solo l'esercente presso il quale � stato fatto il �prelievo ed il produttore in caso di alimenti � .in confezioni originali � vengono informati della ri 1314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO scontrata irregolarit� e sono iposti in �grado di richiedere, in un termine perentorio, che si proceda alla revisione, con quelle .garanzie processuali che la citata sent. n. 149 del 1969 ha assicurato. Di modo che qualsiasi altro, diverso soggetto, anche se in base ai gi� .compiuti atti di polizia giudiziaria sia coinvolto nell'indizio di reit�, vien messo in condizione di ignorare l'esito sfavorevole dell'analisi e di non poter esercitare quella difesa che si realizza attraverso la richieSta di revisione. Per questa parte, dunque, non � dubbio che la disposizione denunziata opera una ingiustificata di:scriminazione fsa i soggetti indiziati di reato, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost., e non assicura a tutti quel diritto che l'art. 24, secondo comma, Cost. defini�sce come � inviolabile in ogni stato e grado deJ procedimento �. 3. -I limiti entro i quali la di,sposizione impugnata, rper quanto innanzi si � detto, risulta costituzionalmente illegittima, imped~scono di dichiarare, come richiede il giudice a quo, l'illegittimit� delle parole � presso cui � stato fatto il prelievo �, 1giacch� con tale dichiarazione, imponendosi J.'obbligo della comunicazione �all'� esercente � senza adeguata specificazione, si andrebbe al di l� di quanto � necessario iper garantire il diritto di difesa, in �condizione di parit�, a tutti coloro -e solo ad essi -che nel momento in cui l'analisi accerta l'irregolarit� del prodotto vengono a risultare, aJ.lo stato degli atti, indiziati di reato. E pertanto l'art. 1, comma terzo, della J.egge 30 arprile 1962, n. 283, deve essere dichiarato illegittimo solo nella parte in cui esclude l'obbligo della comunicazione a tutti coloro che in base agli atti risultino indiziati di reato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 180 -Pres. Fragali -Rel. Rocchetti -Borlenghi (n. c.) e Presidente Consi�glio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Agr�). Ordinamento giudiziario -Composizione di collegio giudicante -Applicazione di giudice da parte del Presidente del Tribunale -Nomina del Presidente del Tribunale previo concerto del Ministro della Giustizia -Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; I. 24 maggio 1958, n. 195, art. 11, terzo comma). � inammissibile, per manifesta irrilevanza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11, terzo comma, della legge istitutiva� del Ccmsiglio Superiore della Magistrratura 24 marzo 1958, n. 195, sul con PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1315 certo del Ministro di Grazia e Giustizia nella nomina del Presidein.te del Tribunale, che abbia proceduto ati'aippUcazicm.e di� un com.ponente il collegio, dai quale � soiteva'/Ja la questione (1). (Omissis). -La III sezione penale del tribunale di Milano, essendo stato iJ. Collegio costituito con l'applicazione, disposta dal Presidente, di un giudice di altra sezione, prima di iprocedere all'esame del merito del processo ha ritenuto di dover verificare la iegittimit� .ella sua composizione in ordine al rispetto d�lle norme sqlla �nomina e la capacit� del giudice, stabilite dalle leggi di ordinamento giudiziario �, stante ch� la loro violazione produce, ai sensi 'dell'art. 183 del codice di procedura 0penale, la nullit� degli atti. E, pur constatando che l'applicazione era stata disposta �dall'organo indicato nell'esercizio dei poteri � nell'amqito d.ei casi fissati dalla legge, ha tuttavia concluso di dover almeno dubitare della legittimit� della propria composizione per il motivo ehe H. ;provvedimento di apiplicazione era istato adottato dal Presidente, la cui nomina poteva ritenersi illegittima. E ci� in quanto essa era stata .deliberata .dal Consiglio superiore 1(J;ella magistratura a seguito del concerto col Ministro di grazia e giustizia, e cio� col procedimento stabilito dall'art. 11 delila legge 24 marzo 1958, n. 195, la cui disposizione sembrerebbe .contrastare con gli artt. 104, primo comma, 105 e 110 delJ.a Costituzione. Dal che la dedotta questione di costituzionalit�, in ordine alla quale la Corte, nel confermare la propria giurisprudenza sull'appartenenza aJ. giudice a quo del rgiudizio di rilevanza, purch� sufficientemente e non contradi�ttoriamente motivato, constata come 11. giudizio espresso nel caso dal tribunale 1n ol'dine � alla rilevanza si �manifesti prima facie errato, non essendovi logica connessione tra il ;presunto vizio di legittimit� costituzionale delle norme denunziate e l'oggetto della indagine che il tribunale, �per non incorrere in eventuali nullit� dei suoi atti, si era proposta in ordine alla regolarit� della. propria composizione. � ovvio infatti che, una volta acclarato che il provvedimento di applicazione del giudice era stato adott�to dal Presidente, e cio� dal l'ol'lgano competente ed 1n <:onfurmit� de11e norme che regolano quel l'istituto, nessun'altra indagine il tribunale aveva a .compiere, perch� la �regolarit� della sua composizione dsultava gi� certa. ed ogni temuta irregolarit� degli atti esclusa. Ultronea risultava, in .par.ticolare, l'indagine sulla regolarit� del procedimento di nomina dell'organo che aveva emanato il provvedi mento, :perch�, essendo stata quella norma formalmente assunta, gli (1) La questione � stata sollevata con ordinanza 7 novembre 1969 del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50). 1316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atti compiuti e i provvedimenti emanati dall'or,gano resterebbero efficaci anche nel caso che essa venisse in prosieguo, nelle forme stabilite ed in sede competente, ritenuta invalida ed annullata. Ed essendo quindi fuori discussione la efficacia del provvedimento di applicazione del giudice alla sezione, ogni questione, compresa quella di costituzionalit�, sulla regolarit� della nomina del Presidente che quel provvedimento aveva adottato, restava del tutto priva di interesse ai fini del giudfaio e, rispetto ad esso, irrilevante. Le questioni pro.poste devono essere pertanto dichiarate inammissibili per difetto di rilevanza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 novembre 1971, n. 186 (Ordin�nza) - Pres. Fragali -Rel. De Marco. Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Questione sollevata dal P. M. -Manifesta inammissibilit�. (Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). � manifes�tamente inammissi9ile la questione di legittimit� costituzionale in via incidentale proposta dal Pubbiico Ministero (1). (1) La questione � stata proposta con ordinanza del 10 dicembre 1970 del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Sul difetto di legittimazione del Pubblico Ministero a promuovere il giudizio di legittimit� costituzionale, la Corte si � pronunciata con le sentenze nn. 40, 41 e 42 del 1963. CORTE COSTITUZIONALE, 30 novembre 1971, n. 189 -Pres. Fra.gali - Rel. Crisafulli -Del Castillo (avv. Del Castillo), Tedesco (avv. Sangiorgi) e Presidente Regione Siciliana (avv. Villari). Sicilia -Legge elettorale amministrativa -Cause di illegittimit� a consigliere provinciale -Limitazione dell'elettorato passivo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 51; I. reg. sic. 9 maggio 1969, n. 14, art. 7 n. 4). Non � fondata la quesfJicme di legittimit� costituzi<Jtnale deWart. 7 n. 4 della legge regionale siciliana 9 maggio 1969, n. 14 che stat,y,is'Ce l'ine�leggibilit� a consiglieri provinciali degli impiegati ed amministra PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTEl:lNAZIONALE 1317 toiri delle istituzioni di assistenza e beneficenza esiisternti neil'ambito della provincia (1). (1) La questione � stata sollevata con ordinanza 4 dicembre 1970 della Corte di Appello di Palermo (Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 1971, n. 49). Sulla competenza delle Regioni ad emanare norme in materia d'ineleggibilit� ed incompatibilit� v. Corte Cost. sent. 8 luglio 1957, n. 104 e n. 105; 14 aprile 1965, n. 26; 26 giugno .1969, n. 108. In dottrina: DI C10Lo, Incompatibilit� e ineleggibilit� parlamentari, voce dell'Enc. del dir., 1971: XXI, 41. CORTE COSTITUZIONALE, 30 novembre 1971, n. 190 -Pres. F:rag�li - Rel. Reaile .-,.Do.fola (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chia;rotti). Procedimento penale -Parte civile -Obbligo di testimonianza -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p. artt. 106, 350, 408, 447, 448, 449). � infondatJa, con riferimento al principio di eguaglianza e difesa in giudizio, la questi�one di legittimit� costituzionale delle disposizioni de�l Codice di procedura penale che prevedono l'obbligo di testi.monianza per la� persona offesa dal reato, che sia costituita parte civile nel processo (1). 2. -Le.questioni non sono fondate. � indubbio che J.'esercizio dell'azione civile per le restituzioni e per i� risarcimento dei danni da reato �, nel processo penale, regolato dal legislatore, nei limiti della sua discrezionalit� e per fini di utilit� generale, diversamente dall'esercizio ~ell'azione medesima davanti al giudice ci:vile. E non � meno indubbio che nei drue sistemi risulta diversamente disciplinata la testimonianza. (1) La questione � stata proposta con ordinanza 9 dicembre 1969, del pretore di Iseo e 4 dicembre 1970 del Tribunale di Bergamo (Gazzetta Ufficiale 11 febbraio 1970, n. 37 e 7 aprile 1971, n. 87). Su questioni concernenti il diritto di difesa della parte civile v. le sentenze della Corte Costituzionale nn. 132 e 136 del 1968, nn. 1, 52, 108 e 154 del 1970. 1318 R\SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tali differenze normative sono, per�, inevitabili effetti dell'applicazione del .prindpio della preminenza della giurisdizione penale su quella civile, quale, in diipendenza di una scelta J.egislativa non irrazionale, � riconosciuta nel nostro ordinamento a corollario della prevalenza dell'interesse pubblico all'accertamento dei reati rispetto aLl'interesse collegato alla risoluzione delle liti civili. Si tratta dello stesso pubblico interesse che informa l'obbligatoriet� dell'azione penale (art. 112 Cost.) e da cui .promana il principio, fondamentale nel processo penale, dell'assenza di limiti legali alla libera ricel'ca e alla valutazione delle prove da parte del giudice; limiti che invece non mancano nella disciplina del processo civile. Lo stesso criterio di preminenza della giurisdizione penale trova, invero, significativa espressione leg~slativa, allorch� lo stesso fatto sia configurabile, nel contempo, come illecito penale e come illecito civile e si prospetti, quindi, in ordine ad esso l'opportunit� che siano evitati contrasti di �~udicati. Dal che deriva razionalmente la subordinazione dei giudizi civili, amministrativi e disc:iiplinari (salve le eccezioni di cui agli artt. 19 e 20 c.p..p.) a quello penale, e la conseguente autorit� del giudicato in questo formatosi, in particoJ.are rispetto al giudizio per le restituzioni e .per il riisal'cimento del danno (art. 27 c.p.p.) o ad altri giudizi civili e amministrativi (art. 28 c.p.p.), come � stato affermato nelle recenti sentenze nn. 108/1970 e 55/1971. 3. -Ci� premesso la Corte non ritiene che la normativa impugnata, per quanto riguarda la parte civile, sia illegittima sotto i due aspetti� sopra indicati. Secondo la ormai costante sua giurisprudenza, il principio di uguaglianza assicura ad ognUiilo parit� di trattamento in situazioni non differenziate. Le modalit� di esercizio del diritto di difesa, pertanto, possono essere legittimamente discipJ.inate in modo diverso, purch� rispondenti alle caratteristiche di ciasc�un procedimento, con l'ovvio limite che non rimanga vanificato o reso estremamente difficoltoso l'esercizio del diritto stesso. Ora, dall'accelliilata subordinazione della disciiplina della costituzione di .parte civile a quella propria deJ. giudizio penale, ai cui fini � preordinato l'obbUgo dell'offeso dal reato (anche se agisca in tale sede per il perseguimento della .pretesa ripai:atoria) di rendere la testimonianza, nei casi di legge anche sotto vincolo di giuramento, quando sia informato dei fatti per i quali si procede, discende il dovere imposto al soggetto stesso, sanziooato penaJ.mente nell'art. 372 del c.p., di dire tutta la verit� e null'altro che la verit�. Ci� eventualmente anche in merito a ci11costanze di fatto che possano influire in senso sfavorevole sulla decisione circa la pretesa riparatoria. E, �considerandosi �he il PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1319 soggetto costituitosi ,parte civile � indicato talvolta come il principale e finanche come l'unico testimone .per la ricostruzione storica dei fatti dedotti nell'imputazione, non si vede �come i principi costituzionali di uguaglianza e di difesa, invocati dalle ordinanze, possano giustificarne il diniego da parte di lui di cooperare all'accertamento dei fatti predetti, ponendosi su piano diverso da quello di altri soggetti sui quali grava il dovere della testimonianza, secondo .J.e norme dettate al riguardo dal codice di procedura penale. Del resto anche per quanto .concerne n processo 'Civile, nel cui ambito, si sostiene nelle ordinanze, sarebbe consentito alle parti di esimersi dall'enunciazione di circostanze contrastanti con propri assunti difensivi, � opportuno ricordare essere .previsto dal codice di procedura civile il dovere .per le parti di comportarsi in giudizio con lealt� e probit�; dovere dalla cui inosservanza discendono anche peculiari responsabilit�. N� con il precetto de1l'uguaiglianza contrasta la diversa funzione riconosciuta dall'or�dinamento processuale penale all'esame testimoniale della parte civile rispetto all'interrogatorio dell'imputato. La .prova offerta dall'esame suddetto � direttamente soggetta alla valutazione critica del �giudice, onde egli possa basare su di essa la decisione della causa o debba disattenderla come non veridica. D'altro canto le dichiarazioni dell'imputato, mentre non sfuggono anch'esse ad un con�trollo di veridicit�, .particolarmente quando vengono �richiamati ulteriori fatti e circostanze il cui accertamento possa condurre alla giusta decisione, tuttavia �Costituiscono essenzialmente mezzo di difesa correlato alla contestazione dell'accusa. Come � noto l'interrogatorio dell'imputato � volto anzitutto a consentirne la difesa ed � dominato, quillldi, in riferimento all'oggetto della decisione penale, dal principio costituzionale che garantisce in ogni stato e grado del giudizio l'esercizio della difesa medesima. Se, per�, all'jmputato non � imposto l'obbligo di dire la verit�, che vi.ge per altri soggetti, tuttavia non pu� disconoscersi che su di lui, e nel suo stesso interesse, iricade quanto meno l'onere di diehiarazioni, cui il giudice possa riconoscere valore di attendibile fonte di prova, non diretta �semplicemente alla tutela di situazioni �di natura patrimoniale, quali sono quelle che caratterizzano invece l'istituto della parte. civile. 4. -Alla stregua delle precedenti eonsiderazioni esula anche l'asserita violazione degli artt. 3 e 24 �della Costituzione in danno dell'imputato, sul presupposto ehe la parte civile, rendendo J.a testimonianza, possa, a differenza dell'imputato stesso, porsi quale fonte di prova. Basti 6 1320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO osservare in contrario che il rilievo, svolto dall'ordinanza del tribunale di Bergamo, ha scarsa importanza nel sistema positivo, dominato, come si � gi� detto, dal principio della libera vail.utazione delle prove nel processo penale. Non � escluso, infatti, che il giudice, argomentando per un verso dalle dichiarazioni dell'imputato, ed in genere dal suo contegno, e dalle prove da lui dedotte e per altro verso dall'interesse che al trionfo dell'accusa possa avere la parte civile, ne valuti la testimooianza in senso ad essa sfavorevole. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 novembre 1971, n. 191 -Pres. Fragali -Rel. Rossi -Principato (n. :p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato .Aigr�). Procedimento civile -Mancato funzionamento degli uffici giudiziari Proroga dei termini di decadenza -Declaratoria con decreto mi nisteriale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 87, 24, 3; d.l. 9 aprile 1948, n. 437, artt. l e 2). Non � fondata, nei sensi delta motivazione, ia questione di legittimit� .costituzionale degli artt. 1 e 2 del decreto legis�tatrivo 9 wprile 1948, n. 437, i qua;Li attribuisccmo al Ministero del.la Giustizia. ia facoit� di dichiarare il mancato o irregolare funzionamento deg'li uffici giudiziari ai fini delta 'J>TOroga dei termini di decadenza (1). (Omissis). -La Corte deve esaminare anzitutto l'eccezione di irri~ levanza. Sostiene l'Avvocatura generale dello Stato che il decreto legislativo 9 aprile 1948, n. 437, ratificato con legge 10 febbraio 19'53, n. 73, prevedendo la proroga dei termini di decadenza nella sola ipotesi di � mancato o irregolare funzionamento degli uffici giudiziari �, non pu� venir applicato estensivamente quando l'osservanza dei termini sia resa difficile, o anche impossibile, da circostanze esteme agli uffiei giudiziari com.e, nella specie in esame, da uno sciopero delle Poste. L'eccezione � infondata. Il servizio delle notificazioni per mezzo della Posta � previsto nel nostro ordinamento come mezzo comune (1) La questione era stata proposta con ordinanza 3 dicembre 1969 del Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1970, n. 70). La sentenza n. 79 del 1970, richiamata in motivazione, � riportata in questa � Rassegna � 1970, 521. ' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1321 d'eseguire le notifiche in materia civile e penale (artt. 149 c . .p.c.; 178 c.p.p,; 107 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 e disposizioni richiamate). Tale servizio � legato all'oroinario funzionamento degli uffici di giustizia e vanno �considerati ausiliari degli ufficiali .giudiziari gli ufficiali de1ile Poste. N� pu� certo dirsi che il funzionamento degli uffici giudiziari sia regolare quando risultino inoperanti norme di legge in una materia cosi importante come quella delle notificazioni. 2. -Priva di fondamento � la questione di legittimit� degli artt. 1, ultima pa~te, e 2 del decreto legislativo 9 aprile 1948, n. 437, in ordine all'art. 87, comma quinto, della Costituzione che attribuisce al Presidente della Repubblica la facolt� d'emanare regolamenti d'esecuzione. Il decreto con il quale il Ministro di grazia e giustizia riconosce l'eccezionalit� dell'evento, determina il ,periodo di mancato funzionamento degli uffici .giudiziari e proroga i termini di decadenza, � un atto amministrati'Vo da emettel'Si volta per volta, nell'ambito proprio degli accertamenti di competenza.ministeriale. Comunque per quanto riguarda la materia regolamentare questa Corte ha gi� ritenuto che un'eventuale attribuzione di competenz:;i al Ministero non viola l'art. 87, comma quinto, della Costituzione (sent. n. 79 del 1970). 3. -Sotto un ;profilo unico vanno esaminate le eccezioni di illegittimit� costituzionale degli artt. l e 2 del decreto legislativo 9 aprile 1948, n. 437, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma della Costituzione. Non vi � dubbio alcuno che �l diritto alla difesa e l'uguaglianza di trattamento in parit� di situazione siano costituzionalmente garantiti. Potrebbe anche essere vero (ed � questione riservata al giudice del merito) che il decreto legislativo 9 apriJ.e 1948, n. 437, conferisca al cittadino, come si legge nell'ordinanza, �un diritto soggettivo alla proroga del termine perentorio in tutti i casi in cui egli si sia trovato nell'impossibilit� di compiere tempestivamente atti presso �gli uffici giudiziari, o a mezzo del personale addetto a questi uffici �. Ma ci� n<>n importa affatto la denunciata i1ilegittimit� degli artt. 1, ultima parte, e 2 del decreto che attribuisce al Ministro di .grazia e giustizia di poter~- dovere �di �constatare il mar.ncato funzionamento degli uffici, il determinarne le proporzioni, le conseguenze e di emettere il relativo decreto di proroga dei termini. Opportunamente il compito di accer.tare il verificarsi di situazioni eccezionali, cui debbano corrispondere adeguati provvedimenti previsti da norme generali del nostro sistema, � affidato al potere esecutivo, che solo pu� assicurare accurata riilevazione e valutazione dei fenomeni, uniformit� di criteri e uguaglianza di trattamento. 1322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il cittadino ragionevolmente interessato alla ricognizione del mancato o irregolare funzionamento �degli uffici giudiziari ha facolt� di ;rivolgersi al Ministro di g.razia e giustizia per chiedere l'emissione del relativo decreto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 198 -Pres. Fragali - Rel. Oggiooi -Fabi (n. �C.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. �gen. dello Stato Azzariti). Contratti agrari -Mezzadria -Chiusura annuale dei conti -Decadenza dei reclami del mezzadro -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 35, 36; e.e. artt. 2162, 2152). Non � fondata la questione di legittimit� costiituzionale dell'art. . I 2162 e.e., in re�'Lazione al precedente art. 2152, sul termine di decadenza di novanta giorni .daUa consegna del libretto co.fonico� per la presentazione, da parte del mezzadro, dei reclami contro l'omissione di suoi crediti (1). 1. -L'ordinanza �di rinvio sottopone la questione di legittimit� dell'art. 2162 del c.�c., basandola sul motivo che il termine di novanta giorni dalla consegna del libretto colonico a chiusura annuale dei conti, termine entro oui, a pena di decadenza, il mezzadro deve !reclamare contro la omissione di un suo credito, costituito dal compenso di lavoro compiuto per miglioramenti arrecati al podere secondo l'art. 2152 del e.e., contrasterebbe con gli artt. 35 e 36 della Costituzione, po.gti a tutela del lavoro e della sua retribuzione. Ci� in quanto l'imposizione di un termine pel ree.Jarno, decorrente non dalla cessaziooe del .rapporto mezzadrile ma nella sua pendenza, .porrebbe il mezzadro in 'posizione di soggezione, per timore di recesso da parte del concedente, tale da indurlo alla �rinuncia del credito. Non diversamente, secondo l'ordinanza, da analoga questione gi� sollevata davanti a questa Corte, ri( 1) La questione � stata proposta con ordinanza 31 ottobre 1969 del Tribunale di Spoleto. Sulla mezzadria in generale v. Cass. 17 giugno 1971, n. 1854, e 24 luglio 1971, n. 2475, Foro It. 1971, I, 2746, con nota di G. JETTI, La direzione della mezzadria. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1323 guardante la prescrizione dei diritti alle prestazioni salariali, prescrizione dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 63 del 1966 nella :parte degli artt. 2948, 2955 e 2956 in cui ne era consentita la decorrenza durante il rapporto di lavoro. 2. -La questione non � fondata. Senza ravvisare necessario, agli effetti della decisione, premettere l'analisi degli elementi differenziali e di quelli comuni, che, nel quadro del lavoro nel.l'impresa, caratterizzano, rispettivamente, la prestazione lavorativa nell'impresa in generale ed in quella agricola i'q particolare, la Co.rte osserva che la questione proposta manca di fondamento per motivi che attengono alla speciale normativa del rapiporto di mezzadria, quale � venuta a consolidarsi nel tempo sul punto concernente la durata del rapporto stesso. � da porre nel dovuto rilievo che, con inizio dal d.1.1. 5 aprile 1945, n. 157, una serie ininterrotta di provvedimenti ha posto i contratti di mezzadria in reg1me di proroga legale. Infatti, a quel decreto hanno fatto seguito il decreto legislativo n. 273 del 1947 : le leggi n. 1094 del 1948, n. 353 del 1949, n. 505 del 1950, n. 435 del 1951, n. 765 del 1952, e l'ultima legge 15 sette_mbre 1964, n. 756, che, al divieto di stipulazione di nuovi contratti di mezzadria, ha ag�giunto la proro.ga � fino a nuova disposizione � di quelli esistenti. La constatazione di tale perdurante proroga legale, vale, di per s�, ad escludere una valtda prospettabilit� delJ.'argomento su cui si basa l'ordinanza di rinvio. L'ipotesi di una temuta interruzione del rapporto, quale mezzo a disposizione del �concedente :per iporre in essere una coazione psicologica sul mezzadro tale da ostacolare indirettamente una richiesta di compensi che il mezzadro ritenga a s� dovuti, viene a cadere in forza delle succitate leggi protettive delJ.a durata del ra.pporto. Questa forza di resistenza assegnata al rapporto non pu� ritenersi sminuita dalla previsione legislativa di situazioni ostative alla proroga. Trattasi, invero, di situazioni oggettive, tassativamente determinate ovvero di situazioni soggettive, da comprovarsi, consistenti in colposi e gravi inadempimenti contrattuali da parte del mezzadro (art. 4 d.1.1. n. 157 del 1945, art. 1 d ..1gs. n. 273 del 1947, art. 1 legge n. 1094 del 1948, art. 15 legge n. 756 del 1964). 3. -Di .conseguenza, dovendosi escludere la presunzione che il mancato tempestivo reclamo del mezzadro, a rapporto in atto, contro omissioni nel libretto colonico di ipartitte a suo credito, costituisca indice di volont� viziata dal timore di rappresaglia, n termine di decadenza stabilito dall'art. 2162 del c..c. va ritenuto immune dalle proposte censure di illegittimit�. -(Omissis). 1324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 200 -Pres. Fragali - Rel. Benedetti -La Piccirella (avv. Barile) e Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero Agricoltura e Foreste ~sost. avv. gen. dello Stato Agr�). Riforma fondiaria -Espropriazione del terzo residuo -Esclusione di indennizzo -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 4l!, comma terzo; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 9, comma terzo). � costituzionaJmente illegittimo, in relazione� all'art. 42, terzo comma della Costituzione, �l'art. 9, comma quarto, della legge 21 ottobre 195�0, n. 841 suita riforma f011;diaria, limitatamente alle parole �senza alcun indennizzo � (1). (Omissis). -Og�getto del presente giudizio � il quarto comma dell'aJ.>t. 9 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, che l'o,rdinanza di rinvio denuncia costituzionalmente illegittimo, in riferimento aH'-art. 42, comma terzo, della Costituzione, lim!tatamente alla parte in cui dispone l'esproprio �senza aloun indennizzo� dei terreni costituenti il terzo residuo sui quali il proprietario non abbia eseguito entro il termine di due anni le opere di trasformazione previste dall'ente di riforma fondiaria. La tesi svolta dall'Avvocatura dello Stato a sostegno della legittimit� deUa norma impgnata � che nell'istituto del terzo residuo non sarebbe dato sco11gere i caratteri ttpici di un rapporto espropriativo, bensi Uit1 raJ?porto convenzionale tra ente ed espropriando nel quale quest'ultimo liberamente assume determinati obblighi di trasformazione accettando le conseguenze previste dalla legge nel caso di inadempimento degli stessi. La deca<�lnza dalla indennit� potrebbe essere quindi considerata come la conseguenza dell'inadempimento di siffatta convenzione o al pi� essere intesa come risarcimento del danno che l'ente rifol1ma verrebbe a subire nella realizzazione dei propri piani per effetto della mancata attuazione degli obblighi di trasformazione e� miglioria da .parte del rprivato. 2. -Ad avviso della Corte questa tesi non afjpare giustificata n� dalla lettera n� dalla disciplina delle nol1m� concernenti il beneficio del terzo residuo. (1) Il g�udizio � stato introdotto con ordinanza 4 marzo 1969 del Consiglio di Stato -Sezione V -(Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50). Sul �terzo residuo� cfr. anche Corte Cost. sent. n. 126 del 1963, n. 134 del 1967 e n. 119 del 1968. Sull'indennizzo previsto dalla legge di esproprio per riforma fondiaria, cfr. anche le sentenze della Corte n. 33 del 1958 e n. 41 del 1959. PARTE I, SEZ. ,I, GIURIS. t:OSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1325 Il terzo residuo � istituto tipico ed esclusivo della leg�ge , 21 ottobre 1950, n. 841. Scopo di esso � stato quello di inserire positivamente H ipro.prietario nel processo tecnico economico e sociale della trasformazione fondiaria consentendogli di collaborare attivamente alla }l~tuazione dei piani di riforma dell'ente. Gli artt. 8 ~ 9 che la legge Hedica a tale istituto stabilisce che qualora si proceda all'esproprio immediato solo di due terzi dei terreni espropriabili il restante terzo resta soggetto a vincolo di indisponibilit� da trascriversi a cura dell'ente nei registri immobiliari (art. 8). Al ,pro,prietario che intenda conservare definitivamente una parte dei terreni costituenti il terzo residuo � data facolt� di chiedere di ese~uire su di essi le opere di trasformazione (previste dall'ente. Con la domanda di trasformazione il proprietario consegue l'effetto della sospensione dell'espropriazione immediata per un terzo dei terreni espropriabili ed assume nei confronti dell'ente obblighi precisi di condurre ad esecuzione, a proprie spese secondo termini e piani prestabiliti, le opere di miglioramento e trasformazione assegnategli. All'adempimento di questi obblighi fanno puntuale riscontro il diritto alla conservazione in propriet� della met� dei terreni del terzo residuo,, il diritto al pagamento della indennit� di espropriazione e al ripiborso �delle spese di trasformazione sostenute per l'altra met� che deve �essere consegnata all'ente. Nel �caso invece di inadempimento delle obbUgazioni assunte il proprietario non solo dovr� consegnare all'amministrazione l'intero terzo residuo, ma non avr� neppure diritto all'indennizzo. Orbene quest'ultima parte della disposizione contenuta nel quarto comma dell'art. 9 della leg,ge stralcio e cio� la privazione di ogni indennizzo si pone in contrasto con il precetto dell'art. 42, comma terzo della Costituzione. N� a giustificare detta .previsione normativa vale addurre che se il .proprietario non fosse privato dell'indennizzo l'inadempimento degli obblighi da lui volontariamente assunti ,nei confronti dell'ente il"esterebbe senza sanzione. � naturale ed � conforme ai principi dell'ordinamento che all'ina dempimento di una obbligazione consegua una sanzione. La priva zione dell'indennizzo iper� non ;pu� svolgere nella specie la funzione sia perch� essa prescinde totalmente dalle ragioni che hanno impedito la realizzazione delle opere nel biennio, sia perch� non � in alcun modo collegata al danno che l'ente possa aver subito. In mancanza di tali presupposti anche per l'espropriazione del terzo residuo deve essere corrisposta l'indennit� di cui all'art. 18 della legge stralcio, fermo restando l'obbligo del proprietario di risarcire tutti i danni secondo il diritto comune. -(Omissis). 1326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 201 -Pres. Fragali -Rel. Trimarchi -Cerotto (n. c.). Separazione di coniugi -Comparizione personale davanti al Presidente del Tribunale per il tentativo di conciliazione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast., art. 24; c.p.c. art. 707, comma primo). Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 707, primo comma, codice di procedura civile, nella parte in cui vieta ai coniugi comparsi pe�rsonalmente davanti al Presidente de:l Tribunale per il tentativo di conciliazione, di essere assistiti dai rispettivi difensori (�). (1) La precedente sentenza 30 giugno 1971, n. 151, che ha dichiarato la fondatezza della questione della stessa disposizione per la fase successiva alla mancata conciliazione, � pubblicata in questa �Rassegna�, 1971, I, .987. CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 202 -Pres. Fragali -Rel. Mortati. Procedimento penale -Reato estinto per prescrizione -Divieto di proscioglimento dell'imputato senza prova evidente -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast., artt. 24, 3; c.p.p. art. 152, secondo comma). Non � fondata, sia con riferimento al diritto di difesa che al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 152, secondo comma, codice di procedura pena.Le, che impedisce al Giudice 'di prosciogliere l'imputato con formula ampia, se non � gi� stata acquisita gli atti prova evidente in tal senso (1). (1) Il giudizid" � stato introdotto con ordinanza 3 maggio 1971 del Tribunale di Taranto (Gazzetta Ufficiale 21 luglio 1971, n. 184). La sentenza n. 175 del 1971, richiamata in motivazione, leggesi anche in questa �Rassegna., retro, pag. 255. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1327 (Omissis). -1. -Le censure dedotte nell'ordinanza non sono da ritenere fondate. Non lo � quella relativa alla violazione dell'art. 24 della Costituzione. Infatti � vero che, secondo dedotto dall'ordinanza, pu� sussistere l'interesse del prevenuto ad ottenere dal giudice una sentenza di pfona assoluzione da cui risulti l'insussistenza o la non commissione del fatto-reato, ma tale interesse nel caso di prescrizione non pu� non cedere di fronte all'interesse generale di non pi� perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venire meno, o notevolmente attenuato, insieme al il.oro ricovdo, anche l'allarme della coscienza comune, ed altresi reso difficile, a volte, l'acquisizione del materiale probatorio. Non �contrasta con l'esigenza ora prospettata l'art. 152, secondo comma, c.p.p. secondo cui deve farsi luogo ad una pronuncia in merito quando, pur risultando una causa di estinzione del reato, esistano prove evidenti dell'insussistenza del fatto, della sua non previsione come reato, o dell'estraneit� ad esso dell'imputato, poich� in tali casi la pronuncia stessa assume earattere puramente dichiarativo di una situazione gi� eoncretata al momento della �sopravvenienza della prescrizione. Mentre � �chiaro che contrasto si , verificherebbe ove per giungere a quel risultato si ;rendesse necessario il compimento di nuovi atti istruttori, e cio� la prosecuzione dell'istrutto.ria iper un reato ormai estinto. Non potrebbe condurre a contrario avviso la considerazioJ::>:e che la Corte, con la sua sentenza n. 175 del corrente anno, ha affermato il diritto dell'imputato ad ottenere una sentenza di merito alloreh� l'estinzione del reato consegua all'intervento di un'amnistia, perch� a tale statuizione si � giunti in quanto si � ritenuto costituzionalmente garantito il diritto �di rinunciare all'amnistia, diritto il cui esercizio, facendo venir meno l'effetto estintivo ad essa proprio, rende possibile l'ulteriore svolgimento dell'istruttoria in corso. E appare chiaro che a soluzione analoghe non pu� giungersi allorch� l'effetto estintivo si faccia discendere, non gi�, come nel caso dell'amnistia, da statuizioni di volta in volta emesse dal legislatore, sotto l'infiuesso di considerazioni politiche, ma da un evento come il decorso del termine, sottratto ad ogni discrezionalit�. 2. -Le eonsiderazioni per ultimo prospettate rendono ragione dell'infondatezza anche della seconda denuncia, di violazione dell'art. 3 della Costituzione. Invero ila disegua.glianza di trattamento che si verifica, secondo che si sia .giudicati prima o dopo il sopravvenire del termine di prescrizione, a.pipare conseguenza di una mera disparit� di fatto, che non si 1pu� evitare se non facendo venire meno lo stesso istituto della prescrizione. -(Omissis). 1328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 203 -Pres. F�ragali -Rel. Chiarelli -Di Sole (n. c.). � Impiego pubblico -Pensione privilegiata -Detrazione dal risarci mento del danno -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 28; r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590, art. 9, ultimo comma). � fondata, con 1-iferimento ai principi di eguaglianza e di responsabilit� civile della� P. A., la questicrne di legittimit� costituzionale deWart. 9, ultimo comma, r.d. 7 dicembre 1923 n. 259-0 che prescrive la detrazione della pensione privilegiata daWimptJll'to del risarcimento del danno facente carico aWAmministrazione di appartenenza del dipendente (1). (Omissis). -La questione � fondata. H diritto del dipendente statale e dei superstiti alla pensione privilegiata e il diritto al risarcimento dei danni nei confronti della Pubblica Amministrazione si basano, come questa Corte ha rilevato nella sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, su titoli diversi. Il primo infatti non nasce dalla responsabilit� dell'Amministraziooe, ma dal fatto che, a prescindere da tale responsabilit�, si sia verificato un evento di servizio, produttivo di infermit� lesioni o morte, previsto dalla legge. Tale diritto � strettamente connesso alla posizione del dipendente e, come osserva l'ordinanza, si collega, tra l'altro, al precedente versamento, da parte dello stesso dipendente, dei contributi ai fini del conseguimento della pensione, che sar� ordinaria o privilegiata, secondo le cir�ostanze. L'eventuale detrazione della pensione privilegiata dalle somme dovute alla vittima o ai superstiti a titolo di risarcimento danni viene pertanto a eludere o a ridurre la xesponsabilit� della Pubblica Amministrazione per fatto illecito, in contrasto con l'art. 28 della Costituzione. La norma che prevede tale detrazione per il personale delle Ferrovie dello Stato viola inoltre l'art. 3 della Costituzione. Nella ricordata sentenza la Corte ha ritenuto che le norme uhe -stabilivano la detta detrazione per gli altri dipendenti statali (decreto luogotenen ~ (1) Il giudizio � stato introdotto con ordinanza 8 luglio 1969 del Tribunale di Catanzaro (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1970, n. 76). La sentenza n. 1 del 1962, richiamata in motivazione, leggesi in Foro it., 1962, I, 175 con nota di ANDRIOLI. Sulle pensioni cfr. anche Corte Cost. nn. 144 e 147 del 30 giugno 1971. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1329 ziale 21 ottobre 1915, n. 1558, e legge 28 maggio 1936, n. 1126) creavano una sperequazione tra il iprivato, vittima di un fatto colposo, e il dipendente statale, vittima di un medesimo fatto. Con la dichiarazione di illegittimit� co~tituzionale delle menzionate norme si � venuto a .produrre un ingiustificato trattamento differenziale anche tra i dipendenti delle Ferrovie e gli altri dipendenti dello Stato. Va .pertanto dichiarata l'illegittimit� costituzionale della nol'llla impugnata, a conferma� di quanto ritenuto nel precedente pronunciato di questa Corte. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 204 -Pres. Fragali -Rel. Trimarchi -Bassetto (avv. Ventura). Lavoro -Indennit� di anziariit� -Servizio di durata inferiore all'anno Esclusione -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 36, comma primo; e.e. art. 2�120. comma primo). � costituzionalmente illegittimo, in riferimento al.l'art. 36 della Costituzione, l'ar�t. 2120, primo comma, e.e., nella parte in cui esclude che l'indennit� di anzianit� sia dovuta al prestatore di lavoro il cui servizio abbia una durata inferiore all'anno (1). (Omissis). -2. -Nonostante che, in tema di indennit� di anzianit�, il legislatore, con l'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604, �abbia dettato disposizioni a quel tempo innovative nei. confronti dell'ultima parte del detto ;primo comma dell'art. 2120 (cosi come la Corte non ha mancato di rilevare con la 'Sentenza n. 75 del 1968), non pu� non ritenersi tuttavia in vigore la restante parte della r�lativa norma e precisamente quella oggetto della presente denunzia. Il citato art. 9, infatti, si limita a prescrivere che �l'indennit� di anzianit� � dovuta al prestatore di lavoro in �ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro �, ed il �primo comma dell'art. 2120, in conse guenza dell'entrata in vigore di quella legge, non avente per .altro (1) La questione. � stata sollevata con ordinanza 9 gennaio 1970 del pretore di Bergamo e 30 maggio del Pretore di Venezia (Gazzetta Ufficiale 4 marzo 1970, n. 57 e 11 novembre 1970, n. 286). La sentenza n. 75 del 1968 � riportata in questa � Rassegna � , 1968, 699. Per altre recenti pronunzie in materia di rapporto di lavoro v. "'I giudizi di costituzionalit� ed ii contenzioso dello Stato negli anni 1966 1970 � voi I, nn. 37 e 80. 1330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO portata generale, ed a seguito della dichiarazione di �parziale illegittimit� costituzionale di cui alla citata sentenza n. 75 del 1968, viene a disporre che � in caso di cessazione del contratto a tempo� indeterminato, � dovuta al prestatore di lavoro un'indennit� proporzionale agli . anni di servizio � . Questa norma, in tal modo, fissando il criterio da osservarsi ai fini della determinazione e liquidazione dell'indennit� de qua, che per ci� . deve essere proporzionata agli anni di servizio, e facendo, allo scqpo, riferimento all'anno quale unit� di tempo, secondo la giurisprudenza l w~ prevalente considera il servizio prestato per un periodo di tempo in feriore ad un anno condizione non sufficiente perch� il lavoratore abbia diritto alla detta indennit�. 3. -Cos� interpretata, la norma risulta in contrasto con il disposto dell'art. 36, comma primo, della Costituzione. ,,. L'indennit� di anzianit�, ad avviso della Corte (citata sentenza n. 75 del 1968), � riveste carattere retrib~tivo, costituendo parte del compenso dovuto rpel lavoro prestato �. Data la sua portata complementare nei -confronti della retribu zione in senso stretto, deve riconosce11si ad essa la tutela costituzio nale propria di quest'ultima: ed in particolare, il relativo diritto di scende dai principi consacrati nell'art. 36 della Costituzione e si in forma ad essi. Nella specie, escludendo implicitamente l'art. 2120, comma primo, che il diritto all'indennit� spetti al lavoratore che abbia una anzianit� di servizio inferiore all,..anno, il legislatore viene a negare al lavora tore un diritto che costi!uzionalmente gli � assicurato. Il criterio iper cui in dipendenza della durata (annale o superiore all'anno, ovvero inferiore all"anno) del servizio, il rLpetuto diritto spetta o meno al lavoratore, non � qui valutato direttamente e in rifet $ rimento al principio di eguaglianza, sibbene per la conseguenza della i sua applicazione e cio� per il fatto che, in c�aso di servizio di durata inferiore all'anno, al lavoratore non compete l'indennit�. Non pu� venire, cos�, in considerazione la ragione che avr� deter I minato il legislatore a ricollegare a�l detto limite di tempo un trattamento differenziato; e �Senza, per altro, doversi escludere a priori che la previsione di un periodo minimo di servizio possa apparire razionalmente giustificata. I Rileva qui in modo obiettivo la violazione del principio di pro I porzionalit� quantitativa che l'art. 36 pone inderogabilmente a disciplina del rapporto tra retribuzione e prestazione di <lavoro, e di conseguenza � illegittima costituzionalmente la norma denunziata nella parte in cui esclude che l'indennit� di anzianit� spetti al prestatore di lavoro il quale abbia prestato servizio per un periodo di tempo inferiore all'anno. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1331 CORTE COSTITUZIONALE, 28 dieembre 1971, n. 205 -Pres. Fragali -Rei. Oggioni -Iannuzzi (n.c.) e Presidente Consig.Uo dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Procedjmento penale -Impedimento materiale alla difesa -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost.. art. 24; c.p.p. art. 88). Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, ia questione di legittimit� costituzionale dell'art. 88 c.p.p., che comente ia prosecuzione del giudizio ne.i confronti deU'imputato capace di intendere e di -dolere, che si trovi neiia impossibitit� mat~ie di esprimersi a propria difesa (1). (Omissis). -2. -La questione non � fondata. L'autodifesa, mediante risposte aU'interrogatorio, discolpe e dichiarazioni in genere, � certamente diritto primario dell'imputato, garantito dalla Cost'ituzione, immanente a tutto l'iter .processuale, dalla fase istruttoria a quella di �giudizio (artt. 367, 441, 443 c.p.p.) sino al momento di chiusura del dibattimento, in cui �l'imputato deve avere per ultimo la parola � (art. 468 c.rp.p.). L'art. 88 c.p.p. risponde alla fina.Ut� di mantenere intatto l'esercizio di quel diritto e di evitarne la compromissione n�l caso in cui l'imputato venga a trovarsi � in tale stato di infermit� di mente (sopravvenuta) da escludere totalmente la sua capacit� di intendere o di volere �. Da qui, anzitutto, la sospensione del procedimento, fino a quando l'imputato riacquisti la capacit� (comma terzo) e, iI).sieme, l'avvio ad accertamenti peritali, con eventuale internamento dell'imputato in manicomio (comma primo). Trattasi, pertanto, di norma che trova, nei suoi presupposti e nel contenuto, autonoma, razionale e compiuta .giustificazione. L'ordinanza di �rinvio, muovendo dall'accertamento di presupposto diverso, escludente .una infermit� della natura e del grado previsti nell'indicato art. 88, :Prospetta, come si � detto, il dubbio di incosti tuzionalit� rpel fatto dell'omessa previsione, nel contesto dell'articolo stesso, di altra ipotesi, di natura diversa (fisica, non mentale) ma di uguale effetto, come quello derivante dal blocco emotivo dei mezzi verbali di espressione del pensiero. Ma la Corte osserva che la �Cennata autonomia dell'art. 88 esclude che possano in esso ravvisarsi lacune di normativa che ne vizino il (1) La questione � stata proposta con ordinanza 22 ottobre 1970 della Corte di Assise di Torino (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1970, n. 324). 1332 RAS.SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contenuto, con effetti pregiudizievoli nell'esercizio del diritto di difesa personale o cosiddetta e materiale �. 'La sospensione del rprocedimento, nell'ipotesi di cui all'art. 88, non costituisce l'unico mezzo di tutela �di tale diritto, al di fue>ri del quale ogni altra esigenza tutelatrice non possa che essere sacrificata per mancata previsione di mezzi idonei relativi ad altre situazioni. Sono, infatti, :previsti, come provvedimenti contingenti, da adottarsi in 'caso di necessit�, sia la � sospensione� del dibattimento (articolo 431 c.p.p.) sia il �rinvio � del dibattimento a tempo indeterminato (art. 432 c.ip.rp.). � poi ulteriormente prevista, anche nel caso di solo mutismo, l'adozione di provvedimenti succedanei, atti-a supplire alla fisica impossibilit� o difficolt� di espressione (art. 143 c.rp.p.). � In definitiva, il diritto di difesa :personale trova le sue sufficienti garanzie nel sistema del diritto positivo, senza che ne risulti in alcun modo intaccata la legittimit� dell'art. 88 c.p.:p. -(0mi8'sis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 206 -Pres. Fragali -Rel. Capalozza -Moesch (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gein. dello Stato Azzariti). Procedimento penale -Partecipazione delle. parti danneggiat'e non qualificate -Violazione dei principi di difesa e di eguaglianza Esclusione. (Cost., artt. 24, 3; c.p.p. artt. 408, 422, 306, 185). Non sono fondate, sia con riferimento al diritto di difesa che a quello di eguaglianza, le -questioni di legittimitd costituzionale degli Mtt. 408, 422, 306 e 185 c.p.p., che escludono la necessaria citazione in giudizio o all'assistenza di atti istruttori la persona danneggiata dal reato che non rivesta alcuna delle qualifiche, indicate nell'art. 408 dello stiesso codice (1). (Omissis). -1. .,. Le due ordinanze (del pretore di Napoli e del tribunale di Milano), rpur non avendo lo stesso oggetto, sollevano que (1) La questione � stata introdotta con ordinanze 21 gennaio 1970 del pretore di Napoli e 14 gennaio 1970 del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 1� aprile 1970, n. 82). . ' I I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1333 stioni che attengono alle guarentigie processuali del danneggiato da reato, che non sia costituito parte civile o non sia persona offesa o querelante o denunziante; e, rispettivamente, a quelle della persona offesa, nella fase istruttoria: i giudizi .possono, quindi, essere riuniti e definiti con unica sentenza. 2. -La questione proposta dal pretore di Napoli concerne gli articoli 408 e 422 (in relazione all'art. 412) c.p..p., che si assumono illegittimi in quanto non richiedono, a pena di nullit� assoluta, la citazione in dibattimento del dannegiato che non rivesta alcuna delle qualifiche indicate nelFart. 408. Nei termini in cui � stata prospettata, la censura non ha fondamento. L'art. 185 c.p. statuisce che ogni reato .che abbia cagionato un danno patrimoniale o. non patrimoniafo obbliga -oltrech� alle restituzioni -anche al risarcimento a carko del colpevole e delle persone che, a norma delle leggi civili, debbano rispondere per il fatto di lui. � da osservare, per�, che trattasi di norma di diritto sostanziale, alla quale� non fa riscontro, nel codice di .rito, una coincidente normativa processuale: e ci� alla �stregua delle esi�genze di conceintrazione e di speditezza del .processo penale, che sarebbe gravemente appesantito dalla moltiplicazione delle parti civili. E, altres�, alla stregua dello stesso carattere di supremazia -per la sua funzione pubblicistica di tale processo, gi� affermata da questa Corte (da ultimo, nella sentenza n. 190.del 1971), che ha indotto il legislatore a non richiedere, a pena di nullit�, la difficile ricerca individuale di eventuali danneggiati (per i quali il pregiudizio pu� anche non essere di carattere patrimoniale: art. 185, secondo comma, c.ip. e art. 2059 e.e.) e a limitare l'obbUgo della citazione al dibattimento per l'offeso, per il querelante, ;per il denunziante e, tra i danneggiati, per quelli che si siano costituiti parte civile (art. 408, secondo comma, c.p.�p.). Che l'art. 22 c.p.p. attribuisca ad og,:ni danneggiato la facolt� di costituirsi parte civile, non significa che chi non siasi avvalso di tale facolt� acquisisca quei diritti che gli sarebbero �riconosciuti se gli competesse, a seguito della costituzione, il ruolo di pacrte (o se si trattasse di chi, quale querelante o denunziante, abbia dato avv�o al pro- Le sentenze n. 132 e n. 136 del 1968 sono riportate in questa � Rasse gna � 1968, 910 e 920. A seguito della sentenza n. 132 del 1968 � stata' emanata la legge 5 dicembre 1969, n. 932 recante modificazione al codice di procedura pe nale in merito alle .indagini preliminari, al diritto di difesa, all'avviso di procedimento ed alla nomina del difensore. / 1334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cesso, o di chi, quale direttamente offeso dal reato, sia un contraddit tore dell'imputato). Giustificata cosi la diversit� di trattamento, � da escludersi la vio lazione dell'art. 3 della Costituzione. La scelta legislativa ha una sua coerenza, perch� � indubitabile che, nell'economia del processo ipenale e per il ra,ggiungimento degli scopi di questo, ben diversa � l'importanza dell'offeso dal reato, del querelante o del denunziante, e quella del semplice civilmente dan neggtato: l'offeso dal reato, il querelante e il denunziainte sono nor malmente in grado di offrire un contributo all'accertamento della ve rit� dei fatti e al convincimento del giudi<:e; H semplice danneggiato lamenta il pregiudizio che ha sofferto e ne rivendica il ristoro, al di fuori della dialettica del processo. N� il sistema prescelto viola l'art. 24 Cost.: non il primo comma, pe:reh� a nessuno che abbia sofferto un danno (diretto e immediato) dal reato, � sottratto il diritto di far valere le proprie ragioni nel pro cesso penale (vigilantibus iura succurrunt); non il �comma successivo, perch� la costituzione di parte civile consente sia la difesa svolta per sonalmente, sia la difesa tecnica. Per di pi�, l'efficacia riflessa del giu dicato penale abilita il danneggiato ad avvalersi, a proprio vantaggio, del dictum giudiziario (a meno che sia risultato che il fatto non sus siste o che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto fu commesso nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facolt� legit tima, ovvero �che non � sufficiente la prova che il fatto sussista o che l'imputato l'abbia commesso: art. 25 c.p.ip.; v�edi anche art. 27, primo comma, stesso codice). Non � che il sistema sia _,perfetto (ad alcuni inconvenienti, per altra via, questa Corte ha gi� ovviato : sentenza n. 55 del 1971), ma ci� � conseguenza della compenetrazione dell'azione civile nel processo � penale, adottata dalla nostra legislazione, e della stessa funzione subordinata e sussidiaria, nel rapporto processuale penale, attribuita alla parte civile. 3. -Dalla 'premessa che i danneg�gfati, non altrimenti qualificati, non rientrano di per s� nella nozione di parte privata (se non dopo che siansi costituiti parte civile) discende che non pu� imporsi al giudice l'individuazione di -ciascuno di �essi, come non pu� imporglisi (tanto meno a pena di nullit�) di disporne la citazione in giudizio. 4. -Per le stesse ragioni, non � essenziale al processo l'avviso di procedimento a tutti i danneggiati: soddisfa alle esigenze volute dall'art. 8 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, sostitutivo dell'art. 304 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZioNALE E INTERNAZIONALE 1335 c.p.p., e non contrasta con i precetti costituzionali, la notificazione effettuata ai �soli danneggiati cogniti: e tutti eoloro che possonoo assumere la qualit� di parte privata � (art. 8, secondo eomma, legge su citata) sono quelli, e soltanto quelli, che tali risultano allo stato degli atti o che successivflmente vengono a risultare. 5. -Quanto al dubbio di costituzionalit� degli artt. 306 e 185 c.p..p., avanzato dal tribunale di Milano, per eventuale contrasto con l'art. 24, primo e secondo 1comma, della Costituzione, � da premettere che l'art. 306 conferisce all.a persona offesa anche non 1costituita parte civile delle limitate faeolt�, nel corsff dell'istruzione, dirette all'accertamento della verit�, senza altri diritti nel procedimento; e, altresi, che il denunziato art. 185 �c.p.ip. non concerne la ;parte civile, bensl riguarda 'le nullit� attinenti alla capacit� del giudice, all'iniziativa e all'intervento del pubbliieo ministero e all'intervento, assistenza e .rappresentanza dell'imputato. D'altronde, questa Corte, con sua sentenza n. 136 del 1968, dichiarando infondata la questione relativa alla .non impugnabilit� della costituzione di parte civile in sede di istruttoria sommaria, ha gi� accolto il principio che il contraddittorio tra imputato e parti civile non si instaura nella fase istruttoria, bensi nel dibattimento (artt. 98, 99 e 100 c.ip.p.). Prineipio non smentito dalla diversa diisciiplina statuit~ per l'istruzione formale dall'art. 97 c.p.ip., che prevede la opposizione del pubblico ministero o dell'imputato alla costituzione di parte civile e la ,relativa decisione del giudice istruttore, dappoich�, per il sesto comma dello stesso art. 97, la costituzione di parte civile pu� venire esclusa, pur se prima -durante l'istruzione -era stata ammessa; e, per l'articolo 99 c..p.p., � la costituzione di parte civile pu� essere dichiarata inammissibile dal giud~ce anche d'ufficio con ordinanza in qualsiasi stato del procedimento di primo �grado, prima dell'inizio della discussione finale �nel �dibattimento � (eceezion~ alla cosiddetta immanenza della .parte civile). N� disdice' al criterio della .provvisoriet� deJla costituzione di parte civile (sino alle soglie della discussione finale di primo grado) la superstite validit� degli atti dell'istruzione e "del giudizio, se in qualunque stato e grado ,del procedimento detta costituzione venga dichiarata nulla (art. 100, terzo comma, c.p.p.), essendo tale validit� conforme alla natura del processo penale, �Che esige la utilizzazione degli elementi acquisiti al processo ai fini del soddisfacimento della pretesa punitiva, che � relativamente autonoma rispetto alla rpretesa risarcitoria (e �restitutoria), siccome .emerge dal disposto dell'art. 100, secondo �comma, c.p.p. -(OmissiS). 7 1336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 207 -Pres. Fragali -Rel. De Marco -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, Virga) c, Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Potest� tributaria -Esclusione dell'imposta di R. M. per i can tieri edili -Disapplicazione dei relativi decreti regionali -Potere non spettante allo Stato. (St. Reg. Sic. artt. 20, 36; d.P.Reg. 4 giugno 1954, n. 2). Nan spetta allo Stato disapplicare direttamente i decreti regionali di esenziane �Lla imposta di R. M. riguardante imprese edili, emanati dal Presidente e dagti assessori delta Regioine sieri.liana (1). (Omissis). -Col primo motivo di ricorso si prQS1Petta a:pipunto il problema di accertare se allo Stato -e per esso al Ministero delle finanze -incombesse 'addidttura l'obbligo, come assume l'Avvocatura generale dello Stato, o, quanto meno, la potest� di disapplicare i de creti regionali oggetto delia impugnata circolare. L'obbligo discenderebbe dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite 21 settembre 1970, n. 1640 pronunziata sui ricorsi del Ministero delle finanze contro Semilia e da Semilia contro il Ministero delle finanze. Con questa sentenza, infatti, sono stati dichiarati illegittimi il decreto del P�residente della Regione siciliana 4 giugno 1954, n. 2, nonch� i decreti di esenzione emessi in esecuzione di esso nei con fronti del Semilia ed � stato affermato l'obbligo degli uffici statali, che provvedono all'accertamento dei tributi erariali spettanti alla Re gione siciliana, di controlla.re la legittimit� dei decreti di esenzione da questa emanati, disapplicandoli ove ne ritengano l'illegittimit�. Come esattamente oppone il patrocinio della Regione questa sen tenza fa stato soltanto fra le parti nei confronti delle quali � stata pro nunciata (� da notare che la Regione non era fra tali parti) e limita tamente al caso deciso. Che, entro questi limiti, il Ministero delle finanze avesse l'obbligo di conformarsi a tale sentenza non vi � dubbio, dato il disposto del secondo comma dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, All. E, cui dopo l'istituzione della �giurisdizione amministrativa, fa riscontro l'a'l"t. 27, n. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. (1) Sulla legittimit� costituzionale del sistema legislativo della Regione siciliana per incentivaTe le iniziative industriali nell'Isola cfr. Corte Cost. 9 dicembre 1963, n. 167; 6 ,giugno 1965, n. 63; 23 novembre 1967, n. 122. � i ' r ' I I I ! PARTE I, SEZ. I,. GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1337 Neppure � dubbio che il Ministero delle finanze potesse e possa adottare l'interipretazione dell'art. 7 della legge regionale n. 61 del 1953 e dell'art. 1 della legge regionale n. 51 del 1957, in base alla quale la Corte di cassazione � pervenuta alla decisione sopra riportata, adeguando ad essa il proprio operato. Ma da ici� non discende che si possa estendere senz'altro erga omnes la efficacia cogente di quella sentenza e, soprattutto, a disapplicare direttamente tutti i decreti regionali di esenzione dalla imposta di ricchezza mobile rigua'1'danti imprese edili. Come �chiaramente risulta dal suo testo, l'art. 5 della legge 20 marzo 1865, Ali. E, ipone in essere soltanto un correttivo di quanto disposto dal secondo comma del precedente art. 4; dal complesso di questi articoli, infatti, scaturisce il seguente sistema. L'autorit� giudiziaria, di fronte ad un atto amministrativo lesivo di un didtto deve limital"si a conoscere degli effetti dell'atto stesso, in relazione all'og.getto del giudizio, ma l'atto amministrativo non potr� essere revocato o modificato se non sopra rico;rso alle competenti autorit� amministrative, le quali hanno l'obbUgo di conformal"Si al giudicato dei tribunali, in quanto riguarda il caso deciso. Comunque, le autorit� .giudiziarie -e, come si vedr�, esse soltanto -possono applicare gli atti amministrativi ed i regolamenti gene.rali e locali, solo in quanto siano �onformi ane leggi, ossia debbono disapplicarli, se li riconoscono illegittimi. Questo sistema �, poi, �stato completato con l'istituzione della giurisdizione amministrativa, alla quale � attribuita non soltanto la potest� di annullare gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali triconosciuti illegittimi, ma, nei residui casi; nei quali ha com ~etenza di merito, anche quella di revoc�arli o modificarli. � molto significativo, al rigual."do, che, fra i ca�si di competenza di merito, vi � tra l'altro quello contemplato dall'art. 27, n. 4 del t.u. n. 1054 del 1924, sopra citato, riguardante i ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbUgo dell'autorit� amministrativa di conformal"Si, in quanto riguarda il caso decisoo, al -giurucato che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico. Deve, inoltre, tenersi presente che, in forza dell'ia'1't. 6 della leg-ge comunale e proviniciale, del quale � stato riconosciuto il carattere generale e l'applicabilit� anche agli atti amministrativi delle l."egioni a statuto speciale (v. �sentenze di questa Corte n. 24 del 1957 e nn. 23 e 58 del 1959) il Governo dello Stato ha la potest� di annullare di ufficio, per �gravi ra�gioni di interesse ;pubblico, gli atti amministrativi sia emanati da ol."gani dello Stato, sia da Enti pubblici autonomi territoriali o istituzionali, che siano riconosciuti illegittimi. Occorre, infine, ricordare che nell'eserc~zio della cosiddetta autotutela, tutte le autorit� amministrative hanno il potere~dovere di an 1338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nullare i propri atti che riconoscono illegittimi e d1 revocare quelli che riconoscono non pi� opportuni o convenienti. Di fronte a questo sistema, anche in applicazione del prinClfPlO di interesse pubblico di assicurare la stabilit� e 1'a certezza degli atti amministrativi, che abbiano acquisita la definitivit�, la potest� di disapplicare gli atti amministrativi � ammissibile soltanto aHorch� l'ordinamento non preveda altri mezzi per rimuoverli. Passando al �caso �Concreto, il Ministero delle finanze dopo aver data piena esecuzione alle pronunzie della cassazione, com"era suo obbligo, nel caso Semilia, ove, condividendo e adottando la interpretazione delle leggi regionali n. 61 del 1953 e n. 51 del 1957, avesse voluto estendere erga omnes la disapplicazione del decreto del Presidente della Regione siciliana n. 2 del 1954, conseguente a quella interpretazione, aveva la possibilit� di promuovere l'annullamento d'ufficio, in forza dell'art. 6 della legge comunale e provinciale, dato che non ha nei confronti degli or.gani della Regione poteri di supremazione tali da consentirgli l'annullamento diretto. N� pu� opporsi a questo riguardo, che questa Corte, con sentenza n. 167 del 1963, ha dichiarato inammissibile il <ricorso proposto avverso il decreto del Presidente della Regione sicHiana 4 maggio 1954, n. 2, dato �che nel caso cosi deciso quel decreto era stato impugnato in via diretta e non in sede di conflitto di attribuzione, nel falso presupposto che avesse il carattere di decreto legislativo. 3. -Le considerazioni che precedono dimostrano che il Ministero delle finanze non aveva la potest� di disappUcare, come ha fatto con la impugnata circolare, i decreti assessoriali di concessione alle imprese edili della esenzione decennale dell'imposta di ricchezza mobile, cosicch� il ricorso della Regione dev'essere accolto senza che occorra pa�ssare all'esame del secondo motivo. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 208 -Pres. Fragali -Rei. Crisafulli -Presidente Regione Trentino-Alto Adige (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Mini�stri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Trentino-Alto Adige -Legge statale recante norme sulla protezione civile -Invasione della competenza regionale -Esclusione. (St. Reg. Trentino-Alto Adige artt. 4 n. 8, 5 n. 2, 11 n. 14, 13; 1. 8 dicembre 1970, n. 996). Non sono fondate Le questioni di legittimit� costituziona;le soUevate dalla Regioine Trentino-Atto Adige nei confronti della legge st~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1339 tale 8 dicembre 1970, n. 996 recante norme sul soccOTso e l'assiAJtenza alle popolazioni colpite da calamit� naturali e su.Ua protezione ci vile (1). . (Omissis). -Le questioni non sono fondate. � evidente, in primo luogo, che il riferimento del ricorso all'art. 5, n. 2, dello Statuto � fuori proposito: la le~ge impugnata non incide affatto sulle attribuzioni spettanti alle Regione in oo:dine alle � istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza �, le quali sono e rimangono comunque sottoposte -ove esista -alla disciplina legislativa regionale, ed in mancanza alla preesistente legislazione statale, come pure all'esercizio dei poteri dall'una o dall'altra, secondo i casi, legittimamente demandati nei loro confronti all'amministrazione regionale, e potranno e dovranno, nei limiti dei rispettivi scopi istituzionali, concorrere anch'esse all'assistenza alle popolazioni co]Jpite da cafamit� naturali secondo i ipiani e programmi predisposti (come prevede, infatti, l'art. 7, sul quale si torner� in �prosieguo). Ma � altres� da escludere (e .gi� discende, sostanzialmente, da quanto si � premesso al punto 1 in ordine alla sfera di applicazione della legge n. 996 del 1970) che sussista lesione delle competenze della Regione e delle Provincie nelle materie, rispettivamente, dei servizi antincendi e delle oipere di pronto soccorso per calamit� :pubbliche: sempre che e fino a quando si tratti di eventi che, iper la loro localizzazione e minor gl"avit�, si esauriscano nel territorio regionale. Come questa Corte ha avuto occasione di affermare, pronunciandosi con la sentenza n. 50 del 1968 sopra un conflitto di attribuzione che involgeva questioni in parte anafoghe, dette competenze hanno, infatti, carattere settoriale ed oggetti limitati, esplicandosi su piani distinti e diversi da quello della protezione civile, intesa come predisposizione ed attuazione di .un complesso globale di interventi e proivvidenze di soccorso alle popolazioni colpite da calamit� naturali o catastrofi. I servizi antincendi, in iparticola\l."e, sono essenzialmente e primariamente rivolti -come risulta .dalla stessa loro denominazione alla prevenzione ed estinzione, appunto, degli incendi, anche se per costante tradizione, si estendono altresi all'apporto � di soccorsi tecnici in genere � in occasione di eventi calamitosi di altra natura, e sempre comunque limitatamente � ai compiti di carattere strettamente urgente., per far posto in un secondo momento agli �organi tecnici competenti � (cosi come testualmente e correttamente dispone l'art. 27, (1) La sentenza n. 50 del 1968, pi� volte richiamata in motivazione, � riportata in questa Rassegna 1968, 368. 1340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ultimo comma, della legge reg. 20 agosto 1954, n. 24, in precedenza ricordata, nel testo modificato dalle successive leggi reg. 12 luglio 1961, n. 4, e 22 gennaio 1962, n. 7, invocato nel presente giudizio dalla difesa della Regione). � certo poi che fa legge n. 996 non incide affatto sulla or.ganizzazione dei vigili del fuoco dettata dalla competente legislazione regionale, il rispetto della quale �, oltre tutto, anche formalmente consacrato nel gi� �citato ultimo comma dell'art. 2; ed � altrettanto certo che le previsioni dell'art. 6, concernenti .l'impiega del corpo nazionale vi.gili del fuoco, �presuppongono, �come d'altronde l'intera legge secondo si � detto all'inizio, il verificarsi di grandi calamit� nazionali, cui deve sopperire l'intervento dello Stato e non implicano perci� -fuori di questa ipotesi -alci,ma illegittima sov�rapposizione di organismi stataili ai corpi �provinciali esistenti ed operanti nella Regione alla stregua degli ordinamenti �da questa stabiliti e alle dipendenze degli organi regionali e provinciali a ci� destinati. Quanto, infine, alle opere di .pronto soccorso per pubbliche calamit�, non pu� non �essere qui ribadito quel che .la .Corte ebbe a ritenere nella menzionata sentenza n. 50 .. del 1968, vaiJ.e a dire che la parola �opere. va assunta nel significato tecnico, tradizionalmente proprio della espressione � opere pubbliche � (si tratta, invero, di una sottospecie di opere pubbliche caratterizzate da iparticolari preswpposti e particolari finalit�) e che tale significato � non �PU� essere dilatato fino a comprendere tutte .ie attivit� occorrenti :per far fronte alla calamit��. Le due materie, dunque, dei servizi antincendi e delle opere di pronto soccorso per �Calamit� naturali non sono suscettibili di identificarsi con quella �che � ora disciplinata dalla legge n. 99�6 del 1970, pur potendo, sotto certi aspetti, con quest'ultima interferire. 3. -Ma, anche se cosi non fosse, resterebbe pur sempre la diversit� quantitativa (che, al limite, diventa qualitativa) tra le grandi cailamit�, che formano oggetto della legge de qua, e le calamit� aventi dimensioni locali. Come la stessa difesa della Regione finisce per riconoscere, in presenza di calamit� che abbiano malauguratamente ad assumere pi� vaste proporzioni, direttamente o indirettamente �coinvolgendo la collettivit� nazionale, l'esigenza di assicurare -nel corso della fase operativa, successivamente, cio�, al verificarsi dellJ.'evento -effettiva unit� di indirizzo e di azione non pu� non prevalere -legittimamente -su ogni altra considerazione, pur se rispettabile. In presenza di catastrofi che commuovono la pubblica opinione, anche internazionale, reclamando la massima concentrazione di energie umane e di mezzi materiali, ivi �compresi quelli di cui soltanto lo Stato � in grad� PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1341 di disporre, non vi � ipi� luogo a sottili dosaggi di �pateri ed a complicazioni di procedure, che potrebbero ritardare, se non addirittura compromettere, la tempestivit� e l'efficacia del soccorso, cui tutti devono animosamente eooperare, nell'adempimento di quei �doveri inderogabili di solidariet�... sociale � che l'art. 2 della Costituzione ha solennemente posto a base dell'ordinamento vigente e che non concernono i soli individui, ma incombono del pari sui gruppi organizzati e gli enti di qualsiasi specie. Non �sono pel'lci� meritevoli di censura le di�sposizioni dell"art. 5, che, mentre includono le Regioni tra i soggetti abilitati a richiedere la diehiarazione di pubblica calamit� e prevedono che la nomina del Commissario possa cadere anche su amministratori �regionali, non subol'ldinano per� la dichiarazione medesima e la nomina del Commissario a previa intesa con la Regione ricorrente. N� ipu� ravvisarsi violazione dell'autonomia regionale nelia norma del quarto comma dello stesso art. 5, a termini della quale il Commissario, rlel dirigere i servizi di soccorso, si avvale �della collaborazione degli organi regionali (e degli enti locali -interessati): giacch� i rapporti di dipendenza che, durante l'opera di soccorso, possono costituirsi tra l'organo 'Statale cui ne spetta la responsabilit� e .gli organi regionali chiamati ad intervenire, oltre ad essere strettamente limitati nel tempo, hanno carattere :llunzionale e sono comunque largamente giustificati dalle preminenti esigenze unitarie poc'anzi accennate. Deve .soggiungersi che, entro i limiti consentiti da tali esigenze, la stessa legge impugnata ha tenuto conto, specie (ma non soltanto) per quanto eoncerne la fase preventiva della organizzazione e programmazione degli interventi, della nuova realt� regionale. Cosi, l'articolo 7 stabilisce che in ogni �caipoluogo di regione sia istituito un Comitato regionale per la protezione civile, presieduto dal Presidente della Giunta o da un �suo delegato, con il compito -tra l'altro -di predisporre � programmi intesi a dare... il contributo della Regione e degli enti locali ai ;soccorsi alle popolazioni colpite e a fornire, in particolare, ogni utile aipporto per quanto concerne �l'assistenza generica, sanitaria ed ospedaliera �e per il rapido ripristino della viabilit�, degli acquedotti e delle altl'le oipere pubbliche d'interesse regionale �. E pi� in generale, poi, dal combinato disposto del medesimo art. 7 e del terzo comma dell'art. 3 ai Comitati regionali per la protezione civile risultano conferiti compiti rilevanti di studio e programmazione, � sulla base anche delle indicazioni e delle proposte formulate dalla regione �, in ordine alle misure di prevenzione dellie calamit� naturali, ai �piani di emergenza per l'attuazione dei provvedimenti immediati da assumersi al verificarsi dell'�evento., e alla predisposizione degli interventi governativi da adottare durante �e dopo lo stato di emergenza. -(Omissis). 1342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 209 -Pres. Chiarelli -Rel. Reale -Valentini (n.c.) e Presidente Consiglio dei Mini- stri (Sost. avv. �gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Rito direttissimo -Scelta del P. M. -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p. art. 502. comma primo). Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguagiianza che a queito di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 502, primo comma, c.p.p. che attribuisce al P. M. il potere di scelta del rito direttissimo (1). (Omissis). -2. -Le questioni non �sono fondate. L'art. 502, primo comma, c.p.p., nella iparte in cui attdbuisce al P. M. la potest� discrezionale di adire il tribunale, nei casi indicati, per il �giudizio direttissimo a carico dell'imputato in istato di arresto, non diverge dalle linee fondamentali del sistema positivo. Nella detta norma ha espressione, infatti, il principio che, riconoscendo al P. M. la titolarit� dell'azione p�na1e in or.dine ai reati di competenza del tribunale, gli conferisce la necessaria legittimazione a promuovere il procedimento penaie, nei modi che egli ritenga rispondenti alla leg.ge ed agli interessi della giustizia. E non � dubbio che la scelta circa le modalit� di esercizio dell'azione penale rientri nel potere istituzionale dell'organo requirente e ne determini l'ambito di discrezionalit�, in necessaria correlazione, peraltro, col dovere di osservare la legge, in riferimento alle condizioni che questa specificamente stabilisca, nonch� al principio generale della rcongruenza dello strumento .processuafo prescelto, rispetto al fine pratico della persecuzione .penale. E all'osservanza della leg.ge da parte del P. M. � preordinato il sindacato del giudice di cui alle osservazioni che seguono. Va rilevato, inoltre, che la stessa discrezionalit� inerente all'esercizio del potere-dovere di richiedere il giudizio direttissimo � preveduta nella recente legge 7 novembre 1969, n. 780, la quale, nell'apportare modificazioni all'art. 389 c.p.;p., concernente i casi in cui si deve proceder.e con istruzione sommaria, fa salva appunto la possibilit� che, ad iniziativa del P. M., si instauri il giudizio predetto. (1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 30 novembre 1970 del Tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 17 febbraio 1971, n. 42). Sul giudizio direttissimo cfr. Corte Cost. 8 luglio 1970, n. 92, in questa �Rassegna� 1967, 514. Sul giudizio direttissimo preveduto dalla legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47 cfr. pure Corte Cost. 26 giugno 1970, n. 109, in questa � Rassegna ., 1970, 723. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1343 Alla stregua di tali considerazioni non pu� ritenersi che sussista la asserita violazione dell'art. 3 della Costituzione, in riferimento ali'eventualit� che soggetti div�ersi possano subire, in linea di fatto, diseguale trattamento. 3. -� E nemmeno � fondata la questione in �riferimento alla garanzia del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.). Come � noto, questa Corte, pronunziando con sentenza numero 117/1968 la incostituzionalit� d�ll'art. 389, terzo comma, c.p.p., nel testo anteriore alla riforma introdotta con la sopra �ricordata legge 7 novembre 1969, n. 780, ebbe ad affermarne il contrasto con l'art. 25, primo comma, Cost., nel'la parte in cui lasciava lo' stesso P. M. arbitro della scelta del rito istruttorio, a seguito di ritenuta evidenza della prova, con la conseguenza che ne potesse derivare compressione delle competenze del giudice istruttore. Analoga decisione (sent. n. 40/1971) fu adottata a!J.tresi nell'ipotesi prevista dal secondo comma dello stesso art. 389, nella parte in cui rimetteva all'aipprezzamento insindacabile del procuratore della Repubblica la necessit� di ulteriori atti istruttori nel caso di con:llessione dell'imputato. Infine, con altra sentenza n. 123n971, dgua1dante la disciplina dell'istruttoria suppletiva (art. 370 c.p.p.), � stato riaffermato che le iniziative del P. M. devono ritenersi, nel sistema processuale penale, normalmente soggette al controllo del giudice competente in ordine ai fatti contestati. Da tali princiipi non si discosta la disciplina del .giudizio direttis simo, per il fatto che all'organo requirente, come sopra accennato, sono affidate funzioni connesse alla titolarit� dell'.azione penale. L'esercizio deLipotere di iniziativa ai fini della instaurazione del rapporto processuale secondo il rito direttissimo non �, per vero, sot tratto alla cognizione del 0giudice, al quale risulta in definitiva rimessa, a garanzia dell'interesse dell'imputato al giusto procedimento, la de cisione circa la riecessit� che il procedimento stesso venga svolto col rito ordinario, in sostituzione di quello direttissimo. Ai sensi dell'ar ticolo 504, secondo comma, c.p.p., spetta al tribunale verificare la am missibilit�, nella fattispecie, del rito diretti'SSimo, e, se il giudizio ri sulta promosso fuori delle circostanze prevedute dalJ'art. 502, disporre che gli atti siano trasmessi al P. M., iperch� promuova il giudizio nelle forme ordinarie. Dopo la chiusura del dibattimento, inoltre, allo stesso giudice � data potest� di ordinare che si proceda con istruzione formale, quando l'accertamento dei fatti contestati ecceda dai limiti consentiti alle indagini dibattimentali (art. 504, :primo comma). Ne deriva che, nel �sistema sopra delineato, l'esercizio del diritto di difesa (nei limiti compatibili con le particolari caratteristiche del 1344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedimento in esame), risulta assicurato. E ci� anche perch� non costituisce menomazione dell'esercizio della di�fesa l'esclusione della fase istruttoria, legittimamente pretermessa nel .giudizio direttissimo come in altri procedimenti ipenali (sentenza n. 119/1965). 4. -E nemmeno pu� ravvisarsi violazione dell'art. 24, secondo comma, sotto il profilo che nella disciplina vigente non � consentito all'imputato chiedere la sua presentazione immediata al tribunale. Tale disciplina appare, infatti, razionale e coerente col sistema del c.p.p. in vigore 1che appunto al P. M., tito'.lare dell'azione penale, riserva l'iniziativa del procedimento, ai sensi dell'art. 112 della Costituzione, e J.a scelta, salvi i controlli giurisdizionali, di quelle modalit� di esercizio dell"azione medesima che �si palesino congrue nei singoli casi. Al soggetto passivo dell'azione penale non � riconosciuto per contro analogo potere, ma gli sono assicurati i mezzi perch� l'accertamento penale �sia svolto con l'osservanza della legge e nel rispetto del diritto di difesa. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 210 -Pres. Chiarelli -Rel. Verzi -Abbiati (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Imposte e tasse in genere -Imposta straordinaria sul patrimonio Privilegio speciale sugli immobili -Opponibilit� ai successivi acquirenti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast., art. 23; d.P.R. 9 maggio 1950, n. 203, art. 65). I I Non � fondata la questione di legittimitd costituzionale dell'articolo 65 del t.u. sulle imposte straordinarie progressive sul patrimonio (d.P.R. 9 maggio 1950,' n. 203) che stabi'Usce il priv-iiegio speciale imI mobiiiare opponibile anche ai successivi acquirenti dei beni (1). (Omissis). -2. -La questione non � fondata. Nella specie, non appare violato l'art. 23 della Costituzione secondo il quale nessuna prestazione patrimoniale pu� essere imposta (1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza 23 dicembre 1969 del Tribunale di Varese (Gazzetta Ufficiale 4 marzo 1970, n. 57). Sull'art. 23 della Costituzione cfr. le sentenze della Corte Cost. 21 gennaio 1967, n. 5, 20 febbraio 1969, n. 21, 15 aprile 1970, n. 58. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1345 se non in base alla Jegge, la quale, come ha affermato questa Corte, deve tuttavia indicare .i criteri idonei a de'limitare la discrezionalit� della pubblica Amministrazione per ci� che attiene al quantum ed ai soggetti passivi del tributo. � bene precisare che le �censure mosse �sia dalla ordinanza di rimessione, sia dalle parti .private, si riferiscono non gi� all'imposizione tributaria, ma alla garanzia -privilegio speciale immobiliare -per essa prevista dal legislatore. Questo, nel concedere detto diritto di garanzia avrebbe la�sciato alla pubblica Amministrazione un'ampia discrezionalit� nel correlativo esercizio. Sta di fatto per� che l'art. 65 impugnato, lungi dal conferire particolari poteri discrezionali a1la Finanza, non ha fatto altro che concedere il privilegio speciale immobiliare, rinviando implicitamente, per la relativa disciplina, alle norme del codice civile. Ed invero, in detto codice, tale privilegio � accordato dalla fogge in considerazione della causa del credito (che, per le obbligazioni tributarie, dipende dal favore per le esigenze finanziarie dello Stato) ed assolve una funzione di garanzia, che si concreta in un raipporto diretto fra il creditore e l'immobile, prescindendo da1la persona del debitore. La garanzia segue, iper sua natura, le sorti del credito al quale � legata e perdura fino a quando l'obbligazione non sia estinta o per adempimento o per prescrizione. I termini di q_uesta sono stabiliti, talvolta, per le singole imposte, dalle leggi speciali, ma, in mancanza di espressa disposizione -come nel caso della imiposta straordinaria sul patrimonio -devono ritenersi aipplicabili le norme sulla prescrizione ordinaria come per qualsiasi altro diritto di credito del privato. Con ci�, risulta dimostrata finesattezza della alfermazione che la pretesa del Fisco potrebbe essere fatta valere illimitatamente nel temipq. � contemplato altres� dal codice civile -in virt� del principio della solidariet� passiva nella obbligazione -il diritto che il creditore ha di scegliere, fra i vari immobili gravati dal .privilegio speciale, quello sul quale ritiene opportuno, o pi� va.ntaggioso, procedere esecutivamente per realizzare il suo �credito. Nella specie, poi, il camipo di scelta risulta circoscritto agli immobili di propriet� del contribuente alla data del 29 marzo 1947, ed il terzo, al quale l'immobile � pervenuto,, risponde nei� limiti del valore del bene stesso. Rientra nell'ambito di tali scelte anche il potere concesso all'Intendente di finanza di rinunziare in tutto od in parte al privilegio speciale su un determinato immobile, contro prestazione di adeguata ga:rianzia riconosciuta idonea dall'Amministrazione ove il resto del patrimonio non costituisca sufficiente garanzia per la riscossione del credito erariale. Pertanto, anche sotto questo profilo, la censura di incostituziona lit� risulta infondata. 1346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 3. -Rileva infine l'ordinanza che la norma impugnata contrasta con il prindpio della certezza del diritto, in quanto il privilegio in ar�gomento non deve essere trascritto nei registri immobiliari e non � in alcun modo rilevabile dai privati anche perch� i :funzionari del1' Amministrazione delle imposte non possono dare notizie al terzo acquirente per il preciso divieto posto dall'art. 68 del d.P.R. n. 203 del 1950. Orbene, sta di fatto che per il codice civile il privilegio, di regola, non va trascritto, ma soltanto pu� essere dalla legge subordinato a particolari forme di pubblicit�. E ci� perch� non possono essere ignorate le disposizioni del codice civile, che concedono sugli immobili il privHegio speciale ai crediti dello Stato per il tributo fondiario e per altri tributi diretti ed .indiretti. N� pu� dirsi che dalla norma dell'art. 68 sopra indicato derivi 'l'occultamento del privilegio speciale, perch�, anche a non volere tener conto �di al�tre possibilit� di assum~re legittimamente informazioni, anche il segreto di ufficio disposto per i funzionari dell'Amministrazione delle imposte, per i componenti dei collegi giudicanti, e per altri, non ha ragion di essere quando la notizia � richiesta da �coloro che �dimostrino di avere interesse a conoscerla. Le altre questioni sollevate in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 4, 35, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, rimangono assorbite. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 ottobre 1971, n. 2835 -Pres. Stella Richter -Rel. Tamburrino -P. M. Secco (conf.) -Amministrazione dell'Interno (avv. Stato Foligno) c. Amministrazione provinciale di Bologna (avvocati Conti e De Luca). Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato . e degli enti pubblici -Controlli amministrativi -Interesse legittimo del� l'ente controllato -Azione giudiziaria per ilrisarcimentodei danni Inammissibilit� -Fattispecie. (T.u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 42). La violazione da paTte dello Stato� dei limiti stabiliti dalla legge pe?� i controlli sugli enti pubblici non incide direttamente su un diritto soggettivo ma esclusivamente su un interesse legf.tt�mo esse'11.do il controllo sull'ente contTollatq, �quale ne sia. la natura e l'essenza., diretto a tute� lare immediata.mente un interesse pubblico ed inciden<Zo esso s.olo indi� rettamente sull'autonomia dell'ente stesso; n� � ammissibile che dopo la tutela amministrativa, l'e'Q-te si avvalga della tutela giudiziaria: fattispecie in tema di controllo sostitutivo da parte di uria. giunta pTovinciale amministrativa su un' AmministTazione pTovinciale (1). (Omissis). -Il 1 � dicembre 1944, Pier Luigi Cocchi, �applicato di �ruolo dipend�nte dall'Amministrazione Provinciale di Bologna, fu di (1) Questa importantissima sentenza, in occasione della fattispecie esposta nella massima, �;ribadisce dei principi di grande rilevanza in perfetta armonia con le tesi sostenute dall'Avvocatura dello Stato sulle questioni agitate nella. controversia di cui si tratta: se ne ritiene pertanto opportuna la integrale pubblicazione. In argomento cfT. Cass., Sez. Un., 19 maggio 1967, n. 1073 in questa Rassegna 1967, I, 958 ed ivi l'ampia nota di u. GIARDINI. 1348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO chiarato dimissionario di ufficio (per assenza ingiustificata dal servizio) con provvedimento del Commissario prefettizio che a quell'epoca reggeva l'Amministrazione. Il provvedimento venne convalidato il 12 febbraio 1948 dalla Giunta Provinciale Amministrativa di Bologna, in sede amministl,"ativa; ma, su reclamo del Cocchi, la stessa Giunta, in sede giurisdizionale, dopo una prima decisione di rigetto, annull�, con decisione del 25 novembre 1949, l'atto di convalida e dispose la riassunzione in servizio del Cocchi. Contro questa decisione, l'Amministrazione Provinciale di Bologna propose ricorso al Consiglio di Stato che l'accolse, con decisione del 24 novembre 1940, annullando il provvedimento impugnato. Frattanto il Cocchi aveva chiesto alla G.P.A. l'emissione del mandato di ufficio per i suoi emolumenti, a norma dell'art. 42 t.u. 3 marzo 1934, n. 383, e la Giunta, prima di aver data qualsiasi comunicazione all'Amministrazione interessata, emise mandato a favore del Cocchi per L. 1.216.137, da prelevarsi sui fondi di bilancio della Provincia, mandato che il beneficiario immediatamente incass�. I provvedimenti, ormai eseguiti, vennero notificati all'Amministrazione provinciale, e questa ricorse in via gerarchica al Ministero dell'Interno, che non provvide. Allora l'Amministrazione provinciale impugn� innanzi il Consiglio di Stato il silenzio-rifiuto del Ministero, ma si vide negare dalla G.P.A. l'autorizzazione a stare in giudizio. Ricorse in via gerarchica contro tale provvedimento di diniego, ma neanche questa volta il Ministero .provvide, onde l'Amministrazione propose nuovo ricorso al Consiglio di Stato contro il nuovo silenzio-rifiuto. Il Consiglio di Stato, con una prima decisione, accolse il ricorso contro il secondo silenzio del Ministero e concesse l'autorizzazione a stare in giudizio; con una seconda decisione, accolse nel merito il ricorso e annull� tanto la deliberazione dell'omissione del mandato a favore del Cocchi, quanto il mandato stesso. A questo punto l'Amministrazione provinciale di Bologna deliber� di citare in giudizio innanzi il giudice ordinario il Cocchi, il Ministero dell'Interno e il Ricevitore eassiere provinciale, per ottenere il risarcimento del danno subito: l'Autorit� tutoria neg� l'autorizzazione, ed il Ministero, investito del ricorso gerarchico contro tale diniego, non provvide: l'autorizzazione a proporre il giudizio fu data dal Consiglio di Stato, investito del ricorso contro il silenzio-rifiuto del Ministero. Con atto del 17 ottobre 1961, l'Amministrazione provinciale inizi� il presente giudizio, citando innanzi il Tribunale di Bologna il Ministero dell'Interno e la Cassa di Risparmio di Bologna, quale Ricevitore-cassiere provinciale per ottenerne la condanna solidale al pagamento di Lire L216.137, quale risarcimento del danno subito. Il Ministero eccep� preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e nel merito sostenne l'inesistenza, sotto il profilo sog~ettivo, di un atto illecito. La Cassa di Risparmio eccep� la mancanza di sua responsabilit� per av~~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIUIUSDIZIONE 1349 provveduto al pagamento di un mandato formalmente valido. Il Tribunale adito, con sentenza 31 gennaio-14 aprile 1966, �accolse la domanda nei confronti dell'Amministrazione dell'Interno e la respinse nei confronti della Cassa di Risparmio. Su appello del Ministero, la Corte d'Appello di Bologna, con sentenza 1� giugno 1968, conferm� pienamente la decisione impugnata. