ANNO XVII -N. 6 NOVEMBRE � DICEMBRE 1965 


RASS.EGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE BIMESTRALE 
DI SERVIZIO 


Spedizione In abbonamento postale � Gruppo IV 



STAB. ARISTIDE STADERINI S.p.A. 
ROMA � VIA BACCINA, 45 




INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE. 
pog. 1099 

Sezione secondo: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
)) 1117 

Sezione terzo: 
GIURISPRUDENZA CIVILE )) 1139 

Sezione quorto: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 1205 
Sezione quinto: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 1213 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUB


BLICHE, APPALTI E FORNITURE 
)) 1327 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA PENALE )) 1343 

Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI 

RASSEGNA DI DOTTRINA pag. 155 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 166 
CONSULTAZIONI . }) 178 

Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: 
Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco� Carus!, Ugo Gargiulo, Leonida Correa�le, 
' Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; 

le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Benedetto Saccari e Mario Panelli. 

Coordinamento generale: avvocati 
Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

CARUSI F., Rapporto organico e sostituzione nella costruzione di opere 
pubbliche I; 1152 
BATISTONI FERRARA F., Integrazione ed interpretazione dei contratti I, 1169 
MANDO' G., Inammissibilit� della rinnovazione tacita del contratto di 
locazione stipulato con una p.a. I, 1177 
MANDO' G., Agevolazioni "fiscali per la vendita di appartamenti, 
secondo la legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2 I, 1214 
BAFILE C., Sull'imposta di ricchezza mobile sui redditi fluenti dallo 
Stato, verso l'estero con particolare riguardo alle redevances I, 1232 
MANDO' G., Sulla retrattabilit� della dichiarazione tributaria I, 1243 
ROSSI A., In tema di valutazione dei titoli non quotati in borsa ai fini 
della imposta di negoziazione I, 1252 
ROSSI A., L'avviso di accertamento come atto plurimo I, 1262 
MARZANO A., Decadenza dal diritto e improcedibilit� del ricorso, in 
materia di antica utenza di acque pubbliche . I, 1327 



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INDICE ANA.LITICO� ALFABETICO 
DELLA. GIURISPRUDENZA. 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA' 


-Acque pubbliche -Antiche utenze Provvedimenti 
relativi alla procedura 
di riconoscimento -Impugnativa Mancato 
deposito del ricorso -Decadenza 
-Non sussiste, con nota di 

A. MARZANO, 1327. 
-Elenchi -Carattere dichiarativo dell'iscrizione 
-Preesistenza della demanialit� 
all'iscrizione -Effetti, con �nota 
di L. MAZZELLA, 1;135. 

-Opere idrauliche -Esecuzione da parte 
di privati concessionari -Indennizzo 
ex art. 46 I. 2359 del 1865 -Responsabilit� 
dei concessionari, con nota di 

L. MAZZELLA, 1338. 
Acque pubbliche -Piccole derivazioni 
a scopo di irrigazione -Legge 18 dicembre 
1951, n. 1550 -Ambito di applicazione, 
con nota di A. MARZANO, 
1327. 

-Requisito fondamentale per l'identificazione 
-Idoneit� ad usi di interesse 
per la generalit� dei cittadini -Elementi 
indiretti -Importanza del bacino 
imbrifero e entit� della massa 
d'acqua -Propriet� privata dell'alveo 
ed uso dell'acqua da parte del privato 
da tempo immemorabile -Non ostano 
alla dichiarazione di demanialit� dell'acqua, 
con nota di L. MAZZELLA, 

1335� 
-V. anche Competenza e gi,urisdizione. 

AMMINISTRAZI01'.'E DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Contratti della P.A. -Volont� implicita 
-Esclusione -Rinnovazione tacita 
del contratto di locazione -Inammissibilit�, 
con nota di G. MANDO', 
1176. 

-Delegazione amministrativa -Delegazione 
intersoggettiva -Nozione -Effetti 
-Responsabilit� del delegato 
verso i terzi, II93. 

-Delegazione amministrativa -Nozione 
-Natura ed effetti -Responsabilit� 
del delegato verso i terzi, con nota 
di F. CARUSI, 1142. 

-V. anche Procedimento penale. 

APPALTO 

-V. Imposte di registro. 

APPELLO 

-Determinazione del � thema decidendum 
" -Ambito del potere di riesame 
del giudice di secondo grado -. Motivi 
di appello -Chiarimenti nelle successive 
deduzioni delle parti -Questioni 
direttamente connesse con quelle proposte 
con i motivi di appello, n81. 

--v, anche Competenza e gi,urisdizione, 
Impugnazione. 

ARBITRATO 

Dovere degli arbitri di giudicare secondo 
diritto -�Ricorso al criterio dell'equit� 
come fonte di integrazione del 
contenuto del contratto -Legittimit�, 
con nota di F. BATISTONI FERRARA, 
n68. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Forma -Telegramma -Ammissibilit�, 
I 21 I. 

-Interpretazione da parte del G.O. Regole 
d'ermeneutica -.Identit� rispetto 
alle norme legali sull'interpretazione 
dei contratti -Interpretazione 
dell'atto amministrativo da parte del 
giudice di merito -Incensurabilit� in 
Cassazione, con nota di F. CARUSI, 
1142. 

-V. anche Giustizia amministrativa. 

AZIENDA 

-Ditta -Trasferimento della� ditta con 
un ramo particolare dell'azienda -Ammissibilit�, 
con nota di G. MANDO', 

1195� 

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-



RASSEGNA DELL.AVVOCATURA DELLO STATO 

BANCA 

-Cassa di risparmio -Nuovi sportelli 
bancari -Apertura -Condizioni e 
competenze, 1210. 

-Casse di risparmio -Nuovi sportelli 
bancari -Autorizzazione -Impugnativa 
-Giurisdizione amministrativa Sussistenza, 
12 ro. 

-Casse di risparmio -Nuovi sportelli 
bancari -Procedimento autorizzativo 
-Audizione della Federazione di categoria 
-Necessit� -Esclusione, 1210. 

BELLEZZE NATURALI 

-Potere di sospensione dei lavori che 
pregiudicano lo stato attuale delle cose 

o delle localit� -Termine finale di 
esercizio, II I 7. 
-V. anche Competenza e gi,urisdizione. 

CASSAZIONE 

-Omessa motivazione su un punto decisivo 
della controversia -Concetto, 
cori nota di G. MANDO', I 242. 

-Ricorso ex art. 362 c.p.c. -" Error in 
iudicando � -Questione di giurisdizione 
-Esclusione, 1122. 

-V. anche Atto amministrativo, Cose � 
gi,udicate, Imposte e Tasse in genere, 
obbligazioni e contratti, Sentenze. 

COLLEGIO 

-Componenti nominati da associazioni 
sindacali -Abolizione dell'ordinamento 
corporativo -Conseguenze, 1209. 

COMMISSIONI TRIBUTARIE 

-V. Contenzioso tributario, Imposta di 
ricchezza mobile, Imposte e Tasse in 
genere. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Acque pubbliche -Argini -Demanialit� 
-Controversie -C.ompetenza dei 
Tribunali regionali delle acque -Estensione, 
1 I 34. 

-Acque pubbliche -Opere di sistemazione 
-Opere collegate -Danni a privati 
-Risarcimento -Controversie Competenza 
del Tribunale regionale 
delle acque, 1136. 

-Bellezze naturali -Sospensione dei lavori 
che pregiudichino lo stato attuale 
delle cose o delle localit� -Esercizio 
del potere da parte dell'Amministrazione 
pubblica -Affievolimento del diritto 
di propriet�, III 7. 

-Concessionario di autolinee tenuto al 
trasporto di effetti postali e di � dispacci. 
speciali � -Qualit� di agente 
contabile -Smarrimento .di dispacci 
speciali -Domanda di risarcimento del 
danno proposta dall'Amministrazione Giurisdizione 
ordinaria -Esclusione Giurisdizione 
della Corte dei Conti, 
1128. 

-Declinatoria di competenza da parte 
del giudice di primo grado -Statuizione 
del giudice di secondo grado di 
inammissibilit� dell'appello -Pronun


II 

cia sulla competenza -Non sussiste, 
II32. 


-Esame in via incidentale da parte del 
giudice di questioni pregiudiziali in 
funzione della decisione sulla competenza 
-Pronuncia esclusiva sulla competenza 
-Sussiste, II32. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Discriminazione -Criterio del 

� petitum formale � o prospettazione Insufficienza, 
I 1 I 7. 

-Giurisdizione ordinaria e amministrativa 
-Ordine di demolizione di lavori 
eseguiti in zona .compresa nel demanio 
marittimo -Annullamento da parte 
del Consiglio di Stato per mancanza 
del previo concerto con il Ministro 
della Marina Mercantile -Eccesso di 
potere giurisdizionale -Insussistenza, 

III7. 

-V. anche Banca, Cassazione, Imposte 
e tasse in genere. 

CONCESSIONE 

-V. Acque pubbliche, Competenza e 
gi,urisdizione. 

CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI 

-V. Corte Costituzionale. 

CONTENZIOSO TRIBUT_AWO 

-Registro -Controversie di valutazione 
-Decisione .della Commissione Provinciale 
Ricorso alla Commissione 
Centrale -Esclusione -Ricorso per 


INDICE 
IX 

violazione di legge alla Corte di Cassazione 
a norma dell'art. l l l della 
Carta Costituzionale -Ammissibilit�, 
1256. 

-V. anche Imposta di ricchezza mobile, 
Imposte dirette, Imposte e tasse in genere. 


CONTRATTI PUBBLICI 

-V. Amministrazione dello Stato e degli 
enti pubblici, Atto amministrativo, Imposta 
di registro, Obbligazioni e contratti. 


CORTE COSTITUZIONALE 

-conflitto di attribuzione tra poteri 
dello Stato -Enti autarchici -Legittimazione 
al ricorso -Esclusione, IIII. 

-Giudizio di legittimit� costituzionale 
-Interpretazione di norma -Eccezione 
di illegittimit� costituzionale -Esclusione, 
u22. 

-Procedimenti svolti davanti alla stessa 
-Gratuit� 11ssoluta dei relativi atti, 
II02. 

COSA GIUDICATA 

-Eccezione di giudicato formatosi nel 
corso dello stesso giudizio -Potest� 
della Corte di Cassazione d'interpretazione 
della sentenza e di accertamento 
delle successive vicende processuali 
della medesima -Sussiste, II81. 

- 
V. anche Procedimento civile. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 

-V. Contenzioso Tributario, Corte Costituzionale, 
Elezioni politiche e amministrative, 
Enti pubblici, Imposte e 
tasse in genere, Procedimento penale, 
Scambi e valute, Sicilia, Trattati e 
convenzioni internazionali. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-V. Acque pubbliche, Bellezze naturali, 
Competenza e giurisdizione, Reato. 

EDILIZIA 

-Distanze nelle costruzioni -Disciplina 
legale previs_ta dal codice civile -Inapplicabilit� 
alle costruzioni erette su 
suolo pubblico, con nota di L. MAZZELLA, 
1203. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 

-Cooperativa edilizia -Collaudo e riparto 
di spesa -Impugnativa -Giurisdizione 
amministrativa -Sussistenza, 
1205. 

-Cooperativa edilizia -Collaudo e riparto 
di spesa -Impugnazione -Pre'
clusione per mancata proposizione dell'azione 
ex art. 2377 e.e. -Esclusione, 
1205. 

-Cooperativa edilizia -Collaudo e riparto 
di spesa -Sodo -Interesse a 
ricorrere -Sussistenza, 1205. 

-Cooperativa edilizia -Opere difformi 
dal progetto approvato da! Provveditorato 
-Ammissibilit� al collaudo Limiti, 
1205. 

-Cooperativa edilizia -Opere non ancora 
ultimate -Collaudo -Ammissibilit� 
e limiti, 1205. 

--Costruzione di alloggi per l'eliminazione 
di case malsane a cura dell'Amministrazione 
statale dei lavori pubblici 
-Delega ad istituto autonomo 
per le case popolari a promuovere ed 
attuare non solo l'occupazione di urgenza 
di un immobile ma l'intero procedimento 
espropriativo -Protrazione 
ultra biennale senza titolo dell'occupazione 
-Responsabilit� dell'istituto 
autonomo per le case popolari delegato 
verso il terzo proprietario danneggiato 
-Rapporti fra Ministero 
LL.PP. delegante ed l.A.C.P. delegato 
. Responsabilit� del Ministero LL.PP. 
verso 1'1.A.C.P. per avere dato causa 
al ritardo nel perfezionamento della 
procedura espropriativa a cura dell'l.
A.C.P. delegato, l 194� 

-� 
Prezzo di cessione -Determinazione Ricorso 
-Esigenza del contraddittorio 
-Sussistenza, l 207. 

ELEZIONI AMMINISTRATIVE E POLITICHE 


-Contenzioso elettorale dei Consigli comunali 
e provinciali -Garanzie di 
indipendenza e di imparzialit� -Insussistenza 
-Incostituzionalit� delle 
relative norme, II12. 

-Propaganda elettorale -Illegittimit� 
costituzionale degli artt. 3, secondo 
comma, 2 e 8 della 1. 4 aprile 1956, 

n. 212, in rapporto agli artt. 21 e 49 
Cost. -Esclusione, 1099� 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

X 

ENTI PUBBLICI 

-Autonomie e controlli -Sistema preesistente 
alla Costituzione -Sua legittimit� 
fino all'adeguamento normativo 
previsto dalla IX disp. trans. e fin. 
Cast., II13. 

-,Controlli di merito vigenti -Loro contrasto 
con la Costituzione -Attuale 
irrilevanza dello stesso, l 113. 

-Gestione commissariale -Persistenza Configurabilit� 
di silenzio -Rifiuto 
della p.a., 1208. 

-Gestione commissariale -Persistenza Ricostituzione 
degli organi ordinari Dovere 
della p.a. -Sussistenza, 1209. 

-V. anche Elezioni amministrative e 
politiche, Imposte di consumo. 

ESECUZIONE FISCALE 

- 
V. Ingiunzione. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Danni per esecuzione di opera pubblica 
-Presupposto e limiti dell'indennizzo 
ex art. 46 1. 2359 del 1865 Risarcimento 
del danno ex art. 2043 

e.e. -Differenza, con nota di L. MAZZELLA, 
1339. 
-Efficacia traslativa della relativa pronuncia 
-Riferimento alla data di emissione 
del decreto espropriativo della 
valutazione del bene ai fini della determinazione 
dell'indennit� di espropriazione 
-Insensibilit� di tale indennit� 
agli effetti della svalutazione monetaria, 
IISo. 

-Indennit� espropriativa -Determinazione 
-Criteri, II81. 

-Sicilia -Costruzione di strada comunale 
finanziata dalla Regione Siciliana 
e � demandata � allo stesso Comune 
interessato -� Giudizio di opposizione 
alla stima dell'indennit� espropriativa 
-Legittimazione passiva del Comune 
e non della Regione, con nota di F. 
CARUSI, II42. 

- 
Soggetto attivo e passivo del rapporto 
-Diritti ed obblighi relativi, con nota 
di F. CARUSJ, 1142. 

GIUDIZIO CIVILE E PENALE 

-Declaratoria immediata di cauiie di 
non punibilit� -Presupposti, con nota 
di G. ZOTTA, 1344. 

~ 
Giudizio di rinvio -Limiti -Giudizio 
di rinvio vertente sull'ammissibilit� 
di una attenuante -Nuova definizione 
giuridica del fatto -Inammissibilit�, 
con nota di G. ZOTTA, 1344� 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Obbligo della p.a. di conformarsi al 
giudicato -Inosservanza -Poteri del 
Consiglio di Stato -Ordine al Prefetto 
di nominare un Commissario -Fattispecie, 
II22. 

-Ricorso giurisdizionale -Motivi -Atto 
confermativo -Limiti, 1208. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Edilizia popolare ed economica. 

IMPIEGO PUBBLICO 

~ 
Consiglio di Amministrazione -Deliberazioni 
trimestrali -Natura del termine 
-Fattispecie, 1206. 

IMPOSTA DI CONSUMO 

-Delegazioni di pagamento tratte dai 
Comuni sulle imposte di consumo per 
estinzione di un mutuo agevolato a 
norma dell'art. 18 della legge citata Operativit�, 
1276. 

IMPOSTA DI NEGOZIAZIONE 

-Valutazione dei titoli non quotati in 
borsa -Termine di notifica della decisione 
del Comitato direttivo degli 
Agenti di cambio -Gravame dell'Ufficio 
decorso detto termine -Inammissibilit�, 
con nota di A. ROSSI, 1251. 

JMPOST A DI REGISTRO 

- 
Agevolazioni per la ricostruzione di 

I

edifici danneggiati dalla guerra -Appalto 
-Sua esecuzione -Decadenza m, 
dal beneficio, con nota di G. MANDO', 
1283. 


-Agevolazioni previste dalla 1. 3 agosto 
1949, n. 589 con norme per l'esecuzione 
di opere pubbliche di interesse 
degli Enti locali -Estensione agli atti 
in rapporto strumentale con quelli 
espressamente previsti e che, come 
mezzo al fine, sono in correlazione 
con questi ultimi anche se non necessariamente 
connessi e derivanti, 1276. 


INDICE XI 

-Agevolazioni tributarie per le nuove 
costruzioni edilizie -Legge regionale 
siciliana 18 gennaio 1949, n. 2 -Trasferimenti 
di appartamenti di nuova 
costruzione -Necessit� della dichiarazione 
di abitabilit�, con nota di G. 
MANDO', 1214. 

-Art. 8, primo �omma, della legge organica 
30 dicembre 1923, n. 3269 Criteri 
per l'applicazione delle norme 
e sua interpretazione, 1299. 

Atti enunciati in sentenza -Prescrizione 
triennale -Decorrenza, 1305. 

-Beni in comunione -Morte di condomino 
-Comunione degli eredi del 
condomino per la quota spettante Recesso 
dell'altro condomino originario 
-Stralcio di quota -Esclusione Scioglimento 
della comunione -Tassabilit�, 
1240. 

Case di abitazione non di lusso di 
nuova costruzione -Trasferimento contestuale 
della propriet� e dell'usufrutto 
a soggetti diversi -� Agevolazioni previste 
dall'art. 17 della 1. 2 luglio 1949, 

n. 408 -Applicabilit� alla costituzione 
di usufrutto -Esclusione, 1213. 
Cessioni di crediti verso la p.a. in relazione 
ad operazioni di finanziamento 
bancario -Aliquota ridottissima dello 
0,25% -Estremi -Criteri di determinazione, 
1312. 

Cessioni di credi ti verso la p.a., in relazione 
ad operazioni di finanziamento 
bancario -Aliquota ridotta dello 0,50% 
-Estremi -Criteri di determinazione, 

1313. 

-Cessioni di crediti verso la p.a. dipendenti 
da appalti di lavori e forniture 
di merci in relazione a finanziamenti 
concessi dalle Aziende o Enti di credito 
contemplati dal r.d. 1. 12 marzo 
1936, n. 375 e sue modificazioni, a favore 
di ditte commerciali e industriali 
-Aliquote ridotte -Correlazione tra 
i due negozi -Estremi -Criteri di 
determinazione, 1300. 

-Corrispondenza commerciale e scrittura 
privata -Equivalenza -Contratto 
di compravendita di mobili risultante 
da corrispondenza commerciale -Articolo 
45 della tabella all. D alla legge 
di registro -Applicabilit�, 1297. 

-'-Enunciazione di societ� di fatto -Determinazione 
della base imponibile Riferimento 
al momento della costi


tuzione del vincolo sociale -Valutazione 
presuntiva -Ammissibilit�, 1305. 
Enunciazione di societ� di fatto -Determinazione 
dell'imponibile -Valutazione 
dell'avviamento -Ammissibilit�, 

1305. 

-Enunciazione di societ� di fatto -Tariffa 
vigente al momento della registrazione 
della sentenza enunciata 
Applicabilit�, 1305. 

-Industrializzazione del Mezzogiorno Agevolazioni 
fiscali ex d.l.c.p.s. 14 dicembre 
1947, n. 1598 -Mancata presentazione 
nel triennio de1Ia dichiarazione 
prevista dall'art. 5 -Decadenza, 
1288. 

Industrializzazione del Mezzogiorno Agevolazioni 
fiscali ex d.l.c.p.s. 14 dicembre 
1947, n. 1598 -Mancata presentazione 
nel triennio della dichiarazione 
prevista dall'art. 5 -Sanatoria 
disposta dall'art. 2 della legge 5 ottobre 
1962, n. 1492 -� Ius superveniens � 
-Applicabilit� alle controversie in 
corso, 1289. 

-Trasferimenti immobiliari presunti ex 
art. 18 della legge di registro -Presupposti 
-Presunzione di esistenza di 
atto scritto -Esclusione, 1305. 

V. anche Contenzioso tributario. 
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Accertamento relativo a redditi di categorie 
diverse -Impugnazione del reddito 
di una sola categoria -Definitivit� 
del reddito non contestato, 1261. 

Avviso di accertamento -Mancato ricorso 
alla Commissione distrettuale Definitivit� 
dell'accertamento, 1261. 

Definitivit� dell'accertamento per mancato 
tempestjvo ricorso -Reclamo 
contro il ruolo -Inammissibilit�, 1261. 

Presupposto del tributo -Reddito mobiliare 
netto -Avanzi annuali di gestione 
dei mercati ittici comunali lntassabilit�, 
1285. 

Redditi esistenti nello Stato -Somme 
dovute da persone residenti nello Stato 
-Redevances -Tassabilit� -Presunzione 
assoluta, con nota di C. BAFILE, 
�232. 

-Redditi esistenti nello Stato -Somme 
dovute a stranieri per diritti di autore 
e uso di brevetti, marchi, procedimenti, 
ecc. -Tassazione per ritenuta, 
con nota.di C. BAFILE, 1232. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

XII 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Giudizio separato con riproduzione 
dell'azione di annullamento nei confronti 
della Finanza per restituzione 
imposta corrisposta sulla successione 
testamentaria -Ammissibilit�, 1293. 

-Successione testamentaria -Annullamento 
del testamento -Contraddittorio 
con la Finanza -Necessit� di 
� simultaneus processus � -Non sussiste, 
1292. 

-Tributo complementare sul maggior 
valore -Interessi di mora, 1324. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

-Commissionario per la vendita di prodotti 
esteri -Provvigioni -Tassabilit�, 
1237. 

IMPOSTA IPOTECARIA 

-Credito agrario -Esenzione -Presupposti 
e limiti, 1319. 

IMPOSTA SU FABBRICATI 

-Reddito di fabbricato danneggiato per 
eventi be:lici e riparato con parziale 
contributo dello Stato -Esenzione venticinquennale 
ex art. 69 l. 27 dicembre 
1953, n. 968 -Non compete, 1281. 

IMPOSTA SULLE SOCIETA' 

-Accerta�mento di un reddito di cat. B 
del contribuente ai fini dell'imposta 
di ricchezza mobile -Efficacia automatica 
dell'accertamento ai fini della 
imposta sulle societ�, con nota di A. 
ROSSI, 1262. 

IMPOSTE DIRETTE 

-Ritrattazione della dichiarazione tributaria 
da parte del contribuente dopo 
l'accertamento -Inesistenza di un� obbligo 
della Finanza di procedere a 
nuovo accertamento, con nota di G. 
MAJ\'DO', 1242. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Commissione centrale -Giudizio di 
rinvio della Cassazione -Norme applicabili, 
1221. 

-Commissione centrale -Poteri, 1221. 

-Condono di sanzioni tributarie non 
aventi natura penale -Condizione che � 
l'accertamento non sia definito in via 
amministrativa entro un anno dall'entrata 
in vigore della legge -Violazione 
del principio di eguaglianza dei cittadini, 
no6. 

-Contenzioso -Decisi�ne della Commissione 
distrettuale di elevare il reddito 
accertato ai fini della imposta di 

r.m. -Notifica della so'a parte dispo1sitiva 
-Legittimit�, 1278. 
-Decisione di Commissione Provinciale 
-Annullamento per difetto di motivazione 
-Commissione Provinciale di 
rinvio -Poteri, 1272. 

-Decisione della Commissione centrale 
-Cassazione con rinvio -Impugnativa 
della nuova decisione -Questioni precluse, 
1220. 

-Norme di esenzione -Divieto di interpretazione 
analogica, con nota di G. 
MANDO', 1213. 

-Procedimento amministrativo di accertamento 
ed azione giudiziaria -Sindacato 
dell'a.g.o. -Limiti -Questioni 
di estimazione semplice e complessa, 
1281. 

-Procedimento amministrativo di accertamento 
ed azione giudiziaria -Sindacato 
dell'a.g.o. -Limiti -Questioni 
di estimazione semplice e complessa, 
con nota di G. MANDO', 1242. 

-Procedimento amministrativo di accertamento 
ed azione giudiziaria -Sindacato 
dell'a.g.o. -Violazione di diritti 
materiali e processuali del cittadino, 
con nota di G. MANDO', 1242. 

-Procedimento innanzi alle Commissioni 
-Appello dell'Ufficio alla Commissione 
centrale -Notificazione, 1228. 

-Procedimento innanzi alle Commissioni 
-Applicabilit� del c.p.c. -Limiti, 
1221. 

-Procedimento innanzi alle Commissioni 
per le imposte dirette -Art. 89 

r.d. 11 luglio 1907, n. 560 -Applicabilit�, 
1227. 
-Procedimento innanzi alle Commissioni 
-Impugnazioni -Notifica al 
procuratore costituito -Inapplicabilit�, 
1220. 



INDICE XIII 

-Procedimento innanzi alle Commissioni 
-Notificazioni ex art. 89 r.d. 
11 luglio 1907, n. 56o -Mancata sottoscrizione 
da parte del consegnatario 
-Nullit� -Esclusione, 1228. 

-Restituzione di imposte -Interessi ex 
legge 26 gennai9 1961, n. 29 -Applicabilit� 
alle controversie in corso Decorrenza 
dalla data di entrata in vigore 
della legge, 1268. 

-Sopratassa per la ritardata corresponsione 
dell'imposta complementare di 
registro -Contrasto con la eguaglianza 
dei cittadini e con il diritto di difesa 
-Esclusione, 1 rn5. 

IMPUGNAZIONE 

-Acquiescenza della parte ad un d�terminato 
punto della sentenza di primo 
grado in un momento successivo alla 
impugnazione -Rinunzia tacita al gravame 
su quel punto -Apprezzamento 
del giudice di appello -Incensurabilit� 
in Cassazione, 1139. 

-Causa inscindibile -Nozione -Giudizio 
di primo grado con pluralit� di 
parti attive e passive -Pluralit� di 
parti convenute -Controversia sulla 
individuazione del soggetto responsabile 
-Domanda di condanna cumulativa 
o alternativa nei confronti di 
tutti i convenuti -Necessit� di impugnazione 
della sentenza nei confronti 
di tutte le parti -Sussiste -Legittimazione 
delle parti all'impugnazione incidentale 
tardiva -Sussiste -Pronuncia 
del giudice di primo grado �di estromissione 
di una delle parti convenute 
-Impugnazione che riproponga la 
questione sull'obbligo della parte estromessa 
-Inscindibilit� delle cause Sussiste, 
1200. 

-Scadenza dei termini -Ammissibilit� 
di impugnazioni incidentali tardive Riguarda 
le impugnazioni incidentali 
vere e proprie e non le c.d. impugnazioni 
incidentali autonome -Rispettive 
nozioni, 1181. 

-Scadenza dei termini -Cause inscindibili 
-Nozione -Ammissibilit� di 
impugnazioni incidentali tardive ancorch� 
dirette contro una parte diversa 
da quella che ha esperito il gravame 
principale, 1181. 

INGIUNZIONE 

-Opposizione del debitore -Instaurazione 
di ordinario processo di cognizione 
-Posizione processuale dell' Amministrazione 
creditrice -Parte convenuta 
-Domanda riconvenzionale della 
Amministrazione -Ammissibilit�, con 
nota di L. MAZZELLA, 1196. 

LOCAZIONE 

-Successione nel contratto -Accasermamento 
delle forze di polizia -Onere 
della Provincia -Assunzione diretta a 
carico dello Stato a decorrere dal 10 
luglio 1952, 1190. 

-V. anche .4.mministrazione dello Stato 
e degli Enti pubblici. 

MEZZOGIORNO 

-V. Imposta di registro, Occupazione. 

MINIERE 

-Miniere Erariali -Regime legislativo 
ed atti di gestione -Natura, 1:u1. 

NOTIFICAZIONE 

-Consegna dell'atto -Addetto alla casa 
-Nozione, 1221. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Clausola penale -Riduzione -Potere 
discrezionale del giudice di merito Incensurabilit� 
in Cassazione, 1192. 

-Integrazione del contratto -Funzione 
-Rapporto con l'attivit� interpretativa, 
con nota di F. BATISTONI 
FERRARA, 1168. 

-Integrazione del contratto -Richiamo 
all'equit� -Significato specifico e portata, 
con nota di F. BATISTONI 
FERRARA, 1168. 

OCCUPAZIONE 

-Mezzogiorno -Legge speciale per la 
citt� di Napoli n. 297 del 1953 -Occupazione 
d'urgenza di immobile ef




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

XIV 

fettuata dalla Cassa per il Mezzogiorno 
per la costruzione di una strada 
del Comune di Napoli affidata al Comune 
medesimo -Consegna dell'immobile 
al Comune per l'esecuzione 
dell'opera -Protrazione ultrabiennale 
dell'occupazione senza il perfezionamento 
della procedura espropriativa Responsabilit� 
solidale dei due enti, 
con nota di F. CARUSI, 1145. 

-Occupazione d'urgenza di immobile 
occorrente alla esecuzione di opera di 

p. u. -Mancato perfezionamento nel 
biennio della procedura espropriativa 
-Risarcimento del danno -Mancato 
godimento dell'immobile e valore venale 
del medesimo -Carattere edificatorio 
-Criteri di determinazione, l 191. 
Occupazione d'urgenza preordinata 
alla espropriazione per p.u. -Mancato 
perfezionamento nel biennio dall'occupazione 
della procedura espropriativa 
-Risarcimento del danno sostitutivo 
della restituzione dell'immobile Valutazione 
-Applicabilit� degli artt. 
39 e 40, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 Esclusione, 
1140. 

-Occupazione d'urgenza preordinata alla 
espropriazione per p.u. -Mancato 
perfezionamento del biennio dall'occupazione 
della procedura espropriativa 
-Risarcimento del danno sostitutivo 
della restituzione dell'immobile Valutazione 
-Carattere edificatorio 
del suolo occupato e trasformato in 
sede stabile dell' opera pubblica 
Quando sussiste -Regime giuridico 
delle zone sismiche -Non esclude la 
edificabilit�, l 140. 

Occupazione d'urgenza preordinata alla 
espropriazione per p.u. -Mancato 
perfezionamento nel biennio dall'occupazione 
della procedura espropriativa 
-Risarcimento del danno sostitutivo 
della restituzione dell'immobile Valutazione 
-Criteri generali, 1140. 

-Occupazione d'urgenza preordmata all'espropriazione 
per p.u. -Protrazione 
ultrabiennale senza titolo della occupazione 
-Sopravvenuta emissione del 
decreto espropriativo -Risarcimento 
del danno per il periodo di occupazione 
illegittima -Criterio di liquidazione 
-Interessi legali sulla indennit� 
espropriativa -Ammissibilit� della 
prova della diversa misura effettiva 
del danno, 1181. 

-Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione 
per p.u. -Tardiva 
emanazione del decreto espropriativo Indennit� 
per il periodo di occupazione 
legittima e risarcimento del 
danno per il periodo di occupazione 
" sine titulo " -Liquidazione 
dell'indennit� e del risarcimento nella 
misura dell'interesse legale sull'indennit� 
espropriativa -Diritto agli interessi 
compensativi sulla indennit� e 
sul risarcimento fino alla data dell'effettivo 
deposito -Sussiste, n8i. 

Occupazione d'urgenda preordinata all'espropriazione 
per p.u. -Sicilia Costruzione 
di strada comunale finanziata 
dalla Regione e " demandata " 
allo stesso Comune interessato -Occupazione 
d'urgenza di immobile alieno 
occorrente all'esecuzione dell'opera 
protratta oltre il biennio senza il tempestivo 
perfezionamento della procedura 
espropriativa -Azione di risarcimento 
dei danni -Legittimazione 
passiva del Comune e non della Regione, 
con nota di F. CARUSI, 1142. 

Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione 
per p.u. -Sicilia -
Ocupazione ultrabiennale senza titolo 
di immobile da parte della Provincia 
di Messina per la costruzione di una 
strada di sua pertinenza e di interesse 
regionale, finanziata dalla Regione Azione 
di risarcimento dei danni -Legittimazione 
passiva della Provincia Eventuale 
legittimazione passiva concorrente 
della Regione, l 139� 

OPERE PUBBLICHE 

-V. Edilizia popolare ed economica, 
Imposta di registro. 

PRESCRIZIONE 

Prescrizione in materia civile -Azione 
di regresso tra corresponsabili Interruzione 
del termine di prescrizione 
per effetto della domanda giudiziale 
del danneggiato nei confronti 
di uno dei corresponsabili -Sussiste, 

1174. 
Prescrizioni brevi -Prescrizione biennale 
prevista dal secondo comma dell'art. 
2947 e.e. -Ambito di applicazione 
-Responsabilit� extracontrattuale, 
I 192. 



INDICE xv 

-Prescrizioni brevi -Prescrizione biennale 
prevista dal secondo comma dell'art. 
2947 e.e. -Non riguarda la responsabilit� 
contrattuale, 1193. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Intervento in causa del terzo -Intervento 
voloi;itario -Termine finale di 
ammissibilit�, 1182. 

-Istruzione probatoria -Verbali di indagine 
redatti dagli ufficiali di polizia 
giudiziaria -Valore probatorio indiziario, 
1202. 

-Legittimit� del contraddittorio -Accertamento 
della sussistenza della � legitimatio 
ad causam � -Dovere del 
giudice di compierlo in ogni stato e 
grado del processo ed anche per la 
prima volta in Cassazione salva la 
preclusione nascente dal giudicato 
esplicito o implicito, 1139. 

Norme relative alla deduzione ed alla 
assunzione della prova testimoniale Fondamento 
-Motivi di ordine pubblico 
-Non sussistono -Norme dispositive, 
1202. 

-Procedibilit� della domanda condizionata 
ad adempimenti fiscali -Mancanza 
della prova di tali adempimenti 
-Inosservanza del giudice di merito 
del dovere di astenersi dalla pronuncia 
-Nullit� del processo e della sentenza 
-Esclusione, 1192. 

-Questioni di legittimazione �ad causam 
� -Deducibilit� e rilevabilit� di 
ufficio in qualunque stato e grado del 
processo, con nota di F. CARUSI, 
1142. 

-Rimessione della causa al Collegio Precisazione 
in sede di conclusioni 
delle domande ed eccezioni della parte 
-Rinuncia implicita alle istanze 
non riproposte -Sussiste, 1202. 

-Sentenza -Motivazione -Valore integrativo 
del contenuto formale del dispositivo 
-Portata precettiva della 
motivazione, con nota di L. MAZZELLA, 
1196. 

-V. anche Ingiunzione. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Autorizzazione a procedere -Modalit� 
della richiesta -Contrasto con il 

princ1p10 dell'uguaglianza e della diretta 
responsabilit� dei funzionari dello 
Stato e degli Enti pubblici -Insussistenza, 
1 114. 

-Diritto dell'esercente la patria potest� 
di costituirsi parte civile nell'interesse 
del minore -Violazione del principio 
dell'uguaglianza morale e giuridica 
dei genitori -Esclusione, 1115. 

PROPRIETA' 

-V. Imposta di registro. 

REATO 

-Aggravanti -Destinazione della cosa 
a pubblica utilit� -Furto di materiali 
dell'alveo di un fiume o torrente �-Applicabilit� 
dell'aggravante, con nota di 

G. ZOTTA, 1343. 
-Inosservanza di ordini dell'autorit� Ordine 
rivolto dai Carabinieri ad una 
singola persona -Rifiuto di ottemperarvi: 
costituisce reato -Fattispecie, 
con nota di G. ZOTTA, 1344. 

RESPONSABILITA' CIVILE 

-V. Amministrazione dello Stato e degli 
Enti pubblici, Competenze e giurisdizione, 
Esposizione per p.u., Occupazione, 
Prescrizione. 

SCAMBI E VALUTE 

-Norme attributive al Ministero delle 
Finanze della facolt� di �disciplinare 
il commercio dei cambi -Eccesso di 
delega legislativa per contrasto con 
gli artt. 76 e 77 Cost. -Violazione 
della riserva di legge in materia economica 
-Esclusione, 1 rn8. 

SCRITTURA 

-V. Imposta di registro. 

SENTENZA 

-Motivazione -Decisione fondata su 
pi� ragioni distinte ed indipendenti Errore 
di diritto del giudice di merito 
su uno degli argomenti enunciati 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XVI 

Esattezza e sufficienza degli argomenti 
concgrrenti -Ricorso per Cassazione Improponibilit�, 
1139. 

-V. anche Imposta di registro, Procedimento 
civ.:ile. 

SICILIA 

-Legge regionale di proroga di sgravi 
fiscali per nuove costrnzioni -Illegittimit� 
costituzionale con riferimento 
agli artt. 36, 17 e 15 dello Statuto 
speciale per la Regione Siciliana, 1110. 

-V. anche Espropriazione per p.u., Imposta 
di registro. 

SUCCESSIONE 

-V. Imposta di successione. 

SOCIETA' 

-V. Imposta di registro. 

TRATIATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-Comunit� europea del carbone e dell'acciaio 
-C!Jrte di giustizia -Contrasto 
con gli artt. 102 e 1 13 Cost. 


. Esclusione, 1113. 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

26 giugno 1965, n. 49 pag. 1099 
6 dicembre 1965, n. 75 1102 
6 dicembre 1965, n. 76 � 1105 
22 dicembre 1965, n. 85 1106 
22 dicembre 1965, n. 86 1108 
22 dicembre 1965, n. 90 1110 
22 dicembre 1965, n. 91 (ordinanza) 1111 
27 dicembre 1965, n. 93 1112 
27 dicembre 1965, n. 94 1112 
27 dicembre 1965, n. 98 � 1113 
27 dicembre 1965, n. 99 1114 
27 dicembre 1965, n. 101 1115 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSA2lIONE 

Sez. Un., 12 febbraio 1965, n. 220 pag. 1117 
Sez. I, 30 marzo 1965, n. 557 1139 
Sez. Un., 13 april!J 1965, n. 666 1122 
Sez. Un., 5 giugno 1965, n.. 1118 1128 
Sez. I, 11 giugno 1965, n. 1189 1168 
Sez. II, 16 luglio 1965, n. 1565 1132 
Sez. I, 19 luglio 1965, ~. 1608 1142 
Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1617 1213 
Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1620 1213 
Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1621 1220 
Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1634 1227 
Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1652 1134 
Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1654 � 1136 
Sez. I, 24 luglio 1965, n. 1750 1232 
Sez. I, 24 luglio 1965, n. 1756 1237 
Sez. III, 6 agosto 1965, n. 1883 1174 
Sez. I, 6 agosto 1965, n. 1891 1240 
Sez. III, 17 agosto 1965, n. 1965 1176 
Sez. Un., 27 settembre 1965, n. 2048 1242 
Sez. Un., 2 ottobre 1965, n. 2072 1251 
Sez. Un., 7 ottobre 1965, n. 2087 1256 
Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2155 1261


� 

Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2154 1262 
Sez. I, 22 ottobre 1965, n. 2189 1268 
Sez. I, 21 ottobre 1965, n. 2173 1180 
Sez. III, 23 ottobre 1965, n. 2216 1190 
Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2229 1191 
Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2230 1272 
Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2238 � 1276 

. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

XVIII 

Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2256 
Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2259 
Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2260 
Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2261 
Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2265 
Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2272 
Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2276 
Sez. I, 28 ottobre 1965, n. 2285 
Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2341 
Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2342 
Sez. I, 10 novembre 1965, n. 2349 
Sez. I, 10 novembre 1965, n. 2352 
Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2356 
Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2357 
Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2360 
Sez. III, 13 novembre 1965, n. 2362 

CORTE D'APPELLO 

L'Aquila, 16 giugno 1965, n. 125 
L'Aquila, 30 luglio 1965, n. 172 

TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

1 aiprile 1965, n. 7 
11 maggio 1965, n. 10 
7 ottobre 1965, n. 18 

TRIBUNALE 

Napoli, Sez. I, 6 luglio 1965 
Napoli, 29 marzo 1965 
Genova, 31 luglio 1965 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

Sez. IV, 17 novembre 1964, n. 823 
Sez. IV, 16 giugno 1965, n. 500 
Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 713 
Sez. V, 8 gennaio 1965, n. 2 . 
Sez. VI, 19 febbraio 1965, n. 107 
Sez. VI, 13 luglio 1965, n. 537 
Sez. VI, 22 ottobre 1965, n. 643 

GIURISDIZIONI PENALI 

Sez. II, 17 marzo 1964, n. 602 
Sez. IV, 30 settembre 1964, n. 1462 
Sez. II, 21 settembre 1964, n. 1511 

pag. 
1192 
1192 
1278 
1281 
1283 
1285 
1288 
1193 
1195 
1292 
1297 
1299 
1196 
1305 
1200 
1202 

pag. 
1312 
1319 

pag. 
1327 
1335 
1338 

pag. 
1144 
1203 
1324 

pag. 
1205 
1207 
1207 
1208 
1208 
1210 
1211 

pag. 
1343 
1344 
1344 

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SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


RASSEGNA DI DOTTRINA 

A. C. }EMOLO, Premesse ai rapporti tra Chiesa e Stato, Milano, 1965 . pag. 155 
F. G. 
ScocA, Il termine giudiziale nell'adempimento delle obbligazioni 
della Pubblica Amministrazione, Milano, 1965 � 156 
G. 
LANDI, Rassegna di giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema 
di attivit� economiche, Riv. Societ�, 1965, 901 . 159 
Segnalazioni 

G. ABBAMONTE, Espropriazione e seriet� dell'indennizzo, Giu~. Civ., 
1964, III, 114 
� 160 

R. 
ALEssx, Rilievi critici in ordine alle impugnative del comportamento 
omissivo dell'Amministrazione pubblica, Riv. trim. dir. pubbl., 
1964, 528 
� 161 

A. 
BENNATI, Il bilancio dello Stato italiano nella sua nuova strutturazione 
economico-funzionale, Consiglio di Stato, 1964, Il, 570 . 161 
�. 
CANNADA BARTOLI, Annullamento d'ufficio ed inoppugnabilit� dei 
provvedimenti amministrativi, Foro Amm., 1964, II, 143 . � 161� 

A. 
Cmcco, L'imposta sulle aree fabbricabili e la Costituzione, Foro Pad., 
1964, I, 464 . 162 
E. 
GARBAGNATI, Ancora in tema di opposizione da parte di un solo condebitore, 
ad un decreto d'ingiunzione pronunciato nei confronti di 
una pluralit� di debitori solidali, Giur. it., 1964, �I, 2, 755 � 162 
G. A. 
MICHELI, Osservazioni in tema di � manifesta. infondatezza � della 
questione relativa alla retroattivit� della legge tributaria, Riv. dir. 
fin. e scienza delle fin., 1964, Il, 157 � 162 
G. A. MICHELI, Profili critici in tema di potest� di imposizione, Riv. dir. 
fin. e scienza delle fin., 1964, I � 163 
A. 
PxoLA, Legittimit� dell'art. 402 cod. pen. e nozione di religione dello 
Stato, Foro it., 1965, I, 929 � 163 
A. M. SANDULLI, Precisazioni in tema di mancanza di potere ed inesistenza 
dell'atto amministrativo, Foro Amm., 1964, Il, 200 . 164 
A. M. SANDULLI, Deliberazione di negoziare e negozio di diritto privato 
della Pubblica Amministrazione, Riv. trim. dir. proc. civ., 1965, I 164 
V. 
SPAGNUOLO VmoruTA, Sul mutamento del �titolo� dell'espropri<1r 
zione, Riv. giur. edil., 1965, I, 527 165 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Provvedimenti legislativi (segnalazioni) 
pag. 166 

Disegni e proposte di legge 

Disegno n. 1447 -(Senato) -Delega al Governo per il riordinamento 
dell'Amministrazione dello Stato, il decentramento e la seinplillcazione 
delle procedure . � 167 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

xx 

Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalit� 

-Disposizioni di legge delle quali � stata (in tutto o in parte) 
dichiarata l'illegittimit� costituzionale : 

D.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, artt. 74, 75, 76 
Legge 18 maggio 1951, n. 328, art. 2 
Legge 23 marzo 1956, n. 136, art. 43 
Legge 30 luglio 1959, n. 559, art. 2, terzo comma 
D.P.R. 9 maggio 1960, n. 570, artt. 82, 83, 84 
D.P.R. 9 maggio 1961, n. 867, art. unico 
Legge 9 febbraio 1963, n. 97, art. unico 
Legge 25 febbraio 1963, n. 289, artt. 3, 4 
Legge 5 luglio 1965, n. 798, artt. 2, 3 . 
-Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stata dichiarata 
non fondata la questione di legittimit� costituzionale: 

Codice di procedura penale, art. 15 
Codice di procedura penale, artt. 22, 23, 91 

R.D. 29 settembre 1931, n. 1207 
Legge 11 gennaio 1932, n. 18 . 
T.U. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 87, ultimo comma, 140, 
ultimo comma, 165 e 296, ultimo comma . 
Legge 5 marzo 1942, n. 186, art. 4, secondo comma 
Legge 25 giugno 1952, n. 766 � 

-Disposizioni di legge in rapporto alle quali � stato promosso 
giudizio di legittimit� costituzionale . 

-Disposizioni di legge in rapporto alle quali, sulle questioni sollevate, 
sono intervenute pronunce della Corte Costituzionale di 
inammissibilit�, di manifesta infondatezza o di restituzione degli 
atti per il giudizio di rilevanza . 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI {secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche 
Amministrazione pubblica 
Appalto 
Assicurazioni 
Comuni e Provincie 
Contabilit� generale dello 

Stato 
Contributi e finanziamenti 
Danni di guerra . 
Demanio 
Elettricit� 
Esecuzione fiscale 
Espropriazione per p.u. 
Impiego pubblico 
Importazioni ed esportaz. 
Imposta di registro 
Imposta di r.m.. 
Imposta sul patrimonio 
Imposte e tasse 

pag. 178 
178 
D 178 
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179 
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182 

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182 
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182 
� 
182 
Invalidi di guerra 
Istruzione superiore 
Lavoro � 
N otil�cazioni 
Opere pubbliche 
Pensio�i 
Piani regolatori 
Polizia 
Prescrizione 
Previdenza e assistenza 
Procedimento civile � 
Propriet� intellettuale 
Regioni. 
Sanitari 
Strade 
Trattati e c_onvenzioni in


temazionali 
Trasporto 
Turismo e spettacolo 

pag. 169 
170 
� 170 
170 
170 
170 

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171 

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PARTE PR(MA 



GIURISPRUDENZA 


I 

SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1965, n. 49 -Pres. Ambrosini -
Rel. Benedetti -Spatola ed altri c. Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Agr�). 

Elezioni amministrative e politiche � Propaganda elettorale � Illegittimit� 
costituzionale degli artt. 3, secondo comma, 2 e 8 
della l. 4 aprile 1956, n. 212, in rapporto agli artt. 21 e 49 Cost. 

� Esclusione. 
(Cost., artt. 21 e 49; I. 4 aprile 1956, n. 212, artt. 3, secondo comma, 2 e 8). 
Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3, 
secondo comma e degli artt. 2 e 8 della legge 4 aprile 19'56, n. 212, contenente 
norme sulla disciplina della propaganda elettorale in rif erimento 
agli artt. 21 e 49 Cast. Infatti, tanto l'obbligo delfart. 3 legge cit., 
di presentare domanda al Sindaco per ottenere l'assegnazione degli 
spazi destinati ai non partecipanti alla competizione elettorale, sino a 
quando non vengano assegnate le superfici riservate a partiti o gruppi 
politici o singoli, quanto la sanzione di cui all'art. 8 cit. a carico di colui 
che, avendone titolo, abbia usato degli spazi di cui sopra, pongono tutti 
i partiti sullo stesso piano ai fini della propaganda mediante affissione, 
non comprimendo in alcun modo il diritto di manifestare liberamente 
il proprio pensiero, n� limitando, ma anzi disciplinando nel modo pi� 
compiuto, il diritto di ogni partito di partecipare alla campagna elettorale 
(1). � 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanz11 del Pretore di Roma del 
28 febbraio 1964 (Gazzetta Ufficiale, 23 maggio 1964, n. 216) nel procedimento 
penale a carico di Spatola ed altri. 
-In precedenza la Corte aveva gi� deciso, con sentenza 16 giugno 1964, n. 48, 
circa la pretesa illegittimit� costituzionale dell'art. 1 ed 8, quarto comma, della 
legge di cui trattasi, in relazione all'art. 21 Cost. Anche in quella s�de, con motivazione 
cui la sentenza ohe si annota si richiama, la Corte aveva riconosciuto l'infondatezza 
della questione. 

Per ulteriori richiami giurisprudenziali e dottrinali in materia, cfr. lannotazione 
in calce alla sentenza di cui sopra, in questa Rassegna, 1964, 655. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1100 

(Omissis). -1. -L'art. S della legge 4 aprile 1956, n. 212, conte


nente norme -sulla disciplina della propaganda elettorale, dispone che, 
sino a quando non vengano assegnate le superfici entro gli spazi per le 
affissioni riservati ai partiti o gruppi politici. o singoli candidati, gli 
spazi destinati ai non partecipanti alla competizione elettorale sono 
liberi a tutti. 

Per potere usufruire di tali spazi nel suddetto periodo, il secondo 
comma dell'art. 3 prescrive che gli interessati "debbono presentare 
domanda al Sindaco entro cinque giorni dalla pubblicazione del decreto 
di convocazione dei comizi �. 

In quest'ultima disposizione il Pretore di Roma ha ravvisato la 
violazione 'dei diritti di manifestare liberamente il proprio pensiero e 
di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, 
garantiti rispettivamente dagli artt. 21 e 49 della Costituzione. 

Gli artt. 2 e 8 della legge 1956, n. 212, anche essi denunciati come 
incostituzionali, vengono in considerazione, nella proposta questione di 
legittimit�, solo per la loro relazione con la norma propriamente impugnata, 
in quanto le rispettive disposizioni riguardano gli spazi da destinare 
alle affissioni e le sanzioni penali comminate a carico di coloro 
che, non avendone titolo, abbiano usato degli spazi suddetti. 

Ritiene la Corte che la qu�stione sia infondata sotto entrambi gli 
aspetti prospettati. 

2. -Per quanto riguarda il preteso contrasto con l'art. 21 della 
Costituzione va rilevato che con la sentenza n. 48 del 1964 la Corte si 
� gi� pronunziata sulla legittimit� costituzionale delle disposizioni contenute 
nell'art. 1 e nell'art. 8, quarto comma, della legge 4 aprile 1956, 
n. 212, e che i principi affermati in detta sentenza valgono a risolvere, 
sotto l'aspetto considerato, anche l'attuale questione. 
Ha ritenuto la Corte che la norma, secondo la quale durante la 
campagna elettorale l'affissione di stampati e manifesti di propaganda 
� consentita soltanto negli spazi a tal fine destinati in ogni Comune, e 
le sanzioni penali comminate per chi contravvenga a tale disposizione 
non comportano violazione del diritto di manifestare liberamente il 
proprio pensiero, ma si limitano a regolarne l'esercizio. 

Dopo avere rilevato che l'affissione in genere incontra anche in 
altre leggi una serie di divieti e limitazioni a tutela di pubblici interessi, 
la Corte ha, peraltro, osservato che la disciplina della propaganda 
politica a mezzo manifesti durante la campagna elettorale, dettata 
dalla legge n. 212 del 1956, tende a porre tutti, partiti e cittadini, " in fili
condizione di parit� onde assicurare che, in uno dei momenti essenziali 
della vita democratica, questa non sia di fatto ostacolata da situazioni 
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economiche di svantaggio o politiche di minoranza 1>. 


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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1101 

Ora, esamin'ando al lume di queste considerazioni, le disposizioni 

in questa sede impugnate, risulter� di tutta evidenza che, sia lobbligo 

sancito dall'art. 3 della legge di presentare una domanda al Sindaco 

per ottenere l'assegnazione degli spazi destinati ai non partecipanti 

alla competizione elettorale, sia, conseguentemente, la sanzione penale 

comminata dall'art. 8, primo comma, a carico di colui che, non aven


done titolo, abbia usato degli spazi suddetti, non danno luogo ad alcuna 

compressione o menomazione del diritto di manifestare liberamente il 

proprio pensiero, ma provvedono soltanto a disciplinarne l'esercizio 

garantendone a tutti la effettivit� e ponendo tutti in una situazione di 

assoluta eguaglianza di trattamento. 

Proprio in riferimento alla disposizione impugnata la Corte ha 

avuto modo di osservare, nella ricordata sentenza, che la domanda ha 

la sola funzione di render noto il proposito di procedere all'affissione 

e che nessun potere discrezionale la norma attribuisce alla Giunta 

comunale nella ripartizione degli spazi per le affissioni, in quanto la 

semplice presentazione della domanda determina iP'SO iure l'obbligo 

per l'amministrazione di assegnare una determinata superficie a ciascun 

richiedente. 

Nell'art. 3 viene precisato che la ripartizione degli spazi deve essere 
� fatta dalla Giunta secondo l'ordine di presentazione delle domande e, 

qualora sia necessario, secondo un turno mediante sorteggio da effet


tuarsi in presenza dei richiedenti, in maniera che tutti possano usu


fruire di uguale spazio per uguale durata. 

:�: quindi agevole rilevare che la norma in esame assolve ad un 

ben preciso ed indispensabile compito: rendere concretamente possi


bile alla Giunta, sulla scorta delle domande presentate, di ripartire gli 

spazi in questione in parti uguali tra tutti gli interessati che intendono 

partecipare alla propaganda elettorale mediante affissioni nel periodo 

antecedente alla assegnazione degli spazi destinati ai soli partiti politici. 

3. -Dalle considerazioni test� svolte discende l'infondatezza della 
questione anche in riferimento all'art. 49 della Costituzione. 
Privo di fondamento � il particolare rilievo formulato al riguardo 
nell'ordinanza di rimessione secondo il quale un partito, per il semplice 
fatto di non aver presentato la. domanda richiesta dal secondo comma 
dell'art. 3, si troverebbe escluso dalla propaganda elettorale a mezzo 
manifesti proprio nel momento in cui la nazione si accinge a rinnovare 
i suoi organi rappresentativi, e ci� in violazione del diritto riconosciuto 
dall'art. 49 della Costituzione di concorrere con metodo democratico 
a determinare la politica nazionale. 

Il giudice a quo non ha anzitutto tenuto conto che la propaganda 
disciplinata dalla legge in esame afferisce ad un settore ben delimitato 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1102 

qual'� quello dell'affissione di manifesti, stampati ed altro in appositi ~ 
delimitati spazi e che la stessa propaganda pu� liberamente essere , 
svolta con metodo democratico in numerose altre fofJile ed aspetti 
altrettanto idonei ai fini della determinazione della politica nazionale. 

In secondo luogo, poi, il rilievo non ha evidentemente tenuto in 
debita considerazione due importanti circostanze: che la presentazione 
di una domanda da parte dei partiti � richiesta dalla legge solo per 
consentire anche ad essi l'assegnazione di superfici negli spazi destinati 
a coloro che non partecipano direttamente alla campagna elettorale; 
che l'assegnazione degli spazi a domanda ha carattere di provvisoriet� 
l:)ssendo limitata ad un ben determinato periodo di tempo nel 
corso della campagna elettorale. Essa, infatti, cessa non appena la 
Giunta -riceve comunicazione delle liste e candidature ammesse sar� 
in grado di delimitare e ripartire gli spazi riservati ai partiti. Da 
questo momento i partiti possono affiggere solo in tali spazi e non pi� 
in. quelli destinati agli estranei alla competizione, che vengono nuovamente 
ripartiti con le modalit� stabilite dall'art. 5, comma secondo, 
della legge. 

L'ordinanza di rimessione non ha tenuto presente che ai partiti 
sono riservati appositi spazi, non assegnabili nella prima fase della campagna 
elettorale, che vengono ripartiti in parti uguali� dalla Giunta :; 
secondo l'ordine di ammissione delle rispettive liste. Tale ripartizione, I~ 
ovviamente, non � subordinata alla presentazione di alcuna domanda, , 
in quanto il diritto di un partito di vedersi assegnata una superficie !:; 
per le affissioni scaturisce direttamente dall'ammissione della sua lista. ' 

Ci� dimostra che anche il partito che non ha potuto ottenere l'as-1� 
segnazione di superfici negli spazi destinati ai non partecipanti alla ~ 
competizione elettorale per aver omesso di presentare la relativa 1~.,=. 
domanda, potr� sempre partecipare alla propaganda mediante affis-. 
sione sugli spazi destinati ai partiti dopo che l'ammissione della pro-f:l 
pria lista verr� comunicata alla Giunta. ~I 

Ritiene, quindi, la Corte che le disposizioni impugnate, proprio iri '" 
omaggio ai principi di una sana democrazia, pongono tutti i partiti 
sullo stesso piano ai fini della propaganda mediante affissione assicurando 
a ciascuno di� essi eguaglianza di trattamento indipendentemente 
dalle rispettive forze e pos.sibilit� economiche. -(Omissis). 

CORTE -COSTITUZIONALE, 6 dicembre 1965, n. 75 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Branca -Ministero Finanze (sost. avv. gen. Stato Tracanna). 

Corte Costituzionale -Procedimenti svolti davanti alla stessa Gratuit� 
assoluta dei relativi atti. J

f 

(I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 21; 1. 5 luglio 1965, n. 798, artt. 2 e 3; 1. 25 feb-!~_=�.'_:: 
braio 1963, n. 289, artt. 3 e 4). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1103 

Sono costituzionalmente illegittimi gli articoli 2 e 3 della legge 
5 luglio� 1965, n. 79'8, nonch� gli articoli 3 e 4 della legge 25 febbraio 
1963, n. 289, nella parte in cui dispongono rapplicazione di contributi 
di previdenza dovuti, a mezzo marche, sugli atti difensivi e sui provvedimenti 
relativi ai giudizi davanti alla Corte Costituzionale, derogando, 
in tale modo, al principio dell'assoluta gratuit� sugli atti di tali giudizi, 
che si svolgono al di sopra degli interessi delle parti private, per rattuazione 
della giuStizia costituzionale (1). 

(Omissis). -La questione, sollevata incidentalmente dalla Corte 
Costituzionale e relativa dagli artt. 2 e 3 della legge 5 luglio 1965, n. 798, 
� fondata. 

L'art. 2 impone, fra l'altro, agli avvocati, che esercitano il proprio 
ministero presso la Corte Costituzionale, un. contributo che si riscuote 
evidentemente con l'applicazione di marche da parte della cancelleria; 
lart. 3 fa gravare, su chi deve pagare o anticipare le spese di giudizio, 
un altro contributo, che si riferisce anche ai provvedimenti della Cor.te 

(1) La questione era stata sollevata di ufficio dalla stessa Corte Costituzionale 
con ordinanza 11 novembre 1965 (Gazzetta Ufficiale, 13 novembre 1965, n. 284). 
Sulla possibilit� che la stessa Corte Costituzionale, su istanza di parte, o anche 
di ufficio, si trasformi in giudice a quo e sollevi questioni di legittimit� costituzionale 
davanti a se stessa non � dato di dubitare, dati anche gli specifici. precedenti 
della stessa Corte (ord. 28 novembre 1961, n. 57; sent. 22 dicembre 1961, n. 68). 

Circa il merito della questione, l'Avvocatura Generale, costituita per l'Amministrazione 
Finanziaria dello Stato nel giudizio di legittimit� principale, mentre 
aveva chiesto declaratoria di infondatezza della questione (di cui alla successiva 
sentenza n. 76 della Corte), si era rimessa a giustizia per quanto riguarda la questione 
in esame. 

In effetti -rilevava l'Avvocatura -non poteva contestarsi che il sistema 
desumibile dagli artt. 134 e 137. Cost. e dalle leggi costituzionali 9 febbraio 1948, 

n. 1 e 11 marzo 1953, n. 1, avesse sancito il principio della assoluta gratuit� degli 
atti del procedimento davanti alla Corte Costituzionale, principio poi testualmente 
enunciato nell'art. 21 della l. 11 marzo 1953, n. 87. 
Con la sentenza in rassegna, la Corte conferma la sussistenza 'e la necessit� 
di tale principio, puntualizzando la particolare natura della propria giurisdizione, 
di diritto oggettivo, e la finalit� cui essa � preordinata, di tutela dell'ordinamento 
costituzionale. Queste caratteristiche peculiari della propria giurisdizione la Corte 
ha riscontrato anche negli altri tipi di giudizi che la Corte � chiamata dalla Costituzione 
ad esercitare: la risoluzione dei conflitti di attribuzione ed i giudizi di 
responsabilit� penale del Capo dello Stato e dei Ministri. 

Gi� altra volta, come si ricorder�, la Corte aveva tratto occasione da una 
questione marginale minore per definire la natura delle sue funzioni, che -sebbene 
svolte nelle forme del contraddittorio giurisdizionale -'-devono essere considerate 
di �controllo costituzionale, di suprema garanzia dell'osservanza della Costituzione 
della Repubblica da parte degli organi costituzionali dello Stato e di quelli 
delle Regioni � (sent. 23 marzo 1960, n. 13, Giur. it., 1960, I, 1, 481). 

..t�. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1104 

Costituzionale {prima copia) e si riscuote in modo analogo. Le due disposizioni, 
come gi� la legge 25 febbraio 1963, n. 289, hanno dunque derogato 
all'assoluta gratuit� che caratterizza i giudizi davanti a questa Corte. 

Che tali procedimenti debbano essere del tutto gratuiti � principio 
connaturato al sistema della giustizia costituzionale {art. 134 e segg. della 
Costituzione); nella quale appunto l'interesse, che si deve tutelare, � 
quello obiettivo e generale di eliminare dall'ordinamento gli atti contrari 
a norme costituzionali. Non si nega infatti che le parti, comunque esse 
si vogliano qualificare, siano e possano essere mosse da interessi propri 

o personali; ma si vuol dire che questi interessi, pur es'sendo presenti, 
non affiorano nell'arco del giudizio, tutto spiegato verso la sola attuazione 
di quel fine obiettivo. Ne sono conferma le norme che riservano la proposizione 
del giudizio di legittii;nit� costituzionale solo all'autorit� giudiziaria 
{giudizio promosso in via incidentale anche d'ufficio) o a soggetti .> 
muniti di potest� legislativa (giudizio proposto in via principale) e consentono 
al Presidente del Consiglio dei Ministri o della Giunta regionale 
di intervenirvi. 
Dato ci�, il giudizio di legittimit� costituzionale, pur ammettendo 
la partecipazione di parti private, si svolge al di sopra dei loro interessi 
e non consente ostacoli, anche lievi o indiretti, al proprio svolgimento. 
Ne deriva che ad esso � naturalmente estraneo ogni concetto di soccombenza: 
non vi sono n� vincitori n� vinti, rispetto al fine che lo domina, 
mentre qualunque adempimento pecuniario, anche esiguo, pu� costituire 
una remora a quella ampia collaborazione che, nei limiti previsti 
dalla legge, � innegabilmente utile o perfino necessaria. 

Questo spiega come le leggi n. 87 del 1953 (art. 21), n. 265 del 1958 
(art. 3) oltrech� le norme integrative approvate dalla Corte Costituzionale 
( artt. 16 e 30) escludano imposizioni tributarie e condanne delle 

spese. Si tratta di norme che non hanno valore costituzionale, ma � 
indubbio che esse svolgono principi gi� contenuti nel sistema costituzionale; 
tale � fra l'altro il significato del rinvio che alla prima di esse 
� fatto dalla legge costituzionale 1953, n. 1, art. 1. Del resto i precetti 
costituzionali, cio� gli artt. 134 e segg. della Costituzione e il primo 
articolo delle leggi n. 1 del 1948 e n. 1 del 1953, attribuendo a questa 
Corte il compito di difesa dell'ordinamento costituzionale, non possono 
consentire che siano colpiti da oneri pecuniari, che appesantiscono il 
corso del giudizio, proprio coloro che collaborano a tale funzione. 

Analoghe considerazioni valgono per i giudizi che risolvono conflitti 
di attribuzione e per i giudizi di responsabilit� del Capo dello Stato e 
dei Ministri: i primi riguardano atti di cui si denunci il contrasto con 
norme costituzionali; i secondi, riguardando soggetti che sono ai vertici 
dello Stato, coinvolgono principi, procedimenti e garanzie� di ordine 
costituzionale. � 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1105 

La legge 25 febbraio 1963, n. 289, negli artt. 3 e 4, aveva contenuto 
analogo a quella denunciata: perci� anche di essa; per gli effetti che 
possano ancora derivarne, si deve dichiarare la illegittimit� costituzionale 
in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. (
Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 dicembre 1965, n. 76 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Branca -Ministero Finanze (sost. avv. gen. Stato Tracanna). 

Imposte e tasse in genere -Sopratassa per la ritardata corresponsione 
dell'imposta complementare di registro -Contrasto 
con la eguaglianza dei cittadini e con il diritto di difesa Esclusione. 


(Cost., artt. 8, 24, 118; I. 5 marzo 1942, n. 186, art. 4, secondo comma). 

La disposizione delr art. 4, secondo comma, della legge 5 marzo 1942, 

n. 186, che commina la sopratassa del dieci per cento sulrimpostd complementare 
di registro non corrisposta entro dieci giorni dalla noti-fica 
della decisione della C ammissione Distrettuale, non contrasta n� col 
principio di eguaglianza, perch� grava su tutti i contribuenti, n� con 
quello di difesa, perch� il contribuente pu� esercitare razione in giudizio 
sia -che abbia versato, sia che non abbia versato fimposta e la 
relativa sopratassa (1). 
(Omissis). -La questione � infondata. 

La norma impugnata, imponendo una sopratassa del dieci per cento 
a chi non paghi entro 30 giorni d'imposta di registro, non viola l'art. 3 
della Costituzione. La sovratassa infatti grava ugualmente su tutti i 
contribuenti tenuti al pagamento di quell'imposta; colpisce l'inadempi


(1) La quest�one era stata sollevata con ordinanza 20 giugno 1968 della 
Commissione Provinciale delle Imposte di Ascoli Piceno (Gazzetta Ufficiale, 12 settembre 
1964, n. 1225). 
Nel corso del suo esame, la Corte aveva sollevato, d'ufficio, la questione di 
legittimit� costituzionale degli artt. 2 e 8 della I. 5 luglio 1965, n. 798, decisa poi 
con la coeva sentenza 6 dicembre 1965, n. 75, pubblicata supra. 

Il principio della esecutoriet� degli atti amministrativi -aveva sostenuto 
l'Avvocatura Generale -autorizza, anche sul. piano costituzionale, la presenza di 
una norma del genere, dato che esso � del tutto conforme alla Costituzione, ed 
in effetti la Corte ha dato atto di ci� richiamando in motivazione le sentenze 
81 marzo 1961, n. 21, abolitrice del solve et repete (Giur. it., 1961, I, 1, 529), 
e 7 luglio 1962, n. 86, sulla legittimit� costituzionale dell'art. 145 legge di registro 
(ivi, 1962, I, 1, 1284), che quel principio avevano espressamente fatto salvo. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1106 

mento, non rispetto ad ogni tipo di tributo, ma solo rispetto a quei tributi 
che hanno certi presupposti e determinate caratteristiche (atto tl"a vivi 
di trasferimento di beni, persone che vi hanno partecipato o che vi 
sono interessate, effetti ritardati dell'atto. ecc.): il che giustifica la particolarit� 
di tale disciplina; � connessa allo speciale procedimento coattivo 
di riscossione, tipico delle imposte di registro. 

L'art. 4, secondo comma, non contrasta neanche con gli artt. 24 e 
113 della Costituzione: la norma non pone ostacoli al diritto di difesa 
poich� il contribuente pu� esercitare l'azione in giudizio sia che abbia 
versato sia che non abbia versato l'imposta e la relativa sopratassa; n� 
l'assillo di adempiere �entro 30 giorni per evitare quest'ultima esercita 
un'influenza negativa sulla proposizione del ricorso, che invece segue 
una strada propria e diversa; anzi l'avvenuta applicazione o l'avvenuto 
pagamento della sopratassa pu� essere uno stimolo all'esercizio dell'azione; 
ch�, se il giudice escluder� in tutto o in parte l'esistenza dell'obbligazione 
tributaria, al contribuente dovr� essere restituita in tutto 

o in parte la somma eventualmente gi� versata anche come sopratassa 
(art. 4, ultimo comma, della legge impugnata); questa infatti non ha 
carattere penale, ma � sanzione amministrativa ed accessoria rispetto 
al debito d'imposta. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1965, n. 85 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Petrocelli -Soc. n.c. � Nino Ferrari � (n.c.) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Imposte e tasse -Condono di� sanzioni tributarie non aventi natura 
penale -Condizione che l'accertamento non sia definito in via 
amministrativa entro un anno dall'entrata in vigore della 
legge -Violazione del principio di eguaglianza dei cittadini. 

(Cost., art. 3; I. 30 luglio 1959, n. 559, art. 2). 

!; costituzionalmente illegittimo, per contrasto con rart. 3 della 
Costituzione, f art. 2, terzo comma, della legge 30 luglio 1959, n. 559, 
il quale subordina rapplicabilit� del condono delle sanzioni tributarie 
non penali al fatto che raccertamento sia stato definito in via ammiamministrativa 
entro un anno dalr entrata in vigore della legge, dato 
che tale condizione crea una disparit� di trattamento fra contribuenti, 
senza alcun fondamento di ragionevolezza (1). � 

(1) La questione era stata sollevata con l'ordinanza 28 .aprile 1964 della 
Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia (Gazzetta Ufficiale 29 agosto 
1964, n. 212). i~~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1107 

(Omissis). -Non � dubbio che dalla condizione imposta dal comma 
terzo dell'art. 2 della legge 30 luglio 1959, n. 559, cio� che per l'applicazione 
del condono occorra l'intervento della definizione amministrativa 
dell'accertamento tributario entro l'anno dall'entrata in vigore della 
legge stes&a, derivi una disparit� nel trattamento dei contribuenti; dei 
quali, soltanto taluni riescono a veder definito l'accertamento entro 
l'anno, mentre gli altri, per i quali l'accertamento rimane tuttavia pendente, 
non possono avvalersi del beneficio. Tale disparit� non trova, 
ad avviso della Corte, un fondamento di ragionevolezza. I rilievi circa 
le finalit� della norma, la quale -ad avviso dell'Avvocatura dello 
Stato -sarebbe stata diretta a stimolare i contribuenti per la sollecita 
definizione degli accertamenti, se valgono in certo modo a rilevare gli 
originari motivi della disposizione impugnata, non sono idonei a fornire 
una soddisfacente e razionale spiegazione della lamentata disparit�. N� 
vale il richiamare la sentenza di questa Corte n. 171 del 1963, con la 
quale fu dichiarata infondata la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 151 del codice penale e del provvedimento di amnistia previsto 
dalla legge 23 gennaio 1963, n. 2. Come la Corte ebbe ad osservare, la 
diversit� di situazione in cui vengono a trovarsi coloro che sono stati 
giudicati e condannati prima rispetto a coloro che sono giudicati dopo 
il provvedimento di amnistia � una disparit� di fatto cui rimane estranea 
la legge, e deriva dalla diversa condizione nella quale inevitabilmente 
si trovano condannati e imputati al momento della entrata in vigore 
del provvedimento stesso. Nel caso in esame, invece, � proprio la 
norma impugnata che, mediante la condizione disposta per l'applicazione 
del condono, viene a creare la disparit� di trattamento. La quale 
� da ritenersi priva di ogni ragionevolezza, in considerazione delle varie 
e molteplici cause di ogni genere, non imputabili ai contribuenti, che 
possono accelerare o ritardare la definizione amministrativa degli accertamenti 
tributari. Sussiste per conseguenza la denunziata violazione 
dell'art. 3 della Costituzione, e la disposizione impugnata deve dichiararsi 
costituzionalmente illegittima. -{Omissi,s). 

Indubbiamente, la norma, cos� come formulata, poteva prestarsi a delle applicazioni 
aberranti, ostative del condono anche nelle ipotesi in cui il ritardo nella 
definizione dell'accertamento non fosse dipeso da fatto imputabile al contribuente 
(come nel caso di specie). 

Ed � stata questa palese sperequazione che, probabilmente, ha indotto la 
Corte ad adottare la decisione di illegittimit� costituzionale, malgrado la norma 
fosse ispirata non ad esigenze sperequatrici, ma solo alla finalit� di accelerare la 
definizione dei contesti e quindi di permettere un sollecito introito di cespiti tributari 
contestati. 

La sentenza 23 dicembre 1963, n. 171, richiamata nel corpo della motivazione, 
� pubblicata in Giur. it., 1964, I, 1, 243. 



1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1965, n. 86 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Cassandra -Disertori e Soc. Albergo Regina (avv. Cimmino) 
e Ministero Tesoro (sost. avv. gen. Stato Coronas). 

Scambi e valute -Norme attributive al Ministero delle finanze della 
facolt� di disciplinare il commercio dei cambi � Eccesso di 
delega legislativa per contrasto con gli artt. 76 e 77 Cost. -Violazione 
della riserva di legge in materia economica � Esclusione. 

(Cost., artt. _76, 77, 41; r.d.I. 29 settembre 1931, n. 1207, art. 1). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale delr art. l 

r.d.l. 29 settembre 1931, n. 1207, convertito nella legge 11 gennaio 1932, 
n. 18, che attribuiva al Ministro per le finanze (oggi Tesoro) di disciplinare 
con propri decreti il commercio dei cambi con r estero. 
Le norme dei decreti legge e dei decreti ministeriali, infatti, furono 
recepite, in sistema unitario, dalle successive norme emanate in materia 

(r.d.l. 12 maggio 1938, n. 794 e 5 dicembre 1938, n. 1928, convertiti, 
rispettivamente, nelle leggi 9 gennaio 1939, n. 380 e 2 giugno 1939 n. 739) 
per cui restano assorbite le questioni di legittimit� costituzionale sia in 
I,

r~ferimento agli artt. 76 e 77 che alrart. 41 della Costituzione (1). 
, 
. 

, 

{Omissis). -In tale complesso sistema le norme dei decreti mini<:
� 
. 
steriali impugnati sono state recepite nella contemporanea o successiva 
legislazione anteriore alla legge valutaria che abrog�, insieme con altre 
leggi, anche quella oggetto del presente giudizio. E in effetti molte delle 
norme che concretano i decreti ministeriali rico~dati si ritrovano, con 
modifiche o senza modifiche, in atti della cui forza di legge non � pos


{l) La questione era stata sollevata con due ordinanze rispettivamente del 
20 dicembre 1963 del Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale, 30 maggio 1964, �' 

n. 132) e del 26 febbraio 1965 della Corte di Appello di Roma (Gazzetta Ufficiale, 
5 giugno 1965, n. 139). 
Nella presente sentenza, la Corte costituzionale riconferma, anzitutto, per 
implicito, la propria competenza a sindacare anche le leggi abrogate, allorquando 
queste siano ancora suscettibili di concreta applicazione (cfr. la precedente sentenza 
30 gennaio 1962, n. 1, Giur. it., 1962, I, 1, 152): la stessa Corte rammenta, infatti, 
nella motivazione che il decreto legge impugnato era stato abrogato dall'art. 16 
del d.l. 6 giugno 1956, n. 476. 

La Corte ha poi affermato il principio che la ricezione di tutta la materia in 
esame nella organica sistematica della posteriore disciplina, sotto veste formalmente 
legislativa, preclude il sindacato di legittimit� costituzionale fondato, appunto, su 
censure di carattere formale. 

Talune disposizioni del d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, come si ricorder�, 
erano state sottoposte all'esame della Corte Costituzionale con censure di natura 

j 

I 
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re 
. 
. 


PARTE t, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1109. 

sibile dubitare, con un procedimento non raro nel regime precostituzionale, 
sotto il quale le disposizioni che regolavano la produzione delle 
norme giuridiche e stabilivano le relative competenze non avevano la 
cc forza � che le nuove norme costituzionali in materia hanno, viceverso, 
in un regime di costituzione rigida, tanto che l'osservanza di 
quelle pu� essere controllata in sede di legittimit� costituzionale soltanto 
in un ambito ed entro limiti ridotti, come � stato ripetutamente 
affermato dalla giurisprudenza di questa Corte. 

Nel caso attuale, in particolare, occorre tener presenti le .� Norme 
per l'accertamento delle trasgressioni in materia valutaria e di scambi 
con lestero � e le � Norme per la repressione delle violazioni delle leggi 
valutarie � emanate con i decreti legge 12 maggio 19'38, n. 794, e 5 dicembre 
1938, n. 1928, convertiti, rispettivamente, nelle leggi 9 gennaio 
1938, n. 380, e 2 giugno 1939, n. 739, le quali non soltanto regolarono 
ex novo la materia dell'accertamento e della repressione delle trasgressioni 
valutarie, innovando per quanto attiene alle sanzioni pecuniarie 
irrogate dalle pre�edenti leggi e decreti, ma recepirono anche le 
norme di comportamento contenute nei decreti legge e nei decreti 
ministeriali enumerati nell'art. 1 del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, 
tra i quali il d.l. 29 settembre 1931, n. 1207, e i decreti ministeriali che 
ne discendono, che devono essere ricompresi tra cc tutti i decreti ministeriali 
emanati per l'attuazione dei citati provvedimenti legislativi�, 
dei quali fa parola esplicitamente la norma ora citata. 

Se cos� stanno le cose, restano assorbite non soltanto le questioni 
di legittimit� costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 76 e 77 
della Costituzione, ma anche quella relativa alla riserva di legge prevista 
dall'art. 41, riserva di legge puntualmente osservata, una volta che 
la materia oggetto dei decreti ministeriali sia stata recepita in atti 
aventi forza di legge. -(Omissis). 

sostanziale, per contrasto con il diritto di difesa contro gli atti della p.a., e la 
Corte, con la sentenza 27 gennaio 1959, n. 1 (Giur. it., 1959, I, l, 508), aveva 
dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 11, in relazione all'art. 113 Cost. 

Un diverso tentativo di infirmare la sostanziale legittimit� costituzionale del 
decreto stesso per contrasto con l'art. 102 Cost., era stato respinto dalle Sezioni 
Unite della Corte Suprema con la sentenza 15 maggio 1962, n. 1028 (Giur. it., 
1963, I, 1, 607), che riaffermavano il carattere amministrativo e non giurisdizionale 
del decreto del Ministro del Tesoro irrogante le sanzioni pecuniarie per infrazioni 
valutarie. 

Nel medesimo solco si pone la successiva sentenza della Corte Suprema 
29 gennaio 1964, n. 241 (in questa Rassegna, 1964, 367), .che riconobbe l'efficacia 
interruttiva della prescrizione agli atti del procedimento di accertamento del credito 
erariale. 



1110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1965, n. 90 -Pres. Ambro


.sini -Rel. Jaeger -Commissario dello Stato per la Regione Sid


liana (sost. avv. gen. dello Stato Peronaci) c. Presidente Regione 

Siciliana (avv. Virga). 

Sicilia -Legge regionale di proroga di sgravi fiscali per nuove 

costruzioni -Illegittimit� costituzionale con riferimento agli 

artt. 36, 17 e 15 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana. 

(Statuto spec. Reg, sic., artt. 36, 17, 15; d.l. statale 15 marzo 1965, n. 124, 
art. 45; I. reg. 24 marzo 1965). 

� affetta da illegittimit� costituzionale, con riferimento agli artt. 
36, 17 e 15 dello Statuto speciale, la legge regionale siciliana 24 marzo 
1965, che riduce fimposta sui materiali nelle costruzioni edilizie 
ultimate entro il 31 dicembre 1966, con criteri diversi da quelli adottati 
dal legislatore statale con l'art. 35 del d.l. 15 marzo 1965, n. 124, convertito 
nella legge 13 maggio 1965, n. 431 (1). 

(Omissis). -La Corte ritiene fondato il ricorso proposto dal Commissario 
dello Stato presso la .Regione siciliana contro la legge, approvata 
nella seduta del 24 marzo 1965 dell'Assemblea regionale siciliana, recante 
� Sgra~i fiscali per le nuove costruzioni in Sicilia �. 

Dalle circostanze, esposte dall'Avvocatura generale dello Stato e 
non contestate in linea di fatto dalla difesa della Regione, e dal confronto 
fra le norme statali e quell~ contenute nella legge regionale impugnata 
risulta in modo evidente che la Regione non si � adeguata in 
alcun modo alla tipologia della legislazione statale in materia, n� ha 
tenuto conto dei principi richiamati nella sentenza n. 2 del 22-28 gennaio 
1965 della Corte Costituzionale, con la quale venne dichiarata la 
illegittimit� costituzionale della legge regionale 27 novembre 1961, n. 22. 

Questa Corte non trova nelle deduzioni difensive esposte dalla 
Regione nel presente giudizio alcun motivo, che possa valere ad indurla 
a modificare la propria giurisprudenza in materia, neppure per quanto 
concerne il rispetto dell'autonomia finanziaria garantita ai Comuni dallo 

(1) Il ricorso del Commissario dello Stato, accolto dalla Corte con la decisione 
in rassegna, era fondato sulle precedenti enunciazioni della stessa Corte in 
materia di necessario coordinamento tra finanza statale e finanza regionale contenute 
nella sentenza 28 gennaio 1965, n. 2 (in questa Rassegna, 1965, 4). 
Il mutamento dei limiti ed interessi generali della legislazione statale in 
materia di imposta di consumo, rispetto a quanto disposto dalla precedente legge 
statale .2 febbraio 1960, n. 35, avrebbe potuto ingurre la Regione a derogare alle 
disposizioni di questa ultima legge, per adeguarsi a quelle del d.l. n. 124 del 1965; 
mai, per�, a derogare alle disposizioni di questo, che � inquadrato in un contesto 
organico per l'incentivazione� edilizia sul piano nazionale. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1111 

Statuto regionale e l'adozione d� un serio ristoro per la cessazione di 
cespiti tributari ad essi spettanti. 
N�, d'altra parte, sembra possibile negare che il metodo adottato 
dalla legislazione statale nel disposto dell'art. 45 del d.l. 15 marzo 1965, 

n. 124, convertito nella legge 14 maggio 1965, n. 431, � fondamentalmente 
diverso da quello segu�to dalla legge regionale impugnata; e che, 
pertanto, anche nel caso in esame � mancato quel coordinamento tra 
finanza statale, regionale e comunale, sulla cui necessit� la Corte si � 
pronunciata ripetute volte, e da ultimo nella ricordata sentenza n. 2 
del 1965. -{Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1965, n. '91 (ordinanza) -
Pres. Ambrosini -Rel. Jaeger -Consorzio area di sviluppo industriale 
Sicilia orientale c. Giunta delle elezioni della Camera dei deputati. 

Corte costituzionale -Conflitto di attribuzione tra poteri dello 
Stato -Enti autarchici -Legittimazione al ricorso -Esclusione. 

(Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 37, 38). 

� inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri 
dello Stato proposto da un Consorzio di sviluppo industriale, il quale, 
bench� possa essere qualificato come Ente autarchico e pertanto espressione 
della cc amministrazione indiretta 1> dello Stato, non pu� essere 
incluso fra gli � organi dello Stato � legittimati ad agire per la delimitazione 
della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da 
norme costituzionali (1). 

(1) Decisione di notevole rilievo, anche se espressa nella pi� sommessa veste 
dell'ordinanza, su procedimento in Camera di Consiglio. 
Esattamente la Corte ha ravvisato l'inammissibilit� del conflitto tra un organo 
di natura amministrativa, non appartenente all'organizzazione diretta dello Stato, 
che non pu� considerarsi investito di � potere � nel senso costituzionale, e la Giunta 
delle elezioni della Camera d�i Deputati, la quale agisce, in seno all'assemblea parlamentare, 
nell'esercizio del potere, costituzionalmente riconosciuto, di giudicare dei 
titoli di ammissione dei suoi componenti �e delle cause di ineleggibilit� e incompatibilit�. 


Sul conflitto tra poteri dello Stato, nel senso della ammissibilit� di un tale 
conflitto solo tra organi costituzionali, diretta espressione di un potere dello Stato, 
si veda in dottrina BALLAD�>RE-PALLIERI, Diritto costituzionale, 1953, 279 e segg.; 
LucIFREDI, ConfUtto di attribuzioni, Enciclopedia del diritto, IV, 284 e segg. ed 
ampia bibliografia in esso richiamata; GuGLIELMI, I conflitto di attribuzione tra i 
poteri dello Stato, La Corte costituzionale, 1957, 407 e segg. 

Sulla natura della Giunta delle elezioni, e sui poteri ad essa attribuiti, si veda 
MmmFHOFF, Giurisprudenza parlamentare, 1950, 241 e segg. e 253 e segg. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1112 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 93 -Pr�s. Ambro. 
sini -Rel. Branca -La Rocca ed altri (avv. Galateria, Tranquilli, 
Leali, Gravone). 

Elezioni amministrative e politiche � Contenzioso elettorale dei 
Consigli comunali e provinciali -Garanzie� di indipendenza 
e di imparzialit� -Insussistenza � Incostituzionalit� delle relative 
norme. 

(Cost., art. 108, secondo comma; t.u. 16 maggio 1960, n. 570, artt. 82, 83; 

1. 18 maggio 1951, n. 328, art. 2). 
I Consigli comunali e provinciali, nello svolgimento delle funzioni 
di contenzioso elettorale (aventi natura giurisdizionale) non presentano 
i requisiti di indipendenza e di imparzialit� prescritti dall'art. 108 della 
Costituzione; conseguentemente deve dichiararsi l'illegittimit� costituzionale 
delle norme �he le prevedono (1). 

(1) Decisione di notevole rilievo, che merita particolare segnalazione e piena 
adesione. Non � senza significato, del resto, il mancato intervento in giudizio 
dell'Avvocato generale dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei Ministri. 
La questione era stata sollevata da diversi Consigli Comunali: Sperlonga, 
con deliberazione 24 e 29 gennaio 1965 (rispettivamente, Gazzetta Ufficiale 3 aprile 
1965, n. 85 e 30 aprile 1965, n. 109); Montenero Valcocchiara, con deliberazione 
7 febbraio 1965 (Gazzetta Ufficiale 15 maggio 1965, n. 122); Bergamo, con dodici 

�deliberazioni in data 24 marzo 1965 (Gazzetta Ufficiale 15 maggio 1965, n. 122). 

Come la Corte stessa ricorda nella motivazione, essa aveva in precedenza 
ritenuto sia la natura giurisdizionale delle funzioni espletate dai Consigli Comunali 
e provinciali in tema di contenzioso elettorale (sentenza 11 luglio 1961, n. 42, 43 
e 44, Giur. it., 1962, I, l, 527 e nota di CosTA, Ancora sulla natura delle decisioni 
dei Consigli Comunali), sia la loro legittimit� costituzionale con riferimento al 

.

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divieto di istituzione di giurisdizioni speciali (sent. 22 novembre 1962, n. 92, in 

questa Rassegna, 1962, I, 134, e nota di GuGLIELMI). 
In questa ultima sentenza, la Corte esamina anche il profilo adombrato, pi� 
che dedotto, della autonomia ed in dipendenza di giudizio da parte dei Consigli 
Comunali, ma, pur non dissimulando il peso delle osservazioni in contrario, la Corte 
riteneva non sussistente un contrasto con l'art. 108 Cost., dato che �pi� che giudicare 
di un suo interesse in contrasto con quello dell'eventuale ricorrente, esso 
(Consiglio) giudica della legittimit� della propria composizione �. 
A soluzione opposta, e definitiva, perviene invece la Corte con la sentenza 
in rassegna, fondando il suo convincimento meno sulla natura intrinseca delle .< 
norme denunciate che sulla deformazione che di essa si era venuta attuando sul ~@
piano processuale-giudiziario, fino a servirsi -come la Corte h� rilevato -dello 
strumento dell'incidente costituzionale per ritardare la decisione di merito delle 
vertenze elettorali, fin quando essa avesse perduto ogni validit� attuale. 

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PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1113 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 94 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Sandulli -Ditta Comm. Vincenzo Cassaro -Cantiere 
navale (avv. Jemolo) c. Consorzio per il bacino di carenaggio di 
La Spezia (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio Ministri (sost. 
avv. gen. Stato Varvesi). 

Enti locali -Autonomie e controlli -Sistema preesistente alla 
Costituzione -Sua legittimit� fino all'adeguamento normativo 
previsto dall'art. IX disp. trans. e fin. Cost, 

(Cost., artt. 5, 128, 130 e IX disp. trans. fin.; t.u. leggi com. e prov. r.d. 
-3 marzo 1934, n. 383). 

Enti locali -Controlli di merito vigenti -Loro contrasto con la 
Costituzione -Attuale irrilevanza dello stesso. 

(Cost., 130; t.u. com. prov. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 87, 140, 165, 296). 

Essendo finora mancate le norme di adeguamento contemplate 
dalla IX disposizione transitoria e finale della Costituzionale, legittimamente 
permane in vita, per le autonomie locali come per i controlli 
sui comuni e sulle provincie, il sistema preesistente, la cui continuazione 
la suddetta disposizione IX previde per evitare periodi di carenza, fino 
aU:adempimento di esso alle esigenze delle autonomie locali e alla 
competenza legislativa attribuita alte Regioni. N� deriva prima di tale 
riordinamento i vigenti controlli di merito sugli enti locali sarebbero 
da considerare illegittimi, per il solo fatto di non corrispondere alla 
forma del rinvio con richiesta di riesame, che � la sola prevista dal 
secondo comma dell'art. 120 della Costituzione, essendo questa forma 
di controllo di merito strettamente ed immediatamente connessa al passaggio 
alla Regione della funzione di controllo (1). 

(1) La questione era stata introdotta con ordinanza del Tribunale di Messina 
17 marzo 1964 (Gazzetta Ufficiale 25 lugllo 1964, n. 182). 
Non vi sono� precedenti. Sui controlli amministrativi dopo lentrata in vigore 
della Costituzione, AMORTH, Problemi del controllo sugli enti locali dopo le norme 
della Costituzione, Amm. it., 1950, 356; GUARINO, Autonomia e controlli, Giur. 
compl. Cass. civ., 1951, I, 861; F. BENVENUTI, Il controllo mediante richiesta di 
riesame, Scritti giuridici in memoria di V. E. ORLANDO, Cedam, PadoiVa, 1957, I, 

103. e segg.; FORTINI, Nuovi orientamenti in materia di controlli SJJgli atti degli enti 
locali, Riv. trim. dir. pubbl., 1951, 237. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1114 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 98 -Pres. Ambro-: 
sini -Rel. Fragali -Acciaierie di S. Michele {avv. Cottrau), Comunit� 
Europea del carbone e dell'acciaio (avv. Giuliano) e Presidenza 
Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). . 

Trattati e convenzioni internazionali -Comunit� europea del car. 
bone . e dell'acciaio -Corte di giustizia -Contrasto con gli 

Il 

artt. 102 e 113 Cost. -Esclusione. 

(Cost., artt. 11, 102, 113; I. 25 giugno 1952, n. 76&, artt. 33, 41, 92). 

Non contrastano con i precetti della Costituzione relativi alla tutela 
giurisdizionale dei diritti e degli interessi dei cittadini le norme poste 
dal contratto istitutivo della Comunit� europea del carbone e dell'acciaio, 
reso esecutivo con legge 25 giugno 1952, n. 766, nella parte riguardante 
le funzioni della Corte di giustizia. Tali precetti, invero, concernono 
soltanto la tutela dei diritti e degli interessi che sono attribuiti 
ad ogni soggetto per la sua posizione nell'ordinamento interno, e non 
dei diritti e degli interessi che gli derivano dalla sua posizione in un 
ordinamento estraneo, quale � quello della CECA (1). 

(1) La questione era 'stata sollevata dal Tribunale di Torino, con ordinanza 
11 dicembre 1964 (Gazzetta Ufficiale 17 aprile 1965, n. 98). 
Con la precedente sentenza 7 marzo 1964, n. 14 (in questa Rassegna, 1964, 
627 con nota di L. TRACANNA), la Corte aveva affermato che, ai sensi dell'art. 11 
Cost., " � possibile stipulare trattati in cui si assumono limitazioni della sovranit� ". 
E se la funzione giurisdizionale � espressione della sovranit� dello Stato, ben pu� 
un Trattato dettare disposizioni che deroghino alla esclusivit� di tale esercizio da 
parte dello Stato, a favore di comunit� internazionali. 

Nella specifica materia delle Comunit� europee, cfr. CATALANO, Manuale 
diritto delle Comunit� Europee, Milano, 1965, 140 e segg. 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 99 -Pres. Ambro~ 

~-~F~ili I 

Procedimento penale -Autorizzazione a procedere -Modalit� della 
richiesta -Contrasto con il principio dell'uguaglianza e della 
diretta responsabilit� dei funzionari dello Stato e degli Enti 
pubblici -Insussistenza. 
(Cost., artt. 3 e 28; c.p.p., art. 15; r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 158). 

Le norme contenute nell'art. 15 c.p.p., relativo alla procedura necessaria 
per richiedere l'autorizzazione a procedere, non contrastano con i 
principi di cui agli artt. 3 e 28 C ost., giacch� regolano in modo uni



PARTE I, SEZ. I, GIURIS�.COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1115 

forme tutte le ipotesi di autorizzazione a procedere, tracciando le linee 
del procedimento da seguire in ogni caso in cui un'autorizzazione sia 
richiesta, e pertanto riguardano anche ipotesi previste dalla earta eostituzion�le 
(1). 

(1) Questione decisa in Camera di Consiglio, non essendovi stata. costituzione 
di parte. La pronuncia trae origine da una ordinanza emessa il 9 febbraio 1965 
del Pretore di Riva del Garda, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 85 del 
3 aprile 1965. 
La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 15 c.p.p. era stata sollevata 
in relazione all'art. 158 del t.u. della legge comunale e provinciale, sulla cui incostituzionalit� 
gi� si era pronunciata la Corte con sentenza 4 febbraio 1965, n. 4 
(in' questa Rassegna, 1965, I, 6). Esattamente la Corte ha ritenuto la legittimit� 
dell'art. 15 c.p.p., che trova applicazione non soltanto in relazione all'art. 158 suddetto, 
ma in ogni ipotesi in cui sia richiesta l'autorizzazione a procedere, e pertanto 
anche in ipotesi previste dalla Costituzione e da leggi costituzionali (Cost., art. 68; 
legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 3). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 101 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Petrocelli. 

Procedimento penale -Diritto dell'esercente la patria potest� di 
costituirsi parte civile nell'interesse del minore -Violazione 
del principio dell'uguaglianza morale e giuridica dei genitori 
-Esclusione. 
(Cost., art. 29; e.e., artt. 316, 317 e 320; c.p.c., artt. 22, 23 e 91). 

Gli artt. 816, 817 e 820 del e.e. e 22, 28 e 91 del c.p.c., i quali attribuiscono 
il diritto di costituirsi parte civile nel procedimento penale, 
nell'interesse del minore, al genitore esercente la patria potest�, non 
ledono il principio della uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (1). 

(Omissis). -La Corte ritiene insussistente la lesione del principio 
della uguaglianza morale e giuridica dei coniugi nel caso denunziato 
.nell'ordinanza del Pretore. Il diritto di costituirsi parte civile nel procedimento 
penale nell'interesse del minore � attribuito nel vigente ordinamento 
al genitore esercente la patria potest� non da una particolare 

(1) La questione era stata sollevata con ordinanza del 10 giugno 1964, dal 
Pretore di Tricarico nel procedimento penale a carico di Evangelista Rocco ( Gazzetta 
Ufficiale, 12 settembre 1964, n. 225). Non vi era stata costituzione di parte 
nel giudizio. Nessun precedente in termine; cfr. peraltro la sentenza 22 febbraio 1964, 
n. 9, in questa Rassegna, 1964, n. 250, sulla titolarit� del diritto di querela in 
ipo.tesi analoga. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1116 

zione del sistema generale della rappresentanza dell'incapace, di cui 
la rappresent�nza in giudizio � una delle manifestazioni. L'esercizio 
dell'azione civile nel procedimento penale mediante la costituzione di 
parte civile, non ostante la sua particolare disciplina, in nulla differisce 

da una qualsiasi azione civile per risarcimento di danni; ed � ben noto 
che le ragioni del danneggiato dal reato possono essere esercitate 
anche autonomamente davanti al magistrato civile. Pertanto, nei confronti 
del minore incapace essa altro non � che una delle tante azioni 
norma limitatrice della posizione dell'altro coniuge, bens� in applicache 
nel suo interesse possono essere esercitate dal suo legittimo rappresentante. 
N� la posizione del coniuge non esercente la patria potest� 
subisce in questo caso una limitazione che possa dirsi diversa da quella 
che vi si verifica in ogni altra ipotesi di rappresentanza del minore. 

La Corte ritiene d'altra parte che non a proposito, nel giudizio di 
merito, nella istanza della difesa con cui si proponeva la questione, sia 
stata invocata la sentenza n. 9 del 1964. Con questa sentenza fu dichiarata 
la illegittimit� costituzionale degli artt. 573 e 574 del codice penale 
nella parte in cui limitavano il diritto di querela al solo genitore esercente 
la patria potest�; ma ci� avvenne per ragioni che se, in via generale, 
possono farsi rientrare nella tutela degli interessi dei minori, in 
realt� non sono identificabili con quelle che specificamente riguardano 
il sistema della rappresentanza degli interessi civili, e risalgono invece 
a quelle preminenti esigenze di interesse pubblico che si riassumono nel 
principio del favor querelae e in rapporto alle quali la disparit� fra i 
due coniugi non ha ragione di essere. 

Ritiene tuttavia la Corte che le questioni di legittimit� costituzionale 
che vengono in materia sollevate, a parte la loro fondatezza in 
ciascun caso, stiano a rivelare uno stato della pubblica coscienza assai 
sensibile al principio costituzionale dell'unit� familiare, per cui � da 
auspicare un organico intervento del legislatore. -(Omissis). 

., 


. 


. , 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 febbraio 1965, n. 220 -Pres. 
Torrente -Est. Modigliani -P.M. Pedote (conf.) Ministero P.I. (avv. 
Stato Colletta) c. Aversano {avv. Jaccarino) e c. Ente Autonomo del 
Porto di Napoli (avv. Tesauro). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa 
-Discriminazione -Criterio del � petitum formale � 

o prospett~zione -Insuffi�ienza. 
(l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E ", abolizione del contenzioso ammini11 


strativo, art. 2). 

Competenza e giurisdizione -Bellezze naturali -Sospensione dei 
lavori che pregiudichino lo stato attuale delle cose o delle 
localit� -Esercizio del potere da parte dell'Amministrazione 
pubblica -Affievolimento del diritto di propriet�. 

(l. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 8, secondo comma). 
Bellezze naturali -Poter� di sospensione dei lavori che pregiudichino 
lo stato attuale delle cose o delle localit� -Termine 
finale di esercizio. 

(I. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 8, secondo comma). 
Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e ammm1strativa 
-Ordine di demolizione di lavori eseguiti in zona 
compresa nel demanio marittimo -Annullamento da parte del 
Consiglio di Stato per mancanza del previo concerto con il 
Ministro della Marina Mercantile -Eccesso di potere giurisdizionale 
-Insussistenza. 

(l. 29 giugno 1939, n. 1497, artt. 10, secondo comma, 13). 
La discriminazione fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa 
non pu� essere compiuta avendo riguardo al c.d. petitum 
formale, ossia alla prospettazione della domanda che si dichiari esercitata 
a tutela di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, occorrendo 
aver riguardo, invece, alla reale natura della protezione accor<lata 


1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dall'ordinamento alla posizione soggettiva dedotta dal privato a fondamento 
della domanda (1). 

Il diritto di propriet� del privato � suscettibile di affievolimento con 
riguardo cdl'esercizio del potere della Pubblica Amministrazione di ordiriare 
la sospensione dei lavori capaci di recar pregiudizio allo stato 
esteriore delle cose e delle localit� soggette alla legge sulla protezione 
delle bellezze naturali (2). � 

Il potere d� sospension� dei lavori, di cui all'art. 8, secondo comma, 
fogge 29 giugno 1939, n. 1497, pu� essere esercitato finch� le opere non 
siano completate in tutte le loro parti, interne �d esterne, strutturali e 
complementari (3). 

Nell'annullare il provvedimento di demolizione dell'opera, intrapresa 
in zona compresa nell'ambito del Dema1'llio marittimo, in quanto emanato 
dal Ministro della Pubblica Istruzione senza il previo concerto con 
il Ministro della Marina Mercantile, il Consiglio di Stato non eccede 
dai lirniti della propria giurisdizione, in quanto non nega il potere dell'Amministrazione 
avente ad oggetto l'ordine di demolizione, ma rileva 

(1) Giurisprudenza costante. Si vedano, da ultimo, Cass., Sez. Un., 5 giugno 
1965, n. 1115, Foro it., 1965, I, 945; 20 febbraio 1965, n. �283; id.. Mass.. 71; 
14 ottobre 1.964, n. 2585, ibidem, 1965, I, 51; 14 aprile 1964, n. 894, in questa 
Rassegna, 1964, 849. 
(2) Conforme Cass., Sez. Un., 3 dicembre 1957, n. 4550, Foro it., 1958, I, 28 
e, implicitamente, Cass., Sez. Un., 13 luglio 1963, n. 1910, id., 1964, 'I, 141. 
(3) Con tale affermazione, gi� contenuta nella sentenza delle Sezioni Unite, 
13 luglio 1963, n. 1910, si � precisata una maggiore ampiezza del potere di sospensione 
spettante alla p.a. ai sensi dell'art. 8 della I. n. 1497 del 1939, rispetto all'orientamento 
della giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. VI, 6 giugno 1962, n. 468, 
Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1253; 6 giugno 1962, n. 469, Biv. giur. ed., 1962, I, 
882), secondo il quale il completamento della costruzione, nelle sole parti esterne, 
segna il limite al predetto potere. 
:I;; da notare per� che lo stesso Consiglio di Stato (Sez. VI, 16 dicembre 1952, 

n. 972, Foro amm., 1953, I, 3, 262) si era in precedenza pronunciato per l'inammissibilit� 
di una separata considerazione del compimento di singole parti della 
opera (nella specie la sospensione riguardava la costruzione di un muro, come tale 
gi� ultimato, inserito in un pi� ampio complesso di lavori), rilevando che l'art. 8, 
n. 2 della legge sulla protezione delle bellezze naturali ha riguardo alle opere da 
eseguire nel loro complesso e che, ad ammettere una possibilit� di distinzione fra 
singole parti dell'opera (distinzione che potrebbe rivelarsi sommamente difficile), 
si potrebbe giungere ad una. totale disapplicazione della norma. 
Tali considerazioni non sembrano 'superabili e, in aggiunta ad esse, si pu� 
soggiungere che l'interpretazione fatta propria dalla Corte Suprema non comporta 
neppure un sacrificio particolarmente gravoso della posizione del privato, giacch� 
questi, a termini dell'art. 10, primo comma, della legge, pu� ottenere il rimborso 
delle spese sostenute fino al momento della sospensione. Viene cos� realizzato 
un equo temperamento del suo interesse patrimoniale e dell'interesse alla tutela 
del patrimonio paesistico, assunto a ragione del conferimento del potere di sospensione 
e del correlativo potere di ordinare la demolizione delle opere. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1119 

la sussistenza di un vizio del procedimento di formazione di tale provvedimento, 
ossia una violazione di legge {4). 

(Omissis). -Con il primo mezzo si denunzia la violazione degli 
artt. 8, 9, 10, legge 29 giugno 1939, n. 1497; 26 r.d. 26 giugno 1924, in 
relazione agli artt. 111 Costituzione, 360, nn. 1 e 5, e 374 c.p.c. Sostiene 
il ricorrente che il Consiglio di Stato, avendo ritenuto che il potere di 
ordinare la sospensione dei lavori, riconosciuto dall'art. 8, n. 2 della 
legge sulla protezione delle bellezze n,aturali {I. 29 giugno 1939, n. 1497), 
sussiste soltanto se i lavori stessi non siano ultimati e che, nella specie, 
la costruzione poteva essere completata al momento in cui era stato 
emanato l'ordine di sospensione, avrebbe dovuto affermare che l'ordine 
medesimo, emanato in difetto del relativo potere, avrebbe inciso su 
diritti soggettivi perfetti, e non su interessi legittimi, e che pertanto esso 
Consiglio di Stato mancava di competenza giurisdizionale. Il ricorrente 
deduce, altres�, che non � possibile distinguere, ai fini dell'accertamento 
del :potere del Ministero di disporre la sospensione, tra costruzione compiuta 
nella parte muraria e costruzione non ancora completata nelle 
opere di rifinitura e che, pertanto, dovevasi ritenere, nella specie, esistente 
il potere di sospensione. Infine afferma �che, conseguentemente, 
il Consiglio di Stato avrebbe dovuto usare della propria giurisdizione 
sul modo di esercizio di quel potere, per sindacare eventuali vizi di 
incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, mentre il predetto 
Consesso si � avvalso della propria giurisdizione di annullamento in un 
caso di asserito difetto di potere, errando in rito, perch� avrebbe dovuto, 
da quella constatazione, dedurre il proprio difetto di giurisdizione, e 
in merito, in quanto ha annullato, non per incompetenza, eccesso di 
potere o violazione di legge, elementi che ne condizionano la giurisdizione, 
ma per difetto di potere, che � un elemento che la esclude. 

La doglianza � priva di fondamento. 

Innanzi tutto � d'uopo chiarire che la impugnata decisione, contrariamente 
a quanto lAmministrazione ricorrente imprecisamente assume, 
non ha annullato il provvedimento di sospensione dei lavori e 
non ha neppure affermato che il potere di emanare il detto pro.vvedimento 
sussiste solo se non siano state completate le strutture esterne 
della costruzione, ma si � limitata ad affermare che occorreva preventivamente 
accertare se concorressero gli estremi della situazione di fatto 
esposta dall'attore, senza per altro spiegare le ragioni per le quali ha 
ritenuto rilevante la disposta istruttoria. 

Ci� precisato, in ordine alla questione di giurisdizione prospettata 
col dcorso, si osserva che, come � ormai principio pacifico, s� da costi


.{4) Nei precisi termini cfr. la gi� ricordata sentenza n. 1910 del 1963. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1120 

tuire ius receptum (cfr., tra le altre, le sentenze di queste Sezioni Unite 
nn. 179 del 1963, 1530 del 1962 e 2731 e 1530 del 1961), il criterio 

I 

distintivo della giurisdizione ordinaria da quella amministrativa va desunto, 
non gi� dal petitum formale, e cio� dalla formulazione conclusiva 
della domanda, ma dal petitum sostanziale, ossia dalla reale natura della 

I protezione accordata dall'ordinamento giuridico alla posizione soggettiva 
dedotta dal privato. a fondamento della sua pretesa. Perci� non 
basta, per escludere la giurisdizione amministrativa ed affermare quella 
ordinaria, che il privato sostenga di essere stato leso in un diritto soggettivo 
dall'atto amministrativo, ma occorre che il preteso diritto soggettivo, 
di cui si lamenta la violazione, sia effettivamente conf�gurabile 
alla stregua dell'ordinamento giuridico; occorre cio� che l'ordinamento 
contenga una norma, che attribuisca alla posizione soggettiva dedotta 
in giudizio dal privato una prot�zione diretta e immediata, con l'esdusione 
di qualsiasi potere discrezionale della pubblica Amministrazione 
di incidere in qualche modo, eliminandola o modif�candola, su tale 
posizione. 

In aderenza a tale principio, nel caso in esame, per affermare la 
giurisdizione ordinaria o quella amministrativa, non � sufficiente rilevare 
che l'attore ha lamentato la lesione di un diritto soggettivo e, all'uopo, 
ha sostenuto che, essendo la costruzione gi� completata nelle strutture 
esterne, il potere di ordinare la sospensione dei lavori era stato esercitato 
dal Ministero della Pubblica Istruzione al di fuori'dei limiti che 
ne consentono I'ese:t'cizio, ma occorre accertare se la situazione allegata 
dall'attore sia effettivamente tale da implicare la inesistenza, in radice, 
di quel potere e la carenza di presupposti che de iure ne condizionino 

o ne limitino lesercizio in funzione della tutela di diritti soggettivi. 
Ci� premesso, si osserva che, in virt� della legge 29 giugno 1939, 
n. 1497 sulla protezione delle bellezze naturali, possono imporsi a carico 
del diritto di propriet� delle limitazioni di natura amministrativa, con 
la conseguente costituzione di un vincolo reale sui beni, e cio� con la 
restrizione del potere di utilizzarne e di disposizione di essi. Detto vincolo 
ha, come � noto, la funzione di impedire che agli stessi beni siano 
apportate modif�cazioni in pregiudizio del particolare interesse pubblico 
tutelato. 
In particolare, ai sensi dell'art. 8 della citata legge 1947 del 1939, 

il Ministero dell'educazione nazionale (ora della pubblica istruzione), con 
un provvedimento di natura cautelare, pu� inibire i lavori anche su beni 
non precedentemente vincolati (salvo per� il parere dell'apposita Commissione 
provinciale, da richiedere a pena di decadenza del provvedimento 
entro tre mesi). Orbene, avuto riguardo alle disposizioni della 
menzionata legge, le quali, in relazione al vincolo imposto e nei limiti 
di esso, attribuiscono alla pubblica Amministrazione il potere di affie


� 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1121 

volire il diritto di propriet�, degradandolo a interesse legittimo, si deve 
escludere che la emanazione del provvedimento, relativo alla sospensione 
.delle opere ohe ledono le bellezze panoramiche, costituisca l' esercizio 
di un potere inesistente e venga a incidere su un diritto non 
suscettibile di essere degradato a interesse legittimo. 

