ANNO XVIII -N. 6 NOVEMBRE -DICEMBRE 1966 

RASSEGNA. 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1966 



ABBONAMENTI 

.ANNo L. 5.000 
UN NUMERO SEPARATO � .. .. .. .. .. .. .. .. � � 900 

Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO .. PIAZZA G. VERDI, 10 .. ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia � Printed in ltal'Y 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(6211406) Roma, 1966 � istituto. :f'Qligrafico dello Stato P. V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezi~ne prima: 
GIURISPRUDENZA COS'Jilil"UZIONAl.JE E IN11ERNAZIONAliE 
. . �� �� pag � 1185 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
� 1218 

Sezione terza: GIURISPIRUDENZA CIVlllJE � 1235 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINIST,RATIVA � 1284 

Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TR~BUTARIA � 1296 
Sezione sesta: GIUR,ISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBUCHE, 
APPALTI E FORN~TURIE � 1379 
Sezione settima: GIURISPIRUDENZA PENALE . . � 1424 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

RASSEGNA DI DOTT1R,INA 
pag. 281 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
li 283 

CONSULTAZIONI 
Il 297 

NOTIZIARIO 
Il 311 

la pubblicazione � diretta daWavvocato: 
UGO GARGIULO 


Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dag,li avvocati: 
Michele Savarese, Benedetto Saccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli., 
Giuseppe 'Del Greco, Antonino Terranova 


Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Luigi Mazzella e Arturo Marzano 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

QUARANTA A., Osservazioni circa il giudicato implicito sulla 
questione di giurisdizione in rapporto alle pronunce dei giudici 
speciali . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1218 

PAGANO F., Enunciativa di convenzione verbale e suoi profili 
tributari . . . . . . . . . . . � . . . � . . . I, 1301 

BAFILE C., Considerazioni sul trattamento fiscale delle celssioni 
di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento I, 1308 

MERCATALI A., La tassazione del trasferimento di quote di partecipazione 
a societ� di persone . . . . . . . . . . . . � I, 1340 

SEMBIANTE R., L'acquisto per usucapione nella legge del registro I, 1364 

MARZANO A., Sulla inte1�pretazione del'art. 38, 1� comma, del 

r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, in tema di prescrizione . . I, 1405 
DI 
TARSIA P., Dichiarazione ed elezione di domicilio: a) criteri 
interpretativi giurisprudenziali; b) domicilio dell'Avvocatura 
dello Stato nel caso di difesa degli impiegati in processi innanzi 
al giudice ove non ha sede l'Ufj�cio dell'Avvocatura . . I, 1434 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Concessione e derivazione -Antiche 
utenze -Canoni -Prescrizione 
ordinaria -Applicabilit�, 
con nota di A. MARZANO, 1405. 

-Opere idrauliche -Risarcimento 
dei danni -Improponibilit� dell'azione 
nei confronti della p. a., 
1379. 

-Opere idrauliche -Risarcimento 
dei danni -Proponibilit� dell'azione, 
1381. 

-Procedimento dinanzi ai Tribunali 
delle acque -Composizione 
del collegio -Intervento del funzionario 
del Genio Civile -Titoli 
e requisiti del componente tecnico 
investito nelle forme di legge 
-Contestazione -. Inammissibilit�, 
con nota di A. MARZANO, 
1396. 

-Procedimento dinanzi ai tribunali 
delle acque -Nullit� della 
notificazione di un provvedimento 
impugnato in sede giurisdizionale 
amministrativa -Sanatoria, 
con nota di A. MARZANO, 
1396. 

-Procedimento dinanzi ai Tribunali 
delle acque -Relazione del 
giudice delegato -Mancanza Nullit� 
-Esclusione, con nota di 

A. 
MARZANO, 1395. 
- 
Richiesta di rimessione in pristino 
-Improponibilit� dell'azione, 
1379. 

AGRICOLTURA E FORESTE 

-Tutela dei boschi e terreni montani 
-Prescrizioni di massima 
da parte della camera di commercio 
-Sindacato di legittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
1195. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Amministrazione delle Finanze Intendenza 
di finanza -Funzioni, 
1275. 

-Obbligazioni e contratti -Atti 
amministrativi preparativi o successivi 
alla stipulazione -Vizi Effetti 
-Annullabilit� relativa, 
con nota di A. MARZANO, 1396. 

-Obbligazioni e contratti -Obbligazioni 
di fare assunte dalla 
pubblica Amministrazione -Validit� 
-Inadempimento -Effetti 
-Risarcimento del danno, con 
nota di A. MARZANO, 1396. 

-Obbligazioni e contratti -Procedimento 
amministrativo -Vizi 
-Effetti -Annullabilit� relativa, 
con nota di A. MARZANO, 
1396. 

-Ordinamento amministrativo Competenza 
degli organi -Criteri 
fondamentali di ripartizione 
-Inderogabilit� -Eccezioni Avocazione 
e delegazione -Criteri 
ispiratori -Presupposti e 
condizioni, 1274, 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche Capitolato 
generale per le oo. pp. 
statali -Norme processuali -Applicabilit� 
immediata, 1419. 

-Appalto di opere pubbliche -
CoUaudo -Contenuto delle relative 
operazioni, 1410. 

-Appalto di opere pubbliche Collaudo 
-Provvedimento di approvazione 
-Natura giuridica, 
1410. 

-Appalto di opere pubbliche Contratto 
-Mancata aprovazione 
nel termine -Conseguenze, 1413. 

-Appalto di opere pubbliche Legge 
9 agosto 1954, n. 640 per 
l'eliminazione di case malsane 



VI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Affidamento delle opere �agli L CACCIA. :E PESCA 

A.C.P. -Natura -Contratto di. 
appalto stipulato dagli Istituti. -�. --:-Zona d,i protezione per gli apControversie 
Legittimazione postamenii -Consenso del propassiva 
degli Istituti, 1413. 

prietario salvi i diritti quesiti Contrasto 
con il principio di 
eguaglianza e della tutela della 
propriet� -Esclusione, 1215.

APPELLO 

-Mutamento della domanda di re


CASSAZIONE 

trocessione in quella di restituzione 
del bene per nullit� del -Ricorso per omessa, insufficiente 
decreto espropriativo -Domane 
contraddittoria motivazione delda 
nuova .,. Inammissibilit�, con la sentenza circa. un punto denota 
di F. ARGAN, 1235. cisivo della controversia -Li


mitazione del mezzo solo ai vizi 

-V. anche Notificazione. 

di motivazione attinenti all'accertamento 
ed alla valutazione 
dei fatti rilevanti ai fini della

ARBITRATO 

decisione -Sussiste, 1281. 

-Domanda arbitrale -Termine per 
il rifiuto della competenza arbiCATASTO 
trale -Fallimento dell'Impresa 
nelle more -Notifica al curato-
Atti di trasferimento di immore, 
1419. bili -Voltura -Documenti da 
esibire -Certificato catastale 


-Mancata approvazione del col


Tipo di frazionamento -Richiesta

laudo -Domanda di arbitrato 


dell'Ufficio tecnico erariale di ret


Improponibilit�, 1410. 

tifica entro determinato termine 
del� tipo di frazionamento irregolare 
-Inottemperanza da par


ATTI AMMINISTRATIVI 

te del tecnico sottoscrittore Conseguenze 
-Rettifica di uffi


-ControllQ di legittimit� inciden


cio a spese del tecnico ed irro


ter tantum da parte del g. o. 


g;uione_ di pena pecuniaria -Re


Portata, 1279. 

cupero delle spese di rettifica -
Ingiunzione del procuratore del Competenza esclusiva del procuregistro 
ex artt. 2 e segg, t. u. ratore del registro -Esclusione 


14 aprile 1910, n. 639 -OrdiPotere 
dell'Intendente di Finannanza 
dell'Intendente di Finanza 
non solo di irrogare la pena 
za ex artt. 55 e segg. -Legge pecuniaria ma anche di richie


7 gennaio 1929, n. 4 -Comunandere 
direttamente il pagamento 
za di natura, 1275. 

delle spese di rettifica del tipo di 
frazionamento -Sussiste, 1275. 

-Interpretazione giudiziale -Presunzione 
di legittimit� -Assunzione 
come criterio di interpreCIRCOLAZIONE 
STRADALE 
tazione dell'atto -Esclusione, 
1279. -Contravvenzione -Rilevanza del


la propriet� dell'area -Elementi

-V. anche Amministrazione dello 

di prova desunti da estratto sto


Stato. 

rico catastale -Insufficienza, 1424. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 
TIVA 

AUTORIZZAZIONE AMMINISTRA


-Giudicato -Su questioni pregiu


-Operazione a premio -Parere -diziali -Giudicato� sulla giuriCommissione 
interministeriale -sdizione -Presupposti -GiudiNecessit�, 
1294. cato implicito -Pronuncia di giu




INDICE VII 

dice speciale -Configurabilit�, 

con nota di A. QUARAN';l'A, 1218. 

-Giurisdizione amministrativa Interesse 
legittimo "". Fondamento 
-Circolare -Effetti -Fattispecie, 
1225. 

-Impiego pubblico -� Giurisdizione 
ordinaria e giurisdizione amministrativa 
-Enti pubblici economici 
-Provvedimenti discreziozionali 
dell'ente relativi alla propria 
organizzazione -Illegittimit� 
-Giurisdizione del Consiglio 
di Stato, 1222., 

-Ordinamento-� giudiziario -Consiglio 
superi�re della Magistratura 
-Decreti del Presidente 
della Repubblica e del Ministro 
di grazia e giustizia -Sindacato 
giurisdizionale da part� del Consiglio 
di Stato sulla legittimit� 
dei provvedimenti riguardanti i 
magistrati -Estensione, . 1223. 

-Ordinamento gi�diziari� -Consiglio 
superiore della Magistratura 
-Silenzio -Rifiuto del Ministro 
di grazia e giustizia in ordine 
a richiesta da avanzare al 
Consiglio superiore della Magistratura 
-Natura di atto oggettivamente 
e soggettivamente amministrativo 
-Giurisdizione del 
Consiglio di Stato sulla legittimit� 
-Sussiste, 1224. 

-Quote di i.g.e. spettanti ai Comuni 
-Provvedimento di assegnazione 
-Conseguente diritto 
del Comune alla risco8Sione -Difetto 
di prova circa la iscrizione 
nella parte attiva del bilancio 
comunale -Pignorabilit� del credito, 
1231. 

-Regolamento di �competenza Provvedimento 
con cui il Pretore 
in veste di giudice dell'esecuzione 
per consegna di cose mobili pronuncia 
sull'istanza di sospensione 
del processo esecutivo proposto 
in seguito ad opposizione all'esecuzione 
-Forma e sostanza ordinatoria 
-Regolamento di competenza 
contro tale provvedimento 
-Inammissibilit�, 1266. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-V., Acque Pubbliche: 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Questione 
proposta dalla Corte dei Conti 
nel corso del giudizio d~ rendiconto 
generale della Regione 
Siciliana -Ammissibilit�, 1205. 

-Questione di legittimit� costituzionale 
in via principale -Proposizione 
da parte del Presidente 
del Consiglio dei Ministri senza 
previa deliberazione del Consiglio 
dei Ministri -Inammissibilit�, 
1199. ' 

-Questione di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Sentenza 
di accoglimento della questione 
-Effetti, 1186. 

CORTE DEI CONTI 

__.. V. Corte Costituzionale. 

COSA GIUDICATA 

-Autorit� della regiudicata sostanziale 
in un nuovo e distinto giudizio 
-Presupposto -Identificazione 
delle azioni -Insufficenza 
del contrasto e teorico � fra decisioni 
del giudice amministrativo 
e sentenza del giudice ordinario 
a seguito dell'applicazione 
del principio della doppia tutela 
giurisdizionale in tema di violazione 
di norme di regolamenti 
edilizi, 1241. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Giustizia amministrativa. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Agricoltura, Caccia e pesca, 
Corte costituzionale, Imposte e 
tasse in generale, Lavoro, Procedimento 
penate, Sicilia, Trentino-
Alto Adig�, VaUe d'Aosta. 

EDILIZIA 

-Distanze legali -Edifici non soggetti 
alle norme sulle distanze Costruzioni 
a confine con piazze 



Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

o vie pubbliche -Sottoposizionealle norme di edilizia e di or. 
nato pubblicoi -Violazione -Diritto 
al ris�rcimento �del 'Proprietario 
�dell'edificio fronteggiante Sussiste, 
1242 . 

..,..: 
I:oegge 25 noyembre i962, n. 1684, 
art. 33 -Preteso contrasto con 
l'art. 102 Cost. -Manifesta infondatezza, 
1289. 

-Norm~tiva�.., VJqlazione di'norme 
il).tegratfve o. :poi). del codice ci. 
vile -Div.ersit� dLrbn,edi -;Azione 
di risarcimento .del datino e 
ricorso.al giudice amministrativo 

�per �l'�nnullamento della �licenza 
� edilizia, 1~1. 

- 
Poteri�del frov]re4it()re e;x: adi 33 

1. 25 novembre 1962, n. 1684 Prescrizione 
Inapplicabilit�,
Limiti tempo1111t ,. Esclusione 1289. 
-Provvedimenti e:x art. 33 1. 25 
novembre 1962, n. 1684 -Motivazione 
in contrasto con disposizioni 
rese in sede penale da 
funzionari del Genio civile -Ina


, deguata mdtivazione - 
Eccesso di 
:i:;>otere -Sussiste, 1289. 

�EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Cooperativa edilizia -Socio ..prenotatario 
-Socio �Che non sia 

iscritto ad alcuno del programmi 
costruttivi -N.cm ha la qualit� 
di prenotatario, l,295. 

-Cooperativa edilizia ; -Vacanza 
di alloggi -Determinatasi prima 
prima della stipuJaziol).e del mutuo 
edilizio individuale -Onere 
della Cooperativa -Onere di interpellare 
i soci che precedonoil titolare dell'alloggio resosi vacante 
.:. Non sussiste, 1295. 

-. Piani. e:x:-lege n. Hl7 del 1962 Adozione 
-Opposizioni ed osservazioni 
-Deliberazione comunale 
-Forma -Scrutinio segreto Non 
occorre, 1285. 

-Piani e:x:-lege n. 167 del 1962 Adozione 
-Procedimento -Deliberazione 
comunale -Approvazione 
della G.P.A., 1285. 

-Piani 4!re-lege n. 167 del 1962 :
ApprovaZione -Opposizione ed 
osservazioni -Reiezione -Motivazione 
per relationem -Legittimit�, 
1285. 

ESECUZIONE FORZATA 

-Giudice dell'esecuzione -Poteri 
-Attivit� ordinaria, 1266, 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

- 
Espropriazione -Edilizia popo


,.J~r~ ~.li ~�opomica art. 12, secondo 
comma, I parte e art. 16, primo 
coxnma, 1. n. 167 del 1962 Dichiatm:
ione di incostituzionalit� 
' -Non ihclde sUlla adozione 
dei 'piani di zona, 1285. 

-Espropriazione. -Retrocessione Apprezzamento 
del Prefetto -�Discrezionalit� 
-Sindacabilit� -Limiti, 
U84. 

-Espropriazione -Retrocessione -
Artt. 60, 61 e 63 1. n. 2359 del 
1865 -Distinzione, 1184. 

-Inutilizzabilit� del singolo bene 
espropriato o di parte di esso, 
anteriore o posteriore all'esecuzione 
dell'opera publica -Distinte 
ipotesi di retrocessione -Retrocessione 
prevista dall'art. 63 e 
retrocessione prevista dall'art. 61, 

n. 2359 del 1865 -Necessit� perquesto secondo tipo di retrocessione 
del previo formale procedimento 
amministrativo di accertamento 
della inutilizzabilit� del 
bene, con nota di F. ARGAN, 
1235. 
- 
Legge per Napoli -Eccezionale 
procedura espropriativa d'urgenza 
prevista dall'art. 12 d. lg. lgt. 
27 febbraio 1919, n. 219, conv. 
nella 1. 24 agosto 1921, n. 1290, 
per i beni compresi nel catasto 
rustico -Successiva estensione ai 
beni compresi nel catasto urbano, 
con decorrenza dall'entrata 
in vigore della 1. 28 gennaio 1941, 

n. 
53, 1246, 
- 
Opere di pubblica utilit� da eseguirsi 
per il risanamento della 
Citt� di Napoli -Determinazione 
dell'indennit� espropriativa -De




INDICE 
IX 

roga al normale procedimentoprevisto dalla 1. 25 giugno 1865, 

n. 2359 -Competenza della Giunta 
speciale per le espropriazioni 
presso la Corte di Appello di 
Napoli, 1246. 
- 
Retrocessione del bene espropriato 
nelle due ipotesi ex artt. 60, 
61 ed ex art. 63 1. n. 2359 del 
1865 -Restituzione. del bene pernullit� della procedura di esproprio 
-Caratteri differenziali, con 
nota di F. ARGAN, 1235. 

FALLIMENTO 

-Crediti verso la massa insoddisfatti 
pel diniego del decreto del 
Giudice Delegato di cui all'ulti.mo 
comma dell'art. 111 legge 
fall. -Assoggettamento dei medesimi 
al concorso fallimentare Sussiste, 
con nota di F. CARUSI, 
1254. 

-Crediti verso la massa -Normale 
esclusione della procedura 
di verificazione -Presupposto Sufficiente 
certezza, con nota di 

F. CARUSI, 1254. 
-Insinuazione tardiva -Obbligodi costituzione -Sussistenza, con 
nota di T. ALIBRANDI, 1261. 

- 
Istanza di insinuazione tardiva 
non iscritta a ruolo -Riproponibilit� 
dell'istanza -Esclusione, 
con nota di T. ALIBRANDI, 1262. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Esecuzione del giudicato -Licenza 
di costruzione e doveri del 
sindaco, 1291. 

-Esecuzione del giudicato -Obbligo 
della P. A. -Fattispecie Non 
sussiste, 1292. 

-Esecuzione del giudicato -Ricorso 
al Consiglio di Stato -Presupposti, 
1291. 

-Ricorso giurisdizionale -Ricorso 
collettivo -Ammissibilit� -Criterio, 
1294. 

-Ricorso giurisdizionale -Forma 
-Mancata indicazione delle parti 
avverse nell'epigrafe del ricorso 
-Ammissibilit�, 1294. 

-Ricorso giurisdizionale -Ricorso 
collettivo -Posizioni giuridiche 
diverse ma connesse -Ammissibilit�, 
.1294. 

-Ricorso giurisdizionale -Ricorso 
collettivo -Presupposti e limiti, 
1292. 

GIUDIZIO CIVILE E PENALE 

-Artt. 27 e 28 c. p. c. -Rispettivipresupposti di applicazione, con 
nota di F. ARGAN, 1240. 

-Giudicato penale -Efficacia nel 
giudizio civile -Accertamento 
di fatti materiali -Concorso di 
colpa -Terzo estraneo al giudizio 
penale, con nota di F. ARGAN, 
1240. 

-Interpretazione della sentenza penale 
da parte del giudice civile Giudizio 
di fatto -Insindacabilit� 
in Cassazione -Limiti, con 
nota di F. ARGAN, 1240. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Combattenti -Benefici -Concessioni 
nel corso di uno stesso 
rapporto di impiego -Utilizzazione 
differita -Annullabilit� Concessione 
nel caso di rinuncia 
al rapporto di impiego ed 
inizio di altra carriera -Rinnovazione 
del beneficio, 1288. 

-Concorsi -Commissione -Composizione 
-Criteri di scelta dei 
componenti, 1287. 

-Concorsi -Nomina della Commissione 
-Pubblicazione del relativo 
decreto -Presupposti Ricusazione 
dei componenti la 
Commissione -Tempo nel quale 
essa pu� essere fatta valere, 1287. 

-Concorso -Prove scritte -Comunicazione 
-Contenuto -Limiti, 
1287, 

-Costituzione -Qualificazione del 
rapporto ( di impiego pubblico o 
di incarico profesionale) -Rilevanza 
del titolo e non del contenuto, 
1286. 

-Incarico professionale -Natura Mancato 
rinnovo alla scadenza Attribuzione 
di incarico ad altri 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

X 

-Eccesso di potere -Insussisten. 
za, 1286. 

_.. 
Posti conferibili con la medesima 
decorrenza -:Posti conferibili in 
parte per esame e in parte mediante 
scrutini -Decorrenza Precedenza 
nel ruolo ai promossi 
per esami -Limiti, 1290. 

-Promozione -Decorrenza -Principi 
generali, 1290. 

-V. anche Competenza e. giurisdizione. 


IMPOSTA DI REGISTRO 

-Accessioni -Presunzione di trasferimento 
-Prova contraria richiesta 
dall'art. 47 della legge 
organica -Tassativit� -Equipollenti 
di tale prova -Esclusione 
con nota di R. SEMBIANTE, 1354'. 

-Accessioni e pertinenze -Presunzione 
di trasferimento secondo 
l'art. 47 della legge organica 
-Donazioni -Inapplicabilit� 

-Principi di diritto comune in 
tema di accessioni e pertinenze Rilevanza 
ai fini tributari anche 
per le donazioni, con nota di R. 
SEMBIANTE, 1363. 

.--Agevolazioni ex ert. 81, 1. 24 luglio 
1961, n. 729, per la costruzione 
e l'esercizio di autostrade Concessione 
congiunta della costruzione 
e dell'esercizio -Costituisce 
presupposto per l'operativit� 
della norma di agevolazione 
-Appalto di co.struzione concesso 
dall'ANAS -Inapplicabilit� 
dei benefici, con nota di R. 
SEMBIANTE, 1371. 

-Agevolazioni per atti relativi alla 
costruzione di chiese perrocchiali 
-Ricorrenza del presupposto 
della concessione del contributo 
statale per la costruzione -Necessit�, 
con nota di R. SEMBIANTE, 
1347. 

-Agevolazio.i previste dall'art. 44 
della tab. B) allegata alla legge 
organica per 'le costruzioni diedifici 
scolastici -Applicabilit� a 
sensi dell'art. 29 del Concord~to 
tra la Santa Sede e l'Italia ad 
atti per fini di culto e di reltgione 
-Esclusione, con nota di R. 
SEMBIANTE, 1347. 

-Agevolazioni previste dalla I. 2 
:luglio 1949, n. 408 -Necessit� 
di esplicita dichiarazione o richiesta 
delle parti -Esclusione, 
con nota di R. SEMBIANTE, 134 7. 

-Applicazione dell'imposta secondo 
la natura � gli effetti degli 
atti -Nozione, con nota di R. 
SEMBIANTE, 1363. 

_;., 
Cessio:q.e di crediti vers� lo Stato, 
le province, i comuni e aziende 
dipendenti, in relazi�ne a finanziamenti 
concessi da aziende 
ed enti di credito a favore di 
ditte commerciali e industriali Aliquota 
ridotta -Regime anteriore 
alla 1. 4 aprile 1953, n. 261 Condizioni 
-Quelit� del debitore 
ceduto -Consorzio tra comuni Inapplicabilit� 
del beneficio con 
nota di C. BAFILE, 1311. ' 

-Cessione di crediti verso lo Stato, 
le province, i comuni e aziende 
dipendenti, in relazione a finanziamenti 
concessi da aziende 

o enti di credito a favore di ditte 
commerciali e industriali -Aliquota 
ridotta -Regime anteriore 
alla 1. 4 aprile 1953, n. 261 -Correlezione 
tra. i due negozi -Estremi 
-Criteri di determinazione, 
con nota 'di C. BAFILE, 1310. 
-Cessione di crediti verso la pubblica 
Amministrazione in relazione 
�a finanziamenti di somme 
concesse da aziende o enti di credito 
a favore di ditte commerciali 
e industriali -Aliquota ridotta 
-Correlazione tra i due 
negozi -Estremi -Criteri di determinazione, 
con nota di C. BAFILE, 
1308. 

-Contratti sottoposti a condizione 
sospensiva o soggetti ad approvazione 
-Retroattivit� della condizione 
e dell'approvazione 
Conseguenze in ordine al tempo 
cui va riferito il valore imponibile 
dei trasferimenti, 1300. 

- 
Determinazione della base imponibile 
-Dichiarazione di valore 
di cui all'art. 18 r. d. I. 7 agosto 
1936, n. 1639 -Applicabilit� 
ai soli trasferimenti occulti o presunti, 
compresi gli acquisti per 
usucapione, con nota di R. SEMBIANTE, 
1363. 



-Diritto dell'Amministrazione alle 
ordinarie imposte per decadenza 
del contribuente dai benefici 
-Normativa anteriore alle 
leggi n. 35 del. 1960 e n. 1493 del 
1962 -Termini prescrizionali previsti 
dalla legge organica del registro 
-Inapplicabilit� -Prescrizione 
ordinaria decennale -Applicabilit�, 
1357. 

-Disposizioni necessariamente connesse 
e derivanti �per intrinseca 
loro natura le une dalle altre Nozione 
-Fattispecie in tema di 
apertura di conto corrente bancario 
destinato al versamento di 
somme riscosse da una banca in 
dipendenza di una cessione di cr.editi 
a garanzia di operazioni di 
finanziamento, con nota di C. BAFILE, 
1307. 

-Enunciazione di convenzione verbale 
-Tassabilit� -Condizioni Enunciazione 
di societ� di fatto, 
con nota di F. PAGANO, 1301. 

-Fideiussione -Fideiussione a garanzia 
di obbligazione condizionale 
-Immediata assoggettabilit� 
al tributo -Sussiste, 1332. 

-Interpretazione dei negozi soggetti 
ad imposta -Criteri, con 
nota di C. BAFILE, 1308. 

-Presunzione di trasferimenti ai 
sensi dell'art. 47 della legge organica 
-Deroga disposta con l'articolo 
unico deHa 1. 24 gennaio 
1962, n. 23 -Carattere -Limiti, 
con nota di R. SEMBIANTE, 
1354. 

-Privilegio del credito dello Stato 
-Imposte cemplementari e 
suppletive -Non esercitabilit� 
del privilegio, per le imposte 
suppletive, in pregiudizio dei diritti 
acquistati da terzi, dopo la 
registrazione dell'atto, sul bene 
gravato -Esercitabilit� per le 
imposte complementari, 1327. 

-Privilegio del credito dello Stato 
-Natura, 1328. 

-Privilegio del credito dello Stato 
-Termine per l'esercizio del 
privilegio nei confronti dei terzi 
subacquirenti -Natura -Durata 
-Prelazione nei confronti degli 
altri creditori -Limitazione 
temporale -Insussistenza, 1328. 

-Solidariet� -Agevolazioni in tema 
di piccola propriet� contadina 
-Decadenza dalle agevolazioni 
a seguito di rivendita dei 
fondi -Obbligazione dell'acquirente 
per le ordinarie imposte Sussistenza 
"" Obbligazione solidale 
del venditore� -Esclusione, 
1335. 

-Trasferimento di quota di societ� 
commerciale di persone -Patrimonio 
sociale formato da beni 
mobili e immobili -Tassazione 
della quota -Criteri, con nota di 

A. MERCATALI, 1339. 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-V. Competenza e giurisdizione. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Imposta di bollo -Aumento della 
misura unica di L. 400 -Violazione 
del principio della progressivit� 
del sistema tributario 
-Esclusione, 1216. 

-Imposta di registro -Imposta 
suppletiva -Azione giudiziaria 
non preceduta da ricorso in via 
amministrativa -Condanna del1'
Amministrazione soccombente 
alle spese -Ammissibilit� -Condizioni, 
1360. 

-Procedimento -Notificazioni secondo 
le norme speciali tributarie 
-Omessa sottoscrizione dell'originale 
da parte del consegnatario 
-Nullit� -Esclusione, 1298. 

-Procedimento amministrativo di 
accertamento e procedimento 
contenzioso dinanzi alle commissioni 
-Notificazioni -Notificazioni 
a mezzo di ufficiali giudiziari 
ed equiparati e notificazioni 
a mezzo di messi comunali e di 
messi all'uopo autorizzati -Scelta 
-Norme applicabili, 1297. 

-Procedimento dhlanzi alle Commissioni 
-Applicabilit� delle norme 
procesuali comuni -Limiti Impugnazioni 
-Notifica al procuratore 
costituito -Esclusione, 
con nota di R. SEMBIANTE, 
1347. 


XII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Procedimento dinanzi alle commissioni 
-Decisioni -Componenti 
della commissione partecipanti 
alla decisione -Nlimero 
minimo -Indicazione, nel solo 
verbale, dei membri del collegio 
giudicante -Sufficienza -Decisione 
sottoscritta soltanto dal presidente 
e dal segretario -Validit�, 
1299. 

-Procedimento dinanzi alle commissioni 
-Decisioni -Impugnazioni 
-Notifica al domicilio reale 
invece che al domicilio eletto Validit�, 
con nota di R. SEMBIANTE, 
1347. 

-Procedimenti dinanzi alle commissioni 
tributarie -Notificazioni 
-Norme applicabili, 1296. 

-Procedimento dinanzi alle commissioni 
tributarie -Notificazioni 
e comunicazioni -Comunicazione 
dell'appello dell'Ufficio effettuata 
con lo stesso atto di no


, tificazione della decisione impugnata 
-Eventuale nullit� di tale 
notificazione -Estensione della 
nullit� alla comunicazione, 1296. 

-Procedimento dinanzi alle commissioni 
tributarie -Notificazione 
delle forme previste dall'articolo 
89 del r. d. 11 luglio 1907, 

n. 560 -Mancanza nell'originale 
dell'atto del consegnatario o della 
menzione dei motivi dell'omessa 
sottoscrizione -Nullit� 
Esclusione -Rinnovazione della 
notifica ai sensi dell'art. 291 
c. p. c. -Ammissibilit� -Effetti, 
1296. 
-Procedimento dinanzi alle commissioni 
-Omesso esame, da parte 
della Commissione centrale, 
del ricorso incidentale del resistente 
-Decisione su solo ricorso 
principale -Nullit�, 1299. 

-Procedimento dinanzi alle commissioni 
-Ricorso alla Commissione 
centrale -Omessa indicazione 
dei motivi -Inammissibilit� 
del ricorso -Motivi succintamente 
esposti -Ammissibilit�, 
1299. 

- 
Procedimento dinanzi alle commissioni 
-Ricorso alla Commissione 
cenrale -Audizione delle 

parti e obbligo di comuncazione 
della data di discussione in procedimenti 
diversi da quelli previsti 
dall'art. 50 del t. u. 24 agosto 
1877, n. 4021 -Esclusione, 
1299. 

-Procedimento dinanzi alle commissioni 
-Ricorso non motivato 

(c. d. interruttivo) alla Commissione 
distrettuale (ed alla Commissione 
provinciale) -Inammissibilit� 
-Motivi indicati in note 
e ricorsi aggiunti -Irrilevanza 
ai fini dell'ammissibilit� del ricorso, 
1373. 
IMPUGNAZIONE 

-Denuncia di omessa pronunciada parte del giudice di un'eccezione 
di regiudicata -Revocazione 
della sentenza -Esclusione 
-Necessit� di ricorso per cassazione, 
1241. 

INGIUNZIONE 

- 
V. Atti amministrativi. 

LAVORO 

-Disciplina dell'apprendistato 
Limitazione dell'et� massima degli 
apprendisti -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 1213. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Interpretazione -Chiarezza della 
lettera -Interpretazione letterale 
-Sufficienza -Necessit� di ricercare 
la volont� del legislatoee 
-Non sussiste, con nota di 

A. 
MERCATALI,, 1339. 
NOTIFICAZIONI 

-Appello -Domicilio eletto o dichiarato 
-Validit� per il giudizio 
di appello, con nota di P. 
DI TARSIA DI BELMONTE, 1433. 



INDICE 
Xlll 

-Domicilio dichiarato o eletto Dichiarazione 
o elezione fatta 
dall'imputato detenuto -Validit� 
per il tempo successivo alla 
scarcerazione, con nota di P. Dt 
TARSIA DI BELMONTE, 1433. 

-Domicilio dichiarato o eletto Differenza 
tra dichiarazione ed 
elezione -Effetti -Domicilio 
eletto -Notificazione in luogo 
diverso -Nullit� -Eccezione, con 
nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 
1433. 

-Domicilio dichiarato o eletto Prevalenza 
del domicilio eletto 
su quello dichiarato -Impugnazioni 
-Dichiarazione di domicilio 
in un atto di impugnazione Prevalenza 
del domicilio precedentemente 
eletto, �salvo prova di 
revoca, con nota di P. DI TARSIA 
DI BELMONTE, 1433. 

-Domicilio dichiarato o eletto Revoca 
del domicilio eletto Esigenza 
di atto formale -Revoca 
per lettera -Inefficacia, con 
nota di p. Dx TARS:tA DI BELMONTE. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Fideiussone -Sottoposizione a 
garanzia dell'obbligazione garantita 
-Condizionabilit� anche dell'obbligazione 
fideiussoria -Esclusione, 
1332. 

...:... 
Transazione -Diritti patrimoniali 
connessi ad illecito penale o a 
questioni di profilo pubblicistico 
-Disponibilit� -Fattispecie in 
tema .di occupazione ultrabiennale, 
con nota di A. MARZANO, 
1397. 

-Transazione -Erronea valutazione 
sulla convenienza economica 
-Annullamento per errore essenziale 
di fatto -Inammissibilit�, 
con nota di A. MARZANO, 1396. 

-V. anche Acque pubbliche, Amministrazione 
dello Stato, Edilizia. 


OPERE PUBBLICHE 

- 
V. Appalto. 

PIANO EGOLATORE 

-Licenza edilizia in deroga -Emanazione 
successiva del nulla osta 
ministeriale -megittiinit�, 1293. 

-Licenza edilizia in deroga -Impugnativa 
autonoma -Ammissibilit�, 
1293. 

PRESCRIZIONE 

-Diritto al risarcimento dal danno 
-Fatto considerato dalla legge 
come reato -Applicabilit� 
della norma contenuta nel terzo 
comma dell'art. 2947 c. c. -Presupposti, 
1281. 

-Responsabilit� civile -Diritto al 
risarcimento del danno derivante 
dalla circolazione dei veicoli di 
ogni specie -Prescrizione biennale 
-Applicabilit� a tutte le 
ipotesi di danno derivante da 
illecito strettamente connesso alla 
circolazione del veicolo -Sussiste 
-Situazione del danneggiato 
nei confronti del veicolo danneggiante 
-Irrilevanza, 1269. 

-Responsabilit� civile -Fatto illecito 
con carattere permanente 
-Nozione -Diritto al risarcimento 
del danno -Decorrenza 
del termine prescrizionale, 1253 . 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Appello -Domanda di risoluzione 
di contratto di cui sia dedotta 
in primo grado la nullit� 
-Improponibiilt�, con nota di 

A. MARZANO, 1396. 
-Appello -Domanda nuova -Nozione 
-Mutamento della causa 
petendi -Ammissibilit� -Limiti, 
con nota di A. MARZANO, 1396. 

-Atti nulli -Eccezione in grado 
di appello della parte che non 
ha provocato in tempo utile la 
regolarizzazione o la rinnovazione 
-Inammissibilit�, con nota 
di A. MARZANO, 1396. 



RASSEGNA DELL'AV~��ATURA DELLO STATO

XIV 

-Azione -Legittimazione alla causa 
e titolarit� del diritto -Nozione 
-Differenza, 1251. 

-Estinzione -Atto di citazione Efficacia 
interruttiva della prescrizione 
-Efficacia istantanea 
e non gi� permanente -Momento 
di decorrenza del nuovo periodo 
di prescrizione, 1281. 

-Ingiunzione fiscale -Giudizio di 
opposizione -Accoglimento dell'opposizione 
per . motivi giuridici 
diversi da quelli indicati dalla 
parte -Vizio di ultrapetizione 
-Non sussiste, con nota di A. 
MERCATALI, 1339. 

-Notificazioni -Omissione delle 
formalit� previste dall'art. 139, 
quarto comma, c. p. c. -Nullit� 
-Esclusione -Vizi della notificazione 
inducenti nullit� -Rinnovazione 
della notificazione ai 
sensi dell'art. 291 c. p. c. -SanatOria 
ex tunc, 1298. 

-'--Poteri. del giudice -Fatti modificativi 
ed estintivi del diritto 
provati in giudizio -Rilevabilit� 
ex officio iudicis in mancanza 
di apposita norma contraria Sussiste 
-Aplicazione -Risoluzione 
consensuale di un contratto 
risultante dagli atti di causa 
-Rilevabilit� ex officio iudicis 
-Sussiste, 1264. 

-Proposizione di domande nuove 
nel corso del giudizio di primo 
grado -Mancanza di tempestiva 
eccezione della controparte di 
inammissibilit� delle medesime Acquisizione 
delle domande nuove 
al processo -Sussiste, 1273. 

V. 
anche Acque pubbliche, Appello, 
Esecuzione forzata, Notificazione. 
PROCEDIMENTO PENALE 

-Istruttoria sommaria -Assistenza 
dei difensori agii atti del procedimento 
-Limitazione di cui all'art. 
392 c. p. p. -Violazione del 
diritto di difesa -Sussistenza, 
1185. 

-Istruttoria sommaria -Necessit� 
del deposito degli atti analoga


mente all'istruttoria formale Violazione 
del diritto di difesa Esclusione, 
1185, 

-Tribunale per � i minorenni Concessione 
del perdono giudiziale 
in Camera di Consiglio Violazione 
del diritto di difesa Esclusione, 
1211. 

REATO 

-Reato continuato -Pi� violazioni 
della stessa disposizione -Contestazione 
di ciascun reato -Continuazione 
-Insussistenza, 1431. 

-Reato contravvenzionale -Ignoranza 
della norma penale indotta 
da provvedimento dell'autorit�, 
con nota di I. F. CARAMAZZA, 1426. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Risarcimento del danno -Danno 
emergente -Domanda di rimborso 
delle spese sostenute dal danneggiato 
per eliminare le conseguenze 
dannose del fatto illecito 
-Correlativa obbligazione del 
responsabile del danno -Debito 
di valuta -Insuscettibilit� di rivalutazione 
-Sussiste, 1271. 

-Risarcimento del danno -Giudizio 
di liquidazione -Questione 
della incidenza della svalutazione 
monetaria -Rilevabilit� di ufficio 
-Sussiste, 1271. 

-V. anche Obbligazioni e conttratti, 
Prescrizione. 

REVOCAZIONE 

- 
V. Impugnazione. 

SENTENZA 

-Riconoscimento di sentenza penale 
straniera -Casellario giudiziale 
-Sentenza straniera iscritta 
-Insufficienza ai fini della� re




INDICE 
xv 

cidiva -Necessit� della annotazione 
del riconoscimenti:> o di 
accertamento dello stesso, con 
nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 
1429. 

SICILIA 

-Conflitto di attribuzione -Decreto 
del ;M~nistro per le Finanze 
modificativo delle attribuzioni 
degli Uffici I.G.E. di Roma e di 
Palermo -Infondatezza, 1203. 

-Registrazione con riserva degli 
atti alla Regione -Illegittimit� 
costituzionale -Sussistenza, 1205. 

TRENTINO..;ALTO ADIGE 

~ 
Conflitto di attribuzione -Competenza 
per la dichiarazione di 

p. u. e di indifferibilit� ed urgenza 
degli elettrodotti costruiti 
dall'ENEL -Spetta allo Stato, 
1196. 
VALLE D'AOSTA 

-Conflitto di attribuzione tra Stato 
e Regione -Nomina di Commissario 
di Governo -Rinuncia al 
ricorso -Validit�, 1192. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

26 giugno 1965, n. 52 . . pag. 1185 
19 novembre 1966, n. 101 1192 
19 novembre 1966, n. 102 1195 
19 dicembre 1966, n. 118 1196 
19 dicembre 1966, n. 119 1199 
19 dicembre 1966, n. 120 1203 
19 dicembre 1966, n. 121 1205 
19 dicembre 1966, n. 122 1211 
19 dicembre 1966, n. 123 1213 
19 dicembre 1966, n. 124 1215 
29 dicembre 1966, n. 127 1185 
29 dicembre 1966, n. 128 1216 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 4 marzo 1966, n. 634 . pag. 1235 
Sez. Un., 5 aprile 1966, n. 874 . 1222 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1330 . 1296 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1332 (in nota a Cass. 20 agosto 

1966, n. 2263) . 1308 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1336 . 1299 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1340 . 1301 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1341 (in nota a Cass. 25 maggio 

1966, n. 1336) . 1300 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1352 (in nota a Cass. 25 maggio 
1966, n. 1330) . 1297 
Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1392 (in nota a Cass. 20 agosto 

1966, n. 2263) . 1308 
Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1417 . 1379 
Sez. III, 30 maggio 1966, n. 1439 . 1240 
Sez. I, 7 giugno 1966, n. 1484 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, 

n. 2263) 1308 
Sez. I, 17 giugno 1966, n. 1560 . � 1307 
Sez. Un., 27 giugno 1966, n. 1649 . 1222 
Sez. Un., 28 giugno 1966, n. 1675 . 1241 
Sez. I, 30 giugno 1966, n. 1685 (in nota 'a Cass. 25 maggio 
1966, n. 1336) . � 1300 
Sez. I, 30 giugno 1966, n. 1686 (in nota a Cass. 25 maggio 
1966, n. 1336) . � 1300 
Sez. I, 30 giugno 1966, n. 1687 (in nota a Cass. 25 maggio 
1966, n. 1336) . 1300 



INDICE XVII 

Sez. I, 30 giugno 1966, n. 1688 (in nota a Cass. 25 maggio 

1966, n. 1336) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1300 
Sez. I, 5 luglio 1966, n. 1737 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, 

n. 2263) ........ . 1308 
Sez. Un., 23 luglio 1966, n. 2009 . 1246 
Sez. II, 23 luglio 1966, n. 2018 . 1251 
Sez. Un., 25 luglio 1966, n. 2040 . 1223 
Sez. Un., 25 lui}io 1966, n. 2043 . 1224 
Sez. II, 4 agosto 1966, n. 2167 . 1253 
Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2174 . 1254 
Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2175 . 1261 
Sez. III, 11 agosto 1966, n. 2193 . 1264 
Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2260 (in nota a Cass. 20 �agosto 1966, 

n. 2263) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1308 
Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2261 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, 

n. 2263) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1308 
Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2262 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, 

n. 2263) . . . . . . . ... 1308 
Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2263 . . . 1308 
Sez. I, 5 settembre 1966, n. 2318 . . 1327 
Sez. III, 6 settembre 1966, n. 2329 . . 1266 
Sez. III, 13 settembre 1966, n. 2371 . 1269 
Sez. III, 23 settembre 1966, n. 2385 . 1271 
Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2453 . 1332 
Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2455 . . . 1297 
Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2457 . . . 1328 
Sez. I, 19 ottobre 1966, n. 2538 . . . 1335 
Sez. I, 25 ottobre 1966, n. 2589 (in nota a Cass. 14 ottobre 1966, 

n. 2457) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... 1328 
Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2605 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, 

n. 2263) ......... . 1308 
Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2607 . . 1310 
Sez. I, 26 settembre 1966, n. 2613 . 1273 
Sez. Un., 27 ottobre 1966, n. 2642 . 1274 
Sez. I1 27 ottobre 1966, n. 2642 . . 1279 
Sez. Un., 28 ottobre 1966, n. 2693 . 1225 
Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2705 . . 1339 
Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2706 . . 1347 
Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2713 . . 1354 
Sez. III, 5 novembre 1966, n. 2727 . 1281 
Sez. I, 10 novembre 1966, n. 2749 . 1357 
Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2783 . 1231 
Sez. I, 30 novembre 1966, n. 2812 . . 1279 
Sez. Un., 16 dicembre 1966, n. 2939 . 1370 
Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2944 (in nota a Cass. 20 agosto 
1966, n. 2263) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1308 
Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2946 . . . . . . . . . . . . . 1363 
Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2947 (in nota a Cass. 25 maggio 
1966, n. 1330) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1297 
Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2948 (in nota a Cass. 25 maggio 
1966, n. 1330) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1297 
Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2949 (in nota a Cass. 25 maggio 
1966, n. 1330) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1297 

2 


XVIII RASSEGNA DELL'AVVOC�ATURA DELLO STATO 

CORTE DI APPELLO 

Sez. I, 21 giugno 1966 
. . . . . . . . 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

5 agosto 1966, n. 24 . 
11 agosto 1966, n. 26 . 

LODI ARBITRALI 

11 novembre 1965, n. 86 (Roma) 
2 luglio 1966, n. 43 (Roma) . 
21 settembre 1966, n. 65 (Roma) 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 610 . 

Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 636 . 

S�z, IV, 13 ottobre 1966, n. 651 . 

Sez. IV, 13 'Ottobre 1966, n. 653 . 

Sez. IV, 21 ottobre 1966, n. 706 . 

Sez. IV, 26 ottobre 1966, n. 713 . 

Sez. IV, 28 ottobre 1966, n. 759 . 

Sez. V, 27 �agosto 1966, n. 1091 . 

Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1105 . 

Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1106 . 

Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1110 . 

Sez. V, 21 ottobre 1966, n. 1224 . 

Sez. VI, 12 luglio 1966, n. 598 

Sez. VI, 26 luglio 1966, n. 639 . 

COMMISSIONI TRIBUTARIE 

COMMISSIONE CENTRALE 

Sez. Un., 23 giugno 1966, n. 84493 . . . . . . . . . . . . . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CASSAZIONE PENALE 

Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 2323 . 

Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1624 . . 

Sez. III, 7 febbrai'O 1966, n. 1424 . 

Sez. IV, 28 aprile 1966, n. 18 . 

Sez. I, 8 agosto 1966, n. 962 . 

pag. 
1371 

1395 
1405 

1410 
1413 
1419 

pag. 
1184 
1184 
1286 
1287 
1288 
1289 
1290 
1291 
1291 
1292 
1292 
1293 
1294 
1294 

pag. 
1373 

pag. 
1424 
1426 
1429 
1431 
1433 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

MENESTRINA F., L'accessione nell'esecuzione, Giuffr�, Milano, 
1962, pagg. 274 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 281 
KELSEN H., La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 1966, 
pagg. CIII-418 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281 

RASSEGNA DI LEGISLAZI�NE 

LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . pag. 143 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO Dl LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 

d. lg. P. R. 6 maggio 1948, n. 655, art. 2, secondo comma 
e art. 6, primo comma, primo periodo, art. 6, secondo 
comma 284 

-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimitd costituzionale: 


r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404, artt. 14 e 15 . 284 

r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 . 284 
legge 19 gennaio 1955, n. 25 . . . . . . . 284 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285 

codice civile, art. 2086, secondo comma . . . . . . . 285 
codice civile, art. 2120, primo comma, ultima parte . 285 
codice di procedura civile, art. 545, quarto comma . 285 
codice di procedura civile,� art. 622 . 285 
codice penale, art. 145 e art. 213 . . . . . . . 285 
codice di procedura penale, art. 398 . . . . . . . 286 
codice di procedura penale, art. 503, terzo comma . 286 

r. d. 11 dicembre 1887, n. 1550 ,recto 5138) . . . . 286 

r. d. 2 luglio 1896, n. 313 . . . . . . . . . . . . 286 

r. d. 5 luglio 1896, n. 314 ; . . . . . . . . . . . 287 
legge 14 febbraio 1904, n. 36, art. 2, secondo comma 
art. 3, terzo comma, nel complesso delle disposizioni . 287 

r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692, art. 9, secondo comma . 287 

r. d. 10 maggio 1923, n. 1792, art. 1, r. d. 19 novembre 
1921, n. 1592 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287 


J J 
xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31, primo, secondo 
e terzo comma . . . . . . pag. 288 
r. d. 23 marzo 1924, n. 442. 288 
legge 17 aprile 1925, n. 473 . . . . . . . 288 
r. d. 16 agosto 1926, n. 1489 . . �. . . . . 288 
r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, artt. 10 e 19 . 288 
r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 . . . . . . . 288 
r. d. 18 giugno 1931, n. 787, art. 124, primo comma, 
artt. 125, secondo comma, 125, primo comma, art. 125, 
quinto e sesto comma, e 327, secondo comma, ultima 
parte .................... . 289 
r. d. 18 giugno 1931, n. 787, art. 142, secondo comma 289 
r. d. 27 novembre 1936, n. 645, artt. 12, secondo comma, 
13 e 72 . . . . . ......... . 289 
r. d. 7 giugno 1943, n. 651 . . . . . . . . 289 
d. lg. lgt. 9 novembre 1945, n. 848, art. 6 . 289 
d. lg. C.P.S. 1 aprile 1947, n. 273 . . . . 290 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 176 . 290 
legge 24 marzo 1958, n. 195 . . 291 
legge 2 aprile 1958, n. 339 . . . . . . . 291 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 . . . . . . 291 
d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326, articolo unico . 291 
d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . . . . . . . . . 292 
legge 22 luglio 1966, n. 614 . . . . . . . . . . . 292 
d. P. R. 9 agosto 1966, n. 869, art. 3, primo comma . 292 
legge reg. sic. �approv. 12 ottobre 1966 . 292 
legge reg. sic. approv. 16 novembre 1966 . . . . . 292 
-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce d iestinzione, di inammissibilit�, 
di manifesta infondatezza o di restituzione degli 
atti al giudice di merito . . . . . . 293 

codice di procedura penale, art. 398 . 293 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F . . 293 

r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 160 . 293 
legge 7 ottobre 1947, n. 1058, artt. 3, secondo comma, 
23e24.................. 294 
d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645,, art. 136, lett. b) . 294 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, articolo unico . . 294 
d. P. R. 9 maggio 1961, n. 866, articolo unico . . 294 
legge reg. sarda approv. 14 maggio 1965 (20 gennaio 
1966) . . . . . . . . . . . . . . 295 
legge reg. sic. approv. 21 luglio 1965 . . 295 
legge reg. sic. approv. 21 luglio 1965 . . 295 
legge reg. sic. approv. 19 ottobre 1965 . 295 
legge reg. sic. approv. 26 ottobre 1965 . 295 
legge reg. sic. approv. 25 novembre .1965 . 295 
legge reg.. sic. approv. 4 aprile 1966 . . . 296 
legge reg. sic. approv. 4 aprile 1966 . . . 296 
prescrizioni di massima per la provincia di Enna, 
artt. 27 e 39 . . . . . . . . . . . . . . . 296 

; 

INDICE 
XXI 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

pag. 
303 
303 
304 
304 
305 
305 
306 

306 
306 
306 
307 

307 
307 
308 
308 
308 
309 
309 
309 
309 

310 

310 

pag. 
311 

Agricoltura e foreste . 
Appalto 
Borsa 
Daccia e pesca . . 
Comuni e province . 
Consiglio di Stato 
Contabilit� Generale 

dello Stato 
Costituzione . 
Danni di guerra 
Demanio 
Edilizia economica e 

popolare 
Elettricit� ed elettrodotti 
Enti e beni ecclesia


stici 
Esecuzione forzata . 
Espropriazione per p.u. 
Fallimento 
Ferrovie 
Impiego pubblico . 
Importazione ed espor


tazione 
Imposta di bollo . 

NOTIZIARIO 

Convegni di studi 

pag. 297 Imposta di registro . . 
297 Imposta di successione 
298 Imposte e tasse . . . 
298 Infortuni sul lavoro . . 
298 Lavoro 
298 Locazione . 
Navi 
298 Obligazioni e con299 
tratti . 
299 Opere publiche 
299 Pensioni 
300 
Pignoramento 
Poste e telecom�nicazioni 
300 Prescrizione � 
Previdenza e assisterlza 
300 Privilegi 
301 Regioni. 
301 Responsabilit� civile 
301 Servit� . 
301 Societ� . 
302 Transazione 
rrasporti 
303 Trattati e convenzioni 
303 internazionali 

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1965, n. 52 -Pres. Ambrosini Rei. 
Castelli -Avolio -Vernieri (n. c.). 

Procedimento penale -Istruttoria sommaria -Assistenza dei difensori 
agli atti del procedimento -Limitazione di cui all'art. 392 c. p. p. Violazione 
del diritto di difesa -Sussistenza. 

(Cost., art. 24; c. p, p. art. 392, primo comma, 304, bis, ter, quater). 

� fondata, con riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimit� 
costituzionale dell'inciso �in quanto applicabili., contenuto nell'art. 
392, primo comma, c. p. c., ove esso renda possibile non applicare 

all'istruzione sommaria le disposizioni di cui agli artt. 
quater, previste per l'istruzione formale (1). 
304, bis, ter, 
II 
CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1966, n. 127 -Pres. Ambro


sini -Rel. Manca -Chendi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). 

Procedimento penale -Istruttoria sommaria -Necessit� del deposito 
degli atti analogamente all'istruttoria formale -Violazione del diritto 
di difesa -Esclusione. 

Cost. art. 24; c. p. p. art. 392, primo comma, 372, 397). 

(1-2) La questione di cui alla prima massima era stata proposta con 
ordinanza del Pretore di Imola 4 marzo 1965 (Gazzetta Ufficiale 30 aprilcl 
1965 n. 109). 

La questione di cui alla seconda massima era stata proposta da ordinanze 
di giudici diversi: Tribunale Ferrara, 6 luglio 1965 (Gazzetta Ufficiale 

ll 



1186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Corte Costituzionale -Questione di legittimit� costituzionale in via in


cidentale -Sentenza di accoglimento della questione -Effetti. 

(Cost., art. 136: I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, terzo comma). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, con riferimento 
all'art. 24. Cost., dell'art. 392, primo comma, c. p. p. neU'inciso 

�in quanto applicabili�, riferito al deposito degli atti prescritto nella 
istruzione formale dall'art. 372, in quanto tale deposito non manca nell'istruttoria 
sommaria,. nella quale la richiesta del P. M. di citazione a. 
giudizio deve essere accompagnata, a termini dell'art. 397, ultimo comma 
c. p. p., dal deposito degli atti nella cancelleria competente (2). 
Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, dell'art. 30, 
terzo comma, della l. 11 marzo 1953, n. 87, poich� questa, nel suo contenuto 
sostanziale, non diverge in alcun modo dal precetto dell'art. 136 
Cost., in base al quale la dichiarazione di illegittimit� costituzionale di 
una norma di legge produce conseguenze assimilabili a quelle dell'annullamento, 
con incidenza anche sulle situazioni pregresse verificatesi. 
nel .giudizio, salvo il limite del giudicato. e quello derivante da situazioni 
giuridiche comunque divenute irrevocabili (3). 

I 

(Omissis). -Con la sentenza n. 11 del corrente anno questa Corte, 
in considerazione dell'intento ispiratore della riforma legislativa del 
1955, degli orientamenti giurisprudenziali immediatamente successivi a 

31 dicembre 1965 n. 326); Tribunale Varese 30 dicembre 1965 (Gazzetta 
Ufficiale 12 marzo 1966 n. 64); Pretore di Pieve di Cadore 25 gennaio 1966 
mazzetta Ujj�ciale 12 marzo 1966 n. 64). 

Entrambe riguardano l'applicabilit� al procedimento penale con istruzione 
sommaria di specifiche norme dettate per l'istruzione formale, che 
l'artt. 392 c. p. p. estende solo � in quanto applicabili �. 

Le due sentenze ritengono che l'estensione sia pienamente valida relativamente 
alle attivit� del difensore previste ngli artt. 304 bis, ter, e quater 

c. p. p.; non sia consentita invece, per il deposito degli atti di cui all'art. 
372 c. p. p., posto che, in ogni caso, prima del dibattimento, il difensore 
dell'imputato viene a conoscenza di tutti gli atti depositati a termini del1'
artt. 397 c. p. p. 
La casistica potrebbe continuare anche per altre disposizioni dell'istruttoria 
formale, dato che il rinvio contenuto nell'art. 392 c. p, p. � necessariamente 
elastico. 

Sulla precedente sentenza della Corte in merito allo stesso problema 
(sent. 19 febbraio 1965, n. 11) si rinvia alla nota contenuta in questa: 
Rassegna, 1965, 25, nonch� al volume I giudizi di costituzionalitd, 1961-65,. 
213 e segg.; cfr. anche; ELIA, Divergenze e convergenze della Corte costituzionale 
con la magistratura ordinaria in materia di garanzie difensive 
nell'istruzione sommaria, Riv. it. dir. proc. pen., 1965, 537. 

(3) La terza massima concerne l'applicazione della prima sentenza ai 
giudizi in corso, applicazione, come � noto, negata dalla Corte Suprema con 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1187 

tale riforma, dei generali, autorevolissimi convincimenti della dottrina, 
aveva ritenuto di dover, escludere ogni contrasto tra l'art. 392, primo 
comma, del Codice di procedura penale e l'art. 24 della Costituzione, sul 
presupposto che il rinvio fatto dall'art. 392 alle disposizioni relative 
all'istruzione formale, e in quanto sono applicabili �, consentisse l'esten


, sione all'istruzione sommaria delle disposizioni degli artt. 304 bis, ter, e 
quater dell'anzidetto codice, riguardanti l'esercizio del diritto di difesa 
nell'istruzione formale. In tal modo interpretata, la norma avrebbe 
potuto continuare a vivere nel sistema, in piena armonia con la Costituzione. 
L'esperienza immediatamente successiva ha tuttavia rivelato che la 
giurisprudenza della magistratura ordinaria, la quale fin dal 1958 aveva 
ritenuto di doversi discostare dall'anzidetta interpretazione dell'art. 392 
-che � l'unica non contrastante col precetto dell'art. 24 della Costituzione-, 
continua a escludere che la formulazione dell'anzidetto articolo 
del Codice di procedura penale, dati i particolari caratteri dell'istruzione 
sommaria, consenta l'estensione a quest'ultima -delle garanzie del 
diritto di difesa introdotte nel codice con gli artt. 304 bis, ter e quater. 
Interpretata e applicata in tal modo, la disposizione del primo comma 
dell'art. 392 continua perci� a vivere nella realt� concreta in modo incompatibile 
con la Costituzione, come questa Corte ha gi� diffusamente 
spiegato nella ricordata sentenza n. 11. � evidente, del resto, che, ove 
con l'istruzione sommaria dovesse risultare, per natura, incompatibile 
l'esercizio del diritto di difesa, quel tipo di istruzione sarebbe esso stesso 
in assoluto contrasto con l'art. 24 della Costituzione, il quale vuole assicurato 
il diritto di difesa � in ogni stato e grado del procedimento �. 
Questa Corte rimane per� ferma nel convincimento della inesistenza 
di una naturale incompatibilit� dell'istruzione sommaria con l'esercizio 
del diritto di difesa. Onde contrasta con l'art. 24 della Costituzione 
semplicemente il fatto che nel corso di tale tipo di istruzione la legge 
escluda l'esercizio della difesa. 

ripetute sentenze (Riv. it. dir. e proc. pen., 1965, 1101 e segg.) fino a quella 
delle Sezioni Unite penali dell'll dicembre 1965 (Foro it., 1966, II, 65). 

Va tuttavia rilevato, indipendentemente dal problema di merito, che 
sia l'art. 136 Cost., sia l'art. 30 della 1. 11 marzo 1953, n. 87 hanno il medesimo 
contenuto; e di ci� ha dato conferma la stessa Corte Costituzionale 
nella seconda delle sentenze in rassegna. 

Ci� importa, sul piano dell'applicazione giurisprudenziale, che una 
eventuale dichiarazione di illegittimit� costituzionale dell'art. 30 citato, 
fondata su di una diversa interpretazione che di esso dovesse darne la 
Corte Suprema, non sortirebbe effetti pratici, dato che il Giudice ordinario 
sarebbe chiamato ad interpretare, in tale ipotesi, direttamente ed esclusivamente 
l'art. 136 Cost., il quale, per sua natura, non � suscettibile di sindacato 
di legittimit� costituzionale. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Uniformandosi al precedente segnato dalla sentenza n. 26 del 1961, 
la Corte ritiene pertanto di dovere, nella situazione determinatasi, della 
quale si � fatto eco l'ordinanza che ha dato inizio al presente giudizio, 
dichiarare illegittimo l'art. 392, primo comma, del Codice di procedura 
penale, nella parte in cui, estendendo alla istruzione sommaria le norme 
stabilite per l'istruzione formale solo � in quanto sono applicabili �, 
autorizza ad escludere che anche nell'istruzione sommaria debbano avere 
applicazione le disposizioni degli artt. 304 bis, ter, quater, poste a garanzia 
del diritto di difesa. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Come si nota anche nell'ordinanza, la sentenza di 
questa Corte n. 52 del 1965, con riguardo alla questione allora prospettata, 
ha dichiarato l'illegittimit� della disposizione, ora nuovamente 
impugnata, in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater del Codice di 
procedura penale (modificato dalla 1. 18 giugno 1955, n. 517), concernenti 
i diritti dell'imputato nello svolgimento dell'istruttoria sommaria. 
Ma, con tale pronunzia, si � dichiarata soltanto parzialmente l'illegittimit� 
dell'inciso anzidetto, lasciando peraltro inalterata, nella sua struttura 
e nelle sue finalit�, l'istruzione col rito sommario cosi come delineata 
dal codice processuale; e lasciando quindi tuttora operante la 
norma per la parte non concernente la questione proposta. 

Ora, non � contestabile che il deposito degli atti e dei documenti 
nella cancelleria, prescritto dall'art. 372, all'atto della chiusura della 
istruttoria formale, sia dettato anch'esso a garanzia della difesa, come 
chiramente dimostra il secondo comma dello stesso articolo. � peraltro 
da osservare che tale deposito non manca nell'istruttoria sommaria, 
poich� l'art. 397, ultimo comma, dispone che la richiesta di citazione, 
da parte del Pubblico Ministero, � depositata nella cancelleria competente, 
e, con essa, sono trasmessi gli atti del procedimento. Ci� ovviamente 
al fine di porre in grado la difesa di prenderne conoscenza. Il che 
trova conferma anche nell'art. 323, (modificato dalla legge del 18 giugno 
1955), il quale, per quanto riguarda la nomina del consulente tecnico, 
ammette che pu� essere richiesta, dalla parte interessata o dal suo 
difensore, fino a cinque giorni prima della data fissata per il dibattimento. 


Non si pu� pertanto disconoscere che, nell'accennata ipotesi, il di


ritto alla difesa viene rispettato, in relazione al carattere ed alla finalit� 

di quel tipo di istruttoria, e che quindi non � dato riscontrare, sotto tale 

aspetto, alcuna violazione del precetto costituzionale, nella parte impu


gnata dell'art. 392, sopra citato. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1189 

2. -La questione principale della controversia concerne, come in 
precedenza si � riferito, �il terzo comma dell'art. 30 della legge 11 marzo 
1953, n. 87, secondo il quale le norme dichiarate incostituzionali non 
possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione 
delle decisioni di questa Corte. 
Si assume, nelle ordinanze di rimessione, che questa disposizione 
(emanata, in base all'art. 1 della legge costituzionale 11 marzo 1953, 

n. 1), per l'attuazione delle norme costituzionali (art. 136 della Costituzione 
e art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948), data anche la 
divel'sit� di formulazione rispetto al primo comma dell'art. 136 ( � cessa 
di avere efficacia � ), renderebbe possibile una interpretazione restrittiva 
degli accennati precetti: un'interpretazione cio� che, circa l'incidenza 
delle pronunzie di incostituzionalit� sui procedimenti in corso 
davanti agli organi giurisdizionali, escluderebbe tale incidenza relativamente 
agli atti di istruzione penale, compiuti, come nella specie, 
col rito sommario, prima della pubblicazione della sentenza sopra indicata, 
senza l'osservanza delle garanzie del diritto di difesa, prevedute 
dai citati artt. 304 bis, ter e quater. 
3. -L'Avvocatura dello Stato deduce preliminarmente l'inammissibilit� 
della questione, sul riflesso che la disposizione impugnata sarebbe 
compresa in una legge ordinaria, la quale, trattandosi di legge di 
attuazione di norme costituzionali, avrebbe carattere �rinforzato � rispetto 
alle altre leggi, tale da escludere il controllo di incostituzionalit�. 
L'assunto � contrario alla costante giurisprudenza di questa Corte 
(sentenze nn. 14, 15, 16 e 20 del 1956 e 15 del 1957) e l'eccezione deve 
essere perci� respinta. 

4. -Nel merito la questione non � fondata. 
La difesa dello Stato muove dal presupposto che la norma impugnata, 
sebbene con formulazione diversa da quella del primo comma 
dell'art. 136 della Costituzione, ne costituisca tuttavia una chiarificazione 
ed una precisazione, senza restringerne la portata. Non contesta, d'altra 
parte, che la dottrina, quasi unanime, riconosce al precetto della Costituzione, 
collegato con l'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948, 
efficacia obiettiva � erga omnes �. 

Rileva peraltro che �siffatta estensione alle situazioni verificatesi 
anteriormente alla pubblicazione della sentenza, implicherebbe anche un 
problema di limiti, sino a qual punto cio� l'efficacia, cosi detta retroattiva, 
delle sentenze di questa Corte reagisca sulle accennate situazioni: 
problema che, in quanto concernente lo svolgimento, in concreto, del 
procedimento in base alle regole del codice processuale, non darebbe 
luogo ad una questione di costituzionalit�, ma, soltanto, all'interpretazione 
ed applicazione della legge ordinaria, nell'ambito della competenza 
degli organi giurisdizionali. 



1190 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Senonch� � da obiettare �che la questione proposta investe il problema 
�relativo agli" effetti delle sentenze che dichiarano l'illegittimit� 
costituzionale di una norma di legge: problema, che deve essere perci� 
esaminato nel complesso unitario della disciplina che regola tali effetti 
(art. 136, primo comma della Costituzione in relazione all'art. 1 della 
legge costituzionale 1948, n. 1 ed all'art. 30, terzo comma, della legge 
di attuazione n. 87 del 1953). Rimane ovviamente devoluta alla competenza 
degli organi giurisdizionali, l'applicazione in concreto dei principi 
che da tale interpretazione derivano. 

5. -Com'� noto il primo comma del citato art. 131), con modificazioni 
di forma e con l'aggiunta � dal giorno successivo alla pubblicazione 
delle decisioni ., ha riprodotto il terzo comma dell'art. 128 del 
progetto; ed il primo eomma del progetto stesso � divenuto l'art. 1 della 
legge eostituzionale del 9 febbraio 1948, n. 1. E mentre, nell'art. 136, 
si dispone che, con la diehiarazione di illegittimit� costituzionale, la 
norma eessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione 
della decisione, nell'art. 1 della legge del 1948 si precisa che la questione 
di legittimit� costituzionale, non ritenuta dal giudice manifestamente 
infondata, pu� essere sollevata di ufficio o ad istanza di parte, 
nel corso di un giudizio, davanti ad organi giurisdizionali. 
� pure noto ehe, nell'Assemblea costituente, non furono approfonditi 
(salvo qualche accenno in un intervento) i vari problemi che sarebbero 
potuti insorgere in dipendenza della dichiarazione di illegittimit�. 
Ed i primi commentatori della Costituzione, fondandosi anche sulla formulazione 
letterale del primo comma dell'art. 136 si orientarono nel 
senso che la dichiarazione stessa producesse effetti analoghi a quelli 
dell'abrogazione, con le conseguenze inerenti a tale istituto. Per altro 
non appariva allora chiaro che, nonostante la formulazione della norma 
coatituzionale, tuttavia il riconoscimento (secondo anche l'orientamento 
del legislatore costituente) del carattere generale, obiettivo ed erga 
omnes degli effetti derivanti dalla dichiarata illegittimit� di una norma, 
mal si conciliava con le regole che disciplinano l'abrogazione, per la 
quale, come � noto, rimane pienamente valida la norma abrogata fino 
all'entrata in vigore di quella abrogante. In contrario di ci� che si verifica 
(come anche attualmente ritiene la dottrina quasi unanime), nel 
caso di dichiarazione di illegittimit�, in quanto questa colpisce la norma 
fin dalla sua origine, eliminandola dall'ordinamento e rendendola inapplicabile 
ai rapporti giuridici. Sostanziale diversit� di situazioni, quindi, 
che � stata gi� posta in luce dalla giurisprudenza di questa Corte in 
varie �sentenze, (n. 1 del 1956, 43 del 1957, 4 del 1959, 11 e 12 del 1960, 

n. 1 del 1962, 77 del 1963 e 38 del 1965), rilevandosi (sentenza n. 1 del 
1956) �Che e i due istituti dell'abrogazione e della illegittimit� costituzionale 
non sono identici fra loro, si muovono su piani diversi con 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1191 

effetti diversi e con competenze diverse � .. Principi questi che han.no 
indotto questa Corte ad ammettere il controllo di costituzionalit� anche 
rispetto a norma gi� abrogata, quando ne permanessero gli effetti nel 
vigore della nuova Costituzione. Da ci� e dal carattere sostanzialmente 
invalidante della dichiarazione di illegittimit� deriva la conseguenza 
(pure accolta dalla dottrina quasi unanime) che la dichiarazione stessa 
produce conseguenze assimilabili a quelle dell'annullamento. Con incidenza 
quindi, in coerenza con gli effetti di tale istituto, anche sulle 
situazioni pregresse, verificatesi nello svolgimento del giudiizo nel quale 
� consentito sollevare, in via incidentale, la questione di costituzionalit�, 
salvo il limite invalicabile del giudicato, con le eccezioni espressamente 
prevedute dalla legge, e salvo altresi il limite derivante da situazioni 
giuridiche comunque divenute irrevocabili. 

Con riferimento all'istituto dell'annullamento appunto (come risulta 
dall'ampia relazione della Commissione della Camera dei Deputati ad 
illustrazione dell'art. 30 della 1. n. 87), � stata inserita la disposizione 
del terzo comma: disposizione che, come pure risulta dalla citata relazione, 
� stata dettata �per eliminare i dubbi che erano stati sollevati 
nell'interpretazione dell'art. 136 della Costituzione e che derivano appunto 
dall'aver considerato come rapporti di diritto transitorio, quelli 
derivanti dalle dichiarazioni di incostituzionalit� �. 

6. -Senonch�, come si � gi� accennato in precedenza, nelle ordinanze 
di rimessione, con particolare riguardo all'attuale giudizio, si 
assume che dalla norma impugnata, potrebbe desumersi, in via di interpretazione, 
una restrizione del precetto costituzionale, circa gli effetti 
delle sentenze che dichiarano l'illegittimit� di una norma, e quindi un 
impedimento all'applicazione delle garanzie di difesa (artt. 304 bis, ter 
e quater c. p. p.) per gli atti istruttori compiuti, prima della ricordata 
sentenza di �questa Corte (n. 52 del 1965), senza l'osservanza di tali garanzie. 
In quanto cio� gli atti istruttori sarebbero regolati dal principio 
tempus regit actum. 

Ritiene peraltro la Corte che l'assunto sia infondato. 

Pur ammettendo, infatti, l'esistenza nell'ordinamento di un tale 

principio, ricollegato a quello pi� generale della normale non retroatti


vit� delle leggi che modificano o sostituiscono quelle precedenti, al 

principio stesso non pu� farsi richiamo nel caso di specie, il quale, come 

si � detto, � retto da principi diversi; da quelli cio� che disciplinano 

l'annullamento. 

� d'altra parte da osservare che il terzo comma dell'art. 30 della 

legge n. 87, contrariamente a quanto si assume, nel suo contenuto so


.stanziale, non diverge, in alcun modo, dal precetto costituzionale, come 

anche ritengono concordemente la dottrina e la giurisprudenza. 


1192 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'opinione contraria contrasta con gli intendimenti che ne hanno 
determinato l'eman�zione, quali risultano dalla sopra citata relazione 
e dallei dichiarazioni del Presidente della Commissione parlamentare, 
nel senso � che la formula adoperata nel citato terzo comma � interpretativa 
e integrativa di quella costituzionale, in quanto chiarisce che la 
pronunzia di illegittimit� vale per tutti i processi in corso>. 

Non giova in contrario richiamarsi, come fanno le ordinanze di 
rinvio, alla diversa formulazione del terzo comma dell'art. 30, rispetto 
all'art. 136 della Costituzione. Questo infatti stabilisce, in linea generale 
ed obiettiva, quale sia la conseguenza nell'ordinamento della pronunzia 
di incostituzionalit�: il terzo comma in contestazione ne precisa gli 
effetti nel processi in corso, ai fini della disapplicazione conseguente 
alla dichiarata illegittimit�. 

Pertanto, cosi interpretata, e soltanto in tal senso, la Corte non 
ritiene illegittima la disposizione che ha formato oggetto del presente 
giudizio. 

7. -Quanto si � finora esposto porta quindi a concludere che le 
disposizioni circa il diritto alla difesa, non soltanto sono applicabili alla 
istruttoria sommaria, com'� stato gi� deciso, ma lo sono altresi agli atti 
istruttori compiuti con tale rito, prima della pubblicazione della sentenza 
di questa Corte pi� volte menzionata (n. 52 del 1965), come effetto 
della dichiarazione di illegittimit� dell'art. 392, primo comma, del Codice 
di procedura penale, salvi i limiti gi� precisati. 
Si tratta, invero, di disposizioni, alle quali fa riferimento il n. 3 
dell'art. 185 del Codice di procedura penale (modificato dalla I. n. 517 
del 1955), che attengono all'intervento, all'assistenza ed alla rappresentanza 
dell'imputato nella istruzione. Esse riguardano bensi atti di carattere 
processuale, ma appunto, per i loro riflessi sulle garanzie della 
difesa, possono incidere su tutto il processo. Il che � fatto palese dal 
modo con cui le ha considerate il legislatore, in quanto, nella citata 
norma, dispone che la loro violazione d� luogo a nullit� insanabile, rilevabile 
di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 novembre 1966, n. 101 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Cassandro -Pres. Regione Valle d'Aosta (avv. Lucatello, 
Guarino, Crisafulli) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. 
gen. dello Stato Guglielmi). 

Valle d'Aosta -Conflitto di attribuzione fra Stato e Re~ione -Nomina 

di Commissario del Governo -Rinuncia al ricorso -Validit�. 

(Cost., art. 134; St. Val d'Aosta, art. 48; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 40). 

� valida la rinuncia al ricorso per conjlitto di attribuzione formulata 
dal Presidente della Regione Val d'Aosta, in virt� di deliberazione 



PARTE 1, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1193 

della Giunta regionale eletta dal Consiglio regionale, in base a convocazione 
di un Commissario dello Stato nominato e ad hoc �, non potendosi 
contestare al Presidente del Consiglio dei Ministri l'esercizio del 
potere-dovere di accertare se il Consiglio regionale sia in grado di funzionare, 
ai fini del suo eventuale scioglimento a' sensi delt'art. 48 dello 
Statuto (1). 

(Omissis). -La Corte non pu� limitarsi nel caso presente a prendere 
atto dell'avvenuta rinunzia al ricorso da parte della Regione e 
dell'accettazione, da parte dello Stato, di tale rinunzia. Gli eventi di 
questa causa, quali risultano dalla narrativa, sono sufficiente ragione 
della necessit� in cui la Corte si trova, al fine della tutela dell'ordinato 
svolgersi dei rapporti tra Stato e Regione e dell'integrit� delle sfere di 
competenza dell'uno e dell'altra, di accertare preliminarmente la validit� 
della rinunzia. E codesto accertamento non � possibile fare senza 
verificare, in primo luogo, la legittimit� del provvedimento di nomina 
di un commissario incaricato di convocare il Consiglio regionale e di 
assicurarne il pacifico e regolare funzionamento, adottato dal Presidente 
del Consiglio dei Ministri. 

Non occorre ai fini di questo accertamento esaminare la fondatezza 
di tutte le tesi che sono state addotte dalla difesa del Presidente del 
Consiglio, segnatamente di quelle relative al carattere del provvedimento 
presidenziale, e dell'atto successivo di convocazione, che si porrebbero, 
nella serie degli atti del Consiglio, non gi� come presupposti 
in senso tecnico dell'ulteriore attivit� consiliare, ma come presupposti 
remoti e di fatto. N� occorre accertare la natura del potere del Presi� 
dente del Consiglio regionale di convocare il Consiglio, e se sia tale da 
non ammettere che una convocazione da parte di un organo dello Stato 
possa configurarsi come un'invadenza della sfera di competenza della 
Regione; n�, infine, se il potere del Commissario del Governo di convo


(1) Con la presente decisione ha termine la vertenza giudiziaria sorta 
in conseguenza della nomina, da parte del Presidente del Consiglio dei 
Ministri, di un Commissario dello Stato nella Regione Val d'Aosta, con 
l'incarico di convocare auel Consiglio regionale che l'allora Presidente in 
carica si rifiutava di convocare. Avverso il provvedimento del Presidente 
del Consiglio dei Ministri era stata proposta domanda di sospensione, peraltro 
respinta dalla Corte con ordinanza 15 giugno 1966, n. 70 (in questa 
Rassegna, 1966, I, 765). 
La Corte Costituzionale ha accolto uno dei rilievi difensivi prospettati 
dall'Avvocatura Generale, e precisamente quello attinente al potere-dovere 
del Presidente del Consiglio dei Ministri di accertare il mancato funzionamento 
del Consiglio regionale, ai fini del suo eventuale scioglimento da 
parte del Governo dello Stato. 

Attivit� preliminare e quasi � istruttoria � questa, la quale, anche se 
non espressamente attribuita al Presidente del Consiglio da specifiche norme 
costituzionali od ordinarie, rientra nei suoi poteri �naturali � di dirigere 



1194 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

care il Consiglio, previsto dal quarto comma dell'art. 26 dello Statuto 
T.-A.A., sia espressione di un principio generale valido anche per le 
altre Regioni a statuto speciale. 

La difesa dello Stato ha invocato, anche, l'esistenza di un principio 
secondo il quale spetta al Governo un potere generale di sorveglianza 
su tutti gli enti ed organi esistenti nell'ambito dell'ordinamento per 
garantire la legalit� e lo svolgimento regolare delle loro funzioni. Ma 
nemmeno di questo principio, del quale, segnatamente �se ricondotto 
all'altro pi� generale del potere-dovere dello Stato di garantire l'ordinamento 
contro ogni violenza e di assicurare il rispetto della legalit� 
costituzionale, la Corte non si dissimula l'importanza1 occorre in questa 
sede dimostrare la fondatezza e i limiti. Nel caso presente � pacifico che 
l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale non soltanto si rifiut� di 
osservare le norme statutarie relative alla convocazione ordinaria e 
straordinaria del Consiglio, non soltanto la Giunta, o il suo Presidente, 
impedl l'accesso dei consiglieri nella sede del Consiglio, ma il VicePresidente 
del Consiglio regionale che esercitava la carica al posto 
del Presidente, dimissionario per motivi di salute, rivolse al Presidente 
del Consiglio dei Ministri una lettera con la quale invitava il Governo 
a sciogliere il Consiglio a suo avviso incapace di funzionare. Ne consegue, 
a prescindere dall'applicabilit� di quel pi� alto e generale principio 
sopra enunciato, che il provvedimento del Presidente del Consiglio 
trova in questo contesto, e senza che occorra tener conto della motivazione 
che reca, un pi� puntuale e preciso fondamento nell'art. 48 dello 

Statuto che riconosce al Governo il potere di sciogliere il Consiglio 
regionale, tra l'altro anche nel caso nel quale esso Consiglio � non sia 
in grado di funzionare �. Ora non pu� contestarsi, ad avviso della Corte, 
che tale potere comporti l'altro, l'esercizio del quale � di natura preliminare 
e istruttoria, di accertare se in effetti il Consiglio fosse in grado 

la politica generale del Governo e di mantenerne l'unit� di indirizzo politico 
e amministrativo (art. 95 Cost.). 
Si afferma, cosi, anche nella nostra giurisprudenza costituzionale, la 

c. d. teoria dei poteri impliciti ( � implied powers � ). che dette luogo agli 
appassionanti dibattiti �politico-giuridici -nell'ordinamento costituzionale statunitense 
ai principi dell'Unione (cfr., in proposito, LEVI, La teoria hamiltoniana 
degli � implied powers � della Costituzione, Rendiconti Accad. Lincei, 
voi. VI, 1951, 492-518). 
Per la preminenza delle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei 
Ministri su quelle dei colleghi del Gabinetto, cfr. PRETI, n Governo nella 
Costituzione italiana, Milano, 1954, 21 sgg. 

Sul concetto di e Governo �, ai fini della competenza ad adottare i 
provvedimenti di cui all'art. 6 legge com. e prov., cfr. l'ampia nota del 
CuocoLo, Conflitti di attribuzione, interessi regionali, ecc. in Giur. cost., 
1966, I, 53 sgg. a commento della sentenza della Corte Costituzionale 13 
gennaio 1966, n. 4. 



J J 
PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1195 

di funzionare, come affermava la maggioranza del Consiglio e negava 
il suo Vice-Presidente. Dal ehe discende anche che tale potere non 
poteva essere esercitato se non dal Presidente del Consiglio, che rappresenta 
il Governo nei rapporti con la Regione, e al quale spetta di coordinare 
e dirigere l'attivit� del Consiglio dei Ministri e di fissarne l'ordine 
del giorno, e quindi anche di investirlo della questione relativa 
all'eventuale scoglimento del Consiglio regionale. Della legittimit� del 
provvedimento presidenziale, cos� inteso, non pu� dubitarsi; ne consegue 
l'impossibilit� di ricavarne l'invalidit� dei due provvedimenti di revoca 
del mandato agli avvocati Guido Lucatello e Giuseppe Guarino e di 
rinunzia al presente conflitto di attribuzione, adottati dalla Giunta regionale. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 novembre 1966, n. 102 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Sandulli -Galati (n. c.). 

A~ricoltura e foreste -Tutela dei boschi e terreni montani -Prescrizioni 
di massima da parte della Camera di Commercio. -Sindacato 
di le~ittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 134; r. d. 30 novembre 1923, n. 3267; r. d. I. 18 aprile 1926, n. 731, 
art. 35). 

� inammissibile, perch� proposta contro atti regolamentari e non 
legislativi, la questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni di 
massima per la protezione dei boschi, emanate dalle Camere di Commercio, 
subentrate ai Comitati forestali (1). 

(Omissis). -Le disposizioni denunciate 'sono comprese fra le prescrizioni 
che, in ottemperanza all'art. 10 del r. d. 30 dicembre 1923, 

n. 3267, le Camere di commercio, sottentrate ai comitati forestali ai 
sensi dell'art. 35 del d. 1. 18 apr.ile 1926, n. 731, sono tenute a compilare 
per la protezione e l'utilizzazione dei boschi in ciascuna provincia. Esse, 
come questa Corte ha avuto gi� occasione di affermare con la sentenza 
n. 26 del corrente anno (in conformit� del resto con la definizione che 
ne d� il citato art. 10 del decreto), hanno natura regolamentare. Non � 
(1) Questione proposta con ordinanza 11 novembre 1965 del Pretore 
di Torino (Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 1966, n. 25), e decisa con procedimento 
in Camera di Consiglio non essendovi stata costituzione di parti. 
La sentenza 23 marzo 1966, n. 26, menzionata nella motivazione, � pubblicata 
in questa Rassegna, 1966, 489. 
Sulla inammissibitit� del sindacato di legittimit� costituzionale su atti 
aventi natura regolamentare cfr. ampiamente I giudizi di costituzionalit�, 
1961-65, pag. 16 sgg. 



1196 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consentito quindi nei confronti di esse il sindacato di legittimit� di 
questa Corte, che l'art. 134 della Costituzione consente nei confronti 
dei soli atti aventi forza di legge. 

Le questioni proposte debbono essere pertanto dichiarate inammissibili. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 118 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Sandulli -Pres. Regione Trentino Alto Adige (avv. Barbato) 
c. Presidente Consiglio dei Ministri (n. c.). 

Trentino Alto-Adige -Conflitto di attribuzione -Competenza per la di


chiarazione di p. u. e di indifferibilit� ed urgenza degli elettrodotti 

costruiti dall'Enel -Spetta allo Stato. 

(St. Trentino Alto Adige, artt. 4, n. 4 e 5, art. 5 n. 5; d. P. R. 18 marzo 1965, 

n. 342, art. 9). 
I decreti di autorizzazione alla costruzione di elettrodotti da parte 
dell'Enel, emessi dagli organi dello Stato, ai sensi dell'art. 9, comma 
ottavo, del d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342, hanno efficacia di dichiarazione 
di p. u. e di indifferibilit� ed urgenza anche nella Regione Trentino 
Alto Adige, in quanto non ledono le attribuzioni statutarie della 
Regione in materia di esp1�opriazioni e di utilizzazione di acque pubbliche 
(1). 

(Omissis). -Siccome l'atto impugnato si basa appunto sulla ricordata 
disposizione del d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342, emanato in virt� 
della delegazione di potest� legislativa conferita al Governo con 1. 6 di-


(1) La Corte Costituzionale, sotto il paradigma del conflitto di attribuzione, 
ha incidentalmente affrontato e risolto, in senso positivo, anche la 
questione di legittimit� costituzionale della disposizione del d. P. R. 18 
marzo 1965, n. 342, la quale attribuisce efficacia di dichiarazione di p. u. e 
di indifferibilit� ed urgenza ai decreti, ministeriali o provveditoriali, di 
autorizzazione all'Enel alla costruzione di elettrodotti. 
Decisione ineccepibile, a fronte delle norme statutarie concernenti 

espropriazioni e lavori di interesse esclusivamente 7�egionale. 

In via generale, sui problemi relativi alla istituzione dell'Enel sotto 

il riflesso costituzionale, cfr. nota riassuntiva alla sentenza della Corte 

Costituzionale 11 luglio 1966, n. 94, in questa Rassegna, 1966, I, 991. 

Per la riaffermazione del principio che la materia delle acque pubbliche 
-e della connessa competenza giurisdizionale dei Tribuna.li delle 
acque pubbliche -riguarda solo l'utilizzazione diretta e immediata delle 
acque, con esclusione della successiva immissione in rete (idrica o elettrica) 
cfr. Trib. Sup. Acque pubb., 11 marzo 1964, in 8, in questa Rassegna, 
1964, I, 405. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1197 

cembre 1962, n. 1643, e rinnovata con 1. 27 giugno 1964, n. 452, e siccome 
tale decreto � sicuramente applicabile in tutto il territorio in cui 
opera l'E.N.E.L., e perci� in tutto il territorio dello Stato, occorre preliminarmente 
portare l'esame in via delibativa (ai sensi e per gli effetti 
dell'art. 23 della I. 11 marzo 1953, n. 87) sulla questione di leg.ittimit� 
costituzionale della disposizione stessa -prospettata in via subordinata 
dalla Regione -, ai fini della eventuale elevazione di un giudizio di 
legittimit� nei confronti della medesima. 

La Corte ritiene per� che la questione sia manifestamente infondata. 
A torto la Regione si richiama alle ricordate disposizioni statutarie. 
L'art. 4, n. 4, dello statuto attribuisce alla Regione la materia della 
e espropriazione per pubblica utilit� non riguardante opere a carico dello 
Stato �. Quando pur dovesse ammettersi che le dichiarazioni di pubblica 
utilit� e di urgenza e indifferibilit� delle opere pubbliche rientrino nella 
materia di tale numero -e non in quella del successivo n. 5, che si 
riferisce ai e lavori pubblici � (si tenga presente che la tendenza della 
legislazione statale, a partire dalla 1. 18 dicembre 1879, n. 5188, appare 
sempre pi� orientata in quest'ultimo senso) -sta di fatto che, essendo 
l'E.N.E.L. -in quanto preposto alla gestione �di �n servizio pubblico 
nazionalizzato (1. 6 dicembre 1962, n. 1643 e d. P. R. 15 dicembre 1962, 

n. 1670) -un ente di Stato, le opere relative al servizio cui esso � 
preposto non possono non esser considerate, ai fini del n. 4 in esame, 
� opere a carico dello Stato �, e perci� estranee alla materia cui il 
numero stesso si riferisce. 
L'art. 4, n. 5, dello statuto considera, a sua volta, materia di spettanza 
della Regione, oltre alla viabilit� e agli acquedotti, i � lavori 
pubblici di interesse regionale �. � chiaro per� che la specificazione di 
tale categoria di lavori non pu� essere effettuata se non attraverso norme 
di attuazione (come � avvenuto per le altre Regioni: v., per la Sicilia, 
l'art. 3 d. P. R. 30 luglio 1950, n. 878, e, per la Sardegna, l'art. 9 

d. P. R. 19 maggio 1950, n. 327). Per il Trentino-Alto Adige le necessarie 
norme di attuazione sono, finora, mancate: infatti l'unica norma di 
attuazione finora emanata in materia di lavori pubblici � l'art. 37 del 
d. P. R. 30 giugno 1951, n. 574, attinente al settore urbanistico. 
Pu� essere anzi opportuno tener presente in proposito che l'art. 3 
lett. g) delle norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana 
in materia di opere pubbliche, emanate col ricordato d. P. R. 30 luglio 
1950, n. 878, qualifica e grandi opere pubbliche di prevalente interesse 
nazionale� nell'ambito di quella Regione (ai sensi dell'art. 14 
lett. g) del relativo �statuto) le linee elettriche di trasporto con tensione 
non .inferiore a 15.000 volts. E pu� essere utile ricordare che la linea in 
occasione della cui realizzazione � sorto il presente giudizio � della 
tensione di ben 220 �Chilovolts. 



1198 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 5, n. 5, dello statuto, infine, attribuisce alla Regione la materia 
della utilizzazione delle acque pubbliche. In questa materia sono 
state emanate, con d. P. R. 30 giugno 1951, n. 574 ( e precisamente con 
gli artt. 8-16 di esso), le norme di attuazione, le quali riflettono anche 
le disposizioni degli artt. 9-10 dello statuto, interessanti le ingerenze e 
i diritti regionali in materia di concessioni, da parte dello Stato, di 
grandi derivazioni di acque a scopo idroelettrico. Ma tale materia sicuramente 
non comprende gli elettrodotti. 

A parte la lettera della disposizione statutaria, � il caso di ricordare, 
in proposito, che, secondo la costante giurisprudenza formatasi 
in riferimento all'art. 143 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque 
e sugli impianti elettrici, la materia delle acque pubbliche non si estende 
agli impianti di trasmissione dell'energia elettrica (i quali non attengono 
alla utilizzazione diretta e immediata .dell'acqua). E tale concetto 
dsulta puntualmente applicato nelle ricordate norme di attuazione, le 
quali non si occupano di tutti gli impianti elettrici, bensi unicamente 
degli impianti di derivazione di acque a scopi idroelettrici. 

Risulta perci� ictu oculi destituita di fondamento altresi l'affermazione 
che la disposizione dell'ottavo comma dell'art. 9 del d. P. R. 

18 marzo 1965, n. 342, contrasterebbe con le ricordate norme di attua


zione, e, pi� specificamente, con l'art. 8 di esse (il quale si riferisce 

soltanto al riconoscimento, alla concessione e alla rinnovazione delle 

derivazioni di acque). 

Dimostrata l'evidente insussistenza di qualsiasi contrasto della de


nunciata disposizione del d.lgs. del 1965 con le norme statutarie e con 

quelle di attuazione di esse, non � il caso -n� � possibile -saggiarne 

la legittimit� costituzionale rispetto alla legge regionale sulle espropria


zioni per pubblica utilit� emanata nel 1956 e modificata e integrata nel 

1963. Il problema della prevalenza tra norme legislative di pari grado 

si risolve infatti in termini di successione temporale (lex posterior 

derogat priori) e non in termini di legittimit� costituzionale. 

Si pu� prescindere quindi anche da ogni considerazione circa il 

carattere speciale della legislazione sull'E.N.E.L., destinata a realizzare 

(come questa Corte ha avuto occasione di affermare nella sentenza n. 13 

del 1964) una di quelle riforme economico-sociali dalle quali l'art. 4 

dello statuto del Trentino-Alto Adige vuole che i poteri regionali siano 

condizionati. 

Una volta esclusa ogni possibilit� di prevalenza della legge regio


nale rispetto al successivo decreto legislativo statale non occorre poi 

affrontare la questione -che la stessa Regione non ha mancato di 

considerare -della illegittimit� della legge regionale per essere stata 

emanata nonostante la mancanza di norme di attuazione delle disposi


zioni statutarie in materia di espropriazione per pubblica utilit� e di 

lavori pubblici di interesse regionale. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1199 

Dalla dimostrazione della manifesta infondatezza della questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 9, comma ottavo, del decreto legislativo 
sulla base del quale lo Stato ha affermato la propria competenza 
nel caso in esame, e dalla conformit� di tale affermazione all'anzidetta 
disposizione legislativa -che la stessa Regione non contesta -, discende 
che la pretesa fatta valere dalla Regione con l'elevato conflitto di attribuzioni 
� da dichiarare infondata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 119 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Bonifacio -Pres. Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Guglielmi) c. Presidente Regione Sarda (avv. Gasparri). 

Corte Costituzionale -Questione di legittimit� costituzionale in via 

principale -Proposizione da parte del Presidente del Consiglio dei 

Ministri senza previa deliberazione del Consiglio dei Ministri 


Inammissibilit�. 

(Cost., art. 127; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 31; St. reg. Sardegna, art. 33). 

� inammissibile i1 ricorso proposto dal Presidente del Consiglio 
dei Ministri avverso Za legge della regione Sardegna 20 gennaio 1966, 
concernente Za concessione di un sussidio ai vecchi lavoratori senza 
pensione, qualora esso non sia stato preceduto dalla formale deliberazione 
del Consiglio dei Ministri, a nulla rilevando la deliberazione 
intervenuta successivamente al termine di scadenza, n� le dimissioni 
in atto del Gabinetto (1). 

(Omissis). -L'eccezione di inammissibilit� del ricorso, sollevata 
dalla difesa della Regione, � fondata. 
L'art. 33, �secondo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 
1948, n. 3 -contenente lo Statuto speciale per la Sardegna -confe


(1) Con la sentenza in esame, la Corte ha fissato alcuni principi che 
trascendono il caso deciso e sono suscettibili di ulteriori approfondimenti. 
Col primo di essi si esclude che sussista un generale principio di sosti


tuzione presidenziale all'organo collegiale nei casi urgenti, ancorch� essa 

sia seguita da ratifica. 

Con il secondo, si afferma che la deliberazione collegiale del Consiglio 

dei Ministri deve necessariamente precedere la �proposizione del ricorso. 

Con l'altro, infine, si afferma che da tale deliberazione non pu� pre


scindersi neanche nell'ipotesi di Governo dimissionario, quando essa debba 

essere assunta a tutela di un � obiettivo interesse generale �. 

In ordine al primo punto, non sembra, peraltro, pertinente il richiamo 
alla sentenza n. 33 del 1962 (Giu.r. cost., 1962, 257 e nota di GROTTARELLI 



1200 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

risce non al Presidente del Consiglio dei Ministri, ma al Governo della 
Repubblica il potere di promuovere la questione di legittimit� costituzionale 
di una legge riapprovata dal Consiglio regionale; l'art. 31 della 

1. 11 marzo 1953, n. 87, prescrive che il ricorso del Presidente del Consiglio 
va proposto � previa deliberazione del Consiglio dei Ministri � . 
Nel caso in esame i due provvedimenti non sono stati adottati nell'ordine 
in tal modo �stabilito. La legge impugnata -approvata dal 
Consiglio regionale il 14 maggio 1965 e riapprovata, a seguito di rinvio 
da parte del Governo, nella seduta del 20 gennaio 1966 -venne comunicata 
il 21 gennaio 1966 al Presidente del Consiglio, secondo le modalit� 
previste dall'art. 14 del d. P. R. 19 maggio 1949, n. 250. Risulta 
dagli atti che il ricorso, notificato il 5 febbraio 1966, non fu preceduto 
dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri, la quale intervenne, col 
contenuto di ratifica, solo il 7 febbraio, vale a dire dopo la scadenza 
del termine fissato dall'art. 33 dello Statuto. 

Gli artt. 31 e 32 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, impongono (cfr. 
.sent. n. 33 del 1962) che il ricorso del Presidente del Consiglio o del 
Presidente della Giunta venga proposto dopo la deliberazione collegiale 
del Consiglio dei Ministri o della Giunta e ci� perch� solo a 
questi organi � attribuito il potere di deliberare l'impugnativa per 
illegittimit� costituzionale di una legge. Dal che discende che l'ordine 
degli atti collegiale e presidenziale risponde -come fu precisato nella 

DE' SANTI), la quale aveva deciso in conformit� la questione sorta a proposito 
di un ricorso proposto dal Presidente della Regione Siciliana. 

Sul piano dell'organizzazione statuale, infatti, non � senza rilevanza la 
precisa caratterizzazione che l'art. 95 Cost attribuisce alla figura del Presidente 
del Consiglio dei Ministri, rispetto ai colleghi del Gabinetto, ed ai 
relativi poteri, anche impliciti, che da tale particolare caratterizzazione 
gli derivano; del che, d'altronde, sembra essersi resa interprete la stessa 
Corte nella precedente sentenza 19 novembre 1966, n. 101, retro, ). 

Pi� delicata � la questione relativa al termine entro il quale la deliberazione 
consiliare deve aver luogo. La Corte, infatti, ha affermato che 
l'ordine cronologico del procedimento deve essere osservato sostanzialmente, 
nel rigoroso rispetto delle competenze relative ad una attivit� alla 
quale sono connessi �gravi effetti costituzionali�. Non ha, per�, precisato, 

(essendo stata nella specie, la deliberazione consiliare adottata dopo la 
.scadenza del termine per il ricorso) se una deliberazione adottata entro tale 
termine, ancorch� successiva alla proposizione del ricorso, sia idonea a 
salvare questo dalla sanzione dell'inammissibilit�. 

Bench� da qualche autore, in dottrina, si generalizzi tale sanzione 
(BELLI, n sindacato di costituzionalit� delle leggi regionali, in La Corte 
Costituzionale, Roma 1957, 464), devesi ritenere che, nell'ipotesi considerata, 
non possa dichiararsi l'inammissibilit� del ricorso, dato che, entro 
il termine di legge, tutti gli organi costituzionali hanno espresso la loro 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1201 

ricordata sentenza di questa Corte -ad una esigenza non formale, 
ma sostanziale, al rigoroso rispetto, cio�, delle competenze relative 
ad una attivit� alla quale sono connessi gravi effetti costituzionali. Una 
successiva deliberazione del Consiglio dei Ministri, nella specie adottata 
dopo la �scadenza del termine, appare perci� non idonea a sanare 
un vizio che deriva dall'assoluto difetto del potere del Presidente. 

A contrastare tale conclusione, fondata su una non dubbia interpretazione 
del sistema vigente, non valgono le osservazioni prospettate 
dall'Avvocatura dello Stato. Ed invero � da escludere che possa farsi 
ricorso ad un preteso principio generale secondo il quale ogni organo 
di presidenza potrebbe, in caso di urgenza e salvo ratifica, adottare i 
provvedimenti spettanti al collegio. Le competenze di ordine costituzionale 
sono infatti tassativamente attribuite e delimitate, e di conseguenza 
la sostituzione di un organo ad un altro � ammissibile solo nei 
casi e nei limiti eccezionalmente previsti da specifiche norme: non 
giova, perci�, invocare il precedente giurisprudenziale costituito dalla 
sentenza n. 57 del 1957 di questa Corte, giacch� in quella occasione la 
eccezione di inammissibilit� venne respinta perch� una norma statutaria 
(art. 48 n. 7 dello Statuto T.-A.A.) espressamente consente alla 
Giunta provinciale di adottare in via di urgenza i provvedimenti di 

volont�. Se poi il Consiglio dei Ministri non ratificasse il ricorso gi� pro


posto, il Presidente potrebbe dare esecuzione alla volont� collegiale del Ga


binetto, rinunciando al ricorso stesso. 

Diverso � il problema dell'indicazione, nel ricorso, della deliberazione 

consiliare ritualmente adottata. A questo proposito, la Corte, con la sen


tenza 30 maggio 1963 n. 76, (Giur. cost., 1963, 629), escludeva la necessit� 

di tale indicazione, dato che nessuna disposizione di legge la stabilisce, n� 

essa � necessaria per il raggiungimento degli scopi dell'atto. 

L'ultimo principio affermato dalla Corte merita pure esso qualche 

precisazione. 

Attribuendo al Governo dimissionario il potere-dovere di deliberazione 

sulla proponibilit� o meno di un ricorso avverso leggi regionali, e perci� 

foriero -come la Corte stessa afferma -di � gravi effetti costituzionali �, 

si va certamente oltre la nozione corrente di � ordinaria amministrazione � 

che � riconosciuta normalmente al Gabinetto dimissionario, (PRETI, Il Go


verno nella Costituzione italiana, Milano, 1954, 210; ELIA, Sulla � ordinaria 

amministrazione � degli organi costituzionali, Arch. giur., 1958, 89). 

D'altra parte, come ricorda il primo dei due autori citati, una interpre


tazione restrittiva del concetto di � 01�dinaria amministrazione � � avvalo


rata dall'art. 14 r. d. 18 novembre 1923, n. 2441 che vieta al Governo dimis


sionario di chiedere la registrazione con dserva dei decreti alla Corte 

dei conti. 

Se non si deve considerare questa norma come una mera eccezione, 

essa risulta l'espressione di un principio pi� generale il quale tende alla 

4 



1202 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

competenza consiliare (e nella successiva sentenza n. 33 del 1962 la 
Corte conferm� che da tale disposizione non � ricavabile una norma 
atta a regolare fattispecie analoghe); n� giova, con pi� diretto riferimento 
al caso in esame, richiamare l'art. 3 del d. P. R. 30 giugno 1951, 

n. 574, perch� questa norma, dettata in attuazione dello Statuto T.-A.A. 
e avente forza di legge ordinaria, regola anch'essa una delimitata fattispecie 
e non pu� essere assunta a fonte di individuazione di un principio 
generale che consenta lo spostamento, sia pure provvisorio, di 
competenze costituzionali. 
Nessuna incidenza sulla questione in esame, infine, pu� avere la 
circostanza che all'epoca del ricorso il Governo era dimissionario. A 
parte il rilievo che quando, in data 7 febbraio 1966, il Consiglio dei 
Ministri deliber� la ratifica il gabinetto era ancora in crisi -e, dunque, 
si riconobbe purtuttavia competente a provvedere sulla materia � 
evidente che l'urgenza determinata dalla perentoriet� del termine,. 
se non legittima la sostituzione del Presidente del Consiglio (in senso 
analogo cfr. sent. n. 36 del 1962), rende incontrovertibile che la relativa 
deliberazione, adottata a tutela di un obbiettivo interesse generale, 
rientra fra gli atti che il Governo dimissionario pu� legittimamente 
porre in essere. -(Omissis). 

conservazione dello statu quo politico-costituzionale, fino all'entrata in carica 
del nuovo Ministero. 

In tale prospettiva, � quanto meno dubbio che un Governo, sfornito. 
di un requisito costituzionale indispensabile per la sua validit�, la fiducia. 
delle Camere (art. 94, primo comma, Cost.) possa promuovere un giudizio 
di legittimit� costituzionale in via principale contro leggi regionali davanti 
alla Corte Costituzionale, a tutela delle competenze legislative, assegnate 
allo Stato. 

La tesi ne � vieppi� avvalorata allorch� si consideri l'altra ipotesi di 
impugnazione di leggi regionali da parte del Governo, quella di merito per 
contrasto di interessi davanti alle Camere, anch'essa soggetta al termine 
perentorio di quindici giorni (art. 127 Cost.). Come potrebbe, infatti, un 
Governo battuto, o comunque non pi� sorretto, dalle Camere, rivolgersi 
proprio ad esse per proporre una questione politico-costituzionale nei 
confronti di una Regione? 

Ed allora l'unica conclusione ammissibile per superare i gravi incon-. 
venienti prospettati, potrebbe essere quella di considerare sospeso, per il 
Presidente del Consiglio dei Ministri, il termine per l'impugnativa, dal 
giorno della presentazione delle dimissioni a quello del conferimento della 
fiducia da parte della seconda Camera. Giusta autorevole dottrina, infatti, 
neanche l'investitura presidenziale e l'avvenuta prestazione del giuramento 
dei membri del nuovo Governo abiliterebbero questo all'esercizio 
di funzioni diverse da quelle del Governo dimissionario (Bozzi, Nomina,, 
fiducia e dimissioni del Governo, in Studi dir. costituz., Milano, 1961, 137 
segg,). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1203 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 120 -Pres. Papaldo -

Rel. Branca .-Pres. Regionei Siciliana (avv. Sorrentino) c. Presi


dente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). 

Sicilia -Conflitto di attribuzione -Decreto del Ministro per le finanze 

modificativo delle attribuzioni de~li Uffici I.G.E. di Roma e di 

Palermo -Infondatezza. 

(St. reg. Sicilia, art. 36; d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 8). 

Spetta allo Stato, e �non alla Regione Siciliana, disporre degli Uffici 
preposti alla riscossione di tributi regionali, sempre che ne venga 
garantito il servizio e non sia necessario provvedere sulle loro piante 
organiche, per le quali � necessaria l'intesa con la Regione (1). 

(Omissis). -La Regione si duole perch�, con d. m. 18 dicembre 
1965, il Ministro delle finanze ha concentrato presso il primo ufficio i.g.e. 
di Roma la riscossione di quei tributi (i.g.e., concessioni governative, 
pubblico insegnamento e istruzione) che erano riscossi dal primo ufficio 

i.g.e. di Palermo: il decreto avrebbe violato norme statutarie e d'attuazione 
disponendo, in materia di riscossione tributaria, di un ufficio periferico 
sottoposto al controllo della Regione siciliana (Statuto sic., art. 36; 
d. l. 12 aprile 1948, n. 507, art. 2; d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 8). 
La denuncia, bench� abbia una sua giustificazione, non pu� essere 
accolta. 
Non c'� dubbio, e la Corte lo ha pi� volte riconosciuto, che il primo 
ufficio i.g.e. di Palermo svolgesse funzioni amministrative regionali com.e 
tutti quegli organi ed uffici dello Stato di �cui la Regione � si avvale � in 
virt� di norme d'attuazione; ma � altrettanto sicuro che tali organi ed 
uffici strutturalmente continuano ~ far parte dell'organizzazione dello 
Stato (sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 1960): vi appartengono 
e vi apparterranno se e fino a quando non saranno passati definitivamente 
alla Regione o comunque � fino a quando non sar� diversamente� 
stabilito (in particolare v. art. 8 d. P. R. n. 1074 del 1965). 

Ne deriva che lo Stato pu� disporre degli uffici preposti alla riscossione 
di tributi regionali purch� ne sia garantito il servizio e salvo che 

(1) Sui rapporti tra Stato e Regione Siciliana in materia finanziaria 
cfr. I giudizi di costituzionalit�, 1961-65, 348. 
Sulla competenza dello Stato in materia di sorveglianza e sanzioni sul 
servizio di riscossione, cfr. la precedente sentenza della Corte 24 giugno 
1965, n. 48 in questa Rassegna, 1965, I, 865. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1204 

non occorra provvedere sulle loro piante organiche, per le quali � necessaria 
l'intesa con la Regione siciliana (citato art. 8). Ma la concentrazione 
del servizio di riscossione dell'i.g.e. e degli altri tributi nel 
primo ufficio di Roma non compromette quel �servizio, mentre i poteri 
di vigilanza e quelli di concorso alla formazione delle piante organiche 
non sono stati sottratti alla Regione, che ora potr� esercitarli nei confronti 
dell'ufficio romano: e li potr� esercitare, beninteso, data la complessit� 
dell'ufficio, solo ai fini del servizio di riscossione dei tributi 
regionali e nei limiti in cui lo consente il diverso impianto dell'ufficio, 
che � provvisto d'un apparato elettronico. 

D'altra parte, poich� le somme pagate affluiscono a un conto corrente 
vincolato a favore della Regione, il mutamento del sistema di 
riscossione si riduce, nella sostanza, a ben poco: le somme prima giungevano 
all'ufficio i.g.e. di Palermo che le � girava � al Banco di Sicilia; 
ora giungono all'ufficio i.g.e. di Roma, che le gira al Banco di Sicilia. 
E altrettanto accade di eventuali sopratasse o interessi di mora, che 
ugualmente affluiscono al conto corrente postale 7 /100 vincolato a favore 
della Regione siciliana. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 121 -Pres. Papaldo -
Rel. Sandulli -Presidente Regione Siciliana (avv. Santoro -Passarelli, 
Orlando-Cascio, Giannini) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). 

Corte costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale 
-Questione proposta dalla Corte dei Conti nel corso del 
giudizio di rendiconto generale della Regione Siciliana -Ammissibilit�. 


(L. cost. 9 febbraio 1948, n. l, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; d. P. R. 
6 maggio 1948, n. 655, art. 2, n. 2 e 6). 
Sicilia -Registrazione con riserva degli atti della Regione -Illegitti


mit� costituzionale -Sussistenza. 
(Cost., art. 125, St. Reg. Sic., art. 23, secondo comma; d. P. R. 6 maggio 1948, 


n. 655, art. 2, primo comma, art. 6, primo comma). 
� ammissibile una questione di legittimit� costituzionale soLlevata 
in via incidentale dalla Corte dei Conti nel giudizio di parifi,cazone del 
rendiconto generale della Regione Siciliana, dato che tale giudizio, analogamente 
a quello per il rendiconto generale dello Stato, viene svolto 
con le formalit� della giurisdizione contenziosa (1). 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 1� luglio 1965 delle 
Sezioni Riunite della Corte dei Conti per la Regione Siciliana (Gazzetta 
Ufficiale 4 settembre 1965 n. 223). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1205 

� fondata la questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni 
del d. P. R. o maggio 1948, n. 655, che consentono agli organi di 
governo della Regione Siciliana di chiedere alla Sezione di controllo 
della Corte dei Conti decentrata nella Regione la registrazione con riserva 
di decreti regionali, dato ch� ci� consentirebbe agli stessi organi 
la possibilit� di sottrarre, di propria libera iniziativa, al controllo dello 
Stato, atti che alt1�imenti vi sarebbero esposti e che, per regola costituzionale, 
non possono sfuggire al controllo statale (2). 

(Omissis). -L'eccezione di inammissibilit� sollevata dalla Regione 
non pu� essere attesa. 

Con la sentenza n. 165 del 1963 questa Corte ebbe gi� a ritenere 
ammissibile, e decise nel merito, una questiOne di legittimit� costituzionale 
proposta dalla Corte dei conti nel corso di un giudizio � di parificazione 
� ai sensi degli artt. 38 e seguenti del t. u. approvato con 

r. d. 12 luglio 1934, n. 1214. Invitata ora espressamente a pronunciarsi 
sul punto, essa non ritiene di modificare il proprio orientamento. 
In ordine alla necessit� di un �giudizio� nel quale venga ad essere 
innestata la questione di legittimit� costituzionale in via incidentale, cfr. 
I giudizi di costituzionalit�, 1961-65, 57. 

Per il 1966, si rinvia alle sentenze della stessa Corte 12 febbraio 1966, 

n. 13 (in questa Rassegna 1966, 30, ove nota di richiami anche di dottrina), 
10 giugno 1966, n. 62 (ivi 755) e 2 luglio 1966, n. 83 (ivi, 780). 
Lo specifico precedente citato nella motivazione della sentenza in rassegna, 
bench� l'eccezione di inammissibilit� non fosse stata espressamente 
proposta nei medesimi termini, Corte Cost. 19 dicembre 1963, n. 165, leggesi 
in Giur. it., 1964, 261. 

Va rilevato, comunque, come, �in dubiis �, la Corte ribadisca l'opportunit� 
di una certa liberalizzazione del concetto di � giudizio � , al fine di 
consentire un pi� esteso e penetrante controllo di costituzionalit� delle 
leggi, garantendo, cos�, il preminente interesse pubblico della certezza 
del diritto. 

In ordine al rendiconto generale dello Stato davanti alla Corte dei 
Conti, e per la qualifica di � costituzionali� delle relative attribuzioni, 
cfr. in dottrina, P1cozz1, La Corte dei Conti in Italia, Torino, 1963, 162; per 
la natura giurisdizionale di dette attribuzioni, BuscEMA, Giur. cost., 1963, 
1616; contra, invece, per la natura particolare di � controllo� delle stesse, 
CHIMENTI, ivi, 1963, 893. 

(2) La questione di merito � particolarmente importante, non solo per 
la riaffermazione della necessit� del control:lo statale anche sugli atti regionali, 
ma, altresi, per la riserva, contenuta nella motivazione, della ipotizzabilit� 
di un conflitto di attribuzione -�quando ne ricorrano le condizioni 
� -nei confronti delle determinazioni �sfavorevoli dell'organo statale 
di controllo. 
Il richiamo alla precedente sentenza n. 66 del 1964 (in questa Rassegna, 
1964, 985) sembrerebbe indicare nuove prospettive della Corte in materia 
di conflitti di attribuzione, nel senso di ricomprendere nell'atto im




1206 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 40 del ricordato testo unico (le cui regole risalgono all'art. 32 
della 1. 14 ago"sto 1862, n. 800 e all'art. 84 del r. d. 5 ottobre 1862, n. 884) 
dispone che la pronuncia di competenza della Corte dei conti sul rendiconto 
generale dello Stato viene adottata da quel consesso a sezioni 
riunite � e con le formalit� della sua giurisdizione contenziosa �, e perci�, 
tra l'altro, previa trattazione in udienza pubblica, con la partecipazione 
del procuratore generale, in contraddittorio dei rappresentanti dell'Amministrazione. 


