) XX -N. 6 NOVEMBRE -DICEMBRE 1968 


RASSEGNA 


:LL'AVVOCATURA DELLO STATO 



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Pubblicazione bimestrale di servizio 

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ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1968 


ABBONAMENTI 

ANNO L. 7.500 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 1.300 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(8211445) Roma, 1968 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 


INDICE 


Parte prima: GIURISPRUDENZA 

zione prima: 
GIURISP1RUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
pag. 859 

zione seconda: 
GIU,RISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
)) 938 

zione terza: 
GIURISRRUDENZA CIVILE . )) 951 

zione quarta: 
GIURIS1P,RUDENZA AMMINISTRATIVA )) 992 

z:ione qui.nta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 999 

zione sesta: 
GIURISPRUDENZA IN MAT6RIA DI ACQUE PU<BBLICHE, 
ARPALTI E FORNITU~E 111 o

)) 

done sett.ima: 
GIURISPRUDENZA PENALE )) 1130 

rte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

SSEGNA DI DOTTRINA . . pag. 221 
S5EGNA DI LEGISLAZIONE )) 223 
NISULTAZIONI )) 236 
~TIZIARIO � 246 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


Le sezfoni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: 
:hele Savarese, Benedetto Baccari, Pietro De Francisci, Ugo Gargiulo, Leonida 
Correale, Franco Carus�i, Antonino Terranova 

Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Luigi Mazzella e Arturo Marzano 



ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

FIDUCCIA V., Litisconsorzio necessario, oausa inscindibile e 

cause dipendenti, proposizfone alternativa di domande e chia


mata in garanzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 952 

DI TARSIA P., In tema di contestazione suppletiva ex art. 445 

c.p.p. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1132 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


1ULTERIO 

V. Matrimonio, Reato. 
BERGHI 

V. Espropriazione per pubblica 
utilit�. 
MINISTRAZIONE DELLO STA'
O E DEGLI ENTI PUBBLICI 

Vigilanza e tutela -Responsabilit� 
dell'Amministrazione controllante 
per gli atti posti in 
~ssere dagli enti controllati ., 
ll:sclusione, 948. 

V. anche Competenza e giurisdi~
one. 

NISTIA E INDULTO 

v. Impugnazioni. 
>ALTO 

\Jppalto di opere pubbliche ~
ppalto a misure -Pretese del'
appaltatore a maggiori com1ensi 
o indennizzi -Onere della 
iserva -Sussiste -Fondamen


o e portata -Operativit� del'
onere della riserva anche per 
e c. d. questioni generali e per 
c. d. fatti � continuativi � -Susiste, 
1110. 
~ppalto di opere pubbliche :
dilizia popolare ed economica ~
ppalto -Appalto di costruzione 
.i alloggi stipulato da un I.A:C. 

�. -Valore normativo regola1entare 
e non meramente conrattuale 
del Ca�pitolato generale 
o.pp. -Sussiste -Sopravveniena 
del nuovo Capitolato approato 
con d.P.R. 16 luglio 1962, 
. 1063 -Applicabilit� immediata 
dell'art. 51 Cap. gen. 1062 
circa la impugnabilit� della sentenza 
arbitrale per inosservanza 
delle regole di dkitto -Sussiste, 
1111. \ 

-Appalto di opere pubbliche Pretese 
dell'appaltatore a maggiori 
compensi o indennizzi Onere 
della riserva -Fondamento 
e portata -Operativit� anche 
per i c. d. � fatti continuativi � Sussiste, 
1112. 

-Appalti di opere pubbliche -Sospensione 
dei lavori per fatti dell'amministrazione 
committente Domande 
dell'appaltatore -Onere 
della riserva -Sussiste, 1110. 

APPELLO 

-V. Procedimento civile. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Annullamento di ufficio -Annullamento 
del Governo ai sensi 
dell'art. 6 t.u. 3 marzo 1934�, numero 
383 -Sfera di applicabilit� 
-Intervento del Consiglio dei 
Ministri -Sussiste, 995. 

CASSAZIONE 

-Uniforme interpretazione del diritto 
-Questione di legittimit� 
costituzionale -Inammissibilit�, 

916. 
COMMERCIO 

-Libert� di iniziativa economica Programmi 
e controlli -Negozi 
ed esercizi di vendita -Riposi 
ed orari -Competenza del Prefetto 
-Obbligatoriet� del parere 
delle organizzazioni sindacali Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 912 . 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 


-Esecuzione forzata -Regolamento 
di giurisdizione sollevato dalla 
pubblica Amministrazione, non 
parte in causa -Ammissibilit� 

938. 
-Esecuzione forzata sui beni esteri 
esistenti nello Stato -Decreto 
di reciprocit� e autorizzazione 
del Ministro per la giustizia Mancanza 
di autorizzazione 
Difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario -Natura ed effetti, 
938. 

-Impiego pubblico -Diritti patrimoniali 
-Interessi corrispettivi Giurisdizione 
del Consiglio di 
Stato -Sussiste, 992. 

Impiego pubblico -Diritti patrimoniali 
-Interessi di mora Giurisdizione 
del Consiglio di 
Stato -Non sussiste, 992. 

-Regione siciliana -Competenza 
del Consiglio di giustizia amministrativa 
-Decisione -Impugnativa 
davanti all'adunanza 
plenaria del Consiglio di Stato Presupposti 
-Fattispecie -Inammissibilit�, 
con nota di F. MARIUZZO, 
993. 

-Regione siciliana -Comune di 
Messina -Aggiudicazione a privato 
di beni compresi nel piano 
regolatore -Visto prefettizio di 
esecutoriet� -Impugnativa davanti 
al Consiglio di Giustizia 
amministrativa Decisione 
.Appello davanti all'adunanza 
plenaria -Ammissibilit�, con nota 
di F. MARIUZZO, 993. 

-Vigilanza e tutela -Esercizio 
della funzione di vigilanza 'e tutela 
sugli enti pubblici -Diritto 
.soggettivo dei terzi -Esclusfone, 

948. 
CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE. 

-Decorrenza del termine -Conoscenza 
dell'atto da parte della 
Corte dei Conti e dell'Avvocatura 
dello Stato -Irrilevanza 

879. ' 
CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Debiti pecuniari dello Stato Momento 
in cui diventano liquidi 
ed esigibili -Decorrenza degli 
interessi -Emissione dell'ordine 
di pagamento, 992. 

CONTRABBANDO 

-V. Imposta generale sull'entrata. 

CONTRATTI AGRARI 

-Proroga -Applicabilit� anche ai 
contratti relativi a terreni gi� 
destinati ad edilizia da un piano 
regolatore generale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione 

930. ' 
CORTE DEI CONTI 

-Giudizio di parificazione del rendiconto 
della regione Friuli-Venezia 
Giulia -Spese di funzionamento 
del Consiglio Regionale 
-Controllo esclusivo del 
Consiglio medesimo -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione 

931. ' 
Giudizio di previsione del rendiconto 
generale dello Stato Irrilevanza 
delle questioni di 
legittimit� costituzionale riflettenti 
la legge del bilancio e le 
l~ggi .di spesa -Difetto di legittimazione 
della Corte dei Conti 
a sollevare le predette questioni 
nel giudizio di parificazione, 930. 

-V. anche Conflitto di attribuzioni. 


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Giurisdizioni speciali -Comandanti 
di porto -Revisione -Scadenze 
del termine quinquennale 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
909. 

-V. anche Cassazione, Commercio 
Conflitto di attribuzione, Con~ 
tratti agrari, Corte dei Conti, 


INDICE VII 

~ 


Esecuzione fiscale, Friuli-Venezia 
Giulia, Imposte e Tasse, Istruzione 
pubblica, Lavoro, Matrimonio, 
Nobiltd, Piani regolatori, 
Pensioni, Poste e Telefoni, Previdenza 
e assistenza, Procedimento 
civile, Procedimento penale, 
Reato, Regione, Sardegna, Sicilia. 


:MANIO 

Demanio storico ed artistico Vincolo 
indiretto, storico ed artistico 
-Discrezionalit� -Motivazione 
-Sufficienza -Vincolo indiretto 
-Scelta del momento di 
imposizione -Discrezionalit� Eccesso 
di potere per disparit� 
di trattamento -Inammissibilit�, 

996. 
Demanio storico ed artistico Zona 
di rispetto -Proprietari degli 
immobili adiacenti -Interesse 
al rispetto delle prescrizioni imposte 
-Sussiste, 997. 

NAZIONI 

V. Imposta di registro. 
[LIZIA POPOLARE ED ECO
�oMICA 

V. Appalto, Imposta di registro. 
~TTORIA 

v. Esecuzione fiscale. 
:CUZIONE FISCALE 

nammissibilit� dell'opposizione 
tgli atti esattoriali sui mobili del 
lebitore da parte del coniuge o 
li parenti o affini entro il terzo 
:rado, ai sensi dell'art. 207 t. u. 
mposte dirette -Contrasto con 
:li artt. 3, 4, 113 Costituzione qon 
sussiste, 909. 

ESECUZIONE FORZATA :a 

-V. Competenza e giurisdizione. 

l 

I

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Alberghi -Ampliamento -Pubblica 
utilit� delle relative opere Sussiste, 
997. 

-Espropriazione -Dichiarazione 
di p. u. -Annullamento in sede 
giurisdizionale Rinnovazione 
previa nuova valutazione -Legittimit�, 
997. 

-Espropriazione -Termini -Inizio 
e fine dei lavori -Omissione Successivo 
provvedimento di sanatoria 
per costruzioni di alloggi 
gi� eseguiti -Omessa valutazione 
della situazione gi� esistente 
-Illegittimit�, 996. 

-Indennizzo -Legge regionale siciliana 
21 aprile 1953, n. 30 Criteri 
di determinazione -Deroga 
ai principi generali della 
legge 1865, n. 2359 -N�n sussiste, 
986. 

-Legge regionale Trentino-Alto 
Adige -Opposizione all'indennit� 
di esproprio -Termine -Decorrenza 
dalla rispettiva notifica 
del decreto di esproprio all'espropriato 
ed all'espropriante -Equipollenti 
-Non sussistono, 985. 

-Retrocessione -Esecuzione di 
opera pubblica diversa da quella 
prevista -Diritto alla retrocessio.
ne -Reintegrazione in forma 
specifica -Inammissibilit�, 964. 

-Retrocessione -Fondamento Criteri 
distintivi, 963. 

-Retrocessione Trasferimento 
del fondo di esproprio a terzi con 
l'obbligo di dare esecuzione alla 
opera pubblica -Realizzazione in 
termine -Retrocessione -Inammissibilit�, 
964. 

FALLIMENTO 

-Ammissione al passivo -Provvedimenti 
del giudice delegato Natura 
-Efficacia nell'ambito 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della procedura fallimentare ... 
Credito escluso dal passivo Insinuazione 
tardiva -Inammissibilit� 
-Limiti, 987. 

FRIULI-VENEZIA GIULIA 

-Scuole materne -Circolare in 
materia di edilizia scolastica Regolamento 
di competenza Spetta 
allo Stato, 886. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Ricorso giudiziale -Termine per 
ricorrere -Atto soggetto a controllo 
-Decorrenza -Data di conoscenza 
�dell'intervenuto controllo 
-Comuni e Province Controlli 
-Visto prefettizio Estensione 
-Illegittimit� dell'atto 
controllato -Effetti .sul visto, 
con note di F. MARIUZZO, 993. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


IMPIEGO PUBBLICO 

-Impiego sospeso cautelarmente Interessi 
sugli stirpendi non corrisposti 
durante la sosrpensione Non 
spettano, 992. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


IMPORTAZIONI ED ESPORTAZIONI 


-r V. Imposta generale sull'entrata, 
Imposte doganali. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni -Agevolazione dell'art. 
44 tab. B legge di registro Acquisto 
di area per costruzione 
di oratorio a scopo di culto -Si 
estende, 1001. 

-Agevolazioni -Industrializzazione 
del Mezzogiorno -Agevolazio.
ni per il trasferimento di terreni 
occorrenti per l'impianto di 
stabilimenti industriali -Primo 
trasferimento -Nozione, 1053. 

-Agevolazioni -Industrializzazione 
del Mezzogiorno -Declaratoria 
del Ministero dell'industria e del 
commercio -Finalit� -Competenza 
-Limiti, 1053. 

-Agevolazioni per gli atti di liberalit� 
a favore di enti di benef�cienza 
-Applicabilit� agli Istituti 
per le case popolari -Esclusione, 
1093. 

-Associazione in partecipazione Massa 
imponibile, con nota di R. 
SEMBIANTE, 1106. 

-Atti nulli -Restituzione di imposta 
-Espropriazione di terreni 
in base alle leggi di riforma fondiaria 
-Successiva donazione Nullit� 
-Sussistenza � Necessit� 
di una pronuncia dichiarativa 
della nullit� -Esclusione, 1057. 

-Divisione -Natura dichiarativa -
Assoggettabilit� all'imposta di 
registro -Questione di diritto Competenza 
delle Commissioni 
tributarie (sezioni di diritto) Sussiste, 
1004. 

-Donazione con riserva di usufrutto 
-Sistema di tassazione valevole 
anche per l'imposta sul 
valore globale e di trascrizione Aliquota 
corrispondente al valore 
della piena propriet� al momento 
della registrazione, 1046. 

-Industrializzazione del Mezzogiorno 
-Estensione del regime 
tributario agevolato dell'abbonamento 
ad Enti concessionari di 
lavori della Cassa del Mezzogiorno 
-Contestualit� delle dichiarazioni 
-Nozione -Sottoscrizione 
di entrambe le parti contraenti Non 
necessaria, 1096. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 


IMPOSTA DI RliCCHEZZA MOBILE 


-Spese e passivit� -Spese rpluriennali 
-Detraibilit� in pi� esercizi 
-Accantonamento di somme 
per costituire un fondo speciale 
per integrare la pensione dei dipendenti 
-Deliberazione che disrpone 
l'accantonamento e lo 
ripartisce in diverse annualit� 



INDICE IX 

Detraibilit� delle spese in pi� 
esercizi successivi, 1091. 

:POSTA DI SUCCESSIONE 

Valutazione -Beni mobili al servizio 
di aziende -Pertinenze Sistema 
di tassazione -Valutazione 
autonoma rispetto all'avviamento 
-Duplicazione -Non 
sussiste, 1088. 

Valutazione -Beni mobili esistenti 
nell'eredit� in modo autonomo 
-Valore -Stima risultante 
da inventario -Applicabilit� Beni 
mobili inerenti ad aziende 
-Valore -Stima da inventario Inap~
licabilit�, 1088. 

POSTA GENERALE SULL'EN-' 
rnATA 

Entrata imponibile -Rapporto di 
commissione non risultante nelle 
forme prescritte -Non esclude 
l'imponibilit�, 999. 

Imposta sulle merci importate 

(L. 19 giugno 1940, n. 762, articolo 
17) -Trattamento delle merci 
importate dai paesi aderenti 
al G.A.T.T. -Importazione di 
cotoni da tali paesi -Applicabilit� 
delle aliquote previste dalla 
legge 21 marzo 1958, n. 267 per 
i.g.e, e su atti economici relativi 
al cotone e posti in essere nello 
Stato -Sussiste, 1019. 
Imposte doganali -Giudicato di 
assoluzione per il reato di contrabbando 
-Irrilevanza sull'imponibilit� 
per l'entrata, 999. 

'OSTA STRAORDINARIA SUL 
ATRIMONIO. 

l\ccertamento -Titoli non quotati 
in borsa -Procedimento dell'art. 
19 del t.u. 9 maggio 1950, 

1. 203 -Non � obbligatorio Determinazione 
del valore in seie 
di concordato generale -Le~
ittimit�, 1037. 
:::ammissioni tributarie -Facol;
� di accertamento -Sowressio1e 
contenuta nell'art. 5 1. 5 gen1aio 
1956, n. 1 -Abrogazione 

espressa dell'art. 43 t. u. 24 agosto 
1877, n. 4021 e abrogazione 
implicita delle altre disposizioni 
legislative relative alla stessa 
facolt�, 1060. 

-Concordato -Regime anteriore 
alla legge 5 gennaio 1956, n. 1 Impossibilit� 
di rettifiche o integrazioni 
da parte dell'Ufficio, 
1037. 

-Presupposti -Possesso di beni 
alla data del 28 marzo 1947 -Non 
corrispondenza ad un titolo legittimo 
di propriet� -� sufficiente, 
1044. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 


IMPOSTA SULLE CONCESSIONI 
GOVERNATIVE. 

-Prescrizione -Tassa suppletiva Decorrenza 
-Data di pagamento 
della tassa principale -Necessit� 
di aggiornamento della spesa preventiva 
-Decorrenza -Non dalla 
data di pagamento bensi dalla 
data in cui la Finanza deve provvedere 
all'aggiornamento, 1049. 

IMPOSTE DIRETTE 

~V. Imposte e tasse in genere. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Ige sull'importazione -Aliquota 
dell'l previsto dalla 1. 15 luglio 
1957, n. 587 -Retroattivit'� �per 
i rapporti doganali non ancora 
definiti -Ammissibilit�, 1065. 

Ige sull'importazione -Importazione 
di nave -Applicabilit�, 
1063. 

Ige sull'importazione di nave Applicabilit� 
-Limiti -Nave armata 
in funzione di un'impresa 
commerciale marittima -Tassa-. 
bilit� -Nave disarmata -Non 
tassabilit�, 1064. 

-Imposta generale sull'entrata -
Ige sull'importazione -Nozione Correlazione 
tra l'una e l'altra 
nella misura del tributo, nella 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sfera di applicabilit� sulle cessioni 
di merci, nelle esenzioni Alienazione 
di capitali -Tassabilit� 
-Esclusione, 1064. 

-Imposta generale sull'entrata e 
Ige sull'importazione -Nozione 
e differenze, 1063. 

-V. anche Imposta generale sull'entrata. 


IMPOSTE E TASSE 

Accertamento di maggiore imponibile 
nei confronti di un solo 
coobbli:gato -Decorrenza dei termini 
per l'impugnativa anche per 
gli altri -Illegittimit� costituzionale, 
859. 

-Commissione delle Imposte -Decisione 
della Commissione Centrale 
sul merito dell'estimazione 
-Imposta di ricchezza mobile Presunzione 
di interessi -Incensurabilit� 
in Cassazione, 1032. 

-Commissioni tributarie -Controversie 
di valutazione e controversie 
di diritto in materia di imposte 
indirette sui trasferimenti 
-Controversia sulla natura agricola 
e edificatoria di un terreno 
-� controversia di valutazione Conseguente 
applicabilit� della 
stima diretta (fondi edificatori) 

o della valutazione automatica 
(fondi rustici) -Competenza delle 
Commissioni tributarie in sede 
di valutazione -Sussiste, 1004. 
Commissioni tributarie -Imposte 
indirette sui trasferimenti -Controversia 
di valutazione -Decisione 
della Commissione Provinciale 
-Motivazione -Estremi 
per la sua legittimit�, 1005. 

Commissioni tributarie -Imposte 
indirette sui trasferimenti -Controversie 
di valutazione -Decisioni 
della Commissione Provinciale 
-Ricorso all'a.g.o. ai sensi 
dell'art. 29 r.d.l. 7 agosto 1936, 

n. 1639 e ricorso in Cassazione 
ai sensi dell'art. 111 Cost. -Ammissibilit� 
-Fattispecie in tema 
di valutazione, con la stima diretta 
invece del criterio automatico, 
e in tema di difetto di 
motivazione, 1005, 
-Competenza e giurisdizione 
Profitti di regime -Natura tributaria 
-Opposizione al provvedimento 
di confisca -Competenza 
del Foro dello Stato, 1034. 

-Imposta complementare -Dipendenti 
statali -Ritenute d'acconto 
-Delega legislativa -Testo 
unico sulle imposte dirette -Eccesso 
di delega -Questione di 
legittimit� costituzionale -Irrilevanza 
per successiva disposizione 
di legge, 899. 

-Imposta di registro -Competenza 
e giurisdizione -Commissioni 
tributarie -Controversia di valutazione 
e controversia di diritto 
-Controversia di diritto 
pregiudiziale a quella sulla determinazione 
del valore -Competenza 
della sezione di diritto 
della Commissione Provinciale Sussiste 
-Sospensione del giudizio 
di valutazione fino alla decisione 
definitiva sulla questione 
pregiudiziale -Controversia sull'applicabilit�, 
nella valutazione 
dei beni, del criterio di stima 
automatica prevista per i fondi 
rustici ovvero della stima diretta 
-Controversie di valutazione 
e controversie di diritto -Distinzione 
e presupposti, 1005. 

-Imposta di registro -Competenza 
e giurisdizione -Commissioni 
tributarie -Controversie di valutazione 
e controversie di diritto 
in materia di imposte indirette 
sui trasferimenti -Controversia 
sulla natura agricola o edificatoria 
di un terreno -� controversia 
di valutazione -Competenza della 
Commissione tributaria in sede 
di valutazione in catasto del 
fondo come rustico -Irrilevanza 
-Definizione della nozione di 
fondo rustico nella legge n. 1044 
del 1954 -Irrilevanza, 1007. 

-Imposta di successione -Solidariet� 
tributaria -Accertamento 
di valore -Notificazione ad un 
condebitore -Decorrenza del termine 
per il reclamo anche per 
altro condebitore -Illegittimit� 
costituzionale, 927. 

Imposta straordinaria sul patrimonio 
-Accertamento -Concordato 
-Integrazioni e modificazioni 
-Art. 3 legge 5 gennaio 



INDICE XI 

1956, n. 1 e art. 35 t. u. 29 gen


naio 1958, n. 645 -Valore interpretativo 
-Esclusione, 1037. 

Imposte dirette -Accertamento� 
-Avviso di rettifica intestato a 
persona defunta -Nullit� -Notifica 
dell'avviso all'erede -Reclamo 
dello stesso alla Commissione 
con difesa nel merito Sanatoria 
-Natura dell'avviso 
come atto recettizio -Direzione 
dell'atto al contribuente defunto 

o all'erede -Fungibilit� degli 
stessi quali destinatari dell'atto, 
1023. 
Imposte dirette -Avviso di accertamento 
-Natura -Aspetti 

di diritto sostanziale e di diritto 
processuale -Rilevanza degli 
aspetti processuali ai fini della 
definitivit� dell'accertamento 
Direzione dell'atto come atto recettizio 
a persona determinata Aspetto 
processuale -Nullit� -
Opponibilit� nella prima istanza 

o difesa (anche se incompleta) Omissione 
-Decadenza -Norme 
di diritto processuale ordinario Applicabilit�, 
1023. 
Imposte dirette -Privilegio Estensione 
alle sopratasse -Sussiste 
-Imposta straordinaria sul 
patrimonio -Privilegio -Estensione 
alle sopratasse -Susiste, 
1099. 

Imposte dirette -Riscossione Esecuzione 
esattoriale -Opposizione 
-Limiti -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 926. 

Imposte indirette -Avviso di accertamento 
-Natura e funzione -
Provocatio ad opponendum -Avvertimento 
previsto dall'art. 21 

r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 -Mancanza 
-Nullit� dell'avviso, 1024. 
Restituzione di imposta -Richiesta 
del terzo possessore di cosa 
gravata da privilegio -Contro


versia Natura tributaria 
Esclusione -Ricorso preventivo 

alla Commissione tributaria 

Esclusione, 1099. 

Violazioni delle leggi finanziarie 
-Sopratassa -Pena pecuniaria Natura 
-Differenza, 1099. 

V. anche Imposta generale sull'entrata. 
IMPUGNAZIONI 

-Omessa pronuncia del giudice di 
I grado nel reato concorrente Declaratoria 
di amnistia del giudice 
di secondo grado -Inammissibilit� 
-Declaratoria di amnistia 
da parte della Corte di 
Cassazione, con nota di P. DI 
TARSIA, 1130. 

-V. anche Procedimenti civili. 

INGIUNZIONE 

-Ingiunzione fiscale -Opposizione 
-Rigetto -Enunciazione nel dispositivo 
della condanna al pagamento 
dell'imposta -Duplicazione 
di titoli esecutivi -Esclusione, 
con nota di R. SEMBIANTE, 
1107. 

INGIURIA E DIFFAMAZIONE 

-V. R~ato. 

ISTITUZIONE PUBBLICA DI ASSISTENZA 
E BENEFICENZA 

-V. Imposta di registro. 

ISTRUZIONE PUBBLICA 

-Istruzione inferiore -Gratuit� 
della scuola media dell'obbligo Fornitura 
dei mezzi di trasporto 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
880. 

-V. anche Friuli-Venezia Giulia. 

LAVORO 

-Lavoro domestico -Disciplina 
legislativa in luogo di quella 
della contrattazione collettiva 
Illegittimit� costituzionale 
Esclusione, 868. 

-Lavoro domestico -Sottrazione 
dei relativi rapporti alla contrattazione 
collettiva -Irrilevanza 
della questione, 868. 

-Legge istitutiva dell'Albo dei 
consulenti del lavoro -Violazio



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

xn 

ne dei principi costituzionali del 
diritto al lavoro e di uguaglianza 
-Esclusione, 872. 

MATRIMONIO 

-Separazione personale dei coniugi 
-Cause -Adulterio della moglie 
-Adulterio del marito con 
carattere di ingiuria grave -Illegittimit� 
costituzionale, 908. 

MEZZOGIORNO 

-V. Imposta di registro. 

NAVE 

-V. Imposte doganali. 

NOBILT� 

-Ordini cavallereschi -Decorazioni 
al valor militare -Revoca 
delle concessioni per i combattenti 
della ex MVSN nella guerra 
di Spagna -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 890. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-V. ContabiHt� generale dello 
Stato. 

OLTRAGGIO 

-V. Reato. 

OPERE PUBBLICHE 

-V. Appalto. 

PENSIONI 

-Pensioni civili e militari -Riduzione 
della pensione per effetto 
di condanna penale -Normativa 
anteriore alla legge 8 giugno 1966 

n. 424 -Illegittimit� costituzionale, 
891. 
-Pensioni di guerra -Perdita della 
pensione per condanne penali -
Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
892. 

PIANO REGOLATORE 

-Regolamento edilizio comunale Annullamento 
del Governo 
Mancato intervento del Consiglio . 
dei Ministri -Illegittimit�, 995. 

-Regolamento edilizio comunale Programma 
di fabbricazione Natura 
-� atto costitutivo -Impugnabilit�, 
998. 

-Regolamento edilizio comunale Programma 
di fabbricazione Contenuto 
-Limiti, 998. 

-Venezia -Provvedimenti per la 
salvaguardia del carattere lagun.
are e monumentale -Disposiz10ne 
transitoria fra piani regolatori 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 882. 

-V. anche Contratti agrari. 

POSTE E TELECOMUNliCAZIONI 

-Fermo della corrispondenza da 
parte dell'Amministrazione postale 
-Competenza dell'autorit� 
giudiziaria -Illegittimit� costituzionale 
della normativa 
Esclusione, 864. 

-Fermo della corrispondenza da 
parte dell'Amministrazione postale 
-Illegittimit� costituzionale 
della normativa, 864. 

PREFETTO 

-V. Commercio, Giustizia Amministrativa. 


PRESCRIZIONI 

-V. Imposta sulle concessioni amministrative. 



INDICE Xlll 

tEVIDENZA E ASSISTENZA 

Assicurazione obbUgatoria contro 
la disoccupazione -Esclusione 
per i lavoratori dipendenti da 
persona tenuta alla somministrazione 
degli alimenti -Illegittimit� 
costituzionale, 874. 

tOCEDIMENTO CIVILE 

Appello -Omessa riconsegna del 
fascicolo dell'appellante -Improcedibilit� 
dell'appello -Possibilit� 
di acquisire aliunde gli 
elementi per la decisione -Irrilevanza, 
990. 

Cause inscindibili e cause dipendenti 
-Estromissione in primo 
grado del .chiamato in causa ad 
integrazione del contraddittorio 

o in garanzia -Impugnazione 
principale che non investe la ritualit� 
della estromissione -Insussistenza 
del vincolo di inscindibilit� 
o dipendenza in secondo 
grado -Appello incidentale nei 
confronti dell'estromesso nel 
giudizio di primo grado -Rispetto 
dei termini di decadenza 
previsti dall'art. 343 c.p.c. -Prima 
udienza -Pronuncia secondo 
equit�, con nota di V. A. FIDUCCIA, 
951. 
Contumace -Divieto di costituzione 
dopo la rimessione della 
causa al collegio -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 862. 

Legittimatio ad causam -Nozione 
-Questione rilevabile d'ufficio 
e deducibile in ogni stato e 
grado del giudizio -Limiti, 974. 

Titolarit� del diritto sostanziale 
-Questione attinente al merito 
della controversia e non di legittimatio 
ad causam in senso proprio 
-Deducibilit� per la prima 
volta in cassazione -Inammissi:.. 
bilit�, 975. 

V. anche Appalto. 
lOCEDIMENTO PENALE 

Citazione della persona offesa 
dal reato o del querelante 


Omissione -Nullit� sanabile 


Illegittimit� costituzionale, 910. 

-Contestazione suppletiva -Imputati 
contumaci -Ordinanza di 
trasmissione degli atti al P. M. Inoppugnabilit� 
-Abnormit� Non 
sussiste, con nota di P. D1 
TARSIA, 1132. 

-Deposito provvedimenti del giudice 
ed avviso -Notificazione -
Gfudizio in contumacia -Nuovo 
difensore di ufficio in dibattimento 
sostituito a quello nominato 
col decreto di irreperibilit� -Avviso 
di deposito della sentenza Notifica 
all'ultimo difensore, con 
nota di P. DI TARSIA, 1131. 

-Istruttoria sommaria -Inammissibilit� 
dell'opposizione dell'imputato 
alla costituzione di parte 
civile -Poteri della parte civile Violazione 
del diritto di difesa 
e violazione del principio di 
uguaglianza -Esclusione, 920. 

-Istruzione -Istruzione sommaria 
-Pubblico ministero -Valutazione 
insindacabile sull'evidenza 
delle prove -Illegittimit� costituzionale, 
902. 

-Nomina del difensore nell'istruzione 
formale -Questione di legittimit� 
costituzionale -Irrilevan:~
a, 899. 

-Testimoni -Ufficiali e agenti di 
polizia -Persone che ad essi hanno 
fornito notizie -Mancanza 
dell'obbligo di rilevare il nome Questione 
di legittimit� costituzionale 
-Infondatezza, 896. 

PROFITTI DI REGIME 

-V. Imposte e tasse in genere. 

REATO 

-Adulterio -Esclusiva punibilit� 
della moglie -Illegittimit� costituzionale, 
907. 

-Codice penale -Disposizione che 
consente di triplicare il massimo 
edittale dell'ammenda -Viola



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 

zione del principio di eguaglian


za 
-Esclusione, 876. 

-Contravvenzione per possesso ingiustificato 
di valori -Ipotesi non 
ricollegate a precedenti specifici 
di reati contro il patrimonio Illegittimit� 
costituzionale, 889. 

-Delitti di oltraggio a pubblico 
ufficiale -Differenziazione rispetto 
al delitto di ingiuria -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

887. 
REGIONE 

-Trentino-Alto Adige -Competenza 
legislativa in materia di 
scuole materne -Legge statale Invasione 
di competenza -Sussiste 
-Illegittimit� costituzionale, 

928. 
-V. anche Sitj.lia. 
RESPONSABILIT� CIVILE 

-V. Amministrazione dello Stato, 
Appalto. 

RIFORMA FONDIARIA 

- 
V. Imposta di registro. 

SARDEGNA 

-Legge regionale -Concessione di 
un assegno a favore degli artigiani 
con carico familiare -Copertura 
della nuova spesa -Illegittimit� 
costituzionale, 919. 

SENTENZA 

Correlazione tra dispositivo e 

motivazione, 986. 

SICILIA 

-Amministrazione regionale -Integrazione 
del ruolo unico ad 
esaurimento dei servizi periferici 
-Prineipio del buon andamento 
dell'Amministrazione 
Limiti alla discrezionalit� del legislatore 
-Tutela esclusiva dell'interesse 
del personale -Illegittimit� 
costituzionale, 903. 

Deliberazioni dell'ERAS concernenti 
regolamenti del personale 

Approvazione dell'Assessore 
per l'Agricoltura e foreste -Concerto 
del Ministero del Tesoro Omissione 
-'Violazione dello Statuto, 
879. 

-Legge regionale relativa al trattamento 
di quiescenza, previdenza 
e assistenza del personale della 
Regione -Sperequazione di trattamento 
fra personale in servizio 
e personale in quiescenza -Diminuzione 
dello stimolo alla progressione 
di carriera -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

906. 
- 
V. anche Competenza e giurisdizione, 
Espropriazione per p.u. 

SOCIET� 

- 
V. Imposta di registro. 

TRENTINO-ALTO ADIGE 

-V. Espropriazione per pubblica 
utilit�, Regione. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

ORTE COSTITUZIONALE 

i maggio 1968, n. 48 
I maggio 1968, n. 54 
i luglio 1968, n. 100 
i luglio 1968, n. 101 
i luglio 1968, n. 102 
i luglio 1968, n. 103 
l luglio 1968, n. 104 
l luglio 1968, n. 105 
l luglio 1968, n. 106 
l luglio 1968, n. 107 
l luglio 1968, n. 108 
l luglio 1968, n. 109 
l luglio 1968, n. 110 
l luglio 1968, n. 111 
l luglio 1968, n. 112 
l luglio 1968, n. 113 
3 novembre 1968, n. 114 
3 novembre 1968, n. 115 
3 novembre 1968, n. 116 
3 novembre 1968, n. 117 
} dicembre 1968, n. 123 . 
} dicembre 1968, n. 124 . 
} dicembre 1968, n. 126 . 
} dicembre 1968, n. 127 . 
} dicembre 1968, n. 127 . 
} dicembre 1968, n. 128 . 
) dicembre 1968, n. 129 . 
) dicembre 1968, n. 132 . 
) dicembre 1968, n. 133 . 
) dicembre 1968, n. 134 . 
3 dicembre 1968, n. 135 . 
B dicembre 1968, n. 136 . 
B dicembre 1968, n. 138 . 
B dicembre 1968, n. 139 . 
[) dicembre 1968, n. 140 . 
[) dicembre 1968, n. 141 . 
[) dicembre 1968, n. 142 . 
[) dicembre 1968, n. 143 . 

pag. 859 
862 
864 
868 
872 
874 
876 
879 
880 
882 
886 
887 
889 
890 
891 
892 
896 
899 
899 
902 
903 
906 
907 
908 
908 
909 
909 
910 
913 
916 
919 
920 
926 
927 
928 
930 
930 
931 

GIURISDIZIONI CIVILI 

:ORTE DI CASSAZIONE 

:ez. III, 10 dicembre 1967, n. 2898 pag. 951 
:ez. I, 10 giugno 1968, n. 1776 . . 999 


XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. Un., 27 giugno 1968, n. 2062 pag. 963 
Sez. I, 1 luglio 1968, n. 2207 1004 
Sez. I, 5 luglio 1968, n. 2252 . 1001 
Sez. I, 6 luglio 1968, n. 2293 . 1019 
Sez. Un., 1 agosto 1968, n. 2737 1005 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3026 1007 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3029 938 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3030 (in nota a Cass. 30 settembre 
1968, n. 3029) . . . . . . . . . . . . . . . . , > 938 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3032 (in nota a Cass. 30 settembre 
1968, n. 3029) . . . . . . . . . . . . . . . 938 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3033 (in nota a Cass. 30 settembre 
1968, n. 3029) . . . . . . . . . . . . . . . . 938 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3034 (in nota a Cass. 30 settembre 
1968, n. 3029) . . . . . . . . , . . . . . . . . 938 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3035 (in nota a Cass. 30 settembre 
1968, n. 3029) . . . . . . . . . . . . . . . . 938 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3039 (in nota a Cass. 30 settembre 
1968, n. 3029) . . . . . . . . . . . . . . . . 938 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3040 (in nota a Cass. 30 settembre 
1968, n. 3029) . . . . . . . . . . . . . . . 938 
Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3041 (in nota a Cass. 30 settembre 
1968, n. 3029) . 938 
Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3068 1023 
Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3075 1032 
Sez. I, 9 ottobre 1968, n. 3168 1034 
Sez. I, 18 ottobre 1968, n. 3347 1037 
Sez. Un., 29 ottobre 1968, n. 3607 974 
Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 3610 1044 
Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 3612 . 1046 
Sez. I, 31 ottobre 1968, n. 3641 . 1065 
Sez. I, 5 novembre 1968, n. 3648 1049 
Sez. I, 6 novembre 1968, n. 3662 1053 
Sez. I, 6 novembre 1968, n. ,3663 1024 
Sez. I, 7 novembre 1968, n. 3678 985 
Sez. I, 8 novembre 1968, n. 3693 1057 
Sez. I, 8 novembre 1968, n. 3702 986 
Sez. Un., 12 novembre 1968, n. 3716 1060 
Sez. I, 14 novembre 1968, n. 3731 1063 
Sez. I, 14 novembre 1968, n. 3732 1064 
Sez. I, 21 novem:bre 1968, n. 3780 1088 
Sez. I, 21 novembre 1968, n. 3782 987 
Sez. I, 28 novembre 1968, n. 3836 975 
Sez. I, 30 novembre 1968, n. 3858 (in nota Cass. 30 novembre 
1968, n. 3859) . . . . . 1091 
Sez. I, 30 novembre 1968, n. 3859 1091 
Sez. I, 30 novembre 1968, n. 3861 990 
Sez. I, 30 novembre 1968, n. 3862 1093 
Sez. I, 11 dicembre 1968, n. 3945 1096 
Sez. Un., 15 dicembre 1968, n. 3983 1029

.'. 

Sez. Un., 18 dicembre 1968, n. 4018 948 
Sez. I, 30 dicembre 1968, n. 4082 . 1106 


INDICE 

ORTE DI APPELLO 

orna, Sez. I, 28 settembre 1968, n. 2301 
orna, Sez. I, 30 novembre 1968, n. 2790 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

ONSIGLIO DI STATO 

d. plen., 22 ott�bre 1968, n. 25 
d. plen., 28 ottobre 1968, n. 29 . 
�. plen., 6 dicembre 1968, n. 30 
:z. IV, 9 ottobre 1968, n. 593 . 
ez. IV, 23 ottobre 1968, n. 645 . 
ez. IV, 6 novembre 1968, n. 703 
~z. IV, 20 novembre 1968, n. 731 
ez. IV, 6 dicembre 1968, n. 741 . 
GIURISDIZIONI PENALI 

ORTE DI CASSAZIONE 

ez. li, 15 giugno 1966, n. 1029 
ez. II, 15 dicembre 1966, n. 3446 
ez. I, 11 dicembre 1968, n. 1628 

pag. 1110 

pag. 
992 
993 
995 
996 
996 
997 
997 
998 

pag. 
1130 
1131 
1132 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


RASSEGNA DI DOTTRINA 
DI RENZO M., L'eccezione nei processo amministrativo, Jovene, 
Napoli, 1968 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
PRANDSTRALLER G. P., GH �vvocati itaiiani, Edizioni di Comunit�, 
Milano, 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
pag. 221 
222 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
-Norme dichiarate incdstituzianaH: 
codice civile, art. 151, secondo comma . . . . . 
codice penale, art. 559, primo e secondo comma . 
codice di procedura penale, art. 389, terzo comma 
codice di procedura penale, art. 422 . . . . . . 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66 . . . . . 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 114, secondo comma . 
legge reg. sic. appr. 30 marzo 1967 . . . . . . . . 
pag. 223 
223 
223 
223 
224 
224 
224 
-Norme deHe quaii � stata dichiarata non f�ndata ia questione 
di iegittimit� costituzionaie: 
codice di procedura penale, art. 98 e art. 94 . . . . . 
codice di procedura penale, art. 349, ultimo comma, prima 
parte . . ............. . 
codice della navigazione, artt. 1238, 1240, 1242, 1243, 
1245 e 1247 . . . . . . . . . . . . . . . 
legge 16 giugno 1932, n. 973 . . . . . . . . . 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. b . 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 209, secondo comma 
legge reg. sic. 23 febbraio 1962, n. 2, art. 4, primo, secondo 
e terzo comma e art. 31 . . . . . . . . . . 
224 
225 
225 
225 
225 
225 
225 
-Norme deHe quaii � stato promosso giudizio di iegittimit� 
costituzionaie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226 
-Norme deHe quaH H giudizio di iegittimit� costituzionaie 
� stato definito con pronunce di estinzione di inammissibiHt�, 
di manifesta infondatezza o di restituzione degii 
atti ai giudice �di merito . . . . . . . . . . . . . . 233 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche pag. 236 Antichit� e Belle Arti pag. 236 
Aeronautica ed Aero-Appalto . . .. 236 
mobili . . . . . . 236 Assicurazione . . . . 237 


INDICE XIX 

Certificazione . . . . pag. 237 
Circolazione stradale . 237 
Concessioni ammini-, 

strative 237 

Contributi 237 

Cooperative 237 

Danni . 238 

Dazi doganali 238 

Edilizia economica e 

popolare . 238 

Elettricit� e Elettro


dotti . . . . 239 

Espropriazione p e r 

pubblica utilit� 239 
Farmacie . . , . 240 
Ferrovie . . . . . . 240 
Giudizio civile e penale 240 
Impiego pubblico 240 
Imposta di bollo 241 
Imposta di registro 241 

)TIZIARIO 

Convegno di studi . . . . . 

Imposta di ricchezza 
mobile . . . . . . 
Imposta di successione 
Imposte e tasse . . 
Imposte varie . . . 
Infortuni sul lavoro 
pag. 241 
241 
242 
242 
242 
Lotto e Lotterie 243 
Navi ...., . . 243 
Opere pubbliche 
Pensioni . 
243 
243 
Pignoramento . 
Poste e Telecomuni243 
cazioni _ 244 
Previdenza e Assistenza. 
244 
Prezzi . 244 
Regioni 
Servit� 
245 
245 
Successioni . 245 
Trasporto 245 

. . . . . . . . . . . . . pag. 246 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE * 


~ORTE COSTITUZIONALE 16 maggio 1968, n. 48 -Pres. Sandulli -
Rel. Fragali -Soc. F.I.M.I. (avv. Romagnoli) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Coronas). 

tnposte e tasse -Accertamento di maggiore imponibile nei confronti 
di un solo coobbligato -Decorrenza dei termini per l'im� 
pugnativa anche per gli altri -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 24; r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 20, 21). 

Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto col diritto di 
ifesa stabilito dali'art. 24 della Costituzione,, gli articoli 20 e 21 del 
. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639 sulla riforma degli ordinamenti tribuiri, 
limitatamente alla parte per la quale, dalia contestazione deli'acertamento 
di maggiore imponibile nei confronti di uno solo dei coobUgati, 
decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale anche 
ei confronti degli altri (1). 

(Omissis). -2. -Circa il merito della questione proposta, questa 
~orte rileva che il tribunale di Torino ha preso l'avvio da un'opiione 
secondo la quale l'obbligazione solidale di diritto tributario non 
lunisce pi� vincoli, come l'obbligazione solidale di diritto civile, ma 
~ga in unico rapporto tutti i debitori, fino al punto che, contestata 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 14 ottobre 1966 del 
ribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1967, n. 25). 
Con questa sentenza, la Corte ha eliminato, pi� che il testo delle 
orme denunciate, le quali non contengono alcuna menzione dei rapporti 
�a coobbligati e Fisco, il principio giurisprudenziale (sulla c. d. solidariet� 
rocessuale) che prevedeva, nelle obbligazioni tributarie, la possibilit� di 
1staurazione del rapporto contenzioso con uno solo dei soggetti debitori, 

*Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha colla:
Jrato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

verso uno solo di essi, la pretesa fiscale di nuova stima del bene oggetto 
di trasferimento svolge i suoi effetti anche verso tutti gli altri, 
assorbendo nella difesa di uno la difesa di tutti. 

Questa interpretazione del sistema, consolidata da lunghissimo 
tempo, ha resistito al dissenso di una parte notevole della doUrina; ma 
non riesce a superare il vaglio della norma costituzionale invocata nell'ordinanza 
che ha dato origine all'odierno giudizio. 

3. -Secondo l'art. 24, primo comma, della Costituzione, la tutela 
giurisdizionale dei diritti e degli interessi � garantita a � tutti �: la 
norma ha una formulazione tanto generale da colpire qualsiasi esclusione 
della tutela giurisdizionale, soggettiva od oggettiva, e qualsiasi limitazione 
che ne renda impossibile o difficile l'esercizio da parte di 
uno qualunque degli interessati. Non possono perci� dirsi coerenti a 
cosi larga. garanzia, norme come quelle denunciate, per le quali la tutela 
giurisdizionale di tutti i condebitori viene consumata dall'esercizio 

o dalla disposizione del diritto che ne fa uno solo di essi. 
La norma costituzionale, nella sostanza, d� ad ogni soggetto protetto 
dall'ordinamento il diritto di esperire le azioni e le difese che siano 
idonee a realizzare la protezione del proprio interesse; la pluralit� dei 
debitori di una medesima prestazione, determinando la contemporanea 
incidenza dell'obbligazione nella sfera di pi� soggetti, fa s� che ciascuno 
� abilitato ad esperire un'azione o una difesa .processualmente 
autonoma, per la tutela contro le pretese del creditore che eccedano 
l'�mbito del dovuto. Per quanto, del resto, unitariamente possa essere 
costruito il vincolo che lega i condebitori di imposta, esso mai darebbe 
luogo a rapporti di reciproca rappresentanza, per le ragioni altre volte 
espresse riguardo all'obbligazione solidale di diritto civile sotto il vigore 
del codice del 1865. Con riferimento particolare all'imposta di 
registro, rispetto ad essa manca spesso un interesse comune financo 
fra gli autori dell'atto che vi soggiace, se pure ailcuni di costoro siano 
in comunione riguardo al diritto che � oggetto del negozio documentato: 
baster� ricordare che l'art. 1475 del codice civile, se non vi � patto 
contrario, pone a carico dell'acquirente le spese del contratto di vendita 
e le altre accessorie (tra le quali si sogliono comprendere quelle 
inerenti all'imposta di registro), in modo da porre in contrasto di interessi, 
rispetto a questa imposta, venditore e compratore. E un contrasto 

ma con effetti opponibili anche agli altri, e ha dichiarato espressamente 

che la declaratoria non � limitata alla imposta di registro -oggetto di 

discussione davanti al giudice � a quo � -ma si estende a tutte le imposte 
�sui trasferimenti della ricchezza (per una tale estensione v. anche Corte 
Cost. 28 dicembre 1968, n. 139, ultra...). 

Il principio della solidariet� tributaria sostanziale -che � tutt'altra 

cosa, e costituisce una particolare applicazione dei principi generali sulle 

obbligazioni solidali -resta integro. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 861 

el genere si riproduce fra le parti di ogni altro atto, ove questo conenga 
la clausola, ritenuta valida fra le parti, che pone l'imposta a 
arico di U:na sola di esse. 

Un sistema che toglie ad alcuni condebitori di un tributo ogni posibilit� 
di difesa autonoma del proprio interesse perch� fa espandere 
lno a loro gli effetti del giudicato ottenuto nei confronti di altro coobligato, 
un sistema che estende a quei condebitori una preclusione verilcatasi 
nei rapporti di un altro o che comunque consente di comuniare 
ad uno solo dei coobbligati una pretesa che riguarda anche tutti 
li altri, permette all'amministrazione finanziaria di notificare la pre~
sa stessa a quel condebitore che, essendo nullatenente, o per altre 
agioni, possa non avere convenienza a contrastare l'istanza o ad impunare 
la pronunzia sfavorevole, eventualmente anche per evitare antiipi 
di spese da lui non sopportabili; pertanto � un sistema che lascia 
rbitra l'amministrazione finanziaria di porre fuori dal diritto di difesa 
ondebitori interessati ad esplicarla. Il che � contrario alla regola inde:
igabile fissata nell'art. 24, primo comma, della Costituzione. 

La notifica del maggior valore di un bene oggetto di un atto imonibile 
non lede certamente questa regola se pu� servire, per un larhlssimo 
accostamento all'art. 1308 del codice civile, ad impedire la 
ecadenza dell'amministrazione finanziaria dal diritto a far valere la 
la pretesa di nuova stima entro il termine fissato nel secondo degli 
rticoli denunciati, non deve avere rilevanza sul decorso del termine 
;abilito per ricorrere anche per colui al quale essa non � stata rivolta; 

quale dell'istanza viene ad ignorare l'esistenza, pur dovendo risen


rne gli effetti. Se il contribuente al quale il condebitore non ha reso 

ota la pretesa che l'amministrazione fiscale gli ha notificato potr� 

riche aver diritto verso di questi al risarcimento del danno, tale di


tto non riceverebbe pratica soddisfazione ove il condebitore non 

V'esse beni sufficienti a coprire la propria responsabilit� patrimoniale. 

Non � persuasivo obiettare che, contestandosi soltanto verso uno 

egli obbligati la pretesa fiscale ad una nuova stima, si evitano con


asti o difformit� di giudicati relativamente alla stessa obbligazione 

'imposta, e si evita altresi che l'accertamento venga scomposto in 

inti diversi accertamenti quanti sono i condebitori: se l'obbligazione 

imposta � inscindibile, come sostiene l'amministrazione finanziaria, 

:iccertamento non potr� essere che unico rispetto a tutti i condebitori, 

la decisione sulle opposizioni non potr� pronunziarsi se non in con


"Onto di tutti gli obbligati, secondo le norme degli artt. 102 e 331 del 

>dice di procedura civile, le quali esprimono regole di ordine generale. 

Le norme denunciate non si legittimano nemmeno facendo capo 

la speciale posizione che l'ordinamento costituzionale assicura alla 

>test� tributaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte: la tutela 

:eferenziale non pu� intendersi apprestata alla pretesa fiscale fino ad 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

obbligare all'imposta soggetti che non vi sono tenuti, o a porre l'obbli


I{:

gazione a loro carico in una misura superiore a quella concretamente j 

dovuta, come potrebbe accadere se, in parte qua, rimanessero in vita le ;, 
disposizioni portate dal tribunale di Torino al sindacato di questa Corte. 

3. -La questione proposta � perci� fondata nei limiti suddetti. 
il

La declaratoria relativa non pu� per� limitarsi agli effetti dell'imposta 
di registro alla quale si riferisce la causa pendente innanzi al 
giudice a quo, data la formulazione delle norme denunciate, che contemplano 
genericamente e inscindibilmente tutte le imposte sui trasferimenti 
di ricchezza e dato che le ragioni addotte non hanno carattere 
esclusivo per l'imposta di registro. -(Omissis). 


CORTE COSTITUZIONALE, 29 maggio 1968, n. 54 -Pres. Sandulli -
Rel. Branca -Romano c. Caserta -Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Albisinni). 


Procedimento civile -Contumace -Divieto di �costituzione dopo la rimessione 
della causa al colle~io -Ille~ittimit� costituzionale Esclusione. 
(�ost., art. 3 e 24, 2� comma; c. p. c., art. 29.3 e 294). 


Non violano il diritto di difesa ed il principio di uguaglianza le 
disposizioni degli articoli 293 e 294 c. p. c., che vietano al contumace 
di costituirsi in giudizio dopo l'udienza di precisazione delle COl}"l,clu


.. sioni e di ottenere, dopo la medesima udienza, la rimessione in termini 
(1). 

(Omissis). -Il procedimento contumaciale � disciplinato in modo 
che la tutela dei diritti del contumace non vada a danno deU'altra parte 
e della speditezza del giudizio. Se, da un lato, dopo la dichia~azione 
della contumacia si permette all'assente di purgarla, dall'altro, gU si 
pone un limite di tempo entro cui costituirsi, cio� l'udienza che chiude 


(1) La questione � stata sollevata con ordinanza emessa il 13 luglio 1966 
dal Pretore di Livorno (Gazzetta Ufficiale 24 settembre 1966, n. 239). 
La giurisprudenza � costante nel ritenere che la costituzione del contumace 
possa avvenire fino a quando il provvedimento di rimessione della . 
causa al collegio non sia effettivamente intervenuto, non assumendo efficacia 
preclusiva il puro e semplice invito del giudice alle parti di precisare le 
conclusioni. 


Dopo la remissione della causa al collegio, la costituzione del contumace 
� improduttiva di qualsiasi effetto giuridico (App. Firenze, 16 settem



.t>ARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 863 

struzione. La costituzione in giudizio � perci� configurata come una 
colt� che il contumace deve esercitare entro quel termine se vuol 
1rtecipare al processo: in verit� fa legge non gli nega il diritto di 
fendersi nella seconda fase del giudizio, ma glielo riconosce purch� 
:li si costituisca nella fase precedente. 

Certo al pari del codice di procedura civile del 1865 avrebbe poto 
ammettere anche la costituzione in udienza; ma se non lo ha fatto 
per un motivo tutt'altro che arbitrario, com'� quello di stimolarlo 
una presenza tempestiva nella fase che pi� richiede il contradditto-" 
), dovendosi precisare la controversia e svolgere le prove: dimo1cch� 
non si pu� consentire una discussione orale a chi non ha parcipato 
a quell'istruzione che ne � il presupposto. Del resto un'analoga 
1rma � dettata per l'intervento volontario (art. 268 c. p. c.) e dimora 
la coerenza del sistema. E, se invece il P. M. pu� spiegare il suo 
tervento anche dopo l'istruzione, la giustificazione sta in ci� che esso 
risce per una migliore attuazione della legge, poco importando se sia 

meno da considerare parte nella causa: infatti nel giudizio sulla 
zionalit� di una certa disciplina non si deve guardare soltanto alla 
1sizione formale di chi ne � destinatario ma anche alla funzione od 
lo scopo a cui essa � preordinata. 

2. -Si assume che la contumacia, anche fuori dai casi della nul;
� della citazione o della notificazione, pu� essere involontaria, derminata 
da una fatto non imputabile al soggetto: poich� il giudice 
appello che accerti l'involontariet� non pu� rimettere la causa al 
�imo grado (art. 354) sarebbe ingiusto negare la purgazione della 
>ntumacia dopo l'istruttoria. Ma le norme impugnate, anche per chi 
esamini sotto questo profilo, conservano la giustificazione che s'� 
cordata pi� sopra: e ci� non tanto perch� si tratti d'un caso margitle, 
quanto perch� una diversa normazione sviserebbe la struttura 
!l processo con danno del1a sua economia : ch� il convenuto, per porsi 
costituire nella seconda fase del giudizio di primo grado, dovrebbe 
tieder di provare l'involontariet� della contumacia, s� che la causa 
>rmalmente finirebbe per essere rimessa al giudice istruttore. Il che 
~cadrebbe assai pi� spesso di quanto non si creda, poich� si infitti:
bbero le richieste, fondate o non fondate, di provar la contumacia 

~e 1960, Giust. civ., Rep. 1961, v. Contumacia, n. 2) e, qualunque sia la 
cgione della mancata costituzione, nessun potere � conferito al giudice 
consentire al contumace una costituzione successivamente a tale sentenza 

~ass., 17 maggio 1965, n. 928; id., Rep. 1965, v. cit., n. 4). 

In dottrina, v. CosTA, ContumaJcia (dir. proc. civ.), in Novissimo Dig. it., 
'6; BRANDI, Contumacia (dir. proc. civ.), in Eme:. del dir., X, 1962, 458; 
rANNOZZI, La. contumacia nel processo civile, 1963; CARNELUTTL, Istituzioni 
il nuovo processo civ. it., vol. II, pag. 13; D'ONOFRIO, Commentario, I, 490). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

involontaria. Inoltre, siccome la prova della involontariet� potrebbe 
anche non riuscire, in tali casi il giudizio sarebbe rallentato inutill 


I": 

mente; conseguenza che fra l'altro urterebbe contro la natura e gli ~ 

l ~

I

.scopi di questo tipo di procedimento giudiziale. :;.j 
Piuttosto c'� da ricordare come il contumace, che non si sia potuto '. 
costituire in primo grado, possa difendersi in appello opponendo ec


. 

cezioni, producendo documenti e chiedendo l'ammissione di altri mezzi 
probatori; anzi pu� farlo, secondo una recente giurisprudenza, senza 
incontrare quei limiti che l'ar:t. 345 pone invece alle nuove eccezioni r 
avanzate dalla sua controparte: compenso, questo, alla perdita d'un 
grado del giudizio, in un sistema costituzionale che non .garantisce i 
due gradi. Dopo ci� neanche in vista della contumacia involontaria si 
pu� negare l'aderenza delle norme a1le caratteristiche strutturali del 
giudizio o scorgervi la violazione del diritto di difesa o ingiustificate 
disparit� di trattamento. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 luglio 1968, n. 100 -Pres. Sandulli, 
Rel. Benedetti -Pontiroli ed altri (n. c.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. Avv. gen. Stato Peronaci). 

Poste e telecomunicazioni -Fermo della corrispondenza da parte del1'
Amministrazione postale -Illegittimit� costituzionale della 
normativa. 

(Cost., art. 15; r. d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 13). 

Poste e telecomunicazioni -Fermo della corrispondenza da parte del1'
Amministrazione postale -Competenza dell'autorit� giudiziaria Illegittimit� 
costituzionale della normativa -Esclusione. 

(Cost., art. 15; 1. 13 dicembre 1966, n. 1114, art. unico). 

La disposizione dell'art. 13 del Codiee postale, nel testo anteriore 
alla legge di modifiea 13 dicembre 1966, n. 1114, attribuendo all'Amministrazione 
postale il potere discrezionale ed autonomo di non dar corso 
alla corrispondenza ritenuta contraria alla legge, alt'ordine pubblico e 
al buon costume, contrasta con il principio della libert� della cm-rispondenza 
sancito dall'art. 15 della Costituzione e pertanto va dichiarata 
costituzionalmente illegittima (1). 

(1-2) Le questioni erano state sollevate con ordinanza del giudice istruttore 
del Tribunale di Bologna 21giugno1966 (Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 865 

Non � in contrasto con detta Ubert�, e quindi va dichiarata noin 
ndata la relativa questione, l'�articolo unico deUa legge 13 dicembre 
'66, n. 1114, modificativo dell'art. 13 del Codice postale, in quanto la 
iova legge, proprio per adeguarsi alle garanzie dettate dalla Costizione, 
ha istituito uno speciale provvedimento di competenza della 
>torit� giudiziaria (2). 

(Omissis). -Venendo all'esame delle singole censure, la Corte 
;iene che pienamente fondata sia quella relativa all'art. 13 del codice 
istale in riferimento all'art. 15, comma secondo, della Costituzione. 

precetto costituzionale invocato, oltre ad enunciare il principio della 
>ert� e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comu~
azione, stabilisce che la loro limitazione pu� avvenire � soltanto per 
to motiv<1-to dell'autorit� giudiziaria con le garanzie stabilite dalla 
~ge �. La libert� riconosciuta non � quindi assoluta ma suscettibile di 
niti in riferimento ad altri interessi, individuali o collettivi; ci� che 
ttavia occorre, perch� le limitazioni siano legittime, � che le stesse 
mo previste dalla legge e siano disposte con atto motivato dell'auto� 
giudiziaria. 

Ora � di tutta evidenza che la norma contenuta nel citato art. 13, 

r il fatto di autorizzare lAmministrazione postale a non dar corso 

.a � corrispondenza che possa costituire pericolo alla sicurezza dello 

ato, o recar danno alle persone e alle cose, e .che sia contraria alle 

~gi, all'ordine pubbli:co o al buon costume., non rispetta il sistema 

garanzie del richiamato precetto costituzionale. Essa infatti contiene 

ttribuzione all'Amministrazione postale del potere, discrezionale ed 

tonomo, di non dar corso alla corrispondenza e non prevede l'inter


nto dell'autorit� .giudiziaria e neppure l'obbligo di fare ad essa 

mediato rapporto in ordine alla corrispondenza fermata. Questa, 

rtanto, pu� essere trattenuta negli uffici postali a tempo indetermi


to o addirittura venir distrutta ai sensi degli artt. 39 del codice 

stale e 33 del regolamento approvato con R. D. 18 aprile 1940, 

689. 
Trattasi perci� di norma che, esponendo la libert� di corrispon:
i.za a possibili limitazioni e ingerenze senza la garanzia dell'inter


:6, n. 324), e del Pretore di Bologna con ordinanza 30 aprile 1967 (Gazzetta 

�ciale 15 luglio 1967, n. 177). 

L'ordinanza del Giudice istruttore del Tribunale di Bologna � pub


~ata anche su Riv. it. dir. e proc. pen., 1966, 1409 e nota di Gosso. 

Interessante notare che sulla questione di cui alla seconda massima 
Corte ha implicitamente ammesso la natura giurisdizionale del proce1ento 
pretorile (eventualmente seguito daHa fase del reclamo presso 
rribunale) previsto dalla legge 20 dicembre 1966, n. 1114, modificativa 
l'art. 13 del Codice postale. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vento dell'autorit� giudiziaria, va dichiarata costituzionalmente illegittima. 


Tale dichiarazione dispensa, ovviamente, la Corte dall'esame dell'altro 
motivo d'incostituzionalit� mossa alla norma esaminata in riferimento 
all'art. 21 della Costituzione. 

Resta a d�re delle altre disposizioni contenute negli artt. 12 cpv. e 
"72 del codice postale. 

Nei riguardi della prima norma, secondo la quale �la pubblica 
:autorit�, nei casi e nei modi previsti dalla legge, ha facolt� di prendere 
visione, avere copia e procedere al sequestro della corrispondenza-, 
la Corte rileva che non possono porsi le denunciate questioni di costituzionalit�. 
L'inciso.� nei casi e nei modi previsti dalla legge� chiari:
sce che si � qui in presenza di una norma di rinvio, la quale, ben lungi 
dal concedere a qualsiasi pubblica autorit� il potere di prendere visione, 
aver copia o sequestrare la corrispondenza, demanda al altre disposizioni 
la indicazione delle autorit� cui spetta tale potere nonch� dei 
casi e dei modi in cui esso sia esercitabile. Dal che consegue che solo 
nei confronti di tali ultime disposioni potrebbero eventualmente venire 
in considerazione questioni di costituzionalit�, come quelle d specie, 
denuncianti l'attribuzione dei poteri in esame ad autorit� diverse 
dalla giudiziaria ed in casi e con modalit� contrastanti con i precetti 
.sanciti dagli artt. 15 e 21 della Costituzione. 

Per quanto concerne poi l'art. 72 � da osservare che con esso 
il legislatore si � limitato a porre il divieto, penalmente sanzionato, 
di spedire oggetti che possano ca.gionare danno o costituire pericolo 
per persone o cose, o la cui circolazione sia contraria alle leggi, all'ordine 
pubblico, al buon costume. 

Il giudice a quo ha operato un collegamento tra gli artt. 72 e 13 
ravvisando nel loro combinato disposto l� violazione del precetto 
contenuto nell'art. 15 della Costituzione e, in via subordinata, di quello 
contenuto nell'art. 15 della Costituzione e, in via subordinata, di 
contenuto nell'art. 21. Dalla motivazione dell'ordinanza risulta per� che 
il giudice in sostanza lamenta soltanto che non siano stati determinati, 
in �armonia coi principi della Costituzione, i modi ed i limiti da osservare 
nel maneggio e nell'esame della corrispondenza da parte dei dipendenti 
postali. 

Le. do.glianze non attengono quindi all'art. 72 del codice postale, 
col quale il legislatore ha legittimamente posto dei limiti alla libert� 
di corrispondenza, ma all'art. 13 del quale � gi� stata riconosciuta 
l'illegittimit� costituzionale. 

2. -Nella seconda ordinanza, emessa dal pretore di Bologna, 
si sostiene che anche l'articolo unico della legge 20 dicembre 1966, 
n. 1114, che ha costituito l'art. 13 del codice postale, � in contrasto 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 867 

ri l'art. 15, comma secondo, della Costituzione. Si lamenta in partilare 
che la nuova legge: 

a) avrebbe attribuito agli uffici postali il potere di adottare provdimenti 
cautelari senza alcuna preventiva segnalazione all'autorit� 
idiziaria; 

b) avrebbe lasciato all'Amministrazione margini di discreziolit� 
nel potere di fermo della corrispondenza non avendo fissato 
:un limite n� di ordine territoriale �(non precisando in alcun modo 
ale ufficio lungo il percorso possa ordinare il fermo), n� di ordine 
nporale (mancando la indicazione di un termine per la comunica1ne 
del fermo all'autorit� giudiziaria); 

c) avrebbe, infine, trascurato di tutelare la Ubert� di ricezione 
lla corrispondenza non prevedendo la notifica o comunicazione al 
stinatario del decreto del pretore che decide sull'inoltro della corrilndenza. 


Ad avviso della Corte tali doglianze non sono fondate. 

La nuova legge, innovando completamente rispetto all'originario 
,. 13, ha disciplinato il procedimento di fermo della corrispondenza 
modo conforme al dettato costituzionale. Essa ha, infatti, disposto 
e l'ufficio postale � tenuto ad inviare la corrispondenza fermata 
pretore, il quale, con decreto motivato, decide entro ventiquattro 
~ se questa debba aver corso. Avverso tale decreto -che nello 
sso giorno dell'emanazione va notificato all'ufficio che ha inoltrato 
ggetto e al mittente, ove sia identificabile -pu� essere proposto 
!lamo al tribunale che decide con sentenza di camera di consiglio. 

norma in esame, proprio per adeguarsi alle garanzie dettate dalla 
stituzione, ha quindi tolto all'Amministrazione il potere di arrestare 
tonomamente l'inoltro della corrispondenza ed ha istituito uno spe.
le procedimento, di competenza dell'autorit� giudiziaria, sostanzialmte 
valido ed idoneo ad attuare la tutela del diritto del singolo 
'inviolabilit� della corrispondenza. 

� da escludere che anche nel nuovo sistema normativo 1'Ammini


azione conservi, sia pure in via provvisoria, poteri discrezionali di 

�mo tali da legittimare i dubbi di costituzionalit� prospettati. L'inter


rito dell'ufficio � dalla norma circoscritto alla trasmissione della 

rrispondenza sospetta al pretore: trattasi perci� di attivit� mera


mte strumentale, diretta esclusivamente a sollecitare l'intervento 

l giudice, svolta da dipendenti dell'Amministrazione postale che, 

ll'esercizio delle loro attribuzioni, sono anche ufficiali di polizia 

idiziaria. Nessuna potest� censoria resta quindi all'Amministrazione 

stale. 

La mancanza, poi, nella disposizione, della indicazi.one di un 

�mine per la trasmissione al .giudice non vizia la norma. La lacuna 

colma infatti con la interpretazione logica. Se un termine brevissimo 


868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-ventiquattro ore -� stato previsto per la decisione del pretore, e se 
nello stesso giorno dell'emanazione deve eseguirsi la notifica del decreto, 
� chiaro che immediata deve essere anche la trasmissione della 
corrispondenza al magistrato da parte dell'Amministrazione postale 
per non incorrere nelle .conseguenze che dal ritardo nell'adempimento 
di tale dovere possono derivare. 

Quando alla censura relativa alla mancanza di una indicazione 
specifica dell' � ufficio postale � che lungo il percorso della corrispondenza 
possa ordinare la trasmissione della stessa al magistrato mancanza 
la quale potrebbe dar luogo a reiterati fermi della �corrispondenza 
-, � facile obiettare che, una volta intervenuta una pronuncia 
giudiziaria liberatoria, la corrispondenza non rpu� essere fermata 
legittimamente da nessun altro ufficio dell'Amministrazione 
postale. 

Quando, infine, alla mancata previsione di una notificazione del 
provvedimento del magistrato al destinatario della corrispondenza, 
non si riesce a vedere come essa possa essere considerata in contrasto 
con l'art. 15, comma secondo, della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 luglio 1968, n. 101 -Pres. Sandulll -
Rel. Trimarchl -Pasquariello (n. c.) c. Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. Stato Casamassima). 

Lavoro -Lavoro domestico -Sottrazione dei relativi rapporti alla contrattazione 
collettiva -Irrilevanza della questione. 
(Cost., art. 39, quarto comma; c. c., art. 2068, secondo comma). 

Lavoro -Lavoro domestico -Disciplina legislativa in luogo di quella 

della contrattazione collettiva -Illegittimit� costituzionale -Esclu


sione. 

(Cost., art. 39, quarto comma; I. 2 aprile 1958, n. 339). 

� inammissibiLe, per difetto di rilevanza attuale, La questione di 
le.gittimit� costituzionale deU'art. 2068, secondo comma, Codice civile, 
che sottrae alla dis.cipLina del contratto coUettivo il rapporto di lavoro 
domestico, poich� nessun contratto coliettivo del genere risulta attualmente 
stipulato (1). 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 30 maggio 1966 
del Pretore di Napoli (Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1966, n. 299). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 869 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 
prile 1958, n. 3.19 sulla tutela del rapporto di lavoro d_omestico, per 
iazione deil'autonomia sindacale prevista dall'art. 39, quarto comma 
~a Costituzione, in quanto essa appare necessaria, come fonte di 
,tto, allorch� il relativo settore sia in parte trascurato o negletto 
iure ev.idenzi interessi bisognevoli di una tute:la inderogabile �dalia 
mt� delle parti nel contratto collettivo o in quello individuale (2). 

(Omissis). -1. -Il pretore di Napoli ha ritenuto che la sollevata 
stione di legittimit� costituzionale dell'art. 2068, comma secondo, 

codice civile e della legge 2 aprile 1958, n. 339, in riferimento 
:irt. 39, comma quarto, della Costituzione, fosse rilevante, assumendo 
amente e semplicemente che alla specie fossero applicabili quelle 
>osizioni e, solo qualora di esse dovesse essere dichiarata la illegitit� 
costituzionale, la diversa normativa di cui agli artt. 2240 e 
ienti del codice civile. 


Il controllo della Corte sulla rilevanza della dedotta questione va 
dotto non in relazione alle disposizioni denunciate, complessiva1te 
considerate, sibbene,. separatamente, e a proposito dell'art. 2068, 
~ma secondo, e a proposito della legge n. 339 del 1958. Non pu� 
:re trascurato, infatti, che se anche l'art. 2068, comma secondo, 
~orrendo che non possono essere regolati da contratto collettivo i 
;>orti di lavoro che abbiano ad oggetto prestazioni di servizi di 
1ttere domestico, si pone come presupposto e logico antecedente 
a legge n. 339 del 1958 (nonch� di tutte le altre disposizioni norma' 
contenute nel codice civile o in leggi speciali), ai fini della deci-


Con la massima, la Corte ha portato il suo esame sulla attualit� 
:t rilevanza e avendone incontrata l'assenza, ha dichiarato inammise 
la questione. 
Per la costante evoluzione del concetto di evidente prima facie della 
ranza della questione, cfr. le precedenti sentenze della Corte 15 <libre 
1967, n. 132, in questa Rassegna, 1967, 940; 23 novembre 1967, 
L8, ivi, 1967, 927; 3 luglio 1967, n. 82, ivi 512. 


(2) L'ordinanza del Pretore di Napoli � pubbUcata anche su G:iust. 
19�67, III, 51, con nota. 
Sui rapporti tra la contrattazione collettiva e la legge, cfr. la precee 
sentenza della Corte 19 dicembre 1962, n. 106, Gius. Cost. 1962, 1434 
fa di CONTI, Legge e contratto collettivo neJ.:la disciplina delle condii 
di lavoro. 
Per il contratto di lavoro domestico, cfr. in dottrina, CAPRA lI lavoro 
estico, Milano, 1966; PIETROSANTI. Il rapporto di lavoro domestico, 
egna di giurisprudenza sulla leg�ge 2 aprile 1958, n. 339, in Dir. e\coia 
1967, 595; e in giurisprudenza, Cass. 13 ottobre 1957, n. 2447, Mass. 
�. it., 1967. 

870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione della causa di cui si tratta, rileva il contenuto negativo del 
precetto che. in quell'articolo si contiene. Con l'art. 2068, comma 
secondo, il legislatore, infatti, si rivolge alle associazioni sindacali, 
dotate di autonomia collettiva con efficacia generale, e vieta alle stesse 
che si possano servire dello strumento, sia pure ad esse connaturale, 
del contratto collettivo, e per� non detta alcuna disposizione destinata 
ad operare direttamente nei confronti dei consociati. 

Conseguentemente, codesta disposizione pu� dirsi disapplicata se 
ed in quanto, nella materia di cui si tratta, intervenga un contratto 
collettivo con efficacia generale. 

Nel ,giudizio pendente davanti al pretore di Napoli dall'attrice non 
� stato invocato alcun contratto collettivo, n� il pretore ha ritenuto 
che il caso dovesse essere deciso sulla hase di disposizioni contenute in 
un contratto collettivo. Anzi � nella ordinanza l'espressa, e sopra 
ricordata, affermazione che alla specie fossero applicabili solo disposizioni 
legislative (del� codice civile e della legge speciale). 

E ci� significa che nella specie il divieto di regolamentazione collettiva 
non ha alcun rilievo attuale. 

La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimit� costituzionale 
del detto �art. 2068, comma secondo, non pu� farlo in astratto o in 
ipotesi, ma deve procedervi tenendo conto della rilevanza della questione 
ai fini della decisione della controversia di cui si tratta. Cosi 
operando, non pu� non immediatamente constatare che, in ordine all'articolo 
2068, comma secondo, la sollevata questione non � rilevante. 

Il pretore si � posto altresi il problema della rilevanza, in rela


zione alla legge n. 339 del 1958, dettata per il rapporto di lavoro 

domestico di almeno quattro ore .giornaliere presso lo stesso datore di 

lavoro. Al riguardo, come si � sopra ricordato, ha osservato che alla 

specie � applicabile la normativa di cui alla legge n. 339. del 1958 e 

che se questa venisse dichiarata illegittima, si dovrebbe far ricorso 

alla � diversa normativa prevista dagli artt. 2240 e se.gg. cod. civ., 

attualmente applicabile al lavoro domestico che impegni il lavoratore 

per meno di quattro ore al giorno �. 

Nonostante il rilievo mosso dall'Avvocatura deHo Stato, che non 

ha, per altro, sollevato una questione preliminare in proposito e secondo 

cui la questione non � tempestiva e si appalesa cio� irrilevante, perch� 

manca la disciplina legislativa dell'autonomia sindacale (ex art. 39, 

comma quarto) e non ci. sono sindacati di prestatori di lavoro dome


stico, la Corte � dell'avviso ch� la motivazione offerta sul punto dal 

pretore, in ordine alla rilevanza, sia sufficiente e che quindi non sia 

c�nsentita alcuna indagine al riguardo. 

Rimane in tal modo superato il (diverso e ulteriore) profilo della 

critica mossa dall'Avvocatura dello Stato diretta a contestare la rile


vanza della dedotta questione, in quanto, se fossero valide le ragioni 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 871'. 

anzate dal pretore, l'illegittimit� costituzinoale travolgerebbe anche 
normativa di cui agli artt. 2240 e seguenti del codice civile ;e !S� 
rrebbe a contestare la � inesistenza di una qualsiasi normativa conrnente 
il lavoro domestico�. La eventuale mancanza, originaria o 
;>ravvenuta, di una disciplina specifica della materia, infatti, (a parte 

non incidenza di essa sul giudizio di legittimit� costituzionale) non 
;cerebbe il rapporto de quo privo di regolamentazione: soccorrerebro 
_in ogni caso le ordinarie fonti normative o contrattuali. 

2. -La questione di legittimit� costituzionale della legge n. 339' 
l 1958 non � fondata. 
Circa i rapporti tra la legge e il contratto collettivo (quale � 
evisto dall'ultimo comma dell'art. 39 della Costituzione), la Corte 
avuto occasione di pronunciarsi con sentenza n. 106 del 1962. 
In relazione alla specie per� non si pu� fare a meno di rilevare 
mancata attuazione dell'art. 39, ultimo comma, della Costituzione 
.'assenza e di sindacati registrati e di contratti collettivi, con efficacia 
aerale, posti in essere a sensi di quella disposizione. E perci� appare 
c:essario che la questione di legittimit� costituzionale vada esaminata 
1 riferimento a norme o principi costituzionali in atto operanti. 

In un sistema, quale � quello attuale, �caratterizzato da ampia 
ert� sindacale, sia per la costituzione di associazioni che per la iscri1ne 
alle stesse, e da un'autonomia collettiva, destinata ad ingenerare 
�ettamente effetti solo tra le parti contraenti, l'intervento del le.gisla
�e nella e per la disciplina dei rapporti individuali di lavoro subor1ato 
� nella logica del sistema, e si presenta quanto mai opportuno� 
1ddirittura essenziale per la tutela di dati interessi, pubblici o colleti, 
con norme cogenti ovvero per la tutela di altri interessi, pubblici 
;>rivati, con norme suppletive o dispositive. 

La legge n. 339 del 1958 � l'espressione di codeste esigenze. E le 

:posizioni che la compongono, e che ad esse obbediscono, stanno a 

timoniare l'opportunit� o la necessit� della presenza della legge, 

ne fonte di diritto, in un settore dell'attivit� umana che, seppure� 

tdenzialmente portato a costituire anche oggetto dell'autonomia col


tiva, sia da questa in fatto trascurato, in tutto o in parte, o negletto, 

1.1ero evidenzi interessi bisognevoli di una tutela inderogabile dalla. 

lont� delle parti del contratto collettivo o di quello individuale. 

Non c'� bisogno per ci� di scendere ad un esame (per altro non 
>spettato dall'ordinanza) della legittimit� costituzionale delle singole 
posizioni di detta legge. Basta dire che � pienamente legittimo, per 
ragioni sopra dette, il mezzo o strumento di .produzione normativa 
~he in quelle disposizioni difetta qualsiasi negazione o violazione 
la libert� sindacale e della connessa possibilit�, per le associazioni 
dacali, di porre, entro i limiti consentiti, regole impegnative per i 
ipri iscritti. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 luglio 1968, n. 102 -Pres. Sandulli -
Rel. Benedetti -Manzoni (n. c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Lavoro -Legge istitutiva dell'Albo dei consulenti del lavoro -Violazione 
dei principi costituzionali del diritto al lavoro e di uguaglianza 
-Esclusione. 

(Cost., art. 4, 3; I. 12 ottobre 1964, n. 1081, art. 1). 

L'art. 1 della legge 12 ottobre 1964, n. 1081 istitutiva deil'albo 
dei consulenti del Lavoro non viola il princ~io 'deil di1�itto al Lavoro 
poich� non � precluso al Legislatore ordinario di dettare disposizioni 
che specifichino Limiti e condizioni inerenti all'esercizio di quel diritto; 
-n� viola il principio costituzionale di uguagLianza rispetto ai dipendenti 
del datore di lavoro, i quali versano in una condizione sostanzialmente 
diversa dai consulenti del Lavoro (1). 

(Omissis). -1. -La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
1 della legge 12 ottobre 1964, n. 1081, concernente l' � Istituzione 
dell'albo dei consulenti del lavoro., sollevata con l'ordinanza indicata 
in eptgrafe, non � fondata. 

2. -Lamenta in primo luogo il pretore che la norma impugnata 
avrebbe posto limiti discriminatori alla libert� di lavoro sancita dall'art. 
4 della Costituzione, , perch�, riservando l'esercizio dell'attivit� 
di tenuta e regolarizzazione dei dpcumenti di lavoro, non curata dal 
datore di lavoro, direttamente o a mezzo di propri dipendenti, a determinati 
professionisti -avvocati, procuratori, commercialisti e ragionieri 
-ed ai consulenti del lavoro, muniti della prescritta autorizzazione 
ed iscritti nell'apposito albo di categoria, avrebbe precluso 
l'esercizio della medesima attivit� a coloro che si trovano al di fuori 
dell'alternativa prevista .dalla norma. Tale censura si basa su una 
inesatta concezione del diritto al lavoro sancito dal richiamato precetto 
costituzionale, la cui portata � stata ripetutamente chiarita da questa 
Corte. Dal riconoscimento al cittadino del diritto al lavoro e della 
(1) La questione era stata proposta con ordinanza 8 novembre 1966 
dal Pretore di Vittorio Veneto (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1967, n. 25). 
Nell'inteJ:'IPretazione del contenuto del diritto al lavoro, stabilito dall'art. 
4 della Costituzione, la Corte ha ripetutamente stabilito -e lo 
ribadisce con la sentenza in rassegna -che ben pu� il legislatore ordinario 
dettare una disdplina che ponga limiti e condizioni all'esercizio del 
diritto stesso; cosi da ultimo, per l'autorizzazione prefettizia all'attivit� di 
vigilanza di cose o custodia di propriet� mobHiari o immobiliari, con la 
sentenza 6 luglio 1965, n. 61, in questa Rassegna, 1965, 622 e tutte le 
precedenti sentenze citate nella relativa motivazione. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 873 

)ert� di scegliere un'attivit� lavorativa discende .per lo Stato il dovere 

non porre norme che tale diritto escludano o tale libert� direttaente 
o �indirettamente rinneghino, ma non consegue l'impossibilit�, 
~r il legislatore ordinario, di dettare disposizioni che specifichino limiti 
condizioni inerenti all'esercizio del diritto o che attribuiscano all'aurit� 
amministrativa poteri di controllo a tutela di altri interessi e di 
tre esigenze sociali ugualmente fatti oggetto di protezione costizionale. 


Ora l'esame della norma censurata, nonch� della legge della quale 

parte, portano ad escludere che il diritto del cittadino di svolgere 
.ttivit� di consulente del lavoro sia stato dal legislatore notevolmente 
:tretto. La legge ha inteso semplicemente disciplinare l'attivit� in 
:estione .subordinandone l'esercizio al rilascio di un'autorizzazione e 
!a conseguente iscrizione nell'albo di categoria, che possono ottenere 
:Iistintamente tutti coloro che siano in possesso dei requisiti indi~ati 
ll'art. 3, e cio� siano cittadini italiani, abbiano compiuto il ventusimo 
anno di et�, abbiano tenuto buona condotta morale e civile, 
biano conseguito il diploma di istituto di istruzione secondaria di 
grado e superato una prova teorico-pratica di idoneit� sostenuta 
esso il competente Ispettorato del lavoro avanti una apposita com


ssione. 

Le ragioni di tale disciplina normativa sono evidenti. Nella mo


rna societ� la legislazione sociale e del lavoro � in continuo sviluppo 

evoluzione ed i copiosi adempimenti da essa derivanti in ordine al 

ttamento economico e normativo, assistenziale e previdenziale dei 

'oratori subordinati hanno dato origine alla nuova attivit� di consu


1za. Di essa si avvalgono moltissime imprese, specie di modeste di


nsioni, che non hanno la possibilit� o non ravvisano la convenzione 

istituire appositi uffici per l'esecuzione dei numerosi e complessi 

~mpimenti imposti dalla legislazione del lavoro per il perseguimento 

l efficace ed immediato della tutela della classe lavoratrice. L'impor


1za e la delicatezza dei compiti assunti da tali consulenti, il fenomeno 

la rapida estensione di tale categoria e l'elevato numero delle aziende 

istite hanno pertanto indotto il legislatore a regolamentare l'attivit� 

questione in un primo tempo con la leg.ge 23 novembre 1939, n. 1815, 

�elativo regolamento di cui al �. P. R. 26 agosto 1959, n. 921, e da 

imo con la legge 12 ottobre 1964, n. 1081, ora in esame. L'aver 

.ndi nel contesto di tale disciplina stabilito che l'esercizio dell'atti


~ di consulenza � condizionato al possesso degli indicati requisiti, ed 

particolare a quelli di moralit� e capacit�, non pu� considerarsi 

iustificata limitazione del diritto al lavoro garantito dalla Costitu


ne, per il rilievo che l'attivit� dei consulenti ha per il pubblico inte


se a che le leggi concernenti la materia del lavoro, della previdenza 

ssistenza, siano rettamente applicate. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

3. -Priva di fondatezza � altresi la denunciata violazione dell'art. 3 
della Costituzione in ordine alla quale si deduce che la norma impugnata 
avrebbe dato origine ad ingiuste sperequazioni di trattamento 
non esigendo -diversamente da quanto stabilito per i consulenti del 
lavoro -alcun controllo preventivo da parte dell'Amministrazione, 
inteso ad accertare la sussistenza del requisito della capacit� per i 
datori di lavoro e loro dipendenti. 
Ora � evidente che non sussiste identit� di situazione tra l'attivit� 
svolta dal datore di lavoro direttamente o a mezzo di propri dipendenti 
e l'attivit� di consulenza svolta da esperti non legati da rapporti d'impiego 
con l'azienda. Per il datore di lavoro l'art. 1 della legge si limita 
a riaffermare la facolt� di curare, direttamente o tramite propri impiegati, 
la tenuta e regolarizzazione dei documenti dell'azienda riguardanti 
materia di lavoro. E ci� in quanto l'attivit� di cui trattasi � 
attivit� essenziale per l'azienda e innegabilmente rientra tra i doveri 
dell'imprenditore, .posto che la stessa legge (art. 7) pone a di lui carico 
la responsabilit� di eventuali trasgressioni agli obblighi imposti dalla 
legislazione in materia di lavoro, previdenza e assistenza. Profonda e 
sostanziale differenza quindi tra il datore di lavoro che cura i propri 
interessi in seno all'impresa e consulenti che, estranei all'impresa, 
curano interessi altrui. 

Per i dipendenti dell'tmprenditore � inoltre da osservare che non 
sono presi in considerazione dal legislatore a titolo personale, cosi 
come la loro attivit� non � autonomamente considerata. Essi infatti 
vengono in rilievo solo nella qualit� di persone vincolate all'azienda 
da rapporti di subordinazione, delle quali l'imprenditore si avvale per 
gli adempimenti prescritti dalle leggi in materia di lavoro. Pertanto 
l'apprezzamento della loro capacit� non pu� non essere rimesso all'imprenditore 
medesimo al q�ale risale la responsabilit� del loro operato. 

Diverso � il caso del dipendente, che, cessato il rapporto di impiego 
che lo legava all'azienda, intenda continuare a svolgere la medesima 
attivit� di consulenza del lavoro a titolo di autonoma attivit�. In tal 
caso evidente � la necessit� dell'autorizzazione e dell'iscrizione all'albo 
perch� si ricade in quella differente situazione di esercizio di consulenza 
da .parte di esperti estranei all'organizzazione dell'azienda che il legislatore 
ha diversamente disciplinato. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 luglio 1968, n. 103 -Pres. Sandulli, 
Rei. Benedetti -Reali (n. c.) c. Istituto Nazionale Previdenza Sociale 
(avv. Cannella). 

Previdenza ed assistenza -Assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione 
-Esclusione per i lavoratori dipendenti da persona 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 875 

tenuta alla somministrazione degli alimenti -Illegittimit� costi


tuzionale. 

(Cost., art. 38; r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 40 n. 6). 

� fondata, con riferimento aH'obbligo di assicurazione sociale 
~visto dall'art. 38 della Costituzione, la questione di legittimitd 
:Utuzionale deH'art. 40 n. 6 del r. d. l. 4 ottobre 1935, n. 1827, che 
1lu.de dall'area dell'<assicurazione obbligatoria contro la disoccupane 
i lavoratori alle dipendenze di persone che siano tenute verso di 

o alla somministrazione degli alimenti (1). 
La questione di legittimit� costituzionale della norma contenuta 
l'art. 40, n. 6 del r. d. I. 4 ottobre 1935, in riferimento all'art. 38 
la Costituzione, � fondata. 

Lo scopo dell'assicurazione per la disoccupazione, com'� dato denere 
dall'art. 45, comma terzo, del citato r. d. I. n. 1827 del 1935, 
' l'assegnazione agli assicurati di indennit� dei casi di disoccupane 
involontaria per mancanza di lavoro �. Soggetti del rapporto 
icurativo sono: l'Ente gestore (e cio� l'Istituto nazionale della .preenza 
sociale), il datore di lavoro (obbligato al pagamento dei con>
Uti) che impiega alle proprie dipe~denze persone retribuite e i 
oratori assicurati, che .prestano la loro o.pera alle dipendenze altrui. 
vento coperto �, infine, la disoccupazione involontaria per mancanza 
lavoro, ossia quella inattivit� -conseguente alla cessazione di un 
cedente rapporto di lavoro -non riconducibile alla volont� del 
oratore, ma dipendente da ragioni obbiettive e cio� mancanza della 
iiesta di prestazioni nel mercato di lavoro. 

Ora � di tutta evidenza che anche nell'ipotesi contemplata dalla 

ma impugnata e cio� nel rapporto di lavoro di coloro che prestano 

loro opera alla dipendenza di .persona tenuta per legge �verso di 

alla somministrazione degli alimenti, possano puntualmente realiz


;i tutte le condizioni e ricorrere tutti i requisiti costituenti .gli 

lspensabili presupposti della forma assicurativa in esame. Anche 

(1) La questione era stata sollevata dal Tribunale di Rovigo con ordim 
18 novembre 1966 (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1967, n. 25). 
Non vi � stato, nel .giudizio, intervento del Presidente del Consiglio 
Ministri. 
La giuri,sprudenza ordinaria aveva escluso, sull'interpretazione della 
na ora dichiarata costituzionalmente illegittima, l'effettiva obbligato1 
della� prestazione degli alimenti a favore del lavoratore, (Cass. 12 
bre 1967, n. 2424, Mass. Giur. it. 1967), per cui la decisione in rassegna 
istina la tutela del -lavoratore alla prestazione dell'assicurazione 
:i.le. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D~LLO STATO 

in tali rapporti il lavoratore resta esposto all'alea della involontaria 

I

disoccupazione. � quindi da disattendere l'opposta tesi, sostenuta dalla 
difesa dell'I.N.P.S. a giustificazione della norma censurata, secondo la 
quale la possibilit� dell'evento protetto non potrebbe verificarsi in 
quanto il datore di lavoro, essendo compreso tra le persone soggette 
all'obbligo della somministrazione degli alimenti, ha interesse a che 
il congiunto non rimanga disoccupato. I vincoli di parentela possono 
al pi� rendere meno probabile, ma non escludere che il lavoratore 
possa incorrere in uno stato di disoccupazione involontaria. 

Va peraltro rilevato che ai sensi dell'art. 38 della Costituzione 
tutti i lavoratori hanno diritto di essere assicurati contro la disoc:cupazione 
e che solo l'assicurazione sociale, in quanto basata sulla generalit� 
ed obbligatoriet� del rapporto assicurativo, rappresenta l'idoneo strumento 
per indennizzare indistintamente e concretamente tutti coloro 
che vengono colpiti dalla mancanza di lavoro. Questa fondamentale 
esigenza, che si identifica con lo scopo d�ll'assicurazione, non pu� certo 
essere perseguita con l'istituto degli alimenti, regolato dal codice civile, 
avente natura, caratteri e finalit� del tutto diversi. Il lavo:r;atore tutelato 
dalla forma previdenziale in esame ottiene sicuramente l'indennit� 
in caso di involontaria disoccupazione; colui, invece, che resta privo 

I 
di occupazione dopo essere stato alle �dipendenze di persona tenuta 
alla somministrazione degli alimenti, non solo non ha diritto all'indennit�, 
per non essere il rapporto di lavoro assicurabile, ma resta anche 

I esposto alla eventualit� di non poter godere neppure degli alimenti 
nei casi, non infrequenti, in cui l'obbligato ailla somministrazione venga 
a trovarsi in condizioni economiche tali da non poter assolvere all'obbligo 
impostogli dalla legge. -(Omissis). 

! 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 luglio 1968, n. 104 -Pres. Sandulli -
Rel. Rocchetti -Bresciani (n. c.) c. Presidente Consiglio dei Mi


l!

nistri (sost. avv. gen. Stato G. Azzariti). 

Reati e pene -Codice penale -Disposizione che consente di triplicare 
il massimo edittale dell'ammenda -Violazione del principio di 

e~ua~lianza -Esclusione. 

I 

(Cost. art. 3; c. p. art. 26, secondo comma). ~ 

f

i 

F 

Il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione lo ' 

i

postula non solo che a situazioni oggettivamente uguali debba corrispon-

I 

I

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 877 

re un eguale trattamento, ma anche che a 
'erse debba corrispondere un trattamento differenziato. Pertanto non 

situazioni oggettivamente 

'iolato il p1�incipio di eguaglianza dall'art. 26, secondo comma, cod. 
i., che consente al giudice di triplicare la pena edittale dell'ammen


per le condizioni economiche del reo, dato che la norma soddisfa 
principio della individuazione della pena (1). 

(Omissis). -Come risulta dalla giurisprudenza costante di questa 
rte, il principio di ugua.glianza sancito dall'art. 3 delia Costituzione 
:tuia non solo che a situazioni oggettivamente uguali debba corriindere 
un uguale trattamento, ma anche che a situazioni oggettivante 
diverse debba corrispondere un trattamento differenziato. 

Accertare l'eguaglianza o la diversit� delle situazioni, ai fini del 
ttamento da applicare, � compito del legislatore, il quale vi provvede 
l'esercizio di una discrezionalit� che trova limite soltanto nella 
ionevolezza delle statuizioni. 

Frequenti occasioni all'esercizio di tale discrezionalit� offre al 

lslatore la disciplina dei reati e delle pene, ove, di fronte alla varia� 

~ �Complessit� della condotta antigiuridica dei singoli, l'attuazione di 

1 riparatrice giustizia distributiva esige la differenziazione pi� che 

tiformit�. 

Risponde anzi alle esigenze del sistema penale che allo stesso giu


~ sia conferita una certa discrezionalit� fra il minimo� e il massimo 

visto dalla legge nell'attribuzione della pena, al fine della sua 

~rminazione in concreto (art. 133 c. p.). 

Nell'esercizio di tale potere discrezionale il giudice deve tener 
to, al fine di valutare la gravit� del reato e la capacit� a delinquere 
colpevole, di elementi attinenti alla personalit� del reo desunti dal 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 8 novembre 1966 del 
:ore di Iseo (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, n. 51). 
La Corte ha ribadito la sua costante giurisprudenza sulla non r.igidit� 
principio costituzionale di eguaglianza, che trova il suo limite solo nel 
lisito della ragionevolezza delle soluzioni accolte dal legislatore. 
Per i precedenti analoghi a quello di specie, cfr. sent. 29 marzo 1962, 
}, (Riv. it. dir. e proc. pen., 1962, 569, e nota di PISANI, Ricchi e poveri 
ronte al processo e di fronte alla pena); sent. 15 maggio 1963, n. 67 
~r. cost. 1963, 661 e nota di ESPOSITO, Le pene previste e i principi di 
tglianza, personalit� e rieducativit� della pena); sent. 11 dicembre 1964 
ll (Giur. Cost. 1964, 1121 e nota di SIGISMONDI, Sulla legittimit� costituale 
dell'art. 62 n. 6 cod. pen.). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

suo carattere, dalla sua vita e dalla sua condotta, anche anteriore al 
commesso reato, e persino dalle condizioni di vita individuale, familiare 
e sociale di lui (art. 133 c. p.). 

Non pu� dubitarsi che la ratio di tale sistema coincida con quella 
dell'art. 26, secondo comma, del codice penale, ora portato all'esame 
di questa Corte, onde il .problema della conformit� al principio di 
eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione va posto, rispetto 
all'art. 133 e rispetto alla norma di che trattasi, in termini affatto 
paralleli. 

Ci� premesso, � da ricordare che sulla legittimit� costituzionale 
dell'art. 133, questa Corte ha avuto pi� volte occasione (v. sentenza 

n. 29 del 1962, 67 del 1963 e 111 del 1964), di pronunciarsi, in modo 
esplicito od implicito, in senso positivo, ravvisan_do nella norma la 
:funzione di garantire, ai fini di una pi� efficiente ed equilibrata giustizia, 
il processo di individualizzazione della pena. 
Alla stregua di analoghe considerazioni, la questione di costituzionalit� 
dell'art. 26, comma secondo, del codice penale prospettata dal 
pretore di Iseo, va pure risolta nel senso della sua infondatezza. 

Il criterio ispiratore di questa norma, che autorizza il giudice ad 
aumentare sino al trtplo l'ammenda quando, per le condizioni economiche 
del reo, pu� presumersi che quella stabilita dal!la legge risulti per 
lui inefficace, � certo un criterio di discriminazione fondato sulle condizioni 
personali, ma non � affatto un criterio contrario alla fogica e alla 
ragionevolezza. Infatti soddisfa anch'esso H principio del!la individualizzazione 
della pena. 

Il legislatore ha inteso in tal modo, per le pene pecuniarie, sia 
della multa (art. 24) che dell'ammenda (art. 26), accogliere e superare 
-cosi come si legge nei lavori preparatori del codice -proprio 
� le critiche che in genere si sogliono fare contro l'uso delle pene 
dirette a colpire il patrimonio del reato, siccome quelle che riescono 
disuguali e non personali �. 

Si � voluto cio�, con la facolt� concessa al giudice di aumentare 
fino al triplo nei confronti dei pi� abbienti, conseguire l'effetto di 
adeguare quelle pene alla condizione del reo mettendo il grado di 
possedere, anche nei confronti degli anzidetti soggetti, quella necessaria 
efficacia afflittiva e intimidatrice, che rappresenta l'obiettivo, se non 
unico, almeno precipuo, di ogni genere di pena, e che altrimenti le 
pene in questione rischierebber� -a cagione della maggiore capacit� 
economica dei soggetti stessi -di non possedere. 

Il che � proposito che non pu� qualificarsi contrario alla logica n� 
alla ragionevolezza e che quindi non offende, ma tutela il principio 
di eguaglianza. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 879 

URTE COSTITUZIONALE, 16 luglio 1968, n. 105 -Pres. '8andulli -
Rel. De Marco -Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. Stato Tracanna) c. Presidente Regione Siciliana (Avv. 
Guarino). 

onflitti di attribuzione -Decorrenza del termine -Conoscenza dell'atto 
da parte della Corte dei Conti e dell'Avvocatura dello Stato� 
Irrilevanza. 

(L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). 
lcilia -Deliberazioni dell'ERAS concernenti regolamenti del personale 
-Approvazione dell'Assessore per l'Agricoltura e foreste Concerto 
del Ministero del Tesoro -Omissione -Violazione dello 
Statuto. 

(St. Reg. Sicilia, art. 14, 20; d. 1. C. p. S., 5 agosto 1947, n. 778, art. 11; d. P. R., 
7 maggio 1948, n. 789). 

n termine per la proposizione del ricorso per conflitto di attriizione 
da parte deUo Stato contro atti regionali va riferito esdusiimente 
all'organo legittimato a proporlo, cio� al Presidente del Conglio 
dei Ministri, a nulla rilevando la pre,gressa conoscenza deWatto 
i parte della Corte dei Conti e dell'Avvocatura dello Stato, le quali 
m possono considerarsi incorporate nella Presidenza del. Cons.iglio 
!i Ministri (1). 

Anche dopo l'emanazione delle norme di attuazione dello Statuto 
gionale siciliano in materia di agricoltura e foreste, di cui al d. P. R. 
maggio 1948 n. 789, spetta allo Stato, e precisamente al Ministero 
~l �Tesoro, attraverso il concerto previsto dall'art. 11 d. l. c. p. s. 5 
�osto 1947 n. 778, parteoipare alla emanazione dei provvedimenti di 
1provazione delle deliberazioni dell'E.R.A.S. concernenti regolamenti 
l personale (2). 

(1-2) Sulla prima massima, la giuri.sprudenza della Corte � assolunente 
pacifica: cfr. da ultimo, sent. 9 giugno 1967, n. 66, in questa Ras7na, 
1967, 494; sent. 28 giugno 1965, n. 48, ivi 1965, 865. La sentenza 

Rassegna offre una prospettazione nuo"a dei medesimi principi, esclundo 
-a causa dell'autonomia strutturale e funzionale della Corte dei 
nti e dell'Avvocatura dello Stato, -l'incorporazione dei due Istituti 
Lla Presidenza del Consiglio dei Ministri. 

Con la seconda massima, la Corte fissa il principfo, gi� accolto dalla 
irisprudenza amministrativa, che il decentramento di funzioni statali 

organi regionali non muta la natura del potere trasferito, per cui 
tte funzioni passano ai predetti organi con le medesime limitazioni 
e interessano gli organi statali (Cons. Giust. Amm.va Reg. Sicil. 19 
:obre 1967, n. 382, Cons. St. 1967, I, 2039). 

In dottrina, cfr. SILVESTRI, L'Amministrazione decentrata e ordina!
nto delle Regioni a Statuto Speciale, Riv. trim. dir. pubblico 1967, 313. 


880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 luglio 1968, n. 106 -Pres. Sandulli Rei. 
Oggioni -Di Bello (n. c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Dallari). 

Istruzione -Istruzione inferiore -Gratuit� della scuola media del


l'obbligo -Fornitura dei mezzi di trasporto -Illegittimit� costi


tuzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 34; 1. 31 dicembre 1962, n. 1852, art. 8). 

Non � fondata, con riferimento agii articoii 3 e 34 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 8 della legge 
31 dicembre 1952 n .. 1852, istitutiva de�lla scuola media dell'obbligo, 
poich� la fornitura obbligatoll'ia da parte deUo Stato dei mezzi di 
t1�asporto degLi alunni non � inerente essenzialmente al concetto di 
gratuit� della scuola (1). 

(Omissis). -L'ordinanza del pretore-di Larino � precedente alla 
sentenza di questa Corte (n. 7 del 4 febbraio 1967) che ha preso in 
esame la legge n. 1859 del 1962 per verificarne la corrispondenza o 
meno agli artt. 3 e 34 della Costituzione. Vero che il giudizio della 
Corte ha riguardato allora gli artt. 4 e 9 della legge, mentre qui la 
questione � posta in relazione all'art. 8: ma il problema di fondo � lo 
stesso, sia che riguardi la natura e l'estensione dell'esonero dei contributi 
scolastici (art. 4) ovvero le facilitazioni succedanee per l'adempimento 
dell'obbligo (art. 9) sia che riguardi particolarmente, come 
nel caso in esame, l'adempimento dell'obbligo, come dovere accompagnato 
da sanzioni penali in caso d'inosservanza. Il problema � infatti, 
sostanzialmente, unico: cio� se siano o meno conciliabili, sotto il 
riguardo della legittimit� costituzionale, le norme che pongono a 
carico dei genitori, sotto comminatoria di sanzioni, prestazioni relative 
all'adempimento dell'obbligo scolastico, talvolta eccessivamente onerose 

o impossibili ad essere sopportate da tutti i genitori in egual modo e 
misura, mentre l'istruzione inferiore, nella sua fase obbligatoria, dovrebbe 
essere gratuita, intendendosi la gratuit� dell'art. 34 della Costi(
1) La questione era stata proposta dal Pretore di Larino con ordinanza 
25 ottobre 1966 (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, n. 51). 
La sentenza in 'rassegna si ricollega alla precedente decisione della 
Corte 1<> febbraio 1967, n. 7, in questa Rassegna 1967, 15. 
In dottrina, LOMBARDI, obbligo IJ~olastico e inderogabilit� dei doveri 
costituzionali, nota a detta sentenza, Giur. it. 1967, 1, 1089. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 8Sl 

done, in senso ampio, comprensivo anche di tutti i mezzi sussidiari 
bri, mezzi di trasporto). 

La Corte osserva che i motivi addotti nella precedente sentenza 
r dimostrare l'infondatezza della questione riguardante gli artt. 4 e 9 
Lla legge n. 1859 del 1962 conservano uguale validit� per dimostrare 
che l'infondatezza della questione riguardante l'art. 8. 

I limiti interpretativi ivi assegnati al concetto di gratuit� della 
101a dell'obbligo, ineriscono al sistema, quale espresso dalla Costituine 
e quale recepito, con richiamo formalmente espresso, dalla 
:ge .predetta (vedi art. 1 costituente premessa dell'ordinamento). 

Una volta stabilito (come � stato stabilito) che non � inerente 
:enzialmente al concetto di gratuit� della scuola anche la fornitura 
bligatoria da parte dello Stato dei mezzi di trasporto ad uso degli 
ilari, vengono meno i dubbi di costituzionalit� sollevati dal pretore 

Larino in relazione alla permanenza dell'obbligo da parte dei .geni
�i, pur senza la corrispondente prestazione statuale del trasporto, 
:erita come obbligatoria. 

D'altra parte, nel contesto della motivazione della precedente sentza 
la Corte ha gi� considerato i limiti della obbligatoriet� dell'ademnento 
del dovere di -istruzione da parte dei genitori in relazione 
>prio all'art. 8 della legge ed alla comminata sanzione penale, osser::
tdo che l'ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 731 cod. pen. 
~ne a perdere carattere di illiceit� in presenza di � giusti motivi > 
criminanti: il che vale ad escludere che detto dovere debba inten~
si come incondizionato comando, insuscettibile d~ una valutazione 
~ consenta invece di tener conto della eventuale inattuabilit� deliempimento. 


A parte ci�, considerata la questione, in via di principio e con 
~rimento all'art. 34 della Costituzione, ed alla interpretazione gi� 
;ane, la Corte ritiene di non potere che uniformare l'attuale decine 
alla .precedente. 

La connessione tra l'obbligatoriet� e gratuit� dell'istruzione va 
esa �con razionale valutazione dei due termini del binomio, che 
lude ogni subordinazione del principio di obbligatoriet� ad un conto 
soverchiamente estensivo della gratuit�. 

L'art. 8 della legge impugnata appare perci� immune dai denunti 
vizi. 

Rimane l'esigenza, gi� rilevata dalla Corte nella precedente sen.
za, che siano, sempre pi� e meglio, resi effettivi quegli strumenti, 
!Visti espressamente dall'art. 9 della legge impugnata, atti ad ageare, 
in ogni direzione, l'adempimento dell'obbligo scolastico. 


rnissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

CORTE COSTITUZIONALE, 19 luglio 1968, n. 107 -Pre,s. Sandulli, 


l]

Rei. Trimarchi -Poli e Gerardon (avv. Della Santa), Padoa (avv. 
Guicciardi) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 


1

Stato Tracanna). 

Piano regolatore -Venezia -Provvedimenti per la salvaguardia del 
carattere lagunare e monumentale -Disposizione transitoria fra 
piani regolatori -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; legge 31 marzo 1956, n. 294, art. 4; quarto comma; 1. 5 luglio 
1966, n. 526, art. 6). 

Non � fondata, con riferimento al principio costituzionale di ugua


glianza, la questione di legittimit� co,stituzionale deU'art. 4 quarto 
comma, deHa legge 31 marzo 1956, n. 294 nel testo sostituito daU'art. 6 
deUa legge 5 lugiio 1966, n. 526, secondo cui restano salve le opere in 
corso di esecuzione in conformit� di licenza edilizia rilasciate prima 
delL'entrata in vigore de�l nuovo piano regolatore generale, in quanto 
tale piano, bench� approvato con d. P. R. 17 dicembre 1962, non � 
ancora entrata in vigore in attesa del connesso piano particolareggiato� 
al centro lagunare (1). 

(Omissis). -Circa la funzione e gli effetti della ripetuta disposizione 
il giudice a quo procede nella valutazione della norma da una 
premessa non accettabile. Ritiene che secondo il legislatore del 1966 
le opere eseguite o cominciate in base a licenze edilizie rilasciate prima 
dell'entrata in vigore del piano regolatore generale � restano salve, 
anche se contrastanti con le prescrizioni del piano regolatore (postulando 
con ci� -esattamente -l'immediata obbligatoriet� del piano 
generale, fin dal momento della sua entrata in vigore, anche rispetto 
alle costruzioni gi� autorizzate, e mirando a sanare violazioni di esso) ., 
e cio� che il piano regolatore generale della citt� di Venezia, di cui 
all'art. 4 della legge del 1956 sia entrato in vigore e sia divenuto operativo 
all'atto della sua pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale 
n. 51 del 22 febbraio 1963. 

(1) La questione era stata proposta dalla Corte di Appello di Venezia 
con ordinanza 17 novembre 1966 (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, 
n. 51). 
In dottrina, per i rapporti intercorrenti fra diversi ,pi1ani regolatori 
cfr. SANDULLI autorizzazione a costruire e jus superveniens Riv. giur. edil. 
1964, II, 4; GurccIARDI, Effetti della sopravvenienza di regole edilizie 
comunali sulla licenza di costruzione, ivi, 1966, II, 13. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 883 

� qui il caso di richiamare integralmente il testo dei primi tre 
>mmi dell'art. 4 della legge del 1956 che cosi si articola: 

� Entro due anni dalla pubblicazione della presente legge il comune 
i Venezia adotter� il piano regolatore generale della citt� compilato 
e 

sensi della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, unitamente al 
iano particolareggiato del centro lagunare . 

� In deroga alle disposizioni della suddetta legge urbanistica, il 
iano particolareggiato menzionato al comma precedente � redatto, 
llbblicato e approvato con le norme contenute negli articoli da 3 a 8 
~Ila legge. 27 ottobre 1951, n. 1402. 
� Fino a quando non siano stati approvati il piano regolatore genetle 
e quello particolareggiato contemplati nei commi precedenti, con~
rva efficacia il piano di risanamento approvato con decreto reale 27 
1aggio 1940, sotto l'osservanza delle disposizioni di cui al regio decreto 
�gge 21 agosto 1937, n. 1901, modificato con decreto legislativo 17 
~rile 1948, n. 845. Peraltro il Comune non pu� eseguire alcuna opera 
revista dal piano di risanamento senza il preventivo nulla osta del 
[agistrato alle acque, sentito il proprio Comitato tecnico, al fine di non 
>mpromettere il futuro assetto della citt� secondo la prevedibile imJstazione 
del piano .generale �. 
Ed � il caso, pure, di ricordare ancora una volta quanto � avvenuto 
1 fatto, e cio� : 

-che il piano regolatore generale della citt� di Venezia � stato 
~provato con d. P. R. 17 dicembre 1962, ed � stato pubblicato per 
;tratto nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 22 febbraio 1963; e 

-che il piano particolareggiato del centro lagunare non � stato 
Ydatto, pubblicato ed approvato, n� entro il termine di cui al primo 
imma, n� successivamente e neppure fino ad oggi. 

Attraverso l'accostamento del fatto alla previsione normativa, si 
:i con tutta evidenza che: 

1) il piano regolatore generale della citt� di Venezia, ancorch� 
;>provato e pubblicato, non � entrato in vigore e non � divenuto orpettivo; 
e 

2) ha conservato efficacia il piano di risanamento del 1940 a sensi 

~I terzo �comma dell'art. 4 citato. 

Non si perviene a conclusione diverse se si accede alla tesi che 
~condo la legge del 1956 il collegamento necessario tra piano regola1re 
generale e piano particolareggiato esistesse solo relativamente alle 
:irti del p�ano regolatore generale bisognevoli di attuazione a mezzo 
~I piano particolaregg�ato e non anche alle disposizioni suscettibili di 
runediata attuazione. Anche a voler ammettere che in un piano regola



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tore generale tra � i caratteri e vincoli di zona da osservare nell'edificazione 
� (art. 7, comma secondo, n. 2 della legge urbanistica) ;possano 
rientrare le norme circa l'altezza degli edifici e la distanza tra edifici 
vicini (e non solo quelle relative al distacco dal confine), la distinzione 
sopra fatta, in relazione alla specie, non ha ragione di essere e comunque 
non si sostiene perch� il collegamento tra il piano regolatore 
generale di Venezia ed il piano ;particolareggiato non � solamente pratico 
e sostanziale ma � anche e sopratutto formale, stante l'espressa 
statuizione, contenuta nel pi� volte citato art. 4 della legge del 1956, 
che l'efficacia del piano regolatore generale e del piano particolareg.giato 
� subordinata all'approvazione e pubblicazione di entrambi ,gli atti. 
Nella specie, si ripete, non essendo stato approvato il piano particolareggiato, 
il piano regolatore generale non � divenuto efficace, cio� non 
� divenuto operativo,. E tale mancanza di operativit� non pu� riguardare 
una parte del piano regolatore generale o alcune sue norme, ma 
concerne l'intero piano regolatore generale. 

Accertato il contenuto e determinata la po,rtata delle disposizioni 
di cui ai primi tre commi dell'art. 4 della legge del 1956, � consentito 
constatare, in ordine all'art. 6, comma quarto, seconda parte, della 
legge del 1966, che, come si � pi� volte detto, ha sostituito il citato 
art. 4, che il legislatore ha voluto e vuole che le opere, eseguite o in 
corso di esecuzione sulla base ed in conformit� di licem;e edilizie rilasciate 
prima della pubblicazione del piano regolatore generale non 
siano so.ggette alle disposizioni (transitorie, in attesa dell'approvazione 
dei piani particolareggiati) del comma precedente, e che a dette opere 
siano applicate, a tutti gli effetti, le sole norme urbanistiche antecedenti 
al piano regolatore generale stesso: 

Ed � parimenti consentito constatare, cogliendo la portata e gli 
effetti dell'art. 6, comma quarto, seconda parte, della legge del 1966, 
che detta norma non dispone il alcun modo per il passato, ma totalmente 
per l'avvenire. Dopo quanto si � detto, manca la possibilit� che ad 
essa venga riconosciuta � una portata retroattiva ., come vorrebbe la 
Corte d'appello di Venezia. Quella disposizione, relativamente a dati 
fatti (esecuzione totale o parzia1e di opere in base a licenze edilizie 
rilasciate prima della pubblicazione del piano regolator� generale) non 
abroga le norme del piano regolatore generale, ad essi da applicare, 
sostituendole con quelle antecedenti, o in altri termini, non li sottrae 
ad una data disciplina per sottoporli ad altra disciplina. Ma puramente 
e semplicemente dichiara che per date opere eseguite (in tutto o in 
parte) in base a date licenze edilizie erano e sono vigenti date norme 

o tutt'al pi�, di fronte all'interpretazione che in concreto � stata data 
delle leggi del 1956 e del 1966, accerta preclusivamente quali norme 
fossero e siano applicabili alla sopradetta ipotesi. In tal modo, codesta 
disposizione non incide sui rapporti di vicinato tra privati, che erano 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 885 

sono assoggettati a tutti gli effetti, e sul terreno dell'integrazione 
~Ile disposizioni del codice civile, alle sole norme urbanistiche ante!
denti alla pubblicazione del piano regolatore generale e sempre che 
1desta disciplina non sia stata modificata dopo l'entrata in vigore della 
gge del 1966. 

Da tutto ci� discende, come immediata e piana conseguenza, che 
prospettato contrasto della disposizione denunciata, con l'art. 3 
~lla Costituzione, non sussiste. 