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell'Interno con tre motivi, illustrati da memoria. Ha resistito con controricorso lAmministrazione provinciale di Bologna. MOTIVI DELLA DECISIONE Il primo motivo del ricorso dell'Amministrazione dell'Interno: concerne la questione di giurisdizione sollevata dalla stessa Amministrazione fin dal primo grado del giudizio. Va ricordato che nel caso in esame la Giunta provinciale Amministrativa, in sede di controllo sull'Amministrazione 'provinciale, ritenne di avvalersi del potere del controllo sostitutivo deferitole dall'art. 42 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383, emettendo mandato di ufficio a favore del Cocchi dipendente dall'Amministrazione provinciale. Ma sia la deliberazione di emissione del mandato, sia �U mandato stesso furono, dopo varie vicende, annullati dal Consiglio di Stato in s.ede giurisdizionale per illegittimit�, che lo stesso Consiglio di Stato definl macroscopiche, cio� per non essere state eseguite le norme di legge relative alla procedura dettata i>er l'emissione dei mandati di ufficio da parte dell'organo di controllo: questo cio�, nella specie, come accert� il Consiglio di Stato, emise il mandato senza una previa declaratoria di obbligatoriet� della spesa e comunque autorizzi l'esecuzione del mandato senza attendere che fossero stati proposti e risolti i ricorsi dell'ente controllati o che fosse invano decorso il termine per la presentazione dei detti ricorsi, violando cosi l'art. 128 del regolamento 12 febbraio 1911, n.. 297. A seguito di siffatta pronuncia e poich� il mandato, poi dichiarato illegittimo, era stato riscosso dall'interessato, 1'Amministrazione provinciale ha chiesto all'Amministrazione dell'Interno il risarcimento del danno derivatole dalla illegittima (anzi -secondo l'attrice -illeci~) attivit� di controllo. Di fronte ameccezione preliminare del Ministero convenuta e relativa all'assunto difetto di giurisdizione del giudice ordinario, la sentenza impugnata ha per contro affermata la detta giurisdizione. E ci� sotto duplice profilo. In primo luogo, da un punto di vista generale, la Corte del merito ha rilevato che, a differenza di quanto accade per il privato, nei rapporti tra ente controllato ed ente controllante, 1e norme sui controlli non costituiscono 1350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una tutela indiretta e non .sono inquadrabili tra le norme cosiddette di azione, ma disciplinano proprio i rapporti tra l'ente sottoposto a tutela e lo Stato e quindi hanno natura di norme di relazione, intersoggettive, onde esse incidono su diritti soggettivi dell'ente controllato, come diritto soggettivo dell'ente controllato era quello di poter esercitare i ricorsi previsti contro la deliberazione di emettere il mandato senza la previa declaratoria di obbligatoriet� della spesa 'e senza avere atteso l'esperimento dei ricorsi o il decorso del relativo termine importano non abuso del pot~re di controllo, ma mancanza addirittura del medesimo, che incide su un diritto azionabile avanti il giudice ordinario. Siffatti profili sono criticati nel primo motivo del ricorso, il primo come contrastante con i principi che regolano l'attivit� di controllo, i rapporti tra ente controllato e Stato e la posizione dell'ente controllato di fronte all'esplicazione di quell'attivit�; il secondo come contrastante con la differenziazione tra abuso del potere e mancanza radicale dello stesso. Le predette censure sono fondate. L'affermazione di principio della sentenza impugnata secondo cui sempre, quando l'ente controllato si pone in posizione di autonomia di fronte allo Stato, si � in presenza di rapporto intersoggettivo, con la conseguenza che le norme che regolano l'esercizio dell'attivit� di controllo sono. norme di relazione, di fronte alle quali vi � la posizione di diritto soggettivo azionabile avanti il giudice ordinario, non pu� essere condivisa perch� contrastante con l'essenza della funzione di controllo quale � stata determinata, oltre che dalla dominante dottrina, dalla costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio. Prendendo in considerazione la posizione dell'ente pubblico sottoposto a controllo dello Stato, � ehiaro che tale controllo � diretto a veder.e se l'azione svolta dall'ente controllato per il raggiungimento dei propri fini, che sono in realt� fini pubblici, dello Stato, al primo delegati per motivi di dpportunit�, sia non solo legittima ma anche opportuna: di guisa che i controlli sono predisposti dalla legge non a tutela diretta degli interessi dell'ente controllato o controllante nei loro rispettivi rapporti (norma di relazione) ma a tutela dell'interesse pubblico al buon andamento delle attivit� dirette al perseguimento di fini pubblici (norma di azione). Dal che consegue che anche l'attivit� di controllo � regolata dalla legge soprattutto nell'interesse pubblieo a che il �controllo medesimo si svolga in modo da poter tutelare il raggiungimento di quelle finalit� pubbliche cui � diretta l'attivit� dell'ente controllato. Vale a dire che � interesse pubblico :non solo che i fini pubblici delegati ad ente diverso dallo Stato siano legittimamente ed opportunamente perseguiti, ma � interesse pubblico anche che l'attivit� di eontrollo su quell'attivit� dell'ente pubblico .sia legittimamente esercitata. Onde la violazione da parte dello Stato dei limiti stabiliti dalla legge per i controlli sugli enti pubblici non incide direttamente su un diritto soggettivo dell'ente, ma, essendo diretto a tutelare immediata PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1351 mente un interesse pubblico ed incidendo solo indirettamente sull'autonomia dell'ente, tocca esclusivamente un interesse legittimo. E ci� quale che sia la natura e l'essenza del controllo, anche se il medesimo � sostitutivo. Questo importa che lo Stato nell'esercizio dell'attivit� di controllo � legittimato a sostituire la propria attivit� amministra~iva a quella, non compiuta, dell'ente controllato, a determinate condizioni ed in presenza di determinati presupposti stabiliti dalla legge. Anche questa attivit� sostitutiva � stabilita direttamente a tutela dell'interesse pubblico di cui si � dianzi parlato al sano e preciso perseguimento dei propri fini da parte dell'ente; onde se tale perseguimento non � attuato dall'ente vi si pu� sostituire lo Stato nell'esercizio del controllo; ne consegue che nelCesercizio di tale sostituzione, lo Stato non segue i presupposti e le condizioni di legge, tale violazione non tocca alcun diritto soggettivo dell'ente che non esiste, ma solo un interesse legittimo dello stesso. N� pu� dirsi che nel caso in esame lo Stato (e per esso il suo organo di controllo) non avesse il potere di emettere direttamente il mandato di ufficio al posto dell'Amministrazione provinciale che non aveva provveduto in sede di ammin.istrazione attiva: tale potere � previsto dalla legge comunale e provinciale ed attribuito all'autorit� di controllo (Giunta provinciale amministrativa). Solo la stessa legge e le relative norme regolamentari sottopongono l'esercizio di quel potere a determinate condizioni ed a determinati limiti: la violazione di tali limiti e la emissione del mandato senza che siano poste in essere le condizioni di legge incide certamente sull'esercizio del potere e costituisce un illegittimo esercizio, un abuso di quel potere in concreto. Si � quindi nell'ipotesi tipica dell'illegittimo esercizio da parte dell'amministrazione di un'attivit� (nella specie di controllo) prevista dalla norma direttamente a tutela di un interesse pubblico, onde tale illegittimo �esercizio non pu� che toccare un interesse legittimo. Interesse che � tale fin dall'inizio, che � sorto come interesse legittimo e che -come � costante giurisprudenza -non� pu� modificarsi o trasformarsi in diritto soggettivo a seguito della dichiarazione di illegittimit� pronunciata in sede di giurisdizione amministrativa. Il chiedere, dopo la tutela amministrativa (illegittimit� dell'atto), anche la tutela giudiziaria (risarcimento del danno) importerebbe quella doppia tutela che � inammissibile nel vigente ordinamento in relazione all'interesse legittimo. Pertanto il primo motivo del ricorso deve essere accolto con assorbimento degli altri relativi alla sussistenza in merito degli elementi dell'azione di risarcimento del danno: deve essere in conseguenza dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e cassata senza rinvio l'impugnata sentenza. In ordine alle spese dell'intero giudizio, si stima equa, in considerazione della .natura della �controversia e delle vicende che essa ha avute, la compensazione totale. ._ (Omissis). )� 1352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2863 -Pres. Pece -Rel. Mirabile -P. M. Di Maio (diff.) -Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Ricci) c. Milone e Fedullo (avv. Di Sevo) nonch� contro Castiello, Lentini, Baldo e Comune di Rofrano (n.c.). Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti J>Ubblici -Crediti -Pignorabilit� -Limiti. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Imposta generale sull'entrata -Quote di partecipazione spettanti ai Comuni -Impignorabilit�. (1. 2 luglio 1952, n. 703; I. 16 giugno 1960, n. 1014). I crediti nascenti dall'esercizio di pubbliche potestd, essendo vincolati al raggiungimento di pubbliche f�nalitd, le quali costituiscono il presupposto e la ragion d'essere del pote1�e, sono come tali sottratti alla esecuzione coatta-(1). I crediti dei Comuni verso lo Stato per quote di partecipazione sui proventi del-l'i.g.e., non possono essere pignorabili giacch� l'eventuale loro assoggettamento ad esecuzione forzata importerebbe l'inammissibile sostituzione del privato all'Amministrazione in un rapporto, di cui il privato non pu� essere soggetto (2). (Omissis). -Con l'unico motivo dedotto, l'Amministrazione delle Finanze denunzia la violazione e la falsa a,pplicazione degli artt. 1, 2 e 3 legge 2 luglio 1952, n. 7().3; 543, 546 c.p.c.. ; 3 legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360, nn. 1, 3 e 5 c.p.c., e deduce il difetto di giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria Ordinaria e l'impignorabilit� del credito per quote I.G.E., assumendo che l'indubbia natura tributaria del credito del Comune di Rcifrano per le quote I.G.E. attribuitegli dal Ministro delle Finanze comportava, nella specie, l'impignorabilit� del credito stesso, con conseguente difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto all'azione esecutiva promossa dal Fedullo e quindi anche rispetto al giudizio incidentale di cognizione di cui all'art. 548 c.p.c. Aggiunge che la suddetta impignorabilit� prescindeva (1-2) Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione. hanno ribadito quanto gi� da esse precedentemente stabilito nella sentenza n. 2448 del 2 luglio 1969, pubblicata in questa Rassegna 1969, I, 633 con nota di richiami. La importanza delle questioni esaminate direttamente o indirettamente ma comunque incisivamente nella sentenza in rassegna induae a pubblicare per intero la parte di diritto. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1353 dalla prova dell'avvenuta iscrizione delle somme nella parte attiva del bilancio ed era perci� rilevabile di ufficio. La censura � fondata. Il pignoramento in esame _.'._ va innanzi tutto rilevato -� caduto,. non su somme di denaro gi� affiuite nelle casse del Comune, ma su crediti del Comune verso lo Stato per quote di partecipazione sui proventi I.G.E. Ora, come queste Sezioni Unite hanno gi� osservato (vedi sentenza n. 2428 del 1969), ai fini della pignorabilit�, occorre distinguere tra somme di denaro gi� affiuite nelle casse dell'Ente pubblico e crediti dell'Ente pubblico. Infatti, mentre per le prime pu� ancora discutersi sulla possibilit� di una distinzione a seconda della loro provenienza e dell'avvenuta o non avvenuta destinazione ad una pubblica esigenza, nel caso dei crediti non � assolutamente possibile prescindere da una distinzione in quanto occorre tener separati i crediti che traggono. origine dai rapporti di diritto privato -per i quali l'azione esecutiva da parte dei creditori dell'Ente � sempre ammissibile -dai crediti nascenti dall'esercizio di pubbliche potest�, i cosi detti crediti pubblicistici o di natura pubblica, che, essendo vincolati al raggiungimento di pubbliche finalit� le quali costituiscono il presupposto e la ragione d'essere del potere, sono come tali sottratti all'esecuzione coatta dei creditori dell'Ente. E ci� vale non solo per i crediti derivanti da rapporti tributari diretti, da rapporti cio� nei quali la potest� pubblica viene direttamente esercitata dall'Ente impositore nei confronti del soggetto passivo del tributo, ma anche per gli altri crediti, che, per quanto al di fuori di un ,vero e proprio rapporto tributario, hanno origine da una potest� pubblica. Per quanto attiene in particolare a.l_ caso in esame e cio� ai crediti dei Comuni verso lo Stato per quote di partecipazione sui �proventi I.G.E., risulta dal tenore delle relative norme che con la legge n. 703 del 1952 � stato riconosciuto ai Comuni un potere di natura pubblica alla percezione delle dette quote, potere che si esercita esigendo dallo Stato la relativa contribuzione ed il cui eser.cizio non cessa fino ~ quando l'ammontare di detta contribuzione non � stata versata nelle casse dell'Ente. Ilcorrispondente dovere dello Stato, come risulta dalla medesima legge, � connesso, peraltro, col potere dello stesso di determinare le fonti di entrate con le quali i detti Enti debbono provvedere all'espletamento delle loro funzioni. � chiaro quindi che i detti crediti non possono che essere impignorabili, giacch� l'eventuale loro assoggettamento ad esecuzione forzata importerebbe !'in.ammissibile sostituzione del privato all'Amministrazione in un rapporto di cui il privato non pu� essere soggetto. E sotto l'accennato profilo l'impignorabilit� assoluta del credito del Comune verso lo I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Stato per quote I.G.E., risolvendosi nella improponibilit�, altrettanto assoluta, dell'azione esecutiva, importa il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Tale difetto di giurisdizione si estende necessariamente al giudizio di cui agli artt. 548 e 549 c.p.c., sia -genericamente -per il carattere strumentale di tale giudizio rispetto al procedimento �esecutivo, sia pi� specificamente -perch� l'accennato giudizio trova il proprio impulso o nello stesso atto di pignoramento (ove si ritenga che la dichiarazione del terzo costituisca elemento integrativo del pignoramento), oppure nell'istanza del creditore .pi�gnorante a che si provveda all'istruttoria per accertare il eredit� del terzo, istanza che costituisce pur sempre un momento di quel processo esecutivo che, per le gi� esposte ragioni, non poteva essere instaurato. Il ricorso dev'essere perci� accolto e l'impugnata sentenza cassata senza rinvio. Quanto alle spese ricorrono giusti motivi per dichiararle interamente compensate ,tra le parti in ordine a tutti i gradi di giudizio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2864 -Pres. Pece -Rel. Iannitti Piromallo -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni) c. Nastri (avv. Vitiello). Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche ed elettricit� -Poteri della p~ a. in materia di polizia idraulica -Azione risarcitoria di soggetti non destinatari dei relativi provvedimenti -Giurisdizione del giudice ordinario. (t.u. 25 luglio 1904, n. 523, art. I), Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Condanna della p. a. ad un facere -Inanunissibllit�. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Competenza e giurisdizione -Responsabllit� della p. a. -Domanda di risarcimento ex illecito -Competenza del Giudice ordinario -Danno occasionato dall'esecuzione di opere idrauliche -Irrilevanza su tale competenza. (e.e. art. 2043; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). n precetto che subordina l'esperibilit� dell'azione risarcitoria all'accoglimento in sede amministrativa delle contestazioni sollevate dagli interessati ed alla conseguente riespansione del gi� affievolito diritto PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1355 soggettivo non pu� trovare applicazione nell'ipotesi in cui la pretesa risarcitoria attenga a posizioni soggettive non affievolite, siccome pertinenti a soggetti non destinatari di statuizioni, provvedimenti od ordini emessi, nell'esercizio dei poteri di polizia idraulica, dalla pubblica Am.ministrazione .(1). Le domande di rimozione della siturazione 1J1roduttiva del danno e di restaurazione in forma specifica del diritto leso sono inammissibili nei confronti deHa pubblica Amministrazione in quanto il loro accoglimento si risolverebbe nella condanna di questa ad un facere per il che il giudice ordinario difetta di giurisdizione: in presenza di tali domande il giudice ordinario deve limitarsi ad accertare, ove del caso, la lesione del diritto soggettivo vantato dall'attore, lasciando che la pubblica Amministrazione adotti i provvedimenti necessari alla specifica restaurazione del diritto eventualmente leso dall'attivit�, di cui sia riconosciuta l'illegittimit� (2). Spetta ai Tribunali regionali delle acque pubbliche la competenza a conoscere delle controversie per risarcimento dei danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica Amministrazione in materia di acque e impianti elettrici; rna spetta agli ordinari giudici civili la competenza a conoscere delle controversie nelle quali il privato abbia dedotto che il danno, pur se occasionato dall'esecuzione dell'opera pubblica, sia stato peralt1'0 cagionato dall'avvenuta commissione di fatti illeciti nell'esecuzione della stessa, se non sorgono questioni sulla demanialit� delle acque, sulla portata di provvedimenti amministrativi attinenti al relativo regime o sulla rispondenza di una determinata attivit� all'interesse pubblico legato a tale ?'egime (3). (Omissis). -Il Ministro dei Lavori Pubblici ha, con il proposto regolamento di competenza, prospettato anche una questione di giurisdizione. Conseguentemente il ricorso � stato, su richiesta del P. JYI., rimesso a queste Sezioni U~ite per la trattazione in pubblica udienza. Poich� tale mutamento di rito trova fondamento nel disposto degli articoli 37 e 374, comma primo, c.p.c. secondo l'interpretazione ripetutamente datane da questo Supremo Collegio (nn. 659 del 1951, 603 del 1954, 2746 del 1957, ecc.), pu� procedersi all'esame del ricorso, L'Amministrazione ricorrente ha affermato che l'intentata azione risarcitoria non era proponibile per mancanza del preventivo riconoscimento, da parte dell'Amministrazione stessa, della non rispondenza delle opere (1-2-3) La sentenza riafferma dei principi importanti al di l� della applicazione fattane nel caso di specie. Quindi, anche in considerazione dei numerosi richiami giurisprudenziali contenuti nei motivi della deci-� sione, se ne ritiene opportuna la pubblicazione per intero. RASSEGNA DE~L'AVVOCATURA,DELLO STATO idrauliche, dalla cui esecuzione sarebbe' derivato, secondo l'assunto dei Nastri, il lamentato dissesto di un loro edificio, �allo scopo cui debbono servire ed alle buone regole d'arte�, come richiesto dall'art. 2 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523. L'Avyocatura dello Stato ha sostenuto che tale disposizione darebbe luogo a carenza temporanea di giurisdizione, in quanto l'attribuzione alla Pubblica Amministrazione del potere di sta tuire e provvedere, anche in caso di contestazione, su tutto quanto possa avere relazione con il buon regime delle acque, determinerebbe l'affie volimento delle posizioni soggettive �collidenti con l'interesse pubblico presidiato d~lla norma innanzi citata, escludendo in conseguenza la tu tela giurisdizionale delle posizioni stesse fino a quando 1'Amministra zione non abbia riconosciuto la discordanza .della denunciata situazione da detto prevalente interesse. L'esposta tesi � destituita di fondamento. In ordine alla citata disposizione questo Supremo Collegio ha gi� avuto occasione di precisare: che essa attribuisce alla P.A., in materia di regime delle acque e di opere idrauliche, un potere di polizia, che ,determina l'affievolimento delle posizioni giuridiche che ne sono soggette; che tale degr�dazione dei diritti soggettivi in interessi legittimi va ravvisata sia nei confronti di coloro che deducano di aver subito un danno a causa del mancato esercizio di detto potere, la cui discrezionalit� vale di per s� ad escludere la tutelabilit� in via diretta ed immediata della posizione lesa (n. 1417 del 1966 cit.), sia nei confronti di chi sia destinatario ,di statuizioni, provvedimenti o ordini irr cui si estrin sechi concretamente l'esercizio del potere stesso (n. 2039 del 1966). L'Avvocatura dello Stato ha� affermato che le due richiamate deci sioni di queste Sezioni Unite sono in contrasto tra loro, in quanto la prima considererebbe affievolite tutte le posizioni privatistiche soggette al potere come sopra attribuito alla P. A., mentre la seconda limiterebbe l'indicata degradazione alle sole posizioni dei destinat~ri dei provvedi menti emessi nell'esercizio d~l potere stesso. La diversit� delle fattispecie da esse esaminate elimina ogni possibilit� di dubbio sull'esistenza del l'asserito contrasto: nella prima fattispecie il privato pretendeva il ri sarcimento di un danno che assumeva di aver subito a causa del mancato, intervento della Pubblica Amministrazione per impedire la deviazione di un corso d'acqua ad opera di altro privato e, ci� avvenuto, per ripri stinare il vecchio corso; nella seconda fattispecie, invece, il proprietario di un fondo assumeva di aver subito danno a causa dell'esecuzione di opere idrauliche, compiuta -a suo dire -senza l'adozione di normali cautele. La prima decisione si impernia sul principio che, stante la di screzionalit� del menzionato potere di polizia demaniale, il privato non pu� pretenderne l'esercizio a presidio di proprie posizioni lese da terzi; la seconda decisione si fonda invece sul principio che l'affievolim~nto previsto o regolato dal citato art. 2 del t.u. sulle opere idrauliche ha , PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1357 luogo solo nei confronti dei destinatari dei provvedimenti adottati dalla P. A. nell'esercizio del potere ad essa Amministrazione conferito dalla norma stessa. La diversit� dei rapporti in relazione ai quali � stata esaminata l'incidenza di tale potere vale ad escludere che tra le richiamate decisioni sussista la disarmonia segnalata dall'Avvocatura dello Stato. Poich� il caso attualmente in esame � assimilabile a quello considerato nella seconda delle indicate� decisioni pu�, in .ordine alla questione, di giurisdizione, ripetersi quanto in essa decisione affermata e, cio�, che il precetto .di cui al secondo comma dell'art. 2 del t.u. sulle opere idrauliche, che subordina l'esperibilit� dell'azione risarcitoria all'accoglimento in sede amministrativa delle contestazioni sollevate dagli interessati ed alla conseguente rie.spansione del gi� affievolito diritto soggettivo, non pu� trovare applicazione nell'ipotesi che la pretesa risarcitoria attenga a posizioni soggettive non affievolite, perch� pertinenti a soggetti non destinatari di statuizioni, provvedimenti od ordini emessi, nell'esercizio.dei poteri di polizia idraulica, dalla Pubblica Amministrazione. L'eccezione di carenza temporanea di giurisdizim1e va, pertanto, respinta in relazione al capo di domanda con cui i Nastri hanno chiesto il risarcimento pecuniario del danno che essi assumono di aver risentito a causa della mancata adozione, da parte della P. A. di normali cautele nell'esecuzione dell'indicata opera idraulica. Come esposto in narrativa i Nastri hanno, altresi, chiesto l'eliminazione del dissesto mediante rimessione in pristino. L'Avvocatura non si � specificamente occupata di tale capo della domanda, avendo accomunato tutto il contenuto della pretesa, ex adverso dedotta con l'atto introduttivo del giudizio, nella sollevata eccezione di improponibilit� dell'azione. Senonch� l'indicata domanda di ripristino merita separata considerazione, �giaoch� la chiesta ~imozione deMa situazione produttiva del danno e l'invocata restaurazione in forma specifica del diritto leso si concreta in un facere cui l'Ammini,strazione non pu� essere condannata dal giudice or�dinario, stante il disposto dell"art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, a norma del quale l'autorit� giudizfaria deve limitarsi ad accertare la lesione del diritto soggettivo vantato dal1'attore, lasciando che l'Amministrazione adotti i provvedimenti necessari alla specifica rei;;taurazione del diritto leso dall'attivit� come innanzi riconosciuta illegittima. Relativamente alla domanda di rimessione in pristino deve, pertanto, dichiararsi la carenza di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria. Per quel che riguarda, sotto il profilo della competenza, la domanda di risarciment� di danni in ordine alla quale � stata riconosciuta la giurisdizione ordinaria; deve stabilirsi se la relativa cognizione spetti al 1358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tribunale regionale d~lle acque pubbliche, come sostenuto dall'Avvocatura dello Stato con il proposto regolamento di competenza, o al giudice. ordinario non specializzato, come � stato ritenuto dal Tribunale di Salerno. Ai fini dell'esame di tale questione va precisato che i Nastri hanno dedotto come causa della lesione verificatasi nel loro edificio la mancata adozione, nell'esecuzione della compiuta opera idraulica di sistemazione del rio Sguazzatorio, della normale diligenza ed accortezza, in violazione del .generale ;pri�:J.cipio del neminem Zaedere. La causa petendi � J>tata, cio�, individuata in un comportamento colposo della Pubblica Amministrazione e non gi� nel nuovo assetto da essa dato all'indicato corso di acqua demaniale. Si verte, pertanto, nell'ipotesi in relazione alla. quale la giurisprudenza di questo Supremo Collegio ha reiteramente affermato che la competenza spetta all'autorit� giudiziaria civile ordinaria e non al Tribunale regionale delle acque pubbliche, cui l'art. 140 attribuisce e la c�gnizione delle controversie per risarcimento di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla Pubblica Amministrazio-� ne � e non anche di quelle nelle quali ilprivato abbia dedotto che il danno, pur se occasionato dall'esecuzione dell'opera pubblica, sia stato, peraltro, cagionato dall'avvenuta commissione di fatti illeciti nella esecuzione stessa e,. in particolare, da un comportamento non improntato al rispetto del principio presidiato dal disposto dell'art. 2043 cod. civ., semprech� la controversia non involga questioni sulla demania.Ut� deUe acque, sulla portata di provvedimenti amministrativi attinenti al regime di esse e sulla ~spondenza di una determinata attivit� all'interesse pubblico legato al regime stesso (nn. 2039 del 1966; 1313, 1785, 2607 del 1967, 1086 del 1968). Poich� nella specie non � stato sostenuto che l'opera sia, ex se, produttiva di danno, n� � stata sollevata alcuna delle accennate questioni su~la qualitas e sul regime delle acque, deve rigettarsi la istanza proposta col regolamento di competenza ed affermarsi la competenza del giudice civile non specializzato in ordine alla domanda di risarcimento di danni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 ottobre 1971, n. 2959 -Pres. Flore -Rel. Cusani -P. M. Trotta (conf.) -Caval�anti (avv. Roc~ chetti) c. Convitto nazionale maschile Vittorio Emanuele II (avv. Stato Zagari). ' Competenza e giurisdizione -Rapporto di impiego tra i convitti nazionali ed il personale insegnante nelle scuole da essi gestite Situazione anteriore all'entrata in vigore della legge 9 marzo 1967, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1359 n. 150 -Impiego pubblico -Esclusione -Giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie. (c.p.c. art. 429; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29 n. 1; reg. 1 settembre 1925, n. 2009, artt. 141, 142 e 145; r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, articolo unico). Nel periodo anteriore alla promulgazione della legge 9 marzo 1967, n. 150, i rapporti di impiego tra i convitti nazionali e g�li insegnarnti delle scuole �d essi annesse (ed allora solo parificate) erano di nat'Ura privatistica, onde la cognizione delle controversie relative a tali rapporti non � sottratta alla giurisdizione dell'A'Utorit� giudiziaria ordinaria (1). (1) Sulla questione di cui alla surriportata massima cfr. da ultimo Cass., sez. un., 29 aprile 1969, n. 1376 in questa Rassegna 1969, I, 435 ed ivi 436 nota 1. Sulla natura innovatrice non interpretativa della legge 9 marzo 1967, n. 150 che ha riconosciuto carattere pubblico alle scuole di cui si tratta natura ribadita ancora dalla se;ntenza in rassegna con la affermata esclusione della retroattivit� della legge stessa cfr. Cass., sez. un., 30 marzo 1968, n. 985 in questa Rassegna 1968, I, 188 ed ivi 189 nota 1). Nell'occasione la Corte di Cassazione a sezioni unite ha altresi riaffermato che, � nell'ipotesi in cui la legittimazione passiva spetti a una persona giuridica, la eventuale erroneit� e la insufficienza dell'indicazione contenuta nell'atto introduttivo costituiscono causa di nullit� soltanto se, valutato l'atto nel suo complesso, l'indicazione dell'ente o dell'organo che si � in>eso evocare in giudizio risulti assolutamente equivoca; onde agli effetti previsti dall'art. 366, n. 1 .c.p.c. deve ritenersi che non sussista ragione di inammissibilit� qu.ando �non si determini alcuna incertezza nell'identificazione del soggetto contro il quale � diretto l'atto di impugnazione�. Tanto in relazione alla proposizione del ricorso per la specie nei confronti del Preside dell'Istituto parificato (cio� nei confronti di un ente giuridico inesistente e comunque diverso dal convitto nazionale, nei confronti del quale era stata pronunciata la sentenza impugnata), e traendosi argomento del fatto che il ricorso era stato .proposto si contro il Preside dell'Istituto parificato, ma quale Rettore del convitto. SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1971, n. 2936 -Pres. Gian,:: nattasio -Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Cascino) c~ Lofaro Maria (avv. Musolino). Espropriazione per p. u. -Decreto di esproprio sopravvenuto nel corso del giudizio di danno per illegittima occupazione ed utilizzazione dell'immobile -Opposizione alla indennit� -Non necessaria. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Protrazione oltre il biennio -Effetti. (1. 25 giugno 1865, n. 2359,. art. 73). Espropriazione per p. u. -Occupazione temporanea illegittimit� Danni -Criteri di determinazione. Qualora nel corso del giudizio, promosso per conseguire il pagamento del valore venale dell'immobile illegittimamente occupato ed utiiizzato dalla P. A .� intervenga il decreto di espropriazione per p.u., non � necessario che sia proposta anche opposizione alla indennit� di esproprio ai sensi dell'art. 51 legge 1865 n. 2359 in quanto, come il diritto di propriet� si converte, per effetto del provvedimento ablativo, nel diritto all'indennit� di esproprio, cos� la originaria azione risarcitoria si trasforma in quella di opposizione alla stima (1). � (1) La sentenza si adegua all'indirizzo gi� seguito in talune precedenti decisioni cfr. Cass. 30 dicembre 1968, n. 4086 in .Foro It. 1969, I, 1534; 15 aprile 1970, n. 1036 in Giust. Cic. 1970, I, 1375. In dottrina cfr. RuoPPOLO in Giust. Civ., 1969, I, 631 con nota di critica. Il principio affermato non pu� tuttavia non suscitare perplessit�, onde la, questione � stata ulteriormente riproposto all'esame della Suprema Corte. Riteniamo interessante, ad illustrare il thema decidendum, di riportare quanto prospettato nel relativo ricorso. A) Erroneamente l'impugnata sentenza della Corte d'Appello napoletana ha ritenuto che l'originaria domanda risarcitoria della sig.ra Scarpone per la protrazione ultrabiennale senza titolo del.l'occupazione da parte della ANAS di una porzione estera mq. 2600 di un fondo di sua propriet� in agro di Sicignano degli Alburni (Salerno), occorsa per la costruzione di uri tronco dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, potesse, nella sopravve . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1361 n protrarsi dell'occ'Upazione dell'immobile oltre il biennio non ne determina la illegittimit� fin dal suo inizio, ma solo pf!r il periodo 'Ultra biennale (2). Se, di norma, il risarcimento del danno per la �illegittima occupazione dell'immobile viene ragguagliato agli interessi sul valore venale del fondo ovvero S'Ull'indennit� di esproprio, qualora corrisponda a -tale valore; nel caso invece in cui il proprietario fornisca la prova di aver subito, per effetto dell'occupazione, 'Un danno maggiore di quello corrispondente alla mancata percezione dei frutti del fondo, come nel caso in .cui abbia perd�to concrete occasioni di vendere l'immobile ad 'Un prezzo superiore al corrispettivo di esproprio, dovr� il risarcimento venire commisurato al maggior danno (3). (Omissis). -La questione principale, che la presente causa ripropone all'esame di questa Suprema Corte, � quella formulata con la prima delle censure del primo motivo del ricorso incidentale: se, cio�, anche nuta em1ss1one del decreto espropriativo, non impugnato dall'interessata nel termine di cui all'art. 51 I. 25 giugno 1965, n. 2359, essere accolta come opposizione alla stima dell'indennit� di espropriazione, ci� giustificando col ricorso al concetto della conversione processuale. Tale istituto, infatti, non si attagliava e non si attaglia menomamente al caso considerato. Esso, invero, a norma dell'art. 159, ult. comma, c.p.c., supponendo che un atto sia viziato, applica il principio �utile per inutile non vitiatur � e, quindi, si traduce in una diversa efficacia dell'atto, ove esso sia ugualmente idoneo a' produrla. : V'� conversione, a.dunque, allorch� un atto a) non possa produrre un determinato effetto, a causa di un vizio che lo impedisce, ma b) sia, tuttavia, idoneo a produrre un effetto diverso. Nessuna di tali condizioni sussisteva nell'ipotesi considerata. Infatti, la sopravvenienza della pronuncia espropriativa, con la conversione del diritto di propriet� del bene in diritto alla indennit�, non menoma in alcun modo la validit� della domanda di risaricmento danni, la quale, a sua volta, non � per s� idonea a produrre il diverso effetto dell'impugnativa della stima dell'indennit� espropriativa, com'� vero che non v'� continenza dell'una rispetto alla seconda e che la decadenza non pu� essere impedita, se non dall'atto tipicamente previsto, all'uopo, dalla legge. N� ha senso affermare, come fatto dall'impugnata sentenza, per eludere i limiti normali dell'istituto, che tutto si riduceva ad un problema di qualificazione ope judicis. Questa �, s�, potere-dovere del giudice, ma non si riesce a capire come possa la sopravvenienza del decreto espropriativo, ossia la conversione del diritto di propriet� del bene in diritto all'indennit�, influire sulla qualificazione della domanda risarcitoria nel senso di assorbirla e trasformarla in qualificazione di opposizione alla stima dell'indennit�. Non � ipotizzabile tale assorbimento e trasformazione, dato che la domanda risarcitoria e quella della giusta indennit� espropriativa possono perfettamente coesistere. Il factum superveniens della pronuncia di espropriazione non rende diversamente decifrabile dal giudice la domanda risarcitoria, ma solQ vale 1362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nell'ipotesi in cui, essendo il decreto di espropriazione intervenuto tardivamente ed essendo gi� in corso il giudizio promosso dal proprietario del fondo, illegittimamente occupato ed utilizzato dalla pubblica amministrazione, per ottenere, fra l'altro, il pagamento del valore venale del fondo, il proprietario medesimo possa far valere; nel giudizio gi� pendente il diritto alla giusta indennit� di espropriazione, ossia il diritto nel quale si � convertito quello originariamente fatto valere di risarcimento del danno, o debba, invece, a tale uopo, proporre, .in un separato e nuovo giudizio, l'opposizione di cui all'art. 51 della legge sulle espropriazioni, nel termine di trenta giorni dalla notifica del decreto ;prefettizio, termine trascorso il quale, l'indennit� rimane definitivamente stabilita. La questione -gi� risolta da questa Suprema Corte con le sentenze 30 dicembre 1968, n. 4086 e 15 aprile. 1970, n. 1036 nel senso che, nel l'ipotesi considerata, della congruit� della stima debba decidersi �nel giudizio gi� in corso non essendo rr.gionevole duplicare, contro il prin cipio dell'economia processuale o facendo ricadere sull'espropr�ato le a limitarne il contenuto, in relazione alla sanatoria ex mmc della illegittima situazione di apprensione del bene, provocata dal decreto espropriativo. E questo �, precisamente, il consoli.dato insegnamento dell'Ecc.ma Corte di Cassazione (Cass., 5 giugno 1963, n. 1504; 20 gennaio 1964, n. 109; 28 lu glio 1964, n. 2142; 13 febbraio 1965, n. 223; Sez. Un., 22 luglio 1966, nu mero 1986, ecc.). D'altra parte, se funzione del gi~dice � l'accertamento dei fatti e l'ap plicazione del diritto, ossia la fissazione della verit� delle circostanze di fatto rilevanti per la causa e la scelta delle norme applicabili, la loro corretta interpretazione e la deduzione della regola giuridica concreta, � fondamentale ed incontestabile il dovere del giudice medesimo di compiere quelle operazioni in funzione dell'azione proposta, non J;iotendo egli stesso sostituirsi al privato nel chiedere il .provvedimento reputato giusto ed utile, e, per giunta, con una inammissibile mutatio libelli. Il problema, allora, non � di formalismo o non formalismo, ma di obiettivi poteri dei' giudice �secondo il diritto vigente. Trattandosi di stabilire i poteri delle parti, e precisamente dell'attore, l'Ecc.ma Corte di �C:1assazione ha stabilito essere inammissibile domanda nuova perfino quella di risarcimento danni rispetto ad una domanda ori ginaria di condanna ad un facere (Cass., 6 agosto 1968, n. 2815). Ebbene, trattandosi di potere del giudice, di qualificazione dell'azione proposta, come potrebbe, viceversa, negarsi che la domanda di risarcimento per illegittima occupazione e l'opposizione alla stima dell'indennit� espropria tiva sostanzino due realt� giuridiche autonome e distinte? La prima � stata qualificata dall'Ecc.ma Corte Suprema come azione personale restitutoria, o meglio, per effetto della irreversibile trasforma zione del bene verificatasi con la costruzione dell'opera pubblica, risarci toria, in quanto normalmente diretta al conseguimento del valore del bene illegittimamente occupato ed al ristoro del mancato godimento e della man cata disponibilit� dello stesso per il periodo di occupazione sine fitulo (Cass., Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1591; Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1792; Sez. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1363 conseguenze onerose di un ritardo a lui non impugnabile, un'istanza rivolta ad ottenere un medesimo oggetto, ossia l'indennizzo per la perdita del bene, e posto che come il diritto di propriet� si converte, per effetto della pronunzia del provvedimento ablativo, in-quello all'indennit� di esproprio, cosi l'originaria azione di risarcimento del danno si trasforma in quella di opposizione alla stima in virt� della quale � stata determinata la detta indennit� non � suscettibile di una soluzione diversa. Contro le conseguenze che l'intervenuta conversione del diritto sostanziale determina sul terreno del dii-itto processuale non vale opporre gli ostacoli rappresentati dal divieto della mutatio libeiti in primo grado e dal divieto delle domande nuove in appello. Quand'anche volesse ravvisarsi una diversit� -che propriamente non dcorre -di petitum e di causa petendi fra la domanda originariamente proposta e quella in �ui ~sa si trasforma nel corso del giudizio, dovrebbe, tuttavia, riconoscersi che la trasformazione � autorizzata dalla stessa legge. L'art. 52 della legge suJle espropriazioni stabilisce, infatti, che le azioni di rivendica- Un. 29 dicembre 1967, n. 3025, ecc.); la seconda ha per oggetto la deterrninazione della giusta indennit� espropriativa. L'indennit� � concetto ed istituto fondamentalmente diverso dal risarcimento (Cass., 10 aprile 1951, n. 836, Giur. compl. Cass. civ., 1951, 1�, n. 719; Corte Cost., sentenze n. 61 del 1957; n. 33 del 1958; n. 67 del 1959), l'una attiene ad un valore obiettivo, l'altro al soggettivo id quod intereM. L'una � determinata secondo criteri di legge che proprio l'Ecc.ma Corte di Cassazione proclama inapplicabili per la liquidazione �dell'altro (Cass., 27 giugno 1967, n. 1589; 26 aprile 1971, n. 1218; 20 aprile 1971, n. 1131, ecc.). Ed ancora:� L'una va dep�sitata nella Cassa DD.PP. (Cass., 9 .giugno 1964, n. 1425), l'altro va attribuito all'attore; causa petendi dell'una � un atto legittimo; dell'altro � un fatto illecito. Passivamente legittimato all'una � il soggetto espropriante, all'altra azione il soggetto occupante (Cass., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025). Questi due soggetti possono non essere identici: basti pensare alle ipotesi di concorso di pi� enti o soggetti nell'esecuzione di opere pubbliche in cui dall'attivit� sostitutoria di un ente o sog�getto (sostituto, affidatario, delegato o anche concessionario) esuli quella di promovimento e perfezionamento delle occorrenti procedure espropriative (cfr. Cass., 31 gennaio 1968, n. 311). Diverse, adunqlie, le due azioni, cosi come autonome e indipendenti sono le due situazioni, ed i relativi procedimenti, di occupazione e di espropriazione, �dei quali il primo tocca soltanto il diritto d'uso del bene ed il secondo trasferisce il diritto di propriet� �, onde � la p;a. espropriante conserva integro il potere di ottenere l'espropriazione anche dopo decorso il biennio di occupazione provvisoria e pu� esercitare tale potere anche in pendenza del giudizio proposto dal proprietario per ottenere il risarcimento del danno� ~C:ass., 3 ottobre 1963, n. 2679; 29 maggio 1964, n. 1345; 13 febbraio 1965, n. 223). �, infatti, ius receptum nella giurisprudenza dell'Ecc.ma Corte Suprema che, � intervenuto il decreto di espropriazione successivamente al decorso del biennio di occupazione di cui all'art. 73 1. n. 2359 del 1865, cessa, dal giorno dell'emissione della pronuncia espropriativa l'illegittimit� 1364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, di usufrutto, di ipoteca, di diretto dominio e tutte le altre azioni esperibili sui fondi soggetti ad espropriazione, non possono interrompere il corso di essa, n� impedirne gli effetti, e che, pronunciata l'espropriazione, tutti i diritti anzidetti si possono far valere non pi� sul fondo� espropriato, ma sull'indennit� che lo rappresenta. � chiaro che codeste norme -che sono dello, stesso genere di quella dettata dall'art. 948 e.e. per il caso in cui il convenuto nel giudizio di rivendicazione abbia, dopo la domanda, cessato, per fatto proprio, di possedere o di detenere la cosa -non sono suscettibili di essere intese nel senso che il giudizio promosso dal terzo debba essere, dopo la pronunzia del decreto di espropriazione, definito con il rigetto della domanda, o con la dichiarazione che � cessata la materia del contendere, e che il terzo medesimo debba, poi, far valere il suo diritto sull'indennit� di esproprio in un nuovo giudizio, ma debbano essere intese nel senso che il giudizio continua e che sulla domanda deve provvedersi nonostante l'intervenuto mutamento del petitum -�ndennit� che rappresenta il fondo e non il fondo ~e della causa petendi -adeguata alla cangiata situ�zione nei suoi elementi di diritto e di fatto. � altres� ovvio che la medesime disposizioni, in virt� di un'interpretazione semplicemente estensiva, debbono, per identit� di ratio, trovare applicazione nel giudizio promosso dal proprietario contro lo espropriante ove, anche in questo, si verifichi la sostituzione del fondo con l'indennit� che lo rappresenta o, maiori rationi, quando si verifichi la sostituzione di ~somma di denaro con un'altra d'importo eguale o addirittura minore. Se la legge sulle espropriazioni non ha previsto della detenzione del bene da parte della P.A. ed al proprietario spettano, in tale ipotesi, l'indennit� di espropriazione fissata nel relativo decreto o nel giudizio di oppomione a stima. l'indennit� per l'occupazione temporanea legittima ai sensi dell'art. 71 1. org. espr. P.U. ed il risarcimento del danno per il periodo relativo alla occupazione illegittima, oltre il limite del biennio, consistente di regola nel mancato reddito ricavabile dall'immobile, salva la prova del ma~gior danno in conseguenza della indisponibilit� del bene � (Cass., 5 giugno 1963, n. 1504; 20 gennaio 1964, n. 109; 28 luglio 1964, n. 2142; 13 febbraio 1965, n. 223). Ed � appunto il sopravvenuto decreto di espropriazione a � contenere l'obbligo dell'espropriante al pagamento del valore del fondo nei limiti dell'indennit� di esproprio � (Cass., 4 luglio 1969, n. 2450). Insomma, secondo tale consolidato insegnamento, � la sovravvenuta espropriazione non incide sul giudizio instaurato dal proprietario per il risarcimento del danno, che deve essere contenuto, per�, esclusivamente in relazione al periodo di occupazione senza titolo� (Cass., 22 luglio 1960, n. 2087, Foro it., I, 1702, 1706; 13 febbraio 1965, n. 223, Rass. Avv. Stato, 1965, I, 337, sub 2). Di guisa che non gi� v'� conversione di un'azione, nell'altra, ma �oncorso di autonomi e distinti rimedi giuridici, e, nel giudizio risarcitorio PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1365 questo caso, mentre ~ ha previsto l'altro, gli � perch� l'ipotesi di una occupazione illegittima, seguita, a distanza di tempo, dal provvedimento ablativo, � fuori delle linee del suo sistema. Come, per�, si � gi� accennato, non si pu�, nell'ipotesi ~n esame, parlare propriamente di immutazione nel petitum e nella causa petend.i. Difatti l'indennit� di espropriazione non pu� mai essere maggiore del valore venale del fondo ed �, in parecchi casi, sensibilmente minore: di conseguenza il petitum o rimane invariato o viene ridotto: ma la riduzione del petitum in limiti pi� ristretti non importa fa proposizione di una domanda nuova (v. Cass. 7 marzo 1967, n. 534) nel senso iln cui la novit� � vietata a garanzia del contraddittorio o del doppio grado di giurisdizione. N� costituisce domanda nuova quella basata su una causa petendi virtualmente compresa nelle istainze formulate con l'atto introduttivo del giudizio (v. Cass., 5 settembre 1969, n. 3065; 14 giugno 1967, n. 1339). Ora �� co.nforme all'id quod plernmque accidit che la pubblica amministrazione nel rispetto della legge, non si appropri dei beni altrui senza l'osservanza delle apposite procedure ablative e, pertanto, nOl!l � ragionevole supporre che il proprietario del bene illegittimamente occupato non tenga conto della possibilit� anzi della probabilit� -tanto grande da sfiorare la certezza -che, sebbene in ritardo, il decreto di esproprio sia per intervenire nel corso del giudizio. Di conseguenza, l'istanza rivolta ad ottenere la giusta indennit� di esproprio ove il relativo provvedimento abbia luogo, � sempre virtualmente compresa in quella formulata, rebus sic stantibus, per il risarcimento del danno nella parte in cui questa riguarda il pagamento del valore del bene occupato. l'accertamento del valore del bene da parte del giudice del risarcimento � deve aver luogo incidenter tantum, al limitato effetto della determinazione del danno consistente nella mancata percezione del reddito e una tale pronunda non pu�, pertanto, estendersi alla indennit� di espropriazione � (Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, cit., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025, cit.). La stessa azione relativa all'indennit� di occupazione biennale com pete �in via autonoma e distinta dalla indennit� di espropriaz,ione � Cass., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025, cit.). Solo nel caso che il giudizio risarcitorio si concluda senza che sia so pravvenuto il decreto espropriativo � dovuto a titolo di risarcimento del danno l'integrale valore del fondo, che assorbe l'indennit� di espropriazione (Cass., 22 luglio 1960, n. 2087; 20 gennaio 1964, n. 109, Rass. Avv. Stato, 1964, I, 323; Sez. Un., 28 maggio 1971, n. 1589). Nel caso di sopravvenienza del decreto, espropriativo in corso di giu dizio risarcitorio v'�, adunque, l'opposto del fenomeno della conversione. E, come in coerenza con tali consolidati principi della Corte Suprema, non pu� darsi conversione dell'azione risarcitoria in azione di opposizione alla stima dell'indennit� espropriativa, cosi non pu� darsi conversione di quest'ultima nella prima (Cass., 9 giugno 1971, n. 1728, Flore Pres.). 1366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O �D'altro canto, chi si rivolge al giudice per ottenere un certo bene della vita -nel caso l'equivalente del fondo che egli ha perduto -chiede quello che gli spetta secondo le norme dell'ordinamento giuridico e, se invoca quel bene ad un certo titolo -responsabilit� aquiliana -non per questo ne rifiuta, ma ne chiede implicitamente, l;attribuzione anche in base a qualsiasi altro titolo diverso che possa essere riconosciuto sussistente: nel caso in base alla responsabilit� della P. A. per fatto lecito. Ad escludere la ritenuta inutilit�, nell'i.potesi in esame, della preposizione dell'opposizione nei modi e :nei termini di cui al citato art. 51, neppure � conducente il rilievo che nel giudizio iniziato dal proprietario per il risarcimento dei danni rimane estraneo il Prefetto che ha emesso il decreto di espropriazione e che, invece, deve avere la notificazione dell'atto di opposizione alla stima. Difatti codesta notificazione non � diretta ad instaurare un rapporto processuale, ma ha lo scopo di portare a conoscenza del Prefetto, ai fini dell'art. 55 della legge sulle espropriazioni, l'esistenza del giudizio di opposizione alla stima, la cui pendenza impedisce che egli possa autorizzare il pagamento della somma depositata dall'espropriante. Pertanto il Prefetto non �, nei giudizi in cui si controverte sulla congruit� della stima, parte la cui presenza condizioni l'integrit� del contraddittorio. N�, infine, avrebbe col1JSistenza l'argomento contrario che si vorrebbe desum�re dalla considerazione che anche l'espropriante pu� impugnare la stima come eccessiva e che, dovendo egli, nell'ipotesi in questione, proporre riconvenzionalmente la sua domanda, non lo potrebbe stante la preclusione di cui all'art. 167 c.p.c., salvo il caso del tutto� eccezionale nella ipotesi considerata, che il decreto di esproprio intervenga dopo la citazione . e prima della costituzione del convenuto. Difatti la conversione della quale si tratta riguarda la domanda dell'espropriato e non quella dell'espropriante che pu�, ove ne sia il Sembra, pertanto, dimostrato lo stridente contrasto, sia con la norma dell'art. 159, comma terzo, c.p.c., che con tutti i fondamentali principi enucleati �daJ.Ja ricordata giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte Suprema, della conclusione cui � pervenuta l'impugnata sentenza della C'orte d'Appello napoletana, secondo la quale la conversione in discorso sarebbe � un effetto della continuazione del giudizio da parte del proprietario che abbia gi� agito per il risarcimento dei danni�. La prosecuzione di quel giudizio, invece, non pu� �Che continuare a sortire, appunto, una pronuncia risarcitoria, anche se vi sia una mera limitazione di fondatezza del petitum. � .solo in questo senso che pu� agire il factum superveniens (com'� ammesso che esso provochi, viceversa, la totale o parziale fondatezza di una domanda originariamente infondata: cfr. Cass., 11 maggio 1964, n. 1124); ma la mera riduzione del petitum lascia ovviamente inalterata la configurazione gl:Uridica dell'azione e, quindi, non legittima un mutamento di qualificazione PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1367 caso, proporla in un distinto processo per il quale varranno le norme procedurali applicabili in materia di cause aventi elementi comuni. Concludendo, ovvie si presentano le consegue.ze di quanto sin qui � stato detto. Poich� la conversione della domanda ha luogo, nel momento stesso in cui viene emesso il provvedimento ablativo, in virt� di legge e senza che sia in potere dell'attore provocarla od evitarla, ne deriva che essa, verificandosi, elimina gli effetti che secondo l'art. 51 tengono dietro alla mancata proposizione dell'opposizione in esso prevista (cio� la definitivit� della stima determinata in sede amministrativa); che essa ha egualmente luogo sia nel caso che l'espropriato non abbia, sia nel caso che egli, per tuziorismo, abbia anche proposto l'opposizione della forma di cui all'art. 51: nel qual caso il nuovo giudizio sar� regolato dalle gi� richiamate norme in materia di cause identiche e aventi elementi comuni; che ha egualmente luogo sia nel caso che l'attore formuli le proprie richieste adeguandole alla mutata situazione .giuridica, sia nel caso che continui a presentarle nella originaria maniera, e sia nel caso ...che il mutamento della situazione giuridica intervenga nel corso del processo di primo grado, sia nel caso che intervenga in grado d'appello. Pertanto la Corte di merito, anzich� dichiarare cessata la materia del contendere sulla richiesta formulata dalla Lofaro per conseguire l'equivalente pecuniario del terreno, avrebbe dovuto procedere al� giudizio di congruit� della stima operata in sede amministrativa secondo i criteri -normali o ecc~ionali -dettati dalla fogge. Da accogliere �, du:r;1que, .la prima censura del primo motivo del ricorso della Lofaro e disattese debbono essere, in quanto basate sull'erroneo presupposto della necessit�, anche nell'ipotesi in esame, della proposizione di un distinto giudizio di opposizione alla stima, la seconda censura del primo e la prima censura del secondo motivo del ricorso principale. Quanto alle altre censure, formulate contro la sentenza impugnata dall'una e dall'altra parte, � da osservare ci� che segue. della medesima... in eventum da parte del giudice, cos� come sostanzialmente ritenuto dalla sentenza denunciata, n�, d'altronde, senza il consenso del convenuto, l'attore potrebbe egli stesso mutare la domanda in corso di causa (art. 184 c.p.c.); n�, infi.n�, potrebbe seriamente sostenersi che la domanda ex art. 51 I. 25 giugno 1865, n. 2359 sia virtualmente contenuta, '" siccome logicamente e' gjuridicamente implicit, in quella ex art. 2043 e.e. (avv. Franco Carusi). (2) Cfr. Cass. 24 maggio 1968, n. 1572 in Foro It. Mass.; 28 luglio 1964, n. 2142 in questa Rassegna 1964, I, 733; 21 gennaio 1964, n. 109 in Giust. Civ. 1964, I, 1385; 5 giugno 1963, n. 1504 in Riv. giur. edilizia 1964, I, 47; 31 ottobre 1955, n. 3573 i.n Foro Amm.vo 1955, II, 1, 85; 19 ottobre 1955, n. 3309 in Giust. Civ. 1956, I, 915 ecc. (3) Cfr. Cass. 24 settembre 1970, n. 1702 in Giust. Civ. 1970, I, 1517; 20 gennaio 1964, n. 109, ivi 1964, I, 1385 con�nota di rinvio. 9 1368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il protrarsi dell'occupazione temporanea oltre il biennio non implica che essa debba esser considerata illegittima sin dal suo inizio. La eventualit� che essa, disposta come temporanea, sia resa definitiva, �, invero, prevista dalla stessa legge (art. 73 legge sulle. espropriazioni) che la. subordina al compimento della normale procedura di esproprio. Illegittimo �, dunque, il protrarsi dell'occupazione oltre il termine di due anni senza che sia intervenuto il formale provvedimento ablativo, non il fatto che sia disposta come temporanea un'occupazione della quale sia previsto, o prevedibile, il mutamento in occupazione definitiva. Pertanto � da accogliere la prima censura del primo motivo del ricorso principale. Da accogliere � anche la seconda censura del secondo motivo dello stesso ricorso, giacch� � indispensabile distinguere, ad ogni possibile effetto (per stabilire, eventualmente, ad esempio, se la perdita da parte della Lofaro delle concrete occasioni di vendita, di cui in seguito, abbia avuto luogo durante l'occupazione legittima o quella illegittima) le date iniziali e finali delle due successive occupazioni e, conseguentemente, giusta il criterio sopra enunciato, i periodi di legittimit� e di illegittimit� delle due occupazioni, avvenute in tempi diversi e per non eguali estensioni di terreno. Fondate sono la seconda censura del primo mot,ivo ed il secondo motivo del ricorso incidentale. Invero, la sentenza impugnata -non accennando affatto ai risultati della prova testimoniale raccolta in prima sede, per riconoscerne ovvero per escluderne l'attendibilit�, e limitando la liquidazione dei danni derivati dall'occupazion; illegittima agli inte ressi sul valore del fondo, ed affermando, con ci�, implicitamente, che il proprietario del fondo illegittimamente occupato non pu� ottenere un risarcimento diverso dai detti interessi -� incorsa in una omissione di motivazione su un purito decisivo della controversia prospettata dalla parte e si � discostata dal principio di diritto pi� volte affermato da questa Suprema Corte (v., fra le altre, le sentenze 22 luglio 1960, n.�2087; 21 gennaio 1964, n. 109; 24 settembre 1970, n. 1702). Secondo tale prin cipio, normalmente l'effetto lesivo prodotto dalla occupazione abusiva consiste nella mancata percezione dei frutti del fondo, il cui importo, in difetto di una pi� precisa determinazione, va ragguagliato agli inte ressi sul valore venale del fondo e, quindi, ove l'indennit� di espropria zione corrisponda al detto valore (non quindi se essa � determinata se condo i criteri eccezionali di cui alla legge 15 gennaio 1885, n. 2892 ed alle altre numerose leggi che la richiamano) sulla detta indennit�. Ci� per� non esclude che il proprietario possa, a cagione dell'occupazione illegittima, aver perduto concrete occasioni di vendere il bene ad un prezzo superiore al corrispettivo dell'esproprio: di conseguenza, ove quella perdita risulti dimostrata, il risarcimento integrale del danno im plica che gli sia attribuita la differenza fra il maggior prezzo che avrebbe potuto realizzare e la indennit� di esproprio. -(Omissis). � PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1369 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1971, n. 3012 -Pres. Favara Est. Giuliano -P. M. Antoci (conf.) -Ministero dei LL. PP. (avv. Stato Albisinni) c. Fallimento Puglisi (avv. Arena). Obbligazioni e contratti -Clausola risolutiva espressa � Dichiarazione di avvalersi della clausola -Effetti -Decreto amministrativo Ammissibilit� -Opposizione. (e.e. 1456). Qualora i contraenti abbiano stipulato la clausola risolutiva espressa per L'inadempimento, alle parti interessate � attribuito il diritto (potestativo) di determinare l'automatica risoluzione del contratto merc� semplice dichiarazione, che pei contratti stipulati dalia P. A. p�� esser fatta anche con decreto amministrativo, comunicata all'altra parte di volersi avvalere della clausola. In tal caso incombe a quest'ultima, qualora iintenda opporsi .alla risoluzione, di adire l'Auto1�it� Giudiziaria per dirimere il conflitto (1). (Omissis). -Riuniti i ricorsi, a norma dell'art. 335 del codice di rito, la Suprema Corte osserva che con l'unico mezzo del ricorso principale il Ministero, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1456 e.e., in relazione all'art. 150 del T.U. approvato col d.1.1. 19 agosto 1917, n. 1390, e contraddittoriet� di motivazione, lamenta che la Corte del merito abbia reputato ne�essaria, per la risoluzione del contratto, una dichiarazione giudiziale, nonostante la clausola risolutiva espressa, la quale, del resto, corrispondeva a una precisa disposizione dell'art. 150 surricordato. La censura � .fondata. La Corte di Messina, infatti, muovendo dalla considerazione che, nel c_ampo contrattuale l'amministrazione pubblica non ha poteri l'imperio, afferm� che, ove essa �sul ritenuto presupposto che l'altro con � (1) Decisione di indubbia esattezza: la clausola risolutiva espressa � un peculiare mezzo apprestato alla parte, nei contratti con prestazioni corrispettive, per conseguire nel caso di inadempimento dell'altra la risoluzione del rapporto senza ricorrere alle vie normali, mediante un semplice atto di volont�. In dottrina cfr. NATALI Condizione risolutiva espressa e rapporto enfiteutico in Foro lt. 1944-46, I, 570. Il patto infatti postula una specifica manifestazione di volont� del soggetto che intende avvalersi della clausola, la quale pu� desumersi anche implicitamente, purch� in maniera non equivoca -cfr. Cass. 29 dicembre 1969, n. 4052 in Giur. lt. 1970, I, 1, 1214; 11 maggio 1957, n. 1669; 15 ottobre 1957, n. 3834 ecc.-, avente natura di dichiarazione unilaterale a carat 1370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO traente non abbia adempiuto una determinata obbligazione secondo le modalit� stabilite, intenda valersi della clausola risolutiva espressa, deve limitarsi a rendere edotta di tanto la controparte e non decretare con un proprio atto d'impero la risoluzione del contratto�, e ne ha dedotto che, poich� vi era disaccordo tra i contraenti l!Ulia sussistenza dell'inadempimento fatto valere dall'Amministrazione, il Ministero �aveva l'obbligo di adire la magistratura ordinaria per ottenere la dichiarazione giudiziale di risoluzione� del contratto. Con queste asserzioni la Corte del merito � caduta nell'errore denunciato dal Minister0. Questo, invero, non aveva compiuto UJl atto di autorit� valendosi dei propri poteri di natura pubblicistica, bens� aveva semplice:rpente comunicato al fa��imento del Puglisi che il contratto era risolto perch� erasi avverato l'inadempimento previsto dalla clausola risolutiva espressa. L'art. 1456 cpv. e.e. conferisce alla parte. interessata il diritto (potestativo) di determinare la risoluzione automatica del contratto con la mera dichiarazione che intende valersi .della clausola risolutiva espressa. Questa dichiarazione pu� anche esser fatta con un decreto amministrativo, notifi.cato alla controparte, com'� avvenuto nella specie, perch� tal forma non ne cambia il contenuto, che �l di carattere negoziale. �D'altra parte, poich� la dichiarazione prevista da1: capoverso dell'art. 1456 e.e. ha effetto risolutorio immediato, non si �pu� negare alla parte interessata il diritto di dichiarare che il contratto � risolto nell'atto stesso in cui essa fa la suddetta dichiarazione. L'affermazione che il contratto � risolto pu� essere contrastata dall'altra parte; e per tere negoziale con funzione costitutiva dell'effetto risolutivo al momento in cui perviene all'inadempiente. Siffatta dichiarazione non � soggetta a vincoli di forma, cfr. Cass. 25 ottobre 1969, n. 3543 per cui � stato ritenuto che anche un atto di citazione nullo -cfr. Cass., 11 maggio 1954, n. 1490 od una dichiarazione portata a conoscenza dell'altra parte a mezzo di mandatario non munito di apposito mandato scritto. -Cfr. Cass. 2 luglio 1955, n. 2033 -� sufficiente allo scopo. � Oggetto dell'accertamento giudiziale, qualora l'altra parte intenda opporsi agli effetti risolutivi, non � per� la gravit� dell'inadempimento, non potendosi a tal fine il giudice .sostituirsi ai contraenti in materia riservata alla loro libera determinazione, bens� il presupposto della colpevolezza dell'inadempiente perocch�, � nessuna inadempienza, anche in presenza di .clausola risolutiva espressa, pu� determinare la risoluzione del contratto se non sia sorretta da dolo o da colpa dell'inadempiente �. Cfr. Cass. 21 marzo 1970, n. 756 in Foro It. 1970, Mass. Cli.rea la natura di sentenza di mero accertamento, della pronunzia giudiziale concernente la identificazione dei presupposti necessari al diritto di provocare la risoluzione del contratto. cfr. Appello Firenze 8 maggio 1951 in Giur. Toscana 1951 311. .� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1371 derimere un tale conflitto occorrer� l'intervento del giudice; ma se il medesimo riconoscer� che l'inadempiment~ contemplato dalla clausola risolutiva sussiste e che l'inadempimento non ne ha provato l'inimputabilit�, la sua sentenza non aggiunger� sostanzialmente nulla alla situazione giuridica che � stata determinata dalla dichiarazione fatta dalla parte interessata a norma dell'art. 1456 e.e. e si limiter� .a costatare che quella parte aveva ragione di dichiarare conseguentemente, che il contratto si era risolto. (Omissis). CORTE DI CASS�ZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1971, n. 3051 -Pres. Gian. nattasio -Est. Valore -P. M. Silocchi (conf.) -Comune di Palermo (avv. Accardi e Sansone) c. Ministero dei LL. PP. (avv. Stato Albisinni). Espropriazione per p. u. -Concorso di Enti pubblici nella attuazione dei piani di ricostruzione .ai sensi del D. L. 10 aprile 1947, n. 261 Legittimazione attiva e passiva rispetto ai terzi -Presupposti. (d.l. 10 aprile 1947, n. 261, artt. 58 e 59; l. 25 giugno 1865, n. 2359). Se, di regola, parti del rapporto esprop1�iativo sono l'Ente a favore del quale l'espropriazione viene disposta ed il soggetto in pregiudizio del quale ess�a viene pronunciata, con la conseguenza che, normalm"l'nte, i diritti e gli obblighi relativi sorgono direttamente tra di essi, tuttavia qualora pi� Enti pubblici concorrono aU'esecuzione dell'opera, com!? nell'ipotesi in cui il Ministero dei LL.PP. si so�stituisce al Comune nell'attuazione dei piani di ricostruzione, ai sensi degli artt. 58 e 59 D.L.C.P. 10 aprile 1947 n. 261 ed in aitre analoghe previste dalle leggi, verificandosi la separazione tra la titolarit� deUa posizione e� quella della attivit�, la legittimazione attiva e passiva nei confronti dei terzi sussiste in base alla qualit� e quantit� dei poteri conferiti all'Ente che attua l'opera e che il giu�lice dovr� accertare sulla scorta della legge e dei singoli atti amministrativi che siano stati emessi (1). (Omissis). -Il ricorrente, denunciando, con il primo motivo, la violaztone e falsa applicazione dell'art. 58 del citato d. 1. n. 261 del 1947, lamenta che la Corte di merito abbia negato la legittimazione passiva dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici, trascurando di considerare la (1) Cfr. Cass. 21 giugno 1969, n. 2203 in Giust. Civ. 1969, I, 2056; 30 maggio 1969, n. 1918 in Foro It., 1969 Mass.; 13 luglio 1969, n. 2496, in questa Rassegna 1969, I, 45; 31 gennaio 1968, n. 313 ivi 1968, I, 419 con nota cui si rinvia. 1372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO circostanza che l'esecuzio.ne delle opere era stata assunta, in attuazione della norma predetta, non dal Comune, ma dall'Amministrazione, che aveva versato anche l'indennit� fissata nel decreto di espropriazione, e dando, invece, rilievo alla circostanza che beneficiario del provvedimento di espropriazione era n Comune di Palermo, a nulla rilevando, nei confronti nell'espropriato, che si trattasse di sostituzione. La censura � fondata. Il fenomeno del concorso di pi� enti pubblici nell'esecuzione di opere pubbliche non � nuovo: la nostra legislazione speciale ne contempla infatti tutta una serie di casi, di cui quello in esame in tema di piani di ricostruzione costituisce soltanto una ipotesi. Al fine di stabilire, nelle varie ipotesi, quale degli enti assuma la posizion~ di parte nei rapporti con i terzi, attivamente o passivamente interessati alle attivit� relative, questa Suprema Corte, con la sentenza n. 311 del 31 gennaio 1968, ha proceduto alla classificazione �delle diverse fattispecie, fino ad allora presentatesi al suo esame, in quattro distinte gategorie: a) quella della �delegazione amministrativa �intersoggettiva1 �, nella quale l'ente pubblico, investito in via originaria della competenza a provvedere alla esecuzione di una determh~ata opera pubblica, conferisce, avvalendosi di uno specifico potere attribuito dall'ordinamento, ad altro ente pubblico, autoritativamente ed .unilateralmente, una competenza derivata nella stessa materia (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2'711; Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128; Cass., 13 agotsto 1964, n. 2307; 19 luglio 1965 n. 1608; 25 marzo 1966, n. 807); b) quella denominata� affidamento� e comprendente due distinte figure. La prhna, che potrebbe essere senz'altro equiparata alla delegazione amministrativa intersoggettiva, si avrebbe nel caso in cui l'ente pubblico, investito della competenza in ordine all'esecuzione di un'opera interessante altro ente pubblico, ne affidi -sempre sulla base di uno specifico potere conferitogli dalla legge -la intera esecuzione a quest'ulthno (Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412; Cass., 2 agosto )968, n. 2751); la seconda, invece, configurante l'ipotesi dell'affidamento in senso proprio, sarebbe contraddistinta dal conferimento, da parte dell'ente pubblico competente in ordine all'esecuzione di una data opera interessante altro ente pubblico, dal semplice incarico ad organi tecnici di quest'ulthno di curare la parziale esecuzione dell'opera interessante altro ente pubblico, dal semplice incarico ad organi tecnici di quest'ultimo di curare la parziale esecuzione dell'opera stessa (come, ad esempio: la progettazione e la direzione dei lavori), senza peraltro assumerne la titolarit� (Cass. 11 luglio 1966, n. 1829); e) quella comprendente, le ipotesi di mero �finanziamento�, in cui, pur ricadendo l'onere di provvedere alle spese occorrenti per l'oper~ su di un distinto ente pubblico, la competenza in ordine alla sua esecu PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE zione rimarrebbe incardinata nell'ente pubblico che ne � beneficiario (Sez. Un., 6 dicembre 1966, n. 2854; Cass. 6 agosto 1965, n. 1894; 13 giugno 1963, n. 1483); d) quella, infine, comprendente le ipotesi di vera e propria �sostituzione �, in cui, al fine di provvedere ad un'esigenza pubblica che diversamente rimarrebbe insoddisfatta, un ente pubblico, in forza di un espresso potere conferitogli dalla legge, si assume l'esecuzione di un'opera di pertinenza di altro ente pubblico (Cass. 11 luglio 1966, n. 1829). Queste diverse ipotesi non sempre comportano la partecipazione dei vari enti al procedimento espropriativo. Nelle ipotesi del mero finanziamento o del semplice affidamento dell'esecuzione di certe opere, l'ente finanziante o affidatario, infatti, vi rimane estraneo. Nelle ipotesi, invece, di delegazione, sostituzione o. anche affidamento (totale), l'ente delegato, sostituente o affidatario assume non soltanto l'onere finanziario dell'opera e l'esecuzione della stessa, ma anche il compito di provvedere all'espropriazione. In relazione a tali ultime ipotesi, la legittimazione attiva o passiva nei confronti dei terzi va determinata in base alla qualit� o alla quantit� dei poteri che siano conferiti, all'ente che �ttua l'opera, dalla legge o dall'atto ammini;trativo che danno luogo alla particolare situazione. Orbene, la Corte palermitana, pur mostrandosi edotta di tale orientamento giurisprudenziale (ribadito con le decisioni di questa Suprema 1968, n. 2751 e 22 gennaio 1970, n. 136) e pur avendo identificato nelle previsione del citato art. 58 un ipotesi di sostituzione, ha ritenuto di potersi distaccare dalla giurisprudenza medesima, pervenendo a conclusioni opposte, .sulla base della considerazione che, discendendo dalla espropriazione.una responskbilit� da atto lecito, non � possibile ricercare, nei confronti del privato, un responsabile diverso dal beneficiario del provvedimento. Ha osservato al riguardo eh.e la qualit� di espropriante non dipende dal fatto proprio di uno P.ei soggetti attivi nel procedimento di espropriazione perch�, quali che siano i fatti e le attivit� svolte, esse sono incapaci di produrre l'effetto tipico dell'espropriazione, fino a tanto che non intervenga il decreto nei modi e forme di legge e quando il decreto interviene l'effetto traslativo del dominio si verifica soltanto a favore del soggetto che nello stesso decreto � indicato. Sar�, quindi possibile -afferma la sentenza -l'azione di garanzia dello ente beneficiario del decreto nei confronti del delegato o del sostituto, ma non potr� escludersi la legittimazione del beneficiario. Codeste affermazioni, anche se sussidiate da alcuni rilievi non privi di correttezza formale, non appaiono idonee ad inficiare i principi reiteratamente affermati dalla giurisprudenza di questo Supremo Collegio, alla luce dei quali pu� derivare una deroga ai due principi che regolano, in generale, la legittimazione in materia di attuazione di opere pubbliche, 1374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e c1oe, da un lato, quello -ritenuto inderogabile dalla sentenza impugnata -per il quale � parte del rapporto di espropriazione l'ente a favore del quale l'espropriazione � disposta, e, dall'altro, quello secondo cui la responsabilit� delle attivit�, che vengono poste in essere dagli enti pubblici, va attribuita all'ente che le compie. La particolare disciplina legislativa, infatti, per i fini particolari che si prefigge, pei: i mezzi che prodispone e per i risultati cui tende, determina, appunto, una scissione tra la titolarit� della posizione e la titolarit� dell'attivit�, dalla quale deriva che legittimato a compiere l'attivit� con competenza propria sia un soggetto diverso da quello, cui -l'opera spetta, o che un'attivit� sia compiuta nell'ambito della competenza altrui, senza che il soggetto che la compie assume la titolarit� della posizione corrispondente (Cass. n. 311 del 1969, citata). Ne consegue che �: compito del giudice accertare, caso per caso, quale sia l'effettivo contenuto del complesso di attivit� amministrativa, attraverso il quale la situazione per cui un ente compie un'attivit� propria di un altro ente, interpretando di volta in volta la singola disposizione di legge, dalla quale la situazion� � regolata, ed i singoli atti amministrativi che risultino emessi, e che non pu� U giudice limitarsi ad enunciare principi generali, senza darsi carico del quesito se tali principi non abbiano trovato deroga nella .specifica fattispecie in discussione. I Nel caso in esame, la sentenza impugnata, enunciato il principio, secondo il quale legittimato nel rapporto di espropriazione � sempre i l'ente a beneficio del quale l'espropriazione sia stata pronunciata, ha escluso che il principio stesso potesse trovare alcuna deroga, mentre .I avrebbe dovuto, in riferimento al citato art. 58, accertare, attraverso 'lesame di tale norma e ,degli atti amministrativi emessi nel corso del I procedimento, le qualit� e la quantit� dei poteri attribuite ai due neti che erano 'intervenuti nel rapporto di collaborazione e, pertanto, la loro posizione nei confronti dei terzi. L'art. 58 prevede, infatti, che qualora i �comuni non siano in grado, per ragioni tecniche-finanziarie, di provvedere direttamente all'attuazione totale o parziale dei piani di ricostruzione, il Ministero dei Lavori Pubblici �pu� sostituirsi ad �ssi nell'attuazione medesima, in relazione alle necessit� di ciascun comune�; laFnorma prevede, cio�, che, con propria �determinazione autoritativa ed unilaterale, anche se emessa a esguito di .sollecitazione da parte dei comuni interessati, l'Amministrazione dello Stato assume su di s� l'attuazione del pia.no di ricostruzione, sostituendosi al comune cui fale compito spetterebbe. L'attivit� di sostituzione pu� avere un ambito pi� o meno vasto, nel senso che lo Stato pu� assumersi sia l'intera attuazione, che va dall'occupazione dell'immobile al procedimento di espropriazione ed al compimento dell'opera sia assumersi soltanto alcuni di tali -compiti, lasciand9 gli altri al comune; sia l'una che l'altra ipotesi devono intendersi com PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE prese nella previsione legislativa. Ed invero, nel successivo art. 59 dello stesso decreto � prevista una ipotesi di sostituzione piena ed esclusiva in quant� ivi � disposto che, �per le opere concernenti ricostruzioni di fabbricati destinati ad abitazione�, spetta unicamente al Ministero dei Lavori Pubblici procedere all'espropriazione delle aree; ma, dal combinato disposto delle due norme, si evince chiaramente che l'art. 59 regola un'ipotesi gi� compresa nella previsione dell'art. 58, giacch� fa riferimento alla gi� avvenuta assunzione dell'attuazione del pi.ano da parte del ministero, e solo in seno a questa prevede la piena esclusione del comune dal procedimento di. espropriazione; la sostituzione nel procedimento di espropriazione � ammessa, cio�, a sensi dell'art. 58, ma, nella previsione generale ivi contenut�, � lasciata alla tleterminazione discrezionale degli enti interessati stabilire se debba aver luogo o meno, mentre � disposta come attivit� dovuta, :i;iell'ipotesi particolare prevista dall'art. 59. In aderenza a tali principi, questo Supremo Collegio, co:n la citata sentenza n. 2496 del 1968, �ha affermato che �nella ipotesi prevista dall'art. 58 del d.l. C.P.S. 10 aprile 1947, n. 2,61, l'Amministrazione statale o regionale dei lavori pubblici si sostituisce al comune interessato nel provvedere al compimento dell'opera e assume la posizione di parte sia nel rapporto espropriativo che in ogni altro rapporto inerente alla opera, sempre che, dalle particolari modalit� in cui l'attivit� amministrativa venga svolta, non risulti il contrario�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 novembre 1971, n. 3438 -Pres. Boccia -Est. Grimaldi -P. M. Martinelli (conf.) -L.itro (avv. Fornario e Colonna) c. Azienda Autonoma F.S. (avv. Stato Casamassima). Trasporto -Trasporto internazionale qi cose a mezzo ferrovia -Processo verbale� di verifica -Efficacia -Limiti -Responsabilit� ex recepto -Indennizzo per il ritardo nella consegna e per l'avaria - Cumulabilit� -Colpa grave -Onere della prova. (e.e. artt. 1693, 2697; Convenzione Internazionale 25 ottobre 1952 resa esecutiva con I. 28 maggio 1955, n. 916, artt. 3.3, 34 e 44). Il verbale di verifica delle merci trasportate al fine di accertarne la perdita o l'avaria, previsto dall'art. 44 della Convenzione Internazionale 25 ottobre 1952 per il trasporto delle merci per ferrovia, resa esecutiva con legge 28 maggio 1955, n. 916, ha valore di perizia stragiudiziale limitatamente alle obbiettive circostanze di fatto sicch�, ove sia stato redatto 1376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in contraddittorio, � vincolante in ordine alle contestazioni compiute ma non vincola il giudice per tutto quel che concerne le conseguenze giuridiche ad esse 1�elative (1). In conformit� del generale principio di cui all'art. 1693 e.e., il vettore ferroviario � responsabil� del danno per la perdita o l'avaria delle merci dal momento dell'accettazione fino alla riconsegna, ove non provi che il danno sia dovuto ad un evento a lui estraneo e non imputabile, o che sussista una delle ipotesi di limitazione di responsabilit� previste dalle leggi ferroviarie (2). L'indennizzo dovu,to � cumulabile con quello spettante ai sensi dell'art. 34 par. 1 e 9 C.I.M. per il solo ritardo nella consegna deUe merci (3). La responsabilit� del vettore presuppone, per un profilo subbiettivo, un inadempimento genericamente colposo da cui esula ogni presunzione di colpa grave e pertanto incombe all'interessato, che intenda conseguire i pi� rilevanti effetti risarcitori prev.isti dall'art. 37 C.I.M. di fornire la relativa prova (4). (Omissis). -Col secondo motivo si denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 41 e 44 della citata Convenzione Internazionale Merci, in relazione all'art. 53 della stessa Convenzione, nonch� degli art. 1967 e 2738 cod. civ. e dell'art. 49 delle Condizio:q.i e Tariffe Italiane sul trasporto del-le cose di cui al r.d. 25 gennaio 1940, n. 9 e si lamenta l'omesso esame della questione, prospettata in sede di appello, secondo cui con gli accertamenti compiuti ai sensi dei richiamati artt. 41 e 44 della C.I.M. con il riconoscimento, in essi contenuto, del danno. sofferto dal mittente per il ritardo della consegna alle Ferrovie dello Stato erna senz'altro vincolate al pagamento del relativo indennizzo, con preclusione di ogni altra eccezione e difesa. (1) Cfr. Cass. 12 marzo 1969, n. 791 in Foro It. Mass.; 16 marzo 1961, n. 596 in Foro It. 1962, I, 1818 ecc. In dottrina dr. SANTONI Il contratto per il trasporto delle cose suHe Fen�ovie dello Stato 1947, 176 e segg.; DuNI Osservazioni in tema di constatazione di danni nel trasporto ferroviario di cose in Riv. Giur. Circ. e Trasp. 1962, 23. (2) Cfr. Oass. 31 marzo 1969, n. 1070 in Giur. It., 1970, I, 1, 968; Circa il momento della riconsegna al destinata1�io del trasporto cfr. lACCANIELLO ivi, in nota. Per quel che concerne le limitazioni di responsabilit� � pacifico che al vettore a parte i limiti di responsabilit� previsti dalle disposizioni in materia, � dato stipulare clausole limitative di responsabilit�, vincolate alla osservanza del principio generale contenuto nell'art. 12'29 e.e. cfr. Cass. 5 ottobre 1955, n. 2824 in Foro It., 1956, I, 340. (3) Non constano precedenti in termini, ma la decisione appare conforme alla disciplina dettata dalla convenzione Internazionale 25 ottobre 1952 per il trasporto delle merci per Forrovia, come � dato desumere dalla chiara lettera dell'art. 34. (4) Principio pacifico. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA �IVILE 1377 La censura va disattesa. L'istituto della verifica delle cose trasportate per ferrovia, previsto e disciplinato dagli artt. 41 e 44 della Convenzione Internazional Merci, al fine�di accertare la perdita o l'avaria del carico, ha ~l valore e la portata di una perizia stragiudiziale necessaria sui generis, limitata all'accertamento di date circostanze obbiettive di fatto, con esclusione di ogni apprezzamento sulle conseguenze giuridiche di rilievi nei rapporti fra le parti in contesa. In conseguenza, il processo verbale di perizia, redatto in caso di avaria in contraddittorio del mittente o del destinatario e delle Ferrovie, � vincolativo per le parti interessate soltanto relativamente alle contestazioni di fatto (Cass., 17 marzo 1969, n. 791) ma non importa alc.n limite per il giudice nell'accertamento della esistenza e della misura della responsabilit� dell'Amministrazione Ferroviaria per i danni contestati. Con il terzo motivo il ricorrente, nel denunziare la violazione� e la falsa applicazione dei principi e delle norme sulla responsabilit� civile e il risarcimento dei danni, con particolare riferimento agli artt. 26, 27, 28, 33, 34 e 53 della citata C.1.M., e in relazione agli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla Legge in generale, nonch� dell'art. 1222 cod. civ. e 58 delle Condizioni e Tariffe Italiane sul trasporto delle cose (r.d.l. 25 gennaio 1940, n. 9), censura la sentenza impugnata per avere limitato il risarcimento del danno, dovuto per le gravi avarie subite dalla merce a causa del ritardo nella riconsegna, al solo prezzo del trasporto, a norma del 2� comma dell'art. 34 della Convenzione e non all'effettivo documento sopportato dal mittente. Tale soluzione � in contrasto con lo stesso art. 34, che espressamente prevede il cumulo dell'indennit� dovuta pe.r il solo ritardo con l'indennit� dovuta in caso di avaria, senza operare alcuna distinzione in ordine alla causale del danno e senza escludere che l'avaria, per cui spetta il .risarcimento, possa essere anche quella derivante dal ritardo. E, in eff.etti, aggiunge il ricorrente, altri sono i danni risarcibili per il solo ritardo nella riconsegna, altri sono i danni derivanti da avaria, vuoi per il ritardo, vuoi per altra causa. La censura � fondata e va accolta. L'art. 34 della Convenzione Internazionale Merci, .approvata a Berna il 25 ottobre 1952 e ratificata in Italia con la l�gge n. 916 del 1955, -e lo stesso pu� affermarsi per l'analoga disposizione contenuta nella Convenzione approvata a Berna il 1963 -, nel disciplinare l'ammontare dell'indennit� dovuta dalle Ferrovie per il ritardo nella resa della merce ) trasportata, prevede noi tre paragrafi della norma una triplice ipot~si di risarcimento, a seconda delle conseguenze verificatesi per il ritardo stesso: 1) indennit� per il solo ritardo nella riconsegna, anche se manca la prova del danno subito; 1378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2) indennit� spettando all'avente diritto, se prova che il ritardo lo ha danneggiato; 3) eventuale cumulo delle indennit� dovute per. il ritardo con l'indennit� conseguente alla perdita totale o parziale della merce o all'avaria della stessa. Analizzando pi� in particolare questa distinta disciplina, devesi rilevare che nelle prime due ipotesi il pregiudizio contemplato non riguarda il carico nella sua consistenza o entit� materiale, bensi ogni documento provato o non provato, che derivi all'avente diritto per il solo fatto di non ricev�ere la merce. nel tempo stabilito. Trattasi di quei danni che per lo pi� ineriscono al lucro cessante e che, come tali, costituiscono una fonte di controversia in ordine al loro preciso ammontare: giustamente la legge adotta in tal caso un sistema di liquidazione a forfait, vantaggioso sia per il vettore che per l'utente, in quanto elimina contestazioni e prove laboriose. Nella terza ipotesi invece la Convenzione ferroviaria ha inteso rife rirsi al danno inerente alla cosa trasportata nella sua materiale consi stenza, e cio� al cosiddetto danno emergente o danno reale (perdita o avaria), senza alcuna discriminazione in ordine alla causa di esso, per cui appare logicamente indennizzabile anche il danno avvenuto � durante il ritardo e per causa del ritardo�, nel senso che la perdita o avaria non si sarebbe verificata qualora le cose fossero state consegnate puntual mente al destinatario. In tale evenienza � ammesso il cumulo tra l'inden nizzo previsto dai paragrafi 1� e 2� dell'art. 34 e l'indennizzo di cui agli artt. 31 e 33 (perdita o avaria.), con l'unico intuitivo limite di non oltre passare il valore che sarebbe spettato per la perdita totale della merce. � pur vero che al paragrafo 3� dell'art. 34 non si accem;1a in modo espli cit� all'indennizzo per il danno materiale subito dalla merce a causa del ritardo, ma ci� � dovuto a ragioni di tecnica legislativa, in quanto l'ipo tesi stessa risultava gi� regolata in via generale dal precedente art. 33, senza alcuna distinzione in ordine alla causa del pregiudizio, per cui bastava un semplice richiamo a quella disciplina per ritenere compresa tra i risarcimenti indennizzabili anche l'avaria � perdita della merce conseguente alla mancata consegna nei termini di resa. La contraria opinione della Corte di merito, che ha inteso sussumere sotto l'ipotesi di cui al paragrafo 2� dell'art. 34 (indennizzo pari al prezzo del trasporto) anche il risarcimento per avaria del carico dipen dente da ritardo nella riconsegna, cont:r~asta non solo con il principio di diritto che impone l'effettivo indennizzo del danno materiale subito, ma pi� ancora con la logica del sistema della responsabilit� del vettore. All'uopo non � superfluo ricordar�e che l'art. 27 della C.I.M., sulla falsariga dell'art. 1693 cod. civ.. stabilisce che il vettore � respontSabile del danno risultante dalla perdita totale o parziale della merce, nonc~h� delle avarie verificatesi dal momento dell'accettazione al trasporto fino PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE alla riconsegna, a meno che non fornisca la prova che il danno sia dovuto ad un evento a lui estraneo e non imputabile. Tale regola, di portata generale non subisce deroga in ordine alla causa, onde la responsabilit� ex recepto sussiste qualunque sia stata la genesi del danno, salve le poche ipotesi di irresponsabilit� del vettore previst�e dalle leggi ferroviarie (cali naturali, deterioramento interno della merce e trasporti. eseguiti a tariffa eccezionale) che nella specie non ricorrono. Posta questa premessa, anche l'avaria o la .perdita della merce dovuta a ritardo va risarcita nella sua effettiva entit�, essendo irrilevante per l'avente diritto all'indennizzo la �causa del danno e dovendosi riconoscere che la stessa resa non puntual� rappresenta un aspetto dell'inadempimento contrattuale e quindi una fonte di responsabilit� civile. Comunque, anche sul piano logico la tesi dell'assorbimento dell'indennit� per avaria nell'indennit� per ritardo va rifiutata se si vogliono evitare conseguenze inique in ordine alla entit� del risarcimento: e, infatti, qualora le avarie derivanti da ritardo dovessero essere indennizzate a norma del 2� paragrafo dell'art. 34, come ha opinato la Corte di merito, e cio� nei limiti del presso del trasporto e quindi, il pi� delle volte, in misura irrisoria, l'Amministrazione ferroviaria avrebbe' tutto l'interesse, per sfuggire ai risarcimenti normali, a ritardare la riconsegna e a far apparire l'avaria stessa come derivante da fatto del ritardo. Col quarto motivo il ricorrente, nel denunziare la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2.697 cod. civ., in relazione agli art. 1218 e 1228 stesso codice, nonch� all'art. 37 della C.I.M., sostiene che, in ogni caso, il ritardo nella resa della. merce integrava gli estremi della colpa grave di cui all'art.. 37 della citata Convenzione, con la conseguenza che al danneggiato spettava un risarcimento pari al doppio delle indennit� previste dall'art. 34. Su tale profilo della 'lite la Corte di merito, aggiunge il deducente, ha omesso ogni esame, trascurando il rilevare che l'onere della prova di una mancanza di colpa grave incombeva all'amministrazione ferroviaria, si rendeva operante la presunzione di responsabilit� ex art. 1218 cod. civ. Il rilievo � destituito di fondamento. Ai sensi dell'art. 1693 cod. civ. e del correlativo art. 27 della C.I.M. come � stato innanzi sottolineato -il vettore � responsabile ex recepto della perdita e dell'avaria delle cose consegnategli per il traporto dal momento in cui le. riceve al momento in cui le consegna, se non prova che la perdita o l'avaria � derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi della cosa stessa o dal loro imballaggio o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. Ci� implica una presunzione di responsabilit� che non si discosta dalla regola fondamentale dettata dall'art. 1218 cod. civ. relativamente alla r�sponsabilit� del debitore e 1380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che presuppone, sotto il profilo subbiettivo, un inadempimento colposo generico e cio� un comportamento neglimente, imprudente o contrario a norme regolamentari. Esula quindi dal regime del recentum e dal regime generale della responsabilit� per inadempimento ogni presunzione di colpa grave, la quale condurrebbe a risultati opposti a quelli reclamati dal ricorrente e cio� ad una limitazione di responsabilit� del vettore, che, pur nella meno severa formulazione legislativa vigente, deve escludersi. Ritenuto adunque sufficiente ad integrare la presunzione della responsabilit� del vettore il concorso del solo estremo della colpa normale, devesi dedurne l'estraneit� a tale sistema del concetto della colpa grave, anche perch� per la legge ferroviaria citata la colpa grave rappresenta un elemento costitutivo di pi� rilevanti effetti (pagamento del doppio delle indennit� massime previste per le inadempienze vettoriali generiche). In tal caso, come si verifica con la situazione risarcitoria contemplata dall'art. 1225 cod. civ. (inadempimento dovuto a dolo del debitore), rivive la regola generale dettata dall'art. 21697 cod. civ. in ordine alla prova, secondo cui spetta a chi chiede l'attuazione della volont� della legge, in relazione a un diritto che faccia valere in via di azione o di eccezione, di provare il fatto giuridico da cui fa discendere il preteso diritto e cio� le condizioni della PJ.'.e1lesa. Nella specie, incombeva al mittente o destinatario dimostrare la colpa grave del vettore nell'adempimento del contratto di trasporto, al fine di conseguire quegli effetti risarcitori pi� rilevanti previsti dal l'art. 37 della C.l.M. e cio� l'affermazione di� una responsabilit� che esula dai canoni ordinari e presuntivi del receptum. ~ (Omissis). \., CORTE DI CASSAZIONE, Sez. lii, 10 dicembre 1971, n. 3591 -Pres. La Farina -Est. Sgroi -P. M. Caristo (conf.) -Lener (avv. Lener, Lanza, Magliani) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Zagari). Responsabilit� civile -Danni cagionati dalle Forze armate alleate in azioni non di combattimento -Indennizzo -Natura -Criteri!di liquidazione. (1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1, 2, 3; r.d.1. 17 agosto 1935, n. 1765). L'indennit� prevista dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10, recante norme in materia di indennizzi per danni cagionati con azioni non di combi.it PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1381 timento delle Forze armate aUeate, � per contenuto~ presupposti e� ambito �i applicazione, del tuttJo diversa dall'obbligazione risarcitoria da iUecito ex art. 2.043 cod. civ. e va liquidata sulla base dei criteri tassativamente predeterminati d�lla legge speciale la quale, ove si tratti di danni aZ.Za persona, con il rinvio alle disposizi'oni del r.d..l. 17 ago�sto 1953, n. 1765 e succ. modificazioni, richiama unicamente le disposizioni entrate in vigore prima della legge 1951, n. 10 � (1). (Omissis). -Dei due motivi in cui si articola il ricorso, il primo risulta integralmente svuotato di contenuto a seguito della menzionata pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 e dell'art. 2 nn. 1 e 3 della 1. 