La funzione di tale pronuncia risulta analiticamente specificata nell'art. 
39, e consiste nel verificare se le entrate riscosse e versate, ed i 
resti da riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto redatto dal 
Governo siano conformi ai dati esposti nei conti periodici e nei riassunti 
generali trasmessi alla Corte dai singoli ministeri, e se le spese ordinate 
e pagate durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o controllate 
dalla stessa Corte, nonch� nell'accertare i residui passivi in base 
alle dimostrazioni allegate ai decreti ministeriali di impegno e alle scritture 
tenute dalla Corte. La pronuncia della Corte dei conti � definitiva 
e insindacabile, e viene trasmessa direttamente al Parlamento dalla 

pugnabile non solo quello a contenuto e di provenienza giurisdizionale 
(veggasi, in conformit�, a proposito di conflitti tra poteri dello Stato 
PIERANDREI, Corte Costtiuzionale, in Enciclopedia del diritto, Milano 1962 

n. 33), ma anche quell.i dalla natura non esattamente definita, come il 
�visto� della Corte dei Conti (cfr., in proposito, PAONE, Note intorno al 
visto della Corte dei Conti, Milano, 1955, 25; P1cozz1, op. cit., 104; e, per 
la prevalenza dell'elemento giurisdizionale, FERRARI, Gli organi ausiliari, 
Milano, 1956, 273). 
Sembra lecito dubitare, tuttavia, dell'ammissibilit�, in via generale, 

di un conflitto relativamente alle ipotesi di mancato visto della Corte dei 

Conti su atti regionali. 

L'istituto del conflitto, invero, trova giuridica composizione nella du


plice funzione cui assolve ~a sentenza della Corte costituzionale: la decla


ratoria di appartenenza del potere in contestazione, e l'annullamento del


l'atto viziato da incompetenza, intesa quest'ultima nel senso di incompe


tenza assoluta (artt. 38 e 41 legge 11 marzo 1953, n. 87). 

Nelle ipotesi di conflitto tra Stato e Regioni, la competenza di queste 

va riguardata unicamente in il'elazione alle disposizioni di carattere gene


rale della Costituzione, di quelle particolari degli Statuti, nonch� di quelle, 

ulteriormente richieste come condicio sine qua non per il concreto eser


cizio del potere, dalle singole norme di attuazione. 

In base a tali incontroversi principi, la ricusa del � visto � da parte 

della Corte dei Conti su atti di produzione regionale potrebbe ipotizzare 

la sussistenza di un conflitto, nel senso tecnico ora precisato, solo in 

qualche rara evenienza, che non potrebbe generalizzarsi al di l� dei limiti 

suoi propri. 

Ci� potrebbe verificarsi, ad esempio, qualora la Corte dei Conti pretendesse 
di appor.re il visto su atti �che ne sono esenti (basti pensare ai 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1207 

Corte stessa (art. 100 Cost.), accompagnata da una relazione motivata 
(prevista dall'art.� 41 t. u. cit. e dall'art. 79 della cosiddetta legge sulla 
contabilit� generale dello Stato, r. d. 18 novembre 1923, n. 2440). Il 
Parlamento viene successivamente chiamato ad approvare a sua volta 
-nell'esercizio della sua autonoma funzione politica -il rendiconto 
governativo (art. 81, primo comma, Cost.), senza che ci� possa significare 
ingerenza nell'opera di riscontro giuridico espletata dalla Corte 
dei conti. N� potrebbe essere invocata in contrario la disposizione regolamentare 
riflettente il rendiconto, contenuta nell'art. 150 del r. d. 
23 maggio 1924, n. 827, secondo la quale quell'atto, �una volta chiuso 
ed approvato per legge, � intangibile, n� pu� essere modificato in 
nessuna delle sue parti. 

Tali essendo la funzione e i caratteri della pr�nuncia della Corte 
dei conti e la procedura, non ritiene questa Corte di poter escludere nel 
giudizio in esame la presenza delle condizioni ipotizzate dall'art. 1 della 
legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, per la proposizione davanti ad 
essa di questioni di legittimit� costituzionale. Condizioni gi� riscontrate, 

contratti di importo inferiore a quelli indicati nell'art. 18 T. U. 12 luglio 

1934, n. 1214, modificati dalla legge 10 dicembre 1953, n. 936). In tale 

evenienza si potrebbe ravvisare uno straripam~nto delle funzioni della 

Corte con la contestuale invasione della competenza regionale. 

Si potrebbe poi verificare altra ipotesi di conflitto, di natura etero


dossa, allorch� la Corte dei Conti ritenesse, negando il � visto � ad un atto 

regionale, che l'emanazione di questo rientri nella competenza dell'Ammi


nistrazione dello Stato. L'eterodossia consisterebbe in ci�, che la tutela 

delle prerogative costituzionalmente attribuite allo Stato verrebbe assunta 

non direttamente da esso, attraverso l'Amministrazione attiva compe


tente, bens� da un Organo costituzionale di controllo, quale la Corte dei 

Conti. Tuttavia sembrerebbe che il conflitto sia, anche in questa partico


lare ipotesi, ammissibile, sia in base alla interpretazione estensiva datane 

dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. I giudizi di costitu


zionalit� 1961-65, 337), sia in base al principio generale che, nella mateTia 

dei conflitti, non � possibile ipotizzare a priori, in categorie tipiche, gli 

atti ed i soggetti in conflitto; basti ricordare, a questo proposito, l'art. 51 

Cod. proc. pen. che espressamente prevede i casi di conflitto analogo a 

quelli specificati. 

Per converso, un conflitto di attribuzioni in ipotesi diverse da quelle 

ora considerate non sembrerebbe ammissibile. 

Invero, esso dovrebbe necessariamente presupporre un controllo di 

merito sulla legittimit� del rifiuto della Corte dei Conti, che pu� essere 

fondato su leggi statali, o anche regionali, o addirittura su norme a carat


tere regolamentare generale statali o regionali. In sostanza, il giudizio di 

legittimit� costituzionale si trasformerebbe in un giudizio di legittimit� 

tout court, il che non sembra conforme al sistema. 

D'altra parte, il � potere. di applicare o ricusare il � visto � appartiene 

esclusivamente alla Corte dei Conti, cio� allo Stato, e non potrebbe essere 



1208 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tra l'altro, nei procedimenti di giurisdizione volontaria (sentenze n. 4 del 
1956, 5, 40, 129 del 1957, 24 del 1958) e nei procedimenti relativi ai 
ricorsi elettorali pendenti davanti ai Consigli comunali e provinciali 
(sentenze n. 42, 43 e 44 del 1961, 92 del 1962, 93 del 1965), nonostante 
ch� in ordine al carattere giurisdizionale di essi fossero avanzati, nella 
dottrina, dubbi non meno sostanziosi di quelli avanzati per i procedimenti 
di cui ora si discute. 

In proposito anzi questa Corte ritiene di dover ricordare l'affermazione, 
enunciata nella sentenza n. 129 del 1957, che �il preminente 
interesse pubblico della certezza del diritto (che i dubbi di costituzionalit� 
insidierebbero), insieme con l'altro dell'osservanza della Costituzione, 
vieta che dalla distinzione tra le varie categorie di giudizi e processi 
(categorie de~ resto dai confini sovente incerti e contrastati), si 
traggano conseguenze cosi gravi ., quale l'esclusione della proponibilit� 
di questioni di legittimit� costituzionale. 

Ci� premesso, e tenendo presente che sotto il profilo in esame il 
giudizio della Corte dei conti sul rendiconto generale della Regione 
siciliana, previsto dagli artt. 2 n. 2, e 6, terzo comma, del decreto legislativo 
del Presidente della Repubblica 6 maggio 1948, n. 655, non si 
differenzia dal giudizio sul rendiconto generale dello Stato, questa Corte 
ritiene infondata l'eccezione di inammissibilit� sollevata dalla Regione. 

dichiarato di appartenenza regionale, specie dopo la sentenza in rassegna 

che ha escluso l'istituto della legislazione con riserva per gli atti regionali. 

Per di pi�, non essendovi alcun atto positivo da annullare, sarebbe 

estremamente difficile ammettere una qualsiasi altra pronuncia della Corte 

costituzionale che non fosse meramente dichiarativa della legittimit� (o 

della illegittimit�) del rifiuto del visto. E poi, di fronte ad una pronuncia 

di illegittimit�, quid iuris? La Corte costituzionale non .potrebbe mai sosti


tuirsi alla Corte dei Conti, apponendo essa il � visto � negato, n� la Corte 

dei Conti, persistendo i motivi di dissenso, sarebbe mai giuridicamente 

tenuta ad apporlo. 

Da parte di autorevole dottrina non si � mancato, di recente, di ipotizzare 
conflitti tra poteri dello Stato ricomprendendovi anche la stessa 
Corte costituzionale, allorch�, ad esempio, il giudice ordinario, dichiarando 
manifestamente infondata una questione di legittimit� costituzionale, la 
risolvesse nel �senso della sua sostanziale infondatezza, invadendo la competenza 
esclusiva della Corte Costituzionale (BONIFACIO, Corte Costituzionale 
e Autorit� giudiziaria, in La giustizia costituzionale, Firenze, 1966, 
41 e passim); ma lo stesso Autore prospetta le estreme difficolt� di ammettere 
fa coesistenza della Corte costituzionale come giudice del conflitto 
e come parte in conflitto. 

Sono proprio queste ragioni che inducono a ritenere inipotizzabile un 

conflitto tra Corte dei Conti, che persistesse nel ricusare il � visto � dichia


rato dovuto dalla Corte Costituzionale, e quest'ultima Corte; e, di riflesso, 

che inducono a ritenere inipotizzabile un conflitto tra Stato e Regione a 

causa di ricusa del � visto � da parte della Corte dei Conti, tranne le 

tassative eccezioni sopra prospettate. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 12C9 

2. -Passando al merito, la Corte ritiene che la questione proposta 
dall'ordinanza di rimessione sia fondata. 
L'istituto della registrazione con riserva, da parte della Corte dei 
conti, dei provvedimenti governativi e amministrativi, da essa giudicati 
illegittimi, che il Consiglio dei Ministri ritenga debbano nondimeno 

� aver corso � (art. 25 t. u. 12 luglio 1934, n. 1214), ha remota origine; 
e, pur con caratteri rinnovati dal fatto di vivere ormai in un sistema 
costituzionale che ha nel principio di legalit� uno dei suoi cardini, 
continua ad assolvere una sua utile funzione nell'attuale ordinamento 
(nel quale, del resto, opportunamente, il Governo non suole farvi ricorso 
se non in casi oltremodo rari, e con notevole moderazione). 
La deroga che tale istituto comporta al principio della non eseguibilit� 
�degli atti del Governo o dell'Amministrazione dello Stato ritenuti 
non legittimi dall'organo preposto al controllo giuridico ha il suo tradizionale 
contrappeso -almeno sul piano normativo -nell'immediato, 
istituzionale, assoggettamento del provvedimento registrato con riserva 
al controllo politico del Parlamento. 

Orbene, alla stregua del sistema costituzionale vigente, un congegno 
siffatto non si addice al controllo dello Stato nei confronti delle 
Regioni. 

Per quanto dotate di autonomia politica e di potest� legislativa, le 
Regioni sono infatti enti collocati, in seno a tale sistema, su un piano 
diverso rispetto allo Stato: quest'ultimo si trova, di fronte alle Regioni, 
in una posizione di evidente preminenza (pi� volte constatata da questa 
Corte: si vedano la sentenza n. 66 del 1964 e quelle precedenti in essa 
ricordate), nel cui con testo assumono un particolare rilievo i poteri di 
controllo dello Stato sugli organi e sugli atti delle Regioni. 

In un sistema siffatto, da un lato, la surrogabilit� del controllo politico 
del Parlamento, e degli effetti propri di esso, a quello giuridico 
dell'organo istituzionalmente competente per quest'ultimo, e agli effetti 
propri di tale controllo, comporterebbe il rischio -incompatibile col 
sistema -di una compressione dell'autonomia regionale a opera dei 
centr.i di direzione politica dello Stato. Dall'altro, la surrogabilit� dell'anzidetto 
controllo giuridico, e degli effetti di esso, col controllo politico 
dell'Assemblea regionale, si risolverebbe nell'ammissione -altrettanto 
incompatibile col sistema -che la Regione si sottragga, a 
propria discrezione, al controllo dello Stato e ai suoi effetti. 

Di qui l'impossibilit� assoluta di inserire l'istituto della registrazione 
con riserva nel quadro dei controlli sugli atti delle Regioni. 

3. -In tale prospettiva va considerata la disposizione dell'art. 23, 
secondo comma, dello Statuto della Regione siciliana, che demanda 
alla Corte dei conti il controllo amministrativo e contabile nei confronti 
di quella Regione. 

1210 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La disposizione ha avuto attuazione attravaerso il ricordato decreto 
legislativo n. 655 del 1948, il cui art. 2, n. 1, ha attribuito alla 
sezione di controllo della Corte dei conti decentrata in Sicilia � il controllo 
sugli atti del Governo e dell'Amministrazione regionale �. 

Per tale via � stato realizzato, nei confronti di questi atti, un 
controllo preventivo di legittimit� di tipo corrispondente a quello 
previsto dagli artt. 17 e seguenti del t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, per 
il sindacato, da parte della Corte dei conti, degli atti dello Stato, e 
cio� un controllo da esercitare attraverso la sottoposizione degli atti 
stessi al visto e alla registrazione, ai quali la Corte dei conti fa luogo 
solo nel caso che riconosca legittimi gli atti, mentre quelli che non siano 
riconosciuti tali e non ottengano il visto e la registrazione non possono 
esser portati a esecuzione. 

L'inserzione, in tale normativa, della registrazione con riserva, 
che il secondo comma dell'art. 2 e il primo comma, primo periodo, 
dell'art. 6 del d. lgsl. del 1948 autorizzano gli assessori e il Governo 
regionale a ottenere dalla Corte dei conti -mentre il secondo comma 
dell'art. 6 aggiunge che la Corte trasmette ali'Assemblea regionale 
l'elenco delle registrazioni eseguite con riserva, accompagnato dalle 
deliberazioni relative -, risulta per� assolutamente incompatibile col 
descritto sistema costituzionale. In tal modo viene a esser consentita 
infatti agli organi della Regione la possibilit� di sottrarre del tutto, di 
propria libera iniziativa, agli effetti del controllo preventivo dello 
Stato, atti che altrimenti vi sarebbero esposti, e che per regola costi� 
tuzionale non possono sfuggire al controllo statale. Con la conseguenza 
che possono avere esecuzione, nonostante l'illegittimit� :riscontrata dall'organo 
del controllo, atti contrari a leggi regionali e statali e persino 
a leggi costituzionali e a sentenze costituzionali. 

� evidente, poi, che una tanto grave alterazione del sistema non 

pu� esser considerata n� riparata, n� limitata, dall'assoggettamento dei 

provvedimenti sottratti agli effetti sfavorevoli del controllo giuridico 

della Corte dei conti al controllo politico dell'Assemblea regionale, che 

non � un organo dello Stato. 

Le considerazioni che precedono appaiono sufficienti alla dichia


razione della illegittimit� costituzionale del secondo comma dell'art. 2 

e del primo comma, primo periodo, dell'art. 6 del pi� volte ricordato 

decreto legislativo del 1948 -limitatamente alla parte in cui con


sentono, rispettivamente, al Governo regionale di richiedere, e alle 

sezioni regionali riunite della Corte dei conti di disporre, la registra


zione degli atti ritenuti illegittimi in sede di controllo e l'apposizione 

del visto con riserva -, nonch� dell'intero secondo comma dell'art. 6 

del medesimo decreto. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1211 

4. -La Corte ritiene opportuno aggiungere che dalla caducazione 
delle anzidette disposizioni non derivano aWautonomia della Regione 
-quando l'esercizio di questa venga mantenuto, come � doveroso, 
nei limiti della legalit� -conseguenze di grave momento. 
Innanzi tutto, una volta depurati della parte riflettente la registrazione 
con riserva, il secondo comma dell'art. 2 e il primo periodo 
del primo comma dell'art. 6 sono pur sempre in grado di assolvere alla 
esigenza di consentire che le sezioni regionali riunite della Corte dei 
conti procedano a un ulteriore e pi� ponderato vaglio di quegli atti, 
che, ritenuti illegittimi in sede di primo riscontro, il Governo regionale 
ritenga di sottoporre ad esse al fine di ottenerne, nel caso di accertata 
legittimit�, la registrazione dapprincipio ricusata. E ci� non diversamente 
da quanto � previsto per altre Regioni dall'art. 25 del d. P. R. 
19 maggio 1949, n. 250 e dall'art. 77 del d. P. R. 30 giugno 1951, n. 574. 

Nei confronti delle determinazioni definitive sfavorevoli dell'organo 
statale di controllo � comunque da ritenere aperta alla Regione la 
possibilit� di promuovere davanti a questa Corte -quando ne ricorrano 
le condizioni -un conflitto di attribuzione, al fine di ottenere 
per tale via il ripristino della legalit� eventualmente lesa con sacrificio 
della sua sfera d'azione. In tal modo, anche alla luce della successiva 
evoluzione giurisprudenziale in materia di conflitti di attribuzione, 
e in particolare delle prospettive accolte con la sentenza 

n. 66 del 1964, questa Corte ritiene di dare pi� adeguata soluzione 
a un problema risolto altrimenti nella non pi� recente sentenza n. 20 
del 1957. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 122 -Pres. Papaldo Rei. 
Bonifacio -Ferreri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). 

Procedimento penale -Tribunale per i minorenni -Concessione del 
perdono giudiziale in Camera di Consiglio -Violazione del diritto 
di difesa -Esclusione. 

{Cost., art. 24; r. d. l. 20 luglio 1934, n. 1404, artt. 14, 15). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 24 Cost., la questione di 
legittimit� costituzionale degli artt. 14 e 15 r. d. l. 20 luglio 1934, 

n. 1404, che consentono, rispettivamente, al Tribunale ed alla Sezione 
di Corte di Appello per i minorenni di pronunciare in Camera di Con.
siglio sentenza di non doversi procedere per concessione del perdono 
giudiziale, in quanto, prima dell'adozione di detto provvedimento, l'imputato 
minorenne pu� difendersi con piena conoscenza di tutti gli ele

1212 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

menti probatori acquisiti al processo e chiedere il proscioglimento per 
motivi diversi della concessione del perdono giudiziale (1). 

(Omissis). -La Corte ritiene che sulla decisione della presente 
questione di legittimit� costituzionale non possano incidere n� la circostanza 
che il tribunale deve decidere in camera di consiglio n�, per 
altro verso, la circostanza che l'art. 15 della legge in esame prevede 
il potere di impugnativa della sentenza: non la prima, perch� il procedimento 
in camera di consiglio non pu� essere ritenuto di per s� 
contrastante con l'art. 24 della Costituzione; non la seconda, pereh�, se 
� vero che l'imputato prosciolto per concessione di perdono giudiziale 
pu� cognita causa contestare gli elementi assunti dal giudice a motivazione 
della sua pronuncia (e, in particolare, a motivazione del convincimento 
di sussistenza di prove che sarebbero state sufficienti al 
rinvio a giudizio), � altrettanto certo che la norma costituzionale esige 
che il diritto di difesa venga garantito � in ogni stato e grado del procedimento� 
e, dunque, anche prima che il provvedimento sia adottato 
in primo grado. Sicch� appare evidente che il punto decisivo della 
questione consiste nell'accertare se il procedimento che si conclude 
con la concessione del perdono offra o meno all'imputato quella possibilit� 
di difesa che valga a soddisfare il precetto costituzionale. 

Giova in proposito rilevare che il procedimento minorile non � 

svincolato, se non nei punti espressamente disciplinati dalla legge spe


ciale, dal rispetto delle norme dettate dal Codice di procedura penale 

(art. 34 r. d. l. 20 luglio 1934, n. 1404; art. 18 d. P. R. 25 ottobre 1955, 

n. 932, emanato in forza dell'art. 20 della 1. 18 giugno 1955, n. 517). 
Dal che discendono conseguenze di rilevante importanza ai fini della 
decisione della presente questione. Ed infatti: 
a) in virt� delle modifiche apportate al precedente sistema dalla 

l. 18 giugno 1955, n. 517 il giudice non pu� in nessun caso (cfr. artt. 376, 
primo comma; 395, quarto comma; 398, quarto comma, c. p. p.) dichiarare 
di non doversi procedere per concessione del perdono giudiziale 
(1) La auestione era stata proposta .con ordinanza 30 settembre 1964 
�alla Sezione della Corte di Appello di Torino per i minorenni (Gazzetta. 
Ufficiale 5 giugno 1965, n. 139). 
� stata accolta la tesi dell'Avvocatura, fondata principalmente sulla 

obbligatoriet� del deposito degli atti a conclusione dell'istruttoria sommaria 

del P. M., giusta l'art. 372 c. p. p. Nello stesso senso � la coeva sentenza. 

della Corte costituzionale 19 dicembre 1966, n. 127, retro. 

Sulle differenze tra perdono giudiziale e sospensione condizionale della 

pena cfr. Fa1soL1, Criteri di scelta fra perdono e condanna condizionale, in 

La scuola positiva, 1962, 119. 

Per le precedenti questioni di legittimit� costituzionale del procedimento 
minorile, cfr. da ultimo, la sentenza della Corte Costituzionale 8 febbraio 
1966, n. 19, in questa Rassegna, 1966, 22, e nota di riferimenti. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1213 

" se l'imputato non � stato interrogato sul fatto costituente l'oggetto 
dell'imputazione ovvero se il fatto non � stato enunciato in un mandato 
rimasto senza effetto � ; 

b) per effetto della sentenza n. 52 del 16 giugno 1965 di questa 
Corte all'istruttoria minorile condotta dal pubblico ministero col rito 
sommario devono essere applicate tutte le disposizioni contenute negli 
artt. 304 bis, ter e quater c.p.p.; 

c) deve infine ritenersi, come esattamente sostiene l'Avvocatura 
dello Stato, che il, tribunale per i minorenni � anche tenuto all'osservanza 
dell'art. 372 c.p.p. Ed in effetti i provvedimenti devoluti alla 
sua competenza e da adottarsi in camera di consiglio sono quelli stessi 
(cfr. art. 13, ultimo comma, della legge in esame) che ii pubblico 
ministero nell'istruttoria sommaria ordinaria � tenuto a richiedere 
al giudice istruttore a norma dell'art. 395, c.p.p. � agevole dedurre 
da ci� che il tribunale per i minorenni, investito dalla richiesta del 
procuratore della repubblica, deve osservare gli stessi obblighi che 
il codice impone al giudice istruttore prima del provvedimento che 
chiude la fase istruttoria; deve, cio�, procedere, nel rispetto dell'articolo 
372 c.p.p., al deposito degli atti e documenti, a seguito del quale 
il difensore dell'imputato potr� esercitare quelle facolt� (estrazione 
di copie, presentazione di memorie e �di istanze) che la stessa norma 
gli conferisce. 

Dal complesso delle disposizioni fin qui richiamate risulta che lo 
imputato minorenne prima che il tribunale adotti i provvedimenti di 
sua competenza pu� difendersi dalla imputazione, aver conoscenza di 
tutti gli elementi probatori acquisiti al processo, presentare memorie 
e richieste con l'assistenza del difensore e chiedere il proscioglimento 
per motivi diversi dalla concessione del perdono giudiziale. E pertanto 
gli artt. 14 e 15 del r.d.1. 20 luglio 1934, n. 1404, inquadrati nel sistema 
processuale ed interpretati alla luce di questo, appaiono non in contrasto 
con l'art. 24 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 123 -Pres. Papaldo 
-Rel. Jaeger -Palmieri (n. �C.), I.N.P.S. (avv. Nardone), 

I.N.A.M. (avv. Jemolo) e Pres. Consiglio dei Ministri (Sost. avv. 
gen. dello Stato Albisinni). 
Lavoro -Disciplina dell'apprendistato -Limitazione dell'et� massima 
degli apprendisti -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost. art. 35; I. 19 gennaio 1955, n. 25, art. 6). 

Non contrasta col principio costituzionale della formazione professionale 
dei lavoratori l'art. 6 della l. 19 gennaio 1955, n. 25, che 


1214 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fissa in anni 20 l'et� massima per l'assunzione degli apprendisti, dato 
che la natura e la funzione dell'apprendistato sono stati sempre concepiti 
come il metodo pi� adeguato per avviare all'occupazione i giovani 
aspiranti ad un'arte od un mestiere (1). 

(Omissis). -Le osservazioni e le conseguenti deduzioni esposte 
nella ordinanza del Tribunale di Caltanissetta, che ha ritenuto in contrasto 
con la norma dell'art. 35 della Costituzione la limitazione ad 
anni venti per l'assunzione dei lavoratori con la qualifica di apprendista, 
non possono essere condivise dalla Corte. 

Esse sono infatti in netto contrasto con la natura e la funzione dell'apprendistato, 
che � stato sempre ed ovunque concepito come il metodo 
pi� adeguato per avviare alla occupazione i giovani, aspiranti 
ad imparare un'arte od un mestiere, sul luogo stesso del lavoro e sotto 
la guida dell'imprenditore e l'esempio dei compagni pi� anziani e 
provetti. 

L'abolizione di ogni limite di et� in relazione a tale qualifica 
avrebbe effetti del tutto negativi, sia nei riguardi dell'ordine, della 
disciplina e del rendimento del lavoro, sia rispetto ai rapporti fra le 
maestranze, basati necessariamente sulla osservanza di una gerarchia 
a carattere tecnico, in funzione della esperienza acquisita. 

� pertanto comprensibile e giustificata la decisione del legislatore 
di stabilire i limiti di et�, tanto per la assunzione della qualit� di 
apprendista quanto per la cessazione di essa: il limite minimo -di 
quattordici anni -� in correlazione con le norme che regolano la 
istruzione obbligatoria e con la necessit� che l'aspirante abbia raggiunto 
un certo grado di sviluppo fisico ed intellettuale; il limite 
massimo -di venti anni -trova giustificazione nella scarsa probabilit� 
di successo di soggetti, i quali siano giunti a quella et� senza 
avere svolto alcuna attivit� lavorativa e raggiunto una certa esperienza. 


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 7 aprile 1965 del 
Tribunale di Caltanissetta (Gazzetta Ufficiale, 28 agosto 1965, n. 216). 
La sentenza in rassegna ha avallato la nozione prevalente di apprendistato, 
inteso come lo strumento per avviare i giovani all'inserimento nella 
vita lavorativa. In questo senso, e per la prevalenza del concetto del tirocinio 
su quello dell'attivit� lavorativa, cfr. GAIOTTI, Il principio dell'attivit� 
svolta nel rapporto di tiro.cinio, Giur. it., 1963, I, 2, 453; GIUGNI, Mansioni 
e qualifiche nel rapporto di lavoro, Napoli, 1963, 31. 

Per la generalizzazione ed estensione del concetto di apprendistato 
anche alle categorie impiegatizie, cfr. Tribunale Trento 6 febbraio 1964, 
Giur. it., 1964, I, 2, 362. 

Ai fini dell'apprendistato, � stato ritenuto possa prescindersi dalla qualifica 
professionale di imprenditore del datore di lavoro (App. Trieste 1 � 
dicembre 1960, Foro it., 1961, 677 ove ricchissima nota di riferimenti). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1215 

D'altro lato, l'aspirazione, pi� che legittima, di lavoratori che abbiano 
superato quel limite di et� senza avere ottenuto alcuna qualificazione 
professionale, di conseguirla successivamente, pu� e deve 
essere soddisfatta in altri modi, come quelli descritti dagli Istituti assistenziali 
costituiti nel presente giudizio, che dovranno per� essere potenziati 
e diffusi, anche per evitare il pericolo, segnalato dagli Istituti 
stessi, che la qualifica di apprendista possa essere attribuita a lavoratori 
maggiorenni ed eventualmente anche esperti al solo scopo di 
corrispondere loro un salario inferiore a quello dovuto, eludendo le 
norme contenute nelle leggi o nei contratti collettivi. 

La questione sottoposta all'esame della Corte non pu� essere 
perci� considerata fondata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 124 -Pres. Ambros1m 
-Rel. Jager -Finassi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Caccia e pesca -Zona di protezione per gli appostamenti -Consenso del 

proprietario salvi i diritti quesiti -Contrasto con il principio di 

eguaglianza e della tutela della propriet� -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 41, 42; t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 19, terzo comma). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 3, 41 e 42 Cost., la questione 
di legittimit� costituzionale del terzo comma dell'art. 19 t. u. 
sulla caccia 5 giugno 1939, n. 1016, nell'inciso, �salvi i diritti quesiti-. 
perch� non pu� considerarsi illegittima una norma che tenda a salvaguardare 
i diritti acquisiti in base a leggi anteriori (1). 

(1) La questione era stata proposta dal Pretore di Rovato con ordinanza 
2 luglio 1965 (Gazzetta Ufficiale, 30 ottobre 1965, n. 273). 
Decisione di indubbia esattezza, in quanto il legislatore doveva regolare 
il passaggio della disciplina della � zona di rispetto � degli � appostamenti � 
da quella prevista dal t. u. del 1931 (che gi� innovava rispetto a quella 
di cui alla legge n. 1420 del 1923) a quella prevista dal t. u. n. 1016 del 1939, 
e che, quindi, non poteva non tener conto di situazioni meritevoli di speciale 
considerazione, come quelle dei cacciatori che non avevano mai avuto 
bisogno del consenso del proprietario interessato dalla zona di rispetto, 
e ci� sin dal 1931, per essere da tempo anteriore titolari di un appostamento. 


Costoro, infatti, si trovavano in posizione diversa nei confronti di quei 
cacciatori, che tale consenso dovevano procurarsi per poter procedere all'impianto 
dell'appostamento (art. 19 t. u. del 1931, art. 19 t. u. del 1939). 

La giurisprudenza aveva, in proposito, riconosciuto la validit� dei 
diritti quesiti nel regime intertemporale delle varie norme (Cass. 30 giugno 
1954, n. 2251, Giur. agr. it., 1955, 244). 

In via pi� generale, sul regime intertemporale delle norme giuridiche, 
cfr. RESCIGNO, voce Disposizioni transitorie., in Enc. dir., XIII, 219. 

-



1216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -La Corte ritiene fondati gli argomenti esposti dalla 
Avvocatura generale dello Stato a dimostrazione della infondatezza 
della questione di legittimit� costituzionale proposta con l'ordinanza 
del Pretore di Rovato. 

Le considerazioni esposte nella ordinanza infatti, potrebbero servire, 
se mai, a porre in rilievo alcuni inconvenienti pratici dell'ordinamento 
in vigore e la conseguente opportunit� di una revisione legislativa; 
ma non sono sufficienti a giustificare la pronuncia di illegittimit� 
di un inciso, il quale ha il solo fine di salvaguardare i � diritti quesiti �. 

Si deve osservare, fra l'altro, che, servendosi di questi termini, 
il legislatore si � attenuto ad un principio generale normalmente osservato, 
la cui attuazione � rimessa in definitiva ai giudici di merito. A 
questi compete pertanto accertare di volta in volta se tali diritti sussistano, 
in base alle norme vigenti: compito, questo, che pu� indubbiamente, 
in taluni casi, presentare non lievi difficolt�, ma che, comunque, 
non pu� e non deve essere considerato di competenza della Corte 
costituzionale. 

D'altra parte, � ovvio che ogni provvedimento amministrativo o 
legislativo in tanto viene emanato, in quanto si ritenga opportuno 
dagli organi competenti modificare in un senso o nell'altro la disciplina 
giuridica di certi rapporti; ma in taluni casi tale modificazione 
potrebbe importare conseguenze eccessive nei riguardi di soggetti, 
i quali avevano acquisito legittimamente un diritto in base alle norme 
preesistenti. 

La emanazione successiva di una disciplina giuridica diversa non 
pu� determinare di per s� la illegittimit� costituzionale di tali norme, 
ove non sia dimostrato che esse siano in contrasto con i principi della 
Costituzione; n� pu� considerarsi illegittima una norma, che tenda 
a salvaguardare i diritti acquisiti in base alle leggi anteriori. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE 29 dicembre 1966, n. 128 -Pres. Papaldo -
Rel. Verzi -Crisci (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Tracanna). 

Imposte e tasse -Imposta di bollo -Aumento nella misura unica di 

L. 400 -Violazione del principio della pro~ressivit� del sistema 
tributario -Esclusione. 
(Cost., art. 53, secondo comma; I. 5 dicembre 1964, n. 1267, art. 1). 


Non � fondata, con riferimento aZZ'art. 53 cpv., deZZa Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale deU'art. 1 deUa Z. 5 dicembre 
1964, n. 1267, recante L'aumento deUa imposta di bozzo neHa mi




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1217 

sura unica di L. 400 per foglio, in quanto il principio delta progressivit�, 
applicabile alle imposte personali, ma non a tutte le altre diverse 
imposte, non pu� riguardare quelle di bollo (1). 

(Omissis). -La questione � destituita di qualsiasi fondamento. 
Non � il caso di discutere se il bollo, che � un mezzo di riscossione 
di pubbliche entrate, appartenga alla categoria delle tasse, oppure a 
quella delle imposte. � concordemente riconosciuto, infatti, che i proventi 
delle imposte possono essere destinati dal legislatore alla copertura, 
tanto delle spese generali, quanto di quelle relative al costo 
dei particolari servizi anche quando per questi siano previste delle 
tasse che non diano un gettito sufficiente; correlativamente, nulla esclude 
che una parte del provento di una tassa venga utilizzato per esigenze 
di carattere generale. 

Dal che deriva che il precetto costituzionale dell'art. 53 non vieta 
che � la spesa per i servizi generali sia coperta da imposte indirette 

o da entrate che siano dovute esclusivamente da chi richiede la prestazione 
dell'ufficio organizzato per il singolo servizio o ~ia chi ne provoca 
J.a attivit� � (sent. n. 30 del 18 marzo 1964). 
Del pari evidenti sono le ragioni per le quali la norma costituzionale 
non vieta che i singoli tributi siano ispirati a criteri diversi 
da quello della progressvit�, ma si limita a dichiarare che il sistema 
tributario deve avere nel suo complesso un carattere progressivo. Ed 
invero -nella molteplicit� e variet� di imposte, attraverso le quali 
viene ripartito fra i cittadini il carico tributario -non tutti i tributi 
si prestano, dal punto di vista tecnico, allo adattamento al principio 
della progressivit�, che -inteso nel senso dell'aumento di aliquota 
col crescere del reddito -presuppone un rapporto diretto fra imposizione 
e reddito individuale di ogni contribuente. Pertanto il principio 
della progressivit�, applicabile alle imposte personali ma non a tutte 
le altre diverse imposte, non pu� riguardare quelle di bollo. 

Il precetto costituzionale della progressivit� ha un fine politico 
sociale, che potr� essere attuato, nei limiti consentiti dalle particolari 
esigenze, ricorrendo di preferenza a tipi di tributi i quali consentano 
di fare gravare maggiormente il carico sui redditi personali pi� elevati, 
e rendano quindi la partecipazione di ciascuno alle spese pubbliche adeguata 
alla capacit� contributiva individuale. -(Omissis). 

(1) Questione �sollevata con ordinanza 27 febbraio 1965 del Pretore di 
Pieve di Cadore (Gazzetta Ufficiale 13 novembre 1965, n. 284). 
Le precedenti sentenze della Corte, le quali hanno confermato il principio 
che la progressivit� riguarda iJ. sistema tributario nel suo insieme, e 
non le singole imposte, 31 marzo 1965, n. 16, 16 giugno 1954, n. 45, n. 2 aprile 
1964, n. 30, sono pubblicate in questa Rassegna, rispettivamente, 1965, 262, e 
1964, 643 e 442. 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 aprile 1966, n. 874 -Pres. Lo


nardo -Est. Straniero -P. M. Criscuoli (conf.). -Ministero Finanze 

(avv. Stato Colletta) c. Soc. lmprota Vincenzo e figli (avv. Piegari). 

Competenza e giurisdizione -Giudicato -Su questioni pregiudiziali Giudicato 
sulla giurisdizione -Presupposti -Giudicato implicito Pronuncia 
di giudice speciale -Configurabilit�. 

(C. c., art. 2909). 
Il giudicato sulla giurisdizione, idoneo a precludere l'esame della; 
questione nei successivi stadi e gradi del processo, si forma, oltre che 
in funzione di una specifica pronuncia della Corte di Cassazione ai sensi 
degli artt. 41 e 367 c. p. c., e della pronuncia simultanea sulla giurisdizione 
e sul merito che non sia stata tempestivamente e ritualmente im-pugnata, 
anche nel caso del passaggio in giudicato di una pronuncia di 
merito di un giudice speciale (nella specie, Commissione Centrale delle 
Imposte) che presupponga necessariamente il riconoscimento, sia pure 
implicito, della giurisdizione del giudice che l'abbia emessa (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso lAmministrazione delle 
Finanze dello Stato denuncia, sotto il profilo del difetto di giurisdizione, 
la violazione degli artt. 19, 81, 83 e 86 t. u. sull'imposta straordinaria 

(1) Osservazioni circa il giudicato implicito sulla questione di giurisdizione 
in rapporto alle pronunce dei giudici speciali. 
Con la sentenza in rassegna le Sez. Un. della Cassazione hanno confermato 
la loro precedente giurisprudenza secondo la quale il giudicatosulla 
giurisdizione, preclusivo dell'esame della questione nei successivi stadi: 
e gradi del processo, si forma oltre che in funzione di una specifica pro-nunzia 
della Suprema Corte regolatrice, ai sensi degli artt. 41 e 367 del 

c. p. c., e della pronuncia simultanea sulla giurisdizione e sul merito 
che non .sia stata tempestivamente e ritualmente impugnata, anche nel 
caso di passaggio in giudicato di una statuizione di merito che presupponga 
necessariamente il riconoscimento implicito della giurisdizione da. 
parte del giudice che l'ha emessa (Cass., Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1256, 
in questa Rassegna, 1965, I, 664, con nota di MAND�; Cass., Sez. Un., 20� 
gennaio 1964, n. 128, ivi. 1964, I, 698, con nota di CARusr; Cass., Sez. Un., 
25 luglio 1964, n. 1039; in dottrina, vedasi SANDULLI R., In tema di giudicato� 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1219 
proporzionale sul patrimonio, approvato con d. P. 9 maggio 1950, n. 203, 
nonch� degli artt. 22 d. l. 27 agosto 1936, n. 1639 e 1 d. l. 25 maggio 
1945, n. 301. Ci� per avere la Commissione tributaria ritenuto di 
poter procedere alla interpretazione dell'art. 83 comma secondo del 
citato t. u. e di affermare il principio che nella valutazione, agli effetti 
della richiamata imposta straordinaria sul patrimonio imponibile della 
societ� le cui azioni non siano quotate in borsa e delle quote di partecipazione 
in enti e societ�, le Sezioni speciali delle Commissioni delle 
imposte dirette hanno il potere di discostarsi dalla valutazione definita 
per l'imposta ordinaria e di discendere al disotto della base imponibile 
commisurata al valore iscritto nei ruoli del 1947 per quest'ultima imposta, 
senza avvedersi che la questione di interpretazione, in quanto di 
diritto, avrebbe potuto essere proposta soltanto all'ordinaria Commissione 
tributaria prevista, per le controversie sulle imposte dirette, dall'art. 
22 del d. I. 7 agosto 1936, n. 1639. La giurisdizione delle Sezioni 
speciali chiamate a pronunciarsi, ai sensi del d. I. 25 maggio 1945, n. 301 
e della 1. 6 agosto 19!)4, n. 603, in sede di reclamo contro le valutazioni 
dei capitali delle societ� fatte dai Comitati direttivi degli agenti di 
cambio ai fini dell'imposta straordinaria sul patrimonio, si deve, invero, 
ritenere limitata, a norma del combinato disposto degli artt. 81, 18 e 19 
del t. u., soltanto alle controversie di mera valutazione, dal momento 
che, per la risoluzione di ogni altra controversia, l'art. 86 dello stesso 
t. u. richiama le norme vigenti per i redditi di ricchezza mobile. 
La societ� resistente oppone, peraltro, in linea pregiudiziale, che 
il ricorso va rigettato perch� la doglianza proposta riguarda una questione 
gi� preclusa da giudicato, dal momento che la decisione impusulla 
giurisdizione, Giust. civ., 1960, I, 1932). Ne1la specie in esame la 
Suprema Corte ha fatto applicazione di tale principio ad una pronunzia di 
un giudice speciale, e cio� della Commissione Centrale delle Imposte in 
materia di valutazione dell'imponibile sulle societ� agli effetti dell'imposta 
straordinaria sul patrimonio. Tale orientamento, applicato alle pronunce dei 
giudici speciali, sembra suscettibile di critica sotto il profilo che la Suprema 
Corte, nella sua funzione regolatrice della giurisdizione, riconoscendo la 
possibilit� della formazione del giudicato implicito sulla questione di giurisdizione, 
viene � implicitamente > a rinunciare ad una delle sue pi� importanti 
funzioni istituzionali, che le � riconosciuta a livello costituzionale 
(cfr. art. 111, 30 comma, Costituzione). La Cassazione, cio�, proprio in 
quella delicatissima funzione di regolatrice della competenza e della giurisdizione, 
con particolare riferimento alle pronunce dei giudici speciali 
(art. 362 c. p. c.), mediante l'applicazione del principio del giudicato implicito 
anche relativamente alla questione di giurisdizione sembra rinunciare 
all'esercizio del suo potere istituzionale che in tema di esistenza di limiti 
del potere giurisdizionale le consente di rilevare in ogni stadio e grado 
del processo, anche di ufficio, il difetto e l'eccesso di giurisdizione dei 
giudici speciali. Non va dimenticato, infatti, che come ha ritenuto l'ANDRIOLI 
(Commentario ai codice di procedura civile, Napoli, 1957, II, 521) sia pure I 
1 
j 


1220 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gnata � stata emessa in sede di rinvio da decisione 1� febbraio 1961 
della 2a Sezione della Commissione Centrale; che quest'ultima fu adita 
dall'Ufficio distrettuale finanziario a seguito di precedente decisione 
inter partes 16 novembre 1959 della stessa Sezione speciale, impugnata, 
in linea principale, proprio per quella stessa erronea interpretazione 
dell'art. 83 che ora viene dedotta; che la Commissione Centrale rigett� 
il profilo principale della doglianza e rinvi� gli atti alla stessa Sezione 
speciale, per nuovo esame nei limiti dell'accoglimento, soltanto perch� 
ritenne di dover accogliere il vizio di motivazione dedotto in subordine; 
che la questione di giurisdizione non fu allora affatto sollevata nel corso 
del giudizio n� I'Amministrazione si preoccup� di denunciare la decisione 
della Commissione Centrale, malgrado quest'ultima, col confermare 
il punto di diritto deciso dalla Sezione speciale e col rinviarle la 
controversia per l'ulteriore corso, ne avesse implicitamente riconosciuto 
la giurisdizione sull'intero oggetto della lite. 

L'eccezione � fondata. 

Non v'� dubbio che la Commissione Centrale, adita in sede di legittimit�, 
avesse il potere-dovere di rilevare, anche di ufficio, qualsiasi 
errore in procedendo della decisione denunciata e di annullare, pertanto, 
la stessa per difetto di giurisdizione con conseguente rinvio della controversia, 
per nuovo giudizio, alla Commissione provinciale ritenuta 
competente. Non pu� esservi neppur dubbio, pertanto, che il rigetto 
della doglianza e la conferma della decisione impugnata sul punto contestato 
contengano implicitamente, per necessario presupposto logicogiuridico, 
il riconoscimento della giurisdizione del giudice sul punto 
medesimo. La mancanza di impugnazione della decisione della Commis


ad altri fini, e l'eccesso di potere giurisdizionale si risolve nella violazione 
delle norme costituzionali che presiedono alla suddivisione dei poteri tra 
gli organi dello Stato, cui sono connesse le funzioni legislative, esecutiva 
e giurisdizionale �. Ci sembra, in altri termini, che il principio affermato 
dalla Cassazione sul giudicato implicito relativamente alla questione di 
giurisdizione non possa conciliarsi con i principi che disciplinano l'eccezione 
di difetto ,di giurisdizione particolarmente con riguardo alle pronunce dei 
giudici speciali. 

� evidente, infatti, che non pu� non essere riconosciuto carattere assoluto 
alla questione di giurisdizione, ossia alla possibilit�, e quindi alla 
necessit�, che la questione stessa sia rilevata in ogni stadio e grado del 
processo, indipendentemente dalla stessa iniziativa delle parti, fino al momento 
in cui intervenga '.I.a statuizione dell'unico organo giurisdizionale 
legittimato a pronunciarsi in maniera definitiva e vincolante sull'esistenza 
e sui limiti del potere giurisdizionale esercitato dai giudici sottordinati. 

Con ci�, ovviamente, non si intende contestare la validit� del principio 
del giudicato implicito su ogni altra questione, quando tra la questione 
espressamente decisa e quella che si vuole tacitamente riso'l.ta esista 
in concreto pi� che un rapporto di causa ad effetto, un nesso di dipendenza 

�' 


, 
�' 

-~ 

.�: 

, 

.�� 

.�� 

' 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1221 

sione Centrale e la considerazione che quest'ultima, col disancorare irrevocabilmente 
la valutazione del capitale imponibile dalla valutazione 
a suo tempo fatta per l'imposta ordinaria sul patrimonio, ha, altrettanto, 
irrevocabilmente, disconosciuto, per il singolo caso, la pretesa 
dell'Amministrazione di vedere approvata la maggior tassazione fondata 
sulla valutazione precedente e reso, quindi, definitiva, sia pure 
parzialmente, una pronuncia sul merito della res in judicium deducta 
convincono, infine, della esattezza del rilievo della resistente sulla preclusione 
da giudicato sia per la questione di merito sia sul punto della 
giurisdizione e del valore sostanzialmente pleonastico, espresso in via di 
mera introduzione alla applicazione di concreti criteri tecnici, che assumeva 
la questione di diritto gi� accertata nella ratio decidendi di una 
Commissione tributaria in sede di rinvio, vincolata, secondo la giurisprudenza 
della Commissione Centrale, al rispetto dei principi di diritto 
stabiliti dalla decisione di annullamento. Il giudicato sulla giurisdizione, 
idoneo a precludere l'esame della questione nei successivi stadi e gradi 
del processo, si forma, invero, oltre che in funzione di una specifica 
pronuncia da parte di questa Corte Suprema ai sensi degli artt. 41 e 
367 c. p. c. e della pronuncia simultanea sulla giurisdizione e sul merito 
che non sia stata tempestivamente e ritualmente impugnata, anche 
nel caso del passaggio in giudicato di una statuizione di merito che 
presupponga necessariamente il riconoscimento, sia pure implicito, della 
giurisdizione del giudice che l'abbia emessa (Cass., 3 febbraio 1965, 

n. 170, 18 marzo 1964, n. 615, 20 gennaio 1964, n. 128). 
talmente indissolubile da non potersi decidere l'una senza avere deciso 

prima l'altra. Bene, infatti, si forma il giudicato implicito, in relazione 

alle decisioni non definitive, non impugnate, su questioni, oltre che di 

merito, anche attinenti ai presupposti processuali diversi dalla giurisdizione, 

come la regolarit� del contraddittorio e la legitimatio ad causam, allorch� 

esse costituiscono il logico e necessario presupposto della pronuncia. Si 

contesta qui soltanto che tale principio possa valere anche per la questione 

di giurisdizione, proprio per la funzione regolatrice che il nostrto ordina


mento giuridico attribuisce alle Sezioni Unite della Cassazione in tale 

materia. 

Ci sembra, quindi, nella fattispecie decisa dalla annotata sentenza, 

che l'avere la Commissione Centrale delle Imposte, quale giudice speciale 

sottoposto al sindacato delle Sezioni Unite per quanto attiene alla giuri


sdizione (art. 362 c. p. c.), implicitamente riconosciuto la propria giurisdizione 
mediante l'esame della questione di diritto decisa dalla Commissione 
Provinciale ed il rinvio della controversia alla stessa Commissione Provinciale, 
non determina alcuna preclusione per l'Amministrazione ricorrente 
nella proposizione innanzi alle Sezioni Unite medesime della questione 
attinente alla esistenza ed ai limiti del potere giurisdizionale del giudice 
speciale, non potendosi fare corretta applicazione nella � subiecta materia > 
dei principi relativi al giudicato implicito. 


A. QUARANTA 
Referendario al Consiglio di Stato 

r.F.%.ffp:?~"""""o/.:<'�-'"..?.(.-%:"'M."V.::ffi'/~~-=-:W'.::::-w:::::-0$:""..r..:%~~m:f..~$""P.ff:@'.ff.-%'"~~9-"f.~%fry:%r:W * 


1222 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La formazione del giudicato sia sulla questione di merito che sul 
punto della giurisdizione ha, d'altra parte, anche ulteriori conseguenze. 
Essa assorbe, invero, in primo luogo, in relazione al caso controverso, 
il richiamo dell'Amministrazione al contrasto rilevabile fra il principio 
affermato dalle Commissioni tributarie in tema di disancoramento di 
valori e l'altro espresso da questo Supremo Collegio con sentenza 10 agosto 
1962, n. 2549. Assorbe, inoltre, posto che il giudicato concerne, in 
dipendenza della mancanza di impugnazione a questa Corte, anche la 
giurisdizione della Commissione Centrale a pronunciare sul ricorso 
contro le decisioni delle Sezioni speciali del 1959, la questione sulla 
proponibilit� di detto ricorso per violazione di legge in tema di valutazione 
di titoli sociali alla Commissione medesima piuttosto che (Oassazione 
28 maggio 1963, n. 1411, 12 ottobre 1960, n. 2689) a questa Corte 
ai sensi dell'art. 111 della Costituzione in relazione al carattere definitivo 
delle decisioni delle Sezioni Speciali. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 giugno 1966 n. 1649 -Pres. 
Tavolaro S. -Rel. Tamburrino -P. M. Criscuoli (conf.) -S. I. A. E. 
(avvocati Chiocci e Sorrentino) c. Capri (avv. Avezzano Comes). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione ordinaria 
e giurisdizione amministrativa -Enti pubblici economici Provvedimenti 
discrezionali dell'ente relativi alla propria organizzazione 
-Illegittimit� -Giurisdizione del Consiglio di Stato. 

(C. c., art. 2093). 
L'assoggettamento dell'ente pubblico economico, nei rapporti di 
impiego e di lavoro intercorrenti con i propri dipendenti, alla disciplina 
dei rapporti privatistici non � senza limiti, incidendo solamente sugli 
atti attraverso i quali l'ente manifesta la volont� di regolare gli effetti 
economici della prestazione d'opera dei propri dipendenti e che esorbitano 
dalla discrezionalit� autoritativa dell'ente; poich� un ente pubblico 
ha il potere di emettere, nell'esercizio della sua discrezionalit�, 
provvedimenti che disciplinano la propria organizzazione, pure condizionando 
a questa la vicenda del rapporto con i propri dipendenti, in 
tal caso prevale la natura pubblicistica dell'ente e la disciplina del 
rapporto di lavoro rimane soggetta ai limiti di quel potere discrezionale, 
con la duplice conseguenza che i diritti soggettivi derivanti da quel 
rapporto degradano ad interessi legittimi e che viene meno la giurisdizione 
del giudice ordinario, il cui sindacato, trattandosi di atti diretti 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1223 

ad adattare la struttura dell'ente alle finalit� del medesimo, non pu� 
i3stendersi oitre l'accertamento dell'esistenza del provvedimento di-'
Crezionale (1). 

(1) La sentenza si legge per esteso in Giust. civ., 1966, I, 1, 1472 con 
note redazionali di richiami. 
La Corte di Cassazione, a sezioni unite, conferma in questa massima i 
principi gi� affermati con precedenti pronunzie: v. in questa Rassegna, 
1966, I, 295 ed ivi nota 1. 

Di tali principi la sentenza in rassegna costituisce puntuale applicazione 
per la speci�e, nella quale � stato dichiarato il difetto di giurisdizione 
dell'Autorit� giudiziaria ordinaria rispetto alla richtesta declaratoria di 
illegittimit� -per asserito contrasto con le norme costituzionali attinenti 
alla parit� giuridica dei sessi -di una norma del regolamento per il perso


-nale della societ� italiana degli autori ed editori (di cui � stata affermata 
la natura di ente pubblico economico) la quale prevedeva per il collocamento 
a riposo del personale femminile un limite di et� inferiore a quello 
previsto per il personale maschile. 

L'orientamento giurisprudenziale, che cosi si va consolidando, come si 
ebbe ad osservare (v. Relazione Avvocatura Stato, 1961-1965, III, 425, e 
segg.), non sembra potersi condividere. 

Benvero, se la ratio dell'attribuzione della giurisdizione al Giudice 
-Ordinario sui rapporti 'di lavoro e di impiego dei dipendenti degli enti 
pubblici economici va individuata nel modo, con cui tali enti operano per 
la r.ealizzazione dei loro scopi, pare debba negarsi la possibilit� di distin:
zioni, che il disposto dell'art. 429 c. p. c. n. 3 non consente, nell'ambito 
dell'attivit� dello stesso ente. 

D'altra parte, la cosiddetta e doppia tutela �-mentre non si giustifica 
.sul piano teorico, rende evidentemente complesso sul piano pratico lo 
esercizio degli interessi garantiti, imponendo di discernere tra le varie 
ipotizzabili situazioni, che certamente saranno foriere di questioni � eleganti 
� quanto si vuole in un campo, nel quale la esigenza di semplificazione 
dei problemi appare particolarmente .sentita. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 luglio 1966, n. 2040 -Pres. Scarpello 
-Rel. Saya -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero grazia e giustizia 
(avv. Stato Agr�) c. Roperti (avv. Giannini e Peri) e Aliotta 

(n. c.). 
Competenza e giurisdizione -Ordinamento giudiziario -Consiglio 
superiore della Magistratura -Decreti del Presidente della Repubblica 
e del Ministro di grazia e giustizia -Sindacato giurisdizionale 
da parte del Consiglio di Stato sulla legittimit� dei provvedimenti 
riguardanti i magistrati -Estensione. 

(L. 24 marzo 1958, n. 195, art. 17, secondo comma). 
Il sindacato giurisdizionale, attribuito dall'art. 17, secondo comma, 
della legge 24 marzo 1958, n. 195 al Consiglio di Stato sulla legittimit� 



1224 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei provvedimenti riguardanti i magistrati, concerne non solo i vizi propri 
del decreto del Presidente della Repubblica e del Ministro di grazia 
e giustizia, che ne costituisce l'elemento formale, ma pure i vizi delle 
deliberazioni del Consiglio superiore della Magistratura, le quali ne 
costituiscono l'elemento sostanziale (1). 

(1) Con la sentenza, di cui alla massima riportata, e con le altre 
n. 2041 e n. 2042, in pari data, le sezioni unite del1a Corte di Cassazione 
hanno dato aliLa norma considerata una interpretazione, a seguito della 
quale hanno, poi, dovuto rimettere alla Corte costituzionale la questione di 
legittimit� costituzionale della stessa norma in riferimento agli artt. 100, 
primo comma, 104, 105, 24, primo comma, 103 e 102, secondo comma, prima 
parte, della Costituzione (Cass., Sez. Un., ordinanze 25 luglio 1966, nn. 242, 
243, 244). 
In sostanza, di fronte al dilemma tra la interpretazione della norma 
dello art. 17, secondo comma, della l. n. 195 del 1958, nel senso che il 
sindacato giurisdizionale, attribuito al Consiglio di Stato sulla legittimit� 
dei provvedimenti riguardanti i magistrati, concernesse soltanto i vizi 
propri dei decreti del Presidente della Repubblica e del Ministro di grazia 
e gustizia, con cui i provvedimenti vengono adottati, restandone esclusi 
quelli afferenti alle deliberazioni del Consiglio superiore della Magistratura, 
e la illegittimit� costituziona~e della norma medesima per non essere consentito 
sindacato alcuno neppure di carattere giurisdizionale relativamente 

�agli atti degli organi costituzionali dello Stato, nei quali rientra il Consiglio 
superiore della Magistratura, le sezioni unite della Corte di Cassazione 
hanno optato per la seconda soluzione. 

In .effetti, la disposizione, di cui si tratta, si presta alla interpretazione 
sopra accennata, che consentirebbe di superare ogni questione, ma negandosi 
una tale interpretazione non restava altra alternativa. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 luglio 1966, n. 2043 -Pres. Scarpello 
-Rel. Saya -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero grazia e giustizia 
(avv. Stato Agr�) c. Ghiliberti ed altri (n. c.). 

Competenza e giurisdizione -Ordinamento giudiziario -Consiglio superiore 
della Magistratura -Silenzio-rifiuto del Ministro di grazia 
e giustizia in ordine a richiesta da avanzare al Consiglio superiore 
della Magistratura -Natura di atto oggettivamente e soggettivamente 
amministrativo -Giurisdizione del Consiglio di Stato 
sulla legittimit� -Sussiste. 

(L. 24 marzo 1958, n. 195, artt. 2, 10 e 17; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). 
Il silenzio-rifiuto del Ministro di grazia e giustizia relativo a richiesta 
da avanzare al Consiglio superiore della Magistratura � un atto 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1225 

oggettivamente e soggettivamente amministrativo, onde sussiste la giurisdizione 
del Consiglio di Stato in ordine alla legittimit� (1). 

(1) Con la sentenza, di cui alla massima riportata, e con le altre n. 2044 
e n. 2045, in pari data, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno 
affermato un principio, la cui rilevanza pratica � ormai sostanzialmente 
venuta meno . a seguito della sentenza 23 dicembre 1963, n. 168 della 
Corte Costituzionale (in questa Rassegna, 1963, 174) che ha dichiarato la 
ililegittimit� costituzionale dell'art. 11, primo comma, della legge n. 195 del 
1958 ed a seguito dell'entrata in vigore della 1. 4 gennaio 1963, n. 1. 
D'altra parte, una volta ritenuto in fatto che la impugnazione venne 
nel:la specie esperita esclusivamente contro il silenzio rifiuto del Ministro 
di grazia e giustizia relativo alla richiesta da avanzare, sulla base delle 
norme allora in vigore, al Consiglio superiore della Magistratura per i bandi 
di concorsi di promozione dei magistrati e che le considerazioni fatte nella 
impugnata decisione sulla natura giuridica del Consiglio superiore della 
Magistratura e sulle sue deliberazioni non hanno minimamente influito 
nella decisione stessa, le sezioni unite de1la Corte di Cassazione non avevano 
pi� questioni giuridiche da risolvere. Restava, peraltro, il problema 
deHa impossibilit� di dare esecuzione al giudicato amministrativo, dati 
gli sviluppi intervenuti nelle norme disciplinanti la materia, ma ci�, secondo 
le sezioni unite della Corte di Cassazione, avrebbe rilevanza � solo 
ini un eventuale giudizio di ottemperanza, a' sensi dell'art. 27 n. 4 del 

t. u. 26 giugno 1924, n. 1024 �. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 ottobre 1966, n. 2693 -Pres. 
Tavolaro S. -Rel. Ferrati -P. M. Criscuoli (parz. conf.) -Ministero 
Tesoro (avv. Stato Dallari) c. Kaiser in Tardich (avv. Andreicich). 

Competenza e ~iurisdizione -Giurisdizione amministrativa -Interesse 
le~ittimo -Fondamento -Circolare -Effetti -Fattispecie. 

(T. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). 
Il potere giurisdizionale del Giudice amministrativo � esercitabile 
solo di fronte alla lesione di un interesse legittimo ed in tanto pu� riconoscersi 
una posizione di interesse legittimo a favore del privato, in 
quanto la posizione subbiettiva di questo si trovi ad essere tutelata 
di riflesso per effetto di una disposizione di legge, che direttamente 
disciplini i poteri dell'Amministrazione, o di un'attivit� normativa, che 
l'Amministrazione stessa abbia espletato nell'esercizio delle facolt� 
spettantile, mentre una circolare non costituisce manifestazione di attivit� 
normativa, dalla quale possano trarre origine interessi legittimi: 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1226 

appticazione in materia di riliquidazione degli indennizzi per danni di 
guerra con riferimento a rapporti giuridici estinti (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente Ministero, richiamandosi 
all'art. 362 c.p.c., in relazione all'art. 26 t. u. 26 giugno 1924, 

n. 1054, denuncia il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, in 
sede di legittimit�, a sindacare le attribuzioni dell'Amministrazione attiva 
in materia coperta da situazioni giuridiche quesite ed osserva che� 
il provvedimento amministrativo non impugnato ed accettato dall'interessato 
diviene insindacabile ed irrevocabile e crea delle situazioni giuridiche 
definitive ed intangibili, simili a quelle dei diritti quesiti nei 
rapporti tra privati e che l'Amministrazione ha il potere �discrezionale 
di provvedere all'annullamento d'ufficio dell'atto, divenuto definitivo, 
che risulti inficiato da vizi di legittimit�, soltanto se sussista un interesse 
effettivo, specifico ed attuale alla rimozione dell'atto e non vi 
si oppongano, in rapporto a provvedimenti che importino oneri patrimoniali 
per l'Amministrazione, i limiti di carattere finanziario che scaturiscono 
dall'art. 81 Costituzione. 
Secondo il ricorrente il giudice amministrativo sarebbe caduto in 
errore fondando la propria decisione sulla circolare n. 139, poich� una 

circolare, in quanto atto amministrativo generale, pu� costituire una 
autolimitazione di discrezionalit� solo se I'Amministrazione disponga 
di una scelta discrezionale sul modo con cui svolgere una data attivit� 
cui sia tenuta, mentre un obbligo giuridico di provvedere, che concretamente 
non sussista, non pu� sorgere per effetto di un atto di autolimitazione; 
conseguentemente il Consiglio di Stato, affermando nella 
specie l'esistenza dell'obbligo giuridico dell'Amministrazione di provvedere 
sulla diffida della Kaiser, avrebbe commesso una illecita ingerenza 
nella sfera delle attribuzioni discrezionali dell'Amministrazione 
attiva. 

Con riferimento sempre alle medesime norme di legge il ricorrente 
denuncia, con il secondo motivo, il difetto di giurisdizione del Consiglio 
di Stato, in sede di legittimit�, ad attribuire a interessi di fatto 

(1) Con la sentenza, di cui alla surriportata massima, le sezioni unite 
della Corte di Cassazione sostanzialmente ribadiscono i principi gi� di 
recente affermati (v. Cass., Sez. Un., 12 lug[io 1966 n. 1846, retro, I, 1003). 

La pi� ampia motivazione, riguardante pure i limiti del sindacato della 
Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato (cfr. in merito, 
da ultimo, Cass., sez. un., 30 settembre 1965, n. 2070, retro, I, 552, ed, ivi, 553, 
nota 1), ne suggerisce la integrale pubblicazione anche per talune precisazioni 
in essa contenute circa le questioni, di cui gi� si � scritto in questa 
Rassegna (retro, I, 1003). 

=a 

-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1227 

la tutela giurisdizionale .spettante ad interessi legittimi e sostiene che, 
divenuta definitiva la liquidazione dell'indennizzo per danni di guerra, 
la Kaiser non era titolare di alcun interesse legittimo alla revisione 
di quel provvedimento neppure dopo l'emanazione della circolare n. 139, 
giacch� gli interessi patrimoniali dei privati, che impongono oneri diretti 
e unilaterali dell'Amministrazione, non possono essere riconosciuti in 
modo indiretto od occasionale, ma solo attraverso norme di legge. 

Le due censure, che s'intrecciano vicendevolmente onde se ne 
impone l'esame congiunto, appaiono fondate ed il ricorso va accolto 
per quanto di ragione. 

Giova premettere, per la miglior intelligenza della controversia, 
che: 

1) nell'operare la liquidazione dell'indennizzo a favore della 
Kaiser il Ministero del Tesoro, in conformit� alla prassi allora vigente, 
applic� i limiti di indennizzo, previsti dall'art. 28 I. 27 dicembre 1953, 

n. 968, sulla somma risultante dall'ammontare del danno valutato al 
30 giugno 1943 e moltiplicato per il coefficiente legale di rivalutazione; 
2) che il relativo dec�reto 4 settembre 1962 non venne tempestivamente 
impugnato dalla Kaiser; 
3) che con circolare n. 136 in data 11 maggio 1963 il Ministero 
del Tesoro imparti istruzioni ai dipendenti uffici affinch�, nella liquidazione 
degli indennizzi, si adeguassero alla diversa interpretazione 
dell'art. 28, adottata dal Consiglio di Stato, secondo la quale i limiti 
previsti da tale articolo vanno applicati sulla somma presa a base per 
il calcolo dell'indennizzo, vale a dire sul danno valutato al 30 giugno 
1943; 

4) che con successiva circolare n. 139, in data 13 marzo 1964, 
lo stesso Ministero dispose che anche le pratiche gi� definite venissero 
riliquidate, facendosi applicazione del medesimo criterio, qualora gli 
interessati ne avessero fatta richiesta; 

5) che, avendo la Corte dei Conti rifiutato la registrazione di 
alcuni decreti di riliquidazione, il Ministero del Tesoro con una terza 
circolare n. 144 in data 25 maggio 1965 revoc� la circolare n. 139 
ed il 14 dicembre 1965 present� al Parlamento un disegno di legge 
per disciplinare la materia della revisione degli indennizzi gi� liquidati. 

La controversia tra le parti si � imperniata quindi sulla legittimit� 
o meno del silenzio opposto dall'Amministrazione prima alla 
istanza e poi alla formale diffida intimata dalla Kaiser per conseguire 
la riliquidazione, secondo il nuovo criterio, dell'indennizzo disposto a 
sua favore con il decreto 4 settembre 1962. 

Ora non interessa accertare se il Consiglio di Stato abbia corret


tamente deciso nel merito la controversia, poich� ai sensi dell'art. 111 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1228 

ultimo comma della Costituzione il ricorso in Cassazione contro le 
decisioni del Consiglio di Stato � ammesso e per i soli motivi inerenti 
alla giurisdizione > e, com'� stato pi� volte affermato (cfr. sent. 28 luglio 
1964, n. 2124 e n. 2121), il sindacato del tutto eccezionale consentito 
a questa Suprema Corte � configurabile in materia quando il Consiglio 
di Stato abbia giudicato al di fuori dei limiti che la legge pone 
alle sue specifiche attribuzioni e va individuato in concreto con riferimento 
alla natura della controversia sottoposta al suo esame e al contenuto 
della pronuncia impugnata. 

Ne consegue che la decisione � censurabile in questa sede, quando, 
con una pronuncia positiva, il giudice amministrativo abbia invaso il 
campo riservato alla libera discrezionalit� della pubblica amministrazione 
ovvero abbia invaso la sfera dell'altrui giurisdizione, sia essa 
propria di altri poteri dello Stato ovvero di un giudice ordinario o 
speciale oppure quando, con una pronuncia negativa, quel giudice 
abbia dichiarato di non potere decidere perch� si tratterebbe di materia 
che, a suo avviso, non pu� formare oggetto in modo assoluto di funzione 
giurisdizionale o che non pu� essere oggetto della funzione giurisdizionale 
propria del Consiglio di Stato. 

Se quindi si deve semplicemente verificare se il Consiglio di Stato 
abbia esorbitato dai confini tracciati dalla legge all'attivit� esteriore 
dell'organo, occorre accertare se sia configurabile in astratto una posizione 
giuridica tutelata come fonte di pretesa del singolo e pi� specificamente 
se, di fronte all'azione amministrativa denunciata come illegittima, 
sia configurabile un interesse legittimo del cittadino ricorrente. 
Il potere giurisdizionale del giudice amministrativo � esercitabile 
infatti solo in cospetto della lesione di un interesse legittimo. 

Ora, poich� nella specie l'attuale resistente si doleva del comportamento 
dell'Amministrazione che, nonostante la diffida fattale, non 
aveva adottato il richiesto provvedimento di riliquidazione dell'indennizzo, 
il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato in tanto poteva 
ritenersi proponibile in quanto la Kaiser fosse risultata portatrice di 
un interesse legittimo all'emanazione di quel provvedimento e correlativamente 
si fosse potuta affermare l'esistenza di un obbligo a provvedere 
da parte dell'Amministrazione. 

Al riguardo devesi considerare che il danneggiato per eventi bellici 
� titolare ab origine di un interesse legittimo al conseguimento dell'indennizzo 
in conformit� alle norme poste dalla legge che disciplina 
la materia: senza dubbio egli ha un interesse a conseguire un indennizzo 
che lo compensi nella misura pi� ampia del danno subito. Ma quando, 
esaurita la procedura tracciata dalla legge, 1'Amministrazione abbia 
adottato un provvedimento di liquidazione, contro il quale non siano 
stati esperiti i consentiti rimedi giurisdizionali, l'interesse legittimo 

-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1229 

del danneggiato � soddisfatto e quello di conseguire un maggiore 
indennizzo rimane un puro interesse di fatto. 

Gli � che in tal caso ci si trova di fronte ad un atto, la cui definitivit� 
s'impone tanto al cittadino quanto all'Amministrazione, che con 
la sua emanazione ha esaurito ogni suo potere in materia: e difatti lo 
stesso Consiglio di Stato ha correttamente affermato che l'Amministrazione 
non � tenuta a provvedere su una istanza rivolta al riesame di 
provvedimenti non pi� impugnabili (Sez. VI, 25 luglio 1964, n. 562), 
giacch� per la formazione di un atto negativo impugnabile sotto forma

..

di silenzio rifiuto occorre l'esistenza di un obbligo giuridico della pubblica 
Amministrazione di provvedere (cfr. Sez. V, 24 novembre 1964, 

n. 1449, 26 settembre 1964, n. 1122). 
Ed allora non resta che esaminare se quell'obbligo di provvedere, 
che sicuramente non sussisteva nel sistema generale della legge sul risarcimento 
dei danni di guerra, possa essere sorto per effetto della circolare 
n. 139 e se, di conseguenza, possa ravvisarsi un interesse legittimo 
del. danneggiato alla applicazione nei suoi confronti della circolare 
medesima. 

La risposta non pu� essere che negativa: gli � che le disposizioni 
emanate dall'Amministrazione per l'interpretazione e l'applicazione 
della legge hanno il fine di chiarire dubbi e stabilire criteri uniformi 
per gli uffici dipendenti, ma non li vincolano in modo assoluto. Pi� precisamente 
questo Supremo Collegio ha ritenuto (sent. 13 giugno 1958, 

n. 1908) che le istruzioni amministrative, anche quando sono emanate 
nell'esplicazione del potere gerarchico, esauriscono la loro portata nell'ambito 
dei rapporti interni tra i vari uffici e i loro funzionari e come 
non vincolano i terzi non sono fonte di diritti a favore degli stessi, n� 
di obblighi a carico dell'Amministrazione. E tale indirizzo � stato ancor 
di recente (sent. 17 dicembre 1962, n. 3385) riaffermato. 
Ora, in tanto pu� riconoscersi una posizione di interesse legittimo 
a favore del privato, in quanto la situazione subiettiva di quello si trovi 
ad essere tutelata di riflesso per effetto o di una disposizione di legge, 
che direttamente �disciplini i poteri dell'Amministrazione, o di un'attivit� 
normativa che l'Amministrazione stessa abbia espletato nell'esercizio 
delle facolt� spettantile. 

Esclusa la prima ipotesi (la presentazione del disegno di legge 
14 dicembre 1965 � la dimostrazione migliore dell'inesistenza attuale di 
una norma positiva, che costituisca il substrato della pretesa del danneggiato), 
devesi escludere anche la seconda, giacch� una circolare non 
costituisce manifestazione di attivit� normativa, dalla quale possano 
trarre origine interessi legittimi. 

Ne � sostanzialmente convinta la stessa resistente, la quale ha tentato, 
ma invano, di dimostrare che l'atto 13 marzo 1964 ha .soltanto la 

I 

I 

I 

I 

-I 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELI.O STATO

1230 

forma esteriore della circolare, ma � in realt� un decreto ministeriale 
con efficacia esterna: � chiaro che il condizionare l'attivit� dell'Amministrazione 
alla richiesta del privato non significa incidere nella sfera 
giuridica di quest'ultimo, n� importa modificazione della natura dell'atto 
che contiene quella condizione, perch�, al contrario, esso conserva sempre 
la sua natura di istruzione interna con la limitata efficacia propria 
di tale atto. 

Cadono quindi tutte le argomentazioni che la resistente prospetta 
a sostegno del proprio assunto, poich� non � possibile configurare interessi 
legittimi in relaziorte ad un atto interno dell'Amministrazione non 
ricollegabile ad alcuna norma obiettiva; e lo stesso � a dirsi per le considerazioni 
che la medesima resistente fa sulla possibilit� di rinuncia 
agli effetti del giudicato, essendo esse imperniate su principi strettamente 
privatistici che mal si adattano alla soggetta materia, in cui predomina 
invece l'interesse pubblico. 

Non si pu� poi ravvisare nell'emanazione della circolare n. 139 
un esercizio del potere della pubblica Amministrazione di annullare 
d'ufficio, in sede di autotutela, gli atti amministrativi illegittimi, poich� 
la possibilit� di riesaminare i provvedimenti amministrativi illegittimi 
presuppone da un lato che l'atto non sia conforme alle regole prescritte 
per la sua validit� e dall'altro che l'atto medesimo produca tuttora degli 
effetti giuridici, che nell'interesse pubblico � necessario rimuovere; � di 
tutta evidenza come nessuna delle due ipotesi sia configurabile nella 
specie, giacch� non pu� ritenersi viziato ab origine un atto solo perch� 
in tempo successivo alla sua emanazione venga adottata una diversa 
interpretazione della norma di legge di cui l'atto costituisce applicazione, 
.mentre � certo che con l'emissione del decreto di liquidazione ogni rap


porto tra Amministrazione e danneggiato rimane definito. 

Piuttosto, come queste Sezioni Unite hanno ritenuto in altro caso 

analogo recentemente deciso (sent. 12 luglio 1966, n. 1846), la circolare 

in questione pu� essere messa in relazione con la potest� di revoca che 

la pubblica Amministrazione pu� esercitare in vista di una sopravvenuta 

inopportunit� della situazione giuridica sorta dal provvedimento rispetto 

all'interesse attuale dell'Amministrazione stessa: senonch� il potere di 

revoca, sia essa totale o parziale, costituisce sempre esplicazione di am


ministrazione attiva, all'esercizio della quale il privato ha un mero inte


resse di fatto, non tutelabile davanti al giudice amministrativo, cosicch� 

rimane ribadito l'eccesso di potere giudisdizionale compiuto nella specie 

dal Consiglio di Stato quando ha affermato l'illegittimit� del silenzio 

rifiuto e conseguentemente l'obbligo dell'Amministrazione di provve


dere, mentre la riforma del provvedimento definitivo di liquidazione 

rappresenta estrinsecazione del solo potere d'iniziativa della pubblica 

Amministrazione. 

< 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1231 

Non sussistono pertanto motivi per discostarsi da quanto � stato 
recentemente affermato nella sentenza test� menzionata e si deve, in 
accoglimento del ricorso, annullare per difetto di giurisdizione l'impugnata 
decisione del Consiglio di Stato. 

Di fronte alla peculiarit� della controversia � giusto ed opportuno 
disporre la totale compensazione delle spese dell'intero giudizio. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2783 -Pres. 
Felicetti -Rel. D'Amico -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero finanze 
(avv. Stato Ricci) c. S.p.A. S.I.F.A.C. (avv. Delli Paoli, Falcone e 
Gabriele) e Comune di San Michele di Ganzaria (n. c.). 

Competenza e giurisdizione-Quote di i.g.e. spettanti ai Comuni -Provvedimento 
di assegnazione -Conseguente diritto del Comune alla 
riscossione -Difetto di prova circa la iscrizione nella parte attiva 
del bilancio comunale -Pignorabilit� del credito. 

(C. p. c., art. 543; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; 1. 2 luglio 1952, n. 703, 
artt. 1, 2 e 3). 
Con l'emissione del decreto ministeriale di assegnazione della quota 
di i.g.e~ ad un determinato Comune, la somma relativa entra nella disponibilit� 
del Comune stesso, che acquista il diritto alla riscossione e con 
la iscrizione nella parte attiva del bilancio rende impignorabile il credito: 
pertanto, in questa situazione, mancando la prova di tale iscrizione, 
non sussiste il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario sulla domanda 
di assegnazione di quelle somme proposta da un creditore del 
Comune (1). 

(Omissis). -Col primo mezzo l'Amministrazione delle Finanze 
ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 
della 1. 2 luglio 1952, n. 703, 543 c. p. c., 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248 
all. E, e deduce il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordi


(1) Con l'affermazione dei principi riportati nella massima la questione 
di fondo circa la impignorabilit� delle quote di i.g.e. spettanti ai Comuni. 
in conformit� degli artt. 1, 2 e 3 della legge 2 luglio 1952, n. 703, non sembra 
sia stata affrontata dalle sezioni unite della Corte di Cassazione nella sentenza, 
che qui si considera, e di conseguenza non pu� ritenersi definitivamente 
risolta. 
Intanto, il principio, per cui con la emissione del provvedimento di 
assegnazione della quota di i. g. e. ad un determinato Comune la somma 
relativa entra nella digponibilit� del Comune medesimo, il quale acquista 
cosi il diritto ana riscossione, non pu� implicare -a parte ogni rilievo sul 

-



1232 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

naria e l'impignorabilit� del credito per quota i.g.e. Assume che le norme 
della 1. n. 703 del 1952, le quali prevedono che una quota pari al 7,50 
per cento del provento complessivo dell'imposta generale sull'entrata 
sia attribuita ai Comuni eccedenti il primo limite della sovrimposta 
fondiaria, da ripartirsi proporzionalmente alla popolazione residente in 
base ai dati del censimento ufficiale demografico, con versamenti da 
effettuarsi secondo le modalit� stabilite con decreto del Ministro per le 
Finanze d'intesa con quello per il Tesoro, perseguono uno scopo di interesse 
generale che trascende l'interesse di Comuni destinatari con la 
conseguente destinazione delle somme ad un pubblico servizio; e che 
il Ministro per le Finanze, nell'operare il riparto delle quote, esercita 
un potere discrezionale, ponendo in essere un formale atto amministrativo, 
cosicch� non pu� sorgere alcun diritto soggettivo di credito del 
Comune verso lo Stato e non pu� essere permesso il pignoramento delle 
quote da parte di terzi, senza che l'autorit� giudiziaria ordinaria revochi 

o modifichi l'atto amministrativo e interferisca nell'esercizio di poteri 
esclusivamente riservato alla pubblica Amministrazione. 
principio stesso in s� e sul concetto di una disponibilit�, che prescinda dall'iscrizione 
in bilancio -la pignorabilit� di quella somma. 

Inoltre, il principio, per cui la iscrizione nena parte attiva del bilancio 
rende impignorabile il credito, a seguito della destinazione cosi operata 
dalla pubblica Amministrazione, pu� avere rilevanl')a risp.etto alle entrate 
cosiddette di diritto privato non rispetto ai proventi dei tributi. 

Ecco il punto centrale della questione. 

Benvero, a prescinder,e dal fatto che in pratica, di norma, i crediti 
sono iscritti nella parte attiva dei bilanci degli enti pubblici (nella specie, 
invero, particolare, il Comune � rimasto contumace e nessuna prova � stata 
offerta in merito), in nessun �caso i proventi dei tributi sono pignorabili. 

Il precedente ricordato nella sentenza in rassegna (Cass., 20 marzo 
1952, n. 755, Foro it., 1952, I, 707) riguardava, infatti, delle somme pignorate 
nella cassa di una stazione ferroviaria ed allora appunto la Corte di Cassazione 
ebbe ad affermare che � non � soggetto ad esecuzione forzata il danaro 
custodito nelle casse dello Stato, destinato genericamente, in virt� della 
iscrizione nella parte attiva del bilancio, ad un servizio pubblico �. 

Del resto, gi� la dottrina aveva chiaramente delineato quanto innanzi 

accennato nel senso che � l'esecuzione forzata pu� aver luogo sui crediti 

di diritto priv;ato (non su quelli di diritto pubblico, quali ad es. i tributi...), 

nonch� sulle somme di danaro esistenti nelle casse dell'Amministrazione 

(non per� su quelle che gi� siano state destinate alla soddisfazione di un 

particolare bisogno pubblico e non si trovino, quindi, pi� nella cassa gene


rale dell'ente) �: SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1952, 

488-489. Su queste ultime proposizioni, espresse anche con maggiore am


piezza da altri autorevoli pubblicisti (v., per tutti, ZANOBINI, Corso di diritto 

amministrativo, vol. II, Milano, 1948, 119-120, il quale, tuttavia, pure egli 

afferma esplicitamente che e ai crediti di diritto pubblico l'esecuzione non 

� applicabile... neppure presso gli esattori delle imposte, perch� il credito 

degli enti .... conserva sempre il carattere e la efficacia di un credito pub


blico � ), la Corte di Cassazione nella richiamata sentenza ebbe a precisare il 

-



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1233 

Il mezzo dev'essere disatteso. Nella specie l'Amministrazione delle 
Finanze riconosce, con riferimento alla dichiarazione di terzo resa a' 
sensi dell'art. 547 c. p. c., che il contributo Ige era stato gi� assegnato, 
con decreto ministeriale, al Comune di S. Michele in Ganzaria. 

Si delinea cosi una situazione giuridica del tutto diversa da quella 
che si potrebbe configurare ove non fosse stato gi� esercitato il potere 
conferito al Ministro per le Finanze dalla legge n. 703 del 1952. 

Poich�, nella specie, con l'emissione del decreto ministeriale, l'assegnazione 
della quota i.g.e. � divenuta perfetta ed operante e Ja somma 
relativa � nella disponibilit� del Comune che ha acquisito il diritto alla 
riscossione, divenendo cosi arbitro esclusivo nella destinazione della 
somma, non possono valere le ragioni addotte dall'Amministrazione a 
sostegno della sua eccezione di difetto di giurisdizione. Nella situazione 
come sopra delineata l'autorit� giudiziaria ordinaria non � chiamata a 
svolgere alcuna attivit� sostitutiva di quella della pubblica Amministrazione, 
mentre soltanto il Comune, che � rimasto invece contumace, era 
legittimato, in conseguenza della gi� avvenuta assegnazione della quota, 
ad eccepire l'impignorabilit� del credito. 

principio sopra riportato, mentre, per contro, le stesse sezioni unite della 
Corte di Cassazione non avevano mai posto in dubbio che e i proventi dei 
tributi degli enti pubblici (nella specie di un Comune) sono sottratti in 
ogni caso al pignoramento � condizionando la impignorabilit� alla destinazione 
da parte dell'ente a soddisfare i servizi pubblici solo per i proventi 
dei beni patrimoni<ali (Cass., Sez. Un., lo aprile 1930, n. 1082, Pres. 
D'Amelio, Est. Ferrara, Foro it., 1930, I, 983). 

Dopo una statuizione tanto decisa ed inequivocabile, pure se non 

recente (ma questioni del genere raramente sorgono in quanto e il pigno


ramento dei crediti di imposta�. presso terzi e non � stato mai ammesso 

e neppure tentato� -cfr. ZANOBINI, op. e loco cit. -salvo le eccezioni, in 

cui si sono avute le decisioni, che qui si menzionano, poche, sebbene co


spicue e lucidissime), le sezioni unite della Corte di Cassazione ebbero a 

ritornare sull'argomento, fornendo dei chiarimenti, i quali dovrebbero far 

ritenere risolta ogni perplessit�. 

Pi� particolarmente, con la sentenza n. 1449 del 28 aprile 1939 (Pres. 

D'Amelio in causa Comune San Giovanni di Gerace c. Gentile, Sett. Cass. 

1939, 789), le sezioni unite della Corte di Cassazione riconobbero che e ai 

fini della impignorabilit�, ad istanza dei creditori dell'ente che li riscuote, 

dei proventi dei tributi, la destinazione ai pubblici servizi, a cui l'ente 

provvede, � originaria perch� costituisce la ragione stessa della imposizione 

tributaria ed � connaturale alle entrate che ne rappresentano il gettito ., 

aggiungendo che detta impignorabilit� � non muta a seconda dei sistemi 

di riscossione del tributo � e che e non � ammissibile una distinzione tra 

tributi dell'esercizio in corso o tributi relativi ad esercizi decorsi e tributi 

che si matureranno negli anni finanziari futuri data la inscindibilit� tra 

tributi ed alimentazione dei pubblici servizi per una continuit� di tempo 

non limitata � onde e non � decisivo il riferimento ad un bilancio in atto �. 

Orbene, questi principi, da accettarsi incondizionatamente, sembrano 

senz'altro applicabili al pignoramento delle quote di i. g. e. spettanti ai 

6 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1234 

N� pu� menomamente essere oggetto di discussione l'addotto rilievo 
di ufficio dell'impignorabilit� del credito nei confronti del Comune, 
poich� tale impignorabilit� pu� sussistere solo quando sia stata operata, 
da parte del Comune, la destinazione concreta della somma in virt� 
dell'iscrizione di essa, con le altre entrate, nella parte attiva del proprio 
bilancio (Cass. 20 marzo 1952, n. 755), mentre, nella specie, non risulta 
in alcun modo che ci� sia avvenuto. 

Tali ragioni, autonomamente efficienti a risolvere la controversia 
nel senso sopra specificato, dispensano dall'esaminare gli altri due mezzi 
del ricorso, diretti a censurare la sentenza impugnata per avere soggiunto 
che, in ogni caso, l'impignorabilit� non poteva essere eccepita dal 
terzo pignorato in sede di giudizio sulla contestazione della dichiarazione 
da lui resa ai sensi dell'art. 547 c. p. c. ma soltanto in sede di 
opposizione all'esecuzione, e che inoltre la dichiarazione del terzo, 
nonostante l'eccezione di impignorabilit�, dovesse considerarsi positiva 
col riconoscimento dell'esistenza del credito e la conseguente preclusione 
ad eccepirne la non assoggettabilit� all'esecuzione. -(Omissis). 

Comuni, giusta gli artt. 1, 2 e 3 della 1. n. 703 del 1952, come delle quote di 
tributi erariali, che gli Statuti Speciali e le relative norme di attuazione 
attribuiscono alle Regioni. 

Non par dubbio, invero, che qui si tratti di proventi di tributi, mentre 
il fatto che alla riscossione di tali tributi provveda lo Stato, per poi attribuire 
una quota ai Comuni non pare possa mutare, alla stregua dei principi 
esposti, la natura dell'entrata anche rispetto ai Comuni stessi, pure tenendo 
presente come a questi, in vista dell'attribuzione di tali quote la 1. n. 703 del 
1952 toglie il diritto che avevano alla imposizione su taluni scambi ed 
alla relativa riscossione autonoma (cfr. anche Relazione Vanoni al Senato, 
Le Leggi, 1952, 1278 e segg.): da ci� dovrebbe conseguire la impignorabilit� 
di dette quote in ogni caso ed indipendentemente dalla prova della iscrizione 
nella parte attiva del bilancio comunale; non solo ma altresi la rilevabilit� 
di ufficio del difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria a 
provvedere sulle quote medesime, in considerazione del disposto dello 
art. 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. 

Non avrebbero, quindi, rilevanza le questioni di procedura circa la 
forma con cui il terzo potrebbe far valere la impignorabilit�, questioni 
accennate ma non prese in esame dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, 
che le hanno ritenute assorbite; n� sembra il caso di soffermarsi su 
tali questioni (peraltro, evidenziate nella motivazione) pure perch� il 
maggiore interesse, diretto e concreto anche se non esclusivo, a sostenere la 
impignorabilit� delle quote di i. g. e. spettanti ai Comuni, � dei Comuni 
medesimi, onde, nell'inerzia di questi, che, costituendosi, non eccepiscano la 
impignorabllit� ,delle somme, l'Amministrazione finanziaria potr� limitarsi 
a rendere la dichiarazione di terzo sulla base delle notizie fornite dai competenti 
uffici, aderendo, invece, ove i Comuni, debitori pignorati, non si 
costituiscano in giudizio o costituendosi sostengano la tesi della impignorabilit� 
a tale tesi, che si ritiene indubbiamente fondata come qui si � inteso 
ribadire. 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 marzo 1966, n. 634 -Pres. Lonardo 
-Est. D'Amico -P. M. Criscuoli (conf.) -Della Bona (avv. 
Sequi, Levis, Fava) c. Ministeri Finanze e Difesa-Esercito (avv. 
Stato Coronas). 

Espropriazione per p. u. -Inutilizzabilit� del singolo bene espropriato 

o di parte di esso, anteriore o posteriore all'esecuzione dell'opera 
pubblica -Distinte ipotesi di retrocessione -Retrocessione prevista 
dall'art. 63 e retrocessione prevista dagli artt. 60 e 61 1. n. 2359 
del 1865 -Necessit� per questo secondo tipo di retrocessione del 
previo formale procedimento amministrativo di accertamento 
della inutilizzabilit� del bene. 
(L. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 60, 61, 63). 
Espropriazione per p. u. -Retrocessione del bene espropriato nelle 
due ipotesi ex artt. 60, 61 ed ex art. 63J 1. n. 2359 del 1865 -Restituzione 
del bene per nullit� della [procedura di esproprio -Caratteri 

differenziali. 

Appello -Mutamento della domanda di retrocessione in quella di restituzione 
del bene per nu11it� del decreto espropriativo -Domanda 
nuova -Inammissibilit�. 

(c. p. c., art. 345). 
La retrocessione del bene espropriato ex art. 63 l. n. 2359 del 
1865 presuppone l'inutilizzabilit� del bene espropriato, manifestatasi 
anteriormente alla esecuzione dell'opera, e discende dalla impossibilit� 
giuridica di dare ai beni espropriati o ad alcuni di essi la prevista 
destinazione, per effetto della decadenza della dichiarazione di pubblica 
utilit� per scadenza del termine, o per fatti sopravvenuti, che diano 
l'assoluta certezza che tutti i beni espropriati o alcuni di essi non 
possono essere pi� destinati all'esecuzione dell'opera pubblica. Se, 
invece, la inutilizzabilit� del bene espropriato si manifesta successiva




1236 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente all'esecuzione dell'opera, ricorre la ipotesi di retrocessione disciplinata 
dagli artt. 60 e 61 della legge fondamentale sulle espropriazioni. 
A far sorgere il diritto alla retrocessione, in questa seconda ipotesi, 
non pu� bastare il generico riconoscimento da parte deU'espropriante 
che dopo l'esecuzione dell'opera � cessata la sua destinazione 
all'uso pubblico, ma occorre l'adempimento delle formalit� previste 
dall'art. 61, tra cui principalissima quella della pubblicazione di un 
avviso che indichi specificamente quali beni, non dovendo pi� servire 
all'attuazione dell'opera, siano in condizione di essere rivenduti, o, 
in mancanza dell'espletamento di tali formalit�, il decreto del Prefetto 
che dichiari che i beni non servono pi� all'opera pubblica (1). 

L'istituto della retrocessione si fonda su circostanze successive 
all'espropriazione, di cui presuppone la regolarit�. Di conseguenza, la 
pronuncia giudiziale che opera la retrocessione ha carattere costitutivo 
ed ha efficacia ex nunc. La restituzione del bene espropriato per nullit� 
della procedura di espropriazione presuppone, invece, la dichiarazione 
dell'invalidit� della procedura medesima (2). 

Costituisce domanda nuova, come tale inammissibile in sede di 
appello, la domanda di restituzione del bene espropriato per nullit� 
della procedura espropriativa, proposta per la prima volta nella comparsa 
conclusionale in grado di appello, in un giudizio nel quale era 
stata richiesta la retrocessione ai sensi dell'art. 63 o, in subordine, 
dell'art. 61 l. n. 2359 del 1865 (3). 

(Omissis). -Col primo mezzo i ricorrenti, denunciando la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 63 della I. 25 giugno 1865, n. 2359 
e il difetto di motivazione, sostengono che la Corte di Appello ha dato 

(1-2) In senso conforme, con riferimento al carattere discrezionale dell'accertamento 
dell'Amministrazione, espr.esso attraverso il procedimento 
previsto dall'art. 61 1. n. 2359 del 1865, cfr. Cass., 20 ottobre 1958, n. 3349, 
Foro it., 1959, I, 68; 22 luglio 1959, n. 2375, Foro pad., 1960, 1114; 5 agosto 
1964, n. 2236, Temi nap., 1964, I, 476; 15 ottobre 1964, n. 2590, in questa 
Rassegna, 1964, I, 899, con nota di richiami; 7 maggio 1965, n. 836, Giust. 
<!iv., 1965, I, 1318. Sulla efficacia costitutiva ex nunc della sentenza che 
dispone la retrocessione, cfr. Cass., 9 ottobre 1963, n. 2679, Foro amm., 
1964, I, 1, 52; 23 ottobre 1964, n. 2646, in questa Rassegna, 1964, I, 910, 
con nota di richiami; 25 maggio 1965, n. 1034, Giust. civ., 1965, I, 1280. 

(3) Trattasi di corollario della precedente massima, che si inquadra nel 
principio secondo il quale � per aversi domanda nuova, improponibile come 
tale in appello, � necessario che la pretesa fatta valere davanti al giudice 
di secondo grado alteri i presupposti della domanda formulata in prime 
cure., su cui v. Cass., Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1335, in questa Rassegna, 
1965, I, 945, sub 2, con nota di riferimenti. 
F. ARGAN 

1237

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

erroneamente come incontroverso che sui terreni espropriati fossero 
avvenute, in conseguenza del decreto prefettizio 10 maggio 1943 e nei 
termini prescritti, le costruzioni previste per gli accantonamenti delle 
truppe, mentre al contrario essi ricorrenti avevano sempre affermato, e 
l'Amministrazione aveva ammesso, specie nella lettera 3 giugno 1949, 
che l'opera pubblica, ai cui fini era stata disposta l'espropriazione, 
era stata eseguita solo in minima parte, che I'Amministrazione aveva 
rinunciato ad eseguire il resto e che la parte costruita era stata destinata 
a scopo diverso da quello che aveva determinato la espropriazione; 
di conseguenza, proseguono i Della Bona, ricorreva indubbiamente la 
applicazione dell'art. 63 della legge predetta, che si ha anche quando, 
per fatti sopravvenuti, vi sia comunque la certezza che i beni non 
potranno pi� essere destinati al compimento dell'opera pubblica e si 
sia verificata la decadenza dell'ottenuta dichiarazione di pubblica utilit�, 
concretantesi nell'impossibilit� giuridica di dare ai beni espropriati, 
o ad alcuni di essi, la prevista destinazione. 

Il mezzo � infondato. Esattamente la Corte di Appello ha ritenuto 
che, nella specie, non ricorresse l'ipotesi prevista dall'art. 63 della legge 
fondamentale sull'espropriazione per pubblica utilit�, bensl quella contemplata 
dagli artt. 60 e 61 della legge medesima, con la conseguenza 
che il diritto alla retrocessione dei fondi non sarebbe sorto, se non dopo 
che l'autorit� amministrativa od il prefetto avessero dichiarato che i 
beni non servivano pi� ai fini per i quali l'espropriazione era stata disposta. 
Non a proposito dai ricorrenti � stata richiamata, a sostegno della 
loro censura, la sentenza di questa Corte 18 novembre 1961, n. 2693, poich� 
in essa, pur affermandosi che la differenza tra le due figure di retrocessione, 
previste, rispettivamente, negli artt. 60 e 61 e nell'art. 63 della � 

1. 25 giugno 1865, n. 2359, non � data dal carattere parziale o totale 
della retrocessione, ma � costituita dalla causa della sopravvenuta 
inutizzabilit� del bene espropriato, si precisa tuttavia che nella prima 
ipotesi l'inutilizzabilit� consegue all'avvenuta esecuzione dell'opera pubblica 
e riguarda quel singolo bene o parte di esso che l'amministrazione 
riconosce non dover pi� servire all'esecuzione dell'opera stessa; mentre, 
nella seconda ipotesi, l'inutilizzabilit� � anteriore all'esecuzione dell'opera 
e discende dall'impossibilit� giuridica di dare ai beni espropriati, 
o ad alcuni di essi, la prevista destinazione, per effetto della 
decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� per scadenza del termine, 
o per fatti sopravvenuti, che diano l'assoluta certezza che tutti 
i beni espropriati, o alcuni di essi, non possono pi� essere destinati 
al compimento dell'opera pubblica. Se, quindi, come chiaramente � 
detto nella sentenza medesima, l'inutilizzabilit�, rispetto allo scopo 
della disposta espropriazione, � posteriore all'esecuzione delle opere, 
non ricorre il caso della retrocessione prevista dall'art. 63 della legge 
predetta. 

1238 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ora, nella specie, la Corte di merito, con apprezzamento fondato 
sia sui documenti esibiti sia sulla constatazione che i fatti erano incontroversi 
tra le parti (ci� che non pu� costituire materia di ricorso per 
cassazione, com'� giurisprudenza costante di questa Corte: da ultimo 
Cass., 13 marzo 1964, n. 540), ha ritenuto che le previste costruzioni 
per gli accantonamenti delle truppe erano avvenute nei termini prescritti. 
La posteriore inutilizzabilit� delle opere, se anche sussistente, 
non avrebbe, quindi, mai potuto giustificare la proposizione di una 
domanda di retrocessione ai sensi dell'art. 63 della legge sull'espropriazione, 
ma soltanto la domanda consentita dall'art. 60 della stessa 
legge, che, per�, � proponibile davanti all'autorit� giudiziaria solo dopo 
che sia intervenuta la pronuncia dell'autorit� amministrativa, prevista 
nel successivo art. 61. 

Col secondo mezzo i ricorrenti, denunciando la violazione e falsa 
applicazione degli artt. 60 e 61 della 1. 25 giugno 1865, n. 2359 e il

1

difetto di motivazione, sostengono che la loro domanda subordinata di 
retrocessione, ai sensi delle disposizioni predette, sarebbe stata erroneamente 
disattesa dalla Corte d'Appello, la quale non solo non avrebbe 
considerato, come gi� detto nel primo mezzo, che su parte dei beni 
espropriati non erano state costruite le previste opere, ma anche che 
l'esplicito riconoscimento al riguardo, da parte dell'Amministrazione 
Militare, doveva essere qualificato come equipollente al procedimento 
amministrativo previsto dall'art. 61 della legge predetta. 

Il mezzo dev'essere parimenti disatteso. La Corte di merito, come 
si � gi� posto in evidenza a proposito del primo mezzo, ha ritenuto, 
invece, che le previste costruzioni erano state eseguite nei termini, 
ammettendo soltanto, in base alla lettera 3 giugno 1949 della Direzione 
del Genio Militare di Udine, che solo in seguito, dopo le eseguite costruzioni, 
queste avevano cessato di servire all'uso pubblico. E, pertanto, 
posto che in tale fattispecie, come si � sopra spiegato, l'ipotesi 
prevista di retrocessione � indubbiamente quella contemplata dall'articolo 
60 della legge predetta, non pu� bastare il generico riconoscimento, 
da parte dell'Amministrazione espropriante, che, dopo la esecuzione 
delle opere, � cessata la destinazione all'uso pubblico, poich� 
l'art. 61 prevede l'adempimento di precise formalit�, principalissima 
quella della pubblicazione di un avviso, che indichi specificatamente 
quali beni, non dovendo pi� servire all'attuazione dell'opera, siano in 
condizioni di essere rivenduti; ne consegue che solo se tali formalit� siano 
state eseguite o, in mancanza, se sia stato emesso dal prefetto, cui 
la parte interessata pu� ricorrere, il decreto che i beni non servono 
pi� all'opera pubblica � consentito di esercitare, davanti all'autorit� 
giudiziaria ordinaria, il diritto alla retrocessione. 



1239

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Col terzo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione degli articoli 
13, 16 e 73 della I. 25 giugno 1865, n. 2359 e dell'art. 1421 e.e. 
nonch� il difetto di motivazione e sostengono -pur riconoscendo di 
aver proposto soltanto nella comparsa conclusionale di appello domanda 
di restituzione degli immobili espropriati a causa della nullit� 
dell'intero procedimento espropriativo (erronea indicazione dell'oggetto 
nel decreto 10 maggio 1943, protrazione dell'occupazione di urgenza 
oltre il termine biennale previsto dall'art. 73, mancata fissazione del 
termine entro il quale l'opera doveva essere compiuta) -che la Corte 
di Appello ha errato sia nel negare la giurisdizione del giudice ordinario 
e nell'affermare quella del Consiglio di Stato a decidere sulla 
predetta domanda, sia nel non rilevare, d'ufficio, l'esistenza delle predette 
nullit� a norma dell'art. 1421 e.e. 

Il mezzo dev'essere parimenti disatteso. La Corte di merito, infatti, 
che ha posto per� anche in evidenza la proposizione della domanda 
predetta, per la prima volta, nella comparsa conclusionale d'appello, 
non doveva perci� porre e risolvere un problema di giurisdizione. 
Innanzi tutto, essendosi verificata la preclusione derivante dalla chiusura 
della fase istruttoria, c'era il divieto di esaminare le successive 
diverse conclusioni, che dovevano rimanere estranee al thema decidendum. 
In secondo luogo, si trattava indubbiamente di una domanda 
nuova, come tale improponibile in sede di appello. Nell'atto introduttivo 
del giudizio (e in esso soltanto si era insistito fino all'ultima 
udienza istruttoria d'appello) era stata proposta domanda di retrocessione 
dei beni espropriati, principale ai sensi dell'art. 63 della legge 
fondamentale sull'espropriazione per pubblica utilit� e subordinata 
ai sensi degli artt. 60 e 61 della stessa legge. Ora, come � noto, l'istituto � 
della retrocessione si fonda su circostanze successive all'espropriazione, 
di cui presuppone la regolarit�; la relativa domanda � diretta ad ottenere 
il ritrasferimento coattivo del bene mediante 11 pagamento del 
prezzo; il prezzo stesso va determinato al momento della pronuncia 
giudiziale che opera il trasferimento, avendo tale pronuncia carattere 
costitutivo ed efficacia ex nunc dalla sua data (Cass., Sez. Un., 22 luglio 
1959, n. 2375). Del tutto diversa �, invece, la domanda di restituzione 
di un bene sotto il profilo della nullit� del decreto di esproprio 
e degli atti successivi, intendendosi con essa ottenere la dichiarazione 
di inv�alidit� della procedura di espropriazione con le relative, diverse 
conseguenze.. Per queste ragioni, essendo equivalente una domanda 
irritualmente proposta ad una domanda non proposta, la Corte di 
Appello non solo non doveva risolvere la questione sulla giurisdizione 

(che rest� pertanto impregiudicata), ma non poteva neanche occuparsi, 
in alcun modo, siccome completamente estranee all'oggetto del processo, 
delle nullit� dedotte a sostegno della domanda stessa. -(Omissis). 



1240 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 maggio 1966, n. 1439 -Pres. 
Giansiracusa -Est. Ginetti -P. M. Caccioppoli (conf.) -Amministrazione 
della Difesa -Esercito (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. 
Solbiati (avv. Contaldi, Tosi), Fallimento Solbiati ed altri (intimati). 


Giudizio civile e penale -Interpretazione della sentenza penale da parte 
del giudice civile -Giudizio di fatto -Insindacabilit� in Cassazione 
-Limiti. 

Giudizio civile e penale -Artt. 27 e 28 c. p. p. -Rispettivi presupposti 
di applicazione. 

(c. p. p., artt. 27, 28). 
Giudizio civile e penale -Giudicato penale -Efficacia nel giudizio civile Accertamento 
di fatti materiali -Concorso di colpa -Terzo estraneo 
al giudizio penale. 

(c. p, p., artt. 27, 28). 
L'interpretazione della sentenza penale da parte del giudice civile,. 
nella causa promossa per il risarcimento del danno cagionato dal reato,, 
si risolve in un apprezzamento di fatto, normalmente incensurabile in 
Cassazione, purch� esso sia immune da vizi logici e giuridici (1). 

n presupposto per l'applicazione delZ'art. 27 c.p.p. � che l'azionecivile 
risarcitoria, a fondamento della quale viene invocato il giudicat<> 
penale, sfa basata sul medesimo fatto costituente reato, per il q'l!-0-lefu 
esercitata l'azione penale e pronunciata la relativa condanna. L'articolo 
28 c. p. p. si applica invece all'ipotesi in cui, pur essendo l'azionecivile 
fondata su di un titolo autonomo, il diritto dedotto nella controversia 
dipende, quanto al suo riconoscimento, dall'accertamento dei 
fatti materiali che formarono oggetto del giudizio penale (2). 

n giudicato penale ha efficacia preclusiva dell'indagine del giudice 
civile per quanto concerne l'accertamento dei fatti materiali, limitatamente 
a quelli che hanno costituito iZ fondamento logico-giuridica. 
della decisione penale. Di conseguenza, qualora nella sentenza penalesia 
stato ritenuto, quale presupposto per l'affermazione della respon


(1) Cfr., in senso conforme: Cass., 15 giugno 1965, n. 1225, in questa 
Rassegna, 1965, I, 525, con nota di richiami. 
(2) Sull'applicabilit� dell'art. 28 c. p. p. alle ipotesi, nelle quali nel 
giudizio civile si faccia valere un titolo autonomo rispetto a quello dedottO' 
nel giudizio penale, cfr.: Trib. Firenze, 20 gennaio 1964, Riv. giur. ed.,. 
1964, I, 374. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1241 

sabiiit� penale deli'imputato, che iZ comportamento colposo di questo 
ultimo sia stato causa efficiente dell'evento dannoso, poich� tale accertamento 
non comporta necessariamente quello di un nesso di causalit� 
esclusiva tra il fatto dell'imputato e l'evento dannoso, iZ giudice civile 
pu� liberamente indagare in merito all'eventuale concorso di colpa di 
una terza persona, rimasta estranea al processo penale (3). 

(3) Sui limiti dell'efficacia preclusiva del giudicato penale, nel giudizio 
civile, cfr., in senso conforme, Cass., 5 aprile 1963, n. 872, Resp. civ., 1963, 
502; App. Napoli, 21 ottobre 1963, Dir. e giur., 1965, 77; Cass., 10 agosto 
1964, n. 2291, Giust. civ., 1964, I, 219; 13 novembre 1965, n. 2378, Foro it., 
Mass., 1965, 697. 
F-ARGAN 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 giugno 1966, n. 1675 -Pres. 
Fibbi -Est. La Farina -P. M. Criscuoli (conf.) -Ansaldo e Sciaccaluga 
(avv. Podest�, Traverso, D'Audino) c. Societ� edilizia Invernizzi 
(avv. Tedeschi, Pallottino). 

Impugnazione -Denuncia di omessa pronuncia da parte del giudice 
su di un'eccezione di regiudicata -Revocazione della sentenza Esclusione 
-Necessit� di ricorso per cassazione. 

(c. p. c., artt. 360, 395, n. 5). 
Cosa giudicata -Autorit� della regiudicata sostanziale in un nuovo 
e distinto giudizio -Presupposto -Identificazione delle azioni 
-Insufficienza del contrasto � teorico � fra decisioni del giudice 
amministrativo e sentenze del giudice ordinario a seguito dell'applicazione 
del principio della doppia tutela giurisdizionale in 
tema di violazioni di norme di regolamenti edilizi. 

(C. c., artt. 872, 2909). 
Edilizia -Normativa -Violazione di norme integrative o non del codice 
civile -Diversit� dei rimedi -Azione di risarcimento del 
danno e ricorso al giudice amministrativo per l'annullamento 
della licenza edilizia. 

(c. c., artt. 872, 873; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). 
Edilizia -Distanze legali -Edifici non soggetti alle norme sulle distanze 
-Costruzioni a confine con piazze o vie pubbliche -Sot




1242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

toposizione alle norme di edilizia e di ornato pubblico -Violazioni 
-Diritto al risarcimento del danno del proprietario dell'edificio 
fronteggiante -Sussiste. 

{c. c., artt. 871, 872, 879). 
Si versa nell'ambito della revocazione della sentenza per contrasto 
con altra precedente, avente tra le parti autorit�, di cosa giudicata, solo 
ove ricorrano, congiuntamente, le due condizioni che trattisi di giudicato 
risultante da separato giudizio e di omessa prospettazione della 
relativa eccezione davanti al giudice che abbia pronunciato la sentenza 
revocanda. Quando si tratti, viceversa, di giudicato formatosi nello 
stesso giudizio, ovvero, pur trattandosi di giudicato esterno, l'eccezione 
di cosa giudicata sia stata sollevata anche se essa non sia stata esaminata 
dal giudice, il rimedio esperibile contro le sentenze di cui all'art. 395 

c.p.c. resta quello del ricorso per cassazione, a seconda i casi, per violazione 
di una norma di diritto sostanziale (art. 2909 e.e.), ovvero di 
diritto processuale (preclusione, ove la sentenza da cui deriva il giudicato 
sia stata pronunciata nello stesso giudizio, o vizio di omessa pronuncia 
su un punto decisivo della controversia, avendo il giudice trascurato 
di pronunciarsi su un'eccezione potenzialmente perentoria) (1). 

L'autorit�, della cosa giudicata (sostanziale) si impone nel nuovo 
e distinto giudizio, secondo il principio della identificazione delle azioni, 
soltanto ove sussista identit�, di soggetti, di causa .petendi e di petitum, 
cio� ove si richieda tra i medesimi soggetti, nella medesima qualit�,, lo 
stesso bene, per lo stesso titolo, epper� il mero contrasto teorico, che, 
solo, pu� sorgere tra sentenze del giudice amministrativo e sentenze 
del giudice civile ordinario, a seguito deU'applicazione del principio 
della doppia tutela giurisdizionale in tema di violazione di norme di 
regolamenti edilizi, non d�, luogo a violazione della cosa giudicata, non 
potendo la pronuncia emessa per prima da uno dei due giudici aditi 
avere autorit�, di giudicato nell'altro giudizio, per la diversit�, dei soggetti 
e del petitum (2). 

(1) Conf. Cass., 23 ottobre 1959, n. 3053, Giust. civ., Mass., 1959, 1033, 
sub 1 ed ivi riferimenti; 23 gennaio 1954, n. 142, Foro it., Mass., 1954, 
29, sub 2. 
(2) Conf. Cass., 22 gennaio 1966, n. 268, Giust. civ., Mass., 1966, 140, 
sub 4; 2 novembre 1963, n. 3006, id., Mass., 1963, 1406; contra Ca,ss., 5 agosto 
1946, n. 1080, Foro it., Rep., 1946, voce Cosa giudicata civile, c. 274, n. 16. 
Il principio della doppia tutela in tema di violazione di regolamenti edilizi 
� cosi inteso dalla giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice: e quando 
la controversia deriva dalila violazione delle distanze e in alcune 
ipotesi delle altezze delle propriet� finitime determinate nei regolamenti 
comunali e sia stata rilasciata una Ucenza in deroga alle norme regolamentari 
in forza dei poteri che la p. a. si sia espressamente ;riservati, la 
W.if:@.7C%Jrq::::::rar.w-;::;w.:r.-:::m~w.�1.�.f::::-9=::::%::::::::::.=::::-:w:-::--...-::::::-=:.@r::w-;:-x::::::::-:.:.:.:.:.-:-~=::.:.:;:.::7x:::.::~-Y..:-:-:-:.:..-:-�.:.:-:..-...:-:-:-:x-=-=--r..:...-~-=%':>:-:-.-/.o/.-IB�:::--::;:::/.;y/..-.-:n..:-:--..-...--w..:::z-~ ~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1243 

Nelle controversie tra privati relative alla violazione di norme 
di vicinato occorre distinguere le norme relative alle distanze nelle 
costruzioni, di cui agli artt. 873 e seguenti e.e. e nei regolamenti locali, 
da quelle richiamate nelle altre norme di edilizia contenute nelle leggi 
speciali e nei regolamenti edilizi comunali. Dalla violazione delle 
norme della prima categoria derivano a favore del privato, che si pretenda 
leso dalla stessa, un'azione per l'eliminazione dello stato di 
cose abusivamente creato (vera e propria azione reale, avente ad oggetto 
la riduzione in pristino) ed un'azione per l'accertamento ed il 
risarcimento del danno che ne sia derivato. Dalla violazione delle norme 
della seconda categoria (come quelle dei regolamenti comunali, che 
non attengono alla materia delle distanze, bensi ad altra, d'interesse 
prevalentemente pubblico: urbanistico, igienico, estetico, ecc., quale 
quella dell'altezza degli edifici) pu�, a norma dell'art. 872, comma secondo, 
e.e., conseguire per il privato, nei confronti dell'altro privato, che 
abbia violato la norma, una tutela limitata alla sola azione di condanna 
al risarcimento del danno. Tale azione � autonoma e distinta rispetto 
all'impugnativa che il privato pu� proporre contro il provvedimento 
amministrativo (licenza edilizia), che, in deroga o non in deroga alle 
norme regolamentari edilizie, abbia autorizzato la costruzione. Questa 
impugnativa, essendo diretta nei confronti della p.a., al fine di ottenere 
l'annullamento dell'atto amministrativo, � devoluta alla giurisdizione 
del giudice amministrativo, mentre l'azione diretta ad ottenere soltanto 
il risarcimento del danno a carico del privato, che ha ottenuto la licenza 
ed eseguito la costruzione, appartiene alla giurisdizione dell'a.g.o., 
trattandosi di una domanda, il petitum della quale si esaurisce nella 

situazione di chi denunci la lesione del diritto derivata dallo svolgimento 
dell'attivit� autorizzata dalla p. a. riceve una duplice qualificazione: da 
un J.ato vi � l'interesse legtttimo a che l'autorit� non rilasci la licenza in 
deroga e dall'altro i>1 diritto .soggettivo verso il vicino, che viene leso solo 
quando questi costruisca effettivamente l'edificio autorizzato. L'eccezione 
dell'esistenza di una licenza in deroga non d� luogo al difetto di giurisdizione 
del g. o.: l'esame della licenza vien fatto incidenter tantum al fine 
di stabilire se esisteva o meno il potere di concedere la licenza in deroga 
e di pronunciare, di conseguenza, sulla denunciata lesione di diritto. Solo 
se si chieda l'annullamento della licenza la domanda deve essere proposta 
al giudice amministrativo � : Cass., Sez. Un., 27 gennaio 1959, n. 221, Giust. 
civ., 1959, I, 871, sub 7, con nota di ABBAMONTE (per una prospettazione 
delle condizioni che darebbero luogo a � due distinte ed autonome posizioni 
di interesse legittimo e di diritto soggettivo � nei confronti della 
stessa p.a. v., invece, Cons. Stato, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 788, Giur. 
it., 1966, III, 221, nella motivazione, nonch� in questa Rassegna, 1966, I, 
146). Ma sul limite della disapplicazione da parte del g. o. degli atti amministrativi 
illegali, lesivi di diritti soggettivi, costituito dalla inoppugnabilit� 
dell'atto, v. nota sub 1 a Cass., 27 ottobre 1966, n. 2643, in questa 
Rassegna, 1966, I, 1279. 

l 

l 


i 
j 


% 

-� . -~ 

' k 

"':':'"'W:"'==Wff:'""-"".W..Af.":CT:f::f&'/$;':/.�-Y.�llif""""W-'f.W'"%:'-='1Zf%""'""-""'W%$f:fjf.&%%W.~..::Af?'P�$.:r<wz.'8:%.r''WZfJ."""ffWE.%<Y-:':':':.:::''gm':!'J 



1244 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

richiesta di pagamento di una somma e la causa petendi della quale 
consiste, su un piano generale, nella violazione del neminem Iaedere, 
e, su un piano particolare, nel compimento di un'attivit� illegittima 
(nuova costruzione), che, se anche autorizzata da un atto amministrativo, 
� tuttavia esclusivamente riferibile al soggetto che l'ha posta in 
essere, sia pure avvalendosi dell'autorizzazione (3). 