Escluso che sia stata creata, per il passato, alcuna disparit� di 
attamento in ordine a situazioni eguali, non � dato vedere parimenti 
!r il futuro un diverso -e razionalmente ingiustificato -trattaento 
per i rapporti di vicinato. La circostanza che tra i cittadini, a 
Li favore siano state_ rilasciate licenze edilizie per il centro lagunare 

Venezia in base ai regolamenti edilizio e d'igiene ed al piano di 
sanamento, in epoca non sospetta o inopportunamente -come nella 
'ecie -nella imminenza della pubblicazione del .piano regolatore 
merale, alcuni di essi, pubblicato il piano, non abbiano dato corso 
la costruzione ed altri abbiano, invece, iniziato o ultimato le opere, 
m rileva dal punto di vista giuridico e ai fini della questione allo 
ame di questa Corte, perch� si ha violazion� del principio di eguaianza 
se la disparit� di trattamento � nelle norme e non anche se � 
1ramente nel comportamento di fatto dei destinatari. 

N� pu� vedersi una violazione del principio di eguaglianza sotto 

profilo che � alle vertenze in corso si verrebbe a dare una soluzione 

versa da quella fino ad ora adottata in relazione alle medesime 

�rme, creandosi una inconcepibile disparit� con situazioni ormai 
nsolidate �, perch� dal mutamento di interpretazione in ordine a 
te norme non pu� dedursi una violazione del principio di eguaianza, 
mettendosi a raffronto, sul terreno della soluzione, controrsie 
in corso e quelle gi� definite. 
Ed infine mancano totalmente ed in ogni caso i presupposti per


� si possa ragionare di disegua,glianza non giustificata nel tratta


mto giuridico per ci� che verrebbero ad essere valutate diversa


~nte le costruzioni (eseguite o in corso di esecuzione, in base a 

~enze rilasciate prima della pubblicazione del piano generale) a 

~onda che rientrassero nel centro lagunare o nelle zone della citt� 

n coperte dai previsti piani particolareggiati, perch� nella determi


zione delle zone da includere nel piano regolatore generale, ovvero 

quelle da disciplinare ulteriormente con piani particolareggiati, gli 

gani competenti operano nei limiti segnati dalla legge, in funzione 

Ila migliore tutela del prevalente o assorbente interesse pubblico e 

.indi in definitiva � decisiva la volont� legislativa. 

La conseguenza che sul punto si legge in ordinanza, che rimarbbero 
illegittime le costruzioni eseguite, sulla base di licenze prece



886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

denti, ma dopo la pubblicazione del piano regolatore generale, fuori 
dell'ambito del centro lagunare e cesserebbero invece di essere tali 
(e questa Corte, per le ragioni sopra dette, osserva che non sarebbero 
state e non sarebbero tali) le stesse costruzioni eseguite nel centro 
lagunare, non conduce all'asserita violazione della norma costituzionale, 
perch� discende dalla premessa che il piano regolatore generale 
per la citt� di Venezia non � divenuto operativo, con la pubblicazione, 
solo relativamente alle zone costituenti il centro lagunare. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 luglio 1968, n. 108 -Pres. Sandulli -
Rel. Branca -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
Stato Tracanna) c. Presidente Regione Friuli-Venezia Giulia (n. c.). 

Friuli-Venezia Giulia -Scuole materne -Circolare in materia di edilizia 
scolastica -Re~olamento di competenza -Spetta allo Stato. 
(St. Reg. Friuli Venezia-Giulia, art. 6, n. 1, 5 n. 15 e 8; d. P. R. 26 agosto 1965, 

n. 1116, art. 26 lett. a). 
Spetta agli organi deUo Stato e non della Regione Friuii Venezia 
GiuLia, la competenza ad emanare norme legislative ed amministrative 
in materia di edilizia scolastica per le scuole materne (1). 

(Omissis). -Il ricorso � fondato. 

La potest� della Regione in materia di scuole materne non va 

oltre l'integrazione e l'attuazione delle leggi dello Stato (art. 6 dello 

Statuto); in materia di lavori pubblici, essa le � attribuita limitata


mente alle opere di interesse locale e regionale (art. 4 n. 9 dello Sta


tuto). Ma la disciplina delle scuole materne � oggetto di leggi dello 

Stato (28 luglio 1967, n. 641 e 18 marzo 1968, n. 444) ed � uniforme 

nell'intero territorio nazionale; n� pu� esservi dubbio �che l'attivit� 

amministrativa prevista in �queste leggi sia di competenza statale. Perci� 

gli edifici che ospitano le scuole materne, consentendo lo svolgimento 

d'un servizio dello Stato, sono opere di interesse nazionale, gravanti sul 

bilancio dello Stato e sottratte alla competenza della Regione (art. 4 

n. 9 dello Statuto e 26 lett. e d. P. R. 26 agosto 1965, n. 1116). 
(Omissis). 
(1) La Corte, accogliendo il ricorso proposto dall'Avvocatura ha 
ricordato che la disciplina delle Scuole materne � oggetto di leg.ge dello 
Stato. 
Per un precedente analogo, interessante fa medesima Regione, nel 
quale furono richiamate le esigenze del carattere unitario della legislazione 
1)er l'intero territorio nazionale, cfr. sent: 23 novembre 1967, n. 116, 
in questa Rassegna, 1967, 923. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 887 

RTE COSTITUZIONALE, 19 luglio 1968, n. 109 -Pres. Sandulli -
Rel. Mortati -Boldino (n. c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. .gen. Stato Casamassima). 

tti -Delitto di oltraggio a pubblico ufficiale -Differenziazione rispetto 
al delitto di ingiuria -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 


(Cost. art. l, 3; c. p. art. 341). 

La differenz.iazione posta dal Codice tra il delitto di alt.raggio a 
>blico ufficiale (art. 341) rispetto ,al delitto di ingiuria (art. 594) 
oa la sua giustificazione nell'etereogeneit� delle fattispecie criminose; 
tanto, pur essendo auspicabile un riesame da parte del legislatore 

la modifica della disciplina vigente, che troppo risente deU'ideoia 
del regime dal quale ebbe origine, la relativa questione va di!
Lrata non fondata, con riferimento .agli articoli 1 e 3 della Costitu


ie (1). 

(Omissis). -La censura di incostituzionalit� dell'art. 341 del co~ 
penale, che l'ordinanza fa derivare dalla violazione dell'art. l 
la Costituzione, non � fondata, dato che questo, se riconosce al popolo 

�partenenza della sovranit�, ne consente poi l'esercizio solo � nelle 
ne e nei limiti della Costituzione �, e pertanto nulla da esso pu� 
urnersi in ordine alla concreta disciplina delle situazioni giuridiche 
1vore o a carico dei singoli soggetti. 
Ugualmente infondata la questione sollevata si palesa se conside1 
con riferimento all'art. 3. Infatti la diversit� delle sanzioni disposte� 
casi di offesa all'onore o al decoro di una persona, nelle due ipo-� 


previste rispettivamente dagli artt. 341 e 594 del codice penale, 
ra un'ovvia giustificazione nella eterogeneit� delle fattispecie crilOSe 
in essi considerate: una riguardante l'offesa recata ai privati 
adini, l'altra invece rivolta contro chi riveste la qualifica di pub


o ufficiale, e nell'atto dell'esercizio dei poteri a lui conferiti. � chiaro, 
in questo secondo caso la tutela penale dell'onore della persona 
:a titolare del pubblico ufficio, � assorbita in quella del prestigio 
a pubblica amministrazione che in essa si incarna, che viene colpito. 

(1) La questione era stata soilevata con due ordinanze del Pretore df 
acavilla al Mare del 28 novembre 1968 (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 
', n. 77). 
La sentenza ha rivolto un chiaro invito al legislatore per un intervento. 
irattere positivo per una promozione di varie ipotesi del deUtto di oltragal 
pubblico Ufficiale. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel momento stesso in cui la sua autorit� si fa concretamente valere, e 

pertanto d� luogo ad una nuova e diversa fattispecie legale. Cos� es


sendo, non sorge il problema prospettato nell'ordinanza della difficolt� 

di discriminare fra parte e parte della sanzione prevista dall'art. 341, 

allo scopo di stabilire quanto della medesima riguardi l'interesse del 

singolo e. quanto quello della pubblica amministrazione. 

N� pu� dirsi che il differente trattamento dell'oltraggio rispetto 
all'altro proprio dell'ingiuria divenga irrazionale per effetto dell'eccessiva 
sproporzione dell'entit� delle sanzioni irrogabili nei due casi, 
distintamente considerati, poich� la valutazione della congruenza fra 
reato e pena appartiene alla politica legislativa, e su di essa ness.n 
sindacato si rende possibile in questa sede, all'infuori dell'eventualit�, 
non verificantesi nella specie, che la sperequazione assuma dimensioni 
� tali da non riuscire sorretta da ogni, bench� minima, giustificazione. 

Manca pertanto di ogni fondamento l'affermazione del pretore, se


condo cui la rilevata sproporzione delle sanzioni nei due casi darebbe �


vita ad una categoria di cittadini fruenti di una dignit� sociale quali


ficata, superiore a quella della restante parte della popolazione. Infatti 

si � qui in presenza del conferimento ai pubblici funzionari di uno 

speciale status, in considerazione delle attribuzioni ad essi affidate, 

che, se da un lato, d� titolo ad una maggiore protezione penale, � poi 

fonte, dall'altro di un aggravamento di responsabilit�, come nei casi 

in cui la qualit� di pubblico ufficiale viene assunta ad elemento costi


tutivo o a circostanza aggravante dei reati commessi giovandosi della 

qualit� stessa. 

Nessuna influenza poi sulla questione pu� evidentemente eserci


tare la circostanza dell'ampliamento del numero degli investiti di pub


bliche funzioni, verificatosi in conseguenza del progressivo estendersi 

del campo di azione dei pubblici poteri. Questa circostanza assume 

senza dubbio notevole rilevanza, ma solo in base a considerazioni af


fidate alle valutazioni del legislatore. � noto come la norma impugnata 

sia espressione della concezione autoritaria, che sta alla base del codice 

vigente, e si differenzi da quelle del codice penale del 1889, sia per 

l'aggravamento delle pene, e sia per la eliminazione, oltrech� della 

norma che faceva venir meno la punibilit� dell'offensore allorch� il 

pubblico ufficiale avesse ecceduto i limiti delle proprie attribuzioni, 

anche dell'altra dell'art. 194 che colpiva con pene minori che non nei 

restanti casi l'oltraggio diretto �contro un agente della forza pubblica. 

La commissione ministeriale, nominata nel 1945, per la riforma 

del codice penale, aveva proposto di fare rivivere la norma per ultimo 

ricordata. La seconda Commissione ministeriale, nominata nel 1956, 

lasci�. cadere siffatta proposta, ma invece ne avanz� un'altra che, pi� 

opportunamente, prevedeva, oltre all'eliminazione del minimo della 

pena edittale, anche l'introduzione di una figura attenuata di reato 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 889 

ialora il fatto oltraggioso risulti di lieve entit�, cos� da richiedere 
ilo una pena pecuniaria. Norma questa che, ampliando il potere direzionale 
del giudice, renderebbe superflua ogni pi� particolare sta.
izione legislativa perch� consentirebbe all'organo decidente di ade1are, 
di volta in volta, _la sanzione alla grande variet� dei casi che ad 
so si presentano e lo sottrarrebbero cos� aU'imbarazzo, assai spesso 
~terminato dalla rigidezza delle attuali disposizioni. 

Compete al legislatore decidere se non corrisponda all'attuale stato 
~lla coscienza sociale ed allo spirito informatore della Costituzione retbblicana 
l'esigenza di modificare nei sensi proposti una disciplina leslativa, 
come quella in esame, che troppo risente dell'ideologia del 
gime dal quale ebbe origine. -(Omissis). 

)RTE COSTITUZIONALE, 19 luglio 1968, n. 110 -Pres. Sandulli -
Rel. Capalozza -Messina ed altri (n. c.) c. Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

~ati -Contravvenzione per possesso in~iustif�cato di valori -Ipotesi 

non ricolle~ate a precedenti specifici di reati contro il patrimonio 


llle~ittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 3; c. p. art. 708). 

� costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio cotuzionale 
di eguaglianza, l'art. 708 codice penale, limitatamente alla 
rte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per 
mcUcit�, di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza personale o 
:auzione di buona condotta (1). 

(Omissis). -Fondata appare, all'opposto, la censura� di violazione 
suddetto principio, prospettata a motivo dell'ingiustificato livellamto, 
al quale darebbe luogo la denunziata norma dell'articolo 708 

i. pen. col richiamo alle eterogenee categorie di persone menzionate 
l precedente art. 707. 
Invero, il reato previsto dalla disposizione impugnata, concretansi 
nel possesso ingiustificato di valori, � nel codice annoverato tra le 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 14 marzo 1967 del 
.dice istruttore del Tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1967, 
l32) e 30 settembre 1967 del Pretore di Bologna (Gazzetta Ufficiale 23 dinbre 
1967, n. 321). 
Sull'interpretazione del rapporto fra oggetti posseduti e stato del possore 
cfr. MANZINI, Trattato dir. pen. it., X, Torino 1964, 171; SABATINI, 
contravvenzione nel codice penale vigente, Mi1ano, 1961, 516. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contravvenzioni di polizia dirette alla prevenzione di delitti contro il 
patrimonio (libro Hl, titolo I, cap. II, par. 5�); sicch� la norma trova il 
suo fondamento logico limitatamente a quelle situazioni soggettive nelle 

I 
I 
,j 

quali l'incolpato abbia dei precedenti penali specifici, relativi a condanne 
per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni 
annoverate nello stesso para.grafo cui appartiene l'art. 708 (che attengono 
anch'esse alla tutela, sia pure indiretta, del patrimonio). 

Non pare, invece, che la norma stessa presenti carattere di ragione


I

volezza nel suo riferimento alle altre categorie di soggetti. 

Per quanto riguarda i condannati per mendicit�, � da tener conto 
della diversa ratio delle relative norme repressive (artt. 670 cod. pen. e 
156 t. u. delle leggi di p. s.), dirette prevalentemente ad evitare molestie 
e coercizioni (cfr. sent. n. 2 del 26 gennaio 1957 di questa Corte) 

I

e alla sua estraneit� alla protezione cui � preordinata la contravvenzione 
in esame. 
Per la stessa estraneit� � privo di ragionevolezza configurare il 
reato nei confronti di soggetti sottoposti a misure di sicurezza personale 

o a cauzione di buona condotta -allorch� non conseguano a condanne 
per delitti o a contravvenzioni previste nelle due prime ipotesi 
dell'art. 707 cod. pen. 

Lo stesso � a dirsi per la categoria dei soggetti sottoposti alla misura 
di prevenzione della sorveglianza speciale, irrogata a quei diffidati 
che non abbiano cambiato condotta, quando siano pericolosi per 
la sicurezza o la moralit� pubbliche (misure che, in forza della leg.ge 
27 dicembre 1956, n. 1423, art. 13, importa ora i medesimi effetti che 
prima erano dell'ammonizione), data la variet� dei motivi per i quali 
pu� essere adottata la suindicata misura di prevenzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 luglio 1968 n. 111 -Pres. Sandulli -
Rel. Verz� -Lionetti (n. c.). 

Ordini cavallereschi -Decorazioni al valor militare -Revoca delle 

concessioni per i combattenti della ex MVSN nella ~uerra di Spa


~na -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 25; d. 1. 1. 21 agosto 1945, n. 535, art. l, secondo comma, e 2). 

La revoca deHe concessioni di decorazioni al V. M. per i combattenti 
.delLa guerra di Spagna appartenentJi alLa disciolta milizia 
volontaria per la sicurezza nazionale non contrasta n� col principio di 
eguaglianza, n� con quelfo della irretroattivit� delta legge penale (1). 

(1) La questione era stata proposta dal Pretore di Roma con ordinanza 
3 marzo 1966 (Gazzetta Ufficiale 14 maggio 1966, n. 118) e decisa 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 891 

(Omissis). -La Corte ritiene non fondata la questione di legitlit� 
costituzionale degli artt. 1, comma secondo, e 2 del d. I. I. 21 
>sto 1945, n. 535, che dispongono la revoca delle concessioni di 
:orazioni al valor militare e dell'Ordine militare di Savoia a favore 
appartenenti alla disciolta milizia volontaria sicurezza nazionale e 
! specialit�, in dipendenza di atti compiuti nella guerra di Spagna; 
lispongono altres� la cessazione delle corrispondenti pensioni e dei 
1rassoldi. 

La revoca delle concessioni sopraindicate trae origine da una valuione 
di carattere prettamente politico dell'opera svolta, nella guerra 
Spagna, dagli appartenenti alla milizia fascista, per i quali quella 
!rra rappresent� un fatto ideologico ritenuto incompatibile col 
>vo ordinamento giuridico consacrato successivamente nella Costiione. 
Tale valutazione, poich� fatta dal legislatore nell'esercizio del 
ere discrezionale allo stesso consentito entro i limiti segnati dall'oramento 
dell'epoca, sfugge al sindacato di questa Corte, la quale non 
re neppure prendere in considerazione le argomentazioni di carate 
politico, di cui non � immune l'ordinanza di rimessione. 

La Corte rileva altres� che la legge impugnata, emanata nel~
osto 1945, ha avuto per sua natura immediata applicazione e la 
oca ha esaurito i suoi effetti prima della entrata in vigore della 
;tituzione, che ha trovato in questa materia un ordinamento stabi:
ato. -(Omissis). 

procedimento in Camera di Consiglio non essendovi stata costitu1e 
di parti. 

Si pu� esprimere qualche riserva sul rilievo posto dal.fa Corte secondo 

la legge impugnata avrebbe esaurito i suoi effetti prima della entrata 
vigore della Costituzione. L'effetto della revoca della concessione delle 
orazioni comportava, infatti, anche la perdita delle corrispondenti 
sioni e dei soprassoldi con durata successiva all'entrata in vigore della 
tituzione. 

In questi sensi la stessa Corte si � pronunciata in materia di perdita 

diritto alla pensione, sul che si veggano le sentenze n. 112 e 113, 

seguono. 

I 

RTE COSTITUZIONALE, 19 luglio 1968, n. 112 -Pres. Sandulli -
Rel. Chiarelli -Mostulli (n. c.). 

tsioni -Pensioni civili e militari -Riduzione della pensione per 

effetto di condanna penale -Normativa anteriore alla legge 8 giu


gno 1966, n. 424 -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 36, 3; r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 187). 

� costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gLi articoli 36 
della Costituzione, l'art. 187 de1l testo unico sulle pensioni civiU e 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

militari approvato con r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, per la parte in cui 
esso po-ssa ancora spiegare effetto ante11-ormente alla sua abrogazione 
disposta con La legge 8 giugno 1966, n. 424 (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 luglio 1968, n. 113 -Pres. Sandulli Rei. 
Mortati -Scalise _(n. c.). 

Pensioni -Pensioni di ~uerra -Perdita della pensione per condanne 
penali -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 27, 38, 3; c. p., art. 28, n 5; I. 10 agosto 1950, n. 648, art. 91; 1. 18 
marzo 1968, n. 313, art. 102). 

Le disposizioni che sanciscono la perdita deLLa pensione di guerra 
per condanne penali successive al suo conseguimento, mentre non 
importano violazione dei principi co-stituzionali sulla efficacia rieducativa 
deLla pena e sull'assistenza dei cittadini� bisognosi, sono in contrasto 
col principio costitu~onale di eguaglianza, per diversit� di trattamento, 
senza fondamento di ragionevolezza, rispetto ai militari di 
carriera e rispetto ai danneggiati di guerra neLle cose. Pertanto va 
dichiarata l'ileggittimit� costituzionale deWart. 28 n. 5 Cod. penale per 
quanto attiene alle pensioni di guerra, deH'art. 91 l. 10 agosto 1950, 

n. 448 e dell'art. 102 l. 18 marzo 1968, n. 343 (2). 
I 

(Omissis). -In via preliminare va osservato che la norma dell'art. 
187 del r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (testo unico delle leggi 
sulle pensioni civili e militari) ha cessato di avere efficacia per effetto 

(1-2) La questione di cui �alla prima massima era stata sollevata con 
ordinanza 10 gennaio 1967 della Corte dei Conti (Gazzetta Ufficiale 
29 luglio 1967, n. 190). 

La questione di cui alla seconda massima era stata sollevata con due 
ordinanze 14 dicembre 1966 egualmente della Corte dei Conti (Gazzetta 
Ufficiale 15 luglio 1967, n. 177 e 24 febbraio 1968, n. 50). 

La Corte ha fatto applicazione del principio della ammissibilit� del 
sindacato di legittfanit� costituzionaLe anche su leggi abrogate, qualora 
esse, per il periodo antecedente alla norma abrogratrice, possono ancora 
spiegare effetti. 

Le precedenti sentenze deUa Corte in materia di pensione, citate 
nelle motivazioni delle due senten:zie, 13 gennaio 1966, n. 3 e 3 luglio 1967, 

n. 78 si leggono in questa Rassegna, rispettivamente 19�66, 12 e 1967, 505. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 893 

la legge 8 giugno 1966, n. 424, la quale ha abrogato le disposizioni 
' prevedevano la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni 
:arico dello Stato o� di altro ente pubblico, a seguito di condanna 
La.le o di provvedimento disciplinare. Tuttavia, come esattamente 
ritenuto la ordinanza di rimessione, la questione di legittimit� costiionale 
� rilevante per il periodo anteriore al ripristino dei trattanti 
di pensione, disposto dalla detta legge con effetto dalla sua 
rata in vigore. 

Nel merito la questione � fondata. 

In precedenti sentenze (n. 3 del 1966, n. 78 del 1967) questa Corte, 
vendo dal carattere retributivo del trattamento di quiescenza spette 
in conseguenza di un rapporto di lavoro e dalla particolare pro.
one di cui nel vigente ordinamento costituzionale viene fatta oggetto 
~etribuzione dei prestatori d'opera in ogni suo aspetto, afferm� l'in1patibilit� 
con tali principi di talune disposizioni, che collegavano, 
1 condanna dei pubblici dipendenti a una pena detentiva comp�rte 
l'interdizione dai pubblici uffici, la perdita del diritto al tratta1to 
economico ad essi spettante in conseguenza della cessazione 

rapporto di lavoro. 

Le stesse ragioni valgono per l'impugnato art. 187 del decreto 
70 del 1895, il quale, disponendo la riduzione della pensione per 
impiegati destituiti, o comunque allontanati dal servizio per effetto 
9rocedimento disciplinare, � in contrasto, come le analoghe norme 
1iarate illegittime dalle ricordate sentenze, con l'art. 36 della Costi:
one, che vuole assicurato ai lavoratori il trattamento conquistato 
�averso la prestazione della loro attivit� (cit. sent. n. 78 del 1967). 
La proposta questione di legittimit� costituzionale va ugualmente 
1nosciuta fondata in relazione all'art. 3 della Costituzione. In seguito 
leg.ge n. 424 del 1966, e alla eliminazione delle norme dichiarate 
~ittime dalle menzionate sentenze di questa Corte, la sopravvivenza 
a norma impugnata determinerebbe una ingiustificata ineguaglianza 
rattamento nelle situazioni di cessazione del rapporto di lavoro per 

danna penale o provvedimento disciplinare. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -2. -Preliminare si presenta :l'esame dell'influenza sulle 
;enti cause della legge 18 marzo 1968, n. 313, sul riordinamento 
a legislazione pensionistica di guerra, sopravvenuta dopo l'emana1e 
delle ordinanze, il cui art. 102, innovando alle disposizioni di 
re in esse denunciate, ha limitato la perdita del diritto alla pen.
e di guerra solo ai casi di condanna a pena superiore a tre anni 
mnciata in base ai codici penali militari, che renda il condannato 


894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S~ATO 

indegno di-appartenere alle forze armate, eliminando cosi le altre 

, 
ipotesi di perdita che l'art. 91 della legge del 1950 faceva derivare da 
qualsiasi condanna cui conseguisse l'interdizione perpetua ai pubblici 
uffici; ipotesi quest'ultima che appunto ricorre nella specie, dato che 
tanto lo Scalise quanto il Barlozzo hanno riportato condanne per reati 
di �carattere non militare. Le nuove disposizioni non sono tuttavia 
applicabili a costoro, oltre che per effetto della statuizione dell'articolo 
116, primo comma, della legge stessa che limita l'applicabilit� delle 
sue norme pi� favorevoli dal 16 gennaio 1968, anche in virt� dei 
principi, non ricorrendo le condizioni poste dal terzo comma dell'art. 2 
del c. p. che dispone la retroattivit� delle leggi penali pi� favorevoli 
al reo (fra le quali sono da comprendere anche quelle che sanciscono 
pene accessorie, e fra queste la perdita del diritto a pensione, costituente 
uno degli effetti dell'interdizione perpetua ai pubblici uffici) 
ma solo nell'ipotesi che non sia stata pronunciata sentenza irrevocabile, 
come invece nella specie � accaduto. La questione investe solo l'art. 91, 
1o comma, ultima parte. 

3. -La Corte dei conti, nella prima delle due ordinanze, ha sollevato 
il dubbio se le norme denunciate contrastino �con l'art. 27 della 
Costituzione, nel senso di pregiudicare il fine rieducativo assegnato 
alla pena. Questa Corte si � pronunciata sull'interpretazione dell'articolo 
predetto in pi� occasioni, ed in modo particolare �con la sentenza 
n. 12 del 1966, nella quale ha affermato che la pena pecuniaria non 
contrasta di per s� con la funzione rieducatrice (e ci� anche quando, 
come risulta dalla precedente sentenza n. 67 del 1963, la pena stessa 
sia prevista in misura fissa), e ritiene di dovere riaffermare la precedente 
interpretazione. 
4. -Ugualmente infondata deve ritenersi la censura fatta derivare 
dall'allegata violazione dell'art. 38 della Costituzione. Pu� osservarsi 
anche quella dell'art. 27 prima considerata, dato il particolare aspetto 
sotto il quale le ordinanze l'hanno prospettata, quando hanno fatto 
derivare il pregiudizio recato alla funzione rieducativa della :pena dalle 
difficolt� economiche conseguenti alla perdita del diritto a pensione. 
A dimostrare per� come anche l'art. 38 non risulti violato basta osservare 
che, a differenza di quanto avviene per le pensioni assegnate in 
dipendenza di rapporti di lavoro, che rivestono appunto indole previdenziale, 
quelle di .guerra hanno diverso fondamento, prescindendo 
sia dalla situazione lavorativa di chi sia stato colpito da danno alla 
persona in conseguenza di evento bellico, e sia dallo stato di bisogno 
in cui egli venga a trovarsi. Sicch�, risultando i due trattamenti fra 
loro indipendenti e, nei congrui casi e ricorrendone i presupposti, 
cumulabili, non pu� ritenersi che la perdita del diritto alla pensione 
di guerra prevista dalle norme denunciate possa compromettere l'altro 
diritto all'assistenza ed alla previdenza sociale. 
II 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 895 

5. -Fondata invece deve ritenersi la dedotta violazione dell'art. 3 
uando si confrontino le norme denunciate con la situazione che si � 
enuta a determinare nella disciplina delle .pensioni ordinarie, in con~
guenza delle sentenze di questa Corte n. 3 del 1966, e 78 del 1967 e, 
on effetti pi� generali, della legge n. 424 del 1966, caratterizzata 
all'esclusione di qualsiasi influenza sul conferimento e sul manteni1ento 
dei trattamenti di quiescenza a favore dei pubblici dipendenti 
alle condanne ad essi inflitte, quale che sia il reato che le ha determiate, 
anche il pi� gravemente lesivo dei supremi interessi dello Stato. 
� vero che, come si � prima rilevato, diverso � il presupposto che 
ostiene le due specie di concessioni, e che quelle effettuate in dipenenza 
di eventi bellici, non essendo collegate a vincoli discendenti da 
n preesistente rapporto di servizio consentono una pi� ampia discreionalit� 
del legislatore, cui rimane affidata, insieme alla de:cisione di 
idennizzare, facendone gravare l'onere sull'intera collettivit� nazionale, 
1 applicazione di un principio solidaristico,�i colpiti nell'integrit� fisica 

causa di eventi bellici, quella di determinare i limiti quantitativi 
ell'indennizzo, nonch� le condizioni e le modalit� per la sua attriuzione. 


Dal che deriva che nessun ostacolo di principio � invocabile che 
1ibisca al legislatore di disporre la cessazione del diritto alla pensione 
el sopravvenire di cause di indegnit� connesse a reati, non potendosi 

ci� opporre il carattere di diritto quesito alla pretesa discendente 
all'avvenuta concessione, dato che questa era stata conferita sotto 
i predetta condizione risolutiva. Tuttavia la disciplina in materia non 
u� sottrarsi all'osservanza del principio di eguaglianza, ed al sindacato 
ulla medesima, nei limiti in cui esso � consentito al giudice della 

~gittimit�. 

Ora ragioni di gravi perplessit� non possono non sorgere sulla 
agionevolezza della div�rsit� di trattamento che si viene a determinare 
ra i militari di carriera e quelli non professionali per il fatto che i 
,rimi, in quanto forniti di pensione privilegiata ordinaria, in funzione 
.i pensione di guerra (ex art. 37 leg,ge n. 313 del 1968) conservino il 
elativo diritto dopo la condanna a reati, pur se tali da importare deradazione 
o destituzione, mentre i secondi, in dipendenza degli stessi 
atti o di fatti delittuosi assai meno gravi, ne vengono privati. 

Ancora pi� incongrua appare la disarmonia che viene a verificarsi, 
.ell'attuale sistema, nei riguardi della stessa categoria dei militari 
lOn di carriera, poich�, mentre fa discendere la revoca della pensione 
li guerra per sopravvenuta indegnit� del beneficiario, conserva poi 
.uella privilegiata ordinaria di cui sia fornito colui al quale siano ap11icate 
sanzioni penali analoghe a quelle addebitabili all'altro. 

Anche se si dovesse ritenere non decisive le precedenti conside:raioni, 
tali sono invece da valutare altre deducibili dalla diversit� delle 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

norm~ in esame rispetto a quelle sul risarcimento dei danni di guerra, 
di cui alla legge 26 ottobre 1940, n. 1543; risar~imento al quale � da 
riconoscere lo stesso carattere di indennizzo proprio delle pensioni. 
L'art. 4 di questa le.g.ge sancisce la pena ac.cessoria dell'esclusione del 
risarcimento medesimo in determinati casi di condanna, ma questi 
sono contenuti in una misura pi� limitata rispetto a quella prevista per 
le pensioni, riguardando non tutti i reati che importino l'interdizione 
perpetua dai pubblici .uffici bens� solo (oltre ad alcuni reati militari) 
i reati contro la personalit� dello Stato e la pubblica amministrazione. 
E non sembra giustificabile la minore severit� nei confronti di chi ha 
sub�to, p.er la stessa causa di guerra, danni alle cose rispetto a chi sia 
stato leso nell'integrit� fisica. 

Altro motivo a suffragio della fondatezza dell'allegato violazione 
dell'art. 3 si deduce dal citato art. 102 della legge del 1968, che sembra 
esprimere la convinzione dello stesso legislatore circa la mancanza di 
un solido fondamento giuridico a sostegno del mantenimento della sanzione 
della perdita di un diritto che si radica nel particolare sacrifizio 
dell'integrit� fisica sub�to a causa del servizio reso nella difesa della 
Patria, o comunque per effetto di eventi straordinari provocati dalla 
guerra. 

6. -Queste stesse considerazioni inducono la Corte a dichiarare, 
in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimit� 
costituzionale anche dell'art. 102 della legge 18 marzo 1968, 
n. 313, sul rioTdinamento della legislazione pensionistica di guerra, 
ed inoltre la prima parte del primo comma, nonch� il secondo, il terzo 
ed il quarto comma dell'art. 91 della predetta legge 10 agosto 1950, 
n. 648. -(Omiss.is). 
CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1968, n. 114 -Pres. Sandulli 
-ReL. Crisafulli -Imp. Trosello e Porchietto -Presidente 
Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Testimoni -Ufficiali e agenti di polizia -Per


sone che ad essi hanno fornito notizie -Mancanza dell'obbligo di 

rilevare il nome -Questione di legittimit� costituzionale -Infon


datezza. 

(Cost., art. 3 e 109; c. p. p., art. 349, ult. comma). 

In quanto la proposizione dell'ultimo comma deU'art. 349 c. p. p., 
secondo la quale il giudice non pu� obbligare gli ufficiali e gli agenti 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 897 

:>olizia giudiziaria a rivelare i nomi delle persone che hanno ad essi 
iito notizie, � logicamente collegata con la proposizione immediataite 
successiva, secondo la quale il giudice non pu� ricevere, a pena 
riullit�, dagli ufficiali od agenti predetti notizie avute da persone ! 
ii nomi essi non ritengono di dovere manifestare; in quanto l'arti


I

> 109 della Costituzione � estraneo alla materia della prova; in 
nto la fa_colt� concessa agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria 

I

eterminata da obiettive ragioni inerenti ad una pubblica funzione 
on importa discriminazioni giuridicamente rilevanti in favore di 

I 

~rminati testi, l'ultimo comma del citato art. 349 c. p. p. non con


l

ta con gli articoli 3 e 109 della Costituzione (1). 

I ! 

(Omissis). -2. -Ci� premesso, e passando ad esaminare partitate 
le singole censure contenute neU'ordinanza, non si ravvisa conto 
tra la 'norma impugnata e l'art. 109 della Costituzione, dovendo 

I

;t'ultimo, per il suo spirito informatore e per il suo contenuto norivo, 
ritenersi estraneo alla materia delle prove, in .genere, e delle I 
'e testimoniali, in specie. 


l 

L'art. 109, a prescindere dalle sue possibili implicazioni di ca


II

~re organizzativo, delle quali molto si � discusso e tuttora si di-. 
~. ma che qui non rilevano, ha comunque e per intanto il preciso l 


i l

ivoco significato (sul quale questa Corte si � soffermata nella seni 
del 6 giugno 1963, n. 94) di istituire un rapporto di dipendenza 
ionale della polizia giudiziaria dalla autorit� giudiziaria,. escluI 
.o interferenze di altri poteri nella condotta delle indagini, in modo 

I

la direzione ne risulti effettivamente riservata alla autonoma iniva 
dell'autorit� .giudiziaria medesima. In questo ordine di idee, 
220 c. p. p. nel testo modificato dalla Novella del 1955, impone 
ufficiali ed a.genti di polizia giudiziaria l'obbligo di � eseguire gli 
ti del giudice istruttore e del pretore., con riguardo, evidentee, 
a singoli atti o adempimenti di volta in volta richiesti, stabi> 
aUres�, in linea pi� generale, che essi esercitano le loro attri1ni 
� alla dipendenza e sotto la direzione del procuratore i.generale 


o la Corte di appello e del procuratore della Repubblica �; men1) 
Il giudizio � stato promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1966 
.udice istruttore del Tribunale di Torino (Gazzetta Ufficiale 14 mag166, 
n. 118). 
a Corte di Assise di Milano ha ritenuto manifestamente infondata la 
one di legittimit� costituzionale dell'art. 349 c.p,p., ultimo comma, in 
nento all'art. 24, 20 comma della Costituzione (Temi, 1967, 194, con 
ii GALLI, dalla quale pu� desumersi lo stato della dottrina). 



898 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tre poi il secondo comma del medesimo articolo ed H successivo articolo 
223 provvedono in qualche misura a rendere operanti detti vincoli 
di subordinazione configurando le relative responsabilit� e le connesse 
sanzioni disciplinari. 

� chiaro allora che le limitazioni. alfa prova testimoniale di cui 
all'ultimo comma dell'art. 349 c. p. p. non incidono sui descritti vincoli 
di subordinazione funzionale (n� la situazione muterebbe ove pure, 
in ipotesi, si trattasse invece di subordinazione gerarchica), poich� uffidali 
ed agenti di polizia giudiziaria, non diversamente da ogni altro 
pubblico ufficiale, si configurano, quando assumano nel processo la 
qualit� di testimoni, esclusivamente come tali, senza che gli obblighi 
e i diritti ad essi imposti o riconosciuti in questa veste possano comun


II


que riuscire alterati nell'uno o nell'altro senso dai particolari rapporti 
di dipendenza in cui, sotto altri profili e ad altri effetti, essi possono 
trovarsi nei confronti della stessa autorit� giudiziaria procedente. 

3. -Secondo l'ordinanza, il jus tacendi riconosciuto agli ufficiali 
ed agenti della polizia giudiziaria, in connessione con la sancita inammissibilit� 
di deposizioni basate unicamente su informazioni dei loro 
confidenti, violerebbe l'art. 109 anche perch� precluderebbe al giudice 
l'accertamento della verit�, operandosi cos� �un ingiustificato rovesciamento 
fra le posizioni reciproche della polizia giudiziaria e dell'autorit� 
giudiziaria �. Ma quanto osservato al punto precedente vale a mostrare 
come un siffatto � rovesciamento � non sussiste, :poich�, da un 
lato, i divieti dell'ultimo ,comma dell'art. 349 concernono il testimone, 
e perci� l'ufficiale od agente di polizia giudiziaria in quanto testimone, 
/ 
e non gi� in quanto organo ausiliario del!l'ufficio giudiziario, posto alle 
dipendenze di questo per lo svolgimento delle indagini; mentre, d'altro 
lato, l'art. 109 della Costituzione nulla dice, neppure per implicito, in 
ordine alla estensione dei poteri di cognizione spettanti al giudice nel 
processo .penale. 

� da aggiungere che il caso limite, cui espressamente si riferisce 
il giudice istruttore di Torino, del funzionario di polizia giudiziaria 
che, avva,lendosi della facolt� derivante dall'ultimo comma dell'art. 
349 c. p. p. illecitamente favorisca l'impunit� di chi dovrebbe, a 
qualsiasi titolo, assumere la veste di imputato, esula dall'ipotesi prevista 
dalla norma impugnata, la quale non potrebbe certamente essere 
invocata per giustificare l'omessa denuncia degli indiziati di un reato, 
ogni qual volta ne ricorrano le condizioni di legge. Questa Corte � chiamata 
a giudicare della legittimit� costituzionale della disposizione del 
codice, nella sua astratta generalit�, e non pu� portare il suo esame 
sugli abusi che, traendone pretesto, fossero eventualmente posti in 
essere da funzionari poco scrupolosi, e nei confronti dei quali la legislazione 
contempla, del resto, appropriati mezzi repressivi. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 899 

ORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1968, n. 115 -Pres. SanduUi 
-Rel. Capalozza -Imp. Santella -p. c. Giuntini (avv. Di 
Segni) -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato 
Casamassima). 

rocedimento penale -Nomina del difensore nell'istruzione formale Questione 
di legittimit� costituzionale -Irrilevanza. 
(Cost., art. 24; c. p. p. art. 304). 

La questione di legittimit� costituzionale deZZ'art. 304 del codice 

. procedura penale -che disciplina la nomina del difensore deZZ'im


.1,tato neZZ'istruzione formale -� inammissibile quando nel giudizio 
quo si sia proceduto con istruzione sommaria (1). 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza emessa il 1� febaio 
1967 dal Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1967, n. 77). 
)RTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1968, n. 116 -Pres. Sandulli 
-Rel. Oggioni -Savoldelli Pedrocchi (n. c.) -Bardovagni 
Zeno (avv. Ligi) -Ministero Finanze e Presidente Consiglio Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Coronas). 

iposte e tasse -Imposte dirette -Imposta complementare -Dipendenti 
statali -Ritenute d'acconto ;. Delega legislativa -Testo 
unico sulle imposte dirette -Eccesso di delega -Questione di legittimit� 
costituzionale -Irrilevanza per successiva disposizione 
di legge. 

(Cost., art. 76; 1. 8 aprile 1952, n. 212; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 63; d. P. R. 
29 gennaio 1958, n. 645, art. 143, comma secondo ,lett. a) e b), ed ultimo comma; 

I. 28 maggio 1959, n. 361; 1. 4 dicembre 1962, n. 1682; 1. 1� marzo 1964, n. 113). 
La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 143, comma sendo, 
lett. a) e b), ed ultimo comma del d. P. R. 29 gennaio 1958, 
645 in riferimento all'art. 76 della Costituzione, per eccesso dalla 
lega contenuta nella legge 5 gennaio 1956, n. 1, art. 63, � inammis


�ile avendo il legislatore regolato la medesima materia con la legge 
�male 28 maggio 1959, n. 361, entrata in vigore alLa medesima data 
Z decreto Presidenziale (1). 
(1) La sentenza concerne due giudizi riuniti di legittimit� costitunale 
promossi con ordinanze emesse il 7 dicembre 1965 (Gazzetta Uffi

900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -Entrambe le ordinanze denunciano, sotto il profilo 
di eccesso di delega legislativa (art. 76 Costituzione), l'art. 143, 
commi secondo ed ultimo, del testo unico delle leggi sulle imposte dirette 
(d. P. R. n. 645 del 1959) additando per conseguenzialit�, quale 
eventuale oggetto di estensione dell'esame di legittimit� costituzionale, 
anche l'art. 6 della .Jegge 4 dicembre 1962, n. 1682, che ha sostituito la 
formulazione del predetto art. 143. 

I motivi 'di illegittimit� consisterebbero, secondo le ordinanze, in 
ci� che nessuna delle condizioni poste a�l Governo dall'art. 63 della legge 
delega (n. 1 del 1956) per l'emanazione del testb unico, avrebbe autorizzato 
l'inclusione in questo di una norma che costituisse deroga al 
beneficio concesso con legge n. 212 dell'8 aprile 1952 (artt. 28-31) ai 
dipendenti statali e consistente nell'assegnare carattere definitivo (e 
non di acconto, fino aUa concorrenza di lire 600.000 annue) alle trattenute 
sull'ammontare complessivo dello stipendio, ai fini del soddisfo 
dell'imposta complementare progressiva sul reddito. Non si sarebbe, 
infatti, qui trattato, n� di eliminare disposizioni in contrasto con i 
principi della legge n. 25 dell'll gennaio 1951 sulla perequazione tributaria 
e della stessa legge delega, n� di apportare modifiche utili 
per un miglior coordinamento n� modifiche necessarie per soddisfare 
esigenze di semplificazione nell'applicazione dei tributi e di razionale 
organizzazione dei servizi. Tutto si sarebbe, invece, risolto in una 
inammissibile eliminazione di un beneficio che, per motivi razionali, 
il sistema vigente ac.cordava ad una categoria di contribuenti. 

Secondo le ordinanze, non avrebbe, in contr-ario, importanza decisiva 
il fatto che, dopo l'emanazione del testo unico, sia intervenuta la 
legge 28 maggio 1959, n. 361, a qualificare � ritenuta di acconto � 
quella operata sui redditi di lavoro corrisposti, in categoria C/2 ai 
dipendenti dello Stato, perch� si tratterebbe di un particolare secondario 
di fronte allo scopo primario della legge avente per oggetto, come 
dal titolo, la elevazione del minimo imponibile: lo stesso oggetto di 
cui alla successiva legge n. 113 del 1964 di contenuto identico. N�, secondo 
le ordinanze, avrebbe importanza che la formulazione dell'articolo 
143, ultimo comma, del testo unico sia stata sostituita con quella, 
pi� incisiva nel senso della ritenuta di acconto, contenuta nella citata 
legge n. 1682 del 1962, poich� questa ultima formulazione, oltre a non 

ciale 27 maggio 1967, n. 132) ed il 30 novembre 1967 (Gazzetta Ufficiale 
20 aprile 1968, n. 102) dalla Commissione distrettuale delle imposte di 
Urbino. 

La sentenza della Corte Costituzionale del 27 gennaio 1959, n. 2 -richiamata 
in motivazione -� riportata in Giur. it., 1959, I, 1, 503. 
Sull'argomento v. Cass., Sez. Un., 1 febbraio 1961, n. 204, Foro it., 
1961, I, 191. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 901 

i/'ere carattere interpretativo dell'articolo che ha sostituito, n� carat~
re innovativo, costituisce soltanto una miglior formulazione della 
orma per dirimere il dubbio se soltanto le somme sulle quali si opemo 
le ritenute concorrano alla formazione del reddito complessivo 
~to sul quale � dovuta l'imposta complementare. 

La Corte ritiene che nessuno dei motivi, esposti nelle ordinanze 
poi sviluppati nelle deduzioni difensive, valgano a contrastare la con,
guenza dell'inammissibilit� della questione proposta. 

2. -Va osservato, anzitutto, che, per disposizione dell'art. 277 del 
sto unico, la data di applicazione dello stesso, anche per la parte 
guardante le ritenute, considerate in acconto, sugli assegni fissi e 
.gli altri compensi dei dipendenti statali, � stabilita con decorrenza 
LI 1� gennaio 1960. 
Uguale decorrenza � stabilita per le disposizioni contenute nella 
gge 28 _maggio 1959, n. 361, che, con riferimento alle ritenute sui 
dditi di lavoro dei dipendenti stataU, le qualifica e le regola nelle 
odalit� della loro applicazione, a titolo di acconto, alla pari delle 
;enute per i redditi di lavoro, classificati ora tutti in categoria C/2, 
po l'abolizione deHa categoria D, gi� peculiare ai redditi degli statali. 

Questa coincidenza cronologica nell'attuazione, per la parte in 

:ime, dell'uno e dell'altro provvedimento legislativo, costituisce, uni


nente al rilievo della coincidenza del rispettivo contenuto, elemento 

terminante di decisione. 

Invero, se, come la Corte ritiene, la legge del 1959 ha recepito, sul 

nto, in modo univoco, il principio, contenuto nella legge delegata, 

:endolo proprio ed operante, come espressione di volont� normativa, 

n resta pi� margine utile per la verifica del denunciato vizio d'ori


1e dell'art. 143, .commi secondo ed ultimo, del testo unico a motivo 

non 1conformit� alla delega. 

Qualunque possa essere l'esito del raffronto tra legge delegante, 

:ge delegata ed articolo 76 della Costituzione, sar�, in ogni caso, 

legge ordinaria del 1959, non sottoposta a sindacato di costituzio


.it�, a regolare il rapporto d'imposta in esame. La quale legge ordi


:ia, riproduttiva di principi gi� dichiara.ti, d� luogo ad una dispo


tone nuova che vive di vita propria ad ogni effetto, come gi� questa 

rte ha avuto occasione di stabilire con sentenza 27 gennaio 1959, nu


ro 2. 

Aggiungasi che il principio della non definitivit� della ritenuta di 
onto per i dipendenti statali, � stato anche ribadito� con l'avvicen
�si di leggi successive, che ne hanno prolungato nel tempo gli svipi, 
e cio� la legge n. 1682 del 1962 e la legge n. 113 del 1964: la 
ma delle quali, richiamandosi alla formulazione dell'art. 143 del 
;o unico, ha inteso accentuarne, con formulazione netta, il riferi1to 
ai dipendenti statali. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

3. -Le ordinanze di rinvio e la difesa Bardovagni osservano che, 
avendo la legge n. 391 del 1959 per oggetto, dichiarato nella sua intitolazione, 
l'aumento del minimo imponibile, ci� costituirebbe, di per 
s�, sufficiente motivo per escludere che alle residue enunciazioni contenute 
nel testo, possa attribuirsi efficacia normativa. 
Ma il titolo di una legge � soltanto un elemento indicativo che 
non si incorpora con la legge in modo tale da sovrapporsi alle singole 
norme concrete. Solo in caso di dubbio significato delle norme, il titolo 
potrebbe eventualmente contribuire alla loro interpretazione, il che, 

I

nel caso, va escluso per le ragfoni suesposte. 
Si rileva altresi, sempre per contestare che la legge del 1959 regoli 
essa stessa la materia nel senso di assegnare alla ritenuta operata 

I

sugli assegni dei dipendenti statali il carattere di acconto, che nessun 
elemento potrebbe ricavarsi dal richiamo che la legge fa all'art. 2 della 
legge-21 maggio 1952, n. 477, in cui la ritenuta per i redditi di categoria 
C/2 � dichiar.ata operante � a titolo di acconto � : ci� in quanto 
il richiamo sarebbe del tutto secondario ed addirittura pleonastico, 

I
I
'I,

posto che, per l'art. 288 lett. a del testo unico del 1958, la predetta 
legge veniva abrogata a decorrere dal gennaio 1960, cio� dalla stessa ' 
data di entrata in vigore della legge del 1959. 

�

Ma, se � esatto il rilievo della coincidenza di date, non 'lo � altrettanto 
l'illazione che si vorrebbe trarne, in quanto il richiamo alla legge f

i:l 
del 1952 ha un suo chiaro significato ,il quale riguarda il modo di 
� operare � la ritenuta e non il titolo della �Stessa, che trova la sua 

11

qualificazione nel residuo contesto della legge del 1959. 

4. -Dato che dall'eliminazione dall'ordinamento giuridico della 
norma impugnata non potrebbe conseguire alcun risultato rilevante .,
I 

per il giudizio a quo, devesi pronunciare l'inammissibilit� della questione 
stessa perch� manifestamente irrilevante". -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 novembre 1968, n. 117 -Pres. Sandulli 
-Rei. Rocchetti -Imp. Rizzo ed altri; Iannaccone ed altri Presidente 
Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Istruzione -Istruzione sommaria -Pubblico 
ministero -Valutazione insindacabile sull'evidenza delle prove Illegittimit� 
costituzionale. 
{Cost., art. 25; c. p. p., art. 389, terzo comma). 

In 1�iferimento all'art. 25 della Costituzione � fondata la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 389, terzo comma, del cod. proc. 
pen., nella parte in cui consente al pubblico ministero di procedere ad 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 903 

�uzi011,e sommaria, per i reati di competenza del tribunale e de<Ua. 
�te d'assise, punibili con pena detentiva tempo'l"anea o c011, pena 
no grave, nei limiti in cui esclude la sindaoabilit� della valutazione 
npiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova (1). 

(1) I giudizi riuniti sono stati introdotti con ordinanze del 4 marzo 1967 
Tribunale di Palermo (Gazzetta Ufficiale 10 giugno 1967, n. 144) e del 
settembre 1967 del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 25 novem1967, 
n. 295). 
La sentenza trovasi pubblicata sul Foro it., 1968, I, 2913, con nota, ricca 

:ichiami in dottrina e giurisprudenza, di A. Pizzonusso. 

RTE COSTITUZIONALE, 9 dicembre 1968, n. 123 -Pres. Sandulli -
Rel. Fragali -Commissario dello Stato (sost. avv. gen. Stato Agr�) 

c. Regione Siciliana (avv. Silvestri). 
llia -Amministrazione regionale -Integrazione del ruolo unico ad 

esaurimento dei servizi periferici -Principio del buon andamento 

dell'Amministrazione -Limiti alla discrezionalit� del legislatore 


Tutela esclusiva dell'interesse del personale -Illegittimit� costi


tuzionale. 

(Cost., art. 97, 81; I. r. 30 marzo 1967). 

La legge approvata dall'Assemblea regionale siciHana il 30 marzo 
7, concernente integ'l"azione del ruolo unico ad esaurimento per i 
,izi periferici dell'Amministrazione regionale, istituito co7i legge 
a Regione 20 agosto 1962, n. 23, vioLa il disposto deU'art. 97 della 
l;ituzione, il quale importa certamente l'esercizio di una discreziot� 
legislativa che non pu� mutarsi, per�, in arbitrio, come accade 
ndo il trasferimento in ruolo di personale avventizio o gi� avven~ 
avvenga non per necessit� concrete deU'A mmiirnistrazione ma esclumente, 
attesa la riconosciuta pletora amministriativa, per la sod:
zzione di un interesse del personale (1). 

(Omissis). -1. -La legge impugnata �, per un verso, esclusivate 
diretta ad attribuire al personale avventizio in servizio una 
1zione giuridiea di stabilit�; e cio� uno status che non pot� aver 
iato oggetto di aspettative da parte degli assunti, i quali conosce> 
fin dall'origine del rapporto, o dovevano conoscere, la preca


(1) Il giudizio � stato promosso con ricorso del Commissario dello Stato� 
La Regione siciliana (Gazzetta Ufficiale 29 aprile 1967, n. 109). 
Per le pronunzie della Corte sull'art. 97 della Costituzione ed, in parti�
e, sul concetto di �buon andamento� della P. A., vedasi la nota alla 
mza della Corte n. 72 del 21 giugno 1966, in questa Rassegna, 1966, I, 
Cfr. pure la sentenza n. 8 del 4 febbraio 1967, ibidem, 1967, I, 21. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

J 


riet� dello stesso, anzi, in alcuni casi, l'illegittimit� della sua costituzione. 
La legge � diretta, per altro verso, a riammettere, nell'Amministrazione, 
personale che non ne fa pi� parte e -che, a suo tempo, si 
era ritenuto di sostituire con personale nuovo, sulla base di una discrezionalit�, 
forse non pi� condivisa, certo causa di malumore nei licenziati; 
e cio� per una ragione afferente soltanto all'intrinseco del rapporto 
di impiego o a rivendicazioni degli interessati. Infatti, la relazione 
del Presidente della Regione alla legge non precisa quale esigenza 
di servizio giustifichi l'integrazione di ruolo che vi si dispone: nulla 
dice, a tal riguardo, a proposito della proroga prevista per l'inquadramento 
di cui aU'art. 7 della legge stessa, e, per quanto concerne quello 
di cui all'art. 1, si limita ad affermare che il personale quivi indicato 
pu� essere utilizzato presso gli uffici dell'Amministrazione regionale, 
senza specificarne i bisogni, anzi, considerando tale utilizzazione unicam!')
nte come mera possibilit�, non come necessit�. Di esigenze del1'
Amministrazione dell'agricoltura fa cenno, � vero, la relazione al 
progetto di legge Cangialosi, il quale rileva che � imprescindibile l'integrazione 
del ruolo attuale; ma, per quanto vi si affermi che i compiti 
di quell'Amministrazione si sono estesi sensibilmente per l'applicazione 
di nuove leggi intervenute sulla materia, non si danno concreti 
chiarimenti, e soprattutto non si espone il motivo per il quale 
il personale oggi in ruolo non sia in grado di provvedere alle asserte 
nuove incombenze. 

Che la legge den�nciata non fu determinata da concrete necessit� 
dell'Amministrazione lo si desume, del resto, a chiare note daHa 
relazione predisposta per l'Assemblea regionale dalla sua Commissione� 
legislativa degli affari interni e dell'ordinamento amministrativo; la 
quale riconduce la proposta governativa ad un ordine del giorno del1'
Assemblea stessa che aveva impegnato il Governo a non effettuare 
ulteriori assunzioni senza pubblici concorsi e a presentare un disegno 
di legge tendente alla normalizzazione della posizione giuridica del 
cospicuo numero di dipendenti a .precario rapporto di impiego. La relazione 
aggiunge che il disegno di legge costituisce una ulteriore sanatoria 
di assunzioni o di situazioni di fatto illegali, e che s� propone 
di immettere nei ranghi dell'Amministrazione regionale, definita pletorica, 
una massa di ben 578 unit�, mentre � in preparazione un disegno 
di legge organico di definitiva sistemazione del personale della Regione, 
nel quale se ne prevede una riduzione nella misura approssimativa 
del venti per �cento. Solo per un criterio di comprensione �umana, 
e nel convincimento che non si sarebbe potuto dar colpa al personale 
assunto delle violazioni di legge commesse all'atto della sua inserzione 
nell'Amministrazione regionale, la Commissione ritenne di dar parere 
favorevole all'inquadramento proposto dal disegno governativo; ma lo 
ritenne con riferimento ad una misura ridotta. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 905 

2. -Cos� essendo, � indubitabile che la ,legge impugnata non osva 
la norma dell'art. 97 della Costituzione: l'integrazione, sia pure 
un quadro ad esaurimento, di ruoli organici, �qualificati, come si � 
to, pletorici dagli stessi organi che prepararono la discussione della 
ge, nuoce all'Amministrazione, anzich� concorrere a garantirne il 
olare funzionamento. La pletora amministrativa � sempre causa di 
)rdine, perch� impone una artificiosa distribuzione di compiti, un 
donamento irrazionale di funzioni, una sovrapposizione o una du:
azione di competenze; e ovviamente ne risultano ritardi e intralci 
Lo svolgimento dell'attivit� degli uffici. 
Non si nega che l'art. 97 della Costituzione coinvolge l'esercizio 
ma discrezionalit� legislativa. Ma la Corte ha affermato nella sen~
a del l� febbraio 1967, n. 8, che il controllo sulla conformit�, alticolo 
predetto, di singole norme � ammissibile, sia pure nei limiti 
.'�accertamento della non arbitrariet� della disciplina in relazione ai 

che il precetto costituzionale :prescrive. E la discrezionalit� pre;
a mal si invocherebbe quando risulta, come nella specie, che, nel 
:ferire in ruolo personale avventizio o gi� avventizio, l'organo legiivo 
non ha preso in esame le necessit� concrete dell'Amministrate, 
oggi, nelle note difensive della Regione, per giunta esposte in 
io vago e non documentato, ma ha voluto esclusivamente porre rilio 
ad una situazione creata da irregolarit� amministrative, e non ha 
ito conto degli accertamenti compiuti dalla competente propria 
1missione parlamentare, circa il soverchio numero di dipendenti in 
rizio, ma ne ha accolto soltanto le conclusioni umanitaristiche. 

3. -Non � opponibile, nella specie, che l'ordine costituzionale d� 
aassima tutela al lavoro. La norma che accorda tale protezione non 
! a s�, ma forma sistema con le altre che provvedono ad interessi di 
ale portata costituzionale, com'� quello inerente al buon andamento 
pubblici uffici, cardine della vita amministrativa e quindi condi.
e dello svolgimento ordinato della vita sociale: questa Corte ha 
ertito tale rapporto quando nella sentenza 7 marzo 1962. n. 14, ha 
tto la irrazionalit� dell'istituzione di uffici a cui si assegni un 
~rio personale, ma siano privi di un proprio ordinamento o di cui 
siano specificate le attribuzioni. 

Non ha valore nemmeno obiettare che lo Stato ha provveduto ri


1tamente nel modo oggi discusso per immettere in ruolo personale 

;'!ntizio; a parte la possibilit� di fatto di istituire una comparazione 

genere e di ritenerla fondata su elementi omogenei, al controllo 

:ostituzionalit� 
di una legge ordinaria non giova il suo confronto 
altra legge ordinaria. 
E infine neanche conta il rilievo che il Commissario dello Stato 
ha creduto di impugnare la legge regionale 20 agosto 1962, n. 23, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

istitutiva del ruolo unico per i servizi periferici della Regione: quella 
che � oggi in esame ha un suo carattere di autonomia. 

4. -� ovvio che le considerazioni svolte inficiano tutta la legge, 
quindi anche l'art. 7, che proroga alcuni termini di quella statale 5 
marzo 1961, n. 90. La proroga, secondo le relazioni governativa e parlamentare, 
doveva servire ad estendere il beneficio della sistemazione 
a personale che ne era stato originariamente escluso perch� in servizio 
da data posteriore al 19 luglio 1960 e che ovviamente non si era ritenuto 
necessario alla soddisfazione delle esigenze amministrative: si 
risolve perci� anch'essa in aumento di organico e non se ne giustifica 
la ragione. 
� vero che la legge impugnata si riferisce a personale salariato 
che, per inderogabili occorrenze, era stato adibito con caratter� permanente 
a mansioni non salariali. Ma si trattava sempre di personale che, 
non ~ssendo stato in precedenza compreso nella determinazione di inquadrameto 
espressa nella legge del 1961, era stato ritenuto non utile 
ai ruoli regionali; e dagli atti parlamentari �relativi alla legge non risulta 
precisata la causa del mutamento di giudizio. Cosicch� la spiegazione 
della, norma che lo esprime non pu� essere che quella stessa che 
� data per la norma di inquadramento contenuta nell'art. 1, cio� la 
soddisfazione di un interesse del personale, non di un interesse organizzativo. 


� 5. -Per i motivi prospettati va perci� dichiarata l'illegittimit� 
della legge impugnata in ogni sua parte, rimanendo assorbita la questione 
concernente l'osservanza del dettato dell'art. 81 della Costituzione. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 dicembre 1968, n. 124 -Pres. Sandulli 
-Rel. Chiarelli -Procuratore Generale presso la Corte dei 
Conti, Sez. giurisd. Regione Siciliana c. Messina e Di Stefano 
(Avv. Sorrentino), Trabucco (Avv. Virga), Pres. Reg. Siciliana 
(sost. avv. gen. Stato Albisinni). 

Skilia -Legge regionale relativa al trattamento di quiescenza, previdenza 
e assistenza del personale della Regione -Sperequazione 
di trattamento fra personale in servizio e personale in quiescenza Diminuzione 
dello stimolo alla progressione di carriera -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 36 e 97; I. reg., 23 febbraio 1962, n. 2, art. 4, primo, secondo e 
terzo comma, e art. 31; 1. reg. lo febbraio 1963, n. 11, art. 6, primo e secondo 
comma, e art. 9; I. reg. 5 ottobre 1965, n. 25). 

Le norme per il trattamento di quiescenza, previdenza e assistenza 
del personale della Regione SiciLiana non contrastano con l'art. 3 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 907 

~la Costituzione, in quanto la situazione dell'impiegato in serviz~o 
ivo � diversa da quella deH'impiegato in pensione per cui il tratriento 
di quiescenza pu� avere differente disciplina giuridica; con 
rt. 36 delLa Costituzione, in quanto tale norma costituzionale non 
�lude che il trattamenw pensionistioo venga e�conomicamente ad 
,1,agliare o eventualmente ad essere migliore del trattamento in 
vizio attivo; con l'art. 97 della Costituzione, il quale, pur enunciando 

principio che si estende alla disciplina de�l pubblico impiego, non 
'iolato dalle predette norme regionali n� se>tto il profilo della agevo-. 
ione dell'esodo degli impie�gati e n� sott0 quello della limitazione 
:io stimolo alla progressione di carriera (1). 

(1) La questione � stata promossa con ordinanza emessa jl 4 luglio 1967 
la Corta dei conti -Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana izzetta 
Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). Anche in tale ordinanza � 
:ta in rilievo l'impossibilit� di operare un raffronto fra � categorie � 
i omogenee (impiegati in servizio e impiegati a riposo); la Corte dei 
1ti non ha ritenuto, per�, manifestamente infondata la questione in 
!rimento all'art. 3 sotto il profilo che la pensione va considerata come 
>ta di retribuzione differita comunque avente causa e correlazione con 
qualit� e durata del precedente rapporto di lavoro. La Corte Costiturie, 
richiamando il carattere retributivo della pensione gi� affermato 
L le precedenti sentenze n. 78 del 1967 e n. 3 del 1966 (rispettivamente 
questa Rassegna 1967, I, 505 e 1966, I, 12), ha chiarito che con l'espres1e 
� quota di retribuzione differita � non si intende � quota dell'ul.
a retribuzione � ma quota del complessivo trattamento retributivo del 
oro che si presta durante l'esecuzione del rapporto. In sostanza, il 
ttamento pensionistico -in mancanza di ogni divieto espresso o im!
ito nel sistema costituzionale -pu� avere contenuto economico pari 
aaggiore del trattamento retributivo durante il servizio attivo. 
I 

1RTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1968, n. 126 -P1�es. Sandulli 
-Rel. Verzi -Palestini, Galeotti, Ferri, Furlan ed altri (n. c.). 

1to -Adulterio -Esclusiva punibilit� della moglie -Illegittimit� 

costituzionale. 

(Cost., art. 3 e 29; c. p., art. 559). 

L'art. 559 c. p. punendo soltanto la moglie adultera e non il 
rito che offenda il bene della fedelt� coiniugale, non viola l'art. 3 


908 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della Costituzione, che sancisce l'eguaglianza dell'uomo e della donna 
in quanto singoli con riferimento ai diritti dei cittadini nella vita 
sociale e non anche con riferimento ai rapporti di famigtia, ma contrasta 
con l'art..29 della Costituzione, in quanto la discrimi11;azione fra 
marito e moglie, operata dal precetto penale, viola il principio di 
eguaglianza fra coniugi senza essere essenziale all'unit� familiare (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1968, n. 127 -Pres. Sandulli 
-Rel. Bonifacio -Fasce (n. c.) c. Ekmark (n. c.). 

Matrimonio � Separazione personale dei coniugi -Cause -Adulterio 

della moglie -Adulterio del marito con carattere d'ingiuria 

grave -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 29; c. c., art. 151, secondo comma). 

Poich�, secondo il disposto dell'art. 151, 2� comma, del cod. civ., 
l'adulterio dellci moglie � causa sufficiente per la separazione personale 
dei coniugi ment1�e l'adulterio del marito � causa sufficiente quando 
concorrano circostanze tali che il fatto costituisca iingim'ia grave alLa 
moglie, la norma citata opera una discriminazione fra marito e moglie, 
dettando un privilegio per il marito, che contrasta con l'art. 29, 2� 
comma, della Costituzione, violando cos� il principio dell'eguaglianza 
anche morale dei coniugi (2). 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza del 13 ottobre 1965 
emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno (Gazzetta Ufficiale 29 gennaio 1966, 
n. 25), del 18 febrbaio 1966, emessa dal pretore di Biella (Gazzetta Ufficiale 
21 maggio 1966, n. 124), del 3 giugno 1966 emessa dal pretore di 
Bologna (Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1966, n. 226), del 7 ottobre 1967 
.emessa dal pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321). 
Sulla questione vedi. la sentenza della Corte Costituzionale 23 novembre 
1961, n. 64. La soluzione adottata nella sentenza test� citata -� stata 
superata non sotto il profilo della mutata considerazione sociale della 
donna ma sulla base di una penetrante esegesi dell'art. 29 Cost. che 
proclama la prevalenza dell'unit� familiare sul principio di eguaglianza 
fra coniugi solo se e quando un trattamento di parit� fra i coniugi ponga 
in pericolo l'unit� familiare. 

(2) La soluzione della questione, proposta con ordinanza del 21 ottobre 
1966 emessa dal Tribunale di Genova (Gazzetta Ufficiale 14 gennaio 
1967, n. 12), � la logica conseguenza del principio dettato con la sentenza 
n. 126 sopra riportata. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 909 

)RTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1968, n. 128 -Pres. Sandulli 
-Rel. Benedetti -Mazza Antonio (n. c.). 

�stituzione 
della Repubblica -Giurisdizioni speciali -Comandanti 
di porto -Revisione -Scadenze del termine quinquennale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 25, 102, VI disp. trans.; r. d. 30 marzo 1942, n. 327, artt. 1238, 1240, 
1242, 1243, 1245 e 1247). 

In riferimento agli articoli 102 e 25 della Costituzione, non � 
idata la questione di Legittimit� degii articoli 1238, 1240, 124.2, 12.43,. 
45 e 1247 che conferiscono ai comandanti di porto del circondario� 
:ribuzioni giurisdizionali in materia pe'nale, sia in quanto il termine� 
.inquennale per La revisione degU organi speciali di giurisdizione,. 
~bilito da~la VI disp. trans. della Costituzione, � ol/'dinatorio e sia in 
anto la garanzia del � giudice naturale � � nella specie assicurata (1). 

(1) La questione � stata introdotta con ordinanza 2 marzo 1967 del 
~tore di Amalfi (Gazzetta Ufficiale 13 marzo 1967, n. 120). 
La Corte, con sentenza 10 giugno 1960, n. 41 (Giur. cost. 1960, 660), 
~Via gi� dichiarato infondata la questione di legittimit� costituzionale 
.l'art. 1238 cod. nav. Sull'argomento cfr. anche l'orrdinanza n. 97 del 

i3. 

Sulla naturra del termine stabilito perr la revisione: sent. n. 41 del 
17, n. 42 del 1961, n. 92 del 1962. 

Sull'argomento, cfr. Rel. Avv. Stato 1961-65, I, pag. 300. 

Sulla infondatezza della questione di legittimit� costituzionale del~
t. 1240, terrzo comma, cod. nav., la Corite si era gi� pronunciata con 
sentenza n. 1 del 1965 (in questa Rass., 1965, I, 1). Sul concetto del 
iudice naturale � di cui a1l'art. 25 Cost., l'elaborazione giurisprudenLe 
della Corte � ormai notevole (oltre la citata sentenza n. 1 del 1965, 
:he sentenza 8 aprile 1958, n. 29, Giur. it. 1958, I, 641; 7 luglio 1962, 
B8, Giur. it. 1962, I, 1409; 13 dicembre 1963, n. 156, Giur. it. 1964, I, 1, 
; 16 giugno 1964 n. 43 in questa Rass. 1964, I, 637). Sull'argomento, 

Rel. Avv. Stato 1961-65, I, pag. 294. 
In dottrina: CoccIARDr: Sul �concetto di giudiioe naturale precostituito 
legge e di giudice straordinario nella nostra Costituzione, Riv. it. dir. 


c. pen., 1962, 277; SANDULLI: Sulla sopravvivenza delle giurisdizioni 
ciali, Giur. cost., 1956, 965. 
RTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1968, n. 129 -Pres. Sandulli 
-Rel. Capalozza -Esattoria Comunale di Viareggio (n. c.) c. 
Pallesi Emma (n. c.). 

~cuzione fiscale -Inammissibilit� dell'opposizione agli atti esattoriali 
sui mobili del debitore da parte del coniuge o di parenti o af



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fini entro il terzo grado, ai sensi dell'art. 207 t. u. imposte dirette Contrasto 
con gli artt. 3, 24, 113 Costituzione -Non sussiste. 
(Coat., art. .3, 24 e 113; d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. b). 

� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 207, lett. b, del d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 in riferimento 
agii artt. 3 e 24 della Costituzione; non � fondata la questione 
di legittimit� costituzionale deU'anzidetta norn:i,a, in riferimento all'articolo 
113 della Costituzione (1). 

(1) La manifesta infondatezza della questione, sollevata con ordinanza 
1 marzo 1967 del pretore di Viareggio, discende dal fatto che la Corte 
Costituzionale ha 1gi� dichiarato l'inesistenza del contrasto della norma in 
esame con gli artt. 24 e 42 Cost. con sentenza del 16 giugno 1964, n. 42 
(in questa Rass. 1964, I, 634 con richiami) e con l'art. 3 Cost. con sentenza 
26 novembre 1964, n. 93 (ivi, 998). Cfr. Relaz. Avv. Stato 1961-1965, I, 
pag. 183. . 
Per la infondatezza della questione in riferimento all'art. 113 Cost., 
la Corte ha cosi argomentato: � Che poi la tutela prevista dall'art. 113 
sussista nei limiti entro i quali ne11a specie siano presenti delle posizioni 
giuridiche soggettive ai sensi del diritto sostanziale, non pu� essere 
contestato n� lo � stato �. 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1968, n. 132 -Pres. Sandulli 
-Rel. Trimarchi -Formag.gi e Marchioni (n. c.) -Presidente 
Consiglio Ministri (sos. avv. gen. Stato G. Azzariti). 

Procedimento penale -Citazione della persona offesa dal reato o del 
querelante -Omissione -Nullit� sanabile -Illegittimit� costituzionale. 


(Cost., art. 24; c. p. p., art. 408, 412, 422). 

In riferimento al primo e sei::ondo comma dell'art. 24 della Costituzione, 
� iliegittimo L'art. 422 del codice di procedura penale nella 
parte in cui prevede la sanatoria della nullit� di cui all'art. 412 stesso 
codice, in relazione al precedente art. 408, anche nei confronti deUa 
parte civile, deLl'offeso dal reato e del quereLante (1). 

(1) Questione promossa, con ordinanza del 10 dicembre 1966 (Gazzetta 
Uffciale 11 febbraio 1967, n. 38) e del 24 novembre 1967 (Gazzetta Ufficiale 
24 febbraio 1968, n. 50), dal Tribunale di Ferrara. 
Sulla interpretazione, �antecedente la sentenza in rassegna, data dalla 
Corte di Cassazione alle norme in esame del codice di procedura penale, 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 911 

(Omissis). -Il tribunale di Ferrara, con le due ordinanze, di 
mte alla stessa specie (mancata citazione dell'offeso dal reato, che, in 
LO dei due casi, era anche querelante e mancata deduzione della 
lativa nullit�, immediatamente doipo compiute le :formalit� d'aperra 
del dibattimento, da parte del P. M.) ha ritenuto di dover interetare, 
con riferimento ai casi sottoposti al suo esame, l'art. 422 in 
!azione agli artt 408 e 412 c. p. p. nel senso �che � obbligatoria la 
;azione a comparire davanti al tribunale .per il dibattimento, nei 
nfronti dell'offeso dal reato e del querelante; che, in caso di manta 
citazione di dette persone, il decreto di citazione � nullo, e che 
desta nullit� � sanata se non � dedotta dal P. M. immediatamente 

�PO compiute le formalit� d'apertura del dibattimento. 
3. -Per il tribunale di Ferrara, a seguito della mancata dedume 
da parte del P. M. della nullit�! ex artt. 408 e 412 c. p. p., la 
:rsona offesa dal reato, non essendo stata sanata n� essendo pi� sanale 
codesta nullit�, si sarebbe venuta a trovare nell'impossibilit� di 
stituirsi parte civile e cio� di esercitare l'azione civile nel processo 
nale; ed a causa di ci�, avrebbe subito una violazione del proprio 
ritto di azione e di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione. 
Posta in tali termini, la questione di legittimit� .costituzionale del:
rt. 422 c. p. p. appare fondata. 

Alla persona offesa dal reato spetta l'azione (civile) per le restizioni 
e per il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoale 
(art. 2043 e segg. c. c. e 185 c. p.) E tale azione pu� essere 
oposta contro chi ha commesso il reato e quando ne sia il caso anche 
ntro il responsabile civile davanti al giudice civile o amministrativo 
vero nel procedimento penale, mediante la costituzione di parte 
vile. 

di: Sez. II, 9.noV"embre 1955, P.M. c. NEucicI; Sez. III, 28 febbraio 1967, 
lLEANo; Sez. III 24 luglio 1958, CIERVO, Sez. III 10 ottobre 1958, P. M: c. 
sI; Sez. IV, 22 aprile 1960, Reatini). Con tali pronunzie la Suprema 

�rte ha costantemente affermato che la nullit� per l'omessa citazione 
tesse essere sanata .qualora non venisse dedotta, nel termine di cui 1alrt. 
422 c;p.p., dal pubblico ministero, essendo irrilevante che la mancata 
azione avesse impedito alla parte civile di partecipare al dibattimento 
di formulare in quella sede le proprie richieste. Il Supremo Collegio, 
~ependo le osservazioni critiche avanzate da autorevole dottrina . (LEo' 
in Riv. it. dir. e proc. pen., 1961, 560; SOMMA, ivi, 1959, n. 1035) afferm�, 
ccessivamente, che pur trattandosi di nullit� sanabile, la sanatoria non 
tesse verificarsi quando la parte civile, non citata e non comparsa, 
n avesse avuto la .possibilit� di rilevare il vizio (Sez. IV, 24 genio 
1962, P. M. c. DELLA RIVA; Sez. IV, 13 febbraio 1962, P. M. c. 
3NORINI). Ma, poi, la Cassazione ritorn� all'originario, orientamento giu1prudenziale 
(Sez. I, 20 marzo 1964, CucwFFo; Sez. Il, 27 aprile 1964, 
mcHI; Sez. Il, 29 settembre 1964, P. M. c. INGHILESI). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Qualora l'azione civile non sia stata proposta davanti al giudice 
civile anteriormente al procedimento penale (come nella specie) ovvero, 
se proposta in sede civile, non sia stata ancora trasferita nel processo 
penale, la persona alla quale il reato ha recato danno � libera di 
operare l'anzidetta scelta. In particolare, ha la facolt� di costituirsi 
parte civile sia durante l'istruzione formale o sommaria che durante 
le formalit� di apertura del dibattimento o anteriormente {arg. ex 
art. 98 c. p. p.) e cfo� � nel procedimento di primo grado fino a che 
non siano compiute per la prima volta le formalit� di apertura del 
dibattimento � (art. 93, comma secondo, c. p . .p.). 

Senonch� tale facolt� appare ostacolata o compressa dal disposto 
dell'art. 422 in relazione a quello degli artt. 408 e 412 c. p. p., perch� 
l'offeso dal reato si vede preclusa la .possibilit� di costituirsi parte 
civile durante le formalit� di apertura del dibattimento, non essendo 
stato formalmente informato circa il luogo, il giorno e l'ora della comparizione 
e circa l'autorit� davanti alla quale si deve comparire (a 
causa della omessa citazione a comparire), e del .pari quella di procedervi 
successivamente, previa declaratoria della nullit� ex artt. 412 

c. c. p. (non essendo stata la stessa nullit� dedotta a sensi dell'art. 422 
c. p. p. e a causa quindi della relativa sanatoria). 
� quindi evidente la violazione dell'art. 24 della Costituzione, 
secondo cui � tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri 
diritti ed interessi legittimi � e � la difesa � diritto inviolabile in ogni 
stato e grado del procedimento�. Perch�, come si � rilevato, all'offeso 
dal reato non � consentito, in dipendenza di fatti a lui non imputabili 
(omessa citazione in giudizio e mancata deduzione della n�llit� entro 
il termine utile), di determinarsi e di procedere alla costituzione di 
parte civile, per e in tutto il tempo ammesso dalla legge (a seguito 
della discrezionale e razionale valutazione degli interessi in gioco). 

N� vale in contrario osservare che, a seguito della sanatoria della 
nullit� ex art. 422 c. p. p., l'offeso dal reato pu� esercitare l'azione 
per le restituzioni e per il risarcimento del danno davanti al giudice 
civile (.proponendola, proseguendola o riproponendola) ed assumere che 
per questo non viene in sostanza a subire alcun pregiudizio, perch� 
in dipendenza di quanto fin qui osservato, non ha modo, come parte 
civile, di esercitare i poteri che a questa vengono riconosciuti e che 
rilevano, anche se limitatamente, e agli effetti civilistici ed a quelli 
penalistici, e soprattutto, anche per le relazioni tra .giudicato penale 
ed azione civile (specie nei termini previsti dagli artt. 25 e 27 c. p. p.), 
non pu� praticamente influire sull'accertamento della responsabilit�. 

4. -Le ragioni che inducono a ritenere illegittimo, in riferimento 
all'art. 24, comma primo, della Costituzione, l'art. 422 c. .p. p. in 
quanto, ove non venga eccepita, risulta sanata la nullit� del decreto 
di citazione per omessa notifica dello stesso all'offeso dal reato, valgono 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 913 

~ualmente a proposito dell'altra i.potesi, cumulativamente considerata 
m la prima nell'ordinanza del 10 dicembre 1966, e relativa alla sana'
ria della nullit� del decreto di citazione non notificato al querelante. 

ci� perch� nelle due ipotesi il presupposto, ai fini della conoscenza 
~l processo e della possibilit� di parteci'Parvi quale parte civile � coune, 
in quanto concretantesi nell'interesse ad agire in sede penale 
!r l'esercizio dell'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento 
~1 danno, e perch� comunque esiste un interesse autonomo del 
ierelante. 

5. -La dedotta questione appare, infine, egualmente fondata sotto 
profilo, implicitamente prospettato, �della mancata citazione (meante 
notifica del relativo decreto) dell'offeso dal reato gi� costituitosi 
.rte civile, e del pregiudizio al diritto di difesa (art. 24, comma 
l!Ondo, Cost.) di questa in �conseguenza della sanatoria ex artt. 422 

p. p. della nullit� del decreto. Alla rparte civile, infatti, viene 
ecluso � compimento di tutta una serie di atti, nell'esercizio dei 
lativi poteri, ed in particolare vengono addirittura impediti la precidone 
e lo svolgimento delle conclusioni a sensi dell'art. 468 c . .p. p. '
missj,s). 
>RTE COSTITUZIONALE, 20 dkembre 1968, n. 133 -Pres. Sandulli -
Rel. Oggicmi -Cressati (n. c.) -Ranfagni e Bertin -(avv. Basile e 
Olarizia) -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Peronaci). 


>ert� di iniziativa economica -Programmi e controlli -Negozi ed 
esercizi di vendita -Riposi ed orari -Competenza del prefetto Obbligatoriet� 
del parere delle organizzazioni sindacali -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 39 e 41, ultimo comma; L 16 giugno 1932, n. 973, art .2). 

In relazione agli artt. 3, 39 e 41, terzo comma, della Costituzione, 
i � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2 della 
ge 16 giugno 1932, n. 973, il quale stabiiisce la competenza del 
~tetto a determinare, con suo decreto, su concorde richiesta deUe 
�anizzazioni sindacali dei datori di lavoro e lavoratori interessati e 
tito il sindaco, per singole localit� e categorie i giorni di riposo 
�asettimanali e gli orari di apertura e di chiusura dei negozi ed 
rcizi di vendita (1). 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 29 settembre 1966 del 
;ore di Palmanova (Gazzetta Ufficiale 14 gennaio 1967, n. 12) e con 

~14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -Entrambe le ordinanze muovono dal riconosci.
mento e dalla premessa che per � organizzazioni sindacali dei datori 
<li lavoro e dei lavoratori � interessate a richiedere la determinazione 
degli orari dei negozi ed esercizi di vendita, secondo detta l'art. 2 della 
legge 16 giugno 1932, n. 973, debbano attualmente intendersi di odierne 
organizzazioni sindacali postcorporative, pur mancanti di personalit� 
giuridica e di rappresentativit� generale. 

Posta tale premessa, le ordinanze prospettano due questioni di 

costituzionalit�. 

2. -La prima questione, con riferimento agli artt. 3 e 39 della 
Costituzione, si basa sul conce~to che, ove la richiesta delle associazioni 
debba ritenersi determinante, anche nel merito, dei provvedimenti 
prefettizi, l'incostituzionalit� colpirebbe nel suo complesso, il 
sistema normativo, in quanto gli imprenditori non appartenenti ad 
alcuna associazione sindacale, verrebbero ad essere sottoposti ugualmente 
ad iniziative ed a vincoli provenienti da associazioni sindacali 
libere, non registrate e sprovviste di capacit� di provvedere � erga 
omnes �. 
La Corte osserva che esatta � la premessa concernente la posi


zione da assegnarsi alle odierne organizzazioni sindacali, nell'ambito 

della' legge sottoposta al controllo di costituzionalit�, in confronto a 

quelle organizzazioni, di tipo covporativo, esistenti al momento della 

emanazione della legge. 

Posto che l'intervento dei sindacati � stato introdotto in funzione 
di tutela degli interessi collettivi di categorie produttive o professionali,, 
ne consegue che, in pendenza di sviluppi attuativi dell'art. 39 
della Costituzione, tale funzione, immanente per sua origine e natura, 
ben pu� considerarsi oggi continuativamente esercitata dalle attuali 
�associazioni sindacali che perseguono anch'esse finalit� di pubblico 
�interesse e sono legislativamente riconosciute, in pi� di un caso e sia 
pure a limitati effetti, come dotate di poteri ordinati alla tutela di 

tali finalit�. 

Un effetto particolare alla materia in esame � appunto quello di 
riconoscere agli odierni sindacati. la capacit� di rendersi portatori degli 

ordinanza 19 gennaio 1968 del pretore di Fkenze (Gazzetta Ufficiale 4 

maggio 1968, n. 113). 

L'Avvocatura ha rilevato che la legge 973/1932 opera nell'ambito del 

sistema normativo stabilito dalle precedenti leggi (1. 7 luglio 1907, n. 489 

e r.d.l. 15 marzo 1923, n. 692), le quali rimangono i testi fondamentali in 

materia di riposo settimanale e festivo e di limitazione dell'orario dei 

lavoratori. 

La sentenza 9 marzo 1967, n. 24, richiamata in motivazione, � riportata 

in questa Rassegna 1967, I, 208 con nota di riferimenti. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 915 

tteressi di categorie commerciali nella fissazione degli orari dei negozi, 
L veste di necessari collaboratori dei -prefetti. 

Tale necessit� di collaborazione non pu�, tuttavia, spingersi sino 

punto, ipotizzato in ispecie nell'.ordinanza del pretore di Firenze, 
ie l'intervento delle associazioni sindacali condizioni, anche nel meto, 
i provvedim"enti prefettizi, che ad esso dovrebbero essere pedis!
quamente conformi. Non sarebbe razionale configurare il prefetto 
iale strumento .passivo della volont� dei sindacati: ci� � confermato 
illo stesso articolo 2 della le.gge in esame che testualmente dispone: 
Il prefetto potr� determinare l'orario�. 

Condizione necessaria e sufficiente � che i sindacati siano posti 

grado di rendersi portatori, esteriorizzandoli a chi di dovere, degli 

teressi di categoria. Il che si risolve nella loro consultazione, dove


�sa e. non eliminabile, allo scopo di consentire l'emanazione di inforati 
provyedimenti, consoni alle situazioni locali: non diversamente 
tll'obbligo di consultazione delle organizzazioni sindacali interessate, 
serito nella legge 22 febbraio 1934, n. 370, sul riposo domenicale 
festivo. 
Correlativo alla surrogazione, nei sensi suesposti, delle odierne 
�ganizzazioni sindacali alle precedenti, � che il requisito della � con


�rde richiesta � di cui all'impugnato art. 2 della legge in esame, 
�iegabile in regime di concentrazione bipartita delle organizzazioni 
1dacali del tempo, deve adattarsi, secondo l'odierna situazione di 
uralismo sindacale: cos� che deve ora intendersi devoluto agli organi 
�efettizi l'identificazione, nella sfera degli interessi da tutelare, delle 
ganizzazioni, qualificate ad esprimere le istanze delle collettivit� par:
olari, in funzione dei preminenti interessi .generali della �Collettivit�. 
Ne consegue l'nfondatezza della questione, sia in rapporto all'art. 3 
:Ila Costituzione (poich� i non iscritti ad associazioni sindacali non 
:ngono posti, data la situazione sopra rilevata, su di un piano diverso 
:gli iscritti) sia in rapporto all'art. 39 (poich�, a parte che manca la 
incidenza, sul piano della. stipulazione di contratti collettivi obblitori 
erga omnes, tra l'attuale situazione sindacale e quella consirata 
nella legge in esame, la legge stess.a non conferisce in alcun 
:>do detta obbligatoriet� in quanto, viceversa, la vincolativit� della 
~ciplina oraria deriva per tutti dal .provvedimento prefettizio). 

3. -La seconda questione, con riferimento all'art. 41 della Costizione 
e particolarmente al comma terzo, si basa sul rilievo che 
ovvedimenti incidenti ai fini di utilit� sociale sull'esercizio della 
1era iniziativa economica privata, non troverebbero qui alcun appoggio 
leggi che ne precisino il contenuto ed i limiti. 
La questione non � fondata. 
In primo luogo, va tenuta presente la .giurisprudenza di questa 

irte, costante nel giudicare che la riserva di legge di cui al citato 


916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

articolo non esige che la disciplina della libera iniziativa economica 
venga, tutta e per intero, regolata da atti normativi, bastando la pre


. 

} 

determinazione di criteri direttivi che, avendo per fine l'utilit� sociale, . 
delineino, circoscrivendola, l'attivit� esecutiva della pubblica ammini


. 
strazione, cosi da togliere ad essa carattere di assoluta, illimitata . 

~ . 

discrezionalit�. 

In secondo luogo, tale predeterminazione, sempre secondo la giurisprudenza 
di questa Corte (sent. 9 marzo 1967, n. 24), pu� ricavarsi 
da norme, valutate nel loro complesso, soprattutto secondo il principio 
informatore che le ha dettate. 

Ci� premesso, la Corte osserva che l'art. 2 della legge in esame 
risponde a queste esigenze sotto pi� di un aspetto. 

A quanto si � detto circa l'indispensabilit� della consultazione 
delle-associazioni, affinch� siano rappresentati ,gli interessi di categoria, 
si aggiunge la pari esigenza che, sullo stesso piano ed a necessaria 
integrazione dell'esame, sia sentito anche il sindaco in nome degli 
interessi generali della popolazione e della tutela dei consumatori in 
rapporto ai vari tipi ed esigenze di localit�. 

La norma si inserisce poi, con proprio oggetto, anche nel quadro 
generale della regolamentazione del riposo dei lavoratori. 

Sicch� il decreto prefettizio viene a costituire la risultante della 
coordinazione e del contemperamento tra i predetti fini ai quali pu�, 
ovviamente, aggiungersi anche l'altro di evitare il verificarsi di una 
disordinata concorrenza tra esercenti. 

Ci� basta ad escludere, nel caso, l'ipotesi di una illimitata discrezionalit� 
autoritativa del decreto prefettizio e per assicurare, a rimedio 
di ogni eventuale vizio rilevabile nell'atto, la presentazione di ricorsi 
nelle vie ordinarie di impugnazione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 dicembre 1968, n. 134 -Pres. Sandulli 
-Rel. Fragali -Imp. Genovesi -Presidente Consiglio Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Cassazione -Uniforme interpretazione del diritto -Questione di le


gittimit� costituzionale -Inammissibilit�. 

(Cost., art. 101, 2� comma, 134; r. d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65). 

� inammissibile la questiome di legittimit� co,s.tituzionale deU'articolo 
65 del r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 -per il quale la Corte di 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 917 

ssazione � organo supremo delLa giustizia ed ha il compito di assila 
esatta osservanza della legge, l'uniforme sua interpretazione

rare 
'unit� del diritto oggettivo nazionale-, in riferimento agli artt. 101, 
~ondo comma, e 134 della Costituzione, fondata sulla supposizione che 
Corte di Cassazione non muterebbe la propria giurisprudenza sulrt. 
412 cod. proc. pen., sull'ipotesi di una difformit� d'interpretane 
d�llo stesso art. 412 da parte della Corte di Cassazione e della 
rte costituzionale, sull'interpretazione della disposizione impugnata 
ricostituzionalit� che si risolve in una questione di interpretazione 
e a se ste�ssa (1). 

(Omissis). -1. -Come si rileva dall'esposizione che precede, il 
'tore, pur ritenendo che l'art. 412 c. p. p., cos� come vive nell'inter
�tazione ad esso data dalla Cassazione, sarebbe, in parte qua, in con~
to con ~l'art. 24 della Costituzione, ha giudicato inutile sottoporne 
ame di legittimit� a questa Corte per il riflesso che, di fronte alle 
tenze interpretative di rigetto di quest'ultima, la Corte di Cassaie 
� ha ripetutamente rivendicato la validit� e la preminenza della 
pria interpretazione �. Il pretore ha ritenuto invece di denunciare 
egittimit� dell'art. 65 dell'ordinamento giudiziario nella parte in cui 
�ibuisce alla Corte di Cassazione una funzione di massima coordinae 
ed unificatrice della giurisprudenza; funzione che, secondo il suo 
iso, starebbe alla base dell'atteggiamento della Cassazione, e che 

non pu� ignorare � fino a quando la questione non sar� risolta, in 
> di conflitto tra sentenze interpretative della Corte Costituzionale 
mtenze della Corte di Cassazione �. 

Questo modo di argomentare si basa su congetture. Suppone che la 
te di Cassazione non muterebbe la propria giurisprudenza sull'arti' 
412 c. p. p. neanche se le si opponessero argomenti invincibili, 
aa da parte del pretore, poi da parte di questa Corte; d� per scon


che questa Corte, ove fosse denunciata l'illegittimit� costituzionale 
predetto articolo, lo intenderebbe in modo opposto al senso attriogli 
dalla Cassazione e pronuncerebbe una sentenza interpretativa 
igetto. 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza del 30 gennaio 1967 
Pretore di Milano (Gazzetta Ufficiale 24 giugno 1967, n. 157). 
L'Avvocatura ha pure osservato che la questione proposta � priva di 
�anza e che l'interpretazione della legge, operata dalla Corte di Cas1ne, 
non � vincolante n� per la Corte stessa n� per gli altri giudici, 
t l'ipotesi del giudizio di rinvio. 
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II 
I 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ora, da un lato, non pu� essere avallata la supposizione che un 
organo giurisdizionale, anche quando gli vengano sottoposti validi argomenti 
in senso contrario, tenga fermo un suo precedente punto di 
vista solo per non distaccarsi dai precedenti. Da un altro lato deve 
categoricamente negarsi che le semplici ipotesi e le previsioni sul comportamento 
del giudice dell'eventuale gravame, che si immagina prevenuto 
contro ogni interpretazione della legge diversa da quella tradizionale, 
siano idonee a rendere rilevante una questione di legittimit� 
costituzionale. L'esame di rilevanza di tale questione va compiuto con 
esclusivo riferimento alla disposizione� sospettata, cosi come la interpreta 
e la intende, nel suo libero convincimento, il giudice chiamato 
ad applicarla; n� quest'ultimo pu� indulgere a quegli indirizzi di giurisprudenza 
che siano superabili con la prospettazione di argomenti 
di giudizio sorretti da valide basi. 

L'ordinanza di rimessione ammette che la questione con essa sollevata 
acquisterebbe ragionevolezza, co.me si esprime, nel solo caso 
di � conflitto � fra una sentenza correttiva di questa Corte e una sentenza 
della Cassazione. Orbene, a parte l'errore di qualificare come 
conflitto il dissenso che avesse a verificarsi tra i due organi, e a parte 
l'altro errore di ritenere che la Corte Costituzionale non disponga che 
del mezzo dell'interpretazione correttiva per decidere una questione, 
anche sotto tal profilo l'ordinanza si fonda su una mera ipotesi: l'ipotesi 
che l'interpretazione dell'art. 412 c. p. p. non risultasse uniforme 
nelle sentenze di questa Corte e della Corte di Cassazione. Ma si � 
gi� statuito che una disposizione legislativa � denunciabile in via eventuale 
ed ipotetica solo nel caso che, in conseguenza della dichiarazione 
della sua illegittimit�, sarebbe da applicare altra disposizione rispetto 
alla quale si verrebbe a configurare, e per gli stessi motivi, un analogo 
vizio di legittimit� costituzionale (sent. 5 giugno 1962, n. 53). 

2. -L'illegittimit� del predetto art. 65 dell'ordinamento :giudiziario 
viene poi �prospettata come esistente solo � nella misura in cui si attribuisca 
ai concetti di supremazia e di unitariet� di giudizio il significato 
letterale e la portata che � loro propria �. 
Cosi ragionando, il pretore si � astenuto dal verificare il significato 
che alla disposizione predetta si � soliti attribuire ed ha condizionato 
la rilevanza della questione all'interpretazione che della disposizione 
stessa avrebbe dato la Corte; ma ci� si risolve nel dare �dito ad una 
questione d'interpretazione fine a se stessa. Invece � stato chiarito nella 
sentenza 29 giugno 1956, n. 21, che il processo di costituzionalit� non 
� proponibile al solo scopo di precisare il significato di norme ambigue; 
e nelle sentenze 5 luglio 1956, n. 19, 24 febbraio 1964, n. 13, e 26 febbraio 
1964, n. 21, si � precisato che oggetto di quel processo pu� essere 
l'interpretazione di una disposizione legislativa, unicamente se sia mezzo 
al fine del controllo di legittimit� della disposizione stessa. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 919' 

>RTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1968, .n. 135 -Pres. Sandulli 
-Rei. Chiarelli -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. 
,gen. Stato Savarese) c. Presidente Regione Sarola (avv. Gaspari). 

rdegna -Legge regionale -Concessione di un assegno a favore degli. 
artigiani con carico familiare -Copertura della nuova spesa -� 
Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 81 e 3; S. S. Sa., art. 4, lett. h e art. 5, lett. a; 1. reg. 11 gen-� 
naio 1968). 

� fondata la questiooe di legittimit� costituzionale della legge� 
rionale sarda 11 gennaio 1968, che, prevedendo la concessione di 
assegno a favore degLi artigiani con carico famiUare, ha eluso l'obgo 
deHa indicazione della copertura deHa spesa sancito dall'arti


o 81 della Costituzione (1). 
(Omissis). La legge regionale impugnata, dopo aver stabilito la. 
tcessione di un assegno, per il 1968, a favore degli artigiani con 
'ico familiare, e dopo aver regolato le condizioni e i modi di ero-� 
:ione, dispone nell'art. 10 che .nello stato di previsione della spesa 

bilancio della Regione ,per il detto anno saranno istituiti due capii, 
con lo stanziamento di lire 1.800.000.000 per la corresponsione 
:li assegni, e di lire 72.000.000 per compensi all'ente pubblico incari


o di svolgere il servizio. L'art. 10 soggiunge che le spese per l'attua-� 
rie della legge faranno �ca.po ai suddetti capitoli. 
Se non che il riferimento a stanziamento di bilancio da iscrivere� 
capitoli dello stato di previsione della spesa non � idoneo a soddice 
il precetto costituzionale secondo cui la legge che richiede nuove� 
iaggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. 

Nell'interpretare gli ultimi due commi dell'art. 81 della Costitu1e, 
questa Corte ha gi� affermato che una nuova o ma.ggiore spesa, 

la quale la legge che l'autorizzi non indichi i mezzi per farvi 
ite, non pu� trovare la sua copertura mediante l'iscrizione negli 
i di previsione della spesa, siano quelli gi� approvati o in corso di 
1azione, siano quelli ancora da predisporre (sent. n. 1 del 1966). 
n successive sentenze ha ribadito il principio che ad ogni stanzia-1to 
di spese per nuovi oneri deve �corrispondere l'indicazione posi-


(1) La questione � stata introdotta con ricorso del Presidente del 
siglio dei Ministri notificato il 27 aprile 1968. 
Le sentenze n. 1del1966, n.,47 del 1967, n. 49 del 1967, n. 17 del 1968 
:ono leggersi in questa Rassegna rispettivamente 1966, I, 1; 1967, I, 343~
4; 1968, I, 161. 

920 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tiva dei mezzi per effettuare la copertura (da ultimo, sent. n. 47 e 49 
del 1967, sent. n. 17 del 1968). 

Questi principi non sono stati rispettati dalla legge impugnata. 

N� cale, a eliminare la illegittimit� costituzionale, la circostanza 
che i capitoli di spesa previsti dalla legge sono stati poi effettivamente 
istituiti nello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, 
approvato dall'Assemblea legislativa. 

La difesa della Regione osserva in proposito che nella legge impugnata 
non ci sarebbe stata una carenza di indicazione della copertura, 
ma una riserva di futura indicazione di questa, nel quadro del 
bi1ancio in corso di approvazione: riserva che sarebbe stata sciolta 
con tale approvazione. D'altra parte, nella legge di approvazione del 
bilancio non ci sarebbe stato uno stanziamento in bianco di una nuova 
spesa, in contrasto col terzo comma dell'art. 81, trattandosi di una spesa 
gi� .prevista e valutata nel suo ammontare dalla legge istitutiva dell'onere. 
Le due previsioni legislative si sarebbero cos� venute a integrare. 

Ma il ragionamento � tautologico e non risolutivo, perch� tende a 
legittimare la mancata indicazione della copertura della spesa, nella 
legge di autorizzazione, con la successiva inserzione di essa nella legge 
del bilancio, e la inserzione della spesa nella legge del bilancio con 
la precedente previsione di essa nella legge di autorizzazione, restando 
comunque eluso l'obbligo della indicazione della copertura. 

Deve pertanto dichiararsi l'illegittimit� costituzionale della legge 
impugnata, per violazione dell'art. 81 della Costituzione. 

L'accoglimento di questo motivo, dedotto come assorbente nel ricorso 
del Presidente del Consiglio dei Ministri, rende supel\fl.uo l'esame, 
agli effetti della .presente pronuncia, della questione di legittimit� 
costituzionale per asserito contrasto con gli artt. 4 e 5 dello Statuto 
speciale per la Sardegna. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1968, n. 136 -Pres. Sandulli 
-Rei. Trimarchi -Bianchi (n. c.) -Presidente Consiglio 
Ministri (sost. avv. gen. Stato. Casamassima). 

Procedimento �penale -Istruttoria sommaria -Inammissibilit� del


l'opposizione dell'imputato alla costituzione di parte civile -Po


teri della parte civile -Violazione del diritto di difesa e violazione 

del principio di uguaglianza -Esclusione. 

(Cost., art. 24 e 3; c. p. p., art. 94 e 98). 

L'art. 98 del codice di procedura penale, vietando implicitamente 
an'imputato ia facolt� di proporre opposizione durante ia fase istrut�� 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 921 

ia pre.torile aiia costituzicme di parte civile, non contrasta con il 
posto degLi articoii 3 e 24 della Costituzicme; parimenti non con~
ta con l'art. 24 Cost. Za norma deU'art. 94 de�l codice di procedura 
~ale, in quanto consentendo alla parte civile di essere presente neltruttoria 
pretorile con gli stessi �diritti e poteri che ad essa spettano 

corso dell'istruzione formale, non viola il diritto di difesa dell'imato 
(1). 

(Omissis). -1. -La sollevata questione di legittimit� costituzioe 
dell'art. 98, comma primo, del codice di procedura penale in 
!rimento agli artt. 24, comma secondo, e 3 della Costituzione non 
1lta fondata. 

Con le parole: � contro la costituzione della parte civile avvenuta 
ante le formalit� di apertura del dibattimento o anteriormente pu� 
~re fatta opposizione nel dibattimento ., il legislatore esclude .che 
Lputato durante l'istruzione sommaria pretorile possa proporre oppoone 
contro la costituzione della parte civile avvenuta durante la 
:sa fase. E tale divieto non comporta alcuna violazione del diritto 
iifesa dell'imputato. 

Codesto diritto va considerato nella sua interezza e non pu� essere 

itato solo con riferimento a specifiche articolazioni o a particolari 

ii di essere. Nel processo .penale la difesa per l'imputato si sostanzia 

!a possibilit� allo stesso riconosciuta di contrastare l'accusa pu!>blica 

3.ne di ottenere una pronuncia di proscioglimento con la formula 

ampia e, qualora dal reato ascrittogli sia ipotizzabile la deriva


(1) Questione proposta con ordinanza 14 giugno 1967 del pretore di 
>rno (Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). 

La Corte ha pienamente accolto le tesi prospettate dall'Avvocatura, in 

;icolare sui seguenti punti: natura pregiudiziale del giudizio penale 

etto a quello civile (art. 24, 25 e 27 c.p.p.); un interesse meramente 

l.istico giustifica la disciplina dell'intervento della parte civile con 

usione di ogni finalit� pubblicistica (art. 22 e segg. 91 e segg. c.p.p., 

2 disp. di attuazione stesso codice); l'impossibilit� per l'imputato di 

>orre opposizione alla costituzione di parte civile nella fase dell'istru


1e sommaria non importa alcuna preclusione del diritto di difesa ma 

mto una limitazione, temporanea e giustificata, del divieto di sollevare 

iediatamente questioni concernenti la costituzione di parte civile; il 

;turbo� che la presenza della parte civile importa 'all'imputato, attesa 

�fficiaI.it� del processo penale, si pone esclusivamente su un piano irri


1nte perch� di mero fatto; la non concessa facolt� di proporre opposi


ce nell'istruttoria sommaria, a differenza di quanto accade nell'istru


1e formale, non viola il p!fincipio dell'art. 3 Cost. in quanto si tratta 

.iverse situazioni obbiettive cui sono collegati diversi procedimenti. 

Per le altre sentenze della Corte Costituzionale in materia di rapporti 
istruzione formale e sommaria, vedi in questa Rassegna 1966, I, 1185, 
tota alle sentenze n. 52/1265 e 127 /1966. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione di un danno, di insussistenza dei relativi presupposti soggettivi 

ed oggettivi. 

Anche a volersi riportare a siffatto contenuto (che � il pi� ampio 

possibile) del diritto di difesa, non ricorre l'asserita violazione di esso 

a causa del detto disposto dell'art. 98, comma primo, c. p. p. 

Tenuto conto della struttura dell'istruzione sommaria (e che, nella 
specie, il processo si � svolto davanti al pretore con istruzione sommaria) 
e delle .gar(!nzie in essa spettanti all'imputato, deve riconoscersi 
che sostanzialmente il diritto di difesa dell'imputato, in generale, non 
� negato nella sua titolarit�, n� compresso nel suo contenuto o ostacolato 
nel suo esercizio. 

Con l'ordinanza di rimessione, invece, si ass�me .che quel diritto 
sarebbe �gravemente violato per ci� .che di esso costituisce aspetto 
preminente la facolt� di opporsi alla costituzione di parte civile e 
cio� di � dedurre vizi dl forma o di sostanza contro l'avvenuta costituzione�. 


Ma anche valutato il problema sotto questo specifico profilo, non 
pare che si debba pervenire a diversa conclusione. 

Con la costituzione di parte civile, il soggetto (che si ritiene) danneggiato 
dal reato opera una scelta di fronte alle possibilit� offertegli 
dal legislatore, di esercitare l'azione civile davanti al giudice civile 
ovvero nel procedimento penale. Perch� fa costituzione diventi efficace, 
alla i>.resentazione della relativa dichiarazione� (nei modi ed entro i 
termini di cui agli artt. 93 e segg. c. p. p.) deve seguire la notificazione 
della stessa al pubblico ministero e all'imputato (art. 95) ed 
eventualmente al responsabile civile, sempre che la costituzione della 
parte civile non avvenga durante le formalit� di apertura del dibattimento 
e quindi con la conoscenza o la conoscibilit� da ,parte dei detti 
soggetti e specificamente dell'imputato. 

L'esigenza di un regolare contraddittorio tra il soggetto danneggiato 
dal reato (costituitosi parte civile) e l'imputato (in quanto obbligato 
a risarcire il danno o tenuto alle restituzioni) �, a tal ri.guardo, 
certamente soddisfatta con la notificazione o con la conoscenz~ (o conoscibilit�) 
della dichiarazione di costituzione della parte civile. 

Instauratori il contraddittorio, l'imputato � posto in grado, come 
si � detto, di difendersi. 
E non rileva in senso contrario la disposizione posta a base della 
questione di legittimit� costituzionale in esame. 

Astrattamente, rientra nel diritto di difesa dell'imputato -soggetto 
obbligato sul terreno della responsabilit� -la possibilit� di 
contrastare l'esistenza delle condizioni e dei presupposti dell'azione e 
la fondatezza nel merito. Vi rientra, quindi, la facolt� di negare 
l'ammissibilit� dell'azione, per vizi di forma o di sostanza della costituzione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 923 

Senonch� il divieto di proporre codesta opposizione durante l'istrume 
sommaria (pretorile), non costituisce, ad avviso di questa Corte, 
olazione del diritto di difesa dell'imputato. L'opposizione tende a 
ovocare una pronuncia pregiudiziale del giudice sull'ammissibilit� 
Ila costituzione. Sul terreno, poi, dell'eserdzio dell'azione civile, costa 
fase di giudizio (sull'ammissibilit�) non trova riscontro -nelle 
ranzie (ritenute sufficienti) per l'esercizio della stessa azione davanti 

.giudice civile. Ed infatti, se l'azione dovesse essere esercitata in 
:le civile, tale fase non sarebbe n� prevista n� possibile. Sopra 
desto piano, non pu� dirsi che, a causa di quel limitato o temporaneo 
.rieto, il diritto di difesa dell'imputato-obbligato sia violato. Non 
eva in contrario che l'opp?.sizione � consentita durante l'istruzione 
~ale e nel dibattimento (immediatamente dopo compiute per la 
lma volta le formalit� di apertura del dibattimento: art. 98, comma 
:ondo), perch� sul terreno dell'art. 24 non gioca il fatto che in altri 
;i la facolt� sia riconosciuta. Il legislatore ha ritenuto nell'ipotesi 
isiderata di non dover ammettere l'opposizione (senza pre.giudicare 
diritto di difesa dell'imputato, nella sostanza), in ragione di diveri 
riportabili alle speciali caratteristiche dell'istruzione sommaria e 

~torile. 

Va considerato altresi che a-Ila pronuncia pregiudiziale di inam


ssibilit� si pu� pervenire anche su opposizione del P. M. (che, nella 

!Cie, per�, � lo stesso pretore) o d'ufficio (art. 99 c . .p. p.). 

In ogni caso l'opposizione, proposta durante l'istruzione formale, 

pone al giudice di provvedere, e quindi, ove fosse ammessa durante 

truzione sommaria, non potrebbe produrre effetti diversi. 

A sensi dell'art. 98, ultimo comma, c. p. p., infatti, il giudice 

:ide con ordinanza senza ritardo, ma pu� differire la decisione ad un 

ro momento della istruzione; e pu� provvedere nel dibattimento, 

llora, per il tempo in �cui � proposta l'opposizione, la decisione su 

essa ritarderebbe la chiusura della istruzione. 

E perci�, in mancanza del divieto, il pretore non sarebbe neces


iamente tenuto a decidere in pgni caso durante l'istruzione. 

Dalla doverosit� in dipendenza dell'opposizione di provvedere 

�malmente� durante l'istruzione, non pu�, pur sempre, farsi. discendere 

serita violazione del diritto di difesa, perch�, anche se non � con


tito sostenere che ricorra l'impossibilit� per la parte civile di porre 

essere validamente ed efficacemente attivit� processuali, fino a 

:ndo non intervenga tacitamente, implicitamente o espressamente 

pronuncia di ammissione della costituzione della parte civile, il 

vvedimento di inammissibilit�, se concesso, non escluderebbe la 

~oponibilit� della costituzione della parte civile entro il termine di 

all'art. 93, comma secondo (art. 97, ultimo comma) e il provve



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dimento di ammissione, se concesso, non escluderebbe la ripropon1bilit� 
dell'opposizione nel dibattimento (art. 97, penultimo comma). 

2. -Dall'esclusione dell'opposizione durante l'istruzione sommaria 
e pretorile si ricava che l'imputato sarebbe messo in condizione di 
non potere impedire il compimento durante l'istruzione stessa da parte 
del soggetto costituitosi parte civile di determinati atti, e precisamente 
e tra l'altro che la parte civile proponga (durante l'istruzione) 
mezzi di prova per accertare i fatti e determinare i danni (art. 104 
c. c. p.); che si faccia assistere durante l'istruzione da un difensore 
(art. 24, comma secondo, c. p. p.); che assista per mezzo del difensore 
e del consulente tecnico a quegli atti istruttori cui hanno diritto di 
presenziare il difensore ed il consulente tecnico dell'imputato (articolo 
304 bis), e che, infine, prenda visione in cancelleria tramite il 
difensore dei verbali relativi ad ogni atto istruttorio (artt. 304 quater, 
320, 372 c. p. p.). 
Ma non pu� dirsi che, solo perch� la .parte civile pu� durante 
l'istruzione sommaria compiere codesti atti, anche se la costituzione 
sia inammissibile e per ci� che non � stata dichiarata tale, sia violato 
il diritto di difesa dell'imputato, quando si consideri che alla possibilit� 
per la parte civile di proporre mezzi di prova si contrappone il potere 
dell'imputato di contrastarne l'ammissione e che agli altri atti consentiti 
alla parte civile fanno riscontro gli stessi atti per l'imputato, e che 
comunque i mezzi istruttori proposti possono essere disposti d'ufficio, 
che durante l'espletamente di essi l'imputato pu� difendersi e che ad 
essi, sia pure su richiesta del P. M. (e nella specie, d'ufficio, dal 
'pretore), pu� essere autorizzata ad assistere la persona offesa dal reato. 

3. -Quanto fin qui notato, rileva sul terreno civilistico. Rileva 
altresl direttamente su quello penalistico e sotto il profilo delle implicazioni 
penalistiche dell'attivit� svolta in funzione della pronunzia 
sull'azione civile. 
Non si pu� perci� ammettere come afferma l'ordinanza che la 
parte civile � stia sullo stesso piano dell'accusa pubblica, coadiuvandone 
in certo senso la funzione � e per � l'accertamento .della verit� 
materiale �. Dal punto di vista ora esaminato, la parte civile rimane 
tale anche se la sua attivit� in fatto pesa sul corso del procedimento 
penale e sul risultato dello stesso. Ma non � possibile ritenere che 
la parte civile disturbi il diritto dell'imputato e di tutti, al sollecito 
svolgimento del processo penale. La parte civile, infatti, ha una sua 
funzione nel processo penale come le altre parti e la sua presenza va 
giustificata sulla base dell'interesse che sta a fondamento dell'istituto. 
Esercitando la parte civile un'azione nel processo ad essa pregiudiziale, 
ne � evidente l'interesse, considerato dal legislatore meritevole di 
tutela, a che venga accertata la responsabilit�, sotto i profili dell'an 
e del quantum debeatur. E codesto interesse non deve necessariamente 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTJi:RNAZIONALE 925 

dere di fronte a quello relativo alla celerit� dl processo penale. 

Si pu� dunque escludere che la posizione processuale dell'imputato, 
Io perch� della costituzione di parte civile non possa essere promciata 
durante la istruzione l'eventuale inammissibilit�, sia, sin da 
testa fase, sensibilmente (ed illegittimamente, se la costituzione fosse 
ammissibile) pregiudicata. 

Comunque non bisogna trascurare che la peculiare struttura della 
;ruzione sommaria giustifica il divieto d'opposizione. Pur considerando 
e con le sentenze nn. 11 e 52 del 1965 di questa Corte, per assicurare 
mpia e sicura garanzia del diritto di difesa dell'imputato e delle 
tre parti e la migliore osservanza del principio di eguaglianza, le 
lferenze tra l'istruzione formale e quella sommaria si sono attenuate, 
.esta riflette sempre l'esigenza di una maggiore snellezza e celerit�,. 

a tale esigenza obbedisce il divieto in esame, specie se si consideri 
e l'imputato a causa di esso non viene a subire alcun sostanziale 
egiudizio. 

4. -Deve ritenersi del pari infondata la questione di legittimit� 
stituzionale dell'art. 98 c. p. p. in riferimento all'art. 3 della Costidone. 
L'argomento addotto dal pretore e che si vuol trarre dalla man


riza di diversit� circa le situazioni (reati) in cui si profilano l'istrut


�ia sommaria del pretore e quella formale, non reg.ge fino a tanto 

e (e nonostante quanto sopra notato) permangono le due forme di 

ruzione che sono previste per reati e .procedimenti di differente 

tura. 

E ancor meno giova sostenere -come fa anche il pretore -che 

sarebbe maggiormente evidente di fronte ad un reato di compe


tza del pretore, attratto, per connessione, nella competenza di un 

tdice superiore. Qui non c'� un trattamento differenziato in ordine 

uno stesso reato, ma un trattamento differente in ordine ad una 
iazione diversa e tale deve dirsi la situazione determinata dalla 
messione che comporta anche per il reato attratto nella competenza 
. giudice superiore la disciplina propria del reato principale. 