N� la mancanza del potere della pubblica Amministrazione di emanare 
il provvedimento in discussione e la lesione di un diritto soggettivo 
perfetto sono, nel caso in esame, configurabili per la ragione che il 
dedotto completamento dell'opera nelle strutture esterne avrebbe costituito 
un limite ali' esercizio di quel potere. 

Infatti, come giustamente sostiene la stessa Amministrazione ricorrente 
e queste Sezioni Unite hanno gi� avuto occasione di precisare 
(dr. la sentenza n. 1910 del 1963), il momento finale per l'esercizio del 
potere, conferito dalla citata norma alla pubblica Amministrazione, di 
sospendere le opere che ledono le bellezze naturaili, � non gi� quello 
del compimento delle loro strutture esterne, ma quello del completamento 
delle predette opere in tutte le parti, esterne e interne, strutturali 
e complementari. Ond'� che la mancanza del potere della pubblica Amministrazione 
di emanare il detto provvedimento non � configurabile 
neppure sotto il profilo che possa ravvisarsi l'inosservanza di un limite, 
stabilito dalla legge ai fini della tutela di un diritto soggettivo. 

Conseguentemente, alla stregua dei principi dinanzi ricordati, si 
deve riconoscere che della impugnazione del provvedimento di sospensione 
in oggetto non poteva conoscere che il giudice amministrativo. 

Emerge da quando si � esposto che il primo mezzo deve essere 
rigettato. 

Con il secondo mezzo il ricorrente denunzia la violazione degli 
artt. 10 e 13, legge 29 giugno 1939, n. 1497; I. 26 giugno 1924, n. 1054, in 
relazione agli artt. 111 Costituzione, 360, nn. 1 e 5, e 374 c.p.c. In 
proposito, premesso che il concerto delle varie Amministrazioni, previsto 
dall'art. 13 della legge n. 1497 del 1939, si riferisce ai soli provvedimenti 
di sottoposizione a vincoli e non anche a quelli che ne costituiscono 
l'esecuzione, onde il Ministero della pubblica Istruzione era competente 
a ordinare la demolizione dello stabile in controversia, anche 
senza il concerto con il Ministero della marina mercantile, il ricorrente. 
sostiene che il Consiglio di Stato, decidendo diversamente non ha errato 
in un giudizio di competenza, ma ha negato, eccedendo i limiti della 
propri� giurisdizione, che nel Ministero sussistesse il potere che esso 
aveva esercitato e che la legge gli attribuisce. 

Anche tale censura � priva di fondamento. 
Va, infatti, precisato che il Consiglio di Stato non ha negato il 
potere, attribuito dalla legge al Ministero della pubblica Istruzione, di 
emanare l'ordine di demolizione dell'immobile in controversia, ma ha 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1122 

rilevato un vizio nel procedimento di formazione del detto provvedimento 
di demolizione {per essere stato esso emanato senza previo concerto 
con il Ministero della marina mercantile), ossia la sussistenza di 
una violazione di legge. Stabilito ci�, non pu� essere con fondamento 

contestato che il Consiglio di Stato si sia mantenuto nei limiti della sua 
competenza giurisdizionale, essendo prindpio pacif�.co che, quando la 
controversia ha per oggetto un preteso scorretto esercizio del potere, 
riconosciuto alla pubblica Amministrazione, di agire. sul diritto soggettivo 
del privato, affievolendolo, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 aprile 1965, n. 666 -Pres. Lonardo 
-Est. Salemi -P.M. Di Maj� (conci. conf.) -Soc. C.A.P.


S.E.F.I. (avv. Fragola) c. Mazwrella (avv. Salvia) nonch� Comune 
di Napoli (n.c.). � 
Giustizia amministrativa -Obbligo della p.a. di conformarsi al 
giudicato -Inosservanza -Poteri del Consiglio di Stato Ordine 
al Prefetto di nominare un Commissario -Fattispecie. 

(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 27, n. 4). � 
Corte Costituzionale -Giudizio di legittimit� costituzionale Interpretazione 
di norma -Eccezione di illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 32).. 
Cassazione -Ricorso ex art. 362 c.p.c. -� Error in judicando � Questione 
di giurisdizione -Esclusione. 

(c.p.c., art. 362, primo comma). 

Rientra nelfambito dei poteri spettanti al Consiglio di Stato, adito 
ai sensi dell'art. 27, n. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, rordine impartito 
al prefetto di .nominare un commissario affinch� esegua concretamente 
il giudicato con il quale � stata annullata una licenza edilizia: 
spetter�, poi, al commissario adottare le opportune misure per eliminare 
la situazione antigiuridica, verificatasi per effetto della costruzione 
illegittimamente autorizzata, valutando le modalit� tecniche con cui 
detta costruzione dovr� essere ricondotta entro i limiti delle prescrizioni 
del regola,,;,,ento edilizio, ed eventualmente anche provocando i 
pareri tecnici del caso (l). 


:~ 
~, 

(1) Nel senso che il Consiglio di Stato pu� ordinare al prefetto di nominare ~!3; 
- 
un commissario, con poteri sostitutivi, per l'ipotesi che la p.a. non provveda alla � 
demolizione di = fabbrioato 0<>filruito � .,gulto di !ice= edilizi� dicllla<"� ille


. 
. -I 


WJ=W%5.1'0WBtW%.iffiWWWttMfill(~---�4fd%fWffff.$:{ci[@Wifil'fff.$1fil.'1;;%f.V?T$ff.'jf'. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1123 

Non si pone questione di costituzionalit� della norma, allorquando 
la relativa eccezione non investe la norma stessa ma la inesatta interpretazione 
che si assume esserne stata data dagli organi giurisdizionali 
(2). 

L'eventuale errore di interpretazione di una norma da parte del 
Consiglio di Stato non � censurabile in sede di ricorso ex art. 362 c.p.c., 
trattandosi di motivo che non attiene alla giurisdizione (3). 

(Omissis). -La ricorrente sostiene che il Consiglio di Stato avrebbe 
invaso la sfera dell'attivit� discrezionale dell'Amministrazione, in quanto 
soltanto il sindaco, con provvedimento discrezionale, avrebbe potuto 
disporre la demolizione, ex art. 32 della legge urbanistica (approvata 
con I. 17 agosto 1942, n. 1150), spettando al giudice amministrativo, 
nella competenza, di merito, riconosciutagli dall'art. 7, n. 4, del t.u. delle 
leggi sul Consiglio di Stato, soltanto il potere cc ordinatorio, incitatorio 
di stimolo �, all'autorit� che deve provvedere, ed, al massimo, nei casi 
pi� gravi, quello sosti tutorio di �spingere lAmministrazione, mediante 
la nomina di un commissario, ad eseguire il giudicato; in nessun caso 
potrebbe esser consentito al Consiglio di Stato (come tale organo giurisdizionale 
si sarebbe arbitrato di fare, nella specie, innovando la propria 
giurisprudenza),. di adottare il provvedimento che avrebbe dovuto 
discrezionalmente adottare il sindaco, o il commissario prefettizio, cio� 
disporre, in attuazione del giudicato, la demolizione di edificio costruito 
senza licenza, od in base ad una licenza successivamente annullata; 
siffatto potere viene esercitato dal sindaco, ~ell'ambito di una sia �pur 
circoscritta discrezionalit�, poich�, in luogo della demolizione, possono 
adottarsi altri provvedimenti. 

D'altra parte, aggiunge la ricorrente, per costante giurisprudenza, 
del Consiglio di Stato e della Cassazione, le fol'me ed i modi di esecu


gittima, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 novembre 1964, n. 1447, Foro amm., 1964, I, 
2, 1295, e Cons. Stato, Se:t. VI, 27 novembre 1963, n. 878, Giust. civ., Rep., 1963, 
voce: Giust. amministrativa, 361. 

Circa i limiti del ricorso ex art. 27, n. 4, cfr., di� recente, A.LmRANDr, Giudizio 
di ottemperanza e motivazione della decisione, in questa Rassegna, 1965, I, 349, 
con indicazioni di dottrina e giurisprudenza. 

(2) Nello stesso senso cfr. Cass., 28 novembre 1964, n. 2842, Giust. civ., 1965, 
I, 493. Per� un diverso orientamento cfr., invece, Cass., ord. 4 aprile 1963, ivi, 
1963, II, 137. 
La Corte Costituzionale pi� di una volta ha reso il proprio giudizio di legittimit� 
su una data interpl'etazione di norma: cfr. Corte Cost., 27 maggio 1961, 

n. 26, Giust. civ., 1961, III, 109, e Corte Cost., 1� febbraio 1964, n. 1, ivi, 
1964, III, 69. 
(3) Giurisprudenza costante: cfr. Cass., 28 luglio 1964, n. 2124, in questa 
Rassegna, 1965, I, 42; Cass., 30 dicembre 1963, n. 3246, ivi, 1964, I, 37; Cass., 
29 marzo 1963, n. 719, Giust. civ., Mass., 1963, 367. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1124 

zione del giudicato amministrativo sono discrezionali, sino a compren


dere la facolt� di rinnovazione, da parte dell'Amministrazione, dell'atto 
annullato. 

Nella specie, il Consiglio di Stato, manifestamente incorrendo, secondo 
la societ� C.A.P.-S.E.F.I., nel vizio di eccesso giurisdizionale, 
avrebbe ritenuto, con la decisione impugnata, che, annullata la licenza 
edilizia, unico provvedimento possibile fosse quello della demolizione, 
totale o parziale, e, cos� statuendo, avrebbe invaso la sfera dell'attivit� 
amministrativa, riguardo alle modalit� di esecuzione del giudicato, 
falsamente applicando la norma dell'art. 7, n. 4, che suppone l'esistenza 
di un giudicato, non sulla violazione di legge, bens� sugli ulteriori provvedimenti, 
posteriori all'annullamento disposto. 

Anche ammesso, per ipotesi ed in subordine, che il potere � sostitutorio 
� del Consiglio di Stato si spingesse sino al punto di adottare il 
provvedimento " al posto � dell'Amministrazione, il Consiglio medesimo 
non potrebbe mai, secondo la ricorrente, sostituire il proprio giudizio 
all'apprezzamento tecnico dell'Amministrazione, poich� la prospettazione 
delle soluzioni tecniche non pu� non competere a.d organi tecnici, 
salvo alla pubblica Amministrazione il potere di scelta. 

La competenza di merito, ex a�rt. 27, n. 4, troverebbe un limite nei 
provvedimenti di dis.crezionalit� tecnica, e non �potrebbe ammettersi 
che il Consiglio di Stato disponga la demolizione di un edificio, trat


I

tandosi di operazione soggetta a criteri tecnici insostituibili, particolarmente 
nell'ipotesi di demolizione parziale. N�, d'altra parte, nella specie, 
il commissario � stato delegato all'esecuzione del giudicato nei modi 
tecnicamente possibili e, sentiti i parnri di appositi uffici, ma gli � stata 
imposta un'attivit� vincolata. 

I 

Il ricorso non ha fondamento. 
Deve, anzitutto, disattendersi l'eccezione d'inammissibilit� del ricorso 
proposta dal resistente, in quanto: 

a) non esisterebbe una societ� C.A.P.-S.E.F.I., rnppresentata dall'ingegnere 
Francesco De Conciliis, bens� soltanto una societ� C.A.P., 
e, poi, una societ� S.E.F.I.; 

b) la societ� C.A.P.-S.E.F.I. difetterebbe di legittimazione attiva, 
non potendosi fa destinataria della licenza (poi annullata) considerare 
parte nel giudizio di ottemperanza svoltosi davanti al Consiglio di 
Stato, nulla rilevando che detta societ� si sia in tal sede irritualmente 
costituita, con comparsa di intervento. 

Ai fini di determinare quali siano i soggetti legittimati ad impugnare 
la decisione del Consiglio di Stato (adottata sul ricorso giurisdizionale 
del Mazzarella, inteso ad ottenere, ex art. 7, n. 4, del t.u. sul 
Consiglio di Stato, l'adempimento dell'obbligo, da parte del Comune 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1125 

di Napoli, di conformarsi al giudicato amministrativo di annullamento 
della licenza edilizia), va osservato che, nel procedimento amministrativo 
conclusosi con la decisione investita col presente ricorso, il contraddittorio 
si svolse, oltre che tra il privato (Mazzarella) interessato all'adempimento, 
da parte dell'Amministrazione, del precedente giudicato, e 
l'Amministrazione medesima {Comune di Napoli) anche nei confronti 
della societ� C.A.P.-S.E.F.I., che, intervenuta in giudizio, legittimamente 
vi partecip� e fu espressamente considerata parte, con la sentenza 
ora impugnata. Invero, non soltanto in tale sentenza, si d� atto dell'intervento 
della societ� S.E.F.1. (societ� edilizia finanziaria italiana) e 
delle sue conclusioni di merito (in quanto essa era stata parte nel pre-� 
cedente giudizio concluso col giudicato da eseguire), ma le statuizioni . 
della sentenza direttamente investono l'interveniente, con la condanna 
alla spesa, pronunciata nei confronti della S.E.F.I., come parte soccombente, 
oltre che nei confronti dell'Amministrazione. 

Pertanto, � indubbio che la societ� C.A.P.-S.E.F.I. avendo partecipato 
al procedimento conclusosi con la decisione in questione, sia 
legittimata alla relativa impugnazione. 

Per quanto riguarda, poi, lesatta individuazione dell'ente che ha 
proposto il ricorso, va osservato che, gi� con la sentenza 18 luglio 1961, 

n. 1746, di queste Sezioni Unite, si dette atto che alla societ� C.A.P. 
era � succeduta � la societ� S.E.F.I. per la costruzione del complesso 
edilizio che ha dato origine alla presente controversia (ed anche il 
Consiglio di Stato, con la precedente decisione n. 189 dell'anno 1960, 
aveva ritenuto che la S.E.F.I. era �avente causa� dell'impresa C.A.P.); 
inoltre, risulta, dalla predetta sentenza, che la societ� costruttrice era 
rappresentata dall'ing. Francesco De Conciliis (in qualit� di amministratore 
unico), cio� dalla medesima persona fisica �che ha proposto il 
presente ricorso, quale legale rappresentante della societ� C.A.P.-S.E.F.I. 
Nel giudizio di ottemperanza, intervenne, come si � detto, la 
societ� S.E.F.I. e, non si contest� che si trattasse dello stesso soggetto, 
nei cui confronti aveva avuto luogo il procedimento conclusosi col 
giudicato amministrativo. 

Non sussistono elementi per ritenere che la denominazione (C.A.P.S.
E.F.1.), usata per indicare l'ente ricorrente, si riferisca a soggetto 
diverso dall'impresa C.A.P., cui succedette la societ� S.E.F.1. (Societ� 
Edilizia Finanziaria Italiana), che ha partecipato alle precedenti fasi 
del giudizio; pertanto, dovendo escludersi che risulti incerto il soggetto 
che ha proposto la presente impugnazione, deve rigettarsi l'eccezione 
circa la legittima,zione attiva, sollevata dalla parte resistente anche 
sotto tale profilo. 

Nel merito del ricorso, osserva che il Consiglio di Stato, con la 
decisione n. 189 del 26 marzo 1960, annu�� la licenza edilizia {in base 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1126 

alla quale � stata effettuata la costruzione in questione), sul presupposto 
della sua illegittimit�, in quanto l'amministrazione non aveva 
tenuto conto delle particolari prescrizioni, circa i volumi, le altezze e 
le lunghezze, contenute nelle norme dell'appendice del regolamento 

edilizio di Napoli. 

Con la decisione emessa nel giudizio di ottemperanza e che � stata 
investita col presente ricorso, il Supremo Consesso amministrativo, accogliendo 
l'istanza del Mazzarella, ha invitato il prefetto di Napoli a 
nominare un commissario, affinch� provveda a far eseguire immediatamente 
il giudicato, � come � prescritto nella parte motiva �. In tale 
parte della decisione, si � affermato che il nominando commissario 
� adotter� tutte le opportune disposizioni per ricondurre la situazione 
nell'ambito della disciplina edilizia �. 

Va senz'altro escluso che sussista il denunziato difetto assoluto di 
giurisdizione. 

Com'� noto e come � stato gi� affermato da questo ultimo Collegio 
(vedi, ad es., sent. n. 535 dell'anno 1959), il ricorso al Consiglio 
di Stato, proposto ai sensi delrart. 27, n. 4, t.u. del 1924, in caso di 
mancata esecuzione di giudicato amministrativo, � inteso ad ottenere, 
direttamente dall'organo giurisdizionale, un provvedimento che si sosti


I

tuisca, per la esecuzione del giudicato, all'amministrazione rimasta 

~,~

inerte. 

~ 

Siffatto ricorso si estende, invero, al merito, e ci� importa che il 
potere attribuito dalla norma citata al Consiglio di Stato non si esau-� 

I

risce nel potere � ordinario, incitatorio, di stimolo�, secondo quanto 
si sostiene dalla societ� ricorrente, ma che detto organo giurisdizionale 

I

amministrativo pu� anche sostituire, con la propria decisione, l'atto 
dovuto, cio� l'atto cui l'amministrazione era tenuta per effetto del 

I

giudicato. 

Diversi sono, naturalmente, a seconda dei casi, i modi di esercizio 
dei poteri sostitutori spettanti alla predetta giurisdizione amministra


I tiva, la quale, ad esempio, pu� limitarsi a dichiarare l'obbligo dell'amministrazione 
di adottare il provvedimento (specificandone il contenuto 
concreto) entro un termine stabilito ed ordinare all'autorit� 
competente di nominare un commissario affinch� provveda in luogo 
dell'amministrazione, ovvero anche adottare direttamente i provvedimenti 
necessari per dare integrale applicazione al giudicato. 

Quest'ultimo potere sussiste, come esattamente ha posto in rilievo 
lo stesso Consiglio di Stato in precedenti decisioni, quando l'amministrazione 
sia tenuta a porre in essere un atto non discrezionale, del 
quale risultino accertati tutti i presupposti. 

Orbene, nella specie, essendo stata annullata, con il giudicato 
amministrativo 26 marzo 1960, n. 189, l'autorizzazione edilizia concessa 

. -J 

�: 



PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1127 

dal Comune di Napoli alla societ� C.A.P. per la costruzione che ha 
dato origine alla presente controversia (annullamento intervenuto per 
faccertata violazione delle norme di tutela urbanistica contenute nell'�11ppendice 
del regolamento edilizio), discende che la costruzione 
medesima debba essere adeguata alle norme del regolamento edilizio, 
essendo questo il contenuto dei provvedimenti necessariamente conseguenti 
all'annullamento dell'autorizzazione, per le violazioni predette. 

Pertanto, indubbiamente rientra nell'ambito dei poteri spettanti 
all'organo giurisdizionale l'ordine impartito al prefetto, con la decisione 
impugnata, di nominare un commissario ad hoc e, precisamente, 
affinch� esegua concretamente il giudicato, adottando le opportune 
disposizioni, per eliminare la situazione riconosciuta e dichiarata illegittima, 
punto, quest'ultimo, sul quale non pu� sorgere pi� discussione, 
per effetto del giudicato. 

Rester�, naturalmente, al commissario, neirattivit� commessagli 
per eliminare detta situazione antigiuridica, la valutazione delle modalit� 
tecniche, con cui la costruzione in questione dovr� essere ricondotta 
entro i limiti delle prescrizioni del regolamento edilizio. A questo 
specifico fine, cio� per determinare. le concrete modalit� di esecuzione 
dell'adempimento obbligato del giudicato amministrativo, non � inibito 
al commissario di sentire i pareri tecnici del caso (come �, del resto 
riconosciuto anche dalla parte resistente Mazzarella), trattandosi,. appunto, 
di discrezionalit� tecnica, spettante all'amministrazione. 

Il riconoscimento di siffatta facolt� al commissario, nei limitati 
termini di cui sopra, � fatta palese dalla stessa dizione usata, con la 
decisione impugnata, nella quale si accenna a � opportune� disposizioni, 
da adottarsi dal commissario. 

Cos� interpretata e determinata la portata della decisione del Consiglio 
di Stato, � evidente che questo non ha travalicato i confini tracciati, 
dalla legge, alla sua attivit� e non ha affatto invaso la sfera di 
attribuzione propria dell'amministrazione attiva, non incorrendo nel 
difetto di giurisdizione, come infondatamente si assume dalla societ� 
ricorrente, in base ad un'interpretazione restrittiva del campo di applicazione 
della norma dell'art. 27, n. 4, del t.u. sul Consiglio di Stato, 
interpretazione non accolta dalla giurispru.denza di questo Supremo 
Collegio e non condivisa .dalla pi� recente ed autorevole dottrina. 

Quanto alla pretesa questione di incostituzionalit�, sollevata dalla 
societ� ricorrente con la memoria, � appena il caso di osservare che 
non si eccepisce Yincostituzionalit� della no:rma dell'art. 32 della legge 
urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, ma si investe l'interpretazione che 
ne � stata data dal Consiglio di Stato col ritenere che, in caso di annullamento 
giurisdizionale di autorizzazione edilizia illegittima, non possano 
trovare applicazione le facolt� in detta norma previste, in quanto 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1128 

l'esecuzione del giudicato esclude ogni margine di discrezionalit� .-:$ 

"'"' 
amministrativa. 
Siffatta interpretazione viene a � creare�, secondo la ricorrente, 

, 
una norma incostituzionale. � evidente che-l'eccezione non investe 
la norma, ma la inesatta interpretazione che ne sarebbe stata data 
(riguardo al campo di applicazio~e), dagli organi giurisdizionali, cui 
questa 
� riservata; pertanto non si pone questione di costituzionalit� 
della norma. 
Deve aggiungersi che, anche se il Consiglio di Stato, nel concreto 
esercizio dei poteri sostitutori, attribuitogli dalla legge (art. 27, n. 4, 
citato), si fosse basato, per mera ipotesi, su di una inesatta interpretazione 
della portata ��el citato art. 32 della legge urbanistica, tale 
preteso errore di giudizio, senza che sussista, come si � detto, eccesso 
di potere giurisdizionale, non pu� formare oggetto di ricorso in questa 
sede, potendo le decisioni del Consiglio di Stato essere impugnate, 
davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, soltanto per 
motivi inerenti alla giurisdizione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 giugno 1965, n. 1118 -Pres. 
Torrente -Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Di Bari (avv. 
Signorino) c. Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato 
Bronzini). 

Competenza e giurisdizione -Concessionario di autolinee tenuto 
al trasporto di effetti postali e di � dispacci speciali � -Qualit� I 
di agente contabile -Smarrimento di dispacci speciali -I' 
Domanda di risarcimento del danno proposta dall'Ammini-,~ 
strazione � Giurisdizione ordinaria -Esclusione � Giurisdi-,~ 
zione della Corte dei Conti. 

(1. 8 gennaio 1952, n. 53, artt. 1 e 4; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 44; 
r.d. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 81; r.d. 28 maggio 1924, n. 827, art. 178). 
Il concessionario di linee automobilistiche in servizio pubblico, 
tenuto al trasporto, non solo degli effetti postali di pertinenza dei privati, 
ma anche dei � dispacci speciali � contenenti sovvenzioni e versamenti, 
in titoli o in numerario, a favore degli uffici periferici del


r Amministrazione delle poste e telecomun~cazioni, assume, come consegnatario 
di titoli e di denaro delr Amministrazione, la qualit� di agente 
contabile. Il Giudice ordinario difetta quine# di giurisdizione a cono~ 
scere della domanda con la quale l'Amministrazione pretenda dal concessionario 
il risarcimento del danno conseguente alla perdita dei valori 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1129 

contenuti nei dispacci speciali smarriti, essendo tale questione devoluta 
alla giurisdizior:e della Corte dei Conti (1). 

(Omissis). -Si propone all'esame della Corte, con il regolamento 
preventivo di giurisdizione chiesto dal Di Bari, il problema se l'accollatario 
del servizio di trasporto degli effetti postali, e cos� pure il conconcessionario 
delle linee automobilistiche in servizio {nel Di Bari si 
riassumono le due qualifiche) che, in forza della legge 8 gennaio 1952, 

n. 53 e della relativa cartella d'oneri, sono tenuti al trasporto non solo 
degli effetti postali di pertinenza degli utenti privati, ma anche dei 
cosiddetti cc dispacci speciali � contenenti sovvenzioni e versamenti in 
titoli o in numerario effettuati dall'Amministrazione P. e T. a favore degli 
uffici postaili periferici, s�no consegnatari di titoli e di danaro di pertinenza 
dell'Amministrazione P. e T. e sono, come tali, soggetti alla 
giurisdizione della Corte dei Conti che giudica, in via esclusiva, della 
responsabilit� dei predetti consegnatari. � 
La risposta � affermativa, come �queste Sezioni Unite hanno gi� 
avuto occasione di pronunciare in una recentissima sentenza (Cass., 
5 marzo 1965, n. 371). 

Gi� la giurisprudenza della Corte dei Conti � s�empre stata ferma 
nel ritenere che i concessionari, in quanto divengano consegnatari di 
valori ad essi affidati dall'Amministrazione, perch� ne effettuino il trasporto 
-con i conseguenziali obblighi di custodirli -agli uffici destinatari, 
assumono la condizione giuridica di agenti �contabili � la dottrina, 
per la quale la qualifica di �agenti contabili � comprende tutti i magaz


(1) In altra fattispecie decisa in senso conforme con sentenza Sez. Un., 5 marzo 
1965, n. 371, l'Amministrazione si era avvalsa del pot.ere conferitole all'art. 7 della 
cartella d'oneri approvata con d.p. 9 aprile 1953, n. 562 trattenendo sull'ammontare 
del canone dovuto al concessionario, una somma pari ai valori contenuti nel dispaccio 
speciale smarrito, laddove sulla sentenza in nota, essa aveva adito il giudice ordinario 
con azione di risarcimento mentre, contemporaneamente, il procuratore generale 
presso la Corte dei Conti promuoveva il giudizio di responsabilit�. 
L'Avvocatura ha, ovviamente, aderito al regolament9 di giurisdizione proposto 
dal concessionario. 

Le due sentenze sono conformi alla giurisprudenza costante della Corte dei 
Conti (da ultimo, decisione 3 giugno 1961, Foro amm., 1961, III, 120) ed all'unico 
ormai lontano precedente del Supremo Collegio (Cass., 19 dicembre 1930, n. 3633, 
Mont. trib., 1931, 138), richiamato nelle motivazioni. 

E tuttavia da notare che la III Sezione della Cassazione decise, con sentenza 
11 settembre 1963, n. 2474 (Foro it., 1964, I, 322) una fattispecie identica, senza 
rilevare la questione di giurisdizione ed omettendo di rimettere la pronuncia alle 
Sezioni Unite. 

Per la dottrina, con riferimento all'ampia nozione di agente contabile, cfr. per 
tutti ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1954, II, 340. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ll.30 
zinieri o consegnatari di valori, siano essi funzionari o dipendenti della 
Amministrazione, oppure enti o privati concessionari di qualsiasi servizio 
pubblico che comporti, .comunque, il maneggio o la custodia 
di pubblico danaro o di valori, generi od oggetti appartenenti alla 
pubblica Amministrazione. 

Sull'argomento, del resto, si erano pronunciate queste Sezioni Unite, 
prima della recentissima sentenza, sin dal remoto 1930 (n� l'occasione 
per un diverso o contrario indirizzo si � mai presentato nell'intervallo 
di tempo), allorch� ebbero ad affermare che l'assuntore del servizio di 
trasporto della corrispondenza, dei pacchi e dei valori per conto del1'
Amministrazione postale ha qualit� di agente contabile, ai sensi e per 
gli effetti dell'art. 178 del regolamento 23 maggio 1924, n. 827, nonch� 

. di pubblico ufficiale ai fini d~a giurisdizione della Corte dei Conti per 
l'accertamento della responsabilit� nel caso di perdita di cose o valori 
(Cass., Sez. Un., 19 dicembre 19'30, n. 3633). Si precis� in quella sentenza 
che la qualit� di agente contabile dell'assuntore del servizio di trasporto 
della corrispondenza; dei pacchi e dei valori, per conto dehl'Amministrazione 
postale (e lo stesso criterio vale stante l' eadem ratio, anche per 
il concessionario delle linee automobilistiche in servizio pubblico, che, 
in forza della cartella d'oneri sia tenuto al. trasporto di u dispacci speciali 
� contenenti sovvenzioni o versamenti in titoli o in numerario 
effettuati dalla sede nazionale o provinciale dell'Amministrazione a 
favore degli uffici postali periferici) si desume dall'art. 178 del Regol. 
3 maggio 1924, n. 827, della legge sull'amministrazione e contabilit� 
generale dello Stato, che riproduce l'art. 2IYl del Reg. 4 maggio 1885, 
ove � statuito che deve considerarsi agente contabile chiunque abbia 
maneggio di pubblico danaro, o abbia in consegna generi, oggetti e 
materie appartenenti allo Stato. La qualit� di pubblico ufficiale di tale 
agente deriva poi dalla natura del servizio, cui provvede. Donde la conseguenza, 
ai sensi dell'art. 81, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, riproducente 
l'art. 67 r.d. 17 febbraio 1884, n. 2016, della giurisdizione della 
Corte dei Conti a pronunciare sUJl giudizio di responsabilit� promosso 
contro di lui per la mancanza dei valori affidatigli, verificatasi per sua 
negligenza. � 

N� varrebbe opporre che i cc dispacci speciali� non contengano 
necessariamente somme di danaro o valori appartenenti alla P.A., ma 
possono contenere effetti di natura completamente diversa, anche appartenenti 
a privati e di nessun valore; oppure che il concessionario � 
all'oscuro del contenuto dei dispacci, sicch� non potrebbe ipotizzarsi 
una responsabilit� contabile, che presuppone l'affidamento dei beni 
dello Stato mediante apposito inventario; ovvero che non sussiste maneggio 
di pubblico danaro, da intendersi non come mera detenzione di 
danaro o valori appartenenti allo .Stato, ma come effettiva disponibilit� 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1131 

degli stessi; e nemmeno varrebbe opporre che i concessionari delle autolinee 
assumono l'obbligazione principale di trasportare e di riconsegnare 
gli effetti postali ricevuti, e, soltanto in via secondaria ed accessoria, 
quella della custodia degli oggetti stessi. 

Queste che sono le normali obiezioni, che di regola si oppongono 
alla tesi che qui viene accolta, non sono senza confutazione e non sono 
valide a porre jn contestazione la giurisdizione contabile della Corte 
dei Conti. 

Innanzi tutto, indipendentemente dalla drcostanza che le particolari 
forme dell'inventario previste dagli artt. 23 e 24 del Regolamento 
di contabilit� generale detllo Stato sono dirette a garantire il preminente 
interesse dell'Amministrazione, dette forme si riferiscano a quei beni 
mobili che sono indicati nell'art. 20, lett. a) e b) dello stesso regolamento 
{mobili ,ed oggetti destinati: all'arredamento degli uffici pubblici 

o alla difesa dello Stato), mentre nessuna particolare formalit� o contenuto 
� previsto per l'inventario di tutti gli altri beni dello Stato. Ne 
consegue che qualsiasi documento comprovante l'avvenuta consegna 
di valori � sufficiente ad instaurarn un rapporto obbligatorio di custodia, 
che lega il consegnatario alla P.A., e lo sottopone alla conseguenziaile 
responsabilit� contabile. Non va trascurato che per l'art. 5 della cartella 
d'oneri, approvata con d.P.R. 5 aprile 1953, n. 562, i a dispacci speciali �, 
che i diversi uffici dell'Amministrazione P. e T. si trasmettono per le 
esigenze dei propri servizi devono essere custoditi dal concessionario 
con particolare diligenza in appositi ripostigli chiusi a chiave situati 
sull'autovettura, mentre ai sensi del successivo art. 7 della stessa cartella 
d'oneri, detti concessionari sono responsabili verso l' Amminstrazione 
P. e T., salvo il caso di forza maggiore, per la perdita� dei dispacci in 
relazione all'intero valore in essi contenuto. 
N� � esatto che la responsabilit� contabile presupponga, in ogni 
caso, che l'agente abbia iJ maneggio del pubblico danaro, mediante 
l'effettiva disponibilit� dello stesso, perch� siffatto presupposto si riferisce, 
in particolare, agli agenti che hanno la gestione del danaro, mentre 
si ha ag�ente contabile, ai sensi e per gli effetti dell'art. 178 del citato 
Regolamento del 19�24 a:nche nel caso di consegnatari di generi, oggetti 
e materie appartenenti allo Stato, tra i quali sono coloro che hanno 
esclusivamente l'obbligo di custodire i beni appartenenti alla P.A., per 
trasportarli e consegnarli a destinazione. La responsabilit� di tali agenti, 
sebbene non legati all'amministrazione da un rapporto di pubblico 
impiego, ma di semplice concessione, appartiene alla giurisdizione della 
Corte dei Conti, sia per il citato art. 178, lett. e) del regolamento di 
contabilit� generale, sia per l'art. 44 del t.u. delle leggi sulla Corte 
dei Conti 12luglio1934, n. 1214, che prevedono espressamente la responsabilit� 
contabile anche di coloro che abbiano la semplice custodia di 
oggetti e materie di propriet� dello Stato. 


1132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il concessionario potrebbe ignorare il contenuto dei dispacci spe. 


.

ciali, per il fatto che tali dispacci contengono anche raccomandate e 

I

assicurate appartenenti a privati, ma anche questa eventualit� non 

' 

esclude che il concessibnario i;ia consapevole che l'Amministrazione 

P. e T. si avvale normalmente dei dispacci per trasmettere i propri 
valori agli uffici periferici provinciali per le esigenze del servizio, il che 
� sufficiente a rendertlo edotto del contenuto di dispacci, anche se i 
valori non vengono rivelati nel loro preciso ammontare, all'esterno dei 
dispacci stessi, per ragioni di sicurezza. Tale preciso ammontare sar� 
rilevante agli effetti della determinazione della responsabilit� in concreto, 
ma non incide sulla discriminazione della giurisdizione tra giudice 
contabile e giudice ordinario. 
Infine non v'� dubbio che l'obbligazione di custodia si accompagna 
a quella del trasporto e della riconsegna degli effetti postali, per cui 
sussiste la responsabilit� del consegnatario degli oggetti a lui a~dati 
per il trasporto, ove si verifichino gli eventi dannosi previsti dalle 
disposizioni in vigore, e la cognizione di tale responsabilit� appartiene 
alla Corte dei Conti. -(Omissis). 

�

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 16luglio1965, n. 1565 -Pres. Gionfrida 
-Est. Marchetti -P.M. Raja (conf.) -Barbisino {avv. Durandi) t 

c. Amm.ne Canali Demaniali di irrigazione -Canali Cavour (avv. 
Stato Graziano). 
Competenza e giurisdizione -Declinatoria di competenza da parte 
del giudice di primo grado -Statuizione del giudice di secondo 
grado di inammissibilit� dell'appello -Pronuncia sulla competenza 
� Non sussiste. 

Competenza e giurisdizione -Esame in via incidentale da parte 
del giudice di questioni pregiudiziali in funzione della decisione 
sulla competenza -Pr�nunzia esclusiva sulla competenza 
� Sussiste. 

(c.p.c., art. 42). 

Quando il giudice di primo grado abbia declinato la propria competenza, 
il giudizio, con il quale il giudice di appello esamini se, nella . 
specie, doveva essere proposto contro la sentenza di primo grado rego.


I..,

lamento necessario di competenza, ovvero poteva essere pro.posto appello, 

,

� una decisione che riguarda una questione pregiudiziale di rito diversa 

.~I

< 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1133 

dalla competenza, trattandosi di stabilire a quale mezzo aimpugnazione 
sia soggetta la sentenza pronunciata in primo grado; epper�, se 
la pronuncia del giudice di secondo grado si limita a stabilire che rappello 
non � ammissibile, runica questione decisa � quella che concerne 
il mezzo aimpugnazione applicabile, onde si � fuori dell'ipotesi nella 
quale runico mezzo aimpugnazione consentito � il regolamento di 
competenza (1). 

Pur dovendo la locuzione � merito della causa �, usata negli articoli 
42 e 43 c.p.c., essere intesa in senso ampio, che comprende qualunque 
questione preliminare di merito o pregiudiziale di rito diversa 
dalla competenza, tuttavia vi � pronuncia esclusiva sulla competenza, 
quando r esame di questioni pregiudiziali sia compiuto in via incidentale, 
in funzione della decisione sulla competenza e senza pregiudizio 
det merito della causa (2). 

(1) Cfr. Cass., 30 maggio 1963~ n. 1436, Foro it., Mass., 1963, 423 e Giust. civ., 
Mass. Cass., 1963, 683; 6 luglio 1962, n. 1842, Foro it., Mass., 1962, 554; 19 maggio 
1962, n. 1140, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 577, sub 3, con nota di richiami; 
1� febbraio 1962, n. 188, ibidem, 88, sub 1: �una questione di competenza in tanto 
pu� sorgere, in quanto si contenda se la cognizione della causa sia devoluta ad uno o 
ad altro giudice, mentre, se si esclude l'impugnabilit�, si accerta che il provvedimento 
impugnato costituisce cosa giudicata formale o si nega che esso, per sua natura, sia 
assoggettato daU' ordinamento processuale al riesame da parte di un altro giudice�; 
contra: Cass., 30 dicembre 1964, n. 2983, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 1373: ala 
sentenza del giudice di appello, che dichiara inammissibile l'impugnazione, per essere 
contro la sentenza di primo grado esperibile esclusivamente il regolamento di competenza, 
risolve unicamente una questione di competenza funziona.le o per gradi, perch� 
sostanzialmente decide che competente a conoscere dell'impugnazione contro la sentenza 
di primo grado non � il giudice di appello in sede di gravame ordinario, ma la 
Corte di Cassazione in sede di regolamento necesario di competenza; tale sentenza 
� quindi impugnabile soltanto con il regolamento necessario di competenza �; v. anche 
Cass., 19 giugno 1964, n. 1593, ibidem, 725, con nota (sub 1) di richiami. Avverte, 
peraltro, Cass., 19 maggio 1965, n. 973, Giur. it., Mass., 1965, 354 che " le sentenze 
che risolvono questioni relative alla litispendenza e alla connessione di cause, a 
norma degli artt. 39 e 40 c.p.c., costituiscono vere e proprie pronunce sulla competenza 
ed in ordine ad esse trovano applicazione gli artt. 42 e segg., che prevedono 
come mezzo di impugnazione il regolamento di competenza � � 
.(2) Cfr. Cass., 21 aprile 1965, n. 698, Giur. it., Mass., 1965, 245: �presupposto 
del regolamento necessario di competenza � una pronunzia che non abbia statuito 
sul merito della lite: al fine del riconoscimento della sussistenza di tale presupposto 
deve � ritenersi che la sentenza ha deciso esclusivamente sulla competenza anche 
quando siano state prese in esame, ai fini della statuizione, questioni prgiudiziali che 
non incidono sul merito della causa �; v. anche Cass., 22 agosto 1963, n. 2343, Giust. 
civ., Mass. Cass., 1963, 1098; 19 gennaio 1963, n. 78, ibidem, 35, sub 1: � non 
sussiste pronuncia sul merito nell'ipotesi in cui il giudice, per studiare sulla 
competenza, abbia dovuto previamente esaminare questioni pregiudiziali (nella specie: 
ammissibilit� di domanda riconvenzionale) al solo fine della pronuncia sulla 
competenza stessa �. 



1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1652 -Pres. Ros


sano -Est. Saya -P.M. Pedace (conf.) -Ministero Finanze (avv. 

Stato Cavalli) c. Costa (avv.ti Pietrantoni e Salmazo). 

Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche -Argini -DemaI 


nialit� -Controversie -Competenza dei Tribunali regionali 

delle acque -Estensione. 

(r.d. 14 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 
Spetta al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche la competenza 
nelle controversie sulla demanialit� degU argini e di ogni altra 
opera concernente il buon andamento delle acque pubbliche. Di conseguenza 
compete agli stessi Tribunali l'accertamento di ogni fatto 
rilevante ai fini della decisione sulla demanialit� degli argini e quindi 
-anche del fatto che si tratti di zone poste entro o al di fuori del perimetro 
del massimo invaso {l). 

I

{Omissis). -Rileva il Supremo Collegio che, in conseguenza dell'intervento 
nel giudizio da parte della p.a., la questione che preliminarmente 
doveva essere decisa con efficacia di giudicato concerneva 

I 

la demanialit� della zona in contestazione: demanialit� affermata della 

I '

I 

(1) In sede di regolamento di competenza fra Tribunale ordinario e Tribunale 
delle acque, la Corte regolatrice correttamente statuisce che, sorta questione, da 
decidere con efficacia di giudicato, sulla demanialit� di un argine, la competenza 
spetta al Tribunale regionale delle acque. 
I 

A tale conclusione la sentenza in esame perviene attraverso l'eloquente riaffermazione 
del principio, sempre sostenuto dall'Avvocatura (cfr. le Relazioni sul con


I tenzioso dello Stato, 1930-1941, I, 620 e segg; 1942-1950, I, 241; 1951-1955, I, 
197 e segg.) e ripetutamente accolto dalla giurisprudenza (oltre quella ricordata 

I

nelle Relazioni citate, cfr., da ultimo, Cass., 21 marzo 1964, n. 644, Giur. it., 1965, 
I, 1, 658), s� la potersi considerare ius receptum, che la demanialit� delle acque, 

I 

e quindi la competenza attribuita al Tribunale regionale nelle relative controversie, 

non si riferisce soltanto all'elemento liquido, ma investe il corso d'acqua nel suo 

complesso e in tutti i suoi elementi. 

Procedendo all'individuazione di questi elementi la sentenza, in conformit� 

all'insegnamento tradizionale, ha cura di precisare che essi sono, oltre l'acqua, 

l'alveo, le sponde, le ripe, gli argini ed ogni altro manufatto realizzato per il buon 

andamento delle acque. 

L'inclusione degli argini tra gli elementi considerati, dei quali l'accento fina


listico sulla funzione di governo delle acque costituisce il tratto comune ed unifi


cante, inclusione che non � incidentale ma fondamentale, avendo da essa la Corte 

tratto, come si � visto, la statuizione sulla competenza nella fattispecie sottoposta 

al suo esame, � da tenere in particolare evidenza. 

Infatti, in passato, proprio con riguardo agli argini pi� accesa � stata la 

disputa sulla natura demaniale degli stessi i(per una incisiva disamina della quale 

-esaurientemente svolta nelle Relazioni citate -cfr. PERNIGOTTI, Acque pubbliche, 

Enciclopedia del diritto, I, 406-407, Milano, Giuffr�, 1958). In tale disputa, risolta 

generalmente in senso affermativo, si era inserita, non certo come chiarificatrice, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1135 

p.a. sul rilievo che la zona predetta costituiva largine e la riva del 
fiume Muson, mentre era per converso negata dal Costa, il quale sosteneva 
di esserne proprietario. 
Posto ci� la competenza spetta al Tribunale Regionale delle Acque 
Pubbliche; in quanto l'art. 140 t.u. sulle acque e gli impianti elettrici, 
approvato con r.d. 11dicembre1933, n. 1775, attribuisce alla cognizione 
del detto Tribunale le controversie intorno alla demanialit� delle acque, 
la quale si estende oltre che ali' alveo anch� alle rive, agli argini e ad 
ogni altra opera costruita per il buon andamento delle acque ( cfr. in 
proposito: Cass.; 21 marzo 1964, n. 644). 

una pronunzia della Corte di Cassazione (28 aprile 1951, n. 1048, Acque, bon. 
costruz., 19-52, 408, con nota di V ARANESE), la quale in sede di regolamento di 
competenza, affermava che un m�nufatto, avente natura di argine, cio� di difesa 
dei fondi rivieraschi dalle piene, anche eccezionali, non costituisce a differenza delle 
acque e dell'alveo, un elemento essenziale del corso d'acqua, non partecipa necessariamente 
al carattere demaniale di questo e pu� formare oggetto di diritti da parte 
di persone od enti diversi dallo Stato. 

Tale affermazione, alla quale la sentenza era pervenuta verosimilmente influenzata 
dal fatto che nella specie si trattava di un argine di modesto rilievo, destinato 
non gi� alla difesa di tutta la zona in cui scorreva il corso d'acqua, bens� dei beni 
di isolati frontisti, veniva esattamente criticata, non sembrando potersi negare che 
gli argini, in quanto destinati a difendere i terreni circostanti al corso d'acqua, 
pi� bassi o a livello di questo, dalle piene e dalle inondazioni, formino un tutt'uno 
inscindibile con l'alveo e la massa d'acqua e quindi sono pubblici. 

La sentenza in esame, con espressa menzione del precedente ora ricordato, 
riporta con discrezione ma con fermezza la questione nei suoi termini rigorosi. 

Infatti, sottolineando la natura demaniale di tutto ci� che � destinato ad 
assicurare � il buon andamento delle acque � e quindi anche degli argini che 
appunto assolvono a questa finalit�, essendo destinati, come si � visto, a contenere 
le piene e ad impedire od arrestare le inondazioni delle campagne laterali, ribadisce 
a chiare lettere questo concetto laddove si riferisce alle � zone poste al di 
fuori del perimetro del massimo invaso �, cio� alle zone in buona sostanza non 
interessate affatto dal corso d'acqua nelle sue molteplici manifestazioni, per affermare 
che solo rispetto a queste pu� escludersi la sussistenza di una controversia 
sulla demanialit� delle acque, nel senso lato di cui si � detto, e quindi la competenza 
del Tribunale delle acque. Semprech� peraltro non sia in contestazione che 
trattisi proprio di � zone poste al di fuori del perimetro del massimo invaso ,, , nel 
qual caso l'accertamento relativo rimane di competenza del Tribunale delle acque. 

Ci�, per chi non voglia fermarsi alle apparenze e sappia leggere tra le righe, 
� chiaramente indicativo del riconoscimento sostanziale, che nella sentenza in 
esame, regolatrice soltanto della competenza, non poteva che essere implicito, della 
natura demaniale degli argini, quando siano destinati ad assicurare il buon andamento 
delle acque e si trovino nel perimetro del massimo invaso, che � poi il 
criterio per riconoscere se si tratti o non di argini. 

In buona sostanza la Corte regolatrice con questa pronunzia ricostituisce la 
continuit� della sua giurisprudenza, nella quale si preoccupa di �inserire, ridimensionandolo 
nei suoi modesti termini, il ricordato precedente del 1951, la cui portata 
era stata fraintesa dai giudici della sentenza impugnata col regolamento di competenza, 
deciso dalla sentenza in esame nei sensi� dianzi precisati. 



1136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'impugnata sentenza, invece, ha ritenuto di potere esaminare il 
merito della controversia, ritenendo, attraverso la valutazione degli elementi 
probatori acquisiti, che si tratta di un semplice argine di campagna 
creato a difesa dei fondi rivieraschi, come tale estraneo all'alveo 
del fiume Muson. Ma tale accertamento esula dalle attribuzioni del1'
Autorit� giudiziaria in sede ordinaria per essere devoluto dalla norma 
citata alla competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. 

N� pu� farsi ricorso al principio gi� affermato da questa Corte 
Suprema, secondo cui deve escludersi la sussistenza di una controversia 
relativa ai limiti degli alvei o sponde di corsi d'aoque nel caso in cui 
a priori risulta in modo certo che si tratta di zone poste al di fuori del 
perimetro del massimo invaso {dr. Cass., 28 aprile 1951, n. 1048; 11 giugno 
1959, n. 1776): e ci� perch� nella specie non sussisteva siffatta certezza, 
ma la contestazione tra la p.a. e il Costa verteva proprio sulla 
natura del terreno e sul suo conseguente carattere di bene demaniale. 


Devesi perci� concludere che, tale essendo l'oggetto della questione 

JI

e dovendo la stessa essere decisa principaliter; la competenza appartiene 
al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. ,___ (Omissis). 

I

I

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1654 -Pres. Fibbi 

tl 

-Est. D'Amico -P.M. Pedace (conf.) -Apioella (avv.ti De Nicolellis 
e Bottiglieri) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Ciampoli). 


�I 

Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche -Opere di sistemazione 
-Opere collegate -Danni a privati -Risarcimento Controversie 
-Competenza del Tribunale regionale delle acque. 

(r.d. 14 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). �li. 
< 

; 

E~

Spetta al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche la compe


~ 

tenza in ordine alle domande di risarcimento proposte dal privato nei 
confronti della p.a., senza lamentare la commissione di un fatto illecito, 
ma solo deducendo, anche in relazione alr art. 46 legge 25 giugno 1865 
n. 2359, resistenza di un rapporto �i causalit� tra i danni derivati alla 
sua propriet� e r esecuzione di opere collegate a quelle di sistemazione 
di un corso di acqua pubblka. Tali sono le opere di restringimento e 
sopraelevazione di una strada rese necessarie dalla suddetta sistemazione 
compiuta in esecuzione di un piano diretto al ripristino di una 
zona danneggiata dalr alluvione (1). 
{1) Sul criterio discretivo della competenza fra giudice ordinario e Tribunale 
regionale delle acque in materia� di risarcimento danni, nel senso affermato dalla 
massima, la giurisprudenza � costante. Cfr., per tutte, Cass., 11 marzo 1964, n. 524, 
Foro amm., 1964, I, 1, 207; 23 agosto 1962, n. 2641, Giust. civ., 1963, I, 1678; 
; 
,1~-'.,:'.. 
.�< 

JI 

rf�'.fil114W@ill'iffifajrl...iffi.:Wrw.r.:C9f�Wff?:'fffiWd.fi.f@Jil%T,cif@?:f'.filfif�:'iT@iK?if0.fifilliftfY#f:f1%.:?:Wi:'.'ff.filW 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1137 

(Omissis). -Il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione 
dell'art. 140, lett. d) r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, in relazione anche 
.all'art. 46 legge 25 giugno 1865 n. 2359 e al principio generale di cui 
all'art. 2043 e.e. (artt. 41, 42, 47 e 360 nn. 1, 2, 3 e 5 c.p.c,), sostenendo 
che la propria domanda riguarda soltanto i danni derivatigli da lavori 
(sopraelevazione del piano str.adale e successiva formazione di una concavit� 
modificatrice del deflusso delle acque piovane) posteriori alle 
opeTe idrauliche di sistemazione dell'alveo e degli argini del torrente 
Regina Maior, eseguite dal Genio Civile, e dalle stesse indipendenti, 
onde il giudice adito non poteva declinare la propria competenza 
a favore di quella del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. 

Il ricorso non � fondato. 

Per costante giurisprudenza della Suprema Corte (tra le pi� recenti: 
sent. 11 marzo 1964 n. 524), la competenza del giudice ordinario a 
conoscere delle domande di risarcimento di danni che si assumono derivati 
dall'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche � limitata alle 
controversie in cui a fondamento della domanda sia posto un fatto 
illecito ai sensi dell'art. 2043, e non sorga, o sia irrilevante, controversia 
sulla demanialit� delle acque ovvero sul contenuto o sulla portata del 
provvedimento amministrativo di concessione. 

Qualora, invece, si chieda il risarcimento senza lamentare la commissione 
di alcun fatto illecito, ma solo deducendo l'esistenza di un 
rapporto di causalit� tra l'esecuzione dell'opera attinente al regime delle 
acque e i danni subiti, anche in relazione al disposto dell'art. 46 legge 
25 giugno 1865 n. 2359, competenti a giudicare della controversia sono 
i Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche ai sensi dell'articolo 140 

r.d. 
11 dicembre 1933 n. 1775. 
Secondo tale norma, appartengono, infatti, in primo grado . alla 
cognizione dei Tribunali delle Acque Pubbliche: 
... � d) le controversie di qualunque natura, riguardanti la occupazione 
totale o parziale permanente o temporanea di fondi e le indennit� 
previste dall'art. 46 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, in conseguenza 
dell'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione 
e utilizzazione di acque... e) le controversie per risarcimenti di 
danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla p.a. e da qua


11 giugno 1960, n. 1569, ivi, 1960, I, 1286; 27 luglio 1954, n. 2755 e 6 ottobre 
1954, n. 3339, ivi, 1954, I, 1859 e 2244. La sentenza merita di essere segnalata, 
oltre che per la riaffermazione del suddetto criterio, per l'esatta correlazione che 
pone tra le opere di restringimento e di sopraelevazione di una strada e le opere 
di sistemazione idraulica nel caso di specie e per la conseguenza che in. ordine 
alla competenza trae da questo collegamento e cio� che non solo quando il danno 
derivi da opere di sistemazione idraulica, ma anche quando derivi da opere a 
queste collegate, sussiste la competenza del Tribunale regionale delle acque. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1138 

lunque provvedimento emesso dall'autorit�. amministrativa a termini 
dell'art. 2 del testo unico della legge 2"l luglio 1904 n. 523, modificato 
con l'art. 22 della legge 13 luglio 1911 n. 774 �. 

Ci� posto, nel caso concreto si deve accertare se le opere denun-~ 
ciate dall'Apicella possano considerarsi collegate alla sistemazione idraulica 
della zona, con riguardo al corso di acqua pubblica Regina Maior. 

La soluzione affermativa cui � pervenuto il Tribunale appare 
corretta. 

La tesi del ricorrente, che la ricostruzione della strada Amalf�Tramonti 
a una quota superiore a quella precedente e la formazione 
nel sedime di una concavit� pericolosa -opere sulle quali sole egli 
avrebbe fondato la domanda di risarcimento di danni -sarebbero del 
tutto indipendenti dalla sistemazione del corso del torrente Regina 
Maior, effettuata dal Genio Civile anteriormente alle opere stesse, � 
resistita, oltre che dalla situazione dei luoghi -che il Supremo Collegio 
pu�, in sede 'di regolamento di competenza, valutare senza limitazioni 
-dal tenore dello stesso atto introduttivo del giudizio, al quale 
deve aversi riguardo per determinare la competenza. 

ID questo, invero, I'Apicella ha dedotto quale causa dei danni di. 

cui ha chiesto il risarcimento, non solo -come ora egli afferma nel 
ricorso -la sopraelevazione della strada con una pendenza errata, ma 
altres� la riduzione del piano stradale, la quale ostacolava il regolare 
carico e scarico delle merci in arr.ivo e in partenza dalla propria cartiera. 

Ora, il rapporto di correlazione, che lo stesso ricorrente d'altronde 
espressamente riconosce esistere tra le opere idrauliche e 1a riduzione 
del sedime stradale, in quanto resa necessaria dall'allargamento dell'alveo 
del torrente, che scorre lungo la strada sul lato opposto a quello 
ove � sita la propria azienda, non pu� essere disconosciuto neppure 
relativamente alla sopraelevazione della strada stessa. 

~. infatti, evidente che, incan~lato a maggior profondit� il torrente, 
il correlativo rialzamento e rafforzamento dell'argine ha importato per 
la strada, che si svolge parallela al corso d'acqua su un terrapieno a 
sostegno dell'argine, restrizioni in larghezza e variazioni in altitudine. 

Riduzione dell'ampiezza della strada e sua sopraelevazione (dal1'
esecuzione della quale sarebbe derivata la concavit� lamentata dal1'
Apicella) appaiono, ,quindi, connesse alla sistemazione data dal Genio 
Civile al regime delle acque del Regina Maior, siccome compiute nella 
esecuzione del piano di opere dirette al ripristino della zona danneggiata 
dall'alluvione e a evitare il ripetersi di altre calamit� della stessa 
natura, onde rettamente il Tribunale di Napoli ha ritenuto la controversia 
devoluta alla cognizione del Tribunale Regionale delle Acque 
Pubbliche, a norma dell'art. 140 r.d. n. 1755 del 1933. 

Il ricorso dev'essere, pertanto, respinto. -(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1965, n. 557 -Pres. Favara Est. 
Giannattasio -P.M. Tuttolomondo {conf.) -Provincia regionale 
di Messina (avv.ti Pollicino, Moschella) c. Arena (avv. Scarcella). 

Procedimento civile -Legittimit� del contraddittorio � Accertamento 
della sussistenza della � legitimatio ad causam � � 
Dovere del giudice di compierlo in ogni stato e grado del 
processo ed anche per la prima volta in Cassazione salva la 
preclusione nascente dal giudicato esplicito o implicito. 
(c.p.c., arg. ex artt. 81 e 101). 

Occupazione � Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione 
per p.u. � Sicilia -Occupazione ultrabiennale senza titolo 
di immobile da parte della Provincia di Messina per la costruzione 
di una strada di sua pertinenza e di interesse regionale, 
finanziata dalla Regione -Azione di risarcimento dei danni � 
Legittimazione passiva della Provincia -Eventuale legittimazione 
passiva concorrente della Regione. 

(l. reg. sic. 5 agosto 1949, n. 46, artt. 1 e 2; I. reg. sic. 21 aprile 1958, n. 80, 
artt. 6 e 27; I. 25 giugno 1865, n. 2859, artt. 71, primo comma, parte seconda, 
78; e.e., art. 2048). 
Impugnazione � Acquiescenza della parte ad un determinato punto 
della� sentenza di primo grado in uri momento successivo alla 
impugnazione � Rinunzia tacita al gravame su quel punto � 
Apprezzamento del giudice d'appello � Incensurabilit� in Cassazione. 
(C.J?.C., art. 829). 

Sentenza � Motivazione � Decisione fondata su pi� ragioni distinte 
ed indipendenti -Errore di diritto del giudice di merito su 
uno degli argomenti enunciati � Esattezza e sufficienza degli 

. 
argomenti concorrenti � -Ricorso in Cassazione -Improponibilit�. 
(c.p.c., artt. 182, n. 4 e 860, n. 5; disp. att. c.p.c., art. 118). 


1140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Occupazione � Occupazione d'urgenza preordinata alla espropria-� 
zione per p.u � Mancato perfezionamento nel biennio dall'occupazione 
della procedura espropriativa . Risarcimento del danno 
sostitutivo della restituzione dell'immobile -Valutazione � 
Carattere edificatorio del suolo occupato e trasformato in sede 
stabile dell'opera pubblica -Quando sussiste -Regime giuridico 
delle zone sismiche -Non esclude l'edificabilit�. 
(1. 25 giugno 1865, n. 
e.e., artt. 2043 e 2056). 
2359, artt. 71, primo comma, parte seconda, 73; 
Occupazione � Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione 
per p.u. � Mancato perfezionamento nel biennio dall'occupazione 
della procedura espropriativa � Risarcimento del 
danno sostitutivo della restituzione dell'immobile -Valutazione 
-Applicabilit� degli artt. 39 e 40 I. 25 giugno 1865, 
n. 2359 � Esclusione. 
(I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39, 40, 71, primo comma, parte seconda, 73; 
e.e., .artt. 2043 e 2056). 
Occupazione -Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione 
per p.u. � Mancato perfezionamento nel biennio dall'occupazione 
della procedura espropriativa � Risarcimento del 
danno sostitutivo della restituzione dell'immobile . Valutazione 
� Criteri generali. 
(I. 25 giugno 1865, n. 
e.e., artt. 2043, 2056). 
2359, artt. 70, primo comma, parte seconda, 73; 
L'accertamento della sussistenza della legitimatio ad causam, interessando 
la legittimit� del contraddittorio, � questione che deve essere 
esaminata a ufficio� in ogni stato e grado del procedimento ed anche per 
la prima volta in Cassazione, quando su di essa non si sia formato giudicato,
� n� vi sia stata acquiescenza (1). 
Nel caso di protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione 
in via aurgenza aimmobile alieno, fatta da una provincia siciliana ai 
fini dell'esecuzione di unopera di pubblica utilit� di sua pertinenza, 
ma assunta nella competenza della Regione Siciliana, � per conto o per 
delega � della quale l'ente occupante abbia agito, l'azione del proprietario 
dell'-immobile di risarcimento dei danni, in base altart. 2055 e.e., 
potr� trovare passivamente legittimato anche i ente cc per conto o per 
delega� del quale fu proceduto all'illegittima occupazione ultrabiennale, 
ma non pu� non trovare passivamente legittimato, in ogni caso, 
l'ente, che tali danni ingiusti ha direttamente causati col proprio operato 
(2). 
".,
<:: 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 

� incensurabile rapprezzamento del giudice di merito, che, dal 
comportamento della parte o daliinterpretazione delle difese e dagli 
atti, ricavi la conclusione che la parte stessa ha fatto acquiescenza ad 
un determinato punto della sentenza di primo grado in un momento 
successivo aliimpugnazione, cos� da potersene indurre la tacita rinunzia 
al gravame su quel punto (3). 

Allorquando la sentenza poggia su pi� ragioni distinte ed indipendenti, 
i errore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti 
enunciati non pu� giustificare di per s� il ricorso per cassazione ed il 
conseguente annullamento, quando anche uno solo degli altri argomenti, 
che appaiono concorrenti, sia informato ad esatti criteri giuriaici e sia 
idoneo a giustificare e sorreggere la decisione (4). 

Ai fini della liquidazione del risarcimento del danno sostitutivo della 
restituzione di un suolo occupato oltre il biennio sine titulo e trasf ormato 
in sede stabile di opera pubblica, il carattere edificatorio del suolo 
medesimo si pu� desumere in via rifiessa da un complesso di elementi 
certi ed obiettivi, quali i ubicazione, l'aocessibilit�, lo sviluppo edilizio, 
la presenza di servizi pubblici, i quali attestinp una attuale e concreta 
abitabilit�. N� � conferente il riferimento al regime giuridico delle 
zone sismiche, perch� la legislazione antisismica detta particolari cautele 
di costruzione, ma non esclude redificabilit� (5). 

Sia i art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 sulle espropriazioni 
per pubblica utilit�, il quale, per i casi di occupazione totale, dispone 
che i indennit� dovuta aliespropriato va ragguagliata al giusto prezzo, 
che a giudizio dei periti avrebbe avuto iirrvmobile in una libera contrattazione 
di compravendita, sia rart. 40 della legge medesima, per il 
quale, nei casi di occupazione parziale, iindennit� espropriativa consiste 
nella differenza tra il giusto prezzo, che avrebbe avuto l'immobile 
prima delioccupazione e quello che potr� avere la residua parte di 
esso dopo la medesima, attengono alla indennit� di espropriazione ed 
al modo di determinarla e n�m sono appl~oabili nel caso di liqu~dazione 
del risarcimento del danno sostitutivo della restituzione delr immobile 
occupato oltre il biennio sine tituto e trasf armato in sede stabile di 
unopera pubblica (6). ' 

Il risarcimento del danno, se deve consistere nella prestazione delr 
equivalente del danno prodotto, non pu� che adeguarsi alla misura del 
danno stesso, quale risulta al momento del risarcimento. Epper�, in 
tema di risarcimento del danno da occupazione di immobile da parte 
della pubblica amministrazione, illegittimamente protratta oltre il biennio, 
sebbene il danno debba essere liquidato con riferimento allo stato 
di fatto in cui si trovava il fonda al momento de lioccupazione, senza 
cio� tener conto degli incrementi successivamente apportativi dalla P.A., 
tuttavia non delle condizioni della zona al momento della occupazione 


1142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si deve tener conto, ma delle migliorate condizioni della medesima al 
momento della liqu~dazione del risarcimento, nel caso in cui il terreno, 
di carattere rurale al tempo dell'occupazione, sia poi divenuto edificabile 
per il notevole sviluppo edilizio della zona {7). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1608 -Pres. Rossano 
-Est. Giannattasio -P.M. Caccioppoli (diff.) -Siracusano 
{avv. Brancati L.) c. Assessorato LL.P'.P. Regione Siciliana (avv. 
Stato Gargiulo). 

Atti amministrativi -Interpretazione da parte del G.O. -Regole 
d'ermeneutica -Identit� rispetto alle norme legali sull'interpretazione 
dei contratt~ -Interpretazione dell'atto amministrativo 
da parte del giudice di merito -Incensurabilit� in 
Cassazione. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; e.e., artt. 1362 e segg.). 
Espropriazione per p.u. -Soggetti attivo e passivo del rapporto Diritti 
ed obblighi relativi. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 5 e segg., 16 e segg.). 
Espropriazione per p.u. -Sicilia -Costruzione di strada comunale 
finanziata dalia Regione Siciliana e �demandata� allo stesso 
Comune interessato -Giudizio di opposizione alla stima dell'indennit� 
espropriativa -Legittimazione passiva del Comune 
e non della Regione. 

(1. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32, artt. 2, 3, 6, 23; 1. reg. sic. 12 febbraio 1955, 
n. 12, artt. 2, 5). 
Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Delegazione 
amministrativa -Nozione -Natura ed effetti -Responsabilit� 
del delegato verso i terzi. 

Occupazione -Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione 
per p.u. -Sicilia -Costruzione di strada comunale finanziata 
dalla Regione e � demandata � allo stesso Comune interessato 
-Occupazione d'urgenza di immobile alieno occorrente 
all'esecuzione dell'opera protratta oltre il biennio senza il 
tempestivo perfezionamento della procedura espropriativa Azione 
di risarcimento dei danni -Legittimazione passiva del 
Comune e non della Regione. 

(1. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32, art. 2; 1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, 
primo comma, parte se~onda, 73; e.e., art. 2043). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

1143 

Procedimento civile -Questioni di legittimazione � ad causam � 


Deducibilit� e rilevahilit� di ufficio in qualunque stato e grado 

del processo. 

(c.p.c., arg. ex artt. 81 e 101). 

L'interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse 
regole sulfinterpretazione dei contratti e, pertanto, non pu� essere censurata 
in Cassazione l'interpretazione del contenuto di un atto amministrativo 
fatta dal giudice di merito con l'osservanza delle predette 
norme aermeneutica, purch� sia immune da errori giuridici (8). 

Il rapporto di espropriaz.ione si instaura �in modo diretto e immediato 
tra i soggetti a vantaggio ed a carico del quale l'espropriazione 
viene pronunciata, il che implica che i diritti e gli obblighi derivanti 
dal rapporto stesso (tra cui quello del pagamento dell'indennit�) sorgono 
in via normale nei confronti di chi si giova del trasferimento coattivo 
del bene e di chi ne sopporta il sacrificio (legittimazione sostanziale) (9). 

Una volta accertato che la titolarit� dell'opera pubblica spetta al 
Comune, a favore del quale sia stato pronunciato il decreto di espropriazione 
del bene, esattamente � ritenuta la legittimazione passiva di 
di detto ente e non gi� della Regione Siciliana, a carico della quale sia 
findennit� di esproprio, in virt� dei rapporti interni tra i due enti, a cui 
rimane ovviamente estraneo l'espropriato (10). 

La � delegazione amministrativa � costituisce un istituto peculiare 
del diritto pubblico e non � assimilabile al mandato, onde non possono 
applicarsi alle situazioni effettuali cui essa d� luogo i principi privatistici, 
relativi al mandato ed alla rappresentanza. 

La de�egazione -che pu� essere � interorganica � oppure � intersoggettiva 
�, secondo che sia operativa nell'ambito di uno stesso ente 
pubblico o fra enti diversi -� uno strumento in virt� del quale, consentendolo 
la legge, l'organo o l'ente, investito in via originaria della 
competenza a provvedere in una determinata materia, conferisce, autoritativqmente 
ed unilateralmente, ad altro organo o ad altro ente una 
competenza (derivata) in ot'dine alla stessa materia. 

Sotto tale aspetto, essa attribuisce al delegato la legittimazione 
all'esercizio, entro i limiti prefissati nell'atto di conferi mento, di poteri 
e di funzioni spettanti al delegante. 

Nella delegazione � intersoggettiva �, in conseguenza della accresciuta 
competenza del soggetto giuridico delegato, la legittimazione, 
ancorch� abbia rilevanza esterna, perch� relativa ad attivit� da esplicarsi 
nei confronti dei terzi, non pu� essere giuridicamente qualificata 
in base alle nozioni privatistiche del mandato e della rappresentanza; 
n� si pu� far ricorso a tali nozioni per spiegare il fenomeno della delegazione 
interorganica. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N elr ipotesi di delegazione intersoggettiva, r ente delegato non OpP,ra 
come un organo, sia pure straordinario, dell'ente delegante. 

La delegazione, importando una deroga (preventivamente consentita 
dalla legge) alle norme sulla competenza amministrativa, pone il 
delegato -nei limiti della delega e per la durata di essa -in una 
condizione pari a quella del delegante, il quale, a sua volta, viene a 
trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di 
soggetto investito di funzioni di controllo. Pertanto, di regola e salvo 
che ratto di conferimento non disponga altrimenti, il delegato � investito 
del potere di provvedere rispetto alr oggetto della delega in nome proprio 
e non in veste di rappresentante delr altro soggetto, pur se per 
conto e nell'interesse di questo ultimo. Di conseguenza, r ente delegato 
� direttamente responsabile, nei confronti dei terzi, degli atti posti in 
essere in esecuzione della delega, senza che in contrario possano aver 
rilievo le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti stessi nelr ambito 
del rapporto (interno) con il delegante e la loro incidenza nella 
sfera giuridica del medesimo (11). 

Il criterio della legittimazione sostanziale riguarda r esercizio di 
tutti i diritti e r osservanza di tutti gli obblighi derivanti dal rapporto 
di espropriazione ed � quindi valido anche per roocupazione anticipata 

& 

di carattere definitivo per l'esecuzione di opera �pubblica, epper�, oltre 

fil 

a riferirsi al pagamento delrindennit�, si riferisce anche a quello del 
risarcimento dei danni per occupazione ultrabiennale senza titolo. �, I1@ 

.

pertanto, legittimato passivamente nel relativo giudizio il Comune, che 

ha eff ettuat6 l'occupazione abusiva e di essa si � giovato per la costru, 


,

zione di opera pubblica di sua pertinenza, e non gi� la Regione Sici, 


I .
liana, che abbia finanziato l'opera, demandandone l'esecuzione allo 

1 

stesso Comune interessato (12). 

Le questioni di legittimazione ad causam sono deducibili dalle 
parti e rilevabili aufficio in qualunque stato e grado del processo, in 
quanto att�ngono alla legittimit� del contraddittorio, col solo limite 

I

preclusivo del giudicato esplicito o implicito (13). 

III 

TRIBUNALE DI NAPOLI, I Sez. Civ., 6 luglio 1965 -Pres. ed Est. 
Perrella -De Martino {avv.ti Marotta G. e L.) c. Comune di Napoli 
(avv. D1Ambrosio)� e Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Guerra). 

Occupazione -Mezzogiorno -Legge speciale per la citt� di Napoli 

n. 297 del 1953 -Occupazione d'urgenza di immobile effettuata 
dalla Cassa per il Mezzogiorno per la costruzione di una strada 
del Comune di Napoli affidata al Comune medesimo -Conse<


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PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1145 

gna dell'immobile al Comune per l'esecuzione dell'opera . 
Protrazione ultrabiennale dell'occupazione senza il perfezionamento 
della procedura espropriativa -Responsabilit� solidale 
dei due enti. 

(l. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4, ultimo comma; I. 25 giugno 1865, n. 2359, 
artt. 71, primo comma, parte seconda, 73; e.e., artt. 2043, 2055). 
Allorch� f esecuzione di unopera, compresa nel programma di cui 
alfart. 4 della legge speciale per la citt� di Napoli 9 aprile 1953, n. 297, 
sia stata dalla Cassa per il Mezzogiorno affidata allo stesso Comune di 
Napoli interessato, a norma delfultimo comma del cennato articolo,, non 
soltanto l'occupazione aurgenza del bene occorrente, effettuata dalla 
Cassa �in nome e per conto del Comune�, ma anche la lesione del diritto 
di propriet� del terzo, per la persistenza della detenzione delfimmobile 
da parte del eomune affidatario dei lavori, senza che si provveda 
delfespropriazione nel termine di cui alfart. 73 legge 25 giugno 1865, 

n. 2359, devono ritenersi -e ci� anche in considerazione del contenuto 
di apposita convenzione di massima intercorsa tra la cassa ed il c omune 
-determinati dal sistema di collaborazione fra i due Enti, 
.creato dalf affidamento, epper� entrambi rispondono in solido del risarcimento 
dei danni sostitutivo della restituzione del bene stabilmente 
trasformato e destinato a sede delfopera pubblica comunale (14). 

I 

(Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione 
provinciale di Messina propone leccezione di carenza della sua legittimazione 
passiva, assumendo, che, in forza della legislazione regionale 
siciliana (1. 5 agosto 1949, n. 46 e 1. 21 aprile 1953, n. 30) le opere in 
questione rientravano nella specifica competenza regionale e, in ispecie, 
nei compiti dell'Assessorato regionale dei LL.PP. per nome e per conto 
del quale -a tenore della detta legislazione -essa ricorrente esegu� i 

(1) Conf. Cass., 29 aprile 1965, n. 772 (sub 1), in questa Rassegna, 1965, I, 
506 ed ivi nota di riferimenti. 
(2) Cfr. Cass., 30 ottobre 1963, n. 2918, Giur. it., Mass., 1963, 998 . 
.(3) In via generale �la determinazione del contenuto e dell'estensione dell'atto 
di appello implica un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito 
e sottratto al sindacato della Cassazione, qualora sia sorretto da adeguata motivazione 
� : Cass., 18 giugno 1965, n. 1270, Giur. �it., Mass., 1965, 460; 25 gennaio 
1956, n. 208, Foro it., Rep., 1956, voce Appello civile, c. 175, n. 316. Sul 
concetto di acquiescenza tacita v. Cass., 16 marzo 1964, n. 599, Giur. it., Mass., 
1964, 185, per la quale occorrono � atti univoci, incompatibili con la volont� di 
avva\ersi dell'impugnazione, che provengano da chi disponga del diritto di esercitare 
il gravame �; nello stesso senso: Cass., 10 luglio 1964, n. 1815, ibidem, 594; 

5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1146 

lavori stradali; circostanza questa chiaramente indicata dai documenti 
della procedur� d'occupazione, ove sono richiamati sia le leggi regionali 
che il decreto dell'Assessorato dei LL.PP. n. 3878/U. R.S., del giorno 
8 settembre 1954. 

La questione � proposta per la prima volta in questa sede, �vendo 
1'Amministrazione provinciale di Messina accettato, nelle precedenti fasi, 
il contraddittorio, contestando la domanda attrice nel merito; ma poich� 
l'accertamento della sussistenza della legitimatio ad causam, interessando 
la legittimit� del contraddittorio, � questione che deve essere esaminata 
di ufficio in ogni stato e grado del procedimento e anche per la prima 
volta in Cassazione, quando su di essa non si sia formato giudicato, n� 
vi sia stata acquiescenza, essa va presa in esame dalla Corte ma va 
dichiarata infondata. Invero, per quanto. il. progetto per l'esecuzione 
dell'opera era stato approvato dall'Assessorato regionale dei Lavori 
Pubblici ed in vista di quell'opera il Prefetto aveva autorizzato la 
Provincia di Messina ad occupare d'urgenza la propriet� Arena per il 
termine di due anni, le attrici non agiscono per il pagamento delle 
indennit� inerenti alla procedura di espropriazione, che non ha avuto 
compimento, ma per la rivalsa dei danni conseguenti all'occupazione 
degli immobili illegittimamente protratta oltre il biennio; e, in tal caso, 
passivamente legittimato � anzitutto l'ente che ha proceduto all'illegittima 
occupazione ultrabiennale, anche se l'opera pubblica avrebbe 
dovuto rientrare, o rientri, nella competenza di altro ente, per conto o 
per delega del quale l'ente occupante abbia sia pure agito, sconfinando 
peraltro nell'azione illegittima. La rivalsa dei danni conseguenti a tale 
sconfinamento trover� passivamente legittimato anche l'ente per conto 
del quale � stato agito, ma non pu� non trovare passivamente legittimato, 
in ogni caso, .l'ente che li ha direttamente col proprio operato 

cagionati e ci� in base al principio di diritto comune stabilito dall'art. 

25 luglio 1964, n. 2037, ibidem, 669. Per Cass., 15 luglio 1964, n. 1905, ibidem, 
621, in caso di impugnazione parziale, formano oggetto di acquiescenza � quei 
punti, siano essi di fatto o di diritto, rimasti al di fuori dell'impugnazione �. Per 
Cass., 7 maggio 1965, n. 843, id., Mass., 1965, 305, la semplice esecuzione di una 
sentenza gi� impugnata non costituisce fatto inequivoco ed incompatibile con 
l'esercizio del diritto d'impugnazione. 

(4) Conf. Cass., Sez. Un., 2 aprile 1965,. n. 567 (sub 1), in questa Rassegna, 
1965, I, 686; 9 agosto 1963, n. 2254, Foro it., 1964, I, 111 (nella motivazione); 
29 luglio 1963, n. 2149, id., Mass., 1963, 614. 
(5) V. Cass., 25 ottobre 1965, n. 2229, in questa Rassegna, 1965, I, 1191; 
v. anche Cass., 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839; 16 maggio 1962, 
n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099; v., infine, Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, in 
questa Rassegna, 1964, I, 719-720 (sub 2). 
(6) V., analogamente, per l'art. 42 1. org. espr. per p.u., Cass., 22 luglio 1965, 
n. 1715 (sub 2), in questa Rassegna, 1965, I, 725 ed ivi nota (sub 2) di rilievi. 

PARTE I, SEZ. m, GIUBISPRUDENZA CIVIl..E 1147 

2055 e.e. (Cass., SO ottobre 1963, n. 2918; 18 febbraio 1960, n. 261). La 
protrazione deiroccupazione temporanea del bene oltre il termine di 
due anni, stabilito dall'art. 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, senza 
che sia stata, intanto, pronunciata l'espropriazione, determina l'illegittimit� 
del comportamento de~l'occupante, che rimane, conseguentemente, 
tenuto al risarcimento dei danni, n� ai fini della legittimit� ed integrit� 
del contraddittorio ha rilevanza che vi sia o vi possa essere altro obbligato 
in solido allo stesso risarcimento, perch� non sussiste litisconsorzio 
necessario nell'ipotesi di obbligazione solidale tra pi� debitori, potendo 
il creditore agire verso ciascuno degli obbligati per l'intero suo credito, 
-sicch� il rapporto processuale pu� utilmente svolgersi anche nei confronti 
di uno solo di �essi. 

Con� il secondo motivo lAmministrazione provinciale di Messina si 
duole sia dell'erroneit� della sentenza in ordine alla pretesa rinuncia 
al gravame, che non vi fu nella sua esplicita formulazione (n� � dato 
desumerla dalla preliminare determinazione della indennit� che � incombente 
obbligatorio della procedura espropriativa) sia della errata affermazione 
del carattere edificatorio del suolo occupato, non giustificata 
dalla sola ubicazione dell'immobile e peraltro in contrasto con il regime 
delle norme sismiche, particolarmente restrittivo, e con il riconosciuto 
carattere � grezzo� del suol�, che abbisognava di notevoli lavori per 
la sua trasformazione, onde � risultata eccessiva la. somma ritenuta 
idonea dalla Corte di merito. 

La censura � infondata sotto un duplice ordine di considerazioni. 
Innanzi tutto � incensurabile l'apprezzamento del giudice di merito, che 
dal comportamento della parte o dall'interpretazione delle difese e dagli 
atti, ricavi la conclusione che la parte stessa ha fatto acquiescenza ad 
un determinato punto della sentenza di primo grado in un momentq 
successivo all'impugnazione, cos� da potersene indurre la tacita rinuncia 

(7) Cfr. Cass., 22 luglio 1965, n. 1715 (sub 2), in questa Rassegna, 1965, I, 
725 ed ivi nota (sub 2) di riferimenti; adde: Cass., 23 maggio 1962, n. 1189, Foro 
it., Mass., 1962, 365; 5 agosto .1960, n. 2300, id., Rep., 1960, voce Espropriazione 
per p.i., c. 869, n. 125. 
(8). Conf. Cass., Sez. Un., 13 marzo 1965, n. 423, Giur. it., Mass., 1965, 138-139; 
Cass., 26 marzo 1964, n. 686, id., Mass., 1964, 216"217; 10 agosto 1962, n. 2547, 
Foro it., Mass., 1962, 727; 22 aprile 1961, n. 905, Foro amm., 1961, II, 362. 
Peraltro, � ricordato che il processo interpretativo in s� va tenuto logicamente 
distinto dalla valutazione giuridica alla quale � preordinato (BETTI, Interpretazione 
della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949, 240, nota 24), anche se meno 
evidente si presenta tale relazione di precedenza logica nei provvedimenti di autorit�, 
siano sentenze o atti amministrativi, nei quali la ricognizione del significato 
dell'atto concreto si distingue meno nettamente dalla identificazione del tipo legale 
al qu�le corrisponde la sua concreta configurazione (BETTI, op. cit., 12-13), occorre 
avvertire che il G.0. �nel procedere all'indagine se il provvedimento amministra




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1148 

al gravame su quel punto di contestazione. In secondo luogo, la Corte di 
merito, dopo avere incidentalmente accennato alla rinuncia, da parte 
della Provincia di Messina, al motivo di gravame relativo al carattere 
edif�catorio del fondo, ha fornito una diffusa motivazione su tale carattere 
del terreno occupato, rendendo, con ci�, irrilevante l'errore di diritto 
che fosse eventualmente racchiuso in quell'inciso. Infatti, allorquando 
la sentenza poggia su pi� ragioni distinte ed indipendenti, lerrore di 
diritto �del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu� 
giustificare di .per s� il ricorso per cassazione ed il conseguente annullamento, 
quando anche uno solo degli altri argomenti, che appaiono concorrenti, 
sia informato ad esatti criteri giuridici e sia in grado di giustificare 
e sorreggere la decisione (Cass., 9 agosto 1963, n. 2254; 29 luglio 
1963, n. 2149). 

N� la censura pu� dirsi fondata sotto il profilo di un preteso vizio 
di attivit�, per avere cio� la sentenza impugnata dedotto il carattere 
edificatorio del suolo occupato unicamente dall'ubicazione dell'immo~ 
bile, perch�, al contrario, la Corte di merito ha desunto la natura di 
suolo edificatorio sia dal fatto che esso si trova ai margini dell'abitato, 
sia dal fatto che in quella zona � sorto un centro turistico, tra il lago e 
e il mare, in continuo sviluppo, sia infine dal fatto che il terreno in 
contestazione � situato lungo una strada, che era gi� esistente al tempo 
dell'occupazione, anche se � stata poi successivamente ampliata. Cos� 
motivando, il giudice di merito si � attenuto-al criterio gi� accolto da 
questo Supremo Collegio, secondo il quale il carattere di suolo edificatorio 
si pu� desumere, in via riflessa, da un complesso di elementi 
certi ed obbiettivi di ubicazione, accessibilit�, di. sviluppo edilizio, di 
servizi pubblici, i quali attestano una attuale e concreta abitabilit� (Cass., 
3 giugno 1963, n. 1483; 16 maggio 1962, n. 1105). N� � conferente il 
riferimento al regime delle zone sismiche, perch� la legislazione anti


tivo sia conforme a legge, deve soltanto esaminare se .la p.A. avesse o meno il 
potere di emanarlo, ma non pu� esercitare alcun sindacato sul modo mediante il 
quale il potere stesso � stato assolto e su tutto ci� che ha influito sulla volont� 
dell'organo amministrativo ad emanare quel determinato atto �: Cass., 7 maggio 
1965, n. 841, Giur. it., Mass., 1965, 304. Ma Cass., Sez. Un., 26 maggio 1965, 

n. 1038, ibidem, 378, avvertono che �l'atto amministrativo, pur non potendo essere 
revocato o modificato dal giudice ordinario, a norma del combinato disposto degli 
artt. 2 e 4 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo 20 marzo 1865, 
n. 2248, all. E, pu� essere nondimeno esaminato dallo. stesso giudice in via incidentale 
e,se illegittimo, disapplicato nel caso dedotto in giudizio �; sulla portata 
dell'art. 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, v. GuGLIELMI, La pregiudiziale amministrativa, 
in questa Rassegna, 1964, I, 400 e segg. ed ivi ulteriori riferimenti. Sul 
concetto di interpretazione in linea di legittimit�, v. BETTI, op. cit., 239 e segg. 
{9) Conf. Cass., 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839; 5 giugno 
1963, n. 1504, Foro it., Mass., 1963, 438. Per Cass., 10 luglio 1964, n. 1815, in 

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PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1149 

sismica detta particolari cautele di costruzione, ma non esclude l' edificabilit�. 


Con il terzo motivo la ricorrente censura, inoltre, la sentenza della 
Corte di merito relativamente all'esclusione dell'ulteriore riduzione dell'indennit� 
per l'incremento di beneficio dovuto alla nuova opera, sostenendo 
che tale manufatto apport� un notevole incremento allo sviluppo 
della zona, fornita in precedenza solo da un'arteria del tutto inidonea, 
e denunciando che, comunque, in proposito, la Corte ha insufficientemente 
motivato, specie in riferimento ai precedenti elementi probatori 
forniti dalla consulenza tecnica e alla decisione del Tribunale. 

Si duole altres� la ricorrente che la Corte abbia del tutto omesso, 
nella sua valutazione, la considerazione del prezzo del residuo fondo, 
ai sensi dell'art. 40 legge fondamentale sull'espropriazione. 

Anche le censure contenute in questo mezzo sono prive di fondamento. 
Per quanto attiene alla lamentata esclusione di riduzione della 
indennit� per l'incremento dovuto alla nuova opera, la Corte di merito 
ha negato, in fatto, che dall'opera sia derivato alcun beneficio al terreno 
circostante, sul riflesso che la strada fu soltanto allargata e che era gi� 
ampia e COJiloda precedentemente. Non v'� dubbio che � affermazione 
di fatto, incensurabile in Cassazione, quella relativa all'inesistenza di un 
aumento di valore per effetto dell'esecuzione di un'opera pubblica, 
qualora l'apprezzamento sia congruamente e correttamente motivato 
in base alla risultanze di causa. In ordine, poi, alla pretesa violazione 
dell'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, si osserva che sia l'art. 39, 
per� il quale, nei casi di occupazione totale, l'indennit� dovuta all' espropriato 
consiste nel giusto prezzo, che, a giudizio dei periti, avrebbe 
a:vuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita, sia 
l'art. 40, per il quale, nei casi di occupazione parziale, l'indennit� consiste 
nella differenza tra il giusto pr62:zo, che avrebbe avuto l'immobile 

questa Rassegna, 1964, I, 725 e segg. (sub 2) �l'espropriante � il soggetto che 
intraprende lesecuzione dell'opera � e per conseguire lespropriazione promuove la 
dichiarazione di pubblica utilit� e, quindi, il pro�edimento di espropriazione ed � 
tenuto ad offrire e depositare l'indennit� �. E la Suprema Corte regolatrice non 
ha mancato di avvertire che � il procedimento di espropriazione pu� essere svolto 
e portato a compimento ad iniziativa di un soggetto diverso da quello che � titolare 
del diritto di ottenere la pro,nuncia di espropriazione... ed in tal caso incombe a 
quest'ultimo l'onere' di provvedere al pagamento della relativa indennit� con la 
conseguenza che nei confronti dello stesso deve essere promosso leventuale giudizio 
di opposizione alla determinazione dell'indennit� �, applicando il concetto al 
concessionario di costruzione di opera pubblica: cfr. Cass., 11 maggio 1964, n. 1129, 
Giur. it., Mass., 1964, &63; 9 maggio 1962, n. 928, Foro it., 1962, I, 2105 ed ivi 
nota i(sub 1) di riferimenti di dottrina e giurisprudenza. 

� � In tali casi, nel pensiero della Cassazione, " possono essere trasferiti dall' espropriante 
al concessionario o appaltatore gli oneri concernenti il compimento degli 


1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
avanti l'occupazione ed il giusto prezzo, che potr� avere la residua parte ~ 
di esso dopo l'occupazione, attengono alla indennit� di espropriazione 
ed al modo di determinarla, mentre, come gi� � stato chiarito, il presente 
giudizio ha per oggetto il risarcimento dei danni per occupazione 
abusiva, nel quale non viene in questione il beneficio che possa essere 
derivato ad altri fondi, comunque, escluso, nella specie, con accertamento 
di fatto insindacabile. 
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, infine, che la Corte 
di merito avrebbe erroneamente determinato l'indennit� per l'occupazione 
e l'indennizzo, sulla base del valore edificatorio del fondo e non in 
ragione della sua reale consistenza agraria e del conseguente reddito. 
Anche tale censura � infondata. Il risarcimento del danno, se deve 
consistere nella prestazione dell'equivalente del danno prodotto, non 
pu� che adeguarsi alla misura del danno stesso, quale essa risulta nel 
momento in cui viene risarcito. Pertanto, in tema di risarcimento del 
danno da illegittima occupazione di immobile da parte della Pubblica 
Amministrazione (occupazione protrattasi oltre il biennio), sebbene il 
danno debba essere liquidato con riferimento allo stato di fatto in cui 
si trovava il fondo al momento dell'occupazione, senza cio� tenere conto 
degli incrementi successivamente apportativi della P.A., tuttavia, non 
delle condizioni della zona al momento della occupazione si deve tenere I conto, ma delle migliorate condizioni della medesima al momento della , 
liquidazione, nel caso in cui il terreno, di carattere rurale al tempo della ~ 
occupazione, si sia poi trasformato in area edificabile per il notevole i:_� 
sviluppo edilizio della zona (Cass., 2S maggio 1962, n. 1189; 5 agosto 
1960, r�. 2300). 
Per quanto, infine, attiene alla liquidazione dell'indennit� per la 1~:. 
~ 
occupazione preordinata alla espropriazione per pubblica utilit� e 
atti della procedura di esproprio� (cit. sent. 9 maggio 1962, n. 928, Foro it., 1962, 
I, 2113). ~ opportuno osservare che sicuramente, nel caso del concessionario e di 
sostituto in genere, si tratta di esercizio di un diritto o potere altrui in nome proprio 
(sul concetto di sostituzione v. M1;i;;LE, Principi di dir. amm., Padova, 1953, 
73 e segg.), onde il trapasso della propriet� dell'opera nell'ente concedente o, 
comunque, sostituito in base ad un legittimo titolo, avviene con la consegna della 
medesima a quest'ultimo (per un'applicazione di questo concetto v. Cass., 18 febbraio 
1960, n. 261, Giust. civ., 1960, I, 958 e segg.; �in motivazione: 960). Per l'ipotesi 
di appalto di opera pubblica v. CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 
1950, 317 e seg., con richiamo degli artt. 354, 360 e 361 l. oo.pp. Per una interessante 
puntualizzazione di principi in una vicenda originata da �un caso, analogo a 
quello esaminato dalla sentenza in rassegna, di esecuzione di opera comunale finanziata 
dalla Regione Siciliana e curata dal Comune interessato secondo le disposizioni 
della l. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32, v. Cass., Sez. Un., 11 maggio 1964, 
n. 1120, in �questa Rassegna, 1964, I, 694-695 ed ivi nota redazionale. 
{10) Cfr. Cass., 3 giugno 1963, n. 1483, cit. a nota 9; 5 giugno 1963, n. 1504 
cit. a nota 9. 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA� q;yn.E 1151 

all'indennizzo per l'occupazione illegittima, calcolati sulla base degli 
interessi� legali, in difetto di prova di maggiori danni, neppure � fondata 
la censura, perch� la Corte di merito non ha fatto che attenersi al criterio 
costantemente adottato da questa Corte regolatrice {Cass., 27 maggio 
1963, n. 1389; 20 ottobre 1962, n. 3050). 

Il ricorso va, pertanto, rigettato con le conseguenze di legge. 


(Omissis). 

Il 

{Omissis). -Con il primo motivo, il ricorrente -denunciando 
falsa applicazione dell'art. 51 L 25 giugno 1865 n. 2359 e violazione 
degli artt. 1362 segg. e.e., degli artt. 81 e 100 c.p.c., della I. reg. sic. 
12 febbraio 1955 n. 12 e della I. reg. sic. 2 agosto 1954 n. 32, nonch� 
difetto di motivazione, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 , c.p.c. sostiene 
che la Corte di merito, ritenendo che legittimato passivo 
riguardo alla opposizione avverso la determinazione dell'indennit� di 
espropriazione fosse il Comune di Messina e non l'Assessorato Regionale 
per i Lavori Pubblici, ha errato, perch� non ha considerato che 
dal decreto prefettizio di espropriazione in data 17 ottobre 1960 risulta 
che il Prefetto, pronunciando l'espropriazione a favore del Comune 
di Messina, intese indicare tale Comune semplicemente tome beneficiario 
dell'opera e non qualificare lo stesso come ente espropriante, 
che era invece, come si evinceva dalle premesse e come � confermato 
da altri atti del procedimento, lAssessorato; �che ulteriore conferma 

(11) Nel caso di specie l'opera veniva compiuta dallo stesso Ente interessato, 
onde non si attagliava ad ess.o la veste di mero soggetto delegato, se, come avverte 
la stessa sentenza in rassegna, questi opera " per conto e nell'interesse ,, del delegante. 
Epper�, la sentenza ricorda e conferma il consolidato insegnamento della 
Corte di. Cassazione in tema di delegazione .(cfr. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, 
n. 2710, Giust. civ., 1964, I, 109 e n. 2711, id., Mass. Cass., 1963, 1270; Sez. Un., 
20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 1964, I, 698 e segg., con nota del 
CARusr; Cass., 13 agosto 1964, n. 2307, in questa Rassegna, 1965, I, 326; 17 luglio 
1965, n. 1588, ibidem, 947; v. anche, in argomento, Cass., 28 ottobre 1965, 
n. 2285, ibidem, 1193) soltanto per rilevare, a confutazione dell'assunto del 
ricorrente, che neppure il riferimento a tale figura, da esso fatto, sarebbe stato 
giovevole alla sua tesi. 
(12) Qui sembra che la Cassazione ritenga unico il rapporto di occupazione 
e di espropriazione, considerando la prima preordinata alla seconda, e ci� nonostante 
la tardivit� della emissione del decreto espropriativo. Altra volta, invece, ed 
al fine di negare il principio dell'indennit� unica, essa non ha mancato di avvertire 
che, qualora lespropriazione non segua nel biennio, loccupazione non pu� considerarsi 
pi� preordinata all'espropriazione (cfr. Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1152 

era data dalle disposizioni delle leggi regionali n. 12 del 1955 e n. 32 
del 1954; che il Prefetto, con decreto 22 gennaio 1957, aveva autorizzato 
lAssessorato regionale e, per esso, lAmministrazione comunale di Messina, 
nella qualit� di ente incaricato della esecuzione dei lavori, ad 
occupare d'urgenza e temporaneamente i beni; che l'indennit� di espropriazione 
era a carico dell'Assessorato, anche se era stata pronunciata 
lespropriazione a favore del Comune. In sostanza si assume che il 
Comune era stato delegato per l'esecuzione dei lavori e non per l'espropriazione. 


La censura � infondata. La Corte di merito, valutando gli elementi 
probatori acquisiti al processo e soprattutto valutando il verbale 
SO novembre 1956, con il quale il Comune di Messina aveva provveduto 
ad eseguire Io stato di consistenza dell'immobile; l'istanza in data 
19 gennaio 1957, con la quale Io stesso Comune aveva chiesto al Prefetto 
di Messina l'emissione del decreto di occupazione d'urgenza dell'immobile; 
e soprattutto il decreto in data 17 ottobre 1960, con il quale 
il Prefetto di Messina aveva pronunciato l'espropriazione dell'immobile 
in favore del Comune di Messina, nel cui demanio lopera costruita 
(strada di allacciamento tra la provinciale Messina-Ponte Gallo ed il 
cimitero di Torre Faro) era entrata a far parte, ha precisato che i 
lavori erano stati eseguiti in base. a perizia dell'Ufficio tecnico del 

n. 1164, Foro it., 1961, I, 1699, in part. 1703), cos� come ha ritenuto di dover far 
leva anche sul principio dell'autonomia e dell'indipendenza dei due procedimenti 
amministrativi, di occupazione d'urgenza e di �espropriazione, per giustificare l'affermazione 
che la P.A. espropriante conserva integro il potere di ottenere l'espropriazione 
per p.u. anche dopo il decorso del biennio di validit� dell'occupazione 
d'urgenza: cfr. Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, in questa Rassegna, 1965, I, 
337 e seg. (sub 1). 
(13) Conf. Cass., 29 aprile 1965, n. 772, in questa Rassegna, 1965, I, 506 ed 
ivi (sub 1) nota di riferimenti; v. anche Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa 
Rassegna, 1965, I, 1139. 
(14) Inesattamente la sentenza contrappone, in questo caso, l'affidamento alla 
concessione; v., invece, per la esatta individuazione della sostanza del rapporto 
previsto dall'ultimo comma dell'art. 41. 9 aprile 1953, n. 297: lodo 23 dicembre 1963, 
Pres. Rizzatti, Est. Gionfrida, Societ� Meridionale Strade c. Comune di Napoli, 
Foro it., 1964, I, 2246 e segg., in part. 2249-2250; v. anche, sulla questione, nonch� 
sulla esatta portata del richiamo dell'art. 2055 e.e., fatto anche (sub 2) da Cass., 
30 marzo 1965, n. 557, qui in rassegna sub I, l'annotazione che segue: 
(2-10-12-14) Rapporto organico e sostituzione nella esecuzione 
di opere pubbliche. 

I -A quanto � dato ricavare dalla lettura della prima sentenza in rassegna, 
l'ampliamento della strada, per cui s'era resa necessaria loccupazione di una porzione 
del fondo delle resistenti, poscia protratta illecitamente oltre il termine di 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENzA CIV1LE 1153 

Comune di Messina e che, pertanto, l'opposizione alla stima bene 
era stata rivolta contro il Comune, a cui vantaggio era stata pronunciata 
l'espropriazione.. e che era quindi l'espropriante, nulla rilevando 
che il finanziamento dei lavori e dell'indennit� fosse a carico 
dell'Assessorato d.ei Lavori Pubblici della Regione. Trattasi di un 
giudizio ampiamente motivato sull'interpretazione dell'atto amministrativo 
(decreto prefettizio di espropriazione) oggetto di controversia 
ed � criterio costante seguito da questo Supremo Collegio che l'interpretazione 
degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole sulla 
interpretazione dei contratti e pertanto non pu� essere censurata in 
Cassazione l'interpretazione del contenuto di un atto amministrativo, 
quando � stata condotta dal giudice di merito con l'osservanza delle 
norme d'ermeneutica legale e sempre che sia immune da errori giuridici 
{Cass., 20 giugno 1962, n. 1595; 18 novembre 1961, n. 2703). 

Il che si verifica nella specie, perch� sul piano strettamente giuridico 
� da rilevare che il rapporto di espropriazione si instaura in modo 
diretto e immediato tra le parti interessate, ossia tra il soggetto attivo, 
a vantaggio del quale l'espropriazione viene pronunciata ed il soggetto 
passivo, in pregiudizio del quale viene operato, per motivi di interesse 
generale, il sacrificio della privata propriet�; il che implica che i diritti 
e gli obblighi derivanti dal rapporto stesso (tra cui quello del paga-

legge, era stato dalla Regione Siciliana attuato, con propri fondi ed a mezzo della 
Provincia di Messina, in virt� delle disposizioni di cui alle leggi regionali 21 aprile 
1953, n. 30 e 5 agosto 1949, n. 46. 

Data per ferma l'applicabilit� di tali disposizioni, se ne deduce che, nella 
specie, doveva trattarsi di opera stradale, che, rivestendo interesse economico regio� 
nale, dalla competenza dell'ente locale era stata assunta in quella della Regione, 
che ne aveva per� affidata l'esecuzione alla Provincia, a norma del congiunto 
disposto degli artt. 27 I. reg. n. 30 del 1953 e 2 l. reg. n. 46 del J949. A proposito 
di queste norme, si � affermato in dottrina che esse, insieme con quelle di cui alla 

I. reg. 29 dicembre 1947, n. 15 (art. 2), 31 dicembre 1948, n. 51 (art. 2), cl.I. P. Reg. 
Sic. 11 giugno 1949, n. 16 (art. 3) e I. reg. 18 aprile 1958, n. 12 (art. 3), configurano, 
in contrapposto ai casi di delega o di concessione di costruzione d'opera pubblica, un 
fenomeno di � dipendenza di uno stesso ufficio da pi� enti n, ossia di unione reale 
di organi, epper� danno luogo ad attivit� diretta della Regione, mediante un rapporto 
organico eventuale e transitorio (SILVESTRI, Rapporto di servizio e giurisdizione 
della Corte dei Conti in materia di responsabilit� amministrativa, Riv. trim. 
dir. pubbl., 1962, 830. Nega, invece, che le due espressioni usate nell'ultimo capoverso 
dell'art. 118 Cost. stiano ad indicare due diverse specie di amministrazione 
il VmGA, La Regione, Milano, 1949, 142, nota 63. Sull'art. 118 Cost. v. anche BENVENUTI, 
L'organizzazione impropria della Pubblica Amministrazione, Riv. trim. dir. 
pubbl., 1956, 968 e segg., secondo il quale lo stesso rapporto di delega ex art. 118 
Ccist. � non � altro che un rapporto organico improprio �; se si trattasse di persona 
fisica non si parlerebbe di delega, ma di nomina o di investitura: ivi, 937 e 988; 
contra: SILVESTRI, op. cit. ,828). La Corte di Cassazione, come si evince dalla seconda 
massima della sentenza, ha invece rifiutato la tesi del rapporto organico, sostenuta 

1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento dell'indennit�) sorgono in via normale nei confronti dei soggetti, 
attivo e passivo, del rapporto medesimo e cio� nei confronti di chi s1 
giova del trasferimento coattivo del bene e di chi ne sopporta il sacrificio 
(legittimazione sostanziale). Una volta, quindi, accertato che la titolarit� 
dell'opera spettava al Comune, a cui favore era stato pronunciato 
il decreto di espropriazione del bene, esattamente i giudici del merito 
hanno ritenuto la legittimazione passiva di detto Ente nell'attuale giudizio, 
rilevando altres� che, se l'indennit� di esproprio era a carico della 

. Regione, ci� riguardava i rapporti interni tra i due enti, cui rimaneva 
ovviamente estraneo lespropriato {Cass., 3 giugno 1963, n. 1483; Cass., 
18 febbraio 1960, n. 261). 

N� giova alla tesi del ricorrente portare il problema sul piano della 
delegazione e considerare il Comune come delegato per l'esecuzione 
dei lavori, perch�, come ha ripetutamente ritenuto questa Corte regolatrice, 
,Ja delegazione amministrativa costituisce un istituto peculiare 
del dfritto pubblico e non �, senz'altro, assimilabile al mandato, per 

�cui non possono ad essa indiscriminatamente applicarsi i principi privatistici 
propri di questo istituto. Nella delegazione intersoggettiva, in 
particolare (che, a differenza di quella interorganica, la quale opera 
nell'a1,I1bito di uno stesso ente pubblico, opera invece tra enti diversi), la 
legittimazione, attribuita al delegato, all'esercizio, entro i limiti fissati 
nell'atto di conferimento, di poteri e funzioni spettanti al delegante, 
non pu� essere giuridicamente qualificata in base alle nozioni privatistiche 
del mandato e della rappresentanza, n� pu� dirsi che lente dele


dalla difesa della ricorrente Provincia, per negare la legittimazione passiva di quest'ultima 
alla domanda di risarcimento delle proprietarie del fondo, ritenendo i 
danni direttamente cagionati dalla Provincia � col proprio operato �, anche se svolto 
�per conto o per delega � della Regione. Una corresponsabilit� di quest'ultima � 
stata ammessa, iri ipotesi, solo sotto il profilo dell'art. 2055 e.e., ossia in quanto, 
con l'operato della Provincia, anche un'attivit� illecita della Regione potesse aver 
concorso alla produzione del danno. 

Appare evidente il contrasto di tale giurisprudenza con quella del Consiglio 
di Giustizia Amministrativa della Regione siciliana, secondo cui la formula dell'art. 2 

I. reg. n. 46 del 1949, a mente della quale per l'ese~uzione delle opere "il Governo 
regionale si avvale degli uffici statali ovvero di altri enti, sempre che dispongano 
di propria adeguata attrezzatura �, interpretata con riferimento al principio stabilito 
dall'art. 118, 3 comma, Cost. (applicabile al caso poich� lo Statuto della Regione 
non detta alcuna norma particolare), deve indurre l'interprete a ritenere che, quando 
la Regione si avvale degli uffici di enti locali, � detti uffici, limitatamente alle funzioni 
svolte nell'ambito dell'attivit� amministrativa regionale, diventano anche 
organi della Regione �. (Cons. Giust. Amm., Reg. Sic., 16 �dicembre 1961, n. 63, 
Il Consiglio di Stato, 1961, I, 2260). 
Secondo quel Consesso di giustizia amministrativa, il rapporto di affidamento 
si tradurrebbe, adunque, nella temporanea assunzione di un ufficio di un ente 
locale nell'organizzazione regionale e l'ente locale resterebbe estraneo al rapporto 



PARTE I,. SEZ,. III, CIUmSPRUDENZA CIVll.E 1155 

gato operi come un organo, sia pure straordinario, dell'ente delegante. 
In realt�, detta delegazione, importando una deroga (preventivamente 
consentita dalla legge) alle norme sulla competenza amministrativa, 
pone il delegato, nei limiti della delega e per la durata di essa, in una 
condizione pari a quella del delegante; questi, a sua volta, viene a 
trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di 
soggetto investito di funzioni di controllo. Il che importa che, di regola, 
salvo che l'atto di conferimento non disponga diversamente, il delegato 
� investito dei poteri di provvedere, rispetto ali' oggetto della delega, 
in nome proprio e non in veste di rappresentante dell'altro soggetto, 
pur se per conto e nell'interesse di questo ultimo. A ci� �consegue che 
l'ente delegato � direttamente responsabile, nei confronti dei terzi, 
degli atti posti in-essere in esecuzione della delega, senza .che in contrario 
possano aver rilievo le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti 
stessi nell'ambito del rapporto interno con il delegante e la loro inddenza 
nella sfera giuridica del .medesimo (Cass., Sez. Un., 20 gennaio 
1964, n. 128; 11 ottobre 1963, n. 2711). 

Con il secondo motivo, il ricorrente -denunciando violazione dell'art. 
1362 e.e. e difetto di motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 
e 5, c.p.c. � -sostiene che la Corte di merito � pervenuta alla conclusione 
che l'Asse~sorato regionale dei LL.PP. difettava di legittimazione 
passiva anche riguardo alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti 
alla occupazione illegittima, erroneamente interpretando il 
decreto di occupazione in data 22 gennaio 1957 sulla base di elementi 

fra la Regione e quel dato organo (cit. dee. n. 63 del 1961, loc. cit.; nella specie 
ivi esaminata: rapporti fra la Regione e l'Ufficio tecnico del Comune di Messina; 
cfr. anche Cons. Giust. Amm. Reg. Sic.; 14 dicembre 1962, n. 546, Il Consiglio 
di Stato, 1962, I, 2139; 25 gennaio 1963, n. 13, id., 1963, �I, 86-88). 

V'�, tuttavia, da rilevare subito, in proposito, che, tolto il caso che la Regione 
si avvalga � degli uffici statali �, resta dubbio se la formula legislativa surriferita 
autorizzi veramente la Regione ad intrattenere rapporti con singoli uffici, come ad 
esempio gli uffici tecnici degli enti locali e legittimi tali organi ad agire per la 
Regione in piena autonomia rispetto ail' ente al quale istituzionalmente appartengono, 
ovvero non intenda dire, pi� semplicemente, che la Regione pu� avvalersi 
degli e?'.ti considerati. Ed in t�l caso, proprio il dettato di cui al terzo comma del!'
art. 118 Cost. deve indurre l'interprete (se ne veda l'attuazione fattane, per le 
Regioni a statuto ordinario, dalla I. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 39) a considerare 
il rapporto fra la Regione e l'ente considerato come un rapporto di delegazione (in 
senso ampio, comprensivo, cio�, dei casi in cui il � delegato � ha un interesse proprio 
allo svolgimento della delega). Sembra, invero, da escludere che l'alternativa 
p�sta dalla cennata norma costituzionale consenta che il rapporto fra la regione e 
lente minore si svolga ai di fuori dello schema della sostituzione in senso proprio, 
per divenire addirittura preposizione organica dell'ente in s� ad una certa funzione 
amministrativa regionale. N� a tale conclusione pare sia inteso arrivare il Consiglio 
di Giustizia Amministrativa nella ricordata importante decisione n. 63 del 1961, 



1156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

estranei a tale atto. Infatti -assume il ricorrente -la dizione letterale 
di tale decreto(� l'Assessorato Regionale per i LL.PP. e, per esso, l'Amministrazione 
comunale di Messina, nella sua qualit� di ente incaricato 

I 

della esecuzione dei lavori, � autorizzato ad occupare d'urgenza e temporaneamente... 
�) � tanto chiara, da non consentire alcuna possibilit� di 

i 

dubbio e da far risultare in modo certo l'intenzione di autorizzare la Regione 
all'oocupazione dell'immobile. Soggiunge il ricorrente che la Corte, 
se avesse considerato, alla luce di tale volont�, le drcostanze dell' esecuzione, 
da parte del Comune, dello stato di consistenza dell'immobile, 
della richiesta, da parte dello stesso, dell'emissione del decreto di occupazione 
d'urgenza e della immissione del Comune nel possesso, ne 

. avrebbe dedotto che tale attivit� era stata compiuta dal Comune non 
in proprio, ma quale incaricato della esecuzione dei lavori e quindi 
non valeva a .riferire allo stesso la responsabilit� dell'occupazione illegittima. 
Aggiunge il ricorrente che la Corte ha omesso di esaminare 
la circostanza decisiva che, nel primo grado del giudizio, l'Assessorato 
Regionale non aveva contestato l'esclusiva riferibilit� ad esso dell' occupazione, 
limitandosi ad eccepire che il termine dell'occupazione stessa 
doveva intendersi tacitamente prorogato a norma dell'art. 185 t.u. n. 1899 
del 1917 e cosi dimostrando di riconoscere la propria esclusiva responsabilit�. 


A dimostrare l'infondatezza delle censure contenute in questo secondo 
mezzo valgono tutte le argomentazioni gi� svolte a confutazione 
del primo mezzo. 

laddove ebbe, appunto, a parlare cli rapporto fra la Regione e l'ufficio tecnico del 
Comune di Messina, per escludere che andasse fatta, nella specie, una delega della 
Regione al Comune, che restava completamente estraneo al rapporto medesimo. 