9 genilaio 1971, n. 10 (contenente norme. in materia di indennizzi per danni arrecati con azioni non di combattimento per requisizioni disposte dalle Forze armate alle�te), nonch� della allegata tabella dei coeffic_ienti in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. �, dunque, la disciplina dettata dalla legge speci�le che va applicata nella specie; e l'indennit� da .essa prevista �, per cc;nteztuto, presupposti e ambito di applicazione, del tutto diversa dall'obbligazione per risarcimento dei danni da fatto illecito di cui all'art. 2043 e.e., con la conseguie:t.;a che la predetta indennit� non pu� essere liquidata, neppure in caso di danni �lla persona, in base ai criteri che presie!lono �l risarcimento del danno ex delicto, ma sofo in base ai criteri tassativi e predeterminati fissati dalla legge stessa (cfr. Cass., 18 maggio 1965, n. 952). Il primo motivo di ricorso si impernia sostanzialmente sulla pretesa dl ottenere un risarcimento del danno alla stregua della disciplina comune sulla responsabilit� per fatto illecito, una voita poste fuori causa per illegittimit� c~stituzion�le (esclu sa, per contro, nella competente sede) le disposizioni della legge speciale, applicate da.i gi�dici di merito. Serionch�, caduto il presupposto della illegittimit� costituzion�le !lella normativa" riguardante gli indennizzi per danni arrecati �on azioni non. di combattimento dalle For~e arm'ate alleate, resta travolta la censura, che da quel presupposto muove e trae alimento; e l'esame del ricorso circoscritto al solo secondo motivo, de dotto, in via subordinata dall'avv. Lener per l'ipotesi, irrecocabilm�nte re�lizzatasi, di ritenuta applicabilit� della legge n. 10 del 1951 al caso qui controverso. (1) Sulla prima parte della massima cfr. Cass., 18 maggio 1965, n. 952 in questa Rassegna 1965, I, 942. La sentenza della Corte Costituzionale 16 marzo 1971, n. 46 si legge in Foro It., 1971, I, 838. 1382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D'.ELLO STATO Le molteplici critiche che con questo secondo motivo il ricorrente muove alla sentenza impugnata, si rivelano tutte infondate. �, in primo luogo, certamente da ripudiare l'idea, espressa dal ricorrente, dell'inapplicabilit� della citata legge alla materia dei danni soffert.i dai professionisti. Questa opinione, che avrebbe eliminato alla radice il problema centrale della causa ed avrebbe reso irrilevante le questioni di legittimit� costituzionale sulle quali � intervenuta la decisione .della Corte Costituzionale, viene testualmente smentita dalla tabella -allegata alla legge e formante parte integrante della medesima -che accanto alle altre categor!e (operai, artigiani, proprietari, imprenditori) considera esplicitamente anche quella dei professionisti. Quanto alla pretesa di vedere applLcata, nella specie, la 1. 3 aprile 1958, n. 499, sull'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, si osserva che, ai sensi dell'art. 2 n. 3 della legge n. 10 del 1951, l'indennit� viene liquidata, se trattasi di .danno alla persona, avendo riguardo ai criteri stabiliti per gli infortuni sul lavoro .dal r.d.l. 17 agosto 1935, n. 1765 e successive modificazioni, in quanto applicabili. Erroneamente l'avv. Lener sostiene che, rinviando indiscriminatamente alle modificazioni successive, la citata tfuiposizione richiamerebbe anche la legge n. 499 del 1958, che � anteriore alla liquidazione dell'indennit� in sede amministrativa. Li'errore consiste, intanto, nell'aver trascurato di tener conto della Tatio ispiratrice dell'intero sistema della legge speciale, in cui -come ha messo in luce la Corte Costituzionale -domina l'esigenza di attribuire ai dannegiati, anzich� un totale ristoro, una indennit� compatibile con i sacrifici sopportabili dall'intera nazione, .sicch� � da rifiutare, in linea di principio, una integrazione di disciplina che sia atta a sovvertire quella mtio. Che il rinvio sia limit�to alle disposizioni entrate in�vigore prima della legge n. 10 del 1951 nella materia dell'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro si desume poi testualmente dal disposto del n. 3 dell'art. 2 �citato, il quale staibilisce che �l'indennizzo si calcola capitalizzando -in base al salario massimo di cui all'art. 4 del d.l. C.P.S. 25 gennaio 1947, n. 14 -la rendita spettalnte in caso di inabilit� all'infortunato o in caso di morte ai superstiti e moltiplicando il capitale cos� ottenuto per una coeffic�ente determinato discrezionalmente dall'Amministrazione fra quello minimo e quello massimo stabilito nell'allegata tabella in rapporto alla categoria professionale alla quale appartiene o apparteneva la persona infortunata�. Essendo il reddito da porsi a base del calcolo chiaramente ancorato alla misura fissata nell'art. 4 del decreto n. 14 del 1947, � la stessa lettera della legge a smentire la fondatezza del riferimento ad una qualsiasi diversa base di calcolo, desunta da una legge diversa da quella espressamente richiamata ed entrata in vigore successivamente alla legge contenente il rinvio. -(Omissis). ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1383 ,CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 dicembre 1971, n. 3779 -Pres. Vallillo -Est. Aliotta -P. M. De Marco (conf.) -Antenore (avv. Di Se.gni e Cagli) c. I.N.A.I.L. (avv. Flamini e Ungaro), Pepoli (avv. De Luca e Silvestrini) e Ministero dei LL. PP. (avv. Stato R. Bronzini). Infortunio sul lavoro -Assicurazioni sociali -Limitazioni in responsabilit� -Presupposti -Rapporti tra appaltante ed appaltatore Inapplicabilit�. ~ (r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4). Danni -Risarcimento -Prescrizione -Domanda proposta nei confronti di uno dei compartecipi dell;illecito -Effetto interruttivo per l'azione di rivalsa verso l'altro dei compartecipi. (e.e. artt. 1310, 2943). L'esonero di responsabilit� stabilito dall'art. 4 del r.d.l. 17 agosto 1935, n. 1765 per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro, in favore del datore di lavoro per i fatti non costituenti reato, ha effetto soltanto nell'ambito del rapporto assicurativo, di cui sono parti l'Ente � assicuratore, il datore di lavoro ed il lavoratore, onde i rapporti tra appaltante ed appaltatore sono regolati invece dalle norme generali dettate per il contratto di appalto e cl.alle eventuali clausole stipulate eroi contraenti (nella specie art. 23 d.m. 28 maggio 1895 -Capitolato Generale di appalto per le Opere pubbliche, che pone a carico dell'appaltatore il risarcimento dei danni a terzi, verificatisi nel corso dei i.avori) (1). La domanda giudiziale per conseguire il risarcimento del danno ed ogni altro atto interruttivo della prescrizione previsto dall'art. 3943 cod. civ., proposto nei confronti di uno dei compartecipanti del fatto illecito, ha effetto interruttivo anche per gli altri e pertanto di esso pu� giovarsi chi tra costoro, per avere risarcito il danneggiato, intenda rivalersi verso i corresponsabili (2). (1) Cfr. Cass. 30 ottobre 1969, h. 3615 in Giust. Civ., 1970, I, 1069; 10 ottobre 1967, n. 2377 ecc. In dottrina dr. RICHARD L'assicurazione contro gli info'l'tuni sul lavoro e le malattie professionali in trattato di diritto del lavoro -vol. IV, 1 Padova 1959, 63-6 e segg.; PERE'.l'TI GRIVA Infortuni sul lavoro e malattie professionali Utet 1937 ip. 270. (2) Cfr. Sez. Un., 7 febbraio 1969, n. 409 in Giust. Civ., 1969, I, 1059; 9 maggio 1965, n. 1883 in Foro It., 1965, I, 1645. Per il precedente orientamento, in senso contrario, cfr. Cass. 20 ottobre 1958, n. 3356; 9 giugno 1956, n. 1983. 10 1384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Va anzitutto rilevato l'inammissibilit�, ai sensi dell'art. 366 'c.p.�c., del ricorso principale proposto dall'Antenore. in quanto non contiene, come giustamente eccepito dall'I.N.A.I.L., l'indicazione della quietanza del deposito per il caso di soccombenza. Ne consegue altresi l'inammissibilit� del relativo ricorso incidentale proposto dal Ministero dei lavori pubblici. Venendo quindi all'esame del ricorso principale proposto dagli eredi Pepoli, si rileva che con il primo motivo i rkorrenti, denunziando la violazione dell'art. 4 r.d.l. 17 agosto 1935, n. 1765, nonch� difetto di motivazione sul punto (art. 360 nn. 3 e 5 �c.p.c.), �sostengono che erroneamente e senza alcuna motivazione la Corte di Appello ha escluso l'ap'plicabilit� nei suoi confronti dell'esonero di responsabilit� previsto nella citata disposizione. Il motivo � infondato. Infatti, come ha esattamente ritenuto il giudice di appello, con adeguata motivazione, esente da vizi giuridici e logici, l'esonero di responsabilit� di cui all'art..4,.della legge infortunistica, previsto in favore del datore di lavoro per i fatti non costituenti reato, � applicabile soltanto nell'ambito del rapporto assicurativo, dal quale sono parti l'ente assicuratore (nella specie l'I.N.A.I.L.), il datore di lavoro ed il laivoratore assicurato. Ne consegue che la norma, per il suo carattere eccezionale, non pu� trovare applicazione al di fuori di tale ambito nei rapporti tra ente appaltante e appaltatore dei lavori che hanno dato causa od occasione all'infortunato, rapporti che sono invece regolati dalle norme generali che disciplinano l'appalto e dalle particolari clausole eventualmente stipulate dalle parti. E nella specie appunto la. responsabilit� dell'appaltatore trova la sua specifica regolamentazione in appos~te clausole del capitolato generale, approvato con d�m� 28 maggio 1895 (art. 23) e nen contratto di cottimo (art. 3), in base alle quali questi si assumeva nei confronti del Ministero ogni responsabilit� per gli ventuali danni a terzi che potessero verificarsi nel corso dei lavori. Del pari infondato � il secondo motivo, con il quaile i ricorrenti, denunziando la violazione degli artt. 2947 -1310 e.e. e delle norme che regolano la prescrizione nonch� difetto di motivazione sul upnto (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.); sostengono che erroneamente la Corte di Appello ha respinto l'eccezione di prescrizione da essi proposta, rite nendo che la causa interruttiva della stessa, posta in essere nei confronti di altro debitore solidale, era operante anche. nei loro confronti, senza per altro precisare quale fosse l'obbligazione ..solidale. Infatti, come La �giurisprudenza, applicando testualmente la norma di cui all'art. 1310 cod. civ., con particolare riguardo alla solidariet� passiva, ha ripetutamente affermato che qualsiasi atto interruttivo compiuto dal creditore verso uno dei condebitori ha efficacia interruttiva della prescrizione anche nei confronti degli altri coobbligati. Cfr. Cass. 9 febbraio 1962, n. 272 in <;iust. Civ. 1962, I, 885. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE esplicitamente affermato dalla: Corte di Appello nei rapporti tra l'I.N.A.I.L. e l'Antenore e quindi implicitamente, per analogia di situazioni giuridiche, nei rapporti tra il Ministero e l'appaltatore Pepoli, secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze Sez. Un., 7 febbraio 1969, n. 408 e 3� Sezfl. 6 agosto 1965, n. 1883), la domanda giudiziale di risarcimento, proposta, dal danneggiato nei confronti di uno dei compartecipi del fatto illecito, ha effetto interruttivo anche nei confronti degli altri compartecipi. Ed analogo effetto interruttivo deve essere in conseguenza riconosciuto ad ogni altro atto interruttivo della prescrizione previsto nell'art. 2943 e.e. Pertanto di tale effetto interruttivo il �compartecipe perseguito dal danneggiato, pu� giovarsi, in virt� dell'art. 1310 e.e., ai fini del computo del decorso del termine della priescriziorie per la sua azione d.i accertamento della corresponsabilit� di altro compartecipe del fatto illecito, comunemente denominata di rivalsa o di regresso. Ne consegue nelle specie che il Ministero re,spon' �sabile dell'incidente de quo, solidam�nte con l'appaltatore dei lavori, convenuto in giudizio dall'INAIL con a!zione di regresso ex art. 4 della citata legge infortunistica, poteva a sua volta giovarsi degli effetti interruttivi della prescrizione v~catisi nei suoi confronti per agire in via di rivalsa contro l'appaltatore PePOli. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA* CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 820 -Pres. Potenza -Est. Battara -Stefanelli (avv. Caminiti e Cannata) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Giorgio Azzariti). Danni di guerra -Sequestri all'estero di somme liquide -Accordo italo-egiziano 10 settembre 1946 reso esecutivo con 1. 10 maggio 1957, n. 512 -Liquidazione -�Criteri. {artt. 1 e segg. l. 29 gennaio 1951, n. 21). Ai fini della liquidazione da parte deU'Ammimistrazione di una somma pari ai fondi liquidi sequestrati presso cittadini italiani dal Governo egiziano assume rilevanza, secondo quanto previsto daita l. 29 gennaio 1951, n. 21, il solo elemento relativo al saldo deUe attivit� liquide sequestrate, non richiedendo la legge alcun accertamento circa le misure adottate in sede di sequestro dall'autorit� egiziana (1). (1) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 837 -Pres. Granito -Est. Giura: -Bellesia (avv. C. e N. Sciacca) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Peronaci). Giustizia amministrativa -Ricorso avverso atto non ancora emanato Inammissibilit�. Atto amministrativo -Annullamento d'ufficio -Presupposti e limiti Decorso del tempo -Valutazione -Obbligo -Sussiste.. � inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro un provvedimento amministrativo non ancora emanato (1). (1) Giurisprudenza costante. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezion& ha collaborato anche l'avv. Francesco Mariuzzo. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1387 L'annullamento d'ufficio di un atto amministrativo viziato � condizionato, oltre che alla sussistenza del vizio, all'esistenza di ragioni di pubblico interesse, che ne consigliano la rimozione; pertanto, di fronte alla consolidazione degli effetti di un atto, determinata dal decorso di un notevole lasso di tempo, sussiste l'obbligo di valutare sul piano discrezionale sia l'esigenza del rim�istino della legalit�, dimensi011abile anche in termini economici ove rifietta questioni patrimoniali, sia l'esigenza di non turbare situazioni giuridiche ormai definitive (2). (2) La Sezione ha fatto applicazione nel caso di specie dei principi generali elaborati in materia di convalescenza dell'atto amministrativo, dichiarando l'illegittimit� di un provvedimento di annullamento di un atto di collocamento in congedo, risalente al 1949; i presupposti dell'annullamento in sede di autotutela sono stati correttamente identific~ti nella massima, che sembra aver trascurato, peraltro, di considerare che l'esistenza di ragioni di pubblico interesse, la cui omessa valutazione ha viziato i1 provvedimento impugnato, andava strettamente correlata ad esigenze di carattere patrimoniale, nelle quali ovviamente l'astratta esigenza del ripristino della legalit� si colora in modo particolare, nonch� alla circost�nza che l'annullamento era stato effettuato dall'autorit� amministrativa in presenza di due contemporanei rapporti di servizio da parte dello stesso dipendente. La valutazione della rilevanza in materia patrimoniale deve ritenersi, infatti, esistente in re ipsa in un sistema amministrativo nel quale l'ordinamento della spesa � fondato sul principio di legittimit� della stessa: e tale conclusione appare, del resto, avvalorata proprio dalle indicazioni fornite dalla Sezione per un corretto esercizio del potere di annullamento, tenuto conto della concreta inesistenza, in materia patrimoniale, di criteri sicuri e diversi da quelli rivolti al recupero di somme indebitamente per.cette ed idonei ad ancorar.e l'esercizio della discrezionalit� da parte dell'Amministrazione. (Cfr. Ad. plen. 28 novembre 1970, n. 12 Il Consiglio di Stato 1970, I, 1841; Ad. plen. 7 ma'fzo 1962, n. 2, ivi, 1962, I, 397; inoltre Sez. IV, 8 ottobre 1961, n. 542, ivi, 1961, I, 1832; Sez. IV, 4 novembre 1963, n. 603, ivi, I, 1307. In dottrina cfr. SANDULLI: Manuale di diritto amministrativo, GIUFFR�, 1962, 376 e sgg.; CANNADA-BARTOLI: Sulla discrezionalit� dell'annullamento d'ufficio, RADP 1949). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 839 -Pres. Granito -Est. Paleologo -Serao (avv. AnvaldC� e� Vitellio) c. A.N.A.S. e Prefetto di Napoli (avv. Sta>to Dallari) e soc. Infrasud (avvocato Ferrari). Giustizia amministrativa -Atto impugnabile -Occupazione temporanea -Autorizzazione all'ingresso nel fondo per la redazione dello stato di consistenza -� atto preparatorio -Impugnazione Inammissibilit�. (art. 71 I. 25 giugno 1865, n. 2359). 1388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giustizia amministrativa -Atto impugnabile -P�rtecipazione, al privato, della data di redazione dello stato di consistenza -� atto preparatorio -Impugnazione -Inammissibilit�. Espropriazione per p. u. , -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Autorizzazione all'ingresso nel fondo -Obbligo di notifica o comunicazione al proprietario -Non sussiste. Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione -Obbligo di picchettamento -Non sussiste. (art. 8 l. 25 giugno 1865, n. 2359). Espropriazione per p. u, -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione da parte di un tecnico dell'A.N.A.S. -Legittimit�. (art. 34 l. 7 febbraio 1961, n. 59; art. 32 1. 25 giugno 1865, n. 2359). , � inammissibile il ricorso giurisdizionale avanzato contro l'atto del Prefetto di autorizzazione all'ingresso nei 'berreni di privati, preordinato alla redazione dello stato di consistenza, trattandosi di un mero atto intermedio del procedimento che si conclude con l'occuwzione temporanea (1). � inammissibile il ri.corso proposto contro l'atto di comunicazione della data fissata per la redazione dello stato di consistenza, risolvendosi detto atto in un momento intermedio del procedimento di occupazione temporanea (2). L'atto del Prefetto di autorizzazione all'ingresso nei terreni di privati non deve essere notificato ai relativi proprietari, essendo sufficiente che essi ne prendano conoscenza al momento della redazione dello stato di consistenza (3). Nel corso della redazione dello stato di consistenza non sussist;e alcun obbligo di delimitare con picchetti o altri segnali il fondo da occupare, essendo condizione neces8aria e sufficiente la sua esatta determinazione (3). Legittimamente la redazione dello stato di consistenza di fondi da occupare da parte dell'A.N.A.S. viene effettuata, ai se1t8i di quanto disposto dall'art. 34 della l. 7 febbraio 1962, n. 59 in deroga alla previsione generale deU'art. 71 della l. 25 giugno 1865, n. 2359. direttamente da tecnici della suddetta Azienda (5). (1-2-3-4-5) Massime da condividere. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1389 CONSIGL.:IO DI STATO, Sez. V, 29 settembre 1971, n. 773 -f'res. ed Est. Breglia -Rel. Salvatore -Svampa (avv. De Paolis) c. Comune di Roma (avv.ti Rago e Carnevale) e Prefetto di Roma (n. c.). Giustizia amministrativa -Giunta provinciale amministrativa -Dichiarazione di incostituzionalit� -Devoluzione del giudizio al Consiglio di Stato -Riassunzione -Termine di decadenza -Non sussiste. Giustizia amministrativa -Impiego pubblico -Segretario comunale Pretese patrimoniali -Ministero dell'Interno -Non � controinteressato. Corte costituzionale -Sentenza dichiarativa di incostituzionalit� Interpretazione -Necessit�. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Prescrizione ~ Dichiarazione di incostituzionalit� -� limitata ai rapporti d'impiego privato. (e.e. artt. 2948, n. 4, 2955 e 2956). lmpieg�;> pubblico -Segretario comunale -Supplenza -Diritti di segreteria -Mancato computo -Legittimit�. Impiego pubblico -Segretario comunale -Supplenza -Determinazione del compenso per il periodo anteriore atl'entrata in vigore della L. 8 giugno 1962, n. 604 -Distinzione rispetto al periodo successivo -Necessit�. (art. 39 1. 8 giugno 1962, n,. 604; art. 193 t.u. 3 marzo 1934, n. 383). La devoluzione al Consiglio di Stato delle' competenze gi� appartenenti aila Giunta provinciale amministrativa in s. g. presuppone soltanto che il ricorso, introduttivo dell'originario .giudizio, sia stato a suo tempo ritualmente proposto e che, del pari, il giudizio medesimo non sia divenuto irrevocabile, del tutto irrilevante essendo il momento in cui concretamente il processo viene riassunto dinanzi al Consiglio di Stato (1). Nel giudizio che venga proposto in sede giurisdizionale nei confron.ti di un Comune da parte d;i un proprio dipendente il Ministero dell'Interno non assume la veste di controinteressatl>, in quanto l'eventuale ac (1) La massima � da approvare in assenza di espliciti termini di decadenza per la riassunzione davanti al C.d.S. dei giudizi gi� pendenti dinanzi alle G.P.A., risolvendosi il �coniroarlo avvi.so in una ipotesi di denegata giustizia, come � stato chiarito nella motivazione; vedasi per rif. Cass. SS.UU., 21 settembre 1970, n. 1642, Giust. Civ., 1970, I, 1330. 1390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO coglimento del ricorso � destinato ad incidere esclusivamente sul Comune (2). Le. sentenze dichiarative di incostituzionalit� vanno interpretate, tenuto anche conto dell'eventuale limitato rilievo della pronuncia nel contesto delle norme sottoposte a giudizio, con riferimento alla motivazione, che ne costituisce il presupposto e daila quale si rende evidente l'esatta portata della decisione (3). La dichiarazione di incostituzionalit� degli artt. 2948, n. 4, 2955 e 2956 e.e., disposta dalla Corte costituzionale con sentenza del 10 giugno 1966, n. 63 per la parte in cui le suddette norme consentivano la prescrizione dei crediti di lavoro in costanza del relativo rapporto, deve essere limitata, alla luce di quanto si desume dalla motivazione, al rapporto d'impiego di diritto privato, risultando in modo ce.rto escluso l'ambito del rapporto di pubblico impiego dalla portata della dichiarazione di incostituzionalit�, anche se, in tale ultimo caso, in difetto di disciplina espressa, debbano ritenersi applicabili disposizon del e.e. (4). Nel calcolo del compenso dovuto a segretari comunali in caso di supplenza legit�mamente viene omesso il computo dei diritti di segreteria, non essendo questi ultimi ricompresi nella voce tabellare iniziale e spettando esclusivamente in 1'elazione al compimento effettivo di singole prestazioni (5). Relativamente alle supplenze dei segretari comunali, effettuate in data anteriore all'entrata in vigore della l. 8 giugno 1962, n. 604 la liquidazione del compenso va determinata secondo quanto stabilito dall'articolo 193 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383 non avendo la nuova discip1.(ina introdotta carattere retroattivo (6). (2) Massima esatta. (3-4) L'affermazione refativa all'.interpretazi.one delle decisioni della Corte costituzionale va condivisa, avendo, tra l'altro, la sezione po,sto in rilievo la sua opportunit� non soltanto in via g,enel'ale, ma nell'ipotesi in cui la dicbia['azione cli incostituzionalit�, attenendo ad un solo aspetto della portata della norma, consenta la sua integ,rale, letterale sopravvivenza. Non � pacifica, al contrario, la conclusione che nella fatti.spede trae il collegio: cf:r. in senso difforme Sez. VI, 23 marzo 1971, n. 225 It Consiglio di Stato 1971, I, 618; vedasi anche Corte cost. 20 novembre 1969, n. 143 in questa Rassegna 1969, I, 1002. ' (5-6) Massime esatte. OCNSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 settembr,e 1971, n. 696 -Pres. Tozzi -Est. Valitutti -Consoli (avv. Tafuri) c. Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Zagari). Impiego pubblico -Trasferimenti -Graduatoria degli aspiranti Ricorso .gerarchico -Semplice interesse al miglioramento delle posizione in graduatoria -Non � giuridicamente protetto -Omesso PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1391 esame della posizione della ricorrente in sede di decisione gerarchica -Illegittimit�. La sola, obiettiva possibilit� di conseguire il trasferimento richiesto legittima l'impugnativa in sede gerarchica della graduatoria di trasferimento, non potendosi riconoscere giuridica rilevanza al mero interesse al miglioramento della rispettiva posizione in graduatoria, alla quale fa, infatti, difetto ogni natura di merito; illegittimo risulta, in conseguenza, il provvedimento di"accoglimento del ricorso gerarchico, che abbia omesso l'esame della concreta situazione dell'interessata ai fini� suindicati (1). (1) -Cfr. Sez. VI, 14 novembre 1969, n. 657, Il Consiglio di Stato 1969, I, 2251. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 settembre 1971, n. 699 -Pres. Tozzi -Est. Brignola -Di Leonardo (avv. Tribuzio) c. Ispettorato Scolastico Melfi e Direttore didattico Rionero in Vulture (avv. Stato Casamassima). Impiego pubblico -Note di qualifica -Dipendente in servizio in pi� uffici nel corso dell'anno -Competenza -Criterio. (artt. 49 e segg. t.u. 10 gennaio 1957, n. 3). Impiego pubblico -Note di qualifica -Ricorso gerarchico -Decisione motivata su fatti non contestati in precedenza -Illegittimit�. Impiego pubblico -Note di qualifica -Assenze giustificate -Valutazione negativa -Possibilit� -Limiti. La valutazione dei pubblici dipendenti che abbiano prestato servizio in pi� uffici nel corso dell'anno va effettuata, in sede di redazio-ne delle note di qualifica, dall'organo preposto all'ufficio presso il quale l'interessato presta attuamente la propria opera, a nulla rilevando, a tal fine, l'eventuale maggiore periodo di appartenenza �ad altri uffici (1). In sede di decisione di ricorso gerarchico � inibita all'Amministrazione l'introduzione per la p1�ima v~lta nella valutazione complessiva annuale di un insegnante di fatti mai contestati e accertati, non essendo consentito all'autorit� decidente di utilizzare elementi di giudizio diversi da quelli che formano l'oggetto del thema decidendum �2).~ Le assenze dal servizio regolarmente giustificate non possono costituire, di per s� considerate, il presupposto per una valutazione negativa, non potendo essere imputato al pubblico dipendente l'incidenza obiettivamente negativa sul servizio delle assenze medesime (3). (1-2-3) Massime esatte: cfr. Sez. V, 3 aprile 1970, n. 330, Il Consiglio di Stato 1970, I, 624; Sez. VI, 24 gennaio 1962, n. 92, ivi, 1962, I, 145. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1971, n. 1887 -Pres. Giannattasio -Est. Perrone Capano -P. M. Silocchi (conf.) � Ferraro (avv. Bonsembiante e Manzi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Acquisto di area pro indiviso -Applicabilit� -Assegnazione distinta di soli uffici o negozi -Ininfluenza. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). Quando pi� persone acquistano la propriet� d'i un'area e contemporaneamente stabiiiscano l'appartenenza delle singole unit� immobiliari del fabbricato che verr� costruito, l'acquisto deti'area avviene sempre per propriet� indivisa e pu� quind.i fruire deWagevolazione dell'art. 4 della t. 2 luglio 1949, n. 408 anche se col distinto e separato negozio di conces�sione reciproca e ad aed.ificandum � si attribuisce a tal.uno dei candomini la propriet� di soli uffici o negozi (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, per avere i giudici di merito ritenuto che nella specie non fossero a1Pplicabili le �suindicate agevolazioni tributarie. � Il ricorso � fondato. Si � gi� detto che i fratelli Ferraro vendettero a pi� persone, fra cui la Fracanzani, una parte dell'area edificaibile di loro propriet�; con l'intesa che sull'intera area sarebbe stato costruito un nuovo fabbricato. In (1) In ordine alla fattispecie va precisato che nel caso non cade in questione la vendita isolata di negozio (art. 17), bens� l'acquisto dell'area destinata alla costruzione di un edificio per case di abitazione con negozi (articolo 14); il conttatto di acquisto dell'area va considerato separatamente dall'autonomo e coevo negozio di concessione reciproca del diritto di superficie per il costruendo edificio in condominio e, cosi isolatamente riguardato, al contratto di acquisto per propriet� indivisa non pu� essere negata l'age-. volazione se nel complesso dell'edificio (quale che sar� la successiva ripartizione fra condomini per effetto dell'altro rapporto) le parti destinate� ad uffici e negozi non sono prevalenti. L'autonoma tassabilit� dell'atto di co PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1393 realt�, nonostante l'unicit� dell'atto, furono eseguite pi� vendite (a diversi acquirenti) di quote indivise della detta area, le quali corrispondevano � al valore proporzionale del1e future quote di propriet� dello erigendo fabbricato�. E tali quote di propriet� dovevano costituire �singole unit� immobiliari appartenenti ai singoli proprietari�, salvo il condominio sulle parti comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1117 cod. civ. Avvenuta la costruzione, che ebbe per ogget.to case di abitazione (non di ..lusso) e locali destinati ad altri usi, la Fraca:nzani divenne proprietria dell'unit� immobiliare che le era stata assegnata, costituita da un negozio. Il quesito, che venne sottoposto ai giudici di merito, consisteva nello stabilire se io! contratto di compravendita concluso dalla Fracanzani potesse beneficiare delle agevolazioni tributarie (imposta fissa di registro e riduzione ad un quarto dell'imposta ipotecaria) previste dall'articolo 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che � applicabile solo per le costruzioni di � case di abitazione, anche se comprendono uffici e negozi �. La Corte di appello ha risolto il quesito in senso negativo, ritenendo in via di principio: a) che, ai fini delle predette agevolazioni, si debba � ricercare se il fabbricato, pur costituendo strutturalmente un solo corpo, sia altresi un unico oggetto, oppure rappresenti una somma di oggetti diversi, aventi ciascuno una propria individualit� e costituenti, in ultima analisi, immobili divers} �; b) che � nel caso in cui, essendoci una pluralit� di persone, il gruppo non acquisti la propriet� pro indiviso della eostruzione, ma ciascun soggetto consegua la propriet� esclusiva di una parte. (un'ala del fabbricato, o un singolo appartamento, o un negozio, o un ufficio), l'unit� della costruzione viene meno, ,e non v'� pi� un solo oggetto, ma una pluralit� di oggetti, ciascuno dei quali deve essere considerato separatamente al fine di stabilire se ricorrano le condizioni di legge per il beneficio tributario�. Applicando tali principi alla fattispecie, ha poi ritenuto che con il sorgere, fiJn da;Ll'origine, di tante singole propriet� esclusive, l'unit� della costruzione si frazion� nella molteplicit� delle singole parti, ciascuna delle quali costitui un oggetto separato e autonomo, suscettibile di una propria disciplina, e 'che i.n tal modo vennero a costituirsi altrettante untt� im stituzione reciproca del diritto di .superficie, che non d� luogo a connessione ex art. 9 legge di registro, esclude che questo atto possa influenzare. ai fini della tassazione il contratto di acquisto dell'area. Sulla tassabilit� dell'atto di costituzione del diritto di superficie si veda fa sent. 5 giugno 1971, n. 1674 (in questa Rassegna, 1971, I, 1127 con richiami) che ha escluso l'applicazione del beneficio dell'art. 14, ed ha altresl escluso che questo atto possa considerarsi in connessione strumentale o indissolubilmente collegato con quello di acquisto de�'area, ed ha infine escluso che la concessione reciproca possa considerarsi una permuta. 1394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mobiliari, tra le quali intercorreva � un mero rapporto di vicinanza �. In sostanza, la Corte d'appello ha affermato �che un unico edificio, costi tuente nella sua struttura un unico fabbricato, ove appartenga a pi� persone, in condominio per le parti comuni (suolo, fondazioni, tetti, sca le, ecc.) ed in propriet� esclusiva per le singole unit� immobiliari (ap partamenti, uffici, negozi, ecc.), dev�e considerarsi, ai fini tributari di cui trattasi, com� una pluralit� di immobili, diversi e distinti, fra i quali intercorra un rapporto di mera vicinanza. Siffatte affermazioni non possono essere condivise per un triplice ordine di ragioni. 1) La legge 2 luglio 1949, n. 408, .prevede J.e � unit� economiche a s� stanti ., al fine di escludere l'applicabilit� delle agevolazioni tribu tarie concesse con la legge medesima, solo per i negozi gi� costruiti, che formino oggetto di vendita isolata (art. 17, ultimo comma). Ana loga previsione non � contenuta nell'art. 14, che riguarda �gli acquisti di aree edificabili ed i co~tratti di appalto, diretti alla costruzione di case di abitazione non di lusso, anche se comprendano uffici e negozi. Nena specie, la Fracanzani acquist� una quota indivisa di area edifi cabile, non un negozio (anche se poi divenne proprietaria di un nego zio, successivamente costruito); e, ai fini dell'imposta di registro sul contratto di compravendita, si discuteva circa l'applicabilit� dell'art: 14, non dell'art. 17 della legge del 1949. 2) Nessuna disposizione di tale legge richiede che, ai fini dell'appHcazione dell'art. 14, il nuovo fabbricato appartenga in propriet� ad una sola persona. � pacifico, anzi, che le agevolazioni tributarie in parola si applicano anche nei casi di compropriet� e di condominio. Ed � principio ormai affermato che, ai fini delle dette agevolazioni, occorre aver riguardo alla destinazione .prevalente dell'intero edificio, non alla destinazione delle singole unit� immobiliari in �esso incorporate. La prevalenza si determina in base ai criteri specificati con le leggi inter. pretative ed integrative del 6 ottobre 1962, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212. Se prevalenti -rispetto agli uffici e ai negozi -sono le case di abitazione, le agevolazioni competono (sempre che ricorrano le altre condizioni richieste dalla legge) non solo per le case di abitazione, ma anche per gli uffici e i negozi, anche se appartenenti a .diversi .proprietari. 3) � giurisprudenza di questa Supr�ema Corte (sentenze n. 2297 del 1968, nn. 255, 608, 639, 714 del 1970, e altre) che la convenzione con la quale pi� soggetti, divenuti comproprietari di un suolo edificatorio per effetto di compravendite di quote indivise dello stesso, convengono nel l,Iledesimo atto di compravendita di costruire sul loro suolo un edificio in condominio, stabilendo che ciascuno di essi debba divenire proprietario esclusivo di una parte determinata del progettato edificio (tpotesi che ricorreva nella fattispecie), costituisce concessione reciproca di diritti di superfici.e, ai sensi dell'art. 952 e.e., soggetta ad PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1395 autonoma tassazione per imposta di registro. Nell'enunciare tali principi, questa c�orte ha sempre affermato che la reciproca concessione ad aedificandum non � necessariamente ed intrinsecamente connessa, ai sensi dell'art. 9 della legge del registro, con i contestuali contratti di acquisto delle quote indivise dell'area edificabile, i quali, ove ne ricorrano gli estremi, fruiscono delle agevolazioni tributarie previste dall'art. 14 della legge n., 408 del 1949. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1968 -Pres. Stella Richter -Est. Granata -P. M. Gentile (conf.) -Cassa di Risparmio .di Parma (avv. Costa) c.' Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposta generale sull'entrata -Istituti esercenti il credito -Decisione della sezione speciale per le imposte di negoziazione della Comutlssione Provinciale -Azione ordinaria -Termine -� quello di sei mesi. (1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 51 e 52). Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Interessi sui mutui concessi a Comuni e provincie -Esclusione. (1. 19 giugno 1940, n ..762, art. 1 lett. f), art. 3 lett. e). IZ termine per Za proposizione deU'azione ordinaria dopo Za deci sione deLla Sezione speciale per l'imposta di negoziaziooe detla Com missione Provinciale delle imposte in materia di valutazione delle en trate derivanti dalle operazioni degli istituti eserce111,ti il credito (art. 51 legge 19 giugno 1940, n. 762) � quello di sei mesi, avente1 portata gene rale, e non quello di 60 giorni di cui all'art. 52 (1). Gli interessi sui mutui concessi ai comuni e alle provincie non danno luogo ad entrata imponibile in quanto sono da considerare astrat ta,mente qualificabili neilZa categoria A del reddito di ricchezza mobile, a norma delL'art. 3 lett. e) delZa legge 19 giugno 1940, n. 762 (2). (1-2) Sulla prima massima, di evidente esattezza, cfr. la Cass. 10 di cembre 1970, n. 2625 (in questa Rassegna, 1971, I, 146) che ha ritenuto il termine di sei mesi di applicazione generalissima e quindi riferibile, ove non �sia diversamente stabilito in modo espresso, a tutte le decisioni di contenuto sia amministrativo che giurisdizionale. La seconda massima suscita invece gravi perplessit� e non pu� essere condivisa. La Suprema C'orte, difatti, � pervenuta alla conclusione che gli interessi sui mutui concessi dagli istituti di credito ai comuni e alle pro vincie non danno luogo ad entrata imponibile con IGE sulla base della 1396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, la Cassa di Risparmio di Parma, denunziando violazione degli artt. 51 e 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 e degli artt. 325, 326 c ..p.c., sostiene che la Corte del merito avrebbe dovuto, in accoglimento dell'eccezione ;preliminare da essa formulata, riconoscere e dichiarare l'improponibilit� dell'azione giudiziaria promossa dall'Amministrazione con l'atto di citazione 28 gennaio 1966. E deduce che, non essendo stabilito nell'art. 51 della detta legge alcun termine per la proposizione dell'azione giudiziaria avverso le decisioni emesse (come nella specie) dalle commissioni tributarie in materia di valutazione delle entrate derivanti d.alle operazioni degli istituti esercenti il credito, si doveva applicare per analogia il termine di sessanta giorni prescritto dal successivo art. 52 per il promovimento dell'azione giudiziaria avverso le ordinanze ed i decreti emessi dall'Intendente di Finanza e dal Ministro delle Finanze in materia di accertamento, cognizione e definizione delle violazioni prevedute dalla detta legge, e riconoscere quindi la tardivit� dell'atto introduttivo del giudizio, notificato dopo il decorso di oltre cinque mesi dalla notifica della pronunzia della Commissione Provinciale. La censura � priva di fondamento. Si deve bens� riconoscere che l'azione giudiziaria, in materia fiscale, deve essere proposta entro un perentorio termine di decadenza ancb,e quando la legge tributaria, nel consentire la specifica azione, non lo preveda espressamente; ed � parimenti esatto che, in tali casi, la durata del termine deve essere desunta da principi generali o mediante la applicazione, in via analogica, di norme che regolano rapporti similari. Per stabilire la similarit�, peraltro, occorre riferirsi alla comunanza degli elementi essenziali tra i due rapporti ed alla ratio della considerazione che tali interessi, in quanto derivanti da operazioni sottratte, per speciali disposizioni di legge, � al libero esercizio dell'attivit� bancaria e alla libera contrattazione speculativa�, sarebbero riconducilbili, in quanto tali, nella categoria A del reddito di R. M. Tale affermazione appare per� in stridente contrasto con la chiara disposizione dell'ultimo comma dell'art. 85 del T.U. sulle imposte dirette n. 645 del 1958, secondo cui � gli interessi percepiti dalle aziende ed istituti di �credito o da altri soggetti nell'esercizio di imprese commerciali, ad esclusione di quelli derivanti dai titoli posseduti, concorrono a formare il reddito imponibile di cat. B �. E siccome l'art. 3 lett. c della leg.g� 19 giugno 1940, n. 762 stabilisce a sua volta che � costituiscono entrata gli interessi attivi a qualunque titolo percetti da societ�, da istituti ed aziende in dipendenza dell'esercizio del credito, non classificabili ai fni dell'imposta di R.M. in cat. A� appare che anche .gli interessi in esame debbano essere qualificati come entrata imponibile con IGE. La questione sar� quindi riproposta all'esame della Suprema Corte. 'PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1397 norma espressa, la cui disciplina si deve estendere al rapporto non I'egol�to; e, alla stregua di tali criteri, non pu� ravvisarsi sostanziale analogia tra i rapporti regolati dall'art. 51 della legge in esame, che concernono l'accertamento dell'entrata imponihlle, e-i rapporti regolati dal successivo art. 52, che riguardano il contenzioso repressivo, cio� la applicazione delle sanzioni derivanti dalla violazione degli obblighi imposti dalla legge. Manifesta � invece l'intensit� della relazione analogica che esiste tra l'azione giudiziaria consentita dal succitato art. 51 della 1. 19 giu gno 1940 e l'azione giudiziaria concessa, per li;! controversie che abbiano formato oggetto di decisioni da parte delle Commissioni tributarie, dall'art. 146 della legge di Registro e dalle corrispondenti disposizioni dell'art. 94 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 sulle imposte di successione, dell'art. 36 del r.d. 30 di�embre 1923 n. 3271 sull'imposta di mano morta e dall'art. 10 della 1. 25 agosto 1943 n. 540 sulle imposte ipote carie, le quali determinano tutte in sei mesi dalla notificazione delle dette decisioni il termine utile per adire l'autorit� giudiziaria. Questa Corte, anzi, giudicando a Sezioni Unite (cfr. sentenze 26 ottobre 1955 n. 3493 e 20 ottobre 1962 n. 3051), ha sancito che dal complesso delle suindicate disposizioni pu� esser.e desunto un prin cipio di portata generale, secondo cui, con la notifica del provvedi mento definitivo delle Commissioni tributarie, si pone in moto in ogni caso il termine di sei mesi al di l� del quale non � pi� consentito adire l'autorit� .giudiziaria ordinaria; e di tale principio, con la decisione del 20 ottobre 1962, � stata fatta applicazione proprio in materia di imposta sull'entrata, in riguardo ad un'azione giudiziaria proposta per il rimborso di tributi indebitamente percetti. Non essendo stata dedotta (n� essendo, comunque emersa) alcuna ragione che giustifichi un mutamento di indirizzo, il suenunciato prin cipio_ deve essere anche ora applicato, con la conseguente reiezione del motivo in esame. (Omissis). Con il terzo motivo la Cassa di Risparmio denunzia la violazione degli artt. 1, lett. f) e 3 lett. c) della legge organica sull'I.G.E. e so stiene che l'applicabilit� del tributo agli interessi da essa percepiti in dipendenza di mutui concessi ad ,enti pubblici � stata ill:egittimamente affermata dalla Corte del merito, in base all'erroneo convincimento che la legge abbia inteso escludere dall'imposta i soli interessi deri vanti �dal puro impiego d� capitali, indicati nell'art. 1 1 lett. f) e che pertanto l'esonero non possa essere esteso agli interessi derivanti dai mutui anzidetti, i quali, bench� assoggettati a particolare disciplina, costituiscono pur sempre operazioni �dipendenti dall'esercizio del ere/ dito., ai sensi dell'art. 3, lett. c) della succitata legge. La censura � fondata. 1398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per un'esatta soluzione delle questioni sollevate con il motivo in esame, � necessario esaminare congiuntamente le disposizioni dell'articolo 1 lett. f) della legge organica sull'I.G.E., secondo la quale � non costituiscono entrata imponibile gli interessi derivanti dal puro impiego �di capitale, classificabili agli effetti della imposta di r.m. in cat. A, e gli interessi e i dividendi derivanti dall'impiego di capitali in titoli di Stato e delle societ� per azioni, nonch� da depositi bancari e da rapporti di conto� corrente �, e la disposizione dell'art. 3 lett. c) della stessa legge, la quale prescrive che invece � costituiscono entrata gli interessi attivi a qualunque titolo percetti da societ�, da istituti ed aziende in dipendenza dell'esercizio del credito, non classificabili ai fini dell'imposta di R. M. in �categoria A�. La prima disposizione ha evidentemente, sul piano soggettivo, carattere g�enerale, giacch�, nell'escludere che gli interessi in ess~ indicati costituiscano entrata imponibile, si riferisce, in mancanza di qualsiasi specificazione o limitazione, a tutte le persone fisiche o giuridiche che percepiscano tali interessi, comprese quelle che esercitano l'attivit� bancaria. La seconda, invece, si riferisce .esclusivamente ai soggetti che esercitano l'attivit� creditizia e sancisce che costituiscono entrata gli interessi attivi percepiti da tali soggetti nell'esercizio dell'attivit� istituzionale, a meno che non siano classificabili, ai fini dell'~posta di r.m., in categoria A. Orbene, in base a tali premesse, non pu� essere condivisa l'inter pretazione data a quest'ultima disposizione della Corte del merito, s~ condo cui, con l'inciso �non classificabili, ai fini dell'imposta di r.m., in cat. A �, si sarebbe inteso escludere l'assoggettabilit� al tributo degli intePessi che non hanno inerenza con l'attivit� bancaria esercitata dal percipiente e che siano, in quanto tali, classificabili in cat. A ai fini ' dell'imposta di ricchezza mobile. � da considerare, infatti, che la disposizione principale contenuta nella norma in esame ( assoggettamento all'imposta) si riferisce agli interessi dipendenti dall'esercizio del credito, cio� ad interessi che necessariamente derivano da impiego di capitale e dall'organizzazione dell'impresa creditizia; non � dunque configurabile, nell'ambito di tale categoria, l'esistenza di interessi che non ineriscano all'attivit� ban caria, e si deve quindi escludere che tale sia il significato della ecce zione che il legislatore ha inteso apportare alla suindicata disposi zione principale. D'altra parte, la disposizione, se dovesse essere intesa nel senso voluto dalla Corte del ~erito, risulterebbe superflua, giac�h�, una volta esclusa l'inerenza alla attivit� bancaria, si rientrerebbe n~lla previsione del succitato art. 1 lett. f) della legge in esame, che gi� PAR'rlil I, SEZ, V_, GIURISPltUDENZA TRIBUTARIA stabilisce, nei confronti .di tutti, l'inapplicabilit� dell'imposta agli interessi deriovanti dal puro .iinpiego di capita!e. L'eccezione stabilita nell'art. 3 lett. e) della legge, con l'iinpiego dell'espressione � non classificabili in (lategoria� A) ai fini dell'imposta di r.m. � deve dunq�e necessariamente riferirsi ad interessi che, per / quanto inerenti all'esercizio del credito, derivano per� da operazioni sottratte, per speciali disposizioni di legge, al libero esercizio -dell'attiv. iit� bancaria e alla libera t:ontratta21ione speculativa, riconducibili, in quantb tali, n�lla categoria A) -del re'ddito di R. 'M. E tali caratteristiche presentano fndubbiamente i mutui concessi alle Provincie, ai Comuni e agli altri Enti morali, che le vigenti leggi, allo s.coipo di mcentivar� e agevolare l'.so pubblico �dei fondi rac.colti da#M' iislituti di �:::!eaito e in� partieal�:te dalle-~asse-di Itisparmio, assog �getta)lo a uno s�iec.iale regime, che mentre fa\);.orlsee:�gll ~ti mutuatari, pDeelude altli isti~ti bal�<iari i 'V:antaggi della lil:>et;"a contrattazione. La l�gg:e, infatti, ba considerato i recWitiJ~l1wanti da tali �operazioni come avulsi-�-dal proficuo cielo dei norm.�li. investimenti bancari e :ha iI:it~o pertanit<.1,.,ai.fini ~ell~�.;p(lSta� 'l!!wl:l!~ntl'.lltta, -r!ser:vare ad essi ('-Come � $ta:to rll~yf,tto '4a autor.evole i;lottrina) un tiratta:mento analogo a A111ello-delle _rem~erazioni ��conse$Uite con altri investimenti_ non speculatf;Vj, . cQmE!i l'~Ci,lq.ui~t(:) .di titoli -41-Sta<to. N~elem~t-c� i. :senso contrario pu� essere p()i desunto dalla formulfl ~d.Qttata-'nel ,testo .legi.slativo Jiler stabilire .IiJ,ni;tppli<:abilit� dell'imposta !:Jli interessi. d@riv�nti dalle s'Ud.dette op,e~zi�ni. Il lesi.slatore, iI:i:fatt:i, �notJ; poteva che riferi:rsi alla classif�cabilit� i1i p;b.mtt�f9<4~d;i. il$t<tr(j!Ssi 41-9;ue:$tion.:.ii~l;t:a �tt� .A.), dato e~e fali redditi, m.ediante �il complesso ;11iStema ~i riv:al.$.a, .stabilito dagli al'tt. 15 e 81 Q.el t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, godevano in c�ncreto dell'esenzione (Jall'i~ta di R.:M::, ,esenzione_ che � -stata poi eaplicitamente sancita c~n l'art..84tdel�v�ente -t.u. 21). gennafo 1~5.il, .n. 641';. -(Omissis). -' CORTE i>I dl\:SSAZIQNE, s�z. I, 8 luglio 1971, n. 2103 -Pres. Favara -Est. Gambogi -P. M. C:�trupia (conf.) -Soc.-Montecatini Edison (avv. Mi,,>0h-eli e Menegaz.~i) e� Minis!~r(> delle Fin_anze (avv. Stato �oronas:). � Imposte e tasse in �genere -Ingiunzfone -Posizione processuale della .Finanza -Eccezioni nuove in appello -Diverso fondamento giu-� ridico della pretesa tributaria -Ammissibilit�. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639; c.p.c. art. 345). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Societ� di capitali .. Au 1400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento di capitale deliberat� al fine della fusione -Unica tassa zione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 8 e 9 e tariffa A, artt. 81 e 85). Imposta di registro -Agevolazioni per la fusione di societ� ex elet triche -Fusione per unione e fusione per incorporazione -Appli cabilit� a tutti i casi. (1. 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 9; e.e. art. 2501). Imposta di re~~tro -Agevolazioni per la fusione di societ� ex elettriche -Aumento di capitale diretto a facilitare la fusione -Esclusione dell'agevolazione -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Aumento di capitale e fusione -Possibilit�. (l. 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 9; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269-, art. 9). L'Amministrazione Finanziaria � a tutti gLi effetrti convenuta nel giudizio di opposiz.ione aLl'ingiunzione fiscale e come tale pu.�, anche in grado di appeUo, sia essa appeLlante o appenata, propMre nuove eccezioni a norma dell'art. 345 c.p.c. e quindi addurre� nuove ragioni di diritto per contrastare la pretesa del contribuente ad una agevolazione (1). � L'aumento di capitale deliberato da una societ� per azioini al preciso scopo di realizzare la fusione con altre socieV� � strettamente connesso �con l'atto di fusione e costituisce anzi con esso un unico inscindibiie feinomeno economico-giuridico soggetto alla sola tassaz.ione prevista per la fusione di societ� (2). L'agevolazione detl'art. 9 deLla legge 6 dicembre 1962 n. 6143 per la\fusio11ie di sooiet� � ex elettriche � si app~ica sia aile funsio11ii per unione (creazione di una nuova societ� risultante daita estinz.io11ie di queLle fuse) sia alla fusione per incorporazione (3). L'aumento di capitale deiibemto noin per assoluta necessit� ma so�l tanto per facilitare la fusione di societ� ex elettriche no11i rientra nel� (1-4) Nello stesso senso della seconda e terza massima � anche la sentenza 7 luglio 1971, n. 2122 di cui si omette la pubblicazione. Sulla prima massima la giurisprudenza � ormai pacifica, anche con specifico riferimento al mutamento del nomen iusis della pretesa tributaria in appello (Cass. 21 gennaio 1971, n. 202, in questa Rassegna, 19'71, I, 420). La questione oggetto della seconda massima � risolta in modo del tutto nuovo: si considerano cio� i due atti di aumento di capitale e di fusione non come indissolubilmente connessi (ex art. 9 legge registro) ma come integranti un unico e inscindibile fenomeno economico giuridico da considerarsi tale ex art. 8. Ma invero � proprio �questa unicit� il carattere vero di quella connessione logica e necessaria (in senso giuridico) richiesta PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1401 l'agevolazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, ma pu� tuttavia non dar Luogo ad autonoma tassazione ove sia in logica e necessaria concatenazione ai sensi dell'art. 9 della legge di registro �on l'atto di fusione (4). (Omissis). -Col primo mezzo del suo ricorso la Montedison denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del t.u. 14 aprile 1910 e degli artt. 4 e 5 della leg,ge abolitiva del contenzioso amministrativo, lamentando che la Corte di Appello abbia, rigettando la sua opposizione, ritenuto atto amministrativo valido la ingiunzione sebbene questa recasse una motivazione in diritto diversa da quella adottata dalla stessa Corte di Appello ed evidentemente erronea. La doglianza � infondata perch� secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (da ultimo: sentenze n. 609 del 1970, 582, 1585, 2775, 2019, 196 del 1969) la opposizione ad ingiunzione fiscale instaura un giudizio di cognizione ordinaria nel quale attore � l'opponente e convenuta l'Amministrazione delle � finanze, la quale, quindi pu� proporre tutte le eccezioni che tale veste processuale le consente, nei modi e nei tempi stabiliti dal codice di rito. Nella specie la finanza ha resistito in primo grado alla opposizione deducendo come eccezione il motivo di diritto posto a fondamento della ingiunzione; in appello, invece, ha dedotto una eccezione nuova per resistere alla domanda di concessione della agevolazione fiscale, sostenendo che questa, anche se non era limitata alla ri-strettissima ipotesi di cui al penultimo comma dell'art. 9 della legge di nazionalizzazione, non spettava comunque nel caso di fusione per incorporazione. Tale comportamento processuale costituisce quindi legittimo uso della facolt� concessa dal capoverso dell'art. 345 c.p.c. al convenuto, appellante od appellato che sia, e conseguentemente nessuna censura pu� essere fondatamente fatta alla Corte di Appello per aver dall'art. 9; si applica questa norma quando un unico risultato pu� essere raggiunto soltanto attraverso due atti che non possono stare l'uno senza l'altro. La S. C. ha spostato invece questo concetto verso l'unicit� del negozio per cercare uno spaziO nuovo alla connessione dell'art. 9 verso la quale fa convergere (ultima massima) la eventuale concatenazione fra negozi di cui il primo (aumento di capitale) serve a �facilitare� la fusione. � chiara per� la differenza fra necessit� logica e giuridica e mera possibilit� di facilitazione; come � evidente la impossibilit� di considerare la connessione sotto l'aspetto �del fatto, in riferimento cio� ad esigenze pratiche ed economiche. Di fronte ad un aumento di .capitale di 24 miliardi che non ha una corrispondenza con l'incorporazione, di connessione necessaria non po trebbe minimamente parlarsi, a meno �che non si, voglia portare la norma dell'art. 9 sul terreno delle mera utilit� e convenienza dal punto di vista pratico. 1402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO preso in considerazione la nuova eccezione della finanza. Il primo motivo di ricorso deve essere quindi rigettato. Col secondo mezzo la Montedison, denunziando la violazione degli artt. 85, 110 e 113 tariffa di registro allegato A e dell'art. 7 della legge 15 febbraio 1949 n. 33, si duole del fatto che sia stata sottoposta a registrazione, con la relativa richiesta di imposta proporzionale, la deliberazione assembleare 14 dicembre 1963 con la quale furono apP,rovati i progetti di fusione e gli aumenti di capitale all'uopo necessari, invece che il successivo atto di fusione. Anche questa censura � infondata, perch� la ingiunzione di pagamento del supplemento di imposta fu notificata alla Montedison il 9 novembre 1966, e cio� dopo che alla fusione erasi data esecuzione con rogito Zanussi del 29 febbraio 1964 �e dopo che la societ� aveva comunicato, con denunzia 19 maggio 1964, che l'aumento di capitale aveva acquistato efficacia a partire dal 2 mag.gio precedente. Il secondo motivo di ricorso deve essere quindi anche esso rigettato. Col terzo motivo la Montedison lamenta che la Corte di Appello, col ritenere soggetto ad autonoma imposta di registro proporzionale l'aumento di capitale approvato ed eseguito per realizzare la fusione, abbia violato e falsamente applicato gli articoli 1, 4, 9 della legge di registro, .Sl bis ed 85 della relativa tariffa allegato A. La doglianza �. fondata. A ragione, infatti, la societ� ricorre:qte richiama la, sia pur vetusta, �sentenza 18 gennaio 1916 della Cassazione di Roma laddove questa afferma che �quando 1'.aumento di capitale sia deliberato al preciso La giurisprudenza del S. C. su questa questione si � rilevata nel:l'ultimo periodo quanto mai instabile: molte�volte si segue il tradizionale concetto restrittivo: sentt. 6 febbraio 1970, n. 255; 6 marzo 1970, n. 555; 29 ottobre 1970, n. 2221 (in questa Rassegna, 1970, I, 292, 427 e 1149); 5 .giugno 1971, n. 1674; 15 aprile 1971, n. 1056 (ivi, 1971, I, 1127 e 852); allo stesso tempo per� si intende il principio dell'art. 9 �come una semplice convenienza soggettiva: .sentt. 3 aprile 1971, n. 944; 26 maggio 1971, n. 1565 (ivi, 1971, I, 852 e 1098). Non sembra infine corretta l'affermazione che l'atto, considerato unieo in forza dell'art. 9, debba tassarsi avendo riferimento al negozio fine (fusione) rispetto al quale diventa irrilevante il negozio mezzo (aumento di capitale), cosicch� l'unica imposta dovuta sarebbe quella (agevolata) per la fusione; in base all'art. 9 l'unica disposizione tassabile � quella ohe d� luogo alla tassa pi� grave, si che l'imposta proporzionale sull'aumento di capitale non potr� mai assorbirsi nell'imposta fissa di fusione. Pertanto una volta affermato che all'aumento di capitale deliberato per facilitare la fusione non � applicabile l'agevolazione della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, a nulla approderebbe il riservare una concatenazione di questo atto con altro che gode dell'agevolazione. ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1401 l'agevolazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, ma pu� tuttavia non dar luogo ad autonoma tassazione ove sia in logica e necessaria concatenazione ai sensi dell'art. 9 della legge di registro �on l'af!to di fusione (4). (Omissis). -Col primo mezzo del suo ricorso la Montedison denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del t.u. 14 aprile 1910 e degli artt. 4 e 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, lamentando che la Corte di Appello abbia, rigettando la sua opposizione, ritenuto atto amministrativo valido la ingiunzione sebbene questa recasse una motivazione in diritto diversa da quella adottata dalla stessa Corte di Appello ed evidentemente erronea. La doglianza � infondata perch� secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (da ultimo: sentenze n. 609 del 1970, 582, 1585, 2775, 2019, 196 del 1969) la opposizione ad ingiunzione fiscale instaura un giudizio di cognizione ordinaria nel quale attore � l'opponente e convenuta l'Amministrazione delle� finanze, la quale, quindi pu� proporre tutte le eccezioni che tale veste processuale le consente, nei modi e nei tempi stabiliti dal codice di rito. Nella specie la finanza ha resistito in primo grado alla opposizione deducendo come eccezione il motivo di diritto po.sto a fondamento della ingiunzione; in appello, invece, ha dedotto una eccezione nuova per resistere alla domanda di concessione della agevolazione fiscale, sostenendo che questa, anche se non era limitata alla ristrettissima ipotesi di cui al penultimo comma dell'art. 9 della legge di nazionalizzazione, non spettava comunque nel caso di fusione per incorporazione. Tale comportamento processuale costituisce quindi legittimo uso della facolt� concessa dal capoverso dell'art. 345 c;p.c. al convenuto, appellante od appellato che sia, e conseguentemente nessuna censura pu� essere fondatamente fatta alla Corte di Appello per aver dall'art. 9; si applica questa norma quando un unico risultato pu� essere raggiunto soltanto attraverso due atti che non possono stare l'uno senza l'altro. La S. C. ha spostato invece questo concetto verso l'unicit� del negozio per cercare uno spazia nuovo alla connessione dell'art. 9 verso la quale fa convergere (ultima massima) la eventuale concatenazione fra ne.gozi di cui il primo (aumento di capitale) serve a � facilitare � la fusione. � chiara per� la differenza fra necessit� logica e giuridica e mera possibilit� di facilitazione; come � evidente la impossibilit� di considerare la con'nessione sotto l'aspetto del fatto, in riferimento do� ad esigenze pratiche ed economiche. Di fronte ad un aumento di capitale di 24 miliardi che non ha una corrispondenza con l'incorporazione, di connessione necessaria non potrebbe minimamente parlarsi, a meno �che non si, voglia portare la norma dell'art. 9 sul terreno delle mera utilit� e convenienza dal punto di vista pratico. 1404 RASSEGNA DELL'AVVOCATU~A DELLO STATO ' , Pertanto la questione deve essere esaminato perch� la ricorrente ha un preciso ed attuale interesse alla riaffermazione del principio per cui nella fusione di societ� per incorporazione il corrispondente aumento di capitale azionario non deve essere colpito da imposta diversa ed autonoma da quella che, se del caso, colpisca l'atto di fusione. E che tale principio debba essere oggi riaffermato non pu� essere dubbio. Vero � che dopo la sentenza n. 1945 del 1968 questa Corte Suprema ha avuto occasione di affermare che la imposta di registro sugli aumenti di capitale pu� corrispondere non solo ad una trasmissione di denaro in senso proprio ma anche ad una di quelle variazioni di uso e di godimento che rientrano nell'ampia dizione dell'art. 4 della legge di Registro (sentenza n. 42 del 1971) e che quindi, da questo punto di vista, si pu� rilevare che i soci delle due societ� fuse vengono, con l'aumento del capitale sociale, reciprocamente a godere di beni dei quali in precedenza non godevano, anche perch� la potenzialit� economica di una societ� industriale non cresce in semplice ragione aritmetica dell'aumento di capitale risultante da una fusione per incorporazione; ma l'argomento della mancanza di incremento di ricchezza � solo un argomento �di rincalzo -e la sentenza n. 1945 del 1968 come tale lo considera -.per sostenere la impossibilit� �di tassare, contemporaneamente e distintamente atto di fusione e aumento di capitale. L'argomento principale, anzi assorbente, � quello tratto dall'art. 8 della legge di registro, per cui � le tasse sono applicate �secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli a~ti �. Nella ipotesi in esame pi� che di �connessione necessaria tra fusione per incorporazione ed aumento di capitale della societ� incorporante (connessione che porterebbe comunque anch'essa alla registrazione a tassa fissa a� sensi dell'art. 9 cpv. della legge di registro) deve parlarsi di unicit� ed inscindibilit� del fenomeno economico-giuridico ehe � oggetto della iII],posta, perch� quando avviene la ineorporazione il patrimonio ed il capitale della societ� incorporante, se non intervengano accordi o fattori speciali, aumentano automaticamente in corrispondenza degli apporti da parte della incorporata; avyiene insomma un fenomeno analogo -se il paragone � lecito -al fenomeno fisico per cui, se si versa un liquido da un recipiente in un altro contenente un liquido diverso il livello della mistura cosi risultante cresce insieme al mescolarsi dei componenti, non per connessione o coincidenza tra i due fatti, ma perch� questi sono, in realt�, un fatto solo. Che poi fusione ed aumento di capitale siano oggetti di imposta previsti da due distinti articoli (81 e 85) della Tariffa -rilievo che dalla finanza altrove si � fatto -� considerazione che non assurge nemmeno a dignit� di argomento, evidente essendo che, se difficilmente pu� concepirsi incorporazione senza aumento di capitale, normalmente si hanno aumenti di capitale senza incoi~ PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1405 porazioni: e tanto basta a giustificare la esistenza dell'art. 85 della Tariffa aceanto all'art. 81. Il terzo motivo del ricorso deve essere quindi aecolto, affermandosi ,che se nella specie � dovuta solo la ,imposta fissa sulla fusione, per la stessa agevolazione fiscale nemmeno pu� essere pretesa imposta proporzionale sul eorrispondente aumento di capitale. Col quarto motivo del ricorso la Montedison, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della legge 6 dic�mbre 1962 n. 1643, lamenta ehe la Corte di appello abbia ritenuto che le fusioni di societ� � ex elettriche� agevolate fiscalmente dal quinto comma di tale art. ,g siano soltanto le fusioni per unione, attuate mediante la costituzione di una nuova societ� risultante dalla estinzione di quelle fus~, e non anehe le fusioni per incorporazione. Anche questa doglianza � fondata. La sentenza impugnata ha basato, in proposito, il suo convincimen~ o -con una motivazione per vero .inadeguata alla gravit� della decisione adottata -quasi esclusivamente sul rilievo terminologico che l'art. 9 della legge di nazionalizzazione usi la espressione � societ� risultante dalla :fusione � che l'art. 2504 cod. civ. adotta in contrapposizione alla espressione � societ� incorporante �. Ma questo rilievo � pi� �che controbilanciato dalla considerazione che lo stesso art. 9 concede la agevolazione senza far distinzioni agli � atti di fusione � e che secondo l'art. 2501 e.od. civ. la fusione � un genus nel quale rientrano come modi di esecuzione la species della incorporazione e della costitul!: ione di una nuova societ�. E, d'altra parte, poich� nel concetto di � societ� risultante � dalla fusione rientra anche l'ipotesi della societ� incorporante, che ovviamente dopo la incorporazione viene ad essere un organismo quantitativamente e qualitativamente �diverso da quello che era prima, non c'� nulla di strano nel fatto che il legislatore, per dettare la condizione limitatrice di cui alla lett. a) del comma quinto dell'art. 9, abbia fatto uso di una espressione che ben poteva �coprire tutte e due le ipotesi di fusione richiamate precedentemente eon l'Indicazione onnicomprensiva degli � atti di fusione �. Ma quello che pi� conta, al di l� �di ogni disquisizione terminologica (se � vero che -�come oggi in particolar modo si proclama da ogni parte, combattendo contro la .interpretazione meramente letterale della legge -~icire leges non est verba earum tenerre, se� vim ac potestatem) � che la ratio legis della disposizione in esame non con-. sente assolutamente la distinzione :fatta dalla Corte di Milano. Detta ratio legis �, gi� in s�, evidente: il legislatore, infatti, ha evidentemente voluto favorire la concentrazione delle societ� � ex elettriche � che, private della loro attivit� sociale, si fossero trovate in gravi difficolt� per sopravvivere destinando a nuove imprese i capitali ad esse dovuti per indennizzo dall'ENEL, e si fossero conse 1406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guentemente 1poste in liquidazione con dannose conseguenze tanto per i loro azionisti che per l'economia nazionale. Ci� risulta espressamente dai lavori preparatori che giustificano il trattamento fiscale di favore col e migliore dimensionamento, ai fini dell'esercizio di ulteriori attivit� imprenditoriali, delle societ� i cui beni siano stati trasferiti e ci� nel quadro di sviluppo della economia � (Relazione di maggioranza alla Camera dei Deputati, n. 15); ed �, del resto, l'unica spiegazione ragionevole che si pu� .fornire della disposizione in esame. Ci� posto, non si vede, allora per quale ragione l'agevolazione fiscale non si dovrebbe concedere proprio nel caso in cui, incorporandosi la societ� di piccole dimensioni e di esile struttura finanziaria in un maggiore ente economico del tipo di quello che � parte in causa -e Cio� la Montedison -esiste� la sicurezza assoluta che nessuna delle risorse economiche, apportate dalla piccola societ� nella grande, vada dispersa o resti inutilizzata. Che se, anzi, una distinzione dovesse farsi da questo punto di vista tra le due ipotesi di fusione, sarebbe allora la fusione per costituzione di un ente nuovo che �almeno in te~i apparirebbe meno idonea allo scopo �legislativo del �miglior dimensionamento per l'esercizio di ulteriori attivit� imprenditoriali �; perch� mentre si pu� ritenere che l'apporto di nuove forze economiche non ipu� che giovare, almeno secondo l'id quod plerumque accidit, ad una impresa gi� di .grandi dimensioni, non � affatto sicuro che la somma di pi� debolezze dia sempre per risultato una forza; che, cio�, riunendo insieme pi� imprese sociali non vitali, per le loro piccole . dimensioni, dopo che si sia proceduto all'esproprio delle loro aziende elettriche, si possa dar vita �senz'altro ad una grossa e redditizia concentrazione industriale. Basta considerare quale possa essere dal punto �di vista dell'avvi �amento la differenza tra una societ� di nuova costituz.ione ed una societ� che gi� da lungo tempo agisce e prospera nel ..campo industriale (nella specie la Montecatini, incorporante prima della Edisonvolta e poi delle minori so�ciet� di cui oggi � causa) perch� appaia tutto l'assurdo interpretativo, dal punto di vista della ratio legis, della tesi propugnata dalla finanza ed accolta dalla Corte di Miano,_ che nega l'agevolazione fiscale proprio nei casi in cui essa si rivela in prospettiva generale ed astratta, naturalmente, e salvi �sempre i casi particolari -pi� utile ed appropriata secondo la presumibile volont� del legislatore, qual essa appare anche ripetesi, dai lavori preparatori. Va infine considerato che con la successiva legge 18 marzo 1965 n. 170 lo stesso legislatore, dettando una pi� ampia serie di agevolazioni .fiscali per ogni forma di fusione e concentrazione di societ� e di aziende ha ribadito, all'art. 1 lett. b), che la costituzione di una societ� nuova e la incorporazione non sono che i modi di attuazipne della fusione; ed ha dato la riprova, sussumendo tutte le varie ipotesi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1407 di trasformazione, fusione, concentrazione e aumenti di capitale' allo scopo di facilitare dette operazioni sotto lo stesso beneficio fiscale (e cio� la registrazione a tassa fissa) che, se la concessione di tale benefiicio � motivata dalla necessit� di facilitare il dimensionamento delle imprese, delle societ� e delle aziende nell'interesse economico' g�nerale, ogni distinzione tra le forme che i soggetti privati interessati possano scegliere per meglio conseguire, nella variet� dei casi e delle esigenze singole, il fine economico e finanziario che il legislatore ha inteso agevolare fiscalmente, purch� naturalmente trattisi di forme giuridicamente valide, � a questi scopi arbitraria. Vero � che chi si limitasse, come ha fatto la sentenza impugnata, ad interpretare la legge secondo il solo criterio letterale, potrebbe osservare che la legge n. 170 del 1965 ha espressamente specificato che la agevolazione fiscale si applica ad entrambi i modi di attuazione della fusione, e cio� costituzione di nuova societ� ed incorporazione, mentre la legge di nazionalizzazione elettrica� tale espressa distinzione non ha fatto; ma le ragioni logico-giuridiche, sistematiche e di ricostruzione della volont� del legislatore sopra messe in luce impediscono di dare anche a questa diversit� di formulazione letterale dei testi di legge qualsiasi rilievo. � evidente che il legislatore nel redigere una apposita legge fiscale di sei complessi articoli ha potuto adottare una fo~ulazione pi� diffusa e pi� specifica per descriver� le varie ipotesi di atti agevolati in materia di trasformazione fusione e concentrazione di societ� commerciali; mentre nell'introdurre una norma particolare in materia nel corpo di una legge indirizzata a tutt'altro scopo generale ha dovuto necessariamente essere pi� conciso, omettendo quella distinzione tra costituzione di nuova societ�, ed incorporazione che del resto di fronte al chiaro disposto dell'art. 2501 cod. civ., pu� ben apparire pleona$tica quando siasi genericamente .parlato di � atti di fusione �. Anche il quarto motivo del ricorso deve essere quindi accolto, affermandosi che pure le f.sioni per incorporazione rientrano nella agevolazione fiscale di cui �, causa. Colquinto ed ultimo motivo di ricorso la Montedison, denunziando ancora la violazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643, in relazione agli artt. 81 ed 85 della Tariffa all. A della leg.ge di registro, lamenta il mancato accoglimento della sua richiesta -fatta valere dinanzi alla Corte di Milano con appello incidentaie -di registrazione a tassa fissa anche dell'aumento di capitale da 276 a 300 miliardi di lire destinato a �facilitare � la fusione attraverso il � concambio � delle azioni tra nuovi e vecchi azionisti. La doglianza � articolata su tre tesi distinte, e cio�: a) estensione necessaria della agevolazione dall'aumento di capitale corrispondente alla fusione all'aumento di capitale destinato a facilitare detta fusione, secondo la tendenza legislativa in materia (leggi n. 192 del 1942, 1408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 1057 del 1948, n. 603 del 1954, n. 170 del 1965 gi� richiamata); b) connessione necessaria (ai. sensi dell'art. 9 della legge di registro) tra aumento di capitale .per facilitare la fusione e atto di fusione; c) intassabilit� ex art. 85 della Tariffa all. A alla legge di registro degli aumenti di capitale effettuati mediante passaggio dalle riserve a capitale, per mancanza� in tal caso del trasferimento di ricchezza oggetto di imposta. La tesi sub e) � stata �correttamente rigettata, sia sotto il profilo processuale che sotto quello sostanziale, dalla Corte di .Aippello. Poich� detta tesi prescinde completamente dalla questione della agevolazione fiscale delle fusioni di societ�, essa poteva essere esaminata nel merito senza essere assorbita dalla pronunzia con cui si rigettava la pretesa di registrazione a tassa fissa delle fusioni per incorporazioni di imprese ex elettriche e relativi aumenti di capitale. E nel merito doveva essere respinta, perch� questa Corte Suprema, con la gi� citata sentenza n. 42 del 1971, ha affermato che l'aumento di capitale mediante passaggio dalle riserve a capitale della somma relativa non si esaurisce in una mera operazione contabile ma concreta un mutamento di regime nel godimento dei beni spettanti. agli azionisti e come tale deve essere sottoposta a tassa proporzionale di registro ai sensi dell'art. 4 della legge organica e dell'art. 85 della Tariffa all. A; non dovendosi confondere, a questi effetti, il caso della imposta di registro con quello della tassa sulle concessioni governative, per la quale la � nota � apposta all'art. 111 della Tabella annessa alla legge relativa .espressamente richiede quel � nuovo apporto di ricchezza � che evidentemente non ricorre nel passaggio da riserve a capitale (da ultimo: sentenza n. 183 del 1969, n. 2301, 2295, 2147 del 1968). Da questo indirizzo giurisprudenziale non v'� oggi motivo di discostarsi, e pertanto la tesi sopra elencata sub c) deve essere senz'altro disattesa, rigettandosi per questa parte il motivo di ricorso. Anche la tesi sub a) � stata rigettata dalla Corte di Appello, che ha escluso che tra la fusione e l'aumento di capitale di 24 miliardi di lire vi fosse un � vincolo unitario � tale da giustificare l'agevolazione fiscale. Tale pronunzia dal punto di vista del rito � ultronea, perch� la Corte stessa, av:endo gi� affermato che nemmeno all'atto di fusione, essendo questa avvenuta per incorporazione, l'agevolazione spetteva, doveva ovviamente dichiarare assorbita quella parte dell'appello incidentale colla quale si sosteneva che detta agevolazione doveva essere riconosciuta anche per l'aumento di capitale destinato a faciliare la incorporazione, non rigettare la deduzione nel merito. A parte tale..rilievo, peraltro, la tesi del ricorrente non pu� essere in diritto accettata. Questa Corte .Suprema ha ritenuto, accogliendo le deduzioni esposte dalla Montedison col terzo mezzo, che l'aumento. di capitale corrispondente alla operazione di fusione non pu� essere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA oggetto di autonoma imposta di registro; ed accogliendo il quarto mezzo, poi, ha affermato �che l'agevolazione fiscale di cui al quinto comma dell'art. 9 della legge istitutiva dell'ENEL concerne anche gli atti di fusione per incorporazione; ma ci� ha fatto, senza procedere ad interpretazioni estensive e tanto meno analogiche, col semplice uso del criterio logico giuridico per risolvere la questione della unicit� del fenomeno fusione-aumento di caipitale e col ricorso alla evidente volont� del legislatore per risolvere i dubbi interpretativi fondati sulla lettera del predetto art. 9 della Jegge di nazionalizzazione. Ma far rientrare nel disposto di tale norma di agevolazione anche gli aumenti di capitale eseguiti per facilitare il � concambio � delle azioni nella fusione sol perch� le altre leggi indicate dalla ricorrente indubbiamente �prevedono, �come la legge n. 170 del 1965, fa registrazione a tassa fissa dei � contemporanei aumenti di capitale deliberati per facilitare le fusioni o le concentrazioni od in OC�casione di queste� non sarebbe pi� una interpretazione logico sistematica e nemmeno semplicemente estensiva, ma addirittura analogica, non ammissibile come tale in materia di norme di agevolazione fiscale, data la riconosciuta natura eccezionale di queste. Sar� pur vero -ma nella specie nemmeno � stata data sufficiente spiegazione dell'assunto -che l'aumento di capitale destinato a favorire il concambio delle azioni � un'operazione tecnicamente indispensabile per una regolare e proficua riuscita della fusione; ma certo � che detto aumento di capitale prodromico e preparatorio alla fusione stessa: a) non � a questa collegato c9n quel vincolo di identit� ed automatica corrispondenza che si � riconosciuto esistere per l'aumento di capitale contemporaneo alla incorporazione; b) non pu� in alcun modo considerarsi previsto dal disposto dell'art. 9 della legge istitutiva dell'ENEL, perch� la stessa formulazione delle disposizioni agevolative generali invocate dalla ricorrente fa comprendere che, agli effetti fiscali de qu.ibus, mentre l'aumento di ca.pitale che � funzione della fusione rientra nel concetto di questa, tanto � vero che non viene nemmeno menzionato dal legislatore, l'aumento di �apitale deliberato � per facilitare le fusioni o le concentrazioni ed in occasione di queste �, 1sempre per riferirsi alla recente legge n./ 1 70 del 1965, � espress;imente previsto come autonomo oggetto di registrazione a tassa fissa (art. 1 lett. d legge predetta). Se si accogliesse la tesi sopra quali: ficata sub a), .quindi, si estenderebbe a un caso simile, ma diverso, sia pure in omaggio ad una pretesa volont� del legislatore, la norma di agevolazione dell'art. 9 legge n. 1643 del 196?; e ci� in violazione della norma interpretativa di cui all'art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale. Ma se ci� �, non � detto �che la legge organica di registro non possa tener conto delle esigenze sostanziali dedotte nella specie dalla Montedison �col far presente che senza il preliminare aumento di capi 1410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tale per il concambio non si sarebbe potuta eseguire correttamente la incorporazione. Il capoverso dell'art. 9 della legge di registro stessa � dettato proprio per venire incontro ad esig.enze del genere ed evitare quella che in defin9iiva sarebbe una doppia tassazione o, nel caso di atto agevolato, una agevolazione monca od incompleta. La � connessione� prevista da tale norma, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, va riconosciuta � tutte le volte in cui tra pi� disposizioni esista, in forza di legge e non per mera volont� delle parti; una concatenazione logica necessaria, cosi che le stesse possano esser ricondotte per la loro intrinseca natura, o in virt� di un disposto� di legge, nell'unico rapporto tassabile ai fini della imposta di registro quali elementi indispensabili del medesimo � (sentenza n. 2752 del 1969); ed � appunto questo principio, richiamato evidentemente dalla ricorrente con la tesi sub b) del mezzo in esame, che anche nella specie deve essere applicato. Naturalmente sar� il giudice di rinvio che con motivato appr�zzamento di fatto dovr� decidere se nel presente caso effettivamente sussista questa concatenazione logica necessaria tra la fusione e l'aumento del capitale da 276 a 300 miliardi di lire che apoditticamente la ricorrente sostiene essere stato nella specie indispensabile per procedere al concambio delle azioni e, quindi, alla incorporazione registrata a tassa fissa,. cosi che in tale registrazione agevolata possa essere compreso anche detto aumento preliminare di capitale; e ci� perch� un apprezzamento del ,genere non rientra nei poteri di questa�Corte di legittimit� (sentenza n. 2521 del 1962, proprio in materia di aumenti di capitale per facilitare la fusione di societ�, ai sensi della legge n. 603 del 1954). In questi sensi, pertanto, ed entro questi limiti deve essere accolto anche il quinto mezzo del ricorso. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altra Corte di Appello che applicher� i seguenti principi di diritto. � L'agevolazione fiscale (registrazione a tassa fissa) prevista dal quinto comma dell'art. �9 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643 per gli atti di fusione di societ� gi� esercenti imprese elettriche nazionalizzate deve intendersi coneessa anche per gli aumenti di capitale contemporaneamente deliberati come mezzo, di esecuzione della fusione, che non debbono essere, quindi, autonomamente tassati ai sensi dell'art. 85 della Tariffa allegato A alla .legge di registro �. �Le fusioni di societ� da registrasi a tassa fissa ~i sensi del quinto comma dell'art. 9 legge 12 _dicembre 1962 n. 1643 non sono soltanto quelle realizzate con la costituzione di una nuova societ�, ma anche quelle realizzate mediante incorporazione ai sensi dell'art. 2501 codice civile�. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1411 � Gli aumenti di capitale disposti solo per facilitare le fusioni agevolate di �CUi al quinto comma dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643 potranno fruire della stessa agevolazione per effetto dell'art. 9 capoverso della legge organica di registro, ove sia in fatto accertata la concatenazione logica necessaria, per loro intrinseca natura o per un disposto di legge, tra le due operazioni�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1971, n. 2191 -Pres. Rossano -Est. Della Valle -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Alfer (avy. Guerra). Imposta ipotecaria -Credito a medio e lungo termine -Risoluzione anticipata in caso di inadempienza -Incompatibilit� col requisito della durata minima dell'operazione -Esclusione. (1. 