L'art. 879, comma secondo, e.e. -secondo il quale alle costruzioni 
che si fanno in confine con le strade e le vie pubbliche non si applicano 
le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi ed i regolamenti 
che le riguardano -contiene un implicito richiamo all'art. 871 
e.e., attinente alle norme di edilizia e di ornato pubblico, articolo a 
sua volta richiamato, ai fini delle sanzioni, dall'art. 872, comma secondo, 
e.e. Esso art. 879, comma secondo, e.e. non esclude, pertanto, 
che il proprietario dell'edificio fronteggiante altro edificio al lato 
opposto della via pubblica possa chiedere al g.o. il risarcimento dei 
danni derivatigli, appunto, da violazioni di norme di edilizia riguardanti 
edifici a confine con piazze e vie pubbliche, sia che tali norme attengano 
alle distanze, sia che esse attengano ad altra materia, come quella 
dell'altezza. Anche in tal caso, infatti, la particolare convergenza dell'interesse 
pubblico, direttamente, tutelato, di provvedere alle esigenze 
igieniche della popolazione ed all'estetica cittadina, e, comunque, ad 
altra esigenza di carattere urbanistico, con quello dei proprietari alla 
migliore utilizzazione e consistenza dei loro edifici fa s� che di dette posizioni 
soggettive dei privati, lese dall'altrui costruzione, debba ammettersi 
oltre alla tutela giurisdizionale amministrativa anche quella innanzi 
all'a.g.o., nei limiti e per gli scopi risultanti dal combinato disposto 
degli artt. 871, 872 e 879 e.e. (4). 

(Omissis). -Ci� premesso e pure concedendosi che la sentenza 
del Consiglio di Stato di cui si discute sia, come paiono sul punto concordi 
le parti, passata formalmente in cosa giudicata (ch�, altrimenti, 
si prospetterebbero problemi di tutt'altro genere, quale quello di una 
litispendenza, sia pure virtuale, tra il giudizio instaurato dinanzi al C. 
di S. e il giudizio presente), sembra a questa Corte, nell'ambito dei 
poteri attribuitile dalla legge processuale in tema di omesso esame di 

(3) V. Cass., Sez. Un., 2 marzo 1964, n. 470, Giust. civ., 1964, I, 495; 
20 febbraio 1962, n. 344, id., Mass., 1962, 163; 26 febbraio 1963, n. 469, id., 
Mass., 1963, 219; 3 luglio 1963, n. 1792, ibidem, 850; 23 ottobre 1961, n. 2344, 
id., Mass., 1961, 1046, sub 1. 
(4) Conf. Cass., 3 luglio 1963, n. 1792, Giust. civ., Mass., 1963, 850; 
26 febbraio 1963, n. 469, ibidem, 219; 24 giugno 1961, n. 1522, Giust. civ., 
Mass., 1961, 658, sub 4. Per l'ipotesi di costruzione eretta su suolo pubblico 
e fronteggiata da costruzione eretta su confinante suolo privato, v. Trib. 
Napoli, 29 marzo 1965, in questa Rassegna, 1965, I, 1203, con nota di 
MAZZELLA. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

punto decisivo, di potere recisamente escludere che l'eccezione di giudicato, 
ove fosse stata presa in esame dai giudici di merito, potesse in 
alcun modo condurre ad una decisione diversa da quella adottata. 

� appena necessario ricordare che, secondo la prevalente e pi� 
ortodossa concezione della cosa giudicata in senso sostanziale, l'autorit� 
di essa s'impone nel nuovo e distinto giudizio, secondo il principio della 
identificazione delle azioni, soltanto ove sussistano identit� di soggetti, 
di causa petendi e di petitum, cio� ove si richieda tra i medesimi soggetti, 
nella stessa qualit�, lo stesso bene, per lo stesso titolo (da ultimo 
Cass., sent. 22 gennaio 1966, n. 268, sent. 2 novembre 1963, n. 3006); 
con il che si ribadisce non doversi seguire quel pi� largo orientamento 
dottrinale e giurisprudenziale, di cui pure � traccia in alcune 
pronuncie di questo S. C., secondo il quale la comunanza di alcuni soltanto 
tra gli elementi delle due cause, di quella decisa definitivamente 
con sentenza passata in giudicato, e di quella ancora pendente, quale 
ad esempio, l'identit� di un presupposto fondamentale di fatto e di 
diritto, comune alle due controversie, darebbe anche essa luogo al 
fenomeno della cosa giudicata sostanziale, persino ove la sentenza proveniente, 
destinata a fare stato davanti al giudice ordinario, fosse stata 
emanata dal Consiglio di Stato o da altro giudice speciale (cass., sent. 
5 agosto 1946, n. 108). 

Ora, l'oggetto e l'ambito del ricorso proposto al Consiglio di Stato 
dall'Ansaldo e consorti sono pacifici e conformi, del resto, a quella 
che � la possibile configurazione e truttura di tale rimedio nell'ambito 
del nostro sistema giurisdizionale, come � pacifico il contenuto della 
relativa pronuncia emessa da quel Consesso. Ne deriva che la pronuncia 
stessa non poteva avere autorit� di giudicato nella causa tra l'Ansaldo 
e consorti e la Soc. Invernizzi davanti al Tribunale e alla Corte di 
Appello di Genova: 

1) per la diversit� dei soggetti: invero il ricorso in sede giurisdizionale 
amministrativa era rivolto principalmente, quale contraddittore 
primario, contro l'autorit� comunale che aveva rilasciato la licenza, sia 
pure nel necessario contraddittorio anche del beneficiario della licenza 
stessa; l'attuale controversia si svolge, invece, esclusivamente tra i soggetti 
privati interessati o controinteressati rispetto al rilascio della licenza 
edilizia; 

2) soprattutto, per la diversit� del petitum, essendo il ricorso 
dinanzi al Consiglio di Stato rivolto, come ovvio, ad ottenere una pronuncia 
di annullamento di un atto amministrativo (licenza edilizia), 
mentre nella causa attuale si discute di una pretesa di condanna al 
risarcimento di danni tra proprietari frontisti. 

Rimane soltanto una parziale identit� di causa petendi, o meglio 
una identit� o similarit� di questioni di diritto attinenti all'interpreta



1246 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione e all'applicazione delle stesse norme giuridiche, in quanto il 
Consiglio di Stato ritenne conforme a quelle norme di regolamento edilizio 
e, quindi, legittimo l'atto autorizzativo, in conformit� del quale 
la Soc. Invernizzi ha costruito, mentre lo stesso costruttore, secondo lo 
assunto prospettato davanti al giudice civile ordinario, sarebbe incorso 
in responsabilit� verso il privato frontista per violazione di quelle stesse 
norme che il Consiglio di Stato ebbe, ai fini della legittimit� della licenza 
edilizia, a dichiarare non violate. Ma ci�, come si � detto, non � 
sufficiente a creare la cosa giudicata, la cui violazione di verifica soltanto 
in caso di contrasto � pratico � di decisioni, e non in caso di 
contrasto meramente � teorico �, come � inevitabile .possa profilarsi 
tra sentenze del giudice amministrativo e sentenze del giudice civile 
ordinario a seguito dell'applicazione del principio della � doppia tutela � 
giurisdizionale in tema di violazione di norme di regolamenti edilizi. Non 
senza, da ultimo, considerare che detto principio, postulante l'autonomia 
e la non interdipendenza nella soggetta materia della funzione giurisdizionale 
ordinaria e di quella giurisdizionale amministrativa, verrebbe, 
in realt�, secondo la tesi del giudicato prospettata nel motivo 
che qui si esamina, svuotato di ogni contenuto. Ed invero, attuata dal 
soggetto privato controinteressato, come si � verificato nella specie, tale 
doppia tutela con l'instaurazione dell'azione giudiziaria per il risarcimento 
dei danni verso il privato beneficiario della licenza edilizia e 
con la contemporanea proposizione del ricorso giurisdizionale amministrativo, 
la controversia o le controversie verrebbero risolte in base 
alla circostanza meramente formale, meccanica ed estrinseca della 
emissione della sentenza, in previsione, da parte dell'uno anzich� dell'altro 
giudice, e dal pregresso passaggio in giudicato formale di tale 
sentenza. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 luglio 1966, n. 2009 -Pres. 
Scarpello -Est. Modigliani -P. M. Tavolaro (conf.) -Comune di 
Napoli (avv. Peccerillo, Gleijeses) c. Falanga (avv. Cascelli). 

Espropriazione per p. u. -Legge per Napoli -Eccezionale procedura 
espropriativa d'urgenza prevista dall'art. 12 d. lg. lgt. 27 febbraio 
1919, n. 219, conv. nella 1.24 agosto 1921,n.1290,per i beni compresi 
nel catasto rustico -Successiva estensione ai beni compresi nel catato 
urbano, con decorrenza dall'entrata in vigore della 1. 23 gennaio 
1941, n. 53. 

(d. lg. Igt. 27 febbraio 1919, n. 219, conv. nella I. 24 agosto 1921, n. 1290, art. 12, 
comma secondo; I. 23 gennaio 1941, n. 53, art. 1). 
Espropriazione per p. u. -Opere di pubblica utilit� da eseguirsi per il 
risanamento della citt� di Napoli -Determinazione dell'indennit� 
espropriativa -Deroga al normale procedimento previsto dalla leg




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1247 

ge 25 giugno 1865, n. 2359 � Competenza della Giunta speciale per 
le espropriazioni presso la Corte di Appello di Napoli. 

(d. Jg, Jgt. 27 febbraio 1919, n. 219, conv. nella J. 24 agosto 1921, n. 1290, 
artt. 17 e 18; r. d. 17 aprile 1921, n. 762, art. 9). 
Nell'eccezionale procedura espropriativa di urgenza introdotta dalla 
legge relativa ai procedimenti di espropriazione per la cittd di Napoli 

(d. lg. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219) il decreto del Prefetto che autorizza 
l'immissione nel possesso dei beni, completato dallo stato di consistenza 
e dalla determinazione in via provvisoria della somma da 
depositare a titolo di indennitd, � un provvedimento formalmente e 
sostanzialmente espropriativo, per cui � alla data del medesimo che 
devono farsi risalire la determinazione dell'indennitd ed iZ trasferimento 
dei beni. Tale eccezionale procedura espropriativa di urgenza, 
prevista per i soli beni � compresi nel catasto rustico �, � stata successivamente 
resa possibile anche per i beni compresi nel catasto urbano, 
e ci� in virt� dell'art. 1 l. 23 gennaio 1941, n. 53, che, con palese 
efj��acia innovativa, ha soppresso la suindicata locuzione � compresi nel 
catasto rustico � (1). 
Nel caso di espropriazione per l'esecuzione di opere di pubblica 
utiZitd nel Comune di Napoli a norma del d. lg. lgt. 27 febbraio 1919, 

n. 219, conv. nella l. 24 agosto 1921, n. 1290, non hanno luogo la stima 
della indennitd fatta dai periti nominati dal Tribunale e il giudizio di opposizione 
alla stima dinanzi all'a. g., ma, qualora l'indennitd non sia stata 
concordata tra il proprietario e l'espropriante, la sua determinazio'rte 
� demandata alla Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte 
di Appello di Napoli, che ha funzioni arbitrali e decide in unica istanza 
sia sull'an che sul quantum debeatur. Epper� � normale che l'istanza 
per la liquidazione dell'indennitd sia diretta alla Giunta speciale prima 
della pronuncia di espropriazione: questa, infatti, deve indicare non 
gid l'importo dell'indennitd stabilito dai periti, ma quello determinato 
dalla Giunta speciale (2). 
(Omissis). -Dei due dedotti mezzi di annullamento conviene, 
per ragioni di ordine logico, esaminare per primo il secondo. 

Con tale doglianza il Comune ricorrente, nel denunziare la violazione 
dell'art. 12 del d. lg. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, convertito 
nella 1. 24 agosto 1921, n. 1290, nonch� dell'art. 1 della 1. 23 gennaio 

(1) Sulla prima parte della massima v., in senso conforme, Cass., 
Sez. Un., 23 luglio 1937, n. 2706, Foro it., 1937, I, 1447, sub. 4; v. anche Cass., 
Sez. Un., 13 febbraio 1963, n. 285, Giust. civ., Mass., 1963, 131; 6 ottobre 
1962, n. 2826, id., Mass., 1962, 1331. In dottrina, v. DI MAIO A., Natura ed 
effetti del provvedimento di immissione in possesso previsto dagli artt. 12 
del d. lgt. n. 219 -1919 e 5 r.d. n. 1018-1923, Riv. giur. ed., 1961, I, 606. 
(2) Le Sez. Un. della COO'te di Cassazione hanno, beninteso, avvertito 
(sent. 30 maggio 1966, n. 1412, in questa Rassegna, 1966, I, 854, sub 5) che, 

1248 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1941, n. 53, lamenta che la Giunta speciale per le espropriazioni abbia 
determinato l'indennit� di espropriazione, da corrispondersi da esso Comune 
per gli immobili nel cui possesso si era immesso nel 1939, con 
riferimento ai prezzi correnti al momento della pronuncia, anzich� con 
riferimento a quelli correnti alla data del decreto del Prefetto (25 agosto 
1939), che aveva autorizzato esso Comune a immettersi nel possesso 
degli immobili in contesa. In proposito, dopo aver richiamato il principio 
giurisprudenziale, secondo il quale il decreto del Prefetto, emesso a 
norma dell'art. 12 del d. lg. lgt. del 27 febbraio 1919, n. 219, � un provvedimento 
formalmente e sostanzialmente espropriativo, per cui � alla 
data di esso che devono farsi risalire il trasferimento dei beni e la 
conversione dei medesimi nel loro equivalente economico, deduce che 
dall'applicazione di tale principio non possono ritenersi esclusi i beni 
compresi nel catasto urbano, anche se la espropriazione sia stata disposta 
anteriormente alla entrata in vigore della I. 23 gennaio 1941, 

n. 53. A presidio di tale affermazione sostiene che tale legge, che, nel 
disciplinare la procedura espropriativa di urgenza, non contempla 
alcuna distinzione tra i beni compresi nel catasto rustico e quelli compresi 
nel catasto urbano, � meramente interpretativa della legislazione 
precedente. Infine deduce che, comunque, in base alla interpretazione 
adottata dalla citata I. n. 53 del 1941, la Giunta avrebbe dovuto riconoscere 
che essa non aveva il potere di statuire sulla domanda proposta 
dalla Falanga, giacch� la determinazione, in sede giurisdizionale, 
della indennit� di espropriazione presuppone l'emanazione del decreto 
di espropriazione. 
Le doglianze sono prive di fondamento. 

E' bensl esatto che, come queste Sezioni Unite hanno ripetutamente 
precisato (cfr., da ultimo, le sentenze nn. 285 del 1963 e 2826 
del 1962), nell'eccezionale procedura espropriativa di urgenza introdotta 
dalla legge relativa ai provvedimenti di espropriazione per la 
citt� di Napoli (d. lg. lgt. 2,7 febbraio 1919, n. 219), il decreto del 
Prefetto, completato dalla compilazione dello stato di consistenza dei 
beni e dalla determinazione in via provvisoria della somma da depo


se � vero che la legge speciale prescrive anche all'autorit� espropriante di 
promuovere la pronuncia della Giunta sulla indennit� prima dell'emissione 
del decreto di espropriazione, essa non esclude, peraltro, che, quando il 
Prefetto abbia provocato irritualmente la stima da parte di un perito, 
l'espropriato, il quale pure potrebbe accettare l'indennit� cosi determinata, 
possa limitarsi a contestarne l'adeguatezza dinanzi alla Giunta, senza far 
valere l'illegittimit� del provvedimento. In tal caso, compito della Giunta 
speciale � quello di sostituire la propria .stima a quella indicata nel decreto 
di espropriazione, sempre con riferimento al valore dell'immobile alla 
data del decreto stesso. Sulla questione del termine per provocare la determinazione 
dell'indennit� da parte della Giunta speciale v. DI MAio A., 
Suita inapplicabilit� del termine ecc., Riv. giur. ed., 1959, I, 541 (in nota a 
Cass., Sez. Un., 24 giugno 1959, n. 2004). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1249 

sitare, che, a norma dell'art. 12 del d. lg. n. 219 del 1919, autorizza la 
immissione nel possesso dei beni, � un provvedimento formalmente e 
sostanzialmente espropriativo, per cui � alla data di esso che devono 
farsi risalire il trasferimento dei beni e la conversione dei medesimi 
nel loro equivalente economico. Tuttavia tale eccezionale procedura 
di urgenza, in base al disposto del 2� comma del �citato art. 12 dcl 

d. lg. n. 2.19 del 1919, era consentita solo per i beni � compresi nel catasto 
rustico"� Vero � che con l'art. 1 della successiva 1. 23 gennaio 
1941, n. 53 la suindicata locuzione ( � compresi nel catasto rustico 
�) � stata:� soppressa, onde, in base alla nuova norma, la facolt� 
per il Prefetto di avvalersi della procedura d'urgenza esiste anche per 
i beni compresi nel catasto urbano. Peraltro, contrariamente a quanto 
il ricol'rente sostiene, � da escludere che tale norma abbia carattere 
interpretativo della precedente disposizione di cui al pi� volte citato 
s.econdo comma dell'art. 12 del d. lg. lgt. n. 219 del 1919. Per vero 
l'espressa menzione, contenuta in detta disposizion�, dei soli beni 
compresi nel catasto rustico non poteva avere altra finalit� che quella 
di limitare a tali beni la portata del precetto. Appare, pertanto, palese 
il carattere innovativo della nuova norma e si deve riconoscere che la 
soppressione dell'inciso in discorso ha avuto per effetto di estendere 
la procedura di urgenza ai beni compresi nel catasto urbano, prima 
esclusi. Qnd'� che, risalendo l'espropriazione in controversia ad epoca 
anteriore al gennaio 1941 e riguardando essa cespiti iscritti al catasto 
urbano, esattamente dalla decisione impugnata � stato ritenuto che il 
decreto di espropriazione, per essere stato illegittimamente emanato, 
non potesse essere applicato dall'autorit� giudiziaria e che conseguentemente 
l'indennit� di espropriazione dovesse essere determinata con 
riferimento ai valori dei cespiti in contesa. 
N� maggiore fondamento ha la ulteriore tesi del ricorrente, secondo 
cui la determinazione, da parte della Giunta, della indennit� di 
espropriazione. presupporrebbe, in ogni ipotesi, l'emanazione del decreto 
di espropriazione. 

Infatti l'art. 9 del Regolamento approvato con r. d. 17 aprile 1921, 

n. 762 prescrive che, quando sorgono questioni relative all'applicazione 
della legge fondamentale per le espropriazioni, l'espropriante deve citare 
l'espropriato avanti la Giunta. E, poich� tale norma non pone alcuna 
distinzione, da essa si argomenta, come � stato giustamente osservato 
da una autorevole dottrina, che l'istanza per la liquidazione della indennit� 
di espropriazione pu� essere proposta anche prima della emanazione 
del decreto di espropriazione. 
Peraltro � da aggiungere che alla stessa conclusione, circa la 
proponibilit� davanti alla Giunta della istanza diretta alla liquidazione 
della indennit� prima della pronuncia di espropriazione, si perviene 
anche in base a un diverso ordine di considerazioni. 

7 



1250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infatti � un principio generale del nostro ordinamento giuridico, 
posto dagli artt. 32 e segg. della 1. 25 giugno 1865, n. 2359, che la pr::inuncia 
di espropriazione presuppone che la relativa indennit� sia sta~a 
precedentemente determinata e depositata e che ne sia indicato l'ammontare 
nel decreto di espropriazione. Vero � che per le opere di pubblica 
utilit� da eseguirsi nel Comune di Napoli il d. lg. lgt. 27 feb..: 
braio 1919, n. 219 (convertito nella 1. 24 agosto 1921, n. 1290), per 
quanto concerne la determinazione della indennit�, contiene delle deroghe 
al normale procedimento previsto dalla menzionata legge n. 2359 
del 1865, nel senso che non hanno luogo la stima fatta dai periti 
nominati dal Tribunale e il giudizio di opposizione alla stima avanti 
all'autorit� giudiziaria e che, qualora la indennit� non sia stata concordata 
tra il proprietario e lo espropriante, la sua determinazione � 
demandata alla Giunta Speciale per le espropriazioni, che ha funzioni 
arbitrali e decide in unica istanza sia sull'an che sul quantum debeatur 
(artt. 17 e 18 del d. lg. n. 219 del 1919). Tuttavia � noto che, ove una 
legge speciale posteriore (quale � indubbiamente il citato decreto legislativo 
n. 219 del 1919 rispetto alla legge generale sulle espropriazioni) 
contenga delle deroghe a una legge generale anteriore, questa conserva, 
nella parte non incompatibile, la sua applicabilit� e la deroga deve 
ritenersi contenuta negli stretti limiti segnati dalla legge speciale. Le 

I 

deroghe alla legge generale sulle espropriazioni, contenute nella legge t 
speciale per Napoli, non possono essere, dunque, estese oltre i limiti 
segnati dallo stretto contenuto normativo di quest'ultima. Ora il di


I

verso procedimento per la determinazione della indennit�, stabilito 
nella disciplina speciale per Napoli, non � affatto incompatibile con 
la osservanza del principio, per il quale la determinazione della indennit� 
deve, di norma, precedere il decreto di espropriazione. Si deve, 
quindi, far luogo solo al coordinamento tra le due discipline e tale 

I

coordinamento comporta che, per le opere di pubblica utilit� da ese' 


,

guirsi nel Comune di Napoli, nel decreto di espropriazione si deve indi


I

care, anzich� l'importo della indennit� stabilito dai periti, quello deter@ 
minato dalla Giunta Speciale, essendo in tale organo riassunti, come si � ~ 
visto, i poteri attribuiti dalla legge fondamentale sulle espropriazioni sia 
ai periti che all'autorit� giudiziaria in caso di opposizione alla stima. 


A conferma della esattezza delle suesposte considerazioni �, poi, 
da osservare che l'art. 17 del citato d. lg. n. 219 del 1919 demanda alla 
Giunta, nel caso in cui �fra il proprietario e l'espropriante non siasi 
amichevolmente concordata l'indennit� di espropriazione, la determinazione 
della indennit� stessa ., mentre, qualora si fosse inteso stabilire 
che l'emanazione del decreto di espropriazione dovesse precedere 
il procedimento dinanzi alla Giunta, si sarebbe demandata a questa 
la valutazione della congruit� della indennit� indicata nel decreto di 
espropriazione. 

-



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1251 

Conseguentemente (prescindendo dalla ipotesi della procedura di 
urgenza, della quale, per quanto sopra si � detto, non occorre occuparsi, 
giacch�, come � stato esattamente ritenuto dalla denunziata decisione, 
nel caso in esame si deve muovere dalla premessa della illegittimit� 
del decreto prefettizio di immissione d'urgenza nel possesso 
dei beni) si deve riconoscere che non pu� essere condivisa l'opinione 
del ricorrente, secondo la quale non sussisterebbe il potere della Giunta 
speciale di procedere alla determinazione della indennit� anteriormente 
alla pronuncia del decreto di espropriazione. 

Emerge da quanto si � esposto che il secondo mezzo di annullamento 
deve essere rigettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 23 luglio 1966, n. 2018 -Pres. Civiletti 
-Est. Iannitti Piromallo -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Soprano) c. D'Amato (avv. Gravone). 

_Procedimento civile -Azione -Le~ittimazione alla causa e titolarit� 

del diritto -Nozioni -Differenza -Fattispecie. 

(c.p.c., artt. 81, 99, 101, 102). 

L'indagine sulla concreta esistenza e titolarit� del rapporto di cui 
si � dedotta la violazione riguarda il merito della controversia e non 
la legittimazione alla causa, che � solo una condizione per la trattazione 
del merito stesso. Per verificare la sussistenza di questa condizione 
deve aversi riguardo esclusivamente a quanto affermato dall'attore 
nella domanda (si vera sunt exposita), prescindendosi dalla relativa 
veridicit� e fondatezza, poich� tale accertamento costituisce oggetto 
del giudizio di merito. Diversamente, l'esistenza dell'azione, che � il 
diritto di ottenere una decisione di merito, favorevole o contraria che 
sia, verrebbe confusa con l'esistenza del diritto fatto valere con l'azione 
stessa e cio� con la fondatezza della domanda (fattispecie in tema di 
rivendicazione) (1). 

(1) Contra Cass., 8 ottobre 1958, n. 3153, Foro it., 1958, I, 1421, secondo 
la quale: � la legitimatio ad causam, intesa come identit� del soggetto che 
agisce in giudizio con quello che � titolare dell'azione proposta � una 
condizione dell'azione, la cui sussistenza � necessaria per ottenere una 
pronuncia favorevole sul merito, ma non incide sulla valida costituzione 
del rapporto processuale>. In senso conforme allla sentenza sopra massimata 
v., invece, Cass., 16 febbraio 1965, n. 238, Giust. civ., Mass., 1965, 96; 
22 aprile 1965, n. 712, ibidem, 361 ed ivi riferimenti; v. anche, con applicazione 
al C�aso di azione di risarcimento di danni a cose, Cass., 10 marzo 
1966, n. 672, Giur. it., Mass., 1966, 290; e, con applicazione al caso di azione 
di regolamento di confini, Cass., 25 marzo 1966, n. 812, ibidem, 357. Questa 
pi� recente giurisprudenza accoglie, cosi, la nota dottrina del BETTI, Diritto 
processuale civile, Roma, 1936, 159, secondo cui: � il controllo della legittimazione 
� governato da un criteiro analogo a quello che regge il controllo 
della fondatezza in diritto della ragione e a quello concernente la sussi

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stenza degli elementi dell'azione. li'sso, cio�, si deve fare in astratto e in 
ipotesi, stando a quanto afferma l'attore nella domanda e con riguardo esclusivo 
alle affermazioni enunciate, non gi� alla loro fondatezza in fatto, alla 
loro veridicit�, che rimane da indagare e che va ammessa solo per un momento, 
provvisoriamente ( � si vera sint exposita � ). Giacch� la questione, di 
ordine preliminare, � per ora di vedere soltanto se -ammesso per un momento 
quanto si afferma nella domanda -chi si � fatto attore o chi � stato 
convenuto abbia o non abbia �Veste� o �qualit�� per sostenere la ragione che 
fa valere o riSPettivamente per contestarla o riconoscerla: se risultasse che 
non l'ha, sarebbe inutile ogni ulteriore discussione di merito�. Successivamente 
il BETTI, Legittimazione ad agire e rapporto sostanziale, Giur. it., 
1949, I, 763 e segg, ha precisato che la J.egittimazione ad agire � un rapporto 
qualificato, connesso al rapporto sostanziale (litigioso) siccome al rapporto 
qualificante, sottolineando che connessione non vuol dire identit� ed ammonendo, 
pertanto, a non confondere fra il piano del rapporto processuale, 
dell'azione come tale, e quello del rapporto sostanziale (litigioso). Il CARNELUTTI, 
Titolarit� del diritto e legittimazione, Riv. dir. proc., 1952, II, 122, ha, 
di rincalzo, ritenuto che, per tracciare, a guida dei pratici, il confine tra i 
due piani, sia utile spiegare che la legittimazione alla causa � una delle condizioni 
di trattabilit� del merito, nel senso che �per fare giudicare se un 
diritto esiste o no una condizione necessaria � qu~lla, se esiste, di poterne 
essere il soggetto �. Su questa possibilit� dovrebbe vertere, adunque, il 
controllo del giudice (dello stesso A ..v. anche, Legittimazione e interesse 
ecc., Riv. dir. proc., cit., 1960, II, 512-513, ove si avverte che la norma generale 
sulla legittimazione deve ritenersi scritta nell'art. 99 c.p.c.). Sulla 
distinzione tra � stadio preliminare al merito ., concernente � la mera 

ipossibilit� giuridica della domanda, ossia la sua ammissibilit� in un esame .j 
che � essenzialmente di puro diritto., e �stadio di merito�, concernente il 
fondamento intrinseco della domanda ed involgente sempre dei punti di 
fatto, v. MoNACCIANI, Azione e legittimazione, Milano, 1951, 294. Nega, invece, 
recisamente, che possa distinguersi una questione di legittimazione 
dalla questione di merito il SATTA, Commentario al codice di procedura civile, 
Libro primo, Milano, 1959, 355 (�negare... la legittimazione e negare il 
diritto sono la .stessa, identica cosa, perch� la legittimazione � in funzione 
del diritto che si fa valere �). Contesta, tuttavia, l'impossibilit� di scindere 
concettualmente l'oggettiva esistenza di un diritto dalla sua 1soggettiva appartenenza 
lo ZANZUCCHI, Diritto processuale civile, I, Milano, 1948, 115, il 
quale, peraltro, delinea (op. cit., 115 e segg.) un compendio delle disparate 
teorie sulla legittimazione ad agire dibattute nella dottrina 1processualistica 
(si ricordi che appunto pei casi in cui la questione della esistenza oggettiva 
del diritto e dell'azione e della sua appartenenza soggettiva �si offrono 
staccate al giudice� il CHIOVENDA, Principi di dir. proc. civ., 4� ed., 151 e 
segg., concepiva il sorgere della questione di legittimazione, che si presenterebbe, 
specia!l.mente, � quando abbia avuto luogo un passaggio di diritti �). -~ 
Secondo altri (MICHELI, Considerazioni sulla legittimazione ad agire, Riv. 
dir. proc., 1960, 566 e segg.) la questione della legittimazione avrebbe rilevanza 
autonoma � e pu� perci� costituire oggetto di una distinta pronuncia 
del giudice, che non coincide con quella di merito, in tutte le ipotesi 
in cui il giudice medesimo � chiamato a decidere o deve decidere in via 
preliminare se egli pu� provvedere nei confronti di due o pi� soggetti. 
Queste ipotesi si presentano per lo pi�, oltre che nei casi di litisconsorzio 
necessario, nei casi di interventi volontari o coatti, di pluralit� di soggetti 
legittimati a fare valere un diritto, o nei cui confronti un diritto pu� essere 
fatto valere, e di sostituzione processuale � (AUT., op. citt., 581). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1253 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 4 agosto 1966, n. 2167 -Pres. La Via 
-Est. Pratis -P. M. De Marco (conf.) -Franzoni (avv. Sandulli) c. 
Societ� Lamaro (avv. Scopece). 

Prescrizione -Responsabilit� civile -Fatto illecito con carattere permanente 
-No.zione -Diritto al risarcimento del danno -Decorrenza 
del termine prescrizionale. 

(c. c., art. 2947). 
Per stabilire la decorrenza del termine di prescrizione del diritto 
al risarcimento del danno per fatto illecito, si deve avere riguardo non 
al carattere permanente del danno, bens� al carattere permanente dcl 
fatto illecito generatore del primo. Quando il� fatto illecito abbia carattere 
permanente, esso non si pu� ritenere consumato con riferimento 
al solo suo momento iniziale, bens� si deve ritenere verificato con riferimento 
al momento finale (cessazione del fatto generatore del danno), 
in quanto l'illiceit� del comportamento lesivo non si esaurisce nel primo 
atto dell'agente, ma, in relazione al contenuto deH'attivit� e dell'attitudine 
di questa a produrre di continuo danno, perdura nel tempo, 
fino a quando permanga la situazione illegittima posta in essere e nella 
quale si concreta una violazione ininterrotta dell'altrui diritto. In questo 
caso, il diritto al risarcimento del danno sorge con l'inizio del fatt'> 
illecito generatore del danno stesso, ma con questo persiste nel tempo, 
rinnovandosi di momento in momento, con la conseguenza che la prescrizione, 
secondo la regola del suo computo, ha inizio da ciascun 
giorno rispetto al fatto gi� verificatosi e al corrispondente diritto al 
risarcimento (1). 

(1) La motivazione della sentenza leggesi in Foro it., 1966, I, 1671, 
segg. In senso conforme alla massima in rassegna, v. Cass., Sez. Un., 29 aprile 
1964, n. 1039, in questa Rassegna, 1964, I, 712, sub 4 (715); Trib. Sup. AA. 
PP., 23 settembre 1964, n. 24, ibidem, 1168, sub 1. In tema di danni da occupazione 
abusiva di immobili, secondo Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro 
it., 1961, I, 1315, la prescrizione non decorre per tutta la durata dell'abusiva 
occupazione; v., per�, le osservazioni dell'ANDRIOLI, in nota, ivi, 1316, il 
quale avverte che, se il credito di indennizzo del p:rivato deve collegarsi 
non tanto al fatto illecito, quanto alla tutela della propriet�, la relativa 
pretesa dovrebbe essere imprescrittibile (salvi gli effetti dell'usucapione 
contraria). Ci� ipu� dirsi, appunto, del risarcimento in quanto sostitutivo 
della 1�estituzione del bene, ossia rappresentante il valore venale del medesimo, 
del quale il G.O. non possa ordinare la restituzione al proprietario, 
a norma dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. ed invero, entro tali 
limiti, il risarcimento ha, in sostanza, funzione di indennit� espropriativa. 
Sulla sussumibilit� della sentenza del G.O., che, adito dal privato per la 
tutela del suo diritto di propriet� leso, condanni la P.A. al pagamento del 
valore venale del bene, nella categoda dell'atto espropriativo in senso 
materiale, v., infatti, CARUSI, Tutela giudiziaria del proprietario di immobile 
occupato � sine titulo � dalla P.A. e trasferimento in opera pubblica ed atto 
espropriativo in senso materiale, in questa Rassegna, 1966, I, 1047 e segg. 

1254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2174 -Pres. Favara 
-Est. Montanari -P. M. De Marco (diff.) -Ministero delle 
delle Finanze (avv. Stato Colletta) c. Fallimento Bracco e Panunzio 
(avv. Martinengo, De Majo). 

Fallimento -Crediti verso la massa -Normale esclusione dalla procedura 
di verificazione -Presupposto -Sufficiente certezza. 

(r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 52, 89, 92, 111, n. 1). 
Fallimento -Crediti verso la massa insoddisfatti pel diniego del decreto 
del giudice delegato di cui all'ultimo comma dell'art. 1111. fall. Assoggettamento 
dei medesimi al concorso fallimentare -Sussiste. 

(r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 51, 52, 111). 
I debiti contratti durante l'amministrazione fallimentare e in generale 
i debiti sorti posteriormente all'apertura del concorso e che ineriscono 
allo stesso svolgimento del processo faUimentare (spese di giustizia 
in senso stretto', quali le tasse di bollo e di registro, spese di amministrazione 
del patrimonio fallimentare, comprese le obbligazioni assunte verso 
i terzi per il subentro in contratti conclusi dal fallito o per nuovi contratti 
stipulati dalla curatela, ecc.) sono debiti che gravano al pari degli 
altri sul patrimonio del fallito: essi sono di regola esenti dalla procedura 
di verificazione del passivo, avendo il legislatore ritenuto superfluo il 
loro assoggettamento a tale procedura, per il loro connaturale, sufficiente 
grado di certezza, trattandosi di debiti assunti dal curatore sotto 
la direzione del giudice delegato o, comunque, originati nel processo (1). 

La possibilit� che tali crediti verso la massa siano realizzati durante 
la pendenza del fallimento senza attendere il pagamento degli aitri 
debiti e comunque con preferenza rispetto ai crediti anteriori alla di


(1-2) Prededuzione e prelazione nella ripartizione delle somme ricavate 
dalla liquidazione dell'attivo fallimentare. 
Che i c.d. creditori della massa debbano essere soddisfatti sul patrimonio 
fallimentare deriva dal:la circostanza che l'esecuzione collettiva abbraccia 
tutti i beni del debitore esistenti alla data della dichiarazione del 
fallimento (esclusi quelli di cui all'art. 46 legge fall.), dei quali egli perde 
l'amministrazione e la disponibilit�. Ma che tale circostanza valga anche 
a dimostrare la natura concol"suale di quei crediti � illazione che non 
sembra autorizzata dalla legge fallimentare. Il criterio di concentrazione 
processuale, secondo il quale si appalesa conveniente sottoporre ad un 
controllo giur1sdizionale unitario <la collocazione dei crediti che debbano 
essere ,soddisfatti sullo stesso patrimonio, non �, ,appunto, pi� di un criterio 
di politica legislativa, da saggiare in ogni caso alla stregua delle 
norme di diritto positivo. 
Orbene, secondo la legge fallimentare italiana, diventano concorsuali 
(ossi,a, per acquistare la effettiva idoneit� alla partecipazione sul ricavato, 

! 

-



PARTE. I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1255 

chiarazione di fallimento, anche se muniti di prelazione, non li sottrae, 
tuttavia, al concorso, qualora il giudice delegato non ritenga di emettere 
il provvedimento con il quale se ne disponga il pagamento (ovvero 
se ne disponga l'anticipazione a carico dell'Erario, a norma dell'art. 91 

l. fall.), epper�, in tal caso, il creditore della massa non pu� proporre 
contro il curatore del fallimento domanda di condanna al pagamento 
in via contenziosa ordinaria, ma, salvo il reclamo al Tribunale ai sensi 
dell'art. 26 l. fall. e l'eventuale, successivo ricorso per cassazione ai sensi 
dell'art. 111 Cost., deve avvalersi dei mezzi previsti per l'accertamento 
del passivo fallimentare (domanda di ammissione al passivo ai sensi 
dell'art. 93 l. fall., ovvero, nel caso di stato passivo gi�, chiuso e dichiarato 
esecutivo, dichiarazione tardiva di credito mediante il ricorso 
previsto dall'art. 101 l. fall.) (2). 
(Omissis). -Con il primo motivo di gravame l'Amministrazione 
ricorrente deduce che la Corte d'Appello di Genova, nel dichiarare 
improponibile la domanda da essa Amministrazione proposta, ha fatto 
errata applicazione dell'art. 101 del r. d. 16 marzo 1942, n. 267. Tale 
disposizione di legge concernerebbe unicamente le dichiarazioni tardive, 
per l'ammissione al passivo fallimentare, dei crediti vantati nei 
confronti .del s'�ggetto fallito e cio� dei crediti anteriori alla dichiarazione 
di fallimento. Solamente per questi ultimi sarebbe previsto il 
concorso ai sensi dell'art. 52 della legge fallimentare. Nella specie, invece, 
trattandosi di un credito nato dopo il fallimento a carico della 
stessa amministrazione fallimentare ed essendo stata rigettata da parte 
del giudice delegato la domanda per ottenere il pagamento della tassa 
di registro in prededuzione ai sensi dell'art. 111 n. 1 legge fallimentare, 
la ricorrente afferma che essa non aveva altra via -per far accertare 

devono essere accertati, quanto alla iloro esistenza ed ammontare, nello 
stesso procedimento fallimentare, col �che diventano concorrenti: PROVINCIALI, 
Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1948, 101) soltanto i crediti 
anteriori a11a dichiarazione di fallimento. Basta la lettura coordinata degli 
artt. 52, 89 e 92 legge fall. ad offrire testuale riprova di tale assunto! 

L'annotata sentenza della Corte di Cassazione non ha potuto, pertanto, 
fare a meno di riconoscere che, avendo il legislatore italiano � ritenuto 
superfluo� l'assoggettamento dei crediti verso la massa alla procedura concorsuale, 
la regola � nel ,senso della loro estraneit� a1la procedura di verificazione. 
Ed invero, altro � il � passivo > fallimentare, altro il � costo � 
del procedimento. Ma, se � cosi, ila � prededuzione > con cui quelli vanno 
soddisfatti sul ricavato della liquidazione dell'attivo assolve essa stessa, 
nell'anzidetto procedimento, ad una funzione precipua di liquidazione: 
attiene alla depurazione dell'attivo fallimentare da tale costo, ossia alla 
determinazione dell'attivo netto, sul quale soltanto � concepibile si esplichi 
il concorso dei creditori (SATTA, Istituzione di diritto f<tllimentare, Roma, 
1953, 140) e non ha nulla a che vedere con fa � prelazione > (v., in argo




1256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la sussistenza del credito prededucibile -che adire l'autorit� giudiziaria 
nelle forme ordinarie. 

Gi� con sentenze nn. 3186/62 e 1473/62 questa Suprema Corte ha 
risolto la questione se nello speciale procedimento di verifica del passivo 
fallimentare possano farsi valere crediti da pagarsi con prededuzione 
a norma dell'art. 111, ultimo comma, legge fallimentare. La questione 
� stata risolta in senso positivo, affermandosi che la decisione 
delle questioni di prededuzione in sede di ammissione al passivo fallimentare 
non solo non appare in contrasto con la disciplina del fallimento, 
ma risponde ad un retto criterio di concentrazione processuale. 
Quanto alla distinzione tra creditori del fallito e cosiddetti creditori di 
massa, la richiamate sentenze di questo Supremo Collegio hanno ritenuto 
che la distinzione medesima non � sostanziale, bensi soltanto apparente, 
in quanto anche i cosiddetti debiti di massa (e cio� le spese di 
procedura e le obbligazioni contratte per l'amministrazione del fallimento 
ed eventualmente per la continuazione dell'esercizio dell'impresa: 
cfr. sent. n. 423/66) sono indubbiamente debiti del fallito, sia 
pure assunti dagli organi fallimentari che sono subentrati al fallito 
stesso nell'amministrazione e nella disponibilit� dei suoi beni (artt. 31 e 
42 legge sul fallimento). Le sentenze indicate hanno messo in rilievo 
che ogni diversa conclusione postulerebbe la configurilzione del fallimento 
come ente a s� stante, con personalit� propria o per lo meno 
costituente patrimonio autonomo, concezione invece inconciliabile con 
la legislazione positiva sul fallimento e che, condotta alle sue estreme 
conseguenze, potrebbe comportare un'esecuzione da parte del creditore 

� di massa � insoddisfatto sui beni gi� sottoposti ad esecuzione collettiva 
(cfr. sent. n. 658/61). 
I debiti contratti durante l'amministrazione fallimentare e in generale 
i debiti sorti posteriormente all'apertura del concorso e che ineri


mento, Trib. Napoli, 31 dicembre 1960, Giur. it., 1961, I, 2, 482, segnatamente 
484). 

Non si riesce ad intendere, allora, come possa la stessa sentenza annotata 
risolvere i:l primo concetto nel secondo (per la distinzione v., invece, 
MICHELI, Amministrazione controllata ecc., Riv. trim. dir. e proc. civ., 1960, 
1433; OPPO, Mandato irrevocabile ecc., Riv. dir. civ., 1961, I, 53) ed affermare 
che, poich� la regola della estraneit� dei crediti verso la massa al concorso 
si fonderebbe sul � sufficiente grado di certezza � dei medesimi, una 
volta che tale presupposto difetti, quei crediti debbono diventare anch'essi 
concorsuali. 

Un siffatto ragionamento, a ben vedere, dato che compete al giudice 
delegato disporre i prelevamenti (o le anticipazioni a carico dell'Erario) 
indispensabili per la soddisfazione di quei crediti in prededuzione, equivale 
ad attribuirgli altresi il potere di valutare la sufficienza del loro 
grado di certezza ai fini (non gi� del pagamento, ma) della loro sottoposizione 
al concorso, ossia si traduce nell'affermazione che la legge falli




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1257 

scono allo stesso svolgimento del processo fallimentare (spese di giustizia 
in senso stretto -quali le tasse di bollo e di registro -spese di 
amministrazione del patrimonio fallimentare, comprese le obbligazioni 
assunte verso terzi per il subentro in contratti conclusi dal fallito o 
per nuovi contratti stipulati dalla curatela, ecc.) sono debiti che gravano 
-al pari degli altri -sul patrimonio del fallito e la dimostrazione 
di ci� � data dall'art. 111 della legge fallimentare, in base al 
quale i cosiddetti crediti di massa non sono esclusi dal concorso, ma 
vi partecipano, sia pure con preferenza assoluta di fronte ai crediti 
anteriori alla dichiarazione di fallimento. Se i crediti anzidetti sono di 
regola esenti dalla procedura di verificazione del passivo, ci� � dovuto 
(cfr. sent. n. 3186/62) al solo motivo che, a differenza dei debiti contratti 
dal fallito, i debiti della � massa � hanno un sufficiente grado di 
certezza, essendo stati assunti dal curatore sotto la direzione del giudice 
delegato o, comunque, avendo avuto origine nel processo. Pertanto il 
legislatore ha ritenuto superfluo il loro accertamento attraverso il procedimento 
menzionato. Quanto, poi, alla � prededuzione �, cio� alla possibilit� 
di riscuotere il credito senza attendere il pagamento degli altri 
debiti (art. 111, ultima parte), essa deriva (cfr. sent. n. 658/61) dalla 
circostanza che i crediti di massa sono ammessi al concorso con preferenza 
rispetto ai crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento, anche 
se muniti di diritto di prelazione; e, del resto, la possibilit� di un'anticipata 
realizzazione, durante la pendenza della procedura di fallimento, 
� prevista anche per alcuni crediti non di massa (cfr. art. 53 1. fall. per 
i crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio su mobili) e perci� 
tale possibilit� di pi� pronta realizzazione non muta la natura del credito, 
n� lo sottrae alla regola del concorso. 

mentare conoscerebbe, accanto all'ordinaria disciplina, secondo fa quale 
la concorsualit� dei crediti verso il fallito anteriori alla dichiarazione di 
fallimento deriva come immediato effetto legale, direttamente connesso a 
tale pronuncia (di accertamento costitutivo: SATTA, op. cit., 64), anche 
l'istituto di una concorsualit� successiva... non pi� legale, ma dipendente 
da una distinguente valutazione discrezionale del giudice. 

Ora l'attribuzione di una tale po.test� al giudice delegato non si rinviene 
assolutamente nella legge. Ammesso che ne sia concepibile un'attribuzione 
implicita, essa non solo non pu� arguirsi dal congiunto disposto 
dagli artt. 51, 52 e 111, n. 1, legge fall., ma, anzi, a parere di chi scrive, 
dallo stesso esame di tali norme, se ce ne fosse bisogno, appare esclusa. Ed 
invero la testuale portata dell'art. 111 legge fall. � nel senso della distinzione 
e contrapposizione dei crediti indicati al n. 1 rispetto a quelli ammessi 
nello stato passivo (nn. 2 e 3), ivi compresi (n. 2) quelli � ammessi con prelazione 
� (riprova testuale della impossibilit� di ridurre la prededuzione ad 
una sorta di prelazione sui generis), ed all'ultimo comma di quell'articolo 
si parla di prelevamenti e si precisa che il loro ammontare � determinato da 
apposito decreto del giudice delegato. Sembra, pertanto, pi� corretta inter




1258 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se di regola, come si � detto, per i crediti di massa non vi � necessit� 
di ricorrere alla procedura di verificazione del passivo, potendo i 
prelevamenti per i crediti stessi essere immediatamente autorizzati a 
seguito di determinazione adottata dal giudice delegato con proprio 
decreto, tuttavia sorge la necessit� dell'individuazione della sede competente 
per l'accertamento della loro esistenza e del loro ammontare 
qualora il giudice delegato non ritenza come nella specie di emettere 
il provvedimento con il quale si dispone il pagamento, ovvero si dispone 
l'anticipazione a carico dell'Erario (prenotazione a debito per le 
tasse di bollo e registro) ai sensi dell'art. 91 I. fall. In tale ipotesi, il 
creditore di massa, oltre a poter proporre -contro il provvedimento 
negativo del giudice delegato -reclamo al Tribunale, ai sensi dell'art. 
26 I. fall., con eventuale successivo ricorso alla Corte Suprema 
di Cassazione, ove ne ricorrano gli estremi, ai sensi dell'art. 111 della 
Costituzione, pu� -per i motivi sopra esposti e come � stato riconosciuto 
dalle sentenze di questo Supremo Collegio gi� citate -avvalersi 
anche dei mezzi previsti per l'accertamento del passivo fallimentare 
(domanda di ammissione al passivo ai sensi dell'art. 93 I. fall. 
ovvero -nel caso di stato passivo gi� chiuso e dichiarato esecutivo 


dichiarazione tardiva di credito mediante il ricorso previsto dall'articolo 
101 I. fall.). � invece improponibile una domanda in via contenziosa 
ordinaria, che il creditore proponga mediante atto di citazione 
nei confronti del curatore del fallimento e ci� per le ragioni sopra 
ricordate. 

Anche la dottrina prevalente ritiene che i creditori della massa 
insoddisfatti debbono necessariamente far valere le proprie ragioni in 
sede fallimentare e che, secondo il diritto speciale del fallimento, i 

pretazione della legge positiva quella che, ritenuta l'apertura del concorso 
immediata e riferita ai soli crediti anteriori alla dichiarazione del fallimento 
e anche se muniti di diritto di prelazione� (artt. 52, 89, 92) e ritenuto altres� 
che � proprio il dettato dell'art. 111 legge fall. ad escludere i crediti verso la 
massa dalle (due) categorie dei crediti che vanno verificati ed ammessi 
al passivo (cfr., cosi, Cass., 8 aprile 1959, n. 1024, Giur. it., 1959, I, 1, 
943, nella motivazione; 9 aprile 1964, n. 820, Giust. civ., 1964, I, 1838; 
App. Lecce, lO settembre 1964, Giur. it., Rep., 1965, voce Fallimento, 

c. 1315, nn. 201-202; Trib. Napoli, 31 dicembre 1960, cit., Giur. it., 1961, I, 
2, 482 e segg.), attribuisca a tale espressa e testuale distinzione e contrapposizione 
significato non gi� di conferma, ma di esclusione dell'applicazione 
ai casi considerati dell'art. 51 legge fa:ll., che fa, appunto, salva ogni 
eventuale �diversa disposizione della legge � e va, �comunque, interpretato 
in stretta e funzionale connessione col successivo art. 52. 
N� pare costituisca argomento decisivo quello che vorrebbe far leva 
sulla stranezza di una �azione esecutiva per esproprililzione contro l'organo 
incaricato di procedere all'esecuzione forzata � (AZZOLINA, n fallimento, I, 
Torino, 1953, 700), obliterando che -e ci� si dice non senza ricordare che 

l'&fif�filfffilfffillfrrtfnf@f%If%f@Ff0ffff@fflTif&iHf@f@ffff%ffffff@rfITffffifffffffff@HtBWJffjfffilrf@KzL.,00 

~l~~lllJlall...,~� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1259 

-crediti per le spese processuali e in genere i crediti cosiddetti di massa 
debbano essere fatti valere in sede concorsuale al pari di ogni altro 
credito da soddisfarsi sulle attivit� fallimentari, secondo un principio 
.che pu� ricavarsi non solo dall'art. 111 I. fall., che stabilisce che il pagamento 
delle spese e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento 
deve avvenire con le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo, 
ma anche dagli artt. 51 e 52 della legge, i quali -considerata 
la loro precisa formulazione letterale, che esclude ogni possibilit� di 
discriminare la situazione dei creditori a seconda della � qualit�> del 
credito -risultano applicabili anche ai creditori postfallimentari ecce-
zionalmente ammessi a soddisfarsi sui beni del fallimento (quali i cosiddetti 
creditori di massa). 

Poich� nessuna autonomia di azione esecutiva, fuori del fallimento, 
� lasciata dal legislatore ai creditori anzidetti, costoro -dovendo essere 
soddisfatti sull'attivo fallimentare -non possono agire a tale scopo 
che nella sede del fallimento. 

� stato anche esattamente posto in rilievo in dottrina che, se la 
disciplina speciale della legge fallimentare concentra nella sede unica 
le azioni di coloro che vantano un credito dipendente dallo svolgimento 
del processo esecutivo, ci� risponde ad esigenze di economia e di speditezza 
processuale, nell'interesse degli stessi predetti creditori (ai quali 
non sarebbe possibile realizzare il proprio diritto su altri beni del 
:fallito dato che tutti sono compresi nel fallimento) e alla necessit�, 
infine, di sottoporre ad un controllo giurisdizionale unitario la collocazione 
di crediti che, per il fatto stesso di ripetere il proprio soddisfacimento 
sopra un medesimo patrimonio, si trovano comunque in 
posizione di concorso, anche se nell'ordine di erogazione delle somme 

non manca in dottrina chi ritiene che l'azione esecutiva esattoriale ex 
art. 97 t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401 (ora art. 206 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; 
ma v. art. 85 t. u. 15 maggio 1963, n. 858, sulla necessit� che l'esattore insinui 
ugualmente il credito nella procedura di fallimento o di liquidazione coatta 
amministrativa) vada promossa contro il curatore (v. indicazioni in nota a 
Cass., 29 febbraio 1956, n. 609, Giur. it., 1957, I, 1, 1295; sulla questione v., ex 
professo, App. Bologna, 24 febbraio 1936, Riv. dir. comm., 1936, II, 244) nel 
fallimento l'esecuzione si realizza mediante un'amministrazione, la 
quale, pur se esercitata a fini esecutivi, non si sottrae, come tale, alle 
regole di diritto comune, in tema di responsabilit� per l'inadempimento 
delle obbligazioni contratte. Non sembra, adunque, strana la conclusione 
che i c. d. creditori della massa (pur esattamente intesi come creditori del 
fallito, quale soggetto passivo delle obbligazioni assunte dall'amministrazione 
fallimentare) � vanno considerati semplicemente fuori della massa 
passiva e pertanto risultano tutelati dai principi generali che disciplinano 
l'adempimento delle obbligazioni � (DE SEMO, Dir. fall., Firenze, 1948, 217; 

v. anche SATTA, op. cit., 140; PROVINCIALI, op. cit., 94). 

1260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricavate dalla liquidazione dell'attivo la legge riconosce loro una situazione 
di preferenza assoluta (cosiddetta prededuzione o collocazione 
in anteclasse). 

Il primo mezzo di annullamento deve essere perci� rigettato, 
avendo la Corte d'Appello di Genova legittimamente dichiarato improponibile 
la domanda proposta dall'Amministrazione delle Finanze 
in sede contenziosa ordinaria davanti al Tribunale di Savona. 

Con il secondo motivo del ricorso l'Amministrazione delle Finanze 
deduce che la sentenza impugnata ha trascurato di accertare che nella 
specie vi era stato un formale ricorso al giudice delegato del fallimento, 
avente tutti i requisiti formali e sostanziali del ricorso previsto 
dall'art. 101 I. f., e che perci� lo stesso giudice delegato avrebbe 
dovuto -anzich� respingere la domanda di pagamento della imposta 
di registro -fissare l'udienza per la comparizione del creditore e del 
curatore a norma dell'art. 101 citato. 

In proposito deve essere rilevato che la Corte di Appello di Genova 
ha rigettato quanto meno implicitamente la predetta argomentazione 
difensiva, avendo correttamente accertato -come risulta dalla esposizione 
del fatto, contenuta nella sentenza -che nella domanda presentata 
il giorno 19 luglio 1962 al giudice delegato dall'Ufficio del 
Registro non esisteva alcuna richiesta, neppure subordinata, di ammissione 
al passivo, bens� soltanto una richiesta di pagamento, in prededuzione, 
dell'imposta di registro, con espresso richiamo agli articoli 91 
e 111 della 1. f. Pertanto nessun obbligo aveva certamente, nella specie, 
il giudice delegato di procedere alla fissazione di un'udienza davanti a 
s� per la comparizione delle parti. 

Sempre con il secondo motivo di gravame, l'amministrazione ricorrente 
assume che, essendosi instaurato, a seguito dell'atto di citazione 
davanti al Tribunale di Savona, un ordinario processo di cognizione, 
l'eventuale nullit� od inidoneit� iniziale dell'atto di citazione 
stesso era stata sanata dal raggiungimento dello scopo. L'atto processuale 
formalmente anomalo (citazione ordinaria anzich� ricorso al 
giudice delegato ai sensi dell'art. 101 1. f.) avrebbe raggiunto ugualmente 
lo scopo della costituzione di un valido rapporto processuale 
e pertanto non vi sarebbe luogo per alcuna nullit�. 

Al riguardo, questo Supremo Collegio osserva che, se � vero che 
l'adozione della forma della citazione in luogo di quella del ricorso 
(o viceversa) non importa nullit� del procedimento, quando questo si 
sia svolto regolarmente e sia stata raggiunta la fondamentale finalit� 
di assicurare il legale contraddittorio tra le parti, nella specie tale 
principio non pu� trovare applicazione: infatti, nel caso in esame, non 
si � trattato semplicemente dell'adozione da parte dell'Amministrazione 
delle Finanze di una forma di atto introduttivo del giudizio 
diversa da quella prevista dalla legge (citazione in luogo di ricorso),. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1261 

ma � stata anche proposta l'azione in una sede diversa da quella prevista 
come necessaria ed obbligatoria, come si � detto, dalla disciplina 
speciale della legge sul fallimento. Proponendosi da parte del creditore 
l'azione nella sede giudiziaria ordinaria e non nell'ambito del procedimento 
fallimentare, non pu� ritenersi che sia stata semplicemente 
attuata dalla parte la proposizione della domanda in una forma diversa 
da quella tipica prevista dalla norma di rito: � accaduto, invece, che 
l'azione � stata introdotta anche in una sede processuale diversa da 
quella prevista come necessaria e inderogabile dal legislatore. 

Inoltre, anche a prescindere dalla suddetta considerazione, dovrebbe 
essere rilevato che l'adozione della forma della citazione in 
luogo dello specifico ricorso di cui all'art. 101 della legge falilmentare 
non potrebbe, in via generale, condurre a ritenere l'equivalenz,a dei due 
mezzi procedurali e l'esclusione della nullit� per il raggiungimento 
dello scopo a seguito della costituzione in giudizio del curatore del fallimento: 
infatti lo scopo immediato del ricorso di cui all'art. 101 I. f. 
non � propriamente quello di instaurare un ordinario giudizio di cognizione 
contro la curatela fallimentare relativamente all'accertamento 
del credito del ricorrente. L'instaurazione del giudizio contenzioso � 
meramente eventuale, presupponendo la contestazione da parte del curatore 
del credito tardivamente dichiarato. Il creditore che presenti 
insinuazione tardiva chiede unicamente di essere ammesso al passivo 
del fallimento e, se il curatore non contesta l'esistenza del credito e 
il giudice delegato lo ritiene fondato, il credito viene ammesso al passivo 
con semplice decreto. Con il comune atto di citazione questa fase 
necessaria dello speciale procedimento in esame verrebbe ad essere 
ovviamente omessa e tale omissione renderebbe impossibile l'esercizio 
da parte degli organi fallimentari, indebitamente privandoli, con ci� 
stesso, della facolt�, loro invece espressamente accordata dalla legge, 
di evitare il passaggio alla fase contenziosa del procedimento, mediante 
il riconoscimento del diritto del ricorrente. 

Anche il secondo mezzo di annullamento deve essere perci� respinto. 
Si ravvisano giusti motivi per la compensazione integrale, tra le 
parti, delle spese di questo giudizio di cassazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2175 -Pres. Rossano 
-Est. D'Armiento -P. M. Tavolaro (conf.). Ministero Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Fallimento Raineri (avv. Lorusso Caputi). 

Fallimento -Insinuazione tardiva -Obbli~o di costituzione -Sussistenza. 


(r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 98, comma terzo, 101, comma secondo; c. p. c., 
art. 165). 

1262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Fallimento -Istanza di insinuazione tardiva non iscritta a ruolo -
Riproponibilit� dell'istanza -Esclusione. 

(r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 98, comma terzo, ult. parte, 101, comma 
secondo). 
La norma di cui al terzo comma dell'art. 98 legge fallimentare, 
secondo la quale i creditori esclusi o ammessi con riserva, che propongano 
opposizione allo stato passivo, debbono costituirsi in giudizio almeno 
cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato, a 
pena di decadenza, � applicabile anche all'ipotesi di istanza di ammissione 
tardiva al passivo fallimentare (1). 

� inammissibile la riproposizione di una domanda di insinuazione 
tardiva al passivo falZimentare, precedentemente proposta e non iscritta 
tempestivamente a ruolo (2). 

(Omissis). -Con i due motivi di ricorso, strettamente connessi e 
interdipendenti, la ricorrente Amministrazione denunzia la violazione e 
falsa applicazione degli artt. 98-101 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, sostenendo 
che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto e dichiarato perenta 
la istanza di ammissione tardiva del credito, solo perch� parte attrice 
non aveva provveduto ad una tempestiva iscrizione a ruolo e costituzione. 
Ed invero -argomenta -anzitutto nei procedimenti che 
s'iniziano con ricorso, come quello di specie, la iscrizione a ruolo non 
� richiesta, perch� la costituzione avviene col semplice deposito del 
ricorso e pedissequo decreto del giudice, ritualmente notificato; in secondo 
luogo, non sussiste l'identit� di situazione, n� � configurabile 
analogia, fra l'istanza di insinuazione tardiva e quella d'impugnativa 
dello stato passivo, per cui non � dato parificare gli effetti della mancata 
costituzione nell'uno e nell'altro procedimento. 

Sostiene, infine, la ricorrente, che la sanzione d'improponibilit� 
di una nuova domanda di insinuazione tardiva, quando se n'� abbandonata 
un'altra, costituisce un formalismo ingiustificato. 

(1) La massima trova precedenti in termini nelle decisioni 18 luglio 
1960, n. 1999, Giust. civ., Mass., 1960, 774; 5 aprile 1960, n. 779, ivi, 1960, 
296 e 7 agosto 1959, n. 2490, ivi, 1959, 851, e deve perci� ritenersi espressione 
di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. 
(2) Non constano precedenti in termini. La massima lascia perplessi 
giacch�, come era stato sostenuto dall'Avvocatura in sede di ricorso, mentre 
l'opposizione allo stato passivo si inquadra nel regime delle impugnazioni 
(Cass., 28 ottobre 1965, n. 2286, Foro it., 1966, I, 673 e segg.), onde la sanzione 
di non riproponibilit� appare aderente �al sistema, l'insinuazione tardiva 
del credito non pu� essere assimilata ad un atto di impugnazione: 
sull'insinuazione tardiva v. Cass., 11 marzo 1966, n. 684, in questa Rassegna, 
1966, I, 348, con nota di F. CARusr. 
T. ALIBRANDI 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Il ricorso � infondato, alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale 
di questa Suprema Corte (cfr. sent. 7 agosto 1959, n. 2490; 
5 aprile 1960, n. 779 e 18 luglio 1960, n. 1999). 

Invero la dichiarazione tardiva di credito � regolata dall'art. 101, 
comma 1, 1. fall., ove � stabilito che le parti si costituiscono a norma 
dell'art. 98, comma 3. Questa disposizione, nel disciplinare l'opposizione 
dei creditori esclusi o ammessi con riserva, sancisce che � almeno 
cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato i creditori 
devono costituirsi. Se il creditore non si costituisce l'opposizione si 
reputa abbandonata �. 

Orbene, al cospetto di una normativa, la quale non solo impone 
all'attore di � costituirsi � in un dato termine, ma prevede, in mancanza, 
una presunzione iuris et de iure di abbandono dell'istanza, non appare 
sostenibile la tesi prospettata dalla ricorrente che, agli effetti della costituzione 
e di evitare la grave sanzione derivante dalla mancanza di 
essa, basti il deposito in Cancelleria del ricorso e del pedissequo decreto 
del giudice delegato, fissante l'udienza per la comparizione delle parti 
davanti a se stesso per la relativa discussione. 

Evidentemente, ed in mancanza di espressa volont� contraria e 
difforme, la normativa sopra richiamata ha inteso riferirsi alla normale 

� costituzione dell'attore �., prevista e disciplinata dall'art. 165 c. p. c., 
secondo cui la costituzione deve effettuarsi, a mezzo del procuratore, o 
personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria 
la nota di iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo, contenente l'originale 
della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. 
Quanto all'assunto che il richiamo all'art. 98, comma terzo, contenuto 
nell'art. 101, riguarda soltanto la prima parte del detto terzo 
comma, che regola i termini per la costituzione, e non la seconda, che 
concerne le conseguenze processuali della mancata costituzione, va osservato 
che l'assunto stesso � inconciliabile in primo luogo con la 
espressione letterale della norma, la quale esclude che siasi voluto limitare 
il rinvio al precetto e non alla sanzione, strettamente connessa col 
primo. L'assunto medesimo, inoltre, � in contrasto col criterio seguito dal 
legislatore di voler sottoporre i due istituti, dell'opposizione e dell'insinuazione 
tardiva, alla medesima disciplina giuridica, al fine di assicurare 
un rapido svolgimento della procedura di accertamento del passivo 
nell'interesse comune dei creditori. 

N� vale obbiettare che l'opposizione contro lo stato passivo del 
creditore escluso o ammesso con riserva s'inquadra nel regime delle 
impugnazioni, onde la non riproponibilit� del medesimo atto, mentre 
il processo d'insinuazione tardiva del credito non presuppone una precedente 
attivit� contenziosa e non ha carattere d'impugnazione c~ sia 
applicabile il principio della conservazione. La dichiarazione tardiva, 


1264 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

infatti, interviene dopo il procedimento di chiusura della verifica dei 
crediti -che secondo la giurisprudenza di questa Corte ha carattere giurisdizionale 
-ed ha per scopo di modificarne i risultati e le statuizioni. 

Deve pertanto concludersi, in piena conformit� con i precedenti 
giurisprudenziali richiamati, che la decadenza dall'opposizione allo stato 
passivo, per la mancata costituzione nel termine di cinque giorni prima 
dell'udienza fissata dal giudice delegato, � applicabile anche ai creditori 
che abbiano presentato dichiarazioni tardive di crediti; e che � 
inammissibile la riproposizione di una domanda d'insinuazione tardiva, 
precedentemente proposta e non iscritta a ruolo nel termine di cinque 
giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato (caso di specie). (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 11 agosto 1966, n. 2193 -Pres. 
Cannizzaro -Est. Aliotta -P. M. De Marco (conf.) -Luezza (avv. 
Della Pietra) c. Commissariato Nazionale Giovent� Italiana (avv. 
Stato Chiarotti). 

Procedimento civile -Poteri del giudice -Fatti modificativi ed estintivi 
del diritto provati in giudizio -Rilevabilit� � ex officio iudicis 
� in mancanza di apposita norma contraria -Sussiste Applicazione 
-Risoluzione consensuale di un contratto, risultante 
dagli atti di causa -Rilevabilit� � ex officio iudicis � -Sussiste. 


(c. p. c., arg. ex art. 112). 
Quando non si tratta di eccezione in senso proprio, non sussiste 
ii divieto di massima di cui all'art. 112 c.p.c., epper� i fatti modificativi 

o estintivi del diritto dell'attore acquisiti al processo, in mancanza di 
specifica norma contraria (come ad esempio quella di cui all'art. 1248 
e.e. per la compensazione e quella di cui all'art. 2938 e.e. per la prescrizione), 
possono e debbono essere rilevati anche d'ufficio dal giudice, 
nell'esercizio del suo potere-dovere di accertamento della fondatezza 
della domanda (applicazione al caso di risoluzione consensuale di un 
contratto, risultante dagli atti di causa e non eccepita dal convenuto) (1). 
(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunziando la 
violazione degli artt. 1371 e 2697 c. c., 112 e 260, nn. 3 e 5, c.p.c., sostiene 
che erroneamente la Corte di Appello aveva ritenuto che il contratto 

(1) Cfr. Cass., 13 aprile 1959, n. 1086, Giust. civ., 1959, I, 1010, con 
nota di GRANATA. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1265 

de quo era stato consensualmente :risolto dalle parti, in quanto la 
risoluzione contrattuale non era stata eccepita dal Commissariato G. I., 
il quale, invece, aveva dedotto in via principale la estinzione del contratto 
stesso per interitus rei, in conseguenza del perimento della cosa 
(il cinema) che ne era oggetto. In proposito, questa Corte ritiene di uniformarsi 
al principio accolto nella sentenza 13 aprile 1959, n. 1086, con 
la quale era stata ritenuta la rilevabilit� d'ufficio della risoluzione consensuale 
di un contratto. 

L'accettazione di tale principio implica la risoluzione di una delicata 
questione circa i limiti dei poteri del giudice di utilizzazione dei 
fatti modificativi ed estintivi del diritto dell'attore, la prova dei quali 
sia acquisita al processo, nel caso in cui il convenuto non abbia proposto 
la relativa eccezione. � da rilevare su questo punto che l'art. 112 
c.p.c., nel disciplinare i doveri e i poteri del giudice, pone una chiara 
distinzione tra <;lomanda ed eccezione. 

Infatti, mentr� per quanto attiene alla domanda stabilisce che il 
giudice deve pronunziare su tutta la domanda stessa e non oltre i limiti 
di essa, invece, per quanto attiene alle ec�cezioni, fissa un principiO meno 
rigoroso, limitandosi a stabilire che il giudice � non pu� pronunziare 
d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti �. 

Dal che, per argomento a contrariis, si deduce che, fuori da tale 
ipotesi, tutte le altre ragioni che possono portare al rigetto della do-_ 
manda sono rilevabili d'ufficio dal giudice. 

Orbene per eccezioni che possono essere dedotte soltanto dalle 
parti debbono intendersi quelle che, la pi� autorevole dottrina, gi� 
prevalente prima dell'entrata in vigore del vigente codice di rito, 
denomina � eccezioni in senso proprio � o � in senso stretto �, cio� quelle 
che corrispondono ad un controdiritto del convenuto diretto all'impugnazione 
del diritto fatto valere dall'attore. 

Per l'individuazione delle singole ipotesi di eccezioni in senso proprio 
soccorre talora la legge, stabilendo che determinati fatti modificativi 
o estintivi del diritto fatto valere dall'attore non possono essere 
presi in considerazione dal giudice, se non a seguito di proposizione di 
un'apposita deduzione difensiva da parte del convenuto, come ad esempio 
per la compensazione (art. 1248 c. c.) e per la prescrizione (art. 2938 

c. c.). 
Fuori da tali ipotesi, le eccezioni in senso proprio vanno individuate 
quando si contrappone alla domanda dell'attore un diritto di impugnazione 
che potrebbe farsi valere anche separatamente in via autonoma 
e 'senza l'ese11cizio del quale il diritto dell'attore non potrebbe 
essere disconosciuto. 

Trattasi in altri termini di quei diritti potestativi il cui esercizio 
da parte del titolare � necessario perch� si verifichi il mutamento della 
situazione giuridica preesistente alla quale esse tendono. 

8 
I 
I 
i 

l 


1266 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Invece tutti gli altri fatti estintivi o modificativi del diritto dell'attore, 
proprio perch� i relativi effetti si sono gi� verificati fuori del 
processo, senza che sia stato necessario un atto di giudiziale volont� del 
convenuto diretto alla loro costituzione, possono e debbono essere rilevati 
d'ufficio dal giudice nell'esercizio del potere-dovere di accertamento 
della fondatezza o meno della domanda. 

Naturalmente il giudice potr� rilevare i fatti estintivi o modificativi 

di cui trattasi soltanto se risultanti dagli atti, come quando sono am


messi dall'attore o dal convenuto. 

In applicazione di tali principi, per quanto pi� particolarmente inte


ressa il caso in esame, va considerato che la risoluzione consensuale di 

un contratto costituisce un fatto estintivo dei diritti nascenti dallo stesso, 

che si verifica ipso iure, per cui, in mancanza di una contraria disposi


zione di legge, deve ritenersi che tale fatto estintivo non dia luogo ad 

una eccezione in senso proprio. 

Si deve in conseguenza ritenere che, qualora, come nella specie, 
una parte faccia valere in giudizio un diritto derivante da un contratto 
e, pur in mancanza della relativa eccezione del convenuto, risulti dagli 
atti che il contratto � stato consensualmente risolto, la domanda dell'attore 
deve essere respinta per la �sua infondatezza, derivante dalla 
estinzione del diritto nascente dal contratto, del quale l'attore chiede la. 
tutela giurisdizionale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 settembre 1966, n. 2329 -Pres. 
Cannizzaro -Est. Felicetti -P. M. Raja (conf.) -Balestra e Del 
Drago (avv. Ferrari, Liuzzi, Tamburini) c. Ministero della Pubblica 
Istruzione (avv. Stato Chiarotti). 

Esecuzione forzata -Giudice dell'esecuzione -Poteri -Attivit� or-. 
dinatoria. 

(c. p. c., artt. 484, 487). 
Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Provvedimento 
con cui il Pretore, in veste di giudice dell'esecuzione per� 
consegna di cose mobili, pronuncia sull'istanza di sospensione del 
processo esecutivo proposta in seguito ad opposizione all'esecuzione 
-Forma e sostanza ordinatoria -Regolamento di compe-. 
tenza contro tale provvedimento -Inammissibilit�. 

(c. p, c., artt. 16, comma primo, 42, 615, 616, 624, 625). 
Nei sistema del vigente codice di rito H Giudice deU'esecuzione non. 
ha poteri decisori in senso proprio, ma soia ordinatori, giacch� La sede 
esecutiva propriamente detta non � sede contenziosa; non � chiamato� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1267 

a ius dicere, ma solo investito della funzione di dirigere e condurre 
a termine il procedimento esecutivo e, quindi, autorizzato soltanto a 
compiere gli atti strumentali o finali di esso; epper�, a meno che la 
legge non disponga diversamente, egli non pu� pronunciare sentenze, 
ma solo ordinanze (1). 

Il provvedimento, con il quale il Pretore, in veste di giudice dell'esecuzione, 
accoglie o respinge l'istanza di sospensione in pendenza 
di opposizione ex art. 615 c.p.c. e d� disposizioni per la trattazione 
della causa d'opposizione nella sede competente, ha forma e sostanza 
meramente ordinatorie, onde contro di esso non � ammissibile iL regolamento 
di competenza (2). 

(Omissis). -La proposta istanza per regolamento di competenza 
� inammissibile, mancando nel provvedimento impugnato sia la forma 
che il contenuto sostanziale di una sentenza. 

Trattasi, invero, di un provvedimento con il quale il Pretore, in 
veste di giudice dell'esecuzione per consegna di cose mobili (art. 16, 
primo comma, c.p.c.) ed in seguito ad incidente sorto davanti all'ufficiale 
giudiziario procedente (art. 610), ha pronunciato sull'istanza di sospensione 
del processo esecutivo, che gli veniva proposta a sensi degli artt. 624 
e 62�5 c.p.c. e che era stata motivata con la pendenza di due cause per 
opposizione all'esecuzione in corso; ed ha altres� dato disposizioni per 
la trattazione di tali cause nella sede competente, senza risolvere (ed 
in quella sede non avrebbe avuto potest� di farlo) alcuna questione di 
competenza, in ordine alla quale, peraltro, nessuna controversia era 
insorta fra le parti. 

Infatti il Pretore, nella suddetta qualit�, ha espressamente avvertito 
di voler delibare il contenuto delle opposizioni, proposte. separatamente 
dalle parti interessate a resistere all'esecuzione, all'unico fine 
di .valutare l'opportunit� dj sospendere quest'ultima e, ravvisati i � gravi 
motivi � richiesti dall'art. 625 c.p.c. ha accolto l'istanza di sospensione. 

(1) Cfr. Relazione al Re al Cod. proc. civ., par. 31: nel processo esecutivo 
� non si tratta pi� di decidere, ma di operare in conformit� di un titolo 
gi� di per s� esecutivo�. 
I poteri del giudice dell'esecuzione sono attinenti all'ordine dell'esecuzione. 
La forma normale dei suoi provvedimenti � l'ordinanza (art. 487 

c. p. c.). La forma della sentenza � adottata � sol quando il pretore ad un 
tempo adempie alle funzioni del giudice dell'esecuzione ed � competente 
per valore a decidere sulle controversie in sede di distribuzione del prezzo 
ricavato dalla vend1ta mobiliare (art. 512), sulle contestazioni della dichiarazione 
del terzo pignorato (art. 548), e sulle opposizioni preventive alla 
ordinanza di vendita e d'assegnazione mobiliare (art. 530) �: ANDRIOLI, Commento 
al codice di procedura civile, vol. III, Napoli, 1957, 69. 
(2) Cfr. Cass., 29 maggio 1964, n. 1331, Giust. civ., Mass., 1964, 603, 
sub 2; v. anche Cass., 10 agosto 1963, n. 2270, id., Mass., 1963, 1065, sub 1. 
! 


I 


I 



1268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Riferendosi poi al disposto dell'art. 616 c.p.c. lo istesso Pretore, senza 
risolvere alcun contrasto fra le parti in materia di competenza, ha ritenuto 
che la cognizione della causa di opposizione all'esecuzione promossa 
a norma dell'art. 615 c.p.c. non apparteneva al suo ufficio giudiziario, 
ma, per �ragioni di valore, al Tribunale di Firenze ed ha assegnato 
un termine per riassumere le istanze davanti a quel Tribunale. 

Cosi provvedendo, il suddetto giudice dell'esecuzione si � mantenuto 
nella veste e nella sede nella quale era stato adito, com'� appunto previsto 
dagli artt. 624, 625 e 616 c.p.c., ch'egli ha dichiarato di applicare. 
Pertanto, sia sotto il primo aspetto (sospensione dell'esecuzione), in ordine 
al quale, peraltro, non pu� sorgere dubbio, sia sotto il secondo 
aspetto (rimessione delle cause di opposizione al giudice ritenuto competente 
per valore), al provvedimento in esame non pu� attribuirsi natura 
sostanziale di � sentenza �. 

Questa Corte Suprema ha avuto occasione di esaminare la questione 
con riferimento al caso di diniego della sospensione del procedimento 
esecutivo ed ha riconosciuto che il provvedimento con il quale il Pretore 
respinge l'istanza di sospensione in pendenza di opposizione ex 
art. 615 e.e. e rimette le parti davanti al Tribunale competente per la 
cognizione di tale opposizione ha forma e sostanza meramente ordinatoria 
e pertanto contro tale provvedimento non � ammissibile il regolamento 
di competenza (v. sent. n. 1331 del 1964; n. 2270 del 1963). 

Tale principio dev'essere applicato nel caso di specie, ricorrendone 
esattamente le condizioni e la ragion d'essere. �, infatti, irrilevante dal 
punto di vista logico l'esito positivo anzich� negativo dell'istanza di 
sospensione ed identica � la situazione processuale; mentre il fondamento 
giuridico del principio stesso va ricercato nel rilievo che i�l giudice 
dell'esecuzione, nel sistema del codice di rito, non ha poteri decisori 
in senso proprio, ma poteri meramente ordinatori, giacch� la sede 
esecutiva propriamente detta non � sede contenziosa. Il giudice dell'esecuzione 
(analogamente al giudice istruttore nel processo di cognizione) 
non � organo chiamato a ius dicere, ma � solo un magistrato 
investito della funzione di dirigere e condurre a termine il procedimento 
esecutivo e quindi autorizzato solo a compiere gli atti strumentali 
o finali di esso (art. 487, in relazione agli artt. 174, 175, 116 
e 186, c.p.c.). 

Sicch�, a meno che la legge � non disponga diversamente � (art. 487), 
egli non pu� pronunciare sentenze, ma solo ordinanze. 

La cognizione delle controversie di qualsiasi natura, che -sotlanto 
a mezzo delle opposizioni previste dalla legge -possono insorgere nel 
corso del procedimento esecutivo, e quindi la potest� di decidere con 
l'efficacia sostanziale dalla sentenza qualsiasi questione, sia essa attinente 
ai presupposti processuali che al merito dei giudizi cognitori collateralmente 
instituibili mediante le cennate opposizioni, non spettano al 

-



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1269 

giudice dell'esecuzione, ma al giudice -organo di giurisdizione (singolo 

o collegiale) indicato dalla legge ed al quale il primo deve rimettere le 
relative cause. 
Che tale rimessione sia meramente ordinatoria � confermato dalla 
considerazione che la competenza � uno dei presupposti processuali e 
pertanto qualsiasi pronuncia decisoria su di essa non pu� provenire se 
non dal giudice davanti al quale il processo � instaurato. Ogni giudice, 
d'altra parte, pu� solo giudicare della competenza propria, non di quella 
di altri. 

A fortiori non pu�, quindi, riconoscersi al giudice dell'esecuzione anche 
per tale motivo -la potest� di decidere, con eventuale efficacia 
di giudicato, sulla competenza del (futuro) giudice del processo di cognizione, 
cui dar� luogo l'opposizione del debitore o di terzi, ma solamente 
a questo giudice una tale potest� pu� essere riconosciuta. 

Vertendosi, pertanto, nel caso di un provvedimento, cui non pu� 
essere attribuita la natura sostanziale di una sentenza che abbia deciso 
fra le parti una questione di competenza (art. 41 c.p.c.), dev'essere dichiarata 
l'inammissibilit� del ricorso, con la condanna delle ricorrenti 
al pagamento delle spese processuali. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 settembre 1966, n. 2371 -Pres. 
Vallillo -Est. Salemi -P. M. Raja (conf.). -Fallimento Andreoli 
e Zanella (avv. Gagliardi U., Cattaneo U.) c. Amministrazione 
Ferrovie dello Stato (avv. Stato Gentile). 

Prescrizione -Responsabilit� civile -Diritto al risarcimento del danno 
derivante dalla circolazione dei veicoli di ogni specie -Prescrizione 
biennale -Applicabilit� a tutte le ipotesi di danno derivante da illecito 
strettamente connesso alla circolazione del veicolo -Sussiste Situazione 
del danneggiato nei confronti del veicolo danneggiante Irrilevanza. 


(e.e., art. 2947, comma secondo). 

Il termine bienn(lle di prescrizione del diritto al risarcimento del 
danno derivante dalla circolazione dei veicoli di ogni specie, previsto 
dal secondo comma dell'art. 2947 e.e., si applica a tutte le ipotesi di 
danni prodotti da fatto illecito strettamente connesso alla circolazione 
del veicolo, senza che possa aversi riguardo alla particolare causa 
generatrice del danno, n� alla situazione in cui si trovi il danneg


.. 


-l 



1270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giato nei confronti del veicolo danneggiante (e cio� senza distinguere 
tra persone trasportate dal veicolo medesimo e terzi estranei) (1). 

(Omissis). -Il giudice di rinvio ha anche direttamente esaminato 
la questione, se la prescrizione biennale stabilita dal comma secondo 
dell'art. 2947 si applichi all'azione per risarcimento dei danni proposta 
dalle persone trasportate, e, richiamandosi alla giurisprudenza di questa 
Corte, ha ritenuto che detta norma contempla tutte le ipotesi di 
danni prodotti da fatto illecito della persona che circola col veicolo, 
senza che possa aversi riguardo alla situazione giuridica in cui si trovi 
il danneggiato (cio� senza distinguere tra persone traspo�rtate dal veicolo 
medesimo e terzi estranei) nei confronti del veicolo danneggiante, 
n� alla causa generativa del danno, essendo sufficiente, ad integrare 
l'ipotesi regolata dalla norma predetta, che il danno tragga origine da 
un qualunque fatto illecito, che sia strettamente connesso alla circolazione 
del veicolo. 

Siffatta interpretazione, data dal giudice di rinvio alla norma in 
questione, si adegua perfettamente alla giurisprudenza di questa Corte, 
ribadita anche con recenti decisioni (vedi sent. n. 2259 dell'anno 1965 
e n. 1829 dell'anno 1964). 

In �Conseguenza, anche se, per ipotesi, volesse ritenersi, come 
si sostiene dai ricorrenti, che l'applicazione, nella specie, della prescrizione 
biennale non fosse determinata dall'obbligo, per il giudice 
di rinvio, di uniformarsi ai principi di diritto fissati dalla Cassazione 
con la sentenza rescindente, e che tale giudice dovesse direttamente 
esaminare la questione, se fosse applicabile la prescrizione biennale 

(1) V. Cass., 27 ottobre 1965, n. 2259, Giust. civ., Mass., 1965, 1153, 
sub 2, secondo la quale �la prescrizione biennale stabilita dal comma secondo 
dell'art. 2947 c. c., pur riferendosi unicamente alle obbligazioni derivanti 
da responsabilit� extracontrattuale per fatto i1lecito, � applicabile 
eccezionalmente anche in ordine al risarcimento dei danni arrecati alla persona 
trasportata, in quanto il danno che il viaggiatore subisce � arrecato 
tanto in violazione di un obbligo derivante dal contratto di trasporto 
(danno contrattuale), quanto in violazione dalla norma da cui discende il 
diritto assoluto all'integrit� fisica e sotto questo aspetto si configura come 
danno extracontrattuale �; v. anche Cass., 11 luglio 1964, n. 1829, in questa 
Rassegna, 1964, I, 892, sub 2 ed ivi ulteriori riferimenti. Sull'argomento 
della prescrizione dell'azione contrattuale e di quella extracontrattuale, 
in materia di trasporto di persone da parte delle FF.SS., v. Relazione dell'Avvocatura 
dello Stato per gli anni 1961-1965, vol. III, Roma, 1966, 221 
e seg. Beninteso, l'insegnamento della sentenza in rassegna non ha nulla a 
che vedere con la ratio che presiede alla presunzione di cui all'art. 2054 c. c., 
applicabile solo per i danni cagionati dalla circolazione del veicolo ai terzi 
utenti della strada, ma non anche per i danni subiti dalle persone trasportate: 
su tale diversa ratio v. Cass., 23 ottobre 1965, n. 2214, Riv. giur. circ. 
e trasp., 1966, 75, sub 2 (76); 29 ottobre 1965, n. 2296, ibidem, 53. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1271 

(ex secondo comma dell'art. 2947), ovvero quella quinquennale (ex 
primo comma dell'articolo medesimo), dovrebbe riconoscersi che il 
giudice di merito ha in effetti ottemperato a tale compito e che la sua 
statuizione, sul punto, non merita censura, in quanto � informata ad 
esatti principi giuridici, non ritenendo questa Corte di modificare il 
proprio consolidato orientamento, che va mantenuto fermo, poich� non 
sussistono apprezzabili motivi in contrario e gli stessi ricorrenti, che 
ne auspicano il mutamento, si limitano a richiamare una corrente 
dottrinaria, le cui argomentazioni furono, in sostanza, gi� considerate, 
e non prospettano alcun motivo nuovo, che consigli detto mutamento. �(
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 23 settembre "1966, n. 2385 -Pres. 
Cannizzaro -Est. Aliotta -P. M. Pedace (conf.) -Chinetti (avv. 
Sorge G., Iacobelli) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato 
(avv. Stato Pietrini -Pallotta). 

Responsabilit� civile -Risarcimento del danno -Giudizio di liquidazione 
-Questione della incidenza della svalutazione monetaria -Rilevabilit� 
di ufficio -Sussiste. 

(c. c., artt. 1223, 2043, 2056). 
Responsabilit� civile -Risarcimento del danno -Danno emergente Domanda 
di rimborso delle spese sostenute dal danneggiato per 
eliminare le conseguenze dannose del fatto illecito -Correlativa 
obbligazione del responsabile del danno -Debito di valuta -Insuscettlbilit� 
di rivalutazione -Sussiste. 

(c. c., artt. 1223, 1277, 2043, 2056). 
La questione della incidenza della svalutazione monetaria nel giudizio 
di liquidazione del danno da fatto illecito � rilevabile anche di 
ufficio dal giudice di merito e non �, quindi, necessaria un'apposit'L 
domanda di rivalutazione della parte interessata (1). 

(1) Ed infatti, osserva Cass., 18 aprile 1966, n. 963, Giur. it., Mass., 
1966, 427, che �l'obbligo del risarcimento del danno, sia che esso derivi 
da responsabilit� per illecito �contrattuale, come previsto nell'art. 1223 e.e., 
sia che si ricolleghi a responsabilit� extracontrattuale, come previsto nell'art. 
2043 c. c., che trova riscontro, per i fatti illeciti costituenti reato, 
nella norma dell'art. 185 c. p., avendo come contenuto la reintegrazione del 
patrimonio del danneggiato nella situazione economica preesistente al momento 
della perpetrazione dell'illecito, ha natura di debito di valore.. esso 
si trasforma in debito di valuta soltanto al momento della liquidazione, 
j 

I 

i 

1 

! 


1272 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'obbligazione avente per oggetto il rimborso di spese sostenute 
dal danneggiato per eliminare le conseguenze pregiudizievoli di un 
fatto inecito ha natura di debito di valuta e, come tale, non � suscettibile 
di rivalutazione in relazione al mutato potere di acquisto della 
moneta: ed infatti, in tale ipotesi, l'obbligazione risarcitoria, anche se 
avente originariamente carattere di debito di valore, viene a concretarsi, 
per fatto volontario del creditore, in una determinata somma di 
danaro, della quale si chiede il rimborso (2). 

(Omissis). -Fondato � anche il secondo motivo, con il quale la 
ricorrente, denunziando la violazione dei principi di diritto sulla rivalutazione 
dei debiti di valore e difetto di motivazione, sostiene: 

a) che erroneamente la Corte di Appello ha escluso la rivalutazione 
dei debiti di valore in dipendenza della svalutazione monetaria 
verificatasi dopo la pronunzia del Tribunale, non considerando che non 
era in proposito necessaria una specifica richiesta della parte, dovendo 
essere rilevata anche d'ufficio dal giudice del gravame e che nel merito 
non poteva essere esclusa solo perch� era rimasto accertato che si 
trattava di svalutazione di lieve portata; 

b) che del pari erroneamente la Corte di Appello aveva omesso 
di provvedere alla rivalutazione del danno da inabilit� permanente. 

Infatti, per quanto attiene alla censura sub a), va precisato che, come 
� ormai jus receptum di questa Corte, la questione della incidenza della 
svalutazione monetaria nel giudizio di liquidazione del danno � rilevabile 
anche d'ufficio dal giudice di merito e non � quindi necessaria, 
come erroneamente ritenuto dalla Corte di Appello, una apposita domanda 
della parte interessata. 

per cui deve tenersi conto della eventuale svalutazione della moneta, 
verificatasi nelle more �; v. anche, per il corollario della proponibilit� di 
esplicita richiesta di rivalutazione anche in grado di appello, Cass., 23 luglio 
1966, n. 2034, ibidem, 901. 

(2) Cfr. Cass., 18 aprile 1966, n. 963, cit. a nota 1: � l'obbligazione di 
risarcimento non muta la sua natura giuridica, che � sempre di debito di 
valore, se al momento della sua produzione il danno consiste nella perdita 
di una determinata somma di danaro, costituendo questo soltanto un eiemento 
per la commisurazione dell'ammontare dello stesso, mentre l'obbligazione 
risarcitoria conserva la sua natura di debito di valore ed � quindi 
suscettibile di .riv�alutazione in relazione alle fluttuazioni del potere di 
acquisto del.la moneta. Unica eccezione deve farsi per le somme spese dal 
danneggiato per eliminare gli effetti dannosi dell'illecito, poich� in tale 
ipotesi l'obbligazione risarcitoria, per fatto volontario del creditore, si � 
ormai cristallizzata in una determinata somma di danaro, della quale si 
chiede il rimborso, per cui ha assunto carattere di obbligazione pecuniaria �. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1273 

D'altra parte non pu� essere esclusa la liquidazione di tale ulteriore 
danno soltanto perch� nel caso concreto il fenomeno della svalutazione 
monetaria sia di lieve entit�, in quanto non � consentito al 
giudice di privare la parte di un suo diritto anche se di limitato valore 
economico. 

Per quanto attiene poi alla censura sub b), � evidente l'errore commesso 
dalla Corte di Appello, che non ha proceduto alla rivalutazione 
del danno per inabilit� permanente, omettendo in proposito ogni motivazione. 


Infondato � invece il terzo motivo, con il quale la Chinetti, denunziando 
la violazione degli artt. 1277 e 2056 e.e., in relazione all'art. 360, 

n. 3, c.p.c., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte 
di Appello, la somma liquidata per danni consistenti in spese di cura 
sostenute da essa ricorrente aveva natura di debito di valore ed era 
perci� suscettibile di rivalutazione monetaria. 
� infatti jus receptum di questa Corte che l'obbligazione avente 
per oggetto il rimborso di spese sostenute dal danneggiato per eliminare 
le conseguenze dannose di un fatto illecito ha natura di debito 
di valuta e, come tale, non � suscettibile di rivalutazione in relazione 
al mutato potere di acquisto della moneta, perch� in tale ipotesi l'obbligazione 
risarcitoria, anche se avente originariamente carattere di 
debito di valore, si � ormai, per cos� dire, cristallizzata per fatto volontario 
del creditore in una determinata somma di denaro, della quale si 
chiede il rimborso; per cui ha assunto carattere di obbligazione pecuniaria, 
non suscettibile quindi di rivalutazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2613 -Pres. Vistoso 
-Est. Onnis -P. M. Tavolaro (conf.) -Amministrazione delle 
Finanze (avv. Stato Varvesi) c. Istituto Autonomo Case Popolari 
della Provincia di Parma (avv. ]annone). 

Procedimento civile -Proposizione di domande nuove nel corso del 
giudizio di primo grado -Mancanza di tempestiva eccezione della 
controparte di inammissibilit� delle medesime -Acquisizione delle 
domande nuove al processo -Sussiste. 

(c. p, c., arg. ex artt. 99, 163, 183, 184). 
In caso di proposizione di domande nuove nel corso del giudizio 
di primo grado, qualora il convenuto siasi limitato a concludere chie


dendo il rigetto di tutte le avverse domande, v'� un'implicita accettazione 
del contraddittorio anche sulle domande nuove, le quali, in 



1274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mancanza di tempestiva eccezione di inammissibilit� delle medesime, 
restano acquisite al processo, non essendo il divieto di tale proposizione 
imposto a pena di nuUit� (1). 

(Omissis). -� fondata la seconda censura. Sulla questione, se la 
richiesta degli interessi, avanzata per la prima volta nelle conclusioni 
finali, costituisce precisazione della domanda proposta, ovvero domanda 
nuova � assorbente di ogni altra la considerazione che anche in quest'ultimo 
caso la richiesta avrebbe dovuto essere presa in esame, alla stregua 
del principio pi� volte affermato da questo Collegio Supremo, secondo 
cui il divieto di proporre nuove domande nel corso del giudizio di primo 
grado non � imposto a pena di nullit� e, pertanto, se la parte non 
eccepisce tempestivamente la preclusione, le domande stesse restano 
acquisite al processo (da ultimo, Cass., 6 agosto 1965, n. 1899). 

Nella specie, avendo il convenuto concluso �Chiedendo il rigetto 
di tutte le avverse pretese, aveva, implicitamente, chiesto il rigetto 
anche della nuova domanda degli interessi, accettando cos� il contraddittorio 
sulla domanda stessa anzich� eccepirne la preclusione come bene 
ne avrebbe avuto la possibilit�. 

Pertanto, accogliendo, per quanto di ragione, l'unico mezzo, la 
denunciata sentenza deve essere cassata, con rinvio della causa ad altra 
Corte d'Appello, la quale si uniformer� al principio di diritto dianzi 
enunciato. -(Omissis). 

(1) Confr. Cass., 6 agosto 1965, n. 1899, Giust. civ., 1965, I, 1964; 4 giugno 
1965, n. 1113, Giur. it., Mass., 1965, 403, le quali avvertono che il divieto 
di proporre domande nuove � inderogabile solo nel giudizio di appello. 
Sulla portata del divieto, nel giudizio di primo grado, v. Cass., 
7 giugno 1965, n. 1131, Giust. civ., 1965, I, 2036: �alle parti non � consentita 
la proposizione di domande nuove, che �esorbitano dall'ambito del petitum, 
cos� come delineato nell'atto di citazione o nella comparsa di risposta, che 
cio� rappresentino una mutatio e non una emendatio libelli, ma esse possono 
sempre, sia in primo che in secondo grado precisare o chiarire il 
nomen juris delle pretese da esse fatte valere in giudizio, modificare le 
domande e le eccezioni, mutare la causa petendi, nonch� avvalersi di nuove 
argomentazioni e difese, purch�, non immutino gli elementi di fatto gi� 
dedotti, che delimitano l'oggetto della controversia �. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 ottobre 1966, n. 2641 -Pres. 

Scarpello -Est. Cortesani G. -P. M. Tavolaro (parz. diff.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Lancia) c. Giuliana (intimato). 
Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Ord.inamento amm.
inistrativo -Competenza degli organi -Criteri fondamentali di 
ripartizione -Inderogabilit� -Eccezioni -Avocazione e delegazione 
Criteri 
ispiratori Presupposti 
e condizioni. 
:ii 
~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1275 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Amministrazione 
delle finanze -Intendente di finanza -Funzioni. 

(r. d. 26 settembre 1869, n. 5286; r. d. 17 novembre 1869, n. 5344; r. d. 22 
aprile 1910, n. 216; 1. 23 aprile 1911, n. 509; r. d. 19 aprile 1932, n. 938; r. d. 
30 dicembre 1924, n. 3281; 1. 7 gennaio 1929, n. 4; 1. 23 marzo 1933, n. 185; 
d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639; d. 1. 19 ottobre 1938, n. 1933; 1. 19 giugno 1940, 
n. 762; 1. 17 luglio 1942, n. 907; d. 1. 7 maggio. 1948, n. 1173; 1. 3 gennaio 1951, 
n. 27; d. P. R. 4 novembre 1955, n. 72; d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645). 
Catasto -Atti di trasferimento di immobili -Voltura -Documenti da 
esibire -Certificato catastale -Tipo di frazionamento -Richiesta 
dell'Ufficio tecnico erariale di rettifica entro determinato termine 
del tipo di frazionamento irregolare -Inottemperanza da parte del 
tecnico sottoscrittore -Conseguenze -Rettifica d'ufficio a spese 
del tecnico ed irrogazione di pena pecuniaria -Recupero delle spese 
di rettifica -Competenza esclusiva del Procuratore del Registro Esclusione 
-Potere dell'Intendente di Finanza non solo di irrogare 
la pena pecuniaria ma anche di richiedere direttamente il pagamento 
delle spese di rettifica del tipo di frazionamento -Sussiste. 

(t. u. 8 ottobre 1931, n. 1572, artt. 56, 57, 60; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 55 
e segg.). 
Atti amministrativi -Ingiunzione del Procuratore del Registro ex 
artt. 2 e segg. t. u. 14 aprile 1910, n. 639 -Ordinanza dell'Intendente 
di finanza ex artt. 55 e seg. 1. 7 gennaio 1929, n. 4 -Comunanza di 
natura. 

(t. u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2 e segg.; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 55 e seg.). 
Nell'ordinamento amministrativo la competenza va ripartita fra i 
-vari organi in base al triplice, fondamentale criterio della materia, del 
grado e del territorio. Essa conferisce ad ogni pubblico ufficio una 
propria autonomia nella esplicazione delle sue specifiche attribuzioni 
ed i principi che la regolano sono, in linea generale, inderogabili. In 
�ordine alla competenza per grado, tuttavia, la relativa disciplina pu�, 
talora, subire una deroga: ci� � possibile, in via del tutto eccezionale, 
mediante il ricorso a due distinti istituti: l'avocazione e la delegazione, 
-ciascuno dei quali si ispira a un diverso ed opposto criterio. Col primo, 
infatti, l'autorit� superiore pu� sostituirsi a quella inferiore nella trattazione 
di un determinato affare, mentre col secondo � l'ufficio inferiore 
che viene investito da quello superiore del disimpegno di una specifica 
funzione; tutto ci� trova la sua ratio nel principio che la P. A., pur congegnata 
gerarchicamente nel disimpegno delle sue attivit� attraverso 
una suddivisione di organi ed una ripartizione di competenze, � tuttavia 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1276 

preposta all'esercizio di una funzione unitaria nel suo risultato finale. 
Naturalmente, agli istituti anzidetti � consentito fare ricorso solo se 
concorrono determinati presupposti e condizioni di legge. Segnatamente, 
in riferimento all'avocazione, va osservato che essa pu� trovare concreta 
applicazione non solo quando una esplicita disposizione di legge lo consenta, 
ma altresi nei casi in cui possa escludersi che la competenza sia 
stata attribuita all'ufficio inferiore in considerazione di una specifica 
idoneit�. con sottrazione al superiore del potere di annullamento e di 
riforma del provvedimento dell'inferiore: queste limitazioni trovano a 
loro volta giustificazione in motivi di ordine pubblico, in quanto la speciale 
competenza di un determinato organo rende insostituibile l'attribuzione 
del relativo potere e, d'altra parte, il passaggio della medesima 
potest�. all'ufficio superiore precluderebbe al singolo, nei casi consentiti 
dalla legge, il rimedio del ricorso gerarchico (1). 

(1) Avverte la sentenza che �il problema della competenza intesa 
come il potere-dovere conferito dalla legge a un determinato organo per 
il compimento di uno specifico atto si pone, ovviamente, anche in diritto 
amministrativo, sia pure con criteri e presupposti diversi rispetto ai principi 
processualistici che disciplinano la materia nel campo dei rapporti civili. 
Ogni comando giuridico, destinato ad operare all'esterno dell'organizzazione 
amministrativa, non solo � caratterizzato dal contenuto e dalla forma, ma, 
per essere operante nei confronti di coloro ai quali � rivolto, deve anche 
provenire da un organo (sia esso costituito da una persona singola o da 
un ente collegiale), cui la legge abbia espressamente demandato la relativa 
funzione. L'efficacia di un atto amministrativo �, dunque, condizionata al 
cOlncorso dei requisiti anzidetti, in difetto dei quali esso resta privo di 
rilevanza giuridica � : ma occorre distinguere tra incompetenza assoluta 
(o straripamento di potere), �che si verifica quando un'autorit� amministrativa, 
senza che la legge espressamente lo consenta, emana un atto che, 
per la sua sostanza, costituisce esercizio di funzione non amministrativa, 
ma legislativa o giurisdizionale � (Gu1cCIARDI, La giustizia amministrativa, 
Padova, 1954, 21) ed incompetenza relativa, che ricorre � ogni qualvolta 
l'atto che si considera costituisce esercizio di attribuzioni che, per ragione 
di materia, di territorio, o di grado, spettano ad un'autorit� amministrativa 
diversa da quella che l'ha ,emanato � (GmccIARDI, op. Zoe. citt.). L'incompetenza 
relativa d� luogo all'annullabilit� dell'atto e perci� deve essere fatta 
valere nei modi e termini di legge: Relazione dell'Avvocatura dello Stato 
per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 7 e seg., ove giurisprudenza del 
C. S. e questa anche in ordine alla sanabilit� del vizio; v. anche Relazione 
dell'Avvocatura dello Stato per gli 1961-1965, voi. III, Roma, 1966, 7; in dottrina 
v. SANDULLI, Per la delimitazione del vizio di incompetenza degli atti 
amministrativi, Rass. dir. pubbl., 1948, I, 25 e 101. Sul rapporto di gerarchia 
v. VITTA, Diritto amministrativo, vol. I, Torino, 1949, 167 e segg., il quale 
avverte che la gerarchia comprende un potere fondamentale, senza del 
quale non pu� sussistere, e cio� il potere di dare ordini all'inferiore e che, 
in mancanza di apposita norma, l'avocazione non � ammissibile, salvo che: 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1277 

Tra le molteplici funzioni demandate all'Intendente di Finanza, fra 
l'altro, dal r. d. 17 novembre 1869, n. 5344, dalla l. 23 marzo 1933, n. 185 
e dal r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639 rientrano, oltre alle attribuzioni specifiche 
per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, anche 
la suprema direzione dei servizi degli uffici, compresi quelle esecutivi, 
posti aUe sue dipendenze e la vigilanza su tutte le pubbliche entrate: 
nell'ambito della Provincia l'Intendente �, dunque, l'organo finanziario 
posto al vertice della piramide gerarchica e, per ci� stesso, titolare di 
quei poteri di supremazia che, sul piano amministrativo, gli sono propri 
in conseguenza di siffatta qualit� (2). 

A norma degli artt. 56 e 57 t. u. 8 ottobre 1931, n. 1572 delle leggi 
sul nuovo catasto � prescritta, per gli atti di trasferimento di immobili, 
l'esibizione del certificato catastale ai fini della voltura e, nel caso di 
frazionamento di particella, del corrispondente tipo, da eseguirsi a cura 
di un ingegnere, geometra o perito agrimensore. Ove il tipo di frazionamento 
non risulti regolare e il tecnico, sottoscrittore di esso, non ne 
curi la rettifica nel tempo all'uopo fissato dall'amministrazione del catasto 
e dei servizi tecnici erariali, questa vi provvede d'ufficio a spese del tecnico 
ed il relativo importo viene iscritto dal procuratore del registro sopra 
apposito campione per operarne il recupero. � da escludere, comunque, 
che per tale recupero sussista la competenza esclusiva del procuratore 
del registro, poich� nessuna specifica attribuzione funzionale � all'uopo 
prevista dal citato t.u. del 1931 nelle operazioni concernenti la formazione 
del nuovo catasto, onde il recupero medesimo deve ritenersi affidato 
a quell'organo solo in virt� di un generale potere di riscossione 
delle entrate patrimoniali dello Stato, allo stesso dalla legge conferito. 

a) le fonti abbiano attribuito la competenza in modo generico ad un determinato 
ramo dell'amministrazione, di cui l'inferiore ed il superiore fanno 
parte: in tal caso � i~ superiore ha poteri eguali a quelli dell'inferiore � ; 
b) l'autorit� inferiore abbia omesso di provvedere senza giustificato motivo, 
sebbene a ci� espressamente richiamata dall'autorit� superiore: in tal caso 

� l'avocazione � consentita affinch� l'A. P. non resti inerte di fronte alle 
necessit� del servizio �. Anche pel caso di delega si avverte che essa deve 
essere consentita dalla legge; nel silenzio di questa, pu� ammettersi �soltanto 
nel caso di competenza indistinta fra superiore ed inferior�e � : VITTA, 
op. cit., vol. cit., 169. il opportuno avvertire, infine, che la delegazione 
(amministrativa) interorganica, come autonomo istituto, fondato su specifiche 
norme di legge (delegatorie), prescinde dal rapporto di gerarchia: 
MIELE, Delega (dir. amm.), in Enciclopedia del diritto, vol. XI, Milano, 
1962, 914. 

(2) Cfr. DE LucA A., Le Intendenze di finanza, Dir. e prat. trib., 1951, 
I, 74; LICCARDO F., La vera funzione delle Intendenze di finanza nel quadro 
del decentramento regionale, Rass. fin. pubblica, 1956, I, 80; MAZZILLI T., 
-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secondo il successivo art. 60 del t. u. del 1931 detta inadempienza comporta, 
inoltre, una pena pecuniaria, all'applicazione della quale provvede 
l'Intendente di finanza, competente per territorio, ai sensi degli 
artt. 55 e segg. l. 7 gennaio 1929, n. 4 .(3). 

Deve disconoscersi che tra il procedimento di coazione ex artt. 2 
e segg. t. u. 14 aprile 1910, n. 639 e quello contemplato dagli artt. 55 e 
seg. l. n. 4 del 1929 sussista una sostanziale difformit� di contenuto. 
Invero, quest'ultima legge ha demandato all'Intendente di Finanza speciali 
poteri relativi sia alla cognizione delle contravvenzioni per le quali 
sia stabilita la sola pena dell'ammenda (art. 21, n. 1) che all'applicazione 
delle pene pecuniarie (art. 55). Nel primo caso l'Intendente emette 
decreto penale di condanna con la procedura prevista dagli artt. 36 e 
segg. della stessa legge, mentre nel secondo egli provvede con ordinanza 
seguendo l'iter procedurale indicato dai successivi artt. 55 e seguenti. 
Trattasi, quindi, di due distinti procedimenti, del tutto autonomi tra 
loro, in quanto il decreto viene emesso nell'esercizio di un'at.tivit� 
squisitamente giurisdizionale, mentre l'ordinanza � predisposta per 
le violazioni di natura civile ed assume nelle sue linee generali 
un carattere ed una portata non dissimili dalla ingiunzione di cui al 
citato t. u. del 1910. Entrambe, infatti, si concretano in una intimazione 
di pagamento e per entrambe � consentito il ricorso all'A.G.O., giacch� 
il divieto di gravame di cui all'art. 58 l. n. 4 del 1929 non � preclusivo 
dell'azione giudiziaria, sempre ammissibile contro un atto amministrativo 
che importi lesione di un diritto soggettivo (4). 

Le Intendenze di finanza ecc., Nuova Rass., 1957, 1367; D1 MAIO A., Organizzazione 
periferica dell'Amministrazione finanziaria, BoH. trib., 1960, 1223. 

(3) Sulla pena pecuniaria v. nota seguente; sulla funzione fiscale del 
catasto v. Cass., 26 maggio 1955, n. 1599, Giust. civ., Mass., 1955, 593, sub 2; 
sui tipi di frazionamento (da considerare non semplici dati catastali, ma 
fonte di tali dati) v. Cass., 14 dicembre 1962, n. 3361, Foro it., Mass., 1962, 
939. In genere, sul catasto, v. RuMBOLDT, in Novissimo Digesto Italiano, 
vol. III, Torino, 1957, 3. 
(4) La 1. 7 gennaio 1929, n. 4 reca la generale disciplina degli effetti 
dell'illecito fiscale di natura amministrativa, nonch� di quello di natura 
penale, ossia del reato tributario: su tutta la materia v. CARBONE e ToMAs1ccH10, 
Le sanzioni fiscali, Torino, 1959, 1 e segg.; in particolare, sul procedimento 
ex art. 55 e segg. 1. 7 gennaio 1929, n. 4 (a cui rinvia l'art. 60 
t. u. 8 ottobre 1931, n. 1572) e sull'ordinanza dell'Intendente di finanza, v. 
AuTT. CITT., op. cit., 204 e segg. Sulla pena pe�cuniaria v. Relazione dell'Avvocatura 
dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. II, Roma, 1961, 805 e seg.; 
sulla procedura di riscossione di cui al t. u. 14 aprile 1910, n. 639, v. Relazione 
cit., vol. cit., 830 e segg. (in particolare, sulla natura dell'ingiunzione, 
836 e seg.). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1279 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1966, n. 2643 -Pres. Pece Est. 
Straniero -P. M. Gedda (conf.) -Ministero del Tesoro (avv. 
Stato Carafa) c. Redaelli (avv. Corsale, De Majo). 

Atti amministrativi -Controllo di legittimit� � incidenter tantum � 
da parte del g. o. -Portata. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 5). 
Nell'ambito del controUo di legittimit� dell'atto amministrativo in 
relazione al caso singolo il g.o. ha il potere-dovere di valutare l'esistenza 
d.ei presupposti di fatto necessari perch� l'attivit� della p.a. non vioii 
per arbitrio o eccesso di potere la sfera giuridica del cittadino (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 novembre 1966, n. 2812 -Pres. Fibbi 
-Est. Leone -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero LL.PP. 
(avv. Stato Cavalli) c. Ente ricostruzione edilizia � Resurgo � (avv. 
Vacchelli, Ambrosia). 

Atti 
amministrativi -Interpretazione giudiziale -Presunzione di legittimit� 
-Assunzione come criterio di interpretazione dell'atto 
-Esclusione. 