Ma, per restar coerenti con tali premesse, non si capisce come potesse, poi, 
considerarsi ugualmente legittimo il decreto di occupazione emesso a favore del 
Comune e non della Regione, n� si capisce come fosse bastata l'investitura dell'ufficio 
tecnico comunale da parte dell'Assessorato regionale ai lavori pubblici nei 
compiti cli redazione del piano di massima e del progetto esecutivo delle opere pubbliche 
relative alla costituenda zona industriale cittadina, per abilitare poi... il 
Comune a chiedere ed ottenere come organo della Regione il decerto prefettizio 
impugnato. 

Evidentemente, il Comune non aveva agito; n� poteva agire, che in nome proprio, 
salva la possibilit� di una valida investitura ad agire, nel contempo, per conto 
della Regione. 

D'altra parte, non pare che la riferita interpretazione, contraria a quella presupposta 
dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, si sottragga alla fondamentale 
obiezione che anche l'art. 3 1. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32 reca la stessa 
formula: � ��� il Governo regionale pu� avvalersi degli uffici statali ovvero di enti 
di diritto pubblico, quando dispongano cli un ufficio tecnico adeguatamente attrezzato 
� ed in dottrina non si � certo annoverata tale legge fra gli esempi cli normazione 
applicativa del tipo di amministrazione regionale diretta, a mezzo di organi 


PARTE I, SEZ. IlI, GIURISPRUDENZA CIVILE 1157 

La Corte di merito, con accertamento di fatto insindacabile in 
questa sede, non ha mancato di sottolineare che il decreto 22 gennaio 
1957 di occupazione d'urgenza dell'immobile del Siracusano era 
stato chiesto al Prefetto dal Comune di Messina; che quest'ultimo, in 
data 1� febbraio 1957, si era immesso nel possesso dell'immobile e tale 
occupazione aveva mantenuto anche dopo decorso il biennio. Inoltre, 
il criterio della legittimazione sostanziale, dinanzi delineato, secondo la 
giurisprudenza �di questa Corte, gi� ricordata, riguarda l'esercizio di 
tutti i diritti e losservanza di tutti gli obblighi derivanti dal rapporto 
di espropriazione e, quindi, oltre a riferirsi al pagamento dell'indennit�, 
si riferisce anche a quello del risarcimento dei danni per occupazione 
oltre il biennio. Legittimato passivo nel processo instaurato dalfespropriato 
Siracusano per il risarcimento dei danni � dunque non I'Assessorato, 
ma il Comune, che ha effettuato l'occupazione abusiva e di essa 
si � giovato. 

Non ha, poi, rilevanza che l'Assessorato dei LL.PP. della Regione, 
nel giudizio di primo grado, non abbia espressamente eccepito il proprio 
difetto di legittimazione passiva, perch� le questioni di legittima~ 
zione ad causam sono deducibili in quafonque stato e grado del processo 
e sono rilevabili anche d'ufficio, in quanto attengono alla legittimit� 
del contraddittorio. Tali questioni trovano, bens�, un limite preclusivo 
nel giudicato, ma di ci� non � dato parlare nel caso di esame, poich� 
il giudice di primo grado non si � espressamente pronunciato sul punto 
attinente alla legittimazione, e poi-ch� su tale punto non pu� neppure 

transitori, propri in via permanente di altri enti (cfr. Sn..VESTRI, op. loc. cit.). A proposito 
di questa legge, basta leggerne il successivo articolo 6, per convincersi che la 
formula dell'art. 3 va intesa necessariamente come � ... il Governo regionale pu� 
avvalersi ... di enti di diritto pubblico � ecc., se � vero che nel citato art. 6 si parla 
espressamente di � opere finanziate dalla Regione, la cui gestione sia demandata 
ad enti locali �. E la conferma se ne ha dal successivo art. 23, da cui si evince che 
lopera viene poi compiuta dall'ente locale in nome proprio, tant'� vero che esso pu� 
beneficiare anche � dei contributi che siano stati �o che possano concedersi dallo 
Stato per le opere medesime�, dei quali si prevede la cessione alla Regione (si vedano 
anche l'art. 4: �a mezzo degli enti locali, di altri enti pubblici� ecc.; l'art. 7: 
� enti incaricati d�lla progettazione � ecc.; l'art. 15, ove si parla di a enti incaricati � 
della esecuzione dei lavori condotti in economia diretta e di esonero dei medesimi 
dalla garanzia prescritta per il pagamento degli acconti). 

Ebbene, anche per l'art. 3 della legge reg. sic. n. 32 del 1954, il Consiglio di 
Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, nella citata decisione n. 63 del 1961, 
affermando che essa � detta una disciplina generale, applicabile a tutte le opere 
pubbliche, che interessano la Regione�, ha confermato la stessa interpretazione 
data all'art. 2 I. reg, sic. n. 46 del 1949. Ma i rilievi che precedono dovrebbero 
dimostrarne l'inattendibilit�. 

Sembra, adunque; che non solo la contrari~ interpretazione data dalla Cassazione 
all'art. 3 della legge reg. sic. n. 32 del 1954, nella seconda sentenza in 



1158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

invocarsi un giudicato implicito per l'omessa impugnazione della statui


zione di merito, perch� la pronuncia relativa alla condanna alla corre


sponsione di una indennit� per occupazione abusiva � stata impugnata 

dall'Assessorato proprio ed innanzitutto sul punto dell'erronea, implicita 

statuizione sulla sua legittimazione passiva. 

Con il terzo motivo il ricorrente ,...--denunciando violazione del1'
art. 2909 e.e. e difetto di motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 
e 5, c.p.c. "--sostiene che la Corte di merito non poteva rilevare d'ufficio 
il difetto di legittimazione passiva dell'Assessorato Regionale rispetto 
alla domanda del Siracusano relativa all'estensione del fondo occupato 
in misura superiore a quella indicata nel decreto di espropriazione ed 
alla contigua stradella, pure occupata; su tale punto, infatti, si era formato 
il giudicato, perch� il Tribunale aveva considerato l'Assessorato 
legittimato passivamente in ordine a detta domanda, ma l'aveva respinta 
nel merito, ritenendola sfornita di prova e tale pronuncia era stata impugnata 
dal Siracusano per la questione di merito, ma non era stata 
. impugnata dall'Assessorato in ordine all'affermata legittimazione passiva. 

Valgono, a tale proposito, le stesse ragioni svolte a confutare ana


loga censura contenuta nel secondo mezzo. Anche sulla questione di 

legittimazione passiva, relativa alla domanda di danni relativi all'occu


pazione in eccedenza, non v'� stata esplicita pronuncia del giudice di 

"primo grado e anche a tale riguardo vi � stato l'appello dell'Assessorato, 

rassegn~, ma anche quella, analogamente contraria, data, nella prima sentenza, 

qui esaminata, all'art. 2 1. reg. sic. n. 46 del 1949, siano da condividere. Il senso 

di questa norma pu�, peraltro, ricostruirsi anche a prescindere dagli argomenti 

usati per l'interpretazione dell'art. 3 I. reg. n. 82 del 1954, posto che si tratti, invece, 

di sistemi normativi diversi. Che la formula legislativa voglia intendere che per 

l'esecuzione delle opere la Regione � si avvale; .. di altri enti " ecc., ossia alluda ad 

un rapporto di delegazione (in senso ampio) fra enti in contrapposto all'ipotesi 

dell'immedesimazione organica temporanea di determinati �uffici statali si ricava: 

a) dall'art. 5 d.lg. P. Reg. Sic. 26 settembre 1951, n. 29, specificamente richiam�to, 

insieme con i precedenti artt. 1, 2 e 3 dello stesso decreto legislativo, dall'ultimo 

comma dell'art. 6 l.reg.sic. n. 30 del 1953, epper�, trattandosi di rinvio recettizio, 

immune dall'abrogazione di cui all'art. 311.reg.sic. n. 32 del 1954 (la diversa opinione 

non si sottrarrebbe alla conseguenza dell'applicabilit� della disciplina della cennata 

l.reg. n. 32 del 1954 e ci�, come si � visto, basterebbe a risolvere il problema in 

senso favorevole alla tesi negativa del rapporto di immedesimazione organica), nel 

quale si p::irla di � opere la cui esecuzione � affidata agli enti locali " (v. anche 

art. 15 l.reg.sic. n. 30 del 1953, ove si ritrova la testuale espressione � si avvale 

dei Comuni,,, ecc.); b) nonch� dal riferimento sistematico a tutte le altre norme 

che � possibile rinvenire nella speciale legislazione regionale siciliana, ordinaria


mente designata come applicativa della seconda ipotesi contenuta nell'art. 118, 

terzo comma, Cast. (cfr. art. 3 I. reg. 29 dicembre 1947, n. 15, ove si parla di 

�gestione delle opere da parte degli enti locali�, con l'osservanza delle norme 
della l. com. e prov. e del regolamento 25 maggio 1895, n. 350; art. 4 l.reg. 31 dicembre 
1948, n. 51, ove si parla di uenti incaricati,,). Quanto, poi, al criterio dell'inte

, PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1159 

il quale, impugnando, in via incidentale, la sentenza del Tribunale, ha 
chiesto che fosse dichiarato il difetto di legittimazione relativo alla 
domanda di danni per occupazione illegittima, cgmprensiva questa 
delle due distinte �voci� di danni, l'una relativa all'occupazione pro.;. 
tratta oltre il biennio e l'altra relativa all'occupazione del fondo in 
misura superiore a quella indicata .nel decreto d'espropriazione. 

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con le conseguenze di legge. 


(Omissis). 

III 

(Omissis). -Il protrarsi della occupazione temporanea oltre il 
biennio di cui all'art. 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, senza che 
sia intervenuta la pronunzia di espropriazione nei modi di legge, rende 
illegittima la occupazione, con la conseguenza che l'ente occupante, 
quale � detentore senza titolo, .� tenuto a restituire il bene, ovvero a 
;risarcire il danno, ove la restituzione, per le opere compiute o per altre 
ragioni, non sia pi� possibile. 

E la liquidazione del danno -per la quale � competente il giudice 
ordinario, stante la innegabile lesione del diritto soggettivo del privato 
in conseguenza dell'abusiva detenzione dell'immobile -va commisu


resse (per un'applicazione v. LAZZARO, In tema di responsabilit� civile della pubblica 
amministrazione per l'esecuzione di opere pubbliche dfrettamente o a mezzo 
di �nte pubblico concessionario, Giur. sic., 1960, 282 e segg.), sembra ben difficile 
fondare su di esso la giustificazione dell'esclusione, a priori, che, secondo il diritto 
positivo, si tratti di rapporti di sostituzione fra enti, piuttosto che, necessariamente, 
di immedesimazione organica. A parte la � difficolt� di distinguere spesso fra 
interesse alla realizzaZione e interesse all'esecuzione dell'opera (la distinzione � 
utilizzata da LAZZARO, op. cit., 282 e 284; sul concetto di " esecuzione ,, dell'opera 
pubblica v. RoEHRssEN, I lavori pubblici, Bologna, 1956, 8), non si pu� fare a 
meno di 'Osservare che la titolarit� in capo allo stesso ente dei due interessi non 
esclude un concorrente interesse alla stessa realizzazione dell'opera in capo ad 
altro ente, dei cui organi il primo si avvalga {e ci� -anche a voler prescindere 
dai possibili casi, in cui l'opera pubblica sia assunta nel demanio regionale -si 
verifica normalmente in tutte le ipotesi di esecuzione a cura della Regione di opere 
pubbliche " di interesse regionale anche se di competenza degli enti locali � : 

v. art. 1 l.reg.sic. n. 46 del 1949; art. 2 d.l. P. Reg. Sic. 11 giugno 1949, n. 16, 
ratificato con l.reg.sic. 9 dicembre 1949, n. 62; artt. 6, b, 9, 19, 20, 21 l.reg.sic. 
21 aprile 1953, n. 30; cfr., altres�, art. 1 l.reg.sic. 2 agosto 1954, n. 32; sul concetto 
di opere pubbliche di competenza degli enti locali e di interesse regionale v. Cons. 
Giust. Amm. Reg. Sic., Sez. Cons., 10 luglio 1958, n. 174, Dir. pubbl., 1958, 540), 
onde si � costretti a riconoscere che, allora, non pu� prescindersi dalla alterit� 
del rapporto (fra i due enti) e dall'applicazione dello "schema strutturale della 
concessione �, la quale rappresenta " in definitiva, il mezzo indiretto per realiz

il60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO� STATO 

rata al valore venale -calcolato come. in una libera contrattazione 
all'epoca della decisione -nonch� ai frutti perduti, cio� agli interessi 
sulla somma liquidata come capitale, con decorrenza dall'inizio della 
occupazione al soddisfo, a meno che il� bene non fosse produttivo di 
una utilit� economica speciale, nel qual caso oompete al proprietario 
il corrispondente maggior utile. 
Nella specie � pacifico in punto di fatto che l'occupazione del terreno 
in questione si � protratta oltre il biennio di cui al citato art. 73 
senza che sia stata pronunziata la espropriazione e che la restituzione 
dello stesso al proprietario, del resto non pi� rkhiesta da costui, non � 
pi� possibile atteso l'awenuto compimento dell'opera pubblica in vista 
della quale fu autorizzata l'occupazione. 
Pertanto, il proprietario, privato definitivamente del proprio terreno, 
ha diritto di conseguire il risarcimento del danno derivatogli dalla 
perdita del bene, n� la r�sponsabilit� dell'occ�pante � esclusa dalla 
particolare figura del provvedimento di occupazione preordinato alla 
procedura di espropriazione. 
Infatti, giusta l'insegnamento della S.C., al termine di cui all'art. 73 
della legge 1865, n. 2359 soggia:cciono tutte le occupazioni di urgenza, 
senza distinzione di sorta, qualunque ne sia la natura e lo scopo. E ci� 
perch�, qualora le occupazioni di urgenza a scopo duraturo si doves-If},I 

zare il finanziamento dell'opera pubblica col vantaggio di un pi� immediato controllo 
� (LAZZARO, op. cit., 283). 

L'insegnamento di massima (sub 2) della prima sentenza in rassegna della 
Suprema Corte regolatrice sembra, ordunque, preferibile all'interpretazione prevalente 
nella giurisprudenza amministrativa. Ed in proposito, la sentenza contiene, 
nella motivazione, il riferimento ad altre pronunce della stessa Corte. Mentre il 
riferimento a quella in data 18 febbraio 1960, n. 261 (la sentenza trovasi pubblicata 
in Giust. civ., 1960, I, 958 e segg.) pu� essere utile a sottolineare il concetto di 
intervento sostitutivo �in funzione del finanziamento � {ivi, 960) pare significativo 
ricordare che, nella seconda pronuncia richiamata (30 ottobre 1963, 

n. 2918, Giur. it., Mass., 1963, 997), la Corte di Cassazione ebbe ad esaminare 
un altro caso disciplinato dalle ll.reg.sic. n. � 30 del 1953 e n. 46 del 1949 
ed a proposito dell'occupazione d'un fondo privato, fatta dal Comune di Messina 
per la costituzione di una nuova zona industriale cittadina curata dalla 
Regione, occupazione protratta oltre il biennio, essendosi la difesa del ricorrente 
incidentale Comune doluta che la denunciata sentenza della Corte di Appello 
I 
di Messina, nel condannare il Comune medesimo al risarcimento dei danni,.',. 
non avesse considerato che esso aveva agito � come organo delegato � della . 
Regione, ebbe gi� a chiarire che esattamente la Corte d'Appello aveva affermato la ~: 
responsabilit� dell'ente: �perch�, essendo questo il soggetto legittimato in base al 
titolo all'occupazione dell'immobile per il termine di due anni, era responsabile 
della violazione degli obblighi derivanti dall'occupazione stessa e quindi della mancata 
restituzione dell'immobile dopo la scadenza del detto termine � e, parlando 
di � delegazione � nel senso impropriamente usato dalla difesa comunale, per 



PARTE I, SEZ. Ili, GIURISPRUDENZA CIVILE 1161 
sero considerare svincolate dal vincolo temporale innanzi detto, verrebbe 
ad essere soppressa ogni garanzia del diritto di propriet� ed il 
beneficiario potrebbe indefinitamente procrastinare nel tempo la sua 
occupazione senza la corresponsione di alcuna indennit� per la esproPARTE 
I, SEZ. Ili, GIURISPRUDENZA CIVILE 1161 
sero considerare svincolate dal vincolo temporale innanzi detto, verrebbe 
ad essere soppressa ogni garanzia del diritto di propriet� ed il 
beneficiario potrebbe indefinitamente procrastinare nel tempo la sua 
occupazione senza la corresponsione di alcuna indennit� per la espro''
i.X

~=,fu'"~. 


~ 

priazione, con palese sovvertimento del principio sancito nell'art. 42 
della Costituzione. 

D'altra parte, come si evince dall'ultimo comma dell'art. 73, anche 
le occupazioni di urgenza preordinate all'esecuzione di opere pubbliche 
dichiarate indifferibili ed urgenti conservano la loro autonomia rispetto 
all'espropri�zione definitiva, che sola pu� valere a conferire �arattere 
di definitivit� alla presa di possesso conseguita al provvedimento cli 
occupazione (Cass., 24 settembre 1959, n. 2603). 

Poich� trattasi, in definitiva, di azione di responsabilit� per fatto 
illecito, consegue l'applicazione del principio sancito dall'art. 2055 e.e. 
sull'obbligo solidale di risarcimento del danno dei ricorrenti nell'illecito. 

Cos� inquadrata la pretesa fatta valere dall'istante, pu�. passarsi 
all'esame della questione sollevata dai convenuti, che, entrambi, hanno 
eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva alla causa. 

Col decreto di occupazione di cui agli atti il Prefetto della Provincia 
di Napoli autorizz� la Cassa per il Mezzogiorno �in nome e 
per conto del Comune di Napoli� ad occupare temporaneamente, per 

alludere viceversa ... all'ipotesi opposta di immedesimazione organica con immediata 
riferibilit� alla Regione dell'operato degli organi comunali, precis� che tale c.d. 

�rapporto di delegazione� con efficacia organico-rappresentativa, ossia tale rapporto 
di immedesimazione, � non essendo previsto specificamente dalla legge, n� essendo 
dedotto nel titolo, non giustifica lesclusione della responsabilit� dell'occupante nei 
confronti del proprietario �. La corresponsabilit� solidale della Regione fu ammessa, 
invece, soltanto sotto il profilo di un concorso di attivit� illecita, a norma dell'art. 
2055 e.e. 
In mancanza di una � specifica � previsione normativa (e, quindi, di un'apposita 
disciplina distinguente: cfr. SANDULLI R., In tema di ente economico ecc., 
Foro it., 1949, I, 1173; CARUSI, Sulla pretesa responsabilit� ecc., ivi, 1959, IV, 
273, nota 37; ID., � lo Stato responsabile? ecc., ivi, 1960, IV, 103) non �, dunque, 
possibile parlare di rapporto organico (e questo valga ad intendere rettamente anche 
la giurisprudenza dei giudici di merito: v. ad es. Trib. Messina, 15 gennaio i963, 
Mastroeni c. Provincia di Messina, Giur. sic., 1963, 352). 

II -Dopo quanto si � detto, appare superfluo intrattenersi in particolare sulla 
seconda sentenza della Corte di Cassazione, qui in rassegna. Questa volta si trattava 
della costruzione di una strada, disciplinata dalle norme delle leggi regionali 
sic. 12 febbraio 1955, n. 12 e 2 agosto 1954, n. 32 e la Suprema Corte regolatrice 
ha avuto modo di ribadire il difetto di legittimazione passiva della Regione alla 
domanda del ricorrente di risarcimento del danno per una occupazione ultrabiennale 
compiuta dal Comune di Messina per conto della medesima ed all'opposizione 
alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, di cui al decreto prefettizio 
tardivamente emesso a favore del Comune medesimo. 

6 



.�Z� 
1162 RASSEGNA i:>ELL' AVVOCATURA DELLO STATO 
.�Z� 
1162 RASSEGNA i:>ELL' AVVOCATURA DELLO STATO 
, 

la -durata di anni due, gli immobili di propriet� De Martino, occorrenti 

rr per l'esecuzione dei lavori di cui in .narrativa. 
� da escludersi che possa, nella specie, trattarsi di rappresentanza, 
la quale, come � noto, implica sostituzione di un soggetto ad un altro 
nell'esplicamento dell'attivit� giuridica, s� che l'agire del rappresentante 
-il quale spende il nome del rappresentato ed agisce in nome 
e per conto altrui -produce effetti direttamente nella sfera giuridka 
del rappresentato. 

Nella rappresentanza volontaria l'attivit� del rappresentante si 
legittima all'esterno in virt� della procura conferitagli dal rappresentato. 

Nella specie, la pretesa rappresentanza non sorgerebbe n� in virt� 
di legge, che non la prevede, n� dalla volont� della parte, del tutto 
insussistente. 

La dizione usata nel decreto prefettizio deve essere puntualizzata 
alla stregua delle norme di cui alla legge 9 aprile 1953 n. 297 {Provvedimenti 
a favore della citt� di Napoli) nell'ambito della quale esso 
fu emesso. 

L'art. 4 della citata legge, dopo aver disposto che la Cassa Depositi 
e Prestiti e degli Istituti previdenziali e di assicurazioni sono auto-

Il Comune -ha avvertito la Cassazione -aveva agito in nome proprio ed 
anche nel proprio interesse, tant'� vero che l'opera era entrata a far parte del 
suo demanio. 

III -E si perviene, cos�, all'esame della sentenza del Tribunale di Napoli. 
Questa _volta si trattava dell'interpretazione delle norme della legge speciale per 
la citt� di Napoli 9 aprile 1953, n. 297. Secondo tale normativa, come � noto, 
venendo la Cassa DD:PP. e gli istituti previdenziali e di assicurazione autorizzati 
a concedere alla Provincia ed al Comune di Napoli, per il finanziamento di opere 
pubbliche di loro competenza, da eseguirsi secondo rispettivi programmi (da predisporre 
d'intesa con la Cassa per il Mezzogiorno ed approvarsi con decreti del 
Ministro LL.PP. di concerto col Ministro per il tesoro), mutui per un ammontare 
complessivo, rispettivamente, di cinque e trentacinque miliardi di lire, con la 
garanzia dello Stato, nonch� i contributi statali di cui alla 1. S agosto 1949, n. 589, 
la Cassa per il Mezzogiorno � stata investita della competenza sostitutiva in 
ordine alla progettazione ed alla esecuzione delle singole opere ed alla temporanea 
anticipazione della relativa spesa, salvo riscossione del ricavo dei mutui in virt� 
di deleghe irrevocabili delle amministrazioni interessate. 

In particolare, v'� da osservare che, a norma degli artt. 4 ed 8 1. n. 297 del 
1953, compete alla Cassa l'approvazione dei progetti con valore di dichi�razione 
(implicita) di p.u. delle opere e, quindi, la pref�ssione e l'eventuale proroga dei 
termini di cui all'art. 13 1. n. 2359 del 1865. Ora, se si ritiene che per gli enti 
pubblici minori il cumulo delle due vesti, di autorit� e di ente espropriante, debba 
essere espressamente previsto dalla legge, pu�, anzitutto, seriamente dubitarsi che � 
nella competenza sostitutiva della Cassa, di provvedere " alla progettazione ed alla 
esecuzione delle singole opere �, sia compresa anche quella di provvedere alle 
necessarie espropriazioni. Ma, ammesso, in ipotesi, che la competenza sostitutiva 



PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA� CIVILE 

1163 

rizz�ti a concedere alla Provincia e al Comune di Napoli, per il finanziamento 
di opere pubbliche di loro competenza, mutui garantiti dallo 
Stato per un ammontare complessivd rispettivamente di lire 5 miliardi 
. e di lire 35 miliardi, sancisce che le opere debbono essere effettuate 
secondo i programmi da predisporsi dall'Amministrazione e dal Comune 
di Napoli, d'intesa con la Ci;tssa per il Mezzogiorno, la quale provvede 
alla progettazione ed alla esecuzione delle singole opere con il ricavo 

dei mutui predetti. 

Inoltre l'ultimo comma prevede la facolt� della Cassa di affidare 

l'esecuzione dei singoli lavori alle Amministrazioni interessate. 

Trattasi, pertanto, di rapporti di collaborazione tra le Amministra


zioni degli enti locali e la Cassa per il Mezzogiorno, che con la pro


grammazione delle opere da eseguirsi giudicano l'utilit� e il rendi


mento delle stesse. Tale programmazione deve avvenire d'intesa tra i 

predetti enti, perch� gli stessi. sono entrambi gravati per legge del 

pagamento dei mutui da contrarre. 

Tali rapporti di collaborazione, del resto, sono confermati dalla 
convenzione intercorsa tra il Comune di Napoli e la Cassa per il Mezzogiorno, 
laddove, all'art. 6, mentre il primo si obbliga ad agevolare il 

si estenda anche alle espropriazioni, se ne deve inferire che, nel caso di c.d. 

affidamento dell'esecuzione dell'opera allo stesso ente interessato, anche la potest� 

qi procedere alle espropriazioni torni in capo a medesimi. 

Ed infatti l'art. 4 I. n. 297 del 1953 conferisce alla Cassa il potere di affidare 

�l'esecuzione dei singoli lavori... alle Amministrazioni interessate �. Pare chiaro 
qui che, non essendosi neppure detto � di � ma � dei �, l'espressione � usata come 
sinonima di � singole opere �, di cui al quinto comma dello stesso articolo (d'altra 
parte, a voler interpretare diversamente la norma, si perverrebbe, contro la sua ratio, 
a molteplici complicazioni nell'attuazione dei progetti, che, invece di essere facilitata, 
ne sarebbe ritardata: si ricordi, ad ogni buon conto, che trattasi di opere pubbliche 
e, per giunta, di pertinenza� del Comune e della Provincia, onde non avrebbe neppure 
senso fare riferimento alla distinzione che si fonda sull'autonomia del lavoro 
pubblico rispetto al suo risultato fi11ale e sulla q�ale v. RoEHRSSEN, I lavori pubblici, 
cit., 5, 7, e 19). A proposito dell'uJtimo comma dell'art. 4 I. n. 297 del 
1953, �deve, a questo punto, sottolinearsi che la sua interpretazione, conie peraltro 
ha riconosciuto la stessa sentenza del Tribunale, senza trarne, tuttavia, le debite 
conseguenze, va condotta tenendo necessariamente presente la legge organica 10 agosto 
1950, n. 646 e, segnatamente, l'art. 8 della medesima, modificato dall'art. 13 
1. 29 luglio 1957, n. 634, a mente del quale ~la Cassa pu� affidare l'esecuzione 
delle opere ad organi dello Stato e ad aziende autonome statali, o ne d� la concessione 
ad enti locali e loro consorzi, a consorzi di bonifica e di irrigazione, ad enti di 
diritto pubblico �. 
Come si vede, l'affidamento, inteso in senso tecnico, corrispo~de a quel rapporto, 
per cui la Regiorie si avvale di organi esecutivi statali come di organi propri 
in via transitoria ed occasionale; �, cio�, un rapporto, che � sembra svolgersi nel!'
ambito di una stessa organizzazione � (PESCATORE, Spunti sulla posizione, della 
Cassa per il Mezzogiorno, Foro it., 1957, IV,_ 161; m., L'attuazione degli interventi 



1164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

perfezionamento di accordi bonari e delle pratiche di espropriazione, 
queste debbono essere eseguite da appositi uffici della Cassa, sia pure 
per conto dell'Amministrazione comunale. 

La difesa della Cassa, per�, sostiene al riguardo .che detta convenzione 
sarebbe stata modificata da una lettera 27 settembre 1956 a firma 
del Sindaco di Napoli, con la quale il Comune si sarebbe obbligato a 
portare a conclusione le pratiche espropriative o di acquisto delle aree 
occorrenti per i lavori da eseguirsi. Ma � agevole osservare, giusta la 
eccezione sollevata dal Comune, che siffatto riconoscimento non impegna 
minimamente il Comune, non essendo il Sindaco legittimato ad 
assumere per lente oneri ed obblighi, in contrasto, per altro, con precedenti 
convenzioni stipulate ed approvate dagli organi dell' Amministrazione 
comunale {art. 142 e .segg. legge com. e prov.). 

straordinari per il Mezzogiorno, Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 547; ID., L'intervento 
straordinario nel Mezzogiorno d'Italia, Milano, 1962, 91 e segg.) e riguarda cc organi 
dello Stato ed aziende autonome statali� (PESCATORE, L'attuazione ecc., cit., 547; per 
la concezione di tale istituto come una cc particolare forma di concessione escogitata 
dalla legge per superare un ostacolo giuridico di principio, quello di prevedere. una 
concessione amministrativa da parte di un ente pubblico minore, quale la Cassa, a 
favore dell'Ente pubblico maggiore ed anzi massimo, lo Stato � v. invece Rocco, 

L'ordinamento giuridico della Cassa per il Mezzogiorno, Acque, bonif., costruz., 
1955, 111: contra, RoEHRSSEN, I lavori pubblici, cit. 189, nota, secondo il quale 
� la legge ha voluto soltanto che detti uffici provvedessero, ove la Cassa lo 
ritenga del caso, ad operazioni di carattere esecutivo � ). Trattasi, pertanto, di 
concetto diverso e contrapposto a quello, di cui ci si � precedentemente occupati, a 
proposito del rapporto fra Regione Siciliana ed enti locali ed enti pubblici incaricati 
dell'esecuzione di un'opera pubblica assunta a cura della Regione. 

Che si tratti, adunque, a proposito dell'ultimo comma dell'art. 4 I. n. 297 
del 1953, di un rapporto sostitutorio e non di immedesimazione organica � fatto 
palese dalla chiara contrapposizione e delimitazione di concetti ~ontenuta nell'articolo 
8 I. n. 646 del 1950, oltre che dalla stessa formula legislativa: �l'esecuzione dei 
singoli lavori potr� essere affidata dalla Cassa per il Mezzogiorno alle Amministrazioni 
interessate ,, (si � ben lungi, quindi, dall'ipotesi dell'affidamento di un 
certo incarico ad uffici esecutivi propri di altro ente). 

Questa differenza fondamentale fra il senso generico in cui il verbo affi�lare � 
usato nel cennato testo normativo della 1. n. 297 del 1953 e quello tecnico e specifico 
in cui � usato nell'art. 8 1. n. 646 del 1950 � stata gi� avvisata nella giurisprudenza 
arbitrale, che ha, appunto, qualificato il rapporto fra la Cassa �affidante,, ed il Comune 
di Napoli cc affidatario� come un rapporto intersoggettivo, in 1.,ase al quale il 
Comune provvede all'esecuzione delle opere in nome proprio e in definitiva con proprio 
onere finanziario, anche se con somme anticipate dalla Cassa, che esercita un 
penetrante controllo, cc rapporto, questo, pienamente inquadrabile nella concessione 
di opera pubblica ,, (Collegio arbitrale: Arbitri, Pres. Rizzatti, Est. Gionfrida, 
Reggiani, Tesauro, Giannini M. S.: lodo 23 dicembre 1963, Soc. Meridionale 
Strade c. Comune di Napoli, Foro it., 1964, 2249-2250). La differenza rispetto alla 
delegazione intersoggettiva (il citato lodo assimila, invece, i due rapporti) dovrebbe 
consistere nella presenza di un diretto interesse del Comune alla realizzazione del




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1165 

N� le conseguenze mutano nella ipotesi, invocata nel caso in esame 
dall'Avvocatura dello Stato, prevista dall'ultimo comma dell'art. 4 della 
citata legge n. 2W del 1953, nel caso, cio�, che la Cassa per il Mezzogiorno 
affidi la esecuzione dei singoli lavori alle Amministrazioni 
interessate. 

Invero, vigente l'art. 8 della legge istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno 
n. 646 del 1950 {la Cassa affida normalmente la esecuzione 
delle opere ad aziende autonome statali o ne d� la concessione ad enti 
locali), si rilev� giustamente che il termine generico � affidamento � 
riceve una particolare qualificazione della contrapposizione al termine 
concessione. Questa, come � noto, � istituto, che, muovendo dalla titolarit� 
di un pubblico potere, determina il. trasferimento dello stesso 
in altri e costituisce poteri e diritti che prima non gli appartenevano; 

l'opera, mentre nel soggetto meramente delegato tale interesse dovrebbe mancare 
(cfr. BENVENUTI, La concessione di opere pubbliche, Acque, boni-fiche costruzioni, 
1958, 3). Si � gi� visto che nel rapporto di delegazione, pur mancando un 
vero e proprio vincolo gerarchico, sussiste la potest� del delegante di impartire al 
delegato direttive vincolanti anche per il singolo caso concreto {v. nostro studio: 
In tema di delegazione amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 704-705; 
SILVESTRI, op. cit., 828; secondo alcuni, il delegante avrebbe addirittura, invece, 
un potere di avocazione: SANDULLI, Manuale di dir. amm., Napoli, 1955, 282; 
contra, di recente, ALGOZINI, Brevi note in tema di delegazione amministrativa, 
Giur. sic., 1965, 337). 

Nel rapporto di concessione di costruzione di opera pubblica e segnatamente 
in quelli instaurati dalla Cassa per il Mezzogiorno resta all'amministrazione concedente 
� il potere di regolare e indirizzare l'attivit� del concessionario e di esercitare i 
necessari controlli tecnici ed economici � (Cass., 8 giugno 1963, n. 1528, Riv. giur. 
edil., 1963, I, 1125). Quello che, per�, occorre qui sottolineare � che �l'attivit� di 
controllo non vale a rendere propria dell'ente concedente l'attivit� amministrativa e. 
tecnica dell'ente concessionario, esaurendosi nei riflessi interni del rapporto di concessione 
� (LAZZARO, In tema di responsabilit� della pubblica amministrazione, ecc., 
cit., Giur. sic., 1960, cit., 284 ed ivi, in nota, riferimenti di dottrina e giurisprudenza). 
Particolare importanza assume, cos�, l'insegnamento della Corte di Cassazione, su cui 
ci si � soffermati innanzi, secondo il quale, lungi.dall'ammettersi, altres�, una responsabilit� 
indiretta (in tali sensi v., invece, in tema di delegazione amministrativa, 
ma senza alcuna convincente dimostrazione, ALGozINI, Brevi note, ecc., cit., Giur. 
sic., 1965, cit., 337) dell'ente delegante o concedente, si prospetta la questione della 
corresponsabilit� di quell'ente sotto il paradigma dell'art. 2055 e.e. Occorre, 
cio�, un fatto illecito proprio di codesto ente, che concorra� con quello del delegato 
o del concessionario alla produzione del danno ingiusto. :Il: pacifico, infatti, 
in dottrina e in giurisprudenza, che quella norma prevede un concorso � di 
pi� fatti illeciti, coevi o successivi ,, nella produzione dell'evento (cfr. Cass., 
6 luglio 1951, n. 1798, Foro it., Mass., 1951, 436, sub 4; 14 maggio 1955, n. 1386, 
id., Mass., 1955, 300-301, sub l; 15 ottobre 1963, n. 2753, Giur. it., Mass., 1963, 
939; 30 ottobre 1963, n. 2927, ibidem, 1000, sub a; 22 maggio 1964, n. 1262, id., 
Mass., 1964, 409; App. Palermo, 27 april~ 1962, Soc. ind. Russo c. Lo Buono, Foro it., 
Rep., 1963, voce Responsabilit� civile, n. 87, c. 2392; App. Roma, 30 luglio 1962, 



1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
si tratta dunque di un rapporto corrente tra un ente pubblico, in posi-ili 
1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
si tratta dunque di un rapporto corrente tra un ente pubblico, in posi-ili 
zione di supremazia, ed un altro soggetto, pubblico o privato, in posizione 
di subordinazione. 

L'affidamento, invece, sottolinea la esistenza di un rapporto di 
carattere fiduciario, che non presuppone differenza di posizione, ma 
che si svolge nell'ambito di una �stessa organizzazione. E la vigente 
legge 29 luglio 1957 n. 634, all'art. 13, testualmente riferisce l'affidamento 
ad organi dello Stato e ad aziende autonome statali, mentre la 
concessione riguarda enti al di fuori dell' organizz�zione statale. 

Sia nell'affidamento che nella concessione il contenuto del rapporto 
consiste nel procedere alla esecuzione dei lavori in sostituzione della 
Cassa e, quindi, nell'appaltarli o eseguirli in economia, secondo i casi, 
nel dirigerli, sorvegliarli e contabilizzarli. 

Soc. ed. Torinese c. Romano, Foro it., Rep., 1963, voce Responsabilit� civile, 

n. 92 bis, c. 2392; BoNASI BENuccI, La responsabilit� civile, Milano, 1955, 87; 
MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, p. I, tomo Il, Milano, 
1954, 516-517). 
Ed � chiaro, cos�, se ce ne fosse bisogno, che non pu� aversi, ai fini della 
responsabilit� ex art. 2055 e.e., concorso di attivit� lecita con attivit� illecita. 

Alla stregua di tali risultati dell'indagine, la sentenza del Tribunale di Napoli, 
qui in rassegna sub III, appare criticabile, perch�: a) applica al rapporto CassaComune 
il concetto di affidamento, invece di quello di concessione; b) desume da 
una presunta posizione di parit� dei due enti e dal generico riferimento ad un 
� concerto � della loro azione la loro corresponsabilit� solidale, senza darsi carico 
di precisare ed approfondire quale concreto fatto illecito concorrente potesse 
ritenersi provato come imputabile alla Cassa. 

:il: incontestabile che, se l'immobile non fosse stato occupato dalla Cassa, 
che poi � affid� � l'esecuzione dei lavori al Comune, consegnandogli l'immobile 
medesimo, non si sarebbero potute neppure verificare la protrazione ultrabiennale 
senza titolo di tale occupazione e la trasformazione del bene in sede stabile del1'
opera pubblica (strada cli accesso dalla via N. Maddalena alla nuova aerostazione 
dell'aeroporto di Capodichino). Ma il Tribunale non ha considerato che 
l'occupazione da parte della Cassa -dato che, come dice la sentenza, dovesse 
restare un fatto ad essa proprio -avvenne in base a decreto prefettizio non 
impugnato in sede di legittimit�, ossia in base a valido titolo, epper� corrispondeva 
all'esercizio di un diritto. La consegna dell'immobile al Comune " affidatario � 
(cio� concessionario) del lavoro a norma dell'ultimo comma dell'art. 4 �1. n .297 
del 1953 si inquadrava, a sua volta, nella vicenda dello " affidamento � dei lavori 
al Comune prevista dalla legge speciale � come tale rilevante verso i terzi (per i 
riflessi esterni del rapporto pubblicistico di concessione v. anche Cass., 9 maggio 
1962, n. 928, Foro it., 1962, I, 2112, nella motivazione). Quanto, infine, alla pretesa 
assunzione pattizia da parte della Cassa dell'obbligo verso il Comune di provvedere 
alle espropriazioni occorrenti per lesecuzione delle opere programmate in base alla 

1. n. 297 del 1953, deve subito osservarsi che, se, come si � gi� accennato, in mancanza 
di una norma espressa della 1. n. 297 del 195~, sembra fondatamente da 
escludere che la competenza. sostitutiva della Cassa si estenda per legge anche alle 
espropriazioni occorrenti per la realizzazione delle opere, . non �, certo, possihile 

PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 1167 

Ma, essendo le posizioni soggettive diverse, in quanto la condizione 
di concessionario corrisponde ad una posizione subordinata, 
mentre l'affidamento intercorre con un organo dello Stato o con una 
azienda autonoma statale ed � quindi un rapporto inter pares, ne consegue 
che i modi della esecuzione nella concessione presentano la 
consistenza e la forma di una attivit� nella quale il concessionario si 
pone in una posizione subordinata rispetto al concedente e nell'affidamento, 
invece, si configurano come un sistema di collaborazione tra 
la Cassa e gli affidatari. Pertanto, la Cassa per il Mezzogiorno e il 
Comune hanno agito di concerto ed in collaborazione fra di loro: non 
soltanto la occupazione dei beni � avvenuta previo concerto di essi enti 
interessati nel quadro della comune programmazione, ma la lesione del 
diritto di propriet� per la persistenza della detenzione dell'immobile 

ammettere che tale estensione sia stata validamente operata con l'accordo di cui 

all'ultima parte dell'art. '6 della Convenzione stipulata il 22 settembre 1953 dal 

Comune di Napoli con la Cassa per il Mezzogiorno. E ben chiaro, infatti, che, essen


dovi per legge un riparto fra enti pubblici di attribuzioni in ordine ad una data 

materia, ossia trattandosi di competenze istituzionali (di enti pubblici: v. FORTI, 

Diritto amministrativo, voi. I, Napoli, 1931, 105), il loro assetto non � derqgabile 

con atti di autonomia, neppure pubblica (v. ZANOBINI, Corso di diritto ammini


strativo, voi. I, Milano, 1958, 143). 

Se, viceversa, dovesse ammettersi che, pur in mancanza di apposita norma 

espressa, la competenza sostitutiva attribuita alla Cassa per il Mezzogiorno dalla 

I. n. 297 del 1953 si estenda anche alle espropriazioni per p.u., resterebbe e resta 
pur sempre da sottolineare che alla ripetuta Convenzione 22 settembre 1953 la 
Cassa ed il Comune addivennero � allo scopo di regolare l'applicazione delle 
norme contenute nella I. 9 aprile 1953, n. 297, per la parte riguardante l'intervento 
della Cassa per il Mezzogiorno�, epper� il patto� di cui all'art. 6 non potrebbe 
avere,� ad avviso di chi scrive, altro valore che quello di specificare in che modo 
la Cassa avrebbe provveduto alle espropriazioni per p.u. sul presupposto e per 
l'ipotesi che il potere di espropriazione per p.u. ad essa, appunto, spettasse. Ma, 
allora, nulla autorizza a dedurre, dall'interpretazione armonica di tutta la Convenzione, 
in relazione con le norme della legge speciale, che in quell'articolo si 
volesse e si potesse stabilire, in via assoluta e preventiva, una riserva di competenza 
della Cassa a procedere, anche quando la costruzione delle opere fosse � affidata ,, , 
cio� � concessa ,, al Comune, alle espropriazioni occorrenti. E normale, infatti, che 
nella concessione c.d. traslativa quanto meno � si verifica una successione del 
concessionario nell'esercizio dei diritti e dei poteri della P.A. ,, e, quindi, trattandosi 
di concessione di costruzione di opera pubblica, la successione riguarda 
anche l'esercizio del potere di ottenere la pronuncia di espropriazione (cfr. Cass., 
� 11 
maggio 1964, n. 1129, Giur. it., Mass., 1964, 363; v. anche Cass., 9 maggio 
1962, n. 928, id., Mass., 1962, 336; in dottrina v. BENVENUTI, La concessione di 
opere pubbliche, cit., 2). Ed il c.d. � affidamento ,, della legge speciale n. 297 
del 1953 ha per oggetto, appunto, la costruzione di singole opere, ossia la successione 
del concessionario nella posizione complessiva del concedente in ordine alla 
costruzione di tali opere. Ebbene, solo il potere della Cassa di compiere tale tipico 
atto � previsto dalla legge speciale n. 297 del 1953 e non altro, n� altro poteva 
introdurre, quindi, una mera convenzione esecutiva. E, d'altra parte, sarebbe valida, 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

1168 

alieno senza provvedere alla espropriazione nel termine di cui al citato 
art. 73 � stata determinata dal coordinamento dell'attivit� degli enti 
convenuti. 

N�, certo, il Comune pu� esimersi da tale responsabilit�; essendo 
proprietario dell'opera pubblica da eseguire � tenuto pertanto a corrispondere, 
in definitiva, sia pure pro-parte e con il contributo dello 
Stato, il prezzo di espropriazione dell'immobile. -{Omissis). 

e con quale rilevanza verso i terzi, una preventiva regolamentazione pattizia del!'
esercizio da parte di un ente pubblico del suo potere di effettuare un certo tipo 
di concessione, che predetermini in astratto e in maniera vincolante una data 
limitazione dell'ambito delle future concessioni? 

Non sembra, adunque, che la terza sentenza qui annotata sia da condividere, 
come le prime due. 

F. CARUSI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 giugno 1965, n. 1189 -Pres. 
Rossano -Est. Arienzo -P.M. Di Majo (conf.) -Ministero Trasporti 
{avv. Stato Graziano) c. Societ� Italiana Strade Ferrate del Mediterraneo 
(avv.ti Messina, Baseggio, Nicol�). 

Obbligazioni e contratti -Integrazione del contratto -Funzione Rapporto 
con l'attivit� interpretativa. 
(e.e., artt. 1374 e 1362 e segg.). 

Obbligazioni e contratti -Integrazione del contratto -Richiamo 
all'equit� -Significato specifico e portata. 
(e.e., art. 1374). 

Arbitrato -Dovere degli arbitri di giudicare �secondo diritto Ricorso 
al criterio dell'equit� come fonte di integrazione del 
contenuto del contratto -Legittimit�. 
(c.p.c., art. 822; e.e., art. 1374). 

L'integrazione del contratto, prevista dalfart. 1374 e.e., ha la specifica 
finalit� di assicurare che il negozio svolga interamente la funzione 
economico sociale che lo caratterizza e che ne giustifica la tutela: 
a tale norma, quindi, nonostante la collocazione nel codice sotto il titolo 
degli effetti del contratto, non pu� disconoscersi valore per la determinazione 
del contenuto del contratto, di cui gli effetti sono una conseguenza. 
La interpretazione e rintegrazione del contratto, infatti, pur 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1169 

nella sistematica delle norme accolte nel codice, non sono attivit� distinte, 
ma organicamente dirette alla unitaria ricerca del contenuto obbligatorio 
del contratto e degli effetti che ne scaturiscono (1). 

L'equit� richiamata nelfart. 137 4 e.e. non � sostitutiva delfapplicazione 
di norme di diritto, ma sussidiaria o integrativa, per un puntuale 
adattamento della norma giuridica al caso concreto: essa cio� va intesa 
non come richiamo di norme extragiuridiche, per un giudizio secondo 
equit� in luogo di una pronuncia secondo diritto, bemi nel senso che il 
contratto deve essere valutato secondo corretti criteri di logica giuridica, 
per r esatta determinazione dei suoi effetti (2). 

L'applicazione dell'art. 137 4 e.e., in quanto fa riferimento all'equit�, 
non esula dalla potest� degli arbitri, tenuti a giudicare secondo diritto: 
r equit� in esso considerata non �, infatti, sostitutiva delr applicazione 
di norme giuridiche, ma opera nell'ambito delle stesse e si inquadra in 
un giudizio di diritto {3). 

(Omissis). -La ricorrente Amministrazione col primo motivo 
-sotto il profilo della violazione degli artt. 829 n. 4 e 827 c.p.c. con 
riferimento agli artt. 24, terzo comma, lett. C, 48 della convenzione 
10 luglio 1926 approvata con r.d.l. 29 luglio 1926, n. 1450 e 1374 e.e. -, 
censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il Collegio arbitrale, 
applicando l'art. 1374 e.e., si fosse mantenuto nell'ambito del 
potere conferitogli con la clausola compromissoria, senza considerare 
che tale potere era stato circoscritto all'interpretazione della clausola di 
cui all'art. 24 cit. della convenzione e che, quindi, l'integrazione del 
contratto operata dagli arbitri con il ricorso all'equit�, di cui all'art. 1374 
e.e., costituiva un'esorbitanza dai limiti della clausola compromissoria, 

(1-3) Integrazione ed interpretazione dei contratti. 

Premesso che l'integrazione del contratto prevista dall'art. 1374 e.e. costituisce 
attivit� intesa ad assicurare il compiuto svolgimento della funzione economicosociale 
che caratterizza il negozio, la Suprema Corte ha ritenuto di poterla assimilare 
all'interpretazione del contratto. Secondo l'impostazione adottata nella sentenza, 
le norme di integra,zione e, in ispecie, l'art. 1374, pur attenendo all'individuazione 
degli effetti del negozio, dovrebbero in sostanza considerarsi norme interpretative, 
in quanto, come queste e in organica relazione con queste, tenderebbero alla determinazione 
del contenuto del negozio. � . 

Tale principio non sembra accettabile. Sotto un profilo schiettamente teleologico, 
esso collega la produzione degli effetti propri delle norme suppletive d'integrazione. 
ad una volont� delle parti non espressa e che � assolutamente arbitrario 
presumere. Da questo punto di vista, la sentenza finisce per negare l'esistenza di 
norme integrative, poich� riconduce la loro efficacia ad una vera e propria finzione: 
alla finzione che le parti abbiano voluto gli effetti che ad esse risalgono. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1170 

implicando un giudizio di equit� non consentito agli arbitri, i quali 
erano tenuti a giudicare secondo diritto. La disposizione dell'art. 1374 
e.e., sostiene la ricorrente, non poteva essere applicata dagli arbitri, 
nel decidere la. questione ad essi deferita, non tanto per l'ubicazione 

topografica della norma sotto la rubrica � integrazione del contratto � 
e nel capo che ne disciplina gli effetti, quanto perch� essa � diretta 
non a stabilire il senso della disposizione contrattuale bens� a farne scaturire 
effetti in base alla legge, agli usi e all'equit� oltre quelli che 
derivano dalla manifestazione esplicita di volont� e dalla sua interpretazione. 


La doglianza � infondata. 

La sentenza impugnata, con riguardo alla prima delle due censure 
contenute nel motivo del ricorso, ha osservato che la norma che regola 
gli effetti del contratto non esulava dalla competenza degli arbitri, chiamati, 
a norma dell'art. 48, a giudicare, oltre che sull'interpretazione, 
anche sull'esecuzione della convenzione, nella quale fase si attuano. 
appunto gli effetti dell~ .pattuizione. E, con riferimento alla seconda 
censura, che gli arbitri, nell'applicare il criterio integrativo dell'equit�, 
previsto dall'art. 1374 e.e., abbiano pronunciato non secondo diritto 
bens� come giudici di equit�, ha rilevato che l'adozione dell'equit� 

I

-~ 

come elemento sussidiario di giudizio secondo logica, in attuazione 
della norma citata, comporta non una pronuncia secondo equit� ai ii~

~ 

sensi dell'art. 113 e dell'art. 822 c.p.c., bens� secondo diritto in attua,. 


,

zione di una norma di diritto sostanziale che fa richiamo all'equit� . 
come criterio di valutazione logica e non come complesso di norme . 
. 
extra-giuridiche. Entrambe le considerazioni poste a fondamento della ;) 

,

I

=~

decisione sono ispirate ad esatti principi giuridici. 
La controversia, demandata al giudizio secondo diritto degli arbitri, 
aveva per oggetto la determinazione del contenuto e degli effetti giu-

In realt�, la distinzione fra interpretazione ed integrazione del negozio viene 

posta in termini assai netti dalla dottrina, che ha chiarito come la prima attenga 

a punti del regolamento negoziale, compresi nell'idea espressa dalla formula adottata 

dalle parti, come tali intelligibili e riconoscibili, anche se la formula stessa non 

si � adeguata al significato da esprimere, mentre la seconda postula l'assenza di 

un precetto, comunque ricavabile dalla formula, una lacuna, perci�, che non riguarda 

l'espressione, ma invece l'idea stessa del regolamento negoziale. L'integrazione, 

pertanto, non concerne la fattispecie negoziale, bensl unicamente gli effetti del 

negozio. In tal senso si vedano: BErn, Interpretazione della legge e degli atti 

giuridici, Milano, 1949, 300 e segg.; SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del 

diritto civile, Napoli, 1954, 207; MEssINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, 

Milano, 1952, vol. II, parte Il, 486. 

Interpretazione e integrazione non si pongono sullo stesso piano, ma corri


spondono a momenti logici distinti e che, anzi, in certo modo, si contrappongono. l:� '


Il ricorso alle norme d'integrazione presuppone infatti la ricerca interpretativa, . 

. 

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~,::::.-W:fl )0f0 .m.::: . . . -~-.re..-m. m .�.. ::::::: .�':f&:=@ ~f.ffe-W~--m-:mw.--m=-="-%'..:f.~~:r.:�::::-::r:w.:..,,,-:::=: -'"~W'<-::0:.:::::-:::::=' 


PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZJ\. CIVILE 1171 

ridici della clausola contrattuale (art. 24) che faceva riferimento al capitale 
investito nell'esercizio e, cio�, si risolveva nell'accertare, con riguardo 
al momento di esecuzione del contratto, se, con quella locuzione, le 
parti si fossero ,riferite alla somma di danaro impiegata nell'esercizio 
ovvero al valore patrimoniale. 

Ora, rientrando nella competenza degli arbitri la potest� di giudicare 
non soltanto sull'interpretazione ma anche sull'esecuzione della 
convenzione, legittima era l'applicazione dell'art. 1374 e.e., che, secondo 
la posizione sistematica nel codice, attiene agli effetti del contratto cui 
si deve far riferimento nella fase di esecuzione. D'altra parte, l'integrazione 
del contratto, prevista dall'art. 137 4 e.e., nel momento in cui se ne 
attuano gli effetti, ha la specifica finalit� di assicurare che il negozio 
svolga, in relazione alle esigenze che lordinamento giuridico tende a 
soddisfare, interamente la funzione economico-sociale che lo caratterizza 
e che ne giustifica la tutela. A tale norma, nonostante la collocazione 
sotto il titolo degli effetti del contratto, non pu� disconoscersi valore 
per la determinazione del contenuto del contratto di ,cui gli effetti sono 
una conseguenza. 

L'interpretazione � l'integrazione del contratto, pur nella sistemamatica 
delle norme accolte nel codice, non sono attivit� distinte ma 
organicamente dirette all'unitaria ricerca del contenuto obbligatorio e 
degli effetti che ne scaturiscono. Infatti, concluso validamente il contratto, 
la com�ne intenzione delle parti riflette la propria efficacia vincolante 
nei rapporti tra le stesse e gli effetti del contratto corrispondono normalmente 
ad essa. E, anche a non accogliere la teoria che la concordanza 
degli effetti giuridici con l'intento normale diretto al risultato pratico 
� puramente oggettiva, provvedendo esclusivamente l'ordinamento giuridco 
a stabilire tale concordanza, non pu� negarsi che la funzione integrativa 
del contratto � attuata mediante norme, suppletive e dispositive, 

poich�, ove esiste una dichiarazione delle parti (con il significato che ad essa si 
pu� attribuire in via di interpretazione), non possono entrare in vigore norme che 
postulano l'assenza di qualsiasi dichiarazione o di una dichiarazione contraria 
(BETTI, op. cit., 302, 303). 

La stessa Corte Suprema aveva del resto fatto propri tali concetti con la 
sentenza 2 aprile 1947, n. 503, Foro pad., 1947, I, 281, richiamata nella motivazione, 
~econdo la quale l'art. 1374 attiene non all'interpretazione, ma all'individuazione, 
oltre ed in aggiunta alla volont�, di elementi atti a determinare il contenuto delle 
obbligazioni che dal contratto discendono. 'Nello stesso senso, sempre con una 
distinzione netta fra integrazione ed interpretazione, Cass., 7 agosto 1964, n. 2259, 
Foro it., Rep., 1964, voce Obbligazioni e contratti, n. 253, riguardante gli usi 
normativi preveduti dall'art. 1374. 

Orbene, sembra lecito ritenere che, ove la distinzione dianzi richiamata fosse 
stata posta a base della decisione, il problema concernente l'applicazione delle 
norme suppletive d'integrazione ai negozi dell'Amministrazione pubblica avrebbe 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1172 

che, anche se non richiamate dalle parti, debbono essere ritenute conformi 
alla volont� contrattuale e aderenti alla natura dell'oggetto o 
alla peculiarit� della causa o alla concreta disciplina convenzionale. 
Infondato �, quindi, l'assunto della ricorrente che, mediante l'applicazione 
dell'art. 1374 e.e., si modifica il contratto aggiungendosi ad esso 
qualcosa, perch� le ulteriori conseguenze che si fanno derivare dal contratto 
secondo la legge, gli usi e lequit� corrispondono all'intento pratico 
voluto dalle parti in attuazione di norme che integralmente lo 
attuino. N� pu� farsi riferimento alla giurisprudenza, che sembra implicitamente 
richiamata dalla ricorrente, secondo la quale nella interpretazione 
dei contratti, in cui interviene la P.A., non � consentito indagare 
quale possa essere stata la presumibile volont� delle parti in contrasto 
col testo lessicale della convenzione, dovendo, in tal caso, aver prevalenza 
la volont� manifesta rispetto a quella effettiva (Cass., 28 gennaio 
1960, n. 101; 18 maggio 1960, n. 1255). Infatti, data l'ampiezza 
della clausola compromissoria, per gli arbitrati di opere pubbliche di 
cui trattasi, � ammissibile anche il ricorso ali' equit�, per �risolvere le 
questioni sottoposte agli arbitri circa il contenuto obbligatorio della 
clausola e in coerenza col testo della stessa. 

Con riguardo, poi, al criterio dell'equit�, richiamato nell'art. 137 4 e.e., 
la ricorrente sostiene con la seconda censura che, sotto l'apparente applicazione 
di una norma di diritto, gli arbitri abbiano sostanzialmente giudicato 
in modo non conforme al diritto, in quanto hanno introdotto 
lequit� nella interpretazione della clausola deferita al loro esame. 
AI contrario, non esulava dalla potest� degli arbitri l'applicazione dell'art. 
1374 e.e. anche per quanto riguarda il richiamo al criterio dell'equit� 
come fonte di integrazione del contenuto obbligatorio del contratto, 
perch�, applicando una norma di diritto sostanziale, giudicavano 
secondo diritto. L'equit�, richiamata nella detta disposizione, � un elemento 
sussidiario per derivare dalle norme contrattuali elementi apprezzabili 
al fine di determinare i limiti e il contenuto delle obbligazioni 
contratte (Cass., 2 aprile 1947, n..503). L'equit�, qui considerata, va 
intesa non come richiamo di norme extragiuridiche per un giudizio 
secondo equit� in luogo di una pronuncia secondo diritto, bensl nel 

dovuto essere impostato in termini diversi. Non sarebbe stato possibile, infatti, 
riportare le conseguenze derivanti dalle norme integrative ad un intento pratico 
" voluto ,, dalle parti e perci� collegato alle loro dichiarazioni. L'inesistenza di un 
tale collegamento (che � poi, come si � visto, presupposto per l'applicazione delle 
norme suppletive d'integrazione) avrebbe ricondotto la fattispecie nell'ambito di 
applicazione del principio secondo il quale il testo della dichiarazione impedisce, 
nei confronti dell'Amministrazione, una ricerca attinente alla volont� inespressa 
eventualmente diversa (Cass., S.ez. Un., 18 maggio 1960, n. 1225, Giust. civ., 1960, 
I, 404; Cass., 28 gennaio 1960, n. 101,. Foro it., 1961, I, 382; 26 giugno 1946, 


PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1173 


senso che il contratto deve essere valutato secondo corretti criteri di 
logica giuridica per la determinazione esatta degli effetti. Secondo la 
comune distinzione, non trattasi di equit� sostitutiva dell'applicazione 
di norme, ma di equit� sussidiaria o integrativa, per un puntuale adattamento 
della norma al caso concreto; l'equit� opera, cio�, nell'ambito 
della norma e si inquadra in un giudizio di diritto. 

Col secondo motivo la ricorrente -denunciando la violazione e la 
falsa applicazione degli artt. 829, primo comma, n. 4, 817 e 37 c.p.c., 
con riferimento agli artt. 24 e 28 della Convenzione 10 luglio 1926, 
1467 e.e., 2 e 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, alle norme 
sulla contabilit� di Stato e ai principi di diritto sui contratti della P.A., 
nonch� lomesso esame e lomessa motivazione su uno specifico motivo 
di impugnazione -, si duole che la Corte del merito abbia omesso di 
pronunciarsi sul secondo motivo della sua impugnazione, con il quale 
si era sostenuto che il collegio arbitrale aveva operato una sostanziale 
reductio ad aequitatem della clausola controversa, non solo pronunciando . 
fuori dei limiti del compromesso, ma addirittura invadendo un campo 
sottratto alla giurisdizione del giudice ordinario. 

L'assunto che gli arbitri avessero operato una reductio ad aequitatem 
del contratto esprime, sotto altro aspetto, la tesi, gi� sostenuta 
col primo motivo, che gli arbitri, invece di giudicare secondo diritto, 
avevano formulato un giudizio secondo equit�, modificando il contenuto 
del contratto. La censura, per le gi� esposte considerazioni, che 
hanno negato un giudizio equitativo, deve essere rigettata anche sotto 
il profilo dell'omesso esame, pel'ch� anche in sede di gravame restava 
assorbita, dopo il rigetto del motivo relativo all'assunto che gli arbitri 
avessero pronunciato secondo equit�. 

Infine, la ricorrente -sotto il profilo della violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 829, primo comma, n. 4, 817 e 37 c.p.c., con riferimento 
agli artt. 24 e 28 della Convenzione 10 luglio 1926, approvata 
con r.d.l. 29 luglio 1926, n. 1450, agli artt. 2 e 4 della legge 20 marzo 1965, 

n. 2248, all. E, alle norme sulla contabilit� dello Stato e ai principi di 
diritto che disciplinano i contratti e le concessioni della P.A. -si duole 
che la Corte del merito non abbia considerato che gli arbitri, avendo 
n. 7 46, id., Rep., 1946, voce Amministrazione dello Stato, 29). Infatti, se, nei 
confronti dell'Amministrazione, il Supremo C�llegio ritiene inibita un'interpretazione 
extratestuale del negozio, a maggior ragione dovrebbe ritenere impossibile 
una integrazione che non trovi r�scontro nella formula costituente espressione 
del regolamento negoziale. 
La decisione 28 gennaio 1960, n. 101, dianzi citata, sembra costituisca, d'altra 
parte, un precedente specifico in tal senso. Invero, nonostante il riferimento all'interpretazione, 
la fattispecie allora decisa riguardava forse un'ipotesi di integrazione 
del contratto (si deduceva, infatti, l'esistenza implicita di un obbligo del Comune 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1174 

modificato il contratto, integrandolo con il ricorso all'equit�, avevano 

finito con il violare i limiti della giurisdizione dello stesso giudice ordi


nario, invadendo un campo riservato alla P.A. � 

La censura � riposta sull'errato presupposto che gli arbitri abbiano 
modificato il contenuto della convenzione, violando i limiti del loro 
potere giurisdizionale e sovrapponendosi al potere discrezionale della 

P.A. di regolare una concessione amministrativa. Gli arbitri, al contrario, 
come sopra si � detto, non hanno modificato il contenuto della Convenzione, 
ma hanno determinato il contenuto obbligatorio della Convenzione 
e gli effetti che, secondo la legge, derivavano per I.e parti. 
Il rico~so, pertanto, va rigettato. -(Omissis). 

avente ad oggetto l'espulsione di baraccati abusivi da un'area compravenduta, 
obbligo che sarebbe risultato dall'esistenza di un termine per la costruzione di edifici 

� sull'area stessa da parte del compratore). 

Per quanto attiene alla natura dell'equit� considerata nell'art. 1374, si ritiene 
in dottrina che essa non si contrapponga al diritto, derogando ad esso, ma che 
regoli invece la fattispecie in via suppletiva: cfr. BETTI, Teoria generale del negozio 
giuridico, Torino, 1950, 91 e segg.; GmRoN, in Comm. del cod. civ., a cura di 
D'Amelio e Finzi, Firenze, 1948, sub artt. 1374, 519, 520; BARASSI, Teoria generale 
delle obbligazioni, Milano, 1946, II, 495; SANTORo PASSARELLI, Dottrine generali, 
cit., 209. 

Sull'applicazione, da parte degli arbitri, delle norme suppletive di cui all'art. 
1374, cfr., in sen.so conforme, Cass., 2 aprile 1947, n. 503, Foro pad., 1947, I, 281. 

F. BATISTONI FERRARA 
CORTE DI . CASSAZIONE, Sez. III, 6 agosto 1965, n.. 1883 -Pres. 
Boccia -Est. Speziale -P.M. Gentile (conf.) -Santorelli {avv. 
Della Pietra) c. Provincia di Napoli (avv.ti Del Pozzo, Florio, 
Marotta). 

Prescrizione -Prescrizione in materia civile -Azione di regresso 
tra 'corresponsabili -Interruzione del termine di prescrizione 
per effetto della domanda giudiziale del danneggiato nei confronti 
di uno dei corresponsabili -Sussiste. 

(e.e., artt. 1299, 1310, comma primo, 2055, comma secondo). 

Nel caso che pi� soggetti siano tenuti in solido ad una medesima 
prestazione ed uno solo di essi sia stato convenuto in giudizio dal creditore, 
il convenuto pu� esercitare azione di rivalsa verso gli altri debi




PARTE I, SEZ. ne, GIURISPRUDENZA CIVILE 1175 

tori, giovandosi, ai fini della prescrizione, delfeffetto interruttivo prodotto 
dalla domanda giudiziale del creditore, che opera, per il disposto dell'art. 
1310, comma primo, e.e., anche nei confronti degli altri debitori 
solidali (1). 

(1) La motivazione della sentenza � pubblicata in Foro it., 1965, I, 1645-1647; 
�contra: Cass., 13 maggio 1954, n. 1518, Foro it., 1955, I, 57 e Temi genovese, 1954, 
329, con nota critica del Crucco; 25 maggio 1955, n. 1584, Resp. civ., 1955, 497; 
29 febbraio 1956, n. 611, Giust. civ., Mass. Cass., 1956, 210. Peraltro Cass., 9 giugno 
1956, n. 1983, ibidem, 668 e 20 ottobre 1958, n. 3356, id., Mass. Cass., 1958, 1202, 
avvertono che �l'azione di regresso proposta da� un coobbligato, per ottenere dagli 
altri coobbligati il parziale rimborso delle somme pagate per danni. prodotti dalla 
circolazione di veicoli, si prescrive con il decorso di dieci anni, se gi� risulti giudizialmente 
accertata Ia responsabilit� del coobbligato nella detetminazione dell'evento 
dannoso, mentre, nel caso inverso, quando cio� a tale accertamento non si � 
provveduto, l'azione � soggetta alla prescrizione breve di due anni stabilita dall'art. 
2947 e.e. �. 

La sentenza in rassegna rileva che l'affermazione che l'articolo 1310 e.e. 
operi solo nei rapporti fra i creditori e i debitori solidali e non anche nei rapporti 
interni fra i condebitori " si risolve in una petizione di principio �, osservando che 
in tal modo si d� per dimostrato quel che invece si doveva dimostrare e, segnatamente, 
non si tiene conto che � l'azione spettante al debitore solidale, che abbia 
pagato l'intero debito, per ripetere dai condebitori in tutto o in parte quanto ha 
versato, � in sostanza un'azione in surrogazione � e che colui che agisce in surrogazione 
ai sensi dell'art. 1203, n. 3, e.e. � subentra nella stessa posizione giuridica 
del creditore soddisfatto�, Nel senso che l'azione di regresso del condebitore solidale 
abbia natura surrogatoria, onde il termine di prescrizione decorrerebbe dal giorno 
dell'evento dannoso, v. Cass., 25 maggio 1955, n. 1584, Giust. civ., Mass. Cass., 1955, 

586.� Cass., 22 maggio 1963, n. 1338, Giur. it., Mass., 1963, 462, osserva che a la surrogazione 
presuppone il pagamento del debito, ma anche che esso sia stato effettuato 
da chi aveva l'obbligo di pagare con altri o per altri, ovvero ne sia responsabile 
per disposizione di legge�. In dottrina si �, invece, contrapposta l'azione di 
regresso a quella in surrogazione: la prima � non � pi� quella originaria del creditore, 
ma � bens� autonoma, soggettivamente e obiettivamente, con diversa estensione 
e differenti caratteristiche, priva ormai della garanzia della solidariet� passiva. 
L'azione di regresso trova nel fatto illecito solo una remota origine, ma nasce in 
realt� direttamente da un fatto del tutto diverso e cio� da un pagamento parzialmente, 
se non anche totalmente, indebito � e si �, quindi, affermato che l'azione 
di regresso soggiace all'ordinario termine di prescrizione decennale, �con decorrenza 
dal momento del pagamento dell'intero debito: BoNASI BENUCCI, La responsabilit� 
civile, Milano, 1955, 103. 
Per quanto riguarda pi� specificamente la questione di prescrizione della 
azione di rivalsa della P.A. verso il proprio dipendente occorre distinguere fra 
l'ipotesi in cui si tratti di impiegato, o comunque di persona vincolata volontariamente 
alla P.A., e sussista la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, e l'ipotesi 
in cui l'azicme di rivalsa sia esperibile innanzi al G.O.' Nella prima ipotesi, appare 
chiaro che all'Amministrazione compete l'azione contrattuale, soggetta, pertanto, 
alla prescrizione decennale, con decorrenza quanto meno dal momento in cui il 
danno all'Erario sia divenuto certo e attuale, per effetto di condanna esecutiva o 
di transazione approvata: v. in questa Rassegna, 1965, I, 505, sub nota 3. Per la 



1176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

seconda ipotesi,. � stato osservato, nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli 
anni 1951-1955, vol. I, Roma, 1957, 145, non essere dubbio �che la P.A., la quale 
abbia risarcito il danno cagionato da un suo dipendente .(non impiegato), possa 
surrogarsi al creditore ai sensi dell'art. 1203, n. 3, e.e. � e, trattandosi di danno 
prodotto dalla circolazione di veicolo, si � precisato che � in tal caso, esercitando 
essa la stessa azione del danneggiato, non pu� non applicarsi l'art. 2947, secondo 
comma, e.e., tenendosi conto, per�, che l'azione instaurata dal danneggiato contro 
la P.A. interrompe il corso della prescrizione anche nei confronti del dipendente, 
autore del danno, pur se eventualmente costui non sia stato citato in giudizio " 
(Relazione cit., vol. loc. citt.); si � aggiunto, tuttavia, che, quando la P.A. risponde 
per il fatto del suo dipendente, considerato come fatto proprio in virt� del rapporto 
organico, non � il caso di parlare di mero regresso ex art. 2055, comma secondo, e.e., 
ma �in sostanza qui il fatto � uno solo ed � imputabile a una sola persona: l'autore 
del danno. La. responsabilit� verso i terzi � duplice, dell'autore e della P.A. Questa, 
peraltro, ove abbia riSarcito il danno e non intenda avvalersi della generale azione 
surrogatoria, pu� agire contro il dipendente in virt� del rapporto di dipendenza ... 
Il dipendente dell'amministrazione ha assunto verso di questa l'obbligo giuridico 
di prestare la propria opera con diligenza e perizia; la violazione di quest'obbligo 
d� luogo a responsabilit� contrattuale ... questo principio, che si trae dall'art. 82 
della legge sulla contabilit� generale dello Stato, non pu� non applicarsi, per la 
sua portata generale, anche� ai dipendenti che non possono considerarsi pubblici 
impiegati (militari di leva), ma che, tuttavia, sono legati alla P.A. da un rapporto 
di servizio il cui contenuto, sanzionato anche penalmente, comprende l'obbligo 
specifico di adempiere le proprie mansioni con diligenza e perizia " (Relazione ecc., 
cit., vol. cit., 145-146). Sul problema v. anche le note di F. CHIAROTTI, in questa 
Rassegna, 1954, 189 e segg.; id., 1956, 179 e segg.; id., 1957, 151 e segg. (recensione 
a G. AMORTH, La prescrizione in materia di circolazione stradale1 ecc., Foro it., 
1957, I, 1563 e segg.), nonch� la Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 
1956-1960, vol. Il, Roma, 1961, 184 e segg. < 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 agosto 1965, n. 1965 -Pres. 
Cannizzaro -Est. Felicetti -P.M. Gentile (conf.) -Censoni {avv. 
Di Troja) c. Comune di Roma (a\rv.ti Simoncelli, Colamartino). 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contratti della 

P.A. -Volont� implicita -Esclusione -Rinnovazione tacita del 
contratto di locazione -Inammissibilit�. 
(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3 e segg.; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, 
artt. 37 e segg.; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, mod. dalla 1. 9 giugno 1947, n. 530, 
artt. 87, 89, 97 e segg., 140, 142, 148 e segg., 296 e segg.; e.e., art. 1597). 
La volont� di obbligarsi della Pubblica Amministrazione non pu� 
desumersi per implicito da fatti od atti, ma deve essere manifestata 
nelle forme richieste dalla legge, tra le quali � la scrittura ad substantiam: 
pertanto non � applicabile nei confronti dell'Amministrazione 


PARTE I, SEZ. Ili, GTIJRISPRUDENZA CIVILE 1177 

stessa fistituto della rinnovazione tacita della locazione, disciplinato 
dall'art. 1597 del codice civile (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo il ricorrente ha denunciato la 
sentenza impugnata per violazione delrart. 2702 e.e., affermando ch'essa 
avrebbe � disatteso la validit� delle scritture private esibite {contratto 
e ricevute di fitto) � dalle quali sarebbe risultato che, dopo la risoluzione 
giudiziale dell'originario contratto, �le parti lasciarono immutato 
il relativo rapporto �. 

Questa censura si riferisce all'accertamento, contenuto nella sentenza 
ch'� oggetto del ricorso, secondo il quale il contratto di locazione 
originariamente stipulato fra il Comune e il Censoni fu risolto, per 
inadempimento del conduttore, con pronuncia del Pretore in data 
30 novembre 1956 a seguito della quale il Comune concesse in locazione 
l'immobile a Censoni Anna. 

Come si evince dall'enunciazione stessa del motivo, esso non riflette 
la denunciata cc violazione� dell'art. 2702 e.e. ma la valutazione delle 
prove in base alle quali i giudici del merito sono pervenuti al cennato 
accertamento di fatto, contrario alla diversa tesi dal ricorrente. 

Trattasi, quindi, di censura inammissibile, ma non � superfluo rilevare 
che -se pure potesse ritenersi rivolta a denunciare un omesso o 
insufficiente esame di punto decisivo -essa sarebbe completamente 
infondata giacch� l'unico �documento contrattuale� posteriore alla 
sentenza pretoria sopra citata altro non � -come fa rilevare il resistente 
-che una denuncia unilaterale di contratto verbale di affitto 
proveniente unicamente dal Censoni, della quale i giudici del merito 
non avevano ragione di tener conto, mentre delle � ricevute � prodotte 
essi non hanno mancato di occuparsi, rilevandone l'ininfluenza ai fini 
della causa. 

(1) Inammissibilit� della rinnovazione tacita del contratto di 
locazione stipulato con una p.a. 
La Suprema Corte conferma la sua costante giurisprudenza sull'inapplicabilit� 
della rinnovazione tacita della locazione, prevista dall'art. 1597 e.e., nei confronti 
di una pubblica amministrazione. Nello stesso senso, si vedano, da ultimo, 
le sentenze della Cassazione, Sez. Un., 6 luglio 1963, n. 1817, in questa Rassegna, 
1963, 135-136 e in Foro amm., 1963, II, 389; e, a Sezioni semplici, 18 aprile 1962, 

n. 758, Giust. civ., Mass., 1962, 375; 6 aprile 1961, n. 732, ibidem, 1961, 304; 
28 luglio 1958, n. 2713, Foro amm., 1958, II, 738; 8 novembre 1956, n. 4196, 
Foro it., 1957, I, 1758. 
L'indirizzo giurisprudenziale -nonostante il dissenso manifestato da qualche 
Autore (ALlO'ITA, Rinnovazione tacita nei contratti di locazione stipulati della p.a., 
Giur. Cass. civ., 1951, 3� quadr., t. III, 1446 e segg.; ZAPPULLI., Nota a sent. 

7 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1178 

Con il secondo mezzo il ricorrente ha denunciato l'impugnata sentenza 
per difetto di motivazione in ordine alle ragioni che indussero 
il Tribunale a disattendere la rilevanza delle �prove documentali� 
nonch� dell'avvenuta � corresponsione dei fitti� sino al 1960 ed a rite


nere necessaria la volont� espressa e formale della P.A. {Comune) per 
la rinnovazione del contratto originario. 

Anche queste censure sono destituite di qualsiasi fondamento. . 

I giudici del m~rito hanno adempiuto all'obbligo della motivazione 
esponendo -in modo logico e senza errori di diritto -le ragioni del 
proprio convincimento. 

Invero essi -alla stregua delle risultanze della causa -hanno 
accertato e ritenuto che per effetto della sentenza pretoria SO novembre 
1956 passata .in giudicato, la ,quale dichiar� la risoluzione dell'originario 
contratto per colpa del Censoni, che aveva abbandonato l'immobile 
sin dal 1955 abusivamente. sub-locandolo, il Comune, rimasto 
libero di disporre dell'immobile stesso, stipul� un nuovo contratto con �' 
la Palandrani, sorella del Censoni, su richiesta proprio di quest'ultimo. 

8 novembre 1956, n. 4196, Giust. civ., 1957, I, 886) e da qualche isolata e non 
recente decisione di giudice di merito (Trib. Napoli, 15 ottobre 1951, Foro it., 1951, 
I, 1554) -�, senza dubbio, da approvarsi. 

~ noto che la rinnovazione tacita del contratto di locazione, di cui ali' art. 1597 

e.e. citato, si fonda esclusivamente sulla volont� tacita delle parti di rinnovare il 
contratto, che il legislatore desume dal loro comportamento, consistente, da un 
lato, nella permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata, pur dopo 
la scadenza dell'originario contratto e, d'altro lato, nella mancanza di qualsiasi 
manifestazione di volont� del locatore contraria a tale p�rmanenza, sicch� risulti 
l'acquiescenza del medesimo a tale ulteriore detenzione (cfr., da ultimo, Cass., 
8 ottobre 1963, n. 2677, Foro it., 1964, I, 594 e Giust. civ., 1964, I, 651; 
26 ottobre 1960, n. 2906, Giust. civ., Mass., 1960, 1125; cfr., anche, Cass., 6 giugno 
1961, n. 1298, id., 1961, 562). 

La tacita riconduzione, inoltre, non integra una proroga automatica nel tempo 
della durata della convenzione originaria, ma d� vita ad una nuova e distinta convenzione, 
che si rinno~a di anno in anno e che si differenzia da quella originaria 
per il fatto che la volont� delle parti si manifesta tacitamente (cfr. Cass., 10 luglio 

1959, n. 2232, Giust. civ., Mass., 1959, .760; 26 ottobre 1960, n. 2906, cit.). 

Se quelli suindicati sono il fondamento e la natura della riconduzione tacita 
(si ricordi, per�, che una autorevole corrente dottrinale nega che, alla base della 
stessa, sia da ravvisare una manifestazione tacita o presunta di volont� e la 
qualifica come una " dichiarazione tipica o con valore legale tipico ", nel senso 

che la legge attribuirebbe al comportamento dei soggetti un significato dichiarativo 
predeterminato, anche se non vi � stata, in concreto, una volont� consapevole: cfr. 
SANToRo PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1959, 141 e segg.; 
CARioTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1946, 
414 e segg.), � agevole corollario quello della sua inapplicabilit� ai contratti di 
locazione di cui sia parte {sia come locatrice che come locataria) una pubblica 
amministrazione. 


PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1179 

Hanno quindi i giudici del merito ritenuto irrilevante la circostanza 
che, per ritardo dovuto a ragioni meramente burocratiche,� 1e ricevute 
della pigione continuavano ad essere per qualche tempo intestate al 
precedente conduttore, osservando altres� che in ogni caso, dopo la 
pronunciata risoluzione giudiziale del primo contratto tra il Comune 
e il Censoni; era da escludere la rinnovazione tacita di quel rapporto, 
non potendo la volont� della P.A. i(per altro espressamente manifestata 
in senso contrario mediante la conclusione del nuovo contratto con la 
Palandrani) essere desunta � per implicito �. 

Trattasi, com� evidente, di apprezzamenti di fatto, insindacabili 
in sede di legittimit� e, per quanto attiene all'esclusione della tacita 
riconduzione, di argomentazione in tutto conforme a quanto varie volte . 
rilevato da questa Corte Suprema, la quale ha in diverse occasioni riconosciuto 
che la volont� di obbligarsi della P.A. non pu� desumersi per 
implicito da fatti o atti ma dev'essere manifestata nella forma richiesta 
dalla legge, tra le quali � la scrittura ad 'substantiam; cosicch� non � 
configurabile, nei confronti dell'Amministrazione stessa, l'istituto della 

E risaputo che gli enti pubblici non possono assumere impegni e concludere 
contratti se non nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi e dai regolamenti. I 
requisiti di validit� dei contratti riguardano la manifestazione di volont�, che deve 
provenire dall'organo cui � attribuita la legale rappresentanza dell'ente (e che 
spesso � diverso dall'organo cui spetta la delibera di concludere il contratto), il 
procedimento, che deve essere predeterminato (pubblico incanto, licitazione privata 

o trattativa privata) e la forma che deve essere quella scritta ad substantiam (cfr., 
da ultimo, Cass., 9 aprile 1965, n. 627, Giust. civ., 1965, I, 1859; 10 ottobre 
1962, n. 2919, id., 1963, I, 1110). E poi, altrettanto pacifico che il contratto 
stipulato dall'ente pubblico, pur se perfetto, non � efficace se non dopo l'approvazione 
della competente autorit� di controllo {art. 19, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; 
art. 296 t.u., 1. com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383, modificato dall'art. 10 I. 9 giugno 
1947, Ii. 530). 
Ora, appunto perch� -come si � sopra visto -la tacita riconduzione implica 
una nuova e distinta manifestazione di volont�, che d� vita ad un nuovo contratto 
di locazione, non � esatto affermare, per riconoscerne l'applicabilit� ai contratti 
st�pulati da una p.a., che essa � � innestata nel precedente rapporto locatizio 
perch� automaticamente prevista dalla legge � (ALIOTI'A, ZAPPULLI, locc.; citt.): 
all'incontro, proprio perch� la detta . rinnovazione implica la stipula di un distinto 
negozio giuridico, essa non pu� trovare applicazione nei confronti della p.a., che 
-come si � detto -in tanto pu� assumere obbligazioni e diritti in quanto siano 
osservati i modi e le forme previste dalla legge. 

In particolare, riconoscendosi I'ammissibilit� della tacita riconduzione anche per 

la p.a., verrebbero spesso inosservate le norme sulla competenza a formare ed a 

manifestare la volont� dell'ente pubblico {ael caso frequente che l'ulteriore deten


�zione dell'immobile avvenga 
ad opera di uffici esecutivi ivi installati e non competenti 
a deliberare e dichiarare la volont� della p.a.); e verrebbero sempre violate le 
noqne che . impongono il procedimento per la scelta del contraente (perch� il con-. 
tmtto sarebbe automaticamente rinnovato �con la parte della precedente convenzione) 
l'osservanza della forma scritta (che � richiesta a pena di nullit� assoluta del nego




1180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rinnovazione tacita della locazione disciplinato dall' arUcolo 159'7 e.e. 

(v. 
sentt. n. 2713 del 1958; n. 4196 del 1956; n. 1817 del 1963). 
Esatta �, pertanto, la decisione cui il Tribunale � pervenuto in 
I 

base alle premesse di fatto e di diritto poste nella motivazione della 
sentenza impugnata e non � consentito al ricorrente pretendere di sostituire, 
a quello del giudice, il proprio diverso ed interessato apprezzamento 
dei fatti della causa e delle risultanze probatorie. -(Omissis). 

zio: cfr. Cass., 9 aprile 1964, n. 811, Giust. civ., 1964, I, 1403} e delle norme che 
condizionano l'efficacia del contratto all'intervento dell'approvazione (che � atto 
formale e che non ammette equipollenti: cfr. Cass., n. 4196/1957, cit.,) delle competenti 
autorit� (perch� il controllo non avrebbe possibilit� di espletarsi per la 
mancanza dell'atto formale di stipulazione). 

Tale ultimo rilievo sarebbe decisivo anche ove -ripudiando il comune insegnamento 
della giurisprudenza -si aderisse a quella teorica che qualifica la tacita 
riconduzione tra le (( dichiarazioni tipiche � (SANTORO PASSARELLI, CARIOTA FERRARA, 
opp, locc. citt.): ed infatti il controllo che la legge configura come necessaria 
condizione dell'efficacia del contratto e che viene operato da autorit� diversa da 

I

quella che ha deliberato e dichiarato la volont� dell'ente non pu� ovviamente che 
esser limitato al contenuto negoziale espresso nell'atto .(e quindi �lla durata della 
locazione in esso prevista) e sarebbe frustrato ogni scopo dell'approvazione, se 

I

' 

l'ufficio che ha stipulato il contratto di locazione potesse, a proprio arbitrio, protrarre 

o meno nel tempo (e, quindi, anche per un periodo illimitato) la durata della 
locazione (con le conseguenti obbligazioni che da questa scaturiscono anche a 
carico della p;a.), consentendo o mantenendo l'ulteriore detenzione del bene locato. 
Pu� quindi concludersi con sicurezza che -comunque si voglia inquadrare 
la tacita riconduzione di cui all'art. 1597 e.e. -le norme di legge che disciplinano 
la validit� e lefficacia dei contratti degli enti pubblici impediscono l'applicabilit� 
della citata disposizione, ove parte del contratto di locazione sia una pubblica 
amministrazione. 

G. MANDO' 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 ottobre 1965, n. 2173 -Pres. 
Rossano -Est. Giannattasio -P.M. Caccioppoli (parz. diff.) -Istituto 
autonomo per le case popolari della Provincia di Messina {avv. 
Brancati) c. Mento ed altri {avv.ti Crisafulli P., Moschella M. e A.) 
e Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni). 

Espropriazione per p.u. -Efficacia traslativa della relativa pronuncia 
-Riferimento alla data di emissione del decreto espropriativo 
della valutazione del bene ai fini della determinazione 
dell'indennit� di espropriazione -Insensibilit� di tale indennit� 
agli effetti della svalutazione monetaria. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg., 48, 49, 50; e.e., art. 1277). 

PARTE I, SEZ. IlI, GIURISPRUDENZA CIVILE 

1181 

Espropriazione per p.u. -Indennit� espropriativa -Determinazione 
-Criteri. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg.). 
Occupazione � Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione 
per p.u. -Protrazione ultrabiennale senza titolo della 
occupazione -Sopravvenuta emissione del decreto espropriativo 
-Risarcimento del danno per il periodo di occupazione 
illegittima -Criterio di liquidazione -Interessi legali sulla 
indennit� espropriativa -Ammissibilit� della prova della 
diversa misura effettiva del danno. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056). 
Occupazione -Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione 
per p.u. -Tardiva emanazione del decreto espropriativo 
-Indennit� per il periodo di occupazione legittima e risarcimento 
del danno per il periodo di occupazione � sine titulo � Liquidazione 
dell'indennit� e del risarcimento nella misura 
dell'interesse legale sull'indennit� espropriativa -Diritto agli 
interessi compensativi sull'indennit� e sul risarcimento fino 
alla data dell'effettivo deposito -Sussiste. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 72, 73; e.e., artt. 2043, 2056). 
Cosa giudicata -Eccezione di giudicato formatosi nel corso dello 
stesso giudizio -Potest� della Corte di Cassazione d'interpretazione 
della sentenza e di accertamento delle successive vicende 
processuali della medesima -Sussiste. 
(e.p.e., art. 324, arg. ex art. 360; e.e., art. 2909). 

Appello -Determinazione del � thema decidendum � -Ambito del 
potere di riesame del giudice di secondo grado -Motivi di 
appello -Chiarimenti nelle successive deduzioni delle parti Questioni 
direttamente connesse con quelle proposte con i 
motivi di appello. 
(e.p.e., artt. 342, 345, 346). 

Impugnazione -Scadenza dei termini -Ammissibilit� di impugnazioni 
incidentali tardive -Riguarda le impugnazioni incidentali 
vere e proprie e non le c.d. impugnazioni incidentali 
autonome -Rispettive nozioni. 
(e.p.e., artt. 331-334, 343). 

Impugnazione -Scadenza dei termini -Cause inscindibili -Nozione 
-Ammissibilit� di impugnazioni incidentali tardive ancorch� 
dirette contro una parte diversa da quella che ha esperito il 
gravame principale. 
(e.p.e., artt. 331, 334). 


1182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Procedimento civile -Intervento in causa del terzo -Intervento 
volontario -Termine finale di ammissibilit�. 

(c.p.c., artt. 105, 268). 

Avendo il decreto di espropriazione per p.u. efficacia costitutiva 
del trasferimento delfimmobile, alla. data di tale pronuncia deve 
essere riferita la valutazione del bene, ai fini della determinazione della 
relativa indennit�, che, perci�, � di regola insensibile agli effetti della 
svalutazione monetaria {l). 

Nella determinazione del giusto prezzo delfimmobile alla data del 
decreto di espropriazione devono essere presi in considerazione i van-. 
taggi reali, effettivi che il proprietario avrebbe potuto conseguire e non 
anche i vantaggi eventuali ed ipotetici, come quelli che presuppongono 

I

(1) Viene pubblicata la parte della motivazione della sentenza in rassegna relativa 
alle prime quattro massime. Sul momento in cui si veri:l�ca il trasferimento coattivo 
(art. 50 1. 25 giugno 1865, n. 2359) v. Cass., 29 maggio 1964, n. 1345, in questa 
Rassegna, 1964, ,!, 1084, sub 3 (1086 e 1088, nella motiv.); v. anche Cass. 20 marzo 
I

1965, n. 463, in questa Rassegna, 1965, I, 490, nonch� Cass., 7 maggio 1965, n. 836, 
ibidem, 940 e in Giur. it., Mass., 1965, 301: �il trasferimento della propriet� della 
cosa espropriata si veri:l�ca alla data della pronuncia del decreto di espropriazione, 

I che non � atto recettiZio. Pertanto, la notifica del decreto di espropriazione non 
� necessaria per la giuridica esistenza e per la validit� ed efficacia dell'atto di 
esproprio, ma opera solo ai fini delle impugnative concernenti le indennit� do\rute 

I ali' espropriato �; sulla data a cui va riferita la determinazione dell'indennit� espropriativa, 
v. Cass., 14 luglio 1965, n. 1498, Giur. it., Mass., 1965, 544; v. anche 
Cass., 30 ottobre 1963, n. 2918, Giur. it., Mass., 1963, 99'7, sub a; Sez. Un., 26 gen,


I naio 1942, n. 218, Riv. dir. pubbl., 1942, II, 327, con nota di riferimenti; infine, 
sul carattere di debito di valuta, soggetto al principio nominalistico, dell'indennit� 
di espropriazione e sulla irrilevanza della svalutazione monetaria, v. Cass., Sez. 
Un., 12 agosto 1949, n. 2304, Foro amm., 1950, Il, 1, 17 e segg., con nota adesiva 

I

del SANDuLLr (A. M.); 12 marzo 1951, n. 594, Giur. compl. Cass. civ., 1951, 
vol. XXX (1 quadr.), 231 e segg., con nota di ARDrzzoNE; Cass., 5 luglio 1954, 

n. 2333, id., 1954, vol. XXXIII (5 bim.), 241 e segg., con nota adesiva di 
MELITO; 26 giugno 1963, n. 1737, Giur. it., Mass., 1963, 602 (sub 1) ed ivi 
ulteriori .riferimenti di giurisprudenza; 19 febbraio 1964, n. 374, Giust. civ., Mass. 
Cass., 1964, 160, ove si avverte, per�, che � la rivalutazione � ammissibile soltanto 
in caso di colposo ritardo nella procedura di liquidazione dell'indennit�, imputabile 
all'amministrazione espropriante �. Sul punto si veda, in dottrina, SANDULLI 
A.M., Indennit� df espropriazione e svalutazione monetaria, Foro amm., 1950, Il, 
l, 20-21, il quale, premesso che il ritardo del pagamento dell'indennit� all' espropriato 
�non � minimamente ascrivibile all'espropriante, il quale a suo tempo provvide 
a depositare presso la Cassa dei depositi giudiziari la somma indicatagli dall'organo 
super partes competente (art. 41 I. org. espr.), n� pu� essere tenuto 
responsabile per il ritardo dovuto allo svolgimento. della procedura giudiziaria 
voluta dalla legge (art. 51) � e, rilevato che non pu� esservi istituzionalmente mora 
nel pagamento dell'indennit� (l'obbligo del quale sorge con l'emissione del decreto 

PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVIl.E 1183 

un atto autorizzativo, quale esercizio di una potest� discrezionale della 
P.A., di fronte alla quale il privato non ha una posizione di diritto 
soggettivo (2). 

In caso di protrazione ultrabiennale delr occupazione a urgenza di 

immobile per r esecuzione di opera pubblica e di successiva, tardiva 

emissione del decreto espropriativo, il risarcimento del danno dovuto 

al proprietario per il periodo di occupazione sine titulo, in mancanza 

della precisa dimostrazione che il reddito effettivo delfimmobile occu


pato sarebbe stato minore e salva la dimostrazione di un maggior danno, 

consiste di regola negli interessi legali sulrindennit� espropriativa (3). 

Le somme dovute a titolo di indennit� o di risarcimento, ancorch� 
determinate nella misura delr interesse legale, non sono interessi scaduti, 
ma indennit� e risarcimento non pagati, che sono produttivi di 
interessi. Anche sulla indennit� di occupazione anticipata in via a urgenza 
aun immobile per r esecuzione di opera pubblica sono dovuti, 
pertanto, gli interessi legali: il suo importo forma oggetto di un' obbligazione 
a s� stante, esigibile al momento dell'espropriazione, e gli inte. 
ressi firio alla data delr effettivo deposito, al pari di quelli sulrindennit� 
di espropriazione, hanno carattere compensativo, tenendo luogo della 
disponibilit� e dei frutti della somma dovuta, di cui medio tempore 
T avente diritto avrebbe dovuto godere e, di fatto, non ha goduto (4). 

Qualora sia stata eccepita resistenza di un giudicato, che si sarebbe 

formato nel corso dello stesso giudizio, la Corte di Cassazione ha il 

potere-dovere ainterpretare direttamente la sentenza che ha deciso la 

questione di cui si discute, nonch� di accertare, ai fini di stabilire la 

.espropriativo), dato che l'espropriante, �prima ancora di ottenere il decreto prefettizio, 
� tenuto a depositare la somma liquidata dai pen1i d� ufficio �, conclude 
ritenendo che �per far gravare sull'espropriante o su altri le conseguenze dannose 
della svalutazione occorrerebbe, quanto meno, dimostrare un comportamento 
doloso o almeno colposo rivolto a provocare un rallentamento della procedura di 
liquidazione" (op. cit., 21); si vedano, altres�, note sub 1 di rilievi ed osservazioni a 
Cass. Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 1964, I, 319-320 ed a 
Cass., 3 febbraio 1965, n. 172, id., 1965, I, 135-136. 

(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 12 agosto 1949, n. 2304, cit., Foro amm., 1950, Il, 
l, 18 e 26 (nella motivazione). 
(3) Cfr. Cass., 22 luglio 1965, n. 1715, in questa Rassegna, 1965, I, 725, ed ivi 
nota (sub 4) d� ulteriori riferimenti. Per l'esclusione dell'applicabilit� del �criterio 
dell'interesse legale, nei casi speciali in cui l'indennit� di espropriazione non debba 
consistere nel giusto prezzo che �l'immobile avrebbe in una libera contrattazione, 
v. Cass., 14 luglio 1965, n. 1498, citata a nota 1. 
(4) Cfr. Cass., Sez. Un;, 30 marzo 1963, n. 805, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 
376; 4 gennaio 1964, n..6, in questa Rassegna, 1964, I, 319 ed ivi nota, sub l, 
di riferimenti ed osservazioni; v; anche Cass., 22 luglio 1965, n. 1715, citata nella 
nota . precedente. 

1184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sussistenza o meno del giudicato, le successive vicende processuali di 
quella decisione (5). 

Se � vero che il thema decidendum in appello si determina principalmente 
sulla base dei motivi, potendo la parte appellante limitare 
il riesame da parte del giudice superiore alle sole questioni prospettate, 
� ugualmente sicuro che gli stessi motivi possono essere chiariti con le 
successive deduzioni contenute nei verbali di causa e nelle comparse, 
che le p'arti si scambiano nel corso del giudizio, restando ovvio, peraltro, 
che il riesame del giudice di appello si estende, inoltre, necessariamente, 
alle questioni direttamente connesse con quelle proposte con i motivi 
di appello (6). 

Le disposizioni che prevedono la possibilit� di proporre impugnazione 
incidentale anche dopo che siano scaduti i termini per impugnare 
in via principale si riferiscono alle impugnazioni incidentali vere e 
proprie, a quelle, cio�, che sono dirette contro la parte che ha proposto 
"l'impugnazione principale, e non riguardano, invece, le altre impugnazioni, 
�he siano proposte per un interesse autonomo del soccombente, 
ossi.a le c.d. impugnazioni incidentali autonome, per le quali resta ferma 
la necessit� del rispetto del termine ordinario (7). 

(5) Cfr. Cass., 14 febbraio 1004, n. 314, Giur. it., Mass., 1964, 95; 14 gennaio 
1964, n. 83, ibidem, 28, sub a; 5 marzo 1963, n. 532, Giust. civ., Mass. Cass., 
1963, 247; 26 novembre 1960, n. 3146, id., Mass. Cass., 1960, 1226. La preclusione 
nascente dal giudicato formatosi nello stesso processo � sottoposta al trattamento 
proprio degli errores in procedendo e la Corte di Cassazione pu� compiere 
anche indagini di fatto e conoscere delle questioni relative all'interpretazione delle 
precedenti statuizioni: Cass., 26 marzo 1946, n. 317, Giur. it., Rep., 1944-47, voce 
Regiudicata civile, c. 1927, nn. 74-75; 9 marzo 1957, n. 808, Giust. civ., Mass. Cass., 
1957, 322 ed ivi nota di riferimenti. 
Ai fini dell'accertamento della sussistenza del giudicato interno, trattandosi di 
questione rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, la Corte di Cassazione 
pu� esaminare ed interpretare direttamente gli atti di causa: Cass., 10 ma:ggio 
1965, n. 873, in questa Rassegna, 1965, I, 557 ed ivi nota, sub l, di ulteriori 
riferimenti di giurisprudenza, nonch� di dottrina. 

(6) Sulla distinzione fra "motivi � e "ragioni� dell'appello e sulla loro 
rispettiva funzione, con limitazione solo ai primi del divieto di nuove deduzioni, 
v. Cass., Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1335, in questa Rassegna, 1965, I, 208 ed 
ivi nota, sub 1, di riferimenti. Sull'ultima parte della massima v. Cass., 29 luglio 1003, 
n. 2149, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1005, sub 1 ed ivi ult. riferimenti. 
(7) Cfr. Cass., 8 gennaio 1964, n. 19, Giur. it., Mass., 1004, 6: "la norma dell'art. 
334 c.p.c., che consente alle parti contro le quali � stata proposta impugnazione 
ed a quelle chiamate ad integrare il contraddittorio nelle cause inscindibili di 
proporre impugnazione incidentale anche quando per esse sia gi� decorso il termine 
ed abbiano fatto acquiescenza alla sentenza, � applicabile solo alle impugnazioni 
incidentali vere e proprie (le c.d. controimpugnazioni, che sono dirette a 
far valere un interesse contrario a quello dell'impugnante principale), mentre ne 
sono invece escluse le altre impugnazioni che vengono proposte a tutela di un 
interesse autonomo dell'impugnante, qual � quello della semplice adesione all'im

PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1185 

Quando si tratti di causa inscindibile in fase di impugnazione, ossia 
tanto nell'ipotesi di litisconsorzio necessario originario, di diritto sostanziale 
o processuale {ricorrente quesfultimo ove il giudice, ritenendo la 
causa comune al terzo, ne abbia ordinato l'intervento ai sensi dell'art. 
107 c.p.c.), quanto nell'ipotesi di cause tra loro dipendenti {ossia tali che, 
essendo state nel precedente grado decise in unico processo, debbono 
rimanere unite anche nella fase di gravame, in quanto la pronuncia sul,.. 
luna si estenda in via logica e necessaria anche sull'altra, ovvero ne 
formi il presupposto logico e giuridico imprescindibile), la parte contro 
cui sia stata proposta limpugnazione principale � legittimata, a sua 
volta a proporre l'impugnazione incidentale tardiva, di cui allart. 334 
c;p.c., ancorch� questa sia diretta contro una parte diversa da quella che 
ha esperito il gravame principale (8). 

La disposizione di cui allart. 268 c.p.c. va intesa nel senso che il 
termine finale per spiegare rintervento del terzo in giudizio � costituito 
dal provvedimento mediante il quale il giudice istruttore rimette le 
parti al Collegio, fissando l'udienza collegiale per la discussione e spogliandosi, 
in tal modo, della causa, onde, fino a quando tale provvedimento 
non sia stato adottato, anche se le parti siano state invitate dal 

pugnazione principale, cio� le c.d. impugnazioni incidentali autonome, riguardo 
alle quali rimane fermo il rispetto del termine ordinario �; v. anche, in argomento, 
Cass., 13 maggio 1964, n. 1168, ibidem, 376, sub d; 28 febbraio 1963, n. 497, 
Ciust. civ., Mass. Cass., 1963, 232, sub 3, ove ult. riferimenti anche di dottrina. 
Secondo Cass., 14 giugno 1965, n. 1217, Giur. it., Mass., 1965, 439: d'impugnazione 
incidentale tardiva in tanto � proponibile, in quanto si riferisce, in caso 
di. soccombenza reciproca, a ci� che forma oggetto dell'impugnazione che la 
rende ammissibile �. 

(8) " Soltanto nell'ipotesi di causa inscindibile o di cause dipendenti la parte 
contro cui � stata proposta impugnazione o che � stata chiamata ad integrare il 
contraddittorio a norma dell'art. 331 c.p.c. pu� proporre impugnazione incidentale 
anche quando per essa � decorso il termine per proporre impugnazione in via 
principale. Tale impugnazione tardiva pu� essere rivolta, oltre che contro l'impugnante 
principale (impugnazione riconvenzionale), anche contro altro soggetto, 
purch� in tal caso l'interesse all'impugnazione sorga a seguito della proposizione 
dell'impugnazione principale�: cos� Cass., 24 giugno 1965, n. 1327, Giur. it., Mass., 
1965, 480, sub g; v. anche Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, Giust. civ.; 
Mass. Cass., 1964, 59, sub 3, ove ult. riferimenti di giurisprudenza. Ricorre l'ipotesi 
di inscindibilit� prevista dall'art. 331 c.p.c. " allorch� la causa fra pi� parti determini 
litisconsorzio necessario, il quale si verifica, oltre che nei casi espr!lssamente 
previsti dalla legge, quando l'azione miri al mutamento di un rapporto giuridico 
unico fra soggetti, sicch� la sentenza non pu� essere utiliter data se non sia efficace 
nei confronti di tutti�; si ha invece l'ipotesi di dipendenza di cui all'art. 331 c.p.c. 
" allorch� fra pi� cause esista rapporto di accessoriet� o di garanzia � : cos� Cass., 
Sez. Un., 31 luglio 1965, n. 1856, Giur. it., Mass., 1965, 675 (che esclude la ricorrenza 
di entrambe le ipotesi " nel caso di azione proposta dal danneggiato contro 
l'assicuratore della responsabilit� civile per il pagamento del massimale assicurato 
e contro il fideiussore del responsabile civile, pur se la pronunzia contro il primo 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1186 

giudice istrut,tore a precisare le conclusioni, rintervento del terzo � 

ammissibile. Se poi la causa ritorni aliistruttore, neppure la rimessione �~. della causa al Collegio vale come termine preclusivo dell'intervento 
anzidetto (9). 

,

.

I

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale l'Istituto 
autonomo delle case popolari censura la sentenza, denunciando la violazione 
dell'art. 39 della legge fondamentale sull'espropriazione 25 giugno 
1865, n. 2359, dell'art. 13 della legge per il risanamento di Napoli 
15 gennaio 1885, n. 2892 e difetto di motivazione. Lamenta il ricorrente 
che, sull'indennit� fissata dai consulenti tecnici nominati dal Tribunale 
ai sensi dell'art. 32 della legge sulle espropriazioni, oltre ad un aumento 
del 10 per cento, giustificato dell'aumento nel tempo del valore delle 
aree, sia stato applicato un ulteriore aumento del 25 per cento � per la 
possibilit� di eseg�ire una quinta elevazione non prevista all'epoca della 
stima dei periti, perch� non consentita �. A parte il c�rattere apodittico 
della affermazione, si sottolinea che all'epoca dell'espropriazione l'altezza 
massima consentita per le costruzioni in Messina era di metri 16 (art. 
10 r.d.l. 22 novembre 1937, n. 2105) che non consentiva di ricavare. pi� 
di quattro piani, mentre la facolt� di erigere edifici con l'altezza di 
metri 21 -che rende possibile ricavare cinque piani -� stata intro


I

dotta solo con la legge 25 novembre 1962, n. 1684, vale a dire in tempo 
successivo ai decreti di espropriazione, per cui non se ne poteva tener 
conto, dovendo l'indennit� essere determinata con riferimento al tempo 
in cui avviene il trapasso di propriet�. 

La censura � fondata. La Corte di merito, dopo aver valutato i suoli 
in questione rispettivamente sulla base di lire 39.000 e 30.800 al mq., ha 
testualmente aggiunto: � A tali cifre bisogna apportare la maggiorazione 
di un quarto, per la possibilit� di eseguire una quinta elevazione, 

non prevista all'epoca della stima dei periti, perch� allora non con


0 

implichi il previo accertamento delle somme gi� pagate dal secondo, stante la imputabilit�, 
pattuita fra il fideiussore e il danneggiato, di tali somme al massimale pre
�detto "); Cass., 10 febbraio 1964, n. 299, Giur. it., Mass., 1964, 90, sub b, avverte 
che: a nella fase di impugnazione il concetto di causa inscindibile va riferito all'ipotesi 
del litisconsorzio necessario, che pu� essere sia di diritto sostanziale che processuale; 
anche in questa seconda ipotesi, che ricorre quando il giudice di primo 

-~ 

grado, ritenendo la causa comune ad un terzo, ne abbia ordinato l'intervento, deve 
essere, pertanto, disposta l'integrazione del contraddittorio, a norma dell'art. 331 

c.p.c. �; v. anche Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, innanzi citata, nonch� 
Cass., 12 novembre 1965, n. 2360, in questa Rassegna, 1965, I, 1200. 
(9) Cfr. Cass., 8 luglio 1961, n. 1643, Giust civ., Mass. Cass., 1961, 716, sub 2; 
3 giugno 1959, n. 1660, id., Mass. Cass., 1959, 566, sub 1. Sull'intervento volontario 
in appello v. Cass., 2 agosto 1965, n. 1862, in questa Rassegna, 1965, I, 949, 
sub 8 ed ivi (953) richiami di dottrina e giurisprudenza. 

PARTE I, SEZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIVILE 1187 

sentita �. Ora, poich� questa ulteriore elevazione non era consentita 
all'epoca della stima eall'epoca del decreto di espropriazione, quando 
vigeva il r.d.l. 22 novembre 1937, n. 2105, che prevedeva un'altezza 
massima degli edifici in Messina di m. 16, mentre la facolt� di elevarli 
a m. 21, che ha reso possibili cinque piani, � stata introdotta soltanto 
con la legge 25 novembve 1962, n. 1684, la Corte di merito, prima di 
determinare l'indennit� di espropriazione in base alle pi� larghe possibilit� 
consentite dalla nu�va legge, doveva attenersi al criterio generale 
fissato dall'art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriazioni 
per p.u. {cnterio al quaie � vincolato il giudice di rinvio), che 
�ncora la liquidazione dell'indennit� di espropriazione al giusto prezzo 
clell'imrnobile alla data del decreto di espropriazione. Questo principio 
fondamentale della legge generale sull'espropriazione, che non � stato 
modificato da alcuna disposizione successiva, delle speciali procedure 
di esproprio, attribuisce al decreto di espropriazione effetto costitutivo 
del trasferimento dell'immobile ed alla data di esso perci� deve essere 
riferita la valutazione del bene ai fini della determinazione dell'indennit�. 
Proprio perch� la valutazione dell'indennit� deve essere riferita 
alla data del decreto di esproprio si � ritenuta detta indennit� di regola 
insensibile agli effetti della svalutazione monetaria. 

N� vale opporre che, a norma dell'art. 11 del r.d.l. 22 novembre 1937, 

n. 2105, era possibile realizzare un'altezza superiore ai 16 metri, su 
parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e che la relativa 
autorizzazione, ove fosse stata richiesta, non sarebbe stata negata all'Istituto 
autonomo delle case popolari, perch� nella determinazione del 
giusto prezzo dell'immobile alla data del decreto di espropriazione 
devono essere presi in considerazione i vantaggi reali, effettivi, che il 
proprietario avrebbe potuto conseguire, non quelli eventuali e ipotetici, 
come quelli che presuppongono un atto autorizzativo, rimesso al criterio 
discrezionale della pubblica Amministrazione, di fronte alla quale 
il privato non ha una posizione di diritto soggettivo. 
E nemmeno si pu� addurre che l'Istituto avrebbe aderito all'aggiunta 
del 25 per cento per la quinta elevazione calcolata dal consulente 
d'ufficio, perch�, nelle conclusioni in grado d'appello, aveva chiesto 
che l'indennit� di espropriazione fosse ridotta nella misura stabilita dal 
consulente tecnico d'ufficio. Trattasi� di un evidente equivoco, perch� 
il consulente, se aveva aggiunto il 25 per cento per la possibilit� della 
quinta elevazione, .aveva poi operato una detrazione del 40 per cento 
per altre considerazioni ed aveva apportato ancora una riduzione per 
l'applicazione della legge per Napoli, per cui l'Istituto, dichiarando di 
accettare le misure stabilite dal consulente tecnico d'ufficio ing. Maimone, 
precisava che l'indennit� per l'isolato 505 B non doveva superare 
lire 31.754.000 e quella per l'isolato 5Q6 le lire 6.362.164, cifre queste di 
gran lunga inferiori a quelle liquidate dalla Corte di merito, rispettiva




Secondariamente, gli attori l}anno agito per ottenere l'indennit� di 
espropriazione, l'indennit� per occupazione temporanea ed il risarciSecondariamente, 
gli attori l}anno agito per ottenere l'indennit� di 
espropriazione, l'indennit� per occupazione temporanea ed il risarci1188 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente in lire 48.337.000 e 13.747.665. L'errore dei ricorrenti consiste 
nell'aver confuso l'accettazione del risultato, cui era pervenuto il consulente, 
quale unico fatto giuridico o quale complesso di fatti tra loro 
strettamente legati, con l'accettazione di un singolo criterio, contrario 
al preteso accettante, ad esclusione degli altri criteri favorevoli; il che� 

sarebbe stato, oltretutto, contrario ad ogni logica e verosimiglianza. 
Accogliendosi su tale punto il ricorso, la sentenza va, relativamente 
ad esso, cassata. 
Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione 
degli artt. 72 e 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, dell'art. 122& 

e.e. e dell'art. 360, n. 5 c.p.c. e lamenta che la Corte di merito abbia 
liquidato, a favore degli ex proprietari dei beni occupati ed espropriati,. 
a titolo di indennit� per il periodo di occupazione legittima e di indennizzo 
per il successivo periodo di occupazione illegittima, gli interessi 
legali sulla somma corrispondente al valore venale del terreno. Relativamente 
alla indennit� per occupazione temporanea si osserva che la 
legge sulle espropriazioni affida al prefetto il compito di determinarla 
con il decreto con cui autorizza la occupazione, ovvero con provvedimento 
successivo; ed appunto il prefetto ebbe a determinarla rapportandola 
agli interessi legali sulla indennit� di espropriazione, che sarebbe 
I 
.
I. 
stata determinata nei modi di legge, senza che i relativi decreti fossero 
stati impugnati. In ogni caso, poich� il risarcimento del danno deve 
tendere a:lla riparazione del pregiudizio realmente subito e non pu� 
creare a favore del danneggiato una situazione migliore di quella in . 