27 luglio 1962, n. 1228; e.e. artt. 1186 e 1819). Condiz1ione per l'applicabiLit� del trattamenfJo fiscale in abbonamento per le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine � soltanto che, in via di normale proois.ione .contrattuale, la durata convenuta sia almeno fJriennale; non contrasta con tale finalit� la clausola contrafJtuale che, in applicazione degli artt. 1186 e 1819 e.e., prevede la. risoluzione anticipata del contratto in caso di inadempimento del mutuatario; n� quella che consente al mutuatario di rimborsare .anticipatamente il capitale (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto la ricorrente Amministrazione finanziaria dello Stato, denunciando la �vioJazione e la falsa (1) Operazioni di finanziamento .a medio e lungo termine: legge 27 luglio 1962, n. 1228 concedente agevolazioni tributarie. La legge 27 luglio 1962, n. 1228 sul trattamento tributario degli Istituti di credito a medio e "lungo termine, � fonte di molti dubbi e incertezz,e per gli operatori del diritto. La Corte di Cassazione, con la sentenza in Tassegna, ha risolto un caso, sotto l'aspetto interpretativo della legge, di portata apparentemente limitata: se cio� siano o meno in contrasto col concetto di operazione a medio e lungo termine, �quale � stato assunto dalla legge �stessa, al 20 comma dell'art. 1 ( � agli effetti della presente legge �si considerano a medio o lungo termine le operazioni a scopo di investimento di durata non inferiore a tre anni � ), le clausole che in applicazione o rafforzamento degli artt. 1186 e 1819 cod. civ. diano facolt� al mutuante di !risolvere anticipatamente il contratto di mutuo in caso di inadempimento del mutuatario. Era stato sostenuto dalla difesa dell'Amministrazione che esse non sono compatibili con la particolare natura del finanziamento contemplato dalla ricordata legge del 1962, in quanto rischiano � di non consentire all'impresa 1412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO applicazione de}J'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228 in relazione agli artt. 1186, 1453, 1454, 1813 e 1819 e.e., nonch� dell'art. 8 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269 in :relazione alla legge sulle imposte ipotecarie 25 giugno 1943, n. 540, e la contraddittoriet� ed insufficienza di motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto che ai fini della concessione dei benefici .fiscali di cui alla citata legge 1228 del 1962 sia sufficiente che il contratto di finanziamento sia stato stipulato � a scopo d'investimento �: e per una � durata non inferiore a tre anni �, rimanendo il negozio, per tutto il resto, soggetto alla disciplina stabilita dal e.e. per le obbligazioni ed i contratti in generale, ed in particolare per i comuni contratti di mutuo. finanziata, o di renderle oltremodo difficile, il superamento di quelle situazioni di sbilancio economico che, soprattutto nel periodo iniziale, quando cio� la somma investita rappresenta una posta passiva nel bilancio azien-. dale, intervengono cos� di frequente ad ostacolare o ritardare il graduale ordinato sviluppo dell'impresa �. La Corte di Cassazione ha osservato che siffatta tesi non trova conferma nella lettera della legge la quale � ha voluto bens� sottrarre l'impresa finanziata all'arbitrio e all'agemonia dell'ente finanziatore con l'assicurarle il godimento del �mutuo per almeno tre anni, ma non ha certamente voluto anche svincolare tale � garanzia di durata minima � dal fedele e puntuale adempimento, da parte di essa mutuataria, degli obblighi contrattualmente assunti, tra i quali quello, essenziale, del pagamento dei ratei alle scadenze pattuite �. Con l'ultima parte della sentenza la Suprema Corte ha poi negato fondamento alla ulteriore tesi sostenuta da1l'Aministrazione, secondo cui la clausola contrattuale che autorizza il mutuatario a rimborsare anticipatamente il capitale preso a prestito, � in contrasto con la ricordata disposizione di legge; ed ha osservato che non si pu� pensare che una norma � posta indubbiamente a favore del mutuatario � .Io privi tacitamente del diritto riconosciutogli dall'art. 1184 e.e. di eseguire anzitemp,o la sua obbligazione. Tale argomento peraltro non sembra consistente in quanto il termine per la restituzione della somma trova, in rapporto al contratto di mutuo, una regolamentazione speciale nell'art. 1816 e.e., che deroga al principio generale posto dall'art. 1184 �e.e.: talch� il termine nel mutuo fruttifero, come sempre sono quelli concessi dalle imprese esercenti il credito, si presume stipulato a favore di entrambe le parti e non del solo mutuatario. Peraltro per ben comprendere il valore e la portata da attribuire alla pi� volta ricordata disposizione di cui al secondo �comma, art. 1, della legge del 1962, e stabilire quali �clausole �contrattuali siano con essa compatibili e quali no, il discorso deve spaziare' pi� ampiamente, a ricercare i criteri informatori della legge. Occorre invero fissare subito l'attenzione sul fatto che la legge 27 luglio 1962, n. 1228 ha per oggetto non :gi� il trattamento tributario delle operazioni di credito a medio o lungo termine, bens� � il trattamento tributario degli Istituti di credito a medio e lungo termine � : �essa cio� vuol disciplinare organicamente i benefici tributari che l'e varie leggi spe"Ciali concedevano agli istituti operanti nel campo dei finanziamenti a medio e PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1413 Al riguardo, muovendo dal rilievo che la ratio della norma agevolativa � non soltanto quella di favorire lo sviluppo delle medie e piccole imprese, sottraendoJ.e ai :rischi connessi, per il suo eccessivo costo, al normale ricorso al finanziamento bancario ed agevolandole rispetto ai pesi fiscali, ma anche e soprattutto quello di assicurare a dette imprese, per tutta la durata del contratto, il pieno godimento della somma mutuata, evitando loro anche il rischio, insito in un comune mutuo bancario, della decadenza dal beneficio del termine nelle ipotesi previste dall'art. 1186 e.e., essa ricorrente sostiene che la clausola con cui, all'art. 10 del contratto in oggetto, venne .pattuito che nel caso di mancato puntuale pagamento, alle scadenze indicate, anche di una sola rata, o di mancata osservanza, ,sia da parte della so�iet� finanziata sia da parte dei garanti e dei coobbligati, anche di una sola delle condizioni e modalit� contenute in detto contratto e nel relativo capitolato, l'Istituto avrebbe potuto far decadere la mutuataria, i garanti ed lungo termine, unificando il regime di imposta in abbonamento di cui tali istituti possono fruire, imposta sostitutiva delle molteplici e gravose tasse e imposte elencate nel terzo comma dell'art. 1 della legge; essa costituisce e consolida cosi, a favore di tali istituti, un regime tributario fortemente privilegiato. D'altra parte, poich� � nell'ordine naturale delle cose che il carico tributario venga, da chi concede il finanziamento, riversato su chi lo riceve, ne deriva .che i benefici stessi si risolvono in un alleggerimento delle spese a favore di costui. Ci� premesso, chiaro appare come il legislatore del 1962, per delimitare la sfera di applicazione della nuova normativa, segua due criteri, uno sog.gettivo e l'altro oggettivo. Sotto il profilo soggettivo il nuovo regime indica tassativamente quali sono gli enti che operano nel settore del credito, che possono usufruire del previsto regime in abbonamento. Essi sono �gli istituti di credito e le sezioni di aziende e di istituti di credito, che.esercitano, in conformit� alle disposizioni di legge e dei loro statuti, il credito a medio e lungo termine ., nonch� � le aziende di credito, per le loro sezioni o gestioni non fornite di. personalit� giuridica che esercitano, anch'esse in conformit� alle disposizioni di legge e degli statuti, il credito a medio e lungo termine �. La dizione della legge, che definisce gli istituti ammessi allo speciale trattamento tributario, ha un significato tecnico ben preciso (V. in arg. G. FERRI, in Enciclopedia del diritto, vol. IV, voce �Aziende di Credito�, pag. 752, n. 1; v. anche P. ADONNINO, Il regime tributario italiano delle operazioni di credito a medio e lungo termine, in � Banca, borsa e titoli di credito ., 1967, vol. I, pag. 196). Si tratta degli istituti che :ricadono sotto la disciplina dell'art. 41 della legge.bancaria. E che a questo significato abbia inteso attenersi il legislatore appare non solo dalla precisa terminologia adottata (v. in arg. gli autori citati), ma � esplicitamente chiarito nella relazione del Ministro Trabucchi al disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati (Atti parlamentari, III legislatura, progetto n. 2952): ivi infatti, dopo aver premesso che �il trattamento tributario degli istituti e delle sezioni che esercitano attivit� creditizie diverse dal credito a breve termine 1414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ,,_i coobbligati dal beneficio del termine come previsto dall'art. 1186 e.e. ' non � assolutamente compatibile con la particolare natura del finanziamento contemplato dalla citata legge del 1962, in quanto rischia di non consentire alrimpresa finanziata, o di renderle oltremodo diflicile, il superamento di quelle situazioni di sbilancio economico che, soprattutto nel periodo iniziale, quando cio� la somma investita rappresenta �soltanto una posta passiva nel bilancio aziendale, intervengono cosi di frequente ad ostacolare od a ritardare il graduale ordinato sviluppo dell'impresa. La censura � infondata. Che, in vista della partic�olare finalit� perseguita, la legge 1228 del 1962, col porre la durata e almeno triennale > dell'operazione di finanziamento come condizione indefettibile per il godimento dei benefici fiscali istituiti nel primo comma dell'art. 1, abbia inteso dero-. gare al principio sancito d.aglt artt. 1136 e 1819 e.e. -giacch� tale istituti e sezioni che la legge bancaria (artt. 41 e seguenti della legge 7 marzo 1938, n. 141 e della legge 7 aprile 1938, n. 636) ed i successivi provvedimenti legislativi considerano nella disciplina del credito a medio e a lungo termine -si presenta attualmente non troppo chiaro e piuttosto diso. rganico �,vengono esposte le direttive cui si ispira.il disegno di legge, e si precisa: � il provvedimento ha riferimento agli istituti ed alle sezioni che esercitano il credito a medio e lungo termine -e quindi, ovviamente, a quelli che esercitano sia il credito a medio termine che il credito a lungo termine, ed a quelli che esercitano soltanto il credito a medio termine o soltanto il credito a lungo termine -ed alle aziende di credito aventi speciali gestioni, non fornite di personalit� �giuridica, che esercitano il credito a medio e lungo termine (art. 1 comma primo). � Poich� l'art. 41 della legge bancaria e le leg�gi successive fanno riferimento, in via principale, ai singoli istituti, .sezioni o .gestioni, anche l'attuale provvedimento segue la medesima impostazione, raggiungendo in tal modo il risultato di sopprimere i trattamenti particolari fatti di volta in volta ai singoli istituti o a singole attivit� di credito speciale �. In sostanza quindi il legislatore non ha inteso estendere il particolare regime dell'abbonamento a tutti gli enti di credito che .comunque compiano operazioni di mutuo a medio o lungo termine, ma soltanto di dare una disciplina unitaria agli enti che, per l'attivit� che svolgono nel campo creditizio, a favore di particolari settori dell'economia nazionale, gi� usufruivano di un 'Particolare regime tributario. Rimangono quindi escluse dall'ambito della legge le � aziende di credito � ricadenti sotto la disciplina dell'art. 5 della legge bancaria (fTa cui anche le Casse di Risparmio). Alcune di queste aziende operano, si pu� dire esclusivamente, nel campo del credito ordinario (e cio� �credito c.d. di esercizio): cosi le banche costituite in forma di societ� per azioni, le banche popolari, le banche di interesse nazionalei per� anche queste imprese possono in via eccezionale concedere mutui a medio o lungo termine (v. art. 99 legge bancaria). Altre invece, cos� le Casse di Risparmio, possono operare. promiscuamente nel campo del credito ordinario o di quello a medio o lungo terfuine, in conformit� ai loro statuti. l"ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1415 �, al fondo, la sostanza del ragionamento dell'Amministrazione ricorrente, risolvendosi la menzionata clausola n. 10 ir.i una pura e semplice rtproduzione del contenuto di detto articolo -�, invero, affermazione che non solo non trova nella lettera della legge conferma alcuna, ma contrasta altres� col fondamentale principio secondo il quale in tema 1 di agevolazioni fiscali devesi avere riguardo agli effetti potenziali dell'atto e non a quelli eventualmente .prodottisi di poi in concreto. Con lo stabilire che � agli effetti della presente legge si conside rano a medio e lungo termine le operazioni a scopo d'investimento di durata non inferiore a tre anni ,, (art. 1 comma 2), il legislatore si � limitato, infatti, unicamente a fissare un termine a favore del debi tore onde dar modo allo stesso di svolgere con tranqui1lit� il proprio programma d'investimento senza .cqrrere il pericolo di essere da un momento all'altro, inopinatamente, richiesto dall'Istituto mutuante del la restituzione della somma ricevuta in prestito. Nulla di pi� risulta voluto dalla legge; ed in particolare non ri sulta affatto che si sia voluto allargare a tal punto il trattamento di favore riservato alle imprese finanziate da negare agli enti finanziatori, Ma come, prima della legge del 1962, queste operazioni non godevano di nessun particolare trattamento tributario, cosi le imprese stesse non possono considerarsi inserite nello speciale regime della legge del 1962, per le operazioni di medio o lungo termine che continuano pi� o meno eccezionalmente a svolgere, dato che la legge, nominando le �sezioni di aziende� (cio� le sezioni fornite di personalit� giuridiche) e le � gestioni speciali � delle aziende stesse (cio� le gestioni sfornite di personalit� giuridica) con dizione ben precisa e tutt'altro che equivoca, ne tiene fuori le � aziende di credito�. il da precisare che per � aversi gestione speciale � non basta, come � stato detto (v. ADONNINO, op. cit., pag. 197) che l'istituto di credito tenga una contabilit� separata per le operazioni a medio e lungo termine; essenziale � invece che a questa si accompagni un'amministrazione separata, in modo che l'attivit� di finanziamento a medio e lungo termine si incentri in un organo con mezzi e finalit� specializzata, che trovi la sua particolare giustificazione, come espressamente richiede l'art. 1, primo comma della legge del 1962, nella legge e nello statuto dell'ente. Il motivo fondamentale per �:Ui il legislatore ha riservato il tratta mento tributario di favore agli istituti ricadenti nell'ambito dell'art. 41 della legge bancaria, escludendone gli enti ed imprese ricadenti invece �nell'ambito dell'art. 5 della medesima legge, sta nelle finalit� di pubblico interesse che essi perseguono. Trattasi di istituti sottoposti a controlli notevolmente diversi da quelli predisposti .per le aziende di credito. �E ci� (v. FERRI, op. cit., pag. 762) sia in funzione della loro struttura, trattandosi nella quasi totalit� di enti pubblici, sia in funzione delle caratteristiche della loro attivit�; a differenza infatti di quanto avviene nelle operazioni di credito a breve termine nelle quali l'erogazione def fido � 12 1416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sia pure durante il solo primo triennio, l'esercizio delle azioni cautelative spettanti J.oro in base ai principi generali di diritto posti irt tema di esecuzione dei contratti. La legge, cio�, ha voluto bensl sottrarre l'impresa finanziata all'arbitrio ed alla egemonia dell'ente finanziatore con l'assicurarle il godimento del mutuo per almeno tre anni, ma non ha certamente voluto anche svincolare tale � garanzia di durata minima � dal fedele e puntuale adempimento, da parte di essa mutuataria, degli obblighi contrattualmente assunti -.tra i quali quello, essenziale, del pagamento dei ratei alle scadenze pattuite -, ben sapendo che l'eliminazione di un siffatto vincolo avrebbe potuto frustrare lo scopo della norma agevolativa e dare origine, per converso, ad inammissibili e facili abusi, ben potendo le imprese finanziate trovare vantaggioso restare inadempienti nel pagamento delle quote di rimborso e delle annualit� di interessi fino alla scadenza dei tre anni ed impiegare diversamente le somme ricevute traendone un reddito superiore al modesto interesse da corrispondere all'Istituto finanziatore. successiva all'acquisizione dei capitali attraverso i depositi, nelle operazioni di credito a medio e lungo termine il finanziamento � antecedente all'aeqUisizione dei capitali la quale si attua essenzialmente attraverso la emissione di cartelle o di titoli obbligazionari e il loro collocamento sul mercato�. Sotto il profilo oggettivo il progetto di legge presentato dal Ministro Trabucchi si limitava a richiamare il concetto di � operazioni a medio o lungo termine � gi� acquisito dalla tecnica l;>ancaria. Concetto ehe interveniva anch'esso a delimitare il campo che la legge avrebbe dovuto regolare. (v. la lett. a del secondo comma art. 1 del progetto, p�ssato -senza alcuna variazione -nel testo definitivo, sotto la lett. a del terzo comma art. 1); .ed essenziale a tale delimitazione, dato che anche� gli istituti specializzati, operanti cio� nel campo del medio e lungo credito, possono compiere, sia pure in via eccezionale, operazroni a breve termine. n progetto fu approvato, senza alcuna variazione, almeno per quanto ci riguarda, dalla Camera dei Deputati. In sede di discussione al Senato, a seguito di un'interrogazione del sen. Paratore (v. Atti parlamentari, 155� seduta della 5� Commissione fi nanza e tesoro, del 27 giugno 1962, pag. 2798), fu peraltro sentita la neces sit�, dato che la prassi bancaria non dava una precisa classificazione, in ordine alla durata, delle operazioni di credito a breve, medio e lungo ter mine, di stabilire� la durata che doveva avere l'operazione per poter essere considerata a medio o lungo termine. Fu cosi inserito nel primo articolo, il secondo comma, per il quale � agli effetti della presente legge si consi derano a medio o lungo termine le operazioni a scopo di investimento di durata non inferiore a tre anni. Chiara, dopo quanto si � detto, la limitata finalit� della disposizione in esame: essa non crea e:x: novo il concetto di �operazioni di finanzia mento a medio o lungo termine �, che assume invece direttamente dalla tecnica bancaria; ma si limita a fissare un criterio unico di discriminazione temporale. PARTE I, SEZ. V, GIURISPP'UDENZA TRIBUTARIA 1417 Ci� che la legge ha inteso evitare, in altri termini, non � che la .,operazione di finanziamento. venga anticipatamente risolta in conseguenza dell'inadempimento del mutuario, ma che la stessa possa essere estinta in un qualsiasi momento, prima della scadenza del triennio, su semplice richiesta dell'Ente mutuante, anche nel caso che il mutuatario abbia adempiuto puntualmente . .gli obblighi . assunti. La clausola contrattuale con cui, al n. 10, fu data facolt� all'Istituto finanziatore di richiedere l'immediata Testituzione dell'intero nel ; caso che Ja societ� mutuataria fosse venuta meno all'obbligo del. pagamento anche di una sola. rata, non altera quindi in alcun modo la natura del finanziamento agevolato di cui alla legge speciale summenzionata, essendo indubbio che, quand'anche di tale facolt� non fosse stato fatto esplicito cenno nell'atto di finanziamento, avrebbe potuto l'Istituto finanziatore conseguire egualmente il ri-sultato voluto attraverso il ricorso agli artt. 1186 e 1819 e.e., applicabili al contratto in oggetto come a qualsiasi altro contratto di mutuo. Inutile quindi cercare di spremere da .questa norma ci� che essa non dice. Ogni pi� approfondita indagine sul concetto di operazione di finanziamento a medio o lungo termine non pu� che rifarsi alla prassi bancaria e alle norme in materia., gi�� vigenti prima dell'entrata in vigore della legge del 1962. � ' In particolare, per tornare alla questione da cui abbiamo preso le mosse, ed oggetto �della s�ntenza in rassegna, ci sembra che se nella prassi . e legislazione bancaria. precedente la legge del 1962. erano conciliabili (e una conferma in tal senso potrebbe� trovarsi nella legge 6 dicembre� 1965, n. 1381, re�~te interpretazione autentica dell'art. 21 del d.lg. 29 luglio 1927, n. 1509 sul credito agrario) con le operazioni di credito a medio o lungo termine le claus�le contrattuali dirette a� confermare e rafforzare, a favore del mutuante, le norme poste a sua tutela dagli artt. 1186 e 1819 del e.e., possa convenirsi con la Corte Suprema per tale conciliabilit� anche di fronte alla legge del 1962. � Quanto all'altra questione, esaminata anch'essa nella sentenza, se la facolt� contrattualmente concessa al mutuatario di estinguere anticipatamente il mutuo possa.conciliarsi con la durata che deve avere l'operazione per potersi qualificare a medio o lungo termine, una prima osservazione parrebbe da.. farsi: la norma considera a medio o lungo termine le operazioni. a scopo <ii investimento;� tale espressione, come fu chiarito in sede di lavori parlamentari, va riferita�all'ente mutuante e non al mutuatario. Parrebbe quindi in contrasto con lo � scopo di investimento � che deve� perseguire 'l'ente finanziatore la facolt� contrattualmente riconosciuta al mutuatario� di restituire anticipatamente il mutuo. Pur tuttavia � da osservare che l'espressione � a scopo di investimento > � calata forse non molto meditatamente -come ne farebbero fede i lavori parlamentari -nel corpo della norma, cosicch� non sembra che sia da attribuirle un particolare significato. E pertanto tale espressione potrebbe non escludere l'interpretazione pi� liberale della norma. �� Accanto alle clausole che prevedono l'anticipata risoluzione del mutuo per inadempienza del mutuatario alle sue obbligazioni, si trovano spesso 1418 RASS~GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La durata minima del rapporto � stata, infatti, stabilita dalla leg ge nel presupposto della piena osservanza, da .parte dell'impresa fi nanziata, degli obblighi assunti: il che vuol dire che essa deve essere presa in considerazione con riferimento alla volont� negoziale espressa dalle parti nell'atto �costitutivo del rapporto di finanziamento e non in relazione ai possibili eventi successivi capaci di modificarne i ter mini durante l'esecuzione. Al lume di tali principi si deve pertanto ritenere che, in quanto previste soltanto per il caso che si verifichino siffatti eventi, le clau sole cautelative poste a tutela delle ragioni dell'Istituto finanziatore, pur potendo portare di fatto ad una riduzione della durata minima triennale dell'operazione, non 'Sono tuttavia di ostacolo all'applicazione dei benefici fi:scali di cui trattasi, spiegando essi, in effetti, la loro ope rativit� soltanto nell'ipotesi, possibile 'ma poco probabile, che il mec canismo del finanziamento s'inceppi per l'inadempienza . dell'impresa inserite nei contratti clausole che danno facolt� al mutuante .di chiedere l'anticipato rimborso del capitale, �quahdo si verifichino particolari circo stanze che fanno riferimento a condizioni soggettive sue pr<>prie ed esclu sive: cos� in particolare quando, verificandosi un'eccezionale corsa agli sportelli, la Banca mutuante per far fronte alle richieste di rimborso dei depositi, si trovi nella necessit� di chiedere l'anticipata restit'uzione delle somme mutuate. Ora � da osservare in primo luogo che quando si tenga ben presente quali sono i soggetti che possono essere ammessi a fruire dell'imposta in abbonamento, tale confusione di rapporti, per cui l'ente finanziatore pu� cadere in dissesto se, determinandosi quelle particolari ipotesi, non recupera prontamente le somme mutuate, atteso il � genere � e la e specialit� � della provvista destinata a finanziare le operazioni di .tali soggetti, non pu� verificarsi. Comunque � da rilevare che il mutuo � un contratto reale, il quale si perfeziona con la consegna del denaro al mutuatario. Unico obbligato � pertanto il mutuatario, cui il contratto concede il beneficio di un termine per la restituzione del capitale. Ora la clausola che d� facolt� al mutuante di revocare, per ragioni sue soggettive, il beneficio del termine, introduce nel termine stesso una condizione che non � propria e naturale del contratto di mutuo, come quelle che sono dirette a confermare le garanzie di adempimento dell'ob bligazione del debitore, e che sostanzialmente, derivando dal principio generale per cui inadimplenti non est adimplendum non ne impediscono il naturale svolgimento. Detta condizione invece rende incerto quel termine di durata ultra triennale che deve avere l'operazione di finanziamento per essere ammessa, sotto il profilo oggettivo, ai benefici della legge del 1962, e appare quindi con la relativa norma non conciliabile. Con questa breve disamina della legge non pretendiamo di avere risolto i molti �e gravi dubbi interpretativi che si presentano nella sua applicazione, ma gperiamo di aver fornito dei criteri informatori, utili a chiarire l'intricata materia. M. SALTINI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA finanziata, passando, per cosi dire, dallo stato fisiologico -che � il solo ~r�eso in considerazione dalla legge (art. 1) -a quello patologico. N� vale opporre -come la ricorrente oppone -che per tutelarsi contro tali evenienze pu� sempre l'Istituto finanziatore avvalersi della facolt� datagli dalla legge di esigere dal mutuatario, frnendo delle mede~ime agevolazioni fiscali, idonee garanzie reali e personali e di agire, occorrendo, in base a queste in via esecutiva. L'esercizio di tale facolt� non esclude, infatti, nel sistema generale della legge, che il mutuante possa invocare, al tempo stesso, nei confronti del mutuatario inadempiente la decadenza dal beneficio del termine. Senza dire, poi, che trattasi pur sempre di una facolt�, della quale, per ragioni di carattere obiettivo -come la impossidenza del mutuatario, l'insufficienza dei beni offerti in garanzia o la mancata disponibilit� di fideiussioni valide -non sempre al mutuante � dato modo, di fatto, di avvalersi. Sulla clausola con cui, alfa lettera C del capitolato, era data facolt� all'Istituto mutuante di consentire alla societ�, che ne avesse fatto richiesta almeno trenta giorni prima, il rimborso anticipato della somma avuta in mutuo, la ricorrente Amministrazione mostra di non volere insistere soverchiamente, limitandosi a denunciarne genericamente l'incompatibilit� con la norma che fissa, come si � detto, in tre anni la durata minima dell'operazione di finanziamento. Ma la denuncia � priva di consistenza giuridica, non essendo lecito pensare. che da una norma indubbiamente posta in suo favore -quale � quella, come si � detto, relativa alla durata minima del finanziamento -possa essere stato il mutuatario tacitamente privato del diritto riconosciutogli dall'art. 1184 e.e. di eseguire anzitempo la sua obbligazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2241 -Pres. Stella Richter -Est. Ferrone Capano -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Costruzioni Catania (avv. Di Stefano). Imposta di registro -Atti soggetti a condizione sospensiva -Registrazione a tassa fissa -Denuncia di avveramento della condizione Omissione o ritardo -Non influisce sulla tempestivit� della registrazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 17, 79, 91, 102, 110 e tariffa A, art. 79). NeHe ipotesi deH'atto soggetto a condizione sospensiva, deve considerarsi come registrazione quella che avviene, con la percezione dell'imposta fissa, al momento della presentazione; il successivo obbligo 1420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di denunzia, stabiliio datl'art. 79 della legge di registro, riguarda soltanto la liquidazione defi,ni.tiva deU'imposta, ma non la registrazione (che � gi� avvenuta e pu� avvenire una volta sola), cosicch� l'omessa o ritardata presentazione della denunzia di avveramento della condizione, se pure d� luogo alla applicazione della soprabassa dell'art. 102, non comporta decadenza datl'agevolazione ex art. 110 (1). (Omissis). -� necessario anzitutto ricoroare che la legge 15 febbraio 1949, n. 33, con la quale sono 'state apportate modificazioni alle leggi concernenti le imposte di registro e ipotecarie, dispone all'art. 7 che � l'aumento di capitale deliberato dalle societ� azionarie � considerato sottoposto alla condizione sospensiva che esso sia �sottoscritto o comunque collocato �. La relativa deliberazione va perci� registrata a tassa fissa, a norma dell'art. 79 della tariffa allegato A alla leg.ge del -registro, mentre l'imposta proporzionale, di cui all'art. 85 della stessa tariffa, � dovuta solo nel caso che la condizione si verifichi, ossia che l'aumento di ca�pitale venga effettivamente sottoscritto e comunque collocato (art. 17 della legge). A tal fine sono dirette -e vanno perci� osservate -le disposizioni concernenti la denunzia dell'avveramento della condizione, denunzia che deve essere fatta con le modalit� e nei termini prescritti dagli artt. 79, 83 e 90 della legge di 'registro, nonch� (limitatamente alle sottoscrizioni parziali) dall'art. 7 della �citata legge n. 33 del 1949. Nella specie, per�, la deliberazione di aumento del capitale sociale, adottata dalla societ� Costruzioni Montaggi Catania, rientrava fra gli (1) Con la recente sentenza 22 ottobre 1970, n. 2102 (in questa Ras-. segna 1970, I, 1117) � stato affermato il principio esattamente opposto: che cio� la decadenza ex art. 110, per .gli atti soggetti a �condizione sospensiva, si verifica soltanto in relazione al momento dell'avveramento della condizione e non al momento della stipulazione .dell'atto. Nemmeno questa proI nunzia poteva dirsi esatta, ma essa era comunque assai pi� giustificabile di quella in esame. 11' vero � che proprio perch� la registrazione consiste nell'annotamento degli atti e delle trasmissioni nei pubblici registri con l'accertamento della relativa legale esistenza e della data (artt. 3 e 73), I quando l'atto o la trasmissione, per sua natura, si sdoppia in due momenti distinti, ambedue essenziali ad operare l'effetto, la registrazione deve necessariamente interessare i due momenti; e quindi non solo la percezione del I tributo (non dissociabile dalla registrazione), ma anche la certificazione t della legale esistenza e della data deve riguardare sia la stipulazione sia l'avveramento della condizione (n�n avrebbe senso accertare l'esistenza e la data di un atto se non si accertasse anche se e quando esso � divenuto efficace per l'avveramento della �condizione). Per questo nella sua struttura e collocazione l'art. 79 � del tutto simile all'art. 80 e la denuncia in esso prevista � la stessa sia quando presuppone un'anteriore registrazione a PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1421 atti previsti dall'art. 10 della legge regionale siciliana 20 marzo 1950, n. 29, la quale, nell'intento di incrementare lo sviluppo delle industrie nella Regione, ha concesso una particolare agevolazione tributaria: (tassa di registro ed ipotecaria nella misura fissa di lire duecento) per gli aumenti di capitale delle societ� che abbiano la sede sociale nella Regione e che esercitano attivit� industriali esclusivamente nella stessa, quando il ricavato dell'operazione sia destinato al�l'impianto o all'esercizio di stabliimenti industriali tecnicamente organizzati. In tale �situazione si trovava la �societ� Costruzioni Montaggi Cat~ ia, la quale, nel deliberare l'aumento del proprio capitale, dichiar� di volersi avvalere della suindicata agevolazione tributaria. Ma essa, mentre ottemper� a tutte le prescrizioni che le erano state imposte dai competenti organi della Regione, non denunzi� all'ufficio del registro di Catania, presso cui era stata registrata a tassa fissa la deliberazione di aUII1;ento del capitale sociale, l'avv>enuta sottoscrizione delle nuove azioni. Non provvide, cio�, a presentare la denuncia di avveramento della condizione sospensiva, ai sensi dei citati artt. 79, 83 e 90 della legge del registro. Da ci� l'Amministrazione finanziaria dedusse �che si fosse verificata la decadenza comunicata dall'art. 110 della stessa legge, secondo cui � tutti gli atti e contratti, per i .quali � stata concessa riduzione dalle normali imposte di registro, decadono da tali benefici... tassa fissa (secondo comma) sia quando costituisce l'atto che d� luogo alla registrazione (primo comma). Un'equiparazione della denuncia ex art. 79 alla registrazione emerge chiara anche dal confronto degli artt. 136 e 137. Da ci� consegue che non pu� dirsi a tutti gli effetti avvenuta la registrazione con la percezione della tassa fissa e che a seguito della denunzia si opera solo la liquidazione dell'imposta. Non pu�' dirsi registrato agli effetti degli artt. 2, 62, 63, 72, 106 ecc. l'atto soggetto a condizione sospensiva per il quale sia stata corrisposta la sola imposta fissa; o meglio un tale atto pu� considerarsi registrato se sia preso in considerazione come ancora in stato di pendenza dell'avveramento; ma se viene impiegato come atto efficace di cui si sia avverata la condizione, non pu� farsene uso, non pu� essere prodo�to od enunciato, non pu� essere esibito in giudizio se non sia stata, a seguito di denuncia, corrisposta l'imposta progressiva, proporzionale o graduale. In modo non dissimile il decreto ingiuntivo (art. 28 �.l. 7 agosto 1936, n. 1531) registrato a tassa fissa non pu� considerarsi a nessun effetto registrato, dopo che � divenuto esecutivo, se non sia stato nuovamente presentato alla registrazione. � del resto noto che non pu� concepirsi una registrazione senza il pagamento dell'imposta principale; ma quella imposta progressiva, proporzionale o graduale che si paga all'avveramento della condizione � indubbiamente l'imposta principale. � quindi evidente che quando in particolari ipotesi la registrazione ha luogo in due tempi, ambedue le fasi sono essenziali per conseguire lo scopo della registrazione e ambedue debbono aver luogo con l'osservanza del termine; la tempestivit� della denuncia � quindi pi� importante della tempestivit� della prima registrazione agli effetti dell'art. 110. 1422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quando non vengano sottoposti a registrazione entro il termine di legge�. Codesto assunto, posto a base della pretesa (fatta valere anche nel presente giudizio) di assogg.etare l'aumento di capitale alla ordinaria imposta proporzionale, non � stato condiviso dalla Corte d'Appello, la quale ha ritenuto: a) che nella specie non ricorreva l'obbligo della denuncia di avvenuto aumento del capitale sociale, in quanto, essendo state adempiute, anche col rispetto dei relativi termini; tutte le condizioni stabilite dai competenti Assessorati regionali per la concessione dell'anzidetto beneficio, non era dovuta altra imposta, oltre quella gi� corrisposta in misura fissa, e perc.i� mancava un tributo da liquidare e riscuotere per effetto dell'avveramento della condizione, la cui denunc�a � a tale scopo preordinata; b) che, in ogni caso, l'omessa denuncia :r;ion equivale ad omessa registrazione, n� incide sulla regolarit� e tempestivit� dell'avvenuta registrazione della deUbera di aumento del capitale sociale, e perci� non importa la decadenza prevista dall'art. 110 della legge del registro. Ora, con l'unico motivo di ricorso, nel denunciare la violazione e falsa applic1:1zione di tutte le norme di legge innanzi indicate, nonch� vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione circa punti decisivi della c<>ntroversia, .l'Amministrazione delle finanze deduce che � l'operazione della registrazione comprende come elemento essenziale il pagamento dell'imposta; e nell'ipotesi in cui vengano in considerazione atti condizionati sospensivamente, l'operazione della registrazione non pu� considerarsi perfezionata, e comunque regolarmente compiuta, prima che sia stato denunciato, nei modi e con le forme prescritte, l'avveramento della condizione sospensiva �. Fino a quel momento l'imposta di registro � tenuta in sospeso (artt. 17 e 91) ed � poi dovuta nella misura stabilita dalla legge in vigore al giorno in cui si avvera o s'intende avverata la condizione (ultimo comma dell'art. 17). Ci� significa -aggiunge la ricorrente -che nel caso di atti sottoposti a condizione sospensiva, come gli aumenti di capitale deliberati da societ� azionarie, il momento giuddicamente rilevante, per l'applicazione dell'imposta � quello del giorno in cui si avvera la condizione. Di conseguenza, poich� le leggi regionali siciliane non precludono l'applicazione delle norme generali della legge organica di registro, � da ritenere -secondo la ricorrente -�Che la decadenza prevista dal citato art. 110 � va sempre applicata, quando, trattandosi di beneficio fiscale per un atto sospensivamente condizionato, l'interessato non abbia provveduto al perfezionamento dell'operazione della registrazione entro i termini e con le modalit� di legge �, e cio� non abbia presentato la denuncia di avveramento della condizione, da considerarsi atto perfezionativo e integrativo di un'anteriore registrazione� � non regolai::mente compiuta �. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il ricorso non � fondato. La registrazione consiste nell'~nnotamento degli atti e delle trasmissioni di diritti reali nei pubblici registri a ci� destinati. Essa accerta la legale esistenza degli atti in genere, ed imprime alle scritture private la data certa di fronte a terzi. Cosi dispone testualmente l'art. 3 della legge di registro, che nel successivo art. 73, oltre che a ribadire che la registrazione consiste � nell'annotazione degli atti e delle dichiarazioni in appositi registri ., stabilisce le modalit� della stessa, nonch� le altre formalit� all'uopo occorrenti. Con l'adempimento di tali formalit� e col pagamento dell'imposta in quel momento dovuta, la registrazione viene effettuata e produce i suoi effetti, anche se l'ammontare dell'imposta pagata sia suscettibile di successive variazioni. Totalmente diverse sono la natura, la funzione e le formalit� della denunzia di avveramento della condizione sospensiva, prevista dagli artt. 79, 83 e 90 della legge di registro, in relazione agli artt. 17 e 91 della stessa legge. Essa deve essere fatta su appositi moduli (che una volta erano soggetti all'imposta di bollo) con le modalit� prescritte dall'art. 79, che nessun rapporto hanno con le formalit� richieste per la registrazione dagli artt. 3 e 73. La ricorrente afferma che la registrazione degli atti sottoposti a condizione sospensiva � si effettua in due tempi successivi e distinti, strettamente collegati fra loro �, una prima volta in via provvisoria ed imperfetta, mediante la registrazione a tassa fissa ex art. 79 della tariffa allegato A, ed una seconda volta a titolo di integrazione e _perfezionamento, mediante la denuncia di avveramento della condizione e la liquidazione dell'imposta dovuta. Ci� non � esatto, poich� la registrazione � unica, .come unico � il numero progressivo del relativo registro ed uriica la data certa di fronte ai terzi. Essa avvien�e con la annotazione dell'atto nei pubblici registri a ci� destinati e col contemporaneo adempimento delle altre formalit� stabilite dalla legge, nonch� col pagamento dell'imposta che in quel momento � dovuta. La successiva denuncia di avveramento della condizione non attiene al procedimento di registrazione, sibbene a quello di liquidazione definitiva dell'imposta. Solo l'imposta, infatti, pu� essere provvisoria, rettificabile, o definitiva; non anche la registrazione, che non pu� essere n� provvisoria n�. rettificabile. La tassa fissa sull'atto condizionato non � certamente definitiva e non preclude una successiva diversa tassazione. Ma, ne deriva che se la condizione non si verifica, nessuna denuncia deve essere presentata e nessun ulteriore tributo deve �essere corrisposto, perci� resta ferma, con tutti gli effetti che ne conseguono, la registrazione effettuata a norma dell'art. 79 della tariffa allegato A. Se, invece, la condizione si verifica, gli effetti si producono in ordine alla liquidazione dell'imposta, rimasta sospesa, non in ordine alla registrazione dell'atto, gi� avvenuta a tassa fissa. N� a diversi effetti pu� condurre la violazione delle norme concernenti la denuncia 1424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di avveramento della condizione, dato che l'omessa o tardiva denuncia non importa, di regola, che l'applicazione di una sopratassa, giusta la disposizione dell'art. 102, lettera c), della legge di registro. Tutte tali considerazioni rendono pi� agevole l'esame della questione preliminare circa la necessit�, nel caso di specie, della denuncia di �sottoscrizione delle nuove azioni, quale denuncia di avveramento della condizione sospensiva a cui era da considerarsi subordinata la deliberazione di aumento del capitale sociale (alla quale competeva la predetta agevolazione tributaria). La decisione adottata su questo punto dalla Corte di merito, che ha escluso l'obbligo della denuncia, appare giuridicamente corretta e tale da essere condivisa. � esatta l'osservazione della ricorrente, secondo cui le leggi regionali siciliane non precludono nella soggetta materia l'applicazione delle norme generali della legge di registro; ma, nel caso in esame, le disposizioni della legge di registro devono essere necessariamente coordinate con le norme speciali della legge regionale siciliana 20 marzo 1950, n. 29, la quale non si limita a concf'.dere ,la suindicata agevolazione tributaria (tassa fissa di registro sugli atti concernenti aumenti di capitale sociale), ma all'art. 13 specifica e prescrive: a) che l'agevolazione � concessa con decreto dell'assessore alle finanze, di concerto con quello per l'industria e commercio, previa istanza debitamente documentata; b) che nel decreto di concessione sono stabilite �le condizioni a cui � subordinata la concessione ed il termine �entro il quale esse debbono essere adempiute �; c) che l'agevolazione s'intende revocata, con la conseguenza che � le imposte, tasse e sopratasse sono riscosse nella misura normale�, qualora non si dimostri entro tre mesi, a mezzo di I certificato dell'assessore per l'industria e il commercio, l'avvenuto adempimento delle dette condizioni. I Come vedesi, la concessione dell'agevolazione tributaria e la revoca della stessa, nonch� le conseguenze ad esse connesse, sono disciplinate d~lla legge regionale siciliana a mezzo di �specifiche norme di I carattere particolar�, div�erse da quelle della legge di registro e con queste incompatibili, soprattutto sul punto (che qui interessa) relativo I alla denuncia di avveramento delle condizioni alle quali viene subor li dinato il beneficio fiscale. E poich� in questa materia la Regione siciliana � investita di potest� legislativa, sono le norme regionali, e non quelle nazionali, �che devono trovare applicazione, dato che entrambe mirano a conseguire la medesima finalit�. Pertanto, se in linea generale � da ritenere �che, di regola, la denuncia di avveramento della � condizione sospensiva � necessaria, a norma della legge di registro, anche quando esista un beneficio fiscale e si ritenga di non dover corrispondere ulteriori tributi, a diversa conclusione devesi addivenire in applicazione delle norme della citata legge regionale, la quale impo:i:ie al contribuente l'onere di una dia:nostrazione documentale, da fornirsi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1425 entro un dato termine, sotto pena d,i revoca del beneficio, ed affida agli organi della Regione (assessorato alle finanze e assessorat� per l'industria e commercio) il compito di accertare l'avvenuto adempimento delle -condizioni a cui � subordinata l'agevolazione tributaria e di renderla definitiva. Esattamente, quindi, la Corte di appello ha ritenuto che la societ� Costruzioni Montaggi Catania non fosse tenuta a denunciare all'ufficio del registro l'avvenuto aumento del capitale sociale, dato che essa, dopo aver registrato a tassa fiss~ la relativa deliberazione, � ottenne l'agevolazione fiscale prevista dalla legge regionale e puntualmente osserv� tutte le condizioni e i termini stabiliti dal competente assessorato �; cosicch� nella specie mancava, giusta l'accertamento compiuto dai �competenti organi regionali, un ulteriore tributo da liquidare e riscuotere. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2257 -Pres. Favara -Est. Spadara -P. M. De Marco (conf.) -Comune di Bologna (avv. Guidoboni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso ;. Estensione alla costruzione di colonie climatiche -Legge 19 luglio 1961, n. 659 -Valore innovativo -Divieto di rimborso di imposta riscossa -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza. (1. 2 luglio 1949 n. 408, art. 14; I. 19 luglio 1961 n. 659, artt. 1 e 5). . . L'agevolazione deU'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 per l'acquisto di aree e�ificabili destinate aiza costruzione di case di abitazione non di lusso � stata. estesa, con la norma innovativa degli articoli 1 e 5 della legge 19 luglio 1961 n. 659, agli acquisti per la costruzione di altri edifici a carattere ricett,:ivo. In nessun caso, per�, pu� farsi luogo a restituzione deU'imposta pagata come espressamente dispone l'art. 5; l'eccezione di illegittimit� costituzionale di questa norma � manife'8tamente infondata (1). (1) Decisione da condividere in ogni parte. Il divieto di rimborso dell'imposta pagata in esecuzione della norma precedentemente vigente � 1426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con l'unico motivo, il ricorrente comune di Bologna, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 14 della leg~e 2 luglio 1949, n. 408, in relazione agli artt. 1 e 5 della legge 19 luglio 1961 n. 659 e all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., lamenta che la Commissione Centrale, con la impugnata decisione, abbia ritenuto inapplicabile il beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa, previsto tanto dalla legge 2 luglio 1949 n. 408 quanto da quella n. 659 del 1961, rispetto all'atto dell'8 giugno 1959 registrato il 12 novembre 1959, col quale esso ricorrente ebbe ad effettuare l'acquisto di un'area, da destinarsi alla costruzione di una. colonia climatica. In particolare, mentre sostiene che la interpretazione della -citata legge n. 408 del 1949' ben consentiva di comprendere nel beneficio fiscale in argomento anche gli acquisti di aree destinate alla costruzione di colonie, edifici scolastici e simili costruzioni, e, perci�, anche l'atto di acquisto de quo, rileva che, comunque, il detto beneficio ,andava applicato a tale atto in base alla legge n. 659 del 1961, atteso il carattere interpretativo e non innovativo di questa legge rispetto alla !?recedente n. 408 del 1949 e avuto riguardo, d'altra parte, al principio secondo cui lo ius superveniens si applica ai rapporti giuridJ.ci gi� compiuti ma non ancora esauriti, come quello relativo al rapporto tributario in questione, che, al momento dell'en trata in vigore della detta legge, doveva considerarsi non ancora definito, potendo essere modificato il quantum del tributo da co�rrispondere entro i tre anni dal pagamento ed essendo stata, nella specie, di gi� presentata la domanda di restituzione del tributo corrisposto. Osserva, infine, che, atteso al car~ttere non definitivo da attribuirsi a tale rapporto tributario, non -avrebbe potuto trovare applicazione la norma � del 2� comma dell'art. 5 della citata legge n. 659 del 1961; in quanto questa disposizione, secondo la quale non si fa luogo a restituzione delle somme gi� pagate, sarebbe da riferirsi soltanto alla ipotesi di rapporti ! tributari gi� definiti, e, ove la si volesse considerare est�ensibile anche I ai rapporti non ancora definiti, sarebbe da ritenersi costituzionalmente illegittima per violazione sia del principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, che di quello relativo alla capacit� contribu i' tiva, prevista dall'art. 53 della stessa Costituzione. Il motivo � infondato. La tesi del ricorrente, secondo cui al rapporto tributario in questione si sarebbe dovuto applicare il beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa e restituzione, in conseguenza, allo stesso ricorrente del tr~buto, corrisposto nella misura ordinaria, ossia nell'importo di lire espresso in modo incontrovertibile nell'art. 5 della legge 19 luglio 1961, n. 659. La legittimit� costituzionale di questa norma � stata espressamente confermata dalla Corte Costituzionale con la sent. 14 maggio 1968 n. 4'5 (in questa Rassegna, 1968, I, 360). I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1427 14.583.560 si fonda sostanzialmente, da una parte, sulla interpretazione estensiva da darsi alla legge n. 408 del 1949 e sul carattere interpretativo e non innovativo da attribuirsi, rispetto a questa, alla legge n. 659 del 1961, e, dall'altra parte, sulla considerazione che il detto rapporto tributario non poteva ritenersi ancora definito, al momento della entrata in vigore di quest'ultima legge, e, quindi compreso nella esclusione dell'applicazione del beneficio, sancita dall'art. 5 della legge stessa. Ma, ai fini della infondatezza dei primi due argomenti prospettati a sostegno di questa tesi � sufficiente ricordare che, mentre � pacifico nella giurisprudenza di questa Corte Suprema il principio, secondo cui le agevolazio:r:ii, previste dal titolo secondo della legge n. 408 del 1949 (art. 13 e seg.) e nelle quali rientra il beneficio dell'imposta fissa di registro per gli, acquisti di aree edificabili, non sono applicabili ad edifici diversi di quelli destinati ad uso di abitazfone privata_, �e, quindi, non applicabili ad edifici destinati ad ospitare collettivit� di persone come le colonie climatiche, gli edifici s�colastici e simili costruzioni (cass. 27 agosto 1963 n. 2361; 12 giugno 1968 n. 1870), � ormai consolidato nella giurisprudenza di questa stessa Corte Suprema l'altro principio, secondo cui la legge n. 659 del 1961, che ha esteso le agevolazioni fiscali tributarie, previste dagli artt. 13, 14, 16 e 18 della citata legge n. 408 del 1949, anche agli edifici contemplati nello art. 2, 2� comma, del r.d. 21 giugno 1938, 1094 (tra i quali sono comprese anche le colonie climatiche), ha carattere innovativo e non inter. pretativo rispetto a quella precedente n. 408 del 1949 (cass. 16 giugno 1962 n. 1523; 25 gennaio 1968 n. 209). Contro questi principi giurisprudenziali, in ordine ai quali non sussistono, n� sono state addotte valide ragioni per discostarsene, urtano, quindi, i due argomenti, di cui sopra, prospettati dal ricorrente, talch� essi non possono che essere disattesi. In .ordine, poi, all'altro argomento, costituito dalla considerazione che il rapporto tributario in questione non poteva ritenersi definito al momento dell'entrata in vigore della legge 1961 n. 659, deve rilevarsi che, anche a volere considerare tale rapporto non ancora definito, l'argomento sarebbe privo di rilevanza, dal momento che, per la disposizione del 2� �comma dell'art. 5, non si sarebbe potuto fare luogo, per un tale rapporto, alla restituzione in favore del comune di Bologna della somma co�rrisposta a titolo d'imposta (cass. 12 agosto 1963, n. 2306; 22 ottobre 1965 n. 2195: 25 gennaio 1968 n. 209). � vero che il ricorrente ha risollevato, in ordine alla disposizione contenuta in tale 2� comma dell'art. 5, la questione di legittimit� costituzionale, sostenendo che essa violerebbe sia il principio di eguaglian:zia, sancito dall'art. 3 della Costituzione, che quello della parit� di trattamento tributario, sancito all'art. 53 della costituzione stessa, ma � anche vero che la questione, �come rettamente � stato ritenuto dalla impugnata decisione, � manifestamente infondata. 1428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questa disposizione, che sancisce, per i rapporti tributari non ancora definiti, il divieto di restituzione delle somme gi� pagate a titolo di imposta, si inquadra, infatti, con riguardo alla legittimit� del ipagamento eseguito seeondo la legge vigente al momento del pagamento stesso, nel principio generale e fondamentale dell'or<.namento positivo (art. 11 delle preleggi) concernente la irretroattivit� deHa legge.� Questo divieto va riguardato con .riferimento all'atto giuridico del pa.gamento della imposta, verificatosi sotto l'impero della diversa precedente legge, e, perci�, con riguardo alla particolare �situazione giuridica determinatasi in base a tale legge nei confronti di chi abbia effettuato quel pagamento, che, essendo legittimo in base alla legge stessa, non dava diritto alla ripetizione di quanto indebitamente corrisposto, situazione questa, che, mentre non poteva subire, per effetto del richiamato principio della irretroattivit� della nuova legge, alcuna modificazione se non per' espressa deroga, riservata, in via eccezionale, al legislatore, che, nella specie, non ha inteso avvalersene, si presenta obbiettivamente diversa da quella, nella. quale il pagamento dell'imposta non si sia verificato e una questione di ripetizione di un indebito non poteva, ~ quindi, sorgere. Il trattamento diverso, previsto dalla disposizione in I argomento, relativamente alla situazione, nella quale si sia verificato il pagamento dell'imposta, rispetto a quella, in cui un tale evento non I sia intervenuto, � �, pertanto, giustificato dalla diversit� obiettiva di queste due situazioni, talch� la relativa norma non pu� ritenersi violatrice del principio costituzionale di eguaglianza, che postula che a parit� di situazioni deve conispondere parit� di trattamento, per cui I' r trattamenti differenziali sono riservati a situazioni obiettivamente diverse � (Corte Cost. 18 aprile 1967 n. 45; 5 maggio 1967 n. 57). ! N� risulta violato l'altro principio costituzionale (art. 53) della parit� di trattamento in situazioni di pari capacit� contributiva, giacch� ci� riguarda, come rettamente � stato posto in evidenza dalla impugnata decisione, il regime tributario vigente in un momento determinato, ma non anche la successione di leggi tributarie nel tempo, che po~sono ben determinare, in diversi momenti, un maggiore o minore aggravio del contribuente. E del pari non risultano violati il principio -del diritto della difesa (art. 24) e l'altro della piena tutela giurisdizionale dei diritti (art. 113), essendo manifestamente evidente che la norma in questione non incide, n� interferisce in alcun modo su questi diritti; e non omettendosi qui di sottolineare che in ogni caso, come in quello prospettato dal ricorrente, una sentenza, che fosse emessa in disconoscimento della detta norma, ben sarebbe soggetta al rimedio della impugnazione da parte dell'amministrazione interessata, con la conseguenza. del suo passaggio in giudicato ove un tale rimedio non dovesse essere esperito. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1429 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2267 -Pres. Gian nattasio -Est. Elia -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Mondini (avv. Iacobelli). Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit� Prova della provenienza del prezzo -Assegno di conto corrente Inidoneit�. (1. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). La prova idonea a superare la presunzione di liberalitd dell.a vendita fra parenti deve essere duplice, dovendo riguardare, da un Lato, la possibilitd dell'acquirente di disporre delle somme necessarie a coprire il prezzo di acquisto, e, <lall'altro, l'effettivo impiego dell.a detta somma nel pagamento del prezzo; mentre il pagamento del prezzo pu� anche essere differito, La disponibVitd dell.a somma da parte del compratore deve essere anteriore al negoz.io o, quanto meno, contestuale. Conseguentemente La presunzione di liberalitd, mentire pu� essere vinta con assegni circol.ari emessi all'ordine .del compratore e girati al venditore, non pu� invece esserlo con asse.gni di conto corrente emessi dal compratore che, potendo anche essere senza copertura, non assicurano del.la disponibiiit� della somma (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso la Amministrazione delle Finanze dello Stato denuncia violazione dell'art.. 5 d.1.1. 8 marzo 1945 n. 90 in relazione ai nn. 3 e 5� dell'art. 360 c.p.c. deducendo che erroneamente la sentenza impugnata della Corte di me;rito ha ritenuto che la presunzione di liberalit�, posta dal citato articolo, secondo cui (1) Questa pronunzia, se pur giustamente esclude l'idoneit�, per vincere la presunzione di liberalit� nella vendita tra parenti, dell'assegno di conto corrente, tuttavia riconosce l'idoneit� dell'assegno circolare. Questa ultima affermazione non pu� essere condivisa, perch� l'assegno circolare dimostra il possesso, ma non la provenienza del danaro (la girata dell'assegno dal compratore al venditore non � niente di pi� della numeratio pecuniae) e soprattutto perch� manca assolutamente come prova di tale provenienza l'atto di data certa. N� la sentenza 3 maggio 1969, n. 1472 (Riv. leg. Fisc., 1969, 1893) oggi citata come precedente, ha esplicitamente ammesso l'idoneit� dell'assegno circolare. � vero che con la recente, ma pur criticabile, decisione 12 maggio 1971, n. 1364 (in questa Rassegna, 1971, I, 899) �� stata riconosciuta qualit� di atto di data certa alle certificazioni bancarie; ma si trattava pur sempre di attestati inerenti alla esistenza anteriore di una somma nella disponibilit� del compratore, non della pura e semplice emissione di un assegno circolare di cui si ignora chi ne sia stato il richiedente che ha versato la somma corrispondente. Per la riaffermazione della necessit� dell'atto di data certa v. Cass. 25 febbraio 1971, n. 483 (ivi 1971, I, 626 con richiami). Per l'ipotesi del pagamento differito cfr. Cass. 7 gennaio 1967, n. 65 (ivi, 1967, I, 291). 1430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le trasmissioni di immobili, tra parenti entro il terzo grado, si presumono a titolo gratuito, potesse esser vinta dal fatto che il-prezzo dell'immobile era stato pagato mediante assegno bancario, di conto corrente, ricevuto con quietanza � salvo buon fine �, emesso allo scoperto e riscosso due mesi dopo, sempre �allo scoperto. La censura � fondata. La presunzione di liberalit� stabilita dal citato art. 5 del d.1.1. n. 90 del 1945 pu� essere vinta soltanto dalla prova, mediante un atto anteriore, di data certa, della disponibilit�, nel patrimonio dell'acquirente del bene, di una somma corrispondente al prezzo pattuito, nonch� dalla prova del pagamento effettivo del prezzo, al momento dell'acquisto, risultante dal rogito presentato per la registrazione (Cass. 6 maggio 1969 n. 1530 e Cass. 8 novembre 1967 n. 2698). La prova idonea a superare la presunzione legale di gratuit� del trasferimento deve, dunque, secondo la lettera e la ratio della norma richiamata, e$sere duplice, dovendo, da un lato, riguardare la possibilit� dell'acquirente di disporre della somma necessaria a coprire il prezzo di acquisto, e, dall'altro lato, dovendo dimostrare !'.effettivo impiego della detta somma nel pagamento del prezzo. Ovviamente, se � dimostrata la disponibilit� della �somma, in momento anteriore al rogito di acquisto, nel patrimonio del �compratore, in modo che sia escluso che il venditore abbia posto successivamente a disposizione del detto acquirente il danaro necessario a pagare il prezzo, pu�-esservi un pagamento differito : ma la disponibilit� della somma da parte del compratore deve essere anteriore al rogito, o, quanto meno, contestuale (Cass. 2 otttobre 1956 n. 3309 e Cass. 7 gennaio 1967, n. 65). Deriva da ci� che la presunzione di gratuit� dell'acquisto pu� essere vinta dalla esibizione di assegni circolari rilasciati da una banca, prima del rogito, all'ordine del compratore e da questi girati al venditore dell'immobile (Cass. 3 maggio 1969, n. 1472). Infatti l'assegno circolare, analogo al vaglia cambiario, contiene la promessa � incondizionata � (art. 83 n. 2 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736) di pagamento, e dunque assicura la disponibilit� �della somma presso l'istituto di credito. (Cass. 10 aprile 1968 n. 1075). Invece l'assegno bancario di conto corrente (ch�que) pu� essere emesso senza corrispondente provvista, � analogo ad una tratta, e non assicul'la la disponibilit� della somma da parte dell'emittente -presso l'istituto bancario ma, a differenza della cambiale e dell'assegno circolare, circola con il presupposto di una provvista equivalente al suo ammontare, mancando la quale vien meno la sua efficacia (Cass. 23 febbraio 1953 n. 437). Mentre dunque l'art. 5 della citata legge n. 90 del 1945 esige che la prova della disponibilit� sussista al momento della vendita, il rilascio di un a�ssegno di conto . corrente non costituisce prova dell~ disponibilit� della somma, tanto che, nella specie, l'assegno bancario era emesso �senza copertura. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1431 La circostanza, poi, emergente dalla sentenza gravata, �che l'assegno emesso a vuoto, senza copertura sia stato pagato dalla Banca, circa due mesi dopo l'emissione, e nonostante non vi fosse la corrispon� dente provvista, non solo conferma che l'acquirente non aveva, al momento del rogito, la disponibilit� di. somme pari all'importo del prezzo pattuito, ma dimostra la mancanza non solo del requisito della disponibilit� del danaro, necessario a pagare il prezzo, ma anche dell'altro requisito indispensabile a vincere la .presunzione di gratuit�, che, cio�, � il prezzo �sia stato �effettivamente pagato, dal compratore, con danaro proprio, mentre nella specie la Banca pag� l'assegno con danaro dell'istituto e non del �compratore emittente. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2277 -Pres. Favara. -Est. Pascasio -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi) c. Soc. Tirrena (avv. Rosati). Imposte e tasse in genere -lposte indirette -Ingiunzione -Posizione processuale della Finanza -Giudizio di appello -Deduzione di diversi presupposti di fatto e di diverso� titolo giuridico -Inammissibilit�. (c.p.c. artt. 36 e 345; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). L'Amministrazione finanziaria, convenuta nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, non pu� in grado di appe.zlo dedurre a fondamento detla pretesa tTibutaria una nuova causa petendi basata su diversi presupposti di fatto e su un diverso titolo giuridico (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, lamentando la violazione dell'art. 36 c.p.c., 31 del t.u. 14 aprile 1910 n. 639 e 11 del r.d. 30 dicembre (1) La pronuncia non pu� dirsi esatta per quanto concerne� la deduzione in appello di un .diverso nomen iuris, nel che non si concreta una domanda nuova; � stato pi� volte infatti affermato che la parte convenuta, sia essa appellante o appellata, non incontra alcuna delle preclusioni dell'art. 345 c.p.c. quando modifica, amplia e sostituisce il titolo giuridico della tassazione, senza immutare sui pr,esupposti di fatto (Cass., 6 luglio 1971, n. 2103 in questo stesso fascicolo pag. 1399 e precedenti ivi citati). Diversa � la situazione quando nuovi presupposti di fatto vengono invocati a sostegno della pretesa; qui non si ha pi� mutamento della causa petendi, bensl del petitum, cosa che non � consentita non tanto per ragioni attinenti alla prova del fatto (che potrebbe anche essere stata acquisita), quanto per la violazione del principio del doppio grado di giurisdizione (v. nota a Cass. 27 gennaio 1971, n. 202, in questa Rassegna, 1971, I, 420). 13 1432 . RASSEGNA DEl�L'AVVOCATURA DELLO STATO 1923 n. 3269, l'Amministrazione deduce che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che non potesse, nel corso del giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, allargarsi il tema del dibattito senza proporre formalmente una domanda riconvenzionale. La censura non � fondata. Vero � infatti che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, l'ingiunzione fiscale cumula le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione del debitore costituisce una domanda giudiziale che apre un ordinario processo di cognizione il cui l'opponente, oltre a contestare la legittimit� dell'ingiunzione, contesta anche la pretesa dell'Amministrazione alla percezione del tributo, assumendo veste di attore. Conseguentemente, lAmministrazione opposta, in veste di con venuta, pu� proporre non solo eccezioni dirette a rendere inefficace l'azione, ma anche eccezioni e domande riconvenzionali dirette a far valere, anche a presdndere dalla domanda, un titolo diverso da quello indicato nell'ingiunzione. Ci� tuttavia, se � consentito nel giudizio di primo grado, non � ammesso. per la prima volta in appello, vietando il testuale disposto dell'art. 345 c.p..c. di pronunciare su domande nuove: il che' risponde alla inderogabile esigenza di assicurare l'osservanza del doppio grado di giurisdizione. Ora, come la Corte di merito ha esattamente rilevato 1'Ammini strazione aveva nella specie, in primo grado, richiesto alla Societ� Tirrena il pagamento della somma di L. 1.700.000 per imposta di regi stro ed accessori sull'atto registrato il 13 aprile 1953 al n. 26328 rela tivo alla costruzione di una palazzina fondand,o la propria P:r;"etesa sull'avvenuto inizio dei lavori in epoca precedente alla stipulazione del contratto. Soltanto e per la prima volta in app,ello l'amministrazione aveva fondato detta pretesa non pi� sull'atto anzidetto, ma sul contratto verbale mai denunciato e desunto aiiunde dalla stessa Amministrazione, la quale peraltro 'basava la propria richiesta non gi� sull'intempestivo inizio delle opere, bensl sulla mancata denuncia del ,contratto verbale di appalto nel termine stabilito dalla legge. E poich� tale assunto, secondo ha pure esattamente rilevato la Corte di merito, non trovava riscontro negli atti del giudizio di primo grado, mentre, anche a prescindere dalla domanda, era diretto a fare valere un titolo diverso da quello indicato nella ingiunzione, corretta mente detta Corte ha ritenuto che non essendo, cdme � noto, consen tito di introdurre per la prima volta in appello una nuova causa petendi per la pretesa tributaria, basata su diversi presupposti di fatto e su,.,.. un diverso titolo giuridico, privando cos� l'altra parte di un grado di giurisdizione, le domande nuove cos� proposte dall'Amministraz~one non potevano trovare rituale ingresso. in appello. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1433 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1971, n. 2298 -Pres. Rossano -Est. Valore -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Zagari) c. Diocesi di Albano (avv. Tosatti). Imposta di registro -Agevolazione ex art. 44 tab. B della legge di registro -Acquisto di area per la costruzione di chiesa parrocchiale -Si estende. (r.d. .SO dicembre 1923, n. 3269, tab. b, art. 44; Concordato fra la Santa Sede e l'Italia, art. 29 lett. h). Sebbene l'equiparazione del fine di culto al fine di istruzione, stabilita nell'art. 29 lett. h) del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia, non sia da solo sufficiente per far rientrare gli edifici religiosi nella agevolazione dell'art. 44 tab. b della legge d{ registiro, riferito n�n alla istruzione in genere 'l1Ul; agli edifici scolastici per le scuole el�mentari e i giardini di infanzia, tuttavia questa agevolazione deve ritenersi applicabile agli atti relativi aLl'acquisto dell'area e alla co,struzione di una chiesa parrocchiale destinata, tra l'altro, all'insegnamento del catechismo, ossia alla istruzione religiosa elementare (1). (Omissis). -L'amministrazione ricorrente, denunciando la violazione efalsa applicazione dell'art. 44 della tabella ali. B alla legge di registro 30 dicembre 1923 n. 3269 e dell'art. 29 lett. h del Concordato approvato �con legge 27 maggio 1929 n. 810, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. sostiene che la Corte di merito abbia errato nello estendere automaticamente alle chiese i benefici previsti per ciascun tipo di scuola. L'art. 29 del Concordato, secondo la ricorrente enunce (1) Ritorna ancora la questione dell'agevolazione per le chiese, considerate come edifici per l'istruzione elementare. Con la sent. 29 ottobre 1966, n. 2706 (in questa Rassegna, 1966, I, 1347) la S.C. aveva ragionevolmente affermato che la generica equiparazione del fine di culto e di religione a quello di beneficienza e di istruzione non poteva consentire di ricomprendere nell'art. 44 tab. b) della legge di registro, riferito ad un settore circoscritto di scuole, gli edifici di culto. Tuttavia con la successiva sentenza 5 luglio 1968, n. 2252 (ivi, 1968, I, 1001) si affermava che l'agevolazione doveva essere applicata per gli edifici di culto sia perch� l'equiparazione fatta nel concordato deve far rientrare negli edifici scolastici gli edifici di. culto, sia perch� la chiesa � un edificio in cui viene impartito l'insegnamento della dottrina cristiana, .rientrante nel concetto di istruzione elementare, genericamente inteso, dell'art. 44. Oggi, con maggior chiarezza, si dichiara che la norma concordataria non pu� giustificare l'estensione dell'art. 44, tab. b agli edifici di culto; tuttavia si afferma ancora che, indipendentemente dal concordato, le chiese devono considerarsi � edifici scola_stici per le scuole elementari � perch� destinate, � tra l'altro ., all'insegnamento del catechismo, ossia alla istruzione elementare, 1434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rebbe un principio generale, demandando al legislatore la regolamentazione concreta del trattamento tributario delle particolari attivit� che realizzano i singoli fini di �culto o di religione, in modo da attuare nelle singole fattispecie il principio generale �enunciato dalla norma. E poich� l'art. 44 citato non contempla � i fini di istruzione � generalmente intesi, ma semplicemente un settore (quello edilizio) di uno dei molteplici ordini scolastici, � impossibile, conclude l'Amministrazione, estendere alle chiese l'agevolazione prevista dal suddetto articolo 44. La censura non � fondata. Non � superfluo premettere che oggetto della controversia � la tass�zione della compravendita dell'area destinata alla costruzione della chiesa, giacch�, per quanto attiene alla tassazione concernente �n trasferimento di quella part~ dell'area destinata alla costruzione della casa canonica, � stata gi� riconosciuta, in sede amministrativa, l'applicabilit� �del beneficio fis�ale stabilito dall'art. 14 della legge n. 408 del 1949. L'art. 29 del Concordato fra la Santa Sede .e l'Italia, reso ~secutivo con la legge n. 810 del 1929 alla lett. h dispone: �Ferme restando le agevolazioni tributarie gi� stabilite a favore degli enti ecclesiastici dalle leggi italiane fin qui vigenti, il fine �di culto o di religione �, a tutti gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza o di istruzione �. La tabella, allegato B alla legge di registro, prevede, allo art. 44 come soggetti a tassa fissa, gli � atti o contratti relativi all'acquisto delle aree � alla costruzione, all'adattamento, all'arredamento ed al restauro degli edifici scolastici per le scuole elementari e per i gi�rdini ed asili di infanzia, quelli per la costruzione di nuovi edifici destinati religiosa e non, intesa nella norma in senso generale. Ne dovrebbe conseguire �che sia compreso nel beneficio qualunque edificio nel quale, � tra l'altro., sia impartito un inseg~amento di qualunque genere diretto alla infanzia indipendentemente dalla religione cattolica. A questo punto, per�, la tesi appare veramente insostenibile: infatti la norma de].J'art. 44 tab. b) � diretta ad agevolare non, come si afferma, l'� istruzione elementare � in genere, ma invece �.gli edifici scolastici per le scuole-elementari� cio� non un risultato d'insegnamento, ma una attrezzatura edilizia specifica e qualificata; ma soprattutto oggetto dell'agevolazione sono gli edifici con desti.:. nazione esclusiva a scuola elementare e non quelli nei �quali � tra l'altro � pu� essere impartito un'insegnamento religioso (non specificamente elementare). E se deve porsi un rapporto tra principale ed accessorio deve dirsi che, ai fini della agevolazione, l'edificio scolastico per la scuola elementare, che sia veramente tale, pu� contenere pa_rti accessorie destinate, ad esempio, alla refezione, alla assistenza sanitaria, alla ricreazione ed anche all'insegnamento e alla pratica religiosa, ma, all'inverso, non pu� rientrare nella previsione della norma, un edificio non scolastico (ad esempio un ospedale pediatrico, un istituto di assistenza o un edificio di culto) nel quale si impartisca anche un insegnamento. � PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA alle �scuole normali e per l'adattamento, l'arredamento, il restauro e l'ampliamento di quelli esistenti �. Orbene, non � fondata la �tesi dell'Amministrazione, secondo cui l� norma del Concordato, avendo natura pattizia sul piano internazionale e fissando un principio astratto, necessiterebbe, per la sua concreta applicazione, di disposizioni particolari, attuanti, di volta in volta, nelle singole fattispecie, il principio generale da essa enunciato. Secondo la ricorrente, spetterebbe al legislatore, e non all'interprete, stabilire se la equiparazione debba o meno operare nei singoli �asi. Ma la disposizione in questione, che ha lo stesso contenuto della relativa clausola del Concordato, non rappresenta una enunciazione astratta essa invece applicando, nell'ambito dell'ordinamento. giuridico italiano, una. norma contrattuale .di diritto internazionale, sancisce, sia pure in termini generali, il principio dell'equiparazione, agli effetti tributari, tra fini di culto e fini di istruzione. Se cosi �, lo stabilire i casi specifici in cui l'equiparazione debba avvenire, � compito dell'interprete, il quale, in tale indagine, come ha correttamente rilevato la Corte del merito, deve tener conto della ratio della norma tributaria, che concede l'esenzione o l'agevolazione, di cui si chiede l'estensione per fini di culto, e delle condizioni che detta norma presuppone, in maniera tale che la finalit� dell'equiparazione sia raggiunta rispettando dette condizioni e presupposti. Alla luce di tali considerazioni, non -�, pertanto, accettabile l'assunto del resistente che, facendo leva sull'espressione letterale dell'art. 29, �di carattere cosi generale e quindi �comprensivo di ogni agevolazione �, esclude che l'interprete possa operare distinzioni e limitazioni e sostiene che l'equtparazione debba essere riconosciuta ogni qualvolta l'agevolazione fiscale sia concessa � a fine di istruzione �. Ci� posto, poich� l'ordinamento vigente non accorda, in linea di generale principio, al fine di istruzione un triattamentc� tributario uniform�, avendo il legislatore preferito disciplinare, in relazione a singoli casi o gruppi di casi, il regime fiscale, sia degli enti operanti nel settore dell'istruzione; sia della attivit� relativa, l'equiparazione disposta dall'art. 29, per ricevere pratica attuazione, deve avvenire in rapporto a singole e specifiche norme tributarie, rispettando, per quanto sopra detto, i presupposti e la ratio della norma invocata. Orbene, il caso di un ente religioso, il quale acquisti una area per erigervi una chiesa, ben pu� essere ricompreso nella prevision'e del beneficio tributario �di cui all'art. 44. Invero, anche se tale norma ha inteso agevolare solo alcune forme di istruzione e sebbene il legislatorfe abbia parlato di scuole elementari e �di asili d'infanzia, con evidente riferimento alla ipotesi normale della istruzione impartita in tali scuole, tuttavia l'unica condizione sostanziale posta dall'art. 44 per l'applicazione del beneficio della registrazione a tassa fissa, � che �le 1436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aree siano acquistate per la costruzione degli edifici destinati alla istruzione elementare in genere e tale condizione indubbiamente ricorre allorquando l'acquisto dell'area operato dall'ente ecclesiastico abbia come scopo la costruzione �di una chiesa parrocchiale, di un edificio, cio�, destinato, tra l'altro, all'insegnamento del catechismo, in cui si compendiano i primi elementi della religione cristiana, ossia della istruzione religiosa elementare, comunque impartita, anche fuori quindi delle scuole elementari e degli asili d'infanzia veri e propri. Pertanto, poich� nell'ampio concetto di � istruzione elementare � deve essere ricompresa anche l'istruzione elementare � religiosa � e poich� nel .caso in esame trattasi di costruzione di edificio e di perseguimento di finalit� di interesse pubblico generale, rettamente il giudice di merito ha ritenuto l'applicabilit� della norma dell'art. 44 attesa l'identit� della ratio e dei presupposti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, ~ez. I, 14 luglio 1971, n. 2301 -Pres. Giannattasio -Est. Elia -P. M. Gen~ile (conf.) -Soc. Marconi Italiana (avv. Cogliati Dezza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). Imposta di ricchezza mobile -Pluralit� di stabilimenti dello stesso soggetto -Unicit� di bilancio -Stabilimenti siti nel Mezzogiorno ammessi ad esenzione -Passivit� -Inclusione nel bilancio ~enerale. (1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 23; t.u. 29 gennaio 1958, n. 64[>, art. 95; t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, artt..13, 25 e 32; d.1. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 3). Poich� in base agli artt. 13 e 25 del t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, il reddito imponibile a.i fini dell'imposta di ricchezza mobile a carico di societ� per azioni deve commisu1�arsi al risultato netto complessivo di tutte le attivit� svolte, anche se in diverse sedi e aziende sfornite di distinta personalit� giuridica, vanno detratte �ait"unico bilancio sociale anche le passivit� verificatesi in stabilimenti situati nel Mezzogiorno per i quali, a norma dell'art. 3 del d.l. 14 dicembre 1947 n. 1598, non � dovuta l'imposta sui redditi ivi prodotti (1). (1) La risoluzione della delicata questione � stata adottata esclusivamente sul piano della normativa generale, senza tener conto della particolare situazione cui d� luogo la specifica norma di agevolazione; ma se � indubbio il principio della unicit� del bilancio, � pure evidente che l'introduzione di una esenzione per determinate aziende localizzate nel territorio crea una situazione nuova, anche se la norma di agevolazione nulla dispone in proposito. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1437 (Omissis). -Col primo motivo del ricorso la ricorrente societ� Marconi denuncia violazione dell'art. 3 d.l. 14 dicembre 1947 n. 1958, col quale si dispone l'esenzione dall'imposta di ricchezza mobile sui redditi industriali degli stabilimenti, di nuova costruzione, in alcune provincie del Mezzogiorno d'Italia, fra le quali quella dell'Aquila, f essendosi erroneamente ritenuto dalla Commissione Centrale delle Imposte nella impugnata decisione che, per effetto di tale esenzione tributaria, non dovessero detrarsi le perdite della gestione dello stabilimento sito nell'Aquila, dal reddito complessivo della societ� ricorrente, risultante anche dalla gestione dell'altro stabilimento sociale in Genova. La censura � fondata. Per l'esercizio finanziario 1953-1954, l'Ufficio Imposte Dirette di Roma accertava a carico della Societ� per azioni � Marconi Italiana �, attuale ricorrente, un r~ddito imponibile di L. 100 milioni, ai fini dell'imposta di Ricchezza Mobil~ cat. B. La Societ� ricorrente fece presente che da tale reddito, rappresentante il complessivo utile di tutte le attivit� e gestioni sociali concretamente costituito dagli utili dello stabilimento sociale in Genova, dovevano detrarsi le perdite derivanti dalla gestione dello stabilimento sociale del!'Aquila, in base al principio della unicit� di bilancio, per cui l'imposta di Ricchezza Mobile va commisurata al risultato complessivo netto di tutte le attivit� svolte dal �soggetto produttore di redditi classificabili nella stessa specie, indipendentemente dal luogo in cui esse trovano svolgimento. Con la decisione impugn:ata, la Commissione Centrale, invece, ha ritenuto �Che le passivit� derivanti dalla gestione dello stabilimento dell'Aquila non dovessero detrarsi dagli utili complessivi (derivati dalla gestione dello stabilimento di Genova) in quanto per effetto della esenzione tributaria veniva ad operarsi una scissione fra lo stabilimento sito in zona di esenzione e le altre attivit� del contribuente, onde nella determinazione del reddito complessivo imponibile non si pu� Sembra inoltre che non sia stato compiutamente valutato il secondo aspetto della questione; l'art. 23 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 e l'art. 96 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645 indubbiamente, pur sul presupposto della unicit� del bilancio, escludono la deducibilit� delle passivit� inerenti a redditi comunque non assogg�ttabili ad imposta; il problema consisteva allora nel verificare se, indipendentemente dalla separazione territoriale delle singole aziende, un eguale principio fosse contenuto anche nella legislazione anteriore. A tale quesito non poteva non darsi risposta affermativa: � sempre stato pacifico che le spese inerenti alla produzione (art. 32 T.U. del 1877) sono soltanto quelle in connessione con il reddito tassabile e non quelle dirette alla produzione di un reddito esente; n� sembra corretta l'affermazione che tale regola possa valere solo quando esista un reddito netto esente e non anche quando nell'attivit�, che sarebbe esente se chiudesse in attivo, si siano incontrate soltanto perdite. 1438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tener conto n� degli utili, n� delle perdite dello stabilimento sito in zona esente da tributo. Ha ritenuto la Commissione Centrale che fosse applicabile alla specie l'art. 23 della legge 5 gennaio 1956 n. 1, e che non fosse invece applicabile l'art. 95 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, che fissa il principio che l'imposta � commisurata, nei confronti di ogni soggetto, in base al risultato complessivo netto di ,tutte le sue attivit�, classificabili nella stessa categoria, in quanto li reddito per cui � controversia � anteriore all'entrata in vigore del t.u. suddetto. �Esattamente, al riguardo, � stato rilevato, invece, che, trattandosi di reddito relativo all'esercizio 1953-1954, non sono applicabili, nella specie, le disposizioni entrate in vigore in epoca successiva, e, cio�, l'art. 23 della legge n. 1 dell'anno 1956 e quelle �del citato t.u. n. 645 del 1958. Ed infatti, ai fini dell'esenzione tributaria, deve applicarsi la disposizione dell'art.. 3 del d.l. n. 1598 del 1947, che prevede esenti �dalla R.M. i redditi di stabilimenti costruiti nelle provincie meridionali, compresa l'Aquila e, ai fini della determinazione del reddito imponibile, deve applicarsi la disposizione dell'art. 13 del t.u. 24 agosto �1877 n. 4021 per cui le societ� di due stabilimenti in Comuni diversi devono fare una sola dichiarazione� dei redditi nel Comune dove � sito lo stabilimento pi� importante e pagheranno l'imposta complessivmente, mentre va, anche, applicata la disposizione dell'art. 25 . dello stesso t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, secondo cui l'imposta sui redditi delle societ� anonime v.a commisurata in base al bilancio, che, come � noto, � redatto unitariamente (artt. 2423, 2424, 2431 e.e.) e comprende il risultato complessivo di tutte le operazioni, svolte in tutti gli stabilimenti sociali, con indicazione degli utili al netto, ossia previa detrazione delle perdite (Cass. 23 giugno 1962 n. 1634). Ai fini del calcolo del reddito imponibile deve dunque tenersi conto delle perdite, le quali tutte concorrono ad influenzare il bilan�io generale, il risultato complessivo delle attivit� del soggetto, e, dunque, il reddito generale oggetto d'imposta di Ricchezza Mobile, reddito che, anche in base al precetto cos�ituzionale (artt. 3 e 53) stabilisce la capacit� contributiva, in ragione della quale � dovuta l'imposta. A tali principi generali in alcun modo deroga l'art. 3 citato del d.1. n. 1598 del 1947, che ,si limita soltan!o a fiassare il principio dell'esenzione, e non intende operare alcuna � scissione�, n� di azienda, n� di gestione, n� di patrimonio: onde vale il principib generale che 1 l'imposta diretta colpisce il soggetto e l'impresa commerciale sociale organizza le varie aziende, sfornite di personalit�, e le gestisce nell'ambito della sua attivit� complessiva (artt. 2082 e 2555 e.e.) mentre l'imposta di R.M. � dovuta non dalle aziende, ma dalle persone fisiche o giuridiche che le gestiscono in esercizio di impresa (artt. 2, 13 e 15 t.u. 24 agosto 1877 n. 4021). L'art. 95 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1439 non ha �instaurato il principio dell'unicit� di reddito imponibile netto, in base al bilancio unico, ma ha esteso il criterio del reddito unitario netto, per tutte le diverse attivit� del soggetto, anche per i soggetti non tassabili in base a bilancio. Quanto all'art. 32 del citato t.u. del 1877, dal quale si vuol dedurre che le spese inerenti �alla produzione di un reddito esente non sarebbero detraibili agli effetti della determinazione del reddito imponibile, esso presuppone che vi sia stato un reddito esente netto, mentre, nella specie, non vi � stato alcun reddito netto, in Aquila, e solo una perdita. Il complesso delle disposizioni richiamate, e, specie, l'art. 13 e l'art. 25 dello stesso t.u. del 1877 affermano, comunque, chiaramente, il principio� che il reddito imponibile va calcolato tenendo conto di tutte le perdite, verificatesi nei vari stabilimenti �sociali, dovunque situati. Il primo motivo del ricorso va, dunque, accolto, e si deve fissare il principio che l'esenzione tributaria prevista dall'art. 3 d.l. 14 dicembre 1947 n. 1598 per i redditi industriali derivati da nuovi stabilimenti industriali nelle provincie indicate dal medesimo d.l., la quale esenzione prevede che i detti stabilimenti abbiano prodotto utili netti di gestione, non deroga al principio generale fissato agli artt. 13 e 25 t.u. 24 a�gosto 1877 n. 4021, secondo cui il reddito imponibile ai fini della imposta imposta di R.M. a carico delle societ� anonime per azioni deve commisurarsi in base al risultato netto complessivo di tutte le attivit� produttive di reddito classificabile nella stessa categoria, detratte le perdite, ovunque verificatesi, ed anche, dunque, quelle inerenti alla gestione di stabilimenti siti in zona di esenzione prevista dal citato d.l. n. 1598 del 1947. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 luglio 1971, n. 2364 -Pres. Marletta -Est. Berarducci -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Agosti (avv. Sequi). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Decisione della Commissione provinciale di valutazione che risolve questioni di diritto -Incompetenza -Impugnazione al Tribunale ex art. 29, terzo comma r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 per difetto di calcolo e errore di apprezzamento -Annullamento della decisione impugnata per incompetenza -Esclusione. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). L'impugnazione di mera legittimitd ex art. 29 terzo comma r.d. 7 agosto 1936 n. 1639 proposta innanzi al tribunale contro le deci 1440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sioni deita commissione provinciale d.i valutazione � circoscritto aUa mancanza e insuwcienza di calcolo ed al grave ed evidente errore di apprezzamento nena determinazione del valore del bene oggetto del trasferimentp; conseguentemente non pu� essere dedotta con tale impugnazione i'incompetenza della commissione di valutazione che abbia deciso una questione di diritto pregiudiziale atla valutazione, essendo una tale censura proponibile esclusivamente con il ricorso per Cassazione, in mancanza del quale la decisione, bench� pronunciata dal giudice incompetente, diventa definitiva (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale si lamenta che la Corte d'Appello abbia ritenuto impugnabile davanti al Tribunale, a' sensi dell'art. 29, terzo comma, r.d.l. 1936, n. 1639, la pronuncia della Commiss\one provinciale delle imposte indirette; sezione valutazione, di Brescia, che, erroneamente, aveva deciso la questione di diritto,� relativa alla tassabilit� dell'avviamento, esorbitante dalla propria competenza istituzionale. Si assume dalla ricorrente che detta pronuncia, in tal caso, era definitiva, e, pertanto, non poteva essere impugnata che, ex art. 111 della Costituzione, innanzi alla Corte di Cassazione. La censura � fondata. La questione che, con' l'anzidetto motivo di ricorso. si pone a queste Sezioni Unite � se la pronuncia della Commissione provinciale delle imposte indirette sui tra�sferimenti, sezione valutazione, nella ipotesi in cui, oltre a decidere una controversia avente per oggetto la determinazione del valore dei beni oggetto del trasferimento, abbia deciso anche una questione di diritto avente carattere pregiudiziale rispetto a quella concernente la determinazione del valore, sia, anche in tal capo, impugnabile, a' sensi dell'art. 29, terzo comma, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, innanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. La questione non pu� essere decisa che in senso negativo. Ripetutamente questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha avuto occasione di rilevare che, in mteria di imposte indirette sui tra (1) Decisione esattissima che corregge la contraria affermazione delle stesse Sez. Un. contenuta nella decisione S febbraio 1971, n. 290 (in questa Rassegna, 1971, I, 436), seguita dalla Sez. I con la sent. 15 maggio 1971, n. 1408 (ivi 1971, I. 909). In base a queste precedenti pronuncie non solo si era ritenuta ammissibile l'impugnazione ex art. 29 terzo comma per dedurre l'incompetenza della Commissione, m�a si era affermato che l'incompetenza dovesse essere dichiarata d'ufficio in ogni stato e grado del giudizi�; ma una tale tesi non poteva essere sostenuta con valide argomentazioni. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sferimenti di ricchezza, a norma degli artt. 29 e 30 del r.d..l. 7 agosto 1936, n. 1639, la �competenza a conoscere le controversie aventi per oggetto la determinazione del valore appartiene, in prima istanza, alla commissione distrettuale ed, in secondo grado, a quella provinciale, sezione valutazione, contro le cui decisioni � ammesso ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria per grave ed evidente errore di apprezzamento od insufficienza di .calcolo nella determinazione del valore, mentre la competenza a conoscere le controv~rsie relative all'applicazione delJa legge, cio� quelle che involgono questioni di diritto, appartiene, inyece, in primo grado, alla commissione provinciale, in seno alla quale esi�ste un'apposita sezione -detta, comunemente di dir.itto -avente una particolare composizione, e, in �secondo grado alla commissione centrale. Stante tale disciplina, non pu�, pertanto, essere contestato che la commissione provinciale, s�zione di valutazione, non ha alcuna competenza a conoscere le questioni di diritto, appartenendo tale competenza unicamente alla commissione provinciale, sezione di diritto; con la conseguenza che, trattandosi di competenza per materia e, quindi, inderogabile, la commissione provinciale di valutazione non ha il potere di decidere le questioni di diritto neppure quando queste si presentano come pregiudiziali rispetto a quelle di valutazione. In tal caso si ha, infatti, uno sdoppiamento .di cpmpetenza tra 'l'anzidetta commissione, sezione speciale competente per la decisione delle questioni di diritto, e la commissione provinciale, sezione competente per la valutazione. Il che comporta che quest'ultima commissione ha l'obbligo di sospendere il giudizio di valutazione fino a quando non divenga definitiva la decisione sulle questioni pregiudiziali di diritto da parte della sezione speciale competente, cui tale decisione va devoluta. Tutto ci� � ormai pacifico in giurisprudenza e non � neppure contestato dalla sentenza impugnata, la quale, tuttavia, ha accolto la tesi secondo cui, nell'ipotesi in cui la commissio~e provinciale, sezione di valutazione, esorbitando dai limiti della propria competenza, abbia deciso anche una questione pregiudiziale di diritto, tale decisione, affetta da vizio di incompetenza, sarebbe pur sempre impugnabile, a' sensi della disposizione del terzo comma dell'art. 29 del r.d.l. del 1936, n. 1639, dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria. Ed � qui che la sentenza denunciata cade in errore. Infatti, se da un lato � vero che il ricorso al giudice ordinario, previsto dalla disposizione sopra citata, costituisce una impugnazione di mera legittimit�, dall'altro lato non � men vero che l'oggetto di tale impugnazione � circoscritto all'esistenza dei vizi specificati nella disposizione medesima e consistenti nel grave ed evidente errore di apprezzamento, ovvero nella mancanza od insufficienza di calcolo nella 1442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO determinazione del valore del bene oggetto di trasferimento. In altri termini, il controllo demandato al giudice or<linario sul giudizio di valutazione reso dalla commissione provinciale di valutazione trova un limite nella stessa competenza attribuita dalla legge a detta com missione, nel senso che, essendo la competenza di tale commissione limitata �alla determinazione del valore dei beni oggetto di trasferi mento, il giudice ordinario non ha, per effetto della disposizione del terzo comma .dell'art. 29 innanzi citato, altro potere che quello di con trollare se la commissione medesima, nella esplicazione dell'attivit� ad essa riservata, sia o meno incorsa in vizi di valutazione sotto. il profilo del grave ed evidente errore di apprezzamento, o della mancanza od insufficienza di calcolo. Ci� implica che rimangono fuori del controllo del giudice ordi nario, in forza dell'anzidetta disposizione, le decisioni rese dalla com missione provinciale di valutazione ~ori dei limiti della propria com petenza, quali, appunto, le �decisioni aventi per oggetto le" _questioni di diritto. Ed allora, poich� contro le decisioni della commissione provinciale di valutazione non si pu� ricorrere all'autorit� giudiziaria ordinaria fuori dei casi specificati nel terzo comma dell'art. 29 del r.d.l. del 1936, n. � 1639, e poich�, d'altra_parte, tali decisioni non sono neppure impugnabili innanzi alla commissione .centrale e sono, pertanto, definitive nell'ambito del processo tributario, ne discende, di tutta evidenza, che, nella ipotesi in cui detta commissione, con le questioni di valutazione, abbia, erroneamente, deciso anche una questione di diritto, contro tal capo di pronuncia non � consentito altro mezzo di impugnazione che non sia il ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione; con la conseguenza che, allorquando tale mezzo non sia sperimentato, la decisione della questione di diritto, nonostante che sia stata resa da organo incompetente, diventa definitiva a tutti gli effetti. � invero, principio fondamentale del processo, applicabile anche al processo tributario che si svolge innanzi alle commissioni ed ha carattere giurisdizionale, che i vizi del processo e degli atti che ne costituiscono i presupposti, anche se tali da ripercuotersi sulla sentenza determinandone la nullit�, non impediscono che la sentenza stessa (salvo che essa provenga � a non judice �, o sia priva della sottoscrizione del giudice) passi in giudicato; non potendo tale nullit� essere fatta valere se non nell'amibto dello stesso processo e con i mezzi di impugnazione previsti dalla legge (cfr. Cass. 3 febbraio 1968, n. 350). Tutto ci� non � stato considerato dalla sentenza denunciata, la quale va, pertanto, cassata con rinvio della causa, per nuovo esame, ad altra Corte idi appello, che si atterr� ai principi sopra enunciati. -.. , (Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1443 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2375 -Pres. Caporaso -Est. Mirabelli -P. M. Caccioppoli (diff.) -Giulianini (avv. D'Atena) c. Ministero delle Fiinanze (avv. Stato Soprano). Imposta ipotecaria -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Mutuo contratto per l'acquisto dell'area ediftca~ile -Agevola zione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 -Si estende. -(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 18). L'agevolazione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 deve intendersi estesa ai mutui contratti per l'acquisto di aree edificabiii, dovendosi far rientrare nel concetto di � costruzione � anche il suolo su cui in&istono (1). (Omissis). -Con l'unic.o motivo di ricorso ,si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 20 della legge 2 luglio 1949 n. 408, nonch� del d.m. 7 gennaio 1950 �e dell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in .generale, in relazione all'art. 1853 cod. civ. ed ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. e si sostiene che la Corte del merito ha interpretato erroneamente le norme indicate, negando l'applicazione dell'agevolazione tributaria ai contratti di mutuo di somme devolute all'acquisto di area necessaria per la costruzione di casa di abitazione non di lusso, nonch~ escludendo l'interpretazione estensiva delle norme relative nel senso che nella locuzione � costruzioni � non possa ritenersi compresa l'area sulla quale sorger� l'edificio, ed in,oltre ritenendo che i contratti di apertura di credito in conto corrente bancario non siano equipollenti ai contratti di mutuo, ai fini dell'agevolazione suddetta. La censura � fondata e le tesi sostenute dal ricorrente sono state gi� accolte da questa Corte, con la sente~za 7 dicembre 1970, n. 2585. Come fu gi� rilevato in tale pronuncia, la Corte del merito, nell'escludere l'applicabilit� dell'art. 18 della legge in questione alla fattispecie, nella considerazione che la norma contemplerebbe soltanto i mutui stipulati per le costruzioni indicate nell'art. 17 della stessa legge o per Ia prima compravendita di tali edifici e non quelli stipulati per l'acquisto di aree fabbricabili, ha omesso di interpretare compiutamete la norma ,stessa, limitandosi ad una stretta interpreta (1) Si conferma la decisione 7 dicembre 1970, n. 2585, in questa Rassegna, 1971, I, 131. 1444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione letterale della parola � costruzioni � e trascurando la necessaria interpretazione logica della parola stessa nel contesto della norma e nel sistema della legge medesima. Invero l'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale prescrive che la norma di legge venga interpretata non solo lessicalmente, ma anche logicamente e sistematicamente, alla stregua della c.d. intenzione del legislatore, ossia ai risultati cui la normativa � diretta; se attraverso tale procedimento interpretativo l'espressione di legge viene a ricevere un contenuto pi� ampio di quello derivante dalla lettera non si viene ad ampliare od estendere l'ambito di applicazione della norma stessa, ma si accerta l'effettivo suo contenuto, facendovi rientrare tutti i casi che in effetti il legislatore ha tenuto presenti e che solo l'inadeguatezza dell'espressione parrebbe escludere. Pertanto poich� l'articolo 12 prevede un procedimento interpretativo applicabile a tutte le norme di legge, siano esse comuni od eccezionali, nel senso di cui all'art. 14 delle stesse disposizioni sulla legge in generale, tale interpretazione non trova. ostacolo nella natura eccezionale delle leggi tributarie e delle norme che concedono benefici fiscali, in quanto la legge non viene, in tale guisa, ad essere applicata analogicamente a casi da essa non contemplati. Orbene, va rilevato che la parola � costruzioni � l~ssicalmente indica, certo,. l'operazione del costruire, ha, cio�, riferimento all'elevazione di un edificio. Tuttavia non pu� non ritenersi che tale termine � stato usato dal legislatore nel significato comprensivo di tutto quanto sia indi�spensabile all'operazione del costruire, e quindi anche del suolo su cui la costruzione deve elevarsi. Va rilevato, infatti, non solo che dalla costruzione non pu� escludersi il suolo su cui essa sorge, che ne � parte integrante sia sul piano materiale che sul piano giuridico, per il principio enunciato dall'articolo 934 cod. civ. ma anche, e soprattutto, che la legge 12 luglio 1949, n. 408, al fine di favorire la costruzione di alloggi, ha concesso agevolazioni fiscali non soltanto agli atti concernenti le costruzioni in s�, ma pure agli acquisti di aree fabbricabili, come � previsto nell'art. 14 della legge stessa. La Corte del merito, invero, ha ritenuto di potere trarre da tale ultima norma un argomento � a coritrario � per dedurne che, essendo separatamente previste le agevolazioni per la costruzione e per l'acquisto di aree, le ulteriori disposizioni che contemplano il finanziamento delle prime non siano applicabili al finanziamento degli acquisti di aree. Ma tale argomentazione non ha alcun fondamento, giacch� mentre divel'Se sono le operazioni economiche che si compiono in relazion� alla costruzione da quelle concernenti l'acquisto di aree, unico � il contenuto dell'operazione di finanziamento, della quale la legge .richiede soltanto il collegamento con il complessivo risultato dell'edificazione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1445 Pertanto, quando il legislatore, ampliando la sfera delle agevolazioni, vi include, all'art. 18, al medesimo scopo di agevolare l'incremento della edilizia anche i mutui per le costruzioni, non pu� ritenersi che abbia escluso, con intrinseca contraddizione, dall'ambito del- 1',agevolazione, il mutuo diretto all'acquisto dell'area su cui sorger� la costruzione, acquisto che � un antecedente ne'cessario rispetto alla costruzione stessa. Da tali rilievi non pu� non dedursi, quindi, che quando il legislatore ha adoperato il termine �costruzioni ., per indicare il risultato cui il finanziamento � diretto, lo ha usato nel,l'accezione comprensiva di ogni parte integrante di questa, e quindi anche del suolo. Deve essere riaffermato, quindi, che il mutuo .che venga stipulato al dichiarato fine di acquistare un'area fabbricabile per costruire edifici aventi le caratteristiche previste dall'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 40~, rientra nell'ambito delle ag�evolazioni fiscali previste dall'art. 18 della stessa legge, con l'osservanza delle altre condizioni prescritte, per la conservazione del beneficio, dal successivo articolo 20. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio/1971, n. 2376 -Pres. Mirabelli -Est. Santosuosso -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Zagari) c. I.A.C.P. Parma (avv. Jannone). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Estensione all'imposta sul valore globale delle donazioni Esclusione� . (I. 2 luglio 1949, n. 4os, art. 14). L'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 non � estensibiie aU'imposta sul valore globale che non pu� considerarsi una imposta di regitWro (1). (Omissis). -Con l'unico complesso motivo di ricorso, 1'Amministrazione finanziaria dello Stato propone all'esame del Supremo Col (1) Decisione esatta. L'imposta sul valore globale � stata definita un tributo autonomo, distinto anche dalla imposta di successione (Cass. 30 giugno 1971, n. 2008 in questa Rassegna, 1971, I, 1207; 20 aprile 1970, n. 1132, ivi, 1970, I, 636). ,� 1446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legio due delle questioni trattate nei precedenti gradi del giudizio: a) che i benefici fiscali invocati riguardano l'imposta di registro e l'imposta ipotecaria, non l'imposta globale progressiva sulle donazioni, cui si riferiva il supplemento richiesto con fingiunzione; b) che gli � acquisti � di cui parla l'art. 14 della legge n. 408 del 1949 sono soltanto quelli a titolo oneroso e non �comprendono le liberalit�. Questa Corte ritiene fondato� il primo profilo della censura; onde superfluo appare l'esame del secondo. Incontestabil1 elementi di partenza pe~ la soluzione del problema sono la dizione della citata norma � Sono concessi il beneficio dell'imposta fissa di registro e quello della riduzione al quarto dell'imposta ipotecaria per gli acquisti ... �) ed il fatto che la pretesa imposta era quella globale progressiva sulle donazioni . . Ora, non occorre un lungo discorso per .dimostrare come il legislatore abbia enucleatp distintamente questo tipo di imposta sia nella qualificazione forma�le, che nel contenuto sostanziale, con propri caratteri differenziatori da quella di registro. La prima, infatti, prevista dal r.d.1. 8 marzo 1945 n. 90 e successive modificazioni, pur presentando qualche affinit� con la seconda, � pi� strettamente coordinata all'imposta di ~uccessione sotto vari aspetti: per il computo della base imponibile, l'esenzione dei minimi, la progressivit� delle aliquote e la rilevanza del rapporto di parentela delle parti. Questo parallelismo con l'imposta di successione � evidentemente ispirato soprattutto alla esigenza di evitare accorgimenti per evasioni. Se, allora, l'imposta �sul valore globale � diversa, nei suoi fondamentali caratteri, da quella di registro, anche in questo caso va seguito il costante orientamento giurisprudenziale (da ultimo, Cass. sent. numero 1688 del 1968; n. 179 del 1971); secondo/cui le norme aventi carattere �eccezionale, come quelle che .concedono benefici fiscali, sono insuscettibili di interpretazione analogica, mentre ne � solo consentita l'interpretazione estensiva. Ed invero, la tassativit� insita nelle norme eccezionali, se ammette un'ampia ricerca esplicativa della �volont� della legge, esclude una integrazione della stessa ccm elementi che, pur contenendo punti di contratto con quelli della norma, presentano altresl elementi certamente diversi. Nella specie, si compirebbe una inammissibile applicazione analogica dei benefici fiscali previsti dalla citata norma per l'imposta di registro all'imposta sul valore globale; la quale, -�come si � detto se ha alcuni elementi similari alla prima, presenta molteplici caratteri differenziali, che l'avvicinano maggiormente all'imposta di successione. Con l'accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa deve essere rinviata ad altra Corte d'appello; che, nel riesaminare il merito, terr� presente il principio di diritto deducibile dalla motivazione che precede. --(Omissis). � PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1447 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio 1971 n. 2378 -Pres. Giannattasio -Est. Milano -P. M. Sciaraffia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Saffiotti. Imposta di registro -Usucapione dichiarata con sentenza -Imposta graduale -� dovuta. (r.d. 30 novembre 1923, n. 3269, art. 68). La sentenza che dichiara l'avvenuta usucapione, in quanto confe1risce sicurezza al diritto di propriet� e opera gli effetti attributivi di un negozio di accertamento, � soggetta all'imposta graduale a norma del quinto .comma dell'art. 68 della legge di re.gistro (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria ripropone la .questione relativa al regime tributario, ai �fini dell'imposta di registro, della sentenza che dichiara l'acquisto del diritto di propriet� di un immobile in virt� di usucapione, e sostiene che la Corte di merito ritenendo, peraltro con. motivazione difettosa, che il detto provvedimento, limitandosi a. desumere dall'accertato stato di fatto del possesso e del decorso del tempo le conseguenze giuridiche dell'acqui,sto del bene a titolo originario, non soltanto non � soggetto all'imposta proporzionale, ma neppure a quella graduale prevista dall'art. 68 della legge di registro, ha errato perch� la sentenza che riconosce la verificatasi usucapione, pur non contenendo che la dichiarazione di un diirtto preesistente, attribuisce pur sempre al possessore la certezza del dominio con effetti di carattere economico e giuridico e rientra, pertanto, nell'ipotesi considerata nel quinto comma del summenzionato art. 68.. Tralasciando di considerare il lamenta.io �difetto di motivazione perch� il vizio previsto dall'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. costituisce motivo di annullamento solo se concerne punti di fatto e non profili di diritto della causa, osservasi come la tesi prospettata dalla ricorrente Amministrazione sia fondata. � certamente esatto che, come ritenuto dalla sentenza impugnata, l'usucapione � un m,!)do di a�quisto diretto ed originario, che ha in s� la sua efficacia e la sua ragione di essere, indipendentemente dall'accertamento giudiziale del suo avverarsi. Esatto � anche che la sentenza la quale riconosca essersi verificate le condizioni previste dalla legge per !'�acquisto del diritto � di propriet� di un immobile .per usucapione non opera un trasferimento della (1) Decisione da condividere pienamente e che interviene in una materia nella quale sono quasi inesistenti precedenti di giurisprudenza. 14 1448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO propriet� da un soggetto ad un alt!O, ma si limita a desumere dall'accertato stato di fatto del possesso, congiunto al decorso del tempo, la conseguenza giuridica dell'acquisto della propriet�. Senonch� il semplice riferimento all'istituto dell'usucapione come regolato dal nostro ordinamento ed alla natura del provvedimento giurisdizionale non sono sufficienti a risolvere il problema del regime tributario della sentenza che dichiara l'avveratasi usucapione, essendo invece necessario, per il principio generale sancito dall'art. 8 della legge di registro, aver anche riguardo agli effetti di natura patrimoniale che il provvedimento � destinato a produrre. Infatti, mentre il quarto comma dell'art. 68 della legge di registro pone la regola che � soggetta alla tas$a graduale la sentenza di con danna a somme o valori, il successivo-quinto comma precisa ulterior mente che la ta.ssa graduale � dovuta anche quando, anzich� recare condanna, il provvedimento � sia concepito nei� termini di una sem plice dichiarazione di 0diritto, quando opera gli effetti dell'attribuzione e della condanna per cose valutabili �. Tale disposizione -che costituisce, appunto, una particolare ipo tesi del. suaccennato principio generale della legge tributaria di registro -assoggetta, quindi alla stessa disciplina anche i~ provvedimento djchiarativo di diritti, qualora da tale accertamento la parte possa far derivare, a suo favore, gli stessi effetti che avrebbe prodotto una sen" tenza costitutiva o di condanna. Non pu� ora fondatamente contestarsi che tale situazione si rea lizzi nel caso in cui l'usucapione del diritto di propriet� di un bene venga dichiarata con sentenza, perch� con tale pronuncia, al ricono scimento del diritto dominicale, si aggiunge la sicurezza della sua aspet tazione e la conseguente. possibilit� di disporne liberamente nel com mercio giuridico, non .potendosi pi� contestare o dubitare che il sog getto, a cui favore il ricono8cimento � avvenuto, sia proprietario di un determinato bene. Se, quindi,, non pu� negarsi che la decisione che accerta l'avve nuta usucapione ha natura dichiarativa perch� � la legge che, pren dendo in considerazi�ne il fatto del possesso congiunto al decorso del tempo, riconosce al possessore l'acquisto del diritto corrispondente al possesso stesso, devesi per� riconoscere che tale decisione � destinata a produrre effetti di natura patrimoniale, costituiti dal riconoscimento definitivo e l!On pi� contestabile, a favore di una parte e nei con fronti di altri, della propriet� di un bene. Ci� non ha considerato la Corte di appello allorch�, rilevato che l'usucapione produce l'acquisto del bene a titolo originario ex se, ha � ritenuto che la sentenza che la dichiara non esplica alcun effetto attributivo. Infatti, non il fatto giuridico complesso dell'usucapione � soggetto a tassazione, posto che la legg�e di registro colpisce gli atti e non PARTE I, SEZ, V, GIVRISPRUDENZA TRIBUTARIA . 1449 i fatti giuridici semplici o complessi, bens� la pronuncia del giudice che l'accerta e. la dichiara e che, in caso 4i contestazione, tiene luogo �di un atto negoziale di accertamento. In tali sensi, del resto, hanno avuto occasione di pronunciarsi sia la Commissione Centrale delle Imposte (dee. 28 gennaio 1955 n. 67861, 16 aprile 1956 n. 80955 e 7 gennaio 1970 n. 12743), abbandonando il suo .precedente contrario orientamento, sia, in caso analogo a quello ora giudicato, questa stessa Corte Suprema con la sentenza n. 3271 del 23 lugl�o 1932, con la quale si �, appunto, negato all'atto di riconoscimento dell'acquisto di un diritto reale per usuca.pione, intervenuto tra le parti interessate, il carattere dj. atto meramente riconj,gnitivo e, co~e tale, soggetto a tassa fissa ai sensi dell'art. 95 della tariffa all. A) alla legge di' registro. (OmisriS). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 luglio 1971 n. 2379 -Pres. Favara -ES!. Leone -P. M. Curupia (conf.) -A.N.S.A. (avv. Barenghi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Abignente). j Imposta di registro -Successione di leggi nel tempo -Appalti e concessioni di pubblico servizio -Legge 28 luglio 1961, n. 827 -Atti soggetti ad approvazione o condizione sospensiva -Applicabilit� delle norme vigenti al momento della stipulazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80, 81, 150 e 152; 1. 28 luglio 1961, n. 828, art. 5). In forza dell'art. 5 delta legge 28 luglio 1961, n. 828 la regi,s.trazione degli atti stipulati prima della entrata iin vig�ire cl.i detta noll'ma , ed approvati su.cce&Slivamente, � regolata dalla norma vige11;te alla �data �elila �stipulazione, amche se non sia stato osservato il termine per la registrazione (1). (Omissis). -Col secondo mezzo di ricorso, 11Ansa� denunzia la violazione dell'art. 5 della l�gge 28 ~.glio 1961 n. 828, in rlierimento (1) La decisione desta molte perplessit�. Sembrerebbe che l'art. 5 della legge 28 luglio 1961, n. 828 .abbia inteso �semplicemente regolare il regime transitorio degli atti stipulati anteriormente e registrati successivamente, senza porre una netta differenziazione tra gli atti soggetti ad approvazione e gli altri. Si � voluto cio� soltanto chiarire che si considera non ancora scaduto il termine per gli atti che diventano efficaci dopo l'entrata in vigore della norma; questa espressa equiparazione era nece.ssaria perch� per la norma generale degli artt. 150 e 152 della legge ~ registro vale la regola opposta, si applica cio� sempre la norma vigente al momento in cui l'atto diventa efficace. Ma una volta riportati nella stessa categoria 1450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche all'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, ai principi giuridici sull'interpretazione delle leggi tributarie ed a quelli sulla successione delle leggi tributarie nel tempo. Sostiene che, a norma dell'art. 5 della legge n. 828 del 1961, l'applicazione della minore aliquota di imposta di registro, prevista dalla legge precedente, non � subordinata, in relazione agli atti .soggetti ad approvazione, alla loro presentazione per la registrazione entro venti giorni dal provvedimento di approvazione., La censura cosi proposta, che attiene alla questione di merito centrale della controversia, risolta in modo diverso dal Tribunale e dalla Corte d:Appello, appare fondata. La Corte .d'Appello, dopo aver osservato che il caso in esame rigual'da l'ipotesi di atto stipulato anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 828 del 1961 (prima cio� del 14 settembre 1961), sicch� ad esso � applicabile il secondo �comma dell'art. 5 della stessa legge, ha affermato cl�e dal� tenore letterale della disposizione risulterebbe che l'applicabilit� della legge (precedente) p�� fuvorevole � subordinata alla tempestivit� della registrazione solo per la categoria di atti perfetti ed immediatamente efficaci: �che, tuttavia, l'estensione di tale requisito anche agli atti soggetti ad approva;z:ione, od a condizione sospensiva, deve ritenersi dhnostrata dal rapporto di specialit� in cui il secondo tipo negoziale si trova rispetto al primo, sicch� la normativa dettata per questo non potrebbe non valere anche per gli atti soggetti ad approvazione o �condizione sospensiva, in mancanza di specifica deroga, ed altresi dalla re�uctio ad absurdum della contraria interpretazione. � facile veplicare che il rapporto di specialit� non sussiste. Certamente nella categoria degli atti giuridici vi sono atti perfetti ed efficaci ed atti perfetti con efficacia variamente differita e condizionata; ma le due serie di atti non sono fra loro in rapporto di species e genus, bensi autonome ed opposte quanto ai fattori tipologici ed alle linee della rispettiva disciplina giuridica. Inoltre la questione di merito s'incentra proprio nell'indagine se vi sia apposita disposizione derogativa per ~li atti soggetti ad approvazione o condizione e quindi, se non tutti gli atti, stipulati sotto la vigenza della vecchia norma, per i quali il termine di registrazione non sia comunque scaduto, non semb:ra che possano distinguersi delle sottocategorie e non sembra che possa non riferirsi anche agli atti soggetti ad approvazione e omologazione la limitazione che la registrazione sia eseguita entro il termine; e ci� non perch� l'applicazione della legge anteriore debba considerarsi un'agevolazione, ma perch� sia per la norma generale (art. 150 1.r.) sia per quella particolar.e (art. 5 della legge n. 828) la possibilit� di applicare una norma non pi� vigente al momento della registrazione � sempre condizionata alla tempestivit� deYa registrazione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ci si vuol chiudere in una petizione di principio, l'argomento fondato sull'asserita uniformit� della disciplina degli atti considerati nella legge del 1961 � privo di concludenza. Ci� posto, deve rilevarsi che la legge n. 828 del 1961, nell'aumentare l'imposta di registro per gli atti di appalto e di concessione di pubblici servizi, ha disposto per il periodo di transizione dalla tariffa precedente a quella nuova, stabilendo testualmente: � Le disposizioni contenute negli artic0li precedenti si applicano agli atti che saranno stipulati dopo l'entrata in vigore della presente l~gge. Non si applicano agli atti stipulati in data anteriore, per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge non fosse ancora scaduto il te:i;mine normale di registrazione e questa sia eseguita entro tale termine, nonch� agli atti soggetti ad approvazione o condizione sospensiva che si prefezioneranno sotto l'impero di questa legge �. La limitazione � e questa (cio� la registrazione) sia eseguita entro tale termine�, � riferita esclusivamente alla disciplina intertemporale degli atti gi� stipulati per i quali, alla data di entrata in vigore della nuova legge, non fosse ancora scaduto il termine normale di registrazione; nessun collegamento letterale esiste tra la detta limitazione e la successiva diversa disciplina degli atti �soggetti ad approvazione o condizione sospensiva, perfezionatisi sotto l'impero della' nuova legge. Anzi, ogni collegamento � respinto, anche dal punto di vista logico, dalla considerazione che di termine noi'male di registrazione in corso al momento dell'entrata in vigore della nuova legge �Si pu� parlaz:.e per gli atti perfetti ed efficaci, non per quelli sottoposti ad approvazione o condizione, che, a tale data, non si siano ancora verificate. Anche sotto il profilo sistematico la detta estensione non appare giustificata. La disciplina intertemporale in caso di successione delle leggi di registro non segue criteri assoluti, In linea generale, per il principio dell'irretroattivit� delle leggi, alle nuove tariffe dell'imposta di registro dovrebbero essere assoggettati gli atti presentati per la registrazione dopo l'entrata in vigore della nuova tariffa; ma � molto applicato il temperamento che per gli atti di data anteriore, per i quali non sia ancora scaduto il termine normale di registrazione e questa sia eseguita nel detto termine, si applicher� la tariffa anteriore (es. art. 150 t.u. delle leggi di registro del 1923). Si tratta, per�, di criteri ampiamente derogati (per es. con la legge 6 agosto 1954, n. 603, art. 37), in particolare quando la nuova legge comporti un aumento delle tariffe, nelle quali ipotesi il legislatore spesso s'� ispirato al principio dell'applicazione dell'imposta pi� favorevole: ci� in considerazione del fatto che le parti nelle loro contrattazioni tengono conto anche dell'incidenza dell'imposta di registro in ordine al regolamento negoziale dei rispettivi interessi patrimoniali, 1452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sicch� appare giusto che l'aggravamento delle aliquote. non venga a pregiudicare tali valutazioni. Per gli atti sottoposti ad approvazione o condizione . sospensiva, il criterio interterporale di �applicazione dell'imposta in caso di successione di leggi modificative delle tariffe dovrebbe essere quello dell'applicazione della tariffa vigente alla data dell'approvazione o del verificarsi della condizion�, in aderenza anche a quanto dispongono gJi artt. 81 e 83 del t.u. del 1923 in tema di decorrenza del termine di registrazione di tali atti. Tale criterio, che fu seguito nell'art. 152 del t.u. cit., ammette ovviamente deroga: ed una deroga esplicita � � sancita appunto nell'art. 5 della legge 28 luglio 1961 n. 828, in quanto l'applicazione della nuova tariffa a tali atti � esclusa per gli atti stipulati .in data anteriore all'entrata in vigore della legge, ancorch� perfezionatisi sotto l'impero della stessa, esclusione �svincolata da qualsiasi ;presupposto o onere limitativo. La ratio di tale disposizione deve ravvisarsi appunto nella considerazione che l'aggravamento dell'obbligazione tributaria per una serie di rapporti di notevole portata economica e sociale,-quali quelli di appalto e di concessione di .pubblici servizi, rapporti nei quali tale aggravamento, in ogni caso modificativo delle valutazioni fatte dai soggetti alla data della stipulazone, poteva assumere aspetti di particolare iniquit�, per essere molto spesso soggetto di tali rapporti lo Stato o altri enti pubbli<:i ad esso equiparati, favoriti dalla dispositlone che fa incidere il tributo sul solo soggetto ,privato del rapporto: considerazione valida sia per gli atti efficaci al momento stesso della stipulazione, sia per gli atti soggetti ad approvazione o condizione sospensiva. Deve aggiungersi che, in caso di successione nel tempo di una legge tributaria pi� gravosa, rispetto a quella precedente, per una categoria di atti economici considerata nella sua interezza, l'ultrattivit� della legge precedente non realizza un'ipotesi di beneficio fiscale, in relazione al quale possa prospettarsi l'applicabilit� del principio che il beneficio � condizionato all'osservanza di tutti gli obblighi nascenti dal rapporto tributario, in particolare dell'obbligo di presentazione tempestiva dell'atto all'ufficio del registro. Si tratta, invece, di una modifi. cazione della disciplina legislativa nel suo � riierimento .generale ed astratto a tutta una determinata materia, in modo uniforme, e della determinazione del tempo in cui tale generale modifica deve prendere effetto, a seconda delle situazioni alle quali essa � applicata. Ancora pi� in generale, deve osservarsi che, in tale ipotesi di successione di tariffe tributarie, non si pone, almeno di regola, un problema di sanzione in relazione all'adempimento degli obblighi strumentali compresi nel rapporto tributario, obblighi che, se non espl'essamente considerati nella nuova legge, rimangono invariati. Nella specie appunto non pu� pensarsi, in mancanza di una diversa volont� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA del legislatore, ad applicare in via di sanzione la �nuova tariffa pi� gravosa agli atti stipulati prima della �-entrata�� in vigore della nuova legge del 1961, approvati sotto l'impero di tale legge e presentati per la registrazione dopo il termine stabilito dal t.u. del 1923, dato che la violazione di tale ultimo obbligo trova la sua -normale sanzione nel pag-amento della sopratassa, non nell'assoggettamento, in caso di successione di tariffe, alla tariffa pi� onerosa. Stabilito, cos�. che� nella specie l'esatta interpretazione ed applicazione dell'art. 5 comma secondo della legge n. 828 del 1961. comporta che la registrazione degli atti ,stipulati prima dell'entrata in vigore della detta legge ed approvati dopo tale data sono soggetti ad imposta di registro secondo la tariffa vigente a\la data della stipulazione, anche se per la presentazione degli atti alla registrazione non sia osservato il termine stabilito, salva in tale caso l'applicazione della sopratassa, deve essere cassata la sentenza impugnat�, che della detta norma ha dato una diversa, non esatta interpretazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2490 -Pres. Giannattasio -Est. Milano -P. M. Pandolfelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Benisatto (avv. Russo). Imposta di successione -Beneficio di inventario -Omessa compilazione dell'inventario -Consegue'.llze -:-Opponibilit� della decadenza da parte della Finanza -Esclusione -Insinuazione nella procedura di graduazione dei debiti ereditari -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 68 e 70; e.e. artt. 485, 487, 505, 2758, 2772). I!Jlposta di successione -Beneficio di inventario -Credito della Finanza per imposta di successione -Procedura per la liquidazione dell'eredit� -� opponibile� alla Finanza -Deroga�a.ne norme tributarie per l'accertamento di passivit� -Sussiste -Impugnazioni ammesse. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 45, 68 e 70; e.e. artt. 498 e segg.). Una volta espressa, nelle valide forme, l'accettazione con beneficio di inventario da parte d.ell'erede in possesso dei beni ereditari, i successivi inadempim.enti (e fm questi la omessa compitazione dell'inventario) possono dar luogo a decadenza dal beneficio dell'inventario, ma non a far ritenere che l'erede abbia accettato puramentie e semplice / 1454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST~TO mente (quest'ultima ipotesi si verifica per l'eSPTessa norma dell'art. 487 e.e., solo ne�l caso che il chiamato all'eredit� non sict -nel possesso deii beni). Poich� l'Amministrazione Finanziaria per l'imposta di successione � creditrice dell'erede, essa non ha il potere di far dichiarare la decadenza dal beneficio dell'inventario, essendo tale potere riservato dall'art. 505 e.e. ai creditori del defunto e ai legatari. Per la stessa ragione l'Amministrazione Finamiaria non ha titolo per insinuare il suo credito nella procedura .di graduazione dei debiti ereditari che riguarda i cre�dito'l"i del defunto (1). Poich� a norma dell'a'l"t. 70 della legge sulle successioni t'Amministrazione, nel caso di accettazione col beneficio di i111Vetario, ha il potere di soddisfare il suo credito per l'imposta di successione con le sole attivit� che pervengono all'erede dopo la liquidazione, essa deve aece1Jtare il risu.ttato della p'l"Ocedura di graduazione dei debitii eseguita secondo le norme del cod. civ., anche se questa, per l'accertamento delle passivit�, non ha seguito le regole restrittive stabiUte dagLi artiicoli 45 e segg. della legge sulle successioni, salvo a far accertare con azione ordinaria eventuali frodi commesse nella procedura di liquidazione (2). (Omissis). _: Con ingiunzione notificata il 15 e il 25 ottobre 1963 l'ufficio del Registro di Portici h;itimava ad Alfredo e ad Aristide Beni, satto, eredi del defunto loro fratello Ferdinando, di pagare la somma di L. 584.370 a titolo di imposta di successione. Avverso questa ingiunzione proponevano opposizione i Benisatto, �deducendo che la eredit� era stata accettata con beneficio d'inventario e che era in corso la procedura di liquidazione a norma dell'art. 499 cod. civ.. Pertanto essi non erano tenuti al pagamento dell'imposta, in quanto credito dell'Amministrazione, in base al disposto dell'art. 70 della legge tributaria sulle successioni, sarebbe sorto solo se a favore di essi opponenti fossero residuate, dopo la liquidazione, delle attivit� ereditarie. L'Amministrazione delle Finanze resisteva all'opposizione sostenendo che i Benisatto erano -decaduti dal beneficio di inventario per avere iniziato l'inventario dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 485 cod. civ. (1-2) La decisione si riconnette in molti punti con quella 25 giugno 1971, n. 2007 (in questa Rassegna, 1971, I. 1200) e, sulla stessa linea, stabilisce i limiti, piuttosto ristretti, in cui pu� spaziare il potere della Finanzl:l nei casi di eredit� beneficiata e di separazione dei beni. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il Tribunale, con sentenza 20 aprile-17 giugno 1966, ritenuto ch� l'Amministrazione delle Finanze non era legittimata, ai sensi dell'articolo 525 cod. civ., a far valere la pretesa decadenza dal beneficio di inventario, accoglieva l'opposizione, dichiarando la ingiunzione fiscale priva di efficacia, -e tenuto conto del disposto del cita,to art. 70 della legge tributaria sulle successioni, �condannava i Benisatto a pagare l'imposta � entro i limiti di valore delle eventuali attivit� patrimoniali loro� pervenute dalla eredit� di Benisatto Ferdinando�. Avverso questa� sentenza proponeva appello l'Amministrazione delle Finanze al quale resistevano i Benisatto..Questi ultimi proponevano appello incidentale lamentando l'ultrapetizione della decisione per avere il Tribunale pronunciato la loro condanna al pagamento della imposta pur nei limiti delle attivit� residue ~ per avere disposta la compensazione delle spese. Con la sentenza denunziata la Corte di appello di Napoli rigettava l'appello .principale, e accoglieva quello incidentale. La Corte osservava, tra l'altro, che il credito della Amministrazione non pu� essere equiparato ai diritti dei creditori del defunto solo perch�, 'ai sensi dell'art. 70 della legge sull'imposta di successione, l'erede risponde verso il fisco nei limiti del residuo attivo ereditario a lui pervenuto. Il credito tributarfo infatti, �, sin dall'origine, soltanto un credito verso l'erede e il legatario e l'Amministrazione non � legittimata a far valere la decadenza dal beneficio d'inventario. N� possono equipararsi gli effetti .del mancato compimento dell'inventario nei termini, nell'ipotesi di accettazione espressa con beneficio d'inventario, con l'altra in cui sia mancata tale accettazione. Per la prima, verificatasi nella specie, pu� solo parlarsi di � decadenza � dell'accettazione con beneficio, senza che possa conseguire una eq-qiparazione, ex lege, con l'accettazione rpura e semplice, cos� come avviene invece per la seconda, dove. non vi � stata espressa accettazione con beneficio. Del pari infondata era la doglianza subordinata riguardo al mancato invio dell'avviso all'Amministrazione di insinuarsi per il suo credito nello stato di graduazione e comunque alla mancata inclusione del credito tributario nello stato di graduazione con il riconoscimento del relativo diritto di prelazione. Una volta infatti ritenuto che il credito per imposta di successione costituisce credito verso l'erede; ne discende che esso non poteva essere inserito tra i crediti verso la massa ereditaria. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Amministrazione delle Finanze con quattro motivi. Resistono con controricorso i Benisatto. Questi ultimi hanno presentato memoria. 1456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo lAmministrazione del'le Finanze deduce la violazione degli artt. 70 d.l. 30 dicembre 1923 n. 3270; 485 e segg. cod. civ.; 360 n. 3 c.p.c .. La ricorrente ripropone la tesi, disattesa in sede di merito, secondo la quale, per la particolarit� dei diritti ad essa attribuiti e Gl.egli interessi di cui essa � portatrice, lAmministrazione delle Finanze, in quanto titolare del credito d'imposta di successione, dev'essere equiparata ai creditori del de cuius per tutto quanto attiene alla procedura d'inventario ed alla liquidazione del patrimonio. In particolare deduce che l'art. 70 della l~gge sull'imposta di successione nello stabilire che l'erede beneficiato � tenuto a pagare la tassa di successione soltanto con le attivit� a lui pervenute, conferma l'equiparazione di detto credito ai crediti verso la massa ereditaria con la conseguenza che anche lAmministrazione � legittimata, cosi come i creditori del defunto, ad eccepire la decadenza dal beneficio. Il motivo va disatteso. Il complesso problema di cui al ricorso, che si articola in varie angolazioni, presenta come prima tesi quella di veder equiparata l'Amministrazione Finanziaria per il credito di imposta di successione ai creditori del defunto, nell'ipotesi di accettazione dell'eredit� con beneficio d'inventario: ci� ai fini di poterne eccepire la decadenza, ove ne sussistano, come 'si assume per il caso in esame, i presupposti. Ma all'accoglimento della tesi ostano i precisi richiami legislativi contenuti nella sentenza impugnata e cio� gli artt. 10, 18 della legge tributaria sulle successioni, con le modifiche di cui al d.l. 8 marzo 1945 n. 90 e alla legge 12 maggio 19.49 n. 206, per quanto riguarda l'identificazione degli eredi quali obbligati tributari; l'art. 68 della legge 3270 del 1923 che limita il privilegio per la riscossione della tassa sui mobili �e immobili cui la tassa si riferisce; l'art. 70 stessa legge nel quale � detto che l'erede beneficiato � tenuto a pagare la tassa di successione �soltanto con le attivit� a lui pervenute. Riguardo all'interpretazione di tale ultima norma, oggetto anche di rilievi con il 4� motivo, non si vede come . sia possibile desumere l'asserita equiparazione del credito tributario a quello dei creditor~ del defunto posto che essa � si in favore dell'erede, ma in rem piopriam, e cio� .per un debito suo e non quale limitazione di responsabilit� per uno speciale debito ereditario. Del resto ove anche si voglia condividere l'osservazione che in definitiva l'erede, rispondendo per il tributo nei limiti delle attivit� residue non si discosta dalle analoghe conseguenze per i crediti del defunto, non pu� farsi a meno di rilevare che l'imposta afferisce sem.pre in definitiva alle attivit� ereditarie e quando ci� avviene o si pre PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1457 vede che non avvenga, viene a crearsi il motivo di accettazione con beneficio. Quindi occorre in ogni caso distinguere gli aspetti pratici dell'incidenza tributaria dall'aspetto giuridico con tutte le relative implicazioni in ordine alla responsabilit� verso i terzi e verso l'Amministrazione finanziaria. Con il secondo motivo � dedotta la_ violazione degli artt. 485 e 505 cod. civ.; art. 70 del d.l. 30 dicembre 1923 n. 3270; art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. La ricorrente contesta la legittimit� dell'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 505 cod. civ., seguita dalla Corte di merito, in quanto tale norma che riserva l'eccezione di decadenza del beneficio soltanto ai creditori del defunto e ai le~atari, � dettata esclusivamente per alcuni casi di decadenza espressamente numerati nella norma stessa. Nel caso di specie, viceversa, I'Amministrazione aveva eccepito un'altra ipotesi di decadenza che pi� propriamente si traduce nel mancato acquisto della qualit� di erede beneficiato e cio� l'ipotesi prevista dall'art. 485 cod. civ. per non aver l'erede compiuto l'inventario nei trenta giorni. Anche tale motivo va dlsatteso. Come � stato osservato esattamente dalla Corte di Appello, l'art. 485 disciplina il caso del chiamato alla eredit� il quale sia nel possesso di beni ereditari e non compia l'inventario nel termine stabilito senza provvedere n� all'accettazione espressa n� tacita dell'eredit�. Ed allora la legge, .presuntivamente, equipara tale situazione all'accettazione pura e semplice. D'altronde lo stesso compimento dell'inventario non equivale ad accettazione con .beneficio d'inventario e ci� � precisato nell'ultimo comma dell'art. 485 che chiarisce �come tale ac�ettazione dev'essere fatta in ogni caso entro il termine di 40 giorni dal compimento dell'inventario, dovendosi, in caso contrario ritenere che sussista accettazione, anche qui pura e semplice. . Da ci� consegue che qualora vi sia �stata una precisa dichiarazione di accettazione con beneficio -come nella specie -l'eventuale mancato compimento dell'inventario nei termini non pu� inquadrarsi negli schemi dell'accettazione pura e semplice � presunta � ma deve configurarsi come una causa di decadenza dal beneficio (v. Cass., 24 aprile 1963, n. 1082). Con l'ulteriore conseguenza che essa pu� essere eccepita, ai sensi dell'art. 505, soltanto dai creditori del defunto e dai legatari. Su tal punto I'Amministrazione deduce che -la . Corte ha omesso di considerare che il contenuto della previsione legislativa � limitato ad alcune ipotesi �previste nello ste~o art. 505 (adempimenti di cui agli artt. 498, 500, 503), nia non prevede quella del mancato compimento dell'inventario nel termine di cui all'art. 485. Invero la Corte di merito ha ded.otto la qualificazione giuridica della decadenza non sull'interpretazione dell'art. 505, quanto sul prin 1458 .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c1p10 generale secondo il quale .gli eventi successivi all'accettazione con beneficio attinenti all'esecuzione della speciale procedura, possono soltanto condurre alla decadenza del beneficio d'inventario ma non a porre nel nulla l'atto pubblico di accettazione beneficiata. Tale indirizzo anche se non chiaramente espresso in motivazione dev'essere condiviso. Sono note le divergenze dottrinarie e giudsprudenziali in ordine all'istituto del beneficio d'inventario in specie per quanto riguarda la duplicit� del contenuto dell'atto, in dichiarazione di accettazione e' in dichiarazione di responsabilit� nei limiti della sola attivit� della norma. Pur aderendo alla tesi che afferma tale duplicit�, non pu� negarsi che mentre per l'accettazione tacita vi pu� essere una interpretazione legislativa di alcuni fatti che conducano a stabilire che vi � stata una accettazione pura e semplice, ci� non pu� dirsi qualora vi sia stata un'ac.cettazione con beneficio espessa formalmente perfetta. In definitiva la distinzione tra decadenza dal diritto ad accettare con beneficio d'inventario e decadenza dal beneficio � innegabile ed II attiene ai prinC�.pi generali del negozio giuridico d'aceettazione. N� � sufficiente obiettare che per l'art. 487 il chiamato all'eredit� non in possesso dei beni ereditari, il quale abbia fatto la dichiarazione di accettazione con beneficio, deve compiere l'inventario nel termine I r di tre mesi dalla dichiarazione e in mancanza � considerato� erede puro e semplice. Trattasi di eccezione al principio giustificata dalla mancanza del t possesso dei beni da parte del chiamato che pone in evidenza l'interesse pubblico a �Conoscere al pi� presto la natura dell'accettazione dell'eredit� e la consistenza della massa ereditaria, l� dove, nel caso del pos I sesso dei beni, tale esigenza, una volta avvenuta l'accettazione, degrada nell'interesse dei soli creditori e legatari. Con il terzo motivo l'amministrazione denuncia la violazione degli artt. 56, 63 e 70 del d.dl. 30 dicembre 1923 n. 3270; 12 d.1. 26 settembre 1935, n. 1749, all. B; 2758, 2772 e.e.; 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Si sostiene che la Corte di merito, pur disattendendo la tesi principale della ricorrente, non doveva in effetti negare l'obbligo degli eredi di invitare essa amministrazione a presentare la dichiarazione del suo credito per includerlo nello stato di graduazione e ci� tenuto conto del suo diritto di prelazione. Deduce in proposito l'amministrazione che � ammissibile un concorso delle ragioni creditorie gi� venute ad esistenza nei confronti del de cuius con il credito dell'Autorit� Finanziaria per l'imposta di successione trattandosi di obbligazioni tutte il cui adempimento oramai fa carieo all'erede anche se, per quelle relative all'amministrazione, egli debba rispondere nei limiti delle attivit� ereditarie residue, cOfl la consguenza gi� detta in ordine alla collocazione prioritaria del ere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dito tributario nello. �stato di graduazione. Di tale tesi infine si doveva trovar �conferma nella disposizione di cui all'art. 2758, 2� comma cod. civ., la quale sancisce l'inefficacia del privilegio accordato per .}'imposta di successione nei confronti dei soli creditori che hanno esercitato il diritto di separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede. La doglianza trova ragione nella tesi gi� dioSattesa che parifica il credito tributario al credito dei creditori del defunto. Solo in tale ipotesi potrebbe l'Amministrazione pretendere di essere inserita nello stato di graduazione e conseguentemente, lamentarsi del mancato invito a presentare la documentazione del suo credito e comunque del mancato inserimento nella graduazione per di pi� con il diritto di prelazione ad essa riconosciuto dalla legge. In proposito il richiamo all'art. 2'758, 2� comma � fuor di luogo, in quanto la disposizione si riferisce all'ipotesi di accettazi-One pura e semplice con esercizio del ,diritto di separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede da parte dei creditori e quindi non pu� argomentarsi a contrario per quanto riguarda l'effetto del privilegio accordato al credito d'imposta di successione per l'ipotesi di accettazione con beneficio d'inventario che resta regolato, per i suoi limiti, dal combinato disposto degli artt. 68 e 70 della legge sulla successione e cio� privilegio sui beni mobili e immobili cui la tassa inerisce (art. 68) beni identificabili nelle attivit� residue pervenute all'erede dopo la liquidazione (art. 70). Con il quarto motivo .si deduce la violazione delle stesse norme di cui al precedente mezzo d'impugnazione. Con tale mezzo, in armonia con la tesi precedentemente esposta, la ricorrente afferma che l'art. 70 dev'essere interpretato non nel senso che l'imposta di successione debba essere applicata alla parte residua della liquidazione dell'eredit�, ma nel senso che di detta imposta, calcolata normalmente in base alle leggi tributarie, ne possa esser richiesto il pagamento all'erede nei soli limiti delle attivit� residue, previo collocamento del credito nello stato di graduazione con privilegio. L'Amministrazione osserva poi che mal si concilia il rispetto dei termini indilazionabili di denuncia e di �pagamento dell'imposta di successione con il riferimento dell'imposta al residuo attivo non ancora, il pi� delle volte, a quelle date determinato. La ricorrente tenta in effetti di dare un'altra interpretazione all'art. 70 della legge 3.270 del 1923, in modo da superare la questione di fondo di tutta Ja causa e cio� il contrasto tra i criteri di accertamento dei debiti ereditari stabiliti, in via amministrativa, dall'art. 45 della legge sulle successioni �e il minor rigore con il quale gli stessi debiti sono accertati, in sede di graduazione. Una volta accettata la eredit� con beneficio d'inventario, proponendo in definitiva la solu 1460 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione dell'accertamento in via �mministrativa del credito d'imposta e il suo inserimento in via privilegiata nello stato di graduazione. Come questa Corte ha gi� avuto modo di rilevare (Cass. 16 ottobre 1967, n. 2471), la valutazione delle passivit� effettuata .in sede di graduazione successiva all'accettazione con beneficio, � opponibile alla finanza ancorch� effettuata con crteri diversi da quelli previsti dalla legge tributarfa, perch� tra l'esigenza di evitare la frode fiscale e quella di dare contenuto e validit� all'istituto del beneficio d'inventario, la legge ha, in via di principio, preferito quest'ultima, tanto pi� che la prima esigenza pu� essere. soddisfatta dall'Amministrazione vigilando sulle operazioni di accertamento dei crediti e provocando, ove del caso, un loro accertamento giudiziale. Ed in tal caso l'antinomia si sposterebbe tra accertamento amministrativo e giudicato e non v'� chi non veda come anche l'Amministrazione pu� ben sentirsi protetta dalle frodi con un siffatto accertamento. D'altronde la stessa legge con in citati artt. 2758, 2� comma e 2772, 3� comma, nel negare gli effetti al privilegio tributario nei confronti dei creditori separatisti, -creditori che risultano tali non con i criteri di cui all'art. 45 della legge tributaria -sancisce tale preferenza che non trova motivo per non essere applicata anche nell'accettazione con beneficio d'inventario. Cade quindi la pretesa di estendere l'efficacia del privilegio su tutti i beni relitti cos� come di scarso rilievo � l'asserzione riguardo ai termini per le denuncie e i pagamenti, poich� l'eventuale mancato rispetto di essi da parte dell'erede dipende dall'applicazione di altre norme non a lui addebitabile. In definltiva il sistema, alla stregua delle norme richiamate in motivazione, pu� essere cos� riassunto. L'accettazione dell'eredit� con il beneficio d'inventario, importa il compimento di una serie di attivit� da parte dell'erede, tra le quali in primo luogo, se non � stato gi� redatto, fa compilazione dell'inventario. Come principio generale,. dopo l'atto pubblico di accettazione beneficiata, in ragione dell'operativit� di detto atto, i successivi. inadempimenti possono determinare, per iniziativa dei creditori e. dei legatari, la sola decadenza-dal beneficio. Soltanto per l'ipotesi di erede non in possesso dei beni, la legge con norma espressa, parifica il chiamato che ha accettato con beneficio ma non ha redatto l'inventario a colui che abbia accettato puramente e semplicemente. Ne consegue che nell'ipotesi di chiamato in possesso dei beni, l'Am ministrazione Finanziaria, creditrice dell'erede per l'imposta di suc cessione, non ha veste per far dichiarare la decadenza dal beneficjo ove assume che ne sussistano i. presupposti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1461 Ci� posto, la presenza di una valida procedura di graduazione dei debiti ereditari, per accettazione con beneficio, cos� come a seguito di separ;i.zione dei beni. non permette all'Amministrazione di insinuare il suo credito, perch� la liquidazione riguarda i soli creditori del defunto. L'Amministrazione pu� accertare il suo credito valutando le passivit� secondo la legge .tributaria, ma poich� � tenuta a soddisfarsi soltanto sul residuo della liquidazione che perviene_ al!l'erede, dovr�, in definitiva, ove sussista divergenza tra .il suo accertamento delle passivit� e quello conseguente alla graduazione, accettare quest'ultimo. Se peraltro ritene che tale divergenza non sia soltanto frutto del maggfor rigore della legge tributaria, ma sia conseguenza di frode fiscale, essa, quale terza interessata, pu� proporre le opportune azioni giudiziarie, ottenendo cosi un accertamento giudiziale sui debiti, contestati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2494 -Pres. Stella Richter -Est. Spadaro -P. M. Pedace (conf.) -Giannini (avv. Fer.i) c. Mi�nistero delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenz~ delle Commissioni -Controversie di valutazione e controversie di diritto Questione di applicazione della legge pregiudiziale alla valutazione -Fattispecie -Rimessione alla Sezione speciale della Commissione Provinciale -Necessit�. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1689, artt. 28, 29� e 30). Poich� nei procedimenti di valutazione per ie imposte indirette le Commissioni distrettuale e provinciale di valutazione non poosono decidere questioni di applicazwne della legge e, ove si prese.ntiino questioni pregiudiziali di diritto, devono sospendere il giudizio di estimazione fino a quando le questioni st~se siano risolte definitivamente in via incidentale dalle Commissioni di diritto, la Commissione provinciale di valutaziione in grado di appe,ZZo non pu� decidere nel merito .. della estimazione ,del valore dei beni conferiti in una societ� enunciata iin sentenza ove venga eccepito dal contribuente che la e-n:unciazione della stessa societ� m�a contenuta in altro atto anteriormente registrato e che il diritto al tributo era prescritto (1). (1) I principi su cui la sentenza si fonda sono pacifici, ma la relativa applicazione non appare corretta. � stato invero affermato infinite volte che la Co.mllssione di valutazione non pu� �iecidere questioni di applicazione della legge e deve, se queste si presentino in via pregiudiziale, rimettere 1462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Ci� premesso in ordine alla infondatezza della eccezione di inammissibilit� del ricorso, pu� passarsi all'esame del merito di esso e al riguardo deve subito precisarsi che la dedotta censura, il cui contenuto � stato gi� sopra puntualizzato, � fondata. Questa Corte suprema, sia a sezione semplice che a Sezioni Unite, ha avuto, pi� volte, occasione di esaminare la questione giuridica, sulla quale si incentra la doglianza, e, in proposito, dopo avere rilevato che, ai sensi dell'art. 29 del d.l. n. 1639 del 1936, in materia di imposte sui trasferimenti di ricchezza, le controverse, involgenti questioni di diritto, sono decise, in priI~() grado, dalla commissione Provinciale Sezione di diritto -e, in secondo grado, dalla commissione Centrale, ha costantemente ribadito il principio, gi� sopra ricordato, secondo cui, quailora in sede di determinazione del valore, si prospetti una questione giuridica di natura pregiudiziale, il giudizio di estimazione deve essere sospeso e non pu� essere ripreso bench� la questione. stessa non sia risolta in via definitiva (sez. un. 30 settembre 1968 n. 3038; 1 agosto 1968 n. 2737; 23 luglio 1969 n. 2780). Ora, nel �caso di specie, � pacifico che, in sede di determinazione del valore dei beni conferiti nella societ�, di fatto, enunciata nella sentenza del Tribunale di Firenze del 3 giugno 1949, i contribuenti� eccepirono, nel corso dell'ulteriore fase del relativo giudizio di estimazione �svoltosi avanti alla Commissione distrettuale, che tale societ� di fatto, risultando-di gi� enunciata in un precedente atto del 21 aprile 1945, gi� ~ottoposto a tassazione al momento della sua registrazione, non poteva subire una nuova tassazione e che, in ogni caso, il diritto la decisione alla competente sezione speciale d�lla Commissione provinciale, sospendendo il giudizio di. valutazione (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 147). Ma questo avviene solo quando la questione di diritto sia pregiudiziale rispetto aila questione di valutazione, nel senso che debba, come mezzo al fine della valutazione, decidersi una controversia di applicazione o .interpretazione di una norma di legge o di regolamento o di negozio giuridico. Del tutto diversa � invece la situazione quando la questione di diritto concerne l'applicazione di norme tributarie attinenti al diritto di imposizione; in questo caso la questione di diritto non � pregiudiziale alla valutazione e deve quindi svolgersi in modo del tutto indipendente innanzi alla Sezione speciale della Commissione provinciale, in primo grado, e alla Commissione Centrale, in appello, senza mai entrare in collisione� con la coI).troversia di valutazione che segue il suo autonomo procedimento: Di conseguenza sono pregiudiziali alla valutazione, e devono essere oggetto di un giudizio incidentale, le seguenti questioni che in via di esempio, possono rinvenirsi nella recente giurisprudenza della S. C.: se debbano includersi nella valutazione le eccessioni non espressamente trasferite (14 dicembre 1970, n. 2665, in .questa Rassegna, 1971, I, 179); se un'azienda sia agricola o industriale ai fini della valutazione dell'avviamento (17 marzo 1970, n., 700, Riv. Leg. :fi.sc., 1970, 1513}; se clausole negoziali limitano l'utilizzazione del bene da valutare (6 giugno 1 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1463 a nuovi accertamenti di valore in ordine alla societ� stessa da parte deM'amministrazione delle Finanze, doveva ritenersi prescritto. � pertanto, evidente che, con tale eccezione, furono prospettate delle questioni di diritto, attinenti alla legittimit� del potere impositivo e, come tali, di natura .pregiudiziale r?-spetto al ,giudizio di valutazione, talch�, ben fondatamente, deve affermarsi che la Commissione Distrettuale, disponendo la sospensione di tale giudizio di valutazione, che era stato ripreso dopo la definitiva risoluzione �di altra questione di diritto in precei::lenza sollevata dagli stessi contribuenti, ebbe correttamente ad attenersi al richiamato principio giuridico, in ordine al quale non sussistono n� sono state addotte valide ragioni per discostarsene. Ne consegue che, altrettanto fondatamente, deve affermarsi che la Commissione Provinciale -Sezione di valutazione -, nell'annullare a seguito dell'appello proposto dall'ufficio delle Finanze, tale decisione della Commissione Distrettuale e nel disporre la prosecuzione del giudizio di vaultazione, ha disatteso, violandolo, il detto principio giuridico, donde l'errore di diritto in cui � incorsa la impugnata decisione. � vero che questa pronuncia, nell'�ffermare genericamente che il giudizio di estimazione, una volta intervenuta la decisione definitiva della Commissione Centrale sull'altra questione di diritto in .precedenza sollevata, dovesse proseguire nonostante la nuova questione di diritto prospettata, potrebbe indurre a configurare la ratio decidmdi in una preclusione che all'esame di questa nuova questione sarebbe derivata da quel giudicato fol'l?lale, ma � anche vero che, pur inquadrata in una tale ratio, la pronuncia stessa non potrebbe egualmente sfuggire alla censura di violazione dell'art. 29 del d.1. n. 1639 del 1936. In relazione 1967, n. 1236, ivi, 191>7, 1998); se un terreno non sia suscettibile di edificabilit� per una limitazione legale (22 settembre 1970, n. 1658 e 5 febbraio 1971, n. 290, in questa Rassegna, 1970, I, 929 e 1971, I, 436). Non hanno per� nessun carattere pregiudiziale alla valutazione le questioni, quale quella della prescrizione dell'imposta, che attengono al diritto di imposizione; la completa separazione che, in materia di imposte indirette, � stabilita tra questioni di valutazione e questioni di imponibilit�, non ammette una subordinazione delle questioni �di valutazione a quelle di diritto. � cio� del tutto normale che si proceda alla valutazione di un ben(! anche quando l'imposta sul relativo trasferimento, potr�, in competente sed~, risultare non dovuta o dovuta in misura fissa, come � non solo normale, ma necessario, procedere nei termini di decadenza all'accertamento di valore (e alla conseguente determinazione in via contenziosa), di beni trasferiti con agevolazione per l'eventualit� di una successiva decadenza dal beneficio. Nel caso particolare, quindi, giustamente la Commissione provinciale di valutazione aveva dato corso al procedimento di estimazione, in quanto sarebbe spettato al contribuente adire in via principale la Sezione speciale della Commissione provinciale per far dichiarare la prescrizione dell'imposta, senza che ci� influisse sul corso del procedimento di valutazione. 15 1464 RASSEGNA DELL'AVVOeATURA DELLO STATO a una tale ipotesi, verrebbe, infatti, a porsi una questione inerente alla interpretazione di quel giudicato ed ai limiti della sua efficacia ai fini della preclusione della nuova eccezione, ossia una questione, che, involgendo una indagine di carattere giuridico attinente ai .principi che regolano gli effetti del giudicato formale ed avente carattere pregiudiziale, sarebbe pur sempre sfuggita alla competenza della Commissione Provinciale -Sezione di valutazione -rientrando, ai sensi del citato art. 29, in quella inderogabile della commissione Provinciale -Sezione di diritto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2500 -Pres. Rossano -Est. Miele -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Zagari) c. Santarelli (avv. Viaggi). Imposta di registro� -Solidariet� -Pluralit� di negozi contenuti in unico atto -Solidariet� limitata fra i distinti gruppi contraenti Effetti -Litisconsorzio necessario -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 9, 91 e 93; c.p.c. artt. 331 e 334). Quando un atto contenga pi� disposizioni indipendenti, l'imposta di registro colpisce non L'unico atto (<documento), ma i singoli ne�gozi in esso compresi e il vincolo della solidariet� riguarda solo coloro che s-0no parti contraenti di ciascun negozio e non si estende agli altri negozi contenuti nello stesso atto. Di conseguenza l'impugnazione principale proposta relativamente ad una deUe disposizioni non consente alle parti contraenti dell'altra di proporre impugnazione incidentale tardiva (1). (Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente, denunziando la violazione�e la falsa applicazione degli artt. 334, comma primo, e 331, comma primo, c.p.c., afferma che il diritto all'impugnazione incidentale sorge a favore delle parti contro le quali l'impugnazione � .proposta per effetto dell'impugnazione principale. (1) Questa pronunzia � molto simile a quella del 7 settembre 1970, n. 1260, in questa Rassegna, 1970, I, 871 con nota, alla quale si rinvia:. Ancora una volta si ripete, contro la tradizionale e consolidata esperienza, che nel caso di pi� disposizioni contenute in unico atto la solidariet� intercorre soltanto fra i gruppi dei contraenti delle singole convenzioni e non fra tutti i partecipanti all'atto; e ancora una volta questa affermazione si fa nonostante che il superamento del concetto di spec�ale solidariet� tributaria avesse gi� fatto cadere nel nulla la materia controversa. Oggi si tenta di spiegare che la necessit� di pagamento integraie dell'imposta, al momento della registrazione, su tutte le convenzioni contenute nelllatto, deriva dalla esigenza pratica di non poter separare le diverse convenzioni, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1465 La censura � infondata. Come ha pi� volte affermato questa Suprema Corte (da ultimo 20 novembre 1970 n. 390), solo la parte contro la quale � stata proposta impugnazione ovvero la parte chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell'art. 331 cod. proc. civ. � ammessa a proporre impugnazione incidentale tardiva, la quale per� deve contenersi nell'ambito dell'oggetto del giudizio di impugnazione quale risulta fissato in modo immutabile dall'impugnazione princ.ipale. Pertanto l'impugnazione incidentale t�rdiva pu� essere proposta quando abbia ad oggetto lo i;;tesso ~capo o punto della sentenza investito dall'impugnazione principale o quanto meno un capo o punto della sentenza che si trovi con quello impugnato in rapporto di dipendenza o connessione. Nel caso .in esame, avendo la Corte di merito ritenuto che i due capi della sentenza erano a,utonomi ed indipe!].denti e che di questi solo uno era stato impugnato, esattamente ha escluso che si potesse ipotizzare il potere d'impugnativa per gli appellati relativamente all'altro capo della sentenza, il quale, pertanto, non essendo stato impugnato, era divenuto definitivo allo scadere dell'anno dalla notificazione della sentenza. Con il secondo motivo l'Amministrazione finanziaria, deducendo violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 334, primo comma, e 331, primo comma, cod. proc. civ., in relazione all'art. 93 n. 1 del d.l. 31 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., afferma che, anche a volere adeguarsi aUa giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo la quale ;['appello incidentale tardivo non pu� essere proposto avverso capi di sentenza non impugnati in vi� principale o non conness,i con quello o con quelli investiti dalla impugnazione principale, la Corte di merito aveva erroneamente escluso che nella fattispecie ricorresse la connessione o la dipendenza dei capi della sentenza non avendo considerato che, invece, ricorreva l'ipotesi di pi� questioni (quelle relative all'esenzione fiscale) concernenti il trattamento tributario di pi� convenzioni contenute in un unico atto, richiedendo il meccanismo della registrazione (art. 91) il pagamento dell'intera imposta; ma una volta avvenuta la registrazione, le eventuali imposte suppletive e complementari gravano in so}ido soltanto su coloro che sono parti delle singole convenzioni. Ma tutto questo sembra evidentemente contradittorio, perch� se il � meccanismo della registrazione � non ammette la separazione delle singole componenti, ci� discende dal principio della solidariet� che � unico e agisce al medesimo modo sia per l'imposta principale che per l'imposta complementare e suppletiva. Non sarebbe di certo commendevole punire il contribuente che abbia dichiarato un valore veritiero e premiare quello che, occultando il valore, si sottrae alla solidariet� per l'imposta complementare. 1466 "~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO assoggettato a registrazione. Al riguardo, osserva la ricorrente, i contribuenti sono solidamente obbligati per le imposte di registro in base all'art. 93 n. 1 della legge di registro e devono considerarsi una sola parte, in quanto titolari di un comune interesse a contrastare la pretesa fiscale, alla quale sono tenuti anche per la parte di imposta non afferente alla convenzione da cia�scuno stipulata. Inoltre, secondo la r.icorrente amministrazione, unico essendo stato l'atto sottoposto a registrazione, unica � stata la tassazione, bench�, .ai fini del regime di tassazione, si sia tenuto conto della diversit� delle due convenzioni in esso comprese. Pertanto, conclude la ricorrente Amministrazione, doveva affermarsi l'unitariet� della causa e del rapporto dedotto in giudizio. Anche tale complessa censura non � fondata. Invero l'art. 9 della legge di registro stabilisce che se un atto comprende pi� disposizioni indipendenti e non derivanti necessariamente le une dalle altre, ciascuna di esse � sottoposta a �tassazione come se formasse un atto distinto. Ci� sta a significare che l'imposta colpisce non gi� l'atto (documento) come tale, ma i negozi giuridici racchiusi in esso, onde questo costituisce solo la documentazione dei vari negozi giuridici mentre la t�ssazione ha per presupposto i singoli negozi giuridici in esso compresi. Neppure a proposito � invocato il principio della solidariet� nell'obbligazione tributaria (art. 93 n. 1 della legge di registro). Invero il vincolo delfa solidariet� nell'obbligazione tributaria riguarda solo coloro che sono state parti nel neg9zio giuridico concluso ( � le parti contraenti �) e quelle nel cui interesse venne richiesta . la formalit� della registrazione e ci� costituisce esatta applicazione del principio affermato nell'art. 9 (autonomia delle tassazioni). Pertanto le parti di un determinato negozio giuridico non sono .tenute anche per l'imposta g�ravante su altro negozio giuridico, contenuto nello stesso atto, se ad esso sono �ri,maste estranee. N� giova alla tesi sostenuta dall'Amministrazione finanziaria l'articolo 91 della legge di registro, il quale prescrive :i!l pagamento della tassa contemporaneamente alla registrazione dell'atto, per cui chi presenta l'atto alla registrazione, per ottenere tale formalit�, � obbligato a pagare l'importo totale delle imposte riguardanti tutte le convenzioni comprese nell'atto, vi abbia o non partecipato. Tale obbligo deriva per� non gi� dal carattere unitario della tassazione nel caso di pi� convenzioni iracchiuse nello stesso atto, ma come � stato esattamente rilevato in dottrina, dal meccanismo della registrazione, la quale non pu� essere limitata ad una o ad alcune delle convenzioni comprese nell'atto, ma riguarda l'atto nella sua interezza. Pertanto, una volta eseguita la registrazione, le eventuali tasse complementari o suppletive dovute sulle convenzio:qi comprese nell'unito atto, gravano, con vincolo solidale, solo su coloro che sono parti della eon-. venzione sottoposta a tali imposte. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1467 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 agosto 1971, n. 2582 -Pres. Favara -Est. Alibrandi -P. M. Chir� (conf.) � -Zorzi (avv. Muti) c. Mini stero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposta generale sull'entrata -Prescrizione -Interruzione -Ricorso al Ministro delle Finanze -Effetti. AlL'imposta generale sull'entrata � applicabile il principio, di portata generaie, che la domanda del contribuente, sia in vi�i amministrativa che giudiziaria, interrompe la prescrizione a favo1�e di entirambe le parti e che la prescrizione cosi interrotta rimane sospesa fino aLla data della definizione del procedimento; di conseguenza il ricorso col/'IJtro l'ordinanza delL'Intendente di Finanza impedisce che decorra il termine di prescrizione fino a quanto non sia p1'Dnunciato il decreto del Ministro (1). (Omissis). -Col primo' motivo il ricorrente, nel denunziare violazione e falsa applicazione degli artt. 141 r.d. 30 di'Cembre� 1923, n. 3269; 4�5 della legge 19 giugno 1940, n. 762, sull'Ige e 2945, comma 2, cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che la Corte del merito abbia ritenuto che, per effetto del ricorso al Ministero delle finanze, si sarebbe verificata l'interruzione della prescrizione decennale e la sospensione del suo corso fino al 13 dicembre� 1963, data in cui era stata notificata la decisione del Ministro ad esso ricorrente. Sostiene che detto ricorso non ha efficacia interruttiva, non essendo atto introduttivo deil giudizio, anche perch� diretto alla stessa Amminist-razione creditrice. Aggiunge il ricorrente che, rispetto all'Ige, non � applicabile la norma dell'art. 141 della legge di registro, la quale prevede un effetto interruttivo di carattere eccezionale, per cui nessuna sospensione si sarebbe verificata nel periodo di prescrizione del tributo de quo. Il motivo non � fondato. La questione sollevata dal ricorrente � stata gi� esaminata, negli stessi termini e rispetto alla medesima imposta (IGE), da questa Corte Suprema (sent. 18 settembre 1962, n. 2768 e ,sent. 28 maggio 1966, n. 1396), la quale ha ritenuto che, in tema di evasione dell'Ige, si applica il principio secondo cui il ricorso del debitore, sia in via amministrativa, sia in via giudiziaria, interrompe la prescrizione a favore di entrambe lie parti e riprende a decorrere il nuovo periodo di prescrizione dalla data di definizione dei procedimento amministrativo o di quello giudiziario. E tuttora valide si ravvisano le ragioni che presidiano tale orientamento. (1) Decisione da condividere pienamente. V. Cass., 28 maggio 1966. n. 1396. in questa Rassegna, 1966, I, 693; v. anche C. B.o.FILE, Considerazioni sull'interruzio1ie della prescrizione nelle impost� in�lirette, ivi, 1969, I, 280. 1468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In materia tributaria, da un complesso di norme che disciplinano in modo uniforme gli atti aventi efficacia interruttiva della prescrizione (artt. 140 e 141 della.legge organica di registro nonch� 89 e 90 della legge �sulle imposte di successione) si ricava un principio che, lungi dal presentare carattere eccezionale, costituisce un criterio di ragione, cui si informa, in generale, l'ordinamento giuridico positivo: il criterio, cio�, che la pendenza .di un procedimento, sia giudiziario sia amministrativo, impone alle parti uno stato di attesa, stato che, mentre consente agli interessati lo svolgimento, a seconda dei casi, di attivit� meramente processuali, inibisce loro il compimento di attivit� comunque dirette all'attuazione del diritto controverso. N� consegue che il decorso del tempo, occorrente perch� sia emessa la decisione, non si ricollega alla volont� del titolare del diritto e, quindi, non pu� essere imputato a sua inerzia. Ed il carattere generale dell'accennato principio, �negato dal ricorrente, trova, sotto altro profilo, puntuale conferma in altre norme dell'ordinamento tributario (art. 48. t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, per le imposte di consumo;_ art. 27 legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 e art. 31 decreto min.le 8 luglio 1924 sull'imposta di fabbricazione degli spiriti) dalle quali si desume che 1a prescrizione � interrotta e resta sospesa per tutta la durata della procedura volta ad accertare fatti che abbiano riferimento con i presupposti del tributo. N� pu� indurre a diverso avviso la circostanza, messa particolarmente in risalto dalla difesa del ricorrente, che, per q�anto, in particolare, concerne la materia in esame, il Ministro delle Finanze sia, non diversamente 'dall'Intendente di Finanza, un organo della stessa pubblica amministrazione, titolare del credito contestato. Il Ministro � infatti investito, su sollecitazione del contribuente, di un compito di decisione del ricorso: funzione questa che, mentre, da un lato, � del tutto estranea all'aj;tivit� amministrativa diretta all'attuazione della pretesa tributaria �, d'altro alto, tale da inibire tuttavia all'Amministrazione, finch� non sia esaurita, di fare valere le proprie ragioni. Il ritardo del Ministero nel pronunciare sul ricorso del contribuente -ritardo cui lo stesso contribuente pu� ovviare valendosi dello strumento, di generale applicazione, predisposto dall'art. 5 del t.u. della legge comunale e provinciale (r.d. 3 marzo 1934, n. 383) -non pu� pe:r:tanto essere assimilato, per il diverso campo della sua incidenza, all'inerzia della pubblica amministrazione nell'esercizio dei propri diritti: all'inerzia, cio�, che costituisce il presupposto della prescrizione estintiva. Pertanto anche in materia di controversie sull'Ige, l'accennato principio deve considerarsi operante e validamente applicabile con la conseguente efficacia interruttiva del ricorso, proposto dal contribuente PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1469 al Ministro delle Finanze contro il provvedimento intendentizio che determina l'imposta dovuta e ne ordina il pagamento. N�, d'altro lato, potrebbe fondatame.nte obiettarsi che l'Amministrazione finanziaria, durante la pendenza del ricorso, avrebbe potuto interrompere la prescrizione, con atto, che a norma dell'art. 2943 comma 4�, in relazione all'art. 1219 stesso codice, valesse a mettere In mora il contribuente. Infatti, si � dianzi dimostrato che a tenere vivo il diritto deH'Ami:pinistrazione � sufficiente la pendenza del procedimento, cio� l'attivit� diretta alla definizione della controversia ed �, sotto altro aspetto, evidente che un atto di costituzion'e in mora non avrebbe potuto produrre alcun utile effetto, dato� che lo Zorzi attendeva, per ogni sua successiva determinazione, di conoscere l'esito del ricol'so da lui proposto. N�, infine, potrebbe fondatamente obiettarsi che, a norma dell'art. 247 del disp. trans. del .cod. civ. (r.d. 30 marzo 1942, n. 318), hanno cessato di avere effetto, dalla data di entrata in vigore del codice stesso, le cause di sospensione della prescrizione da questo non ammesse. Infatti, nel caso in esame, la Corte d'appello ha applicato principio accolto dal codice vigente, quello cio� previsto dall'art. 2945, comma 2�, in relazione al precedente art. 2943, comma 1�, che contempla mezzi di interruzione della prescrizione ad efficacia continuativa. Trattasi del noto criterio della corrispondenza tra la causa e l'effetto, il quale si traduce nel canone della durata dell'effetto interruttivo per tutto il periodo di tempo durante il quale opera la causa d'interruzione (cfr. Cass. sent. n. 3080 del 1957 e sent. n. 1146 del 1965). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 settembre 1971, n. 2622 -Pres. Giannattasio -. Est. Milano -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Barni (avv. Cap~ccioli e Cocivera). Imposta sui terreni e sul reddito agrario -Ortovivaisti -Messa a dimora sui fondi dei compratori delle piante prodotte -Autonoma attivit� soggetta all'imposta di ricchezza mobile -Esclusione. (1. 30 luglio 1936, n. 1231, art. 30; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 65). � soggetta all'imposta sui redditi agrari e non all'imposta di ricchezza mobile l'attivit� eseguita dall'ortivivaista di messa a dimora delle piante sui fondi degli acqui?-enti, con o senza garanzia di attecchimento, rientrando ci� (vendita dei prodotti) nel normale ciclo produttivo agrario (1). (1) Questione nuova. Sul pi� generale concetto di normale ciclo produttivo v. la sent. citata nel testo 6 marzo 1958, n. 746, Riv. leg. fisc., 1958, 1470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria denuncia la vio.lazione e la falsa applicazione dell'art. 30 legge 30 luglio 1936 n. 1231 e del t.u. 24 agosto 1877 n. 4021 e censura la �sentenza impugnata per aver ritenuto che l'attivit� di messa a dimora, sui fondi degli acquirenti, delle piante vendute dagli ortovivaisti non eccede il normale � ciclo produttivo agrario � di cui fa parola l'art. 30 d�lla sopra richiamata �legge, e che, di conseguenza, il reddito conseguito da tale attivit� sia da considerarsi agrario e non reddito commerciale, soggetto al tributo mobiliare. Sostiene che l'attivit� di messa a dimora delle piante di vivaio, �, invece, al di fuori del ciclo agrario di produzione perch� richiede una nuova plaintatio, che � l'atto iniziale di un diverso ciclo agrario nel nuovo terreno e per un diverso soggetto, per cui si ha sovrapposizione di un ciclo agrario ad un altro da esso distinto ed indipendente. Il motivo non � fondato. Ai fini di una esatta cognizione della questione, � da ricordare che l'art. 30 della menzionata legge n. 1231 del 1936, per la distinzione tra reddito agrario, oggetto dell'imposta sui redditi agrari, e reddito industriale, colpito con l'imposta di ricchezza mobile, ricorre al concetto di � normale ciclo produttivo agrario secondo i principi ed entro i limiti della tecnica che lo governa ., espressione ora �sostituita con l'altra, sostanzialmente equipollente, dell'art. 65 del t.u. sulle imposte dirette � esercizio normale dell'impresa agricola secondo la tecnica che lo governa �. Come gi� ritenuto da questa Corte Suprema (Cass. 6 marzo 1958 n. 746) e come la stessa� Commissione Centrale deHe Imposte ha riconosciuto nelle tre decisioni emesse nel pregresso giudizio innanzi alle commissioni tributarie, il � ciclo produttivo agrario �, nella sua accezione pi� vasta, comprende tutte le trasformazioni e le manlpolazioni dei prodotti del suolo ed abbraccia tutto il .processo di produzione che va daU'inizio della produzione medesima fino al momento in cui il prodotto � reso consumabile e vendibile ed in esso, quindi, rientra anche893; in senso pi� restrittivo v. la sent. 21 maggio 1969, n. 1770, in questa Rassegna, 1969, I, 715 che ha ritenuto assoggettabile all'imposta di ricchezza mobile l'attivit� di allevamento di cavalli da corsa. � soprattutto questione di merito il determinare se l'organizzazione dei vivaisti che provvedono a mettere a dimora le piante da essi prodotte dia luogo ad un'autonoma speculazione commerciale o industriale; non potrebbe di certo escludersi una tale attivit� quando il vivaista, ad esempio, assume l'appalto della creazione di un parco, provvedendo, con complessa organizzazione, ad una serie di operazioni che non possono dirsi normali per l'agricoltura. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA la organizzazione per il collocament-0 dei prodotti, purch� la medesima non ponga in essere un'autonoma speculazione commerciale o industriale con il sussidio di opere e di mezzi estranei alla coltivazione dei fondi. Ed appunto sulla base di tali principi, ai quali ha fatto espresso riferimento, J.a Corte di merito ha escluso che l'attivit� degli ortovivaisti di messa in dimora delle piante potesse essere considerata un'attivit� del tutto avulsa ed a s� stante dall'organizzazione della vendita dei prodotti agricoli, esattamente ritenendo che essa invece rientrava in tale organizzazione, costituendo l'attivit� stessa uno dei tanti modi posti in essere per facilitare ed agevolare la vendita dei prodotti del vivaio, specie in . relazione all'assunzione, frequente anche se non essenziale, della garanzia di attecchimento dei prodotti stessi. Se, infatti, si ha riguardo alla particolaTe natura dei prodotti del vivaio ed alla loro conseguente destinazione, non si pu� ne~are� alla messa a dimora di essi la natura di clausola accessoria di vendita, connessa appunto a tale tipo di prodotto, per il quale spesso non � sufficiente la semplice consegna a domicilio. Questa clausola consente agli ortovivaisti di vendere le piante da essi prodotte con garanzia di attecchimento e costituisce uno dei tanti modi escogitati per facilitare il collocamento di questi particolari prodotti agricoli, specie nel caso in cui trat~si di piante di alto pregio e, perci�, costose. N � pu� esse,re condivisa la tesi della ricorrente Amministrazione secondo cui, per essere le piante prodotti finiti del vi~aio, separati e vendibili, la loro messa in dimora deve necessariamente dar luogo alla prima fase di un ulteriore e diverso ciclo produttivo. � vero, infatti, che le dette piante sono prodotti finiti del vivaio, ma se, come dianzi detto, nel normale ciclo produttivo agrario rientra anche la organizzazione per la alimentazione ed il collocamento dei prodotti finiti, la messa a dimora di tali prodotti deve essere coosiderata, non gi� come una attivit� separata e scissa dal normaile ciclo di produzione, bensi come un completamento di esso, che si chiude appunto con la realizzazione mediante la vendita, la cui organizzazione pu� assumere per il collocamento dei prodotti agricoli aspetti vari e complessi, sempre che non pongano in essere un'autonoma spec�lazione commerciale o industriale. Non si nega che, nel caso di specie, il collocamento acquista un aspetto. peculiare ed una consistenza materiale che si riflette in un'attivit� esecutiva successiva alla vendita -peraltro, quale modalit� accessoria di questa -ma ci�, non per una acquisizione di autonomia speculativa delle relative operazioni, bens� perch� la modalit� pi� connaturale nella vendita delle piante da vivaio consiste proprio nella messa a dimora di esse per la garanzia di attecchimento. 1472 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il fatto, poi, che la messa � dimora delle piante avvenga, anzich� nel fondo proprio del contribuente, in quello degli acquirenti non basta a fare ritenere che tale attivit� costituisca l'inizio di un nuovo ciclo agrario. Ci�, invero, che deve attenere al fondo, cui � riferibile il reddito agrario, � la produzione agricola e non gi� l'organizzazione di vendita, l~ quale rappresenta la semplice realizzazione pecuniaria della produzione medesima, l'ultima fase, cio�, di un determinato ciclo produttivo agrario. Il primo motivo di ricorso deve essere, quindi, rigettato. E parimenti infondato � il secondo motivo con il quale la ricorrente Amministrazione, denunciando, sotto altro profilo, la violazione dell'art. 30 della citata legge n. 1231 del 1936, censura la impugnata decisione per aver omesso di motivare sul punt� decisivo della controversia relativo alla normali~ o meno della vendita delle piante �Con il patto di messa a dimora e per aver, a tal fine, trascurato di esaminare la documentazione prodotta per dimostrare che tale sistema di vendita non � frequente presso le imprese ortovivaistiche. A parte la considerazione che il richiamo alla � tecni'ca agraria �, contenuto sia nell'a�rt. 30 della citata legg~ che nella nuova disposizione dell'art. 65 del t.u. sulle imposte dirette, porta a ritenere che la � normailit� � del ciclo produttivo agrario debba determinarsi, non gi� unicamente con riferimento all'id quod plerumque accidit, bens� anche con riguardo a tutte le possibili tecniche di esercizio di un'impresa agraria in relazione alla specifica attivit� presa in considerazione, la censura non � fond;ta. I giudici di merito, invero, hanno dato adeguata giustificazione dell'affermazione -che si concreta in un giudizio di fatto -relativa al carattere di normalit� de.Ua messa a dimora delle piante da vivaio sui fondi degli acquirenti, rilevando che tale attivit�, specie in rela. zione all'assunzione �frequente anche se non essenziale� della garanzia di attecchimento, costituisce uno dei modi vari e complessi escogitati dalle imprese vivaistiche pi� progredite per facilitare la vendita dei loro prodotti. Vero � che nella sentenza impugnata non si fa parola di alcuni cataloghi acquisiti agli atti in cui non si farebbe cenno deJila messa in dimora, n� si assicurerebbe l'attecchimento delle piante vendute. Senonch� deve essere osservato al riguardo che, come � principio pacifico, il giudice del merito non � tenuto a discutere ed analizzare ogni dato acquisito al processo, essendo sufficiente che egli ponga in rilievo gli elementi �di portata essenziale e decisiva, che valgono a dar ragione della decisione adottata, al che, nel caso, � stato dalla Corte del m.erito ottemperato. --(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1473 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 settembre 1971, n. 2623 -Pres. Favara -Est. Pascasio -P. M. Ant?ci (conf.) -Allomello (avv. Cappuccio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Posizione processuale �delle parti -Illegittimit� della ingi'Qllzione Azione riconvenzionale -Condanna al pagamento della stessa somma .fondata su diverso titolo -Ammissibilit�. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639). n giudice che dichiara l'illegittimit� della ingiunzione pu�, in accoglimento della domanda� 1�iconvenzionale dell'Amministrazione, pronunciare condanna dell'.opponente, fondata su un dive.rso titolo, al pagamento totale o parziale della stessa somma oggetto della ingiunzione (1). (Omissis). -Con citazione notificata il 16 settembre 1965 Claudio AllomeHo, rappresentato dal tutore avv. Ugo Cappuccio, propose opposizipne all'ingitmzione a lui notificata il 18 agosto 1965, con cui l'Amministrazione delle Finanze dello Stato gli aveva .intimato il pagamento di i,. 2.199.855 per restituzione della somma a suo tempo a lui versata in esecuzione della sentenza 10 gennaio 1963 pronunciata dalla Corte ,�J.'a:tfpello �l.i Torino, cassata da questa Corte Suprema e relativi interessi. Chiedeva l'opponente che fosse dichiarata illegittima l'ingiunzione anzidetta per difetto �l.i titolo e per errore nel calcolo degli interessi dovuti in L. 166.325 e non in L. 199.600, come richiesti. L'Amministrazione finanziaria si costituiva, riconosceva il denunciato errore nel computo degli interessi e, per il caso che .rAllomello insistesse nell'opposizione, proponeva domanda riconvenzionale .Per il (1) La sentenza � di molto interesse per l'ulteriore approfondimento del problema dell'azione riconvenzionale della Finanza convenuta nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale. L'interesse non si ritrova nell'affermazione che la Finanza possa, senza con d� dover proporre una domanda riconvenzionale, ded.rre un diverso fondamento giuridico della pretesa (sull'argomento v. C. �BAFn.E, Note sull'azione riconvenzionale della Finanza nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, in questa Rassegna, 1969, I, 527, e Ancora sull'azione riconvenzionale della Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, ivi, 916; nonch� le sentenze e le relative annotazioni 10 marzo 1970, n. 609, ivi, 1970, I, 431; 10 febbraio 1971, n. 338, ivi, 1971, I, 599; 27 gennaio 1971, n. 202, ivi, 420; quest'ultima sentenza e quella 6 luglio 1971, n. 2103, in questo stesso fascicolo pag. 1399 hanno anche riconosciuto deducibile un mutamento della causa petendi della pretesa in grado di appello); l'importanza della decisione va ricercata sul punto che l'Amministrazione convenuta possa riproporre in via riconvenzionale la stessa domanda oggetto dell'ingiunzione, o taluni capi di essa soltanto, fondati sullo stesso titolo o su un diverso titolo, nel caso che l'ingiunzione sia viziata; in tale caso il giudice deve pronunciarsi sul merito 1474 RASSEGNA DELL~AVVOCATURA DELLO STATO pagamento di L. 1.999.975 oltre L. 166.330 per interessi, con gli interessi ulteriori e bollo di quietanza. Il Tribunale di Torino,.. con sentenza 7 aprile 1966, dichiarava illegittima l'ingiunzione per essere stati cori essa richiesti interessi non dovuti e condannava l'Allomello al pagamento delle somme domandate dall'Amministrazione in via riconvenzionale. La Corte d'appello, investita di grav~me, con sentenza 23 maggio 1969, pronunciata nei confronti di UgQ Allomello, fratello ed unico erede del Claudio frattanto deceduto, confermava la decisione. Contro questa sentenza, con atto del 6 ottobre 1969, Ugo Allomello ha proposto ricorso per cassazione formulando quattro motivi. L'Amministrazione delle Finanze ha resistito con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo motivo si censura la sentenzta denunciando la violazione dell'art. 2 del t.u. 14 aprile 1910 n. 639 e dell'art. 132 c.p.c. per avere la Corte torinese ritenuto che la sentenza 6 novembre 1964, pronunciata in sede di rinvio dalla Corte d'appello di Genova costituisce titolo valido prima per l'ingiunzione fiscale e poi per l'accoglimento della domanda riconvenzionale senza che nel dispositivo della stessa sentenza vi fosse alcuna pronuncia di condanna e senza che la sente~za stessa fosse stata prima corretta. La censura non � fondata. Quanto alla validit� della ingiunzione fiscale, la Corte di merito ha esattamente rilevato che la declaratoria di Hlegittimit� della stessa, della domanda riconvenzionale senza poter definire la lite con la sola riso luzione della questione della illegittimit� dell'ingiunzione. Si applica cio� all'ingiunzione fiscale la stessa regola �che vale per l'ingiunzione ordinaria. In questa ipotesi bene a ragione si parla di azione riconvenzionale della Finanza anclle quando essa non domanda contro l'attore niente di pi� (o magari qu�lcosa di meno) di quanto era gi� stato domandato con l'ingiunzione; ma questa � un'azione riconvenzionale che si sostituisce al l'ingiunzione nulla. Si era talvolta messo in dubbio che per l'ingiunzio ne fiscale fosse consentito nel giudizio di opposizione sostituire la do manda riconvenzionale all'ingiunzione nulla per vizi di forma o emessa in ipotesi in cui il procedimento monitorio non era consentito o altrimenti illegittima; si era anche affermato che l'ingiunzione parzialmente infon data andasse annullata nella sua interezza e non fosse consentito all'Am ministrazione in sede di opposizione di domandare la condanna per una somma in:feriore a quella portata nell'ingiunzione; particolarmente per le entrate non tributarie si era sostenuto che l'Amministrazione non potesse in sede di opposizione sopperire ai vizi dell'ingiunzione domandando una pronuncia sul merito sostitutiva dell'ingiunzione, si che con la dichiara zione di illegittimit� dell'ingiunzione la controversia era definita. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1475 emanata da primi giudici per errore nel calcolo degli interessi, ha travolto ogni interesse dell'Allomello e fare valere per altro motivo la dichiarata illegittimit�, dato che la condanna pronunciata dagli stessi Giudici nei suoi confronti, avente ad oggetto la restituzione delle somme percepite in esecuzione di sentenza cassata, � conseguenza unica e diretta dell'accoglimento della domanda riconvenzionale ritualmente proposta dall'Amministrazione nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, instaurato dallo stesso Allomello. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema (da ultimo sent. 10 marzo 1970 n. 609), una volta proposta dall'intimato opposizione all'ingiunzione fiscale, tra le parti si instaura un vero e proprio giudizio di cognizione avente per oggetto la sussistenza dell'obbligazione, giudizio nel quale l'Amministazione ben pu� dedurre a fondamento della propria pretesa un titolo diverso da quello indicato nella ingiunzione, nei limitt in cui � consentita la modificazione della causa petendi. In tal caso il giudice deve conoscere del nuovo titolo dedotto, anche indipendentemente dalla � domanda proposta dall'attore, ai fini dell'accertamento del~'esistenza del credito fatto valere dall'Amministrazione. Ora, in sede di opposizione, 1'Amministrazione aveva dedotto in via riconvenzionale, a fondamento della propria pretesa, ila sentenza anzidetta, pronunciata dalla Corte di Genova in sede di rinvio ed il Giudice dell'opposizione, integrando il dispositivo con la motivazione della stessa, l'ha ritenuta titolo valido per l'accoglimento deHa domanda riconvenzionale. Ed � noto che l'interpretazione del giudicato esterno costituisce apprezzamento riservato al Giudice del merito, che, se epresso (come nel caso) con motivazione adeguata, si sottrae al giudizi. o di sola legittimit� demandato a questa Corte Suprema. -(Omissis). Molto esattamente, invece, la decisione ora intervenuta ritiene che l'Amministrazione, proprio perch� convenuta in un g.iudi:aio ordinario di cognizione, riconoscendo o presupponendo l'invalidit� dell'ingiunzione, possa domandare in via riconvenzionale la condanna dell'attore al pagamento, in tutto o in parte, della somma domandata con l'ingiunzione per lo stesso o per altro titolo giuridico; ne consegue che dichiarata l'illegittimit� dell'ingiunzione, il giudizio non � definito, ma deve invece essere affrontata la questione di merito, come se proposta per la prima volta in via� riconvenzionale, senza alcuna preclusione dipendente dell'affermata nullit� dell'ingiunzione. Ed a tale riguardo va ricordato che la menzionata sentenza 13 marzo 1970, n. 637 ha affermato che si ha una domanda riconvenzionale legittimamente proposta anche quando l'Amministrazione con la comparsa di risposta abbia dedotto nel merito l'esistenza del proprio diritto alla percezione della somma richiesta, anche indipendentemente, se necessario, dalla domanda dell'attore, senza che sia necessaria un'espressa e sacramentale formulazione riconvenzionale. 1476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 ottobre 1971, n. 2735 -Pres. Stella Richter -Est. Mirabelli -P. M. Di Majo (diff.) -Modica (avv. Bucciarelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Commissioni delle Imposte -Poteri sostitutivi nell'accertamento -Esercizio di potest� amministrativa -Ricorso in Cassazione -Inammissibilit�. L'atto con il quale le commissi-Oni, distrettuale e provincial.e, esercitano, a norma d.eH'art. 2 del d.l. 5 marzo 1942 n. 186, la facoit� d,.i aumentare il valore imponibile, ha natur� di atto amministrativo, ed � in tutto equiparabile all'acce'rtamento operato dall'Ufficio; conseguenteme11, te il deliberato della commissione concernente l'att.mento del valore, ment1�e � soggetto, al pari deU'acce1�tamento, a riCO'TSO alla Commissione distrettuale, non � invece impu.gnabile con ricorso per Cassazione, mancando il cm�attere gim�isdizionale (1). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso i ricorrenti, denunciando la violazione dell'art. 324 cod. proc. civ., che attribuisce il valo�re di giudicato alle pronunce non impugnate, in �relazione agli artt. 37 e 38 del r.d..8 luglio �1937, n. 1516, ed all'art. 2 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, sostengono che la Commissione provinciale ha errato nel deliberare l'elevazione del valore imponibile fissato dalla decisione della Commissione distrettuale senza che fosse stata proposta impugnazione da parte dell'Ufficio in quanto tale valore doveva essere considerato definitivo nei confronti dell'Amministrazione, appunto per difetto di impugnazione. I ricorrenti contestano, infatti, che nel caso in esame possa essere riconosciuta alla Commissione provinciale la potest� prevista dall'articolo 2 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, che conferisce; appunto, alle commissioni tributarie, sia distrettuale che provinciatle, in materia di imposte indirette sui trasferimenti, il potere di aumentare i valori attri (1) Decisione di molto-interesse. Il potere sostitutivo delle commissioni nell'accertamento di valore (tuttora valevole solo per le imposte indirette), come si ricorder�, era stato addotto dalla Corte Costituzionale (sent. 6 febbraio 1969, n. 6 e 10 febbraio 1969, n. 10, in questa Rassgna, 1969, I, 7, 8) proprio per negare la natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni; la Corte di Ciassazione aveva .per� rilevato che una residua esistenza di una funzione amministrativa, quale doveva ritenersi quella inerente all'aumento dei valori imponibili, non era inconciliabile con il carattere fondamentalmente giurisdizionale dell'attivit�� <pTimarria della Commissioni (sentenza 20 giugno 1969, n. 2175, ivi, 538). Ora si chiarisce che la funiione amministrativa esercitata dalle Commissioni resta nettamente distinta da PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1477 buti dall'Amministrazione ai beni trasferiti, adducendo una serie di argomentazioni: e cio�, in primo luogo, perch� nella decisione impugnata non � contenuto alcun riferimento a tale disposizione; in secondo luogo in quanto, se si riconoscesse che la Commissione possa esercitare congiuntamente funzione amministrativa di accertamento e funzione decisoria, la disposizione sarebbe in contrasto con il principio dell'indipendenza del giudice, sancito dall'art. 108 della Costituzione; in terzo luogo in quanto tale potere dovrebbe ritenersi esercitabile quando la Commissione instauri un nuovo accertamento, non quando, come hel caso in esame, l'accertamento sia rimasto quello effettuato dall'Ufficio; in quarto luogo, perch� tale potere non sarebbe esercitabile in presenza di un giudicato ed infine perch� un nuovo accertamento non potrebbe aver luogo oltre il termine di un anno, previsto dall'art. 21. del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per gli accertamenti suppletivi. L'Amministrazione controricorrente sostiene, invece, che nella decisione impugnata deve essere ravvisato, appunto, l'esercizio del potere di nuova valutazione in aumento, previsto dal citato art. 2 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, che tale potere � stato legittimamente esercitato e che la valutazione compiuta dalla Commissione non � soggetta a censura. Il primo quesito da risolvere concerne, dunque, l'interpretazione deHa decisione impugnata, al fine di accertare se in essa debba essere ravvisato un atto di ei?ercizio del potere previsto nel citato art. 2 del decreto suindicato, ovvero una pronuncia di diversa natura. Sembra a questa Corte che dalla formulazione della pronuncia si debba dedurre, senza possibilit� di dubbio, che la Commissione provinciale, pur senza farne menzione, ha inteso .esercitare H potere ad� essa conferito dalla norma suindicata. Ed invero, la stessa laconicit� della motivazione, nella quale la Commissione non ha ritenuto di fornire altra giustificazione della deliberazione di aumentQ del valore imponibile, oltre l'indicazione analitica dei criteri di valutazione, dimostra .che quell'organo ha inteso esercitare un potere ad esso direttamente ed incontestabilmente attribuito dalla legge, quale altro non pu� essere che quello previsto nella norma citata. quella giurisdiziohale e non d� luogo a provvedimenti che siano in parte amministrativi e in parte decisori; l'aumento di valore � sempre un atto amministrativo, del tutto simile al normale accertamento dell'Ufficio, sog getto ad autonoma impugnazione come tale. Questo chiarimento apporta un nuovo contributo alla questione della natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni delle Imposte, non influendo sul carattere di esse l'eventualit� che in, limitate ipotesi, le stesse Commissioni possano pronunciare degli atti amministrativi del tutto indi pendenti dalle decisioni; cosa che non � affatto insolita del resto anche per gli organi della giurisdizione ordinaria. 