Nell'interpretare un atto amministrativo di natura negoziale il 
Giudice deve ricercare il significato letterale e logico delle espressioni 
usate per la dic:hiarazione di volont�, prescindendo dalla presunzione 

(1) Contra Cass., Sez. Un., 14 luglio 1961, n. 1715, Giust civ., Mass., 
1961, 754, sub 1: �Il g. o., nel procedere all'indagine se il provvedimento 
amministrativo sia conforme a legge, deve soltanto esaminare se la p. a. 
avesse o meno il potere di emanarlo, ma non pu� esercitare alcun sindacato 
-esercitabile esclusivamente in via amministrativa -sul modo 
mediante il quale il potere ,stesso � stato esercitato e su tutto ci� che ha 
influito sulla volont� dell'organo amministrativo nell'emanare quel determinato
� atto�. Nel senso che la disapplicazione da parte del g. o. degli 
atti amministrativi lesivi di diritti soggettivi (e non di meri interessi legittimi) 
possa avere luogo allorch� si tratti di atti viziati non gi� solo da 
-



1280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di legittimit� dell'atto medesimo: ed invero siffatta presunzione vale 
pe1� quanto attiene alla esecuzione dell'atto, identificato nel suo contenuto 
e nella sua disciplina giuridica, ma non vale quale criterio di 
interpretazione della dichiarazione, interpretazione dalla quale dipende, 
in tutto o in parte, anche la determinazione della disciplina normativa 
dell'atto amministrativo. Diversamente opinando, risulterebbe in 
via di interpretazione sempre esclusa la violazione di norme da parte 
della p.a. e verrebbe corretta l'azione amministrativa viziata da errore 
di diritto (2). 

incompetenza o violazione di legge, ma anche da eccesso di potere v., invece, 
Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1965, n. 63, in questa Rassegna, 1965, 
I, 290, sub 3, con nota di SACCHETTO, ove non si manca di sottolineare che, 
nonostante l'esistenza di una notevole tendenza dottrinale favorevole a 
tale orientamento, la retta interpretazione dell'art. 5 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. E non consente che il controllo dell'atto da parte del g. o. in 
sede di disapplicazione vada oltre l'esame della sua � conformit� alle 
leggi�, ossia della sua estrinseca legalit�. Ed invero, contrapponendosi 
illegalit� (cfr. art. 650 c. p.) ad illegittimit� (art. 26 t. u. 26 giugno 1924, 
n. 1054) dell'atto, era gi� stato avvertito che �l'art. 5 pone un limite al 
divieto posto con il precedente art. 4, ma non pu� annullarlo: diversamente 
opinando, si negherebbe il criterio discriminativo fra la giurisdizione 
ordinaria e quella .speciale o fra le giurisdizioni speciali e si frustrerebbe 
il divieto dell'art. 4. Ogni giudice, ordinario o speciale, cio�, potrebbe 
sindacare la legittimit� �degli atti amministrativi fuori dei limiti della sua 
giurisdizione, con il solo limite di disapplicarli invece di annullarli �: 
GuGLIELMI, La pregiudiziale amministrativa, in questa Rassegna, 1965, 
I, 401. Sulla portata della � inoppugnabilit� � dell'atto amministrativo 
v. SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, Napoli, 1963, 189 e 
seg., iJ quale avverte (189) che � i vizi del provvedimento divenuto inoppugnabile 
non possono essere fatti valere �in nessun caso -e quindi n� 
principaliter, n� incidenter -(oltre che da coloro che lo impugnarono 
senza fortuna) da coloro che avrebbero avuto la possibilit� di impugnare 
il provvedimento e non se ne avvalsero� (e cosi Cass., Sez. Un., 11 luglio 
1955, n. 2194, Foro amm., 1956, II, 1,18 avverte che � la disapplicazione 
incontra un ostacolo nell'inoppugnabilit� dell'atto amministrativo �). Su 
tutta la questione v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 
1961-1965, vol. II, Roma, 1966, 86 e segg. 
(2) L'indagine sull'individuazione dell'atto non va confusa con quella 
sulla sua applicabilit� e validit�: cfr. Relazione dell'Avvocatura dello Stato 
per gli anni 1961-1965, Vol. III, Roma, 1966, 4. Peraltro, l'individuazione 
dell'atto va fatta in base al principio fondamentale della tipicit� degli atti 
amministrativi, su cui v. Cass., Sez. Un., 21 maggio 1961, n. 1285, Giust. civ., 
1961, I, 919 (segnatamente: 922, nella motivazione). Quanto a11a parificazione 
dell'interpretazione del provvedimento amministrativo a quella del 
contratto, v. Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1966, n. 216, in questa Rassegna, 
1966, I, 189 (191); Cass., 19 luglio 1965, n. 1608, id., 1965, I, 1142, sub 8 
(1143) ed ivi (1147-1148) nota di riferimenti �ed osservazioni; ma, in argomento, 
v. anche avvertenza in Relazione dell'Avvocatura dello Stato per 
gli anni 1961-1965, vol. II, Roma, 1966, 81. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1281 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 novembre 1966, n. 2727 -Pres. 
Boccia -Est. Speziale -P. M. Caldarera (conf.) -Ministero DifesaEsercito 
(avv. Stato Gargiulo) c. Moreschi e Pucci (avv. Vicentini, 
De Cesaris). 

Prescrizione -Diritto al risarcimento del danno -Fatto considerato 
dalla legge come reato -Applicabilit� della norma contenuta nel 
terzo comma dell'art. 2947 c. c. -Presupposti. 

(c. c., art. 2947, comma terzo). 
Procedimento civile -Estinzione -Atto di citazione -Efficacia interruttiva 
della prescrizione -Efficacia istantanea e non gi� permanente Momento 
di decorrenza del nuovo periodo di prescrizione. 

(c. c., art. 2945). 
Cassazione -Ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione 
della sentenza circa un punto decisivo della controversia Limitazione 
del mezzo solo ai vizi di motivazione attinenti 
all'accertamento ed alla valutazione dei fatti rilevanti ai fini della 
decisione -Sussiste. 

(c. p. c., art. 360, n. 5). 
Le disposizioni del terzo comma dell'art. 2941 c. c. si rendono applicabiii 
ogniqualvolta venga iniziato un procedimento penale per accertare 
se un determinato fatto, produttivo di danno, rivesta o meno gli 
-estremi di un reato; in tal caso � su:fj�ciente, ad evitare la prescrizione, 
-che l'azione civile venga esercitata nei termini fissati nell'ultima parte 
dello stesso comma: e cio�, nel caso che il giudizio si concluda con 
.sentenza, sia essa di condanna o di assoluzione, sia essa emessa nel dibattimento 
o in istruttoria, nel termine di due o cinque anni dal mo


I 

mento in cui la sentenza � divenuta irrevocabile (1). 

I

In caso di estinzione del processo (civile) la citazione perde il suo 
carattere di atto interruttivo della prescrizione ad effetto permanente, I 
conservando solo il valore di atto interruttivo ad effetto istantaneo, come I 
un qualunque atto di costituzione in mora, cosicch� il nuovo periodo 
di prescrizione comincia a decorrere dalla data della notifica della I 
citazione (2). I 

(1) Cfr. Cass., 23 luglio 1966, n. 2037, Giur. it., Mass., 1966, 902; 8 noI 
vembre 1965, n. 2329, Giur. it., 1965, I, 1, 1473; 10 ,agosto 1960, n. 2355, 
Foro it., Rep., 1960, voce Prescrizione civ., c. 1950, nn. 55-56; 7 maggio 1958, I 
n. 1493, Giust. civ., Mass. ,1958, 537, sub 1. 
(2) Cfr. Cass., 4 luglio 1962, n. 1706, Giust. civ., Mass. 1962, 845 ed ivi 
I

riferimenti; sulla differenza di efficacia interruttiva della domanda giudiziale 
e dell'atto stragiudiziale di costituzione in mora v. Cass., 7 marzo 1964, 


n. 500, id., Mass., 1964, 218. 
I 

9 

I

<

! 

~ 
~ 


1282 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I vizi di motivazione della sentenza, deducibili ai sensi dell'art. 360~ 

n. 5, c. p. c. come motivo di ricorso per cassazione, sono solo quelli attinenti 
aZZ'accertamento ed alla valutazione dei fatti rilevanti ai fini della 
decisione della causa e non anche quelli che si riferiscono alla soluzione 
di questioni di puro diritto (3). 
(Omissis). -L'art. 2947 c. c., dopo aver stabilito, nei primi due 
commi, che il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito 
si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si � verificato 
e in due anni se si tratta di danno prodotto dalla circolazione dei veicoli, 
dispone, al terzo comma, che, se il fatto � considerato dalla legge come 
reato e per questo � stabilita una prescrizione pi� lunga, questa si applica 
anche all'azione civile; tuttavia, se il reato � estinto per causa diversa 
dalla prescrizione o � intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, 
il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati 
nei primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o 
dalla data in cui la sentenza � divenuta irrevocabile. 

Con numerose, anche recenti, pronunce questa Suprema Corte ha 
ritenuto che le disposizioni del terzo comma dell'art. 2947 si rendano 
applicabili ogni qualvolta venga iniziato un procedimento penale, per 
accertare se un determinato fatto, produttivo di danno, rivesta o meno 
gli estremi di un reato, con la conseguenza che in tal caso � sufficiente, 
ed evitare la prescrizione, che l'azione civile venga esercitata nei termini 
fissati nell'ultima parte dello stesso comma: e cio�, nel caso che il giudizio 
si concluda con sentenza, sia essa di condanna o di assoluzione, ed 
indipendentemente dal fatto che la sentenza sia emessa nel dibattimento 

o in istruttoria, nel termine, rispettivamente, di due o cinque anni dal 
momento in cui la sentenza � divenuta irrevocabile (v. Cass. n. 1493 del 
1958; n. 2355 del 1960; n. 2329 del 1965; n. 2037 del 1966). 
Da questo indirizzo la Corte ritiene di non doversi discostare. E di 
conseguenza diventa del tutto irrilevante che il giudizio civile, pro


(3) Cfr. Cass., 23 novembre 1965, n. 2404, in questa Rassegna, 1966, I, 
93 ed ivi nota (1) di riferimenti, cui adde: Cass., 28 febbraio 1959, n. 590,. 
Giust. civ., Mass., 1959, 203, sub 1 e 2: � l'insufficienza di motivazione circa i 
motivi in diritto della sentenza -cio� quelli che attengono al giudizio 
di qualificazione giuridica dei fatti e, in generale, all'interpretazione della 
norma giuridica applicabile -non � prevista come motivo di ricorso per 
cassazione; soltanto la mancanza assoluta di motivazione, che escluda ogni 
possibilit� di controllo sulla rispondenza della sentenza a giustizia, costituisce 
ragione di nullit� della sentenza �; 12 aprile 1956, n. 1068, id., Mass.,. 
1956, 369, sub. 1 : e i vizi logici di motivazione, denunciabili in Cassazione 
a norma dell'art. 360, n. 5, c.p.c., non concernono la qualificazione giuridica 
dei fatti accertati dal giudice di merito, ma '1a motivazione relativa 
all'accertamento dei fatti �. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1283 

mosso dai congiunti della vittima subito dopo il fatto e successivamente 
sospeso fino all'esito del procedimento penale instaurato .a carico del 
conducente dell'autocarro, si� sia estinto per mancata riassunzione nei 
termini di legge. Se � vero, infatti, che in caso di estinzione del processo 
la citazio:o.e perde il suo carattere di atto interruttivo della prescrizione 
ad effetto permanente, conservando solo il valore di atto interruttivo ad 
effetto istantaneo come un qualunque atto di costituzione in mora, sicch� 
il nuov0c periodo di prescrizione comincia a decorrere dalla data della 
:notifica della citazione (v. art. 2945 c. c.), nella specie � stato escluso 
che la prescrizione si sia verificata, non per la interruzione del termine 
determinata dalla domanda giudiziale, ma in conseguenza delle particolari 
disposizioni dettate dal legislatore in relazione all'ipotesi che l'illecito 
civile sia al tempo stesso considerato dalla legge come reato; disposizioni 
che operano indipende)lteme:nte dal .fatto che sia stata proposta 
oppur no l'azione civile. E pel caso in esame, estintosi il primo processo 
civile per inattivit� delle parti (n�ancata riassunzione nei termini 
di legge), la domanda venne riproposta nei due anni dalla sentenza di 
proscioglimento, con cui si era concluso, in istruttoria, il procedimento 
penale. 

Va disatteso anche il terzo mezzo, perch� i vizi di motivazione, deducibili, 
ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., come motivo di ricorso per cassazione, 
sono solo quelli attinenti all'accertamento e alla valutazione dei 
fatti rilevanti ai fini della decisione della causa e non anche i vizi che 
si riferiscono (come quelli denunciati dal ricorrente) alla risoluzione di 
questioni di puro diritto (Cass. n. 3865 del 1953; n. 1068 del 1956; 

n. 590 del 1959; n. 2404 del 1965). -(Omissis). 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 610 -Pres. Polistina 
-Est. Mezzanotte -D'Aquino (avv. Martignetti) c. Prefetto 
di Roma e Ministeri Difesa-Aeronautica e Interno (avv. Stato Carafa). 


Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Retrocessione -Artt. 60, 
61 e 63 1. n. 2359 del 1865 -Distinzione. 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Retrocessione -Apprezzam.
enti del Prefetto -Discrezionalit� -Sindacabilit� -Lim.iti, 

La distinzione fra le due ipotesi di retrocessione previste dagli articoli 
60 e 61 e dall'art. 63 l. 25 giugno 1865, n. 2359 non ha riguardo alla 
ubicazione dell'opera pubblica per la quale fu disposta l'espropriazione, 
e cio� se essa ricada, o meno, sui fondi espropriati, bens� se questa sia 
stata, o meno, eseguita (1). 

Nel procedimento di retrocessione dei beni espropriati, gli apprezzamenti 
dell'Autorit� amministrativa (Prefetto) ed i vizi formali dell'atto 
contenente la dichiarazione prevista dall'art. 61 ultimo comma 

Z. 25 giugno 1865, n. 2359 possono formare oggetto di censura in sede 
giurisdizionale soltanto sotto il profilo della legittimit�; pertanto, sono 
inammissibili i motivi di ricorso attinenti al merito del provvedimento 
prefettizio (2). 
(1-2) Cfr., in termini, Cons. Stato, IV Sez. 22 novembre 1961, n. 673, 
n Consiglio di Stato, 1961, I, 1877; cfr., altresi, Cass., Sez. Un., 4 marzo 
1966, n. 634, Foro it., 1966, 213. 

In dottrina v . .ARn1zzoNE, In tema di retrocessione dei beni espropriati, 
Foro pad., 1960, I, 1115; CAPPucc10, In tema di retrocessione di beni espropriati, 
Acque, bonif. costruz., 1960, 602; BARILE, La dichiarazione di inservibilit� 
dei beni espropriati ai fini deZla retrocessione, Dir. e tecnica, 1961, 47. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 636 -Pres. Polistina 
-Est. Napolitano -Belloni (avv. Lodi) c. Provveditorato 

00. PP. per la Lombardia (avv. Stato Terranova) e Comune di 
Nerviano (n. c.). 
Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Edilizia popolare ed econom.
ica art. 12, secondo com.m.a, I parte e art. 16, prim.o com.m.a 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1285 

1. n. 167 del 1962 -Dichiarazione di incostituzionalit� -Non incide 
sulla adozione dei piani di zona. 
Edilizia popolare ed economica -Piani ex lege n.167del1962 -Adozione 
-Procedimento -Deliberazione comunale -Approvazione della 

G.P.A. 
Edilizia popolare ed economica -Piani ex lege n.167del1962 -Adozione 
-Opposizioni ed osservazioni -Deliberazione comunale � 
Forma -Scrutinio segreto -Non occorre. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex lege n. 167del1962 -Approvazione 
-Opposizione ed osservazioni -Reiezione -Motivazione 
per relationem -Legittimit�. 

La caducazione dell'art. 12, secondo comma, I parte, i. 18 aprile 
1962,n. 167, con la quale si faceva risalire a due anni prima della deliberazione 
comunale di adozione del piano di zona la determinazione ai 
fini dell'indennizzo, del valore venale del suolo da espropriare, e dell'art. 
16, primo comma, legge citata, relativo all'utilizzazione diretta 
delle aree da parte dei proprietari, non ha inciso sul sistema normativo 
che regola la formazione, l'adozione e l'approvazione dei piani di zona, 
essendone risultata modificata solo per qualche aspetto la disciplina dei 
rapporti concernenti l'acquisizione e l'utilizzazione delle aree, che afferiscono 
alla successiva fase di attuazione dei piani (1). 

I piani di zona sono assoggettati ad una particolare forma di pubblicit�, 
dettagliatamente regolata dall'art. 6 l. 18 aprile 1962, n. 167 e, 
avendo valore di piani particolareggiati, secondo il disposto dell'art. 9 
legge cit. tutte le deliberazioni consiliari che ad essi si riferiscono sono 
sottoposte all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, ai 
sensi dell'art. 96, n. 11 e segg. t. u. 3 marzo 1934, n. 383, modificati dalla 

Z. 9 giugno 1947, n. 530; pertanto, ad essi non si applica la procedura 
per il controllo prefettizio di legittimit� (2). 
In ordine alle deliberazioni del Consiglio Comunale, l'art. 298 t. u. 
4 febbraio 1915, n. 148, rende obbligatorio lo scrutinio segreto per le 
sole deliberazioni concernenti persone, ossia per quelle che importano 
l'esercizio di una facolt� discrezionale nei confronti di determinate persone 
o, comunque, la valutazione delle qualit� o degli atti di una persona; 
pertanto, non va adottata con la forma dello scrutinio segreto la 

(1) Sulla questione di costituzionalit� delle norme contenute nella 
1. n. 167 del 1962, cfr. Corte Costituzionale 9 aprile 1965, n. 22, in questa 
Rassegna, 1965, I, 425. 
(2) Non risultano precedenti in termini. 
I 
I 
I 


I 


l 

I 

g 

! 

I 


i 


1286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

deZiberazione consiZiare che esamini e vaZuti questioni procedurali e di 
merito attinenti aZZa formazione di un atto generaZe, quale iZ piano di 
zona previsto dalZa Z. 18 apriZe 1982, n. 167 (nelZa specie, approvazione 
delZe controdeduzioni alZe opposizioni ed osservazioni formulate contro 
iZ piano di zona) (3). 

� Zegittimo il decreto di approvazione deZ piano di zona da parte 
deZ Provveditore regionale azze opere pubbliche, ai sensi deZZa Z. 18 apriZe 
1982, n. 167, ove deZ rigetto delZe opposizioni presentate dagZi interessati 
sia stata data adeguata, congrua motivazione, per reZationem alZe 
deduzioni deZ Comune che ha adottato il piano (4). 

(3-4) Giurisprudenza costante sul principio generale. Cfr. Cons. Stato, 
V Sezione, 9 maggio 1964, n. 544, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 929 e giurisprudenza 
ivi richiamata. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 ottobre 1966, n. 651 -Pres. Polistina 
-Est. Tozzi -Dona (avv. Rizzo) c. Ministero Bilancio (avv. 
Stato Ciardulli). 

Impiego pubblico -Costituzione -Qualificazione del rapporto (di impiego 
pubblico o di incarico professionale) -Rilevanza del titolo 
e non del contenuto. 

Impiego pubblico -Incarico professionale -Natura -Mancato rinnovo 
alla scadenza -Attribuzione di incarico ad altri -Eccesso di potere 
-Insussistenza. 

In materia di impiego pubbZico, Za natura giuridica deZ rapporto si 
fonda suZ titoZo di assunzione, e non suZ contenuto deZ rapporto stesso, 
con Za conseguenza che per iZ sorgere di qualsiasi impiego pubblico occorre 
Z'atto formaZe di nomina (che Za p. a. non � libera di emanare, ma 
� obbligata a conformarsi ai propri ordinamenti ed alZe Zeggi vigenti), 
mentre non � rilevante Z'atto che, pur esistendo, sia rivoZto aZ conferimento 
di un incarico professionale o alZa creazione di qualsiasi rapporto 
di diritto privato (1). 

(1-2) La giurisprudenza � pacifica nel ritenere l'atto formale di nomina 
elemento essenziale per i.I sorgere del rapporto di impiego pubblico: cfr. 
Cass., Sez. Un., 4 marzo 1966, n. 638, retro, 555 con nota critica, cui si 
rinvia, ponendo in rilievo come la natura del rapporto di impiego pubblico 
deve essere caratterizzata dalla natura di ente ,pubblico del datore di lavoro 
e dall'attivit� del di.pendente in diretta correlazione con i fini istituzionali 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1287 

Non � viziato da eccesso di potere l'atto col quale la p. a. dichiara 
la cessazione di efficacia dell'incarico e, nel contempo, conferisce ad 
altri l'incarico stesso, perch� quest'ultimo pu� essere svolto da un numero 
di persone diverse (2). 

dell'ente (con un'indagine che all'uopo potr� svolgersi ai fini della giurisdizione 
che appartiene sempre al giudice 1amministrativo), mentre non � 
decisivo .ratto formale df nomina, che pu� anche mancare (fermo riestando 
la giurisdizione nel senso ora detto). Ove per� l'atto esista, non vi � dubbio 
ehe � decisivo il titolo, e non l'attivit� esercitata, per la qualificazione del 
rapporto, come rapporto di impiego pubblico o come rapporto privatistico: 
giurisprudenza pacifica, cfr. Sez. V, 31 gennaio 1964, n. 134, Il Consiglio di 
Stato, 1964, I, 80. V. anche Ad. Plen., 13 maggio 1966, n. 11, retro, 879. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 ottobre 1966, n. 653 -Pres. Polisti


na -Est. Tozzi -Rago (avv. Troccoli) c. Ministero Interni (avv. 

Stato Cerocchi). 

Impiego pubblico -Concorsi -Nomina della Commissione -Pubblicazione 
del relativo decreto -Presupposti -Ricusazione dei componenti 
la Commissione -Tempo nel quale essa pu� essere fatta 
valere. 

Impiego pubblico -Concorsi -Commissione -Composizione -Criteri 
di scelta dei componenti. 

Impiego pubblico -Concorso -Prove scritte -.Comunicazione -Contenuto 
-Limiti. 

n provvedimento di nomina della Commissione esaminatrice pu� 
essere impugnato soltanto insieme con l'atto finale di approvazione della 
graduatoria e di nomina dei vincitori. Non sussiste pertanto alcun obbligo 
di preventiva pubblicazione del decreto di nomina della Commissione 
stessa nei cui confronti le eventuali cause di ricusazione per taluni 
membri possono essere fatte valere solo prima dello svolgimento delle 
cooperazioni di concorso (1). 

(1) Non vi � dubbio che l'atto di nomina della Commissione non pu� 
-considerarsi autonomo, in seno al procedimento del concorso, ma si inserisce 
in esso, nella fase preparatoria. E quindi una sua eventuale illegittimit� 
non determina, ex se, una lesione attuale dell'interesse dei concorrenti, 
bensi solo una lesione potenziale che diviene attuale al momento in cui 
il concorrente, approvata la graduator~a, risulti soccombente. E ci� pu� 

1288 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ai sensi dell'art. 70, primo comma, d. P. R. 3 maggio 1957, n. 686, 
i componenti delle Commissioni per concorsi ad esami per merito distinto, 
da scegliersi fra gli impiegati dell'Amministrazione interessata, 
possono appartenere a qualunque ramo dell'Amministrazione centrale, 
purch� abbiano qualifica non inferiore a direttore di divisi<?ne, restando 
libera la scelta fra i vari uffici dello stesso Ministero. Pertanto in un 
concorso di merito distinto per la promozione a commissario capo di 

P. S., i componenti della Commissione giudicatrice, possono essere scelti. 
tra i funzionari dell'Amministrazione civile dell'Interno e l'Amministrazione 
di P. S., trattandosi non di due amministrazioni autonome, bens� 
di due rami di attivit� (direzione generale) dello stesso Ministero (2). 
Ai sensi dell'art. 6 del t. u. 10 gennaio 1957, n. 3, la comunicazione 
del diario delle prove scritte non deve contenere la indicazione del 
giorno in cui ciascuna prova deve svolgersi, essendo sufficiente la comunicazione 
precisa dei giorni in cui le prove scritte dovranno svolgersi (3). 

ammettersi sia per le Commissioni nominate per un solo concorso, sia per 
le Commissioni a carattere permanente (es. Consiglio di Amministrazione). 
In tal senso la giurisprudenza � pacifica: cfr. Ad. Plen., 19 settembre 1963, 

n. 16, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1161, che ha ampiamente esaminato la 
questione. Ne consegue che il decreto di nomina della Commissione non: 
deve essere pubblicato prima dello svolgimento del concorso e che le eventuali 
cause di ricusazione dei membri possono essere fatte valere appena ha 
inizio lo svolgimento del concorso. 
(2-3) Esatta applicazione delle norme che concernono la costituzione 
delle Commissioni di concorso e la comunicazione dell'inizio delle prove 
scritte. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 ottobre 1966, n. 706 -Pres. Polistina 
-Est. Daniele -Borsetta (avv. Sciacca) c. Ministero Tesoro� 

(avv. Stato Vitucci). 

Impiego pubblico -Combattenti -Benefici -Concessione nel corso di 
uno stesso rapporto di impiego -Utilizzazione differita -Annullabilit� 
-Concessione nel caso di rinuncia al rapporto di impiego ed :~ 
inizio di altra carriera -Rinnovazione del beneficio. 

Nel corso di uno stesso rapporto di impiego statale non � consentito 
all'impiegato usufruire pi� di una volta dei benefici combattentistici,. 
ma � solo consentito, ai sensi dell'art. 24 r. d. l. 3 gennaio 1926, n. 48, 
un'utilizzazione differita dei vantaggi, ove essi non siano interamente 
goduti in una determinata qualifica gerarchica. Nel caso di rinuncia, da 
parte dell'impiegato, al suo rapporto di impiego, per accedere, previ<> 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1289 

concorso esterno, al grado iniziale di altra carriera statale, non si ha 
un passaggio di ruolo, agli effetti dell'applicazione dei benefici combattentistici, 
ma si ha una nuova assunzione, nella quale i benefici possono 
essere concessi, poich� in tal caso non si ha un cumulo, bens� una rinnovazione 
del beneficio, divenuto, in seguito alla rinunzia, inoperante. 
Pertanto, legittimo � il diniego della p. a. di concessione di benefici, nel 
caso di passaggio dalla carriera di concetto speciale, (ove l'impiegato 
ha gi� usufruito di tali benefici) alla carriera direttiva speciale (di cui 
agli artt. 195 e 196 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3), trattandosi di prosecuzione 
di carriera che nel sistema della legge � considerata unica (1). 

(1) La norma dell'art. 24 del r. d. I. 3 gennaio 1926, n. 48 prevede soltanto 
la utilizzazione differita dei benefici, ove non siano stati goduti nel 
precedente grado gerarchico. Nulla prevede nel caso di rinunzia al rapporto 
di impiego e quindi nel caso di inizio di altra carriera statale. Non vi � 
dubbio per� che il beneficio deve essere sempre operante sulla carriera dell'impiegato 
e quindi, non pu� cumularsi, bensi pu� rinnovarsi. Di rinnovo, 
appunto, si tratta allorch� l'impiegato rinunzia ad un rapporto di impiego 
e inizia altra carriera, nella quale il beneficio pu� essere concesso. Se invece 
si tratta di progressione nella stessa carriera, anche se con qualifica 
diversa, il beneficio una volta concesso, non pu� essere rinnovato. In tal 
senso cfr. Ad. Plen., 27 luglio 1961, n. 18, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1045; 
ed anche per la utilizzazione del beneficio, Corte Conti, Sez. Riun., 11 agosto 
1965, n. 20, Foro amm., 1965, 3, 210. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1966, n. 713 -Pres. Polistina 
-Est. Tozzi -Polini (avv. Di Paolo) c. Provveditore 00. PP. 
L'Aquila (avv. Stato Angelini Rota). 

Edilizia -Legge 25 novembre 1962, n. 1684 art. 33 -Preteso contrasto 
con l'art. 102 Cost. -Manifesta infondatezza. 

Edilizia -Poteri del Provveditore ex art. 33 1. 25 novembre 1962, n. 1684 Limiti 
temporali -Esclusione -Prescrizione -Inapplicabilit�. 

Edilizia -Provvedimenti ex art. 33, 1. 25 novembre 1962, n.1684 -Motivazione 
in contrasto con deposizioni rese in sede penale da funzionari 
del Genio civile -Inadeguta motivazione -Eccesso di potere Sussiste. 


� infondata l'eccezione di incostituzionalit� dell'art. 33 l. 25 novembre 
1962, n. 1684 per contrasto con l'art. 102 Cost., perch� detta 
norma, nell'attribuire al Provveditore alle 00. PP. la competenza ad 


1290 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

adottare l'ordine di demolizione o le opportune prescrizioni in caso di 
abusi edilizi, non conferisce una funzione giurisdizionale (1). 

Il potere discrezionale del Provveditore alle 00. PP. di ordinare 
la demolizione o le modifiche dell'edificio in conformit� alle disposizioni 
vigenti non � limitato nel tempo, e perci� non � sottoposto a prescrizione 
(2). 

� viziato da eccesso di potere l'ordine di demolizione dell'edificio 
dato dal Provveditore ai sensi del cit. art. 33, che non abbia tenuto 
conto, senza adeguata motivazione, del diverso avviso espresso in sede 
penale da funzionari del Genio civile, che avevano invece ritenuto possibile 
le modifiche dell'edificio stesso (3). 

(1-3) Sulla prima massima cfr. Ad. Plen., 28 luglio 1965, n. 19, Foro 
amm., 1965, I, 2, 933; Sez. IV, 30 marzo 1966, n. 183, ivi, 1966, I, 2, 470, nelle 
quali si precisa anche che il Provveditore non deve tener conto del diverso 
ordine dato in sede penale dal PrC:!tore con la sentenza che � stata poi 
annullata in sede di appello. 

La seconda massima contiene un'esatta applicazione della norma racchiusa 
nel citato art. 33. 

La terza massima risolve una questione di specie. 

Sui poteri del Sindaco ex art. 32 legge urbanistica cfr. Sez. VI, 25 novembre 
1963, n. 878, in quest�a Rassegna, 1964, I, 351. 

Sui poteri del Consig!J.io di Stato, adito ai sensi dell'art. 27, n. 4, t. u. 
26 giugno 1924, n. 1054, di impartire l'ordine al Prefetto di nominare un 
Commissario per l'esecuzione del giudicato che annullava una licenza edilizia, 
cfr. Cass., Sez. Un., 13 aprile 1965, n. 666, ivi, 1965, I, 1122, con nota. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 ottobre 1966, n. 759 -Pres. De 
Marco -Est. Granito -Galiani (avv. Sciacca) c. Ministero Tesoro 
(avv. Stato Carbone). 

Impiego pubblico -Promozione -Decorrenza -Principi generali. 

Impiego pubblico -Posti conferibJll con la medesima decorrenza Posti 
conferibili in parte per esame e in parte mediante scrutini Decorrenza 
-Precedenza nel ruolo ai promossi per esami -Limiti. 

Le promozioni, conferite per esame o per scrutinio (e non per mera 
anzianit�), possono avere efficacia retroattiva, la quale non pu� farsi 
risalire a data anteriore a quella, rispettivamente, della graduatoria 
formata dalla Commissione giudicatrice ovvero dal giudizio espresso dal 
Consiglio di Amministrazione; e ci� perch� la promozione non pu� spiegare 
effetti prima del riconoscimento del possesso dei titoli e requisiti 

:~ 


PARTE I, SE:t:. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1291 

occorrenti per il conferimento della qualifica superiore, a meno che una 
norma di legge non disponga espressamente il contrario (1). 

Quando i posti di un medesimo ciclo, debbono conferirsi con diversi 
sistemi di promozione, e cio� in parte mediante esami (di concorso o di 
idoneit�), in parte mediante scrutinio (di merito assoluto e comparativo), 
ai promossi per esami spetta la stessa anzianit� di qualifica e, in pi�, 
la precedenza nell'ordine di ruolo, rispetto ai promossi per scrutinio, 
anche se gli esami sono stati esauriti in data posteriore allo scrutinio (2). 

(1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Sez. IV, 21 aprile 1965, n. 335, Il 
Consiglio di Stato, 1965, I, 645, con nota. 
(2) Giurisprudenza pacifica: Ad. Plen., 9 febbraio 1966, n. 7, retro, I, 
634, con nota. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1091 -Pres. Barra -
Caracciolo -Est. Piroso -Soc. coop. edil. -Sassarese � CES � ed 
altri (avv. Cordella). 

Giustizia amministrativa -Esecuzione del giudicato -Licenza di costruzione 
e doveri del Sindaco. 

Nel caso di esecuzione del giudicato che concerne l'annullamento 
in s. g. di una licenza edilizia (situazione, codesta, identica a quella 
dell'effettuazione dei lavori senza licenza), il Sindaco ha il dovere di 
provvedere, ma pu� discrezionalmente valutare quale sia il mezzo pi� 
conveniente di cui servirsi (1). 

(1) Giurisprudenza costante, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 1965, 
n. 1053, in questa Rassegna, 1966, I, 143, con nota di riferimento. V. pure 
Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 1966, nn. 893 e 926, Il Consiglio di Stato, 
1966, I, 555 e 1250, nonch� Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 986, ivi, 
1966, 1465. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1105 -Pres. Barra 
Caracciolo -Est. Caianello -Anzanello (avv. Benvenuti e Lorenzoni) 
c. Comune di Conegliano Veneto e Ditta F.lli Bruno e altro 

(n. c.). 
Giustizia amministrativa -Esecuzione del giudicato -Ricorso al Consiglio 
di Stato -Presupposti. 

Il giudizio di ottemperanza, previsto dall'art. 27 n. 4 t. u. 26 giugno 
1924, n. 1054, presuppone l'inadempimento da parte dell'Ammini


-



1292 � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

straziane di un obbligo derivante da un giudicato; occorre cio� che la 
decisione di cui si chiede l'esecuzione ponga a carico dell'Amministrazione 
l'obbligo di un determinato comportamento rispetto al quale lii 
Autorit� amministrativa sia rimasta inerte (1). 

(1) Giurisprudenza costante. Cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 
1965, n. 1051, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1926. Per una applicazione 
di specie v. pure, Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 1963, n. 740, in 
questa Rassegna, 1964, I, 343. Correlativamente il Consiglio di Stato ha 
numerose volte affermato il .principio dell'automaticit� dell'effetto oblativo 
della pronuncia di annullamento: cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 1965, 
n. 149, in questa Rassegna, 1965, n. 749. 
In dottrina, su questo ordine problemi, cfr. SANDULLI, Consistenza ed 
estensione dell'obbligo delle autoritd amministmtive di conformarsi ai giudicati, 
Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 394 e segg.; GIANNINI, Contenuto e 
limiti del giudizio di ottemperanza, ivi, 1960, 442 e segg.; BENVENUTI, Valore 
delle pronunce ex art. 27, n. 4, t. u. Consiglio di Stato, ivi, 1960, 478 e segg. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1106 -Pres. Breglia 
-Est. Scarcella -Morrica (avv. Sanmauro) c. Ospedali riuniti di 
Napoli (n. c.). 

Giustizia amministrativa -Esecuzione del giudicato -Obbligo della 

P. A. -Fattispecie -Non sussiste. 
Non � ammissibile il ricorso proposto per l'esecuzione del giudicato 
ai sensi dell'art. 27 n. 4 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, quando 
l'Amministrazione, in dipendenza del giudicato stesso, non abbia da 
porre in essere alcuna attivit� vincolata (nella specie, essendo rimesso 
alla sua discrezionalit� di bandire altro concorso per la copertura di 
un posto di pubblico impiego in base ad altra norma regolamentare che 
creder� di adottare) (1). 

(1) Principio pacifico. Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1105, 
retro, 1291, con nota di richiami. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1110 -Pres. Barra 
Caracciolo -Est. Scarcella -Aldrighettoni e altro (avv. Dolzani, Giovannini, 
Angelucci) c. Comune di Rovereto (avv. Resta) e Ditta 
Breda Hupp (avv. Mandrioli e Lia). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizonale -Ricorso collettivo Presupposti 
e limiti. 

� ammissibile la proposizione da parte di pi� soggetti di un unico 
atto di impugnativa contro provvedimenti connessi, o contro lo stesso 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1293 

provvedimento, nel caso che gli interessi sostanziali fatti valere, anche 
se diversi, non presentino una divergenza tale da determinare tra gli 
stessi un vero e proprio con'/f,itto, cos� che la vittoria nel giudizio possa 
giovare ad uno solo con esclusione dell'altro o degli altri ricorrenti (1). 

(1) Giurisprudenza costante. Cfr. Sez. V, 10 marzo 1962, n. 205, Il Consiglio 
di Stato, 1962, I, 502. V. pure, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 677, in 
questa Rassegna, 1966, I, 139. Nello stesso senso in dottrina, SANDULLI, Il 
giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, 
1963, 264. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V., 21 ottobre 1966, n. 1224 -Pres. Breglia 
-Est. Cesareo -Loconte ed altri (avv. Jemolo e Pensa) c. Comune 
di Napoli (avv. Glejeses) Ministero LL.PP. (avv. Stato Lancia) 
e Soc. I.P.I.C. (avv. Sorrentino). 

Piano regolatore -Licenza edilizia in deroga -Impugnativa autonoma Ammissibilit�. 


Piano regolatore :-Licenza edilizia in deroga -Emanazione successiva 
del nulla osta ministeriale -Illegittimit�. 

� ammissibile il ricorso avverso il nulla osta, concesso dal Ministero 
dei LL.PP., ai sensi dell'art. 3 l. 21 dicembre 1965, n. 1359, al 
rilascio della licenza edilizia in deroga, quando esso sia stato emesso 
successivamente alla licenza edilizia ed alla esecuzione della costruzione 
fino all'altezza ritenuta regolare (1). 

� illegittimo il nulla osta, che deve essere concesso preventivamente 
dal Ministero dei LL.PP. ai sensi dell'art. 3 l. 21 dicembre 1965, 

n. 1359, quando invece esso venga emesso successivamente alla licenza 
edilizia in deroga (2). 
(1-2) Non vi � dubbio che un atto pr.eparatorio -il quale come tale 
non � autonomamente impugnabile -pu� essere, in casi particolari, avulso 
dal procedimento, e perci� acquista propria autonomia e come tale � impugnabile. 
Per qualche precedente che consideri invece il nulla osta atto 
preparatorio cfr. Sez. V, 5 febbraio 1965, n. 93. 

Non � del pari dubbio che un atto presupposto non pu� essere emesso 

successivamente all'atto finale e determinarne il contenuto: nella specie il 

nulla osta non poteva essere emesso successivamente alla licenza, e deter


minarne i limiti. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1294 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 12 luglio 1966, n. 598 -Pres. Stumpo 
Est. Toro -Ditta F.lli Vignali ed altri (avv. Biscottini e Sargenti) c. 
Ministero Finanze (avv. Stato Cerocchi). 

Giustizia ammlnistrativa -Ricorso giurisdizionale -Ricorso collettivo 
-Ammissibilit� -Criterio. 

Autorizzazione ammlnistrativa -Operazione a premio -Parere -Commissione 
interministeriale -Necessit�. 

� ammissibile il ricorso collettivo con cui pi� soggetti impugnino 
i provvedimenti con i quali l'Amministrazione abbia opposto un diniego 
ad istanze da loro rispettivamente presentate, qualora i provvedimenti 
stessi abbiano identico contenuto ed unica causa, gli interessi 
sostanziali fatti valere in giudizio non siano in contrasto e l'interesse 
a ricorrere sia in comune (1). 

Ai sensi degli artt. 58 primo comma r. d. Z. 19 ottobre 1938, e 138 

r. d. 25 luglio 1940, n. 1077, � illegittimo il diniego di autorizzazione 
a svolgere operazioni a premio che iZ Ministero delle Finanze adotta 
senza aver sentito iZ parere dell'apposita commissione interministeriale 
(2). 
(1) Giurisprudenza costante. Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 novembre =il 
1965, n. 677, in questa Rassegna, 1966, I, 139, nonch�, da ultimo, V Sez., 
27 agosto 1966, n. 1110, retro, 1292. 
(2) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento cfr. 
Cons. Stato, Sez. IV, 17 novembre 1964, n. 845, in questa Rassegna, 1965, 
I, 528. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 26 luglio 1966, n. 639 -Pres. Meregazzi 
-Est. Anelli -Delfino ed altro (avv. Sciacca). c. Ministero 
Lavori Pubblici (avv. Stato Casamassima) e Cooperativa edilizia 
Ufficiali Esercito Italiano (avv. Bugliari). 


Giustizia ammlnistrativa -Ricorso giurisdizionale -Forma -Mancata 
indicazione delle parti avverse nell'epigrafe del ricorso -Ammissibilit�. 


Giustizia ammlnistrativa -Ricorso giurisdizionale -Ricorso collettivo Posizioni 
giuridiche diverse ma connesse -Ammissibilit�. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1295 

Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Socio prenota


tario -Sodo che non sia iscritto ad alcuno dei programmi costrut


tivi -Non ha la qualit� di prenotatario. 

Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Vacanza di alloggi 
-�D�terminatasi prima della stipulazione del mutuo edilizio 
individuale -Onere della Cooperativa -Onere di interpellare i soci 
che precedono iltitolare dell'alloggio resosi vacante -Non sussiste. 

L'omessa indicazione delle parti avverse nell'epigrafe del ricorso 
al Consiglio di Stato non � causa di inammissibilit�, qualora il ricorrente 
abbia adempiuto all'onere di notificare il provvedimento impugnato 
all'Autorit� emanante ed ai controinteressati (1). 

� ammissibile il ricorso giurisdizionale collettivo proposto da sog


getti che con tale mezzo di impugnazione facciano valere posizioni giu


ridiche diverse, ma connesse (nella specie, il diritto all'uso ed il diritto 

all'assegnazione di un alloggio cooperativo ricollegate ad un medesimo 

presupposto, qualit� del socio prenotatario del dante causa) (2). 

Legittimamente la Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare 

ed economica nega la qualit� di prenotatario al socio che non abbia 

prenotato alcun alloggio compreso nei programmi costruttivi elaborati 

dalla Cooperativa edilizia in base al proprio regolamento interno e, 

infine, invitato dal Presidente della Cooperativa stessa ad iscriversi 

nell'elenco speciale relativo ad altro programma costruttivo, abbia di


chiarato di non aderirvi (3). 

Ai sensi dell'art. 108 t. u. 28 aprile 1938, n. 1165, nel caso di alloggi 

cooperativi che si rendano disponibili prima della stipulazione del con


tratto di mutuo edilizio individuale per decadenza, rinuncia od altre 

cause, il Consiglio di amministrazione della Cooperativa edilizia deve 

interpellare, uno dopo l'altro, tutti i soci che immediatamente segue, 

e non quelli che precedono, nell'ordine, il titolare dell'appartamento 

vacante (4). 

(1) Giurisprudenza consolidata sul punto che nella redazione del ricorso 
giurisdizionale non occorrano formule sacramentali o solennit� di 
carattere meramente formale. In dottrina, cfr. SANDULLI, Il giudizio davanti 
al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 1963, 330 e segg. 
(2) Cfr., nello stesso senso, Sez. V, 14 ottobre 1961, n. 514, Il Consiglio 
di Stato, 1961, I, 1651; Sez. V, 29 ottobre 1960, n. 745, ivi, 1960, O, 1806. 
(3) Massima di evidente esattezza che si inserisce in un costante orientamento 
giurisprudenziale; cfr. Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 535, in questa 
Rassegna, 1964, I, 137, con nota di riferimenti. 
(4) Non risultano precedenti in termini. 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

COR~E DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1330 -Pres. Rossano 
-Est. Malfitano -P. M. Pedace (conf.). Ministero Finanze 
(avv. Stato Salto) c. Piccinini (n. c.). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni 
tributarie -Notificazioni -Norme applicabili. 

(r. d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 31; t. u. 
29 gennaio 1958, n. 645, art. 38). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni 
tributarie -Notificazioni e comunicazioni -Comunicazione dell'appello 
dell'Ufficio effettuata con lo stesso atto di notificazione 

I:::

della decisione impugnata -Eventuale nullit� di tale notifica


zione -Estensione della nullit� alla comunicazione. 

(c. p. c., artt. 136, 1;37 ss., 156 ss.; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 38, 45). ' . 
,

. 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni tri


I.�

butarie -Notificazioni nelle forme previste dall'art. 89 del r. d. 
' 
11luglio1907 n. 560 -Mancanza nell'originale dell'atto della firma 

I

del consegnatario o della menzione dei motivi dell'omessa sotto
� 
scrizione -Nullit� -Esclusione -Rinnovazione della notifica ai 
sensi dell'art. 291 c. p. c. -Ammissibilit� -Effetti. 

I

(r. d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89; c. p. c., artt. 156 ss., 291). 
Le norme sulle notificazioni di dichiarazioni e rettifiche in tema 
di imposta di ricchezza mobile, di cui all'art. 89 del r. d. 11 luglio 1907, 

n. 560, erano applicabili -prima dell'entrata in vigore del t. u. 29 gennaio 
1958, n. 645, il cui art. 38 reca disposizioni di contenuto sostanzialmente 
analogo -anche alle notificazioni di atti del procedimento dinanzi 
alle commissioni, cos� per le imposte dirette, per il richiamo ad 
.esse fatto dagli artt. 97, 99, 102 e 105 dello stesso r. d. n. 560 del 1907, 
-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1297 

come per le imposte indirette, per il rinvio disposto dall'art. 31 del 

r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 (1). 
La comunicazione al contribuente di una impugnazione proposta 
dall'Ufficio avverso una decisione di commissione tributaria pu� essere 
data in via autonoma, ovvero con lo stesso atto di notifica della decisione 
impugnata. Nel primo caso si osservano le norme sulla comunicazione 
degli atti processuali, trattandosi di atto da compiersi dalla 
segreteria della commissione adita; nel secondo caso sono applicabili 
all'intero atto le norme sulle notificazioni, e l'eventuale nullit� di notifica 
colpisce indivisibilmente l'atto medesimo, nel suo duplice contenuto 
(2). 

Per le notificazioni di atti del procedimento dinanzi alle commissioni 
tributarie, ai sensi dell'art. 89 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560 
(ora art. 38 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645), la sottoscrizione dell'originale 
da parte del consegnatario o la menzione dei motivi dell'omessa 
sottoscrizione, non rappresentano requisiti formali indispensabili per 
il raggiungimento dello scopo dell'atto, e la loro mancanza, quindi, 
in difetto di espressa comminatoria di legge, non d� luogo a nullit�, 
bens� a semplice irregolarit�, sanabile con effetto ex tunc o con la 
costituzione del destinatario dell'atto, ovvero con la rinnovazione della 
notifica, a norma dell'art. 291 c.p.c., applicabile anche nei procedimenti 
di impugnazione, compresi quelli dinanzi alle commissioni delle imposte 
(3). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2455 -Pres. Rossano 
-Est. Azara -P. M. Di Majo (conf.). Ministero Finanze (avv. 
Stato Ciampoli) c. Cattaneo (n. c.). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento amministrativo di accertamento 
e procedimento contenzioso dinanzi alle commissioni Notificazioni 
-Notificazioni a mezzo di ufficiali giudiziari ed equiparati 
e notificazioni a mezzo di messi comunali e di messi all'uopo 
autorizzati -Scelta -Norme applicabili. 

(1-6) Conformi, sulle questioni di cui alle massime 1,3 e 5, sono anche 
Cass., Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1352 e Cass., Sez. I, 16 dicembre 1966, 

n. 2947, 2948 e 2949. 
Le soluzioni tutte, di cui alle sentenze in nota ed alle altre ora menzionate, 
sono espressione di giurisprudenza consolidata, per la quale si veda, 
in generale: Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 331 ss.. In particolare, poi: 
a) sull'applicabilit�, al procedimento contenzioso dinanzi alle commissioni, 
delle norme sulle notificazioni di cui all'art. 89 del r. d. n. 560 del 1907 

(ed ora dell'art. 38 del t.u. n. 645 del 1958), cfr. Cass. 29 gennaio 1964, 

n. 228, in questa Rassegna, 1964, I, 364, con nota; Cass. 23 giugno 1964, 
10 



1298 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere -Procedimento -Notificazioni secondo le 

norme speciali tributarie -Omessa sottoscrizione dell'originale 

da parte del consegnatario -Nullit� -Esclusione. 

Procedimento civile -Notificazioni -Omissione delle formalit� previste 
dall'art. 139, quarto comma, c. p. c. -Nullit� -Esclusione Vizi 
della notificazione inducenti nullit� -Rinnovazione della notificazione 
ai sensi dell'art. 291 c. p. c. -Sanatoria� ex tunc�. 

Per le notificazioni di atti, sia di natura sostanziale che di natura. 
processuale, in materia tributaria, l'amministrazione finanziaria pu<} 
avvalersi degli ufficiali giudiziari e dei loro equiparati (tra i quali sono 
compresi i messi di conciliazione), ovvero dei messi comunali e dei 
messi all'uopo autorizzati. Nel primo caso, le notificazioni si eseguono� 
secondo le norme ordinarie del codice di procedura civile; nel secondo,. 
invece, devono osservarsi le forme previste dall'art. 89 del r. d . .11 luglio 
1907, n. 560 (ed ora dall'art. 38 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645), salva 
l'applicabilit�, anche per tali notificazioni, delle norme di diritto comune 
in tema di rilevanza e sanatoria delle nullit� (4). 

Nelle notificazioni di atti, in materia tributaria, eseguite secondo 
il disposto dell'art. 89 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560 (ed ora dell'art. 38' 
del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645), la sottoscrizione dell'originale, da 
parte del consegnatario, non costituisce requisito essenziale, e, pertanto,. 
ed in mancanza di espressa comminatoria di legge, l'omissione non d�. 
luogo a nullit� (5). 

n. 1648, Riv. leg. fisc., 1964, 1729; Cass. 9 novembre 1964, n. 2704, in questa 
Rassegna, 1965, I, 379, con nota di O. FIUMARA; Cass. 15 luglio 1965, n. 1242, 
Riv. leg. fisc., 1965, 1866; Cass. 21 luglio 1965, n. 1686, in questa Rassegna,_ 
1965, I, 818, con nota; b) nel senso che l'omessa sottoscrizione dell'originale, 
da parte del destinatario dell'atto notificato, non d� luogo a nullit�, cfr.. 
Cass. n. 1648 e n. 2704 del 1964, citate, nonch� Cass. 20 novembre 1964, 
n. 2771, in questa Rassegna, 1964, I, 1150; Cass. 19 luglio 1965, n. 1634, id.,. 
1965, I, 1227 (da notare, peraltro, che, delle due sentenze ora in nota, pi� 
rigorosamente esatta, sul punto, appare la n. 2455, la quale, come gi� la 
n. 2771 del 1964, citata, esclude senz'altro la nullit�, e quindi anche l'esigenza 
della rinnovazione della notifica, ritenuta invece dalla sent. 1532,. 
come gi� dalle altre precedenti ricordate); c) sul punto dell'ammissibilit�, 
a scelta, delle notificazioni a mezzo di ufficiali giudiziari ed equiparati, 
ovvero di messi comunali e di messi all'uopo autorizzati, con conseguente 
rispettiva applicabilit� delle norme di diritto processuale comune e di 
quelle speciali delle leggi tributarie, cfr. Cass. n. 2704 e n. 2771 del 1964,. 
citate; d) sull'ammissibilit�, anche nel processo tributario, della distinzione 
tra notificazioni e comunicazioni, cfr., conformi anche sul punto evidenziato 
nella seconda massima, Cass. 19 luglio 1965, n. 1634 e 21 luglio 1965,. 
n. 1686, citate; e per tutte, per�, si osservi che la conclusione, secondo cui. -:= 
l'eventuale nullit� della notificazione della decisione si estenderebbe alla ~� 
comunicazione, che sia fatta con lo stesso atto, dell'impugnazione proposta 
dall'ufficio, pu� apparire discutibile, poich� l'unit� formale dell'atto non. 
dovrebbe impedire che se ne consideri la sostanzi<ale molteplicit� di con

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1299 

n mancato adempimento .deZZe formalit� prescritte, in tema di notificazioni, 
daZZ'art. 139, quarto comma, del codice di procedura civile, 
costituisce semplice irregolarit�, e non nullit�, che, peraltro, sarebbe 
sempre sanabile, ex tunc, con la rinnovazione da disporsi dal giudice 
ai sensi dell'art. 291 del detto codice (6). 

tenuto, e ci� anche al fine di valutare se le formalit� in concreto osservate 
per portarlo a conoscenza del contribuente, ed in ipotesi non idonee. per 
una valida notificazione, rion siano almeno sufficienti ad integrare una 
�comunicazione� (cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 330-331), che, peraltro, 
contrariamente a quanto sembra ritenere la Cassazione, pu� essere fatta, 
ai sensi dell'art. 38 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, dallo stesso ufficio finanziario 
interessato. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1336 -Pres. Vistoso 
-Est. Giannattasio -P. M. Cutrupia (conf.) -Amministrazione 
Provincia Roma (avv. Cervati) 'C. Ministero Finanze (avv. Stato 
Masi). 

Imposte e tasse in genere � Procedimento dinanzi alle commissioni � 
Ricorso alla Commissione centrale -Omessa indicazione dei 
motivi -Inammissibilit� del ricorso -Molivi succintamente esposti 
-Ammissibilit�. 

(r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 46). 
Imposte e tasse in genere � Procedimento dinanzi alle commissioni � 
Omesso esame, da parte della Commissione centrale, del ricorso 
incidentale del resistente -Decisione sul solo ricorso principale � 
Nullit�. 

(c. p. c., art. 360; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 48). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni Ricorso 
alla Commissione centrale -Audizione delle parti e obbligo 
di comunicazione della data di discussione in procedimenti 
diversi da quelli previsti dall'art. 50 del t. u. 24 agosto 1877, 

n. 4021 -Esclusione. 
(t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 50; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 48). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni Decisioni 
-Componenti della commissione partecipanti alla decisione 
-Numero minimo -Indicazione, nel solo verbale, dei 
membri del collegio giudicante -Sufficienza -Decisione sottoscritta 
soltanto dal presidente e dal segretario -Validit�. 

(r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 18, 30, 47). 
Imposta di registro -Contratti sottoposti a condizione sospensiva o 
soggetti ad approvazione � Retroattivit� della condizione e del




1300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'approvazione -Conseguenze in ordine al tempo cui va riferito 

il valore imponibile dei trasferimenti. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 17, 81; r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, 
art. 19; r. d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 296; r. d. 7 agosto 19.36, n. 1639, art. 15). 
� inammissibile il ricorso alla Commissione centrale delle imposte 
privo dell'indicazione dei motivi, i quali, peraltro, possono essere anche 
succintamente esposti, purch� consentano l'individuazione della censura 
nei suoi precisi termini (1). 

L'omessa cognizione, da parte della Commissione centrale delle 
imposte, del ricorso incidentale del resistente, comporta la nullit� della 
decisione resa sul ricorso principale (2). 

Nel procedimento dinanzi alla Commissione centrale delle imposte, 
fatta eccezione dell'ipotesi di cui all'art. 50 del t. u. 24 agosto 1877, 

n. 402.1, non � ammessa l'audizione personale delle parti, alle quali, 
pertanto, nemmeno deve essere data notizia della data fissata per la decisione 
(3). 
Per la validit� delle decisioni delle commissioni delle imposte � 
necessario che queste abbiano deliberato con la presenza dei tre quinti 
dei componenti, ma non occorre che dei membri del collegio giudicante, 
il cui nome deve risultare dal verbale della seduta, sia fatta anche 
menzione nella decisione, la quale, peraltro, va sottoscritta soltanto dal 
presidente e dal segretario (4). 

(1-5) In tutto conforme � Cass., Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1341. Conformi, 
inoltre, per le questioni di cui alla seconda massima, delle quali 
soltanto si discuteva, sono Cass., Sez. I, 30 giugno 1966, nn. 1685, 1686, 
1687, 1688. 

(1) Nel senso della inammissibilit� del ;ricorso c. d. interrutivo, con specifico 
riferimento al ricorso ai11a Commissione centrale, sia quale giudice di 
seconda, che di terza istanza, ed inoltre per il controricorso, contenente o 
meno anche ricorso incidentale, la giurisprudenza � consolidata: cfr., tra 
altre, Cass., 19 maggio 1964, n. 1247 e 16 aprile 1964, n. 904, in questa 
Rassegna, 1964, I, 594, con nota. 
Per l'inammissibilit� del ricorso interruttivo anche nei giudizi dinanzi 
alla commissione distrettuale ed a quella provinciale (inammiasibilit� 
esclusa dalla Cassazione, e, fin qui, talvolta ritenuta ed altre volte negata 
dalla Commissione centrale), cfr. la recente Comm. Centr., Sez. Un., 23 
giugno 1966, n. 8493, ultra, 1373, con nota cui si rinvia. 

(2) Come gi� in precedenti incontri (Cass. 14 luglio 1964, n. 1895, ed 
altre coeve, in questa Rassegna, 1964, I, 784; Cass. 25 luglio 1964, n. 2049, 
Riv. leg. fisc. 1964, 2109), la Corte Sup;rema ha sottolineato che l'omessa 
cognizione, da parte della Commissione centrale, del �controricorso (ed a 
fortiori, quindi, di quello contenente ricorso incidentale) si risolve in una 
violazione delle regole sul contraddittorio, inducente nullit� della decisione. 
(3-4) Puntuale applicazione delle norme e dei principi che regolano 
la materia. 

-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBU'l'ARIA 1301 

L'imposta di registro sui contratti sottoposti a condizione sospensiva, 
ai quali, ai fini di detta imposta, sono equiparati i contratti soggetti 
ad approvazione amministrativa, � dovuta con ie aliquote in 
vigore al momento in cui la condizione si avvera o l'approvazione 
interviene, ma sulla base dei valori alla data del trasferimento: data 
da intendere come quella del perfezionamento dei contratti con l'incontro 
dei consensi, attesa la retroattivit� cos� della condizione verificata 
come della intervenuta approvazione (5). 

(5) Sulla natura degli atti di approvazione dei contratti della pubblica 
amministrazione, v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 169; id., III, 51 1ss. 
Per le questioni, in genere, in tema di applicazione dell'imposta di registro 
per i contratti sottoposti a condizione e per quelli soggetti ad approvazione, 
cfr. Relaz., cit., II, 475. 

Ai fini del problema specifico, di cui alla massima, circa il momento 
da considerare per la determinazione del valore imponibile in relazione ai 
contratti in discorso, la Corte Suprema si � richiamata ai principi sulla retroattivit�, 
cosi della condizione come dell'approvazione amministrativa. 
Ha, poi, osservato che la disposizione dell'art. 17, ultimo comma, della legge 
del registro, che dice dovuta l'imposta, nei casi di cui all'articolo stesso, 

� nella misura stabilita dalla legge in vigore nel giorno in cui si avvera 
o si intende avverata la condizione �, si riferisce alla misura dell'aliquota, 
e, peraltro, in quanto posta in deroga a quella regola delile retroattivit�, � 
da ritenere di carattere eccezionale, e perci� non estensibile a ci� che 
attiene alla determinazione del valore, da operare secondo l'ordinario riferimento 
al �giorno del trasferimento., ai sensi dell'art. 15 del r. d. 7 
agosto 1936, n. 1639. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1340 -Pres. Favara 
-Est. D'Amico -P. M. Colonnese (conf.). Ministero Finanze 
(avv. Stato Tavassi La Greca) c. Messina (avv. Brancati). 

Imposta di re~istro -Enunciazione di convenzione verbale -Tassabilit� 
-Condizioni -Enunciazione di societ� di fatto. 

Per la tassabilit�, a norma dell'art. 62, comma .20, del r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, delle convenzioni verbali enunciate in atto presentato 
per la registrazione, oltre ai requisiti indispensabili della sussistenza 
della convenzione enunciata e della connessione diretta fra 
questa e ie disposizioni dell'atto che la contiene, � richiesto che l'atto 
enunciante consenta la possibilit� di identificare la convenzione in ordine 
ai soggetti, al contenuto oggettivo ed alla sua reale portata, in guisa 
da costituire non solo la prova della sua esistenza, ma addirittura il 
titolo (1). 

(1) Enunciativa di convenzione verbale e suoi profili tributari. 
L'enunciativa di un atto in altro atto che si sottopone a formalit� costituisce 
uno dei modi previsti dalla legge di registro per consentire alla 


1302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Col secondo mezzo, che, concernendo il contenuto 
oggettivo e la portata dell'atto enunciato, � opportuno esaminare per 
primo, lAmministrazione delle Finanze denuncia la violazione dello 
art. 62 della legge del registro approvata con r. d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269, nonch� il difetto di motivazione, e sostiene che la Corte di 
appello avrebbe ritenuto mancanti in concreto gli elementi individuatori 
del rapporto enunciato senza occuparsi di specificare, con adeguata 
motivazione, quali elementi occorressero oltre quelli risultanti dall'atto 
Finanza di avere � conoscenza legale � di un contratto verbale e, quindi, 
sottoporlo a tassazione. 

L'art. 62 della legge di registro distingue due fattispecie: l'una riguarda 
gli atti scritti e presuppone il solo fatto dell'inserimento o della enunciazione 
in un altro atto soggetto a registrazione; l'altra riguarda le convenzioni 
verbali, le quali, oltre ad essere materialmente enunciate in atto soggetto 
a registrazione, debbono essere in connessione diretta con le disposizioni 
dell'atto enunciante e continuare a sussistere dopo l'enunciazione. 

A queste due condizioni, espressamente richieste daUa legge, ne ven


gono comunemente aggiunte altre due: che l'enunciazione contenga tutti 

gli elementi essenziali per identificare la natura ed il contenuto della con


venzione verbale enunciata e che l'atto enunciante sia stipulato dalle me~ 

desime persone tra le quali � intervenuto il contratto verbale. 

Quanto alla prima di tali condizioni, � chiaro che l'enunciazione deve 
rendere possibile l'identificazione della convenzione .enunciata, onde consentirne 
appunto la tassazione. 

Tale esigenza, che si desume dalla natura stessa della tassa di enun


ciazione, � stata costantemente avvertita dalla dottrina, tuttavia non sempre 

uniforme nel definire l'ambito della identificazione. 

Il VIGNALI (Le Tasse di registro, Milano, 1908, II, 138) ritiene che 

l'enunciazione debba essere �per tal modo circostanziata da far� conoscere 

i nomi delle parti contraenti e la natura della convenzione � e cita in pro


posito la normale n. 413 del 31 luglio 1867. 

Il CLEMENTINI (Tasse di registro, Torino, 1907-1908, I, 727) ritiene che 

l'enunciazione debba essere �tale da constatarsene la sua identit� e che 

per ci� esprima i nomi dei contraenti, la natura e la sostanza della disposi


zione in essa racchiusa (Riso!. Minist. 31 luglio 1867) �, ed in seguito ag


giunge che l'enunciazione deve esser fatta �in modo che il contratto venga 

per essa ad 1acquistare la prova scritta, non solo della sua esi�stenza in 

genere, ma della sua esistenza specifica e cos� colle clausole essenziali che 

lo governano �. 

Nella dottrina recente, l'UcKMAR (Le leggi di registro, Padova, 1958, 

II, 470) ritiene che l'enunciazione debba contenere �tutti gli elementi 

essenziali del contratto che servono ad identificarne ~a natura ed il conte


nuto, in modo che lo stesso potrebbe essere registrato come atto a se 

stante�. 

A tale tesi aderisce il BERLIRI (Le leggi di registro, Milano, 1947, 124), 

mentre il RASTELLO (Il tributo di registro, Roma, 1955, 443) ritiene suffi


ciente che il negozio sia individuato anche in via indiretta. 

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, che pure in precedenza 

aveva esattamente avvertito che � l'esistenza della convenzione non regi


strata pu� essere implicita, nel senso che ile parti, pur senza dichiarare 

l'esistenza di tale convenzione, enuncino circostanze dalle quali possa egual




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1303 

:registrato; quanto meno la sentenza impugnata avrebbe dovuto fornire 
adeguata spiegazione dell'asserita mancanza di tali elementi. 

La censura � infondata. Come � giurisprudenza costante di questa 
Corte (Cass. 16 luglio 1965, n. 1572; 15 febbraio 1965, n. 232, 30 marzo 
1951, n. 714), per la tassabilit� a norma dell'art. 62, comma 2�, del 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, delle convenzioni verbali enunciate in 
un atto presentato per la registrazione, oltre ai requisiti indispensabili 
della sussistenza della convenzione enunciata e della connessione di-
mente dedursi che esista tra di esse il rapporto giuridico non denunciato � 

(Cass. 26 giugno 1950, n. 1621, Riv. leg. fisc., 1950, 686), si � ora costantemente 
orientata nel senso che occorre �che l'atto enunciante consenta di 
identificare la convenzione in ordine ai soggetti, al contenuto oggettivo ed 
alla sua reale portata, in modo da fornire non solo la prova della sua esistenza, 
bens� addirittura il titolo � (Cass. 16 luglio 1965, n. 1572, Riv. leg. 
fisc., 1965, 1900; Cass. 15 febbraio 1965, n. 232, Riv. leg. fisc., 1965, 1087; 
Cass. 14 dicembre 1962, n. 3351, Riv. leg. fisc., 1963, 683; v. anche Cass. 
30 marzo 1951, n. 714, Riv. leg. fisc., 1951, 472). 

Ma, cos� rigorosamente intesa l'identificazione, l'art. 62 della legge di 
registro finirebbe con l'essere praticamente inattuabile, o meglio attuabile 
soltanto nei casi in cui l'enunciativa consista in un negozio di accertamento 
della precedente convenzione verbale o abbia la funzione di fornire la 
prova scritta della convenzione stessa. 

Rimarrebbero praticamente estranei all'ambito dell'art. 62 tutti i casi 
in cui l'enunciazione abbia, non funzione probatoria o ricognitiva della 
convenzione enunciata, ma soltanto il fine di rappresentare una situazione 
costituente il presupposto dell'atto enunciante o comunque connessa con le 
disposizioni di quest'ultimo, perch� in tali casi le parti di solito si limitano 
a menzionare la convenzione enunciata, senza per� specificarne tutte le 
clausole essenziali: casi, questi ultimi, che costituiscono il nucleo principale 
delle enunciative, anzi, secondo qualche autore (PEKELis, Appunti 
sulla registrazione coattiva in genere, e specialmente su quella delle convenzioni 
verbali enunciate in scritture private, Foro it., 1936, IV, 319), i veri 
,e propri casi di enunciativa. 

L'art. 1318 del vecchio codice civile, com'� noto, riproducendo l'art. 1320 
del codice francese, esaminava le enunciative contenute in atti pubblici e 
scritture private sotto il profilo della prova, ed a tal fine distingueva tra 
enunciative aventi diretto rapporto con la disposizione dell'atto enunciante, 
che venivano regolate dalle stesse norme delle clausole dispositive, 
,ed enunciative estranee alla disposizione, le quali non potevano servire 
che per un principio di prova. 

All'<art. 1318 � chiaramente ispirato, come gi� l'art. 47 del testo unico 
delle leggi di registro approvato col r. d. 20 maggio 1897, n. 217, l'art. 62 
della vigente legge di registro, nel disporre che le convenzioni verba'l.i 
enunciate debbano essere in connessione diretta con le disposizioni dell'atto 
enunciante. 

L'art. 1318, oggetto di critica, in quanto confondeva l'efficacia obbli


gatoria o sia pure probatoria de1'le dichiarazioni delle parti, documentate 

nell'atto, con l'efficacia probatoria del documento (LEssONA, Trattato delle 

prove, Firenze, 1922, n. 464; CARNELUTTI, Prova Civile, Roma, 1915, 213, 

214), non � stato riprodotto nel nuovo codice (v. Relazione ministeriale 

n. 1105); il che potrebe, �de iure condendo�, influire anche sul disposto 

1304 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

retta fra questa e le disposizioni dell'atto che la contiene, � richiesto 
che l'atto enunciante consenta la possibilit� di identificare. la convenzione 
in ordine ai soggetti, al contenuto oggettivo ed alla sua reale 
portata, in guisa da fornire non solo la prova della sua esistenza, ma 
addirittura il titolo; pertanto, per aversi l'enunciazione di una convenzione 
verbale, rilevante ai fini della legge di registro, non basta che 
l'atto enunciante faccia presumere che altro diverso rapporto si sia 

dell'art. 62 della legge di registro (UcKMAR, op. cit., II, 470, nota 1; BERLIRI, 
op. loc. cit.). 

Ma � chiaro che il concetto di enunciativa, accolto dall'art. 62 de1la 
legge di registro, deriva da quello elaborato in relazione all'art. 1318 del 
codice abrogato. 

Orbene, per enunciative venivano intese � quelle parti degli atti o de� 
contratti, che completano gli stessi nella loro unit�, ma si ;riferiscono ad 
�ltri atti, contratti, fatti o circostanze, precedenti o contemporanee, che ne 
costituiscono generalmente il presupposto� (FELICI, Enunciative, Diz. prat. 
di dir. priv. dello ScIALOJA); e dichiarazioni dei contraenti o di alcuni di 
essi che non appartengono al costitutivo delle obbligazioni, bench� possano 
avervi una correlazione pi� o meno immediata � (BORSARI, Commentario, 
art. 1318, par. 3278). 

La connessione tra enunciativa e disposizione dell"atto enunciante veniva 
poi richiesta per la considerazione che, riferendosi l'enunciativa direttamente 
al dispositivo dell'atto e divenendone per ci� parte integrante, 
il senso e l'effetto di essa non poteva cosi sfuggire all'attenzione dell'altra 
parte. 

Alla stregua dell'art. 1318, dunque, il concetto di enunciativa era estremamente 
ampio, con il solo limite della necessaria connessione tra cosa 
enunciata e disposizione dell'atto enunciante, e la categoria di enunciazioni 
tenuta presente in particolare era proprio quella delle dichiarazioni aventi 
il fine di rappresentare una situazione costituente il presupposto. dell'atto� 
enunciante o comunque co.nnessa con le disposizioni di esso (si veda, per 
la distinzione tra dichiarazioni dispositive o precettive e dichiarazioni 
enunciative o rappresentative: BETTI, Teoria gen. neg. giur., Torino, 1960,. 

n. 15). 
Tale � il concetto di enunciativa sostanzialmente assunto dall'art. 62 

della legge di registro, che esige soltanto, come si � visto, oltre la materiale 

enunciazione, il rapporto di connessione tra disposizione enunciante e con


venzione, e la non estinzione di quest'ultima. 

L'enunciativa, ai fini fiscali, deve naturalmente consentire l'identifica


zione della convenzione enunciata, perch� sia sottoposta all'imposta di re


gistro che le � propria. 

Ma ci� non autorizza l'estremo rigore, cui � improntata .ia recente� 

giurisprudenza della Cassazione, che finisce, come si � dianzi rilevato, col 

rendere praticamente inattuabile l'art. 62 della legge di registro. 

Tale giurisprudenza richiede addirittura che l'atto enunciante fornisca 

non solo la prova della esistenza della convenzione verbale enunciata ma 

addirittura il titolo. 

Affermazione che non pu� condividersi, giacch� titolo costitutivo �� 
sempre la preesistente convenzione, di cui potr� farsi menzione nell'attoenunciante 
al fine di rappresentare una situazione che ne costituisce i1 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1305 

costituito fra coloro che addivennero alla stipulazione dell'atto presentato 
per la registrazione, ma � necessario che tale atto contenga elementi 
rivelatori ed individuanti del rapporto enunciato. Ed � insindacabile 
in cassazione, se correttamente ed adeguatamente motivato, 
l'apprezzamento del giudice di merito che escluda l'esistenza degli elementi 
predetti nell'atto enunciante, tali da rendere tassabile l'atto 
enunciato, ai fini del registro, insieme con l'atto enunciante. 

presupposto, o anche ai fini probatori o ricognitivi della convenzione enunciata, 
senza per� che la enunciazione assorba o surroghi il fatto costitutivo 

(v. BETTI, op. Zoe. cit.; CARIOTA FERRARA, Negozio Giuridico, Napoli, 1949, 
417, 428 sgg.). 
Occorre soltanto, ai fini dell'art. 62, che nell'atto enunciante siano state 
rese dichiarazioni che rivelino la sussistenza della convenzione verbale 
enunciata. 

Non � consentito a tal fine ricorrere ad elementi non contenuti nell'atto, 
ma l'esistenza della convenzione enunciata pu� essere individuabile anche 
indirettamente, senza che ai contraenti sia richiesta un'esplicita dichiarazione 
di esistenza della convenzione enunciata, come ad esempio nella 
specie decisa dalla sentenza n. 3351 del 1962, citata, in cui il conferimento 
da parte di pi� persone del mandato a gestire un'azienda, e, quindi, a 
svolgere un'attivit� economica, implica necessariamente la sussistenza di 
una �societ� di fatto tra i mandanti. 

In tal caso si tratta non di presumere l'esistenza della convenzione 
enunciata, cio� di desumere da un fatto noto la probabilit� dell'esistenza 
della convenzione, ma di acquisire la certezza della sua sussistenza in base 
al contenuto negoziale dell'atto enunciante. 

N� occorre che siano indicati tutti gli elementi della convenzione enunciata, 
potendo essa essere individuata anche in via indiretta ed occorrendo 
soltanto che in tal modo risultino gli elementi necessari e sufficienti ai fini 
della tassazione. 

Cos�, in particolare, non occorre l'indicazione del prezzo o dei valori 
necessari per la tassazione, cui la Finanza pu� ovviare con la richiesta della 
dichiarazione estimativa, in base agli artt. 30 della legge di registro e 
17 r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 (cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 451). 

La sentenza n. 1340 del 1966, qui in esame, richiede addirittura che 
l'enunciazione di una societ� sia completa di tutti gli elementi del contratto 
sociale, come la forma della societ�, la data dell'asserita costituzione e 
simili. Affermazione che finirebbe col rendere praticamente intassabili le 
enunciative di societ� di fatto ed in definitiva col frustrare la �ratio� della 
norma, dalla Corte stessa identificata nella necessit� di � evitare le frodi 
fiscali, in quanto le parti sarebbero indotte a far ricorso alla enunciazione, 
avente la stessa efficacia probatoria dell'atto scritto, per sottrarsi alla tassazione 
della convenzione enunciata � (Cass. 9 luglio 1962, n. 1799, Riv. leg. 
fi,sc., 1962, 1970), giacch� sarebbe agevole alle parti, omettendo di indicarne 
qualche elemento, sottrarsi alla tassazione della convenzione enunciata, 
pur conseguendone, mediante l'enunciazione, la prova documentale. 

Si aggiunga poi, per quanto riguarda i fini probatori perseguibili mediante 
l'enunciazione, che ile parti possono, con l'enunciazione in un atto 
scritto, procurarsi anche soltanto un principio di prova (art. 2724 c. c.); 


1306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella specie la Corte d'Appello, dopo avere rilevato che, con l'atto 
sottoposto a registro, i fratelli Vincenzo e Domenico Messina avevano 
conferito agli altri due fratelli il potere di rappresentarli in tutti gli 
atti che concernevano l'amministrazione dell'industria della seta, ponendo 
cosi in essere un mandato ad negotia, ha soggiunto che nel predetto 
documento era presunta e presupposta una precedente conven


ma, anche in tal caso, le parti si procurano, con la registrazione dell'atto 
enunciante, un mezzo di prova documentale della convenzione enunciata. 

Anche in tal caso, dunque, ricorre la ratio ravvisata dalla Cassazione 
ed �, quindi, giustificata la tassazione della convenzione enunciata; il che 
ulteriormente dimostra come sia inaccettabile l'estremo rigore cui � improntata 
la giurisprudenza della stessa Corte, quando ritiene che l'atto enunciante 
debba fornire non solo la prova della esistenza della convenzione 
enunciata, ma addirittura il titolo. 

Quanto all'ulteriore condizione, che l'atto enunciante debba essere 
stipulato tra le stesse persone tra le quali � intercorsa la convenzione enunciata, 
essa � ritenuta necessaria dal VIGNALI (op. Zoe. cit.) e dal CAPPELLOTTO 
(Le Tasse di Registro, Venezia, 1932, II, 660), mentre il CLEMENTINI (op. 
cit., 727) non ritiene necessario che l'enunciazione proceda dalle parti 
obbligate. 

Nella dottrina recente l'UcKMAR (op. Zoe. cit.) � per l'affermativa; il 
BERLIRI {op. Zoe. cit.) ritiene che, ove la convenzione enunciata sia intervenuta 
fra tre o pi� persone, sia sufficiente che ne intervengano nell'atto 
enunciante soltanto due, che non abbiano la stessa posizione. 

La giurisprudenza � orientata in senso affermativo (v. Cass. 7 giugno 
1954, n. 1862, Riv. Zeg. f�sc., 1954, 1014). Tale condizione � ritenuta necessaria, 
in quanto una enunciativa compiuta da persone diverse dai contraenti 
non potrebbe costituire per questi ultimi prova scritta della convenzione 
enunciata. 

Si pu� in contrario osservare che l'enunciazione, ai fini dell'art. 62, � 

destinata a fornire alla Finanza la � conoscenza legale � di una precedente 

convenzione verbale e tale finalit� � realizzata indipendentemente dal fatto 

che l'enunciazione costituisca o meno titolo di prova fra le parti contraenti 

della convenzione enunciata. 

Sotto tale profilo non appare indispensabile l'identit� delle parti della 

convenzione enunciata con quelle partecipanti all'atto enunciante, dato che 

tale condizione non trova riscontro nella legge e non ha nemmeno giustifi


cazioni di natura equitativa. 

Si consideri, infatti, che l'obbligo d'imposta sorge per le parti contraenti 

dell'atto registrato, non della convenzione enunciata; non vi � dunque il 

pericolo che la dichiarazione unilaterale di una parte faccia sorgere l'ob


bligo d'imposta a carico di un terzo, estraneo all'atto enunciante (cfr. ReZaz. 

Avv. Stato, 1951-55, II, 548). 

Le parti contraenti dell'atto registrato sono a loro volta tutelate dalla 

condizione -questa espressamente prevista dalla legge -della necessaria 

connessione della convenzione enunciata con il contenuto precettivo del


l'atto enunciante; connessione che indubbiamente esiste quando si fa men


zione della convenzione verbale come di un antecedente giuridicamente 

necessario del negozio sottoposto a registro e come tale riconosciuta da 

tutte le parti partecipanti all'atto. ii� 

F. PAGANO 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1307 

zione verbale di costituzione di societ� fra i due fratelli, ma che non 
potevano dirsi indicati gli elementi rivelatori ed individuanti del rapporto 
sociale. Ora, posto che la Corte aveva precedentemente, nella 
stessa motivazione, letteralmente trascritto il contenuto del mandato, 
non aveva null'altro da dire per la completezza della motivazione stessa, 
una volta che l'enunciazione mancava dei necessari elementi rivelatori 
ed individuanti del contratto sociale, come la forma della societ�, il 
capitale, la data dell'asserita costituzione e simili, cosicch�, al pi�, 
si poteva presumere una preesistente societ�, ci� che non bastava di 
certo per la tassabilit� dell'atto enunciato. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 giugno 1966, n. 1560 -Pres. Fibbi 
-Est. Montanari Visco -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Ricci) c. Soc. Costruzioni Idrauliche Stradali Edili Bonifiche 
(avv. Carboni e De Benedetti). 

Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti 
per intrinseca loro natura le une dalle altre -Nozione' -Fattispecie 
in tema di apertura di conto corrente bancario destinato al 
versamento di somme riscosse da una banca in dipendenza di una 
cessione di crediti a garanzia di operazioni di finanziamento. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9 cpv.). 
Le disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca 
loro natura le une dalle altre, soggette alla imposta di registro 
per la disposizione che d� luogo all'imposta pi� grave, ai sensi dello 
art. 9 cpv. della legge organica di registro, sono soltanto quelle fra le 
quali esista in forza di legge una obiettiva, logica e necessaria concatenazione 
-e non una semplice connessione soggettiva dipendente 
dalla volont� delle parti -tale che una disposizione non possa esistere 
senza l'altra e che una di esse costituisca una necessaria conseguenza 

dell'altra. Non sussiste tale concatenazione rispetto al negozio (soggetto, 
quindi, ad autonoma imposizione) di apertura di un conto corrente, a 
disposizione del correntista, destinato al versamento delle somme, riscosse 
dalla Banca per effetto della cessione di crediti verso la P.A., 
che eccedono la copertura del finanziamento collegato a detta cessione 
agli effetti degli artt. 4 e 28 tariffa A allegata alla legge organica di 
registro; sussiste invece la necessaria concatenazione tra il negozio di 



1308 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

finanziamento contro cessione di credito verso la P. A. e il patto di 
restituzione al sovvenuto dei proventi della cessione che eccedono la 
copertura del finanziamento (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2263 -Pres. Rossano 
-Est. Straniero -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Masi) c. Banca Nazionale del Lavoro (avv. Del Nunzio). 

Imposta di registro -Cessione di crediti verso la pubblica amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende o enti di 
credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta 
-Correlazione tra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione. 


(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A: art. 4 lett. c) e nota aggiunta, 28 
lett. c); 1. 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). 
Imposta di registro -Interpretazione dei negozi soggetti ad imposta Criteri. 


(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8, primo comma). 
Per il trattamento di favore previsto dagli artt. 4 lett. c) e 28 
lett. c) della tariffa A annessa alla legge organica di registro (nel testo 
modificato dagli artt. 1 e 2 della l. 4 aprile 1953, n. 261) per le ces


(1-5) Sostanzialmente conformi sono, inoltre: Cass., Sez. I, 25 maggio 
1966, n. 1332; 28 maggio 1966, n. 1392, 7 giugno 1966, n. 1484, 5 luglio 
1966, n. 1737 (che possono leggersi in Riv. Leg. Fisc., 1966, pp. 1717, 
1838, 1877, 2287), nonch� Cass., Sez. I, 20 agosto 1966, nn. 2260, 2261 e 
2262; 26 ottobre 1966, n. 2605 e 16 dicembre 1966, n. 2944. 

Nella considerata materia, l'orientamento decisorio della Corte Suprema, 
gi� consolidato, ha cosi ricevuto una ulteriore conferma, nei principi 
e con interessanti precisazioni casistiche. In argomento pubblichiamo le 
seguenti: 

Considerazioni sul trattamento fiscale delle cessioni di credito 
connesse con operazioni bancarie di finanziamento 


Dopo le fondamentali pronunce delle Sezioni Unite 6 giugno 1964, 

n. 1397 (in questa Rassegna, 1964, I, 777, con nota di L. CoRREALE) e 5 ottobre 
1964, n. 2519 (Riv leg. fisc., 1965, 222), pi� volte confermate dalle Sezioni 
semplici (sentenze 1570/64, 1656/64, 2101/64, 2586/64, 2587/64, 
�~~ 

2591/64, 2592/64; e ancora sent. 10 novembre 1965, n. 2352, in questa Rassegna, 
1965, I, 1299), sono intervenute altre numerose decisioni, che, oltre ad 

!j!

affinare i principi, hanno offerto numerosi esempi di applicazione, a mol


:~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1309 

sioni di crediti verso la P.A. in relazione a finanziamenti concessi dagli 
istituti di credito contemplati dal r. d. 12 marzo� 1936, n. 375 e successive 
modificazioni, � necessario che tra i due negozi sussista una 
interdipendenza stretta ed assoluta, un collegamento diretto ed immediato, 
una perfetta aderenza e corrispondenza, con l'unico temperamento 
della possibilit� che il finanziamento possa essere concesso per 
un importo minore dell'ammontare della cessione di credito in relazione 
alla opportunit� di tener conto di eventuali obbligazioni del sovvenuto 
per interessi, spese o risarcimento di danni. Conseguentemente 
il negozio deve essere concepito in modo che siano specificamente determinate 
e delimitate le operazioni di finanziamento ed il relativo ammontare 
e modo di operare e, nel caso di eccedenza dell'ammontare 
della cessione rispetto all'importo del finanziamento e nell'altro in cui 
il negozio di finanziamento consenta la reiterabilit� dell'utilizzazione 
della somma disponibile, occorre che siano pattuite clausole limitative 
del normale effetto della cessione di crediti. Sono incompatibili con it 
favore tributario clausole quali quella che prevede la revocabilit� del 
finanziamento ferma restando la cessione in ogni suo effetto e quella 
che abilita la banca a destinare i proventi della cessione a copertura 
del finanziamento, o a versarli in un conto corrente vincolato, ovvero 
a metterli in tutto o in parte a disposizione del cliente o infine a consentire 
svincoli sulle somme vincolate (2). 

teplici casi concreti, delle norme degli artt. 4 e 28 tariffa A allegata alla 
legge organica del registro, nel testo modificato dalla 1. 4 aprile 1953, 

n. 261. Dalle sentenze sopra riportate, e da altre intervenute nello stesso 
periodo di cui si omette la pubblicazione (1332/66, 1392/66, 1484/66, 1737 /66, 
2260/66, 2261/66, 2262/66, 2605/66), � dato, coordinando l'ampia materia, 
di trarre alcuni postulati che possano essere di guida nell'applicare in sede 
di merito (e nei numerosi giudizi di rinvio che seguiranno all'intenso lavoro 
della Corte Suprema) i principi generali affermati daUe Sezioni Unite, 
ormai conosciutiissimi, che � superfluo riassumere. 
Le ragioni ostative al riconoscimento del diritto all'agevolazione tributaria, 
pi� fr.equentemente individuate dalle varie pronunce nei contratti 
tipo impiegati dagli Istituti di credito, possono cosi riassumersi: 

a) insufficiente correlazione tra cessione di crediti e finanziamento; 

b) ultrattivit� della cessione di credito; 

c) rotativit� dell'operazione di finanziamento; 

d) insufficiente delimitazione degli effetti della cessione di crediti; 

e) sproporzione tra gli importi dei due negozi collegati; 

f) estinzione del finanziamento con mezzi diversi dalla cessione di 
crediti; 
g) possibilit� che la correlazione iniziale venga meno nello svolgimento 
del rapporto. 

Quanto alla condizione della correlazione tra la cessione di crediti ed 
il finanziamento, sebbene la legge richieda soltanto la specifica indicazione 
delle operazioni bancarie in relazione alle quali l'atto di cessione � stipulato, 
� chiaro che una mera indicazione formale non.pu� essere sufficiente, 

"""''""'"""""~-,,.,,,_~,,,,J 


-



1310 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nell'esaminare l'atto da tassare ai fini dell'assoggettabilitd al beneficio 
fiscale, si deve 'aver riguardo, in forza del principio fissat� nell'art. 
8 primo comma della legge organica di registro, non alla comune 
intenzione delle parti da ricercarsi alla stregua dei criteri soggettivi 
di interpretazione dei contratti, n� alla enunciativa, al nomen iuris, 

o all'apparato formale del negozio, ma esclusivamente alla capacitd 
obiettiva e potenziale del negozio a produrre determinati effetti giuridici 
(3). 
III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2607 -Pres. Rossano 
-Est. Scanzano -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Sembiante) c. Cassa di Risparmio Vittorio Ema
�nuele (avv. Giorgianni). 

Imposta di registro -Cessione di crediti verso lo Stato, le province, i 
comuni e aziende dipendenti, in relazione a finanziamenti concessi 
da aziende o enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali 
-Aliquota ridotta -Regime anteriore alla 1. 4 aprile 1953 

n. 261 -Correlazione tra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione. 
(r. d. 19 dicembre 1936, n. 2170, art. 1). 
se l'atto sostanzialmente e potenzialmente (� superfluo rilevare con quanta 
insistenza la S. C. ha sempre ribadito il principio di interpretazione dell'atto 
tassato con i criteri dell'art. 8 1.o.r.) sia idoneo a dare alla cessione 
di crediti una portata indeterminata; e poich� l'indicazione di una operazione 
di finanziamento quale che sia non basta ad assicurare il fine di 
contenere il costo del danaro soltanto per il finanziamento dell'attivit� fonte 
del credito verso la P. A. (nulla consente di verificare se quel determinato 
finanziamento venga impiegato dal soggetto sovvenuto per ogni sorta 
di iniziative -sentenza n. 1332/66) � stata avvertita la necessit� di esigere 
una assai netta correlazione tra le due operazioni che non si risolva in una 
pura e semplice dichiarazione, di scarsa concretezza. Si � cosi esclusa 
l'agevolazione in presenza di una clausola che estenda l'efficacia della cessione 
ad ogni credito della Banca in 'dipendenza dei lavori oggetto del 
contratto verso la P. A., anche quindi a titolo diverso e successivo dall'operazione 
specificata nell'atto di cessione (sent. n. 2605/66), limitazione 
pi� che doverosa anche perch� qualunque credito della Banca ver.so il suo 
cliente, che � sempre un puro e semplice credito di danaro non qualificato 
e nemmeno qualificabile, pu� diventare o apparire come dipendente dai 
lavori. 

Ulteriori obblighi di diretta correlazione tra i due negozi non sono 
stati fin ora individuati; e bisogna dire che, ai fini della correlazione espres


-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1311 

Imposta di registro -Cessioni di crediti verso lo Stato, le province, i 
comuni e aziende dipendenti, in relazione a finanziamenti concessi 
da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali 
-Aliquota ridotta -Regime anteriore alle 1. 4 aprile 1953, 

n. 261 -Condizioni -Qualit� del debitore ceduto -Consorzio tra 
comuni -Inapplicabilit� del beneficio. 
(r. d. 19 dicembre 1936, n. 2170, art. 1). 
IZ regime fiscale, stabilito dall'art. 1 del r. d. l . .19 dicembre 1936, 

n. 2170, delle cessioni di crediti verso lo Stato le province e i comuni 
e aziende dipendenti derivanti da forniture in relazione a finanziamenti 
concessi da Aziende o Enti di credito contemplati dal r. d. l. 12 marzo 
1936, n. 375 e successive modificazioni a favore di ditte commerciali 
e industriali, � sostanzialmente uguale a quello vigente, stabilito con 
gli artt. 1 e 2 della l. 4 aprile 1953, n. 261 che modificano gli artt. 4 
e 28 della tariffa A allegata alla legge organica di registro. Per la concessione 
della speciale aliquota di favore � quindi necessario che nell'atto 
sia stabilita una esclusiva ed obiettiva correlazione tra cessione 
di credito e finanziamento, tale da impedire che il credito ceduto sia, 
anche potenzialmente, in tutto o in parte assorbito da altri rapporti 
sa, ben poco in definitiva si pretende, dato che anche la summenzionata 
clausola di estensione ad ogni credito dipendente dai lavori potrebbe essere 
eliminata dall'atto senza alcun sostanziale pregiudizio per le parti interessate. 
Peraltro, pretendere una specifica indicazione dell'operazione di 
finanziamento e l'esclusione di clausole che ad essa deroghino � il minimo 
della cautela; ma bisogna rendersi conto che nonostante la specifica indicazione 
potrebbe restare sempre possibile impiegare un finanziamento determinato 
per qualunque scopo, e che, pertanto, l'impossibilit� di impedire 
direttamente un tale abuso rende necessario di raggiungere indirettamente 
il fine con altre limitazioni che, se non escludono, almeno ostacolano la 
dilatazione della cessione agevolata per fini non consentiti. 

L'ultrattivit� della cessione di crediti, che incontestabilmente si verifica 
quando la cessione viene egplicitamente mantenuta in vita dopo la revoca 
del finanziamento, � uno dei vizi pi� frequenti degli atti presi in esame 
dalle varie decisioni. 

Va rilevato peraltro che si ha egualmente ultrattivit� quando manchi 
una espressa clausola di sopravvivenza della cessione alla revoca del finanziamento. 
Il rapporto di finanziamento, di norma a tempo indeterminato, 
� revocabile per legge (art. 1845 c. c.), mentre la cessione � per sua natura 
definitiva ed irrevocabile. Vi � quindi sempre una potenziale ultrattivit�, 
se non � espressamente stabilito il contrario. :ai stata quindi affermata (sentenze 
1484/66, 1737 /66, 2260/66, 2261/66) la necessit� di pattuire esplicitamente 
che, una volta definito il rapporto creditizio, la Banca resti obbligata 
a rest!tuire o a non incassare il residuo credito esuberante. Ci� deve valere 
per qualunque ipotesi di autonomia della cessione sia cio� nel caso di 
ultrattivit� nel tempo (che discende, oltre che dalla revoca del finanziamento, 
dall'esaurimento del rapporto per pareggiamento del conto comun




1312 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di diversa natura; tale ipotesi si verifica quando l'importo del credito 
ceduto sia superiore a quello del finanziamento e non sia pattuita una 
espressa limitazione dei normali effetti della cessione (4). 

L'agevolazione stabilita dall'art. 1 del r. d. l. 19 dicembre 1936, 

n. 2170 � applicabile soltanto alle cessioni di crediti verso lo Stato, le 
province, i comuni e aziende dipendenti, derivanti da forniture di qualsiasi 
genere; esula da tale classificazione un consorzio di bonifica fra 
comuni, che ha soggettivitd ed organi propri, e come tale � formalmente 
e sostanzialmente distinto dallo Stato e dagli enti pubblici territoriali 
(5). 
I 

(Omissis). -Con il primo mezzo di gravame l'Amministrazione 
ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 9 della 
legge del registro e 4 e 28 della tariffa all. A, lamentando che la Corte 
d'Appello abbia escluso la possibilit� di una distinta tassazione, ai sensi 
dell'art. 9 della legge del registro, del deposito in conto corrente risultante 
dalla clausola n. 6 del contratto 15 gennaio 1957, negozio da 
considerarsi autonomo rispetto agli altri due posti in essere con il contratto 
medesimo. In particolare lAmministrazione ricorrente deduce 
che l'apertura di credito contro cessione di credito pro-solvendo non 
determinava intrinsecamente -e cio� per sua natura -la necessit� 
che l'eccedenza del credito ceduto rispetto al finanziamento fosse depositata 
in conto corrente presso la stessa Banca finanziatrice. Il deposito 
in conto corrente sarebbe perci� connesso con gli altri negozi solo per 
volont� delle parti. 

que raggiunto) sia nel caso di mantenimento del finanziamento (la cui 
operativit� � per lo pi� rimessa al potere insindacabile della Banca) entro 
limiti di valore di molto inferiori all'importo del credito ceduto. 

Poich� tutto quel che eccede l'importo del finanziamento (salvo quel 
ragionevole margine prudenzialmente accantonabile, II).a pur sempre soggetto 
al rendiconto finale, per maggiori interessi, spese e risarcimento danni: 
sentenze 2263/66, 1332/66) � agevolmente stornabile dalla Banca, in 
mancanza di un espresso divieto, se non altro per effetto della compensazione 
prevista dall'art. 1853 c. c. ~sentenze 2262/66; 2352/65, in questa 
Rassegna, 1965, I, 1299; Corte App. L'Aquila, 16 giugno 1965, ivi, 1312) 
nonch� delle condizioni generali sui conti correnti che assicurano ad ogni 
Banca ampi e ferrei poteri di garanzia per qualunque esposizione verso 
lo stesso cliente, requisito ineliminabile di ogni atto che voglia godere del 
beneficio dovr� essere in ogni caso l'espresso obbligo (e non la mera facolt�) 
della Banca di non incassare i proventi della cessione, e di restituire 
quelli gi� incassati, che eccedano il pareggiamento del finanziamento. Deve 
in sostanza stipularsi nell'atto quello che ogni Banca ritiene ancora un 
assurdo, e cio� che il cliente abbia il potere, una volta chiuso lo specifico 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1313 

La censura � fondata. Con numerose pronunce questa Suprema 
Corte ha affermato che l'art. 9 della legge del registro, in quanto stabilisce 
che gli atti, i quali comprendano pi� disposizioni necessariamente 
connesse e derivanti (per intrinseca loro natura) le une dalle 
altre, si considerano come se contenessero la sola disposizione che d� 
luogo alla tassa pi� grave, esige che tra le disposizioni dell'atto corra 
un rapporto di � compenetrazione oggettiva �, non essendo sufficiente 
che la volont� dei contraenti le abbia poste come reciprocamente conzionate 
o collegate tra loro. � necessario cio� che tra le varie disposizioni 
dell'atto interceda una connessione necessaria di carattere obbiettivo, 
in modo che una disposizione non possa esistere senza l'altra e 
che una di esse costituisca una necessaria conseguenza dell'altra. Deve 
perci� escludersi, agli effetti del secondo comma dell'art. 9 della legge 
del registro, ogni rapporto .di connessione che sia fondato soltanto sulla 
volont� o convenienza economica delle parti contraenti. Se i diversi 
negozi giuridici, contenuti in un mede8imo atto, siano soltanto occasionalmente 
e subiettivamente connessi, essi -quali atti obbiettivamente 
indipendenti, ai sensi del primo comma dell'art. 9 citato -sono 
soggetti a distinta tassazione. 

Nella specie, la stessa Corte d'Appello aveva rilevato che, con la 
pattuizione di cui all'art. 6 del rogito notarile, e cio� con le particolari 
modalit� convenzionali del versamento della differenza fra l'ammontare 
del credito ceduto e quello del finanziamento, si era venuto a costituire 
un conto corrente bancario di corrispondenza. Il contratto bancario 
posto in essere non derivava necessariamente dalle altre pattuizioni 
contrattuali, soggette all'aliquota ridotta dell'imposta di registro, 

conto di finanziamento collegato con la cessione, di pretendere il paga


mento di tutto ci� che resta del credito ceduto, anche se lo stesso cliente 

� gravemente esposto verso la Banca ad altro titolo. 

Pertanto sar� necessario (salvo che nella rara ipotesi di finanziamento 

a tempo determinato e non revocabile e di contemporanea cessione di cre


diti di uguale importo) non soltanto che l'atto non contenga clausole che 

sanciscono una ultrattivit� o comunque una autonomia della cessione, ma 

anche che l'atto contenga espresse limitazioni, nel tempo e nell'ammontare, 

al normale effetto della cessione ed ai poteri della Banca sulle manipola


zioni del finanziamento (divieto di ritenzione, di compensazione o comun


que di storno); in sostanza la cessione deve ridursi alla funzione dei nor


mali mezzi di garanzia la cui efficacia ha un andamento rigidamente paral


lelo all'operazione garantita (arg. 1844 c. c.). 

Costante � anche la giurisprudenza del S. C. nel ritenere impeditiva 

della concessione del beneficio tributario la rotativit� del finanziamento, 

quando non sia chiaramente specificato e delimitato il sistema degli utilizzi 

successivi si da garantire che le fasi ulteriori dell'operazione non si disco


stino dallo scopo inziale definito nell'atto. �, invero, pi� che legittima la 

preoccupazione, sentita nelle varie pronunce, che il rapporto di finanzia


mento a tempo indeterminato, che consente un numero illimitato di prelievi 

11 



1314 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in quanto i suoi effetti eccedevano la semplice restituzione della somma 
costituente la differenza fra l'ammontare del credito ceduto dalla 

C.I.S.E.B. e riscosso dalla Banca e quello dell'apertura di credito concessa 
dalla Banca medesima. 
La mera previsione della restituzione di tale somma differenziale 
avrebbe costituito una disposizione necessariamente connessa e derivante 
dagli altri due negozi posti in essere dalle parti contraenti, poich� 
la nota dell'art. 4 della tariffa ali. A della legge del registro prevede 
espressamente -ai fini dell'applicazione dell'aliquota ridotta -che 
l'ammontare dei crediti ceduti possa essere anche superiore a quello 
delle operazioni cui la cessione si riferisce. Ma nel caso in esame era 
intervenuto fra le parti non solo un patto di. restituzione della somma 
eccedente, bensl un autonomo e �omplesso regolamento convenzionale, 
tale da dar vita a un vero e proprio contratto bancario di conto corrente 
di corrispondenza, come la Corte d'Appello ha -con proprio 
incensurabile apprezzamento di merito -accertato. La stessa Corte 
d'Appello avrebbe perci� dovuto dichiarare che la pattuizione relativa 
al conto corrente in questione costituiva una disposizione indipendente, 
ai sensi dell'art. 9, primo comma della legge del registro, e, come tale, 
soggetta a distinta tassazione, a norma dell'art. 28 lett. a) della tariffa 
all. A, concernente in genere tutti gli atti e contratti che contengono 
obbligo di somme e valori senza liberalit�. 

Questo Supremo Collegio ha, del resto, ripetutamente riconosciuto 
-nella particolare materia in esame -che l'aliquota di favore prevista 
dalla legge 4 aprile 1953, n. 261 per la registrazione delle cessioni 
di crediti verso lo Stato e verso gli enti pubblici minori in rela


e di ricoperture successive, possa dissociarsi completamente dalla ragion 

d'essere originaria dell'operazione: non solo rapporti bancari diversi da 

quelli originari possono innestarsi nell'apertura di credito per l'ennesima 

volta utilizzata dopo reiterate coperture con mezzi diversi dall'incasso 

dei crediti ceduti, ma perfino diversi soggetti, versando sul conto corrente 

intestato al titolare del credito ceduto, possono inserirsi in un finanziamento 

agevolato. 

Limitazioni alla rotativit� sono quindi assolutamente necessarie (sent. 

1392/66). 

Tuttavia la mancanza della rotativit� non � meno pregiudizievole se, 

come sempre avviene, esiste un forte divario tra gli importi della cessione 

e del finanziamento. Mentre infatti la rotativit� potrebbe ridurre (o anche 

eventualmente eliminare) il detto divario, nel caso di finanziamento per 

somma bloccata si ha la certezza che la Banca incasser� per effetto della 

cessione somme maggiori di quelle finanziate, di cui avr� il potere di di


sporre se, come si � visto, non saranno state pattuite espresse limitazioni. 

Va notato al riguardo che le parti contraenti si assoggettano a pagare 

l'imposta (sia pure, secondo la pi� ottimistica previsione, con l'aliquota 

dello 0,25 %) sempre sull'intero importo della cessione; ci� sicuramente 

rivela il proposito di utilizzare comunque l'intero provento della cessione 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1315 

zione alle operazioni di anticipazione di somme o di finanziamenti a 
favore di aziende, non � applicabile quando la cessione, oltre ad essere 
in relazione con il concesso finanziamento, sia collegata (sia pure potenzialmente) 
con altri rapporti giuridici di diversa natura intercorrenti 
tra il cedente e l'istituto cessionario, .che possano assorbire parte o 
l'intero importo del credito ,ceduto. � cio� necessario, per l'applicazione 
dell'aliquota di favore, che sia esclusa l'estensione della efficacia 
della cessione del credito ad operazioni diverse dal finanziamento concesso; 
in tal modo, nel �caso di eccedenza della cessione rispetto alla 
sovvenzione, oc�orre che l'atto contenga disposizioni limitative del 
normale effetto della cessione dei crediti, cosi da escludere che i crediti 
possano dall'istituto essere destinati a scopo diverso da quello 
dell'estinzione del finanziamento (cfr. le sentenze nn. 231, 369, 1397 

del 1964). -(Omissis). 

II 

(Omissis). -La controversia trae origine dalla interpretazione 
:degli articoli 1 e 2, lett. c), della 1. 4 aprile 1953 n. 261 in tema di 
e modificazioni all'imposta di registro relativamente al regime fiscale 
delle cessioni di credito, dei mutui e degli appalti�, in quanto, a 
seguito e per effetto di tali modificazioni, l'art. 4 lett. c) della tariffa 
all. A della legge organica di registro 30 dicembre 1923, n. 3269 statuisce 
ora una aliquota ridotta d'imposta, nella misura dello 0,25 % , per le 
cessioni pro soluto o pro solvendo di annualit� o contributi governa-

per operazioni bancarie presenti, passate o future, perch�, ovviamente, non 

si pagherebbe l'imposta su un valore dieci, per impiegare la cessione 

nei limiti del valore uno e lasciare improduttiva tutta l'eccedenza. 

Corollario di quanto gi� detto � l'incidenza negativa, rilevata ripetu


tamente dalla S. C., della mancante o insufficiente delimitazione dei nor


mali effetti della cessione; mancando una espressa diminuzione degli effetti 

che la cessione produce come tale, non pu� aversi un collegamento specifico 

ed una effettiva subordinazione della cessione alle vicende del finanzia


mento. 

Si � anche visto come la sproporzione tra i rispettivi importi della 

cessione e del finanziamento (sproporzione che nei casi presentatisi � sem


pre di indice altissimo), pur non costituendo da sola una formale viola


zione della norma tributaria, � sempre determinante quando non sia sta


bilito l'obbligo della Banca di restituire l'eccedenza, sia nel caso di finan


ziamento per somma imprecisata (rotativit�) che in quello per somma 

fissa. 

Per le stesse ragioni � stata giustamente ritenuta incompatibile con 

il favore tributario la clausola che prevede l'estinzione del finanziamento 

con mezzi diversi dall'incasso dei proventi della cessione (pagamenti di


retti del soggetto finanziato o del suo garante, rilascio di cambiali, compen


sazione con altri crediti ecc.), quando _nulla si pattuisca riguardo alla 



1316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tivi e di enti pubblici, nonch� di crediti verso pubbliche amministrazioni, 
stipulate in relazione alle operazioni di cui alla lett. c) dell'art. 
28 della tariffa modificata, ovverosia ad aperture di credito, anticipazioni 
di somme o finanziamenti in genere, concessi dalle aziende o dagli 
enti di credito contemplati dal r. d. 12 marzo 1936, n. 375 e successive 
(modificazioni. 

Pi� particolarmente, la controversia si riferisce alla interpretazione 
della nota, aggiunta al richiamato art. 4, con la quale l'applicabilit� 
della minore aliquota viene subordinata alla specifica indicazione, 
nell'atto di cessione, dell'operazione in relazione alla quale esso � 
stipulato, e alla condizione che la efficacia del negozio non sia estesa 
anche ad operazioni diverse. Proprio in rapporto a tale nota, la ricorrente 
Amministrazione denuncia, infatti, col primo motivo del ricorso, 
sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 28 
della tariffa, che la Corte dell'Aquila, nel dichiarare applicabile al caso 
concreto l'agevolazione tributaria, non ha tenuto conto del principio che 
il regime fiscale, istituito per le operazioni finanziarie necessarie e utili 
per l'attuazione di determinate opere, deve ritenersi fondato sul presupposto 
che il finanziamento serva esclusivamente alle opere previste e 
che, a sua volta, il risultato economico dell'opera finanziata sia destinato 
esclusivamente alla estinzione della sovvenzione, in modo che si realizzi, 
nel complesso, una perfetta identit� di sfera di azione, un preciso nesso 
di interdipendenza, una necessaria ed esclusiva correlazione fra cessione 
e finanziamento. Soggiunge, inoltre, la stessa Amministrazione, con una 

perdita di efficacia della cessione per l'importo corrispondente (sent. 
1484/66), specialmente se non sia nemmeno previsto nell'atto che l'obbligo 
di coprire l'esposizione a richiesta della Banca sia subordinato all'esito 
negativo del pagamento dei mandati ceduti (sent. 2605/66). 

Un'ultima disamina merita la possibilit�, pure messa in luce in alcune 
decisioni, che la correlazione, sufficientemente assicurata originariamente, 
venga meno nelle fasi ulteriori dell'operazione. Si � rilevato, con riferimento 
al contratto tipo della Banca Nazionale del Lavoro, che la clausola 
che concede alla Banca poteri vasti ed insindacabili (in contrapposizione 
.alla posizione passiva del correntista) di impiegare i proventi della cessione 
per estinguere o decurtare l'esposizione ovvero per versarli in un conto 
corrente vincolato, o ancora per metterli in tutto o in parte a disposizione 
del cliente od infine di trasferire le somme dal conto corrente vincolato ad 
altro libero, senza che tutte queste manipolazioni possano recare pregiudizio 
alla validit� della cessione, certamente ha l'attitudine di trasformare 
l'originaria operazione bancaria in un imprecisato rapporto svincolato dalla 
concatenazione fondamentale (sentenze 1392/66, 1484/66, 2263/66). 

In maniera ancor pi� manifestamente inaccettabile il contratto tipo 

in uso presso il Banco di Napoli prevede che dopo la stipula dell'atto il 

soggetto finanziato sia obbligato a rilasciare, a richiesta della Banca, cam


biali anche in bianco da scontare per utilizzarne il netto ricavo a copertura 

dell'esposizione, il cui buon fine sar� garantito dalla cessione; ovviamente 

-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1317 

serie di rilievi esposti anche nel secondo motivo, che il carattere di 
norma tributaria di favore, proprio della � nota ., esige che l'indeterminatezza 
di effetti, caratteristica della cessione di crediti, sia, quando 
ne ricorra la necessit�, inequivocabilmente eliminata nei singoli negozi, 
da apposite clausole che limitino tali effetti a quella determinata operazione 
in correlazione della quale la cessione sia stata posta in essere; che 
le pattuizioni negoziali vanno interpretate pi� che nell'ambito di una 
indagine di carattere soggettivo, riferibile alla volont� delle parti ed ai 
comuni canoni della ermeneutica contrattuale fissati negli artt. 1362 e 
segg. c. c., secondo il criterio obiettivo della esclusivit� della correlazione 
fra cessione e finanziamento e nel senso che il giudice deve soltanto 
accertare se dalle pattuizioni in questione derivi o meno, oggettivamente, 
la possibilit� di �eludere l'esclusivit� medesima. 

Ora, i principi enunciati dalla ricorrente corrispondono senza dubbio, 
tanto sotto il profilo oggettivo quanto sotto quello soggettivo, ai dettami 
di una consolidata giurisprudenza di questo Supremo Collegio. 

La necessit� di una interdipendenza stretta ed essoluta, di un collegamento 
diretto ed immediato, di una perfetta aderenza e corrispondenza 
fra i due rapporti negoziali � stata, invero, da questa Corte affermata 
e ribadita in molte sue sentenze (26 marzo 1965, n. 507; 5 ottobre 
1964, n. 2519; 27 luglio 1964, n. 2107; 23 giugno 1964, n. 1656, ecc.) 
con l'unico temperamento (citata sentenza 26 marzo 1965, n. 507) della 
possibilit� che il finanziamento possa essere concesso in importo minore 
dell'ammontare della cessione di credito in relazione alla opportunit� 
di tener conto di eventuali ulteriori obbligazioni del sovvenuto per inte


le cambiali rilasciate successivamente alla stipula dell'atto, e quindi in 
esso n� menzionate n� trascritte, non hanno, pi� che mai se in bianco, 
nessun collegamento con l'operazione di finanziamento disciplinata e, come 
titoli astratti, sono insuscettibili di qualunque individuazione; questo espediente 
mette la Banca nella condizione di farsi garantire con la cessione 
ogni cambiale di cui sia in possesso in qualunque tempo e per qualunque 
occasione rilasciata. 

Gli Istituti di credito in tempo pi� recente hanno cominciato a modificare 
gli schemi dei contratti tipo tentando di attenuare i pi� evidenti contrasti 
con la norma tributaria. Ma lo scopo di fruire dell'agevolazione non 
pu� dirsi raggiunto perch�, prevalentemente, gli Istituti non rinunciano 
alla loro prerogativa di stabilire vasi comunicanti fra tutte le operazioni 
correnti con lo stesso soggetto. 

Cosi l'eliminazione dell'espressa clausola di ultrattivit� non giova per


ch� la cessione (se non esplicitamente delimitata) � sempre totale e defini


tiva di per se stessa; i poteri della Banca, di imputare a suo criterio insin


dacabile i proventi della cessione, anche se mitigati o eliminati, restano 

pur sempre operanti finch� non sar� stipulato un patto contrario all'arti


colo 1853 c. c.; la sproporzione tra gli importi della cessione e del finan


ziamento .sar� sempre un ostacolo insuperabile se non sar� convenuta una 

clausola di perdita di efficacia della cessione per la parte eccedente la co


i 

I 

I 

I 

I 

I 

I 


i 

i

{ 


1318 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ressi, spese e risarcimento di danni. In funzione della suddetta esigenza 
si sono pertanto riconosciute sia la necessit� di una specifica determinazione 
e delimitazione, nell'atto di cessione, delle operazioni considerate 
dai contraenti e dell'ammontare e del modo di operare del finanziamento,, 
sia, nel caso di eccedenza dell'ammontare della cessione rispetto 
all'importo del finanziamento, ovvero nell'altro in cui il negozio di finanziamento 
consenta, per sua natura, la reiterabilit� della utilizzazione 
della somma disponibile, l'ulteriore necessit� di clausole limitative del 
normale effetto della cessione dei crediti, salva l'ipotesi nella quale la 
facolt� di mantenere l'agevolazione tributaria nei limiti voluti dal legislatore 
risulti altrimenti assicurata dal contenuto intrinseco del negozio 
di cessione (sent. 8 luglio 1964, n. 1797). 

Anche sotto il profilo soggettivo, d'altra parte, la giurisprudenza 
di questa Corte ha avuto cura di porre in risalto che nell'esame degli 
atti il giudice non deve n� valutare n� ricostruire l'intenzione delle 
parti, ma deve limitarsi a stabilire l'obiettivo e potenziale valore strumentale 
degli atti stessi al fine di constatare se le clausole si prestino, 
per la formulazione materiale o per lo schema legale al quale si riportano, 
ad una eventuale deviazione del rapporto, nel corso del suo svolgimento, 
dalla originaria destinazione apparente, e ad una possibile utilizzazione 
del rapporto stesso per nuove operazioni. Ci� perch� l'obiettiva 
possibilit� dell'ampliamento della sfera d'azione e di scopi � sufficiente 
ad escludere la previsione normativa di favore, indipendentemente 
dagli effetti pratici voluti, apparentemente o effettivamente, dalle 
parti contraenti. 

pertura del finanziamento; l'eliminazione del potere della Banca di chiedere 
la copertura dell'esposizione con mezzi diversi dalla cessione o il rilascio 
di cambiali, non eliminer� tuttavia l'inconveniente che si verifica quando, 
ridottasi in qualunque modo l'esposizione per fatto diverso dall'incasso 
dei mandati ceduti, resta una disponibilit� utilizzabile dalla Banca, se manca 
un espresso divieto. E poich� ognuna delle ragioni che abbiamo innanzi 
riassunte � da sola sufficiente per escludere il beneficio tributario, ancora 
oggi, nonostante i moderati ravvedimenti, gli atti di cessioni di credito e 
contemporaneo finanziamento prevalentemente inciampano contro qualche 
ostacolo. 

La sentenza 17 giugno 1966, n. 1560, sopra riportata, ha preso in esame 
un contratto in cui, per evitare l'autonomia della cessione, era stato pattuito 
che le somme cedute eccedenti l'estinzione dell'apertura di credito 
dovessero essere depositate in un conto corrente normale a libera disposizione 
del cliente. 

il assai dubbio (ma ci� non formava oggetto della controversia decisa) 
che questa clausola, che pur testimonia l'accettazione del principio della 
limitazione dei normali effetti della cessione, fosse idonea allo scopo, sia 
perch� dal conto corrente normale le somme cedute fruendo dell'agevolazione 
potevano essere ulteriormente stornate ed impiegate per altre operazioni 
con o senza il successivo consenso del cliente (sent. 1332/66), sia 

~ 

-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1319 

Le premesse poste dalla ricorrente costituiscono, infine, il banco di 
prova al quale va saggiato il valore, intrinseco o sintomatico, di quelle 
due clausole della scrittura privata 19 novembre 1954, in relazione al 
cui contenuto la Finanza ha sollevato il problema di correlazione, sotto 
il profilo del controllo logico della ratio decidendi, esercitabile da questa 
Corte anche in tema di apprezzamento di fatti. 