.

cui egli si sarebbe trovato, se non fosse avvenuto il fatto dannoso, non I 
si sarebbe potuto attribuire ai proprietari un indennizzo maggiore del 
reddito, che essi avrebbero potuto ricavare dai terreni. La Corte ~si 

I aggiunge -sia che si qualif�casse il risarcimento del danno contrattuale 
ovvero da colpa extracontrattuale, avrebbe dovuto fondarsi sul prin


I

cipio dell'art. 1223 e.e., il quale stabilisce che il danno consiste nella 
perdita subita dal creditore e nel mancato guadagno e nella specie il 
reddito dell'immobile era inferiore agli interessi legali sul valore dei 
terreni: in conclusione l'indennizzo doveva corrispondere ai frutti perduti, 
ovvero agli interessi sull'indennit� di espropriazione alla scadenza 
del biennio. 

La censura � infondata, perch� l'indennit� provvisoria si ha per 
rif�utata se non viene espressamente accettata nei quindici giorni dalla 
notif�ca della offerta {art. 25 che fa rinvio alrart. 18 legge espr.), con 
la conseguenza che occorre in tal caso il deposito presso la Cassa Depositi 
e Prestiti {art. 30), deposito che non poteva effettuarsi, n� fu effettuato, 
dato che il criterio di determinazione si riferiva ad una indennit� 
ancora da stabilire. 


PARTE I, SEZ. IlI, GIURISPRUDENZA CIVILE 1189 

mento dei danni conseguenti ad occupazione protrattasi oltre il biennio. 
Com'� noto, quando un bene sia stato occupato d'urgenza dalla pubblica 
Amministrazione e sia decorso il biennio previsto dall'art. 73 

1. 25 giugno 1865, n. 2359, senza che il Prefetto abbia pronunciato la 
espropriazione per pubblica utilit� del bene stesso, l'ulteriore detenzione 
di questo diventa illegittima, con la conseguenza che l'ente occupante, 
come detentore senza titolo, � tenuto a restituire il bene ovvero a risarcire 
il danno, qualora la restituzione, per le opere compiute o per altro 
motivo, non sia pi� possibile~ . Se il decreto di espropriazione intervenga 
successivamente al decorso del biennio dell'occupazione d'urgenza, l'illegittimit� 
della detenzione del bene da parte della P.A. viene a cessare 
nel giorno della sopravvenuta espropriazione, che rende legittima, da tale 
epoca, l'attivit� dell'Amministrazione, ma in siffatta ipotesi al proprietario 
del bene espropriato spettano: 
a) l'indennit� per l'occupazione temporanea legittima; 
b) l'indennit� di espropriazione, nella misura stabilita dal relativo 
decreto, o, in caso di opposizione, in quella determinata dagli organi 
giurisdizionali previsti dalla legge sulla espropriazione per p.u.; 
e) il risarcimento del danno, per il periodo corrente dalla scadenza 
del ripetuto biennio alla data di emanazione del decreto di espropriazione 
{Cass., 28 luglio 1964, n. 2142; 29 maggio 1964, n. 1352; 21 aprile 
1964, n. 945; 2 marzo 1964, n. 471; 20 gennaio 1964, n. 109). 
Ci� premesso, non � esatto che il proprietario non possa ottenere, 
quale indennit� per il periodo di occupazione temporanea legittima e 
quale indennizzo per il periodo di occupazione illegittima (dalla scadenza 
del biennio al decreto di espropriazione), una somma maggiore 
del reddito che avrebbe ricavato dal terreno, perch� � proprio l'articolo 
1223 e.e., invocato dall'Istituto ricorrente, posto in relazione al successivo 
art. 1224, che implica, in mancanza della precisa dimostrazione che 
il reddito effettivo sarebbe stato minore, e salva la dimostrazione di un 
maggior danno, che il risarcimento consiste di regola negli interessi legali; 
e poich� l'illegittimit� del comportamento dell'occupante ha termine 
con il decreto d'espropriazione, non si pu�, come pretende il ricorrente, 
tener conto del valore dei terreni allo scadere del biennio di occupazione 
legittima e poi procedere alla rivalutazione monetaria del tantundem, 
ma si deve tener conto del valore dei terreni al momento dell' espropriazione, 
cos� come, se questa non fosse intervenuta e si fosse protratta 
la situazione di illegittimit�, si sarebbe dovuto tener conto del valore 
dei terreni al momento della pronuncia giudiziaria. 
Con il terzo motivo l'Istituto ricorrente censura la sentenza denunciando 
la violazione degli artt. 1282 e 1283 e.e., per avere attribuito ai 
proprietari non solo gli interessi sul valore venale dei terreni, calcolati 
al momento dell'espropriazione, ma anche gli interessi sulle singole 


1190 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

annuali ti\ di indennit� per l'occupazione legittima e di indennizzo per 
l'occupazione illegittima; e soggiunge che, per l'art. 1283 �e.e., gli interessi 
scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale 
e che, trattandosi di interessi corrispettivi, la loro decorrenza si 
ricollegava alla data in cui il credito era divenuto liquido ed esigibile, 
vale a dire alla determinazione dell'indennit� di occupazione. 

� palese l'equivoco che si fa, con questa censura, tra interessi ed 
indennit� o indennizzo stabiliti nella misura degli interessi. Le somme 
attribuite a titolo di indennit� od indennizzo non sono interessi scaduti, 
anche se determinate nella misura dell'interesse legale, ma indennit� e 
indennizzo non pagati, che sono produttivi di interessi. La questione,. 
del resto, � stata ripetutamente esaminata e decisa anche dalle Sezioni 
Unite di questo Supremo Collegio (sentenza n. 805 del 30 marzo 1963} 
e si � ritenuto che fino al momento del decreto di espropriazione per 
pubblica utilit� l'espropriato conserva il diritto al godimento del bene, 
per cui, nell'ipotesi di espropriazione preceduta da occupazione temporanea, 
la relativa indennit�, che costituisce l' eq�ivalente economico 
del diritto di godimento, � dovuta per tutta la durata dell'occupazione 
stessa, e, quindi, fino alla data in cui, per effetto della pronuncia del 
decreto di espropriazione, il diritto di propriet� dell' espropriando � 
venuto meno, convertendosi nel diritto all'indennit�. Anche sull'indennit� 
di occupazione sono dovuti gli interessi legali; il suo importo forma 
oggetto di una obbligazione a se stante, esigibile al momento dell'espropriazione; 
e gli interessi, fino alla data dell'effettivo deposito, al pari di 
quelli sull'indennit� di espropriazione, hanno carattere compensativo, 
giacch� tengono luogo della disponibilit� e dei frutti della somma 
dovuta, di cui medio tempore l'avente diritto avrebbe dovuto godere 
e di fatto non ha goduto.� -{Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 23 ottobre 1965, n. 2216 -Pres. 
Boccia -Est. Gabrieli -P.M. Cutrupia {conf.) -Educatorio S. Paolo 
di Modena (avv.ti Beoca, Bonini, Di Stefano) c. Ministero Interni 
(avv. Stato Agr�). 

Locazione -Successione nel contratto -Accasermamento delle 
forze di polizia -Onere della Provincia -Assunzione diretta 
a carico dello Stato a decorrere dal r luglio 1952. 

(1. 2 luglio 1952, n. 703, art. 5). 
Con f articolo 5 della legge 2 luglio 1952, n. 703 si � inteso sancire 
f automatica successione, a data stabilita, dello Stato alla Provincia nei 


PARTE I, SEZ�. ID, GIURISPI\UDENZA CIVlLE 1191 

rapporti attivi e passivi concernenti l'accasermamento delle forze di 
polizia, senz'uopo di alcun atto da parte dei singoli soggetti interessati (1). 

(1) Cfr. Cass., 19 novembre 1957, n. 4413, Giust. civ., 1958, I, 1341 e segg,; 
19 ottobre 1959, n. 2949, id., Mass. Cass., 1959, 996. In dottrina: ABBAMONTE, 
La successione dello Stato nei contratti di locazione stipulati dalle Province per 
l'accasermamento delle forze di polizia, Giust. civ., 1958, I, 1341 e segg. (sub 1-2). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2229 -Pres. 
Lona!'do -Est. Roperti -P.M. Tuttolomondo {conf.) -Calapai (avv.ti 
Crisafulli P., Moschella M. e A.) c. Ministero LL.PP. (avv; Stato 
Gargiulo). 

Occupazione -Occupazione d'urgenza di immobile occorrente alla 
esecuzione di opera di p.u. -Mancato perfezionamento nel 
biennio della procedura espropriativa -Risarcimento del danno 
-Mancato godimento dell'immobile e valore venale del medesimo 
-Carattere edificatorio -Criteri di determinazione. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71 e 73; e.e., artt. 2043 e 2056). 
Se � vero che il semplice inserimento di un terreno in una zona 
definita di nucleo edilizio dal piano regolatore non � idoneo ad attribuire 
al medesimo la qualit� di edificatorio, � altres� vero che la utilizzazione 
_di un terreno a sc�po agrario non esclude la sua intrinseca 
caratt~ristica di suolo edificatorio, quando questa risulti dimostrata in 
base ad elementi ob~ettivi ed inequivoci, i quali possono consistere nella 
facilit� di accesso, nella esistenza di vie pubbliche, nella esistenza di 
collegamento con la vicina citt�, in una edificazione gi� iniziata neUa 
zona, nella presenza dei servizi pubblici necessari alla vita cittadina, 
quali l'acqua, la luce, la fognatura {l). 

(1) Per Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1964, n. 2858, in questa Rassegna, 1965, 
I, 328, sub 3, � la destinazione a parco pubblico attribuita all'immobile dal piano 
regolatore di massima non vale ad escludere la rilevanza del suo attuale carattere 
edificatorio�; Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, id., 1964, I, 719, sub 2, avverte che 
�in tema di espropriazione per p.u. il carattere edificatorio di un terreno si pu� desumere, 
ai fini della determinazione dell'indennit� espropriativa, ~nche in via indiretta 
dalle qualit� intrinseche ed obiettive dell'immobile �; Cass., 30 marzo 1965, n. 557, 
in questa Rassegna, 1965, I, 1139, sub 1, avverte che �in tema di risarcimento del 
danno da occupazione di un immobile da parte della Pubblica Amministrazione 
illegittimamente protratta oltre il biennio, sebbene il danno debba essere liquidato 
con riferimento allo stato di fatto in cui si trovava il fondo a.I momento dell'occupazione, 
senza cio� tener conto degli incrementi successivamente apportativi dalla 
Pubblica Amministrazione, tuttavia non delle condizoni della zona al momento 
dell'occupazione si deve tener conto, ma delle migliorate condizioni della medesima 
al momento della liquidazione del risarcimento, nel caso in cui il terreno, gi� di 
carattere rurale al tempo dell'occupazione, sia poi divenuto edificatorio per il 
notevole sviluppo della zona �. 

dal secondo comma dell'art. 2947 e.e. -Ambito di applicazione 
-Responsabilit� extracontrattuale. 
(e.e., art. 2947, secondo comma). 
dal secondo comma dell'art. 2947 e.e. -Ambito di applicazione 
-Responsabilit� extracontrattuale. 
(e.e., art. 2947, secondo comma). 
1192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2256 -Pres. 
Rossano -Est. D'Amico -P.M. Caccioppoli (parz. diff.) -Barbuscia 
(avv. Biscotto) c. Filabozzi (avv. Di Lorenzo). 

Procedimento civile -Procedibilit� della domanda condizionata 
ad adempimenti fiscali -Mancanza della prova di tali adempimenti 
-Inosservanza del giudice di merito del dovere di aste


. nersi dalla pronuncia -Nullit� del processo e dalla sentenza Esclusione. 


(1. 3 dicembre 1942, n. 1548, art. 2). 
Obbligazioni e contratti -Clausola penale -Riduzione -Potere 
discrezionale del giudice di merito -Incensurabilit� in Cassazione. 
(e.e., artt. 1382, 1384). 

L'inosservanza da parte del giudice di merito dal dovere di astenersi 
dal pronunciare su domanda, la procedibilit� della quale sia condizionata 
ad adempimenti fiscali, qualora non sia stata data la prova 
di tali adempimenti, non importa nullit� del processo e della sentenza 
e non � perci� deducibile come motivo di ricorso per cassazione, dando 
luogo soltanto �liapplicazione delle sanzioni previste nella legge fiscale 
a carico del giudice che ha pronunciato la sentenza .(1). 

L'apprezzamento relativo alieocessivit� deliammontare della penale 
per il caso di inadempimento di uriobbligazione ed alla misura equitativa 
della riduzione ad essa apportata dal giudice di merito rientra 
nel potere discrezionale di quest'ultimo, incensurabile in Cassazione (2). 

I&

(1) Cfr. Cass., 14 settembre 1963, n. 2514, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1179, 
sub 2; Sez. Un., 20 agosto 1962, n .. 2603, id., Mass. Cass., 1962, 1236, sub 3; 14 marzo 
1962, n. 523, ibidem, 253, sub l; 14 aprile 1961, n. 797, id., Mass. Cass., 1961, 337, 
I

sub 3, ove ulteriori riferimenti. 

(2) Cfr. Cass., 25 giugno 1963, n. 1720, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 817, 
sub 4; 8 agosto 1962, n. 2465, id., Mass. Cass., 1962, 1174, sub 3; 4 febbraio 1960, 
n. 163, Temi nap., 1960, I, 585, sub 2, con nota di osservazioni e riferimenti anche 
di dottrina. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2259 -Pres. Rossano 
-Est. Roperti -P.M. Tuttolomondo (diff.) -Scapin (avv.ti 
Stratta, Porto) c. Della Valle (intimato). 

Prescrizione -Prescrizioni brevi -Prescrizione biennale prevista 


PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1193 

Prescrizione � Prescrizioni brevi -Prescrizione biennale prevista 
dal secondo comma dell'art. 2947 e.e.� Non riguarda la responsabilit� 
contrattuale. 
(e.e., art. 2947, secondo comma). 

La prescrizione biennale, di cui al secondo comma delfarticolo 
2947 e.e., contempla tutte le ipotesi di danni, che traggono origine da 
un fatto illecito strettamente collegato alla circolazione dei veicoli. Tale 
principio non � altro che r applicazione coordinata della prima e della 
seconda parte del predetto articolo di legge, nel senso che nella seconda 
parte � implicito il richiamo ai fatti illeciti di cui alla prima parte, attesa 
la stretta connessione esistente fra le due disposizioni {l). 

Presupposto della prescrizione biennale prevista dal secondo comma 
delr articolo 2947 e.e. � che i azione sia proposta dal terzo danneggiato 
e sia diretta contro l'autore �del danno per un fatto illecito strettamente 
connesso alla circolazione del veicolo. Se, invece, razione � proposta 
per altro titolo, e cio� per l'inadempimento di un preciso obbligo 
contrattuale, la circolazione del veicolo, come causa generatri"Ce del 
danno, vi si inseriscei solo di rifiesso e come fatto puramente occasionale 
e la prescrizione applicabile non � quella dell'articolo 2947 e.e., benii 
quella nascente dal contratto concluso dalle parti {2). 

(1) Cfr. Cass., 11 luglio 1964, n. 1829, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 830, sub 2; 
13 agosto 1962, n. 2577, id., Mass. Cass., 1962, 1222; 15 luglio 1960, n. 1929, id., 
Mass. Cass., 1960, 720. 
(2) La sentenza avverte, peraltro, che, trattandosi di danno alla persona trasportata: 
�esso � arrecato tanto in violazione di un obbligo derivante dal contratto di 
trasporto (danno contrattuale), quanto in violazione della norma da cui discende il 
diritto assoluto alla integrit� fisica e sotto questo aspetto si configura come danno 
extracontrattuale: di guisa che, dalla coesistenza di questa duplice responsabilit�, 
deriva in tema di prescrizione che, venuta meno per decorso di un anno l'azione 
fondata sul diritto derivante dal contratto di trasporto, rimane t�ttavia proponibile 
l'azione extracontrattuale ,, . Sul concorso della responsabilt� extracontrattuale con 
quella contrattuale v. Cass., 28 novembre 1964, n. 2829, Giur. it., Mass., 1964, 949; 
17 marzo 1964, n. 614, ibidem, 189; 30 ottobre 1963, n. 2927, id., Mass., 1963, 
1000 (sub b) ed ivi nota (sub 2) di ulteriori riferimenti. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 ottobre 1965, n. 2285 -P~es. 
Vistoso -Est. Perrone Capano -P.M. Toro (conf.) -Ministero LL.PP. 
{avv. Stato Correale) c. Comune di Messina {avv. Romano A.) e 
Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Messina 
(avv. Brancati) e Sacc� (avv.ti Cogliandolo, Moschella M. e A.) 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Delegazione 
amministrativa -Delegazione intersoggettiva � Nozione � 
Effetti -Responsabilit� del delegato verso i terzi. 



1194 RASSEGNA DELI}AVVOCATURA DELLO STATO 

Edilizia popolare ed economica� Costruzione di alloggi per l'elimi


;)

nazione di case malsane a cura dell'Amministrazione statale 
dei lavori pubblici -Delega ad Istituto autonomo per le case 
popolari a promuovere ed attuare non solo l'occupazione di 
urgenza di un immobile ma l'intero procedimento espropria. 
tivo �Protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione Responsabilit� 
dell'Istituto autonomo per le case popolari delegato 
verso il terzo proprietario danneggiato � Rapporti fra 
Ministero LL.PP. delegante ed I.A.C.P. delegato -Responsabilit� 
del Ministero LL.PP. verso l'l.A.C.P. per aver dato causa 
al ritardo nel perfezionamento della procedura espropriativa� 
a cura dell'l.A.C.P. delegato. 

(l. 9 agosto 1954, n. 640, art. 4). 
La delegazione amministrativa costituisce un istituto peculiare del 
diritto pubblico, che non pu� essere interamente assimilato alfistituto 
privatistico del mandato con rappresentanza, n� pu� esser� assoggettato 
alla relativa discip�lina, s� da dedurne che l'Amministrazione delegante 
debba rispondere in ogni caso, anche di fronte ai terzi,' degli atti 
compiuti nel suo interesse dall'ente delegato, il quale �, invece, direttamente 
responsabile nei confronti dei terzi degli atti compiuti in esecuzione 
della delega (1). 

Nei confronti del terzo danneggiato, privato illegittimamente dell'immobile 
di sua propriet�, � direttamente responsabile l'Istituto autonomo 
per le case popolari, quale ente delegato dal Ministero dei lavori 
pubblici a promuovere ed attuare i procedimenti di occupazione aurgenza 
e aespropriazione per p.u. di un immobile occorrente per la 
costruzione di alloggi per l'eliminazione di case malsane. Nei rapporti 
interni fra ente delegante ed ente delegato non, pu� prescindersi, 
per�, dal rilievo che toccupazion.e e l'espropriazione sono promosse 
nell'interesse del Ministero dei lavori pubblici, che diviene proprietario 
dei fabbricati, epper�, qualora il ritardo nel perfezionamento della 
procedura espropriativa sia dipeso da fatto del Ministero delegante 
(nella specie, mancato invio dei fondi neoessari all'espropriazione per 
contrasti insorti fra Ministero LL.PP. e Comune di Messina, al quale 

(1) Cfr. Cass., 17 luglio 1965, n. 1588, in questa Rassegna, 1965, I, 181, sub 1 
e 19 luglio 1965, n. 1608, ivi, 1142, sub 11. Per ulteriori riferimenti v. Cass., Sez. 
Un., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 1964, I, 698, sub 3, con nota di 
F. CARusr. Per quanto concerne i precisi presupposti di una corresponsabilit� dell'ente 
delegante (in quanto concorrente con un proprio fatto illecito alla diretta produzione 
dell'evento d�nnoso: art. 2055 e.e.) v. Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa 
Rassegna, 1965, I, 1139, sub 2, con nota di �F. CARusr (in part. 1146 e seg; e 
1152 e segg.). 

PARTE I, SEZ� m, GIURISPRUl>ENZA CIVILE 1195 


si addebitava di non avere adempiuto alfimpegno di fornire gratuitamente 
.i suoli per .la costruzione degli alloggi o, in mancanza, di� corrispondere 
le relative indennit� di espropriazione), questo � tenuto a 
rivalere fl.A.C.P. del risarcimento dei danni dovuto al terzo propriet�rio 
(2). 

(2) Cfr., per l'accenno al rapporto interno fra ente delegante ed ente delegato 
ed all'incidenza, nell'ambito di tale rapporto, degli atti di esecuzione della delega 
nella sfera giuridica del delegante, Cass., 19 luglio 1965, n. 1608, citata nella nota 
precedente, in questa Rassegna, 1965, I, 1142, sub 11 ult. parte .(1144). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2341 -Pres. 
Vistoso -Est. Perrone Capano -P.M. De Marco (conf.) -Rodolfo 
(avv.ti Pugliese, Bojano, Coroneo, Fazzalari) c. Montafia {avv.ti Guttieres, 
Santamaria F.) e Ministero Industria e Commercio (avv. Stato 
Lancia). � 

Azienda -Ditta -Trasferimento della ditta insieme con un ramo 
particolare dell'azienda -Ammissibili�. 

(e.e., art. 2565). 

La ditta pu� essere validamente trasferita anche col trasferimento 
di una parte o di un ramo dell'azienda (l). 

(1) Con la sentenza in rassegna, la Cassazione riafferma il princ1p10 della 
ammissibilit� d�l trasferimento della ditta, non solo quando sia trasferita l'intera 
organizzazione aziendale, ma anche quando sia trasferito solo un ramo particolare 
di essa, richiamandosi alla precedente decisione 29 aprile 1959, n. 1256, Riv. dir. ind., 
1960, II, 94, con nota di FERRARI, Sulla trasferibilit� della ditta con un ramo 
di azienda. Nello stesso senso, cfr. App. Roma, 17 settembre 1957, Giust. civ., 1958, 
I, 193. In dottrina, conformi all'indirizzo accolto dal S.C., cfr.: FERRARA, La teoria 
giuridica dell'azienda, Firenze, 1955, 175; GRECO, I diritti sui beni immateriali, 
Torino, 1948, 46; in senso difforme: AscARELLI, Teoria della concorrenza e dei 
beni immateriali, Milano, 1960, 409. 
Com'� noto, l'art. 2565 e.e. -adeguandosi, da un lato, all'esigenza fondamentale 
che la ditta rimanga invariata per asseverare di fronte al pubblico la 
continuit� dell'impresa (cd. principio della inalterabilit� della ditta: cfr. CASANOVA, 
Le imprese commerciali, Torino, 1955, 325 e segg.) e volendo, d'altro lato, evitare la 
possibilit� di attentati alla buona fede dei terzi (cfr. AULETTA, Commentario cod. civ., 
diretto da ScIA.LOJA e BRANCA, Bologna, 1956, 98; AscARELLr, op. cit., 409) -consente 
il trasferimento della ditta solo ove questo avvenga congiuntamente al trapasso, 
inter vivos o mortis causa, del complesso dei beni aziendali. 

Ci� premesso, non sembra che 'dal tenore letterale dell'art. 2565 citato, che 
si riferisce puramente e semplicemente ali'� azienda �, possa trarsi argomento per 



1196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

negare l'ammissibilit� del trasferimento della ditta congiuntamente ad un ramo 
particolare dell'azienda stessa: poich�, ammessa, in astratto, la trasferibilit� di tale 
ramo (arg. ex. art. 2573 e.e.), costituente una �organica unit� che riproduca, su 
scala ridotta, le caratteristiche fondamentali dell'originaria azienda� (Cass., n. 1256/ 
1959, cit.), la stessa organizzazione di beni -se pur pu� considerarsi un ramo, 
�n rapporto all'originario e pi� ampio complesso aziendale -costituisce, a sua 
volta, considerata in ~� e per s�, una vera (' propria azienda, cos� come definita 
dall'art. 2555 e.e. 

Ma, soprattutto, sussistono anche rispetto all'ipotesi di trasferimento del ramo 
aziendale le stesse esigenze di inalterabilit� della ditta (che, in sostanza, si riassumono 
nella conservazione della clientela), cui si ispira il principio della trasferibilit� 
della ditta sancito dall'art. 2565 cit. : come, del resto, � rispettata la necessit� di 
tutela del consumatore contro possibili inganni, perch� � pur sempre l'antica organizzazione 
aziendale, che, sia pure su scala ridotta, prosegue la medesima attivit� 
economica. 

N� sembra possa avere rilievo, in contrario, il raffronto tra il disposto dell'art. 
2565 e quello dell'art. 2573, che espressamente ammette il trasferimento del 
marchio solo unitamente a quello dell'11 azienda � o di � un ramo particolare di 
questa � (su tale raffronto sembra essere fondata la contraria opinione dell' AscARELLI, 
op. cit., 409): giacch�, come esattamente rileva la sentenza 1256/1959 cit., 
la diversa dizione delle due norme si giustifica nella considerazione della � diversit� 
delle funzioni attribuite ai due diversi segni distintivi dell'azienda e della necessit� 
di sottolineare, relativamente al marchio, la codificazione del principio della non 
trasferibilit� del marchio senza l'azienda, in contrasto con l'opposto principio della 

I

separabilit�, gi� contenuto nel r.d. 13�settembre 1934, n. 1602 ed implicitamente 

Im,

insito nella 1. n. 4577 del 1868 e nel relativo regolamento 20 marzo 1913 �. m 

G. MANDO' 
. 
.,

,� 

CORTE; DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2356 -Pres. 
Rossano -Est. Spagnoletti -P.M. Caccioppoli (parz. diff.) -Silva 
Maria {avv. Castiglia) c. Ministero Finanze (avv. stato Carafa). 

Ingiunzione -Ingiunzione prevista dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639 Opposizione 
del debitore -Instaurazione di ordinario processo 
di cognizione -Posizione processuale dell'Amministrazione 
creditrice -Parte convenuta -Domanda riconvenzionale del1'
Amministrazione -Ammissibilit�. 

(t.u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2, 3; c.p.c., art. 36). � 
Procedimento civile -Sentenza -Motivazione -Valore integrativo 
del contenuto formale del dispositivo -Portata precettiva 
della motivazione. 

(c.p.c., artt. 132, n. 4, 276; disp. att. c.p.c., art. 118). 

Con i opposizione del debitore aliingiunzione prevista dal t.u. 
14 aprile 1910, n. 639, sinstaura un ordinario processo di cognizione, in 


PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 

1197 

cui f Amministrazione creditrice, assumendo la veste di convenuta rispetto 
al� debitore-attore, pu� sempre dedurre, ove riconosca [inesistenza del 
titolo posto a base 'del provvedimento ingiuntivo, un diverso titolo a 
giusticazione del suo atto, spiegando domanda riconvenzionale a norma 
delfart. 36 c.p.c. (1). 

(1) Nel medesimo senso della massima sopra riportata si vedano pure: Cass., 
. 11 luglio 1962, n. 1849, Giust. civ., Mass., 1962, 913; App. Bologna, 2 febbraio 
1961, Giur. it., 1962, I, 2, 366, che, implicitamente la prima ed esplicitamente 
la seconda, riconoscono lammissibilit� di domande riconvenzionali della 
p.a., a norma dell'art. 36 c.p.c., riel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale. 

Sul punto si veda la Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 195f>.60, 
Roma, 1961, voi. Il, 840, con giurisprudenza ivi richiamata. V. anche AMOR1HToMAs1ccmo, 
Il giudizio civile con lo Stato, Padova, 1963, 280. 

Nella decisione annotata l'affermazione dell'ammissibilit� di domande riconvenzionali 
da parte della p.a. nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale 
segue all'altra, accettata oggi .dalla giurisprudenza quasi unanime, che l'opposizione 
di cui s'� detto instaura un vero e proprio processo ordinario di cognizione 
in cui il debitore-opponente assume la veste di attore e lAmministrazione-
creditrice quella di convenuta. Su questo pi� limitato aspetto della questione 
le pronuncie giurisprudenziali sono numerosissime; tra le pi� recenti si vedano: 
Cass., 29 novembre 1963, n. 3065, Giust. civ., 1964, I, 295; 8 giugno 1963, n. 1530, 
Giust. finanz., 1963, 208; 4 giugno 1962, n. 1346, Foro amm., 1963, Il, 88; 14 marzo 
196i, n. 568, Sett. Cass., 1961, 511. In senso diverso: Trib. Venezia, 4 marzo 1962, 
Corti di Brescia, Venezia, Trieste, 1964, 234, secondo cui l'opposizione del debitore 
all'ingiunzione fiscale non instaura un vero e proprio giudizio di cognizione, 
ma si risolve, piuttosto, in un'azione di impugnazione del diritto all'esecuzione. 

Per una confutazione della tesi, secondo cui il giudizio di opposizione ad 
ingiunzione fiscale debba essere considerato alla stregua delle opposizione al normale 
procedimento monitorio disciplinato dagli artt. 633 e segg. c.p.c., si veda 
Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, cit., loc. cit., e, per 
la giurisprudenza: Cass., 13 ottobre 1962, n. 2125, Foro it., R�p., 1962, 908, voce 
Esazione, n. 76; Trib. Venezia, 4 marzo 1962, Corti di Brescia, Venezia, Trieste, 
1964, 234; Trib. Palermo, 6 dicembre 1963, Giur. sic., 1964, 72. In dottrina si 
veda, oltre ad AMOR1H-TOMAs1ccmo, op., Zoe. cit., ANTONIONI, Ingiunzione fiscale 
e procedimento monitorio, Riv. proc. civ., 1949, Il, 45. 

Dall'inversione della posizione processuale delle parti nel giudizio di cui si 
discorre, la sentenza annotata e la giurisprudenza unanime fanno discendere, 
ovviamente, un'inversione dell'onere probatorio, nel senso che � il debitore-opponente-
attore a dover provare l'infondatezza del credito dell'Amministrazione convenuta. 
Sul punto, si vedano: Cass., 8 giugno 1963, n. 1530, Giust. finanz., 1963, 
208; 21 marzo 1963, n. 691, Giust. civ., Mass., 1963, 319; 10 gennaio 1961, n. 28, 
Giust. civ., 1961, I, 1466; 15 ottobre 1958, n. 3269,. Foro it., Rep., 1958, voce 
Esazione, n. 99, 815; Sez. Un., 29 ottobre 1956, n. 4043, Foro it., 1957, I, 28; 
19 aprile 1955, n. 1079, Giur. it., 1955, I, 1, 493, con nota ed anche Relazione 
dell'Avvocatura dello Stato per gli anni. 1956-1960, voi. cit., loc. cit. 

Nella sentenza 11 luglio 1962, n. 1849 citata supra, la Cassazione ha, per�, 
precisato che, nell'ipotesi di domandi). riconvenzionale spiegata a norma dell'art. 36 

c.p.c. da parte della p.a. in un giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, � la 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1198 

La portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale deve ricavarsi 
non solo dalle statuizioni contenute nel dispf?sitivo ma anche dalle 
considerazioni enunciate nella motivazione della sentenza {2). 

{Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale la Sllva 
lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto che in un giudizio di 
opposizione all'esecuzione fiscale possa avere ingresso una domanda 
riconvenzionale, non dipendente dal titolo dedotto in giudizio dal1'
attrice. 

Secondo la ricorrente, la denunziata sentenza, per giustificare l'ammissibilit� 
della domanda riconvenzionale proposta dall'Amministrazione, 
avrebbe operato una indebita. equiparazione tra opposizione ad ingiunzione 
fiscale ed opposizione a normale decreto ingiuntivo; con viola-

stessa p.a. che deve provare la nuova causa petendi su cui vuol fondare il provvedimento 
ingiuntivo. 

Se sull'opponente-attore grava l'onere di provare l'insussistenza del credito 
vantato dalla p.a., � chiaro che il medesimo, nell'atto introduttivo della lite, deve 
esporre le ragioni che assistono il suo assunto entro e non oltre i limiti consentiti 
dal codice di procedura civile. Sul punto, si veda Relazione dell'Avvocatura dello 
Stato per gli anni 1956-1960, cit., loc. cit. e giurisprudenza ivi richiamata -anche 
relativamente al problema delle nuove eccezioni consentite in grado d'appello dal 
modificato art. 345 c.p.c. 

Nella sentenza in rassegna v'� pure una definizione . della natura giuridica 
dell'ingiunzione fiscale, considerata come atto che cumula in s� le caratteristiche 
del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto. Anche su tale punto non vi sono 
dissensi di rilievo in giurisprudenza. Tra le ultime pronuncie si veda Cass., 8 giugno 
1963, n. 1530, Giust. finanz., 1963, 208. Per la dottrina si vedano, oltre ad AMORTHTOMASiccmo, 
Il .giudizio ecc., pi� volte citato, GIANNINI, Istituzioni di diritto 
tributario, Milano, 1956, 251 e segg.; .ALLoruo, Diritto -processuale tributario, Torino, 
1955, par. 49; GREco, La riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, S. M. 
Capua Vetere, 1963, 18; MrcHELr, Sulla natura dell'ingiunzione per il pagamento 
delle entrate patrimoniali, Giur. it., 1949, I, 1, 587 . 

.Sulla differenza tra domanda ed eccezione riconvenzionale, sui limiti ad esse 
stabiliti dal codice di procedura civile e sulla possibilit� per lattore, contro il quale 
il convenuto abbia proposto domanda riconvenzionale, di opporre, a sua volta, altra 
riconvenzionale, si vedano: Cass., 27 luglio 1964, n. 2076, Giust. civ., Mass., 1964, 
955; 5 maggio 1964, n. 1069, Giust. civ., 1964, I, 2055; 8 febbraio 1964, n. 284, 
ibidem, 505; 4 luglio 1964, n. 1747, id., Mass., 1964, .793; 21 settembre 1964, 

n. 2397, ibidem, 1119; App, Roma, 6 maggio 1963, Temi Romana, 1964, 44. 
(2) Giurisprudenza pacifica. Tra le pi� recenti sentenze cfr. Cass., 19 giugno 
1964, n. 1601, Giust. civ., Mass., 1964, 728; 21 dicembre 1962, n. 3409, id., 
Mass., 1962, 1590; 13 ottobre 1962, n. 2983, ibidem, 1400; 14 marzo 1962, n. 525, 
ibidem, 253; 9 febbraio 1962, n. 275, ibidem, 129; Trib. Palermo, 9 gennaio 1961, 
Giur. sic., 1962, 18. 
L. MAZZELLA 

PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 1199 

zione e falsa applicazione del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, e degli artt. 86, 
113, 474, 615 c.p.c. 

La censura � destituita di giuridico fondamento. 

Con la opposizione del debitore alla ingiunzione fiscale prevista 
dal t.u. n. 639 del 1910, concernente le entrate patrimoniali dello Stato 
e di altri enti pubblici, si iI}.staura un ordinario. processo di cognizione 
diretto a contestare il diritto alla esecuzione e ad ottenere un accertamento 
negativo a favore del debitore, che assume, cos~ vera e propria 
veste di attore (Cass., 29 novembre 1963, n. 3065). 

Invero, nel procedimento �monitorio fiscale apprestato per la spedita 
riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti 
pubblici minori, fatto formale della ingiunzione cumula le caratteristiche 
del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che ropposizione 
del debitore costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario 
procedimento cognitivo. 

Conseguentemente, grava sulf opponente per la sua qualit� di attore 
l'onere di contestare il diritto della pubblica Amministrazione alla minacciata 
esecuzione. Pu� tuttavia accadere (come si � verificato nel caso 
in esame) che nel corso del giudizio di opposizione alla ingiunzione 
fiscale, l'Amministrazione finanziaria deduca un diverso titolo a giustificazione 
del provvedimento ingiuntivo, riconoscendo l'inesistenza del 
titolo su cui inizialmente il procedimento stesso era stato fondato. 

La legittimit� della deduzione del diverso titolo scaturisce dalla 
veste di convenuto che, con l'opposizione del debitore, assume l'Amministrazione 
creditrice, la quale ha pertanto il diritto di proporre domande 
riconvenzionali a norma dell'art. 36 c.p.c. � 

Nessun addebito pu� pertanto muoversi alla impugnata sentenza 
per avere preso in esame la domanda riconvenzionale dell'Amministrazione 
e avere dichiarato oessata la materia del �contendere. 

~ costante insegnamento di questa S.C. che la portata precettiva 
di una pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo conto non 
solo delle statuizioni contenute nel disp()sitivo della sentenza, ma anche 
delle considerazioni enunciate nella motivazione. 

Nulla rileva se nel dispositivo �sia stata omessa una specifica indicazione 
dell'esistenza o meno di una situazione giuridica qualora, come 
nel caso, nella motivazione siano state enunciate considerazioni tali da 
dimostrare che il giudice ha proceduto ai dovuti accertamenti con un 
ragionamento che va considerato integrativo del contenuto formale del 
dispositivo. 

Nella fattispecie l'ammissibilit� della domanda riconvenzionale 

costituiva il naturale presupposto della decisione adottata con la dichia


razione di cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda 

stessa. -(Omissis). 


1200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2360 -Pres. 
Fibbi -Est. Straniero -P.M. Pedote {conf.) -Istituto autonomo per 
le case popolari della Provincia di Messina (avv. Brancati) c. Brigandi 
e De Salvo {avv.ti Crisafulli P., Moschella M. e A.), Ministero 
LL.PP. (avv. Stato Del Greco) e Comune di Messina {avv. Romano 
A.). 

Impugnazione -Cause inscindibili -Nozione � Giudizio di primo 
grado con pluralit� di parti attive o passive -Pluralit� di 
parti convenute -Controversia sulla individuazione del soggetto 
responsabile -Domanda di condanna cumulativa o alternativa 
nei confronti di tutti i convenuti -Necessit� di impugnazione 
della sentenza nei confronti di tutte le parti � Sussiste 
-Legittimazione �delle parti all'impugnazione incidentale tardiva 
-Sussiste -Pronuncia del giudice di primo grado di estromissione 
di una delle parti convenute -Impugnazione che 
riproponga la questione sull'obbligo della parte estromessa Inscindibilit� 
delle cause -Sussiste. 

(c.p.c., artt. 331, 334). 

Il concetto di cause inscindibili ai fini del giudizio d'impugnazione 
sorge, oltre che nel caso di litisconsorzio necessario per ragioni 
di diritto sostanzial,e o processuale, anche in relazione aU'ipotesi di 
cause fra loro dipendenti. Nel giudizio con pluralit� di parti attive o 
passive, chiamate a parteciparvi ab origine o successivamente intervenute 
nel processo, viene a determinarsi un'ipotesi tipica di unico processo 
per pi� cause fra loro collegate da vincolo di interdipendenza di liti, 
allorch� le domande praroste da pi� o contro pi� parti siano, per la 
sostanziale identit� del titolo dedotto in giudizio, dirette ad accertare, 
nei confronti di tutte, la medesima situazione giuridica: ci� pu� verificarsi 
nelfipotesi in cui fra le parti convenute sorga controversia sulr 
individuazione del soggetto effettivamente tenuto alr adempimento 
della prestazione dovuta all'attore e quest'ultimo proponga le sue domande, 
congiuntamente o alternativamente, nei confronti di tutti i 
convenuti, creando, cos�, la premessa di un rapporto processuale con 
pluralit� di convenuti. L'anzidetta situazione comporta, rispetto all' eventuale 
impugnazione della sentenza: a) la necessit� che tale impugnazione 
venga proposta nei confronti di tutte le parti; b) la legittimazione 
di costoro a proporre contro la senf!enza stessa impugnazione incidentale 
anche� quando abbiano prestato acquiescenza ad essa e, a maggior 
ragione, quando sia decorso il termine; c) l'obbligo del giudice di appello 
di ordinare l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c., 
qualora rappellante non abbia notificato l'atto di appello alla p�arte estro



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA ~E 1201 

messa in primo grado; d) fimpossibilit� per quest'ultima di eccepire resistenza 
del giudicato per mancata impugnazione nei suoi confronti della 
sentenza nei termini di legge, perch� la pronunzia di estromissione non 
rende processualmente scindibili le cause, se l'impugnazione riproponga 
la questione sulr obbligo della parte estromessa (1). 

{1) Cfr. Cass., 7 febbraio 1959, n. 403, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 142, 
sub 2 : � nell'ipotesi in cui la parte convenuta si difenda, assumendo che altro 
soggetto sia tenuto in sua vece all'adempimento della prestazione richiesta dall'attore 
e chiami in causa detto soggetto perch� sia accertato nei suoi confronti il fondamento 
della pretesa dell'attore, si hanno due cause strettamente connesse per l'oggetto e 
per il titolo da cui dipendono, con conseguente vincolo di interdipendenza, in quanto 
la decisone della seconda causa dipende dalla decisione della prima. Tale situazione 
processuale si verifica in particolar modo quando lattore accetti il contraddittorio 
nei ponfronti del chiamato in causa, proponendo le sue domande congiuntamente o 
alternativamente contro il convenuto originario e l'intervenuto, dando luogo ad 
un rapporto processuale con pluralit� di convenuti. N� l'avvenuta estromissione di 
una delle parti con la sentenza di primo grado pu� rendere scindibili le cause, 
quando l'impugnazione venga proposta anche contro la parte estromessa, onde fare 
accertare la sussistenza del fondamento della pretesa dell'attore nei suoi confronti. 
Pertanto, si ha la necessit� dell'integrazione del contraddittorio, anche nel caso di 
nullit� della notificazione dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 331 c.p.c. �. 

Nel senso che la semplice litis denunciatio dell'impugnazione in cause inscindibile 
o dipendenti possa valere ad integrare il contraddittorio ex art. art. 331 c.p.c. 

v. Cass., 12 maggio 1962, n. 962, Giust. civ., 1962, I, 2195, sub 1 (la quale avverte, 
per�, sub 2, che � nelle cause dipendenti la parte contro cui � stata proposta l'impugnazione 
principale propone ritualmente l'impugnazione incidentale contro altra 
parte dichiarata contumace mediante la comparsa di risposta notificata al contumace 
anche dopo la scadenza del termine per l'impugnazione, purch� la comparsa di 
risposta venga notificata personalmente al contumace entro il termine fissato dal 
giudice�): contra, per�, ANDREOLI, Commento, 'II, Napoli, 1945, 290-291. Sul problema 
della legittimazione passiva nelle impugnazioni incidentali tardive v. FrnoccmARo, 
in Giust. civ., 1962, I, 2196-2198. 
Sul litisconsorzio in fase di impugnazione e sulla nozione di causa inscindibile 

v. Cass., 27 giugno 1964, n. 1722, Giust. civ., 1964, I, 1272 e seg., con nota di 
riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 2 aprile 1964, n. 718, id., Mass. Cass., 
1964, 322, sub 1, con riferimenti di dottrina e giurisprudenza. Sulla scindibilt� delle 
cause nell'ipotesi di garanzia impropria v. Cass., 14 settembre 1963, n. 2522, 
Giust. civ., 1964, I, 139, la quale avverte, per�, che � peraltro, quando il convenuto 
principale ha chiamato nel processo il terzo, non solo ai fini di una eventuale rivalsa 
in caso di soccombenza, ma anche per la necessit� della trattazione della causa o 
della sua stessa difesa, essendo unicamente imputabile al terzo il fatto generatore 
dell'inadempimento e della conseguente responsabilt� di entrambi, si verifica tra le 
due cause, principale e di garanzia, una stretta connessione, per cui il terzo ha 
interesse e legittimazione ad impugnare la condanna del convenuto (garantito), 
cio� ad investire con l'impugnazione il rapporto principale e nel giudizio relativo 
� applicabile lart. 331 c.p.c. '" 
Sui concetti di causa inscindibile in fase di impugnazione e di impugnazione 
incidentale tardiva v. anche Cass., 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 
1965, I, 1180, sub� 8 {1185), ove ulteriori riferimenti di giurisprudenza. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1202 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 novembre 1965, n. 2362 -Pres. 
Laporta -Est. Speziale -P.M. De Ruggiero (conf.) -Poveromo 
(avv. Sposato) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Colletta) e 
Pieri (avv. Calvanese). 

Procedimento civile -Rimessione della causa al Collegio -Precisazione 
in sede di conclusioni delle domande ed eccezioni della 
parte�-Rinuncia implicita alle istanze non riproposte -Sussiste. 

(c.p.c., art. 189). 

Procedimento civile -Norme relative alla deduzione ed alla 
assunzione della prova testimoniale -Fondamento -Motivi 
di ordine pubblico -Non sussistono -Norme dispositive. 
(c.p.c., artt 244 e segg.; e.e., artt. 2721 e segg.). 

Procedimento civile -Istruzione probatoria -Verbali di �indagine 
redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria -Valore probatorio 
indiziario. " 

" 

(c.p.c., artt. 115, 116, primo comma). 

Quando la parte, alr atto della rimessione della causa al Coll.egio, 

non si sia limitata a richiamare, genericamente, le conclusioni formulate 
in precedenza, ma abbia ben precisato le proprie domande ed eccezioni, 
legittimamente il giudice prende in considerazione solo le istanze 
espressamente formulate, dovendosi ritenere implicitamente rinunciate 
tutte le altre (1). 

Tutte le prescrizioni relative alla deduzione e all'assunzione della 
prova testimoniale devono intendersi dettate non per motivi di ordine 
pubblico, bens� a tutela dei privati interessi delle parti {2). 

I verbali di indagine redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria, 
per le garanzie di attendibilit� inerenti all'organo da cui provengono, 
ben possono forni re al giudice, n~l quadro delle risultanze processuali, 
el.ementi presuntivi e indiziari utili per l'accertamento della verit� (3). 

(1) Cfr. Cass., Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1257, Giur. it., Mass., 1965, 457, 
sub e; Cass., 22 luglio 1964, n. 1956, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 886, sub 2; 
15 giugno 1964, n. 1522, ibidem, 695; Sez. Un., 20 agosto 1962, n. 2603, id., Mass. 
Cass., 1962, 1236, sub 9, ove ulteriori riferimenti. 
(2) Cfr. Cass., 25 giugno 1964, n. 1679, Giur. it., Mass., 1964, 550, sub a; 
10 luglio 1962, n. 1828, Giust: .civ., Mass. Cass., 1962, 906; 10 maggio 1962, n. 936, 
ibidem, 473; 6 marzo 1962, n. 425, ibidem, 207, sub 2; 18 marzo 1961, n. 620, 
id., Mass. Cass., 1961, 253. Per applicazioni del principio, v. anche Cass., 5 maggio 
1964, n. 1070, Giur. it., Mass., 1964, 344, sub e; 15 maggio 1964, n. 1180, 
ibidem, 382, sub c. 
(3) Cfr. Cass., 16 maggio 1962, n. 1085, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 554, 
sub 3, ove ulteriori riferimenti. Per quanto concerne i documenti provenienti dalla 

PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1203 

P.A., parte in causa, cfr. Cass., 7 giugno 1965, n. 1148, Giur. it., Mass., 1965, 417: 
� essendo gli atti amministrativi assistiti da una presunzione di legittimit�, ben 
pu� il giudice provare il proprio convincimento su documenti provenienti dalla stessa 
Pubblica Amministrazione che sia parte in causa, sempre che gli stessi non siano 
smentiti da prova contraria �; v. anche Cass., 23 febbraio 1963, n. 442, Giust. civ., 
Mass. Cass., 1963, 206, sub 3; 16 maggio 1960, n. 1206, id., Mass. Cass,, 1960, 
450, � sub 2, ove ulteriori riferimenti. Quanto ai certificati amministrativi, v. Cass., 
12 marzo 1965, n. 403, Giur. it., Mass., 1965, 130, sub e: cc i certificati amministrativi, 
come quello anagrafico, ancorch� non equiparabili ad atti pubblici facenti fede fino a 
querela di falso, possono essere utilizzati dal giudice quali elementi presuntivi di 
convincimento �; Cass., 14 febbraio 1963, n. 304, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 
141, sub 4, precisa che: cc i certificati anagrafici e gli altri certificati amministrativi 
che concernono annotazioni, inserite in pubblici registri, sulla scorta di accertamenti 
compiuti ex officio, ovvero di dichiarazioni rese alla P.A., hanno piena efficacia 
probatoria soltanto relativamente all'esistenza di dette annotazioni e dichiarazioni, 
non anche in merito alla corrispondenza delle stesse alla realt� oggettiva. Essi possono, 
peraltro, concorrere alla formazione del convincimento del giudice circa la 
verit� dei fatti ai quali si riferiscono, quali presunzioni semplici, superabili con la 

prova contraria �. 

TRIBUNALE DI NAPOLI, 29 marzo 1965 -Pres. Carbone -Est. Di 

Filipp�-Acone (avv. Ventrella) c. Ministero Poste e Telecomunica


zioni (avv. Stato Carusi). 

Edilizia -Distanze nelle costruzioni -Disciplina legale prevista 
dal codice civile -Inapplicabilit� alle costruzioni erette su 
suolo pubblico. 
(e.e., art. 873). 

L'art. 873 e.e. che regola la distanza da osservarsi tra costruzioni 
su fondi finitimi non � applicabile alle costruzioni erette su suolo pubblico 
in confine con i fondi dei proprietari frontisti (1). 

(Omissis). -Per risolvere le questioni proposte dalle parti, nel presente 
giudizio, � necessario individuare la condizione giuridica del 
suolo sul quale lAmministrazione delle Poste ha costruito ledificio che 
l'attrice assume lesivo dei suoi diritti. 

In proposito, dalla documentazione �esibita dall'Amministrazione 
(certificato del Comune) risulta �che il muro di recinzione dell'edificio 
postale di piazza Mazzini sorge sul suolo espropriato per la costruzione 
della piazza Mazzini stessa. 

(1) L'inapplicabilit� della disciplina delle distanze legali, prevista dall'art. 873 
e.e., alle costruzioni erette su suolo pubblico trovasi gi� affermata in Cass., Sez. 
Un~, 23 giugno 1964, Foro amm., 1964, I, 1, 465; Trib. Napoli, 8 gennaio 1963, 
Temi napol., 1964, I, 66 (con motivazione parzialmente diversa e con richiamo 
della disposizione contenuta nel� secondo comma dell'art. 879 e.e.); �\pp. Napoli, 

1204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Esso, quindi, deve ritenersi appartenente al demanio comunale in 
quanto. per la sua funzione di recingere la piazza, costituisce parte ,. 
accessoria della piazza Mazzini, per effetto della presunzione di cui 
all'art. 22, comma terzo, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F f' ' 
(Cass., 29 luglio 1964, n. 2154). 

Del resto la stessa attrice, fin dall'atto introduttivo del giudizio, 
riconosce la qualit� demaniale del suolo allorch� afferma che l'edificio 
di cui lamenta la costruzione sorge sul suolo di piazza Mazzini (vedi 
atto di citazione). 

Ci� posto giover� esaminare la fondatezza della domanda sotto 
il duplice profilo {prospettato del resto dall'attrice, nelratto di citazione 
e nella difesa successiva) della violazione delle norme sulle distanze 
legali e della violazione dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359. 

Il richiamo fatto dalla Acone alla disciplina propria delle distanze 
legali {art. 873 e.e.) non ha fondamento. 

Invero, deve escludersi che il proprietario frontista abbia il diritto 
di chiedere 1'osservanza della distanza di tre metri tra il proprio edificio, 
confinante con lo spazio pubblico e quello che, sullo stesso spazio eventualmente 
venga a costruire la pubblica Amministrazione. 

L'art. 82 della legge sui lavori pubblici dispone infatti che gli edifici 
privati, nell'interno degli abitati possono essere costruiti sul .confine della 
strada comunale senza che occorra rispettare la distanza di tre metri 
prevista all'art. 873 e.e. e tale norma rende inapplicabile la gi� citata 
norma dell'art. 873 nei confronti del proprietario frontista, poich� questo 
articolo prevede una fattispecie in cui vi � una posizione di reciprocit� 
fra i fondi e non una fattispecie in cui vi � un limite legale nei confronti 
di uno di essi. 

Diversamente opinando si perverrebbe al risultato di affermare da 
una parte la esistenza del limite legale nei confronti del Comune in 
ordine al bene demaniale che � quello di sopportare le costruzioni dei 
privati, sul confine, e nel contempo non un limite {stante il difetto di 
reciprocit�) ma una servit� a carico dello stesso Comune di non costruire 
e non effettuare concessioni a distanza -minore di tre metri. -(Omissis). 

19 aprile 1962, Monit. trib., 1964, 271 (con richiamo all'art. 879, secondo comma, 

e.e. ed all'art. 82 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, invocato anche nella 
sentenza in rassegna); sul punto cfr. pure Cass., 15 ottobre 1960, Giust. civ., Mass., 
1960, 1050, con nota di richiami giurisprudenziali e dottrinali. 
Sul carattere di norma privatistica dell'art. 873 e.e. si veda: Cass., 10 maggio 
1963, n. 1151, Giur. agr., 1964, 230. 

-~ 

Sulla posizione delle propriet� limitrofe a beni pubblici, si vedano, in dottrina: 
SANDULLI, Beni pubblici, Encicl. dir., vol. V, 293 e segg. e GENTILE, Costruzioni 
in confine con piazze e vie pubbliche, Riv. giur. edil., 1962, II, 32 e segg. 

L. MAZZELLA 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 novembre 1964, n. 823 -Pres. 
Stumpo -Est. Anelli -Dinaro {avv.ti Valenise e Nigro) c. Ministero 
LL.PP. {avv. Stato Azzariti) e Soc. Cooperativa Edilizia Alcioni 
Iuniana (avv. Barillaro). 

Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Collaudo 
e riparto di spesa -Socio -Interesse a ricorrere -Sussistenza. 

Edilizia popolare ed economica -Cooperativa Edilizia -Collaudo 
e riparto di spesa -Impugnativa -Giurisdizione amministrativa 
-Sussistenza. 

Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Collaudo 
e riparto di spesa -Impugnazione -Preclusione per mancata 
proposizione dell'azione ex art. 2377 e.e. -Esclusione. 

Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Opere non 
ancora ultimate -Collaudo -Am:prlssibilit� e limiti. 

Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Opere difformi 
dal progetto approvato dal Provveditorato -Ammissibilit� 
al collaudo -Limiti. 

Il socio assegnatario di una cooperativa edilizia sovvenzionata ha 
interesse a ricorrere contro il collaudo e rammissione a contributo di 
opere che si assumono eseguite, in difformit� del progetto, nelr esclusivo 
vantaggio di alcuni soci (1). 

La posizione del socio di una cooperativa, edilizia sovvenzionata, 
nei confronti degli atti di collaudo delle opere e di riparto della spesa 
fra i soci assegnatari, npn ha natura di diritto soggettivo ma di interesse 
legittimo: pertanto il ricorso avverso il provvedimento ministeriale di 
approvazione del riparto di spesa rientra nella giurisdizione del eonsiglio 
di Stato (2). 

(1-2) Numerose volte il Consiglio di Stato ha affermato che l'assegnatario, 
prima della sUpulazione del mutuo individuale, � titolare di un interesse legittimo 
e non di un diritto soggettivo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18 gennaio 1961, n. 31, 
Giust. civ. 1961, Il, 143; Cons. Stato, Sez. VI, 19 aprile 1961, n. 365, Il Consiglio 



1206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'impugnativa prevista daliart. 2277 e.e. contro le delibere assembleari 
e quella spettante al socio assegnatario contro gli atti di collaudo 
e di riparto della spesa si muovono su due piani diversi e reciprocamente 
autonomi; pertanto, il mancato esperimento della prima, non 
implicando acquiescenza al provvedimento di approvazione, non preclude 
la possibilit� di promuovere la seconda (3). 

Unopera pu� essere collaudata anche se non completamente ultimata, 
purch� i difetti e le mancanze riscontrate siano di scarsa entit� 
e riparabili in breve tempo, o addirittura tali da potersi lasciar sussistere 
senza pregiudizio (4). 

Il collaudatore di opere eseguite da una cooperativa edilizia sovvenzionata 
pu� ammettere a collaudo opere difformi dal progetto approvato 
dal Provveditorato 00.PP., ai sensi dell'art. 77 t.u. 28 aprile 1938, 

n. 1165, solo quando le ritenga indispensabili per la esecuzione dell'opera, 
e purch� l'importo totale delle opere, compresi i lavori non 
autorizzati, rientri nei limiti di spesa preventivamente approvata (5). 
di Stato, 1961, I, 778; Cons. Stato, Sez. VI, 11 luglio 1961, n. 617, ivi, 1961, I, 
1337): donde la conseguenza, ribadita dalla decisione in rassegna, che le questioni 

attinenti al provvedimento di approvazione del riparto di spesa rientrano nella 
giurisdizione del giudice amministrativo. Il principio non � nuovo : oltre ad essere 
stato esplicitamente affermato con una vecchia decisione della V Sezione (la 

n. 96/1943), esso risulta implicitamente -come avverte la pronuncia odierna da 
ulteriori successive pronuncie anche recentissime, le quali hanno deciso nel 
merito controversie relative ad apprnvazione di collaudi e di riparti di spese fra soci 
di cooperative edilizie sovvenzionate (cfr., ad esempio, Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 
1964, n. 119, Giust. civ., 1964, II, 173; Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 1964,. 
n. 120, Riv. giur. edilizia, 1964, 'I, 577, con nota di PALMA). 
Per questi problemi, cfr. in dottrina, VERRUCCOLI, Disciplina della societ� e 
disciplina del condominio nella cooperazione edilizia sovvenzionata, Riv. coop., 

1961, 731. � 

(3) Per qualche riferimento cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 1958, n. 920, 
Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1524, la quale ha deciso che � il ricorso contro la 
deliberazione di una cooperativa edilizia, proposto da un socio a tutela di un interesse 
proprio, deve essere proposto nel termine di trenta giorni �dalla conoscenza 
dell'atto impugnato, essendo inapplicabile il termine previsto dall'art. 2377 e.e. per 
l'impugnazione delle deliberazioni nell'interesse sociale �. 
(4-5) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento v. Cass., 
7 luglio 1962, n. 1763, Giust. civ., 1963, I, 77, con nota di DE SALVO. 

�~ 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 giugno 1965, n. 500 -Pres. Polistina 
-Est. Fragomeni -Marcoocio {avv.ti Sorrentino e Montuori) 

c. Ministero partecipazioni statali {avv. Stato Chiarotti) e Ventu-~ 


rini (n.c.). 

Impiego pubblico -Consiglio di Amministrazione -Deliberazioni 
trimestrali -Natura del termine -Fattispecie. 

:~ 

~-~-�-�-~


_ _ ::::: _.. :::::-..__ .._ ......_ ......... ::--h.._ ..... :--..__ ..__ .......W.-:::...._.......:-:-.. � _...-..:..-: _... :-: .... _._ :--............._. .. _._. _. x... ....-::-: ::..-..:-.-=-= . _. :-:x _ ..-=-= ....,.. ,.� ..-.-:--..-..::-3


.............. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTI\ATIVA 1207 

Poich� la norma di cui alfart. 9 della l: 22 ottobre 1961, n. 1143 ha 
natura meramente ordinatoria, non � viZiato da illegittimit� lo scrutinio 
cui il Consiglio di Amministrazione abbia proceduto oltre il termine 
trimestrale previsto in detto articqlo : n� tale principio subisce 
deroghe per fipotesi di cui all'art. 5 della stessa legge, che disciplina 
in via transitoria le promozioni ad archivista capo, o qualifiche equi-parate 
(1). 

(1) Massima di evidente esattezza che discende non soltanto dalla lettera dell'art. 
9 della legge 1143 del 1961, ma anche dal principio, assolutamente pacifico, 
secondo il quale spetta alla discrezionalit� dell'Amministrazione determinare il momento 
in cui si deve far luogo alla copertura dei posti in un determinato grado. 
Nella specie il ricorrente sosteneva che, comunque, il principio della natura 
meramente ordinatoria dell'art. 9 dovesse subire una deroga per effetto della norma 
eccezionale e transitoria dell'art. 15 della stessa legge, ed invoca in tal senso, per 
analogia, la decisione 7 marzo 1962, n. 235 (Giust. civ., 1962, II, 213), con la 
quale la VI Sezione, interpretando l'art. 2 della I. 9 ottobre 1959, n. 928, aveva 
deciso che �l'Amministrazione ha l'obbligo e non la mera facolt� di conferire le 
promozioni in sopranumero alle qualifiche di ispettore generale ed eqTJiparate, fino 
a coprire' l'intera aliquota annuale dei posti ;-: ma il Consiglio di Stato ha fatto 
giustizia della tesi, escludendo l'invocata analogia dell'art. 15 della legge del 1961 
all'art. 2 sopracitato sulla base di ineccepibili argomentazioni esegetiche. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 713 -Pres. De 
Marco -Est. Fragomeni -Ist. Aut. Case Popolari di Napoli (avv. 
Castellani) c. Commissione presso il Provveditorato 00.PP. per la 
Campania e Ministero LL.PP. (avv. Stato Vitucci). 

Edilizia popolare ed economica -Prezzo di cessione -Determinaiione 
-Ricorso -Esigenza del contraddittorio -Sussi~tenza. 

Il ricorso avverso la determinazione del. prezzo di cessione di un 
alloggio di tipo popolare, previsto dall'art. 7 d.P.R. 7 gennaio 1959, n. 2, 
si configura come un tipico ricorso gerarchico improprio: pertanto il 
relativo procedimento di fronte alla competente Commissione regionale 
deve svolgersi con l'osservanza della garanzia del contraddittorio secondo 
le norme di cui all'art. 5 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383 {l). 

(1) Con l� decisione 22 gennaio 1964, n. 13, Foro it., 1964, III, 33, il Consiglio 
di Stato aveva deciso che � il ricorso proposto alla Commissione regionale avverso 
la determinazione del prezzo di cessione di immobil� di tipo popolare, deve essere 
notificato ai contro interessati, oltrech� alla commissione provinciale �, e ci� sul 
medesimo rilievo della configurazione del ricorso ex art. 7 d.P.R. 7 gennaio 1959, 
n. 2, come ricorso gerarchico improprio. La decisione in rassegna, peraltro, si 
segnala per il particolare interesse della motivazione con la quale, disattendendo 
una. eccezione dell'Avvocatura, il Consiglio di Stato ha ritenuto il valore mera

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1208 

mente ordinatorio del termine previsto dal terzo comma dell'art. 7 : soluzione, invero, 
che lascia alquanto perplessi, posto che la rigida formulazione della norma ( � il 
ricorso deve essere deciso entro 30 giorni dalla sua presentazione �) sembra escludere 
che la Commissione giudicante possa prorogare il termine (art. 154 c.p.c.}; 
onde, per esclusione, la conseguenza che quest'ultimo parrebbe doversi qualificare 
piuttosto come perentorio. 

Per un acuto ripensamento di tutta la materia dei termini processuali, cfr., 
in dottrina, PrcARDI, Per una sistemazione dei termini processuali, Ius, 1963, 209 segg. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 8 gennaio 1965, n. 2 -Pres. Gallo Est. 
Fortini del Giglio -Pomponio e Cimaglia (avv.ti Fragola, Piccardi) 
c. Ospedali riuniti per bambini di Napoli (avv. Gava), Baffi 
(avv. Jemolo), Perotta (avv. Abbamonte) e Loffredo (avv. D1Aiuto). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi -Atto 
confermativo -Limiti. 

An111Ullato un provvedimento conclusivo di una serie procedimentale 
di operazioni, se l'Amministrazione rimuova il provvedimento in modo 
tale da tenere ferme quelle operazioni che non furono travolte dal precedente 
annullamento, avverso questo secondo provvedimento sono 
proponibili soltanto quei motivi che, dedotti nel precedente ricorso, 
non erano stati presi in considerazione per avere il giudice amministrativo 
riconosciuto la fondatezza di altra censura di carattere assorbente (1). 

(1) La decisione in rassegna, che risulta pubblicata in Giur. it., 1965, III, 168, 
con nota critica di GurccrARDI, Rinnovazione di provvedimento amministrativo e 
deduzione di motivi di impugnativa, afferma in buona sostanza che, a seguito 
della rinnovazione di un provvedimento precedentemente annullato, l'interessato 
non possa impugnare il nuovo provvedimento per motivi che non furono dedotti 
nel primo ricorso. A tale conclusione il Consiglio di Stato perviene dall'affermazione 
del carattere meramente confermativo del secondo provvedimento. In questo 
senso la pmuncia trova un precedente nella decisione 30 marzo 1960, n. 165, 
Il Consiglio di Stato, 1960, I, 518, e si riallaccia a noti principi in materia di rinnovazione 
del provvedimento, sicch� -in conclusione -sembra che in via di 
principio essa meriti adesione. Eventuali critiche potrebbero semmai appuntarsi 
sulla qualificazione di confermativo attribuito al provvedimento di specie; ma 
allora il problema si risolve in una indagine sull'esattezza dell'applicazione al caso 
concreto di un principio, la cui validit� non viene di per s� in considerazione. 
CONS1GLIO DI STATO, Sez. VI, 19 febbraio 1965, n. 107 -Pres. 
Breglia -Est. Chieppa -S.p.A. �Cartiera di Verona� ed altri {avv.ti 
Boneschi, Carpi) c. Ministero industria e commercio (avv. Stato 
Lancia) ed Ente nazionale cellulosa e carta (n.c.). 


Enti pubblici -Gestione commissariale -Persistenza -Configurabilit� 
di silenzio -Rifiuto della p.a. 

PARTE I, SE'Z. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1209 

Enti pubblici -Gestione commissariale -Persistenza -Ricostituzfone 
degli organi ordinari -Dovere della p.a. -Sussistenza. 

Collegio -Componenti nominati da associazioni sindacali -Abolizione 
dell'ordinamento corporativo -Conseguenze. 

Il provvedimento che impone la gestione commissariale ad un ente 
pubbl~co, quan�anche non sia stato impugnato, non preclude rulteriore 
contestazione sulla legittimit� della persistenza della gestione commissariale, 
e quindi del silenzio-rifiuto sulla ricostituzione degli organi 
delfente (1). 

In attuazione del principio generale che il periodo temporale di 
una gestione commissariale � essenzialmente assai breve, e comunque 
non superiore al periodo previsto per i corrispondenti organi ordinari 
e permanenti dell ente, deve ritenersi che, quando manchi una esp�licita 
previsione di legge sulla durata della gestione, il protrarsi di quest'ultima 
per numerosi e svariati anni faccia senZ altro sorgere a carico delr aml'amministrazione 
il dovere di riicostituire gli organi ordinari, dovendosi 
porre termine ad una situazione abnorme che non importa pi� la possibilit� 
di una ulteriore valutazione discrezionale sul � quando � rilevante 
ai fini del decidere (2). 

(1) Come avverte la decisione in rassegna, il problema di cui si discuteva 
nella specie non � nuovo " in quanto � comune a tutte le situazioni con effetti 
continuativi � duraturi, derivanti da provvedimenti autoritativi, che comprimono, 
con il carattere essenziale di temporaneit�, lo status di una persona fisica o 
giuridica �. 
In questo ordine di idee Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 1954, n. 403, 
Il Consiglio di Stato, 1954, I, 622, ha ritenuto illegittimo il silenzio serbato dalla 
amministrazione sulla diffida notificatale da un impiegato che, dopo cinque anni 
dall'irrogazione della sospensione cautelare, chiedeva la definizione del procedimento 
disciplinare. Nello stesso senso cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 13 luglio 1954, 

n. 590, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 792. 
Sul dovere dell'amministrazione di porre in essere la procedura necessaria per 
far cessare un provvedimento funzionalmente a carattere temporaneo, cfr. Cons. 
Stato, Sez. VI, 23 settembre 1961, n. 676, Il Consiglio di tata, 1961, I, 1453. 

La decisione in rassegna ha poi distinto il caso in questione da quello di 
una istanza diretta a provocare il riesame di un provvedimento divenuto inoppugnabile 
per mancata impugnazione nel termine, in relazione al quale Cons. Stato, 
Sez. VI, 25 luglio� 1964, n. 562, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1344, ha ritenuto 
non potersi formare silenzio-rifiuto; nonch� da quello di istanza di revoca di un 
atto precedente (cfr. Cbns. Stato, Sez. VI, 3 novembre 1963, n. 608, ivi, 
1953, I, 1057). 

(2) Non risultano precedenti in termini. 
La giurisprudenza ha spesso affermato che, anche dove esiste un termine 
stabilito dalla legge per la durata della gestione commissariale, la relativa scadenza 
non comporta mai ipso iure la decadenza dei commissari dal loro ufficio, perch� 
-in base al principio della prorogatio -essi restano in carica fino alla ricosti




1210 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

Nel caso in cui, per effetto deli abolizione dell'ordinamento corporativo, 
siano venute meno le norme che richiedevano la collaborazione 
delle associazioni sindacali riconosciute per la designazione di alcuni 
componenti di organi collegiali di enti pubblici, la nomina dei rarppresentanti 
delle categorie interessate rimane attribuita ali amministrazione, 
la quale ha il dovere di provvedere procedendo eventualmente ad una 
preventiva consultazione delle attuali organizzazioni di caiegoria (3). 

tuzione degli ordinari organi di amministrazione: cfr. Cass., 6 maggio 1960, n. 1031, 
Giust. civ., 1960, I, 1618; Cons. Stato, Sez. V, 20 febbraio 1954, n. 171, Il Consiglio 
di Stato, 1954, I, 154; Cons. Stato, Sez. V, 19 ottobre 1963, n.876, ivi, 1963, 
I, 1372. Questo orientamento rende per lo meno azzardato affermare l'esistenza 
di un principio generale circa la brevit� della durata delle gestioni commissariali, 
principio che � poi la chiav� di volta per affermare, come fa la decisione in 
rassegna, che il protrarsi della gestione nel tempo importerebbe l'obbligo per l'amministrazione 
di ricostituire gli organi ordinari dell'ente e non semplici sanzioni di 
natura amministrativa nei confronti dei funzionari responsabili (cfr. Cass., 6 maggio 
1960, n. 1031, citato). 

{3) Cfr. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 1964, n. 966, 
in questa Rassegna, 1965, 175. 
Circa l'indicazione dei componenti del collegio ad opera delle associazioni 
di categorie pi� largamente rappresentative, Cons. Stato, Sez. V, 28 settembre 1957, 

n. 
797, Giust. civ., 1957, II, 243. 
Sugli effetti dell'abolizione dell'ordinamento corporativo, oltre alla decisione 
n. 797/57 citata, v. pure Cons. Stato, Sez. II, 10 luglio 1957, n. 571, Il Consiglio 
di Stato, 1958, I, 243. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 13 luglio 1965, n. 537 -Pres. Toro Est. 
Benvenuto -Cassa Risparmio di Firenze (avv.ti Dedin, Lessona 
e Colzi) c. Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio 
(avv. Stato Agr�) e Cassa Risparmio di Carrara (avv.ti 
D'Audino e Raia). 

Banca -Casse di Risparmio -Nuovi sportelli bancari -Autorizzazione 
-Impugnativa -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza. 


Banca -Casse di Risparmio -Nuovi sportelli bancari -Apertura Condizioni 
e competenze. 

Banca -Casse di Risparmio -Nuovi sportelli bancari -Procedimento 
autorizzativo -Audizione della Federazione di cate-' 
goria -Necessit� -Esclusione. :� 

L. posizione soggettiva degli Istituti di credito in rapporto a situazioni 
concorrenziali da parte di aziende simili deve configurarsi come 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA .1211 

interesse legittimo : pertanto ciascuna azienda pu� agire in via giurisdizionale 
innanzi al Consiglio di Stato per denunciare gli eventuali vizi 
di legittimit� del provvedimento amministrativo. con cui viene autorizzata 
l'apertura, nella stessa piazza gi� da essa servita, di nuovi sportelli 
bancari da parte di altre aziende del genere (1). 

Essendo stato abrogato dalla successiva normazione legislativa � 
rart. 1 r.d.l. 21 ottobre 1923~ n. 2413, il quale escludeva in modo assoluto 
la possibilit� di aprire nuovi sportelli di una Cassa di Risparmio in 
localit� gi� servita dagli sportelli di altra Cassa, attualmente l'apertura 
di nuovi sportelli dipende unicamente da una valutazione di opportunit�, 
in relazione alle esigenze locali dell'attivit� creditizia, che compete 
al potere discrezionale dell'autorit� di vigilanza competente (2). 

Nel corso del procedimento di autorizzazione alr apertura di spor


. telli di una Cassa di Risparmio, in un Comune gi� servito dagli sportelli 
di altra Cassa, l'Autorit� di vigilanza non � tenuta ad interpellare previamente 
la Federazione cui appartengono le Casse interessate (3). 

(1) Cfr. gi� nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 2 dicembre 1949, n. 423, 
Foro amm., 1950, I, l, 123; Cons. giust. amm. sic., 16 dicembre 1961, n. 72, 
Il Consiglio di Stato, 1961, I, 2267. Cos� pure implicitamente, Trib. Roma, SO aprile 
1963, Banca, borsa, 1964, I, Il, 106. 
� (2-3) Non risultano precedenti in termini. In dottrina cfr. DE GENNARO, La 
competenza autorizzativa in materia di sportelli bancari, Banca, borsa 1963, I, 461; 
FAVARA, Ancora sulla competenza autorizzativa in matena di sportelli di cassa di 
risparmio e monti di piet� di prima categoria, Sicurezza soc., 1964, I, 69. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 22 ottobre 1965, n. 643 -Pres. Toro Est. 
Longo -S.p.A. Mineraria Predil (avv.ti Lorenzoni e Giannini) 

c. Ministeri della Finanza, dell'Industria e del Commercio e delle 
Partecipa7.ioni Statali (avv. Stato Varvesi), AMMI S.p.A. {avv.ti Marinangeli, 
Urbani e Guarino). 
Atto amministrativo -Forma -Telegramma -Ammissibilit�. 

Miniere -Miniere Erariali � Regime legislativo ed atti di gestione 
� Natura. 

Un dispaccio telegrafico pu� costituire forma idonea per l'adozione 
di un provvedimento amministrativo, il cui contenuto � desumibile dalla 
implicita ma inequivoca manifestazione di volon.t� dell'Amministrazione, 
eventualmente integrata con riferimento a tutto il precedente comportamento 
dell'amministrazione stessa; in siffatto caso, dovendosi escludere 
che si tratti di atto meramente interno, � ben possibile I'impugnativa 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

innanzi al Consiglio di Stato del provvedimento anche sotto il profilo 
della sussistenza della lesione dell'interesse legittimo del ricorrente (1). 

L'art. 64, lett. e) della legge mineraria, che detta norme sull' ordi. 
namento e sul sistema di utilizzazione delle miniere c.d. erariali, non 
comporta esenzione dalla disciplina di diritto pubblico, che � propria �.� 
-in via di massima -dei beni del patrimonio indisponibile (quali 
sono appunto le miniere erariali) : pertanto, gli atti emanati dalr Amministrazione 
finanziaria in ordine alla gestione di dette miniere sono qualificabili 
come veri e propri provvedimenti amministrativi, sottoposti 
in quanto tali alla generale giurisdizione di legittimit� del Consiglio di 
Stato (2). 

(1) Non risultano precedenti in termini. Sul tormentato problema della forma 
della esternazione del provvedimento amministrativo la pi� moderna ed autorevole 
dottrina si va orientando nel senso che non vi sia " una regola generale sulla forma 
dell'esternazione, n� nel senso della libert� della forma n� nel senso della forma 
scritta ,, : pertanto non sarebbe accettabile " lopinione, un tempo diffusissima, 
secondo cui il provvedimento dovrebbe sempre avere la forma scritta del decreto � 
(cos� GIANNINI, Atto amministrativo, Sue. diritto, Milano, 1959; nello stesso senso 
cfr. pure Iuso, Motivi e motivazioni nel provvedimento amministrativo, Milano, 
1963, 47 segg.). 
(2) Nulla in termini. In generale, per quanto concerne l'impugnativa di provvedimenti 
relativi alle concessioni minerarie, numerose volte � stata riaffermata 
implicitamente la giurisdizione amministrativa: cfr. di recente, Cons. giust. amm. sic., 
7 giugno 1963, n. 158. Il Consiglio di Stato, 1963, 'l, 1124; Cons. Stato, Sez. VI, 
7 giugno 1961, n. 501, ivi, 1961, I, 1257. 
Delle c.d. miniere erariali la dottrina si � scarsamente occupata. Brevi cenni 
in FALZONE, I beni del patrimonio indisponibile, Milano, 1957, 57. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19luglio1965, n. 1617 -Pres. Favara 
-Est. Rossi -P.M. Colonnese (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Masi) c. Theodoli (avv. Stella). 

Imposta di registro -Case di a)>itazione non di lusso di nuova 
costruzione -Trasferimento contestuale della propriet� e dell'usufrutto 
a soggetti diversi -Agevolazioni previste dall'art. 
17 della l. 2 luglio 1949, n. 408 -Applicabilit� alla costituzione 
di usufrutto -Esclusione. 

{I. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 13-17; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
artt. 8-9-21). 
I benefici fiscali previsti dalfart, 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, 
per i trasferimenti di case di abitazione costruite ai sensi dellart. 13 
della medesima legge, non trovano applicazione in ordine alla costituzione 
a titolo oneroso _di usufrutto a, favore di un soggetto, neppure 
quando questa sia effettuata contestualmente alla vendita ad altro soggetto 
della nuda propriet� della medesima casa {l). 

(1) Giurisprudenza consolidata. Il principio di diritto affermato nella decisione 
in nota, costantement� sostenuto dall'Amministrazione f�n~mziaria (cfr. R.M., 29 maggio 
1957, n. 111646, Riv. leg. fisc., 1958, 64; R.M., 31 luglio 1957, n. 112353, ivi, 
1958, 664 �e 1959, 1050), trova i suoi primi precedenti nelle sentenze n. 3479/57, 
2664/58 per le analoghe ipotesi previste rispettivamente dall'art. 1 del t.u. 24 febbraio 
1948, il. 114 e art. 10 della legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2. 
A tale sentenza hanno fatto seguito, tutte nello stesso senso, le sentenze nn. 20/63, 
2129/63, 2103/63, 2664/63, 2667/63, 2668/63, 475/64 e 233/65. La sentenza 
n. 475/64' � delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ed � �riportata per esteso 
in questa Rassegna, 1964, I, 56.7; cfr. anche per la sentenza 233/65 la stessa 
Rassegna, 1965, I, 209. 
CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1620 -Pres. Pece Est. 
Gambogi -P.M. De Marco {concl. conf .) -Brancato Pietrina 
in Lo Giudice (avv.ti Sangiorgio e Montanaro) c. Ministero Finanze 
(avv. Stato Savarese). 

Imposte e tasse in genere -Norme di esenzione -Divieto di inter� 
pretazione analogica. 
'llreleggi, art. 14). 



1214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

~

Imposta di registro � Agevolazioni tributarie per le nuove costru.
�: 

zioni edilizie -Legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2 

-Trasferimenti di appartamenti di nuova costruzione � Neces


sit� della dichiarazione di abitabilit�. 

(I. reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2, art. 10; d.p.r.s. 26 aprile 1949, n. 10, artt. 1 
e 7; d.p.r.s. 25 maggio 1950, n. 22, art. 1). 
Le norme che prevedono esenzioni fiscali hanno carattere eccezionale 
e non sono suscettibili di applicazione analogica: �, quindi, preclusa 
f estensione, ad ipotesi non previste, non solo deltesenzione medesima, 
ma anche di una. speciale agevolazione. per facilitare' i esenzione 
stessa (1). � � 

Anche dopo t entrata in vigore del regolamento reg. sic. 25 maggio 
1950, n. 22, per rapplicazione del beneficio fiscale della registrazione a 
tassa fissa degli atti di compravendita di appartamenti di nuova costruzione, 
di cui aliart. 10 della legge reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2, � 
indispensabile la presentazione della dichiarazione di abitabilit� senza 
che questa possa essere sostituita con la presentazione delle denunce 
al Comune ed agli Uffici fiscali� (prevista dali art. 1, lett. a) del reg. 

n. 22 del 1950), e senza che possa aver rilievo, inoltre, la prova della 
effettiva� abitazione (2). 
(Omissis). ~ Col primo mezzo di ricorso la Brancato denuncia la 
violazione ed errata interpretazione dell'art. 10 della legge regionale 
siciliana 18 gennaio 1949, n. 2, lamentando che la decisione impugnata 
abbia ritenuto che la espressione � entro un anno dalla dichiarazione 
di abitabilit��, contenuta nella norma suddetta, pr.eveda non solo un 
termine finale, ma anche un termine iniziale a partire dal quale debba 

essersi verificato il primo trasferimento di propriet� perch� questo possa 
godere della registrazione a tassa fissa .. 

La doglianza-� infondata, perch� la decisione della C�mmissione 
Centrale delle Imposte non contiene la pronuncia impugnata. Detta 
decisione, infatti1 nell'accogliere l'appello. dell'Ufficio contro la delibera 

(1) Principio pacifico. Cfr., da ultimo, Cass., 7 febbraio 1963, n. 200, Foro it., 
1963, I, 1046 e Riv. leg. fese., 1963, 1112. 
(2) Agev�laZioni fiscali per la vendita di appartamenti, secondo 
la legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2. 
Incontestabile l'esattezza della decisione in rassegna (pubblicata anche in 
Riv. leg. fese., 1965, 1923). 

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L'art. 20 della I. reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2, contenente la disciplina 
regionale degli sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie, con i suoi rich~ami ai 
precedenti artt. 1 e 9, accordava il beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa 

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per i primi trasferimenti di appartamenti che rispondessero ai seguenti requisiti: 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1215 

della Commissione Provinciale, negava il diritto della' contribuente alla 
agevolazione fiscale sul solei presupposto che costei non avesse presentato 
la dichiarazione di abitabilit� n� provato l'abitazione di fatto dell'appartamento, 
secondo le prescrizioni di legge; e se � vero che nella 
breve motivazione si parla anche di conseguente mancanza del � requisito 
dalla cui esistenza decorre il termine di un anno � e si ricorda che 
la registrazione a tas~a fissa compete solo ai trasferimenti � che vengono 
effettuati entro un anno dalla dichiarazione di abitabilit��, non � men 
vero che la Commissione 'Centrale non solo non ha risolto, ma nemmeno 
si � posto il problema se codesta espressione �entro un anno� debba 
essere interpretata nel senso voluto dalla Brancato od in quello voluto 
dall'Ufficio, limitandosi a rilevare in limine la mancanza formale della 
documentazione richiesta dalla legge. Il primo mezzo di ricorso deve 
essere quindi rigettato. , 

Col secondo mezzo la Brancato, sempre denunziando la falsa interpretazione 
dell'art. 10 della legge regionale, nonch� la violazione delle 
disposizioni del successivo regolamento presidenziale regionale di esecuzione 
del 25 maggio 1950 n. 22, censura la decisione impugnata 
sostenendo che, ai sensi del suddetto regolamento, per ottenere la registrazione 
a tassa fissa dei trasferimenti immobiliari de quibus pi� non 
occorre la presentazione del certificato di abitabilit� dell'appartamento 
n� la prova della effettiva abitazione, essendo sufficiente all'uopo la 
esibizione della copia autenticata delle denunzie presentate al Comune 
ed agli Uffici fiscali al termine della costruzione. 

a) che la loro costruzione fosse stata iniziata dopo il 21 �gennaio 1949 (data 
di entrata in vigore della legge n. 2) ed ultimata entro il 31 dicembre 1953; 

b) che le relative opere fossero state eseguite in conformit� dei regolamenti 
edilizi comunali e dei piani regolatori; 

e) che la compravendita fosse avvenuta entro il termine di un anno dalla 
dicffi.arazione di abitabilit�, rilasciata dalla competente autorit� comunale. 

L'art. 1 del Regolamento per l'esecuzione della or indicata legge, approvato 
con d.p.r.s. 26 aprile 1949, n. 10, si preoccupava di precisare -agli effetti delle 
agevolazioni fiscali previste dalla legge -quando la costruzione dovesse ritenersi 
iniziata e quando essa fosse da considerarsi ultimata, fissando tale ultimo momento 
all'atto in cui la costruzione era riconosciuta abitabile dal competente Ufficio comunale 
o era effettivamente abitata. 

Il successivo art. 7 del regol. n. 10 del 1949 dispose l'applicabilit� delle agevolazioni 
previste dall'art. 10 della Legge n. 2 (e relative, appunto, alla prima compravendita 
di appartamenti) anche agli atti di trasferimento posti in essere prima 
del rilascio.della dichiarazione di abitabilit�, ma dopo l'inizio dell'effettiva abitazione. 

L'art. 7 del cit. regol. -la cui legittimit� per il suo contrasto con la chiara 
lettera dell'art. 10 della Legge n. 2 era assai dubbia, secondo il principio della 
gerarchia delle fonti (art. 4 preleggi) -fu di poi abrogato dall'art. l, lett. f), del 
successivo regol. 25 maggio 1950, n. 22, il quale -inoltre -alla lett. a) del medesimo 
art. 1 modifica l'ultima parte dell'art. 1 del reg. 26 aprile 1949, n. 10 (che 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1216 

Anche questa censura � infondata. 

La legge regionale 18 gennaio 1949, n. 2, prevede i seguenti cc sgravi 

j

fiscali per le nuove costruzioni edilizie � : a) tassa fissa di registro e tra


.a 

scrizione sulle compravendite di aree fabbricabili; b) riduzione alla 
met� della imposta di consumo sui materiali da costruzione; e) esenzione 
venticinquennale dalla imposta fabbricati; d) registrazione e trascrizione 
a tassa fissa degli atti di compravendita di appartamenti di nuova 
costruzione, limitatamente al primo trasferimento. 

Con regolamento presidenziale regionale del 26 aprile 1949, n. 10 
fu disciplinata l'applicazione degli sgravi suddetti, stabilendosi che, 
per quelli relativi alle imposte di consumo ed alla imposta fabbricati, 
il contribuente dovesse, tra laltro, entro termini di rigore, presentare 
il certificato di abitabilit� dell'edificio di nuova costruzione o provarne 
altrimenti la effettiva abitazione. Per la registrazione a tassa fissa della 
prima compravendita di appartamenti nuovi, gi� l'art. 10 della legge 
provvedeva a richiedere la esibizione del certificato di abitabilit�, e 

:~

pertanto rart. 7 del regolamento di esecuzione del 1949 si limit� a 
parificare .a detta esibizione la prova della effettiva abitazione dell'appartamento 
prima della compravendita. Per quanto concerneva, infine, 
la registrazione e trascrizione a tassa fissa delle compravendite di aree 

I

�.

fabbricabili, l'abitabilit� dell'edificio da costruirsi sull'area compra' 
venduta veniva presa in considerazione in via indiretta, inquantoch�, 
3ssendo il beneficio fiscale subordinato al fatto che la costruzione fosse 
3tata condotta a termine entro il 31 dicembre 1953 (art. 1 della legge), 

fissava -come si � accennato -il momento terminale della costruzione, ai fini 
delle agevolazioni fiscali), sostituendo al requisito della riconosciuta abitabilit� o 
dell'effettiva abitazione dell'appartamento, quello delle denuncie, agli uffici ivi � 
indicati, della avvenuta ultimazione della costruzione, da corredarsi con apposita } 
attestazione dell'impresa costruttrice. 

Dal rapido richiamo alle norme, legislative e regolamentari, che disciplinano 

la concessione del beneficio fiscale al primo trasferimento di appartamenti di nuova 

costruzione, Iisulta evidente che tanto il criterio della " abitazione di fatto � (men


zionato dall'art. 1 del regol. n. 10 del 1949), quanto quello delle denuncie multiple 

da presentarsi ai vari uffici fiscali (giusta il disposto del cit. att. 1, lett. a), del reg. 

n. 22 del 1950), concernono solo ed esclusivamente l'accertamento del requisito 
della ultimazione della costruzione dell'appartamento entro il termine del 31 dicembre 
1953 (requisito sub a, sopraindicato), ma non rilevano ai fini dell'osservanza 
dell'ulteriore e distinto requisito, voluto dalla Legge n." 2 del 1949, consistente 
nell'esistenza (o, pi� esattamente ~ come s�bito si vedr� -nella preesistenza non 
superiore ad un anno, rispetto al trasferimento) della dichiarazione di abitabilit�, 
rilasciata dalla competente autorit� comunale (requisito sub. c) sopraindicato). 
In sostanza, i due requisiti {quellq dell'ultimazione dei lavori entro un certo 
termine e quello della stipulazione dell'atto dopo la dichiarazione di abitabilit� ed 
entro l'anno ad essa successivo), devono concorrere cumulativamente (insieme all'ulteriore 
condizione del rispetto delle norme dei regolamenti edilizi e dei piani regolatori), 
e non alternativamente: sicch� la pretesa del contribuente di supplire al 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1217 

il regolamento del 1949 precisava all'art. 1, che f edificio si considerava 
condotto a termine quando fosse stato riconosciuto abitabile dal competente 
ufficio comunale o fosse stato effettivamente abitato. 

Successivamente intervenne un nuovo regolamento di esecuzione, 
emanato con decreto presidenziale regionale del 25 maggio 1950 n. 22, 
che modific� il regolamento del 1949, stabilenc;lo che agli effetti della 
registrazione a tassa fissa delle compravendite di aree fabbricabili 
(art. 1, lett. a, di detto regolamento n. 22/1950), agli effetti della riduzione 
della imposta di consumo sui materiali da costruzione (art. 1, 
lett. g) ed agli effetti della esenzione venticinquennale dalla imposta 
fabbricati (art. 1, lett. h), la presentazione del certificato di abitabilit� 

o la prova della effettiva abitazione fossero sostituite dalla semplice 
attestazione della presentazione delle denunzie di ultimazione delle 
opere ai competenti uffici fiscali e comunali. 
Per la registrazione a tassa fissa delle prime compravendite degli 
appartamenti di nuova costruzione, invece, il regolamento del 1950 
non conteneva nessuna analoga disposizione, ma si limitava ad abrogare 
l'art. 7 del regolamento del 1949 che, come si � premesso, aveva parificato 
alla esibizione del certificato di abitabilit� la prova della effettiva 
abitazione. 

Nessuna disposizione espressa di legge o regolamento, quindi, consente 
di ritenere che anche agli effetti del beneficio fiscale di cui � causa 
la dichiarazione di abitabilit� possa essere sostituita con l'attestazione 
della presentazione delle denuncie per ottenerla. 

difetto di prova del tempestivo rilascio della dichiarazione di: abitabilit� con I'esibizione 
della copia delle denuncie previste dall'art. 1, lett. a, del cit. reg. n. 22 del 
1950 non poteva avere, come non ha avuto, accoglimento. 

La decisione in rassegna non ha affrontato l'altro problema se il rilascio della 
dichiarazione di abitabilit� costituisca il dies a quo, non solo per il computo del 
termine finale di mi anno, ma anche per il sorgere dell'agevolazione: e ci� perch�, 
nel caso di specie, essendo mancata la produzione del certificato di dichiarata abitabilit�, 
difettava la prova della stessa esistenza di tale dichiarazione di abitabilit�. 

Il dubbio interpretativo che -sul punto -sorge a proposito dell'art. 10 
della I. reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2, �.identico a quello che si pone con riferimento 
all'art. 43 della tab. ali. B alla legge di registro (riduzione di tassa per la 
vendita stipulata entro quattro anni dal giorno in cui i fabbricati sono stati dichiarati 
abitabili o sono effettivamente abitati), nonch� all'art. 17 della l. 2 luglio 1949, 

n. 408 (riduzione di tassa per i trasferimenti di case che abbiano luogo entro quattro 
anni dalla dichiarazione di abitabilit� o dall'effettiva abitazione). 
In :Pratica, il detto quesito interpretativo si presenta quando si tratta di decidere 
se il beneficio fiscale spetti o meno per le compravendite stipulate prima della 
dichiarazione di abitabilit� (o -per l'art.. 43 tab. ali. B alla legge di registro e 
per l'art. 17 della legge Tupini -prima dell'abitazione di fatto). 

In tema di applicazione della norma di cui all'art. 10 della l. reg. sic. n. 2 
del 1949, non risultano precedenti editi, ad eccezione della decisione 29 marzo 1963, 

n. 97298 della Commissione Centrale (Riv. leg. fisc., 1965, 1807) favorevole alla 

, :m�0'�~ 

1218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La stessa ricorrente riconosce, del resto, che il regolamento del .:: 

1950 non contiene riferimenti specifici al beneficio fiscale di cui ali' arti


colo 10 della legge; e pertanto, a sostegno della sua tesi in proposito, 

assume: a) che l'art. 1 del regolamento del 1950 riguarda tutte le faci


litazioni fiscali concesse per le nuove costruzioni in genere, richiamando 

gli artt. 1 della legge e del regolamento del 1949, aventi appunto tale 

portata generale; b) che, comunque, lo spirito delle disposizioni rego~ 

lamentari del 1950 � quello di facilitare la concessione dei benefici 

fiscali, semplificando al massimo le pratiche relative, e pertanto non vi 

sarebbe nessuna ragione di eccettuare il beneficio di cui all'art. 10 della 
. legge da tale semplificazione. 

Per quanto concerne la proposizione sub a) va osservato che l'art. 1 

del regolamento del 1950 contempla, effettivamente~ tutte le ipotesi di 

beneficio fiscale previste dillla legge, ma dedica ad ognuna di queste 

un distinto alinea, sotto una lettera alfabetica; la registrazione a tassa 

fissa della compravendita degli app~rtamenti � richiamat� dalla lett. f), 

che per�, come si � �premesso, concerne solo l'abrogazione dell'art. 7 

del regolamento del 1949, che parificava la prova della effettiva abita


zione alla produzione del certificato di abitabilit�. 

Vero � che la precedente lett. a) richiama la disposizione dell'art. 1, 

del regolamento del 1949, il quale concerne genericamente, il requisito 

del certificato di abitabilit� � agli effetti delle agevolazioni previste 

dalla legge del 1949 �; ma tale richiamo generale riguarda soltanto 

lestremo della conduzione a termine della costruzione entro il 31 di-

tesi della Finanza; in. sede di interpretazione delle correlativ�e norme delle leggi 
nazionali succitate, si � da tempo formato un costante indirizzo giurisprudenziale, 
in forza del quale la dichiarazione di abitabilit� segua il momento iniziale 
del periodo quadriennale di agevolazione tributaria che compete, pertanto, solo in 
quanto l'acquisto del fabbricato avvenga successivamente a detta dichiarazione (e 


naturalmente nel termine stabilito dalla legge). In tal senso, si confronti App. 
Firenze, 15 febbraio 1955, Giur. tosc., 1955, 408; Id., 4 luglio 1956, in questa 
Rassegna, 1956, 181; Id., 3 marzo 1959, Giust. civ. Mass. App., 1959, 29; Cass., 
18 luglio 1942, n. 1666; Foro it., 1942, I, 821; Id., 30 dicembre 1944, n. 496, 
Riv. leg. fisc., 1944, 203; Id., 31 luglio 1950, n. 2282, ib.idem, 1950, 783; Id., 28 luglio 
1960, n. 2225, Giur. imp., 1960, 654; Comm. Centr., 26 gennaio 1957, n. 88319, 
Riv. leg. fisc., 1958, 447 e Dir. prat. trib., 1958, II, 318; Id., 23 luglio 1958, n. 8060, 
Dir. prat. tribu., 1959, II, 471; Id., 20 dicembre 1961, n. 83900, Riv. leg. fisc., 
1962, 1610. In senso contrario, si rinvengono solo sporadiche e nori recenti decisioni 
di giudici di merito: App,� Roma, 13 maggio 1941, Foro it., 1941, I, 1379; Trib. 
Firenze, 20 agosto 1955, Giur. it., 1956, I, 2, 770. 

In dottrina, conformemente all'indirizzo della Suprema Corte (e della prevalente 
giurisprudenza di merito ed amministrativa), cfr. CoRREALE (nota alla sentenza 
4 lu,glio 1956 della Corte d'Appello di Firenze), in questa Rassegna,' 1956, 181 e 

A. ROTONDI, Interpretazione dell'art. 43 all. B alla Legge del registro, Giur. it., 
1956, I, 2, 769; � invece, favorevole ad un'interpretazione "pi� liber�le " delle 
norme di cui al cit. art. 43, tab. all. B alla L.R., ed all'art. 17 della l. n. 408 ~ 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1219 

cembre 1953, .che doveva anch'esso provarsi, prima del rngolamento 
del 1950, mediante il noto certificato. Infatti, per ottenere la registrazione 
a tassa fissa delle compravendite di appartamenti nuovi, occorrevano, 
e tuttora occorrono, tre distinti requisiti, ai sensi delrart. 10 
della legge, e cio�: 1) che la costruzione sia stata terminata entro il 
1953; 2) che il quartiere risponda a determinati requisiti di esecuzione 
ed abitabilit�; 3) che il trasferimento dell'appartamento avvenga entro 
un anno dalla dichiarazione di abitabilit�. Il requisito di cui sub l) 
oggi pu� esser provato, per effetto dell'art. 1, lett. a), del regolamento 
del 1950 che' richiama l'art. 1 del regolamento del 1949, mediante l'attestazione 
delle eseguite denuncie, che sostituisce il certificato di abitabilit�; 
ma il requisito sub 3) non � stato per alcun verso modificato dal 
regolamento del 1950, che, ripetesi ancora, ha puramente e semplicemente 
abrogato l'art. 7 del regolamento del 1949, che portava in proposito 
la gi� veduta variante. Ed allora, se il beneficio fiscale ancor 
oggi spetta solo agli appartamenti che siano stati venduti per la prima 
volta entro un anno dalla dichiarazione di abitabilit� (comunque, ripetesi, 
debba codesto termine intendersi), bene ha giudicato la Commissione 
Centrale nel ritenere che la mancata produzione del certificato, 
dal quale solo pu� risultare la esistenza della dichiarazione di abitabilit�, 
faccia perdere il diritto della registrazi�ne a tassa fissa. 

La decisione impugnata ha commesso effettivamente l'errore rilevato 
dalla ricorrente nel richiedere la prova della effettiva abitazione 
come alternativa possibile al certificato di abitabilit�, dato che tale 

del 1949, il CAPACCIOLI, L'imposta di regi~ro sulle compravendite di case di nuova 
costruzione, Giur. it., 1958, IV, 33, il quale ritiene applicabile il beneficio a tutte 
le vendite di fabbricati, la cui costruzione sia giunta a tal punto da avere strutturalmente 
irripressci le caratteristiche della casa di abitazione, anche se anteriori alla 
dichiarazione di abitabilit�, purch� concluse nel termine di quattro anni decorren1i 
da q�esta (o dall'abitazione di fatto, se precedente) . 

. Esula dai ristretti confini della presente annotazione lo sviluppare i motivi 
fondatamente addotti a sostegno del nettamente prevalente orientamento giurisprudenziale 
e che consistono, da un lato, nella chiara lettera delle disposizioni richiamate 
dalla quale risulta evidente che, prima della abitabilit� formale (o per le leggi 
nazionali, dell'abitazione di fatto) non spetta l'agevolazione e, d'altro lato, nella 
ratio delle stesse norme, che non � tanto quella di agevolare, favorendo la vendita 
dell'appartamento, la circolazione� di capitali delle imprese edili, quanto piuttosto 
quella �di incoraggiare il sollecito acquisto di nuovi immobili destinati ad uso di 
abitazione ed idonei a tale uso (cos� contribuendo a risolvere il problema della 
crisi degli alloggi): sicch�, collegando il momento �li inizio del beneficio alla dichiarazione 
di abitabilit� (o all'abitazione. di fatto, ai sensi dell'art. 43, tab. "'B, all. L.R. 
e dell'art. 17 della legge Tupini), si viene a sollecitare l'imprenditore edile a terminale 
le costruzioni (essendo evidente che una estensione del beneficio potrebbe 
indurre gli interessati -una volta ottenuta l'agevolazione -a non affrettare il 
compimento dei lavori) ed a renderle abitabili, e cio� effettivamente utilizzabili 
per lo scopo di abitazione (cfr. Cass., 21 luglio 1950, n. 2282, citata). 



1220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.�:

alternativa � stata soppressa con l'abrogazione del decreto del 1949; -~ 
ma questo errore non incide minimamente sulla sostanziale esattezza 
della decisione stessa, che ha solo prospettato, se mai, a favore del 
contribuente, una agevolazione maggiore di quella in realt� esistente. 

Per quanto, infine, concerne l'argomento sopra riportato sub b), 
baster� osservare che, essendo la esenzione fiscale provvedimento eccezionale 
di fronte alla regola, che � quella della uguaglianza tributaria 
di tutti i cittadini, le norme relative non possono applicarsi oltre i casi 
in esse considerati (art. 14 delle preleggi); il che invece si farebbe se si 
estendesse, non solo la esenzione, ma anche semplicemente la speciale 
agevolazione dettata per facilitare l'esenzione stessa ad ipotesi non 
prevista dalla legge. -(Omissis). 

Per quanto riguarda, poi, in particolare l'agevolazione prevista in materia dalla 
legislazione regionale siciliana (la quale -come si � suaccennato -pone, quale 
termine iniziale del beneficio, solo la dichiarazione di abitabilit� e non gi� l'abitazione 
di fatto, contrariamente alle norme statali sopra richiamate), la tesi della 
non invocabilit� del privilegio per gli acquisti operati prima della dichiarazione d� 
abitabilit� trova ulteriore conferma nel fatto che l'art. 7 del reg. 25 aprile 1949, 

n. 10, che esplicitamente anticipava (con norme di cui si � gi� rilevata la dubbia 
legittimit�) il termine iniziale al momento dell'effettiva abitazione, pur se anteriore 
all'autorizzazione comunale; � stato esplicitamente abrogato dall'art. 1, lett. f) 
del successivo reg. 25 maggio 1950, n. 22, venendo cos� ad eliminare ogni possibile 
dubbio interpretativo sulla volont� del legislatore di agevolare solo quegli 
atti di acquisto che siano posti in essere nel periodo (annuale) intercorrente tra la 
dichiarazione di abitabilit� e la scadenza del termine da questa decorrente, escludendo 
-per converso -gli acquisti anteriori al rilascio di tale dichiarazione, 
persino se successivi all'inizio dell'abitazione di fatto dell'appartamento compravenduto. 


G. MANDO' 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1621 -Pres. Pece 
-Est. Scanzano -P.M. Toro {conf.) -D'Ayala Valva {avv. Manfredonia) 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). 

Imposte e tasse in genere -Decisione della Commissione centrale 
-Cassazione con rinvio -Impugnativa della nuova decisione Questioni 
precluse. 

(c.p.c., art. 394). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni 
Impugnazioni -Notifica al procuratore costituito -Inapplicabilit�. 
(c.p.c., art. 330). 


PARTE I; SEz. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1221 

Imposte e tasse in genere -Commissione centrale -Poteri. 

(r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 48). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni 
-Applicabilit� del c.p.c. -Limiti. 

Imposte e tasse in genere -Commissione centrale -Giudizio di 
rinvio dalla Cassazione -Norme applicabili. 

( c.p.c., art. 394). 

Notificazione -Consegna dell'atto -Addetto alla casa -Nozione. 

c.p.c., art. 139). 

Impugnata la decisione della Commissione centrale davanti alla 
Corte di Cassazione, che la cassava rinviando per nuovo esame alla 
Commissione medesima; e sottoposta anche la nuova decisione al giudizio 
della cassazione, resta preclusa la questione della inammissibilit� 
dell'originario ricorso alla C ammissione per mancata esposizione del 
fatto e dei motivi di diritto, in quanto la Corte di Cassazione medesima, 
che pure avrebbe potuto rilevare aufficio la questione, nel disporre il 
precedente rinvio della causa, ha implicitamente escluso la sussistenza 
di ragioni di inammissibilit� rispetto al ricorso {l). 

Nel procedimento davanti alle Commissioni Tributarie non � applicabile 
la norma delrart. 330 c.p.c. che impone la notificazione della 
impugnazione al procuratore costituito. Tale disposizione, fondata sul 
carattere strettamente tecn~co e necessario della rappresentanza demandata 
in ma esclusiva a professionisti espressamente abilitati, non si 
giustifica in un procedimento in cui la rappresentanza del contribuente 
� priva di tutti quei caratteri, non essendo n� obbligatoria, n� riservata 
a soggetti tecmcamente qualificati (2). 

I poteri della C ammissione Centrale delle imposte, quando giudica 
in sede di legittimit�, non si identificano con quelli che, nella giurisdizione 
ordinaria, spettano alla Corte di Cassazione, ma si estendono 
anche alr accertamento dei fatti che costituiscono la premessa neces


(1) Sulla rilevabilit� d'ufficio da parte della Corte di Cassazione delle questioni 
relative alla ammissibilit� dell'appello di cui ha preso cognizione la sentenza 
impugnata, cfr. Cass., 4 maggio 1963, n. 1098, Foro it., Mass., 1963, 317; Cass., 
14 marzo 1962, n. 496, ivi, 1962, 144. Sul giudicato implicito relativamente alle 
questioni pregiudiziali cfr. Cass., 16 giugno 1964, n. 1528, ivi, 1964, 398. 
(2) Il principio affermato nella massima appare logica ed inevitabile conseguenza 
del fatto che, per il giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, non � 
prevista una formale costituzione di procuratore a cui possa attribuirsi quella rilevanza 
giuridica p~ocessuale disciplinata per vari aspetti dal codice di procedura 
civile. 

1222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

saria per l'applicazione della legge, corrispondendo piuttosto ai poteri 
dei giudici ordinari di merito in materia tributaria (3). 

Le norme che regolano il processo civile sono applicabili in linea 
di massima al procedimento davanti alle Commissioni Tributarie, sempre 
che non si oppongano ragioni derivanti dal sistema proprio del procedimento 
stesso, e manchino norme particolari (4). 


Anche nel procedimento avanti alla Comm~ssione Centrale che 
giudichi in sede di rinvio dalla Corte Suprema, va applicato il principio 
della istruzione chiusa, secondo cui in sede di rinvio non � ammessa, 
per norma, la produzione di nuove prove. Trattasi invero di principio 
fondamentale la cui ratio risiede nella finalit� e nell'essenza del giudizio 
di rinvio, postulandone l'applicazione in ogni tipo di procedimento (5). 

L'art. 139 c.p.c. nell'abilitare plla recezione della copia, oltre ai 
familiari del notificando, le varie persone nell'articolo elencate, pone 
l'accento principalmente su una relazione di carattere obiettivo fra le 
dette persone ed il luogo in cui la notificazione deve avvenire, a ragione 
della possibilit� concreta che esse hanno di venire a contatto col notificando. 
Ricorre pertanto la condizione di � a�det~o alla casa � nei 
confronti di chi sia addetto al servizio �particolare di una persona convivente 
col notificando, pur se manchi un rapporto personale con questo 
ultimo (6). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunziando la 
violazione e l'erronea applicazione degli artt. 46 e 38 r.d. 8 luglio 1937, 

n. 1516, lamenta che la Commissione Centrale per le imposte abbia 
ritenuto ammissibile il ricorso ad essa proposto dall'Ufficio finanziario, 
malgrado che lo stesso fosse privo della esposizione del fatto e dei 
motivi di diritto, enunciati solo successivamente, con la nota tardiva 
del 23 aprile 1957, non notificata, violando cos� il principio del contraddittorio. 
La censura non � fondata. 

Investita del ricorso, della cui ritualit� il D'Ayala intende oggi 
discutere, la Commissione Centrale emetteva la decisione del 20 marzo 
1958, che veniva impugnata avanti questa Corte Suprema, a norma 
dell'art. 111 cost., dallo stesso D'Ayala, con motivi cui era estranea la 
odierna doglianza. E questa Corte, cui era dato di poter rilevare di 

(3) Non risultano precedenti giurisprudenziali in termini. 
(4) Giurisprudenza costante, per cui cfr., da ultimo, Cass., 29 gennaio 1964, 
n. 228, in questa Rassegna, 1964, I, 364 con nota. 
(5) Sulla portata generale e fondamentale del principio dell'istruzione chiusa -i! 
nel giudizio di rinvio cfr. Cass., 4 aprile 1957, n. 1155, Foro it., Mass., 1957, 228. 
(6) Cfr., in argomento, Cass., 30 novembre 1962, n. 3238, Foro it., Mass., 
1962, 906. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPI\UDENZA TRIBUTARIA 1223 

ufficio la questione di inammissibilit� oggi proposta (v. p. riferimento 
sent. 4 maggio 1963, n. 1098), col cassare la predetta d�cisione e rinviare 
la causa per nuovo esame, escludeva implicitamente che alcuna 
ragione di inammissibilit�, relativamente al predetto ricorso alla Commissione 
Centrale, sussistesse. 

La questione oggetto del motivo � pertanto preclusa in questa sede. 
N elresame dei motivi che seguono spetta prforit� logica al quarto 
che, se accolto, determinerebbe l'assorbimento degli altri. 

Con il quarto motivo il ricorrente, denunziando la violazione dell'art. 
330 c.p.c. ed il difetto di motivazione su punto decisivo, sostiene 
che la notificazione della decisione di primo grado e del contestuale 
appello dell'Ufficio � nulla perch� non effettuata al procuratore costituito 
avv. San Mauro, presso cui egli aveva, inoltre, espressamente 
eletto domicilio. Lamenta che la Commissione Centrale abbia, sul punto, 
respinto il suo ricorso incidentale escludendo a torto che nella specie 
esistesse 'una ~lezione di domicilio e trascurando il principio che nel 
processo tributario si applicano, in mancanza di norme particolari, le 
disposizioni del codice di procedura civile, e tra esse quella secondo 
cui la notificazione dell'impugnazione va fatta al procuratore costituito. 