5. -Sul presupposto che, in base all'art. 94 c. p. p,, la persona 
meggiata dal reato possa durante la istruzione sommaria costituirsi 
~te civile ma che non assuma potere alcuno per interferire nell'istrune 
stessa, il pretore di Livorno ha in subordine .prospettato l'illegitdt� 
costituzionale di detto art. 94 c. p. p. in relazione all'art. 91, 
rima primo, dello stesso codice, in riferimento all'art. 24, comma 
mo, della Costituzione, deducendo una lesione del diritto d'azione 
la parte civile e una conseguente disparit� di trattamento tra parti 
ili nei procedimenti con istruzione formale e parti civili in quelli 
L istruzione sommaria. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma, come avverte lo stesso pretore, contro siffatta interpretazione 
dell'art. 94 sarebbero la dottrina, la giurisprudenza, la prassi e la 
logica. E per ci� non mette conto di ragionarne. 

Restando invece valida l'altra interpretazione di detto art. 94 ed 
in armonia con quella operata nei confronti dell'art. 98 c. p. p., e che, 
troverebbe riscontro nel disposto dell'art. 92, comma primo, c. p. p., 
per il pretore sarebbe non manifestamente infondata la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 94 nella parte in cui prevede che la 
parte civile, durante l'istruzione sommaria del pretore, sia formalmente 
presente � con gli stessi diritti e poteri che ad essa spettano nel corso 
dell'istruzione formale �. 

Ma cos� argomentando, si torna praticamente a toccare ancora 
una volta il precetto, enucleato dall'art. 98 c. p. p., in relazione al 
quale questa Corte ha ritenuto di dover dichiarare la conformit� agli 
artt. 24 e 3 della Costituzione. E non rilevano diversi o pi� ampi profili 
meritevoli di autonoma considerazione e valutazione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1968, n. 138 -Pres. Sandulli 
-Rel. Fragali -Esattoria (n. c.) c. Soc. Diverio (n. c.). 

Imposte e tasse -Imposte dirette -Riscossione -Esecuzione esat


toriale -Opposizione -Limiti -Illegittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., art. 24, 1� comma, 113, 1� comma; d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
art. 209, 2� comma). 

In riferimento agli articoli 24 e 113 della Costituzio11,e, no11, � fondata 
ia questione sulla legittimtt� costituzionale deWart. 209, secorndo 
comma, del testo unico delle leggi suLle imposte dirette, il quale non 
ammette avverso l'esecuzione esattoriale le opposizioni previste negli 
artt. 615 e segg. c. p. c. (1). 

(1) La questione � stata introdotta con ordinanza emessa il 20 febbraio 
1967 dal Pretore di Omegna (Gazzetta Ufficiale 13 maggio 1967, n.120). 
Sull'art. 209 del t.u. sulle imposte dirette e sulla natura amministrativa 
dell'esecuzione fiscale, cfr. Corte Costituzionale, 7 luglio 1962, n. 87, Giur. 
it., 1962, I, 1, 1281; sull'art. 207, lett. b), dello stesso t. u., cfr. Corte Costituzione, 
16 giugno 1964, n. 42, in questa Rassegna, 1964, I, 634; sull'art. 113 
Cost., cfr. Corte Costituzionale, 16 giugno 1964, n. 47, ibidem, 650 con nota; 
sugli articoli 207, lett. b), 208 e 209 del citato t. u., cfr. Corte Costituzionale, 
26 novembre 1964, n. 93, ibidem, 998. La motivazione della presente sentenza 
� informata ai principi gi� dettati con le sentenze test� richiamate. 
I 


I


. 
.

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E IN'l;'ERNAZIONALE 927 

>RTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1968, n. 139 -Pres. Sandulli -
Rel. Fragali -Esposito (n. c.) c. Ministero delle Finanze (n. c.). 

lposte e tasse -Imposta di successione -Solidariet� tributaria Accertamento 
di valore -Notificazione ad un condebitore -Decorrenza 
del termine per il reclamo anche per altro condebitore 
-Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 3, 24 e 113; r. d. l. 30 dicembre 1923, n . .3270, art. 66). 

� incostituzionale l'art. 66 del r: d. 30 dicembre 1923, n. 3270, 
le imposte di successione, nella parte per la quale la notificazione ad 
J solo dei coobbligati solidali dell'accertamento di valore relativo 
beni caduti in successione, fa decorrere i termini per l'impugnazione 
.risdizionale anche nei confronti degli altri (1). 

(Omissis). -1. -Non ostante la forma ipotetica data all'ordinanza, 
la ritenere che sostanzialm�nte essa adotta, della norma sottoposta 
esame della Corte, l'interpretazione dalla quale deriverebbe la ille;
imit� denunciata. 

Infatti dapprima richiama la giurisprudenza della Corte di cassa


rie secondo cui l'accertamento tributario ha efficacia nei confronti di 

ti i condebitori solidali di un'imposta, anche se, per avventura, non 

>iano avuto legale conoscenza dell'accertamento medesimo; e consi


a poi che questa interpretazione escluderebbe la tutela giurisdizio


e del condebitore perch� i termini perentori per la presentazione del 

irso alle commissioni tributarie decorrerebbero anche contro di lui, 

quanto a lui sia ignota la decorrenza di essi. Cosicch�, in definitiva, 

'interpretazione della Cassazione che il giudice a quo fa propria. 

2. -La questione proposta risulta identica a quella decisa con sen


za 16 maggio 1968, n. 48, a proposito di un accertamento di valore 

l'imposta di registro fatto valere contro il condebitore solidale: 

ira per� veniva in discussione l'art. 20 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, 

si riferisce a tutte le imposte sui trasferimenti di ricchezza. Con 
~ sentenza questa norma venne dichiarata illegittima, limitatamente 
1 parte per la quale, dalla contestazione dell'accertamento di magre 
imponibile nei confronti di uno solo dei coobbligati, faceva decor~ 
i termini per l'impugnazione giurisdizionale anche nei confronti 

(1) Il giudizio � stato promosso con ordinanza del 19 gennaio 1967 della 
1missione provinciale delle imposte. di Catanzaro (Gazzetta Ufficiale 
>ttobre 1967, n. 258). La sentenza fa applicazione del principio gi� enu
�ato dalla Corte, con la precedente sentenza 16 maggio 1968, n. 48, 
.tivamente agli articoli 20 e 21 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

degli altri. Oggi il giudice a quo trae lo stesso principio dichiarata 
illegittimo dall'art. 66 del r.. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e non vi sono 
ragioni per addivenire, in questa causa, a soluzione diversa da quella 
accolta nella precedente sentenza. 

Il predetto art. 66 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, contiene 
disposizioni formalmente autonome da quelle che si leggono nel predetto 
art. 20 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639; epper� la Corte ritiene che sia 
il caso di emettere per essa autonoma pronuncia di illegittimit� costituzionale 
nei termini adottati dalla sentenza precedente. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1968, n. 140 -Pres. Sandulli 
-Rel. Branca -Presidente Regione Trentino-Alto Adige 
(Avv. Guarino) c. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. 
Stato Savarese). 

Regione -Trentino-Alto Adige -Competenza legislativa in materia 

_di scuole materne -Legge statale -Invasione di competenza 


Sussiste -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 5, 6 e 116; St. T.A.A., art. 5, 12, 13, 15, 92 e 95; 1. 18 marzo 1968; 

n. 444). 
� fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 
statale 18 marzo 1968, n. 444 (ordinamento della scuola materna 
statale) Limitatamente alla sua appticabilit� alla Regione TrentinoAlto 
Adige (1). 

(Omissis). -1. -La legge impugnata (18 marzo 1968, n. 444) 
non contiene soltanto un programma per l'istituzione di nuove scuole 
materne statali e il finanziamento della relativa edilizia; ma disciplina 
l'intera materia delle scuole di questo tipo assorbendo in esse 

(1) Il giudizio � stato promosso con ricorso, notificato_ il 20 maggio 
1968, del Presidente della Regione T.A.A. Sulla dichiarazione di incostituzionalit� 
della legge provinciale di Bolzano 19 ottobre 1955, recante l'ordinamento 
della scuola materna nella provincia, v. sentenza 26 gennaio 
1957 n. 25, Giur. cost., 1957, 387. 
Sul coordinamento fra competenza statale e competenza regionale in 
materia di edilizia scolastica, v. sentenza 10 luglio 1968, n. 92, in questa 

Rassegna. 

Sul principio che la potest� de11a Regione in materia di scuole materne 
statali non va oltre l'integrazione e l'attuazione delle leggi dello 
Stato, in quanto la disciplina delle scuole materne � oggetto di leggi 
dello Stato ed � uniforme nell'intero territorio naz;ionale, v. sentenza 19 
luglio 1968, n. 108, in questa Rassegna, 886. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 929 

lche i preesistenti giardini d'infanzia e le scuole collegate alle magirali 
statali. 

La legge si applica in tutto il territorio dello Stato, in � ciascuna 
7ovincia � (art. 3), e perci� anche nella Regione Trentino-Alto Adige, 
m avendo questa, tra l'altro, una propria legislazione. Rimane dunque 
sorbita l'eccezione di inammissibilit� proposta dalla difesa dello 
;ato, secondo cui questa Corte non potrebbe pronunciarsi sulla inapicabilit� 
delle norme al territorio regionale (eccezione, del resto, non 
�,coglibile poich� la Corte, ai fini del giudizio di costituzionalit�, deve 
terpretare la legge impugnata e pertanto, se occorra, accertarne l'efficia 
spaziale). 

2. -In verit� sulle scuole materne la Provincia di Bolzano aveva 
ntato di legiferare con poche norme, innanzi tutto attribuendo alla 
lunta provinciale �le potest� amministrative gi� esercitate dagli 
gani centrali dello Stato � (art. 1); ma il testo di legge (19 ottobre 
155) non era stato poi promulgato proprio perch�, sull'art. 1, questa 
>rte aveva emesso pronuncia di illegittimit� costituzionale (sentenza 
�57, n. 25): la sentenza precisava che il coordinamento delle potest� 
gionali (provinciali) con quelle statali, in fatto di scuole materne, 
�n si sarebbe potuto attuare senza � la partecipazione e l'intervento 
,no Stato �; intervento che con ci� si riteneva necessario, in un 
mpo di legislazione ripartita, oltrech� per l'esercizio provinciale di 
~ivit� amministrativa, per l'esercizio provinciale di potest� legislativa. 
Cosicch�, se le provincie non hanno finora legiferato, non � dipeso 

Ila loro volont�, ma dall'as~enza di norme statali che delimitassero 

coordinassero le reciproche competenze; d'altra parte la legge impu


.ata, disciplinando largamente la materia perfino sui ruoli, sui con


rsi e sullo stato giuridico per personale scolastico, ne copre tutta 

.rea: con il che impedisce alle .province, fino a quando essa � in 

~ore, di esercitare la propria potest� e vanifica la norma statutaria 

. art. 5, comma primo, e art. 12 n. 2 dello Statuto regionale). 

La difesa statale invoca l'art. 92 dello Statuto tridentino; ma la 

rma, attribuendo valore alle norme dello Stato � fino a quando non 

: diversamente disposto da leggi regionali o provinciali �, presuppone 

e queste possano essere emanate dalla Regione o dalle provincie. 

rci� non � applicabile alla situazione determinatasi con la legge 

Ltale n. 444, che invece preclude alle provincie l'esplicazione della 

opria potest� legislativa. 

Se ne ricava che la legge impugnata � illegittima, per violazione 
ll'art. 12 n. 2 dello Statuto, nella parte in cui si applica alla Reme 
Trentino-Alto Adige; nella quale ultima, disposizioni analoghe 
tranno trovare ingresso solo dopo che lo Stato, con proprie norme, 
r� determinato e coordinato reciproche sfere di competenza e po:
t�. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1968, n.. 141 -Pres. Sandulli 
-Rei. De Marco -Moncada (Avv. Maniscalco Basile) c. Fiore 
ed altri (n. c.). 

Contratti agrari -Proroga -Applicabilit� anche ai contratti relativi 
a terreni gi� destinati ad edilizia da un piano regolatore generale Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 42, secondo e terzo comma, art. 44; 1. 15 settembre 1964, n. 756, 
art. 14). 


La proroga dei contratti agrari, di cui aH'art. 14 deUa Legge 15 
settembre 1964, n. 756, avendo un termine certo neU'an e determinabile 
con sufficiente certezza nei quando, non essendo disposta a tempo 
indeterminato, non implica espropriazione sostanziale e non �, quindi, 
in contrasto con L'art. 42, comma terzo, deLLa Costituzione anche 
quando di essa proroga si discuta in ordine a terreni destinati all'edilizia 
in base a piani regolatori generali; in taie ultima ipotesi, La citata 
norma deH'art. 14 neppure contrasta con� L'art. 44 deUa Costituzione; 
sia perch�. non vi � alcuno elemento Leigistativo, dat quale si possa 

IIr1

desumere che La proroga non sia applicabile anche ai terreni in questione 
e sia perch� L'approvazione del piano regolatore generale non 

. 

ha La virt� di far perdere, ipso facto, ai suoli il carattere di terreni 
utilizzabili ai fini agricoli (1). 

lI 
w 
I 

(1) Questione introdotta con ordinanza in data 31 maggio 1967, del 
Tribunale di Palermo (Gazzetta Ufficiale 25 novembre 1967, n. 295). 
Sulla medesima questione, prospettata sotto diverso profilo, v. sentenza 
della Corte Costituzione, 28 marzo 1968, n. 16, in questa Rassegna, 

~ 

1968, 160. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1968, n. 142 -Pres. Sandulli 
-Rel. Crisafulli -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. 
gen. Stato Carafa). 

Corte dei Conti -Giudizio di previsione del rendiconto generale dello 
Stato -Irrilevanza delle questioni di legittimit� costituzionale 
riflettenti la legge del bilancio e le leggi di spesa -Difetto di legit



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 931 

timazione della Corte dei Conti a sollevare le predette questioni 
nel giudizio di parificazione. 
(Cost., art. 81, terzo e quarto comma; 1. 23 aprile 1966, n. 218; 1. 3 marzo 1949, 


n. 52, art. 12 e 13; 1. 14 febbraio 1963, n. 60, art. 10, primo comma, lett. a e d; 
1. 18 luglio 1959, n. 555, art. 10; 1. 23 dicembre 1962, n. 1844, art. 4; 1. 27 
ottobre 1951, n. 1402, art. 2, ult. comma; 1. 9 febbraio 1963, n. 223, art. 5, 
secondo comma; l, 3 g�nnaio 1960, n. 15, art. 1 e 5). 
Sono inammissibili per manifesta irrilevanza le questioni sollee 
dalla Corte dei Conti, a sezioni riunite, nel giudizio di parifica-
te del rendiconto generale dello Stato e dei conti ad esso allegati 

l'esercizio finanziario 1966, ?�elativamente all'art. 97 della legge 
aprile 1966, n..218, in riferimento all'art. 81, comma terzo, della 
:tit�zione, ed agli artt. 12 e 13, primo comma, della legge 14 febio 
1963, n. 60; 10 della legge 18 luglio 1959, n. 555; 4 della legge 
dicembre 1962, n. 1844; 2, ultimo comma, della legge 27 ottobre 
1, n. 1402; 5, secondo comma, della legg� 9 febbraio 1963, n. 223, 
5 della legge 3 gennaio 1960, n. 15, in riferimento all'art. 81, com


quarto, della Costituzione Cl). 

II 

RTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1968, n. 143 -Pres. Sandulli 
-Rel. Branca -Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Jemolo). 

te dei Conti -Giudizio di parificazione del rendiconto della Regione 

Friuli-Venezia Giulia -Spese di funzionaento del Consiglio Re


gionale -Controllo esclusivo del Consiglio medesimo -Illegitti


mit� costituzionale -Esclusione. 

(St. reg., art. 58; 1. r. 5 luglio 1965, n. 9, art. 18, terzo comma). 

In riferimento all'art. 58 dello Statuto speciale Friuli-Venezia 
.zia, non � fondata la questione di legittimit� costituzionale del


t. 18, terzo comma, della legge regionale 5 luglio 1965, n. 9, che 
sente al Presidente del Consiglio Regionale di effettuare pagamenti 
:tivi a spese per il funzionamento del medesimo Consiglio, rendene 
il conto escLusivamente al Consiglio Regionale (2). 
I 

(OmiBsis). -Deve invece accogliersi l'altra eccezione di inammislit�, 
per manifesta irrilevanza delle questioni di legittimit� costi


(1-2) Le questioni di legittimit� costituzionale sono state proposte dalla 
te de' Conti a sezioni riunite. La prima con ordinanza emessa il 25 lu1967 
nel giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tuzionale sollevate dalla Corte dei conti con l'ordinanza di cui in 
epigrafe. 

In proposito � da sottolineare preliminarmente la relazione funzionale 
che collega il rendiconto generale consuntivo dello Stato, sottoposto 
all'approvazione parlamentare nelle forme della legge, al bilancio 
di previsione, approvato a sua volta, all'inizio dell'esercizio finanziario, 
con legge del Parlamento. 

La gestione dell'esercizio finanziario deve svolgersi, infatti, sulla 
base ed entro i limiti del bilancio di previsione, e la specifica funzione 
del rendiconto, presentato dal Goverho al Parlamento a chiusura dell'esercizio, 
consiste appunto -come si esprime l'art. 31 del r. d. 18 
novembre 1923, n. 2240 -nel riassumere e dimostrare � i risultati 
della gestione�, sia per gli aspetti propriamente finanziari (cosidetto 

� conto del bilancio � ), sia per gli aspetti propriamente patrimoniali 
(cosiddetto � conto generale del patrimonio � ). 
Investito dell'esame del rendiconto, il Parlamento � cosi messo in 
grado di accertare annualmente, comparando previsioni e realizzazioni, 
se le direttive, le autorizzazioni ed i limiti assegnati all'attivit� dell'Esecutivo 
siano stati puntualmente osservati. Ed � perci� che ogni 
eventuale problema concernente la legittimit� costituzionale delle leggi 
disciplinanti l'azione amministrativa, ivi compresa la stessa legge del 
bilancio di previsione, rimane a monte della relazione bilancio-rendiconto 
e delle valutazioni politiche di competenza del Parlamento all'atto 
dell'approvazione di quest'ultimo: quel che unicamente rileva 
in quella sede, sono i modi e la misura in cui le previsioni del bilancio 
sono state adempiute, i li~iti in esso prestabilti rispettati nel corso 
dell'esercizio. 

Ma lo stesso deve dirsi con riferimento al giudizio di parificazione, 
traverso il quale la Corte dei conti si inserisce obbligatoriamente nel 
rapporto Governo-Parlamento, conferendo certezza ai dati risultanti 
dal rendiconto predisposto dall'Amministrazione ed in tal. guisa coope


(Gazzetta Ufficiale 11 novembre 1967, n. 282); la seconda con ordinanza 
emessa il 15 luglio 1967 nel giudizio di parificazione del rendiconto generale 
della Regione Friuli-Venezia Giulia (Gazzetta Ufficiale 11 novembre 1967, 

n. 282). 
Sull'ammissibilit� della proposizione di questione di costituzionalit� nel 
corso del procedimento di parificazione: Corte Cost., 19 dicembre 1963, 

n. 165, Giur. it., 1964, 261; Corte Cost., 19 dicembre 1966, n. 121, in questa 
Rassegna, 1966, ,J, 1204, con nota di richiami di giurisprudenza e dottrina. 
Emerg,e, per�, evidente dalla motivazione, riportata in rassegna, della 
senten2la n. 143 che la Corte ha delimitato l'ambito della proponibilit� delle 
questioni di legittimit� costituzionale nel corso del giudizio di parificazione 
del rendiconto dello Stato, aderendo pienamente alla tesi prospettata dall'Avvocatura. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 933 

ido, in posizione di indipendenza, con le assemblee parlamentari, 
e quali -secondo il dettato dell'art. 100, secondo comma, della Cotuzione 
-deve riferire � direttamente � ed alle quali viene, infatti, 
smessa, con la relazione, la deliberazione di parificazione del renonto. 
� dunque proprio dalla considerazione dell'oggetto e della 
izione del rendiconto che risultano determinati per logica consei'!
nza i limiti del giudizio di parificazone, il quale risulterebbe sna
�ato ove la Corte dei conti fosse autorizzata a indagare sulla legit1it� 
costituzionale delle leggi sostanziali di spesa o di determinati 
iitoli della legge del bilancio, anzich� ass�mere questi ultimi quali 
riti di riferimento del giudizio di sua competenza, secondo quanto 
vedr� meglio pi� oltre. La Corte dei conti non si porrebbe pi�, in 
caso, come organo ausiliario del Governo, o meglio del Parlamento, 

verrebbe ad assumersi (sia pure al limitato effetto di investire 
~sta Corte del relativo giudizio) compiti di controllo sull'esercizio 
la funzione legislativa, che nessuna disposizione comunque le atmisce 
e che non sarebbe possibile riconoscerle per via di interpretane, 
poich� la funzione assolta dal giudizio sul rendiconto esclude, gi� 
� quanto si � ora detto, che dubbi sulla cop.formit� a Costituzione 
leggi diverse da quelle regolanti l'attivit� della Corte dei conti abno 
rilevanza ai fini del giudizio medesimo. 

Sotto questo profilo, si vede bene la diversit� della presente fat


>ecie rispetto a quelle sulle quali questa Corte ebbe in precedenza 

'ecidere con la sentenza 6 dicembre 1963, n. 165 e 13 dicembre 1966, 

121: nel primo caso, la questione sollevata aveva ad oggetto dispoioni 
attinenti all'attivit� della Corte dei conti nei suoi rapporti con 
Parlamento: nel secondo, disposizioni che incidevano immediatante 
sull'esercizio delle attribuzioni di controllo della stessa Corte, 
veniva imposta la registrazione di atti amministrativi che essa 
rimenti avrebbe a\iuto il potere-dovere di rifiutare. 

Le considerazioni di ordine �generale sopra esposte trovano pi� par


ilare conferma, raffrontando le operazioni, in cui si sostanzia il 

dizio di parificazione, con i requisiti necessari affinch� questioni di 

ittimit� costituzionale siano rilevanti in un giudizio. Questi si rias


riono nella esigenza minima, ma inderogabile, che la questione abbia 

~rimento a leggi o disposizioni di legge delle quali il giudice debba, 

qualsiasi modo, direttamente o indirettamente, fare applicazione nel 

�cesso dinanzi ad esso svolgentesi. Senonch�, all'atto di procedere alla 

'ificazione del rendiconto, la Corte dei conti non applica le leggi 

tanziali di spesa, riflettentisi nei capitoli del bilancio di previsione, 

Leppure applica la legge di approvazione del bilancio. 

Le prime, al pari di quest'ultima, essa ha gi� applicato, in corso 
esercizio, operando il riscontro di legittimit� sui singoli atti soggetti 
mo controllo. N� il giudizio di parificazione implica revisione e pos



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sibile riforma dei risultati, ormai acquisiti, del riscontro effettuato; ch� 
anzi -tutt'al contrario -in sede di ,giudizio di parficazione, la Corte 
dei conti � vincolata alle � proprie scritture �., in conformit� delle quali 
viene formalmente dichiarata nel dispositivo la � regolarit� del rendiconto 
., e nemmeno in s~guito a pronuncia di illegittimit� costitu:
lionale delle leggi su cui gli atti ammessi a registrazione si fondavano 
la Corte stessa potrebbe retroattivamente disconoscere quelle scritture, 
poich� la illegittimit� degli atti dell'Amministrazione, conseguenziale 
alla dichiarata incostituzionalit� della legge, non opera automaticamente, 
ma dev'essere a sua volta dichiarata e fatta valere nelle condizioni 
previste dall'ordinamento secondo le diverse possibili ipotesi. 

E allorch� poi la Corte dei conti prende a raggua1gliare i dati del 
rendiconto, previamente verificati, al bilancio di previsione, quest'ultimo 
non si configura come legge da applicarsi a concrete fattispecie, 
ma come un semplice documento contabile, a fronte del quale sta quell'altro 
documento contabile che � il rendiconto consuntivo. Ed � perci� 
che la � regolarit� � che si tratta di accertare prescinde completamente 
dagli eventuali vizi di legittimit� costituzionale del bilancio, non meno 
che delle leggi di spesa che ne stanno a fondamento. 

Deve quindi concludersi che, nel giudizio di parificazione, la Corte 
dei conti non ha legittimazione a sollevare questioni di legittmit� costituzionale 
riflettenti la legge del bilancio e le leggi di spesa. (
Omissis). 

II 

(Omissis). -La difesa regionale ha avanzato preliminarmente due 
eccezioni di inammissibilit� (carattere non 1giurisdizionale della parificazione, 
incompetenza delle sezioni riunite) che per� devono essere respinte: 
infatti questa Corte ha gi� deciso che nel corso del procedimento 
di �parificazione si possono proporre questioni di costituzionalit� e non 
ha motivo di cambiare indirizzo (sent. n. 165 del 1963, n. 121 del 
1966 e n. 142 del 1968); n� pu� fermarsi ad esaminare, in un giudizio di 
legittimit� costituzionale, se l'organo, che ha emesso l'ordinanza di rinvio, 
fosse competente a decidere sul merito (da ultimo sent. n. 111 del 
1963 e I).. 58 del 1964), cio�, nella specie, sul rendiconto generale della 
Regione Friuli-Venezia Giulia. 

Quanto poi alla rilevanza, posta in dubbio dalla .difesa regionale, 
essa � invece sufficientemente motivata dalla Corte di rinvio; se ne 
_desume che il procedimento di parificazione sui capitoli 1-6 del bilancio 
non si � concluso proprio perch� non si erano potuti controllare, 
precedentemente e di volta in volta, gli atti di spesa del Presidente 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 935 

!l Consiglio regionale �e che, dopo un'eventuale pronuncia di incoltuzionalit�, 
il giudizio potr� essere riassunto e deciso, per l'appunto, 
�evio esame di tali atti: situazione ben diversa da quella in cui il 
ntrollo preventivo degli atti in relazione alle leggi di spesa si era 
� esplicato pienamente ed esaurito allorch� la questione di costitumalit� 
di tali leggi venne proposta, durante la parificazione del renconto 
generale (.cit. sent. n. 142 del 1968). 

2. -Nel merito la questione � infondata. 
l'l controllo della Corte dei conti, com'� noto, si esercita, aUo scopo 
assicurare il rispetto delle leggi, sull'azione del Governo e dei rami 
Ila pubblica amministrazione che dipendono da esso (art. 100 della 
~stituzione e t. u. 12 luglio 1934, n. 1214). Ne � esente l'attivit� di 
egli organi, come il Capo dello Stato, il Parlamento e questa Corte, la 
i posizione, ai vertici dell'ordinamento costituzionale, � di assoluta 
ii.pendenza: anche in materia di spese, poich� esse sono necessarie al 
o.zionamento dell'organo, un riscontro esterno comprometterebbe il 
>ero esercizio delle funzioni politico-legislative o di garanzia costidonale 
che gli sono attribuite. 

Perci� nell'art. 100 della Costituzione �e nel t. u. delle leggi sulla 

rte dei conti � chiaro che il controllo investe gli atti non in quanto 

no amministrativi in senso sostanziale, ma per la loro provenienza 

l Governo o da altri organi della pubblica amminstrazione; tanto � 

ro che proprio per questa .provenienza vi sono soggetti anche i de


iti legge e le leggi delegate e che gli altri decreti presidenziali vi 

10 sottoposti poich� � emanano� dai � Ministeri � (art. 17 t. u.), cio� 

l Governo: insomma � la natura dell'organo, e non la natura del


tto indipendentemente da quella, a legittimare il c. d. riscontro. 

sicch�, se � discutibile la configurazione della Corte dei conti quale 

~ano ausiliario � del governo ., non sembra dubbio che il suo con


Ho investa solo l'azione dell'esecutivo, della quale appunto � diretto 

~arantire la legalit�: difatti l'art. 100 della Costituzione � posto entro 

titolo III, dedicato al Governo, e il t. u. non conosce che i Ministri 

e amministrazioni dipendenti (artt. 15, 16, 17, 21 e art. 1 legge 21 

rzo 1953, n. 161). In particolare l'impiego di somme destinate ad 

) dei tre organi costituzionali � soggetto a sindacato fino a quando 

atto del Governo; ma, appena esse siano .giunte a disposizione del:
gano, gli ulteriori atti di spesa, comunque si concretino, sono atti 
erni di quest'ultimo e perci� sottratti al riscontro. 

3. -Un'analoga situazione si produce, su un piano diverso ma sem. 
a livello costituzionale, nell'ambito delle Regioni a statuto speciale: 
;cuna di esse ha organi di governo e, ben distinta, un'assemblea 
itico-legislativa. Nel contesto del nostro ordinamento, caratteriz

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zato dalla pluralit� dei poteri, la Regione si colloca come ente dotato 
di autonomia politica pur nell'unit� dello Stato; autonomia che gli 
statuti in generale riconoscono ad essa quale entit� diversa da questo, 
ma che si � tradotta in precise potest� attribuite alle assemblee legislative 
regionali da norme statutarie. Quanto poi, in .particolare, al 
Consiglio del Friuli-Venezia Giulia, esso non solo � politico-legislativo 
ma, al pari di altre assemblee regionali (sent. n. 66 del 1964), non ha 
funzioni esecutive neanche di natura regolamentare (artt. 42, 46 dello 
Statuto). Ne discende che, corpo indipendente e situato fuori dell'ordine 
amministrativo (v. anche art. 289, n. 2, cod. pen. modif. dalla legge 30 
luglio 1957, n. 655), i suoi atti non sono sottoposti a riscontro esterno. 

Non _vi contraddice una precedente sentenza con cui questa Corte 
ha negato l'assimilazione delle assemblee legislative regionali al Parlamento 
nazionale e riconosciuto, tra l'altro, che le controversie relative 
ai loro dipendenti sono sottoposte alla giurisdizione statale (sent. n. 66 
del 1964): infatti con ci� si � inteso soprattutto rilevare come l'azione 
di queste assemblee, prive del potere di esprimere un indirizzo politico 
generale, soggiaccia al controllo di merito del Parlamento nazionale 
(rispetto al quale pertanto si pongono in una tale posizione che non 
consente l'estensione analogica di sue prerogative) e sia sottoposta a 
quel controllo giurisdizionale che, uniforme in tutto il territorio dello 
Stato, � garantito, nell'interesse dei singoli, dall'art. 24 della Costituzione. 
Con il che non si � fatta derivare la competenza del giudice 
esclusivamente dalla natura amministrativa degli atti, ma si � voluta 
soltanto riaffermare la validit� del precetto costituzionale, per cui 

�tutti possono agire in giudizio., in un campo nel quale mancano 
norme o principi che, come sembrerebbe per il Parlamento, prevedano 
un diverso sistema di tutela; n� si � esclusa, anzi si � riconosciuta la 
indipendenza dell'assemblea regionale, posizione connaturata a precise 
attribuzioni politiche e legislative, sia .pure cir.coscritte nell'ambito del 
territorio regiona�le, e perci� incompatibile col riscontro a cui � sottoposta, 
indipendentemente dalla difesa di diritti soggettivi o di interessi 
legittimi, la pubblica amministrazione. 
Questo � il motivo per cui, secondo il d. 1. 6 maggio 1948, n. 655 
(art. 2, n. 1), il controllo della Corte dei conti si esercita in Sicilia solo 
sugli � atti del governo e dell'amministrazione regionale � e in Sardegna, 
come prescrive il d. P. R. 19 maggio 1949, n. 250 (art. 23), sugli 

� atti della giunta e dell'amministrazione regionale �; dove ad � amministrazione 
regionale �, data la posizione della frase nel contesto e 
i rilievi esposti sopra, non pu� darsi altro significato che quello, soggettivo, 
di organi od uffici dipendenti dal Governo della Regione: tanto 
� vero che il rifiuto di registrazione d� luogo eventualmente a ricorso, 
in virt� di quelle leggi, soltanto della Giunta. Cosicch� lo stesso art. 58 
dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia, invocato dall'ordinanza di rinvio, 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 937 

toponendo gli � atti amministrativi della regione � al sindacato di 
:ittimit� della Corte dei conti, non pu� che riferirsi &gli atti del 
verno regionale: infatti, come vi si aggiunge, il controllo deve eserarsi 
� in conformit� delle leggi dello Stato che disciplinano le attridoni 
della Corte dei conti ., vale a dire di quelle leggi (art,. 100 
st. e t. u.) che, a quanto si � premesso, non conoscono se non il riintro 
degli atti del Governo. 

Se ne deve concludere che le somme impegnate in bilancio per le 
~se di funzionamento del Consiglio regionale, appena pervenutegli, 
;sono essere spese dal suo Presidente senza altro controllo che quello, 
:cessivo, del medesimo Consiglio. -(Omissfs). 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3029 -Pres. 
Scarpello -Rel. Tamburrino -P. M. Pedote (conf.) -Prefetto di 
Milano (avv. Stato Zagari) c. Federici ed altri (avv.ti Ducci Jachia, 
Candeloro Gioffr� e Giuliano). 

Competenza e giurisdizione -Esecuzione forzata -Regolamento di 
giurisdizione sollevato dalla pubblica Amministrazione, non parte 
in causa -Ammissibilit�. 

(c. p. �., artt. 41, 2� comma, e 368). 
Competenza e giurisdizione -Esecuzione forzata sui beni esteri esistenti 
nello Stato -Decreto di reciprocit� e autorizzazione del Ministro 
per la giustizia -Mancanz.a di autorizzazione -Difetto di giurisdizio~
e del Giudice ordinario -Natura ed effetti. 

(c. p. c., art..41, 2� comma, e 368; r. d . .30 agosto 1925, n. 1621, conv. con modif. 
nella legge 15 luglio 1926, n. 1263). 
Nel procedimento di esecuzione pu� sorgere un confLitto' tra il 
potere giurisdizionale e.d il potere amministrativo, onde sussistono i 
requisiti che legittimano l'intervento della pubbLica Amministrazione 
(e per essa del Prefetto) a salvaguardia dei poteri attribuiti dalla Legge 
aUa sua sfera discrezionale (1). 

Non sono ammissibiti atti esecutivi sui beni di uno Stato estero, 
che ammetta la reciprocit�, .la quale va dichiarata con decreto ministeriale, 
se non previa autorizzazione del Ministro per la giustizia; 
quindi, allorch� manchi tale autorizzazione, il Giudice ordinario non ha 
potest� giurisdizionale neLla fase esecutiva e ci� incide sui rapporttinterni 
tra potere giurisdizionale e potere amministrativo, onde � ammissibile 
che il regolamento di giurisdizione venga proposto dalla p. A. e 
per essa dal Prefetto (2). 

(1-2) Con la sentenza, di cui si tratta, e con le altre di pari data e di 
analogo contenuto, nn. 3030, 3032, 3033, 3034, 3035, 3039, 3040, 3041, le 
Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto pure talune questioni 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

(Omissis). -Tra le numerose eccezioni dei resistenti e soprattutto 

resistente Federici, un primo gruppo riguarda l'assunta incompe1za 
del giudice al quale venne fatta la comunicazione del Prefetto 
ativa all'inoltrato regolamento di giurisdizione e che emise il proviimento 
di sospensione del procedimento.: si assume che competente 
ri doveva considerarsi il Pretore di Milano, al quale venne invece 
ta la comunicazione e che sospese il procedimento esecutivo, sibbene 
Tribunale di Milano, divenuto competente a seguito della dichiara~ 
ne negativa dei terzi pignorati. Al riguardo non deve dimenticarsi 
~ il procedimento esecutivo mobiliare spetta alla competenza per 

teria del Pretore, che �, ed egli soltanto, il giudice della esecuzione. 
ro � che a mente dell'art. 548 c. p. c., nel caso di pignoramento 
~sso terzi e di mancata o contestata dichiarazione del terzo, il Pretore 
re rimettere la causa che ecceda la sua competenza al Tribunale 
npetente: ma questa del Tribunale � una competenza eventuale, 
litata alla sola � causa � riguardante la dichiarazione e la posizione 
terzo, tanto che dopo l'esaurimento di questa causa, autonoma, che 

liminari. Su queste e su quelle, di cui alle massime, pubblichiamo le 
uenti osservazioni: 

1. -Segnaliamo la sentenza che si annota per la novit� e l'importanza 
le questioni trattate. 
Per la migliore intelligenza di tali questioni appare opportuno accene 
ai fatti che hanno dato luogo al ricorso. 
A seguito della sentenza del Tribunale di Roma in data 24 giugno 1963, 

~171, ,passata in giudicato, con la quale lo Stato del Giappone (rimasto 

tumace in giudizio) venne condannato al pagamento a favore del dottor 

corno Federici del controvalore di dollari U.S.A. 638.050 pi� gli inte


:i (nonch� L. 920.550 per spese di giudizio) per risarcimento dei danni 

iti in Cina a seguito di misure adottate dalle autorit� militari occupanti, 

'redetto dott. Federici chiedeva al Ministero di Grazia e Giustizia, ai 

;i del r.d.l. 30 agosto 1925 n. 1621 (convertito, con modificazioni nella 

re 15 luglio 1926, n. 1263), l'autorizzazione a promuov�re il compimento 

ttti esecutivi contro lo .Stato del Giappone. 

Il Ministro di Grazia e Giustizia con proprio decreto 24 luglio 1965 

1tava la richiesta autorizzazione. Avverso tale decreto il Federici pro


eva ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato che lo rigettava con 

sione adottata il lo luglio 1966. 

Ciononostante, il Federici promuoveva diversi procedimenti esecutivi 

tro lo Stato Giapponese con atti degli Ufficiali giudiziari addetti all'Uf


' Unico Esecuzioni presso la Corte di Appello di Milano e, in base a 

procedure, si � fatto luogo a numerosi pignoramenti presso terzi di 

liti dello Stato del Giappone. 

Venuto a conoscenza dei processi esecutivi sopra menzionati, il Pre


) di Milano, con decreto in data 19 maggio 1967, notificato a tutte le 

.i in causa, sollevava questione di giurisdizione chiedendo che, ai sensi 

<r gli effetti degli artt. 41, 20 comma e 368 cod. proc. civ., venisse dichia


dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione il difetto di giurisdi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si inserisce nel procedimento esecutivo e che � di cognizione nei confronti 
del diritto del terzo, il processo �esecutivo continua il suo corso 
innanzi il Pretore (art. 549). Ora, nella specie, esattamente la dichiarazione 
del Prefetto relativa al regolamento di giurisdizione, sollevato 
in ordine all'intero processo esecutivo, � stata fatta al giudice di quel 
processo e questo giudice ha emanato il provvedimento di sospensione 
dell'intero processo. Tanto pi� che, nel caso di specie, il processo 
esecutivo, al momento della dichiarazione e della sospensione, pendeva 
integralmente dinanzi il Pretore, risultando che non era stato 
ancora emesso l'ordine di rimessione della causa riguardante il terzo 
al Tribunale, ordine solo il quale pu�, a seguito della rilevata incompetenza 
del Pretore in ordine alla causa riguardante il terzo, importare 
il trasferimento di questa causa stessa (e solo di questa) al Tribunale. 

Un secondo gruppo, di eccezioni preliminari riguarda un altro 
fatto processuale che si assume essere intervenuto nel procedimento 
esecutivo in oggetto, vale a dire una asserita interruzione del processo 
stesso per avvenuta cessazione della rappresentanza nel procuratore 

zione nel G.0. nei processi di esecuzione di cui si tratta, a causa dei poteri 
attribuiti dalla legge alla P. A. e, per essa, al Ministro per la Giustizia. 

Successivamente, con decreto in data 1� luglio 1967, notificato alle 
parti a cura del Pubblico Ministero in data 7 e 8 luglio 1967, il Pretore di 
Milano sospendeva i procedimenti esecutivi fino alla pronuncia delle Sezioni 
Unite della Corte di Cassazione sulla questione di giurisdizione. 

Non avendo le altre parti provveduto a investire la Corte Regolatrice 
della questione di giurisdizione, il Prefetto di Milano proponeva ricorso 
per regolamento di giurisdizione alle Sezioni Unite. 

2. -La prima questione che si poneva concerneva l'ammissibilit� del 
procedimento ex art. 41 opv. c. p. c., relativamente a procedimenti esecutivi 
iniziati in base ad una sentenza passata in giudicato. 
Le Sezioni Unite, accogliendo la tesi prospettata dall'Avvocatura, hanno 
ritenuto che il rimedio previsto dalla norma citata trova applicazione 
anche quando il difetto di giurisdizione (a causa dei poteri attribuiti dall'ordinamento 
alla P. A.) venga lamentato in relazione ad un processo di 
esecuzione. 

Tale conclusione discende dal carattere generalissimo dell'istituto di 
cui si tratta e che riguarda tutti i casi Ln cui l'esercizio della giurisdizione 
venga a confliggere con i poteri riservati dalla legge alla P. A., come � 
facilmente dimostrabile con l'esame dello svolgimento storico dell'istituto 
stesso, a cominciare dalla legge sarda 20 novembre 1859, n. 3780, con cui 
veniva posto a disposizione dall'Amministrazione un particolare mezzo processuale 
per regolare la competenza dei Tribunali ordinari e speciali nei 
suoi riguardi. 

La pronuncia delle Sezioni Unite si riallaccia alla precedente decisione 
13 marzo 1965, n. 465 (Baldini, Societ� Finanziaria Italiana e Prefetto di 
Milano contro Mignani ed altri, in questa Rassegna, 1965, I, 293, con nota 
di DEL GRECO) che av.eva ritenuto l'applicabilit� del rimedio previsto dall'art. 
41, 20 comma c. p. c. anche al caso in cui la P. A. (e per essa il 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 941 

,1 Federici. Ora dagli atti risulta che il procuratore del Federici era 
vestito del suo potere solo per un determinato periodo di tempo, cio� 
a stato dal mandante fissato un termine per l'efficacia della procura. 
parte ogni questione sulla validit� di una tale procura a termine, 
e potrebbesi definire procura con revoca automatica e prefissata alla 
:i.denza del termine, la predeterminazione del termine niun altro 
lore .pu� avere che appunto quello di prestabilire una cessazione dei 
teri a quel momento � do� una revoca della investitura da parte 
1 cliente da �quel momento in poi. Ed � principio generale e fondamtale 
che. la revoca del mandato ad litem non ha effetto nei confronti 
ll'altra parte finch� non sia avvenuta la sostituzione del difensore, 
non importa giammai interruzione del processo. Quindi non essendo 

alcun modo stato interrotto il processo esecutivo de quo, � inutile 
rlare di irregolarit� di prosecuzione, di notificazioni e di comunidoni, 
che solo a seguito di una regolare interruzione potrebbero 
1vare giustificazione. 

efetto) contesti la competenza giurisdizionale dell'A.G.O. a dichiarare il 

limento di un'impresa (che, nella specie, svolgeva attivit� bancaria), a 

isa dei a;>oteri attribuiti dalla legge alla P. A. (nella specie procedura di 

uidazione coatta amministrativa). 

E poich� il carattere di processo esecutivo del processo di fallimento 

1tituisce ormai da tempo communis opinio della pi� autorevole dottrina 

ion soltanto italiana (cfr., per tutti, AzzoLINA, Il fallimento, 1953, I, 27; 

:>VINCIALI, Manuale di diritto fallimentare, 1962, I, 323, con amplissima 

licazione della dottrina, anche straniera), ne veniva di conseguenza 

nmissibilit� della procedura dell'art. 41, 2:o comma, in relazione ad ogni 

o di processo esecutivo, dovendosi solo osservare che tali principi si 
eriscono e si inquadrano nel pi� generale orientamento della Corte 
golatrice che ha da tempo fermamente ribadito la generalit� di appU.
ione del regolamento preventivo di giurisdizione a proposito del 1� comdello 
stesso art. 41 c. p. c. (cfr. Relaz. Avv. Gen. Stato, 1960-65, II, 
1 e segg.). 

3. -Altra questione interessante si presentava in relazione all'ultimo 
iso del 2� comma dell'art. 41 c. p. c. che limita l'esperibilit� del rimedio 
previsto� � finch� la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza 
:saggio in giudicato�. 
Nella specie i giudizi di esecuzione erano stati iniziati in base ad una 

tenza passata in giudicato che aveva affermato la giurisdizione del


.G.O. 

� stato, �peraltro, agevole rilevare nelle difese dell'Amministrazione 

' con il decreto del Prefetto di Milano non si era in alcun modo conte


ta la giurisdizione del Tribunale di Roma nel pronunciare la sentenza 

condanna, ma si era contestata la giurisdizione del Pretore di Milano 

>etto ai procedimenti esecutivi pendenti". 

La questione di giurisdizione sollevata dal Prefetto di Milano non conneva, 
quindi, in alcun modo il giudizio di cognizione 'definito con la 
tenza del Tribunale di Roma, n� revocava in discussione la giurisdizione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le altre eccezioni riguardano pi� da vicino il merito del regolamento 
ed innanzitutto vanno esaminate quelle concernenti il potere 
del Prefetto a sollevare il regolamento, vale a dire, in definitiva, la 
questione della applicabilit� dell'art. 41, 2� comma, al caso di specie. 
Questione che pu� essere discussa sotto un duplice profilo. Sotto un 
primo profilo (che � di pi� �agevole soluzione) deve esaminarsi se il 
regolamento di giurisdizione in genere e quello sol�levabile dalla Pubblica 
Amministrazione ex art. 41, 2<> comma, in particolare, sia ammissibile 
in relazione ad un procedimento di esecuzione. Gi� questa Corte 
Suprema, riguardo ad un processo fallimentare, �che, indubbiamente, � 
procedimento esecutivo, ebbe a ritenere che ben poteva il Prefetto, 
avvalendosi appunto dei poteri conferitigli dalla citata norma e da 
quella dell'art. 368 c. p. c., sollevare una questione di giurisdizione 
del giudice ordinario nei confronti della Pubblica Amministrazione 
(sentenza n. 425 del 1965): siffatta decisione deve confermarsi ed 
estendersi a qualsiasi procedimento di esecuzione, anche individuale, 
secondo le disposizioni del codice di rito. Infatti,� � indubbio che la 

di quel tribunale, ma si riferiva -esclusivamente -ai giudizi esecutivi 
pendenti dinanzi al Pretore di Milano. 

E, invero, il processo esecutivo � tipicamente autonomo dal processo 
di cognizione, sol che si consideri l'esistenza di titoli esecutivi di natura extragiudiziale 
in base ai quali pu� trovar fondamento l'azione esecutiva 
idonea a porre in essere un processo esecutivo, e sol che si tenga conto 
dell'ontologica diversit� dei due processi, l'uno (quello di cognizione), di 
carattere dichiarativo e decisorio, diretto a comporre una lite da pretesa 
contestata e che conduce ad un dictum, l'altro (quello di esecuzione), di 
carattere realizzatore e trasformatore, �che compone una lite da pretesa 
insoddisfatta e che conduce, come naturale risultato, ad un factum. (Cfr., 
per tutti, SATTA, Commentario Cod. Proc. Civ., vol. III, pag. 5, con riferimenti; 
REDENTI, Diritto Processuale Civile, vol. III, pag. 101; cfr. inoltre 
MAZZARELLA, voce Esecuzione forzata, in Enciclopedia del Diritto, Giuffr�, 
eon ampi richiami). 

Ne consegue. che, pur riconosciuta la giurisdizione dell'A.G.O. nel pro
�Cesso che ha dato luogo alla sentenza passata in giudicato, ben pu� contestarsi 
la giurisdizione dell'A.G.O. relativamente all'esercizio dei poteri di 
.giurisdizione esecutiva in base ad un'azione esecutiva che su quella sentenza 
viene fondata, allorquando l'ordinamento prevede che i poteri giurisdizionali 
esecutivi restino subordinati all'esistenza di una specifica autorizzazione 
da parte della P. A. che, nella specie, non solo non era stata 
concessa, ma era stata formalmente negata. 

4. -Per quanto concerne la questione di fondo essa verteva sulla 
configurabilit� di un difetto di giurisdizione (esecutiva) dell'A.G.0. nei 
processi esecutivi iniziati dal Federici contro lo Stato del Giappone nonostante 
il diniego del Ministero di Grazia e Giustizia di autorizzazione con 
art. 1 legge del 1926, n. 1263. 
Nella .specie, con decreto 22 luglio 1965 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 
n. 186 del 22 luglio 1965 il Ministro per la Grazia e Giustizia aveva 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 943 

esecutiva rientra nella giurisdizione del giudice ordinario: il proimento 
di esecuzione � procedimento giurisdizionale, tendente alla 
nitiva e completa attuazione della volont� della legge, alla attribuie 
concreta del bene della vita richiesto al soggetto che � risultato, 
�averso il processo di cognizione, averne diritto. Perci�, anche nella 
~ esecutiva, pu� sorgere dubbio o discussione intorno alla giurisdi1e 
del giudice ordinario e quindi pu� sorgere la opportunit� o la 
essit� che vi sia una pronuncia sulla giurisdizione medesima. In 
ticolare, proprio nella fase esecutiva, nella quale, come si � detto, 
1ttua in concreto l'attribuzione del bene della vita giudizialmente 
desto, pu� sorgere un conflitto tra la potest� giurisdizionale e la 
~st� amministrativa, pu� toccarsi profondamente il potere discretale 
della Pubblica Amministrazione, onde possono ben presentarsi 
quisiti che legittimano l'intervento della Pubblica Amministrazione, 
~r essa del Prefetto, appunto a salvaguardia di quei poteri attribuiti 
a legge alla sfera discrezionale della Pubblica Amministrazione 
Iesima. 

.iarato l'esistenza della reciprocit� tra l'Italia e il Giappone ai sensi e 
gli effetti dell'art. 1 della legge citata e pertanto, in mancanza della 
1rizzazione del Ministro per la Grazia e Giustizia e dinanzi al provveento 
di diniego di autorizzazione, non si poteva procedere ad atti ese1ri 
nei confronti dello Stato del Giappone. 
ln tale situazione si � chiarito nel ricorso che Upotere di autorizzazione 
buito dalla legge al Ministro di Grazia e Giustizia limita i poteri di 
isdizione dell'A.G.0. nel senso che, in mancanza di tale autorizzazione, 
i-.0. non pu� compiere atti di esecuzione e di conseguenza non pu� 
citare i propri poteri di giurisdizione esecutiva. 
D'altra parte tale condizionato difetto della giurisdizione esecutiva nei 
ronti dello Stato estero � confermato dallo spirito della norma della 
e del 1926 n. 1263 che ha per l'appunto inteso rimettere alla valutae 
e alle determinazioni della P. A. (Ministero di Grazia e Giustizia) la 
ibilit� di esercitare il potere giurisdizionale esecutivo nei confronti di 
i sovrani, in considerazione delle gravi conseguenze che da tale 
~izio possono scaturire sul piano internazionale e del �pericolo che 
ano restare pregiudicati i supremi interessi del Paese. 
Conseguentemente nei procedimenti esecutivi pendenti l'A.G.O. difet


di poteri giurisdizionali a causa dei poteri di autorizzazione attribuiti 

~ leggi alla P. A. 

� interessante riferire che a tale evidente conclusione il resistente 

a ritenuto di potere opporre che nella specie non sarebbe stata neces


L l'autorizzazione del Ministro per la Grazia e Giustizia e ci� perch� 

sussisterebbe la condizione di reciprocit� cui il cit. art. 1 della legge 

1926 subordina la necessit� della autorizzazione e perch�, comunque, 

ertamento da parte del Ministro per la Grazia e Giustizia di tale con


1ne di reciprocit� sarebbe illegittimo per travisamento dei fatti. 

Ma � evidente che, prescrivendo l'art. 1 della legge del 1926, n. 1263, 

l'esistenza della condizione di reciprocit� con lo Stato estero venga 

rtata dal Ministro per la Grazia e Giustizia e essendo tale accertamento 


944 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il secondo profilo (sul quale insiste molto la difesa dei resistenti) 
appare pi� delicato: si sostiene che, poich�, nella specie, si verterebbe 
sulla determinazione della giuris:dizione in ordine ad uno Stato estero, 
cio� in relazione alla possibilit� di procedere ad esecuzione sui beni 
di uno Stato estero, si sarebbe al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 
41, 2� comma, che legittimano lo �speciale regolamento di giurisdizione 
da parte della Pubblica Amministrazione. Certo, da un punto 
di vista astratto, deve dirsi, che, allorquando si discuta esclusivamente 
sulla giurisdizione nei confronti dello straniero, difficilmente pu� profilarsi 
l'attribuzione di un potere esclusivamente alla Pubblica Amministrazione, 
il quale solo legittima lo speciale �regolamento demandato 
alla amministrazione: normalmente, quando si discuta solo della giurisdizione 
nei confronti dello straniero, non viene in esame i'l rapporto 
tra il potere giurisdizionale ed il potere amministrativo nello 
ambito del nostro ordinamento, che � presupposto della norma del 
secondo comma dell'art. 41, sibbene un rapporto diverso, regolato 
dalle preleggi, tra l'ordinamento giurisdizionale italiano e l'ordina-

nella specie avvenuto, qualsiasi contestazione sulla legittimit� del decreto 
avrebbe dovuto formare oggetto di una tempestiva impugnazione di fronte 
al giudice amministrativo che, invece nella specie, non era stata sollevata 
dal Federici neppure in occasione del ricorso giurisdizionale da lui proposto 
avverso il diniego di autorizzazione all'esecuzione del Ministro per 
la Grazia e per la Giustizia. 

In mancanza di tale impugnativa del tutto infondata era la richiesta 
del ricorrente che venisse � disapplicato � il decreto di reciprocit� (per 
riferimenti cfr. Relaz. Avvocatura Generale Stato, 1960-65, II, 86 e segg.). 

Sta poi di fatto che --in ogni caso -i motivi con cui il resistente 
aveva contestato la legittimit� del decreto ministeriale apparivano manifestamente 
infondati. 

Invero il resistente affermava che la declaratoria di reciprocit� contenuta 
nel decreto ministeriale sarebbe stata in contrasto con la circostanza 
che il Giappone avrebbe � fin dal 1960, nella Conferenza di Colombo 
proclamato il principio di non concedere l'immunit� degli Stati per 
l'attivit� commerciale e privata �. 

Ma (a parte l'ovvio rilievo che una ,generica dichiarazione di principio 
pronunciata da uno Stato in una Conferenza internazionale non costituisce 
un obbligo di carattere internazionale e, in ogni caso, non pu� certo valere 
a mutare le norme dell'ordinamento interno e a costituire una disciplina 
nuova e diversa rispetto a quella che le leggi interne dettano sulla materia), 
era evidente l'equivoco in cui la controparte cadeva, conf.ondendo il problema 
dell'immunit� degli Stati esteri dalla giurisdizione interna degli 
altri Stati con il problema (affatto e completamente diverso) della possibilit� 
di compiere atti di espropriazione forzata nei confronti degli 
Stati esteri. 

Invero il principio cui la controparte si riferiva costituisce ormai una 
regola seguita dalla maggioranza degli Stati (ed anche del nostro Paese) 
in tema di limitazioni al principio dell'immunit� degli Stati esteri dalla 
giurisdizione interna degli altri Stati (cfr. OPPENHEIM -LAUTERPACHT, In-

I 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

ento giurisdizionale di altro Stato. Ma, nella specie, ad avviso di 
iesta Suprema Corte, non si verte in tema di vero e proprio contrasto 
a ordinamenti giurisdizionali diversi, cio� non v'� questione di giuriizione 
nei confronti dello straniero. 

Al riguardo va vicordato che la legge 15 luglio 1926, n. 1263, nel 
1nvertire in legge e nel modificare l'art. 1 del r. d. 30 agosto 1925, 

1621, relativo � agli atti esecutivi sopra beni esteri nello Stato � 
spone che � non si pu� procedere a sequestro o pignoramento ed in 
>nere ad atti esecutivi su beni mobili ed immobili, navi, crediti, titoli, 
1lori e ogni altra cosa spettante ad uno Stato estero, senza l'autorizzione 
del Ministro per la giustizia � (primo comma) e che � [e dispodoni 
suddette si applicano solo a quegli stati che ammettono la 
ciprocit�, la quale deve essere dichiarata con decreto del ministro � 
omma terzo). Da tale sistema risulta che presupposto indispensabile 

�rch� possa parlarsi di autbdzzazione, � che vi sia il preventivo 
creto di reciprocit�. In presenza di questo presupposto, l'azione 
ecutiva non pu� essere iniziata senza l'autorizzazione del ministro, 
e certamente ed indUicutibilmente � atto amministrativo essenzial�
national Law, London, 1963, vol. I, 264 e segg.; QUADRI, La giurisdizione 
gli Stati stranieri, Milano, 1941, pag. 97; MORELLI, Diritto processuale 
1ile internazionale, Padova, 1954, 189; MoNAco, Manuale di diritto interzionale, 
UTET, 1960, pag. 227 con ampia bibliografia; per una approfon;
a disamina del problema, LALIVE, L'immunit� de jurisdiction des Etats 
des organisations internationales, in R�cueils des Cours de la Haye, 

'i3, II, 209). 

Ma tale principio nulla ha a che vedere con il problema di sottoporre 

autorizzazione governativa la possibilit� di agire in executivis contro 

1ti esteri, il che trova la pi� evidente conferma nel fatto che il nostro 

dinamento, pur aderendo alla limitazione ai rapporti jure imperii del 

mcipio dell'immunit� giurisdizionale degli Stati esteri, tuttavia prevede 

necessit� di un'autorizzazione governativa per l'esecuzione di atti di 

>ropriazione forzata nei confronti degli Stati esteri. 

Pertanto la affermata adesione dello Stato del Giarprpone alla dichia


done della Conferenza di Colombo del 1960 in materia di immunit� 

gli Stati della giurisdizione interna di altri Stati non appare in alcun 

�do in contrasto con il contenuto del decreto ministeriale con cui viene 
:hiarata la sussistenza, nei confronti del Giappone, delle condizioni di 
:iprocit� di cui all'art. 1 della legge 1926, n. 1263. 
5. -Vogliamo infine segnalare un'ultima questione interessante trata 
sulla sentenza che si annota e relativa all'eccezione di inammissibilit� 
levata dal resistente sul rilievo che il rimedio di cui all'art. 41, 2� comma 
'l. � applicabile alle questioni di giurisdizione relativa alla competenza 
trisdizionale del Giudice italiano nei confronti dello straniero. 
Il rilievo del vesistente appariva fondato ma privo di valido riferimento 
a specie sottoposta all'esame della Corte Regolatrice. 
Invero la P. A. non ha fatto valere il difetto di giurisdizione (esecutiva) 
l'A.G.O. nei processi esecutivi promossi contro lo Stato del Giappone in 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente discrezionale, emanabile in considerazione dell'interesse generale 
dello Stato nel campo interno ed in quello internazionale, di fronte al 
quale certo non pu� parlarsi di diritto soggettivo del singolo. Il che 
significa che, in mancanza di quella autorizzazione, cio� dell'esplicazione 
positiva dei poteri della Pubblica Amministrazione, il giudice 
ordinario non ha potest� giurisdizionale nella fase esecutiva. E ci� 
non incide sui rapporti con lo straniero o con fo Stato estero, sibbene 
sui rapporti, interni nel nostro ordinamento, tra potere della amministrazione 
e potere giurisdizionale. Vale a dire che nella particolare 
materia la legge attribuisce un potere alla Pubblica Amministrazione 
che condiziona la esplicazione del potere giurisdizionale in executivis; 
vale a dire ancora che � a causa dei poteri attribuiti alla Pubblica 
Amministrazione � il giudice ordinario difetta di giurisdizione nel procedimento 
esecutivo. Conseguentemente sussistono tutti i requisiti per 
la applicazione dell'art. 41, 2� comma, pu� cio� il Prefetto tutelare 
innanzi 'le Sezioni Unite quel potere attribuito all'amministrazione e 
far valere quel difetto dell'autorit� ,giudiziaria ordinaria, senza che 
vengano in discussione i rapporti con lo Stato straniero. 

Precisamente, nel caso in esame, anzitutto, come accennato nella 
narrativa dei fatti, vi � stato il regolare decreto di reciprocit� emesso 
dal Ministro di Giustizia e debitamente pubblicato: onde per procedere 
esecutivamente contro o su beni dello Stato giapponese in Italia 
era necessario il decreto di autorizzazione. Ed effettivamente esso fu 
chiesto dallo a<ttuale resistente Federici, ma fu negato dal Ministro, 
con provvedimento motivato, in base a considerazioni di carattere 
discrezionale che qui non � dato discutere. Ed anzi il Federici era 

relazione ad una norma che attribuisca la giurisdizione ad� un Giudice� 
straniero ovvero che esenti uno straniero dalla nostra giurisdizione, ma 
ha contestato la giurisdizione dell'A.G.O. solo in relazione ai poteri che la 
legge ha attribuito alla P. A. (nella specie, al Ministro di Giustizia). 

In base alla legge del 1926, il potere di compiere atti esecutivi contro 
lo Stato straniero � condizionato ad un provvedimento di autorizzazione 
della P. A., alla quale � attribuito il potere di valutare, nella propria discrezionalit� 
e in funzione degli interessi supremi del Paese relativi alla 
convivenza internazionale, l'opportunit� di condere o meno l'autorizzazione. 

Pertanto, nella specie, era del tutto insussistente la situazione di un 
contrasto tra la giurisdizione nazionale e una giurisdizione straniera, ovvero 
l'immunit� di uno straniero dalla nostra giurisdizione. La questione riguardava 
invece, e soltanto, i rapporti tra giurisdizione esecutiva e poteri 
della P. A. e pertanto rientrava in quelle per le quali l'ordinamento prevede 
il rimedio dell'art. 41 cpv. c.p.c. 

p,er quanto riguarda, poi, l,e numerose (e alquanto peregrine) questioni 
preliminari che erano state prospettate dai resistenti, � sufficiente rimandare 
alle considerazioni svolte nella limpida motivazione della sentenza 
annotata che ha integralmente accolto le difese dell'Avvocatura. 

G. ZAGARI 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 947 

ito conscio di questo stato di cose e della natura amministrativa e 
:crezionale del provvedimento negativo, che lo impugn� attraverso 
nica strada possibile e cio� attraverso il ricorso giurisdizionale al 
nsiglio di Stato, che per� lo respinse. Tuttavia il Federici ag� in 
?cutivis, iniziando pignoramenti contro beni dello Stato giappo;
e. Venivano cosi a porsi in concreto tutte le condizioni per il sorgere 
. conflitto tra il potere amministrativo ed il potere giurisdizionale 
.lo Stato e perci� tutte le condizioni perch� fosse in concreto 
missibile il regolamento di giurisdizione da parte del Prefetto per 
valere il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e a causa 
poteri attribuiti dalla legge alla amministrazione �, poteri consinti 
nella denegazione (nella specie) dell'autorizzazione necessaria 
� procedere esecutivam.ente sui beni di uno stato estero (nella specie 
lo Stato giapponese), anzi nel caso in esame questo �regolamento 
>presenta l'unica strada per far valere la volont� della legge in 
teria. Ripetesi che trattasi di conflitto di poteri tra l'amministrane 
e la giurisdizione nell'ambito dell'ordinamento interno italiano 
iiuna influenza vi ha il potere giurisdizionale nei confronti dello 
miero. Pertanto non pu� essere presa in considerazione l'eccezione 
~ riguarda la reciprocit� e l'assunta inesistenza, nell'ordinamento 
pponese, del divieto di azioni contro gli Stati in quanto ci� se 
i riguarda il decreto di reciprocit�. Ma gi� si � detto che per il 
:tro ordinamento la emissione del decreto di reciprocit� e quella 
la conseguente autorizzazione o denegazione della stessa, rientrano 
poteri discrezionali della Pubblica Amministrazione, insindacabili 
giudice ordinario. Qui non si tratta del criterio di collegamento 
cui all'art. 4 codice di rito, ma si tratta di un potere attribuito 
la legge alla Pubblica Amministrazione. Ed evidentemente nemmeno 
> accogliersi la eccezione secondo cui il titolo esecutivo, costituito 
sentenza passata in giudicato, sarebbesi formato prima della emis1e 
del decreto di reciprocit�. La sentenza passata in giudicato 
iarda la azione di cognizione, proponibile innanzi il giudke italiano 
he termin� con condanna dello Stato giapponese: nella specie si 
;ta della azione esecutiva, cio� dello inizio della autonoma fase 
risdizionale rappresentata dall'esecuzione ed a questa fase autonoma 
)ltanto a questa afferiscono decreto di reciprocit� ed autorizzazione. 
ltronde, come si � precisato all'inizio, solo della potest� giurisdiiale 
del giudice ordinario di procedere alla azione esecutiva si di


te oggi. 

Il regolamento di giurisdizione sollevato dal Prefetto � ammissibile 

� anche fondato. La fondatezza di esso discende direttamente da 

nto detto. Se in base alla legge del 1925 non pu� procedersi ad 

me esecutiva nei confronti di beni di Stati esteri, senza la doppia 

dizione del decreto di reciprocit� e dell'autorizzazione ministeriale, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

se ci� significa, come dianzi dimostrato, che la legge medesima ha 
attribuito discrezionalmente alla autorit� amministrativa i poteri per 
la determinazione della possibilit� di inizio e prosecuzione dell'azione 
esecutiva, � evidente che nel caso di esistenza del decreto di reciprocit� 
e di denegazione dell'autorizzazione, diventata quest'ultima inattaccabile, 
a seguito di reiezione del ricorso al Consiglio di Stato, 
avverso essa proposto, l'azione esecutiva � assolutamente improponibile 
innanzi al giudice ordinario, difettando questo di giurisdizione su essa 
azione. Tale difetto di giurisdizione deve essere quindi dichiarato. 

Siffatta dichiarazione certo vale nei confronti di tutte le parti e 
quindi anche dell'interveniente Savoldi. L'autorit� giudiziaria ordinaria 
non ha giurisdizione sulla intera azione esecutiva e quindi non pu� 
avere giurisdizione sull'azione in surroga dell'interveniente, la quale 
presuppone la proponibilit� dell'azione esecutiva principale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez Un., 18 dicembre 1968, n. 4018 -
Pres. Flore -Rei. Ferrati -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero 
della Pubblica Istruzione (avv. Stato Tracanna) c. Hartig (avv. 
Stoppani) e Istituto Nazionale di Entomologia pura ed. applicata 
(avv. Galateria e Tranquilli Leali). 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Vigilanza e tutela Responsabilit� 
dell'Amministrazione controllante per gli atti 
posti in essere dagli enti controllati -Esclusione. 

(c. c., art. 2043). 
Competenza e giurisdizione -Vigilanza e tutela -Esercizio della funzione 
di vigilanza e di tutela sugli enti pubblici -Diritto soggettivo 
dei terzi -Esclusione. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). 
L'Amministrazione che esercita i poteri di COl/1,troLlo e di vigilanza 
su un Ente noo pu� incootrare responsabititd per iL comportamento 
attivo od omissivo deit'Ente stesso (1). 

L'esercizio della funzione di vigilanza e di tutela dd luogo ad un 
rapporto che intercorre esclusivamente fra lo Stato e l'Ente pubblico 
che vi � sottoposto. I terzi estrane1i non possono ritenersi titolari di 
alcun diritto soggettivo in relazione all'esercizio di tale funzione, per 
cui il giudice ordinario difetta di giu'l'isdizione a sindacare il concreto 
esercizio del potere di contmllo (2). 

(Omissis). -Dei due ricorsi va esaminato anzitutto quello del 
Ministero della Pubblica Istruzione, il quale con il primo motivo risolleva 
la questione del difetto di legittimazione passiva. 

(1-2) Massime di intuitiva evidenza, che rispondono a principi generalmente 
accolti. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 949 

Deducendo infatti violazione e falsa applicazione della legge 30 
obre 1940, n. 1689, istitutiva dell'I.N.E. e dei conseguenziali prov:
limenti normativi di organizzazione e di funzionamento dell'ente, 
~lazione e falsa applicazione delle norme e dei principi sui poteri 

vigilanza e di tutela da parte dell'Amministrazione dello Stato 
~li enti controllati, violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 
16 cod. civ:. nonch� difetto di motivazione ed erronea valutazione 
.la prova documentale, il ricorrente Ministero censura la sentenza 
pugnata per aver affermato apoditticamente la legittimazione pasa 
di esso Ministero e �a sua conseguente responsabilit� in ordine 
'oggetto della domanda proposta dall'Hartig, la quale concerneva 

rivendica o la restituzione di materiale trasmesso o consegnato 
'Istituto in tempo successivo alla donazione del 1.940. 

In particolare si assume che una responsabilit� del Ministero si 
ebbe potuta prospettare solo in relazione alla sua eventuale attivit� 
organo di controllo, ma, a prescindere che il giudice del merito 
i ha �potuto identificare in concreto alcun atto di �sercizio della funne 
di controllo da parte del Ministero sull'I.N.E. in relazione 
oggetto specifico della domanda, l'autorit� giudiziaria ordinaria 
etterebbe di giurisdizione ove si fosse inteso impugnare un atto od 

comportamento inerente alla funzione di vigilanza e di tutela. 

La censura � pienamente fondata e s'impone per questa parte 

mullamento senza rinvio della decisione impugnata. 

Per risolvere la questione della legittimazione passiva, per stabilire 

� se la domanda sia stata proposta contro il soggetto legittimato a 

l


Ltraddirvi, � d'uopo individuare le caratteristiche dell'azione che 
tore ha inteso esercitare. 
Ora, oggetto di controversia sono determinate collezioni entomo


i

iche, che si trovano in possesso dell'I.N.E., al quale l'Hartig ebbe 

'arne consegna in tempi diversi. 

Quella .proposta � quindi un'azione di restituzione, azione avente I 

ura personale, il cui presupposto � il venir meno nel convenuto del 

fo in base al quale deteneva la �Cosa (sent. 18 gennaio 1967, n. 167): 

detta azione l'attore fa valere il suo diritto personale di ricevere 

I 


convenuto la cosa che fu oggetto di precedente consegna e che 

~sto fosse l'intendimento dell'Hartig non par dubbio quando si rifletta 

il fatto dell'avvenuta consegna risulta espressamente dedotto come 

ion prima della richiesta restituzione. 

A sostegno di questa appare dedotta anche la propriet� del me


imo materiale entomologico, onde la materia del contendere si � 

$a ad una questione, la cui risoluzione non � essenziale per prov


:ere su una semplice azione di restituzione; del resto lo stesso con


:uto, lungi dal limitarsi a contrastare la pretesa dell'attore, ha 

�osto il suo diritto di propriet� su quei beni. 


950 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In questa situazione legittimato a contraddire alla domanda rimane 
sempre e soltanto l'Istituto, autonomo soggetto di diritto, il quale, 
avendo la materiale disponibilit� delle cose in contestazione, � l'unico 
che abbia la facuitas restituendi: il Ministero della Pubblica Istruzione 
difetta invece di legittimazione tanto in ordine all'azione di restituzione, 
perch� non ha ricevuto la cosa in deposito o in consegna, quanto 
in ordine all'azione di rivendica, perch� non ha spossessato il proprietario, 
n�, comunque, � il detentore o il possessore delle cose. 

� vero che l'Istituto � soggetto al controllo e alla vigilanza di quel 
Ministero, ma questo non significa punto che gli atti posti in essere 
dall'ente siano direttamente riferibili alla Amministrazione, che esercita 
su di esso la funzione di controllo e di vigilanza, che, in altri 
termini, lAmministrazione incontri responsabilit� per il semplice comportamento 
attivo od omissivo dell'ente controllato. 

La Corte del merito ha ritenuto sufficiente rilevare che � da 
quando si poteva desumere dagli atti l'ingerenza 'amministrativa dell'organo 
di controllo era stata continua, poich� per ogni decisione 
di qualche rilievo il commissario dell'ente si era sempre attenuto a 
quanto disposto dall'amministrazione� e poich� l'attivit� materiafe 
dell'ente era stata condizionata dai mezzi finanziari posti a sua disposizione 
dall'Amministrazione e ne ha tratto la conclusione che l'Istituto 
aveva agito, specie per quanto concerne i rapporti avuti con 1l'Hartig, 
come una Longa manus dell'amministrazione preposta alla sua vigilanza. 

Ora, a parte l'imprecisione di concetti giuridici che vizia siffatto 
ragionamento, � facile rilevare che, configurando una corresponsabilit� 
del ministero per i provvedimenti adottati nei confronti dell'attore 
dall'I.N.E., il giudice del merito � caduto in un evidente equivoco con 
i provvedimenti relativi alla carica di Sovraintendente, originariamente 
conferita all'Hartig, provvedimenti che non hanno nulla a che 
vedere con l'attuale contestazione: d'altra parte, la Corte di Appello 
non � riuscita a individuare concretamente alcun atto specifico proveniente 
dal Ministero della Pubblica Istruzione, che direttamente concerna 
la questione intorno alla quale � sorta la presente lite. 

In tale situazione non si riesce a rinvenire alcun elemento obbiettivo, 
sul quale affermare la legittimazione passiva del Ministero in 
ordine alla domanda proposta dall'Hartig. 

Correttamente, d'altronde, osserva il ricorrente che l'esercizio della 
funzione di vigilanza e di tutela d� luogo ad un rapporto che intercorre 
esclusivamente tra lo Stato e l'ente pubblico che vi � sottoposto: il 
terzo vi � estraneo e non pu� ritenersi titolare di un diritto soggettivo 
in relazione all'esercizio di quella funzione, che viene esercitata nell'interesse 
pubblico, onde il giudice ordinario sarebbe privo di giurisdizione 
a sindacare il concreto esercizio del potere di controllo. (
Omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. III, lO dicembre 1967, n. 2898 -Pres. 
Giansiracusa -Rel. Sbrocca -Comune di Napoli (avv. Daniele) 

c. Converti e Servolini (avv. Gallo) e Ministero dell'Interno (avv. 
Stato Gargiulo). 
ocedimento civile -Cause inscindibili e cause dipendenti -Estromissione 
in primo grado del chiamato in causa ad integrazione 
del contraddittorio o in garanzia -Impugnazione principale che 
non investe la ritualit� della estromissione -Insussistenza del 
vincolo di inscindibilit� o dipendenza in secondo grado -Appello 
incidentale nei confronti dell'estromesso nel giudizio di primo 
grado -Rispetto dei termini di decadenza previsti dall'art. 343 

c. p. c. -Prima udienza -Pronuncia secondo equit�. 
(c. p, c. artt. 331, 34.3). 
Qualora l'impugnazione principale di una sentenza di primo grado 

investa la statuizione della sentenza stessa riflettente l'estromisne 
del chiamato in causa, viene meno nel giudizio di secondo grado 
~incolo di inscindibilit� fra le cause. 

L'appellato, che propone impugnazione incidentale anche nei connti 
dell'estromesso, al quale non sia stato notificato l'appelio prinale, 
� tenuto ad osservare la forma e i termini di decadenza previsti 
l'art. 343 c. p. c., salvo poi a notificare la propria impugnazione 
estromesso fin'allora rimasto estraneo al _giudizio. 

Per prima udienza ai sensi dell'art. 343 c. p. c. deve intendersi 
!lla di comparizione, in cui veng.a svolta dall'istruttore, anche impli~
mente, una qualsiasi attivit� processuale a norma dell'art. 350 c. p.c., 
~e la preclusione del gmvame non si verifica solo se tale udienza 
', sia stata affatto tenuta. 

La diversa previsione dell'art. -343 c. p. c., secondo cui l'appello 
.dentale si propone alle udienze previste dagli artt. 331 e 332 c. p. c., 
iferisce alle parti citate ai sensi degli articoli medesimi e non gi� 
ippellato originario. 

n ricorso a valutazioni equitative in sede di liquidazioni di danni 
~messo al prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riconoscendo che la determinazione del preciso ammontare del danno 
non � possibile o � difficile, svolge un'indagine di fatto, come tale 
insindacabile in sede di legittimit� (1). 

(Omissis). -L'esame delle censure formulate nei primi tre motivi 
di ricorso esige un'esatta puntualizzazione delle ragioni addotte dalla 
Corte di merito a sostegno della decisione. 

(1) Litisconsorzio necessario. Causa inscindibile e cause dipendenti. 
Proposizione alternativa di domande e chiamata in garanzia. 
La sentenza della Cassazione si occupa dell'istituto del litisconsmzio 
necessario, nonch� delle nozioni di causa inscindibile e di cause dipendenti. 
Essa si riferisce, in particolare, ad un caso di litisconsorzio necessario 
di carattere processuale ed accenna, senza risolverla, alla dibattuta 
questione se si abbiano � cause inscindibili � quando l'attore, accettando 
il contraddittorio nei confronti del chiamato in causa, proponga le sue 
domande, congiuntamente o alternativamente, contro il convenuto originario 
e l'intervenuto, e se si abbia causa dipendente rispetto a quella :principale, 
oltre che nella chiamata in garanzia propria, anche in quella 
impropria. 

Sar� pertanto utile fare il punto sullo stato della dottrina e della 
giurisprudenza per quanto riguarda gli istituti e le nozioni richiamate 
dalla sentenza. 

Il legislatore si � occupato del litisconsorzio agli articoli 102 e 103 
c.p.c., distinguendo il liUsconsorzio necessario da quello facoltativo, nozioni 
cthe sono state oggetto di una vasta elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. 


La norma che si occupa del litisconsorzio necessario (art. 102 c. p. c.) 
non costituisce altro che un completamento del precedente art. 101 che 
fissa il principio del �ontraddittorio. Stabilendo che tutti coloro, nei confronti 
dei quali la pronunzia del giudice � destinata a produrre i suoi 
effetti, �debbono essere chiamati a partecipare al giudizio, essa, come � 
stato rilevato (ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. I, 
285), non indica quale sia la natura del litisconsoTzio ne.cessario, ma si 
limita a menzionarne gli effetti: dal fatto che la decisione deve essere 
pronunciata nei confronti di pi� parti discende che alla controversia tutte 
queste parti devono essere chiamate, con il rispetto del principio del contraddittorio. 
L'art. 102, 1<> comma, pi� che regolare il litisconsorzio necessario, 
fissa e precisa i fondamentali principi che regolano il giudizio civile: 
quello del contraddittorio e quello della legittimazione ad agire (CH10VENDA, 
RENDENTI; Contra DENTI, Appunti sul litisconsorzio necessario, in 
Riv. dir. proc., 1959, 29). 

Come ha scritto il LIEBMAN (Manuale di dir. proc. civ., Milano 1957, 

pp. 149-150), il litisconsorzio necessario si risolve in una legittimazione ad 

agire, necessariamente congiuntiva nei confronti dei titolari del rapporto 

giuridico che l'attore vuol dedurre in giudizio. 

Il processo civile fondato sul principio dispositivo si presenta come 

un procedimento di formazione della pronuncia giurisdizionale (REDENTI, 

Giudizio civile con pluralit� di parti, n. 17; SEGNI, Intervento adesivo, 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 953 

Ha osservato la Corte che la domanda attrice fu woposta. nei 
ifronti del Comune di Napoli, il quale, difendendosi, tra �l'altro 
:epi il proprio difetto di legittimazione passiva, perch� legittimato 
1, a suo avviso, il Ministero dell'Interno, contro cui rivolse in subor1e 
una domanda di garanzia impropria. 

) ed � quindi logico che coloro, nei confronti dei quali quella pronuncia 
rcita i suoi effetti, debbano essere chiamati a quel procedimento di 
rnazione� 

Il fatto che debbano partecipare al processo tutti coloro nei confronti 
quali la pronuncia deve essere emessa non � altro che una proiezione, 
campo della legittimazione e della identificazione dei soggetti del 

cesso, del principio del contraddittorio. 

Pertanto, il primo comma dell'art. 102 c.p.c., ricollegandosi ad alcuni 
ricipi generali, fissa la regola particolare del litisconsorzio necessario: 
:> si presenta in realt� come una norma in bianco, in quanto prevede 
>plicazione della regola in tutti i casi in cui una decisione debba pro1ciarsi 
in confronto di pi� parti. 

Il problema pratico da risolverti! per l'applkabilit� della norma � 
ndi quello di individuare quali sono i casi in cui una decisione deve 
nunciarsi in confronto di pi� parti. 

A parte i casi espressamente previsti dalla legge (domande di divi1e 
�ereditaria o di scioglimento di qualsiasi altra comunione: art. 784 
c.; azione surrogatoria: art. 2900, 2<> comma, e.e.), � evidente che la 
ma si riferisce ad altre ipotesi, nelle quali la pluralit� di parti � imta 
da situazioni di diritto sostanziale, per cui, se la causa non fosse 
isa nei confronti di tutte, la sentenza sarebbe � inutiliter data � (Cass., 
aprile 1953, n. 1148; critica tale formula e l'opinione che co11ega il litinsorzio 
necessario ai casi di rapporti giuridici plalaterali o di azione 
ca con generalit� di parti il DENTI, Appunti sul litisconsorzio necessario, 
, pag. 31, secondo il quale, per determinare l'ambito di applicazione 
l'art. 102, bisogna avere riguardo all'oggetto del giudizio, al �petitum�). 
Vero � che vi � chi esclude la esistenza nel diritto sostanziale di rap'
ti unici con pluralit� di soggetti e fraziona questi in tanti rapporti 
lterali (CARNELUTTI, Istituzioni, vol. I, n. 260; BETTI, Ditr. proc. civ., 87, 
nota; ALLORIO, Cosa giudicata rispetto ai terzi, 50, 130, 281; contra 
[OVENDA, SEGNI e REDENTI) e, negando il fenomeno del litisconsorzio neceslo, 
ravvisa nell'art. 102, 1o comma, un inutile doppione della norma 
' prevede l'intervento � iussu iudicis � (art. 107 c.p.c., contra DENTI, 
Zoe. cit., il qual�e, per�, partendo dalla considerazione che solo H legi:
ore pu� fare eccezione alla regola dei limiti oggettivi e soggettivi della 

�nuncia, conclude che non si hanno ipotesi di litisconsorzio necessario 
di fuori di quelle espressamente previste dalla legge, per cui oltre a 
!ste ipotesi non vi � che la possibilit� dell'intervento � iussu iudicis � : 
. 107). 
Ma tale opinione � generalmente disattesa, riconoscendosi daUa preente 
dottrina, che non esistono solo rapporti gui.Tidici a struttura bilaale 
ma che esistono anche rapporti complessi inscindibdli, rispetto ai 
ili 'le modificazioni non possono verificarsi che nei confronti di tutti 
>ggetti (ANDRIOLI, Commento, Vol. I, 287; REDENTI, Dir. proc. civ., vol. II, 
' ss.; CHIOVENDA, Principi, 1077 e segg., LIEBMAN, Manuale di dir. pro



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il Tribunale riconobbe invece che unico legittimato passivo era 
il Comune, e, respingendo la domanda di garanzia, estromise dal 
giudizio il Ministero. 

L'appello principale della Converti e della Servolini invest� il capo 
della sentenza riguardante la liquidazione del danno a carico del Co-

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cess. civile, vol. I, 148 segg.; ZANZUCCHI, Dir. process. civ., vol. I, 326 e 
segg.; MICHELI, Corso di dir. process. civ., vol. I, 195). 

Risultano, pertanto, giustif�.cati l'istituto del litisconsorzio necessario 
e la formulazione delle due norme, dell'art. 102 e dell'art. 107 c.p.c., nonch� 
la previsione dei diversi effetti per l'inosservanza dell'ordine del 
giudice nei due casi. 

L'art. 102 si riferisc,e, oltre che ai casi espressamente previsti dalla 
legge, a quelli in cui situazioni di dil'itto sostanziale impongono che la 
causa venga decisa nei confronti di tutti i soggetti di un unko rapporto 
giuridico complesso e prevede per tali casi la necessit� del litisconsorzio 

(Cass., 25 maggio 1956, n. 1792, Foro it., Rep. 195�6, v. Proc. Civ., n. 107; 
13 marzo 1956, n. 734, ibidem cit., n. 103; 30 luglio 1955, n. 2472, id., Rep. :. 
1955, voce c:it. n. 113; 4 marzo 1950, n. 546, Giur. compl. Cass. civ., I, 465): 
alla mancata integrazione del contraddittorio � collegata l'immediata estinzione 
del processo. 


L'art. 107 si riferisce, invece, ai casi in cui il giudice ravvisi semplicemente 
l'opportunit� che il processo si svolga in confronto di un terzo, 
al quale la causa � comune; all'inosservanza dell'ordine del giudice � 
col1egato l'effetto pi� limitato della canceHazione della causa dal ruolo 
(art. 270 cip.e.). 

Numerosissimi sono i casi per i quali la giurisprudenza si � posta il 
problema della ravvisabilit� o meno del litisconsorzio necessario. 

Il criterio base, al quale si ispirano le innumerevoli pronunce, � quello 
che la necessit� della partecipazione di tutti i soggetti interessati, affinch� 
la sentenza non sia � inutiliter data�, si verifica quando si abbia un unico 
rapporto giuridico inscindibilmente comune a pi� persone, in ispecie 
quando si eserciti un'azione costitutiva diretta al mutamento di uno stato 

o di un rapporto giuridico unico (CHWVENDA, Sul litisCO!fl,SOrzio lfl,ecessario, 
in Saggi di dir. proc. civ., II, Roma, 1931, 452; Cass., 28 luglio 1959, n. 2416, 
in Giur. Ital., Mass. 1959, 506; 24 marzo 1959, n. 915, ibidem, 184; 2 aprile 
1965, n. 574, Giust. civ., 1965, I, 2312) . 
.A:lle azioni costitutive si ritengono equ~parabili quelle di diversa natura, 
tendenti per� a far valere una pretesa che pu� concepirsi solo nei 
confronti di pi� parti, in �onseguen~a della unicit� della situazione per 
tutte. Viceversa, tutte le volte che anche senza il terzo, il quale potr� nei 
propri riguardi provocare una decisione, la sentenza possa raggiungere le 
sue finalit� nei confronti degli interessati che sono stati presenti al giudizio, 
non vi � litisconsorzio necessario. 

In partkolare, per quanto qui interessa, H litisconsorzio necessario � 
stato escluso nei casi in cui la controversia non riguarda un rapporto 
unitario, ma rapporti che pur esselfl,do fra loro collegati per l'oggetto o 
per il titolo dal quale dipendono, sono da considerare distinti (Cass., 4 
gennaio 1958, n. 29, Giust. civ., Rep., 1958, voce Intervento). 

Neppure si verifica litisconsorzio necessario, nel caso in cui il convenuto 
eccepisca la mancanza di legittimazione passiva, sostenendo che 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

me e la ripartizione dell'onere delle spese; ad esso rimase estranea 

pronuncia di estromissione. 

E pertanto, secondo la Corte di merito, anche nella ipotesi che le 
rici avessero accettato il contraddittorio nei riguardi del Ministero, 
ledendone, -in via alternativa, la condanna insieme al Comune al 
arcimento dei danni, non di meno esse avevano prestato acquiescenza 

;itolar.e del rapporto sia un terzo (App. Palermo, 2 ottobre 1957, Giust. 
. , Rep. 1958, v. cit., n. 77). 

accanto ai casi di litisconsorzio necessario pe�r situazioni di diritto 
tanziale, la giurisprudenza ha riconosciuto casi in cui il litisconsorzio 
iettato da esigenze di ordine processuale, che impongano l'unit� del 
1cesso. Accanto alla figura del litisconsorzio necessario di natura sostante 
si � individuata quella del litisconsorzio necessario di natura proceslle 
(in questi casi per� la non integrit� del contraddittorio non deter1a 
inutilit� pratica della sentenza: Cass., 2 aprile 1965, n. 574, in Giust. 
. , 1965, I, 2312; Cass., 18 febbraio 1965, n. 271, Giust. civ., Mass., 1965, 

ed ivi altri richiami Cass., 17 settembre 1963, . 2548, Giust. civ., Rep. 
3, v. Intervento in loausa, 62; Cass. 15 giugno 1963, n. 1599, ivi, v. 
' 64). 

Cosi si � detto che configura una ipotesi di litisconsorzio necessario 
~aso dell'intervento disposto � iussu iudicis � (ma qui siamo nella sfera 
awlicazione dell'art. 107 e non in quella dell'art. 102: Cass., 8 marzo 
2, n. 619, Giur. Ital., Mass., 1952, 176; in dottrina cvntra SEGNI, Nuovissi-
Dig. Ital. Vol. VIII, voce Intervento in causa, 967, il quale chiarisce 
' entrambi i casi -e cosi le altre ipotesi di intervento -sono dettati 
l'opportunit� di eliminare l'eventualit� di giudicati contraddittori; il 
islatore ha scelto due strade diverse e, se, con l'art. 107 c.p.c., il giu~ 
sostanzialmente � investito dalla legge di un potere di apprezzamento, 
t volta che l'intervento � ritenuto opportuno, esso diventa anche neces


lo: cio� il giudice deve ordinare l'intervento). 

L'intervento adesivo dipendente d� luogo ad unico giudizio con plu


.t� di parti, nel quale la pronuncia che lo definisce non pu� che essere 

stessa rispetto alle parti principali ed all'interveniente; ricorre, cio�, 

otesi di causa per sua natura inscindibile, la quale determina la neces


dell'integrazione del contraddittorio in fase di gravame (Cass., 4 set


tbre 1958, n. 2962, Giust. civ., Rep. 1958, v. cit. n. 51). 

Un'altra sentenza della Cassazione (18 luglio 1961, n. 1744, Giust. civ., 

1, I, 2040) afferma che si ha un caso di litisconsorzio facoltativo, dive


o necessario per ragioni di ordine processuale, in seguito all'ordine di 
~rvento del giudice, per effetto del quale la causa deve svolgersi fra 
:e le parti anche negli ulteriori gradi del giudizio. 
Tale situazione processuale, non essendo intrinseca alla sostanza del 

porto, ma essendo dettata solo da motivi di opportunit�, e c10e per 

;are che il giudice sia chiamato a decidere pi� volte su liti uguali, 

<?Ventualit� di giudicati, almeno sotto il profilo teorico, contraddit


' viene a cessare, quando per l'acquiescenza del soccombente si formi 

iudicato nei confronti di una delle parti. 

Sempre conformemente all'ordine di idee che l'eventualit� di un giu1to 
contraddittorio generi il litisconsorzio necessario (di natura proiuale), 
in un giudizio in cui il giudice di primo grado aveva assolto il 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al capo della sentenza, che aveva deciso l'estromissione. Ne conseguiva 
che il vincolo di inscindibilit� o di dipendenza delle due cause (l'una 
contro il Comune, l'altra contro il Ministero) era venuto a cessare 
nella fase di gravame, e che se il Comune intendeva riproporre la 
questione della responsabilit�, diretta o in rivalsa, del Ministero, esso 
avrebbe dovuto proporre appello incidentale nei termini stabiliti dall'art. 
343 cod. proc. civ., e cio�, in mancanza di costituzione in canee!


convenuto dall'azione di risarcimento dei danni, profilando l'ipotesi che 
il fatto ad esso addebitato fosse stato invece commesso da un terzo; il 
giudice dispose l'intervento del terzo con la rimessione delle parti avanti 
al primo giudice, ravvisando un'ipotesi di litisconsorzio necessario (App. 
L'Aquila, 11 luglio 1950, Foro It., Rep. 1951, v. App. civ., n. 330 e Riv. giur. 
abruzzese, 1951, p. 30, con nota di CIARLETTA, Timor ne varie iudicetur, 
litisconsorzio necessario e intervento iussu iudicis). 

Ora, per�, a ben considerare gli esempi sopra indicati, si nota c'he 

o essi rientrano nella previsione dell'art. 107 -e si � posta in rilievo la 
differenza fra litisconsorzio necessario e intervento � iussu iudicis ., fra 
necessit� e opportunit� che il processo si svolga fra pi� parti -o essi 
si riferiscono alla fase di gravame, nella quale le varie ipotesi di litisconsorzio 
facoltativo e di intervento, previste dalla legge al di fuori ed accanto 
al litisconsorzio necessario, si trasformerebbero in casi di litisconsorzio 
� necessario� di ordine processuale (litisconsorzio successivo), per 
il semplice fatto che il giudizio di primo grado conduce �d una sentenza 
che riguarda tutte le parti (principali e intervenienti) e che, pertanto, 
la fase di gravame deve svolgersi in contraddittorio di tutte. 
In base a quanto sopra, non sembra, quindi, legittimo estendere l'ambito 
dell'istituto del litisconsorzio necessario facendovi rientrare ipotesi 
che ricadono nell'ambito di applicazione di altre novme, e creare la figura 
del litisconsorzio necessario di natura processuale, quando � evidente 
che il legislatore, col termine litisconsorzio necessario (senza altre specificazioni), 
si riferisce a necessit� di ordine sostanziale. 

Ci�, oltretutto, si rileva inutile, se alla non integrit� del contraddittorio 
nelle due ipotesi non si ricollegano gli stessi effetti, affermandosi 
che la non integrit� del contraddittorio determina inutilit� pratica della 
sentenza, soltanto se questa verta su uno stato o un atto giuridico che sia 
unico rispetto a pi� soggetti, e non pure quando si versi in ipotesi di 
litisconsorzio necessario di natura processuale (Cass., 2 aprile 1965, n. 574, 
Giust. civ., 1965, I, 2312). 

Come si � detto, la sentenza annotata non si pronuncia sul punto, se 
si hanno cause insclndibili, quando l'attore accetti il contraddittorio nei 
confronti del chiamato in causa, proponendo le sue domande, congiuntamente 
o alternativamente, contro il convenuto originario .e l'intervenuto, 
e se si ha causa dipendente rispetto a quella principale, oltre che nella 
chiamata in garanzia propria, anche in quella impropria. 

Al riguardo, sar� quindi opportuno occuparsi d�ite nozioni di causa 
inscindibile, cause dipendenti e cause scindibili, accostando alle norme 
gi� esaminate quelle degli articoli 331 e 332 c.p.c., che dette nozioni 
richiamano, tanto pi� che la sentenza sembra usare indifferentemente i 
termini inscindibilit� e dipendenza. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 957 

~ia, nella prima udienza dinanzi all'istruttore, mentre la proposime 
era avvenuta tardivamente nella seconda udienza, con effetto 
ll'inammissibilit� del gravame e della preclusione della questione 
zidetta. 

Orbene, con i primi tre motivi del ricorso si censurano queste 
ttuizioni della sentenza', sostenendosi: a) che, nella specie, ricorreva 

Con le norme degli artt. 331 e 332 c.p.c., il legislatore ha inteso 
rantire l'unit� dei processi con pluralit� di parti anche in fase di imgnazione. 


Si � visto che la figura del litisconsorzio necessario ricorre nel caso 
pi� legittimi e necessari contraddittori rispetto ad un'unica azione: 
esta ipotesi, in sede d'impugnazione, � indicata dalla legge con la noziodi 
causa inscindibile. L'inscindibilit� va ricondotta all'unicit� del raprto 
(ANDRIOLI, Comm. cod. prOic. civ., II, 395 segg.; REDENTI, Dir. proc. 
>., II, n. 150/IV): non a caso, infatti, il codice usa il singolare, contra.
mente a quanto fa per le ipotesi di dipendenza e di scindibilit�; la 
1sa � unica e, proprio perch� tale, inscindibile, perch� unica � l'azione 
unico il corrispondente rapporto sostanziale dedotto in giudizio. Perito, 
l'inscindibilit� del giudizio in fase di impugnazione si verifka 
ando nella fase anteriore si sia avuto un litisconsorzio necessario di 
Une sostanzial�e (Cass., 9 aprile 19.58, n. 1167, Giur. Ital., Mass., 1958, 267; 
ottobre 1955, n. 3307, ivi, 1955, 808; 10 ottobre 1955, n. 2966,' ibidem, 716). 

Si pu� dire, anzi, che litisconsorzio necessario (di natura sostanziale) 
:ausa inscindibile si riferiscono allo stesso fenomeno, ma da due angoli 
uali diversi: la prima nozione si riferisce pi� alla relazione fra le parti, 
quali si trovano associate nella sorte, e al loro comportamento proces1le; 
la seconda riguarda, invece, piuttosto, l'oggetto del giudizio, il 
id che lega le parti alla stessa sorte: l'unicit� dell'azione, la causa 
:cindibile, appunto. 

La giurisprudenza ha messo in luce che nel sistema del codice non � 
icepibHe un giudizio d'impugnazione senza il contraddittorio di una 
rte che in primo grado era stata contraddittrice necessaria sul punto 
controversia oggetto dell'impugnazione (Cass., 11 maggio 1954, n. 1489, 
u,st. civ., 1684; 2 luglio 1953, n. 2050, id., 1952, n. 2199). 

In presenza di una pronuncia in causa inscindibile, ognuna delle 
:ti pu� impugnare, ma tutte le altre devono necessariamente partecipare 
~he alla fase di impugnazione; qualora ci� non si verifichi, ii giudice 
lina l'integrazione del contraddittorio (art. 331), analogamente a quanto 
~visto dall'art. 102 c.p.c .. 

La stessa disciplina si applica al caso di sentenza pronunciata in cause 

loro dipendenti, come prevede l'art. 331 : qui la sentenza si riferisce 
a ad un'unica causa con pluralit� di parti, ma� a pi� cause distinte, ma 
:nite in uno stesso processo. 

A quali casi intenda riferirsi la norma con l'espressione cause dipen1ti 
non � molto chiaro; indubbiamente l'ipotesi pi� importante � quella 

una sentenza pronunciata su una causa principale abbinata a� una 
isa di garanzia (art. 106: Cass., Sez. Un., 31 luglio 1965, n. 1856, Giust. 
., Mass., 1965, 951; 18 giugno 1959, n. 1915, Giur. ital., Mass., 1959, 399; 
agosto 1957, n. 3398, ivi, 1957, 732; 8 novembre 1956, n. 4207, ivi, 1956, 
.; 4 giugno 1956, n. 1879, ibidem, 393), ma sembra che l'espressione si 


958 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'ipotesi delle cause dipendenti, .cosicch� il contraddittorio avrebbe 
dovuto integrarsi con la notificazione dell'impugnazione principale al 
Ministero dell'Interno, con la possibilit� di proporre l'impugnazione 
incidentale sino all'udienza fissata per la comparizione della parte 
citata ad integrazione; b) che per prima udienza, ai sensi del citato 
art. 343, deve intendersi quella, anche successiva alla prima, in cui sia 
stata effettivamente svolta attivit� processuale, e che, nel caso, nena 

riferisca in genere ad ogni forma di intervento, volontario (art. 105), su 
istanza di parte (art. 106), o per ordine del giudice (art. 107), o in altri 
termini a tutti quei casi di litisconsorzio successivo o di c. d. litisconsorzio 
necessario di natura processuale, sopravvenuto in fase di gravame (ZANzuccHI, 
Dir. proc. civ., II, 202; DENTI, Appunti sul litisconsorzio necessario, 
cit.). (1). 

In tutti questi casi, per i qua'li � prevista l'integrazione del contraddittorio, 
la mancata integrazione rende inammissibile l'impugnazione. 

Diversa disciplina � invece dettata dall'art. 332 per i casi di pi� cause 
riunite in uno stesso processo, connesse ma scindibili; � chiaro che la 
norma si riferisce alle ipotesi previste dall'art. 103, di c. d. litisconsorzio 
facoltativo. Per questi casi non � prevista la necessit� deHa prosecuzione 
unitaria del giudizio in fase di gravame, ma n legislatore si � preoccupato 
solo di evitare, per quanto possibile, che le impugnazioni per le 
varie cause avessero corso separato. 

.La giurisprudenza � in linea di massima concorde sul concetto che si 
ha causa inscindibile allorch� viene dedotto un unico rapporto con pluralit� 
di soggetti, cosicch� la decisione sarebbe � inutiliter data ., ove, in 
sede di gravame, fosse resa nei confronti solo di alcuni dei partecipanti 
in primo grado: cio� in caso di litisconsorzio necessario, tanto se previsto 
da una norma di legge, quanto se determinato da una situazione di diritto 
sostanziale che richiede la presenza di tutti i soggetti interessati (Cass., 
Sez. Un., 31 luglio 1965, n. 1856, Giust. civ., 1966, I, 544; Cass., 12 luglio 1965, 

n. 1458, Giust. civ., Mass., 1965, 746; Cass., 13 marzo 1965, n. 422, ivi, 201; 
Cass., 16 marzo 1963, n. 663, ivi 1963, 305; Cass., 30 gennaio 1963, n. 153, 
Giust. civ., 1963, I, 508; Cass., 10 ottobre 1955, n. 2966, Foro it., Rep. 1955, 
v. App. civ. n. 395; Cass., 9 ottobre '1954, n. 3520, Giust. civ., 1954, 3222; 
(1) Per qualcuno invece la nozione di causa inscindibile comprenderebbe anche 
le varie forme di intervento, mentre sarebbero cause fra di loro dipendenti quelle 
nelle quali la sentenza pronunciata nei confronti di una parte estende necessariamente 
i suoi effetti anche ad altra parte, vale a dire quando la questione dedotta 
nella causa principale costituisce il presupposto giuridico della causa dipendente, il 
che avviene nei casi di intervento in cui vi sia una effettiva dualit� di rapporti 
(SATTA, Comment. cod. proc. civ., II, 2, p. 63; In., Dir. proc. civ., n. 253 e 254). 
Si pu� quindi dire che � inscindibile la causa relativa ad un solo rapporto 
sostanziale (litisconsorzio necessario), mentre sono fra loro dipendenti le cause che, 
per quanto distinte, siano state unite nello stesso processo e si trovino in relazione 
tale da esigere, se non proprio una decisione unica, due decisioni nel medesimo senso 

(c. d. litisconsorzio necessario per ragioni processuali) (GIUDICEANDREA, Le impugnazioni 
civ., I, p. 195 ss.; sul litisconsorzio necessario per ragioni processuali cfr. 
anche CARNACINI, n litisconsorzio nelle fasi di gravame, p. 166 ss.; FAZZALARI, Del 
litisconsorzio nelle impugnazioni, Giur. compi. cass. civ. 1948, 2o, 621; Russo, In tema 
di applicazione dell'art. 2156 e di litisconsorzio nece�ssario, Temi 1951, 278). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

lma udienza l'istruttore non aveva neppure dichiarato la contumacia 
LComune; c) che doveva trovare comunque applicazione l'art. 343, 
lmo comma, ultima ipotesi, per cui era ammissibile l'impugnazione 
:identale del Comune, in quanto proposta prima della citazione del 
nistero, ordinata dall'istruttore a norma dell'art. 332 cod. proc. civ. 

ss., 6 febbraio 1954, n. 307, Giur. compl. Cass. civ., 1954, 66, con nota 

SALVEZZA, Appello e inscindibilit� della causa). 

Vi sonc:> per� a:lcune sentenze che affermano che la nozione di causa 
cindibile comprende non solo l'ipotesi del litisconsorzio necessario orilario 
(art. 102), ma anche l'ipotesi di cause tra loro dipendenti, ossia 
l che, essendo state decise in unico processo nel precedente grado, deb10 
rimanere unite anche in fase di gravame, in quanto la pronuncia 
l'una si estende, in via logica e necessaria, anche sull'altra, ovvero ne 
ma il presupposto logico o giuridico (Cass., 12 luglio 1965, n. 1458, 
tst. civ., Mass., 1965, 746; Cass., 30 gennaio 1963, n. 153, Giust. civ., 
i3, I, 508; Cass., 8 agosto 1962, n. 2466, Giust. civ., Mass., 1962, 1176; 
ss., 4 giugno 1959, n. 1673, Giust. civ., Rep., 1959, v. Impugnaz. civ. 
21; Cass., 9 .iaggio 1956, n. 1519, Foro it., Rep. 1956, v. Impugnaz. civ. 
127; Cass., 18 ottobre 1954, n. 3834, Giust. �civ., 2551). L'inesattezza di 
~sta affermazione � evidente se si tiene presente quanto gi� osservato 
!io� che l'inscindibilit� riguarda un'unica causa in un unico processo 
.1 vincolo di dipendenza, logicamente, pi� cause sempre in un unico 
1cesso: vero � solo che la pronuncia emessa su c�use dipendenti � 
�ificata, ai fini dell'impugnazione, a quella emessa su causa inscindibile. 

La giurisprudenza afferma poi che il litisconsorzio necessario pu� 
ere determinato da esigenze di carattere processuale (tutte le ipotesi 
intervento e in particolare l'intervento � iussu iudicis � : Cass., 14 mag


1962, n. 1021, Sent. Cass., 1962, 475; Cass., 16 giugno 1962, n. 1517, Giust. 
., 1963, I, 414; Cass., 27 gennaio 1961, n. 136, Foro it., 1962, I, 366; Cass., 
marzo 1960, n. 585; Giust. civ., Mass., 1960, 225; Cass., 7 marzo 1958, 
759, in Mass. Giur. Ital., 1958, 162; Cass., 21 maggio 1955, n. 1502, in Foro 
i., 1955, I, 708). 

Il litisconsorzio � per� escluso quando l'istruttore, contestandosi dalle 
ti o dal terzo la sussistenza delle condizioni che legittimano l'intervento 
causa del terzo stesso, dichiari irrituale la chiamata o la costituzione 
quest'ultimo (Cass., 5 luglio 1948, n. 2407, Foro it., Rep., 1958, v. Impuiz. 
civ., n. 40). 

Nel caso cui si riferisce la sentenza de1la Cassazione annotata, il 
mune di Napoli in primo grado eccep� preliminarmente il difetto di 
ittimazione passiva (indicando come unica legittimata passiva l'Ammitrazione 
dell'Interno) e in subordine chiese termine per chiamare in 
1sa l'Amministrazione dell'Interno, proponendo domanda di garanzia 
11propria) (quindi caso dell'intervento su istanza di parte previsto dal:
t. 106 c.p.c.). 

Nel caso in esame la Cassazione non ha avuto bisogno di risolvere il 
1blema della sussistenza della inscindibilit� o dipendenza fra la domanda 
>posta contro chi non � legittimato passivamente e quella contro il 
�o legittimato, nonch� fra causa prindpale e causa accessoria (chiamata 
garanzia). 

Infatti, come la Cassazione ha chiarito in altre sentenze, se il giudice 
pone l'estromissione del terzo, riconoscendo l'insussistenza del vincolo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le censure sono infondate. 

Ed invero, anche accedendosi all'opinione, secondo la quale si 
hanno cause inscindibili, quando l'attore accetti il contraddittorio nei 
confronti del chiamato in causa, proponendo le sue domande, congiuntamente 
o alternativamente, contro il convenuto originario e l'inter


che avrebbe potuto giustificare la sua presenza nel giudizio, e pone nel 
nulla, revocandolo, il precedente provvedimento di chiamata in causa, con 
ci� viene meno il presupposto processuale della inscindibilit� delle causa 
-che la giurisprudenza riconduce in questi casi al c. d. litisconsorzio 
necessario di carattere processuale -con la conseguenza che, se le parti 
non impugnano il provvedimento di estromissione, non sussiste pi� alcuna 
ragione la quale imponga che il processo prosegua nelle ulteriori fasi con 
il contraddittorio della parte estromessa (Cass., 15 ottobre 1957, n. 3821, 
Foro it., Rep. 1957, v. Appello civ., n. 139; App. Roma, 18 marzo 1959, 
Giust. civ., Rep., 1959, v. Impugnaz. civ. n. 28). 

Cos�, nell'ipotesi di� cause dipendenti, la Suprema Corte si � pr�nunciata 
nel senso che non � necessaria l'integrazione del contraddittorio se, per 
i precisi limiti dell'impugnazione, deve escludersi la incidenza del giudizio 
di gravame sulla statuizione emessa per la causa dipendente (Cass., 22 ottobre 
1963, n. 284, Giust. civ., Mass., 1963, n. 1322; Cass., 30 gennaio 1963, 

n. 153, Giust. civ., 1963, I, 508). � 
In base aUo stesso principio si esclude la necessit� della integrazione 
del contraddittorio nei confronti del terzo se possa comunque ravvisarsi 
la formazione del giudicato (Cass., 18 luglio 1961, n. 1744, Giust. civ., 
1961, I, 2040), e nei confronti di chi, se pur sia stato parte in primo grado, non 
ha pi� interesse ad essere presente nell'ulteriore corso della �causa, perch� 
l'emananda sentenza di appello non sar� � inutiliter data� nonostante il 
suo allontanamento (Cass., 20 agosto 1954, n. 2981, Giust. civ., 1955, I, 26; 
10 luglio 1951, n. 1877, Foro it., Rep., 1951, v. Appello civ., n. 262). 

Affrontando ora i due problemi che la presente sentenza ha accantonato, 
� senz'altro da escludere, sulla base di quanto sopra esposto, che 
possa ravvisarsi un'ipotesi di litisconsorzio necessario nel caso in cui sia 
controverso chi sia legittimato passivo in un giudizio. � evidente che ci� 
deve escludersi, tenendo presente che il litisconsorzio necessario presup


. pone la deduzione in giudizio di un unico rapporto giuridico con pluralit� 
di parti; in base a queste consider�azioni la Cassazione, pronunciandosi 
recentemente (Cass., 18 apri.le 1966, n. 177, in questa Rassegna, 1968, I, 587, 
con nota; 4 agosto 1966, n. 2167, Riv. dir. proc., 1967, 722, con nota di 
LIEBMAN, Difetto di legittimazione passiva; 7 gennaio 1967, n. 57, in questa 
Rassegna, 1967, I, 82, con nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza) 
ha escluso la configurabilit� di un litisconsorzio necessario tra un non legittimato 
costituito in giudizio e il legittimato non comparso perch� non citato, 
con la conseguenza del rigetto della domanda. 

In altre pronunce in tema di obbligazioni contrattuali, la Cassazione 
ha affermato che ove il convenuto opponga di essere estraneo al rapporto 
dedotto in giudizio ed indichi un terzo quale unico e vero soggetto passivo 
dell'obbligazione, non si ha, per il solo fatto di tale indicazione, un rapporto 
necessariamente litisconsortile di diritto sostanziale, n�, quindi, la 
necessit� dell'integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo indicato, 
non prospettandosi altra esigenza, ai fini della condanna o dell'assoluzione 
del convenuto, se non quella di accertare se lo stesso sia il legittimo 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

muto (nei cui riguardi dovrebbe essere accertato il fondamento 
!Ila pretesa dell'attore), e si ha causa dipendente rispetto a quella 
incipale, oltre che nella chiamata in garanzia propria, anche in 
iella impropria, nel caso di specie, come ha esattamente ritenuto la 

ntraddittore (Cass., 26 marzo 1964, n. 678, Giust. civ., 1964, I, 1439; conf. 
>p. Palermo, 2 ottobre 1957, Giust. civ., Rep., 1958, v. cit., n. 77; .App. Caaia, 
18 febbraio 1959, id., Rep. 1959, v. cit., n. 73; analogamente si � 
~,luso il litisconsorzio necessario nel caso in cui il convenuto opponga 

essere estraneo alla produzione del danno ed indichi un terzo quale 
ico ed esclusivo responsabile dell'evento dannoso: Cass., 5 agosto 1950, 
,ro it., Rep. 1950, v. Proced. civile, n. 62; 3 ottobre 1959, n. 2644, cit.). 

Ma quid nel caso in cui si controverta su chi sia fra pi� parti il 
~getto passivo di un rapporto giuridico perch� l'attore, accettando il 
atraddittorio nei confronti del chiamato in causa (intervento su istanza 
parte), abbia proposto le sue domande congiuntamente o alternativamente 

d. litisconsorzio alternativo passivo)? � evidente che anche in questo 
;o non pu� parlarsi di litisconscorzio necessario; l'ipotesi � da ricondurre 
nmai all'istituto dell'intervento su istanza di parte (art. 106), ma riesce 
l�cile qualificare come � comune � all'intervenuto la causa iniziata nei 
lfronti del conven.to originario. Comunque � questa una delle ipotesi 
~ la giurisprudenza e parte della dottrina qualificano come di c. d. liti1nsorzio 
necessario di natura processuale o di c. d. litisconsorzio neces'
�O successivo (in contrapiposizione. a quello di natura sostanziale, che 
>riginario); ne consegue che, qualora la questione venga riproposta in 
>ello, si ritiene sussistente la inscind~bilit�, in base al principio che non 
~oncepibile un giudizio d'impugnazione senza il contraddittorio di una 
:te che in primo grado era stata contraddittrice necessaria (anche se 
o per ragioni di ordine processuale) sul punto di controversia oggetto 
l'impugnazione (Cass., 15 dicembre 1962, n. 3377, Giust. civ., Mass., 1962, 
'4; 4 febbraio 1960, n. 171, Arch. resp. civ., 1961, 505; 7 febbraio 1959, 
403, Giust. civ., Rep. 1959, v. Impugnaz. civ., n. 36; 28 ottobre 1958, 
3522, Foro It., Rep. 1958, v. Appello 'civ., n. 137; contra Cass., 26 feb.
io 1948, n. 308, Giur. compl. Cass. civ., XXVII, 2, 620, con nota di FAz..: 
ARI, Del litisconsorzio. nelle impugnazioni; App. Genova, 4 .settembre 
2, Dir. eccl., 195; in dottrina, nel senso dell'inscindibilit�, ANDRIOLI, 
nm. cod. proc. civ., II, 397; cfr. anche ALLORIO, Litisconsorzio alternativo 
sivo e impugnazione incidentale, Giu. it., 1947, IV, 73; CARNACINI, Il litinsorzio 
nella fase di gravame, Padova 1937, 154; PEsTALOZZA, Sul litiscont:
io alternativo, Foro pad., 1947, I, 7. 
Resta da esaminare infine l'altro problema concernente la possibilit� 

�avvisare o meno un'ipotesi di litisconsorzio necessario nel caso di chia


;a in garanzia, e quindi l'inscindibilit� o l'interdipendenza delle cause 

incipale e di garanzia). 

La chiamata in garanzia consiste nell'intervento a istanza di parte 

:m terzo tenuto a prestare una garanzia nei confronti del chiamante; 

effetto di tale chiamata, nel rapporto processuale si innesta un'altra 

ianda, quella di garanzia. 

La dottrina e la giurisprudenza distinguono fra garanzia propria, che 
La quando fra le altre domande vi � identit� o connessione obiettiva 
titoli, e c. d. garanzia impropria (che in realt� non � garanzia), che 
:isterebbe allorch� il convenuto tende a riversare le conseguenze del 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Corte di merito, il vincolo di inscindibilit� o di dipendenza era venuto 
meno nella fase di gravame, perch� l'impugnazione principale non 
investiva la statuizione della sentenza di primo grado, riflettente la 
estromissione del chiamato. 

proprio inadempimento, o comunque le conseguenze della lite contro di lui 
iniziata, sopra un terzo, in base ad un titolo diverso da quello dedotto con 
la domanda princiipale. Nella garanzia propria (reale o personale) il garante, 
per contratto o per legge, � tenuto a rispondere delle obbligazioni 
del garantito verso l'attore; � tenuto a risarcire il garantito degli effetti 
della condanna da lui subita nei confronti dell'attore. 