Tali clausole sono la decima, che riservava alla Banca del Lavoro 
la facolt� di revocare, in tutto o in parte, anche prima dell'incasso dei 
mandati ceduti, il finanziamento, ferma restando, in ogni suo effetto, la 
cessione, e la prima parte della ottava, che dava facolt� alla Banca di 
imputare le somme riscosse a seguito della cessione a copertura del finanziamento, 
di versarle in un conto corrente vincolato, di porle, in 
tutto o in parte, a disposizione del cliente, di consentire, infine, svincoli. 

In ordine alla prima di dette clausole la Finanza aveva sostenuto, 
davanti ai giudici di merito, che il rendere possibile alla Banca, in dipendenza 
della ultrattivit� della cessione rispetto alla revoca del finanziamento, 
di procedere all'incasso dei mandati ceduti anche dopo l'esercizio 
della facolt� di revoca, infrangeva, per l'appunto, quella stessa 
interdipendenza negoziale che il legislatore ha posto a base dell'agevolazione 
e dimostrava, invece, che nella economia del negozio gli effetti 
patrimoniali della cessione erano (o comunque potevano essere) collegati, 
oltre che con la specifica operazione prevista, anche con altre operazioni 
non enunciate. L'ultrattivit� integrale della cessione pro solvendo 
rispetto al finanziamento non rispondeva, infatti, secondo l'Amministrazione, 
alla identificazione della funzione, solutoria e traslativa, 

perch� l'apertura di un conto corrente normale � essa stessa una operazione 
bancaria diversa da quella collegata con la cessione. 

Esattissima � la sentenza sul punto che il negozio di apertura di un 

conto corrente normale, che tiene luogo della restituzione delle somme 

cedute residuate alla chiusura del finanziamento, � soggetta a tassazione 

per titolo autonomo. Per giurisprudenza consolidata della S. C. (cfr. da 

ultimo 28 gennaio 1966, n. 332 e 17 febbraio 1966, n. 496 in questa Rassegna, 

1966, I, 179, con nota, nonch� 12 marzo 1965, n. 416, ivi, 1965, I, 781, con 

nota di L. CoRREALE) le disposizioni necessariamente connesse e derivanti 

per l'intrinseca loro natura le une dalle altre, soggette all'imposta di regi


stro per la sola disposizione che d� J.uogo all'imposta pi� grave, ai sensi 

dell'art. 9 cpv. l.o.r., sono soltanto quelle tra le quali esista, per astratta 

configurazione giuridica, una concatenazione logica e necessaria tale che le 

varie disposizioni si assorbano, quali elementi indispensabili, in un unico 

rapporto tassable; .1e disposizioni che abbiano una propria autonomia e non 

siano, secondo il paradigma legale, parti necessarie ed ineliminabili di altro 

rapporto sono separatamente soggette a tributo, anche se per ragioni sog


gettive o comunque non giuridicamente necessarie si trovino in un unico 

contesto negoziale. La sentenza in rassegna, riconfermando i principi, ha 

ancor meglio chiarito che si ha la � compenetrazione oggettiva � cui � ap


plicabile l'art. 9 cpv, solo quando �una disposizione non possa (giuridi




1320 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che caratterizza la cessione, perch�, in rapporto a detta funzione, l'ultrattivit� 
avrebbe dovuto essere circoscritta alle somme corrispondenti 
alle esposizioni residuate dopo la revoca del finanziamento, e non rispondeva 
neppure alla identificazione di una �eventuale funzione di garanzia, 
intesa ad assicurare un modo di realizzazione del credito sorto 
a seguito del finanziamento, perch�, in �tal caso, la cessione avrebbe 
dovuto, per il suo carattere accessorio, seguire necessariamente le sorti 
del finanzi�mento e quindi non sopravvivere alla estinzione di quest'ultimo. 


La Corte dell'Aquila ha ritenuto di poter superare le argomentazioni 
suddette .con l'osservare che il disconoscimento del coH.egamento 
negoziale avrebbe reso la clausola priva di qualsiasi senso, in quanto la 
/Cessione pro soivendo del credito gi� dato a �garanzia di un finanziamento 
� sarebbe venuta a mancare di causa �; che, applicando il principio 
di ermeneutica per il quale, nella interpretazione del contratto, 
si deve preferire quella interpretazione che al contratto stesso dia un 
senso, si deve ritenere che nel caso concreto, la facolt�, di revoca del 
.finanziamento sia stata espressa dalla Banca, in relazione a possibili 
inadempienze del cliente o ad altri motivi, soltanto allo scopo di specificare, 
per � evidenti ragioni di tuziorismo �, che il credito ceduto 
garantiva tutte le sue ragioni derivanti dal finanziamento, prima che 
questo fosse revocato. 

La ratio decidendi dei giudici di appello, che si risolve sostanzialmente 
nella identificazione di una ultrattivit� limitata, nella volont� 

camente) esistere senza l'altra e una di esse costituisca necessaria conseguenza 
dell'altra �. Ci� posto, inevitabilmente doveva affermarsi che la 
volontaria apertura di un conto corrente risponde soltanto ad una utilit� 
delle parti e nessuna obbiettiva connessione ha con il negozio di finanziamento 
collegato alla cessione di crediti. 

� per� assai importante notare che la S. C. ha ritenuto sussistente la 
connessione necessaria tra finanziamento con contestuale cessione di crediti 
e patto di restituzione della somma, riscossa dalla Banca, che ecceda sulla 
copertura delle esposizioni; poich� la nota all'art. 4 della tariffa A allegata 
alla I.o.r. ammette che l'ammontare dei crediti ceduti possa essere anche 
superiore a quello delle operazioni bancarie cui la cessione si riferis.ce, 
ma condizione necessaria per l'applicazione dell'agevolazione � che gli 
effetti della cessione siano limitati, nel senso che l'eccedenza dei proventi 
ceduti debba essere restituita al soggetto finanziato, il S. C. ha ritenuto 
sussistere la necessaria ed obiettiva connessione di cui all'a!rt. 9 cipv. tra 
l'operazione fondamentale ed il patto di restituzione (escludendola per� 
ri�spetto all'apertura di un ulteriore conto corrente). 
. Tale affermazione lascia perplessi, con riguardo al principio stabilito 
daU'art. 9 cpv. l.o.r.; la connessione in esso stabilita non va intesa nel senso 
di obbligatorio accoppiamento di due negozi (che restano pur sempre concettualmente 
indipendenti) bens� in quello di necessaria dipendenza che 
escluda, per astratta configurazione giuridica, la separabilit� fra due dispo



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1321 

della Banca, esclusivamente alla considerazione della situazione di dare 
ed avere al momento della cessazione del finanziamento, e destinata, 
pertanto, a riflettersi soltanto sul passato, in relazione a rapporti gi� in 
corso fra le parti, peraltro non convince, anche se integrata, in questa 
sede, dai rilievi della parte interessata. 

La Corte, nel precisare la portata della clausola, si � limitata, invero, 
ad attenersi ai criteri soggettivi di interpretazione normalmente 
previsti per i contratti e ad accertare ci� che le parti si erano proposte 
in concreto di realizzare. Essa, malgrado la necessit� di una penetrante 
indagine in proposito dovesse esserle suggerita dalla mancanza, nella 
scrittura privata, di disposizioni limitative dei normali effetti della cessione 
del credito, non si � affatto preoccupata di stabilire se la clausola 
contestata offrisse oggettivamente alla Banca la possibilit� di destinare, 
nel corso dello svolgimento del rapporto e in relazione allo sviluppo 
delle situazioni dallo stesso prospettate, la parte del credito ceduto, che 
fosse risultata in eccedenza rispetto alla effettuata sovvenzione, a scopi 
diversi da quello della estinzione del finanziamento. Il problema, in altri 
termini, sussisteva, e i giudici di appello non si potevano ritenere autorizzati 
a trascurarlo soltanto sulla base dell'affermata cessazione della 
causa originaria della cessione o della necessit� di attribuire un senso 
alla clausola, perch� n� l'una n� l'altra ragione contrastava, in ipotesi, 
con la possibilit� della identificazione, riguardo al credito ceduto, di una 
nuova causa che avesse tratto giustificazione da ulteriori rapporti fra 
Banca e cliente, e perch� la sua utilizzabilit� strumentale a fini diversi 
da quelli effettivi o apparenti non significava che la clausola in questione 
dovesse rivelarsi priva di senso e dovesse essere perci� necessariamente 
interpretata in funzione esclusivamente retroattiva. 

sizioni. L'obbligatoriet� del patto di restituzione � un onere (piuttosto 
che un obbligo) dipendente dalla volont� delle parti che hanno congegnato 
l'operazione in modo da creare eccedenze, imposto soltanto per fruire di 
una agevolazione fiscale, che nessun riscontro ha nella disciplina sostanziale 
del rapporto; inoltre il patto di restituzione, anche se indispensabile 
per il raggiungimento di un fine, resta sempre concettualmente indipendente 
e separato dall'operazione di finanziamento contro cessione. 

Ma se la pronuncia, che pur parte da giuste premesse, non pu� dal punto 
di vista dell'art. 9, essere pienamente condivisa nelle estreme conseguenze, 
di grandissima importanza � per altro fine l'affermazione che, agli 
effetti del beneficio degli artt. 4 e 28 tariffa A, la restituzione delle eccedenze 
della cessione assume il carattere di condizione necessaria imposta 
dalla legge. 

La sentenza 26 ottobre 1966, n. 2607, sopra riportata, � notevole in 
quanto dichiara, in tema di correlazione esclusiva tra cessione e finanziamento, 
sostanzialmente identico il regime fiscale vigente (1. 4 aprile 1953, 

n. 261) e quello anteriore regolato dal r.d.1. 19 dicembre 1936, n. 2170. 
La stessa sentenza, affrontando poi altra questione, la cui soluzione 
per� non pu� essere identica nelle due diverse discipline fiscali, relativa 

-



1322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte avrebbe dovuto, in particolare, considerare che l'Amministrazione 
aveva sollevato, a sostegno di quanto gi� esposto, anche la 
questione (riproposta ora, col secondo motivo del ricorso, sotto il profilo 
della violazione e falsa applicazione al caso specifico dell'art. 8, com.ma 
primo, della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione 
all'art. 4 lett. e) e relativa nota della tariffa all. A nel testo modificato 
dall'art. 1 della 1. 4 aprile 1953, n. 261) sulla interpretazione del citato 
art. 8, il cui testo precisa che � le tasse sono applicate �secondo l'intrinseca 
natura e gli effetti degli atti �e dei trasferimenti, anche se non vi 
corrisponda il titolo o la forma apparente�, ed afferma quindi il principio 
che nell'applicazione della legge di registro non si deve, per l'appunto, 
aver riguardo alla volont� delle parti, alla enunciativa, al nomen 
iuris, all'apparato formale del negozio, ma esclusivamente alla capacit� 
obiettiva di quest'ultimo a produrre quei determinati effetti giuridici 
che, secondo la legge, importano il pagamento del tributo, cio� all'efficacia 
potenziale, identificabile (Cass. 19 febbraio 1964, n. 369; 24 febbraio 
1964, n. 400) esclusivamente alla stregua dell'analisi delle obiettive 
risultanze dell'atto. 

La Corte stessa avrebbe dovuto considerare, inoltre, che la configurabilit�, 
in ordine al beneficio fiscale, di una sopravvivenza della cessione, 
sia pure soltanto in funzione di garanzia (in relazione al fatto 
che la legge n. 261 non prescrive una eguaglianza fra importo del finanziamento 
e ammontare del credito ceduto, e che, d'altra parte, l'esercizio, 
da parte della Banca, del diritto di revoca del finanziamento, non com


alla natura dell'ente debitore delle somme cedute, ha escluso che un con


sorzio di bonifica fra comuni rientri fra i soggetti contemplati nell'art. 1 

del r.d.l. n. 2170 del 1936. 

Il problema della natura dell'ente ceduto non � stato approfondito con 

riferimento alla nuova disciplina tributaria. Esso presenta notevoli difficolt� 

perch� la norma oggi vigente, indubbiamente pi� ampia di quella abrogata, 

usando una duplice terminologia parla di cessione di � annualit� o con


tributi governativi e di enti pubblici � e di � crediti verso pubbliche ammi


nistrazioni �; � logico ritenere che le due espressioni non siano equivalenti 

e vi sia una ratio che, distinguendo le due ipotesi, escluda una poco spie


gabile ripetizione. Un esame completo della questione non pu� esser fatto 

in questa sede. Ci limitiamo a rilevare che se, riguardo alla cessione di 

crediti, la pi� frequente nella pratica, la nozione di pubblica amministra


zione sembra dover�si intendere secondo il significato comune e senza criteri 

restrittivi, spesso accade che il credito ceduto sia vantato verso soggetti 

concessionari o con semplice partecipazione della pubblica amministrazione, 

ma ad essa estranei; in tali casi il beneficio tributario va escluso perch� 

certamente l'art. 4 tariffa A allegata alla l.o.r. fa riferimento al soggetto 

direttamente obbligato verso il cedente e prescinde dagli ulteriori rapporti 

tra esso e la P. A. 

Per concludere vogliamo rilevare che la ricchezza di recenti pronunzie 

che hanno riaffermato il principio della tassabilit� con la aliquota ordinaria 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1323 

porta automaticamente il diritto al rientro immediato delle esposizioni) 
non era . affatto in rapporto di incompatibilit� logica n� con la possibilit� 
che. la� cessione� potesse essere successivamente utilizzata per operazioni 
diverse da quelle previste dalle parti al momento della stipulazione,. 
n� con l'altra possibilit�, che la clausola potesse essere completata 
da. pattuizioni limitative che avessero avuto il potere di escludere la 
riferita utilizzabilit�, col prevedere, ad esempio, l'impegno della cessionaria 
di esigere il credito in caso di insolvenza o comunque di inadempimento 
del cedente ovvero di retrocedere in caso di avvenuto incasso, 
l'eccedenza rispetto alle esposizioni derivanti dal rapporto creditorio. 

Il vizio di motivazione, rilevato per la decima clausola, appare pi� 
evidente per l'ottava. La Corte si � preoccupata di esaminare l'ultima 
parte della clausola stessa affermandone il riferimento al negozio di 
apertura di credito in conto corrente garantita da cambiale e precisando 
che; in relazione alle modalit� dell'attuazione giuridica di detto negozio, 
la possibilit� di presentazione di altri effetti allo sconto, da parte 
del cliente, anche dopo che egli avesse eliminato o ridotto l'esposizione, 
non costituiva un nuovo finanziamento, bensi soltanto un elemento del 
rapporto che, per sua natura, aveva carattere complesso, era costituito 
da pi� poste attive o passive, e si svolgeva in senso dinamico. Essa non 
ha speso, invece, parola alcuna sulla prima parte della clausola stessa 
e, in particolare, sul rilievo della Amministrazione (che quest'ultima 
ribadisce in questa sede) che le facolt�, attribuite alla Banca costituivano 
una somma di poteri che, in contrapposizione alla posizione sostanzialmente 
passiva del cliente, consentivano alla Banca medesima di manovrare 
a suo arbitrio le somme in questione e di destinarle, quindi, principalmente 
alla copertura di operazioni diverse o alla garanzia di altri 
rapporti inter partes. La resistente oppone, � vero, fra l'altro, che la 
denunciata maggior somma di poteri in realt� non sarebbe esistita 


dell'l,50 % (lettera a) dell'art. 4 tariffa A) degli atti che non rispettino tutte 
le condizioni definite nella norma di favore, ha definitivamente ripudiato 
la tesi, che pare seguita nell'isolata sentenza 21 dicembre 1964, n. 2948 

(Foro it., 1965, I, 824), secondo cui, per quegli atti, sru:-ebbe sempre applicabile, 
quanto alla cessione, l'aliquota intermedia dello 0,50 % di cui alla 
lettera b) dell'art. 4 tariffa A. La chiarezza della norma che subordina 
indiscriminatamente alle condizioni che abbiamo esaminato le minori aliquote 
di cui alle lettere b) e c) dell'art. 4 (rispettivamente 0,50 % e 0,25 % ) 
� tale da non consentire interpretazioni forzate. Pertanto l'aliquota dello 
0,50 sail."� applicabile per le cessioni di crediti vantati verso privati e quella 
dello 0,25 !Per le cessioni di crediti verso pubb'l.iche amministrazioni; nell'uno 
�e nell'altro caso, per�, sar� sempre necessario che tra finanziamento 
e cessione sussista, come si esprime con formula riassuntiva la sentenza 
2263/66, e una perfetta identit� di sfera di azione, un preciso nesso di interdipendenza, 
una necessaria ed esclusiva correlazione �. 

C. BAFILE 

1324 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

perch� bilanciata dal diritto del cliente sovvenzionato di chiedere la 
chiusura del conto e di ritirare, quindi, il supero e perch�, in ogni caso, 
la situazione potrebbe dar luogo a valutazione negativa, quale causa di 
interruzione della interdipendenza fra le operazioni soltanto se fosse 
dimostrato, con rigore logico, che il relativo patto non costituiva l'effetto 
naturalmente consenguenziale dell'apertura di credito; ma � evidente 
che, quali che fossero i motivi dedotti o deducibili contro la tesi della 
Finanza, i giudici di appello non avrebbero potuto prescindere da un 
punto di indagine di rilievo decisivo in relazione al valore da attribuirsi 
alla clausola contestata. 

Il difetto di attivit�, tale, per entrambe le clausole, da investire 
punti di indagine, che, se fossero stati esaminati con la dovuta accuratezza, 
avrebbero potuto condurre a soluzione diversa da quella adottata, 
impone l'annullamento della sentenza impugnata e, di riflesso, il rinvio 
della causa ad altro giudice, che si designa nella Corte di appello di 
Roma, per una pi� ampia e precisa valutazione delle questioni di fatto 
e di diritto. ~ (Omissis). 

III 

(Omissis). -I primi due motivi del ricorso possono esaminarsi 
congiuntamente, perch� investono la sentenza sotto un profilo sostanzialmente 
unico. 

Con il primo di essi l'Amministrazione, denunziando violazione e 
falsa applicazione dell'art. 1 r. d. 1. 19 dicembre 1936, n. 2170, nonch� 
omissione e contraddittoriet� di motivazione, sostiene che il rapporto di 
interdipendenza cui � subordinato il beneficio della registrazione a tariffa 
ridotta, richiede una perfetta identit� di sfera fra cessione di credito 
e finanziamento, ravvisabile sol quando possa escludersi che la 
prima sia (anche solo potenzialmente) utilizzabile per operazioni diverse 

-~ 

dal contestuale finanziamento. 

Lamenta, quindi, che la Corte del merito, trascurando tale prin<!
ipio ed adottando una motivazione inadeguata, abbia ravvisato la correlazione 
richiesta dalla legge malgrado la clausola che prevede l'efficacia 
della cessione pur in caso di revoca del finanziamento. 

L'art. 8 della legge di registro -soggiunge col motivo secondo impone, 
nella interpretazione degli atti, l'uso di un criterio obiettivo 
diretto ad individuare tutti gli effetti, anche soltanto potenziali, che 
l'atto � idoneo a produrre, indipendentemente dalla intenzione delle 
parti, sicch� nella specie, superando l'ammontare dei crediti ceduti 
quello dei finanziamenti, ed essendo prevista la ultrattivit� della cessione 
rispetto a questi ultimi, erano necessarie clausole limitative espresse, 
per sottrarre alle norme tributarie comuni le cessioni in parola, che, 

,, 

.< 

J.,

:-� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1325 

alla stregua del predetto criterio interpretativo, erano suscettibili di 
essere volte a finalit� diversa. 

Denunzia, quindi, violazione e falsa applicazione dell'art. 8, primo 
comma della legge organica di registro in relazione all'art. 1 r. d. 19 dicembre 
1936, n. 2170, e difetto di motivazione sulla affermazione con 
cui la Corte del merito ha escluso la predetta diversa finalit�. 

Le censure sono fondate, essendo i principi che esse invocano conformi 
alla giurisprudenza ormai consolidata di questa Suprema Corte, 
la quale ha avuto modo di esaminare la questione sia in relazione al 

r. d. del 1936, n. 2170, sia in relazione alla 1. 4 aprile 1953, che, pur 
avendo introdotto delle innovazioni in materia, ha una ratio sostanzialmente 
identica. 
Con sentenza 4 dicembre 1954, n. 4378, in conformit� di quanto 
era stato ritenuto con la sentenza n. 3664 dello stesso anno, � stato 
affermato che l'aliquota di favore .prevista dall'art. 1 r. d. 19 dicembre 
1936, n. 2170, per le cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, 
non � applicabile quando queste, oltre ad essere in relazione con un 
finanziamento concesso, siano collegate, sia pure potenzialmente, con 
altri rapporti giuridici di diversa natura (tra l'Istituto cessionario e 
finanziatore e il cedente finanziato), che possano in tutto od in parte 
assorbire il credito ceduto. 

Il principio � stato ribadito con sentenza del 21 �aprile 1957, n. 2370, 
sottolineandosi che fra le condizioni richieste per poter fruire dell'agevolazione 
occorre che la cessione sia in esclusiva relazione al finanziamento. 


Tale rapporto di esclusivit� (affermato anche in riferimento alla 

1. 4 aprile 1953, n. 261, ed identificato nella perfetta aderenza e coincidenza 
di ambito fra cessione e finanziamento (v. sent. 507 /65; 2519/64; 
1397 /64) va ricercato con i criteri di cui all'�art. 8 della legge di registro, 
avendo, cio�, riguardo all'intrinseca natura dell'atto e agli effetti che 
esso � capace di produrre. 
A tale fine la indagine del giudice di merito deve essere diretta ad 
accertare quale sia oggettivamente il potenziale valore strumentale dell'atto, 
onde escludere che le sue clausole siano capaci di aprire un varco 
attraverso il quale il rapporto possa, nel corso del suo svolgimento, deviare 
dalla sua originaria ed apparente configurazione, e cosi consentire 
che la cessione venga utilizzata per altre operazioni diverse da quelle 
specificate nell'atto, che verrebbero ad essere avvantaggiate indebitamente 
dal trattamento tributario di favore (v. sent. 2353 del 10 novembre 
1965). 

� necessario, pertanto, che nel caso di eccedenza della cessione rispetto 
alla sovvenzione, o nel caso in cui sia prevista la efficacia della 
prima malgrado la eventuale revoca del finanziamento, l'atto contenga 
clausole limitative tali da escludere che il congegno contrattuale offra 


1326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'istituto finanziatore la possibilit� di destinare la cessione a finalit� 
diversa, essendo altrimenti tale possibilit� (nelle predette ipotesi) insita 
nella portata obiettiva dell'atto, che � poi quella rilevante ai sensi del 
citato art. 8 (v. sent. n. 2353/65, 507 /65, nonch� quelle n. 1397 e 2519 
del 1964 delle Sezioni Unite, in Foro It., 1964 -I -1919-1920). 

Nella specie la Corte del merito, pur non disconoscendo la necessit� 
dell'intima correlazione e del rapporto di esclusivit� fra cessione 
e finanziamento, ha ritenuto la sussistenza di tali elementi trascurando 
il predetto criterio obiettivo di interpretazione. 

Affermando, infatti, che la cessione ebbe luogo al fine manifesto 
di ottenere il finanziamento, e ritenendo sufficiente il fatto che non 
risulti -pur in presenza della ultrattivit� della cessione malgrado la 
eventuale revoca del finanziamento -la estensione del beneficio tributario 
ad altri atti, detta Corte ha dato rilievo .non gi� al potenziale valore 
strumentale del negozio, ma a quella che ha ritenuto essere la 
comune intenzione dei contraenti, senza preoccuparsi di stabilire se sul 
piano obiettivo fosse possibile una diversa valutazione prescindendo 
dalla finalit� che appariva perseguita dalle parti. 

N� a giustificare la decisione era sufficiente il richiamo -contenuto 
nella sentenza impugnata -alla pronunzia del 20 febbraio 1963, 

n. 417 di questa Suprema Corte, essendosi tale pronunzia occupata della 
questione -in conformit� di quanto in quella sede veniva denunziato solo 
sotto il profilo dell'insufficienza di motivazione, da essa esclusa in 
punto di fatto. L'errore che, alla stregua delle considerazioni svolte, 
inficia la sentenza della Corte catanese, � assorbente rispetto al vizio 
di insufficiente motivazione, pure denunziato. 
Con il terzo motivo l'amministrazione ricorrente lamenta che i giudici 
di appello abbiano ritenuto applicabile il beneficio della registrazione 
a tariffa ridotta anche alla operazione conclusa tra la Cassa di 
risparmio ed il Caltabiano, malgrado che il credito da costui ceduto 
sussistesse non gi� verso lo Stato, una provincia, un comune od azienda 
dipendente, ma verso un consorzio di bonifica. Denunzia,, pertanto, violazione 
e falsa applicazione dell'art. 1 del r. d. 19 dicembre 1936, n. 2170, 
nonch� omissione, insufficienza e contraddittoriet� di motivazione. 

Anche tale motivo merita accoglimento. 

Occupandosi di una fattispecie identica, e proprio con riferimento 
al consorzio fra i comuni di Gagliano Castelferrato e Troina, questa 
Suprema Corte, con sentenza n. 2696 del 18 novembre 1961, ha affermato 
che l'agevolazione fiscale prevista dall'art. 1 r. d. l. 19 dicembre 
1936, n. 2170 non pu� applicarsi relativamente alla cessione di un 
credito vantato nei confronti di un consorzio di bonifica, in quanto tale 
ente non rientra fra quelli contemplati dall'art. 1 del r. d. I. citato. Il 
principio deve essere riaffermato, essendo fondato sulla lettera quanto 
mai chiara del predetto art. 1, che considera i crediti verso lo Stato, le 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1327 

province, i comuni e le aziende dipendenti: e rispetto a questi il consorzio 
fra comuni � un ente non solo apparentemente (come ha ritenuto 
la Corte d'appello) ma realmente diverso, avendo soggettivit� ed organi 
propri. 

D'altronde, le condizioni cui la legge tributaria subordina l'applicazione 
di un determinato beneficio devono verificarsi secondo la previsione 
tassativa della legge, perch� del beneficio si possa fruire. (
Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 settembre 1966, n. 2318 -Pres. 
Rlossano -Est. Malfitano -P. M. Pedote (conf.) -Artioli (avv. 
Negro) c. Marmiroli (avv. Paracini e Magagnini). 

Imposta di registro -Privilegio del credito dello Stato -Imposte 
complementari e suppletive -Non esercitabilit� del privilegio, 
per le imposte suppletive, in pregiudizio dei diritti acquistati da 
terzi, dopo la registrazione dell'atto, sul bene gravato -Esercitabilit� 
per le imposte complementari. 

(c. c.� art. 2772: r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 97). 
La disposizione dell'art. 2772 c. c. -secondo la quale iZ privilegio 
dello Stato, per i crediti per tributi indiretti, sopra gli immobili 
cui iZ tributo si riferisce, non � esercitabile, per Ze imposte di registro 
suppletive, in pregiudizio dei diritti acquistati da terzi dopo la registrazione 
dell'atto -riguarda i soli crediti per le imposte che, ai 
sensi dell'art. 7 della legge di registro, vanno propriamente qualificate 
e suppletive �, e non anche i crediti per le imposte complementari, 
per i quali iZ privilegio � opponibile anche ai terzi subacquirenti 
(1). 

(1) Giurisprudenza pacifica fin da Cass., Sez. Un., 9 luglio 1942, n. 1950 
(Foro it., 1943, I, 25), con la quale gi� fu chiarito che ogni dubbio in proposito, 
che si fosse potuto affacciare con riguardo alla formulazione della 
norma di cui all'art. 1962 dell'abrogato codice civile, era ormai definitivamente 
fugato dal disposto dell'art. 2772 del nuovo codice, che, nel sancire 
la non esercitabilit� del privilegio in pregiudizio dei diritti acquistati dai 
terzi dopo la registrazione dell'atto, chiaramente pone tale limitazione, con 
espressione strettamente tecnica, per la sola e imposta suppletiva di registro., 
cio� per quella imposta che suppletiva � da qualificare secondo 
l'art. 7 della legge organica. 

1328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2457 -Pres. 
Rossano -Est. Onnis -P. M. Caccioppoli (conf.) -Banco di Napoli 
(avv. Capobianco) c. Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). 

Imposta di registro -Privilegio del credito dello Stato -Natura. 

(c. c. artt. 2746, 2772; r. d. 30 dicembre 192,3, n. 3269, art. 97). 
Imposta di registro -Privilegio del credito dello Stato -Termine per 
l'esercizio del privilegio nei confronti dei terzi subacquirenti Natura 
-Durata -Prelazione nei confronti degli altri creditori Limitazione 
temporale -Insussistenza. 

(c. c., art. 2772; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 97). 
IZ privilegio che assiste il credito dello Stato per le imposte di 
registro, ai sensi dell'art. 97 della legge organica e dell'art. 2772 del 
codice civile, ha natura reale, e perci� segue il bene, che ne � gravato, 
presso i terzi subacquirenti (2). 

L'azione esecutiva nei confronti dei terzi subacquirenti dei beni 
gravati da privilegio per imposta di registro si estingue nel termine 
di quattro anni dalla registrazione dell'atto cui si riferisce il tributo: 
termine che � di decadenza, non di prescrizione, e perci� non suscettibile 
di interruzione o sospensione. Peraltro, la decadenza inerisce 
al solo diritto di seguito, ed � pertanto opponibile soltanto dai terzi 
subacquirenti, e non anche dai creditori dell'obbligato, nel concorso 
con i quali, ed in ordine ai beni gravati dal privilegio e sottoposti ad 
espropriazione nei diretti confronti del debitore d'imposta, resta ferma 
la prelazione spettante allo Stato ai sensi dell'art. 2772 c. c. (3). 

(2) Conforme, sul punto, � Cass., Sez. I, 25 ottobre 1966, n. 2589. E, 
per completezza, si segnala che con tale pronuncia la Corte Suprema, rifacendosi 
all'indirizzo gi� indicato da Cass., Sez. Un., 18 maggio 1955, n. 1468, 
Foro it., 1956, I, 66, ha altresi ribadito, per ci� che concerne i rapporti tra 
i privati interessati, che al venditore, che abbia pagato l'imposta, spetta la 
surrogazione nei diritti dello Stato, non ai sensi dell'art. 98 della legge del 
registro, bensi secondo la legge comune (art. 1203, n. 3, c. c.), ed anche 
-ed in tal senso cfr., inoltre, Cass., Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1836 -nel 
privilegio nei confronti cosi del compratore come dei terzi subacquirenti. 
(In argomento, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1951-55, I, 497). 
Sulla natura reale dei privilegi speciali, cfr. GAETANO, i privilegi, Torino, 
1949, 50 ss., ed ivi ulteriori richiami di dottrina. Per la giurisprudenza, 
cfr., tra le pi� recenti, con specifico riferimento ai privilegi speciali in 
materia tributaria: Cass. 24 aprile 1963, n. 1086, in questa Rassegna, 1963, 
140; Cass. 14 marzo 1963, n. 636, ivi, 192; Cass. 30 gennaio 1963, n. 155, 
Riv. leg. fisc., 1963, 1103. 

(3) 1. Gi� con la sentenza 24 aprile 1963, ri.. 1086 (in questa Rassegna, 
1963, 140) la Corte Suprema aveva ritenuto di decadenza il termine, pre

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1329 

I 

(Omissis). -Il Tribunale, pur richiamando il principio pi� volte 
affermato da questa Corte Suprema, secondo il quale il venditore di 
un immobile che abbia pagato l'imposta di registro sull'atto di trasferimento 
subentra nei diritti del Fisco, e, pertanto, pu� avvalersi 
in via di surrogazione del privilegio legale anche contro i terzi subacquirenti 
dell'immobile, non ha applicato tale principio al caso concreto, 
perch� ha ritenuto che esso non fosse applicabile quando si 
chieda il rimborso dell'imposta di registro complementare, adducendo 
che il primo comma dell'art. 2772 c. c., nello stabilire che il privilegio 
non pu� farsi valere contro i terzi subacquirenti, se si tratta di imposta 
di registro suppletiva, ha inteso riferirsi anche all'imposta di 
registro complementare. 

Cosi opinando, il Tribunale � incorso in errore, perch� la disposizione 
di cui al primo comma dell'art. 2772 c. c. si riferisce soltanto 
all'imposta di registro suppletiva. 

Invero, tale norma, essendo stata formulata quando gi� era in 
vigore la legge di registro del 1923, che, all'art. 7, distingue l'imposta 
complementare da quella suppletiva di registro, dando la definizione 
di ciascuna di esse, non pu� non riferirsi all'imposta suppletiva che 
il cita~o articolo definisce come quella che si richiede su un atto o 
una denunzia quando l'ufficio del registro sia incorso, nel momento 
della registrazione dell'atto o della liquidazione dell'imposta in base 
a denuncia, in errore od omissione tanto nella quantit� dell'imposta 

visto dall'art. 97 cpv. della legge del registro, per l'azione esecutiva nei 
confronti dei terzi subacquirenti dei beni gravati da privilegio. E se, per 
vero, tale conclusione ancora lascia perplessi, non sembrando peraltro superati 
i rilievi che alla conclusione medesima sembravano potersi opporre 
(cfr. in nota alla menzionata sentenza del 1963, loc. cit., nonch�, amplius, 
in Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 434), non pu� tuttavia non rilevarsi che 
l'indkizzo decisorio, sul punto, � venuto a consolidarsi, con la pronuncia 
odierna, e che ad esso, quindi, � il caso di adeguarsi. (E soltanto per completezza 
espositiva, perci�, si osserva che Cass. 30 gennaio 1963, n. 155, 
che � citata alJ.a nota precedente, e cui � fatto dferimento in motivazione 
come ad altro precedente conforme, non pare, invece, riferita allo specifico 
problema). 

Una riserva sembra doversi esprimere, per�, per ci� che attiene alla 
misura del termine in questione, e, ovviamente, di quello previsto dall'art. 
136 della legge del registro, al quale, per il rinvio fatto dal citato 
art. 97, deve aversi riguardo, almeno nella generalit� dei casi. 

La Cassazione, come pare desumersi da un a�cc�enno contenuto nella 
ricordata precedente sentenza n. 1086 del 1963 (ed uguale accenno si rinviene 
in App. Roma, 12 giugno 1954, Foro it., 1954, I, 1307, in motivazione), 
deve essersi riferita alle disposizioni della 1. 25 giugno 1940, n. 799, con la 
quale vennero �prorogati di un anno� alcuni termini di varie leggi tributarie, 
tra cui quelli previsti dagli articoli 136 e 137 della legge del registro. 

12 


1330 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

o delle sopratasse dovute, quanto sui titoli tassabili risultanti dall'atto 
stesso o dalla stessa denunzia. 
Tale interpretazione � stata adottata da questa Corte Suprema 
fin dal 1942, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1950, Ja quale 
afferm� il principio della opponibilit� del privilegio per l'imposta 
complementare di registro ai terzi possessori dell'immobile, mutando 
l'interpretazione precedentemente data all'art. 1962 del codice civile 
del 1865, il quale, adoperando l'espressione e supplemento di tassa ., 
anzich� di �imposta suppletiva �, faceva intendere che il legislatore 
avesse voluto riferirsi a qualsiasi imposta dovuta ad ~ntegrazione di 
pagamento anteriore, e, quindi, non solo all'imposta suppletiva, ma 
anche a quella complementare di registro. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in 
relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., violazione e falsa applicazione 
diegli artt. 97 e 98 1. r. e 100 1. f., nonch� difetto di motivazione su 
punto decisivo, e sostiene che la Corte del merito, dopo avere esattamente 
ritenuto il termine di cui all'art. 97 1. r. di decadenza e non 
di prescrizione, abbia poi affermato, erroneamente, la irrilevanza della 
distinzione, non potendo riconoscersi al Banco di Napoli la qualit� 
di terzo. 

Il motivo � infondato. 

E sembra potersi rilevare, in proposito, che da quelle disposizioni potrebbe 

essere stata non gi� stabilita l'elevazione di quei termini, ma, appunto, 

una semplice proroga, a carattere temporaneo, in vista delle contingenze 

belliche: come pu� argomentarsi anche dal rilievo che a quei medesimi 

termini ebbe poi a riferirsi il legislatore con la successiva legge 4 luglio 

1941, n. 693, prorogandoli � fino ad un anno dopo la dichiarazione della ces


sazione dello stato di guerra �. (In argomento, cfr., amplius, in questa 

Rassegna, in nota alla ripetuta Cass. n. 1086/1963, ed in Relaz. Avv. Stato, 

1961-65, loc�. citt.; e, del resto, non pare essersi mai dubitato, in altre occa


sioni, che i vari termini, cui si riferiva la legge n. 799 del 1940, siano ri


masti invariati: cfr., ad es., tra le recenti, Cass. 11 luglio 1966, n. 1826, 

retro, 939, e Cass. 17 febbraio 1966, n. 498, retro, 421, entrambe in motiva


zione; cfr., inoltre, UcKMAR, La legge del registro, Padova, 1958, III, 295, 

319; BERLIRI, Le leggi di registro, Milano, 1947, 369, 384). 

Del pari una riserva sembra doversi fare per quanto riguarda la decor


renza del termine, di cui al pi� volte citato art. 97, cpv., della legge del 

registro. Invero, anche per i termini di decadenza deve ritenersi valida la 

regola generale, secondo cui l'inizio non pu� riportarsi ad un momento 

anteriore a quello in cui il diritto pu� essere fatto valere o l'azione pu� 

essere esercitata (cfr. TEDESCHI, Decadenza, Enc. Dir., Milano, 1962, XI, 790; 

AzzARITI-SCARPELLO, Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna, 1963, VI, 

2964); e poich�, nel caso, la decadenza riguarda l'azione esecutiva, nei con



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1331 

La Corte del merito ha fatto puntuale applicazione dei principi 
affermati. da questa Corte Suprema, secondo i quali il privilegio che 
assiste !"imposta di registro, ai sensi degli artt. 97 della legge di registro 
e 2772 c. c., ha natura reale e passa a carico dei terzi subacquirenti 
che all'atto dei rispettivi acquisti hanno ricevuto il bene gravato 
.da quell'onere; ed � in relazione a ci�, per le esigenze di sicurezza 
nella .circolazione dei beni, specie immobiliari, che il termine 
previsto dall'art. 97, secondo comma della legge di registro, � di decadenza 
e non di prescrizione e, come tale, non subisce n� sospensioni 
n� interruzioni. Sicch�, l'azione esecutiva del fisco per la riscossione 
del credito privilegiato sull'immobile oggetto del privilegio si estingue 
con il de�orso d<i quattro anni, che decorrono dalla data di registrazione 
dell'atto di compravendita cui si riferisce il tributo (Cass., 24 
aprile 1963, n. 1086; 30 gennaio 1963, n. 155). 

Essendo la decadenza inerente al diritto di seguito che compete 
allo Stato, la Corte del merito ha esattamente inferito, dandone adeguata 
motivazione, che essa poteva essere invocata soltanto dal terzo 
subacquirente del bene e, quindi, non dal Banco di Napoli il quale, 
essendo semplice creditore doveva sottostare alla preminente prelazione 
spettante allo Stato in ordine agli stessi beni ex art. 2772 c. c. 

Lo Stato, infatti, a garanzia del credito per l'imposta di registro, 
oltre che assistito da un diritto di seguito che lo rende abile a far 
valere� le sue ragioni nei confronti del terzo possessore, ha una legittima 
causa di prelazione sui mobili ed immobili cui si riferisce l'imposta. 
-(Omissis). 

fronti del terzo subacquirente, e cio� una azione che non pu� essere promossa 
se non quando si siano, appunto, verificati i presupposti per l'inizio 
del procedimento coattivo, dovrebbe conseguentemente ritenersi, ed almeno 
per le imposte che si rendono esigibili dopo la registrazione -e cosi, in 
particolare, per le imposte complementari liquidate a seguito di accertamento 
di valore, che sono esigibili quando l'accertamento diventa definitivo, 
per mancata impugnazione o per concordato, ovvero quando sia almeno 
intervenuta la decisione della commissione di primo grado (d.l. 5 marzo 
1942, n. 186, art. 4) -, che il termine in discorso non possa decotrrere se 
non dai rispettivi momenti innanzi indicati. 

2. Ineccepibile appare, invece, l'affermazione di cui alla seconda parte 
della massima. Dalla esatta distinzione, tra prelazione e diritto di seguito, 
la prima operante nei confronti dei creditori, e costituita da una preferenza 
accordata al titolare del credito privilegiato in riguardo alla causa del 
credito stesso, l'altro diretto ad assicurare un rapporto con la cosa, idoneo 
a vincolarla, con una specifica garanzia reale, anche nei confronti dei terzi 
(cfr. GAETANO, I privilegi, Torino, 1949, 44 ss.), nonch� considerando che la 
decadenza, ex art. 97, cpv., della legge del registro, � a tutela appunto 
delle ragioni dei terzi, la Corte Suprema ha tratto la corretta conclusione 
dell'inopponibilit� della decadenza da parte di altri creditori dell'obbligato, 
rispetto ai quali non viene in rilievo l'aspetto di realit� del privilegio, ma 
soltanto la ragione preferenziale nel concotrso. 

1332 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2453 -Pres. Pece. Est. 
Rossi -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Masi) c. soc. A.T.A. e Comune di Sanremo (avv. Uckmar) e 
Banca Nazionale del Lavoro (avv. Del Nunzio). 

Obbligazioni e contratti -Fideiussione -Sottoposizione a garanzia 
dell'obbligazione garantita -Condizionalit� anche dell'obbligazione 
fideiussoria -Esclusione. 

(c. c., artt. 1936, 1938). 
Imposta di registro -Fideiussione -Fideiussione a garanzia di obbligazione 
condizionale -Immediata assoggettabilit� al tributo Sussiste. 


(c. c., artt. 1936, 1938; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 9, 17, 53; id., tariffa 
ali. A, art. 54). 
La fideiussione a garanzia di un'obbligazione sottoposta a condizione 
non �, perch� connessa ad una tale obbligazione principale, anch'essa 
condizionata, bens� esplica i suoi effetti, in relazione al suo distinto 
e diverso contenuto, fin dal momento in cui � prestata (1). 

La fideiussione a garanzia di un'obbligazione condizionale � soggetta 
immediatamente all'imposta di registro, senza che debba tenersi conto, 
al fine, del regime tributario applicabile per l'obbligazione principale 
cui la fideiussione stessa si riferisce (2). 

(Omissis). -Con i primi due motivi del ricorso principale -che, 
per la loro interdipendenza, vengono esaminati congiuntamente -si 
denunciano, ai sensi e per gli effetti dell'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c., violazione 
e falsa applicazione degli artt. 53 della legge del registro 30 dicembre 
1923, n. 3269, 54 della Tariffa allegato A alla stessa legge, 17, 
9 e 8 della legge del registro, in relazione all'art. 1938 c. c. (primo motivo), 
nonch� omessa o insufficiente motivazione circa punti decisivi 
della controversia (secondo motivo). 

Si censura la tesi accolta nella sentenza denunciata -nel senso 
-che, in caso di garanzia prestata mediante fideiussione di un'obbliga


(1-2) La esauriente e convincente motivazione esonera da ogni pi� 
�ampio commento, e soltanto pu� sottolinearsi, come del resto la Corte Su-
prema non ha mancato di avvertire, che la conclusione accolta, mentre gi� 
trova fondamento nei principi di diritto comune, alla cui stregua � da 
escludere che sia da considerare condizionale una fidejussione, sol perch� 
iner�ente ad un'obbligazione principale sottoposta a condizione, vieppi�, ed 
.anzi anche autonomamente si giustifica nel sistema della legge di registro; 
e ci�, invero, in relazione all'espresso disposto del!l'art. 53, che, in coerenza 
.con i principi fissati nell'art. 9, circa l'autonoma imponibilit� delle disposizioni 
non necessarioamente connesse, appunto stabilisce che, per le fideius


:% 

?


::: 

~j 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1333 

zione soggetta a condizione sospensiva, gli effetti della fideiussione. restano 
sospesi fino al verificarsi dell'evento futuro e incerto, al pari di 
quelli dell'obbligazione garantita -assumendo che, ai sensi dell'art. 53 
primo comma della legge del registro, le fideiussioni sono sempre assoggettate 
all'imposta graduale, indipendentemente dalla imposta proporzionale 
dovuta per il negozio principale. 

Si sostiene che la fideiussione prestata per un'obbligazione condizionale 
non pu� equipararsi a una obbligazione sottoposta a condizione 
sospensiva, essendone il contenuto diverso e distinto da quello dell'obbligazione 
principale. 

Si lamenta che la Corte del merito non abbia adeguatamente esaminato 
la tesi, proposta in subordine dall'Amministrazione, secondo cui 
la struttura della fideiussione prestata dalla Banca del Lavoro, quale 
risultava dal contenuto del relativo atto, escludeva che il negozio potesse 
considerarsi sottoposto a condizione sospensiva e soggetto, pertanto, 
all'art. 17 della legge del registro. 

Le censure sono fondate. 

L'opinione della Corte di Genova, che la fideiussione debba, quale 
patto accessorio, subire il trattamento tributario del negozio principale, 
contrasta con la lettera e con le finalit� dell'art. 53 della legge del 
registro, che, al primo comma, dispone: � Sulle cauzioni, mallevadorie, 
fideiussioni, anche solidali, di somme o valori... fatte da una o pi� persone 
cumulativamente per una terza persona, si applica sempre la tassa 
graduale indipendentemente dalla tassa proporzionale dovuta sulla stipulazione 
ed obbligazione cui la cauzione, il pegno o l'indennit� si riferiscono�. 


La tassazione della fideiussione in modo indipendente dal negozio 
principale comporta l'assoggettamento del negozio al tributo stabilito 
dalla legge anche quando l'obbligazione garantita sia esente, per qualsiasi 
c~msa, dalla tassa. proporzionale, prevedendo al riguardo la legge 
del registro due diverse regolamentazioni tributarie. 

In coerenza, poi, con il menzionato disposto, l'art. 54 della Tariffa 
allegato A, nel ribadire l'asoggettamento delle cauzioni, mallevadorie e 

sioni, l'imposta si applica � indipendentemente � da quella prevista per il 
rapporto principale, e cosi le svincola dalla sorte, anche tributaria, del detto 
rapporto, e le considera secondo la natura e gli effetti loro propri. I quali 
effetti, come � rilevato nella sentenza in rassegna, vanno individuati in 
relazione all'utilit� immediata che deriva al creditore dal rafforzamento 
del credito, e non sono diversi da quelli derivanti dalla 1prestazione di una 
cauzione, essendo peraltro vero che la fideiussione si colloca, nel nostro 
ordinamento, nella categoria delle cautele, che comprende le garanzie reali 
e quelle personali, le une e le altre insieme disciplinate, coerentemente, ai 
fini tributari, dall'art. 53 citato. 

Nel senso che la fideiussione non pu� ritenersi necessariamente con


nessa all'obbligazione principale, o dalla stessa derivante, per gli effetti di 


1334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fideiussioni alla tassa graduale, non fa riferimento alcuno alla stipulazione 
ed obbligazione cui le stesse si riferiscono. 
�Del resto, il disposto della legge del registro risponde alla struttura 
del contratto di fideiussione, quale disciplinato negli artt. 1936 e segg. 

e.e. 
La fideiussione -che nel nostro ordinamento giuridico � assunta, 
in via generale, nella categoria delle cautele, comprensiva delle garanzie 
reali e di quelle personali, e dalla legge del registro � considerata 
assieme alla cauzione..:....... per quanto connessa all'obbligazione per cui � 
prestata, realizza una obbligazione avente un contenuto distinto e diverso 
da quello dell'obbligazione principale. 

L'obbllgo del fideiussore che ha prestato la garanzia personale 
non � identico a quello del debitore principale: oggetto della sua obbligazione 
non �, infatti, l'obbligazione garantita, ma l'utilit� prestata al 
creditore rafforzandone il credito. 

Per quanto attiene alla fideiussione di cui all'art. 1938 c. c., prestata 
per un'obbligazione condizionale, la stessa non � equiparabile a una 
obbligazione sottoposta a condizione sospensiva. 

Mentre l'evento considerato dall'obbligazione principale si trova 
in stato di pendenza, il vincolo fideiussorio produce fin dal suo sorgere 
effetti (incompatibili con la condizionalit� dell'obbligazione fideiussoria) 
a carico del fideiussore, con l'irrevocabilit� del prestato consenso e 
l'obbligo di non impedire il sorgere dell'obbligazione garantita. 

La pretesa dell'Amministrazione, di sottoporre a tassazione separata 
e indipendente, secondo la rispettiva natura, la obbligazione principale 
e la fideiussione, trova, quindi, fondamento nel dettato dell'art. 53 
della legge del registro, in cui, oltre a essere applicato concretamente il 
principio ricevuto nell'art. 9 primo comma della legge stessa, relativo 
alla . tassabilit� di ognuna delle disposizioni indipendenti, o non derivanti 
necessariamente le une dalle altre, comprese in un solo atto, � 
stato anche tenuto conto della realt� economica. 

cui 'all'art. 9 della il.egge del registro, cfr. Cass., 28 gennaio 1966, n. 332, 

retro, 179; Sez. Un., 15 aprile 1937, n. 1134, Foro it., 1938, I, 44. 

La sel)tenza 10 luglio 1954, n. 2446, della Corte Suprema, ricordata in 

motivazione, pu� leggersi in Riv. leg. fi,sc., 1954, 1331. In dottrina, sulla 

fideiussione a garanzia di obbligazioni condizionali, cfr. ARu, Commentario 

c. c. d'Amelio-Finzi, Obbligazioni, II, 2, 391; FRAGALI, Commentario c. c. 
Scialoja e Branca, sub. art. 1938, 194 ss. Per il profilo tributario, cfr. 
MAJELLO, Fideiussione per obbligazioni condizionali, Foro Pad., 1962, I, 811, 
le cui contrarie considerazioni, esposte in nota alla sentenza 25 gennaio 
1962 resa dal Tribunale di Genova ne11a vertenza definita con l'odierna 
pronuncia della Cassazione, trovano in quest'ultima piena confutazione. La 
sentenza 8 maggio 1963, resa nella stessa causa dalla Corte di Genova, pu� 
leggersi in Mon. Trib., 1964, 302. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1335 

Le operazioni fideiussorie sono, infatti, compiute in genere dagli 
istituti bancari, che ne ricavano utili considerevoli sotto forma di interessi 
percepiti in proporzione al valore e alla durata della prestazione 
fideiussoria. 

E gi� questa Suprema Corte ha avuto occasione di chiarire (sent. 10 
luglio 1954, n. 2446) come, secondo la legge del registro, il fatto giuridico 
che determina il sorgere del rapporto d'imposta non sia il trasferimento 
di un bene o l'assunzione di un'obbligazione, ma unicamente 
l'esistenza di un atto che, considerato in s� e per s�, sia capace di produrre 
l'obbligazione o di attuare il trasferimento, indipendentemente 
dalle circostanze che possano impedire la produzione dei suoi effetti. 

Dal canto suo, la Corte Costituzionale ha aggiunto (sent. 11 marzo 
1957, n. 42) che la vigente legge del registro � improntata al principio 
fondamentale che l'imposta � determinata dal contenuto dell'atto 
sottoposto a registrazione, e che atti o eventi successivi non possono 
avere alcuna rilevanza. 

Non giustificata appare, quindi, l'applicazione che al caso concreto 
ha fatto la sentenza denunciata dell'art. 17 primo comma della legge 
del registro, a norma del quale il pagamento della tassa progressiva, 
proporzionale o graduale, per gli atti vincolati a condizione sospensiva, 
� differito al verificarsi della condizione. 

La condizione sospensiva era, infatti, inerente all'obbligazione assunta 
da Pierino Busseti nei confronti del comune di San Remo, e non 
alla garanzia -che non pu� considerarsi condizionale solo perch� 
accessoria all'obbligazione principale -prestata per il Busseti stesso 
dalla Banca del Lavoro senza subordinarne l'efficacia a un evento futuro 
e incerto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 ottobre 1966, n. 2538 -Pres. Vistoso 
-Est. Ferrone Capano -P. M. Toro (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Chimetto (avv. Barbato) e Salcher (n. c.). 

Imposta di registro -Solidariet� -Agevolazioni in tema di piccola 
propriet� contadina -Decadenza dalle agevolazioni a seguito di 
rivendita dei fondi -Obbligazione dell'acquirente per. le ordinarie 
imposte -Sussistenza -Obbligazione solidale del venditore Esclusione. 


(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 93; 1. 6 agosto 1954, n. 604, art. 7). 
La disposizione delL'art. 93 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, che 
sancisce la solidariet� di tutte le parti contraenti in ordine all'obbligazione 
d'imposta, enuncia un principio fondamentale in materia di im




1336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

posta di registro, al quale, tuttavia, iZ legislatore pu� derogare. Una 
deroga al principio � ravvisabile nella disposizione deZZ'art. 7 della 

i. 6 agosto 1954, n. 604, che, in tema di benefici per la piccola propriet� 
contadina, e per l'ipotesi di decadenza dai benefici stessi a seguito di 
rivendita del fondo prima di un quinquennio dall'acquisto, dichiara 
obbligato il solo acquirente per il pagamento delle imposte nella misura 
ordinaria (1). 
(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si denuncia la violazione 
degli artt. 1, 3 e 7 della 1. 6 agosto 1954, n. 604; degli artt. 1 e segg. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269; degli art. 1 e segg. della relativa �tariffa 
allegato A; dell'art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile; 
dell'art. 93 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, e degli artt. 2964 e segg. c. c.; 
il tutto in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c. 
In sostanza, si deduce che anche nel caso di decadenza dalle agevolazioni 
tributarie concesse per la formazione e per l'arrotondamento 
della piccola propriet� contadina, decadenza comminata dall'art. 7 della 
citata legge del 1954 per i casi ivi previsti, fra cui quello che l'acquirente 
alieni volontariamente il fondo prima che siano trascorsi cinque 
anni dall'acquisto, deve trovare applicazione il principio della solidariet�, 
stabilita in via generale dall'art. 93 della legge del registro, con 
la conseguenza che il pagamento dei tributi ordinari, dovuti per effetto 
della detta decadenza, pu� essere richiesto non solo all'acquirente( che 
abbia riveduto il fondo entro i cinque anni), ma anche all'originario 
venditore. 

L'assunto non appare fondato. 

E' esatto che l'imposta di registro � tassa d'atto, non di negozio, che 
colpisce l'atto nella sua estrinsecazione documentale. Ed � pure esatto 
che nei casi in cui si verifichi la predetta causa di decadenza, per essere 
stato il fondo rivenduto. entro il quinquennio, non sorge un nuovo rapporto 
d'imposta (come erroneamente ha affermato la Corte di merito), 

(1) Dell'esattezza del principio, di cui alla prima parte della massima, 
non � dato di dubitare, ed anche per ci� che attiene ad eventuali deroghe 
alla regola della solidariet�, che soltanto dal legislatore, invero, possono 
essere poste. 
Ed una deroga, poi, in tema di decadenza dai benefici previsti per la 
formazione della piccola propriet� contadina, � stata dalla Cassazione desunta 
dalla disposizione dell'art. 7 della 1. 6 agosto 1954, n. 604, la quale, 
nello stabilire che in caso di rivendita del fondo prima del compimento di 
cinque anni dall'acquisto e l'acquirente... � tenuto al pagamento dei tributi 
ordinari �, cos� escluderebbe l'obbligo solidale del venditore, nella cui 
estraneit� al fatto determinante fa decadenza dall'agevolazione sarebbe ravvisabile, 
poi, secondo la sentenza in rassegna, la ragione giustificativ�a della 

-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1337 

in quanto si tratta sempre della medesima imposta, e cio� di quella 
dovuta ( o in misura ridotta o in misura ordinaria) sull'atto di compravendita 
dell'immobile. Ma la stessa ricorrente riconosce che il principio 
della solidariet� di tutte le parti in ordine all'obbligazione tributaria, 
pur essendo un principio fondamentale in materia di imposta di registro, 
giusta il disposto dell'art. 93 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
pu� essere tuttavia derogato dal legislatore, il quale pu� escludere in 
casi determinati il vincolo della solidariet�, ponendo il pagamento del 
tributo a 'carico di una sola delle parti. 

Un caso del genere, ossia di esclusione della solidariet�, deve ravvisarsi 
proprio nell'art. 7 della 1. 6 agosto 1954, n. 604, contenente norme 
a favore della piccola propriet� contadina. Esso dispone che l'acquirente 
decade dalle agevolazioni tributarie gi� applicate, ove rivenda 
prima del quinquennio il fondo acquistato per la formazione o per l'arrotondamento 
della piccola propriet� contadina, e che in tal caso � l'acquirente 
� tenuto al pagamento dei tributi ordinari �. La formulazione 
della norma � di per s� sola significativa, poich� essa non si limita a 
comminare la decadenza (il che sarebbe stato sufficiente se il legislatore 
non avesse voluto apportare alcuna deroga ai principi generali), ma 
individua e specifica il soggetto (e l'acquirente�) che � tenuto (ossia 
obbligato) al pagamento delle normali imposte, in quanto decaduto dalle 
agevolazioni tributarie applicate in sede di registrazione dell'atto di 
compravendita. Il significato della norma, che gi� risulta chiaro dal suo 
tenore letterale, trova conferma nel confronto con altre locuzioni adoperate 
nella stessa legge per casi di diversa natura. Per il caso, infatti, 
dell'acquirente che abbia conseguito le agevolazioni tributarie a mezzo 
di infedeli dichiarazioni circa le condizioni o i requisiti all'uopo richiesti, 
l'art. 3 dispone che � le parti contraenti sono solidalmente tenute 
al pagamento dei tributi ordinari �, mentre � la parte che ha reso la 
dichiarazione infedele � altresi tenuta a corrispondere una sopratassa 
irriducibile pari all'ammontare dei tributi recuperati �. E nei casi in 
cui non vengano prodotti nei termini stabiliti i prescritti certificati del-

norma derogatrice in discorso. Al qual riguardo, per�, e poich� la stessa 
legge n. 604 conferma, in altre sue disposizioni, l'obbligo solidale delle 
parti, ed anche in relazione ad ipotesi in cui 11a liquidazione successiva delle 
ordinarie imposte si collega ad una attivit� propria del solo acquirente 

(dichiarazione, che poi si accerti infedele, circa la ricorrenza dei requisiti 
personali e patrimoniali dell'acquirente medesimo: cfr. art. 3), sembra potersi 
quanto meno dubitare dell'univocit� dell'argomento, e doversi comunque 
escludere una sua relavanza in senso generale in tema di solidariet�; 
tanto ni� che il debito delle ordinarie imposte, pur quando queste, 
per qualsiasi ragione, siano da liquidare in un secondo momento, inerisce 
sempre all'originario rapporto tributario, di cui sono soggetti passivi, in 
principio, tutti i contraenti. 


1338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'Ispettorato agrario provinciale, gli artt. 4 e 5 dispongono che in tali 
casi � sono dovute le normali imposte di registro e ipotecarie �. 

Come vedesi, mentre in questi due ultimi casi si � adoperata la 
forma impersonale ( � sono dovute le normali imposte � ), il che non 
importa alcuna deroga al principio della solidariet�, e mentre nel secondo 
caso si � espressamente specificato che � le parti contraenti sono 
solidalmente tenute al pagamento dei tributi ordinari �, nel primo caso, 
invece, la specificazione � nel senso opposto, e cio� nel senso che 1'� acquirente 
� -il solo acquirente -e � tenuto al pagamento dei tributi 
ordinari�. Con espressioni sostanzialmente identiche, infatti, l'art. 3 
esclude la solidariet� nel pagamento della sopratassa per infedele dichiarazione 
( � la parte che ha reso la dichiarazione infedele � tenuta a 
corrispondere una sopratassa, ecc. >); e la stessa ricorrente riconosce 
che la sopratassa non � dovuta da entrambe le parti, in solido, ma solo 
da quella che ha reso la dichiarazione infedele. 

E' da ritenere, quindi, che l'art. 7 della legge in esame contenga 
una ulteriore deroga al principio della solidariet� nel pagamento dell'imposta 
di registro ed accessori. Ci� risulta non solo dal tenore letterale 
della norma, ma anche dalla ratio legis, che si desume attraverso 
le diverse espressioni adoperate nella stessa legge per gli altri casi 
innanzi indicati, che sono bensi di diversa natura, ma che comportano 
ugualmente il pagamento dei tributi ordinari. La diversit� di regolamentazione 
corrisponde alla sostanziale diversit� di situazioni. Mentre 
nei casi previsti dagli articoli 3, 4 e 5 non ricorrono ragioni per derogare 
al principio della solidariet� (tranne che per la sopratassa di cui 
all'art. 3), in quanto il venditore � in grado di conoscere la reale situazione 
e di produrre in tempo utile la relativa documentazione, per il 
caso, invece, di rivendita del fondo e di conseguente decadenza dalle 
agevolazioni tributarie gi� applicate, la deroga al principio della solidariet� 
� giustificata dalla considerazione che il fatto produttivo della 
decadenza ( e del conseguente pagamento dei tributi) � un fatto che, 
oltre a verificarsi dopo il perfezionamento della compravendita e dopo 
la legittima applicazione dei benefici fiscali, � del tutto estraneo alla 
persona e alle attivit� del venditore, il quale, anche se ne viene previamente 
a conoscenza, non ha la possibilit� di evitarlo n� comunque di 
influirvi. 

Nella discussione orale si � sostenuto che l'espressa menzione dell'obbligo 
solidale di tutte le parti contraenti, contenuta nell'art. 3 con 
specifico ed esclusivo riferimento ai tributi ordinari, mira a porre in 
risalto che la sopratassa � dovuta, invece, dalla sola parte cne ha reso 
la dichiarazione infedele. Ci� pu� essere esatto, ma quel che conta � che 
siano stati specificati i soggetti passivi delle due obbligazioni, con conseguente 
esclusione della solidariet� in uno dei due casi, come la stessa 
ricorrente ammette. Ed � proprio la specificazione dei soggetti passivi, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1339 

diversamente individuati nei vari articoli (3, 4, 5 e 7), ci� che induce 
ad adottare la predetta interpretazione dell'art. 7, secondo cui, nel caso 
previsto dall'articolo medesimo, l'acquirente � il solo soggetto tenuto 
al pagamento della differenza fra misura ordinaria e misura ridotta 
dell'imposta di registro e di quella ipotecaria, in quanto decaduto dai 
benefici precedentemente accordati. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2705 -Pres. Rossano 
-Est. Roperti -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Varvesi) c. Monarbario (avv. Sacerdote e Benedetti). 

Procedimento civile -Ingiunzione fiscale -Giudizio di opposizione Accoglimento 
dell'opposizione per motivi giuridici diversi da 
quelli indicati dalla parte -Vizio di ultrapetizione -Non sussiste. 

(c. p. c., artt. 112, 345). 
Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione -Chiarezza della lettera Interpretazione 
letterale -Sufficienza -Necessit� di ricercare la 
volont� del legislatore -Non sussiste. 

(Disposizioni sulla legge in generale, art. 12). 

Imposta di registro -Trasferimento di quota di societ� commerciale 
di persone -Patrimonio sociale formato da beni mobili e immobili 
-Tassazione della quota -Criteri. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 27). 
Il vizio di ultrapetizione � ipotizzabile rispetto al bene che l'attore 
ha inteso giudizialmente perseguire e, quindi, rispetto all'oggetto diretto 
della decisione e non pure rispetto azze ragioni di fatto e di diritto 
che il giudice ha assunto a sostegno deZZa propria pronunzia. Non incorre 
pertanto nel vizio di ultrapetizione il giudice che, neZZ'attribuire azza 
parte suZZa base dei fatti dedotti in giudizio, il bene effettivamente richiesto, 
fondi tale attribuzione su una norma giuridica non invocata 
ovvero diversa da queZZa invocata dall'istante, e ci� sia che si tratti di 
giudizio a cognizione ordinaria, che di opposizione ad ingiunzione 
fiscale (1). 

(1) La prima parte della massima si pone sulla scia della giurisprudenza 
ormai consolidata della Suprema Corte (cfr. Cass. 11 agosto 1964, 
n. 2302; Cass. 29 luglio 1964, n. 2154; Cass. 23 aprile 1964, n. 974; Cass. 
18 luglio 1963, n. 1971, e altre). 
Va peraltro rilevato che se, da un punto di vista generale e astratto, 
il suddetto orientamento pu� condividersi, esso deve, quando l'oggetto 



1340 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In tema di interpretazione della legge � consentito ricorrere alla 
ricerca della volont� del legislatore soltanto nei casi nei quali la lettera 
della legge sia dubbia, essendo sufficiente, altrimenti, la sola interpretazione 
letterale (2). 

Ai fini della imposta di registro, la quota di societ� di persone va 
considerata di natura immobiliare proporzionalmente al valore dei soli 
immobili per natura esistenti nel patrimonio sociale e non anche proporzionalmente 
al valore delle pertinenze (3). 

(Omissis). -Col primo mezzo la ricorrente Amministrazione denunciando 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c. p. c. 
in relazione all'art. 360, n. 3 stesso codice, sostiene che l'opposizione 
all'ingiunzione intimata dalla Finanza si fondava su due gradati ordini 
di motivi e cio�: a) che con l'abrogazione del codice civile del 1865 era 
divenuta inapplicabile la disposizione dell'art. 46, primo comma, della 
legge di registro, in base alla quale i mobili dalla legge civile parificati 

di un giudizio sia costituito da una opposizione ad ingiunzione fiscale, esseil'e 
armonizzato con l'altro principio, del pari recepito dalla giurisprudenza 
della Cassazione, della specificit� dei motivi di opposizione. 

� noto infatti come sia ormai pacifico che � l'opponente ad ingiunzione 
fiscale deve dichiarare i motivi su cui fonda l'azione senza che possa 
pretendere di precisarli nel corso del giudizio, oltre i termini nei quali 
la legge del processo gli consente di modificare od anche di ampliare la domanda 
originaria � (Cass., Sez. Un. 19 aprile 1955, n. 1079; Cass. 4 giugno 
1962, n. 1346, Foro amm.� 1963, II, 88, ed altre; ed in argomento cfr. 
Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 771). Il che significa peraltro, che il mutamento 
dei motivi di opposizione in grado di appello, deve considerarsi mutamento 
della causa petendi e quindi domanda nuova a' sensi dell'art. 345 

c. p. c., con conseguente impossibilit�, da parte del giudice di appello, di 
prendere in esame, d'ufficio, motivi di opposizione non sollevati o non tempestivamente 
sollevati daH'opponente (App. Firenze, 19 giugno 1964, Boll. 
trib., 1965, 164). 
(2-3) La tassazione del trasferimento di quote di partecipazione a societ� 
di persone. 

1. L'ultimo capoverso dell'art. 27 della legge di registro recita: � Le 
quote di partecipazione nelle societ� in nome collettivo o in accomandita 
semplice sono considerate mobili o immobili secondo la natura dei beni 
costituenti i:1 patrimonio sociale. Se questo comprende beni mobili e immobi.
li, la quota di partecipazione, fino a concorrenza del valore degli immobili, 
si considera di natura immobiliare �. 
Sorge ora il problema del significato che, ai fini della qualificazione 
tributaria, e quindi della tassazione, del:le quote di societ� di persone, deve 
attribuirsi alla espressione �secondo la natura dei beni�, usata dalla legge. 

La sentenza in rassegna ha ritenuto che, con la suddetta espressione, 
il legislatore abbia voluto riferirsi solo e soltanto agli � immobili per natura 
� con esclusione della categoria di beni che, sotto il vecchio codice, 

z 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1341 

agli immobili, che vengono trasferiti insieme a questi ultimi devono 
sottostare alla tassa proporzionale; b) che i macchinari di cui si tratta 
non erano destinati al servizio del capannone. 

Per ,contro, la Corte di Appello avrebbe accolto l'opposizione per 
altra ragione e cio� sul rilievo che si trattasse del trasferimento di 
quota di partecipazione in societ� in nome collettivo tassabile a sensi 
dell'art. 27 della legge di registro, con riferimento esclusivo alla natura 
dei beni costituenti il patrimonio sociale, incorrendo con ci� nel vizio 
di ultrapetizione per avere fondato la propria decisione su una tesi che 
neppure gli opponenti avevano dedotto. 

La censura non ha fondamento. 

venivano denominati � immobili per destinazione � e che, pi� esattamente, 
oggi sono qualificati pertinenze. 

Ed � giunta, la Suprema Corte, a tale conclusione basandosi solo 
sulla lettera della legge che sarebbe talmente chiara, da non consentire 
neppure il ricorso ad altri criteri interpretativi, come il criterio logico, 
storico, sistematico, ecc .. 

2. Secondo la Cassazione, invero, dowebbe ritenersi sufficiente l'interpretazione 
letterale e inapplicabile ogni altro criterio di ermeneutica 
quando la lettera della legge sia � sufficientemente chiara �. Purtroppo una 
tale massima ribadisce un orientamento che sembra consolidato (Cass. 5 
ottobre 1964, n. 1598; Cass. 15 luglio 1963,' n. 1568; Trib. Venezia, 3 settembre 
1962, Mon. Trib. 1963, 41; Cons. Stato, 4 dicembre 1963, n. 939, in 
Consiglio di Stato 1963, I, 1923), ma che non pu�, in nessun caso, essere 
condiviso. 
Esso fonda tutto su una certa concezione del processo di interpretazione 
della norma, che � visto sotto un profilo, � meccanico e atomistico 
che disintegra le successive fasi del processo interpretativo e le tratta come 
altrettanti mezzi da adoperare indifferentemente secondo la contingente 
opportunit�. Cos�... si crede che, di regola, basti la cosidetta interpretazione 
letterale e che solo in certi casi bisogni ricorrere a quella logica... � (BETTI, 
Interpretazione della legge e degli atti giuridici, 'rorino, 1949, 174 ss.). 

In realt� l'errore di una simile concezione � evidente; l'interprete deve 
tendere a comprendere il significato -e tutto, e completo -della norma; 
deve penetrare, per applicarla, quella che comunemente viene chiamata 

� volont� della legge �, e in questa sua ricerca deve necessariamente usare 
tutti i mezzi a sua disposizione sottoponendo il primo risultato, ottenuto 
con la semplice lettura, a successivi controlli, applicando tutti i criteri 
inte11pretativi. �Assurdo �� -afferma con la consueta incisivit� il BETTI 
(op. Zoe. cit.) -�stabilire o supporre una sorta di concorrenza e di contrasto 
tra i vari criteri interpretativi quasi che questi fossero da raffigurare 
quali altrettanti pretendenti in lotta tra loro, aspiranti ad una applicazione 
esclusiva: raffigurazione grottesca, a determinare la quale influisce un 
cumulo di pregiudizi ancora accettati come quello in claris non fit interpretatio 
�. (Cfr., nello stesso senso: BoBBIO, Scienza del Diritto e analisi 
del linguaggio, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 1950, 142 segg.; GIORDANO, Vecchi 
e nuovi orientamenti in tema di interpretazione giuridica, Riv. dir. comm., 
1950, I -414 ss.; ROTONDI, Interpretazione della legge, Noi,issimo Digesto, 
VIII, 893 ss.; MESSINEO, Manuale, I, 94,. TORRENTE, Manuale, 1962, 23; BER-

i 

! 

I 


l 


I 


~ 

~ 

f. 
t 


1342 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il vizio di altra petizione � ipotizzabile rispetto al bene che l'attore 
ha inteso giudizialmente perseguire e, quindi, rispetto all'oggetto ,diretto 
della decisione e non pure rispetto alle ragioni di fatto e d). diritto che 
il giudice ha assunto a sostegno della propria pronuncia. Detto vizio, 
cio�, non ricorre ove il giudice, nell'attribuire alla parte, sulla base 
dei fatti dedotti in giudizio, il bene effettivamente richiesto, fondi tale 
attribuzione su una norma giuridica non invocata ovvero diversa da 
quella invocata dall'istante, essendo compito del giudice quello di accertare 
l'esatta configurazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio, 
applicando la norma ad esso pi� aderente, sia che si tratti di giudizio a 
cognizione ordinaria, che di opposizione ad ingiunzione fiscale. 

LIRI A., Principi di Diritto tributario, Milano, 1952, I, 76; BERLIRI L. V., 
Interpretazione e integrazione delle leggi tributarie, Riv. It. dir. fin., 1942, 
16 ss.). 

Del resto sembra evidente la petizione di principio, e quindi il difetto 
di motivazione, della giurisprudenza che qui si critica: se una parte sostiene 
che una norma di legge in base alla sua ratio, in base a criteri sistematici e 
storici, debba essere interpretata in modo difforme da auello cui condurrebbe 
la sua semplice lettura, sar� preciso compito del giudice esaminare 
la tesi esposta e accoglierla, o rigettarla dopo adeguata confutazione. Ma 
non sembra davvero corretto r).fiutare l'esame stesso della interpretazione 
proposta sulla considerazione che � la lettera della legge � sufficientemente 
chiara�. 

In realt�, prima di un completo processo inter~etativo, la norma � 
soltanto � apparentemente chiara � e sar� proprio l'interpretazione ad accertare 
se tale chiarezza sia reale o fittizia. 

3. A parte le suesposte considerazioni di carattere generale, sembra poi 
facilmente dimostrabile che nelle conclusioni della sentenza in rassegna 
non pu� comunque consentirsi. 
Anche a voler seguire infatti, in tema di interpretazione, i concetti 
accolti dalla Corte di Cascsazione, dovr� concludersi che la lettera dell'art. 
27 della legge ,del registro � tutt'altro che chiara e univoca. Anzi, il 
significato che immediatamente scaturisce dalla semplice lettura della norma, 
sembra essere nettamente diverso da quello accolto dalla Corte. 
Come si � detto, la legge � considera � le quote di societ� di persone 
come mobili o immobili � secondo la natura � dei beni facenti p&rte del 
patrimonio sociale. Orbene, intuitivamente e letteralmente, tale espressione 
deve intendersi nel senso che debba aversi riguardo alla � natura giuridica 
� dei beni sociali. 
Non pu� dimenticarsi infatti che la legge del registro fu emanata 
vigente il Codice del 1865 che riconosceva ben tre categorie di beni immobili: 
immobili per natura, immobili per destinazione, immobili per l'oggetto 
cui si riferiscono. (artt. 407, 408, 409, 412, 413, 414, 415). 
Ma allora, anche liinitando l'esegesi alla lettera della norma, sembra 
corretto ritenere che, riferendosi alla � natura � dei beni, il Legislatore 
abbia voluto comprendere tutti i beni che abbiano � natura giuridica � di 
immobili e non invece liinitarsi ad indicare gli immobili e per natura �. 
L'interpretazione dell'art. 27 L. R. accolta dalla Suprema Corte, quin

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1343 

Ci� posto, nessuna censura pu� essere fondatamente mossa all'impugnata 
sentenza che, disattendendo le ragioni di diritto addotte dagli 
opponenti, a sostegno del loro assunto, ha accolto l'opposizione per un 
motivo diverso da quello da essi prospettato. 

Rientrava, .infatti, nel potere di detta Corte di precisare, anche di 
ufficio, le norme di legge ed i principi giuridici applicabili al caso concreto 
(art 27, terzo comma anzich� art. 46 legge registro); fermi restando 
i fatti dedotti e la sostanziafo corrispondenza tra il chiesto ed il 
pronunciato. 

Col secondo mezzo la ricorrente, denunciando la violazione degli 
artt. 27, 46 e 47 legge registro, in.relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c. p. c. 

di, deve presupporre per la pa.-opria validit� una impropriet� di linguaggio 
del legislatore (che,. ad esempio, meglio avrebbe potuto esprimere il concetto. 
corisiderando mobili o immobili le quote. a s~conda che il patrimonio 
fosse. ;fo:rm1:tto o meri() da immobili per natura) oppure deve addirittura 
consideriilriiJ come Uni;! interp.l."eti;lzione restrittiva. Ma nell'un caso e nell'altro 
� evidente che la presupposta e riaffermata � chiarezza � della legge 
non esist.e eche, nena interpretazione della !ltessa avrebbe dovuto ricorrersi 
a tutti l criteriesegetici ivi compl'esi quello logico, quello storico e quello 
sistematico .. 

Applicando i quali, (peraltro, si sarebbe pervenuti ad una ben diversa 
conclusione. 

a) Come � n�to, l'articolo 21 del precedente testo unico delle leggi 
di registro. del 1897, considerava come beni mobili le quote di partec1pazione 
a societ� di persone, in armonia, del resto, all'art. 418 del codice del 
1865. E ci� indipendentemente dalla natura dei beni costituenti il patrimonio 
sociale. 

Questo regime, peraltro, consentiva troppo facili frodi fiscali, che venivano 
attuate mediante il trasferimento di quote di societ� fittizie con 
conseguente evasione della imposta di registro. 

La nuova legge, pertanto, ha operato una vera e propria � fictio iuris � 
imponendo di considerare le suddette quote non gi� secondo la loro stessa 
natura.giuridica di beni mobili, ma secondo quella dei beni che costituiscono 
il patrimonio della societ�. 

Ma, come si � detto, sotto il codice del 1865 vi era anche la categoria 
degli immobili per destinazione, che trovavano la loro disciplina negli 
artt. 46-47 della vigente legge del registro. 

Tali beni venivano� colpiti con l'aliquota immobiliare quando fossero 
trasferiti, unitamente o separatamente all'immobile cui erano destinati, al 
proprietario dell'immobile� stesso. � chiaro quindi che, se veramente le 
quote di cui si discute dovessero essere considerate immobili solo proporzionalmente 
al valore degli immobili per natura facenti parte del patrimonio 
sociale, sarebbe rimasta, sia pure ridotta e limitata al valore degli 
immobili per destinazione, quella possibilit� di evasione fiscale alla quale 
il legislatore volle, dichiaratamente, ovviare. Il che �, del resto, espressamente 
escluso dalla relazione alla legge di registro che testualmente si 
esprime: � per tal modo si impedisce che, sotto la forma apparente della 
cessione di quote di pail'tecipazione in societ� di persone, costituite soltanto 
fittizziamente, possa avvenire il trasferimento di beni immobili� (e 



1344 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si duole che la Corte di merito ha ritenuto talmente chiara ed inequivoca 
la lettera dell'art. 27 legge registro da escludere ogni altra forma 
di interpretazione sia sotto il profilo logico sistematico, in riferimento 
all'art. 46 stessa legge di registro, sia in riferimento ai lavori preparatori. 
In sostanza -secondo la ricorrente -l'art. 27 terzo comma, comporterebbe 
una j�ctio iuris che considerando di natura immobiliare la 
quota di partecipazione in una societ� in nome collettivo solo fino alla 
concorrenza del valore degli immobili, tenderebbe a parificare il trattamento 
fiscale a quello contemplato negli artt. 46 e 47 legge registro, n� 
vi sarebbe contrasto tra le dette disposizioni in quanto pur essendo tra 
loro diverse, sono assoggettate alla medesima disciplina. 

Anche tale censura � priva di fondamento. 

quindi -evidentemente -di tutte le categorie di beni immobili) � a favore 
di un solo socio senza il pagamento della corrispondente tassa... �. 
(Cfr., anche, JAMMARINO, Commento alla Legge sulle Imposte di Registro, 
1962, I, 140-141; UKMAR, La Legge di Registro, 1958, I, 307; BERLIRI, Le 
Leggi di Registro, 1961, 228). 

Si pu� quindi concludere con sicurezza che l'espressione usata dall'articolo 
27 L. R. � secondo la natura dei beni � deve essere letta � secondo la 
natura giuridica dei beni � e che, vigente il codice del 1865, si doveva avere 
riguardo, ai fini dell'applicazione dell'aliquota mobiliare o immobiliare alle 
quote delle societ� di persone, alla natura giuridica dei beni facenti parte 
del patrimonio sociale: natura giuridica che, ai sensi della legge civile allora 
vigente, poteva essere quella di immobili per natura, per destinazione, 
per l'oggetto cui si riferivano o, infine, quella di mobili. 

b) Le suddette conclusioni sono confermate, ove le si verifichino con 
il criterio sistematico. 

L'art. 46 L. R. sottopone i trasferimenti contestuali di mobili ed immobili 
alla aliquota immobiliare salvo che non siano stati espressamente pattuiti 
prezzi distinti e semprech� i mobili trasferiti �non siano dalla legge 
civile parificati agli immobili �. 

Ora, � chiaro, non potendosi ipotizzare, in un trasferimento di quota di 
partecipazione in una societ�, una stipulazione di prezzi separati in relazione 
al valore dei beni costituenti il patrimonio sociale, che il trasferimento 
della quota avrebbe dovuto essere colpito ai �sensi dell'art. 46, sempre 
con l'aliquota immobiliare quando il patrimonio sociale fosse costituito 
da mobili e immobili. 

A questa, che sarebbe �stata una palese ingiustizia, ha posto ximedio 
proprio l'ultimo capoverso dell'art. 27 che, considerando di natura immobiliare 
la quota sino a concorrenza del valor�e degli immobili, ha voluto parificare 
nei due casi il trattamento fiscale. 

Ma se cosi � -il che non pare dubbio -dal momento che, a sensi 
dell'art. 46, in ogni caso il trasferimento di immobili per destinazione � 
colpito con l'aliquota immobiliare, deve concludersi ancora una volta che 
tra i beni aventi natura di immobili da prendersi a base per la valutazione 
della quota, l'art. 27 abbia voluto ricomprendere anche i beni immobili 
per destinazione. 

c) Le conclusioni cui si � pervenuti sinora risolvono peraltro solo 

in parte il problema in esame. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1345 

La questione � stata risolta dalla Corte di merito in modo esatto 
e con convincente motivazione. 

La Corte di merito ha correttamente rilevato che il trasferimento 
di una quota di partecipazione in societ� commerciali, non comporta il 
trapasso, a favore del cessionario, della propriet� di una quota proporzionale 
di beni compresi nel patrimonio sociale, ma soltanto la trasmissione 
di un diritto di credito: del diritto cio� di partecipazione agli 
utili sociali ed al reparto di liquidazione relativamente a quella parte 
ideale del patrimonio della societ�, che spettava al socio cedente, per cui 
il codice del 1865 considerava beni mobili tali quote di partecipazione 
qualunque fosse la forma della societ� e la natura dei beni componenti 

Infatti, sostituito il codice del 1865 dall'attuale, � venuta meno la 
(categoria degli � 1immobili per destinazione �. Oggi il di1:'itto positivo 
riconosce soltanto gli immobili per natura e per disposizione di legge 
(art. 812 c. c.); tutti gli altri beni sono mobili. In particolare, gli immobili 
per destinazione sono considerati oggi pertinenze, che pur seguendo il 
regime della cosa principale (art. 818 c. c.) mantengono la propria natura 
di beni mobili. 

In tale situazione la d<lttrina si � posto il problema se le disposizioni 
di cui agli artt. 46-47 L. R., che avevano ad oggetto gli immobili per destinazione, 
fossero o meno applicabili alle pertinenze. Ed in materia � sorta 
accanitissima disputa sostenendosi da alcuno (RASTELLO, Le pertinenze aspetti 
civilistici e aspetti tributari, Riv. dif. fin., 1954, 354) la tesi affermativa, 
e da altri (BEBLIRI, Le Leggi di registro, cit. 237; UKMAR, La legge di 
registro, cit.. II, 234; GRIZIOTTI, Il regime delle pertinenze nel codice civile, 
Riv. dir. fin., 1953, 112) quella negativa. 

Non � questa la sede per affrontare il sia pur seducente argomento: 
baster� dire che in materia la Suprema Corte, dopo una prima pronunzia 
contraria (Cass. 27 luglio 1956, n. 2908, Riv. leg. fisc., 1956, 1588), riesaminata 
la questione a Sezione Unite, con sentenza 3 luglio 1957, n. 2599',, 
Foro it., 1957; I, 1149, ha affermato l'applicabilit� degli artt. 46-47 alle 
pertinenze, ritenendo, del tutto correttamente, che il legislatore avesse 
avutQ di mira, nell'appUcare l'aliquota maggiore, non tanto la natura dei 
beni quanto � i'I. vincolo tra i beni di diversa natura si da realizzare sul 
piano economico-giuridico, quella caratteristica unit� costituita o dalla 
destinazione a servizio di un bene (mobile) rispetto all'altro (immobile) 
oppure dalla relazione inscindibile tra i due beni ... �. A tale pronunzia si 
sono adeguate le magistrature di merito (Trib. Bologna 6 giugno 1961, 
Foro it., 1962, I, 1826; Trib. Perugia, 6 marzo 1961 �e Trib. Bologna 30 maggio 
1962, entrambe menzionate in Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 460), si 
che ;pu� dirsi che in materia, la giurisprudenza sia ormai consolidata. 

Pu� quindi, veramente, concludersi che, perdurando il vincolo pertinenziale, 
le pertinenze hanno, tributariamente, natura di immobili dei 
quali hanno lo stesso trattamento. Ma se cosi �, e non par dubbio che sia, 
dovr� concludersi che esse pertinenze dovranno come immobili essere 
considerate anche al fine della valutazione delle quote di partecipazione 
a �societ� di persone, a' sensi e per gli effetti dell'art. 27 L. R. 

A. MERCATALI 
13 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1346 

il patrimonio sociale, e il trasferimento di esse quote comportava l'unica 
aliquota relativa ai trasferimenti mobiliari (art. 21 legge registro 
1897). 

Con l'art. 27 terzo comma della legge di registro del 1923, il detto 
art. 21 � stato modificato, disponendosi che le quote di partecipazione 
nella societ� in nome collettivo o in accomandita semplice sono considerate 
mobili o immobili e secondo la natura � dei beni costituenti il 
patrimonio sociale e che se questo comprende beni mobili ed immobili, 
la quota di partecipazione, fino a concorrenza del valore degli immobili, 
si considera di natura immobiliare. 

Analizzando la formulazione di tale disposizione, la sentenza impugnata 
perviene alla deduzione, che appare pienamente accettabile, secondo 
cui nell'applicazione dell'imposta di registro sulla cessione delle 
quote sociali, il criterio da seguire � quello di distinguere la parte riguardante 
i beni mobili per natura da quella relativa agli immobili per 
natura inclusi nel :patrimonio sociale e di tassare la prima con l'aliquota 
mobiliare e la seconda con quella immobiliare. 

Tale distinzione tra beni mobili per natura e beni immobili per 
natura non pu� farsi che considerando mobili ex art. 417 c. c. del 1865 
le cose che possano essere trasportate de loco ad locum senza lederne la 
sostanza n� la forma e prescindendo dalla destinazione del proprietario; 
ed immobili a mente degli artt. 408 e 412 le cose non suscettibili di un 
tale spostamento, con esclusione degli immobili per destinazione. 

Tale interpretazione, improntata al concetto naturalistico, � fondata 
sulla lettera della legge, la quale col disporre che le quote nelle societ� 
di persone devono considerarsi mobili ed immobili, secondo la natura 
dei beni costituenti il patrimonio sociale, esclude chiaramente qualsiasi 
altra e diversa distinzione, rendendo superflua ogni altra ricerca sulla 
volont� del legislatore, cui � consentito ricorrere solo nei casi nei quali 
la lettera della legge sia dubbia. 

A torto, poi, la ricorrente sostiene che tra l'art. 27 e gli artt. 46 e 
47 della legge di registro non esista contrasto e che le dette disposizioni 
siano assoggettate alla medesima disciplina. 

L'art. 27 ha avuto, invece, lo scopo di derogare al cri.terio generale 
degli artt. 46 e 47. Mentre, infatti, queste ultime disposizioni considerano 
come unica entit� economica i beni immobili ed i beni mobili ad 
essi destinati o connessi secondo gli artt. 413 e 414 c. c. abrogato, e 
pertanto nel trasferimento, ai fini dell'accertamento del valore tassabile, 
si deve avere riguardo a tale unica entit� economica, per contro, 
la norma dell'art. 27 impone di valutare in modo diverso ed autonomo 
la cessione delle quote di partecipazione in una societ� di persone, con 
riferimento alla natura propria dei singoli beni costituenti il patrimonio 
sociale per cui in base alla disposizione in esame, non possono essere 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1347 

considerati immobili che le cose immobili per la loro stessa natura con 
esclusione di quelle equiparate per legge agli immobili. 

Consegue che la detta cessione va colpita con tassa di trasferimento 
da liquidarsi non in base agli artt. 46 e 47 ma con i criteri indicati 
dall'art. 27, che, al terzo comma, prevede per dette quote un regime 
fiscale tutto proprio e quindi con tassa di trasferimento degli immobili, 
se nell'atto siano menzionati cespiti di tale specifica natura, in proporzione 
del valore di questi, e con la tassa di trasferimento dei mobili, 
per il resto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2706 -Pres. Vistoso 
-Est. Rossi -P. M. Tavolaro (conf.) -Diocesi suburbicaria di 
Albano (avv. Tosatti) c. Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Applicabilit� 
delle norme processuali comuni -Limiti -Impugnazioni 
-Notifica al procuratore costituito -Esclusione. 

(c. p. c., art. 330; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Decisioni 
-Impugnazioni -Notifica al domicilio reale invece che 
al domicilio eletto -Validit�. 

(r. d. 11 luglio 1907, n. 1560, artt. 89, 97; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 35; 
t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 38, 228). 
Imposta di registro -Agevolazioni previste dall'art. 44 della tab. B allegata 
alla legge organica per la costruzione di edifici scolastici Applicabilit�, 
a sensi dell'art. 29 del Concordato tra la SantaSede e 
l'Italia, ad atti per fini di culto e di religione -Esclusione. 
(Concordato tra la Santa Sede e l'Italia -reso esecutivo con 1. 27 mag


gio 1929, n. 810 -, art. 29; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tab. B, art. 44).. 

Imposta di registro -Agevolazioni per atti relativi alla costruzione di 
chiese parrocchiali -Ricorrenza del presupposto della concessione 
del contributo statale per la costruzione -Necessit�. 

(1. 18 dicembre 1952, n. 2522, art. 4). 
Imposta di registro -Agevolazioni previste dalla 1. 2 luglio 1949, n. 408 Necessit� 
di esplicita dichiarazione o richiesta delle parti -Esclusione. 


(1. 2 luglio 1949, n. 408). 
Al processo tributario possono estendersi solo quelle disposizioni 
generali del diritto processuale comune che non trovino nelle norme 



1348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fiscali un'espressa deroga e che non siano con esse contrastanti o inconciliabili. 
Pertanto non � applicabile in quel processo la norma dell'articolo 
330 c. p. c., che impone la notificazione dell'impugnazione al procuratore 
costituito, poich� tale disposizione, fondata sul carattere strettamente 
tecnico e necessario della rappresentanza demandata in via 
esclusiva a professionisti espressamente abilitati, non si giustifica in un 
procedimento, quale � quello dinanzi alle commissioni tributarie, in cui 
la rappresentanza del contribuente � priva di tutti quei caratteri, non 
essendo n� obbligatoria n� riservata a soggetti tecnicamente qualificati 
(1). 

In mancanza di espressa disciplina nel r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, 
in ordine al luogo in cui deve essere effettuata la notificazione delle decisioni 
delle commissioni delle imposte, e degli atti di impugnazione, 
e pur dopo l'entrata in vigore del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, che ha 
abrogato le disposizioni del r. d. 11 luglio 1907, n. 560, ma con eccezione 
di quelle riguardanti i ricorsi alle commissioni tributarie e all'autorit� 
giudiziaria, la detta notificazione, di decisioni e di atti di impugnazione, 
� validamente eseguita, secondo il combinato disposto degli articoli 97 
ed 89 del citato r. d. n. 560, al domicilio reale del contribuente (2). 

Poich� l'art. 29 del Concordato tra la Santa Sede e l'Italia, nel disporre 
l'equiparazione dei fini di culto e di religione, agli effetti tributari, 
ai fini di beneficenza e di istruzione, fa riferimento, per quest'ultimo, 
alle scuole in genere, non pu� l'equiparazione stessa comportare 
l'estensione del beneficio della registrazione a tassa fissa, previsto dall'art. 
44 della tab. B allegata alla legge organica del registro, che � dato, 
invero, per gli atti occorrenti per la costruzione e l'adattamento non di 
qualsiasi scuola, ma soltanto di determinati edifici scolastici, ed � per


(1) La prima parte della massima aderisce alla giurisprudenza costante 
della Corte Suprema, per cui cfr. Cass. 19 :J.uglio 1965, n. 162,1, in questa 
Rassegna 1965, I, 1220; Cass. 29 gennaio 1964, n. 228, ivi, 1964, I, 364, 
con nota; la seconda parte conferma l'orientamento enunciato gi� della 
citata sentenza n. 1621 del 1965. 
(2) Poich�, nella specie, il contribuente eccepiva la null:lit� dellia 
notifica, per non essere stata ,eseguita e nel domicilio eletto per il gfodizio 
� dinanzi alle C:ommdssioni, e cio�, con riferimento all'ultima delle 
ipotesi formufate dal primo comma dell'art. 330 c. p. c., la Corte Suprema 
ha dovuto esaminare, in aderenza al principio affermato nella sentenza 
n. 1621 del 1965, e ribadito nella prima massima odierna, se, per que[ 
particolare aspetto il procedimento dinanzi al giudice speciale difettasse 
di una disciplina particolare. La risposta negativa al quesito, fondata 
sul richiamo aH'art. 97, primo comma, r. d. 11 luglio 1907, n. 560, in relazione 
all'art. 89, dello stesso decreto, appare ineccepibti.le, attesa la limitata 
efficacia dell'abrogazione di,sposta dall'art. 228 lett. b) del t. u. 29 gennaio 
1958, n. 645. � 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1349 

tanto applicabile soltanto nella ricorrenza delle specifiche ipotesi dalla 
detta norma precisate (3). 

Il beneficio fiscale, in tema di costruzione di chiese ed edifici annessi, 
previsto dall'art. 4 della l. 18 dicembre 1952, n. 2522 (che assoggetta 
gli atti da esso contemplati al regime tributario stabilito per gli atti 
dello Stato), � applicabile soltanto per gli atti occorrenti �per l'attuazione 
� della legge stessa, e cio� per gli atti che si riferiscono alle costruzioni 
previste dalla legge, che sono soltanto quelle per le quali sia 
stato concesso il contributo dello Stato (4). 

Salvo che la legge non subordini espressamente una agevolazione 
tributaria alla dichiarazione del contribuente di voler conseguire i fini 

(3) L'art. 29 lett. h) del Concordato, reso esecutivo con la legge 27 
maggio 1929, n. 810, equipara, a tuttti gli effetti tributari, il fine di culto 
o di religi:one al fine di beneficenza o di istruzione. La norma deve essere 
intesa nel senso che ogni eventuale particolare trattamento tributario accordato 
al secondo si estende automaticamente aJ. primo. 
Tuttavia l'estensione � subordinata al fatto che l'agevolazione tributaria 
si riferisca, in via generale, al fine di beneficenza o di istruzione, 
quale che sia concretamente il mezzo a tale scopo impiegato, restando, 
per converso, esclusa, quando, come nella fattispecie disciplinata dall'art. 44 
tabella all. B alla legge di registro, l'esenzione riguardi ipotesi particolari. 
In tal caso il legislatore non ha i:nteso agevolare i!l fine di istruzione generalmente 
inteso, ma un particolare aspetto di esso. 

L'equiparazione di cui a11.'art. 29 lett. h), presupponendo l'omogenei.t� 
dei termini di riferimento, non ricorre in tema di costruzione di chiese 
parrocchiali, perch� al generale fine di culto, cui tale costruzione soddisfa, 
non corxisponde un fine di tistruzione altrettanto generale: la limitazione 
del beneficio alla sola costruzione di scuole elementari, giardini ed asili 
di infanzia, rivela infatti che la norma ha inteso agevolare solo alcune 
forme di istruzione. Non solo, ma deve 1anche aggiungersi che l'ordinamento 
vigente non accorda, in linea di generale principio, al fine di 
istruzione un trattamento tr~butario di favore, avendo il legislatore preferito 
disciplinare in relazione a singoli casi o gruppi di casi il regime fiscale 
sia degli enti operanti nel settore dell'istruzione, sia della attivit� relativa. 

Risulta d'rultronde che quando la legge ha tinteso agevolare un determinato 
fine, lo ha dichiarato esplicitamente, come, ad esempio, in materia 
di <imposta di successione, all'art. 11 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, 
dove, appunto, l'aliquota di favore � accordata in vista dello scopo di 
beneficenza, assistenza, tistruzione, mutuo soccorso ecc. 

(4) La �l. 18 dicembre 1952, n. 2522 autorizzava (art. 1) il Mimstero 
dei Lavori Pubblici a concedere agli ordinari diocesani un contributo per 
l'acquisto di aree e per la edificazione del rustico aJilo scopo di agevolare 
la costruzione di nuove chiese. Detta legge, dopo 1aver disciplinato (art. 2) 
il procedimento per la concessione del contributo, stabiliva (art. 4) che 
gli atti e i contratti occorrenti per la sua attuazione sarebbero stati soggetti 
al trattamento fiscale previsto per gU atti stipulati dal!lo Stato. Chiara 
risultando dal tenore della norma la finalit� dell'agevolazione, la Corte 
non ha avuto difficolt� ad escludere l'estensione ad acquisti di aree per '1e 
quali, pur prevedendosene dai.l'acquirente la destinazione alla costruzione 
I 

I 

I 

I ' 


1350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in vista dei quali l'agevolazione � concessa, i benefici fiscali competono 
anche se iZ contribuente non dichiari di volerne usufruire; pertanto, 
poich� Za Z. 2 Zuglio 1949, n. 408 non richiede quella dichiarazione, i relativi 
benefici sono applicabili anche se neZZ'atto non siano espressamente 
invocati (5). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso si denuncia la violazione 
degli artt. 35 e 41 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, sulla costituzione 
e il funzionamento delle Commissioni amministrative per le imposte, 
101 e 330 c. p. c., in relazione all'art. 360 n. 3 stesso codice, e si 
censura la sentenza denunciata per non avere considerato che, pur 
avendo, in occasione del giudizio davanti alla Commissione provinciale, 
il cardinale Pizzardo eletto domicilio presso il notaio Cinque in Roma, 
l'appello dell'Ufficio del Registro alla Commissione centrale era stato 
notificato direttamente nella sede dell'Episcopio, mediante atto 16 novembre 
1960, contenente anche il dispositivo della decisione impugnata; 
che il contribuente non si era costituito e la notificazione non era stata 
rinnovata. 

La dedotta violazione di legge -sul presupposto della quale la 
Diocesi ricorrente deduce la nullit� del gravame proposto dall'Ufficio 
alla Commissione Centrale, e quindi di tutto il procedimento davanti 
alla Commissione stessa, sul duplice riflesso che la decisione impugnata 
non � stata notificata validamente nel termine di sessanta giorni stabi


di nuove chiese parrocchiali, non si era ritenuto di chiedere il contributo, 

o questo non era stato concesso. 
Tale omissione impedisce appunto di considerare �l'atto come diretto 
all'attuazione della legge, posto che questa, correlativamente al concorso 
finanziario dello Stato, riserva alle Amministrazioni dell'Interno e dei 
Lavori pubbUci un controllo di merito sul progetto, e quindi anche sulla 
area prescelta. 

(5) Le norme agevolatrici precisano, di solito, i presupposti e le 
condizioni in presenza dei quali il beneficio fiscale pu� essere concesso, 
e la giurisprudenza della Corte suprema non ha sottovalutato la natura 
cogente delle disposizioni che, in alcuni casi, esigono contestuali dichiara~
ioni delle parti. La sentenza annotata esattamente ricorda in proposito il 
d. 1. 1. 7 giugno 1945, n. 322 dove, alil.'aTt. 6, si subordina il conseguimento 
dell'agevolazione ad una specifica d!ichiarazione degli stipulanti. 
Peraltro, secondo l'orientamento ormai consolidato dalla stessa Corte, 
laddove la legge taccia in proposito, il beneficio fiscale, ricorrendone le 
condizioni, deve essere accordato anche �se non esplicitamente invocato 
nell'atto dalle parti. Ci� � stato ritenuto non solo a proposito delle agevolazioni 
previste dalla 1. 2 .J.ugilio 1949, n. 408 (Cass. 8 febbraio 1963, n. 233, 
Riv. Zeg. fisc., 1963, 1122 citata in sentenza), ma anche in relazione a quelle 
di cui alla 1. 3 agosto 1949, n. 589 (Cass. 12 marzo 1965, n. 416, in questa 
Rassegna 1965, I, 781). 

R. SEMBIANTE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1351 

lito dal decreto n. 1516 del 1937, pena, in difetto, la decadenza dell'ufficio 
dal diritto d'appello, e che la mancata rituale notificazione del gravame 
ha precluso la possibilit� di un valido giudizio -non sussiste. 

Secondo l'art. 330 c. p. c., le impugnazioni devono essere notificate 
al domicilio eletto per il giudizio, e, a norma della disposizione di carattere 
generale dell'art. 160 stesso codice, la notificazione � nulla se non 
sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere 
consegnata la copia. 

Senonch�, al processo tributario .possono estendersi solo quelle disposizioni 
generali del diritto processuale comune che non trovino nelle 
norme fiscali un'espressa deroga e che non siano con esse contrastanti 

o inconciliabili, e gi� � stato chiarito (Cass. 19 luglio 1965, n. 1621) 
come nel procedimento davanti alle Commissioni tributarie non sia applicabile 
la norma dell'art. 330 c. p. c., che impone la notificazione dell'impugnazione 
al procuratore costituito. Tale disposizione, fondata sul 
carattere strettamente tecnico e necessario della rappresentanza demandata 
in via esclusiva a professionisti espressamente abilitati, non si 
giustifica, infatti, in un procedimento, qual'� quello amministrativo, in 
cui la rappresentanza del contribuente � priva di tutti quei caratteri, 
non essendo n� obbligatoria n� riservata a soggetti tecnicamente qualificati. 
Quanto, poi, alla legge fiscale, poich� l'art. 35 del citato decreto 

n. 1516 del 1937, in materia di procedimento davanti alle commissioni 
amministrative, si � limitato a disporre che � le decisioni delle Commissioni 
distrettuali devono essere notificate, a cura dell'Ufficio, entro sessanta 
giorni dalla data di ricevimento � da parte dell'Ufficio delle imposte 
o del registro, senza specificare il luogo in cui dovesse farsi la 
notificazione, in materia sono rimaste in vigore le disposizioni del regolamento 
per l'applicazione dell'imposta sui redditi di ricchezza mobile 
11 luglio 1907, n. 560, le quali riconoscono (art. 97, primo comma, in 
relazione all'art. 89) la validit� della notificazione al domicilio reale 
del contribuente. 
N� la validit� di siffatta notificazione pu� contestarsi sul riflesso 
che l'art. 38 del nuovo testo unico sulle imposte dirette 29 gennaio 1958, 

n. 645, dispone che � la notificazione dell'avviso e degli altri atti, che la 
legge dispone siano notificati al contribuente, � eseguita secondo le 
norme stabilite dagli artt. 137 e seguenti c. p. c., con le modifiche seguenti: 
... d) � in facolt� del contribuente di eleggere domicilio presso 
una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale 
per la notificazione degli avvisi e degli atti che lo riguardano... �. 
Il successivo art. 228, lett. b), nell'includere tra le disposizioni abrogate 
il r. d. 11 luglio 1907, n. 560, fa, infatti, salve le disposizioni di tale 
decreto �riguardanti i ricorsi alle Commissioni tributarie e all'autorit� 
giudiziaria �, onde, essendosi voluto con il nuovo t. u. far salva tutta 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1352 

la materia processuale, da regolarsi con l'apposita legge sul contenzioso 
tributario, il combinato disposto degli artt. 89 e 97, in materia di notificazioni, 
� rimasto in vigore. 

Pure infondati sono il terzo e il quarto motivo, che, in ordine logico, 
vengono presi in esame prima del secondo motivo del ricorso. 

Con il terzo motivo si deducono, ai sensi dell'art. 360, n. 3 e 5 c. p. c., 
violazione degli artt. 29 lettera h) del Concordato tra la Santa Sede e 
l'Italia, e 44 della tabella allegato B alla legge del registro, nonch� 
omessa motivazione sull'applicabilit� di dette norme di legge. 

Si sostiene che, a norma del citato art. 29 lettera h), il fine di culto 

o di religione � equiparato a tutti gli effetti tributari ai fini di beneficenza 
e d'istruzione; che, per l'art. 44, sono esenti da imposte gli atti 
e contratti relativi all'acquisto di aree da destinare a edifici scolastici, 
e che, pertanto, in base al combinato disposto delle due norme, nessuna 
imposta di registro era dovuta per gli acquisti immobiliari in questione. 
La tesi contrasta con il tenore delle disposizioni invocate. L'art. 29 
del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia, reso esecutivo con la legge 
27 maggio 1929, n. 810, alla lett. h) dispone: � Ferme restando le agevolazioni 
tributarie gi� stabilite a favore degli enti ecclesiastici dalle leggi 
italiane fin qui vigenti, il fine di culto o �di religione �, a tutti gli effetti 
tributari, equiparato ai fini di beneficenza e d'istruzione �. 

La tabella degli atti da registrarsi con riduzione di tassa o per i 
quali la tassa ha una speciale struttura (allegato B alla legge del registro) 
prevede, all'art. 44, come soggetti a tassa fissa, � atti e contratti 
relativi all'acquisto delle aree e alla costruzione, all'adattamento, all'arredamento 
e al restauro degli edifici scolastici per le scuole elementari 
e pei giardini ed asili d'infanzia, e quelli per la costruzione di 
nuovi edifici destinati alle scuole normali e per l'adattamento, l'arredamento, 
il restauro e l'ampliamento degli edifici esistenti �� 

Ora, mentre il Concordato fa riferimento, con la generica equipa


razione del fine di culto e di religione a quello di beneficenza e d'istru


zione, alle scuole in genere, l'art. 44 della tabella prevede la registra


zione a tassa fissa, non per la costruzione, l'adattamento, ecc ... di qual


siasi scuola, ma solo di determinati edifici scolastici ( � scuole elemen


tari, giardini e asili d'infanzia �), e, pertanto, non ricorrendo nel caso 

concreto alcuna delle ipotesi indicate dalla tabella, il beneficio da que


sta previsto non pu� trovare applicazione. 

Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell'art. 360, n. 3 c. p. c., 
violazione dell'art. 4 della legge 18 dicembre 1952, n. 2522, e degli articoli 
17 e 94 della legge sull'imposta di registro, e si censura la sentenza 
denunciata per avere ritenuto che l'applicazione del regime fiscale 
previsto per i contratti stipulati dallo Stato agli acquisti immobiliari 
per cui � lite avrebbe importato il trasferimento dell'onere tributario 
a carico del venditore, senza considerare che, ai sensi dell'art. 94 della 


PARTE I, SEZ. V, GIURISl''.RUDENZA TRIBUTARIA 1353 

legge del registro, negli atti stipulati tra Stato e privati le tasse sono 
a carico dell'acquirente, e. che, quindi,� quando lo Stato � acquirente, 
come nella specie era la Diocesi,��1'onere.� della� registrazione resta� a suo 
carico; ma che, dal momento che lo Stato registra gratuitamente, del 
pari gratuita avrebbe dovuta essere la registrazione � de qua .. � 

Ma dal fatto che, a norma dell'art. �94 della legge del registro, nelle 
alienazioni mobiliari e immobiliari stipulate fra lo Stato e i privati le 
tasse sono a carico del compratore non derlva, come vorrebbe la ricorrente, 
l!applicabilit� alla �.specie del bene:flcfo previsto �dall'art. 4� della 
legge n~ ~522 del 1952, i:n base an'art; � 17 �secondo comma�� della legge 
del registro e ai principi sullo � ius superveniens �. 

���:E invei'Ot l'art; 4primocomma della 1. n. �2522 assoggetta al trattamentod�scal(! 
stabilito per gli atti stipulati dall� Stato gli atti e i c01itratti 
,. occo:i:tenti �per l'attuazione della presente legge n<>nch� gli atti 
di cessione del contributo dello Stato :.; 
.Quindi, poieh� la. J.egge prevede il concorso dello Stato nella costruzione.. 
di nu-0ve chiese;� sotto�� forma. di. un �contributo per l'acquisto dell'area 
e. per la costruzione del rtistico degli edifici, �il beneficio fiscale 
� per l'attuazione della legge � opera s�lo nell'ipotesi, la sussistenza 
della quale non � stata dedotta nel caso concreto, di concessione del 
contributo statale. 

Meritevole di accoglimento �, invece, U secondo motivo del ricorso, 
con il quale si deduce la violazione dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, 

n. 408, per l'incremento delle costruzioni edilizie, e dell'art. 115 c. p. c., 
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, stesso codice, e si censura la sentenza 
denunciata per avere affermato�"""'."" con un travisamento di fatto che si 
ri~o1verebbe ne:Ua maincata consi<ierazione di un elemento, che, se valutato, 
avrebbe portato a diversa soluzione .....,... che i benefici�. fiscali �della 
menzionata legge non erano stati richiesti, mentre il contrario risulterebbe 
dalla premessa di fatto di ciascuno <ieeli attL di trasferimento. 
Il ra1Pc:>n11:rnento che ha indotto la Commissione centrale a giudicare 
erroneamente applicate all'atto Cinque del 22 giugno 1953 le disposizioni 
della 1. 2 luglio 1949, n. 408 -senza esaminare se ricorressero o 
meno le condizioni per la applicazione di tale legge -parte dalla premessa 
che un attO pu� beneficiare di un'agevolazione tributaria solo se 
le parti stipulanti ne facciano richiesta, dichiarando nel� medesimo che 
esso � diretto a perseguire la fi!J!lalit� in relazione alla quale il beneficio 
� stato accordat<>. 

Senonch�, come questa Suprema Corte ha gi� avuto occasione di 
chiarire: (sentenza 8 febbraio 1963, n. 233), la predetta dichiarazione � 
condizione� imprescindibile per usufruire di un beneficio fiscale sofo 
qualora sia espressamente richiesta dalla legge, con la conseguenza che, 
prescrivendo la ilegge solo in alcuni casi tale enunciazione (come, appunto 
in materia di agevolazioni tributarie per la ricostruzione edilizia, 



1354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fa il d. 1. 1. 7 giugno 1945, in. 322, subordinando, nell'art. 6, il conseguimento 
delle agevolazioni, relative alla ricostruzione di fabbricati distrutti 
o danneggiati dalla guerra, alla contestuale dichiarazione, in 
ogni singolo atto, che esso � stato stipulato ai fini dello stesso decreto), 

si deve ritenere che, in mancanza di una volont� espressa di legge, la 
dichiarazione non sia condizione per usufruire del beneficio fiscale. 
Ora, poich� la dichiarazione in parola non � richiesta dalla 1. n. 408 
del 1949, l'indagine sull'applicabilit� di questa legge al rogito Cinque 
del 1953 non era preclusa del fatto che i benefici concessi con tale Jegge 
fossero stati invocati solo nei precedenti atti di acquisto del 1950, e non 
anche in tale rogito. 
La decisione denunciata deve essere, pertanto, cassata in relazione 
al motivo accolto, e la Commissione centrale, cui, per il compimento 
di tale indagine, la causa viene rinviata, si uniformer�, decidendola, al 
seguente principio di diritto: � Salvo che la legge non subordini espressamente 
un'agevolazione tributaria alla dichiarazione del contribuente 
di voler conseguire i fini in vista dei quali l'agevolazione � concessa, i 
benefici fiscali competono anche se il contribuente non dichiari di volerne 
usufruire. Pertanto, poich� la il. 2 luglio 1949, n. 408 non richiede 
la dichiarazione che l'atto sia diretto a perseguire le finalit� in relazione 
alle quali sono concessi i benefici previsti dalla legge stessa, tali benefici 
sono applicabili anche se nell'atto non siano espressamente invocati 
�. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2713 -Pres. Pece Est. 
Roperti -P. M. Cutrupia (conf.) -Comune di Pieve Ligure 
(avv. Ukmar) c. Ministero Finanze (avv. Stato Carafa). 
Imposta di registro -Accessioni -Presunzione di trasferimento Prova 
contraria richiesta dall'art. 47 della legge organica -Tassativit� 
-Equipollenti di tale prova -Esclusione. 
(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). 
Imposta di registro -Presunzione di trasferimenti ai sensi dell'art. 47 
della legge organica Deroga 
disposta con l'articolo unico della 
legge 24 gennaio 1962, n. 23 -Carattere Limiti. 
(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47; I. 24 gennaio 1962, n. 23). 
Mentre in diritto comune per impedire che il proprietario del suolo 
acquisti ipso iure per accessione la propriet� deZZa costruzione da altri 
eretta sul suo suolo � necessario e sufficiente che la concessione ad aedificandum 
risulti da atto scritto anteriore azza costruzione, per la legge 
di registro occorre un'altra condizione: che, cio�, l'atto scritto abbia 
. ,., 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1355 

acquistato data certa anteriore col mezzo della registrazione senza che 
siano ammessi equipollenti a tale formaiit� (1). 

L'articolo unico della l. 24 gennaio 1962, n. 23, � innovativo e non 
integrativo dell'art. 47 della legge di registro, e la disposizione in esso 
contenuta costituisce una tipica norma eccezionale, diretta a sanare, in 
via meramente temporanea, alcune situazioni particolari; donde la conseguenza 
della sua inapplicabilit� a casi diversi da quelli tegislativamente 
previsti (2). 