1478 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il ricorso che qui si esamina deve'essere valutato, pertanto, come impugnazione di un atto di esercizio del potere attribuito alle Commissioni tributarie dalla norma suddetta. Il secondo quesito da risolvere, quindi, concerne la qualificazione dell'atto con cui le Commissioni tributarie, avvalendosi di quel potere, determinano il valore imponibile in misura maggiore di quella indicata nell'accertamento dell'Ufficio. Sia i ricorrenti che l'Amministrazione controricorrente mostrano, invero, di ritenere che tale atto abbia contep.uto e natura di pronuncia giurisdizionale; ma tale qualificazione non sembra aderente alla previsione legislativa. Secondo il primo comma �del citato articolo, infatti, � le commissioni distrettuali hanno la facolt� di aumentare i valori attribuiti dall'Amministrazione ai beni � e � l'aumento determianto dalla commission~ deve essere notifi�ato, a mezzo dell'ufficio del registro, nei termini di cui all'art. 35 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, a�l contribuente, il quale entro trenta giorni dalla notificazione pu� ricorrere alla commissione stessa �. A sensi del secondo comma dello stesso articolo, � la facolt� �onferita alle commissioni distrettuali dal comma precedente spetta altresi alle commissioni provinciali. In questo caso l'eventuale l)i.corso del contribuente deve essere rivolto in prima istanza,� alla commissione distrettuale competente, salvo appello avverso la decisione della commissione distrettuale alla stessa commissione provinciale, che decide in via definitiva �. L'atto con il quale le commissioni, distrettuale e provinciale, esercitano la facolt� di aumento di valore imponibile � assoggettato, dunque, ad una disciplina eguale a quella che � posta per gli atti di accertamento suppletivo in generale, dagli artt. 20 e 21 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in quanto ne � prevista la notificazione al contribuente, a cura dell'ufficio, e l'impugnabilit�, in primo e secondo� .grado, entro gli stessi termini ed agli stessi organi indicati nelle norme generali. L'unica differenza si riscontra nella determinazione del termine di notificazione che, mentre nel citato art. 21 � fissato in un anno dal pagamento della imposta, nella norma che si esamina � parificato al termine per la notificazione delle decisioni delle commissioni in generale. Non sembra, per�, che da tale differenza .possa dedursi che le deliberazioni di aumento di valore emesse dalle Commissioni abbiano natura decisoria, e non di atto di accertamento. La funzione che le Commissioni esercitano, nel deli):>erare l'aumento, �, infatti, la stessa che � .propria deWUfficio; a questo le Coll],missioni vengono a sostituirsi, come organi gerarchicamente superiori, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1479 nel compimento di un'attivit� di pari contenuto, non si giustappongono come organi decisori. Ed invece le Commissioni, con tali deliberazioni, non si pronunciano su pretese proposte dall'ufficio nei confronti del contribuente, ma compiono un atto che l'Ufficio avrebbe potuto compiere, ed ha omesso; la deliberazione della Commissione si viene a trovare, quindi, nella stessa posizione in cui si pone l'atto di accertamento; ed infatti, al pari di questo, � soggetto alle generali impugnazioni in sede contenziosa. La peculiarit� di tale atto, nei confronti dell'atto dell'Ufficio, va ravvisata soltanto nel termine previsto per l'efficacia dell'accertamento. L'accertamento suppletivo ad opera delle Commissioni viene ad essere ammesso, cio~, anche dopo la scadenza del termine previsto dal citato art. 21 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639; il termine di efficacia' � imposto, infatti con decorrenza dailla 'data in cui la deliberazione � pervenuta all'Ufficio, a sensi del citato art. 35 d.el r,d. 8 luglio 1957, n. 1516, ed � quindi del tutto indipendente dal comportamento del contribuente. La rilevazione di tale peculiarit� � sufficiente a contestare il rilievo, sollevato, come� si � detto, dai ricorrenti, secondo .cui il nuovo accertamento non sarebbe stato ammissibile, in quanto effettuato dopo la scadenza. del termine annuale previsto dal citato art. 21. La facolt� attribuita aile commissioni ha come presupposto, infatti, la pendenza d.i un procedimento contenzioso, si che i termi�ni .per l'efficacia degli atti relativi vanno determinati in riferimento a 4t~e procedimento, e non alle attivit� pregresse. La stessa rileva~one conduce a ritenere che nessuna efficacia .possa essere attribuita 'all'accertamento suppletivo operato dalle Commissioni, se l'accertamento stesso non sia notificato al contribuente nel termine indicato dallo stesso art. 35. Ma tale peculiarit� non incide, in alcun modo, surl contenuto e la natura dell'atto. Da queste considerazioni deve essere dedotto: a) che l'atto con il quale le Commissioni tribp.tarie, distrettuale e provinciale; �esercitano il potere di aumento del valore imponibile, ai sensi dell'art. 2 del d..1. 5 marzo 1942, n. 186, � atto amministrativo ,fil accertamento, e non atto decisorio; b) che l'efficacia dell'accertamento suppletivo, contenuto in tale atto, � subordinata alla notificazione dell'atto stesso, a cura dell'Ufficio, entro il termine previsto nel primo comma dello stesso articolo; c) che avverso tale atto sono esercitabili soltanto i mezzi di impugnazione in sede di contenzioso tributario, ivi previsti, e non altri rimedi; d) che, .non avendo l'atto medesimo contenuto decisorio, ad esso ~/ non pu� essere attribuita natura qi pronuncia giurisdizionale, e per 16 1480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tanto vi si deve ritenere inapplicabile il rimedio previsto dall'art. 111 della Costituzione, che con�cerne soltanto pronunce giurisdizionali. In conseguenza, H r,icorso proposto a' sensi di tale disposizione deve essere dichiarato inammissibile, e la pronuncia di inammissibilit� travolge le censure proposte nel ricorso stesso, che potranno formare oggetto di .impugnazione in sede di contenzioso tributario, sempre che l'accertamento sia divenuto efficace attraverso la notificazione ai sensi del citato art. 55 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516. Il Procuratore Generale, pervero, :nella requisitoria pronunciata in udienza, ha ipotizzato che neLla. decisione impugnata con il ricorso, di cui si tratta, possano essere distinti due contenuti, l'uno decisorio, l'altro di accertamento; ed invero vi si trova enunciato nel dispositivo sia il rigetto del gravame proposto dai contribuenti, sia la deliberazione di aumento del valore. Ad una configurazione similare sembrano rifedrsi anche i ricorrenti, quando, come si � detto, contestano che la potest� di a�certamento . possa essere esercitata dopo che la Commissione distrettuale si sia pronunciata in sede contenziosa e quando sollevano dubbi intorno alla legittimit� costituzionale della commistione, in unico organo, di funzioni amministrative e funzioni giurisdizionali. Conseguenza di tale configuraziooe� sarebbe che in questa sede potrebbe conoscersi della decisione, espungendo da questa l'atto amministrativo. Ma queste Sezioni Unite non ritengono �di potere aderire a tale ricostruzione. L'atto con ilquale le Commissioni tributarie deliberano un aumento di valore, a' �sensi della norma citata, � sempre e _soltanto atto di accertamento, anche se emesso dopo lo svolgimento .di una fase contenziosa e con riferimento a questa. Ed infatti, non � solo l'accertamento suppletivo emesso dalla Commissione distrettuale che si sostituisce all'accertamento dell'Ufficio, quale che sia la condotta dell'Ufficio stesso nel corso del procedimento contenzioso �di primo grado, ma anche l'accertamento suppletivo emesso dalla Commissione provinciale ha eguale contenuto ed eguale natura. Nella inerzia, invero, dell'Ufficio di fronte alla decisione di diminuzione di valore adottata dalla Commissione distrettuale deve ravvisarsi l'adesione al nuovo accertamento; a questo comportamento, con il quale l'Ufficio fa proprio l'accertamento deliberato dalla Commissione distrettuale, reagisce la Commissione provinciale sostituendo il suo accertamento a quello implicitamente accolto dall'Ufficio; anche questa � Commissione emette, cio�, un nuovo, autonomo, accertamento. Tale accertamento rimane nuovo ed aut�nomo, nei confronti. dell'accertamento dell'Ufficio, sia nel caso che il valore enunciato dalla Commissione risulti diverso da quello -indicato nell'accertamento dell'Ufficio, PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1481 sia che l'uno e l'altro coincidano, rimanendo soltanto eliminate le diminuzioni apportate dalla Commissione distrettuale; con l'omissione dell'impugnazione avverso la �decisione di questa, infatti, al primo accertamento dell'Ufficio se ne sostituisce un secondo, che viene ad essere coincidente con quello deliberato dalla Commissione distrettuale ed a quest'ultimo si sostituisce altro accertamento, sia ipure condotto in base ai criteri ed alle misure adottati nel primo. Con l'esercizio della facolt� di accertamento in aumento, dunque, le Commissioni tributarie si spogliano in ogni caso della funzione decisoria contenziosa � svolgono mera attivit� di accertamento, di contenuto e natura esclusivamente amministrativi. L'atto che tale accertamento contiene si sottrae, quindi, completamente al sindacato di questa Corte. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 6 ottobre 1971, n. 2736 -Pres. Fiore -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. Soc. Reno Immobiliare (avv. Bellardoni). Imposta di registro -Agevolazio~ per le case di abitazione non di lusso -Acquisto dell'area -Edificabilit� -Esistenza di limitazioni al momento dell'acquisto -Possibilit� di rimozione. (1. 2 luglio ~949, n. 408, art. 14). Nel sistema della legge 2 lwnglio 1949 n. 408 bisogna distinguere una fase di �applicazione delle agevolazioni in base alle risultanze dell'atto sottoposto a registrazione e una fase di verifica a costruzio'11;� uitimata; nella prima fase l'edificabiiitd dell'area va stabilita in relazione alla possibilitd che la costruzione possa essere� comunque realizzata senza violazione di norme vigenti dell'ordinamento, anche se per tale realizzazione l'interessato debba ricorrere a mezzi negoziali che presuppongono l'accordo con altri soggetti o 'il ricorso a mezzi di tuteia giuris.dizionale' pi� o meno aleatori atti a rimuovere i limiti giuridici esistenti, salvo poi a verificare, nella seconda fase, se l'interessato sia riuscito a realizzare la costruzione per la quale l'agevolazione �'stata concessa e se essa possa esseTe, in tutto o in pall"te, mantenuta (1). (1) La decisione si riconnette a quella 29 marzo 1969, n. 1029 (in questa Rassegna, 1969, I, 869) e riconferma l'esclusione dell'agevolazione per le aree ocparti di esse inedificabili al momento dell'acquisto per presctizione 1482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Col secondo motivo il Ministero censura la sentenza d'appello perch� avrebbe violato l'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408, l'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, gli artt. 1371 e 1372 cod. civ. infine l'art. 112 c.p. civile e perch� sarebbe affetta da vizi di motivazione. Assumendo che la Corte d'appello non avrebbe bene inteso la tesi svolta, l'Amministrazione delle Finanze precisa che, a suo parere, per l'applicazione dei benefici di cui alla cennata legge Tupini si deve aver riguardo alla situazione giuridica dell'area compravenduta, quale obbiettivamente risulta al momento del trasferimento, ma in tale apprezzamento si deve tener conto anche delle servit� convenzionali di inedifidabilit� e della stessa volont� negoziale di escludere l'edificabilit� di determinate porzioni dell'area; occorre infatti non solo che il .negozio concerna un'area edificabile ma altresi che l'acquirente possa e voglia eseguire la costruzione di case aventi le caratteristiche volute dalla legge, essendo invece irrilevante che l'area sia non edificabile per vincoli posti da atti autoritativi o per vincoli convenzionali. Aggiunge la ricorrente che non � conferente .il rilievo che le servit� �sono rimuovibili a mezzo di accordo degli interessati e perci� non importano un �divieto assoluto di ineficabilit�, dato che la situazione da prendere in considerazione � quella relativa al bene al momento del negozio; e che i V:i.ncoli di indificabilit� derivanti dai piani regolatori o da servit� eonvenzionali non comportano utilit� dirette per le costruzioni eseguite nella porzione edificabile dell'area. Anche queste censure sono prive di fondamento. Puntualizzande la questione � da rilevare che essa non concerne quella parte dell'area compravenduta soggetta a pel'sistenti vincoli di piano regolatore che ne escludono l'edificabilit� (in relazione all'esclusione dai benefici 'della legge Tupini delle parti ,di area non edificabile a causa di vincoli creati dal piano regolatore, vedasi la sentenza di questa S.C. n. 1029 del 1969); concerne invece una parte dell'area sot di piano regolatore o per divieti imposti da norme cogenti dell'ordinamento. Per quanto riguarda invece le limitazioni derivanti da l'apporti di diritto privato-o im:qoste con atti amministrativi particolad, non si pu� in sede di registrazione� dar rilevanza a limitazioni che sono astrattamente rimuovibili attraverso negozi di diritto privato, anche se richiedono il consenso non coercibile di altri soggetti, o l'esercizio di azioni giurisdizionali �pi� o meno aleatorie �. Su quest'ultimo punto deve rilevarsi che la decisione in definitiva trasferisce nella seconda fase (quella della verifica a costruzione eseguita) gran parte dei controlli sulla sussistenza dei presupposti dell'agevolazione. Non essendo possibile in sede di registrazione una valutazione della probabilit� di risultato positivo delle iniziative che l'interessato potr� prendere per rimuovere le limitazioni particolari dell'edificazione, si finisc~ col restringere quella prima fase di verifica dei presupposti dell'agevola PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1483 toposta a vincoli destinati a garantire la funzionalit� dell'edificando fabbricato con la determinazione di allineamenti imposti nella licenza edilizia, di distanze legali e simili, nonch� a limitazioni stabilite a vantaggio di immobili contigui con servit� convenzionali. Orbene, fermo il principio che l'edificabilit� dell'intera area acquistata costituisce il presupposto per la concessione dei benefici fiscali di cui al citato art. 14 e che la norma contenuta nel capov�rso di detto articolo ( � sulla parte di suolo attigua ad fabbricato, � dovuta, a costruzione ultimata, l'ordinaria imposta . di registro ed ipotecaria �) non costituisce inte.grazione della nozione di edificabilit� ai fini della concessione dei benefici stessi ma contiene solo le condizioni per la conservazione di questi, nel senso che a costruzione ultimata tale atea �~deve risultare edificata per almeno un terzo (Cass. sent. cit.), deve rilevarsi che il sistema della legge Tupini � organizzato su una fase di appli�azione dei benefici in base alle. risultanze dell'atto negoziale sottoposto a registrazione e ,su una fase di verifica a costruzione ultimata o alla scadenza del termine per eseguirla; fasi logicamente collegate in relazione allo scopo che i benefici stabiliti in vista delle esigenze della costruzione sollecita di abitazioni non di lusso non siano utilizzati per atti che a tale esigenza non ri-spondano. � insito !in questo sistema il concetto che le questioni relative alla concr.eta edifi�abilit� di questa o di quella parte dell'area compravenduta come area edificabile e destinata dal compratore alla costruzione di case non di lusso, debbano essere risolte pi� che sul piano interpretativo del negozio su quello concreto ed effettuale della realt� obiettiva a costruzione ultimata, realt� che realizza la finalit� dei benefici tributari e ne determina esattamente l'applicazione. Concetto, questo, che e m un certo �senso connaturato a benefici fiscali che non sono ispirati solo ad uno stato di fatto o giuridico attuale di un bene (edificabilit� dell'area) bens� a tale 'stato considerato in funzione del risultato ulteriore che � possibile ottenere con un determinato impiego del bene in un'attivit� produttiva, risultato ulteriore e definitivo che l'ordinamento intende promuovere e favorire. zione. Ma in tal modo si fa diventare pressoch� normale l'applicazione del capoverso dell'art. 14 della legge n. 408, che invece nel sistema della legge costituisce piuttosfo un'eccezione. Deve inoltre rilevarsi che il principio sembra affermato nella decisione in via generale per ogni sorta di limitazione particolare all'edificabilit�, mentre il capoverso dell'art. 14 consente la liquidazione ritardata dell'imposta nor.male solo per � la parte del suolo ,attigua al fabbricato �. Ci� dovrebbe almeno giustificare l'esclusione dell'agevolazione al momento della registrazione quando per l'esistenza di limitazioni attuali (siano o no rimuovibili i;n futuro) non � possi<bile l'edificazione nemmeno sulla parte del suolo corrispondente a un terzo. 1484 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sicch� mentre la destinazione del bene alla determinata attivit� produttiva � anch'essa indispensabile presupposto dell'applicazione del beneficio tributario nella fase di valutazione dell'atto negoziale ai fini della registrazione, l'accertamento del reale e cqmpleto prodursi del risultato economico che Ja legge intende favorire rappresenta la condizione della definitiva spettanza del beneficio ed il crit~rio reale della misura di esso. In questa prospettiva di linee general,i dell'istituto in esame, che del resto si ricavano con una �certa chiarezza dalla legge Tupini, edificabilit� dell'area e destinazione di essa alla costruzione delle case di cui all'art. 13 della medesima legge sono dunque elementi inscindibili quale presupposto �.delle agevolazioni tributarie di cui al successivo art. 14. E questo rilievo porta ad una moderazione .interpretativa nella valutazione della edificabilit� dell'ar.ea, nel senso che nella detta fase di valutazione dell'atto negoziale di acquisto non � lecito� escludere l'edificabilit� dell'area in base a limiti giuridici esistenti al momento in cui l'atto � costituito se la destinazione alla costruzione possa essere comunque realizzata, senza violazione �di norme cogenti dell'ordinamento, anche se per tale realizzazione l'interessato .debba sperimentare il ricorso a mezzi negoziali che presuppongono l'accordo con altri sogg.etti o il ricorso a mezzi di tutela giurisdizionale pi� o meno aleatori, atti a rimuovere i limiti giuridici esistenti, salvo poi a verificare a costruzione eseguita o scaduto il termine �di legge per tale verifica se l'interessato sia in concreto riuscito a realizzare sull'area le costruzioni per le quali essa � stata acquistata. Nella fattispecie l'Ammini:strazione non s'� attenuta a tale criterio, ma ha inteso interpretare l'art. 14 della legge Tupini in senso restrittivo, intrinsecamente contrario sia alla ratio della norma, 1sia al sistema concreto di tassazione all'uopo �disposto dal .legislatore, dando pienamente rilievo allo stato giuridico dell'area al momento dell'acquisto, come se esso fosse in ogni caso cogente ed immutabile e fosse di conseguenza impeditivo in concreto della destinazione alla costruzione di case: il che non �, come s'� spiegato innanzi. La Corte d'Appello ha accertato infatti che i limiti relativi alla utilizzazione dell'intera area alla costruzione di case di abitazione erano suscettibili di eliminazione con l'impi.egp dei mezzi esistenti nell'or dinamento e da questa valutazione, che non � oggetto �di censura riferita com'� ai soli vincoli negoziali o relativi a modalit� costruttive disposte nella licenza edilizia, rettamente la Corte medesima ha dedotto l'ille gittimit� della pretesa della Finanza di escludere dai benefici della legge Tupi.ni le parti di area�� soggetti ai detti vincoli e di assoggettare l'atto di acquisto dell'area alla normale imposta di registro anche per queste parti. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1485 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1971, n. 2786 -Pres. Gia.n nattasio -Est. Br!lncaccio -p. M. Antoci (diff.) -Vilardi (avv. Ca valieri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Controversia di imposta -Opposizione all'esecuzione degli eredi del contribuente -Competenza del Tribunale erariale. (c.p.c. artt. 25, -615 e 619; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 7 e 8). Quando l'opposizione �. proposta dag:f,i eredi del contribuente, necessariamente si verte al di fuori dell'opposizione del terrzo di cui all'art. 619 c.p.c., e di consegueinza la controversia ha per oggetto la pretesa esecutiva, cio� ii potere della Finanza veTso il soggetto� pa.8$ivo ' del tributo all'adempimento; tale controve'l'Slia � sempre devoluta alla competenia del Tribunale ove ha sede l'Avvocat'Ulra deiito Smto � noin con�ernendo l'esecuzione (1). > (Omissis). -L'istante lamenta che la competenza del Tribunale di Catanzaro sia stata affermata con erronea applicazi,one dell'art. 8 r.d. 30 ottobre 1933 .n. 1611, che demanda la decisione delle controversie riguardanti le imposte, anche se insorte in sede �di esecuzione, a:l Tribuna!~ del luogo dove risiede �'ufficio' dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto trovasi l'ufficio che ha liquidato l'im);>0sta, e in violazione dell'art. 7 dello stesso dicreto .che stabilisce che le norme ordinarie di competenza rimangono ferme, anche quando .sia in causa un'ammir nistrazione dello �Stato, fra l'altro, per i procedimenti esecutivi. Secondo l'istante la prima norma deroga alla seconda solo rper le controversie che abbiano come sog.getti 1'Amministrazione finanziaria e il contribuente; ma nella specie essa istante doveva considerarsi una persona terza risp~tto al rapporto tributaPio, che era intercO'l'so fra la detta Amministrazione, da una parte, e l'appaltatore Dattilo Francesco e il Comune di Locri dall'altra; come tale essa aveva proposto un'azione rivolta a sottrarre beni dL una propriet� all'esecuzione iniziata dal Fisco per. r�alizzare la pretesa. oggetto �di quel rapporto, azione che doveva essere definita opposizione di terzo ai sensi dell'art. 619 c.p.c. : (1) Decisione da con,dividere pienamente. Sull'ampi�zza della controversia di imposta che si instauri fra i soggetti del rapporto tributario v. Relazione Avv. Stato 1966-70, II, 531. Importante � la seconda parte della sentenza nella quale si nega ai fini che interessano ogni distinzione tra debitore e responsabile dell'imposta. Premesso che nel caso non veniva in questione la figura tipica del responsabile di imposta, si � giustamente affermato che la distinzione va posta soltanto tra terzo opponente e debitore opponente (artt. 615 e 619 c.p.c.); se infatti l'opponente non pu� conte 1486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questa definizione dell'azione implicava che si doveva dichiarare la competenza del T.ribunale di Reggio Calabria, a cui spettava la decisione della controversia in applicazione della citata norma dell'art. 7 del r.d. del 1933. Il P. M. sostanzialmente aderisce a questa tesi. La decisione sull'istanza di regolamento di competenza richiede che sia esattamente qualificata l'azione proposta dalla Villardi. � appena il caso di avvertire che all'uopo non ha rilevanza la definizione che a codesta azione la parte ha ritenuto di dare; la qualificazione �giuridica della domanda � un potere-dovere del giudice, che non sarebbe concepibile vincolare all'apprezzamento della parte senza incidere sull'esercizio stesso della sua funzione istituzionale. Peraltro essa va operata nella base dei fatti dedotti dalla parte e del concreto risultato giuridico che questa si propone di ottenere. Dai fatti esposti dalla Vilardi nell'atto introduttivo del giudizio e dal risultato a cui ess� tende emerge palesemente che la sua domanda, ancorch� da lei qualificata opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., non integra gli estremi dell'istituto contemplato in questa norma, ma si configura come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. L'opposizione di terzo prevista dall'art. 619 c.p.c. �. caratterizzata dal presupposto che non si controverta sull'estraneit� dell'opponente al rapporto esecutivo. In questo tipo di azione, pacifica l'estraneit� del terzo a codesto rapporto, � in discussione solo un diritto reale del medesimo sul bene pignorato, al fine di sottrarre questo a:ll'esecuzione nei limiti del diritto vantato. Ove il riconoscimento di un tale diritto venga chiesto non da terzo estraneo al rapporto esecutivo, ma dal soggetto passivo di questo, la lite non ha in realt� ad oggetto il riconoscimento di quel diritto, ma la legittimit� �l.ell'esE;iCuzione. Invero la domanda proposta dail'esecutato per ottenere la liberazione del suo bene dal vincolo esecutivo non ha nessun significato giuridico, se non la si intende come diretta ad escludere la fondatezza della pretesa esecutiva, perch�, fino a che questa rimane integra, la liberazione del bene non � giuridicamente concepibile. La Vilardi rappresenta una situazione di fatto c;aratterizzata dalla pendenza di una procedura �esecutiva _nei suoi riguardi per un debito stare la sussistenza del debito di imposta (caso del terzo proprietario del bene gravato da privilegio speciale e del contribuente di fatto) si resta necessariamente nei limiti di una controversia civile attinente alla esecuzione .su determinati beni; ma �se l'opponente o come successore a titolo universale .del contribuente o come sostituto di imposta o come responsabile di imposta (in senso tecnico) � abilitato a contestare il fondamento della pretesa triibutaria (e, in sede di opposizione, il fondamento dell'azione esecutiva), non pu� certo dirsi che l'opponente � sia estraneo al rapporto esecutivo�. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA del marito e dalla contestazione della sua responsabilit� per codesto debito, e sulla base di questa situazione di fatto essa chiede la liberazione dei suoi beni caduti in quella procedura: quale che sia stata la forma della impostazione da lei data alla domanda, questa, per quanto ora si � osservato in termini di principi, non pu� essere intesa che come rivolta a negare i:l titolo che sorregge il rapporto esecutivo, perch� la caducazione di codesto titolo � il presupposto indi�spens:abile per la sottrazione delle cose staggite alla loro destinazione al soddisfacimento delle ragioni di chi di esso si avvale in quella procedura. Intesa la domanda in questi termini, resta dimostrato che essa va qualificata non come opposizione id terzo, ma come opposizione all'esecuzione. Da tale qualificazione consegue che la competenza territoriale a decidere la causa deve essere determinata in base all'art. 8 e non all'art. 7 del r.d. del 1933 n. 1611, perch� ricorre il caso, previsto dalla prima norma, di controvers!a tributaria insorta in sede di esecuzione. Ad escludere l'applicazione di codesta norma, per affermare quella .dell'altra che rinvia alle regole generali sulla competenza, non si :potrebbe pervenire accogliendo la tesi a cui accennano la ricorrente e il P. M., s�enza peraltro svilupparla, secondo la quale, in linea di principio, controversia tributaria, ai sensi del citato art. 8, � solo quella in cui nel soggetto passivo del rapporto in contestazione confluisca la duplice qualit� di debitore di imposta e di responsabile per il pagamento di essa, e non quella in cui tale soggetto, come sarebbe nella specie, rivesta solo la seconda qualit�. N � la lettera n� la ratio della norma ne giustificano questa interpretazione restrittiva: non la prima, poich� il generico rilerimento alle � controversie giudiziali riguardanti le tasse e sovratasse � -per ripetere testualmente le espressioni adottate dal legislatore -non contiene nessun .indizio da cui si possa desumere che si sia voluto assegnare rilevanza alla distinzione fra debito e responsabilit� nel rapporto tributario per escludere dall'ambito di quelle controversie le liti riguardanti i soggetti responsabili per altrui debiti di imposta; non la seconda, perch�, in conformit� di quanto ritenuto da questa Corte Suprema, in altra occasione (sentenza n. 1704 del 4 (luglio 1962), devesi affermare che la norma ha il suo fondamento nella specifica procedura che si instaura presso l'amministrazione quando un ufficio di questa provveda a . ~a liquidazione di imposta; siffatta proc�edura comporta un collegamento territoriale fra l'amministrazione finanziaria e l'Avvocatura dello Stato che giustifica il collegarsi al medesimo luogo pure del foro erariale: questa ragione non fa conto alcuno della situazione del soggetto passivo del rapporto tributario e ricorre, quindi, anche se questi � solo responsabile del debito di imposta e non anche esso �stesso debitore. In applicazione del citato art. 8, competente a decidere la controversie in esame risulta essere il Tribunale di Catanzaro. -(Omissis). 1488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 11 ottobre 1971, n. 2829 -Pres. Stella Richter -Est. Mirabelli -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin) c. Coop. Proprietari Lavandai. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Commissioni tributarie -Competenza -Sezione speciale per l'imposta di negoziazione della Commissione provinciale -Competenza per la sola valutazione -Decisione su questioni-di diritto -Ricorso alla Commissione Centrale -Inammissibilit�. La sezione speciale per l'imposta di negoziazione detia Commissione provinciale � competente a decidetre soltanto questioni di valutazione; se peraltro essa decide su questioni di diritto, ta relativa decisione non � impugnabile innanzi aita Commissione CentJrale, e div~ta inoppugnabile se ccmtro di �ssa non viene proposto ricorso per Cassazione o azione ordinaria (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione' degli artt. 9, 10 e 17 del r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975, degli artt. 1 e 4 del d.1.1. 25 maggio 1945, n. 301, e �dell'art. 27 della 1. 6 agosto 1954, n. �603, a sensi del( 1) � stato ormai chiarito che la �sezione .speciale per la imposta di negoziazione della Commissione provinciale � sotto ogni profilo una Commissione per la 'valutazione ohe pronuncia in seconda istanza decisioni definitive .soggette soltanto a ricorso per Cassazione e all'impugnazione di legittimit� innanzi al Tribunale per difetto di calcolo e errore di apprezza~ ento (Cass. 25 maggio 1971, n. 1537, in questa Rassegna, 1971, I, la93 che ha anche chiarito che il ricorso, .inammissibile alla Commissione Centrale non pu� essere utile nemmeno per salvare il termine); numerosissime sono poi le decisioni che escludono in ogni caso che la Commissione Centrale possa essere adita in terza istanza, anche se solo per questioni di vizi del procedimento o di competenza della Commissione (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 497). Deve rilevarsi una imprecisione nella decisione in Rarsegna ove si afferma che l'incompetenza della decisione che abbia pronunciato su questioni di diritto pu� essere dedotta, oltre che con ricorso per Cassazione, �con ricorso ordinario davanti l'Autorit� Giudiziaria�. Se con ci� si intende riferirsi all'impugnazione ex art. 29 terzo comma del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, bisogna rilevare che in quella sede non pu� essere denunciata l'incompetenza della Commissione (Cass. Sez. Un. 20 luglio 1971, n. 2364, in �questo fascicolo pag. 1439); se invece, come sembra pi� ragionevole, si � inteso far riferimento all'azione ordinaria proposta in via autonoma (e non in grado di impugnazione) � necessario �rilevare che tale azione pu� essere bensl proposta per far decidere nel merito la questione di diritto (mentre non pu� esserlo, ovviamente, per la parte che concerne la valutazione), ma non mai per far dichiarare l'incompetenza � della Commissione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1489 l'art. 111 della Costituzione e dell'art. 360, nn. �2 e 3, cod. proc. civ., deducendo �Che la Sezione speciale imposte di negoziazione dell~ Commissione Provinciale delle Imposte, di cui all'art. 1 del d.1.1. 25 maggio 1945, n. 301, l:a cui �competenza � stata mantenuta ferma dalla 1. 6 agosto 1954, n. 603, � un organo giurisdizionale al quale � stata attribuita la specifica competenza a decidere; in via esclusiva e definitiva, le �controversie relative alla determinazione del valore dei titoli, e non anche quella di decidere su questioni attinenti alla tassabilit� dei medesimi, e che quindi, poich� nel caso in esame � incontestabile che :la questione risolta riguardava la tassabilit� e non la va~utazione, � indubbio che la Sezione speciale abbia giudicato su materia sottratta alla sua competenza; ma �che, per�, per la natura definitiva delle decisioni di tale Sezione deve essere ritenuto che �sia da escludere l'impugnabilit� delle decisioni della stessa alla Commissione Centrale. L'Amministrazione ricorrente sostiene, quindi, che ila Commissione Centrale, prendendo in 'esame il ricorso avverso la decisione deUa Sezione speciale della Commissione provinciale ha giudicato fuori dell'ambito della sua competenza giurisdizionale, ,e chiede che la decisione di questa 1sia cassata senza rinvio, petch� emessa da organo carente di giurisdizione; la Commissione Centrale sarebbe stata competente, in- L'azione ordinaria, infatti, pu� essere esperita per riproporre ex novo ed in via autonoma una questione di diritto comunque decisa da una commissione ('cQmpetente e non), ma non per denunciare i vizi del procedimento, fra i quali va ricompresa l'incompetenza, innanzi alle Commissioni. Ne consegue che il Giudice ordinario decide �definitivamente nel merito la questione di diritto sulla quale ha la giurisdizione e ci� esclude assolutamente che possa tornarsi innanzi alle Commissioni; ulteriore conseguenza � che se la questione di diritto decisa dalla Commissione di valutazione � pregiudiziale alla valutazione, essa non pu� essere utilmente portata alla cognizione del giudice ordinario che non potrebbe mai conoscere della valutazione, se adito in via autonoma, e non potrebbe spaziare oltre i limiti del difetto di calcolo e dell'errore di apprezzamento se adito in grado di impugnazione (sent. 20 luglio 1971, n. 2364 gi� citata). Riassumendo quindi si deve ritenere che allorch� la -Commissione provinciale di valutazione abbia deciso senza essere competente una questione di diritto, il solo rimedio esperibile � il ricorso per Cassazione; ove questo non sia stato interposto, pu� essere adito il Tribunale con azione autonoma soltanto se l� questione di. diritto sia separabile da quella di valutazione si che possa essere decisa definitivamente nel merito dal giudice ordinario; se invece la questione di diritto � pregiudiziale alla valutazione e in essa si assorbe non � pi� deducibile innanzi all'A.G.D. n� in via autonoma, perch� .sarebbe impossibile (oltre che inutile) decidere una questione pregiudiziale lasciando invariata la decisione conclusiva di valutazione n� in via di impugnazione ex art. 29 terzo comma, perch� in �questa sede non potrebbe denunciarsi n� l'incompetenza della Commissione n, la violazione di legge. Sull'argomento v. anche Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 515 e segg., 539. 1490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fatti, solo se il ricorso della contribuente fosse stato deciso in primo grado dalla sezione diritto della Commissione provinciale delle imposte di Milano. Il ricorso dell'Amministrazione � fondato. La questione � stata gi� ripetutamente risolta nel senso sostenuto dall'Amministrazione ricorrente da queste Sezioni Unite (sentt. 18 ottobre 1961, n. 2225; 3 maggio 1962, n. 858; 26 febbraio 1963, n. 471; 12 luglio 1966, n. 1848), le quali hanno dedotto dalla definitivit� delle decisioni della Sezione speciale la preclusione del ricorso alla Commissione Centrale; e tale preclusione sussiste anche quando la Sezione speciale, anzich� decidere su questione di sua competenza e .in grado di appello sulla valutazione del Comitato Agenti di cambio, a sensi delle norme suindicate, abbia deciso, in primo grado, una questione di diritto, giacch� l'avere valicato i limiti delle proprie attribm;joni costituisce un vizio che potrebbe essere fatto valere con la 'proposizione di ricorso ordinario din�nzi all'autorit� giudiziaria o di ricorso di legittimit�, a sensi �dell'art. 111 della Costituzione, ma che non pu� formare oggetto di ricOO'so alla Commissione Centrale. Ad inficiare tale conclusione non sono sufficienti le argomentazioni addotte dalla Cpoperativa resistente. N�, infatti, pu� essere accolta' la tesi della non impugnabilit� delle decisioni delle Commissioni tributarie a sensi dell'art. 111 della Costituzione,� eh~ contrasta con i principi costantemente affermati da questa Corte; n� pu� darsi rilevanza all'osservazione che, una volta riconosciuto che il contenuto della decisione consista nella soJ.uzione di una questione di ,diritto si debba ammetterne �1a ricorribilit� alla Commissione Centrale, in quanto la competenza giurisdizionale di questa � esclusa nei confronti di pronunce cui la legge attribuisce il carattere della definitivit�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 ottobre 1971, n. 2847 -Pres. Caporaso -Est. Pascasio -P. M. Gentile (conf.). -Mini!?tero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Snia Viscosa (avv. Andrioli). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Ricorso alla Commissione Centrale -Motivazione -Esposizione del fatto -Necessit�. Il ricorso alla Commissione Centrale � un gravame limitato ad ipotesi dalla legge tassativamente previste, che si concreta in un iudicium rescindens il cui oggetto � costituito dal riscontro di e1�rori tf:pi.ci; conseguentemente il ricorso alla Commissione Centrale deve contenere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1491 ' a pena di nuitit� l'esposizione del fatto che ha funzione di necessario presupposto per l'esame delle questioni di diritto e deila logicit� della motivazione (1). (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 38, 45, 46, 47 e 48 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 in relazione all'art. 156 c.p.c., �sostiene che l'esposizione dei fatti nel ricorso proposto .all~ Commissione centrale delle imposte non � prescritta a pena di inammissibilit� e che questa non pu� essere dichiarata se come nel caso si sarebbe verificato -i motivi dedotti �consentano di individuare i vizi di attivit� e �di giudizio denunciati. La censura non � fondata. Infatti, l'art. 46 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 �statuisce che, nei casi ammessi dalla legge, debbono, nei ricorsi alla Commissione centrale, essere esposti i fatti, l~ questioni ed i capi della decisione impugnata, indicando gli articoli di legge o di regolamento che si affermano violati o erroneamente applicati. La norma va coordin�ta con quella del .precedente art. 11:5, secondo la quale il contribuente o l'Ufficio possono ricorrere alla Commissione centrale nei casi ammessi dalle singole leggi di imposta �; e con l'articolo 48, ottavo comma, secondo il quale � quando la Commissione centrale rinvia una controversia alla Commissione provinciale per nuovo giudizio, questo deve essere emesso da una sezione competente, diversa .da quella che ha adottata la decisione annullata�. Dal coordinamento di queste disposizioni, nel loro rapporto (al pari delle altre che �disciplinano il processo .innanzi le commissioni tributarie) di legge speciale rispetto alla legge generale, costituita dagli articoli del codice di .procedura civile che disciplinano il processo ordinario, si trae che il ricorso alla Commissione centrale delle imposte � strutturato non gi� come un gravame illimitato, bensl come un gravame limitato ad ipotesi dalla legge tassativamente .previste, con procedimento nettamente configurato come iudicium rescinde'Tl!S il cui oggetto � fornito dal riscontro di alcuni errori tipici che, a loro volta, debbono essere specificati, a! fine di sollecitare dalla CQmmissione quella renovatio istantiae ch'essa ha facolt� �di rimettere ad altra sezione della Commissione provinciale che ha giudicato. (1) Sulla motivazione dei ricorsi alle Commissioni v. Relazione Avv. Stato 1966-1970, II, 502 e segg.; mentre si ritiene �sufficiente una motivazione assai succinta per i ricorsi alle Commissioni distrettuale e provinciale, notevole � invece il rigore che si richiede per la motivazione dei ricorsi alla Centrale. Meno ricca � la giurisprudenza sulla pi� ristretta ipotesi in cui il difetto di motivazione concerne l'esposizione del fatto. 1492 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Consegue che la Commissione Centrale eome gi� altra volta questa Corte Suprema ha puntualizzato (Sez. Un., sent. 20 febbraio 1969, n. 565) � competente a conoscere: a) delle questioni di diritto; b) delle questioni di fatto che, connesse con le questioni di diritto, costituiscono presupposti strumentali indispensabili per l'applicazione della legge; e) dei _vizi logiei che infirmano la motivazione in fatto della decisione impugnata. L'esposizione del fatto ha dunque la sua funzione di necessario p:�esupposto rispetto alle questioni di diritto o di strumento di controllo della logicit� della motivazione, per cui costituisce requisito essenziale la cui mancanza, pur non essendo specificamente sanzionata dalla legge speciale, trova, tuttavia, la sua sanzione nel regime delle nullit� ed � in quello delle impugnazioni regolato dal codice di procedura civile, il quale, in relazione alla natura dell'atto di cui la ilegge prescrive obbligatoriamente il cont~uto, statuisce la nullit� quando esso manca dei requisiti formali per il raggiungimento del suo scopo (art. 156, secondo comma, c.p.c.). E la nullit� � causa prevista di inammissibilit� del gravame mquanto lo stesso rapporto processuale che si sarebbe dovuto costiiuire per effetto della dichiarazione di impugnazione, � :in realt� insussistente (artt. 360, n. 4, 398 c.p.c., 201, 8� comma c.p.c. cfr. sent. 644 del 1957 di questa Corte). Vero � che, secondo quanto ebbe a rilevarsi nella sentenza citata, la norma del citato 1:/-rt. 46 cosi precisata nell'oggetto, nella sanzione, nell'intrinseca sua natura, deve di certo esseve intevpretata con criterio funziO!Ilale, nel senso che l'esposizione �del fatto, delle questioni e dei capi della decisiooe contestata e la indicazione degli articoli di legge o di regolamento che si affermano violati o erroneamente applicati de~bono ritenett"Si necessarie per la individuazione del cosiddetto � merito dell'impugnazione �. Ma il fatto deve essere esposto e �gli articoli di legge che si assumono violati debbono essere ID.dicati come componenti di questioni concrete, atte ad identificare il principio di diritto applicabile alla fattispecie in esame. .Tali concrete questioni non �sono affatto poste dal ricorso proposto dall'Amministrazione alla Commissione centrale. � Quanto alla lett. a) �concernente gli interessi sui conti correnti di corrispondenza, manca ogni riferimento all� fattispecie, n� la semplice indicazione dell'art. 85 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 appare sufficiente sia alla enlinciazione della questione che si vorrebbe sollevare, sia alla idenrtificazio:ne del principio di diritto che si pretenderebbe fosse applicato; quanto alla lett. b), l'Ufficio denuncia l'eccessivit� di una detrazione ai sen�si dell'art. 84 del citato t.u. senza neppure indicare a quale provento essa sia riferita: analoghe deficienze si rilevano nelle lettere e), d) ed e) in relazione alla conversione di obbligazioni in a.zioni; .. per realizzo di riserve e per spese di gestioni di immobili senza precisare PARTE I, SEZ. V, GIURISPR1JDENZA TRIBUTARIA 1493 i presupposti di fatto, le questioni ed i vizi della pronuncia gravata. N� ad integrare tali gravi deficienze potevano valere successive deduzioni, presentate dalla Amministrazione ben oltre il termine stabilito per riconere. Consegue che esattamente la Commissione centrale ,ebbe a dichiarare l'inammissibilit� del ricorso, per cui il presente gravame deve essere rigettato siccome infondato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZ�ONE, Sez. Un. 4 dicembre 1971, n. 3521 -Pres. Scarpello -Est. Berri -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delfo Finanze (avv. .Stato Albi:Sinni) c. Banca Nazionale dell'Agricoltura (avv. Aleandri, Pepe, Visentini, Micheli). Imposta di ricchezza mobile. -Societ� ed enti tassabili in base a bilancio -Interessi passivi -Deducibilit� � -Criterio di proporzionalit� -Presunzione -� relativa e non assoluta. (1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 23; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 110). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� inerenti alla porzione del reddito -Pagamento da parte dei soggetti tassabili in base a bilancio, delle aziende ed istituti di credito, dell'imposta di R. M., Cat. A, sugli interessi corrisposti ai reddituari e rinuncia �ll'esercizio dell'azione di rivalsa -Non � perdita -� spesa -Inerenza alla produzione del reddito -Non sussiste. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91, 99 e 127). L'art. 23, secondo coma, della l. 5 gennaio 1956, n. 1 (riprodotto nell'art. 110 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) pone, per l'esigenza di sempLificare l'accertqmento, una presunzione basata su cl.i un criterio di proporzionaUt�, secondo ii quale gli interess:i passivi corrisposti dalle Societ� ed Entii tassabili in base a bilancio smw deducibili dal red�ito di R.M. -Cat. B -per la parte corrispondente at rapporto tra l'ammcmtare dei ricavi lordi, che entrano a comporre it re�dito assoggevtabtile all'imposta di R.M., e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi lordi �eil contribuente. Tale presunzione n01J1, � assoluba, sibbene relativa. Se il c'l"iterio adottato, infatti, ha la sua region d'essere nella difficolt� �i operare la relativa distinzione, quando la difficolt� mamca, la norma non pu� espLicare efficacia. La presunzione, pertanto, non ha ragione di esistere allo'l'ch� vi � un obbligo all'acquisto e al possesso del cespite esentt? (b.t.o.) costituente cauzione (1). (1-2) Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza in rassegna �e con altre due portanti la stessa data (nn. 3522 e 3523, rese su ricorsi proposti da:\fa Banca Popolare di Teramo e di Citt� Sant'Angelo 1494 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il pagamento deU'imposta di ricchezza mobile di Categoria A, effettuato dagli Istituti di Credito (sostituti di imposta) in Luogo dei Loro depositalnti (soggetti passivi di imposta) e per il qua>le i detti Istituti non esercitino la rivalsa ammessa daLl'art. 121 t.u. n. 645 dei 1958, non costituisce perdita. a.i sensi deil'art. 99 del detto t.u. Detto pagamento costituisce spesa in cons.iderazione del fatto che sui piano economico � indubbio che il pagamento di somma, pur a titolo di imposta. altrui, costituisce sempre una spesa riduttiva del capitale circolante di esercizio della banca. La quaiifica di perdita, attinente peroltro a.l conto patrimoniale pi� che al conto di gestione, potrebbe trarre attendibilit� dalla distinzione del momento di paga.mento della imposta da.l momento, successivo, d.i rinuncia all'esercizio del diritto al suo recupero nei confronti dei depositanti, effettivi debitori: ma tale distinzione appare fittizia, perch� il pagamento della imposta avv~ene col corntestuale intendimento od impegno deita. Banca (verso i clienti dep031,tanti) di non operare il recupero; qui trova fondamento la gid �fatta asserzione che si � in presenza di due momenti da ricondurre a.d u,nit�, perch� finaUsticamente coll.egati. La spesa, che gli Istituti di Credito� sostengono effettuando il paga.mento della imposta di R.M., Cat. A, sugli interessi corrisposti a.i depositanti seinza esercitare la rivalsa, non � inerente alla produzione del reddito, trattandosi di spesa volontaria che non ha aLcun nesso di causalit� diretta con la produzione del reddito stesso. La ragione unica del sorgere e del permanere di detta spesa, come posta passiva dei bilancio, � la rinuncia deila Banca. a. recuperarla dai depositanti, per ccm.to de.i quaLi, a. titolo di loro� imposta personale, � stata. corrisposta da.ila Bansa stessa all'era.rio. La volontariet� contro l'Amministrazione delle Finanze dello Stato per l'annullamento di due sentenze della Corte di ~pello de L'Aquila), si sono nuovamente occupate, confermando e ulteriormente precisando il proprio precedente giudizio (Sez. Un. 12 gennaio 1967, n. 125, in questa Rassegna, 1967, I, 644 e segg.). della questione della detraibilit� o meno, dal reddito di impresa dei soggetti tassabili in base a bilancio e delle aziende ed Istituto di credito, delle somme, pagate per imposta di R.M. -Cat. A, sugli interessi e premi dovuti e per le quali non venga esercitata la rivalsa sui reddituari (art. 127 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). Dopo la citata sentenza delle Sez. Un. n. 125 del 1967, si riteneva che la questione fosse oramai definitivamente risolta. Senonch� prima la Com missione Provinciale delle Imposte di Novara e poi la Commissione Cen trale, quest'ultima giudicando a Sezioni Unite sul Ticorso proposto dall'Uf ficio delle Imposte avverso la decisione della detta Commissione Provinciale, (in questa Rassegna, 1969, I, 926 e segg., con nota della Redazione), avevano ritenuto di potersi discostare dall'insegnamento della Corte Suprema. La decisione della Commissione Centrale a Sezioni Unite fu dichiarata giuridicamente inesistente dalla Corte di Cassazione, con la Sent. Sez. Un. 9 ottobre 1969, n. 3235 (in questa Rassegna, loc. dt.), per la irregolare composizione del Collegio giudicante. Rinviata, quindi, il.a controversia, per PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149.5 deila rinuncia non � esclusa dalle disposizioni contenute negli artt. 32, 35 e 87 del r.d. 12 marzo 1936, n. 375, e 2 d.l.C.P.S. 17 lugiio 1947, n. 591, relativi alla disciplina del cartelLo bancario, n� dalla esistenza di accordi interbancari o da convenzioni intervenute, nella fO'l'ma pi� varia, tJra le banche e i depositanti, cio� da strumenti �e.n'aut.onomia negoziale, che, ancorch� leciti, non possono modificare le no-rme imperative che attuano la ripartizione dell'imposta di r.m. tra i vari soggetti. Anche, se le Banche sono vincolate a determinati tassi dii interessi passivi coitegati con la funzione del reperimento del risparmio, � vano ricercare in tutta la disciplina ora richiama1Ja una dispos.izione, avente il valore di legge sostanziale, che imponga <ti non esercitare la rivalsa prevista dail'art. 127 del t.u. n. 645 del 1958. (Omissis). -In sede di definizione bonaria del reddiito netto di R.M. cat. B, iper l'esercizio�� finanziario 1956 la societ� p. az. Banca Nazionale del:l'Agricoltura contest� la tassabilit� di L. 558.680.271, quale imposta di cat. A sugli interessi passivi e di L. 11.225.336, quale imposta sulle societ�; e contest� inoltre l'inclusione, tra i ricavi esenti che concorrono alla ripartizione degli interessi passivi, a 1I1orma dell'art. 23 della legge 25 gennaio 1956, n. 1, degli interessi attivi sui Buoni del Tesoro ol'dinari depositati a norma �di legge presso la Banca d'Italia a garanzia del rapporto tra patrimonio e massa fiduciaria. Per la decisione in ordine alle riserve venne adita la Commissione distrettuale di Roma che, accogliendo .parzialmente il reclamo, ammise in detrazione l'imposta �di.categoria A �e l'imposta sulle societ�. nuovo giudizio, alla Commissione Centrale, non risulta che questa abbia su di essa nuovamente deciso. * Frattanto, la stessa Commissione Centrale, con numerose decisioni a Sezioni Semplici, tutte impugnate con ricorso in Cassazione o con azione giudiziaria innanzi ai competenti Tribunali, sulla scia della decisione numero 99776 del 2 dicembre 1968 (in questa Rassegna, 1969, I, 947), resa a Sezioni Umte e dichiarata -come si � detto -giuridicamente inesistente dalla Corte di Cassazione, ha continuato ad affermare la detraibilit� dal reddito di R.M. -Cat. B, delle aziende ed Istituti di Credito, delle sopraindicate somme pagate per R.M. -Cat. A, sugli interessi dovuti e per le quali non venga esercitata la rivalsa. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza in rassegna e le altre due indicate, del tutto analoghe al:la prima nella motivazione, ha riconfermato il proprio orientamento giurisprudenziale, iniziatosi con la sentenza della Cassazione Romana 24 febbraio 1902 (in Foro It., 1902, I, col. 759) e rimasto immutato nelle �successive sentenze Sez. I, n. 3672 del 24 novembre 1927 (in Riv. leg. fisc., 1928, 241), Sez. I, n. 1115 del 7 maggio 1963 (in Giur. It., 1964, I, 1, col. 822) e Sez. Un. n. 125 del 12 gennaio 1967, gi� citata, orientamento secondo il quale le somme pagate per R.M. - Cat. A, sugli interessi dovuti e per le quali non venga esercitata la rivalsa 17 1496 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Su appello dell'Ufficio e della societ�, la Commissione provinciale di 'Roma in data 20 aprile 1964 in parziale riforma della dec~one di primo grado dichiar� indetraibile l'imposta sulle societ~, ma dichiar� la detraibilit� della imposta di r.m. cat: A corrisposta rogli interessi passivi, nonch� la detraibilit� degli interessi 'sui buoni del teso:ro ordinari. L'Ufficio delle Imposte propose ricorso alla Commissione Centrale, denunziando la violazione degli artt. 32 del t.u. 24 agosto 1877 e 23 della legge 5 gennaio 1956, n. 1. La Commissione Centrale, con decisione del 21 gennaio 1966, numero 80757, Sez. I, in parziale accoglimento del ricorso dell'Ufficio�, ha a:nnu~lato la decisione impugnata per la parte relativa alla dichiarazione di detraibilit� �delle somme per imposta di r.m. cat. A, sugli interessi passivi corrisposti ai depositanti, �Confermandola nel resto. Avverso la decisione ha proposto ricorso l'Amnrlinistrazione Finanziaria. Resiste con controricorso la Banca Nazionale �della Agricoltura che ha proposto ricorso incidentale. Le parti hanno presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE I due ricorsi devono essere riuniti sotto il numero di ruolo pi� antico n. 2649 del 1966. Con l'unico motivo del ricorso principale 1'Amministrazione delle finanze dello Stato ha denunciato violazione e fa:lsa applicazione dell'art. 23 della legge 5 .gennaio 1956, n. 1, in relazione ai principi ed non costituiscono spesa inerente alla produzione del il'eddito soggetto alla imposta di R.M. -Cat. B, e non 'Sono, perci�, detraibili da tale reddito. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con ile dette sentenze nn. 3521, 3522 e e 3523, hanno, peraltro, escluso che la posta passiva di ..,. bilancio, rappresentata dal pagamento di imposta altrui, per la quale poi non si eserciti la rivalsa, costituisca una perdita, ai sensi dell'art. 99 del :t.u. del 1958, considerando: � ..... sul piano economi�o � indubbio che il pagamento di somma, pur a titolo di imposta altrui, costituisce sempre una spesa riduttiva del capitale circolante di esercizio della banca. La qualifica di perdita, attinente peraltro al conto patrimoniale pi� che al conto di gestione, potrebbe trarre attendibilit� dalla distinzione del momento di pagamento dell'imposta dal momf!nto, successivo, di rinuncia all'asercizio del diritto del suo recupero nei confronti dei depositanti, effettivi debitori; ma tale distinzione appare fittizia, perch� il pagamento d'imposta avviene col contestuale intendimento od impegno della Banca (verso i clienti depositanti) di non operare il recupero; qui trova fondamento la gi� fatta asserzione che si � in presenza di due mom�nti da ricondur'l'e ad unit�, perch� finatisticamente collegati �. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1497 alle norme giuridiche in terna di interpretazione della legge (art. 12 delle disposizioni �sulla legge generale); omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, ai sensi e per gU effetti dell'art. 360, nn. 3 e 5 ood. proc. civ.. Assume l'amministrazione ricorrente �che, mettendo a raffronto con le precedenti norme abrogate (articoU 31 e 32 legge organica di r.m. del 24 agosto 1877, n. 4021, art. 55 del relativo regolamento 11 luglio 1907, n. 560 e art. 15 della legge 8 giugno 1931, n. 1231) quella vigente dell'art. 23, secondo comma, della legge 5 g.ennaio 1956, n. 1, se ne dovrebbe dedurre che questa ultima disposizione avrebbe introdotto un �criterio di ripartizione, fondato su una presunziqne assoluta di proporzionalit�, degli interessi passivi tra redditi soggetti all'imposta di r.m. cat. B, crediti esenti e proventi non soggetti alla detta imposta. Precisa l'Amministrazione finanziaria che trattandosi ~i presunzione � jurls ed de jure � �dovrebbE)Si ritenere che fosse impedita ~ll'dnterprete qualsiasi deroga al nuovo criterio della proporzionalit� introdotta dalla norma. Ne darebbero valida conferma le fonti parlamentari (relazione della quarta Commissione permanente della Camera dei Deputati e relazione ministeriale). Osservano le Sezioni Unite che il motivo di l.'icorso non � fondato e che, per conseguenza, deve essere rigettato. La Commissione centrale ha fatto retta applicazione del citato art. 23 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (riprodotto nella sostanza nell'art. 110 del t.u. imposte dirette del 1958, n. 645). Le Sezioni Unite h�nno cos� definito e chiuso quell'argomento introdotto con la sentenza n. 1115 del 7 maggio 1963 (v. in questa Rassegna, 1969, I, pag. 932, Nota della Redazione) della I Sez. del.fa Corte di Cassazione, la quale, dandosi carieo di �esaminare un altro profilo della questione, aveva affermato: �Se, poi, le Aziende e gli Istituti non esercitano tale diritto, il pagamento dell'imposta si risolve in un onere di esercizio qualificabile come perdita. Ora, mentre per le spese inerenti alla produzione del reddito, l'indagine diretta ad accertare tale inerenza, richiesta dalla legge come condizion necessaria per la loro detraibilit� dal reddito medesimo, si esaurisce di fronte alla constatazione dell'esistenza del rapporto di causalit� economica fra le spese e il reddito, per la perdita dovuta alla rinuncia al diritto di ottenere �n soddisfacimento di un credito, tale indagine si estende alla ricerca della volontariet� o meno della rinuncia, in quanto la somma di danaro, nella quale si sostanzia la perdita; � detraibile dal reddito soltanto nel caso che la rinuncia sia imposta da cause del tutto estranee alla volont� del creditore �. Le Sezioni Unite, infine, hanno risolto un'altra questione, che era stata aperta dalla sentenza della Sez. I, 23 aprile 1969, n. 1291 (cfr. Nota della Redazione, in questa Rassegna, 1969, I, pag. 958 e segg,). Con .tale sentenza la Corte di Cassazione aveva annullato la decisione della Commissione Centale delle Imposte del 23 giugno 1965, resa su rinvio disposto dalla stessa 1498 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La norma stabilisce che nei confronti delle societ� .gli interessi passivi sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi lordi, che entrano a comporre il reddito assoggettabile all'imposta di r.m., e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi lordi del contribuente. Quando, poi, siano incluse nei ricavi lordi, accanto alle entrate soggette all'imposta di r.m., anche entrate non sottoposte a tributo (tipico � il caso degli interessi attivi derivanti dai b.t.o., esenti per legge dall'imposta mobiliare), allora gli interessi passivi dovuti dal contribuente, in dipendenza di finanziamenti ottenuti dalla banca, possono essere detratti nella iproporzione sussistente tra l'amm001tare degli introiti lordi, riferentisi al reddito tassabile e l'ammontare complessivo, comprendente. anche le entrate esenti dall'imposta (cfr. secondo comma del citato art. 23). In questo modo la legge, per l'esigenza di semplificare l'ac.certamento, pone Un.a pre:Sunzione, basata sul richiamato criterio di proporzionalit�. Peraltro tale presunzione non � assoluta, sibbene relativa. Se il criterio adottato ha �a sua ragione d'essere nella difficolt� di operare la -relativa distinzione, � chiaro che qualtl.do la difficolt� manca, la norma non pu� esplicare efficacia. La presunzione pertanto, non ha ragion.e di esistere alJorch�, come nel caso, vi � un obbligo all'acquisto e al possesso del cespite esente (b.t.o.), costituente cauzione. Esattamente, quindi, la Commissione centrale ha rilevato che in tal caso � nulla vi � da presumere, in quanto il suo acquisto si concreta nell'adempimento di un obbligo di legge e, quindi, � nella stessa legge la prova che il capitale all'uopo investito non � servito a produrre un cespite tassabile �. Corte con la sentenza n. 1115 del 7 maggio 1963, osservando che la Commissione Centrale aveva trascurato di prendere in esame il fatto decisivo, dedotto dalla Banca .iJn memoria e concretantesi nella incidenza che sulla volontariet� o meno della rinunzia potevano avere le disposizioni contenute nel ir.d.1. 12 marzo 1936, n. 375, convertito nella legge 7 marzo 1938, n. 141 (artt. 32, 35 e 87). Commentando, nella richiamata nota redazionale, la indicata sentenza della Corte di Cassazione n. 1291 del 1969, si � 1rilevato che tale sentenza si era ispirata ad. un eccessivo :rigorismo formale, in considerazione che, dato anche che sussistesse, nella decisione della Commissione Centrale, il difetto di motivazione attinente all'omesso esame che sulla volontarit� della rinuncia potessero avere le citate disposizioni della Legge Bancaria, poteva la stessa Corte, trattandosi di questione afferente alla interpretazione di norme di diritto e che non implicava, quindi, accertamenti e valutazioni di merito, integrare la motivazione, ai sensi �e in appUcazione dell'art. 384 c.p.c. Tale rilievo ha trovato integrale accoglimento nelle sentenze ch� si annotano; delle Sezioni Unite, le quali hanno rilevato: �Sulla vo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1499 La ricorrente contesta anche la validit� del richiamo, operato dalla C�missione centrale, alle circolari nn. 350860 e 352040 del 1957, so stenendo. che le circolari st~e si applicano solo ai casi delle cauzioni costituite per l'autorizzazione o il mandato ad emettere assegni circo lari o al caso dell'investimento di titoli azionari, nella misura minima del 60 % del valore dei cespiti per le societ� finanziarie,. iscritte nel l'apposito albo. L'assunto della ricori~nte non � fondato, perch� la ragione delle citate circolari � quella di porre in evidenza la � ratio legis �, che pu� essere individuata nella regola secondo cui, allorch� una norma di legge impone un investimento in titoli di Stato e questi siano costituiti in cauzione, non trova applicazione il disposto del secondo comma dell'art. 23 della citata legge del 1956. I capitali uti lizzati per siffatto scopo non sono stati impiegati dalla banca nella produzione di redditi tassabili. Ne coosegue che il ricorso principale deve essere rigettato.. Occorre ora passare all'esame del motivo di ricorso in�identale della Banca Nazionale dell'Agricoltura. La questione che viene proposta alle Sezioni Unite pu� cosi rias sumersi sulla base dell'enunciaziooe del motivo di ricorso incidentale della Banca: la decisione impugnata ha ritenuto che nella determi naziooe del reddito imponibile ai fini dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile cat. B non siano detraibili le somme che le banche devono all'erario per l'imposta di ricchezza mobile cat. A sugli interessi da esse corrisposti, aventi natura di redditi da capitale, per le quali, per uso o per obbligo contrattuale assunto nei confronti dei depositanti �che percepiscono gli interessi, non esercitano la rivalsa; cosi pronunciando � incorsa nell'omissione dell'esame di un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte per avere ritenuto irrilevante l'esistenza e la prova di detto obbligo della Banca nei confronti dei depolontariet� della rinuncia, invero, non pu� sorgere alcun dubbio proprio tenuto conto di quella legislazione bancaria, che la ricorrente invoca a suo favore, e cio� degli artt. 32, 35 e 87 r.d. 12 marzo 1936, n. 375 e 2 d.l.c.p.s. 17 luglio 1947, n. 591, relativi alla disciplina del cartello bancario. Che il cartello bancario debba essere rispettatOI dagli Istituti di credito � un dato pacifico. Fin dal 1937 i1 Comitato interministeriale per il credito e il risparmio si � pronunciato in tal senso con deliberazioni annualmente prese e pubblicate sul bollettino della Banca d'Italia, a cui � stato attribuito il potere di intervenire affinch� sia mantenuto l'equilibrio fra i diversi set tori in conformit� alle direttive impartite. Pu� senz'altro ammettersi che le banche, pertanto, siano praticamente vincolate a determinati tassi d'interesse passivi collegati con la funzione del reperimento del risparmio, ma vano � ricercare in tutta la disciplina ora richiamata una disposizione, avente il valore di iegge sostanziale, che im ponga di non esercitare la rivalsa prevista dall'art. 127 del T.U. pi� volte richiamato �. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sitanti (violazione art. 360, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.; art. 15 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, ora art. 127 del t.u. delle imposte dirette approvato con d.p. 29 gennaio 1958, n. 64�5; artt. 91, 105 del t.u. delle imposte �dirette e gli articoli ad essi corrispondenti delle norme precedenti; artt. 1322, 1340, 1341, 1342, 1377 e 1374 cod. civ.). La questione � stata definita in �senso contrario al ricorso, cio� conformemente alla decisione impugnata, dalla sentenza 12 gennaio 1~67, n. 125 delle Sezioni Unite, che ha affermato il principio secondo cui il pagamento dell'imposta di ricchezza mobile di �categoria A, effettuato dagli istituti di. credito (sostituti d'imposta) in luogo dei loro depositanti (soggetti passivi di imposta) sugli interessi da questi ultimi percepiti non costituisce n� una spesa, n� una perdita ineren~e alla produzione del reddito di �Categoria B, proprio degli istituti medesimi e non �, quindi, detraibile nella determinazione del reddito stesso, neanche nel caso in cui .glt istituti non esercitano la rivalsa, ammessa dall'art. 127 t.u. n. 645 del 1958, nei confronti dei depositanti. Sussistono anche due sentenze della prima sezione sostanzialmente conformi 'a quella delle Sezioni Unite, nel senso cio� della non detraibilit�, sia pure con motivi parzialmente diversi, e �sono la sentenza 7 maggio 1963 n. 1115 e la sentenza 23 aprile 1969, n. 1291 che vanno considerate collegate in quanto emesse in una stessa vicenda �processuale. Dette due sentenze hanno considerato che il pag.llmento dell'imposta di r.m. cat. A, quando non sia seguito dall'esercizio della rivalsa, si risolve in un onere di esercizio qualificabile come .perdita, e che per.tanto tale perdita sarebbe detraibile dal reddito soltanto nel caso in cui la :rinuncia dipendesse da cause del tutto estranee alla vol�nt� del debitore. Limitandosi cosi al richiamo della giurisprudenza �di questa Corte in materia su �controversie riguardanti la legislazione vigente, giurisprudenza che del resto si pone sulle linee gi� tracciate da due antiche sentenze (24 febbraio 1902, in Foro it. 1902, I, 759 e 24 novembre 1927 n. 3672, in Riv. legisl. fisc. 1928,.241) sulla base della legislazione anteriore in questioni affini, devono le Sezioni Unite stabilire se le ragiOtni ora svolte, con ampiezza di argomentazioni e sostenute da favorevoli contributi dottrinali di notevole ampiezza, siano tali da determinare un mutamento di .giurisprudenza. Il che comporta uin riesame .funditus di tutte le questioni alla� luce delle argomentazioni critiche svolte, sia pure nei limiti di concisione richiesti da una pronuncia giudiziale (articoli 132 n. 4 c.p.c.). L'indagine deve, cio�, stabilire se si sia in �presenza di spesa o passivit� iner~te alla .produzione del reddito (di cat. B) ai sensi dell'art. 91 �del t.u. n. 645 del 1958, come tale detraibile dal reddito lordo, tenuto presente anche l'art. 99 dello stesso t.u. Innanzitutto va precisato �Che una prima incertezza � rilevabile nel ricorso e nelle memorie della Banca, :nella parte relativa a quale dei PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA due distinti momenti (pagamento dell'imposta di cat. A quale sostituto ex lege dei reddituari, mancato esercizio della rivalsa) vada riferito il concetto di spesa o di perdita. Infatti ora ci si sofferma sul pagamento dell'Jmposta di r.m. di.cat. A, ora si fa iperno sulla mancata rivalsa, ed � chiaro �che se i due momenti sono ~enuti distinti, la qualificazione giuridica � ancor pi� difficile. Ri.tengono esatto le Sezioni Unite ricondurre ad unit� i due momenti, prendendo in considerazione il pagamento dell'imposta di r.m. di cat. A sugli interessi dei capitali depositati effettuato dalla Banca quale sostituto d'imposta dei reddituari con l'intendimento di non esercitare la rivalsa verso di essi. L'esattezza .di questa impostazione � fondata sui presupposti di fatto della controversia: la banca, nel suo bilancio, inc:luse tra le poste passive le somme sopraindicate .pagate all'.erario a norma -dell'art. 127, terzo �comma, t.u. n. 645 del 1958; l'Ufficio a norma dell'art. 119, i11 sede di accertament.o dei redtliti di r.m. cat. B, recuper�, ai fini fi.sCali, le predette .somme, ritenendo che la rinuncia per esse al:l'esercizio della facolt� di rivalsa spettante alla banca, a norma dello stesso art. 127, non giustificava la loro detraibilit� dai �ricavi lordi per determinare un minor reddito imponibile fiscale; la banca contest� la legittimit� del recupero assumendo, come � fatto valere nel ricorso, �che l'imputazione al passivo del bilancio della somma pagata per conto dei depositanti e ' a �costoro non richiesta in rivalsa, al fine di concedere ad essi un ulteriore vantaggio economico, � giustificata dal carattere di inerenza della mancata rivalsa alla produzione del reddito di cat. B. ,Tanto premesso, devesi stabilire a questo punto se la posta passiva del bilancio, rappresentata dal pagamento d'imposta altrui costituisca una spesa ovvero una perdita, rispettivamente a norma degli artt. 91 e 99 del t.u. del 1958. Le Sezioni Unite sono per la prima alternativa, conforme del resto alla tesi della ricorrente, in considerazione del fatto che sul piano economico � indubbio che il pag:;i.mento di somma, pur a titolo di imposta altrui, costituisce sempre una spesa riduttiva del capitale circolante di esercizio della banca. La qualifica di perdita, attinente peraltro al conto patrimoniale pi� che al conto di gestione, potrebbe trarre attendibilit� dalla distinzione del momento di pagamento dell'imposta dal momento, successivo, di rinuncia all'esercizio del diritto al suo recupero nei confronti dei depositanti, �effettivi debitori: ma tale distinzione appare fittizia, perch� il pagamento d'imposta avviene col contestuale intendimento od impegno della Banca (verso i clienti depositanti) di non operarne il recupero; qui trova fondamento la gi� fatta asserzione che si � in presenza di due momenti da ricondurre ad unit�, perch� finalisticamente collegati. 1502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Occorre ora stabilire, ai fini della contestata detraibilit�, se trattasi di spesa iner-ente alla produzione del reddito di r.m. di cat. B, :tenendo presente quell'evoluzione del concetto �di inerenza che, come rileva la banca, si � andata affermando dai! 1887 ad oggi. Osservano le Sezioni Unite che la ragione unica del sorgere e permanere di detta spesa, come posta passiva di bilancio, � la rinuncia della banca a recuperarla dai depositanti, per conto dei quali, a titolo di lO'I"o imposta personale, � stata corrisposta dalla banca stessa all'erario; Ora detta rinuncia � da ritenere volontaria. Sulla volontariet� della rinuncia, invero, non pu� sorgere alcun dubbio proprio tenuto conto di quella legislazione bancaria, che la ricorrente invoca a suo favore, e cio� degli articoli 32, 36 e 87 r.d. 12 :rparzo 1936, n. 375 e 2 d.l.c.p.s. 17 luglio 1947, n. 591 relativi alla disciplina del cartello bancario. Che il cartello bancario debba essere rispettato dagli istituti di credito � un dato pacifico. Fin dal 1937 il Comitato intermmisteriale per il credito e il risparmio si � pronunciato in tal senso con deliberazioni annualmente prese e pubblicate sul bollettino della Banca d'Italia, a cui � stato attribuito il potere di intervenire affinch� sia mantenuto l'equilibrio fra i diversi settori in .conformit� alle direttive impartite. Pu� senz'altro ammettersi che le banche, pertanto, siano praticamente vincolate � determinati tassi d'interesse passivi collegati con la funzione del reperimento del ri�sparmio, ma vano � ricercare in tutta la .disciplina ora richiamata una disposizione, avente il valore di legge sostanziale, che imponga di non esercitare la rivalsa prevista dall'articolo 127 del t.u. pi� volte richiamato. Perci� tale comportamento ha carattere volontario ai fini presi qui in considerazione, giacch� pu� affermarsi che la mancata rivalsa � dipendente da accordi interbancari o da convenzioni intervenute nella forma pi� varia, tra le banche e i depositari, cio� da strumenti dell'autono~a negoziale. Ora � certo che gli strumenti, ancorch� leciti, dell'a).ltonomia negoziale non possono modificare le norme imperative che attuano la ripartizione dell'imposta di r.m. tra i vari soggetti. A tale risultato si vorrebbe, invero, pervenire attraverso un'interpretazione estensiva, praticamente illimitata, del concetto di inerenza, assumendo, come si � visto, che la spesa risultante dal pagamento dell'imposta di r.m. cat. A dei sostituiti e la mancata rivalsa su di loro sarebbe inerente alla produzione del reddito di cat. B. Ma noo pu� dirsi inerente alla produzione di un reddito una spesa volontaria che non ha alcun nesso di casualit� diretta con la produzione di esso. Basta considerare che la legge, mentre prevede la possibilit� di rivalsa sui reddituari, ne indica il modo di esercizio attraver-so la ritenuta a Joro carico. Assumere che il volontario non esercizio della ritenuta com PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA porta la possibilit� di far considerare spesa detraibile il pagamento di imposta per conto di terzi, significa modificare i termini della legge e trasferire in definitiva a carico dell'erario, almeno in parte, ci� che pu� per legge essere posto soltanto a carico del �soggetto titolare del capitale i cui interessi sono colpiti da imposta. In tal modo, con l'interpretazione illogicamente estensiva del concetto di inerenza, che sussisterebbe per qualsiasi spesa e qualsiasi passivit� ed esprimerebbe cos� una nozione praticamente. svuotata di contenuto, si perverrebbe al risultato di accollare in buona parte all'erario quell'onere di imposta che per legge deve far carico alla banca, la quale a sua volta �� facoltizzata esclusivamente ad accollarlo al reddi.tuario e non a �scaricarlo, neppure parzialmente, sulle finanze dello Stato. Senza rilevare che altrimenti si altererebbe l'oggettivit� dell'obbligazione mediante il meccanismo della sostituzione e si opererebbe una confusione tra obbligazioni tributarie, che.fanno capo ad un soggetto per fatti propri, e quelle che al medesimo vengono imputate in forza della sostituzione, obbligazioni che, invece, debbono rimanere insensibili o indifferenti. Ben a ragione .quindi la precedente sentenza di queste Sezioni Unite (n. 125 d~l 1967) ha affermato che il rapporto tributario di fronte al fisco resta immutato ed indipendente dal soggetto passivo chiamato a rispondeme, quando l'eventuale diversit� del soggetto stesso non sia idonea a modificare l'intima natura del reddito colpito. Ad infirmare la logicit� delle suesposte considerazioni strettamente giuridiche, come � compito del giudice della legittimi.t�, si � fatto ricorso dalla dottrina e da quella parte di giurisprudenza di merito che � dissenziente da quanto ritenuto da questa Suprema Corte, a nozioni prevalentemente economi�he, dirette a dimostrare la reciproca interdipendenza e influenza� delle �entrate e delle spese, e l'incidenza della mancata rivalsa sqlla riduzione del reddito. Ossei:vano al proposito le Sezioni Unite che al giudice pu� essere domandata una soluzione giuridica ,delle questioni, strettamente aderente, cio�, all'o!l'dinamento ~iuridico vigente e non una soluzione di natura diversa, basata su nozioni esclusivamente tecniche, che, ancorch� in ipotesi giustificate sul piano patrimoniale, sviano dalla retta applicazione della legge. Ma le Sezioni Unite non possono esimersi dal sottolineare, secondo gli opportuni rilievi del Procuratore Generale, che gli orientamenti contrari alla giurisprudenza della Cassazione poggiano �SU argomentazioni assolutamente diverse, tra loro contrastanti in teoria, ancorch� poi sviluppate fino a pervenire al risultato voluto. Questa divergenza di opinioni sul piano economico e tecnico bancario prova lo sf.orzo di superare una legislazione sicuramente univoca, mediante l'individuazione di teorie, senza dubbio apprezzabili per lo sforzo della loro formulazione, ma certamente contrarie alla lettera e allo spirito delle leggi applicabili. 1504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La ,critica alla precedente sentenza delle Sezioni Uni.te si � diretta a quella parte della motivazione in cui � detto che il mancato ricupero dell'imposta pu� avere una sua valida contropartita nella corresponsione di un minor tasso di interessi, nell'eliminaZ'ione di registrazioni inutili e costose; nella facilitazione e conseguente incremento dei depositi e in altri fattori non agevolmente determinabili in marni�era esatta. Si � opposto dalla ricorrente che tale schema logico risponde puntualmente alla nozione �di spesa detraibile, perch� il pagamento dell'imposta, non seguito da rivalsa, � divenuto un mezzo di produzione o di incoc-emento del reddito, che non sfugge alla successiva tassazione in cat. B: di qui la prova dell'errore in cui l'anteriore sentenza sarebbe incorsa negando la detraibilit�. Ritengono le Sezioni Unite che la critica, quantunque acuta, non � foodata, �anche se si vuole omettere di considerare che si tratterebbe in ogni caso di un-m�zzo per incrementare i redditi futuri, non per produrre il reddito a cui la tassazione si riferisce. Basta richiamare il concetto ,di inerenz� cosi come sopra indicato. � detraibile la SResa inerente alla produzione di quel determinato reddito, cio�, si � detto, che � legata ad un nesso causale diretto alla produZione del reddito tassato. Altrimenti o~i spesa, ogni passivit�, ogni perdita di qualsiasi tipo, incidendo direttamente o indirettamente sul reddito, dovrebbe comportare la possibilit� della detrazione. Invece il legislatore, ai fini tributari, ha affermato un concetto di inerenza che ben pu� essere chiamata fiscale, conce~to che, per quanto suscettivo di interpretazione estensiva, � legato a un'espressione letterale e logica che ha un suo preciso significato. L'art. 91 del t.u. n. 645 del 195,8 parla di spese e passivit� � inerenti alla produzione di tale reddito �. ~isogna cio� dare la prova che la spesa sia diretta alla produzione di quel determinato reddito, .prova che nel caso dovrebbe superare la presunzione di legge derivante dal mancato esercizio della rivalsa mediante trattenuta, per dimostrare che tale comportamento � stato strumento necessario per la produzione del reddito di cat. B della Banca. A tutto concedere, n� il .pagamento di un debito d'imposta altrui, n� il mancato guadagno per il non esercizio di una trattenuta in rivalsa, l'uno e l'altro relativi all'imposta di r.m. di cat. A sugli interessi di capitali altrui, appaiono strumenti diretti, come mezzo al fine, a produrre il reddito di r.m. categoria B proprio della banca. Ch� un nesso occasionale possa �esservi � fuori dubbio, giacch�, come la precedente "Sentenza ha rilevato, le banche non agiscono per fini di liberalit�; ma che tale nesso sia riconducibile al concetto di inerenza stabilito dalla legge tributaria � certamente da escludere. Le considerazioni sopra svolte sono sufficienti, .per la loro natura decisiva �ed assorbente, a contrastare validamente il motivo di ricorso PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1505 e a confermare l'impugnata decisione, che � pervenuta all'esatta affermazione della non detraibilit� a titolo di 5pese delle somme non percepite dalle banche quale rivalsa dell'imposta pagata da esse, sostituti di imposta, iper gli interessi sui capitali depositati. Il rigetto dei due ricorsi comporta la �conferma dell'impugnata decisione. ~ (Omissis). I TRIBUNALE DI FIRENZE, Sez. I, 10 novembre 1971, n. 1670 -Pres. Malenotti -Est. Fusaro -Istituto Orto:t>edico Toscano (avv. Baldi Papini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). Imposta di' ricchezza mobile -Redditi acquisiti da ente non avente scopo di lucro -Impiego o destinazione dei redditi per le finalit� istituzionl'l)i dell'ente -Irrilevanza. (art. 2 e 3 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021). Il sorgere del credito per imposta di ricchezza mobile per i redditi conseguiti da un ente non avente scopo dti. lucro non � impedito clatia es?istenza di un dovere t;Legii amministratori di impi,ega.re o di destinare i reddti.ti medesimi per il perseguimento delle finaZit� istituzionali dell'ente (1). .II CORTE D'APPELLO DI FIRENZE, Sez. I, 10 maggio 1971, n. 447 -Pres. Cappellini -Est. Sorge -Spedale della Misericordia di Prato (avv. Miele e Narese) .�c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). Imposta di ricchezza mobile -Reddi~ acquisiti da ente di assistenza e beneficenza -Impiego o destinazione dei redditi per le finalit� istituzionali dell'ente -Irrilevanza. (artt. 2 e 3 del t.u. 24 agosto 1877 e n. 4021). I redditi conseguiti da un ente avente finalit� istitiuzionale di assistenza e beneficienza mediante attivit� di carattere speculativo sono soggetti ad imposta di ricchezza mobile, anche se i redditi ste'ssi sono destinati alle anzidette finalit� non lucrative (2). (l-2) L'impiego e la destinazione dei redditi acquisiti da enti operanti non per scopo di lucro. La sentenza del Tribunale di Firenz�e merita di essere segnalata, perch� porta un interessante contributo chiarificatore nella materia della impo 1506 RASSEGNA DELL'AVVOCATtiRA DELLO STATO� I (Omissis). -La questione prospettata dall'IOT � stata gi� decisa da questo Tribunale con la sentenza n. 197/69 confermata da App. Firenze 10 maggio 1971, n. 447. Dopo approfondito riesame, il collegio,; non pu� che ribadire il proprio convincimento, rigettando la domanda. In sostanza l'I.0.T. deduce due oirdini di argomentazioni: 1) i redditi in cootestazione non sono tassabili, perreh� devono, per legge e per statuto, essere destinati al conseguimento dei fini istituzionali dell'ente; 2) l'intassabilit� degli introiti degli enti ospedalieri deriva dalla legge n. 132 del 1968 (legge ospedaliera). Ebbene, poich� qui si ,discute di un reddito conseguito nell'anno 1958, noo soltanto no~ pu� essere applicata la (posteriore) disciplina invocata, ma neppure il t.u. n. 645 del 1958 entrato irn vigore dal lo gen naio 1960. La materia � regolata dall'art. 2 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, sizione sui redditi-di ricchezza mobile conseguiti dagli enti non aventi scopo di lucro; materia sulla quale la giurisprudenza � a volte pervenuta, negli ultimi anni, a soluzioni poco soddi�sfacenti (in proposito, cfr. la Relazione ' Avv. Stato 1966-1970, Il, par. 165). Il punto centrale della sentenza del Tribunale di Firenze � costituito dall'affermazione secondo cui �le finalit� istituzionali del soggetto sono irrilevanti � agli effetti della qualificazione come ,redditi imponibili degli introiti da questo conseguiti. Affermazione di ind�bbia esattezza, come ap pare evidente ove si tenga conto della profonda diversit� tra ci� che, con una prima approssimazfone, pu� dirsi il dovere generico di un ente pub blico o privato di perseguire le proprie finalit� istituzionali, e, di contro, le obbligazioni in senso proprfo di un soggetto, e cosi ariche dell'ente an-, zidetto, nei confronti di altri soggetti titolari di correlate soggettive situa zioni attive (sui limiti della nozione di obbligazione, tra i molti, cfr. Ro MANO SANTI, Frammenti di un dizionario giuridico, 1953, 91, GxoRGIANNI, voce Obbligazione (Diritto privato), N.mo Digesto Italiano, e inoltre L'obbliga zione, 1951, 29 segg). Per l'ente, �le disposizioni che fissano le finalit� istituzionali dettano essenzialmente una normativa sulla competenza (in .senso lato), operano cio�, almeno in via principale e diretta, �Come norme � strumentali � e non come norme �materiali� (sulla distinzione tra queste due categorie di norme, CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, 1951, 43 seg., Aao, Scienza giuridica e diritto internazionale, 1950, 69 seg., PmAs A., Interesse legittimo e giudizio amministrativo, vol. Il, 1962, 62 seg.): per l'ente quindi, a rigore, non si pu� ritenere sussistente neppure un generico dovere (~nteso come situazione passiva posta da norme materiali) di perseguire gli scopi per esso prefissati. Ovviamente diversa � la situazione relativa agli amministratori dell'ente i quali sono tenuti verso l'ente e non direttamente verso i terzi a prestare una attivit� rivolta al perseguimento delle finalit� istituzionali. Tale essendo il ruolo di dette finalit� per l'ente che le persegue, .� palese come nessuna immediata rilevanza esse possano avere agli effetti della imposizione mobiliare. Infatti, mentre le obbligazioni in, senso proprio PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1507 secondo cui � ogni individuo o en.te morale sia dello stato che straniero � tenuto all'imposta sui redditi della ricchezza mobile che ha� nello Stato�, Dunque l'I.O.T. non pu� invocare alcuna esenzione di natura soggettiva, Cosi sbarazzato il campo dell'indagine dal secondo motivo, non si pu� non rilevare immediatamente �che anche il primo si risolve nella " deduzione di una esenziooe soggettiva, attraverso il tentativo di aggiramento del problema. � innegabile che tutti gU !introiti dell'ente, anche quelli indiscutibfimente di natura speculativa, sono destJinati., per via diretta o indiretta, al conseguime.nto dei filni listituziionaU che ad esso soino propri; ma ci� significherebbe affermare l'esistenza di un"esenzione soggettiva; che invece � esclusa per espressa disposizione di legge. Dunque � chmro che le finalit� istituzionali del soggetto scmo irrilevanti in relazione atl'indagi'!-e. L'obbligo generico di perseguire le proprie finalit� istituzionali e quindi di destinare a quel perseguimento i redditi ccmseguiti, noo elimina n� reddito come posta tassabile, ma pone un preciso limite ed imprime una precisa direzione alla � politica � dell'ente, nel senso che a questo � fatto espresso diVieto di devolvere il reddito verso scopi diversi da quelli istituzionali. Si tratta, insomma, di. una norma str.mentale, che obbliga gli amministratori verso l'ente, ma che non esplica alctln effetto nei rapporti con gli altri soggetti. -(Omlisris). verso altri �soggetti danno luQgo a voci passive del bilancio dell'ente o in genere del sogget~o debitore, e quindi possono essere portate in deduzione ai lf�ni della determinazione dei redditi netti imponibili, il .generico dovere (che, come si � detto, a it'igore non � tale) di operare.per il perseguimento di finalit� istituzionali non lucrative non d� luogo a una voce passiva � gezierale � operalllte nel senso di vanificare i redditi netti, 111.