In base alle considerazioni svolte pi� sopra sui presupposti del 
litisconsorzio necessario � evidente che la chiamata in garanzia (propria 

o impropria) non pu� farsi rientrare in detto istituto. 
La riunione dei giudizi pu� verificarsi a seguito di intervento su istanza 
di parte, come previsto dall'art. 106 c.p.c., il quale non distingue fra chiamata 
in garanzia propria e chiamata in garanzia impropria (Cass., 4 maggio 
1962, n. 864, Giust. civ., Rep., 1962, v. Garanzia, n. 8; 13 febbraio 1961, 

n. 316, Giur. it., 1962, I, 1, 36, con nota di S. LA CHINA, Simiglianze e dissimiglianze 
fra la garanzia propria e l'impropria; ivi, 1962, I, 1, 590, con 
nota S. CosTA, Garanzia impropria e spostamento di competenza, Foro pad., 
1962, I, 901; Resp. civ. prev., 1962, 79; Monit. Trib. 1962, 1409; Giust. civ., 
1962, I, 547; critica la distinzione tra garanzia propria ed impropria Trib. 
Milano, 9 settembre 1954, Giur. it., 1955, I, 2, 324, con nota contraria di 
TARZIA, Sulla nozione di garanzia impropria). 
Conseguentemente, ai fini delli'ntegrazione del contraddittorio nel giudizio 
d'impugnazione (art. 331 c.p.c.) � da escludere che azione principale 
e azione di garanzia, esercitate in un unico giudizio, possano costituire 
causa inscindtbile. � da ritenere, invece, come si � gi� accennato, che la 
causa principale e quella di garanzia rientrino nel concetto di � cause fra 
loro dipendenti ., equiparate dall'art. 331 c;p.c. alle cause inscindibili. 

Ci�, per�, limitatamente alla garanzia propria, in quanto nella garanzia 
impropria la causa principale e quella di garanzia -che costituiscono 
in definitiva un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo e che, quindi, in 
primo grado, possono essere separate a norma dell'art. 103 c.p.c. -sono, 
oltre che scindibili, anche indipendenti (Cass., 23 maggio 1961, n. 1210, 
Giust. civ., Rep. 1961, v. Competenza civ., n. 71; 19 ottobre 1959, n. 2951; id., 
1960, I, 555; 13 novembre 1957, n. 4376, id., Rep., 1957, v. Intervento, n. 107; 
4 giugno 1956, n. 1879, id., 1957, I, 115; 4 ottobre 1955, n. 2804, Foro it., 
Rep., 1955, v. Garanzia, n. 11; contra, nel senso della necessit� del litisconsorzio 
tra le parti della lite principale e di quella di garanzia impropria, 
Cass., 8 novembre 1956, n. 4207, Giust. civ., 1957, I, 443). 

Quindi, anche a prescindere dall'estromissione del chiamato in garanzia 
e dalla acquiescenza delle appellanti principali sul capo della sentenza 
relativo all'estromissione, costituendo le cause oggetto del giudizio di cui 
alla sentenza annotata un'ipotesi di garanzia impropria -come � indubbio 
e come � detto nel testo stesso della sentenza -non era da ravvisare 
fra le stesse un vincolo di inscindibilit�, n� di di.pendenza, con la conseguenza 
che non andava ordinata l'integrazione del contraddittorio ai sensi 
dell'art. 331 c.p.c .. 

V. A. FIDUCCIA 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 963 

L'estromesso con la sentenza anzidetta sarebbe stato litisconcorte 
�cessario nei riflessi della impugnazione soltanto se fosse stata posta 

discussione la ritualit� della estromissione; mentre il Comune, 
vendo necessariamente valersi della impugnazione incidentale anche 
i confronti del Ministero, che era rimasto estraneo al relativo giudo, 
avrebbe dovuto osservare la forma e il termine di decadenza, 
evisti dall'art. 343 cod. proc. civ., salvo poi a notificare al Ministero 
~sso, in quanto estraneo, la propria impugnazione. 

Ora, il Comune non si costitui in Cancelleria, n� alla prima 
ienza dinanzi all'istruttore, ma soltanto alla seconda udienza, e 
Jpose l'impugnazione incidentale quanto era gi� decorso il termine 
rentorio all'uopo stabilito, dovendo intendersi per prima udienza 
ella di comparizione, in cui sia stata svolta dall'istruttore, anche 
plicitamente, una qualsiasi attivit� processuale a norma dell'art. 350 
tde la preclusione del gravame non si verifica sol.o se tale udienza 
1 sia stata affatto tenuta), e riflettendo la previsione del primo 
nma, ultima ipotesi dell'art. 343 le parti citate ai sensi degli artii 
331 e 332, e non gi� l:appellato originario. 

Con il quarto ed il quinto mezzo si muovono alla sentenza della 

rte napoletana censure, che presuppongono l'erroneit� della statui


ne circa la inammissibilit� dell'appello incidentale, presupposto che 

;tato invece disatteso, onde l'esame delle relative questioni deve 

mersi assorbito dal rigetto dei primi tre motivi. 

Con il sesto mezzo, infine, si duole il ricorrente che, nella liqui


fone dei danni subiti dalle attrici, la Corte si sia creduta autorizzata 

ire ricorso a valutazioni equitative. Ma � agevole obbiettare che tale 

>rso � rimesso al prudente criterio del giudice di merito, il quale 

mosce che la determinazione dal preciso ammontare del danno non 

possibile o sia sommamente difficile: il che si � appunto verificato 

caso in esame, come la Corte ha esaurientemente motivato, svol


do un'indagine di fatto,� insindacabile in sede di legittimit�. 


nissis). 

:tTE DI CASSAZIONE, Sez Un., 27 giugno 1968, n. 2062 -Pres. 
Flore -Est. Ferrati -P. M. Tavolaro (conf.) -Oapochiani ed altri 
(avv. Armenise) c. I.A.C.P. della Provincia di Bari (avv. Memeo, 
Tanzarella, Monopoli), �;-escal (avv. Stato Albisinni), Mensa Vescovile 
di Molfetta (avv. Schiavone), Comune di Molfetta (avv. 
Barbiera). 

ropriazione per p. u. -Retrocessione -Fondamento -Criteri distintivi. 
(legge 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 60, 61, 63). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per p. u. -Retrocessione -Trasferimento de! fondo 
espropriato a terzi con l'obbli~o di dare esecuzione all'opera pubblica 
-Realizzazione in termine -Retrocessione -Inammissibilit�. 


Espropriazione per p. u. -Retrocessione -Esecuzione di opera pubblica 

diversa da quella prevista -Diritto alla retrocessione -Reinte


~razione in forma specifica -Inammissibilit�. 

(legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 63; legge 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E, 
art. 4). 

Il diritto deH'espropriato ad ottenere la retrocessione del fondo 
consegue alla inutilizzabilit� di questo rispetto all'opera pubblica per 
cui fu disposto il provved.imento ablativo e la distinzione tra le due 
ipotesi previste negti artt. 60 e 63 della legge 25 giugno 1865, n. 2539 
non consiste nel carattere parziale o totJale della re�trocessione, bens� 
nel presupposto di tale inutilizzabilit�, che nel primo caso risiede 
nel riconoscimento fatto dall'Amministrazione in ordine alla parte 
del fondo sopravanzata all'esecuzione dell'opera, mentre nel secondo 
discende dalla gim�idica impossibi!it� di destinarlo a questa, per effetto 
delLa sopravvenuta decadenza della dichiarazione di p. u. per decorso 
del termine stabilito o per la diversa destinazione data all'immobile, 
con carattere di definifJivit�, incompatibile con l'attuazione dell'opera 
progettata (1). 

(1) Conf. Cass., 4 marzo 1966, n. 634; Cons. Stato, IV, 29 settembre 1966, 
n. 610, Foro Amm., 1966, I, 2, 1332. 
Il diritto alla retrocessione presuppone l'avvenuta espropriazione, e 
pertanto le ipotesi previste dagli artt. 60 e 63 della legge 1965, n. 2359 si 
pongono su di un piano diverso da quello di cui al precedente art. 13, 
in cui la scadenza dei termini ivi previsti, rendendo inefficace la dichiarazione 
di p. u., impedisce di procedere all'espropriazione. 

Qualora invece questa abbia avuto luogo qu� farsi luogo alla retrocessione, 
ove sussistano le condizioni stabilite dagli artt. 60 e segg. che ne 
regolano gli effetti (cfr. Cass., 7 luglio 1956, n. 2534). 

Il fondamento delle due ipotesi di retrocessione (artt. 60 e 63), entrambe 
le quali riposano sulla non utilizzabilit� del fondo o di parte di esso per 
i fini previsti, secondo la comune opinione (cfr. LANDI, Espropriazione per 

p. u., in Enciclopedia del diritto, 833; CARUGNO, Espropriazione per p. u.) 
risiede per la� prima nella necessit� di limitare il sacrificio dei singoli imposto 
nel generale interesse, quante volte, realizzata l'opera pubblica, 
sopravanzi parte del fondo espropriato che l'Amministrazione riconosca 
non pi� utilizzabile per quella (che il decreto previsto dall'art. 61 possa 
essere emanato oltre che dal Prefetto da altra Autorit� competente cfr. 
S. U., 9 luglio 1929, Capriccioni-Finanze, Giur. It., 1929, I, 1, 1039); per la 
seconda invece nella presunzione del venir meno di quel generale interesse 
che giustificava il sacrificio del singolo, a causa appunto deHa mancata 

~ 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 965 

Non ricorre il presupposto per farsi luogo a retrocessione del bene 
:>ropriato per rinunzia all'esecuzione dell'opera pubbLica, qualora 
esta sia stata eseguita in termini a cura di un soggetto diverso 
ii-espropriante, al quale quest'ultimo lo abbia trasferito con siffatto 
biigo (2). 

Ove sia stata realizzata una opera pubblica diversa da que.ZZa per 
: fu disposto l'esproprio, pur s�ssistendo il diritto alla retrocessione 
bene, non pu� essere emessa una pronunzia di reintegrazione in 
ma specifica ma solo, in adempimento dell'obblig.azione sostitutiva, 

condanna al rism�cimento dell'eventuale danno (3). 

(Omissis). -Devesi anzitutto disporre la riunione, sotto il numero 
ruolo pi� antico, ,,del ricorso principale e del ricorso incidentale 
>posti entrambi contro la medesima sentenza. 

Va esaminato preliminarmente il ricorso incidentale, che c9n i 
mi due motivi solleva questioni idonee a troncare in radice la 
LtToversia. 

Con il primo motivo, denunciando violazione per errata interpreione 
delle norme degli artt. 60, 61 e 63 legge 25 giugno 1865, 
2359, il comune di Molfetta eccepisce il difetto di giurisdizione 

giudice ordinario, poich� nena fattispecie ricorrerebbe non gi� 

ipotesi di retrocessione totale del bene espropriato, disciplinata 

l'art. 63 della legge sulle espropriazioni per pubblica utilit�, bens� 

L ipotesi di retrocessione parziale, in quanto il bene espropriato 

ebbe stato parzialmente utilizzato per l'esecuzione dell'opera pub


:uzione dell'opera progettata o della impossibilit� di realizzarla (cfr. 
s., 7 maggio 1965, n. 836, in questa Rassegna, 1965, I, 940 con nota di 
tiami; cfr. altresi Cass., 30 novembre 1966, n. 2809, in questa Rassegna, 
7, I, 230 con nota). 

(2) .Non constano precedenti in termini oltre la sentenza 30 novembre 
7, n. 2849, Gius. Civ., 1968, I, 426 menzionata in motivazione. 
Dette pronunzie sono del tutto aderenti ai principi di diritto in tema 
�etrocessione, la cui ragione riposa appunto sulla non utilizzabiUt� del 
e espropriato per l'esecuzione dell'opera pubblica progettata, onde 

� dato ravvisare,� il relativo diritto allorquando l'espropriante abbia a 
ttta realizzazione sia pure a mezzo di terzi, destinato il fondo. 

(3) Cfr. Cass., 18 aprile 1962, n. 758; Trib. Catania, 23 ottobre 1964, Cate 
c. FF. SS., Riv. Giur. edilizia, 1965, I, 1029. 
La massima costituisce l'applicazione dei principi sia in tema di retroione, 
la quale lungi dall'operare la risoluzione degli effetti del decreto 
~sproprio attua, allorch� ne sussistano i requisiti, un nuovo trasferi:
to della propriet� con efficacia ex nunc (Cass., 21 ottobre 1961, n. 2283; 
:iugno 1960, n. 1660) sia in tema di limiti imposti alla pronunzia del 
lice ordinario della norma di cui all'art. 4 legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
~-E nei confronti della P. A. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

blica: di conseguenza, i germani Capochiani non avrebbero potuto 
far valere di fronte al giudice ordinario alcun diritto prima che 
l'autorit� amministrativa avesse emesso i provvedimenti richiesti, per 
tale ipotesi, dall'art. 61 della legge medesima. 

Questa censura va senz'altro disattesa perch� presuppone un criterio 
distintivo tra le due ipotesi contemplate rispettivamente negli 
artt. 63 e 60 della legge sovramenzionata, che � del tutto diverso da 
quello �elaborato dalla giurisprudenza. 

La Corte d'appello di Bari, per respingere l'eccezione, si � richiamata 
ad una decisione di questo Supremo collegio, che lungi dall'essere 
rimasta isolata come assume il ricorrente, costituisce l'espressione 
di un costante indirizzo giurisprudenziale, gi� enunciato in 
precedenza e successivamente ribadito. 

Alla stregua di esso quel che veramente differenzfa le due figure 
di retrocessione, separatamente disciplinate negli artt. 63 e 60, non 
� tanto il carattere, totale o parziale, della retrocessione, bens� la 
causa della sopravvenuta inutilizzabilit� del bene espropriato, vale a 
dire l'esecuzione, o no, dell'opera pubblica in contemplazione della 
quale era stata disposta l'espropriazione: invero, mentre nell'ipotesi 
prevista dall'art. 60 l'inutilizzabilit� del bene consegue all'avvenuta 
esecuzione dell'opera pubblica e riguarda quel singolo bene o parte 
di esso che l'amministrazione riconosce non dover pi� servire all'esecuzione 
dell'opera stessa; nell'ipotesi contemplata dall'art. 63 la inutiliz:
l)abilit� discende dall'impossibilit� giuridica di dare ai beni espropriati 
o ad alcuni di essi la .prevista destinazione per effetto della 
decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� per scadenza del 
termine o per fatti sopravvenuti, che diano l'assoluta <;ertezza che 
quei beni non possono pi� essere destinati al compimento dell'opera 
pubblica (sent. 4 marzo 1966, n. 634, Foro it., Rep. 1966, voce Espropriazione 
per p. u., nn. 242-246; 7 maggio 1965, n. 836, id., Rep. 1965, 
voce cit., n. 172; 2 febbraio 1963, n. 183, id., 1963, I, 230). 

E siccome il ricorrente incidentale non offre alcun argomento 
idoneo a contrastare siffatta interpretazione, questo Supremo collegio 
deve ribadire il .proprio indirizzo giurisprudenziale, che bene rispecchia 
le caratteristiche individuatrici delle due ipotesi di retrocessione e 
fornisce una adeguata giustificazione al potere che, soltanto nel caso 
di avvenuta esecuzione dell'opera pu� riconoscersi all'amministrazione, 
condizionandosi all'esercizio concreto di esso il diritto del1'
espropriato. 

Ora non � seriamente contestabile che nella fattispecie in esame 
non sia stata eseguita l'opera pubblica: basta riflettere che scopo 
della espropriazione era la costruzione di case popolari su una superficie 
di oltre 8.000 mq. di terreno edificatorio e che le alienazioni, 
successivamente effettuate ad oltre dieci anni dall'espropriazione dal



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

stituto autonomo case popolari, hanno avuto per oggetto quasi l'intera 
ea gi� appartenente alla De Judicibus. Dal raffronto tra i dati 
tastali originari e la somma delle superfici alienate con i diversi 
:i emerge una lieve differenza che potrebbe anzitutto dipendere da 
~ori di calcolo nelle singole misurazioni, ma, se anche la causa fosse 
rersa e cio� si dovesse ammettere che quella minuscola porzione 
:se stata conglobata nel terreno contiguo, pure espropriato, che pare 
bia avuto la prevista destinazione pubblica, la circostanza rimar>
be irrilevante ai fini che qui interessano. 

� d'uopo in proposito riflettere che non si devono considerare 
itariamente tutti i terreni colpiti dal medesimo decreto di esproazione, 
bens� si deve aver riguardo esclusivamente ai beni del 
:getto che esercita l'azione di retrocessione: � noto infatti che, 
posta l'espropriazione di un complesso di beni immobili appartenenti 
1roprietari diversi, ciascuno dei proprietari espropriati .pu� richiedere 
decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� con la conseguente 
rocessione se sul proprio terreno l'opera non sia stata eseguita (sent. 

ottobre 1964, n. 2590, Foro it., Rep. 1964, voce Espropriazio1Jte per 

&., nn. 191, 195). Ed allora � evidente come si possa affermare con 

tezz,a che sul terreno De Judicibus l'opera pubblica prevista non � 

;a eseguita e non pu� pi� venir attuata, onde correttamente la 

.ispecie � stata inquadrata nelle previsioni dell'art. 63, anzich� in 

Ue dell'art. 60, cos� come del resto riconoscono anche le alt:rie parti 

troricorrenti. 

Parimenti infondato � il secondo motivo del ricorso incidentale, 

cui si sostiene che la retrocessione dovrebbe essere esclusa in 

nto i beni espropriati sarebbero stati effettivamente utilizzati per 

pubblici. 

Giova considerare che non ricorre un'ipotesi di rinuncia all'ese


.one dell'opera pubblica (con le relative conseguenze ai fini della 

ocessione) nel caso in cui l'opera di pubblica utilit� sta stata 

:uita a cura di un sog,getto diverso dall'espropriante, ma in base 

uno specifico accordo con questo, in conformit� alle previsioni e 

termine prescritto: invero, mentre la vendita pura e semplice dei 

. espropriati, la cui propriet� venga trasferita definitivamente a 

i, senza condizioni e senza oneri, rivela la volont� del venditore 

opriante di rinunciare all'esecuzione dell'opera di pubblica utilit� 

tutti gli effetti che ne conseguono, ad opposta conclusione deve 

�enirsi quando vengano accollate all',acquirente le obbligazioni 

nti carico all'espropriante, cosicch� alla volont� dell'espropriante 

a sempre farsi risalire l'esecuzione dell'opera pubblica che l'acqui


e abbia realizzato (sent. 30 novembre 1967, n. 2849, Foro it., 

;., 772). Ci� evidentemente quando l'opera presenti caratteristiche 

da consentirne la realizzazione ad opera di un soggetto �diverso 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dall'espropriante: occorre poi che si tratti sempre di quella determinata 
opera di pubblica utilit�, in vista della quale fu disposta l'espropriazione, 
giacch� l'esercizio del diritto alla retrocessione non � precluso 
dalla circostanza che l'immobile espropriato possa avere o possa aver 
avuto una diversa destinazione anche essa� di pubblica utilit� (sent. 7 

I


maggio 1965, n. 836, id., Rep. 1965, voce Espropriazione per p. i., n. 172). 
Gli � che per imprimere al bene una diversa destinazione di 

I


pubblica utilit� occorre un'apposita dichiarazione di pubblica utilit� 
ed una nuova espropriazione e uri esempio tipico lo offre proprio la 
fattispecie, giacch� per destinare parte del suolo in contestazione a 
costruzione di edifici per la Gestione INA--Casa era stato avviato 

I


apposito ,procedimento di espropriazione con emissione del decreto di 

occupazione di urgenza, procedimento che non venne �poi portato a 

compimento per l'intervenuto accordo con la stipulazione della vendita 

tra l'espropriante gestione e l'Istituto autonomo case popolari, che 

assumeva la veste dell'espropriato.� 

Ci� dimostra nel modo pi� evidente l'errore che vizia il ragionamento 
del rico�rrente incidentale, il quale si arresta all'elemento apparentemente 
comune dell'edilizia popolare e non avverte le differenze 
che intercorrono tra le costruzioni effettuate dai due enti, le quali non 
permettono di utilizzare ai fini dell'uno beni espropriati per la realizzazione 
dei fini dell'altro: � appena il caso di aggiungere che non 
hanno alcuna rilevanza le dichiarazioni che sarebbero contenute negli 
atti di vendita, non emergendo assolutamente da esse l'intento dell'alienante 
(posto che lo potesse ancora fare nonostante il tempo 
. trascorso) di trasferire agli acquirenti quegli obblighi che esso aveva 
assunto .per effetto dell'espropriazione in danno della De Judicibus. 

Ad ogni modo di identit� dell'opera non si pu� assolutamente 

parlare per quella' parte di suolo che fu acquistata dalla Mensa vesco


vile per la costruzione di una chiesa con annesso oratorio o .per quella 

parte che il comune di Molfetta ha usato .per la creazione di una rete 

viaria nella zona e per la costruzione di case per i suoi dipendenti: 

� certo infatti che si tratta di opere di pubblica utilit� che non hanno 

nulla a che vedere con quella contemplata e prevista nel decreto di 

espropriazione. 

Si pu� pertanto passare ,~ll'esame del ricorso principale. 

Nel primo motivo ,di detto ricorso si denuncia violazione e falsa 

applicazione degli artt. 63 legge 25 giugno 1865, n. 2359, 834, 936, 948, 

2043, 2740, 2901, 2908 cod. civ., 31, 40, 99, 100, 112, 113, 163 cod. 

proc. civ., nonch� travisamento delle situazioni di fatto e �contraddit


toriet� di motivazione e si censura la Corte d'appello perch�, dopo aver 

riconosciuto l'esistenza delle condizioni per l'azione di retrocessione, 

non avrebbe tratto da tale accertamento le necessarie conseguenze 

giuridiche lasciandosi fuorviare dalla circostanza che la restituzione 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

bene era divenuta imposstbile a causa della destinazione che il 
1e stesso aveva ricevuto ad opera dei terzi cessionari. Erroneamente 
:::orte avrebbe affermato che, qualora non sia giuridicamente possila 
restituzione, non sia possibile neanche la pr�nuncia costitutiva 
la r.etrocessione del bene, n� la declaratoria astratta del diritto alla 
�ocessione: essa, infatti, non avrebbe considerato che l'azione dei 
prietari aveva una duplice qualificazione e finalit�, l'una diretta 
~nte espropriante decaduto dall'espropriazione con la reintegra1e 
del diritto di propriet� sacrificato mediante la retrocessione 
.'immobile, l'altra contro i terzi per la rivendicazione da costoro del 
iesimo immobile. Pertanto, non potev�a essere negata la declaratoria 
s per la decadenza dell'istituto della espropriazione, che era fon1entale 
ai fini della legittimit� dell'azione, in quanto �gli effetti 
!ifici e concreti della pronuncia costitutiva, che �avrebbero riguar> 
la retrocessione, ove questa possibile, si sarebbero riflessi giuridiLente 
sulle responsabilit� e sull'obbligazione conseguente al risarcitto 
del danno nella ipotesi della impossibilit� della retrocessione �. 
Con il secondo motivo si denuncia nuovamente violazione e falsa 
li.cazione delle medesime norme di diritto in precedenza elencate, 
ch� omissione, insufficienza e contraddittoriet� di motivazione, in 
nto :la Corte di appello avrebbe considerato decisiva, al fine di 
udere la possibilit� di restituzione dell'immobile, la destinazione 
stesso impressa dai tre enti acquirenti, mentre in tal modo veniva 

Tfettamente legittimato l'esercizio dell'azione sia della declaratoria 
diritto richiesta a presupposto della domanda di affermazione di 
�onsabilit� e �di condanna al risarcimento, sia alla stessa domanda 
�isarcimento dei danni �. 

Si assume in particolare che, dovendo il creditore proprietario 
�opriato, nell'azione di retrocessione contro l'espropriante, rima~ 
assolutamente estraneo al rapporto tra obbligato principale e 
i, la asserita impossibilit� della restituzione da parte dei terzi non 
arda il creditore, giacch� il dovere di ricuperare l'immobile per 
ltuirlo agli espropriati, titolari del � diritto alla restituzione, era 
'espropriante e si afferma altres� che l'esistenza dell'opera pubblica 
itualmente elevata sull'immobile retrocedendo � non pu� impedire 
one di risarcimento che � nella legge �, giacch� � nella cessione a 
l dell'immobile, definitivamente espropriato, ma soggetto alla retroione 
per inesecuzione dell'opera pubblica per la quale era stata 

l'autorizzazione (rectius, la dichiarazione) di pubblica utilit�, 
esponsabilit� delle cessioni incombono sull'espropriante, che, aliefo 
il bene, ha proceduto ad operazione che non poteva e non 
~va fare, sottraendosi illecitamente al dovere della retrocessione 
~stituzione e facendola rendere dai terzi detentori, con o senza il 
consenso, impossibile �. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Entrambi i motivi, che si intrecciano a vicenda, onde se ne im


pone l'esame congiunto, si risolvono in mere esercitazioni dialettiche 

senza alcuna rilevanza concreta sulla risoluzione della controversia. 

La Corte del merito non ha affatto negato che nel caso concreto 
ricorressero tutti gli �estremi richiesti dalla legge per la retrocessione 
dell'immobile espropriato; _al contrario ha fatto un'esplicita affermazione 
in tal senso, onde sotto questo profilo i ricorrenti non avrebbero 
interesse a proporre doglianze in quanto il giudice ha riconosciuto la 
sussistenza del diritto da loro fatto valere in giudizio: si deve piuttosto 
riflettere che la C_orte di Bari ha ritenuto perfettamente inutile emettere 
una formale declaratoria che non avrebbe potuto importare immediate 
e dirette conseguenze pratiche in favore degli attori, perch� 
questi non avrebbero potuto riacquistare la propriet� del terreno loro 
espropriato sul quale erano sorte delle opere pubbliche e non pu� non 
convenirsi sull'esattezza del rilievo della Corte che fa pronuncia del 
giudice deve attribuire o negare il bene della vita, intorno al quale 
� sorta contesa, e non deve limitarsi a mere affermazioni di mass.ima. 

Giova piuttosto considerare che la dec�adenza della dichiarazione 
di pubblica utilit� con le relative conseguenze in punto retrocessione 
� un effetto sanzionatorio per il mancato tempestivo compimento dell'opera 
pubblica: essa si verifica ipso iure per l'infruttuoso decorso 
del termine che, a garanzia del diritto dell'espropriato, deve essere 
indicato nel decreto prefettizio che pronuncia l'espropriazione (art. 13 
legge 25 giugno 1865, n. 2359) o anche prima della scadenza del termine, 
quando si determini, come gi� detto, una situazione �di fatto, la 
quale dia la certezza dell'imposstbilit� del compimento dell'opera, 
impossibilit� che pu� essere desunta anche da una nuova e diversa 
destinazione impressa al bene espropriato, purch� con carattere di 
definitivit� ed incompatibilit� con l'attuazione dell'opera progettata 
(sent. 24 marzo 1959, n. 918, Foro it., Rep. 1959, voce Espropriazione 
per p. u., n. 108). 

Ma ci� non significa che in quel medesimo momento l'espropriante 
perda la disponibilit� del bene: il diritto alla retrocessione viene 
invero configurato come un diritto potestativo, .giacch� al verificarsi 
di quel determinato presupposto (la decadenza della dichiarazione di 
pubblica utilit�) sorge a favore dell'espropriato la facolt� di chiedere 
la retrocessione e a carico dell'espropriante l'obbligo di sottostare ad 
essa non essendogli consentito ,di opporvisi efficacemente. 

Tuttavia, fi.no a quando l'espropriato non eserciti quella facolt�, 
l'espropriante continU(l ad essere legittimo proprietario del bene e 
quindi, nei limiti derivanti dal possibile esercizio del diritto potestativo 
dell'espropriato, pu� esercitare tutti i poteri inerenti al diritto di propriet�, 
poich� la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� non 
importa n� annullamento, n� revoca del provvedimento �espropriativo: 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

pr~prio per questo che alla sentenza, la quale pronuncia la retroces1ne, 
viene riconosciuto carattere costitutivo, in quanto essa determina 

trasferimento coattivo dell'immobile a favore dell'espropriato con 
icacia ex nunc (sent. 17 marzo 1967, n. 607, Fo'T"o it., Rep. 1967, voce 
prop'T"iazione pe'T" p. i., nn. 193, 194; 23 ottobre 1964, n. 2646, id., 

p. 1964, voce cit., n. 201). 
Ora non si pu� non porre in evidenza che i germani Capochiani 
ll sofo non hanno ;proposto l'azione subito dopo la scadenza del 
mine che avrebbe dovuto essere fissato nel decreto di espropriazione 
sentenza impugnata non contiene alcuna .precisazione in proposito, 

il decreto � acquisito agli atti), ma hanno atteso, per adire il 
:dice, che l'Istituto case popolari avesse alienato interamente il suolo: 
~ta circostanza di fatto � sicuramente rilevante ai firii dell'asserita 
ponsabilit� dell'espropriante, ,chiaro essendo come ben diversamente 
>ba essere valutato il suo comportamento a seconda che gli atti di 
posizione del bene espropriato siano anteriori o posteriori alla 
1iesta di retrocessione del bene medesimo. E ci� � a dirsi anche nei 
uardi dei terzi acquirenti, pur essendo gli stessi in ogni caso legit.
ati passivi all'azione di retrocessione, av.ente natura reale (sent. 22 
lio 1959, n. 2375, Foro it., Rep. 1959, voce ESP'f"Opriazione per p. i., 

100-106 bis; 16 marzo 1959, n. 768, id., 1960, I, 119). 

Ad ogni modo � certo .che, potendo l'esproprfato far valere il suo 
itto alla retrocessione nel momento in cui gli appaia pi� opportuno 
onveniente, egli deve necessariamente subire 1gli effetti della situa1e 
obiettiva che esista al momento dell'esercfaio dell'azione e quindi 
ilizzazione, che medio tempo'T"e sia stata fatta del bene espropriato, 
' incidere sulla sorte della domanda di retrocessione, qualora detta 
izzazione sia stata tale da rendere impossibile la restituzione.. 
Questo � in sostanza quanto hanno inteso dire i giudici del merito 
ndo hanno ritenuto che fosse risolutiva per il rigetto della domanda 
1cipale degli attori la circostanza che sul terreno espropriato erano 
e costruite delle opere pubbliche o delle quali la destinazione era 
rispettare (la chiesa): � certo, infatti, che la reintegrazione in forma 
!ifica del diritto di propriet�, cui tende la pronunda di retrocesLe, 
� impossibile quando l'immobile sia stato trasformato con la 
ruzione di un'opera pubblica, non essendo consentito al giudice 
inario emettere una pronuncia che comporterebbe la revo.ca o 
LUnque la modifica di-Un atto amministrativo (sent. 18 aprile 1962, 

58, Foro it., Rep. 1962, voce Espropriazione per p. u., n. 250). 

Non sembra necessario attardarsi su questo punto poich�, in ultima 
lisi, gli stessi ricorrenti non possono non riconoscere il carattere 
blico delle opere eseguite sul loro suolo e la conseguente imposlit� 
di riacquistare materialmente la disponibilit� di quel suolo non 
ndendosi alla pronuncia relativa il ricorso, che incentra invece la 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

discussione sull'obbligazione sostitutiva della restituzione che farebbe 
carico all'ente espropriante e ai terzi acquirenti. 

Quando invero si .rifletta che, ricorrendo le condizioni per la 
retrocessione, l'espropriato ha diritto di riavere il bene, si deve riconoscere 
che l'impossibilit� di attuazione di tale diritto, dovuta al fatto 
proprio dell'espropriante, determina il sorgere a carico di quest'ultimo 
di un'obbligazione sostitutiva di quella originaria, rimanendo altrimenti 
svuotato di ogni contenuto il diritto dell'espropriato: la Corte 
di appello ha escluso in concreto la sussistenza di tale obbligazione 
considerando che l'espropriato, il quale intenda riavere il bene, deve 
corrisponderne il prezzo, cosicch�, se non � pi� possibile disporre la 
restituzione del bene, egli rimane esente dall'obbligo di pagarne il 
prezzo e non lo si pu� considerare creditore di alcuna altra prestazione, 
in quanto sussiste equivalenza tra valore del bene e prezzo del 
medesimo. 

Contro questa parte della sentenza si appunta il terzo motivo con 
cui si contesta che nella specie non sia confi,gurabile un'obbligazione 
dei convenuti, i quali, non potendo addivenire alla restituzione del 
bene, sarebbero invece tenuti al risarcimento del danno conseguente 
a tale impossibilit� di restituzione, danno che � in re ips.a e coincide 
con l'integrale valore del bene. 

La censura appare in parte fondata, poich� il giudice del merito 
si � arrestato di fronte ad una constatazione, che per il suo carattere 
astratto non � idonea a risolvere, sempre e in ogni caso, la controversia 
tra espropriato ed espropriante. 

� perfettamente esatto che il pagamento del prezzo rappresenta 
la controprestazione dovuta dall'espropriato per la retrocessione del 
bene ed � parimenti esatto che, di regola, vi � equivalenza tra prezzo 
e valore del bene, essendo stato abrogato l'ultimo comma dell'art. 60 
legge sull'espropriazione e dovendo il prezzo essere determinato in 
relazione al valore venale dell'immobile al momento della retrocessione. 


Purtuttavia anche in tale ipotesi non � possibile escludere a priori 
che la impossibilit� di restituzione sia produttiva di danno, ove si 
abbia riguardo all'eventualit� di particolari vantaggi che l'espropriato 
avrebbe potuto ricavare dalla disponibilit� del bene, ad es., per la 
contiguit� ad altre sue propriet� che avrebbe consentito una particolare 
utilizzazione od uno speciale sfruttamento. 

Ma, a parte ci�, deve considerarsi che l'indennit� a suo tempo 
corrisposta all'espropriato, anzich� equivalente al valore venale del 
bene al momento dell'espropriazione, pu� essere stata determinata con 
criteri pi� favorevoli per l'espropriato, che abbia beneficiato, ad es., 
delle disposizioni dettate dalla legge per il risanamento di Napoli, il 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Li campo di applicazione � stato, col passare degli anni, notevolmente 
teso: orbene, secondo una interpretazione gi� da tempo affermata e 
spondente a criteri, oltre che di equit�, anche di giusta tutela del 
ritto 'di propriet� (sent. 18 marzo 1947, n. 404, Foro it., 1947, I, 579) 
somme dovute dal privato che riacquista il suo bene devono essere 
lcolate a norma della legge dell'espropriazione per il risanamento 

Napoli, se l'indennit� di espropriazione fu stabilita secondo la legge 
edesima, e non in base all'art. 32 della legge fondamentale sulla 
propriazione. 

� questo un punto che la sentenza impugnata ha trascurato com�tamente, 
onde a ragione se ne dolgono i ricorrenti, i quali assumono 
ldirittura di non aver mai .percepito l'indennit� di espropriazione: 
test'ultima circostanza non ha rilevanz�a nella controversia in quanto 
:icorrenti avrebbero dovuto far valere a tempo debito il loro diritto, 
~ntre occorreva piuttosto accertare con quali criteri quell'indennit� 
sse stata determinata. 

� chiaro infatti che, dovendo essere identico il criterio di stima 

seguire al momento dell'espropriazione e al momento della retrossione, 
anche se al tempo di quest'ultima i beni immobili hanno 
bito un considerevole incremento di valore, il prezzo di retrocessione 
terminato con i criteri della legge per Napoli sar� sempre inferiore 

valore venale che il bene avrebbe in comune commercio e il danno 
e l'espropriato subisce per effetto dell'impossibilit� della restituzione 
r� rappresentato dalla differenza tra il valore venale, che sarebbe 
trato nel suo patrimonio ove l'immobile gli fosse stato retrocesso, 
ll prezzo che avrebbe dovuto corrispondere per il riacquisto �clell'im>
bile stesso. 

� in questo limitato ambito che non appare conforme a diritto la 
1tenza impugnata, la quale non si � data carico di questo profilo 
Ila fattispecie ed ha escluso drasticamente ogni possibilit� �di danno 
i riguardi dei ricorrenti, che sono stati espropriati del loro bene per 
a determinata finalit� pubblica e .che sono stati posti nella �condi1ne 
di non poterlo recuperare nemmeno quando quella finalit� non 
leva pi� essere realizzata. 

In tali sensi va quindi accolto il terzo motivo del ricorso con il 
1seguente annullamento della 1sentenza impugnata e rinvio della 
.isa ad altro giudice di appello, il quale proceda all'accertamento di 
l sopra e in esito ad esso stabilisca se ed in qual misura sussista la 
bligazione di cui i ricorrenti si assumono titolari. 

Rimangono in tal modo assorbite le doglianze contenute nei motivi 
arto e quinto del ricorso principale e nel terzo motivo del ricorso 
identale, che attengono rispettivamente alla mancata istruttoria sul 
lore attuale del bene e alla pronuncia sulle spese. -(Omissis). 


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I ~ 

974 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

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CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 ottobre 1968, n. 3607 -Pres. ' 
Scarpella -Est. La Farina -P. M. Di ;Maio (conf.) -Gescal (avv. 
. 
Stato Foligno) c. Comune di Randazzo (avv. Zingales). ' 

Procedimento civile -Lef!itimatio ad causam -Nozione -Questione 

I 

rilevabile d'ufficio e deducibile in of!ni stato e f!rado del f!iudizio Limiti. 


(c. p, c. artt. 81, 99, 112, 360). 
I 

La legitimatio ad causam, quale condizione deU'azione, consiste 
nella titolarit� del potere o del dovere giuridico di provocare o di 
subire, indipendentemente dal contenuto favorevole o contrario della 
decisione di merito, l'esercizio della tutela giurisdizionale in ordine al 
rapporto controverso e pertanto si distingue concettualmente datla 
titolarit� del diritto soggettivo sostanziale per cui si richiede la tutela 
in giudizio. Le relative questioni, tranne� la precLusione derivante dal 
giudicato, possono essere rilevate in ogni stato e grado del giudizio ed 
esaminate datla Corte di Cassazione con le medesime facolt� ad essa 
proprie nell'accertamento dei vizi di procedura, solo in quanto siano 
di pura legittimazione e come tali ristrette all'ambito della disciplina 
processuale; qualora invece l'accertamento giurisdizionale si risolva in 
una indagine di merito circa la titolarit� nell'attore del diritto fatto 
valere o nei convenuto del rapporto giuridico dedotto, pur lasciando 
impregiudicata l'appartenenza ad altri del diritto. o dell'obbligo, esse 
non sono sottratte alla disponibilit� delle parti onde non possono essere 
esaminate dal giudice ex officio n� sottostare al controllo della Corte 
di Cassazione oltre i limiti delle sentenze di merito (1). 

(1-2) Con la sentenza n. 3607, ai cui principi si � uniformata ulteriormente 
con la successiva pronunzia n. 3836, la Corte di Cassazione puntualizza 
il suo orientamento in tema di legittimatio ad causam, raggiunto a 
seguito di una lunga elaborazione giurisprudenziale sulla scorta delle varie 
opinioni espresse dalla dottrina. 

Il problema � infatti tra i pi� dibattuti e non solo per quel che riflette 
la propriet� del termine di legittimazione, ma intorno alla stessa nozione 
ad esso corrispondente, allorquando si tratta di stabilire i caratteri peculiari 
che valgano a distinguere la legitimatio ad causam dalla titolarit� del 
diritto sostanziale in contestazione (cfr. REDENTI, Dir. Proc. civ., vol. I, cap. 
II e IV; vol. II cap. I; !AGER, Dir. proc. civ. 127-128; SATTA, Commento al 
codice di proc. civ. 1966, vol. I, 354 e segg.). 

Le numerose pronunzie (cfr. Cass. 1966, n. 2789, 2519, 2131, 2018; 1967, 

n. 672; 1968, n. 1371, 1012, 273 ecc.), con le quali si �.ribadito che la legittimatio 
ad causam costituisce una condizione per la trattazione del merito, 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

II 

RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 novembre 1968, n. 3836 -Pres. 
Stella-Richter -Est. Elia -P. M. Tavolaro (conf.) -Manganaro ed 
altri (avv. Chiri, Scorza, Supino) c. Ministero delle Finanze e 
Ministero dell'Interno (avv. Stato Coronas). 

1cedimento civile -Titolarit� del diritto sostanziale -Questione 
attinente al merito della controversia e non di legittimatio ad 
causam in senso proprio -Deducibilit� per la prima volta in cassazione 
-Inammissibilit�. 

La legittimatio ad causam in senso proprio, che co�stituisce una 
dizione dell'azione per la .trattazione ,del merito della causa, si digue 
dalla effettiva titola1�it� del rapporto giuridico in contestazione 
, concernendo il merito della controversia, non pu� essere denuna 
per la prima volta in Cassazione (2). 

I 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso, si deduce che 
:ccezione di difetto di legittimazione non attiene al rito, ma al merito 
giudizio; e il giudice non pu� pronunciare ex officio (art. 112 cod. 
:. civ.), tanto meno se sulla questione si �ra formato giudicato 
licito, per non essere stata dedotta in primo grado �; in conse1za, 
la corte di Catania, ritenendo di potere pronunciare nella con
�ersia de qua il difetto di � legittimazione passiva del comune �, 
C>stante che la questione relativa fosse ormai preclusa, perch� 
>osta non con l'atto d'appello, bensi tardivamente soltanto con le 
:lusioni per il collegio, avrebbe violato l'art. 112 cod. proc civ., 
ie in relazione agli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civile. 

11i sussistenza va verificata avendo riguardo esclusivamente a quanto 
mato dall'attore nella domanda ed a prescindere dalla verit� e fonda


relativa, pur essendo conformi alla pi� moderna dottrina intesa ad 
:leare una figura meramente processuale della parte, con diritti ed 
i processuali, onde la determinazione di essa in base alla sola domanda, 

sempre hanno inquadrato il problema in modo tale, da consentire di 
mere un principio da applicare, senza l'insorgere di dubbi, ai sin-
casi. 
Si osserva infatti (cfr. SATTA, Diritto processuale civile, 1967, 76 e segg.) 

� chi domanda, e per ci� solo che domanda, afferma la propria legitzione, 
cio� postula che l'ordinamento giuridico riconosce e tutela 
~ suo l'interesse che vuol far valere, onde se il giudice afferma invece 
l'interesse non � suo ma di un altro, o comunque non riconosciuto 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il motivo � fondato. La sentenza impugnata, al fine di riconoscere 
ammissibile, contrariamente a quanto sostenuto dall'ente appellato, 
l'eccezione proposta dal comune appellante circa il difetto di legittimazione 
ad caus.am del comune stesso, ha rilevato che non ostava a tale 
ammissibilit� la circostanza che l'eccezione non fosse contenuta nell'atto 
di appello, giacch� l'eccezione stessa concerneva una questione, che, 

�per opinione pacifica ., finch� non fosse stata colpita dalla cosa giudicata 
sostanziale, doveva essere rilevata anche d'ufficio in ,o-gni stato 
e grado del processo. 
Effettivamente, l'opinione accolta dalla Corte d'appello di Catania 
ha dominato per lungo tempo sia la dottrina, sia la giurisprudenza, 
anche di questa Suprema corte. Le questioni relative alla legitimatio 
ad causam attiva o passiva, intesa, secondo un'autorevole formulazione, 
quale una � condizione dell'azione ., cio� quale un presupposto necessario 
per ottenere una pronuncia di merito favorevole all'attore, 
venivano, bens�, considerate, da una parte, quali questioni preliminari 
di merito (secondo la terminologia adottata dal vigente codice di procedura 
civile, artt. 187 e 279, n. 2), ma, d'altra parte, la loro disciplina 
concreta, per ci� che atteneva al potere del giudice di rilevarle d'ufficio 
in ogni stato e grado del giudizio, finch� le questioni stesse non fossero 
state coperte dalla cosa giudicata sostanziale, ovvero su di esse non si 
fosse costituito il giudicato formale, a seguito di pronuncia esplicita 
non impugnata, veniva assimilata a quella delle questioni attinenti alla 
esistenza dei presupposti processuali (in specie, a quelle dell'esistenza 
della legittimatio ad prooessum); ci�, in quanto l'identificazione dei veri 
soggetti attivi o passivi del rapporto sostanziale contenzioso (del soggetto 
a cui favore o in cui pregiudizio era l'astratta volont� della 
legge, da attuarsi dal giudice) veniva considerata quale attinente alla 
legittimit� e alla regolarit� del contraddittorio, che sarebbe stato 

dall'ordinamento giuridico, la sua domanda sar� respinta proprio per questo 

e non perch� difetti di legittimazione �. 

La ricerca dei caratteri propri della legittimazione ad agire (cfr. 

ATTARDI, in Nuovissimo Digesto -voce � legittimazione ad agire �; .ALLORIO, 

Per la chiarezza delle idee in tema di legittimazione ad agire, Giur. It. 1953, 

I, 1, 961) ha condotto a configurarla come la posizione in cui taluno pu� 

chiedere al giudice in nome proprio (1. attiva) o nei cui confronti pu� 

essere richiesto (1. passiva) una pronunzia sul merito della controversia, 

indipendentemente dal suo contenuto favorevole o contrario, onde la condi


zione necessaria e sufficiente della legittimazione consisterebbe non nella 

soggettivit� del rapporto sibbene in quella della pretesa. 

In altri termini il concetto di legittimazione, nettamente dissociato 

dalla titolarit� del rapporto sostanziale, non si identificherebbe n� in coloro 

a cui favore o contro cui sta la astratta volont� della norma, n� con coloro 

nella cui sfera giuridica il provvedimento giurisdizionale dovr� spiegare 

efficacia, ma sarebbe limitato all'ambito della disciplina processuale, rispetto 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

'li qual volta non fosse sussistita l'identit� tra il soggetto 
\):oposto la domanda o quella nei cui confronti come era 
\ rispettivamente, con i soggetti del rapporto sostanziale. 
~ui di tale concezione erano l'inammissibilit� della 
~iudicato implicito preclusivo, ove la questione, risolta 
'\.senso, evidentemente, dell'esistenza della legittima''>
4a di merito del giudice a quo, non avesse formato 
.,�~ugnazione, e, soprattutto, l'estensione del potere 
\'1a, quale giudice dell'impugnazione, al rilievo, 
+~nza o del difetto di legitimatio ad causam, 
\. stesse facolt� di indagine di fatto e di 
\"@i di causa, che sono proprie del Supremo 
.,'J accertare l'esistenza o l'inesistenza dei 
\~enericamente, di vizi in procedendo, 
��v.da istituzione e svolgimento di esso 
'{,!=! di tali principi nella giurispru''
ll. ottobre 1967, n. 2667, Foro it., 
\,maggio 1967, n. 684; id., Rep. 
\t 27 giugno 1966, n. 1667, id., 

-\_ 

\'a.latica ed i suoi corollari 

0 

'\dottrina processualistica 
'llcati da un nuovo indi\'
9dirizzo che, delineato 
\~bbraio 1965, n. 238, 
\~) (bench� non ne 
�\.pu� ormai rite


\_ 
., tali rile...
Sto al con,.&
�Sti attribuiti. 
,.:azione nei singoli 
.;firudenza della Corte 
,.,..:6 �orientamento tendente 

.."11iusam -titolarit� del rap


.,.tido talora a pronunzie non in 
,..r6 It., 1968, I, 2950 e la giurispru


.�-� si annota, le s. u. hanno proceduto ad 
JiiOhendo in rilievo che solo eccezionalmente 
. ..�a ed autonoma questione di legittimazione ad 
-' merito e limitata quindi all'ambito della disciplina 
ie quante volte, in base alla' stessa esposizione dell'attore 
,1 sia fatto valere un diritto altrui come tale prospettato, 
.:fiiesta una pronunzia contro il convenuto pur affermandosene 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secondo queste nuove visuali, la legitimatio ad causam costituisce 
una condizione dell'azione, intesa questa come il diritto potestativo non 
ad ottenere una sentenza favorevole, bens� come il diritto di ottenere 
dal giudice una qualsiasi decisione di merito, sia essa favorevole o 
contraria. 

Essa, cio�, si risolve nella titolarit� del potere o del dovere (rispettivamente, 
per la legittimazione attiva o passiva) di promuovere o di 
subire un giudizio, tendente ad una sentenza dichiarativa, costitutiva 

o di condanna, su un rapporto giuridico di diritto sostanziale, dedotto� 
ad .oggetto di controversia, indipendentemente dalla sussistenza e titolarit� 
effettiva, attiva o passiva, del rapporto stesso. Devono, pertanto, 
ritenersi questioni Gli legittimazione ad causam soltanto quelle attinenti 
alla sussistenza di tale potere o dovere, non potendo queste 
essere confuse con le questioni circa la reale titolarit� attiva o passiva 
del rapporto sostanziale, che forma oggetto della controversia, vale a 
dire; con la questione circa l'identificazione dei soggetti attivi o passivi 
del rapporto contenzioso. In altri termini, l'esistenza dell'azione non 
pu� confondersi con l'esistenza concreta del diritto dedotto in giudizio, 
nemmeno sotto il ristretto angolo visuale della pertinenza del diritto 
stesso (v. le sentenze 7 sett�mbre 1968, n. 2902; 2 agosto 1968, n. 2760; 
16 maggio 1968, n. 1536, Foro it., Mass., 388; 10 maggio 1968, n. 1437; 
3 maggio 1968, n. 1371, id., Mass., 345; 30 marzo 1968, n. 1012, id., 
Mass., 249; 20 gennaio 1968, n. 273, id., Mass., 66; 6 novembre 1967, 
n. 2687, id., Mass., 724; 21 ottobre 1967, n. 2578, ibid., 695; 10 ottobre 
1967, n. 2369, id., Rep. 1967, voce Cassazione civ., n. 99; 7 luglio 1967, 
n. 1698, ibid., voce Procedimento civ., n. 58; 10 maggio 1967, n. 1017, 
id., 1967, I, 1152; 9 marzo 1967, n. 566, id., Rep. 1967, voce Cassazione 
civ., n. 74; 18 ottobre 1966, n. 2519, id., Rep. 1966, voce Procedime.nto 
civ., n. 116; 3 ottobre 1966, n. 2402, id., Rep. 1967, voce cit., n. 61; 
30 luglio 1966, n. 2131, id., Rep. 1966, voce cit., n. 118; 23 luglio 1966, 
la estraneit� al rapporto controverso; ovvero nelle ipotesi in cui ad un 
soggetto � attribuito di agire per la tutela di un diritto altrui (tra queste 
ad es. quella del creditore in surrogazione ex art. 2900 e.e., ovvero del 
garante che prende il posto del garantito in caso di estromissione di 
quest'ultimo ex art. 108 c,p.c. ecc.). ' 

Senonch� in siffatti limiti ristretta la categoria della legitimatio ad 
causam,. soprattutto considerando che le prime ipotesi, definite scolastiche 
dalla stessa Corte di Cassazione, appaiono piuttosto irreali, mentre in quelle 
di sostituzione processuale ex art. 81 c.p.c. non manca chi vi ravvisa piuttosto 
la tutela di un proprio interesse (cfr. SATTA, Commento cit., 273), � 
lecito dubitare non solo della rilevanza che una tale categoria assume nell'ambito 
del processo civile, ma della stessa sua concettuale distinzione 
dalle questioni di merito. 

Il problema appare comunque meritevole di ulteriori approfondimenti, 
che vanno oltre i limiti di una nota. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 979 

2018, id., Rep. 1967, voce Rivendioazione, nn. 16, 17; 8 giugno 1966, 
1220, id., Rep. 1966, voce Procedimento civ., n. 107; 6 aprile 1966, 
918, ibid., n. 112; 5 aprile 1966, nn. 897 e 896, id., 1967, I, 629; 
marzo 1966, n. 812, id., Rep. 1966, voce cit., n. 114; 12 ottobre 1965, 
2119, id., 1966, I, 447; 22 aprile 1965, n. 712, id., Rep. 1965, voce 
, nn. 80, 81; 18 febbraio 1965, n. 271, ibid., n. 83). 

Come � ormai noto, questa nuovo indirizzo si richiama ad uno dei 
dini della teoria dei rapporti tra diritto e processo, cio� alla distintie 
concettuale tra il diritto soggettivo-sostanziale di cui si chiede la 
ela giurisdizionale, e l'azione, quale potere ,giuridico di provocare 
ercizio di tale tutela; correlativamente, all'indivisibile legame esi1te 
tra l'esercizio dell'azione e l'esercizio della giurisdizione. Dato 
~ostulato che ogni esercizio di giurisdizione deve essere preceduto 
la proposizione di una domanda giudiziale da parte di un soggetto 
fare del .potere di azione, e che si ha .esercizio di giurisdizione, 
:ativo, anche se il giudice rigetta la domanda dell'attore, affermando 
esistenza del diritto soggettivo di cui a torto l'attore si � affermato 
lare (o di cui a torto si � dichiarato titolare nei confronti del 
getto c�nvenuto in giudizio), ne deriva che la titolarit� dell'azione 
: pu� considerarsi legata alla effettiva titolarit� del diritto soggettivo 
. cui tutela giurisdizionale l'esercizio dell'azione � concretamente inzzato. 
Cos� intesa la titolarit� dell'azione, come il potere di provocare 
decisione favorevole o contraria circa il rapporto controverso, 
are illogico escludere, a posteriori, la legittimazione del soggetto 
ha fatto valere processualmente il diritto di cui il giudice ha negato 
lstenza, per il solo motivo che l'esercizio della funzione giurisditale 
non ha avuto per lui, n� poteva avere, risultato favor~vole. 
�otesi comune di rigetto nel merito della domanda dell'attore � sufmte 
a dimostrare che si pu� essere legittimati ad agire senza che 
ta il rapporto sostanziale dedotto in giudizio. In definitiva, secondo 
movo prevalente orientamento (che la Suprema corte ritiene di 
ere riconfermare a proposito della presente controversia), la cate.
a concettuale della legitimatio ad causam, attiva e passiva, non 
te abolita, n� vengono meno le affermazioni conseguenziali circa 
mtificazione, o l'assimilazione, delle questioni relative alle questioni 
1enti alla regolare costituzione del processo; identificazione che, 
~rte la formazione del giudicato di merito o la formazione di un 
licato formale ed esplicito sulle questioni stesse, comporta la loro 
rabilit� di ufficio in ogni stadio e grado del giudizio, e, quindi, 
ie per la prima volta nel giudizio di legittimit�, attribuendosi al 
remo collegio poteri di giudice del fatto, cio� di potest� di esperire 
1rtamento di-merito sulla base degli atti acquisiti nei gradi presi. 
Tuttavia, l'ambito della categoria viene notevolmente ristretto, 
ene, correlativamente, delimitata l'utilit� concreta della sua soprav



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vivenza. Invero, dovendo il giudice, in via normale, verificare la sussistenza 
della legittimazione esclusivamente sulla base di quanto esposto 
dall'attore nella sua domanda (si vera sunt expos.ita), cio�, prescindendo 
del tutto dalla relativa veridicit� e fondatezza, pu�, eccezionalmente, 
profilarsi una questione specifica ed autonoma di legittimazione 
rientrante nell'ambito della predetta disciplina processuale, qualora 
un soggetto faccia valere, con la sua domanda giudiziale, un 
diritto altrui prospettandolo formalmente appunto come altrui; in questo 
caso, tale soggetto � certamente carente di legittimazione ad agire, e 
il suo difetto di legittimazione deve essere rilevato dal giudice anche 
d'ufficio, senza necessit� di alcuna ulteriore indagine, semplicemente 
in base a quanto affe~mato dall'attore medesimo nell�-sua domanda, 
con una sentenza che definisce, bensi, il giudizio, ma non pronuncia 
in merito al rapporto giuridico controverso. Lo stesso, dovrebbe dirsi 
quanto al difetto di legittimazione passiva, ove l'attore pretendesse 
ottenere contro il convenuto una pronuncia (di condanna, ecc.) pur 
prospettando formalmente l'estraneit� d� tale soggetto al rapporto sostanziale 
controverso. 

Inoltre (e a parte tali ipotesi, di cui non pu� negarsi il c_arattere 
prevalentemente scolastico), qualora un soggetto pretenda di fare valere 
in giudizio un diritto altrui, in quanto, pur prospettandolo formalmente 
appunto come altrui, assuma di essere, ci� nonostante, abilitato 
ad agire, in quanto ricorrerebbe uno dei casi di c. d. legittimazione 
straordinaria o anomala (casi in cui ad un soggetto � attribuito, eccezionalmente, 
il potere di azione per la tutela giurisdizionale di un 
diritto altrui: azione in via surrogatoria, ecc....), � da ritenersi che 
(salve le gi� accennate preclusioni derivanti dal giudicato di merito 
ovvero dal giudicato formale o esplicito sulla questione) il giudice sia 
autorizzatq e tenuto a compiere in ogni stato e grado del giudizio, con 
l'ampiezza dei_ poteri sopra indicati a favore del Supremo collegio, 
l'indagine sulla sussistenza della particolare situazione o del particolare 
rapporto da cui scaturirebbe l'assunta legittimazione straordinaria. 
Al di fuori di questa ristretta casistica, ogni qualvolta l'organo 
giurisdizionale accerti che l'attore non �, in realt�, titolare del diritto 
fatto valere processualmente come un diritto proprio, o, inversamente, 
che il convenuto non � il vero soggetto passivo del rapporto fatto 
valere contro di lui, si ha una sentenza di rigetto in merito, ancorch� 
rimanga impregiudicato se, in base agli stessi fatti prospettati dall'attore 
nella sua domanda, il diritto di cui si � affermato erroneamente 
titolare, o l'obbligo che ha erroneamente attribuito al convenuto, possa, 
in ipotesi, sussistere in capo ad altro soggetto. Le questioni, cio�, 
sulla c. d. appartenenza soggettiva all'attore del diritto controverso e 
le questioni sulla c. d. titolarit� passiva del rapporto sostanziale controverso 
sono questioni di merito, e non di pura o vera e propria 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 981 

:ittimazione. Tali questioni di merito non sono rilevabili di ufficio, 
>ossono formare oggetto del normale controllo di legittimit�, soltanto 
l limiti specificamente dedotti dalla parte impugnante. Correlativa~
nte, le questioni stesse, come attinenti alla titolarit� del rapporto 
:tanziale, e, quindi, all'identificazione in concreto dei relativi soggetti, 
ri sono sottratte alla disponibilit� delle parti, e sono coperte dal 
tdicato, anche implicito, che su di esse si sia formato nel corso del 
>cesso, per effetto delle sentenze pronunciate nei precedenti .gradi e 
la loro mancata impugnazione in ordine al punto specifico (sulla 
1sibilit� e sulla rilevanza della formazione di un giudicato, anche 

o implicito, circa le questioni attinenti alla titolarit� del rapporto 
tanziale, cfr., specialmente, le gi� citate sentenze n. 2760 e n. 1012 

1968; n. 896 del 1966; n. 2119 del 1965). 

I principi sopra delineati trovano puntuale applicazione nella specie. 

atti, il giudice di primo grado non soltanto aveva accertato l'esi


nza di un'attivit� amministrativa del sindaco di Randazzo, lesiva del 

:rimonio della Gestione INA-Casa, ma aveva anche statuito, sia 

7e implicitamente, che tale attivit� dichiarata illegittima fosse rife


ile all'ente comune, cio� che il sindaco avesse agito quale capo 

l'amministrazione comunale, o che, comunque, anche ove avesse 

to quale ufficiale di governo, il comune, e soltanto il comune, 

resse rispondere ed essere condannato al risarcimento dei danni. Vale 

lire, in prime cure era stata dibattuta e ritenuta' la responsabilit� 

comune, in relazione all'attivit� spiegata da un suo organo, tesi 

!Sta, assolutamente incompatibile con quella pretesa carenza di ti�o


it� passiva del comune in ordine al rapporto. 

Con l'atto di �appello, come si � gi� precisato, il comune non aveva 

Ltestato che, ammessa l'esistenza di quell'a~tivit� del sindaco, essa 

se riferibile al comune, n�, quindi, aveva affermato che essa fosse 

~ribile all'amministrazione statale. N� tale contestazione poteva rite


�si virtualmente compresa nei due motivi d'appello: non nel primo, 

11ardante esclusivamente la forma e il momento dell'intervento di 

~ attivit�, anche se la prospettazione di tale forma e di tale momento 

deva ad escludere l'illegittimit� degli atti del sindaco, e, quindi, la 

ponsabilit� del comune; non nel seeondo, riguardante la ben diversa 

lOta questione, attinente alla necessit�, affinch� possa ritenersi pro


Libile un'azione di risarcimento �di danno contro la pubblica ammi


trazione per un atto illegittimamente ablativo o compressivo di un 

ltto soggettivo, che l'illegittimit� stessa sia stata previamente dichia


~. con annullamento conseguente, nella propria sede amministrativa 

::iurisdizionale amministrativa. L'eccezione che della attivit� svolta 

sindaco dovesse rispondere l'amministrazione statale, e' soltanto 
nministrazione statale, venne dedotta, come pure � stato detto, per 
prima volta nella comparsa conc.lusionale d'appello. Senonch�, tale 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

deduzione era tardiva, e, conseguentemente, attenendo ad una questione 
di merito non rilevabile d'ufficio, non poteva essere .presa in esame. 

� opportuno aggiungere, per completezza, che tale soluzione non 
pu� essere influenzata dalla particolare natura della questio:g_e, che, a 
differenza delle specie pi� semplici prevalentemente presentatesi alla 
giurisprudenza di questa Suprema corte (ad. es. chi sia l'autore di un 
investimento automobilistico, o di un atto di turbativa di possesso), 
avrebbe richiesto, ove ancora ammissibile, un'indagine complessa, mista 
di elementi di fatto e di diritto, dovendosi accertare quale attivit� 
avesse svolto il sindaco, e di quale potere pubhlico tale attivit� fosse 
espressione, e dovendosi,. poi, risalire da tale qualificazione, per un 
processo di astrazione giuridica, secondo canoni ormai noti, se non del 
tutto incontroversi, all'attribuzione della responsabilit� relativa al 
comune ovvero all'amministrazione statale; ci� a seconda che fosse 
stato ritenuto che il sindaco avesse agito quale capo dell'amministrazione 
comunale, o, invece, quale ufficiale di governo, e a seconda che, 
in questa seconda ipotesi, fosse stato ritenuto, o al contrario, escluso 
che dovesse pur sempre risponderne l'amministrazione comunale anzich� 
quella statale. 

L'accoglimento, per le ragioni sopra indicate, del primo motivo 
del ricorso, di carattere evidentemente preliminare, importa l'assorbimento 
degli altri subordinati motivi del ricorso stesso, tutti tendenti 
ad escludere, sotto pi� sostanziali riflessi, la riferibilit� all'amministrazione 
dello Stato della attivit� amministrativa de qua svolta dal 
sindaco di Randazzo, e, comunque, ogni responsabilit� dello Stato in 
rapporto a tale attivit� (secondo motivo: essendo la requisizione di 
immobili, a norma dell'art. 7 legge 20 marzo 1865, n. 2248, condizionata 
da rigorose formalit�, nel caso in esame, la mancanza dell'atto 
formale [decreto] attinente all'esistenza e non a.gli elementi essenziali 
di validit� dell'atto stesso, avrebbe reso impossibile determinare la 
qualifica dell'organo, cosicch� soltanto agli organi del comune avrebbe 
potuto ricollegarsi l'occupazione degli immobili, non inquadrabile nelle 
ipotesi previste dagli artt. 152, n. 7 e 153 legge comunale e provincia,le; 
terzo motivo: la responsabilit� per le attivit� svolte dal sindaco quale 
ufficiale del governo non potrebbe farsi risalire allo Stato, anzich� al 
comune, dato che la legge [art. 31 e 274 legge com. e prov. del 1934] 
pone a carico del comune l'organizzazione occorrente per l'esercizio 
di quelle funzioni; quarto motivo: la corte di merito avrebbe errato 
nel negare la legittimazione del comune, legittimazione. che sarebbe 
emersa, oltre che da alcune risultanze di merito, dalla circostanza che 
il sindaco aveva requisito l'immobile, quale ufficiale del governo, non 
a favore degli alluvionati direttamente, bensi a favore dell'amministrazione 
comunale, che vi aveva sistemato le famiglie senza tetto, 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 983 

staurando un rapporto di assegnazione distinto da quello di occutzione). 


Ovviamente, in sede di rinvio, ferma la preclusione, statuita da 
testa corte, circa la titolarit� passiva del rapporto contenzioso, riman1no 
impregiudicati i .profili di censura dedotti ritualmente dal comune 
~ll'atto di appello, e particolarmente quello gi� sopra accennato, atti~
nte alla improponibilit� della domanda, in quanto, trattandosi di 
t provvedimento compressivo del diritto di propriet�, che avrebbe 
gradato il diritto soggettivo ad interesse legittimo, un'azione di risarnento 
di danni nei �onfronti della pubblica amministrazione non 
rebbe configurabile se non a seguito della declaratoria d'illegittimit� 
del conseguente annullamento del provvedimento stesso, nella comtente 
sede amministrativa ovvero giurisdizionale amministrativa. 

(Omissis). 

II 

(Omissis). -Col primo motivo del ricorso i ricorrenti denunciano 
>lazione degli articoli 1, 100 e 105 c. p. c., nonch� contraddittoriet� 
assenza di motivazione in relazione all'art. 360 numeri 3 e 5 c. p. c., 
ducendo che la Corte di appello aveva confermata la sentenza del 
ibunale pur avendo, in relazione ad analoga istanza delle Amminiazioni 
Statali, ritenuto che molti partecipi al giudizio non avevano 
nostrato di essere titolari del giuspatronato e dunque non avevano 
'un titolo od interesse all'azione ed erano privi di legittimazione 
iva al giudizio. La censura non pu� essere accolta. Con essa i ricor\ 
lamentano la mancata esclusione dal giudizio di parti che non 
\loro contraddittori, ma che avevano spiegato intervento adesivo 
'1:t1ande di essi ricorrenti, i quali, ,perci�, non hanno alcun inte
�i,olersi della loro mancata estromissione. La censura, inoltre, 
"--mancato accoglimento del motivo di appello proposto dalle 
,.t� Amministrazioni proprio per ottenere la estromissione dei 
..ietti interventori, ed � anche inammissibile, per difetto d'intese, 
come doglianza attinente al mancato accoglimento di un mo:> 
d� appello proposto dalla controparte (Cass., I Sez., 23 gennaio 
18, n. 208). � ancora da rilevare che la questione proposta col primo 
tivo del ricorso non riguarda la legitimatio ad causam in senso 
1prio, che costituisce una condizione della trattazione del merito, pu� 
' luogo ad errar in procedendo, e pu� essere esaminata in Cassa:
ie, ma riguarda, invece, la titolarit� del diritto sostanziale, che 
ene al merito. Infatti, i ricorrenti specificano che le parti d� cui 
tentano la mancata esclusione dal giudizio sar,ebbero state prive di 
lo, non avendo dimostrato di essere titolari del giuspatronato. Con



RASSEGNA DELL'AVVOGATURA DELLO STATO 

segue che tale questione, sollevata dai ricorrenti solo in cassazione, e 
relativa al merito, �, anche perci�, inammissibile (Cass., 27 gennaio 
1968, n. 272; Cass. 12 ottobre 1965, n. 211). Il primo motivo del 
ricorso va, dunque, rigettato. 

Col secondo mezzo i ricorrenti denunciano violazione degli articoli 
1361 e 1362 c. c. in relazione all'art. 360 numeri 3 e 5 c. p. c., 
nonch� il vizio di extrapetizione, per non avere la Corte di merito 
qualificato come enfiteusi il rapporto esistente prima del rogito Viola, 
e per avere, erroneamente, ritenuto �che il rogito predetto e il rogito 
Santoro potessero modificare ed avessero modificato il detto rapporto, 
negando, conseguentemente, il diritto dei ricorrenti al rilascio dei fondi. 
La censura � infondata. Non � sindacabile in sede di legittimit� l'interpretazione 
data dal giudice di merito a un contratto, se congruamente 
e correttamente motivata, esposizione del processo logico seguito. Allorch�, 
come nella specie, il modo della interpretazione .sia logicamente 
corretto, non pu� sindacarsi in cassazione il risultato cui � 
pervenuto l'interprete (Cass., I Sez., 5 luglio 1966, n. 1734; Cass., I Sez., 
20 gennaio 1966, n. 257). La Corte di merito trasse il suo convincimento 
relativo alle .circostanze decisive che col rogito Viola si era 
modificato il rapporto preesistente (stabilendosi che l'unico diritto 
verso i coloni sarebbe stata la percezione di una rendita annua in 
danaro) e che col rogito Santoro si era accettata tale commutazione 
dai giuspatroni, con seria e serrata indagine, interpretando i due rogiti, 
nonch� i successivi giudicati, dai quali (e specie dalla sentenz,a 22 
ottobre 1935 del Tribunale di Messina) trasse, ancora, conforto alla 
propria deci~ione. Il secondo motivo deve respingwsi, ove si tenga presente 
che, anche se il rapporto, preesistente al rogito Viola fosse da 
considerarsi enfiteutico, e non di colonia perpetua, esso sarebbe stato, 
pur sempre, modificato, dal detto rogito, riducendosi, conseguentemente, 
il diritto dei patroni, anche per il successivo rogito Santoro, 
alla sola pretesa di una rendita annua dai coloni, possessori dei fondi. 
Pertanto, essi patroni non possono pretendere gl'immobili, avendo diritto 
solo alla rendita in danaro, e la loro domanda doveva essere, 
come fu, respinta. 

N� sussiste in alcun modo vizio di extrapetizione, non avendo i 
giudici di merito pronunciato oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni 
di parte o su questioni estranee all'oggetto del giudizio (Cass., 
7 gennaio 1966, n. 135), mentre la indagine sulle conseguenze dei rogiti 
richiamati e dei 1giudicati era perfettamente pertinente alle richieste 
di parte. N� costituisce extrap�tizione l'aver data al rapporto giuridico 
controverso una qualificazione diversa da quella prospettata 
dai contendenti, rientrando nella potest� del giudice l'inquadramento 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

ridico dei fatti, allegati dalle parti, in relazione alle relative norme 
legge (Cass., 28 gennaio 1966, n. 343). 

Col terzo motivo,. i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 132 
. c. e dell'art. 18 disp. att. c. p. c. in relazione ai numeri 4 e 5 
l'art. 360 c. p. c., deducendo che la Corte di merito, pur dichiado 
che il Tribunale aveva erroneamente qualificato come enfiteusi 
apporto, conferm�, tuttavia, la sentenza appellata. Anche quest'ula 
censura � infondata. 

La Corte di appello infatti ritenne che, avendo il rogito Viola 
lificato il rapporto preesistente, nel senso che, qualunque fosse la 
lra originaria di detto rapporto, ad esso sarebbe subentrato solo 
bligo dei possessori e coltivatori dei fondi di pagare la rendita 
fanaro annua, diventava indifferente la qualifica del rapporto me.
mo, anteriore al rogito Viola. Conseguentemente la Corte d'apo, 
pur ritenendo che detto rapporto originario dovesse qualificarsi 
Le colonia perpetua e non come enfiteusi (come invece l'aveva quaato 
il Tribunale) conferm� la decisione di primo grado, negatoria 

diritto di rilascio degli immobili. E la conferma si spiega, proprio 
!h� essa non dipendeva dalla quaUficazione del rapporto anteriore 
:ogito Viola, ma unicamente dalle modifiche che il rogito stesso 
V'a apportato al rapporto originario e dal riconoscimento di dette 
tifiche da parte dei ricorrenti, impegnatisi, col rogito Santoro, at
�erso ;1 loro dante causa, a rispettarlo. -(Omissis). 

lTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 novembre 1968, .n. 3678 -Pres. 
Favara -Est. Della Valle -P. M. Trotta (diff.) -Amministrazione 
della Provincia Autonoma di T�rento (avv. Stato Albisinni) c. Giuliani 
(avv. Rosati e De Avancini). 

ropriazione per p. u -Legge regionale Trentino-Alto Adige -Op


posizione all'indennit� di esproprio -Termine -Decorrenza dalla 

rispettiva notifica del decreto di esproprio all'espropriato ed al


l'espropriante -Equipollenti -Non sussistono. 

(legge reg. 17 maggio 1956, n. 7, art. 34). 

Il termine per proporre opposizione avverso la stima 'del bene 
�opriato ~seguita dal perito per la determinazione dell'indennit� 
sproprio de�corre, in base all'art. 34 della legge regionale Trentino


� Adige 1956, n. 7, dalla rispettiva data di notifica del decreto di 
�oprio all'espropriante ed all'espropriato, ed a nulla rileva l'even

RASSEGNA DELL'AVVOCATUkA DELLO STATO 

-tuale diversa conoscenza avutane non ammettendo �equipollenti la formalit� 
deUa notificazione (1): 

(1) Non constano precedenti in termini, ma la sentenza che si annota 
costituisce esatta applicazione dei principi in materia, elaborati nell'ambito 
della legge fondamentale sulla espropriazione per p. u. 1865 n. 2359 e 
fatti propri dalla legge regionale. 
Aveva gi� infatti la giurisprudenza ritenuto che a norma dell'art. 51 
legge 25 giugno 1865, n. 2359 il diritto di opporsi alla determinazione della 
indennit� di esproprio competeva anche all'espropriante (Cass., 9 luglio 
1965, n. 1427, in Foro It., 1965, I, 1415; 29 gennaio 1966, n. 346, in Foro Amm., 
1966, 1,. 1, 156) e che la notifica del decreto di esproprio � opera solo ai 
fini delle impugnative concernenti le indennit� dovute all'espropriato 
(Cass., 7 maggio 1965, n. 836), e non ammette, all'uopo, equipollenti (Cass., 
5 maggio 1966, n .. 93, in questa Rassegna, 1966; I, 106 con nota di riferimenti). 
In dottrina cfr. LAND.r, Espropriazione per p. u., in Enciclopedia del 

diritto, p. 827. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 novembre 1968, n. 3702 -Pres. 
Pece -Est. Della Valle -P. M. Tuttolomondo (parz. diff.) -Assessorato 
LL. PP. Regione Siciliana (avv. Stato del Greco) c. Miloro 
(avv. Brancati) e Comune di Messinl:!. 

Espropriazione per p. u. -Indennizzo -Legge regionale siciliana 21 
aprile 1953, n. 30 -Criteri di determinazione -Deroga ai principi 
generali della legge 1865, n. 2359 -Non sussiste. 

(legge 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e 49; legge reg. sic. 21 aprile 1953, n. 30. 
artt. 10, 26, 29). 

Sentenza -Correlazione tra dispositivo e motivazione. 

(C. p. C. art. 132). 
La legge regionale siciliana 21 aprile 1953, n. 30, nel fissare i 
criteri per la determinazione dell'indennit� di esproprio, non ha derogato 
ai principi generali stabiliti dalla legge organica 25 giugno 1865, 

n. 2359, ed all'uopo distingue la misura dell'indennizzo da stabilirsi 
con riferimento al giusto prezzo degli immobili alla data del decreto 
di esproprio, dal valore venale degli stessi da tenersi a base del calcolo, 
riferito .alla data del decreto di approvazione del progetto, senza. 
te1ier conto degli incrementi di valore in conseguenza dei programmi, 
delle previsioni e delle opere di cui aU'art. 10 della legge (1). 
(1) In senso conforme cfr. Cass., 17 giugno 1967, n. 1425 in Giust. Civ., 
1967, I, 1405; 24 mag.gio 1968, n. 1571, in questa Rassegna, retro, I, 434. 
La disposizione contenuta nell'art. 26 della legge regionale, analogamente 
all'altra di cui all'art. 42 della legge fondamentale sulla espro



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

La portata precettiva deila sentenza va desunta daila co1�relazione 
. ie� statuizioni del dispositivo e le considerazioni enunciate in motiva1ne, 
che deile prime costituiscono iL presupposto logico-giuridico (2). 

azione per p.u. 1865, n. 2359, costituisce espressione del princ1p10 
1erale che fa divieto di ingiusto arricchimento, in quanto diretta ad 
tare che l'espropriato consegua una ingiusta locupletazione, usufruendo 
l'aumentato valore dell'immobile espropriato in dipendenza dell'esecune 
dell'opera pubblica, dei programmi dei lavori approvati o della 
ivisione dei progetti. 

Circa la portata dell'art. 42 della legge organica cfr. Cass., 14 diceml 
1960, n. 3249 (in Foro Amm., 1961, I, 237) per la quale tale disposizione 
11e applicarsi alle sole ipotesi in .cui sussista un rapporto di causalit� 
etta ed immediata tra l'esecuzione dell'opera e l'incremento di valore 
'. bene espropriato, da accertarsi dal giudice di merito, il cui convin1ento 
� sottratto al sindacato della Corte di Cassazione. 

(2) Giurisprudenza pacifica cfr. Cass., 27 giugno 1967, n. 1592; occorre 
isiderare tuttavia che, in conformit� dei pi� generali principi di 
neneutica, nella interpretazione della portata precettiva della .sentenza, 
�esi procedere ad armonizzare il dispositivo con la motivazione solo 
alora il primo, che costituisce il punto essenziale della decisione, lasci 
ito a seri dubbi o si trovi in apparente contrasto con la motivazione 
r. Cass., 15 febbraio 1967, n. 375), non sembrando lecito, sotto il pretesto 
individuare la effettiva portata del provvedimento, di ricercare una 
.ont� diversa da quella manifestamente resa nel dispositivo. 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 novembre 1968, n. 3782 -Pres. 
Pece -Est. Elia -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Varvesi) c. Fallimento Vocaturo (avv. Stancati). 

llimento -Ammissione al passivo -Provvedimenti del giudice delegato 
-Natura -Efficacia nell'ambito della procedura fallimentare 
-Credito escluso dal passivo -Insinuazione tardiva -Inam-. 
missibilit� -Limiti. 

(r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 97, 98, 101). 
I provvedimenti del giudice deLegato concernenti la ammissione 

i crediti al passivo del faiiimento, non acquistano autorit� di cosa 

idicata e non impediscono quindi al creditore di poter far valere 

sue ragioni in sede ordinaria, al termine delle procedura concoir


ile. Nell'ambito di questa tuttavia, ove non sia stata proposta oppo


ione al provvedimento di rigetto delLa domanda di insinuazione, e 

npre che a ci� non abbia dato causa il temporaneo difetto di requi


i formali condizionanti l'ammissibiiit� del credito (come la non av


nuta pubblicazione dei ruoli d'imposta o la mancanza dell'ordinanza 


98'3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

intententizia in tema d� evasione aH'I.G.E. ecc.), al creditore � precluso 
di far valere le proprie ragioni merc� richiesta di insinuazione tardiva 
del credito stesso (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso l'Amministrazione delle 

Finanze dello Stato denuncia violazione e falsa applicazione degli 

artt. 55 e seguenti della legge 7 gennaio 1929, n. 4, nonch� degli 

artt. 52, 93, 98 e 101 della legge fallimentare, in relazione all'art. 360, 

numeri 3 e 5 c. p. c., deducendo che -erroneamente, nella specie, venne 

applicato il principio secondo cui l'insinuazione tardiva non � ammessa 

per i crediti sui quali il giudice delegato abbia gi� delibato. 

L'Amministrazione assume che, nella fattispecie, il rigetto della 

istanza precedente di insinuazione proposta dalla Finanza, era stato 

determinato da difetto di requisiti formali, in quanto mancava l'ac


certamento, non essendo stata ancora emessa l'ordinanza dell'Inten


dente di Finanza. La. censura � infondata. La Corte di merito, con ap


prezzamento di fatto insindacabile, ritenne che la istanza di insinua


zione al passivo, proposta, dalla attuale ricorrente, per lo stesso credito 

tributario, per I.G.E. e penalit�, anteriormente al ricorso 3 novem


bre 1960, era stata rigettata dal Giudice delegato non per ,difetto del


l'ordinanza dell'Intendente, n� per mancanza di requisiti formali, ma 

perch� non provata. 

La stessa Corte di merito ritenne che, contro il provvedimento 
di rigetto della predetta anteriore istanza di insinuazione, l'Amministrazione 
ricorrente non propose opposizione, mentre, invece, successivamente 
alla dichiarazione di esecutivit� dello stato passivo, ripropose, 
in forza di domanda di insinuazione tardiva, la ,stessa istanza che 
era stata gi� respinta. Da tale situazione conseguiva, per l'art. 101 
della legge fallimentare, la inammissibilit� della istanza di insinuazione 
tardiva, in quanto la mancata opposizione al decreto che non 

(1) Giurisprudenza ormai pacifica in ordine alla natura dei provvedimenti 
adottati dal Giudice delegato sulle domande di ammissione al 
passivo e sull'efficacia limitata all'ambito del processo fallimentare. (Cass., 
1962, n. 2841, in Dir. fall., 1963, II, 16; 1964, n. 1004, ivi, 1964, II, 385 ecc.). 
'Non manca invece, tra i giudici di merito, qualche pronunzia che riconosce 
autorit� di cosa giudicata al decreto in parola -cfr. App. Firenze, 3 luglio 
1958, ivi, 1959, II, 82; App. Roma, 30 gennaio 1957, GiUr. It., 1957, I, 2, 1035. 
In dottrina il problema � ampiamente dibattuto -conf. alla sentenza che si 
annota ANDRIOLI, in Annali dell'Universit� di Genova, 1962, 127; FERRI, 
Manuale Dir. Comm., Torino, 1960, 423; per la opposta tesi, dell'efficacia 
di cosa giudicata di tale decreto c:fr. SATTA, Ist. dir. fall., Roma, 1964, 264; 
AzzoLINA, Il fallimento, vol. II, Milano, 1961, 796. 
Sul punto che, non acquisendo il provvedimento efficacia di giudicato, 
il credito ammesso al passivo soggiace al termine di prescrizione ordinaria 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 989 

eva accolto la precedente istanza di insinuazione ordinaria preclu11a 
ogni ulteriore richiesta di insinuazione, per lo stesso credito, nella 
)cedura fallimentare. 

Per giurisprudenza costante di questa Corte Suprema il provvenento 
(positivo o negativo) relativo alla ammissione di un credito 
passivo di un fallimento spiega efficacia solamente nell'ambito del 
>cesso fallimentare, non determina cosa giudicata in senso sostanle 
e non preclude che, una volta chiusa la procedura fallimentare, 

controversia sul predetto credito possa essere riproposta in sede 
Unaria. Nell'ambito, per�, della procedura fallimentare la domanda 
insinuazione del credito respinta non pu� essere riproposta, nello 
s1so giudizio fallimentare, nemmeno sotto forma di insinuazione tar'
a (Cass., 14 aprile 1945, n. 245; Cass., 31 luglio 1951, n. 2288; Cass., 
aprile 1954, n. 1355) e, cio�, il creditore pu� solo, nei termini, gra~
si avverso il provvedimento �di rifiuto di ammissione al passivo; 
;mre attendere la chiusura della procedura concorsuale e agire, per 
suo credito, in sede ordinaria (Cass., 13 aprile 1964, n. 868; Cass., 

dicembre 1963, n. 3139). Su tali principi, del resto, concorda la 
ssa ricorrente. 
In deroga a tali principi, � stato, eccezionalmente, ritenuto� che 

possibile l'istanza di insinuazione tardiva, nonostante il rigetto della 
mza .di insinuazione ordinaria, quando il giudice delegato abbia 
~ata l'ammissione al passivo, per non essere ancora avvenuta la pubcazione 
dei ruoli (Cass., 28 ottobre 1965, n. 2286); tale deroga � 
ta giustificata con la considerazione che, in tale eccezionale ipotesi, 
rigetto veniva a dipendere dal difetto del �requisito formale della 
)blicazione del-ruolo ed era condizionato al perdurare della mantza 
di tale requisito. Di qui la conseguenza che, mentre la mancanza 
la pubblicazione del ruolo rendeva superflua ogni impugnazione del 
1vvedimento di rigetto, che ne restava legittimato, viceversa il so-� 
.vvenire della pubblicazione dei ruoli rendeva possibile come evento 
fdizionale l'ammissione al passivo del credito, che questa avvenisse 

on a quella dell'aotio iudicati cfr. Cass., 1963, n. 3129, Riv. Dir. Comm., 

<!:, II, 325. 

In ordina al divieto di riproposizione della domanda di insinuazione 

Uva, per la mancata notificazione del ricorso al curatore, nel termine 

~gnato dal Giudice delegato cfr. Cass., 10 aprile 1968, n. 1077, in Foro It., 

B, I, 2177 con nota di richiami -cfr. altres� PEZZANO, Sulla riproponi


t� della domanda di insinuazione tardiva nel fallimento, ivi, 2179. 

Circa il contenuto dei procedimenti di verifica dei crediti, di insinuate 
tardiva e riparto finale, cfr. Cass. 1966, n. 684, in questa Rassegna, 1966, 
:48 con nota di riferimenti sui vari problemi dibattuti ed ivi altres� 
:ARUSI, In tema di ammissione al passivo fallimentare con riserva di 
~entazione di documenti. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nelle forme della insinuazione tardiva. In altri termini, in tale ipotesi 
eccezionale, il rigetto della istanza di insinuazione appariva solo di 
natura temporanea e valido, soltanto, allo stato degli atti. 

Senonch�, nella fattispecie, la deroga predetta non pu� essere consentita, 
in quanto il rigetto avvenne, come ha insindacabilmente rite


I


I 


I 


I

nuto la Corte di merito, perch� la istanza di ammissione al passivo 

non era stata provata. Il rigetto, cio�, non fu conseguente a ragioni 
meramente formali, tali da escludere -nel provvedimento relativo il 
carattere di accertamento negativo sia pure ai fini della procedura 
fallimentare. 

Al contrario il rigetto fu conseguente alla mancata dimostrazione. 
dei presupposti di fatto, sicch� valeva il principio per cui, non avendo 
il creditore osservato l'onere probatorio, la domanda di insinuazione 
doveva esser respinta come, legittimamente, lo fu. 

Inesattamente, la ricorrente ha dedotto che il rigetto era dipeso 
da difetto temporaneo di accertamento del credito 'Per non essere 
ancora stata emessa l'ordinanza dell'Intendente. Tale deduzione �, 
infatti, smentita dalle affermazioni in fatto della sentenza denunciata �' 
e, conseguentemente, in base ai principi sopra enunciati, nei quali la 
stessa ricorrente concorda, il ricorso non pu� essere accolto. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 novembre 1968, n. 3861 -Pres. 
D'Armento -Est. Pascasio -P. M. Pandolfelli (conf.) -Azzara ed 
altri (avv. Ozzo) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Onufrio). 

Procedimento civile -Appello -Omessa riconsegna del fascicolo dell'appellante 
-Improcedibilit� dell'appello -Possibilit� di acquisire 
aliunde gli elementi per la decisione -Irrilevanza. 

(c. p. c. art. .348) � 
. La improcedibiHt� dell'appeno per non avere l'appellante adempiuto 
all'onere del rideposito in termini del proprio fascicolo ritirato 
nel corso del procedimento, costituisce una sanzione dettata per siffatta 
inattivit� processuale onde prescinde dalla possibilit� che in concreto 
il giudice possa decidere il gravame in base alle risultanze acquisite 
nel fascicolo di Ufficio o dell'altra parte (1). 

(1) L'improcedibilit�, che corrisponde al rigetto dell'appello senza 
esame del codice di rito abrogato, solo che pu� essere dichiarata di Ufficio 
anche dal Collegio (cfr. Cass., 8 gennaio 1959, n. 11), non si distingue 
ontologicamente dalla inammissibilit� e lo stesso diritto positivo talvolta 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

opera i due termini in modo equivalente tal'altra 1nvece vi attribuisce 
nseguenze diverse (art. 334); cfr. SATTA, Dir. proc. civ., 1967, 377. 

L'applicabilit� della norma di cui all'art. 348 c.p.c. alla omessa restidone, 
nel termine di quattro giorni dall'udienza di discussione od in 
.ello di due giorni in caso di autorizzazione del giudice, del fascicolo delppellante 
da costui ritirato nel corso del procedimento, � stata ripetutamte 
ribadita dalla Corte di Cassazione (cfr. da ultimo Cass., 31 marzo 
67, n. 715). 

Secondo un primo orientamento la declaratoria di improcedibilit� delppello 
si riteneva dovesse conseguire dall'impossibilit� di disporre degli 
~menti necessari alla decisione (cfr. Cass., 26 maggio 1953, n. 1558, 
1ro It., 1954, I, 1418 con nota di riferimento); prevalente � per� l'indi:
zo che port� a ravvisare piuttosto in tale norma una sanzione diretta 
~olpire la inattivit� processuale dell'appellante, onde la nessuna rilevanza 
Ila possibilit� di conoscere il merito della controversia e di pervenire 
la decisione in base agli atti acquisiti nel fascicolo di Ufficio o della 
rte avversa (cfr. Cass., 1954, n. 1271; 1955, n. 1455; 1966, n. 1886; 1966, 

2383 ecc.). 

In dottrina cfr. GARBAGNATI, in Foro Padano, 1957, I, 130; FERRANTE, 

Monitore Tribunale, 1957, 161 ed autori ivi citati. 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 22 ottobre 1968, n. 25 -Pres. Bozzi 

C. -Est. Granito -Venuti (avv. Callid�) c. INAM (avv. Sorrentino). 
Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Diritti patrimoniali 
-Interessi di mora -, Giurisdizione del Consiglio di Stato -Non 
sussiste. 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Diritti patrimoniali 
-Interessi corrispettivi -Giurisdizione del Consiglio di Stato � 
Sussiste. 

Contabilit� generale dello Stato -Debiti pecuniari dello Stato -Momento 
in cui diventano liquidi ed esigibili -Decorrenza degli interessi 
-Emissione dell'ordine di pagamento. 

Impiego pubblico -Impiego sospeso cautelarmente -Interessi sugli 
stipendi non corrisposti durante la sospensione -Non spettano. 

Gli interessi di mora rappresentano il risarcimento del danno sofferto 
per un comportamento antigiuridico della p. a. e sono, quindi, una 
conseguenza� ulterior�e e indiretta delLa promuncia (di annullamento o 
di accertamento) emessa dal giudice amministrativo; pertanto, essi rientrano 
tra i diritti patrimoniali comseguenziali alla promuncia di illegittimit� 
di un atto amministrativo, riservati alla competenza del giudice 
ordinario ai sensi dell'art. 30 cpv. t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, anche 
se il credito principale attenga a materia in cui il Consiglio di Stato 
abbia giurisdiziome e�sclusiva (1). 

Gli interessi corrispettivi costituiscono un accessorio ope legis del 
credito principaLe e, al pari di questo, sono dovuti non a titolo risarcitorio, 
ma a titolo di ese.cuzione degli obblighi strettamente inerenti al 
rapporto creditorio, sia che vengano richiesti in via principale ed autonoma, 
sia che vengano richiesti unitamente, o anche in seguito (ma non 

I!

a causa, bens� quale conseguenza diretta e immediata), ad una pro


I 

nuncia giurisdizionale di accertamento del rapporto o del credito principale; 
pertanto, nelle mate'liie ~i giurisdizione esclusiva, la compe�tenza a ! 
conoscere delle relative questioni spetta al Consiglio di Stato (2). I 

l 

I

l' 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 993 

I debiti pecuniari della p. a. diventano esigibili ed importano, 
~indi, l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto, a norma del~
rt. 1282 c. c., soltanto dopo che la spesa sia stata ordinata dai 
mpetenti organi dell'Amministrazione debitrice con l'emissione dell'orne 
di pagamento nei modi prescritti dalle norme di contabilit� vigenti 

riguardo per ciascuna Amministrazione (3). 

Sino alla data dell'esito del giudizio disciplinare, l'Amministrazione 
n � tenuta a corrispondere .all'impiegato sospeso cautelarmente n� gli 
pendi n� gli asseqni accessori (salvo l'assegno alimentare); pertanto, 
n essendo i reilativi crediti esigibili, i medesimi non sono produttivi 

interessi di diritto ai sensi deU'art. 1282 c. c. (4). 

(1-4) Sulle prime due massime cfr. Sez. IV, 29 marzo 1968, n. 232, 
::onsiglio di Stato, 1968, I, 510; sulla terza cfr. Cass. 3 febbraio 1965, n. 172, 
guesta Rassegna, 1965, I, 135, con nota; sulla quarta, cfr. dee. cit. n. 232. 

NSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 28 ottobre 1968, n. 29 -Pres. Bozzi Est. 
Mastropasqua -Marino (avv. Brancati) c. Comune di Messina 
(avv. Silvestri), Prefetto di Messina (n. c.) e Passalacqua (avv.ti 
Moschella e Cocivera). 

npetenza e giurisdizione -Regione siciliana -Competenza del Consiglio 
di giustizia amministrativa -Decisione -Impugnativa davanti 
all'adunzanza plenaria del Consiglio di Stato -Presupposti 
-Fattispecie -Inammissibilit�. 

ripetenza e giurisdizione -Regione siciliana -Comune di Messina Aggiudicazione 
a privato di beni compresi nel piano regolatore Visto 
prefettizio di esecutoriet� -Impugnativa davanti al Consiglio 
di giustizia amministrativa -Decisione -Appello davanti all'adunanza 
plenaria -Ammissibilit�. 

itizia amministrativa -Ricorso giurisdiz_ionale -Termine per ricorrere 
-Atto soggetto a controllo -Decorrenza -Data di conoscenza 
dell'intervenuto controllo -Comuni e Province -Controlli Visto 
prefettizio -Estensione -Illegittimit� dell'atto controllato Effetti 
sul visto. 

Il sindacato di appello dell'Adunanza plenaria delle sezioni giurionali 
del Consiglio di Stato rispetto alle decisioni del Consiglio di 
:izia amministrativa per la Regione siciliana � ammesso, ai sensi 


W4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'art. 5, terzo comma, d. lg. 6 maggio 1948, n. 654, sok> contro gli atti 
e i>rovvedimenti deU'autorit� dello Stato aventi sede nella Regione; 
pertanto, � inammissibile ii ricoirso in appello contiro i provvedimenti 
emanati da enti territoriali della Regione (neLla specie, del Comune di 
Messina, in materia di aggiudicazione a privati di beni compresi nel 
piano regolato!f'e della citt�) (1). 

Il visto di esecutoriet� de�l P1'efetto di cui all'art. 134 t. u. 19 agosto 
1917, n 1399, 'l'elativo al verbale di aggiudicazione a privato, da parte 
del Sindaco del Comune di Messina, di beni compre�si nel piano regolatore 
deUa citt�, ha un suo contenuto ed � autonomamente impugnabiLe; 
pertanto, � ammissibile il ricorso in appello aU'Adunanza plenaria del 
Consiglio d~ Stato contro la decisione del Consiglio di giustizia amministrativa 
per la Regtione siciliana in relazione al detto visto prefettizio, 
a nulla rilevando che. sia preclusa, ai sensi dell'art. 5, terrzo comma, 

d. lg. 6 maggio 1948, n. 654, l'impugnativa in appelk> degli atti dei 
Comune di Messina sottoposti al visto di esecutoriet� (2). 
Il termine per ricorrere contro un provvedimento deU'Amministrazione 
sottoposto a visto di esecutoriet� o, comunque, a controllo decorre 
non gi� dalla data di apposizione del visto o di effettuazione del con


(1) Con questa decisione l'Adunanza plenaria ha confermato il proprio 
indirizzo giurisprudenziale in materia di interpretazione dell'art. 5, terzo 
comma, del d. lgs. 6 maggio 1948, n. 654 (cfr. Ad. p1en. 26 febbraio 1968, 
n. 8; Ad. plen. 7 novembre 1966, n. 22; Ad. plen. 12 luglio 1965, n. 17; Ad. 
plen. 26 aprile 1965, n. 9; Ad. plen. 25 gennaio 1965, n. 4; Ad. plen. 8 aprile 
1963, n. 6) ed ha dichiarato, per l'effetto, inammissibile l'appello proposto 
dal ricorrente, per la parte in cui si riferiva ad atti rispetto ai quali il 
Consiglio di Giustizia per la Regione siciliana si atteggia come giudice di 
primo ed unico grado. 
(2) L'Adunanza plenaria ha confermato, altresi, che il visto di esecutoriet� 
sulle deliberazioni comunali, prescritto nel caso di specie ex articolo 
134 del t. u. 19 agosto 1917, n. 1399, pur incidendo sull'atto controllato, 
ha, in relazione ai particolari fini perseguiti, un proprio autonomo contenuto 
in forza del quale � impugnabile ex se (cfr. V, 15 aprile 1961, n. 151; 
V, 5 dicembre 1958, n. 935). Da osservare, in proposito, che gli atti di controllo 
positivo di competenza del Pref.etto ex art. 343 t. u. legge comunale 
e provinciale non hanno, al contrario, autonomia propria, limitandosi a 
conferire efficacia al provvedimento controllato, che � atto definitivo: da ci� 
discende, come � noto, un duplice. ordine di conseguenze: da un lato, infatti, 
gli eventuali vizi dell'atto di controllo si convertono in vizi del provvedimento 
approvato; dall'altro, detti vizi possono essere fatti valere soltanto 
attraverso l'impugnativa giurisdizionale di quest'ultimo. .. � 
Nel caso in esame, all'opposto, il riconoscimento dell'autonomia del 
visto prefettizio, previsto dall'art. 134 t. u. 10 agosto 1917, n. 1399, ha consentito 
all'Adunanza plenaria non soltanto di procedere all'annullamento 
dell'atto impugnato, ma, altresi, di pervenire alla caducazione degli atti 
posti in essere dall'ente locale, in quanto presupposti dal visto. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 995 

�ozio, ma da quella in cui l'interessato sia venuto a conoscenza del 
etto adempimento (3). 

(3) L'Adunanza plenaria ha ribadito, infine, in materia di termine per 
mpugnativa, che anche nei confronti di atti sottoposti a controllo (divermente 
da quanto aveva luogo con una meno recente giurisprudenza) il 
rmine stesso decorre, non dal momento in cui il controllo o il vizio siano 
ati compiuti, ma, con una m�ggiore aderenza a principi di giustizia sostanale, 
dalla data nella quale l'interessato abbia avuto piena conoscenza del 
�ovvedimento di approvazione o di �esecutoriet� (cfr. Ad. plen., 13 no!
mbre 1963, n. 26). 
FRANCESCO MARIUZZO 

JNSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 6 dicembre 1968, n. 30 -Pres. Papaldo 
-Est. Di Pace -Comune di Pavia (avv. Martinotti) c. Ministero 
Interno (avv. Stato Mataloni). 

to amministrativo -Annullamento di ufficio -Annullamento del 
Governo, ai sensi dell'art. 6 t. u. 3 marzo 1934, n. 383 -Sfera di applicabilit� 
-Intervento del Consiglio dei Ministri -Sussiste. 

ano regolatore -Regolamento edilizio comunale -Annullamento del 
Governo -Mancato intervento del Consiglio dei. Ministri -Illegittimit�. 


Il po�tere di annullamento di ufficio, ai sensi deWart. 6 t. u. 3 
irzo 1934, n. 383, che va distinto dall'ordinario potere di annuZlamto 
spettante agli organi delle singole amministrazioni sugli atti 
mtranti nelle materie di loro competenza, pu� essere esercitato senza 
11iti �di tempo, nei confronti degli atti di tutte le Amministrazioni 
bbliche (Regioni, Comuni, Provincie ed aitri enti) e degli attli emati 
dai Ministri, previa valutazione dell'interesse pubblico attuale 
a eliminazione dell'atto iUegittimo, da effettuarsi con criterio uni
�io secondo l'indirizzo amministrativo e politico del Governo; perito, 
il potere predetto rientra nella sfera dell'alta amministrazione 
per il suo esercizio � richiesto l'intervento del Consiglio dei Mi:
tri (1). 

� illegittimo il decreto del Presidente della Repubblica che annulla 
ufficio, ai sensi deil'art. 6 t. u. 3 marzo 1934, n. 383, alcune norme 

(1-2) Sull'estensione del potere di annullamento del Governo cfr. Corte 
;t. 21 gennaio 1957, n. 26 e 16 maggio 1959, n. 23. Per quanto concerne 
legittimit� dell'annullamento senza la deliberazione del Consiglio dei 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


del regolamento ediLizio su proposta del Mimistro competente, ove 

I

manchi la deliberazione del Consiglio dei Ministri (2). f� 

Ministri cfr. Sez. V, 10 maggio 1963, n. 268, Il Consiglio di Stato�, 1963, I, 
.

l

738; Ad. Gen. (par.) 26 maggio 1966, n. 425, ivi, 1967, I, 2069. 
' 

'~ 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 ottobre 1968, n. 593 -Pres. Potenza 
-Est. Paleologo -Stagliano (avv. Sorrentino) c. Ministero 
Lavori Pubblici (avv. Stato Zagari). 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Inizio e fine dei 
lavori -Omissione -Successivo provvedimento di sanatoria per 
costruzioni di alloggi gi� eseguiti -Omessa valutazione de}la situazione 
gi� esistente -Illegittimit�. 

Il provvedimento che approva in via di sanatoria un progetto concernente 
la costruzione di un fabbricato di alloggi a carattere economico 
per famiglie non abbienti e non proprietarie rimaste senza tetto, 
ai sensi dell'art. 1 l. 23 ottobre 1960, n. 1319, stabilendo i termini per 
la espropriazione e pe1� la esecuzione dei lavori, cnnessi nel precedente 
decreto, implica l'annuLlamento di ufficio di quest'ultimo (almeno nella 
pa1�te relativa al p'l"ocediimento di espropriazione) e pertanto, ove l'edificio, 
alla data di emanazione del provvedimento, sia stato gi� costruito 
e collaudato, il provvedimento stesso � illegittimo qualora non 
contenga la constatazione che l'opera sia stata gi� costruita in modo 
conforme al progetto e utilizzata secondo i fini indicati dalla legge (1). 

(1) Sui termini relativi alla espropriazione ed ai lavori, cfr. Ad. plen. 
2 luglio 1958, n. 18, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 773. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, �23 ottobre 1968, n. 645 -Pres. Tozzi Est. 
Battara -Fossati (avv. Carbone) c. Ministero Pubblica Istruzione 
(avv. Stato Ciardulli). 

Demanio -Demanio storico ed artistico -Vincolo indiretto, storico 
ed artistico -Discrezionalit� -Motivazione -Sufficienza -Vincolo 
indiretto -Scelta del momento di imposizione -Discrezionalit� Eccesso 
di potere per disparit� di trattamento -Inammissibilit�. 

� legittimo il provvedimento col quale l'Amministrazione impone, 
ai sensi dell'art. 21 l. 1� giugno 1939, n. 1089, un vincolo indiretto ben 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

�eciso al fine di preservare le condizioni di ambiente e di decoro di 
ia zona di interesse storico ed artistico, ove dal provvedimento risulrio 
chiare le ragioni per le quali il vincolo sussiste, dato che l'Ammistrazione 
ha ampio potere discrezionale specie sulla scelta del moento 
in cui occorre adottare il provvedimento, senza che su tale scelta 
configurabile H vizio di eccesso di potere per disparit� di trattaento 
(1). 

(1) Cfr. Sez. IV, 23 ottobre 1968, n. 657. 
>NSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 novembre 1968, n. 703 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Santaniello -Sartori (avv. Pulvirenti) c. Ministero 
Pubblica Istruzione (avv. Stafo Ricci). 

manio -Demanio storico ed artistico -Zona di rispetto -Proprietari 
degli immobili adiacenti -Interesse al rispetto delle prescrizioni 
imposte -Sussiste. 

I proprietari degli immobili contigui ad un edificio di importanza 
rica o artistica� sono titolari di un interesse concre,to che dalle norme 
rodotte a tutela cfo,l patrimonio artistico e monumentale nazionale 
'Jlta occasionalmente protetto e che attribuisce lol/'o la legittimane 
ad impugnare i provvedimenti con i quali le norme stesse siano 
te in qualunque modo violate (1). 

(1) In senso conforme cfr. Sez. VI 20 ottobre 1953, n. 532, Il Consiglio di 
to, 1953, I, 978. 
NSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 novembre 1968, n. 731 -Pres. Papaldo 
-Est. Napolitano -Mazzocchi (avv. Magrone) c. Ministeri 
dei Lavori Pubblici e Turismo (avv. Stato Ricci). 

ropriazione per p. u. -Espropriazione -Dichiarazione di p. u. Annullamento 
in sede giurisdizionale -Rinnovazione previa nuova 
valutazione -Legittimit�. 

ropriazione per p. u. -Alberghi -Ampliamento -Pubblica utilit� 
delle relative opere -Sussiste. 

� legittimo il provvedimento col quale la p. a. rinnova la dichiaone 
di p. u. (in precedenza annullata in sede giurisdizionale), per 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

te opere progettate per l'ampliamento� di un albergo, sulla base di una 
nuO'Va valutazione coi rigua1�cLo alla effettiva consistenza delle opere 
stesse ed alla loro rilevanza rispetto alle esigenze turistiche locati (1). 
Le finalit� pubbliche nei campo delle attrezzature turistiche ed 

alberghiere vengono perseguite attraverso singole iniziative, ciascuna 
deUe quali concorre in misura pi� o meno ampia alle esigenze discrezionalmente 
apprrezzate dalla p. a.; perrtanto, iL limitato aumento del 
numero deUe camere di un albergo non pu� condurre a disconoscere 
il carattere di pubblica utilit� deUe opere di ampliamento dell'albergo 
stesso (2). 

(1-2.) Massime esatte. Sulla prima cfr. Sez. IV, 9 ottobre 1968, n. 593, 
retro, 995. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 6 dicembre 1968, n. 741 : Pres. Po


i

tenza -Est. Granito -Fioruzzi (avv. Sorrentino) c. Ministero dei 

Lavori Pubblici (avv. Stato Casamassima). 

I 

Piano regolatore -Regolamento edilizio comunale e programma di 

l

fabbricazione -Natura -� atto costitutivo -Impugnabilit�. 

Regolamento edilizio -Programma di fabbricazione -Contenuto 


I

Limiti. 

I

La delibera comunale che adotta iL rego�lamento edilizio con l'an


iI@ 

nesso programma di fabbricazione, costituisce atto terminale del pro
�.�

w 

cedimento, avente carattere costitutivo e definitivo, ed � pertanto impu


gnabile con ricorrso giurisdizionaLe al CotnSigLio di Stato, senza che abbia. 

rilevanza la eventuale succe�ssiva impugnazione de�L decreto ministeriale 

di approvazione del re�gotamento stesso (1). 

AL pari del regolamento edilizio, il programma di fabbricazione 

disciplina esc'Lusivamente L'attivit� edilizia privata, delimitando Le zone 

edificabili (c. d. zonizzazione) e precisando le caratteristiche che devono 

avere Le co�st1�uzioni neUe singole zone (c. d. tipologia edilizia); con


tiene, cio�, le prescrizioni essenziali per la sistemazione e L'ordinato 

sviluppo dei centri abitati -Le quali per la Loro validit� non hanno 

Limiti di tempo -, senza che possano essere impostri altri vincoli su 

alcune zone o aree per opere ed impianti di interesse pubblico o a 

verde privato (2). 

(1-2) In senso conforme cfr. Sez. V, 11 luglio 1967, n. 877, Il Consiglio 
di Stato 1967, I, 1314; contra. Sez. V, 13 maggio 1966, n. 754, ivi, 1966, I, 995. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1968, n. 1776 -Pre�. 
Pece -Est. Pascasio -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Bonazzi (avv. 
Fontolan) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). 

posta generale sull'entrata -Imposte doganali -Giudicato di assoluzione 
per il reato di contrabbando -Irrilevanza sull'imponibilit� 
dell'entrata. 

posta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Rapporto di commissione 
non risultante nelle forme prescritte -Non esclude l'imponibilit�. 


(1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 13; reg. 26 gennaio 1940, n. 10, art. 23). 
L'operazione di rivendita di merci in Italia � del tutto indipen:
te dall'antecedente operazione di importazione; la rivendita deve 
ndi assoggettarsi all'I.G.E. in via autonoma, non potendo aver riie�:
za su di essa il giudicato formatosi in una controversia relativa 
introduzi01ie della ste�ssa merce in Italia (nella specie l'importatore 

stato prosciolto dal reato di contrabbando) (1). 
. In difetto dei requisiti stabiLiti dall'art. 23 del reg. 26 gennaio 
\ n. 1O, il passaggio di merci dal committente al commissionario 

wo ad un'entrata soggetta all'I.G.E. (2). 

,.,m,issis). -Col primo motivo il ricorrente, denunciando l'errata 
licazione dell'art. 21, n. 2 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e del


(1-2) La prima massima, di evidente esattezza, sottolinea l'autonomia 
'imposta sui movimenti di merci in Italia rispetto a qual�nque antemte 
provenienza, che dia o meno luogo ad una diversa imposta. Va 
rato in proposito che per l'art. 4 della legge istitutiva l'imposta sul-� 
;rata � sempre dovuta, anche se siano stabilite esenzioni da altre impo;>
er l'operazione che realizza l'entrata o per i soggetti che la compiono. 

La seconda massima fa un'applicazione letterale ineccepibile dell'art. 23. 
reg. 26 gennaio 1940, n. 10. 


1000 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 33 della legge 19 giugno 1940, n. 762, nonch� la difettosa motivazione 
su un punto decisivo della controversia, sostiene che la Corte 
di merito avrebbe dovuto dichiarare l'assoluta incompetenza per materia 
dell'Intendente di finanza a provvedere in ordine alla dedotta 
evasione e la .conseguente nullit� dell'ordinanza dell'Intendente e del 
decreto del Ministro, �essendo l'evasione dell'I.G.E. demandata �al giudice 
penale investito della cognizione del reato di contrabbando. 

La censura � infondata. 

Infatti, l'imposta di cui � stato richiesto il pagamento concerne 
non l'importazione dei cavalli dall'Austria, bens� la successiva rivendita 
dei cavalli importati dal Bonazzi, che costituisce atto ben distinto 
dal primo, sicch� �non sussiste quella connessione col medesimo che 
sola avrebbe potuto giustificare la dedotta attrazione di competenza 
da parte del giudice penale. 

Col secondo motivo si denuncia la violazione dell'art. 23 del regolamento 
26 gennaio 1940, n. 10 e dell'art. 2697 c. c., la cui applicabilit� 
avrebbe dovuto escludersi a seguito della sentenza del giudice penale 
che ha prosciolto esso odierno ricorrente con formula piena dalla 
imputazione di aver dato una destinazione diversa agli equini importati 
in franchigia. 

Anche questa censura � infondata. 

Esclusa, infatti; come si � accennato, ogni connessione tra l'operazione 
doganale costituita dalla importazione dei cavalli nella quale si 
configurava il reato di contrabbando oggetto della sentenza assolutoria 
e la successiva rivendita degli stessi, oggetto del tributo preteso dal1'
Amministrazione, a torto il ricorrente vorrebbe estendere gli effetti 
del giudicato alle conseguenze fiscali di tale rivendita che, essendo 
-invece -estranea all'accertamento oggetto del giudicato, non pu� 
esserne influenzata. 

Ci� posto, appare anche esatto il richiamo fatto dalla Corte di 
merito alla norma regolamentare del citato art. 23, che limita la prova 
del rapporto di commissione che il Bonazzi indicava al fine di escludere 
l'esistenza della rivendita e quindi la possibilit� di applicazione dell'imposta. 
Peraltro, non essendo controverso che il rapporto anzidetto 
non risultava nei modi prescritti dalla norma (ossia da atto pubblico, 
da scrittura privata registrata, da lettera passata nel copia-lettere 
regolarmente tenuto e che il contribuente fosse iscritto come commissionario 
presso la Camera di commercio), esattamente la Corte escluse 
l'utilit� del richiamo al rapporto di commissione e ritenne quindi che 
alla rivendita dei cavalli effettuata in proprio dal Bonazzi corrispondesse 
l'entrata assoggettata alla imposizione fiscale. -(Omissis). 

! .~I 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1001 

:>RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 luglio 1968, n. 2252 -Pres. Favara Est. 
Berarducci -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Milano (avv. Calvario). 

1posta di registro -Agevolazioni -Agevolazione dell'art. 44 tab. B 
legge di registro -Acquisto di area per costruzione �di oratorio 
a scopo di culto -Si estende. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tab. B, art. 44; Concordato fra la Santa Sede 
e l'Italia, art. 29 Iett. h). 
L'agevolazione dell'art. 44, tabella B, allegata alla legge di registro 
applica anche all'atto con cui un ente ecclesiastico abbia acquistato 
'area destinata .alla costruzione di un oratorio avente fini di culto, 

considerazione del fatto che negli oratori si impartisce l'insegnamto 
dei primi elementi della dottrina cristiana, il quale rientra nel 

o concetto di istruzione elementare a cui beneficio la norma � deta; 
e ci� anche in considerazione dell'equiparazione del fine di culto 
li religione al fine di beneficenza e di istruzione operata dall'art. 29 
t. h del concordato fra la Santa Sede e l'Italia (1). 
(Omissis). -Con il primo motivo si deduce violazione dell'art. 29 

t. h) della legge 27 maggio 1929, n. 810, all. IV, e dell'art. 44 della 
�ella all. B del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'art. 360 
3 c.p.c. e si sostiene che se � vero che, in base all'art. 29 lett. h) 
Concordato fra la Santa Sede e l'Italia, il fine di culto e di reline 
� equip~rato, a tutti gli effetti tributari, al fine di beneficenza 

(1) La decisione non pu� essere condivisa. L'estensione dell'agevola1e 
dell'art. 44, tab. B, allegata alla legge di registro all'acquisto di una 
a destinata alla costruzione di un oratorio per fini di culto � stata 
;tificata con la duplice considerazione che la norma contempla il bene> 
in vista della istruzione elementare in genere, nella quale andrebbe 
mpreso l'insegnamento della dottrina cristiana, e che il fine di religione 
i culto � equiparato a tutti gli effetti tributari al fine di istruzione per 
tto dell'art. 29, lett. h, del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia. 
Sul primo punto non pu� condividersi l'affermazione che l'art. 44 

B, abbia per oggetto l'istruzione elementare in genere; al contrario la 
na fa riferimento a scuole elementari, giardini e asili d'infanzia, istituii 
ben precise e definite sia nel concetto comune che nella regolamenone 
giuridica. La norma ha anzi un chiaro legame, sostanziale con 
bligo dei Comuni di provvedere alle scuole elementari sicch� l'agevola:
e, all'origine, era strettamente legata alle scuole elementari comunali. 
:tti l'art. 104 del r.d. 6 maggio 1923, n. 1054, estende ad altre scuole 
tiefici accordati ai comuni per la costruzione degli edifici destinati a scuolementari. 
Ci�, se non autorizza oggi a considerare l'ag.evolazione dell'arlo 
44 come soggettiva, � tuttavia sufficiente per poter riferire la norma 
m preciso e limitato tipo di scuola. Si ritiene infatti che per le scuole 


\ 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e di istruzione, � anche vero che l'art. 44 della tabella B della legge 
di registro non consente il beneficio della tassa fissa per qualsiasi scopo 
di istruzione, ma solo in relazione a particolari tipi di scuole (elementari 
ed asili di infanzia), espressamente e tassativamente indicati, nei 
quali non possono ricomprendersi anche gli oratori, non destinati a 
scuole elementari e ad asili di infanzia. Il collegamento dell'art. 29 
lett. h) della legge 27 maggio 1929, n. 810, all'art. 44 tabella B della 
legge di registro, deve essere effettuato -si afferma -con riguardo 
allo specifico contenuto di detto ultimo articolo, che consente il beneficio 
della registrazione a tassa fissa unicamente per gli atti che hanno 
ad oggetto edifici scolastici per scuole elementari o asili di infanzia; il 
fine di culto non pu� essere agevolato a guisa di fine di istruzione che 
nei limiti in cui questo � agevolato, e che pertanto, l'anzidetto beneficio, 
in ordine agli atti degli enti ecclesiastici, non si applica se non 
quando tali atti abbiano per fine l'istruzione religiosa connessa a scuole 
elementari o ad asili di infanzia. 