(Omissis). -Col secondo mezzo il ricorrente, sotto il profilo della 
violazione e falsa applicazione dell'art. 47, primo e secondo comma della 
legge del registro, sostiene che la Corte di merito abbia errato nell'affermare 
che solo gli atti, che hanno acquistato data certa con il mezzo 
della registrazione, valgano a superare la presunzione del citato art. 47, 
laddove, data la natura pubblica dei compromessi, la detta presunzione 
doveva ritenersi superata anche in difetto di registrazione dei medesimi, 
per avere essi data certa per il fatto che erano stati stipulati con 
l'intervento del segretario comunale. 

Anche tale censura � priva di fondamento. Mentre, infatti, per diritto 
comune, per impedire che il proprietario del suolo acquisti ipso 
iure per accessione la propriet� della costruzione da altri eretta sul suo 
suolo � necessario e sufficiente che la concessione ad aedifi,candum risulti 
da atto scritto anteriore alla costruzione, per la legge di registro occorre 
un'altra condizione: cio� che l'atto scritto abbia acquistato data certa 
anteriore col mezzo della registrazione senza che siano ammessi equipollenti 
a tale formalit�. 

(1) Giurisprudenza costante; cfr. Cass. 18 dicembre 1964, n. 2902, in 
questa Rassegna, 1964, I, 1155 e sentenz�e ivi �Citate. La decisione annotata 
ha il pregio di aver definito con chiarezza il rapporto fra gli articoli 3 e 
47 della 1legge organica del registro, riconoscendo fil carattere di eccezionalit� 
del secondo, giustificato dallo scopo di evitaire trasferimenti di immobili 
in frode alla legge fiscale. La nO'lma in esame estende, infatti, agli atti 
pubiblici, nei confronti della Finanz�a ed in relazione aU.e ipotesi ivi considerate, 
fil principio, sancito dall'art. 3 per le scritture private, secondo cui 
la registrazione oltre ad accertare � la legale esistenza degli atti �, !imprime 
certezza alla data nei confronti dei terzi in genere. Per il regime fiscale 
delle accessioni in relazione a trasferimenti a titolo gratuito, cfr. Cass. 16 
dicembre 1966, n. 2946, ultra, 1363, con nota cui si rinvia. 
(2) Il carattere �innovativo, temporaneo ed ogetti.vamente limitato> 
dell'articolo unico della 1. 24 gennaio 1962, n. 23, � stato affermato dalla 
Cassazione fin dalla sentenza 18 dicembre 1964, n. 2902, citata nella nota 
che precede. Che, in particolare, iLa sanatoria disposta dalla [egge eccezionale 
per la vendita da parte del Comune non potesse estendersi agli acquisti 
dei medesimi, era gi� stato riconosciuto dal Tribunale di Bologna, 
,con sentenza 14 giugno 1963, n. 504, in questa Rassegna, 1964, I, 180. 
R. SEMBIANTE 

1356 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sicch�, a differenza del diritto comune, nel quale l'atto pubblico 
fa fede della data sino a querela di falso e la scrittura privata acquista 
data certa in uno dei modi previsti dall'art. 2704 c. c., per la legge tributaria 
la data certa degli atti che vi sono soggetti in termine fisso (fra 
i quali gli atti pubblici) � fornita soltanto dalla registrazione. 

Quindi, neanche l'atto pubblico, se non registrato, � sufficiente a 
vincere la presunzione di trasferimento dell'opera insieme col suolo, 
prevista dalla norma di cui all'art. 47 della legge di registro, la quale, 
oltre a costituire un elemento di salvaguardia del fisco nei confronti di 
possibili evasori, riveste anche carattere di ulteriore sanzione per l'omessa 
tempestiva registrazione dell'atto di trapasso del diritto di sup~rficie. 

Non giova il richiamo a,ll'art. 3 della legge del registro, col quale 
� espressamente stabilito che la registrazione, pur accertando la esistenza 
di tutti gli atti in genere, tuttavia conferisce la certezza della data 
soltanto a1Jle scritture private. Rispetto a tale norma, quella di cui 
all'art. 47 si presenta con carattere di eccezionalit� ed ha una sua specifica 
funzione consistente nell'evitare trasferimenti di immobili in frode 
alla legge fiscale. Ed in forza di tale natura eccezionale, la certezza della 
data di un atto, per i fini previsti da detta norma, non esiste se non in 
funzione della sua registrazione. 

Di conseguenza, il richiamo all'art. 3 non influisce sulla portata 
autonoma dell'art. 47, il cui tenore non lascia dubbi sulla limitazione 
dei mezzi di prova atti a dimostrare la separata propriet� dell'edificio 
e del suolo. 

Pertanto, i due compromessi, pur essendo atti pubblici siccome rogati 
dal segretario comunale, dovevano essere registrati, acquistando 
solo cosi la certezza della data. 

Col terzo ed ultimo mezzo il ricorrente rimprovera alla Corte la 
mancata applicazione, nei suoi confronti della 1. 24 gennaio 1962, n. 23, 
sostenendo che quanto meno mediante una interpretazione estensiva, 
il contratto di appalto stipulato da esso Comune per la costruzione dell'edificio, 
avrebbe potuto essere ritenuto idoneo a vincere la presunzione 
fissata dalla legge di registro. 

In sostanza, secondo il ricorrente, avendo il legislatore con la legge 
suddetta indicato e i contratti di appalto stipulati dagli istituti autonomi 
per le case popolari per la costruzione su terreni successivamente acquistati 
� come mezzi idonei a vincere la presunzione di accessione dell'art. 
47, il Comune, in materia di edilizia popolare, avrebbe dovuto essere 
considerato alla stregua dell'istituto autonomo, e come tale beneficiare 
della disposizione stessa. 

A confutazione di detta tesi � per� appena necessario obiettare che 
l'articolo unico della legge in esame � innovativo e non integrativo dell'art. 
47 della legge del registro, e che, anzi, come questa Suprema 
Corte ha avuto occasione di affermare (sent. n. 2902 del 1964) la dispo



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1357 

sizione costituisce una tipica norma eccezionale diretta a sanare, in via 
meramente temporanea, alcune situazioni particolari. Donde la conseguenza 
che non pu� applicarsi a casi diversi da quelli legislativamente 
previsti. 

Correttamente pertanto la Corte di merito ha escluso la riferibilit� 
della norma ai contratti di appalto stipulati dal Comune di Pieve Ligure, 
dato l'inequivocabile riferimento fatto dalla legge a quegli enti, bene 
individuati, che sono gli istituti autonomi per le case popolari. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1966, n. 2749 -Pres. 
Rossano -Est. Arienzo -P. M. Colonnese (conf.) -Pel� (avv. Bonsembiante, 
Liuzzi) c. Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). 

Imposta di registro -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte 
per decadenza del contribuente dai benefici -Normativa 
anteriore alle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 -Termini 
prescrizionali previsti dalla legge organica del registro -Inapplicabilit� 
-Prescrizione ordinaria decennale -Applicabilit�. 

(c. c., art. 2946; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 136, 137, 138; 1. 2 febbraio 
1960, n . .35, art. 4; l. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 2). 
L'azione dell'Amministrazione per il recupero delle ordinarie imposte, 
dovute per decadenza da benefici, non � inquadrabile in alcuna 
delle ipotesi per le quali gli artt. 136, 137 e 138 della legge organica 
del registro prevedono particolari termini di prescrizione, e pertanto 
-secondo la normativa anteriore all'entrata in vigore delle leggi n. 35 
del 1960 e n. 1493 del 1962, le quali hanno carattere innovativo -deve 
in materia ritenersi l'applicabilit� dell'ordinaria prescrizione decennale, 
ai sensi dell'art. 2946 c. c., con decorrenza dalla data dell'avveratasi 
decadenza (1). 

(Omissis). -La censura fondatamente denuncia l'errore della Corte 
del merito nel ritenere applicabile l'art. 137 della legge del registro; 
tuttavia deve essere respinta con la correzione della motivazione della 
sentenza essendo il dispositivo conforme al diritto (art. 384 c. p. c.). 

(1) Il lineare indirizzo gi� segnato, nella soggetta materia, da Cass. 11 
luglio 1966, n. 1826 (retro, 939), viene �cosi a consolidarsi. L'odierna pronuncia, 
inoltre, pi� esplicitamente sottolinea il cal'attere innovativo delle 
disposizioni delle legge n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962; cosa che dalla 
prima sentenza, come si rilevava in nota (Zoe. cit.), poteva per� gi� chiaramente 
desumersi. 

1358 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La sentenza impugnata, invero, dopo aver rilevato che la legge 

n. 408 del 1949 non contiene alcuna norma sulla prescrizione del diritto 
della Finanza di pretendere l'imposta ordinaria di registro nel caso di 
decadenza dai benefici fiscali in essa previsti, ha ritenuto che non poteva 
:invocarsi n� l'art. 4 della legge n. 35 del 1960, non avendo efficacia 
retroattiva la norma che introduce il termine di prescrizione di cinque 
anni per il recupero dell'imposta ordinaria per effetto della decadenza 
dalle agevolazioni fiscali in materia di edilizia, n� l'art. 136 della legge 
del registro, essendo il credito tributario sorto in un momento successivo 
a quello della registrazione, dal quale comincia a decorrere il termine 
triennale di prescrizione dell'azione della Finanza. 
Dopo queste esatte premesse, la sentenza impugnata ha affermato 
che l'art. 137, citato, in virt� del quale la prescrizione triennale per la 
richiesta della tassa graduale, proporzionale o progressiva sui trasferimenti 
decorre dalla data dela denuncia che fa carico al contribuente, 
era applicabile al caso concreto, come regola valida per tutte le ipotesi 
in cui l'evento determinatore del credito di imposta si verifichi successivamente 
alla registrazione, con decorrenza della prescrizione dal 
giorno di conoscenza dell'evento da parte dell'Amministrazione. E, 
quindi, ha concluso che nella fattispecie non vi era stata denuncia del 
fatto che comportava la decadenza dal beneficio e che l'Amministrazione 
non aveva avuto conoscenza non potendosi dedurla dall'atto 
2 giugno 1958, di rivendita di parte dell'area, che non specificava la 
provenienza del bene. 

Invero, l'azione della Finanza per il pagamento dell'imposta di 
registro, dovuta dal Pel� nella misura ordinaria per essere decaduto 
dalle agevolazioni tributarie concernenti la ricostruzione edilizia, non 
si identifica con nessuna di quelle per le quali la legge di registro ha 
stabilito il termine di prescrizione triennale. Non con quella diretta ad 
ottenere il pagamento di un supplemento di tassa (art. 136 cit.) perch�, 
pur intendendosi questa espressione in senso lato, si da comprendervi 
l'imposta suppletiva e quella complementare, non pu� farsi rientrare 
in essa anche l'imposta dovuta per effetto di decadenza da benefici 
fiscali. Infatti, mentre il diritto della Finanza a percepire l'imposta 
suppletiva e quella complementare alla data della registrazione dell'atto 
esiste, ma non pu� essere fatto valere per mancanza o insufficienza di 
elementi di accertamento o per errore in cui � incorso l'ufficio del 
registro nella liquidazione dell'imposta, invece, il diritto al pagamento 
dell'imposta, nel caso di decadenza dai benefici fiscali, non esiste alla 
data della registrazione dell'atto bensi sorge successivamente a seguito 
del verificarsi della decadenza. Non pu�, quindi, l'ipotesi in esame 
inquadrarsi nell'art. 136 cit., il quale prevede azioni che trovano fondamento 
nella situazione esistente al momento della registrazione e 
non pure quelle che si fondano su situazioni sopravvenute. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1359 

N� l'azione proposta dalla Finanza, come ha dedotto il ricorrente, 
pu� farsi rientrare tra quelle dell'art. 137 della legge di registro. Tale 
norma,in fatti, si riferisce ad azioni dirette ad ottenere il pagamento 
di imposte su atti e trasferimenti vincolati a condizione sospensiva o 
per prezzo non determinato, tra i quali non rientra quello stipulato dal 
Pel�, ovvero ad azioni dirette ad ottenere il pagamento di imposte su 
atti di natura del tutto diversa da quelli di compravendita, e prevede, 
inoltre, un obbligo di denuncia a carico del contribuente, che non pu� 
essere esteso, in via analogica, fuori dei casi previsti. 

Infine, l'azione della Finanza non pu� neppure rientrare tra quelle 
per le quali l'art. 138 della legge di registro stabilisce la prescrizione 
ventennale, riguardando tali azioni il pagamento di tasse o soprattasse 
dovute per atti � non registrati �. 

La non applicabilit� all'azione della Finanza, per il recupero dei 
tributi dovuti nella misura ordinaria a seguito della decadenza dai benefici 
concessi in materia di edilizia, del termine di prescrizione previsto 
nella legge di registro, trova conferma nella circostanza che il legislatore, 
con le leggi 2 febbraio 1960, n. 35 e 6 ottobre 1962, n. 1493, ha 
fissato prima in cinque, e, poi, in sette anni, il termine di prescrizione 
dell'azione della Finanza per ottenere il pagamento dei detti tributi, 
introducendo, con la seconda legge, anche l'obbligo della denuncia del 
verificarsi delle condizioni richieste per la conferma dei benefici. Tali 
norme colmano la lacuna verificatasi nella legislazione tributaria a seguito 
dell'entrata in vigore, nel settore dell'edilizia, delle agevolazioni 
fiscali sottoposte a decadenza per il mancato adempimento, da parte dei 
contribuenti, degli oneri previsti a loro carico. Ed il loro carattere innovativo 
si deduce, oltre che dal pi� lungo termine di prescrizione introdotto, 
anche dalla previsione dell'obbligo giuridico a carico del contribuente 
di denunciare, entro sei mesi, l'avveramento delle condizioni 
richieste per il conseguimento delle agevolazioni tributarie. 

In conseguenza, poich�, la legge di registro non prevede la prescrizione 
applicabile all'azione in esame, n� questa pu� essere riportata 
nella disciplina delle leggi n. 3�5 del 1960 e n. 1493 del 1962, che successivamente 
ex novo hanno regolato la materia, si deve far ricorso 
alla norma generale dell'art. 2946 cod. civ., che prevede il termine decennale 
di prescrizione dei diritti, ed � applicabile, come principio 
generale, anche in materia tributaria, allorch� le leggi particolari della 
materia non dispongano diversamente. 

Si deve, pertanto, affermare che, prima dell'entrata in vigore delle 
leggi 2 febbraio 1960, n. 35' e 6 ottobre 1962, n. 1493, l'azione della 
Finanza per il pagamento delle imposte di registro dovute nella misura 
ordinaria per effetto della decadenza dalle agevolazioni tributarie concesse 
nel settore dell'edilizia, si prescrive con il decorso di dieci anni 
dalla data in cui si verific� la decadenza. -(Omissis). 



1360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 dicembre 1966, n. 2939 -Pres. 
Flore -Est. Giannattasio -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Del Greco) c. Molinari-Zei (avv. Ludovisi). 

Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Imposta suppletiva 
-Azione giudiziaria non preceduta da ricorso in via amministrativa 
-Condanna dell'Amministrazione soccombente alle 
spese -Ammissibilit� -Condizioni. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148). 
La disposizione deU'art. 148 delta legge del registro, secondo La 
quale l'Amministrazione soccombente va esente dall'onere delle spese 
di lite quando l'azione giudiziaria non sia stata preceduta da ricorso in 
via amministrativa o sia s.tata promossa prima della scadenza del termine 
di novanta giorni dalla proposizione del ricorso stesso, deve ritenersi 
osservata, sicch� si rendono applicabili le norme comuni per iZ 
regolamento delle spese, allorquando, in materia di imposte suppletive 
di registro, l'autoritd giudiziaria sia adita immediatamente, senza il 
preventivo esperimento dei rimedi amministrativi, ma la causa sia poirtata 
in decisione dopo la scadenza del termine di novanta giorni dalla 
sua instaurazione, senza che, nel termine stesso, l'Amministrazione abbia 
adottato un provvedimento confoirme a giustizia (1). 

(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 148 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 
e nega che in caso di opposizione giudiziaria ad ingiunzione per il 
pagamento di imposta di registro, promossa senza la previa presentazione 
del ricorso in via amministrativa, e decisa dopo trascorsi novanta 
giorni dalla notifica dell'ingiunzione, possa in alcun caso derivare condanna 
dell'amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di lite. 
A tale soluzione sarebbe di ostacolo la lettera dell'art. 148 gi� citato, 
il cui chiaro significato precluderebbe l'indagine sulla ratio della norma: 

(1) Sul punto dell'ammissibilit� della condanna dell'Amministrazione 
soccombente al pagamento delle spese di lite, pur in mancanza di previo 
ricorso amministrativo, quando la causa sia portata in decisione dopo il 
termine di novanta giorni dalla sua instaurazione, senza che nel termine 
stesso l'Amministrazione abbia adottato un provvedimento conforme a giustizia, 
l'odierna pronuncia conferma un indirizzo che gi� si era venuto 
consolidando (v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 376). 
La pronuncia stessa, peraltro, resa dalle Sezioni Unite, merita parti.colare 
segnalazione, in quanto considera, � vero, in senso generale, lo scopo 
della disposizione dell'art. 148 della legge del registro, osservando che esso 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1361 

avendo il legislatore concesso al contribuente il mezzo per ottenere il 
riconoscimento delle sue ragioni, senza costringerlo alle spese di lite, 
ricorrendo alle commissioni tributarie, se egli non si avvale di tale 
mezzo, e preferisce ricorrere direttamente all'autorit� giudiziaria, non 
potrebbe pretendere il rimborso di quelle spese. 

La censura � infondata. A norma dell'art. 148 della legge di registro, 
l'amministrazione finanziaria non pu� essere condannata al pagamento 
delle spese di lite quando l'azione giudiziaria sia promossa senza 
previo ricorso in via amministrativa o prima di novanta giorni dalla 
presentazione di esso. La proposizione immediata dell'azione giudiziaria 
pu� sembrare che porti, in ogni caso, l'irrepetibilit� delle spese di lite, 
se ci si ferma al significato letterale delle parole, ma ove si penetri 
il significato di quel periodo di attesa di novanta giorni, e del comando 
espresso nella norma, appare chiaro che il trattamento privilegiato dell'Amministrazione 
(che ha lo scopo di consentire all'Ufficio finanziario 
di riesaminare, sulla base delle contestazioni del contribuente, la determinazione 
in precedenza espressa e di emettere un provvedimento 
conforme a giustizia) non ha pi� ragione di essere quando, portata la 
causa in discussione dopo il termine di novanta giorni, l'Amministrazione 
resti soccombente, senza aver preso alcuna determinazione entro 
il detto termine o una determinazione conforme a giustizia, e sia 
quindi fallito lo scopo cui la norma medesima � sicuramente preordinata. 
Il fatto dell'Amministrazione che, nonostante sia sollecitata a rivedere 
la sua determinazione, rimanga ferma a questa, anzi la faccia 
valere in giudizio, bench� ritenuta poi inesatta dal giudice, rende inoperante 
la esenzione prevista dall'art. 148 legge del registro e sottopone 
l'Amministrazione alla regola generale che il soccombente � tenuto 
al rimborso delle spese a favore dell'altra parte (art. 91 c. p. c.). 
In tali ipotesi, l'amministrazione finanziaria viene, per sua volont�, a 
trovarsi nella situazione in cui si sarebbe trovata se, interposto dal 
contribuente reclamo amministrativo, essa avesse espresso giudizio ne-

� realizzabile pur in mancanza di ricorso amministrativo (potendo l'Amministrazione, 
nei novanta giorni dalla proposizione del giudizio, ugualmente 
rivedere il proprio operato), ma specificamente sottolinea che alla 
pi� rigorosa conclusione, della imprenscindibile necessit� di quel ricorso 
-(cui, del resto, la norma espressamente ha riguardo) -si oppone il rilievo 
della diversit� di effetti dei mezzi di tutela predisposti dall'ordinamento, 
derivando soltanto dall'azione giudiziaria la sospensione dell'esecuzione. 
Il che, dunque, e poich� la sospensione del procedimento coattivo 
� pr�evista esclusivamente per il caso di opposizione a richiesta di imposte 
suppletive (art. 145 della legge organica), consente di rilevare: 

a) che, ai fini in questione, la mancata proposizione di ricorso in via 
amministrativa pu� ritenersi irrilev�ante soltanto nelle controversie relative, 
appunto, ad impo�ste .suppletive, come gi� ritenuto da Cass. 24 marzo 

14 


1362 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gativo sulla richiesta dell'opponente, oppure se nessuna risposta avesse 
dato nel termine di novanta giorni previsto dall'art. 148 legge del 
registro. 

N� vale sostenere che l'intenzione della legge si concreterebbe nella 
concessione al contribuente, per far valere le sue ragioni, del ricorso 
amministrativo, che � un mezzo pi� economico di tutela, con la conseguenza 
che, se egli vuole intraprendere la via pi� costosa, debba rinunciare 
al rimborso delle spese. Per ritenere che sia cosi, occorrerebbe 
che i due mezzi di tutela predisposti dalla legge, il ricorso amministrativo 
e quello giudiziario, avessero la stessa efficacia sospensiva della 
riscossione coattiva, il che non �, perch� il ricorso amministrativo non 
sospende l'esecuzione, con il rischio per il contribuente, che a tal mezzo 
faccia ricorso, di dover pagare ingiustamente il tributo. 

N� a diversa conclusione consente di pervenire l'argomento della 
finanza, imperniato sul secondo comma dell'art. 48 t. u. per la finanza 
locale 14 settembre 1931, n. 1175 (aggiunto dall'art. 1 lett. b, d. I. 
25 febbraio 1939, n. 338). Secondo il detto testo � in caso di opposizione 
in via giudiziaria contro l'ingiunzione senza che siano stati esauriti 
tutti i gravami amministrativi ai sensi del successivo art. 90, la 
Amministrazione non pu� essere condannata al rimborso delle spese di 
lite, neanche in caso di soccombenza �. Innanzi tutto la disposizione 
regola altra materia, sia pure analoga, e non la si potrebbe certo invocare 
per analogia in tema di imposta di registro, che dispone di una 
propria, precisa regolamentazione. Secondariamente, il comma secondo 
dell'art. 48 t.u. finanza locale � una diversa espressione, con sue peculiarit�, 
dello stesso principio contenuto nell'art. 148 legge registro, 
come hanno precisato queste Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 4 febbraio 
1945, n. 93) quando hanno affermato che la scelta dell'opponente, 
che pu� promuovere l'opposizione contro l'ingiunzione fiscale di pagamento 
o in via amministrativa o in via giudiziaria � regolata �in con


1962, n. 611, Riv. leg. fisc., 1962, 1341, e ,come del resto precisato dalla sentenza 
in rassegna, nell'enunciazione conclusiva dell'affermato principio; 
b) che, in ogni caso, ed ugualmente avuto riguardo alla evidenziata 

ratio decidendi, appunto collegata alla posizione dell'interessato di fronte ad 

una pretesa di imposte suppletive, deve per queste ritenersi superato, con 

la sentenza in nota, il pi� restrittivo orientamento di recente espresso dalle 

Sezioni semplici (Cass. 21 febbraio 1966, n. 538, retro, 675, con nota di dis


senso; Cass. 13 aprile 1965, n. 674, in questa Rassegna, 1965, I, 394, con os


servazioni critiche di G. NoRI), cosi confermandosi che nelle relative con


troversie deve ritenersi sempre dato all'.Amministrazione, ai fini dell'esonero 

dalle spese processuali in caso di soccombenza, almeno fil. termine di no


vanta giorni dalla notifica dell'atto introduttivo del giudizio per � riesami


nare, sulla base delle �contestazioni del contribuente, la determinazione in 

precedenza espressa �. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1363 

formit� alle norme sulla legge di registro �, e la diversit� consiste in 
ci� che l'art. 48 t. u. finanza locale non fissa il termine di attesa di 
novanta giorni, contenuto nell'art. 148 legge di registro, �di cui si � 
chiarito il significato e la portata, ma esige l'esaurimento dell'intero 
cursus dei gravami amministrativi. 

In mancanza di nuovi convincenti argomenti, che inducano a modificare 
un indirizzo oramai consolidato (Cass. 10 maggio 1965, n. 872; 
30 ottobre 1963, n. 2900; 23 luglio 1962, n. 2042; 24 marzo 1962, n. 611; 
6 ottobre 1959, n. 2695) la Corte Suprema, a Sezioni Unite, non pu� 
che ribadire il principio secondo il quale � ammessa la condanna dell'amministrazione 
finanziaria soccombente, allorquando, in materia di 
imposta suppletiva di registro, aditasi immediatamente l'autorit� giudiziaria, 
�senza previo ricorso in via amministrativa, la causa sia portata 
in decisione dopo decorso il termine di novanta giorni, previsto dall'art. 
148 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, senza che l'amministrazione 
abbia adottato un provvedimento conforme a giustizia. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez_. I, 16 dicembre 1966, n. 2946 -Pres. 
Rossano -Est. Omnis -P. M. Gentile (conf.) -Chiesa Parrocchiale 
del Sacro Cuore di Ges� in Villannova (avv. Romagnoli) c. Ministero 
Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta di registro -Determinazione della base imponibile -Dichiarazione 
di valore di cui all'art. 18 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 -Applicabilit� 
ai soli trasferimenti occulti o presunti, compresi gli 
acquisti per usucapione. 

(r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 18, 20; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
artt. 18, 33). 
Imposta di registro -Accessioni e pertinenze -Presunzione di trasferimento 
secondo l'art. 47 della legge organica -Donazioni Inapplicabilit� 
-Principi di diritto comune in tema di accessioni 
e pertinenze -Rilevanza ai fini tributari anche per le donazioni. 

(c. c., art. 934; r. d. 30 dicembre 1923, n . .3269, art. 47). 
Imposta di registro -Applicazione dell'imposta secondo la natura e gli 
effetti degli atti. -Nozione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8). 
Le norme sulla dichiarazione di valore, di cui all'art. 18 dei r. d. 
7 agosto 1936, n. 1639, non concernono i trasferimenti sottoposti a registrazione 
in base ad atto scritto o in base a denuncia di convenzione 



1364 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

verbale , bensi soltanto i trasferimenti occulti o presunti, compresi gli 
acquisti per usucapione (1). 
Le disposizioni dell'art. 47 della legge del registro, in tema di 
trasferimento di pertinenze ed accessioni, si riferiscono alle ipotesi 

(1) L'acquisto per usucapione nella legge del registro. 
L'evidente esattezza della massima, fondata sul non equivoco testo 
dell'art. 18 r. d. 1. n. 1639 del 1936 esime da particolare attenzione in proposito. 
Offre, invece, l'opportunit� di qualche maggiore indagine sia l'equiparazione, 
ammessa de plano dalla annotata sentenza, degli acquisti per 
usucapione ai trasferimenti immobiliari presunti sottoposti a tassazione in 
forza dell'art. 18 della legge organica di registro, sia la ragione giustifi.catiV1a 
che la Cassazione ha ritenuto di scorgere nella dichiarazione di valore 
prevista dal r. d. 1. del 1936. Premesso, a tale ultimo proposito, che la 
forma di imposizione in esame rappresenta una delle eccezioni al principio 
dell'iniziativa privata vigente in materia di imposta di registro, in quanto 
consente all'Ufficio di percepire la tassa indipendentemente da un documento, 
da una enunciativa, o, comunque, da una denunzia, sembra doversi 
escludere che la dichiarazione estimativa si giustifichi quale corollario del 
principio generale secondo cui l'obbligazione tributaria sorge al verificarsi 
del presupposto, consistente, di regola, quanto all'imposta di registro, in 
un documento. 

Se, infatti, la mancata richiesta, da parte dell'Ufficio, di detta dichiarazione, 
non importa 1a nullit� dell'eseguito accertamento, come altre volte 
la stessa Corte Suprema ha affermato (sent. 13 luglio 1959, n. 2253, Riv. 
leg. fi,sc., 1959, 1844; 26 novembre 1964, n. 2797, in questa Rassegna, 1965, 
I, 189, con nota) a proposito di quella prevista dall'art. 17 del r. d. 1. n. 1639 
del 1936, e ci� perch� le noirme che la disciplinano non impongono all'Amministrazione 
un dovere di condotta, sembira assai pi� confacente al 
sistema collocarla nell'ambito di quegli obblighi a contenuto formale nascenti 
a cairico del contribuente correlativamente al potere di accertamento 
della base imponibile conferito dalla legge alla stessa Ammin1strazione. 

Per quanto concerne invece la prima questione � necessario distinguere 

due ipotesi. 

In primo luogo, � possibile ipotizzare che l'usucapione del diritto di 

propriet� o di usufrutto v�enga riconosciuto dalle parti interessate mediante 

atto scritto o venga dichiarata con sentenza. Si � discusso in questi casi se 

sia applicabile l'imposta proporzionale di trasferimento, o se, invece, da 

un lato l'atto debba scontare la sola tassa fissa, ai sensi dell'art. 95 tariffa 

all. A, in vista del suo carattere meramente ricognitivo, e dall'altro la sen


tenza debba essere assoggettata alla sola tassa graduale prevista dall'art. 68 

della legge di registro. 

La prima tesi � stata a suo tempo accolta dalla Cassazione con sen


tenza 28 luglio 1932, n. 3271, Riv. leg. fi,sc., 1933, 113, sulla considerazione 

che, ai fini fiscali, atto ricognitivo � solo quello � che sussegua in ordine 

di tempo e conferma, mediante formale riconoscimento per parte dei sog


getti inteil'essati, un precedente titolo costitutivo del rapporto � consistente 

� in un atto il quale abbia acquistato data certa mediante la formalit� della 
registrazione e pel quale sia stata gi� scontata la prescritta tassa proporzionale 
� (nota aggiunta all'art. 95 della tariffa ali. A). 
Dal che, sempre secondo l'avviso della citata sentenza, discenderebbe 
che nel caso di diritti non costituiti mediante titolo formale, ma acquistati 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1365 

giuridiche che muovono dal presupposto di trasferimenti immobiliari 
a titolo oneroso, e pertanto non sono applicabili alle donazioni, ferma 
restando per queste la considerazione, anche ai fini tributari, dei principi 
comuni in tema di proprietd delle accessioni e delle pertinenze (2). 

L'art. 8 della legge di registro, il quale dispone che le tasse sono 
applicate secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti 
anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, 
intende riferirsi alla natura ed agli effetti giuridici e non alla natura 
e agli effetti economici dell'atto (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente, in relazione allo 
art. 360, n. 3 e 5 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli 
articoli 18 r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, 1 e 8 della legge di registro 
30 dicembre 1923, n. 3269, e dei principi generali sul contraddittorio, 
nonch� difetto di motivazione su punto decisivo, e sostiene che l'accertamento 
riguardava cespiti non indicati come oggetto n� nell'atto di 
donazione, n� in quello di accettazione, di modo che l'Ufficio sarebbe 
stato imprescindibilmente obbligato a promuovere le sue pretese in ordine 
alla costruzione, attrezzatura ed avviamento, con la garanzia di cui 
all'articolo 18 del r. d. 1. n. 1639 del 1936, mediante un preliminare 
invito alla parte a farne dichiarazione o, su rifiuto esplicito o implicito, 
a renderla. 

Il motivo � infondato. 

La Corte del merito, ammettendo che il caso in esame ricadeva 

sotto la disciplina dell'articolo 18 del r. d. 1. n. 1639 del 1936, ha affer


mato che l'omissione dell'invito di cui al detto articolo non aveva rile


vanza nella specie, attesa la pregiudizialit� della questione relativa 

alla esistenza dell'obbligo tributario su quella della valutazione. 

Senonch�, siffatta argomentazione -qui non interessa la sua 

esattezza o meno, come pure la questione se anche nella ipotesi di cui 

per prescnz1one (acquLsitiva), l'atto di ricognizione o la sentenza -in virt� 

del disposto dehl'art. 121 della tariffa ali. A (conf. !AMMARINO, Le imposte di 

registro, 339) -quando siano primi nel tempo, debbano considerarsi, ai 

fini fiscali, atti costitutivi, e qu�ndi assoggettati ad imposta proporzionale. 

La seconda tesi accolta, quanto alle sentenze, dalla Commissione cen


trale, con decisione 4 luglio 1940, n. 29074, Riv. leg. fisc., 1940, 531, nel 

riflesso che, essendo l'usucapione un modo originario d'acquisto, la sentenza 

che la dichiara e riconosce non rivela in alcun modo l'esistenza di una 

qualsiasi convenzione tra i successivi titolari del diritto, non solo ignora 

il precedente della Cassazione, ma trascura del tutto la speciale disciplina 

dettata dalla legge di registro in tema di ricognizione di diritti preceden


temente acquistati, onde non arreca alla soluzione del problema un per


suasivo contributo. 

Diversa, come si accennava in principio, � '1'ipotesi in cui, sussistendo 

i presupposti di cui all'art. 18 della legge di registro, l'ufficio tassi il tra-

I 


! I 

I


I


! 


~ 


1366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'art. 18 del decreto del 1936 l'omissione dell'invito non importi la 
nullit� dell'accertamento -non era pertinente, perch� l'assunto della 
parrocchia era da disattendersi, affermandosi, pi� correttamente, che il 
caso in esame era fuori dalle previsioni dell'invocato art. 18 del decreto 
del 1936. 

Come la difesa dell'amministrazione sosteneva nel giudizio di merito, 
e sostiene in questa sede, la disposizione di cui al detto art. 18 corcerne 
i trasferimenti occulti, ossia quei trasferimenti che, per quanto 
riguarda gli immobili, vengono effettuati con atto scritto volontariamente 
occultato dalle parti o i trasferimenti per usucapione, e, per 
quanto riguarda le aziende commerciali o industriali, avvengono spesso 
verbalmente non essendo necessario l'atto scritto, ci� che d� facile 
modo di sfuggire alla tassa di registro. 

In tali casi, l'invito alla parte a presentare la dichiarazione di 
valore trova la sua giustificazione nel principio generale della legge 
di registro secondo il quale il sorgere del rapporto tributario si ricollega 
alla esistenza di un atto scritto, comprendendo nel concetto di 
questo altresl la denuncia, allorch� sia prescritta, di una convenzione 
verbale, eccettuati i casi in �cui, eccezionalmente, la esistenza di tale 
atto viene presunta. 

Nella specie, il trasferimento occulto, come dianzi precisato, non 
sussiste, attesa la esistenza dell'atto pubblico di donazione che ha determinato 
il sorgere del rapporto tributario. 

L'Ufficio, avvalendosi dei poteri attribuitigli dallo art. 33 della 
legge di registro, accertato che l'immobile oggetto della donazione, 
costituito, al momento della registrazione dell'atto di liberalit�, oltre 
che da un'area anche da un fabbricato adibito a cinema-bar e pesa 

sferimento presunto della p!I'opriet� o dell'usufrutto ed il contribuente vi 
si opponga assumendo di averli acquistati per usucapione. 

� chiaro che, di per se, il richiamo a tale modo di acquisto non impedisce 
l'operativit� del citato art. 18 perch�, come la Cassazione ha recentemente 
affermato nella sentenza 12 novembre 1965, n. 2357, in questa 
Rassegna, 1965, I, 1305, la legge fiscale sui cosi detti trasferimenti presunti 
non impone all'Amministrazione di individuare l'esistenza di un atto scritto, 
avendo quest'ultima � solo il'obbligo di dimostrare alcuni dati di fatto, in 
base ai quali la norma predetta (art. 18) consente di agire: dati di fatto 
che sono gli stessi, sia che esista, sia che non esista l'atto scritto �. 

Escluso, d'altronde, per l'esplicito dettato dell'ultimo comma dell'art. 18, 
che il contribuente possa vincere la presunzione mediante la prova testimoniale, 
si � discusso se l'atto notorio sia compreso nel medesimo divieto. 
La Commissione centrale, che ha esaminato la questione a Sezioni Unite 
nella decisione 15 gennaio 1958, n. 431, Riv. leg. fisc., 1958, 1461, ha concluso 
in senso negativo, ma con argomenti non persuasivi. Nel caso in 
discussione Tizio aveva venduto con rogito notarile a Caio alcuni immobili 
assumendo di averli, a suo tempo, acquistati per usucapione ed allegando, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1367 

pubblica, aveva un valore non di lire 2.000.000 ma di lire 42.012.000, 
ha notificato al contribuente l'avviso di maggior valore. 

L'art. 33 citato, lett. a), prevede esattamente il trasferimento di 
beni immobili a titolo gratuito ed in tale previsione rientra manifestamente 
il caso in esame. 

La ricorrente, per sostenere il proprio assunto, � costretta a configurare 
la costruzione come oggetto separato e distinto dall'area che 
era stata donata, laddove, per il principio dell'accessione, area e costruzione 
formano un tutto inscindibile, e la tassazione della �Costruzione 
si risolve, quindi, in un accertamento di maggior valore della 
area. 

Nei sensi su esposti deve intendersi rettificata la motivazione sul 
punto della denunciata sentenza, il cui dispositivo si presenta conforme 
�a1 diritto (art. 384, 2� comma, c.p.c.). 

Con il secondo motivo, la ricorrente, in relazione all'art. 360, n. 5, 

c.p.c., censura la denunciata sentenza per omessa motivazione su un 

punto decisivo della controversia. 

Sostiene che la Corte del merito, partendo dal presupposto erroneo 

che l'art. 47 della legge organica di registro fosse applicabile anche 

ai trasferimenti a titolo gratuito, si limit� ad indagare -concludendo 

negativamente -se la parrocchia avesse fornito la prova idonea a vin


cere la presunzione di cui al detto articolo e cosi non si diede carico 

ed omise completamente qualunque considerazione della circostanza 

sottopostale, che la donazione non concerneva che il suolo e che il suo 

risultato giuridico non poteva andare oltre il contenuto dell'atto, di 

modo che, secondo l'art. 8 della legge organica di registro, non poteva 

a comprova, un atto notorio raccolto dal Pretore. L'ufficio, negando ogni 

efficacia probatoria all'atto notorio, aveva ravvisato nel rogito una conven


zione che faceva presumere nel venditore il diritto di propriet� degli im


mobili. La Commissione ha disatteso la tesi, osservando in pr~mo luogo 

che non pu� essere tassato un atto notmio nel quale si attesti un mero stato 

di fatto, che non pu� mai assurg�ere a qualit� di contratto traslativo di 

propriet� per il quale � elemento indispensabile l'incontro di due volont�, 

e, in secondo luogo, che essendo l'usucapione un modo di acquisto a titolo 

originario, non potrebbe concretare un trasferimento passibile di imposta 

proporzi on al e. 

Ora, � agevole replicare che l'ufficio non aveva affatto inteso tassare 

l'atto notorio e che la questione da risolvere non concerneva la natura 

dell'acquisto per usucapione, ma la validit� della prova offerta a tale scopo 

dal contribuente. E la risposta al quesito avrebbe dovuto essere sicuramente 

negativa perch� � al di fuori dei casi circoscritti dalJ.a legge e dall'ordina


mento -e quello in esame non � compreso fra questi -di nessuna tutela 

specifica gode il'atto notorio, nemmeno di una presunzione iuris tantum � 

MORELLO, Notoriet� (atti di), Noviss. Digesto, XI, 412). Non solo, ma es


sendo innegabili le affinit� tra prova testimoniale ed 'atto di notoriet�, H 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1368 

ravvisarsi trasferimento al di l� di quello che consentivano la intrinseca 
natura e gli effetti del titolo. 

Il motivo � infondato. 

Indubbiamente, il richiamo della denunciata sentenza all'art. 47 
della legge di registro � da ritenere erroneo, perch� il detto articolo, 
riferendosi soltanto alle ipotesi giuridiche che muovono dal presupposto 
di trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, non era applicabile ad 
un atto di donazione. 

Inoltre, il terzo comma dello stesso articolo contempla trasferimenti 
dai quali siano state espressamente escluse le accessioni e tale 
ipotesi non ricorreva nella specie. 

Ci�, tuttavia, non importa la cassazione della sentenza perch�, essendo 
il suo dispositivo conforme al diritto, � sufficiente rettificarne 
la motivazione. 

Il punto del quale si lamenta l'omesso esame non � affatto decisivo 
proprio alla stregua dell'invocato art. 8 della legge di registro. 

Detto articolo disponendo che le tasse sono applicate secondo la 
intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti, se anche 
non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, ed essendo principio 
unanimente accolto quello secondo il quale l'articolo intende riferirsi 
alla natura ed agli effetti giuridici e non alla natura ed agli effetti 
economici dell'atto, il trasferimento dell'area non poteva essere disgiunto 
da quello inscindibile delle accessioni. 

Infatti, accettata la donazione e trasferitasi alla data del 17 settembre 
1958 la propriet� dell'area dalla societ� S. Giuseppe alla chiesa 
parrocchiale, in virt� del principio dell'accessione codificato dall'articolo 
934 e.e., con l'area si trasferiva tutto ci� che su l'area insisteva e, 
quindi, anche l'edificio. 

divieto dell'ultimo comma dell'art. 18 non pu� non estendersi ad esso. E pu� 
dirsi perci�, conclusivamente, che l'acquiisto della propriet� o dell'usufrutto 
per usucapione non si sottrae in nessun caso all'imposta proporzionale, 
perch�, se riconosciuto in convenzione od in sentenza, vien tassato al momento 
della registrazione di queste, mentre nemmeno potrebbe essere opposto 
utilmente dal contribuente in sede di tassazione del trasferimento 
presunto perch� non � suscettibile, per sua natura, di prova diversa dalla 
testimoniale, e questa � appunto esclusa dalla legge fiscaile. 

(2-3) La terza massima riafferma un principio da tempo pacifico: 
Cass., 10 luglio 1954, n. 2446, in questa Rassegna, 1954, I, 274; 23 ottobre 
1959, n. 3046, Giur. it., 1960, I, 1, 535. 

L'interesse della sentenza annotata, per la parte relativa alle due massime 
in esame, concerne il regime tributario delle accessioni agli effetti 
deH'imposta di registro sulle donazioni, regime che, come ritenuto dalla 
Cassazione, non � quello disciplinato daH'art. 47 della legge fondamentale. 

Atteso peraltro che il trasferimento a titolo gratuito di un'area importa, 
per il principio dell'accessione sancito dall'art. 934 c. c., anche l'effetto 

:-:

* 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1369 

Del pari, nel caso che la chiesa parrocchiale non fosse stata autorizzata 
ad accettare la donazione, l'edificio gi� costruito sull'area non 
poteva che appartenere al proprietario dell'area, ossia alla societ� S. 
Giuseppe e ci� non per altro che per effetto dell'accessione. 

Esattamente, quindi, l'Ufficio valut� tutto quanto per effetto del 
trasferimento_ dell'area si era trasferito dalla societ� San Giuseppe 
alla chiesa parrocchiale, e cio� l'area con l'edificio adibito a cinema-bar 
e pesa pubblica. 

Il contrai-io assunto della ricorrente non trova conforto nella invocata 
sentenza della Commissione Centrale 6 marzo 1958, n. 2693, perch� 
questa, al contrario, fa puntuale applicazione dei principi sovra esposti 
e, dopo avere affermato che l'articolo 47 della legge di registro non 
� applicabile alle donazioni, soggiunge, peraltro, che, a norma dell'articolo 
934 e.e., il trasferimento del suolo a qualunque titolo importa il 
trasferimento anche delle accessioni e delle pertinenze; di guisa che, 
automaticamente, la cessione dell'area implica anche il trasferimento 
a titolo gratuito, nel donatario, della costruzione da costui effettuata 
gi� all'epoca della donazione nonch� le pertinenze -macchinari, utensili, 
ecc. -introdotte da� terzi nella detta costruzione anteriormente 
all'atto di donazione del terreno. 

Non trova conforto neppure nella legge 24 gennaio 1962, n. 23, 
portante deroga all'art. 47 della legge di registro, invocata con la seconda 
memoria illustrativa, posto che, nella specie, non ricorre la ipotesi 
da detta legge esclusivamente contemplata di vendite di terreni 
non edificati autorh;zate dalle Provincie e dai Comuni a coloro che, 
successivamente, hanno stipulato il contratto di acquisto consentendo, 
nel frattempo, alla edificazione. 

Con il terzo motivo, la ricorrente, denunciando, in relazione allo 
art. 360, n. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 934, 771, 

giuridico del trasferimento della costruzione che vi insista, l'imposta relativa, 
in virt� del criterio generale di tassazione accolto dall'art. 8 1. r., colpisce 
sia il primo, sia il secondo. 

Tuttavia, posto che l'effetto giuridico, sul quale riposa la tassazione 
del trasferimento della costruzione eseguita da�l terzo non proprietario, � 
quello disciplinato dall'art. 934 c. c., si deve tener conto delle eccezioni 
previste dalla norma citata in relazione sia a speciali disposizioni di legge, 
quali quelile in tema di enfiteusi, usufrutto, possesso e locazione, sia a 
speciali pattuizioni, quali la costituzione del diritto di superficie o la concessione 
ad aedificandum. In questi casi, .peraltro, quando il contribuente 
si richiami, per escludere l'accessione, ad un atto non ;registrato o non denunciato, 
dovr� pur sempre fornire aliunde la prova che esso abbia data 
certa anteriore al trasfe.rimento dell'area e curarne la regi�strazione corrispondendo 
le relative imposte �e le eventuaH sopratasse; a meno che non 
possa ritenersi, come forse pi� correttamente deve ritenersi, che la disposizione 
del terzo comma dell'art. 47 della legge organica -che richiama 
quelle dei precedenti primo e secondo comma concernenti il regime delle 


legge del regtstro, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 458, ed ivi ulteriori 
richiami. 
R. SEMBIANTE 
legge del regtstro, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 458, ed ivi ulteriori 
richiami. 
R. SEMBIANTE 
1370 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

782 e.e., nonch� difetto di motivazione su punto decisivo, lamenta che 
la Corte del merito, non considerando la esistenza del modo afferente 
alla donazione e la circostanza che l'onere di costruire posto a carico 
della Chiesa costituiva anche un obbligo per il donante, abbia ignorato 
che la accessione risultava esclusa dallo stesso articolo, a norma dell'art. 
934 e.e. 

Il motivo � infondato. 

L'art. 934 e.e. disponendo che qualunque costruzione esistente sopra 
il suolo appartiene al proprietario di questo salvo che risulti diversamente 
dalla legge o dal titolo, ha inteso riferirsi, quanto alle disposizioni 
contrarie contenute nella legge, in primo luogo, alle disposizioni 
concernenti il diritto di superficie (art. 952 e segg.), in secondo luogo, 
alle norme relative alle addizioni dell'enfiiteuta (art. 975, 3<> comma), 
dell'usufruttuario (art. 986, 2� comma), del possessore (art. 1150, 5� comma) 
e del locatore (art. 1593), per le quali l'ius tollendi � quasi sempre 
la regola, se non ne venga nocumento alla cosa; e, quanto alle eccezioni 
contenute nel titolo, alle costituzioni di diritti reali, tra i quali, 
oltre la costituzione diretta di un diritto di superficie, la cosi detta 
concessione ad aedificandum con la quale il proprietario del suolo rinuncia 
a fare propria la costruzione che sorger� su di esso; accordi 
negoziali che, essendo relativi a �diritti reali, o importando il trasferimento 
di propriet� immobiliari, devono risultare da atto scritto 
ad substantiam; come, anche per iscritto deve risultare la rinuncia del 
proprietario al diritto di accessione traducendosi, sostanzialmente, nella 
costituzione di un diritto di superficie. 

Talch�, � chiaro come nessuna rilevanza potesse attribuirsi allo 

obbligo fatto al donatario di costruire, ai fini di escludere l'accessione 

di un edificio costruito anteriormente al perfezionarsi del contratto di 

donazione. -(Omissis). 

pertinenze, ed anche per le accessioni, che si dicano escluse dai trasferi


menti, cos� richiede la prova con atto anteriormente registrato -sia appli


cabile anche ai trasferimenti gratuiti, mancando nello stesso terzo comma 

l'espresso riferimento ai soli trasferimenti onerosi, che invece si !rinviene 

nel primo comma, e ben pi� generale risultando la ratio della disposizione 

in discorso, per le accessioni, attesi i principi che per queste vigono, come 

si � visto, anche nel diritto comune, e considerato poi, specificamente, la 

funzione del!la rigorosa norma di cui all'art. 47, quale proprio di recente 

sottolineata dalla Corte Suprema (Cass., 29 ottobre 1966, n. 2713, in moti


vazione, retro, 1354). 

La decisione della Commissione Centrale, 6 marzo 1958, n. 2693, ricor


data nell'annotata sentenza, pu� leggersi in Riv. leg. fisc., 1960, 98. 

In generale, sulle questioni in tema di accessioni e pertinenze nella 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1371 

CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. I, 21 giugno 1966 -Pres. Ciaccio 
-Est. Granata -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. soc. 
Cozzani (avv. Scat�). 

Imposta di registro -Agevolazioni, ex art. 8 1. 24 luglio 1961, n. 729, 
per la costruzione e l'esercizio di autostrade -Concessione congiunta 
della costruzione e dell'esercizio -Costituisce presupposto 
per l'operativit� della norma di agevolazione -Appalto di 
costruzione commesso dall'ANAS -Inapplicabilit� dei benefici. 

(1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 
Il trattamento tributario previsto dall'art. 8 della l. 24 luglio 1961, 

n. 729, in tema di costruzione ed esercizio di autostrade, trova applicazione 
nel presupposto che la costruzione e l'esercizio costituiscano 
oggetto congiunto di concessione ad enti pubblici o a privati. In ogni 
altro caso, di atti relativi alla sola costruzione "o alla sola gestione, e 
cosi per un appalto di costruzione commesso dall'ANAS, il regime tributario 
resta quello ordinario (1). 
(Omissis). -Secondo il 1� comma dell'art. 8 della I. 24 luglio 1961, 

n. 729, sul piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali, � tutti 
gli atti e contratti occorrenti per la attuazione della presente legge 
ivi compresi le convenzioni per le concessioni, i contratti relativi alle 
costruzioni e all'esercizio delle autostrade previste dalla stessa legge; 
i contratti di appalto e di fornitura per la �costruzione, manutenzione 
e gestione delle strade di cui sopra; i contratti di finanziamento, di 
consolidamento, di estinzione e revoca dei finanziamenti stessi, comprese 
le fideiussioni prestate dagli enti pubblici per il servizio dei mutui; 
l'emissione di obbligazioni ed i relativi interessi, nonch� gli atti di 
cessione dei contributi previsti dagli artt. 2, 18 e 19 della presente 
(1) La sentenza in rassegna individua esattamente la portata del beneficio, 
di cui 1all'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729, rilevando, con corretta 
esegesi 1lessica1le e logica della norma, che questa � posta con riferimento 
alla sola ipotesi di concessione cumulativa della costruzione e dell'esercizio 
delle autostrade, l'una e l'altro sempre insieme considerati nella 
complessiva disciplina della materia, di cui alla letta legge, ed in effetti 
soltanto in unit� valutabili anche ai fini del tributo in abbonamento, previsto 
dal penultimo comma del citato art. 8, in funzione del quale � sancita, 
dalle precedenti disposizioni dello stesso articolo, l'esenzione dalle 
altre imposte. 
Sulla funzione sostitutiv�a, o compensativa, dei tributi in abbonamento, 
in genere, e perci� .per l'esigenza di considerare, in sede ermeneutica, il 
rapporto tra la fattispecie delimitata ai fini di tale forma di imposizione, 
�e queHa della corrispondente norma di esenzione da �singoli tributi, cfr. 
Cass. 20 maggio 1966, n. 1289, retro, 689. 



1372 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge, sono esenti da tasse, imposte e tributi presenti e futuri, spettanti 
sia all'Erario dello Stato sia agli Enti locali �. 

Il quesito sottoposto all'esame della Corte � se della citata disposizione 
beneficino anche i negozi relativi alla sola costruzione delle 
autostrade, ovvero se la norma sia applicabile soltanto nel caso di 
concessione congiunta della costruzione e dell'esercizio. 

Il Tribunale ha accolto la prima tesi, ponendo a premessa della 
sua argomentazione il tenore letterale della disposizione, che non consentirebbe 
di escluderne l'applicazione quando la costruzione sia affidata 
a soggetto diverso da quello incaricato dell'esercizio della nuova autostrada, 
e la sua ratio, ravvisata nella urgenza di risolvere il problema 
della rapida apertura di nuove autostrade, e poi esprimendo l'avviso 
che la validit� di tali argomentazioni non fosse pregiudicata dalle obiezfoni 
sollevate dalla Amministrazione, secondo la quale ad opposte 
conclusioni dovrebbe pervenirsi in base ad una interpretazione logica 
della norma <in esame; condotta coordinando questa con quelle dettate 
dal comma 2� e dal comma 8� dello stesso art. 8, la prima delle quali 
starebbe a dimostrare che soltanto taluni dei contratti, stipulati con 
le imprese concessionarie -come nella specie -dall'ANAS, usufruiscono 
delle agevolazioni di cui al primo comma, mentre la seconda 
proverebbe come risponda proprio ad una esigenza del sistema normativo 
la loro limitazione, come regola generale, alle sole imprese 
concessionarie anche dell'esercizio. 

Per effetto dei motivi di appello svolti dall'Amministrazione, il 
quesito si ripropone negli stessi termini in questa sede. 
Ad esso, peraltro, la Corte ritiene doversi dare soluzione opposta 
a quella accolta dai primi giudici. 
A tale conclusione conducono due ordini di ragioni ermeneutiche, 
letterali le une, logiche le seconde. 

Sul piano letterale, invero, il Tribunale non ha dato il dovuto rilievo 
alla costante ripetizione, nella legge, della endiadi � costruzione 
ed esercizio � delle autostrade, che figura anche nella disposizione in 
esame dell'art. 8 comma 1�, e che induce a ritenere avere il legislatore 
considerato unitariamente il fenomeno nei suoi due aspetti logicamente 
e cronologicamente successivi, limitando la portata delle sue statuizioni 
all'ipotesi in cui la concessione riguardi la costruzione e l'esercizio 
insieme. 

Sul piano logico ne d� conferma, proprio con riguardo al tema del 
trattamento tributario di tali concessioni, il coordinamento del primo 
comma dell'art. 8 con il comma ottavo dello stesso articolo, secondo il 
quale � in luogo delle imposte, tasse e tributi di cui ai commi precedenti 
le societ� concessionarie corrisponderanno all'Erario dello Stato una 
quota fissa di abbonamento annuo in ragione di centesimi 5 per ogni 
mille lire dei costi delle costruzioni � . 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1373 

Sembra invero esatto il rilievo dell'Amministrazione finanziaria, 
che non si tratti in realt� di un beneficio fiscale vero e propvio, elargito 
con riferimento oggettivo alle opere stradali, bensi di un regime del 
tutto particolare, tipico dell'abbonamento tributario, il quale, se da un 
lato si concreta nella esenzione dai singoli tributi per �ciascun atto o contratto 
individualmente considerato, dall'altro trova la sua contropartita 
nel pagamento della quota annua di abbonamento, sicch� dalla natura 
compensativa del canone di abbonamento discende che in tanto si applica 
l'esenzione prevista dal primo comma, in quanto sia possibile, in 
sostituzione il versamento dell'aliquota in abbonamento di cui all'ottavo 
comma. Orbene tale � modifica � del sistema di prelievo tributario trova 
possibilit� di applicazione tipica �appunto soltanto nella concessione congiunta 
di costruzione e di esercizio dell'autostrada, che altrimenti non 
si vede, nel caso di contratto relativo alla sola costruzione (come � nella 
specie), in qual guisa sarebbe assicurato il funzionamento del sistema 
di fronte alla possibilit� che l'autostrada, una volta costruita, non sia 
data in concessione: a parte l'arbitrariet�, pure nel caso che la gestione 
sia data in concessione, della conclusione, cui il Tribunale � dovuto 
necessariamente pervenire per coerenza con le sue premesse, di addossare 
l'intero canone di abbonamento, sostitutivo di singole imposte 
astrattamente interessanti parte la costruzione e parte l'esercizio, al� 
soggetto concessionario del solo eserc[zio. 

In conclusione deve ritenersi che lo speciale trattamento tributario 
previsto dall'art. 8, quale risulta dal coordinamento del primo con l'ottavo 
�comma, trova applicazione soltanto per gli atti relativi �ad un rapporto 
cumulativo interessante e la costruzione e l'esercizio delle autostrade, 
mentre fuori di quasta ipotesi i distinti rapporti relativi, l'uno, 
alla costruzione e, l'altro, �alla gestione, sono assoggettati al trattamento 
tributario di diritto comune. -(Omissis). 

COMMISSIONE CENTRALE DELLE IMPOSTE, Sez. Un., 23 giugno 
1966, n. 84493 -Pres. Oggioni -Est. Macioti -Rie. Goni. 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Ricorso 
non motivato (c. d. interruttivo) alla Commissione distrettuale 
(ed alla Commissione provinciale) -Inammissibilit� Motivi 
indicati in note o ricorsi aggiunti -Irrilevanza ai fini 
dell'ammissibilit� del ricorso. 

(r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 23, 24, 41). 
� inammissibile il ricorso alla Commissione distrettuale delle imposte 
(e cos� anche quello alla Commissione provinciale), che non con




1374 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenga l'enunciazione dei motivi (c. d. ricorso interruttivo), ed � irrilevante, 
al fine, la successiva indicazione dei motivi stessi in note o ricorsi 
aggiunti, che presuppongono un ricorso gi� validamente proposto (1). 

(Omissis). -Come esposto in narrativa, il contribuente nel ricorso 
alla Commissione distrettuale fece espressa riserva di � presentare memoria 
con i motivi della opposizione �; la Commissione, ancorch� i 
motivi fossero stati presentati dopo un anno dalla presentazione del 
ricorso, decise ugualmente nel merito. La Commissione provinciale non 
si diede ugualmente carico della inammissibilit� del ricorso in primo 
grado -rilevabile, per altro, d'ufficio in qualsiasi stadio e grado del 
procedimento (Cass., Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2155, Imp. dir. erar. 
1966, 15) -e decise parimenti nel merito. 

Nell'una e nell'altra sede non vi � stata una valida costituzione 
del rapporto processuale perch�, attraverso la presentazione del ricorso 
interruttivo, � mancato uno dei requisiti essenziali (elementi di diritto 
costituenti la ragione della domanda) richiesti dall'ordinamento per 
l'ammissibilit� dell'atto introduttivo del giudizio. 

Conseguente � allora la inammissibilit� del ricorso anche in questa 
sede. 

� pur vero che parte della giurisprudenza delle Sezioni semplici 
di questa Commissione Centrale riconosce valida efficacia al ricorso iin 
parola, consentendo, in relazione all'art. 24, 3� e 4� comma, del r. d. 
8 luglio 1937, n. 1516, la presentazione dei relativi motivi fino a cinque 
giorni prima della data dell'udienza. Ma le Sezioni Unite non ritengono 
di poter confermare detto indirizzo. 

Ad avviso del Collegio, la questione -se sia consentito o meno il 
ricorso interruttivo alle Commissioni di merito (per il gfodizio avanti 
la Commissione Centrale il problema non si pone; v. art. 46 r. d. 8 luglio 
1937, n. 1516) -merita di essere esaminata, anzitutto, in relazione 
alla natura delle Commissioni. 

Dal momento che la Corte Costituzionale ha riconosciuto il loro 
carattere giurisdizionale (sent. 26 gennaio 1957, n. 12), � conseguente 
che i ricorsi diretti alle Commissioni non possono pi� ritenersi ricorsi 

(1) Sulla questione, le Sezioni semplici della Commissione centrale si 
erano espresse in modo contrastante, talvolta riconoscendo l'ammissibilit� 
del ricorso c. d. interruttivo, dinanzi alle Commissioni distrettuali e provinciali, 
altre volte negandola (cfr., tra altre, dee. 9 dicembre 1964, n. 72658, 
Riv. leg. fisc., 1965, 1168, per l'inammissibilit�, e dee. 18 dicembre 1964, 
n. 73159, id. 1965, 1171, in senso opposto; per ultieriori citazioni, v. in Relaz. 
Avv. Stato, 1961-65, II, 326 ss.). 
La Corte di Cassazione, dal canto suo, mentre ha sempre ritenuto inammissibi<
le il ricorso non motivato alla Commissione centrale, e ci� anche se 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1375 

amministrativi, ma veri e propri atti processuali. E poich� � princ1p10 
di diritto processuale che gli elementi costituenti la ragione della domanda 
vanno formulati nell'atto introduttivo del giudizio, la conseguenza 
non pu� essere che una soltanto: che anche nel procedimento 
giurisdizionale davanti alle Commissioni debba trovare applicazione 
l'indicato principio. 

Tale principio del resto trova conferma nella stessa normativa processuale 
tributaria. Per il giudizio di appello avanti alla Commissione 
provinciale non � consentito espressamente all'Uflfoio di proporre impugnazione 
non motivata (art. 38, 2<> comma, r. d. 8 luglio 1937, n. 1516); 
per il contribuente, analogo divieto � specificamente ed espressamente 
disposto per le controversie relative all'i.g.e. applicabile mediante canoni 
l'agguagliati al volume degli affari (art. 21, d. I. 3 maggio 1948, 

n. 799). Ora, se nel silenzio delle leggi generali (r. d. 7 agosto 1936, 
n. 1639; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516) regolatrici del processo avanti �alle 
commissioni per la risoluzione delle controvel'sie in materia di imposte 
ddrette e di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza (cio� 
per controversie diverse da quelle previste dal citato art. 21 r. d. n. 799), 
fosse consentito al contribuente di proporre ricorso interruttivo, non 
� chi non veda la sperequazione che si verrebbe a creare tra contribuente 
che propong�a impugnazione per l'i.g.e. e contribuente che proponga 
impugnazione per diversa imposta e, nell'ambito delle controversie 
relative ad imposte dirette ed imposte indirette sui trasferimenti 
della ricchezza, tra Ufficio e contribuente. E poich� un siffatto diverso 
trattamento, oltre che incostituzionale, non avrebbe 11agione giustificatrice, 
� evidente come il sistema non consenta, anche fuori del caso 
previsto dall'art. 21 d. I. n. 799, la proposizione, entro il termine di rito, 
di .un gravame non motivato. 
Per il ricorso alla Commissione distrettuale la situazione non � 
diversa. V'� espresso obbligo della proposizione di ricorso motivato nel 
termine �di rito solo per quello prodotto avverso l'accertamento i.g.e. 
(art. 20 citato d. I. n. 799). Ci� non toglie, per�, che l'obbligo della 
motivazione sussista anche per il ricorso proposto contro atto di accertamento 
di diversa imposta. 

questa sia adita quale giudice di secondo grado, negli stessi sensi decidendo, 
inoltre, per il controricorso, contenente o meno anche una impugnazione 
incidentale (cfr., da uJ.timo, Cass. 25 maggio 1966, n. 1336, retro, 1299, ed ivi 
richiami in nota), ha creduto invece di dover ravvisare, nell'ordinamento, la 
previsione di un minor rigore di forme per i ricorsi alle Commissioni 
distrettuali e provinciali, e di poter �conseguentemente affermare l'ammissibilit� 
di tali ricorsi, pur se privi di motivazione, purch� con questa 
integrati ne termini e modi previsti dall'art. 24, quarto comma, del r. d. 

n. 1516 del 1937. 

1376 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Stabilisce l'art. 24 del citato r. d. n. 1516, applicabile, peraltro, 
anche nei giudizi avanti alla Commissione provinciale per effetto del 
successivo art. 41, 1� comma, che il contribuente ha facolt� di presentare 
alla Commissione distrettuale, fino a cinque giorni prima della 
seduta, � note aggiunte, repLiche, ricorsi aggiunti�. 

Essendo la nota aggiunta atto destinato unicamente ad illustrare 
le istanze gi� ritualmente formulate per cui non pu� prospettare nuovi 
motivi di gravame, n� pu� ,contenere la enunciazione di motivi non 
indicati tempestivamente nell'atto di impugnazione � (Cass. 19 maggio 
1964, n. 1247), � di tutta evidenza come il citato art. 24 confermi 
implicitamente il principio che i motivi di gravame, sia contro l'atto 
di accertamento che contro la decisione di prima istanza, devono essere 
indicati tempestivamente nell'atto di impugnazione. 

Il concetto di replica non spiega rilevanza alcuna al fine de quo. 
Torna utile, per�, precisarne ugualmente la portata. 

.Com'� noto, in rito o~dinario il resistente pu� contestare i motivi 
posti dall'avversario a fondamento della sua domanda o con la comparsa 
di risposta, avanti le magistrature �di merito, o con il �controricorso 
avanti alla Corte di Cassazione, si come pu� contestare le deduzioni 
avversarie, contenute nelle memorie aggiunte, con le memorie di replica 
(art. 190 c. p. c.). 

Degli indicati atti di parte l'ordinamento processuale tributario 
prevede, per i soli giudizi avanti alla Commissione Centrale, il controricorso 
(art. 48, 6�0 comma, r. d. 8 luglio 1937 n. 1516), mentre per 
i giudizi avanti le Commissioni di merito solo le � repHche � (art. 24, 
4� comma; 41, 1� comma, cit. r. d. n. 1516). Poich�, come si � visto, la 

� repUca � � stricto sensu una risposta aUe deduzioni contenute nelle 
memorie aggiunte, non disponendo nulla la legge tributaria circa il 
primo atto �di difesa che il resistente pu� presentare per contestare i 
motivi dell'appello proposto alla Commissione provinciale dall'Ufficio 
(nella pratica il cosidetto � contrappello �), ritiene il Collegio che il 
concetto di � replica ., di cui allo art. 24, 4:0 comma, del r. d. 8 luglio 
1937, n. 1516, comprende non solo l'atto destinato a contestare le deduzioni 
avversarie nei giudizi avanti alle Commissioni distrettuali e 
provinciali (memoria di replica), ma anche quello di � contrappello � 
La stessa Corte Suprema, per vero, non ha sottovalutato gJi argomenti 
che in contrario possono addursi, anche sulla base dei principi e nella considerazione 
della funzione del ricorso, che � atto di impugnazione di un 
accertamento dell'Amministrazione, o, negli ulteriori gradi, di una decisione 
delle Commissioni (in argomento, v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, loc. cit.); 
ed in effetti -tenuto altresi conto, in relazione al termine previsto dall'art. 
24, citato; per il deposito di � note aggiunte ., che ci� � a .stretto rigore, 
starebbe ad indicare il carattere integrativo di queste, e l'anteriore svolgimento 
dei motivi � -ha riconosciuto che a quella conclusione di am



PAJlTE l, SE2k .V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 1377 

per i giudizi avanti alle Commissioni. provinciali. Il che, del resto, � 
quanto $i verifica nei giudizi avanti il Consiglio di Stato. Ancorch�, 
int~tti,; gli atti di �parte previ:;1ti dal T. u. 24 giugno 1924, n. 1054, 
siano s()lo "'le memode, le istanze; i ricordi incidentali � (art. 37), 
nella pratica la prima memoria del resistente, se presentata nel termine 
previ$to <l1;1;Uaccitata normat prende ilnome di " controricorso ., il quale 
oltre 1;1;l motivi che si oppongono direttamente a quelli del ricorso (motivi 
�U m~rito), pu� contenere anche motivi relativi alla validit� ed 
ammi$sibilit� del ricorso principale.�. � 

..�� Resta, da ultimo~ da esaminare il problema in. relazione ai � ricorsi 
aggiunti '" .di cui al citato art. 24, 4<> comma � 

.�.�.� �.. ;La lettura� del 39 e 49 comma del citato art. 24 potrebbe indurre a 
ritenere che laespressi<fne .., ricorsi aggiunti�� si equivalga a quella 
di ~ note aggiunte ~, dicui al pre�ed�nte comma. Ad avviso del Collegio 
tale equivalenza non sussiste sia per il diverso sign�ficato letterale 
delle���due espressf�ni{sia per�Ul'� motivo��derivante dalla genesi 
della norma;. 

���Non deve, infatti> dhrieritlcarsi ehe nel 1937 le� Commissioni per la 
risoluzione delle controversie in materia di imposte dirette ed indirette 
avevalio carattere a:tnlninistrativo (art. 22, pruno e secondo comma, 
r; d; 7 agosto 1936',<n:.1639), e che, ai s�ns� dell'art. 20, 2�0 comma, della 
legge 8 giugno 1936/11 .. 1231, rufficio, che avesse proceduto ad accertamento 
in rettifica didichiarazione per ricchezza mobile in confronto 
di soggetto tas$at� sul bilan.cio, poteva notificare i motivi o con lo 
stesso atto df accertamento � con .altro atto notificato anche oltre il 
termine prescritto per d~tto avviso. Ne seguiva che, notificato il primo 
atto non motivato, il contribuente aveva �sempre l'obbligo di ricorrere 
alla Commi$$lOne distrett.11le; ai fini della interruzione dei termini, 
entro trenta gior,nl 4,~Ua notificazione . (lei�. p~ovvedimento (art. 23, 1o 
comma, r. d. 8 luglio 1937, n. 1516) sotto pena, in mancanza, di rendere 
definitivo l'atto ai sensi dell'art. 91, ultimo comma, del r. d. 11 luglio 
1907, n. 560. Notificati, per�, successivamente, ii motivi dell'accertamento, 
il contribuente poteva svolgere le sue difese col solo rimedio 

missibilit� pu� pervenirsi soltanto con un �temperamento equitativo� ed 

� in via eccezionale � (Cass. 10 agosto 1962, n. 2538, Riv. leg. fi,sc., 1963, 
301).. 
Ma tale eccezionalit�, e specialmente in riferimento al carattere processuale 
della considerata materia, non pare giustificabile, E senz'altro pi� 
aderente ai principi, invece, ed accettabile senza riserve, si presenta, dunque, 
la odierna pronuncia delle Sezioni Unite della Commissione centrale, 
le quali, con motivazione del tutto asauriente, che dispensa da ogni pi� 
ampio commento, ed esaminando in ogni suo aspetto il problema, hanno 

15 



1378 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del e ricorso aggiunto � ' proponibile cinque giorni prima della udienza 
di trattazione (art. 24, 4�o comma r. d. n. 1516). 
Introdotto successivamente l'obbligo della motivazione dell'accertamento 
sotto comminatoria di nullit� opponibile in limite litis (art. 1 

L. 5 gennaio 1956, n. 1; ora art. 37 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645), il 
ricorso aggiunto pot� continuare a spiegare i suoi effetti in relazione al 
successivo art. 2, che dava facolt� ali'Amministrazione di integrare o 
modificare la motivazione dell'accertamento nel corso del giudizio di 
merito. Se, infatti, l'Ufficio aveva l'obbligo di notificare al contribuente 
� le deduzioni che modificano o integrano la motivazione � venti giorni 
prima della data fissata per la discussione del ricorso (art. 2, 2� comma, 
citato), � evidente che il contribuente dovesse avvalersi, per opporsi 
ai motivi integrati o modificati, del ricorso aggiunto, proponibile -ai 
sensi del pi� volte citato art. 24, 4<> comma, r. d. n. 1516 del 1937 cinque 
giorni prima della udienza. 
Con la entrata in vigore del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645, la cennata 
potest� ex citato art. 2 non � stata pi� confermata. Ci� non toglie, 
per�, ad avviso del Collegio, che il ricorso aggiunto possa ritenersi 
tuttora funzionale. 

Deve al riguardo tenersi presente che la funzione giurisdizionale 
delle commissioni si sostanzia, al pari di quella della G.P.A. in sede 
giurisdizionale e del Consiglio di Stato, in un sindacato di legittimit� 
(congiunto al merito nei casi previsti dalla legge) di un atto amministrativo. 
Ora, poich� � principio consolidato della giurisprudenza del 
Consiglio di Stato che la presentazione di motivi aggiunti � ammissibile, 
dopo la presentazione del ricorso principale, solo quando la documentazione 
prodotta dalla controparte metta in luce nuove circostanze 
che mostrino nuovi vizi di legittimit� (da ultimo, Sez. VI, 11 febbraio 
1966, n. 140), il Collegio ritiene che tale principio possa trovare applicazione 
anche per il procedimento avanti alle commissioni e, pertanto, 
che i ricorsi aggiunti ex citato art. 24 r. d. n. 1516 del 1937 possano 
continuare a spiegare la loro efficacia solo entro detto limite. Il che 
porta a ritenere, ancora una volta, che il ricorso mel"amente interruttivo 
� fine a s� stesso, ed � inammissibile nei giudizi avanti alle commissioni 
di merito. -(Omissis). 

dato a questo la lineare soluzione di cui alla massima, ponendo in luce, 
tra l'altro, con argomenti di indubbio rigore logico-sistematico, considerati 
.altresi in rapporto all'evoluzione legislativa in materia, quale sia, anche in 
relazione aLle esigenze del contraddittorio, la specifica funzione delle note 
e dei ricorsi aggiunti, di cui al ripetuto art. 24 del r. d. n. 1516 del 1937: 
note e ricorsi che non possono, in principio, per i limiti loro propri, correlati 
allo sviluppo difensivo durante lo svolgimento della controversia, 
supplire all'originaria deficienza di motivazione del ricorso introduttivo. 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. Civ., 30 maggio 19616, n. 1417 -
Pres. Scarpello -Est La Farina -P. M. Tavolaro (concl. parz. conformi) 
-Brogna e Sesto (avv. Selvaggi) c. Cutuli (avv. Spadaccini) e 
Ministero dei Lavori Pubblici e Assessorato per i Lavori Pubblici 
della Regione Siciliana (avv. Stato Agr�). 

Acque pubbliche -Opere idrauliche -Risarcimento dei danni -Improponibilit� 
dell'azione nei confronti della pubblica amministrazione. 


(r. d. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2; l. 13 luglio 1911, n. 774; r. d. 11 dicembre 1933, 
n. 1775, artt. 140 e 143). 
Acque pubbliche -Richiesta di rimessione in pristino -Improponibilit� 
dell'azione. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). 
'I 

La disposizione fondamentale dettata dall'art. 2 del r. d. 25 luglio 
1904, n. 523, attribuisce aUa Pubblica Amministrazione il potere 

I

esclusivo di provvedere, in materia di opere di qualunque natura (compiute 
da privati, e, secondo una contrastata interpretazione estensiva, 
anche dalla stessa P. A. o dai suoi concessionari) che possano avere 

I

relazione col buon regime deUe acque pubbliche e con altri interessi ! 
pubblici connessi a tali acque (primo comma art. cit.) e di ordinare ! ~ 
la modificazione, cessazione, distruzione di atti e fatti dannosi al regime 
delle acque pubbliche (secondo comma dello stesso articolo). 


I 

La pretesa inerzia della Pubblica Amministrazione a provvedere, 
nella materia indicata, non determina il sorgere, a favore di eventuali 
interessati, di alcuna lesione di diritto soggettivo, come tale aziona


I 

bile contro la P. A., ancorch� al limitato fine di ottenere il risarcimento 
del danno, dinanzi all'Autorit� Giudiziaria, sia pure in sede specializzata 
(Tribunale Regionale delle acque pubbliche). 




1380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'esercizio, il mancato esercizio o il cattivo esercizio della pub


blica funzione di polizia demaniale, e di polizia idraulica in specie, va 

considerato pur sempre come esplicazione di una pubblica funzione di


screzionale, come, del resto, si pu� dire per tutte le funzioni di polizia, 

la cui regolamentazione non pu� fondare nei privati interessati, in con


correnza di tutti gli altri elementi richiesti dal sistema, altro che una 

situazione di � interessi protetti � (1). 

La pronuncia, da parte del Giudice ordinario, di rimessione in pristino 
di un bene demaniale � preclusa sulla base dei principi desumibili 
dalla legge del 1865 abolitiva del contenzioso amministrativo e particolarmente 
dalla norma contenuta nell'art. 4 di detta legge. Tale norma 
non soltanto impedisce alla Autorit� Giudiziaria di revocare o modificare 
gli atti amministrativi, ma le fa altres� divieto di emettere condanne 
che, direttamente o indirettamente, obblighino l'Amministrazione 
a fare o a non fare qualche cosa, o sovrappongano o, comunque, sostituiscano 
la volont� del Giudice a quella che legittimamente pu� emanare 
soltanto dalla P. A., attraverso gli interventi riservati dalla legge 
agli organi di questa. 

La direzione formale della domanda esclusivamente verso gli autori 
materiali della deviazione del corso di un torrente e di altre opere 
dannose compiute su beni demaniali non esclude che, trattandosi di 
operare su un bene demaniale, sia pure in senso inverso alle attivit� 
arbitrarie svolte dai privati, la pronuncia del Giudice, e ancor pi� la 
sua esecuzione coattiva ad opera di organi ausiliari della giustizia, si 
sovrapponga a quella valutazione, mista di discrezionalit� amministrativa 
e tecnica, spettante alla P. A. nel suo specifico compito di polizia 
idraulica sul se e sui modi pi� idonei per restituire le acque pubbliche 
al loro originario corso e al loro originario regime, in funzione preminente 
dell'interesse attuale della collettivit� (2). 

(1) Sia la prima che la seconda sentenza delle Sezioni Unite della 
Corte di Cassazione si sono occupate della vexata quaestio della interpretazione 
dell'art. 2 del t.u. sulle Opere Idrauliche, approvato con r. d. 25 lu�lio 
1904, n. 523, ma mentre la prima (n. 1417 del 30 maggio 1966) ha confermato 
la interpretazione che potremmo dire oramai consolidata nella 
giurisprudenza della Suprema Corte, la seconda (n. 2039 del 25 luglio 1966), 
pronunziata su ricorso del Ministero dei Lavori Pubblici avverso la sentenza 
d,el Tribunale Superiore delle AA.PP. n. 9 del 3 maggio 1955 (in 
questa Rassegna 1966, n. 2, Parte I, 1Sez. VI, pagg. 468 e segg.), ha espresso 
un nuovo orientamento, indubbiamente interessante, ma che non ci pare, 
per verit�, confortato n� dalla lettera della norma n� dallo spirito informatore 
della norma stessa. 
Tutt'e due le sentenze hanno riaffermato il principio che la disposizione 
fondamentale dettata dall'art. 2 del r. d. 25 luglio 1904, n. 523, attribuisce 
alla Pubblica Amministrazione il potere .esclusivo di provvedere, in materia 
di opere di qualunque natura che possano avere relazione col buon 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1381 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. Civ., 25 luglio 1966, n. 2039 -
Pres. Flore -Est. Mirabelli -P. M. Pedote (concl. conf.) -Ministero 
Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni) c. S. p. A. Ceramica Richard 
Ginori (avv. Battagliese e Cervati). 

Acque pubbliche -Opere idrauliche -Risarcimento dei danni -Pro


ponibilit� dell'azione. 

(art. 2 t. u. sulle Opere Idrauliche approvato con r. d. 25 luglio 1904, n. 523). 

Il provvedimento che, ai sensi dell'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche, 
accerti la dannosit�, o meno, delle opere o dell'attivit� per il 
regime delle acque pubbliche deve essere richiesto ed emanato tutte 
le volte che sorga contestazione intorno alla rispondenza di una attivit�, 
sia di privati che dell'Amministrazione, al � buon regime delle 
acque pubbliche �. 

Tale provvedimento � richiesto, e si pone come condizione per 
l'esercizio delle pretese relative in sede giurisdizionale, ogni volta che 
venga in discussione la sussistenza, o meno, di un affievolimento della 
posizione soggettiva vantata dalla controparte, ma non � richiesto, ed 
anzi � inammissibile, quando la pretesa riguardi posizioni non suscettibili 
di affievolimento, qual'�, in primo luogo, la pretesa di risarcimento 
di danni per inosservanza dell'obbligo generale di diligenza, ossia per 
attivit� dannose imputabili a colpa dell'Amministrazione Pubblica. 

Il potere, attribuito alla Amministrazione dall'art. 2 del t. u. sulle 
Opere Idrauliche, di imporre la sua volont� con ordini .(�statuire �) 
overo attuare direttamente il soddisfacimento deli'interesse pubblico 
( � provvedere �) si dirige ai destinatari del comando, che impone di 

regime delle acque pubbliche, sia che dette opere siano compiute da privati 
sia che siano compiute dalla stessa P.A. o dai suoi concessionari. 
Il principio era stato negato dal Tribunale Superiore delle AA. PP. nella 
surrichiamata sentenza n. 9 del 3 maggio 1955. La prima decisione della 
Cassazione lo ha riaffermato chiaramente e senza perplessit�, sia pure 
richiamando una contrastata interpretazione estensiva; la seconda decisione, 
invece, quella pronunziata sul ricorso avverso la sentenza del Tribunale 
Superiore delle AA.PP. che aveva negato il principio, ha, in definitiva, 
riaffermato anche essa il principio stesso, pur attraverso una motivazione 
che a noi � �sembrata abbia voluto, nel riformare sul punto fa 
sentenza del Tribunale Superiore delle AA. PP., dare atto a tale Giudice 
del proprio apprezzamento per il tentativo di interpretazione articolato. 

Ha esattamente rilevato la seconda decisione, pur trascurando altre 
argomentazioni che noi avevamo prospettate nei nostri atti difensivi e che 



1382 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cessare o di modificare l'esercizio del diritto, ovvero del provvedimento, 
che importi modificazione o distruzione delle opere. 

� nei confronti di questi destinatari che opera la norma del citato 
art. 2 -secondo comma -in base al quale, quando sorga contestazione 
intorno ad interessi legati con il regime delle acque, occorre che sia 
provocato un apposito provvedimento dell'Amministrazione, che si pone 
come presupposto per le impugnative, davanti al Tribunale Superiore 
delle Acque Publiche, delle statuizioni e dei provvedimenti anche per 
iZ merito, e, nel caso di annullamento e conseguente riespansione del 
diritto gi� affievolito, davanti al Giudice dei diritti .(Tribunale Regionale), 
per il risarcimento dei danni. L'esigenza di un provvedimento 
consimile viene a mancare, invece, quando la pretesa riguardi posizioni 
soggettive e non affievolite .(perch� di terzi non destinatari della 
statuizione o del provvedimento) ovvero non passibili comunque di 
affievolimento, ma munite di tutela piena ed incondizionata nei confronti 
della P. A. Tra queste si pone, in primo luogo, la posizione 
soggettiva attiva corrispondente al generale obbligo di correttezza e 
diligenza, all'obbligo del neminem laedere, cui � incondizionatamente 
soggetta anche la P. A., quanto meno nello svolgimento di attivit� con 
riflessi materiali (1). 

I 

(Omissis). -Con i primi due motivi del ricorso, attinenti entrambi 
ai limiti della giurisdizione, i ricorrenti censurano le statuizioni emesse 
dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nei confronti della 

P. A. Infatti, con il primo di detti motivi si sostiene che avrebbe dovuto 
ritenersi ammissibile una domanda di rimessione in pristino,, non 
ostando a ci� la demanialit� delle acque. In particolare secondo i ricorci 
sembravano ben serie per la dimostrazione del principio da noi assunto, 
che l'ultimo comma dell'art. 2 del T. U. sulle Opere Idrauliche, il quale 
statuisce: �Le disposizioni si applicano a tutte le opere di carattere pubblico 
che si eseguiscono entro l'alveo o contro le sponde di un corso di 
acqua �, rende applicabile l'intera disciplina ivi prevista anche all'ipotesi 
in cui le opere o le attivit�, che si assumono dannose, siano compiute 
dalla P. A. Ha poi accennato ila stessa decisione ad una interpretazione 
particolarmente restrittiva, secondo la quale potrebbe ritenel'ISi che nel 
comma citato venga considerata solo la ipotesi in cui le opere di carattere 
pubblico vengano compiute da organi od enti che, pur facendo parte della 
Pubblica Amministrazione, siano diversi da quelli preposti alla tutela del 
regime delle acque. Ma da ultimo la decisione ha fatto una affermazione 
conclusiva che ci pare superi la interpretazione restrittiva, per riaffermare 
anche essa il principio generale, gi� riaffermato nell'altra decisione, 
che spetti alla P. A., in ogni caso, provvedere sia per le opere compiute 


.; 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1383 

renti non ricorrerebbero nella specie preclusioni di carattere soggettivo, 
perch� la domanda era rivolta contro privati e non contro la P. A., 
n� d'altro ordine, mancando ogni provvedimento della P. A. su cui potesse 
incidere la pronuncia del giudice. 

N� il. difetto assoluto di giurisdizione, inteso come carenza di azione 

o improponibilit� della domanda, avrebbe potuto giustificarsi per essere 
la manutenzione del corso d'acqua demandata alla P. A. nella sua discrezionalit�, 
essendo nella specie in contestazione soltanto interessi di 
privati nei confronti di altri privati, e non anche la tutela di interessi 
generali (violazione degli artt. 2 legge 20 marzo 196�5, n. 2248, all. E, 
art..293 e segg. t. u. 25 luglio 1904, n. 503, art. 360, n. 1 c. p. c.). 
Con il secondo mezzo, poi, i ricorrenti lamentano che il Tribunale 
Superiore delle Acque Pubbliche abbia ritenuto, nella specie, non ammissibile 
l'azione di risarcimento dei danni nei confronti della P. A.; 
osservano, a questo riguardo, che la qualificazione di attivit� di polizia, 
adottata da detto Tr.ibunale circa la natura dell'intervento della P. A. 
previsto dalla legge quanto al regime delle acque, non escluderebbe la 
possibilit� di una pretesa risarcitoria: e fanno rilevare che lo stesso 
Tribunale ammette l'esistenza di un dovere pubblico di far cessare J.e 
attivit� illecite altrui, sicch� un mancato esercizio di tale dovere costituirebbe 
violazione di un diritto soggettivo (violazione dell'art. 2 t. u. 

2.5 luglio 1904, n. 523, falsa applicazione dell'art. 7 del t. u. 18 giugno 
1931, n. 773 con riferimento agli artt. 2043 c. c. e 46 legge 25 giugno 
1865, n. 2359; art. 360 nn. 1 e 3 c. p. c.). 
Entrambi i motivi sono infondati; e, a dimostrarne l'infondatezza, 
appare, pi� opportuno, in ordine logico, procedere all'esame del secondo 
motivo, dal quale esame pi� compiutamente possono risultare 
alcuni princ�pi basilari in ordine alla posizione del privato rispetto ai 
poteri che la legge demanda alla P. A., in ordine al regime delle acque. 

da privati sia per quelle compiute dalla P.A. � dai suoi concessionari, 
intendendosi per P. A. tutti gli organi od Enti che possano in essa essere 
ricompresi, anche quelli, quindi, preposti alla tutela delle acque pubbliche. 

Comunque la interpretazione restrittiva a noi pare che non .possa 
essere accolta. Essa contrasta con fa lettera della Legge, che non distingue 
fra organi ed organi della P. A.: si �coDJSideri, fra �l'altro, che le opere 
idrauliche pi� importanti, quelle, cio�, che abbiano relazione col buon 
regime delle acque pubbliche nonch� con la difesa e conservazione delle 
sponde, sono proprio di competenza della stessa Amministrazione dei Lavori 
Pubblici, a cui poi compete la tutela delle stesse acque pubbliche. 
E se la norma conferisce alla P. A. di statuire e provvedere anche sulle 
opere indicate, non si vede come possa distinguersi, accedendosi cosi alla 
accennata interpretazione restrittiva, fra organi ed organi della P. A. La 
interpretazione restrittiva contrasta anche -1a nostro avviso -con lo 
spirito informatore della norma di cui discutiamo, che � quello della difesa 



1384 

RASSEGNA DELL,AVVOCATURA DELLO STATO 

Invero, come premessa di ordine generale � opportuno rilevare che la 
disposizione fondamentale dettata dall'art. 2 del r. d. 25 luglio 1904,. 

n. 523 (t. u. delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche 
delle diverse categorie) attribuisce, anche attraverso le modificazioni 
apportate dalle leggi �successive (1. 13 luglio 1911, n. 774, artt. 140 e 143 
t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775) alla P. A. il potere esclusivo di statuire 
e di provvedere, in materia di opere di qualunque natura (compiute 
dai privati, e, secondo una contrastata interpretazione estensiva, 
anche dalla stessa P. A. o dai suoi concessionari) che possano avere 
relazione col buon regime delle acque pubbliche e con altri interessi 
pubblici connessi a tali acque (primo comma art. cit.) e di ordinare la 
modificazione, cessazione, distruzione di atti e fatti dannosi al regime 
delle acque pubbliche (secondo comma dello stesso articolo). 
Trattasi, in definitiva, con la particolare articolazione e con il 
particolare adattamento resi necessari dalla complessit� e dall'importanza 
della materia, dell'estrinsecazione, in materia di acque pubbliche, 
di quel generale potere di polizia demaniale, che � tradizionalmente 
riconosciuto all'amministrazione, soprattutto in base alle ancora vigenti 
norme della legge di LL. PP. del 1865 (artt. 374-378); potere che 
comprende -oltre la vigilanza sull'uso del bene demaniale e sull'osservanza 
delle relative norme legislative e regolamentari -la tutela 
della integrit� materiale dei beni e del diritto dominicale della stessa 
amministrazione sui beni medesimi, attraverso mezzi di coercizione e 
d'esecuzione mediante l'ordine di riduzione coattiva al pristino stato, e 
l'esecuzione diretta, d'ufficio, di tale ordine (V. anche gli artt. 93-101 
del citato t. u. del 1904). E in tale quadro s'inserisce la generale disposizione 
dell'art. 823 secondo comma cod. civ. che, pur ammettendo a 
favore dell'amministrazione la concorrente tutelt derivante dai mezzi 
ordinari a difesa della propriet� e del possesso regolati dallo stesso 
codice, ribadisce il basilare principio che spetta all'autorit� ammini


idraulica, la quale va attuata in funzione di un preminente interesse 
pubblico, la difesa del territorio nazionale, di fronte al quale assumono 
posizione secondaria e ben, quindi, possono affievolirsi -come pi� 
diffusamente diremo in seguito -le posizioni di diritto subiettivo perfetto, 
spettanti ai singoli titolari delle rive e dei beni ad esse adiacenti. 
E tale preminente interesse pubblico non pu� che essere valutato, nell'esercizio 
di una discrezionalit� sia tecnica che amministrativa, dalla 

P. A. che � preposta alla tutela delle acque pubbliche, la quale pu�, anzi 
deve, di ufficio o su denuncia, sia giudicare della conformit� all'interesse 
pubblico delle opere costruite da aJ.tri, si'a riesaminare se le opere da 
essa stessa compiute siano conformi al detto interesse pubblico o debbano, 
in ipotesi, essere, sempre in vista dell'interesse pubblico, distrutte o mo' 
dificate. 
E sono le stesse ragioni, la lettera della norma e lo spirito informatore 
di essa, che contrastano -a nostro avviso -con il nuovo orienta


�:: 

" 

=~[ 
~~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1385 

strativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico, e che 
essa ha facolt� di procedere a tale tutela in vira amministrativa, cio� 
in via di autotutela. N� a fare escludere la pi� volte citata norma del� 
l'art. 2 dal pi� ampio generale ambito dell'attivit� pubblica amministrativa 
diretta in via. essenziale e primaria alla tutela di interessi pubblici, 
pu� valere la considerazione che in detto articolo alla P. A. sembra 
riconosci�to w,t certo potere d'intervento anche quando le opere, ecc., 
abbiano dato ~uogo a contestazioni tra privati ed anche a pretese di 
danni tra i p~ivati stessi. Tale intervento in via puramente ammini$
trativa assume carattere meramente accessorio alla potest� primaria 
di provvedere alai tutela degli interessi pubblici inerenti alle opere e 
di fatti denunciati e accertati, e, comunque, almeno allo stato attuale 
della legislazione successiva -�che ha inciso sulle norme originarie dettate 
dal t.. u. del 1904 .....,. non esclude il ricorso alle competenti autorit� 
giurisdizionali .per tali. contestazioni tra privati venute occasionalmente 
a provocare� operazioni di polizia demaniale o venute ad inserirsi nelle 
stesse. Ci� premesso, appare chiaro che dall'inerzoa originaria della 

P. A., dallai nvocazione di intervento, invano fatta dai coniugi Brogna 
ai competenti organi, con l'e$Posto di cui in narrativa, e dall'assoluta 
permanente inerzia dell'amministrazione stessa, anche dopo l'esposto, a 
provvedere nei sensi auspicati dagli autori di esso, cio� ad avvalersi 
dei poteri di ordinare la rimessione in pristino, e di provvedere in via 
immediata coattiva e diretta a tale rimessione, non poteva sorgere a 
favore dei Brogna alcuna lesione di diritto soggettivo, come tale azionabile 
contro la P. A., ancorch� al limitato fine di ottenere il risarcimento 
del danno dinanzi all'autorit� giudiziaria, sia pure in sede $Pecializzata 
(Tribunale Regionale delle acque pubbliche). 
� appena necessario; a questo riguardo, ricordare che, secondo il 
concetto emergente dalla consolidata giurisprudenza di questa S. C., la 
discriminazione tra la giurisdizione del giudice ordinario e quella del 

mento espresso dalla Corte di Cassazione, nella seconda deciisione, circa 
la interpretazione dell'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche. Ha ritenuto 
La Corte di Cassazione che il potere della P. A. di imporre la sua volont� 
con ordini ( � statuire �) ovvero di attuare diTettamente il soddisfacimento 
de1lo interesse pubblico (� provvedere >) nei confronti degli utenti di 
acque pubbliche si diriga rsoltanto ai destinatari del comando, che impone 
di cessare o di modificare l'esercizio del diritto, ed ai destinatari del provvedimento, 
che importa modificazione o distruzione delle opere, con la 
conseguenza che � nei confronti di questi destinatari che opera la norma 
dell'art. 2 -secondo comma -, in base al quale, quando sorga contestazione 
intorno ad interessi legati con il regime delle acque, occorre che 
sia provocato dall'interessato un apposito provvedimento dell'Amministrazione, 
atto ad affievolire :i.e posizioni soggettive dei destinatari medesimi. 
Ma l'esigenza della emanazione di un provvedimento del genere verrebbe 
a mancare, quando la pretesa riguardi posizioni soggettive e non affievolite 



1386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giudice amministrativo si determina in base all'oggetto specifico del 
giudizio, individuato con riferimento congiunto alla causa petendi e al 
petitum; cosicch� la giurisdizione spetta al giudice ordinario o, invece, 
a quello amministrativo, a seconda che si domandi la tutela di un diritto 
soggettivo perfetto, o soltanto di un interesse legittimo. Il criterio 
distintivo � dato non dal modo con cui il privato prospetta la pretesa 
da lui fatta valere contro la P. A., ma dalla reale natura della protezione 
accordata dall'ordinamento giuridico alla posizione soggettiva dedotta 
dal privato a fondamento di tale pretesa. In altri termini, per 
affermare la giurisdizione del giudice ordinario, non � sufficiente che 
il privato sostenga di essere stato leso, dall'atto amministrativo, in un 
suo diritto soggettivo, ma occorre che esista una norma, la quale attribuisca 
alla posizione soggettiva dedotta in giudizio dal privato, una 
tutela diretta ed immediata, con esclusione di ogni potere discrezionale 
della P. A. d'incidere su tale posizione; soltanto in tal caso la posizione 
del privato � configurabile come un diritto soggettivo perfetto, laddove, 
di fronte al potere discrezionale della P. A., al posizione del privato non 
pu� essere che di interesse legittimo. 

Nelal specie, i coniugi Brogna, affermando che il comportamento 
del Provveditore alle 00. PP. (inazione anteriore e posteriore al loro 
esposto) sarebbe stato illegittimo, in quanto tale organo avrebbe dovuto 
impedire lo spostamento del torrente e non lo ha impedito, e, 
successivamente avrebbe dovuto ordinare la rimessione in pristino, e 
non lo ha fatto, e che con tale illegittimo comportamento omissivo 
sarebbe stato leso il loro diritto di propriet� sul fondo soggetto alle 
conseguenze dannose dello spostamento, da ci� pretenderebbero fare 
derivare, la pretesa ad una dichiarazione di illegittimit� del comportamento 
della P. A., da emetteiisi dal giudice ordinario specializzato, 
e, conseguentemente, una pretesa ad una pronuncia di condanna di 
risarcimento dei danni nei confronti dell'amministrazione stessa; ma 

(perch� di terzi non destinatari della statuizione o del provvedimento) 
ovvero non passibiJ.i di affievolimento, ma munite di tutela piena ed incondizionata 
nei confronti della P. A. Fra tali posizioni soggettive si porrebbe 
-secondo l'affermazione della Suprema Corte -, in primo luogo, 

quella attiva corrispondente al generale obbligo di correttezza e diligenza, 
all'obbligo del neminem laedere, cui sarebbe incondizionatamente soggetta 
anche la P. A., quanto meno nello svolgimento di attivit� con riflessi 
materiali. In conclusione, quindi, nei confronti dei soggetti non destinatari 
della statuizione o del provvedimento, nei confronti, cio�, per restare 
nell'ambito del caso esaminato dalla Suprema Corte, dei titolari di diritti 
sulle rive e sui beni ad esse adiacenti, il provvedimento non sarebbe richiesto 
n� opererebbe, con la conseguenza che le posizioni soggettive dei 
titolari di tali diritti non sarebbero passibili di affievolimento. 

La tesi � indubbiamente di particolare interesse. Essa, per�, ci si 
consenta, si concreta -a nostro sommesso avviso -in un tentativo di 

-~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1387 

� ovvio, cosi precisata la materia contenziosa, che l'A. G. ordinaria 
difetta di giurisdizione su tali pretese, in quanto i ricorrenti deducono 
una posizione soggettiva che non pu� essere configurata come di diritto 
soggettivo, ma, se mai, d'interesse legittimo. Infatti, non solo non 
esite alcuna norma che riconosca al privato il diritto di esigere dalla 
P. A., la tutela immediata e diretta della propriet� contro la attivit� 
dannosa della P. A., ma come si � detto, i poteri di cui i coniugi Brogna 
invano avevano sollecitato l'esercizio, hanno carattere eminentemente 
discrezionale; il mancato esercizio di essi -quale che ne possa essere 
stata la ragione ricorrente nella specie (opinione che le opere in questione, 
ancorch� lesive della propriet� dei Brogna, non pregiudicassero 
in alcun modo, o sensibilmente, il buon regime delle acque pubbliche, 
ecc.) -non pu� profilare alcun diritto soggettivo dei Brogna che 
sia stato leso dalla P. A., e quindi non pu� rendere proponibile alcuna 
pretesa nei confronti della P. A. al ristoro dei danni, neppure nella 
forma secondaria e sostitutiva di una condanna al risarcimento pecuniario, 
pronunciabile dal giudice ordinario. In altri termini, l'esercizio, 
il mancato esercizio o il cattivo esercizio della pubblica funzione di 
polizia demaniale, e di polizia idraulica in specie, va considerato pur 
sempre come esplicazione di una pubblica funzione discrezionale, come 
del resto, si pu� dire per tutte le funzioni di polizia (invano cercando i 
ricorrenti di restringere tali concetti alla polizia di sicurezza), la cui 
regolamentazione non pu� fondare nei privati interessati, in concorrenza 
di tutti gli altri elementi richiesti dal sistema, altro che una 
situazione di � interessi protetti �; cosicch�, nella specie, ammesso che 
si fosse perfezionata la fattispecie del silenzio-rifiuto, da parte dell'organo 
di polizia demaniale, di provvedere intorno una situazione, 
in cui l'interesse pubblico, direttamente inteso ed amministrato, avrebbe 
coinciso con la tutela del diritto di propriet� dei coniugi Brogna, i 
rimedi giurisdizionali, quanto meno, in via immediata, avrebbero do-

costruzione di una normativa, in un tentativo, meglio, di inquadramento 
di una normazione particolare, dettata da speciali esigenze di pubblico 
interesse, nel principio generale dell'obbligo del neminem laedere, cui indubbiamente 
anche la Pubblica Amministrazione � soggetta. Ma non pu� 
dirsi che lo ,sia incondizionatamente: lo � tutte le volte in cui l'attivit� 
della Pubblica Amministrazione non sia specificamente e puntuammente 
regolata da norme, di fronte alle quali le posizioni di diritto subiettivo 
dei terzi vengano a degradarsi, cosicch�, venendo a mancare nei terzi un 
diritto subiettivo perfetto, di contro non pu� nemmeno configurarsi nella 
Pubblica Amministrazione la sussistenza dell'obbligo del neminem laedere. 

Nel caso in esame -come dicevamo -� la lettera della Legge e 
pi� ancora lo spirito informatore di essa che contrasta con il principio 
affermato da1la Corte di Cassazione. 

L'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche attribuisce alla P. A. preposta 

alla tutela delle Acque Pubbliche un potere di carattere generale, da 



1388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vuto essere identificati soltanto nel ricovso, per annullamento, ai competenti 
organi di giustizia amministrativa (cfr. l'art. 143 lett. b) del t. u. 

n. 17.75 del 1933 nelle acque, che attribuisce, tra l'altro, alla cognizione 
diretta del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, i ricorsi, anche 
per il merito, contro i provvedimenti definitivi adottati dall'autorit� 
amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche, ai sensi 
dell'art. 2 pi� volte citato e successive modificazioni). 
N�, per concludere sul secondo motivo di ricorso, dalla astratta 
configurabilit�, prospettata dai ricorrenti, di un dovere dell'amministrazione 
di provvedere, ricorrendo genericamente le situazioni previste 
dall'art. 2, nei sensi previsti dalla norma stessa, pu� derivare la 
proponibilit� dell'azione giudiziaria rivolta alla declaratoria di illegittimit� 
del comportamento negativo, e alla condanna al risarcimento 
dei danni, giacch� tale < astratto � dovere non si concreta, nel sistema 
dalla! egge, in un obbligo, in senso tecnico, che vincoli l'amministrazione 
nei confronti del privato. 

Dal complesso dei concetti sopra precisati chiara emerge poi, l'esattezza 
della soluzione adottata dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, 
anche in ordine alla richiesta di rimessione in pristino, dichiarata 
improponibile sia pure con la succinta specifica motivazione � proprio 
perch� l'acqua � pubblica, gli appellanti non hanno alcuna azione 
per ottenere la riduzione in pristino �. 

Cos� come spettava esclusivamente all'autorit� amministrativa di 
stabilire, discrezionalmente, se impedire o no lo spostamento del torrente 
Rio Sanfratello, cosi spettava alla stessa autorit�, e sempre nell'esercizio 
di un potere discrezionale, di provvedere, o di non provvedere, 
a seguito dell'esposto, cio� di ordinare o meno la distruzione o 
la modificazione delle opere eseguite e il ripristino della situazione anteriore, 
o di procedere o di non procedere direttamente o in via coattiva 
a tale ripristino, a mezzo dei suoi organi esecutivi. Le ragioni sopra 
precisate, quanto alla inesistenza di un diritto soggettivo dei ricorrenti 

esercitarsi nell'interesse pubbllco della difesa idraulica, e di fronte a tale 
potere gli interessi dei privati. non possono che avere una tutela indiretta 
e riflessa. L'opera� idraulica deve rispondere prima all'interesse pubblico 
del buon regime delle acque e solo subordinatamente agli interessi privati 
che l'opera idraulica serva o che, comunque, da essa possano, in ipotesi, 
subire una lesione. Pu� anche avvenire che l'opera idraulica, proprio per 
assolvere alla funzione preminente di tutela del buon regime delle acque, 
cagioni danni a privati, perch� la Pubblica Amministrazione, nell'esercizio 
del potere indicato, ha dovuto necessariamente 1scegliere fra l'interesse 
pubblico e queLlo del privato, fra il danno ben pi� grave ipotizzabile per 
la collettivit� ed il danno meno grave ipotizzabile a carico del privato ed 
ha dovuto sacrificare la posizione di quest'ultimo di fronte all'interesse 
pubblico della collettivit�. In situazioni del genere non � ipotizzabile la 
violazione dell'obbligo del neminem laedere, perch� l'attivit� dell'Ammi




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1389 

la cui lesione rendesse esperibile in sede giudiziaria un'azione di con~ 
danna della amministrazione, al risarcimento dei danni, valgono, poi, e 
a maggior ragione, a rendere inammissibile una pronuncia del giudice 
che, suscettibile di esecuzione in forma specifica, secondo le norme del 
codice di procedura civile attinenti all'esecuzione degli obblighi di fare 

o di non fare, ordinasse la restituzione delle cose al pristino stato. N� 
tale conclusione pu� essere scossa dai sia pur suggestivi rilievi in contrario, 
contenuti nel motivo primo del ricorso, secondo cui una tale 
pronuncia giudiziaria sarebbe stata e sarebbe ammissibile, sia perch� la 
domanda relativa era stata proposta, e la correlativa condanna vrebbe 
dovuto essere emessa esclusivamente nei confronti dei privati autori 
dell'atto dannoso, sia perch� tale pronuncia giudiziaria non avrebbe 
inciso su alcuno specifico atto amministrativo, e su alcuno specifico 
comportamento positivo della P. A., nella specie insussistente, sia infine 
perch�, in base ad una nozione di ordine generale, non avrebbe nemmeno 
possibilit� di profilarsi una situazione di difetto di giurisdizioneimproponibilit� 
della domanda, ove 1a controversia civile si svolga, 
quali legittimi contraddittori, soltanto tra privati. Invero, la direzione 
formale della domanda soltanto verso gli autori materiali della deviazione 
del corso del torrente e delle altre opere dannose, non esclude, 
che, trattandosi di operare su un bene demaniale, sia pure in senso 
inverso alle attivit� arbitrarie svolte dai privati, la proinuncia del giudice, 
ed ancora, pi� la sua esecuzione coattiva ad opera di organi ausiliari 
della giustizia, si sovrapponga a quella valutazione, mista di discrezionalit� 
amministrativa e tecnica, spettante alla P. A. nel suo 
specifico compito di polizia idraulica sul se, e sui modi pi� idonei per 
restituire le acque pubbliche al loro originario corso e al loro originario 
regime, in funzione preminente dell'interesse attuale della collettivit�. 
In casi di tal genere, si ritiene dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, 
che anche se la domanda sia rivolta da un privato contro un 
altro soggetto privato, ed anche se esista la semplice inerzia e non gi� 
nistrazione non va valutata nei confronti del diritto del singolo sibbene in 
relazione alla posizione generale della collettivit�. 

Esattamente il Tribunale Regionale delle Acque di Firenze, giudicando 
ne1ila controversia, aveva affermato: � A ben comprendere lo spirito informatore 
della norma, devesi ricordare che il fine della difesa idraulica 
non � quello di tutelare la proprietd dei singoli titolari delle rive e dei 
beni ad esse adiacenti, ma di assicurare l'integritd del territorio dello 
Stato, sicch� l'Amministrazione, allorch� emana un provvedimento positivo 
o negativo nell'interesse generale, per il buon regime delle acque pubbliche, 
deve essere sottratta in modo assoluto al Sindacato giurisdizionale 
perch� il suo atto attiene alla funzione di pubblico interesse che ad essa 
Amministrazione spetta �. 

N� la lettera n� lo spirito informatore della norma confortano, quindi, 
la nuova interpretazione che della norma stessa hanno ritenuto di poter 



1390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un atto amministrativo specifico o un comportamento positivo della 

P. A., concludente in modo inequivocabile nel senso della rispondenza 
del nuovo stato di cose posto in essere all'interesse pubblico, la pronuncia 
di rimessione in pristino del bene demaniale, da parte del giudice 
ordinario, rimarrebbe preclusa in base ai principi desumibili dalla 
legge del 1865 sul contenzioso, e particolarmente dal suo art. 4; norma 
questa che, se rettamente intesa, non soltanto impedisce all'autorit� 
giudiziaria di revocare o modificare gli atti amministrativi, ma le fa 
altresi divieto di emettere condanne che, direttamente o indirettamente, 
obblighino l'amministrazione a fare o a non fare qualche cosa, o soprappongano, 
comunque, o sostituiscono la volont� del giudice a quella che 
legittimamente pu� emanare soltanto dalla P. A.,a ttraverso gli interventi 
riservati dalla legge agli orgai di questa. -(Omissis). 
II 

(Omissis). -Con il secondo motivo, peraltro, l'Amministrazione 
ricorrente, denunciando l'improponibilit�, allo statod egli atti, della 
domanda, per difetto di giurisdizione, la violazione e la falsa applicazione 
del citato art. 4 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, nonch� 
dell'art. 2 del t. u. sulle opere idrauliche 2,5 luglio 1904, n. 523, parimenti 
citato, ed inoltre il difetto di motivazione della sentenza impugnata, 
ai sensi dell'art. 3�60, nn. 1, 3 e 5., c. p. c., sostiene che erroneamente 
il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche abbia ritenuto che 
la lesione del diritto del proprietario del fondo danneggiato da opere 
od atti della P. A. in materia di regime delle acque pubbliche possa 
essere fatta volere indipendentemente dal riconoscimento della donnosit� 
delle opere da parte della autorit� amministrativa, richiesto ed 
emesso a sensi del 2� comma del citato art. 2; in particolare sostiene che 
la sentenza impugnata abbia erroneamente interpretato tale norma, nel 

dare le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Non � dato distinguere 
fra destinatari della statuizione o del provvedimento ed estranei al rapporto, 
per affermare che nei confronti di questi ultimi la norma di cui 
all'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche non opererebbe, valendo per essi 
i principi normali circa la responsabilit� extracontrattuale della P. A. e, 
conseguentemente, l'obbligo del neminem laedere. L'interesse pubblico, di 
cui, in materia di Opere Idrauliche, � �portatrice l'Amministrazione preposta 
alla tutela delle Acque Pubbliche, � operativo e prevale su tutti 
gli interessi privati che alle acque pubbliche siano collegati o che da esse 
siano condizionati. Esso, perci�, non pu� non determinare un affievolimento 
di tutte le posizioni di diritto in cui si concretino i detti interessi 
privati, cosicch� � a ritenersi che la statuizione o il provvedimento operi 
non soltanto nei confronti dei destinatari ma �anche dei terzi, i quali an




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1391 

punto in cui ha affermato che la norma stessa si applichi soltanto alle 
ipotesi in cui le opere dannose siano poste in essere da soggetti privati, 
e non da organi dell'Amministrazione, ed afferma che, invece, 
l'omisione del provvedimento ivi previsto precluda l'esercizio di qualsiasi 
pretesa, che sia fondata comunque su opere e provvedimenti concernenti 
il regime delle acque, sia che provengano da soggetti privati 
sia che siano compiuti da organi della P. A. 

Queste Sezioni Unite sono di avviso che la pronuncia del Tribunale 
Superiore che ha rigettato l'eccezione di improponibilit� meriti 
conferma, ed a tale conclusione sono giunte attraverso un pieno riesame 
della norma in discussione. 

Sembra, invero, da accogliere, in primo luogo, la t$i, affermata 
dalla sentenza impugnata, secondo la quale l'ipotesi cui si riferisce direttamente 
il 2P comma del citato art. 2,, con riferimento alla enunciazione 
. contenuta nella prima parte dello stesso articolo, � quella di 
attivit� compiute . da soggetti . diversi dagli organi della P. A. Questa 
tesi si fonda soprattutto su un rilievo testuale; la norma, infatti, attribuisce 
ali' Amministrazione la facolt� di � ordinare � la modificazione 
delle situazioni, la cessazione delle attivit� e la distruzione delle opere, 
che siano dannose per il regime delle acque. Orbene, se l'Amministrazione 
intendesse provvedere in tali sensi, nei confronti di opere od attivit� 
ad essa risalenti, non emetterebbe ordini, ma direttamente compirebbe 
le attivit� innovative, �cesserebbe dalle attivit� in corso od 
effettuerebbe la distruzione delle opere esistenti, mentre solo in relazione 
ad atti compiuti da soggetti ad essa estranei pu� essere configurata 
l'emissione di ordini di modificazione, cessazione o distruzione. 

La tesi trova indubbio appoggio, come la stessa sentenza impu


gnata ha rilevato, nella formulazione della lett. e) dell'art. 140 del t. u. 

sulle acque pubbliche, in cui si trova nettamente distinta l'� opera se


guita dalla pubblica amministrazione � del � provvedimento emesso 

dall'autc:>rit� amministrativa., con riferimento appunto all'art. 2 del 

t. u. sulel opere idauliche, di cui si discute si che appare fondata la 
che, di fronte ad una situazione di pericolo o di danno di un'opera idrau


lica, debbono farne denuncia alla Amministrazione preposta alla tutela 

per ottenere quel provvedimento a:nuninistvativo, che condiziona la propo


nibilit� di una azione di danni. 

N� si dica che, in tal modo, i terzi sarebbero sprovvisti di adeguata 

tutela, perch� avverso il provvedimento � ammesso il ricorso al Tribunale 

Superiore delle Acque Pubbliche anche per il merito e successivamente le 

ragioni di danno potranno essere esperite innanzi al Giudice dei diritti, 

sia pure con il limite che dinanzi ai Giudici ordinari non potranno pi� 

discutersi le questioni gi� risolute in via amministrativa. 

Si aggiunga che tutto ci� riguarda le azioni di risarcimento danni de


rivanti da una pretesa responsabilit� extracontrattuale della Pubblica Am




1392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

deduzione �he questa norma, nella parte in cui menziona � ordini � , 
cio� provvedimenti, non si riferisca alle � opere � compiute dalla P. A., 
ma riguardi opere ed attivit� poste in essere da soggetti diversi dall'amministrazione 
competente. 