La censura non � fondata. 

L'obbligo dell'Ufficio di effettuare la notificazione presso l'avvocato 
San Mauro non sussisteva sotto alcuno dei due profili prospettati, perch� 
non poteva il predetto professionista esserne destinatario n� in qualit� 
di domiciliatario n� in qualit� di cc procuratore costituito �. 

La decisione impugnata ha escluso in punto di fatto che esistesse 
una precisa elezione di domicilio da parte del D'Ayala e il relativo 
accertamento (che non si risolve in un vizio .dell'attivit� dell'organo 
decidente o delle parti nel processo, ma costituisce una valutazione 
attinente ai presupposti di quelle attivit�) si sottrae al controllo di legittimit�, 
non essendo stato censurato specificamente sotto il profilo della 
motivazione: non vale, infatti, ad integrare una idonea censura in tal 
senso n� una generica denuncia di difetto di motivazione, priva di 
alcun riferimento a punti �decisivi assunti come trascurati o illogicamente 
valutati, n� un accenno meramente incidentale, e parimenti 
generico, ad un preteso travisamento di fatti (che, in s�, peraltro non 
pu� neppure costituire motivo di ricorso per cassazione). E pi� di tanto, 
sul punto, il mezzo in esame non contiene. 

Maggior fondamento non ha l'altra parte di esso, dovendosi escludere 
che sia applicabile nel procedimento avanti alle Commissioni Tributarie 
la norma dell'art. 330 c.p.c. che impone la notificazione della 
impugnazione al procuratore costituito. 

Benvero tale disposizione, che nel processo per il quale � dettata 
trova la sua ratio nel carattere strettamente tecnico e necessario della 
rappresentanza, demandata in via esclusiva a professionisti espressa



1224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente abilitati, non pu� trovar posto in un procedimento in cui la 
rappresentanza del contribuente � priva di tutti quei caratteri, non 
essendo n� obbligatoria, n� riservata a soggetti tecnicamente qualificati. 

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando la violazione 
dell'art. 48 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 in relazione all'art. 45 t.u. 
9 maggio 1950, n. 203, e dell'art. 21 r.d.l. 27 maggio 1946, n. 36, nonch� 
erroneit� ed insufficienza di motivazione su punto decisivo, lamenta 
che la Commissione Centrale sia giunta all'accoglimento del ricorso 
dell'Ufficio attraverso il riesame di elementi di fatto, inibito in quella 
sede, quali quelli relativi alla effettiva residenza di esso D'Ayala, alla 
situazione della sua abitazione rispetto a quella di sua madre, alla 
posizone della persona cui l'atto di appello fu consegnato dall'ufficiale 
notifica tor e. 

Sostiene che quelle indagini di fatto, concernenti la regolarit� della 
notificazione, non rientravano nella questione relativa alla sussistenza 

o meno del giudicato, e che a renderle legittime non era sufficiente la 
norma dell'art. 21 r.d.l. 27 maggio 1946 n. 436 (richiamata dall'art. 48 
t.u. 9 maggo 1950 n. 203) perch� la competenza di merito che essa 
attribuisce alla Commissione Centrale concerne solo la valutazione del 
patrimonio imponibile. 
Lamenta, infine, che l'indagine in parola sia stata condotta anche 
in base a documenti nuovi non ammissibili in quella sede. Quest'ultimo 
argomento � ripreso nel terzo motivo {che per questa parte �, perci�, 
opportuno trattare congiuntamente al secondo) con particolare riferimento 
al certificato di residenza del 10 maggio 1962 la cui produzione, 
come ha sottolineato nella memoria illustrativa, � avvenuta in sede 
di rinvio. 

La complessa-censura � fondata solo in parte. 

:E: esatto che l'art. 21 r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436 � stato, nella 
decisione impugnata, erroneamente, per quanto ultroneamente, invocato, 
essendo evidente che difettava il presupposto, costituito da un 
accertamento di imponibile, da parte della Commissione Provinciale, 
sensibilmente eccedente o inferiore a confronto dell'assunto, rispettivamente, 
del contribuente o dell'Ufficio. 

Deve tuttavia egualmente respingersi l'assunto del D'Ayala che la 
Commissione Centrale non potesse accertare le condizioni di fatto da 
cui dipendeva la regolarit� della notificazione della decisione di primo 
grado e del contestuale atto di appello dell'Ufficio. 

Benvero, anche a non voler considerare che la legittimit� di quella 
indagine derivava direttamente dalla sentenza di rinvio {emessa da 
questa Corte il 10 ottobre 1961) siccome concernente la condizione da 
cui dipendeva lesistenza o meno del giudicato, sta che essa rientra 
sicuramente nei poteri is~ituzionali della Commissione Centrale anche 
quando essa giudica in sede di legittimit�. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1225 

� escluso, infatti, che tali poteri si identifichino con quelli che, 
nella giurisdizione ordinaria, spettano alla Corte di Cassazione (come 
il ricorrente mostra di ritenere), ed � invece principio condiviso anche 

dalla migliore dottrina che essi si estendono anche ali' accertamento 
dei fatti che costituiscono la premessa necessaria per l'applicazione 
della legge, sicch�, se un paragone � dato fare, esso � legittimo piuttosto 
con quelli che, in materia tributaria, sono i poteri dei giudici 
ordinati di merito. 

Per quanto riguarda l'altro aspetto delle censure sopra esposte, il 
problema assorbente che esso pone concerne lapplicabilit�, nel procedimento 
avanti alla Commissione Centrale che giudichi in sede di 
rinvio dalla Corte Suprema, del principo detto della cc istruzione 
chiusa �, secondo cui in sede di rinvio non � ammessa, per norma, la 
produzione di nuove prove (v. Cass., 11 novembre 1963, n. 2954; 
28 giugno 1963, ri. 1773) : problema che si inquadra in quello pi� ampio 
relativo ai limiti entro cui le norme che regolano il processo civile 
siano applicabili al procedimento avanti alle Commissioni Tributarie. 
In linea di massima tale applicabilit� deve essere riconosciuta sempre 
che non si oppongano ragioni derivanti dal sistema proprio del procedimento 
stesso e manchino (come accade in .materia di rinvio dalla 
Corte di Cassazione) norme particolari. 

Ma per leconomia della presente sentenza � sufficiente affermare 
che, attesa la natura giurisdizionale del procedimento in parola, la 
legittimit� di esso non pu� prescindere dalla osservanza dei principi 
fondamentali del processo. 

Valore di principio fondamentale, a quello della cc istruzione 
chiusa�, � stato riconosciuto da. questa Corte Suprema con la sentenza 
n. 1155 del 4 aprile 1957, la quale dichar� applicabile l'accennato 
principio nei giudizi di rinvio concernenti le controversie agrarie, 
malgrado la libert� di forme prevista dall'art. 10 d.l.l. 10 agosto 1945 

n. 639 e la dizione di tale norme ('(< I procedimenti... non sono vincolati 
alla osservanza delle norme della procedura ordinaria � ). 

Il presupposto da cui tale pronunzia muove appare tuttora valido. 

Premesso che la regola della � istruzione chiusa � deriva dalla retta 
interpretazione dell'art. 394 c.p.c. e si evince anche da argomenti testuali 
(quale la deferibilit� -espressamente consentita -del giuramento 
decisorio), la ratio cui tale norma attinge il suo fondamento, ne reclama 
l'applicazione in ognf tipo di procedimento, perch� risiede nella finalit� 
e nell'essenza del giudizio di rinvio. 

Questo, infatti, come, da tempo, anche autorevole dottrina ha posto 
in luce, ha per oggetto non gi� la rinnovazione del giudizio di appello 
ma solo la rinnovazione della decisione cassata, e ci� nei limiti del!'
annullamento, ed interviene e si ricollega ad un momento cui � logicamente; 
ed istituzionalmente estranea ogni attivit� istruttoria: cio� 

10 



�226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quando il potere dispositivo delle parti, in ordine alla prova degli elementi 
nei quali si articola il rapporto dedotto, e la correlativa attivit� 
di acquisizione del giudice, essendosi esercitati per tutti i gradi che 
lordinamento destina tipicamente alla giurisdizione di merito, si sono 
esauriti. 

Ora, considerato che la distinzione fra attivit� istruttoria ed attivit� 
decisoria -oltre a derivare da esigenze logiche -assolve ad una 
evidente funzione di garanzia delle aspettative delle parti nel processo; 
considerato che la necessit� di una tale garanzia � immanente anche 
nel processo avanti le Commissioni Tributarie atteso il loro carattere 
giurisdizionale, deve essere affermato che il principio secondo cui in 
sede di rinvio non sono normalmente ammesse nuove attivit� istruttorie, 
� applicabile al giudizio di rinvio che si svolge avanti alla Com-� 
missione Centrale per le imposte a seguito dell'annullamento delle sue 
decisioni da parte della Corte di Cassazione. 

Non rileva in contrario il fatto che nel processo tributario avanti 
alle Commissioni lonere della prova non va inteso in modo rigoroso 
e coesiste con poteri di ufficio dell'organo decidente, perch� tali principi 
(anche a non considerare le limitazioni che essi possono subire nei 

I giudizi avanti alla Commissione Centrale), attesa la divisione in gradi 
del processo stesso e la conseguente tendenza alla irreversibilit� delle 

i

situazioni che man mano si determinano, non escludono la graduale 
consunzione di poterf e facolt� dei vari soggetti del processo, che � ' 
poi alla base della norma della � istruzione chiusa n. , .'

I

Non rileva, infine, la possibilit� che nell'eventuale processo avanti 
al Tribunale, che segua dopo la pronunzia della Commissione Centrale, 

I

sia dato alle parti di produrre, e al giudice di accogliere, nuovi elementi 

probatori. Ci�, infatti, deriva dall'autonomia funzionale che esiste fra 

l

la giurisdizione delle Commissioni e quella del giudice ordinario, e . 
non esclude che, nell'ambito di ciascun procedimento, debbano osservarsi 
le norme fondamentali che a detto procedimento sono proprie: . 
fenomeno non diverso da quello per cui, mentre non vf � preclusione 

iper la proposizoine avanti al giudice ordinario di motivi non proposti 
nel procedimento avanti alle Commissioni {v. Cass., 28 gennaio 1963, 

n. 133) vigono, nell'ambito di quest'ultimo .e attraverso i gradi in cui 
esso si articola, le preclusioni derivanti dalla immutabilit� del petitum. 
La decisione impugnata si � discostata dal principio affermato, 
perch�, giudicando in sede di rinvio, ha posto a base del proprio convincimento, 
tra l'altro, un documento prodotto per la prima volta in 
quella sede, e cio� il certificato di residenza del 10 marzo 1962, che, 
come appare dalla motivazione, ha avuto carattere rilevante ai fini 
della decisione circa la regolarit� della notificazione. Accogliendosi in 
tali limiti i motiv~ secondo e terzo, va cassata correlativamente la decisione 
impugnata, con rinvio alla Commissione Centrale. 


PARTE) I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1227 

Con il terzo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli articoli 
112 e 139 c.p.c., nonch� difetto di motivazione, e, oltre a prospettare 
la censura gi� esaminata congiuntamente al secondo mezzo, 
lamenta che la Commissione abbia respinto senza motivazione le sue 
richieste istruttorie, tendenti a dimostrare quale fosse la sua effettiva 
residenza, e abbia ritenuta consegnataria idonea dell'atto notificato la 
Amedei Lina, che non era n� persona di famiglia, n� una addetta alla 
casa, ma una infermiera della madre di esso ricorrente, trovatasi ivi 
per una esigenza, meramente occasionale, della sua attivit�. 

La censura � assorbita nella sua prima parte e infondata nella 
seconda. 

r;assorbimento nella prima parte � determinato dalle considerazioni 
che precedono, escludenti che la Commissione in sede di rinvio 
potesse disporre lassunzione di nuovi mezzi istruttori. 

Quanto alla idoneit� dell' Amedei, la Commissione, con motivazione 
adeguata, ha accertato in punto di fatto ed insindacabilmente 
che la stessa, quale infermiera della madre del notificando, svolgeva 
mansioni che comportavano la sua presenza continua nella casa, s� 
da doversi qualificare persona addetta alla casa stessa, ritenuta comune 
al notificando ed alla madre di lui. Orbene, salve le conseguenze derivabili, 
in ordine a questo ultimo presupposto, dal nuovo accertamento, 
che andr� a compiersi per effetto del limitato accoglimento del ricorso, 
il principio da cui muove, sul punto, la impugnata decisione � corretto. 

L'art. 139 c.p.c., nell'abilitare alla recezione della copia -oltre 
ai familiari del notificando -le varie persone in esso articolo elencate, 
pone l'accento principalmente su una relazione di carattere obiettivo 
fra le dette persone ed il luogo in cui la notificazione deve avvenire, 
a ragione della possibilit� concreta che esse hanno di venire a 
contatto col notificando. 

Pertando ricorre la condizione di cc addetto alla casa � nei confronti 
di chi sia addetto al servizio particolare di una persona convivente col 
notificando, pur se manchi un r�pporto personale con quest'ultimo. 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1965, n. 16.34 -Pres. Vistoso 
-Est. Alliney -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Soprano) c. Petrioli.. 

Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni 
per le imposte indirette -Art. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 Applicabilit�. 


(r.d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89; r.d.l. 7 agosto 1936, �n. 1639, art. 31). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere � Procedimento innanzi alle Commissioni 
-Appello dell'Ufficio alla Commissione centrale � Notificazione. 


(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 38 e 45). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni 

-Notificazioni ex art. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 � Mancata 

sottoscrizione da parte del consegnatario -Nullit�. Esclusione. 

(r.d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89; c.p.c., artt. 160 e 291). 
In virt� del richiamo alle � norme relative al procedimento davanti 
alle eommissioni amministrative delle imposte dirette � contenuto delrart. 
31 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, anche al procedimento avanti 
alle eammissioni amministrative in materia di imposte indirette sui trasferimenti 
della ricchezza � applicabile l'art. 89 del regolamento 11 luglio 
1907, n. 560, in base al quale ff consegnatario dell'atto da notificare 
deve rilasciare ricevuta, ed il messo notificante � tenuto a fare espressa 
dichiarazione della causa della mancata sottoscrizione (1). 

A norma degli artt. 38 e 45 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, la notizia 
dell'appello deliufficio e dei relativi motivi pu� essere data al contri


II 
m

buente non solo in forma autonoma, nel qual caso vanno osservate le 
norme concernenti la comunicazione degli atti processuali, ma anche 
cc con lo stesso avviso di notificazione della decisione di prima istanza �, 
con la conseguenza che, in tale ipotesi, devono trovare applicazione le 
norme sulla notificazione di quella decisione e l'eventuale invalidit� 
della notifica colpisce l'intero atto notificato nel suo duplice contenuto (2). 
Nella notificazione di atti processuali relativi a tributi effettuata a 

i 
norma dell'art. 89 del regolamento per l'applicazione dell'imposta sui 
redditi di ricchezza mobile approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, 
l'omesso adempimento da parte del messo notificatore della formalit� 
(firma del consegnatario) prescritta da tale norma, non importa nullit� 
della notificazione stessa, onde, in tale caso, deve trovare applicazione 
la norma dell'art. 291 c.p.c., secondo cui il giudice, sia nel giudizio di 
primo grado che in quell� di impugnazione, deve disporre la rinnovazione 
della notificazione (3). 

(Omissis). -Il primo motivo del ricorso investe la decisione denunciata 
per violazione e falsa applic"azione, al caso specifico, degli artt. 89 

r.d. 11 luglio 1907, n. 560, 31 r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, 23 e segg. r.d. 
(1-2-3) Per l'affermazione di principi del tutto analoghi cfr. Cass., 20 novembre 
1964, n. 2771, in questa Rassegna, 1964, 1, 1150 con nota, e le successive sentenze 
pubblicate lo stesso giorno 19 luglio 1965, coi nn. 1635, 1636, 1637 e 1639. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

8 luglio 1937, n. ;t.516 e 139 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3 e 4 dello 
stesso codice. 

La Commissione Centrale -argomenta lAmministrazione ricorrente 
-ha ritenuto che in virt� del rinvio recettizio alle � norme relative 
al procedimento davanti alle commissioni amministrative delle imposte 
dirette�, contenuto nell'art. 31 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, 
fosse applicabile, anche al procedimento dinanzi alle Commissioni amministrative 
in materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, 
l'art. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560, che, in tema di notificazioni, 
tra l'altro dispone: �Il messo ritirer� sempre la ricevuta dal consegnatario: 
se questo non pu� o non vuole firmare, il messo fa espressa dichiarazione 
della causa della mancanza di firma del consegnatario �. 

Donde l'affermata nullit� della notificazione dell'atto di appello, 
proposto dall'uffido del Registro, per inosservanza della norma ora 
citata, e la conseguente pronunzia di inammissibilit� del gravame. 

L'argomento su cui si regg;e la decisione impugnata � per� erronea, 
poich� l'art. 31 del r.d. 1639 del 1936 sulla riforma degli ordinamenti 
tributari, dopo avere stabilita la competenza territoriale delle commissioni 
amministrative in materia di imposte indirette sui trasferimenti 
della ricchezza, estende ai procedimenti dinanzi alle commissioni stesse 
� tutte le altre norme relative al procedimento davanti alle Commissioni 
amrnjnistrative delle imposte dirette 11, ossia le norme di carattere prettamente 
processuale, concernenti, cio�, la competenza, le attribuzioni, 
il funzionamento delle commissioni c.d. amministrative ecc.), mentre 
l'art. 89 del r.d. n. 560 del 1907 disciplina la notifica delle � dichiarazioni 
e rettificazioni fatte di ufficio � in materia di ricchezza mobile. 

Pertanto -prosegue la ricorrente -la disposizione del settimo 
comma di tale articolo -riguardante le modalit� di notif�ca'delle dichiarazioni 
e rettificazioni eseguite d'ufficio -� stata erroneamente applicata 
dalla Commissione Centrale, in quanto nel caso specifico si trattava 
di un atto d'appello contro la decisione della Commissione provinciale, 
di natura esclusivamente processuale. 

Peraltro, non esistendo -neppure nella regol�mentazione dettata 
dal r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, sulla costituzione e il funzionamento delle 
commissioni amministrative per le imposte dirette e per le imposte indirette 
sugli affari -una specifica norma riguardante la notificazione 
degli atti dei relativi procedimenti, altro non rimaneva -conclude 
l'Amministrazione finanziaria -che applicare al caso di specie la disposizione 
dell'art. 139 c.p.c., certamente estensibile al processo tributario, 
con la conseguenza che la notifica in questione si sarebbe dovuta ritenere 
pienamente valida. 

La censura � infondata. 
~ esatto che l'art. 89 del regolamento per l'applicazione dell'iml'imposta 
sui redditi di ricchezza mobile, approvato con r.d. 11 lu



1230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

glio 1907, n. 1560, riguarda le notificazioni degli avvisi relativi alle ~� 

dichiarazioni e rettificazioni fatte di ufficio, di cui i contribuenti devono 
venire a conoscenza. Ma le disposizioni concernenti tali notifiche valgono 
anche per le notifiche degli atti processuali in materia di imposta 
di ricchezza mobile, in virt� dello specifico richiamo contenuto negli 
artt. 97 e seguenti dello stesso regolamento, concernenti i reclami alle 
commissioni provinciali ed alla Commissione Centrale. � 

Dispone, infatti, l'art. 97 che �l'agente ha obbligo di notificare al 
reclamante la parte dispositiva della decisione {di primo grado), inviandogli 
apposito avviso per essere recapitato nei modi e con le forme di 
cui all'art. 89 � � 

Dispone il successivo art. 99 che l'appello dell'ufficio e i relativi 
motivi devono essere portati a conoscenza del contribuente �con l'avviso 
con il quale gli si notifica la decisione di prima istanza � {nei modi, 
cio�, e con le forme di cui all'art. 89). 

Infine gli artt. 102 e � 105 si richiamano, essi pure, all'art. 97 -che, 
a sua volta, rinvia, come si � visto, all'art. 89 -per quanto concerne 
gli appelli e le notifiche delle decisioni del1e commissioni provinciali e 
della Commissione Centrale. 

Devesi aggiungere che non tutte codeste disposizioni sono state 
sostituite da quelle degli artt. 35 e segg. del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516. 
Tale decreto, infatti, mentre ha regolato con nuove norme i procedimenti 
davanti alle commissioni pe) le imposte dirette e per le imposte 
indirette sugli affari, nulla ha innovato relativamente alle modalit� di 

notificazione degli atti processuali. 

Sono pertanto rimaste in vigore, al riguardo, le disposizioni del 
regolamento del 1907 sui redditi di ricchezza mobile. 

Ne segue che, in virt� dell'espresso richiamo alle �norme relative 
al procedimento davanti alle commissioni delle imposte dirette �, contenuto 
nell'art. 31 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, rettamente la Commissione 
Centrale ha ritenuto applicabili, nel caso specifico, le modalit� 
stabilite, in tema di notificazione, dell'art. 89; settimo comma, del r.d. 
11 luglio 1907, n. 560. 

Il primo motivo di ricorso va conseguentemente rigettato. 

Similmente infondato � il te.rzo motivo, col quale l'Amministrazione 
finanziaria deduce che l'appello dell'ufficio del registro contro la decisione 
della Commissione provinciale delle imposte non doveva essere 
notificato, ma semplicemente comunicato ai contribuenti. 

Decisivo �, in proposito, il rilievo che, a norma degli artt. 38 e 45 
del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, la notizia dell'appello dell'ufficio e dei 
relativi motivi pu� essere data al contribuente non sol� in forma autonoma, 
nel qual caso vanno osservate le norme concernenti la comunicazione 
degli atti processuali, ma anche � con lo stesso avviso di notificazione 
della decisione di prima istanza �, con la conseguenza che, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1231 

in tale ipotesi, l'eventuale invalidit� della notifica colpisce l'intero atto 

notificato, nel suo duplice contenuto. 

Nella specie la comunicazion~ dell'appello proposto dall'ufficio del 
� registro e dei relativi motivi � stata fatta con lo stesso avviso di notificazione 
della decisione impugnata: dovevano, pertanto, ricevere applicazione 
le norme sulle notificazioni, non quelle sulla comunicazione 
degli atti processuali. 

Anche il terzo motivo di ricorso va conseguentemente rigettato. 

Fondato �, invece, il secondo motivo, col quale si deduce che nella 

specie non era configurabile una nullit� di notifica e che, comunque, 

:riscontrata la irregolarit� di questa, la Commissione Centrale avrebbe 

dovuto disporne la rinnovazione in conformit� della legge. 

Non essendo la nullit� della notificazione degli atti processuali 

comminata da alcuna norma fiscale, doveva applicarsi, nel caso specifico, 

la disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 160 c.p.c., secondo 

cui la notificazione � nulla se non sono osservate le disposizioni circa 

la persona alla quale deve essere consegnata la copia. 

Ora, poich� l'irregolarit� accertata dalla Commissione Centrale 

riguarda, non .la persona alla quale� la copia dell'atto di appello doveva 

essere consegnata, ma lomesso adempimento, da parte del messo noti


ficatore, della formalit� (firma del consegnatario prescritta dalla norma 

pi� volte menzionata) ne discende che non ricorreva, nella specie, alcuna 

ipotesi di nullit�. 

Sussisteva una semplice irregolarit� formale --:-la firma del consegnatario 
non costituisce, invero, un requisito essenziale della notificazione, 
ma ha il solo scopo di maggiormente impegnare la responsabilit� 
di chi riceve la copia di un atto destinata ad altro soggetto -alla quale 
la Commissione Centrale avrebbe dovuto ovviare, disponendo la rinnovazione 
dell'irrituale notifica. 

Questo provvedimento era tanto pi� doveroso e necessario, in 

quanto -secondo il consolidato insegnamento di questa Corte Suprema, 

applicabile, per le anzidette ragioni, anche al processo tributario -pure 

la nullit� della notificazione di un atto � sanata, con effetto ex tunc, 

anche quando si tratti di atto di impugnazione, o con la costituzione 

del destinatario dell'atto, ancorch� avvenut!l dopo la scadenza del ter


mine stabilito per l'impugnazione, ovvero con la rinnovazione della 

notificazione, che il giudice deve disporre a norma dell'art. 291 �c.p.c., 

applicabile non solo nel procedimento contumaciale di primo grado, 

ma anche in quello di impugnazione ( cfr. da ultimo, sent. n. 228 del 1964). 

La pronuncia di inammissibilit� dell'appello, emessa dalla Com


missione Centrale nel presupposto che la rilevata irregolarit� della 

notifica dell'appello stesso fosse senza rimedio, merita pertanto cen


sura. -{Omissis). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1232 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1965, n. 1750 -Pres. Favara 
-Est. Malf�tano -P.M. Di Majo (conf.) -Societ� des produits Nestl� 
(avv. Fl'�) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). 

Imposta di ricchezza mobile -Redditi esistenti nello Stato -Somme 

dovute da persone residenti nello Stato -Redevances -Tassa


bilit� -Presunzione assoluta. 

(t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 3, lett. f); t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, 
art. 82, lett. a). 
Imposta di ricchezza mobile -Redditi esistenti nello Stato -Somme 
dovute a stranieri per diritti di autore e uso di brevetti, 
marchi, procedimenti, ecc. -Tassazione per ritenuta. 

(1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 18; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 128). 
Si presumono redditi di ricchezza mobile esistenti nello Stato, e 
come tali tassabili, tutti i redditi non fondiari dovuti da persone domiciliate 
o residenti nello Stato; fra questi sono da comprendere le somme 
corrisposte da imprenditori italiani a societ� straniere quale compenso 
per la cessione in uso di marchi e procedimenti industria~i (redevances). 
La presunzione assoluta posta dalla legge prescinde da ogni indagine 
sia rispetto al luogo di produzione o di riscossione del reddito, sia rispetto 
allo Stato di appartenenza del creditore o del debitore, purch� sussista 
la residenza nello Stato del debitore (1). 

In applicazione del principio di tassabilit� dei redditi dovuti da 
persone domiciliate o residenti nel territorio dello Stato � previsto robbligo 
per chiunque corrisponda a stranieri o ad italiani residenti all'estero 
diritti di autore, canoni e proventi per cessione o concessione in uso 
di brevetti, processi, formule, marchi ecc. di operare la ritenuta di 
acconto per l'imposta di ricchezza mobile (2). 

(Omissis). -Con i tre mezzi di ricorso, che per essere strettamente 
collegati possono essere esaminati congiuntamente, si denuncia sostanzialmente 
l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte di merito nel ritenere 
che, ai sensi dell'art. 3 lett. f) del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, siano sog


(1-2) Sull'imposta di ricchezza mobile sui redditi fluenti dallo 
Stato verso l'estero con particolare riguardo alle redevances. 

La sentenza ha puntualizzato in modo ineccepibile la portata dell'art. 3, lett. f) ( 
della legge fondamentale sull'imposta di ricchezza mobile. Sull'argomento esistono ~~ 
precedenti assai scarsi e remoti (Cass. Roma, 3 marzo 1906, Foro it., 1906, I, 399; li, 
18 maggio 1942, n. 1304, ivi, 1942, I, 727, commentata anche in L. V. BERLIR:I, 1� 
L'imposta di ricchezza mobile, Incontri e scontri di dottrina e giurisprudenza, i 

Mii�=. 1949, 241). . . 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1233 

gette ad imposta di ricchezza mobile le somme (redevances) corrisposte 
da imprenditori italiani a societ� straniere, quale compenso per la concessione 
in uso di marchi e procedimenti di fabbricazione industriale, 
di propriet� o titolarit� delle societ� stesse. 

Le censure sono infondate, perch� i giudici di merito hanno corret-' 
tamente applicata la legge. 

:�: pacifico, in punto di fatto, che nell'anno 1951 la societ� ricorrente, 
che ha la sua sede a Vevey (Svizzera), ha incassato somme da 
imprese italiane, e precisamente dalla societ� Nestl� di Milano lire 

38.833.557 e dalla societ� cc La Prealpina �, anche essa di Milano, lire 
79.034.292, quale corrispettivo dell'uso in Italia dei suoi marchi e procedimenti 
industriali. Trattasi quindi di somme (canoni, proventi) corrisposte 
da soggetti domiciliati e residenti nello Stato a societ� straniera. 
Sul presupposto della territorialit� dell'imposta (art. 2), l'art. 3 enumera le 
diverse ipotesi di redditi da considerarsi esistenti nello Stato e, conclusivamente, 
alla lett. f} in via generale ricomprende ogni specie di reddito non fondiario che 
si produca nello Stato (e di questo non si occupa la sentenza in rassegna) o che 
sia dovuto da persone domiciliate o residenti nello Stato. 

Mentre riguardo ai redditi che � si producono nello Stato � la norma lascia 
un ampio margine di interpretazione, per i redditi � dovuti da persone domiciliate 
e residenti nello Stato �, si pone una presunzione assoluta di esistenza nello Stato 
e di tassabilit� integrale ogni volta che si tratti di reddito non fondiario; � in tal 
modo superata ogni questione che possa dipendere dal luogo di produzione e di 
riscossione del reddito, dalla nazionalit� del creditore e del debitore e dalla natura, 
purch� non fondiaria, del reddito (cfr. QuARTA, Commenti alle leggi di R.M., 
Milano, 1917, I, 189; Cl..EMENTINI-BERTELLI-SCANDALE, Commento alle leggi di 
R.M., Torino, 1934, I, 45). 

Sempre in applicazione del principio della territorialit�, ogni reddito di cui 
il residente nello Stato sia soggetto passivo, � per lo stesso Stato un reddito tassabile 
di cui non pu� accertarsi la specifica natura nell'insieme dell'attivit� produttiva 
del percipiente residente all'estero, perch� non � possibile tener conto di quanto 
avviene fuori del territorio dello Stato per stabilire se la somma percepita costituisca 
reddito netto o lordo o non sia tassabile per ragioni soggettive. Pertanto la presunzione 
della lett. f dell'art. 3 vale sia per i redditi di solo capitale sia per tutti gli altri. 

Nel caso specifico delle redevances � quanto mai evidente la tassabilit� delle 
somme corrisposte da residenti in Italia a societ� straniere per corrispettivo dell'uso 
di marchi e procedimenti industriali; ne � incontestabile prova l'art. 18 della I. 5 
gennaio 1956, n. 1 (poi trasfuso nell'art. 128 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 646) che, 
nel prescrivere lobbligo di colui che paga a stranieri o residenti ali' estero diritti 
di autore o redevances di operare la ritenuta di acconto dell'imposta di ricchezza 
mobile e di dichiarare le somme corrisposte, predispone un mezzo di accertamento 
e di riscossione di un reddito la cui tassabilit�, sul piano sostanziale, � indiscutibile 
(cfr. Lavori preparatori legge n. 1 del 1956 riportati da GAZZERRO, op. appresso cit.). 

Il principio affermato dalla S.C. non � condiviso da par~e della dottrina 
(BERLIRI, Sulla tassazione delle redevances, Giur. imposte, 1959, 735; Dr PAOLO, 
Il testo unico delle imposte dirette, 93; CROXATTO, Sull'imposizione ifll R.M. delle 
redevances corrisposte a societ� straniere, Dir e prat. trib., 1962, Il, 481). 

Il Croxatto e il Di Paolo partono dalla premessa che l'art. 3 lett. fJ del vecchio 
testo e l'art. 82 lett. a) del nuovo si riferiscano esclusivamente ai redditi di ca te




1234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ora, anche in mancanza di qualsiasi accordo internazionale in proposito, 
tali presupposti integrano appieno la previsione della norma di 
cui all'art. 3 lett. f) del t.u. delle imposte di ricchezza mobile sui redditi, 
innanzi ricordata. Questa norma di legge, applicabile al caso controverso 
(in quanto precedente al nuovo t.u. 29 gennaio 1958, n. 645), 
considera infatti esistente nello Stato � ... ogni specie di reddito non fondiario 
che sia dovuto da persona domiciliata o residente nello Stato ... � 
(lett. f, articolo citato) norma poi riprodotta, con pi� semplice formulazione, 
nell'art. 82 lett. a) del nuovo t.u. del 1958 che dispone: <<si 
considerano prodotti nel territorio dello Stato; a) i redditi dovuti da soggetti 
domiciliati o residenti nello Stato ... �. t quindi presunta ai fini 
tributari una esistenza (secondo la vecchia formula) o una produzione 
(secondo la nuova) del reddito nel territorio dello Stato italiano ogni 

goria A e ne deducono che gli altri redditi (quali le redevances da ricomprendere 
nella categoria B) facenti capo a imprese commerciali operanti all'estero, sono 
tassabili solo se esista nello Stato una stabile organizzazione e limitatamente alla 
parte del reddito derivante dall'attivit� esercitata nello Stato attraverso questa 
organizzazione (art. 82, secondo comma); ci� gli autori sostengono con riferimento 
sia al vecchio che al nuovo t.u. fra i quali non rilevano differenze sost.anziali. 

Non pu� essere condivisa la premessa dalla quale muovono questi Autori. Non 
pu� contestarsi che l'art. 3 lett. f) abbia una portata generale e .onnicomprensiva 
(" in generale ogni specie di reddito "), indipendente da riferimenti a talune specie 
di reddito; lenunciazione riassuntiva della lettera f) deve infatti porsi in collegamento 
con tutte le lettere precedenti e non soltanto con alcune di esse, ma la sua 
portata si estende ad abbracciare ogni possibile specie di reddito non fondiario 
affatto compreso nelle ipotesi delle lettere precedenti. La norma della lettera f) 
ha quindi una portata onnicomprensiva che assurge quasi a definizione generale di 
reddito di ricchezza mobile; lo dimostra il fatto che solo in questa sede si leggono 
le parole � non fondiario ", fondamentali nel sistema del t.u. del 1877; e non � 
senza ragione, come si vedr�, che la norma nel nuovo t.u. ha trovato posto, semplificata, 
alla lettera a). 

Chiarito questo, tutto il costrutto su cui si fonda la tesi dell'intassabilit� viene 
meno. N� pu� aver peso la preoccupazione che la tassazione delle redevances 
(come di altri redditi fluenti dall'Italia all'estero) possa dar luogo a duplicazione 
di imposta sullo stesso reddito nello Stato italiano e in quello a cui � soggetto il 
percipiente. Questo inconveniente � del tutto normale, anzi connaturale al principio 
della territorialit�; a rimuoverlo provvedono, ove esistono, l� convenzioni internazionali 
la cui ragion d'essere � appunto quella di eliminare una duplicazione che 
si verifica come conseguenza normale del principio della territorialit�. 

Nessun pregio ha poi largomento che, secondo l'interpretazione che si sostiene, 
diventerebbe tassabile anche la somma pagata a soggetti stranieri quale prezzo 
per l'acquisto di merci importate in Italia. L'art. 3 lett. f) dichiara soggetta 
all'imposta non qualunque somma pagata da residenti, ma solo ogni specie di 
reddito {netto o lordo che sia). Il prezzo di una compravendita non � di certo un 
reddito e quindi non rientra nella previsione della norma; non � invece contestabile 
che le redevances costituiscano un reddito tassabile, sia pure lordo, come 
� inteso dall'art. 91 del t.u. del 1958. 

La tesi dell'intassabilit� delle redevances � sostenuta pi� diffusamente dal 
BERLIRI, con specifico riferimento al t.u. del 1958 che � ritenuto innovativo. Gli 



PARTE �, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TI�IBUTARIA 1235 

qualvolta ci si trovi in presenza di un reddito non fondiario dovuto da 
persona domiciliata, o residente nello Stato. Presunzione assoluta in 
virt� di legge che, come tale, prescinde da ogni indagine, sia rispetto 
al luogo di produzione o di riscossione del reddito, sia rispetto allo 
Stato di appartenenza del creditore, o del debitore, del reddito medesimo. 

Perch� scatti il m�ccanismo di imposizione, � perci� condizione 
necessaria e sufficiente solo che la somma costituente il reddito non 
fondiario sia dovuta da persona domiciliata o residente nel territorio 
dello Stato italiano, e ci�, ripetesi indipendentemente dal fatto che il 
reddito medesimo si sia, o meno, effettivamente prodotto, e venga riscosso 
in detto territorio. 

La legge tributaria fa leva, in altre parole, sul concetto di reddito 
esistente in Italia e, nell'ambito di tale concetto, ricollega il sorgere del 

i1rgomenti di questo Autore sono esaurientemente confutati da F. GAZZERRO (Note 
sul trattamento fiscale delle redevances o royalties, Riv. dir. fin., 1964, I, 70, e da 

L. ZAPPAL� (In tema di tassazione delle redevances corrisposte d� imprese italiane 
a imprese straniere, Imp. dirette erariali, 1962, 98). Vogliamo tuttavia aggiungere 
qualche considerazione per dimostrare che pi� che mai sotto il vigore del nuovo 
t.u. � da condividere il principio affermato nella sentenza annotata. 
Il nuovo t.u. ha invero ri�laborato completamente negli artt. 81 e 82 gli 
artt. 2 e S del t.u. del 1877. Specificamente per la norma della lettera f) dell'art. S 
il nuovo testo ha eliminato la parte che concerne i redditi cc prodotti nello Stato " 
(per i quali si � ritenuta superflua la norma generale di completamento, essendo 
sufficienti le previsioni specifiche delle altre lettere), mentre ha conservato (perch� 
tuttora cli fondamentale importanza) la parte concernente i redditi cc dovuti da 
persone domiciliate e residenti nello Stato ", collocando per� la norma alla lettera 
a) dell'art. 82 con un perfezionamento formale (sostituendo la parola cc soggetti" 
a quella cc persone "); � stata inoltre eliminata nel nuovo testo l'esclusione del 
reddito cc non fondiario ", in conseguenza della precisa ed ampia definizione di 
reddito di ricchezza mobile, un tempo mancante, data con l'art. 81. Altra innovazione 
riguarda l'espressa definizione de~ carattere generale della norma della lettera 
f) in quanto non sono riprodotte nel nuovo testo le parole cc in generale ogni 
specie di reddito ". 

Ma il carattere generale e onnicomprensivo della norma � non solo conservato 
ma anzi sottolineato dalla indicazione pura e semplice di cc reddito " contenuta 
nella lettera a), da mettere in relazione con l'indicazione, alle lettere successive, 
di redditi particolari (di capitali, di attivit� commerciali, di lavoro), nonch� dalla 
colloc�zione della norma all'inizio della elencazione; da ci� discende inequivocabilmente 
che i redditi dovuti da soggetti domiciliati e residenti nello Stato (lett. a) 
non possono non essete tutti quelli in denaro o in natura, continuativi o occasionali, 
derivanti da capitale o da lavoro o dal concorso di capitale e di lavoro o da qualsiasi 
altra fonte non assoggettabile ad imposta sui terreni, sui redditi agrari o sui 
fabbricati, secondo la definizione dell'art. 81. Se la norma della lettera a) dell'art. 82 
non fosse onnicomprensiva, rimarrebbe una vaga: e pleonastica affermazione la 
tassabilit� di ogni reddito derivante da qualsiasi fonte non fondiaria, dato che 
tutte le altre lettere dell'art. 82 sono riferite a redditi qualificati, almeno per quanto 
riguarda i redditi prodotti nello Stato {tralasciamo, per non allontanarci dal tema, 
la lettera f) dell'art. 82 che riguarda i redditi prodotti ali' estero). Da ci� discende 
l'ulteriore conseguenza che la lettera a), nella sua generale previsione, stabilisce 



1236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. 

debito d'imposta ad un presupposto obbiettivo qual'� quello della soggezione 
in cui viene a trovarsi il reddituario ogni qualvolta gli sono 
dovute somme {costituenti appunto reddito) da parte di persone domiciliate 
o residenti nello Stato. In altre parole, per il fatto stesso cio� che 
che una somma � dovuta da un soggetto residente o domiciliato nello 
Stato italiano e che tale somma costituisca per il percepiente reddito 
(nel senso tradizionale di nuova ricchezza prodotta mediante impiego 
di altra ricchezza e che, indipendentemente da quest'ultima, possa essere 
consumata) si realizza la previsione legislativa la quale, in aderenza al 
normale principio della territorialit� cui � di regola improntata tutta 
la legislazione positiva in materia, al principio stesso si adegua, quando 
si tratti appunto di redditi dovuti da soggetti domiciliati, o residenti 
nello Stato. Qui la norma particolare (art. 3 cit. ed art. 82 nuovo t.u.) 

anche la presunzione assoluta di tassabilit� con riferimento alla provenienza del 
reddito da soggetti residenti, allo stesso modo della lettera f) dell'art 3 del t. u. 
del 1877. 

II

La sola innovazione (che per� non � sostanziale) che potrebbe avere un certo 
peso negativo � l'espressa indicazione di reddito cc netto u assunta come presupposto 
dell'imposta nell'art. 81. Ma da ci� non pu� dedursi che l'impossibilit� di 
esperire la procedura di accertamento si risolva nella intassabilit� dei redditi che 
non siano originariamente e di per se stessi netti. Come si � visto, per il principio 
della territorialit�, non � consentito rispetto ai redditi dovuti da soggetti residenti a 
favore di soggetti non residenti' di tener conto di detrazioni la cui esplicazione 
operi fuori del t.erritorio dello Stato, n� � possibile ricomporre la parte di reddito 
'

l w 
fluente dallo Stato nel complesso di un fattore produttivo che si svolge all'estero; t, 
ci� non esclude la tassabilit� del reddito ma, al contrario, si risolve in una tassabilit� 
integrale per presunzione assoluta, cosa che � del tutto conforme al sistema 

;)

l

perch� il reddito fluente dallo Stato � per lo Stato medesimo netto per l'intero. ' 

Ma a questo riguardo, nel campo specifico delle redevances, l'art. 128 introduce 
un regime nella sostanza particolare: questa norma, sebbene detti regole che 
riguardano soltanto il procedimento, con l'imporre la ritenuta di acconto sui due 
terzi della somma corrisposta, in pratica viene a porre una presunzione di tassabilit� 
nei limiti di questa percentuale; quantunque sussista teoricamente l'obbligo 
di denunciare il reddito intero e di corrispondere l'imposta di conguaglio, in concreto 
il percipiente, non soggetto in alcun modo alla sovranit� dello Stato (l'imposta 
di cui alla lettera a) dell'art. 82 in tanto � applicabile in quanto il percipiente non 
abbia nello Stato nemmeno una succursale o altra stabile organizzazione) resta 
immune (come appunto avveniva prima dell'introduzione del sistema della ritenuta) 
dal pagamento del conguaglio. Ci� si risolve in pratica nella presunzione che il 
reddito di redevances sia netto nella misura di due terzi. 

Non � da escludere che il percipiente si sottoponga alla denuncia ed all'accertamento; 
in tal caso deve procedersi alla depurazione del reddito per la determinazione 
dell'imposta di conguaglio, ma saranno in questa sede detraibili soltanto ��:

::: 
le spese e le passivit� inerenti al reddito prodotto nello Stato (pagato da soggetti 
residenti), da considerare come autonomo e indipendente, in nessun caso quelle 
insorgenti all'estero o dipendenti da un fattore produttivo esplicato fuori del territorio 
dello Stato. 

C. BAFILE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1237 

opera unicamente, s'intende, ai soli fini tributari, una scissione del risul


tato della operazione economica che d� luogo al reddito (o provento 

percepito dal creditore), e, all'infuori da ogni riferimento al luogo in 

cui il reddito si produce, ed a quello in cui si realizza, lo considera come 

reddito soggetto a ricchezza mobile in Italia, vale a dire presume de jure 

come reddito imponibile, ogni specie di reddito non fondiario -ed il 

riferimento � per tutti i redditi, siano essi lordi o netti, e non soltanto 

per quelli di capitale -che sia dovuto da soggetto domiciliato, o resi


dente nello Stato. Nella specie, poi, che le cosidette redevances costi


tuiscano reddito, ossia una ricchezza generata periodicamente dalla 

azione di un bene capitale (marchio, brevetto, procedimento industriale 

di fabbricazione) per sua natura idonea a riprodursi e ad essere con


sumata come entit� autonoma, non pu� certamente contestarsi. 

Un indice non equivoco, poi, della tassabilit� dei proventi di cui si 
discute � dato del resto, dall'art. 128 del nuovo t.u. (ex art. 18, legge 
5 gennaio 19'56) che stabilisce, appunto, sul piano concreto le modalit� 
di riscossione dell'importo dovuto dal percipiente attraverso la cosid-
detta ritenuta d'acconto, la quale � a carico di � ... chiunque corrisponda 
a straniero o ad italiani domiciliati all'estero diritti d'autore, canoni o 
proventi per la ~cessione o concessione in uso di brevetti, processi, formule, 
marchi di fabbricazione e simili... �. Ora, tale precetto presuppone 
ovviamente sul piano sostanziale, la affermata tassabilit� sancita dal1'
art. 82 dello' stesso t.u. (� si considerano prodotti nel territorio dello 
. Stato: a) i diritti dovuti da soggetti residenti o domiciliati nello Stato �) 
con ur�a norma che, �come innanzi si � detto, non �, a sua volta, altro 
che la riproduzione dell'art. 3 lett. f) del t.u. n. 4021 del 1877, sotto il 

cui regolamento cade il rapporto tributario controverso. 

Le considerazioni che precedono sono in s� sufficienti a dimostrare 

conclusivamente la legittimit� della tassazione di cui si discute, di takh�, 

superflua appare, di fronte ad esse, ogni altra argomentazione; deve di 

conseguenza addivenirsi al rigetto del ricorso. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1965, n._ 1756 -Pres. Pece Est. 
Saya ~ P.M. Toro (diff.) -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) 

c. Baccetti (avv. Parri). 
Imposta generale sull'entrata -Commissionario per la vendita 
di prodotti esteri -Provvigioni -Tassabilit�. 

(1. 19 giugno 1940, n. 762, .art. 1, lett. h). 
Il compenso per l'attivit� del commissionario che opera in Italia per 
la vendita di prodotti esteri non rientra nella previsione di esenzione 
daliimposta generale sull'entrata di cui a�r art. 1, lett. h) d.l. 9 gen


~


-

-, -Y. -Y. , -%._. -� ' 


1238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

naia 1940, n. 2, convertito in l. 19 giugno 1940, n. 762; pertanto il commissionario 
� soggetto all'imposta generale sull'entrata per le provvigioni 
che riceve in dipendenza della sua attivit� intermediatrice (1). 

{Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso l'Amministrazione finanziaria 
deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, lettera h), 

d.l. 9 gennaio � 1940, n. 2, convertito nella legge rn giugno 1940, n. 762, 
nonch� dei principi e delle norme di interpretazione delle leggi (art. 
14, Disposizioni sulla legge in generale) per avere la Corte di merito 
ritenuto che sono esentate dall'imposta generale sull'entrata le provvigioni 
riscosse dal commissionario B.acetti per vendite di prodotti esteri 
(sementi) effettuate, suo tramite, in Italia da imprese straniere. 
La censura � fondata. 

L'art. 1, lettera h), d.l. citato, col prescrivere che non costituiscono 
entrata e perci� non sono soggette all'imposta generale sull'entrata � le 
somme introitate per le esportazioni delle materie, merci e prodotti. e 
per noli ed altri corrispettiv� relativi a servizi internazionali �, ha voluto 
favorire e proteggere le esportazioni nazionali, le quali, altrimenti potrebbero 
trovarsi in difficolt� sul mercato estero in dipendenza dell'incidenza 
dell'imposta stessa sul loro prezzo. Tale ratio � stata gi� nettamente 
individuata da questa Corte Suprema con la sentenza 19 novembre 
1956, n. 4262 e risulta pacificamente accolta come l'unica che possa 
fornire la ragione e la finalit� della prevista esenzione. 

Allorquando invece, come nella specie, non trattasi di esportazione, 
bens� di importazione, non pu� essere dubbio che sia del tutto estraneo 
il rilevato intento legislativo, avendosi anzi una situazione addirittura 

(l} Con la sentenza in esame la Cassazione ha esattamente ritenuto che la 

I 

esenzione fiscale di cui all'art. 1, lett. h) della legge organica sull'i.g.e., anche nel fil 
caso di " corrispettivi relativi a servizi internazionali ,, , riguarda soltanto le esportazioni, 
e non anche le importazioni dall'estero. 


Deve ricordarsi in proposito che l'Amministrazione, in ordine all'applicazione 
dell'art. 1, lett. h) su ricordato, aveva in passato sostenuto che in tale norma si 
contenessero due diverse disposizioni: una prima relativa alle entrate derivanti dalla 
esportazione di materie, merci e prodotti nazionali, ed una seconda relativa alle 
entrate derivanti da noli e servizi internazionali, che si svolgessero cio� parte in 
Italia e parte all'estero (es. trasporti internazionali). Da ci� si faceva derivare che, 
nel caso di provvigioni corrisposte in Italia per affari di esportazione, non trattandosi 
del prezzo delle merci esportate n� di una attivit� svolgentesi parte in Italia 
e parte 'all'estero, non poteva essere applicata l'esenzione in parola. Con le sentenze 
19 novembr~ 1956, n. 4202, Riv. leg. fisc., 1957, 170 e 21 dicembre 1962, 

n. 3041, la Cassazione ha per� disatteso tale tesi ed ha ricondotto all'unica ratio 
della tutela delle esportazioni il fondamento della norma in esame, estendendone 
quindi l'applicabilit� anche alle provvigioni per affari di esportazione. 
Sulle orme ed in conseguente applicazione di tali stessi principi, � stato ora 
negato il beneficio alle provvigioni corrisposte per affari di importazione. 


PARTE I, SEZ. V,. GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1239 

antitetica, alla quale perci� non � riferibile la ri�ordata previsione normativa. 
!!: logico, infatti che il legislatore intenda, secondo le fondamentali 
regole economiche, proteggere e favorire le esportazioni, prevedendo 
a tal fine anche delle esenzioni tributarie onde concretamente 
alleggerire . la competizione. sul mercato straniero, mentre intuitivamente 
tale interesse, salvo casi del tutto eccezionali che veng�no regolati 
.con una disciplina speciale e temporanea, non � pu� sussistere� 
rispetto alle importazioni, per le quali anzi vigono generalmente delle 
misure direttamente o indirettamente limitative. Del che si ha conferma 
nella stessa legge istitutiva dell'imposta sull'entrata, dato che il legislatore, 
indubbiamente preoccupato che, per il principio della territo-� 
rialit� delfimposta in� questione (art. 1, d.l. cit.) potessero comunque 
giovarsi le importazioni, stabil� per queste un'imposta surrogatoria per 
il solo fatto obiettivo dell'importazione nella misura del 2 per cento 
(art. 17 e segg. d.l. cit.). � 

N� � fondato ritenere, come fa l'impugnata sentenza che, in definitiva, 
in casi del genere si avrebbe un ingresso di ricchezza dall'estero 
all'interno, rappresentata dalle provvigioni corrisposte dall'imprenditore 
straniero al �commissionario che opera in Italia, sicch� potrebbe considerarsi 
pur sempre sussistente la ratio legis superiormente indicata. 
!!: evidente infatti come l'ingresso di ricchezza sia meramente apparente, 
riflettendosi l'ammontare delle provvigioni corrisposte al commissionario 
sul prezzo delle merci straniere vendute in Italia, sicch�, in 
sostanza, quella ricchezza ritorna per altra via, cio� come parte del 
prezzo, ali' esportatore straniero. 

Sebbene tale rilievo sia in s� decisivo, va inoltre osservato che, se 
l'esenzione fosse applicabile, l'effettivo beneficiario di essa sarebbe 
l'esportatore straniero in conseguenza delle minori pretese del commissionario 
italiano, non tenuto al pagamento dell'imposta generale sull' entrata 
rispetto al corrispettivo ricevuto, il che consentirebbe all'esportatore 
straniero medesimo di praticare prezzi pi� bassi in Italia con 
danno della produzione e dell'attivit� economica nazionale. 

Devesi perci� concludere che il compenso per l'attivit� del commissionario 
che opera in Italia per la vendita di prodotti stranieri non 
rientri nella previsione del ricordato art. 1, lett. h), d.l. citato, sicch� 
egli � soggetto� all'imposta generale sull'entrata per le provvigioni che 
riceve in dipendenza della sua attivit� intermediatrice. 

N� a diverso risultato potrebbe pervenirsi sotto altro profilo e cio� 
sotto l'aspetto di una duplicazione �dell'imposizione tributaria, la cui 
possibilit� � stata esattamente esclusa dalla Corte di merito. !!: vero 
che l'art. 96 del Regolamento 26 gennaio 1940, n. 10, per l'esecuzione 
del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, istitutivo del tributo, integrando la previsione 
dell'art. 18 del cit. d.l. (il che va ritenuto legittimo in relazione 
all'ampiezza della previsione dell'art. 57 medesimo d.l.), considera ai 



1240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

:fini della determinazione del valore imponibile anche le spese di commissione, 
ma ci� dispone unicamente ai fini dell'imposta di importazione 
e pertanto concerne unicamente quelle spese relative a commissioni 
effettuate interamente all'estero e pertanto non valutabili ai fini dell'imposta 
generale sulf entrata a causa del ricordato principio di territorialit� 
di tale imposta. Se invece trattasi di attivit� svolta in parte in Italia 
e parte all'estero, nel che si sustanzia la nozione di << servizio internazionale 
� ( cfr. Cass., 21 dicembre 1962, n. 3401; Cass., 19 novembre 1956, 

n. 4262), la predetta norma dell'art. 96 non � applicabile e il relativo 
compenso risulta assoggettato unicamente all'imposta generale sull' entrata, 
sempre che non ricorra la es�enzione prevista nel cit. art. 1, lett. h), 
d.l. 9 gennaio 1940, n. 2: sicch� non � giammai configurabile un fenomeno 
di duplicazione del tributo. -{Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 agosto 1965, n. 1891 -Pres. Favara 
-Est. Allinej -P.M. Gedda (diff.) -Bosco (avv.ti Montasano e Vattovani) 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta di registro -Beni in comunione -Morte di condomino Comunione 
degli eredi del condomino per la quota spettante 
-Recesso dell'altro condomino originario -Stralcio di quota Esclusione 
-Scioglimento della comunione -Tassabilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 89). 
Se due soggetti acquistano un immobile in parti uguali, alla morte 
di uno di essi forma oggetto della succ�ssione mortis causa la quota di 
un mezzo (1/2) gi� di spettanza del de cuius, e di cui gli eredi divengono 
contitolari pro indiviso, ferma restando la qualit� delle quote di 
composizione della comunione. Pertanto il recesso dalla comunione dell'altro 
originario acquirente determina non gi� il semplice stralcio della. 
sua quota, ma lo scioglimento della comunione stessa per il venir meno 
della pluralit� (nella specie: dualit�) delle quote. Di conseguenza l'imposta 
graduale di registro ai sensi dell'art. 89 della tariffa all. A va 
applicata sull'intero valore dell'immobile (1). 

(Omissis). -I ricorrenti denunciano, con unico mezzo, la sentenza 
impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 89, Allegato A, 

(1) Statuizioni di indubbia esattezza. La comunione � un rapporto giuridico che 
nasce, si identifica e vive su di un determinato titolo, pur potendosi, nell'ambito 
di una stessa comunione, costituire altri ~apporti giuridici accessori o collaterali 
sulla base di altri diversi separati e distinti titoli. Dal che, nel caso risolto, e in 
quelli analoghi la necessit� obiettiva dell'esclusione dello stralcio di quota. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1241 

della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3262, in relazione all'art. 360, 

n. 
3 cod. proc. civ. � 
Argomentano: , 
Con l'acquisto, avvenuto nel 1931, dell'immobile in questione si 
costitu�, tra i coacquirenti Arrigo e Dante Bosco, una comunione pro 
indiviso in ragione di una met� per ciascuno. Morto Arrigo, succedettero, 
in parti uguali, nella quota di sua spettanza i figli Alberto e Giuliana. 
Si form� pertanto, sul medesimo bene, una comunione a tre, e le 
quote risultarono cos� ripartite: una met� a Dante e un terzo pro capite 
a ciascuno degli altri due partecipanti. Uscito Dante, la comunione originaria, 
nonostante la sua contrazione soggettiva, continu� a sussistere, 
nell'accennata proporzione, tra i germani Bosco Alberto e Giuliana. 

Con l'atto pubblico del 1959 si oper�, quindi, il semplice stralcio 
della quota del recedente, non lo scioglimento della comunione. 

L'imposta graduale di registro doveva, conseguentemente, essere 
applicata soltanto sul valore della quota assegnata a Dante Bosco, non 
gi� sul valore dell'intero immobile, tuttora soggetto, in parte qua, al 
regime della comunione: 

Questo, nelle sue linee essenziali, l'assunto dei ricorrenti. 

La 
censura � infondata. 

Inesattamente si afferma che, per effetto della morte di Bosco Arrigo 
e della successione dei figli di lui, si accrebbe -da due a tre -il 
numero delle quote della comunione originaria. Oggetto della successione 
mortis causa fu la quota del defunto: quota di cui gli eredi Alberto e 
Giuliana divennero contitolari pro indiviso. Conseguentemente, morto 
Arrigo, la compagine oggettiva della comunione -rimase inalterata, nel 
senso che, delle due quote originarie, l'una continu� ad appartenere a 
Dante Bosco e l'altra pervenne, congiuntamente, ai figli del comproprietario 
defunto. Costoro divennero, relativamente alla quota paterna, 
soggetti di una comunione ereditaria, non nuovi e distinti soggetti -come 
.si pretende -della comunione che trasse titolo, nel 1931, dall'acquisto 
dell'immobile insieme comphito dai fratelli Dante e Arrigo Bosco. 

Anteriormente al rogito del 1959, una delle due quote della comu


nione apparteneva, pertanto, in via esclusiva a Dante, e l'altra formava 

oggetto della comunione incidentale costituitasi tra i due eredi di 

Arrigo Bosco. 

Conseguentemente il recesso di Dante Bosco produsse -come la 

Corte di merito ha rettamente giudicato -lo scioglimento della comu


nione, per essere venuta meno la pluralit� (o, meglio, la dualit�) delle 

quote che la componevano. 

Di fronte a codesta realt� negoziale, escludente l'ipotesi del e.cl. 
distacco o stralcio di quota, l'imposta graduale di registro non poteva, 
dunque, che essere applicata sull'intero valore dell'immobile diviso. 
-{Omissis). 

11 



1242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 settembre 1965, n. 2048 -Pres. 
Tavolaro -Est. D'Amico -P.M. Di Majo (concl. diff.) -Campana 
(avv. Menghini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento amministrativo di 
accertamento ed azione giudiziaria -Sindacato dell'a.g.o. 
Violazione di diritti materiali e processuali del cittadino. 

(l. 20 marzo 1865, ali. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, art. 22). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento amministrativo di 
accertamento ed azione giudiziaria -Sindacato dell'a.g.o. � 
Limiti -Questioni di estimazione semplice e complessa. 

(l. 20 marzo 1865, all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936 n. 1639, art. 22). 
Imposte dirette � Ritrattazione della dichiarazione tributaria da 
parte del contribuente dopo l'accertamento � Inesistenza di 
un obbligo della Finanza di procedere a nuovo accertamento. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 17 e segg.). 
Cassazione � Omessa motivazione su un punto decisivo della 
controversia -Concetto. 

(c.p.c., art. 360, n. 5). 

Il giudizio ordinario ha per oggetto n�n solo la legittimit� sostanziale 
della tassazione, ma anche quella formale, cosicch� tutte le questioni 
che concernono la lesione di un diritto, materiale e processuale, 
sono soggette a sindacato della giurisdizione ordinaria, escluse soltanto 
quelle riguardanti la semplice estimazione dei redditi (1). 

(1) Sui limiti del sindacato dell'a.g.o. sulla regolarit� del procedimento amministrativo 
in materia tributaria, nel senso che esso � ammissibile solo se i vizi di 
esso ledono i diritti del cittadino, cfr., in senso conforme, Cass., 19 gennaio 1957, 

n. 128, Giust. civ., Mass., 1957, 58; id., 28 novembre 1961, n. 2745, Giust. civ., 
1961, I, 1916; id., 16 luglio 1963, n. 1941, Giust. civ., Mass., 1963, 916; 25 novembre 
1963, n. 3042, Giur. it. 1964, I, 1, 428. 
{2) Giurisprudenza costante. Cfr., tra le altre, Cass., 13 maggio 1954, n. 1509, 
Riv. dir. fin., 1954, 458; Cass., Sez. Un., 24 maggio 1955, n. 1760, Riv. dir. fin., 
1956, n. 330; Cass., Sez. Un., 10 giugno 1955, n. 1783, Riv. leg. fisc., 1955, 1198; 
Cass., Sez. Un., 20 ottobre 1956, n. 3785, Riv. leg. fisc., 1957, 151; Cass., Sez. Un., 
22 gennaio 1957, n. 172, Riv. dir. fin., 1957, 148; Cass., Sez. Un., 20 giugno 1958, 

n. 2139, Riv. dir. fin., 1958, 247; Cass., Sez. Un., 31 gennaio 1959, n. 296, Foro it., 
Mass., 1959, 58; Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1960, n. 2688, Sett. Cass., 1960, 1533; 
Cass., Sez. Un., 20 febbraio 1962, n. 345, in Rassegna, 1962, 91; Cass., Sez. Un., 
23 aprile 1964, n. 996, Giust. �civ., Mass., 1964, 445. 
In dottrina cfr. ALLorue, Diritto processuale tributario, II ed., Torino, 1953, 
342; GRECO, Estimazione semplice, estimazione complessa e competenza dell'autorit� 
giudiziaria, Giur. it., 1952, I, 2, 257. 

-~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1243 

Si ha giudizio di estimazione semplice, devoluto alle C ammissioni 
tributarie, nel caso in cui l'indagine sia limitata esclusivamente agli 
elementi di puro fatto costituenti il presupposto dell'imposizione fiscale, 
mentre si ha giudizio di estimazione complessa, soggetto alla giurisdizione 
dell' a.g.o., nelle ipotesi in cui l'apprezzamento dei fatti sia necessariamente 
ed inscindibilmente connesso con la risoluzione di questioni 
giuridiche concernenti l'interpretazione di una legge, di un regolamento 
od anche di un negozio giuridico (2). 

Una volta eseguito l'accertamento tributario da parte dell'ufficio, 
il quale pertanto ha accettato la dichiarazione iscrivendo a ruolo il 
reddito, non si pu� richiedere all'Amministrazione di ripeterlo ove il 
contribuente rettifichi la dichiarazione stessa che all'accertamento � 
servita di base. Eppertanto, una volta superata la fase iniziale del pro~ 
cedimento tributario, l� dichiarazi�ne di rettifica, se non accolta, pu� 
dar luogo, soltanto all'inizio del procedimento contenzioso (3). 

ll punto della controversia, che pu� determinare il vizio di motivazione 
a norma dell'art. 360 n. 5 c.p.c. � un punto di fatto e non un 
punto di diritto, rispetto al quale l'eventuale difetto pu� essere corretto 
dalla Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 384 c.p.c. (4). 

{Omissis). -Con i tre mezzi -che � opportuno esaminare congiuntamente 
poich� in essi si profilano, sia pure con diverse argomentazi�ni, 
le medesime censure -il ricorrente denuncia la violazione . 
degli artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; 52 del testo unico 
24 agosto 1877, n. 4021; 2 e 19 della legge 11 gennaio 1951, n. 25; 
107 e 109 del regolamento 11 luglio 1907, n. 560; 22 del decreto 7 ago


(3) Sulla retrattabilit� della dichiarazione tributaria. 
I. -La sentenza in rassegna sfiora, senza affrontarlo, il problema della irretrattabilit� 
della dichiarazione tributaria. 
Quanto allo stato della giurisprudenza sul punto, � da ricordare che, mentre 
in epoca ormai lontana, la dichiarazione del contribuente era ritenuta dallo stesso 
immodificabile in suo favore, gi� da tempo si � venuta ad ammettere la possibilit� 
di una modifica, pur con variet� di limiti e di motivazioni (per il richiamo delle 
decisioni meno recenti della Commissione Centrale, cfr. ZAPPAL�-MARIONETTI-LANzA, 
L'imposta sui redditi di ricchezza mobile, Napoli, 1958, 246 e segg.). 

In epoca pi� recente, mentre -a quanto risulta -la Cassazione non ha 
affrontato esplicitamente la questione (un solo cenno al problema in esame si rinviene 
nella sent. 21 marzo 1963, n. 682, Riv. leg. fisc., 1963, 1526, emessa in una 
ipotesi del tutto particolare ed in tema di dichiarazione di valore ai fini dell' accertamento 
dell'imposta di successione), la Commissione Centrale -una volta posto 
il principio che la dichiarazione non viziata da comprovato errore, � pienamente 
produttiva di eff�~ti giuridici e non pu� essere ritrattata dal contribuente (dee. 12 gennaio 
1962, n. 52676, Rass. imp. dir., 1964, 32; Dir. prat. trib., 1962, Il, 368) -ha, 
in alcune decisioni, limitato lammissibilit� della correzione della dichiarazione alla 
ipotesi di errore materiale (dee. 22 febbraio 1963, n. 68690, Giust. fin., 1964, 92; 



1244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sto 1936, n. 25, nonch� il difetto di motivazione, ed in sostanza assume 
che la Corte d'Appello, pur esattamente ammettendo il principio della 
ritrattazione tributaria, la subordina erroneamente alla sua proposizione 
in tempo anteriore all'iscrizione a ruolo del reddito risultante dalla 
dichiarazione ritrattata, ed inoltre disconosce f obbligo dell'Amministrazione 
finanziaria di procedere all'accertamento del reddito imponibile 
dopo la presentazione, da parte del contribuente, di una dichiarazione 
contenente la rettifica di quella precedentemente fatta; precisa 
inoltre che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, 
nella specie non si versava in tema di estimazione semplice, poich� 
f apprezzamento dei fatti era intimamente collegato con la risoluzione 

dee. 16 giugno 1955, n. 73162, Riv. leg. fisc., 1956, 127 e Giur. imp., 1957, 345), 
escludendo cos� la deducibilit� dell'omessa indicazione di spese e passivit�, o 
all'ipotesi dell'errore di calcolo (dee. 1� luglio 1959, n. 18669, Rass. imp. dir., 1962, 
490) escludendo cos� la rilevanza dell'_\'lrrore di valutazione della base imponibile; 
in altre decisioni, la stessa Commissione Centrale -inquadrando la dichiarazione 
tributaria nello schema giuridico degli atti di volont� -ne ha dedotto la invalidit�, 
quando essa sia frutto di una falsa rappresentazione di fatto o di diritto 
(dee. 26 marzo 1953, n. 46353, Riv. fin. se. fin., 1955, Il, 162; dee. 11 ottobre 1961, 

n. 48013, Rass. imp. dir., 1963, 710), ovvero -sul rili~vo della funzione della 
denuncia, che � quella di portare a conoscenza della Finanza gli elementi di fatto 
necessari per l'accertamento dell'imposta -ha ammesso la possibilit� della sua 
successiva rettifica da parte del contribuente, anche oltre i limiti di cui all'art. 2732 
e.e., quando l'interessato dimostri che la stessa � frutto di errore, anche se di diritto 
(dee. 14 gennaio 1963, n. 66774, Riv. leg. fisc., 1965, 296). 
Infine, riconosce -sia pure per implicito -efficacia pienamente vincolante 
alla denuncia del contribuente (nella fattispecie, ai fini dell'i.g.e. in abbonamento) 
la dee. 16 gennaio 1957, n. 8827, Riv. leg. fisc., 1959, 101. 

II. -Come rilevasi, la giurisprudenza delle Commissioni tributarie � ben 
lungi dall'aver delineato con esattezza i limiti della retrattabilit� -ad-opera del 
contribuente e nel suo interesse -della dichiarazione tributaria: tra le varie soluzioni 
adottate sembra che sia senz'altro da ripudiare quella che deduce la 
invalidit� della dichiarazione (e quindi, si noti, la sua nullit� od annullabilit� e 
non gi� la controvertibilit� dei fatti denunciati), che sia frutto di errore, dall'inquadramento 
della stessa tra le manifestazioni di volont�: e ci� per la semplice, 
ma decisiva considerazione che la denuncia fiscale -intesa come la comunicazione, 
operata dal soggetto a ci� obbligato dalla legge, all'Amministrazione finanziaria 
del verificarsi della fattispecie tributaria e degli elementi idonei a fissare in 
concreto la prestazione dovuta (VANONI, La dichiarazione tributaria e la sua irretrattabilit�, 
Riv dir. fin., 1937, I, 253 ed ora in Opere giuridiche, Milano, 1961, 
voi. I, 351) -non si pu� ricomprendere tra le dichiarazioni di volont�, non costituendo 
essa � manifestazione di volont� negoziale, ma unicamente manifestazione 
di scienza � (VANONI, op. cit., 359, ivi, con richiami, in nota n. 22, alla concorde 
opinione della dottrina tedesca; ZAPPAL�-MARioNETTI-LANzA, op. cit., 247; cfr. 
anche LrccAROO, Natura giuridica della dichiarazione tributaria, Riv. trib., 1951, 1). 
Ora, appunto perch� la denuncia fiscale non costituisce una manifestazione 
di volont� e tanto meno un negozio giuridico, bens� un mero atto giuridico (su tale 
distinzione cfr., per tutti, CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel dir. privato 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1245 

della gi� cennata questione di diritto sulla mancanza dell'accertamento 
e sulla relativa determinazione analitica del reddito, cui conseguiva 
che doveva rimanere ferma la dichiarazione di reddito rettificata o 
quanto meno che la causa doveva essere istruita nel merito con la determinazione 
dell'effettivo reddit�� imponibile; sostiene infine che la sentenza 
impugnata difetta di motivazione nelle sue varie. proposizioni, 
in specie quanto alla ritenuta necessit� dell'accertamento da parte delfUfficio 
finanziario dopo l'iscrizione a ruolo del reddito precedentemente 
dichiarato e ritualmente rettificato. 

Il ricorso dev'essere respinto. Non � esatto che la Corte d'Appello 
abbia affermato il principio dell'irretrattabilit� della dichiarazione tri


italiano, Napoli, s.d., 32 e segg., in particolare, 37 e segg.), sembra del tutto fuori 
luogo il richiamo per la stessa -anche se solamente in via analogica -dei principi 
generali vigenti in tema di negozi giuridici a proposito dei vizi della volont�, 
poich� -com'� noto -per i meri atti giuridici, tali vizi sono irrilevanti (Aut. 
e op. cit., 38~. 

Del resto, isolata -ed a mio avviso non esatta -� la tesi del BERLIRI 
(L'imposta di ricchezza mobile, Milano, 1949, 410), che ravvisa nella dichiarazione, 
oltre alla confessione di determinati fatti, soprattutto a la manifestazione 
del consenso del contribuente alla tassazione del reddito dichiarato: consenso che, 
come ogni altra manifestazione di volont�, � impugnabile quando risulta l'effetto 
di un errore essenziale di fatto e di diritto �. 

A parte l'ovvio rilievo eh~ tale consenso alla tassazione da parte del contribuente 
pu� non esservi in concreto ed anzi normalmente non vi .� (sussistendo al 
massimo -ma neppure sempre -la semplice previsione delle conseguenze che 
dalla dichiarazione trarr� la Finanza in sede di liquidazione del tributo dovuto) e 
ciononostante la dichiarazione � pienamente produttiva dei suoi effetti giuridici 
(e tale rilievo sarebbe sufficiente per escludere che ad essa debba attribuirsi natura 
di negozio giuridico), �, pi� in generale, da escludere la rilevanza di tale preteso 
a consenso � all'atto della denuncia, in relazione alla funzione, a questa attribuita 
dalla legge nell'imporre il relativo obbligo al contribuente: funzione consistente 
non gi� nello " esprimere la sua sottomissione al potere di imposizione dell'ente 
pubblico o la sua accettazione della pretesa tributaria nel caso concreto, ma unicamente 
nell'informare l'Ufficio competente che una " obligazione tributaria � sorta � 
e quali sono i suoi " primi elementi per determinare il contenuto � (VANONI, 
op. cit., 359). 

La riprova dell'impossibilit� di ravvisare il � consenso alla tassazione � nella 
dichiarazione tributaria, quale elemento coessenziale alla stessa, � �data dalla considerazione 
che talora l'obbligo di presentare la detta dichiarazione incombe su 
un soggetto diverso da �quello su cui grava l'obbligo dal pagamento del tributo 
(cfr., per es., l'art. 55 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 sulle successioni, per l'obbligo 
di denuncia da parte degli esecutori testamentari): e, per tali ipotesi, � evidentemente 
incongruo parlare di un a consenso � del dichiarante alla a tassazione " che 
dovr� incidere su un soggetto diverso. 

III. -Neppure convincente � l'opinione, cui sembra aderire la decisione 
14 gennaio 1900, n. 00714 della Commissione Centrale succitata, secondo cui 
sarebbe da ammettere la possibilit� di libera rettifica della dichiarazione _da parte 

1246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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butaria dopo l'iscrizione a ruolo : la Corte ha detto cosa ben diversa e .< 

cio� che, pur dovendosi ammettere, nella situazione predetta, la possibilit� 
della rettifica, non sussiste per� l'obbligo per l'Amministrazione 
finanziaria di procedere a nuovo accertamento, ove non ritenga giustificato 
l'addotto errore, nel qual caso l'invio degli atti alle Commissioni 
tributarie � indice manifesto che l'esistenza dell'errore non � stata 
riconosciuta. 

In questa proposizione, che costituisce la vera ragione del decidere 
e che il ricorrente contrasta, consiste l'oggetto .essenziale del presente 
ricorso. Ora � bens� vero che l'accertamento di imposta, avente natura 
di atto amministrativo, deve essere eseguito, oltre che in modo analitico, 

del contribuente, e ci� in considerazione della funzione di detta dichiarazione intesa 
come atto di impulso dell'attivit� amministrativa di accertamento tributario. 

Com'� noto, tale opinione � sostenuta da una autorevole corrente dottrinale 
(VANONI, op. cit., in particolare 365 e segg.; ALLoruo, Diritto processuale tributario, 
II ed., Torino, 1953, 396 e segg.; cfr. anche GrANNINI A. D., I concetti fondamentali 
del diritto tributario, Torino, 1956, 300; Dr PAOLO, La irretrattabilit�" della dichiarazione 
dei redditi, Giur. imp., 1959, 765), per la quale il concetto di irretrattabilit� 
della dichiarazione tributaria andrebbe inteso nel limitato (ed in definitiva, ovvio) 
significato di impossibilit� per il contribuente di sottrarre alla conoscenza ed al 
controllo della Finanza la denuncia, una volta che questa sia stata presentata; 
ma non gi� nel senso che sia preclusa all'interessato la possibilit� di rettificare, in � 
tutto od in parte, la medesima -anche al di fuori dei limiti di cui ail' art. 2732 

e.e. -, per far valere elementi non contenuti nella dichiarazione od indicati, per 
errore od anche deliberatamente, in modo non rispondente alla realt�. 
In tali casi, lAmministrazione (e successivamente, il Giudice tributario ed ordinario), 
non potrebbe esimersi dal prendere in cousiderazione tali nuovi elementi, 
pur se contrastanti con quelli enunciati nella originaria dichiarazione e potrebbe 
formarsi, anche in base ad essi, il proprio convincimento (pur riconoscendosi dal 
VANONI, op. cit., 366, 368, una maggior credibilit� alla� prima e maggiore dichiara


zione, da disattendersi dalla Finanza solo di fronte alla certezza della sua non corrispondenza 
alla realt�; cfr. anche, sul punto, ALLoruo, op. cit.; 396). 

In senso difforme e per la retrattabilit� della dichiarazione nei casi di errore, 
sul presupposto dell'equiparazione della denunzia fiscale alla confessione stragiudiziale, 
cfr. PuGLIESE, La prova nel processo tributario, Padova, 1935, 91 e segg., 
ed ivi richiami a precedenti in dottrina e giurisprudenza. 

Per la revocabilit� della dichiarazione in ipotesi di errore, cfr. anche QUARTA, 
Commento alla legge sulla imposta di r.m., Milano, 1903, vol. 2, p. 26. 
Ma la tesi surriferita sembra non accettabile per le seguenti considerazioni: 

a) in sostanza, essa appare fondata sul rilievo che la legge prevede che la 
dichiarazione sia verificata dalla Finanza e sulla considerazione che lAmministrazione 
� tenuta, nell'accertamento tributario, ad attuare la legge e non gi� a realizzare 
ad ogni costo il proprio vantaggio, sicch� si deve non dare credito ad una 
denuncia che si affermi non corrispondente alla realt� del presupposto cui deve 
commisurarsi il tributo (VANONI, op. cit., 362; ALLoruo, op. cit., 396). Ma tale 
considerazione non mi sembra decisiva: lattuazione della legge tributaria � senza 
dubbio il fine che deve perseguire, nella sua attivit� di accertamento tributario, 
la Finanza, come del resto essa costituisce lo scopo della successiva attivit� giuri-

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1247 

nelle forme stabilite dalla legge, e che dall'inosservanza di questo pu� 
derivare la lesione di un diritto soggettivo, avendo il giudizio ordinario 
per oggetto non s~lo la legittimit� sostanzfale della tassazione ma anche 
quella formale, cosicch� tutte le questioni che concernono la lesione di 
un diritto, materiale e processuale, sono soggette a sindacato della 
giurisdizione ordinaria, escluse soltanto quelle riguardanti la semplice 
estimazione dei redditi. Ma, nella specie, il d�dotto vizio in procedendo 
che sarebbe occorso nella fase amministrativa della tassazione, in realt� 
non sussiste: quando un accertamento � stato gi� eseguito -e nella 
specie, come � ovvio, ci� si � verificato con l'accettazione, da parte 
dell'Ufficio impositore, della prima dichiarazione del contribuente (che 

sdizionale delle Commissioni tributarie e del Giudice ordinario. Ma l'attuazione 
del diritto � frutto di un giudizio che si forma sulla base dei mezzi di prova a tal 
fine previsti e regolati anche nella loro efficacia dalla legge come idonei alla formazione 
del convincimento della Amministrazione o del Giudice. Ora, poich� � indubbio 
che, nel procedimento di accertamento, la dichiarazione del contribuente � da 
qualificarsi come un mezzo di prova, servendo essa a portar� a conoscenza della 
Finanza gli elementi obbiettivi della fattispecie tributaria (VANONI, op. cit., 361), 
tutto il problema sta nell'accertare quale sia l'efficacia probatoria che l'ordinamento 
attribuisce alla stessa dichiarazione quale mezzo di convincimento dell'Amministrazione 
o del Giudice ai fini dell'attuazione del diritto. Quindi se il sistema della 
legge disponga, sia .pure implicitamente, che la Finanza possa (e, quindi, debba) 
attenersi entro dati limiti alla prima dichiarazione del contribuente senza possibilit� 
di successiva modificazione a suo favore (salvo ovviamente �la possibilit� della 
rettifica in peius), appare evidente che l'Amministrazione attua il diritto (cos� come 
sostiene la dottrina che qui si critica) proprio ponendo a base del suo accertamento 
le risultanze della denuncia fiscale 

b) animette la dottrina che si critica che il contribuente possa rettificare la 
propria dichiarazione, anche quando essa sia stata deliberatamente' redatta in modo 
non corrispondente alla realt� (e cio� anche quando il dichiarante non sia incorso 

in errori). 

t: tale affermazione che non convince. 
La legge, nel porre l'obbligo di dichiarare, impone nel contempo l'esigenza 
che la dichiarazione sia completa, fedele e veritiera (VANONI, op. cit., 368): come 
� ovvio, tale dovere di attestare il vero comporta la necessit� per il contribuente 
non solo �di non nascondere alla Finanza, in tutto od in parte, il presupposto di 
fatto (ed � questa l'ipotesi normale, prevista e sanzionata dal legislatore), ma anche 
(!i non affermarlo sussistente in una certa misura, quando ci� non corrisponde 

alla realt�. 
Del resto, tale conclusione � conforme alla natura di dichiarazione di scienza 
da attribuirsi alla denuncia tributaria, ove elemento caratteristico di quella categoria 
� �l'assunzione di un impegno circa la veridicit� di quanto si afferma " (SCHLESINGER, 
Dichiarazione -Teoria generale, Encicloperia diritto, voi. XII, 383). 
La dichiarazione . fiscale, d'altro canto, non pu� porsi alla stessa stregua degli 
altri mezzi probatori di cui la Finanza pu� avvalersi per accertare e valutare il 
presupposto tributario: essa costituisce latto necessario di collaborazione del contribuente 
ai fini dell'accertamento e sarebbe contraddittorio con la sua stessa natura 
e funzione ammettere che il contribuente stesso possa sottrarsi agli effetti che la 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1248 

dispensa per ci� stesso da ogni analitica precisazione) e la conseguente 
iscrizione a ruolo del reddito dichiarato, seguita dalla notifica al contribuente 
-non si pu� richiedere all'Amministrazione finanziaria di 
ripeterlo, ove il contribuente rettifichi la dichiarazione precedente che 

all'accertamento � servita di base. Se cos� fosse, si perverrebbe all'assurda 
conseguenza che l'accertamento dovrebbe essere ripetuto quante 
volte fossero presentate dichiarazioni di rettifica di quelle precedenti. 
Nell'ipotesi predetta di un accertamento gi� eseguito, superata cos� la 
fase iniziale del procedimento tributario, la dichiarazione di rettifica 
in sostanza � un reclamo che, se non accolto, pu� dar luogo soltanto 
all'inizio del procedimento contenzioso, come appunto � avvenuto nella 
legge ricollega alla sua dichiarazione, affermando puramente e semplicemente di 
avere in precedenza dichiarato il falso (principio di autoresponsabilit�). Tanto pi� 
inammissibile appare tale conclusione ove si consideri che tale falsa dichiarazione 
non � normalmente sanzionata dalla legge (che disciplina l'ipotesi contraria della 
denuncia non veritiera per difetto), sicch� tale comportamento, che � sempre ispirato 
ad un fine fraudolento, o in danno della Finanza o in danno di terzi, e che viene 
ad ingenerare evidente confusione e dispendio di attivit� dell'Amministrazione, non 
comporterebbe 
una successiva 
alcuna conseguenza sfavorevole 
dichiarazione rettificativa della 
per il dichiarante che, attraverso 
precedente, verrebbe ammesso a 
,, ..: 

provare di aver denunciato il falso, cos� avvantaggiandosi -per il possibile notevole 
decorso del tempo tra il verificarsi del presupposto tributario e la dichiarazione 
di rettifica -delle difficolt� per l'Ufficio accertatore di controllare la reale situazione 
di fatto sulla quale deve essere commisurato il tributo. 

Un ulteriore argomento ricorre contro l'ammissibilit� di una rettifica della 
dichiarazione scientemente falsa per eccesso : invero, le varie leggi di imposta 
impongono l'osservanza di un termine preciso entro il quale la denuncia deve essere 

presentata, sicch� non � giuridicamente possibile riconoscere afficacia a quella 
successiva, che sia presentata fuori del termine di legge. N� si dica che, con la 
presentazione della prima dichiarazione, � stato rispettato il termine, mentre la 
seconda si ricollegherebbe alla precedente, per rettificarla senza porla nel nulla 
(cfr. Dr PAOLO, loc. cit., 771), ch�, in verit�, natura e funzione di dichiarazione 
pu� attribuirsi (proprio perch� la prima � stata volutamente falsa) solo al secondo 
atto, che rispecchia la reale situazione di fatto. In particolare, in tema di imposte 
dirette, l'art. 23 del t.u. n. 645 del 1958 pone in evidenza che la dichiarazione 
presentata con un ritardo superiore ad un mese si considera inesistente, escludendo 
cos� qualsiasi efficacia alla denuncia (anche se di rettifica di una precedente presentata 
oltre il detto termine) e, pertanto, di essa l'Ufficio non potrebbe e quindi 
non deve ten~re conto. 

c) Rimane, pertanto, l'ipotesi in cui la dichiarazione tributaria sia a causa 
di errore (l'ipotesi della violenza non ha pratica rilevanza) non corrispondente alla 
realt�, che rileva ai fini dell'accertamento fiscale. 

Per risolvere la questione mi pare che non sia necessario affrontare il pi� 
ampio problema se la dichiarazione tributaria debba considerarsi o meno una 
confessione stragiudiziale (contra, VANONI, op. cit., 353 e segg.), ma � sufficiente 
considerare la natura giuridica della stessa, da qualificarsi -come si � pi� sopra 
veduto -come una dichiarazione di scienza, e cio� come una rappresentazione 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1249 

specie, in cui, ad iniziativa dello stesso Ufficio impositore, � stata adita 
la Commisisone tributaria di primo gradq. 

Esclusa l'illegittimit� formale dell'atto di imposizione, la questione 
concernente l'illegittimit� sostanziale esula dalla competenza giurisdizionale 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria, trattandosi di estimazione 
semplice e non di estimazione complessa. Secondo la giurisprudenza 
costante di questa Corte si ha giudizio di estimazione semplice, devoluto 
alla cognizione delle Commissioni tributarie, nel caso in cui l'indagine 
sia limitata esclusivamente agli elementi di puro fatto costituenti 
il presupposto dell'imposizione fiscale, mentre si ha giudizio di estimazione 
complessa, soggetto alla giurisdizione del giudice ordinario. 

di una determinata situazione di fatto cui l'ordinamento ricollega effetti giuridici. 
anche se non voluti dal soggetto che la pone in essere. 

Appunto per la stessa funzione cui adempie la dichiarazione di scienza, essa 
in tanto � produttiva di effetti nei confronti del denunciante, in quanto i termini 
della situazione che il medesimo afferma di conoscere non siano il frutto di una 
erronea rappresentazione della medesima situazione di fatto (art. ex art. 2732 e.e.: 
cfr. MEsSINEO, Manuale dir. civ. e comm., Milano, 1952, vol. I, 445): : sicch�, in 
definitiva, il contribuente pu� revocare la propria dichiarazione (o, pi� esattamente, 
pu� contrastare gli effetti scaturenti dalla stessa) solo in quanto egli sia incorso, 
nella sua redazione, in errore sull'esistenza e sui limiti del presupposto tributario. 

d) Le varie norme prevedono che la Finanza possa legittimamente riscuotere, 
S!)nza bisogno di alcuna previa attivit� di riscontro della veridicit� della dichiarazione 
del contribuente, l'imp�rto ragguagliato al contenuto della stessa, cos�, ad es., 
l'art. 30 della legge di registro, l'art. 15 del cl.I. 27 dicembre 1946, n. 469 in 
tema di i.g.e. in abbonamento, ecc. 

In materia di imposte dirette, l'art. 174 del t.u. n. 645/ 1958 abilita l'Amministrazione 
all'iscrizione a ruolo a tit~lo definitivo del tributo corrispondente all'imponibile 
dichiarato dal contribuente e ci� in quanto (come risulta dal raffronto con 
il tenore del successivo art. 175, che si riferisce agli (( imponibili accertati d'ufficio, 
ma non ancora definitivi �) il reddito dichiarato si considera come definitivamente 
accertato. 

Da tale sistema, � legittimo trarre la conclusione che la legge considera la 
dichiarazione come mezzo di prova da solo sufficiente, senza necessit� di previo 
controllo della sua conformit� alla realt�, per fondare la legittima pretesa della 
Finanza alla immediata riscossione del tributo commisurato al dichiarato: essendo 
evidente che, quando la verifica dell'Ufficio precede eventualmente la richiesta 
di pagamento (cos� in materia di imposte dirette), tale controllo � volto non gi� a 
rilevare eventuali erronee o volutamente inesatte dichiarazioni per eccesso, ma 
piuttosto l'eventuale esistenza di un effettivo presupposto di imposta maggiore 
rispetto a quello oggetto della dichiarazione del contribuente (art. 20, secondo 
comma, cl.I. 7 agosto 1936, n. 1639; art. 15, secondo e terzo comma, d.l. 27 dicembre 
1946 n. 469; art. 31, t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, ecc.). 

Ci� che -in definitiva -dimostra che il legislatore ricollega alla denuncia 
del contribuente la presunzione (sia pure iuris tantum) dell'effettiva esistenza del 
presupposto tributario ed in misura non inferiore a quella indicata nella denuncia 
stessa, con la conseguente necessit� per il contribuente che voglia successivamente 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

1250 

nelle ipotesi in cui l'apprezzamento dei fatti sia necessariamente ed 
inscindibilmente connesso con la risoluzione di questioni giuridiche 
concernenti l'interpretazione di una legge, di un regolamento od anche 
di un negozio giuridico. Nella specie, non pu� dubitarsi che il giudizio 
� di estimazione semplice, sottratto quindi alla competi:mza giurisdizionale 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria, poich� secondo la dichiarazione 
di rettifica del Campana, dovrebbe riguardare esclusivamente la 
valutazione di elementi di fatto attinenti ai costi ed ai ricavi del suo 
esercizio quindi soltanto la misura del reddito imponibile; elementi gi� 
sottoposti all'esame delle Commissioni tributarie. 

~ appena il caso di rilevare che erroneamente nel terzo mezzo il 

evitare o modificare gli effetti che, nei suoi confronti, derivano ex lege dalla sua 
dichiarazione, di provare l'inesistenza e la non conformit� della reale situazione di 
fatto a quella gi� portata a conoscenza dell'Amministrazione finanziaria. 

�In tale prospettiva si intende, come sia lecito configurare, a carico del contribuente, 
lonere della duplice prova e dell'esistenza dell'errore nella precedente 
dichiarazione e dell'effettiva consistenza della reale situazione di fatto, diversa da 
quella dichiarata (contra: VANONI, op. cit., 367-368): ove tale prova, nel suo co~plesso 
contenuto, non sia raggiunta, il contribuente non potr� sottrarsi agli effetti 
della precedente dichiarazione. . 

Sembra, poi, evidente che .l'Ufficio -e su tale punto si � espressamente pronunciata 
la sentenza in rassegna -non ha alcun obbligo di ripetere il precedente 
accertamento gi� eseguito, una volta che non ritenga di accogliere la dichiarazione 
di rettifica presentata dal contribuente: come insegna il VANONI ( op. cit., 367) 
� la valutazione della nuova manifestazione. di scienza costituisce un apprezzamento 
di fatto lasciato all'Amministrazione come tutti gli altri apprezzamenti che conducono 
all'accertamento dei tributi ed � sindacabile con gli stessi mezzi con cui si 
impugna l'accertamento �. Quindi, ferma la legittimit� della iscrizione a ruolo delle 
imposte dirette commisurate all'imponibile originari�mente dichiarato, la mancata 
rettifica dello stesso (in accoglimento della nuova dichiarazione del contribuente), d� 
inizio all'ordinario procedimento contenzioso, avanti alle Commissioni (e, poi, eventualmente, 
avanti all'a.g.o.), chiamate in definitiva a decidere sull'esistenza dei 
presupposti di ammissibilit� (errore) e della fondatezza della successiva denuncia 
fiscale. 

e) Circa il termine entro il quale il contribuente pu� rettificare -nei lin�iti 
suindicati -la propria dichiarazione, � da distinguere: 

A) in tema di imposte dirette, l'art. 188, lett. e), del t.u. n. 645 del 1958 

ammette, entro il termine di trenta giorni di cui al secondo comma dello stesso 

articolo, il ricorso contro l'iscrizione a ruolo per inesistenza, totale o parziale, della 

obbligazione tributaria, semprech� l'iscrizione non sia stata preceduta dalla notifica 

dell'avviso di accertamento. 

Eppertanto, ove vi sia stata notifica dell'avviso di accertamento prima della 

iscrizione a ruolo del reddito dichiarato, il contribuente deve far valere -a pena 

di decadenza -lerrore nella dichiarazione in sede di reclamo contro il' detto 

avviso, nel termine di trenta giorni decorrenti dalla relativa notifica; trascorso 

inutilmente tale termine, laccertamento diventa definitivo e non � pi� consentito 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1251 

ricorrente profila, come difetto di motivazione, lomessa ed incompleta 
indagine della Corte d'Appello circa le questioni giuridiche ad essa 
prospettate. Invero il punto della controversia, che pu� determinare il 
vizio di motivazione a nmma dell'art. 360 n. 5 c.p.c., � un punto di fatto 
e non un punto di diritto (Cass., 28 febbraio 1959, n. 590; 30 dicembre 
1953, n. 3865): quando infatti il difetto di motivazione riguarda 
una questione giuridica, a questa Corte � riconos"Ciuto, dall'art. 384 
c.p.c., il potere di correggere in diritto la motivazione, potere che nella 
specie non deve essere esercitato, poich�, come risulta da quanto sopra 
si � esposto, la decisione impugnata, che ha richiesto soltanto alcune 
migliori precisazioni, � esatta anche nella motivazione. 

U ricorso deve essere pertanto respinto. -(Omissis). 

alcun reclamo �d opposizione al contribuente, non solo per dimostrare che � inesistente, 
il maggiore reddito accertato dall'Ufficio, ma che � inesistente in tutto od 
in parte, quello stesso da lui dichiarato (DI PAOLO, loc. cit., 770). 

Ove, invece, l'iscrizione a ruolo non sia stata preceduta dalla notifica dell'avviso 
di accertamento, l'errore pu� essere fatto valere dal contribuente in sede di 
ricorso contro l'iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 188 lett. e) del t.u. ~. 645 del 
1958 e nel termine di decadenza di cui al secondo comma del predetto articolo. 

B) In tema di imposte indirette (registro, i.g.e., ecc.) deve ugualmente 
ritenersi che -ove vi sia stata notifica di avviso di accertamento di maggior 
valore -l'errore della dichiarazione debba .essere fatto valere in sede di reclamo 
contro il detto avviso e. nel termine perentorio per esso previsto : altrimenti, l'accerfamento 
diventa definitivo e non pu� pi� essere dedotto il vizio della denuncia 
(VANONI, op. cit., 369). 

Quando non vi sia stato, invece, l'accertamento di maggior valore da parte 
dell'Ufficio, sembra che lerrore possa essere fatto valere dal contribuente nel 
t�rmine di prescrizione del suo diritto alla restituzione del tributo pagato. 

(4) Nello stesso senso, cfr. Cass., 30 dicembre 1953, n. 3865, Foro it., Rep. 
1953, voce Cassazione, n. 85; id., 3 giugno 1958, n. 1852, ibidem, 1958, v. cit., 
n. 75; id., 28 febbraio 1959, n. 590, Foro it., Mass., 1959, 109. 
G. MANDO' 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 ottobre 1965, n. 2ITT2 -Pres. 
Tavolaro -Est. Tamburrino -P.M. Di Majo -Soc. Agraria Immobiliare 
(avv. Manfredonia) c. Ministero Finanze {avv. Stato Colletta). 

Imposta di negoziazione � Valutazione dei titoli non quotati in 
borsa � Termine . di notifica della decisione del Comitato 
direttivo degli Agenti di cambio � Gravame dell'Ufficio decorso 
detto termine -Inammissibilit�. 

(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 35; d.l. 25 maggio 1945, n. 301). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1252 

.

l: inammissibile rappello delf Ufficio contro la decisione del Comi, 


.

tato direttivo degli agenti di cambio alla sezione speciale della Commissione 
provinciale delle imposte, competente per la valutazione dei " . . 
titoli non quotati in borsa, ai fini delfimposta di negoziazione, se la 


II

decisione medesima non � stata notificata dall'ufficio al contribuente 
entro sessanta giorni dalla ricezione a norma delr art. 35 r.d. 8 luglio 1937, 

n. 1516 (1). 
II 

(Omissis). -Con il primo mezzo del ricorso si deduce la violazione 
dell'art. 35 del r.d. 6 luglio 1937, n. 1516: si specifica che il detto articolo, 
il quale dispone che le decisioni delle commissioni distrettuali delle 
imposte devono essere notificate al contribuente, a cura dell'Ufficio, 
entro sessanta giorni dalla ricezione, con la comminatoria che la mancata 
notificazione nel termine produce la decadenza dell'Amministrazione 
dalla possibilit� di produrre appello alla Commissione provinciale, 
si applica anche in materia di imposta di negoziazione, a proposito ..: 
dell'appello avanti la Commissione provinciale delle imposte contro la 
decisione emessa in primo grado dal Comitato degli agenti di cambio. 
Conseguentemente si lamenta dalla ricorrente che erroneamente la decisione 
impugnata ha omesso di prendere in considerazione la eccezione 
di decadenza dell'ufficio dall'appello, eccezione ritualmente presentata 
nella sede di merito. La censura � fondata. 

Quanto alla questione di principio, cio� all'applicabilit� del disposto 
dell'art. 35 del decreto n. 1516 del 1937 all'imposta di !legoziazione, 

(1) In tema di valutazione dei titoli non quotati in borsa ai 
fini della imposta di negoziazione. 
Secondo il r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975, convertito nella legge 2 giugno 1939, 

n. 739, l'imposta di negoziazione per i titoli delle societ� non quotati in borsa veniva 
liquidata provvisoriamente d'ufficio in base al valore dei titoli accertati per l'anno 
precedente, ma era obbligatoria per ogni singolo anno d'imposta la valutazione del 
Comitato direttivo degli agenti di cambio della borsa valori pi� vicina alla sede 
della societ�. Tale Comitato procedeva alla valutazione ed era tenuto ad inviare un 
estratto della deliberazione all'Ufficio. Quest'ultimo, ricevuto lestratto, riliquidava 
l'imposta in base alla valutazione del Comitato e la notificava al contribuente. 
Dalla data di tale notifica sia l'Ufficio che il contribuente avevano un termine di 
giorni 30 per impugnare la valutazione avanti al Collegio peritale previsto dall'art. 
9. Con d.l. 25 maggio 1945, n. 301, tale sistema di valutazione veniva modificato, 
stabilendosi che contro la valutazione del Comitato era dato ricorso entro 
il termine di 30 giorni ad una sezione speciale della Commissione Provinciale delle 
imposte del luogo dove ha sede la Borsa pi� vicina alla societ�. Il quarto comma 
dell'art. 1 della legge citata stabiliva testualmente: �Per il funzionamento della 
Commissione provinciale e per le decisioni nella materia di cui al presente articolo 
si osservano le disposizioni di cui al r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, e r.d. 8 luglio 1937, 
n. 1516 �. 
mrw4NWT9'��~�%.%:F4filW'@iJWT���9IBWmr~ifWY�~ares.wr~wJ


.,~l~M'll71J'::wwr~&/<:ft~~~~~:}=:~� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1253 

tale questione � gi� stata sottoposta a queste stesse Sezioni Unite, le 
quali, con tre sentenze analoghe (nn. 1760, 1761e1762 del 1964), l'hanno 
risolta in senso affermativo. Siffatta giurisprudenza non pu� non rimaner 
ferma. � noto che la risoluzione delle controversie relative all'applicazione 
delle imposte in surrogaziona del bolJo e del registro fu disdplinata 
dal r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, convertito nella legge 7 giugno 
1937 n. 1016, che stabil� la competenza delle Commissioni distrettuali 
e di quelle provinciali: in attuazione della delega conferita al Governo 
dall'art. 45 del citato testo legislativo, fu emanato il r.d. 8 luglio 1937, 

n. 1516, il quale nell'art. 35, surrkordato, riguardava il termine di notificazione 
da parte dell'Ufficio delle decisioni di primo grado e la comminatoria 
della decadenza dall'appello. Per quanto concerne la imposta 
di negoziazione, indipendentemente dalla preesistente legislazione, che 
qui non interessa, va ricordato il d.l. 25 maggio 1945, n. 301, il quale, 
nell'art. 1, ferma la competenza in primo grado del Comitato direttivo 
degli agenti di cambio a valutare, ai fini dell'applicazione dell'imposta 
suddetta, i titoli delle societ� con capitale inferiore a L. 250.000, non 
quotati in borsa, stabiliva la competenza, seppur temporanea, in secondo 
grado di una sezione specializzata delle commissioni provinciali delle 
imposte. Nello stesso tempo fu stabilito che per il funzionamento di 
questa Sezione specializzata dovevano osservarsi, tra l'altro, le disposizioni 
del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516: certamente, anche per la inconcepibilit� 
logica e giuridica di far rimanere pendente all'infinito un 
termine per appellare, doveva ritenersi richiamata anche la gi� men-
Tale procedimento � rimasto in vigore fino all'abolizione dell'imposta di negoziazione, 
avvenuta con legge 6 agosto 1954, n. 603, ed � tuttora in vigore per 
l'accertamento delle imposte maturatesi fino all'abolizione, in quanto con successivi 
provvedimenti legislativi � stata sempre prorogata l'entrata in vigore delle modifiche 
introdotte dalla legge 7 novembre 1947, n. 136 (vedi I. 10 dicembre 1948, n. 1469; 

I. 22 dicembre 1951, n. 1372; I. 11 dicembre 1952, n. 1978),. 
Le Sez. Un. della Cassazione, con la decisione in rassegna e con altre due 
emesse nella stessa data e portanti i nn. 2073 e 2074, ribadisce l'affermazione contenuta 
nelle sentenze nn. 1760-1761 e 1762 del 6 luglio 1964 (la prima v. Foro it., 
1964, I, 1951) secondo cui allorch� l'Ufficio non intende accettare la valutazione 
d�l Comitato direttivo degli agenti di cambio deve notificare la liquidazione dell'imposta 
in base alla valutazione operata dal Comitato suddetto entro 60 giorni 
dalla ricezione della deliberazione e proporre quindi gravame alla Commissione 
entro 30 giorni da questa ultima notifica. A giustificazione di tale affermazione il 

S. C. ha osservato che il richiamo contenuto nel quarto comma dell'art. 1 della legge 
del 1945 alle norme generali del contenzioso tributario rende applicabile nella specie 
anche l'art. 35 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, secondo il quale la mancata notifica 
della decisione della commissione distrettuale al contribuente nel termine di 60 giorni 
dalla ricezione da parte dell'ufficio determina la decadenza dell'ufficio medesimo dal 
diritto di appello. 
Tale soluzione, che sul piano sostanziale viene motivata dalla esigenza che sia 
fissato un termine che limiti la facolt� dell'Ufficio di proporre gravame contro la 



:~ :~ 
1254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zionata disposizione dell'art. 35, onde, ai sensi di tale regolamenta


zione del 1945, deve concludersi che anche la decisione del Comitato 
direttivo degli agenti di cambio doveva essere notificata dall'Ufficio 
al contribuente entro sessanta giorni dalla ricezione, con la sanzione, ' 
in difetto, della decadenza dell'Ufficio dalla possibilit� di proporre �.� 
' 
appello alla Commissione provinciale delle imposte. Vero � che la disciplina 
del 1945 venne modificata dal d.I. 5 settembre 1947, n. 1173, il 
quale istitul presso il Comitato direttivo degli agenti di cambio una 
commissione la cui decisione sulla valutazione dei titoli non quotati 
in borsa poteva essere impugnata avanti un Collegio peritale con sede 
in Roma; ma � pur vero che l'applicazione di quest'ultimo provvedimento 
fu sospesa dapprima fino al 1� gennaio 1953 e da ultimo fino a 
nuova disposizione, rispettivamente dalla I. �10 dicembre 1948, n. 1469, 
dalla I. 22 dicembre 1951, n. 137, e dalla I. 11 dicembre 1952, n. 1978, 
le quali, per l'imposta dovuta a decorrere dal 1947, mantennero in 
vigore sia i comitati direttivi degli agenti di cambio sia le sezioni specia:
li delle Commissioni provinciali. Ne consegue che, anche dopo l'emanazione 
del decreto 5 settembre 1947, n. 1173, l'Ufficio decadeva dalla 
facolt� di impugnare la valutazione del comitato direttivo degli agenti 
di cambio, qualora non avesse notificato al contribuente tale valutazione 
nel termine perentorio di sessanta giorni di cui al citato art. 35 
del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516. 

Quanto, poi all'applicazione di siffatto principio alla specie, in 
ordine alla quale non pu� non rilevarsi immediatamente che l'appello 

valutazione del Comitato, lascia perplessi, anche se non sembra possibile che il 
Supremo Collegio muti ormai indirizzo. 

In sostanza il S. C. ha equiparato la deliberazione del Comitato direttivo 
degli agenti di cambio ad una decisione della Commissione distrettuale estendendo 
cos� tutte le norme procedurali proprie del procedimento avanti le Commissioni 
alla deliberazione. � 

Tale estensione non sembra per� consentita. n� dalla lettera del quarto comma 
dell'art. 1 della legge n. 301 del 1945, n� dallo spirito di tutta la normativa in 
tema di accertamento e liquidazione dell'imposta di negoziazione. 

Con l'espressione � funzionamento � non sembra possano invero ritenersi estese 
alla Commissione speciale per le imposte di negoziazione oltre che le norme che 
regolano l'organizzazione della Commissione stessa, anche il sistema processuale 
proprio dell'ordinamento tributario dettato dai rr.dd. 7 agosto 1936, n. 1639 e 
8 luglio 1937, n. 1516, perch� ci� _contrasta con tutto il sistema instaurato con la 
legge del 1938 in ordine alla valutazione dei cespiti soggetti all'imposta di negoziazione, 
sistema ispirato a una esigenza di estrema specializzazione resa necessaria 
dalla particolare natura dell'oggetto d'imposta. 

Tale esigenza non � venuta meno per effetto della legge n. 301 del 1945, la 
quale pur attribuendo ad una Sezione della Commissione provinciale la funzione di 
esaminare dietro gravame delle parti le delibere del Comitato direttivo degli agenti 
di cambio, ha mantenuto il suo carattere di autonomia e specialit� nella composizione 
dell'organo. 



__ I 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1255 

dell'Ufficio, contemporaneo alla notificazione della decisione di primo 
grado, � intervenuto ben nove anni dopo 'la emanazione di quest'ultima, 
� a dirsi che il fatto che la decisione di primo grado fosse pervenuta 
all'Ufficio prima dei sessanta giorni dalla notificazione e proposizione 
dell'appello risulta dagli elementi di fatto acquisiti al giudizio, dai quali 
appare essere del tutto pacifica tra le parti quella circostanza. La stessa 
Amministrazione, dopo la proposizione dell'eccezione di decadenza, sia 
in sede di appello che in questa sede, nuHa ha opposto contro ed in 
relazione alla data di ricezione, limitandosi a difendersi nel merito 
della eccezione stessa, cio� a sostenere la inappHcabilit� in diritto delf 
art. 35 del decreto del 1937, con ci� confermando l'esistenza del presupposto 
in fatto. E anche dopo le richiamate decisioni di questo 
Supremo Collegio circa I'appHcabilit� in diritto di quella disposizione, 
nulla ha detto circa l'unico punto concernente il presupposto in fatto, 

D'altra parte non � esatto che se non si ammettesse il richiamo all'art. 35, si 
lascerebbe senza limiti pendente il termine per appellare, perch� un termine esiste 
ed � quello di 30 giorni dalla notifica. 

N� si replichi che se non fosse ritenuto applicabile il termine di cui all'art. 35, 
l'Ufficio rimarrebbe arbitro di prolungare a siio piacere il termine per proporre 
gravame omettendo la notifica, perch� se ci� � esatto, non � meno esatto che se si 
limita per l'Amministrazione in 60 giorni il termine per disporre la notifica a pena 
di decadenza, l'Amministrazione stessa non verrebbe posta_ in grado di esprimere 
una adeguata valutazione dell'opportunit� di impugnare la delibera. Deve, infatti, 
osservarsi che, a differenza di quanto avviene nel procedimento per l'accertamento 
del valore in tema di imposte sugli affari, in cui l'Amministrazione ha a disposizione 
un anno per compiere la sua valutazione avvalendosi degli organi tecnici pi� 
qualificati (r.d. n. 1639 del 1936, art. 21), accogliendo la tesi della Cassazione 
nell'imposta di negoziazione il termine sarebbe ridotto a soli 30 giorni, entro il 
quale l'Ufficio non potreboe certo essere in grado di esprimere, previa audizione 
degli organi tecnici, la propria valutazione sul cespite tassabile. 

A nostro avviso � proprio la diversa struttura del sistema di accertamento per 
il quale � necessaria la delibera del comitato degli agenti di cambio per la valutazione 
dei titoli no_n quotati iri borsa (delibera che vincola anche l'Amministrazione 
se da questa non viene impugnata) che porta ad escludere l'applicabilit� nella specie 
dell'art. 35, legge n. 1516 del 1937. 

D'altronde prima della modifica del 1945 non esisteva un termine per la 
notifica della delibera del Comitato e non sembra che tale termine sia stato introdotto 
con la legge del 1945, che ha conservato un organo speciale per decidere 
delle impugnazioni, senza nulla disporre in modo espresso al riguardo. (Cfr. Comm. 
centr., 5 febbraio 1957, n. 89341, Riv. leg. fisc., 1958, 1684). 

(Per interessanti considerazioni in ordine al procedimento di accertament_o nella 
imposta di negoziazione v. PrccABDI, La riforma del Contenzioso tributario e l' accertamento 
del valore dei titoli, Giur. it., 1953, IV, 129, il quale nega che il Comitato 
direttivo degli agenti di cambio possa considerarsi come un organo giurisdizionale. 
Accogliendo tale tesi non v'ha dubbio che l'art. 35 non potrebbe ritenersi applicabile). 

A. ROSSI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1256 

che poteva rilevare per contrastare l'accoglimento della eccezione di 
decadenza. Questa quindi va �accolta e conseguentemente deve essere 
dichiarato inammissibile l'appello a suo tempo proposto dall'Ufficio. 
Il che importa la cassazione senza rinvio della denunciata decisione. 

Il secondo mezzo del ricorso, con il quale si deduce violazione di legge 
in ordine alla eccepita prescrizione del diritto della Finanza, rimane 
ovviamente assorbito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 ottobre 1965, n. 2087 -Pres. 
Tavolaro -Est. Sparvieri -P.M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Righi. 

Contenzioso tributario -Registro -Controversie di valutazione Decisione 
della Commissione Provinciale -Ricorso alla Commissione 
Centrale -Esclusione -Ricorso per violazione di 
legge alla Corte di Cassazione a norma dell'art. 111 della Carta 
Costituzionale -Ammissibilit�. 