Il motivo non � fondato. 

La disposizione dell'art. 44, tabella B della legge organica di 
registro concede il beneficio della registrazione a tassa fissa per gli 
atti che, avendo ad oggetto l'acquisto di aree destinate alla costruzione 
di edifici scolastici per scuole elementari ed asili di infanzia, hanno 
quale fine, l'istruzione elementare in genere. Ci� per effetto dell'art. 29 
lett. h) del Concordato tra la Santa Sede e l'Italia, che equipara, a 
tutti gli effetti tributari, il fine di culto o di religione al fine di beneficenza 
e di istruzione in genere, ed implica che, nell'ambito di applicazione 
della disposizione di cui al sopra citato art. 44 della legge di 

elementari e i giardini d'infanzia l'agevolazione sia di portata obiettiva e 
quindi applicabile ad enti religiosi e privati( Comm. Centrale, 11 giugno 
1947, n. 90642, Giur. im. dir., 1949, 68), ma si afferma ad un tempo che per 
gli altri tipi di scuole l'ampliamento del beneficio operato dall'art. 104 
del r.d. n. 1054 del 1923 vale solo per gli enti pubblici obbligati (comuni 
e province) ad apprestare gli edifici scolastici (id., 25 gennaio 1952, n. 32704, 
Riv. leg. fisc., 1952, 753) come pure si � negata l'estensione dell'agevolazione 
ad altre istituzioni per l'infanzia non aventi fine di istruzione (id., 
21 ottobre 1960, n. 32678, ivi.� 1961, 1215). � quindi arbitraria l'interpretazione 
dell'art. 44 nel senso, affermato dalla decisione in rassegna, che esso miri 
ad agevolare in genere l'istruzione elementare nel cui ampio concetto sia 
ricomprensibile l'educazione religiosa. � poi evidente che un oratorio 

�avente fini di culto� non persegue uno scopo n� esclusivo n� .prevalente 
di istruzione in genere e meno che mai di istruzione riservata alla prima 
infanzia; � solo una mera congettura considerare l'oratorio non altrimenti 
qualificato un'istituzione specificamente ed esclusivamente destinata all'insegnamento 
dei primi elementi della dottrina cristiana. 
Sotto il secondo profilo, l'equiparazione affermata nell'art. 29 lettera h) 
del Concordato, certamente valida per estendere agli enti ecclesiastici. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

gistro, rientrano tutti gli atti degli enti ecclesiastici che abbiano ad 
:getto l'acquisto di aree per la costruzione di edifici dichiarati come 

�enti fine di culto, allorquando questo fine non � raggiungibile che 
ediante l'insegnamento dei primi elementi della dottrina cristiana, 
sia mediante l'istruzione religiosa elementare, impartita indipendenmente 
da qualsiasi � connessione � con le scuole elementari o con gli 
ili di infanzia. Infatti, sebbene il legislatore abbia parlato di scuole 
~mentari e di asili di infanzia, con evidente riferimento alla ipotesi 
�rmale della istruzione elementare impartita in tali scuole, tuttavia 
mica condizione effettiva, sostanziale posta dall'art. 44, tabella B, della 
~ge di registro per l'applicazione del beneficio della registrazione 
tassa fissa, � che le aree siano acquistate per la costruzione di 
ifid destinati alla istruzione elementare in genere, e tale condizione 
:iubbiamente ricorre, allorquando gli acquisti di aree operati dagli 
ti ecclesiastici abbiano come scopo la costruzione di edifici destinati 
'.'insegnamento dei �primi elementi della religione cristiana, ossia 
.a istruzione religiosa elementare comunque impartita, anche fuori, 
indi, delle scuole elementari e degli asili di infanzia veri e propri. 

Rettamente, pertanto, il giudice del merito ha ritenuto che la 
rma dell'art. 44, tabella B, della legge organica di registro si applichi 
che all'atto con cui un ente ecclesiastico abbia acquistato un'area 
:hiarata come destinata alla costruzione di un oratorio avente fine 

culto, sulla considerazione che negli oratori si impartisce l'insegnamto 
dei primi elementi della dottrina cristiana, il quale, come tale, 
!ntra nel lato concetto di istruzione elementare a cui beneficio la 
rma rkordata � rivolta. -(Omissis). 

mti fini di culto o di religione i benefici contemplati per il generico 
e di istruzione, non pu� valere anche per l'applicazione �ii un~agevolane 
specifica e circoscritta alle scuole elementari e agli asili di infanzia; 
�ersamente l'art. 44, non applicabile per talune scuole dello Stato itaao, 
verrebbe ad avere un'estensione maggiore per gli enti ecclesiastici 
liparati. Ma anzi, su questa premessa, l'art. 44 diverrebbe applicabile, 
:a che la S. C. non ha inteso affermare, a tutte le iniziative tendenti ad 
fine di religione o di culto, e non solo a quelle miranti all'insegnanto 
dei primi elementi della dottrina cristiana, stante la generalissima 
liparazione contenuta nel Concordato tra fini di religione e di culto e 
l di istruzione. In definitiva il sistema vigente comprende due sole cate
�ie di agevolazioni: quella avente per oggetto il fine di istruzione in 
ierale al quale � equiparato il fine di culto e di religione (art. 44 legge 
registro) e quella avente per oggetto la costruzione di scuole elementari, 
rdini e asili d'indanzia e scuole magistrali (art. 44 tabella B). Il tentativo 
to dalla sentenza annotata di creare un tertium genus di istituzione 
igiosa specificamente qualificata da uno scopo di istruzione primaria, 

erso peraltro dall'istruzione elementare vera e propria, non pu� essere 
ettata. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

I I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un,, 1�0 luglio 1968, n. 2207 -Pres. 

00 

m

Flore -Est. Salemi -P. M. Di Maio (conf.). -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Granata (n. c.). 

Imposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Controversie 
di valutazione e controversie di diritto in materia di imposte indirette 
sui trasferimenti -Controversia sulla natura agricola o 
edificatoria di un terreno -� controversia di valutazione -Conseguente 
applicabilit� della stima diretta (fondi edificatori) o della 
valutazione automatica (fondi rustici) -Competenza delle commissioni 
tributarie in sede di valutazione -Sussiste. 

(r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 28, 29, 30; I. 20 ottobre 1954, n. 1044). 
Imposte di registro -Divisione -Natura dichiarativa -Assoggettabilit� 
all'imposta di registro -Questione di diritto -Competenza 
delle Commissioni tributarie (sezioni di diritto) -Sussiste. 

(c. c., art. 757). 
� controversia di valutazione -e come tale rientra nella competenza 
delle Commissioni tributarie in sede di valutazione -l'.accertare 
se un terreno abbia natura agricola o edificatoria, perch� non esistono 
norme giuridiche in base alle quali va individuata l'una o l'altra natura, 
la discriminazione venendo fatta caso per caso, in base allo stato 
di fatto dei terreni, aUa natura, alle caratteristiche, e alla zona circostante 
(e all'eventuale inclusione nel piano regolatore), e cio� in 
base a elementi obiettivi che rispecchiano la reale situazione del cespite 
al momento del trasferimento, con la conseguenza che, una volta eseguito 
tale accertamento, pu� risolversi l'applicabilit� del criterio automatico 
di valutazione stabilito per i fondi rustici o del sistema di stima 
diretta con riferimenti a prezzi correnti, previsto per le aree fabbricabili 
(1). 

� controversia di diritto -e come tale rientra nella competenza 
delle Commissioni tributarie, sezioni diritto -l'accertare se l'atto di 

(1-6) Con le tre sentenze in esame le Sezioni Unite della Cassazione 
hanno definitivamente risolto la questione relativa alla natura della controversia 
(di diritto o di valutazione) sulla qualificazione, come fondo 
rustico o area edificabile, di un immobile oggetto di trasferimento tassabile. 

La importanza di tale risoluzione � evidente, dati i diversi rimedi 
giurisdizionali esperibili nelle controversie di diritto o di valutazione, e 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1005 

visione, in relazione alla sua natura dichiarativa, contenga, ai fini 
illa assoggettabilit� alla imposta di registro, un trasferimento di ric~
ezza, e tale questione � pregiudiziale rispetto alla determinazione del 
;tema di valutazione dei beni divisi (2). 

II 

)RTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1� agosto 1968, n. 2737 -Pres. 
Scarpello -Est. Iannitti -Piromallo -P. M. Di Maio (conf.) -Citterio 
(avv. Scarpa) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato ~oprano). 

1poste e tasse in genere -Commissioni tributarie -Imposte indirette 
sui trasferimenti -Controversie di valutazione -Decisioni 
della Commissione Provinciale -Ricorso all'a.g.o. ai sensi dell'art. 
29 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 e ricorso in Cassazione ai 
sensi dell'art. 111 Cost. -Ammissibilit� -Fattispecie in tema di 
valutazione, con la stima diretta invece del criterio automatico, 
e in tema di difetto di motivazione. 

(Cost., art. 111; r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29; I. 20 ottobre 1954, n. 1044; 

r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 42). 
Lposte e tasse in genere -Commissioni tributarie -Imposte indi


rette sui trasferimenti -Con,troversia di valutazione -Decisione 
della Commissione Provinciale -Motivazione -Estremi per la 
sua legittimit�. 

(r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 42). 
.poste e tasse in genere -Imposta di registro -Competenza e giurisdizione 
-Commissioni tributarie -Controversia di valutazione 
e controversia di diritto -Controversia di diritto pregiudiziale a 
quella sulla determinazione del valore -Competenza della sezione 
di diritto della Commissione Provinciale -Sussiste -Sospensione 
del giudizio di valutazione fino alla decisione definitiva sulla questione 
pregiudiziale -Controversia sulla applicabilit�, nella valutazione 
dei beni, del criterio di stima automatica prevista per 

o che la detta diversa qualificazione implica la applicabilit� o meno del 
ema di valutazione automatica di cui alla legge n. 1044 del 1954. 
I principi affermati in proposito dalle sentenze in esame appaiono 
tti, sia in ordine alla impossibilit� di ritenere di diritto la controversia 
detta per la semplice considerazione degli effetti giuridici (;;ipplicabi


o meno della legge n. 1044 del 1954) che dalla sua soluzione derivano, 

1006 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i fondi rustici ovvero della stima diretta -Controversie di valu


tazione e controversie di diritto -Distinzione e presupposti. 

(r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 28, 29, 30; 1. 20 ottobre 1954, n. 1044; 1. 27 
marzo 1959, n. 355; art. 3; 1. 22 novemrbe 1962, n. 1706). 
Le decisioni delle Commissioni provinciali delle imposte, relative 
alla determinazione del valore per l'applicazione delle imposte indirette 
sui trasferimenti, sono definitive, e contro di esse s,i pu� ricorrere 
all'a.g.o., ai sensi dell'art. 29, terzo comma, r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, 
ovvero alla Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. Pertanto, 
col ricorso ai sensi del citato art. 111 non � denunciabile, mentre lo � 
col ricorso all'a.g.o., la decisione della Commissione provinciale, la 
quale, dopo aver distinti i terreni rustici, da valutare col criterio automatico 
della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, dai beni non agricoli (boschi 
e fabbricati), da valutarsi invece col criterio di stima Oll'dinario dell'art. 
15 r. d. l. n. 1639 del 1936, ha determinato il valoire d'i questi 
ultimi in misura diversa da quella stabilita dalla Commissione distrettuale; 
mentre � denunciabile la decisione stessa sotto il profilo del 
difetto di motivazione, sia pure sommaria, richiesta daU'art. 42 r. d. 8 
luglio 1937, n. 1516, attenendo la violaziolfl,e di tale lfl,Oll'ma alla regolarit� 
del procedimelj'l,to (error in procedendo) (3). 

Non pu� ritenersi che sussista difetto di motivazione, nella decisione 
della Commissione provinciale delle imposte, qualora essa indichi 
i beni valutati, la loro natura (ubicazione e consistelfl,za) l'estensione 
del terreno e il valore commerciale attribuito a terreni di eguale natura 
(4). 

Se in sede di valutazione, dinanzi alle Commissioni tributarie, 
venga sollevata una questione di diritto, la cui soluzione rivesta carattere 
pregiudiziale rispetto alla determinazione del valore, il giudizio di 
valutazione deve essere sospeso fino a che la questione di diritto non 
sia stata definitivamente decisa (e cio�; in primo grado, dalla sezione 
di diritto della Commissione Provinciale; in secondo grado, dalla Commissione 
Centrale). � controversia di valutazione la sceita del sistema 
di valutazione, tra il criterio automatico per coefficienti deUa l. n. 1044 
del 1954 e il criterio diretto di stima del r. d. l. n. 1639 del 1936, art. 15, 
qualora la controversia verta sull'esattezza della qualificazione dei beni 
agricoli, e cio� su un accertamento di fatto relativo alla natura e destinazione 
agricola del terreno valutato, mentre � una controversia di 

sia in ordine alla concreta natura di detta controversia. Su tale punto la 
Corte di Cassazione, risolvendo precedenti incertezze giurisprudenziali, e 
pur accennando alla possibilit� di fattispecie del tutto particolari per le 
quali la soluzione del quesito potrebbe essere anche diversa, in quanto la 
natura del bene trasferito fosse desumibile direttamente dalla legge, ha 
decisamente affermato che la qualificazione di un fondo come rustico o 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

iritto la indagine sulla natura agricola o edificatoria, qualo1�a la natura 
el terreno dipenda dall'interpreta~ione ed applicazione di disposizioni. 
igislative, .regolamentari o negoziaLi che possano incidere con imposiioni 
di vincoli sulla concreta utilizzabiUt�, e quindi sul valore, del 
irreno (5). "' 

III 

ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3026 -Pres. 
Scarpello -Est. Geri -P. M. Pedote (conf.) -Salazar (avv. De Stefano) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

nposte e tasse in genere -Imposta di registro -Competenza e giurisdizione 
-Commissioni tributarie -Controversie di valutazione 
e controversie di diritto in materia di imposte indirette sui trasferimenti 
-Controversia sulla natura agricola o edificatoria di 
un terreno -� controversia di valutazione -Competenza della 
Commissione tributaria in sede di valutazione -Sussiste -Denominazione 
in catasto del fondo come rustico -Irrilevanza. 

(r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 28, 29, .30; 1. 20 ottobre 1954, n. 1044; 1. 27 
maggio 1959, n. 355, art. 3; 1. 22 novembre 1962, n. 1706). 
� controversia di valutazione -e come tale rientra nella compe~
nza delle Commissioni tributarie in sede di valutazione -l'accertare 
~ un terreno abbia natura agricola o edificatoria, perch� la distinzione 
�a fondi rustici ed aree fabbricabili va fatta caso per caso, in base ad 
:ementi obiettivi (quali la ubicazione del suolo, la sua accessibiiit�, 
' sviluppo edilizio del terreno circostante, l'esistenza di servizi pub~
ici, l'eventuale inclusione del fondo nei piani regolatori), senza che 
)Ssano avere alcuna rilevanza l'eventuale denominazione del fondo 
~ catasto come rustico e la lettera deUa legge n. 1044 del 1954, che 
m fornisce al riguardo alcuna definizione (6). 

I 

(Omissis). -Con il primo motivo si dennncia la violazione degli 
~tt. 28, 29 e 30 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, e dell'art. 42 r. d. 8 
lglio 1937, n. 1516, in relazione all'art. 360, nn. 1 e 3, cod. proc. civ.. 

�me area edificabile, in quanto determinata da circostanze di solo fatto, 
m pu� essere definita questione di diritto, e deve essere pertanto riser1ta 
alle commissioni di valutazione. E su ci� sembra che debba convenirsi. 
Gli stessi principi sono stati quindi confermati dalla sentenza Sezioni 
nite 10 febbraio 1969, n. 446. 


1G08 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'Amministrazione ricorrente sostiene che la Commissione Provinciale 
delle imposte, applicando, nel giudizio di valutazione dei terreni 
oggetto della divisione, il criterio automatico stabilito dalla legge 
27 maggio 1959, n. 355 (relativa a modificazioni in materia di imposte 
di registro sui trasferimenti immobiliari), anzich� il criterio della stima 
del valore, avrebbe travalicato i limiti della propria giurisdizione, in 
quanto avrebbe risolto una questione di diritto, non di mera valutazione. 

Con il secondo motivo, si denuncia la violazione dell'art. 112 cod. 
proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, dello stesso codice. 

La ricorrente sostiene che la Commissione Provinciale delle imposte, 
escludendo l'applicabilit� del criterio di stima di cui all'art. 15 
del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, applicabilit� non contestata dalle 
parti (le quali si erano limitate a disconoscerne e contestarne i risultati), 
ed adottando, in sostituzione di tale criterio di accertamento dell'imponibile, 
il criterio della cosiddetta valutazione automatica, con 
riferimento alle tabelle precostituite, cio� senza procedere alla stima 
(per la revisione del valore dichiarato nell'atto), avrebbe pronunciato 

� ultra petita �. 
Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell'art. 3 de1la legge 
27 maggio 1959, n. 355, dell'art. 15 del r. d. 1. 7 agosto 19.36, n. 1639 
e dell'art. 757 cod. civ., in relazione con l'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. 

L'Amministrazione ricorrente sostiene, nel merito, che la Commissione 
Provinciale predetta illegittimamente ed erroneamente avrebbe 
applicato il � sistema valutativo � della citata legge n. 355 dell'anno 1959, 
poich� questa si riferisce esclusivamente ai � trasferimenti � di fondi 
rustici (per atto tra vivi, a titolo oneroso e gratuito), e, pertanto, 
secondo la ricorrente, non si sarebbe potuto far rientrare, nell'ambito 
di applicazione della legge medesima, negozi i quali non importano trasferimento 
di beni, qual'� appunto la divisione, avente carattere dichiarativo, 
non effetto traslativo. 

Il ricorso � indubbiamente ammissibile. Questa Corte, invero, ha 
gi� avuto occasione di affermare il principio che le decisioni delle Commissioni 
Provinciali delle imposte, emesse in grado di appello, in materia 
di determinazione del valore imponibile, ai fini delle imposte sui 

I 

trasferimenti di ricchezza, sono definitive e che contro di esse � ammesso 
il ricorso alla Corte di cassazione, per violazione di legge, ai sensi 
dell'art. 111 della Costituzione (Cass. sent. n. 2949 dell'anno 1964 e 

n. 2087 dell'anno 1965). 
Ritenuta l'ammissibilit� del ricorso, si osserva che le censure come 
sopra formulate e che, per la loro stretta connessione, conviene esaminare 
congiuntamente, sono in parte fondate. 

Com'� noto, la legge 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli 
ordinamenti tributari, prevede (art. 29), in materia di imposte indirette 
sui trasferimenti di ricchezza, che le controversie aventi per oggetto la 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

terminazione del valore sono decise, in prima istanza, dalle Commis'
ni distrettuali e, in secondo grado, da quelle Provinciali. Per le 
1troversie � relative all'applicazione della legge ., cio� per quelle che 
rolgono questioni di diritto, il sistema � diverso, in quanto, pur contiando 
il giudizio ad articolarsi in due fasi, queste sono decise, in 
mo grado, dalla Commissione Provinciale (in seno alla quale esiste 
'apposita sezione, avente una particolare composizione) e, in secondo 
tdo, dalla Commissione Centrale. 

Orbene, l'assunto dell'Amministrazione ricorrente, secondo cui la 
mmissione Provinciale, ritenendo che dovesse applicarsi, nella specie, 
valutazione automatica, stabilita dalla legge n. 355 dell'anno 1959 
� i fondi rustici, sul dichiarato presupposto che i cespiti oggetto della 
isione avessero una evidente destinazione agricola (e ci� contrariante 
a quanto aveva ritenuto la Commissione Distrettuale, la quale, 
considerazione di una prevedibile utilizzazione dei fondi in questione 
mi edificatori, aveva deciso che la valutazione dovesse effettuarsi in 
e a stima in concreto, considerando, in sostanza, i fondi medesimi 
tli aree fabbricabili), avrebbe risolto una questione di diritto, non 
> condividersi. 

L'applicazione dell'uno o dell'altro sistema di valutazione, per l'ac


tamento dell'imponibile ai fini della applicazione delle imposte di 

;ferimento, � in funzione della natura, della specie del bene, essendo 

scritta dalla legge la valutazione cosiddetta automatica (in base a 

elle compilate dalla Commissione Censuaria Centrale ed annual


1te aggiornate) per i fondi rustici, e quella della stima in concreto 

base al valore venale in comune commercio, al giorno del trasferi


1to), per le aree fabbricabili. 

Orbene, l'accertare se un. terreno abbia natura agricola od edifi


>ria non importa certamente la risoluzione di una questione di diritto. 

Non esistono, invero, norme giuridiche in base alle quali una sif


a discriminazione possa effettuarsi, cio� norme che indichino i criteri 

listinzione dei fondi rustici dalle aree fabbricabili, consentendo cos� 

dentificare, in base a precise regole astratte, una categoria di fondi 

etto all'altra. 

La discriminazione va fatta caso per caso, tenendo conto dello stato 

atto dei terreni, in base alla natura ed alle caratteristiche di essi e 

a zona circostante, per dedurne se abbiano una effettiva, stabile 

inazione agricola, ovvero siano utilizzabili, attualmente e concre


ente, come aree fabbricabili, cio� in base ad elementi obiettivi, i 

li rispecchino la reale� situazione del cespite fondiario, al momento 

trasferimento, tenendo conto particolarmente delle d�stinazioni sta


e dai piani regolatori eventualmente esistenti. Tale concetto � stato 

tutamente affermato, da questa Corte (ad es., da ultimo, sentt. 

2039, 1180 e 492 dell'anno 1967, nn. 1986 e 688 dell'anno 1966, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nn. 1230 e 647 dell'anno 1962) ed anche dalla Commissione Centrale 
delle imposte (decis. 4 febbraio 1963, n. 94821), riguardo alla nozione 
<li area fabbricabile (nozione da cui pu� dedursi, in via negativa, quella 
.di fondo rustico), la quale � identificabile principalmente in base alla 
�destinazione impressa dall'Autorit� amministrativa, con la inclusione 
della area in un piano regolatore particolareggiato, ma che pu� desumersi 
indirettamente da elementi certi ed obiettivi, quali l'ubicazione 
del suolo, la sua accessibilit�, lo sviluppo edilizio della zona, la presenza 
di servizi pubblici di collegamento con la zona urbana e di altri 
servizi pubblici necessari (strade, fognature, ecc.), elementi tutti i quali 
.attestino una concreta ed attuale edificabilit�. 

� ben vero che, con precedenti decisioni, si � affermato che la 
determinazione dei criteri di valutazione dei beni oggetto di trasferimenti, 
ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, importerebbe 
la risoluzione di una questione .giuridica, e, in particolare, che, nell'ipotesi 
di trasferimento di un terreno con attuale destinazione agricola, 
ma avente attitudine ad essere utilizzato come area fabbricabile, si � 
ritenuto (Cass. sent. n. 1241 dell'anno 1967) che la soluzione della 
questione se si debba fare� ricorso, per la valutazione del bene trasferito, 
al sistema di stima diretta (sistema tuttora in vigore per la valutazione 
delle aree fabbricabili), ovvero al criterio automatico di valutazione 
stabilito per i fondi rustici, costituisce un'operazione giuridica 
di interpretazione della legge, non una operazione tecnica di accertamento 
del valore imponibile. 

Senonch�, riesaminata la questione, si ritiene di non poter mantenere 
fermo detto orientamento giurisprudenziale. 

Invero, la decisione circa la norma applicabile, precisamente circa 
il sistema in base al quale va effettuata la valutazione del bene trasferito, 
discende automaticamente dalla individuazione del bene medesimo 
e dalla qualificazione di esso, cio� da un accertamento di fatto, che non 
importa per s� la risoluzione di quesiti di carattere giuridico. 

Con l'identificazione delle caratteristiche dei beni da valutare, che 
� operazione indubbiamente tecnica, e con il conseguente inquadramento 
nell'una, o nell'altra categoria (fondi rustici o aree fabbricabili), 
resta senz'altro individuato il criterio di tassazione e non vi � luogo ad 
operazioni di carattere giuridico. 

Pertanto, sotto tale profilo deve escludersi che, nella specie, la 

Commissione Provinciale -Sezione valutazione -nel ritenere che i 

terreni oggetto della divisione ereditaria tra i fratelli Granata, doves


sero qualificarsi, data la loro concreta destinazione agricola, come fondi 

rustici (non gi� aree fabbricabili), abbia, per ci� solo, risolto una que


stione giuridica, esorbitando cosi dai limiti della sua competenza giu


risdizionale. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Neppure pu� sostenersi che detta Commissione sia incorsa nel vizio 

ultrapetizione sol perch� nessuna delle parti avrebbe invocato l'apicazione 
del criterio automatico di valutazione, stabilito dalla citata 
~ge del 1959, concordando implicitamente sull'applicabilit� del crite> 
di stima diretta, previsto dall'art. 15 r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 
dottato dalla Commissione Distrettuale). 

A prescindere dall'esattezza di tale affermazione (mentre sembra, 
Ila decisione impugnata, che il criterio automatico di valutazione sia 
1to adottato, dalla Commissione Provinciale, proprio in accoglimento 
ll'appello proposto dalla parte), l'esistenza del denunciato vizio deve, 
munque, escludersi. Basta ricordare, al riguardo, che ricorre vizio di 
trapetizione �soltanto quando il giudice pronunci oltre i limiti della 
manda (o dell'eccezione) mentre siffatto vizio non sussiste quando 
idi la decisione su di una norma giuridica non invocata; ci� in quanto 
!ntra nel diritto-dovere del giudice, per il noto principio � jura novit 
ria ., stabilire quali siano le norme applicabi:li nel caso concreto, 
iipendentemente dalle richieste delle parti. E, nella specie, la deternazione 
del sistema di tassazione non rientrava certamente nella 
iponibilit� delle parti, ma costituiva effetto indefettibile dell'accertamto, 
demandato all'Organo decidente, della qualit� del bene, in rela1ne 
alle doglianze dedotte dalle parti circa l'entit� della valutazione. 
Peraltro, pur ammettendo in via generale, che la Commissione 
ovinciale -Sezione valutazione -abbia facolt� di determinare il 
terio di tassazione in relazione alla qualit� del bene, oggetto del 
rasferimento �, va osservato che, nella specie, si sarebbe dovuto proiere 
ad un'indagine preliminare, se, cio�, l'atto posto in essere dai 
.telli Granata fosse, o meno, soggetto all'applicazione dell'imposta di 

~istro per cui � sorta controversia. 

Invero, la divisione ereditaria ha, come � noto, natura meramente 

:hiarativa (Cass., ad es., sent. n. 1229 dell'anno 1962 e n. 590 del


rmo 1960), tale attribuitale dalla leg.ge, come si desume chiaramente 

lla norma dell'art. 757 cod. civ., ~el senso che, con la divisione, si 

ie fine alla comunione ereditaria, operandosene lo scioglimento, con 

;erminazione della parte concreta di beni spettanti a ciascuno degli 

~di condividendi, beni gi� loro appartenenti pro quota, sin dal mo


nto in cui la comunione ereditaria si era costituita, cio� dall'apertura 

la successione. 

Data la natura dichiarativa della divisione ereditaria, la Commis


ne Provinciale, prima ancora di determinare il sistema per la valuta


ne dei beni oggetto dell'atto di divisione ereditaria, avrebbe dovuto 

bilire se l'atto medesimo avesse carattere traslativo, cio� 'Se sussi


sse, o meno, nel caso concreto, un � trasferimento � di ricchezza, 

oggettabile come tale all'imposizione del tributo in questione. 


1012 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tale necessario accertamento indubbiamente involgeva una questione 
di diritto, rientrante nelle controversie sulla � applicazione della 
legge�, devolute alla speciale competenza della apposita Sezione (della 
Commissione Prov,inciale) istituita per le controversie di diritto. E sol� 
tanto dopo l'eventuale definitiva pronuncia positiva del giudice competente 
per materia, pronuncia con cui si ritenesse che l'atto � assoggettabile 
al tributo, si provveder� alla valutazione secondo il sistema 
corrispondente all'accertata natura dei terreni. 

Per le considerazioni esposte, accogliendosi il primo motivo, per 
quanto di ragione, ed il terzo, mentre si rigetta il secondo, la decisione 
va cassata, rinviandosi l� parti davanti alla medesima Commissione 
Provinciale, la quale sospender� il giudizio in attesa che la Commissione 
competente abbia deciso la questione di diritto. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -I Citterio, con l'unico motivo della proposta impugnazione, 
hanno formulato due distinte censure. Con la prima di esse 
hanno sostenuto che la Commissione tributaria provinciale, nel determinare 
il valore degli immobili caduti nella successione di Pierfrancesco 
Citterio, ha violato i criteri dettati dagli artt. 15 e segg. del r. d. I. 
7 agosto 1936, n. 1639, mentre, con la seconda, hanno denunciato la 
vfolazione dell'art. 43 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, che impone a 
detta commissione di motivare sommariamente le proprie decisioni, 
indicando gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella determinazione dei 
valori imponibili. 

La prima delle esposte censure � inammissibile. 

Essa investe la parte della decisione con la quale la Commissione 
provinciale -sezione valutazione -, dopo avere distinti i terreni 
rustici, da valutarsi con il criterio automatico di cui alla 1. 19 ottobre 
1954, n. 1044,. dai beni non agricoli (boschi e fabbricati), da valutarsi, 
invece, con il criterio di stima di cui agli art. 15 e segg. del r. d. I. 
7 agosto 1936, n. 1639, ha, in parziale accoglimento dell'appello proposto 
dall'amministrazione finanziaria, determinato il valore di questi 
ultimi in misura superiore a quella gi� stabilita dalla Commissione 
distrettuale. 

Orbene -come questo supremo collegio ha reiteratamente precisato 
(da ultimi Sez. Un., n. 211 del 24 gennaio 1967) -le decisioni di 
appello, emesse dalla commissione provinciale delle imposte in tema 
di determinazione del valore imponibile di beni oggetto di imposizione 
indiretta sui trasferimenti, sono definitive e contro di esse � dato solo 
ricorrere all'autorit� giudiziaria ordinaria ai sensi, dell'art. 29 terzo 
comma del r. d. 1. n. 1639 del 1936 per grave ed evidente errore di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1013 

prezzamento ed insufficienza di calcolo nella determinazione del va
�e, ovvero alla Corte di Cassazione per violazione di legge, ai sensi 
ll'art. 111 della Costituzione. 

Nella specie, poich� l'esposta censura investe proprio i criteri di 
rna in base ai quali la Commissione provinciale ha ritenuto di disttire 
dalla valutazione data ai beni non agricoli dalla Commissione 
'trettuale, si verte in materia demandata alla cognizione del Tribule 
e per la quale, pertanto, questo Supremo collegio non pu� essere 
ettamente adito a norma� art. 111, comma 2, della Costituzione, la 

applicabilit� postula che il provvedimento decisorio censurato sia 
tratto ad ogni altra forma di impugnazione (sent. n. 2661 del 27 
obre 1967). 

Con la seconda doglianza i Citterio hanno, come gi� detto, denunto 
la violazione dell'art. 42 del d. I. n. 1516 del 1937, il quale preive 
che le decisioni delle Commissioni distrettuali e provinciali su 
~stioni di valutazione debbano contenere una sommaria motivazione, 
la quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella deter1azione 
dei valori imponibili. 

La violazione di tale norma, non attenendo al merito della valu


ione, cui � ristretto il sindacato dell'autorit� giudiziaria ordinaria 

visto dall'art. 29 comma 3 del r. d. 1. n. 1639 del 1936, ma alla rego


t�� del procedimento, � deducibile direttamente in Cassazione a 

ma del citato art. 111 della Costituzione. 

La censura �, peraltro, infondata, poich� detto obbligo di sommaria 

:ivazione deve ritenersi sufficientemente assolto mediante la compiuta 

icazione dei singoli beni valutati, della loro natura (ubicazione e 

sistenza), dell'estensione del terreno boschivo (920 pertiche), del 

>re commerciale localmente attribuito ai terreni di uguale natura 

_150.000 a pertica) e dell'epoca (giugno 1962, in cui fu aperta la 

!essione) alla quale � stata riferita la valutazione. La commissione 

inoltre, richiamato come fonte di orientamento, anche la relazione 

'U.T.E. di Varese ed il parere espresso dalla Commissione Distret


e di Varese. L'esposta motivazione soddisfa l'esigenza, presidiata 

'art. 42 del r. d. n. 1516 del 1937, che il soggetto tenuto al paga


Lto del tributo sia posto a conoscenza degli elementi giustificativi 

a compiuta determinazione del. valore imponibile e, conseguente


1te, sia messo in grado di controllare e, se del caso, contestare, in 

~ competente, l'esattezza dei dati di fatto, apprezzamenti e calcoli 

:ui essa risulti basata. 

In esito a quanto esposto il ricorso di Citterio deve essere respinto. 

Deve ora esaminarsi il ricorso dell'amministrazione delle Finanze, 

quale i Citterio hanno contestato l'ammissibilit� per essere stato 

ficato in un'unica copia ad Antonio Citterio, che dinanzi alle Com


ioni tributarie aveva rappresentato anche gli altri eredi di Pier



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

francesco Citterio, e non in tante copie (cinque) quanti sono i coeredi 
stessi. 

L'esposta eccezione � destituita di fondamento. 

A sostegno di essa � stato richiamato .il principio, ribadito dalla 
giurisprudenza, per il quale la notifica a pi� parti presso l'unico comune 
procuratore va fatta mediante consegna a quest'ultimo di tanti esemplari 
dell'atto costituente oggetto della notifica quante sono le parti da 
lui rappresentate. Senonch�, come questo supremo Collegio ha avuto 
pi� volte occasione di precisare (da ultimo sent. n. 599 e 1269 del 1964, 

n. 149 del 1965 e n. 419 del 1966) la ragione che sorregge detto principio 
non si attaglia alla diversa ipotesi in cui la parte, alla quale � 
destinata la notifica, stia in giudizio sia in nome proprio che in rappresentanza 
di altra persona. In questa ipotesi la notifica singulatim 
non corrisponderebbe ad alcuna specifica esigenza processuale, poich� 
il rappresentante ha, nella duplice veste assunta, la possibilit� di ,provvedere 
alla tutela degli interessi sia propri che altrui. 
Pu�, quindi, procedersi all'esame del ricorso dell'amministrazione 

finanziaria dello Stato. 

Con il primo motivo essa ha sostenuto che la Commissione pro


vinciale, sezione valutazione, avendo applicato, ai fini della determina


zione del valore degli immobili rustici, il criterio automatico per coef


ficienti di cui alla 1. 20 ottobre 1954, n. 1044, anzich� il criterio di 

stima di cui all'art. 15 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, avrebbe deciso 

su questione di diritto ed esorbitato, quindi, dai limiti della sua com


petenza per materia, ristretta alle questioni di mera valutazione. 

I Citterio hanno eccepito che sulla competenza della Commissione 

provinciale -sezione valutazione -si � formato il giudicato, per 

avere la stessa Amministrazione impugnata dinanzi ad essa la decisione 

di merito� della commissione distrettuale (competente solo per le que


stioni di valutazione e non anche per quelle di diritto) senza sollevare 

la questione di competenza. L'eccezione dei Citterio � infondata, sia 

perch�, non avendo la questione formato oggetto di dibattito e di 

pronuncia nella sede di merito, manca un'esplicita decisione sulla com


petenza, in ordine alla quale possa essersi formato il giudicato, sia, 

infine, perch�, non� essendo passata in giudicato alcuna delle decisioni 

di merito emesse dalla Commissione tributaria provinciale in sede di 

valutazione, non � configurabile un giudicato implicito sulla sua com


petenza per materia, intesa come presupposto delle decisioni stesse. 

L'eccezione di incompetenza �, tuttavia, infondata, poich�, nella 
specie, la scelta del sistema di valutazione non � dipesa, come in altri 
casi esaminati da questo supremo Collegio (sent. n. 1241 del 6 giugno 
1967), dalla risoluzione di questioni di diritto, ma solo dall'accertamento 
di fatto relativo alla natura e destinazione agricola del terreno 
valutato. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 101& 

Peraltro, l'amministrazione delle finanze ha, con il quarto motivo. 

ricorso, sostenuto che lo stabilire se un terreno sia agricolo o edifiorio 
implica la risoluzione di questioni di diritto esulanti dalla. 
11petenza della sezione valutazione delle Commissioni tributarie pro-� 
ciali. L'astratta formulazione dell'esposta censura d� a ritenere che,. 
ondo l'amministrazione ricorrente, la qualificazione di un terreno. 
11e agricolo o non agricolo comporti in ogni caso la risoluzione di. 
t questione di diritto e non rientri, pertanto, tra le operazioni di. 
ra valutazione. 

Tale tesi non pu� essere accolta. 

Ad avviso di questo supremo Collegio la questione non � suscetle 
di una soluzione che prescinda dalle peculiarit� delle singole:
ispecie. 

Giova innanzitutto ricordare che, quando, in sede di valutazione,. 
stata sollevata una questione di diritto, la cui soluzione rivesta 
attere pregiudiziale rispetto alla questione concernente la deformi-� 
ione del valore, il giudizio di valutazione deve essere sospeso fino� 
he la questione di diritto non sia stata definitivamente decisa nel-� 
posita sede (e cio�, Jn primo grado, dalla sezione di diritto della Com-� 
sione provinciale e, in secondo grado, dalla Commissione centrale).. 
Cos� precisate le diverse sfere di competenza per materia riservate 
sezione di diritto ed a quella di valutazione della Commissione 
vinciale, deve stabilirsi se, nel caso di specie, l'insorta controversia 
'applicabilit� del criterio automatico per coefficienti (1. 20 ottobre� 
4, n. 1044) o di quello di stima (art. 15 r. d. :1. 7 agosto 1936, n. 1639} 
a determinazione del valore imponibile dei terreni involgesse queni 
di diritto, la cui soluzione fosse necessaria per potere addivenire� 
valutazione di detti ben�. Come gi� accennato, la disputa verteva. 
'esattezza della qualificazione di beni agricoli, attribuita dalla Comsione 
distrettuale agli indicati cespiti, e, cio�, su di una obiettiva. 
lit�, normalmente rilevabile attraverso un semplice accertamento di 

o. Ci� non toglie che in certi casi, per poter stabilire se un terreno. 
agricolo o edificatorio, debbano risolversi questioni di diritto sull'in1retazione 
ed applicabilit� di disposizioni legislative, regolamentari 
~goziali, che possano incidere con l'imposizione di determinate deazioni, 
vincoli o limitazioni, sulla concreta utilizzabilit� di esso e,. 
;eguentemente, sul suo valore venale. 
In tale ipotesi la scelta del criterio di valutazione e la determinae 
del valore imponibile del bene non possono essere basati su. 
:azioni di carattere meramente tecnico, quali sono quelle che atten) 
alla rilevazione dell'obbiettiva consistenza quantitativa e qualita


del bene da valutare, all'individuazione dei fattori di calcolo ed 
spletamento di questo, ma sulla soluzione di questioni di diritto, 
lta ad accertare se detto bene sia soggetto ad un particolare regime 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giuridico che possa influire sia sull'adozione del criterio di valutazione 
(per stima o per coefficienti) e, qualora debba applicarsi il criterio di 
stima, sull'attribuzione al bene di un valore venale appropriato. 

In esito alle esposte considerazioni il primo ed il quarto motivo 
del ricorso proposto dall'amministrazione delle Finanze devono essere 
rigettati. 

Parimenti infondato � il secondo motivo, con il quale detta Amministrazione 
si � doluta che la Commissione Provinciale abbia applicato, 
nella valutazione dei fondi rustici, il criterio automatico di cui alla 

1. 20 ottobre 1954, n. 1044, senza aver considerato che la legge 22 novembre 
1962, n. 1706, limita l'applicabilit� del criterio stesso all'ipotesi 
in cui il contribuente si sia astenuto dal fare la dichiarazione di valore 
od abbia dichiarato questo in misura inferiore a quello automaticamente 
determinabile e non abbia, inoltre, chiesto la valutazione venale. 
Tale censura � insuscettibile di esame, poich� con essa l'amministrazione 
ricorrente ha sollevato una questione non dedotta dinanzi alla 
Commissione provinciale e non risolubile senza l'accertamento di circostanze 
di fatto, non invocato, n�, pertanto, espletato in sede di merito. 
La mancata acquisizione di tali elementi fa si che questo supremo Collegio 
non possa verificare se la Commissione provinciale, nell'adottare 
il criterio di valutazione automatica anzich� quello di stima, sia incorsa 
nella denunciata violazione di legge. -(Omissis). 

III 

(Omissis). -Sostengono, nell'unico complesso motivo del ricorso, 
i contribuenti che la questione se il fondo � de quo � (iscritto al catasto 
come rustico e cos� denunziato in successione) sia valutabile col sistema 
automatico ai sensi dell'art. 1 1. 20 ottobre 1954, n. 1044, oppure con 
la stima diretta, ha natura giuridica e come tale � sottratta alla cognizione 
della Commissione provinciale competente per la valutazione. 

Quest'ultima perci� avrebbe dovuto sospendere il giudizio e rimettere 
gli atti alla Commissione competente sulle questioni di diritto, 
essendo priva di giurisdizione. 

Aggiungono i ricorrenti che il quesito, al quale si dovrebbe rispondere, 
non investe il problema se il fondo potesse essere considerato o 
meno quale terreno edificatorio, ma se, essendo esso segnato in catasto 
come rustico, lo si dovesse valutare con l'uno o con l'altro degli indicati 
sistemi, cio� con quello automatico o con la stima diretta. 

Nega, al contrario, l'Amministrazione resistente, un qualche valore 
al richiamo contenuto nella 1. n. 1044 del 1954 ai � fondi rustici � e 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1017 

nclude quindi che, una volta esclusa la necessit� di interpretare una 
1rma, il problema da risolvere sarebbe di mero fatto, poich� l'accerrnento 
investirebbe caratteristiche ed aspetti materiali del fondo conierato. 


Il ricorso � destituito di fondamento. 

Recentissime sentenze di queste stesse Sezioni Unite hanno ritenuto 
e la distinzione fra fondi rustici ed aree fabbricabili deve essere 
;ta caso per caso, tenendo conto dello stato di fatto dei terreni, in 
se alla loro natura e caratteristiche nonch� a quello della zona circointe, 
per dedurne se gli stessi abbiano una effettiva e stabile destiname 
agricola, oppure fossero utilizzabili, al momento del trasferimto, 
come aree fabbricabili, cosi ritenute anche in base al fenomeno 

espansione edilizia ed in base alle eventuali conformi destinazioni 
i piani regolatori. 

Ritiene il collegio di non doversi discostare da questo ultimo indi


zo, ispirato ad un criterio di sano realismo giuridico, anche se qualche 

~cedente abbia seguito un diverso orientamento, come quello richia


.to dai ricorrenti (sent. n. 2182 del 1967), nel quale peraltro la que


me, pi� che riguardare la natura del fondo, concerneva l'interpre


ione della I. n. 1044 del 1954 ed aveva carattere riflesso di fronte 

'indagine sui limiti di competenza delle Commissioni tributarie. Co


1nque, trattandosi di stabilire caso per caso l'indole della questione 

toposta all'esame del giudice, . ogni singola fattispecie, anche in rap


:to al modo di atteggiarsi della difesa delle .parti, ha caratteri e 

motati suoi propri, che la distinguono e si oppongono ad una sua 

.iscriminata generalizzazione ed assimilazione a casi ritenuti analoghi. 

Tutto ci� premesso non pu� essere condivisa l'opinione dei ricor


lti, secondo i quali si tratterebbe di stabilire se un terreno segnato 

catasto come rustico, possa invece essere considerato edificatorio e 

ndi soggetto a valutazione diretta, anzich� a quella automatica di 

alla 1. n. 1044 del 1954. 

La circostanza che il fondo sia segnato in catasto come rustico � 

\7a di rilevanza sul punto di contrasto, che interessa in causa, poich� 

ta iscrizione non ha certo valore costitutivo, ma pu�, al massimo, 

~re considerata alla stregua di un elemento indiziario a favore della 

ticit� del terreno considerato. Essa pertanto non � idonea a trasfor


re in giuridica la questione sottoposta all'esame del collegio. 

Viceversa potrebbe avere una determinante incidenza in tal senso 

r10zione che dei fondi rustici avesse fornito la legge, sicch� l'inter


te, per stabilirne l'appartenenza all'una anzich� all'altra categoria, 

;e costretto a sviluppare una indagine esegetica di evidente natura 

ridica. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Senonch� la legge del 1954, della quale si invoca il sistema di 
valutazione automatico dei fondi rustici, non fornisce alcuna definizione 
degli stessi, ma si limita. semplicemente a fa:r:ne richiamo, affidandosi 
per la loro individuazione al linguaggio comune ed all'accertamento 
discrezionale dell'interprete. 

N� in contrasto � possibile sostenere che il semplice richiamo legislativo 
sia di per s� sufficiente per delimitare, secondo criteri predeterminati 
astrattamente in legge, la nozione giuridica di fondo � rustico �. 
Infatti laddove la legge non offra una propria ed autonoma nozione 
di una cosa, di un rapporto, di un fatto o di un qualsiasi fenomeno 
rilevanti nel mondo del diritto, ivi si verifica un affidamento e ricorso 
alla comune nozione, quella appunto non giuridica, derivante dal linguaggio 
d'uso e dall'indagine, anche istruttoria, dell'interprete. 

Ritenere il contrario in base al semplice richiamo, che trasformerebbe 
in giuridica una definizione estranea al mondo del diritto anche 
se in esso recepita per ragioni di tecnica legislativa, porterebbe ad un 
eccesso di concettualismo, che non pu� essere seguito. Si deve quindi 
escludere l'esigenza di interpretare la legge per individuare la natura 
del fondo, ed affermare, al contrario, quella di sviluppare un accertamento 
di fatto, per stabilire la categoria di appartenenza del terreno, 
in base ad elementi obiettivi, quali l'ubicazione del suolo, la sua accessibilit�, 
lo sviluppo edilizio del territorio circostante, l'esistenza in atto 
od � in fieri � di servizi pubblici indispensabili, quali le condutture 
idriche, elettriche, le strade, le fognature etc., la possibilit� di collegamento 
con la zona urbana ed i centri abitati prossimi, l'eventuale inclusione 
del fondo nell'ambito di piani regolatori con destinazione ad area 
fabbricabile, ecc. 

Trattasi, come ben si comprende, di un complesso di elementi, requisiti 
e fattori caratterizzanti, del tutto affidati al discrezionale apprezzamento 
del giudice di merito al di fuori di ogni operazione di carattere 
giuridico. 

A tali concetti s'� appunto affidata esattamente la Commissione 
provinciale delle imposte per le valutazioni, procedendo ad una indagine 
di natura tecnica, senza quindi esorbitare dai limiti della sua 
competenza. 

Infatti, una volta stabilita, in base ai criteri di fatto di cui sopra, 
la categoria di appartenenza del bene caduto nella successione, non 
occorre alcuna altra indagine, di natura eventualmente giuridica, per 
determinarne il sistema di stima, appunto perch� quest'ultimo discende 
automaticamente dalla qualificazione, come sopra fissata, del fondo 
preso in considerazione, senza bisogno di risolvere alcun ulteriore quesito 
di diritto. N�n ricorre pertanto il lamentato vizio. -(Omissis). 


?ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

)RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1968, n. 2293 -Pres. Pece Est. 
Berarducci -P. M. Colonnese (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato De Luca) c. Soc. Cotonificio Valle Ticino (avv. Scarpa). 

tposta generale sull'entrata -Imposta sulle merci importate (L. 19 
giugno 1940, n. 762, art. 17) -Trattamento delle merci importate 
dai paesi aderenti al G.A.T.T. -Importazione di cotoni da tali 
paesi -Applicabilit� delle aliquote previste dalla legge 21 marzo 
1958, n. 267 per l'i. g. e. su atti economici relativi al cotone e posti 
in essere nello Stato -Sussiste. 

(d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, conv. in I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 17; 1. 5 aprile 
1950, n. 295; 1. 12 agosto 1957, n. 757, art. 2; 1. 21 marzo 1958, n. 267, art. 5). 
�rn virt� della disposizione deU'art. III deH'accordo internazionale 
le tariffe doganali e sul commercio, sottoscritto a Ginevra il 30 otto! 
1947 e reso esecutivo in Italia con la legge 5 aprile 1950, n..295, i 
>dotti importati in Italia da uno degli Stati aderenti a detto accordo 
~o soggetti allo stesso trattamento tributario previsto per i corrisponiti 
prodotti nazionali, e, pertanto, ai fini dell'imposta di cui all'art. 17 

d. l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito nella legge 19 giugno 1940, 
762, le aliquote da applicare non sono quelle specificamente previste 
� la imposta stessa (e che restano applicabili per le importazioni da 
ti non aderenti al GATT), bens� quelle stabilite per L'i.g.e. sugli atti 
nomici posti in essere nello Stato relativamente ai corrispondenti 
-dotti. Conseguentemente, -per l'importazione dei cotoni dai predetti 
!Si, vanno applicate le aliquote previste, per i cotoni nazionali, dalt. 
5 della legge 21 marzo 1958, n. 267 e non quelle stabHite in via 
.erale, 
per l'imposta alla importazione, dail'art. 2 della legge 12 ago1957, 
n. 757 (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale, denun1dosi 
omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo 

(1) Si solleciter� il riesame della questione, non sembrando esatte le 
)lusioni accolte dalla sentenza annotata. 
In sintesi, senza che qui si possa esaminare ex professo il problema, 
in primo luogo rilevarsi che la disposizione dell'art. IV del G.A.T.T . 
.la sentenza si fa riferimento all'art. III, ma questo divenne, appunto, 
per effetto dei protocolli di emendamento sottoscritti a Ginevra il 
11arzo 1955 e richiamati dalla l. 7 novembre 1957, n. 1307), � compresa 
~ parte seconda dell'accordo stesso, la quale, essendone prevista l'ap1bilit� 
soltanto nella misura in cui le relative norme fossero state non 
mpatibili con la legislazione vigente in Italia alla data del protocollo 
:lesione, sottoscritto ad Annecy il IO ottobre 1949, non venne compresa 
ordine di esecuzione (e l'esclusione venne espressamente ribadita dalla 
ta legge n. 1307 del 1957). 


1020 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della controversia, in relazione alla legge 5 aprile 1950, n. 295, all'art. 2 
legge 12 agosto 1957, n. 757, alla 1. 21 marzo 1958, n. 267, e all'art. 360 

n. 5 c. p. c., si lamenta la erroneit� dell'affermazione, fatta, apoditticamente, 
dalla Corte di merito, secondo cui l'ordine di esecuzione dell'accovdo 
G.A.T.T., disposto con la legge n. 295 del 1950, costituirebbe 
un principio di ordine generale, sempre immanente, di automatica 
applicazione non appena ne sorga il presupposto. Si afferma che, secondo 
l'attuale ordinamento italiano, :la legge ordinaria, che rende 
esecutivo, all'interno dello Stato, un trattato. internazionale, non pone 
limiti alla sovrana, futura attivit� legiferante del Parlamento, e, quindi, 
restando, questo, libero di emanare future leggi interne contrastanti 
gli impegni internazionali con il detto trattato gi� assunti dallo .Stato, 
pu� essere modificata da altra legge ordinaria. Ci�, secondo l'Amministrazione 
ricorrente, si sarebbe verificato nella fattispecie, in cui la 
legge n. 295 del 1950 -::-che ha reso esecutivo all'interno dello Stato 
l'Accordo G.A.T.T. il quale all'art. 3 n. 2 prevede un trattamento tributario 
di parit� per i prodotti di ognuno degli Stati contraenti e per i 
prodotti in ognuno di tali Stati importati dagli altri Stati contraenti sarebbe 
stata modificata con la 1. n. 267 del 1958, che, nella norma del 
secondo comma dell'art. 5, ha ridotto al 4 per cento l'aliquota dell'i.g.e. 
sofo per il cotone di produzione � nazionale � e non anche, quindi, per 
il cotone di produzione estera. 
Con il secondo motivo, che va esaminato congiuntamente per la 
sua correlazione al primo, si lamenta l'errata interpretazione della 
norma dell'art. 5 della legge n. 267 del 1958 sopra citata, in quanto tale 
interpretazione sarebbe in contrasto con la lettera della norma stessa, 
la quale, in relazione alla distinzione fra cotone nazionale e cotone 
estero contenuta nella legge n. 757 del 1957 (contenente nuova regolamentazione 
di tutta la materia, con abrogazione di ogni disposizione 
contraria, compresa la legge n. 295 del 1950) avrebbe accordato il trattamento 
di favore solo per il cotone nazionale. Si aggiunge che sarebbe 

Ed in ogni caso, poi, quand'anche potesse ritenersi emanato l'ordine 
di esecuzione anche per quella parte della convenzione, dovrebbe considerarsi: 
� 

-che egualmente, e quanto meno, per la disposizione dell'art. 1IV, che 
qui interessa, non pu� ritenersene attuato l'inserimento immediato nel 
nostro Ordinamento, per effetto dell'ordine ridetto, essendo la disposizione 
medesima a ci� non idonea, perch� non tale da consentire la identificazione 
di un preciso contenuto precettivo. 

-che, ad ogni modo, la ripetuta disposizione pu� ritenersi riferita alle 

sole imposte interne, e quindi non anche all'imposta di cui al citato art. 17, 

che ha natura di tributo doganale. 

-che, infine, il principio di parit� di trattamento, enunciato dal pi� 

volte detto art. IV con riferimento all'obbligo degli Stati di non fare, 

direttamente o indirettamente, un trattamento pi� gravoso, per i prodotti 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

raltro erronea la qualifica di � nazionalizzato � attribuita dalla Corte 
l merito al cotone di provenienza U.S.A,. anche perch� si tratterebbe 

un � tertium genus � estraneo al sistema della legge. 

I motivi sono infondati. 

Non pu�, in primo luogo, essere condivisa la critica rivolta dal~
mministrazione ricorrente all'affermazione dei giudici del merito, 
~ondo cui l'ordine di esecuzione dell'Accordo G.A.T.T. costituirebbe 
. principio di ordine generale automaticamente applicabile non appena 

ne verifichi il presupposto. 

Invero, se da un lato � esatto che la disposizione dell'art. 3 n. 2 
ll'Accord� G.A.T.T. contiene un impegno di ciascuno degli Stati contenti 
a disporre un trattamento tributario di parit� per i prodotti 
zionali e per quelli importati dagli altri Stati contraenti, dall'altro 
;o non � contestabile che detta disposizione, con la legge n. 295 del 
50, che ne ha ordinato l'esecuzione in Italia, � divenuta norma in
�na dello Stato italiano. Ci� implica che la disposizione in questione, 
n appena tramutata in norma dello Stato -e divenuta, quindi, vinlante 
nei confronti di tutti i soggetti cui � rivolta, ivi compresi gli 
~ani dello Stato, giurisdizionali e amministrativi -ha acquistato, 
:iticamente, lo stesso .significato di una legge che avesse espressamte 
statuito, con effetto dall'entrata in vigore della legge m�desima, 
'assoluta parificazione, ai fini tributari, dei prodotti nazionali e dei 
ldotti importati dagli altri Stati partecipanti all'Accordo G.A.T.T. In 
ri termini, l'impegno dello Stato a sottoporre i prodotti provenienti 
l Paesi partecipanti all'Accordo G.A.T.T. allo stesso trattamento tri


tario disposto per i prodotti nazionali, assunto nei confronti dei detti 

esi, � divenuto, in forza della legge n. 295 del 1950, vincolante per 

stesso Stato nei confronti dei soggetti operanti sul territorio, tramu


Ldosi, sostanzialmente in un precetto legislativo statuente il principio 

la parit�, agli effetti tributari, di tutti gli anzidetti prodotti. Dal che 

1segue che, ogni qualvolta con una norma giuridica interna, viene 

>0rtati, di quello fatto, direttamente o ind1rettamente, ai prodotti nazio


i, postula soltanto una esigenza di parit� globale, con riguardo a tutti 

oneri tributari che possono gravare ciascun prodotto, anche mediata


nte e quindi anche nella fase di lavorazione; sicch� esso, mentre anche 

to questo aspetto non pu� ritenersi immediatamente recepito, per la 

>ossibilit� di ritenere demandata all'interprete la identificazione di una 

ntuale sperequazione nell'ambito di un complessivo sistema tributario, 

�e ritenersi comunque osservato, per quanto riguarda il cotone in massa 

cui alle disposizioni esaminate nella sentenza annotata), in conside


ione degli oneri che gravano il prodotto nazionale, che sono in realt� 

'irittura maggiori di quelli che, pur in base all'aliquota del 6 %, appa


temente pi� elevata, ma applicabile una sola volta, risultano a carico 

prodotto importato. 


1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disposto un determinato trattamento tributario nei confronti dei prodotti 
nazionali, tale trattamento si estende automaticamente, per effetto, 
appuno, dell'anzidetto prindpio, ai prodotti importati nel territorio dello 
Stato.,,. italiano dagli Stati partecipanti all'Accordo G.A.T.T. sempre 
che -ben potendo la legge ordinaria che ordina l'esecuzione in Italia 
dei trattati internazionali, essere derogata da altra legge ordinaria una 
volont� contraria del legislatore non risulti dalla stessa legge che 
dispone in favore dei prodotti nazionali, o da altra legge che l'anzidetta 
estensione esplicitamente ed implicitamente escluda. 

Tutta la questione, pertanto, si risolve nel vedere se, nel caso 
particolare, una siffatta volont� del legislatore risulti. 
Secondo 1'Amministrazione ricerrente tale volont� risulterebbe 
dalla norma del secondo comma dell'art. 5 della legge 21 marzo 1958, 

n. 267, con la quale il legislatore ha ridotto l'aliquota dell'Lg.e. per il 
cotone di produzione nazionale, senza nulla disporre per i prodotti 
importati in Italia, dagli Stati partecipanti all'Accordo G.A.T.T. Da 
tale silenzio si dovrebbe desumere, secondo l'opinione dell'amministrazione 
ricorrente, la volont� del legislatore di riservare il trattamento 
di favore della riduzione al 4 per cento dell'aliquota della i.g.e. unicamente 
ai prodotti nazionali, in deroga, quindi, alla disposizione dell'Accordo 
G.A.T.T. che gli faceva invece obbligo di usare lo stesso 
trattamento ai prodotti importati dagli altri Stati partecipanti a detto 
Accordo. 
In ,contrario, deve, per�, osservarsi che la infondatezza di siffatta 
interpretazione del silenzio mantenuto dal legislatore, nella legge n. 267 
del 1958, nei riguardi dei prodotti provenienti dagli Stati partecipanti 
all'Accordo G.A.T.T., trova la sua dimostrazione nello stesso principio 
contenuto nella disposizione dell'art. 3 n. 2 di detto Accordo e nell'effetto 
di automatica estensione del trattamento tributario disposto per i 
prodotti nazionali ai prodotti degli altri Stati partecipanti allo stesso 
Accordo, conseguente, come si � visto, a detto principio. Se, invero, la 
disposizione dell'art. 3 n. 2 dell'Accordo G.A.T.T. ha forza di norma 
interna, che parifica, ai fini tributari i prodotti degli altri Stati contraenti 
ai prodotti nazionali, e se, per effetto di tale norma, il trattamento 
tributario disposto per i prodotti nazionali, si estende automaticamente 
ai prodotti degli anzidetti Stati, ne consegue, logicamente, che 
allorquando si dispone un determinato trattamento per i prodotti nazionali, 
non � necessaria una esplicita menzione dei prodotti degli Stati 
dianzi citati per estendere ad essi lo stesso trattamento. D'altra parte 
� da osservare che manca nella norma dell'art. 5 della 1. n. 267 del 1958 
una qualsiasi espressione letterale che possa far pensare all'intento del 
legislatore di limitare ai prodotti nazionali il trattamento tributario 
con la stessa norma disposto, quale, ad esempio, sarebbe potuto essere 


l'avverbio � esclusivamente � o � unicamente � riferito a detti prodotti. 

I

I

il 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1023 

� �, poi valido argomento in contrario il fatto che il legislatore, nella 
>rma dell'art. 2 della 1. 12 agosto 1957, n. 757, ha citato oltre che i 
�adotti nazionali, anche quelli � provenienti dall'estero�. Devesi, in!
ro, tener presente che la legge n. 757 del 1957 ha ad oggetto, oltre 
te i prodotti nazionali � i prodotti provenienti dall'estero � ossia i 
�odc;itti provenienti da tutti indistintamente gli Stati esteri e, pertanto, 
m soltanto quelli provenienti dagli Stati partecipanti all'Accordo 
.A.T.T., donde la necessit� per il legislatore -non essendo applicabile 
prodotti provenienti dagli Stati non partecipanti a detto accordo, il 
�incipio di parit� tributaria in questo sancito -di menzionare anche 
i prodotti provenienti dall'estero �, menzione che, d'altra parte, � 
:J.ta fatta, come � agevole desumere dalla formulazione della norma 
!ll'art. 2 della legge in esame, anche per la necessit� di disporre una 
versa modalit� di corresponsione dell'imposta in conse1guenza della 
versit� di provenienza dei prodotti este:ri rispetto a quelli nazionali. 
Per le sopra esposte considerazioni deve, quindi concludersi che 
ttamente i giudici del merito hanno ritenuto che il trattamento triburio 
disposto, per i prodotti nazionali, dall'art. 5 secondo comma, legge 
marzo 1958 n. 267, si estenda per effetto della disposizione del1rt. 
3 n. 2 dell'Accordo G.A.T.T. divenuta norma legislativa interna 
virt� della legge n. 295 del 1950, ai prodotti importati nel territorio 

diano dagli altri Stati partecipanti a detto Accordo. 
Il ricorso principale, pertanto, deve essere rigettato. -(Omissis). 

I 

)RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3068 -Pres. 
Stella-Richter -Est. Leone -P. M. Silocchi (conf.) -Gerini (avv. 
Sciach�) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). 

iposte e tasse in genere -Imposte dirette -Accertamento -Avviso 
di rettifica intestato a persona defunta -Nullit� -Notifica dell'avviso 
all'erede -Reclamo dello stesso alla Commissione con 
difesa nel merito -Sanatoria -Natura dell'avviso come atto recettizio 
-Direzione dell'atto al contribuente defunto o all'erede Fungibilit� 
degli stessi, quali destinatari dell'atto. 

(t. u., 9 maggio 1950, n. 203, art. 1; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 42). 
iposte e tasse in genere -Imposte dirette -Avviso di accertamento Natura 
-Aspetti di diritto sostanziale e di diritto processuale Rilevanza 
degli aspetti processuali ai fini della definitivit� dell'accertamento 
-Direzione dell'atto come atto recettizio, a persona 
determinata -Aspetto processuale -Nullit� -Opponibilit� 


1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n~lla prima istanza o difesa (anche se incompleta) -Omissione 


I


Decadenza -Norme di diritto processuale ordinario -Applicabilit�. 


(c. p. c., art. 157; r. d., 7 agosto 1936, n. 1639, art. 27; r. d., 8 luglio 1937, 
n. 1516, art. 23, 24). 
I 


L'avviso di rettifica di aocertamento tributario intestato a persona 
defunta � nuUo, ma la nunit� � sanata se l'erede, cui l'avviso sia pervenuto 
per notifica al suo domicilio, ha redamato alla Commissione 

l 
e si � difeso nel merito, trattandosi di nunit� nella direzione dell'avviso 
che, come atto recettizio, pu� essere diretto al contribuente defunto 
e all'erede, i quali, come destinatari di es�so, sono tra di loro 
soggetti fung.ibili (1). 

L'avviso di accertamento tributario � un momento essenziale del 
rapporto giuridico di imposta, essendo diretto a identificare il soggetto 
passivo dell'imposta, a valutare i presupposti del tributo, a determinare 
la somma dovuta (aspetto sostanziale) e, ne.zio stesso tempo, 
assume natura processuale, potendo la definitivit� dell'accertamento 
essere raggiunta col mancato esperimento, contro di esso, dei mezzi 
di annullamento o con la decisione di rigetto dell'impugnazfone eventualmente 
proposta (aspetto processuale). La direzione dell'avviso di 
accertamento a persona determinata attiene all'aspetto processuale, 
con la co'IJ,Seguenza che se l'avviso, a tal fine, deve essere notificato 
nelle forme stabilite dal codice di procedura civile, anche� le nuliit� 
sono dallo stesso codice disciplinate e sono opponibili, per evitare 
decadenze, nella prima isvanza o difesa (anche se incompleta) successiva 
all'avvis9 ai sensi dell'art. 157 c. p. c., che non � stato derogato 
dalle norme di diritto tributario (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 novembre 1968, n. 3663 -Pres. 
Pece -Est. Leone -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Mazza (avv. Nostini) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Peronaci). 

Imposte e tasse in ~enere -Imposte indirette -Avviso di accertamento Natura 
e funzione -Provocatio ad opponendum -Avvertimento 

(1-3) Entrambe le massime sono esatte: sulla prima, in termini, cfr. 
Cass. 12 aprile 1938, n. 1271, 11 apvile 1938, n. 1229; 16 aprile 1941, 

n. 1474; sulla seconda, in particolare sulla natura dell'avviso qi accertamento, 
cfr. Cass. 29 luglio 1963, Riv. leg. fisc. 1963, 2320; Cass. 8 gennaio 
1966 n. 148, in questa Rassegna 1966, I, 172, con nota di QUARANTA, che 
po:ie in risalto l'aspetto sostanziale dell'accertamento; e sulla nullit� e 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

previsto dall'art. 21 r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 -Mancanza -Nullit� 
dell'avviso. � 

(r. d., 7 agosto 1936, n. 1639, art. 21). 
L'avviso di accerta'Tl'J,ento, nell'enunciare i presupposti del trib�to, 

procedimento di valutazione seguito, la conc1�eta determinazione 
lle somme dovute a titolo di imposta, svolge la funzione di procatio 
ad opponendum, .nel senso che la definitivit� dell'accertamento 
riva dalla mancata proposizione dei mezzi di ricorso o della risolu1ne 
dei ricorsi eventualmente proposti; pertanto, l'avvertimento che, 
e il contribuente non intenda aderire alla determinazione di valore 

ta dall'ufficio, pu� presentare ricorso entro trenta giorni alla Comssione, 
integra la accennata funzione, e si pone come elemento costi:
ivo dell'avviso, la cui mancanza ne � causa di nullit� (3). 

I 

(Omissis). -Col primo motivo di ricorso, si denunzia violazione 

.l'art. 32 d. P. R. 9 maggio 1950, n. 203, in relazione agli art. 67 e 
dello stesso decreto, all'art. 1'0 legge 22 novembre 1952, n. 1947 ed 
'art. 1� legge 27 marzo 1954, n. 68. Sostiene il ricorrente che la 
mnzia del patrimonio intestata a Lippo Gerini, morto prima che la 
iunzia venisse redatta, � .giuridicamente inesistente e non poteva dar 
go ad accertamento di rettifica, ma ad autonomo procedimento di 
ertamento. Di conseguenza, mancando il presupposto, tutto il pro.
imento amministrativo di imposizione sarebbe affetto da nullit� 
rnabile, il che travolgerebbe i rilievi fatti dalla Commissione Cenle 
circa un presunto comportamento malizioso o fraudolento di esso 
~ini: l'Amministrazione dovrebbe imputare a sue deficienze il man) 
adeguamento del proprio comportamento alla situazione. 

La censura � priva di fondamento giuridico. 

itoria delle notifiche nel campo tributario e sull'applicabilit� alle 
se del c.p.c. cfr. Cass. 9 novembre 1964, n. 1704, in questa Rassegna, 
), I, 379, e in particolare sulla sanatoria ex artt. 156 e 157 c.p.c. v. 
izione Avvocatura Stato, 1961-65, II, le cui considerazioni sembra siano 
e applicate, nella spede, dalla Cassazione con la sentenza annotata. 
"petto processuale posto in evidenza nella seconda e nella terza masi 
riecheggia la teoria, sviluppata sulle orme dell'ALLoRr.o, dal BERLIRI, 
icipi di diritto tributario, Vol. III, (L'accertamento), esattamente criti


dal FANELLI, Recensione in questa Rassegna, 1964, II, 193, ed a tale 
.ca si fa rinvio, anche per quanto concerne la erroneit� del criterio, 
nzialmente formale, di ritenere l'avvertimento elemento costitutivo 
'avviso. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

..: 

La Commissione Provinciale, nella decisione riguardante la fattispecie 
ora all'esame di questo S. C. (decisione n. 68492 del 7 novembre 
1961), ha precisato che nella discussione era stato chiarito che la 
scheda di dichiarazione presentata il 15 novembre 1947 al nome del 
defunto Lippo Gerini, era stata sottoscritta da Alessandro Gerini, erede 
del Lippo, tenuto in concreto, per detta sua qualit�, ad adempiere 
l'obbligo di presentare la denunzia dei cespiti patrimoniali posseduti 
dal suo dante causa alla data del 28 marzo 1947. 

Sottoscritta dalla persona tenuta a presentarla, la dichiarazione, 
ancorch� intestata, per errore o per malizia, al � sottoscritto Gerini 

M. se Lippo � � formalmente valida ed efficace, anche se irregolare. 
La denunzia dei beni patrimoniali ai fini dell'imposta sul patrimonio 
si sostanzia, infatti, in una �dichiarazione� di scienza che il 
contribuente deve emettere in adempimento del dovere stabilito dalla 
legge, di concorrere allo svolgimento della funzione di imposizione 
tributaria; la sottoscrizione della dichiarazione � richiesta al fine della 
determinazione della provenienza della dichiarazione proprio dalla pel':
sona che, tenuta a farla, agli effetti di essa dovr� assoggettarsi. 

Nella specie, il soggetto tenuto� a presentare la dichiarazione era 
:appunto lAlessandro Gerini, sia pure nella qualit� di erede, e proprio 

�questi ha sottoscritto la dichiarazione, la cui irregolarit�, consistente 
nella intestazione a Lippo Gerini, non comporta nullit�, non influendo 
�sulla sostanza dell'atto quale dichiarazione di scienza e neppure quanto 
:alla determinazione della provenienza della dichiarazione, assicurata 
dalla sottoscrizione di Alessandro Gerini. 
Deve escludersi, perci�, la dedotta inesistenza giuridica ed il conseguente 
sviluppo di effetti, che il ricorrente ne vorrebbe trarre. 
Col secondo mezzo, il ricorrente denunzia violazione dell'art. 1� 

t. u. 9 maggio 1950, n. 203, e dell'art. 42 r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 e 
sostiene che l'accertamento tributario intestato al defunto, sei mesi 
dopo la morte, � nullo e che tale nullit� � insanabile. 
Tale deduzione, nella sua prima parte, non ha contenuto di mezzo 
di annullamento, perch� la decisione impugnata � partita proprio dalla 
<Considerazione della nullit� dell'avviso di accertamento, diretto a persona 
defunta da oltre sei mesi e non agli eredi. 

Quanto alla successiva deduzione del carattere insabile della detta 
nullit�, la qualificazione � in contrasto con la giurisprudenza di questo 

S. C., che gi� con le sentenze 12 aprile 1938, n. 1271 ed 11 aprile 1938, 
n. 1229 stabil� che l'avviso di rettifica di accertamento tributario 
intestato a persona defunta � nullo, ma la nullit� � sanata se l'erede, 
<Cui l'avviso sia pervenuto per notificazione fattane al suo domicilio, 
reclam� alla commissione di prima istanza, assumendo la qualit� 
ereditaria e difendendosi nel merito; principio ribadito poi nella sentenza 
16 aprile 1941, n. 1474. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Deve considerarsi, invero, che, quando' la morte del soggetto pasvo 
della imposta non faccia venir meno il fatto economico che dell'im1sizione 
� causa e limite, la funzione amministrativa di accertamento 
m � condizionata, quanto alla sua legittimit�, dalla sussistenza in vita 
,no originario soggetto passivo, per tutto il corso del processo di accermento. 
L'intestazione dell'avviso di accertamento alla persona defunta, 
vece che all'erede, implica una nullit� ristretta nella direzione dello 
�viso, quale atto recettizio, ma, nella considerazione giuridica, contri1ente 
defunto ed erede di lui non sono soggetti infungibili quali desti


tar~ di atti giuridici recettizi, dato che l'erede � il continuatore della 
rsonalit� del defunto nei rapporti patrimoniali a lui trasmessi � iure 
ereditario � : la detta nullit�, perci�, assume carattere formale e, 

applicazione di principio generale relativo a siffatte nullit�, non � 
onunciabile, se, nonostante il vizio, l'atto ha raggiunto lo scopo cui 
~ destinato. 

Peraltro, nella struttura della sentenza impugnata il discorso rela


�o alla sanabilit� o meno del vizio dell'avviso di accertamento e alla 

correnza dell'efficienza dell'atto per virt� di sanatoria, non trova 

sto, essendosi la Commissione Centrale limitata ad applicare il se


1do comma dell'art. 157 c. p. c., cio� a stabilire che Gerini � decaduto 

lla facolt� di opporre la nullit�, per non averla dedotta nella prima 

~nza o difesa successiva all'avviso di accertamento. 

In relazione a questa tesi della decadenza, non � rilevante la que


:me della sanabilit� o meno della nullit�, bens� l'altra della rileva


it� della nullit� ex officio, questione che nel mezzo in esame non � 

fotta. 

Pi� aderente al tema della controversia � il terzo mezzo di ricorso, 

quale il Gerini denunzia falsa applicazione dell'art. 157 c. p. c. e 

fazione dell'art. 23 e 24 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 e dell'art. 27 r. d. 

1gosto 1936, n. 1639. 

Sostiene il ricorrente che l'art. 157 del.codice di rito civile � inap


~abile alla specie, perch� derogato dalle norme di rito tributario e 

nunque incompatibile con i principi del .processo tributario: questo, 

urne il ricorrente, � improntato al sistema inquisitorio ed al principio 

! il processo deve essere indirizzato esclusivamente all'applicazione 

la legge, in base all'obiettiva considerazione dei fatti, delle circo


rize e degli elementi tutti di apprezzamento, di cui le Commissioni 

10 a conoscenza; in particolare nel processo tributario � ammessa la 

sentazione di reclami meramente interruttivi o l'integrazione di un 

Lamo con altro presentato nel termine di decadenza e fondato su 

tivi diversi: situazioni queste che si sarebbero verificate nella specie. 

La censura ora detta � strettamente collegata con l'altra dedotta 

quarto motivo di ricorso e che, anzi, logicamente condiziona le 

.uzioni del terzo mezzo. 


1028 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sostiene il Gerini che l'art. 157 c. p. c. non � applicabile ad atti 

I


aventi natura sostanziale quale la rettifica o, pi� in generale, lo accertamento 
tributario, che tende a stabilire, con efficacia esecutoria, la 

I


esistenza e l'ammontare del credito tributario; l'accertamento non � 
atto del processo tributario, tali essendo solo quelli destinati a promuoverlo, 
a definirlo o a configurarne i successivi atteggiamenti nei 
vari gradi (falsa applicazione art. 157 c. p. c.). 

Tutte le censure interdipendenti ora riassunte sono prive di fondamento 
giuridico. 

� indubbio che l'accertamento tributario rappresenta nello schema 
tipico delle imposte dirette un momento essenziale ed imprescindibile 
dello svolgimento del rapporto giuridico di imposta, attuando l'esigenza 
che sia verificato in concreto il concorso dei .presupposti di applicazione 
del tributo, che siano valutati gli elementi di fatto, che sia determinata 
in somma liquida la prestazione dovuta dal contribuente 
(Cass. 29 luglio 1963, n. 2116). Ma, ai fini della definitivit� dell'accertamento, 
ottenibile con il mancato esperimento dei mezzi di annullamento 
o con la decisione di rigetto dell'impugnazione proposta, l'avviso 
di accertamento assume aspetti processuali del pari evidenti; con 
esso, cio�, l'amministrazione afferma la propria pretesa tributaria, 
come determinata in concreto nell'avviso, perch� il contribuente possa 
accettarla, anche tacitamente, o possa impugnarla se illegittima. Ed i 
due aspetti, quello sostanziale e quello' processuale dell'avviso di accertamento 
sono interdipendenti, dato che la � provocatio ad opponendum 
� rappresenta il mezzo necessario, stabilito dall'ordinamento, 
perch� l'avviso di accertamento, con la definitivit�, acquisti l'efficacia 
sostanziale sua propria. 

-Di conseguenza quanto attiene all'aspetto processuale dell'avviso di 
accertamento, compresa la direzione dell'avviso ad una persona determinata, 
� soggetto alla disciplina degli atti processuali, quali forme della 

� provocatio ad opponendum � sul tema della legittimit� dell'atto di 
accertamento, il quale, proprio per questa sua funzione, deve essere 
notificato con le forme stabilite dal codice di procedura civile (salve 
alcune modifiche espressamente disposte), senza che siano ammissibili 
equipollenti della notificazione. 
Nella specie vengono in considerazione proprio gli aspetti dell'avviso 
di accertamento relativi .alla detta funzione di enunciazione della 
pretesa tributaria ai fini della eventuale impugnazione e quindi tali 
aspetti vanno disciplinati dalle norme processuali. 

Ci� stabilito, poich� nel diritto tributario positivo non � disciplinato 
un sistema delle nullit� degli atti processuali, specifico della materia, 
debbono applicarsi le norme ed i principi del codice di rito 
civile in ordine alle nullit� formali, nel limite della compatibilit� con 
i caratteri peculiari degli atti processuali tributari. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1029 

Il ricorrente richiama all'uopo il principio enunciato nell'art. 27 
~l r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, ma tale norma regola i poteri delle 
>mmissioni tributarie, cui � accordata un'ampia potest� di inda.gine, 
non ha, perci�, influenza alcuna nella materia in esame nella quale non 

discute di atti delle Commissioni suddette, ma di decadenza del conibuente 
dalla facolt� di far valere la nullit� dell'avviso di accertaento. 
Sicch� non si ravvisano deroghe o limiti di applicazione, nella 
ecie, del disposto dell'art. 157 c. p. c. 

Tale articolo, allorch� stabilisce che soltanto la parte, nel cui intesse 
� stabilito un requisito, pu� opporre la nullit� dell'atto per la 
:mcanza del r~uisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o 
cesa successiva all'atto o alla notizia di esso, fonda la decadenza dalpponibilit� 
sul difetto di interesse della parte, difetto che la legge 
.iene enunciato. implicitamente dalla parte che trascuri di far valere 

nullit� nella prima istanza o difesa. 

Stante tale fondamento della non opponibilit� ulteriore, questa 

n trova deroga, nell'applicazione agli atti processuali tributari, ri


etto agli istituti del ricorso interruttivo e del ricorso integrativo (pe


ltro non pacifici), dato che la legge attribuisce rilievo esclusivo al 

mportamento della parte che ometta di opporre la nullit� nella prima 

anza o difesa, indipendentemente dalla natura di tale prima istanza 

:lifesa e, quindi, dalla possibilit� che tale atto sia completo o incom


~to agli effetti suoi propri. L'atto, cio�, potr� essere efficace per altri 

:uardi, ma non vale a salvare la facolt� di opporre la nullit� dell'atto 

mediatamente precedente, nullit� che non sia stata esplicitamente 

fotta col primo atto, anche se incompleto e .completabile o integrabile 

i atto successivo. 

E poich� nella specie � pacifico che nel ricorrere alla Commissione 

trettuale contro l'avviso di accertamento di rettifica intestato al de


1to Lippo Gerini, avviso notificato nel domicilio eletto da Alessandro 

rini per le notifiche dell'accertamento dell'imposta sul patrimonio 

mta dai fratelli Gerini -cio� da lui anche quale erede di Lippo 


lessandro Gerini non ha opposto la nullit� dello avviso, ma si � 

eso nel merito dell'obbligazione tributaria, facente carico a lui, per 

:;i,ualit� di erede di Lippo Gerini espressamente dichiarata nel ricorso, 

tamente la Commissione Centrale ha affermato che il ricorrente era 

:aduto dalla facolt� di opporre la detta nlJ,llit� dell'avviso di accer


1ento. -Omiss.is. 

II 

(Omissis). -I ricorrenti denunziano violazione degli artt. 20 e 21 

1.1. 7 agosto 1936, �n. 1639, in .rel. agli artt. 33, 34, e 144 1. �reg. e 
tengono che sono requisiti essenziali dell'avviso di accertamento 

1030 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'indicazione del valore determinato dall'ufficio e l'avvertimento al 
contribuente che, ove non voglia aderire, deve presentare ricorso entro 
il termine perentorio di trenta giorni, a pena di decadenza dal diritto 
di contestare l'accertamento. In mancanza di tale avvertimento, condizione 
necessaria perch� il silenzio del contribuente possa essere interpretato 
come accettazione, l'avviso di liquidazione non poteva valere 
come avviso di accertamento del valore. 

La censura � fondata. 

Deve premettersi che, secondo quanto stabilito da questo S. C., 
nel sistema di accertamento degli imponibili ai fini della tassazione 
dei fondi rustici in applicazione delle imposte indirette sugli affari, 
anche alla stregua del disposto della legge 22 novembre 1962, n. 1076, 
ogni discussione in ordine alla valutazione dei terreni trasferiti rimane 
preclusa quando la dichiarazione di valore del contribuente risulti eguale 

o superiore alla valutazione automatica risultante dalle tabelle compilate 
ed aggiornate dalla Commissione Censuraria Centrale ed approvate 
con decreto del Ministro delle Finanze; quando invece la dichiarazione 
di valore manchi o sia inferiore alla valutazione automatica, si 
fa luogo alla procedura normale di accertamento di valore ai sensi del 
r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 (Cass. 3 giugno 1963, n. 1479). 
Nella specie, perci�, in cui .. i Mazza avevano dichiarato un valore 
di L. 9.000.000 dei terreni trasferiti, mentre quello risultante dal criterio 
legale di valutazione ora superiore a 30 milioni di lire doveva procedersi 
a regolare accertamento del maggior valore. 

Tale accertamento � mancato, avendo 1'Amministrazione delle 
Finanze .proceduto alla notifica di un avviso di liquidazione di imposta, 
cio� dell'atto che, sulla base di un rapporto d'imposta gi� definito in 
tutti i suoi elementi di valutazione ed implicante solo riserva di liquidazione 
della imposta in concreto dovuta, sulla base di fattori obiettivi 
legislativamente determinati, indica l'avvenuto computo dell'imposta ed 
il preciso ammontare deUa stessa (art. 103, H comma, r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3269), ai fini della costituzione in mora del debitore d'imposta. 

Cos� facendo, 1'Amministrazione ha trascurato di rilevare che il 
contrasto tra la dichiarazione di valore fatta dal contribuente ed il 
valore determinato dall'ufficio poneva l'esigenza di una determinazione 
definitiva, ottenibile col procedimento formale dell'accertamento disciplinato 
dal r. d. n. 1639, del 1936. 

La Corte d'appello s'� data carico doverosamente di controllare se 
le enunciazioni contenute nell'avviso di liquidazione potessero integrare 
in concreto quelle sufficienti per un avviso di accertamento: ed 
� giunta a conclusione positiva in tale senso. 

Ma lo svolgimento logico-giuridico delle argomentazioni a sostegno 
della tesi accolta appare viziato da errore ed � inaccettabile, quindi, 
nel risultato. 

I 
I 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

L'avviso di accertamento, nella struttura che assume nella discina 
del nostro diritto positivo, enuncia in concreto i concorrenti pre~
posti per l'applicazione del tributo, il procedimento di valutazione 
:uito e la concreta determinazione della somma che il contribuente 
ve corrispondere a titolo di imposta: ci� come manifestazione delttivit� 
amministrativa di imposizione tributaria. 

Ai fini della definitivit� dell'accertamento, per�, l'avviso di cui 
ttasi svolge una funzione di provocatio ad opponendum, dato che 
definitivit� deriva dalla mancata proposizione dei mezzi di ricorso 
talla risoluzione dei ricorsi che contro l'accertamento siano proposti. 

� ben vero che questo sistema di mezzi perch� l'accertamento� 
enti definitivo � disciplinato dalla legge e che la legge, una volta 
Jblicata, deve ritenersi conoscibile. Ma, superando questa presunne, 
lo stesso r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 ha disposto che l'avviso 
ccertamento debba contenere, oltre alle enunciazioni determinative 
1cernenti il tributo, anche l'avvertimento al contribuente che, ove 
t intenda aderire alla determinazione di valore fatta dall'Ufficio, 
> presentare ricorso entro trenta giorni alla Commissione Distret-le 
delle imposte. 

Quest'avvertimento non pu� considerarsi elemento meramente for-� 

le e privo di concreto interesse per il contribuente, dato che esso� 

>onde alla accennata funzione, propria dell'avviso di accertamento, 

provocatio ad opponendum, strumentalmente insostituibile al fine� 

la definitivit� dell'accertamento medesimo. Ed � un elemento stabi


nell'interesse concorrente sia dell'Amministrazione che del contri


nte, quale fattore costitutivo dell'eventuale contraddittorio ai fini 

.a cooperazione dei due soggetti del rapporto d'imposta alla deter


1azione della obbligazione del contribuente, in conformit� della legge 

:iplinante il tributo. 

Di conseguenza, all'avvertimento cos� prescritto quale elemento� 

'avviso di accertamento deve riconoscersi valore di elemento costi


vo dell'avviso stesso, la cui mancanza � causa di nullit� dell'avviso� 

wcertamento. 

Discende da quanto ora detto che, nella specie, alle enunciazioni. 

tenute in concreto nell'avviso di liquidazione notificato ai Mazza 

pu� attribuirsi la completezza degli elementi costitutivi dell'avviso 

1ccertamento, stante, in particolare, iI difetto dello espresso avver


mto al contribuente, che non intendesse aderire alla determinazione 

valore fatta dall'ufficio, della esigenza di proporre ricorso, nel 

iine di trenta giorni, alla Commissione distrettuale delle Imposte.. 

1canza i cui effetti, nella fattispecie, sono resi ancora pi� gravi dalla. 

Jsta prescrizione fatta al contribuente di dover pagare l'imposta 

idata entro venti giorni per non incorrere nelle sanzioni previste' 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dalla legge: enunciazione questa che esclude apoditticamente ogni potere 
del contribuente di ricorrere alle Commissioni amministrative. 

La sentenza impugnata, che, in contrasto con i principi innanzi 
stabiliti, ha ritenuto non costituire elemento essenziale dell'avviso di 
accertamento l'avvertimento del contribuente col contenuto innanzi 
detto e che sulla base di tale opinione giuridicamente erronea ha 
ravvisato nell'avviso di liquidazione dell'imposta gli elementi costitutivi 
dell'avviso di accertamento, deve essere cassata, con conseguente 
rinvio della causa ad altra Corte di appello, che la riesaminer� 
alla stregua del principio stabilito innanzi. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3075 -Pres. 
Stella-Richter -Est. Elia -P. M. Gentile (conf.) -Soc. Stabilimento 
Laminazione Metalli (avv. Regard) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Albisinni). 

Imposte e tasse in ~enere -Commissioni delle Imposte -Decisione 
della Commissione Centrale sul merito dell'estimazione -Imposta 
di ricchezza mobile -Presunzione� di interessi -Incensurabilit� 
in Cassazione. 

(t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 50; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 86). 
La valutazione di elementi di fatto compiuta dalla Commissione 
Centrale, che in materia di accertamento di reddito da interessi presunti 
ha competenza di merito a norma dell'art. 50 del t. u. n. 4021 del 1877, 
tuttora in vigore, non � censumbile in Cassazioine se la decisione � 
congruamente motivata e immune da vizi logici o errori giuridici. 
Sebbene per presumere l'esistenza di redditi occorrano elementi probatori 
seri e controUabili, costituisce tuttavia valutazione di fatto l'accertare 
un reddito di interessi non riportato nel bilancio in forza dell'art. 
86 del t. u. n. 645 det 1958 (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, la ricorrente denuncia 
violazione degli articoli 86 e 119 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, 
nonch� degli articoli 2727, 2728 e 2729 c. c. i:n relazione all'art. 360, 

(1) Sulla premessa dell'attuale vigenza dell'art. 50 terzo comma del 
t. u. n. 4021 del 1877, espressamente mantenuto in vita dall'art. 288 lett. B 
del t.u. n. 645 del 1958, � ineccepibile l'affermata incensurabilit� della 
decisione di merito della Commissione Centrale con ricorso per Cassazione. 
La sentenza richiamata in motivazione 7 gennaio 1965, n. 36 (Foro it., 1965, 
I, 10) ha affermato in via generale che la presunzione di verit� che assiste 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1033 

1meri 3 e 5 c. p. c., deducendo che il reddito tassabile � presunto 
nforme al bilancio, e tale presunzione pu� essere vinta solo da circomze 
particolari atte a superarla. Nella specie le risultanze del bilancio 
anq contrarie alla esistenza di un reddito di interessi, e tali risul1ze 
non solo, assume la ricorrente, non potevano esser superate da 
�costanze specifiche, ma erano confermate dallo stato di inerzia della 
~iet�, che spiegava il finanziamento, da parte dei soci, al fine di 
itare il fallimento, salvare il patrimonio sociale e pagare i debiti, 
de era chiaro che non vi erano interessi passivi, sul detto finanziamto, 
in quanto mancava, comunque, ogni attivit� sociale indispenlile 
a pagarli. 

La Commissione quindi, assume la ricorrente, ha ritenuto esistente 
presunzione dell'art. 86 violando, anche, l'art. 119 del t. u. citato. 

La censura non pu� essere accolta, in quanto attiene alla valutame 
di elementi di fatto, in base ai� quali la Commissione Centrale 
1e in questa materia ha competenza anche di merito, ai sensi delrt. 
50 del t. u. n. 4021 del 1877, rimasto tuttora in vigore), con 
1'grua motivaziQne, immune da viii logici e da errori giuridici, ha 
enuto sussistente il reddito d'interessi, con apprezzamento insinda>
ile in questa sede di legittimit�. 

L'art. 36 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, corrispondente in 
esta parte all'art. 50 del t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, richiama il 
ncipio �Che !"esistenza di un reddito � ricavata dal titolo (bilancio) 
1 presunzione di verit�. Ma quando il bilancio si presenta inatten,
ne, e vi � fondato timore che esso non prospetti la situazione reale, 
fficio pu�, anche in relazione all'art. 20 della legge 8 giugno 1936, 

1231, e proprio per effetto del citato art. 86 del t. u. del 1958, 
645, ricavare induttivamente il reddito tassabile, anche se esso non 

riportato in bilancio. L'apprezzamento di inattendibilit� del bilancio 
li esistenza di un debito di inter�ssi non riportato in bilancio costiscono 
valutazioni di fatto insindacabili in ca~sazione, se corretiente 
motivate. 

Naturalmente, per vincere la presunzione di verit� del bilancio, 
1 bastano meri indizi, ma occorrono elementi probatori seri e conllabili 
(Cass., Sez. Un., 7 gennaio 1965). Senonch� il giudizio sulla 
itenza di elementi probatori idonei a vincere la detta presunzione 
verit� involge, pur sempr7, una quaestio facti, incensurabile fa sede 

ilanci sociali pu� essere distrutta da una ragionevole presunzione di 
le fiscale, purch� \:;>asata su elementi idonei a formare un sicuro convinento; 
ma ci� rientra nel merito della valutazione incensurabile in sede 
legittimit�. 

Negli stessi sensi si � pronunciata la sentenza, 4 ottobre 1968, n. 3098 di 
:ui si omette la pubblicazione. 


1034 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di legittimit�, se assistita da motivazione logica e non erronea. Nella 
specie, con esauriente motivazione, la decisione impugnata, in punto 
di fatto, deduce 1a esistenza di un reddito sia dalla presunzione del 
carattere fruttifero dei crediti, richiamata dal citato art. 86 e comunque 
valida anche ai sensi dell'art. 1815 c. c., e sia dal fatto che il bifancio, 
nel riportare il credito dei soci per finanziamento alla societ�, presunto 
per legge come produttivo d'interessi, non esc!ludeva il carattere fruttifero 
del credito stesso, mentre la situazione sociale, recante all'attivo 
non solo fabbricati e terreni, ma impianti, macchinari e, persino merci, 
alienabili per fronteggiare le passivit� sociali, non era tale da escludere 
che il finanziamento fosse produttivo d'interessi, ad apprezzamento 
insindacabile della Commissione, giudice di merito. La stessa Commissione, 
nella motivazione, fece presente la propria valutazione, in punto 
di fatto, che la speranza di ripresa di attivit� sociale poteva giustificare 
il mancato scioglimento della societ�, ma non la concessione di 
finanziamenti senza interessi. Pertanto il ricorso va rigettato e conseguono 
la perdita del deposito e la condanna alle spese. -(Om�ssis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1968, n. 3168 -Pres. Rossano 
-Est. Leone -P. M. Antoci (conf.) -Bianchi (avv. D'Emilia) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa). 
Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Profitti di 
regime -Natura tributaria -Opposizione al provvedimento di 
confisca -Competenza del Foro dello Stato. 

(d. 1. 26 marzo 1946, n. 134, art. 1; t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 8). 
L'avocazione dei profitti di regime, quale � regolata dal d. i. 26 
marzo 1946, n. ,134'-consiste in una contribuzione straordinaria nella 
quale il profittatore si presenta come contribuente; conseguentemente 
per l'opposizione contro il provvedimento dell'Intendente di Finanza 
che pone in esecuzione l'ordine di confisca � �competente il Tribunale 
del luogo ove risiede l'Ufficio dell' Avvocaturo dello Stato nel cui distretto 
trovasi l'Ufficio che ha liquidato l'imposta, rivestendo la controversia 
natura tributaria (1). 

(Omissis). -I tre mezzi di ricorso prospettano l'unica questione 
di competenza sotto profili diversi, ma connessi e possono, per economia 
di trattazione, essere esaminati congiuntamente. 

(1) Sulla natura di tributo dell'avocazione dei profitti di regime cfr. 
Relazione Avv. Stato, 1961-65, Il, 276. La sent. Sez. Un. citata nel t'esto 
leggesi in Foro it., 1960, I, 1897. Sul punto vedi anche Sez. Un., 10 agosto 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Deduce la ricorrente che l'art. 5 del d. 1. c. p. s. 19 novembre 1946, 

392, nel disporre che � chiunque abbia interesse ad opporsi all'eseuzione 
della confisca pu� proporre la relativa azione avanti l'autorit� 
iudiziaria competente per valore e per territorio, da una parte ha 
h.iarito che l'opposizione al provvedimento dell'Intendente di Finanza 
a natura di opposizione all'esecuzione, dall'altra ha inteso richiamare 

norme generali poste dal c. p. c in materia di esecuzione (forzata, 

h.e escludono l'applicabilit� del cosiddetto foro dello Stato (viol. e 
tlsa applicazione art. 5 cit.). 
Aggiunge la ricorrente, nel secondo motivo, che il �testo dell'art. 5 
. I. 19 novembre 1946, n. 392, non consente alcun dubbio in ordine 
lla natura di atto di precetto da attribuirsi all'intimazione dell'Inindente' 
di Finanza, emessa in esecuzione del provvedimento di con;
ca. L'opposizione dell'interessato, perci�, nella specie, proponeva 
1'opposizione all'esecuzione per la quale l'art. 27 c. p. c. dichiara 
>mpetente il giudice del luogo dell'esecuzione, competenza questa 
mfermata dal disposto dell'art. 7 r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (viol. 

falsa applicazione artt. 26, 27, 28, 615 c. p. c., 7 t. u. 1611 del 1933). 

Nel terzo motivo la ricorrente denunzia violazione ed erronea 
>plicazione dell'art. 8 r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611 e contraddittoet� 
di motivazione: sostiene che l'opposizione alla confisca di cui 
attasi non poteva essere �avvicinata all'opposizione all'ingiunzione 
:cale, per la quale � stabilito il foro erariale, ma, tutt'al pi�, all'op1sizione 
alla esecuzione per le entrate patrimoniali (non tributarie) 
!Ilo Stato, opposizione che segue le regole generali di competenza 
1r �le cause di opposizione all'esecuzione. 

L'argomentazione non ha fondamento giuridico e non coglie la 
ira na1tura dell'opposizione di cui trattasi. 

La disposizione dell'art. �5 del d. 1. n. 392 del 1946, nella gene!
it� sua, riflette la pluralit� delle ipotesi di legittimazione attiva, 
tribuita non solo al soggetto passivo del provvedimento di confisca, 
:t a chiunque abbia interesse: quindi anche a persone estranee al 
pporto di confisca, pregiudicate in un loro diritto dal provvedimento 

32, n. 2524, ivi, 1962, I, 1873 e 2 marzo 1964, n. 645, in questa Rassegna, 
34, I, 554. L'affermazione della natura tributaria delle. controversie sui 
)fitti di regime gi� ritenuta con riferimento alla competenza della se1ne 
speciale della Commissione Centrale e ai procedimenti di sequestro, 
;tata giustamente ritenuta estensibile al procedimento che pone in esedone 
l'ordine di confisca, anch'esso rientrante nel � sistema tributario � 
ll'avocazione. La sentenza della Corte Costituzionale 9 giugno 1961, n. 29, 
~ ha definito la confisca prevista nell'art. 1 del d.l. 26 marzo 1946, 
134, una sanzione inquadrata nel sistema tributario e quindi non penale 
.i effetti dell'illegittimit� costituzionale per contrasto con l'art. 25 Cast .. 
�iportata in Foro it., 1961, I, 1061. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ablatorio emesso contro altro soggetto; in tal caso e nei confronti del 
terzo leso, nessuna ragione pu� ravvisarsi di deroga all'applicazione 
delle norme comuni sulla competenza per valore o per territorio. Negli 
specifici rapporti tra Amministrazione che ottiene il provvedimento di 
eonfisca e la persona che di tale �provvedimento � il soggetto passivo 
(originario o iure haereditario), assume, invece, significato la natura 
della causa e del soggetto convenuto in giudizio, agli effetti della 
determinazione del giudice competente. 

Deve ricordarsi a tal riguardo, che questo S. C. ha stabilito (con 
la sentenza a Sezioni Unite n. 1754 del 4 luglio 1960) che la materia 
dell'avocazione dei profitti di regime era regolata; prima della disciplina 
disposta col d. I. n. 134 del 1946, attribuendosi all'avocazione 
un carattere politico-sanzionatorio ma, nella rielaborazione che tale 
disciplina ha subito con il d. 1. del 1946 citato innanzi e con i provvedimenti 
normativi successivi, l'avocazione dei profitti di regime � 
stata inquadrata come mezzo di imposizione tributaria straordinaria, 
sicch� 11 presunto profittatore � da considerare contribuente. 

Tale principio, come giustamente osserva il Procuratore Generale, 
sancito espressamente in tema di avocazione dei profitti di regime, non 
pu� non valere anche in ordine alla c.onfisca .prevista dall'art. 1 del 

d. 1. n. 134 del 1946 (che regola pure l'avocazione dei .profitti di 
regime) a carico di coloro che, posteriormente all'8 settembre 1943, 
commisero delitti �Contro la fedelt� e la difesa militare dello Stato ai 
sensi dell'art. 5 d. I. 27 luglio 1944, n. 159, chiaro essendo l'intento 
del legislatore di unificare la disciplina relativa alle diverse ipotesi 
di eccessi nell'attivit� politica o speculativa, che avevano �concorso a 
porre il Paese in .condizioni deteriori, i cui autori erano tenuti, perci� 
a contribuire, proporzionalmente pi� degli altri, agli oneri in conseguenza 
deriv.ati a carico dello Stato; intento questo in seguito espressamente 
dichiarato col d. I. 22 settembre 1945, n. 623, allorch� fu 
disposto di raccogliere in testo unico tutte le norme relative alla 
confisca ed all'avocazione, apportando ad esse le opportune modifiche, 
per coordinare .le norme stesse con ogni altra di carattere tributario. 
E anche secondo l'autorevole opinione della Corte Costituzionale (sentenza 
n. 29 del 9 giugno 1961) la confisca di cui trattasi ha natura 
di misura amministrativa-finanziaria a carattere restitutorio e riparatorio, 
cio� appunto di provvedimento tributario ispirato a ragioni 
eccezionali di rigore, compensative di eccessi pregiudizievoli, ma sempre 
nei limiti di una capacit� contributiva stabilita attraverso un apposito 
procedimento di accertamento. 
S�, dunque, il provvedimento di confisca � un atto del procedimento 
di accertamento di un obbligo tributario, quando, in sede di 
coattiva realizzazione di tale obbligo, l'obbligato (o il suo erede) si 
avvale della tutela giurisdizionale, deducendo che il titolo non � efficace 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

che l'obbligazione � estinta, la controversia cos� insorta deve essere 
efinita, in considerazione dei soggetti, dell'oggetto e della causa peindi, 
controversia d'imposta sia pure concernente opposizione alesecuzione. 


Per essa, di conseguenza, trova applicazione il disposto dell'art. 8 

d. 30 ottobre 1933, n. 1611, 'che, per le controversie giudiziali riguarmti 
le tasse e le sovratasse, anche se insorte in sede di esecuzione, 
abilisce la competenza, in prima istanza, quando sia in causa l'Ammi.
strazione dello Stato, del Tribunale civile del luogo dove risiede 
ifficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto trovasi l'ufficio 
te ha liquidato la tassa controversa (cio�, estensivamente il tributo 
intestato). 
L'applicazione dell'art. 8 ora detto �esclude l'applicabilit�, invocata 
1lla ricorrente, dell'art. 7 del citato r. d. del 1933, che regola la 
mpetenza nei giudizi relativi ai procedimenti esecutivi, diversi da 
1elli riguardanti materia� di imposte. 

Di conseguenza deve essere dichiarata la competenza del Tribunale 
Milano, gi� affermata dalla sentenza impugnata e l'infondata istanza 
regolamento deve essere rigettata. -(Omissis). 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1968, n. 3347 -Pres. 
Pece -Est. D'Armiento -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Volpi di Misurata (avv. 
Biamonti). 

posta straordinaria sul patrimonio -Concordato -Regime anteriore 
alla legge 5 gennaio 1956, n. 1 -Impossibilit� di rettifiche 

o integrazioni da parte dell'Ufficio. 
(t. u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 45 e 48; t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 43; 
reg. 11 luglio 1907, n. 506, art. 81; I. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 3). 
poste e tasse in genere -Imposta straordinaria �sul patrimonio Accertamento 
-Concordato -Integrazioni e modificazioni -Art. 
3 legge 5 gennaio 1956, n. 1 e art. 35 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 Valore 
interpretativo -Esclusione. 

(I. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 3; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 35). 
>osta straordinaria sul patrimonio� -Accertamento -Titoli non 
quotati in borsa -Procedimento dell'art. 19 del t. u. 9 maggio 
1950, n. 203 -Non � obbligatorio -Determinazione del valore in 
sede di concordato generale -Legittimit�. 

(t. u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 19). 
Prima dell'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1, per 
~ertamento ai fini dell'imposta straordinaria progressiva sul patri



1038 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

monio dovevano osservarsi le norme delle leggi sull'imposta di ricchezza 

I
mobile (richiamate dall'art. 45 del t. u. 9 maggio 1950, n. 203) in 
;forza delle quali il concordato sottoscritto dal contribuente e �dall'agente 
delle imposte a norma deWart. 81, del reg. 11 luglio 1907, n. 506 

I
accertava definitivamente il valore precludendo all'Amministmzione 
ogni possibilit� di rettifica o di annullamento, salva la ;facolt� delle 
Commissioni delle imposte di eseguire di ufficio accertamenti non 
proposti o di modificare le cifre del patrimonio accertato o concordato 
a norma dell'art. 48 del t. u. 9 maggio .195�0, n. 203 e dell'art. 43 del 

t. u. 24 agosto 1877, n. 4021 (1). 
Il potere dell'Amministrazione di integrare o modificare, solo in 
caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, l'accertamento del 
reddito concordato col �contribuente � stato introdotto con norme innovative, 
e quindi non retroattive, dall"art. 3 della legge .5 gennaiio 1956, 

n. 1 e dall'art. 35 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 (2). 
Ai fini della determinazione deWimponibile per l'imposta straol/'dinaria 
sul patrimonio, il valore �dei titoLi non quotati in bol/'sa pu� 
essere legittimamente determinato per concordato diretto tra l'Ufficio 
e il contribuente, sicch� l'inosservanza dell'art. 19 del t. u. 9 maggio 
1950, n .�2�03, non comporta nullit� del concordato, anche perch� il 
vizio del procedimento si risolve in un insufficiente accertamento di 
valol/'e tassabile non rettificabile dall'Amministrazione (3). 

(Omissis). -La ricorrente amministf�ziOne delle finanze denunzia 
la violazione degli artt. 19 quarto comma, 48, 91 t. u. 9 maggio 1950, 

n. 203; 2 legge 5 giugno 1961, n. 520; contraddittoriet� di motivazione; 
sostenendo che per. il carattere unilaterale e non contrattuale del 
concordato doveva riconoscersi all'ufficio impositore -una volta accortosi 
della violazione di legge in cui era incorso nel determinare, ai 
(1-3) Le affermazioni delle prime due massime sembrano. troppo assolute. 
Se � vero che l'art. 3 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 e l"art. 35 del t. u. 
29 gennaio 1958, n. 645 hanno introdotto delle innovazioni sulla impugnabilit� 
del concordato, non � peraltro esatto che prima di queste� riforme il 
concordato fosse un negozio bilaterale inoppugnabile in modo assoluto. 
La nozione di concordato quale atto unilaterale dell'Amministrazione di 
accertamento dell'imponibile accompagnato dalla adesione del contribuente 
si rinviene in decisioni molto remote della S. C. (17 marzo 1943, Riv. leg. 
fisc., 1943, 427; 13 dicembre 1946, ivi, 1947, 41) ed � rimasta salda nell'ultimo 
trentennio (Relazione Avv. Stato, 1942-50, I, 410; 1951-55, I, 361; 1956-60, 
II, 331). Tale definizione del concordato, escludente il carattere negoziale 
e transattivo, ammetteva che il concordato potesse essere impugnato dal 
contribuente per vizi di consenso e dalla Amministrazione per tutti i vizi 
di legittimit� che rendono annullabile l'atto amministrativo. Il problema 
quindi non si poneva nel senso di un formale carattere interpretativo delle 
norme del 1956 e del 1958, che condizionano la rettifica del concordato alla 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1039 

ti dell'imponibile, i prezzi delle azioni non quotate in borsa -la 
colt� di procedere alla notifica di altro accertamento al contribuente. 

Deduce in particolare che la illegittimit� del concordato deriva, 
'lla concreta fattispecie, dal fatto che per la determinazione dei valori 
t.Uari dei titoli non quotati, facenti parte del patrimonio del Conte 
>lpi, non sono stati seguiti i criteri tassativamente stabiliti dal 
mbinato disposto degli artt. 19 e 81 t. u. 9 maggio 1950, n. 203 
2 legge 5 giugno 1951, n. 520. 

Rileva, inoltre, che il richiamo della commis.Sione centrale all'ar:
olo 3 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 risulta del tutto erroneo, 
n potendo ta:le norma operare retroattivamente, e dato che, prima 

detta legge, era costantemente riconosciuto che il concordato potes1se 
;ere modificato dall'ufficio impositore, mediante notifica di nuovo 
!ertamento nei termini di prescrizione. 

Peraltro, al concordato in parola avrebbe dovuto riconoscersi 

tura di concordato provv.isorio, anche in relazione aH'esplicita ri


va, in esso contenuta, per l'accertamento dei �cespiti omessi. Inoltre, 

riconoscimento di tale ultima circostanza da parte della commissione 

ttrale, che ha ritenuto legittima la rettifica del 19 novembre 1955 

~ la parte concernente i cespiti omessi, concreterebbe, a sua volta, 

a insanabile contraddizione, che vizia fa motivazione della impu


1-ta decisione. 

Deduce, infine, la ricorrente amministrazione delle finanze, che 

:suna rilevanza avrebbe dovuto riconoscers1i, al rigua-rdo; alla dichia


ione rilasciata dall'ufficio imposte il 26 febbraio 1953 agli eredi 

lpi di Misurata, essendo stata, detta dichiarazione, chiesta ed otte


a per diverse finalit� (definizione dell'imposta d! successione) e 

l poteva incidere sulla effettiva natura del concordato. 

Ritiene questo collegio che il ricorso, col quale si riprospettano 

stesse questioni dibattute davanti alla commissione centrale, sia 

ravvenienza di elementi nuovi, bens� nel senso pi� ampio di una impu


bilit� del concordato ammessa, sia pur entro stretti limiti, nel sistema 

~riore alla riforma. Su questa premessa andava impostato il problema 

'impugnabilit� del concordato p~r violazione di legge a cui doveva 

li risposta affermativa. 

La sentenza in rassegna, invece, ha dato una soluzione inaccettabile 
questione della violazione dell'art. 19 del t. u. n. 203 del 1950. Innanzi 
o l'affermazione che sia facoltativo il procedimento fissato dalla legge 
l'accertamento del valore dei titoli non quotati in borsa sembra molto 
1rdata; con questo si ammette una disponibilit� della pretesa tributaria 
� assolutamente contraria al sistema. Che si possa sostituire il contato 
generale di tutto il patrimonio tassabile al complesso procedimento 
ccertamento � da escludere, perch� il concordato se pu� sostituire, nei 

in cui � ammesso, la decisione della Commissione di valutazione, non 
sostituire totalmente il procedimento di accertamento; in ogni caso 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

infondato; e ci� in quanto le censure, che si muovono contro la decisione 
di quest'ultima, corretta e b~n motivata, non hanno giuridica 
consistenza. 

Ed invero, anzitutto non hanno pregio i rilievi contro il carattere 

� definitivo � del concordato, siccome ritenuto dalla decisione impugnata. 
A prescindere, infatti, dalla considerazione che trattasi di giudizio 
di fatto, incensurabile in questa sede di legittimit�, ed a prescfodere 
dall'altra considerazione che, costituendo il concordato una forma 
di accertamento, la non definitivit� del medesimo appare una contraddizione 
in termine, la definitivit� risulta nella specie da una dichiarazione 
fatta dallo stesso ufficio che ha concluso il concordato (nello 
stesso giorno della conclusione di esso). 
Tali circostanze trovansi puntualizzate nella decisione della �commissione 
centrale, che ha posto opportunamente in rilievo -e su 
questo non cade contestazione -come � negli atti si rinviene un'attestazione 
dell'ufficio tributario, redatta lo ste8so giorno 26 febbraio 1953 
e firmata dallo stesso funzionario che aveva sottoscritto il concordato, 
il dott. Santini, nella quale si legge che il concordato stesso � � definitivo 
per �tutti i cespiti che compongono il patrimonio del contribuente�. 


Sempre a proposito della � definitivit� � del concordato, correttamente 
ritenuta e motivata dalla decisione impugnata, non va taciuto come 
pure posto in luce nella motivazione -che trattandosi di definire 
un accertamento �per un valore importante, la cui tassazione superava 
il mezzo miliardo, il Ministero delle Finanze, tempestivamente informato 
dall'ufficio delle imposte, segui attivamente tutte �le trattative, 
fino alla definitiva stipulazione del concordato. 

Pertanto, questo collegio non pu� che ritenere esattamente attdbuito 
il carattere di definitivit� riconosciuto dalla impugnata decisione 

un concordato specifico avrebbe se mai potuto inserirsi nel procedimento 
particolare per la determinazione del valore dei titoli non quotati secondo 
quanto dispone l'art. 15 del d. 1. 5 settembre 1947 n. 1173 sull'imposta di 
negoziazione richiamato dall'art. 19 del 't. u. n. 203. .Inoltre � evidente che 
l'art. 19 impone una determinazione unitaria del valore dei titoli azionari 
da effettuarsi nei confronti della societ� con efficacia opponibile a tutti 
i possessori dei titoli; non � invece ammissibile che verso un contribuente 
si accerti un valore dei titoli difforme da quello che sar� determinato per 
la societ� e gli altri possessori degli stessi titoli. Sembra quindi inaccettabile 
l'affermazione che l'inosservanza dell'art. 19 non sia causa di nullit� 
del concordato. 

Ma anche ammettendo che la legge violata non sia assistita dalla 
sanzione di nullit�, non potrebbe ugualmente escludersi l'impugnabilit� 
del concordato; il concordato infatti, come atto amministrativo, � impugnabile 
non soltanto per vizi che ne determinano la nullit�, ma anche per 
vizi (violazione di legge) da cui derivi la semplice illegittimit� dell'atto. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1041 

concordato de quo; n� contro detto carattere pu� validamente 
>porsi -come si oppone -che la certificazione di definitivit� venne 
lasciata dall'ufficio imposte per consentire agli eredi di definire l'im-� 
>sta di successione inerente all'asse �relitto dal Giuseppe Volpi di 
isurata, e quindi non pu� valere ad altro scopo. 