� comunque � l'ilevante per la loro determinazione. E sarebbe palesamente erroneo, dalle norme che indirizzano le attivit� di un ente verso scopi non di lucro, desumere Ullla sol'lta di e g.enerale � sua obbligazione Veil'SO se stesso, e contrapporre questa strana obbligazione, a mo' di voce passiva, alla voce attiva degli introiti netti. Del resto, come ritevato nella sentenza in !l'assegna con.argomento per absurdum, ritenere diversamente condurit'ebbe i!n sostanza all'attil'ibuzione, per via traversa, di una esenzione soggettiva dall'limposizione mobiliare; esenzione non solo non prevJsta ma persino esplicitamente negata dall'articolo 2 del testo unico approvato con r.d. 24 agosto 1~77, n. 4021. La messa a fuoco della diversit� 'tra il cosiddetto dovere di un ente di persegU�il'e "alcune finalit� non lucrative e le obbl!igazioni in senso proprio dell'ente verso altri soggetti � significativa anche in quanto contribuisce ad illumdnare la diversit� tra il dovere di un ente di svolgere una attivit� in modo da-assicurare il pareggio tra introiti e spese (e di riassorbire gli eventuali � avanzi di gestione > per qualsiasi ragione conseguiti), e le vere e propriie obbligazioni di un ente con correlati crediti di altri soggetti. Come � noto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione negli ultimi anni ha omesso dii rileva!l'e tale diversit�, e a �agione di tale omissione 1508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II (Omissis). -Nel merito, la questione da risolvere � se possono essere qualificati come �reddito � ed essere quindi assoggettati all'imposta di ricchezza mobile gli avanzi di gestione cui si riferisce la pretesa tributaria dell'Amministrazione, la cui intassabilit�, �essendo essi relativi all'esercizio 1956-57, non potrebbe �comunque farsi derivare dalla successiva legge ospedaliera del 12 febbraio 1968, n. 132, che, ai fini del trattamento tributario, equipara gli enti ospedalieri ali'Amministrazione dello Stato. --(Omissis). La tesi sostenuta dallo � Spedale � �, da un lato, che tutte le attivit� dalle quali derivarono i proventi in oggetto rientravano tra i fini istituzionali di beneficenza e di assistenza propri dell'ente, si che era da escludere per esse ogni carattere speculativo; e, dall'altro, che per quei proventi esisteva un vincolo legale di destinazione ai� fini istituzionali. � pervenuta ad asserire che H fatto dell~ esistenza di una norma di legge in astratto disponente -secondo il linguaggio di tale giurisprudenza �un vincolo legale di destinazione� degli introiti� netti (dei cosiddetti � avanzi di gestione �) sarebbe di per 'S� sufficiente ad operare come causa impeditiva dell'imposi2'lione, indipendentemente dalla ottemperanza o meno che alla nonna anzidetta sia stata data e' cio� senza neppure verificare se la realt� abbia o meno seguito la previsione legislativa. L'erroneit� di questo orientamento giurispruden2'liale � evidente; invero non � sufficiente osservare che un � avanzo di gestione � non avrebbe dovuto verificarsi, per escludere che esso .si sia in effetti verificato, e neppure per escludere che esso presenti caratteri tali da comportare la qualificazione come redddto imponibile; ,l'obliterare che la norma, di per s�, esprime solo un valore deontologico pu� condurre ai risultati pi� assurdi. La solu2'lione del problema del trattamento tribut.ario dei redditi (o se si preferisce degli � avanzi �) conseguiti, per errore o per qualsiasi altra ragione, da un ente che avrebbe dovuto perseguire il pareggio tra introiti e costi, deve essere reperita -ad avviso di chi scrive -nella distinzione tra obbligazioni in senso proprio sorte a carico dell'ente, e meri doveri di questo in ordine alle proprie attivit� li.stituzionaU. � Cosi, ove una attivit� che avrebbe dovuto essere gestita in pB!l'eggio risulti invece al termine del periodo di imposta per qualsiasi ragione produttiva di un � avanzo � possono verificarsi due diverse situazioni: o l'ente � obbligato nei confronti di �altm soggetti (ad esempio, gli acquirenti dei suoi servizi) a restituire il di pi� dm.debitamente percetto; o invece obbligazioni siffatte non sono sorte, e �rimane solo dl dovere generico dell'ente di ottemperare alle norme che disciplinano la sua azione (e, ad esempio, prevedono la destinazione dell'� avanzo� a questo o quello scopo). Nella prima ipotesi, se cio� si ha la nascita di obbligazioni verso altri soggetti creditori, l'ente pu� indicare nel passivo e portare in detrazione il complesso delle somme costituenti oggetto delle obbldgaziond stesse; e ci� ovviamente ha rilevanza per la determinazione del reddito netto e PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1509 La Corte riconosce che, in teoria, la capacit� ,di produrre un reddito di categoria B si pu� escludere per quelle attivit� dalle quali, per determinazione legislativa, sia vietato trarre un provento superiore alla spesa occorrente per l'esercizio delle stesse. Altrettanto pu� dirsi per i casi in cui, pur �sussistendo tale obbligatoriet� di coincidenza tra costi e ricavi, in concreto vi sia un'eccedenza di questi ultimi che sia obbligatoriamente destinata ad essere riasso.rbita per i fini istituzionali. In tali casi, gli � avanzi di gestione � non possono assumere natura di reddito; si che, mancando il presupposto oggettivo dell'obbligazione d'imposta, vano sarebbe H richiamo dell'Amministrazione al principio dell'autonomia del periodo d'imposta di cui agli artt. 3 e 4 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. Ma quando, ad un Ente che abbia <Scopi istituzionali di assistenza e beneficienza, siano conse:qtite, oltre alle attivit� istituzionali per le quali vi �sia obbligo di coincidenza tra costi e ;ricavi, anche altre atti- quindi ~ella imposizione mobiliare. Nell'altra ipotesi, dnvece, lo �avanzo � che residua deve essere qualificato come reddito imponibile, senza che alcuna rilevanza possa essere riconosciuta alla destinazione successiva (tanto pi� se in altro periodo di imposta) della ricchezza acquisita. La segnalata sentenza della Corte di Appello di Firenze, pure essa favorevole all'A:rnrrui.nistrazdone Finanziaria, � per certi versi emblematica delle distorsioni concettuali provocate dalla pi� recente giurisprudenza, in tema di � avanzi di gestione �. La Cocte ha anch'essa affermato fa non ll'ilevanza delle :finalit� istituzionali dd assistenza e benefioienza . ai fini della imposizione mobiliare dei redditi conseguiti dall'ente. Per� � rimasta, per cos� dire, prigioniera del criticato orientamento giurisdizionale quando ha sentito la necessit� dd configurare, per cosi diire, due � gestioni � separate della attivit� dell'unico ente: la gestione ca;ratterizzata dalla finalit� di assistenza e beneficienza e da un (mitico e in rea:J.t� inesistente) �obbligo di coincidenza tra costi e ricavi ., e quella invece <ritenuta � speculativa �. Per tale via, per�, si finisce con il sostenere che l'ente ha due... anime diverse �e seperate, a seconda dello � scopo � che esso persegue, e che tale diversit� ha ruevanza ai fini della imposizione mobliliare. Cosa questa che non � pl"evista e per ci� stesso � contraddetta dalle disposizioni legislative che desorivono e delimitano la nozione di reddito imponibile. Secondo tali disposizioni, com'� noto, il fatto costitutivo del credito per imposta di ricchezza mobile � la acquisizione da parte di un soggetto e entro un periodo di imposta di entit� (beni o anche crediti) prima non compresi nel suo patrimonio; mentre le circostanze dd fatto nelle quali � avvenuta J.a produzione delle entit� costituenti redditi mobiliari (e, tra �esse, le �scopo� perseguito dal soggetto pel'cettore dei redditi stessi) sono, di regola, non rilevanti ai fini dell'imposizione. � Pel"altro, che il concetto di reddito amponibile comprenda ogni introito anche non derivante da �speculazione� e persino non derivante dall'd?npiego di capitale o di lavoro, � stato espressamente disposto dall'art. 3 del testo unico approvato con r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, ove -alla lettera f 1510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vit� per le quali questo obbligo non sussista (ad es. attivit� a caa:attere industriale commercfale, gestione di una casa �di cura a .pagamento) e sia quindi ammesso un introito superiore alle spese occorrenti per lo svolgimento dell"attivit� medesima, allora queste altre attivit� hanno carattere speculativo e l'eccedenza del rfoavo rispetto al c~to ha carattere di reddito tassabile, anche se obbligatoriamente sia �poi destinata a fini istituzionali (cfr. Cassazione 13 ottobre 1961, n. 2128) in Rass. Avv. Stato, 1962, 3~; Commissiooe Centrale imposte 19 gennaio 1969, n. 94496). Ora, fine istituzionale dello � Spedale Misericordia e Dolce � di Prato � quello di � provvedere... alla cura gratuita (salvo il diritto al rimborso, entro certi limiti, della spesa relativa da parte dell'amministrazi001e comunale) degli infermi poveri... aventi nel Comune il dom�cilio di soccorso � (art. 2 dello Statuto, approvato con decreto 20 agosto 1947 del Capo P:rovvisorio dello Stato). Posst:mo peraltro essere ammessi nello � Spedale � anche malati non poveri, a pagamento (articoli 5 e 7 Statuto). -si colpisce � ogni specie di !reddito non fondiario ., e daM'art. 81 del testo unico del 1958 sulle imposte dirette, ove si legge che pr.esupposto dell'imposta di ricchezza mobile � la produzione di un reddito � derivante da qualsiasi... fonte �. A ben vedere, norme siffatte in sostanza dispongono che la cosiddetta � fonte � del reddito � non rilevante ai fini delJJa impondbilit�, e cio� che estranee alla nozione di reddito imponibile rimangono le modalit� della sua e produzione �. A fortiori estraneo :r-ispetto alla nozione di reddito rimane lo scopo ultimo e remoto del soggetto percettore del reddito: una distinzione tra redditi conseguiti mediante una attivit� avente �scopo di luoro., e ;redditi cooseguiti mediante una attivit� non avente detto scopo, non � prevista da alcuna norma ed � del tutto irrilevante ai fini della imposizione diil'etta. Oltre tutto, lo scopo di lucro � richiesto soltanto per le societ� (a.Tt. 2247 cod. civ.), ma non deve ricorrere n� nell'attivit� delle persone fisiche n� nell'attivit� degli enti morali: richiedere la presenza, di volta in volta, dello scopo di lucro nell'attivit� produttiva del. reddito, comporterebbe una indagine sui motivi praticamente impossibile, e dn pratica condurrebbe ad una imposizione delle... sole societ�. Appare palese, perci�, che ai fini della imposizione mobiliare non � possibile una distinzione tra redditi conseguiti con una attivit� �speculativa � e redditi conseguiti per cosi dire incidentalmente nel perseguire� finalit� � non lucrative �. Rimosso l'equivoco dell'asserito carattere � non lucrativo � dell'attivit� del soggetto, deve passarsi ,ad esaminare un secondo equivoco: quello con cernente l'asserita rilevanza dell'impiego �concreto e perstno della eventuale e ipotetica destinazione del ;reddito a determinate finalit�. Come � gi� stato rilevato (Relazione Avv. Stato 1966-1970, vol. II, par. 164), una volta Ti-conosciuta efficacia costitutiva del credito di imposta al fatto complesso della acquisizione di entit� patrimoniali avvenuta ,entro il periodo di dmposta, ai fatti -successivi nel tempo lt'ispetto alle anzidette acquisizioni -di impiego o di destinazione dei redditi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1511 Mentre le diarie stabilite per i malati non abbienti devono comprendere soltanto il conto del ricovero e delle cure necessarie (art. 81 r.d. 30 settembre 1938, n. 1631) e l'amministrazione comunale, tenuta al rimboMo, pu� ottenere una riduzione del proprio ooere ove l'ente ospedaliero abbia realizzato e possa quindi utilizzare avanzi di gestione (ar.t. 8 dello Statuto e art. 78 lettera d della legge 17 luglio 1890, n. 6972), le rette a carico dei paganti sono stabilite in guisa da consentire un margine di guadagno (art. 83 del citato r.d. n .. 1681 del 1938) anche se questo va destinato a beneficio dei fini istituzionali dell'ente ed in special modo alla riduzione delle rette per i ricoveri di urgenza (artt. 83 r.d. n. 1631 del 1938 e 5 e 7 dello Statuto). Da ci� consegue che l'attivit� di ricovero e �cura dei paganti ha carattere speculativo e l'eccedenza del ricavo rispetto al costo di essa costituisce reddiw tassabile. Nell'attivit� istituzionali;i dello � Spedale � (ricovero e cura degli infermi poveri) in astratto si pu� escludere il carattere speculativo e, quindi, negare il carattere di reddito 'alle eccedenze che -per l'impossibilit� di una precisa preventiva determinazione dei costi e la con- conseguiti non potrebbe essere �riconosciuta che una efficacia impeditiva del sorgere del credito di imposta o �addidttura una efficacia estintiva di tale credito gi� sorto. Senonch�, non � possibile !rinvenire alcuna norma di legge che attribuisca ai fatti di impiego o di destinazione dei redditi una qualsivo~lia rilevanza per l'imposizione mobiliare (l'art. 62 del regolamento approvato con r.d. 11 iluglio 1907, n. 560, abirogato a decorrere dal 10 'gennaio 1960 per espresso disposto dell'art. 288 lett. B del testo unico del 1958, doveViB. essere lnterpretato, proprio perch� disposizione regolamentare, in conformit� con ii principi posti dalle norme di legge in materia di imposizione mobiliare: sul punto, la sentenza 13 ottobre 1961, n. 2128 de1la Corte di Cassazione, in questa Rassegna, 1962, I, 34). Per di pi�, un :riconoscimento di rilevanza congiuntamente sia ai fatti di acquisizione delle entit� costituenti reddito sia ai fatti di impiego o di destinazione delle entit� stesse, questi ultimi per necessit� verificandosi in un tempo diverso e successivo rispetto ai primi, renderebbe impossibile la delimitazione nel tempo (nel cosiddetto � periodo di imposta �), e perci� anche l'individuazione, del fatto complesso cui l'ordinamento ricollega l'effetto costitutivo del credito di imposta; l'impiego e la destinazione di un reddito possono infatti avvenire (ed ,anzi normalmente avvengono) in un tempo successivo alla fine dell'anno (o esercizio) in cui si � avuta l'acquisizione del reddito 1nedesimo. Una �chiusura� della vicenda rilevante per l'imposi:filone con il con cludersi cli un tratto di tempo chiaramente delimitato � invero indispen sabile pre~upposto iperch� � ad ogni. periodo di imposta corrisponda una obbligazione tributaria autonoma, distinta da quelle che attengono ai pe riodi di imposta precedenti e successivi� (cosi la sentenza della Corte di Ca.ssazione, 22 giugno 1966, n. 1598, in questa Rassegna, 1966, I, 1083). Non � quindi consentito �e conforme a logica riconosceTe rilevanza ai fatti di impiego o di destinazion� degli � utili riportati a nuovo � (tra i 18 1512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO seguente necessit� di stabilire con un certo margine di si~urezza le 'rette per il ricovero dei poveri -in quell'attivit� si possono verificare tra costi e ricavi. Ma in concreto, in consideraziooe della destinazione data dallo � Spedale � di Prato agli avanzi di gestione ai quali si riferisce l'accertamento di cui trattasi, rettamente il Tribunale ha ritenuto di dovere, anche per quella parte di essi che proviene dall'esercizio delle vere e proprie attivit� istituzionali dell'ente, affermare la natura di � reddito � e quindi l'assoggettabilit� all'imposta di ricchezza mobile. � invero pacifico -e, comunque, documentato: vedasi dichiarazione 18 settem�>re 1967 dello � Sp~ale � -che gli � avanzi di gestione de quibus impegnati per l'espletamento ed il miglioramento dei locali�. Questo, in definitiva, porter� ad un incremento quantitativo e qualitativo dell'attivit� ospedaliera in generale, e, quindi, anche del ricovero dei mala.ti poveri; ma sar� un' effetto indiretto -ll'iflesso di quell'ampliamento e di quel miglioramento, il cui effetto diretto ed immediato sar� un incremento d�l patrimonio dell'ente, cio� un aumento di -ricchezza capace di produrre nuova ricchezza, anche con un aumento del numero dei ricoverati paganti: ci� che costituisce il presupposto della imposta in esame (cfr. in tal senso, Cassazione, 13 dicembre 1960, numero 322, in Giust. civ., 1961, I, 431). Una indiretta conferma viene dalla I. 2 marzo 1963, n. 291, con la quale il legislatore ha disposto, in deroga alle norme generali (se non si tratta�sse di deroga, non sarebbe stata necessaria una legge ad hoc), che � il reddito degli enti autonomi portuali... non � assoggettabile ~Ila imposta di ricchezza mobile categoria B, nei limiti in cui risulta destinato alla costruzione, al miglioramento_ ed alla manutenzione straordinaria di opere ed attrezzature portuali...�. -(Omissis). quali i cosiddetti � avanzi di gestione � ), e, persino alla mera previsione dei fatti stessi, e cio� in �Sostanza ad �na ipotesi il cui !realizzarsi �, oJ.tre che incerto, anche sospinto in un futuro imprecisato (e eventualmente remoto}. Per concludere, solo un netto rifiuto di attribui!l'e rilevanza a fatti che dalla nozione di !reddito imponibile debbono il'imanere estranei (quali i fatti meramente normativi della esistenza del cosiddetto � vincolo legale di destinazione� o de1la previsione di finalit� istituzionali non lucrative) pu� consentire un ritocno alla� originaria semplicit� di detta nozione e restituire ad essa quel gr.ado di certezza che � indispensabile per la sua concreta uti lizzazione. F. FAVARA SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI ~ FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1971, n. 3161 -Pres. Caporaso -Est. Sposato -P. M. Gentile (diff.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Carusi) c. Fallimento Impresa Ing. Bruno Lugnani (avv. Balzarini). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contabilit� dell'appalto -Nozione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori pretese dell'appaltore -Onere della riserva -Carattere generale -Sussiste -�Ratio � e portata -Inerenza della (maggiore) spesa all'esecuzione dell'opera -Nozione -Necessaria correlativit� con l'onere della.riserva Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37, 53, 54). Appalto -App8;lto di opere pubbliche -Maggiori pretese dell'appaltatore -Necess_it� della previa, tempestiva riserva nei documenti contabili dell'appalto per la successiva presa in considerazione della pretesa dell'appaltatore in sede amministrativa e, quindi, arbitrale. (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 26, 41 e 42). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Interessi legali sulle � somme contestate� -Nozione e portata. (d.m. 28 maggio 1895, art. 40; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36). La' contabitit� cLi un!opera pubblica ha per oggetto !'accertamento e ta registrazione �i tutti i fatti producenti ogni e quatsiasi spesa inerente all'esecuzione �eil'opera (1). (1-2) Questa limpOTtante pronuncia costituisce un'altra �significativa tappa nella chiarificazione del pensiero della Suip!l'ema Cocte di Cassazione in tema di riserve negli appalti di opere pubbliche �e non consente equivoci di sorta nell'interpretazione delle norme del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 e del Capitolato generale oo.pp. Spesa per l'esecuzione dell'opera (v. Cass., 13 1514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La necessit� dell'iscrizione delle riserve den'appaltatoire nella contabilit� dell'appalto d'opera pubblica non sta in relazione al titolo in base al quale viene chiesto il compenso (se, cio�, a titolo di prezzo o a titolo d'indennit�), ma in relazione all'inerenza o meno della maggiore spesa all'esecuzione dell'opera: ed inerenti all'esecuzione dell'opera s01no tutte le spese alle quali l'appaltante abbia dato luogo, sia pur per mancata, f?Untuale osservanza delle clausole contrattuaii, neLla gestione dell'appalto, venendo meno i.l rapporto d'inerenza e, quindi, l'onere della riserva, con la precisa indicazione delle somme alle quali l'appaltat<Yre crede di aver diritto, soltanto nel caso di un'attivit� dolosa, vale a diire del tutto scissa e contraria ai :fini di quella gestione, o di fatti illeciti di natura aquiliana e non contrattuale (2). Per poter essere prese in considerazione in sede amministrativa e, poi.., arbitrale, le domande deit'impresa debbono e&sere state pre�sentate eid iscritte nei� documenti contabili dell'appalto nei modi e. termini tassativamente stabiliti �ial Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 (3). La nozione di e somme contestate � di cui all'ultimo capoverso dell'art. 40 Cap. gen. oo. pp. 1895 (art. 36, ult. capoverso, Cap. gen. oo. pp. 1962) si riferisce a tutti i maggioiri compensi e indennizzi richiesti dan'appaltatore, sia in sede amministrativa che, successivamente, arbitrale (o, in genere, giudiziale), in relazione alla esecuzione dell'opera ed ana gestione dell'appalto e, quindi, comprende anche le somme richieste a titolo di risarcimento danni per inadempienze contrattuali dell'Amministrazione (4). maggio 1971, n. 1384, in questa 'Rassegna, 1971, I, 698, in nota 2; Cass., 22 giugnn 1971, � n. 1962, ibidem, 928, sub 2, ed ivi nota) non pu� essere concetto ristretto al mero allibramento di p!l["tite di lavori o somministrazioni, ma riguarda qualsiasi erogazione di somma causata dalla gestione dell'appalto. E dalla gestione dell'appalto vanno esclusi soltanto i fatti dolosi, ovvero quelli colposi extracontrattuali, che .non hanno, cio�, alcuna attinenza, se non di occasionale concomitanm, con l'esecuzione dell'opera (v. nota redazionale, sub 2, a Cass., l� maggio 1971, n. 1384 cit., in questa Rassegna, 1971, I, 699 segg.). Viene, quindi, evidenziato dalla sentenza in rassegna l'inscindibile nesso logico-giuridico fra esecuzione dell'opera -gestione dell'appalto -contabilit� del medesimo -onere della rise\l.'Va -controversie in sede amministrativa e, quindi, giudiziale :flra appaltatore ed amministrazione -limitazione di responsabilit� della medesima ex art. 40 Cap. gen. oo.pp. 1895 (art. 36 Cap. gen. oo.pp. 1962). ' (3) Cfr. Cass., Sez. Un., 7 �luglio 1969, n. 2498, in questa Rassegna, 1969, I, 753, neila motiv., ove la mancanza della previa iriserva nella contabilit� dell'appalto viene configurata come mancanm di un � p11esupposto �processuale del giudizio arbitrale �. (4) V. precedenti note 1 e 2; v. anche Corte App. Roma, 19 aprile 1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712, sub 3; lodo 7 luglio 1970, n. 63 (Ro.. ma), id., 1970, ,I, 677, sub 8. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1515 (Omissis). -Con contratto del 5 dicembre 1956 n. 58393 furono dati in appalto alla societ� per azioni Ing. Bruno Lugnani i lavori da eseguirsi a totale carico dello Stato -di ampliamento del palazzo municipale di Trieste. Nel corso dei lavo'l'i l'impresa appaltatrice inser� in contabilit� v:arie riserve per un complessivo importo di L. 60.401.147, di cui L. 3.765.886, peT rallentamento dei lavori, L. 50.236.875 per la maggiore durata dei lavori stessi, L. 6. 398.386 per sovraprezzi e L. 600.000 PEn" rimborso di penale. Essendo state ie dette riserve disattese in sede amministrativa, la Societ� ad� il Collegio Arbitra~e di cui agli artt. 43 e segg. del Capitolato Generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, .n. 1063, ed il Collegio ArbitraJ.e, con lodo 3 dicembre 1966 n. 77, condann� l'Amministrazione dei LL. PP. al pagamento �di L. 20.682.990, con gli interessi a decorrrere dal giorno de~la domanda d'arbitrato, oltre che ad uma parte delle spese del procedimento. Con atto del 19 aprile 1967 il Ministero dei LL. PP. propose, davanti alla Corte d'Appello di Roma, impugnazione di nullit� del lodo a norma dell'art. 51 del citato Capitolato generale e dedusse: -che era stata violata la norma dell'ultimo comma dell'art. 40 del CapitoJ.ato Generale del 1895, secondo la. quale gli interessi sulle somme contesta.te cominciano a decorrere due mesi dopo la data della registraziooe alla Corte dei Conti del decreto emesso in esecuzione dell'atto con cui, in sede amministrativa o arbitrale, sono state risolute le controversie; -che, a parte quello di cui sopra, e che era il pi� grave, altri numerosi �errori di diritto inficiavano la sentenza arbitrale; -che di tali altri errori l'Amministrazione si riservava l'illu stra.zione nella successiva fase rescissoria del giudizio; -che, tuttavia, ad ogni �effetto e con ogni riserva, faceva presente: a) che errooeamente era stata addossata totalmente all'Ammi nistrazione la responsabilit� delle sospensioni e delle proroghe occorse nell'appalto, in palese violazione delle specifiche norme che lo regola vano e dell'art. 35 del Capitolato del 1895; b) che non era stata fornita una prova rigorosa dei danni lamen tati dall'impresa; c) che i danni erano stati liquidati rapportandoli alle spese generali, senza decurtarle delJ.e componenti fisse ed invariabili, rappre sentate dalle spese contrattuali, dagli oneri fiscali e simili; -che era stato attribuito due volte lo stesso risarcimento, una volta per il rallentamento ed una seconda volta per il prolungamento dei lavori, quasii che il ralJ.entamento non si fosse risolto nel prolungamento. 1516 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con sentenza 6 dicembre 1968, notificata il 17 marzo 1969, la Corte di Appello rigett� l'impugnazione e condann� l'impugnante nelle spese a favore del Fallimento della Societ�, che si era costituito in giudizio, essendo stata la societ� dichiarata fallita. Contro la sentenza d'appello l'Amministrazione ha proposto ricorso per cassazione in base a due motivi, con atto ,del 17 maggio 1969. Resiste il Fallimento con controricorso e memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE La Col'te d'Appello disattese la prima e fondamentale censura formulata da11'Amministrazione contro la sentenza arbitrale, avendo rilevato che la decorrenza degli i..nteressi era stata �stabilita dagli arbitri sul presupposto che le ~omme da essi liquidate erano dovute a titolo di risal'cimento di danni, ed avendo ritenuto che l'art. 40, che l'Amministrazione assumeva essere stato disapplicato, rigual'da i ritardi nei pagamenti delle somme dovute in ,base al contratto e non pure delle somme dovute a titolo risarcitorio per inadempienze contrattuali dell'appellante. Quanto alle altre .censure, la Corte di merd.to osserv� che esse concernevano palesemente errori di fatto in cui i giudicanti sarebbero -incorsi e che, pertanto, non rientravano fra i casi di nullit� della sentenza arbitrale previsti dalla legge. Ora la ricorrente sostiene -denunziando la vi�lazione del citato art. 40 e la falsa �applicazione dei principi ordinari in materia di risarcimento dei danni -che erronea � la distinzione fra somme dovute a titolo di compensi contrattuali e somme dovute a titolo risarcitorio (1<> motivo). Lamenta inoltre -denunziando la violazione dell'art. 51 del Capitolato del 1962, degli artt. 112, 115, 116 132, 829 c.p.c. e vizi di motivazione -che la Corte di merito abbia erroneamente ed immotivatamente interpretato le altre 'censure da essa formulate nell'atto di impu-� gnazione, come censure concernenti soltanto errori di fatto e non di diritto, quali esse erano: in quanto riguardavano la violazione delle norme sulla responsabilit� della P. A. per le sospensioni e J.e proroghe dei lavori dati in appalto, di quelle che regolano la liquidazione dei danni e di quelle che disciplinano l'onere della prova (2� motivo). La tesi sostenuta dell'Amm.ne ricorrente in ordine all'estensione della speciale normativa dettata dall'art. 40 del Capitolato Generale del 1895 (vigendo il quale fu stipulato ed eseguito l'appalto di cui si tratta) � fondata. L'ultimo ,capoverso di �esso art. 40 dispone �Che �sulle somme contestate l'interesse annuo del 5 per cento comincer� a decorrere due.. mesi dopo la data della registrazione alla Corte dei Conti del decreto PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1517 emesso in esecuzione dell'atto con cui, in sede amministrativa o arbitrale, sono state risolute le controversie �. Tale essendo il.a disposizione che si tratta d'interpretare, � ovvio che la questione della sua applicabilit� anche relativamente alle somme che l'impresa appaltatrice pretenda a titolo risarcitorio .per incorse inadempienze. contrattuali della Pubblica Amministrazione appaltante, si risolve nell'altra, se controversie concernenti l'obbligo di .pagamento di determinate somme siano, oltre quelle che rig_.ardano la determinazione dei corrispettivi d'appalto, anche quelle in cui le richieste dell'appaltatore siano fondate sul presupposto di inadempienze contrattuali dell'Amministrazione appaltante. Alla questione, cosi �correttamente formulata, non pu�� che rispondersi positivamente. Il Capitolato Generiale stabilisce, nei �successivi artt. 41 e 42, che per poter essere presi in C01;1Siderazione in sede amministrativa e,� poi, arbitrale, le domande ed i reclami dell'impresa debbono essere presentati ed indi scritti nei documenti contabili nei modi e nei termini ' tassa�tivamente stabiliti dal Regolamento per la direZ:ione, contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato, approvato con r.d. 25 maggio 1895, _n. 350. A sua volta il citato regolamento dispone, da una parte, che oggetto della contabilit� di una opera' � l'accertamento e la regi~ strazione di tutti i fatti producenti ogni e qualsiasi spesa inerente all'esecuzione dell'opera (artt. 36 e 37); e, dall'altra parte, dispone che l'appaltatore deve inserire le sue riserve nei documenti contabili ed esplicarle in un termine perentorio, formulando le sue domande d'indennit� e indicando con precisione le cifre di �compenso cui crede di aver diritto, e le ragioni di ciascuna domanda (artt. 53 e 54). Pertanto, la necessit� delle riserve e della precisa indicazione in cifre dei compensi non sta in relazione con il titolo in base al quale viene chiesto il compenso -se cio� a .titolo di prezzo o a titolo d'lildennit� -ma sta in relazione all'inerenza, o meno, della maggiore spesa all'esecuzione dell'opera; ed inerenti all'esecuzione dell'opera �sono tutte le spese alle quali l'appaltante abbia dato duogo, sia pmre per mancata puntuale osservanza delle clausole contrattuali, nella gestione dell'appalto, venendo meno il rapporto d'inerenza e, quindi, l'obbligo delle riserve e dell'indicazione .precisa delle somme aile quali l'appaltatore crede di aver diritto, soltanto nel caso di un'attivit� dolosa, vale a dire del tutto scissa e contraria ai fini di quella �gestione, o di fatti illeciti, che con !'�esecuzione dell'opera abbiano un legame puramente occasionale ed inducano una Tesponoobilit� di natura aquiliana e non contrattuale. Ci� posto, ossia dal momento che, in sede amministrativa e davanti agli arbitri, le domande dell'appaltatore, in quanto riflettano spese inerenti all'esecuzione dell'opera e sono state oggetto di riserva, sono proposte (come, per l'appunto, � avvenuto, e non poteva non 1518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO avvenire, nella fattispecie) come domande di �somme precisamente determinate, ne deriva che, quand'anche siano fondate su assunte inadempienze contrattuali dell'Amministrazione appaltante, :rientrano nel novero delle controversie relative a contestazioni di somme, e cio� delle controversie previste dall'ultimo �capoverso dell'art. 40 del Capdtolato Generale. Accolto il primo .motivo del ricorso e stante il principio della indivisibilit� della sentenza arbitrale, perde ogni rilevanza, e rimane assorbito, il secondo motivo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1971, n. 3331 -Pres. Caporaso -Est. Eli.9. -P. M. Caldarera (conf.) -Soc. Tessilprato (avv. Paone, Sebastiani) c. Ministero Difesa (avv. Stato Zoboli). Contratti pubblici -Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni statali per regolare i propri �ontratti -Natura regolamentare per i contratti interessanti lo Stato -Sussiste. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16, 88; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, articoli 45, 99). Leggi, decreti e regolamenti -Regolamenti -Impugnabilit� per illegittimit� costituzionale -Esclusione -Illegittimit� -Disapplicabilit� da parte del giudice -Sussiste. (Cost., artt. 134, 136; disp. sulla legge in generale, artt. 1, 3, 4; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 5). Contratti pubblici -Contratti di fornitura stipulati dall'Amm. Militare -Condizioni generali appr. con d. m. 20 giugno 1930, n. 35 -Natura regolamentare -Sussiste -Necessit� di specifica approvazione per iscritto delle sue norme ai sensi dell'art. 1341 c. c. -Esclusione Inapplicabilit� dell'art. 1341 c. c. ai contratti stipulati con la P. A. Sussiste. (e.e., art. 1341). Contratti pubblici -Contratto di fornitura stipulato dall'Amministrazione militare -Legittimit� dell'art. 65 delle Condizioni generali appr. con d. m. 20 giugno 1930, n. 35, statuente l'obbligo del fornitore, sanzionato da penale, di ritirare la merce rifiutata dall'Amministrazione per esito negativo del relativo collaudo -Sussiste. (d.m. 20 giugno 1930, n. 35, artt. 52, 65). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1519 Contratti pubblici -Comminatoria di penali stabilite con norme di Capitolati generali, aventi natura regolamentare -Improponibilit� nei confronti della P. A. di domanda giudiziale per riduzione della penale ad equit� -Sussiste -Applicazione al caso di penale irrogata ai sensi dell'art. 65 d. m. 20 giugno 1930, n. 35. (e.e., art. 1384; 1. 20 marzo 1865, n. 2248; all. E, artt. 4, 5; d.m. 20 giugno 1930, n. 35, art. 65). � I Capitolati d'oneri predisposti daile Amministrazioni statali con atto amministrativo generale per regolare i propri contratti, hanno valore non negoziale, ma normativo e ad essi il privato contraente � vincolato, nei contratti interessanti lo Stato, in quanto sottoposto ai regolamenti di O!f'ganizzazione cOi quali l'autorit� statale provvede alla propria amministrazione e contabilit� (1). Le norme regolamentari, che non possono dero,gare� alle .leggi ordinarie, non sono, come� queste, impugnabili per illegittimit� costituzionale, ma, ove contrastino con norme aventi forza di legge ordinaria, oppure con la Costituzione, possono essere disapplicate dal giudice, ai sensi dell'art. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (2). Le Condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35 Q per gli acquisti di vestiario ed altro da parte deUe Fo!f'ze Armate e dell'Amministrazione Statale de:lla Difesa Eserciito, essendo comprese fra i Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni Statali, non hanno valore negoziale, ma rego�lamentare, epper� non so,ggiacciono alla particolare disciplina prevista dall'art. 1341 c. c., norma, comunque, inapplicabile ai contratti conclusi con la P. A. (3). � legittima la norma dell'art. 65 delle Condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, statuente l'obbligo� del fornitore, sanzionato da pena1le, di rtitirare la merce rifiutata daLl'Amministrazione Militare per effetto dell'esito negativo del relativo collaudo. La penale irrogata al fornitolf'e ai sensi dell'art. 65 delle Condizioni generali approvate con d.m. 2Q giugno 1930, n. 35 non pu� essere rido~ta dal G. O. in applicazione dell'art. 1384 e.e. (4). (Omissis). -Col primo mezzo del ricorso principale, la ricorrente societ� denuncia la violazione degli artt. 7 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, 107, 108 e 109 del Regolamento approvato con r.d. 23 mag( 1) Conf. Cass., 7 settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959, sub 1, 'e, in generale, Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, id., 1969, I, 762, sub 1, ove nota di :riferimenti. (2) Ofr. Cass., 24 ottobre 1967, n. 2624, Giur. it., Mass., 196.7, 978, sub c. (3) In senso puntuale, v. Cass., 23 luglio 1969, n, 2766, cit., in questa Rassegna, 1969, I, 762, sub 2, 3 e 4, ove note di riferimenti. (4) Conf. Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, cit., in questa Rassegna, 1969, I, 762, sub 8. 1520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gio 1924 n. 827, nonch� dell'art. 1 1. 31 gennaio 1926 n. 100 e dell'articolo 3 delle disposizioni per la legge in generale preliminari al codice civile, in relazione agli artt. 3, 23, 41 e 87 della Costituzione ed all'articolo 360 nn. 2 e 5 c.ip.c., deducendo che i capitolati d'oneri emessi dal1' Amministrazione dello Stato per regolare i contratti in cui essa � parte non hanno efficacia normativa, come erroneamente � stato ritenuto dalla sentenza impugnata, ma costituiscono mere condizioni generali di contratto, aventi valore esclusivamente negoziale. La censura � infondata. Le condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930 n. 35 per gli acquiJSti ,di vestiaTio ed altro da parte delle Forze Armate e dell'Amministrazione Statale della Difesa Esercito, essendo comprese fra i Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni Statali per regolare d. propri contratti, preventivamente, mediante un atto amministrativo .generale, weesistente al futuro contratto ed avente quindi natura regolamentare, hanno valore non negozia.le, ma normativo, mentre ad esse il privato contraente � vincolato, nei contratti interessanti lo Stato, 1n quanto sottoposto ai regolamenti di. or.ganizzazione, coi quali l'autorit� statale provvede alla propria amministra-. zione e contabilit� ~Cass., 22 giugno 1967, n. 1846, e Cass., Sez. Un., 12 dicembre 1967, n. �2928). Il primo motivo del ricorso principale non pu� dunque essere accolto, mentre il richiamo a norme costituzionali non � operante, in quanto le norme regolamentari, che non possono ,derogare alle leggi ordinarie, non. sono, come queste, impugnabili per illegittimit� costituzionale, mentre possono essere disapplicate dal giudice ai .sensi dell'art. 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ove siano viziate da illegittimit�, per contrasto con norme aventi forza di legge ordinaria, oppure con la Costituzione (Cass. 24 ott~bre 1967 n. 2624). Nella specie, non sussiste alcuna contraddizione della norma regolamentare applicata nella �fattispecie dai giudici di merito con alcuna norma di J.egge o della Costituzione. L'art. 65 del d.m. n. 35 del 1930, infatti, si .limita a stabilire che, in caso di rifiuto di materiali da parte dell'Ammini�strazione p�r esito negativo del collaudo, il fornitore deve ritirarli entro sette giorni dal ricevimento� della partecipazione del rifiuto, altrimenti, per l'ingombro ingiustificato dei mag~zzini statali, dovr� pagare una penale pari all'l % del loro valore, per ogni giorno di ritardo, ci� che non contrasta con alcuna norma costituzionale, n� con alcuna disposizione avep.te forza di legge. Gol secondo motivo del ricorso principale la societ� ricorrente denuncia violazione rell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., deducendo che la norma regolamentare del citato art. 65, imponente una prestazione patrhnoniale, sarebbe in contrasto con l'art. 21 della Co�stituzione, secondo il PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1521 quale solo la legge pu� imporre simili prestazioni. � evidente che la norma costituzionale ha riguardo alle prestazioni imp.oste coattivamente, senza corrispettivo, mentre la penale per ritardo nel ritiro dei materiali trova sua causa nel comportamento del fornitore, che violava una norma regolamentare stabiUta nel pubblico Interesse, ingombrando ingiustificatamente i magazzini statali, e tale norma era conosciuta da esso contraente all'atto del contratto, stipulato nel comune interesse, e nel quale era richiamata. N� la norma dell'art. 65 viola in alcun modo il .principio della \libert� dell'iniziativa privata, mentre tale iniziativa non pu� arrecare ingiusto danno ad altri, n� violare le norme regolamentari richiamate in contratto liberamente concluso, anche nel proprio interesse privato da un fornitore di materiali allo Stato. N�, infine, la norma contrasta con l'art. 1 della 1. 31 gennaio 1926, n. 100, che, .. anzi, conferma il potere regolamentare del governo, in materia di regolamenti di organizzaz~one. � Con lo stesso secondo ~otivo del ricorso pri!llci:pale si deduce ille.:gittimit� del comportamento della Pubblica Amministrazione, per aver preteso la penale, dopo un periodo di tempo maggiore di quello minimo previsto dallo stes~o art. 65 citato, dopo aver promesso che la questione sarebbe stata transattivamente risolta, e. violando un parere del Consiglio' di Stato. Anche questa censura � infondata, :Ln quanto l'Amministrazione aveva; in punto di fatto, come, con accertamento motivato congruamente e correttamente e, dunque, insindacabile, accertarono i giudfoi di mettito, esattamente riscootrato il ritardo nel t'itiro del materiale, onde conseguentemente poteva pretendere la penale entro il decorso d�lla prescrizione, sicuramente non verificatasi. e, comunque, non eccepita, senza necessit� di giudizio preventivo, in base alla norma J.'legolamentare. N� la prospettata eventualit� di transigere ipu� equivati. ere all'impegno negoziale di non riscuoterla, mentre i giudici di merj.to ri~ennero non dimostrato alcun impegno del genere, coo motivazione adeguata. N� il parere del Consigilo di Stato poteva spiegare effetto vincolante sul maturato diritto dell'Amministrazione a riscuoter la penale in base alla norma regolamentare vigente. Per l'ar.t. 83 del citato d.m., avente natura regolarm�ntare, l'Amministr�zione aveva, ovviamente, facolt� di .condonare la penale, ma tale ~colt� era meramente discrezionale e nessun diritto al condono .poteva vantare la s'ociet� :pnivata ricol'll'ente. Anche il secondo motivo del ricorso princfpale deve essere dunque rigettato. Col terzo ed ultimo motivo del ricOJ.'lso principale la societ� denuncia violaziooe dell'art. 24 della Costituzione, con riguardo agli articoli 65, citato, e 52 del d.m. n. 35 del 1939, deducendo che, mentre per l'art. 24 della Costituzione tutti possono agire in giudizio, per la tutela dei proipri diritti, onde le norme regolamentari non possono preva 1522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lere sulla legge, il regolamento conside�ra definitivo il provvedimento della Commissione. che decide il rifiuto della merce, ai fini del decorso iniziale della penale, senza attendere che trascorra il termine per ricorrere al Consiglio di Stato contro la decisione della Commissione. La censura � del tutto priva dii fondamento. L'art. 52 del Capitolato impegna le parti ad accettare la decisione della Commissione, come arbitrato, in ordine al diritto dell'Amministrazione di rifiutare la merce, per collaudo negativo. Dalla comunicazione di tale decisione, avente comunque efficacia esecutiva, nonostante le possibilit� di impugnazioni, l'art. 65 del d.m. stabilisce l'obbligo di ritiro della merce, sanzionato da penale. La esecutivit� del provvedimento, ovviamente, non esclude l'esercizio della facolt� di impugnazione, l'esercizio del quale non elimina l'efficacia esecutiva del provvedimento medesimo, per effetto della norma regolamentare richiamata nel contratto. Al riguardo, poi, la natura di norma. regolamentare dell'art. 65 escludeva l'applicabilit� .dell'art. 1341 e.e., rendendo superflua la necessit� di accettazione specifica per iscritto, mentre in ogni caso la detta norma non si applica ai contratti conclusi con la Pubblica Amministrazione (Cass. 25 giugno 1960, n. 1676). N� poteva il .giudic~ di merito, in applicazione dell'art. 1384 e.e., ridurre per manifesta eccessivit� la penale, proprio per la rilevata natura normativa e non negoziale dell'art. 65. Su tutti questi pit.nti la Corte di merito ha correttamente ed ampiamente motivato, onde il ricorso principale, .infondato per quanto attiene alla legittimit� della decisione, non pu� essere accolto neppure per vizio di motivazione, in quanto detto vizio pu� ricorrere solo quando non sia possibile ricostruire l'iter logico del giudicante, 'mentre nella specie ci� non si verifica, n� vi sono omissioni di esame di punti decisivi, che, se esaminati, avrebbero potuto condurre ad una decisione diversa. Il ricorso principale deve essere, dunque, rigettato totalmente, anche per tale profilo. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 18 novembre 1971, n. 22 -Pres. Stella Richter -Est. Leone -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Zoboli) c. Soc. Cincinnato (avv. Lessona, Sorrentino). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Responsabilit� della P. A. appaltante per danni, arrecati a terzi dall'appaltatore, che non siano conse~uenza diretta o mediata del pro~etto dell'opera o del modo di esecuzione che la P. A. committente abbia disposto -Esclusione. In un rapporto di appalto, il committente, anche se esso sia la P._A., non risponde dei danni a1�recati a terzi dall'appaltatore, che non siano PARTE I, SEZ'-VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1523 conseguenza dfretta o mediata del progetto di opera o del modo di esecuzione che il committente stesso abbia dispos.to (1). (Omissis). -La soc. Cincinnato ha proposto appello incidentale per il capo della sentenza impugnata che ha respinto la sua domanda di condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno causato col depo'Sito, .su terreno divenso da quello oggetto del decreto di occupazione, del materiale di .risulta dello scavo per la costruzione dello �scolmatore. Il Tribunale Regionale ha rigettato tale domanda, perch� il fatto produttivo del danno doveva imputarsi �alJ.a ditta appaltatrice, non ali'Amministrazione, che, d'altra .parte, non poteva e'SSere c�lpita dalla responsabilit� ex art. 2049 e.e. relartivo alla responsabiliit� dei committenti per il fatto dei lo.ro commessi. Assume 1a ricorrente che il danno risalirebbe comunque all'opera dell'Ammmistrazione, che non avrebbe impedito all'impres� l'esecuzione dei lavori con modalit� ininee ad evitare � �gravi danni alla propriet� di essa �soc. Cincinnato. La tesi, per�, non ha fondamento, perch�, esulando dal contratto di appalto qualsiasi rapporto di dipendenza dell'appaltatore verso il committente, questo potrebbe Tispondere solo per fatto proprio; tale fatto nella specie dovrebbe essere il comportamento omissivo della P. A., che non avrebbe impedito l'attivit� illecita dell'imprenditore: ma U comportamento omissivo �PU� essere fonte di responsabilit� quando sia violatore di una norma che prescriva un determinato comportamento come obbligatorio. Nella specie, una disposizione siffatta non � stata iindicata, n� esiste, e perei� non pu� affermarsi che, in un rapporto di ap (1) Nell'appalto di opere pubbliche, i'obb1igatoriet� della direzione dei lavori non vale a trasformare l'appaltatore in un nudus minister, cosicch� questi, il'estando autonomo nell'organizzazione dell'impresa e del lavoro, �, in tale ambito, esclusivo il'esponsabile deLle conseguenze delle propifie azioni od omissioni (cfu-. Cass., 3 mall'zo 1971, n. 550, Giur. it., Mass., 1971, 224, sub c). Deve, per di pi�, avvertinsi che la stessa portata dell'obblig�toriet� della D.L. nei pubblici appalti non pu� essere esattamente intesa (cfr., inveiro, Ca.ss., 3 ma.rzo 1971, n. 550, supra cit.), ove non si tenga conto che, a norma del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, il D.L. �ha la speciale !responsabilit� dell'accettazione dei materiali, della buona e puntuale esecuzione dei lavori in conformit� ai patti contrattuali ed agli ocdini dell'ingegnere capo � (art. 3) e deve prendere �la iniziativa di ogni disposizione necessada, acciocch� i lavori, a cui � preposto, siano �eseguiti a perfetta il'egola d'arte ed in conformit� dei lt'elativ.i progetti e contratti � (art. 13), mentre � tenuto a sorveglialt'e solo il personale �che da lui dipende� (art. 14), ossia gli � aiutanti ed assistenti� (art. 3; v . .anche artt. 40, 47, 48, 51), ossia, ancora, p�ersonale dell'Amministrazione, e non gi� l'appaltatore o i suoi dipendenti. 1524 RASSEGNA.DELL'AVVOCATURA DELLO STATO palto, lil committente, anche se esso sia la P. A., sia obbligato a sorvegliare a che l'appaltatore esegua i lavori in modo da non .arrecare danni a terzi, danni che non siano conseguenza �diil'etta o mediata del progetto di opera o del modo di esecuzione che )1 committente stesso abbia disposto: casi di eccezione dei quali la appeB.ante non fa alcun cenno. L'appello incidentale, pertanto, dev'essere respinto. -(Omissis). LODO DI ARBITRALE 26 novembre 1971, n. 72 (Roma) -Pres. Longo Impresa Vinci (avv. Carbone) c. Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana (avv. Stato Ca'1."usi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Novazione del termine dell'appalto -Pretese dell'appaltatore a particolari compensi o indennizzi per la prolungata durata del vincolo -Esclusione. Qualo'l'a fra la stazione appaltalnte e l'appalbato!l"e di opera pu,bbLica si addivenga a cori.sensuale novazione deit'originwl'lio te.'l"ffl;ine contrattuaite, l'effetto principale che ne consegue � che l'appaltatore non pu� dlCLlla p'l"olwngata durata del vincolo trarre fondato titolo di pretese a parbico!ari compensi o indenn:izzi, qualunque S�ia stato il fatto sottostante, che ha condobto te parti a p'l"olwngare l'originario terrmine contrattuale, sia, cio�, che questo consista in ragioni obiettive, ovvero in un comportamento colpevole delt'Amministrazione (1). (Omissis). -La difesa dell'Assessorato, con riferimento ai pruni cinque quesiti, ha contestato la loro fondatezza, sostenendo che l'Impresa con vari atti di sottomissione e segna.tamente con l'ultimo del 16 aP.rile 1962 avrebbe accettato la novazione dell'originario termine contrattuale e l'esecuzione di �tutti i lavori agli stessi patti e condizioni del contratto principale, salvi i nuovi prezzi stabiliti in detto atto. Pertanto si � dedotto �che, essendo stati tutti i lavori eseguiti entro il nuovo termine �di cui all'ultimo atto di sottomissione, nell'ambito di un libero regolamento contrattuale, l'Impresa n0111 avrebbe ragione alcuna per pretendere un risarcimento dei danni derivanti dalla protrazione dei lavori oltre l'originario termine contrattuale, consensualmente modificato. (1) Cfr. lodo 29 giugno 1939, Giur. oo.pp., 1939, I, 655, 685 e, in dottrina, CIANFLoNE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 517; per un'applicazione del concetto di novazione del termine, v. lodo 7 luglio 1970, in questa Rassegna, 1970, I, 706, nella motiv.; v. anche Relazione Avv. Stato, 19661970, III, 109, n. 416. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1525 L'Impresa ha a sua volta osservato, con la seconda memoria, che l'atto di sottomissiooe con cui l'Impresa appai.tatrice accetta le condizioni ed i prezzi stabiliti per i lavori che si richiedono con perizia suppletiva, a seguito dell'accertamento della mancata dspondenza del progetto originario alle effettive opere da eseguirsi, non comporta di per s� alcuna sua rinuncia � al risarcimento dei danni � che la medesima abbia subito per effetto della accerfata difformit� e per il colposo comportamento dell'Ente apJ;)altante. In particolare ha posto in evidenza che la rinuncia ad un diritto non pu� desumersi dal silenzio tenuto dall'Impresa in ordine alle modifiche apportate dalla stazione appaltante all'originario progetto dell'opera, dovendo invece questa rdsultare esplicitamente o da Un comportamento che sia incompatibile con la volont� di conservare il diritto stesso. Il Collegio, pur non contestando la giuridica esattezza delle cennate osservazioni della Impresa, rileva per� che le stesse non sono pertinenti alla questione posta al suo ~me. Va inv.ero ribadito che il supporto logico dei primi cinque quesiti � costituito dal fatto che essa Impresa, per effetto di numerose sospensioni -seguite da altrettanti atti di sottomissione -disposte onde predisporre varianti all'inadeguato progetto originario !Predisposto dalla Amministrazione, sarebbe stata costretta ad eseguire i lavori per completa! l"e la costruzione dell'edificio scolastico in questione in un arco temporale di dieci anni, di contra all'originario termine contra�ttuale di un anno. Da siffatto prolungamento dei lavori sarebbero d~varti ad essa Impresa una serie di oneri (spese di guardiania, aumenti del costo della mano d'opera e dei materiali da costruzione intervenuti medio tempore etc.) �di cui chiede alternativamente ilrisarcimento del danno o un equo compenso, a seconda che debba ravvisarsi un com~rtamento I colposo dell'Amministrazione ovvero l'applicazione alla fattispecie della previsione normativa �di cui al capoverso dell'art. 1664 cod. civ. Conseguentemen.te il Collegio deve innanzi .tutto verificare se l'originario termine contrattuale sia stato unilateralmente prolungato -per le ragiooi anzidette -dell'Amministrazione, ovv�ero se, come assume la difesa dell'Assessorato, si ,.sia avuta una novazione dell'originario termine contrattuale. � chiaro, infatti, che, risultando effettiva l'ultima delle due ipotesi, non avrebbe senso parlare di colpa dell'Amministrazione e, tantomeno, di �sopravvenienza� ai sensi dell'art. 1664, cpv., cod. civ., poich� quest'ultima postula quantomeno difficolt� non previste. � :inutile al riguavdo fare la cronistoria di tutti gli.atti di sottomissione, essendo necessario e sufficiente l'esame dell'ultimo, sottoscritto dall'Impresa in data 16 aprdle 1962 ed approvato con D.A. 2436/D del 13 febbraio 1.963. L'Impresa, .richiamato l'originario contratto in data 1 marzo 1954, le successive perizie di variante e suppletive, e, segna.ta 1526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente, l'ultima, e perizia generale di variante e suppletiva� concernente tutte le opere gi� eseguite e d� eseguire, �secondo cui l'importo netto di contratto veniva aumentato d~ L. 56.647 .835 a L. 71.602.088 (si noti che il predetto importo netto di L. 56.647.835 risultava, a sua volta, cosi determinato per effetto degli aumenti apportati in conseguenza di intervenute perizie di variante rispetto all'originario contratto dell'importo netto di L. 26.288.617), si impegnava di eseguire i lavori di cui alla perizia predetta agli stessi patti, oneri e condizioni del contratto principale, del primo atto di sottomissione etc., e di accettare nuovi prezzi per i lavori non ;previsti in precedenza. A chiusura dell'atto di sottomissione poi si stabiliva che � Resta espressamente convenuto che il tempo utiie per la esecuzione dei predetti lavori � fissato in mesi dodici a decorrere dal relativo verbale di consegna �. Prima di passare alla valutazione giuridica di d�tto atto, � bene porre in evidenza, per completare i dati di :llatto della non lineare vicenda, che il verbale di consegna sopra richiamato -senza riserve'di sorta -venne posto in essere in data 21 mag �gio 1963 e che i lavori vennero ultimati lin data 25 ottobre 1963 : vale a dire prima della scadenza dell'anno. Anche se il Collegio non ritiene che di per s� l'atto di sottomissione, con il quale l'impresa abbia dichiarato di accettare variazioni di lavori originariamente previsti in contratto, sia senz'altro da considerare atto contrattuale sui generis, .riconducibile per analogia alla novazione (cfr. in tal senso lodo 22 agosto 1.966, n. 64 -.Roma), non ha per� dubbi che l'atto di sottomissione abbia natura contrattuale, essendo il medesimo e la precedente proposta o la su~ successiva accettazione da rparite della Amministrazione atti che rientrano nell'autonomia contrattuale delle parti (cfr. lodo 13 luglio 1964, n. 50, Roma). Infatti, se l'accordo che si perfeziona con i due atti sopradescritti nella specie implichi novazione dell'originario rapporto � questione che deve essere risolta alla stregua dei principi che regolano la novazione (in questo caso oggettiva) sanciti dall'art. 1230 cod. civ. Orbene nel caso in esame, anche se sussiste dubbio su uno degli elementi essenziali dell~ novazione (sostituzione alla obbligazione originaria di altra avente oggetto diverso), � per� indubbio che � stata posta in essere una novazione del termine dell'originario contratto e successivi atti integrativi. Infatti, non solo vengono richiamati dall'Impresa tutti i. predetti atti, ma � altresl chiaro che le parti hanno voluto considerare unitariamente il rapporto contrattuale, richiamando i prezzi dei singoli lavori sia con ;riferimento a quelli gi� fissati, sia stabilendoli ex novo rper opere in precedenza non previste, onde determinare l'ammontare complessivo dell'appalto. Orbene, rispetto al contratto cosi unitariamente considerato dalle parti nella loro autonomia � stato posto un nuovo termine finale, che sostituiva in toto i prec�denti, stabilendosi appunto che � resta espressam: nte convenuto che il tempo utile per la esecuzione dei predetti l~vori PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1527 (cio� di tutti i lavori e non solo di quelli per i quali, non essendo stati previsti in precedenti accordi, era stato stabilito per la ;prima volta il relativo prezzo) � fissato in dodici mesi etc... �. Perci� il Collegio ritiene, confortato dalla dottrina, che avendo. le parti posto in essere una novazione del termine, .}'effetto principale che da ci� discende � quello che dalla prolungata durata dei lavori conseguente l'appaltatore non pu� avanzare pretese per particolari compensi o indennizzi, qualunque sia stato il fatto sottostante che ha condotto le parti a prolungare l'originario termine contrattuale, sia cio� che questo consista in comportamento colpevole dell'Amministrazione o in ragioni obiettive. Cosi risolta la questione, il Collegio deve dare rispoata negativa ai primi cinque quesiti, meglio specificandola, tuttavia, in relazione ad ognuno di essi. � a) Come � noto il pagp.mento delle rate di saldo presuppone necessariamente la ultimazione dell'opera previa effettuazione del collaudo. Ci� stante, il diritto dell'Impresa ad ottenere nella specie detto pag~mento non poteva che essere successivo alla data in citi tutti :i lavori, per effetto dell'unico termine contrattuale novato, vennero eseguiti. Ora, come .si � . gi� visto, Popera venne ultimata in data 25 ottobre 1963 e perci� la pretesa dell'Impresa formulata con il !Pl'imo quesito, e tesa ad ottenere gli interessi sulle somme progressivamente dovute a saldo per ti lavori eseguiti dall'l luglio 1954 al 27 dicembre 19.55 e dal 28 luglio 1'958 al 27 �settembre 1959, deve essere disa.ttesa perch� postula, contrariamente a quanto � �stato voluto con l'ultimo atto di sottomissione, distinti �~ anteriori termini di esecuzione non gi� della intera opera, ma di parte di essa. Viceversa, rispetto al termine fi.nale di esecuzione dell.'intera opera, cosi come risultante dalla intervenuta novazione di esso termine, risulta essere stata pagata tempestivamente -e comunque su quest'ultimo punto non sorge contrasto -l'unica rata di saldo. . b) �Il secondo quesito concerne la richiesta di pagamento della semma di L. 7.010.850 (ottenuta cosi previa detrazione della somma corrisposta all'Impresa dall'Amministrazione a titolo di revisione dei prezzi originari) a titolo .di riear�imento danno o indennizzo dovuto ;per effetto dei rincari dei costi di mano d'opera o dei� materiali, intervenuti in seguito all'enorme spostamento nel tempo della esecuzione dei lavori per effetto / de]J.e lunghe sospensioni disposte. dall'Amministrazione. Al quesito deve darsi risposta negativa; Non vi � dubbio, osserva il Collegio, che -contrariamente a quanto sostenuto in linea generale dalla difesa dell'Amministrazione -l'Istituto della revisione dei prezzi nel campo degli, appalti per opere pubbliche ha oggetto e causa petenti del tutto diversi dal risarcimento del damio, presupponendo quest'ultiI1lO, a differenza del primo, colpa dell'Amministrazione. N� pu� essere di ostacolo alla proposizione di quest'ultima 1528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO azione ili. fa.tto, che anteriormente l'appaltatore abbia fatto ricorso al procedimento revisionale con esito favorevole, cosa che appunto si � verificata nella specie, �se si consideri che l'Impresa in questa sede ha chiesto il risarcimento per quella parte del danno assertivamente subito e non coperto dal compenso revisionale. In tal senso infatti concordano la dottrina e la costante giurisprudenza arbitrale (Cfr. lodo 13 aprile 1960, n. 21, Roma; idem 5 .giugno 1963, n. 35, Roma; idem 23 .giugno 1965, n. 52, Roma). Per�, come si � detto in precedenza, l'intervenuta novazione del termine di esecuzione dell'intera opera preclude all'Impresa di far valere una siffatta pretesa, non potendosi ovviamente ritenere trilevante la colpa in cui sarebbe incorsa l'Amministrazione nel determinare il prolungamento dei lavori, quando siffatto prolungamento ormai costituiva, stante l'accordo defile pariti, il normale periodo di esecuzione dei lavoxi. A diversa conclusipne, per le medesime ragioni, neppure potrebbe giungersi, ponendo a fondamento della domanda la � sopravvenienza � ex art. 1664 cod. civ. Ed infatti, posto che�non torna applicabile il capoverso di detta norma, essendo il fatto causativo del preteso indennizzo maggior durata dei lavori -conforme alle previsioni contrattuali, neppure pu� sostenersi l'applicabilit� del primo comma dello stesso articolo. Invetro, come esattamente ossetrVa in proposito la difesa deH' Assessarato, ai pubblici appalti detta previsione normativa non si applica, essendo il.a relativa fattispecie interamente disciplinata dalla normativa speciale concernente la revisione dei prezl!)i, di cui l'Impresa si � avvalsa positivamente, come si � visto. e) Il terzo quesito costituisce, quanto alla causa petendi ed al petitum, una �specificazione del preced�nte or ora esaminato. Infatti l'Impresa, sempre petr effetto della maggioce durata dei lavori, chiede li1 pagamento della somma che avrebbe corrisposto a �titolo di � supersalari �, vale a dire in misura superiore ai salari �previsti dai contratti collettivi, .per effetto di rarefazione della mano d'opetra verificatasi negli anni 1962 e 1963. Le ragioni esposte per <lisattendere i!L precedente quesito sono necessarie e sufficienti per disattendere anche questo, senza bisogno di esaminare la questione, per altro risolta negativamente dalla giurisprudenza arbitrale, se alla Impresa competa alcunch� per avere corrisposto salari in misura maggiore di quella prevista dai contratti collettivi di lavoro per il settore edilizio. d) con il quarto quesito 11.'Impresa ha chiesto il pagamento di somme corrisposte petr la guardiania e la vigilanza del cantiere nei periodi in cui i lavori sarebbero rimasti sos;pesi per colpa dell'Ammini�strazione e precisamente daU'l agosto 1958 al 31 agosto 1961 e dall'l settembre 1961 al 20 maggio 1963. Anche questa richiesta deve essere disattesa per le stesse ragioo1 di fondo poste a base della risposta negativa data aj quesiti �precedentemente esaminati. Infatti, Ll'Impresa non .pu� pretendere PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1529 ~ounch� a tale titolo, quando i lavori siano stati eseguiti nel previsto termine contrattuale, che, nella specie, per effetto dell'anzidetta novazione del termine, andava a scadere un anno dopo l'ultima consegna dei ilavol'I�, vale a dire il giorno 25 ottobre 1963 .. e) Parimenti. � da disattendere il quinto quesito. L'Impresa ha chiesto la somma di L. 1.200.000 per aver dovuto registrare tutti gli infissi esterni dell'edificio e sostituire ben 110 mq. di spOrtelli, soggiungendo .che siffatto onere avrebbe sopportato, iD; quanto, atteso il prolungamento dei lavori imputabile all'Amministrazione, gli infissi esterni, gi� posti in opera dalla stessa dmpre�a, si saTebbero deteriorati, al punto da essere stata necessada una Io:ro sostituzione, podch� e non protetti dalla mano di olio di lino � ed esposti in zona soggetta ad abbondanti nevicate. Ci� premesso e senza �bisogno, perch� mutile, di disporre in�ombenti istruttori, dl Collegio osservfi che l'Impresa ha il dovere �di provvedere alla manutenzione delle opere man mano ,eseguite sino al collaudo. Pertanto, posto che il collaudo � stato effettuato tempestivamente rispetto all termine di ultimazione dell'opera, cosi come stabilito nel menzionato atto di sottomissione del .J.962,, non si vede la ragione della PTetesa avanzata, che non potrebbe non consiste~ se non dn un comportamento colposo dell'Amministrazione, viceversa escluso. Non solo, ma la stessa Impresa, in �definitiva, ammette che il cennato deterioramento era stato determinato pereh� gli infissi non e erano sta�ti protetti dalla mano di olio1di lino �, protezione che non l'I�entrava certamente nei doveri della .Amministrazione, ma dell'Impresa che quel~e opere aveva eseguito. (Omissiis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 marzo 1969 -Pres. Colli -Rel. Roberti -P. M. Pace (conf.) -Rie. Cilona. Procedimento penale -Costituzione di parte civile -Notificazione Necessit� di elezione di domicilio. (artt. 167, 94 e 171 c.p.p.) . . Tutte Ze notificazioni aria parte civile si eseg'IWIW eisclusivamen.te nel domicilio che dev~ essere indicato, a pe:na di imammissiibilit�, neiia dichiar~� di costituzione. Ove detta indicazione sia indoinea per una qwaisiasi ragione, Oj>pUre diventi tale successivamente senza che intervenga una nuova indicazione, le notificazioni alla parte civile non si �� eseguono affatto (1). (1) La sentenza,. senza precedenti in termini, pone l'equiparazione fra inidoneit� originaria deITa elezione di domicilio e inidoneit� successiva onde, come esattamente nota il commentatore della massima in Cass. Pen. Mass. annotato 1971, p. 404, m. 523, l'inammissibilit� della dichiarazione di costituzione di parte eivile ricorre tanto nell'ipotesi di inidoneit� originaria della elezione di domicilio quanto in quelJ.a di inidoneit� successiva: v. in dottrina, CAVALLARI, Le notificazioni net processo penate, 1959, p. 1!)8. Per quanto concerne le costituzioni di parti civili rappresentate dal1' Avvocatura dello Stato v., per l'inapplicabilit� in questi casi delia norma �che prevede l'elezione del domicilio nel comune dove � in corso l'istruzione o il giudizio (art. 94 c.p.p.), v. DI TARSIA, Domicilio deU'Avvocatura deUo Stato net caso di difesa degli impiegati in processi innanzi ai giudice, ove non ha sede t'Ufficio deU'Avvocatura, in questa Rassegna 1966, I, 1434. CORTE DI CASSAZIONE, II Sez., 20 gennaio 1971, n. 140 -Pres. Criscuoli -Rei. Tria -P. M. De Andreis (conf.) -Rie. Palma ed altri. Reato -Truffa -Atto di disposizione patrimoniale del soggetto passivo -Non � necessario. (art. 640 c.p.), Se req'Ui�sito noirmale della truffa � un atto di disposizione da parte del soggetto passivo del reato, non pu� affermarsi che tutte le volte PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1531 in cui quell'atto di disposizione manchi, esuli la truffa e si V�fl"si in tema di aggressioni direUe deila cosa da parte del sogge�tto attivo� del reato, onde pu� esservi reato di truffa anche se la v.ittima non si procuri �con le sue mani� un nocumento patrimoniale con profitto� altrui� (1). Con sentenza in data 10 febbraio 1968 il Tribunale di Foggia assolveva Palma Abele perch� il fatto non sussisteva dal :reato dii produzione continuata di alcool e di acquavilte di vifno con indebito beneficio delle agevolazioni fiscali temporanee eccezionali (reato che era stato acctiisato di aver commesso acquistando presso commercianti e dndustriali, nonch� presso prOduttori viticultori, pagando a un prezzo infuri.ore a quello stabilito dalle disposizioni e acquistarndo .presso persone indicate in fatture c~e produttori irisultati fu. parte non proprietari, n� coltivatori�� �di vigneti, in parte inesistenti: articoli 1~4. legge 1 luglio 1959, n. 458; legge 30 luglio 1959, n. 560; articoli 1-7 d.p. 28 �aprile 1960, n. 342 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 1960, n. 584) e dal reato di truffa continuata rpluriaggravata liin danno dello Stato (artt. 81 cpv., 640 cpv. n. 1, 61, n. 7 c.p.) con abbuono d'imposta di fabbricazione per la rilevante somma di Lire 69.48-7.115, indebitamente conseguita; dichiarava non doversi procedere contro il ~alma .per i reati di falsit� continuata in scrittura privata (artt. 81 epv., 485 c.p.) e di uso continuato di scritture private false (artt. 81 cpv: e 489 c.p.) perch� estinti :per amnistia; dichiarava del pari non doversi ;procedere in ordine ai reati di falsit� in scrittu!l.'a privata contestati a Falcone Michele, Ocone Luigi, Mancini Guido Luigi e a Rapuano Antonio per esser.e i reati estinti per amnistia. . Cootro tale pronuncia proponevano appello alla Corte di Bari il P.M. e gli imputati. Il �P. M. domandava la C-O([ldanna del Palma per la truffa pluriaggravata contestategli. Il Fail.cone chiedeva l'assoluzione con fonnula piena e in mancanza, l'applicazione della prescrizione. L'Ocone, il Mancini e il Rapuano domandavano l'assoluzione con formula piena. (1) La sentenza � indubbiamente esatta 'e-dal confronto con la norma di cui all'art. 629 c.p. si traggono airgomenti a conforto della tesi sostenuta nella decisione. Le due norme sono infatti pairallele, sanzionando J.'att. 629 c.p. il comportamento di chi costringe �taluno-�on la violenza ad un atto di disposizione patrimoniale, mentre l'art. 640 c.p. sanziona il comportamente di chi induca con dolo altri ad un atto di disposizione. Senonch�, mentre nell'art. 629 la presenm dell'-inciso � costringendo taluno a fare od omettere qualche cosa �, induce ad affermare che, nella ~ estorsione, l'atto di disposizione patrimoniale sia essenziale aUa configura 1532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con decisione 13 giugno 1969 la Corte d'Appello di Bari coofermava la sentenza impugnata nei confronti 'dell Palma e dichiarava non doversi procedere nei confronti del Falcone, dell'Ocone, del Mancini e del Rapuaino in ordin~ ai reati di falsit� in scrittuTa privata per essere estinti i reati in conseguenza di prescrizione. Ricorreva a questo Supremo Collegio il P.rocuratore Generale presso la Corte d'Appello di Bari nei confronti di tutti gli imputati (cfr. vol. I, foglio 278), denunciando, per�, nei motivi detl ricorso, la suddetta sentenza soltanto 1per l'assoluzione del Palma dal delitto di truffa pluriaggravata (cfr; voi. I, fogli 48-51). Osserva, anzitutto, questa Corte che il ricorso del Procuratore Generale � inammissibile, per mancata presentazione dei motivi, nei confronti del Falcone, dell'Ocone, del Mancini e del Rapuano. In relazione, poi, al ricorso proposto dal �suddetto Procuratore Generale nei confronti del Palma, � da rilevare che sia il Tribunale di Foggia, 'Sia la Corte d'Appello di Bari ritennero che .egli -col chiedere ed ottenere, negli anni 1959 e 1960, il'abbuono dall'imposta d:i fabbricazione sugli spiriti, facendo risultare, mediante falsa documentazione, che si erano realizzate le condizioni previste dall'art. 3 della citata legge n. 458 del 1959 e �dagli articoli 3 e 6 del menzionato d.l. n. 342 del 1960 -avesse � frustrato il potere d'imposizione tributaria dello Stato, impedendo che del �suo .patrimonio entrasse a far .pairte la quota d'imposta normalmente dovuta � e che � tale schema corrispondesse chiaramente all'ipotesi di evasione fiscale �, anche se � nella materia riguardata� �non specificamente prevista come titolo autonomo di reato�, come �si legge nella .sentenza del Tribunale (cfr. voi. II, foglio 170), ma non avesse posto in essere una truffa, mancando l'atto di disposizione da parte del soggetto passivo del delitto. Senonch�, se requisito normale della truffa � un atto di disposizione da parte del soggetto passivo del reato, non pu� affermarsi che tutte le volte in cui quell'atto di disposizione manchi esuli la tTUffa e si versi in tema di aggressioni dirette della cosa da parte del soggetto attivo del Teato di � usurpazioni unilateraM �, secondo la felice espres biLit� del ireato, !'�assenza di un'espressione analoga nel testo dell'art. 640 consente di sostenere che truffa ricorra anche quando un atto volontario di disposizione non vi sia (ad es. nell'ipotesi di chi abbia viaggiato senza biglietto, nascondendosi a bordo di una nave: Cass. 22 febbraio 1963 in Cass. Pen. Massimario annotato 1963, 983). Ci� detto, va per� subito precisato che nel caso deciso dalla sentenza che si annota, cosi come in talune delle esemplificazioni :ricruamate in motivazione, l'atto di disposizione in r�ealt� non manca, identificandosi esso, come aveva esattamente rilevato il P�rocuratore Gen&ale, nel riconoscimento, PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1533 Sipne usata dalla dottrina. Cos�, � stato ritenuto 'colpevole di truffa l'agente della filiale di una Cassa di risparmio il quale, approfittando dell'esistenza di un conto corrente intestato al proprio padre nella banca in cui svolgeva attivit� .professionale, aveva posto in essere comportamenti lesivi del patrimonio della Cassa di risparmio ,stessa, quald operazioni bancarie di versamenti superiori al vero o di prelievi inferiori al vero (cfr. Cass. 3 gugno 1963, Braja, in Cass. pen. Mass. ann., 1963, p. 890, n. 1625). N�, d'altronde, � possibile, come pure � stato fatto, trarre conferma della necessit� imprescindibile dell'autodanneggiamento della vittima in seguito all'errore provocato dagli artifici o raggiri deH'agente dal fatto �che �nella norma parallela � che prevede il delitto di estorsione il requisito della disposizione patrimonia\le � indicato espressamente dalla legge poich� vi figura l'inciso � costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa �. �, dnvece, da ritenere che !la Il!.ancata specificazione nell'art. 640 c..p. dell'elemento contenuto neH'-articolo 629 c.p. sia un valido' argomento per noo escludere che possa esservi reato di truffa anche se la vittima non �si procuri � con le sue mani� un nocumento patrimoniale con profitto altrui, contrariamente a quanto osserva un nostro chiaro giurista. �, peraltro, da rilevare che anche la dottrina che ritiene indispensabfile alla configu'rabilit� del delitto di" truffa la disposizione patrimoniale da parte .del �soggetto passivo riconosce che la disposizione stessa pu� avere carattere omissivo, come nel caso dell'indiV\�duo che � induce il creditore a rinunciare al credito o a non pl'otesta!I'e una cambiale, dandogli ad intendere che il .credito � prescritto o che il protesto non � n�ecessa:rio per conservare l'azione cambiaria �. ' Chiaro �, 1pertanto, ehe nella fattispecie il Procuratore Generale ricorrente esattamente affermi che l'atto dispositivo da parte dell'ingannato � s'identifica ... nel riconoscimento, ottenuto mediante falsa documentazione, del diritto all'esenzione e nella corrispondente rinuncia da parte del fisco alla per~ezione del proprio .credito d'imposta � (cfr. voi. I, foglio 50). Si deve, inoltre, considerare che dell'elemento del profitto da parte del Palma na.n � dato dubitare; che, d'altronde, se da una mera aspet trufialdinamente ottenuto, del diritto all'esenzione tributaria e nella corrispondnte rinuncia -che ha efficacia appunto di-spositiva -da parte della P.A al credito d'imposta. Nelle ipotesi invece in cui 'l'atto di disposizione manchi effettivamente occorrer� che J.'�evento -di altrui danno e di ingiusto p!I'Ofitto del reo si realizzi non contro �la volont� del soggetto passivo, ch� altrimenti ricorrerebbero altre ipotesi di reato. 1534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tativa non pu� sorgere il danno richiesto per l'imputabilit� della truffa, costituisce il danno della truffa non soltanto quello che si concreta nella perdita di un bene patrimoniale, ma anche quello che c001siste nel mancato acquisto dell'utilit� patrimoniale che si aveva H diritto di attendere ed � indubbio che nel caso in parola il fisco avesse il diritto, non la semplice aspettativa di riscuotere la somma di L. 69.487.115. N� va omesso di aggiungere che non � possibile sostenere col Tribunale di Foggia che lo Stato garantisca �per altra via e con altri sistemi di recupero � �la realizzazione dei fini perseguiti con l'eccez.ionale produzione legislativa riguardante H mercato dei vini� (cfr. volume II, foglio 170), facendo riferimento all'art. 6 ter della citata legge n. 484 del!l'anno 1960 perch� tale norma si limita a conferire al produttore viticultore il diritto ad ottenere dal distillatore la differenza tra il prezzo ricevuto e quello fissato d'imperio, ove questo sia superiore a quello, � senza pregiudizio delle isanzi001i fiscali, in quanto applicabili �; che, invece, non � senza significato l'assenza, posta in evidenza dailla parte civile, di previsioni di sanzi001i penali nei menzionati provvedimenti J.egislativi del 1959 e del 1960, assenza che ovviamente esclude l'applicabilit� dell'art. 15 c.p.. Ci� stante, questo Supremo Collegio deve accogliere nei confronti del Palma H ricorso proposto dal Procuratore Generale presso il.a Corte d'Appello di Bari, annullando per violazi001e di legge la sentenza pronunciata il 13 giugno 1969 dalla suddetta Corte, rinviando, il giudizio al riguardo ad altra Sezione� della Corte stessa e condannando il Palma, nella misura indicata nel dispositivo, alle spese sostenute dalla parte civile. / CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 29 aprile 1971, n. 1228 -Pres. Cortese Riva Palazzi -Rel. Galessio Piuma -P. M. De Andreis (conf.). Rie. Gambardella. Notificazione -Notificazioni in materia penale -All'imputato -Domicilio dichiarato -Trasferimento altrove -Mancata .comunicazione alla cancelleria. -Notifica effettuata al domicilio dichiarato Nullit� -Esclusione. (c.p.p. artt. 171, 179). L'essersi l'imputato trasferito altrove dopo aver indicato, a no'l;rna dell'art. 171 cod. P'l"Oc. pen., il pro:!Jrio domicilio, non rende invalide PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1535 le notificazioni eseguite nei suoi confrontJi nel domicilio dichiarato, se del mutamento non � stata data alla cancelleria o segreteria del magistrato procedente la comunicazione a forma vincolata prevista dal comma terzo della suddetta disposiziome e nei modi prescritti de.Zla stessa (1). (1) La giurisprudenza della Corte di Cassazione oscilla in mateda di indicazione del domicilio e:x: art. 171 c.p.p. fra ile tesi rigori-stica, cui si ispira J.a massima che si annota, e quella meno dgoristica, che consente l'eJ.ezione di domicHio anche con modalit� diverse da quell.e PTeviste dall'art. 171 c.p.p. Affermano lo stesso principio ora ribadito; Cass., 26 giugno 1969 in Cass. Pen. Mass. Annotato, !971, p, 197, m. 150; 4 febbraio 1969 ivi 197i, p. 401 m. 515; 13 marzo 1969 ivi, 1970, p. 711, m. 1004; 25 gennaio 1968 ivi, 1968, p. 1438, m. 2311; 30 novembre 1966 ivi, 1968, p. 176, m. 229; 23 aprile 1965 ivi, 1966, p. 453, m. 681. Questo indirizzo giurisprudenziale, condiviso in dottrina da CAVALLARI -Le notificazioni nel processo penale, 1959 p. 203204, individua fa i'agione del rigore della norma dell'art. 171 c.p.p. nella necessit� di garantire 'la reale efficacia delle notificazioni destinate all'imputato (v. anche in questa Rassegna 1966, I, 1434) onde J.a ratio che la ispira � ben diversa da queHa che presiede alla norma di cui all'art. 134 c.p.p. concernente la nomina del difensore di fiducia e che, intesa a favorire l'esercizio della difesa tecnica, consente la nomina del difensore anche con letta-a raccomandata. Secondo questo indirizzo giurisprudenziale � quindi inefficace l'eJ.ezione di .doinicilio effettuato con lettera raccomandata, quello effettuato con lettera raccomandata in calce a dichiarazione di impugnazione con firma autenticata, (mentre � valido quello effettuato nella dichiarazione d'impugnazione raccolta a verbale dal cancelliere: v. Cass. 4 dicemb!' e 1964 in Giust. Pen. 1965, II, 289), quello indicato in calce ai motivi d'appello presentati nena CancelJ.eria. L'opinione meno rigoristica, invece, argomentado dalle norme introdotte con la riforma del 1955, secondo le quali � consentito impugnare con dichiarazione scritta, da trasmettersi col mezzo delJ:a raccomandata, ritiene che nello stesso modo si possa eleggere doinicilio o mutare la dichiarazione gi� fatta: v. Cass. 11 dicembre 1960, in Cass. Pen. Mass. Annotato, 1961, 48 (Validit� dell'azione di domici.Jio contenuta nella dichiarazione d'impugnazione proposta a mezzo telegrafo); Cass. 8 aprile 1963 ivi 1963, 750 che ha affermato la validit� di un elezione di doinicilio effettuata in calce ad un'impugnazione inviata per mezzo di raccomandata con firma autenticata sul presupposto -alquanto opinabile -dell'impossibilit� di frazionare la validit� di un atto per sua natura unitario. � Sulle condizioni di validit� della elezione di domicilio e sulla diffel'ente natura giuridica della elezione e della dichia!ra:ziione di domicilio v. Cass. 20 giugno 1968 in questa Rassegna 1966, 1434 con nota di DI TARSIA -Dichiarazione ed elezione di domicilio: criteri interpretativi giurisprudenziali. PAR'TE SECONDA I I RASSEGNA DI DOTTRINA CORDERO F., Gli Osservanti -Fenomenologia delle norme, Giuffr� editore, Milano, pag. 686. ll volume che segnaliamo ai lettori non � di quelli che si lasciano catalogare e definire agevolmente. � un libro inconsueto nella sua strutturazione, nel suo linguaggio, nel suo contenuto. Ce lo avverte l'editore nella .presentazione in sopracoperta quando testualmente dice che (in esso) � vi si parla di cose inconsuete, quali la predestinazione, la mitologia del potere, reazioni distruttive di psicologia sociale (dalla tutela della mediocrit� alla repressione dei talenti ed all'aborrimento delle cose nuove) l'anima della chiesa, della setta, del partito, �nalisi di parole e questioni di logica, retroscena pratici ed emotivi in filosofia ed in teologia, il contrappasso, misura del bene e del male, istinto e xepressione, peccato originale e colpa di essere nati, magia, rito, esorcismi, re, taumaturghi, misteri di salvezza, pitture del giudizio di oltre tomba �. Eppure, nonostante un'elencazione cosi ricca e varia delle cose trattate il libro � un'opera che sostanzialmente studia ed approfondisce i fenomeni normativi e le esperienze che vi sono connesse. Ma tali fenomeni e tali esperienze, lungi dall'essere oggettivate, staccate dalla loro matrice, sono constantemente riferite e riportate all'uomo, il quale finisce con l'essere il vexo oggetto dell'indagine -l'uomo come � tessitore di norme che impone a s�, agli altri, a Dio; l'uomo produttore e consumatore di regole giuridiche, legislatore, suddito, ribelle, penitente, guardiano, delatore, giudice, carnefice, vittima, spettatore; l'uomo con i suoi titoli di grandezza e di miseria: un grumo di materia capace di negare tutto il resto e di reinventarsi ad ogni passo, ma pi� spesso vittima della gravit� e quindi osservante ottuso, servizievole, e maligno �. � un libro di scienza ma 1'A. chiaramente si prefigge di far trarre ai suoi lettori conclusioni morali. I richiami, culturali, letterari, filosofici, antropologici, le associazioni di idee sono profuse a piene mani ma non si li.a mai l'impressione che siano estemporanee, sovtrabbondanti o fuori luogo. La confluenza nel volume di discipline diverse (teoria generale e filosofia del diritto, filosofia morale e teoretica, teologia, antropologia, scienze del linguaggio e del comportamento sociale, storia delle religioni e delle istituzioni politiche) non � causale ma consapevolmente voluta: risponde alla profonda convinzione del C. il quale fermamente rifiuta nella su� attivit� di giurista -�il metodo dello istologo, che stacca un frammento, lo esplora e ignora il resto �, cogliendo in tal modo della materia trattata solo una parte esigua -e nemmeno la pi-�. interessante e correndo il rischio di conclusioni arbitrarie. Opera, quindi, di vastissimo respiro dove alla ricerca delle forme primitive delle norme si occoppia l'indagine sugli atti, giudizi, apparati tecnici e sfondi emotivi che !I.a stessa parola �norma� evoca e suggerisce e dove categorie anche un tantino logore (come quella del �contratto sociale �) vengono riviste e rivisitate alla luce del Freud di Totem e tab� di Darwin, di Atkinson -per poter cogliere in una luce nuova i veri rapporti tra l'individuale e il sociale. Ed opera essenzialmente utile perch� diretta a sottrarre la scienza giuridica dell'isolamento in' cui � stata o si 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � ricacciata e volta a restituire all'uomo in quanto produttore e destinatario di norme quella preminenza nell'indagine che non pu� non spettargli, L. MAZZELLA ROEHRSSEN C., Governo, Legge, Politica, Giuffr� editore, Milano 1969, pagj. 252. Segnaliamo, sia pure con un certo ritardo rispetto alla sua data di pubblicazione, questo acuto studio del R. che, nel quadro della produzione scientifica pi� recente, e rappresenta certamente un contributo originale e stimolante. Come lucidamente osserva l'A., nella premessa, che si avvicina ai problemi del diritto e dello Stato, armato degli strumenti concettuali che pone a disposizione la scienza giuridica tradizionale, nc>n pu� non provare un senso di insoddisfazione, la sensazione sempre meno vaga, e incerta che una semplice ricostruzione di questo o q.el problema � di per s� inadeguata a rendere il giurista pago della sua fatica. Perch� � la sua stessa posizione di giurista che � poco chiara, cos� com'� equivoca la sua funzione di fronte all'oggetto della propria indagine. Manca !;individuazione esatta del punto di partenza che non pu� certamente essere astratto, che anzi non pu� essere che politico, comunque determinato da una situazione storica e da una scelta ad essa collegata, sia questa scelta cosciente o meno. Lungi dal voler fare opera di filosofi.a, il R. parte, per la sua indagine, da un concetto di diritto, quale si � venuto delineando nel mondo moderno, per vedere se una tale configurazione sia ancora adeguata o se essa debba essere ulteriormente approfondita da un giurista che voglia realmente comprendere la realt� contemporanea. Lo stesso metodo di ricerca presiede allo studio dei rapporti tra diritto e politica e della configurazione del potere esecutivo in questo ambito. L'indagine storica � limitata ai sistemi giuridi!!i del continente europeo occidentale: resta esclusa l'Inghilterra per le caratteristiche del tutto particolari del suo ordinamento; essa � altresi temporalmente circoscritta comprendendo soltanto l'et� moderna e contemporanea (a partire, cio�, grosso modo dall'et� dell'illuminismo). Analizzando il fenomeno che ha caratterizzato le comunit� statali del continente europeo occidentale in questo periodo, l'A. nota che �in queste societ�, sulla base di concrete strutture sociali, nonch� delle necessit� corrispondenti a queste strutture, il diritto si � venuto configurando in un certo modo; in un secondo tempo si � incominciato a prendere co'scienza del rapporto tra il diritto e le strutture sociali che lo hanno determinato, si � introdotto un metodo di carattere trascendentale nella considerazione del fenomeno giuridico; in tal modo la dottrina giuridica ha assunto un carattere, ha svolto una funzione ed ha prodotto un effetto ,profondamente mutati rispetto a quelli iniziali, ma sopratutto profondamente diversi rispetto a quelli contenuti nelle affermazioni di principio dei giuristi �. � In particolare -prosegue il R. -ha svolto, proprio per il suo preteso distacco, una :liunzione modificatrice delle strutture esistenti e sopratutto � stata, anche se molto spesso inconsciamente, un elemento di conservazione �. Molto acute ed incisive sono le osservazioni del R. sui rapporti tra la formazione della borghesia ed il prevalere del formalismo. Egli rileva che � al momento in cui la borghesia � sufficientemente forte e l'aristocrazia PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA sufficientemente debole, anzi priva di funzioni effettive, la borghesia si appropria del potere, configurandolo nella maniera che le � necessaria, cio� come potere legislativo �. In .questo evento i due elementi caratterizzanti sono dati, da una parte, dall'identificazione di una classe con la comunit� intera e dall'altra dall'affermazione del prevalere nel fenomeno giuridico. di quell'elemento che. a questa classe appare il pi� adatto ai propri bisogni ed alle proprie necessit�: la legge �. L'appropriazione del potere da parte della borghesia non pu�, d'altronde -secondo il R. -non riflettersi in una trasformazione degli strumenti di potere: ecco, pertanto, affermarsi l'e,sclusivit� della legge in quanto strumento per la creazione del diritto. In questa supremazia della legge si mescolano due esigenze: da un lato, quelllf democratica, dell'autolimitazione, da'll'altro quello di un diritto generale, tale da garantire l'eguaglianza. Dopo un'efficace disamina delle posizioni espresse dai pi� autorevoli rappresentanti della scienza giuridica classica -volta anche a dimostrare che la funzione di quest'ultima supera sempre i limiti della semplice interpretazione e ricostruzio~ sistematica -l'A. si sofferma sul positivismo giuridico e sulla costruzione Kelseniana, -quest'ultima riguardata con partic�lare attenzione anche in tema di :!;'apporti tra gli organi e la Nazione e nel pi� vasto quadro del fenomeno della riduzione della funzione di governo a funzione amministrativa. Un capitolo a parte � dedicato alla evoluzione dei partiti parlamentari ed extra-parlamentari; un ultimo chiude il volume approfondendo il concetto di Costituzione in senso materiale e quello di funzione di indirizzo politico. Senza volerci addentrare ulteriormente nell'analisi di questo volume, possiamo concludere che il risultato cui esso conduce il lettore � veramente notevole. L'A. .ci dimostra che concepire il diritto come una pura tecnica sociale e non come una filosofia della giustizia non � possibile senza voler nascondere la verit�. E la verit� � che il diritto, proprio in quanto tecnica dei centri di potere politico, risente delle concezioni di base che informano l'azione di questi centri; Solo per una decisione di base di carattere politico la scienza giuridica si � limitata nella sua funzione di riflessione e di approfondimento. Questa limitazione ora pu� e deve cadere. � merito del R. averlo evidenziato. Giurista avvisato, mezzo salvato. L. MAZZELLA PASCAP� G., Raccolta di giurisprudenza sulla edilizia popolare ed economica, Jovene, Napoli, 1970, pagg. 207. Questa raccolta ha come riferimento di base la giurisprudenza del foro di Napoli sulla complessa legislazione della edilizia economica e popolare. La scelta -che � poi il maggior limite del volume -troverebbe la sua ragion d'essere -secondo l'A. -nel fatto che le giurisdizioni di merito del Foro di Napoli sarebbero le pi� estesamente investite delle controversie in materia. L'elaborato � integrato da segnalazioni complementari e da un'appendice legislativa e bibliografica ed � altresi corredato da un triplice indice (analitico-alfabetico per argomento, cronologico della giurisprudenza, cronologico per articoli delle disposizioni legislative e regolamentari richiamate nelle sentenze e decisioni) particolarmente curato. L. M. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (*) Legge 15 ottobre 1971, n. 911 -Modifica l'art. 1751 del� codice civile (G. u. rn novembre 1971, n. 288). legge 3 novembre 1971, n. 1059 -Estende l'applicazione dei benefici fiscali di cui alla leg�ge 6 agosto 1954, n. 604 e successive integrazioni e modificazioni aila compravendita tra iparenti fino al terzo grado (G. U. 17 dicembre 1971, n. 318). legge 23 �novembre 1971, n. 1047 -Proroga i termini iper la dichiarazione d!i paternit� e modifica l'art. 274 del codice civile (G. U. 16 dicembre 1971, n. jH7). legge 25 novembre 1971, n. 1041 ,-Disciplina le �gestioni :fuori bilancio nell'ambito delle Amministrazioni dello Stato (G. U. 15 dicembre 1971; n. 316). legge 6 dic:embre 1971, n. 1034 -Istituisce i tribunali amministrativi regionali, prevedendone le competenze, la composizione, con le i'elativ.e norme di procedura (G. U. 13 dicembre 1971, :n. 314). legge 6 dlc:embre 19�71, n. 1065 -Revisiona �l'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta (G. U. 17 dicembre 1971, n. 318). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (**) NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codlc:e di .proc:edura penale, art. 515 (Cognizione del giudice di appello. Appetto incidentale del pubblico ministero), quarto c:omma. Sentenza 17 :novembre 1971, n. 177, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanze di rimessione 28 gennaio 1970 della corte di appello di Genova (G. U. 1 � aprile 1970, n. 82), 25 febbraio 1970 e 11 marzo 1970 del tribunale di Lecce (G. U. 3 1giugno 1970, n. 136 e 10 giugno 1970, n. 143), 24 aprile 1970 del tribunale di Venezia (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), e 13 novembre 1970 della corte .di appello di Genova (G. U. 10 :febbraio 1971, n. 35). (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. � ( � �) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le quesrtioni di legittimit� costituzionale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 223 r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590 (Nuove disposizioni sulle pensioni del personale dell'amministrazione delle ferrovie dello Stato), art. 9, ultimo comma. Sentenza 16 dicembre 1971, n. 203, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 8 luglio 1969 del tribunale di Catanzaro, G. U. 25 marzo 1970, n. 76 . .. legge 21 ottobre 1950, n. 841 (Norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadfai.i), art. 9, quarto comma, limitatamente alle pa_role � senza alcun indennizzo �. Sentenza 16 dicembre 1971, n. 200, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 4 ma�rzo 1969 della quinta .sezione del Consiglio di Stato, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sost;anze alimentari e delle bevande), art. 1, terzo comma, limitatamente alla parte in cui esclude l'obbligo della comunicazione dell'esito dell'analisi anche a quei soggetti che in base agli atti di polizia giudiziaria gi� �Compiuti risultino indiziati di reato (339). Sentenza 17 novembre 1971, n. 179, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di rimessione 7 novembre 1969 del pretore di Bitonto, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 2162 (Efficacia pro�batoria del libretto colonico), in relazione all'art. 2152 del codice civile (artt. 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1971, n. 198, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 31 ottobre 1969 del tribunale di Spol�to, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. codice di procedura civile, art. 101 (Compairizione persoinale delle parti), primo comma, nella parte in cui vieta ai coniugi comparsi (339) L'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi escludeva l'applicazione degii artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 224 per~onalmente davanti al presidente del tribunale, per essere sentiti prima separatamente e poi congiuntamente e per il tentativo di conciliazione, di essere assistiti dai rispettivi difensori (art. 24 della Costituzione) (340). Sentenza 16 dicembre 1971, n. 201, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 2 febbraio 1971 del tribunale di Napoli, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. 