(r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 
I

I; 
II

Le decisioni della Commissione Provinciale delle imposte, emesse 
in grado d'appello in tema di determinazione del valore imponibile in 
materia d'imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, sono definitive 
e contro di esse � dato soltanto ricorso alf autorit� giudriziaria a 

.

norma dell'art. 29, terzo comma, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639. Non 
�, pertanto, proponibile c@tro dette decisioni il ricorso alla Commis


< 

sione Centrale delle imposte. Contro dette dedsioni, p�eraltro, � ammesso 
il rfoorso alla Corte Suprema di Cassazione per violazione di 
legge, a norma dell'art. 111 della Costituzione (1). 

{Omissis). -Con l'unico mezzo proposto la ricorrente Amministrazione 
finanziaria dello Stato denunzia la violazione degli artt. 28, 
29 e 30 del d.I. 7 agosto 1936, n. 1639; 42 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, 
e 360 nn. 1 e 3 del codice di procedura civile, assumendo che la Commissione 
Centrale avrebbe ritenuto che le decisioni delle Commissioni 

(1) Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione nella 
sentenza in nota, trova riscontro nella precedente sentenza delle stesse Sezioni 
Unite n. 2828/62, riportata per esteso in questa Rassegna, 1963, nn. l, 2, 3, pag 44 
e segg. La Commissione Centrale, infatti, nonostante la ricordata sentenza. avesse, 
con larghezza di informazioni, segnato una chiara direttiva nel campo, indubbiamente 
tormentato, delle� relazioni fra organi della giurisdizione speciale tributaria 
e organi della giurisdizione ordinaria, negando, in radice, per le decisioni emesse 
in materia di valutazione dalla Commissione Provinciale, il ricorso alla Commissione 
Centrale, con la decisione della XI Sezione 20 giugno 1962, n. 89695, riportata in 
.

! 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1257 

Provinciali in materia di valutazione per l'applicazione �delle imposte 
indirette potessero essere impugnate dinanzi alla stessa Commissione 
Centrale, per motivi attinenti all'applicazione deila legge, nonostante 
la soluzione negativa che sarebbe stata data alla questione da questa 
Corte con sentenza 6 ottobre 1962, n. 2828. 

La censura � fondata. 

Queste Sezioni Unite, con la citata pronuncia, avevano affermato 
che le decisioni emesse in grado di appello dalle Commissioni Provinciali 
delle imposte, in materia di determinazione del valore per l'applicazione 
dei tributi indiretti sui trasferimenti della ricchezza, sono definitive 
e, pertanto, contro di esse non � proponibile il ricorso alla Commissione 
Centrale delle imposte per vi21i in procedendo. La Commissione 
Centrale, nel disattendere la eccezione di inammissibilit� del 
ricorso sollevata dal resistente Ufficio Successioni di Roma che, all'uopo, 
aveva richiamato I'enundato prindpio di diritto, ha ritenuto di rion 
potervi aderire, ma non ha addotto argomenti tali da indurre questa 
Corte Suprema a modificare l'indirizzo giurisprudenziale adottato. 

La denunciata decisione ha premesso che, per risolvere la questione, 
era necessario stabilire: 
a) in generale: quale fosse la struttura delle commissioni preposte 
a decidere le controversie tributarie; 

b) in particolare: quale fosse la portata della disposizione del 
comma terzo dell'art. 29 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, nel quadro del1'
organizzazione delle Commissioni tributarie. 

questa Rassegna, 1964, I, 1&5 con nota di GuGLIELMI (Competenza della Commissione 
Centrale delle imposte nei giudizi di valutazione) e con la successiva della 
VI Sezione, 24 febbraio 1964, n. 6312, ora annullata senza rinvio, ha insistito nel 
ritenersi fornita della necessaria competenza al riguardo. La qual cosa � assolutamente 
da escludere e le Sezioni Unite, nel confermare che le decisioni emesse 
dalla Commissione Provinciale in sede di valutazione, sono suscetibili del ricorso 
all'A.G.O. a norma dell'art. 29 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 per mancanza o 
difetto di calcolo e per grave ed evidente errore di apprezzamento, nonch� del 
ricorso alla Corte di Cassazione a norma delfart. 111 della Costituzione per violazione 
di legge, hanno confutato, in via di d~ttaglio, i due ordini di motivi ai quali 
la Commissione Centrale aveva affidato il proprio assunto: unit� di sistema, degli 
organi di giurisdizione speciale tributaria, fra imposte dirette e indirette, e significato 
da attribuire alla definitivit� sancita dal ricordato art. 29 del r.d.l. 1639 del 1936 
per le decisioni di valutazione della Commissione Provinciale. Prive di portata 
determinante i due ricordati ordini di motivi per le ragioni magistralmente esposte 
nella riportata sentenza, resta accertato e dimostrato che l'art. 29 r.d.I. 1639 del 
1936 non attribuisce alla Commissione Centrale, mai, in materia di imposte indirette, 
una giurisdizione di pura legittimit� di terzo grado. I rimedi consentiti sono 
quelli gi� ricordati del sindacato di legittimit�, ex art. 29 del r.d.l. 1639 del 1936, 
circoscritto alla motivazione in ordine alla valutazione della base imponibile e del 
sindacato di legittimit�, da parte della Corte di Cassazione ex art. 111 della Corte 

Costituzionale, per violazione di �legge. 

12 



1258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sub a), la Commissione Centrale, dopo aver rilevato che gli organi :: 
del contenzioso tributario per le imposte dirette sono stati riorganizzati 
dall'art. 22 del decreto-legge test� citato secondo quello che la impugnata 
decisione ritiene lo schema normale degli organi giurisdizionali 
(comprendente un collegio di merito per il primo grado, un collegio 
pure di merito per il secondo grado ed un collegio di legittimit� per il 
terzo gr~do) e affermato che tale struttura � stata recepita dal successivo 
art. 28 anche per le controversie relative a determinate imposte 
indirette, tra cui quella di successione, ne deduce che, con le indicate 
disposizioni, il legislatore ha attuato l'intento di unificare i procedimenti 
contenziosi in materia tributaria. 

Da questa premessa la impugnata decisione trae la conseguenza 
che, quando il citato art. 28 devolve alle Commissioni per le imposte 
dirette la cognizione delle controversie relative a talune imposte indirette, 
si riferisce necessariamente anche alla Commissione Centrale, 
espressamente menzionata dall'art. 22 dello stesso testo legislativo. 

La Corte osserva : 
L'ordinamento della giurisdizione amministrativa tributaria contempla 
la costituzione di commissioni distrettuali di prima istanza, di 
commissioni provinciali di appello e d:I una commissione centrale, Ma 
da ci� non consegue necessariamente l'ammissibilit� del ricorso alla 
Commissione Centrale contro le decisioni delle . Commissioni Provinciali 
in ordine all'accertamento del valore imponibile in materia di 
imposte indirette. I criteri per la: determinazione della competenza per 
materia delle commissioni e quelli attinenti alla disciplina delle impugnazioni 
non sono, difatti, identici per le controversie relative alle 
imposte dirette e per quelle concernenti le imposte indirette. 
La stessa denunciata decisione non si dissimula la gravit� della 

obiezione che si trae, contro la tesi da essa accolta dalle disposizioni 
degli articoli 22, comma secondo, del d.1. n. 1639 del 1936 e 45 del 

r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, per cui contro le decisioni delle Commissioni 
Provinciali � ammesso ricorso alla Commissione Centrale solo nei casi 
ammessi dalle singole leggi d'imposta, le quali, per i tributi indiretti, 
ai quali l'indagine deve rimanere circoscritta, tacciono completamente 
al riguardo. 
La impugnata pronuncia, per�, ritiene di poter giustificare la interpretazione 
che, in contrasto con la lettera del loro testo, qualificato 
oscuro, essa d� alle citate norme, con lelevare a principio generale, 
applicabile, perci�, anche in materia d'imposte indirette, la disposizione 
dell'art. 48, comma secondo, del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, sulla 
imposta di ricchezza mobile, per la quale, avverso il giudizio della Commissione 
Provinciale di appello, si pu� ricorrere alla Commissione Centrale 
per motivi che riguardano lapplicazione della legge. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1259 

Aggiunge la denunciata decisione che, siccome gli organi, ai quali 
sono devolute le controversie relative alle imposte indirette, sono gli 

stessi che la legge prevede per le controversie relative alle imposte 
dirette, e siccome per queste ultime controversie, � ammesso ricorso 
alla Commissione Centrale solo per motivi riguardanti l'applicazione 
-della legge, anche in materia d'imposte indirette il ricorso � da ritenere 

consentito, in linea generale, per gli stessi motivi. 

Ma l'argomentazione non pu� essere condivisa. Di vero l'art. 48 
del t.u. delle leggi sulla imposta di ricchezza mobile, mentre concede 
il ricorso alla Commissione Centrale, dispone, peraltro, che il giudizio 
delle Commissioni Provinciali di appello, quanto alla estimazione dei 
redditi imponibili, non � soggetto ad impugnazione ed, �, perci�, 
definitivo. 

La norma in esame, anche dopo la sopravvenuta riforma del contenzioso 
tributario, � stata mantenuta in vigore dall'art. 288 B del t.u. 
delle leggi sulle imposte _dirette approvato con d.p. 29 gennaio 1958, 

n. 645, perch� l'art. 22 del d.l. n. 1639 del 1936 ha conservato alla 
Commissione di prima istanza e a quella provinciale in grado di 
appello, nelle controversie per l'applicazione delle imposte dirette, la 
cognizione cos� delle questioni di estimazione come quelle di diritto: 
il che giustifica la proponibilit� dei ricorsi alla Commissione Centrale 
in sede di legittimit�. 
La norma stessa, per�, non poteva essere considerata estesa anche 

all� controversie per l'applicazione delle imposte indirette, perch�, in 

questa materia, la legge, escludendo quel carattere unitario che la Com


missione -Centrale ha creduto ravvisare nella disciplina del procedi


mento dinanzi alle Commissioni tributarie, ha adottato altri criteri per 

lattribuzione delle competenze. 

L'art. 29 del d.l. n. 1639 del 1936, difatti, distingue le controversie 
relative all'applicazione della legge da quelle che si riferiscono all'accertamento 
dell'imponibile. Le questioni di diritto sono state devolute in 
primo grado ad apposite sezioni delle Commissioni . Provinciali e, in 
grado di appello, alla Commissione Centrale: le questioni di estimazione, 
invece, sono state attribuite in prima istanza alla cognizione delle 
Commissioni Distrettuali e, in secondo grado, alle Commissioni Provinciali. 
Difetta, dunque, per l'applicabilit� dell'art. 48 del t.u. n. 4021 
del 1877 alle decisioni di estimazione delle Commissioni Provinciali, 
il presupposto dell'attribuzione ad unico ordine di collegi delle questioni 
relative sia all'accertamento degli imponibili sia all'applicazione delle 
leggi sui tributi indiretti. 

Sub b), in ordine, cio�, alla determinazione della portata della� 
norma, di cui al comma terzo dell'art. 29 del d.l. n. 1639 del 1936 -la 
quale dichiara definitivo il giudizio delle Commissioni Provinciali, circa 



1260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la valutazione degli imponibili, salvo ricorso all'Autorit� giudiziaria per 
grave ed evidente errore di apprezzamento ovvero per mancanza o 
insufficienza di calcolo -la denunciata decisione ritiene che la norma 
stessa non pu� essere interpretata se non con riferimento alla regola 
generale per cui il ricorso alla Commissione Centrale � ammesso soltanto 
per motivi attinenti all'applicazione della legge e che, pertanto, 
il carattere definitivo della pronuncia non pu� riferirsi che al merito 
della valutazione. 

Rileva, altres�, la impugnata decisione che l'attribuzione della competenza 
alla Commissione Provinciale in .primo grado e alla Commissione 
Centrale in secondo grado per le controversie di diritto � stabilita 
in deroga ai principi generali sui quali � articolato il procedimento per 
le controversie tributarie: onde il ricorso alla Commissione Centrale 
contro le decisioni delle Commissioni Provinciali per le controversie in 
tema di valutazione risulta .confermata, e non esclusa, dalla mancanza 
di una esplicita norma al riguardo. 

Infine, ad avviso della Commissione Centrale, la improponibilit� 
del ricorso alla Commissione stessa non pu� ritenersi giustificata dal1'
ammissione del ricorso all'Autorit� giudiziaria, in quanto il grave ed 
evidente errore di apprezzamento, la mancanza o insufficienza di calcolo 
sarebbero motivi attinenti al giudizio di valutazione e non all'applicazione 
della legge. 

Ma anche su questi punti la Corte deve dissentire dalla denunciata 
decisione. 

L'attribuzione della competenza per le controversie di diritto in ;) 
materia d'imposte sui trasferimenti della ricchezza a commissioni diverse 
da quelle istituite per i giudizi di estimazione dei valori imponibili 
impedisce necessariamente di ritenere che, ci� nonostante, contro le 

Idecisioni delle Commissioni Provinciali nelle controversie di valutazione, 
il ricorso alla Commissione Centrale sia egualmente consentito 

I

per il motivo che l'ammissibilit� di esso si desumerebbe dai principi 
generali e, che se il legislatore avesse voluto �escluderla, lo avrebbe_ 
dovuto dire. Con il demandare le questioni relative all'applicazione 
delle leggi sulle imposte indirette in prima istanza ad una sezione speciale 
della Commissione Provinciale e in grado di appello alla Commissione 
Centrale, sia pure in deroga al criterio per cui le altre controversie 
tributarie sono devolute in primo grado alle Commissioni Distrettuali 
e in secondo grado alle Commissioni Provinciali, il legislatore ha, 
per ci� stesso e senza possibilit� di dubbio, manifestato l'intento di 
escludere la proponibilit� di ricorsi alla Commissione Centrale contro 
i giudizi di valutazione emessi dalle Commissioni Provinciali. Con il 
che, tuttavia, la definitivit� di tali giudizi non pu� considerarsi circoscritta 
al merito della determinazione del valore imponibile, potendo 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1261 

ancora ipotizzarsi in astratto la denuncia in sede di legittimit� di errores 
in procedendo, nei quali le commissioni eventualmente incorrano. Ma, 
appunto sotto questo profilo, il legislatore del 1936 ha consentito al 
contribuente d'impugnare la decisione della Commissione Provinciale 
mediante ricorso alla giurisdizione ordinaria, ai fini di un sindacato, 
che queste Sezioni Unite, con la precedente citata sentenza, per considerazioni 
che qui non occorre ripetere, hanno qualificato di legittimit�, 
ancorch� circoscritto alla motivazione della decisione in ordine alla 
valutazione dell'imponibile. 

Al che � soltanto da aggiungere che l'art. 111 della Costituzione, 
ammettendo il ricorso al Supremo Collegio per violazione di legge, ha 
rafforzato anche la tutela del diritto soggettivo del contribuente nel 
rapporto d'imposta, apprestandogli il mezzo per un pi� ampio sindacato 
di legittimit�. 

In accoglimento del ricorso, quindi, la denunciata sentenza deve 
essere cassata senza rinvio. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2155 -Pres. 
Favara -Rel. Saya -P.M. Di Maio (conf) -Sandri Fulvio e Lodi 
Silvio (avv. Calabri) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta di ricchezza mobile -Avviso di accertamento � Mancato 
ricorso alla Commissione distrettuale � Definitivit� dell'accertamento. 


Imposta di ricchezza mobile -Accertamento relativo a redditi di 
categorie diverse � Impugnazione del reddito di uria sola 
categoria � Definitivit� del reddito non contestato. 

Imposta di ricchezza mobile � Definitivit� dell'accertamento per 
mancato tempestivo �ricorso � Reclamo contro il ruolo � Inammissibilit�. 


A norma delfart. 91 del regolamento per !imposta di R.M. approvato 
con r.d. 11 luglio 1907, n. 506 il contribuente ha l'onere di reclamare 
alla Commissione di prima istanza contro laccertamento dell'Ufficio 
entro 30 giorni; in difetto i accertamento si rende definitivo (1). 

Qualora ravviso notificato ai fini dell'imposta di R.M. contenga 
i accertamento di redditi in categorie diverse, il reclamo proposto contro 
faccertamento del reddito relativo ad una determinata categoria, non 
costituisce impugnativa anche del reddito accertato in una diversa 



~ ~ 
1262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

categoria, sicch� in mancanza di una specifica impugnazione questo 
ultimo diviene definitivo (2). 

L'art. 117 del regolamento per fimposta di R.M�. consente al contribuente 
che sia stato iscritto a ruolo senza la notifica di un precedente 
accertamento di proporre reclamo contro il ruolo. Tale reclamo peraltro 
� inammissibile ove vi sia stato un accertamento regolarmente notificato 
e divenuto definitivo per mancata, tempestiva impugnazione (S). 

Il 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2154 -Pres. 
Favara -Rel. Saya -P.M. Di Maio .-Sandri Fulvio e Lodi Silvio 
{avv. Calabri) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta sulle societ� -Accertamento di un reddito di cat. B del 
contribuente ai fini dell'imposta di ricchezza mobile -Effi�acia 
automatica dell'accertamento ai fini dell'imposta sulle societ�. 

A norma degli artt. 5 e 11 della legge 11 agosto� 1954, n. 603 l'accertamento 
definitivo ai fini del!imposta di R.M. di un reddito in categoria 
B, estende automaticamente la sua efficacia anche ai fini dell'imposta 
sulle societ� e nell'ipotesi che il reddito accertato ai fini 
dell'imposta di R.M. si riferisca ad un periodo inferiore ad un anno, 
il reddito stesso ai fini dell'imposta sulle societ� va ragguagliato all'intero 
anno (4). 

l� 

{Omissis). -Con il primo mezzo i .ricorrenti lamentano la violazione 
ed errata applicazione degli artt. 91 del regolamento per l'imposta 
di ricchezza mobile, approvato con r.d. 11 luglio 1907 n. 560, 23 r~d. 
8 luglio 1QS7, n. 1516 anche in relazione alfart. 184 c.p.c. per avere la 
Commissione Centrale ritenuto il difetto di impugnativa del reddito di 

(1-4) L'avviso di accertamento come atto plurimo. 

(1-2) Con i principi affermati nella prima e seconda massima della decisione 
portante il n. 2155, il S.C. porta un'ulteriore importante precisazione in ordine al 
problema di particolare rilievo pratico concernente l'interpretazione delle norme 
che regolano l'impugnazione dell'atto amministrativo formale che conclude -il procedimento 
di accertamento relativo all'imposta di r.m. 

Come � noto, a norma degli artt. 91 del reg. sull'imposta di r.m. approvato 
con r.d. 11 luglio 1907, n. 560 e 23 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (richiamati ora 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1263 

.categoria B nonostante la presentazione del primo ricorso 3 gennaio 

1959 specificatamente rivolto a� contestare il reddito di categoria A, ma 

con.tenente ampia riserva di ulteriori deduzioni. 

La censura � manifestamente infondata. 

Come � stato accertato dalla Commissione Centrale e come peraltro 

gli stessi ricorrenti esplicitamente ammettono, il ricorso 3 gennaio 1959 

alla Commissione Distrettuale di Ferrara conteneva unicamente delle 

doglianze relative all'accertamento della ricchezza mobile cotegoria A, 

mentre per quella di categoria B la stessa Commissione venne investita 

con il successivo ricorso 7 settembre 1959 proposto contro i ruoli e 

f unicit� di decisione fu dovuta soltanto dalla riunione dei due ricorsi 

disposta dalla Commissione adita. 

Ci� posto, appare di tutta evidenza come nessuna rilevanza possa 

avere il ricorso 3 gennaio 1959 sull'accertamento della ricchezza mobile 

categoria B, dato che esso non si riferiva a tale accertamento, rispetto 

al quale non conteneva alcuna deduzione di intassabilit� o di minore 

tassabilit�. 

Erroneamente sostengono i ricorrenti che implicitamente detto 

ricorso concerneva anche la ricchezza mobile categoria B, in quanto si 

tratterebbe di unico rapporto ovvero di un rapporto intimamente con


nesso, per cui non sarebbe stata possible un'impugnazione parziale. 

In contrario � sufficiente osservare che i due accertamenti risultano del 

tutto autonomi perch� relativi a situazioni giuridiche diverse (rispetti


vamente per gli interessi e per la cessione dei beni), soggette a diffe


rente tassazione, tant'� che la Commissione Distrettuale pot� decidere 

(e i ricorrenti accettarono la pronuncia) ritenendo legittimo funo e 

illegittimo f altro. 

Altrettanto inesattamente viene dedotta la violazione dell'art. 91 

regolamento per la ricchezza mobile, approvato con r.d. 11 luglio 1907 

n. 560, dato che tale norma, al contrario, conforta in pieno la decisione 
della Commissione Centrale, statuendo espressamente che, contro foperato 
dell'agente, il contribuente ha f onere di reclamare alla Commissione 
di prima istanza nel termine di trenta giorni e che la mancanza 
di tale reclamo rende defiinitive le somme di reddito determinate 
dall'ufficio. Disposizione questa ribadita in via generale dall'art. 23 
dall'art. 31 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) contro l'avviso di accertamento 
notificato dall'Amministrazione, il c�mtribuente ha l'onere .di proporre entro trenta 
. giorni ricorso alla Commissione distrettuale. In difetto laccertamento diventa definitivo. 
Aveva per� stabilito la Cassazione con la sentenza 19 maggio 1959, n. 1505 
(Foro it., 1960, I, 2007, con nota di DEL RE), confermata dall'ulteriore arresto del 
10 agosto 1962, n. 2530 (Foro it., Mass., 1962, 725) che, mentre il ricorso alla 
Commissione centrale contro una decisione emessa dalla Commissione provinciale 
deve essere notificato a pena di inammissibilit� in conformit� al disposto degli 
artt. reg. cit. e 46 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (cfr. Cass., 11 giugno 1958, n. 1925, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1264 

r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, la cui violazione viene pure genericamente 
dedotta, mentre non pu� essere dubbio che anche di essa la Commissione 
Centrale abbia fatto esatta applicazione, ritenendo la sussistenza 
delronere del reclamo alla Commissione Distrettuale rispetto ali' accertamento 
in questione. 
-~ 
N� chiaramente ricorre la denunciata violazione dell'art. 184 c.p.c., 
con la quale i ricorrenti intendono sostenere che l'impugnazione contro 
l'accertamento di ricchezza mobile categoria B doveva considerarsi 
comunq�e proposta in relazione ad alcuni rilievi da essi �l riguardo 
formulati nel corso del procedimento tributario. 

Invero l'art. 24 del citato r.d. n. 1516 del 1937 consente avanti le 
Commissioni Distrettuale e Provinciale, secondo una giurisprudenza 
ormai consolidata ( cfr. Cass., 10 agosto 1962, n. 2350; Cass., 19 maggio 
1959, n. 1505), un ricorso interruttivo, limitato cio� alla sola dichiarazione 
di impugnazione, con riserva dell'enunciazione dei motivi nelle 

c.d. �note aggiuntive� previste dalla citata norma. Nella �specie, per�, 
il ricorso non concerneva per nulla laccertamento di ricchezza mobile 
categoria B, ma unicamente quello di categoria A, sicch� rispetto al 
primo manc� proprio l'impugnativa e pertanto non poteva logicamente 
essere possibile una riserva della enunciazione dei motivi ed in effetti 
la Commissione Distrettuale conobbe di detfo accertamento ( concernente 
la ricchezza mobile di categoria B) soltanto a seguito del ricorso 
contro i ruoli proposto il 7 settembre 1959, al quale perci� si deve fare 
esclusivo riferimento per stabilire l'ammissibilit� dell'impugnazione 
proposta dai contribuenti. 
Appunto, con il secondo mezzo i ricorrenti medesimi lamentano la 

Giur. it., 1959, I, l, 231), il ricorso contro l'accertamento pu� essere proposto anche 

senza specificazione dei motivi di impugnativa, perch� i motivi stessi vengano 

dedotti prima della decisione e sempre che l'Ufficio impositore sia posto in grado 

di controdedurre intorno ai rilievi del contribuente. 

La sentenza che si annota ha tuttavia posto in rilievo che l'avviso dell'Ufficio 

impositore, per quanto formalmente si presenti come un solo atto, pu� contenere 

distinti atti di accertamenti, e ci� ricorre allorch� la base imponibile del tributo 

sia costituita da presupposti diversi, sicch� in relazione a ciascun presupposto 

debba svolgersi una particcilare indagine. 

Da tale premessa il S.C. ha tratto la conseguenza che nell'ipotesi che l'avviso 

contenga distinti accertamenti l'impugnazione proposta contro uno solo di essi, non 

involge anche gli accertamenti riflettenti altri presupposti, per i quali, quindi, si 

ha una definitiva consolidazione. 

Tale affermazione, Sf'Jmpre secondo la Cassazione, non sarebbe in contrasto 

con la giurisprudenza citata in ordine alla validit� del c.d. ricorso interruttivo, 

perch� mentre in quest'ultima ipotesi esiste una volont� di impugnazione del proce


dimento, anche senza specificazione dei motivi, nell'ipotesi, invece, in cui si limiti 

il gravame ad uno solo degli accertamenti contenuti nell'avviso, nessuna volont� 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1265 

violazione deirart. 117 r.d. 11 luglio 1907 n. 560 per avere la Commis.;. 
sione Centrale ritenuto che tale rimedio non era consentito in quanto 
vi era stato un accertamento notificato, contro cui noteva essere proposto 
soltanto ricorso alla Commissione Distrettuale. 

�La censura non � fondata. 

Come gi� sopra � stato ricordato, l'art. 91 r.d. 11 luglio 1907 n. 560 
dispone che, contro l'operato dell'agente, il contribuente pu� reclamare 
alla Commissione di prima istanza, precisando che la mancanza di 
ricorso rende definitive le somme di reddito determinate dall'agente. 
Tale norma, ribadita in termini generali dall'art. 23 r.d. 8 luglio 1937 

n. 1516, pone chiaramente la disciplina rispetto a tutti gli atti di accertamento 
notificati dalla Finanza, stabilendo all'uopo la definitivit� 
dell'accertamento effettuato dall'ufficio se il contribuente non propone 
ricorso nel termine anzidetto alla Commissione di prima istanza; da 
ci� discende come necessaria conseguenza che detto ricorso costituisce 
runi�o rimedio per impugnare l'accertamento e impedire cos� la definitivit� 
del medesimo. 
La norma dell'art. 117 r.d. citato ha invece un ambito del tutto 
diverso, prevedendo il caso di quei contribuenti iscritti nei ruoli senza 
un precedente accertamento notificato (ai quali quindi non � applicabile 
il rimedio del reclamo suindicato mancando quella notificazione 
da cui dovrebbe decorrere il termine di trenta giorni) in quanto direttamente 
assoggettati al tributo per avere omesso la dichiarazione o la 
rettificazione rispetto all'imposizione dell'anno precedente: precisamente 
la ricoJ!data disposizione consente ai �contribuenti che con il ]oro 
silenzio hanno confermato il reddito precedente {conferma che la legge 

di impugnativa viene manifestata nei confronti degli altri accertamenti, sicch� per 
tale parte il provvedimento dell'Ufficio diventa definitivo. 

I principi affermati dall'annotata decisione sono esatti e debbono essere, pertanto, 
condivisi. Invero, non. sembra potersi negare che l'avviso, che a norma 
dell'art. 31 del t.u. del 1958 l'Amministrazione finanziaria a mezzo dell'Uffici� 
competente emette in rettifica degli imponibili dichiarati o per l'accertamento 
d'ufficio di quelli omessi, pur costituendo formalmente un unico atto, contenga 
tuttavia distinti accertamenti quante sono le categorie di reddito a cui si riferisce. 

� Ogni categoria di reddito ha, infatti, presupposti suoi propri, onde l'indagine relativa 
alla loro sussistenza � di volta in volta diversa a seconda della categoria cui 
il reddito appartiene, con una conseguente autonomia di accertamenti. 

L'autonomia di ciascun accertamento non importa, tuttavia, come necessaria 
conseguenza la negazione dell'unicit� dell'imposta di r.m. (v. conf. BERLIRI, Il testo 
1,'nico delle imposte delle imposte dirette, Milano, 1960, 170) perch� l'esistenza di 
diversi presupposti di fatto da porsi a base del tributo, con conseguenti distinti 
atti� di accertamento, non esclude �he il legislatore abbia considerato i diversi presupposti 
come base imponibile di un unico tributo. (Sull'unicit� dell'imposta di r.m. 

v. pure Trib. Milano, 22 marzo 1962, Giur. it., 1965, I, 2, 154 con nota di D'AMATO, 
Unicit� o pluralit� di tributi nell'imposta sui redditi di ricchezza mobile). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1266 

presume dall'omessa dichiarazione o rettificazione) di potere ricorrere 
alla Commissione di prima istanza entro tre mesi dall'ultimo giorno 
della pubblicazione dei ruoli, al fine di dedurre l'inesistenza del reddito 

o li:t sua intassabilit�. 
Pertanto nessuna interferenza sussiste tra le due riportate disposizioni, 
concernendo quella dell'art. 91 tutti i casi in cui vi sia un accertamento 
notificato ed essendosi invece preoccupato il legislatore di 
accordare, con l'altra di cui all'art 117, un rimediq a quei contribuenti 
direttamente iscritti nei ruoli, in conseguenza del silenzio tenuto per 
aver~ cio� omesso qualsiasi dichiarazione o rettificazione, rispetto al 
reddito determinato per l'anno precedente E ci� risponde anche ad 
evidenti esigenze logiche, mentre diversamente, la norma dell'art. 91 
non avrebbe alcun senso, in quanto risulterebbe certo priva di concreto 
contenuto� una disposizione che fissi un termine perentorio per l'impugnativa, 
sancendo espressamente la definitivit� dell'accertamento se 
l'impugnativa medesima non viene tempestivamente proposta, quando 
poi un'altra disposizione consente un successivo ricorso allo stesso fine 
fu. un termine molto pi� ampio. 

Non pu� essere quindi dubbio che l'art. 137 sia. inapplicabile nelle 
ipotesi in �cui vi sia stata la notificazione dell'accertamento, rispetto alle 
quali � consentito soltanto il reclamo alla Commissione distrettuale nel 
termine di trenta giorni dalla notificazione, principio questo peraltro 
seguito anche dall'art. 188, primo comma, lettera C, del nuovo t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645 per le impos.te dirette. 

Devesi perci� concludere su questo punto che esattamente la Commissione 
Centrale ritenne inammissible il ricorso d�i contribuenti, non 

Pertanto a nostro parere l'avviso di accertamento ai :6.ni dell'imposta di r. m. 
deve qualificarsi, quando si riferisca a redditi appartenenti' a categorie diverse, 
come un atto plurimo, in quanto, pur essendo un atto formalmente unico, sostanzialmente, 
quanto all'oggetto, esso si scinde in tanti accertamenti quante sono le 
categorie di redditi cui si riferisce (sulla nozione di atto plurimo v. SANDULLI, 
Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1964, 358 e segg.; A.LESSI, Sistema istituzionale 
del diritto amministrativo italiano, Milano, 1960, 324; GIANNINI M.S., Atto 
amministrativo, Enciclopedia del d�ritto, 167, con ulteriori richiami in bibliografia). 

Dalla natura di atto plurimo dell'avviso di accertamento discente come ulteriore, 
necessaria conseguenza che, nell'ipotesi che venga bnpugnato uno solo degli 
accertamenti in esso contenuti gli altri divengono definiti, attesa la loro autonomia 
sostanziale (Cons. Stato, 31 maggio 1948, n. 159, Foro amm., 1948, 284; Cons. 
Stato, 21 giugno 1961, n. 368, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1083; Cass., 19 ottobre 
1962, n. 3045, Giust civ., 1963, I, 1354; LANDI-POTENZA, Manuale di diritto 
amministrativo, Milano, 1960, 204; ALEssI, op. cit., 340; GIANNINI, op. cit., 167). 

N� varrebbe per superare la osservazione che precede il rilievo che la giurisprudenza 
del S.C. ha ritenuto ammissibile il c.d. ricorso interruttivo; Come ha 
esattamente rilevato la sentenza che si annota il ricorso proposto senza specificazione 
dei motivi dimostra senza alcun dubbio la volont� del ricorrente di impugnare 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1267 

spettando ad essi il potere di impugnazione previsto del richiamato 
art. 117, in conseguenza della gi� avvenuta notificazione dell'accertamento, 
per cui l'unico rimedio era quello dell'art. 97� citato, rimedio non 
esperito rispetto al reddito di ricchezza mobile categoriaB. -(Omissis). 

II 

(Omissis) -Con il primo mezzo i ricorrenti deducono la violazione 
degli artt. 5 e 11 I. 6 agosto 1954 n. 603 in correlazione e in dipendenza 
della violazione ed erronea applicazione degli artt. 91 e 117 r.d. 11 luglio 
1907 n. 560, 23 r.d. 8 luglio 1007 n. 1516 nonch� 184 e 345 c.p.c. 
per avere la Commissione Centrale confermato come definitivo, ai fini 
dell'imposta sulle societ�, quel medesimo reddito accertato dall'ufficio 
ai fini della ricchezza mobile categoria B. 

La censura non � fondata. 

Con essa, in effetti, i ricorrenti lamentano (]he la Commissione 
Centrale ha illegittimamente ritenuto definitivo l'accertamento per 
l'imposta di ricchezza mobile categoria B, effettuato dall'ufficio, sicch� 
la dedotta illegittimit�, per effetto della automatica efficacia di tale 
accertamento agli effetti dell'imposta sulle societ�, involge anche la 
pronuncia su quest'ultima. 

Senonch� questa Corte Suprema, come sopra � stato gi� accennato, 
con sentenza emessa in pari data ha rigettato il ricorso dei contributi 
in ordine all'imposta di ricchezza mobile categoria B, statuendo che 
la Commissione Centrale aveva fatto esatta applicazione della legge 

l'atto oggetto di gravame nella sua totalit�, mentre nell'ipotesi in cui si sia presentato 
un ricorso contro un atto plurimo limitando i motivi di impugnativa contro 
uno solo deg�i accertamenti in esso contenuti, manca una qualsiasi impugnazione 
nei confronti degli accertamenti che non vengono specificatamente fatti oggetto� 
di doglianza. 

(3) Con . il principio contenuto nella terza massima il S.C. ha esattamente 
chiarito i rapporti tra l'art. 91 e l'art. 117 del regolamento sull'imposta di r.m. del 
1907, affermando che il ricorso previsto dall'art. 117, � consentito solo quando al 
contribuente, che voglia contestare l'esistenza del reddito o la sua intassabilit�, non 
sia stato in precedenza regolarmente notificato un avviso di accertamento. In quest'ultima 
ipotesi infatti, � solo consentito il gravame previsto dall'art. 91 e in 
mancanza l'accertamento diviene incontestabile (v. Cass., 16 maggio 1941, n. 1482, 
Foro it., Mass., 1941, col. 80) .� 
Tale interpretazione � oggi legislativamente suffragata dall'art. 188 del t.u. 
sulle imposte dirette del 1958 il quale letteralmente dispone: � Contro l'iscrizione 
a ruolo i contribuenti possono ricotrere all'Ufficio delle imposte; e) per inesistenza 
totale o parziale della obbligazione tributaria, sempre che l'iscrizione non sia 
stata preceduta dalla notificazione dell'avviso di accertamento ". 

Sulle innovazioni introdotte dalla disposizione ultima citata v. un ampio esame 



1268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel ritenere inammissibile l'impugnativa e considerare perci� definitivo 
l'accertamento effettuato per detta imposta dall'ufficio. 

Conseguentemente, caduto il presupposto da cui la censura muove, 
questa si rivela chiaramente priva di giuridico contenuto, dovendosi 
estendere l'accertamento per l'imposta di ricchezza mobile categoria B, 
in dipendenza dell'efficacia automatica stabilita dall'art. 5 1. 6 agosto 
1954 n. 603, anche ai fini dell'imposta sulle societ�. --: (Omissis). 

in DE .ANGELis-PoTENZA, TESTA, Testo unico delle leggi sulle imposte dirette, Milano, 
1964, vol. I, 1150 segg. 

(4) Anche laffermazione contenuta in questa massima discende letteralmente 
dal disposto legislativo secondo il quale la rettifica dei redditi accertata ai fini 
dell'imposta di r.m. ha automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ�. In 
quest'ultima imposta, invero, la base imponibile a norma dell'art. 5 della legge 
n. 603 del 1954 � duplice: il patrimonio e il reddito; il primo viene ricavato dalla 
valutazione contenuta nel bilancio della societ�; il secondo prende a base il reddito 
accertato ai fini di tutte le altre imposte dirette. :B logico pertanto che I'accertamento 
definitivo ai fini dell'imposta di r.m. abbia efficacia automatica per l'imposta 
di r.m. Gli artt. 5 e 11 della legge 603 del 1954 sono stati trasfusi negli artt. 
148 e 150 del t.u. del 1958 con modifiche. (Per un ampio commento a tali norme 
v. BERLIRI, op. cit., 391 e segg. DE .ANcELis, POTENZA, TESTA, op. cit., 984 e segg.). 
Perplessi lascia invece, in termini generali, laffermazione della sentenza 
annotata (di cui per questa parte si omette di pubblicare la motivazione) 
secondo cui, qualora il reddito ai fini dell'imposta di r.m., sia limitato ad un 
periodo inferiore ad un anno, il reddito imponibile ai fini dell'imposta di societ� 
debba essere ragguagliato in ogni caso all'anno. Invero, se, come nella specie, 
l'accertamento ai fini dell'imposta di r.m. si riferisce ad un reddito realizzato 
una tantum per effetto della cessione del patrimonio sociale al socio, non sembra 
possibile il ragguaglio ali' anno ai fini della imposta sulle societ�, atteso che a norma 
dell'art. 5, legge 603/54 (ora art. 148, t.u. 1958) oggetto d'imposta � unicamente il 
reddito accertato ai fini della imposta di r.m. 

Nella specie, peraltro, la sentenza � esatta, essendo mancata una specifica 
impugnazione, sul punto, della decisione della Commissione Centrale, essendosi il 
ricorrente limitato ad invocare, come motivo di cassazione, la contraddittoriet� di 
motivazione, mentre avrebbe dovuto invocarsi il vizio di violazione di legge. 

A. ROSSI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 ottobre 1965, n. 2189 -Pres. Vistoso 
-Est. D'Armiento -P.M. De Marco (conf.) -Ministero Finanze 
{avv. Stato Masi) c. I.N.P.D.A.I. (avv. J)ottarelli). 

Imposte e tasse in genere -Restituzione di imposte -Interessi 
ex legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Applicabilit� alle controversie 
in corso -Decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 5). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRO'DENZA TRIBUTARIA 1269 

La legge 26 gennaiO 1961 n. 29, la quale ha stabilito che sulle somme 
pagate per tasse ed imposte indirette sugli affari, ritenute non dovute 
a seguito di provvedimento in sede amministrativa o giudizaria, spettano 
al contribuente gli interessi di mora dalla data della domanda di rimborso, 
si applica anche ai pagamenti indebiti effettuati prima delientrata 
in vigore della legge stessa dei quali sia stata chiesta la restituzione 
senza che sia stata definita la relativa controversia; in tale ipotesi, gli 
interessi decorrono dalla data di entrata in vigore della legge (1). 

(Omissis). -La ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 1, 2, 5 I. 26 gennaio 1961, n. 29; 11 Disposiz. sulla legge 
in generale, 1222, 1282, 1284; e dei principi sulle obbligazioni pecuniarie; 
sostenendo che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto 
dovuti gli interessi semestrali nella misura del 3% sulla somma di cui 
era stato disposto il rimborso, a partire dalla data di entrata in vigore 
della legge 26 gennaio 1961, n. 29. Ed argomenta che cos� giudicando 
la Corte di merito, anzitutto ha conferito efficacia retroattiva alla legge 
medesima; in secondo luogo, non ha tenuto conto della circolare 
2 aprile 1961 n. 39 del Ministro delle Finanze, la quale chiariva agli 
uffici dipendenti che la nuova legge riguardava i crediti tributari sorti 
dopo l'entrata in vigore della legge medesima, e, correlativamente, le 
somme dovute al contribuente quando le stesse fossero state pagate 
posteriormente all'entrata in vigore della legge; in terzo luogo, la Corte, 
decidendo sul punto d~gli interessi cos� come ha deciso, ha mancato 
di avvertire la gravit� delle conseguenze, parificando lAmministrazione. 
ai privati contribuenti. 

Il ricorso � infondato. 
La questione che con esso si propone � stata risolta da questa 
Suprema Corte con la sentenza 7 maggio 1963 n. 1114, cui hanno fatto 
seguito le sentenze 8 luglio 1963 n. 1856 e 30 gennaio 1964 n. 257 in 
senso perfettamente conforme, e cio� nel senso che la legge 26 gennaio 
1961 n. 29, la quale ha stabilito che sulle somme pagate per tasse 
ed imposte indirette sugli affari, ritenute non dovute a seguito di provvedimento 
in sede amministrativa o giudiziaria, spettano al contri


(1) La sentenza conferma un orientamento giurisprudenziale che, per essere 
stato gi� espresso nelle sentenze 7 maggio 1963, n. 1114, 8 luglio 1963, n. 1856 
e 30 gennaio 1964, n. 257, in questa Rassegna, 1964, I, 373, deve considerarsi 
ormai pacifico. La citata giurisprudenza riconduce il caso di specie al principio 
generale elaborato dalla Cassazione in tema di applicabilit� dello ius superveniens 
alle situazioni giuridiche ancora in atto al momento dell'entrata in vigore della 
nuova legge la quale, come appunto quella in esame, non contenga� disposizioni 

1270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

buente gl'interessi di mora dalla data della domanda di rimborso, si 
_applica anche ai pagamenti indebiti effettuati prima dell'entrata in 
vigore della legge stessa dei quali sia stata chiesta la restituzione senza 
che sia stata definita la relativa controversia; in tale ipotesi gli interessi 
decorrono dalla data di entrata in vigore della legge. 

Trattandosi, perci�, di un indirizzo interpretativo ormai costante, 
e non deducendosi da parte dell'Amministrazione ricorrente argomenti 
nuovi e validi per contrastarlo, la soluzione accolta in precedenza va 
confermata, alla stregua delle seguenti considerazioni. 

� Nel regime anteriore alla 1. 26 gennaio 1961 n. 29 (e relativa legge 
interpretativa 28 marzo 1962 n. 147) per i crediti per rimborso d'imposta 
non valeva, nel silenzio delle leggi tributarie., la regola di diritto comune 
della decorrenza de jure degli interessi di mora, e ci� per la presunzione 
di legittimit� della riscossione, e gli interessi decorrevano dal passaggio 
in cosa giudicata della sentenza, in dipendenza dell'effi.cacia novatjva 
del giudicato. 

La legge 26 gennaio 1961 n. 29, in forza della quale sulle somme 
pagate per tasse e imposte indirette sugli affari e ritenute non dovute 
in seguito a procedimento amministrativo o giudiziario, spettano al 
contribuente gli interessi del tre per cento a semestre compiuto a decorrere. 
d�lla domanda di rimborso (art. 5) non contiene disposizioni transitorie. 
Di qui il dubbio sull'applicabilit� della norma nuova ai rapporti 
di tassa e di imposta indiretta sorti anteriormente, per i quali sia tuttora 
pendente la controversia, non essendosi ancora formato il giudicato n� 
sulla legittimit� dell'effettuato pagamento del tributo, n� sugli interessi, 
n� sulla loro decorrenza. 

La tesi dell'Amministrazione fa perno. su di una rigida ed astratta 
concezione della regola della irretroattivit� contenuta nell'art. 11 delle 
disposizioni sulla legge in generale e non considera che nel caso di 
situazioni giuridiche le quali non si esauriscono in un solo momento, 
come quella di specie, detta regola lascia. pur sempre aperta la questione 
dell'applicabilit� della legge nuova alla situazione ancora in 
atto, ed agli effetti non ancora prodotti o tuttora pendenti di un rapporto 
giuridico sorto anteriormente. 

transitorie dirette a disciplinare in via autonoma i rapporti giuridici sorti sotto la 

legge precedente ma tuttora produttivi di effetti. 

Nel caso di specie, al fatto generatore dell'obbligazione di rimborso e di 

quella accessoria di risarcimento, verificatosi prima dell'entrata in vigore della nuova 

legge, segue tutta un'ulteriore situazione (mora del debitore) con gli effetti giuridici 

che vi sono connessi, situazioni che la nuova legge trova in pieno svolgimento ed, 

alla quale, pertanto, si applica con il solo limite di un eventuale giudicato inter


venuto fra le parti. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1271 

Sono note le diverse soluzioni proposte dalla dottrina, ma la giurisprudenza 
{Cass., 5 agosto 1957, n. 3304), posta di fronte al problema, 
lo ha praticamente risolto nel senso che la nuova norma si applica allorquando 
concorrono le seguenti condizioni: a) che il rapporto giuridico; 
sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti; 
b) che la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto 
generatore del rapporto, sibbene gli effetti di esso. 

Orbene, � anzitutto certo che al momento dell'entrata in vigore 
della legge del 1961 il rapporto avente ad oggetto tanto il debito di 
restituzione dell'imposta quanto il pagamento degli interessi moratori, 
non si era affatto esaurito, dapoich�� il pagamento eseguito dal contribuente 
prima della legge pu� costituire, se mai, il fatto generatore del!'
obbligazione principale di rimborso (subordinato al provvedimento di 
riconoscimento dell'indebito) ma a tale fatto segue tutta una ulteriore 
situazione (la mora del debitore) con gli effetti giuridici che vi sono 
connessi, situazione che la nuova legge tributaria trova in atto e in 
pieno svolgimento. 

�Peraltro, se si guarda allo scopo della legge entrata in vigore nel 
1961, quale risulta anche dai lavori preparatori e in special modo dalla 
relazione al Senato sul disegno di legge presentata dal Ministro delle 
Finanze, si nota come essa sia diretta a porre in armonia con le norme 
del diritto privato la discjplina giuridica del ritardato adempimento, 
cos� della obbligazione del contribuente come della obbligazione di 
rimborso della Pubblica Amministrazione, con il dichiarato intento di 
risolvere i vari dubbi e di eliminare una situazione di disparit� di trattamento 
� in atto esistente �. 

Cosicch�, la stessa ratio della disposizione di legge induce a ritenere 
e sta a confermare che essa � diretta ad operare anche nei confronti 
delle situazioni pendenti, cio� nei confronti dei pagamenti d'imposta 
effettuati prima dell'entrata in vigore della legge medesima, dei quali 
era stata chiesta la restituzione, ma non era stata ancora definita la 
relativa controversia. 

Per effetto dello ius superveniens concorrono, pertanto, entrambe 
le condizioni neeessarie, secondo la citata giurisprudenza, per l'applicabilit� 
della norma nuova ai rapporti pregressi, non ancora esauriti. 
E conseguentemente deve ritenersi che l'art. 5 I. 26 gennaio 1961 

n. 29 spiega la sua efficacia anche �nei riguardi dei pagamenti indebiti 
anteriori alla legge predetta, per i quali vi sia, al momento dell'entrata 
in vigore delli;t legge stessa, una contestazione non ancora definita; in 
tale ipotesi, ch'� quella di specie, gl'interessi decorrono dalla data di 
entrata in vigore della legge. 
Respingendosi il ricorso, il ricorrente, che soccombe, va condannato 
al pagamento delle spese di questo giudizio. -(Omissis). 


1272 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, .25 ottobre 1965, n. 2230 -Pres. Lonardo 
-Est. Alliney -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Societ� Servizi 
Automobili:stici Cruciani (avv. Vocino) c. Ministero Finanze (avv. 
Stato Foligno). 

Imposte e tasse in genere -Decisione di Commissione Provinciale 

-Annullamento per difetto di motivazione -Commissione 

Provinciale di rinvio -Poteri. 

(c.p.c., artt. 336 e 394; r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 48). 

Annullata dalla Commissione Centrale una decisione della Commissione 
Provinciale per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, 
circa un punto decisivo della controversia, la Commissione Provinciale 
di rinvio � libera di riesaminare la intera questione, senza 
alcuna limitazione e alla stregua di tutte le circostanze emerse nel corso 
del giudizio (1). 

{Omissis) -Il primo mezzo del ricorso investe la decisione denunciata 
per violazione degli artt. 324, 3?<J, 394 c.p.c. e 2909 e.e., per viola


zione e falsa applicazione, al caso specifico, degli artt. 37, 38, 45 e 48 

r.d. 6 luglio 1937 n. 1516 e, infine, per violazione u dei principi sui giudizi 
di appello e di rinvio �. 
Argomenta la societ� ricorrente: 
Nel proprio ricorso alla Commissione Centrale per le imposte fUf


f�cio tributario aveva espresso, contro la decisione della Commissione 
Provinciale di Rieti, le due seguenti, testuali censure: 

1) �Violazione dell'art. 6 legge 11gennaio1951 n. 25, non avendo 
la Commissione Provinciale indicato n� valutato gli elementi che fhanno 

I indotta a modificare l'entit� delle singole spese e dell'incasso accertato 
dall'Ufficio, rilievo, questo, gi� mosso anche con l'appello contro la 
decisione di primo grado �; 

2) � Violazione dell'articolo 106 del Regolamento 11 luglio 1907 

I

n. 560, avendo la Commissione Provinciale omesso di pronunciare in 
merito alle richieste dell'Ufficio o, quanto meno, pjer insufficienza di 
(1) La sentenza in esame fa corretta applicazione al giudizio di rinvio dinanzi 
alla Commissione Provinciale, disposto dalla Commissione Centrale ai sensi del!'
art. 48 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, dei principi generali circa i limiti del giudizio 
di rinvio, dettati dal diritto processuale comune. 
L'applicabilit� al processo davanti alle Commissioni tributarie delle norme 
generali del diritto processuale comune, che non trovino nelle norme tributarie 

deroga espressa e che non siano in contrasto o inconciliabili con esse, � ormai ius 



PARTE I, SEZ.. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTJ\RIA 1273� 

motivazione, poich� dalla lettura della decisione si trae il convincimento 
che le ragioni sottoposte all'esame non furono convenientemente valutate, 
s� da non essere in grado di rendere conto dell'esame che aveva 
lobbligo di fare �. 

Di codesti motivi di gravame la Commissione Centrale rigett�, con 
la decisione del 21 dicembre 1959, il primo, racchiudente una censura 
analoga a quella proposta dal contribuente, sul rilievo che la decisione 
impugnata �non mancava della necessaria analiticit� e il riferimento 
fatto agli elementi della contestazione poteva ritenersi sufficiente in 
relazione al procedimento analitico dell'accertamento �. 

Accolse, invece, il secondo motivo, rinviando gli atti, per nuovo 
esame, alla Commissione Provinciale dell'Aquila. 

Ora ~ prosegue la ricorrente -il rigetto del primo motivo di 
gravame, col quale era stata investita in radice l'attivit� di accertamento 
della Commissione Provinciale, rese, definitiva, attribuendole 
effi.cacia di giudicato, la decisone impugnata in ordine all'ammontare 
dell'imponibile, posto che lessenziale censura di omessa indicazione e 
valutazione degli elementi che avevano indotto la Commissione Provinciale 
a modificare lentit� delle spese e dell'incasso accertata dall'Ufficio 
era stata ritenuta priva di fondamento oggettivo. 

Conseguentemente il rinvio alla Com.missione Provinciale dell'Aquila, 
disposto dalla C.C. in accoglimento del secondo motivo di 
ricorso dell'Uffieio tributario, aveva, e non poteva che avere, una semplice 
finalit� procedurale e formale: quella di integrare, in relazione 
alle specifiche e obliterate deduzioni dell'Ufficio delle imposte, la motivazione 
della pronuncia annullata, fermo per� il suo dispositivo. 

Invero -incalza la ricorrente -nQn l'intera controversia era stata 
devoluta alla Commissione di rinvio, poich� � la precedente decisione 
di appello non era affatto stata interamente annullata, ma annullata sul 
solo capo in discussione, ed anzi espressamente confermata in tutto 
il resto�. 

Questi essendo -conclude la societ� ~ i limiti assegnati al giudizio 
di rinvio, non poteva la Commissione Provinciale dell'Aquila 
pervenire, se non violando la cosa giudicata, all' acce,rtamento di un 
imponibile diverso da quello� fissato dalla Commissione Provinciale di 

receptum. Ne sono espressione, fra le altre e da ultimo: Cass., 29 gennaio 1964, 

n. 228, in questa Rassegna, 1964, I, 364, con nota, a proposito dell'applicazione . 
delle norme in tema di nullit� della notificazione e di sanatoria delle nullit� stessa 
e in particolare dell'art. 291 c.p.c.; Cass., 10 luglio 1964, n. 1819, ivi, 1964, I, 783, 
con nota, in ordine all'applicazione del termine stabilito cl.all'art. 352 C'.p.c. ai 
ricorsi per cassazione avverso decisioni della Commissione Centrale ai sensi del!'
art. lll Cost.; Cass., 25 luglio 1964, n. 2054, ivi, 1964, I, 785 e segg., con nota 
13 



1274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essa compiuta -il giudice di rinvio � libero di esaminare i fatti accerRieti, 
e male ha fatto la Commissione� Centrale, con la decisione ora 
impugnata, ad attribuire alla Commissione Provinciale di rinvio, approvandone 
l'operato, poteri di indagine e di accertamento che risultavano 
esclusi dalla sua anteriore decisione, accettata da entrambe le parti. 

La censura � infondata. 

Essa � frutto di manifesta confusione, per non avere colta la sostanziale 
differenza esistente tra i due motivi di ricorso alla Commissione 
Centrale, proposti dall'Ufficio tributario contro al decisione della Commissione 
Provinciale di Rieti. 

Di tali motivi -sopra riportati nel loro testo letterale -il primo, 
sostanzialmente comune allo stesso contribuente, denunciava un generale 
difetto di attivit�, per non avere la Commissione data concreta e 
analitica ragione del proprio convincimento in ordine all'ammontare 
del reddito accertato, mentre il secondo racchiudeva un specifica e ben 
circostanziata doglianza: avere la Commissione Provinciale omesso di 
pronunciare in merito alle richieste dell'Ufficio, cio�.alle �ragioni� da 
questo � sottoposte all'esame � della Commissione di appello. 

Nettamente distinto era, dunque, l'oggetto delle due censure, riguardando, 
l'una, l'inosservanza del dovere del giudice di dare esauriente 
ragione del proprio convincimento, e concernendo l'altra l'omesso 
esame di elementi decisivi. 

Chiarito ci�, � evidente che il rigetto del primo motivo di ricorso, 
lungi dall'attribuire autorit� di giudicato -come la ricorrente, per 
effetto dell'accennata confusione, sostiene -airaccertamento del reddito 
compiuto dalla Commissione di appello, ha lasciato del tutto impregiudicata 
la relativa questione, in quanto l'accoglimento del secondo 
motivo ,.---con la conseguente necessit� di esaminare, analiticamente, le 
ragioni adotte, nel giudizio di appello, dall'Ufficio -ha investito il 

di FIUMARA, in ordine all'applicabilit� del pnnc1p10 che le diverse impugnazioni 
contro la stessa sentenza, stante l'unit� del procedimento di gravame, devono essere 
riunite e decise contestualmente con unica pronunzia; nonch� Cas., 7 g�nnaio 1965, 

n. 14, ivi, 1965, I, 544, con nota, circa l'inapplicabilit� dell'art. 369, ultimo comma, 
c.p.c., che fa carico alla parte della richiesta di trasmissione del fascicolo d'ufficio, 
e ci� in considerazione della particolarit� che nei giudizi davanti alle Commissioni 
non � prevista la formazione . di un fascicolo d'ufficio distinto e diverso da quello 
delle parti. 
In ordine ai limiti del giudizio di rinvio, naturahnente segnati dalla sentenza 
di cassazione (o di annullamento), la Corte regolatrice conferma il consolidato 
insegnamento che tali limiti sono ovviamente diversi a seconda che la cassazione 
(o l'annullamento) sia avvenuta per errores in iudicando o per errores in procedendo. 

Nel primo caso, infatti, l'accertamento del fatto non � toccato dalla sentenza 
di cassazione (o di annullamento), che concerne invece soltanto la valutazione giuridica 
del fatto. Di conseguenza, l'accertamento del fatto rimane nei termini fissati 
dal giudice della senten~a cassata e al giudice di rinvio spetta solo di procedere 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1275 

giudice di rinvio del pi� ampio potere di indagine circa le componenti 

e 
l'ammontare del reddito contestato. 

Il 
che � conforme al consolidato insegnamento di questo Supremo 

Collegio, secondo cui, quando la sentenza_ di appello viene annullata 

per omessa o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della 

controversia -rimanendo perci� travolta la valutazione dei fatti da 

tati, di accertarne altri nei limiti in cui nuove prove sono ammesse dal


l'art. 345 c.p.c. e di decidere la controversia in base a nuovi presupposti 

obiettivi ( cfr., da ultimo, sentenze 303 e 1027 del 1964). 

Chiaramente erronea �, poi, l'affermazione, sopraccennata, della 

ricorrente, secondo cui la decisione di appello sarebbe stata annullata 

limitatamente al � capo in discussione � e tenuta ferma in tutto il resto. 

L'annullamento pronunciato dalla e.e. fu, infatti, totale e non 

poteva che essere totale, poich� la decisione della Commissione Pro


vinciale di Rieti constava di un solo capo -attinente alla, ridotta, 

determinazione dell'imponibile e quest'unica statuizione fu annullata 

per la nota ragione, con rinvio degli atti per nuovo esame -cosl dice 

il dispositivo della prima pronuncia della Commissione Centrale -alla 

Cmnmissione Provinciale dell'Aquila. 
-Rettamente, pertanto, la Commissione Centrale ha ritenuto, con 

la decisione .impugnata, -che la Commissione di rinvio avesse � il potere 

di riesaminare l'intera questione, senza alcur.a limitazione e alla stregua 

di tutte le circostanze emerse nel corso della contestazione �. 

Un simile potere derivava, infatti, al giudice di rinvio, formalmente, 

dal comando contenuto nella pronuncia di annullamento, e, sostanzial


mente, dalla ragione per cui la decisione emessa nel giudizio di appello 

era stata annullata. 

Il primo motivo di ricorso deve essere conseguentemente rigettato. 

(Omissis). 

alle statuizioni conseguenti alla diversa valutazione giuridica del fatto, operata 

dalla Cassazione ed enunciata nel cd. principio di diritto (art. 384 c.p.c.). 

Nel secondo caso, invece, la sentenza di cassazione .(o di annullamento) tra


volge l'accertamento dei fatti compiuto dal giudice della sentenza cassata, perch� 

� 
appunto questo accertamento che viene criticato per uno dei motivi previsti 

dall'art. 360, nn. 4 e 5 c.p.c. :i!: ovvio perci� che il giudizio di fatto si rinnovi 

completamente e che quindi il giudice di rinvio sia libero di riesaminare i fatti 

accertati, di accertarne altri nei limiti in cui nuove prove sono ammesse dall'art. 345 

c.p.c. 
e di decidere la controversia in base a nuovi presupposti obiettivi. 
� In questi sensi, cfr., in giurisprudenza, da ultimo, Cass., 11 febbraio 1964, 
n. 303, Giust. civ., 1964, I, 779 con nota, e 28 aprile 1964, n. 1027, ivi, 1964, I, 
1589, entrambe richiamate nel testo della sentenza in esame. In dottrina: SATTA, 
Corte di Cassazione (dir. proc. civ.), EnciclopeditJ del diritto, X, 827, Milano, 
Giuffr�, 1962; nonch� Comm. al C.P.C., II/2, 309, Milano, Vallardi, 1962; 
ANDREoLI, Comm. al C.P.C., Il, 609, Napoli, Jovene, 1956; GIUDICEANDREA, Le 
impugnazioni civili, Il, 388 e segg., Milano, Giuffr�, 1952. 

1276 RASSEGNA D�LL,AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2238 -Pres. Pece 


Est. Arienzo -P.M. Tavolaro (conf.) -Ministero Finanze (avv. 

Stato Salto) c. Comune di Vestone (avv. Neri). 

Imposta di registro -Agevolazioni previste dalla I. 3 agosto 1949, 

n. 589 con norme per l'esecuzione di opere pubbliche di interesse 
degli Enti locali -Estensione agli atti in rapporto strumentale 
con quelli espressamente previsti e che, come mezzo 
al fine, sono in correlazione con questi ultimi anche se non 
necessariamente connessi e derivanti. 
Imposta di consumo -Delegazioni di pagamento tratte dai Comuni 
sulle imposte di consumo per estinzione di un mutuo agevolato 
a norma dell'art. 18 della legge citata -Operativit�. 

Il regime fiscale previsto dall'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, 
per gli atti ed i contratti occorrenti per l'attuazione della legge stessa, 
non � limitato agli atti che si trovano in connessione direttamente obiettiva 
con lo scopo oggetto di tutela, ma si estende anche agli atti che 
con lo scopo predetto siano in rapporto strumentale (1). 

Le delegazioni di pagamento tratte dai Comuni sulle imposte di 
consumo, a garanzia di mutui contratti per l'attuazione delle opere di 
cui alla citata legge e dalla stessa fiscalmente agevolati, essendo dirette, 
come mezzo al fine, all'estinzione dei mutui predetti, partecipano dello 
stesso regime fiscale (2). 

(Omissis). -La ricorrente Amministrazione, col .primo motivo 
deduce la violazione degli artt. 18 legge S agosto 1949, n. 589, 14 delle 
disposizioni sulla legge in generale con riferimento all'art. 360, n. 3 e 
4 c.p.c. e sostiene che non � consentito estendere i benefici tributari� 
contemplati dall'art. 18 della legge citata a tutte le garanzie che i 
Comuni si impegnano a prestare per la stipulazione di mutui e a tutte 

(1-2) Il trattamento di favore, previsto dall'art. 18 della l. 3 agosto 1949, 

n. 589 con norme per 1'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli Enti locali, 
per le delegazioni di pagamento tratte dai Comuni sui proventi delle imposte di 
consumo, a garanzia dei mutui contratti per acquisire i mezzi economici necessari 
all'attuazione delle opere di cui alla ricordata legge, � stato dalla Corte di Cassazione 
gi� affermato nella sentenza n. 416/1965, riportata in questa Rassegna, 1965, 
I, 781, con nota. L'indirizzo, ormai consolidato, per il quale il diritto al trattamento 
tributario agevolato riguarda non solo gli atti direttamente ed espressamente agevolati, 
ma anche quelli che, come mezzo al fine, sono in correlazione con i primi, 
anche se non necessariamente connessi o derivanti gli uni dagli altri, ha spiegato 
un ruolo determinante nella soluzione adottata con la sentenza in nota. L'adesione, 
per�, a tale soluzione comporta delle riserve. Una precisata in nota alla citata 
sentenza n. 416/1965, per la quale il trattamento di favore recato dall'art. 18 della 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1277 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1277 
le relative cessioni di credito, in questa comprese le delegazioni di pagamento 
non rilasciate e consegnate al mutuante nell'atto stesso del mutuo. 
Infatti, l'esplicita previsione degli atti di cessione dei contributi dello 
Stato sarebbe una conferma che qualunque altro atto di cessione deve 
sottostare al regime tributario normale, e, sotto tale aspetto, la sentenza 
impugnata violerebbe il principio dell'art. 14 delle preleggi, n quanto 
le norme tributarie di favore concedenti esenzioni o facilitazioni in 
deroga alla regola generale della tassazione, non sarebbero estensibili 
a casi o negozi giuridici diversi da quelli espressamente contemplati. 

La doglianza � infondata. 

La sentenza impugnata ha ritenuto che tutti gli atti e contratti 
occorrenti per la realizzazione delle opere di pubblica utilit� di interesse 
degli enti locali, comunque collegati al raggiungimento dello scopo, 
anche se di natura accessoria, rientrino nell'art. 18 della legge citata e 
che, nella specie, le operazioni di pagamento in questione costituiscano 
parte integrante del mutuo. 

L'art. 18 legge n. 589 del 1949, facendo salvi i maggiori benefici 
contenuti nelle leggi speciali, dispone che il trattamento tributario di 
favore si estende agli atti ed ai contratti � occorrenti � per l'attuazione 
della legge nonch� agli atti di cessione del contributo dello Stato. L'interpretazione 
letterale della norma, al contrario di quanto sostenuto dalla 
ricorrente, induce a ritenere che il regime fiscale di favore non sia limitato 
agli atti che si trovino in . connessione direttamente obiettiva con 
lo scopo considerato dalla legge ma che si estende anche agli atti che, 
con quel fine, siano in rapporto strumentale. Infatti, la disposizione in 
esame non enumera specificatamente gli atti agevolati ma si limita a 
designarli genericamente con riferimento al loro contenuto strumentale 
per l'attuazione della legge. Siffatto significato della norma � in armonia 
con la finalit� perseguita, -ed at~uato anche con la previsione di altre 
~pedali agevolazioni quale lesenzione dalla imposta di ricchezza mobile 

l. 589/1949, in applicazione del ricordato indirizzo, potr� operare per le delegazioni 
di pagamento tratte sui proventi deIIe imposte di consumo, per i soli. casi 
in cui l'imposta di registro � liquidata e richiesta ai Comuni, non per i casi in cui 
l'imposta stessa � liquidata e richiesta aIIa parte che assume con i Comuni l'impegno 
di estinzione dei mutui con il pagamento deIIe delegazioni. Ci� perch� l'art. 18 
deIIa I. 589/1949, equiparando ai fini fiscali i Comuni aIIo Stato, rinvia alI'art. 94 
deila I.o.r. e neIIa disciplina normativa di tale ultima disposizione non trova applicazione 
il principio deIIa solidariet� posto in via generale dal precedente art. 93. 
L'altra per la quale, esclusi i casi in cui latto da tassare spieghi il ruolo di mezzo 
al fine con l'atto espressamente previsto, neII'economia delI'art. 18 deIIa stessa 
I. 589/1949, non rientrano i casi in cui l'atto da tassare non concerne le opere 
pubbliche di interesse locale, ma il soggetto che l'opera vuole attuare. Ci� perch�, 
non pare potersi dubitare del fatto che il regime fiscale posto dal pi� volte ricordato 
art. 18 deIIa_ I. 589/1949 pone un privilegio intuitu rei e non intuitu personae. 

1278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per gli interessi dei mutui stipulati, la riduzione ad un quarto degli 
onorari notarili, ecc. -di non gravare fiscalmente il complesso degli 
atti diretti all'esecuzione di opere da parte degli enti locali cui contribuisce, 
per il loro preminente carattere di interesse pubblico, anche 

lo Stato. 

A conferma di questa interpretazione infine, soccor~e anche il principio, 
affermato da questo S.C. (Cass., 27 maggio 1963, n. 1379), che il 
diritto al trattamento tributario speciale riguarda anche gli atti, che, come 
mezzo a fine, sono in correlazione con l'atto che gode dell'agevolazione 
fiscale, anche se non sono tra loro necessariamente connessi o derivanti. 
N� sussiste la violazione dell'art. 14 delle preleggi in quanto nell'accertamento 
dei limiti di applicabilit� di un determinato beneficio fiscale 
non � vietato dare un contenuto estensivo all'oggetto dell'agevolazione 
per farvi rientrare tutti i casi considerati dalla legge. 

Pertanto, le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo, 
che sono previste dal r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 t.u. sulla finanza 

::' 

locale, come normale strumento 9-i pagamento dei Comuni in quanto 
dirette, come mezzo a fine, all'estinzione di mutui concessi per l' ese


Icuzione delle opere pubbliche di cui alla legge n. 589 del 1949, godono 
dei benefici fiscali ivi previsti. -{Omissis). .

I 

~

:. 

j 
_,

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2260 -Pres. "' 
Fibbi -Est. Roperti -P.M. Pedote (conf.) -Soc. Immobiliare 

I

Tirrena (avv.ti Stella e Ciaccio) c. Ministero Finanze (avv. Stato 

Masi). 

w,

Imposte e tasse in genere � Contenzioso -Decisione della Com


lli

missione distrettuale di elevare il reddito accertato ai fini -~ 
dell'imposta di r.m. � Notifica della sola parte dispositiva Legittimit�. 


(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 31 e 49). 
La disposizione di cui alf art. 49 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516 � di 
carattere generale e deve, quindi, trovare applicazione anche nella 
ipotesi di pronuncia emessa dalla Commissione Distrettuale ai sensi 
del precedente art. 31 della stessa legge; pertanto anche la � proposta � ~ 

di detta Commissione deve essere notificata al contribuente nella sola ~ 
parte dispositiva (1). 

(1) Si tratta di attribuzioni che, per quanto riguarda l'imposta di r.m., sono 
state abrogate dalla 1. 5 gennaio 1956, n. 1. Per l'imposta straordinaria sul patrimonio 
cfr. Cass., 15 luglio 1965, n. 1551; retro, 801 con ampia nota di richiami. .I 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1279 

(Omissis). -Nel merito rileva che con un unico mezzo la ricorrente 
Societ�, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 49 

r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, 20 I. 8 giugno 1936 n. 1231 e 45 del t.u. 
24 agosto 1877 n. 4021, investe l'impugnata decisione per avere a torto 
ritenuto che la decisione della Commissione Distrettuale di aumento 
del reddito, pur avendo carattere amministrativo, debba essere notificata 
al contribuente nella sola parte dispositiva ai sensi dell'art. 49 
del .citato r.d. 8 luglio 1937 n. 1516 che non contempla alcuna distinzione 
tra decisioni amministrative e decisioni giurisdizionali. 
La censura � infondata. 
Essa sostanzialmente si basa sul carattere amministrativo della 
pronuncia della Commissione Distrettuale allorquando, a norma del!'
art. 43 del t.u. 28 agosto 1877 n. 4021, si avvale della facolt� di aumentare 
i redditi di ricchezza mobile accertati dall'Ufficio a carico di societ� 
e sul termine �proposta �, adoperato nell'art. 31 del r.d. n. 1516 del 
1937 dal legislatore, per dedurne che la �differenza terminologica risponde 
alla differenza strutturale sostantiva fra atto a.mministrativo ed 
atto giurisdizionale con la ulteriore conseguenza che nel primo caso 
trattandosi di proposta e cio� di semplice accertamento l'atto deve 
essere notificato al contribuente debitamente motivato {e non nella sola 
parte dispositiva) onde egli sia posto in grado di reclamare alla stessa 
Commissione Distrettuale. 
Osserva la Corte che la rilevata natura amministrativa della deliberazione, 
con la quale la Commissione Distrettuale eleva il reddito 
accertato dall'Ufficio, ed il termine �proposta� usato dalla legge nel-� 
l'art. 31 del citato r.d. n. 1516 del 1937 non sono elementi sufficienti 
a risolvere, favorevolmente alla tesi del contribuente, la questione fondamentale 
che resta pur sempre quella individuata nei suoi precisi 
termini dalla Commissione Centrale con la impugnata decisione. Trattasi, 
cio� di stabilire se la disposizione di cui all'art. 49 del richiamato 

r.d. 8 luglio 1937 n. 1516 sia di carattere generale o se la stessa subisca 
deroga e non debba trovare applicazione nella ipotesi di pronuncia 
emessa dalla Commissione Distrettuale ai sensi del precedente art. 31 
della stessa legge. 
Che la disciplina dell'art. 49 -che impone all'Ufficio delle imposte 
e del registro di notificare al contribuente solo la parte dispositiva della 
decisione della Commissione -abbia portata generale nel senso che 
trattasi di una disposizione avente valore per tutte le decisioni emesse 
dalle Commisisoni Tributarie, � certo ove si consideri che tale disposizione 
� collocata in fondo al titolo III che disciplina il procedimento 
davanti le Commissioni Tributarie, per cui la norma stessa non pu� 
essere intesa che in termini generali e cio� che la prevista notifica del 
solo dispositivo debba riferirsi a tutti i provvedimenti delle dette Com



1280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

missioni, siano essi di aumento del reddito ex art. 43 siano esplicazione 
di �ttivit� giurisdizionale, non consentendo la norma applicazioni differenziate. 
~ 

I 

Devesi, peraltro, rilevare che la formulazione dell'art. 49, nel momento 
in cui la norma venne redatta, era onnicomprensiva non essendosi 
ancora approfondita la distinzione tra il carattere amministrativo 
del provvedimento ex art. 43 e la natura giurisdizionale che caratterizza 
normalmente gli altri provvedimenti delle Commissioni Tributarie, 
distinzione sfociata nella regolamentazione di cui all'art. 5 della 

I. gennaio 1956 che ha soppresso l'art. 45 che attribuiva alla Commissione 
Distrettuale il potere di aumentare i redditi accertati dall'Ufficio 
a carico di societ�. Non vi � dubbio, quindi, che il criterio della notif�ca 
delle deliberazioni delle Commissioni fosse assoggettato ad una disciplina 
unitaria quale era quella prevista dal citato art. 49. 
N� pu� indurre a diverso avviso la circostanza che l'art. 31 della 

I. 8 luglio 1937 n. 1516 qualif�ca " proposta � l'atto della Commissione 
Distrettuale notif�cato al contribuente in applicazione all'art. 43 del 
t.u. n. 4021 del 1877, mentre l'art. 49 parla di " decisione� in quanto 
l'atto col quale la Commissione Distrettuale eleva il reddito assume 
I

sempre natura di provvedimento da essa deliberato e come tale non ~~ 

l 
l 
w. 

pu� sottrarsi alla disciplina dell'art. 49 che, " in via generale � impone 

-come si � detto -la notif�ca delle proprie deliberazioni nella sola 

parte dispositiva. 

Non vale sostenere che la comunicazione del solo dispositivo, in 
quanto atto di accertamento, non risponda alle esigenze di porre in 
grado il contribuente di far valere le proprie ragioni in sede di reclamo 
alla stessa Commissione Distrettuale, dal che alle esigenze della difesa 

Isoccorre, come previsto dal capoverso dello stesso art .. 49, il diritto di @ 
integrare la �comunicazione della parte dispositiva del provvedimento 
col) la visione e la copia integrale del provvedimento� stesso. 

E se la legge considera rispondente alle esigenze della difesa il 

I

diritto riconosciuto al contribuente di consultare o di avere copia del 

testo, in relazione alla decisione della Commissione per le quali la 

I 

notif�ca nei sensi dell'art. 49 segna la decorrenza del termine per la 
proposizione dei gravami e l'esperimento dell'azione giudiziaria, deve 
ritenersi ugualmente �soddisfatta la stessa esigenza di difesa in relazione 
ai provvedimenti di aumento del reddito deliberato dalla Commissione 


I 

Distrettuale ai f�ni della presentazione del reclamo, soccorrendo in 

entrambe le ipotesi la medesima ratio legis. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1281 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2261 -Pres. 
Rossano -Est. A. Rossi -P.M. Gedda {concl. conf.) -Tanzi (avv. 
Costa) c. Ministero Finanze (avv. Stato Peronaci). 

Imposta sui fabbricati -Reddito di fabbricato danneggiato per 
eventi bellici e riparato con parziale contributo dello Stato � 
Esenzione venticinquennale ex art. 69 I. 27 dicembre 1953, 

n. 968 � Non compete. 
(I. 27 dicembre 1953, n. 968, art. '69; r.d.l. 12 aprile 1943, n. 243, art. 6). 
Imposte e tasse in genere � Procedimento amministrativo di accer~
amento ed azione giudiziaria -Sindacato dell'a.g.o. . Limiti 

� Questioni di estimazione semplice e complessa. 
(1. 20 marzo 1965, all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). 
Il beneficio delfesenzione venticinquennale ex art. 69 della legge 

n. 968 del 1953 sui danni di guerra '--limitato ai fabbricati distrutti 
e ricostruiti nonch�, a norma delfart. 6, terzo comma, del decreto 
n. 243 del 1943, ai fabbricati che abbiano subito danneggiamenti di 
entit� tale da richiedere sostanzialmente la ricostruzione, anche se in 
questa possano utilizzarsi ancora fondazioni e muri maestri -non pu� 
estendersi ai fabbricati danneggiati e riparati, cui compete, ai sensi 
del quarto comma del citato art. 6, resenzione decennale <,fol maggior 
reddito (1). 
(1) Decisione esatta, fondata su una eccepibile interpretazione dell'art. 69 
della I. 27 dicembre 1953, n. 968 e dei precedenti legislativi, cui la detta norma 
si ricollega. 
Invero, l'art. 6 del r.d.l. 12 aprile 1943, n. 243 ha distinto l'ipotesi di ricostruzione 
di edifici distrutti o danneggiati (nel senso che subito ora si preciser�: 
commi 1 e 3) da quella di semplice riparazione degli stessi edifici (comma 4) prevedendo 
una diversa estensione dei benefici fiscali, e dettando, tra l'altro, un trattamento 
pi� favorevole (durata decennale anzich� biennale dell'esenzione dall'imposta 
sui fabbricati) per i redditi delle 11 case semplicemente riparate �. 

Il dubbio interpretativo che pu� derivare dalla lettura del primo comma 
dell'art. 6 citato, in cui sono equiparati ai fabbricati distrutti quelli danneggiati, 
� eliminato, da un lato, dalla considerazione che deve comunque trattarsi di vera 
e propria ricostruzione (cos� come prevede appunto il citato primo comma), in 
contrapposto alla semplice riparazione, distintamente disciplinata dal successivo 
quarto comma, e, d'altro lato, dal rilievo che il terzo comma dello stesso articolo 
chiarisce espress�mente che 11 si considerano ricostruzioni anche quelle in cui vengono 
utilizzati le fond:tzioni ed i muri maestri �. Sicch� dalla coordinata interpretazione 
dei commi primo e terzo, in relazione al comma quarto, dell'art. 6 in esame, 
si evince che �fabbricato danneggiato ii, agli effetti del detto primo comma, � 
quello che ha sub�to cos� gravi offese per eventi bellici da potersi equiparare alla 



1282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si ha un giudizio di estimazione semplice, devoluto alle Commissioni 
tributarie, nel caso in cui findagine sia limitata esclusivamente 
agli elementi di puro fatto costituenti il presupposto dell'imposizione 
fiscale, mentre si ha giudizio di estimazione complessa, soggetto alla 
giurisdizione delr a.g.o., nelle ipotesi in cui r apprezzamento dei fatti sia 

distruzione, in modo tale che rispetto ad esso possa parlarsi di � ricostruzione �, 
sia pure quando per questa vengano utilizzati i muri maestri e le fondazioni della 
preesistente costruzione. 

N� tale originaria contrapposizione tra ricostruzione (nel senso suspecil�cato) 
e riparazione di edil�ci colpiti da offese belliche � stata mutata con l'art. 91 del 

d.I.C.P.S. 10 aprile 1947, n. 261 e dipoi, con l'art. 33 della I. 25 giugno 1949, 
n. 409 (che -mentre nessuna innovazione introduss.ero per l'ipotesi di riparazione 
-si limitavano ad elevare prima a dieci e poi a venticinque anni l'esenzione 
tributaria per i casi di ricostruzione). In particolare, l'ultimo comma dell'art. 
33 citato, nell'estendere il nuovo beneficio anche alle ricostruzioni effettuate anteriormente 
alla sua entrata in vigor~, ripete ( � ... abitazioni distrutte o danneggiate 
... �) la terminologia dell'art. 6 del r.d.l. n. 243 del 1943: lo scopo della 
disposizione -che � chiaramente quello di estendere nel tempo un gi� esistente 
beneficio e non gi� quello di concederlo a casi prima non previsti -fa agevolmente 
intendere che .alle parole �abitazioni danneggiate � deve attribuirsi il significato 
dei corrispondenti termini del primo comma dell'art. 6 del cit. r.d.I. n. 243/1943. 
L'art. 69 della I. 27 dicembre 1953, n. 968, nel confermare l'esenzione venticinquennale 
dall'imposta, per i redditi dei fabbricati ricostruiti in sostituzione di quelli 
distrutti (primo comma), riproduce sostanzialmente il disposto del cit. art. 33 della 

i

I. n. 409 del 1949, limitando perci� espressamente la concessione del detto beneficio 
al caso di fabbricato distrutto e ricostruito (cos� come gi� definito dall'art. 6, 
primo e terzo comma, del r.d.l. n. 243 del 1943), con esclusione dell'ipotesi di case 
danneggiate e semplicemente riparate: di fronte a tale precisa disposizione, sarebbe 
troppo evidente la contraddizione in cui sarebbe caduto il legislatore, ove il terzo 
comma dello stesso art. 69 dovesse interpretarsi -cos� come era stato sostenuto, 
Inel giudizio, dal contribue11te -nel senso che lo stesso beneficio possa applicarsi 
anche alle riparazioni di immobili solamente danneggiati. 

Anche. qui � chiaro -come gi� per l'ultimo comma dell'art. 33 della I. n. 409 
del 1949 -che il citato terzo comma dell'art. 69 mira solamente ad estendere 
nel tempo i vari benefici ed agevolazioni distintamente previste, per le varie categorie 
di immobili, della stessa I. n. 968/1953 e non gi� ad innovare alla preesistente 
normativa, nel senso di ricomprendere nella esenzione venticinquennale anche 
le case solamente danneggiate e riparate (con il parziale contributo dello Stato) . 

.Sulla questione oggetto della decisione in rassegna non risultano precedenti 
della Suprema Corte: la giurisprudenza costante della Commissione Centrale era 
gi� sostanzialmente nel senso ora adottato dal S.C., avendo quel Collegio, a 
pi� riprese, affermato che l'esenzione venticinquennale di cui al cit. art. 69 
possa essere riconosciuta ai fabbricati danneggiati. dalle offese belliche e riparati, 
solo nel caso che il danneggiamento sia stato di tale entit� da rendere necessarie 
radicali operazioni di riattamento parificabili alla ricostruzione. Cfr., in tal senso, 

�I

Com. Centr., 1� febbraio 1958, n. 1193, Riv. giur. ed., 195S, I, 314; id., 11 giugno 
1958, n. 6194, ibidem, I, 636; id., 21 luglio 1958, n. 7944, ibidem, I, 779; id., 
2 febbraio 1959, n. 12714, Rass. imp. dir., 1961, 303; id., 16 maggio 1959, n. 16789, 
Riv. giur. ed., 1959, I, 506; id., 16 gennaio 1960, n. 23538, ibidem, 1960, I, 353. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1283 

necessariamente ed inscindibilmente connesso con la risoluzione di questioni 
giuridiche concernenti l'interpretazione di una legge, di un regolamento 
od anche di un negozio giuridico (2). 

(2) In senso conforme, veggasi, da ultimo, Cas., 27 settembre 1965, n. 2048, 
in questa Rassegna, retro, 1242, ivi con nota di richiami di dottrina e giurisprudenza 
(cui, adde, Cass., 26 febbraio 1963, n. 468, Foro it., Mass., 1963, 134). 
Nel caso di specie, la Corte ha esattamente ritenuto che esula dalla giurisdizione 
dell'a.g.o. l'accertamento dei danni riportati da un fabbricato nonch� del 
valore delle sue parti distrutte e ricostruite, ai fini dell'esame della ricorrenza dei 
presupposti dell'agevolazione tributaria di cui al cit. art. 69, primo comma, della 

l. n. 968 del 1953. 
L'accertamento dell'entit� dei suddetti danni spetta, pertanto, in via esclusiva 
alle Commissioni tributarie di merito, esulando esso anche dalla competenza di 
mera legittimit� della Commissione Centrale (Comm. Centr., 1� febbraio 1958, 

n. 1193, Riv. giur. ed., 1958, I, 314; id., 11 giugno 1958, n. 6194, ibidem, I, 636; 
id., 2 febbraio 1959, n. 12714, Rass. imp. dir., 1961, 303; id., 16 gennaio 1960, 
n. 23538, Riv. giur. ed., 1960, I, 353). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2265 -Pres. Rossano 
-Est. Malf�tano -P.M. Caccioppoli (concl. conf.) -S.E.R. 
Societ� Edilizia Reggiana (avv.ti De Luca, Calabri) c. Ministero 
Finanze (avv. Stato Salto). 

Imposta di registro . Agevolazioni per la ricostruzione di edifici 
danneggiati dalla guerra � Appalto � Sua esecuzione � Decadenza 
dal beneficio. 

(d.l.l. 7 giugno 1945, n. 32, art. 3; d.l. 26 marzo 1946, n. 221, art. 2). 
L'agevolazione "fiscale per la ric�struzione degli edifici danneggiati 
dalla guerra -di cui al d.l.l. 7 giugno 1945 n. 322, modificato dal 

d.l. 26 marzo 1946 n. 221 -� subordinata dalla legge alla effettiva 
ricostruzione, da eseguirsi nel termine previsto. Deve quindi negarsi 
il beneficio in parola, gi� temporaneamente concesso in sede di registrazione 
di un contratto d'appalto per la ricostruzione di un fabbricato 
distrutto dalla guerra, ove tale contratto non sia stato eseguito, ma la 
ricostruzione sia di poi avvenuta ad iniziativa di persona diversa dal 
primo appaltante ed in base ad un distinto contratto d'appalto, stipulato 
con altro appaltatore (1). 
(1) Evidente l'esattezza della decisione in rassegna. Nella fattispecie, ad un 
precedente contratto di appalto per la ricostruzione di' un edificio danneggiato dalla 
guerra intercorso tra una societ� (tra laltro, non proprietaria del terreno da riedificare) 
ed una impresa e che non era stato eseguito, aveva fatto seguito un succes

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1284 

sivo ii.ppalto -sempre per la ricostruzione dell'edificio sulla stessa area -stipulato 
tra l'effettivo proprietario dell'area ed un'altra impresa. 

La Corte ha rettamente negato che alla registrazione del primo contratto fossero 
applicabili i benefici di cui al cl.I.I. 7 giugno 1945, n. 322 ed al d.l. 26 marzo 
1946, n. 221. 

La legittimit� della pretesa all'ordinario tributo di registro deriva dall'interpretazione 
di due coesistenti principi: 

a) il primo, secondo cui l'imposta di registro colpisce l'atto in quanto in s� 
idoneo a produrre determinati effetti giuridici ed indipendentemente dal fatto che 
tali effetti si producano o no, e cio� indipendentemente dal fatto che il contratto 
registrato abbia o meno esecuzione; 

b) il secondo, in forma del quale il beneficio della registrazione a tassa 
fissa di cui alle sovramenzionate disposizioni di legge e provvisoriamente riconosciuto, 
in base alla dichiarazione del contribuente all'atto della presentazione del-� 
lappalto alla registrazione, intanto pu� definitivamente essere concesso, in quanto 
siasi, in esecuzione di esso, realizzato lo scopo in vista del quale la legge prevede 
l'agevolazione e cio� la ricostruzione di un edificio danneggiato dalla guerra. 

Tale � incontestabilmente la ratio delle norme agevolative tributarie di cui 
ai dcl.Il. n. 322 del 1945 e 221 del 1946, quale si desume agevolmente dai singoli 
articoli dei citati provvedimenti: in particolare dall'art. 1, primo comma, del d.l. 

n. 322 del 1945 e dall'art. 2, terzo comma, del cl.I.I. n. 221 del 1946. 
Ma, a tale proposito, � necessaria una precisazione: infatti se non � dubbio 
che il tributo ordinario si renda dovuto quando la ricostruzione non sia stata 
eseguita assolutamente (nel termine di legge), alla stessa conclusione deve pervenirsi 
ove la ricostruzione dell'edificio distrutto avvenga in esecuzione di un contratto 
di appalto diverso da quello della cui tassazione si discute. 

Come pone chiaramente in luce la sentenza in rassegna, la legge 11 prevede 

l'agevolazione per un unico contratto di appalto�, sicch� ove l'Amministrazione 

non potesse revocare l'agevolazione concessa per il primo contratto di appalto, 

verrebbe a riconoscersi, contro ogni logica, per una sola ricostruzione, la spettanza 

a due distinti contratti, di " due agevolazioni, l'una per il contratto di appalto che 

non ha avuto esecuzione ... e l'altra per il contratto di appalto ... eseguito'" 

. L'esigenza che la ricostruzione sia fatta in esecuzione del contratto di cui le 

parti hanno chiesto ed ottenuto il beneficio e non di un contratto diverso, si evince 

dall'art. 2, terzo comma, del cl.LI. n. 221 del 1946 cit.: il beneficio � concesso, invero, 

al contratto di appalto, in quanto occorrente per le ricostruzioni e cio� in quanto 

-' in sede di accertamento della definitiva spettanza del privilegio -risulti che 

esso � stato effettivamente lo strumento mediante il quale 1e parti hanno realizzato 

la ricostruzione dell'immobile distrutto (che � lo scopo della legge). Ove, invece, il 

medesimo, pur dichiarato dalle parti in sede di registrazione, come " occorrente � 

per la ricostruzione non sia 11 occorso � effettivamente per la stessa, appunto 

perch� questa sia stata eseguita in base a distinto contratto di appalto, non pu� 

competere l'agevolazione per il primo contratto, che deve perci� scontare l'ordi


nario tributo di registro. 

Sulla fattispecie oggetto della decisione in commento, non risultano precedenti 

giurisprudenziali editi : ipotesi chiaramente diversa -la cui disciplina non pu� 

essere, quindi, richiamata neppure per analogia -� quella esaminata nella dee. 

3 giugno 1958, n. 5877, Giur. imp., 1960, 155, dalla Commissione Centrale, la quale 

(applicando, del resto, il principio gi� adottato dalla Cassazione, nella sentenza 

29 ottobre 1956, n. 4017, Giur. imp., 1959, 324, con riferimento ai benefici di cui 

alla legge 2 luglio 1949, n. 408), ha riconosciuto applicabile l'agevolazione della 

registrazione a tassa fissa anche ove la ricostruzione non sia ultimata dall'appalta




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1285 

tore, bens� dall'appaltante, purch� nel termine di legge. In tale ultimo caso -per 
il quale, del resto, la soluzione adottata da quel Collegio, appare ispirata pi� a 
motivi di equit� che ad una rigorosa interpretazione delle norme agevolatrici in 
esame -� solamente l'ultimazione dell'esecuzione del contratto che viene effettuata 
da persona diversa (e cio� dall'appaltatore) e, comunque, senza che si dia 
luogo alla stipulazione di un nuovo e distinto contratto di appalto, per le opere 
residue: sicch� -a differenza di quanto avviene nell'ipotesi che qui interessa da 
un lato, l'unico contratto stipulato appare effettivamente aver concorso alla 
realizzazione dello scopo, in vista del quale l'agevolazione � stata concessa, e 
d'altro lato, � esclusa la duplicit� di negozi giuridici cui si possa pretendere di 
applicare l'agevolazione, ci� che sarebbe contro la volont� della legge, la quale 
-come suaccennato -concede il beneficio per un unico contratto di appalto. 

G. MANDO' 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2272 -Pres. Ros


sano -Est. Scanzano -P.M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze 

{avv. Stato Masi) c. Comune di Ravenna (avv.ti Guerra e Bissi). 

Imposta di ricchezza mobile -Presupposto del tributo -Reddito 
mobiliare netto -Avanzi annuali di gestione dei mercati ittici 
comunali -Intassabilit�. 

(l. 12 luglio 1938, n. 1487, artt. 10, 11 e 13). 
Presupposto delfimposta di ricchezza mobile � un reddito mobiliare 
netto, cio� quell'incremento che si verifica nel patrimonio di un soggetto 
in conseguenza di un introito depurato delle spese di produzione. Deriva 
da ci� che la possibilit� di applicare l'imposta � esclusa in radice, allorch�, 
per determinazione legislativa, vi sia coincidem;a necessaria fra il 
provento di una data attivit� e le spese occorrenti per il suo esercizio. 
Tale appunto � il caso dei proventi derivanti al Comune dalla gestione 
del mercato.del pesce di cui esso abbia assunto la gestione in esecuzione 
della legge 12 luglio 1938, n. 1487 (1). 

{Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle 
Finanze denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 
e 13 legge 12 luglio 1938 n. 1487; 3 t.u. 24 agosto 1877 n. 4021; 81, 83, 84 

d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645; 3, 4, 112 d.P.R. citato e 25 legge 5 gennaio 
1956 n. 1, nonch� omessa e insufficiente motivazione, e, premesso 
che la legge non prevede in materia alcuna forma di esenzione tribu(
1) La sentenza non pu� essere condivisa perch� non ha risposto esaurientemente 
alle argomentazioni dell'Avvocatura. Questa, richiamandosi ai principi contenuti 
negli artt. 3, primo comma, e 4 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette, 
secondo cui a ciascun periodo di imposta corrisponde una obbligazione tributaria 
autonoma onde il presupposto del tributo va determinato con riferimento a ciascun 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1286 

taria, sostiene siano soggetti all'imposta di ricchezza mobile i proventi 
ricavati dai Comuni dalla gestione dei mercati ittici in quanto essi 
risultino superiori agli oneri� relativi alla gestione stessa. 

Assume, in proposito, che . essendo le imposte dovute in base ai 
presupposti esistenti in ciascun periodo, ad ognuno dei quali corrisponde 
una autonoma obbligazione tributaria, la tassabilit� degli avanzi 
di gestione non � esclusa dal fatto che la legge predetermini la destinazione 
di essi. 

La censura non � fondata. 

Presupposto dell'imposta di ricchezza mobile � un reddito mobiliare 
netto, cio� quell'incremento che si verifica nel patrimonio di un 
soggetto in conseguenza di un introito depurato delle spese di produzione. 


Deriva da ci� che la possibilit� di applicare nmposta � esclusa 
in radice allorch�, per determinaz,ione legislativa, vi sia coincidenza 
necessaria fra il provento di una data attivit� e le spese occorrenti per il 
suo esercizio. 

Tale, appunto, � il caso dei proventi derivati al Comune di Ravenna, 
nell'anno 1948 considerato dai giudici di merito, dalla gestione 

del mercato del pesce, di cui esso assunse la organizzazione, in esecuzione 
della legge 12 luglio 1938 n. 1487. 

I 
'

I

Infatti i proventi in parola consistono nei diritti che il Comune, a 
norma dell'art. 10 di tale legge, aveva istituito per sopp'erire alle spese 
dei servizi di mercato; diritti che erano, appunto, commisurati alla 

II mentit� degli oneri a tal fine necessari (art. 13) e che potevano essere 

periodo, separatamente considerato, aveva osservato che l'avanzo o utile di gestione 
annuale del mercato ittico -trattandosi di entrata patrimoniale -assume necesseriamente 
natura di reddito tassabile ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, 
indipendentemente dalla successiva destinazione che la volont� del titolare, sia 
pure in adempimento di un obbligo di legge, possa imprimergli. 

Asserire, come ha fatto la sentenza, che il mero fatto obiettivo di un esercizio 
formalmente attivo non � sufficiente a realizzare il presupposto di imposta in quanto 
vi � una predeterminazione legale dell'impiego delle somme eccedenti, si risolve 
in una mera petizione di principio perch� d� per certo quello che, invece, avrebbe 
dovuto essere dimostrato. 

I

In realt� la sentenza ha sostanzialmente attribuito all'art. 13 della 1. n. 1487 
del 1938 il valore di una norma di esenzione, ma una tale interpretazione � da 
respingere perch� nessun indizio, n� letterale, n� sistematico, consente di ritenere 
che il legislatore abbia voluto agevolare, sotto il profilo tributario, l'attivit� in 
questione. Ed �, d'altro canto, ben noto che le norme di esenzione, avendo natura 
eccezionale, non possono desumersi per via indiretta da altre norme, aventi, per 
di pi�, lo scopo di regolare materia del tutto diversa. Ci� vale certamente anche nel 
caso di specie, stante che l'unica attenuazione conosciuta del principio � della 
autonomia dei bilanci � trovasi disciplinata nell'art. 25 della 1. 5 gennaio 1956; 
ora art. 112 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette, secondo cui "la perdita di 
un esercizio, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1287 

aumentati entro un limite massimo, pure legalmente determinato, per 
il periodo necessario all' ammortamenro delle spese di costruzione e 
trasformazione dell'edificio, secondo un piano sottoposto al parere del 
competente ministero (art. 13 cit.). 

Essi, inoltre, erano oggetto di una contabilit� separata, istituita, 
secondo espressa prescrizione di legge, per assicurare la predetta commisurazione, 
cio� la �coincidenza fra l'ammontare dei proventi e quello 
delle spese, ed impedire, quindi, che potesse verificarsi la confusione 
con le altre entrate dell'ente. 

N� rileva la circostanza che le somme ricavate in quel determinato 
anno abbiano potuto dar luogo ad eventuali av:mzi di gestione, non 
essendo sufficiente, nel caso di gestione condotta in conformit� di legge, 
il mero fatto obiettivo di un esercizio formalmente attivo a realizzare 
il presupposto cui � colleg�to il sorgere dell'obbligazione tributaria. 

Benvero, il sistema della legge 1938 n. 1487 esige che il Comune 
debba destinare le somme eccedenti, alle spese dell'esercizio successivo 
e ridurre conseguentemente i diritti di mercato, imprimendo anche 
alle somme stesse il carattere -proprio degli introiti correnti -di 
mezzo diretto a sostenere gli oneri del servizio, ed escludendo in tal 
modo, con la garanzia della distinta contabilit�, che esse possano 
convertirsi in reddito: ponendo, insomma, condizioni, all'operato del 
Comune, tali da impedire che il presupposto dell'imposta venga ad 
esistenza. 

Vi �, quindi, una predeterminazione legale dell'impiego delle 
somme eccedenti, di cui � rilevante non solo e non tanto il carattere 

reddito, pu� essere portata in diminuzione dei redditi degli esercizi successivi, ma 
non oltre il quinto eserciizo �. Come si vede leccezione concerne la �perdita di 
esercizio e non gi� gli avanzi di gestione la cui successiva destinazione � irrilevante 
ai fini dell'imposta di ricchezza mobile. 

D'altronde la stessa Corte, in casi sostanzialmente analoghi in cui si discuteva 
della soggezione all'imposta mobiliare dei redditi di altri enti pubblici non aventi 
carattere economico, non ha esitato ad affermare che non ha pregio, per escludere 
la circostanza di un reddito tassabile, " il rilievo che gli utili ricavati da una tale 
attivit� sono in definitiva destinati dall'Ente alla realizzazione delle sue finalit� � ; ... 

� accertata, infatti, l'esistenza di un utile ... esso � senz'altro tassabile, indipendentemente... 
dalla concreta destinazione ed erogazione dell'utile stesso � (sentenza 
13 ottobre 1961, n. 2128, Foro it., 1962, I, 63). 
Si aggiunga che �alcune affermazioni della sentenza sono inficiate da evidente 
errore perch�, ad esempio, non � esatto che la destinazione dell'attivo della gestione 
annuale alla copertura degli oneri relativi all'esercizio dell'anno successivo, non 
sia diretta a soddisfare i bisogni del Comune ed a produrre nuova ricchezza, una 
volta che la legge 12 luglio 1938, n. 1487, obbligando i Comuni ad assumere la 
gestione dei mercati ittici, assegna loro un fine in rel�zione al quale � economicamente 
e giuridicamente esatto parlare di un � bisogno �, che, per essere connesso 
ad una attivit� economica, come quella del commercio ittico, � diretto certamente 
a produrre ricchezza. 



1288 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

necessario, ma la direzione e la finalit�; trattasi di un impiego che non 
� diretto al soddisfacimento dei bisogni dell'ente n� a produrre nuova 
ricchezza, e non realizza perci� una comune ipotesi di erogazione di 
reddito, ma � rivolto esclusivamente alla copertura di precisi oneri. 

Consegue, da ci�, che � vano il richiamo al principio dell'autonomia 
del periodo di imposta, di cui agli artt. 3 e 4 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. 

Tali norme, assoggettando ad imposta il reddito sol che esso sia 
venuto ad esistenza con riferimento ad un determinato periodo, e prescindendo 
dalla eventualit� che nel periodo successivo sia per essere 
assorbito da perdite, muovono da un presupposto che nella specie 
difetta, in quanto la legge 12 luglio 1938 n. 1478 esclude che gli avanzi 
di gestione, amministrati secondo le prescrizioni che essa detta, possano 
assumere. natura di reddito, sia in senso economico �che in senso giuridico. 


Parimenti vano � il richiamo al carattere tassativo delle esenzioni 
tributarie, ricorrendo nella specie una ipotesi di intassabilit� per difetto 
del presupposto oggettivo della obbligazione d'imposta. 

Ora, poich� la Corte del merito, con accertamento insindacabile, 
ha ritenuto -come dato di fatto non controverso.---che il Comune di 
Ravenna abbia osservato le prescrizioni della legge n. 1487 del 1938 
relativamente alle somme oggetto :leli'accertamento oppugnato, la denunziata 
sentenza, che � conforme ai principi sopra esposti, si sottrae 

. a censura. -(Omissis). 

Nessun argomento contro la tesi della Finanza pu�, infine, trarsi dalla separazione 
della contabilit� della gestione del mercato ittico da quella generale del 
Comune, perch� se � vero che, in tal modo, il legislatore ha inteso assicurare il 
pareggio del bilancio relativo alla gestione medesima, ci� non esclude che, nei 
singoli periodi di imposta, possa realizzarsi un attivo al quale non vi � ragione 
di negare natura di reddito mobiliare. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2276 -Pres. Vistoso 
-Est. Straniero -P.M. De Marco (conf.) -S.p.A. � Florentia � 
(avv. Vigliane) c. Ministero Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Industrializzazione del Mezzogiorno -Agevolazioni 
fiscali ex d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1598 -Mancata 
presentazione nel triennio della dichiarazione prevista 
dall'art. 5 -Decadenza. 

(d.I.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 5). 
~ 

I 


.��. 
. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1289 

Imposta di registro -Industrializzazione del Mezzogiorno. -Agevolazioni 
fiscali ex d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1598 -Mancata 
presentazione nel triennio della dichiarazione prevista 
dall'art. 5 -Sanatoria disposta dall'art. 2 della legge 5 ottobre 
1962, n. 1492 -� lus superveniens � -Applicabilit� alle 
controversie in corso. 

(d.l.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 5; I. 5 ottobre 1962, n. 1492, art. 2). 
Con il d.l.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, il legislatore ha preteso 
un adeguamento f armale, costituito da una dimostrazione documentale 
del conseguimento del fine previsto dall'art. 5, ed ha, altretn, voluto che 
radempimento medesimo si potesse ritenere perfezionato solo nel momento 
in cui si fosse verificata la seconda delle due condizioni (attestazione 
del Ministero delfindustria e commercio e presentazione della 
stessa all'Amministrazione finanziaria) previste nella norma, con la conseguenza 
che la liquidazione e la riscossione dell'imposta normale di 
registro si debbano ritenere giustificati per il solo fatto della tardiva 
presentazione di una attestazione tempestivamente rilasciata (1). 

{l) Il d.l.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, recante, fra l'altro, agevolazioni 

fiscali tendenti a favorire l'industrializzazione del Mazzogiorno, consente che queste 

siano provvisoriamente accordate, in sede di registrazione, agli atti aventi ad 

oggetto il primo trasferimento dei terreni o fabbricati occorrenti per il primo im


pianto di stabilimenti industriali tecnicamente organizzati, ma esige, per la con


ferma del beneficio, che, entro tre anni dalla registrazione, il contribuente presenti 

all'Amministrazione delle finanze una dichiarazione del Ministero dell'industria e 

commercio dalla quale risulti che il fine dell'acquisto � stato conseguito. 

I ripetuti tentativi di interpretare, alterandolo, il dettato, peraltro chiaro, 

della norma agevolatrice sono stati sistematicamente respinti dalla Cassazione la 

quale ha escluso che laccertamento dei presupposti per l'applicazione provvisoria 

del beneficio sia di competenza del Ministrero dell'industria (sent. 15 luglio 1965, 

n. 1548, Soc. Elettrica Sarda, E.N.E.L., contro Finanze, in questa Rassegna, retro, 
1051), ha confermato che la decadenza dalla agevolazione si evita solo se, entro tre 
� anni dalla registrazione, il contribuente ottenga la dichiarazione del Ministero dell'industria 
e, nello stesso termine, la presenti all'Ufficio finanziario (sent. 10 ottobre 1958, 

n. 3224, S.p.A. Microlambda c. Finanze, Riv. leg. fisc., 1959, 225), ha escluso infine, 
con l'annotata sentenza, che il beneficio si conservi per il semplice fatto che, nel 
triennio, l'acquirente consegua il fine e presenti al Ministero competente l'istanza 
per il rilascio della dichiarazione. 
Le ragioni che giustificano questa interpretazione, rigorosa, ma pienamente 
aderente al dettato legislativo, sono state chiaramente spiegate dalla Corte Suprema 
nella citata sentenza n. 3224 del 1958. La legge, volendo concedere il beneficio ai 
soli atti di primo trasferimento che abbiano conseguito certi effetti, condiziona la 
definitiva concessione dell'agevolazione alla dimostrazione, da fornire entro un 
certo termine, che detti effetti si siano verificati. Il termine avrebbe potuto riguardare 
sia il conseguimento dei fini in s� considerati, sia la dimostrazione da fornire all'Uf
�ficio finanziario. Poich� la norma ha esplicitamente preferito la seconda soluzione, 
consentendo l'individuazione della indubbia volont� del legislatore, non pu� ricor


14 



.~ .1290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Lo ius superveniens va immediatamente attuato nei giudizi in corso, 
in ogni stato e grado di causa, e quindi, anche in sede di Cassazione 
salvo riguardo ai rapporti gi� definiti con sentenza passata formalmente 
in giudicato, in data antecedente all'entrata in vigore della nuova 
legge (2). 


(Omissis). -La Florentia, sotto il profilo della violazione dell'art. 5 
del d.l.C.p.S. 14dicembre1947, n. 1598, degli artt. 1359 e 2964 e segg. e.e. 
e dei principi che regolano i casi di forza maggiore, ha formulato, a 
carico della decisione della Corte anconetana, due distinte censure. 


Con la prima di tali censure la ricorrente investe la sentenza impugnata 
per avere negato l'applicabilit� dell'agevolazione fiscale di cui al 
citato art. 5 sotto il profilo che la societ� acquirente non aveva dimostrato, 
entro il termine di tre anni dalla registrazione dell'atto di trasferimento, 
mediante dichiarazione del Ministro per l'industria ed il commercio, 
che il fine dell'acquisto era stato conseguito. .�' 
, 

Posta la premessa che, nel caso concreto, lo s'copo, dell'acquisto 
era stato conseguito nel gennaio 1955 e che nella stessa epoca era stata 
presentata al Ministero citato l'istanza prescritta dalla legge, sostiene, 
invero, la ricorrente medesima che all'espressione � dimostrato�, con


I

tenuta nella norma in questione, si �doveva attribuire un significato 
obiettivo, con riferimento esclusivo, all'attivit� (conseguimento del fine ~ 
dell'acquisto, presentazione dell'istanza) che il soggetto interessato era 

' 
. 

.

i

rersi all'interpretazione estensiva e ritenere verificata la condizione quando, pur 
essendosi realizzato in concreto il fine dell'acquirente, questi non abbia nei termini 
presentato la dichiarazione del Ministero dell'industria. 

A conferma di questa interpreJazione pu� invocarsi proprio la legge 5 ottobre 
1962, n. 1492, applicata, quale ius superveniens, dalla sentenza annotata, laddove, 
con la disposizione transitoria, dell'art. 2, consente, in via di sanatoria, che 
il beneficio provvisoriamente accordato possa essere confermato qualora la dichia~ 

'

Il 

'

razione sia presentata entro tre mesi dalla sua entrata in vigore, anche se dopo 
la scadenza del triennio dalla registrazione, purch� entro tale termine il fine del1'
acquisto sia stato di fatto conseguito. 

(2) Giurisprudenza costante come risulta dalle sentenze 17 giugno 1961, 
n. 1437, 28 giugno 1960, n. 1704, 8 luglio 1960, n. 1812 (Giust. civ., 1961, 114). 
~ chiaro che, nella accezione accolta dalla Cassazione, costituiscono ius superveniens 
sia le norme .retroattive sia quelle applicabili a situazioni giuridiche ancora 
in atto o, comunque, agli effetti di rapporti non ancora esauriti al momento della loro 
entrata in vigore, come appunto l'art. 2 della legge n. 1492 del 1962. 
Con la decisione n. 1812 del 1960, la Corte ha affermato che solo la sentenza 
passata formalmente in giudicato, e cio� solo quella che sostanzialmente definisca 

in modo completo la questione trattata, impedisce l'applicabilit� della legge sopravvenuta. 
Quindi n� il principio di diritto affermato dalla Cassazione, n� la sentenza 
del giudice di rinvdo che ad esso si sia uniformata, costituiscono, per il giudice 
investito del gravame proposto contro questa ultima, ostacolo all'applicazione dello 

ius superven~ns. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1291 

in grado di svolgere s� che al soggetto medesimo non si poteva far carico 
per difetto di imputabilit�, del ritardo del Ministro nel rilascio della 
dichiarazione, e la cui ipotesi, con conseguenti effetti conservativi del 
diritto, doveva essere classificata sotto lo schema dell'art. 1359 e.e. ovvero 
sotto l'altro della forza maggiore. 

Con la seconda subordinata censura, rileva, inoltre, la Florentia che 
in ogni caso, anche, cio�, a voler ritenere che la concessione del beneficio 
fosse possibile soltanto a condizione che l'iter da dimostrarsi dal contribuente 
dovesse ritenersi concluso soltanto con la presentazione all'ufficio 
fiscale dell'attestazione del Ministro, la Corte di Ancona sarebbe egualmente 
incorsa in errore giuridico perch� l'iter medesimo presupponeva 
la riconosciuta esistenza del diritto al beneficio e non poteva, di conseguenza, 
essere richiamato a proposito del caso concreto nel quale il 
diritto medesimo era stato, invece, negato dalla declaratoria dell'Intendenza 
di finanza, che aveva ritenuto inapplicabile il beneficio ai trasferimenti 
aventi ad oggetto stabilimenti industriali gi� esistenti. 

Le censure sono infondate. 