A vincere l'obbiezione appare decisivo osservare che il medesimo 
1ncorda.to non pu� essere definitivo e non definitivo a seconda dagli 
:i; e che la certificazione di definitivit� attiene proprio al concordato 

materia di imposta progressiva sul patrimonio, �che qui viene in 
�nsiderazione. 

Non hanno -a parere di questo collegio -maggior pregio le 
nsure che si muovono dalla ricorrente alla decisione denunziata s�tto 
profilo che la stessa non avrebbe tenuto nella debita considerazione 
.e il concordato tributario ha carattere di atto unilaterale amminirativo, 
e non costituisce un contratto; e che appunto per tale difetto 

impostazione giuridica, la commissione centrale non ha ritenuto 
gittimo il secondo accertamento di � rettifica �, scoperta la violazione 
legge (di cui meglio si dir�-in seguito) da parte dell'ufficio impositore. 

Ed invero, la natura pubblicistica e non .contrattuale del cosiddetto 
ncordato tributario non viene qui in discussione, e non risulta che 
t mai stata posta in dubbio dalla motivazione adottata dalla comissione 
centrale. 

Si tratta, invece, di stabilire se il concordato de quo, dopo che 
t stato definitivamente concluso, formalmente, con la sottoscrizione� 
U'ufficio che l'ha preparato e del contribuente che l'ha sottoscritto, 
sostanzialmente (in quanto ai fini dell'imposizione specifica erano 
tti determinati tutti gli elementi di valutazione), pu� dal medesimo 
i�cio essere caducato, o c0munque modificato, mediante notifica al 
ntribuente di nuovo accertamento, anche se denominato �rettifica�, 
la risposta a tale quesito va data, come � ovvio, in relazione all'or� 
a.amento vigente al tempo della conclusione del concovdato. 

Ritiene questo collegio che, anche su questo punto, la commissione 

ntrale delle imposte non ha errato nel rispondere negativamente. 

A norma dell'art. 45, comma secondo, del t. u. 9 maggio 1950, 

203, per l'accertamento dell'imposta straordinaria sul patrimonio, 

per la risoluzione delle vertenze relative, valgono le disposizioni 

plicabili per l'imposta di ricchezza mobile. L'art. 81 del regolamento 

luglio 1907, n. 506, vigente al momento in cui il concordato di cui 

1ttasi venne sottoscritto, dispone che � quando l'agente concordi col 

ntribuente le somme dei redditi, fa constare dell'accordo mediante 

!hiarazione tassativa, datata e sottoscritta da entrambi, a pena di 

llit� �. 

L'art. 46 del citato t. u. delle disposizioni riguardanti l'imposta 

�aordinaria sul patrimonio determina le facolt� conferite agli uffici, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e tra esse non comprende in alcun modo quelle di riesaminare e rettificare 
un concordato, tanto meno di invalidarlo. L'art. 48 dello stesso 

t. u. -come l'art. 43 del t. u. 24 agosto 1877 delle leggi per l'imposta 
sui redditi di ricchezza mobile, vigente al momento -dopo avere 
conferito alle commissioni tutte le facolt� conferite dall'art. 46 ai 
funzionari delle imposte, demanda alle commissioni di prima istanza 
� la facolt� di eseguire di ufficio accertamenti non proposti dagli uffici 
distrettuali, e di elevare le cifre di patrimonio fissate dagli uffici o 
concordate fra i contribuenti e l'ufficio, anche se gi� iscritte a ruolo �. 
Da tali disposizioni si evince chiaramente, al contrario di quanto 
sostenuto dalla ricorrente, che l'amministrazione finanziaria, dopo aver 
concluso un concordato definitivo, non pu� annullarlo o modificarlo, 
pretendendo di esercitare quei poteri di autotutela che le deriverebbero, 
a suo dire, dalla pubblica funzione che adempie e dalla natura 
di atto unilaterale del concordato, secondo si � precisato innanzi. 

Dalle norme �richiamate e principalmente d�ll'art. 48 del t. u. del 
1950, n. 203 sulle imposte straordinarie sul patrimonio si ricava, invece, 
che solo la commissione tributaria di prima istanza, su ricorso o su 
sollecitazione dell'ufficio o del contribuente ed entro determinati termini, 
pu� rivedere il concordato concluso. 

Nessuna confusione � lecito peraltro fare tra poteri o facolt� dell'ufficio 
e poteri e facolt� della commissione tributaria, atteso che l'uno 
� organo dell'amministrazione attiva, e l'a�ltra ha carattere e svolge 
funzioni giurisdizionali. 

Osserva inoltre questo collegio, continuando nell'esame delle censure 
mosse, che egualmente corretto deve ritenersi il principio, affermato 
nella decisione impugnata, che la facolt� degli uffici finanziari 
di apportare modifiche o variazioni agli accertamenti gi� in precedenza 
comunque definiti, � stata apportata nel nostro ordinamento solo con 
norme emanate posteriormente al concordato de quo, e quindi inapplicabili 
nella specie. 

La prima di tali norme � costituita dall'art. 3 della leg.ge 5 gennaio 
1956, n. 1 (recante disposizioni integrative della legge 11 gennaio 
1951, n. 25 sulla perequazione tributaria) il quale recita: �in ogni 
caso e ancorch� sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'art. 81 del 

r. d. 11 luglio 1907, n. 560, gli accertamenti possono essere integrati 
o modificati, in base all'avvenuta conoscenza di nuovi elementi, ecc. �. 
La seconda va individuata nell'art. 35 del t. u. delle leggi sulle 
imposte dirette, approvato con d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, che 
si esprime quasi negli stessi termini, e prevede espressamente la ipotesi 
del concordato: � il'accertamento, ancorch� sia intervenuta l'adesione 
del contribuente (id est concordato), pu� essere integrato o modificato 
in base all'avvenuta conoscenza di nuovi elementi, ecc. �. 


PARTE I, SEZ. V. GIURISPRUDENZA TRIBUTARTA 1043 

Ora, come pure esattamente affermato dalla commissione cenle, 
le richiamate norme del 1956 e 1958 non possono trovare appli:
ione nella specie, per un duplice ordine di ragioni, e precisamente, 
~ch� furono emanate in tempo posteriore alla conc1lusione del con~
dato (26 febbraio 1953), �e all'atto dell'entrata in vigore trovarono 

rapporto gi� esaurito; e perch�, comunque, sarebbero mancati i 
ovi elementi la cui sopravvenuta conoscenza pu� legittimare la intetzione 
o la modifica dell'accertamento fiscale gi� divenuto definitivo. 

N� vale oppor.re che la nuova normativa, che conferisce agli uffici 
1 larghi poteri, avrebbe carattere interpretativo e non innovativo, 
.cch� tale tesi non pu� approvarsi, attesa la sostanziale differenza 

la vecchia e la nuova regolamentazione (il che dimostra che il 
:islatore ha voluto introdurre in materia un pi� largo sistema in 
rore del fisco, ampliando i poteri degli uffici a�ccertatori). 

Inoltre, anche a ritenere di carattere interpretativo le nuove 
nne, all'applicazione di esse sareht?e mancato, nella specie, l'esistenza 
. �nuovi elementi� incensurabilmente esclusi, con giudizio di fatto, 
lla decisione impugnata. 

Resta da esaminare la� censura che attiene aLla violazione delrt. 
19 del t. u. 9 maggio 1950, n. 203 da parte dell'ufficio che rproce;
te al concordato, violazione che, ad avviso della ricorrente e 
itrariamente a quanto ritenuto nell'impugnata decisione, avrebbe 
mto portal'e alla illegittimit�, e quindi aU'annullamento del concor;
o medesimo. 

Anche questo ultimo appunto non ha consistenza. 

L'art. 19, che dicesi violato, contiene le modalit� che normalmente 
)bono �seguirsi in materia di imposta straordinaria sul patrimonio, 
: istabilire, ai fini dell'accertamento, il valore dei titoli non quotati 
borsa. 

Ora, anche ammesso che ile previste modalit� non siano state 
ervate, non consegue la nullit� del concordato, in quanto l'atte~
si a tali modalit� non � prescritto a pena di nullit�. 

In sec�ndo luogo, le modalit� previste dall'art. 19 concernono 
~certamento del vailore dei titoli non quotati in borsa in mancanza 

accordo, e non l'ipotesi di accertamento operato dall'ufficio e al 
ile abbia aderito il contribuente (caso di specie), ipotesi che non 
)reclusa dal sistema. 

In terzo luogo, � assorbente osservare che il preteso vizio procerale, 
nel determinave il valore dei titoli non quotati in borsa, 
:ebbe potuto se mai cagionare un accertamento di insufficiente valore 
sabile, non dissimile dalla insufficiente valutazione di qualsiasi altro 
:pite, componente il patrimonio del Conte Giuseppe Volpi di Misurata. 

Ma se cosi � -e non sembra dubbio -per il disposto dell'arti


o 48 t. u. 9 maiggio 1950, n. 203, sarebbe spettato sempre ed unica

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente alla commissione di prima istanza di correggere l'error.e o la 
violazione, aumentando congruamente l'ammontare dell'imposta, e non 
mai all'ufficio che non ne aveva la facolt� o il potere, come gi� detto 
in precedenza. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 3610 -Pres. 
Favara -Est. Della Valle -P. M. Gedda (conf.) -Lepore (avv. 
Flauti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Bavarese). 

Imposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Presupposti 


Possesso di beni alla data del 28 marzo 1947 -Non corrispondenza 

ad un titolo legittimo di propriet� -� sufficiente. 

(t. u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 1). 
In base aU'art. 1 del t. u. 9 maggio 1950, n. 203, Z'imposfa straordinaria 
progressiva grava sul patrimonio � posseduto �, come cosa propria, 
da ciascun contribuente alla data del 28 marzo 1947; legittimamente, 
pertanto, viene tassato un patrimonio che, anche senza una 
corrispondenza a validi titoii di acquisto, risulti .in possesso di un 
determinato contribuente da idone.i fa.tti rivelatori (1). 

(Omissis). -Col primo e col quarto mezzo -che v�anno esaminati 
congiuntamente in quanto attengono entrambi, sotto un diverso 
angolo visuale, alla denunciata violazione dell'art. 1 del t. u. 9 maggio 
1950, n. 203 -si censura la decisione impugnata per avere erroneamente 
ritenuto che a giustificare l'applicazione dell'imposta di cui 
alla suddetta legge fosse sufficiente il fatto che i dati catastali indicavano 
essa ricorrente .comproprietaria, col figlio Carlo, dei beni costituenti 
il patrimonio da sottoporre a tributo. 

All'uopo osserva che nel sistema della legge il possesso ha una 
funzione meramente complementare, nel senso che assume rilevanza 
giuridica solo nell'ipotesi in cui non si conosca chi sia il vero proprietario 
del patrimonio, e che ha pertanto errato la Commissione Centrale 
delle Imposte nel non tenere presente che il criterio da porre a fonda


(1) La sent. 27 maggio 1963, n. 1399, citata nel testo, leggesi in Riv. 
leg. fisc., 1963, 1621. Il principio saldamente affermato � che presupposto 
dell'imposizione sia il possesso, come � inteso dall'art. 1140 cod. civ., tanto 
nel senso che esso sia sufficiente quando manchi un legittimo titolo di 
propriet�, quanto nel senso che esso sia necessario quando alla titolarit� 
formale del diritto non corrisponda la pienezza del godimento. Nello stesso 
senso v. Comm. centrale, 13 giugno 1966, n. 84147, Riv. leg. fisc., 1967, 2516; 
id., 24 novembre 1964, n. 72086, ivi, 1965, 1165. 

1045

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

nto dell'imposizione tributaria � quello della � effettiva apparte


tza � dei beni al soggetto colpito. 
La censura � infondata. 
Ed invero, posto che, come questa Suprema Corte ha avuto gi� 

�a volta occasione di affermare (Cass., 27 maggio 1963, n. 1399) che, 
ch� trovi applicazione l'art. 1 del predetto t. u. del 1950 non � 
essario che dei beni assoggettabili al tributo si sia stato proprietario 
t data del 28 marzo 1947 essendo sufficiente che di essi si sia a 
~lla data avuto il possesso uti dominus, e cio� che attraverso una 
tzione di mero fatto si sia esercitata su di essi, con l'animo di 
sederli come propri, un'attivit� corrispondente all'esercizio della 
priet�, � fuori di dubbio che, nella specie, la decisione imputa 
si � riferita alle risultanze catastali non per provare in base a 
,ste che proprietaria dei beni da sottoporre al tdbuto dovevasi 
nere la Lepore, ma per avvalorare gli altri elementi di fatto comvanti, 
nel loro insieme, che la Lepore ed il figlio Carlo avevano 
) di comune accordo esecuzione al testamento del loro congiunto 
riconoscersi proprietari in parti eguali del patrimonio da costui 
tto; che con riferimento a tale accordo, Pretaroli Carlo aveva defi


� l'accertamento tributario tenendo presente la sola quota a lui 
:ata nella successione paterna, ed infine -circostanza di per s� 
lutiva della lite, quand'anche, in contrasto con la lettera della 
~e che parla di patrimonio � posseduto alla data del 28 marzo 1947 ., 
'.osse voluto aderire alla tesi secondo cui l'imposta straordinaria 
gressiv�a �colpirebbe il � proprietario � e non il semplice � posses~ 
� dei beni -che alla data sopraindicata di detti beni � si era 
uto a consolidare un possesso ultraventennale � che aveva fatto 
e-re ogni ulteriore possibile dubbio sulla natura e sul contenuto 
diritto esercitato dalla Lepore sui beni medesimi. 
La decisione impugnata ha cio�, correttamente attribuito all'inteione 
catastale valore di semplice indizio, del quale si � poi servita 
sorreg.gere, con l'aggiunta degli altri elementi offertile dagli atti 
:ausa e dianzi indicati, il giudizio insindacabilmente espresso 


motivazione adeguata e corretta -circa la effettiva sussistenza, 
iatura e .gli effetti del particolare rapporto in cui alla data del 
marzo 1947 la Lepore trov�avasi rispetto ai beni assoggettati al 

uto: il che non contrasta minimamente col principio pi� volte 
rmato da questa Suprema Corte in ordine al valore meramente 
ziario delle risultanze catastali. 

Col secondo e terzo mezzo la ricorrente censura poi altre afferioni 
contenute nella decisione impugnata. 

Ma -in omaggio al principio secondo il quale l'eventuale errore 
liritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati in 
enza a sostegno della pronuncia emessa non pu� giustificare, di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per s�, il ricorso per cassazione ed il conseguente annullamento quando 
uno solo degli altri argomenti, che appaiono concorrenti, sia informato 
ad esatti criteri giuridici e dia compiuta ragione della pronuncia 
stessa (Cass., 17 marzo 1967, n. 604) -di tali censure la Corte ritiene 
superfluo occuparsi, essendo rimasta accertata -col rigetto del primo 
e del quarto motivo -la piena validit� giuridica delle altre ragioni 
addotte dalla Commissione Centrale e la loro idoneit� a giustificare 
da sole la decisione accolta. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 3612 -Pres. Stella 
Richter -Est. Leone -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Dulcetta (avv. Angelo). 

Imposta di registro -Donazione con riserva di usufrutto -Sistema di 
tassazione valevole anche~per l'imposta� sul valore globale e di 
trascrizione -Aliquota corrispondente al valore della piena propriet� 
al momento della registrazione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 20, comma 2�: d 1. 8 marzo 1945, n. 90, 
art. 11; 1. 25 giugno 1943, n. 540, art. 4). 
La horma de'lt'art. 20, sec<Yndo comma, i. registro, deve essere interpretata 
nel senso che nei trasferimenti a titolo gratuito della nuda 
propriet�, l'accertamento del valore della piena propriet� avviene 
subito, con riferimento alla data del trasferimento, e subito si procede 
all'e1sazione della parte di tributo� (calcolata sulla differenza tra valore 
della piena propriet� e valore dell'usufrutto) riguardante la nuda propriet�, 
mentre al cessare dell'usufrutto si procede all'e�sazione del tributo, 
gi� determinato e.d immutabile, relativo al valore� dell'usufrutto. 
Pertanto la aliquota progressiva da applicare, sia ai fini dell'imposta di 
registro come a quellli dell'imposta sul valore globale, � quella corrispondente 
al valoire della piena propriet� al momento de�l trasferimento; 
ed � con riferimento a tale valore che deve essere calcolata l'imposta 
di trascrizione (1). 

(Omissis). -I primi tre mezzi di ricorso censurano i criteri applicati 
dalla Corte di appello circa la liquidazione delle tre imposte afferenti 
il medesimo atto economico e giuridico, criteri connessi nella 

(1) L'interesse della presente sentenza deriva dal fatto che l'art. 20 
della legge di registro, nell'ivotesi di trasferimento a titolo gratuito della 
nuda propriet�, parla di � valore imponibile � costituito dalla differen7Ja fra 
il valore della piena propriet� e quello dell'usufrutto. Onde � stato affermato, 
e la Corte di appello di Palermo lo aveva ritenuto nella presente 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1047 

ciplina normativa: perci� i mezzi suddetti possono essere esaminati 
igiuntamente. 

Col primo di essi si denunzia violazione e falsa applicazione dello 
. 20 I. registro, in relazione agli artt. 1 e 3 d. I. 8 marzo 1945, n. 90 e 
ativa tabella, nonche difetto di motivazione: lAmministrazione ricor1te 
sostiene che, in conformit� anche della giurisprudenza di questa 
:-te, nel caso di donazione con riserva di usufrutto l'imposta deve 
ere commisurata al valore pieno della propriet� e solo l'esazione 
la parte d'imposta relativa al valore dell'usufrutto � rinviata al 
mento della cessazione dell'usufrutto medesimo: ha errato, quindi 
:!orte d'appello, allorch� ha applicato l'aliquota stabilita in relazione 
ll'alore della sola nuda propriet� dei beni donati. 

Nel secondo mezzo, la ricorrente muove analoga censura quanto 
medesimo criterio applicato nella determinazione dell'imposta sul 
ore globale (violazione e falsa applicazione dell'art. 11 d. I. 8 marzo 
5, n. 90). 

Col terzo motivo, infine, l'Amministrazione fa notare che l'imposta 
.e trascrizioni � applica.ta con aliquota proporzionale non progres1, 
onde non esiste problema di individuazione di aliquota. 

Le censure sono fondate. 

Nel divario dottrinale tuttora esistente sul punto in esame, questa 
te Suprema ha gi� avuto modo di stabilire che il discusso disposto 
!art. 20 I. registro, a norma del quale � nei trasferimenti a titolo 
tuito della nuda propriet� per atto tra vivi, il valore imponibile 
:iorno del trasferimento si ritiene eguale alla differenza tra il valore 
a piena propriet� e quello dell'usufrutto; al cessare poi dell'usu.
to sar� dovuta la tassa sul valore per cui l'usufrutto fu detratto 
rch� venne tassata la nuda propriet� � deve essere interpretato nel 
;o �che nei trasferimenti a titolo gratuito della nuda propriet� l'acamento 
del valore della piena propriet� avviene subito, con riferitto 
alla data del trasferimento, e subito si procede all'esazione 
a parte di tributo (calcolata sulla differenza tra valore della piena 
~riet� e valore dell'usufrutto) riguardante la nuda propriet�, mentre 

:a con la sentenza ora cassata, che, tale essendo la base imponibile del 
:erimento, anche la aliquota progressiva da applicare eira quella corri1dente 
a detta differenza di valori. 
Ora la Cass�azione, richiamandosi alle affermazioni gi� contenute, sep! 
per altri fini, nella sua sentenza 8 luglio 1958, n. 2456, ha dato alla 
~a norma dell'articolo 20 quella diversa e giusta interpretazione che 
isponde pienamente alla natura ed agli effetti del negozio di donazione 

riserva di usufrutto gi� ritenuti dalla prevalente dottrina civilistica 

MESSINEO, Manuale di dir. civ. comm., Milano 1954, vol. 30, 18; 
101, La donazione, Torino 1961, 370; TORRENTE, La donazione, Milano 
, 222) ed esclude la evidente incongruenza della tassazione operata in 

alla tesi avversa. 


1048 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al cessare dell'usufrutto si procede all'esazione del tributo, gi� determinato 
ed immutabile, relativo al valore dell'usufrutto (Cass. 8 luglio 
1958, n. _2456 e, con riferimento all'analogo disposto dell'art. 6 reg. 
23 marzo 1902, n. 114, in tema di imposta di successione, Cass. 
7 gennaio 1938, n. 33). 

Tale interpretazione dev'essere ribadita. Quando, come � per i 
trasferimenti a titolo gratuito, l'imposta di registro � progressiva, l'applicazione 
di essa impone anzitutto la ricerca del valore da prendere 
in considerazione al fine di stabilire l'aliquota progressiva da applicare. 


L'art. 20 1. � registro, col suo riferimento al valore imponibile della 
piena propriet�, nel quale distingue poi i valori parziari del trasferimento 
della nuda propriet� e della successiva riunione dell'usufrutto 
alla nu~a propriet�, indica, sia pure con una formula circonvoluta, che 
l'aliquota progressiva dev'essere determinata in relazione al valore 
del trasferimento del pieno' dominio, mentre l'applicazione dell'aliquota 
cosi determinata dev'essere operata sui detti valori parziari: con la 
conseguenza che la somma delle due tasse, nei trasferimenti a titolo gratuito, 
equivale all'imposta di trasferimento sul valore della piena propriet� 
qual'� al momento dell'alienazione della nuda propriet�. 

Il che � poi conforme al disposto dell'art. 8 1. registro circa l'ap


plicazione delle tasse secondo l'intrinseca natura e gli effetti dell'atto 

o del trasferimento. Infatti, il trasferimento della nuda propriet� implica 
il trasferimento della piena propriet�, giacch� l'usufrutto � essenzialmente 
temporaneo e prima o poi deve naturalmente riunirsi al nudo 
dominio, per semplici fatti naturali, senza necessit� di apposito negozio. 
E del resto, se non si operasse nel modo anzidetto, data la progressivit� 
dell'imposta, l'applicazione di aliquote di classe ridotta ai due 
valori parziali suindicati porterebbe alla liquidazione di imposte per 
un importo complessivo inferiore a quello dovuto per il trasferimento 
della propriet� piena del medesimo bene: risultato questo che non troverebbe 
spiegazione ragionevole nella temporanea compressione del 
diritto del proprietario, specie se, come � ammesso anche dalla dottrina, 
alla norma in esame si assegni la � ratio � della naturale forza di 
espansione del titolo di acquisto della nuda propriet�. 

A parere della resistente la minore tassazione sarebbe spiegabile in 
relazione al minor valore economico del trasferimento della nuda propriet� 
rispetto al trasferimento del �pieno dominio. Ma l'osservazione 
prova troppo, perch�, in linea generale, il valore della nuda propriet� 
� il valore attuale del diritto di propriet� piena al cessare dell'usufrutto: 
sicch�, tassato il trasferimento della nuda propriet�, non vi 
dovrebbe essere altra tassazione per il fatto della consolidazione. Ma 
gli artt. 20 e 21 1. registro espressamente prevedono il pagamento di 
altra imposta al momento della riunione dell'usufrutto con la nuda 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1049 

opriet�, dichiarando cosi l'intento del legislatore di far discendere 
Ila registrazione dell'atto di trasferimento della nuda propriet�, la 
;sazione ragguagliata al valore della propriet� piena, senza detrami 
per sconti attuariali. 

Del resto, lo stesso resistente ha ricordato diligentemente che la 
;posizione dell'art. 20 1. registro trova il precedente storico nell'art. 6 
l regolamento 23 marzo 1902, n. 114, emanato per l'esecuzione della 
~ge 23 gennaio 1902, n. 25, il quale stabilisce con chiarezza che nella 
terminazione del valore delle donazioni, la nuda propriet� si deve 
1siderare per il valore della propriet� piena, salva la sospensione 
lla maggior tassa corrispondente al valore dell'usufrutto, da riscuo
�si all'epoca della consolidazione. Tale norma, integrativa del regoo.
ento di esecuzione del t. u. leggi di registro, non consente dubbi 

punto che il sistema di tassazione delle donazioni di nuda propriet� 

proprio quello determinato nelle cennata sentenza 2456 del 1958 
questa Corte Suprema, cio� di conside:r;are trasferito il valore della 
na propriet�, applicandosi l'aliquota corrispondente e lasciando in 
peso quella parte dell'imposta complessivamente liquidata, che si 
'> riferire al valore dell'usufrutto. 

Pertanto, dovendo essere l'imposta commisurata al valore della 
na propriet�, la relativa aliquota non pu� essere che corrispondente 
ale valore: e ci� sia ai fini de.'applicazione dell'imposta di registro, 
per l'applicazione dell'imposta sul valore globale, che, ai sensi del1;. 
11 d. I. 8 marzo 1945, n. 90, � applicata con gli stessi criteri relai 
all'imposta di registro, sia, infine, per determinare l'imposta sulle 
~crizioni, per la quale si ha riguardo al valore su cui si applica 
iposta di registro (art. 4 I. 25 giugno 1943, n. 540). -(Omissis). 

RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 novembre 1968, n. 3648 -Pres. 
Rossano -Est. Sandulli -P. M. Raja (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Varvesi) c. Ente Nazionale Energia Elettrica 
(avv. Mazzullo). 

>osta sulle -concessioni governative -Prescrizione -Tassa suppletiva 
-Decorrenza -Data di pagamento della tassa principale Necessit� 
di aggiornamento della spesa preventiva -Decorrenza Non 
dalla data di pagamento bensi dalla data in cui la Finanza 
deve provvedere all'aggiornamento. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3279; d. l. 30 maggio 1947, n. 604, art. 147, tab. 
ali. A; d. P. R. lo marzo 1961, n. 121, art. 16; d. P. R. 20 marzo 1953, n. 112, 
art. 16). 
In tema di tasse sulle concessioni governative, poich�, ai sensi 
'art. 147 tabella all. A d. l. 30 maggio 1947, n. 604, la tassa va rap



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

portata alle previsioni di spesa che l'aspirante aUa concessione presenta 

e che cos� costituisce la base impoinibile, il diritto della Fiinanza, per 
supplementi derivanti da liquidazioine inesatta, si prescrive, ai seinsi 
dell'art. 16 r. d. 30 dicemb1�e 1923, n. 3279 (identico inel cointeinuto 
all'art. 16 d. P. R. 1� marzo 1961, n. 121 e all'art. 16 d. P. R. 20 marzo 
1953, in. 112), in tre anni che decorrono dal giorno in cui si � effettuato 
il pagamento della tassa, e, se � necessario l'aggiorinameinto d~lla spesa, 
dal giorno in cui la Finanza deve provvedervi. 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, l'Amministrazione 
ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione degl} 
artt. 2935 cod. civ., 16 del d. P. R. 20. marzo 1953, n. 112, 10 del r. d. 30 
dicembre 1923, n. 3279, 1 del r. d. 26 marzo 1936, n. 1418 e 147 della 
tabella A. allegata al d. 1. 30 maggio 1947, n. 604, in relazione all'art. 360 
nn. 3 e 5 cod. proc. civ., si duole che la Corte del merito abbia ritenuto 
che il momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale dell'azione 
tributaria, stabilito dall'art. 16 del d. P. R. 20 marzo 1953, 

I

n. 112, coincidesse con quello della presentazione dell'atto di concessione, 
e, quindi, del pagamento della tassa, sul riflesso che all'aggiornamento 
della spese preventivata per l'esecuzione delle opere, sulla 
I

qual era dovuto il tributo, si potesse procedere automaticamente mediante 
moltiplicazione dell'importo della spesa indicata per il coeffiI 


lli

ciente di svalutazione monetaria. 

~ 

A chiarimento, sostiene che l'aggiornamento della spesa preventivata 
non fosse collegato ope legis alla svalutazione monetaria, costili 
tuendo tale criterio, a norma dell'art. 147 della tabella A allegata al 

d. 1. 30 maggio 1947, n. 604, una mera eventualit�; che soltanto dal 
i 

j 
j 
1~.
momento in cui l'ufficio era venuto a conoscenza della mag.giore spesa, 
occorrente per l'esecuzione delle opere, era sorto il diritto della 
Finanza alla imposizione di una maggiore tassa; e che, soltanto dal 


momento in cui i dati relativi al maggior importo della spesa occorrente 
erano stati comunicati all'Ufficio del Genio Civile, aveva incominciato 

I 

a decorrere il termine prescrizionale dell'azione tributaria. ili 

La doglianza � infondata. 

.. . A norma dell'art. 147 della tabella allegato A del d. 1. 30 maggio 
1947, n. 604, sui provvedimenti in materia di tasse sulle concessioni 
governative, vigente all'epoca in cui la Societ� Idroelettrica Alto Chiese 
ottenne la concessione di derivare le acque del fiume Chiese e dei 
suoi affluenti ed applicabile nella specie, in quanto il tributo colpisce 

It 
~ 

(1) Esatta applicazione delle disposizioni legislative speciali richi�amate 
nella massima in aderenza ai principi generali sulla decorrenza della P:
f: 
prescrizione. 
I

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\�:

E: 
f.: 


.t>ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1051 

tto di concessione, la tassa oggetto di esame, va rapportata alla 
~visione di spesa che l'aspirante concessionario deve presentare 
itamente alla domanda tendente ad ottenere la concessione, in base 
coordinato disposto degli artt. 33 del t. u. delle leggi sulle acque e 
~li impianti elettrici, approv. con r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, 

della legge 23 giugno 1865, n. 2359 sulle espropriazioni per pubblica 
lit�. 

Poich�, a norma dell'art. 33 del citato t. u. sulle acque, per le 
indi derivazioni e le opere di raccolta e regolazione delle acque, il 
:reto di concessione ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilit� 
ordine a. tutti i lavori ed impianti occorrenti sia alla costruzione 
! all'esercizio, al fine di ottenere una concessione di derivazione di 
.ue fluviali, deve trovare applicazione la disposizione dell'art. 3 
la legge sulle espropriazioni p�r pubblica utilit�, secondo cui quaque 
domanda, fatta anche da privati, per ottenere la dichiarazione 

pubblica utilit�, deve essere accompagnata da una relazione somria, 
la quale deve indicare, tra l'altro, la spesa presunta. 

La previsione di spesa �e l'indicazione dei mezzi di esecuzione del>
era pubblica, prescritti dal citato art. 3 della legge sulle espropria1i, 
ha la finalit� di evitare il pericolo di far subire, al proprietario 
bene espropriato, una espropriazione senza la sicurezza, quanto 
io presuntiva, della completa esecuzione delle opere progettate. 
Tale previsione di spesa viene utilizzata, per comodit� fiscale, ai 

della determinazione della tassa sulla concessione governativa. 

Essa, per�, non ha carattere vincolante per gli organi tributari. 

La disposizione contenuta nell'art. 147 della citata tabella alle


> A del d. 1. 30 maggio 1947, n. 604 prevede una tassazione con 

osiddetto � sistema per scaglioni ., nel senso che l'importo della 

a � determinato con riferimento al diverso ammontare della spesa. 

In sede di tassazione, al fine di rendere attuabile tale criterio di 

osizione, la previsione di spesa va controllata ed eventualmente 

grata dagli organi finanziari, in modo da svincolarla dai criteri 

:ettivi dell'interessato, conferendole un carattere di obbiettivit� e 

.ttualit�. 

Conferma di ci� si trova nell'art. 10 della legge organica 30 di


bre 1923, n. 3279 per le tasse sulle concessioni governative, il quale, 

�edendo un termine di prescrizione per l'azione dell'Amministrae 
Finanziaria volta ad ottenere un � supplemento � (il cui signifinon 
pu� restringersi alla nozione tecnico-giuridica della tassa 
>letiva, di cui all'art. 7 della legge di Registro), a causa di liquioni 
inesatte, convalida la possibilit� di ulteriori accertamenti, al 
di controllare l'esattezza e la rispondenza della previsione di spesa, 
attutto quando un lungo periodo di tempo sia intercorso tra la 
entazione dell'istanza e l'emanazione del decreto di concessione. 


1052 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ulteriore conferma dell'intei;pretazione data al citato art. 147 trovasi 
nel vigente art. 146 della tabella alleg�to A del t. u. delle dispo


I 


l 
l 
f;:

sizioni in materia di tasse sulle concessioni approv. con d. P. R. 
1<> marzo 1961, n. 121 (identico nel contenuto all'art. 147 della tabella 
al\. A del d. P. R. 20 marzo 1953, n. 112), il 'quale, nel secondo 

. 

comma della nota, prescrive che � la tassa deve essere liquidata sulla 
base dell'ammontare della spesa, quale risulta all'atto dell'emanazione 
del provvedimento, tenendo conto di ogni eventuale aggiornamento �. 

Tale disposizione, avente carattere di norma interpretativa, esplicativa 
(o dichiarativa), priva di contenuto innovativo, essendo volta 
a fissare il preciso significato delle espressioni usate nella precedente 
norma, cui si ricollega (art. 147 del d. I. n. 604 del 1947), ha inteso 
agevolare l'interpretazione di questa, senza innovarla o modificarla. 

Nel senso che l'Amministrazione Finanziaria pu� procedere all'aggiornamento 
della spesa ,preventivata dall'interessato al momento della 
domanda di concessione si � gi� espressa la Corte di Cassazione con le 
sentenze 8 maggio 1961, n. 1066 e n. 1067. 

Un limite temporale � posto alla facolt� di aggiornamento, attribuito 
all'Amministrazione Finanziaria, al fine di percepire un supplemento 
di tassa di concessione. 

A norma del citato art. 10 del r. d. n. 3279 del 1923 sulle concessioni 
,governative, vigente al momento dell'emanazione del decreto di 
concessione ed identico nel contenuto all'art. 16 del d. P. R. 1<> marzo 
1961, n. 121 ed all'art. 16 del d. P. R. 20 marzo 1953, n. 112, l'azione 
dell'Amministrazione Finanziaria per supplementi a causa di liquidazione 
inesatta si prescrive con il decorso di tre anni dal giorno dell',ef-� 
fettuato pagamento della tassa. 

Non sempre, per�, il termine iniziale di decorrenza della prescrizione 
coincide con quello di pagamento. 

A tal fine, occorre tener conto, ai sensi . e per gli effetti della disposizione 
dell'art. 2935 cod. civ. (secondo cui la prescrizione comincia a 
decorrere dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere), del momento 
in cui I'Amministrazione Finanziaria pu� provvedere all'aggiornamento 
della spesa preventiva, costituente la base imponibile della 
tassa di concessione. 

Soltanto da tale momento, infatti, comincia a decorrere il termine 
prescrizionale. 

Nella specie in esame, trattandosi di adeguamento in base agli 
indici di svalutazione monetaria pubblicati dall'Istituto Centrale di 
Statistica, costituenti dati e nozioni di comune esperienza (Cass. 13 
dicembre 1966, n. 2914; Cass. 13 luglio 1964, n. 1849; Cass. 13 ottobre 
1961, n. 2114), non sconosciuti per la loro notoriet� all'Amministrazione 
Finanziaria, sarebbe bastato, per provvedere all'aggiornamento, 
procedere (come, del resto, l'Amministrazione ha fatto, sia pure in epoca 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ccessiva) all'operazione aritmetica di moltiplicazione dell'importo 
iicato nel preventivo di spesa per il coefficiente di svalutazione 
>netaria. 

Pertanto, � da ritenere che l'Amministrazione Finanziaria fosse in 
tldizione di provvedere all'aggiornamento sin dal momento della 
~sentazione dell'atto di concessione ai fini del pagamento del tributo 
quindi, sin dal giorno di corresponsione dello stesso. -(Omissis). 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 novembre 1968, n. 3662 -Pres. 
Rossano -Rel. Malfitano -P. M.. Gedda (conf.) -Societ� Forino 
(avv.ti Notante, Pellegrino, Di Maio) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Masi). 

posta di registro -Agevolazioni -Industrializzazione del Mezzogiorno 
-Agevolazioni per il trasferimento di terreni occorrenti 
per l'impianto di stabilimenti industriali -Primo trasferimento Nozione. 


(d. 1. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 2, 5; 1. 29 dicembre 1948, n. 1482, art. 2). 
posta di registro -Agevolazioni -Industrializzazione del Mezzogioeno 
-Declaratoria del Ministero dell'industria e del com.
mercio -Finalit� -Competenza -Limiti. 

i. 1. 14 dicembre 1967, n. 1598, art. 5). 
'\evolazioni tributarie per l'industrializzazione del Mezzogiorno, 
:;U artt. 2 e 5 d. l. 14 dicembre 1947, n. 1598, sono date 

,.mente per il primo trasferimento di terreni e fabbricati occor.� 
per le" considerate iniziative, ed al fine di favorire l'incremento del 
rimonio industriale, e per e primo trasferimento � deve intendersi 
t il primo in senso cronologico, ben.si il primo utile ai fini dell'attuarie 
delle iniziative; pertanto, ove in seguito al trasferimento delimobile 
l'iniziativa non sia stata sviluppata, ci� non osta all'appliione 
dell'agevolazione al successivo trasferimento dello stesso imbile, 
in quanto quest'ultimo, pur cronologicamente successivo allo 
�o, esegue l'attuazione del fine industriale, e va considerato �primo 
rferimento � rispetto all'applicazione dell'agevolazione (1). 

In tema di agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno, 
leclaratoria del Ministero dell'industria e del commercio � prevista 
anto per accertare se il fine industriale sia stato conseguito, e va 
1ita a pena di decadenza nel termine di tre anni dalla registrazione 
i:atto, mentre gli uffici finanziari devono accertare se si tratti di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

primo trasferimento; pertanto, � irrilevante una declaratoria che constati 
l'esistenza di tale presupposto (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo, denunziandosi la violazione 
degli articoli 5 del d. C. P. S. 14 dicembre 1947, n. 1598, modificato 
dalla legge 29 novembre 1948, n. 1482 e 4 1. 25 marzo 1865, n. 2248 
all. E, nonch� il difetto di motivazione di cui all'art. 360 n. 5 del c. p. c. 
si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto inapplicabile all'atto 
con il quale la societ� Forino acquist� .gli immobili per l'impianto di 
uno stabilimento industriale in Nocera Inferiore l'agevolazione tributaria 
prevista dall'art. 5 del decreto n. 1598 del 1947, sebbene detta 
societ� �avesse tempestivamente prodotto la dichiara~ione del Ministro 
dell'industria e commercio attestante che il fine dell'acquisto era stato 
conseguito dal primo acquirente. Al rigual'do si deduce che la Corte 
di merito ha erroneamente ritenuto che le Commissioni tributarie e il 
giudice ordinario potessero accertare la ricorrenza della condizione 
della primariet� del trasferimento in quanto l'accertamento delle condizioni 
richieste dalla legge per l'applicazione del beneficio fiscale � 
riservato al giudizio insindacabile del Ministro dell'industria e commercio. 


La censura � infondata. 

A norma dell'art. 5 del decreto n. 1598 del 1947, contenente disposizioni 
per la industrializzazione dell'Italia meridionale e insulare, il 
primo trasferimento di propriet� di terreni e di fabbricati occorrenti 
per la�attuazione delle iniziative industriali di cui all'art. 2 dello stesso 
decreto, � soggetto a imposta di registro e di trascrizione nella misura 
fissa. L'imposta � dovuta nella misura normale, qualora, entro il termine 
di tre anni dalla registrazione dell'atto, non sia dimostrato con 
dichiarazione del Ministro dell'industria e commercio che il fine dell'acquisto 
sia stato conseguito dal primo acquirente. 

Alla stregua di questa disposizione l'agevolazione tributaria � 
applicata, in via provvisoria se risulti che l'atto sottoposto alla registrazione 
abbia ad oggetto un primo trasferimento di terreni e fabbricati 
occorrenti al primo impianto di stabilimenti industriali tecnicamente 
organizzati e tale applicazione diventa definitiva qualora nel termine 
stabilito dalla legge � prodotto il certificato attestante che l'iniziativa 
industriale � stata conseguita. 

In relazione a tale disposizione questa Corte Suprema ha pi� 
volte affermato (v. sent. n. 1548 del 1965, 1674 del 1966 e 663 del 1968) 
che all'accertamento dei presupposti per l'applicazione del beneficio 

(1-2) Le affermazioni di cui alla prima massima lasciano perplessi; 
sulla seconda massima l'orientamento � ormai costante: cfr. Sez. Un. 28 
giugno 1966, n. 1674, in questa Rassegna, 1967, I, 430, con nota di richiami. 

I 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

;cale deve provvedere l'Amministrazione finanziaria e non il Ministro 
~n'industria e commercio, al quale � devoluto soltanto il compito di 
:certare se il fine dell'attuazione dell'iniziativa industriale sia stato 
fettivamente conseguito. 

L'accertamento, quindi, della primariet� del trasferimento dei beni 
correnti per l'attuazione della iniziativa industriale, che � uno dei 
�esupposti necessari per l'applicazione dell'agevolazione tributaria, 
:ve essere compiuto dall'Amministrazione finanziaria e, in sede conriziosa, 
dalle Commissioni tributarie e dal .giudice ordinario. Trattasi 

accertamento che implica la valutazione di una situazione obbiettiva 
e non pu� rientrare nel compito di natura tecnica-discrezionale devoto 
al Ministro. 

Consegue che l'attestazione del Ministro circa la sussistenza dei 
esupposti il cui accertamento esula dalla sua competenza � del tutto 
�ilevante. 

Nella specie la Corte di merito si � uniformata a questi principi 
rch� ha ritenuto che l'attestazione del Ministro circa la sussistenza 
Ila primariet� del trasferimento dei beni acquistati dalla Forino per 
npianto di uno stabilimento industriale non precludesse l'indagine 
�ca la sussistenza di tale presupposto di applicabilit� del beneficio 

~ale. 

N� pu� sostenersi che, cosi opinando, la Corte abbia disapplicato 

tto amministrativo pur avendolo ritenuto legittimo, perch� essa non 

ha disapplicato, ma si � limitata a consideralo irrilevante rispetto 

a fattispecie da decidere. 

Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per aver 

enuto che il trasferimento del terreno e dei fabbricati di cui all'atto 

tranca del 2 marzo 1954 non potesse considerarsi primo ai fini della 

tlizzazione delle iniziative industriali previste dal d. n. 1598 del 1947 

rch� gli stessi beni nel 1950 erano stati oggetto di altro trasferi


:nto per l'impianto di uno stabilimento industriale. 

Al riguardo si deduce che primo trasferimento ai fini dell'attua


ne delle iniziative industriali doveva considerarsi que~lo di cui all'atto 

tranca del 1954 perch� all'atto di trasferimento stipulato nel 1950 

o. era stata applicata l'agevolazione tributaria prevista dal citato de~
to per il mancato conseguimento del fine per il quale era stato 
~guito. 
La censura � fondata. 

Il � primo trasferimento di propriet� di terreni o fabbricati occor


tti per l'attuazione delle iniziativ�e industriali � nell'Italia meridionale 

nsulare, per il quale l'art. 5 del decreto n. 1598 del 1947 prevede 

~evolazione del pagamento dell'imposta di registro e di trascrizione 

Ila misura fissa, non � il primo in sen~o cronologico, bensi il primo 

le ai fini dell'attuazione delle iniziative industriali, cio� quel trasferi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento di beni per mezzo del quale sia stata realizzata l'iniziativa per 
la quale fu eseguito. 

Invero, l'espressione � primo trasferimento di propriet� di terreni 
e di fabbricati �, adoperata nel cennato articolo, � strettamente 
connessa con quella immediatamente successiva � occorrenti per l'attuazione 
delle iniziative industriali di cui all'art. 2 �, in guisa che non 
� possibile intenderla se non in relazione a quest'ultima. 

Da tale correlazione si evince che U trasferimento dei beni e la 
realizzazione della iniziativa industriale mediante la loro utilizzazione, 
sono due elementi inscindibili della fattispecie legale, per cui il trasferimento 
che non abbia dato luogo all'attuazione del fine industriale 
per il quale fu eseguito � del tutto irrilevante ai fini dell'applicazione 
della norma di favore. 

Consegue che .il trasferimento di propriet� di un immobile per 
l'attuazione di una iniziativa industriale che, per qualsiasi motivo, non 
sia stata mai realizzata, non osta all'applicazoine dell'agevolazione tributaria 
al successivo trasferimento dello stesso immobile per l'attuazione 
di un fine industriale che il Ministro competente attesti essere stato 
conseguito, in quanto quest'ultimo trasferimento, pur essendo cronologicamente 
il secondo eseguito per l'attuazione di un fine industriale, deve 
considerarsi primo ai fini dell'applicazione dell'agevolazione tributaria, 
essendosi soltanto con esso conseguito quel fine che la leg-ge ha inteso 
favorire. 

Tale interpretazione risponde non solo alla lettera, ma anche alla 

ratio dell� legge, volta a stimolare l'iniziativa privata per la realizzazione 

di attivit� industriali nel Mezzogiorno d'Italia, mediante la concessione 

di agevolazioni. fiscali all'acquirente di immobili che, per primo, realizzi 

con essi il fine di. industrializzazione e trova, altresi, esplicita con


ferma nelle recenti disposizioni regolanti la materia (art. 13 lettera c, 

legge n. 717 del 1965), in base alle quali la menzionata agevolazione 

tributaria � spetta, in caso di successivi trasferimenti dell'immobile, 

esclusivamente all'acquirente che realizza l'iniziativa industriale �. 

Nella specie, la Corte di merito, non si � uniformata a tale inter


pretazione, perch�, accertato che alla vendita degli immobili stipulata 

il 23 aprile 1950 non erano state applicate le agevolazioni tributarie 

previste dal decreto n. 1598 del 1947 per il mancato conseguimento del 

fine industriale per il quale era stata eseguita, avrebbe dovuto ritenere 

primo trasferimento ai sensi della disposizione di cui all'art. 5 di detto 

decreto la vendita degli stessi immobili stipulata con atto del notaio 

Maranca il 2 marzo 1954, in quanto era stato accertato, in base all'atte


stazione del Ministro dell'industria e commercio, il conseguimento del 

fine industriale per il quale la vendita medesima era stata eseguita e, 

conseguentemente, dichiarare non dovuta l'imposta suppletiva di regi


stro pretesa dall'Amministrazione delle finanze. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1057 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 novembre 1968, n. 3693 -Pres. 
Favara -Est. Loria -P. M. Gedda (conf.) -Lucifero (avv. Morelli) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
tposta di registro -Atti nulli -Restituzione di imposta -Espropriazione 
di terreni in base alle leggi di riforma fondiaria -Successiva 
donazione -Nullit� -Sussistenza -Necessit� di una pronuncia 
dichiarativa della nullit� -Esclusione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 14; I. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 20; 
I. 18 maggio 1951, n. 333, art. 4). 
La donazione in contemplazi�ne di matrimonio, successiva al 

novembre 1949, di un terreno soggetto ad espropriazione in fo'rza 
lla l. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 20; l. 18 maggio 1951, n. 333, deve 
risiderarsi non inefficace (inefficacia relativa), bensi nulla in senso 
:oluto, con la conseguenza che le parli possono ripetere daUa Finanza 
nposta percetta per la regist1�azione delL'atto, anche se la nullitd non 

stata dichiarata con sentenza pronunciata in �ontraddittorio tra 
parti (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso principale viene denunta 
violazione e falsa applicazione dell'art. 27 della legge 12 maggio 
50, n. 230, dell'art. 20 della legge 21 ottobre 1950, n. 841 e dell'art. 14 
lla legge del registro 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione all'arti:
o 360, n. 3 cod. proc. civ.. 
mentano i ricorrenti dott. Antonio Arduino Lucifero e Maria Anna 
cifero che con la decisione impugnata la Commissione Centrale per 
Imposte abbia erroneamente negato che la donazione obnuziale fatta 
l, primo di essi in favore della seconda con l'atto del 25 aprile 1950 

\ divenuta radicalmente nulla a seguito dell'espropriazione dell'im
�~ donato, disposta in forza delle leggi di riforma fondiaria, ed 
::onseguentemente negato il loro diritto a ripetere dall'Ammi,,
tazione delle finanze le somme pagate in dipendenza dell'indebita 

(1) La Corte Suprema conferma, con un orientamento ormai costante, 
propria giurisprudenza, iniziata con la sentenza 10 novembre 1960, 

3000, Foro it., 1961, I, 983 e seguita con le sentenze 13 aprile 1964, n. 867, 

, 1964, I, 1433; 20 maggio 1966, n. 1291, in questa Rassegna, 1967, I, 413, 

t nota, cui si rinvia. 

La Commissione Centrale, con un'interpretazione pi� logica ed esatta 

le leggi di riforma fondiaria -che non hanno inteso sancire una nul


L assoluta, bensi una inefficacia relativa (solo nei confront degli Enti 

Riforma) -continua ad essere di diverso avviso: 12 marzo 1962, 
86473, Foro it. Rep. 1963, voce Registro, n. 83 e la decisione ora an.
lata dalla Corte Suprema. 


1058 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tassazione per la registrazione di detto atto. Deducono che, cosi decidendo, 
la Commissione Centrale ha disconosciuto il costante insegnamento 
di questo Supremo Collegio, secondo cui la inefficacia di diritto ond'� 
colpita, a norma dell'art. 20 della legge n. 841 del 1950 e dell'art. 4 
della legge n. 333 del 1951, interpretativo del primo, la donazione in 
contemplazione di matrimonio fatta posteriormente al 15 novembre 
1949, ne determina la nullit� radicale ed insanabile non solo in confronto 
dell'Ente di riforma bensi anche � ab origine � nei rapporti fra 
gli stessi contraenti ed � erga omnes �, equivalendo il provvedimento 
presidenziale di esproprio, per la sua natura di legge delegata, alla 
declaratoria giudiziale di nullit� prevista dall'art. 14 n. 2 della legge 
di registro ai fini del rimborso delle tasse pagate. 

La doglianza � fondata. 

Giova premettere che la controversia svoltasi fra gli attuali ricorrenti 
e l'Amministrazione delle Finanze � stata dalla Commissione 
esaminata e decisa �on specifico riferimento all'art. 20 della legge 
21 ottobre 1950, n. 841 (cosiddetta legge stralcio), nel presupposto, cio�, 
che l'espropriazione cui sarebbe andato soggetto l'immobile donato nella 
specie dal genitore alla figlia in contemplazione del di lei matrimonio 
fosse avvenuta in attuazione di tale legge. E perci�, la motivazione 
della pronuncia, nella sua estrema sinteticit�, � formulata nel senso 
che la norma su menzionata � non dispone l'inesistenza dell'atto di 
trasferimento dei beni �, poich� essa � sancisce soltanto l'inefficacia del 
trasferimento nei confronti dell'Ente di riforma, per consentire all'Ente 
di svolgere la procedura nei confronti del cedente ., concludendosi: 

� l'atto di donazione non pu� quindi considerarsi assolutamente nullo � 
pertanto non � dovuto il rimborso delle imposte pagate per la registrazione�. 
Tali affermazioni contrastano con la costante giurisprudenza di 
questa Corte regolatrice, la quale in ripetute sue decisioni ha ritenuto 
che la donazione in contemplazione di matrimonio posteriore al 15 novembre 
1949 e relativa ad un terreno sottoposto ad espropriazione in 
virt� della legge 21 ottobre 1950, n. 841, interpretata ed integrata con 
legge 18 maggio 1951, n. 333, deve considerarsi nulla in senso assoluto, 
e le parti possono ripetere dall'Amministrazione finanziaria l'imposta 
pagata per la registrazione dell'atto (vedasi in ultimo Cass. 20 maggio 
1966, n. 1291). 

Le ragioni che militano a sostegno di un tale indirizzo giurisprudenziale 
e che impongono di mantenerlo immutato si riassumono 
essenzialmente nel rilievo che la legge n. 841 del 1950, col dichiarare, 
nell'art. 20, la inefficacia dei negozi di trasferimento, posti in essere

1

a decorrere da una certa data (per il caso in esame interessa quella 
del 15 novembre 1949, designata interpretativamente dall'art. 4 della 
legge n. 333 del 1951), vuoi a titolo oneroso vuoi a titolo gratuito, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1059 

mpresi fra questi ultimi le donazioni obnuziali, aventi per oggetto 
imobili di poi inclusi in un piano di espropriazione per i fini della 
Eorma fondiaria, dett� una norma di carattere imperativo avente 
me suo contenuto il divieto della disponibilit� di detti beni. 

Quei negozi, quindi, si son venuti a trovare fin dalla loro origine, 
~r l'efficacia retroattiva conferita alla suddetta disposizione di legge, 
'ivi di una valida causa giuridica in quanto non idonei ad assolvere 
La funzione economico sociale loro propria conforme allo schema legi1tivo 
in cui siano da inquadrare: donde la .loro nullit� ai sensi del1rt. 
1418 in relazione con l'art. 1325 cod. civ. 

D'altro canto l'estremo voluto dall'art. 14, n. 2 della legge del 
gistro, ov'� prescritto, affinch� possa farsi luogo alla restituzione 
U'imposta pevcetta, che si tratti di atti dichiarati nulli con sentenza 
onunciata in contraddittorio fra le parti e passata in giudicato, � 
1to ritenuto potersi identificare nel decreto presidenziale di trasferi~
nto dei beni espropriati a favore dell'Ente di riforma. In propo


o si � considerato (sent. citata n. 1291 del 1966) che la medesima 
tio della norma dianzi ricordata, in quanto riflettente l'esigenza 
Ila dichiarazione della nullit� ad opera di un organo (il giudice) 
ente la funzione di accertare e dichiarare la volont� della legge, � 
plicabile, cosi come alla sentenza, ad ogni altro atto di pubblico 
tere cui sia da riconoscere il valore giuridico di attuare irrevocabilmte 
tale volont� nel caso concreto; che la dichiarazione da parte del 
:islatore della nullit� di un negozio giuridico per vizio radicale rende 
perflua la statuizione del giudice, essendo la volont� della legge gi� 
ilizzata concretamente dallo stesso legislatore mediante un atto di 
:itenuto definitivo e non suscettibile di andar soggetto ai mezzi revotori 
previsti per la sentenza del ma.gistrato; che per l'appunto una 
uazione del genere si riproduce nei casi in cui venga disposto lo 
1rporo di terreni da destinare a trasformazione agraria, la relativa 
lcedura concludendosi con il provvedimento presidenziale di trasfe:
iento all'Ente di riforma dei terreni espropriati, il quale provvedimto 
costituisce legge delegata avente valore di legge ordinaria: i 
>i effetti, conseguentemente, non differiscono da quelli in una sentza 
irrevocabile, quando l'espropriazione si sia riferita a dei beni 
~. per aver formato oggetto di negozi dispositivi ritenuti legalmente 
~fficaci in relazione al tempo in cui furono posti in essere siano stati 
npresi, come appartenenti ancora al disponente, nel calcolo della 
>erficie terriera di sua propriet�, la cui estensione oltre un certo 
lite, in concorso con le altre condizioni di legge, abbia dato luogo 
a formazione di un relativo piano di esproprio in funzione della 
:>rma fondiaria. -(Omissis). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 novembre 1968, n. 3716 -Pres. 
Scar:pello -Est. Iannuzzi -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv.. Stato Agr�) c. Falcone (n. c.). 

Imposta straordinaria sul patrimonio -Commissioni tributarie -Facolt� 
di accertamento -Soppressione contenuta nell'art. 5 1. 5 gennaio 
1956, n. 1 -Abrogazione espresza dell'art. 43 t. u. 24 agosto 
1877, n. 4021 e abrogazione implicita delle altre disposizioni le~i-. 
slative relative alla stessa facolt�. 

(t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 43; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 5). 
La norma dell'art. 5 detia legge 5 gennaio 1956, n. 1, nel sopprimere 
la facolt� di accertamento delle Commissioni distrettuali e provinciali, 
ha espressamente abrogato, insieme con l'a1�t. 43 t. u. 24 agosto 
1877, n. 4021 suU'imposta di ricchezza mobile (e con l'art. 98 del reg. 

r. d. 11 Luglio 1901, n. 560), il principio generale _ivi enunciato, fondamentale 
nel sistema tributario allora vigente che trov� applicazione 
anche per altre imposte speciali; e, di conseguenza, ha implicitamente 
abrogato, per incompatibilit� con la nuova disciplina legislativa, le varie 
disposizioni che prevede.vano per tali imposte la stessa facolt� di accertamento 
(1). ' 
(Omissis). -Con l'unico motivo l'Amministrazione finanziaria 
dello Stato denuncia la violazione dell'art. 5 della legge 5 gennaio 1956, 

n. 1, dell'art. 48 della legge 9 maggio 1950, n. 203 nonch� degl',i 
artt. 12 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale in relazione allo 
art. 1 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 e 360, n. 3 c. p. c.. 
Deduce che avrebbe errato La Commissione centrale delle imposte 
nel ritenere che l'art. 5 della citata legge n. 1 del 1956, nel sopprimere 
la facolt� di accertamento delle Commissioni distrettuali e provinciali 
gi� prevista dall'art. 43 del t. u. 24 agosto 1877 n. 4021, e successive 
modificazioni, per l'imposta di ricchezza mobile, abbia abrogato� anche 

(1) Fra tali disposizioni sono da ricordaTe: l'art. 48 t. u. 9 maggio 
1950, n. 203 sull'imposta sul patrimonio, l'art. 15 r.d.l. 27 maggio 1956, 
n. 436 sull'avocazione dei profitti di guerra e di contingenza, l'art. 39 d.l. 
7 agosto 1936, n. 1639 sulla riforma dell'ordinamento tributario, l'art. 31 
r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 sul funzionamento delle Commissioni tributarie, 
l'art. 13 r. d. 3 giugno 1943, n. 598 sulla imposta sui maggiori utili di 
guerra, l'art. 46 d. lg. 29 marzo 1947, n. 143 sull'imposta progressiva sul 
patrimonio. Nel senso della massima sopra riportata, dopo alterne vicende 
(cfr.. Cass. 15 luglio 1965, n. 1551, in questa Rassegna, 1965, I, 801, con 
nota di richiami), la giurisprudenza pu� ritenocsi decisivamente orientata 
(vedi anche Sez. Un. 8 ottobre 1968, n. 3153; Cass. 20 dicembre 1968, 

n. 4031) e, se pure non � da condividere, non pu� sperarsi in un suo 
mutamento. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1061 

art. 48 della legge n. 203 del 1950, che prevede l'analoga facolt� per 
imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. Rileva che non 
11� parlarsi neanche di abrogazione implicita per incompatibilit� fra 
. predetta norma della legge del 1956 e l'art. 48 della legge del 1950, 
~rch� tali leggi regolano imposte, anzi tipi di imposte, completamente 
.verse, l'una .sui redditi e l'altra sul patrimonio. Aggiunge un ulteriore 
�gomento che desume dall'art. 1 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, 
quale stabilisce che le norme contenute nel primo titolo si applicano 
le imposte dirette regolate dal medesimo test� unico; osserva che, 
rendo tale norma valore di interpretazione autentica di quelle conte1te 
nella legge n. 1 del 1956, ne deriva che questa legge si applica 
fo alle imposte disciplinate dal testo unico del 1958, tra le quali non 

compresa l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. 

La censura non � fondata. 

La questione ha gi� formato oggetto di esame di questa Corte 
i prema, che l'ha risolta in senso contrario alla tesi dell'Amministraone 
ricorrente (sent. 20 febbraio 1967, n. 418; 6 settembre 1966, 
2321; 15 febbraio 1965, n. 235), n� le Sezioni Unite trovano ora 

gi6ni per discostarsi da tali pronunce. 

� vero che l'art. 5 comma 3 della legge n. 1 del 1956 fu esclusivo 
Eerimento all'art. 43 del t. u. 24. agosto 1877, n. 4021, delle leggi 
!r l'imposta sui redditi della ricchezza mobile e perci� importa la 
1rogazione�espressa del citato art. 43 nonch� dell'art. 98 del regolaento 
approvato con r. d. 11 luglio 1907 n. 560, che attribuivano alle 
mmissioni tributatarie comunali e provinciali la facolt� di aumentare 
redditi di ricchezza mobile accertati dall'agente o di iscrivere i 
spiti di redditi ch'egli avesse omesso. Ma, com'� stato esattamente 
servato nelle citate sentenze, la facolt� concessa alle Commissioni 

�n trovava giustificazione nella specifica natura della materia impobile; 
essa era, invece, l'espressione di un principio generale immanente 
�l sistema tributario allora vigente e, come tale, la norma era dotata 
capacit� intrinseca di espansione riguardo a tutte le imposte dirette 
e sarebbero state istituite. Infatti la facolt� in esame fu successimente 
prevista nell'art. 39 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 sulla 
'orma degli ordinamenti tributari, che richiamava espressamente gli 

t. 43 del t. u. 1877, n. 4021 e 98 del regolamento, nonch� nell'art. 31 
1 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, sulla costituzione e sul funzionamento 
Ile commissioni tributarie, che conteneva un analogo espresso riiamo. 
La stessa facolt� delle commissioni tributarie di procedere ad 
. maggiore od ulteriore accertamento rispetto a quello operato dalfiicio 
fu prevista dall'art. 13 r. d. 3 giugno 1943, n. 598, in materia 
imposta straordinaria sui maggiori utili di guerra; dall'art. 15 r. d. 1. 
maggio 1946, n. 436, sull'avocazione dei profitti di guerra e di quelli 

contingenza; dall'art. 46 d. lgt. 29 marzo 1947, n. 143, che istitu� 


1062 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'imposta progressiva sul patrimonio: le quali disposizioni richiamano, 
direttamente o indirettamente, l'art. 43 della legge n. 4021 del 1877 o 
l'art. 98 del successivo regolamento approvato con il r. d. n. 560 
del 1907. 

Anche l'art. 48 del t. u. 9 maggio 1950, n. 203, contenente disposizioni 
sulle imposte straordinarie sul patrimonio, si ricollega alla 
norma primaria e fondamentale che istituiva la facolt� delle commissioni 
tributarie in tema di accertamento. Infatti il comma 3 dell'art. 48 
richiama l'art. 15 del r. d. 1. 27 maggio 1946, n. 436, sull'avocazione 
dei profitti di guerra e di contingenza, che a sua volta faceva espresso 
riferimento, in tema di accertamento dei redditi, all'art. 98 del r. d. 
11 luglio 1907, n. 560, che disciplina la predetta facolt� delle commissioni 
in materia di imposta sui redditi di ricchezza mobile in applicazione 
dell'art. 43 del t. u. del 1877, n. 4021. 

Il collegamento, diretto o indiretto, delle varie disposizioni delle 
leggi tributarie in tema di accertamento e di aumento dei redditi da 
parte delle commissioni, alla norma dell'art. 43 del r. d. 24 agosto 1877, 

n. 4021 sull'imposta di R. M., che per la prima volta disciplin� la 
predetta facolt� delle commissioni, dimostra appunto che quest'ultima 
norma era espressione di un principio fondamentale del sistema tributario 
allora vigente che trov�, poi, applicazione relativamente alle 
imposte che vennero istituite. Consegue che la soppressione della facolt� 
prevista dalla legge originaria dev'essere intesa come abbandono del 
principio che l'aveva ispirata e che aveva trovato applicazione nelle 
leggi successive; ci� comporta la abrogazione implicita, per incompatibilit� 
con la nuova disciplina legislativa, delle varie disposizioni che 
prevedevano la stessa facolt� di accertamento nelle singole leggi 
tributarie. 
Invero, il principio, di diritto, che giustifica la disposizione dell'art. 
5 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 abrogatrice della facolt� di 
accertamento consentita alle commissioni tributarie, sta nell'impossibilit� 
di attribuire ad organi della giurisdizione speciale, quali sono le 
commissioni tri:l:;mtarie, una facolt� che istituzionalmente appartiene 
all'amministrazione attiva. Ora tale impossibilit� sussiste relativamente 
all'accertamento dei redditi di tutte le imposte dirette ordinarie e 
straordinarie, senza distinzione e, quindi, anche per l'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio. 

Per la stessa ragione non ha valore l'argomento che s'intende 
desumere dal t. u. 29 gennaio 1958 n. 645 in relazione alla llegge 5 
gennaio 1956, n. 1. Peraltro questa Corte ha gi� osservato, con la citata 
sentenza, che l'art. 1 del t. u. 1958 non costituisce interpretazione 
autentica dell'art. 5 della legge n. 1 del 1956 e che le norme di un 
testo unico non possono avere efficacia limitativa delle disposizioni di 
legge in virt� delle quali il t. u. � emanato. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 novembre 1968, n. 3731 -Pres. 
Favara -Est. Della Valle -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Compagnia Armatoria 
Panarea (avv. Uckmar). 

Lposte doganali -Imposta generale sull'entrata e Ige sull'importazione 
-Nozione e differenze. 

(l. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 1, 17). 
Lposte doganali -Ige sull'importazione -Importazione di nave Applicabilit�. 


(1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 17). 
Le norme degli artt. 1 e 17 della l. 19 giugno 1940, n. 762 istituino 
due distinti tributi, con presupposti, caratteristiche e disciplina 
>Prie, ove si consideri che sono diversi gLi oggetti (nel tributo del
�t. 1 l'oggetto � � l'entrata in danaro � e fatto generatore la � cesrie 
dei beni � o � la prestazione dei servizi �; nel tributo dell'art. 17 
1getto � la merce e fatto generatore l'importazione dall'estero mto, 
di per s�, sufficiente a rendere applicabile, .in modo obiettivo, 
;ributo che ha natura doganale); sono diversi i soggetti di imposta, 
~ nel primo tributo � colui che consegue l'entrata, nel secondo � 
iportatore; � diverso il sistema di riscossione e Liquidazione, essendo 
rato il secondo, a differenza del primo, aH'atto dello sdoganamento 
n base al valore attribuito nella dichiarazione per l'importazione, 
~ pari di qualsiasi imposta doganale; e diverse sono le esenzioni, che, 
viste per un tributo, non possono applicarsi. ad altri, anche se tra 
tie tributi, essendo stata l'ige all'importazione istituita in corrispon,
za dell'altra imposta, esiste un parallelismo che implica, per ennbe, 
una aliquota uguale. Pertanto, la disposizione de.zl'art. 1, terzo 
ima, che esclude daH'entrata imponibi.le � le somme introitate a 

lo di capitale; comprese quelle costitu�nti corrispettivo di alienate 
di immobili, aziende � non � applicabile al tributo dell'art. 17 (1). 
Le navi mercantili importate dall'esterro sono sottoposte, per il solo 
o obiettivo dell'importazione, al tributo dell'art. 17 cit., anche perla 
nave deve ritenersi compresa nel concetto di merce, indicato 

(1-4) La importante questione relativa alla applicabilit� dell'imposta di 
all'art. 17 della I. 19 giugno 1940, n. 762, agli acquisti di navi straniere 
ttuati all'estero ed a cui abbia fatto seguito la importazione in Italia, 
liviso la prima sezione della Corte di Cassazione la quale, con la prima 


1064 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nell'articolo stesso, da intendersi non nel senso strettamente etimologico, 
ma nel senso ampio attribuito in campo doganale, senza che sia utile, 

I

ai predetti fini, distinguere tra nave destinata all'esercizio deLla navi


I
I
~ 

gazione (azienda) e nave destinata ad uso diverso, e tra nave armata . 

I . 
e nave in disarmo (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 novembre 1968, n. 3732 -Pres. 
Pece -Est. Geri -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Soc. Armatrice 
italiana Barbagelata (avv.ti .Signorino e Barbera) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Coronas). 

Imposte do~anali -Imposta generale sull'entrata -Ige sull'importazione 
-Nozione -Correlazione tra l'una e l'altra nella misura del 
tributo, nella sfera di applicabilit� sulle cessioni di merci, nelle 

esenzioni -Alienazione di capitali -Tassabilit� -Esclusione. 

I

(1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 1, 17). 
Imposte doganali -Ige all'importazione -Importazione di nave 


I

Applicabilit� -Limiti -Nave armata in funzione di w1'impresa $.~ 
commerciale marittima -Non tassabilit� -Nave disarmata 


i0

Tassabilit�. 

(1. 19 giugno 1940, n. 762, art. 17). f~ 
II 
>:= 

Le norme degli artt. 1 e 17 della legge 19 giugno 1940, n. 762 

..

istituiscono due tributi, tra i quali, malgrado la loro differente strut


. 

tura resa necessaria dalla impossibilit� di colpire direttamente gli atti 
relativi a merce negoziata alL'estero (l'ige � dovuta dal soggetto a cui 
favore si verifica l'entrata, mentre l.'ige all'importazione � dovuta dall'importatore), 
esiste una correlazione, che si giustifica, come il citato 

I 

art. 17 precisa, nel senso che netl'ige all'importazione � dovuta � in 
corrispondenza dell'imposta stabilita daU'art. 1 ., realizzan_4osi in tal 
modo lo scopo di gravare le mere.i estere di un onere fiscale totale pari 
a quello che grava le similari merci nazionali, e di applicare alle prime 
le stesse esenzioni previste per le altre, e dovendosi per � merci� intendere, 
nell'uno come nell'altro tributo, le cose destinate allo scambio 

ili 

fil 

delle sentenze massimate (p�residente Favara) ed altre dello stesso periodo li 
nn. 3642, 3643, 3644, 3645, 3646 e sucessive, ha accolto pienamente le tesi <: 
prospettate dalla Avvocatura, mentre con la seconda sentenza massimata 1~ 
(presidente Pece) ha rigettato tali tesi. I:: 

I

f< 

,. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1065 

l consumo, le cui cessioni sono tassabili, mentre non lo sono, ai fini 
~l'art. 17, gli atti economici che hanno per oggetto l'alienazione di ! 
mobili, aziende e comunque movimento di capitale, cos� come, se ! 


I ~

iti in essere nel territorio nazionale, non costituiscono� entrate ai fini 
.l'ige (3). 

! 

La nave armata in funzione di una impresa commerciaie marit


! 

~a -diversamente da quella disarmata costituente merce quale sem~
e agglomerato di materiale -forma un'azienda, e, quindi, il suo 
sferimento tra ditte commerciali, che possono definirsi secondo il 1 
~ice della navigazione imprese marittime, importa un movimento di 
li.tale non soggetto all'ige se realizzato nel territorio dello Stato, 

I 

all'ige all'importazione se realizzato aU'estero, sia perch� la nave si 
ersifica dal concetto di �merce�, e, a causa della sua particolare 
ura, � so-ttoposta rispetto alle merci in genere, ai fini fiscali, ad una 
olamentazione propria ed autonoma, sia perch� la nave, diversa


' 

rite dalle altre merci, non � sottoposta -all'ige all'importazione per il 
> fatto obiettivo del passaggio della linea doganale, ma oecorre il 

' 

passo della bandiera estera a quella italiana mediante il rilascio 
~�atto di nazionalit�, il quale determina nel territorio nazionale lo 
stamento di ricchezza, come tale, rilevante ai fini del tributo preto 
(4). 

III 

RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 31 ottobre 1968, n. 3641 -Pres. Favara 
-Est. Della Valle -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Tornei (avv. 
Luporini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). 


>oste doganali -Ige all'importazione -Aliquota dell'l% prevista 
dalla I. 15 luglio 1957, n. 587 -Retroattivit� per i rapporti doganali 
non ancora definiti -Ammissibilit�. 


(I. 15 luglio 1957, n. 587; I. 19 giugno 1940, n. 767, art. 17). 
La agevolazione tributaria, prevista dall'articolo unico della l. 15 
io 1957, n. 587, con la quale fu disposto che per le navi mercantili, 
ortate fino al 31 dicembre 1957 da parte di chi ne aveva effettuato 
ttamente l'acquisto dalla ditta estera venditrice, l'imposta del:. 
17 l. 19 giugno 1940, n. 762 era dovutJa nella misura dell'l % , si 
~ica anche alle importazioni di navi effettuate in precedenza, per le 


La questione � stata quindi rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione, 
nzi alle quali la vertenza � stata discussa recentemente con avverse 
lusioni del P. M. 



1066 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quali il rapporto doganale, aWentrata in vigore deita legge, non sia 
stato ancora definito amministrativamente (5). 

I 

(Omissis). -Con l'unico complesso motivo dedotto l'Amministrazione 
dello Stato, denunciando la violazione e la falsa applicazione 
dell'art. 17 della 1. 19 .giugno 1940, n. 762, in relazione all'art.� 1 della 
stessa legge ed agli articoli 7 e 4 della legge doganale 25 settembre 1940, 

n. 1424, ed in relazione altresl. all'art. 9 d. I. 29 giugno 1947, n. 779, 
all'art. 1 della 1. 17 luglio 1954, n. 552, alla 1. 15 luglio 1957, n. 587 
ed all'art. 360 n. 3 e 5 c. p. c., si duole che la sentenza impugnata abbia 
ritenuto applicabile anche rispetto all'imposta di cui all'art. 17 della 
1. n. 762 del 1940, � dovuta per il solo fatto obiettivo dell'importazione 
sulle merci importate dall'estero�, la disposizione contenuta nel terzo 
comma lett. a) dell'art. 1 della stessa legge, secondo la quale non 
costituiscono � entrate imponibili�, tra le altre, �le somme introitate 
a titolo di capitale, comprese quelle costituenti corrispettivo di alienazioni 
di immobili, aziende... �. 
In particolare si duole che la Corte di Palermo non abbia avvertito 
che il tributo di cui al summenzionato art. 17 -(solitamente chiamato 
con espressione impropria � IGE all'importazione �) -� un tributo 
di carattere doganale, nettamente diverso per natura e per struttura 
da q�ello di cui all'art. 1, al quale � collegato unicamente per 
quanto attiene all'aliquota dell'imposta, fissata, per una ragione di 
carattere perequativo, e in misura eguale � a quella stabilita e per le 
entrate derivanti da trasferimenti di merci � nell'interno dello Stato. 

E pertanto, sul rilievo che diverso � il presupposto materiale dei 
due tributi -(che, nel caso dell'art. 1, � �l'entrata in danaro� verificatasi 
in conseguenza della cessione di beni o della prestazione di 
servizi effettuate nello Stato, mentre nel caso dell'art. 17 � il � fatto 
obiettivo dell'importazione di merci dall'estero., indipendentemente 
dalla natura e dai motivi dell'atto negoziale di trasferimento che si 
presume essere stato posto in essere prima che l'importazione avesse 
luo.go, nonch� dalla posizione soggettiva delle parti contraenti) -, si 
duole che la Corte abbia considerato la nave armata, invece che una 

(5) La quinta massima riguarda la ritenuta efficacia retroattiva della 
legge 15 luglio 1957, n. 587, in ordine alla quale, per quanto la Cassazione 
abbia voluto fornire al suo convincimento la pi� ampia motivazione, restano 
sempre le perplessit� dipendenti dal fatto che la: efficacia retroattiva di 
una disposizione innovativa del preesistente ordinamento, in quanto disposta 
in deroga al principio generale di cui all'art. 11 delle preleggi, deve 
esseTe stabilita espressamente. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

merce � -soggetta come tale all'imposta di cui all'art. 17 -, un 
~mplice � cespite aziendale � usato dall'imprenditore per lo svolgiento 
della propria attivit� produttiva, e quindi � un capitale � libe1mente 
importabile nello Stato in esenzione dalla speciale imposta. 

Il problema -che si presenta per la prima volta all'esame di 
iesta Suprema Corte -� stato finora variamente risolto dalle magirature 
di merito, talvolta cio� nel senso dell'assoggettabilit� della 
lportazione di navi armate allo speciale tributo previsto dall'art. 17, 
l'altra invece, e con maggior frequenza, in senso opposto. 

E non � mancato poi chi ha suggerito -come soluzione interedia 
-di distinguere caso -da caso, e di ritenere applicabile il tributo 
lo quando la nave sia stata importata non per essere destinata 
l'esercizio dell'impresa di navigazione, e quindi per fungere da 
tzienda ., ma per essere usata ad altro scopo, come ad esempio a scopo 

diporto o di svago. 

Delle soluzioni proposte soltanto la prima � conforme al diritto, cio� 
quella che ritiene assoggettabili all'imposta di cui trattasi tutte 
navi importate dall'estero, indipendentemente dalla destinazione che 

esse intende dare l'importatore una volta che ne abbia effettuato 
ltroduzione nello Stato) -, essendo essa l'unica che corrisponde alla 
tera ed allo spirito della legge istitutiva e che riesce a dare un 
lso concreto a talune altre disposizioni legislative che apparirebbero 
rimenti, come si dir�, prive di una qualsiasi comprensibile ragion 
ssere. 

Che con gli articoli 1 e 17 della legge 19 giugno 1940, n. 762, si 
no voluti istituire due distinti ed autonomi tributi, aventi presupposti 
aratteristiche proprie, non pu� essere invero messo in dubbio ove si 
ga presente, anzitutto, che il tributo di cui all'art. 1 ha per oggetto 
entrata in danaro � e come fatto generatore la � cessione dei beni ,. 
a �prestazione dei servizi � di cui l'entrata rappresenta il corrittivo, 
laddove in quello previsto dall'art. 17 oggetto dell'imposizione 
a � merce � e fatto generatore � la semplice � importazione � di 
~sta dall'estero: il che vuol dire -(ed � sufficiente questo solo 
evo a porre in risalto la inac:cettabilit� dell'affermazione contenuta 
la sentenza impugnata, secondo cui, in vista di un preteso � paralle10 
di effetti � che si assume esistente tra i due tributi, l'imposta di 
all'art. 17 non potrebbe colpire l'importazione di una merce il cui 
;ferimento, per le circostanze in cui viene attuato o per i soggetti 
lo operano, se fosse avvenuto in Italia, non avrebbe potuto essere 
>ggettato all'ige ai sensi dell'art. 1) -che nella previsione della 
~e il fatto che la merce proveniente dall'estero abbia varcato la linea 
anale dello Stato � considerato evento giuridicamente rilevante, di 
s� sufficiente, in modo obiettivo, a rendere applicabile l'art. 17, 
nd'anche non implicante in effetti un trasferimento suscettibile di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dar luogo, se eseguito in Italia, ad un'� entrata imponibile � soggetta alla 
normale ige: come, ad esempio, nel caso che vengano imp�rtate apparecchiature 
elettroniche avute in locazione da una ditta estera, e che 
s'importino merci acquistate all'estero da un italiano non commerciante 
presso un privato, ovvero infine che oggetto d'importazione siano cose 
prodotte all'estero dallo stesso soggetto che le introduce in Italia o che 
siano a costui pervenute per successione mortis causa o per donazione. 

A questo primo fondamentale elemento di differenziazione chiaramente 
desumibile dalla lettera della legge altri ancora se ne aggiungono, 
tratti dalla stessa struttura dei due tributi e dal loro meccanismo 
di applicazione. 

Diversi sono infatti i soggetti obbligati, ch� mentre l'ige � dovuta 
da colui che consegue l'entrata -(e quindi, in caso di compravendita, 
dal venditore) -, sia pure con diritto a rivalsa (art. 6), il tributo di� 
cui all'art. 17 deve essere invece corrisposto direttamente dall'importatore 
che ha, quanto. meno presumibilmente, versato il prezzo del bene 
acquistato all'estero, esclusa qualsiasi possibilit� di rivalsa. 

Diversa � la situazione contemplata ai fini dell'imposizione, ch�, 
mentre nella ige ha rilevanza giuridica l'atto negoziale da cui deriva 
l'entrata, ai fini dell'applicazione del tributo previsto dall'art. 17 si d� 
v.iceversa rilievo ad un evento del tutto obiettivo -il fatto dell' � importazione 
� -, non essendo possibile, per il principio della territorialit� 
dell'imposta, colpire il negozio posto in essere all'estero -e 
quindi lo straniero che ha cedutq il bene e che � il percettore dell'entrata 
-e non essendo consentito neppure indagare in ordine alla derivazione 
della merce �che forma oggetto dell'importazione, e cio� cercare 
di stabilire se questa abbia formato realmente og.getto di una cessione 
verso corrispettivo in danaro. 

Diverso � il sistema di riscossione e di liquidazione, dovendosi il 
tributo di cui all'art. 17 -a differenza dell'ige -pagare all'atto dello 
sdogamento ed in base al valore attribuito alla merce nella prescritta 
dichiarazione per l'importazione; e diversa � infine anche la piattaforma 
impositiva, se. � vero che per l'imposta sull'importazione sono previste 
speciali esenzioni del tutto ignote all'ige riscossa all'interno dello Stato 
-(o perch� escluse, rispetto a questa, da specifiche disposizioni, 
come nel caso dell'art. 6 terzo comma e dell'art. 14; o perch� caratteristiche 
della disdplina dei tributi doganali, come sono quelle relative 
alle merci ammesse in franchigia dai diritti di confine, o importate direttamente 
dalle Amministrazioni dello Stato o ammesse alla reimportazione 
in franchigia) -, e che le esenzioni stabilite da talune leggi con 
riferimento all'imposta di cui all'art. 17 non si comunicano automaticamente 
all'ige ma debbono essere rese a questa applicabili con una 
espressa disposizione legislativa (1. 12 giugno 1955, n. 481 per l'oro; 

1. 24 dicembre 1949, n. 941, per il frumento, ecc.) cos� come le esenzioni 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1069 

.all'ige non si comunicano automaticamente all'imposta sull'imporazione. 


Stanti le rilevate diversit� sostanziali e formali degli elementi che 
~ caratterizzano, l'imposta sull'entrata e quella sull'importazione, pure 
ssendo comprese entrambe in un'unica legge, costituiscono pertanto 
ue fattispecie impositive autonome e distinte, per ciascuna delle quali 
anno applicate le norme ad essa specificamente riferibili. 

E non vale opporre -per dedurne quel preteso parallelismo di 
ffetti di cui troppo si parla -che la seconda � stata istituita � in 
orrispondenza � della prima imposta, giacch�, al di l� delle tante 
iscettazioni interpretative cui ha dato origine la non felice espressione 
sata dal legislatore per dare alla nuova imposta una giustificazione sul 
iano politico-fiscale, -e cio� per dire, come risulta dalla Relazione 
iinisteriale, che detta imposta aveva un fine perequativo in quanto, 
ol colpire � per il solo fatto obiettivo dell'importazione � le merci 
rovenienti dall'estero, mirava ad evitare che dalla istituzione dell'ige 
otesse derivare un danno al commercio dei beni di produzione nazioale, 
e quindi alla produzione stessa -, quello che � certo � che le due 
nposte, per la diver.sa delimitazione legislativa dell'oggetto e del preipposto 
materia.le (f'� entrata in danaro... conseguita ... in corrisponenza 
di cessione di beni o di prestazione di servizi effettuate nello 
tato � nell'Ige, l'�importazione di merci provenienti dall'estero � nel 
~ibuto di cui all'art. 17), per la differente individuazione dei soggetti 
assivi (il .pe�rcettore dell'entrata nell'Ige, l'mportatore nell'imposta 
ic art. 17) e per l'autonoma disciplina del .sistema di accertamento e 
i liquidazione, non sono tra loro assimilabili e quindi non sono riconucibili 
ad un unico regime normativo. 

Esse -come si evince dallo stesso art. 17, in cui la contl'.apposi:
one tra le due diverse e distinte imposte � sufficientemente puntuazzata 
dalla formula �in corrispondenza dell'imposta stabilita dall'areola 
1 ... sulle merci importate � dovuta un'imposta nella misura del 
�e per cento... � -non hanno in comune che l'aliquota dovuta, fissata 
er entrambe, per la ragione perequativa di cui si � detto, in misura 
guale. Ma ci� non vale a farle ritenere come due aspetti di un'unica 
1ttispecie tributaria, e soprattutto non vale a far negare alla seconda 
i esse quel carattere di � imposta o provento doganale � che le deriva 
alla sua particolare strutturazione e che -come gi� altre volte questa 
uprema Corte con sentenze 18 ottobre 1958, n. 2334, 19 maggio 1962, 
. 1159, 23 settembre 1964, n. 2406 e, a Sezioni Unite, 25 marzo 1961, 
, 687) -la Corte Costituzionale le ha espressamente riconosciuto con 
mtenza n. 146 del 12 dicembre 1967. 

Stabilito pertanto che le due imposte, essendo tra loro diverse, 
o~ sono soggette alla medesima disciplina e che la disposizione con 
ii, nel terzo comma dell'art. 1, vengono escluse dal novero delle 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

entrate imponibili � le somme introitate a titolo di capitale, comprese 
quelle costituenti corrispettivo di alienazione di immobili, aziende... � 
non �, di conseguenza, applicabile al tributo previsto dall'art. 17 -(e 
non � superfluo rilevare a questo punto che l'applicabilit� di detta 
norma devesi ritenere esclusa anche e soprattutto per il decisivo rilievo 
che l'esenzione si riferisce a �somme incassate a titolo di capitale, ecc. � 
laddove nel caso dell'art. 17 oggetto dell'imposizione � il valore della 
merce importata in relazione ad una somma pagata e non introitata 
dall'importatore) -, ne deriva che la sola indagine da compiere ai fini 
della soluzione del problema � quella intesa ad accertare se nell'importazione 
di una nave armata dall'estero concorrono o no gli elementi 
richiesti per l'imponibilit� dello speciale tributo istituito con l'art. 17 
pi� volte menzionato, e pi� specificamente -posto che sul fatto obiettivo 
dell'avvenuta importazione non vi �, nella specie, contestazione 
alcuna -a stabilire se la nave armata debba ritenersi compresa nell'ampia 
espressione � merci � in detto articolo adoperata. 

La Corte di merito ha ritenuto di doverlo escludere, osservando 
ch� la parola � merce � deve esse11e intesa, secondo il linguaggio comune, 
nel senso di �bene destinato allo scambio., e che l'esplicito 
riferimento fatto dalla legge alle � entrate derivanti da trasferimenti 
di merci nell'interno dello Stato � vieta, d'altra parte, qualsiasi richiamo 
alla legge doganale per l'interpretazione di tale parola, ma siffatto 
rilievo non � da condividere. 

Ed invero, a parte che nell'art. 17 la proposizione � ... stabilita per 
le entrate derivanti da trasferimenti di merci nello Stato... ., in quanto 
riferita non alla parola �imposta � ma all'espressione �misura del tre 
per cento � immediatamente precedente, non sta a significare affatto 
che, pur prescindendosi dall'esistenza di un'entrata in danaro e pur 
ponendosi come fatto generatore l'importazione in s� considerata, l'imposta 
ivi prevista deve essere applicata a � quella medesima categoria 
di beni il cui trasferimento all'interno dello Stato darebbe luogo all'applicazione 
dell'ige -e quindi senza alcun riferimento alle leggi doganali 
-ma vuol dire soltanto che la misura dell'imposta � quella stabilita, 
ai fini dell'ige, per i � trasferimenti di merci � (e non. per le locazioni 
o per gli altri atti negoziali traslativi), non vi � infatti alcun 
ragionevole motivo perch� nell'interpretare una norma relativa ad ,una 
imposta doganale -(qual'�, come si � detto dianzi, quella istituita 
dall'art. 17) -non si possa e non si debba far capo -onde determinare 
l'esatto significato del termine �merci � usato per delimitare 
l'oggetto dell'imposizione tributaria -, oltre che al criterio generale 
secondo il quale, ai fini del commercio internazionale e quindi dell'importazione, 
tutti i beni economici costituiscono � merci � in quanto 
vengono presi in considerazione solo come oggetto di scambio tra le 
Nazioni, a quell'art. 4 della legge doganale del 25 settembre 1940, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISP.RUDENZA TRIBUTARIA 1071 

1424 in cui le navi, senza distinzione alcuna, sono testualmente comese 
nell'ampia categoria delle �merci �. 

Il termine � merci � deve essere quindi inteso non nel senso stretrnente 
etimologico di � cose prodotte per essere vendute al mercato � 
l nel significato ben pi� largo che ad esso viene di solito attribuito 

campo doganale, nel quadro delle importazioni, e che -come questa 
1prema Corte ha gi� altre volte riconosciuto in pas�ato (Cass. 13 
:iggio 1950, n. 1238; nonch�, in tema di applicabilit� alle navi del 
liritto di licenza � sulle importazioni di merci stabilito dall'art. 1 del 

1. 13 maggio 1935, n. 894, Cass. 10 marzo 1943 e 28 agosto 1948) o.
sente di ritenere in esso compreso anche le navi. 
Vero � bensi che nella Tariffa All. A alla legge di Registro le navi 
urano in una categoria a parte (art. 3 parte I), distinta e separata 
quella costituita da �beni mobili e merci� (art. 2 lett. a). 
Ma -a parte che i principi informatori di detta legge sono diversi 
quelli che informano le leggi doganali, diverse essendo le finalit� 
e essa persegue -ci� non autorizza affatto a ritenere che si sia 
luto in tal modo disconoscere la possibilit� di parificare, a taluni 
etti, le �navi � alle �merci �, sembrando lecito pensare che il criterio 

classificazione adottato sia stato suggerito ed impostato, pi� che da 
isiderazioni di carattere strettamente merceologico, da esigenze tariffo, 
e cio� dalla necessit� di tener conto, nel fissare l'imposta dovuta 
~ gli atti di compravendita ad essa riferentesi, delle peculiari caratistiche 
che la nave presenta rispetto alle altre merci. 

Stabilito pertanto che agli effetti dell'ar. 17 summenzionato la nave, 
~ l'intriseca sua natura di bene atto ad essere alienato e pi� generinente 
a formare oggetto di scambio, � da considerare merce e che la 
L importazione dall'estero d� luogo, di conseguenza, all'applicazione 
lo speciale tributo di cui trattasi, va ancora detto, da una parte, che 
mmissibile ed inconferente � poi la distinzione che � stata, come 
� detto, da taluno suggerita tra nave destinata all'esercizio dell'im!
Sa di navigazione -(costituente, come tale, azienda) -e nave de1ata 
ad uso diverso onde ritenere assoggettabile all'imposta unicante 
quest'ultima, in quanto merce, e non anche la prima, e dall'altra 
! -sempre ai fini dell'applicazione dell'imposta in oggetto -priva 
rilevanza giuridica � altresl la distinzione tra � nave armata � e 

ave non armata �. 

Tali distinzioni, se sono rilevanti con riguardo ai trasferimenti 

rttuati all'interno del territorio dello Stato, non possono viceversa 

:!!gare invero alcuna influenza sul diritto, da parte dello Stato, all'im


izione tributaria che per le navi provenienti dall'estero sorge � per 

atto obiettivo dell'importazione �, e nel momento stesso in cui questa, 

passaggio della linea doganale, si considera verificata. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Rispetto ai trasferimenti interni � infatti interessante stabilire a 
qual titolo la nave sia stata � trasferita � e tra quali soggetti sia intervenuto 
il relativo atto, diverse essendo le conseguenze giuridiche derivanti, 
agli effetti dell'imposta. di cui all'art. 1, dall'essere il negozio 
stato stipulato tra armatori e dall'essere l'alienante un esercente un'attivit� 
imprenditoriale di costruzione o di commel'.cio di navi o l'acquirente 
un �non armatore�. 

Nel primo caso, infatti, -(che � quello contemplato dalle Risoluzioni 
ministeriali del 14 aprile 1962, n. 90352 -e del 17 agosto 1962, 

n. 90453, invocate a sostegno della tesi della non applicabilit� del 
tributo di cui all'art. 17 alla fattispecie in esame) -si ha un impiego di 
capitale da parte dell'acquirente ed uno smobilizzo da parte dell'alienante, 
e quindi in sostanza un movimento di capitale, con la conseguenza 
che l'entrata realizzata dall'alienante � dalla legge espressamente considerata, 
per il titolo che la caratterizza, come �non imponibile �, laddove 
nel secondo caso si ha una normale cessione di beni che d� luogo 
ad un'entrata soggetta all'imposta generale prevista dall'art. 1. 
Nel caso contemplato dall'art. 17 ci� che conta per realizzare la 
fattispecie impositiva � invece che la nave sia importata dall'estero, a 
nulla rilevando che essa sia stata acquistata da un armatore o che 
provenga direttamente dal cantiere e che, una volta introdotta nello 
Stato, venga destinata ad un uso piuttosto che ad un altro. 

L'icastica espressione della legge dimostra in modo non equivoco 
che, a differenza dell'ige, la delimitazione normativa della fattispecie 
non � fatta con riguardo all'atto economico e che qualsiasi indagine 
rivolta ad accertare quello che � avvenuto � prima � della importazione 
� da ritenersi preclusa in ossequio al principio della territorialit� dell'imposta: 
il che vuol dire che, quale che sia stata la destinazione avuta 
in precedenza dalla nave, e sia stata o non sia stata questa oggetto 
di una cessione verso corrispettivo in danaro, sufficiente a far sorgere 
l'obbligo tributario � il solo fatto che essa oltrepassi la linea doganale 
per essere introdotta in Italia, ed ivi immatricolata, tanto � che -(e 
ci� comprova ancora una: volta quanto infondata sia la pretesa di ricondurre 
i due tributi ad una nozione unitaria e di far coincidere la sfera 
d'imponibilit� dell'uno con quella dell'altro) ......:... l'imposta � dovuta persino 
nel caso che ad importare una nave sia colui che gi� in prece


'� 

denza, all'estero, ne era il proprietario. 

Quello che avviene ad importazione avvenuta riguarda soltanto il 

trattamento fiscale da usare agli ulteriori eventuali atti di scambio, 

essendo indubbio che l'applicazione dell'imposta di cui all'art. 17 non 

pregiudica in alcun modo la successiva applicazione dell'ige alle even


tuali cessioni, in territorio nazionale, delle merci importate ove tali 

cessioni diano luogo ad un'entrata imponibile ai sensi dell'art. 1 della 

legge istitutiva del 1940. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Col dare rilevanza alla destinazione che nel territorio dello Stato 
~rr� data alla nave importata, e con l'ammettere di conseguenza che 
:sa possa essere importata in franchigia se destinata all'esercizio del.
mpresa di navigazione, si viene pertanto a violare la lettera e lo 
iirito della legge in quanto si fa retroagire al momento dell'importaone 
-che �, ripetesi, quello in cui lo Stato acquista il diritto alla 
~rcezione del tributo, indipendentemente da quello che � accaduto 
�ima e da quello che potr� accadere dopo -un fatto posto in essere 
tll'importatore in un momento successivo e si pone, nel contempo, 
isigenza di un'indagine -quella relativa alla natura dell'atto di 
ambio -che, agli effetti dell'imposta di che trattasi, la legge consi~
ra preclusa e comunque non rilevante. 

Siffatta indagine, se � consentita quando l'atto di scambio � avve1to 
in Italia giacch� questo � in tal caso preso in considerazione dalla. 
~ge quale fonte di � entrata � sul cui valore nominale si applica l'imista, 
non � invece consentita con riguardo agli atti di scambio avvetti 
all'estero, giacch� in tal caso l'imposizione deve colpire non l'en1ta 
conseguita col precedente atto di scambio -che si presume 
lstente ma che non pu� essere colpito dallo Stato italiano, vietandolo 
surrichiamato principio della territorialit� -ma il valore della merce 
>er il fatto obiettivo dell'importazione �. 

Da ci� deriva che nessuna distinzione � a farsi tra � nave armata � 

�nave non armata �, dovendosi al riguardo considerare che l'arma~
nto --(comprensivo altres� dell'equipaggiamento: articoli 356 e 426 
l Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione, approvato 
n d. P. 15 febbraio 1952 n. 328) -non attiene alla struttura della 
ve, che rimane ontologicamente immutata, ma concerne la condizione 
Ila nave in quanto oggetto di esercizio da parte dell'armatore e non 
le a trasformare perci� di per s� la nave in � azienda � -(di cui 
� essere soltanto un elemento) -ed a farle perdere la sua intrinseca 
alit� di � res composita �, ovvero di � merce � in senso doganale. 
E che nessuna distinzione possa farsi � confermato, del resto, anche 
ci�, che nei provvedimenti legislativi (d. I. 22 giugno 1947, n. 779, 
9 giugno 1950, n. 325 e I. 15 luglio 1957, n. 587) con i quali, con 
11icito riferimento all'art. 17 suddetto, vennero stabilite esenzioni o 
g_uote di favore per l'acquisto di �navi mercantili � all'estero 1vvedimenti 
che confermano l'assoggettabilit� della nave, come merce, 
'imposta d'importazione e che acquistano, attraverso la interpretane 
dianzi data all'art. 17, quel significato concreto che, come si � in 
~cedenza osservato, mancherebbe loro del tutto se si dovesse accedere 
:i. tesi accolta dalla sentenza impugnata) -non solo non vi � alcun 
1no che possa far ritenere che -(come immotivatamente si pretende 

sostenitori della tesi dell'importazione in franchigia) -le agevolani 
riguardino solo le navi � appena costruite � e quelle � da demo



1074 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA l>ELLO STATO 

i 


lire� ma manca del tutto quella distinzione tra �navi armate � e �navi 

I


non armate � che, se una qualche rilevanza avesse avuto, non sarebbe 
stata di certo omessa dal legislatore. 

Devesi pertanto cassare la sentenza impugnata e vinviare la causa 
ad altra Corte� perch� proceda a nuovo esame attenendosi al seguente 
principio di diritto: � Quale che sia l'uso cui sono destinate una volta 
introdotte nel territorio dello Stato italiano, le navi mercantili importate 
dall'estero sono soggette, per il solo fatto obiettivo dell'importazione, 
senza distinzione alcuna tra "navi armate" e "navi non armate", 
all'imposta stabilita dall'art. 17 della legge 19 giugno 1940, n. 762 �. (
Omissis). 

II 

(Omissis). -Con unico mezzo l'Amministrazione finanziaria lamenta 
la violazione e falsa applicazione dell'art. 17 legge 19 giugno 

1940, n. 762 in relazione agli artt. 1 della stessa legge e 7 e 4 di quella 
doganale 25 settembre 1940, n. 1424, rtonch� dell'art. 9 d. 1. 29 giugno 
1947, n. 779; dell'art. 1 1. 17 luglio 1954, n. 522 e della 1. 15 
luglio 1957, n. 587, con contraddittoriet� ed insufficienza di motivazione 
ai sensi dell'art. 360, n. 3 e 5 c. p. c. 

II

Sostiene la Finanza, che, essendo diversi i presupposti, l'oggetto ed 
il carattere del tributo, quello previsto nell'art. 1 e di quello previsto 
nell'art. 17 della legge sull'i.g.e. (n. 762 del 1940), non sarebbe possibile ~ 
estendere al secondo una esenzione disposta per il primo, tenuto altresi f 
conto che mentre l'uno colpisce un'entrata in denaro, l'altro colpisce 
un atto di trasferimento di ricchezza in base al mero fatto obiettivo 
dell'importazione. 

i

Il parallelismo fra )e due imposte troverebbe la sua giustificazione 
soltanto nella comune � ratio � ispiratrice e nella misura del tributo, 

I

non gi� relativamente ad ogni altro loro diverso aspetto. 

Ci� anzi sarebbe confermato dalla considerazione che oggetto dell'imposta 
di cui all'art. 17 � anche il bene importato dal proprietario 
stesso. 

Peraltro, aggiunge l'Amministrazione, al momento dell'importazione 
delle merci colpite a norma dell'art. 17 non sarebbe possibile alcun 
accertamento ed alcuna discriminazione circa la natura dell'atto economico 
che costituisce il presupposto dell'importazione medesima. 

Inoltre l'art. 17 della legge sull'ige dovrebbe essere interpretato 
con riferimento all'art. 4 della legge doganale 25 settembre 1940 n. 1424, 
che assimila le navi alle merci, ai fini della imposta doganale. 

Sarebbe infine arbitraria, nella soggetta materia, la distinzione fra 
nave armata e nave in disarmo. 
Il ricorso, fondato solo in parte, deve essere accolto per quanto 
di ragione. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1075 

Se � vero, infatti, che questa Suprema Corte ha fatto proprie con 
ente sentenza del 15 gennaio 1968 le accennate tesi della Finanza, � 
, necessario precisare che un pi� approfondito ed ulteriore loro esame 
L consente di tenerle integralmente ferme nella loro assolutezza. 
Occorre anzitutto precisare che la cosiddetta ~ge all'importazione 

:ui all'art. 17 della legge � stata qualificata quale � diritto doganale � 
una giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte . (sentenze 
�87 del 1961 a Sezioni Unite e n. 2406 del 1964). 

Ma � appunto tale qualificazione che consente di individuare la 
:iplina ad essa relativa proprio nella legge sull'ige n. 762 del 1940. 
� pacifico infatti, come ha sottolineato in proposito la dottrina, che 
>ase al combinato disposto degli art. 4 e 8 della legge doganale una 
L � l'imposta doganale e altra cosa sono i cosiddetti diritti doganali. 
Ma ogni diritto che si rende esigibile col passaggio od in conse11za 
del passaggio della linea doganale costituisce imposta doganale, 
a restarne assorbito e perdere quindi ogni suo connotato distintivo 
:ente dalla legge speciale che lo prevede. � vero invece il contrario 
h� il valore della distinzione deriva testualmente dal secondo 
ma del predetto art. 8 il quale stabilisce che � gli altri diritti doga(
cio� quelli diversi dalla vera e propria imposta disciplinata dalla 
e n. 1424 del 1940) sono applicati secondo le leggi che li riguar>, 
salvo l'osservanza delle norme di questa legge per la loro riscos


e� 

Poich� l'ige all'importazione costituisce, come si � detto, un diritto 

~nale, essa va collocata nel quadro della legge che la prevede, quella 

mto n. 762 del 1940, la quale non a caso nel suo art. 17 volle isti


i un tributo espressamente definito come � corrispondente > all'im


:t generale sull'entrata contemplata nell'art. 1. 

Tanto premesso e puntualizzato sulla affermazione della Finanza 

1 la sussistenza di una assoluta frattura fra i due tributi di cui 

rt. 1 e all'art. 17 della legge, si profilano come decisivi tre fonda


;ali problemi ai fini della risoluzione di questa controversia: 

1) se le imposizioni di cui sopra, pur nella loro diversa struttura 

~guente al principio di territorialit� dell'imposta rispetto alle merci 

,rtate e quindi negoziate all'estero, siano o no collegate da una 

a finalit� di perequazione, che giustifichi la rilevanza, anche agli 

;i dell'art. 17, delle esenzioni di cui all'art. 1, pena la sostanziale 

azione del sistema; 

2) se le navi, in relazione all'ige prevista nello stesso art. 17, 

'.no e debbano essere considerate sempre ed in ogni caso alla 

ua di una merce; 

3) infine se le navi armate, inserite in una impresa commerciale 
.vigazione rientrino o meno nel concetto giuridico di azienda com



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

merciale e, conseguentemente, se la loro compravendita, quando sia 
intervenuta fra i due imprenditori commerciali marittimi, possa essere 
considerata, rispettivamente, come realizzo di capitale da parte del 
venditore e come investimento di capitale da parte dell'acquirente. 

sui primo quesito. 

L'applicabilit� dell'art. 17 in base al fatto obiettivo dell'importazione 
mentre l'ige, di cui all'art. 1, � applicabile sull'entrata in denaro 

o con mezzi sostitutivi del denaro -non giusti:fica una cosi esasperata 
frattura fra i due tributi da alterare la sostanziale unitariet� del 
sistema e snaturare il concetto di � merci � secondo l'art. 17, al fine di 
giustificare un onere fiscale, che non trova alcuna rispondenza negli 
atti economici relativi alle similari merci nazionali. 
Peraltro questa stessa Sezione della Suprema Corte non ha potuto 
negare il parallelismo fra i due tributi, quando -nella sentenza n. 1159 
del 1962, sia pure in via incidentale per una diversa questione decisa 
in base al d. 1. 29 giuguno 1947, n. 779, afferm� come apparisse � esatto, 
specie in relazione alla comune finalit� economica della legge che le 
prevede entrambe, far rientrare l'imposta sui prodotti esteri importati 
nell'ampia categoria dell'imposta generale sull'entrata �. 

Questa correlazione fra i due tributi, malgrado la loro differente 
struttura, resa necessaria dall'impossibilit� di colpire direttamente gli 
atti relativi a merci negoziate all'estero, trova una sua non dubbia e 
significativa espressione nella stessa lettera della legge, laddove all'articolo 
17 si precisa che l'impo~izione avviene � in corrispondenza dell'imposta 
stabilita dall'art. 1 della presente legge �. 

La dottrina non ha mancato di rilevare che l'ige all'importazione 
ha lo scopo � di gravare le merci estere di un onere fiscale totale pari 
a quello che grava le similari merci nazionali �. 

Il legislatore medesimo si � collocato nello stesso solco quando, al 
fine di assicurare la perequazione impositiva, ha istituito con legge 31 
luglio 1954 n. 570, di fronte alla sopravvenuta variet� di aliquote per 
l'ige all'interno ___.: una imposta di conguaglio la quale colpisce l'importazione 
dei prodotti esteri in aggiunta alla normale aliquota dell'ige di 
cui all'art. 17. 

Si � rilevato altresi che sono esenti dall'ige all'importazione quei 
beni, il cui commercio interno non � soggetto all'imposta di cui all'art. 1 
e che le esenzioni contemplate nell'art. 20 della legge, con riferimento 
all'art. 17, non hanno carattere esclusivo ma finalit� integrativa al fine 
di rendere completa la sottolineata perequazione fra i due tributi. 

Inoltre le esenzioni dell'art. 20 confermano, in base alla natura dei 
beni che ne formano oggetto, che i predetti colpiti dall'art. 17 sono le 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

~rei vere e proprie cio� i beni destinati allo scambio commerciale ed 
consumo. 

Ci� discende non soltanto dall'illustrata � corrispondenza � ma 
che dal fatto che l'ige all'importazione � dovuta ~ nella stessa misura 
bilita per le entrate derivanti da trasferimenti di merci nello stato �. 

Questa identit� della misura non � senza significato sia in ordine 
a � corrispondenza � di cui_ sopra, sia in ordine all'esigenza che le 
~nzioni proprie dell'art. 1 possano trovare applicazione anche per il 
buto di cui all'art. 17, onde assicurare quei fini perequativi ai quali 
tta misur_a appare manifestamente ispirata. 

Ma vi � di pi�: infatti il terzo comma dell'art. 1 stabilisce che le 
omme introitate a titolo di capitale, comprese le somme costituenti 
~rispettivo di alienazioni di immobili, di aziende, di titoli pubblici e 
.vati, ecc. � non costituiscono � entrata ai sensi della presente Zegg.e � 
1on gi� ai sensi dell'art. 2, come sarebbe stato logico e coerente col 
tema, se davvero ci� avesse �ordsposto alla � mens legis �. 

Dette somme non costituiscono dunque entrata impunibile neppure 
.sensi dell'art. 17, che della legge sull'ige � parte integrante. Ci� 
raltro � tanto vero che l'art. 17 medesimo non si richiama all'art. 7 
ativo all'aliquota ige all'interno ma, nel ribadire esplicitamente detta 
quota, fa inoltre riferimento all'art. 1 come quello fondamentale, che 
mtifica gli atti economici ai quali � applicabile l'imposta all'interno. 

Il parallelismo fra le due imposizioni � stato riaffermato altra volta 
questa Corte (sentenza n. 3334 del 1958), la quale ha avuto occasione 
precisare che la vendita nell'ambito del territorio nazionale di merce 
origine estera in tanto pu� beneficiare -ai sensi del quinto comma 
ll'art. 17 -della esenzione dall'ige all'interno, in quanto a tale 
1dita segua l'importazione della merca ancora esistente doganalmente 
'estero -e venga pagata l'ige all'importazione. 

Si pu� dunque concludere -in conformit� del resto di una autorole 
dottrina -che l'ige di cui all'art. 17 colpisce, per il fatto obiet


o della loro importazione, i beni simili a quelli che, se fossero oggetto 
atti economici all'interno, darebbero luogo all'imposizione di cui 
'art. 1 della �legge. 
Pertanto l'atto economico giuridico concluso all'estero -ritenuto 
ilevante a causa della esigibilit� del tributo per il fatto obiettivo della 
portazione -ha invece una sua rilevanza, per lo meno riflessa, in 
anto concorre alla definizione e delimitazione del concetto giuridico 

� merce � intesa come cosa che si � merca � e cio� � destinata allo 
tmbio ed al consumo. 
N� la � corrispondenza � fra le due imposizioni pu� venir meno 
r il fatto che l'ige all'importazione � dovuta dall'importatore, mentre 
ella all'interno � dovuta dal soggetto a favore del quale si verifica 
ntrata. 


1078 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questa particolarit� che sul piano pratico � neutralizzata di solito 

I
dalle pattuizioni di rivalsa fra i contraenti -deriva dal principio di 
territorialit� dell'imposta, che impedisce allo Stato �di colpire l'atto 
economico concluso all'estero, ma non � di per s� sufficiente per alterare 
il carattere intrinseco qualitativamente e quantitativamente uguale delle 

' 


due forme di imposizione. 

Ferma dunque la nozione giuridica di � merce � intesa ai fini dell'ige 
all'importazione nel senso di cose destinate allo scambio ed al 
consumo, ne consegue che non sono soggetti a detta imposizione quegli 
atti economici che, avendo per oggetto l'alienazione di immobili, aziende 

o comunque un movimento di capitale, non possono ritenersi relativi a 
merci come sopra intese e, se posti in essere nel territorio nazionale, 
sarebbero esenti dal tributo ai sensi dell'art. 1 della 1. n. 762 del 1940 
(d. I. n. 2 dello stesso anno). 
Dal sistema di quest'ultima restano dunque esclusi come si suol 
ritenere quegli spostamenti di ricchezza, che sono soggetti, in quanto 
tali, ai tributi speciali propri appunto dei trasferimenti stessi. 

Sul se,condo e terzo quesito. 

Trattasi di due quesiti fra loro intimamente connessi, da esaminare 
quindi congiuntamente. Infatti, in ba�se all'accennato concetto di � merce 
�, il punto centrale ed essenziale di causa � quello di stabilire se le 
navi debbano sempre ed in ogni caso rientrarvi od, in certi casi, ne 
siano invece escluse �ed, in particolare, se 'le navi armate esorbitino 
dal concetto stesso di merce ed a quali condizioni. 

Questo collegio ritiene che la nave armata in funzione di una 
impresa commerciale marittima costituisca azienda, e quindi che il suo 
trasferimento tra imprese commerciali di navigazione importi un movimento 
di capitali non soggetto all'ig�e di cui all'art. 1 della 1. n. 2 
del 1940, se l'atto economico viene completamente realizzato nel territorio 
dello Stato, n� all'ige all'importazione di cui all'art. 17, se la nave 
� stata importata dall'estero. 

Questa conclusione, in ordine agli atti economici realizzati nel territorio 
nazionale, � accolta dalla stessa Amministrazione finanziaria in 
sue risoluzioni recenti e meno recenti (n. 93091 del 23 luglio 1940, 

n. 75165 del 13 febbraio 1960, n. 90453 del 14 marzo 1962 e n. 91820 
del 17 agosto 1962) nelle quali la vendita di singole navi armate � 
stata considerata quale cessione di azienda, nonch� nella memoria illustrativa 
al ricorso, presentata dalla stessa Amministrazione. 
In detta memoria infatti, l'Amministrazione ha. esplicitamente riconosciuto 
(a pag. 21-22) che il trasferimento, fra due armatori n�zionali, 
di una nave armata non � soggetto all'ige di cui all'art. 1 della legge, 
perch� � la vendita di una nave armata, da parte di un armatore, attua 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

definitiva una cessione di azienda e la relativa entrata pu� comunque 
�si conseguita, ai sensi dell'art. 1 lett. a) della legge, a titolo di 
Jitale �. 

Malgrado il carattere obiettivo delle esenzioni previste in legge e 
onosciute dall'Amministrazione ricorrente, sia pure ai sensi dell'art. 1 
asferimento di azienda, movimento di capitale) si nega tuttavia, 
parit� di trattamento contraria al fine perequativo posto a base delnposizione 
di cui all'art. 17, che tali esenzioni possano essere estese 
1uest'ultima, tenuto conto della pretesa irrilevanza giuridica e fiscale 
.l'atto traslativo concluso all'estero di fronte alla esclusiva rilevanza 
. fatto obiettivo del passaggio della linea doganale. 

Senonch� tale conclusione gi� resistita dalla motivazione che prete, 
non pu� essere condivisa per un triplice ordine di ragioni: 

A) anzitutto perch�, come gi� � stato accennato, l'atto economico, 
i si realizza con l'importazione, concorre, se non altro mediatamente, 
:t delimitazione della nozione di � merce ., intesa come cosa oggetto 
scambio commerciale e di consumo in un senso pi� ristretto rispetto 
tuello amplissimo di �beni � (art. 1), tra i quali ben possono essere 
nprese cose che non costituiscono � merce �. 

L'esigenza logica, non superabile, di stabilire se la cosa importata 

o meno una � merce �, secondo la lettera della legge (art. 17) e la 
data nozione, conferisce necessariamente rilevanza all'atto econo!
o della importazione, ogni qualvolta dallo stesso derivi o meno 


o.e appunto nel caso di cessione di una nave armata destinata all'e.serio 
di una impresa commerciale marittima -la qualificazione di 
terce � (e �non soltanto quella di � bene �) della cosa trasferita ed 
Jortata. � 
Peraltro le navi, a causa della loro particolare natura, sono sogte, 
rispetto alle merci in genere, ai fini fiscali, ad una regolamenta


o.e autonoma; propria di ogni singolo provvedimento legislativo, che 
contiene il trattamento tributario specifico. Ci� � confermato, del 
to, quale sintomatica ragione diversificatrice fra le navi e le � merci � 
~enere, anche dall'ali. A alla legge di registro, nel quale alla lett. a) 
n. 2 sono contemplati gli atti a titoli oneroso di � beni mobili e 
rei �, mentre nel n. 3 sono previsti, in modo autonomo, gli �atti di 
1pravendita di navi �. 
L'ordinamento tributario, essendo dunque orientato non gi� verso 
;>arificazione ma verso la differenziazione fra le � merci � in genere 
~ navi, ampiamente giustifica la rilevata esigenza volta a �stabilire, 
iiante l'esame dell'atto traslativo -se una nave possa essere conirata 
o meno quale una .semplice � merce �; 

B) perch�, in ogni ca.so, nei riguardi delle navi non pu� valere, 
te per altre merci, il semplice fatto obiettivo del � passaggio della 
~a doganale � per rendere esigibile il tributo, ma occorre il trapasso 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dalla bandiera estera a quella italiana, mediante il rilascio del relativo 
atto di nazionalit�, come espressamente prescrive, a proposito della 
imposta doganale vera e propria, l'art. 4 della leg.ge 25 settembre 1940 

n. 1424. 
Ci� non significa, giusta le osservazioni .gi� illustrate all'inizio della 
presente motivazione in diritto, che l'ige all'importazione debba necessariamente 
immedesimarsi nena imposta doganale vera e propria, che 
anzi si tratta di un diritto doganale con propria disciplina e propri 
connotati distintivi, ma importa soltanto una parificazione ai fini della 
esigibilit� del tributo. 