Tuttavia non pu� non essere rilevato che l'ultimo comma dello 
stesso art. 2, che statuisce: � Le disposizioni del presente articolo si 
applicano a tutte le opere di carattere pubblico che si eseguiscono entro 
l'alveo o contro le sponde di un corso d'acqua ., rende applicabile l'intera 
disciplina ivi prevista anche all'ipotesi in cui le opere o le attivit�, 
che si assumono dannose, siano compiute dalla P. A. Anche se, infatti, 
si voglia ritenere, con un'interpretazione particolarmente restrittiva, 
che in tale comma venga considerata solo la ipotesi in cui le � opere 
di carattere publico � vengano compiute da organi od enti che, pur 
facendo parte della publica amministrazione, siano diversi da quelli 
preposti alla tutela del regime delle acque, non potrebbe, comunque, 
essere negato che ivi � sancita l'appilcabilit� di tutte le disposizioni 
contenute nell'articolo, e quindi anche di quella posta nel secondo 
comma, ad ipotesi di attivit� compiute dalla P. A. 

Sembra che tale rilievo impedisca, dunque, di accogliere integralmente 
la tesi affermata dalla sentenza impugnata, secondo la quale la 
disposizione del secondo comma sarebbe da applicare solo nelle ipotesi 
di opere od attivit� compiute da soggetti diversi dalla P. A., ed invece 
sia pi� corretto ritenere che il provvedimento che accerti la dannosit�, 

o meno, dell'opere o dell'attivit� per il regime delle acque debba essere 
richiesto ed emanato tutte le volte che sorga contstazione intorno alla 
rispondenza di un'attivit�, sia di privati che dell'amministrazione, al 
� buon regime delle acque publiche �. 
La ragione, peraltro, in base alla quale deve essere escluso che 
l'emanazione di tale provvedimento sia preliminare alla proposizione 
dell'azione giudiziaria sia nel caso in esame sia in ogni altro in cui si 
pretenda il risarcimento di un danno per fatto colposo dell'amministrazione 
nello svolgimento dell'attivit� amministrativa inerente alla 

ministrazione. Resta sempre salva e non � condizionata ad alcun provvedimento 
l'azione per indennizzo, ex art. 46 della 1. n. 2359 del 25 giugno 
1865 e art. 140, lett. d, del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, per i danni 
di carattere permanente derivanti dalla esecuzione e manutenzione di 
opere idmuil.iche. 

(2) La seconda massima � pienamente conforme ai principi oramai largamente 
consolidati circa i poteri del Giudice ordinario nella esplicazione 
del sindacato ad esso spettante, entro i limiti di cui agli artt. 4 e 5 della 
legeg abolitiva del Contenzioso Amministrativo, sugli atti della P. A. La 
massima � di particolare interesse per il riferimento che essa ha ai compiti 
spettanti alla P. A. in materia di polizia idraulica. 
G. ALBISINNI 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1393 

tutela del demanio idrico, risulta da altre considerazioni, che si traggono 
dai principi generali del diritto amministrativo, di cui si trova riflesso 
anche nella sentenza impugnata. . 

Prescindendo dalle ipotesi nelle quali, essendo abusivo il comportamento 
di singoli, il potere dell'amministraznone trova fondamento 
nel principio dell'autotutela, � da osservare che, nel ca.so di comportamento 
lecito del singolo, i diritti soggettivi possono trovare tutela 
piena nei confronti della P. A. oppure rimanere condizionati alla soddisfazione 
del ptiblbico interesse. In questa seconda ipotesi, che dottrina 
e giurisprudenza qualificano come affievolimento dei diritti soggettivi, 
� atribuita alla P. A. la potest� discrezionale di valutare entro 
quali limiti i diritti dei singoli debbano essere sacrificati al pubblico 
interesse. 

� appunto una situazione di affievolimenuto che si trova enunciata 
e regolata nel citato art. 2 del t. u. sulle opere idrauliche. 

La norma, infatti, attribuisce alla P. A. la potest� di emettere ogni 
provvedimento e di compiere ogni attivit� che afferisca al regime delle 
acque pubbliche e subordina, cosi, i diritti dei soggetti al perseguimento 
del fine generale del � buon regime � delle acque stesse. 

L'Amministrazione pu�, in altri termini, imporre la sua volont� 
con ordine ( � statuire �) ovvero attuare direttamente il soddisfacimento 
dell'interesse pubblico ( � provvedere �) nei confronti degli utenti, sia 
l'uso delle acque, da parte di questi, uso generale, speciale o eccezionale, 
sia che esistano concessioni di costruire opere entro gli alvei e 
contro le sponde, sia che l'amministrazione stessa od altri abbiano 
provveduto ad opere pubbliche nell'alveo o contro le sponde. 

Tale potere si dirige ai destinatari del comando, che impone di 
cessare o di modificare l'esercizio del diritto, ovvero del provvedimento, 
che importi modificazione o distruzione delel opere. 

� nei confronti di questi destinatari che opera la norma dell'art. 2, 
secondo comma, in base al quale, quando sorga contestazione intorno 
ad interessi legati con il regime delle acque, occorre che sia provocato 
dall'intressato un apposito provvedimento dell'amministrazione, che si 
pone come presupposto per le impugnative, davanti al Tribunale Superiore 
delel acque publbiche, delle statuizioni e dei provvedimenti 
anche per il merito, e, nel caso di annullamento e conseguente riespansione 
del diritto gi� affievolito, davanti al giudice dei diritti (Tribunale 
Regionale), per il risarcimento dei danni. 

L'esigenza dell'emanazione di un provvedimento consimile viene a 
mancare, invece, quando la pretesa riguardi posizioni soggettive o non 
affievolite (perch� di terzi non destinatari della statuizione o del provvedimento) 
ovvero non passibili comunque di affievolimento, ma munite 
di tutela piena ed incondizionata nei confronti della P. A. 

J6 



1394 1394 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tra queste si pone, in primo luogo, la posizione soggettiva attiva 
corrispondente al generale obbligo di correttezza e diligenza, all'obbligo 
del neminem laedere, cui dottrina e giurisprudenza hanno ormai definitivamente 
accertato, come si � rilevato innanzi, che � incondizionatamente 
soggetta anche la P. A., quanto meno nello svolgimento di attivit� 
con riflessi materiali. 

Ogni soggetto, infatti, pu� pretendere che la P. A. adempia a tale 
obbligo di diligenza e risponda delle conseguenze dannose dell'eventuale 
inadempimento, sia che l'attivit� della medesima P. A. incida su posizioni 
giuridiche munite di tutela piena, sia che l'attivit� stessa si svolga 
in una situazione nella quale abbia avuto luogo un affievolimento delle 
posizioni soggettive. 

L'obligo di diligenza, invero, non muta contenuto e sanzione in 
relazione alla categoria dei rapporti nell'ambito dei quali l'attivit� si 
svolge, ma si pone come obbligo generale al cui rispetto ogni soggetto 
� tenuto, nello svolgimento di qualsiasi attivit�, sl che l'inosservanza di 
esso non pu� trovare giustificazione nell'affermazione di una esigenza 
di tutela dell'interesse pubblico. 

Nei confronti di una pretesa di risarcimento fondata sull'inadempimento 
di tale obbligo non pu� trovare posto, dunque, una manifestazione 
di volont� o di giudizio della P. A., che dichiari la rispondenza, 
o meno, della attivit� compiuta al pubblico interesse, giacch� anche 
nell'attuazione del pubblico generale interesse la P. A. � tenuta alla 
osservanza di quell'obbligo ed � responsabile delle conseguenze dannose 
derivanti dalla inosservanza. 
Deve essere precisato, quindi, che il provvedimento previsto dal 
secondo comma dell'art. 2 del t. u. sulle opere idrauliche � richiesto, 
e si pone come condizione per l'esercizio delle pretese relative in sede 
giurisdizionale, ogni volta che venga in discussione la sussistenza, o 
meno, di un affievolimento della posizione soggettiva vantata dalla controparte, 
ma non sia richiesto, ed anzi sia inammissibile, quando la 
pretesa riguardi posizioni non suscettibili di affievolimenti, quale �, 
in primo luogo, la pretesa di risarcimento di danni per inosservanza 
dell'obligo generale di diligenza, ossia per attivit� dannose imputabili a 
colpa dell'Amministrazione publica. 
Di questi principi si trova eco nella sentenza impugnata, dove 
viene rilevato che �con l'esigere un preventivo riconoscimento amministrativo 
della dannosit� dell'opera eseguita dalla medesima amministrazione 
per subordinare a quel riconoscimento la proponibilit� dell'azione 
di risarcimento dei danni cagionati dall'opera medesima, si 
verrebbe a contravvenire al fondamentale principuio nemo iudex in 
causa propria, in quanto sarebbe attribuito alla stessa P. A. il potere 
di rimuovere il limite ad un'azione diretta contro l'Amministrazione 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1395 

medesima�~. Alla. valutazione ed. al giudizio della P. A, non prt� essere 
data, infatti, rilevanza alcuna .�quando si tratti di obblighi,�� come quello 
del neminem laedere, all'osservanza <lei quaU la P. A. non pu� sottrarsi, 
neppure in una attivit� direttamente rivolta al soddisfacimento 
di un pubplico generale interesse. 

Le disposizioni dell'art. 2 del t. u. sulle .opere idrauliche, ed in 
particolare la di~posizfone del secondo comma, non costituiscono, dunque, 
un unicum nel . sistema del diritto amministrativo italiano, come 
l'Amministrazione ricorrente mostra c:U. ritenere, ma contengono null'altro 
che una riaffermazione, con riferimento alla specifica materia 
del regime delle acque, del principio � generale dell'insindacabilit� dell';:
tttiyiMt a:p;utlinjstr~tivEh .el. merito, da Plirte del .giudice ordinario, 
Unita alla attri'buzione del valore di condizione di proponibilit� dell'azioh~ 
.in sede W.urisdiziona1e ad un provvedimento . relativo a contestazioni 
che devono preliminarmente trovare soluzione in sede amministrativa. 


Qualora alla normativa dell'art. 2 si volesse dare diversa interpretazione, 
rion sarebbe possibile .sottrarsi -alle assurde conseguenze 
di diniego di tutela, che sono state poste in luce dalla sentenza impugnata. 


Ed . invero, . come. la medesima sentenza impugnata ha rilevato, 

numerose sono le pronunce giudiziarie nelle quali, pur in materia di 

opere idrauliche di.� acque pubbliche, � stata riconosciuta la responsa


bilit� dell'Amministrazione per difetto di diligenza nel compimento 

delle opere, senza che la preclusione deducibile dall'art. 2 del t. u. 

venisse in considerazione. 

Esattamente, quindi, la sentenza impugnata ha negato che difettasse 

la proponibilit� dell'azione proposta dalla Societ� controricorrente, ed 

il secondo motivo del ricorso principale, con cui � stata censurata tale 

~ronuncia, deve essere respinto. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 5 agosto 1966, n. 24 -Pres. Reale Est. 
Giannattasio -Astarita (avv. Angeloni) c. Cassa per il Mezzogforno 
(avv. Stato Carbone). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Procedimento dinanzi ai Tribunali 
delle acque -Relazione del giudice delegato -Mancanza -Nullit� Esclusione. 


(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 181 e 187; c. p. c., art. 156, primo comma). 

1396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Procedimento civile -Atti nulli -Eccezione in grado di appello della 
parte che non ne ha provocato in tempo utile la regolarizzazione o 
la rinnovazione -Inammissibilit�. 

(c. p. c., art. 157, terzo comma). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle 
acque -Composizione del collegio -Intervento del funzionario del 
Genio Civile -Titoli e requisiti del componente tecnico investito 
nelle forme di legge -Contestazione -Inammissibilit�, 

(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1.38). 
A�que pubbliche ed elettricit� -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle 
acque -Nullit� della notificazione di un provvedimento impugnato 
�in sede giurisdizionale amministrativa -Sanatoria. 

(c. p. c., art. 156, terzo comma). 
Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Obbligazioni e contratti 
-Procedimento amministrativo -Vizi -Effetti -Annullabilit� 
relativa. 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Obbligazioni e contratti 
-Atti amministrativi preparativi o successivi alla stipulazione 
-Vizi -Effetti -Annullabilit� relativa. 

Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Obbligazioni e contratti 
-Obbligazioni di fare assunte dalla pubblica Amministrazione 
-Validit� -Inadempimento -Effetti -Risarcimento del 
danno. 

Procedimento divile -Appello -Domanda nuova -Nozione -Mutamento 
della causa petendi -Ammissibilit� -Limiti. 

(c. p. c., art. 345). 
Procedimento civile -Appello -Domanda di risoluzione �di contratto 
di cui si sia dedotta in primo grado la nullit� -Improponibilit�, 

(c. p. c., art. 345). 
Obbligazioni e contratti -Transazione -Erronea valutazione sulla con;. 
venienza economica -Annullamento per errore essenziale di fatto Inammissibilit�. 


(c. c., artt. 1965 e 1429). 
-



1398 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Gli eventuali vizi incorsi nel procedimento amministrativo relativo 
aUe manifestazioni negoziati deUa pubblica Amministrazione, potendo 
condurre aU'annullabilit� e non alla nullit� delZ'atto, possono essere 
fatti valere solo dall'ente aUa cui tutela gli speciali mezzi di formazione 
della volont� sono predisposti (5). 

Gli atti amministrativi che devono precedere la stipulazione del 
contratto della pubblica Amministrazione (deliberazione del contratto, 
eventuale autorizzazione ad una particolare forma di contrattazione, ecc.) 

o quelli che devono seguirla (approvazione, visto di esecutoriet�) sono 
mezzi di integrazione della capacit� e della volont� dell'ente pubblico, 
e, come tali, ove siano mancanti o viziati, inducono nei rapporti tra i 
contraenti, cos� come per le manifestazioni negoziali, l'annullamento del 
contratto a carattere relativo, deducibile, cio�, in via di azione o di 
eccezione, solo della pubblica Amministrazione (6). 
La pubblica Amministrazione pu� validamente obbligarsi ad una 
prestazione di fare, nessuna rilevanza potendo attribuirsi, in contrario, 
all'impossibilit� di esecuzione in forma specifica, di cui il risarcimento 
del danno rappresenta sostitutivo legale e sussidiario (7). 

Si ha domanda nuova, improponibile come tale in appello, quando 
si faccia valere per la prima volta, dinanzi al giudice di secondo grado, 
una pretesa che alteri i presupposti della domanda formulata in prime 
cure, in guisa da introdurre nel processo di appello un nuovo, diverso 
e pi� ampio petitum, la cui decisione, postulando la necessit� di nuove 
indagini su elementi diversi da quelli dedotti a fondamento dell'istanza 
originaria, verrebbe a privare le parti della garanzia del doppio grado 
di giurisdizione; in appello non � nemmeno consentito il mutamento 
della causa petendi, se esso produca un sostanziale mutamento della 
domanda, con l'introduzione di una situazione di fatto diversa da quella 
prospettata nell'atto di citazione, che altera il fatto costitutivo del diritto 
dedotto in giudizio ed apre un nuovo tema di indagine (8). 

(5-6) Principi consolidati. Conf.: Cass., 18 dicembre 1964, n. 2891, 
Foro amm., 1965, I, 1, 15 ed ivi, nota di richiamo ai precedenti; id., 14 febbraio 
1964, n. 337, ivi, 1964, I, I, 135; id., 4 maggio 1963, n. 1103, Foro it., 
1963, I, 1123, in motivazione; id., 28 maggio 1962, n. 1265, Giust. civ., 1962, 
I, 1191; id., 9 ottobre 1961, n. 2058, ivi, 1961, I, 1992. 

(7) La massima, di cui non risultano precedenti in termini, � di incontestabile 
esattezza e costituisce l'espressione di principi generali. 
(8) Giurisprudenza consolidata. Da ultimo, cfr.: Cass., 23 novembre 
1965, n. 2404, Foro It., Mass., 1965, 702; id., 25 giugno 1965, n. 1335, in questa 
Rassegna, 1965, I, 945; id., 22 aprile 1965, n. 716, Foro it., Mass., 1965, 204; 
id., 10 marzo 1965, n. 389, ibidem, 102; id., 18 febbraio 1965, n. 272, ibidem, 
67; id., 18 luglio 1963, n. 1970, ivi, 1963, 572; id., 6 giugno 1963, n. 1507, 
ibidem, 439; id., 30 maggio 1963, n. 1474, ibidem, 431; in dottrina, cfr.: 
GIANNOZZI, Sul mutamento di �causa petendi., Giur. it., 1964, 1, 2, 719. 
Nel senso che costituisce domanda nuova improponibile in appello la do

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1399 

Costituisce domanda nuova, improponibile in appello, la domanda 
di risoluzione di un contratto di cui sia stata dedotta in primo grado la 
nullit� (9). 

Il mancato apprezzamento degli oneri conseguenti alla obbligazione 
assunta, risolvendosi in una valutazione della convenienza econo1nica 
del negozio, non pu� essere dedotta come errore essenziale di fatto per 
l'annullamento del contratto di transazione (10). 

Possono formare oggetto di transazione i diritti litigiosi a contenuto 
patrimoniale connessi ad un illecito penale o a questioni con profilo 
pubblicistico (nella specie la parte aveva sostenuto la inammissibilit� 
della rinuncia ai maggiori danni conseguenti all'occupazione. di immobile 
per il periodo ultrabiennale (11). 

(Omissis). -L'appellante denuncia, con il primo motivo d'impugnazione, 
la nullit� della sentenza del Tribunale Regionale, per una 
duplice ragione: a) perch� all'udienza non � stata fatta la relazione della 
causa, ad opera del giudice delegato, come prescrive l'art. 181 del t. u. 
11 dicembre 1933, n. 1775; b) perch� ha partecipato alla decisione un 
membro non facente parte dell'Ufficio del Genio Civile, come prescrive 
l'art. 138 dello stesso testo unico. 

manda irritualmente proposta in primo grado, cfr.: Cass. 2 maggio 1964, 

n. 1046, Foro it., Mass., 1964, 266; id., 21 luglio 1962, 2007, ivi. 1962, 603. 
(9) Per analoghe affermazioni, cfr.: Cass., 14 maggio 1965, n. 920, Foro 
it., Mass., 1965, 272; id., 14 aprile 1965 n. 920, ibidem, 195; id., 18 dicembre 
1964, n. 2894, Giust. civ., 1965, I, 273; id., 15 gennaio 1962, n. 49, Foro 
it., Mass., 1962, 16; per la proponibilit� in appello della domanda di risoluzione 
del contratto di cui sia stato chiesto in primo grado l'adempimento, 
cfr. App. Milano, 26 aprile 1963, Foro Padano, 1963, I, 834; App; 
Napoli, 22 marzo 1963, Foro nap., 1963, I, 129. 
(10) Conf. Cass., 16 dicembre 1960, n. 3262, Foro it., Mass., 1960, 738. 
Sulla irrilevanza, �ai fini dell'annullamento, dell'errore sul valore della cosa 
che ha fornito oggetto del contratto, cfr.: Cass. 25 maggio 1962, n. 1230, 
Foro it., Mass., 1962, 378; id., 3 marzo 1962, n. 411, ibidem, 120; id., 16 
maggio 1960, n. 1177, Giur. it., 1962, I, 1, 112, con nota di AMORTH; id., 29 
marzo 1958, n. 1081, ivi, 1958, I, 1, 1149. Sui limiti entro i quali l'errore 
� deducibile in tema di transazione e negozi di accertamento (per l'irrilevanza, 
in particolare, dell'errore di fatto incidente sul contenuto della 
situazione incerta preesistente, cui il negozio si riferisce), cfr.: Cass., 8 
luglio 1965, n. 1419, Foro it., Mass., 1965, 410; App. Firenze, 21 maggio 
1962, Giur. Tosc., 1963, 43; Caiss., 26 ottobre 1961, n. 2421, Giust. civ., 1961, 
I, 513. 
(11) Conf.: Cass., 17 aprile 1942, n. 998, Foro it., Mass., 1942, 248; per 
quanto concerne i danni derivanti da reato, cfr.: D'ONOFRIO, Delle Obbligazioni, 
1959, 206 ed ivi richiami in nota. Sull'ammissibilit� della transazione 
in tema di danni da occupazione di immobile (implicitamente), cfr. 
Cons. Stato, III, 9 ottobre 1962, n. 1237, n Consiglio di Stato, 1963,. I, 1803. 
A.MARZANO 

-



1400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Entrambe le dedotte nullit� non sussistono. 

Per quanto si riferisce alla pretesa nullit� di cui alla lett. a), si 
osserva che per l'art. 181 del t. u. sulle acque � all'udienza fissata, il 
giudice delegato fa la relazione della causa �. Ora, a parte che l'omessa 
indicazione, nella sentenza, della relazione del giudice delegato, non 
sarebbe da sola sufficiente ad escludere che la relazione sia stata effettivamente 
svolta, essenziale � la circostanza che detta relazione non � 
richiesta a pena di nullit�. Infatti l'art. 187, primo comma del testo 
unico, soggiunge: �Non sono ammesse altre nullit� di forma degli atti 
del procedimento, fuorch� quelle che lasciano assoluta incertezza sulle 
persone, sull'oggetto dell'atto, sul luogo e sul tempo di comparizione, 
ovvero che concernono l'essenza dell'atto �. Trattasi dell'anticipazione 
dell'art. 156 primo comma del vigente codice di rito, per cui non ogni 
inosservanza di formalit� produce nullit�, ma solo quella per la quale 
la nullit� � comminata dalla legge, ovvero quella che si coordina al 
raggiungimento di uno scopo, che non pu� ritenersi raggiunto senza che 
quella formalit� sia stata adempiuta. Le altre formalit� stabilite dalla 
legge costituiscono forme meramente regolamentari dell'andamento esteriore 
della funzione giurisdizionale, la cui inosservanza non ha conseguenze 
processuali. 

� da considerare, poi, che anche se si trattasse di nullit�, l'Astarita 
nulla ha fatto per impedirla, mentre sarebbe stato assai agevole insistere, 
nell'udienza di spedizione, per lo svolgimento della relazione. Soccorrerebbe, 
allora, un altro criterio giuridico, e cio� quello che non pu� 
invocarsi la nullit� di un atto processuale, tale da infirmare il giudizio 
che ad esso � seguito, da parte di chi, anche se non vi abbia dato causa, 
non siasi curato di provocarne in tempo utile la regolarizzazione o la 
rinnovazione (Cass. 5 maggio 1960, n. 1011; 20 maggio 1958, n. 1655). 

Per quanto attiene, poi, alla pretesa nullit� di cui alla lett. b) si 
osseril'a che l'art. 138 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 stabilisce che 
il Tribunale regionale � costituito da una sezione della Corte di Appello 

� alla quale sono aggregati tre funzionari del Genio Civile � designati 
dal presidente del Consiglio Superiore dei LL. PP. e nominati con decreto 
de� Capo dello Stato, su proposta del Ministro Guardasigilli (ora 
su deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura ex art. 10 
n. 2 1. 24 marzo 1958, n. 195). Lo stesso art. 138 prosegue: � i tribunali 
delle acque pubbliche decidono con intervento di tre votanti, uno dei 
quali deve essere funzionario del Genio Civile �. Orbene, poich� non si 
discute che l'ing. Romano, che ha preso parte alla decisione di primo 
grado abbia ricevuto l'investitura nelle forme di legge e non si pone in 
discussione la sua capacit� d'intendere e di volere, l'infondatezza della 
eccezione di nullit� � manifesta. Invero, la nullit� insanabile derivanti 
da vizi relativi alla costituzione del giudice si verifica soltanto quando 
l'atto sia compiuto o il provvedimento emesso da chi o con l'intervento 
-



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1401 

di chi non faccia parte dell'organo giucUziario o che, pur facendone 
parte, si trovava in istato di incapacit� subiettiva assoluta; mentre se la 
persona sia effettivamente rivestita della funzione esercitata, resta preclusa 
ogni indagine sui titoli e sui requisiti occorrenti perch� la funzione 
potesse essere.attribuita (Cass. 24 ottobre 1961, n. 2356; 21 giugno 1953, 

n. 2180; 10 mirzo 1949, n. 486; 15 febbraio 1944, n. 92). In altri termini, 
la qualit� di ,fiudice o di componente tecnico di un organo giudiziario 
presuppone l'iccertamento autoritativo (da parte, cio�, della competente 
autorit� amministrativa) di certi requisiti stabiliti .dalla legge; accertamento, 
che non pu� essere, quindi,. disconosciuto in concreto attraverso 
l'impugnazione della sentenza per mancanza di uno dei requisiti medesimi. 
L'atto di. no1llina del giudice e l'esercizio, da parte sua, delle relative 
funzioni, precludono l'indagine sulla capacit� del giudice stesso, 
sempre che non versi in istato di infermit� mentale (incapacit� naturale), 
determinando la mancanza di un requisito dell'atto, cio� la volontariet� 
dell'atto stesso. 
Se tutto ci� non bastasse, sta di fatto che nell'Annuario del Genio 
Civile 1965 (pubblicazione ufficiale) l'.ing. Omero Romano � indicato 
come facente parte del ruolo tecnico direttivo del Genio Civile, in qualit� 
di ingegnere capo, per cui risponde ai r.equisiti dell'art. 138, quale 
che sia l'ufficio ove in concreto sia distaccato. 

Con il secondo motivo l'appellante lamenta che il Tribunale Regionale 
abbia omesso ogni pronuncia sul denunciato vizio di notifica 
dei decreti, che consisterebbe: 

a) nella mancata indicazione dell'Ufficio procedente alla notifica; 

b) nell'uso del servizio postale, inammissibile una volta che la 
consegna dell'atto veniva richiesta dal funzionario della Cassa in Napoli 
ed eseguita citt� per citt�; 

c) nella carenza di legittimazione del funzionario ing. Messina. 

Anche tale censura � priva di fondamento. 

A parte l'inesistenza del vizio indicato al n. 1, perch� tutti i decreti 
risultano notificati � ad istanza della Cassa per il Mezzogiorno, servizio 
acquedotti e fognature, in persona dell'ing. Messina ., il Tribunale Regionale 
ha mancato soltanto nel non motivare su questo specifico punto, 
ma questo Tribunale Superiore, rimediando alla lacuna, denunciata 
come mezzo di gravame, osserva che quei decreti, che sarebbero stati 
irregolarmente notificati, sono stati dalla signora Astarita impugnati in 
sede giurisdizionale amministrativa (anzi, questa impugnazione costituisce 
il fondamento del successivo motivo di appello), �on ci� dando 
la migliore dimostrazione di esserne venuta a conoscenza. Soccorre, allora, 
il principio dell'art. 156, ultimo comma, c. p. c., che � tradizionale 
dell'ordinamento processuale italiano, e che vale quindi anche nel procedimento 
dinanzi al Tribunale delle acque, secondo il quale la nullit� 



1402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'atto, e quindi anche della notificazione (per il richiamo contenuto 
nell'art. 160 c. p. c.) non pu� essere pronunciata se l'atto ha raggiunto 
lo scopo a cui era destinato. 

Con il terzo motivo d'appello l'Astarita assume che, avendo essa 
impugnato i provvedimenti amministrativi sia davanti al Consiglio di 
Stato, sia davanti questo Tribunale Superiore in sede giurisdizionale 
amministrativa, il giudizio dinanzi al Tribunale Regionale doveva essere 
sospeso in attesa dell'esito di quel procedimento. 

Anche tale censura � infom~ata. Per l'art. 295 c. p. c. il giudice 
dispone che il processo sia sospeso nel caso previsto dall'art. 3 c. p. p. 
ed in ogni altro caso in cui egli stesso o altro giudice debba risolvere 
una controversia civile o amministrativa, dalla cui definizione dipende 
la decisione della causa. Tale articolo significa, per opinione dominante 
in giurisprudenza e dottrina, che la possibilit� di sospensione sussiste 
(fuori dell'ipotesi, che qui non interessa, dell'art. 3 c. p. p.) quando un 
elemento di giudizio � riservato ad altro organo, in modo che sussista 
un rapporto di necessariet�, che imponga la sosta in attesa che l'altro 
giudice si pronunci. Non v'�, per contro, possibilit� di sospensione nella 
ipotesi di un'eventuale deliberazione di altro organo, che possa legittimamente 
modificare una situazione esistente, perch�, in una ipotesi del 
genere, i termini del giudizio sono stabiliti in base alla situazione di 
fatto dedotta, e non pu� invocarsi un ipotetico ius superveniens. � 
questo il caso di specie, .avendo l'attuale giudizio per oggetto l'annullamento 
della transazione 21 febbraio 1961 sulla misura dei danni, con 
censure che investono direttamente quell'atto e, delineandosi, in tal 
modo, una assoluta indipendenza tra l'attuale giudizio e quelli che si 
svolgono dinanzi ai giudici amministrativi. Senza dire che, se davvero 
si trattasse di pregiudizialit�, non un problema di sospensione si potrebbe, 
ma un problema di difetto di giurisdizione. 

Con il quarto motivo d'appello l'Astarita afferma che il negozio 
21 febbraio 1961 fu una transazione, il che importa che le parti dovevano 
avere la capacit� di transigere (art. 1966 c. c.). L'ing. Messina era 
dirigente dell'Ufficio acquedotto campano presso la Cassa del Mezzogiorno 
e non rappresentante legale della Cassa. 

Non vale -si afferma -la copia fotostatica della lettera autorizzativa 
a firma del Presidente, perch� impugnata a norma dell'art. 2712 

c. c.; ammesso che la firma del presidente sia vera, il documento sarebbe 
irrilevante, perch� ogni provvedimento della Cassa spetta al Consiglio 
d'amministrazione. Sostiene, inoltre, l'appellante, che occorreva il parere 
del Consiglio di Stato e l'approvazione dell'organo di controllo 
(Comitato dei Ministri) e che non pu� parlarsi di sanatoria, costituita 
dal versamento dei quaranta milioni, perch� il pagamento doveva essere 
accompagnato dai prescritti requisiti. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1403 

L'infondatezza di questa censura appare manifesta alla stregua di 
due principi fondamentali. In primo luogo, gli eventuali vizi incorsi nel 
procedimento amministrativo relativi alle manifestazioni negoziali della 
pubblica Amministrazione, potendo condurre all'annullabilit� e non alla 
nullit� dell'atto, possono essere fatti valere soltanto dall'ente alla cui 
tutela gli speciali mezzi di formazione della volont� sono predisposti 
(Cass. 14 febbraio 1964, n. 337; 28 maggio 1962, n. 1265; 9 ottobre 1961, 

n. 2058; 9 novembre 1960, n. 2981). In secondo luogo, gli atti amministrativi 
che devono precedere la stipulazione del contratto della pubblica 
Amministrazione (deliberazione del contratto, eventuale autorizzazione 
di una particolare forma di contrattazione, ecc.) o quelli che 
devono seguirla (approvazione, visto di esecutoriet�) sono mezzi d'integrazione 
della capacit� e della volont� dell'ente pubblico, e, come tali, 
ove siano mancanti o viziati, inducono nei rapporti tra i contraenti, 
cosi come per le manifestazioni negoziali, l'annullamento del contratto 
a carattere relativo, deducibile, cio�, in via d'azione o di eccezione, solo 
dalla P. A. (Cass. 18 dicembre 1964, n. 2891). 
Ne consegue che la copia fotostatica della lettera autorizzativa del 
Presidente della Cassa (il quale, comunque, per principio generale, ha 
la rappresentanza dell'ente nei rapporti esterni) non era necessaria, e 
diventa perci� irrilevante il disconoscimento a norma dell'art. 2712 c. c. 
E tutto ci� indipendentemente dal fatto che seppur fosse stata denunciabile 
l'annullabilit� del negozio per vizio inerente alla manifestazione 
negoziale della Cassa, basterebbe il versamento dei quaranta milioni, 
che � opera dell'Ente e non dell'Ing. Messina, a costituire ratifica 
della convenzione per intervenuta pacifica esecuzione. 

Con il quanto motivo d'appello l'Astarita denuncia l'invalidit� del 
negozio di transazione 21 febbraio 1961, perch� introduce obblighi di 
facere inattuabili. A questa tesi, gi� avanzata in primo grado ed oggi 
riprodotta, si aggiunge in appello che se � pur vero che I'Astarita non 
ha richiesto, come si era riservata in contratto, per eseguire lo scarico, 
che la Cassa effettuasse i lavori di rafforzamento dei manufatti dell'acquedotto, 
anche volendolo, non lo poteva, perch� la Cassa, avendo ricorso 
con azione di danno tenuto, ha reso impossibile l'esecuzione della 
transazione, onde ricorrerebbe un'ipotesi di impossibilit� sopravvenuta, 
che autorizza il recesso. 

La censura �, in parte, infondata e, in parte, inammissibile. Dalla 
impossibilit� di costringere la P. A. ad una facere non discende affatto 
la nullit� del negozio che tale prestazione di fare prevede. L'Amministrazione 
pu�, in primo luogo, dichiararsi pronta ad eseguire un'obbligazione 
di fare, ed il problema allora non sorge; ma anche in caso di 
inadempimento, la reintegrazione per equivalente (risarcimento del 
danni) rappresenta un sostitutivo legale, sussidiario, della reintegrazione 

-



1404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del patrimonio del creditore in forma specifica mediante la prestazione 
dell'eadem res debita (Cass. Sez. un. 21 dicembre 1951, n. 2874). 

Per quanto attiene poi alle ragioni svolte per la prima volta in 
grado d'appello a parte la difficolt� di comprendere come un ricorso in 
sede possessoria possa rendere impossibile l'esecuzione della transazione, 
spe�ie sotto il profilo del risarcimento dei danni in cui si converta l'ob.. 
bligazione di facere, decisivo � il rilievo che l'Astarita introduce in 
appello un'azione di recesso (rectius: risoluzione) per impossibilit� sopravvenuta, 
che � inammissibile in secondo grado. Si ha infatti, domanda 
nuova, improponibile come tale in appello quando si faccia valere 
per la prima volta, davanti al giudice di secondo grado, una pretesa 
che alteri i presupposti della domanda formulata in prime cure, in guisa 
da introdurre nel processo d'appello un nuovo, diverso e pi� ampio 
petitum: la cui decisione, postulando la necessit� di nuove indagini su 
elementi diversi da quelli dedotti a fondamento dell'istanza originaria, 
verrebbe a privare le parti della garanzia del doppio grado di giurisdizione. 
In appello non � nemmeno consentito il mutamento della causa 
petendi, se esso produca un sostanziale mutamento della domanda, con 
l'introduzione di una situazione di fatto diversa da quella prospettata 
nell'atto di citazione, che altera il fatto costitutivo del diritto dedotto 
in giudizio ed apre un nuovo tema di indagine (Cass. Sez. Un. 25 giugno 
1965, n. 1335; 23 novembre 1965, n. 2404). 

Nella specie, poich� in primo grado si � dedotta la nullit� del contratto 
di transazione noli � possibile chiedere in appello la risoluzione 
di quel medesimo contratto, che � fondata su un presupposto di fatto 
antitetico, cio� quello della validit� iniziale del negozio suscettibile di 
risoluzione per un evento sopravvenuto. Tale mutatio � impostata su 
situazioni giuridiche non prospettate in primo grado e, cambiando i 
fatti costitutivi del diritto dedotto, pone in essere una pretesa diversa, 
per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in precedenza. 

Con il sesto motivo I'Astarita assume che essa non conosceva la 
pericolosit� del fronte di tufo prospiciente la condotta, n� l'onere che 
le sarebbe toccato: di qui l'annullamento del contratto per errore. 

Anche tale consura non merita accoglimento. In realt�, stando alle 
stesse dichiarazioni dell' Astarita, non si ha un errore di fatto essenziale, 
vale a dire un'erronea rappresentazione della situazione di fatto che ha 
determinato la parte a concludere, per cui, se l'errore non vi fosse stato, 
la parte non avrebbe concluso il contratto, ma piuttosto, si � in presenza 
di una valutazione della convenienza economica del negozio, di cui una 
delle parti si sia successivamente pentita. Ma, anche ammesso che si 
versi nell'ipotesi di errore essenziale, non pu� dirsi davvero che tale 
errore dell'Astarita sulla pericolosit� del fronte di tufo e sull'onere che 
le sarebbe toccato, fosse riconoscibile dalla Cassa del Mezzogiorno, che 
non era in grado di scoprire le idee recondite della signora Astarita, la 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1405 

quale era assistita da legali e da tecnici. In base all'art. 1431 c. c., che 
d� la definizione della riconoscibilit� dell'errore, che ricorre quando, in 
relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alle qualit� 
dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo, 
l'errore occulto del dichiarante non deve turbare le aspettative 
del destinatario, fondate sulla dichiarazione. La buona fede del destinatario 
non deve essere sacrificata alle esigenze di un intento che non fu 
palesato e che, perci� non pot� essere preso in considerazione della 
controparte, nella valutazione del contegno�complessivo del dichiarante. 

Con l'ultimo motivo d'appello I'Astarita �fferma che la rinuncia ad 
avvalersi del .ritardo rispetto al biennio dell'occupazione, � intervenuta 
in materia sottratta alla disponibilit� delle parti (art. 1966 c; c.). 

La censura � priva di fondamento.� L'occupazione ultra biennale, 
dando luogo ad una illegittima �detenzione del bene, � fonte di risarcimento 
di danni sui quali � sempre possibile una transazione. Infatti, se 
sono inibite pattuizioni tendenti a violare, anche con preventiva rinuncia, 
nome di diritto pubblico, � invece consentita l'amichevole composizione 
delle conseguenze patrimoniali generate da quelle infrazioni, 
tornando, in questo secondo momento, ad imperare la libert� negoziale 
dei soggetti, relativamente a beni di esclusivo contenuto economico: 
pertanto, possono formare oggetto di transazione i diritti litigiosi a contenuto 
patrimoniale, connessi ad un illecito penale o a questioni con 
profilo pubblicistico. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 11 agosto 1966, n. 26 -Pres. Reale Est. 
Giannattasio -Ministero finanze (avv. Stato Carbone) c. Consorzio 
irriguo dei mulini di Altofonte e Buccheri (n. c.). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione e derivazione -Antiche 
utenze -Canoni -Prescrizione ordinaria -Applicabilit�. 

(r. d., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 38; c. c., art. 2946; c. c. 1865,. art. 2135). 
Ai canoni sulle antiche utenze, che a norma dell'art. 38 deZ r. d. 
11dicembre1933, n. 1775, decorrono daZ 10 Zuglio 1924, si applica l'ordinaria 
prescrizione (ora decennale) (1). 

(Omissis). -In proposito � da rilevare che, a norma dell'art. 38, 
primo comma, del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, sulle acque e sugli 
impianti elettrici, e il canone sulle utenze riconosciute o da riconoscere 

(1) Sulla interpretazione dell'art. 38, primo comma, del r. d. 11 dicembre 
1933, n. 1775, in tema di prescrizione. 
Il principio enunciato nella massima non convince, in quanto (come 
del resto viene espressamente affermato nella motivazione della sentenza) 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1406 

decorre dal 10 luglio 1924, in qualunque tempo sia avvenuto o avvenga 
il riconoscimento �. Secondo la tesi dell'Amministrazione appellante ci� 
importa non solo che essa possa richiedere il pagamento indipendentemente 
dal riconoscimento ed in qualunque tempo detto riconoscimento 
avvenga, ma che l'utente non possa opporre alcuna prescrizione in ordine 
ai canoni decorrenti dal 1� luglio 1924. 

In realt� la citata disposizione dell'art. 38 del t. u. 1933 non esclude 
che alla pretesa di pagamento dell'Amministrazione l'utente possa opporre 
la prescrizione estintiva ordinaria, cio� quella trentennale dell'art. 
2135 c. c. 1865 o quella decennale dell'art. 2946 c. c. vigente, com'� 
stato riconosciuto anche dalla giurisprudenza (Cass. Sez. Un. 21 febbraio 
1955, n. 485). 

Invero, il diniego di applicabilit� della .prescrizione ordinaria non 
� compatibile con il fondamento logico della prescrizione, che va ricercato 
nella tutela dell'interesse pubblico dell'adeguamento alla situazione 
di fatto di uno stato di diritto compromesso dall'inerzia dei titolare, 
interesse la cui natura pubblica � denunciata dalle norme cogenti sull'inderogabilit� 
della prescrizione (art. 2936 e 2937 c. c.). Allorch� 
l'art. 2934, primo comma, c. c. stabilisce che � ogni diritto si estingue 
per prescrizione quando il titolare non Io esercita per il tempo determinato 
dalla legge., l'enunciazione in termini perentori, unita al carattere 
di ordine pubblico dell'istituto, porta necessariamente a ritenere che 
l'efficacia estintiva della prescrizione sia piena e completa ed abbia una 
portata generalissima. La prescrizione, naturalmente, deve essere eccepita, 
e non pu� essere rilevata d'ufficio ove non sia opposta (art. 2938 

c. c.), ma, laddove essa sia stata eccepita, deve essere dichiarata, salvo 
che si tratti di e diritti indisponibili � o di e altri diritti indicati dalla 
legge (art. 2934 cpv. c. c.). 
si risolve nel condizionare la esigibilit� del canone alla mancata eccezione 
di prescrizione da parte dell'utente, con inammissibiile limitazione 
della effettiva portata della disposizione. Nel dubbio, ogni norma deve 
essere interpretata nel senso che abbia un significato concreto, e sembra 
invero significato dal contenuto troppo poco consistente quello attribuito 
nella decisione in rassegna con l'affermare che la disposizione � significa 
soltanto che l'Amministrazione demaniale � abilitata a chiedere anche i 
canoni arretrati, a decorrere dal 1� luglio 1924 �, rimanendo peraltro in 
facolt� del debitore di eccepire la prescrizione. N� pu� condividersi, 
almeno per quanto concerne la sentenza 19 dicembre 1960, n. 36 del Tribunale 
Superiore delle acque, la valutazione della pronuncia in rassegna 
in ordine alla ritenuta irrilevanza dei precedenti giurisprudenziali richiamati 
in motivazione; al riguardo, va osservato che, mentre le sentenze 25 
giugno 1943, n. 1600 (Giur. it., 1945, I, 1, 38) e 22 maggio 1951, n. 1271 
(Foro it.� Mass., 1951, 308) delle Sezioni unite della Corte di cassazione 
non affrontano ex professo il problema in esame (limitandosi, la prima, 
ad affermare la retroattivit�, in via di principio, delle norme che hanno 
soppresso la gratuit� delle utenze), nella decisione 19 dicembre 1960, n. 36 

-



PARTE I, SEZ. VI, GXUR:ts~ IN MATERIA nx ACQUE, APPALTI ECC. 1407 

Perch�; dunque, possa escludersi� l'operativit� della prescrizione or" 
dinariavoceorre che si tratti didiritti sottratti alla di:sponibilit� delle 
parti(ipotesij questa, sicuramente estranea alla fattispecie), oppure che 
ricorra una� mdicazione della legge, che; per�, anclle se non esige una 
formula sacramentale, deve essere racchiusa in una espressione che 
sottolin~i, con stlft�ciente Chiarezza.�e senza<passibilit� di�. equivoco, che 
il�diritto non �si estingue per .�il. (l�corso del temp0. Ci� �non. pu� ��dirsi 
dell'art� 38, primo comma, del t, u. del 1933 sulle acquei che si limita 
ad��affermare che <il canone delle utenze riconoseiute o da riconoscere 
decorre dal. 1� luglio� ..1�24 in qualunque.tempo �Sia avvenuto� o avvenga 
il riconoscimento "� 'tale disposizione significa soltanto che l'Ammmi~ 
strazfone.demaniale � abilitata.� a rfohiedere �anche i canoni arretrati,�. a 
decorrere dal19' l�glio� 1924 e, naturalme.pte,� che il debitore, il� quale 
si sia. sottoposto al pag�mento senza .eccepire.1a prescrizione ordinaria, 
inpn possa in seguito addurre che il pagamento. era indebito, data la 
possibilit� di rinuncia alla prescriZione gi� compiuta (art. 2937 c. c.); 
ma, ove�il debitore eccepisca; come nel caso �di specie, la prescrizione 
ordinaria, il giudice non pu� esimersi dal dichiararla, perch� l'art. 38 
non aff.erma, neppure .per implicito, l'inopponibilit� al Demanio di tale 
prescrizione. 

N� varrebbe invocare, per, negare la prescrizione, il principio 
contra non valentem agere non currit preascriptio, oggi codificato dall'art. 
2935 c. c., ma gi�. in precedenza ammesso dalla dottrina e dalla 
giurisprudenza; perch�, ove la determinazione qel momento, in cui il 
diritto pu� essere fatto valere con la relativa azione, dipenda dalla 

del Tribunale Superiore delle acque (Acque, bonif., costruz., 1960, 573 e 
Temi nap.,..1961, I, .476) il rigetto della eccezione di prescrizione quinquennale 
non risulta motivato con riguardo alla natura giuridica dei canoni, 
ma con l'�spressa, radicale affermazione che e non sono soggetti a prescrizi.
one i canoni maturati prima del riconoscimento �; la decisione precisa, 
anzi, che di prescrizione pu� parlarsi solo con decorrenza dal provvedimento 
di riconoscimento (salvo il diritto dell'Amministrazione di chiedere 
anche prima il pagamento dei canoni) e tale soluzione, in contrasto con 
quella adottata nella sentenza in rassegna, appare pi� aderente al testo 
ed alla portata dell'art. 38, che stabilisce J.a decorrenza dei canoni dal 1o 
luglio 1924 e in qualunque tempo sia avvenuto o avvenga il riconoscimento>. 


Il principio enunciato nella massima, inoltre, non sembra possa conciliarsi 
con l'art. 3, primo comma, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 e con 
la legge 18 dicembre 1951, n. 1550, potendo facilmente verificarsi che il 
tempo necessario per la prescrizione sia gi� decorso al momento in cui 
l'utente, pur nei termini di legge, assuma le iniziative richieste per il riconoscimento 
(e a tale riguardo non pu� ovviamente attribuirsi rilievo alla 
maggiore durata stabilita dal codice civile del 1865 per la prescrizione 
ordinaria): ipotesi per la quale l'art. 38, interpretato nel senso sopra ricordato, 
risulterebbe praticamente inapplicabile, indipendentemente da even




1408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
volont� del titolare di esso, il ritardo da parte di questo nel procedere 
agli atti necessari per renderlo azionabile, funziona ad esclusivo suo 
danno e non pu�, quindi, ostacolare il verificarsi della prescrizione. 
Non � in contrasto con detto criterio la giurisprudenza invocata 
dall'appellante, sia della Corte di Cassazione (Cass. Sez. Un. 22 maggio 
1951, n. 1271; 25 giugno 1943, n. 1600) sia di questo stesso collegio 
(Trib. Sup. Acque Pubbl. 19 dicembre 1960, n. 36), secondo la quale 
l'Amministrazione demaniale pu� richiedere il pagamento, con decorrenza 
dal 1� luglio 1924, data della soppressione della gratuit� totale o 
parziale delle utenze, in qualunque tempo avvenga il riconoscimento 
dell'utenza, e non sono soggetti a prescrizione i canoni maturati precedentemente; 
perch� l'esclusione cui dette sentenze fanno riferimento 
� quella della prescrizione quinqunnale delle annualit� (art. 2144 c. c. 
1865; art. 2948 c. c. vigente) ed � posto in relazione alla data di riconoscimento 
dell'utenza, mentre, nella specie, non v'� stato riconoscimento 
e il problema quindi non si pone. N� poteva decorrere la prescrizione 
quinquennale per il periodo anteriore all'intimazione di pagamento per 
la ragione indicata nell'impugn~ta sentenza, e cio� perch� la somme 
richieste, a causa del mancato riconoscimento dell'utenza, hanno pi� 
natura di indennizzo che non di annualit�. 
� stato parlato sinora, e a ragion veduta, di prescrizione ordinaria 
in genere, e non della prescrizione decennale dell'art. 2946 c. c., perch� 
devesi risolvere il problema di diritto intertemporale, del coordinamento 
tra la prescrizione trentennale delle azioni quale era stabilita dall'articolo 
2135 c. c. 1865 e la prescrizione ordinaria decennale regolata dal 
tuali � ritardi � imputabili all'Amministrazione; a parte il fatto, Poi, che, 
essendo il riconoscimento condizionato alla iniziativa dell'utente, un onere 
dell'Amministrazione di richiedere il pagamento dei canoni nei termini di 
prescrizione (ipotizzato invece in via di principio nella decisione in rassegna) 
potrebbe tutt'al pi� configurarsi solo con riferimento al periodo successivo 
alla domanda di riconoscimento, per quel periodo, cio�, durante 
il quale il decorso della prescrizione dovrebbe comunque considerarsi 
sospeso. 
Anche l'orientamento dottrinario risulta in senso contrario alla sentenza 
in rassegna. � L'obbligo del pagamento del canone -osserva, sia 
pur criticando il sistema della legge, il BuscA, Le acque nella legislazione 
italiana, 1962, 204 -decorre, 
in ogni caso dal 12 luglio 1924, e poich� 
l'effettiva imposizione del canone avviene collo stesso atto di riconoscimento, 
il quale � avvenuto, in molti casi, soltanto in epoca recente, e, anzi, 
per qualche utenza, esso � tuttora in corso, le utenze sono state e saranno 
tenute al pagamento del canone per una lunga serie di anni arretrati, 
esclusa ogni possibilit� di eccepi?'e la prescrizione estintiva del diritto dell'Amministrazione, 
che resta in tal modo sottratta alle conseguenze che nel 
nostro ordinamento giuridico derivano dalla inerzia nell'esercizio dei diritti�; 
lo stesso A. ritiene, anzi, che �pur non potendosi dubitare che anche 
:~ 
-:: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1409 

codice civile al citato art. 2946. Il problema si risolve alla stregua delrart. 
252, primo comma, disp. trans. c. c.; per il quale, quando per la 
prescrizione il codice nuovo stabilisce un termine pi� breve di quello 
fissato dalle leggi anteriori, il nuovo termine -si applica anche alle prescrizioni 
in corso, ma decorre (trattandosi, nella specie, di termine stabilito 
dal libro sesto del.cotlice) dal :u aprile .1942 � purch�, a norma 
della legge precedente non rimanga da decorrere un termine minore �. 
Alla data del 21 aprile 1942, i canoni in contestazione (decorrenti dal 
10 luglio 1924 al 30 giugno 1943) potevano essere tutti richiesti, ad esclusione 
degli ultimi� due, che dovevano addirittura ancora maturare; E 
poich� anche per il canone pi� remoto, quello con scadenza 10 luglio 
1924, rimaneva da decorrere tin termine di prescrizione superiore 
�l .decennio, bisogna aver riguardo, in ordine a tutte le annualit�, al 
termine prescrizionale dell'art. 2946 c. c. vigente, iniziando il conteggio 
dal 21 aprile 1942. 

Ci� ha ritenuto anche il Tribunale Regionale, ma l'Amministrazione 
appellante lamenta che non sia stato tenuto presente che, prima dell'invito 
di pagamento del 12 giugno 1954, vi era stato un altro atto interruttivo 
della prescrizione in data 4 giugno 1951 e che non si sia neppure 
tenuto conto .della sospensione del corso della prescrizione durante il 
tempo di guerra. 

Il primo rilievo non ha fondamento, perch� del preteso atto interruttivo 
del 1951 non v'� traccia alcuna negli atti, n� risulta che si sia 
mai parlato; fondato �, invece, il secondo rilievo. 

i crediti dello Stato sono soggetti a prescrizione estintiva quando non ri.. 
sulti diversamente disposto daHa legge�, gli artt. 6 e 7 del r. d. 25 febbraio 
1924, n. 456 (riprodotti all'art. 38 del r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775) 
�non possono interpretarsi se rion nel senso che colle norme ivi stabilite 
il legislatore abbia appunto inteso di escludere la presctizion� estintiva, 
e che perci� l'Amministrazione abbia sempre facolt� di addivenire in 
qu�lunque tempo alla imposizione del canone, il quale decorrer� sempre 
dal 1� luglio 1924, salva la prescrizione quinquennale delle singole annu�lit� 
quando l'Amministrazione, dopo aver provveduto alla imposizione 
del canone, ne trascurasse la riscossione � (op. cit., 266). 

Per la imprescrittibilit� dei canoni, cfr. pure M1ccoLI, Le acque pubbliche, 
1958, 181, con riferimento, per�, alla prescrizione quinquenn�le; 
sulla possibilit� di far valere ila prescrizione (affermata solo incidentalmente 
e senza esame del problema) cfr. Cass., 6 agosto 1962, n. 2537, Giur. 
it., 1953, I, l; 712, in motivazione. 

Nel merito, la decisione in rassegna ha accolto l'appello proposto dall'Amministrazione 
delle finanze, escludendo dal computo del termine di 
prescrizione il periodo di sospensione di cui al r.d.l. 3 gennaio 1944, n. 1, 
e al d. lg. lgt. 24 dicembre 1944, n. 392. 

A. MARZANO 
17 



1410 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infatti, in virt� del d. 1. 3 gennaio 1944, n. 1 e del successivo 

d.1.1. 24 dicembre 1944, n. 392, i termini di prescrizione furono sospesi 
dal1'8 settembre 1943 fino a sei mesi dopo la cessazione legale dello 
stato di guerra, cio� fino al 15 ottobre 1946 (essendo stata detta cessazione 
fissata convenzionalmente al 15 aprile 1946); esattamente per un 
periodo di anni tre, mesi uno e giorni sette. Ci� � decisivo ai fini dell'accoglimento 
dell'appello, perch�, se in base agli atti 2946 c. c. e 252 
disp. trans., anche per il pi� antico canone, quello con scadenza 1� luglio 
1924, il termine prescrizionale si sarebbe compiuto al 21 aprile 1952, 
se non vi fosse stata cio� la sospensione dei termini dall'8 settembre 
1943 al 15 ottobre 1946 (tre anni un mese e sette giorni), una volta 
tenuto conto di detta sospensione, il termine prescrizionale, anche per 
il canone pi� antico, veniva a scadere non pi� il 21 aprile 1952, ma il 
28 maggio 1955. E poich� prima di tale data, la prescrizione era stata 
interrotta con l'invito di pagamento 12 giugno 1954, tutti i canoni dal 
1924 al 1943 sono dovuti, non operando, rispetto ad essi, la prescrizione. 
-(Omissis). 
LODO ARBITRALE 11 novembre 1965, n. 86 (Roma) -Pres. Cesareo Impresa 
Trischitta (avv. Lilla) c. I.A.C.P. Messina (avv. Brancati) 
e Ministero LL.PP. (avv. Stato Del Greco). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Contenuto delle relative 
operazioni. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Provvedimento di 
approvazione -Natura giuridica. 

Arbitrato -Mancata approvazione del collaudo -Domanda di arbitrato 
-Improponibilit�. 

n collaudo di un'opera pubblica non si esaurisce in un singolo 
atto, ma consiste in una serie di operazioni aventi lo scopo non solo 
di accertare la corrispondenza dell'opera alle pattuizioni di contratto 
ed alle regole dall'arte, ma di verificare anche l'esattezza di tutta la 
gestione contabile. Ne consegue che il compimento di uno o pi� di tali 
atti (scioglimento delle riserve, pagamento delle rate dovute ed anche 
di quella di saldo), non esauriscono tutta la gamma delle operazioni 
di collaudo, poich� le stesse vanno prese nel loro insieme e costituiscono 
un complesso unico ed inscindibile, che per spiegare effetto richiede 
l'approvazione formale definitiva ed incondizionata, concretantesi in un 

~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1411 

negozio di accertamento da parte del competente organo amministrativo 
(1). 
Il collaudo assume rilevanza giuridica esterna solo dopo l'approvazione, 
la cui mancanza rende improponibile la domanda arbitrale (2). 

(Omissis). -Osserva il Collegio che l'eccezione, sollevata dall'I.
A.C.P. ed alla quale si � associata l'Avvocatura Generale dello Stato, 
di inammissibilit� dell'istanza di arbitrato proposta dall'Impresa Trischitta 
� giuridicamente fondata e merita pertanto accoglimento. 

L'art. 44 del Capitolato Generale di appalto delle opere di competenza 
del Ministero dei LL.PP. approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, 

n. 1063 e che riproduce l'analoga disposizione contenuta nel Cap. gen. 
appro'V'ato con d. m. 28 maggio 1895, prescrive testualmente che � per 
tutte le controversie la domanda di arbitrato deve essere proposta dopo 
l'approvazione del collaudo �; norma cotesta che trova la sua giustifi�azione 
nella peculiare natura del collaudo sotto il profilo tecnico-contabile, 
il quale peraltro assume rilevanza giuridica esterna solo dopo 
la deliberazione di approvazione adottata dal Ministero dei LL.PP. 
Che tale deliberazione non esistesse all'atto della proposizione 
della domanda di arbitrato e che non sia in seguito intervenuta, almeno 
sino alla data della presente decisione, non pu� essere posto in dubbio, 
e n�, come sostiene l'istante, da una siffatta approvazione si pu� in 
alcun modo prescindere e n� comunque essa potrebbe essere considerata 
superata, avuto riguardo al successivo comportamento delle parti. 

Ed invero il collaudo non si esaurisce nella esecuzione di un singolo 
atto, consistendo in una serie di operazioni che hanno lo scopo 
non soltanto di accertare la corrispondenza o meno dell'opera alle pattuizioni 
contrattuali ed alle regole d'arte, ma di verificare altresi se 
i dati risultanti dai conti e dai documenti giustificativi ed i compensi 
attribuiti siano esatti. Ne consegue pertanto che il compimento di uno 

o pi� di tali atti (scioglimento delle riserve, pagamento di rate dovute 
ed anche della rata di saldo, ecc.), non esauriscano tutta la gamma delle 
operazioni inerenti al collaudo poich� tutte, prese nel loro insieme, 
costituiscono un complesso unico ed inscindibile, il quale comunque 
per spiegare i suoi effetti richiede l'approvazione formale, definitiva 
(1-2) Nella giurisprudenza arbitrale (in questa Rassegna, 1964, I, 1178; 
1966, I, 1134), era stato ritenuto proponibile il giudizio arbitrale anche in 
mancanza di collaudo, a seguito della semplice diffida a provvedere da parte 
dell'Impresa. L'indirizzo risultava frutto di inadeguata valutazione della 
natura giuridica del collaudo, ed era in contraddizione con l'insegnamento 
della Corte Suprema, espresso nella sentenza ricordata nel testo, alla quale, 
adde 22 dicembre 1964, n. 2968 (in questa Rassegna, 1965, I, 222). 

La decisione ora pubblicata corregge l'accennato indirizzo, ed � lucidamente 
motivata. Va �solo osservato che sarebbe stata opportuna l'ulte




1412 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ed incondizionata, che si concreta in un negozio di accertamento, da 
parte del competente organo amministrativo. N� poi questo Collegio 
pu� sindacare i motivi per i quali l'autorit� amministrativa non ha 
proceduto all'approvazione del collaudo ed addirittura ritenere siffatta 
approvazione superflua o ritenerla implicitamente avvenuta, in quanto 
� noto che � inibito al giudice (e quindi anche a questo Collegio che 
esplica funzioni di giurisdizione ordinaria) di esercitare un qualsiasi 
controllo sul merito dell'attivit� .amministrativa. 

Posto dunque che nella specie non � intervenuta l'approvazione 
del collaudo e che d'altro canto non ricorre alcuna delle ipotesi per 
cui possa farsi luogo al giudizio arbitrale prima di tale approvazione, 
si pone il problema se, di fronte ad un atteggiamento negativo della 
Pubblica Amministrazione causato anche da semplice negligenza nel 
compimento di quell'atto formale terminale e conclusivo del contratto 
di appalto che si identifica nel collaudo, l'appaltatore, e cio� il contraente 
pi� debole, sia sfornito di qualsiasi mezzo per costringere l'altro 
contraente ad adempiere quella determinata funzione che, se pur rientra 
tra i suoi specifici compiti, non pu� peraltro essere arbitrariamente 
rifiutata o ritardata senza rilevante danno del cittadino. A tal uopo 
la Suprema Corte di Cassazione si � anche di recente pronunziata con 
sentenza delle Sez. Un. in data 11 aprile 1963, n. 927, affermando il 
principio che, ove la P.A. ritardi nell'adottare la deliberazione di 
approvazione del collaudo, l'appaltatore pu� ricorrere all'Autorit� 
Giudiziaria ordinaria per far dichiarare l'obbligo della Stazione appaltante 
di procedere all'approvazione entro il termine che sar� fissato 
dal giudice ex art. 1183 e.e. 

Al suesposto principio avrebbe dovuto pertanto uniformarsi l'istante, 
poich� nel contratto stipulato tra lui e l'I.A.C.P. non � prefissato 
alcun termine per l'esperimento delle operazioni di collaudo, e, non 
avendolo :fatto prima di proporre l'istanza di arbitrato, non pu� sfuggire 
ad una pronunzia di inammissibilit� dell'istanza medesima, la 
quale, poi, atteso il suo carattere pregiudiziale ed assorbente, vieta al 
Collegio di esaminare le altre domande ed eccezioni hinc inde formulate. 
-(Omissis). 

riore puntualizzazione, secondo cui 1anche se l'approvazione del coll.audo 
sopraggiunge in corso di lite, il giudizio resta improponibile. Infatti l'approvazione 
costituisce un presupposto processuale, la cui mancanza � causa 
di temporaneo difetto di giurisdizione da parte del collegio arbitrale, o 
del giudice ordinario eventualmente adito. Si � di fronte, cio�, alla stessa 
situazione processuale un tempo caratterizzata dalla mancata osservanza 
del solve et repete nelle liti tributarie. Conseguentemente, ai sensi dello 
art. 5 del c.p.c., non hanno rilevanza le V'ariate situazioni di fatto successive 
al momento della proposizione della domanda (v. su tale punto, pi� 
ampiamente, retro, 1966, I, 1135). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1413 

LODO ARBITRALE 2 luglio 1966, n. 43 (Roma) -Pres. Cesareo -Impresa 
Turiaco (avv. Vitarelli) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Del 
Greco) e Istituto autonomo case popolari Caltanissetta (avv. Cavalieri). 


Appalto -Appalto di opere pubbliche -Legge 9 agosto 1954 n. 640 per 
l'eliminazione di case malsane -Affidamento delle opere agli 

I.A.C.P. -Natura -Contratto di appalto stipulato dagli Istituti Controversie 
-Legittimazione passiva degli Istituti. 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratto -Mancata approvazione 
nel termine -Conseguenze. 

Gli artt. 4 e 5 della l. 9 agosto 1954, n. 640, sull'eliminazione delle 
case malsane, autorizzano il Ministero dei LL. PP. ad affidare l'esecuzione 
dei singoli lavori agli Istituti per le case popolari. Questo affidamento 
costituisce una delega di diritto pubblico, attributiva di competenza 
derivata, che pone l'ente delegato in una condizione pari a quella 
del Ministero delegante, e quest'ultimo nella posizione di soggetto investito 
della funzione di controllo. Ci� importa che l'ente suddetto provvede 
sull'oggetto della delega in nome proprio e non come rappresentante 
dell'Amministrazione delegante; e che � direttamente responsabile 
nei confronti dei terzi degli atti posti in essere in esecuzione della delega, 
senza che in contrario possano assumere rilievo le eventuali ripercussioni 
di tali atti nel rapporto interno tra delegante & delegato. Da tanto 
consegue, che l'unico legittimato passivo nelle controversie con l'appaltatore, 
� l'Istituto delegato contraente (1). 

(1) La giurisprudenza arbitrale in precedenza aveva sempre affermato 
la legittimazione passiva del Ministero dei LL.PP., in difformit� dell'insegnamento 
della Corte Suprema (cfr. in questa Rassegna, 1964, I, 410). 
E ci� sia nell'ipotesi prevista dalla 1. n. 640 del 1954, che in quella analoga 
dell'art. 18 della 1. 4 marzo 1952 n. 137, sulla costruzione delle case 
per profughi. L'indirizzo della Cassazione � costante in tutti i casi di 
affidamento di opere pubbliche ad enti delegati (v. da ultimo, Sez. Un., 
30 maggio 1966, n. 1412, ivi, 1966, I, 854, a proposito dell'art. 3 della 1. 9 
aprile 1953, n. 297 sull'attuazione di opere pubbliche di competenza del 
comune e della provincia di Napoli, da eseguirsi a cura della Cassa del 
Mezzogiorno ed affidate alle amministrazioni interessate). 
In particolare, secondo lo schema normativo previsto negli artt. 4 e 5 
della 1. 9 agosto 1954, n. 640, poich� il contratto di appalto � stipulato dall'ente 
delegato con l'Impresa appaltatrice, immediatamente risultano precisate 
le parti legittimate alle eventuali controversie. A questo rapporto 
il Ministero dei LL.PP. :rimane estraneo, poich� il proprio intervento di 
approvazione del progetto e del contratto e di controllo dell'appalto, si 
esplica in base ad una diversa situazione giuridica, e cio� alla delega tra 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1414 

L'appaltatore non ha diritto ad ottenere l'esecuzione del contratto, 
fino a quando non intervenga l'approvazione. Prima dell'approvazione 
egli gode di una semplice aspettativa all'esecuzione del contratto; e trascorsi 
i termini di legge, ha facolt� di ottenere la liberazione dagli 
obblighi posti a suo carico, con il rimborso delle spese sostenute, ma 
senza compenso di sorta (2). 

(Omissis). -Pregiudizialmente il Ministero convenuto ha eccepito 
il proprio difetto di legittimazione passiva. Assume che l'appalto in 
oggetto � intercorso fra l'Impresa Turiaco e l'Istituto Autonomo per le 
Case Popolari di Caltanissetta che ha predisposto gli atti progettuali, ha 
concluso il relativo contratto e ha tenuto la direzione dei lavori, anche 
se nella gestione dell'appalto stesso v'� stato il controllo dell'Amministrazione 
dei LL. PP. nell'esercizio dei poteri spettanti allo Stato in 
forza del decreto di finanziamento nell'utilizzazione dei fondi statali. 
Ergo, il Ministero � rimasto estraneo al negozio giuridico concluso fra 
i soggetti su nominati e quindi non � responsabile di eventuali danni 
derivati alla impresa dall'esecuzione del negozio stesso. 

Oppone l'Istituto che la chiamata e la presenza in giudizio del 
Ministero, quale effettivo titolare dei rapporti e dei beni in discussione, 
renderebbe superflua e vessatoria la presenza di esso Istituto che, conseguentemente, 
dovrebbe essere estromesso. 

La questione, che involge la legittimazione ad causam delle parti 
convenute dall'appaltatore, � stata ampiamente esaminata dalla Suprema 
Corte di Cassazione (sentenze n. 1711 del 1963 e n. 128 del 1964) 
con l'enunciazione di principi ai quali questo Collegio arbitrale intende 
uniformarsi. 

La Corte -premesso che la delegazione amministrativa costituisce 
un istituto di diritto pubblico al quale non sono applicabili i criteri 

esso Ministero ed ente delegato, e si ispira ad evidenti ragioni tecniche e 
finanziarie connesse alla gestione della delega. Trattasi di rapporti ben 
distinti e diversi: il primo di natura prettamente contrattuale tra ente 
delegato ed appaltatore, il secondo di natura pubblica tra enti. Per superare 
le conseguenze derivanti da tale situazione non esiste altra strada 
che quella di riconoscere all'-ente delegato una presunta immedesimazione 
organica nell'ente delegante: il che � da escludere recisamente, non potendosi 
il fenomeno della immedesimazione organica non intendere limitato 
ad uffici od organi, per l'impossibilit� concettuale di configurare 
l'immedesimazione di un ente fornito di propria personalit� giuridica, in 
altra persona giuridica pubblica. 

(2) A norma dell'abrogato Capitolato generale del 1895, a partire dall'aggiudicazione 
l'Amministrazione aveva a disposizione due mesi per stipulare 
il contratto (art. 7) e quattro mesi per approvarlo (art. 13). Questi 
termini sono ,stati variati dall'art. 4 del nuovo Capitolato generale, ma i 
principi restano gli stessi. In base ad essi, la prima disposizione deve essere 
) 

i :: 

~~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1415 

privatistici del mandato e della rappresentanza -ha stabilito che la 
delegazione intersoggettiva fra due Enti Pubblici pone il delegato, nei 
limiti della delega e per la durata di essa, in una condizione pari a 
quella del delegante il quale viene a trovarsi nella posizione di soggetto 
investito di controlo. Pertanto il delegato � investito del potere di provvedere 
rispetto all'oggetto della delega in nome proprio e non in veste 
di rappresentante dell'altro soggetto anche se agisce per conto e nell'interesse 
di quest'ultimo. Di conseguenza, l'Ente delegato � direttamente 
responsabile nei confronti dei terzi degli atti posti in essere in esecuzione 
della delega senza che in contrario possano aver rilievo le eventuali 
ripercussioni degli atti stessi nell'ambito del rapporto interno col 
delegante e la loro incidenza nella sfera giuridica dello stesso. 

Sostiene l'Istituto che, pur sussistendo la legittimazione passiva del 
delegato, non sarebbe esclusa quella del delegante non potendosi disconoscere 
che i beni costruiti rimangono in propriet� di quest'ultimo e il 
rapporto di delega resta limitato alla progettazione e costruzione per 
suo conto ed interesse. 

Quindi non potrebbe escludersi la responsabilit� e la legittimazione 
concorrente del Ministero delegante che rettamente poteva essere chia� 
mato in giudizio alternativamente con l'Istituto. 

L'argomentazione non � condivisa dal Collegio. Proprio perch� nella 
specie la delega aveva come oggetto la progettazione e la costruzione 
degli edifici, i rapporti con i terzi e l'eventuale responsabilit� verso gli 
stessi derivanti dalla progettazione e dalla costruzione dovevano intercorrere 
esclusivamente con !'Istituto delegato che aveva redatto il progetto 
e stipulato il contratto di appalto. L'Ente delegato, infatti, ha 
proceduto all'appalto in nome proprio, anche se per conto e nell'inte


posta in relazione agli artt. 336 e 337 della legge fondamentale sui lavori 

pubblici, secondo cui i contratti e non sono obbligatori per l'Amministra


zione, f�.nch� non siano approvati dalla superiore autorit� nelle forme 

prescritte dalle vigenti leggi; ma il deliberatario resta vincolato dal mo


mento in cui ha sottoscritto l'atto del deliberamento all'asta � (art. 337); 

e � i contratti in generale sono esecutori soltanto dopo l'approvazione del


l'autorit� competente secondo le norme prescritte dalla legge di conta


bilit� generale � (art. 337). 

Le leggi vigenti all'epoca del Capitolato generale 28 maggio 1895, 

erano quella del 17 febbraio 1884 n. 2016, ed il regio decreto 4 maggio 1885 

n. 3074, rispettivamente sulla contabilit� di Stato e relativo regolamento. 
Analoghe disposizioni e principi sono nella il.egge e nel regolamento di 
contabilit� del 1923 e 1924. 
L'art. 12 della legge 17 febbraio 1884 n. 2016, disponeva che � i contratti 
diventano eseguibili quando sono approvati per decreto... ed il decreto 
sia stato registrato presso la Corte dei Conti �. L'art. 110 del regolamento 
4 maggio 1885 n. 3074, stabiliva a sua volta che �gli atti di aggiudicazione 
definitiva ed i contratti stipulati s'intendono soggetti ... alla con




1416 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

resse del Ministero che non ha contratto alcun vincolo giuridico con 
l'appaltatore, e il rapporto di delegazione amministrativa era separato 
ed autonomo dal rapporto con l'appaltatore per il quale l'altro contraente 
era soltanto l'Istituto appaltante. 

In sostanza, per effetto della natura giuridica della delegazione 
intersoggettiva � venuta a crearsi una situazione non sostanzialmente 
diversa da quella del mandato senza rappresentanza in cui il mandatario 
agisce in nome proprio e acquista i diritti e assume gli obblighi 
derivanti dal negozio ed i terzi non hanno rapporto col mandante 
(art. 1705 c. c.). Perci� l'Impresa doveva convenire in giudizio soltanto 
l'Istituto delle Case Popolari col quale stipul� il contratto e non anche 
il Ministero. che va estromesso per carenza di legittimazione passiva. (
Omissis). 

Passando al merito della lite, l'Impresa assume (quesiti n. 1 e 2) 
che le spetta una indennit� di L. 6.887 .230 complessive (vincolo capitali 
e attrezzature, guardiania e rincari nelle paghe e nei materiali) per il 
notevole ritardo nella consegna dei lavori. Espone che l'opera fu aggiudicata 
1'8 gennaio 1958 con una durata prevista di 12 mesi dalla consegna 
dei lavori, la quale, anzich� avvenire non oltre il termine di nove 
mesi previsto dagli artt. 7, 13 e 14 del Capitolato Generale del 1895 
(due mesi per la stipula del contratto, quattro mesi per l'approvazione 
di questo e tre mesi per la consegna dei lavori), avvenne il 18 novembre 
1959 con un ritardo di 405 giorni. Deduce che all'atto della firma del 
verbale di consegna inserl una riserva di danni conseguenti al ritardo 
e che la stazione appaltante, avendo consentita l'esecuzione dei lavori 
nonostante la riserva e nonostante la ricezione di una lettera in data 

dizione sospensiva della loro approvazione; e non sono eseguibili se non 
dopo che siano stati approvati con decreto ..., ed il decreto sia stato regi


strato alla Corte dei Conti�. Va aggiunto, che il citato Regolamento non 
fissava alcun termine per l'approvazione e da ci� si dedusse, considerata 
l'equiparazione, anche ai fini dell'approvazione, degli atti di aggiudicazione 
definitiva ai contratti che nell'ipotesi della mancata stipulazione dell'appalto 
nei due mesi dell'aggiudicazione per fatto dell'amministrazione, l'unica 
conseguenza era quella di cui all'art. 13 de1lo stesso Capitolato generale, 
e cio� il diritto dell'appaltatore di essere liberato -senza compenso dell'impegno 
assunto (RABACHINO, Il nuovo cap. gen. degli appalti, 1889, 
pagg. 32 e 73; CIANFALONE, L'appalto di 00.PP. 1950, p. 285). 

Ad identiche conclusioni si perviene sulla scorta della legge e del 
regolamento di contabilit� vigenti. L'art. 19 del r.d. 18 novembre 1923, 

n. 2440, ripete che � gli atti di aggiudicazione definitiva ed i contratti, 
non sono obbligatori per la amministrazione, finch� non sono approvati, e 
non sono eseguibili che dopo l'approvazione�. E l'art. 114 del regolamento 
23 maggio 1924, n. 827, aggiunge che se �nel capitolato d'oneri o nello 
schema del contratto sia stabilito un terinine per l'approvazione, il contraente 
ha diritto di essere liberato da ogni suo impegno, ove entro il 
~ 
=~= 

:il 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1417 

3 ottobre 1958 con la quale l'Impresa protestava l'ingiustificato ritardo, 
avrebbe tacitamente riconosciuto all'impresa stessa un diritto a maggiori 
compensi. 

Eccepisce l'Istituto appaltante che, tenuto conto della stipulazione 
di un atto aggiuntivo in quanto l'appaltatore aveva dato il nominativo 
di un supplente inidoneo che s'era dovuto sostituire -non v'era stato 
ritardo nell'approvazione del contratto, cosi come non v'era stato ritardo 
nella consegna dei lavori avvenuta nei tre mesi successivi all'approvazione. 
In ogni caso un eventuale ritardo nell'approvazione del contratto 
non conferirebbe all'appaltatore -a mente del vecchio e nuovo capitolato 
generale -un diritto a risarcimento di danni. 

Osserva il Collegio che la richiesta dell'Impresa di un risarcimento 
per ritardata approvazione del contratto d'appalto � infondata. 

Di vero, sino all'approvazione da parte dei competenti organi amministrativi 
non sussiste un diritto dell'appaltatore ad ottenere l'esecuzione 
del contratto poich� la pubblica Amministrazione � vincolata verso 
il privato soltanto quando tale approvazione � intervenuta.�Se questa 
non interviene, la manifestazione di volont� negoziale dell'Ente appaltante 
non ha valore obbligatorio nei confronti dell'appaltatore, poich� 
manca del controllo ch'� elemento integratore della volont� stessa a 
tutela del pubblico interesse. Sicch� il contraente privato, prima dell'approvazione, 
gode di una semplice aspettativa all'esecuzione del contratto 
stesso e ha la facolt� -trascorsi i termini di legge -di ottenere 
lo scioglimento del contratto col rimborso delle spese. Ci� � chiaramente 
affermato dall'art. 13 del Capitolato generale del 1895 e dell'art. 4 del 
Capitolato generale del 1962. La prima norma stabilisce che l'approvazione 
del contratto d'appalto dev'essere data nel termine di quattro 

termine stesso non venga emesso il decreto di approvazione ... Il contraente 
dichiaratosi sciolto dell'impegno assunto non pu� pretendere compenso 
di sorta�. 

Quindi l'approvazione costituisce una condizione necessaria per far 
nascere nell'Amministrazione l'obbligo di eseguire; in pendenza della quale 
i diritti e le legittime aspettative del privato sono tutelate solo se esiste 
in sede contrattuale (o nel capitolato d'oneri), un termine per l'approvazione; 
e, per di pi�, unicamente nel solo senso indicato del legislatore: e 
cio�, con la facolt� del contraente di liberarsi dall'impegno, decorso il termine 
pattuito (SEPE, Encictopedia det diritto, 1961, Vol. IX, voce contratto 
dir. amm., p. 1010 e ss.). , 

Come � ovvio, identiche considerazioni valgono per il termine di 
quattro mesi, indicato nell'art. 13 del Capitolato generale per l'approvazione 
del contratto. L'appaltatore, quindi, non ha alcun diritto n� ad ottenere 
la stipulazione del contratto nei due mesi dall'aggiudicazione, n� 
l'approvazione dell'appalto nei quattro mesi dalla stipulazione istessa; e, 
conseguentemente, non pu� vantare pretese risarcitorie per eventuali ritardi. 
Se nelle more dell'approvazione del contratto, e perci� prima che 
esso sia eseguibile da parte della Amministrazione, ha apprestato il can


~Pffilf!P41RIW~ 


.,~.'811..~.-r1a11J1 



1418 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mesi dalla stipulazione e che, in caso di ritardo oltre il predetto termine, 
l'appaltatore avr� diritto di ottenere lo scioglimento del contratto salvo 
il rimborso delle spese sostenute. La seconda norma riduce il termine 
a 60 giorni e ripete la stessa disposizione che si trova in altri precetti 
legislativi (art. 336 e 337 della legge sui lavori pubblici del 1865; 
art. 19 della legge e 114 del regolamento di contabilit� del 1923 e 1924) 
i quali ribadiscono il principio che gli atti di aggiudicazione e i contratti 
non sono eseguibili se non dopo l'approvazione, con diritto del contraente 
privato ad essere liberato dall'impegno, senza compenso di sorta. 

Non ricorre nemmeno, nel caso di specie, un diritto dell'Impresa 
per danni conseguenti alla ritavdata consegna dei lavori dopo l'approvazione 
del contratto. 

L'art. 14 del Capitolato generale del 1895 prevede che, approvato 
il contratto, l'Ingegnere direttore dei lavori, procede alla consegna dei 
lavori la quale non potr� essere ritardata oltre tre mesi dalla data di 
approvazione del contratto. 

Ora, p.el rapporto in esame, non v'� stato alcun ritardo poich� la 
approvazione dell'appalto fu data con decreto ministeriale 13 agosto 
1959, registrato alla Corte dei conti il 26 settembre 1959 e i lavori vennero 
consegnati il 18 novembre 1959 per cui fra le due ultime date 
intercorsero meno di tre mesi. Potrebbe riconoscersi un ritardo di 
cinque giorni facendo decorrere il termine dalla data del decreto di 
approvazione e non dalla registrazione di esso. Tanto perch� il citato 
art. 13 del Capitolato del 1895 non dispone espressamente -come 
fa l'art. 10 del Capitolato del 1962 -che il termine decorre dalla 
registrazione. Ma ovviamente si tratterebbe di un ritardo cos� breve da 
non essere apprezzabile ai fini di un risarcimento di danni. 

tiere ed effettuato spese, deve rimproverare a s� stesso la propria fretta, 

e l'inesatta cognizione delal situazione di diritto nella quale si trovava. 

Non essendo n� l'aggiudicazione, n� il contratto, efficaci per l'Ammini


strazione fino a quando non intervenga l'approvazione (a sua volta colle


gata ad una facolt� il cui esercizio non solo � svincolato da termini tempo


rali, ma � addirittura rimesso ad una discrezionale valutazione dell'interesse 

pubblico connesso al contratto, e che pu� risolversi pure in senso negativo), 

all'appaltatore non spettano altri �diritti� che quelli precisati dalla legge 

e cio� la sola facolt� di ritrattazione, rettamente qualificata come condi


zione risolutiva potestativa (SEPE, loc. cit., 1012): di tal che, se il titolare 

non la fa valere, rinunciando cosi alle conseguenze a lui favorevoli della 

eventuale ritrattazione, non pu� sostenere di avere diritto ad essere com


pensato degli oneri, che con l'esercizio della facolt� ripetuta non avrebbe 

subiti. Tra le due situazioni sussiste una incompatibilit� logica e giuridica: 

se l'appaltatore poteva evitare un pregiudizio economico, avvalendosi di 

una facolt�, che avrebbe determinato l'eliminazione del vincolo obbligato


rio nascente dall'aggiudicazione (o dal contratto), non pu� evidentemente 

pretendere di essere risarcito del pregiudizio istesso. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1419 

Rileva l'Impresa che l'Istituto appaltante, avendo consentito alla 
esecuzione dell'appalto a seguito delle condizioni comunicategli con 
lettera del 3 ottobre 1958 e delle riserve sollevate in sede di consegna 
dei lavori, avrebbe tacitamente accettato le condizioni stesse. Inoltre, 
avendo a sua volta l'Impresa accettato l'esecuzione tardiva con riserva 
non contestata dal committente, le competerebbe il risarcimento dei 
danni e degli oneri provenienti dal ritardo. 

Il rilievo noh ha valore. 

La riserva apposta dall'Impresa nel verbale di consegna del 18 novembre 
1959 risulta respinta dal direttore dei lavori e nella lettera 
menzionata come in altra precedente, l'appaltatore non pose alcuna 
condizione ma sollecit� l'Istituto alla consegna dei lavori affermando 
che l'approvazione del contratto era stata gi� data e fece presente che 
il notevole ritardo aggravava i danni dei quali al momento opportuno 
si sarebbe svolta azione di risarcimento. 

L'Istituto non aveva il dovere di contestare la protesta dell'impresa 
per il ritardo della consegna dei lavori quando all'epoca della lettera 
non v'era ancora l'approvazione del contratto e non era quindi neppure 
iniziato il termine per la consegna. Comunque -per quanto � 
stato detto -non era configurabile un diritto dell'appaltatore ad 
indennizzo per il ritardo dell'approvazione del contratto n�, d'altro 
canto, il silenzio dell'Ente pubblico appaltante di fronte alle proteste 
dell'Impresa avrebbe potuto determinare il riconoscimento di un diritto 
dell'impresa escluso dal Capitolato generale. N� un diritto al 
risarcimento poteva sorgere per la semplice esecuzione del contratto 
-nonostante il preteso ritardo dell'approvazione -considerato che 
l'impresa, a parte le riserve, aveva esercitato una scelta e aveva ritenuto 
pi� conveniente nei suoi interessi eseguire l'appalto anzicch� 
sciogliersi dal relativo contratto. -(Omissis). 

LODO ARBITRALE 21 settembre 1966, n. 65 (Roma) -Pres. Catenacci 
-Fallimento Milone (avv. Piaggio) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato 
Pentinaca). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale per le oo.pp. 
statali -Norme processuali -Applicabilit� immediata. 

Arbitrato -Domanda arbitrale -Termine perilrifiuto della competenza 
arbitrale -Fallimento dell'Impresa nelle more -Notifica al curatore. 


L'art. 47 del nuovo capitolato generale per le oo. pp. di competenza 
statale, che prevede la deroga alla competenza arbitrale, ha ca




1420 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rattere di norma processuale in quanto regola la competenza del giudice. 
Essendo perci� immediatamente applicabile, riguarda anche i rapporti 
sorti anteriormente al 1<> settembre 1962 (1). 

Il termine di trenta giorni entro il quale la parte convenuta � te-. 
nuta a dichiarare se rifiuti la competenza arbitrale � di decadenza, e 
pe1�ci� non soggetto a sospensione o interruzione. Nel caso che l'Impresa 
attrice risulti nelle more fallita, l'atto relativo va notificato 
al curatore del fallimento (2). 

(Omissis). -Proseguendo nell'esame delle eccezioni preliminari 
proposte dall'Amministrazione, il Collegio deve, per ultimo, stabilire 
se sia applicabile alla presente vertenza, relativa ad un rapporto giuridico 
sorto anteriormente all'entrata in vigore del Capitolato generale 
approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, l'art. 47 del Capitolato stesso. 

� chiaro che se fosse pacifica l'applicabilit� del precedente Capitolato, 
che aveva nella sua interezza efficacia normativa (cfr. da ultimo 
Cass. 20 marzo 1965, n. 462), l'inderogabilit� della competenza degli 
arbitri sarebbe innegabile e non occorrerebbe far ricorso ad altre 
argomentazioni. Ma la questione � controversa. La Corte di Cassazione 
aveva dapprima ritenuto di immediata applicazione solo gli arti


(1) Giurisprudenza ormai pacifica. Oltre alla decisione citata nel testo, 
cfr. Cass. 18 marzo 1965, n. 461, in questa Rassegna, 1965, I, 413. V. pure, 
ivi, 1964, I, 969. 
(2) La decisione ha ritenuto inefficace il rifiuto della competenza arbitrale 
manifestato dall'Amministrazione, perch� la relativa dichiarazione, in 
quanto successiva al fallimento dell'Impresa, doveva essere resa non a 
questa ormai incapace, ma al Curatore � ad essa succeduto nei rapporti di 
diritto patrimoniale �� 
L'affermazione non pu� essere condivisa. Per quanto relativa a fattispecie 
certamente insolita, tuttavia merita di essere discussa, consentendo 
utili rilievi sul sistema predisposto dal Capitolato generale in vigore per 
1a risoluzione delle controversie con gli appaltatori. Infatti il Collegio arbitrale 
non ha esattamente avvertito le peculiari modalit� di tale sistema, 
che (art. 43) nel riservare al giudizio arbitrale tutte le controversie non 
definite in sede amministrativa, fa tuttavia espressamente �salvo il disposto 
del successivo art. 47 �. Al quale perci� bisogna in primo luogo 
riferirsi. Questa norma in �deroga al precedente art. 43 �, attribuisce alla 
parte attrice il diritto di escludere la competenza �arbitrale, e di adire 
immediatamente il giudice ordinario (1� comma). Identico diritto riconosce 
alla parte convenuta, che �ha facolt�, a sua volta, di escludere la competenza 
arbitrale ., notificando a � tale fine entro 30 giorni la sua determinazione 
all'altra parte (2� comma) �. :ill quindi evidente che il Capitolato 
generale del 1962 disciplina la materia in senso radicalmente diverso da 
quello previsto nell'abrogato Capitolato del 1895: invero, non viene dettata 
una clausola compromissoria, che renderebbe senz'altro obbligatorio per 
entrambe le parti il giudizio arbitrale; n� viene riconosciuto alla sola Am



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1421 

coli 45, 48 e segg. del nuovo Capitolato, con esclusione dunque dell'art. 
47 che prevede la deroga della competenza arbitrale; successiva:
mente per� (cfr. sent. 24 luglio 1964, n. 1989) ha considerato che 
il predetto art. 47 ha carattere di norma processuale, in quanto regola 
la competenza del giudice; ed essendo perci� immediatamente applicabile 
riguarda anche i rapporti sorti anteriormente al 10 settembre 
1962. 

Pare al Collegio che debba essere seguito questo nuovo indirizzo. 
Posto invero che, come nessuno dubita, in relazione ai collegi arbitrali 
previsti dal Capitolato generale di appalto di opere pubbliche si configura 
una questione di competenza, � agevole affermare che una norma 
la quale concede la facolt� di escludere la competenza arbitrale e di 
proporre le domande davanti al � giudice competente a norma del codice 
di procedura civile e del t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611 � costituisce 
una norma di carattere processuale. 

Fermati questi concetti, rileva il Collegio che la differenza tra la 
disciplina del Capitolato del 1895 e quella del Capitolato del 196,2 consiste 
in ci� : in base al primo la competenza dei collegi arbitrali era 
inderogabile e ogni questione sulla stessa poteva essere rilevata anche 
d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, ai sensi dell'art. 38 c.p.c. 
(cfr. Cass. 18 febbraio 1963, n. 365); in base al vigente Capitolato la 

ministrazione la facolt� di rifiutare la competenza degli arbitri, come accade 
in altri capitolati generali (ad esempio, in quello per le opere delle 
Ferrovie dello Stato, o in quello un tempo adottato dalla Cassa per il 
Mezzogiorno). La mancanza di una clausola compromissoria � resa ancora 
pi� evidente dall'ovvio rilievo, che non avrebbe altrimenti giustificazione 
la facolt� della parte attrice di introdurre immediatamente il giudizio ordinario, 
senza dover preventivamente interpellare quella convenuta. La 
quale, per di pi�, in questo caso, � costretta a seguire la strada prescelta 
con autonoma determinazione dalla parte suddetta, senza alcuna possibilit� 
di discuterla, e di dichiarare la propria preferenza per la competenza 
arbitrale. ' 

Esclusa, dunque, l'esistenza di una clausola compromissoria, va notato 
che dall'ulteriore interpretazione della disposizione in esame e degli articoli 
43 e 46 che la precedono, chiaramente di desumere che nel sistema in 
vigore la competenza accennata non � fondata direttamente su una norma 
(regolamentare) del Capitolato generale, ma � basata su un accordo intercorso 
tra le parti dopo che la lite � gi� sorta, e cio� su un vero e proprio 

compromesso. 

Infatti, il Capitolato si limita a disciplinare -da un lato -il contenuto 
dell'eventuale compromesso (la autonomia delle parti non � abilitata ad 
introdurvi clausole diverse da quella predeterminate nel capo VI), e -dall'altro 
-i tempi e le modalit� del procedimento formati'l;o dell'accordo. 
Il quale prende vita da una � istanza per arbitrato � (articolo 46), avente 
natura e contenuto di vera e propria proposta contrattuale di compromesso, 
e da un'accettazione tacita consistente (come nel caso dell'articolo 1333, 
2� comma, c. c.) nel mancato tempestivo rifiuto della proposta, e cio� nel



1422 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

competenza pu� essere derogata dalle parti e, per quanto concerne 
la convenuta, mediante la notifica della propria determinazione all'altra 
parte entro trenta giorni dalla notifica della domanda di arbitrato. Se 
tale formalit� non venga espletata nei modi e nei termini stabiliti, resta 
esclusivamente competente il collegio arbitrale. 

Si tratta dunque di stabilire se l'Amministrazione dello Stato ha 
regolarmente esercitato la facolt� anzidetta, e, quindi, se la competenza 
a decidere la presente controversia � rimasta o non definitivamente 
attribuita a questo Collegio. 

Come si � accennato in narrativa, l'Amministrazione, a mezzo dell'Avvocatura 
dello Stato, ha dichiarato, con atto del 18 settembre 1962, 
notificato all'Impresa Milone (nel suo domicilio eletto), di voler escludere 
la competenza arbitrale. 

Il fallimento eccepisce l'inefficacia dell'atto di declinatoria, perch� 
rivolto all'Impresa e notificato al domicilio eletto nella domanda di 
arbitrato, dopo la dichiarazione di fallimento dell'Impresa stessa, pronunziata 
il 5 settembre 1962. L'eccezione � fondata. Il citato art. 47 
prescrive che la determinazione di escludere la competenza arbitrale 
venga notificata, dalla parte convenuta all'altra parte, in un termine 
che � certamente di decadenza e, quindi, non soggetto a sospensione e 

l'omessa notifica nel termine di legge della determinazione di rifiuto della 
competenza arbitrale (art. 47). 

Pertanto, il Capitolato generale del 1962 esclude l'arbitrato obbligatorio, 
e riconosce giudice naturale delle controversie quello ordinario: ci�, 
del resto, in conformit� ai precetti costituzionali e tenuto conto della sua 
natura di atto normativo generale. Al tempo istesso, in relazione al possibile 
interesse delle parti ad un sistema contenzioso diverso (e considerata 
sempre l'accennata sua natura, e la conseguente necessaria e costante applicazione 
in tutti gli appalti della pubblica Amministrazione), riconosce ai 
contraenti J.a facolt� di scelta di altro giudice, preordinando a questo fine il 
sistema descritto, idoneo a conciliare la massima speditezza nelle formalit� 
preliminari della lite, con la pi� completa tutela della libert� di determinazione 
delle parti. 

Ci� posto, ed esattamente qualificata come proposta di arbitrato la 
domanda dell'Impresa, se alla stessa (come sembra) doveva iriconoscersi 
contenuto a natura meramente processuale, le conseguenze causate dal 
fallimento, non potevano non essere definite alla stregua dei principi processuali. 
In sede ordinaria l'articolo 299 c.p.c. prevede l'interruzione del 
processo, se il fallimento di una delle parti � dichiarato prima della costituzione 
in giudizio; mentre il successivo articolo 300 dispone l'insensibilit� 
del rapporto processuale alla mutata capacit� soggettiva della parte, se la 
circostanza interviene in corso di lite, e fin quando non ne sia data espressa 
comunicazione alla controparte. Trattasi di norme applicabili anche alle 
liti arbitrali; e che comunque, essendo igpirate a principi generali di diritto 
processuale, vanno osservate quanto meno in via analogica pure nelle liti 
suddette. 

Nella specie, quindi, il Collegio arbitrale avrebbe dovuto: o ritenere 

interrotto dalla dichiarazione di fallimento il termine di cui all'articolo 47 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1423 

interruzione (art. 2964 e.e.). La dichiarazione di fallimento ha una 
portata costitutiva analoga ad un cambiamento di stato, sicch� deve 
valere erga omnes dal giorno della pubblicazione nei modi stabiliti dall'art. 
17 del r. d. 16 marzo 1942, n. 267. 

Una volta, dunque, accertato che la determinazione anzidetta � 
stata portata a conoscenza di chi non era pi� legittimato a riceverla 
invece che al curatore, il quale era succeduto all'Impresa fallita nei 
rapporti di diritto patrimoniale, si deve necessariamente concludere 
che � pienamente fondata l'eccezione di inefficacia dell'atto di declinatoria. 
N� ha certo giovato all'Amministrazione la ripetizione della notifica 
dell'atto dopo il decorso dal termine stabilito dal capitolato per l'esercizio 
della facolt� anzidetta; n� giova il riferimento alle norme processuali 
concernenti l'interruzione del processo, non attinenti al caso in 
esame. La competenza a decidere � rimasta dunque definitivamente 
attribuita al Collegio arbitrale, dovendosi escludere, per quanto sopra 
si � detto, ogni possibilit�, di assorbimento da parte dell'autorit� giudiziaria. 
Si � cio� verificata una situazione identica a quella che, vigente 
il Capitolato del 1895, conseguiva al principio dell'inderogabilit� originaria 
della competenza, rispetto al quale principio la Corte di Cassazione 
aveva sempre negato la possibilit� dell'assorbimento (cfr. citate 
sentenze della Suprema Corte n. 1593 del 1963, n. 1577 del 1959, n. 3424 
del 1955 e n. 4188 del 1954; nonch�, con riguardo al nuovo Capitolato 
Generale, la sentenza arbitrale 23 dicembre 1963, n. 63 in � Arbitrati 
e appalti ., 1966, p. 38). -(Omissis). 

del Capitolato generale del 1962, non avendo in proposito alcuna rilevanza 
l'articolo 2964 c. c., riguardante situazioni di diritto sostanziale e non 
processuale. Oppure, in mancanza di diretta notizia all'Amministrazione 
del fallimento, ritenere efficace la determinazione di rifiuto del giudizio 
arbitrale dalla stessa notificata. 

Quante volte, poi, alla proposta di arbitrato si fosse voluto attribuire 
contenuto negoziale, sia pure nell'ambito di un rapporto processuale (e 
come sembra che abbiano preferito gli arbitri), non poteva dimenticarsi 
che la proposta doveva restare valida per tutto il periodo di opzione offerto 
dalla legge alla parte cui era rivolta: per cui, intervenuto il fallimento, 
la proposta istessa era rimasta decaduta e priva di ogni valore. 

In entrambe le ipotesi, quindi, la decisione � errata. La proposta di 

arbitrato dell'Impresa non si era mai perfezionata con il consenso dell'Am


ministrazione; ed in difetto di un negozio compromissorio, gli arbitri man


cavano addirittura in via assoluta di potere decisorio. Infatti, data la con


troversia sulla stessa esistenza del consenso a far funzionare la clausola 

compromissoria, la competenza era istituzionalmente sottratta agli arbitri 

e riservata al giudice ordinario, trattandosi non di giudicare dei limiti e 

del contenuto della clausola, o di eventuali cause di nullit� della stessa, 

ma di decidere sull'esistenza o meno di un atto volitivo, formativo del 

negozio compromissorio, e perci� anteriore al momento ed all'atto nei quali 

viene radicata -attraverso il reciproco consenso -la competenza arbi


trale. 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 2323 -
Pres. Duni -Rel. Tartaglione -P. M. (conf.) -Rie. P. M. in proc. 
Gagliardi. 

Circolazione stradale -Contravvenzione -Rilevanza della propriet� 
dell'area -Elementi di prova desunti da estratto storico catastale 
-Insufficienza. 

Se nella contravvenzione stradale � decisivo rilevare la propriet� 
pubblica dell'area, dove � stato infisso un divieto di sosta, le risultanze 
catastali, come non valgono a fornire la prova della propriet�, 
pur potendo essere diversamente utilizzate per l'integrazione di prova 
non del tutto sicura, cos� non valgono a fornire la prova che il bene 
assoggettato a pubblico uso di fatto sia stato destinato, con un provvedimento 
legittimo della p. a. o ab immemorabili, alla libera circolazione 
a favore della generalit� (1). 

(Omissis). -Il ricorrente P. M. muove censura alla sentenza 
impugnata per avere espresso sulla base di una prova invalida il giudizio 
che il sito, dove era stato disposto dalla competente Autorit� 
comunale il divieto di sosta, fosse di esclusiva propriet� privata ed 
avere conseguentemente ritenuto che tale divieto fosse da considerare 
giuridicamente inefficace. Come si � accennato, il giudicante ha preso 
in considerazione a tal fine un solo elemento di prova. l'estratto storico 
catastale esibito dalla difesa dell'opponente per dimostrare la 
propriet� dell'area. Tale documento � da ritenere, in effetti, inidoneo 
a fornire la dimostrazione che nel sito dove era applicato il divieto 
di sosta l'Autorit� comunale non avesse la potest� di disporlo; e ci� 
sotto entrambi i profili rappresentanti dal ricorrente. 

In primo luogo, � il caso di osservare che l'estratto storico catastale 
esibito non permette di identificare l'area alla quale i relativi 

(1) Ai fini dell'accertamento sull'appartenenza dell'area alla p. a. il 
S. C. richiama i noti pt"incipi sui limiti probatori delle risultanze catastali. 
Non constano precedenti specifici per la questione decisa, ed appare conforme 
ai principi del processo penale il riferimento al potere di indagine 
del giudice ai fini dell'integrazione della prova. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1425 

dati si riferiscono, poich� tale documento non fa menzione di confini 
e si limita a riportare semplici misure di superficie e denominazioni 
indicative ( � Dietro il Carmine � e � Piano Carmine � ). Tale rilievo 
non vuole essere la premessa di un sindacato del giudizio di merito 
circa lo stato di propriet� dell'area, ma si risolve nella constatazione 
che il procedimento logico seguito dalla sentenza si esaurisce in un 
esame superficiale del documento, senza neppure approfondire la rilevanza 
significativa dei dati da esso emergenti. la qual cosa importa 
quel vizio di motivazione, che si suole designare sotto il nome di 
motivazione apparente. 

In secondo luogo, bisogna tener presente che le risultante del 
catasto non valgono a dimostrare la propriet� di un bene immobile, 
ma possono essere utilizzate come semplici indizi per integrare una 
prova non del tutto sicura, cosi come ha ripetutamente affermato 
questa Corte in sede civile. Inoltre, in i'elazione alle strade ed altre 
�aree di pubblico traffico, bisogna ricordare che ai Comuni � data 
dall'art. 12 del t. u. delle norme sulla circolazione stradale la potest� 
di esercitare le medesime facolt� di quelle spettanti all'Ente proprietario 
anche per le vie vicinali, cio� appartenenti in propriet� a privati 
ma soggette a servit� di pubblico transito e che questa servit� 
di solito non risulta da atti che vanno comunicati al catasto. N� bisogna 
dimenticare che molto spesso avviene, come risulta dalla copiosa 
giurisprudenza civile ed amministrativa, che, nello apprestamento di 
nuove strade o aree pubbliche, gli enti territoriali procedono alla 
immediata occupazione di fondi di privati ed alla loro destinazione di 
fatto al pubblico uso prima che sia pronunziato il decreto di espropriazione 
menzionato dall'art. 48 della I. 25 giugno 1965, n. 2359, 
valido ad operare il trasferimento della propriet� nello espropriante 
ai sensi del successivo art. 50, e che non vengano eseguite presso il 
catasto annotazioni relative al trapasso di propriet�. Pertanto, la documentazione 
catastale � a maggior ragione insufficiente a fornire la 
prova se un bene assoggettato ad un uso pubblico di fatto sia stato 
destinato, con un provvedimento legittimo della pubblica amministrazione 
o eventualmente ab immemorabili, alla libera circolazione in 
favore della generalit�. 

Giustamente rileva il ricorrente �che, poich� nella specie l'esibito 
estratto catastale rappresenta l'unico elemento di prova dedotto per 
convalidare l'assunto che l'area di cui si discute fosse di propriet� 
di privati, sarebbe stato necessario che il Pretore ponesse le notizie 
fornite dall'estratto in rapporto con gli altri dati risultanti dal pro
�cesso sulla �situazione giuridica dei luoghi. A ci� devesi aggiungere 
che, data la libert� d'iniziativa del giudice penale nella ricerca della I 
prova, il Pretore avrebbe potuto attingere, se del caso, altri elementi I 
presso i competenti uffici amministrativi per chiarire gli eventuali 

18 

I 

I 

,.,,,,..,....~-~--f"__,_J 

~ 



1426 

RASSEGNA DELL?AVVOCATURA D:ii:LLO STATO 

punti incerti, sulla appartenenza dell'aree e sulla sua legittima destinazione 
all'uso pubblico universale. 

Nel fare riferimento agli altri dati processuali, il ricorrente richiama 
l'attenzione sui criteri interpretativi che possono esser tratti 
dall'art. 22 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, e dall'art. 6 
della 1. 25 novembre 1962, n. 1684. La menzione della prima norma 
� senza dubbio pertinente, poich� la citata legge del 1865 contiene 
norme generali sulla appartenenza in propriet� delle strade agli enti 
pubblici territoriali e l'art. 22, del terzo comma, stabilisce, in via di 
principio, che nell'interno delle citt� e villaggi fanno parte delle strade 
comunali le piazze, gli spazi ed i vicoli ad esse adiacenti ed aperti 
sul suolo pubblico, ma fa salve le consuetudini, le convenzioni preesistenti 
e i diritti acquisiti. Pertanto, nella specie sarebbe stato necessario 
accertare in primo luogo se lo spazio di cui si tratta si trovasse 
in una simile situazione. Non si sa fino a qual punto sia opportuno 
il richiamo alla legge n. 1684 del 1962, avente per oggetto � provvedimenti 
per l'edilizia con particolari prescrizioni per le zone sismiche 
�, che negli artt. 6 e 17 detta norme per le nuove strade e per le 
nuove costruzioni, poich� non risulta che quello spazio facesse parte 
di una zona di recente sviluppo urbanistico. Comunque, la valutazione 
compiuta nella sentenza � da ritenere senz'altro incompleta, non 
essendosi tenuto conto di elementi di notevole rilevanza, che sarebbero 
valsi ad orientare meglio il giudicante sullo stato giuridico dei 
luoghi: per la qual cosa si riscontra anche l'altro vizio di motivazione, 
che viene solitamente denominato difetto di motivazione intrinseca. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1624 -Pres. Fumu 
-Rel. Petrone -P. M. Vacca -Rie. Parisi. 

Reato -Reato contravvenzionale -Ignoranza della norma penale indotta 

da provvedimento dell'autorit�. 

(c. p., art. 5). 
In tema di reati contravvenzionali l'ignoranza della legge penale 
ha valore scriminante quando la mancata coscienza della illeicit� del 
fatto sia indotta non dal mero elemento negativo della non conoscenza 
della legge ma da un elemento positivo che determini nel soggetto 
la convinzione della liceit� del suo comportamento (1). 

(1) Il benevolo orientamento della giurisprudenza in materia di ignoranza 
della legge penale (vedasi in questa Rassegna, 1965, I, 854, Cass. 
18 febbraio 1964, Paoletti), si va consolidando e puntualizzando. 
L'ignoranza come tale, afferma la Suprema Corte, non scrimina: il 
valore scriminante pu� essere riconosciuto solo all'errore di diritto scusa


' ' 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1427 

(Omissis). -Parisi. Filippo, titolare di un esercizio di drogheria, 
fu tratto al giudizio del Pretore di Palermo, quale colp�vole di contravvenzione 
agli artt. 86 del t. u. delle leggi di P. S. e 176 del relativo 
regolamento approvato con r. d. 6 maggio 1940, n. 635, per avere nel 
proprio esercizio posto in vendita bottiglie di mezzo litro di Ferro 
China Bisleri, senza licenza del questore. 


Condannato dal Pretore, fu invece assolto dal Tribunale di Palermo 
con formula piena per difetto dell'elemento psicologico, in quanto 
avendo il Ministero dell'Interno, con due circolari, l'una del 1933, 
l'altra del 1938 (comunicate a tutti gli esercenti) consentito una tolleranza 
di mezzo grado nella gradazione alcolic~ delle bevande, il Parisi 
aveva ragionevole motivo di ritenere che .il Ferro China Bisleri 
da lui posto in vendita, nonostante avesse un contenuto in alcool dichiarato 
pari al 21 % del volume, dovesse considerarsi, invece, come 
liquore di gradazione al�olica superiore ai 210 e ne fosse, perci�, consentita 
la vendita senza bisogno della licenza del Questore in recipienti 
da mezzo litro a mente dell'art. 86 della legge di pubblica sicurezza, 
in relazione all'art. 176 del regolamento. 


Ricorre il Procuratore della Repubblica di Palermo contro tale 
decisione lamentando la violazione dell'art. 5 del cod. penale e degli 
artt. 86 della legge di pubblica icurezza n. 176 del relativo regolamento. 


Assume il ricorrente P. M. che deve ritenersi inconcludente la tesi 
del Tribunale, di avere, cio�, l'imputato agito in buona fede nell'attenersi 
alle circolari amministrative sopra menzionate, in quanto l'allegato 
errore non cade sul fatto costituente reato, ma su norma penale che, 
a me~te della'rt. 5 del c.p., non � causa di esclusione deHa punibilit�, 
dappo1ch� anche l'errore d'interpretazione della legge � pari alla ignoranza 
della legge stessa. 


b~le, cio� alla falsa convinzione che sia da seguirsi una determinata norma 
d1 comportamento. 


Pur condividendo pienamente l'istanza di giustizia sostanziale che � 
a11a base di tale orientamento, non ci si pu� esimere dal rilevare come il 
rimedio giurisdizionale adottato non sia del tutto soddisfacente sul piano 
logico. 


Pacifico anzitutto come, anche in tali prudentissimi termini esso costituisca 
una forzatura del rigido disposto dell'art. 5 c.p. ' 


Altrettanto pacifico come non sia ben chiara la ratio della discriminazione 
fra ignoranza. tota!~ per non-conoscenza e ignoranza qualificata per 
falsa conoscenza (s1 pensi al caso della zona isolata dal resto del Paese 
i cui abitanti sono rimasti quindi all'oscuro di nuove leggi). ' 


N� si vede infine perch� solo la contravvenzione e non anche il delitto 
debba beneficiare di una tale benigna considerazione. 
Una volta infranto il rigido muro dell'art. 5 nel suo tenore letterale 
tanto varrebbe versare negli stampi di una logica formale le istanze urna~ 


wr.:::-.:.:i:w@''"*"'P'f"'"/$"~~.,,..,,.~igwW}'.ff;W..ff:Y.<:Y~P...:&::~:=:nw,ffil'.':ffl.WMr.1fo/..&rf%.f.~:�W%'..ffeW'#".#:1!%.{1%.~.. ::i 

-



1428 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il ricorso �, per�, destituito di fondamento. 

La questione in esame � stata gi� risolta con giurisprudenza costante 
da questa Corte, la quale ha ritenuto che nelle contravvenzioni, 
quando la mancanza di coscienza della illeceit� del fatto derivi non 
da una ignoranza della legge, e, cio�, da un elemento negativo, ma 
da un elemento positivo consistente in una circostanza dalla quale 
venga determinata nel soggetto la convinzione della liceit� del suo 
comportamento, il fatto non �integra gli estremi del reato per difetto 
dell'elemento psicologico. Fattispecie in cui non pu� siffatta circolare 
non essere riconosciuta come circostanza atta a determinare nell'esercente 
la inevitabile convinzione, da un lato, della impossibilit� di ottenere 
dal Questore la licenza prevista dalla legge di pubblica sicurezza 
e del relativo regolamento per \la vendita dei liquori con gradazione 
alcolica del 21 % del volume in recipienti compresi tra la met� e i 
due terzi di litro, per essere stata la necessit� di tale licenza esclusa 
proprio dall'organo centrale da cui le questure dipendono, e, dall'altro 
della liceit� di tale vendita senza licenza individuale, in quanto autorizzata 
a priori e in via generale dall'organo centrale predetto nello 
esercizio di un ritenuto potere soprastante e comprendente le competenze 
dei predetti uffici periferici (sent. I Sez. Cass. 11 giugno 1965, 
rie. D'Aleo). Ora siccome il Tribunale, in punto di fatto, ha ritenuto 
nella specie accertato che il Parisi aveva posto in vendita bottiglie di 
Ferro China-Bisleri da mezzo litro con grado alcolico di 21 % e accertata 
altres� la esistenza delle due circolari dianzi ricordate, secondo 
le quali -come si � detto -i liquori di grado alcolico di 21<> debbono 
essere considerati di gradazione di 21 gradi e mezzo e possono, perci�, 
essere venduti in recipienti chiusi, di capacit� inferiore ai due terzi 
di litro, ma non a mezzo litro, anche da chi non sia in possesso della 
licenza del prefetto, cosi deve ritenersi esatta la decisione contenuta 
nella impugnata sentenza, che, pertanto, non merita la censura mossa 
dal r.icor.rente P. M. -(Omissis). 

nitarie prevaricate da un legislatore forse troppo severo, e ci�, anzitutto, 
facendo fruire di pari trattamento delinquenti e contravventori ed in secondo 
luogo elaborando una teoria dell'errore di diritto in materia penale 
valida per ogni circostanza (v. in questa Rassegna, 1965, I, 855). 

La gravit� e la complessit� della questione ed i limiti imposti da una 
breve annotazione inducono a non prospettare neppure in via ipotetica una 
soluzione giurisprudenziale del grave problema. Non rimane che auspicare 
un intervento del legislatore atto a liberare il giudice penale dalla angosciosa 
alternativa fra condanne giuridicamente ineccepibili, ma inique, ed 
assoluzioni eque, ma giuridicamente non convincenti. 

I. F. CARAMAZZA 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1429 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 febbraio 1966, n. 1424 -Pres. 
Migliardi -Rel. Borghese -P. M. Barone (conf.). Rie. Cipro. 

Sentenza -Riconoscimento di sentenza penale straniera -Casellario 
giudiziale -Sentenza straniera iscritta -Insufficienza ai fini della 
recidiva -Necessit� della annotazione del riconoscimento o di accertamento 
dello stesso. 

Poich� l'art. 604 ultimo comma c.p.c. prevede la possibilit� della 
iscrizione nel casellario di sentenze straniere di condanna in seguito 
a semplice comunicazione ufficiale e indipendentemente dal riconoscimento, 
prescrivendo l'apposita annotazione per il caso in cui il riconoscimento 
sia avvenuto, in mancanza di tale annotazione il giudice pu� 
applicare l'aumento stabilito per la recidiva sulla base della sentenza 
straniera iscritta nel caselZario e risultante dal relativo certificato, solo 
dopo aver accertato che la stessa sentenza � stata riconosciuta (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo il Cipro deduce che erroneamente 
la Corte di merito lo ha ritenuto recidivo, aumentando conseguentemente 
la misura della pena, sulla base di due condanne, inflitte 

(1) La massima, che conferma una costante giurisprudenza (14 gennaio 
1954 in Giust. pen., 1954, II, 685; 22 maggio 1951, ivi, 1951, III, 649; 8 gennaio 
1951, III, 280; 6 maggio 1959, in Giust. pen., Mass., annotato, 1965, 386), 
appare di ovvia esattezza: se nel casellario giudiziale vengono iscritte le 
sentenze straniere quando sussistano le condizioni volute dal penultimo 
comma dell'art. 604 c.p.c. (quando ne � data la comunicazione ufficiale, 
quando si tratti di fatti previsti come delitti anche dalla legge italiana, 
quando il soggetto del reato sia un cittadino italiano, un ex cittadino italiano, 
uno straniero o un apolide residente nel territorio dello Stato) fra 
le quali non sussiste quella del riconoscimento da p~te dell'autorit� giudiziaria 
italiana, � impossibile, sulla base di quella 1sentenza, stabilire la 
recidiva, poich� lo vieta l'art. 12 c.p. 
N� la mera iscrizione nel casellario giudiziale pu� valere come dimostrazione 
dell'avvenuto riconoscimento, poich� di questo, quando vi sia 
stato, deve essere fatta espressa menzione. 