Riguardo alla prima doglianza va, invero, precisato che questa 

�Corte, con sentenza 13 ottobre 1958, n. 3224, ebbe ad interpretare la 
norma del 1947 nel senso che il legislatore avesse preteso un adempimento 
formale, costituito da una dimostrazione documentale del conseguimento 
del fine, ed avesse, altres�, voluto che l'adempimento medesimo 
si potesse ritenere perfezionato soltanto nel momento in cui si 
fosse verificata la seconda delle due condizioni (attestazione del Ministero 
e presentazione della stessa all'Amministrazione finanziaria) previste 
nella norma, con la conseguenza che la liquidazione e la riscossione 
dell'imposta normale di registro si dovessero ritenere giustificate 
per il solo fatto della tardiva presentazione di una attestazione tempestivamente 
rilasciata. N� vi � motivo di modificare questa interpretazione 
(che evidentemente assorbe nel suo giudizio negativo il caso pi� 
grave della Florentia, che non ha neppure ottenuto l'attestazione nel 
termine), dal momento che l'interpretazione medesima corrisponde alla 
chiara ed esplicita espressione letterale e ne traduce il naturale e logico 
significato nel senso che il legislatore abbia voluto, oltre che garantire 
la sollecita attuazione delle iniziative industriali, anche definire � rapidamente 
e mediante lesercizio di un efficace controllo �, la posizione 
tributaria del contribuente. 

Con riferimento, d'altra parte, alla seconda doglianza, questo Supremo 
Collegio deve sostanzialmente condividere le ragioni contrarie 
poste in rilievo dalla Corte di merito perch� il tagionamento della 
Florentia � in effetti logicamente viziato dalla mancata considerazione 
del fatto che il diritto al beneficio fiscale sussisteva, nella sua potenzialit� 
e sotto le condizioni di legge, indipendentemente dalla contestazione 
della Finanza e dalla pretesa di quesfoltima di ottenere il pagamento 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO

1292 

dell'imposta normale, e che, d'altra parte, il disconoscimento del diritto 
all'agevolazione tributaria, lungi dal rappresentare una remora, avrebbe 
dovuto, viceversa, costituire, per il contribuente che di detto diritto 
avesse voluto avvalersi, un incentivo a preservarlo ponendo in essere 
quelle condizioni la cui realizzazione ne avrebbe determinato il defi~ 
nitivo consolidamento. 

Il ricorso deve tuttavia essere accolto, indipendentemente dai suoi 
motivi, in dipendenza del principio, costantemente affermato da questa 
Corte (sentenze 17 giugno 1961, n. 1437, 8 luglio 1960, n. 1812), che lo 
jus superveniens va immediatamente attuato, nei giudizi in corso, in 
ogni stato e grado di causa e, quindi, anche in sede di Cassazione, salvo 
riguardo ai rapporti gi� definiti con sentenza passata formalmente in 
giudicato, in data antenecedente alla entrata in vigore della nuova 
legge. Nelle more della presente fase di legittimit� � stata, invero, emanata 
la legge 5 ottobre 1962, n. 1492, contenente modificazioni al decreto 
legislativo n. 1598, posto a base della contestazione, e l'art. 2 di detta 

�legge statuisce, nel secondo comma, che, per gli atti gi� registrati per 
i quali fosse gi� scaduto il termine di tre anni dalla registrazione, gli 
interessati avrebbero potuto ottenere la conferma delle agevolazioni 
tributarie, anche se non avessero presentato tempestivamente la prescritta 
domanda al Ministero per l'industria ed il commercio, a condizione 
che la dichiarazione del Ministro prevista dal decreto n. 1598, 
fosse stata presentata all'ufficio del registro entro tre mesi dalla data 
di entrata in vigore dalla legge medesima. 

Nel caso concreto, d'altra parte, la Florentia ha, per l'appunto, 
sostenuto di essersi conformata alle prescrizioni della legge successiva 
consegnando all'ufficio medesimo una copia autenticata del provvedimento 
del Ministro entro il termine voluto dalla legge del 1962, che, 
pubblicata nella �Gazzetta Ufficiale� del 31 ottobre di detto anno, � 
entrata in vigore il successivo 15 novembre. L'indagine di fatto determinata 
da questo nuovo profilo di diritto in relazione all'adempimento 
nel caso specifico delle condizioni volute dal legislatore; preclusa a 
questo Supremo Collegio, dovr� essere svolta dal giudice di rinvio al 
quale la causa va rinviata previa cassazione della sentenza impugnata . .:....:.. 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2342 -Pres. 
Vistoso -Est. Mirabelli -P.M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero 
Finanze (avv. Stato Correale) c. De Amicis ed altri (avv. Mancini 
e Tirone). 

Imposta di successione -Successione testamentaria -Annullamento 
del testamento -Contraddittorio con la Finanza -Necescit� 
del � simultaneus processus � -Non sussiste. 

,

.�..; 

.;.; 

I


I


.~ 

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I


I


�: 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA T:RI6trrAIUA 1293 

Imposta di successione -Giudizio separato con riproduzione del


. l'azione di annullamento nei confronti della Finanza per resti


tuzione imposta corrisposta sulla successione testamentaria 


Ammissibilit�. 

(r.d. 30 settembre 1923, n. 3270, art. 6; r.d. 26 settembre 1939, n. 1749, art. 12). 
Le norme delr art. 6 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, nel testo 
modificato dalrart. 12 r.d. 26 settembre 1935, n. 1749, stabilend� che 
per la restituzione dell'imposta di successione la sentenza di annullamento 
del testamento deve essere stata pronunciata in contraddittorio, 
oltrech� degli eredi, anche della Amministrazione Finanziaria, non impone 
un simultaneus processus, ma esclude soltanto l'efficacia rifiessa, 
nei riguardi delr Amministrazione predetta, che non abbia partecipato 
al giudizio, del giudicato intervenuto fra le parti (1). 

Pertanto, la parte che intenda agire in giudizio per la ripetizione 
della imposta corrisposta sulla successione testamentaria, pu�, senza 
incontrare preclusione o decadenza, riproporre in separato giudizio nei 
confronti delr Amministrazione Finanziaria, l'azione di annullamento, 
con l'onere di dare, nel nuovo giuqizio, la piena prova delle cause di 
invalidit�, con salvezza per r Amministrazione Finanziaria stessa di ogni 
possibilit� di difesa, ivi compresa la richiesta di autonomi accertamenti 
(2). 

(Omissis). -L'Amministrazione rkorrente, con l'unico, complesso 
motivo di ricorso, denunciando la violazione e la falsa applicazione del!'
art. 6 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, nel testo modificato dall'art. 12 
del r.d.l. 26 settembre 1935, n. 1749, nonch� degli artt. 102 e 103 c.p.c., 
ed il difetto e la contraddittoriet� di motivazione, sostiene che erroneamente 
la sentenza impugnata ha . ritenuto ammissibile la proposizione 
in un nuovo giudizio, nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, 

(1-2) La Corte di Cassazione che, con la sentenza 20 giugno 1953, n. 1890, 
riportata nel Foro it., 1954, I, 1597, aveva escluso, nell'economia degli artt. 6, 7 e 
9 della legge organica sulle successioni, la necessit� di un simultaneus processus 
per rendere possibile, per il caso di annullamento della scheda testamentaria, la 
rnstituzione dell'imposta corrisposta sulla successione testata, tornata sull'argomento, 
ha mantenuto tale l'orientamento. Nel riproporre l'interpretazione delle 
ricordate norme alla Corte di Cassazione, erano stati dedotti due ordini di 
motivi: uno dato dalla difficolt� giuridica di ritenere, nell'economia del secondo 
giudizio, lannullamento della scheda testamentaria come pronunzia incidenter 
tantum impedendolo la lettera dell'art. 6 della legge successoria; l'altro dato dal 
fatto che, solo nel corso del giudizio che si svolge fra gli interessati, la Finanza � 
posta a parit� di condizioni con le altre parti per far valere quegli eventuali elementi 
che possono integrare gli estremi delle possibili collusioni ad evitare le 
quali � tassativamente chiesta la partecipazione in giudizio della Finanza stessa. 



1294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della domanda di annullamento di un testamento, gi� annullato nei 
confronti degli eredi interessati, con sentenza passata in giudicato: 

La �questione, invero, � stata gi� esaminata da questa Corte ed � 
stata risolta in senso opposto a quello sostenuto daH' Amministrazione 
ricorrente. 

Con la sentenza 20 giugno 1953, n. 1890, infatti, � stato affermato 
che la norma sopraindicata, stabilendo che, perch� possa essere ottenuta 
la restituzione dell'imposta di successione pagata dagli eredi testamen..: 
tari, la sentenza di annullamento del testamento debba essere pronunciata 
in contradittorio dell'Amministrazione delle finanze, non ha inteso 
imporre f esigenza di un �simultaneus processus, ma ha soltanto escluso, 
nei riguardi dell'Amministrazione finanziaria che non abbia partecipato 
al processo, f efficacia riflessa del giudicato tra le parti. t: stato ritenuto, 
quind~ che la parte che intenda agire per la ripetizione del tributo pu� 
sempre, senza incontrare alcuna preclusione o decadenza, riproporre in 
separato giudizio, nei confronti dell'Amministrazione, la querela nullitatis 
testamenti, restando tenuta a dare, nel nuovo giudizio, la piena 
prova della causa di invalidit�, e rimanendo salva all'Amministrazione 
la piena facolt� di difesa, allo scopo di tutelarsi contro eventuali collusioni 
tra le pa~ con f eserciz�o del pi� lato controllo sulle attivit� 
�processuali di queste� e la facolt� di proporre autonomi accertamenti. 

Le obiezioni che fAmministrazione ricorrente ha sollevato in questo 
giudizio non appaiono sufficienti perch� la Corte possa adottare una 
diversa soluzione del quesito. 

L'Ammini~trazione, infatti, sostiene, in primo luogo, che la riproposizione 
della domanda nei confronti della Finanza debba essere 
esclusa per due ordini di motivi: funo dato dal fatto che nell'economia 
del giudizio lannullamento della scheda testamentaria non pu� essere 
configurata come pronuncia incidenter tantum ai fini della domanda di 
rimborso della imposta, perch� la norma richiede che la sentenza aC<Jerti 

Entrambi tali ordini di motivi sono stati disattesi con argomentazioni che determinano 
delle perplessit�. 

Se, invero, un separato giudizio potesse essere configurato, la necessit� della 
prova della invalidit� del testamento sarebbe indubbia; ma n� l'esperimento di' 
autonomi accertamenti, n� il controllo della attivit� processuale possono soddisfare 
le esigenze di legge. Il primo -esperimento di autonomi accertamenti -dovrebbe 
pur sempre essere diretto a dimostrare la validit� e non soltanto l'apponibilit� a 
terzi di un fq,tto giuridico, perch� la legge tributaria, nella chiara lettera della 
legge, esige che vi sia un testamento dichiarato nullo o annullato, e non un testamento 
che, gi� dichiarato tale, pu� essere, per fatti prima vagliati o meno, reso inopponibile. 
Il secondo -controllo della condotta processuale delle parti -si risolverebbe 
in un controllo dell'attivit� del giudice, perch� anche la condotta processuale 
delle parti ha formato materia del convincimento (art. 116 c.p.c.) che ha portato 
il giudice a statuire in un determinato modo. La qual cosa non pu� essere consen


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1295 

la nullit� delle disposizioni testamentarie con efficacia di giudicato, nei 
confronti di tutte le parti; l'altro dato dal fatto che, essendo fo scopo 
della norma quello di eliminare possibili frodi o collusioni tra eredi 
legittimi ed eredi testamentari, la Finanza soltanto nel corso del giudizio 
che si svolge tra gli interessati � posta in parit� di �condizioni con 
le wltr.e parti, giacch� la sentenza che pronuncia l'annullamento della 
sentenza, ottenuta inter se dagli interessati e passata in giudicato, costituisce, 
di fatto, se non di diritto, un elemento decisivo nel nuovo 
giudizio. 

A tale tesi va obiettato, per�, che, come ha esattamente rilevato la 
sentenza impugnata mentre � esatto che la norma richiede una pronuncia 
di annullamento emessa, con efficacia di giudicato, e non come 
pronuncia incidentale, nei confronti dell'Amministrazione delle Finanze, 
non solo tra i due giudicati non � ravvisabile un conflitto pratico, diverse 
essendo le parti ed il contenuto dei due giudizi, ed essendo del tutto irrilevante 
l'eventualit� di un conflitto teorico, ma il precedente giudicato 
non pone, n� di fatto .n� di diritto, alcuna preclusione all'esperimento 
di nuove prove e ad ogni autonomo a,ccertamento; che, anzi, come 
questa Corte ebbe gi� a rilevare nella precedente pronuncia, tale possibilit� 
si presenta anche pi� agevole nel nuovo giudizio, per l'eventuale 
acquisizione di nuovi elementi che il decorso del tempo abbia messo 
in luce. 

Con tale obiezione resta assorbita l'ulteriore tesi, prospettata dal1'
Amministrazione ricorrente, secondo cui il nuovo giudizio non sarebbe 
ammissibile, in quanto la legge richiede che nei confronti della Finanza 
venga emesso un giudicato sulla validit�, e non sulla mera apponibilit�, 
della pronuncia di annullamento. 

Pur riconoscendosi, infatti, lesattezza della affermazione che postula 
la necessit� di un giudizio sulla validit� del testamento, quale 
presupposto dell'accoglimento della pretesa di restituzione, va confer


tita nei casi m cui la condotta processuale verrebbe vagliata non per trarre elementi 
di giudizio per un fatto diverso, al quale si connettono determinate conseguen,
ze giuridiche, ma lo stesso identico fatto che � stato gi� vagliato e deciso. 

�Le esigenze poste a base delle norme contenute negli artt. 6 e 7 della legge 
successoria, nell'interpretazione fatta palese dalla lettera (sentenza passata in giudicato 
e pronunciata in contraddittorio della Finanza) e 'dallo spirito (tutela della 
Finanza contro le possibilit� di frode, intervenendo opportunamente in occasione 
dei singoli elementi posti a base della domanda di annullamento) potranno essere 
.attuate solo in costanza di un simultaneus processus. 

Motivi di carattere esegetico delle norme pi� volte dette non difettano. La 
legge successoria del 1923, nel testo iniziale dell'art. 6 richiedeva il solo requisito 
della sentenza passata in giudicato. Tale articolo � stato modificfiato dall'art. 12 
del d.l. 26 settembre 1955, n. 1749, richiedendosi non solo il giudicato, ma anche 
la necessit� che lo stesso si sia svalto in contraddittorio della Finanza. 



1296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mato, per le considerazioni che precedono, che tale giudizio non trova 
alcuna preclusione ed alcun impedimento nella precedente pronuncia, 
che sia stata ~messa nell'assenza dell'Amministrazione finanziaria. 

L'Amministrazione ricorrnnte sostiene, poi, che, per la inderoga


bilit� delle norme tributarie, non pu� essere ammesso che il risultato 
previsto sia raggiunto con mezzi diversi da quelli richiesti dalle norme 
stesse, s� che, essendo richiesta dall'art. 6 della legge sull'imposta di 
successione, nel citato testo modificato, la presenza della Finanza nel 
giudizio di annullamento, deve ritenersi che sia stata sancita l'esigenza 
di un simultaneus processus, non in quanto l'azione. non possa essere 
esercitata se non nei confronti di tutti i soggetti interessati, ma in 
quanto non � possibile che si raggiunga il risultato previsto dalla norma, 
se non con la presenza di quei soggetti nel giudizio. 

Ma anche su questo punto deve trovare conferma il rilievo espresso 
nella sentenza impugnata, secondo cui si ha simultaneus processus solo 
nelle ipotesi di litisconsorzio necessario, e cio� soltanto quando la sentenza, 
emessa senza la presenza di tutti i soggetti interessati, sia inutiliter 
data, e tale non �, pur nell'assenza della Finanza, la sentenza che pronuncia 
l'annullamento del testamento nel contradittorio di tutti gli 
eredi. Quando non si presenta un litisconsorzio necessario, l'assenza dal 
giudizio di uno dei soggetti nei confronti dei quali la sentenza debba 
produrre un qualche, diverso, effetto, non solo non inficia la validit� del 
giudizio e della pronuncia, ma non preclude la, proposizione di un nuovo 

La modifica cos� apportata al testo potr� avere una giustificazione, solo se 
intesa nel s�nso gi� chiarito. Non pu�, infatti, revocarsi in dubbio che anche 
sotto il regime dell'art. 6 la Finanza, per i limiti soggettivi del giudicato, avrebbe 
potuto ritenersi rion vincolata da una sentenza resa inter alias ed in �tale ipotesi 
avrebbe avuto a sua disposizione il rimedio dell'opposizione di terzo per provocare, 
anche nei suoi confronti, una decisione destinata a passare in giudicato. Di 
conseguenza la Finanza aveva la possibilit� di adeguarsi al giudicato intervenuto 
fra le parti ovvero, ricorrendone i motivi, provocare i mezzi ritenuti idonei per 
contestare l'apponibilit�. Con le modifiche predette si � innovato e la ragione � 
data dal fatto che, non potendosi prescindere dalla presenza di una sentenza sulla 
validit� del testamento per far luogo alla restituzione dell'imposta legalmente 
percetta, si � voluto eliminare ogni giudizio di valutazione da parte della Finanza 
sulla sentenza intervenuta fra le parti, e si � preteso che quest'ultima intervenga 
in contraddittorio della Finanza stessa, perch� solo in quella sede � posta in grado 
di assistere al dibattito e di intervenire a ragion veduta a tutela dei propri interessi. 

Le quali cose portano a non attribuire, per la particolare ipotesi disciplinata 
dalle citate norme, carattere decisivo al fatto che, in via generale, il simultaneus 

II 
I 

processus si ha soltanto nei casi di litisconsorzio necessario. 

Con il sistema normativo introdotto dall'art. 12 del r.d. 1749/1935 non 
sembra, infatti, che si tratti di stabilire se un diritto di azione possa essere esercitato 
disgiuntamente o meno nei confronti di tutti i possibili soggetti� interessati ad ' 

.

una determinata �situazione giuridica, con conseguente richiamo all'istituto della 
sentenza inutilit�r data, ma si tratta di accertare se � possibile conseguire un 



PARTE I, SEZ. V, Gll:]RISPRDDENZA TRIBUTARIA 1297 

giudizio, tendente al raggiungimento di quell'effetto, nei confronti del 
soggetto assente. 

L'inadempimento all'onere di chiamata di un soggetto nel giudizio, 
che sia previsto dalla legge a certi effetti, 1J10n invalida, quindi, il giudizio 
che si svolga tra i soggetti interessati e non preclude la proponibilit� 
di un nuovo giudizio nei confronti di quel soggetto. -{Omissis). 

determinato risultato (ripetizione dell'imposta legittimamente corrisposta) ove non 
sia stato osservato un preciso adempimento imposto dalla legge. 

Le perplessit� pertanto delle statuizioni adottate dalla sentenza in nota permangono. 
Dato, per�, che le ragioni che portano a ritenere l'opposta soluzione 
.sono state tutte sottoposte al vaglio dei giudici di diritto e dagli stessi disattese, 
non � presumibile, almeno per ora, un cambiamento di giurisprudenza. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. l, 10 novembre 1965, n. 2349 -Pres. 
Vistoso -Est. Rossi -P.M. Pedate (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Coronas) c. Ditta Pasquale Martino e Figli {avv.ti Silvestri 
e Majone). 

Imposta di registro -Corrispondenza commerciale e scrittura privata 
-Equivalenza -Contratto di compravendita di mobili 
risultante da corrispondenza commerciale -Art. 45 della tabella 
ali. D alla legge di registro -Applicabilit�. 
(art. 2, lett. a, tariffa all. A, artt. 44 e 45 tabella all. D alla legge di registro). 

Agli effetti della legge di registro, deve considerarsi equivalente 
alla scrittura anche la lettera di accettazione con cui il contraente accetta 
la relativa proposta, ove dalla lettera risultino le condizioni essenziali 
del contratto e la presentazione per la registrazione avvenga ad opera 
delfaltro contraente. Accertato che la lettera rifl,etta la compravendita 
di merci oggetto del normale commercio del venditore, la stessa � 
tassabile con l'aliquota stabilita dall'art. 45 della Tabella -che 
deroga al disposto generale delfart. 2, lettera a) della Tariffa, relativo 
alfalienazione di beni mobili -per la scrittura privata che essa ha 
sostituito (l). 

(1) Non si era mancato di sottolineare l'impossibilit� di fondare la dedotta 
equipa:mzione tra corrispondenza commerciale e scrittura privata sul principio 
consacrato nell'art. 8 della legge di registro, atteso che questo consente il 
ricorso al criterio analogico solo in sede di applicazione della tariffa (all. A) e non 
anche in sede di applicazione della tabella (ali.ti B C D ed E) dettate, come � 
noto, in deroga alla prima. 
La Corte Suprema ha disatteso queste ,argomentazioni con il puro e semplice 
richiamo ai principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza 16 maggio 1963, 

n. 1244 {Giust. civ., 1964, I, 1027), dichiarati senz'altro applicabili alla fattispecie. 

l298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

{Omissis). ,....--L'Amministrazione ricorrente -denunziando, ai 
sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 
45 della Tabella allegato D alla legge del registro 30 dicembre 
1923, n. 3269, dell'art. 2, lett. a), della Tariffa allegato A alla legge stessa 
(modificata con l'art. 3 del d.1.1. 5 aprile 1945, n. 141) nonch� dell'art. 8 
della legge in relazione al menzionato art. 45 -censura la sentenza 
impugnata per non avere ritenuto assoggettabile la compravendita alla 
aliquota del 2 per cento di cui al citato art. 2, lettera a) della Tariffa. 


La Corte del merito -assume la ricorrente -ha illegittimamente 
applicato alle disposizioni della Tabella D il criterio dell'analogia ex 
art. 8 secondo comma della legge, il quale opera esclusivamente in 
caso di applicazione della Tariffa, e non ha nemmeno considerato che 
il contratto di compravendita di macchinari concluso mediante scambio 
�di corrispondenza commerciale, per quanto non indicato nominativamente 
nella Tariffa, rientra nell' � ambito generale � dell'art. 2, lettera a) 


Ora non sembra che l'insegnamento delle predette Sezioni Unite esonerasse 
la Corte da un esame pi� approfondito della questione. Il problema, infatti, che 
, in quella sede la Cassazione era chiamata a risolvere, era se uno scritto contenente 
la dichiarazione unilaterale di cessione di credito da parte del cedente, ma non 
anche l'accettazione del cessionario, potesse essere considerato atto o documento 
contenente un contratto e come tale soggetto a registrazione. Ed � chiaro che, 
poste dinanzi a simile quesito, le Sezioni Unite non potevano che richiamarsi al 
principio fondamentale dell'art. 1 della legge di registro interpretando esattamente 
nel senso che tutti gli scritti potenzialmente idonei a produrre leffetto della costituzione 
di un negozio giuridico sono soggetti a registrazione qualora tale effetto 
si verifichi, ed affermando, quindi, che anche una semplice lettera di accettazione 
della proposta contrattuale pu� equipararsi, sotto tale profilo, alla scrittura privata, 
pu�, cio�, integrare gli estremi dell'atto o documento da sottoporre a registrazione. 
L'equiparazione affermata dalla sentenza n. 1244 del 1963, riguarda, pertanto, 
non gi� il problema dell'applicazione dell'una o dell'altra aliquota, ma quello logi


' 

camente anteriore, dell'esistenza di un atto tassabile. 
Che tale equiparazione non possa invocarsi per la soluzione della presente 


I

questione si deduce con certezza proprio dalla citata sentenza delle Sezioni Unite 
laddove, discutendosi se la lettera di cessione sia un caso di corrispondenza commerciale, 
secondo le. previsioni dell'art. 44 della tabella all. D, osserva che �il 
richiamo a tale norma ha valore nella specie non tanto di riprova del suddetto 


I 

principio (della tassabilit�), quanto di una normativa che presuppone proprio la 
tassabilit� degli atti aventi la stessa natura di quello in esame � � Vale a dire che 
altra cosa � ritenere un atto soggetto a registrazione, altra ritenerlo soggetto all'una 
od all'altra disposizione della legge di registro. 


�Sotto questo secondo profilo bisogna evidentemente ricorrere alla norma che 
disciplina la materia. Ed � sintomatico che le Sezioni Unite l'abbiano individuata 
nell'art. 44 della tabella all. D pur avendo, come si � visto, dichiarato l'equivalenza, 


I

ai fini della loro generica tassabilit�, del contratto concluso mediante corrispondenza 

=~ 

commerciale a quello stipulato con scrittura privata. 

Esclusa in tal modo la pertinenza del richiamo giurisprudenziale dianzi esaminato, 
la sentenza in nota resta priva di ogni persuasiva motivazione; pertanto 
la questione dovr� essere riproposta all'esame del Supremo Collegio. 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1299 

della Tariffa stessa, che assoggetta all'aliquota ordinaria tutti gli atti 

riguardanti la compravendita di beni mobili. 
Le due censure, che s'integrano a vicenda, non sono fondate. 
La tesi dell'Amministrazione, nel senso che il contratto di compra


-v~ndita di macchinari stipulato mediante scambio di corrispondenza,_ 
non possa -qualora della corrispondenza si faccia uso e si esegua la 
registrazione -beneficiare dell'aliquota ridotta prevista dall'art. 45 
della Tabella allegato D, della quale-potrebbe fruire solo se fosse stato 
concluso mediante scrittura privata, parte dal presupposto -di cui � 
:stata ravvisata l'infondatezza -che, agli effetti della legge del registro, 
corrispondenza commerciale e scrittura privata contenenti una compravendita 
di merci non possano considerarsi equivalenti. 

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno, invero, gi� avuto 
�occasione di statuire {sentenza 16 maggio 1963, n. 1244) che, agli effetti 
della predetta legge, . deve considerarsi equivalente alla scrittura anche 
la lettera di accettazione con cui un contraente accetta la relativa proposta, 
ove dalla lettera risultino le condizioni essenziali del contratto 
�e la presentazione per la registrazione avvenga a opera dell'altro contraente. 


L'insegnamento -cui il Collegio ritiene di aderire -� applicabile 
alla specie. 

La lettera 14 luglio 1947 -esente dalla registrazione in termine 
fisso, ma da registrarsi in caso d'uso -contenente, invero, l'accettazione, 
�da parte del compratore; della proposta, inviatagli dalla ditta Martino, 
di fornirgli un impianto di sua costruzione per l'estrazione dell'olio di 
sansa, riproduceva le -condizioni essenziali del contratto ed � stata pre:
sentata alla registrazione dalla ditta venditrice. .1 

La dedotta illegittima applicazione dell'art. 8 della legge del reI 
�gistro non sussiste, perch� rettamente l� sentenza impugnata, accertato 
che la lettera rifletteva la compravendita di merci oggetto del normale 
commercio del venditore, l'ha giudicata tassabile con la aliquota ridotta 
'Stabilita nell'art. 45 della Tabella -che deroga al disposto generale 
dell'art. 2, lettera a) della Tariffa, relativo all' � alienazione di beni mobili
� -per la scrittura privata che essa ha sostituito. -(Omisssis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1965, n. 2352 -Pres. 
Rossano -Est. Alliney -P.M. Gentile {diff.) -Ministero Finanze 
{avv. Stato Azzariti) c. Impresa Costruzioni Monti e Pireddu (avv. 
!emolo). 

Imposta di registro -Art. 8, primo comma, della legge organica 
30 dicembre 1923, n. 3269 -Criteri per l'applicazione delle 
norme e sua interpretazione. 



1300 RASSEGNA DELLAVvOCATURA DELLO STATO 

Imposta di registro -Cessioni di crediti verso la p.a., dipendenti 
da appalti di lavori e forniture di merci in relazione a finanziamenti 
concessi dalle Aziende o Enti di credito contemplati 
dal r.d.I. 12 marzo 1936, n. 375 e sue modificazioni, a favore di 
ditte commerciali e industriali -Aliquote ridotte -Correlazione 
tra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione. 

Il principio, sancito nell'art. 8, della l. o. r., per il quale nelr applicazione 
della legge di registro deve porsi mente alla capacit� dei negozi 
di produrre ex se quei determinati effetti che, secondo la legge, importano 
il pagamento del tributo, comporta che nella determinazione del 
rapporto da tassare, non si deve avere riguardo alla comune intenzione 
delle parti da ricercarsi alla stregua dei criteri soggettivi di interpretazione 
dei contratti, n� alle enunciative n� al nomen iuris, n� all' apparato 
f armale del negozio, ma unicamente agli effetti che possono 
obiettivamente scaturire dall'atto in relazione al contenuto sostanziale 
delle disposizioni negoziali (1). 

Per il trattamento di favore previsto dagli artt. 4, lett. C) e 28 lett. C) 
della T.A. ammessa alla legge organica di registro (r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269) per le cessioni di credito verso pp.aa. in relazione a finanziamenti 
concessi dagli istituti di credito di cui al d.l. 375/1936, � necessario 
che tra i due negozi giuridici sussista una effettiva e costante 
interdipendenza, in modo che il risultato economico delr opera pubblica, 
non sia n� possa essere distolto dal fine di estinguere o di garantire la 
estinzione del finanziamento concesso per l'esecuzione dell'opera stessa. 
Conseguentemente, per fruire del trattamento di favore il negozio di cessione 
deve essere concepito in modo da escludere ab origine che possa 
comunque servire ad operazioni diverse da quelle specificate nelr atto 
e per tale accertamento l'indagine del giudice di merito non deve essere 
(1-2) Di identico contenuto � la sentenza n. 2353/65 pronunciata dalla stessa 
Sezione I della Corte di Cassazione che si omette di pubblicare. L'esattezza delle 
statuizioni adottate con la sentenza in nota non pu� revocarsi in dubbio traendo 
sicuro riscontro sia nei principi di diritto tributario sia nella lettera e nello spirito 
delle particolari norme di legge, sia nell'applicazione giurisprudenziale che, per 
quanto concerne il regime fiscale delle cessioni di credito verso la p.a. in relazione 
a finanziamenti bancari, ha trovato il suo definitivo assetto nelle sentenze n. 1397 /64 
e 2519/64 delle Sezioni Unite, la prima delle quali � riportata in massima in questa 
Rassegna, 1964, I, 777 e segg., con nota di richiami. � 

La portata effettiva dell'art. 8 della l.o.r. con particolare riguardo ai criteri 
in base ai quali � dato qualificare e determinare il rapporto da tassare trova riscontro 
nella sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, 4 dicembre 1954, n. 4378, 
riportata nel Foro it., 1955, 836, nella quale fu espressamente sancito che nell'applicazione 
dell'imposta di registro deve aversi riguardo unicamente alla potenzialit� 
ed efficacia strumentale del negozio a produrre quei determinati effetti che, secondo 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1301 

diretta a ricercare, in conformit� delle norme di ermeneutica contrattuale, 
la comune intenzione delle parti ed a stabilire quali delle possibili 
interpretazioni delle singole clausole sia pi� plausibile ed attendibile. 
L'atto deve essere oggettivamente esaminato, nel suo potenziale 
valore strumentale, nel senso che nessuna delle sue clausole, individualmente 
considerate, n� il complesso delle medesime, siano capaci di 
aprire un varco attraverso il quale r operazione possa, nel corso del suo 
svolgimento, deviare dalla sua originaria ed apparente destinazione per 
allargarsi ad altre operazioni. L'obiettiva possibilit�, pertanto, di siffatto 
ampliamento, sottrae l'atto alla previsione normativa del trattamento 
di favare e per escludere tale obiettiva possibilit� � necessario che ratto 
contenga disposizione limitative del normale effetto della cessione (2). 

(Omissis). -Il primo motivo del ricorso investe la sentenza denunciata 
per violazione e falsa applicazione, al caso specifico, degli artt. 4, 
lett. c) e nota aggiunta, 28 lett. c) della legge organica di registro nel 
testo modificato dagli artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261; nonch� 
per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi 
della controv.ersia, prospettati dall'Amministrazione finanziaria. 

La censura � fondata. 

L'art. 4 della Tariffa all. A alla legge organica di registro, nel testo 
modificato dall'art. 1 della legge 4 aprile 1953, n. 261, prevede tre 
distinte aliquote -la prima normale, ridotte. le altre due -per le 
cessioni di credito. 

Alla lettera a) � prevista f aliquota normale dell'l,50 per cento per 
le � cessioni pro soluto e pro solvendo di crediti e retrocessioni di 
crediti�, 

Alla lettera b) � stabilita f aliquota ridotta dallo 0,50 per cento per 
le cessioni anzidette �che siano state stipulate in relazione alle operazioni 

la legge, importano il pagamento del tributo, senza che la Finanza debba preoccuparsi 
della validit� (art. 11) o delle successive vicende (art. 12) dell'atto tassato e 
senza indagare se le clausole possano avere pratico rilievo e concreta attuazione. 
Dal che l'imponibilit� degli � effetti possibili � dell'atto. 

I requisiti necessari e .sufficienti per radicarne il trattamento di particolare 
favore recato dagli artt. 4, lett. e) e 28, lett. e) della T. A.; annessa :i.Ila l.o.r., affermati 
dalla sentenza in nota in conformit� del ricordato insegnamento delle Sezioni 
.Unite, sono la conseguenza necessitata della lettera e dello spirito delle norme stesse 
inquadrate nei principi di diritto tributario. Dato che le norme tributarie di favore, 
'p�r la loro particolare natura, trovano applicazione entro limiti tassativi posti dall'art. 
14 delle disposizioni dell'applicazione della legge in generale, non pu� revo.
carsi in dubbio che alla specificit� dell'operazione deve accompagnarsi l'eliminazione, 
attraverso clausole limitative, della indeterminatezza di effetti propria della 
cessione di crediti s� da assicurare un perfetto ed obiettivo parallelismo fra cessioi1e 
di credito e finanziamento. 



1302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di cui alla lettera b) dell'art. 28 della Tariffa, ossia alle aperture di credito, 
anticipazion"i di somme e finanziamenti in genere, concessi dalle 
aziende ed enti di credito -contemplati dal r.d.I. 12 marzo 1936, n. 375 
e successive modificazioni -a favore di ditte commerciali e industriali. 

Alla lettera e) �, infine, prevista l'aliquota, ulteriormente ridotta, -~ 
dello 0,25 per cento per le cessioni pro soluto e pro solvendo di annualit� 

o contributi governativi e di enti pubblici nonch� di crediti verso pubbliche 
Amministrazioni, stipulate in relazione alle operazioni di apertura 
di credito e di finanziamento sopra menzionate. 
La nota aggiunta ali' art. 4 della tariffa espressamente avverte che 
� per l'applicabilit� delle minori aliquote di cui alle lettere b) e e) � necessario 
�che nell'atto di cessione siano specificatamente indicate le operazioni 
in relazione alle quali � stipulato e che l'efficacia della cessione non sia 
estesa anche ad altre operazioni 11. 

Questa esplicita avvertenza -volta a fissare gli specifici obiettivi 
della legge e ad assicurarne la corretta e uniforme interpretazione -fu 
determinata dal fatto, messo in rilievo dal dibattito parlamentare, che gli 
istituti di credito, giovandosi della generica formula dell� legge precedente 
(r.d.I. 9 maggio 1935, n. 606; r.d.I. 19 dicembre 1936, n. 2170), 
non rifuggivano dall'utilizzare le cessioni di credito per coprire proprie 
esposizioni non collegate a finanziamenti concessi per l'esecuzione di 
opere o forniture a favore di enti pubblici. 

Vuole, dunque, la legge che tra finanziamento e cessione di credito 
sussista una effettiva e costante interdipendenza, in modo che il risultato 
economico dell'opera pubblica non sia n� possa essere distolto dal fine 
di estinguere o di garantire lestinzione del finanziamento concesso per 
lesecuzione dell'opera stessa. 

Conseguentemente, per fruire dell'agevolazione fiscale, il negozio 

deve essere concepito in modo tale da escludere ab origine che esso 
possa comunque servire ad operazioni diverse da quelle specificate nell'atto 
di cessione. E, per codesto accertamento, l'indagine del giudice 
di merito non deve essere diretta -secondo il consolidato insegnamento 
di questo Supremo Collegio -a ricercare, in conformit� alle 
norme di ermeneutica contrattuale, la comune intenzione delle parti a 
stabilire quale delle possibili interpretazioni delle singole clausole, sia 
pi� plausibile -e attendibile. 

L'atto deve essere, invece, oggettivamente esaminato nel suo potenziale 
valore strumentale, nel senso che nessuna delle sue clausole, individualmente 
considerate, n� il complesso delle medesime, siano capaci 
di aprire un varco attraverso il quale l'operazione possa, nel corso del 
suo svolgimento, deviare dalla sua originaria ed apparente destinazione 
per allargarsi ad altre operazioni, l� quali sfuggirebbero in tale modo 
al controllo del fisco e si avvantaggerebber� indebitamente del trattamento 
fiscale di favore. 



PARTE I, SEZ�. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1303 
Pertanto l'obiettiva possibilit� di siffatto ampliamento basta a sot


trarre l'atto alla previsione normativa di cui si discute, indipendentemente 
dagli effetti pratici apparentemente o realmente voluti �dalle parti 
contraenti (Sez. Un., sent. n. 1397 e 2519 del 1964). Appunto per ci�, 
nel caso di eccedenza della cessione rispetto alla sovvenzione, occorre 
-come questo Supremo _Collegio ha avuto, f)i� d'una volta, occasione 
di affermare ~che l'atto contenga disposizioni limitative del normale 
effetto della cessione dei crediti, in modo da escludere che il congegno 
contrattuale offra, oggettivamente, all'istituto la possibilit� di destinare 
i crediti ceduti a scopi diversi. da quello -che, solo, legittima il trattamento 
fiscale di favore -della estinzione del finanziamento. 

Ora, la Corte di merito -dopo avere affermata la necessit�, ai 
fini dell'applicazione dell'aliquota di favore, di una stretta e costante 
connessione tra finanziamento e cessione di credito -ha ritenuto di 
poter desumere lesistenza, nel caso specifico, di tale essenziale requisito 
dal complesso delle clausole contrattuali, tra loro armonicamente coordinate, 
e, segnatamente, dalla �premessa� posta al contratto 7 maggio 
1957; dall'art. 2 del contratto stesso, in cui il finanziamento � espressamente 
collegato ai certificati di collaudo e ad altri documenti attestanti 
i lavori gi� eseguiti e il credito gi� liquidato in dipendenza del!'
appalto; dall'art. 4, riguardante la cessione, al Banco di Napoli, di tutti 
i crediti nascenti dal �contratto di appalto a favore dell'Impresa Costruzioni 
Monti e Pireddu; dall'art. 11, in forza del quale il contratto, nella 
sua interezza, non avrebbe spiegato tra le parti contraenti alcun effetto 
giuridico se non dopo che l'I.A.C.P. della provincia di Cagliari avesse 
comunicato al Banco di .accettare e riconoscere la cessione di credito 
con le relative clausole. 

Senonch�, cos� argomentando, la Corte d'Appello � incorsa -come 
lAmministrazione ricorrente denuncia ,___ in un duplice errore: in judicando 
e in procedendo. 

In judicando, per essersi attenuta, nella ricerca del requisito inderogabile 
stabilito dalla legge per la concessione del beneficio in argomento, 
ai normali criteri soggettivi di� interpretazione del contratto, senza darsi 
cura di accertare se dalle pattuizioni -nessuna esclusa -delle parti 
scaturisse, oggettivamente, la possibilit� di eludere, ad un dato momento, 
lesclusivit� della correlazione fra cessione e finanziamento. 

In procedendo, per avere trascurato, nonostante le sollecitazioni dell'.
appellante, lesame di due clausole di particolare rilevanza, portando 
cos� alle sue ultime conseguenze lerrore di giudizio. 

Delle due clausole, l'una, contenuta nell'art. 2 del contratto, attribuisce 
alla Banca il potere di concedere o no eventuali scoperti sul 
conto corrente, ferma restando, in entrambi i casi, la validit� della 
cessione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1304 

Stabilisce f.altra, contenuta negli artt. 3 e 6, la ultrattivit� degli 
effetti della cessione alla revoca del finanziamento che la Banca si era 
riservata la facolt� di effettuare. 

Ora f omessa motivazione intorno al V'alore e alla portata di questi 

due patti costituisce un rilevante difetto di attivit� dei giudici di appello, 
poich� la sopravvivenza, "in entrambi prevista, della cessione al negato 

o al revocato finanziamento -ponendo, in termini di estrema evidenza, 
il problema del possibile, diverso uso, da parte della Banca cessionaria, 
delle somme riscosse e, quindi, del venir meno della necessaria correlazione 
tra finanziamento e cessione -avrebbe potuto, se considerata,, 
condurre la Corte a soluzione diversa da quella adottata. 
In proposito occorre considerare inoltre che, in coerenza con la 
natura del conto corrente bancario di negozio giuridico complesso, 
f art. 1853 e.e. stabilisce, salvo patto contrario, la compensazione tra i 
saldi di pi� rapporti o pi� conti. 

Ne discende che il primo mezzo di ricorso non pu� non essere 
accolto. 

Si denuncia, col secondo mezzo, la violazione e la falsa applicazione, 
al caso specifico, dell'art. 8, primo comma, della legge organica di registro 
in relazione all'art. 4, lett. e) e relativa nota aggiunta della Tariffa all. A, 
nel testo modificato dall'art. 1 della legge 4 aprile 1953, n. 261. 

Anche questa censura � fondata. 
L'art. 8 della legge di registro dispone, al primo comma, che le 
tasse sono applicate secondo l'intrinseca natum e gli effetti degli atti o 
dei trasferimenti, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma 
apparente. 

In questa norma � scolpito il principio che, nell'applicazione della 
legge di registro, deve soltanto porsi mente alla capacit� del negozio 
di produrre ex se quei determinati effetti che, secondo la legge, importano 
il pagamento del tributo. 

I 

Per stabilire ci�, deve aversi riguardo, non alla comune intenzione 
delle parti, da ricercarsi alla stregua dei criteri soggettivi di interpretazione 
dei contratti, non alle enunciative, non al nomen juris, non 

I all'apparato formale del negozio, ma unicamente agli effetti che possono 
obiettivamente scaturire dall'atto in relazione al contenuto sostanziale 
delle disposizioni negoziali. 

Ai fini dell'accertamento dell'applicabilit� o no, al �caso specifico, 
dell'aliquota di favore, la valutazione critica del contratto concluso dalle 
parti doveva quindi essere �Compiuta anche al lume di tale principio, 
non gi� alla stregua dei normali canoni di ermeneutica contrattuale, 
ai quali la Corte di merito si �, errando, sostanzialmente conformata. 


(Omissis) . 

.. :-:..:--.-.-: .-%,-.�'.�-.........$ ...... 'X.�. .. . .-� ~/h :�.-:--/.-:.~ .. _.::;:=y..:::ffi... _ .. .. :-: Y.. :::: :-: .. :::: ::::: _.&..:::. ':1.


......�-�-���t.1/J.-.-~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARtA 1305 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2357 -Pres. 
Vistoso -Est. Roperti -P.M. {conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato 
Soprano) c. Compagno Giuseppe ed altri (avv. Burgi Doley). 

Imposta di registro -Atti enunciati in sentenza -Prescrizione 
triennale -Decorrenza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 62 e 136). 
Imposta di registro -Trasferimenti immobiliari presunti ex art. 
18 della legge di registro -Presupposti -Presunzione di esistenza 
di atto scritto -Esclusione.� 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18). 
Imposta di registro -Enunciazione di societ� di fatto -Determinazione 
della base imponibile -Riferimento al momento della 
costituzione del vincolo sociale -Valutazione presuntiva Ammissibilit�. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 81, tariffa ali. A). 
Imposta di registro -Enunciazione di societ� di fatto -Tariffa 
vigente al momento della registrazione della sentenza enunciata 
-�Applicabilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 62 e 72, art. 81, tariffa ali. A). 
Imposta di registro -Enunciazione di societ� di fatto -Determinazione 
dell'imponibile -Valutazione dell'avviamento -Ammissibilit�. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 31, art. 81 tariffa ali. A). 
Il diritto della Finanza di percepire la tassa sugli atti si perfeziona, 
di regola, con la domanda .del contribuente o col possesso delfatto da 
parte dell'Amministrazione, ovvern con la conoscenza legale delfatto 
di trasferimento enunciato ex artt. 62 e 72 della legge di regisfro. Conseguentemente 
la prescrizione triennale, di cui all'art. 136 di detta legge, 
decorre per i negozi giuridici accertati con sentenza dalla data .della 
medesima, posto che da tale data essi acquistano giuridica esistenza (1). 

La Finanza, per esigere l'imposta nei trasferimenti presunti contemplati 
dall'art. 18 della legge del registro, non si deve preoccupare 
di individuare l'esistenza di un atto scritto, avendo, invece, solo l'obbligo 

(1) La massima ribadisce. il principio che il dies a quo del termine prescrizionale 
previsto dall'art. 136 della legge di registro coincide con il momento in cui 
l'Amministrazione prende legale conoscenza dell'atto. Questa si verifica con u l'annotamento 
degli atti e delle trasmissioni nei pubblici registri� (art. 3 della legge 
di registro), con esclusione di qualsiasi equipollente (Cass., 29 maggio 1962, n. 1285, 
15 



1306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di dimostrare alcuni dati di fatto, che sono poi gli stessi, sia che esista, 
sia che non esista l'atto scritto. Tale criterio collima perfettamente con 
il contenuto delfart. 18 dal quale si ricava che, agli effetti del pagamento 
dell'imposta di registro, resistenza del trasferimento si presume sulla 
base di fatti concludenti, elencati, peraltro, in via esemplificativa, proprio 
perch�, in tal caso, entra come presupposto dell'obbligazione tributaria, 
il negozio giuridico di trasferimento prescindendosi dall'atto 
scritto che ne � appunto la prova diretta (2). 

In tema di enunciazione di societ� di fatto, vige il principio che 
fimponibil� e cio� l'ammontare dei conferimenti in societ�, ai fini delfimposta 
di registro di cui all'art. 81 della tariffa all. A, va determinato 
con riferimento al momento della costituzione del vincolo sociale, dato 
che tale imposta incide sul trasferimento della ricchezza e sul rapporto 
giuridico che la pone in essere e non sulla ricchezza attuale. In difetto 
per� di prova inoppugnabile, l'imponibile predetto pu� essere accertato 
presuntivamente in base al patrimonio sociale e agli elementi inerenti 
al funzionamento delle societ� esistenti al momento della enunciazione, 

Foro it., 1962, I, 1479). Ove, pertanto, la convenzione cui si riferisce il supplemento 

di tassa sia stata enunciata in sentenza, � dalla data di registrazione di questa che 

decorre il triennio stabilito dall'art. 136 citato. 

In questa ipotesi, infatti, la sentenza assume speciale rilevanza, agli effetti 
della legge di registro, per il suo potere di documentazione della convenzione verbale 
e diviene lo strumento tramite il quale lAmministrazione prende legale conoscenza 
di questa ultima. Cosa che invece non si verifica, come ha giustamente 
osservato la Corte, con il rilascio da parte del competente Ufficio della quietanza 
di pagamento di una tassa di concessione governativa, la quale, non essendo 
soggetta a registrazione, non pu� mai costituire valido mezzo di enunciazione. 

(2). La massima rappresenta un'ulteriore elaborazione del. principio secondo 
cui l'Amministrazione per tassare, ai sensi dell'art. 18 della legge di registro, i 
trasferimenti immobiliari presunti � tenuta soltanto a dare la prova di alcuni dati 
di fatto -che possono anche essere diversi da quelli elencati in via esemplificativa 
da detta norma -dai quali si desume lesistenza di un negozio giuridico di 
trasferimento. Cos�, come non assume carattere tassativo l'estremo del trasferimento 
del possesso materiale, in quanto " gli elementi indicati dal legislatore costituiscono 
un limite insuperabile, ma non impediscono il ricorso ad altre prove 
idonee a favorire, con non minor sicurezza, la dimostrazione dell'avvenuto trasferimento 
� {Cass., 7 giugno 1954, n. 1862, Foro it., 1955, I, 349), nemmeno � necessario 
che l'Amministrazione si richiami ad un atto scritto, sia pure presunto, posto 
che l'art. 18, appunto perch� introduce un'eccezione al principio dell'iniziativa 
privata in tema di registrazione, assume come presupposto del tributo non il 
documento, ma il negozio. 

Nella specie poi la Cassazione, confermando l'orientamento espresso gi� nella 
sentenza 18 luglio 1960, n. 1997 (Foro it., 1961, I, 1956), ha riconosciuto che 
la convenzione da cui pu� presumersi il trasferimento della propriet� o dell'usu


�,

frutto, ai sensi dell'art. 18 l.r., comprende anche l'enunciazione di societ� di fatto 

, 
la quale, se dotata fin dall'inizio di beni immobili, postula uno o 'pi� negozi di , 

conferimento di detti beni dai soci alla societ� stessa. 
,

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PARTE I, SEZ;. V, GIDRISPRUDENZA TRIBUTARIA 1307 

salvo alla parte interessata la prO'Oa contraria nei modi prescritti dalla 
legge di registro, circa la effettiva entit� dei conferimenti {3). 

Posto che la societ� irregolare comincia ad esistere, agli effetti della 
legge di registro, soltanto al momento in cui ne viene accertata resistenza 
e pi�t precisamente quando ratto, che contiene tale accertamento .� 
viene presentato per la registrazione, � chiaro che,' in caso di societ� 
di fatto enunciata in una sentenza, la tariffa applicabile � quella vigente 
al' momento della registrazione della sentenza enunciante e non quella 
vigente all'atto della costituzione della societ� (4). 

L'avviamento � una qualit� dell'azienda, dalla stessa inseparabile 
e, quindi, come tale, ha sempre un val01'e apprezzabile. Pertanto, esso 
non pu� essere escluso nella determinazione dell'imponibile, ma deve 
essere valutato con riferimento alla data in cui ha avuto inizio la societ�. 
Se poi, a quella data, ravviamento era pressoch� nullo o ridotto, spetta 
alla parte interessata fornire la: prova delr effettiva consistenza del! 
avviamento (5). 

(Omissis). -Col pri;rno motivo si denuncia Ia mancata applicazione 
della prescrizione triennale prevista dall'art. 136 della legge di registro 
e l'erronea applicazione degli artt. 62 e 72 della stessa legge. 

In particolare, si sotiene che l'Uffido del Registm avrebbe potuto. 
richiedere il pagamento della tassa proporzionale fin dal 1930, cio� da 
quando essi ricorrenti, al fine di ottenere il rilascio della licenza per 
l'esercizio dei due molini, corrisposero la tassa di concessione governativa 
allo stesso ufficio, il quale, in tal modo, fu posto in grado di 

<(3-4) La terza massima costituisce ormai ius receptum (Cass., 23 febbraio 
1957, n. 670, Dir. prat. trib., 1958, 2, 7; 13 luglio 1959, n. 2253, Riv. leg. fisc.; 
1959, 1844; 18 luglio 1960, n. 1997, Riv. leg. fis�., 1960, 1830). 

Per quanto riguarda la quarta massima � sufficiente ricordare che la convenzione 
verbale con cui si costituisce la societ� di fatto non � soggetta a denuncia 
all'Ufficio del registro; pertanto l'obbligazione tributaria sorge solo al momento in 
cui. viene sottoposto a registrazione l'atto o la sentenza enunciante ed � a questo 
momento che deve farsi riferimento per individuare la norma disdplinatrice del 
tasso di imposta. Quanto precede non contrasta con il principio, fatto proprio dalla 
terza massima, secondo cui il presupposto del tributo si identifica con il trasferimento 
verificatosi all'epoca della costituzione della societ�, perch� loggetto del 
rapporto obbligatorio di imposta, e cio�� la prestazione in danaro dovuta all'ente 
pubblico, � cosa diversa dal presupposto, i criteri di valutazione del quale non 
influiscono affatto sulla determinazione del tasso applicabile. 

(5) Poich� l'Amministrazione, come si � visto al n. 3, pu�, in mancanza di 
prove inoppugnabili circa la consistenza originaria dei conferimenti, procedere ad 
.una :valutazione presuntiva in base a tutti gli elementi del patrimonio della societ� 
quali risultano all'epoca dell'enunciazione, � logico che, seguendo i medesimi 
criteri, possa valutare anche l'avviamento (cfr. Comm. Centrale, Sez. V, 17 novembre 
1961, n. 82854, Riv. leg. fisc., 1963, 1244), salva la prova contraria che il 

~ . m~ ::--~ 

1B08 RASSEGNA.DELL'AVVOCATUBA DELLO STATO 

essere a conoscenza dell'avvenuta costituzione del rapporto sociale, e 
che, pertanto, essendo decorso da quell'anno un periodo di tempo notevolmente 
superiore al triennio, la pretesa tributaria� avrebbe dovuto 
essere dichiarata prescritta. 

La censura � infondata. Il diritto della Finanza di percepire la 
tassa sugli atti si perfeziona, di regola, con la domanda del contribuente 
o col possesso dell'atto da parte dell'Amministrazione, ovvero, 
con la conoscenza legale dell'atto di trasferimento enundato ex artt. 62 
e 72 della legge di registro. 

Conseguentemente, la prescrizione triennale, di cui all'art. 136 di 
detta legge, decorre, per i negozi giuridici accertati con sentenza, dalla 
data della medesima, posto che da tale data essi acquistano giuridica 
esistenza. 

Esattamente, pertanto, la Corte di merito, ha respinto la eccezione 
di prescrizione dei ricorrenti incidentali. 

Il contrario assunto di costoro, secondo cui la data di inizio del 
termine prescrizionale avrebbe dovuto decorrere non dalla data della 
sentenza del Tribunale di Caltagirone del 27 marzo 1945 contenente 
l'enunciazione della societ� di fatto, ma da quella anteriore del 30 dicembre 
1930 in cui i fratelli Compagno, avendo pagato all'ufficio del 
registro di Caltagirone la tassa sulle concessioni governative per la 
rinnovazione della licenza relativa all'esercizio dei mulini, avevano ottenuto 
la relativa quietanza, giustamente � stato disatteso dalla impugnata 
sentenza essendo chiaro che una semplice quietanza, sia pure 
rilasciata da un ufficio del registro, non costituisce quell'atto � presentato 
per la registrazione� che, a norma dell'art. 62, secondo comma 
della legge di registro, � il presupposto dell'obbligo di sottoporre a 
registrazione anche le convenzioni verbali nell'atto enunciate, tanto 
pi� . che queste, come � espressamente stabilito, debbono avere una 
connessione diretta con la disposizione dell'atto medesimo. E ci� a pre-. 
scindere dalla considerazione che dalla quietanza in parola non si 
desumevano elementi di rapporti societari, n� che l'Ufficio, che rilasci� 
il documento, fosse a conoscenza dell'effettiva natura dei rapporti 
intercorrenti tra coloro che gestivano i mulini. 

Col secondo motivo, denunciando la violazione dell'art. 8 legge 

contribuente pu� fornire con ogni mezzo idoneo, esclusa sempre la prova testimoniale 
per il principio sancito dall'art. 18 della legge di registro. Appunto perch� 
in tale caso laccertamento non pu� che essere presuntivo, � del pari logico che 
lAmministrazione comprenda nella valutazione un elemento come l'avviamento 
che, per essere una qualit� dell'azienda, ricorre ordinariamente, in misura maggiore 

o minore, anche al momento della costituzione della societ� creata per la gestione 
di essa, specie quando oggetto del conferimento sia un complesso gi� operante 
di beni organizzati. 
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. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1309 

registro in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 c.p:c., i ricorrenti si dolgono 
che la Corte di merito abbia qualificato come societ� di fatto, invece che 
come comunione tacita familiare, il rapporto fra loro sorto in ordine 
alla gestione dei beni relitti dal loro congiunto avv. prof. Gia:como 
Compagno. 

Anche tale censura non � fondata. 
La Corte di Catania ha respinto la tesi della comunione tacita 
familiare, propugnata dai ricorrenti, perch� in netto contrasto col giudicato 
formatosi sulla sentenza che ha ritenuto la esistenza di una 
societ� di fatto, in base al rapporto societario dedotto in domanda, in 
un giudizio in cui i soggetti convenuti sono stati concordi nell'accettare 
la qualificazione giuridica del rapporto predetto. 
La stessa Corte si � data anche carico di esaminare se nella specie 
fosse ipotizzabile un caso di comunione tacita familiare escludendone 
la esistenza per difetto di ta:luno degli elementi che la costituiscono e 
precisamente dell'elemento della comunanza di mensa e di tetto fra i 
partecipanti alla comunione. 
Tale requisito, nonostante la contraria opinione dei ricorrenti, � 
indispensabile per la configurabilit� della comunione tacita familiare 
che si stabilisce, appunto, tra i membri di una stessa famiglia, i quali, 
vivendo in comunione di tetto e di mensa, nonch� di lavoro e di interessi, 
mantengono unito il nucleo familiare e conservano indivisi i beni 
comuni inizialmente tali o formati durante la comunione. 
Ora, sia l'interpretazione del giudicato esterno, sia l'indagine sulla 
ricorrenza o meno di taluno degli elementi integranti la communio incidens 
familiaris costituiscono apprezzamento di merito incensurabile in 
sede di legittimit�. 
Col primo motivo la ricorrente principale, Amministrazione finanziaria 
-denunciando la violazione degli artt. 18, 48, 62 e 72 della legge 
del registro, degli artt. 81 e 87 della relativa tariffa all. A nonch� degli 
artt. 2247 e 2727 e.e., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. -censura 
la: sentenza impugnata per avere escluso gli immobili, in cui erano impiantati 
i due opifici in questione, dal patrimonio della societ� di fatto 
esistita fra i contribuenti, in base all'erronea considerazione �che la presunzione 
di cui all'art. 18 della legge di registro non trova applicazione 
ove il trasferimento sia avvenuto in base a un negozio non rivestito della 
forma scritta e all'apodittica affermazione che essa ricorrente avrebbe 
dichiarato che il negozio di trasferimento fosse stato concluso verbalmente, 
nonch� in base all'omessa a:pplicazione del quinto comma di 

detto articolo. 

La censura � fondata. 

L'impugnata sentenza ha escluso la propriet� degli immobili, in 

cui erano installati i due molini, dei quali si discute, dal patrimonio 



1310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sociale accertato dalla Finanza, partendo dal presupposto che la convenzione, 
concernente il conferimento dei beni alla societ�, sia stata 
conclusa verbalmente per ammissione della stessa Amministrazione e, 
quindi, come tale, non rientrante nella previsione di cui all'art. 18 della 
legge del registro, che presuppone la esistenza di un atto scritto per i 
trasferimenti immobiliari agli effetti del pagamento dell'imposta. 

Tale soluzione non appare rispondente ad una corretta impostazione 
giuridica del problema che si dibatte tra le parti. 

A parte che l'Amministrazione non ha posto a base della propria 
pretesa tributaria l'esistenza di una convenzione verbale e non aveva 
necessit� di farlo dato che la legge fiscale non impone questo obbligo, 
devesi rilevare che lo assunto della Finanza, sostanzialmente, era quello 
che essa per esigere la imposta, nei cosidetti trasferimenti presunti contemplati 
dall'art. 18 della legge del registro, non si dovesse preoccupare 
di individuare l'esistenza di un atto scritto, avendo, invece, solo l'obbligo 
di dimostrare alcuni dati di fatto, in base ai quali la norma predetta 
consente di agire: dati di fatto che sono gli stessi sia che esista, sia 
che non esista l'atto scritto. 

Tale criterio collima perfettamente �con il contenuto dell'art. 18 il 
quale stabilisce che � per sottoporre a tassa di registro la trasmissione 
di un immobile a titolo ,di propriet� o di usufrutto, � sufficiente, in 
mancanza di prove dirette, che il nuovo possessore si sia fatto iscrivere 
per codesti titoli nei ruoli dell'imposta sui terreni o sui fabbricati �. 

Ci� significa che l'esistenza del trasferimento viene desunto, agli 
effetti del pagamento dell'imposta di registro, da fatti concludenti, elencati 
peraltro in via esemplificativa, proprio perch�, in tal caso, entra -~ 
come presupposto dell'obbligazione tributaria il negozio giuridico di 
trasferimento, prescindendosi dall'atto scritto che ne � appunto la prova 
diretta. 

Ci� potr� portare a considerare, logicamente -come ha esattamente 
osservato l'Amministrazione -che la legge fiscale giunge cos� a 
presumere implicitamente l'esistenza dell'atto scritto, ma come pura 
deduzione implicita o conseguenziale, ma non agli effetti di poter riferire 
la presunzione non al trasferimento, ma all'atto scritto e le prove 
indirette non ai fatti, ma allo scritto. 

Da d� consegue che la Corte di merito, anzich� trincerarsi, come 
ha fatto, dietro un'astratta, generica ed inconcludente affermazione del1'
Amministrazione, che la convenzione di trasferimento era verbale, 
dando ad essa valore giuridico essenziale ed assorbente, per affermare 
la inapplicabilit� al caso dell'art. 18 della legge del registro, avrebbe 
dovuto, invece, procedere all'esame concreto delle prove offerte ai fini 
dell'invocata applicabilit� di detta norma e, quindi, pervenire, su tali 
basi di fatto, al giudizio sulla esistenza o meno della presunzione di 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1311 

trasferimento di immobili a titolo di propriet�, e pi� precisamente di 
conf�rimento di beni immobili nella societ� di fatto di cui trattasi, trovando 
la norma applicazione, nella sua ampiezza, anche per l'accertamento 
circa la sussistenza di conferimento di beni immobili nelle societ� 
irregolari. 

Con lo stesso motivo l'Amministrazione lamenta che la Corte di 
merito non abbia fatta applicazione alla specie del quinto comma dell'art. 
18 che prevede altri elementi di presunzione a favore della pretesa 
della Finanza. 

La censura � infondata in quanto il detto comma si riferisce alla 
cessione di aziende commerciali per le quali le parti interessate abbiano 
omesso di registrare i relativi contratti verbali. In tal caso la norma 
invocata consente all'ufficio di agire in base ad alcune circostanze difatto 
presuntive della cessione .. Nella specie, la controversia verte, invece, 
sul .se i locali, in cui trovasi installata l'azienda, debbano considerarsi 
di propriet� della societ� o di taluno dei soci e tale questione 
non pu� essere risolta se non in base al primo comma dell'art. 18 che 
disciplina i trasferimenti immobiliari. 

Col secondo mezzo lAmministrazione ricorrente -denunciando 
la violazione degli artt. 2627 e.e., 112 e 115 c.p.c. in relazione all'art. 360, . 

n. 3 e 5 c.p.c. sostiene che la Corte di Catania, nel demandare all'uffi.cio 
del registro l'accertamento della data di inizio della societ�, abbia invertito 
lonere della prova, in quanto, in difetto di una idonea prova da 
parte dei contribuenti, avrebbe dovuto accogliere la domanda della 
Finanza e non porre a carico dell'Amministrazione lonere di nuovi accertamenti. 
� 
La censura � fondata. In tema di enunciazione di societ� di fatto, 
vige il principio, ormai pacifico in giurisprudenza, che l'imponibile e 
cio� l'ammontare dei conferimenti in societ�, ai fini dell'imposta di 
registro di cui all'art. 81 della tariffa all. A, va determinato con riferimento 
al momento della costituzione del vincolo sociale, dato che tale 
imposta incide sul trasferimento della ricchezza e sul rapporto giuridico 
che la pone in essere e non sulla ricchezza attuale. In difetto, per�, di 
prova inoppugnabile l'imponibile predetto pu� essere accertato pr&. 
suntivamente in base al patrimonio sociale e agli .elementi inerenti al 
funzionamento della societ� esistenti al momento della enunciazione 
salvo alla parte interessata la pr~va contraria nei modi prescritti dalla 
legge di registro, circa la effettiva entit� dei conferimenti. 

Ora, la Corte di merito, mentre ha dimostrato di non ignorare tali 
principi, ne ha fatto, tuttavia, una errata applicazione pel'ch� si � limitata 
ad affermare che la data d'inizio della societ� non era emersa con 
cert~zza dalla prova raccolta e ne ha demandato l'accertamento allo 
ufficio del registro. In tal modo essa ha capovolto lonere della prova 


1312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

attribuendo alla Finanza l'accertamento della data di inizio della societ�, 

mentre la prova avrebbero dovuta fornirla i contribuenti. 

Inoltre, trattandosi di un punto controverso della causa, la Corte 


di Catania avrebbe dovuto decidere essa stessa quale era la data di 

costituzione della societ� ed, in mancanza di prove certe, avrebbe do


vuto riferirsi, agli effetti della determinazione dello imponibile, alla 

data della enunciazione. 

Va disatteso il terzo motivo del ricorso incidentale col quale si 

censura l'impugnata sentenza sotto un triplice profilo e cio� per avere 

la Corte di merito: a) demandato all'ufficio del registro l'accertamento 

dell'epoca di inizio della societ� pur avendo riconosciuto che l'inizio di 

questa doveva ritenersi avverato non dopo il 30 dicembre 1930; b) rite


nuto inapplicabile la tariffa vigente all'epoca della costituzione della 

societ�; e) ritenuto che nella valutazione dell'azienda dovesse tenersi 

conto dell'avviamento laddove questo era del tutto inesistente. 

Sotto il primo profilo, la censura � assorbita dall'accoglimento del 
secondo motivo del ricorso principale per la identit� della questione. 
Sotto il secondo profilo, la censura � palesemente infondata. Infatti, 
posto che la societ� irregolare comincia ad esistere, agli effetti della 
. legge di .registro, soltanto al momento in cui ne viene accertata l'esistenza 
e pi� precisamente quando l'atto, che contiene tale accertamento, 
viene presentato per la r~gistrazione, � chiaro che, in caso di 
societ� di fatto enunciata in una sentenza, la tariffa applicabile sia quella 
vigente al momento della registrazione della sentenza enunciante e non 

quella vigente all'atto della costituzione della societ�. 

Sotto il terzo profilo, la censura � parimenti infondata. L'avvia


mento � una qualit� dell'azienda, dalla stessa inseparabile e, quindi, 

come tale, ha sempre un valore apprezzabile. Giustamente, pertanto, 

la Corte di merito ha ritenuto che esso non possa essere escluso nella 

determinazione del'imponibile, ma debba essere valutato con riferi


mento alla data in cui ha avuto inizio la societ�. Se poi, a quella data, 

l'avviamento era pressoch� nullo o ridotto, spetta alla parte interessata 

fornire la prova dell'effettiva consistenza dell'avviamento. -{Omissis). 

CORTE D'APPELLO DELL'.AQUILA, 16 giugno 1965, n. 125 -Pres. 
Colangelo -Est. Patera -Banca Nazionale del Lavoro (avv.ti Ludo".' 
vici e Del Nunzio) c. Ministero Finanze {avv. Stato Bafile). 


Imposta di registro -Cessioni di crediti verso la p.a. in relazione 
ad operazioni di finanziamento bancario -Aliquota :ridottis


I 

sima dello 0,25% -Estremi -Criteri di determinazione. 

I 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 lett. C e 28 lett. C; t 
1. 4 aprile 1953, n. 261, artt. 1 e 2). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1818 

Imposta di registro � Cessioni di crediti verso la p.a. in relazione 

ad operazioni di finanziamento bancario -Aliquota ridotta 

dello 0,50% � Estremi -Criteri di determinazione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa ali. A, art. 4, lett. b e art. 28, lett. b; 
1. 4 aprile 1953, n. 261 artt. 1 e 2). 
ealiquota ridotta dello 0,25% stabilita dalr art. 1 lett. e della legge 
4 aprile 1953, n. 261 (che modifica l'art. 4 tabella A della l.o.r.) per le 
cessioni di credito verso la P.A. stipulate in relazione ad operazioni di 
finanziamento bancario, � applicabile solo quando tra cessione e finanziamento 
sussista una stretta ed assoluta interdipendenza tale da impedire 
che la cessione possa essere utilizzata per coprire o garantire operazioni 
di diversa natura, interdipendenza che deve risultare non dalla 
volont� iniziale delle parti ma dall'obbiettivo e potenziale valore strumentale 
dell'atto. Sono in contrasto con i presupposti della legge le 
clausole dell'atto come quella che consente alla Banca, a suo insindacabile 
giudizio, di utilizzare i proventi riscossi per effetto della cessione 
per coprire o garantire esposizioni in essere non specificate e delimitate 
e di concedere reiterazioni del finanziamento senza che r effetto della 
cessione, di importo assai superiore sia espressamente limitato alla sola 
copertura del finanziamento pattuito; del pari contrasta con lo scopo 
della legge la pattuita ultrattivit� della cessione, senza limiti n� di 
tempo n� di ammontare, dopo la copertura del finanziamento o la 
revoca di esso, poich� � consentito alla Banca, anche in mancanza di 
espresse clausole autoriZzative, di utilizzare le somme riscosse per altre 
operazioni esercitando la compensazione a norma degli artt. 1241 e 
1853 e.e. (1). 

Le stesse limitazioni stabilite per l'applicabilit� delfaliquota ridotta 
dello 0,25% (lett. e) dell'art. 1 della legge 4 aprile 1953, n'. 261) valgono 
anche per l'applicabilit� dell'aliquota intermedia dello 0,50% {lett. b) dell'art. 
1) (2). 

(1-2) Notevole interesse presenta la sentenza che, fra le prime, h,a fatto applicazione 
in sede di merito, e con riferimento al contratto tipo adottato dalla Banca 
Nazionale del Lavoro, dei principi di diritto recentemente affermati dalla S.C. 
(Sez. Un., 6 giugno 1964, n. 1397, in questa Rassegna, 1964, I, 777, con nota di 

L. CoRREALE, seguite da numerose pronuncie a sezioni semplici, e quindi ancora 
Sez. Un., 5 ottobre 1964, n. 2519, Riv. leg. fisc., 1965, 222). Le ragioni per l'esclusione 
dell'agevolazione individuate dalla sentenza in rassegna sono numerose ed 
ineccepibili. 
Importante � anche la second~ massima che elimina ogni dubbio, anche superando 
l'incerta decisione della S.C. 21 dicembre 1964, n. 2948 (Foro it., 1965, I, 
824) sull'esclusione dell'aliquota, intermedia dello 0,50% negli stessi casi in cui � 
inapplicabile quella ridottissima dello 0,25%; questa affermazione � solidamente 
basata sulla considerazione che la nota all'art. 1 della 1. 4 aprile 1953, n. 261 pone 
sull'identico piano le aliquote della lettera b (0,50%) e della lettera e {0,25%). 



1314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO .STATO 

(Omissis). -Detti motivi sono tutti infondati. Giova ricordare che, 
anzitutto, gli artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261, modificando 
gli artt. 4, lett. e), e 28 lett. e) della tariffa allegato � A� della. legge 
di registro del 1923, al fine di agevolare il buon andamento degli appalti 
di opere pubbliche, hanno ridotto allo 0,25% l'aliquota d'imposta dovuta, 
in sede di registrazione degli atti, sia per le cessioni di crediti verso 
pubbliche amministrazioni, fatte dalle imprese a favore di istituti bancari, 
pro soluto e pro solvendo, sia per i finanziamenti da questi concessi 
alle stesse imprese, anche se effettuati sotto forma di aperture di credito 
e di .anticipazioni. 

Con una � nota � inserita nel citato art. 1, la stessa legge n. 261 
stabil�sce, per�, che, per l'applicabilit� delle minori aliquote di imposta 
di registro, � � necessario che nell'atto di cessione siano specificatamente 
indicate le operazioni in relazione alle quali (esso) � stipulato, e 
che l'efficacia della cessione non sia estesa anche ad altre operazioni �. 

Lo scopo di questa avvertenza, come � noto, � quello di impedire 
che gli istituti finanziari possano utilizzare le cessioni di credito per 
coprire esposizioni non collegate al finanziamento concesso per. la realizzazione 
di opere pubbliche; appunto per questo si � stabilito che tra 
le due operazioni di finanziamento e di cessione deve esservi una stretta 
ed assoluta interdipendenza tale da impedire che il primo possa essere 
utilizzato per coprire o garantire operazioni di altra natura, che il 
cliente potrebbe intrattenere con lo stesso istituto di credito. 

Ci� significa, come � stato autorevolmente affermato di recente 
(tra le altre: Sez. Un., 5 ottobre 1964, ;n. 2519), che �per fruire del1'
aliquota minore, latto deve essere concepito� in modo da escludere in 
partenza che esso, durante lo svolgimento del rapporto, possa servire 

ad operazioni diverse da quelle determinate e specificate nell'atto di 
cessione�, 

Questa Corte in precedenti decisioni di analoghe controversie, pur 
riportandosi sostanzialmente a tali concetti, limit� la sua indagine al 
semplice accertamento delle intenzioni delle parti, poste in relazione 
agli effetti naturali degli istituti giuridici in esame {es. apertura di credito 
in conto corrente), senza soffermarsi a considerare se tali effetti 
fossero compatibili con gli scopi perseguiti dalla legge n. 261/1953; 
senonch� questo collegio, re melius perpensa, ritiene che, per stabilire 
se sussistano, o meno, gli estremi voluti dal legislatore, non basti identificare 
la volont� iniziale delle parti, ma occorre stabilire quale sia, 
indipendentemente da questa volont�, lobbiettivo e potenziale valore 
strumentale dell'atto posto in essere. 

Ed invero, intanto pu� affermarsi che�l'efficacia della cessione non 
sia estesa e non sia estensibile ad altre operazioni di finanziamento, in 
quanto sia possibile stabilire che tutte le clausole del contratto, consi




PAl\TE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1315 

derate singolarmente e 'nel loro complesso, � non sono suscettibili di 
diventare un varco attraverso il quale loperazione possa, durante il 
suo svolgimento, deviare dalla sua originaria ed apparente destinazione, 
ed allargarsi a nuove operazioni, le quali sfuggirebbero in tal modo 
al controllo del fisco e si avvantaggerebbero indebitamente del trattamento 
tributario di favore � (vedi sentenze citate)). Si deve concludere, 
perci�, �Che basta la semplice possibilit� astratta ed obiettiva di tale 
ampliamento del rapporto, per escludere che l'atto, indipendentemente 
dagli effetti pratici realmente od apparentemente voluti dalle parti, 
rientri nella previsione della legge n. 261/1953. 

App�nto per questo, nell'atto sottoposto a registrazione devono 
essere ben determinate tutte le singole operazioni di finanziamento e 
dev'essere stabilito anche � i1 modo di operare� di quest'ultimo; per 
le stesse ragioni devono, inoltre, essere' previste clausole limitative dello 
stesso finanziamento, sia nel caso in cui questo per sua natura consenta 
la reiterabilit� dell'utilizzo delle somme disponibili (es. apertura di 
credito in conto corrente), sia nell'ipotesi di eccedenza dei crediti ceduti 
rispetto all'ammontare della sovvenzione, eccedenza che, sebbene cons�ntita 
ai fini degli interessi passivi e delle spese, non deve permettere 
che, in un secondo tempo i proventi della cessione siano utilizzati per 
scopi diversi dalla estinzione del debito derivante dal finanziamento. 

Alla luce di questi principi, ai quali � ormai uniformata la pi� 
�recente ed autorevole giurisprudenza, esattamente il Tribunale dell'Aquila 
ha ritenuto che, nel particola~e caso di specie, l'apertura del 
credito in conto corrente cambiario non realizzava .Je condizioni imprescindibili 
volute dalla legge perch� si usufruisca dei benefici fiscali di 
cui trattasi. Ci�, ovviamente, non perch� l'apertura di credito fosse 
a priori vietata, ma per il semplice motivo che nella specie, a causa della 
notevole differenza tra l'importo del credito ceduto e quello del finanziamento, 
ed a causa di alcune clausole inserite nel contratto, tra le 
quali, in particolare, quella dell'art. 9 relativa alla reiterazione del 
finanziamento, ora obiettivamente possibile �che i proventi della cessione 
fossero impiegati non solo per colmare lo scoperto di L. 45.000.000 
oggetto del finanziamento collegato con la stessa cessione, ma anche 
per � estinguere altri debiti dell'impresa verso la Banca derivanti da un 
finanziamento di importo superiore a detta cifra anche se destinato ad 
essere utilizzato per la esecuzione delle medesime opere pubbliche, cui 
si riferivano i crediti ceduti. 

Analoghe considerazioni valgono per le clausole limitatrici del 
normale effetto della cessione, delle quali il Tribunale ha rilevato l'assoluta 
mancanza nella scrittura in questione. 

� vero che la legge n. 261/1953 non le richiede espressamente, ed 
� chiaro che esse non sono sempre necessarie, ma nella specie, stante 



1316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la ricordata eccedenza della cessione rispetto alla sovvenzione, e dato 
che il finanziamento fu congegnato in modo da consentire parzialmente 
la reiterabilit� dell'utilizzo delle somme disponibili del conto, dette 
clausole costituivano l'unico mezzo concreto per garantire la stretta 
osservanza della legge, ed anzi per impedire a priori la stessa possibilit� 
di violarla. 

Quanto al citato ripristino della 'disponibilit� del conto ed alla successiva 
utilizzazione di essa (art. 9), non giova opporre che trattasi di 
un effetto normale dell'apertura di credito, espressamente menzionato 
dall'art. 1843 e.e., perch� ci� non toglie che questa facolt� dell' accreditato 
possa talvolta. essere in contrasto con i criteri della legge fiscale, 
come in effetti lo � nel caso in esame. Ed invero dal fatto che la legge 

n. 261/53, come si � gi� precisato, concede la riduzione dell'aliquota 
solo quando la cessione sia fatta a garanzia od a copertura di una 
�sovvenzione preventivamente ben determinata nel suo ammontare, e 

I 

sempre che la cessione sia impiegata esclusivamente per estinguere il 
debito dell'impresa derivante dallo stesso finanziamento, deriva che il 
rapporto deve esaurirsi non appena l'istituto di credito abbia, con il 
ricavo della cessione, realizzato una somma pari all'ammontare della 
sovvenzione, dei relativi interessi e delle spese. Se invece, � pattuito, 
come nella scrittura in esame, che lo scoperto del conto possa essere 
pareggiato con i proventi dei mandati emessi dalla stazione appaltante 
a favore dell'impresa, e che la nuova disponibilit� possa essere da 
questa ancora utilizzata fino al limite del fido, in pratica si verifica una 
reiterazione del finanziamento, con la conseguenza che la cessione viene 
utilizzata a copertura di una sovvenzione diversa o quanto meno di 
importo superiore a quello indicato nel contratto sottoposto a registrazione 
e sul quale viene calcolato l'ammontare dell'imposta di registro. 

:E: possibile che tutto ci� in pratica non si verifichi ed anche che 
le parti non abbiano intenzione di attuarlo, ma, come si � gi� spiegato 
sopra, per negare i benefici fiscali di cui trattasi, basta che dal contratto 
risulti obiettivamente la semplice ed astratta possibilit� di una simile 
deviazione dai precetti di legge. Appunto per questo il ripristino delle 
disponibilit� del conto corrente ed il loro reiterato utilizzo, sebbene 
costituiscano un normale effetto dell'apertura di credito disciplinata dal 
codice civile, debbono ritenersi incompatibili con le condizioni richieste 
dalla legge 4 aprile 1953, n. 261, per la registrazione a tariffa ridotta dei 
contratti di finanziamento e contemporanea �cessione di crediti pro solvendo 
e pro soluto, a meno che in esso non siano inserite quelle .clausole 
limitatrici di cui si � gi� parlato. 

Ora passando all'esame della scrittura intervenuta il 22 novembre 
1955 tra la Banca Nazionale del Lavoro e l'impresa Ciccarella, non 
vi � dubbio che alcune sue clausole, riguardanti il modo di operare 


PARTE l, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1317 


del finanziamento, sono apertamente in contrasto con la citata legge 
fiscale, per il fatto che consentono almeno parzialmente di utilizzare 
la cessione di credito per operazioni diverse dal finanziamento specificato 
nello stesso contratto. 

A parte la notevole differenza tra l'importo della sovvenzione 

(L. 5.000.000) e quello del credito ceduto {L. 61.967.362), gi� per s� 
stessa difficilmente spiegabile in mancanza di clausole che limitano 
l'impiego della cessione, basta richiamare il disposto dell'art. 9, la cui 
importanza non pu� essere sminuita dalle abili quanto infondate -argo-mentazioni 
dell'appellante. 
Nella parte prima di detto articolo fu stabilito, infatti, che la Banca 
Nazionale del Lavoro cc �a suo insindacabile giudizio� -si noti avrebbe 
potuto utilizzare le somme riscosse in dipendenza della cessione 
� per l'estinzione e decurtazione delle esposizioni in essere � senza 
alcuna specificazione o limitazione, ed a questo scopo, sempre a suo 
insindacabile giudizio, accreditarle in tutto od in parte nel conto corrente 
scoperto, ovvero in un conto corrente vincolato a garanzia degli 
� effetti in essere � -senza alcuna esclusione -, oppure infine metterle 
in tutto od in parte a libera disposizione del cliente. 

:B �chiaro che con tale clausola la banca si � resa arbitra della 
situazione, di modo che avrebbe potuto destinare i proventi della 
cessione per estinguere e garantire qualsiasi esposizione debitoria dell'impresa 
{ � esposizione in essere �) e, quindi, anche quelle derivanti 
da rapporti diversi dalla sovvenzione collegata con la cessione di credito, 
sia gi� pendenti prima del contratto, sia instaurati in seguito. 
N� il cliente avrebbe potuto impedirlo, dato che non aveva assolutamente 
alcun potere di sindacare l'operato della banca e tanto meno 
quello di pretendere la consegna delle somme da quella incassate 
dopo l'estinzione del prestito. � 

Ci� basta per affermare che nel contratto manca la esclusivit� della 
correlazione tra il finanziamento e la cessione, esclusivit� che costituisce 
una delle condizioni indispensabili per la concessione dei benefici fiscali 
di cui trattasi. 

Ma vi � di pi�. Nelfultima parte dello stesso art. 8 fu pattuito, 
infatti, che l'impresa, eliminata o ridotta la esposizione, av~ebbe potuto 
presentare allo sconto altri effetti cambiari per gli importi consentiti 
dalla banca e nei limiti del fido. Fu sancita, cio�, la possibilit� della 
reiterazione del finanziamento, con la conseguente possibilit� di eludere 
la legge circa il divieto di estendere l'efficacia della cessione ad altre 
operazioni; � chiaro, infatti, che le nuove cambiali presentate allo sconto 
avrebbero potuto riguardare debiti e sovvenzioni del tutto estranei alla 
esecuzione dell'opera pubblica dalla quale derivava il credito ceduto. 

Di notevole importanza � pure la clausola dell'art. 10, con la quale 
la banca si riserv� la facolt� di revocare in ogni momento il finanzia-. 



1318 RASSEGNA DELI..' AVVOCATURA DELLO STATO 

mento, con il semplice preavviso di otto giorni, � ferma, per�, restando. 
in ogni suo effetto la �cessione �. 

Tale ultrattivit� di quest'ultima dopo la fine del rapporto di finanziamento, 
e per giunta senza limiti di tempo e di ammontare, consen


tiva, ovviamente, di eliminare il collegamento, richiesto tassativamente 
dalla legge fiscale, tra la sovvenzione e la cessione del credito con 
conseguente autonomia di questa rispetto a quella. 

. Ma quel che pi� conta � che la banca, avvalendosi di tale clausola, 
avrebbe potuto continuare a riscuotere i mandati e giovarsi del loro 
importo per coprire altri debiti dell'impresa, derivanti da altri negozi 
giuridici non indicati nel contratto registrato. N� a ci� avrebbe potuto 
costituire un ostacolo la mancanza, nella scrittura, di una autorizzazione 
in tal senso da parte del cliente. Ed invero, a parte il fatto che � 
questi avrebbe potuto concedere il consenso in separata sede con un 
documento non soggetto a registrazione, la banca, per il gi� ricordato 
art. 9, aveva il potere di versare sul conto corrente vincolato � a suo 
insindacabile giudizio�, anche le somme eccedenti in pareggio del fido, 
con la conseguenza che avrebbe potuto sia trattenerle a garanzia di 
qualsiasi operazione, sia stornarle per coprire altre esposizioni. 

A ci� si deve aggiungere che essa, in mancanza di un patto contrario, 
avrebbe potuto, per legge, esercitare la compensazione con altri 
suoi crediti, ai sensi degli artt. 1241 e 1853 e.e. , 
. 

, 

.

Non pu� indurre a diverso avviso l'osservazione che, costituendo 
la revocabilit� del finanziamento una facolt� espressamente prevista 
dall'art. 1845 ultimo comma e.e., la clausola dell'art. 10 del contratto 

~ 

,

aveva soltanto lo scopo di fissare un termine inferiore a quello di legge .. ~ 

.

Infatti quella norma del codice civile va posta in relazione con il pre, 
cedente art. 1844, nel quale � ripetuto il principio generale che la , 

.

garanzia si estingue alla fine del rapporto. . 
.

~, 

Nel contratto in esame � stata prevista, invece, la possibilit� di 
svincolare la garanzia dal finanziamento dando, cos.� almeno potenzialmente, 
autonomia alla cessione del credito, e questo appunto non � 
consentito dalla legge 4 aprile 1953 n. 261, anche se detta clausola in 
altra sede e per fini diversi da quelli fiscali, sia lecita. 

� Infine non � inopportuno rilevare che, se le parti contraenti non 
avessero previsto a priori la possibilit� di utilizzare la cessione per 
coprire esposizioni debitorie superiori o diverse da quelle del finanziamento 
indicato in .contratto, difficilment:e potrebbe spiegarsi il fatto 
che esse si siano assoggettate a pagare l'imposta, sia pure con aliquota 
ridotta, su di una cessione di ben L. 61.967.362 per realizzare un fido 
di sole L. 5.000.000. 

Cos� pure gio"'.a osservare che gli interessi dei due contraenti coincidevano 
nell'eludere la legge fiscale, giacch�, se alla banca premeva 
acquisire le pi� ampie garanzie per ogni suo credito presente e futuro 

J 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1319 

verso l'impresa, a questa era comodo giovarsi della cessione per garantire 
od estinguere ogni suo debito verso di quella. Non ha pregio, pertanto, 
opporre che l'impresa avrebbe potuto sollevare eccezioni per 
limitare lo strapotere della banca, tanto pi� che il contratto non le 
consentiva alcuna iniziativa di tal genere. 

Nella comparsa conclusionale la banca ha chiesto per la prima 
volta che, in subordine, sia applicata anche alla cessione, oltre che al 
flnanziamento, laliquota intermedia dello 0,50%, di cui alla lettera b) 
dell'art. 4 della tariffa all. A della legge del registro, modificata dalla 
legge 4 aprile 1953, n. 261 (anzich� quella dell'l,50% applicata dall'Ufficio 
del Registro). Trattasi evidentemente di una domanda nuova, 
non proposta neppure nelle conclusioni prese in questo grado del giudizio, 
la quale nori pu� ritenersi compresa in quella avanzata con la 
citazione introduttiva del giudizio di primo grado, dato che in questa 
fu invocata e sostenuta esclusivamente l'applicazione dell'aliquota 
ridotta dello 0,25%, i cui presupposti sono in parte diversi da quelli 
necessari per laliquota intermedia. 

Detta domanda subordinata, deve, dunque, ritenersi irritualmente 
proposta e quindi non suscettibile di esame di merito. 

Tuttavia, per completezza, giova ricordare che la � nota � inserita 
nell'art. 1 della legge n. 261/53 riguarda cc l'applicabilit� delle aliquote 
minori di cui alla lettera b) e c) �, cio� non solo quella ridottissima 
dello' 0,25% (lett c), ma anche quella intermedia dello 0,50% (lett. b); 
conseguentemente pure per quest'ultima sono necessari non solo i requisiti 
soggettivi ma anche quelli oggettivi indicati nella stessa nota. 

Pertanto per ritenere inapplicabile la predetta aliquota dell'0,50% 
alla cessione di cui trattasi, basta richiamare gli argomenti sopra esposti 
in� relazione all'aliquota minore; n� pu� indurre, a diverso avviso la 
massima giurisprudenziale invocata {Cass., ,21 dicembre 1964, n. 2948), 
che oltretutto si riferisce ad una particolare fattispecie. -(Omissis). 

CORTE D'APPELLO DELL'AQUILA, SO luglio 1965, n. 172 -Pres: 
Colangelo -Est. Fracassi -Ministero Finanze (avv. Stato Bafile) 

c. Banca Nazionale del Lavoro (avv. Ludovici). 
lmpost? ipotecaria � Credito agrario � Esenzione � Presupposti e 
limiti. 

(I. 5 luglio 1928, n. 1760, art. 21). 
Le agevolazioni tributarie stabilite dall'art. 21 della legge 5 luglio 
1928, n. 1760 sono applicabili solo quando ratto di costituzione dei 
privilegi sia stipulato con rigorosa osservanza della particolare disci




1320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

plina legislativa del credito agrario sia in ordine al contenuto che alla 
forma. Non � conforme al tipo legislativo, quale risulta dal complesso 
delle norme della legge n. 1760 del 1928 e del regolamento approvato 
qon d.m. 23 gennaio 1928, ed � quindi soggetto a normale trattamento 
tributario ratto che non contiene r espressa indicazione della durata 
delfoperazione (anche se fa riferimento ad un'unica cambiale di cui � 
menzionata la scadenza) e che prevede una clausola risolutiva espressa 
per casi, quale finadempimento del prestatario, non previsti nella 
legge (1). 

(Omissis). -L'appello deve essere accolto. 

Il particolare tipo di credito in favore dell'agricoltura, che si realizza 
sotto la duplice forma del credito agrario di esercizio e del credito 
agrario di miglioramento, trova la sua organica sistemazione in ordine 
alla natura, alla durata, alle modalit� di eserdzio e ai privilegi speciali 
nel d.l. 29 luglio 1927 n. 1509, convertito nella legge 5 luglio 1928 

n. 1760 e nel d.m. 
23 gennaio 1928. 
Una operazione di credito che non rispetti le particolari norme di 
tale organica disciplina non pu�, dunque, qualificarsi agraria nel senso 
voluto dal legislatore e, conseguentemente, non � ammessa a benefi


Iciare delle agevolazioni tributarie specificamente previste dall'art. 21 
della legge 5 luglio 1928 n. 1760 e da altre disposizioni di legge. 

I

Si pu�, dunque, affermare, in conformit� della giurisprudenza della ~ 
Suprema Corte e della Commissione Centrale delle Imposte, che le 

II

norme relative alle agevolazioni tributarie previste per il credito agrario 
sono norme eccezionali, e come tali insuscettibili di interpretazione 
analogica, ma solo d'interpretazione estensiva, e che perci� intanto 
spettano i benefici fiscal~ per un atto avente per oggetto un'operazione 
di credito agrario, in quanto questa sia stata posta in essere nella rigorosa 
osservanza della particolare disciplina legislativa di che trattasi 
sia in ordine al contenuto che alla forma. 

Secondo l'ordinamento vigente, le operazioni di credito agrario di 
esercizio, distinte in operazioni di conduzione e di dotazione, possono 
essere compiute da Istituti di credito appositamente autorizzati (e tra 
questi � da annoverare la Banca Nazionale del Lavoro) e si concretano, 

(1) Pronunzia di notevole interesse in una materia con scarsi precedenti giurisprudenziali. 
Sul principio generale cfr. Comm. Centrale, 22 gennaio 1962, n. 84660, 
Riv. leg. fisc., 1963, 1041, che ritiene anche non conforme al tipo legale l'atto che 
prevede la pattuizione di interessi moratori e la decadenza dal beneficio del termine. 
Esattissima appare la pronuncia che individua altre ragioni di esclusione dal bene~ 
ficio nella omessa indicazione della durata dell'operazione di credito agrario, sempre 
richiesta distintamente dall'indicazione della scadenza delle cambiali e, cosa assai 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1321 

oltre che in prestiti per, la conduzione delle aziende agrarie e per la 
utilizzazione, manipolazione e trasformazione dei prodotti o in anticipazioni 
di pegno di prodotti agricoli depositati in luogo di pubblico 

o privato deposito o in prestiti a favore di enti ed associazion agrarie, 
anche in �prestiti per l'acquisto 'di bestiame, macchine ed attrezzi agricoli 
(art. 2, n. 2, legge :U� 1760 del 1928). 
Il prestito per cui � controversia rientra, appunto, in quest'ultimo 
tipo. 

Orbene, l'Amministrazione Finanziaria appellante giustamente 
sostiene, in primo luogo, che l'atto in esame non pu� godere del beneficio 
fiscale di che trattasi, perch� esso, non solo non contiene alcuna 
clausola indicante la durata del prestito, mentre tale indicazione � 
obbligatoria {art. 27, lett. F) del regolamento approvato con d.m. 23 gennaio 
1928), ma lascia chiaramente intendere che la durata del prestito 
sia superior� a quella massima di cinque anni prevista dall'art. 5 della 
legge n. 1760 del 1928, il quale, appunto, cos�: si esprime: � I prestiti 
di cui al n. 2 ~elrart. 2 saranno estinti in rate annuali non superiori a 
cinque�. 

Basta infatti considerare che nell'atto costitutivo del privilegio 
legale e d� ipoteca immobiliare, di che trattasi, dopo essersi precisato 
all'art. 1) che viene u accordato al dott. Cerulli Jrelli Berardo un prestito 
agrario di dotazione della somma di L. 20.000.000 mediante 

, sconto ... della seguente cambiale agraria emessa in data odierna... dell'importo 
di L. 20.000.000, con scadenza al 18 aprile 1963 � all'art. S si 
riconosce, pur tuttavia, alla Banca il diritto di esigere la restituzione 

11 

immediata dell'intera somma mutuata in caso di mancato o ritardato 
pagamento anche di parte soltanto della cambiale relativa al prestito �. 

Tale ultima pattuizione lascia agevolmente intendere che tra le 
parti fu concordato un piano di ammortamento per estinguere il prestito 
in pi� rate e in un termine abbastanza vasto e �omunque superiore 
ai cinque anni previsti dalla legge. 

Infatti, se il prestito fosse stato contenuto nella unica cambiale 
descritta, esso si sarebbe dovuto estinguere per intero dopo un anno, 
alla scadenza della cambiale medesima. Non si sarebbe potuto, quindi, 
ipotizzare una risoluzione anticipata, in caso di mancato pagamento, 
dato che l'operazione avrebbe avuto una sola scadenza (quella della 

importante, nella pattuizione sulla risolubilit� del contratto per inadempimento del 
prestatario, non ammessa dalla legge, in quanto � da ritenersi rigida e tassativa 
l'indicazione dei casi di risoluzione contenuta nell'art. 10 della 1. 5 luglio 1928, 

n. 1760 e nell'art. 27 lett. g} del regolamento 23 gennaio 1928. 
Naturalmente l'identico principio. affermato nella sentenza per l'imposta ipotecaria 
vale anche per l'imposta di registro. 

16 



1322 RAi?SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cambiale) coincidente con l'esaurimento del prestito. L'avere, quindi, 
le parti pattuito la restituzione immed�ata della somma in caso di mancato 
pagamento, anche parziale, della cambiale, sta a significare che 
la d.rata dell'operazione doveva essere sicuramente superiore all'unica 
� cambiale menzionata, poich� altrimenti non si sarebbe disciplinata una 
evenienza il cui accadimento si sarebbe potuto verificare solo in caso 
di operazione da estinguersi in pi� rate annuali e con il rilascio di 


cambiali di rinnovo. 

Del resto � la disciplina legislativa stessa che consente (art. 25 del 
�l.m. 23 gennaio 1928) di ricavare dalle dichiarazioni contenute nelle 
domande di prestito o mutuo elementi di integrazione e di interpretazione 
delle indicazioni contenute nelle cambiali agrarie. Da ci� si 
deduce che la durata effettiva del prestito pu� e deve essere desunta 
anche dalla domanda relativa, fatta dal Cerulli Jrelli, nella quale deve 
essere stabilito appunto il piano di ammortamento di cui sopra si � 
fatto cenno; tanto pi� �che nell'atto di costituzion~ di privilegio e di 
ipoteca di che trattasi � fatta esplicita menzione di tale domanda, che 
si dice presentata il 24 gennaio 1962~ 

Al convincimento suddetto soccorrono, del resto, altre presunzioni 
e motivi, tutti quanti, precisi e concordanti, che cos� possono essere 
indicati: � 


1) Nell'atto costitutivo di privilegio e di ipoteca non � stata ' 
dichiarata, in modo preciso ed esauriente, la durata del prestito, cos� 
come invece tassativamente previsto dall'art. 27, lett. f) del citato regolamento. 


2) Il prestito era di tale entit� .(L. 20.000.000) da lasciar ragionevolmente 
pensare ad un'operazione d( credito protratta per vari anni, 
tenuto conto che trattavasi di destinazione per l'acquisto di macchinari, 
il cui costo si ammortizza in tempo non breve. 

3) Data la mancanza di una precisa durata dell'operazione, 
sarebbe stato possibile procedere al rinnovo della cambiale agraria, 
rimanendo cos� aperta la possibilit� di protrarne loperazione di credito 
per un tempo indeterminato, ferma rimanendo l'ipoteca, oltre che il 
privilegio corrente. 

4) La Banca del Lavoro non ha ritenuto di voler esibire la 
domanda di prestito del Cerulli Jrelli, che avrebbe posto in luce l'effettiva 
durata dell'operazione. Ci� sta a significare che tale durata � stata 
pattuita p�r tempo superiore ai cinque anni, altrimenti non si sarebbe 
omessa una cosl facili: e decisiva dimostrazione del contrario. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1323 

Ma non basta. La esclusione del beneficio tributario � giustificata 
altres� dall'inserimento nelratto per cui si discute di una clausola risolutiva 
espressa in casi non contemplati dalla legge (art. 33 dell'atto 
medesimo). 

L'art. 10 della legge e l'art. 27, lett. g) del regolamento prevedono 
la risoluzione del contratto in casi ben determinati e tassativamente 
indicati, in considerazione della loro gravit� ai fini della conservazione 
del privilegio. Fra questi casi, che soli possono giustificare la risoluzione, 
non � compreso il mancato o ritardato pagamento delle cambiali 
agrarie o delle rate di ammortamento. Anzi l'art. 11 della legge (in 
contrapposizione al precedente articolo che disciplina la risoluzione) 
dispone che se il debitore non versa alle scadenze stabilite l'importo 
del prestito o delle singole rate, il Pretore, su richiesta del mutuante, 
pu� ordinare il sequestr� e la vendita degli oggetti sottoposti a privilegio, 
il che s�e assicura in modo efficace la tempestiva esecuzione della 
prestazione da parte del debitore, impedisce, peraltro, al creditore di 
poter chiedere l'anticipata risoluzione del contratto in caso di mancato 

o ritardato pagamento di 
una singola rata. 
Pertanto � chiaro che non si adegua alla disciplina del credito 
agrario, e snatura il tipo contrattuale delineato dalla legge in tale 
materia, la clausola dell'atto per cui si discute che prevede la clausola 
risolutiva in caso � di mancato o ritardato pagamento di parte soltanto 
della cambiale relativa al prestito � una volta accertato che nella fattispecie 
le parti pattuirono l'ammortamento del prestito in pi� rate 
annuali. 
Tanto pi� che le. parti inserirono una clausola risolutiva addirittura 
espressa e neppure la risoluzione ordinaria, con la relativa decadenza 
dal beneficio del termine, attuando cos� una pi� s�ensibile deviazione 
dalle norme sul credito agrario. Poich� � ovvio che non si pu� 
identificare la clausola espressa alla diffida ad adempiere (art. 1454 e.e. 
vigente); dato che la prima opera sempre di diritto prima ancora che 
sia intimata la diffida e sia decorso il termine e quale che sia l'importanza 
delrinadempimento; mentre nel secondo caso la diffida pu� essere 
contestata dall'altra parte, nella quale ipotesi si apre la via alla pronuncia 
del giudice che dovr� valutare l'importanza dell'inadempimento. 
Da ultimo nessuna importanza, ai fini del presente giudizio, pu� 
essere attribuita alla circolare del Ministero delle Finanze in data 
7 ottobre 1963, poich� � noto che le circolari ministeriali sono atti 
interni della p.a., destinati unicamente ad indirizzare e regolare in 
modo uniforme l'attivit� degli organi inferiori, e non hanno efficacia 
vincolante n� possono spiegare alcun effetto giuridico nei oonfronti di 
soggetti estranei alla p.a., neppure ai fini della interpretazione delle 
norme di legge. -{Omissis). 



1324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE DI GENOVA, 31 luglio 1965 -Pres. Riccomagno -Est. =~ 

Maganza -Giancarli {avv. De Figueiredo) c. Ministero Finanze 

{avv. Stato Batistoni). J 

Imposta di successione -Tributo complementare sul maggior 
valore -Interessi di mora. 

(1. 28 marzo 1962, n. 147, articolo unico; 1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3). 
Sulle somme dovute per imposta complementare sul maggior valore 
dei beni caduti in successione' rispetto al valore dichiarato si applicano 
gli inteiressi di mora con decorrenza dal giorno in cui i intero tributo 
sarebbe stato corrisposto nel caso di dichiarazione veritiera del 
valore venale e cio� dal giorno in cui era dovuta iimposta principale (1). 

(Omissis). -Le disposizioni di legge che debbono essere opportunamente 
vagliate e rettamente applicate dal Collegio ai fini della decisione 
della causa sono l'art. S della I. 26 gennaio 1961, n. 29 e l'articolo 
unic~ della I. 28 marzo 1962, n. 147. Con la legge n. 29 del 1961 
� stata disciplinata, con riferimento alle tasse e alle imposte indirette 

sugli affari, la corresponsione degli interessi dovuti sia dal contribuente 
all'Amministrazione, che da questa al contribuente (nel caso di rimborso 
�di tributi indebitamente prescelti): lart. 3, per l'ipotesi in cui la 
liquidazione di tutto o di parte del tributo sia stata ritardata per fatto 
imputab~le al contribuente, dispone che � gli interessi si computano dal 
giorno in cui la tassa o l'imposta sarebbe stata dovuta se la formalit� 
fosse stata eseguita, o la autotassazione effettuata o la den:uncia presentata 
in forma .completa e fedele )) . Questa norma venne a suo tempo 
interpretata dall'Amministrazione nel senso che, nel caso di imposta 
complementare sul maggior valore, gli interessi decorressero soltanto 
dalla scadenza del termine utile per effettuare il pagamento del tributo 
complementare dopo la sua liquidazione. Ma interviene tosto la legge 
28 marzo 1962, n. 147, intitolata � Interpretazione autentica della legge 
26 gennaio 1961, n. 29 circa la disciplina degli interessi di mora dovuti 
sulle tasse ed imposte indirette sugli affari di natura complementare�, 
il cui articolo unico giova testua1lmente trascrivere: � Gli interessi moratori, 
previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29, dovuti sulle somme da 
comspondersi alrerario per i tributi indiretti sugli affari di natura complementare, 
che non poterono essere liquidati integralmente al momento 

(1) Non si rinvengono precedenti. Il principio � da ritenere esatto e senz'altro 
estensibile all'analoga ipotesi di accertamento di maggior valore configurabile ai 
fini dell'imposta di registro. L'esauriente motivazione della sentenza pu� dispensarci 
da qualsiasi commento, 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1325 

della liquidazione principale per mancanza od insufficienza degli elementi 
occorrenti aUa liquidazione, decorrono dallo stesso giorno in cui, 

per essere sorto il rapporto tributario, � dovuto il tributo principale. 
Se la mancanza e l'insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione 
del tributo complementare non � dipesa da fatto impu'tabile al 
contribuente, gli interessi sul tributo stesso decorrono dal giorno in cui 
� avvenuta la liquidazione n. 

Osserva intanto il Collegio che siffatta norma, espressamente intitolata 
come di interpretazione autentica della legge del 1961 n. 29, si 
adegua coerentemente alla struttura del sistema tributario schematizzato 
dall'art. 7 della legge di registro: infatti, poich� l'imposta complementare 
(contrariamente da quella suppletiva, resa necessaria dall' originario 
errore od omissione dell'Ufficio al momento della registrazione) 
non � altro che un complemento di quella principale, che non pot� 
essere inizialmente e contestualmente liquidato � per mancanza o 
insufficienza degli elementi occorrenti per la liquidazione n, ne consegue 
che, unico essendo il rapporto tributario che diede vita all'imposta 
principale ed a quella complementare; questa si considera dovuta fin da 
quello stesso momento in cui sorge il rapporto; eppertanto � giusto che 
il contribuente sopporti l'onere degli interessi moratori, da quel giorno, 
sulla somma dovuta per il tributo complementare; a meno che -ed � 
questa leccezione pl'evista dalla seconda parte dell'articolo unico dianzi 
trascritto -la mancanza o <l'insufficienza degli elementi necessari per 
la liquidazione non sia dipesa da fatto a lui imputabile. 

Alla luce della disciplina test� illustrata passa ora il Collegio ad 
esaminare il caso di specie, nel quale si tratta di imposta complementare 
liquidata per la successione di Giancarli Giovanni, dopo che il valore dei 
beni el'editari, dal contribuente denunziati in complessive L. 3.710.000, 
era stato aumentato, in s@d� di concordato, a complessive L. 42.787.500. 

Secondo lassunto dell'opponente, non ricorrerebbe nella specie 
l'ipotesi di un fatto imputabile al oontribu�nte, in quanto la denunzia 
di successione portava l'indicazione completa di tutti i singoli cespiti, 
n�, d'altro canto, l'erronea dichiarazione dei valori potrebbe sostanziare 
una denunzia infedele, essendo invece al riguardo dalla legge prevista 
e predisposta la speciale procedura di valutazione. 

Tale assunto �, ad avviso del Collegio, completamente infondato: 
infatti, posto che l'art. 51 della Legge Tributaria sulle successioni prnscrive 
che la denunzia contenga, oltrech� la particolareggiata notizia 
dei beni compresi nella successione, anche � la dichiarazione del 
valore 1>, tale dizione non pu� ovviamente intendersi altrimenti che nel 
senso di dichiarazione di valore veritiera. Si noti che la legge n. 29 del 
1961, sopra cennata, parlando di denunzia in forma � completa e 
fedele 1>, col primo aggettivo ha inteso riferirsi alla integrale notizia di 



1326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tutti i beni, e col secondo ha chiaramente voluto significare f esigenza 
di veridicit� dei dati forniti dal denunziante, fra essi compreso il valore 
dichiarato. Ed allora e proprio a chiedersi come possa f opponente pretender� 
che si consideri fedele una denunzia contenente l'indicazione 
di un valore che era circa un dodicesimo {L. 3.710.000) di quello poi 
da lui stesso accettato in sede di concordato (L. 42.787.500); in presenza 
di siffatto esagerato divario non � pi� il caso, evidentemente, di parlare 
di valutazione e di relativo giudizio, ma di denunzia palesamente e 
siniomaticamente infedele. 

In questa convinzione il Collegio � altres� confermato dalla constatazione 
che la legge -art. 12 1. 12 giugno 1930, n. 742, che ha modificato 
l'art. 43 della legge tributaria sulle successioni in relazione all'art. 72 
della legge stessa -commina una pena pecuniaria nel caso in cui il 
valore accertato eccede di oltre un quarto il valore dichiarato; dal che 
si evince che se, praticamente, viene in tal modo a risultare colpevole e 
meritevole di sanzione un denunziante allorch� il valore accertato superi 
anche di poco pi� di un quarto quello dichiarato, un caso in cui siasi 
denunziato addirittura un valore dodici volte inferiore a quello poi 
concordato, esula completamente da ogni previsione di mera � insufficienza
� di dichiarazione, contemplata dalla legge sulle successioni, e 
sostanzia invece una ipotesi di denunzia deliberatamente infedele. 

N� ha importanza che, in presenza di concordato, non si applichi 
la pena dianzi accennata; che il richiamo si � fatto unicamente perr 
arguirne la mens legis in tema di denunzia e di dichiarazione di valore, 
mentre nella questione che ne occupa si tratta non gi� di applicare una 
penalit�, ma di accollare giustamente degli interessi moratori ad un 
un contribuente che, per fatto a lui imputabile, assolve in ritardo ed in 
via complementare una imposta che avrebbe dovuto invece essere corrisposta 
fin dal sorgere del rapporto tributario insieme con l'imposta 
principale. -(Omissis). 

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SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 1� aprile 1965,�n. 7 -Pres. Reale Est. 
Cortesani -Grimaldi e Sagone {avv. Sorrentino) c. Assessorato 
LL.PP. Regione Siciliana {avv. Stato Albisinni) e Sardo (avv. Conte). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Acque pubbliche � Antiche utenze 
� Provvedimenti relativi alla procedura di riconoscimento lmpugnativ� 
�Mancato deposito del ricorso -Decadenza. Non 
sussiste. 
(r,d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 3, 156, 176; e.e., art. 2966). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Acque pubbliche -Piccole derivazioni 
a scopo di irrigazione � Legge 18 dicembre 1951, n. 1550 � 
Ambito di applicazione. 

(r.d. 11 dicembre 1933, art. 3; I. 18 dicembre 1951, n. 1550). 
La tempestiva proposizione del ricorso previsto dall'art. 8, sesto 
comma, del r.d. 11 dicembre 1988, n. 1775 impedisce la decadenza dal 
diritto al riconoscimento di antica utenza anche in caso di mancato deposito 
del ricorso {l). 

(1-2) Decadenza dal diritto e improcedibilit� del ricorso, in 
materia di antica utenza di acque pubbliche. 

I. La prima massima sembra suscettibile di critica. L'attento esame della motivazione 
consente, anzitutto, di rilevare una inesatta impostazione del problema, in 
quanto di decadenza dal diritto al riconoscimento di antica utenza pu� discutersi 
con riguardo alla tempestivit� o meno della domanda di cui al primo comma del1'
art. 3 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (s� che in esclusiva relazione al compimento 
di tale atto deve valutarsi l'effetto impeditivo della decadenza: art. 2966 e.e.), 
mentre il problema non si pone, o pi� esattamente, si pone sotto un diverso 
profilo, per l'ipotesi di mancato o inefficace ricorso nei termini di cui all'ultimo 
comma del citato art. 3; in tal caso, infatti, l'estinzione del diritto non consegue 
alla decadenza (improcedibilit�) del ricorso, come ritiene la sentenza in rassegna, 
ma deriva evidentemente dalla inoppugnabilit� del provvedimento definitivo che 
ne abbia gi� esclusa la sussistenza. Una volta, cio�, che la domanda di riconoscimento 
abbia impedito Ja decadenza dal diritto, il problema si sposta nell'ambito 
della questione sulla tempestivit� del ricorso e sugli effetti che la sua improcedi

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1328 

La disposizione di cui alr articolo unico della legge 18 dicembre 1951, 

n. 1550 non � applicabile quando la domanda di riconoscimento o di 
concessione sia stata gi� presentata a norma del r.d. 11 dicembre 1933, 
n. 1775 (2). 
(Omissis). -Occorre ora accertare se il ricorso tempestivamente 
proposto il 3 marzo 1959 possa ritenersi, non ostante la mancanza del 
deposito in cancelleria, giuridicamente idoneo a spiegare gli effetti di 
un utile esercizio del diritto sottoposto a decadenza, ai sensi dell'art. 
2966 codice civile. 