Infatti l'insorgenza di quest'ultimo, a favore della finanza, resta 
necessariamente spostata (come per la stessa imposta doganale) al momento 
della immatricolazione della nave estera nei registri italiani. 

In precedenza non � possibile ritenere -neppure ai fini doganali che 
la nave straniera (malgrado l'atto di trasferimento concluso all'estero) 
sia stata importata in Italia, anche se abbia attraversato la 
linea doganale. 

Infatti, una cosa � il semplice transito nei porti nazionali di navi 
estere, altra cosa il fatto giuridico ed economico (e non solo materiale) 
dell'importazione, che si realizza col pa�ssaggio della bandiera (art. 150 

c. nav., art. 303, 315, 324-325 regol. nav. mar.). 
Se dunque il diritto dell'Amministrazione al tributo sorge in seguito 
all'immatricolazione nei registri nazionali che si forma proprio 
nell'ambito del territorio dello Stato ben si pu�, nel momento in cui 
detta immatricolazione si verifica, accertare di quale tipo di nave si 
tratti e cio� se disarmata, costituente quindi merce quale semplice� 
agglomerato di materiali, oppure armata in funzione di una impresa 
marittima commerciale e quindi costituente azienda, come si dir� pi� 
oltre. 

Pertanto la diversit� del momento, nel quale sorge il tributo sulla 

nave importata, rispetto a quello proprio delle � merci in genere � (pas


saggio della linea doganale) non rompe il parallelismo fra le due impo


sizioni dell'art. 1 e dell'art. 17 della legge sull'ige, chiaramente rivolto 

alla protezione delle merci nazionali mediante la perequazione .fiscale 

con quelle estere, ma postula viceversa una interpretazione unitaria 

del testo legislativo, nei riguardi di ambedue le predette imposizioni, 

come gi� ritenuto da questa Suprema Corte a Sez. Unite penali nella 

sentenza del 10 luglio 1950 (imp. Delle Fave). 

Dalla relazione alla legge sull'ige, � detto nella ora menzionata sentenza, 
si ricava che � scopo dell'art. 17 � stato quello di imporre all'acquisto 
delle merci all'estero lo stesso trattamento tributario previsto 
per il trasferimento di merci all'interno dello Stato �. 

Ritenere il contrario, mediante l'affermazione di una frattura netta 
fra i due tributi, importerebbe un travisamento della � ratio legis � e 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1081 

risolverebbe nella istituzione di una imposta non assistita -per le 
vi armate d'importazione a fini produttivi commerciali -da quella 
;>licita previsione che � necessaria per la imposizione degli oneri fiscali 
ez. Un. civ. n. 3041 del 12 ottobre 1965). 

N� in contrario vale affermare che l'art. 17 avrebbe dovuto espresnente 
escludere dal proprio ambito di applicazione le navi armate 
r una impresa commerciale. 

Infatti, la determinazione del concetto positivo del genere impo>
ile (nella specie, merci), propria delle norme di generale portata aie 
� appm;i.to il predetto art. 17 -importa di per s�, automatica~
nte e necessariamente, l'esclusione di ogni altro genere che in tale 
icetto non rientri; 

C) perch� infine, secondo un non discusso principio generale, 
~vante, ai fini impositivi in materia d'ige, non � il negozio giuridico 
ito a <base del trasferimento, bensi l'atto economico, inteso come 
erimento della ricchezza, corrispondente al valore della cosa acquita, 
nel patrimonio dell'acquirente. 

Tale atto � successivo al primo, al quale necessariamente consegue. 

Quando l'uno e l'altro siano stati compiuti nel territorio nazionale 

atta successione cronologica non ha rilievo, ma quando il primo siasi 

ificato all'estero, sottraendosi cosi ad ogni accertamento e valuta


1e, ed il secondo si realizza in Italia mediante il passaggio della 

�e nelle matricole italiane, tale atto di importazione acquista indubbia 

vanza, appunto perch� realizzando uno spostamento di ricchezza nel 

~itorio nazionale, postula l'esigenza di accertare se sia o meno sog


to al tributo o se ne sia esente. 

A nulla rileva peraltro che il contribuente abbia gi� corrisposto il 

1uto stesso nel momento della immatricolazione (come avviene per 

nerci, al passaggio della linea doganale), perch�, in ogni caso, egli 

pu� -come si � verificato appunto nella fattispecie -richiedere 

limiti della prescrizione, la restituzione dell'imposta, che si accerti 

dovuta. 

Contro le esposte considerazioni non serve il rilievo che la parte 

,ressata potrebbe, al fine di evadere l'onere fiscale, astenersi dal 

1piere gli atti necessari per il passaggio della nave nei registri nazio


. Infatti questa possibilit� (contrastabile -occorrendo -dalla vigi


:a e dall'impulso d'ufficio degli organi finanziari) costituisce una 

esi di frode e quindi una ipotesi anomala, non valorizzabile ai fini 

a corretta interpretazione della legge. 

Si osserva infine che il richiamo alle varie leggi speciali in tema 

gevolazioni tributarie a favore dell'industria cantieristica e dell'ar


nento nazonale (art. 9 d.l.c.p.s. 29 giugno 1947, n. 779; 1. 9 giugno 

}, n. 325; 1. 15 luglio 1957, n. 587) non apport� alcun valido ele


1to in contrario, poich� tali leggi presuppongono gi� risolto il pro



1082 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

blema generale dello assoggettamento o meno all'ige oltre che delle 
navi disarmate da considerare alla stregua di merci, anche di quelle 
armate inserite nell'esercizio di una impresa commerciale marittima. 

Una volta riconosciuta, secondo la motivazione che precede, la 
rilevanza anche per le navi straniere importate, dell'atto economico 
dell'importazione -conseguente al loro trasferimento all'estero fra 
imprenditori marittimi -viene pressocch� per intero eliminata quella 
ragione di disparit� fra l'art. 1 e l'art. 17 della legge sull'ige, sulla cui 
base � imperniata la difesa della Finanza. 

In dette condizioni di quesito centrale della causa, se cio� la nave 
armata inserita nell'esercizio di una impresa commerciale di navigazione 
costituisca (o meno) azienda commerciale ed esorbiti quindi, in 
caso positivo, dalla illustrata nozione di merce, pu� considerarsi risolto 
dalla stessa difesa dell'Amministrazione ricorrente, la quale, come gi� 
si � avvertito, non ha esitato a considerare trasferimento di azienda o, 
comunque, movimento di capitale i trasferimenti all'interno di navi 
armate fra imprenditori commerciali marittimi. 

Non si consideri tuttavia superfla una pi� diffusa indagine sull'interessante 
problema, anche per stabilire (il che � stato omesso nella 
denunziata sentenza) quando la nave, pur essendo armata, deve essere 
considerata alla stregua di merce, se non venga)nserita in una impresa 
di navigazione priva di carattere commerciale. 

La nave, come mera entit� fisica, non va confusa con la nave dotata 
delle pertinenze, attrezzi, imbarcazioni, strumenti arredi e materiali 
vari, necessari alla sua specifica utilizzazione concreta. 

Tale nave, cosi dotata e considerata non gi� sotto il profilo statico 
della propriet� (libro secondo, II titolo cod. nav.) ma sotto quello 
dinamico dell'armamento (titolo III del medesimo libro), costituisce 
strumento dell'impresa di navigazione, che fa capo all'armatore quale 
titolare (che pu� essere anche soggetto diverso dal proprietario della 
nave) della predetta impresa, contraddistinta da una speciale pubblicit� 
ai sensi degli artt. 265-271 cod. nav. 

Non ogni impresa di navigazione per� ha finalit� commerciali e 
pu� quindi essere considerata come una impresa commerciale marittima. 
Infatti il carattere di impresa di navigazione resta fermo anche 
se le sue finalit� siano quelle di diporto personale, o di ricerca scientifica, 
o di pesca per svago o del trasporto di persone per diletto etc. 
In dottrina tuttavia non � mancato il tentativo di comprendere in un 
unico concetto, mediante l'interpretazione etensiva dell'art. 2195 n. 3 

c. c. tanto l'impresa semplice di navigazione quanto quella commerciale 
marittima. 
Si ritiene tuttavia in aderenza alla dottrina prevalente, che debba 
tenersi conto della autonomia della disciplina contemplata nel codice 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

~lla navigazione per l'impresa di navigazione, come tale, rispetto a 
tella diversa dettata nel codice civile per le imprese commerciali in 
nere. 

Ci� importa che non ogni impresa di navigazione deve essere conierata, 
in quanto � impresa �, di carattere commerciale, ben potendo 
nfigurarsi una impresa di navigazione che commerciale non �, come 

evince dall'irrilevanza per la prima dello scopo del suo esercizio 
:petto alla rilevanza, nella seconda, dell'esercizio professionale di 
a attivit� organizzata al fine della produzione o dello scambio dei 
:vizi. 

Tale orientamento � altres� confermato dal diverso sistema di pub.
cit� previsto nel codice della navigazione (art. 265-271 per le imese 
di navigazione e dal codice civile (art. 2195-2202) per quelle 
mnerciali. 

Tuttavia, considerato che le due distinte discipline non sono fra 
�o intrinsecam�nte incompatibili, ben pu� verificarsi che, nel concorso 
l requisiti di cui all'art. 2082 c. c. l'impresa di navigazione possa e 
:>ba essere considerata oltrech� tale, e quindi soggetta alle particolari 
rme del codice della navigazione, anche commerciale e quindi sog:
ta altres� alla disciplina dettata nel codice civile per le imprese 
nmerciali. 

Ove si accerti con indagine di fatto demandata al giudice di merito, 

~ fa nave armata � adibita �all'esercizio di una impresa commerciale 

rittima, la stessa acquista il carattere di azienda commerciale o 

mto meno quello di un fondamentale elemento della azienda com


rciale, qualora l'impresa sia articolata in pi� navi adibite ad una 

;sa attivit� imprenditoriale. Non � mancato chi ha sostenuto, anche 

questa seconda ipotesi che ogni nave costituisce una azienda a s�, 

tutto distinta dalle altre pure inserite nella medesima impresa, 

uto conto che ciascuna nave ha una vita ed una attivit� propria, 

>ligazioni attive e passive indipendenti da quelle delle altre navi, 

differenziato e distinto avviamento di particolare rilievo in quelle 

linea etc. Ad ogni singola nave inoltre possono far capo noli, inden


1 e sovvenzioni diverse e diversi rapporti in ordine all'arruolamento 

L'equipaggio e del personale di bordo in genere. In ambedue i casi 

ratta comunque di quell'insieme di elementi materiali e immateriali, 

ridicamente rilevanti, propri del comune concetto di azienda, sicch� 

1ave, come tale, non pu� essere isolata, anche per quanto riguarda 

:uo valore economico e quindi il trattamento ai fini dell'ige, dal 

vato complesso di rapporti sulla stessa gravitanti (se pur suscettibili 

ntualmente di una certa autonomia e di distinta tassazione) in rela


te alla sua speciale struttura ed al suo specifico impiego (petroliera. 

aniera, da trasporto e cos� via). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La circostanza che, di regola, l'impresa commerciale marittima richiede 
l'opera, a terra, di ausiliari e l'utilizzazione di magazzini, depositi, 
attrezzature portuali etc. non tocca la conclusione di cui sopra, 
perch� detti fattori hanno carattere ac.cessorio e complementare rispetto 
all'attivit� essenziale e fondamentale dell'impresa medesima, consistente 
nella utilizzazione della nave o del g.ruppo di navi, che ne fanno parte. 

Consegue, alle fatte osservazioni, che in ogni caso e cio� sia che 
si consideri la nave come azienda commerciale o come elemento-base 
insostituibile della predetta azienda, la compra-vendita �di un siffatto 
natante (e la sua successiva importazione se si tratta di una nave 
estera) non pu� essere considerata come semplice cessione di merce, 
ma come movimento di capitale. 

Tanto basta per togliere pregio al rilievo, secondo cui la diversit� 
dell'oggetto dell'esenzione, consistente nelle �somme introitate a titolo 
di capitale � (art. 1 lett. a) rispetto a quello dell'imposizione ai sensi 
dell'art. 17, consistente nel valore della merce importata in rapporto 
ad una somma pagata e non gi� introitata dall'importatore, giustificherebbe 
l'assoluta non estensibilit� dell'esenzione all'importazione di navi, 
anche se armate e destinate all'esercizio di una impresa commerciale 
marittima. 

Infatti il movimento di capitale consiste in un realizzo dello stesso 
da parte dell'imprenditore venditore e in un investimento di esso da 
parte dell'imprenditore acquirente, ma sotto l'uno e sotto l'altro profilo 
trattasi di un unico fatto economico, realizzatosi con l'importazione e 
commisurato, ai fini tributari, al valore della nave. Per l'ipotesi cui 
la nave non costituisce � merce � ma � azienda � bene se ne sottrae 
il suo trasferimento all'ige tanto dell'art. 1 della legge, quanto dell'art. 
17, se si tratta dell'importazione di una nave estera. 

Questa soluzione, sottoponendo ad uno stesso trattamento tributario 
ed alle stesse esenzioni le mel'ci nazionali e quelle estere importate, 
salvo il sistema po�sto a base della esigibilit� e della riscossione 
dell'imposta necessariamente diverso nell'uno e nell'altro caso, compiutamente 
risponde alla � mens legis �, ispirata nella sostanza e nella 
lettera alla � corrispondenza � perequativa delle due imposizioni. 

Devesi dunque concludere con l'affermazione del seguente principio 
di diritto: �Non � tassabile con l'ige all'importazione ai sensi 
dell'art. 17 del r. d. 1. 9 gennaio 1940 n. 2 convertito nella 1. 19 giugno 
1940, n. 762, la importazione in Italia di una nave straniera armata, 
destinata ad una impresa commerciale di navigazione, che sia stata 
oggetto di compravendita tra due imprenditori commerciali marittimi �. 

La denunziata sentenza, non avendo tenuto presente l'illustrata 

distinzione fra impresa di navigazione in genere ed impresa commer


ciale di navigazione, non ha svolto alcuna indagine sul concorso, in 

concreto e cio� sulla nave di che trattasi, dei requisiti necessari per 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1085 

:enerne l'importazione in Italia in esenzione dall'ige di cui all'art. 17 
Ha I. n. 762 del 1940, cos� come sostenuto dalla societ� resistente ed 
'ermato nella sentenza stessa. -(Omissis). 

III 

(Omissis). -Da a�ccogliere � viceversa il primo mezzo di ricorso 

quale il Tornei, denunziando la violazione dell'art. 1 della 1. 15 
~lio 1957, n. 587 e la falsa applicazione degli articoli 10, 11 e 12 
lle Preleg.gi, si duole che la Corte di Firenze abbia escluso che la 
ata I. n. 587 del 1957 -(a norma della quale � per le navi mercantili 
portate fino al 31 dicembre 1957 � da parte di chi ne aveva effettuato 
�ettamente l'acquisto dalla ditta estera venditrice l'imposta di cui 
'art. 17 della I. n. 76�2 del 1940 era stabilita � nella misura dell'uno 
7 cento �) -potesse avere effi.C>acia retroattiva ed abbia pertanto riteto 
assoggettabile alla normale maggiore aliquota del tre per cento, 
nportazione della nave � Peonia � da esso ricorrente effettuata il 

novembre 1956. 

La Corte fiorentina, respingendo l'interpretazione proposta dal 
mei -�secondo cui l'agevolazione tributaria sarebbe stata concessa, 
:tsi a titolo di sanatoria, per tutte le navi importate nel territorio 
lo Stato italiano a partire dal 30 giugno 1950, vale a dire da quando 
venuta a cessare, per sc�adenza dell'ultima proroga accordata, l'esen


ne totale prevista dalla I. 29 giugno 1947, n. 799 -, ha affermato 

! con l'espressione �navi mercantili importate fino al 31 dicembre 

i7 � il legislatore ha inteso riferirsi soltanto alle navi importate in 

1ca successiva alla entrata in vigore della legge (11 agosto 1957) e 

i anche a quelle importate prima di tale data, non potendosi ammet


e che vi sia stata una vacatio legis di circa sette anni, -durante i 

tli peraltro �numerose importazioni erano state certamente definite 

la applicazione dell'ige in misura normale � -, e non potendosi, 

ltra parte, pensare che si sia voluto attribuire alla norma di favore 

~acia retroattiva pur senza dichiararlo esplicitamente. 

Ma tali rilievi non reggono alla critica, essendo in contrasto, oltre 

con la lettera della legge, con le ragioni storiche e logiche che di 

,sta costituiscono l'antecedente ed il presupposto. 

Ed invero, -a parte che, da sola, l'espressione � importate � pu� 

mdersi riferibile cos� al passato ( � sono state importate �) come al 

sente ( � sono importate �) o al futuro ( � saranno importate �) -, 

si sia voluto, nella specie, concedere l'agevolazione -oltre, ovvia


1te, che a quelle � future ., effettuate cio� nel periodo successivo 

~ntrata in vigore della legge e fino al termine t�assativamente stabi


del 31 dicembre 1957 -anche alle importazioni di navi .effettuate 

1recedenza e per le quali il rapporto doganale non fosse stato ancora 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

amministrativamente definito alla data dell'entrata in vigore della legge 
stessa si evince con sufficiente certezza sia dal fatto che alle leggi 
emesse in tema di agevolazioni tributarie per gli acquisti di navi dall'estero 
� stata di solito, forse a causa del loro� lungo iter parlamentare, 
attribuita efficacia retroattiva -(cosi al d.l.c.p.s. 11 novembre 1947, 

n. 1337, col quale fu concessa l'esenzione della tassa di registro anche 
per gli acquisti effettuati anteriormente all'entrata in vigore della legge, 
purch� fossero stati registrati entro il 31 dicembre 1947; cosi al d.1. 7 
maggio 1948, n. 703, col quale si prorog� fino al 31 agosto 1948 l'esenzione 
scaduta sin dal precedente 31 dicembre 1947; e cosi ancora, infine, 
alla legge 9 giugno 1950, n. 325, con la quale fu prorogata al 30 giugno 
.1950 l'esenzione dall'ige �scaduta fin dal 30 agosto 1948, e cio� da 
circa due anni) -, sia dal fatto che la stessa Amministrazione delle 
Finanze, scaduto il termine di esenzione totale fissato nella legge n. 325 
del 1950 dianzi citata, non applic� tout court -come avrebbe potuto 
e dovuto -l'aliquota intera del tre per cento stabilita dall'art. 17 
della legge istitutiva 19 giugno 1940, n. 762, ma, in attesa che venisse 
emanata la nuova legge in sostituzione di quella scaduta, ed in previsione 
del criterio di favore cui anche questa si sarebbe presumibilmente 
ispirata, autorizz� i competenti uffici di Dogana a consentire, come 
nella specie, l'importazione della nave � a daziato sospeso �, vale a 
dire a riscuotere per intanto la sola aliquota dell'uno per cento. 
Vero � che le circolari e le risoluzioni ministeriali -ed in genere 
l'atteggiamento assunto dall'Amministrazione dello Stato nell'applicazione 
di una determinata disposizione di leg.ge -non possono vincolare 
in alcun modo il .giudice nella sua funzione di interprete della 
legge; ma non pu� tuttavia disconoscersi che esse possono talvolta (
come questa Suprema Corte ha altra volta avvertito: Cass. 4 agosto 
1949, n. 2173) -fornire allo stesso elementi tali da convalidare, per 
il loro intrinseco valore logico e giuridico, un'interpretazione piuttosto 
che un'altra. 

E che l'intento perseguito dalla citata legge n. 587 del 15 luglio 1957 
sia stato quello di far beneficiare dell'aliquota ridotta anche le importazioni 
di navi effettuate durante il lungo periodo di vacatio prodottosi 
tra la data del 30 giugno 1950 -in cui era venuta a cessare la franchigia 
totale prevista dalla 1. n. 779 del 1947. -e quella dell'll agosto 
1957 -in cui era entrata in vigore fa norma che fissava nell'uno 
per cento l'aliquota dell'imposta dovuta ai sensi dell'art. 17 della 1. 

n. 762 del 1940 -risulta, del resto, in modo inequivoco dai lavori 
preparatori della legge stessa, e segnatamente da quel passo della Relazione 
in cui l'on. Gennai Tonietti ebbe a spiegare alla Camera dei 
Deputati che la Commissione, superando le perplessit� avute in ordine 
alla � incerta decorrenza della norma legislativa proposta �, era venuta 
nella determinazione di disporre in modo che del beneficio della ridu

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA l087 

me dell'aliquota potessero avvantaggiarsi, oltre che i contratti relativi 
li acquisti che �avrebbero avuto luogo entro la data di scadenza del 
dicembre 1957, anche quelli �non ancora amministrativamente defili�: 
espressione, questa, chiaramente riferentesi a quelle importazioni 
navi � a daziato sospeso � per le quali la Dogana �aveva liquidato me 
nella specie -l'imposta nella misura ridotta dell'uno per cento. 

La tesi sostenuta dal ricorrente circa l'esatto ambito di applicabi� 
dell'agevolazione tributaria concessa dalla legge summenzionata � 
rtanto fondata in diritto e merita, come tale, di essere accolta. 

Essa risponde, oltre tutto, a criteri di logica ragionevolezza, essendo 
ficile ammettere che il legislatore possa aver voluto concedere l'agelazione 
per un periodo limitato a soli 142 giorni -(tanti quanti ne 
rrono dall'll agosto al 31 dicembre 1957) -senza rendersi conto 
e, cosi facendo, non solo deludeva le legittime aspettative di coloro 
e, incoraggiati dal benevolo atteggiamento tenuto dal Ministero delle 
1anze in attesa della nuova legge contenente prevedibilmente delle 
quote di favore, avevano concorso efficacemente a ricostituire il 
viglio mercantile decimato dalla guerra, ma rendeva pressocch� inorante, 
sul piano concreto, l'agevolazione concessa, essendo ben pochi 
loro cui sarebbe riuscito di portare a compimento, in un tempo cosi 
tretto, le complesse operazioni -(dalle trattative, non sempre ageli 
e rapide, alla predisposizione dei notevoli capitali richiesti, dalle 
1tiche burocratiche da svolgere all'estero, nel Paese d'onde si esporta, 
e perizie, ai viaggi, agli incontri personali ecc.) -occorrenti per 
ettuare l'importazione di una nave dall'estero. N� vale opporre che 
ribuendo efficacia retroattiva alla legge sopracitata si viola il prinfo 
sancito dall'art. 11 disp. prel., secondo il quale � la legge non 

pone che per l'avvenire .. 

Questa Suprema Corte ha avuto invero pi� volte occasione di 

vertire che il divieto della retroattivit� della legge � stato elevato a 

:nit� di precetto costituzionale soltanto con riferimento alle norme 

mli e non anche a quelle civili, amministrative e tributarie (Corte 

stituz. 18 giugno 1964, n. 45), rispetto alle quali costituisce invece una 

nplice direttiva di massima, cui il legislatore � libero di derogare 


!he tacitamente o per implicito (Cass. 13 marzo 1947, n. 3B5 e 20 

.rzo 1950, n. 767) -qualora la norma emanata, per la sua intrinseca 

tura, per il suo contenuto .precettivo o -come nella specie -per 

fatto di regolare effetti non esauriti di un rapporto giuridico sorto 

;eriormente �alla sua entrata in vigore, sia destinata a spiegare la sua 

cacia anche per il passato (Cass. Sez. Un., 7 maggio 1966, n. 1174; 

ss. 16 ottobre 1957, n. 3890 e 17 agosto 1951, n. 2531). 

E tale avvertenza trova nel caso in esame puntuale riscontro. 

In accoglimento del primo mezzo, ed in relazione a questo sol


ito, si deve pertanto cassare la sentenza impugnata e rinviare la 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

causa ad altra Corte perch� proceda a nuovo esame attenendosi al 
seguente principio di diritto: � L'articolo unico della :legge 15 luglio 
1957, n. 587, con cui fu stabilito che per le navi mercantili importate 
fino al 31 dicembre 1957 da parte di chi ne aveva effettuato direttamente 
l'acquisto dalla ditta estera venditrice l'imposta di cui all'art. 17 
della 1. 19 giugno 1940 n. 762 era dovuta nella misura dell'uno per 
cento, si applica anche alle importazioni di navi per le quali il rapporto 
doganale non sia stato ancora amministrativamente 'definito al momento 
dell'entrata in vigore della legge �. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 novembre 1968, n. 3780 -Pres. 
Pece -Est. Pascasio -P. M. Gentile (conf.) -Pagliari (avv. Vetrano) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). 

Imposta di successione -Valutazione�-Beni mobili esistenti nell'eredit� 
in modo autonomo -Valore -Stima risultante da inventario Applicabilit� 
-Beni mobili inerenti ad aziende -Valore -Stima 
da inventario -Inapplicabilit�. 

Imposta di successione -Valutazione -Beni mobili al servizio di 
aziende -Pertinenze -Sistema di tassazion~ -Valutazione autonoma 
rispetto all'avviamento -Duplicazione -Non sussiste. 

(c. c. art. 817; r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 16). 
Il criterio di valutazione, previsto del 2� comma dell'art. 16 r. d. l. 

7 agosto 1936, n. 1639, secondo il quale l'imposta di successione si 

applica al valore dei beni mobili risulvanti da inventario con stima, si 

riferisce solo ai beni mobili che fanno parte dell'asse ereditario in modo 

autonomo, e non anche ai mobili che ineriscono ad un'azienda (1). 

I beni mobili posti al servizio di un'azienda (immobile destinato 

ad albergo) costituiscono pertinenze e vanno valutati e tassati secondo 

0l s'iAstema previsto dal cit. art. 16, 10 comma per gli immobili, e in 

modo autonomo rispetto all'avviamento, senza dar luogo ad una dupli


cazione di tassazione (2). 

(Omissis). -Il ricorrente censura anzitutto la decisione per avere 
escluso che l'art. 16 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, nella parte in 
cui statuisce che l'imposta di successione si applica al valore dei beni 

i 

(1-2) Entrambe le massime sono esatte. Sulla prima non constano 
precedenti; sulla seconda cfr. Cass. 29 giugno 1963, n. 1728, Foro it. 1963, 
I, 2307. Sul concetto di pertinenza ai fini fiscali cfr. Sez. Un. 3 luglio 1957, 

n. 2599, Foro it. 1957, I, 1149. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA 'l'RIBUTARIA 

obiti risultante da inventario con stima, si riferisca oltre che ai 
obili che fanno parte dell'asse ereditario in modo autonomo, anche 

mobili che ineriscono ad un'azienda e per avere inoltre ritenuto 
1e i mobili arredanti un albergo �costituiscano pertinenza. 

Si aggiunge che l'applicazione dell'imposta a tali beni costituibbe 
duplicazione della stessa poich� il valore dei medesimi in relalne 
alla 011ganizzazione della impresa viene gi� computato nella 
.ma dell'avviamento inerente all'azienda. 

, Tali censure non sono fondate. 

L'art. 15 del citato r. d. 1. statuisce infatti che le imposte di 
ccessione sono commisurate al valore venale del bene in comune 
mmercio al giorno del trasferimento. 

Per gli immobili, il successivo art. 16 specifica che per determinare 
nzidetto valore si deve avere riguardo principalmente: 

a) alle alineazioni, divisioni e perizie giudiziarie anteriori di 
n oltre un triennio, relative agli stessi immobili o ad altri che si 
>vino nella medesima localit� ed in analoghe condizioni; 

b) al reddito netto di cui sono suscettibili gli immobili stessi, 
1endo conto del tasso medio di capitalizzazione adottato nella localit� 
r investimenti immobiliari consimili all'epoca del trasferimento. 

.Se invece si tratta di mobili, l'imposta si applica al valore dichia


to oppure a quello risultante da inventario con stima o da contratta


me, entro sei mesi, dei mobili stessi. 

Quando poi, come nel caso in esame, trattasi di un'azienda, oggetto 

valutazione � il valore della medesima come complesso organizzato 

beni, fra i quali i mobili costituiscono elementi che non sono da 

tlsiderare singolarmente, sibbene soltanto in quanto concorrono a 

�mare l'azienda, rispetto alla quale, pertanto, non � operativa la norma 

e vincola l'ufficio ad attenersi alla stima risultante da inventario 

lla sola prevista ipotesi in cui beni siano ricaduti singolarmente 

lla successione. A tal fine, non � superfluo rilevare che l'accerta


mto del valore dell'azienda ai fini che qui interessano � la risultante 

ll'applicazione dell'art. 19 dello stesso d. 1. del 1936 in funzione 

l quale l'Amministrazione, nei trasferimenti delle aziende industriali 

commerciali, per determinare la quantit� ed il valore delle merci 

stenti al giorno del trasferimento, la specie ed il valore degli altri 

tli di ogni natura, ha diritto di esaminare i libri di commercio e 

ne conto delle risultanze di essi, degli accertamenti compiuti per 

imposte dirette e di ogni altro idoneo elemento. L'art. 11 dell'all. B 

r. d. 26 settembre 1935, n. 1749, impone poi al contribuente di 
mnciare le aziende ricadenti nella successione nei singoli elementi 
cui constano. E ci� � prescritto dal legislatore non gi� per ottenere 
a valutazione separata e distinta dei singoli elementi di cui l'azienda 
~ompone, ma per giungere alla valutazione di quel b�ene unitario che 

1090 RASSEGNA DELL'AVVOCATUB.A DELLO STATO 

� l'azienda considerandone i singoli elementi che la costituiscono. Per 
vero, non fornendo la legislazione tributaria una nozione particolare 
di aziend~, tale nozione va ricavata dalle norme di cui all'art. 2555 
e segg. c. c., per cui l'azienda consta del complesso dei beni organizzati 
dall'imprenditore per l'esercizio. dell'impresa, e d� luogo ad una 
universitas rerum comprensiva delle cose corporali, mobili e immobili, 
cose immateriali, compreso l'avviamento, i rapporti giuridici di valore, 
debiti e crediti: elementi questi unificati tutti dalla volont� del titolare 
in vista dello scopo perseguito, unificati cio� in senso funzionale, dalla 
destinazione unitaria ad un fine comune. 

Inoltre, essendo i mobili di cui trattasi posti al servizio dell'immobile 
destinato ad albergo, esattamente la decisione impugnata ha 
ravvisato anche l'esistenza fra di essi di quel collegamento oggettivo 
funzionale che caratterizza le pertinenze (art. 817 c. c.) con la conseguente 
soggezione al medesimo regime giuridico-tributario della cosa 
principale (art. 818 c. c.); il che implica l'applicabilit� del primo 
comma del citato art. 16 del r. d. 1. n. 1639 del 1936 e non del secondo 
comma dello stesso articolo che vincola l'Ufficio ad attenersi al valore 
di stima dei mobili inventariati. 

Al riguardo va ricordato che la rilevanza, anche agli effetti della 
legge tributaria sulle successioni, di un rapporto di pertinenza fra i 
diversi elementi di un'azienda � stata gi� altra volta specificamente 
affermata da questa Corte suprema (sent. 29 giugno 1963, n. 1728). 

Al contrario, le sentenze precedenti menzionate nel ricorso (sent. 

n. 797 del 1948 e n. 510 del 1949) si limitarono a negare, ai fini specifici 
dell'applicabilit� o meno del regime vincolistico dell'epoca all'affitto 
di opifici . industriali, la esistenza di un generale nesso pertinenziale 
tra l'immobile nel quale l'opificio era situato e gli altri elementi necessari 
alla configurazione giuridica dell'opificio stesso. Tale concetto � 
aderente al principio generale secondo cui gli elementi componenti 
una azienda non perdono, per ci� stesso, la loro individualit� giuridica; 
ci� non toglie per� che in rapporto a due singoli beni, tra i molteplici 
elementi componenti un'azienda, possa sussistere quello sp�cifico vincolo 
pertinenziale che, ai fini della legge tributaria sulle successioni, 
� stato affermato dalla gi� menzionata sentenza n. 1728 del 1963 di 
questa stessa sezione. 
Quanto poi alla dedotta duplicazione di valore in conseguenza 
della valutazione dello avviamento basta osservare che il valore attribuito 
all'azienda alberghiera assoggettata ad accertamento di imposta 
comprende i valori sia dell'avviamento, sia dei mobili, sia degli immobili 
di cui l'azienda stessa si compone, sicch� � manifesto che, 
essendo ciascuno di tali elementi distintamente considerato al fine di 
ricavarne il valore complessivo dell'azienda cui ineriscono, nessuno dei 
beni inerenti all'azienda � stato valutato due volte. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

>RTE DI CASSAZION�, Sez. I, 30 novembre 1968, n. 3859 -Pres. 
D'Armiento .~ Est. Mirabelli -P. M. Seiaraffia (conf.) -Ministero 
delle Finanze (Avv. Stato Giorgio Azzariti) c. Cassa risparmio di 
Teramo (avv. Mesiano). 

tposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� -Spese pluriennali Detraibilit� 
in pi� esercizi -Accantonamento di somme per costituire 
un fondo speciale per inte~rare la pensione dei dipendenti Deliberazione 
che dispone l'accantonamento e lo ripartisce in 
diverse annualit� -Detraibilit� delle spese in pi� esercizi successivi. 


(1. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 14; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 97). 
Ai sensi della legge 8 giugno 1936, n. 1231, art. 14, secondo comma 
' u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 97, terzo comma, poich� la �situa


�ne giuridica del personale di una azienda � da assumere come pararl:
ro per iZ calcolo deU'ammontare massimo della detrazione ammis�
iZe (nel senso che l'accantonamento deve essere proporzionato al 
mero ed alla posizione retributiva dei dipendenti e all'incidenza 
gli oneri previdenziali), qualora intervenga una modificazione di 
e s.ituazione giuridica per disposizione legislativa o contrattuale, gli 
:antonamenti necessari per adeguarvi i fondi speciali non costitwimo 
spesa incidente nell'esercizio in cui la modificazione ha luogo, 
~ vanno riferiti a tutti i successivi esercizi nei quali la nuova situane 
permane e i versamenti vengono eseguiti, con la conseguenza che 
immessa la detraibilit� di dette spese pluriennali in pi� esercizi ai 
dell'imposizione per ricchezza mobile (1). 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, denunciando violazione 
:alsa applicazione dell'art. 32 della Legge 24 agosto 1877, n. 4021, 
:iell'art. 14 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, fa rilevare che le 
rme suddette ammettono .che siano considerate spese detraibili, ai 
i della imposizione per ricchezza mobi!e, quelle afferenti alla costi:
ione di fondi per il trattamento di quiescenza dei dipendenti delnpresa, 
ma solo nei limiti della incidenza sull'esercizio dell'anno in 
�so ed in relazione alla situazione giuridica del personale in tale 
10; adduce, p�altro, che la deliberazione con la quale l'imprenditore 
ribuisce al personale una pensione integrativa anche in relazione 
a anzianit� gi� maturata, determina una immediata modificazione 

(1) La sentenza � identica all'altra n. 3858, pubblicata nella stessa data 
ra le stesse parti. 

1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della situazione giuridica del personale, e sostiene che gli accantonamenti 
necessari per far fronte a tale modificazione sono da considerare 
come spese afferenti all'esercizio dell'anno in cui la modificazione si 
verifica e non possono essere, quindi, dedotti in detrazione in esercizi 
successivi; censura, pertanto, la sentenza impugnata che invece, preso 
atto che la Cassa controricorrente aveva deliberato di ripartire l'accantonamento 
dei fondi occorrenti allo scopo suddetto in .cinque versamenti 
annuali, ha ammesso ciascuna di queste annualit� in detrazione 
del valore imponibile nell'anno in cui se ne � effettuato il versamento. 

La censura non pu� essere accolta. 
La � situazione giuridica del personale addetto all'azienda � � 
assunta, nel secondo comma del citato art. 14 della Legge 8 giugno 1936 

n. 1231, e nel terzo comma dell'art. 97 del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645, 
quale parametro per il calcolo dell'ammontare massimo della detrazione 
ammissibile, nel senso che l'accantonamento debba essere proporzionato 
al numero dei dipendenti, alla posizione retributiva degli stessi ed 
all'incidenza degli oneri previdenziali, secondo la normativa vigente 
nell'anno cui lo accantonamento si riferisce. 
Quando interviene una modificazione di tale situazione giuridica, 
per disposizione legislativa, contrattuale o dell'imprenditore, gli accantonamenti 
necessari per adeguare i fondi speciali alla nuova situazione 
non costituiscono spesa incidente nell'esercizio in cui la modificazione 
ha luogo, ma vanno riferiti a tutti i successivi esercizi nei quali la 
nuova situazione permane ed i versamenti vengono eseguiti. 

Nel caso in esame, la modificazione della situazione giuridica rende 
necessari accantonamenti in riferimento ad anni precedenti a quello 
nel quale la modificazione ha luogo e ci� in quanto questa riguarda 
il trattamento pensionistico inerente all'intera anzianit�, maturata e 
da maturare e in quanto dalla disposizione (legislativa, contrattuale o 
imprenditoriale) che determina la modificazione, non nasce un i:rru~i~diato 
debito di versamento, ma sorge soltanto l'esigenza di destinare 
parte degli introiti futuri al soddisfacimento dei nuovi oneri previdenziali. 


Peraltro il modo dell'adempimento a tale esigenza, e conseguentemente 
la ripartizione del necessario addebito negli esercizi produttivi 
successivi, non essendo previsto nella stessa disposizione non pu� che 
essere determinato dall'imprenditore il quale fisser� la quota di accantonamento 
che, in relazione alle esigenze dell'impresa, possa gravare 
su cfascun esercizio. 

L'ipotesi si inquadra, quindi, pienamente nella previsione del citato 
art. 97 del t. u. delle leggi sulle imposte dirette che ammette la 
detrazione delle spese pluriennali in pi� esercizi rimanendo applicabile 
come limite massimo della detrazione l'ammontare dell'accantonamento 
che sia adeguato alla situazione giuridica dei dipendenti in ciascun 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ercizio, a norma del terzo comma dello stesso articolo, intendendosi 
1esta nel senso suddetto. 
La sentenza impugnata, che tale detrai:bilit� ha ammesso, merita, 
.indi, conferma ed il ricorso deve essere respinto. -(Omissis). 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 novembre 1968, n. 3862 -Pres. 
ed Est. D'Anniento -P. M. Pandolf.elli (conf.) -Istituto Case 
Popolari di Trieste (avv. !aut) c. Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Varvesi). 

tposta di registro -Agevolazioni per gli atti di liberalit� a favore 
di enti di benef�cienza -Applicabilit� agli Istituti per le case 
popolari -Esclusione. 

(r. d. I., 9 aprile 1925, conv. in I. 21 marzo 1926, n. 597; I. 12 aprile 1949, 
n. 205, art. 9). 
Ai sensi del r. d. l. 9 aprile 1925, oonv. netla l. 21 marzo .19.26, 

597, sono esenti dalle tasse di registro e di sucoe'SSione e da quelle 

>tecarie, e ai sensi della l. 12 �P'T'ile 1949, n. 205, art. 9 sono esenti 

ll'imposta sul valore globale, le liberaLit� a qualsiasi titolo a favore 

Provincie, Comuni ed altri enti morali e�d istituti italiani legalmente 

:onosciuti, fondati o da fondarsi, quando lo scopo specifico della 

eralit� sia di beneficenza, istruzione ed educazione. Pertanto, non 

io esenti dalle predette imposte gli atti di liberalit� a favore degli 

ituti autonomi per le Case Popolari, in quanto i medesimi non sono 

ituti di beneficenza, n� svolgono attivit� di beneficenza bensi di 

dstenza (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente Istituto 

Ltonomo Case popolari della provincia di Trieste denunzia la viola


ne e falsa applicazione dell'art. 9 comma 4�, 5� della leg.ge 12 maggio 

!1:9, n. 205 e dell'art. 1 r. d. 1. 9 aprile 192�5, n. 380, convertito nella 

rge 21 marzo 1926, n. 597. 

Sostiene in particolare che, erroneamente la sentenza denunziata 

escluso potessero beneficiare dell'esenzione fiscale i due atti di 

tiazione de quibus. Argomenta che ai sensi delle richiamate dispo


(1) Massima esatta, che individua gli scopi degli Istituti per le Case 
polari, ponendo una precisa distinzione, utile nel caso di specie, tra 
ieficenza ed assistenza. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

s1z1oni sono esenti dalle imposte di registro, successione e ipotecarie, 
nonch� da quella globale (per l'art. 9 della legge 12 maggio 1949, 

n. 206) le donazioni fatte a scopo di beneficenza, istruzione ed educazione. 
Ora, la finalit� di costruire case popolari e destinarle, dietro 
pagamento di un canone minimo, alle classi meno abbienti e disagiate, 
costituisce una finalit� assistenziale, da potersi identificare con quello 
� scopo di beneficenza � che la legge di esenzione ha voluto considerare. 
Per avvalorare tale tesi il ricorrente Istituto richiama la sentenza 
8 ma.ggio 1953, delle Sezioni Unite della Cassazione, che ha negato 
agli Istituti Case Popolari, la qualifica di enti pubblici economici (in 
quanto non svolgono un'attivit� economica in regime di concorrenza 
con quella privata). 
Il ricorso � infondato, avendo rettamente la sentenza denunziata 
ritenuto che non fosse applicabile nella specie l'invocato beneficio 
fiscale. 

Ai sensi del r. d. 1. 9 aprile 1925, convertito nella legge 21 marzo 
1926; n. 597 � sono esenti dalle tasse di registro e di successione e da 
quelle ipotecarie le liberalit� a qualsiasi titolo a favore di provincie, 
comuni ed altri enti morali od istituti italiani legalmente riconosciuti, 
fondati o da fondarsi, quando lo scopo specifico delle Liberalit� sia di 
beneficenza, istruzione ed educazione �; e tale disposizione � richiamata 
daJJ.'art. 9 della legge 12 aprile 1949, n. 205 ai fini dell'esenzione 
dall'imposta sul valore globale. 

Orbene, per .godere dell'esenzione occorre che le due donazioni di 
cui � causa adempiano ad un fine di � beneficenza ., essendo addirittura 
evidente che non ricorra nella specie un fine di � istruzione � o � educazione 
� e fondandosi la tesi del ricorrente esclusivamente sulla 
identificazione fra e beneficenza � ed e assistenza �. 

La Corte di merito ha escluso il fine di beneficenza, osservando 
che le donazioni risultavano fatte al fine di favorire la costruzione di 
case economiche e ;popolari nel territorio del Comune donante ed ha 
soggiunto che, poich� tale scopo coincide con quello cui tende l'attivit� 
svolta dagli Istituti autonomi case popolari, riconoscere nelle donazioni 
stesse la finalit� di beneficenza equivarrebbe ad affermare che l'attivit� 
di tale Istituto avrebbe questa finalit�. 

Siffatto ragionamento va approvato, iri quanto strettamente aderente 
alla logica e al diritto. 

Ed invero, pure ammesso che gli Istituti autonomi per le Case 
popolari non perseguono fine di lucro e non costituiscono enti pubblici 
economici, come questa Suprema Corte a '8ezioni Unite ha� ritenuto 
con ripetute pronunzie, emesse in sede di regolamento di giurisdizione 
(affermando la competenza del giudice amministrativo nella controversia 
fra i detti istituti ed il personale dipendente in relazione ai 
rapporti di lavoro), non pu� dirsi che gli Istituti stessi siano istituti 

I I 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1095 

beneficenza e svolgano attivit� di beneficenza (anche solo in pre1lenza). 


� noto che in base alle norme del t. u. 28 novembre 1928, n. 1165 
i Istituti autonomi Case popolari hanno lo scopo di prqvvedere all'asstenza 
delle classi meno agiate, sovvenendole del bene della casa; e 
~ rag.giungere detto obbiettivo l'ordinamento prevede un complesso 

norme inteso a far assegnare in locazione gli alloggi costruiti o 
1munque nella disponibilit� di essi istituti ai pi� bisognosi, in esito 
l una graduatoria di merito appositamente formata. 

La concessione dell'alloggio, per�, non � gratuita, ma � previsto 
i adeguato corrispettivo, e viene stipulato, fra .gli Istituti ed i privati 
segnatari, un contratto che pu� bene assimilarsi al contratto di 
cazione. 

Orbene, se per l'attivit� e gli scopi ora visti, non pu� non riconoersi 
a detto istituto un fine assistenziale, deve d'altra parte escludersi 

fine di beneficenza, siccome richiesto dalla legge per la esenzione 

cale. 

Ed invero, i concetti di � assistenza � e � beneficenza � sono diversi 

il secondo � pi� largo e comprensivo del primo, implicando non 

L'attivit� complementare in favore dei meno abbienti, ma un totale 

rico del benefattore per sopperire all'assoluta indigenza �altrui. 

La � beneficenza � in altri termini, implica la mancanza di qualsiasi 

rrispettivo e la completa sostituzione gratuita nel provvedere al 

mgno del beneficato, laddove con I'� assistenza � si integra la difettosa 

pacit� economica altrui col soccorso parziale. 

Consegue che, non potendosi assimilare i due termini; specialmente 

ll'interpretazione di norme giuridiche che prevedono esenzioni fiscali, 

idove � consentita l'interpretazione estensiva, ma non l'analogica, 

riconosciuta corretta la soluzione adottata nella sentenza impugnata, 

'ermandosi il principio che gli atti di donazione di suolo pubblico, 

sti in essere dai. Comuni in favore degli Istituti autonomi Case 

�polari allo scopo di costruirvi sopra degli allog.gi popolari, non 

dono dell'esenzione del pagamento della tassa di registro, di succes


1ne ed ipotecaria, prevista dalla I. 21 marzo 1926, n. 597 (richiamata 

U'art. 9, I. 12 aprile 1949, n. 205 ai fini dell'esenzione dell'imposta 

l valore globale), in quanto gli atti stessi non adempiono ad uno 

copo specifico di beneficenza � siccome richiesto dalla richiamata 

rmativa. La �costruzione di alloggi popolari, che si identifica poi col 

e precipuo dei detti istituti, non mira ad attuare una vera e propria 

era di beneficenza, giacch� non � diretta a provvedere .gratuitamente 

indigenti di un tetto, ma vuole solo fornire in uso e godimento un 

aggio ai meno abbienti, dietro il corrispettivo di un determinato 

ione, attrav~rso un contratto assimilabile a quello di locazione. 


missis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 dicembre 1968, n. 3945 -Pres. 
D'Armiento -Est. Milano -P. M. Sciaraffi.a (conf.) -Berti (avv. 
Manfredonia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato CastiglioneMorelli). 


Imposta di ref;1istro -Industrializzazione del Mezzogiorno -Estensione 
del regime tributario a1;1evolato dell'abbonamento ad Enti 
concessionari di lavori della Cassa del Mezzogiorno -Contestualit� 
delle dichiarazioni -Nozione -Sottoscrizione di entrambe le 
parti contraenti -Non neessaria. 

(1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 26; 1. 22 dicembre 1951, n. 1575, art. 1). 
La contestualit� deUa dichiarazione che l'atto attui gli scopi previsti 
dalla legge 22 dicembre 1951, n. 1575 -che, nell'interpretare le 
norme della legge 10 agosto 1950, n. 646, ha esteso ii.l regime tributario 
agevolato dell'abbonamento (art. 26) agli atti postii in essere da Amministrazioni 
o Enti concessionari di lavori affidatii dalla Cassa per il 
Mezzogfo.rno -, va intesa non nel senso che la dichiarazione deve 
essere contenuta nello stesso atto, ma nel senso che essa deve essere 
contemporanea alla redazione e strettamente collegata, senza che sia 
necessaria la sottoscrizione di entrambe le parti (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la 
violazione dell'art. 26 della legge 10 agosto 1950, n. 646 e dell'art. 1 
della leg.ge 22 dicembre 1951, n. 1575, censura l'impugnata decisione 
della Commissione Centrale delle Imposte per aver ritenuto che, nell'ipotesi 
di registrazione dei contratti di appalto, rientranti nella previsione 
dell'art. 1 della legge n. 1575 del 1951, la mancata enunciazione 
nello stesso contesto dell'atto della dichiarazione che l'atto medesimo 

(1) La sentenza annotata ha dato all'espressione �contestuale dichiarazione 
� prevista dall'art. 1 della legge 22 dicembre 1951, n. 1575, un'interpretazione 
che � erronea, essendo in violazione della stessa disposizione 
legisl'ativa e in contrasto con la precedente giurisprudenza. 
La norma dell'art. 1 prevede, per il trattamento particolare tributario 
(quota fissa di abbonamento) dei contratti di appalto stipulati da enti 
pubblici concessionari di lavori della Cassa per il Mezzogiorno, il concorso 
di due condizioni: 

1) i contratti devono contenere la contestuale dichiarazione che essi 
sono stati stipulati ai fini della presente legge; 
2) gli stessi devono essere inoltre corredati da una copia dell'atto 
di affidamento effettuato dalla Cassa. 
La Corte di Cassazione ha gi� avuto occasione di esaminare e pronunziarsi 
espressamente sulla seconda condizione, ed ha ritenuto che la 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

diretto a perseguire le finalit� in relazione alle quali il beneficio 
;cale � stato accordato, importa un effetto preclusivo rispetto al 
>dimento del beneficio stesso. Sostiene che tale decisione, oltre ad 
:sere informata ad eccessivo formalismo, � fondata su di un erroneo 
mcetto del requisito della � contestualit� � dovendo il termine conteuale 
essere inteso nel senso sostanziale di contemporaneo e di colletto, 
prescindendo dalle questioni di mera forma prive di effettivo 

~nificato. 

Il motivo � fondato. 

Come � noto, con la richiamata legge 20 dicembre 1951, n. 1575 
intese interpretare alcune disposizioni della legge 10 agosto 1950, 
646 sulla Cassa per il Mezzogiorno e stabilire che il regime tribu


rio di favore dell'abbonamento accordato alla Cassa dall'art. 26 
Ua legge n. 646 del 1950 era applicabile, non soltanto agli atti e 
,gozi posti in essere direttamente dalla Cassa per il Mezzogiorno, 
;i anche a quelli posti in essere dalle Amministrazioni e dagli Enti 

cui all'art. 8 della citata legge, ai qua.Ii essa avesse affidato o dato 
concessione l'esecuzione delle opere. 

Peraltro, per conseguire il trattamento di favore, il primo comma 
ll'art. 1 della legge n. 1575 del '1951 espressamente richiede che i 
atratti di appalto, posti in essere dai suindicati Enti, oltre ad essere 
rredati, al momento della registrazione, da una copia dell'atto di 
idamento o concessione effettuata dalla Cassa per il Mezzogiorno, 
vero di analoga certificazione rilasciata dalla Cassa stessa, debbono 
1tenere la � contestuale � �dichiarazione attestante che il contratto 

ua gli scopi previsti dalla legge. 

La necessit� di tale �contestuale dichiarazione trova, come sembra 
laro, la sua giustificazione nel fatto che, trattandosi di un beneficio 
butario diretto a favorire lo sviluppo economico dei territori indicati 
ll'art. 3 della legge n. 646 del 1950, il legislatore ha voluto avere 
certezza che l'esistenza dell'agevolazione tributaria sia stata presente 

:umentazione richiesta ha valor�e probatorio e non essenziale in ordine 
effettiva sussistenza dei requisiti oggettivi, cui soltanto � subordinato 
diritto al particolare trattamento tributario, e pu� essere esibita in 
fCa successiva alla registrazione ed anche in sede giurisdizionale (Cass. 
febbraio 1962, n. 376; 20 luglio 1962, n. 1962). Ma a tale conclusione la 
:te, nella citata sentenza, � pervenuta nel .presupposto implicito che 
lo stesso atto sia contenuta la contestuale dichiarazione che esso � 
mlato ai fini della legge 1575. In definitiva, la documentazione pu� 
~re esibita anche dopo la registrazione a condizione che l'atto contenga, 

suo contenuto, la dichiarazione richiesta dalla legge. 

La sentenza annotata ha obliterato la interpretazione gi� data con le 
cedenti pronuncie. Ma ha anche palesemente violato la legge. L'art. 1 
ressamente richiede la � contestuale dichiarazione �; e contestuale, nel 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alle parti, ed in speciale modo all'Amministrazione o all'Ente appaltante. 


Questo allo scopo di evitare che attraverso prezzi maggiori,�comprensivi 
anche di oneri tributari, venisse frustato l'intendimento di 
dare impulso all'esecuzione di opere di pubblico interesse nell'Italia 
meridionale, opere che s'intendevano agevolare con . la diminuzione 
dei costi degli appalti, determinata appunto dal beneficio tributario 
disposto. 

In dipendenza dell'anzidetto appare chiaro che, ai fini dell'osservanza 
dell'obbligo della contestualit� di cui al primo comma dell'art. 1 
della legge n. 1575 del 1951, non sia affatto necessario, come si � 
ritenuto dall'impugnata decisione, che la menzionata dichiarazione si 
trovi inserita nel corpo stesso delle clausole contrattuali, potendosi 
avere � contestualit� � anche quando la dichiarazione sia contemporanea 
alla redazione dell'atto e, comunque, a quest'ultimo strettamente 
collegata, perch� anche in tali casi si ha la certezza che la norma 
sull'agevolazione fiscale � stata tenuta presente dalle parti al momento 

I


della stipulazione del contratto e che di essa hanno tenuto conto nella 
determinazione dei prezzi d'appalto. N� la dizione letterale adoperata 
dal legislatore contrasta con siffatta interpretazione della norma perch� 
il termine � contestuale� specie nel linguaggio giuridico, ha il significato 
non tanto di unit� di documento, quanto di unit� temporale, e 

I 


cio�, di un atto o fatto che si verifica nell'immediatezza di altro fatto I 

o atto. 
Nella fattispecie, come � stato accertato dalla Commissione provinciale 
e come del resto � pacifico, dallo stesso testo del contratto di 
appalto, pur mancando in esso uno esplicito riferimento alla legge 

n. 1575 del 1951, risultava che i lavori erano stati effettivamente 
appaltati nell'interesse della Cassa per il Mezzogiorno, mentre l'Ente 
appaltante, nel rimettere all'Ufficio del registro l'atto � per la registra-
significato comune, va inteso come � presente nel contesto o che appartiene 
al contesto� (Zingarelli), e non come contemporaneo o collegato. 

In tal senso, a proposito della � richiesta contestuale � prevista dall'art. 
6 d.1.1. 7 giugno 1945, n. 322, la quale va intesa come richiesta contenuta 
nello stesso atto dr. Cass. 1 luglio 1954, n. 2582, mentre, se la 
legge non richiede espressamente la contestuale dichiarazione, i benefici 
competono anche quando il contribuente non dichiari di volerne usufruire 
cfr. Cass. 29 ottobre 1966, n. 2706, in questa Rassegna 1966, I, 1347. E se 
la dichiarazione contestuale � richiesta, non sono ammessi equipollenti 

(Cassa. 19 febbraio 1964, n. 377, ivi 1964, I, 551, a pcr:oposito dei contratti 
stipulati ai fini della legge 23 maggio 1952, n. 623); a proposito dei benefici 
previsti dalla I. 3 agosto 1949, n. 589, Cass. 12 marzo 1965, n. 416, in 
questa Rassegna, 1965, I, 781; Cass. 12 marzo 1963, n. 233, Giust. Civ., 
1964, I, 453. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1099 

ne gratuita ai sensi dell'art. 26 della legge n. _646 del 1950 � vi 
~g� la dichiarazione attestante che l'atto stesso era diretto a persere 
le finalit� in relazione alle quali il beneficio fiscale era stato, 
ordato. 

Tale dichiarazione, pur non trovandosi inserita nel corpo stesso. 
le clausole contrattuali, pu�, quindi, ritenersi senza altro conteale 
nel senso suindicato, posto che la medesima, con elementi rile1ili 
dall'atto stesso, dava certezza che i lavori appaltati erano di 
ipetenza della Cassa per il Mezzogiorno e che le parti contraenti 
no a conoscenza della agevolazione tributaria accordata dalla richiata 
legge. 

N� potrebbe obiettarsi che, ai fini della perfezione del requisito. 
la contestualit�, quella dichiarazione non sarebbe valida, perch� proiente 
da una sola delle parti contraenti. Infatti la sottoscrizione dr 
rambe le parti non � espressamente richiesta dall'art. 1 della legge 
l575 del 1951 n� pu� ritenersi imposta da una esigenza intrinseca 

dichiarazione, la quale non � certo una clausola contrattuale. Nella 
!ie, provenendo la dichiarazione dall'Ente appaltante, si aveva la 
;ezza, aderente alia mens legis, che il predetto Ente aveva tenuto, 
to dell'agevolazione tributaria e nessun profitto poteva esserne deLto 
a vantaggio dell'appaltatore. -(Omissis). 

iTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 dicembre 1968, n. 3983 -Pres. 
Scarpello -Est. Leone -P. M. Di Maio (parz. conf.) -Folonari (avv. 
Sorrentino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

1oste e tasse in genere -Restituzione di imposta -Richiesta del 
terzo possessore di cosa gravata da privilegio -Controversia Natura 
tributaria -Esclusione -Ricorso preventivo alla Commissione 
tributaria -Esclusione. 

(r. d. 17 settembre 1931, n. 1608, art. 22; t. u. 27 gennaio 1958, n. 645, art. 204).. 
oste e tasse in genere -Violazioni delle leggi finanziarie -Sopra-� 
tassa -Pena pecuniaria -Natura -Differenza. 

oste e tasse in genere -Imposte dirette -Privilegio -Estensione� 
alle sopratasse -Sussiste -Imposta straordinaria sul patrimonio -� 
Privilegio -Estensione alle sopratasse -Sussiste. 

(c. c., art. 2771; t. u. 9 maggio 1950, n. 203, artt. 58, 65). 
Qualora il terzo possessore di cosa gravata da privilegio afferente� 
.buto diretto dovuto dal contribuente che ha alienato la cosa, chieda,. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

appena pagato il tributo, it rimborso per essere insussistente iL privi


legio e per essere stato pagato it tributo a causa di errore, ia controversia 

non ha natura tributaria circa La esistenza del rapporti tributar.io, de


finitivamente accertato nei suoi elementi soggettivi e oggettivi, ma ha 

natura civile, attenendo ai diritto soggettivo dei terzo di ripetere quanto 

indebitamente pagato a caus.a deU'errore e per effetto deUa pretesa 

mecita fatta valere in via esecutiva; pertanto La controversia non � 

sottoposta ai �principio deU'art. 22 r. d. 17 settembre 1931, n. 1608, 

concernente t'obbligo di adire preventivamente le Commissia<nti tri


butarie (1). 

Mentre ia pena pecuniaria, per ia sua componente di carattere 

punitivo, ha natura di vera e propria sanzione, ia sopratassa per ia 

sua correlazione con ia trasgressione di norme finanziarie che ne costi


tuisce l'evento generatore, e per ia sua connessione coi rapporto di 

imposta che ne � iL presupposto, � intimamente coUegata atta tassa, cui 

� commisurata come muitipto o frazione, e di cui ha ia identica disci


plina normativa (accertamento, riscossione, prescrizione) e ia identica 

natura (2). 

In materia di privilegi inerenti ai crediti deUo Stato per it tributo 
fondiario e per gU aitri tributi cliretti (art. 2771 c. c.), e cos� pure in 
materia di imposta straordinaria sui patrimonio, it privilegio si riferisce 
anche aUa sopratassa (3). 

(Omissis). -Il ricorso incidentale propone questioni di rito di 
natura preliminare, che debbono essere esaminate per prime. Con esso, 
l'Amministrazione assume che il terzo che paga l'imposta altrui per 
evitare la esecuzione su beni propri che provengono dal debitore d'imposta 
e sono gravati da privilegio ha veste di sostituto o di responsabile 
di imposta; perci� la contestazione da lui mossa deve essere qualificata 
controversia di imposta ed � soggetta al principio, ribadito nell'art. 22 

r. d. 17 settembre 1931, n. 1608, concernente l'obbligo di adire preventivamente 
le commissioni tributarie. 
Che se, poi, i Folonari fossero estranei al rapporto di imposta, 
essi non avrebbero azione per contestare la legittimit� di quanto pagato 
per arrestare il processo di esecuzione (art. 204 t. u. 29 gennaio 1958, 

(1-3) La prima massima sembra un'esatta appMoazione dei princ1p1 
in base ai quali occorre distinguere la controversia tributaria che concerne 
il tributo nei suoi presupposti dalla controversia civile, che ri.guarda 
il terzo, possessore di cosa gravata da privilegi, che ha �pagato il tributo e 
che non assume la veste n� di sostituto, n� di responsabile di imposta. 

La seconda e la terza massima, che per la prima volta sono state affermate 
dalle Sezioni Unite, trovano precedenti nelle sentenze Cass. l<> 
marzo 1967, n. 446, in questa Rassegna 1967, I, 305, con nota di richiami, 
e Cass. 11 maggio 1968 n. 1448. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1101 

645) ed in ogni caso avrebbero dovuto proporre la domanda contr� 
sattore e non contro lAmministrazione. 

Le censure sono prive di giuridico fondamento. 

Qualora il terzo possessore di cosa gravata da privilegio erariale, 
~rente il tributo diretto dovuto dal contribuente che ha alienato la 
a, chieda, dopo aver pagato il tributo, il rimborso dello stesso, per 
ere insussistente il privilegio e per essere stato il tributo pagato da 

a causa dell'errore su tale punto, la controversia non concerne la 
sistenza del rapporto tributario, definitivamente accertato, nei contlti 
.del contribuente, nei suoi concreti elementi soggettivi ed ogget' 
ma attiene al diritto soggettivo del terzo di ripetere quanto abbia 
:ato indebitamente a causa del detto errore e per effetto della pre1 
tributaria illecita fatta valere esecutivamente dalla P. A. con la 
cedura di riscossione. 

In tale caso mancano del tutto i presupposti della ,giurisdizione 
le Commissioni amministrative, stabilita per la risoluzione delle 
troversie in materia di imposte dirette con l'art. 22 r. d. I. 7 agosto 
6, n. 1639 e, di conseguenza, vien meno l'esigenza che l'azione 
:liziaria sia preceduta da decisione definitiva delle commissioni 
:se. 

Non si verte, infatti, in tema di controversia relativa all'applica1e 
dell'imposta diretta, come si esprime l'art. 22 cit., ma di controsia, 
di natura civile, in ordine alla sussistenza ed all'efficacia del 
rilegio, che si assume, dalla P. A., assista l'accertato debito di imta, 
e che .dovre.bbe costituire la ragione dello assoggettamento del 
,o possessore all'azione di espropriazione forzata della cosa da lui 
11istata, per la realizzazione coattiva del debito d'imposta sorto in 
) al contribuente che la cosa ha alienato. 

Ci� ritenuto, deve escludersi del pari che nella specie assuma rile


za il disposto dell'art. 204 t. u. n. 645 del 1958, dato che il pagamento 

:uito dal responsabile d'imposta, per effetto di atti ad esso intimati 

'esattore, estingue ovviamente il credito e rende impossibile la 

;ecuzione della procedura di riscossione, ma, anche in mancanza di 

rve, non implica riconoscimento della le,gittimit� della pretesa tri


tria fatta valere, e tanto meno implica rinunzia all'esercizio del


one di ripetizione d'indebito, se il debito del solvente debba rivelarsi 

ssistente. 

Quanto all'esserito difetto di legittimazione passiva dell'Ammini


done, deve rilevarsi che la questione non pu� essere pi� riproposta 

'Amministrazione, la quale nel giudizio di appello espressamente 

tt� la propria legittimazione passiva, implicitamente affermata 

i sentenza del Tribunale, scrivendo nella comparsa di risposta do


i ritenere che � ove non si discuta della validit� e regolarit� degli 

esecutivi, ma si controverta soltanto circa il rimborso per indebito, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legittimato passivo non sia l'esattore ma l'ente impositore � e deducendo 
da questa affermazione la conclusione che 1'Amministrazione 
non insisteva nella tesi che legittimato passivo a stare il giudizio fosse 
soltanto l'esattore, anzich� l'Amministrazione medesima. Per effetto 
di tali dichiarazioni di acquiescenza s'� formata decisione irrevocabile 
sul punto della legittimazione alla causa dell'Amministrazione convenuta. 


Passando, quindi, all'esame del ricorso principale, viene in considerazione 
il primo mezzo col quale si deduce che la Corte d'appello 
;avrebbe dovuto rinviare la causa al primo giudice ai sensi dell'art. 353 

c. p. c., una volta affermata l'ammissibilit� della domanda, esclusa dal 
Tribunale a �ausa del mancato preventivo ricorso alle commissioni 
;amministrative. 
Nella discussione orale i difensori delle parti hanno dichiarato di 
non insistere nel rilievo, avendo interesse alla decisione della questione 
centrale di merito: ma in mancanza di una formale rinunzia al mezzo in 
�esame esso dev'essere esaminato: 

La censura peraltro non ha giuridico fondamento, perch� la sentenza 
del Tribunale contiene una pronuncia di inammissibilit� della 
domanda, che, seppure, in considerazione della ragione addotta, pu� 
essere equiparata, sulla base di una lata analogia, ad una affermazione 
di temporaneo difetto di giurisdizione, in effetti non � pronuncia sulla 
�giurisdizione, ma attiene alla proponibilit� della domanda in vista 
.della ricorrenza o meno di un presupposto processuale speciale. E 

poich� l'elencazione dei casi in cui, a norma degli 

c. p. c., il giudice d'appello deve rimettere la causa 
ha carattere tassativo (Cass. 6 luglio 1965, n. 1744) 
-compreso quello della modifica della sentenza che 
artt. 353 e 354 
al primo giudice 
e tra essi non � 
abbia dichiarato 

l'inammissibilit� della domanda, le cennate disposizioni di legge non 
.sono applicabili nella specie. 

Col secondo motivo si sostiene che in tema di imposta straordinaria 
sul patrimonio il privilegio gravante sui beni immobili del debitore 
del tributo non si estende anche alla sopratassa stabilita per man{!
ata o infedele dichiarazione, ai sensi dell'art. 58 t. u. n. 203 del 1950 e 
>Ci� in quanto le norme sui privilegi sono di stretta interpretazione dato 
il loro carattere eccezionale, specie quando il privilegio segue il bene 
presso il terzo acquirente; d'altra parte sia l'art. 2771 c. c. sia l'art. 65 

t. u. del 1950 circoscrivono il privilegio al tributo, senza accennare 
alla sopratassa; questa, invero, ha una propria causa debendi, diversa 
ila quella della tassa e consistente nell'illecito del contribuente. 
Anche tale censura non trova conforto nella legge. 

La questione � stata decisa pi� volte da questa Corte Suprema 
(Cass. 17 ottobre 1963, n. 2772 in tema di canone di abbonamento alle 
:radioaudizioni, 1� marzo 1967, n. 446 ed 11 maggio 1968, n. 1448 proprio 

.� 


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�. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1103 

l tema di imposta straordinaria sul patrimonio). In dette sentenze � 
tata sempre affermato che il privilegio erariale si estende alla sopra-
1.ssa. Ma poich� la questione viene sottoposta per la prima volta alle 
ezioni Unite, queste doverosamente la riesaminano ex novo. 

Nella definizione legislativa, sopratassa � la somma che il trasgres)
re di una norma finanziaria deve .pagare a favore dello Stato, in 
ggiunta alle sanzioni penali o amministrative stabilite per ciascuna 
iolazione delle norme finanziarie (art. 5 1. 7 gennaio 1929, n. 4); essa 

determinata dalla legge in una somma fissa, corrispondente all'amwntare 
d~l tributo ovvero ad una frazione o ad un multiplo di esso. 
'obbligazione al pagamento della sopratassa ha carattere civile (art. 
. t.); il diritto dello Stato alla sopratassa si estingue per prescrizione 
m decorso del tempo stabilito per la prescrizione del tributo, a diffemza 
della pena pecuniaria, che, pur costituendo un'obbligazione di 
i.rattere civile, si prescrive col decorso di cinque anni dal giorno della 
>mmessa violazione (art. 17 1. cit.) ed a differenza altresi della sanzioni 
:mali, soggette a prescrizione secondo le disposizioni del codice penale. 

Per le imposte dirette le sopratasse sono applicate dall'ufficio delle 
aposte, che ne d� comunicazione al contribuente con l'avviso di accer1mento 
delle relative imposte o cori separato avviso (art. /268 t. u. 
} gennaio 1958, n. 645). Le sopratasse sono iscritte nei ruoli insieme 
.le imposte cui afferiscono (art. 174 t. u. cit.) e seguono, quanto alla 
scossione, la disciplina della riscossione delle imposte. Moltissime 
)rme finanziarie usano l'endiade � tassa e sopratassa �, come obbliizioni 
che si accompagnano necessariamente nei casi in cui la soprassa 
� dovuta. 

Dinanzi a questa coerente disciplina normativa anche la dottrina 

ie ha preso in esame l'argomento ha manifestato incertezza quanto 

rapporto tra tassa e sopratassa (i termini sono usati nella corrente 

:cezione per indicare genericamente il tributo ed il sopratributo 

>rrelativo), accennando alla stretta connessione o aderenza dei due 

tituti ed attribuendo alla sopratassa una funzione risarcitoria del 

mno arrecato all'Erario con la violazione della norma finanziaria, fun


one che spiegherebbe anche il carattere sanzionatorio della sopratassa, 

cavato da non poche fonti legislative. 

Sono, questi riferiti, concetti approssimativi ed anche impropri 

~rch� il danno in senso tecnico � il pregiudizio economico conse


1ente alla violazione di un diritto soggettivo ed il risarcimento � 

ivuto se il�danno sia ingiusto, mentre la sopratassa stabilita per alcune 

asgressioni, come per esempio quella per omessa o ritardata denunzia 

)i cespiti tassabili, anche se relative all'inadempimento di un obbligo 

te fa parte del rapporto tributario, nessun pregiudizio economico arreca 

lo Stato, che pu� acquisire direttamente le notizie che dovevano 

sere c'.:mtenute nella dichiarazione o, in caso di dichiarazione tardiva, 


1104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tali notizie acquisisce eventualmente con ritardo che pu� essere tanto 
breve da non costituire causa di remora dell'accertamento. Ancor meno 
si spiega il carattere risarcitorio della sopratassa per ritardato pagamento 
del tributo, se tale ritardo produce l'effetto dell'inadempimento delle 
obbligazioni pecuniarie, la decorrenza cio� degli interessi moratori: 
che esauriscono il risarcimento dovuto al creditore. 

Sembra, dunque, che si debba abbandonare il concetto di mezzo di 
risarcimento del danno per spiegare la funzione della sopratassa ed il 
rapporto che questa ha con la tassa. Con il che si affievolisce il carattere 
sanzionatorio della sopratassa, almeno nel senso di sanzione diretta 
e propria della trasgressione della norma finanziaria, che, � bene ricordarlo, 
trova le vere sanzioni nelle pene stabilite per i reati :finanziari 
e nella pena pecuniaria .di carattere civile (art. 3 legge 1929, n. 4). Tuttavia, 
a parte il fatto che fonti legislative richiamano tale funzione di 
sanzione, non pu� trascurarsi la considerazione che in effetti la sopratassa 
rappresenta l'oggetto di una obbligazione sorta a carico del con


tribuente a causa della trasgressione della norma finanziaria e che si 
aggiunge all'obbligazione concernente il pagamento del tributo. 

Un contenuto di sanzione �, perci�, insito nell'istituto in esame, che 
per� non � caratterizzato da esso, dato che l'effetto sanzionatorio � 
indiretto ed esteriore. 

Sull'indicazione del significato lessicale del nome � sopratassa � 

I 

e della richiamata disciplina normativa, vista nella prospettiva dei principi 
fondamentali di diritto tributario, appare meglio fondata la tesi 
che l'istituto in esame rientra nella nozione lata di tributo, cio� di 
contribuzione pecuniaria imposta coattivamente dallo Stato o altro 
ente pubblico. 

Nell'imporre la contribuzione pecuniaria destinata a dargli i mezzi 

Ifinanziari per far fronte alle spese della propria organizzazione di uffici ~ 
e di attivit�, lo Stato ragionevolmente ha inteso graduare il prelievo 
di ricchezza in relazione s� alla capacit� contributiva di ciascun contribuente 
ma in considerazione anche della maggior estensione e comples


II

sit� che l'attivit� amministrativa e finanziaria deve assumere, per la 
generica previsione che una parte dei soggetti passivi dei tributi non 
adempia gli obblighi. che nascono dai rapporti tributari. Fuori di ogni 
relazione di corrispettivit�, lo Stato fa gravare, secondo il suo apprezzamento 
di politica finanziaria, il maggior costo dell'organizzazione 

I Itributaria, correlativo alla presenza della cennata categoria di trasgressori, 
a quei soggetti che via via si qualificano, con i loro comportamenti, 
facenti parte della categoria medesima, ed impone loro co�ttivamente 

I

una maggiore contribuzione che prende il nome di sopratassa. 

Questa, cos�, commisurata al tributo o ad un multiplo o ad una 
frazione di esso in modo uniforme e che prescinde del tutto dalla 
considerazione della persona del trasgressore, trova la sua ragione 

fil 

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f� 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1105 

ssere specifica non direttamente nella _relazione tra il soggetto pas


o ed un bene della vita che esprima una capacit� contributiva deter-� 
o.�ata del soggetto medesimo, ma principalmente nell'esigenza che sia 
:tituita un'entrata per la Finanza dello Stato, correlativa alla spesa 
la pi� complessa strutt�ra dell'organizzazione tributaria, imposta 
la mancanza di collaborazione di un certo numero di contribuenti 
l'adempimento dell'obbligazione tributaria vera e propria o di quegli 
>lighi strumentali che fanno parte del rapporto tributario. 
L'obbligazione della sopratassa, perci�, � legata all'obbligazione 
nposta da un rapporto di dipendenza, che implica la differenziazione 
itturale delle obbligazioni medesime: differenziazione che risulta 
:itutto dal fatto che il rapporto tributario � un presupposto dell'ob~
azione di sopratassa, mentre l'evento generatore di questa � nel 
o.portamento di trasgressione di determinate norme finanziarie. 

Ci� non toglie, per�, che anche l'obblig�azione di sopratassa sia di 
ura tributaria, nel significato pi� proprio e finalistico di contribu


o.e pecuniaria imposta coattivamente dalla legge in considerazione 
L'esigenza di reperire entrate per far fronte al costo dell'organizione 
statale. 
Di conseguenza perde ogni rilievo decisivo la osservazione, su cui 
particolarmente insistito il P. M., della diversit� di causa delle due 
1ligazioni. Anzitutto l'obbligazione tributaria ha per causa la sussi1za 
in concreto del presupposto di fatto al quale la legge riconnette 
o.ascita della obbligazione medesima: la capacit� contributiva � il 
iulo di concorso dei cittadini alle spese pubbliche, non, com'� stato 
:enuto, la causa della obbligazione di tributo. Ma il fatto che l'ob:
azione di sopratassa, diversamente da quella �di tributo, non trovi 
uo fondamento immediato in una manifestazione di capacit� contriiva, 
da una parte, non � di valore assoluto perch� il collegamento 
l'imposta implica che, sia pure non direttamente, nella misura. della 
ratassa si rifletta il presupposto economico dell'imposta, dall'altra, 
� significativo, perch� frequenti contribuzioni coattive sono imposte 
non solo legate a presupposti economici ma a sitpazioni o fatti di 

o ordine. 

Questa struttura della sopratassa, che si ricava dalla sua diffe-� 
dazione con le sanzioni penali o amministrative vere e proprie o 
li, dal rapporto di dipendenza e nello stesso tempo di complemento, 
risabile tra tributo o sopratributo, dalla ragione stessa della sopraimzione, 
� espressa in modo concludente dall'accennata disciplina noriva 
che attvae il regime giuridico della sopratassa in quello delposta 
cui aderisce sia quanto all'accertamento, sia quanto alla riscose, 
sia, infine, per ci� che attiene alla prescrizione del diritto dello 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Stato a percepirla, uniformit� di discipHna che sarebbe difficile spiegare 
se la sopratassa avesse un fondamento causale ed una spiegazione razionale 
diversa da quella del relativo tributo. 

Ci� stabilito, la questione proposta col mezzo di ricorso pu� dirsi 
risolta. Consegue, infatti, che quando l'art. 2771 c. c., disciplinando i 
privilegi inerenti ai crediti per il tributo fondiario ed altri tributi diretti, 
attribuisce privilegio ai crediti dello Stato per i detti tributi, si riferisce 
anche alla sopratassa, che � appunto un tributo ,inerente, sia pure nel 
concorso di presupposti_ speciali ed in modo non diretto, .al fatto economico 
generatore dell'imposta. Nell'ambito di tale norma di carattere 
generale, deve ritenersi parimenti che l'art. 65 del d. P. R. 9 maggio 

1950 n. 203, che approva il t. u. delle disposizioni riguardanti l'imposta 
straordinaria sul patrimonio, nello stabilire che il credito dello Stato 
per l'intero tributo ha privilegio speciale su tutti gli immobili facenti 
parte del patrimonio del contribuente alla data del 29 marzo 1947, 
attribuisce il privilegio anche alla sopratassa, nella natura sua di maggior 
tributo. 

Tale ultima norma, quindi, trova nella fattispecie in esame un'ap


plicazione diretta e testuale. 

Su tale punto dev'essere corretta la motivazione della sentenza 

impugnata, che ha ritenuto essere, invece, la sopratassa un accessorio 

del tributo e che ad essa dovesse estendersi il privilegio accordato al 

credito di imposta, sulla scorta dei principi posti anche dall'art. 2749 

c. c.; dando cos� applicazione analogica ad una norma di diritto singolare 
-quali sono tutte le norme sui privilegi -dato che l'art. 2749 
cit. limita l'estensione del privilegio alle spese ordinarie di intervento 
nel processo di esecuzione ed agli interessi (in determinati limiti temporali), 
locuzioni queste che non consentono alcun possibile riferimento 
alla sopratassa. 
Tale correzione � ammissibile in applicazione dell'art. 384 capv. 

c. p. c., essendo il dispositivo della sentenza conforme al diritto. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, :Sez. I, 30 dicembre 1968, n. 4082 -Pres. 
Jannuzzi -Est. Berarducci -P. M. De Maio (conf.) -Societ� 
Italiana Terreni Edilizi S.I.T.E. s.p.a. (avv. Lais) c. Ministero delle 
Finanze (Avv. Stato Masi). 

Imposta di registro -Associazione in partecipazione -Massa impo� 
nibile. 

(r. d., 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 81, tariffa ali. .!'i 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

:ngiunzione -Ingiunzione fiscale -Opposizione -Rigetto -Enuncia


zione nel dispositivo della condanna al pagamento dell'imposta 


�Duplicazione di titoli esecutivi -Esclusione. 

(t. u. 24 aprile 1910, n. 639). 
Nell'associazione in partecipazione la massa imponibile, ai fini del'
imposta di registro, � costituita dalla somma dei valori apportati 
laWassociante e dall'associato, senza che possa distinguersi tra beni 
~onferiti e apportati dall'associato e beni conferiti ed apportati dal'
associante, in quanto l'oggetto dell'imposta prevista dall'art. 81 tariffa 
~Z~. A r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 non � dato dai singoli beni 
~ell'associato o dell'associante, ma dal fenomeno economico giuridico 
~ella riunione dei beni deWassociante e dell'associato (1). 

Nel procedimento ingiunzionale, quando l'opposizione � respinta o 
~ichiarata inammissibile con sentenza passata in giudicato o provvisoiamente 
esecutiva, il titolo ese,cutivo � costituito pur sempre dal decreto 
ngiuntivo, con la conseguenza che, quand'anche la sentenza nel dispoitivo 
enunci nu.ovamente la condanna, non si verifica alcun� duplicaione 
di titoli esecutivi (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso della Societ� Italiana 
~erreni Edilizi, si denuncia la violaZione e la falsa applicazione del'
art. 81, All. A del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, con riferimento 

(1) La sentenza ih esame ricalca fedelmente le orme delle precedenti 
:mtenze Sez. Un. 18 febbr~J.io 1963, n. 391 (in questa Rassegna 1963, I, 85), 
febbraio 1947 n. 134 e 25 febbraio 1935, n. 2465. 
Deve segnalarsi che, ri�petendo quanto gi� affermato in tale ultima 

ronuncia, la Corte Suprema ha escluso che, agli effetti dell'applicabilit� 

ell'art. 81 tariffa All. A, il termine conferimento comprenda solo i trasfe


lmenti in propret�, a nulla rilevando che i beni appartengano all'uno 

d all'altro dei contraenti o, addirittura, che rimangano in. propriet� del


associante. 

� altres� da segnalare che gi� la sentenza n. 134 del 1947 aveva 

acificamente ammesso che della massa imponibile potesse far parte la 

somma degli atti in cui si � esplicata l'attivit� sociale come appalti, 

tvori, ecc .... �. 

Pertanto la sentenza annotata presenta indubbio interesse perch� 
)stituisce la conferma di un orientamento giurisprudenziale da tempo 
acifico e concorde sia per quanto riguarda i principi informatori del 
1tato art. 81 della tariffa all. A sia per quanto concerne le sue pratiche 
pplicazioni. 

(2) � noto che nel giudiZ!io di oppos1z10ne all'ingiunzione fiscale la 
inanza, assumendo le qualit� di parte convenuta, pu� proporre domanda 
convenzionale e dedurre l'esistenza di un diverso titolo a fondamento 
ell'ingiunzione (conf. Cass. Sez. Un 9 ottobre 1967, n. 2339 in questa 
assegna 1968, I, 90). In questo caso non sembra dubbio che al titolo 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alla nozione di societ� (art. 2247 c. c.) e di associazione in p�rtecipazione 
(art. 2549 c. c.). Si assume, in sostanza, che, nella ipotesi di 
associazione in partecipazione, non si verifica, come nella ipotesi della 
societ�, il conferimento, da parte di ciascun socio, di beni o servizi 
per l'esercizio in comune di un'attivit� economica allo scopo di dividerne 
gli utili, ma si verifica solo l'attribuzione, da parte dell'associante 
all'associato, di una partecipazione agli utili della sua impresa 

o dei suoi affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto. Ne 
consegue -si afferma -che nell'associazione in: partecipazione non 
si ha che un solo apporto, quello dell'associato, e che, pertanto, l'imponibile, 
ai fini dell'imposta di registro, � rappresentato unicamente dal 
valore di tale apporto. 
Con il secondo motivo, che va esaminato congiuntamente per la 
sua correlazione al primo, si censura la sentenza impugnata per insufficiente 
motivazione in ordine alla questione prospettata con detto primo 
motivo. 

Le censure sono infondate, 
Come gi� altre volte questa Corte Suprema ha affermato (cfr. sent. 


n. 391 del 1963; sent. n. 134 del 1947; sent. n. 2465 del 1935), nell'associazione 
in partecipazione la massa imponibile, ai fini dell'imposta 
di registro, � costituita dalla somma dei valori apportati dall'associante 
e dall'associato, senza che possa distinguersi tra beni conferiti o apportati 
dall'associato e beni conferiti o apportati dall'associante. 
Invero, pur essendo esatto che il concetto giuridico dell'associazione 
in partecipazione si differenzia da quello di societ� -in quanto 
che nell'associazione in partecipazione difetta un capitale sociale e 
manca la personalit� giuridica che caratterizza l'ente sociale -� tuttavia 
da rilevare che il concetto di conferimento, non solo nel diritto 
tributario ma pur anche nel diritto privato, ha un significato pi� ampio 

esecutivo costituito dall'ingiunzione, si sostituisca la sentenza che, pronunciando 
sulla domanda riconvenzionale, l'accolga. 

Quando ci�, come nel caso di specie, non si verifica mancando una 
domanda riconvenzionale, la relativa statuizione del giudice, anche se 
contenga nel dispositivo l'enunciazione della condanna al pagamento 
dell'imposta, giudica in sostanza della legittimit� o meno dell'ingiunzione 
la quale, pertanto, resta il solo titolo .esecutivo in virt� del 
quale l'Amm.ne pu� far valere la sua pretesa. In tale ipotesi infatti non 
si ha sostituzione dell'accertamento della relativa pretesa fiscale da parte 
del giudice, espressa mediante la sentenza che accoglie la riconvenzionale, 
ma resta fermo l'operato originario dell'Amm.ne che, come � noto, mediante 
l'ingiunzione ed in forza del potere di autoaccertamento delle proprie 
pretese, emette un atto amministrativo dotato di propria esecutoriet� 
che resta fermo a seguito dell'esito positivo del controllo di legittimit� 
da parte del giudice. 

R. SEMBIANTE 
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Ifil 
:: 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1109 

ii quello di trasferimento, riferendosi ad ogni .prestazione avente anche 
;olo valore di uso di un determinato bene. Ci� implica che i conferinenti 
considerati dall'art. 81 della Tariffa All. A della legge di registro, 
lrescindono dall'effetto giuridico del trasferimento, con la conseguenza 
:he a formare la massa imponibile agli effetti dell'imposta di registro 
mtrano tutti i mezzi necessari a conseguire lo scopo di lucro che 
.'associazione in partecipazione si .propone, e, pertanto, anche quei beni 
:he l'associante, pur conservandone la propriet�, ha destinato alla 
'ealizzazione dell'anzidetto scopo. Il che, come posto in rilievo da 
1uesta medesima Corte Suprema nella sopra citata sentenza n. 391 
lei 1963, corrisponde alla � ratio � dell'art. 81, in quanto l'oggetto 
lell'imposta da tale articolo prevista, non � dato dai singoli beni 
lell'associato o dell'associante, ma dal fenomeno economico-giuridico 
!ella riunione (anche solo, per quanto riguarda l'associante, sotto il 
>rofilo della semplice utilizzazione) dei beni e dell'associato e dell'as


ociante. 

Ci� considerato, esattamente la sentenza impugnata ha statuito 
he, allorquando, con il contratto di associazione in partecipazione, l'asociante 
conferisca un appalto precedentemente da lui assunto, il valore 
li questo costituisce oggetto della tassazione di cui all'art. 81 della 
:ariffa All. A della legge di registro. 

Con il terzo motivo si denuncia la nullit� della sentenza impu:
nata, per avere condannato la societ� opponente al pagamento delle 
omme pretese dall'Amministrazione finanziaria, laddove, nei giudizi 
.i opposizione a decreto ingiuntivo, se l'opposizione � rigettata, non 
.evesi emettere -ad evitare la duplicit� di titoli esecutivi aventi il 
ledesimo oggetto -un provvedimento di condanna, che � gi� insito 
.el decreto monitorio. 

Anche questo motivo � privo di fondamento. 
Invero, nel procedimento ingiunzionale, quando l'opposizione sia 
es.pinta o dichiarata inammissibile con sentenza passata in giudicato 

provvisoriamente esecutiva, il titolo esecutivo � costituito pur sempre 

al decreto ingiuntivo, con la conseguenza che, quand'anche la sen


~nza nel dispositivo enunci nuovamente la condanna, non si verifica 

lcuna duplicit� di titoli esecutivi. -(Omissis). 


I 


SEZIONE SESTA 

I 


GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


I 

CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. I, 28 settembre 1968, n. 2301 -
Pres. De Rosa -Est. Baroni -Comune di Roma (avv. Galanti) c. 
Impresa costruzioni Arioli (avv. Buffoni). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto a misura -Pretese 
dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi -Onere della 
riserva -Sussiste -Fondamento e portata -Operativit� dell'onere 
della riserva anche per le c. d. questioni generali e per i c. d. 
fatti � continuativi� -Sussiste. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 343 e 345; r. d. 25 maggio 1895, n. 350, 
artt.. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64, 89; Cap. gen. app. oo. pp..appr. con 
d. m. 28 maggio 1895, art. 41; Cap. gen. app. oo. pp. appr. con d. P. R. 16 luglio 
1962, n. 1063, art. 42). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori per fatto 
dell'Amministrazione committente -Domande dell'appaltatore Onere 
della riserva -Sussiste. 

(r. d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16 e 89). 
Secondo la disciplina legale e regolamentare dell'appalto di opere 
pubbliche la ratio dell'onere delLa riserva va identificata nella esigenza 
di apprestare a favore della stazione appaltante uno strumento continuamente 
operante di controllo permanente dell'andamento della 
spesa, onde il carattere generale di tale onere, valevole per qualsiasi 
pretesa dell'appaltatore a compensi maggiori o diversi da quelli riconosciutigli 
in contabiliti�, in relazione alle singole unit� di lavoro, ,sulLe 
quali si riflettono e si esauriscono, necessariamente, tanto le insorte 
questioni c. d. di interpretazione del contratto e di carattere generale, 
quanto i c. d. fatti continuativi. Rispetto a tali eventi, il predetto onere 
diviene operante ne�l momento in cui si rende manifesta la rilevanza 


-


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1111 

usale del fatto dannoso, secondo una valutazione da condurre con 
~dia diligenza e buona fede (1). 

Anche le domande comunque afferenti alla legittimit� della soensione 
dei lavori e alla sua du11ata devono essere piroposte dall'apltatore 
mediante riserva, da formulare quanto meno all'atto della 
ma del verbale di ripresa dei lavori e da ripetere nel Registro di 
ntabilit� alla prima presentazione del medesimo, successiva alla riesa 
dei lavori (2). 

II 

>RTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. I, 30 novembre 1968, n. 2790 -
Pres. Ciaccio -Est. Pinnar� -Fai!. Impresa costruzioni Lugnan� 
(avv. Riccioni, Balzarini) c. Istituto Autonomo Case Popolari della 
Provincia di Trieste (avv.. Messina) e Ministero Lavori Pubblici 
(avv. Stato Carusi). 

1palto -Appalto di opere pubbliche -Edilizia popolare ed economica 
-Appalto di costruzione di alloggi stipulato da un I.A.C.P. 
-Valore normativo regolamentare e non meramente contrattuale 
del Capitolato generale oo.pp. -Sussiste -Sopravvenienza 
del nuovo Capitolato approvato con d. P. R.16 luglio 1962, n. 1063 -
Apphcabilit� immediata dell'art. 51 Cap. gen. del 1062 circa la 
impugnabilit� della sentenza arbitrale peri nosservanza delle regole 
di diritto -Sussiste. 

(t. u. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 80; Cap. gen. oo. pp. appr. con d. P. R. 16 Iu-. 
glio 1962, n. 1063, art. 51). 
(1-4) Si consolida l'orientamento giurisprudenziale gi� espresso dalla 
'.te di Appello di Roma con la sentenza 19 ap:i:ile 1966, n. 666 (in questa 
isegna, 1966, I, 712). Perspicua nelil.a sentenza sopra riportata sub I la 
>struzione della ratio deU'istituto, nonch� la dimostrazione dell'errot� 
delle ragioni indicate dalla giurisprudenza arbitrale a giustificazione 
la teoria del fatto continuativo e delle c. d. riserve di carattere gene~. 
dimostrazione condotta anche mediante l'esatta identificazione della 
zione del registro di contabilit� e della peculiarit� della deteTminazione 
compenso contrattuale, comprensivo degli oneri dell'appaltatore conque 
connessi alla gestione dell'appalto. Su tali problemi v. DEL GRECO, 
tema di tempestivit� delle riserve, in questa Rassegna, 1964, 1179 ss.; ID., 
ervazioni sulla funzione del registro di contabilit� e sulla tempestivit�. 
te riserve, ivi, 1966, 711 ss. Quanto al riconoscimento della esatta fun1e 
del registro di contabilit� e della stretta interdipendenza tra fatta 
:i. continuativo e prezzi contabilizzati, v. gi�, rispettivamente, Cass., 
>ttobre 1965, n. 2290, in questa Rassegna, 1966, I, 710 (sub 1) e 717 (nella 
tivazione), e Cass., 4 dicembre 1967, n. 2869, ivi, 1968, I, 118 (sub 2) e 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretese dell'appaltatore a 
maggiori compensi o indennizzi -Onere della riserva -Fondamento 
e portata -Operativ;t� anche per i c.d. �fatti continuativi
� -Sussiste. 

La rinunzia all'impugnazione del lodo arbitrale di cui aU'ultima 
parte detl'art. 829 c. p. c., espressa cfoi contraenti mediante il rinvio al 
Capitolato generale oo. pp. del 1895, rimane operante pur dopo l'entrata 
in vigore del nuovo CClJpitolato generale del 1962 solo ove le norme 
del Capitolato generale oo. pp. siano applicabili al rapporto d'appalto 
considerato in virt� di mero richiamo pattizio, ma non anche quando 
trattasi di richiamo ex lege, com'� per gli appalti stipulati da un Istituto 
Autonomo Case popolari, nel qua.l caso la sopraggiunta no?"ma. 
p?"ocessuaie dell'art. 5.1 del Capitolato generale oo. pp. del 1962 � di 
immediata appiicazione (3). 

L'onere dell'immediata denuncia da parte deU'appaltatore di opera 
pubblica di ogni fatto che si inserisca con camttere di novit� nel co?"so 
dello svolgimento del rapporto (onere desumibile dal coUegamento di 
numerose noll"me� contenute nel Regolamento 25 maggio 1895, n. 350) 
deriva la sua inderogabilit� dall'interesse della P. A. di esiiere infbrmata 
di tutte le pretese dell'appaltatore atte a turbare l'e1quiUbrio economico 
del contratto con ripercuss.ioni incidenti su altri settori e, quindi, 
sulla realizzazione di altri programmi, ossia dalla necesst� di controliare 
la sussistenza e l'entit� dei fatti, allo scopo di eliminare le cause 
con adeguate iniziative ed impulsi, di valutare il pe1�manere della 
convenienza dell'appalto e di esercitare eventualmente la facolt� cU 
risoluzione di cui all'art. 345 l. 20 marzo 1865, n. 2~48, all. F, sui lavori 
pubblici. Tale onere viene ottemperato, sotto pena di decadenza, con 
l'immediata iscrizione della riserva nel Registro di contabilit� e la 

121 (nena motivazione), che, per�, non ne traggono }e illazioni di cui � 
foriero tale insegnamento, viceversa sviluppate dalla Corte di Appello 
romana con motivazione approfondita ed ineccepibile. L'insegnamento della 
Corte di Appello romana ha, perci�, gi� trovato inevitabile eco nella 
migliore giurisprudenza arbitrale, che, rifacendosi alla citata, perspicua 
sentenza n. 666 del 1966, ha avvisato che il sistema � informato -al duplice 
criterio della �coordinazione documentale� tra accertamento della situazione 
dannosa e denuncia e della � immediatezza temporale � della medesima, 
� traducentesi, per l'appaltatore, nell'onere di formulare le proprie 
riserve in occasione della prima sottoscrizione del registro di contabilit�, 
successiva al rilevamento del fatto che le d� causa � (cos�, bene, 
Lodo 17 marzo 1967, n. 18, Roma, in questa Rassegna, 1967, I, 328). La 
seconda sentenza sopra in rassegna (impugnata per cassazione dalla controparte) 
dichiara di accettare tali .concetti, epper� appare chiaro che il 
rinvio da essa fatto al momento � in cui il fatto generatore della maggiore 
spesa a carico della P. A. esaurisca la sua efficienza causale ., per stabilire 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1113 

mpestiva esplicazione deUa medesima, nella stessa sede, con l'indizione 
delle ragioni deLLa domanda e del suo importo in danaro. Palese 
~lazione delle norme vigenti in materia ed elusione della ratio del~
tituto comporterebbe la limitazione dell'onere della tempestiva de:
nzia del fatto generatore della maggiore spesa, col rinvio deLLa quanicazione 
della riserva al conto finale, il quale, essendo compilato 
ccessivamente all'ultimazione dei lavori, non pu� reintegrare l'Am
�nistrazione nell'esercizio dei presidi attuabili durante lo svolgimento 
l rapporto di appalto. Altrettanto arbitraria e contraria alla ratio 
ll'istituto sarebbe la limitazione de.U'onere della riserva alle sole 
mande conseguenti a contestazioni sulla contabiLizzazione di partite di 
iori o di somministrazioni fatte dall'appaltatore, con l'esclusione 
ile pretese relative a fatti dannosi. L'onere deUa riserva sussiste, 
iero, in relazione a qualsias.i pretesa di somme di danaro nei confronti 
tla P. A. appaltante e per i fatti continuativi esso diviene attuale 
t momento in cui il fatto generatore della maggio1�e spesa a carico 
!la P. A. esaurisca la sua efficienza causale, secondo un criterio tecni
�giuridico, che, nel dissenso delle parti, � stabilito dal giudice (4). 

I 

(Omissis) 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

A seguito di licitazione privata, l'Impresa di costruzioni dott. ing. 
mano. Arioli, in persona del suo omonimo titolare, �rimaneva aggiuataria 
dei lavori disposti dal Comune di Roma per la sistemazione 

tratto della via Leona:vdo da Vinci compreso tra via delle Sette 
lese e la via di Grottaperfetta. 

erativit� dell'onere deUa riserva, in caso di fatti dannosi continuativi, 
inteso allo stesso modo di cui alle precedenti sentenze 19 aprile 1966, 
�,55 (in questa Rassegna, 1966, I, 712) e 28 settembre 1968, n. 2301 (supra, 
'.l), ossia come riferimento al momento in cui la � relazione di causa ad 
tto diventa obiettivamente apprezzabile., di guisa che l'appaltatore 
sa � alla stregua di una valutazione condotta con media diligenza e 
mdo buona fede, avvedersi della esistenza di uria situazione in rapporto 

quale sorge la necessit� della riserva �. 

Particolarmente significativo nella ripetuta sentenza, sopra massi.
a sub II, �, peraltro, il riconoscimento che l'istituto dell'onere della 
rva deriva dalla � spinta di un'esigenza, che, sovrastando il regime 
ratistico dei comuni contratti d'appalto e le norme generali ad essi 
licabili, impone la sua tutela in quanto espressione di un particolare 
�resse di cui sono portatori lo Stato e gli Enti ad esso assimilati nell'osranza 
delle norme del Capitolato ., cosicch� la stessa sentenza perviene, 
ria di principio, all'accettazione del pi� generale concetto (su cui v. in 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il relativo contratto veniva stipulato a Roma, in forma pubblica 
pubblica amministrativa, il 14 luglio 1955 (reg. a Roma il 20 agosto 
dello stesso anno, al n. 1367, vol. 49/6, Atti 1publici) per un importo 
di lire 48.576.000, al netto del ribasso d'asta del 24, 10 % . 

I lavori venivano consegnati ed iniziati il 14 settembre 1955, ma 
venivano sospesi il 7 gennaio 1956, essendosi manifestata la necessit� 
di apportare alcune varianti al progetto, che, peraltro, comportavano 
solo una modificazione alla distribuzione dei lavori senza alcun aumento 
di spesa. 

La relativa perizia veniva approvata dal Consiglio Comunale il 
21 febbraio 1957, con deliberazione n. 455. 

Nelle more del relativo procedimentq si manifestava, altres�, la 
necessit� di provvedere al raddoppio della via Leonardo da Vinci (tra 
le vie G. Poli e Costantino) ed alla esecuzione di altre opere intese ad 
assicurare la continuit� del traffico, comportanti una maggiore spesa 
di L. 16.166.700, al netto del ribasso d'asta, giusta perizia in data 8 
aprile 1957, a1pprovata dalla Giunta Comunale con deliberazione del 19 
maggio 1958, n. 3714. 

Anche l'esecuzione di tali opere veniva affidata all'Impresa Arioli, 
la quale accettava di eseguire i lavori previsti dalle due perizie, con 
atti di sottomissione, rispettivamente, del 16 maggio 1956 e del 9 
aprile 1957. 

A seguito di ci�, ed esattamente con verbale in data 10 luglio 1958, 

veniva disposta la ripresa dei lavori, i quali venivano, poi,� ultimati il 

12 settembre 1958, nel termine di esecuzione del contratto protratto al 

22 settembre 1958. 

Il collaudo delle opeve veniva eseguito il 12 novembre 1960 ed 

approvato dal Comune con delibera commissariale del 10 novembre 

1961, n. 1303. 

questa Rassegna, 1968, I, 290, nota 1, ed ivi ulteriori rifeTimenti), secondo 
il quale la ragione di fondo della impossibilit� di ricondurre la disciplina 
degli appalti di ope-re pubbliche a quella dei contratti d'appalto stipulati 
tra privati sta nella impossibilit� di ridurre i primi nell'orbita dell'autonomia 
negoziale disciplinata dal codice civile. 

(2) Esatto corollario delle massime sub (1) e (4), di cui trovasi gi� 
perspicua applicazione nel citato Lodo arbitrale, 17 marzo 1967, n. 18 
(Roma), in questa Rassegna, 1967, I, 320. In argomento, v. anche DEL GRECO, 
In tema di riserva per sospensione dei lavori, ivi, 321 ss. 
.>
(3) Cfr. Cass., 18 marzo 1965, n. 461, in questa Rassegna, 1965, I, 413 
ed ivi riferimenti; v., anche, sull'immediata applicabilit� delle norme 
processuali del Cap. gen. oo. pp. appr. con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 
-fra cui � annoverato l'art. 51 -Cass., 9 aprile 1965, n. 623, in questa 
Rassegna, 1965, I, 414 e seg. In senso analogo alla massima, a proposito 
degli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzo-giorno o suoi concessionari, 
v. Cass., 6 settembre 1968, n. 2878, in questa Rassegna, 1968, I, 842. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1115 

L'impresa Arioli, all'atto della firma del registro di contabilit� per 
~missione dell'ottavo stato di avanzamento, formulava due riserve, 
dedendo, con la prima, il rimborso delle spese sostenute nel corso 
!Ha sospensione dei lavori, e con la seconda il rimborso delle spese 
!r i lavori eseguiti e da eseguire per la manutenzione stradale per 
tto il periodo della ritardata collaudazione. Tali riserve venivano, 
>i, ripetute dall'Impresa in occasione della firma del conto finale. 

Comune, con deliberazione della Giunta in data 15, gennaio 1964, 

213, respingeva entrambe le riserve. 

L'Impresa, allora, notificava al Comune, in data 15 maggio 1964, 
manda di arbitrato, formulando i seguenti quesiti da sottoporre al 
stituendo Collegio arbitrale: 

1) Dica il Collegio se spetti all'Impresa il pagamento della 
mma di L. 6.090.896, per oneri generali sostenuti durante la sospenme 
dei lavori di giorni 915, ordinata dalla Amministrazione nelle 
lre della approvazione di una perizia suppletiva e di variante, perizia 
sa necessaria dal fatto che le opere previste si rivelarono, in parte, 
n rispondenti n� qualitativamente n� quantitativamente a quelle 
cessarie per realizzare la sistemazione stradale oggetto dell'appalto. 

2) Dica il Collegio se spetti all'Impresa il pagamento della somma 

L. 3.128.400, relativa alla manutenzione delle opere nel periodo in
�corrente dalla data di scadenza del termine contrattualmente stabio 
per l'effettuazione del collaudo e la data in cui il collaudo � stato 
'ettivamente eseguito (L. 30 per mq. e per mese, per una superficie 
mq. 9.480). 
3) Dica il Collegio se spetti all'Impresa il pagamento degli inte


;si sulle somme che risulteranno dovute, interessi da conteggiare a 

rtire dalla data della domanda di pagamento. 

Il Collegio arbitrale, ritualmente costituitosi ai sensi del Capi


ato generale oo. pp., approvato con d. p. 16 luglio 1962, n. 1063, 

hiamato dal Capitolato del Comune, con lodo deciso il 27 giugno, 

toscritto il giorno 19 luglio e depositato presso la Cancelleria della 

etura di Roma il giorno 21 luglio 1966, provvedeva come segue: 

1) accoglieva per intero i capi di domanda contenuti nel primo 

1el terzo quesito e, per quanto di ragione, quello contenuto nel se


1do quesito. Conseguentemente: 

2) condannava il Comune di Roma a pagare all'Impresa Arioli 

somma complessiva di L. 8.176.496 e gli interessi, al tasso legale, 

tale importo, dal 15 maggio 1964 al saldo finale; 

3) condannava, altres�, il Comune di Roma a pagare all'Impresa 

ioli le spese della procedura arbitrale, comprese quelle per il fun


namento del Collegio arbitrale e per gli onorari agli arbitri. 

Avverso il lodo, reso esecutivo con decreto del Pretore di Roma 
21 luglio 1966 e notificato il 20 settembre dello stesso anno, i1 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comune, con atto notificato il 17 ottobre 1966, dichiarava di proporre 

� appello � dinanzi a questa Corte per i seguenti motivi: 
1) per quanto riguardava il primo que~ito, in via principale, 
il Collegio arbitrale aveva erroneamente respinto l'eccezione di improponibilit� 
della domanda per tardivit� della proposizione della relativa 
riserva; in via subordinata, doveva essere data prevalenza all'art. 24 
del Capitolato generale del Comune sulla corrispond~nte norma del 
Capitolato generale d'appalto P.er le opere di competenza del Ministero 
dei Lavori Pubblici, trattandosi di norma pattizia che tendeva ad assicurare 
al Comune una pi� rigorosa tutela dei propri interessi; 

2) per quanto riguardava il secondo quesito, il Collegio arbitrale 
era incorso in errore nell'interpretazione dell'art. 10 del Capitolato particolare 
d'appalto del Comune di Roma statuendo che all'Impresa 
spettava il risarcimento del danno per la manutenzione delle opere 
durante il periodo di rit~rdo del collaudo; 

3) ove l'appello fosse stato accolto, in relazione ai due precedenti 
motivi, la domanda contenuta nel terzo quesito sarebbe venuta automaticamente 
a cadere. 

Il Comune, pertanto, chiedeva che, in riforma della impugnata sentenza 
arbitrale, la domanda di arbitrato, per quanto riguardava il 
primo quesito, fosse dichiarata improponibile ed irricevibile; nel merito 
chiedeva, poi, che le domande contenute nel primo e nel secondo quesito 
_,. e di conseguenza nel terzo -venissero respinte. Con vittoria di 
spese, competenze ed onorari del giudizio. 

Istituitosi ritualmente il contraddittorio, l'Impresa convenuta chiedeva 
che l'impugnazione proposta dal Comune fosse dichiarata inammissibile 
e che, comunque, fosse rigettata � in toto ., con la conferma 
del lodo impugnato � con vittoria di spese, competenze ed onorari del 
giudizio. 

Il Consigliere istruttore, all'udienza del 18 maggio 1967, rimetteva 
la causa al Collegio, per la decisione, sulle conclusioni in epigrafe trascritte 
dei procuratori delle parti. 

All'udienza collegiale del 26 aprile 1968 la causa veniva trattenuta 
per sentenza. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

L'Impresa convenuta ha preliminarmente eccepito l'inammissibilit� 
della impugnazione proposta dal Comune in quanto questo, sia con 
la forma usata nell'atto di citazione che con la sostanza dell'atto stesso, 
ha inteso proporre � appello � avverso il lodo arbitrale anzich� lo specifico 
mezzo di impugnazione per nullit� previsto dall'art. 827 codice 
proc. civ.. 

Pi� dettagliatamente, l'Impresa ha formulato la sua eccezione sostenendo 
che il Comune ha pi� volte dichiarato di volere � appellare � 

I i 
~ 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1117 

rverso la decisione arbitrale, non ha dedotto specifici motivi di nul~
�, non ha concluso per la declaratoria di nullit�, ma esclusivamente 
~r la riforma della sentenza impugnata, chiedendo che fosse emessa 
~claratoria d'improponibilit� ed irricevibilit� della originaria domanda 
arbitrato e, comunque, che il II e III quesito fossero rigettati nel 
erito. 

A parere della Corte l'eccezione non � fondata. 

Il concetto dal quale l'Impresa convenuta ha preso le mosse nel 

llevare l'eccezione � indubbiamente esatto: invero l'impugnazione del 
do arbitrale per nullit�, ai sensi dell'art. 829 c. p. c., non d� luogo 
l un giudizio di appello che abiliti il giudice della impugnazione a 
esaminare nel merito la decisione degli arbitri, ma al cos� detto 
iudicium rescindens � consistente unicamente nell'accertare se susgta 
o meno taluna delle nullit� previste da quella norma come conguenza 
di errores in procedendo oppure (nell'ipotesi dell'ultimo coma) 
di errores in iudicando. 

Soltanto se il iudicium rescindens si conclude con l'accertamento 

una nullit� del lodo contemplata dal menzionato disposto di legge, 

possibile, ai sensi dell'art. 830 c. p. c., il riesame di merito della 

onuncia arbitrale, che forma oggetto dell'eventuale successivo iud~


llm rescissorium (Cass., Sez. Un., 2 febbr.aio 1966, n. 372). 

Senonch�, nella specie, pur essendo vero che il Comune, nel pro


11overe il presente giudizio di impugnazione del lodo, ha denominato 

tto introduttivo di esso � atto di appello � e nel contesto dell'atto 

dichiarato di � appellare � avverso il lodo, occorre, tuttavia, inda


re se, indipendentemente dalle espressioni usate e dalla forma data 

l'atto, il Comune abbia ugualmente inteso di promuovere il iudicium 

scindens nel senso sopra indicato e l'atto sia idoneo al raggiungi


~nto di questo scopo. 

Orbene, se si tiene conto che nell'atto, come premessa della dichia


zione d'impugnazione, si afferma che il lodo � stato � emanato in 

)!azione di precise disposizioni di legge e di principi generali di 

:itto � e si fa espresso richiamo all'art. 829, ultimo comma, c. p. c.; che 

nativi dedotti a sostegno dell'impugnazione attengono tutti a viola


mi di norme giuridiche, di modo che l'ambito di riesame del lodo, 

;to il profilo della legittimit�, resta ben precisato e limitato; che il 

idice adito � quello competente; che la vacatio in ius � rituale, non 

r dubbio che il Comune abbia inteso promuovere il giudizio di an


llamento del lodo e che l'atto introduttivo del giudizio stesso, indi


ndentemente dai vizi di forma dai quali � affetto, sia pienamente 

meo al raggiungimento di questo scopo. 

N� vale addurre in contrario che il Comune, formulando nell'atto 

sue conclusioni, ha chiesto la riforma anzich� l'annullamento del 

lo. 


1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infatti, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, affinch� 
una domanda possa ritenersi proposta in giudizio non � necessario che 
vi sia una istanza formale o una espressa manifestazione di volont�, 
specificamente contenuta nelle conclusioni, ben potendo la domanda 
stessa risultare implicitamente o indirettamente dalle deduzioni e richieste 
delle parti, dal cui contenuto sostanziale pu� essere legittimamente 
desunta (Cass., 18 aprile 1959, n. 1162). 

Sulla base di questo principio, qualora la volont� della parte di 
promuovere il .giudizio di annullamento del lodo risulti chiara, sia pure 
indirettamente, attraverso gli altri elementi dell'atto, sopraindicati, 
l'avere la parte anticipato, nelle conclusioni, le domande che avrebbe 
dovuto formulare nel iudicium rescissorium, qualora si fosse per lei 
favorevolmente concluso il iudicium rescindeins, non si pone in contrasto 
insanabile con la suddetta volont�, dovendo l'istanza di dichiarazione 
di nullit� del lodo ritenersi implicitamente contenuta nella deduzione 
che il lodo era annullabile ai sensi dell'art. 829, ultimo comma, 

c. p. c. per violazione di norme di legge e di princLpi generali di 
diritto. 
Ritenuta, cos�, l'ammissibilit� della impugnazione, la Corte deve 
passare ad esaminare la fondatezza dei motivi di nullit� del lodo addotti 
dal Comune. 

In ordine alla domanda contenuta nel primo quesito sottoposto al 
Collegio arbitrale, il Comune censura la sentenza arbitrale per avere 
respinto la eccezione di irricevibilit� della domanda per mancata tempestiva 
iscrizione della relativa riserva nel registro di contabilit�, essendo 
stata la domanda stessa prospettata in occasione dell'ottavo stato 
di avanzamento, dopo che, cio�, l'Impresa aveva firmato senza riserve 
e il verbale di sospensione e quello di ripresa dei lavori e ben sette 
stati di avanzamento, dei quali due formati in data successiva alla ri


1 

presa dei lavori. 

L'Impresa sostiene l'infondatezza del motivo di impugnazione in 
quanto -a suo avviso -la formale ammissibilit� della domanda di 
indennizzo non potrebbe trovare alcun ostacolo preclusivo nella non 
avvenuta iscrizione della relativa riserva nei documenti anzidetti, 
essendo essa relativa ad un indennizzo per sospensione derivante da 
fatto imputabile alla staziqne appaltante. 

La censura del Comune � -a parere della Corte -fondata. 

Invero, secondo un recente indirizzo giurisprudenziale, che ha trovato 
precisa puntualizzazione nel lodo 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) impresa 
Mellucci e/Ministero LL. PP. (in Rassegna Avvocatura Stato 
1967, I, 320), ove si acceda al concetto che l'iscrizione delle riserve � 
un onere di carattere generale, .certamente desumibile dal sistema 
normativo in materia (artt. 20, 21, 22, 23, 36, 37 Reg. 25 maggio 1895, 

n. 350; artt. 343, 345 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all F), l'effetto 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1119 

reclusivo della mancata iscrizione, nel verbale di ripresa, delle riserve 
.guardanti indennizzi per maggiori spese da sospensione dei lavori 
isposta dall'Amministrazione nasce come conseguenza necessaria ed 
teliminabile dalla stessa postulazione di principio. 

Questa muove dalla considerazione che l'anzidetto sistema autorizza 
t deduzione che lo scopo fondamentale delle disposizioni riguardanti 
t contabilizzazione dei lavori � costituito dall'esigenza �di permettere 
ll'Amministrazione committente di esplicare un continuo ed efficiente 
mtrollo della spesa �. 

Appunto nel quadro di questa volont� legislativa, volta ad a~sicu1re 
la registrazione analitica e tempestiva di ogni fatto dal quale 
~rivi per la pubblica Amministrazione committente un onere. finanario 
per l'esecuzione dell'opera pubblica, trova la sua collocazione 
mzionale l'onere posto a carico dell'appaltatore di tradurre in spefiche 
riserve, tempestivamente formulate, le sue pretese a compensi 
1aggiori'o diversi da quelli riconosciutigli in contabilit�, in relazione 
.le singole unit� di lavoro via via eseguite �. E, poich� � il sistema di 
.isurazione e determinazione del compenso globale dovuto all'appal.
tore si risolve nella misurazione e determinazione dei .prezzi conveiti 
per le singole unit� di lavoro, rimane fuori del sistema la possibilit� 

configurare ragioni di -compenso che a quell'onere siano sottratte. 
~mbra evidente che tanto le questioni cos� dette di interpretazione 
~i contratto quanto quelle cos� dette generali si riverberano tutte e 

esauriscono, a guisa di un fenomeno di riflessione dell'unica immane 
sulle pi� facce di un prisma, nelle singole unit� di lavoro, sicch� 
1ltanto attraverso la loro incidenza sul costo di questo, vengono a 
~terminare l'onere economico complessivo sopportato dall'appaltatore 
~r l'esecuzione dell'opera. 