� evidente la ragione della norma, che pone il principio dell'inefficacia 
della sentenza penale straniera prima del suo riconoscimento: evitare le 
gravi conseguenze, penali, civili o amministrative che al condannato o al 
prosciolto deriverebbero dall'esistenza di una sentenza straniera, prima che 
il giudice italiano abbia accertato se ricorrano certe condizioni (elencate 
nell'art. 674 c.p.p.), che il nostro legislatore ha ritenuto costituire un minimo 
insopprimibile di garanzia dei diritti della difesa o in mancanza delle quali 
la sentenza sarebbe del tutto incompatibile con il nostro ordinamento (sul 
problema, v. VENTURINI, Il riconoscimento delle sentenze penali straniere 
in Riv. ital. dir. pen., 1940, 119; ALLEGRA, Il riconoscimento della sentenza 
penale straniera, Milano, 1943; CoNTIERI, Sentenza penale straniera in Nuovo 
Digesto Italiano; sulla deliberazione della Corte di Appello, in ordine al 



1430 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

da autorit� giudiziaria straniere (corte d'appello di Rion in Francia), 
affermando che il fatto che esse siano iscritte nel casellario, e l'isultino 
quindi nel relativo certificato, importa che esse dovevano ritenersi 
riconosciute, e quindi valutabili ai fini penali. 

Il ricorso � fondato. Escluso, invero, che la sola annotazione nel 
casellario possa costituire riconoscimento, il quale deve seguire alla 
particolare procedura prevista dagli artt. 672 e ss. e pp., l'annotazione 
nel casellario non costituisce, quando non � detto espressamente, 
prova che la decisione straniera abbia avuto il riconoscimento; 
infatti il penultimo comma dell'art. 604 c.p.c. prevede l'ipotesi della 

n. l deli'art. 674 c.p.p., v. Corte Costituzionale II luglio 1961, n. 39 che ha 
affermato la necessit�, per il riconoscimento della sentenza straniera che 
ricorrano entrambe le condizioni della. citazione in giudizio e dell'assistenza 
o rappresentanza del difensore, sentenza cui sembra aver aderito la Corte 
di Cassazione: v. Cass. Sez. Un. 31 marzo 1962, in Giust. pen., 1962, 291; 
7 dicembre 1962, ivi, 1963, 566. In dottrina v. SABATINI, Trattato dei provvedimenti 
speciali e complementari nel processo penale, 1956; LEONE, Trattato 
di dir. proc. pen., 1961, III, 539). 
A parte per� le varie questioni attinenti alla procedura per il riconoscimento 
ed al contenuto dell'indagine che la Corte d'Appello deve effettuare, 
per le quali la sentenza non offre alcuno spunto, resta da chiedersi 
a che pro la legge richieda la iscrizione delle sentenze straniere e quali 
siano gli effetti della iscrizione in mancanza del riconoscimento. � infatti 
troppo poco limitarsi alla constatazione che l'ordinamento giuridico italiano 
assume quelle sentenze come meri fatti giuridici (v. MANZINI, Diritto Penale 
It., 1948, I, 476), mentre vale solo come giustificazione dogmatica dell'istituto 
l'affermazione che le norme dell'art. 604 c.p.p. e 12 c.p. si ispirano 
al principio di solidariet� internazionale per la lotta contro il crimine e 
contro i criminali e che fanno capo ad un dispositivo di collegamento tra 
l'ordinamento interno e quello straniero (SABATINI, op. cit., 541 ss.). Tutt'al 
pi�, invero, in base a simili considerazioni di diritto internazionale, sulla 
falsarig.a degli internazionalisti (v. per la dottrina delle norme di rinvio 
e per l'affermazione che la sentenza straniera ha nell'ordinamento italiano 
valore di fatto di produzione giuridica, PERASSI, Lezioni di diritto internazionale 
privato, II, p. 61, 62; QUADRI, Sentenza straniera e sentenza di deliberazione, 
in Archivio dir. pubbl., 1940; MORELLI, Lezioni di dir. internazionale 
privato, 1941, 132) si arriva ad una prima delimitazione di carattere 
negativo e cio� che la sentenza pronunciata all'estero non pu� produrre i 
suoi effetti come giudicato nell'ordinamento italiano e, prima del riconoscimento, 
nemmeno quelli tassativamente previsti dall'art. 12 c.p. 

A parte l'efficacia della sentenza straniera come atto con valore probante 
nei casi previsti dall'art. 41 c.p. e per la quale l'iscrizione nel casellario 
giudiziale non costituisce condizione (v. per la questione se, fra gli 
atti previsti dall'art. 41 c.p. sia compresa la sentenza straniera, le opposte 
soluzioni del MANZINI, Diritto proc. pen. italiano, 1956, II, 81 e del CoNTIERI, 
op. cit., n. 8), non pu� non concordarsi con il CoNTIERI (op. cit.), nell'affermare 
che l'iscrizione assolve ad un mero compito di certificazione, mentre 
lascia molto perplessi l'affermazione dello stesso autore che sostiene che 
l'iscrizione � importante rispetto all'eventuale potere discrezionale del giudice 
nel fissare la misura della pena di un reato, per la quale si deve tener 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PEN'AL~ " � 1431. 

iscrizione nel casellario di sentenze straniere di condanna in seguito 
a semplice comunicazione ufficiale, e indipendentemente dal riconoscimento, 
il quale v� annotato espressamente; ne consegue, da un lato, 
che l'iscrizione pu� avvenire anche per sentenze non riconosciute e, 
dall'altro, che la mancata annotazione del riconoscimento, ove non 
sia effetto di dimenticanza, proverebbe invece la non esistenza del 
riconoscimento stesso. La sentenza impugnata deve quindi essere annullata; 
il giudice di rinvio provveder� ad accertare se, al momento della 
contestazione della recidiva, le sentenze straniere erano state riconosciute, 
e provveder�, conseguentemente a nuova valutazione circa la 
aggravante della recidiva e alle conseguenti pronunce. -(Omissis) 

conto della capacit� a delinquere del colpevole, desunta, fra l'altro, dalla 
condotta e dalla vita antecedenti, contemporanee e susseguenti al reato 
(art. 133 c.p.). 

Questo sarebbe infatti un effetto della sentenza penale straniera analogo 
a quelli conseguenti al suo avvenuto riconoscimento e altrettanto lesivo 
del diritto di libert� dell'imputato, ma che opererebbe, secondo il 
Contieri, quando ancora non � stato accertato dalla Corte di appello se, nel 
giudizio innanzi all'Autorit� stranie11a, sia stato rispettato il principio della 
difesa, come l'art. 674 c.p.p. impone. E si noti che, se si pu� forse sostenere 
che anche il giudice del processo penale pendente contro l'imputato 
gi� condannato all'estero potrebbe accertare la sussistenza, nella decisione 
straniera, della condizione voluta dal n. 3 dell'art. 674 (non contrariet� 
della sentenza a disposizione di legge o ai principi generali dell'ordinamento 
giuridico italiano) in virt� della disposizione dell'art. 31 delle disposizioni 
sulla legge in generale, certamente non potrebbe affermarsi che 
quel giudice sia in grado, senza violare le norme sulla competenza, di condurre 
tutti gli accertamenti devoluti alla cognizione esclusiva della Corte 
di appello, in sede di riconoscimento della sentenza straniera. 

Quindi, se il giudice penale potesse tener conto, per aggravare la pena, 
della sentenza penale straniera prima del suo avvenuto riconoscimento, 
violerebbe gravemente il principio dell'autorit� esclusiva della legge dello 
Stato e darebbe all'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto del 
giudizio seguito all'estero, una rilevanza che viceversa il nostro ordinamento 
consente solo attraverso il procedimento di riconoscimento. 

P. DI TARSIA DI BELMONTE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 28 aprile 1966, n. 18 -Pres. Ber� 
nabei -Rel. Sisto -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Faustini. 

Reato -Reato continuato -Pi� violazioni della stessa disposizione Contestazione 
di ciascun reato -Continuazione -Insussistenza. 

(c. p., art. Bl cpv.; d. P. R., 15 giugno 1959, n. 393, art. 140). 
n vincolo della continuazione tra pi� violazioni della medesima 
disposizione del codice della strada, commesse a brevi intervalli di 



1432 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tempo e con analoghe modalit�, non pu� essere riconosciuto, ai fini 
deZla dichiarazione di continuazione dei reati, quando risulti che ciascuna 
di essere fu direttamente contestata aZZ'imputato, perch� Za contestazione 
immediata, cos� come avviene per Za denuncia e Za sentenza 
di condanna, anche se non passata in giudicato, fa sorgere nuovi motivi 
inibitori che interrompono la originaria deliberazione criminosa (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione 
dell'art. 81, cpv. 1 e 20 c.p., assumendo che, trattandosi di violazioni 
della stessa disposizione di legge, il pretore avrebbe dovuto ritenerle 
manifestazioni del medesimo disegno criminoso ed applicare 
l'art. 81, cpv. 10 e 2� c.p. relativo al reato continuato. Il motivo non 
merita accoglimento. 

Il decidere se pi� violazioni della stessa disposizione di legge 
siano state commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, 
come � richiesto dall'articolo suddetto, importa un apprezzamento di 
fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in questa sede, quando 
� giustificato con motivazione adeguata ed immune da errori logicogiuridici 
(cfr. da ulti.: Cass. Sez. IV, 31 marzo 1965 Tartari; Cass. 
Sez. III, 26 settembre 1964 Bottai; Cass. Sez. III, 6 dicembre 1963 Cimini 
Zocco). 

Il pretore con la impugnata sentenza pur trattandosi di molteplici 
violazioni della stessa disposizione di legge (art. 4 del codice stradale) 
commesse dall'imputato nella stessa citt� e con una certa pronimit� 
cronologica, tuttavia non ha ritenuto la continuazione per tutte le contravvenzioni, 
oltre i due casi indicati nei decreti di condanna, ripetuti 
nel decreto di citazione e nella sentenza nei numeri 1 e 4 sopra ricordati, 
ed ha giustificata la esclusione, con motivazione sufficiente e corretta, 
osservando che trattasi di contravvenzioni contestate all'imputato 
nello stesso giorno in cui vennero commesse e che tale contestazione 
interruppe la identit� del disegno criminoso. Cosi giudicando, il pretore 
si � sottomesso alla giurisprudenza di questa Corte Suprema, 
secondo la quale il vincolo della continuazione in violazioni della 
tStessa disposizione di legge commesse a brevi intervalli di tempo e 
con modalit� analoghe non pu� essere riconosciuto quando risulti che 
ciascun reato fu contestato all'imputato, perch� la contestazione, come 
ogni denunzia, come la sentenza di condanna, anche se non passata 
in giudicato, fa sorgere nuovi motivi inibitori per il superamento dei 

(1) La sentenza riafferma i principi accolti da1la giurisprudenza della 
Cassazione in tema di continuazione (v. Sez. I, 4 aprile 1966, n. 3371 e le 
sentenze citate in motivazione). � chiaro, infatti, che la contestazione determina 
nell'agente la necessit� di una nuova � deliberazione criminosa � 
ai fini della commissione di altro fatto identico, il che � sufficiente per 
escludere la operativit� del precedente proposito criminoso. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1433 

quali rendesi necessaria una ulteriore deliberazione criminosa, di modo 
che le successive violazioni della stessa disposizione di legge risultano 
non preventivamente e genericamente progettate nel loro complesso 
dal soggetto, ma determinante di volta in volta quale risultato d'immediate, 
autonome risoluzioni (cfr. da ult. Cass. Sez. II, 19 febbraio 
1965 Lanterna; Cess., Sez. II. 23 agosto 1963 P.M. e Rullo; Cass.; 
Sez. III, 5 luglio 1963 Borghino; Cass., Sez. IV, 12 ottobre 1962 Brucola; 
C~.. Sez. III, 29 marzo 1962 Nicolai). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 agosto 1966, n. 962 -Pres. Caporaso -
ReZ. Amoroso -P. M. Lorenzo (conf) -Rie. Leonetti ed altri. 

Notificazione -Domicilio dichiarato o eletto -DJ.ft'erenza tra dichiarazione 
ed elezione -E:ffetti -Domicilio eletto -N otifi.cazione in 
luogo diverso -Nullit� -Eccezione. 

Notificazione -Domicilio dichiarato o eletto -Dichiarazione o elezione 
fatta dall'imputato detenuto -Validit� per il tempo successivo 
alla scarcerazione. 

Notificazioni -Domicilio dichiarato o eletto -Revoca del domicilio 
eletto -Esigenza di atto formale -Revoca per lettera -Inefficacia. 
Notificazioni -Appello -Domicilio dichiarato o eletto -Validit� per 
il giudizio di appello. 

Notificazioni -Domicilio dichiarato o eletto -Prevalenza del domicilio 
eletto su quello dichiarato -Impugnazioni -Dichiarazione 
di domicilio in un atto di impugrazione -Prevalenza del domicilio 
precedentemente eletto, salvo prova di revoca. 

La dichiarazione di domicilio � ben diversa daZZa elezione di domicilio, 
mediante Za prima, l'imputato indica, come luogo per Ze notificazioni, 
queZZo in cui ha Za sede principale dei suoi affari e interessi, 
cio� indica iZ luogo iZ luogo rispondente azza sua effettiva residenza o 
recapito; mediante la seconda, invece, l'imputato indica un Zuogo diverso 
daZ primo per iZ fine particolare di ricevere Ze notificazioni, assumendo 
a suo rischio Za indicazione di un luogo qualsiasi presso altre 
persone, ove preferisca che gli siano notificati gli atti deZ procedimento 
penale. 

Ne consegue, che la dichiarazione di domicilio diventa inidonea 
ad effettuare Ze notificazioni quando l'imputato si sia trasferito altrove. 
Invece, Ze notificazioni eseguite neZ domicilio eletto conservano efficacia, 
per legale presunzione -non suscettibile di contraria dimostrazione 
-che abbiano raggiunto lo scopo indifferentemente dalla 



1434 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S.TATO 

prova che gli atti notificati siano oppure non siano venuti a notizia 
dell'imputato; e, correlativamente, quando vi sia elezione di domicmo, 
le notificazioni devono essere effettuate soltanto nel luogo cosi 
indicato, senza che abbiano alcuna rilevanza n� l'effettiva abitazione 
del dchiiarante, n� qualsiasi notizia sulla diversit� del domicilio proveniente 
dal domiciliatario, sicch� la notificazione eseguita in luogo 
diverso � nulla a meno che non venga effettuata mediante consegna 
nelle mani proprie dell'imputato (1). 

La disposizione dell'art. 171 c. p. c., secondo cui la dichiarazione 
e la elezione di domicilio sono idonee soltanto per le notificazioni ad 
imputato non detenuto, non esclude che l'imputato detenuto possa dichiarare 
od eleggere validamente il domicilio in previsione della successiva 
scarcerazione: perci�, dopo la scarcerazione, le notificazioni 
sono validamente eseguite nel domicilio cosi dichiarato o eletto, quando 
questo non sia stato revocato. Nel caso anzidetto, il temporaneo stato 
di detenzione dell'imputato sospende, ma non esclude, la efficacia 
della dichiarazione o elezione di domicilio (2). 

La mutazione del domicilio eletto � un atto formale, che deve 
essere fatto nei modi stabiliti dalla legge (art. 171, comma terzo, 

c. p. c.); pertanto, � inefficace il mutamento di domicilio partecipato 
per lettera (nella specie per raccomandata) (3). 
La elezione di domicilio, essendo valida. per ogni stato e grado 
del procedimento di merito a norma dell'art. 172 c. p. p. (che esclude 
soltanto il giudizio di cassazione, in relazione al disposto dell'art. 532 
stesso codice), � valida anche per il giudizio di appello (4). 

Al fine della validit� delle notificazioni, la elezione di domicilio 
� atto, per sua natura e funzione, prevalente sulla dichiarazione di 
domicilio; pertanto, quando vi sia una precedente elezione di domicilio, 
non � sufficiente, ad annullarne gli effetti, che l'imputato abbia 
dichiarato un diverso domicilio nell'atto di impugnazione, essendo 
necessario dimostrare che, mediante tale dichiarazione, l'imputato abbia 
voluto revocare la precedente elezione di domicilio (5). 

(Omissis). -Fiondato � invece il primo motivo del ricorso del 
Lonetti e fondate pure le censure esposte nelle memorie di difensiva, 
che devono essere prese in considerazione perch� riflettono la regolarit� 

(1-5) Dichiarazione ed elezione di domicilio: a) criteri interpretativi 
giurisprudenziali; b) domicilio dell'Avvocatura dello Stato nel caso di difesa 
di impiegati in processi innanzi a giudici ove non ha sede l'ufficio dell'avvocatura. 


a) Se la legge processuale penale facesse un uso pi� generoso dei termini 
di domicilio e residenza, nel chlaro significato che essi hanno nel 
diritto civile, o se la giurisprudenza, nella pur lodevole interpretazione 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1435 

della costituzione del rapporto processuale. Il Lonetti, arrestato in seguito 
di mandato di cattura, nel primo interrogatorio reso al giudice 
istruttore il 29 luglio 1959, dichiarava di eleggere domicilio per tutti 
gli atti da notificargli in Crotone, Via Reggio -IV traversa -presso 
Cerando Francesco (ff. 220 voi. 1<>) e nominavasi proprio difensore 
di fiducia l'avvocato Giuseppe Scola. Successivamente, con lettera 
raccomandata 28 settembre 1959 (ff. 285 voi. 1-0 l'avv. Ciarropoco 
Fernando, altro difensore dell'imputato chiedeva al giudice istruttore 
la revoca dell'obbligo imposto all'imputato, gi� ammesso a libert� 
provvisoria, di presentarsi alla polizia in giorni alterni; la stessa lettera 
conteneva un proscritto a firma non autenticata dal Lonetti, col 
quale questi dichiarava di eleggere domicilio per la notificazione presso 
lo studio dell'avv. Fernando Ciarropico. Chiusasi la formulata istruttoria 
venivano chieste informazioni ai carabinieri circa il recapito 
dell'imputato, ottenendosi risposta negativa, a seguito di ci� il Presidente 
del Tribunale emetteva provvedimento col quale si disponeva 
la notificazione del decreto di citazione al Lonetti nel domicilio indicato 
nella lettera del 28 settembre 1959; ove infatti, veniva eseguita 
la notifica e, nella contumacia dell'imputato, veniva dal Tribunale 

della norma dell'art. 171 c.p.p. si servisse -come fa la sentenza che si 
annota -del termine di residenza, anzkh� di quello, scientificamente discutibile, 
di domicilio reale, le perplessit� che ancora indugi.ano sulle situazioni 
riferibili all'art. 171 c.p.p. forse potrebbero essere fugate. � noto che 
la legge processuale penale, nelle sue disposizioni dirette ad assicurare una 
valida instaurazi<>ne del contraddittorio mediante la notificazione di atti a 
tal fine essenziali, si ispiira ai principi complementari del raggiungimento 
delJ.o scopo dell'atto e del riconoscimento del diritto delle parti a stabilire 
il luogo in cui desiderano ricevere gli atti notificandi. � evidente che la previsione 
legislativa di questo diritto (concretamente previsto ad es. negli 
artt. 171, 177 bis nel testo modificato a�seguito della sentenza della Corte 
Costituzionale 8 aprile 1965, che ha dichiarato l'illegittimit� della norma 
limitatamente all'inciso �nel il.uogo in cui si procede� e nell'art. 4 d.P.R. 
25 ottobre 1955, n. 932) consente di attribuire alle norme che stabiliscono 
i luoghi delle notificazioni, in mancanza di una diversa manifestazione di 
volont�, la natura di norme suppletive, se � lecito mutuare questa terminologai 
dalla dottrina civilistica. Di ci� si ha una riprova nel confronto fra 
l'attuale testo dell'art. 171 e queUo precedente alla novella del 1955, il 
quaJ.e prevedeva che, in mancanza di dichiarazione o di elezione di domicilio, 
la notific.azione doveva essere eseguita ai 'sensi del II comma dell'art. 
170, cio� come 1se si trattasse di imputati irreperibili (V. anche la 
Relazione alla L. 18 giugno 1955, n. 517). 

Cosi, nell'accentuato riconoscimento dei diritti delle parti cui tende la 
legislazione processuale penale, sembra che non debbano esservi difficolt� 
ad ammettere che anche la parte civile possa, nel corso del processo, modificare 
il proprio domicilio nell'ambito del Comune dove � in corso l'istruzione 
o il giudizio (art. 94 c.p.p.). 

Una volta riconosciuto questo diritto, era facile il passo alla d~stinzione 
fra atto e negozio, che la legge ha introdotto �con la distinzione fra dichiara




1436 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

emessa la sentenza di condanna del 4 dicembre 1961. Propostosi appello 
dell'imputato costui, nel dare al cancelliere della Pretura di 
Roma le proprie indicazioni personali, affermava, nella stessa dichiarazione 
di appello, di essere domiciliato in Roma Largo Pannonia 48 
presso Giudicis. 

Il decreto di citazi<0ne per il giudizio di appello veniva notificato 
al detto domicilio ed a quello anagrafico. 

Al dibattimento il difensore proponeva formale incidente eccependo 
la nullit� della citazione non eseguita nel domicilio eletto, ma 
la Corte rigettava l'eccezione, sotto il profilo che la residenza indicata 
nell'atto di appello doveva considerarsi revoca della precedente elezione 
di domicilio, con sentenza del 5 febbraio 1966, emessa sopra 
contumacia dell'imputato, � stata confermata la decisione di primo 
grado. Ci� posto osserva il Supremo Collegio che le nullit� denunziate 
sono sussistenti. 

zione ed elezione di domicilio e che la giurisprudenza ha rettamente in


terpretato (v. Cass. 7 novembre 1961, Giust. pen., 1962, 391; 28 febbraio 

1958, ivi, 1958, III, 715; 5 ottobre 1960, ivi, 1961, 218; 17 dicembre 1960, 

ivi, 1961, 218; 21 ottobre 1959, ivi, 1960, 298), attribuendo all'elezione di 

domicilio, in quanto manifestazione di volont� negoziale, gli effetti tipici 

del negozio giuridico, con le conseguenti logiche affermazioni della preva


lenza sulla dichiarazione di domicilio in quanto mera dichiarazione di 

scienza (v. invece nel caso di due successive dichiarazioni; Cass. 11 luglio 

1966, n. 1643) e sulla necessit� della interpretazione negoziale attraverso 

la ricerca dell'intento etf.ettivo, che si leggono ne1la sentenza annotata. (In 

dottrina, v. PAOLO V1Tucc1, Domicilio speciale, in Enciclopedia del diritto 

il quale per� esclude la natura negoziale dell'atto di elezione di domicilio; 

secondo, invece, la definizione di negozio giuridico processuale adottata dal 

LEONE, Trattato di procedura penale, sembra che l'elezione di domicilio 

possa pienamente il'ientrare in questa categoria). 

Sotto questo profilo � interessante notare come la giurisprudenza, coe


rentemente abbia affermato: l'inidoneit� dell'elezione di domicilio per 

equivocit� della manifestazione di volont�, la validit� dell'elezione di do


micilio limitata ad un solo atto da notificare (in omaggio al principio del


l'autonomia negoziale), la natura unilatera�le non recettizia del negozio, la 

non subordinazione della validit� del negozio alla pennanenza della qualit� 

di difensore nel domiciliatario (v. le sentenze sopra citate), affermazione 

questa che persuade molto di pi� di quella contraria, contenuta in una 

sentenza meno recente, alla quale era probabilmente sfuggita la natura di 

negozio processuale autonomo dell'elezione di domicilio (Cass. 4 marzo 

1954,. Giust. pen., 1958, 715). Altrettanto esattamente � stata riconosciuta 

la nullit� dell'elezione quando l'imputato abbia indicato un domicilio fit


tizio, poich� ci� impone l'art. 1418 e.e. (Cass., 1 � dicembre 1960, Giust. pen., 

1961, 218). 

Ovviamente, le esigenze del processo impongono la forma vincolata a 
siffatta manifestazione di volont�, ma occorre anche in tale caso tener 
presenti i principi cui il legislatore si ispira ed evitare rigorj interpreta




PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1437 

La sentenza impugnata ha anzitutto, confuso i concetti di elezioni 
di domicilio e di dichiarazione di domicilio. 

L'imputato, al fine di ricevere notifica e atti riguardanti il procedimento 
penale pu� dichiarare il proprio domicilio o recapito ovvero 
pu� indicare a suo rischio un luogo qualsiasi presso altri, ove preferisca 
ricevere le dette notifiche. Si ha dichiarazione di domicilio 
quando l'imputato indichi, come luogo per le notificazioni, quello in 
cui ha la sede principale del suoi affari e interessi; si ha invece, 
elezione di domicillio quando venga indicato un luogo diverso dal 
primo per il fine particolare di ricevere la notificazione. (Conf. 43 
e 47 c. c.). 

La dichiarazione di domicilio, quindi, si riferisce alla indicazione 
di effettiva residenza o recapito dell'imputato; l'elezione riflette 
la indicazione di un luogo o di una persona presso cui debbano 
farsi le notificazioni. 

Dal che segue che la dichiarazione di domicilio diventa inidonea 
per l'avvenuto trasferimento dell'imputato, menter l'elezione di domicilio 
fa si che le notificazioni eseguite nel domicilio eletto conservino 
efficacia per legale presunzione -non suscettibile di con


tivi che per essere del tutto �superflui rispetto alle funzioni che le forme 

dell'atto garantiscono, appaiono completamente ingiustificabili. 

La sentenza �che si annota ed altre (31 ottobre 1961, Cass. pen., Mass., 

1962, 362; 7 novembre 1960, ivi, 1961, 329; 7 febbraio 1962, Giust. pen., 1962, 

390) affermano infatti l'invalidit� dell'elezione di domicilio fatta con lettera 

raccomandata, .sostenendo che l'unico modo previsto dalla J.egge � quello 

della dichiarazione a verbale e giustificando questo rigore con la necessit� 

di evitare il pericolo del disconoscimento della legittima provenienza della 

lettera. 

Deve per� osservarsi in primo luogo che l'art. 171 c.p.p. non prevede 

l'unico modo di elezione di domicilio, ma soltanto quello posto in essere 

nel primo atto compiuto con l'intervento dell'imputato e non sembra quindi 

escludere -perch� �ci� violerebbe i diritti delle parti -un'elezione di 

domicilio antecedente, per la quale non dispone una forma particolare; in 

secondo luogo che il legislatore ha ritenuto tanto poco necessario questo 

rigore, da riconoscere la validit� dell'impugnazione trasmessa col mezzo 

di raccomandata o del telegrafo, purch� �sia attestata l'autenticit� della 

firma (art. 198 c.p.p. e art. 3 1. 21 marzo 1958, n. 229). Appare pertanto 

molto pi� accettabile il meno rigoroso indirizzo giurisprudenziale che am


mette la validit� dell'elezione di domicilio fatta con raccomandata purch� 

la firma sia autenticata (Cass. 8 aprile 1963, Cass. pen., Mass., 1963, 750; 

11 dicembre 1960, Cass. pen., Mass., 1961, 48). In tal caso � invero soddi


sfatto quello stesso interesse garantito, con analogia di situazioni, dalle 

norme sulle impugnazioni. 

Stabilito, come si � visto, che l'elezione di domicilio � atto negoziale, 
e che la dichiarazione di domicilio � invece mero atto (dichiarazione di 
scienza), se ne � tratta, in giurisprudenza, una conseguenziale affermazione 
e cio� che la dichiarazione di domicilio, in quanto atto da cui prescinde 



1438 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

traria dimostrazione -che abbiano raggiunto lo scopo; si che � irrilevante 
la prova che gli atti notificati siano oppure non siano venuti 
a notizia dell'imputato. 

Correlativamente, eletto il domicilio, le notificazioni devono essere 
effettuate soltanto nel luogo cosi indicato e non hanno alcuna 
rilevanza, n� l'effettiva a)Jitazione del dichiarante n� qualsiasi notizia 
sulla diversit� del domicilio proveniente dal domiciliatario; sicch� la 
notificazione eseguita in luogo diverso � nulla, a� meno che non venga 
effettuata mediante consegna a mani proprie. 

Nel caso di specie il Lonetti, nell'interrogatorio reso al giudice 
istruttore, aveva inequivacobilmente eletto il proprio domicilio a Crotone, 
Via Reggio, IV traversa, presso Cerante Francesco e quivi si 
sarebbero dovute eseguire tutte le notificazioni. 

Vero � che al momento della elezione di domicilio l'imputato 
era detenuto e l'art. 171, prevede espressamente la dichiarazione o 
l'elezione di domicilio solo per le notificazioni all'imputato non detenuto 
giacch� le notificazioni all'imputato detenuto si eseguono mediante 
consegna della copia alla persona (art. 168}, ma nulla vieta 
che la dichiarazione o l'elezione anzidette vengono effettuate dall'imputato 
detenuto in previsione della successiva scarcerazione e, se al 

ogni contenuto volitivo (atto volontario, non atto di volont�) e diretto soltanto 

a manifestare una situazione di fatto, non pu� che riferirsi all'indicazione 

del luogo in cui la nersona ha la dimora abituale -residenza -mentre 

l'elezione di domicilio acquista la sua dignit� negoziale proprio attra


verso una manifestazione di volont� di;retta a modificare, in modo giuridi


camente rilevante, la naturale sede delle notificazioni. Certamente questa 

affermazione potrebbe portare troppo in l�, sino ad affermare che non pu� 

avere contenuto negoziale (e non essere quindi valida elezione) la manife


stazione di volont� con la quale l'imputato elegge domiciUo presso la propria 

residenza. Il che, se astrattamente affermato in modo assoluto, costitui;rebbe 

un'evidente assurdit�, ma � chiaro che, quando la giurisprudenza sostiene 

ci�, si pone sostanzialmente un problema di interpretazione della volont�: 

diviene allora legittimo il dubbio, di fronte alle brevi formule di stile con 

le quali solitamente si provvede agli incombenti di cui all'art. 171 c.p.p., che 

la cosi detta �elezione �non sia tale ed esatta appare l'affermazione che 

l'atto con il quale si � ~legge � domicilio a casa propria, non accompagnato 

da una pi� sicura dimostrazione di intento negoziale, non sia v�alido a di


mostrare l'effettivo intendimento dell'imputato di revocare la precedente 

elezione di domicilio. Cos� statuendo, la sentenza che si annota ed altre 

(Cass. 18 giugno 1963, Giust. pen., 1964, 223; 18 febbraio 1963, ivi, 1964, 129; 

25 marzo 1963, Cass. pen., Mass., 1963, 92; 6 maggio 1966, n. 1075) hanno 

correttamente applicato le norme vigenti in materia. 

Non appaiono viceversa ineccepibili per la loro drasticit� quelle deci


sioni che richiedono, per la validit� dell'elezione di domicilio, l'indicazione 

della persona del domiciliatario (Cass. 8 maggio 1962, Cass. pen. Mass. 1964, 

91; 17 maggio 1966, n. 1163) anche se appaiono ispirate al principio del con


creto raggiungimento dello scopo dell'atto: oltre infatti una ragionevole 

garanzia di efficienza, le norme processuali non possono andare senza che il 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1439 

momento della scarcerazione essa non sia revocata, non vi � alcun 
motivo per ritenerla invalida, trattasi, infatti, di una manifestazione 
di volont� che pu� persino essere espressa ancora prima che il giudice 
compia alcun atto con l'intervento dell'imputato, come si arguisce 
dall'art. 169 c. p. p. manifestazione di volont� che conserva piena validit� 
fino a che non venga revocato nella forma prescritta. 

Pertanto il temporaneo stato di detenzione dell'imputato vale solo 
a sospendere ma non ad escludere la efficacia della elezione di domicilio. 


L'obbligo. di procedere alle notificazioni al Lonetti. nel domicilio 
eletto non poteva poi considerarsi cessato per effetto di quella nuova 
elezione contenuta nella lettera raccomandata del 28 settembre 1959. 

L'imputato � libero di modificare la elezione di domicilio, ma 
deve farlo secondo le modalit� all'uopo prescritte dall'art. 171 c. p. p. 
La mutazione del domicilio eletto �, invero, un atto formale nei modi 
stabiliti dalla legge, onde � inefficace il mutamento del domicilio partecipato 
per lettera: quando il legislatore ha voluto attribuire effi



regolare corso del processo ne risenta negativamente e tali affermazioni 
aprono la porta ad una inamissibile indagine sulla effettiva cognizione dell'atto 
notificato. Oltre tutto, 'limitano eccessivamente l'autonomia negoziale 
e le possibilit� di interpretazione: non c'� ragione infatti di escludere una 
manifestazione di volont� � per relationem � (ad. es.: � eleggo domicilio 
in via x n. Y � ove ha sede lo studio legale, pu� essere una valida elezione, 
come viceversa pu� essere valida elezione anche quella a casa propria, purch� 
accompagnata da chiara ed esplicita manifestazione in questo senso: 
certamente per� non potrebbe interpretarsi come atto negoziale la mera 
affermazione � eleggo domicilio a casa mia � quando vi sia una precedente 
elezione di domicilio e quando la successiva dichiarazione sia fatta all'atto 
della scarcerazione in adempimento dell'obbligo imposto di non allontanarsi 
dalla propria residenza. In tal caso, il dubbio che questa non sia 
elezione diventa certezza. (Vedi anche per una corretta interpretazione della 
volont� di revoca del precedente domicilio; Cass. 4 giugno 1966, n. 1342). 

Dopo quanto sin qui detto, appare appena il caso di notare che l'affermazione 
giurisprudenziale della validit� della elezione di domicilio condizionata 
(fatta cio� durante lo stato di detenzione e che esplicher� i suoi effetti 
dopo la scarcerazione), appare ben pi� conforme alla natura negoziale 
dell'atto, che non quella contraria (conformi sul punto alla sentenza annotata: 
Cass. 20 maggio 1962, Cass. pen. Mass. 1964, n. 91; 12 ottobre 1959, 
Giust. pen. 1960, 356; 16 marzo 1964, Cass. pen. Mass. 1964, n. 814; 29 novembre 
1960, Giust. pen. 1961, 218). 

b) Un'ipotesi particolare di elezione di domicilio ove fra l'altro si usano 
correttamente i due termini di residenza e domicilio � prevista dall'art. 4 del 

d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, relativamente al difensore dell'imputato che 
non risieda n� abbia domicilio nel luogo ove ha sede l'ufficio giudiziario 
presso cui � in corso l'istruzione penale. In tale ipotesi, la norma prevede 
che, ai fini delle notificazioni degli avvisi indicati negli artt. 304 ter e 304 

1440 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cacia giuridica alle comunicazioni per lettera, lo ha stabilito espressamente 
come nell'art. 134 il che vale ancora ad escludere che l'imputato 
possa valersi di tale mezzo nei casi non contemplati, stante 
la validit� della non elezione di domicilio al Lonetti si sarebbe dovuto 
quindi notificare la citazione per il giudizio di primo grado nel 
domicilio eletto e da tale inosservanza deriva la nullit� dell:a citazione 
e quella degli atti successivi, compreso la sentenza (art. 189 
prima parte). 

Anche per il giudizio di appello la citazione doveva essere notificata 
nel domicilio eletto perch�, per espressa disposizione di legge, 
la elezione di domicilio vale per ogni stato e grado del procedimento 
di merito, escluso il giudizio di cassazione per il quale il domicilio 
del ricorrente deve essere sempre presso il difensore (artt. 172-532). 

La Corte di appello di Catanzaro ha ritenuto di potere superare 
l'ostacolo, osservando che nella dichiarazione di appello dell'imputato 
aveva affermato di essere domiciliato in Roma Largo Pannonia 

quater del c.p.p. il difensore deve eleggere domicilio o indicare un sostituto 
nel luogo ove pende il procedimento entro tre giorni dalla comunicazione 
della nomina, ailtrimenti le notificazioni saranno eseguite presso il presidente 
del Consiglio dell'ordine degli avvocati, se questo ha sede nel luogo 
in cui si procede, o in mancanza, mediante deposito nella cancelleria o segreteria. 


Va richiamata l'attenzione su questa norma, poich� � talvolta accaduto, 

in casi in cui l'Avvocatura dello Stato aveva assunto la difesa di impieg�ati o 

agenti dello Stato in giudizi penaJ.i pendanti innanzi a Giudici ove non ha 

sede un Ufficio dell'Avvocatura, che gli avvisi previsti dagli articoli 304 ter 

e quater c.p.p., sono stati notificati presso il Presidente del Consiglio del


l'Ordine degli Avvocati, con la conseguenza che :J.'Avvocato dello Stato in


caricato della difesa, o non ha ricevuto affatto o non ha ricevuto in tempo, 

la notizia necessaria all'espletamento di un'efficiente difesa in sede istrut


toria. 

In siffatti casi, ricorre una ipotesi di nullit� assoluta, per il combinato 

disposto degli artt. 18 5n. 3 c.p.p. e 11 e 44 ro. 30 ottobre 1933, n. 1611. 

Infatti sembra difficile poter sostenere che l'art. 4 del d.P.R. 25 ottobre 

1965, n. 932 possa essere applicato anche quando il difensore sia un avvocato 

dello Stato, poich� essendo la difesa assunta impersonalmente dall'Ufficio 

dell'Avvocatura territorialmente competente, sono applicabili integralmente 

le norme sulla difesa e irappresentanza in giudizio dello Stato che, come � 

noto, prevedono, a pena di nullit� assoluta, come unica sede per le notifi


cazioni, quella della competente Avvocatura dello Stato. Siffatta soluzione 

non � infi�ciata dalla norma dell'art. 45 t.u. n. 1611 del 1933 che richiama 

il solo art. 1 per la difesa degli impiegati (che anzi ci� comporta una 

perfetta equiparazione fra difesa dello Stato e difesa degli impiegati agli 

eff�etti dell'applicabilit� del citato decreto) ed � rafforzata dalla nota ratio 

della norma di cui all'art. 11 e dalla coincidenza tra interesse dello Stato e 

interesse dell'impiegato alla difesa. 

P. DI TARSIA DI BELMONTE 

1441

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

n. 48 e che tale dichiarazione dovesse considerarsi come una revoca 
della prima elezione di domicilio. 
Senonch�, anzitutto, l'elezione di domicilio � atto per sua natura 
e funzione prevalente sulla dichiarazione di domicilio, sicch� si sarebbe 
dovuto dimostrare l'effettivo intendimento dell'imputato di revocare 
la elezione di domicilio preventivamente fatta, ma � soprattutto 
da rilevare che l'argomento della Corte non verrebbe a salvare dalla 
nullit� l'intero giudizio di primo grado, anzi la revoca verrebbe a 
confermare Ja validit� della prima elezione di domicilio. 

Da quanto detto discende la nullit� della sentenza di primo e 
secondo grado emesse nei confronti del Lonetti, onde gli atti dovevano 
essere trasmessi al tribunale di Crotone per il giudizio, rimanendo 
assorbito il secondo motivo di ricorso che riflette il merito della causa. 
Rigettandosi i ricorsi degli altri imputati. -(Omissis). 


19 


PARTE SECONDA 



RASSEGNA DI DOTTRINA 


F. MENESTRINA, L'accessione nell'esecuzione, Giuffr� Milano, 1962, pagg. 274. 
Nel dichiarato intento di rendere onore ad uno dei maggiori Maestri 
del moderno diritto processuale civile e di mettere a disposizione degli 
studiosi opere che possono considerarsi classici della scienza giuridica, la 
Fondazione � PIERO CAI.AMANDREI > ha curato, recentemente, la riedizione 
in tre tomi degli scritti pi� significativi di FRANCESCO MENESTRINA. 

Questa Rassegna appare la sede pi� naturale per ricordare e lodare 
l'iniziativa della Fondazione � CALAMANDREI ., se � vero, com'� vero, che 
il Menestrina, facendo parte per molti anni del nostro Lstituto, ad esso 
dedic� la maggior parte della sua attivit� e delle sue energie. Anche i suoi 
scritti, del resto, sull'Avvocatura dello Stato, sul Foro generale dell'Erario, 
sul Contenzioso erariale (v. rispettivamente in Riv. dir. proc. civ., 1931, 
I, 201, ivi, 1927, I, 297, Riv. dir. pubbl., 1931, I, 26) testimoniano di un 
sempre intenso e costante interesse per i problemi giuridici connessi alla 
difesa dello Stato. 

Dell'opera in rassegna baster� ricordare che con essa il M. apport� un 
contributo notevolissimo e fecondo di r[sultati anche sul piano della futura 
legislazione alla teoria del cumulo processuale soggettivo, scoprendo, per la 
prima volta, al di fuori dell'ipotesi del � consor21io > (l'unica fino ad allora 
rilevata nella letteratura) ipotesi di ~ aggruppamento di parti comprensive 
oltre che dei pi� creditori istanti in una esecuzione speciale anche dei 
creditori insinuatisi nel concorso fallimentare>. 

Il merito dell'A. acquista tanto pi� rilevanza quanto maggiormente si 
considera che, all'epoca in cui il libro in rassegna veniva� pubblicato, la 
teoria dell'esecuzione era piuttosto negletta dagli studiosi di diritto processuale, 
per cui, relativamente ad essa, invano si sarebbero cercati lavori 
monografici od opere di sintesi di portata uguale a quella dei lavori sul 
processo di cognizione. 

La lettura del volume � resa piacevole dallo stile piano e ben articolato 
del M. e dagli interessanti riferimenti storici e comparatistici. 

Si pu� concludere, quindi, che la riedizione del volume in rassegna, 
oltre a rendere un doveroso omaggio alla memoria di un grande giurista 
scomparso, contribuisce alla diffusione, specialmente tra i giovani, di un 
testo che s'impone all'attenzione di ogni studioso sia per l'originalit� e 
lucidit� del pensiero espressovi e sia per il rigore e la severit�, certamente 
esemplari, del metodo d'indagine. 

L.M. 
H. KELSEN, La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 1966, pagg. CIII-418 
(Saggio introduttivo e tradU2lione di M. G. Losano; titolo originale 
dell'opera: Reine Rechtslehre, Verlag Franz Deuticke, Wien, 1960). 
Si segnala ai lettori della Rassegna la recente traduzione italiana, 
curata, su suggerimento di Norberto Bobbio, da Mario G. Losano, della 

� Dottrina Pura del Diritto � di H. KELSEN nella stesura pubblicata a Vienna 
nel 1960. 
20 



282 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quest'opera, definita da Ross � il maggior contributo del secolo alla 
filosofia del diritto�, costituisce una vera e propria e summa� del pi� 
maturo pensiero Kelseniano sul concetto del �Diritto� in s�, inteso quale 
struttura autosufficiente e non contraddittoria di norme giuridiche interdipendenti. 


Come lo stesso A. avverte ne111i sua prefazione al libro, la seconda 
edizione dell'opera rappresenta una rielaborazione totale dei temi trattati 
nella prima edfaione, pubblicata in Austria nel 1934 e tradotta in Italia nel 
1952, ed un considerevole ampliamento del suo argomento. E difatti il K., 
mentre un tempo si era ritenuto pago di enunciare i principi fondamentali 
di una � dottrina pura dei diritto � e di indicare i risultati pi� propriamente 
caratteristici di tale teoria, in questa nuova edizione del libro ha voluto 
sviluppare le medesime concezioni di fondo in tutte le loro pi� specifiche 
implicazioni, tentando di � risolvere i problemi essenziali di una dottrina 
generale del diritto secondo i principi della purezza metodologica della 
conoscenza scientifico-giuridica e cercando, con ci�, di precisare pi� dettagliatamente 
la posizione della 'Scienza giuridica nel sistema delle scienze �. 

L'evoluzione delle pi� importanti concezioni espresse nel volume e le 
modificazioni pi� rilevanti subite, pur nella sua coerenza e linearit�, dal 
pensiero Kelseniano, sono sottolineate, oltre che dalle perspicue note 
dell'A. al testo, dall'ottimo saggfo introduttivo del traduttore; saggio che 
costituisce di �per s� uno studio degno di segnalazione ai cultori di filosofia 
del diritto e di teoria generale del diritto. 

Al traduttore si devono, altresl, un'utilissima � bibliografia �, aggiornata 
al 1966, degli scritti originali del K. e delle traduzioni italiane ed una 

� avvertenza terminologica � avente lo scopo di spiegare alcune difficolt� 
lessicali del testo, dovute al fatto che l'A. usa oggi vocaboli in un senso 
del tutto diverso da quello con cui anni fa li introdusse nella sua costruzione 
giuridica. 
L.M. 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI * 

legge 31 ottore 1966, n. 948 -Sostituisce i primi due commi dell'art. 
31 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 relativo alla presunzione di esistenza 
di un predeterminato quantitativo di gioielli, denaro e mobilia nel 
patrimonio ereditario (G. U. 16 novembre 1966, n. 287). 

legge 31 ottobre 1966, n. 958 -Modifica l'art. 32 del d. P. R. 29 gennaio 
1958, n. 645, riducendo di un anno i termini per la rettifica e per 
l'accertamento di ufficio dei redditi imponibili (G. U. 17 novembre 1966, 

n. 289). 
legge 6 dicembre 1966, n. 1077 -Estende le norme sul trattamento di 
quiescenza e di previdenza vigenti per i dipendenti di ruolo delle Amrninistraz'ioni 
dello Stato ai dipendenti non di ruolo (G. U. 20 dicembre 
1966, n. 319). 

legge 12 dicembre 1966, n. 1078 -Disciplina la posizione ed il trattamento 
economico dei dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici eletti 
a cariche presso Enti autonomi territoriali (G. U. 20 dicembre 1966, 

n. 319). 
legge 20 dicembre 1966, n. 1114 -Modifica l'art. 13 del Codice postale 
e delle telecomunicazioni (r. d. 27 febbraio 1936, n. 645), contemplando 
l'intervento dell'autorit� giudiziaria (Pretore) per la pronuncia sulla 
inoltrabilit� delle corrispondenze ritenute non ammesse dall'ufficio postale 
(G. U. 27 dicembre 1966, n. 325). 

legge 20 dicembre 1966, n. 1116 -Modifica l'ordinamento del personale 
della pubblica sicurezza (G. U. 27 dicembre 1966, n. 325). 

legge 23 dicembre 1966, n. 1139 -Concede, nei limiti e con le condizioni 
indicate, il condono delle sopratasse, pene pecuniarie ed altre sanzioni 
non penali in materia tributaria (G. U. 30 dicembre 1966, n. 328). 

legge 23 dicembre 1966, n. 1147 -Contiene la nuova disciplina del 
contenzioso elettorale amministrativo, con modifica degli artt. 15, 82, 
83 e 84 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, aggiunta dell'art. 9-bis, 
abrogazione dell'art. 2 della legge 18 maggio 1951, n. 328 e norme transitorie 
per i ricorsi pendenti (G. U. 31 dicembre 1966, n. 329). 

(�) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 



284 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE * 

NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

d. lg. P. R. 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di sezioni della Corte dei 
Conti per la Regione siciliana), art. 2, secondo comma, e art. 6, primo comma, 
primo periodo, limitatamente alle parti in cui consentono, rispettivamente, 
al Governo regionale di richiedere, e alle sezioni regionali riunite della 
Corte dei conti di disporre, la registrazione degli atti ritenuti illegittimi 
in sede di controllo e l'apposizione del visto con riserva; art. 6, secondo 
c:omma. 
Sentenza 19 dicembre 1966, n. 121, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 

Ordinanza di rimessione 10 luglio 1965 delle Sezioni riunite della 
Corte dei conti per la Regione siciliana, G. U. 4 settembre 1965, n. 223, 
e in questa Rassegna, 1965, II, 145. � 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunaie -~ 
per i minorenni) (1), artt. 14 e 15 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 19 dicembre 1966, n. 122, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 
Ordinanza di rimessione 30 settembre 1964 della Corte di appello 
di Torino, G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 79. 

r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle norme per la protezione 
della selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 19, terzo c:omma, alle 
parole � salvi i diritti quesiti � (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 19 dicembre 1966, n. 124, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 
Ordinanza di rimessione 2 luglio 1965 del Pretore di Rovato, G. U. 
30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 145. 

legge 19 gennaio 1955, n. 25 (Disciplina dell'apprendistato), art. 6 

art. 
35 della Costituzione). 
Sentenza 19 dicembre 1966, n. 123, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 
Ordinanza di rimessione 7 aprile 1965 del Tribunale di Caltanis


setta, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 109. 

(*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 
ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) Convertito, con modificazioni, in legge 27 maggio 1935, n. 835. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

285 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art, 2068 (Rapporti di lavoro sottratti a contratto collettivo), 
se-condo c�omma, nella parte in cui sottrae alla disciplina del contratto 
collettivo i rapporti di lavoro domestico (art. 39, ultimo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 30 maggio 1966, G. U. 26 novembre 
1966, n. 299. 

codice civile, art. 2120 (Indennit� di anzianit�), primo comma, ultima 
parte, nel punto in cui, con disparit� di trattamento rispetto ai dipendenti 
statali (art. 3 della Costituzione), stabilisce la perdita dell'indennit� di 
anzianit� in caso di cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni 
volontarie (art. 36 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 4 luglio 1966, G. U. 24 dicembre 1966:, 

n. 324. 
codice di procedura civile, art. 545 (Crediti impignorabili), quarto com� 
ma, limitatamente alle parole � e in eguale misura per ogni altro credito 
�, in quanto, con disparit� di trattamento rispetto ai dipendenti 
pubblici, consente il pignoramento del quinto delle somme dovute dai 
privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennit� di lavoro o 
di impiego per crediti di qualsiasi natura (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Gallarate, ordinanza 10 ottobre 1966, G. U. 26 novembre 
1966, n. 299. 

codice di procedura civile, art. 622 (Opposizione della moglie del debitore), 
sia perch� limita alle sole ipotesi previste l'opposizione della 
moglie contro i creditori del marito (art. 24, primo comma, della Costituzione), 
sia perch� le limitazioni alla proponibilit� ed ai mezzi di prova 
concernono l'opposizione solo della moglie (art. 29, secondo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 23 maggio 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

codice penale, art. 145 (Remunerazione ai condannati per il lavoro 
prestato) e art. 213 (Stabilimenti destinati alla esecuzione delle misure 
di sicurezza detentiva. Regime educativo, curativo e di lavoro), nelle 
parti in cui pongono a carico, rispettivamente, del detenuto e del sottoposto 
a misure di sicurezza detentive, le spese di mantenimento (artt. 1, 
3 e 27 della Costituzione). 

Tribunale di Varese, ordinanza 26 luglio 1966, G. U. 26 novembre 
1966, n. 299. 



286 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice cli procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto consente al pretore 
di emettere decreto di citazione a giudizio senza che l'imputato sia 
stato interrogato qualora non si proceda al compimento di atti di istruzione 
(artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) 
(2). 

Pretore di Gonzaga, ordinanza 16 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

codice di procedura penale, art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), 
terzo comma, in quanto rimette alla discrezione del giudice la concessione 
di un termine per preparare la difesa (artt. 3 e 24 della Costituzione) (3). 

Tribunale di Bari, ordinanza 8 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, 

n. 284. 
r. d. 11 dicembre 1887, n. 1550 (rec:te: 5138) (che chiama la Consulta 
Araldica a dar pareri al Governo in materia di titoli e distinzioni nobiliari, 
di stemmi ed altre pubbliche onorificenze e ne stabilisce le 
norme), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 
e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 :novembre 
1966, n. 284. 

r. d. 2 luglf.o 1896, n. 313 (Nuovo ordinamento per la Consulta Araldica), 
in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e 
disp. trans. XIV della Costituzione) (4). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

(2) Questione gi� proposta dal Pretore di Venezia (ordinanza 13 maggio 1966, 
G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e retro, 11, 202) e, con riferimento al solo art. 24, 
secondo e terzo comma, della Costituzione, dal Pretore di Avezzano (ordinanza 
13 giugno 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e retro, II, 248). La disposizione, 
e limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non 
prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda 
aZ compimento di atti di istruzione �, � stata dichiarata illegittima con sentenza 
28 aprile 1966, n. 33. 
(3) Questione gi� proposta dal Tribunale di Belluno (ordinanza 10 dicembre 
1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, 11, 2.3), dal Tribunale di Bari (ordinanze 
1� giugno 1966 e 15 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e retro, II, 249) 
e con riferimento al solo art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Bari (ordinanza 
16 marzo 1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 154) dal Tribunale di Bari 
(ordinanza 22 marzo 1966, G. U. 28 maggio 1966, n. 131, e retro, II, 154) e dal 
Pretore di Milano (ordinanza 28 marzo 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e retro, 
II, 203). 

(4) Questione gi� proposta dal Tribunale di Roma con quattro ordinanze del 
13 dicembre 1965, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 155 e seguenti. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

r. d. 5 luglio 1896, n. 314 (Regolamento per la Consulta Araldica), in 
quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. 
XIV della Costituzione) (4). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

legge 14 febbraio 1904, n. 36 (Disposizioni sui manicomi e sugli alienati), 
art. 2, secondo comma, e sia nella parte che consente l'accertamento 
dell'alienazione mentale senza le garanzie di contraddittorio, di difesa 
giuridica e tecnica e di impugnabilit�, sia nella parte che consente, alla 
autorit� di pubblica sicurezza in via di urgenza, l'internamento provvi� 
sorio per un periodo di tempo superiore a quello consentito per la carcerazione 
di indiziato di reit�� (artt. 2, 3, 24 e 32 della Costituzione); 
art. 3, terzo comma, in quanto � affida non solo al giudizio, ma altresi 
all'arbitrio generico ed amplissimo del direttore del manicomio la facolt� 
del licenziamento dell'internato in via di prova � (artt. 2, 3, 24 e 32 
della Costituzione); e nel complesso delle disposizioni, con particolare riguardo 
all'art. 3, ultimo punto, in quanto contemplano gravi restrizioni 
della libert� personale (art. 13, primo, secondo e terzo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Ferrara, ordinanze 30 luglio 1966 e 18 agosto 1966 
(quattro complessivamente), G. U. 12 novembre 1966, n. 284. 

r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692 (Limitazioni all'orario di lavoro per gli 
operai ed impiegati deUe aziende industriali o commerciali di qualunque 
natura), art. 9, secondo comma, in quanto attribuisce al Governo, predeterminando 
solo la natura ed il limite massimo della sanzione, il potere 
di creare (e, negli indicati limiti, reprimere) nuove figure di reato 
(art. 25, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 5 ottobre 1966, G. U. 24 dicembre 
1966, n. 324. 

r. d. 10 maggio 1923, n. 1792 (Convalidazione, con modificazioni, dei 
regi decreti 19 novembre 1921, n. 1592, e 16 novembre 19.21, n. 1593, 
suU'imposta sul consumo del gas e deZZ'energia elettrica), art. 1, in 
quanto convalida il r. d. 19 novembre 1921, n. 1592, per violazione dei 
principi che regolavano, all'epoca della sua emanazione, la convalida 
dei decreti legge nonch� l'esercizio, da parte del Governo, del potere 
legislativo delegato dalle Camere. 
Tribunale di Monza, ordinanza 14 marzo 1966, G. U. 26 novembre 
1966, n. 299 (5). 


(5) Nella stessa ordinanza il Tribunale di Monza ha dichiarato manifestamente 
infondate le questioni di legittimit� costituzionale del r. d. 1. 15 settembre 1915, 
n. 1373 (e, subordinatamente all'esito della questione sopra indicata, del r. d. 1. 
19 novembre 1921, n. 1592) (art. 77 della Costituzione) e del comb. disp. art. 45, 
primo e secondo comma, del d. m. 8 luglio 1924 e norme da esso richiamate <.art. 70 
della Costituzione). 
I 

I 

I 
~ 

f 

j 


288 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle su�cessioni), 
art. 31, primo, secondo e terzo o:�omma, in quanto pone la presunzione iuris 
et de iure di esistenza di un predeterminato quantitativo di gioielli, danaro 
e mobilia nel patrimonio ereditario (artt. 3 e 53 della Costituzione) 
(6). 
Commissione provinciale delle imposte di Napoli, ordinanza 17 
maggio 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. 

r. d. 23 marzo 1924, n. 442 (Disposizioni per disciplinare l'uso di titoli 
od attributi nobiliari), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari 
(art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

legge 17 aprile 1925, n. 473 (Conversione in legge, con approvazione 
complessiva, di decreti luogotenenziali e regi aventi per oggetto argomenti 
diversi, emanati sino al 23 maggio 1924), per la parte in cui converte 
in legge il r. d. 20 marzo 1924, n. 442, con disposizioni relative 
al riconoscimento di titoli nobiliari (art..3 e disp. trans. XIV della Co~ 
stituzione) ( 4). 

Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

r. d. 16 agosto 1926, n. 1489 (Statuto delle successioni ai titoli e agli 
attributi nobiliari), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari 
(art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

r. d. 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme di carattere legislativo per disciplinare 
la ricerca e la coltivazione delle miniere), artt. 10 e 19, nella 
parte in cui, senza prevedere indennizzo, impongono un � pati � ai 
possessori dei fondi compresi nel perimetro di ricerca e di coltivazione 
delle miniere (art. 42, terzo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Montepulciano, ordinanza 14 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 (Approvazione dello stato nobiliare italianor, 
in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 
e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

(6) Questione gi� proposta dalla Corte di appello di Milano con ordinanza 
22 febbraio 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 157. I primi commi 
della disposizione, dichiarati illegittimi con sentenza 12 luglio 1965, n. 69 e in quanto 
escludono le aziende agricole dal trattamento disposto per le aziende industriali e 
commerciali ., sono stati sostituiti con legge 31 ottobre 1966, n; 948. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

289 

r. d. 18 giugno 1931. n. 787 (Regolamento per gli istituti di prevenzione 
e di pena), art. 124� primo comma, in quanto prescrive la gratuit� del lavoro 
prestato dai detenuti durante il tirocinio (art. 36 della Costituzione); 
artt. 125, secondo comma, e 126 primo comma, in quanto rimettono 
l'assegnazione dei detenuti alle varie categorie di lavoratori alla insindacabile 
valutazione discrezionale del direttore del carcere (art. 4 della 
Costituzione); art. 125, quinto e sesto comma, e 327, s�condo comma, ultima 
parte, in quan,to determinano la retribuzione dovuta ai detenuti secondo 
criteri che prescindono dalla qualit� e dalla quantit� del lavoro in concreto 
prestato (artt. 36 e 3 della Costituzione). 
Tribunale di Varese, ordina.nza 26 luglio 1966, G. U. 26 novembre 
1966, n. 299. 

r. d. 18 glugn�o 1931, n. 787 (Regolamento per gli istituti di prevenzione 
e di pena), art. 142, secondo comma, in quanto obbliga i detenuti che al 
momento delliingresso netto stabilimento non abbiano dichiarato di appartenere 
ad altra confessione religiosa a seguire le pratiche collettive 
del culto cattolico (art. 19 e 21 della Costituzione). 
Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Varese, ordinanza 
4 agosto 1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 

r. d. 27 novembre 1936, n. 645 (Codice postale e delle telecomunicazioni), 
artt. 12, secondo comma, 13 e 72, in quanto, nell'autorizzare l'Amministrazione 
postale, e cosi ogni suo dipendente che maneggi la 
corrispondenza, a non darvi corso ove nella sua discrezionale valutazione 
ritenga di ravvisarvi una contrariet� all'ordine pubblico, al buon 
costume e alla sicurezza dello stato, consentono in effetti all'Amministrazione 
di esaminare e stabilire, discrezionalmente, senza intervento 
dell'autorit� giudiziaria, ed in base al loro contenuto intrinseco, quali 
oggetti di corrispondenza possano essere consentiti (artt. 15 e 21 della 
Costituzione) (7). . 
Giudice istruttore del Tribunale di Bologna, ordinanza 21 ~iugno 
1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 

r. d. 7 giugno 1943, n. 651 (Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano), 
in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e 
disp. trans. XIV della Costituzione) (4). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 
1966, n. 284. 

d. lg. lgt. 9 novembre 1945, n. 848 (Trattamento di pensione degli addetti 
ai pubbtici servizi di trasporto in concessione, gi� licenziati per 
motivi politici), art. 6, in quanto, nel disporre l'annullamento della po(
7) L'art. 13 del Codice postale � stato modificato con legge 20 dicembre 1966, 
n. 1114, che devolve all'autorit� giudiziaria (Pretore) la pronuncia sulla inoltrabilit� 
delle corrispondenze ritenute non ammesse dall'Ufficio postale. 

290 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

s1z10ne assicurativa conseguita dagli agenti autoferrotramvieri in dipendenza 
di rapporti di lavoro svolti dopo l'esonero dal servizio per 
motivi politici, contempla, con disparit� di trattamento anche rispetto 
agli agenti che dopo l'esonero non abbiano prestato lavoro subordinato, 
una disciplina diversa da quella stabilita con il r. d. t 6 gennaio 1944, 

n. 9 e con il d. lg. lgt. 19 ottobre 1944, n. 301, per le altre categorie di 
dip�ndenti pubblici ai quali � riconosciuto, ai fini della ricostruzione 
della carriera e della liquidazione della pensione, il periodo di tempo 
successivo all'esonero dal servizio per motivi politici (art. 3 della Costituzione) 
(8). 
Tribunale di Roma, ordinanza 30 maggio 1966, G. U. 24 dicembre 
1966, n. 324. 

d. lg. C.P.S. 1� aprile 1947, n. 273 (Proroga dei contratti agrari), in 
quanto rimette alla valutazione dell'Ispettorato compartimentale dell'agricoltura, 
non suscettibile di sindacato da parte dell'autorit� giudiziaria, 
l'accertamento sulla attuabilit� ed utilit� del piano di trasformazione 
agraria (artt. 3, 25 e 102 della Costituzione) (9). 
Corte di appello di Catania, Sezione agraria, ordinanza 11 luglio 
1965, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 176, in quanto consente di assoggettare ad imposizione tributaria 
redditi solo presunti (10). 
Commissione distrettuale. delle imposte di Milano, ordinanze 5 maggio 
1966 (tre), G. U. 26 novembre 1966, n. 299 (artt. 53, 113, 70, 71, 76 
e 81 della Costituzione). 

Commissione distrettuale delle imposte di Asti, ordinanza 21 g.iugno 
1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324 (artt. 53 e 3 della Costituzione). 


Commissione distrettuale delle imposte di Acireale, ordinanza 14 lu
�glio 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284 (artt. 53, 113, 70, 71 e 76 della 
Costituzione). 

(8) Questione gi� proposta dallo stesso Tribunale di Roma con ordinanza 
24 gennaio 1966 (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e retro, II, 207). 
(9) La disposizione � stata sostituita con l'articolo unico della legge 13 giugno 
1961, n. 527, per il quale la stessa questione � stata gi� proposta dalla Sezione 
agraria della corte di appello di Venezia, in riferimento agli artt. 24, 101 e 102 
della Costituzione (ordinanza 4 marzo 1966, G. U. 11 giugno 1966, n. 143, e retro, 
II, 163). 
(10) La questione (che nelle ordinanze delle Commissioni distrettuali delle 
imposte di Milano e di Acireale non risulta motivata) � stata gi� pro.posta dalla 
stessa Commissione distrettuale delle imposte di Milano in riferimento agli articoli 
53, 76 e 77 della Costituzione (ordinanze 15 luglio 1965 {due) G. U. 14 maggio 
1966, n. 118, e retro, II, 161) e dalla Commissione distrettuale delle imposte di 
Crotone in riferimento al solo art. 53 della Costituzione (ordinanza 16 aprile 1966, 
G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e retro, II, 211). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

291 

legge 24 marzo 1958, n 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
del Consiglio superiore della magistratura), art. 17, secondo com� 
ma, in quanto consente il sindacato giurisdizionale (e da parte del Consiglio 
di Stato) sulle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura 
(artt. 100, primo comma, 104, 105, 24, primo comma, 103 e 102, 
secondo comma, prima parte, della Costituzione). 

Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanze 10 marzo 1966 
(tre), G. U. 12 novembre 1966, n. 284. 

legge 2 aprile 1958, n. 339 (Tutela del lavoro domestico), in quanto 
dettata nel presupposto che la materia del lavoro domestico � sottratta 
alla regolamentazione collettiva (art. 39, ultimo comma, della Costituzione). 


Pretore di Napoli, ordinanza 30 maggio 1966, G. U. 26 novembre 
1966, n. 299. 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali 
dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), articolo unico, nella 
parte in cui rende obbligatorie erga omnes le clausole dell'Accordo 
interconfederale del 18 ottobre 1950 relative alle formalit� di costituizione 
del Collegio di conciliazione e arbitrato (art. 39 e 76 della Costituzione) 
(11). 
Tribunale di Roma, ordinanza 26 luglio 1966, G. U. 26 novem~ 
bre 1966, n. 299. 

d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326 (Norma sul trattamento economico 
e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche e affini), 
articolo unico, in quanto rende obbligatorio erga omnes l'art. 11 del Contratto 
collettivo nazionale di lavoro 1� ottobre 1959 per la parte in cui 
richiama gli accordi interconfederali per i criteri in materia di licenziamento 
(art. 39 e 76 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 26 luglio 1966, G. U. 26 novembre 
1966, n. 299. 

(11) Con sentenza 26 maggio 1966, n. 50, ed in riferimento agli artt. 76, 77 
e 102 della Costituzione, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale 
del d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 e per la sola parte in cui discipiina 
l'inten�ento di conciliazione delle organizzazioni di categoria � ed ha dichiarato non 
fondata la questione di legittimit� costituzionale dello stesso decreto presidenziale 
in quanto rende obbligatorie erga omnes le clausole dell'Accordo interconfederale 
del 18 ottobre 1950 che deferisco.no la cognizione delle controversie a Collegi di 
conciliazione e di arbitrato. In riferimento all'art. 39 della Costituzione, nel rilievo, 
cio�, che la soggezione al giudizio arbitrale si risolve in una violazione del principio 
della libert� sindacale, la questione sopra indicata � stata gi� propOBta dal Tribunale 
di Milano con ordinanza 13 ottobre 1965 (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, 
II, 162). 

292 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 108~ 
per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 2, terzo comma, 
della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto prevede la pena accessoria 
della pubblicazione della sentenza di condanna (art. 76 della Costituzione) 
(12). 
Pretore di Lugo, ordinanze 17 settembre 1966 e 22 settembre 1966, 

G. U. 26 novembre 1966, n. 299. 
legge 22 luglio 1966, n 614 (Interventi straordinari a favore dei territori 
depressi dell'Italia settentronale e centrale), in quanto sacrifica competenze, 
legislative ed amministrative, proprie delle Regioni e delle Provincie 
autonome (artt. 11, 13 e 57 e segg. dello Statuto della Regione 
Trentino-Alto Adige e artt. 5, 116, 118, 119 e 128 della Costituzione). 

Regione Trentino-Alto Adige, ricorso depositato il 24 ottobre 1966, 

G. U. 12 novembre 1966, n. 284. 
d. P. R. 9 agosto 1966, n. 869 (Norme di attuazione dello Statuto speciale 
della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di igiene e sanit�, 
assistenza sanitaria ed ospedaliera, recupero dei minorati. fisici e mentali), 
art. 3, primo c:omma, in quanto riserva al Ministero della sanit� le attribuzioni 
in materia di classificazione degli ospedali e i provvedimenti 
intesi ad assicurare in tutto il territorio nazionale una adeguata assistenza 
ospedaliera (art. 15, n. 16 dello Statuto della Regione FriuliVenezia 
Giulia). 

Regione Friuli-Venezia Giulia, ricorso depositato il 28 novembre 
1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 

legge reg. sic:. approv. 12 ottobre 1966 (Norme per i concorsi nella 
Regione siciliana per i medici, veterinari ed ostetriche condotti e norme 
integrative transitorie per il personale sanitario degli ospedali della 
Regione siciliana). 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, G. U. 
26 novembre 1966, n. 299. 

legge reg. sic:. approv. 16 novembre 1966 (Riordinamento dei ruoli organici 
dell'Assessorato regionale dell'agricoltura e delle foreste). 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, G. U. 
24 dicembre 1966, n. 324. 


\12) La questione di legittimit� costituzionale del d. P. R. 12 febbraio 1965, 

n. 162, nel suo complesso, per sostanziale eccesso dai limiti temporali della delega 
conferita con legge 9 ottobre 1964, n. 991, e in riferimento agli artt. 73 e 76 della 
Costituzione � stata proposta dal Pretore di Latina con ordinanza 15 luglio 1966 
(G. U. 15 ottobre 1966, n. 258, e retro, II, 260). 

PARTE II, RASSEGNA DI I,EGISLAZIONE 293 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, 
Di INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI 
RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codice di procedura penale, art 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), nella parte in cui, nei procedimenti di 
competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio 
dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di 
istruzione -manifesta infondatezza �per sopraggiunta inefficacia deHa 
norma ai sensi deHa sentenza n. 33 del 20 aprile 1966 � (pubblicata il 
28 aprile 1966). 

Ordinanza 19 novembre 1966, n. 115, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 
299. 
Ordinanze di rimessione 1<> aprile 1965 del Pretore di Montichiari 
(G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 154); 24 gennaio 1966 (due) 
del Tribunale di Ferrara (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 101; 
G. U. 11 giugno 1966, n. 143, e retro, II, 154); 1<> febbraio 1966 (tre) del 
Tribunale di Ferrara (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 101); 
12 febbraio 1966 del Pretore di Novara (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, 
e retro, II, 101); 12 febbraio 1966 del Pretore di Cagli (G. U. 21 maggio 
1966, n. 124, e retro, II, 154); 14 febbraio 1966 del Pretore di Royigo 
(G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 154); 16 febbraio 1966 
del Pretore di Benevento (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 154); 
24 febbraio 1966 del Pretore di Livorno (G. U. 21 maggio 1966, n. 124, 
e retro, II, 154). 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, alla F (Legge sui lavori pubblici), art. 317 
-restituzione per un nuovo giudizio sulla rilevanza. 

Ordinanza 19 dicembre 1966, n. 126, G. U. 26 ottobre 1966, n. 324. 

Ordinanze di remissione 23 giugno 1965 del Pretore di Borgo S. Lorenzo 
(G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 107) 
e 6 dicembre 1965 del Pretore di Caltanissetta (G. U. 12 febbraio 1966, 

n. 38, e retro, II, 23). 
r. d. 12 febbraio 1911, n. 297 (Regolamento per la esecuzione deHa 
legge comunale e provinciale), art. 160 -manifesta infondatezza (13). 
Ordinanza 19 novembre 1966, n. 116, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Deliberazione 19 febbraio 1966 del Consiglio comunale di Acerra, 
G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 156. 
(13) 
Questione gi� dichiarata inammissibile con sentenza 22 novembre 1962, 
n. 92, per la natura regolamentare della disposizione. 
I

I 

I 

l 

! 

j 


294 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 7 ottobre 1947, n. 1058 (Norme per la disciplina dell'elettorato 
attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali), artt. 3, 
sec:ondo c:omma, 23 e 24 -restituzione per un nuovo giudizio sulla rilevanza. 


Ordinanza 19 dicembre 1966, n. 125, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. 

Ol'dinanze di remissione 5 novembre 1964 della Corte di appello 
di Ancona e 30 ottobre 1964 e 13 novembre 1964 della Commissione 
elettorale mandamentale di Imola, G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in 
questa Rassegna, 1965, II, 15. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 136, lettera bJ -restituzione per un nuovo giudizio sulla rilevanza 
(14). 
Ordinanza 19 novembre 1966, n. 112, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ordinanza di rimessione 9 novembre 1965 della Commissione distrettuale 
delle imposte di Polistena, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25, e 
retro, II, 24. 

d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), artlc:olo unlc:o, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes 
l'art. 56 del contratto collettivo 24 luglio 1959 per gli operai addetti 
all'industria edilizia ed affini -manifesta infondatezza � per sopraggiunta 
inefficacia della norma ai sensi della sentenza n. 45 del 4 maggio 
1966 � (pubblicata il 27 maggio 1966). 

Ordinanza 19 novembre 1966, n. 113, G. U. novembre 1966, n. 299. 
Ordinanza di rimessione 9 novembre 1965 del Tribunale di Catania, 

G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 106. 
d. P. R. 9 maggio 1961, n. 866 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle 
provincie di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria), artic:olo unic:o, per 
la parte che rende obbligatorie e1'ga omnes le clausole concernenti la 
Cassa edile di cui all'art. 11 dell'accordo integrativo collettivo 1� luglio 
1959 per gli operai edili della provincia di Reggio Calabria -manifesta 
infondatezza �per sopraggiunta inefficacia della norma ai sensi 
della sentenza n. 48 del 23 maggio 1966 � (pubblicata il 28 maggio 1966). 
Ordinanza 19 novembre 1966, n. 114, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ordinanza di rimessione 19 novembre 1965 del Pretore di Palmi, 
G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 106. 
(14) Sulla presumibile motivazione del provvedimento, gi� adottato per la 
stessa questione di legittimit� costituzionale (ordinanza 28 aprile 1966, n. 36, G. U. 
30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 110) cfr. retro, II, 257, nota 23. 

PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

295 

legge reg. sarda approv. 14 maggio 1965 (riapprov. 20 gennaio 1966) 

(Modifiche alla legge regionale 31 marzo 1965, n. 5, concernente la concessioni 
di un assegno mensile ai vecchi lavoratori senza pensione) inammissibilit�. 


Sentenza 19 dicembre 1966, n. 113, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324). 
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri depositato 1'11 febbraio 
1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 163. 

legge reg. sic. approv. 21 luglio 1965 (Modifiche ed integrazioni alla 
legge regionale 11 gennaio 1963, n. 2) -estinzione per rinuncia. 

Ordinanza 19 novembre 1966, n. 105, G. U. novembre 1966, n. 299. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 6 agosto 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216. 

legge reg, sic. approv. 21 luglio 1965 (Provvidenze per iniziative nel 
settore minerario) -estinzione per rinuncia. 

Ordinanza 19 novembre 1966, n. 108, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 6 agosto 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216. 

legge reg. sic. approv. 19 ottobre 1965 (Istituzione di un posto di ruolo 
di idraulica agraria con applicazione di disegno presso l'Universitd di 
Catania) -estinzione per rinuncia. 

Ordinanza 19 novembre 1966, n. 110, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 6 novembre 1965, G. U. 13 novembre 1965, n. 284. 

legge reg. sic. approv. 26 ottobre 1965 (Modifiche alla legge approvata 
dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21 luglio 1965 recante 
modifiche ed integrazioni della legge 11 gennaio 1963, n. 2) -estinzione 
per rinuncia. 


Ordinanza 19 novembre 1966, n. 106, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 9 novembre 1965, G. U. 27 novembre 1965, n. 297. 

legge reg. sic. approv. 25 novembre 1965 (Interpretazione autentica 
dell'art. 13 della legge regionale 22 febbraio 1963, n. 14 e norme aggiuntive 
alla legge stessa) -estinzione per rinuncia. 

Ordinanza 19 novembre 1966, n. 107, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 14 dicembre 1965, G. U. 31 dicembre 1965, n. 326. 


296 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. si�:. approv. 4 aprile 1966 (Modifiche alla legge regionale 
30 dicembre 1960, n. 48, e successive aggiunte e modificazioni, concernente 
e Norme per la tutela sociale dei lavoratori e per lo sviluppo 
della cooperazione >) -estinzione per rinuncia. 

Ordinanza 19 novembre 1966, n. 109, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 22 aprile 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 164. 

legge reg. sic. approv. 4 aprile 1966 (Stati di previsione dell'entrata 
e della spesa della Regione siciliana per l'anno finanziario 1966) -estinzione 
per rinuncia. 

Ordinanza 19 novembre 1966, n. 111, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 22 aprile 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 164. 

Prescrizioni di massima per la provincia di Enna, artt. 27 e 39 -inammissibilit� 
(artt. 25 e 77 della Costituzione). 

Sentenza 19 novembre 1966, n. 102, G. U. 26 novembre 1966, 

n. 299. 
Ordinanze di rimessione 11 novembre 1965 (due) del Pretore di 
Troina, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25 e retro, II, 23 (nota 3), e G. U. 
12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 102 (nota 14). 



CONSULTAZIONI 


AGRICOLTURA E FORESTE 

Affittanze e concessioni a scopo di sfruttamento agricolo. 

Se le norme recate dalla legge n. 567/62 sulla perequaziOlne dei canoni 
delle affittanze agrarie siano applicabili ai beni demaniali (n. 44). 

Se le norme recate dalla legge n. 567/62 sulla perequazione dei canoni 
sulle affittanze agrarie siano applicabili a tutti i beni del patrimonio disponibile 
ed indisponibile (n. 44). 

Se per le affittanze e le concessioni a scopo di sfruttamento agricolo 
sia possibile effettuare la scelta del contraente con la procedura della trattativa 
privata (n. 44). 

APPALTO 

Clausole penali. 

Se l'art. 1384 c. c. possa applicarsi per la riduzione di una penale prevista 
in un capitolato d'oneri (n. 299). 
Se l'artt. 1384 c. c. possa applicarsi per la riduzione di una penale prevista 
in un singolo contratto fra l'Amministrazione ed il privato (n. 299). 

In virt� di quale norme � data facolt� all'Amministrazione di disapplicare 
le clausole penali e con quali limiti (art. 15 il.egge cont. gen. dello 
Stato) (n. 299). 

Revisione prezzi -Opere pubbliche. 

Se le norme del d. 1. C. P. S. 6 dicembre 1947, n. 1501 e successive 
modificazioni, in materia di revisione dei prezzi nell'appalto di opere da 
parte dello Stato e di Enti pubblici, in tanto operino in quanto nel contratto 
non si sia derogato al loro contenuto, non essendo le stesse di ordine 
pubblico (n. 300). 

Transazione. 

Se una transazione che ponga fine alil.e controversie seguite ad un 
contratto d'appalto, stipulato da un'Azienda Autonoma su delega dell'Assessorato 
per le finanze della Regione Siciliana, debba essere stipulata a 
sua volta dall'Azienda Autonoma o dall'Assessorato (n. 301). 

Se di fronte alil.'art. 34 del Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 
l'appaltatore possa chiedere la risoluzione del contratto per cause imputabili 
all'Amministrazione pubblica (n. 301). 

Se, quando per fatto imputabile alla P. A., l'esecuzione dell'appalto 
venga a ricadere in un periodo di prezzi crescenti, l'appaltatore abbia diritto 
al rimborso dei maggiori costi a titolo di risarcimento del danno, senza 
che possano applicarsi i presupposti, i limiti e il.e forme procedurali dettate 
per la revisione (n. 301). 

21 


298 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

BORSA 

Agenti di cambio -Rappresentanti. 

Se il provvedimento di revoca dell'autorizzazione concessa ad un 
agente di cambio perch� si avvalga dell'opera di un rappresentante alle 
grida possa essere impugnato dal rappresentante stesso, quando non vi sia 
stata acquiescenza da parte dell'agente di cambio (n. 23). 

Se il predetto provvedimento debba avere come destinatario il solo 
agente di cambio ovvero anche il suo rappresentante (n. 23). 

CACCIA E PESCA 

Inclusione terreni demaniali in zone di ripopolamento e cattura -Indennit�. 

Se l'Amministrazione delle Finanze possa pretendere canoni o indennit� 
per l'inclusione di terreni demaniali in zone di ripopolamento e cattura 
costituite ai sensi degli artt. 52 e segg. del t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, e 
successive modifiche, sulla protezione della selvagglna e l'esercizio della 
caccia (n. 33). 

Se nel caso che l'ente gestore della zone di ripopolamento e cattura 
impedisca arbitrariamente le normali utitlizzazioni produttive del :Condo ed 
arrechi molestia ai terzi concessionari, provocando, la chiamata in garanzia 
dell'Amministrazione delle Finanze, sia dovuto ad essa il risarcimento del 
danno (n. 33). 

COMUNI E PROVINCIE 

Licenze edilizie. 

Se possano ritenersi legittime le licenze di costruzione rilasciate da un 
Comune per un terreno privato che nel programma di fabbricazione comunale 
risulta compreso in una zona destinata ad ampliamento di una scuola 
gi� esistente (123). 

CONSIGLIO DI STATO 

Effetti estensivi della decisione -Limiti. 

Se, in seguito ad una decisione del Consiglio di Stato, la P. A. possa, 
avvalendosi dell'effetto estensivo di questa, procedere ailla riliquidazione di 
indennit� gi� determinate in via definitiva e corrisposte senza che vi sia 
stato reclamo, o di indennit� per le quali sia decorso il termine prescrizionale 
biennale (n. 4). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Clausole penali. 

Se l'art. 1384 c. c. possa applicarsi per la riduzione di una penale prevista 
in un capitolato d'oneri (n. 216). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 299 

Se l'art. 1384 c. c. possa applicarsi per la riduzione di una penale prevista 
in un singolo contratto fra l'Amministrtazione ed il privato (n. 216). 

In virt� di quale norma � data facolt� all'Amministrazione di disapplicare 
le clausole penali e con quali limiti (art. 15 legge cont. gen. dello 
Statot) (n. 216). 

COSTITUZIONE 

Illegittimit� cost. art. 183, t. u. (21 febbraio 1895, n. 70) sulle pensioni civili 
e militari -art. 187. 

Se la dichiarazione di illegittimit� costituzionale, effettuata con la sentenza 
n. 3 del 1966, dell'art. 183, primo comma lett. a) e terzo comma, t. u. 
21 febbraio 1895, n. 70, sulle pensioni civili e militari, che prevedeva la 
perdita del diritto a pensione per le destituzioni dal servizio verificatesi per 
i reati ivi contemplati, importi l'illegittimit� costituzionale del successivo 
art. 187, il quale prevede la riduzione della pensione per gli impieg.ati destituiti 
senza l'esplicita dichiarazione defila perdita del diritto a pensione, o, 
comunque, allontanati dal servizio per effetto di regolare provvedimento 
disciplinare (n. 37). � 

DANNI DI GUERRA 

Indennizzo -Status di cittadinanza. 

Se, una volta concesso l'indennizzo per danni di guerra con provvedimento 
definitivo, il concessionario sia tenuto a provare ancora la sussistenza 
dello status di cittadinanza affinch� venga emesso mandato di pagamento 
a suo favore (124). 

Se la dichiarazione di non aver ottenuto provvidenze per il titolo per 

cui si � chiesto l'indennizzo per danni di guerra, costituendo un presupposto 

della domanda di indennizzo ed essendo stata delibata nel corso del relativo 

procedimento amministrativo, possa essere nuovamente richiesta per l'emis


sione del mandato di pagamento (n. 124). 

DEMANIO 

Inclusione te1�reni demaniali in zone di ripopolamento e cattura. 

Se l'Amministrazione delle Finanze possa pretendere canoni o indennit� 
per l'inclusione di terreni demaniali in zone di ripopolamento e cattura costituite 
ai sensi degli ar.tt. 52 e segg. del t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, e successive 
modifiche, sulla protezione della selvaggina e l'esercizio della caccia 

(n. 211). 
Se nel caso che l'ente gestore della zone di ripopolamento e cattura 
impedisca arbitrariamente le normali utilizzazioni produttive del fondo ed 
arrechi molestia ai terzi concessionari, provocando la chiamata in garanzia 
dell'Amministrazione delle Finanze, sia dovuto ad essa il risarcimento del 

danno (n. 211). 


300 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Regime del patrimonio indisponibile. 

Se ai beni del patrimonio indisponibile dello Stato possano applicarsi 
le norme sulla propriet� relative ai rapporti di vicinato (n. 212). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggi per lavoratori -Facoltd di revisione del prezzo. 

Se la facolt�, concessa dall'art. 14 1. 28 febbraio 1949, n. 43, di revisione 
del prezzo degli alloggi per lavoratori, in conseguenza del maggior costo di 
costruzione accertato in sede di consuntivo, possa essere esercitata anche 
dopo la stipulazione del contratto di vendita degli alloggi (n. 187). 

Cooperative finanziate in base alla legge Aldisio. 

Se sia possibile autorizzare la messa in liquidazione di una cooperativa 
edilizia che abbia ottenuto il finanziamento in base alla 1. 10 agosto 1950, 

n. 715 quando sia intervenuta l'assegnazione degli alloggi costruiti ai soci 
ed il frazionamento del mutuo (n. 188). 
ELETTRICITA ED ELETTRODOTTI 

Canoni relativi ad attraversamento di strade pubbliche con linee elettriche. 

Se in caso di attraversamento di strade statali con linee elettriche aeree, 
$enza infissione di pali o mensole o senza posa di cavi, il canone dovuto 
debba essere corrisposto a norma dell'art. 4 della 1. 21 dicembre 1961, n. 1501 

{n. 
28). . 
Se invece in caso di attraversamento di strade statali con linee elettriche 
sotterranee o aeree, ma con occupazione di suolo, sottosuolo o soprasuolo, 
il canone dovuto debba essere corrisposto a�i sensi dell'art. 1 del 

d. P. R. 23 luglio 1948, n. 1248 (n. 28).' 
Combustibile nucleare -Garanzia per il trasporto. 

Se sia possibile concedere ad un Ente pubblico l'esonero dalla stipula 
dell'assicurazione o dalla prestazione di altra forma di garanzia finanziaria, 
prescriitta dalil'art. 21 1. 21 dicembre 1962, n. 1860, in caso di trasporto di 
combustibile nucleare irradiato (n. 29). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

Regime del patrimonio indisponibile. 

Se ai beni del patrimonio indisponibile dello Stato possano applicarsi le 
norme sulla propriet� relative ai rapporti di vicinato (n. 43). 



301

PARTE II, CONSULTAZIONI 

ESECUZIONE FORZATA 

Pignoramento -Azioni del terzo contro il debitore. 

Se il terzo pignorato, che nel corso della proceduza esecutiva abbia 
erroneamente pagato la somma pignorata al proprio creditore diretto, abbia 
azione contro quest'ultimo per la ripetizione di quella parte della somma 
che esso terzo abbia dovuto pagare una seconda volta al creditore procedente 
in esecuzione della ordinanza di assegnazione (n. 40). 

Se, nell'ipotesi di cui sopra, competa comunque al terzo pignorato la 
azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del proprio creditore 
diretto (n. 40). 

Se, nell'ipotesi di cui sopra, possa configurarsi la possibilit� di azione 
di annullamento per errore dell'avvenuto pagamento da parte del terzo 

(n. 40). 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Pagamento dell'indennit�. 

Se il decreto di occupazione immediata dei fondi, previsto dall'art. 30, 
comma 2, 1. 25 giugno 1865, n. 2359, possa essere emanato a seguito della 
sola emissione dell'ordine di pagamento o se debba, invece, attendersi 
l'effettiva riscossione del mandato da parte del destinatario (n. 228). 

FALLIMENTO 

Concordato -Recupero crediti dell'Amministrazione post concordato. 

Se, dopo l'omologazione del concordato fallimentare, l'Amm.ne possa 
agire nei confronti del fallito per il recupero della parte di credito insoddisfatta 
(n. 103). 

Se, nella negativa, il credito erariale debba annullarsi per inesistenza 

o per inesigibilit� (n. 103). 
Fallimento di societ� cancellate dal registro delle imprese. 

Se dopo l'intervenuta liquidazione e cancellazione di una societ� dal 
Registro delle Imprese possa, per debiti tributari di r. m. accertati successivamente, 
richiedersi la dichiarazione di fallimento della societ� stessa e 
sia quindi applicabile l'art. 10 della legge fallimentare agli effetti del decorso 
dell'anno dalla cessazione dell'impresa (n. 104). 

FERROVIE 

Nuovo t. u. assicurazione infortuni sul lavoro. 

Se il r. d. 10 marzo 1938, n. 1054, che disciplina l'assicurazione obbliga.,. 
tovia contro gli infortuni sul lavoro del personale delle FF. SS., debba 

considerarsi abrogato a seguito dell'entrata in vigore del nuovo t. u. 30 giugno 
1965, n. 1124 (n. 376). 



302 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPIEGO PUBBLICO 

Casse conguaglio nazionali -Esame rendiconti annuali di gestione. 

Se ai funzionari dell'Amministrazione del Tesoro e del CIP che si 
recano presso le Casse Conguaglio nazionali al di fuori del normale orario 
d'ufficio, onde esaminare i rendiconti di gestione che, ai sensi del d. I. 26 
gennaio 1948, n. 98, devono poi essere approvati dal Ministero del Tesoro 
d'intesa con il CIP, possa corrispondersi un compenso forfettario a carico 
delle Casse (637). 

Se i suddetti funzionari debbano essere rimborsati delle spese vive di 
trasporto affrontate per recarsi presso le sedi delle Casse da queste stesse, 
mentre per le ore straordinarie debbano essere retribuiti dalle Amministrazioni 
di appartenenza (n. 637). 

Conservatorio di musica S. Cecilia -Incompatibilit� tra varie cariche. 

Se la carica di Presidente del Consiglio di amministrazione sia incompatibile 
con quella di Direttore del Conservatorio e, in genere, con la 
posizione di appartenente al personale dell'Istituto (n. 638). 

Se tale incompatibilit� sussista anche rispetto alla carica di Presidente 
dell'Accademia di S. Cecilia, dato che il Presidente dell'Accademia � anche 
Presidente di diritto della Commissione amm.va del Conservatorio, ove di 
questo faccia parte (n. 638). 

Data di decorrenza prescrizione crediti di lavoro. 

Se lo Stato Itali!ano sia tenuto, ove ne ricorrano le condizioni di legge, a 
regolarizzare la posizti.one assicurativa degli ex dipendenti del soppresso 
partito nazionale fascista (n. 639). 

Se il diritto del prestatore di lavoro al rci.sarcimento dei danni ex 

art. 2116 c. c. sia di natura extra contrattuale od invece contrattuale, con 

relativa durata decennale del termine di prescrizione (n. 639). 

Se tale termine decorra dal raggiungimento dell'et� pensionabile od 

invece dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 639). 

Lavoro straordinario -Indennit� di anzianit�. 

Se il compenso per lavoro straordinario debba ,essere ricompreso nella 

retribuzione-base per il calcolo di indennit� di anzianit�, in quanto carat


terizzato dalla continuit� e dalla obbligatoriet� (n. 640). 

Se i � compensi speciali per festivit�. siano computabili ai fini dell'in


dennit� di anzianit� (n. 640). 

Se sia legittimo il licenziamento di un avventizio per assenza arbitraria 

con decorrenza dalla data di inizio dell'assenza non giustificata (n. 640). 

-Prescrizione dei crediti di stipendio. 

Se la imprescrittibiUt� del credito di lavoro in costanza di rapporto si 
applichi anche al pubblico impiego statale (n. 641). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 303 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Cassa Conguaglio zucchero d'importazione -Provvedimento C.I.P. n. 1066. 

Se le quote prezzo che, in base �al provvedimento C.I.P. n. 1066 del 24 
marzo 1964, pubblicato nella G. U. n. 79 del 28 marzo 1964, debbono essere 
versate a favore della Cassa Conguaglio Prezzo dello zucchero d'importazione 
dai soggetti importatori, possano compensarsi parzialmente con gli 
interessi bancari pagati prima dell'immissione al consumo dello zucchero 
come prodotto finito e o con le somme relative all'I.G.E. afferente gli oneri 
doganali (n. 44). 

IMPOSTA DI BOLLO 

Credito cinematografico -Limiti di applicazione dell'art. 30 l. 4 novembre 
1965, n. 1213. 

Se la t�ssa di boMo nella misura fissa dello 0,10 per mille stabiliita 
dall'ultimo comma dell'art. 30 della 1. 4 novembre 1965, n. 1213 per le 
cambiali rilasciate per operazioni di credito, attuate nel settore cinematografico, 
operi per le sole operazioni di credito cinematografico effettuate 
dalla Sezione Autonoma della Banca Nazionale del Lavoro od anche per 
quelle effettuate da Enti o Societ� finanziarie legalmente riconosciute 

(n. 30). 
Se il suddetto trattamento di favore concerna Le cambiali attraverso 
le quali viene attuato il � cr�edlto cinematografico ., senza che alcun rilievo 
abbia il fatto che le cambiali stesse vengano rilasciate daiJ. produttore del film 

(n. 30). 
IMPOSTA DI REGISTRO 

Decorrenza della prescrizione in caso di negozio simulato. 

Se, nell'ipotesi di negozio simulato (vendita per donazione ad una 
societ�) al fine di porre in essere un negozio dissimulato indiretto (donazione 
ai soci), il termine prescrittivo per la tassazione del negozio dissimulato 
decorra daMa data di stipula del negozio simulato o dalla sentenza 
che accerti il negozio indiretto (n. 240). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Decorrenza della prescrizione in caso di negozio simulato. 

Se, nell'ipotesi di negozio simulato (vendita per donazione ad una societ�) 
al fine di porre in essere un negozio dissimulato indiretto (donazione 
ai soci), il termine prescrittivo per la tassazione del negozio dissimulato 
decorra dalla data di stipula del negozio simulato o dalla sentenza che 
accerti il negozio indiretto (n. 48). 



304 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Privilegio dello Stato su mobili ed azioni compresi nell'asse ereditario. 

Se il privilegio dello Stato, per la riscossione delle imposte di successione, 
sui mobili cui le imposte si riferiscono si estenda a tutti i mobili che 
sono compresi nell'asse ereditado ed, in particolare, ad azioni non ancora 
vulturate all'erede (n. 49). 

IMPOSTE E TASSE 

Decorrenza della prescrizione in caso di negozio simulato. 

Se, nell'ipotesi di negozio simulato (vendita per donazione ad una 
societ�) al fine di porre in essere un negozio dissimulato indiretto (donazione 
ai soci), il termine prescrittivo per la tassazione del negozio dissimulato 
decorra dalla data di stipula del negozio simulato o dalla sentenza che 
accerti il negozio indiretto (n. 426). 

Imposte doganali -Navi destinate all'esportazione -Esenzioni. 

Se i limiti posti dalla I. 21 luglio 1965, n. 939, ail1a esenzione dogana.le 
siano o meno applicabili in caso di navi destinate alla e$portazione (n. 427). 

Recuperabilit� di crediti tributari alt'estero. 

Se sia riconosciuta in via generale dal diritto internazionale la possibilit� 
per uno Stato di esigere crediti tributari all'estero (n. 428). 

Responsabilit� dei liquidatori di societ�. 

Se sia da considerare le~ttimo il provvedimento dell'Intendente di 
Finanza che dichiara la responsabilit� del liquidatore di una societ� per 
omissione del pagamento dei tributi diretti ed ordina all'Esattore di agire 
nei confronti di questo in proprio per il pagamento stesso (n. 429). 

Societ� estinte -Responsabilit� dei soci e liquidatori -Riscossione coattiva. 

Se possa l'Esattore agire coattivamente, sulla base dei ruoli, contro i 
liquidatori e i soci per la riscossione delle dmposte dirette dovute dalla 
societ� estinta (n. 430). 

INFORTUNI SUL LAVORO 

Personale FF. SS. -Nuovo t. u. Assicurazione infortuni -Successione al 
precedente. 

Se il r. d. 10 marzo 1938, n. 1054, che disciplina l'assicurazione obbligatoria 
contro gli infortuni sul lavoro del personale delle FF. SS., debba 
considerarsi abrogato a seguito dell'entrata in vigore del nuovo t. u. 30 
giugno 1965, n. 1124 (n. 47). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 305 

LAVORO 

Data di decorrenza prescrizione crediti di lavoro. 

Se lo Stato Italiano sia tenuto, ove ne ricorrano le condizioni di legge, 
a regolarizzare la posizione assicurativa degli ex dipendenti del soppresso 
partito nazionale fascista (n. 40). 

Se il diritto del prestatore di lavoro al risarcimento dei danni ex 
art. 2116 c. c. sia di natura extra contrattuale od invece contrattuale, con 
relativa durata decennale del termine di prescrizione (n. 40). 

Se tale termine decorra dal raggiungimento dell'et� pensionabile od 
invece dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 40). 

Imprescrittibilit� credito di lavoro. 

Se la imprescrittibilit� del credito di lavoro in costanza di rapporto 
si applichi anche al pubblico impiego statale (n. 41). 

Lavoro straordinario -Commisurazione dell'indennit� di anzianit�. 

Se il compenso per lavoro straocdinario debba essere ricompreso nella 
retribuzione-base per il calcolo di indennit� di anzianit�, in quanto carat� 
terl.zzato dalla continuit� e dalla obbligatoriet� (n. 42). 

Se i �compensi specfali per festivit�� siano computabili ai fini dell'indennit� 
di anzianit� (n. 42). 
Se sia legittimo il licenziamento di un avventizio per assenza arbitraria 
con decorrenza dalla data di inizio dell'assenza non giustificata 

(n. 42). 
Uffici di collocamento -Obblighi dei comuni. 

Se la disposizione contenuta nell'art. 28 della 1. 29 apr.ile 1949, n. 264 
-secondo la quale i Comuni erano tenuti a fornire i locali occorrenti, in 
genere, per i servizi di collocamento -sia� stata modificata dal quinto 
comma dell'art. 11 1. 22 luglio 1961, n. 628 che riduce entro pi� ristretti e 
precisi limiti tale obbligo (n. 43). 

LOCAZIONE 

Affittanze e concessioni a scopo di sfruttamento agricolo. 

S0 ,1e norme recate dalla l. n. 567/62 sulla perequazione dei canoni 

delle affittanze agrarie siano applicabili ai beni demaniali (n. 127). 

Se le norme recate dalla 1. n. 567/62 sulla perequazione dei canoni 

sulle affittanze agrarie siano applicabili a tutti i beni del patrimonio dLspo


nibiJ.e ed indisponibile (n. 127). 

Se per le affittanze e le concessioni a scopo di sfruttamento agricolo 

sia possibile effettuare la scelta del contraente con la procedura della trat


tativa privata (n. 127). 


308 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NAVI 

Navi destinate all'esportazione -Esenzioni dalle imposte doganali. 

Se i limiti posti dalla 1. 21 luglio 1965, n. 939, alila esenzione doganale 
siano o meno applicabili in caso di navi destinate alla �esportazione (n. 114). 

Qualit� di armatore -Contributi assicurativi. 

Se debba continuare a considerarsi � armatore � -in particolare agli 
effetti del v�ersamento di contributi assicurativi a favore di membr:i dell'equipaggio 
-l'esercente della nave che, dopo la scadenza del contratto 
di affitto, sia pur .senza titolo �ed in via di fatto, continui a gestire il natante 
(n. 115). 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Garanzia reale e garanzia personale. 

Se sia possibile sostituire con una garanzia personale (fideiussione 
bancaria) la garanzia contrattuale prevista (e da assimilare a garanzia 
reale in numerario) della trattenuta della rata di saldo del compenso 
dovuto dalla p. a. per cottimi di prestazione di opere professionali, ove il 
pagamento del saldo sia subordinato all'intervenuto accertamento da parte 
di apposita Commissione tecnico-amministrativo dell'esatto adempimento 
da parte del professionista degli obblighi contrattuali e della tutela degli 
interessi �erariali (n. 45). 

OPERE PUBBLICHE 

Revisione prezzi -Appalto -d. l. C. P. S. 6 dicembre 1947, n. 1501 -Natura 
della norma. 

Le 1e norme del d. 1. C. P. S. 6 dicembre 1947, n. 1501, e successive 
modificazioni, in materia di revisione dei prezzi nell'appalto di opere da 
parte dello Stato e di Enti pubblici, in tanto operino in quanto nel contratto 
non si sia derogato al loro contenuto, non essendo le stesse di ordine pubblico 
(n. 68). 

PENSIONI 

Illegittimit� cost. art. 183, t. u. (21 febbraio 1895, n. 70) suUe pensioni 
�civili e militari -art. 187. 

Se la dichiarazione di illegittimit� costituzionale, effettuata con la 
sentenza n. 3 del 1966, de'.ll'art. 183, primo comma lett. a) e terzo comma, 



PARTE II, CONSULTAZIONI 307 

tt. u. 21 febbraio 1895, n. 70, sulle pensioni civili e militari, che prevedeva 
la perdita del dirdtto a pensione per le destituzioni dal servizio verificatesi 
per i reati ivi contemplati, importi l'illegittimit� costituzionale del successivo 
art. 187, il quale pr,evede la riduzione della pensione per gli impiegati 
destituiti senza l'esplicita dichiarazione della perdita del diritto a pensione, 
o, comunque, allontanati dal servizio per effetto di regolare provvedimento 
disciplinare (n. 112). 

PIGNORAMENTO 

Esecuzione forzata -Azioni del terzo contro il debitore. 

Se il terzo pignorato, che nel cor,so della procedura esecutiva abbia 
erroneamente pagato la somma pignorata al proprio creditore diretto, 
abbia azione contro quest'ultimo per la ripetizione di quella parte della 
somma che esso terzo abbia dovuto pagar,e una seconda volta al creditore 
procedente in esecuzione della ordinanza di assegnazione (n. 10). 

Se, nell'ipotesi di cui sopra, competa comunque al terzo pignorato 
l'azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del proprio creditore 
diiietto (n. 10). 
' � Se, nell'ipotesi di cui sopra, possa configurarsi la possibilit� di azione 
di annullamento per errore dell'avvenuto pagamento da parte del terzo 

(n. 10). 
POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Corrispondenza contenente valuta -Attribuzioni dell'U. I. C. 

Se fra 1e attribuzioni dell'Ufficio Italiano Cambi, in relazione ai plichi 
tolti di corso e trattenuti dalla competente Direzione Provinciale PP. TT. 
perch� sospetti di contenere valuta, rientri solo l'eventuale profilo valutario, 
nei limiti in cui sia rilevabile dalle risultanze di verbale ad esso Ufficio 
trasmesso (n. 122). 

PRESCRIZIONE 

Crediti di lavoro -Data di decorrenza. 

Se lo Stato Italiano sia tenuto, ove ne ricorrano le condizioni di legge, 

a regolarizzare la posizione assicurativa degli ex dipendenti del soppresso 

partito nazionale fascista (n. 58). 

Se il diritto del prestatore di lavoro al risarcimento dei danni ex 

art. 2116 c. c. sia di natura extra contrattuale od invece contrattuale, con 

relativa durata decennale del termine di prescrizione (n. 58). 

Se tale termine decorra dal raggiungimento dell'et� pensionabile od 

invece dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 58). 



308 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imprescrittibilit� credito di lavoro. 

Se la imprescrittibilit� del credito di lavoro in costanza di rapporto 
si applichi anche al pubblico impiego statale (n. 59). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Contributi assicurativi a favore di membri dell'equipaggio. 

Se debba continuare a considerarsi � armatore � -in particolare agli 
effetti del versamento di contributi assicurativi a favore di membri dello 
equipaggio -l'esercente della nave che, dopo la scadenza del contratto 
di affitto, sia pur senza titolo ed in via di fatto, continui a gestire il 
natante (n. 54). 

PRIVILEGI 

Privilegio dello Stato per la riscossione dell'imposta di successione. 

Se il privilegio dello Stato, per la riscossione delle imposte di successione, 
sui mobili cui le imposte si riferiscono si estenda a tutti i mobili 
che sono compresi nell'asse ereditario ed, in particolare, ad azioni non 
ancora vulturate all'erede (beneficiato o non) (n. 2). 

REGIONI 

Regione Siciliana -Disciplina della produzione di vini. 

Se sussista competenza della Regione Siciliana in tema qi disciplina 
giuridica della produzione di vini, mosti ed aceti (n. 141). 
Se tra le attribuzioni amministrative in materia di produzione di vini, 
mosti ed aceti competenti aJ.le autorit� regionali, debbano ricomprendersi 

"' 

anche quelle di accordare autorizzazioni (di mera polizia agricola e sani


taria) a norma degli artt. 6, 13 e 42 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (n. 141). 

Transazione -Contratto di appalto. 

Se una transazione che ponga fine alle controversie seguite ad un 
contratto d'appalto, stipulato da un'Azione Autonoma su delega dell'Assessorato 
per le Finanze della Regione Siciliana, debba essere stipulata a 
sua volta dall'Azione Autonoma o dall'Assessorato (n. 142). 

Se di fronte all'art. 34 del Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 
l'appaltatore possa chiedere la risoluzione del contratto per cause impu.:. 
tabili all'Amministrazione pubblica (n. 142). 

Se, quando per fatto imputabile alla P. A., l'esecuzione dell'appalto 
venga �a ricadere in un periodo di prezzi crescenti, l'appaltatore abbia diritto 
al rimborso dei maggiori costi a titolo di risarcimento del danno; 
senza che possano applicarsi i presupposti, i limiti e le forme procedura.
Ii dettate per la revisione (n. 142). 

I 



PARTE II, CONSULTAZIONI 309 

RESPONSABILITA CIVILE 

Reati doganali. 

Se la responsabilit� civile dell'E.A.M., quale associazione garante per 
la corresponsione di diritti e penalit� dovuti a norma della legge doganale 
e delil.a convenzione ratificata con I. 12 agosto 1962, n. 1517 per i trasporti 
internazionali di merci coperte con libretto e TIR�, debba ritenersi esclusa 
dall'allibramento della merce in arrivo e deposito della stessa in magazzino 
locato dal vettore e se invece la liberazione della responsabilit� si abbia 
solo con la percezione dei diritti dovuti (n. 235). 

Se, in conseguenza, in caso di reato doganale comportante la responsabilit� 
civile dell'E.A.M., questo possa essere citato come responsabile civile 

(n. 235). 
SERVITU'. 

Servit� di passaggio -Usucapibilit� -Interclusione. 

Se siano usucapibili le servit� discontinue non apparenti, in particolare 
quella di passaggio (n. 43). 
Se debba considerarsi e intercluso � il fondo adiacente ad una strada 
attualmente impraticabile ma ripristinabile al trafico (n. 43). 

SOCIETA 

Imposte e tasse -Societ� estinte -Responsabilit� di soci e liquidatori Riscossione 
coattiva. 

Se possa l'Esattore agire coattivamente, sulla base dei ruoli, contro 
i liquidatori e i soci per la riscossione delle imposte dirette dovute dalla 
societ� estinta (n. 114). 

TRANSAZIONE 

Contratto di appalto. 

Se una transazione che ponga fine alle controversie seguite ad un 
contratto d'appalto, stipulato da un'Azienda Autonoma su delega dell'Assessorato 
per le Finanze della Regione Siciliana, debba essere stipulata a 
sua volta dall'Azienda Autonoma o dall'Assessorato (n. 14). 

Se di fronte all'art. 34 del Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 
l"appaltore possa chiedere la risoluzione del contratto per cause imputabili 
all'Amministrazione pubblica (n. 14). 

Se, quando per fatto imputabile alla P. A., l'esecuzione dell'appalto 
venga a ricadere in un periodo di prezzi crescenti, l'appaltatore abbia 
diritto al rimborso dei maggiori costi a titolo di risarcimento del danno, 
senza che possano applicarsi i presupposti, i limiti e le forme procedurali 
dettate per la revisione (n. 14). 



310 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRASPORTI 

Trasporti internazionali -Libretto � TIR � -Reati doganali -Responsabilit� 
dell'E.A.M. 

Se la responsabiUt� civile dell'E.A.M., quale associazione garante per 
la corresponsione di diritti e penalit� dovuti a norma della legge doganale 
e della convenzione ratificata con 1. 12 agosto 1962, n. 1517 per i trasporti 
internazionali di merci coperte con libretto �TIR�, debba ritenersi esclusa 
dall'allibramento della merce in arrivo e deposito della stessa in magazzino 
locato dal vettore e se invece la liberazione della responsabilit� si abbia 
solo con la percezione dei diritti dovuti (n. 56). 

Se, in conseguenza, in caso di reato doganale comportante la responsabilit� 
civile dell'E.A.M., questo possa essere citato come responsabile 
civile (n. 56). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Recuperabilit� di crediti tributari all'estero. 

Se sia riconosciuta in via generale dal diritto internazionale la possibilita 
per uno Stato di esigere crediti tributari all'estero (n. 30). 



NOTIZIARIO 


CONVEGNI DI STUDI 

Nei giorni 19-20 novembre 1955, nell"aula magna del Palazzo di giustizia 
di Palermo si � tenuto un Congresso Nazionale sulla riforma del 
processo penale, organizzato dalla sede regionale siciliana del centro di 
studi giuridici e sociali, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Re


pubblica. 
Relatori sono stati il prof. Ugo Pioletti e il dott. Giovanni Rosso, i 
quali unitamente ai dott. Salvatore Messina, Giuseppe Gueli, Girolamo 
Bellavista, Salvatore Romano, Giovanni Musotto, Benedetto Vellinger, e 
Giovanni Leone hanno sottoscritto la mozione finale che fa voti affinch�: 

1) sia resa effettiva la dipendenza della polizia giudiziaria dell'autori
�t� giudiziaria con la istituzione di apposito corpo e che al pubblico ministero 
siano affidati compi~i inerenti alla sua funzione di organo giudiziario 
indipendente dal potere esecutivo; 

2) sia mantenuta la sanzione di nullit� assoluta nei casi di cui 
all'art. 185 c. p. p. e che siano previste pi� ampie sanatorie per le altre 
nullit�; 

3) che sfo mantenuto il potere del Magistrato di procedere agli esami 
ed agli interrogatori, dando anche facolt� alle parti di procedere all'interrogatorio 
diretto; 

4) che sia mantenuta la formula di assoluzione per insufficienza di 
prove per �le sentenze dibattimentali, sopprimendo la sola formula di 
proscioglimento per insufficienza di prove in istruzione, in considerazione 
dei gravi riflessi anche d'ordine civilistico che l'abolizione della formula 
predetta comporterebbe; 

5) che sia rielaborato il principio parzialmente devolutivo dell'appello 
e introdotto l'appello delle sentenze emesse dai tribunali militari; 
6) che il ricorso per Cassazione sia limitato ai vizi di legittimit� del 
provvedimento impugnato; 
7) che sia previsto il regolamento necessario di competenza nei casi 
di conflitto proprio; 

8) che sia ammessa la notificazione all'imputato -entro un ristretto 
termine (salvo nel caso in cui possa nuocere alle esigenze dell'accertamento 
della verit�) -di un unico .avviso del procedimento iniziato a suo 
carico e che di tale notificazione venga data notizia, a cura dell'organo 
procedente, �all'offeso dal reato ai fini delLa tutela degli interessi civili. 

* * * 

Promosso ed org�anizzato dalla Regione Siciliana, sotto l'Alto Patronato 
del Presidente della Repubblica, si � svolto a Palermo e Catania, nei giorni 
dal 30 novembre al 4 dicembre 1966, il quinto Convegno di studi giuridici 
sulle Regioni. 

I temi del Convegno sono stati tre: a) La programmazione nazionale e 
la sua incidenza sulla competenza normativa delle Regioni a statuto comune 


312 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e di quelle a statuto speciale; b) L'Amministrazione statale decentrata e 
l'ordinamento delle Regioni a statuto speciale; c) La Riforma della Finanza 
locale come strumento delle autonomie a statuto speciale. 

Su ognuno dei tre temi del Convegno erano state previste sei relazioni 
ma alcuni relatori non hanno potuto partecipare ai lavori. Ciononostante 
la mole degli studi proposti per il dibattito � stata veramente imponente e 
tale, comunque, da impedire che se .ne tenti qui un riassunto sia pure 
sommario. Di particolare interesse sono apparsi gli interventi del prof. 
Livio Paladin per la Regione Friuli-Venezia Giulia, del prof. Aldo Piras 
per la Regione Sarda, del dott. Placido Cesareo per la Regione Trentino 
Alto Adige, dell'avv. Fortunio Palmas per la Regione Val d'Aosta, dello 
on. Emanuele Tuccari e �iel prof. Salvatore Orlando Cascio per la Regione 
Siciliana sul primo dei tre temi del convegno. I complessi rapporti tra 
strumenti ed effetti dell'attivit� pubblica di programmazione economica, 
da un lato, e funzioni legislative ed amministrative degli Enti Regionali, 
dall'altro, sono stati ampiamenti approfonditi ed hanno offerto, altresi, lo 
spunto ai relatori per un excursus sui caratteri formali, sullo scopo e sul 
contenuto dei programmi pluriennali e dei conseguenti atti approvativi. 

Sul secondo tema, assente il prof. Vezio Crisafulli, relatore per la 
Regione Friuli-Venezia Giulia, hanno svolto i loro interventi il prof. 
Pietro Gasparri per la Regione Sarda, il prof. Umberto Pototschinj P�~r la 
Regione Trentino-Alto Adige, il prof. Ignazio Gallo per la Regione Val 
d'Aosta, l'on. Gaetano Sciteza ed il prof. Enzo Silvestri per la Regione 
Siciliana. 

Il terzo tema � .stato trattato, invece, dal prof. Sergio Steve per la 
Regione sarda, dal prof. Giancarlo Mazzocchi per la Regione Trentino-Alto 
Adige, dal prof. Francesco Forte per la Regione V:al d'Aosta, e dai proff. 
Giuseppe La Loggia ed Emilio Giardina per la Regione Siciliana; � rimasto 
assente il relatore per la Regione Friuli-Venezia Giulia, prof Giacomo 
Pellegrini. 

�Numerose sono state le comunicazioni; tra esse ricordiamo quelle del 
dott. Pernicone, del prof. Buscema e dei dott. Savia e Teresi, sul primo 
tema; del dott. Gani e del dott. Fazio, sul secondo; del prof. Giorgete, del 
dott. Scallo ed ancora del prof. Buscema, sul terzo tema. 

Le rela21ioni ufficiali, i resoconti delle discussioni, le comunicazioni e le 
memorie saranno pubblicate, a cura della Regione Siciliana, in un volume 
di atti. Ad esso, pertanto, si rinvia il lettore curioso di approfondire la complessa 
tematica, oggetto del Convegno.