1� codice di procedura penale, art. 106 (Esercizio dell'azione civiie e obbligo della testimonianza) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 novembre 1971, n. 190, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanze di rimessione 9 dicembre 1969 del pretore di Iseo (G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 4 dicembre 1970 del tribunale di Bergamo (G. U. 7 aPfile 1971, n. 87). codice di pl'ocedura penale, art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non puni.bilit�), secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione) (341). Sentenza 16 dicembre 1971, n. 202, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 3 ma.g.gio 1971 del tribunale di Taranto, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. c;odice� di procedura penale, art. 350 (Diritto dei prossimi congiunti di astenersi cl.al testimoniaJl�e), secondo comma, art. 408 (Notificazione del decreto di citaz.ione davanti al tribunale), secondo comma, art. 447 (Interrogatorio delle parti private. diverse daLl'�imputJato), art. 448 (Esame dei testimooi), e art. 449 (Giu:ramento dei testimoni) (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (342). Sentenza 30 novembre 1971, n. 190, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 9 dicembre 1969 del ;pretore di Iseo, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. d.lg. 9 aprile 1948, n. 4l7 (Proroga dei termini di demdenza in conseguenza del mancato funzionamento degli uffici giudiziari), ratificato con legge 10 febbraio 1953, n. 73, artt. 1, ultima parte e 2, nei sensi della .(340) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale, ed in caso di mancata conciliazione, � inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. (341) Analoga questione � stata dichiarata non fondata, ai sensi di cui in motivazione, con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. (342) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 449 del codice di procedura penale � stata dichiarata non fondata con sentenza 13 luglio 1960, n. 58. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 225 motivazione (artt. 87, quinto comma, 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Senten~a 30 novembre 1971, n. 191, G . .U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1969 del tribunale di Napoli, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. legge reg. sic. 9 maggto 1969, n. 14 (Elezioni dei Consigli del/,e Amministrazioni straordinarie delle provincie siciliane), art. 7, n. 4 (art. 51, primo comma, della Costituzio~e). Sentenza 30 novembre 1971, n. 189, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 4 dicembre 1970 della corte di appello di Palermo, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 2751 (Credit.i per spese funebri, d'infermit�, alimenti, rebribuzicmi), n. 5, in quanto limita il ,privilegio del professionista .e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale alle retribuzioni dovute per l'ultimo anno (artt.. 1, 35 e 3 della Costituzione) (343). Tl'ibunale di Milano, ordinanza 24 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. codice di procedura civile, art. 705 (Divieto di proporre giudizio petitorio), in quanto impedisce al convenuto di far valere il proprio dwitto di propriet� sulla cosa fino alla definizione del giudizio poi;sessorio (artt. 42, secondo comma, 3 e 24, 1primo comma, della Costituzione). Pretore di S. Elpidio a Mare, ordinanza 20 agosto 1971, G. U. 9 .dicembre 1971, n. 311. codice di procedura civile, disp. att., art. 58, in quanto prevede la facolt�, e non l'obbligo, di eseguire la notifica o comunicazione presso ' la canc~eria (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Bitonto, ordinanza 9 aiprile 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. codice penale, art. 102 (Abitualit� presunta della legge), art. 103 (Abitualit� ritenuta dal giudice), art. 105 (Professionalit� nel reato), (343) Questione gi� proposta dalla stessa autorit� giudiziaria (ordinanza 29 ottobre 1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163). / 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO art. 109 (Effetti della dichiarazione di abitualit�, professionalit� o tendenza a delinquere), art. 204 (Accertiamento di pericotositd. Pericolosit� sociale presunta), .primo e secondo comma, art. 216 (Assegnazione a una cotonia agricola o ad una casa di lavOll'o), nn. 1 e 2 e art. 217 (Durata minima), in quanto consentono il cumulo tra pene e misure di sicurezza e determinano le misure di sieurezza senza alcun riferimento alla gravit� oggettiva del nuovo reato commesso (artt. 3, 25, secondo e terzo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione) ~~-. Pretore di Livorno, ordinanze 22 aprile 1971 e 6 maggio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva) e art. 138 (Pena e carceri;iziooe preventiva per reati com71'1'essi all'estero), in quanto escludono il periodo di carcerazione preventiva sofferta all'estero dal computo della carcerazio.Qe �preventiva sofferta nello Stato per lo stesso reato (artt. 2, 3, e 13 della Costituzione) (345). Sezione istruttoria della corte di appello di Palermo, ordinanza 21 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice 'enale, art. 204 (Accertamento di perico.ZOsit�. Pericolosit� sociale presunta), secondo comma, e art. 222 (Ricovero in un ma1liicomio giudiziario), in quanto pongono una prevenzione assoluta di pericolosit�, equiparando pericolosi effettivi e pericolosi solo presunti e consentendo ii1 ricovero in manicomio di inimputabili oggettivamente non pericolosi (artt. 2, 3, primo e secondo comma, 25, 27 e 32 della Costituzione) (346). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 8 gennaio G. U. 17 novembre 1971, n. 290. Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice penale, art. 208 (Riesame della pericolosit�), in quanto l'esecuzione della revoca della misura di sicurezza � condizionata al man (344) Cfr. sentenze 10 marzo 1966, n. 19, 9 giugno 1967, n. 68 e 20 gennaio 1971, n. 1, della Corte costituzionale. (345) Differente .questione di legittimit� costituzionale dell'art. 137 del codice penale � stata dichiarata manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 13 e 27 �della Costituzione e con richiamo alla sentenza 16 giugno 1970, n. 96, con � ordinanza 2 febbraio 1971, n. 16. (346) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, 27, secondo comma, e 32 della Costituzione, con sentenza 9 giugno 1967, n. 68 e riproposta, per il primo comma dell'art. 222, ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione, anche dal pretore di Tolmezzo (ordinanza 16 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 22'1 ca.to ricorso del pubblico ministero ed � sospesa a seguito della proposizione di tale ricorso (artt. 3, 13, 102 e 112 della Costituzione) (347). Pretore di Livorno, ordinanza 22 aprile 1971, G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304. codice penale, art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziario), in quanto predetermina il periodo di ricovero obbligatorio in manicomio giudiziario con un minimo di due anni (art. 3 della Costituzi�ne). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto prevede a tutela del �pubblico ufficiale una sanzione pi� g�rave di quella prevista, a tutela degli altri cittadirui, dall'art. 594 del codice penale (artt. 1, 3 primo e �secondo comma, 28, 35, 54, 97 e 98 .della Costituzione) (348). � Pretore di Carpi, ordinanza 22 1giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 25 giugno 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304 (artt. 1, 3, 28, 35, 54, 97 e 98 della Costituzione). codice penale, art. 589 (Omicidio colposo) e art. 42 (Responsabiiit� per dolo o per colpa o per delitto preterintenzicmale. Respomsabilit� obiettiva), in quanto consentono che nella valutazione della colpa professionaie il giudice attribuisca rilevanza penale a gradi di colpa di tipo particolare, autorizzando di�scriminazioni correlate alla professione esercitata dagli imputati (a�rt. 3 della Costituzione). Tdhunale di Varese, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. codice penale, art. 666 (Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza), in quanto prescrive la licenza del questore anche per detenere e far funzionare in un bar un solo elettrogran1mofono a gettone (art. 41 della Costituzione) (349). Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. (347) Questione proposta con la stessa ordinanza anche per gli artt. 642, "646 e 647 del codice di procedura penale e gi� proposta, per gli artt. 642, secondo comma, e 646 del codice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale !ii Pisa (ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). (348) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, e gi� riproposta da numerose autorit� giudiziarie (V. retro, note 295, 171 e 69). (349) L'art. 666 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 15 aprile 1970, n. 56, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi. in luoghi 'aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, ~ccorre la licenza del questore. 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 718 (Esercizio di giuochi d'azzardo) e art. 720 (Partecipazione a giuochi d'azzardo), ~n quanto punisce lo svolgimento di attivit� consentite invece nei casin� autorizzati (art. 3 della Costituzione) (350). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 27 maggio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 19 (Questioni di stato personate pregiu�iziaLi a un giudizio penale), e art. 21 (Autorit� det giudicato che decide la questione pregiudA.ziate, civile o amministrativa), in quanto vincolano U giudiice penale ad un .presupposto-(status di tmprenditore) contenuto in sentenza resa senza la .garanzia di adeguato contraddittorio (art. 24, secondo comma, dell� Costituzione). Pretore di Mantova, ordinanza 2 luglio 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. codice di procedura penale, art. 27 (Autorit� del giudicato penate nel giudizio di danno), in quanto estende gli effetti del giudicato penale anche al responsabile civile rimasto estraneo al giudizio (art.. 24 della Costituzione) (351). Corte di cassazione, ordinanza 27 aprile 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. Tribunale di Napoli, ordinanza 9 giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura� penale, art. 74 (Esercizio deti'azione penate da parte dei pubblico ministero o det pretore), e art. 398 (Poteri del pretO'l" e nei procedimento con 1-struzione sommaria), in quanto consentono al pretore di esercita.re l'azione penale, di istruire il relativo procedimento e di pronunziarsi in sede istruttoria sull'azione penale da lui stesso �promossa (artt. 3 e 24 della Costituzione) (352). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 .giu~no 1971, G. U. 17 r:iovembre 1971, n. 290. codice di� procedura penale, art. 93 (Dichiarazione�costitutiva di parte civile), secondo comma, e art. 94 (Formalit� detta costituzione di parte (350) Questione gi� proposta dal pretore di Cingoli (ordinanza 29 novembre 1969, G. U. 11 marzo 1970, n. 64). La stessa questione, ma in senso opposto, �:� stata proposta, per l'art. 1, primo comma, del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertito con legge 27 dicembre 1928, n. 3125, dalla quinta sezione del Consiglio di Stato (ordinanza 10 giugno 1969, G. U. 26 novembre 1969, n. 299). (351) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 22 marzo 1971, n. 55. (352) Questione gi� dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, primo e quarto comma, 108 e 'i12 della Costituzione, con sentenze 24 maggio 1967, n. 61 e 9 luglio 1970, n. 123. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 22'1 ca.to ricorso del pubblico ministero ed � sospesa a seguito della propos.izione di tale ricorso (artt. 3, 13, 102 e 112 della Costituzione) (347). Pretore di Livorno, ordinanza 22 aprile 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. codice penale, art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziario), in quanto predetennina il periodo di ricovero obbligatorio in manicomio giudiziario con un minimo di due anni (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto prevede a tutela del pubblico ufficiale una sanzione pi� grave di quella prevista, a tutela degli altri cittadin~, dall'art. 594 del codice penale (artt. 1, 3 primo e �secondo comma, 28, 35, 54, 97 e 98 .della Costituzione) (348). � Pretore di Carpi, ordinanza 22 �giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 25 giugno 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304 (artt. 1, 3, 28, 35, 54, 97 e 98 della Costituzione). codice penale, art. 589 (Omicidio colposo) e art. 42 (Responsab.Uitd per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilit�, obiettiva), in quanto consentono che nella valutazione della colpa professionaie il giudice attribuisca rilevanza penale a gradi di colpa di tipo particolare, autorizzando discriminazioni correlate alla professione esercitata dagli imputati (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Varese, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. codice penale, art. 666 (Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza), in quanto rprescrive la licenza del questore anche per detenere e far funzionare in un bar un solo elettrograrrlmofono a gettone (art. 41 della Costituzione) (349). Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. (347) Questione proposta con la stessa ordinanza anche per gli artt. 642, 0646 e 647 del codice di procedura penale e gi� proposta, per gli artt. 642, secondo comma, e 646 del codice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale lii Pisa (ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). (348) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, e gi� riproposta da numerose autorit� giudiziarie (V. retro, note 295, 171 e 69). (349) L'art. 666 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 15 aprile 1970, n. 56, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi. in luoghi 'aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, -;iccorre la licenza del questore. 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esclusivo da un giudizio di (probabile) colpevolezza e con irragionevole riferimento a massimi edittali di pena' indiscriminati (artt. 3, primo comma, e 27, ultimo comma, della Costituzione) (359). Giuddce istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 22 marzo 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), modificato dal d.I. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito con legge 18 marzo 1971, n. 62, in quanto non consente al difensore dell'imputato di assistere nella fase istruttoria allo svolgimento dell:a prova testimoniale (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (360). Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 13 maggio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. Pretore di Stigliaho, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), modificato dal d.I. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito con legge 18 marzo 1971, n. 62, in quanto non consente al difensore dell'imiputato di intervenire al confronto tra i testimoni e l'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (361). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 12 agosto 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 394 (Validit� degl.i atti della istll"Uzione sommaria nel caso di trasformazione in istruzione formale), in quanto consente di considerare vaH!ii gli atti dell'istruttoria sommaria I anche quando tale istruttoria sia stata scelta al di fuori dei casi stabiliti t dall'art. 289 del codice di procedura penale (art. 25 della Costituzione). I Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 13 maggio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. I (359) Q..estione proposta dalla stessa autorit� giudiziaria, per l'art. 253, anche con ordinanza 24 marzo 1971 (G. U. 14 luglio 1971, n. 177). L'art. 253 del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 maggio 1970, n. 64, nella parte in cui escludeva l'obbligo della motivazione in ordine alla sussistenza di sufficienti indizi di colpevolezza. Con la stessa sentenza � stata invece dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 27 e 111 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 277, secondo comma, del codice di procedura penale. Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. 255 del codice di procedura penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 11 maggio 1971, n. 100. Per altre questioni sull'istituto della cattura obbligatoria v. retro, nota 324. (360) Questione gi� proposta. V. retro, note 308, 255 e 59. (361) Per analoghe questioni gi� proposte v. retro, note 308, 255 e 59. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 231 codice di procedura penale, libro terzo, titolo I, titolo Il, capi I, Il e lii (artt. 405�496), nella parte in cui conferiscono al pretore il potere di emettere il decreto di citazione, di dirigere il dibattimento e di emettere la conseguente sentenza per fatti reato su cui egli stesso ha promosso l'azione penale ed ha esercitato funzioni di istruttore (a�rtt. 3 e 24 della Costituzione) (362). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 .giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. � codice di procedura penale, art. 466 (Lettura di rapporti, referti, denunce, querele e altri atti), in quanto consente la lettura in dibattimento del rapporto giudiziario anche nelle parti lesive della dignit� dell'imputato (artt. 2, 3, primo comma, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Fornovo Taro, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. ' codice di procedura penale, art. 489 (Disposizioni della sentenza di coodanna relativa ai ~danni), in quanto non consente l'ap;plicazione anche in sede penale, ai soli effetti cd.vili, della presunzione di colp;a stabilita dall'art. 2054 del codice civile e subordina l'esecuzione dei provvedimenti civili, a differenza di quanto consentito da1gli artt. 282, 283 e 373 del codice di procedura civile, al passaggio in giudicato della sentenza (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 13 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 642 (Effetti dei ricorsi e sanzicmi disciplinari), art. 646 (Revoca delle misure di sicurezza), e art. 647 (Riesame dello stato di pericolosit�), in quanto prevedono l'inefficacia della revoca 'della mi�sura di sicurezza prima della scadenza del termine previsto per l'impugnazione del pubblico ministero ed attribuiscono a tale impugnazione efficacia sospensiva della revoca (artt. 3, 13, 102 e 112 della Costituzione) (363). Pretore di Livorno, or�inanza 22 aprile 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 373, in quanto stabilisce per l'esercizio dei diritti derivanti dal contratto di (362) Questione gi� dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 9 luglio 1970, n. 123. (363) Questione gi� proposta, per gli artt. 242, secondo comma, e 246 del co-, dice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale di Pisa (ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a.rruolaril.ento un termine di prescrizione minore di quello previsto dall'art. 2948, n. 5 del codice civile per gli altri rapporti di lavoro (artt. 3, 4 e 35 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 30 giugno 1971, G. U. 24 nove: rpbre 1971, n. 297. codice della navigazione (R.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1317, che modifica l'art. 6 bis, quarto comma, della legge 12 febbraio 1903, n. 50 1 (introdotto con l'art. 1, punto IX, �comma quarto, del r.d.1. 28 dicembre 1924, n. 2285, convertito con leg.ge 22 dicembre 1927, n. 2637), in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali� al presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, .ordinanza 6 settembre 1971, G. U. 1� dicembre 19'71, n. 304. legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Disciplina delle espropriazioni forzate per pubblica utilit�) art. 46, terzo comma, in quanto esclude ogni indennizzo per le servit� stabilite da leggi speciali (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione) (364). Corte di appello di Genova, ordinanza 18 giugno 1971, �;. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge 4 marzo 1877, n. 3706 (Legge suUa pesca), art. 16, in quanto consente il permanere dei diritti esclusivi di pesca (artt. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 4 marzo 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 12 febbraio 1903, n. 50 (Legge per la costituzione di un consorzio autonomo per L'esecuzione delle opere e per L'eserrcizio del porto di Genova), art. 6 bis, quarto e quinto comma (a.g.giunto con l'art. 1, punto IX, quarto e quinto comma, del d.1. 28 dicembre 1924, n. 2285, convertito con legge 22 dicembre 1927, n. 2637, e modificato dall'art. 1317 del codice della navigazione), in quanto attribuisce funzioni giurisdiz: ionali al presidente del Consorzio autonomo del .porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Presidente �del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 6 settembre 1971, G. U. �";, dicembre 1971, n. 304. (364) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 giugno 1971, n. 133. PARTE II, RASSEGNA DI LEGI~LAZIONE 233 r.d.I, 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il peirsonale addetto. ai pubbHci servizi di trasporto in concessione), artt. 21, 26 e 31, in quanto prevedono il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalila cadenza settimanale (art. 36, ultimo comma, della Costituzione) (365). Corte di arppello di Genova, ordinanze 31 maggio 1971 e 21 giugno 1971 (complessivamente undici), G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304 e 9 dicembre 1971, n. 311. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3276 (Leggi. dei diritti erariali sugli spettacoli), art. 14, riprodotto nell'art. 11 del r.d. 2 ottobre 1924, n. 1589, in quanto condiziona il rilascio della licenza di pubblica sicurezza per un solo juke-box in un bar al preventivo pagamento dei diritti erariali (artt. 2-7, primo e secondo comma, 113, 24, primo comma, e 3, primo e secondo comma, della Costituzione) (366). Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. r.d. 2 ottobre 1924, n. 1589 (Esazione dei diritti erariali sui cinematografi, a mezzo della societd italiana degli autori), art. 11, che riproduce l'art. 14 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3276, in quanto condiziona il rilascio della licenZ� di pubblica sicurezza ai prevenrtivo pagamento dei diritti erariali (artt. 97, primo e secondo comma, 113, 24, primo comma, e 3, iprimo e secondo comma, della Costituzione) (367). Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. r.d.I. 28 dicembre 1924, n. 2285 (Modificazioni alla legge istitutiv.a del Consorzio autonomo del pMto di Genova), convertito con legge 22 dicembre 1927, n. 2637, art. 1, punto IX, quarto e quinto comma (che aggiunge l'art. 6 bis, quarto e quinto eomma, alla legge 12 febl;>raio 1903, n.50, modificato dall'art. 1317 del codice della navigazione), in quanto attribuisce funzioni .giurisdizionali al presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Prei;idente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 6 settembre 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. (365) L'art. 21 delle disposizioni annesse al r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, modificato dal r.d.l. 2 dicembre 1923, n. 2682, � stato dichiarato incostituzionale, per il sopra indicato motivo, con sentenza� 30 giugno 1971, n. 146. (366) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 6 febbraio 1969, n. 9. (,367) Cfr. sentenza 6 febbraio 1969. n. 9 della Corte costituzionale. 234 RASSEGNA pELL'AVVOCATURA DELLO STATO .J.e9ge... 25. novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato), in quanto istitutiva di un gdudice speciale, oltretutto privo dei requisiti dell'autonomia e dell'imparzia\lit� (artt. 101, 102, primo e secondo c6mma, e 104, primo comma, della Costituzione) (368). Corte di appello di Genova, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. r.d. 12 dicembre 1926, n. 2062 (Norme per l'attuazione della legge 25 novembre 1926, n. 2008, su.i provvedimenti per la difesa dello StJato), in quanto relativo alla istituzione di un giudice speciale, oltretutto privo dei requisiti dell'autonomia e dell'imparzialit� (artt. 101, 102, primo e secondo comma, e 104, primo comma, della Costituzione) (368). Corte di appello di Genova, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304. legge 22 dicembre, 1927, n. 2637 (Conversione in legge del decretotegge 28 dicembre 1924, n. 2285, recante modificazioni alla legge istitutiva del Consorzio autonomo del porto di Genova), nella parte in eui converte In legge l'art. 1, punto IX, quarto e quinto comma, del r.d.l. 28 dicembre 1924, n. 2285 (che a�ggiunge l'art. 6 bis, quarto e quinto comma, alla Ieg.ge 12 feb\lraio 1903, n. 50, modificato dall'art. 1317 del codice della nai:v1gazione), in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali al presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 6 settembre 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. r.d. 26 febbraio 1928, n. 619 (Testo unico delle disposizioni legislative riguardanti l'Opera di previdenza istituita a favore dei personali civile e militJare dello StJato e dei loro superstiti, annministrata dalla Direzione generale della Cassa deposibi e prestiti e degli Istituti di previdenza), art. 48, primo comma, in quanto condiziona il diritto all'indennit� di buonuscita, diversa dall'indennit� una tantum, al conseguimento del diritto alla pensione (artt. 3 .e 36 della Costituzione) (369). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 20 ottobre 1970, G. U. 22 'dicembre 197i, n. 323. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubbl.ica sicurezza), art+. 68 e 69, in quanto prescrivono la licenza del questore anche (368) Analoga questione, proposta in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e titolo IV della Costituzione, � stata dichiarata inammissibile con sentenza 17 febbraio 1971, an � (369) Analoga questione � stata proposta, dalla quarta sezione del Consiglio di Stato, per l'art. 5, secondo comma, della legge 27 novembre 1956, n. 1407 (ordinanza 30 marzo 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE per detenere e far funzionare in un bar un solo elettrogrammofono a gettone (art. 41 della Costituzione) (370). Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica.,sicurezza), art. 72, in quanto condiziona il rilascio della licenza di pubblica sicurezza per un solo juke-box in un bar al preventivo pa.gamento dei diritti d'autore (artt. 97, primo e secondo comma, 113., 24, primo comma, e 3, �primo e secondo comma, della Costituzione) (371). Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 8 ottobre 1931, n. 1604 (Testo unico delle leggi sulla pesca), art. 26, in quanto consente il permanere dei dir.itti esclusivi di pesca (art. 3 della Costituzione).. Tribunale di Milano, ordinanza 4 marzo 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 22 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e settimanale), e successive modificazioni, artt. 13 e 14, in quanto disciplinano il riposo settimanale degli addetti alle aziende �giornalistiche in modo da impedire la pubblicazione di g.iornali e quotidiani nel pomerh~gio della domenica e nella mattinata del lunedi (artt. 21, primo e secondo comma, 3 e 41 della Costituzione); artt. 22, 23, 24, 25 e 26, in quanto impediscono la pubblicazione; a mezzo di quotidiani, di not�Zie e commenti nella mattinata di Junedi, consentita invece alle imprese di trasmissioni radiofoniche ed alla stampa sportiva (artt. 3 e 41 della Costituzione); art. 28, secondo e terzo comma, in quanto consente il sequestro di �pubblicazioni anche in ipotesi diverse da quelle stabilite dalla Costituzione (a�rt. 21, terzo .comma, della Costituzione) (372). Pretore di Milano, oniinanza 6 agosto 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. (370) L'art. 68 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 � stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico senza la licenza del questore (sentenza 12 dicembre 1967, n. 142), e nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriale, occorre la licenza del questore (sentenza 15 aprile 1970, n. 56). (371) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 6 febbraio 1969, n. 9 e gi� fiproposta dallo stesso pretore con ordinanza 2 dicembre 1970 (G. U. '12 maggio 1971, n. 119). (372) Questioni gi� proposte dal pretore di Trieste (ordinanza 30 novembre 1970, G. U. 19 febbraio 1971, n. 42), dal pretore di Bari (ordinanza 31 dicembre 1970, G. U. 21 �aprile 1971, n. 99), dal pretore di Bologna (ordinanza 18 marzo 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151), e del pretore di Napoli (ordinanza 5 aprile 1971, G. U. 7 luglio 1971, n. 170). 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 16. gennaio 1936, n. 801 (Testo unico deUe dispo�sizi<Yni legislative riguardanti la costituzione di un Consorzio autoinomo per l'esecuzione deUe opere e per l'esercizio del por1Jo di Genova), art. 7, sesto e settimo comma, in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali al presidente del Con8orzio autonomo del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 6 settembre �1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. r.d.I. 19 ottobre 1938, n. 1930 (recte: n. 1933) (Riforma delle leggi sul lotto pubblico), conv�rtito con legge 5 giugno 1939, n. 973, art. 86, terzo comma, in quanto contempla una ipotesi di peculato che prescinde dalla ricorrenza degli elementi richiesti, per la giuridica esistenza del reato, dall'art. 314 del codice penale (art. 3, primo comma, della Costituzione). � Tribunale di Siracusa, ordinanza 18 giugno 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n._ 311. r.d. 30 gennqio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 34 e 38, in quanto condizionano l'esercizio dell'azione penale alle dh'ettive del pretore dirigente (artt. 3, 25, 101 e 107 della Costituzione) (373). Pretore di Roma, ordinanze 5 e 14 giugno 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304 e 24 novembre 1971, n. 297. r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile), art. 58, in quanto prevede la facolt�, e non l'obbUgo, di �seguire la notifica o comunicazione presso la cancelleria (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di B~tonto, �ordinanza 9 aprile 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. r.d. �16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del ccmcordato preventivo, delt'ammitnistrazione cointrollata e della liquidazioine coatta amministrativa), art. 22, ultimo c�omma, in quanto vincola il tr.i!bunale alla .emanazione di sentenza dichiarativa di fallimento sul solo presupposto che la corte di appello abbia accolto il reclamo e senza consentirgli alcuna indagine di fatto o di diritto (artt. 101, ultima parte, e 3 della Costituzione) (374). Tribunale di Napoli, ordinanze 12 mag�gio 1971 (diciassette), G. U. 17 novembre 1971, n. 220. (373) Cfr. sentenza 3 giugno 1970, n. 80 della Corte costituzionale. (374) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 24,-secondo comma, della Costituzione, con sentenza 22 giugno 1971, n. 142. PARTE. II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 237 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controUata e deUa liquidazione coatta amministrativa), art. 162, secondo comma, in quanto non prevede l'obbUgo del tribunale di disporr~ la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio iprima che si provveda sulla dichiarazione di fallimento (a�rt. 24, secondo comma, della Costituzione) (375). Corte di appello di Milano, ordinanza 20 aprile 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 217, .prima parte e primo capoverso, in quanto prevede come elemento costitutivo del reato la sentenza dichiarativa di fallimento, alla cui data risulta quindi necessariamente correlata l'applicabilit� o no del provvedimento di amnistia (art. 3, primo comma, della Costituzione) (376). . � Pretore di Verona, ordinanza 24 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Pretore di Mantova, ordinanza 2 luglio 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Pretore di Napoli, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. legge 17 luglio 1942, n. 907 (Legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi), modificata dalla legge 3� gennaio 1951, n. 27, art. 45 e seguenti, in quanto :puniscono la preparazione, l'introduzione in Italia e la vendita del tabacco, riservandone allo Stato il monopolio per finalit� solo fiscali (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 luglio 1971, G. U. 24 novembre � 1971, 'n. 297. d.lg.lgt. '5 ottobre 1944, n. 316 (Norme per la speciale revisione del.le sentenze di condanna emesse dal Tribunale speciale per la difesa �eLlo Stato soppresso con r.�.Z. 29 1.uglio 1943, n. 668), in quanto conserva gli effetti delle sentenze emanate dal soppresso tribunale speciale in (.375) Analoga questione � stata gi� proposta dal tribunale di Palermo (ordinanza 16 aprile 1970, G. U. 2 settembre 1970, n. 222). V. sentenza 16 luglio 1970, n. 141 della Corte costituzionale. (376) Questione gi� proposta dal pretore di Siracusa (ordinanza 11 marzo 1971, G. u. 30 giugno 1971, n. 163). Differente questione di legittimit� costituzionale dell'�rt. 217 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 � stata dichiarata non fondata, in rlferimento all'art. 76 della Costituzione, con sentenza 7 giugno 1962, n. 47. Altra questione � stata proposta dal pretore di Voghera (ordinanza 23 aprile 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235). 238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO materia di reati non politici (artt. 101, 102, primo e secondo comma. e 104, iprimo comma, della Costituzione) (377). Corte di aippello di,Ancona, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. d.lg. 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato), art. 9, quarto comma, in quanto esclude il diritto del dipendente ad un'indennit� proporzionale agli anni di servizio in ipotesi di licenziamento �Per colpa o di dimissioni volontarie (art. 36 della Costituzione) (378). Consiglio �di Stato, quarta sezione, ordinanza 19 febbraio 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. d.lg.C.P.S. 15 settembre 1947, n. 896 (Nuove disposizioni .Per la discipLina dei prezzi), art. 1S. in quanto impone la emissione obbligatoria del mandato di cattura anche �per i"eati, quali quelli previsti dall'articolo 14, terzo comma, dello stesso decreto, sanzionati solo con la multa (artt. 3 e 13 della Costituzione) (379). Pretore di Macerata, ordinanze 30 luglio 1971, 11 agosto 1971, e 25 agosto 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297 e 9 dicembre 1971, n. 311. d.lg.C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417 (DiscipLina deU.e pubbliche affissio; ni e detta pubblicit� affine), in quanto assog.getta ad imposta comunale anche la pubblicit� non avente scopo commerciale (art. 21, prima parte, e 53 della Costituzione) (380). Pretore di Roma, ordinanza 8 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 290. � d.lg.C.P.S. 17 dicembre 1947, n. 1599 (Istituzione delta Scuola popolare contro i'a114lfabetismo), art. 4, ratificato e 'modificato dall'art. 4 (recte: umco) della legge 16 aprile 1953, n. 326, in quanto prevede che la nomina degli insegnanti, nel caso di scuole organizzate da enti (377) Analoga questione. proposta con riferimento agli artt. 3, 24, 25 e titolo IV della Costituzione, � stata di�hiarata inammissibile con sentenza 17 febbraio 1971. n. 17. (378) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 27 giugno 1968, n. 75. (379) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 24 della Costituzione, dal pretore di Cingoli (ordinanza 10 maggio 1971, G. U. 21 luglio 1971, n. 184). La questione di legittimit� costituzionale del d.lg.C.P.S. 15 settembre 1947, n. 896 � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 41, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 8 luglio 1957, n. 103. (380) Questione proposta, con la stessa ordinanza, anche per la legge 5 luglio 1961, n. 641. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 239 o da �associazioni con oneri a loro totale carico o a carico dello Stato, ha luogo su proposta e d'intesa con gli enti e le associazioni interessate (artt. 3,. 4 e 33 della Costituzione) (381). Pretore di Nicosia, ordinanza 23 novembre 1970, G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304. d.lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denuncia di stranieri o apoZidi), ed in particolare art. 1, in quanto consente la pena dell'arresto e il raddO!PPio della misura �della �pena stabilita dall'art. 665, ultimo comma, del codice penale solo in ragione della condizione di straniero della persona ospitata (a:rtt. 3 e 10 della Costituzione) (382). Pretore di Mantova, ordinanza 30 giugno 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e .sublocazioni di immobili urbani}, art. 47, in quanto non prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304. legge 16 febbraio 1952, n .. 58 (Conversione in legge del decreto-legge 21 dicembre 1951, n. 1356, concernente norme in materia di locazione e sublocazione di immobili urbani e di vincolo alberghiero), in quanto non prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza �22 luglio 1971, G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304. legge 16 aprile 1953, n. 326 (Ratifica, con modificaiioni, del decreto legislativo 17 dicembre 1947, n. 1599, concernente l'istituzione della scuola popolare contro l'analfabetismo), art. 4 (recte: unico), nella parte in cui ratifica, con modificazioni, l'art. 4 del d.lg.C.iP.S. 17 dicembre 1947, n. 1599, che prevede la nomina degli insegnanti. nel caso di scuole organizzate da enti o da associazioni con oneri a loro (381) Questione gi� dichiarata non fondata, come � ricordato anche nell'ordinanza di rimessione, con sentenza 28 aprile 1970, n. 62. (382) Questione dichiarata non fondata, in riferimento. all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 26 giugno 1969, n. 104, e gi� riproposta, sempre in riferimento all'art. '3 della Costituzione, dal pretore di Massa (ordinanza 26 febbraio 1971, G. U. 7 luglio 1971, n. 170). Differente ma analoga questione �� stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 16, primo comma, 17, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione, cmi sentenza 16 luglio 1970, n. 144. 21 240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO totale carico o a carico dello Stato, ha luogo su proposta e d'intesa con �gli enti e le associazioni interessate (artt. 3, 4 e 33 della Costituzione) (383). Pretore di Nicosia, ordinanza 23 novembre 1970, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 (Nuove normJ sull'imposta di pubblicit�), art. 4 della tariffa ali. A, in quanto impone il pagamento della imposta di pubblicit� rper l'uso di tabelle e tal"ghe a prescindere dalla effettiva utilizzazione di tali tabelle e targhe (art. 3, primo comma, della Costituzione) (384). Tribunale d� Torino, ordinanza 11 giugno 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. legge 1� maggio 1955, n. 368 (Norme in materia d� focazion.e e subfocazione di immobili urbani), art. 5, in quanto non prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra glii Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932 (Norme di attuazioine � di coardinamento deita legge 18 giugno 1955, n. 517, c01ieernente modificazioni al codice di procedura penale), art. 6, in quanto impone al giudice di appello, dichiarata la nullit� della sentenza istruttoria impugnata ai sensi dell.'art. 387 del codice di procedura penale per essersi verificata una delle nullit� indicate all'art. 185 dello stesso codice, di procedere direttamente a norma dell'art. 189 del codice di procedura penale (artt. 24 e 25 della Costituzione) (385). Sezione istruttoria della corte di appello di Palermo, ordinanza 30 giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge 30 novembre 1955, n. 1335 (Ratifica ed esecuzione della convenzione tra gli Stati partecipanti al trattato Nord-Atlantico suiio statuto delle loro forze armate, ;firmata a Londra ii 19 giugno 1951), art. 2, in quanto rende esecutiva in Italia la convenzione di Londra del (.383) Questione gi� dichiarata non fondata, come � ricordato anche nell'ordinanza di rimessione, con sentenza 28 aprile 1970, n. 62. (384) Differente questione di legittimit� costituzionale della norma � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, con sentenza 23 febbraio 1970, n. 28. (385) Questione gi� proposta dalla stessa autorit� giudiziaria (ordinanza.� 23 giugno 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 241 19 giugno 1951 nella parte in cui consente allo Stato di sog.giorno di rinunciare al diritto. di pri9rit� nell'esercizio della giurisdizione (articolo 25 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 27 novembre 1956, n. 1407 (Modifiche aUe disposizioni del testo unico suli'opera di :rn:evidenza per i personali civile e miz.itare d�l-lo Stato, approvato con regio decreto 28 febbraio 1928, n. 619), art. 5, secondo comma, in. quanto esclude l'attribuzione dell'indennit� di buonuscita alle figlie coniugate. e ai figli ma�g1giorenni del dipendente dece . duto prima del collocamento a riposo (artt. 3 e 36 della Costituzione) (386). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 30 marzo 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 3�23. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 207, in quanto impone al terzo di proporre l'opposizione prevista dell'art. 619 del codice .di procedura civile, e quindi anche ' soltanto di depositare il ricorso in cancelleria, prima della data fissata per il primo incanto (artt. 24, 113 e 3 della Costituzione) (387). Pretore di Massa, ordinanza 22 agosto 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. legge 21 marzo 1958, n. 447 (Delega al Gove'l'no per la discipltina deila cessione in propriet� a favQ!1'e degli assegnatari degli a.Lloggi di tipo economico e popolare costruiti o da costruire a totale carico deUo Stato ovvero con il suo concorso o contiributo), art. unico, in quanto esclude per i militari il diritto di ottenere la cessione in propriet� degli �alloggi in assegnazione (artt. 3 e 47 della Costituzione) (388). Tribunale di Milano, ordinanza 23 marzo 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (Norme concernenti la disciplina della cessione in propriet� degli alloggi di tipo popo�lare ed economico),� arti� (386) Analoga questione � stata proposta, della sesta sezione del, Consiglio di Stato, per l'art. 48, primo comma, del r.d. 26 febbraio 1928, n. 619 (ordilianza 20 ottobre 1970, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323). (387) Questione gi� proposta dal pretore di Roma, in riferimento all'art. 24, primo comma, della Costituzione (ordinanze 10 e 16 novembre 1970 e 10 dicembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 e 5 maggio 1971, n. 112). Sull'art. 207 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 v. sentenze 16 giugno 1964, n. 42, 26 novembre 1964, n. 93, 20 dicembre 1968, n. 129, 26 giugno 1969, n. 107, 25 maggio 1970, n. 76 e 2 febl:lraio 1971, n. 13. (388) Questione gi� proposta, per l'art. 2, lett. a, del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, ed ili riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal tribunale di Torino (ordinanza 15 gennaio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151). 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO colo 2, lett. a, in quanto esclude rpet i militari il diritto di ottenere la cessione in .propriet� degli alloggi in assegnazione (artt. 3 e 47 della Costituzione) (389). Tribunale di Milano, ordinanza 23 marzo 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle disposizioni per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), art. 93, in quanto punisce chi sottoscrive �due liste di candidati alle elezioni amministrative con rpene pi� gravi di quelle stabilite, dall'art. 106 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, per chi commette lo stesso reato in occasione delle elezioni politiche (art. 3, seconda parte, della Costituzione) (390). Pretore di Giulianova, ordinanze 30 giugno 1971 (due), G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle disposizioni per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comll.Lnali), art. 102, ultima parte, in quanto esclude per i reati elettorali fa sospensione condizionale della rpena ed il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario (artt. 27, terzo comma, e2 della Costituzione) (391). Pretore di Giulianova, ordinanze 30 �giugno 1971 (due), G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304. d.P.R. 2 ottobre 1960, n. 1394 (Norme sul trattamento econO'l'n.ico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese per le confezioni in serie), in quanto vincola il giudice ad applicare, nei confronti dei lavoratori non appartenenti ad associazioni sindacali, i minimi retributivi stabiliti dall'accordo salariale 30 settembre 1959 (a�rt. 36 della Costituzione) (392). (389) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, dal tribunale di Torino (ordinanza 15 gennaio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151). (390) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 45 e gi� riproposta dal pretore di Chiari (ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119). (391) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della costituzione, con sentenza 7 giugno 1962, n. 48 e gi� riproposta dal pretore di Rivarolo Canavese in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione (ordinanza 10 dicembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112) e dal pretore di Chiari in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119). (392) Con sentenza 6 luglio 1971, n. 156 � stata dichiarata la illegittimit� costituzionale di tutti i decreti presidenziali emanati in base alla delega di cui agli artt. 1 e 7 della legge 14 luglio 1959, n. 741, limitatamente alla parte in cui escludono che la sopravvenuta non corrispondenza' dei minimi salariali fissati nei contratti collettivi resi con essi validi per tutti gli appartenenti alle rispettive categorie conferisca al giudice ordinario l'esercizio del potere attribuito dall'art. 36 deHa Costituzione. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 243 Tribunale di Napoli, ordinanza 21 aprile 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. legge 13 novembre 1960, n. 1407 (Norme per la classificazione e la vendita degli o�l.ii di oliva), art. 8, in quanto discrimina la pena in ragione delle condizioni sociali dell'imputato (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ischia, ordinanza 6 febbraio 1970, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge 21 dicembre 1960, n. 1521 (Disciplina transitoria �eUe iocazioni di immobili urbani), quando nori prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi .per le ca'Se popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. d.P.R. 1� marzo 1961, n.�121 (Testo unico delle disposizioni in materia di tasse sutle concessioni governative), n. 76, par. 4� della tabella annessa, in quanto prescrive la licenza di pubblica sicurezza anche per detenere e far funzionare in un bar un solo elettrogammofono a gettone (art. 41 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 5 luglio 1961, n. 641 (Disposizioni sulle pubbliche affissioni e suita pubblicitd affine), e in particolare artt. 2, seco~do e terzo comma, e 28, in quanto assoggettano all'imposta comunale anche la pubblicit� non avente scopo commerciale (artt. 3, 21 e 53 della Costituzione). Pretore di Trento, ordinanza 11 giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. , Pretore di Roma, ordinanza 8 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297 (393): legge 24 luglio 1961~ n: 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali), art. 9, primo comma, in quanto non 1prevede indennizzo per il divieto di edificazione imposto ai proprietari degli immobili ubicati lungo il tracciato delle autostrade (artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione) (394). Corte di appello di Genova, ordinanza 18 giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. (393) Nell'ordinanza di rimessione del pretore di Roma la questione � proposta, in riferimento all'art. 21, prima parte, e 53 della Costituzione, per tutta la legge 5 luglio 1961, n. 641. Dal pretore di Roma la questione � stata proposta, con la stessa ordinanza, anche per il d.lg.C.P.S. 8 novembre 1947, n. 1417. L'art. 30, secondo comma, della legge 5 luglio 19Gl, n. 641 � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 30 maggio 1963, n. 73. (394) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 giugno 1971, n. 133. 244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 19 febbraio 1965, n. 30 (Conversione in leg'ge del decreto-legge 23 dicembre 1964, n. 1356, concernente la disciplina transitoria delle locazioni di immobili urbani), in quanto non prevede la propoga della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzfon.e). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1 � dicembre 1971, n. 304. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni S'Ul lavoro e le malattie professionali, art. 51, in quanto ,prevede una sanzione indipendente dalla gravit� e dalla diversit� delle violazioni previste (art. 3 della Costituzione) (395). Tribunale di Ravenna, ordinanze 27 maggio 1971 (quattro), G. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge 17 dicembre 1965, n. 1395 (Proroghe di talune disposizioni in tema di locazioni di immobili urbani), in quanto non �prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra .gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. legge 27 giugno 1966, n. 453 (Proroga di disposizioni in tema di locazioni urbane), in quanto n�n prevede la proroga della dUl"ata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretqre di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), art. 10, in quanto non comprende gli apprendisti nell'ambito di applicazione della legge (ari. 3 della Costituzione) (396). Pretore di Napoli, ordinanza 17 maggio 1971, G. U. 22 dicembre '1.971, n. 323. (395) Questione gi� proposta, in riferimento anche agli artt. 38 e 53 della Costituzione, ma sotto profilo opposto a quello sopra riassunto, dal tribunale di Bari (ordinanza 12 novembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106), dal tribunale di Savona (ordinanza 5 dicembre 1970, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49), e dal tribunale di Bologna (ordinanza 1� giugno 1971, G. U. 27 ottobre 1971, n. 273). (396) Questione gi� proposta dal pretore di Milano (ordinanza 18 marzo 1971, G. U. 27 luglio 1971, n. 184) e, per quanto concerne i dirigenti, dal pretore ,di Marano di Napoli (ordinanza 9 luglio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259). L'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 � stato gi� dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 febbraio 1970, n. 14, nella parte in cui non comprende gli apprendistftra i beneficiari dell'indennit� dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa legge. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 245 legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuati), art. 10, in quanto non comprende i dirigenti nell'ambito di applicazione della legge (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione) (396) (397). Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 31 a�gosto 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. legge 6 dicembre 1966, n. 1077 (Estensione ai dipendenti civili non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato delle norme sul trattamento di quiescenza e di previdenza vigenti per i dipendenti di ruolo), art. 1, in quanto non contempla fra .gli aventi diritto al trattamento di quiescenza e di previdenza a carico dello Stato rgli insegnanti non di ruolo con nomina annuale, nemmeno con la disciplina gi� prevista per gli �insegnanti non di ruolo con incarico triennale (art. 3 della Costituzione). Corte dei rconti, terza �sezione, ordinanza 31 ottobre 1970, G. U. 24 novemb_re 1971, n. 297. legge 23 dicembre 1966, n. 1123 (Proroga di disposizioni in materia di locazioni urbane), in quanto non prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per le case rporpolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. legge 21 aprile 1967, n. 272 (Graduazione delle sanzioni amministrative di cui agli artt. 50 e 51 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione contro gli inforbuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124), art. 1, in quanto rimette alla discrezione degli istituti assicuratori di graduare la sanzione prevista dall'art. 51 del d.P.R. 30 ,, giugno 1965, n. 1124 (art. 3 della Costituzfone). Tribunale di Ravenna, ordinanze 27 maggio 1971 (quattro), G. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge 29 maggio 1967, n. 379 (Modificazioni alle norme sulla riforma fondiaria), art. 7, terzo e quarto comma, in quanto consente .che all'assegnatario deceduto subentri uno solo dei �coeredi, designato dal giudice, in �caso di disaccordo, secondo discrezionale valutazione, senza prevedere per i coeredi esclusi dall'assegnazione adeguato soddisfacimento delle .proprie ragioni ereditarie (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Avezzano, ordinanza 25 agosto 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. (397) Questione gi� proposta dal pretore di Marano di Napoli (ordinanza 9 luglio 1971, G. U. 13 ottobre 1971, n. 259). \ 246 \ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 28 luglio 1967, n. 628 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1967, n. 460, concerrnente: � Discipl.ina transitoria delle locazioni di d.mmobili urbani � ), in quanto non prevede la proroga dell.a durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonomi per' le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. legge 12 febbraio 1969, n. 4 (Conversione in iegge, COf/'I, modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 1968, n. 1240, recante proroga delle locazioni di immobili destinati a esercizio di attivit� pro',fessional. i, commerciali o artigiane o ad mo di albergo, pensione o locanda, e disposizioni transitorie in tema di locazioni di immobili urbani), in quanto non prevede la proroga della durata dei rapP<>rti .inataurati tra gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. legge reg. sic. 2 lugUo 1969, n. 20 (Applicazione in Sicilia de,iz.a legge nazionale 22 luglio 1966, n. 607, recante: nmme in materia di enfiteusi e prestazioni fondarie perpetiue), in quanto contempla discilplina di rapporti privati non consentita alla legislazione il'egionale (incompetenza della Regione e art. 14 dello Statuto r�gionale siciliano) e consente di dete:mninare i canoni ed il prezzo dell'affrancazione in misura lesiva del diritto di una ,d�lle due parti del rapp0rto (art. 42, terzo comma, della Costituzione) (398). Tribunale di Palermo, ordinanze 23 dicembre 1970 (due), G. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge 26 novembre 1969, n. 833 (Narme relative alle Zocaziof/'l,i degli immobili urbani), in quanto non prevede la rprOToga della durata dei rapporti instaurati tra .gli Istituti autonomi per le case pQPolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. (398) Questioni gi� proposte dallo stesso tribunale di Palermo (ordinanze 17 gennaio 1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64 e 10 aprile 1970 [tre], G. U. 21 ottobre 1970), dal pretore di Lentini (ordinanza 25 marzo 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235), dal pretore di Caltanissetta (ordinanza 5 maggio 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177), e dal tribunale di Caltanissetta (ordinanze 27 maggio 1970 [sette], G. U. 24 marzo 1971, n. 74). Altra questione di legittimit� costituzionale � stata propoaj:a, per l'art. 4 della legge, dal pretore di Troina (ordinanza 21 ottobre 1970, G. U. 14 luglio 1971, n. 177). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 247 legge 26 novembre 1969, n. 833 (Norme relative alle locazioni de�gli immobili urbani), art. 1, in quanto limita la ipossibilit� di fa�r valere la necessit� di abitazione del locatore ai soli rapporti relativi ad immobili locali :prima del marzo 1947 (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione) (399). Tribunale di Venezia, ovdinanza 28 ma�g.gio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 26 novembre 1969, n. 833 (Norme relatrive alla locazione degli immobili urbani), art. 1, in quanto condiziona l'applicabilit� della prorog~ legale del rapporto di locazione alle risultanze. . degll accertamenti fiscali ai fini dell'imposta complementare (art. 5 della Costituzione) e prende in considerazione solo la situazione economica del conduttore, e non anche quella del locatore (avt. 24 della Costituzione) (399) (400). Pretore di Milano, ordinanza 7 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. d.lg. 30 aprile 1970, n. 639 (Approvazione delle deleghe conferite al Governo con gti artt. 27 e 29 della legge 30 aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), art. 34, in quanto non prevede la rappresentanza della regione nei comitati provinciali dell'Istituto nazionale della previdenza �sociale (artt. 17, lett. f e 20 dello statuto della Regione siciliana). Corte costituzionale, ordinanza 10 novembre 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. legge 20 maggio 1970, n. 300 (Tutela della libertd e dignitd dei larvoratori, della libertd sindacale e dell'attivit� sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), art. 19, in quanto attribuisce la possibilit� di costituire rappresentanze sindacali aziendali soltanto alle associazioni aderenti alle confederazioni mag�giormente rappresent.ative sul piano nazionale (ail'tt. 3 e 39 della Costituzione) (401). Pretore di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertd e dignitd dei lavoratori, della libertd sindacale e 'dell'attivitd sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), art. 28, in quanto at (399) Differente questione � stata proposta, per la stessa norma, dal pretore di Torre del Greco (ordinanza 23 giugno 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254). (400) La seconda delle due sopra indicate questioni � stata gi� proposta, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal pretore di Poggio Mirteto (ordinanza 8 giugno 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). (401) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 39 della Costituzione, dal pretore di Milano (ordinanza 14 novembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74). 248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tribuisce alle associazioni sindacali che non sono riconosciute, e ad alcune solo di�sse, il diritto di ricorrere all'autorit� giudiziaria (articoli 24 e 39 della Costituzione) (402). Pretore di Pompei, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 1� dicembre. 1971, n. 304. d.I. 26 otttobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 10.34, art. 32, in quanto pone a carico del farmaci'Sta l'obbligo della immediata corresponsione dello sconto previsto (artt. 3 e 53 della Costituzione) (403). Pretore di Trento; ordinanza � 14 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. � d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 56, in quanto condiziona l'applicabilit� della proroga legale del rapporto di locazione alle risultanze degli accertamenti fiscali ai fini delfimposta complementare (artt. 3, 5 e 24 della Costituzione) e prende in considerazione solo la �situazione economica del conduttore e non anche quella del locatore (art. 24 della �ostituzione) (404). Pretore di Roma, ordinanza 14 giugno 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323 (405). Pretore di lVIilano, ordinanza 7 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. legge 18 dicembre 1970, n. 1034 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, concernente provvedimenti straordinari per la ripresa economica), in quanto non prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonom~ per le case .popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1� dicembre 1971, n. 304. (402) Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 � stata proposta, in riferimento agli artt. 54, 134, 136 e 101 della Costituzione, dal pretore di Mirandola (ordinanza 23 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99). (403) Questione gi� proposta, in riferimento al solo art. 53, primo comma, della Costituzione, dalla corte di appello di Roma (ordinanza 25 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240). In argomento, cfr. sentenza 16 dicembre 1960, n. 70 della Corte costituzionale, richiamata nella sopra indicata ordinanza di rimessione. (404) Questioni gi� proposte, la prima dal pretore di Milano in riferimento all'art. 2 della Costituzione (ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106) e dal pretore di Bologna in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione (ordinanza 15 marzo 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233), e la seconda dal pretore di Poggio Mirteto in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 8 giugno 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). (405) Dal pretore di Roma la questione � stata proposta, in riferimento 'agli artt. 3 e 24 della Costituzione, solo sotto il primo profilo. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 249 legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme in materia di enfiteusi), art. 2, dn quanto mantiene il riferimento agli estimi catastali previsti dalla legg� 29 giugno 1939, n. 976 e rivalutati con il d.lg.C.P.S. 12 mag.gio 1947, n. 356, �senz� prevedere ulteriori revisioni e consentendo quindi la determinazione del prezzo di affrancazione in misura meramente simbolica (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Licata, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge reg. Veneto 6 loglio 1971, n. 2, riappr. 13 ottobre 1971 (Trattamento eco.nomico di missione per i President! del Consiglio e della Giunta regionale, per ?. membri deila Giunta, nonch� per i Consiglieri regionali). Presidente � del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 1'8 novembre 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica pe1 la riforma tributaria), �art. 10, n. 13 (artt. 3, 41, 42 e 116 della Costituzione, artt. 4, 51 e 47 dello statuto speciale per la Sardegna, artt. 14 e 21 dello statuto speciale �per la Regione siciliana, e artt. 1, 5 e 34 dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adi�ge). Regione sarda, ricorso depositato il 19 novembre 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Regione siciliana, ricorso depositato il 19 novembre 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Regione Trentino-Alto Adige, ricorso depositato il 19 novembre 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE � STATO DEFINITO CON 'PRONUNCE DI MANIFESTA INFONDATEZZA, DI INAMl\USSIBILITA, O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle parti), primo comma -Manifesta infondatezza (406). Sentenza 16 dicembre 1971, n. 201, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 2 febbraio 1971 del tribunale di Napoli, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. (406) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente dav;mti al presidente del tribunale, ed in caso di mancata conciliazione, � inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. Altra questione di legittimit� costituzionale della norma � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con sentenza 16 dicembre 1971, n. 201. 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 163 (Sospensione condizionale della pena), primo comma; e art. 625 (Circostanza aggravanti), ultimo comma (art. 27, terzo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (407). I 1 Ordinanza 17 novembre 1971, n. 184, G. U. 24 novembre 1.971, n. 297. Ordinanze di rimessione 17 dicembre 1970 e 14 gennaio 1971 del tribunale di Torino, G. U. 21 aprile 1971, n. 99 e 30 giugno 1971, n. 163. codice penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione) -Manifesta infondatezza (408). Ordinanza 30 novembre 1971, n. 193, G. U. 9 �dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 30 novembre 1970 del pretore di Padova, G. U. 21' aprile 1971, n, 99. codice penale, art. 596 (Esc.lusione della prova libera.toria), .primo comma -Manifesta infondatezza (409). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di r~messione 23 marzo 1971 del tribunale di Roma, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. codice penale, art. 688 (Ubriachezza), secondo comma (a!l.'t. 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (410). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 185, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di rimessione 29 marzo 1971, del pretore di Rossano, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. r.d. 18 giugno 1931, n. 77'3 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 68 -Manifesta infondatezza (411). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 182, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di rimessione 18 novembre 1970 del pretore di Fondi, G. U. 28 aiprile 1971, n. 106. (407) Questioni dichiarate non fondate con ordinanza 30 marzo 1971, n. 64 e con sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. V. pure sentenze 10 giugno 1970, n. 86 e 5 aprile 1971, n. 73 della Corte costituzionale. (408) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 16 marzo 1971, n. 49. (409) V. sentenza 14 luglio 1971, n. 175 della Corte costituzionale. (410) Questione dichiarata manifestamente infondata con ordinanza 30 giu: gno 1971, n. 155. (411) V. retro, nota 103. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 251 r.d.I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento della previdenza sociale), convertito eon legge 6 aprile 1936, n. 1155, art. 49, terzo comma, e ali. tabella B (artt. 3, :primo comma, e 3-8, secondo comma, della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 16 dicembre 1971, n. 199, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 9 maggio 1969 del tribunale di Parma, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni), art. 19 (art. 3, .primo �comma, della Costituzione) Manifesta infondatezza (412). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 187, G. U. 24_ novembre 1971, n. 297. Ordinanze di rimessione 9 febbraio 1971 del tribunale di Milano e 27 ma,rzo 1971 del tribunale di L'Aquila (G. U. 14 luglio 1971, n. 177). r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizione), art. 19 -Manifesta inammissibilit�. � "> Ordinanza 17 novembre 1971, n. 186, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ovdinanza di rimessione 10 dicembre 1970 del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. d.I. 14 aprile 1939, n. 606 (Modificazioni alle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidit� e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involonmria). eonvertito con legge 6 luglio 1939, n. 1272, Jirt. 10, primo comma -Manifesta infondatezza (413). Ordinanza 30 novembre 1971, n. 194, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 2 aprile 1971 del tribunale di Luc~a, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. r.d. 16 marzo 1942, n. �267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 22, terzo comma (artt. �24, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (414). Ordinanza 30 novembre 1971, n. 197, G. U. 9 .dicembre 1971, n. 311. (412) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 luglio 1971, n. 162. Altra questione di legittimit� costituzionale della norma � stata dichiarata non fondata con sentenza 8 giugno 1963, n. 81. ' (413) Dispoaizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 6 luglio 1971, n. 160, nella parte espressa con le parole � a meno di un terzo del suo guadagno normale, per gli operai o �, e con le parole finali del comma � per gli impiegati �. (414) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 22 giugno 1971, n. 142. 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ordinanze di rimessione 2 e 8 febbraio 1971 del tribunale di Massa e 1� marzo 1971 del tribunale di Ferrara, G. U. 3 gi~gno 1971, n. 140. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fanimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa). art. 98, primo c:omma (art. 24 della Costituzione) Manifesta infondatezza (415). 01.'dinanza 30 novembre 1971, n. 196, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 30 aprile 1970 del tribunale di Milano, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. d.P.R. 29 CJennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 207, lett. e: e 131 -Restituzione degli atti per un nuovo esame della rilevanza. Ordinanza 30 novembre 1971, n. 192, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 14 novembre 1969 del tribunale di Torino, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. d.P.R. 29 CJennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 261 e 262 (art. 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (416). Ordinanza 30 novembre 1971, n. 195, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 15 aprile 1971 del tribunale di Milano, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. leCJ�Je 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), artt. 11, terzo c:omma (artt. 104, primo comma, 105 e 110 della Costituzione) -Inammissibilit� (417). Sentenza 17 novembre 1971, n. 180, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di 'rimessione 7 nov~mbre 1969 del tribunale di Milano, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. (415) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 luglio 1971, n. 157. (416) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 4 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1970, n. 114. La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 261, quarto comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, con sentenza 29 aprile 1971, n. 93. (417) Il primo comma della disposizione, dichiarato incostituzionale con sentenza 2.3 dicembre 1963, n. 168 (in quanto escludeva l'iniziativa del Consiglio superiore della magistratura per le materie indicate nel n. 1 dell'art. 10), � stat� sostituito con l'art. 5 della legge 18 dicembre 1967, n. 1198. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 253 d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi neiza preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, primo comma (art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (418). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 183, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di rimessione 16 febbraio 1971 del tribunale di Marsala, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto), art. 5, primo c�omma, lett. d -Manifesta infondatezza (419). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanze di rimessione 1� ottobre 1970 del tribunale di Bologna (G. U. 28 aprile 1971, n. 106) e 23 marzo 1971 del tribunale in Roma (G. U. 30 .giugno 1971, n. 163). d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia � di indulto); art. 5, primo comma, lett. d e penultimo comma -Manifesta infondatezza (419). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanze di rimessione 1� ottobre 1970 del tribunale di Bologna (G.U. 28 aprile 1971, n. 106), 8 ma�rzo 1971 del pretore di Venasca (G. U. 16 giugno 1971, n. 151), e 23 marzo 1971 del tribunale di Roma (G. U. 30 giugno 1971, n. 163). (418) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 gennaio 1971, n. 3. (419) Questione dichiarata non fondata con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. Con questa stessa sentenza sono stati dichiarati incostituzionali, nella parte in cui escludono la rinunzia, con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'amnistia, gli artt. 1, 2 e 3 della legge 21 maggio 1970, n. 282. CONSULTAZIONI ASSICURAZIONE. Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione di crediti relativi all'esecuzione di lavori all'estero. Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, � n. 131, recante disposizioni sull'assicurazione di cred�ti relativi all'esportazione di merci e servizi nonch� ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed all'esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa ai crediti ancora da scadere, che si �riferiscono a lavori gi� eseguiti all'estero al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 83). Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a lavori gi� in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti nascenti dalla applicazione di clausole contrattuali (n. 83). CIRCOLAZIONE STRADALE Decorrenza del termine ai fini della validit� della notifica della ordinanza prefettizia ai sensi dell'art. 141 del Cadice della Strada. Se il termine di 30 giorni previsto dall'art. 141 del Codice della Strada per la notifica del veicolo, decorra dal giorno in cui si � verificato il fatto ovvero dal giorno in cui l'ufficio � venuto a conoscenza di tutti gli elementi utili per identificare l'autore della violazione (n. 30). COMMERCIO Camere di Commercio -Funzioni delegate ai sensi dell'art. 1 legge 1502/ 1952 -Regolamenti -Approvazione ministeriale. Se le Camere di Commercio, Industria e Artigianato abbiano potest� di emanare regolamenti per le materie ad esse delegate in forza dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1962, n, 1502 (n. 26). Se tali regolamenti debbano essere sottoposti ad approvazione ministeriale (n. 26). Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione di crediti relativi all'esecuzione di lavori all'estero. Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, recante disposizioni sul!'.assicurazione di crediti relativi all'esportazione di merci e servizi nonch� ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed alla esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa ai crediti ancora da scadere, che si riferiscono a lavori gi� eseguiti all'estero al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 27). Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a lavori gi� in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti na-. scenti dailla applicf).zione di clausole contrattuali (n. 27). , PARTE II, CONSULTAZIONI 266 CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO Smarrimento de_lla documentazione di crediti erariali -Legge 553/1955. Se la procedura PTevista dalla legge 10 luglio 1955, n. 553 sia applicabile nella ipotesi di smal'il'imento della documentazione di crediti erariali risultanti da una semplice, complessiva e generica annotazione sul registro del campione civile, crediti d'importo inferiore a L. 500 ciascuno (n. 249). CONTRIBUTI Canoni P"er la manutenzione di fognature imposti dall'Ente per l'Acquedotto Pugliese, a carico di immobili di propriet� dello Stato. Se sia legittima la imposizione di canoni per la manutenzione di fognature, di cui all'art. 7 del r:Cl.l. 2 agosto 1938, n. 264, da parte dell'Ente per l'Acquedotto Pugliese; a carico di immobili di propriet� dello Stato (n. 94). Se sia legittima la imposizione dell'addizionale, di cui all'art. 4 del r.dJ. 2 agosto 1938, n. 264, da parte dell'Ente per l'Acquedotto Pug.Uese, a carico di immobili di propriet� dello Stato (n. 94). DEMANIO Art. 5 legge 1636 del 1864 -Possesso del diritto di esigere il canone -Procedura di cui al T.U. 639/1910. Se l'art. 5 della legge 24 gennaio 1864, n. 1636 sia ancora in vigore (n. 238). ,, Se il possesso continuato per trenta anni, senza inteirruzione, pacifico, pubblico e non equivoco, del diritto di esigere un canone annuo o altra prestazione, tenga J.uogo del titolo, seppure limitatamente ai e corpi mora;.. li-> intesi come persone giuridiche pubbliche, per tale aspetto sottratte alla disciplina privatistica (n,. 238). Se gli adempimenti alIJJI}.inistrativo-contabili, sottoposti al rigoroso servizio di vigilanza ispettiva, normativamente disciplinato, possano costituire elementi attendibili dell'esistenza e della consistenza del diritto dell'Erario alla percezione del canone, quanto meno ai fini della instaurazione della procedura di cui al T.U. n. 639 del 1910 (n. 238). DEPOSITO Eventuali modifiche apportate dalla legge 22 luglio 1966, n. 607 alle formalit� del deposito presso la Cassa DD.PP. Se, in ordine alla procedura extragiudiziale di a:ffirancazione, la legge 22 luglio 1966, n. 607 abbia apportato modifiche alle precedenti disposizioni in matexia relative alle formalit� del deposito del prezzo di affrancazione presso la Cassa DD.PP. (n. 27). 22 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ENFITE�SI Art. 5 legge 1636 del 1864 -Possesso del diritto di esigere il canone -Procedura di cui al T.U. 639/1910. Se l'art. 5 della legge 24 gennaio 1864, n. 1636 �sia ancora in vigore (n. 32). � Se il possesso cont~nuato per trenta �anni, senza intel'ruzione, pacifico, pubblico e non equivoco, del diritto di esigere un canone annuo o altra prestazione, tenga luogo del titolo, seppure limitatamente ai �corpi morali � intesi come persone giuridiche pubbliche, per tale aspetto sottratte alla disciplina privatistica (n. 32). Se gli adempimenti amministrativo-contabili, sottoposti al rigoroso servizio di vigilanza ispettiva, nomativamente disciplinato, possano costituire elementi attendibili dell'esistenza e della consistenza del diritto del':' l'Erario alla percezione del canone, quanto meno ai fini della instaurazione della procedura di c.ui al T.U. n. 639 del 1910 (n. 32). Eventuali modifiche apportate dalla legge 22 luglio 1966, n. 607 alle formalit� del deposito presso la Cassa DD.PP. Se, in ordine alla procedura extragiudiziale di affrancazione, la legge 22 luglio 1966, n. 607 abbia apportato modifiche ane precedenti disposizioni in materia relative aUe formalit� del deposito del prezzo di affrancazione presso la Cassa DD.PP. (n. 33). Livelli -Fondi non identificabili -Affrancazione. Se sia applicabile l'art. 1 legg,e 22 luglio 1966, n. 607 nell'ipotesi in cui si intenda affrancare una prestazione fondiaria gravante su terreni non identificabili (n. 34). Se in detta ipotesi possa farsi luogo alla affrancazione secondo le norme di cui agli artt. 1866-1869 cod. civ. (n. 34). ESiPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� Competenza amministrativa in materia di espropriazione per opere da eseguirsi a carico della Cassa,per il Mezzogiorno, Se tra Je opere a carico dello Stato o da realizzare con il contributo dello Stato, per le quali in via di eccezione le competenze dell'amm.ne statale in materia di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilit� non sono trasferite alla Giunta regionale sarda, siano p.a annoverarsi anche le opere a carico della Cassa per il Mezzogiorno (n. 299). FERROVIE Rilascio concessioni di viaggio. Se l'impiegato rientrato nell'Amministrazione di origine -Azienda Autonoma delle FF.SS. -dopo essere stato trasferito ad altra Amministrazione statale, debba o meno essere ammesso nuovamente a fruire delle �'oncssioni gratuite di viaggio precedentemente godute .(n. 415). PARTE II, CONSULTAZIONI 257 IMPORTAZIONE � ESPORTAZIONE Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione di crediti relativi all'esecuzione iii lavori all'estero. Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, recante disposizioni sull'assicurazione di crediti relativi all'esportazione di merci e servizi nonch� ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed alla esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa ai crediti ancora da scadere, che si riferiscono a lavori gi� eseguiti all'estero al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 62). Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a lavori gi� in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti nascenti dall'applicazione di clausole contrattuali (n. 62). IMPOSTA DI CONSUMO Imposta di consumo sui materiali impiegati nella costruzione di alberghi. Se, in materia di imposta di consumo, debba essere accettato il nuovo indirizzo giuridisprudenziale che estende, ai materiali impiegati per la costruzione di alberghi, la .esenzione prevista per gli � opifici industriali � dall'art. 30, n. 6 del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, del Testo unico per la Finanza Locale, in relazione all'art. 40 del relativo regolamento (n. 21). IMPOSTA DI REGISTRO Benefici fiscali di cui alla legge 18 novembre 1964, n. 1271. Se la rivendita parziale del fondo, acquistato per eseguirvi opere di valorizzazione agraria, comporti la decadenza totale dalle agevolazioni fiscali di cui alla legge 18 novembre 1964, n. 1271 (n. 361). Decadenza dei benefici fiscali prevista dall'art. 15 legge 6 agosto 1967, n. 765 -Modalit� di accertamento -Decorrenza degli effetti. Quale prassi debba seguirsi nell'espletamento degli adempimenti volti al recupero delle normali imposte nelle ipotesi di decadenza dalle agevolazioni fiscali prevista dall'art. 15 legge 765/1967 (n. 362). Se la sanzione di decadenza dei fruiti benefici comminata dall'art. 15 della legge 6 agosto 1967, n. 765 debba applicarsi solo nei casi in cui le opere relative alle costruzioni realizzate in contrasto con le prescrizioni urbanistiche abbiano avuto inizio dopo l'entrata in vigor�e delJ.a legge n. 765, ovvero se le suddette sanzioni siano applicabili anche ai casi di inosservanza verificatisi in epoca anteriore (n. 362). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Compenso corrisposto in percentuale sugli incassi di distributore di films. Se il compenso corrisposto per contratto, qualificabile come noleggio ~ o associazione in partecipazione, dall'esercente una sala cinematografica al distributore del film, in base a percentuale sugli incassi, sia soggetta al 258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'IGE, a norma dell'art. 12 d.l. 3 maggio 1948, n. 799 e prima dell'entrata in vigore della legge 4 novembre 1965, n. 1213 (n. 137). Entrate derivanti dalla gestione di un'autorimessa. Se l'attivit� del gestore di una autorimessa sia inquadrabile fra le prestazioni al dettaglio di privati servizi di natura personale ai sensi dell'art. 6 legge 16 dicembre 1959, n. 2070 e dell'art. 3 legge 31 ottobre 1961, n. 1196 (n. 138). Rimborso I.G.E. per importazione di nave -IngiunziOne doganale di cui all'art. 24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424. Se l'inutile decorso del termine perentorio previsto dall'art. 24, secondo comma, della legge doganal�e 25 settembre 1940, n. 1424, per mancanza di opposizione all'ingiunzione, precluda al contribuente di contestar.e la pretesa tributaria (n. 139). IMPOSTE E TASSE Decadenza dei benefici fiscali prevista dall'art. 15 legge 6 agosto 1967, n. 765 -Modalit� di accertamento -Decorrenza degli effetti. Quale prassi debba seguirsi nell'espletamento degli adempimenti volti al recupero delle normali imposte nelle ipotesi di decadenza dalle agevolazioni fiscali prevista dall'art. 15 legge 765/1967 (n. 546). Se la sanzione di decadenza dai fruiti benefici comminata dall'art. 15 della legge 6 agosto 1967, n. 765 debba applicMsi solo nei casi in cui le � opere relative alle costruzioni realizzate in contrasto con le prescrizioni urbanistiche abbiano avuto inizio dopo l'entrata in vigore della legge n. 765, ovvero se le suddette sanzioni siano applicabili anche ai casi di. inosservanza verificatisi in epoca anteriore (n. 546). Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca giudiziale. Se il trattamento tributado di abbonamento, previsto dalla legge 27 luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si estenda anche alla imposta ipotecaria, relativa alla ipoteca giudiziale iscritta sui beni dei debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto da un istituto di credito (nella specie dall'IRFIS) (n. 547). Rimborso I.G.E. per importazione di nave Ingiunzione doganale, di cui all'art. 24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424. Se l'inutile decorso d�l termine perentorio previsto dall'art. 24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, per mancanza di opposizione all'ingiunzione, precluda al contribuente di contestare la pretesa tributaria (n. 545). PARTE II, CONSULTAZIONI IMPOS'I'E IPOTECARIE Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca giudiziale. Se il trattamento tributario di abbonamento, previsto dalla legge 27 luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si estenda anche .alla imposta ipotecaria,~ relativa aJla ipoteca giudiziale iscritta sui beni dei-debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto da un istituto di credito (nella specie dall'ffiFIS) (n. 2) . . IMPOSTE VARIE Imposta camerale -Attribuzione di gettito a Camere di Commercio di nuova istituzione. Se alla Camera di Conup.ercio di Isernia debba essere attribuito il gettito di imposta derivante da redditi iscritt� nei ruoli dell'anno dell'entrata in vigore deLla legge 2 febbraio 1970, n. 20, anche se relativi a periodi di imposta precedenti (n. 52). Imposta di consumo sui materiali impiegati nella costruzione di alberghi, Se, in materia di imposta di consumo, debba essere accettato il nuovo indirizzo giurisprudenziale che estende, ai materiali impiegati !per la costruzione di alberghi, la esenzione prevista per gli � opifici industriali � dall'art. 30, n. 6 del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, del Testo unico per la Finanza Locale, in relazione all'a�rt. 40 del relativo regolamento (n. 53). Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca giudiziale. Se il trattamento tributario di abbonamento, previsto dalla legge 27 luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si estenda anche alla imposta ipotecaria, relativa alla ipoteca giudiziale iscritta sui beni dei debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto d.a un istituto di credito (nella specie dall'IRFIS) (n. 54). Tassa per la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani a carico di amministrazioni statali. Se sia legittima la pr�tesa del Comune di assoggettare le amministrazioni statali alla tassa per -la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani dai locali adibiti ad uffici giudiziari (n. 55). LAVORO Contributi di previdenza marinara -Salariati marittimi -Regolarizzazione della posizione assicurativa. Se il principio della automaticit� delle prestazioni relative alle assicurazioni per invalidit� e vecchiaia, parzialmente introdotto dall'art. 40 legge 30 aprile 1969, n. 153, si applichi soltanto nei limiti della prescrizione 260 �RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO entro i' quali l'Istituto assicuratore pu� ripetere dal datore di lavoro i contributi dovuti e non versati (n. 66). Se i dipendenti che risentono pregiudizio nella loro posizione assicurativa per il mancato pagamento dei contributi del datore di lavoro, essendo inoperante il principio della automaticit� della prestazione, abbiano azione nei confronti del datore di lavoro, ed in caso affermativo, .quale sia la prescrizione applicabile (n. 66). Se, non essendo opponibile nei confronti dei dipendenti la prescrizione del diritto al <risarcimento, di cui essi siano titolari, il datore di lavoro, in mancanza della richiesta prova documentale, sia ammesso a dare altrimenti la prova dell'effettuato versamento dei contributi (n. 66). Infrazioni atte norme sull'accertamento e col.tocamento dei lavoratori in in agricoltura -Rappresentanza detl'Amministrazione nei giudizi di opposizione alle ordinanze di pagamento ex art. 9 legge 3 maggio 1967, n. 317. Se l'Amministrazione, nei giudizi di opposizione alle ordinanze del Capo dell'Ispettorato provinciale del lavoro, che infliggano sanzioni pecuniarie per violazione alle norme di cui al d.1. 3 febbraio 1970, n. 7 sul collocamento dei lavoratori agricoli, possa essere rappresentata dagli stessi suoi funzionari (n. 67). Se alle predette ordinanze� del Capo delJ.'Ispettorato provinciale del ' lavoro, per il richiamo operato dal d.1. 3 febbraio 1970, n. 7 alla legge 3 maggio 1967, sia applicabile l'art. 9 legge 24 dicembre 1969, n. 991, il quale prevede un contributo di L. 2.000 .gravante sulle ordinanze emesse ex art. 9 legge 3 maggio 1967 (n. 67). Se il �richiamo operato dal d.1. 3 � febbraio 1970, n. 7 alla legge n. 317 del 1967 debba ritenersi comprensivo anche della norma dell'art. 5, cosicch� anche per la violazione delle norme sul coJ.locamento agricolo debba ritenersi ammissibile il pagamento liberatorio di cui all'articolo citato (n. 67). LOTTO E LOTTERIE Giocata che presenti discordanza tra matrice e bolletta nei numeri giocati. Se debba essere pagata la vincita relativa ad una quaterna, la cui giocta presenti nelJ.a matrice solo quattro numeri (dei quali tre vincenti), e nella bolletta invece cinque numeri (dei quali quattro conformi alla matr'ice ed un altro vincente), ovvero se il relativo contratto .sia improduttivo di effetti (n. 38). MEZZOGIORNO Competenza amministrativa in .materia di esprQPriazione per opere da eseguirsi a carico della Cassa per il Mezzogiorno. Se tra le opere a carico dello Stato o da realizzare con il contributo dello Stato, per le quali in via di eccezione le competenze dell'amm.ne statale in materia di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilit� non sono trasferite alla Giunta regionale sarda, siano da annoverarsi anche le opere a carico della Cassa per il Mezzogiorno (n. 48). PARTE II, CONSULTAZIONI 261 PREVIDENZA E ASSISTENZA Contributi di previdenza marinara -Salariati marittimi -Regolarizzazione dell.a posizione assicurativa. Se il principio della automaticit� delle prestazioni relative alle assicurazioni per invalidit� e vecchiaia, parzialmente introdotto dall'art. 40 legge 30 aprile 1969, n. 153, si applichi soltanto nei limiti della prescrizione entro i quali l'Istituto assicuratore pu� ripetere dal datore di lavoro i contributi dovuti e non versati (n. 84). Se i dipendenti che risentono pregiudizio nella loro posizione assicurativa per i.I mancato pagamento dei contributi da parte del datore di lavoro, essendo inoperante il principio della automaticit� della prestazione, abbiano azione nei confronti del datore di lavoro, ed in caso affermativo, quale sia la J>l'escrizione applicabile (n. 84). � Se, non essendo opponibile nei confronti dei dipendenti la prescrizione del diritto al risarcimento, di cui essi siano titolari, il datore di lavoro, in mancanza della richiesta prova documentale, sia ammesso a dare altrimenti la prova dell'effett'Llato versamento dei contributi (n. 84). PROPRIET� Livelli -Fondi non identificabili -Affrancazione. Se sia applicabile l'art. 1 legge 22 luglio 1966, n. 607 nell'ipotesi in cui si �ntenda affrancare una prestazione fondiaria gravante su terreni non identificabili (n. 47). Se in detta ipotesi possa farsi luogo alla affrancazione secondo le norme di cui agli artt. 1866-1869 cod. civ. (n. 47). REGIONI Compet�nza amministrativa in materia di�espropriazione per opere da eseguirsi a carico della Cassa per il Mezzogiorno. Se tra le opere a carico dello Stato o da realizzare con il contributo dello Stato, per le quali in via di eccezione le competenze dell'amm.ne statale in materia di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilit� non sono trasferite alla Giunta regionale sarda, siano da annoverarsi anche le opere a carico della Cassa per il Mezzogiorno (n. 187). ' STRADE Decorrenza del termine ai fini della validit� della notifica della ordinanza prefettizia ai sensi d.ell'art. 141 del Codice della Strada. Se il termine di 30 giorni previsto dall'art. 141 del Codice della Strada per la notifica del verbale di violazione, rilevata dal numero di targa del , veicolo, decorra dal giorno in cui l'ufficio � venuto a conoscenza di tutti gli elementi utili per identificare l'autore della violazione (n. 89). -