N� alla regola si sottraggono le ragioni di compenso che l'appal


tore fa valere quando chiede un indennizzo per maggiori spese sop


>rtate in dipendenza del prolungamento dei lavori, dovuto a fatto 

~ll'Amministrazione, oltre il termine contrattuale: invero, le voci 

te in tal caso vengono in gioco (costo della mano d'opera e dei ma


riali; ammortamento degli impianti e del macchinario; spese di cu


odia e di manutenzione del cantiere; ulteriori spese generali) non 

mno, nel sistema di determinazione del compenso contrattuale, una 

levanza autonoma, ma si riflettono anche esse sui prezzi calcolati o 

tttuiti per le singole unit� di lavoro �. 

E pertanto � l'onere della riserva diventa attuale al momento in 

ii si rende manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della 

tuazione dannosa, secondo una valutazione condotta con media dili


mza e buona fede� (cfr. Corte Appello Roma, 10 marzo 1966, n. 666, 

.inistero LL. PP. e Impresa Labate, in Rassegna Avv. Stato, 1966, 

712). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secondo l'indirizzo sopra riassunto -il quale indirettamente 
consegue anche dalla giusta finalit� di sollevare l'Amministrazione 
non solo dal ris�hio di sottostare a possibili conseguenze di contestazioni 
ingiustificabilmente tardive,� ma anche dalla stessa necessit� di 
combatterle giudiziariamente dalla scoperta posizione in cui la porrebbe 
la problematicit� della ricostruzione a posteriori di situazioni di 
fatto praticamente esaurite -la finalit� essenziale dell'onere della 
riserva nasce dalla esigenza di apprestare, in favore della stazione appaltante, 
uno strumento continuamente operante atto a controllare in 
modo permanente l'andamento della spesa, onde contenerla nell'ambito 
della previsione o, comunque, non spingerla oltre i limiti di una giusta 
corrispettivit� e congruit�. 

� Ora, attribuendosi all'iscrizione delle riserve siffatta funzione essenziale, 
non v'ha dubbio che ad essa non possa negarsi, per logica 
conseguenzialit�, il carattere di onere generale, suscettibile solo di 
adempimento immediato rispetto a quelle situazioni che gi� si palesino 
come .generatrici di un danno ontologicamente apprezzabile e, quindi, 
senz'altro denunciabile. 

La stessa sospensione ~ei lavori, adunque, quando concreti -come 
nella specie -una situazione dannosa riconqscibile ed apprezzabile 
nel tempo stesso della interruzione, � da ritenere soggetta, ove si accolga 
il criterio cui ora ci si riferisce, all'onere della riserva, quanto 
meno in sede di verbale di ripresa, giacch� tale adempimento formale 
interviene quando il pregiudizio economico, ricadente sull'impresa, � 
gi� manifesto nei suoi elementi causali e determinativi essenziali. 

L'accettazione di tale criterio .pu� ritenersi di per s� risolutiva ai 
fini della tesi di inammissibilit� della domanda di cui al primo quesito 
sottoposto al Collegio arbitrale. 

Peraltro, anche una diversa e meno rigorosa visione del sistema 
porta a ritenere ugualmente necessaria -ad avviso della Corte -la 
iscrizione della riserva nel verbale di ripresa e, quindi, ad identica 
soluzione negativa della�questione di ammissibilit� della domanda. 

Invero, sebbene la legge non consideri espressamente la ipotesi che 
l'appaltatore firmi il verbale di ripresa senza riserva, � tuttavia da 
escludere che tale fatto rimanga senza effetto ai fini della possibilit� 
di far successivamente valere pretese patrimoniali derivanti dalla sospensione 
dei lavori. 

In base al sistema facente capo al combinato disposto degli artt. 16 
e 89 del Regolamento citato, l'appaltatore dovr�: 
a) normalmente, sottoscrivere i verbali di sospensione e di ripresa 
dei lavori; 
b) in caso ricusi la sottoscrizione, essere invitato a farlo in un 
perentorio termine; comminandosi, per la ipotesi di inottemperanza, la 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1121 

superabile presunzione di corrispondenza dei fatti alle registrazioni 
m sottoscritte; 

e) in caso di sottoscrizione con riserva, ripetere la riserva nel 
,gistro di contabilit� nei modi e nei termini di cui agli artt. 53 e 54 
dio stesso Regolamento, comminandosi, per la ipotesi di inottempenza, 
la radicale inefficacia delle riserve non ripetute. 

Ci� posto, non sembra contestabile, come � s_tato osservato, che 
la dichiarata perentoriet� del� termine da assegnarsi all'appaltatore, 
!l caso di mancato int,ervento alla firma (dei verbali) e la sanzione 
'lla inefficacia, espressamente comminata per le eccezioni e le doande 
proposte con rituale riserva (nei verbali stessi) ma non ripro>
ste nei registri di contabilit�, nei modi e nei termini (previsti dagli 
tt. 53 e 54 del Reg.) ben valgono a giustificare l'affermazione che la 
ma senza riserva dei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori 
eclude -al pari dell'inutile decorso del cennato termine di grazia 


facolt� dell'appaltatore di proporre utilmente eccezioni e domande 
munque afferenti alla legittimit� della sospensione e alla sua durata; 
;;endo ovvio che a eccezioni e domande non proposte con rituale e 
npestiva riserva debba negarsi -a fortiori -quella efficacia che 
Regolamento nega a eccezioni e domande proposte con rituale e 
npestiva riserva, ma non ripetute ritualmente e tempestivamente nel 
~istro di contabilit� (cfr. lodo arbitrale 19 dicembre 1962, Fallimento 
.presa Strovaggi e/Istituto Autonomo Case Popolari di Messina, in 

\.rbitrati e Appalti ., 1963, 201). 

Nella specie, l'Impresa, nel verbale di sospensione dei lavori del 

gennaio 1956, dichiar� di accettare la sospensione � senza riserve 

~une � e nel verbale di ripresa dei lavori del 10 luglio 1958 si astenne 

ll'introdurre alcuna riserva. 

Ben si intende, pertanto, come, anche seguendo questo secondo cri


io di interpretazione del sistema normativo sorreggente la materia 

!le riserve, debba pervenirsi ancora alla affermazione della inam


ssibilit� della domanda, siccome preclusa, per effetto della omessa 

rizione della relativa riserva nel verbale di ripresa dei lavori. 

N� diversa sar� la conclusione quando si avr� chiaro che tale 

~elusione sussiste, quanto meno, per effetto della mancata iscrizione 

la riserva in parola alla prima presentazione del registro di conta


lt�, successiva alla ripresa dei lavori; sussiste, cio�, anche secondo 

visione giuridica meno rigorosa del sistema in esame (cfr. lodo arbi


le 27 dicembre 1955, Impresa Fabbri e/Comune di Grosseto, in 

riurisprudenza oo. pp. ., 1955, I, 158) . 

. Invero, l'ultimo .comma del pi� volte citato art. 89 Reg. 1895 -cui 

via il ,precedente art. 16 che dispone, tra l'altro, sugli oneri for


li connessi alla sospensione dei lavori -dispone che le riserve e 

nande, eventualmente inserite in altri documenti, devono dall'ap



1122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

paltatore essere ripetute nel Registro di contabilit� nei termini e nei 
modi indicati dai successivi artt. 53 e 54. 

Questi prevedono, a loro volta, che sia le domande che le riserve 
debbono essere inserite nel registro di contabilit� � immediatamente 
di seguito � alle iscrizioni amministrative cui esse si riferiscono e sottoscritte 
nel giorno stesso della presentazione del Registro medesimo. 

Il principio che da tale sistema si trae sopperisce, senza dubbio, 
nell'assenza di una disposizione espressa, anche per la decisione della 
specie in esame, che (agli anzidetti fini di completezza) ora si pone 
nella prospettiva di questo ulteriore angolo visuale. 

Detto .principio, infatti, � palesemente informato al duplice criterio 
della � coordinazione documentale � tra accertamento della situazione 
dannosa e denuncia e della � immediatezza temporale � della medesima, 
traducentesi, per l'appaltatore, nell'onere di formulare le proprie 
riserve in occasione della prima sottoscrizione del registro di contabilit�, 
successiva al rilevamento del fatto che le d� causa. In definitiva, 
anche non condividendo nessuno dei due sovra esposti argomenti di 
ordine sistematico pi� generale, deponenti,� come si � visto, per la necessit� 
della iscrizione delle riserve da sospensione dei lavori nel verbale 
relativo o in quello di ripresa, quando la ragione del pregiudizio sia 
gi� definita, non sembra, tuttavia, possibile sottrarsi, in forza della 
meno rigida considerazione da ultimo fatta, alla conclusione che la 
suddetta necessit� di iscrizione sussiste, nella ipotesi anzidetta, quanto 
meno, per quel che riguarda il registro di contabilit�, alla prima sottoscrizione 
di esso, successiva all'obbiettivarsi della relazione causale tra 
la sospensione e il pregiudizio. 

Dalle considerazioni suesposte discende, come conseguenza, che 
la domanda di cui al primo quesito sottoposto al Collegio arbitrale non 
poteva essere accolta per intervenuta decadenza e che, pertanto, la 
contraria statuizione del Collegio stesso, essendo stata emessa in violazione 
delle norme di diritto sopra richiamate, rende nulla -ai sensi 
dell'art. 829, ultimo comma, c. p. c. -la sentenza arbitrale nella sua 
interezza. -(Omissis). 

II 

(Omissis) 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

Con contratto di appalto 3 maggio 1957 furono affidati dall'Istituto 
Autonomo per le Case Popolari di Trieste all'Impresa ing. Bruno Lugnani 
i lavori per la costruzione di n. 10 case con 76 alloggi in Poggio 

S. 
Anna di Trieste. 
I lavori fuvono ultimati il 3 febbraio 1959, con esclusione della casa 
n. 39, non costruita per l'indisponibilit� dell'area, e vennero collaudati 
in data 17 maggio 1960. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1123 

Nel corso dei lavori, in data 24 marzo 1958, l'Impresa present� 

collaudatore in corso d'opera un memoriale con cui si lamentavano 
anni per sospensioni dei lavori e ritardi nell'esecuzione dell'appalto, 
ddebitabili all'Lstituto appaltante. 

Nel conto finale l'Impresa inseriva riserva in cui, confermando 
uella iscritta il 25 novembre 1958 sul Registro di contabilit� n. 2 e 
,chiamando il memoriale 24 marzo 1958, richiedeva un indennizzo 
i lire 32.682.107 per danni subiti a causa � dell'irrazionale procedere 
ei lavori�. 

Il Consiglio superiore dei lavori pubblici, interpellato in sede con1ltiva, 
osservava preliminarmente che la riserva di cui al conto finale, 
llr tenendosi conto del memoriale presentato al �collaudatore in corso 
opera, non risultava trascritta conformemente a quanto disposto 
igli artt. 23, 54 e 64 del Regolamento 25 mag.gio 1895, n. 350 in 
ianto nel Registro di contabilit� non era stato indicato l'importo 
itale della richiesta. 

La stazione appaltante rigettava, pertanto, le richieste dell'Impresa. 

Essendo, questa, nel frattempo fallita, il curatoire del Fallimento, 
m atto 13 aprile 1963, proponeva giudizio arbitrale nei confronti sia 
~ll'Istituto appaltante che del Ministero dei Lavori Pubblici, chiedendo 

corresponsione della ripetuta somma di L. 32.682.107 per 1a pil'edetta 
LUsale. 

L'Istituto si costituiva in giudizio eccependo la decadenza della 
serva per inutile decorso dei termini ex artt. 23, 54 e 64 del citato 
egolamento, -l'improcedibilt� della domanda di arbitrato, formulata 
Lch'essa in modo generico att:r:averso il richiamo alla riserva tardiLmente 
prOfPOsta, ed infine J.a mancanza di Legittimazione passiva nei 
Loi confronti. 

Nel merito l'Istituto contestava la fondatezza della pretesa e pro


meva domanda riconvenzionale di condanna dell'Impresa al risarci


ento dei danni per ritardata esiecuzione dei lavori ad essa imputabile. 

Si costituiva, altres�, il Ministero dei Lavori Pubblici .e, dichia


ndo di accettare il contraddittorio nell'esclusiva veste di interventore 

:td adiuvandum �, deduceva l'inammissibilit� della domanda dell'Im


�esa per decadenza della riserva, precisando che, essendo stati i lavori 

Umati il 3 febbraio 1959 e disponendo quindi l'Impresa di ogni ele


ento necessario per determinare l'importo del compenso richiesto, ille


ttimamente essa se ne era astenuta, in palese violazione dell'art. 54 del 

~golamento dl 1895, provvedendovi, invece, con quasi un anno di 

;ardo, in sede di chiusura del1a contabilit� finale. 

Con lodo 16 maggio 1967, reso� esecutivo il 18 maggio 1967, il 

illegio Arbitrale rigettava la domanda proposta dal fal'limento nei 

nfronti dell'Istituto e del Ministero nonch� quella riconvenzionale 

oposta dall'Istituto nei confronti del Fallimento. 


1124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Avverso tale pronuncia il Fallimento ha prioposto impugnazione ex 

I


art. 829 c. p. c. con atto 19 luglio 1967; nstituto ed il Ministero si sono 
costituiti in giudizio resistendo all'impugnazione. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

� preliminare l'indagine sull'impugnabilit� del lodo �ai sensii dell'ultima 
parte dell'art. 829 c. p. c. 

Poich� col gravame sono stati dedotti unicamente � errores in iudicando 
�, sostiene l'Istituto che, dovendosi applicare alla specie le norme 
del Capitolato Generale 28 maggio 1895, in v1gore al momento della 
stipulazione del oontratto e da questo espvessamente :richiamate, l'impugnazione 
poteva essere proposta solo per � errores in procedendo � e 
non invece per � errores in iudicando �, non potendo andar violato l'articolo 
49 del Capitolato medesimo, il quale stabiliva che la sentenza 
arbitrale non era soggetta n� ad appello n� a cassazione. 

L'assunto � infondato, ma non precisamente per le ragioni prospettate 
dalla difesa del Fallimento. 

Infatti, sostenere che le norme del Capitolato generale del 1962 
aventi carattere processuale sono di immediata applicazione anche rispetto 
ai rapporti sorti anter1ormente alla loro entrata in vigore � tesi valida 
nelle ipotesi in cui sia fuori discussione il carattere obiettivo delle 
dette norme, ma non anche quando la loro efficacia derivi soltanto 
dalla volont� negoziale delle parti attravevso il loro richiamo in un 
contratto di appalto non interessante lo Stato. In casi come questo la 
rinuncia all'impugnaztone di cui all'ultima parte dell'art. 829 c. p. c., 
espr�essa dai contraenti attraverso il richiamo al Capitolato generale del 
1895 (che tale rinunzia contemplava in via generale), 1rimane operante 
pur dopo l'entrata in vigore del nuovo Capitolo generale del 1962, 
appunto perch� collegata alla volont� delle parti e non direttamente 
alla norma regolamentare. 

Il problema si pone, dunque, in termini� diversi, occorrendo stabilire, 
se, nel caso di appalti stipulati dall'Istituto per le case popolari, 
la statuizione negoziale sia, contrariamente all'assunto dell'Istituto, meramente 
ricognitiva di una disciplina legale che imponga l'applicazione 
delle norme del Capitolato generale statale. 

Una tale indagine porta a concludere che la clausola di cui all'articolo 
2 n. 5 del contratto stipulato con l'impresa Lugnani, secoodo la 
quale il rapporto veniva sottoposto alla normativa contenuta nel Capitolato 
del 1895, non � da considerare quale espressione della voJ.ont� 
dei contraenti nell'ambito della loro autonomia contrattuale, bensi come 
mera precisazione del regolamento giuridico cui il rapporto avrebbe 
dovutq per legge essere subordinato. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1125 

Infatti l'estensione della disciplina normativa del Capitolato genele 
dello Stato agli Istituti per le case popolari e l'inefficacia di 
eventuali pattuizioni in contrasto� sono espressamente sancite dalt,
rt. 80 del r. d. 28 aprile 1938, n. 1165. 

Da qui l'applicazione al contratto � de quo � delle nuove norme che 
,nsentono l'impugnativa del lodo anche per � errores in iudicando ., 
~rme che per il loro carattere processuale sono, come si � visto, di 
unedi.ata applicazione anche rispetto ai contratti stipulati anteriorente 
al 1� settembre 1962. 

Pur essendo ammissibile, l'impugnazione � infondata. 
Va rilevato, in proposito, che il lodo si � uniformato ai principi 
.unciati nella sentenza 19 aprile 1966, n. 666 di questa Corte e che, 

mancanza di particolarit� che consentano una divel'ISa impostazione, 
caso in esame deve essere risolto alla stregua del suddetto indirizzo, 
1 quale non vi sarebbe ragione di discostarsi, data la sua aderenza, 
L pure rigo11osa, alle norme di Legge e l'esatta individuazione dello 
)po che il legislatore ha inteso ;perseguire, sotto la spinta di una 
lgenza, che, sovrastando il regime privatistico dei comuni contratti 
appalto e le norme generali ad essi applicabili, impone la sua tutela 
quanto espressione .di un particolare inte!'esse di cui sono portatori 
Stato e gli Enti ad esso assimilati nell'osservanza delle norme del 

cpitolato. 

Invero, l'onere dell'immediata denuncia di ogni fatto che si inseri


l 
con ca,rattere di novit� nel corso dello svolgimento del rapporto, 

ere desumibile dal collegamento di numerose norme contenute nel 

:g. 25 maggio 1895, n. 350, deriva la sua inderogabilit� dall'interesse 

ila Pubblica Amministrazione di essere informata di tutte le pretese 

Ll'appaltatore, atte a turba.re l'�equiltbrio economico del contratto 

a ripercussioni incidenti �SU a'ltri settori e, quindi, sulla .realizza


�ne di altri programmi; ossia dalla necessit� di controllare la sus,sinza 
e l'entit� dei fatti allo scopo di eliminalre le cause con adeguate 
ziative ed impulsi, di va:lutare il permanere della conv.enienza della 
era pubblica e di esercitare eventualmente la facolt� di risoluzione 
Lcontratto di cui all'art. 345 della legge 20 marzo 1865, sui lavori 
bblici ( � mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del vafo.re dei 
1teriali utili esistenti in canti&e, oltre al decimo dell'importo delle 
~e non eseguite�). Facolt� che dall'Ammintskazione non pu� essere 
mta presente ai fini del suo concveto esercizio nei casi in cui il 
.ggior onere incide sensibilmente sulla spesa totale, ipotesi che ricoTre 
lla specie, posto che l'Impresa ha chiesto un indennizzo di lire 
682.107 
su una spesa inizialmente stabilita in lire 138.510.457. 
Vero � che, nello svolgimento del rapporto di appalto, di contro 
eventi che si manifestano istantaneamente e con immediatezza, pos10 
verificarsene altri la cui manifestazione avvtene per gradi, ma 


1126 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in taU situazioni l'onere della tempe,stiva riserva e dell'esposizione 
quantitativa del preteso indennizzo pi� che venir meno diventa attuale 
nel momento in cui il fatto generatore della maggiore spesa a carico 
della Pubblica Amministrazione esaudisca la sua efficacia casuale secondo 
un criterio tecnico-giuridico che, nel dissenso delle parti, � stabilito 
dal giudice. 

L'indirizzo di cui alla citata sentenza � stato favO!revolmente accolto 
dalla pi� r�ecente giurisprudenza arbitrale. Infatti con lodo 17 marzo 
1967 (in �Rassegna Avvocatura Stato ., 1967, I, 320) � stato affermato 
che, in caso di sospensione dei lavori, se l'appaltatore intende far valere 
pretese per i danni che assume causati da tale circostanza, � tenuto a 
formulare apposita riserva nel verbale di sospensione ed in ogni caso in 
quello di ripresa dei lavori, riserva da richiamare nel registro di contabilit� 
in occasione della prima registrazione successiva alla ripresa. E 
ci� �data la finalit� essenziale dell'onere della riserva nascente dalla 
es1igenza di uno strumento continuamente operante, atto a controllare 
in modo permanente l'andamento della spesa onde contenerla nell'ambito 
della previsione e non spingerla, comunque, oltre i limiti di una 
giusta comS1Pettivit� e congruit� �. 

L'art. 41 del Capitolato del 1895, applicabile, per questa parte, al 
caso di specie, posto che i fatti generatori della pretesa ebbero a verificarsi 
sotto il regime della vecchia noirmativa (la quale, peraltTo, per 
quanto riguarda l'art. 41, � stata sostanzialmente trasfusa nell'art. 42 
del Capitolato del 1962), stabiliva che le domande ed i reclami della 
impresa dovevano essere presentati ed inseriti nei documenti contabili 
nei modi e nei termini tassativamente stabiliti dal Reg. 25 maggio 1895 

n. 350, senza di che non avrebbero potuto essere presi in alcuna 
considerazione. 
Su tale nO!rffia fondamentale, come oggi sull'art. 42 del nuovo 
Capitolato, poggia l'inderogabilit� delle disposizioni del Regolamento, 
inderogabilit� di cui le precedenti considerazioni sono servite soltanto 
ad individuare la base reazionale, ,senza necessit� di convalidare la 
chiara forza cogente delle noirme. 

Tra queste, l'art. 53 impone che, di seguito alle iscrizioni nel registro 
di contabilit� delle pa.rtite di lavoiro e delle somministrazioni fatte 
dall'appaltatore, �abbia luogo l'.im:mediata iscrizione delle domande che 
l'appaltatore crede di fare, le quali debbono essere formulate e giustificate 
nel modo indicato dal �successivo art. 54. 

Il quale stabilisce che �se l'appaltatore ha firmato con riserva, 
egli deve nel termine di quindici giorni esplicare la sua riseirva, scrivendo 
e firmando nel registro le corriS1Pondenti domande di indennit� 
ed indicando con precisione le cifre di compenso cui crede di aver 
diritto e le ragioni di ciascuna domanda � ed aggiunge che � nel caso 
in cui !',appaltatore non abbia esplicato le sue riseirve nel modo e nel 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC., 1127 

mine sopra indicati, si avranno come accertati i fatti registrati e� 
ppaltatore decader� dal diritto di far valere, in qualunque tempo e 
)do, riserve e domande che ad essi si riferiscono �. 

Nel rigotre di un tale sistema si pone altres� la norma dell'art. 64 
~ conferma la decadenza sancita dall'art. 54, stabilendo che l'appai.
ore, a'll'atto della firma, non pu� iscriv,ere domande per oggetto e 
r importo diverso da quelle formulate durante lo svolgimento dei 
'Ori a termini dei precedenti articoli 53 e 54. 

Palese violazione di tali norme ed elusione dello scopo che con 
e si � inteso ;raggiungere consegu1rebbe da una tesi che limitasse 
11ere della riserva alla denunzia tempestiva del fatto ,generatore della 
,ggiore spesa e salvasse dalla decadenza, esplicitamente sancita dalla 
:ge, le situazioni in cui la quantificazfone dell'onere ( � cifr,e �di com1so 
� secondo l'art. 54, � importo delle riserve � secondo 'l'art. 64) 
usse esposta nel conto finale, il quale, essendo compilato successinente 
all'ultimazione dei lavori, non pu� reintegrare l'Amministrane 
nell'esercizio dei presidi attuabili durante lo svo'lgimento del 
>porto di appalto. 

Che la quantifkazione debba indicarsi nel Re1gistro di contabilit� 

desume anche dell'art. 89, che sancisce l'obbligo della trascrizione, 

suddetto registro, delle riserve e domande formulate in altri docu


nti; il che rende indivisiibile l'effettiva funzione del Registro, come 

:umento, che, a differenza di altri, quale il libretto delle misure, 

lo scopo di tenere informata l'Amministrazione non solo dell'origi


�io sviluppo dei lavori, ma, altresi, dell'insorgere di qualsiasi fatto 

mte ripercussioni di carattere economico a carico :dell'Amministra


ne medesima. E ci�, oltre che ai fini della pi� opportuna gestione 

bilancio pubblico, perch� non sia eluso il controllo .sull'operato 

rii stessi organi amministrativi. 

Le considerazioni di specie, 1svolte dal collegio arbitrale sulla 

e dei cennati principi, hanno portato a ritenere che nessuna riserva 

me validamente proposta dall'Impresa. 

In particolare, sono state disattese tutte quelle � inserite in suc


bo � in atti contabili diversi dal Registro di contabilit� ed in questo 

t ripetute nei modi e nei termini indicati negli articoli 53 e 54 del 

~olamento. 

'� il caso della sottoscrizione � con riserva di ogni diritto maturato 

) ad oggi � apposta dall'Impresa in calce all'oil'dine di servizio n. 1 

data 20 febbraio 1958. 

Parimenti dicasi delle riserve inserite nel conto finale (24 gen-


D 1960), in quanto diverse da quelle formulate in precedenza in. 

na del tutto generica. 

Cos� pure della riserva esposta nel memoriale al collaudatore del 

marzo 1958, alle quali ~ ha osservato il Collegio atrbitrale 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

avrebbe potuto riconoscersi valore, soltanto se, invece che genericamente 
richiamate, foss-ero state riprodotte nel Registro di contabilit�; 
ed infine della riserva iscritta nel detto Registrc:> in data 25 novembre 
1958, priva delle necessarie specificazioni in ordine all'ammontare 
del compenso richiesto e delle ragioni giustificatrici della richiesta 
stessa; omissioni nelle quali l'Impresa incorse, pur disponendo alla 
detta data di ogni elemento necessario per indicare l'importo del 
compenso richiesto sotto forma di maggiori oneri, elementi che erano 
a sua conoscenza quanto meno alla� data di ultimazione dei lavori 
(3 febbraio 1959). 

L'Impresa, nel memoriale al Collaudatore (24 marzo 1958), non 
aveva indicato il numero dei giorni per i quali riteneva che i lavori 
si fossero prolungati per ,colpa addebitabile alla stazione appaltante 
(la sospensione dei lavori non poteva essere riferita pr�suntivamente 
e senza alcuno motiv:azione a fatto colposo dell'Amministrazione), ma 
questo dato l'Impresa poteva sicuvamente indicare al momento della 
ultimazione dei lavori, senza attendere la compilazione del cooto finale, 
effettuata a distanza di quasi un anno. 

L'omissione, in sede di ultimazione dei lavori, degli elementi di 
informazione richiesti dalla legge rende inapplicabile al �aso in esame 
la teoria dei c.d. fatti continuativi, non potendosi affermare che al 
suddetto momento l'Impresa non fosse in condizione di provvedere alla 
indicazione di tutti i dati indispensabili per una precisa valutazione 
dell'entit� complessiva dell'onere economico apportato e del relativo 
indennizzo richiesto. 

Le censure .svolte dal Fallimento dell'Impresa nell'atto di impugnazione 
non contengono argomenti che debbano ricevere un'ulteriore 
confutazione. 

In particolare, anche a voler sostenere che le riserve di cui trattano 
gli artt. 53 e 54 del Regolamento sono soltanto quelle conseguenti a 
contestazioni di contabilizzazioni di partite di lavoro e di somministrazioni 
fatte dall'appaltatore (tesi che deve essere ripudiata in base 
alla ratio desumibile dalla coordinata interpretazione delle richiamate 
norme), l'Impresa avrebbe dovuto specificare 1e sue pretese derivanti 
da � danni subiti ex contractu � all'atto dell'ultimazione dei lavori, dovendosi 
decisamente respingere l'assunto difensivo (che 1si vuole fondato 
sulla giurisprudenza arbitrale), secondo cui, per quanto attiene ai fatti 
a carattere continuativo o connessi all'inter;piretazione di clausole contrattuali, 
la pretesa dell"appaltatore pu� essere avanzata in qualsiasi 
momento ed anche in sede contenZJiosa. 

Il quale criterio autorizzerebbe la violazione di qualsiasi altra 
norma del Capitolato e del Regolamento e, di conseguenza, la completa 
parificazione tra la normativa applicabile ai contratti di appalto per 
le spese pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici e 

y,I:.. 
-~ I 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1129 

lUella ispirata all'autonomia negoziale dei contratti, applicabile agli 
ppalti regolati dal codice civile. 
Pu�, quindi, concludersi che, in base alla esatta interpretazio,ne dei 

�rincipi sulle riserve (interpretazione spesse volte condotta dalla giuriprudenza 
arbitrale con criteri di eccessiva larghezza), l'Imipresa non 
�U� essere sollevata dalla decadenza, specie perch� alle omissioni fu 
�rovveduto in sede di conto finale, il quale venne compilato a molta 
.istanza dall'avvenuto completamento dei lavori. -(Omissis). 

SEZIONE S�TTIMA 

{ 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 giugno 1966, n. 1029 -Pres. 
D'Amario -ReL. Mosillo -P. M. Bracci (conf.). Rie. Losito. 

Impugnazioni -Omessa pronuncia del giudice di I grado sul reato 
concorrente -Declaratoria di amnistia del giudice di secondo 
grado -Inammissibilit� -Declaratoria di amnistia da parte della 
Corte di Cassazione. 

(c. p, p. art. 211, 591). 
.se ii giudice di primo grado si sia dimenticato di giudicare su di 
un reato concorrente contestato, il giudice d'appello non pu� prendere 
cognizione di quel reato neppure per dichiararlo estinto per amnistia, 
opponendosi a ci� la norma che impoqz,e .l'osservanza dei vari gradi di 
giurisdizione (1). ~� 

(Omissis). -Fondato �, per contro, il motivo primo con cui si 
deduce la illegittimit� della pronuncia della Corte di Bari dichiarativa 
dell'estinzione del reato di contrabbando in virt� dell'amnistia di cui 
al d. P. R. 24 gennaio 1963, n. 5. Poich� veramente, il giudice di ,primo 

(1) La prima parte della massima � ineccepibile: la dichiarazione di 
estinzione di un reato per amnistia, effettuata dal giudice di secondo grado 
di fronte al quale sia stata impugnata una sentenza che su quel reato 
abbia omesso di pronunciare, viola palesemente il principio dei vari gradi 
di giurisdizione tassativamente stabilito dall'art. 211 c. p p. n� � invocabile 
la norma che impone l'obbligo della declaratoria immediata di deter-� 
minate clausole di non punibilit�, perch� l'applicabilit� dell'art. 152 c. p. p. 
presuppone pur sempre che della cognizione di un reato il giudice sia 
investito, mentre ci�, nel caso esaminato dalla Cassazione, non poteva 
essere avvenuto per il giudice di appello. 
Perplessit� suscita invece l'ultima parte della massima: l'ultimo comma 
dell'art. 591 c. p. p. consente soltanto alla Corte di Cassazione quando, 
attraverso il ricorso, sia stata investita dalla cognizione di un reato previsto 
nel decreto di amnistia o di indulto, di provvedere direttamente con la 
sua sentenza, senza rinviare il giudizio al giudice del merito, per l'ovvia 
considerazione che, per far ci�, non occorre, di norma, una previa valu



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1131 

rado erasi addirittura dimenticato di giudicare sul detto, pur contetato, 
reato concorrente, � indubbio che, a stretto rigore delle regole 
rocessuali, il giudice di secondo grado non poteva prendere cognizione 
i quel reato neppure per dichiararlo estinto da amnistia e che, quindi, 
t decisione, bench� dichiarativa di tale causa di estinzione del reato, 
eve essere annullata in quanto illegittima per violazione del principio 
ell'osservanza dei competenti gradi di giurisdizione di cui all'arti)}
o 211 c. p. p .. 

Peraltro, essendo ci� che era impedito al giudice d'appello conmtito 
alla Cassazione in virt� dell'art. 591, terzo comma, c. p. p., que,'
ultima pu� e deve, nello stesso tempo che annulla il capo della senmza 
impugnata, far propria la decisione di declaratoria di amniia. 
-(Omissis). 

zione di elementi di fatto, tanto � vero che quando questa valutazione 
rende necessaria il rinvio si impone (v. ul1ima parte del terzo comma 
!ll'art. 591 c. p. p.). L'articolo per�, nel suo ultimo comma e nell'intero 
intesto, non sembra che attribuisca alla Cassazfone i poteri che questa 
t ritenuto di avere e che appaiono in violazione della norma di cui 
l,'art. 211 c. p. p.: cosi statuendo, la Suprema Corte ha pronunciato 

unico grado con inoppugnabile sentenza su di reato che nessun giudice 
merito aveva esaminato (poich� esattamente la sentenza d'appello � 
ita annullata senza rinvio). 

Sulla prima parte della massima, v. in senso conforme: Cass., Sez. II, 
giugno 1966, in Cass. Pen., 1967, 717, m. 1133; Sez. III 12 febbraio 1965, 
i, 1965, 928 m. 1655; S. U. 14 novembre 1964, ivi, 1965, 319 m. 554. 
dottrina v. SIRACUSANO, Sull'inosservanza del doppio grado di giuri


izione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1965, p. 234. 

P. D. T. 
)RTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 dicembre 1966, n. 3446 -Pres. 
Incoronato -Rel. Palma -P. M. conf. -Rie. Napoli. 

�ocedimento penale -Deposito provvedimenti del giudice ed avviso Notificazioni 
-Giudizio in contumacia -Nuovo difensore di ufficio 
in dibattimento sostituito a quello nominato col decreto di 
irreperibilit� -Avviso di deposito della sentenza -Notifica all'ultimo 
difensore. 

(c. p. p. artt. 128, 151, 170, 500). 
Ai fini della notificazione deUa sentenza contumaciale ad impu;
o frreperibile, l'avviso dell'avvenuto deposito in cancelleria delstratto 
della decisione deve essere notificato al difensore d'ufficio 


1132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I


presente al dibattimento e non a quello nominato con il decreto di irre~ 
peribiLit� (1). 

I 


I


(1) L'affermazione � conforme alla giurisprudenza costante della 
Suprema Corte: v. Sez. II, 13 gennaio 1964, in Cass. pen., 1964, 773 m. 1373; 
1 aprile 1966, ivi, 1967, 575 m. 868; 28 ottobre 1966, ivi, 1967, 1312 m. 2009; 
21 gennaio 1963, ivi, 1963, 625 m. 1073 ed. evidentemente, ispirata alla 
necessit� di un'efficiente difesa dell'imputato. 

Non altrettanto pu� dirsi invece di quell'altro indirizzo giurisprudenziale, 
secondo il quale si afferma non essere viziato da nullit� il provvedimento 
con il quale il magistrato abbia sostituito il difensore di ufficio, 
senza indicare le ragioni che nel caso concreto, hanno determinato la 
sostituzione: infatti l'art. 128 c. p. p. richiede esplicitamente la sussistenza 
di un � giustificato motivo � per la sostituzione, intendendo con ci� limitare 
il potere di sostituzione spettante al giudice e consentendone, nell'interesse 
dell'imputato, il controllo (v. Cass. 9 maTzo 1966, in Cass. pen., 1967, 
741 m. 1166). 

P. D. T. 
CORTE �DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 dicembre 1968, n. 1628 -Pres. 
Colli -Rel. Di Cataldo -P. M. Bracci (conf.) -Rie. Tarallo. 

Procedimento penale -Contestazione suppletiva -Imputati contumaci 
-Ordinanza di trasmissione de~li atti al P. M. -Inoppu~nabilit� -
Abnormit� -Non sussiste. 

(c. p. p. art. 445). 
L'ordinanza con la quale il Tribunale ordina trasmettersi gLi atti 
al P. M. per contestare agli imputati contumaci reati concorrenti e 
circostanze aggravanti � oggettivamente inoppugnabile e comunque non 
costituisce provvedimento abnorme (1). 

(Omissis). -Questo Supremo Collegio ritiene che il provvedimento 
sia oggettivamente inoppugnabile. 
Esso consta di due distinte pronuncie: l'una di rinvio del dibattimento 
a tempo indeterminato, l'altra di comunicazione degli atti al 

In tema di contestazione suppletiva ex art. 445 c. p. p. 

(1) Con questa ordinanza 1a Suprema Corte di Cassazione conferma 
un indirizzo giurisprudenziale, sull'esattezza del quale ci si � gi� trattenuti 
in questa Rassegna (1968, 346) in ordine alla possibilit� di ricorrere alla 
procedura speciale prevista dall'art. 445 c. p. �p. anche nell'ipotesi di imputato 
contumace, indi<J:izzo che peraltro � stato contrastato da affermazioni 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1133 

M. per la (eventuale) contestazione agli imputati (contumaci) di 
iti concorrenti e circostanze aggravanti. 
La seconda pronuncia non � in realt� una trasmissione degli atti 
1 processo de quo per il compimento di atti istruttori ad esso relativi, 
ns� semplice comunicazione di nuove emergenze processuali con la 
llecitazione alle conseguenti contestazioni e alla restituzione degli 
;i -compresi quelli contenenti le nuove contestazioni, se saranno 
1te fatte -. per la ev�entuale riunione dei giudizi ai sensi dell'artilo 
413 c. p. p .. 

Non ha per ci� carattere di provvedimento decisivo poich� non 
~ide n� sul rapporto processuale, n� sulla pretesa punitiva:� non del 

1risprudenziali meno recenti (Cass. 22 novembre 1963, in c. p. 1964, 339; 
luglio 1963, ivi, 1965, 86; 6 giugno 1963, in Giust. pen., 1965, III, 26 e 

I 

una parte della dottrina (GIANZI v. Contumacia, in Enciclopedia del 

�itto -v. Contumacia in Enciclopedia forense). Nel caso risolto dall'orianza 
che si annota, la difesa degli imputati aveva impugnato, ritendolo 
provvedimento abnorme, l'ordinanza dibattimentale del 27 giuo 
1968 con la quale il Tribunale di Milano, nella� contumacia degli I 
.putati, aveva ordinato trasmettersi gli atti al P. M. � perch� contesti 
:ettamente � dei reati concorrenti �e delle circostanze aggravanti e rinI 


wa il processo a nuovo ruolo. Affermava nel suo ricorso la difesa degli i 
:putati che taloe provvedimento, avendo disposto la regressione del I 
ocesso in una fase anteriore, fuori delle ipotesi di cu1 agli artt. 477 e 504 I 

�I

p. p. doveva considerarsi abnorme, in quanto pronunzia assolutamente 
I 

~ompatibile con il sistema processuale. I 
Infatti, richiesta da parte del P. M. la contestazione suppletiva, il Tri1nale, 
nella contumacia di tutti gli imputati, non avrebbe avuto altro 

1

nedio che quello di rinviare il processo a norma dell'art. 432 c. p. p., con 
nseguente emissione di un nuovo decreto di citazione contenente la itegrazione della contestazione. 

Nella requisitoria scritta, il Procuratore Generale aveva rilevato l'in11datezza 
del ricorso, ritenendo che l'ordine di trasmissione degli atti al 

M. era solamente una impropria formulazione della nece.ssit� di far 
:hiedere a quell'Ufficio nuovo decreto di citazione a giudizio per una 
ntestazione che comprendesse anche i reati concorrenti e le circostanze 
gravanti. La Suprema Corte, ritenuto che l'ordine di trasmissione non 
1plicasse alcuna regressione alla fase istruttoria, ha ravvisato l'inoppu.
abilit� del provvedimento con affermazioni tecnicamente ineccepibili 
. in senso conforme Cass. 3 maggio 1966, in c. p., 1967, 736, n. 1161, v. 
�SCHINI, Provvedimenti abnormi e loro impugnabilitd, in Riv. it. dir. 
n., 1951 p. 744 e solo nell'ultima parte della motivazione ha affrontato 
problema, che qui interessa rilevare, della piena legittimit� dell'ornanza 
con la quale si rinvia il processo a nuovo ruolo per l'emissione 
un nuovo decreto di citazione, che contenga la contestazione suppletiva 
'li imputati contumaci, ove il giudice del dibattimento ri<tenga non 


�portuni giudizi 
separati. 
� difficile dubitare dell'esattezza di questa statuizione -nonostante 
opinioni contrarie -di fronte ad una norma, come quella prevista 
1ll'art. 445 c. p.p., che non esclude la contestazione suppletiva all'im



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 
giudizio sospeso, al cui oggetto sono estranei i fatti e le circostanze 
a contestarsi; non del giudizio diverso, che potr� derivare dalle nuove 
contestazioni, perch� non ancora sorto il relativo rapporto processuale 

I::;

' 

fino a che non sar� stata esercitata l'azione penale. 

.

Codesta comunicazione di atti, che, per il suo contenuto � assimi


.

labile ad un rapporto qualificato dal giudice al P. M. circa nuove emergenze 
processuali non contestabili nella udienza ad imputati contumaci, 
appare per ci� non suscettibile di impugnazione. La quale �, del 
resto, da escludere, in virt� del principio di tassativit� delle impugnazioni 
poste dall'art. 190, primo comma, c. p. p., poich� la legge non 
prevede, contro tal genere di atti, alcun mezzo di integrazione. 

putato assente e non rappresentato e che stabilisce solo che la contestazione 
deve essere fatta -quando ricorrono gli estremi della norma senza 
che sia necessaria la previa istruzione e il previo interrogatorio 
dell'imputato (v. in questa Rassegna, 1968, 346). 

Sulla nozione di reato concorrente non v'� accordo in doHrina e giurisprudenza: 
cosi da taluni si sostiene che la contestazione suppletiva sia 
possibile in dibattimento solo per le ipotesi di concorso formale, perch� 
altrimenti non si spiegherebbe l'ipotesi del fatto nuovo non contestabile 
in udienza (v. LEONE, Trattato, II, 381; CA'vALLARI, Contestazione dell'accusa, 
in Enciclopedia del diritto; RANIERI, Manuale, 1960, 348), altri ritengono 
che occorra un rapporto di parziale identit� sulla base della stessa 
azione od omissione attribuita all'imputato (SABATINI Giur,., Principi II, 
151), altri ritengono che l'art. 445 � applicabile sia nelle ipotesi di concorso 
formale, sia in quelle di concorso materiale (MANZINI, Trattato, 
IV, 1956, 311) altri, infine, indicano come reato concorrente solo quello in 
rapporto di connessione teleologica (NUVOLONE, Contributo alla teoria 
della sentenza istruttoria penale, 1943, 76), mentre la giurisprudenza oscilla 
fra l'affermazione che, agli effetti dell'art. 445 c. p. p., deve considerarsi 
concorrente il reato che si trovi in qualsiasi rapporto di connessione con 
il fatto fondamentale dedotto nell'accusa (Cass. 12 aprile 1960, in Giust. 
pen., 1961, 18) e l'affermazione che con la locuzione concorrente il legislatore 
ha voluto riferirsi ai soli casi di connessione oggettiva indicati nel 

n. 2 dell'art. 45 (Cass. 20 maggio 1961, in c. p., 1961 850; 22 novembre 1963, 
ivi, 1964, 339). 
Sulla nozione di circostanza aggravante si discute in dottrina se sia 
tale ogni fatto che porta a un accrescimento della pena (BETTIOL, La cor.
relazione fra alcusa e sentenza nel proc. pen., 1936, 141; MANZINt, v. Atti 
.d'accusa, in Novissimo Digesto Italiano) o se debba intendersi la vera e 
�propria circostanza aggravante (v. CAVALLARI, op. loc. cit. il quale nota 
�come questa seconda tesi sia pi� accettabile, perch� altrimenti a �norma 
dell'art. 445 c. p. p. sarebbero contestabili ad es. l'uso della violenza per 
impossessarsi della cosa altrui o la morte della� vittima dopo la lesione, 
che viceversa sembra integrino le ipotesi previste e disciplinate dagli 
artt. 477 o 444 c. p. p.). 

Per quanto concerne l'abitualit�, la professionalit� e la tendenza 
a delinquere, la giurisprudenza ha talvolta ritenuto che non rientrano 
nel concetto di circostanza aggravante ex art. 445 perch� non modificano 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

L'altra pronuncia -rinvio del dibattimento a tempo indetermi.
to -incide ovviamente sul processo de quo, ma solo esteriormente, 
r ordinare nel tempo lo svolgimento del giudizio, fissando, per il suo 
izio, un momento diverso da quello in precedenza stabilito. 

Riguardata nel suo contenuto, essa appare caratterizzata da un 
~mento negativo (il giudice non procede al diba!timento, senza tutta:
i spogliarsi del processo); di tal ch�, alla stregua dei principi -che 
n consentono di ripristinare, per effetto di una pronuncia in sede 

gravame, la situazione processuale anteriore al provvedimento d�. 
tvio del dibattimento a tempo indeterminato, senza la reiterazione: 

forma tipica del reato n�, a differenza della recidiva, hanno influenza 
la pena (Cass. 14 giugno 1961, in c. p., 1962, 58 n. 86; 23 marzo 1961, 
, 1961, 704 n. 1503; 15 novembre 1963, ivi, 1964, 429, n. 714). In senso 
itrario si � espresso il SANS� (Correlazione fra imputazione contestata 
ientenza, 1953, 386) in q�anto la legge parla di circostanze aggravanti 
un'accezione comprendente la recidiva e quindi a maggior ragione fra 
~Ile vanno ricomprese le situazioni riconducibili alla recidiva, in quanto 
;erminate nel nucleo costitutivo di questa. 

Per l'affermazfone che l'abitualit� deve� essere contestata a norma 

l'art. 445 c. p. p. ma che l'omessa contestazione non produce nullit� 

l'intero giudizio, ma della sola declaratoria di delinquenza abituale: 

S. 
U. 7 dicembre 1963 in c. p., 1964, 428, n. 713; Cass. 11 marzo 1966, 
1966, 1249 n. 1846; 14 gennaio 1966, ivi, 1051, n. 1617; 13 dicembre 1965; 
691, n. 1114; 15 ottobre 1965, ivi, 881 n. 1378. 
Per quanto concerne la continuazione, si � affermato esattamente che 
~sta va contestata solo quando il fatto o i fa1;.ti legati dal nesso della 

1tinuazione non siano stati contestati. Se invece i vari fatti siano stati 

.testati, il giudice potr� ritenere la continuazione, senza necessit� di 

>rrere alla procedura disciplinata dall'art. 445 c. p. p. rientrando ci� 

potere riconosciutogli dall'art. 477 c. p. p. di dare al fatto in sentenza 

1diversa definizione giuridi�a (CAVALLARI, op. Zoe. cit.; Cass. 11 giugno 

5, in c. p., 1966, 472, 720). 

Contestato in udienza il reato concorrente, la persona offesa, gi� 

tituita parte civile per il reato principale, o non ancora costituita, 

r� ovviamente effettuare la costituzione di parte civile, se dal reato 

corrente ha subito danni, comportando la nuova contestazione la 

>ertura della fase predibattimentale. Peraltro quest'�ltima, secondo una 

recente sentenza del�a Cassazione (23 marzo 1953, in Riv. it. dir. pen., 

3, 386) dovrebbe intendersi definita con il fatto stesso della contesta


te, onde, concesso il termine a difesa e per questo motivo rinviato 

1rocesso, non sarebbe pi� possibile, nella nuova udienza, effettuare la 

.ituzione di parte civile. Tale soluzione � giustamente criticata dal 

CHINI (Costituzione di parte civile e contestazione suppletiva, in n 

attimento, 1956, p. 65) il quale osserva che la fase predibattimentale 

!)letiva dura fino a quando, scaduto il termine a difesa dei cinque 

ni, non si compiranno nuovamente le formalit� di apertura del dibat


mto di rinvio. Fino a questo momento � quindi possibile effettuale la 

ituzione di parte civile. 

PAOLO DI TARSIA 


RA.SSEGNA DELi:.'AVVO�ATURA DELLO STATO 

indispensabile degli atti preliminari al giudizio) riservati al giudice 
a quo -non appare ammissibile la impugnazione del provvedimento, 
del resto ostacolato, anche per questo tipo di atti, dal principio di 
tassativit� avanti cennato. 

Giova infine rilevare, quandanco il provvedimento nella struttura 
risultante dalle due pronuncie sopra esaminate fosse impugnabile, come 
non si possa parlare nella specie di provvedimento abnorme. 

L'atto non si pu� reputare manifestamente illegale e meno ancora 
manifestamente incompatibile con i principi del nostro ordinamento 
giuridico (caratteri qu~sti del c. provvedimento abnorme): giacch� 
l'una e l'altra pronuncia rispondono ad esigenze del processo (impossibilit� 
di contestare in udtenza ad imputati contumaci dei reati concorrenti) 
ed a fini di giustizia (opportunit� di evitare giudizi separati), 
il cui apprezzamento � demandato al giudice del dibattimento. Dal che 
discende la �conformit� dell'atto all'ordinamento vigente -come � 
stato altra volta ritenuto da questo Supremo Collegio (sent. 21 agosto 
1964, Sterlacci, c. p., III, 300) e la conseguente esclusione della 
qualifica dedotta dal ricorrente. -(Omissis). 


PARTE SECONDA 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


I


I


!


;

I 

DI RENZO, L'eccezione nel processo amministrativo, Jovene, Napoli, 
1968, pagg, 296. 

Il lavoro inizia con una ~mpia parte introduttiva. nella quale l'A.,. 
idiando il diritto processua1e amministrativo sotto il profilo delle sue 
lazioni con altre branche dell'ordinamento (diritto amministrativo ma
�iale, diritte;> processuale civile), conclude con l'affermarne l'autonomia 
sistematicit� tipologica. Ci� consente di dedurre, come pr.incipale con~
uenza, la legittimit� di un procedimento di interpretazione analogica 
e permetta l'integrazione di eventuali lacune normative sulla base dei 
lncipi del sistema stesso del processo amministrativo (c. d. interpretame 
analogica interna); senza, peraltro, che rimanga escluso, in via. 
;isidiar.ia e subordinata, il ricorso all'analogia con le norme di sistemi 
o.ilari, e principalmente dell'ordinamento processuale civile (c. d. inter~
tazione analogica esterna). 

Ci� premesso in via generalissima, il D. passa all'indagine specifica delggetto 
dello studio secondo una trattazione della materia in due dinte 
parti. 

Nella prima, l'A., dopo avere puntualizzato i concetti fondamentali del~
cezione come fenomeno processuale, pone e rdsolve in senso affermativo 
problema dell'ammissibilit� dell'eccezione in senso proprio nel processo 
.ministrativo, desumendola dalla struttura dialettica di quest'ultimo 
ne processo di parti (principi della domanda, del contraddittorio, delnpulso 
processuale di parte, della corrispondenza tra chiesto e pronunto). 
Quindi procede ad una analitica individuazione delle singole ecceni 
secondo H tipo del giudizio ne.I quale sono esperibili (di accertamento, 

esecuzione, di impugnazione): tra le altre sono parUcolarmente esami


;e l'acquiescenza al provvedimento impugnabile, la rinuncia alla possi


it� di instaurare il giudizio, la transazione fra le parti successiva alla 

�posizione del ricorsoo, l'eccezione di politicit� dell'atto impugnato, 

!cezione di cosa giudicata e quella di mancata formazione del silenzdo


uto per istruttoria in corso. 

La seconda parte � dedicata all'aspetto propriamente processuale del 

:ime dell'eccezione amministrativa. Dopo un interessante confronto tra 

,ezione, da una parte, ricorso incidentale, questioni ~egiudiziali e cosa 

.dicata, dall'altra, speciale attenzione viene rivolta alla applicabilit� 

processo amministrativo del principio dell'onere della prova (e, 

iprocamente, della possibilit� che esso venga invertito per effetto della 

�ticolare configurazione dei poteri istruttori del giudice). Lo studio, 

.ne, si conclude con una attenta esposizione della disciplina delle mo


it� di esercizio delle eccezioni nel processo amministrativo (di primo 

econdo grado) e con l'esame delle diverse ipotesi di preclusione delle 

ezioni. 

Si tratta, in definitiva, di un lavoro da segnalare all'attenzione del 

:ore sia per il rilevante interesse dell'argomento e sia per il rigore scien


~o deila trattazione, che � sorretta da un notevole apparato filologico 

i risolve sempre in forma lucidamente sintetica. 

U. GARGIULO 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

G. 
P. PRANDSTRALLER, Gli avvocati italiani. Edizioni di Comunit�. Milano, 
1967, pagg. 335. 
L'inchiesta sociologica condotta dal P. parte dalla considerazione dell'aspetto 
professionale dell'attivit� degli avvocati per giungere all'esame 
dell'interferenza di tale attivit� sull'applicazione delle norme e su altri 
problemi di\ sociologia giuridica. L'A. ritiene, infatti, che la formazione, 
l'etica, il costume, la cultura, la forma_ mentis professionale dell'avvocato 
incidono notevolmente sui modi di applicazione della norma .di legge, 
perch� dall:a seriet� o meno di quest'intermediario che s'interpone tra il 
litigante ed il giudice, dalla natura dei suoi interessi morali e dei suoi 
intenti nascerebbe una serie di conseguenze che possono riguardare l'efficacia 
del diritto, beninteso entro limiti compatibili con la reale importanza 
assunta dal lavoro legale in un determinato contesto. Di qui l'accentuazione 
dell'interesse del P. per la professione di avvocato ed il conseguente 
particolare approfondimento del rapporto tra il professionista ed il cliente. 

L'aspetto descrittivo della professione legale ha, dunque, molta parte 
nell'economia del lavoro in rassegna ma ci� non significa che quest'ultimo 
si sottragga allo scopo di stabilire la situazione degli avvocati italiani nel 
sistema in cui operano. Tale problema viene affrontato nella seconda 
parte del libro in modo esauriente ed a d�versi livelli. All'esame dei rapporti 
tra avvocati e sistema a livello dei valori politici e religiosi prevalenti 
nel sistema stesso, segue l'esame dei rapporti di cui sopra a livello del 
potere politico, sotto il profilo della partecipazione degli avvocati ai congegni 
inerenti. Conclude l'inchiesta l'indagine a livello delle istituzioni del 
potere giudiziario come studio del rapporto tra l'avvocato e l'apparato 
giudiziario e della funzione gpecifica dell'avvocato medestmo. 

Pur nella frammentariet� delle risultanze dell'inchiesta, il libro riesce 
a gettare sufficiente luce sulla situazione degli avvocati italiani nella 
.complessa realt� in cui vivono ed offre una rielaborazione critica dei dati 
.che non cade mai nella genericit� e nell'astratezza. 

L. M. 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE* 

NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice civile, art. 151 (Cause di separazione personale), secondo 
nma. 

Sentenza 19 dicembre 1968, n. 127, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
Ordinanza di rimessione 21 ottobre 1966 del tribunale di Genova, 

U. 14 gennaio 1967, n. 12, e in questa Rassegna, 1967, II, 14. 
codice penale, art. 559 (Adulterio), .primo e secondo comma (1). 

Sentenza 19 dicembre 1968, n. 126, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 

Ordinanze di rimessione 12 ottobre 1965 del tribunale di Ascoli 
:eno (G. U. 29 gennaio 1966, n. 25, e in questa Rassegna, 1966, II, 
, 18 febbraio 1966 del pretore di Biella (G. U. 21 maggio 1966, 
124, e in questa Rassegna, 1966, II, 154), 3 giugno 1966 del pretore 
Bologna (G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e 1n questa Rassegna, 
�6, II, 247), e 7 ottobre 1967 del pretore di Torino (G. U. 23 dicem


1967, n. 321, e in questa Rassegna, 1967, II, 232}. 

codice di procedura penale, art. 389 (Casi in cui si procede con 
uzione sommaria), terzo comma, nei limiti in cui esclude la sindailit�, 
nel corso del processo, detlla valutazione compiuta dal pubblico 
tistero sulla evidenza della prova. 

Sentenza 28 novembre 1968, n. 117, G. U. 30 novembre 1968, 

305. 
Ordinanze di rimessione 4 marzo 1967 del tribunale di Palermo 
U. 10 giugno 1967, n. 144, e in questa Rassegna, 1967, II, 103) e 
settembre 1967 del tribunale di Napoli (G. U. 25 novembre 1967, 
!94, e in questa Rassegna, 1957, II, 233). 
codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nullit� verifi:
si negli atti preliminari al giudizio), nella parte in cui prevede la 
itoria della nullit� di cui all'art. 412 del codice di procedura penale, 

(�) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai 
~ sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 559 del codice penale 
;tata dichiarata non fondata con sentenza 28 novembre 1961, n. 62. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in relazione al precedente art. 408, anche nei confronti della parte 
civile, dell'offeso dal reato e del querelante. 

Sentenza 20 dicembre 1968, n. 132, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 

Ordinanze di rimessione 10 dicembre 1966 e 24 novembre 1967 
del tribunale di Ferrara (G. U. 11 febbraio 1967, n. 38, e 24 febbraio 
1968, n. 50, e in questa Rassegna, 1967, II, 15 e retro, II, 11). 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria suLle successioni), 
�art. 66, nella parte per la quale la notificazione ad uno solo dei coobbligati 
solidali dell'accertamento di valore relativo ai beni caduti in 
successione, fa decorrere i termini per il'impugnazione giurisdizionale 
anche nei confronti degli altri. 
Sentenza 28 dicembre 1968, n. 139, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 

Ordinanza di rimessione 19 gennaio 1967 della commissione provinciale 
delle imposte di Catanzaro, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258, 
e in questa Rassegna, 1967, II, 189. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Te�sto unico deUe leggi di pubblica sicurezza), 
art. 114, secondo comma, limitatamente alla parte in cui vieta 
le corrispondenze e gli avvisi amorosi che non siano contrari al buon 
costume. 
Sentenza 28 novembre 1968, n. 120, G. U. 30 novembre 1968, 

n. 
305. 
Ordinanza di rimessione 30 marzo 1967 del tribunale di Milano, 
G. U. 19 agosto 1967, n. 208, e in questa Rassegna, 1967, II, 153. 
legge reg. sic. appr. 30 marzo 1967 (Integrazione del ruolo unico ad 
.esaurimento per i servizi periferici dell'amministrazione regionale, 
istituito con legge della Regione 20 agosto 1962, n. 23). 

Sentenza 9 dicembre 1968, n. 123, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 17 aprile 1967, G. U. 29 aprile 1967, n. 109, e in questa Ras.
segna, 1967, II, 73. 

legge reg. sarda 11 gennaio 1968 (Coincessione di un assegno a favore 
degli artigiani con carico familiare) (art. 81 della Costituzione) . 

Sentenza 28 dicembre 1968, n. 135, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri depositato il 4 
maggio 1968, G. U. 18 maggio 1968, n. 127, e retro, II, 101. 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

Codice di procedura penale, art. 98 (Opposizione alia costituzione 
della parte civile nel dibattimento) (artt. 3 e 24 della Costituzione), 
e art. 94 (Formalit� della costituzione di parte civile) (art. 24 della 
Costituzione). 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 225 

Sentenza 28 dicembre 1968, n. 136, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 

Ordinanza di rimessione 14 giugno 1967 del pretore di Livorno, 
~. U. 28 ottobre 1967, n. 271, e in questa Rassegna, 1967, II, 187 e 188. 

codice di .procedura penale, art. 349 (Regole per l'esame testimonia~), 
ultimo comma, prima parte (artt. 109 e 3 della Costituzione). 

Sentenza 28 novembre 1968, n. 114, G. U. 30 novembre 1968, 
' 305. 
Ordinanza di rimessione del giudice istruttore del tribunale di 
orino, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in q�esta Rassegna, 1966, 
' 154. 

codice della navigazione, artt. 1238, 1240, 1242, 1243, 1245 e 1247 (disp. 
ans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione). 

Sentenza 19 dicembre 1968, n. 128, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
Ordinanza di rimessione 2 marzo 1967 del pretore di Amalfi, 

U. 13 maggio 1967, n. 120, e in questa Rassegna, 1967, II, 104. 
legge 16 giugno 1932, n. 973 (Riposo settimanale e festivo nel comercio 
ed orari dei negozi ed eserciZli di vendita), art. 2 (artt. 3, 39 e 
., terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 20 dicembre 1968, n. 133, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 

Ordinanze di rimessione 29 settembre 1966 del pretore di Palma>
va, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e in questa Rassegna, 1967, II, 16 
rtt. 41, ultimo comma, e 39 della Costituzione), e 19 gennaio 1968 
~1 pretore di Firenze, G. U. 4 maggio 1968, n. 113, e retro, II, 97 
rtt. 3, 39 e 41, ultimo comma, della Costituzione). 

d. 
P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
rette), 
art. 207, lett. b (art. 113 della Costituzione) (2). 
Sentenza 20 dicembre 1968, n. 129, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
Ordinanza di rimessione 1'0 marzo 1967 del pretore di Viareggio, 

U. 24 ottobre 1967, n. 271, e in questa Rassegna, 1967, II, 192. 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
rette), art. 209, secondo comma (artt. 24 e 113 della Costituzione). 
Sentenza 28 dicembre 1968, n. 138, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
Ordinanza di rimessione 20 febbraio 1967 del pretore di Omegna, 

U. 13 maggio 1967, n. 120, e in questa Rassegna, 1967, II, 106. 
legge reg. sic. 23 febbraio 1962, n. 2 (Norme per il trattamento di 
~iescenza, previdenza ed assistenza del personale della Regione), 

(2) In riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione � stata dichiata, 
con la stessa sentenza, manifestamente infondata. La questione, infatti, risulta 
' riconosciuta non fondata con le sentenze 16 giugno 1964, n. 42 (artt. 24, primo 
mma, e 42, secondo comma, della Costituzione) e 26 novembre 1964, n. 93 (artt. 3 
12, terzo comma della Costituzione). 

226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

art. 4, primo, sec�ondo e terzo comma, modificato dall'art. 6, secondo comma, 
della legge regionale 1 � febbraio 1963, n. 11, e art. 31, integrato 
dagli artt. 6, primo e secondo comma e 9 della legge regionale 1� febbraio 
1963, n. 11 e dalla legge regionale 5 ottobre 1965, n. 25 (artt. 3, 
primo comma, 36 e 97 della Costituzione). 

Sentenza 9 dicembre 1968, n. 124, G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. 
Ordinanza di rimessione 4 luglio 1967 della Corte dei conti, sezione 
giurisdizionale per la Regione siciliana, G. U. 28 ottobre 1967, 

n. 271, e in questa Rassegna, 1967, II, 194. �� 
I


NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 145 (Doveri del marito), primo comma, e art. 156 
(Effetti della separazione), primo comma, in quanto nella determinazione 
dell'assegno a carico del marito, in ipotesi di separazione giudiziale, 
si prescinde dalle condizioni economiche della moglie (artt. 3, 
primo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione) (3). 

Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 9 ma,ggio 
1968', G. U. 14 dicembre 1968, n. 318. 

codice civile, art. 314/4 (inserito dall'art. 4 della legge 5 giugno 
1967, n. 431), ultimo comma, in quanto consente la declaratoria di adottabilit� 
per i minori di et� superiore agli otto .anni solo per il caso ch� 
la segnalazione dello stato di abbandono sia intervenuta prima del compimento 
degli otto anni, con disparit� di trattamento tra i minori a 
seconda che lo stato di abbandono sia stato segnalato prima o dopo il 
compimento degli. otto anni (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di. Milano, ordinanza 14 ottopre 1968, 

G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
codice civile, comb. disp. art. 407 (Divieto di affiLiazione) e art. 350, 

n. 5 (Incapacit� all'ufficio tutelare), in quanto impedisce al fallito di 
affiliare i propri figli adulterini (art. 30, primo e terzo comma, della 
Costituzione). 
Giudice tutelare di Milano, ordinanza 27 luglio 1968, G. U. 14 
dicembre 1968, n. 318. 

(3) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 145, primo comma, 
del codice civile � stata dichiarata non fondata, con riferimento all'ipotesi di separazione 
di fatto, con sentenza 12 dicembre 1967, n. 144. 
L'art. 156, primo comma, del codice civile � stato dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, � neila parte in cui pone a carico dei marito, 
in regime di separazione consensuaie senza coipa di nessuno dei coniugi, L'obbiigo di 
somministrare aUa mogiie tutto ci� che � necessario ai bisogni deUa vita, indipendentemente 
daUe condizioni economiche di costei ., Analoga questione � stata poi 
numerose volte proposta per l'ipotesi di separazione per colpa del marito (v. retro, II, 
140 e 43, nota 1, e in questa Rassegna, 1967, II, 230, 186 e 15). 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice penale, disp. trans., art. 57, in quanto prevede la possibilit� 
li non applicare l'art. 213 del codice penale nella parte in cui dispone 
!he il lavoro del condannato � remunerato (artt. 36 e 27 della Costiuzione). 


Corte di assise di Torino, ordinanza 18 giugno 1968, G. U. 14 di:
embre 1968, n. 318. 

codice di procedura penale, art. 128 (Nomina del difensore d'ufficio 
~ll'imputato), primo e secondo comma, in quanto, in relazione alla norma 
;he condiziona l'ammissione al gratuito patrocinio alle iniziative del'
interessato (art. 18 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282), impone al'
imputato non abbiente, che non sia stato preventivamente ammesso, 
.nche se per cause non imputabili a sua colpa, al gratuito patrocinio, 
li pagare il difensore di ufficio, con le dannose conseguenze che la 
tisolvibilit� dell'imputato non abbiente comporta, nella prassi, quanto 

Ila garanzia di una effettiva difesa dinanzi al giudice penale (artt. 24, 
�rzo e secondo comma, e 3, secondo e primo comma, della Costiuzione). 


Giudice istruttore del tribunale di Vercelli, ordinanza 12 agosto 
968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305 (4). 

codice di procedura penale, art. 134 (Nomina dei difensori di fiduia), 
sec�ondo' comma, nella parte in cui definisce grave infrazione discilinare 
per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria ricevere la no1ina 
del difensore di fiducia, in quanto consente alla polizia giudilaria 
di procedere all'interrogatorio del querelato senza l'osservanza 
ell'art. 390 del codice di procedura penale (artt. 24, secondo comma, 

3, primo comma, della Costituzione) (5). 

Pretore di Recanati, ordinanza 12 ottobre 1968, G. U. 14 dicembre 
~68, n. 318. 

(4) Con la stessa ordinanza il giudice istruttore del tribunale di Vercelli, pur 
mdo atto della irrilevanza della questione nel processo in trattazione, ha proiettato, 
per l'ipotesi che la Corte costituzionale ritenga di pervenire ad una declararia 
d'illegittimit� costituzionale ai sensi dell'art. 27, ultima parte, della legge 
, marzo 1953, n. 87, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 1 del r. d 
I dicembre 1923, n. 3282, 128, secondo comma, del codice di procedura penale, e 4 
olle relative disposizioni di attuazione, in quanto non predispongono, a favore dei 
m abbienti, mezzi idonei che garantiscano loro l'effettiva possibilit� di agire e difenorsi 
avanti alle autorit� giurisdizionali, e in particolare avanti al giudice penale 
.rtt. 24, terzo e secondo comma, 35, primo comma, 3, primo e secondo comma, 23 
53 della Costituzione): questione dichiarata non fondata, sotto analogo profilo, e 
'r quanto concerne gli artt. 128, secondo comma, e 131, secondo comma, del codice 

procedura penale, con sentenza 22 dicembre 1964, n. 114 (art. 24, terzo comma, 
35, primo comma, della Costituzione), e riproposta recentemente, per gli artt. 
8 e 130 del codice di procedura penale, e 4 e 5 delle relative disposizioni di attuame, 
e in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione, dal pretore di 
,ma (ordinanza 17 aprile 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248, e retro, II, 186, 
9, 191). 

(5) Con sentenza 5 luglio 1968, n. 86 la Corte costituzionale ha dichiarato la 
egittimit� costituzionale degli articoli 225 e 232 del codice di procedura penale, 


228 llASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATU 

codice di procedura penale, art. 222 (Atti concernenti l'arresto; assi


I


curaziane del corpo del reato), secondo comma, in quanto consente alla 
polizia giudiziaria di procedere ad operazioni di sequestro senza l'osservanza 
delle norme stabilite dagli artt. 390 e 304-quater del codice 
di procedura penale (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (5). 

Tribunale di Livorno, ordinanza 19 settembre 1968, G. U. 14 dicembre 
1968, n. 318 (6). 

codice di procedura penale, art. 501 (Comparizione del contumace), 
primo comma (nell'inciso � prima che sia cominciata la discussione fiscale 
�) e quinto comma, in quanto nc:m consente l'interrogatorio del contumace 
comparso dopo l'inizio della discussione finale (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione, seconda sezione penale, ordinanza 22 maggio 
1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305. 

codice di procedura �penale, art. 544 (Giudizio di 'rinvio dopo annullamento), 
primo comma, in quanto preclude ogni discussione nel giudizio 
di rinvio sulla competenza attribuita con la sentenza di annullamento 
(art. 25 della Costituzione). 

Tribunale di Benevento, ordinanza 21 ottobre 1968, G. U. 28 dicembre 
1968, n. 329. 

codice di procedura penale, art. 546 (Impugnabilit� della sentenza 
del giudice di rinvio), primo comma, in quanto vincola il giudice di rinvio 
al giudizio espresso dalla Corte di cassazione nella risoluzione di 
questioni di diritto (art. 101, secondo comma, della Costituzione), e 
determina una distinzione tra magistrati non fondata solo sulla diversit� 
delle funzioni (art. 107, terzo comma, della Costituzione). 

Pretore di Massa, ordinanze 20 giugno 1968 (quattro), G. U. 14 
dicembre 1968, n. 318. 

codice di procedura penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), 
art. 4, in quanto, nel disporre la gratuit� della difesa di ufficio solo 
per gli imputati in condizioni di essere ammessi al gratuito patrocinio, 
ed in relazione alla norma che condiziona l'ammissione al gratuito patrocinio 
alla iniziativa dell'interessato (art. 18 del r. d. 30 dicembre 

� nella parte in cui rendono possibile, nelle indagini di polizia giudiziaria ivi previste, 
il compimento di atti istruttori senza l'applicazione degli articoli 390, 304 bis, ter e 
quater del codice di procedura penale �. 
(6) Con la stessa ordinanza il tribunale di Livorno ha dichiarato irrilevanti, 
ai fini del giudizio in trattazione, le questioni di illegittimit� costituzionale degli 
artt. 224 del codice di procedura penale, 33 e 35 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, 
e 49 del d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito nella legge 19 giugno 1940, n. 762: questioni 
prospettate dalla parte nel rilievo che le indicate disposizioni consentirebbero 
l'espletamento di atti istruttori direttamente utilizzabili nel processo, senza garanzie 
per i diritti della difesa (art. 2t, secondo comma, della Costituzione). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 229 

L923, n. 3282), � impone all'imputato non abbiente, che non sia stato 
;>reventivamente ammesso, anche se per cause non imputabili a sua 
!olpa, al gratuito patrocinio, di pagare il difensore di ufficio, con le 

I

;>regiudizievoli conseguenze che la insolvibilit� dell'imputato non: ab


!

Jiente comporta, nelle prassi, quanto alla garanzia di una effettiva di:
esa dinanzi al giudice penale (artt. 24, terzo e secondo comma, e 3, 
iecondo e primo comma, della Costituzione). 

i 

Giudice istruttore del tribunale di Vercelli, ordinanza 12 agosto 
L968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305 (7). 

codice della navigazione, art. 1304 (Norme applicabili al personale 

I

irruolato), in quanto mantiene in vigore l'art. 1 del r. d. 1. 6 febbraio 
L936, n. 337, che esclude i marittimi dalla sfera di applicabilit� delle 
eggi sull'impiego privato (art. 39 della Costituzione). 

Corte di cassazione, seconda sezione civile, ordinanza 31 maggio 
l968, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo unico delLe leggi sul gratuito 
>atrocinio), art. 18, primo e secondo comma, in quanto condiziona l'amnissione 
a~ gratuito patrocinio alle iniziative della sola parte interes:
ata (precludendola alle persone affette da nimia rust�citas o da infernit� 
mentale) e ad adempimenti e formalit� che rendono necessario, 
li fatto, l'oneroso ricorso all'opera di un legale (art. 24, terzo comma, 
!ella Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Vercelli, ordinanza 12 agosto 
.968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305 (7). 

r. d. 28 maggio 1931, n. 601 (Disposizioni di coordinamento e tranitorie 
per il codice penale), art. 57, in quanto prevede la possibilit� 
li non applicare l'art. 213 del codice penale nella parte in cui dispone 
:he il lavoro del condannato � remunerato (artt. 36 e 37 della Cotituzione). 
Corte di assise di Torino, ordinanza 18 giugno 1968, G. U. 14 diembre 
1968, n. 318. 

r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di 
>rocedura penale), art. 4, in quanto, nel disporre la gratuit� della difesa 
li ufficio solo per gli imputati in condizioni di essere ammessi al grauito 
patrocinio, ed in relazione alla norma che condiziona l'ammisione 
al gratuito patrocinio alla iniziativa dell'interessato (art. 18 del 
. d. 30 dicembre 1923, n. 3282), impone all'imputato non abbiente, che 
ton sia stato preventivamente ammesso, anche se per cause non impuabili 
a sua colpa,. al gratuito patrocinio, di pa.gare il difensore di uficio, 
con le pregiudizievoli conseguenze che la insolvibilit� dell'im1utato 
non abbiente comporta quanto alla garanzia di una effettiva di(
7) Cfr. nota 4. 
! 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fesa dinanzi al giudice penale (artt. 24, terzo e secondo comma, e 3, 
secondo e primo comma, della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Vercelli, ordinanza 12 agosto 
1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305 (7). 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deUe leggi di pubblica sicurezza), 
art. 220, in quanto, nel disporre l'arresto del contravventore 
alla norma di cui all'art. 85, che prevede solo ila pena dell'ammenda, 
consente una privazione preventiva della libert� personale in vista del 
giudizio su reato per il quale nessuna pena detentiva � prevista (art. 13 
della Costituzione), con disparit� di trattamento rispetto alle ipotesi 
di reati puniti con pene detentive per i quali non sia tuttavia consentito 
l'arresto in flagranza (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 24 ottobre 1968, G. U. 28 dicembre 
1968, n. 329. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 787 (Regolamento per gli istituti di prevenzione 
e di pena), artt. 125 e 126, in quanto rimettono� la determinazione 
della mercede dovuta� ai detenuti ammessi al lavoro alla discrezionale 
ed insindacabile valutazione dell'autorit� amministrativa (artt. 36 e 27 
della Costituzione); art. 125 (sesto comma), in quanto dispone la devoluzione 
allo Stato di parte deHa remunerazione da corrispondere ai 
detenuti ammessi al lavoro (art. 53 della Costituzione). 
Corte di assise di Torino, ordinanza � 18 giugno 1968, G. U. 14 dicemb:;:
e 1968, n. 318. 

r. d. I. 6 febbraio 1936, n. 337 (Norme per la risoluzione del rapporto 
di lavoro marittimo a tempo indeterminato), art. 1, in quanto 
esclude i marittimi dalla sfera di applicabilit� delle leggi sull'impiego 
privato, e art. 2, in quanto riserva ai contratti collettivi di determinare 
la misura dell'indennit� di anzianit� nella risoluzione del rapporto 
di lavoro marittimo a tempo indeterminato (art. 39 della Costituzione). 
Corte di cassazione, seconda sezione civile, ordinanza 31 maggio 
1968, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 

r. d. I. 13 settembre 1938, n. 1730 (Autorizzazione al comune di Bologna 
ad appLicare il contributo di fognatura), conv�rtito nella legge 5 
gennaio 1939, n. 269, in quanto non contiene la indicazione di criteri 

�' 

idonei a delimitare la discrezionalit� dell'ente impositore (art. 23 della 
Costituzione), e consente, per il richiamo al regolamento comunale, la 
determinazione del contributo di fognatura in misura diversa da quella 
stabilita per gli altri comuni dalle leggi 12 luglio 1896, n. 303 e 12 
luglio 1911, n. 799 (art. 53, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Bologna,, ordinanza 28 giugno 1968, G. U. 14 dicembre 
1968, n. 318. 

(7) Cfr. nota 4. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

r. d. I. 19 agosto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia di 
imposta di registro), art. 4, in quanto, con disciplina diversa da quella 
prevista dall'art. 50 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 per le vendite 
dei beni ai pubblici incanti (8), consente all'Amministrazione finanziaria 
di procedere all'accertamento del valore dei beni aggiudicati in 
geguito a vendite coatte promosse in dipendenza di mutui in danaro 
(art. 3 della Costituzione) (9). 
Commissione provinciale delle imposte di Bari, ordinanza 18 aprile 
1968, G. U. 30 novembre 1968, n. 305. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
�irette), artt. 261 e 262, in quanto consentono all'intendente di finanza 
ii disporre la sospensione dell'esercizio della professione di avvocato 
~artt.. 3 e 4 della Costituzione). 
Consiglio nazionale forense, ordinanza 17 luglio 1968, G. U. 14 di!
embre 1968, n. 318. 

d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la com)
Osizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
1rt. 15; n. 3, in quanto non disciplina autonomamente le modalit� di 
:essazione delle funzioni inerenti aHe cariche previste come cause di 
neleggibilit�, che rimarrebbero operanti quando dimissioni tempestiramente 
presentate non fossero accettate in tempo utile (artt. 3 e 51 
Lella Costituzione) (10). 

Corte di appello di Napoli, ordinanza 9 ottobre 1968, G. U. 30 
t0vembre 1968, n. 305. 

legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione 
lelle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 
958, n. 555, recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo 
�omma, in quanto consente di determinare la indennit� di espropria


(8) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5fl, secondo comma, 
el r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 � stata dichiarata non fondata, in riferimento 
gli artt. 3 e 53 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 62. 
(9) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 53 della Costituzione, 
alla commissione provinciale delle imposte di Milano (ordinanza 19 novembre 
965, G. U. 8 luglio 1967, n. 170, e in questa Rassegna, 1967, Il, 153), dalla commislone 
distrettuale delle imposte di Santa Maria Capua Vetere (ordinanza 21 ottobre 
~66, G. U. 19 agosto 1967, n. 208 e in questa Rassegna, 1967, Il, 153), dalla commislone 
provinciale delle imposte di Napoli (ordinanza 30�gennaio 1968, G. U. 18 maglo 
1968, n. 127, e retro, Il, 97), dalla commissione provinciale delle imposte di Roma 
iue ordinanze 9 ottobre 1967, G. U. 27 gennaio 1968, n. 24 e retro, II, 12), e dal 
:ibunale di Caltanissetta (ordinanza 4 giugno 1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 
retro, Il, 194\. 

(10) Questione gi� proposta dalla stessa Corte di appello con ordinanza 26 giuw 
1968 (G. U. 12 ottobre 1968, n. 261, e retro, Il, 198 con richiami, in nota, alle 
ltre questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 15, n. 3 del d. P. R. 16 maggio 
gao. n. 570 gi� decise dalla Corte costituzionale). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Izione secondo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici 

I ~ anni anteriore al provvedimento espropriativo (artt. 42, terzo comma, e 
3 della Costituzione) (11). 

Tribunale di Bari, ordinanza 2 maggio 1968, G. U. 30 novembre 
1968, n. 305. 

legge 4 febbraio 1967, n. 25 (Integrazione di fondi per l'esecuzione 
a cura dell'A.N.A.S. di lavori di sistemazione, miglioramento ed adeguamento 
delle strade statali di primaria importanza), art. 4, primo 

Icomma, in quanto dispone la utilizzazione di uno stanziamento di bilancio 
iscritto in relazione ad una legge (13 agosto 1959, n. 904, artt. 1 
e 4) dichiarata incostituzionale (sentenza 10 gennaio 1966, n. 1) per 
mancata indicazione dei mezzi di copertura (art. 81, quarto comma, della 
Costituzione). 

Corte dei conti a sezioni riunite, ordinanza 24 luglio 1968, G. U. 
14 dicembre 1968, n. 318. 

legge 29 aprile 1967, n. 230 (Bilancio di previsione dello Stato per 
l'esercizio finanziario 1967), art. 98, in quanto autorizza una nuova 
spesa (art. 81, terzo comma, della Costituzione). 

Corte dei conti a sezioni riunite, ordinanza 24 luglio 1968, G. U. 
14 dicembre 1968, n. 318. 


legge 3 maggio 1967, n. 137 (Modificazioni al sistema sanzionatorio 
delle norme in tema di circolazione stradale e delle norme di regolamenti 
locali), artt. 8 e 9, in quanto consentono all'autorit� amministrativa 
di esercitare funzioni giurisdizionali (art. 102 della Costituzione) (12). 

Pretore di Maddaloni, ordinanza 26 settembre 1968, G. U. 30 novembre 
1968, n. 305. 


(11) Questione proposta, ancp.e con altre ordinanze (2 maggio 1968 (due), 
16 maggio 1968, .30 maggio 1968 (due), 6 giugno 1968 e 15 giugno 1968, G. U. 26 
ottobre 1968, n. 275, e retro, Il, 200), nel presupposto che la disposizione si applichi 
ai rapporti in contestazione tra le parti, escludendosi cio� la retroattivit� delle 
norme che hanno modificato e sostituito l'art. 2, ultimo comma, della legge 29 settembre 
1962, n. 1462. La disposizione, infatti, � stata modificata con l'art. 6 della 
legge 6 luglio 1964, n. 608 e sostituita poi con l'art. 31 della legge 25 giugno 1965, 
n. 717, e che rinvia, quanto alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, alla 
legge 18 aprile 1962, n. 162, e quindi anche all'art. 12, secondo comma, prima parte. 
che, dichiarato incostituzionale con sentenza 9 aprile 1965, n. 22, � stato sostituito, 
con le altre disposizioni della legge 18 aprile 1962, n. 167 relative alla determinazione 
dell'indennizzo, dalla legge 21 luglio 1965, n. 904. 
(12) Altre questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 9 della legge 3 maggio 
1967, n. 137 sono state proposte dal pretore di Prato, in riferimento agli artt. 11.3, 
terzo comma, e 24 della Costituzione (ordinanze 27 maggio e 6 giugno 1968, G. U. 
31 agosto 1968, n. 222, e retro, II, 150, e 26 giugno 1968, G. U. 14 settembre 1968, 
n. 235, e retro, II, 203) e dal pretore di Stradella in riferimento agli artt. 24 e 25 
della Costituzione (ordinanza 28 maggio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261, e retro, 
II, 203 e ivi nota 48). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 233 

legge 5 giugno 1967, n. 431 (Modificazioni al titolo VIII del libro I 
~el Codice civile � Dell'adozione � ed inserimento del nuovo capo III 
on il titolo � Dell'adozione speciale � ), art. 4, nella parte relativa alla 
1revisione dell'art. 314/4, ultimo comma, in quanto consente la declaraoria 
di adottabilit� per i minori di et� superiore agli otto anni solo 
1er il caso che la segnalazione dello stato di abbandono sia intervenuta 
1rima del compimento degli otto anni, con disparit� di trattamento tra 

minori a seconda che lo stato di abbandono sia stato segnalato� prima 

dopo il compimento degli otto anni (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Milano, ordinanza 14 ottobre 1968, 
;. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 

fORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITU:
IONALE � STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, 
,I INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI 

RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 

Codice civile, art. 2120 (Indennit� di anzianit�) limitatamente alinciso 
� salvo il caso di licenziamento per di lui colpa o di dimisioni 
volontarie � -Manifesta infondatezza (13). 

Ordinanza 28 novembre 1968, n. 121, G. U. 30 novembre 1968, 
. 305. 
Ordinanza di rimessione 15 gennaio 1968 del tribunale di Varese, 
~. U. 4 maggio 1968, n. 113, e retro, II, 94. 

codice di procedura penale, art. 304 (Nomina del difensore) (art. 24 
ella Costituzione) -Inammissibilit�. 

Sentenza 28 novembre 1968, n. 115, G. U. 28 novembre 1968, 
. 305. 
Ordinanza di rimessione 1� febbraio 1967 del tribunale di Roma, 

U. 25 marzo 1967, n. 77, e in questa Rassegna, 1967, II, 61. 
r. d. 17 agosto 1907, n. 641 (Regolamento di procedura dinanzi alle 
~zioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), artt. 90 e 91 (artt. 24 e 
13 della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 28 novembre 1968, n. 118, G. U. 30 novembre 1968,, 
. 305. 

(13) L'art. 2120, primo comma, del codice civile, � limitatamente alla parte in: 
ti, nel caso di cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, esclude 
diritto del prestatore di lavoro ad una indennit� proporzionale agli anni di servizio, 
lorquando la cessazione stessa derivi. da licenziamento per colpa di l.ui o da 
missioni volontarie ., � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 27 giugno168, 
n. 75. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATU 

Ordinanza di remissione 24 giugno 1967 del pretore di Sassari, 

G. U. 19 agosto 1967, n. 208, e in questa Rassegna, 1967, Il, 152. 
r. d. 6 dicembre 1923, n. 2657 (Approvazione deUa Tabella indicante 
le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa 
o custodia alle quali non � applicabile la limitazione dell'orario 
sancita dall'art. 1 del decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692), articolo 
unico -Inammissibilit�. 
Sentenza 28 dicembre 1968, n. 137, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
Ordinanza di rimessione 7 gennaio 1967 del tribunale di Roma, 

G. U. 22 aprile 1967, n. 102, e in questa Rassegna, 1967, Il, 64. 
r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 65 (articoli 
101, secondo comma, e 134 della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza 20 dicembre 1968, n. 134, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
Ordinanza di rimessione 30 gennaio 1967 del pretore di Milano, 

G. U. 24 giugno 1967, n. 157, e in questa Rassegna, 1967, Il, 105. 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 143, secondo c�omma, lettere c:i e b, e ultimo comma -Inammissibilit�. 
Sentenza 28 novembre 1968, n. 116, G. U. 30 novembre 1968, 

n. 305. 
Ordinanze di remissione 7 dicembre 1965 e 30 novembre 1967 
della commissione distrettuale .delle imposte di Uvbino (G. U. 27 maggio 
1967, n. 132, e 20 aprile 1968, n. 102, e in questa Rassegna, 1967, 
Il, 106, e retro, Il, 47). 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 207, lett. b (art. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta 
infondatezza (14). 
Sentenza 20 dicembre 1968, n. 129, G. U. 28 dicembre 1968, n. 329. 
Ordinanza di rimessione 1� marzo 1967 del pretore di Viareggio, 

G. U. 24 ottobre 1967, n. 271, e in questa Rassegna, 1967, Il, 192. 
legge reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4 (Ripartizione dei prodotti agricoli) 
(artt. 3, 41, 42 e 117 della Costituzione e 14, ,lettera a, dello Statuto 
siciliano) -Manifesta infondatezza (15). 

Ordinanza 28 novembre 1968, n. 122, G. U. 28 novembre 1968, 

n. 305. 
(14) Questione dichiarata non fondata, con la stessa sentenza, in riferimento 
all'art. 113 della Costituzione. In riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione 
la questione � stata gi� dichiarata non fondata con le sentenze 16 giugno 1964, n. 42 
(artt. 24, primo comma, e 42 secondo comma, della Costituzione) e 26 novembre 
1964, n. 93 (artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituz.ipne). 

(15) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 giugno 1968, n. 60. 
) 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 235 

Ordinanza di rimessione 6 febbraio 1968 del tribunale di Catania, 

U. 6 luglio 1968, n. 170, e retro, II, 148. 
legge reg. sic. 3 gi!Jgno 1966, n. 13 (Ripartizione dei prodotti agri>
li) (artt. 3, 41, 42 e 117 della Costituzione e 14, lettera a dello Sta1to 
siciliano) -Manifesta infondatezza (15). 

Ordinanza 28 novembre 1968, n. 122, G. U. 30 novembre 1968, 

305. 
Ordinanze di rimessione 6 febbraio 1968 del tribunale di Catania 
;. U. 6 luglio 1968, n. 170, e retro, II, 149) e 14 febbraio 1968 della 
irte di appello di Caltanissetta (G. U. 18 maggio 1968, n. 127, e 
tro, II, 101). 


CONSULTAZIONI 


j 


I 


., I 

ACQUE PUBBLICHE 

I


..;

Distanze costruzioni di fabbricati dai corsi d'acqua non arginati. 

Se l'art. 96 lett. f) del T. U. 523/1904 che vieta le fabbriche a distanza 
dal piede degli argini e loro accessori minore di quella stabilita dalle discipline 
vigenti nelle diverse localit� e, in mancanza di tali discipline, a distanza 
minore di metri dieci, sia applicabile anche nell'ipotesi di corsi 
d'acqua non arginati (n. 98). 

AERONAUTICA ED AEROMOBILI 

Danni da caduta di aeromobili militari. Risarcibilitd di quelli provocati 
alle culture da privati che accorrano sul posto. 

Se l'Amministrazione della Difesa, in occasione di caduta di aeromobili 
militari, sia tenuta al risarcimento dei danni prov�cati alle culture, oltre 
che dai mezzi di soccorso pubblici, anche dai privati che per avventura 
accorrano sul posto (n. 24). 

ANTICHITA E BELLE ARTI 

Catacombe -Art. 33 Concordato -Tutela prevista dalla legge 10 giugno 
1939, n. 1089. 

Se la norma dell'art. 33 del Concordato che riserva alla Santa Sede 
la disponibilit� delle catacombe situate nel territorio dello Stato renda 
inapplicabile alle catacombe stesse la disciplina della legge n. 1089 del 
1939 sulle cose di interesse archeologico, storico ed artistico (n. 62). 

Se la tutela prevista dalla legge n. 1089 sia applicabile alle catacombe 
scoperte sotto un terreno privato, mediante l'imposizione del vincolo di cui 
all'art. 3, ovvero mediante l'imposizione al terreno soprastante di opportune 
norme limitative ai sensi dell'art. 21 della legge (n. 62). 

APPALTO 

Modifica dello schema di contratto di appalto dei trasporti postali urbani. 

Se � legittimo l'inserimento della clausola che prevede l'invariabilit� 
del �Canone contrattu~le per i primi 4 anni, ancorch� si verifichi nei contratti 
di appalto del servizio dei trasporti postali urbani, un aumento 
delle prestazioni orarie e chilometriche che dia luogo all'aumento delle 
prestazioni originariamente previste nel disciplinare (n. 325). 

Se ci possa essere un'ingerenza dell'Amministrazione postale circa 
l'apporto da parte dell'impresa appaltatrice del personale e degli automezzi 
per l'esecuzione di detti servizi (n. 325). 


PAR'J'E II, CONSULTAZIONI 

Se per i contratti aggiuntivi (a contratti principali sui quali si sia 
presso il Consiglio di Amministrazione P. T.) il cui importo non superi 

quinto d'obbligo debba di nuovo pronunciarsi il suddetto Consiglio 

Amministrazione (n. 325). 

)SICURAZIONE 

�sicurazioni sociali -Contributi per cottimisti a domicilio pensionati. 

Se siano dovuti all'l.N.P.S. i contributi assicurativi di legge per pen1nati 
della P. A., cui siano stati affidati, saltuariamente o meno, lavori 
revisione contabile, da eseguirsi a domicilio, con retribuzione a cot


:io (n. 79). 

:RTIFICAZIONE 

ti notori giudiziali e dichiarazione ex legge 4 gennaio 1968, n. 15. 

Se, in base all'art. 4 legge 4 gennaio 1968, n. 15, il cittadino possa 
:tituire con una propria dichiarazione l'atto di notoriet� giudiziale richie' 
dall'art. 93, n. 3 (irreperibilit� di un congiunto) e n. 5 (abbandono 
l tetto coniugale da parte del genitore) d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237, 
fine di comprovare il titolo per la concessione della dispensa dalla ferma 

leva (n. 3). 

RCOLAZIONE STRADALE 

rze N.A.T.0. -Qualifica di terzo -Nozione. 

Se la qualifica di terzo, di cui al par. 5 art. VIII della Convenzione 
Londra, approvata con legge 30 novembre 1955, n. 1335, competa anche 
:hi sia legato da rapporto di impiego con le forze N.A.T.0. (n. 14). 

~NCESSIONI AMMINISTRATIVE 

r&aessione pubblici servizi automobilistici alle provincie -Ammissibilit�. 

Se la Provincia possa essere legittimata ad ottenere in concessione 
.lo Stato il servizio publbico di autolinee senza che a ci� venga istituita 
'apposita azienda (n. 88). 

voca -Ammissibilit� per motivi di merito sconosciuti o valutati erroneamente. 


Se sia revocabile un provvedimento di concessione per motivi di merito 
esistenti, ma sconosciuti al momento dell'emissione dell'atto, ovvero 
;i, ma valutati erroneamente (n. 89). 


.QASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONTRIBUTI 

Esenzione dell'Ente Maremma dai contributi di miglioria. 

Se l'Ente Maremma possa essere esentato dal pagamento dei contributi 
di miglioria (n. 77). 

COOPERATIVE 

Trattamento fiscale privilegiato per le coQPerative per case popolari ed 
economiche. 

Se, ogni qual volta sussista ii'requisito obbiettivo della concessione alla 
cooperativa di un contributo erariale, debba ad essa riconoscersi il trattamento 
tributario pi� favorevole di cui all'art. 149 del R. D. 28 aprile 1938, 

n. 1165, a prescindere dalle qualit� personali dei soci in relazione agli 
artt. 91 e 92 del citato T. U. (n. 4). 
DANNI 

Estensibilit� della nozione di alluvione. 

Se la legge 1142/1966 possa essere applicata ad eventi calamitosi non 
previsti (n. 7). 

DAZI DOGANALI 

Ingiunzione doganale -Termine per il pagamento. 

Se il secondo comma dell'art. 24 legge 25 settembre 1940, n. 1424, che 

fissa il termine di quindici giorni per l'opposizione all'ingiunzione ex t. u. 14 

aprile 1910, n. 639, richiamato dal primo comma del medesimo articolo, 

deroghi il termine di trenta giorni per il pagamento, previsto dall'art. 2 

del citato t. u. (n. 41). 

Se al termine di pagamento di trenta giorni di cui all'art. 2 t. u. 1910, 

n. 639, sia applicabile la sospensione feriale di cui alla legge 14 luglio 1965, 
n. 818 (n. 41). 
EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Agevolazioni tributarie ex art. 153 t. u. 1165/1938 -Monte dei Paschi di 
Siena -Applicabilit�. 

Se le agevolazioni tributarie previste dall'art. 153 del t. u. 28 aprile 
1938, n. 1165, sull'edilizia economica e popolare siano, in forza del richiamo 
di cui all'art. 2 del d. 1. C. P. S. 8 maggio 1947, n. 399, il quale dispone 
che delle agevolazioni previste nel citato articolo 153 godano, oltre ai 
Comuni, anche gli altri enti pubblici, applicabili al Monte dei Paschi di 
Siena (n. 209). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 239� 

~ti di cessione gratuita di aree demaniali all'I.N.C.I.S. -Stipulazione C0'/1;. 
atto pubbl�co amministrativo. 

Se gli atti di cessione gratuita di aree demaniali fatta all'I.N.C.I.S. 
lo scopo di diminuire il costo delle costruzioni, a norma dell'art. 374!
l t. u. 28 aprile 1938, n. 1165 possano essere stipulati dall'ufficiale rogante11ministrativo, 
senza necessit� di rogito notarile (n. 210). 

:.ETTRICIT� E ELETTRODOTTI 

i,ennit� da corrispondere all'E.N.E.L. in casi di spostamento linee elet-


~riche. 

!!ia dovuta l'indennit� all'E.N.E.L. o alla Soc. elettrica concessionaria,. 
1.0n sussista la costituzione di una servit� di elettrodotto, in caso.. 
-,,,ento di linee. elettriche. 
\lovuta l'indennit� all'E.N.E.L. nel caso che sussista una servit� 
'~ituita per usucapione) amovibile o inamovibile di elettrodotto" 
~etto dell'espropriazione per le spese dello spostamento che., 
ve, e limitata al rimborso delle spese stesse (n. 41). 

'l?ER PUBBLICA UTILIT� 

vonibili. 

' del patrimonio indisponibile di un Ente Pub\
sviluppo in Campania) possano essere sotto-'\
lbblica utilit� (n. 267). 


'l marzo 1968, n. 391. 

'rzo 1968, n. 391 l'ordine di pagamento,, 
sia l'unico provvedimento possibile,_ 
.:desima e l'assunzione di ogni responsa-. 

diritti di terzi da parte della ditta espro~ 
, l'ordine alternativo discrezionale del deposito--� 

presentazione della documentazione necessaria pe!'� 
.:dimento da parte dell'autorit� giudiziaria competa al-


(n. 268) . 
.iJriazione per servit� di accesso ad opere permanenti di protezione" 
antiaerea e determinazione delle indennit�. 

Se le indennit� per l'imposizione di servit� di passaggio necessarie a. 
rantire l'accesso ad opere permanenti di protezione antiaerea determite 
in base all'art. 2 del d. l. 409/68 (norma dichiarata incostituzionale� 
sostituita dall'art. 1 della legge 1231/67) ed accettate dagli interessati... 
bbano rimanere ferme o essere nuovamente determinate in base ai. 
teri fissati da tale ultima legge (n. 269). 


240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

FARMACIE 

Interpretazione artt. 18 e 20 legge 2 aprile 1968, n. 475. 

Se coloro che abbiano ottenuto la gestione provvisoria di farmacie e 
�ne siano titolari pur non essendo farmacisti, siano tenuti al trasferimento 

delle stesse nel termine di cui all'art. 18, od in quello dell'art. 20 della 

legge n. 475 del 1968 (rispettivamente cinque anni ed un anno) (n. 2). 

FERROVIE 

Interpretazione dell'art. 21 legge 15 luglio 1966, n. 605. 

Come debba interpretarsi l'art. 21 legge 15 luglio 1966, n. 605, concernente 
un programma di costruzione a carico delle FF.SS. di alloggi per 
ferrovieri (n. 402). 

GIUDIZIO CIVILE E PENALE 

Autoritd del giudicato penale in altri giudizi -Giudice competente in materia 
di opposizione ex art. 15 legge 29 giugno 1939, n. 1497. 

Se, nel caso di assoluzione � perch� il fatto non sussiste � dal reato 
di cui all'art. 734 c. p. (distruzione o deturpazione di bellezze naturali) sia 
ci� nonostante comminabile la sanzione di cui all'art. 15 della legge 29 
giugno 1939, n. 1497, senza che a ci� sia d'ostacolo il disposto dell'art. 28 

c.p.p. (n. 5). 
Se il giudice ordinario sia competente relativamente ai provvedimenti 
adottati in relazione all'art. 15 della l"egge 29 giugno 1939, n. 1497 (n. 5). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Art. 34 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3 -Esecuzione di ricerche per conto di 
privati da parte di Istituti e Laboratori scientifici dello Stato. 

Se il disposto dell'art. 34 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3, consenta ad Istituti 
e Laboratori scientifici dello Stato che ne siano abilitati di eseguire 
studi e ricerche anche per conto di privati (n. 686). 

Condono di sanzioni disciplinari. 

Se la disposizione di cui all'art. 1 della legge 18 marzo 1968, n. 250 

possa trovare applicazione anche con riguardo alle infrazioni disciplinari 

connesse prima del 19 dicembre 1947 (n. 687). 

In particolare se la eliminazione della registrazione delle sanzioni con


donate dal fascicolo �personale riguardi soltanto le sanzioni condonate in 

virt� e per effetto� della legge 18 marzo 1966, n. 250, ovvero tutte le san


zioni disciplinari inflitte e, in qualE:iasi tempo, cor:dor:ate (n. 687). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

MPOSTA DI BOLLO 

stituti assistenziali e previdenziali -Esenzione -Limiti. 

Se la esenzione dall'imposta di bollo prevista dall'art. 109 del r. d. l. 

ottobre 1935, n. 1827, per gli atti dei procedimenti giudiziari interessanti 
'I.N.P.S. ed estesa anche all'I.N.A.M. ai sensi dell'art. 35 della legge 11 
iugno 1943, n. 138, possa trovare applicazione anche in relazione alle 
ause civili promosse dall'I.N.A.M. contro terzi civilmente responsabili nei 
onfronti dei propri assicurati infortunati a seguito di eventi provocati dai 
erzi stessi, per il recupero di spese di spedalit� anticipate nei confronti 
egli assistiti medesimi (n. 40). 

M:POSTA DI REGISTRO 

,pplicazione dell'art. 5 d. l. 11 dicembre 1967, n. 1150. 

Se, in base all'art. 5 d. l. 11 dicembre 1967 siano dovute le agevolaloni 
concesse in materia di tasse e imposte indirette sugli affari dalla 
!.gge 2 luglio 1949, n. 408 nei casi in cui alla data dell'8 marzo 1960 non 
ra ancora trascorso il biennio dall'inizio della costruzione (n. 297). 

resentazione dei ricorsi avverso l'avviso di accertamento di maggior 
valore presso l'Ufficio Municipale -Tempestivit�. 

Se, ai sensi dell'art. 29 del t. u. approvato con d. P. R. 29 gennaio 1958, 

645, debba ritenersi tempestiva la presentazione dei ricorsi avverso 

avviso di accertamento di maggior valore in materia di imposta di registro 

'l'ettuata presso l'Ufficio Municipale quando nel Comune vi sia l'Ufficio 

elle Imposte (n.. 298). 

,tlPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

flette della sentenza della Corte Costituzionale 12 luglio 1967, n. 103 sulle 
imposte gi� is::ritte nei ruoli. 

Se i ratei delle imposte dirette gi� iscritte nei ruoli al momento della 
1bblicazione della sentenza della Corte Costituzionale 12 luglio 1967, 
103, debbano essere ugualmente riscossi (n. 41). 

zssabilit� degli interessi sulle somme dovute a titolo di indennit� (espropriazione, 
occupazione, indennit� ex art. 936 c. c.). 

Se siano assoggettabili ad imposta di r. m. gli interessi dovuti sulle 
imme corrisposte a titolo di indennit� ex art. 936 c. c. e, in genere, a 
~olo di indennit� di esproprio e di occupazione legittima (n. 42). 

'IPOSTA DI SUCCESSIONE 

teressi di mora -Accertamento di valore erroneo. 

Se gli interessi di mora, di cui alle leggi 26 gennaio 1961, n. 29 e 

marzo 1962, n. 147, sull'imposta di successione siano dovuti anche quando 

ritardo nella liquidazione del tributo dipenda da�la notifica di un accer


mento di valore erroneo (n. 59). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE E TASSE 

Jmposta erariale di consumo per le banane -Legge 9 ottobre 1964, n. 986. 

Se l'imposta erariale di consumo istituit~con legge 9 ottobre 1964, 

n. 986, per le banane fresche, le banane secch� e per la farina di banane, 
possa ritenersi applicabile ad altri prodotti dei quali la banana sia elemento 
costitutivo esclusivo o concorrente (polpa di banana iscatolata, puree di 
.frutta omogeneizzate contenente banana) (n. 488) . 
.Imposta ipotecaria -Atti di cessione in propriet� di case statali in favore 
degli istituti autonomi per le Case Popolari. 

Se agli atti di cessione in propriet� agli istituti autonomi per le Case 

.Popolari di case costruite direttamente dallo Stato, debba applicarsi l'imposta 
ipotecaria a tassa fissa a norma dell'art. 153 del t. u. 1165 del 1938 
-oppure l'imposta ridotta di un quarto a norma dell'art. 147 del t. u. 
dtato (n. 489). 

Jnteressi su pene pecuniarie. 

Se gli interessi dovuti su pene pecuniarie, data la loro natura di pre.
stazione non tributaria, siano quelli legali e non nella misura fissata dalla 
legge n. 29 del 1961 e maturino dalla data di costituzione in mora (n. 490). 

Termine per la iscrizione a ruolo delle imposte accertate. 

Se la definitivit� dell'accertamento, ai fini della decorrenza del termine 
per la iscrizione a ruolo, si abbia in seguito a decisione di qualsiasi 
�.commissione tributaria o di un organo della giurisdizione ordinaria, pas.
sata in giudicato (n. 491). 


IMPOSTE VARIE. 
Tassa per occupazione di suolo comunale -Passi carrabili. 
Se debbano considerarsi sottoposti al tributo previsto dall'art. 195 del 

t. u. sulla finanza locale i passi carrabili che danno accesso alle Case 
.Cantoniere ed ai fabbricati alloggi di servizio (n. 17). 
INFORTUNI SUL LAVORO 

Applicabilit� ad una scuola magistrale delle disposizioni di cui al t. u. 
1124 del 1965 sugli infortuni sul lavoro. 

Se una scuola statale possa ritenersi soggetta alla disciplina di cui 
al t. u. 1124 del 1965 sugli infortuni sul lavoro (n. 49). 

I 

I 


I 


Se, nei rfguardi di una scuola statale debbano applicarsi le disposizioni 
di cui agli artt. da 20 a 26 del t. u. n. 1124 del 1965 (tenuta dei libri di 
matricola e di paga) (n. 49). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 243 

Se l'assunzione senza concorso in una scuola statale di bidelli non di 
iolo debba avvenire tramite l'ufficio di collocamento (n. 49). 

Se debba essere istituito presso una scuola statale il registro degli 
fortuni (n. 49). 

DTTO E LOTTERIE 

:>ese a carico degli enti concessionari. 

Se tra le spese poste a carico degil enti concessionari debba comprenirsi 
anche l'indennit� per lavoro straordinario (n. 32). 

AVI 

ivi traghetto delle FF.SS. -Pilotaggio obbligatorio -Conformit� alle disposizioni 
in materia -Limiti. 

Se sia conforme alle disposizioni in materia il rendere obbligatorio il 
rvizio di pilotaggio anche per le navi traghetto delle FF.SS. limitatamente 
le manovre di entrata e uscita dal bacino di carenaggio ed ai movimenti 
ngo le banchine commerciali del porto (escluse le abituali manovre di 
ttrata ed uscita dalle invasature, dalle banchine e pontili di approdo 
serviti alle navi traghetto delle FF. SS.) (n. 124). 

PERE PUBBLICHE 

teressi su corrispettivi per esecuzione di opere pubbliche. 

Se sia fondata la richiesta di interessi avanzata dalle imprese appaltrici 
dei lavori di pronto intervento disposti dal Magistrato alle Acque 
seguito dell'alluvione del 1965 (n. 80). 

~NSIONI 

miti di pignorabilit� delle pensioni dell'E.N.A.S.A.R.C.O. 

Se le pensioni liquidate dall'E.N.A.S.A.R.C.O. per invalidit�, vecchiaia e 
perstiti, a favore degli Agenti e Rappresentanti di commercio siano 
gnorabili nei casi e limiti del d. P. R. 1950, n. 180 (n. 129). 

GNORAMENTO 

miti di pignorabilit� delle pensioni dell'E.N.A.S.A.R.C.O. 

Se le pensioni liquidate dall'E.N.A.S.A.R.C.O. per invalidit�, vecchiaia e 
perstiti, a favore degli Agenti e Rappresentanti di commercio siano pignobili 
nei casi e limiti del d. P. R. 1950, n. 180 (n. 16). 


244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Modifica dello schema di contratto di appaito dei trasporti postali urbani. 

II


Se sia legittimo l'inserimento della clausola che preveda l'invariabilit� 

del canone contrattuale per i primi 4 anni, ancorch� si verifichi nei con


tratti di appalto del servizio dei trasporti postali urbani, un aumento delle ! 

prestazioni orarie e chilometriche cj:J.e dia luogo all'aumento delle pre


stazioni originariamente previste nel disciplinare (n. 128). 
� Se ci possa essere un'ingerenza dell'Amministrazione postale circa l'ap


porto da rparte dell'impresa appaltatrice del personale e degli automezzi per 

l'esecuzione di detti servizi (n. 128). 

Se per i contratti aggiuntivi (a contratti principali sui quali si sia gi� 

espresso il Consiglio di amministrazione P. T.), il cui importo non superi 

il quinto d'obbligo debba di nuovo pronunciarsi il suddetto Consiglio di 

Amministrazione (n. 128). 

Spostamento linee telefoniche. 

Se gli oneri dipendenti dallo spostamento di linee telefoniche da 
parte di un Circolo Costruzioni Telegrafiche e Telefoniche, reso necessario 
per eseguire lavori di sistemazione di strada statale, debbano essere 
regolati secondo la convenzione 2 luglio 1940 stipulata fra l'A.N.A.S. e 
l'Azienda di Stato per i servizi telefonici (n. 129). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA. 

Esenzione dall'imposta di bollo per istituti assistenziali e previdenziali. 

Se la esenzione dall'imposta di bollo prevista dall'art. 109 del r. d. 1. 
4 ottobre 1935, n. 1827, per gli atti dei procedimenti giudiziari interessanti 
l'I.N.P.S. ed estesa anche all'l.N.A.M. ai sensi dell'art. 35 della legge 
11 giugno 1943, n. 138, possa trovare applicazione anche in relazione alle 
cause civili promosse dall'l.N.A.M. contro terzi civilmente responsabili nei 
confronti dei propri assicurati infortunati a seguito di eventi provocati 
dai terzi stessi, per il recupero di spese di spedalit� anticipate nei confronti 
degli assistiti medesimi (n. 62). 

Prestazioni previdenziali corrisposte dall'I.N.A.I.L. a favore di superstiti 
divenuti invalidi dopo la morte del lavoratore. 

Se, antecedentemente all'entrata in vigore del t. u. 30 giugno 1965, 

n. 1124, poteva riconoscersi diritto a pensione ali'orfano di lavoratore, nel 
caso che l'inabilit� del figlio fosse sopravvenuta in data posteriore a quella 
della morte del padre (n. 63). 
PREZZI 

Determinazione delle tariffe per il trasporto passeggeri. 

Se, con ordinanza emanata ai sensi dell'art. 59 del regolamento di 
esecuzione del codice di navigazione, si possano determinare le tariffe per 
il trasporto di passeggeri su motobarche, a tutela degli interessi economici 
di una categoria di privati (n. 69). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 
245 

l!:GIONI 

ifesa della Commissione Liquidatrice dell'E.S.C.A.L. 

Se la Commissione Liquidatrice dell'E.S.C.A.L. sia organo della Regione 
.ciliana e come tale assistita obbligatoriamente dall'Avvocatura dello 
;ato (n. 166). 

Se le controversie pendenti fra l'E.S,C.A.L. e la Regione debbano essere 
solte in sede amministrativa ,anzich� giudiziaria (n. 166). 

f!:RVITU' 

er 
servit�. di aiccesso ad opere permanenti di protezione antiaerea determinazione 
delle indennit�. 

Se la indennit� per l'imposizione di servit� di passaggio necessarie a 
1rantire l'accesso ad opere permanenti di protezione antiaerea deterinate 
in base all'art. 2 del d. 1. 409/68 (norma dichiarata incostituzionale 

sostituita dall'art. 1 della legge 1231/67) ed accettate dagli interessati 
~bbano rimanere ferme o essere nuovamente determinate in base ai 
�iteri fissati da tale ultima legge (n. 249). 

lJCCESSIONI 

1.?incolo di somme depositate presso la Cassa Depositi e Prestiti. 

Quale sia il giudice competente a provvedere alla identificazione legale 
~gli aventi diritto jure successionis alle somme depositate presso la Cassa 
epositi e Prestiti, nel caso di successione apertasi all'estero (n. 79). 

Se la Cassa Depositi e Prestiti, prima di ottemperare all'ordine giudiario 
di provvedere allo svincolo, debba accertare che tale ordine sia sotto 
1 profilo formale perfetto (n. 79). 

RASPORTO 

eterminazione delle tariffe per il trasporto passeggeri. 

Se. con ordinanza emanata ai sensi dell'art. 59 del regolamento �i 
:ecuzione del codice di navigazione, si possano determinare le tariffe 
~r il trasporto di passeggeri su motobarche, a tutela degli interessi econoici 
di una categoria di privati (n. 68). 



NOTIZIARIO 


Ricorrendo il 12 novembre 1968 il 90o compleanno di S. E. il sen. 
prof. Adolfo Giaquinto l'Avvocato Generale dello Stato ha diretto all'illustre 
suo predecessore il seguente telegramma: 

�Nella fausta ricorrenza del suo novantesimo genetliaco desidero 
farle pervenire fervidi voti augurali avvocati Stato cuL aggiungo espressione 
mio personale affettuoso deferente pensiero beneaugurante �. 
S. E. Giaquinto ha cosi risposto: 
� Porgo miei sentiti ringraziamenti avvocati dello Stato �esprimo 
animo commosso devoti ossequi e deferenti saluti avvocato generale 
Eccellenza Zappal� �. 
* * * 

Organizzati dalla Presidenza dell'Associazione del Mondo Giudiziario, 
hanno avuto luogo in Roma due interessanti Convegni: l'uno sull'� Adozione 
Speciale � (17 dicembre 1968) e l'altro sull'� Edilizia Giudiziaria e 
la citt� Giudiziaria di Roma � (18 dicembre 1968), nella sede dell'Associazione 
.in Viale Angelico 90, Roma. 

I due convegni, cui erano state invitate le maggiori autorit� della 
Repubblica, i Capi degli Uffici Giudiziari pi� interessati all'argomento, gli 
Enti e le Associazioni di cultura giuridica nonch� i Direttori delle Riviste 
Giuridiche Italiane, sono stati presieduti dall'On. Prof. Guido Gonella. 

Nel � Convegno sull'adozione speciale � gli interventi degli oratori 
sono stati tutti diretti ad individuare la soluzione pi� idonea e pi� 
urgente per l'applicazione integrale deHa recente legge sull'Adozione 
speciale. 

Dopo una esauriente relazione del Consigliere di Cassazione, Emilio 
Germano e del dott. Francesco Santanera, hanno espresso il loro pensiero 
numerosi Magistrati dei Tribunali minorili, e alcuni Parlamentari che 
hanno dedicato la loro particolare attenzione ai problemi minorili. 

Nel corso del � Convegno sull'edilizia giudiziaria e sulla citt� giudiziaria 
di Roma � si � voluto, invece, indicare alle Autorit� ed al Parlamento 
la soluzione, pi� idonea e pi� urgente, per una funzionale edilizia 
giudiziaria in Italia, in relazione alla recente esperienza della citt� giudiziaria 
di Roma. 

Anche qui alla relazione del Magistrato Alfredo Albanesi e degli 
avvocati Augusto Castaldo e Giuseppe Lopes hanno fatto seguito interventi 
di numerosi Magistrati ed avvocati invitati al Convegno.