Secondo l'art. 151 t.u. n.1175 del 1933, la proposizione della domanda 
davanti ai Tribunali delle Acque Pubbliche va effettuata mediante 
ricorso, che, al pari della citazione per i giudizi orOinari, deve contenere, 
ad un tempo, la richiesta all'avversario di riconoscimento della pretesa 
(editio actionis) e l'invito a partecipare al giudizio {vacatio in ius). 
Il successivo ari:. 156 prescrive, poi, il deposito in cancelleria del ricorso 
e dei relativi documenti almeno cinque giorni prima �della scadenza 
del termine di comparizione, analogamente a quanto stabilito dall'art. 36 

t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 sul Consiglio di Stato. Infine, per il caso di 
mancato deposito, l'art. 176 t.u. n. 1775 del 1933 dispone che �la -citazione 
si ha come non avvenuta, salvi tutti gli altri effetti del ricorso �. 
Ai fini di una esatta interpretazione delle suindicate norme, ha 
importanza considerare che la presentazione {deposito) della domanda 
all'ufficio giudiziario, pur costituendo un adempimento necessario e 
imprescindibile per rendere in concreto operante il potere-dovere del 
giudice di emettere una pronuncia � tuttavia diversamente regolata dai 
singoli ordinamenti processuali. Invero nel procedimento davanti al 
Consiglio di Stato, caratterizzato -com'� noto -dalla semplice vacatio 

., 

bilit� determina ai fini della decadenza del termine : e, sotto tale profilo, non vi � .1: 
motivo per escludere l'operativit� degli opposti principi affermati dalla Corte di . 

Cassazione e dal Consiglio di Stato; n� risultano di ostacolo a tale richiamo la 
qualificata causa petendi sulla quale si fonda la pretesa al riconoscimento della 
antica utenza (diritto soggettivo) e la consegue�nte natura giuridica del ricorso 
ex art. 3, sesto comma, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, considerato che anche 
in materia di diritti soggettivi, e per ipotesi sostanzialmente analoghe a quella in 
esame, il consolidato orientamento del Consiglio di Stato ritiene operativo il termine 
di decadenza quando il ricorso investa un provvedimento autoritativo dell'Amministrazione 
(IV, 28 ottobre 1964, n. 1132, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1726; 
VI, 13 maggio 1964, n. 412, ibidem, 1033; V, 28 febbraio 1964, n. 278, Foro it., 
1964, III, 145; V, 20 dicembre 1963, nn. 1132 e 1134, Il Consiglio di Stato, 1963, 
I, 1895 e 1896; VI, 27 febbraio 1963, n. 105, ibidem, 256; V, 23 giugno 1962, 

n. 548, ivi, 1962, I, 1215; VI, 27 giugno 1962, n. 494, ibidem, 1271; V, 14 aprile 
1962, n. 352, ibidem, 745; per i precedenti, cfr. Mass. Campl. Cons. Stato, 19321961, 
vol. Il, 4329 e segg., n. 479 e segg., e 3688 e segg., n. 894 e segg.; in dottrina, 
' -.. . ~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1329 

iudicis, il deposito del ricorso costituisce un elemento integrativo della 
notif�cazione, e quindi incide, ad ogni effetto {sostanziale e processuale) 
sulla validit� delratto introduttivo. Al contrario nei giudizi ordinari la 
notif�ca della citazione, contenente una valida vocatio in ius, �, da sola, 
sufficiente a costituire il rapporto processuale, sicch� la presentazione 
della domanda, necessaria per la successiva iscrizione a ruolo della 
causa, non si diversif�ca dal complesso degli oneri posti a carico delle 
parti per la normale progressione del processo. Per quanto concerne il 
contenzioso delle aoque pubbliche l'art. 92 dell'abrogato d.l. 9 ottobre 
1919, n. 2161 dichiarava il ricorso, in difetto del deposito, � come 
non proposto� e la concorde dottrina e giurisprudenza del tempo (Cass. 
a Sez. Un., 29 maggio 1929, Pignatelli c. Ministero LL.PP.) riteneva 
'che l'atto introduttivo dovesse considerarsi, sotto ogni aspetto, giuridicamente 
inesistente, e quindi anche in relazione agli effetti cos� detti 
sostanziali della domanda. Senonch�, proprio ad evitare una cos� grave 
conseguenza, il citato art. 176 ha opportunamente precisato �che la mancanza 
del deposito rende inefficace soltanto cc la citazione� a comparire, 
ma non pregiudica cc tutti gli altri effetti del ricorso �. Orbene, alla 
stregua dell'ordinamento vigente, la inidoneit� dell'atto a dare vita al 
precesso non si comunica n� si estende ai diversi effetti che la richiesta 
di riconoscimento della pretesa (editio actionis), una volta portata a 
conoscenza della controparte, �, di per s�, suscettibile di spiegare sul 
piano sostanziale. 

Resta ora da accertare se anche l'effetto impeditivo della decadenza 

rientri tra quelli sostanziali del ricorso, fatti salvi dal citato art. 176, o 

se, per evitare la estinzione del diritto, sia invece necessaria una cita


zione pienamente valida ed efficace, tale da assicurare il regolare svol


gimento del processo . 

. 
da ultimo, cfr.: DE PRETis, Prescrizione e decadenza in tema di giurisdizione esclusiva, 
Amm. It., 1963, 599). 

Anch� nei termini nei quali risulta impostata la questione nella decisione in 

rassegna (prescindendo, cio�, dalla mancata distinzione delle due differenti ipotesi 

previste dai commi primo e sesto dell'art. 3), la soluzione adottata dal Tribunale 

Superiore suscita p�rplessit�. 

Nell'escludere espressamente, in base ad una asserita diversit� di presupposti, 

la possibilit� di applicare gli opposti principi affermati con riguardo ai procedi


menti dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria e al Consiglio di Stato, il Tribunale 

Superiore imposta la propria soluzione sulla differente formulazione dell'art. 176 

del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, rispetto all'art. 92 del r.d. 9 ottobre 1919, 

n. 2161, e sulla conseguente necessit� di attribuire un significato alla riserva introdotta 
con il citato art. 176 { � salvi tutti gli altri effetti del ricorso n ). Senonch�, 
le osservazioni in proposito svolte nella decisione perdono rilevanza risolutiva ove 
si consideri che lart. 17 6 si riferisce a tutti i ricorsi proposti ai Tribunali Regionali 
delle Acque, il che consente di individuare � tutti gli altri effetti � ipotizzabili 
. w .� . - 
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1330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
La questione, gi� da tempo esaminata in relazione alle norme che 
disciplinano i giudizi ordinari, �, com'� noto, vivamente controversa in 
dottrina e in giurisprudenza. Da un lato si � infatti ritenuto che l'impedimento 
della decadenza, attesa la particolare natura dell'istituto, 
non suscettibile di riprodursi nel tempo, si verifica in via immediata e 
automatica col compimento dell'atto previsto dalla legge, sicch�, una 
volta proposta una valida domanda in giudizio, resta, per ci� solo, definitivamente 
assicurata la piena libert� di esercizio del diritto nei limiti 
della prescrizione. E per il conseguimento di tale finalit� � sufficiente 
una citazione, che sia immune da vizi intrinseci, a nulla rilevando che 
la stessa abbia poi perduto la sua efficacia per una causa esterna all'atto, 
e cio� in seguito a fatti sopravvenuti, che, come nella specie, colpiscono 
il procedimento per difetto d'impulso. In contrario si � invece osservato 
che, secondo le norme del rito ordinario, la invalidit�, anche se derivante 
da fatti sopravvenuti, opera ex tunc, e rende quindi l'atto introduttivo 
privo "di ogni effetto processuale e sostanziale, compreso quello 
di impedire la decadenza. Ma non � il caso di soffermarsi ulteriormente 
su tale punto, poich�, anche a seguire l'interpretazione pi� rigorosa, da 
ultimo prevalsa in giurisprudenza (Cass., 5 aprile 1949, n. 788; 30 settembre 
1954, n. 3172 e 27 maggio 19'61, n. 1261), non per questo resta 
esclusa la possibilit� di una diversa soluzione alla stregua delle norme 
che disciplinano il contenzioso delle acque pubbliche. Il richiamo ad 
un difforme criterio ermeneutico � d�l tutto legittimo e giustificato, 
in quanto, com'� pacifico, la decadenza, non costituendo una causa 
generale di estinzione nei diritti, non obbedisce ad una ratio comune 
e la relativa disciplina ovviamente si adegua alla tutela di interessi ed 
esigenze diversi. Ora, come gi� rilevato dal S.C. a Sez. Un. nella sentenza 
16 febbraio 1937, n. 403, un utile elemento indicativo � offerto 
nella specie dall'art. 176 t.u. n. 1775 del 1933, che, alla stregua delle 
considerazioni pi� sopra svolte, fa salvi, indistintamente, tutti gli effetti 
nelle varie fattispecie (costituzione in mora, interruzione della prescrizione), senza 
dover necessariamente ricorrere ad una interpetazione che renda ragione della 
riserva con specifico riguardo al disposto di cui all'art. 3; non pu�, cio�, escludersi, 
a priori, e a maggior ragione in base ad una impostazione che ricollega all'inosservanza 
del sesto comma dell'art. 3 effetti contemplati nel primo comma, che ad 
un ricorso possa non conseguire altro effetto se non quello, peculiare, di instaurare 
un procedimento (possibilit� ribadita sotto il profilo sostanziale, da quanto sopra 
osservato sui rapporti tra le due disposizioni in esame); ed � discutibile, comunque, 
che l'effetto impeditivo della decadenza, proprio di un ricorso idoneo ad instaurare 
un valido rapporto processuale, possa ritenersi compreso fra gli effetti che la 
improcedibilit� del ricorso non pregiudica. 
Anche sotto questo profilo, pertanto, non sembrano sussistere motivi validi 
per non aderire all'opposto orientamento della Corte di Cassazione e del Consiglio 
di Stato; in particolare, l'opposta soluzione risulta adeguatamente motivata nella 
I 
I-. 
' 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1331 

sostanziali del ricorso e in verit� non si comprende quale potrebbe 
essere la portata pratica della norma, ove realmente dovesse escludersi 
l'effetto impeditivo della decadenza, dato che, per la brevit� di termini 
previsti in subiecta materia, alla invalidit� della citazione, ,quasi sempre 
conseguirebbe in concreto la estinzione del diritto. D'altra parte la 
limitazione temporale, del tutto eccezionale quanto alla impugnativa 
di provvedimenti amministrativi lesivi di �diritti soggettivi, � gustif�cata 
dal preminente interesse dell'autorit� statale di avere notizia, in vista 
della funzione pubblica del bene, della reale volont� dei soggetti destinatari 
dell'atto. A tale esigenza, costituente la specifica ratio dell'art. 3 
e delle altre analoghe prescrizioni contenute nel t.u. n. 1775 del 1933, 
soddisfa in pieno la tempestiva notificazione del ricorso, mentre la normale 
progressione del processo � adeguatamente assicurata dal complesso 
degli oneri posti a carico di entrambe le parti. 

Concludendo, il ricorso tempestivamente notificato il 2 marzo 1959 
ha conseguito, nonostante la mancanza del deposito, l'effetto impeditivo 
della decadenza e, esclusa la perenzione del processo, non costituitosi 
per la invalidit� della citazione, la originaria domanda � stata 
utilmente riassunta con la comparsa 13 maggio 1960 e riproposta col 
ricorso 27 febbraio 1961. 

(Omissis). -Alla stregua delle precisazioni anzidette si pone il 
problema, rivolto ad accertare i presupposti e le condizioni di applicabilit� 
della legge n. 1550 del 1951 e in particolare a stabilire se la 
espressione del testo legislativo � senza averne chiesto il riconoscimento 
� costituisca o meno una limitazione soggettiva per il riconoscimento 
dell'uso trentennale. 

Ora si sostiene -dalla difesa degli appellanti che nessuna preclusione 
pu� derivare dal provvedimento di rigetto di una precedente 
domanda di riconoscimento dell'uso trentennale anteriore al 1884, 

decisione 27 maggio 1961, n. 1261( Foro it., 1962, I, 1123) con la quale la Corte 
Suprema ha stabilito: " la proposizione della domanda giudiziale � un evento idqneo 
a eliminare la decadenza, non in quanto costituisce una manifestazione di volont� 
sostanziale, ma in quanto instaura un rapporto processuale, mediante il quale si 
ottenga l'effettiv� intervento del giudice ai fini della pronuncia di merito. In altri 
termini leffetto sostanziale della citazione di impedire la decadenza si giustifica 
soltanto in relazione allo svolgimento del processo che essa costituisce � � 

Certamente, la questione meriterebbe pi� approfondito esame, con riguardo 
anche alla necessit� di conciliare la soluzione con le norme sulla �perenzione 
(art. 186 t.u.) e ai rapporti tra decadenza ai fini processuali e decadenza in senso 
sostanziale; la singolarit� della fattispecie, ribadita dal difetto di precedenti, induce 
purtroppo a ritenere improbabile un riesame del problema in sede giurisdizionale. 

Sostanzialmente conforme alla decisione in rassegna: Cass., Sez. Un., 16 febbraio 
1937, n. 403, Foro it., 1937, I, 1643; in senso opposto, ma con riguardo ai 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1332 

avendo la legge n. 1550 del 1951 preso in considerazione la ben diversa 
situazione di fatto, successivamente consolidatasi dal 1921 al 1951, 
sicch� l'accenno ad una eventuale richiesta di utenza ha il solo scopo, 
peraltro del tutto superfluo, di chiarire ulteriormente il presupposto 
obiettivo per il riconoscimento, e cio� l'uso dell'acqua avvenuto senza 
titolo legittimo. 

La tesi difensiva anzidetta � per� nettamente resistita dalla lettera 
della legge, che, secondo le regole dell'ermeneutica, va in primo luogo 
considerata dall'interprete. Invero dalla precisa e univoca formulazione 
della norma in esame risulta evidente che la possibilit� di chiedere, in 
via eccezionale, il riconoscimento della utenza di fatto � subordinata 
alla esistenza in concreto di un duplice presupposto: il primo, obiettivo, 
consistente nella effettiva derivazione e utilizzazione pacificamente 
protrattasi per tutto il trentennio anteriore al 1951, e il secondo,� subiettivo, 
costituito dalla mancanza di una precedente richiesta di riconoscimento 
o concessione della medesima acqua, e quindi, ovviamente, 
dalla inesistenza di una statuizione definitiva di rigetto. E poich�, 
com'� noto, il riconoscimento della utenza di fatto poteva essere richiesto, 
prima della legge n. 1550 del 1951, soltanto sulla base del!'
art. 2, lett. b), t.u. n. 1775 del 1933 entro l'anno dalla pubblicazione 
dell'elenco in cui l'acqua veniva iscritta, l'espressione �senza averne 
chiesto il riconoscimento n non pu� riferirsi che all'eventuale precedente 
domanda di rico.noscimento della medesima acqua, fondata sull'uso 
trentennale anteriore al 1884. Tale interpretazione trova del resto 
conferma nella Relazione al Senato {Le Leggi, 1952, 16), secondo cui 
il motivo determinante della legge fu quello di consentire una generale 
sanatoria in favore delle piccole derivazioni irrigue, tramandate 
ab antiquo di padre in figlio, le quali, gi� aventi titolo a riconoscimento 
in base all'art. 2, lett. a) e b) t.u. n. 1775 del 1933, non ne ottennero la 
relativa declaratoria in difetto di tempestiva domanda, non presentata 

ricorsi al Tribunale Superiore, per i quali si applica la diversa disposizione dell'art. 
194 del t.u., cfr.: Trib. Sup. Acque, 14 maggio 1960, n. 4, Acque, bonif., costruz., 
1960, 283; id., 12 agosto 1958, n. 27, ivi, 1958, 506. 

Nel senso che l'obbligo del deposito previsto dall'art. 156 del t.u. n. 1775 
del 1933 deve ritenersi stabilito solo per il caso di ricorso introduttivo del giudizio 
e non per quello in riassunzione, in quanto, in tale ipotesi, ciascuna parte ha gi� 
avuto possibilit� di prendere cognizione dei documenti prodotti dall'altra parte 
(dalla quale decisione � possibile desumere implicitamente ulteriore argomento 
contro la massima in esame), cfr.: Trib. Sup. Acque, 13 settembre 1956, n. 20, 
Il Consiglio di Stato, 1956, II, 157. 

Sul principio per il quale lestinzione del processo esclude leffetto impeditivo 
della decadenza, cfr.: Cass., 5 maggio 1960, n. 1770, Foro it., 1960, I, 1489; 
App. Milano, 2 ottobre 1958, Riv. giur. lav., 1959, Il, 301; Cass., 30 settembre 1954, 

n. 3172, Foro it., Rep., 1954, 747, n.4; id., 5 aprile 1949, n. 788, Giur. compl. 
Cass. civ., 1949, 2�, 196; contra: App. Palermo, 28 giugno 1957, Giur. sic., 1958, 482. 

PARTE l, SEZ. V1, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1333 

per la situazione di incertezza, cui davano luogo le norme allora vigenti. 
La trasposizione di significato, prospettata dagli appellanti, appare 
quindi del tutto incongrua, avendo la legge proprio la finalit� di legittimare 
la posizione dell'utente, sfornito di titolo valido, onde una siffatta 
interpretazione renderebbe in definitiva privo di ogrii significato l'inciso 
� senza averne chiesto il riconoscimento )) . 

D'altronde la prevista limitazione soggettiva neppure pu� ritenersi 

arbitraria e ingiustificata, e quindi non rispondente ad una logica e 

coerente ratio iuris. Basta al riguardo considerare che le procedure 

relative al riconoscimento delle utenze di fatto in base all'art. 2, lett. b) 

t.u. n. 1775 del 1933, pur essendo scaduto il termine per la presentazione 
delle domande il 31 dicembre 1923, non hanno avuto molto spesso 
sollecita definizione, come in effetti � avvenuto nella specie, e che, per 
le acque successivamente dichiarate pubbliche, la richiesta pu� sempre 
essere proposta entro l'anno dalla pubblicazione degli elenchi. Ora se 
si considera che in tali ipotesi, non certo infrequenti, l'amministrazione 
non deve circoscrivere l'indagine ali' esistenza del possesso trentennale 
anteriore al 1884, ma �, altres�, tenuta ad accertare leffettivo esercizio 
della derivazione anche per il periodo successivo al fine di escludere 
l'eventuale decadenza di diritto, ai sensi delrart. 55, ultimo comm'a, 
t.u. n. 1775 del 1933, appare evidente la efficacia preclusiva, prevista 
dalla legge n. 1550 del 1951 derivante dalla precedente richiesta di 
riconoscimento, tanto pi� se rigettata con provvedimento divenuto inoppugnabile. 
E nella specie ricorre appunto �una siffatta ipotesi, giacch�, 
come pi� sopra si � precisato, la richiesta di riconoscimento a norma 
�della legge n. 1550 del 1951 fu preceduta dall'analoga istanza in data 
22 dicembre 1921, la quale venne respinta dalla Pubblica Amministrazione 
col decreto 15 ottobre 1951, oramai definitivo perch� non impugnato 
in termine. 

N� va poi omesso di rilevare che, nell'ordinamento positivo vigente, 

Nel senso che la citazione dinanzi al giudice incompetente conserva la sua 

efficacia impeditiva della decadenza in caso di tempestiva riassunzione dinanzi al 

giudice competente, cfr.: Cass., 13 maggio 1964, n. 1148, Foro it., 1964, I, 1627; 

id., 17_' luglio 1962, n. 1896, ivi, Mass., 1962, 571; id., 28 marzo �1962, n. 639, 

ibidem, 187; id., 27 maggio 1961, n. 1261, citata; id., 17 ottobre 1959, n. 2936, 

Foro it., Mass., 1959, 550; id., 24 gennaio 1950, n. 213, Foro it., 1951, I, 602. Sulla 

decadenza in genere, cfr., da ultimo, in dottrina: ROMANO, Note in tema di deca


denza, Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, 171 e segg.; TEDESCID, in Enciclopedia d�l 

diritto, XI, 770 e segg.; MAGAzzu, in Nuovissimo digesto, V, 231 e segg.; SABATINI, 

ibidem, 240 e segg. 

Sull'art. 36 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, nel senso che il mancato deposito 
del ricorso al Consiglio di Stato determina la decadenza, cfr.: Cons. Stato, 
VI, 19 dicembre 1964, nn. 983 e 1021, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 2270 e 2295; 
id., VI, 27 ottobre 1964, n. 759, ibidem, 1816; Cons. giust. amm. sic., 14 marzo 
1964, n. 123, ibidem, 620; Cons. Stato, V, 13 dicembre 1963, n. 1044, ivi, 1963, 



1334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il riconoscimento dell'uso di fatto ha carattere eccezionale e, com e 
stato autorevolmente precisato, pu� trovare fondamento soltanto in 
una �effettiva situazione di materiale godimento, pacificamente protrattosi 
per un lungo periodo di anni, in guisa da far presumere una tacita 
acquiescenza da parte della Pubblica Amministrazione. Anche sotto 
questo profilo pienamente giustificata � la prevista esclusione del riconoscimento 
nella ipotesi di possesso dell'acqua, mantenuto dal privato, 
pur dopo la reiezione di una precedente domanda di riconoscimento. 

1861; id., VI, l� ottobre 1963, n. 738, ibidem, 1444; Cons. giust: amm. sic., 
7 giugno 1963, n. 170, ibidem, 1128; Cons. Stato, IV, 26 giugno 1963, n. 498, 
ibidem, 498; Cons. giust. amm. sic., 30 marzo 1963, n. 105, ibidem, 465; Cons. 
Stato, VI, 24 ottobre 1962, n. 705, ivi, 1962, I, 1645; id., V, 28 settembre 1962, 

n. 706, ibidem, 1419; id., V, 25 agosto 1962, n. 669, ibidem, 1399. Per i precedenti, 
cfr. Mass. Compl. Cons. Stato, citato, II, 3113 e segg., nn. 228-237. Per l'analoga 
ipotesi di omesso deposito del provvedimento impugnato, cfr. Oons. Stato, IV, 
17 giugno 1964, n. 792, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1128; Cons. giust. amm. sic., 
11 agosto 1964, n. 151, ibidem, 831; Cons. Stato, V, 17 aprile 1964, n. 501, 
ibidem, 730; id., V, 29 novembre 1963, n. 995, ivi, 1963, I, 1674; id., VI, 10 luglio 
1963, n. 442, ibidem, 1109; id., VI, 10 aprile 1963, n. 201, ibidem, 627; id., V, 
9,marzo 1963, n. 121, Riv. giur. edil., 1963, I, 378; id., VI, 6 marzo 1963, n. 122, 
Il Consiglio di Stato, 1963, I, 435; id., VI, 12 dicembre 1962, n. 880, ivi, 1962, 
I, 2100; id., 20 ottobre 1962, n. 779, ibidem, 1571; Cons. giust. amm. sic., 17 febbraio 
1962, nn. 50 e 77, ibidem, 351 e 365; Cons. Stato, V, 20 gennaio 1962, 
n. 94, ibidem, 88. Per i precedenti, cfr. Mass. compl. Cons. Stato, citato, I, 1145 
e segg., nn. 92-103. In dottrina, cfr. SANDULLI, Il giudizio dinanzi al Consiglio di 
Stato, 1963, 345 e segg.; BENVENUTI, Struttura del processo amministrativo e decadenza 
per il mancato deposito dell'atto impugnato, Giur. compl. Cass. civ., 1951,, 
30, 1257 e segg. 
IL La seconda massima della decisione in rassegna, indubbiamente esatta, � 
fondata sul chiaro disposto della 1. 18 dicembre 1951, n. 1550. 

Di particolare rilievo, in proposito, le osservazioni del Tribunale Superiore sul 
fatto che la "pacifica derivazione ed utilizzazione dell'acqua pubblica nel trentennio 
anteriore all'entrata in vigore della legge � (presupposto obiettivo per il 
riconoscimento dell'utenza) deve escludersi, a priori, quando la precedente domanda 
presentata a norma dell'art. 3 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 sia stata rigettata 
con provvedimento divenuto inoppugnabile; ci� per l'impossibilit� di attribuire 
efficacia giuridica ad una situazione di possesso che, sostanzialmente, si risolve nel1'
esercizio illecito di una utenza disconosciuta: argomentazione di cui si sottolinea 
la rilevanza anche perch� idonea a limitare lambito di applicazione dell'art. 17 
del testo unico, in tema di concessioni in sanatoria. Resta fermo, nelle ipotesi in 
esame, l'obbligo dell'utente al pagamento dei canoni, di cui viene cos� ad essere 
ribadito, sotto un diverso profilo, il carattere risarcitorio, gi� altre volte affermato 
(Cass., Sez. Un., 21 febbraio 1956, n. 485, Acque, bonif., costruz., 1956, 246; Trib. 
Sup. Acque, 12 giugno 1954, n. 24, ivi, 1955, 43 con nota adesiva di GuGLIELMI). 

Sui presupposti e sugli effetti del riconoscimento di utenza ai sensi della 

I. 18 dicembre 1951, n. 1550 e sulla loro diversit� da quelli previsti dall'art. 2 del 
r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, cfr.: Trib. Sup. Acque, 23 dicembre 1957, n. 50, 
Acque, bonif., costruz., 1558, 173, con nota di GuGLIELMI. 
A. MARZANO 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1335 

Da ultimo ha pure importanza considerare che col decreto 15 ottobre 
1951 l'Ingegnere Capo del Genio Civile di Catania, nel rigettare 
la domanda di antica utenza dell'intera portata del fiume Caltagirone, 
ha limitato il riconoscimento al minore quantitativo di acqua di litri al 
secondo 12,57 e che contro tale provvedimento la Grimaldi e il Sagone 
non hanno proposto impugnativa di sorta, limitandosi a reiterare la 
istanza di riconoscimento della residua portata di detto corso d'acqua 
dopo lentrata in vigore della legge n. 1550 del 1951. Ora, tenuto conto 
. dei requisiti necessari per considerare legittimo l'uso trentennale, gli 
appellanti, gi� utenti in base ad un titolo valido, non possono, oltre 
tutto, invocare a fondamento del chiesto riconoscimento la utilizzazione 
di un maggiore quantitativo d'acqua, che in definitiva si risolve nel1'
esercizio abusivo della utenza assentita. Ed � qui appena il caso di 
precisare che il decreto di riconoscimento, sia pure emesso il 15 ottobre 
1951, ha natura puramente dichiarativa e spiega quindi efficacia 
ex tunc quanto alla concreta estensione dell'utenza legittima. E noto, 
infatti, che il sorpassamento dei limiti prefissi nell'atto di riconoscimento 
o concessione importa violazione delle condizioni poste a carico 
degli utenti per regolare lesercizio delle derivazioni in conformit� del 
carattere delle acque pubbliche e delle preminenti esigenze di generale 
interesse cui le stesse sono destinate, donde ha impossibilit� di rico. 
noscere una qualsiasi efficacia giuridica ad una situazione di possesso 
abusivo, come quello fatto valere dagli appellanti ai fini della legge 

n. 1550 del 1951. -(Omissis). 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 11 maggio 1965, n. 10 -Pres. 
Reale -Est. Giannattasio -Cusano (avv. Zarrelli e Lener) c. Ministero 
dei LL.PP. (avv. Stato Carbone) e Comune Vitulano (avv. 
Rosa e Perlingieri). 

Acque pubbliche -Requisito fondamentale per l'identificazione Idoneit� 
ad usi di interesse per la generalit� dei cittadini Elementi 
indiretti -Importanza del bacino imbrifero e entit� 
della massa d'acqua -Propriet� privata dell'alveo ed uso dell'acqua 
da parte del privato da tempo immemorabile -Non 
ostano alla dichiarazione di demanialit� dell'acqua. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). 
Acque pubbliche -Elenchi -Carattere dichiarativo dell'iscrizione 
-Preesistenza della demanialit� all'iscrizione -Effetti. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). 
L'importanza del bacino imbrifero e l'entit� della massa aacqua 
costituiscono elementi soltanto indiretti ai fini della determinazione della 



1336 RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
natura pubblica o privata di uri acqua, essendo requisito fondamentale 
::::�: 
per l'identificazione deliacqua pubblica la sua attitudine ad usi di 
interesse per la generalit� dei cittadini. Quando sussista tale requisito 
l'acqua pu� sempre essere dichiarata pubblica anche se l'alveo in cui 
scorra sia di propriet� privata ed il privato abbia usato di essa da tempo 
immemorabile (1). 
L'iscrizione di uriacqua negli elenchi delle acque pubbliche non 
ha carattere costitutivo ma semplicemente dichiarativo della demanialit�, 
che preesiste ad essa; in conseguenza, da un lato la natura 
demaniale pu� essere contestata, nonostante l'iscrizione, a meno che 
sia decorso il termine di sei mesi dalla pubblicazione dell'elenco senza 
che sia stato proposto ricorso ai tribunali regionali, dall'altro lato la 
mancanza. dell'iscrizione non impedisce che l'acqua possa essere successivamente 
dichiarata pubblica o dalla stessa autorit� amministrativa, 
in sede di formazione degli elenchi suppletivi, o dall'autorit� giurisdizionale 
competente ed in tali casi l'accertamento della demanialit� 
ha sempre effetto ex turic, dal momento, cio�, in cui l'acqua ha rivelato 
la sua attitudine ad usi di pubblico� interesse generale {2). 
(1) Nel senso che, ai fini della determinazione della natura pubblica di una 
acqua, � sufficiente la possibilit� della sua utilizzazione per usi di pubblico generale 
interesse, indipendentemente da una destinazione attuale agli usi menzionati dalla 
legge sulle acque pubbliche: Cass., Sez. Un., 30 luglio 1964; n. 2178", Foro amm., 
1964, I, 571; Cass., Sez. Un., 12 luglio 1961, n. 1673, Giust. civ., 1961, I, 1782; 
Cass., 25 marzo 1960, n. 633, Giust. civ., 1960, I, 1435. 
Sul punto che l'ampiezza del bacino idrico e l'entit� della massa d'acqua 
costituiscono elementi indiretti e di per s� soli insufficienti ai fini della determinazione 
della demanialit� �delle acque ai sensi dell'art. 1 del t.u. 11 dicembre 1933, 
n. 1775 e sull'indispensabilit� dell'elemento attinente agli usi cui le acque hanno 
attitudine, si cfr. Trib. Reg. Acque Napoli, 26 ottobre 1960, Acque, bonif., costruz., 
1960, 512 ed in dottrina: PERNIGOTII, Acque pubbliche, Encicl. dir., vol. I, Milano, 
1958, 400 e segg. 
Secondo Cass., 21 marzo 1964, n. 644, Foro amm., 1964, I, 211 ed App. Firenze, 
22 febbraio 1964, Giur. tosc., 1964, 348, la demanialit� delle acque si 
estende necessariamente all'alveo, alle rive ed agli argini. . 
(2) Sul carattere dichiarativo e non costitutivo dell'iscrizione negli elenchi delle 
acque pubbliche la giurisprudenza � costante. Fra .le ultime pronuncie v. Cass., 
21 marzo 1964, n. 644, cit. supra; Cass., 29 luglio 1964, n. 2100, Foro amm., 1964, 
I, 1, 506; Cass., Se~. Un., 12 luglio 1961, n. 1673, Foro amm., 1961, Il, 431; Trib. 
Sup, Acque, 2 marzo 1960, n. 2, Foro amm., 1960, Il, 476; Cass., Sez. Un., 8 luglio 
1958, n. 2464, Giur. it., 1959, I, 1, 434; Cass., 10 dicembre 1957, n. 4647, Foro 
amm., 1958, I, 2, 323 (con nota). In dottrina cfr. BuscA, Effetti dell'iscrizione nell'elenco 
delle acque pubbliche, Giur. it., 1959, I, l, 434; SELVAGcI, Rapporti fra 
amministrazione e giurisdizione nella dichiarazione di demanialit� delle . acque, 
Acque, bonif ., costruz., 1956, 584; VIGNoccm, Gli accertamenti costitutivi nel diritto 
amministrativo, Milano, 1950; PERNIGOTTI, op. loc. cit. 
Avverso la sentenza annotata � stato prodotto ricorso per Cassazione, del cui 
esito si dar� notizia appena possibile. 
L. MAZZELLA 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 13$7 

{Omissis). -L'appellante Cusano, in. proprio e n.n., lamenta, in 
primo luogo, che il Tribunale Regionale di Napoli, violando.la legge 
generale sulle espropri�zioni per causa di pubblica utilit� 25 giugno 1865, 

n. 2359 e l'art. 42 della Costituzione, e falsamente interpretando l'art. 1 
del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque, ed in aperto contrasto 
con il successivo art. 218 terzo comma dello stesso t.u., con i documenti 
e con la consulenza tecnica, abbia ritenuto che le piccole sorgenti captate 
per la costruzione dell'acquedotto del Comune di Vitulano fossero pubbliche, 
mentre dette sorgenti, site in propriet� privata, erano state oggetto 
di trasferimenti tra privati, non erano mai state iscritte negli elenchi 
ed erano state sempre ritenute dal Genio Civile di natura privata; 
inoltre, n� il Comune n� gli utenti avevano mai corrisposto alcun canone 
allo Stato, e d'altra parte esistevano nel Comune di Vitulano sorgenti 
di maggiore portata (Fontana-Reale e S. Pietro), che approvvigionavano 
da secoli la popolazione. 
La censura ha fondamento. La qualificazione di acqua pubblica � 
data, a norma dell'art. 1 del ricordato t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, 
dalla sua attitudine ad usi di interesse per la generalit� dei cittadini e 
e questa attitudine deve desumersi o dalla portata, o dall'ampiezza del 
rispettivo bacino imbrifero, ovvero dallo stesso sistema idrografico a 
cui appartiene, e ci� senza alcuna: distinzione tra acque esistenti alla 
superficie ed acque sotterranee, per quanto estratte con mezzi artificiali 
e comunque sistemate o incrementate. La norma dell'art. 1, che 
definisce l'acqua pubblica, attiene a materia di stretto ordine pubblico 
ed ha natura essenzialmente dichiarativa, s� da comprendere acque che 
prima non vi erano comprese, e la qualit� d'acqua pubblica, cos� defluita, 
� indipendente da ogni accertamento e da ogni questione di propriet� 
pubblica o privata dell'alveo in cui scorre (Cass., Sez. Un., 22 ottobre 
1954, n. 3996); per cui, anche se una sorgente sgorghi in un fondo 
privato ed :ii privato abbia usato di quell'acqua da tempo immemorabile. 
non � d'ostacolo a che l'acqua stessa venga dichiarata pubblica, 
qua.1do risulti che, anche isolatamente considerata, per la sua portata 
e per il luogo in cui si trova, abbia attitudine ad uso di pubblico interesse. 

Alla stregua di tale criterio, nulla rileva che la sorgente Cortedo, 
nica sorga in propriet� privata e sia stata oggetto di trasferimento fra 

privati: quello che conta � la obiettiva situazione nel momento in cui 

se ne accerta la natura. Non essendo le acque considerate pubbliche 

per la loro essenza, ma per la funzione che possono compiere, non � 

escluso il carattere pubblico, nel significato or ora precisato, solo perch� 

lacqua sia stata sinora assorbita dai bisogni di un unico predio. 

Neppure urta contro la dichiarata natura pubblica dell'acqua la 
mancata iscrizione degli elenchi, perch� il fatto che un'acqua non sia 
stata compresa negli elenchi di acque pubbliche non impedisce che 



1338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-~ 

essa venga dichiarata pubblica successivamente, sia dalla stessa autorit� 
amministrativa in sede di formazione di elenchi suppletivi, sia dall'autorit� 
giudisdizionale competente. Infatti, l'iscrizione nell'elenco delle 
acque pubbliche non ha carattere costitutivo, ma dichiarativo della 
demanialit�, c;he � preesistente e derivante dall'intrinseca idoneit� del!'
acqua a servire ad usi di generale interesse. Ne consegue che, mentre 
da un lato la natura demaniale pu� essere contestata, non ostante l'iscrizione, 
a meno che sia decorso il termine di mesi sei dalla pubblicazione 
dell'elenco, senza che sia stato proposto ricorso ai tribunali regionali 
(art. 1, ultimo comma, t.u. n. 1775 del 1933); dall'altro lato, l'accertamento 
della demanialit� ha effetto non ex nunc, vale a dire dalla data 
del decreto, ma ex tunc, e cio� dal momento in cui l'acqua ha rilevato 
la sua idoneit� ad usi di pubblico, generale interesse. Prima che tale 
idoneit� si riveli, l'acqua viene in pratica considerata di natura privata 
e ci� spiega come, malgrado la potenziale (mfl. non ancor dichiarata) 
attitudine ad usi di pubblico interesse, possa avere formato oggetto di 
negozi di trasferimento fra privati. 

N� ha rilevanza che esistano nel Comune di Vitulano sorgenti di 
maggiore portata rispetto a quella captata per la costruzione dell'acquedotto, 
perch� se �le minori sorgenti erano idonee da sole, od anche 

iinsieme ad altre, ad assicurare il rifornimento idrico del paese, in questa 
idoneit� v'� l'attitudine al fine di interesse generale pubblico, anche se 
lo stesso fine si sarebbe potuto conseguire facendo ricorso ad altre acque. 
Non importa che altre sorgenti avessero maggiore portata, perch�, a 

Iparte che ci� � contestato, l'importanza del bacino imbrifero e l'entit� 
della massa d'acqua costituiscono elementi soltanto indiretti, ai fini 
della determinazione della natura pubblica o privata delle acque, essendo 
l'equisito fondamentale che identifica l'acqua pubblica la sua attitudine 

I

~ 

�:

ad usi di pubblico jnteresse generale, come questo Tribunale Superiore 

ha gi� affermato (Trib. Sup. A. P., 13 marzo 1950, n. 3). -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 7 ottobre 1965, n. 18 -Pres. 
Reale -Est. Giannattasio -Consorzio di Bonifica Assi Soverato 
(avv. Precone) c. Paolini (avv. Corapi) e Ministero dei LL.PP. 
(avv. Stato Albisinni). 

Acque pubbliche� Opere idrauliche� Esecuzione da parte di privati 
concessionari -Indennizzo ex art. 46 1. 2359 del 1865 � Responsabilit� 
dei concessionari. 

l!;,25:.ugnn 1865, n. 2359, art. 46; t.u. 11 dioomb"< 1933, n. 1775, ut. 140, 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1339 

Espropriazione per p.u. -Danni per esecuzione di opera pubblica� 

Presupposto e limiti dell'indennizzo ex art. 46 I. 2359 del 1865 

-Risarcimento del danno ex art. 2043 e.e. -Difierenza. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46; e.e., art. 2043). 
L'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, richiamato dalfart. 140, 
lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, per la costruzione delle opere 
idrauliche, nell'attribuire al proprietario danneggiato dall'opera pubblica
� il diritto all'indennizzo, si riferisce tanto alle opere eseguite direttamente 
dallo Stato o da altri enti pubblici, quanto a quelle costruite 
da privati concessionari; in questa seconda ipotesi, la situazione giuridica 
dei concessionari nei confronti dei beni danneggiati non diff erisce 
da quella degli enti pubblici concedenti e, pertanto, i concessionari 
sono tenuti a rispondere dei danni in vece dell'Amministrazione statale 
alla quale si sono sostituiti {l). 

A differenza del risarcimento dei danni per fatto illecito, previsto 
dall'art. 2043 del e.e., l'indennizzo ex art. 46, l. 25 giugno 1865, n. 2359, 
presuppone la liceit� della condotta della P.A. o del concessionario dell'opera 
pubblica ed ha caratteri pi� limitati che valgono a circoscriverne 
l'oggetto alla parte sacrificata del valore intrinseco, effettivo, attuale, 
del bene che ha subito il pregiudizio, senza che sia possibile estenderlo 
al valore soggettivo e potenziale del bene leso (2). 

(Omissis). -Il Consorzio di Bonifica Assi Soverato, con il primo 
motivo di appello, solleva preliminarmente reccezione di difetto di 
legittimazione passiva, per essere il Demanio dello Stato unico titolare 
dell'opera pubblica e portatore del pubblico interesse che l'ha creata 

(1-2) Sull'applicabilit� dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, non 
solo all'attivit� (lesiva) della p.a. ma anche a quella dei privati concessionari, nonch� 
sulla differenza tra indennizzo previsto dal cit. art. 46 e risarcimento del danno ex 
art. 2043 e.e., cfr. Cass., Sez. Un., 14 marzo 1963, n. 631, Giust. civ., Mass., 1963, 
289; 28 ottobre 1961, n. 2481, Giur. it., 1963, I, 1, 377 con nota di G. CAPPUCCIO, 
Giust. civ., 1961, I, 1712 con nota di richiami; 11 novembre 1959, n. 3341, Giust. 
civ., 1960, I, 509, Foro it., 1959, I, 1820 con nota; la sentenza 30 giugno 1959, 

n. 2072 della Corte Suprema, richiamata in motivazione, trovasi in Resp. civ. prev., 
1962, 293 e Giust. civ., Rep., 1962, v. Espr. p.u., n. 53. 
Dalla considerazione che i privati concessionari si pongono nei confronti dei 
terzi, ai fini della responsabilit� ex art. 46, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 nella medesima 
posizione giuridica degli enti pubblic concedenti, la giurisprudenza ha tratto altres� 
la conseguenza che essi non possono essere condannati ad un facere, ma solo al 
pagamento dell'indennit� dovuta ai sensi d�l predetto articolo o, nei congrui casi, 
al risarcimento del danno a mente dell'art. 2043 e.e. Cos� espressamente: Trib. 
S~p. Acque, 20 febbraio 1956, Foro it., Rep., 1956, v. Espr. p.u., n. 134. 

L. MAZZELLA 

1340 RASSEGNA Dm.AVVOCATURA DELLO STATO 

e per avere esso Consorzio agito, quale concessionario dello Stato, sotto 
il controllo e secondo un progetto generale di sistemazione fluviale predisposto 
dal Genio Civile, che ha collaudato l'opera. 

L'eccezione viene proposta per la prima volta nel giudizio di appello, 
ma tale tardiva deduzione non � d'ostacolo al suo esame, perch� la legittimazione, 
sia attiva che passiva, � un elemento costitutivo deirazione, 
la cui mancanza � rilevabile d'ufficio in qualunque stato e grado del 
processo e se dedotta dalla parte interessata, ila relativa eccezione non 
ha altro valore che. quello. di una pura e semplice segnalazione fatta 
al giudice. L'eccezione, peraltro, ad avviso di questo Collegio, � 
infondata. 

Invero, come risulta dagli atti, con decreto 9 maggio 1955, il Ministro 
per l'Agricoltura e per le Foreste concedeva al Consorzio di 
Bonifica Assi Soverato di Catanzaro l'esecuzione dei favori di riparazione 
dei danni alluvionali verificatisi nell'ottobre 1953 al Torrente 
Melissa e suo afHuente di destra per l'importo di lire 16 milioni a carico 
dello Stato. In forza di tale decreto, il Consorzio aveva, fra l'altro, 
l'obbligo di procedere all'esecuzione dei lavori in appalto e l'impegno 
della spesa era assunto al cap. 141 del bilancio del Ministero per l'Agricoltura 
e per le Foreste. Con successivo d.m. 29 agosto 1955 l'ammontare 
della concessione fu ridotta, al seguito del ribasso d'asta, a lire 

11.787.000 e, infine, con altro decreto 11 luglio 1957, sempre lo stesso 
Ministero approvava il certificato di collaudo dei lavori eseguiti dal 
Consorzio, lavori accertati in lire 11.553.316 e dei quali veniva autorizzato 
il pagamento del saldo. 
Trattandosi di lavori di ripristino della difesa valliva di un corso 
d'acqua e, in particolare, dei lavori destinati a porre riparo ai danni 
cagionati dall'alluvione dell'ottobre 1953 in Calabria, la materia � rego


lata dalla legge 27 dicembre 1953, n. 938 (recante provvidenze per le 
zone colpite da alluvione in Calabria), che all'art. 1 autorizza il Mini-. 
stero dei LL.PP. a provvedere al ripristino delle opere pubbliche danneggiate 
per conto dello Stato; e dal r.d. 13 febbraio 1933, n. 215 sulla 
bonifica integrale, che, dopo aver compreso nell'art. 2 tra le opere di 

-~

competenza dello Stato quelle di difesa delle acque (art. 2, lett. e), 
airart. 13 cos� dispone: � Alla esecuzione delle opere di competenza 
statale... provvede il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, direttamente 
o per concessione. La concessione � accordata al Consorzio dei 
proprietari dei terreni di bonifica o al proprietario della maggior parte 
dei terreni... �. ' 


In base a tali elementi, poich� si trattava di opere� di competenza 
statale e lAmministrazione ricorse al sistema di esecuzione indiretta per 

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concessione, al quale � solita ricorrere quando il concessionario abbia 

un proprio. interesse all'esecuzione dell'opera; e poich� il ricordato . 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1341 

decreto 9 maggio 1955 dopo aver disposto all'art. 4 che il Consorzio di 
Bonifica Assi Soverato era autorizzato a procedere alle necessarie occupazioni 
di terreno con le forme previste dagli artt. 71 e segg., il. 23 giugno 
1865, n. 2359 e successive modificazioni, soggiungeva all'art. 5 che 
l'ente concessionario era tenuto a a tenere rilevata ed indenne l'Amministrazione 
da qualsiasi molestia di terzi in dipendenza dell'esecuzione 
dei lavori concessi �, non sembra possa dubitarsi che, come nel caso 
di ricorso all'occupazione e all'espropriazione del bene altrui, avrebbero 
fatto carico al Consorzio tutte le spese, comprese quelle relative alle 
indennit� spettanti all'espropriato, del pari l'indennizzo ex art. 46 legge 
espropriazione non pu� far carico che al Consorzio anche se, in ultima 
analisi, lopera, una volta compiuta, passi in propriet� pubblica. � il 
Consorzio,infatti, che trae beneficio dall'opera e che la esegue, nell'interesse 
proprio e dei consorziati, interesse che si accompagna all'interesse 
pubblico necessario a legittimare la concessione. Tra le opere 
pubbliche, che possono attribuire ai proprietari che ne sono danneggiati, 
il diritto all'indennizzo, a norma dell'art. 46 della legge n. 2359 
del 1865 sono espressamente previste qualle di carattere idraulico (art. 
140, lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque pubbliche), 
cio� tutte quelle che incidono sul regime delle rucque. Le controversie, 
aventi per oggetto l'indennit� per danni risalenti ad opere pubbliche 
non possono sorgere che nei confronti di un ente pubblico, ovvero del 
concessionario che ne tenga luogo: ove esiste il concessionario, che si 
� sostituito all'Amministrazione statale, questa non risponde, ma, in 
sua vece, risponde il concessionario (Cass., Sez. Un., 14 marzo 1963, 

n. 631; 28 novembre 1961, n. 2481; 30 giugno 1957, n. 2072). In altri 
termini, la fattispecie prevista dall'art. 46 si riferisce tanto alle opere 
costruite direttamente da1lo Stato o da altri enti pubblici, quanto a 
quelle costruite da privati concessionari, la cui situazione giuridica, 
nei confronti dei beni danneggiati, non differisce da quella degli enti 
pubblici concedenti {Cass., Sez. Un., 11 novembre 1959, n. 3341). Ci� 
si ricava anche dall'art. 12 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523 sulle opere 
idrauliche, che prevede lesecuzione di opere nell'interesse dei frontisti 
sotto il controllo dello Stato ed a spese di questo, stante il concorrente 
interesse pubblico. 
A mantenere l'indennizzo, a carico del Consorzio, in questa limitata 
misura, concorrono anche altri elementi. Come gi� si � fatto cenno, 
l'art. 46 della I. 25 giugno 1865, n. 2359 sulle espropriazioni per pubblica 
utilit� (in base al quale va determinata l'indennit� richiesta) presuppone 
la liceit� della condotta della pubblica amministrazione o del concessionario 
dell'opera pubblica, sicch� l'indennizzo ex art. 46 si differenzia 
nettamente da quello da illecito {ex art. 2043 e.e.), con la conseguenza 
che il primo ha caratteri pi� limitati, che valgono a circoscrivere la sfera 
di efficacia. La liceit� della condotta della P.A., o del concessionario, 

17 



1342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

circoscrive roggetto dell'indennizzo ex art. 46 alla parte sacrif�cata del =!:' 
valore intrinseco, effettivo e attuale, del bene che ha sub�to il pregiudizio, 
senza che sia possible estenderlo al valore soggettivo e potenziale 
del bene leso, cos� come si verifica, invece, sia pure con il rispetto del 
principo della causalit�, nel normale risarcimento del danno da illecito. 
L'indennizzo ex. art. 46 presuppone un danno reale, di carattere permanente, 
rapportabile -sul piano concettuale -ad una parziale 
espropriazione del valore intrinseco del fondo che ha sub�to il pregiudizio, 
con esclusione di quelle utilit� alle quali no~ si abbia diritto. 
Il danno risarcibile, a norma dell'art. 46 della legge generale sulle espropriazioni, 
deve riguardare, cio�, il diritto di propriet� nel suo contenuto 
oggettivo. -(Omissis). 


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SEZIONE SETITMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 17 marzo 1964, n. 602 -Pres. 
D'Arienza -Rel. De Peppo -Rie. Passannanti. 

Reato � Aggravanti -Destinazione della cosa a pubblica utilit� � 
� Furto di materiali dall'alveo di un fiume o torrente � Applicabilit� 
dell'aggravante. 
� (c.p., art. 625, n. 7). 

I fiumi, i torrenti, i canali indicati nell'art. 822 e.e. e nelle leggi 
speciali sulla materia, nonch� i relativi alvei comprendenti le rive 
interne e tutto c,i� che vi si trova (arena, pietre, ghiaia ecc.) sono beni 
d�maniali dello Stato, delle provincie e dei comuni, e come qualunque 
altro bene patrimoniale forma no oggetto di tutela penale. Ove i predetti 
beni siano destinati ad uso di pubblica utilit� (e questa destinazione 
risulta dalle leggi e dagli atti amministrativi che stabiliscono il loro 
regime.), il furto dei materiali di cui � composto l'alveo (nella specie,, 
di ghiaia) deve considerarsi aggravato ai.sensi delTart. 625, n. 7 c.p. (1). 

(1) Con questa sentenza, che � precedente ad altre due della stessa Sezione 
del Supremo Collegio (Sent. 22 giugno 1964, n. 1384 e 23 giugno 1964, n. 1392, in 
questa Rassegna, 1965, 246 e 248) il �problema dell'applicabi�it� dell'aggravante di 
cui all'art. 625 n. 7, nella ipotesi di furto di materiali di cui � composto un bene 
del demanio marittimo o idrico (nella specie furto di ghiaia del letto del fiume Sele), 
viene impostato in modo pi� rigoroso e convincente. 
La Corte Suprema ha ritenuto nelle citate pi� recenti decisioni che la sabbia, 
come tale, non costituisca cosa destinata a pubblica utilit�, cosicch�, ove sia 
oggetto di furto, non si applicherebbe l'aggravante di cui alla norma in esame. Una 
volta� estratta dal lido del mare, e cos� mobilizzata, essa acquista infatti una propria 
individualit�, per cui non adempie attualmente ed immediatamente a quella funzione 
di .utilit� collettiva che � per l'appunto caratteristica precipua delle cose destinate a 
pubblica utilit�. 

Ma cos� ragionando, si verrebbe a travisare la lettera della norma. L'art. 624 

n. 7 infatti, parla di furto � su � cose e non � di � cose destinate a pubblica 
utilit�. Il legislatore in altri termini, ha inteso indicare come furto aggravato, 
non solamente quello che abbia ad oggetto cose di pubblica utilit�, ma anche quello 
che abbia ad oggetto beni che, di per se stessi, non presentino alcuna utilit� per la 
collettivit�, ma che facevano parte integrante, prima della sottrazione, di beni con 
tali caratteristiche. 
Il principio affermato nella sentenza che si annota, pertanto, risulta pi� conforme 
al sistema e trova conferma altres� nello spirito della norma, intesa a conferire 
una tutela pi� ampia a tutti quei beni che appaiono maggiormente destinati 
a finalit� pubbliche. 

G. ZOTTA 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

1344 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, SO settembr� 1964, n. 1462 -Pres. ::! 
Duni -Rel. Tartaglione -P.M. De Gennaro (conf.) -Rie. Puggelli. 

Inosservanza di ordini dell'autorit� -Ordine rivolto dai Carabi


nieri ad una singola persona -Rifiuto di ottemperarvi: costi


tuisce reato -Fattispecie. 

(c.p., art. 6$0). 

Anche gli ordini impartiti ad una singola persona per ragioni di 
polizia giudiziaria sono da comprendere fra i provvedimenti la cui 
inosservanza � prevista come reato dal(art. 650 c.p. Il corrispondente 
di giornale, penetrato in luogo nel quale, dopo un fatto che presenta 
caratteri di delitto, � stato interdetto (accesso dai Carabinieri per assicurare 
la conservazione dello stato delle cose in attesa dell'arrivo del 
magistrato, � tenuto ad obbedire all'ordine di allontanarsi senza prendere 
fotografie. Ove non ottemperi commette il reato di cui all'art. 650 c.p. 
(applicazione nel caso di cadavere, sulla strada, di persona vittima di 
incidente stradale) (1). 

(1) Giurisprudenza costante, contrastata da pochissimi e non recenti precedenti 
difformi (cos� Cass., 21 maggio 1956, Vassilef, Riv. it. dir. pen., 1956, 544). 
Nel senso della sentenza annotata, sulla scorta di un criterio ermeneutico letterale 
ben difficilmente contestabile, � anche la migliore dottrina. Per tutti SABATINI Grns,. 
Le contravvenzioni nel codice penale vigente, 1961, 154 segg. Per quanto concerne 
la problematica relativa alla legittimit� dell'ordine, vedasi Cass., 23 febbraio 1957, 
Giust. pen., 1957, Il, 469, 520; Cass., 28 novembre 1961, Cerrone, Foro it., 1962, 
Il, 106, con nota di DELFINO, ed ivi ampi richiami in dottrina e giurisprudenza. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 21 settembre 1964, n. 1511 -Pres. 
D'Arienzo -Rel. Cassisa -P.M. Marucci {conf.) -Rie. Castellano. 


Giudizio civile e penale -Giudizio di rinvio -Limiti -Giudizio 
di rinvio vertente sull'ammissibilit� di una attenuante -Nuova 
definizione giuridica del fatto -Inammissibilit�. 
(c.p.p., art. 545). 

Giudizio civile e penale -Declaratoria immediata di cause di non 

punibilit� -Presupposti. 

(c.p.c., art. 545 e 152). 

Quando rannullamento con rinvio non sia pronunciato dalla eorte 
di eassazione per tutte le disposizioni della sentenza, quest'ultima 
acquista autorit� di cosa giudicata nelle parti che non abbiano connessione 
essenziale con_ quella annullata; per conseguenza il giudice di 




PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1345 

rinvio, cui sia stato demandato il compito di accertare l'esistenza di 
un'attenuante invocata dall'imputato (nella specie, provocazione), non 
pu� dare al fatto una nuova definizione giuridica (nella specie esercizio 
arbitrario delle proprie ragioni, anzich� minaccia grave) (1). 

L'obbligo di immediata declaratoria di cause di non punibilit� 
sussiste per il giudice di rinvio, solo quando nel corso delle indagini 
sui punti annullati emerga una circostanza nuova, o comunque non 
precedentemente esaminata, la quale, indipendentemente da ogni esame 
sulle parti annullate della sentenza, imponga il riconoscimento di alcuna 
delle predette cause (2). 

(1) Puntuale applicazione dei limiti del potere del giudice di rinvio posti 
dall'art. 545-c.p.c. (v. da ultimo Cass., 11 luglio 1961, Caluori, Riv. it. dir. proc. 
pen., 1962, 895, con nota di SIRACUSANO; Cass., 12 dicembre 1961, Monte, Mass. 
pen., 1962, 462; Cass., 12 luglio 1962, De Donno, Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 
De Donno, Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 1240, con nota di SIRACUSANO. 
La seconda massima � un logico corollario della prima: per il giudice di 
ri:qvio l'obbligo ex art. 152 c.p.c. deriva esclusivamente dalle risultanze processuali 
concernenti punti della sentenza sui quali non sia formato il giudicato. Non costituisce 
evidentemente un'eccezione a tale principio, l'affermazione contenuta nella 
sentenza della S.C. 29 aprile 1964 (Circolazione e trasporti, 1964, 267; Arch. pen., 
1964, 324; Riv. pen. 1964, Il, 585), secondo cui il giudice di rinvio ha il poteredovere 
di dichiarare estinto per amnistia sopravvenuta, il reato di cui alla impu~ 
tazione, anche nel caso che sia rimasto fermo il punto della sentenza di secondo 
grado riguardante l'affermazione della responsabilit� dell'imputato, e l'annullamento 
sia stato disposto unicamente per provvedere ad una nuova quantificazione della 
colpa : laccertamento della causa di non punibilit� infatti, pu� farsi in questo 
caso indipendentemente da un riesame dei punti della sentenza su cui si sia formato 
il �giudicato �. 

Preme a questo . punto osservare che, impropriamente la giurisprudenza suole 
usare il termine giudicato a proposito dei quali di una sentenza non annullati a 
seguito di una sentenza di Cassazione con rinvio. Il giudicato in senso proprio 
postula l'esaurimento del rapporto processuale, cio� dell'eccertamento giudiziale 
di una imputazione, con il che si consente la eseguibilit� della pronuncia. 

Ma questo non � certo il caso che ci occupa: ci si trova infatti di fronte a 
decisioni su questioni autonome, semplici presupposti, anche se necessari, della 
decisione finale su di una imputazione; � evidente che di per se stesse non siano 
suscettibili di autonoma esecuzione. 

Sarebbe pertanto pi� esatto adottare il termine � preclusione � che, da un 
lato pone in evidenza la situazione processuale determinantesi e consistente del 
divieto posto al giudice di riassumere la questione attinente a un mero presupposto 
della fattispecie criminosa considerata (cfr. LEONE, Trattato di diritto processuale 
penale, 1961, III, 235), dall'altro evita il pericolo di possibili equivoci. 

Cos�, nel caso sopra considerato, che attiene ad una ipotesi di sopravvenuta 
amnistia, pur essendo passati in �giudicato� (rectius: preclusi), i punti relativi alla 
sussistenza dell'elemento oggettivo del reato e della responsabilit� dell'imputato, 
non essendosi esaurito l'accertamento giudiziale del reato, l'amnistia applicabile 
sar� quella propria. 

G. ZOTIA 

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PARTE SECONDA 




~.,


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RASSEGNA DI DOTTRINA 


A. C. }EMOLO, Premesse ai rapporti tra Chiesa e Stato, Milano, 1965, pp. z16. 
In queste premesse ad una trattazione dei rapporti tra Chiesa e Stato l'A. ripropone 
tutta la problematica fondamentale del diritto ecclesiastico, affrontando da par 
suo le pi� importanti questioni, specialmente quelle agitate negli ultimi tempi, e sottoponendole 
al vaglio di un esame critico, sempre acuto e vivace, che stimola il lettore 
alla riflessione ed all'approfondimento. 

Di tali questioni giover� ricordare quelle sulla portata degli artt. z1, al., 3, al., 
e r9 della Costituzione e sugli aspetti pi� particolari, che ne derivano con riferimento 
alla � scuola libera '" alle formule di giuramento richieste ai testimoni, all'obiezione 
di coscienza, eccetera, quelle sulla legittimit� costituzionale dell'art. 5 del Concordato 
e, pi� in generale, sugli ipotizzati contrasti tra Costituzione e Patti lateranensi, quelle 
sulle norme relative ai cosiddetti abusi dei ministri di culto in materia elettorale. N� 
vanno dimenticate le questioni sulla qualifica di una funzione come religiosa o meno 
a proposito dell'interruzione di un predicatore quando questo tocchi argomenti politici, 
sulla possibile illeceit� per lo Stato di provvedimenti canonicamente legittimi con il 
particolare riferimento al famoso caso del vescovo di Prato in relazione al quale vengono 
considerate le molte opinioni a suo tempo espresse, sulla rilevanza,, rispetto agli 
atti dell'autorit� ecclesiastica, del limite dell'� ordine pubblico ". 

Nella impostazione dei vari problemi e nelle soluzioni prospettate costante � la 
preoccupazione dell' A. di non fare prevalere; per la interpretazione della legge, le 
proprie convinzioni personali � pur di giungere alla conclusione, alla quale si desidera 
giungere'" pericolo particolarmente difficile da evitare in questa materia, dove hanno 
rilevanza interessi di ordine spirituale � cui gli uomini sono pi� attaccati ,, sebbene 
�oggi viviamo in un mondo, che accorda il primato all'economia'" almeno apparentemente: 
comunque, nel debito conto vanno e sono tenute le istanze sociali. 

Infatti, non si pu� prescindere da tali istanze delle comunit�, come appare chiaro 
nel primo capitolo di queste � Premesse'" ove si tratta della societ� civile e della 
societ� religiosa per concmdere con una conseguente definizione del diritto ecclesiastico. 

Soc~et� civile e societ� religiosa operano nello stesso territorio .ed hanno in comune 
i medesimi individui, onde a tali rapporti non possono applicarsi, sebbene possano 
utilizzarsi, gli schemi ed i principi del diritto internazionale, che si riferisce a rapporti 
tra societ� le quali non presentano l'accennata comunanza di elementi mentre agiscono 
su piani analoghi. Di qui la differenza tra �oncordati e trattati internazionali, posta 
in rilievo dall'A., ma di qui pure il profondo significato del richiamo dei Patti lateranensi 
nella Costituzione della Repubblica italiana, richiamo che non pu� non incidere 
su tutto il sistema delle relazioni tra Chiesa e Stato (delle quali, peraltro, l'A. 
traccia in modo sobrio ed efficace, nella prima parte del secondo capitoio di queste 
� Premesse '" l'evoluzione) evidenziando pure in tale campo l'aspetto societario, da 
cui � caratterizzata la nuova struttura costituzionale dello Stato italiano. Il che assume 
particolare rilievo nel diritto ecclesiastico vigente: basti pensare a quanto riguarda 
le confessioni diverse dalla cattolica, di cui si tratta nel terzo capitolo del volume con 
particolare riferimento alle disposizioni contenute nell'art. 8 della Costituzione. 

L'adombrata linea armonizza pure nell'ambito della disciplina, che qui si considera, 
il principio individualistico, per cui si pongono in primo piano i cittadini 
(DE LucA, Diritto ecclesiastico e sentimento religioso, n. 7, p. 409, in Raccolta di scritti 
in onore di A. C. ]emolo, Milano, 1963), con quello sociale (G1sMONDI, Lezioni di diritto 
ecclesiastico, Milano, 1961, p. 7z e segg.). 

18 



156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In ordine alla esposizione dei principi fondamentali sui rapporti tra Stato e Chiesa 
in Italia, cui � dedicato il terzo capitolo, mentre del tutto convincente appare la. riaffermazione 
del carattere primario dell'ordinamento giuridico de:la Chiesa e non pu� 
non condividersi che, se alla qualifica dello Stato italiano come confessionista o separatista 
o laico, qualifica pur sempre convenzionale, vuol darsi un significato giuridico, 
debba procedersi con giudizio complessivo o a posteriori, e non aprioristicamente per 
valutare quindi le singole attivit� ritenendole armoniche od aberranti nel sistema cosl. 
delineato, molto opinabile � la posizione stessa del problema di una prevalenza tra 
norme del Concordato e norme della Costituzione. Benvero, appunto la esistenza dell'art. 
7 della Costituzione, del cui significato e dei, cui effetti si � molto discusso, 
dovrebbe rendere inipotizzabile una questione di lCgittimit� costituzionale concernente 
le norme dei Patti lateranensi ed inammissibile, quindi, un sindacato di tali norme 
da parte della Corte Costituzionale (Ca~s. 23 ottobre 1964, n. 2651, in questa Rassegna; 
1964, I, 1097 ed, ivi, GuGLIELMl, Questione di legittimit� costituzionale delle norme 
concordatarie; cfr. pure OLIVERO, Sui contatti tra protocolli lateranensi e la Costituzione, 
Foro it. 1964, IV, 70: v. altresi l'ampia bibliografia riportata dai due autori 
ora citati). In definitiva, se certamente non bisogna scorgere dovunque innovazioni e 
fratture, nemmeno bisogna disconoscere i profondi cambiamenti, anche di struttura, 
specie quando si considera il diritto come cc creazione umana per scopi politici � e si 
ritiene che cc le formule giuridiche servono a fissare delle realt� politiche ed economiche
�. 


Dopo un capitolo dedicato alla disciplina � diritto .ecclesiastico �, il quarto, l'ul" 
timo capitolo cio�, tratta dell'incidenza del fattore religioso sul cittadino, ossia della 
situazione di questo in considerazione del fattore religioso, situazione imperniata 
sull'uguaglianza di fronte allo Stato, la quale tuttavia non deve escludere distinzioni 
derivanti da differenti posizioni giuridiche (v. retro, I, 451, n. 1, ed, ivi, i richiami 
di dottrina e giurisprudenziali). Particolarmente interessanti in argomento appaiono 
le questioni sulla disciplina delle persone giuridiche, le cc questioni nell'ambito del 
diritto di famiglia connesse alla posizione religiosa � in tema di patria potest� e di 
affidamento dei figli minori per il caso di separazione dei genitori (questioni molto 
dibattute sul piano giuridico ed a cui viene data una soluzione aderente al motivo 
predominante di tutta l'opera senza forse, per�, portare alle pi� armoniche conseguenze 


I

il rilievo, fatto all'inizio dallo stessa A., circa l'importanza del fattore religioso nella 
�� formazione della civilt� nonch� nella creazione e nell'interpretazione delle leggi, onde 

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ne resta influenzato il concetto di ordine pubblico, con il quale non possono contra


' 

stare i provvedimenti dell'autorit�), le " questioni in materia successoria �, le cc questioni. 

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in materia funeraria�, le questioni relative ai rapporti di lavoro con �i dipendenti 
laici di enti ecclesiastici �. 


BENEDETTO BACCARI 

F. G. ScocA, Il termine giudiziale nell'adempimento delle obbligazioni della Pubblica 
Amministrazione, Milano, 1965, pp. xu-192. 
1. -Per esaminare e risolvere il problema enunciato nel titolo dell'opera in rassegna, 
lo Scoca imposta e conduce l'indagine, con indubbio rigore sistematico, consiI


derando da una parte gli aspetti di diritto comune della questione relativa alla 
determinazione, ad opera del giudice, del termine di adempimento di un'obbligazione, 
e valutando poi se le conclusioni �al riguardo enucleabili siano, ed in quali limiti, 
applicabili nei confronti dell'Amministrazione pubblica, attesa la posizione di questa 


I 

nel 
rapporto obbligatorio �e di fronte al giudice. 
Questa stessa partizione della materia elaborata gi� rivela in quale pi� ampia 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTIRINA 157 

dimensione si proietti lo studio dello specifico accennato argomento; ed in realt� pu� 
senz'altro dirsi che questo ha offerto piuttosto l'occasione all'A. per un ampio esame, 
sul quale qui si vuole richiamare l'attenzione del lettore, del ben pi� vasto problema 
dei rapporti tra l'Amministrazione ed il giudice ordinario. 

Soffermandosi sulle pi� recenti acquisizioni, secondo cui � l'individuazione del 
fenomeno della degradazione dei diritti soggettivi che, "vista nella prospettiva dell'articolo 
2 � della nota legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, conduce "a negare, 
per inesistenza di diritti soggettivi, la giurisdizione del giudice ordinario, ogniqualvolta 
il fatto lesivo, posto a giustificazione della domanda giudiziale, � costituito da 
un atto di diritto amministrativo >>, l'A. osserva che le limitazioni dei poteri decisori, 
che si fanno derivare. dalla disposizione dell'art. 4 della ricordata legge, e normalmente 
si negano, peraltro, con riferimento ad attivit� di diritto privato, in realt� non sono 
tali, non hanno un autonomo valore, e tanto meno sotto un profilo processuale, poich� 
soltanto rispecchiano la situazione di diritto sostanziale, rilevante per la determinazione 
dell'ambito della giurisdizione: nel senso che, l� dove le dette limitazioni sarebbero 
ipotizzabili, secondo la norma, e cio� con. riferimento ad "atti di diritto amministrativo 
�, � invece, con rilievo assorbente, da ritenere la carenza, per inesistenza del 
diritto, della stessa giurisdizione del giudice ordinario, il quale, altrimenti, quando 
ha giurisdizione, e cio� quando non vi � degradazione d.elle situazioni soggettive dei 
singoli, non � in alcun modo limtato nei suoi poteri di decisione (pp. 105-107). 

In relazione a ci�, 1'4. fa carico di un, certo lassismo a quella giurisprudenza, 
che si induce a rifiutare dei provvedimenti -ripristinatori o comunque intesi ad 
imporre all'Amministrazione un determinato comportamento -senza curarsi di verificare 
la ricorrenza dei presuppo&ti della giurisdizione e rifacendosi semplicemente 
al divieto di annullamento degli atti amministrativi, ai sensi dell'art. 4 in questione; 
e rileva che se ci� in genere non produce negative conseguenze, risultando le pronunce 
sostanzialmente corrette, in quanto riferite a casi nei quali la stessa giurisdizione
� sarebbe da negare, talvolta si determina, invece, anche errore sul " quid decisum. 
�, come quando, affermandosi la giurisdizione (e cos� in rapporto a situazioni che 
si collegano ad "atti compiuti secondo il diritto privato�), si negano statuizioni -di 
adempimento specifico, in genere -che debbono invece ritenersi, secondo lo stesso 
sistema della legge del 1865, perfettamente consentite, come quelle volte ad eliminare 
la lesione del diritto (pp. 113-115): lesione che � idonea, appunto, a radicare la giu. 
risdizione d<;!l giudice ordinario, secondo il disposto dell'art. 2 della legge, e che � 
riscontrabile quando manchi un provvedimento imperativo, che, altrimenti, degradando 
il diritto -degradazione ipotizzabile anche rispetto a situazioni immediatamente 
determinate da un comportamento materiale dell'Amministrazione, che sia per� 
riferito ad un " atto pr.ogrammatico >>, o sia esso stesso espressione di un "�disegno 
programmatico� -fa venir meno la stessa giurisdizione (p. 133). 

E poich� il divieto dell'art. 4 sarebbe da collegare, appunto, a situazioni nelle 
quali rilevi l'imperativit� del provvedimento, e questo, d';;iltro canto, sempre esclude 
la giurisdizione del giudice ordinario nei rapporti o nelle situazioni che da esso sono 
incise, non resta materia, ritiene lo S., rispetto alla quale il divieto medesimo potrebbe 
operare (salvo casi del tutto marginali: pp. 144-148); sicch� la norma deve ritenersi 
posta per " l'appagamento di un'esigenza formale, derivante dal principio della separazione 
dei poteri �, piuttosto che per una " depauperazione di sostanza dei poteri del 
giudice nei confr?nti della Pubblica Amministrazione� (p. 140), con l'ulteriore conseguente 
rilievo che dallo stesso art. 4 nemmeno potrebbe desumersi un principio in 
ordine al divieto di determinati tipi di pronunce, mentre limitazioni possono sussistere, 
per. alcune azioni costitutive o di condanna ad un " facere programmatico >>, ma in 
virt� delle " caratteristiche della situazione sostanziale influenzata dalla posizione 
dell'Amministrazione >>, della quale rilevi un'attivit� infungibile, e perci� nei limiti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

158 

in cui questa venga in considerazione per le peculiarit� dell'azione amministrativa 
( � unilateralit�, vincolo discrezionale al fine �): cos� restando consentite, in ogni altro 
caso, anche� condanne ad un facere specifico, come nelle controversie " che hanno ad 
oggetto l'insoddisfazione di un diritto ad un comportamento non programmatico >>, e 
perci� non infungibile (pp. 157 e segg., 172). 

2. La pur necessariamente sommaria esposizione del pensiero dello S., sul tema 
centrale fatto oggetto dell'indagine, pu� dare la misura dell'interesse del lavoro in 
rassegna, che apporta un contributo certamente perspicuo allo studio della tormentata 
materia dei rapporti tra Amministrazione pubblica e giudice ordinario, offrendo altre 
prospettive per un tentativo di sistemazione organica, in un quadro unitario, dei detti 
rapporti, e consentendo, con una completa e ragionata considerazione dei risultati 
raggiunti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, di far luogo ad un immediato confronto 
di tesi, indubbiamente utile per ogni ulteriore meditazione sulle questioni 
trattate: in relazione alle quali, e senza la pretesa di avviare una discussione di fondo, 
che i limiti delle presenti note non permettono, sulla bont� o meno delle conclusioni, cui 
perviene l'A., e delle singole argomentazioni ad esse propedeutiche, si vogliono qui 
segnalare, e piuttosto come spunti per un ulteriore approfondimento, quelle che sembrano 
pi� immediate ragioni di dissenso rispetto alla svalutazione, che allo S. � sembrato 
di dover rilevare, della fondamentale disposizione dell'art. 4 della legge abolitiva 
del contenzioso amministrativo. 
Tale disposizione, come si � visto, ~on avrebbe alcun concreto valore precettivo, 
secondo l'A., poich� le limitazioni che da essa appaiono sancite non potrebbero che 
riferirsi a situazioni nelle quali mancherebbe la stessa giurisdizione del giudice ordinario, 
i cui poteri decisori, invece, quante volte la giurisdizione sussista, non potrebbero 
che essere pieni. 

Orbene, se pu� ritenersi corretta la conclusione di una necessaria coincidenza, 
in tesi, tra ambito della giurisdizione ed ambito dei poteri decisori del giudice, che 
della giurisdizione � fornito, non potrebbe tuttavia l'affermazione porsi in senso unidirezionale, 
poich�, invece, e reciprocamente, andrebbe anche individuato, nelle limitazioni 
che siano previste per determinati tipi di pronunce, un ulteriore o diverso 
criterio discriminatorio, evidentemente in senso negativo, della giurisdizione stessa: 
per determinare la quale, invero, ed una volta che si risolva il problema delle limitazioni 
in termini di giurisdizione, cosi negandosi l'ammissibilit� dei c.d. limiti interni 
della competenza giurisdizionale del giudice ordinario, non potrebbe essere sufficiente 
il solo criterio di collegamento alle situazioni soggettive, secondo la teoria cui lo S. 
mostra di aderire, ma dovrebbe tenersi conto, in una combinata valutazione, anche 
del petitum, che, a parte iudicis, � correlato al tipo di statuizioni che l'ordinamento 
consente. 

Conseguentemente, ove limitazioni decisorie si rinvengano, dovrebbe piuttosto dirsi 
che la posizione, dedotta in giudizio per il conseguimento di un risultato non realizzabile 
con pronuncia del giudice ordinario, e cio� con quello che altrimenti si direbbe 
1,m petitum improponibile, non � di diritto soggettivo (e perci� rilevarsi il difetto di 
giurisdizione), anzich� dall'affermilzione del (ritenuto) diritto, e questo considerato 
sulla base soltanto della situazione soggettiva, desumersi l'inapplicabiiit� delle limitazioni 
stesse. Ed un discorso sulla superfluit� dell'art. 4, condotto con riferimento 
alle dette situazioni e senza riguardo alla tutela, o alle limitazioni di tutela, per esse 
apprestata, o previste, potrebbe perci� non riuscire appagante, e nemmeno quando si 
inquadrassero nella prospettiva dell'art. 2 della legge, negandosi il diritto soggettivo 
e quindi la giurisdizione, tutte le situazioni non idonee a giustificare pronunce di 
condanna ad un facere a carico dell'Amministrazione pubblica, poich�, invero, e 
quando l'esclusione del diritto, anche per degradazione, non sia ricollegabile alle stesse 
situazioni sostanziali incise da un provvedimento imperativo, ed altrimenti siano tut


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PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

159 

cavia da negare quei tipi di pronunce, come in ragione dell'infungibilit� dell'azione 
amministrativa, appunto alle limitazioni dovrebbe farsi capo per la stessa negazione 

e del diritto e della giurisdizione ordinaria, cosi confermandosi l'autonomo valore 
della norma dell'art. 4, e del principio che da essa si desume. 

La norma, d'altra parte, non fu posta per un " malinteso � e � formale � ossequio 
al principio della separazione dei poteri, gi� all'epoca, del resto, pi� modernamente 
inteso come di distinzione e coordinamento delle funzioni dello Stato, bensi -come 
si evince anche dai lavori parlamentari, che dettero luogo ad elevate discussioni sul 
piano strettamente giuridico, prima ancora che su quello della �mera convenienza 
politica del provvedimento -per trovare un giusto contemperamento, nell'interesse 
pubblico, piuttosto che per la salvaguardia delle prerogative di ciascun potere, tra le 
esigenze dell'azione amministrativa e quelle di una ugualmente completa garenzia 
giurisdizionale per i cittadini (dr., per pi� ampi riferimenti, Nel centenario della legge 
20 marzo 1'865, n. 2248, all. E, in questa Rassegna, retro, II, 4). 

La necessit� di un tale contemperamento, poi, � stata riconosciuta anche dalla 
Costituzione repubblicana, la. quale, riaffermando il valore della separazione ed indipendenza 
delle funzioni anche dell'Esecutivo, ha particolarmente considerato sia l'esigenza 
di lasciare alla Pubblica Amministrazione la valutazione e la scelta dei mezzi 
per la cura degli interessi (per definizione pubblici) ad essa affidati, sia quella di 
garentire ai privati la tutela dei diritti e degli interessi legittimi, ed a tal fine congiunto 
ha posto il precetto dell'art. 113, che, mentre la detta tutela assicura, tuttavia 
manda al legislatore ordinario di determinare quali organi di giurisdizione, in quali 
casi e con quali effetti, possono annullare gli atti dell'Amministrazione, e cosi sostanzialmente 
ribadisce, anzi ampliandola,. la regola gi� posta con l'art. 4 dal legislatore 
del 1865 (dr. GuGLIBLMl, I confiitti ... nella raccolta di studi La corte Costituzionale, 
a cura dell'Avvocatura dello Stato, pp. 399 e segg., ed in particolare 423 e segg., 447). 

E poich� il divieto di annullamento � da intendere, anche in questa prospettiva, 
come divieto al giudice di imporre all'Amministrazione determinati comportamenti, 
positivi o negativi, ed in genere di sostituirsi all'Amministrazione in ci� che attiene 
alla cura degli interessi pubblici, potr� discutersi, come prima si diceva, se ci� sia 
da valutare in termini di giurisdizione o di limiti interni di questa, e si potr� anche 
-con riferimento, ad excludendum, a situazioni che siano da ritenere del tutto e 
palesemente estranee a quegli interessi medesimi -continuare a dibattere il problema 
dell'individuazione del campo di operativit� della norma dell'art. 4, ma di questa, e 
del principio con essa affermato ed oggi da ritenere di rilevanza costituzionale, non 
pare potersi comunque revocare in dubbi� la piena validit�. 

MARIO FANELLI 

Rassegna di giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di attivit� economiche, a 
cura di G. LANDr, Riv. Societ�, 1965, 9or. 

La rassegna qui segnalata � preceduta da un'ampia introduzione, nella quale il 
Landi puntualizza due problemi, tra loro connessi: se sia utile, ed in quali limiti, 
enucleare, nel campo delle scienze giuridiche, quanto attiene alle attivit� economiche 
(�diritto dell'economia�, �diritto amministrativo dell'economia�), e perci� anche 
analizzare, in autonomia, i risultati raggiunti dalla giurisprudenza sulle questioni che 
in relazione a dette attivit� si pongono; se, avuto riguardo alle attivit� medesime, ed 
in particolare "per ci� che concerne provvedimenti, di ispirazione affatto nuova, attinenti 
al controllo pubblico dell'economia, siano utilizzabili, ed eventualmente con 
quali adattamenti o limitazioni, gil strumenti tradizionali della giurisprudenza amministrativa, 
soprattutto in tema di eccesso di potere, per inquadrare i provvedimenti 
.stessi negli argini della legittimit�. 



RASSEGNA DELL~AVVOCATURA DELLO STATO 

160 

In funzione del primo problema � la scelta degli argomenti, che � cos� caduta 
su quelli pi� direttamente concernenti le attivit� delle imprese pubbliche o private 
(possono segnalarsi, tra gli altri, gli argomenti relativi all'esercizio di autolinee, al 
comm~rcio interno ed estero, alla nazionalizzazione dell'energia elettrica, all'azionariato 
di Stato, all'industrializzazione del Mezzogiorno, alla disciplina dei prezzi, ai 
servizi pubblici in genere), senza tuttavia che siano rimasti trascurati altri temi pi� 
generali, che indubbiamente anche rispetto alle dette attivit� rilevano, come quelli 
attinenti ai contratti dello Stato e degli enti pubblici, alle concessioni amministrative, 
ai tributi. . 

L'esposizione, poi, che riguarda le decisioni ed i pareri pi� recenti del Consiglio 
di Stato, nelle accennate materie, � condotta con rigoroso criterio sistematico, con 
l'enunciazione preliminare dei problemi in relazione ai quali si sono avute le affer~ 
mazioni giurisprudenziali, di cui � dato conto, e con qualche opportuno riferimento 
di dottrina; sicch�, in definitiva, essa si presenta completa ed organica, e ta'.e da favorire 
l'individuazione non soltanto degli orientamenti decisori di quel Consesso sulle 
singole questioni, ma anche degli stessi pi� generali principi considerati al fine, dei 
quali, perci�, pi� agevole pu� riuscire ogni ulteriore approfondimento, in vista della 
soluzione del secondo problema di cui innanzi si faceva cenno, in ordine alle applicazioni 
che siano da ritenerne ammissibili nel particolare moderno settore delle attivit� 
economiche di interesse pubblico. 

M.F. 
SEGNALAZIONI* 

l
l
m 
;

G. ABBAMONTE, Espropriazione e seriet� dell'indennizzo, Giust. Civ., 1964, III, II\4. 
L'A., nel commentare la sentenza 18 giugno 1963 della Corte Costituzionale -secondo 
cui l'indennizzo, previsto in materia di espropriazione per pubblica utilit� 
'dall'art. 42, comma 3, della Costituzione, deve rappresentare un �serio e non simbo


II

lico " ristoro del pregiudizio economico risultante dall'esproprio -si propone il fine 
di dare pi� precisi contorni al concetto di � seriet� � dell'indennizzo, introdotto dalla 
.:;

:�:

Corte e di risolvere, nel contempo, il problema se il Legislatore possa consentire un 

indennizzo inferiore al valore del bene purch� non ne venga in gioco la � seriet� � 

oppure se la decurtazione dell'indennizzo rispetto al predetto valore venale debba 

essere condizionata dai motivi dell'espropriazione e dagli interessi sui quali essa incida. 

Secondo l'Abbamonte il necessario collegamento che deve porsi tra l'art. 42 della 

Costituzione ed il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3, comma 2, della Costi


tuzione medesima, impone la seconda alternativa, per cui l'indennizzo potr� senz'altro 

essere inferiore al valore venale del bene quando la decurtazione sia lo strumento 

adatto ad eliminare una disuguaglianza sostanziale esistente tra espropriante ed espro


priato (e nei limiti quantitativi idonei ad eliminare tale disuguaglianza) oppure, pi� 

in generale, quando il risultato . dell'espropriazione comporti l'eliminazione di una 

situazione d'indebito privilegio degli espropriati. � 

La nota termina con l'esame delle conseguenze del collegamento tra gli artt. 3, 

" La redazione di questo primo gruppo di brevi segnalazioni, a carattere meramente 
espositivo, di note ed articoli apparsi nelle principali riviste giuridiche negli anni z964-65, � 
stata curata dagli avvocati B. BACCARI, M. FANELLI, L. MAzzELLA, A. QuARANTA e C. ToNELLO. 




PARTE Il, RASSEGNA DI DOTTRINA 
161 

comma 2, e 42, comma 3, della Costituzione sui poteri del legislatore ordinario nella 
determinazione dell'indennizzo e sulla delimitazione del controllo della costituzionalit� 
delle leggi. 

R. 
ALESSl, Rilievi critici in ordine alle impugnative del comportamento omissivo d�ll'Amministrazione 
pubblica, Riv. trim., dir. pubbl., 1964, 528. 
Con l'articolo in rassegna l'Alessi critica l'indirizzo giurisprudenziale del Consiglio 
di Stato secondo il quale il silenzio -rifiuto della P.A., attraverso lo strumento 
tecnico -giuridico di cui all'art. 5 del T.U. com. e prov., darebbe luogo ad un vero 
e proprio provvedimento amministrativo negativo tacito, impugnabile in sede giurisdizionale 
ed, eventualmente, annullabile dal giudice amministrativo. 

L'A. ritiene, invece, che il rifiuto di provvedere, in tutte le sue possibili forme 
di rifiuto espresso, tacito o presunto, non ha che l'efficacia di formalizzare e puntualizzare 
nel tempo una omissione di attivit� alla quale l'Amministrazione � in qualche 
modo tenuta, attivit� idonea a realizzare una utilit� per il singolo, onde � l'omissione 
�he costituisce la causa diretta del'a lesione . 

� Dovrebbe, pertanto, ad avviso dell'A., ammettersi, senza la necessit� di fare riferimento 
alla finzione dell'esistenza di un provvedimento. fantasma da annullare, la 
possibilit� per il giudice amministrativo di conoscere di un ricorso tendente ad un 
'mero accertamento della illegalit� di un comportamento omissivo della P.A., sfociante 
in una decisione meramente dichiarativa di tale illegalit�. 

A.' BENNATI, Il bilancio dello Stato italiano nella sua nuova strutturazione economicofunzionale, 
Riv. Cons. Stato, 1964, II, 570. 

L'A. commenta il contenuto della recente legge l marzo 1964, n. fo che, modificando 
la vigente legge sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale, 
ha disciplinato la nuova struttura del bilancio dello Stato. 

Delle tre innovazioni apportate, consistenti: a) nell'adozione dell'esercizio finanziario 
in coincidenza con l'anno solare, b) nell'unificazione delle leggi di approvazione 
del bilancio, c) nella nuova classificazione delle entrate e delle uscite, l'A. prende particolarmente 
in esame quest'ultima ponendola a raffronto con la classificazione precedentemente 
in vigore e mettendo in rilievo come la nuova strutturazione del bilancio 
permetta di selezionare i dati sotto il profilo funzionale, con la determinazione dei 
costi di ogni funzione o servizio, . e di classificare le spese sotto il profilo economico, 
in modo che sia possibile valutare gli effetti dell'attivit� finanziaria dello Stato sull'economia 
nazionale. 

E. 
CANNADA BARTOLI, Annullamento d'ufficio ed inopp�gnabilit� dei provvedimenti 
amministrativi, Foro Amm., 1964, II, 143. 
Il Consiglio di Stato, con la decisione 30 settembre 1964, n. 654 delle VI sezione, ha 
inteso stabilire una corrispondenza tra inoppugnabilit� dei provvedimenti amministrativi 
divenuti intangibili per decorso dei termini d'impugnazione ed inammissibilit� 
dell'annullamento d'ufficio dei medesimi, fondandola. sull'esclusione dell'interesse pubblico 
all'annullamento dell'atto divenuto inoppugnabile. 

L'A. critica il ragionamento seguito dai giudici ed osserva che la strada per giungere 
al collegamento dell'inammissibilit� dell'annullamento d'ufficio al decorso dei 
termini per adire il giudice amministrativo dev'essere altra: quella di ritenere che, 
per ragioni di eguaglianza, la P.A. dev'essere legata al decorso degli stessi termini 
valevoli per i cittadini. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

162 

A. Cmcco, L'imposta sulle aree fabbricabili e la Costituzione, Foro Pad, 1964, 1, 464. 
In nota alla sentenza 14 dicembre 1963, n. 1058, della Quinta Sezione del Consiglio 
di Stato, I'A. esamina, con la questione evidenziata nel titolo, altri due problemi, pure 
toccati nell'indicata pronuncia. 

Cos� ricorda come la giurisprudenza sia orientata per l'ammissibilit� della c.d. 
" tutela concorrente � di diritti subiettivi e di interessi legittimi, specie in ipotesi di 
unico provvedimento amministrativo in cui confluiscano posizioni giuridiche subiettive 
protette direttamente ed indirettamente dall'ordinamento, e come la semplice prospettazione 
dell'inesistenza del potere non valga, di per s�, a spostare la giurisdizione dal 
piano degli interessi a quello dei diritti, attesoch� occorre aver riguardo pi� che alla 
formulazione della domanda al c.d. cc petitum sostanziale >>. Tratta, poi, del prdb'.ema 
della rilevanza della questione di legittimit� costituzionale in relazione alla questione 
di giurisdizione, sia sotto il profilo della sua precedenza logica che in relazione alle 
altre pregiudiziali. Infine esamina i requisiti dell'imposizione tributaria, in generale, 
sotto il profilo della sua conformit� al dettato costituzionale, e, ricordando il vario 
orientamento della giurisprudenza sul delicato problema, scende al pi� particolare 
studio dei requisiti, e soprattutto dei limiti temporali, dell'imposizione sulle aree 
fabbricabili. 

E.GARBAGNATI, Ancora in tema di opposizione da parte di un solo condebitore, ad un 
decreto d'ingiunzione pronunciato nei confronti di una pluralit� di debitori solidali, 
Giur. it., 1964, I, 2, 755. 

L'A. critica l'ordinanza istruttoria del Tribunale di Rovigo in data 17 aprile 1963, 
nella parte con cui essa escludeva l'applicabilit� dell'art. 322 c.p.c. sull'assunto che in 
un giudizio di primo grado non potrebbero applicarsi norme le quali concernano le 
impugnazioni. Pi� particolarmente, l'A. trae occasione per ribadire la tesi, gi� espressa 
in altri scritti, secondo la quale l'opposizione a decreto ingiuntivo costituisce vero 
mezzo di impugnazione del decreto stesso come provvedimento giurisdizionale dichiarativo 
identico per natura ad una sentenza di condanna, e sostiene la piena applicabilit� 
del citato articolo. L'A. critica, poi, l'anzidetta ordinanza, nella parte, con cui 
fondandosi sull'argomento a contrario desunto dall'art, 1306 e.e. esclude la declaratoria 
di esecutivit� del decreto ingiuntivo, in pendenza del giudizio di opposizione promosso 
da uno dei condebitori, nei confronti degli altri debitori solidali non opponenti. Ritiene, 
infatti, l'A., mutando una sua precedente opinione, che, dalla mancata riproduzione 
nel nuovo codice del disposto dell'art. 471, n. 3, c.p.c. del 1865 e non offrendo l'aft. 
1306 e.e. Io strumento per superare un precedente giudicato pure in relazione ai limiti 
posti dall'art. 2909 e.e., gli effetti dell'opposizione al decreto d'ingiunzione siano limitati 
al debitore o ai debitori opponenti e che, correlativamente, scaduto il termine per 
l'opposizione, il decreto stesso possa essere dichiarato senz'altro esecutivo nei confronti 
di tutti i condebitori non opponenti. 

G. A. M1cHELI, Osservazioni in tema di cc manifesta infondatezza >> della questione 
relativa alla retroattivit� della legge tributaria, Riv. dir. fin. e scienza .delle fin., 
1964, II, 157, 

L'A. critica la decisione del Consiglio di Stato 14 dicembre 1963, n. 1058 (Sez. V), 
la quale ha ritenuto manifestamente infondata, sotto il profilo dell'ammissibilit� per 
il nostro ordinamento della efficacia retroattiva delle leggi tributarie, la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 25 della legge 5 marzo 1963, n. 246, che istituisce 
l'imposta sull'incremento di valore delle aree fabbricabili. 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 
163 

Pur rilevando che in pi� occasioni la Corte Costituzionale si � pronunciata in 
senso contrario. alla illegittimit� costituzionale delle leggi tributarie retroattive, sia pure 
senza pervenire ad affermazioni di massima data la particolarit� delle fattispecie sottoposte 
al suo esame, l'A. ritiene che una capacit� contributiva meramente fittizia, 
perch� collegata a fatti verificatisi molto tempo prima dell'entrata in vig�re della 
legge che istituisce il tributo, contraddicendo alle regole della comune esperienza, non 
fonda legittimamente il potere di imposizione.dell'ente pubblico; sicch�, a suo giudizio, 
la questione, sotto il profilo del possibile contrasto con l'art. 53 della Costituzione, 
meritava di essere rimessa all'esame del giudice della legittimit� costituzionale delle 
leggi. 

G. A. MICHELI, Profili critici in tema di potest� di imposizione, Riv. dir. fin. e scienza 
delle fin., 1964, I, 3. 
Con l'articolo in rassegna il Micheli, premesso che non pu� essere seguita l'opinione 
di quegli autori (Berliri, Casetta) per i quali le tasse� non sarebbero riferibili al 
concetto lato del tributo inteso come una prestazione coattiva -di carattere patrimoniale 
o ad esso riconducibile -in favore dell'ente pubblico, osserva che nell'ambito 
della teoria generale ,delle prestazioni coattive, il carattere coatti1'o della prestazione, 
se costituisce uno degli elementi qualificanti il tributo, non � sufficiente per differenziarlo 
dalle altre prestazioni dovute all'ente pubblico in forza del suo potere d'impero 
(servizio militare, espropriazione per pubblica utilit�, prestiti pubblici forzosi, successione 
dello Stato nelle eredit� private vacanti etc.) e pone in rilievo, altresi, i caratteri 
diffe~enziali tra le varie figure prese in esame per distinguerle da quelle del tributo in 
senso proprio. 

Delinea.ti cosi, in maniera negativa, i confini del. potere di imposizione, l'A. afferma 
che la nozione. di tributo si presenta come un concetto residuale, cio� come di una 
prestazione coattiva pecuniaria senza corrispettivo che non pu� essere rapportata ad 
altri schemi giuridici relativi a rapporti tra l'ente pubblico ed il soggetto sottoposto 
al potere di supremazia. 

Dopo aver fatto riferimento al tentativo della dottrina (Griziotti) di individuare 
l'aspetto funzionale del tributo attraverso la nozione di " causa impositionis >>, l'A. 
prende in esame il contenuto dell'art. 53 della Costituzione per affermare che la capacit� 
contributiva delimita, qualificandolo, il potere di imposizione e concorre, quindi, 
a determinare il concetto di tributo nel senso che essa serve ad ancorare il tributo 
stesso alla ne�essit� che il legislatore scelga un presupposto di fatto, al cui verifi�arsi 
� dovuta la prestazione coattiva, che si ricolleghi comunque ad una manifestazione 
di capacit� contributiva, cio� ad un fatto suscettibile di valutazione economica. 

A. 
P!:oLA, Legittimit� dell'art. 402 cod. pen. e nozione di religione dello Stato, Foro 
it., 1965, I, 929. 
L'A., in una nota adesiva alla sentenza 31 maggio 1965 n. 39 della Corte Costituzionale 
(pubblicata con richiami di dottrina e di giurisprudenza in questa Rassegna, 
1965, I, 450), sostiene che gli artt. 402 e segg. del vigente codice penale sono in 
piena armonia con i principi generali del nostro diritto costituzionale e del nostro 
diritto ecclesiastico: come deve essere per logica in un sistema giuridico organico 
regolante i vari aspetti del fenomeno religioso socialmente rilevante. 

Iri particolare, l'art. 402 c.p., tutelando il sentimento religioso diffuso nella comunit�, 
non crea una discriminazione tra cittadini, n� limita la libert� delle confessioni 
acattoliche, lesa semmai dalla mancanza di un'eguale norma protettiv�, n� contrasta 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

164 

con il diritto di professare una fede religiosa-, di farne propaganda e di esercitarne il 
culto, o condiziona capacit� e attivit� delle confessioni diverse dalla cattolica. .?< 
,Inoltre, aggiunge l'A., la disuguaglianza di condizione giuridica tra la religione 

.

cattolica e le �altre confessioni troverebbe fondamen~o nell'art. 7 della Costituzione. 

�' 

A. M. 
SANDULLl, Precisazioni in tema di mancanza di potere ed inesistenza dell'atto 
amministrativo, Foro Amm., 1964, Il, 200. 
La nota in rassegna, pur prendendo spunto dalla sentenza 10 giugno 1964, n. 1427 
della Corte di Cassazione, si presenta come uno' svolgimento ed un chiarimento di 
concetti gi� espressi dall'A. in precedenti scritti in tema di inesistenza dell'atto a,mministrativo. 


Attraverso un'adeguata esemplificazione tratta dal diritto vigente, il Sandulli 
sostiene che, se una notevole parte dei casi di inesistenza dell'atto amministrativo 
dipende da carenza di potere nell'autorit� amministrativa, non per questo si pu� dire 
-come vorrebbe il Giannini (M.S.) -che tutti i casi di comportamento della P.A. 
senza potere si risolvono sempre e necessariamente in ipotesi di inesistenza dell'atto 
amministrativo, con conseguente mancanza di forza imperativa e di esecutivit�. L'inesistenza 
dell'atto amministrativo, d'altro canto, non presuppone necessariamente una 
carenza di potere, potendosi anche alcuni casi di cattivo esercizio di iln potere effettivamente 
esistente risolversi in inesistenza dell'atto. 

Una necessaria concomitanza tra atto amministrativo ed effettiva sussistenza del 
corrispondente specifico potere nell'autorit� che lo ha emanato � assolutamente estranea 
-. secondo l'A. -al nostro diritto vigente. 

A. M. SANDULLI, Deliberazione di negoziare e negozio di diritto privat~ della Pubblica 
Amministrazione, Riv. trim, dir, proc. civ., 1965, 1. 
Considerato che la procedura volta all'adozione degli atti deliberativi richiesti 
per l'esercizio dell'attivit� negoziale di diritto privato dell'Amministrazione pubblica 
rimane del tutto estranea all'attivit� medesima, questa esclusivamente da valutare in 
un profilo privatistico, e la prima, invece, completamente dominata dal diritto amministrativo, 
il S. osserva che nel diritto privato, perci�, debbono ricercarsi le regol� in 
ordine all'esistenza, alla validit� ed all'efficacia del negozio, e che tale ricerca, tuttavia, 
deve essere condotta senza perdere di vista le regole pubblicistiche relative all'organizzazione 
dell'ente interessato, che sono quelle che consentono anche di individuare 
la posizione dell'agente " qualificato � a realizzare i negozi di diritto privato imputabili 
all'ente medesimo, ma non (o non ancora) abilitato alla negoziazione con delibera 
dell'organo competente. 

L'A. rileva che per detta imputabilit� ben pu� farsi ricorso al concetto di rappresentanza, 
e sottolinea che, nella materia considerata, la fattispecie costitutiva della 
posizione giuridica di rappresentante pu� considerarsi completata col venire ad esistenza 
dell'atto deliberativo, che � da valutare, per altro, secondo le regole pubblicistiche. 
Rileva, ancora, che conseguenzialmente, e ragionandosi rispetto al negozio, e perci� 
in termini privatistici, i problemi di mancanza, inefficacia o invalidit� della delibera.
zione di negoziare possono risolversi secondo le regole in tema di procura (artt. 13981399 
e.e.), pervenendosi a queste conclusioni: nei primi due casi (mancanza o inefficacia 
dell'atto deliberativo) il negozio, da ritenere posto in essere da falsus procurator, 
sar� senz'altro inoperante per l'ente pubblico; nel terzo caso, tale inoperativit� andr� 
ugualmente rilevata immediatamente, quando l'atto invalido sia stato annullato, e 
sia perci� da �ritenere come non mai esistito, mentre potr�, in mancanza, essere fatta 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTIRINA 
165 

valere in giudizio ordinario (e per� soltanto dall'Amministrazi�ne, come soltanto dalla 

parte rappresentata possono farsi valere i vizi della procura), all'uopo invocandosi la 

disapplicazione della deliberazione invalida, per i vizi propri di questa. 

Da 
ultimo I'A. accenna, senza farne oggetto della trattazione, al problema, che 

potrebbe venire in rilievo in riferimento ai vizi del procedimento amministrativo ordi-. 

nato al negozio di diritto privato, di una responsabilit� precontrattuale della Pubblica 

Amministrazione. 

V. 
SPAGNUOLO VIGoRITA, Sul mutamento del " titolo � dell'espropriazione, Riv. giur. 
edil., 1965, I, 527. 
Premesso che la Pubblica Amministrazione pu� di massima scegliere il titolo 
dell'espropriazione fra due� (o pi�) egualmente disponibili, I'A. ritiene che nell'ambito 
della sola procedura espropriativa o di occupazione, separatamente considerate, la 

P.A. debba restar coerente alla legge inizialmente applicata, onde la commistione 
importerebbe l'illegittimit� degli atti sviati rispetto alla scelta originaria, salva la 
facolt� di rinnovare la procedura. Naturalmente, la fedelt� al titolo prescelto va affermata 
anche, per cosi dire, a danno dei privati. 
La soluzione sostenuta con riguardo alla procedura espropriativa od a quella di 
occupazione isolatamente considerate va ribadita, poi, secondo l'A., anche considerando 
assieme l'una e l'altra, ~e l'occupazione � preordinata all'espropriazione, nonostante 
la _reciproca autonomia dei proc�dimenti, la quale avrebbe finalit� e portata 
delimitate e non influenti sul problema esaminato. In tale ipotesi le conseguenze del 
. mutamento del titolo consisterebbero nella illegittimit� dell'occupazione, ma non 
necessariamente dell'espropriazi~ne, di cui, peraltro, la commistione potrebbe essere 

un indice al fine di dimostrare la �falsa causa"� 

Lo stesso A., comunque, non nasconde la delicatezza della questione, da ultimo 
accennata, rimessa con la decisione favorevolmente annotata (Cons. di Stato, sez. IV, 
25 novembre 1964, n. 1355) all'Adunanza plenaria. 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI * 

LEGGE I NOVEMBRE 1965, N. 1179 -Converte in legge, con modificazioni varie, il 

d.1. 6 settembre 1965, n. 1022, recante norme per l'incentivazione dell'attivit� edilizia 
(G.U. 3 novembre 1965, n. 275); v. retro, II, 137, ed ivi la nota 1. 
LEGGE 4 NOVEMBRE 1965, N. 1213 -Reca provvedimenti a favore della cinematografia; 
prevede, tra l'altro, varie agevolazioni tributarie (G.U. 12 novembre 1965, n. 282). 

1,EGGE 4 NOVEMBRE 1965, N. 1246 -Reca norme integrative all'ordinamento del 
Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, in particolare in materia di personale 

(G.U. 17 novembre 1965, n. 287). 
LEGGE 31 orroBRE 1965, N. 1261 -Disponendo, tra l'altro, circa le indennit� spettanti 
ai membri del Parlamento, assoggetta le stesse ad una imposta unica, sostitutiva di 
quelle di ricchezza mobile e complementare, e relative addizionali, e ad altra imposta, 
in sostituzione di quella di famiglia (G.U. 20 novembre 1965, n. 290). 

LEGGE 4 DICEMBRE 1965, N. 1309 -Converte in legge, con modificazioni, il d.1. 
7 ottobre 1965, n. 1118, recante provvedimenti per la sospensione dell'imposta di fabbricazione 
sui filati di lana e la istituzione di un'addizionale spe�iale all'imposta 
generale sull'entrata per le materie prime tessili di lana (G.U. 7 dicembre 1965, n. 305): 

v. retro, II, 137. 
LEGGE 6 DICEMBRE 1965, N. 1369 -Aggiunge l'articolo 496 bis al codice di procedura 
penale e sostituisce il testo degli articoli 357 e 367 dello stesso codice, disciplinando, 
con tali nuove norme, l'uso dei registratori nel processo penale (G.U, 21 
dicembre 1965, n. 3�17). 

LEGGE 6 DICEMBRE 1965, N. 1379 -Reca modificazioni al regime tributario delle 
societ� concessionarie di servizi telefonici (G:U. 23 dicembre 1965, n. 319). 

D.M. 14 DICEMBRE 1965, -Emanato secondo il disposto dell'ultimo comma dell'art. 
13 della legge 26 giugno 1965, n. 717, sugli interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno, 
detta le modalit� di applicazione dei benefici fiscali previsti da lo stesso articolo 13 
della legge indicata e dall'articolo 5 della legge 29 settembre 1962, n. 1462 (G.U. 
18 dicembre 1965, n. 315). 
LEGGE 17 DICEMBRE 1965, N. 1395 -Proroga al 30 giugno 1966 i contratti di locazione 
e sublocaizone di immobili urbani, gi� prorogati ai sensi degli articoli 1 e 2 del 

r.d. 23 dicembre 1964, n. 1356, convertito nella legge 19 febbraio 1965, n. 30. Alla stessa 
data del 30 giugno 1966 proroga il termine di cui al primo e al secondo comma dell'art. 
1 della legge 10 ottobre 1965, n. 1110. (G.U. 27 dicembre 1965, n. 321). 
LEGGE 23 DICEMBRE Ig65, N. 1415 -Proroga al 3I dicembre 1966 il termine di cui 
alla legge 26 giugno 1g65, n. 724 in materia di appalti e revisione di prezzi per opere 
pubbliche (G.U. 31 dicembre 1965, n. 325). 

" Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 167 

LEGGE 23 DICEMBRE I965, N. J4I9 -Proroga al JI dicembre I966 le disposizioni del 
titolo terzo del d.l. I5 marzo I965 n. I24, convertito con modificazioni nella legge 
I3 maggio I965, n. 431, in materia di interventi per la ripresa dell'economia nazionale 

(G.U. 3I dicembre I965, n. 325). 
DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

DISEGNO DI LEGGE, N. I447 (presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, 
di concerto col Ministro del Tesoro, al Senato della Repubblica, il 25 novembre I965): 

Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, il decentramento 
e la semplificazione delle procedure. 

"Testo�: 

ART. I -Il Governo della Repubblica � delegato a trasferire agli organi periferici 
delle Amministrazioni dello Stato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della 
presente legge, attribuzioni che, secondo le disposizioni vigenti, spettano agli organi 
centrali 

Il decentramento dovr� essere effettuato con l'osservanza dei seguenti principi e 
criteri direttivi : 

a) dovr� concernere le funzioni amministrative delle quali non sia essenziale 
la esplicazione da parte degli organi delle Amministrazioni centrali e per le quali 
il trasferimento consenta una pi� appropriata valutazione degli interessi pubblici o 
lo snellimento delle procedure;� 

b) dovranno essere conferiti larghi poteri deliberativi agli organi periferici, ai cui 
provvedimenti potr� attribuirsi carattere definitivo; 

c) potranno sostituirsi ai pareri e controlli di organi centrali, sugli atti inerenti 
alle funzioni decentrate, pareri e controlli di organi periferici. 

ART. 2 -Entro lo stesso termine di un anno, il Governo della Repubblica � altrcs� 
delegato ad emanare le norme necessarie per il riordinamento dei Ministeri e degli 
uffici periferici in attuazione degli articoli 95, comma terzo, e 97 della Costituzione. 

La ripartizione delle attribuzioni fra i vari Dicasteri dovr� essere fatta con criteri 
di omogeneit� e per materie e compiti determinati, al fine di evitare duplicazioni di 
competenze ed interventi non necessari, e di assicurare all'azione amministrativa la 
maggiore coesione ed unit� di indirizzo. 

Nell'ambito di ciascun Ministero le relative attribuzioni saranno ripartite tra 
uffici centrali e periferici, ove previsti, in modo che risulti chiaramente determinata 
la loro rispettiva competenza nonch� la responsabilit� dei funzionari ad essi preposti. 
Salva restando la facolt� del Ministro di delegare attribuzioni di sua competenza ai 
capi degli uffici e di avocare a s�, quando ne ravvisi l'esigenza1 la trattazione di determinati 
affari, avverso i provvedimenti emanati per competenza propria dai capi degli 
uffici centrali e periferici sar� prevista la possibilit� di ricorso gerarchico al Ministro, 
il quale decider� su relazione del direttore generale competente. Le norme delegate 
potranno attribuire carattere definitivo a provvedimenti di organi centrali. 

Gli uffici dovranno essere ordinati in modo che il loro funzionamento risulti 
adeguato anche alle esigenze economiche e sociali della collettivit� ed all'efficace 
adempimento dei rispettivi compiti e servizi. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

168 

Le norme delegate potranno disporre il trasferimento di determinati servizi da 
una ad altra Amministrazione, la unificazione, la istituzione e la soppressione di direzioni 
generali e di altri uffici centrali nonch� la modifica della circoscrizione territoriale 
degli uffici periferici. In particolare, potranno prevedere la istituzione o il 
potenziamento, presso ciascun Ministero, di un servizio ispettivo, alle dirette dipendenze 
del Ministro e con organizzazione, in quanto occorra, sia centrale che periferica. 

Dalla riorganizzazione degli uffici centrali e periferici non dovr� conseguire un 
aumento di spesa per il bilancio dello Stato. 

ART. 3 -Con le stesse modalit� stabilite dalla presente legge ed entro il termine 
di due anni, il Governo della Repubblica potr� provvedere alla semplificazione delle 
procedure amministrative. 

La semplificazione dovr� essere attuata in modo da conferire tempestivit� ed efficienza 
all'azione amministrativa, salvaguardando l'interesse pubblico e contemplando 
adeguate garanzie per�i cittadini. A tal fine dovr� prevedersi: l'eliminazione di interventi 
o adempimenti non necessari e di duplicazioni di competenza; . la sostituzione, 
ove possibile, di dichiarazioni di parte alla documentazione amministrativa a carico 
dei cittadini. 

ART. 4 -Ai fini della emanazione delle norme delegate previste nei precedenti 
articoli � costituita una Commissione consultiva composta da nove deputati e nove 
senatori, designati dai Presidenti delle rispettive Camere. 

La Commissione dovr� esprimere il suo parere sugli schemi di decreti legislativi 
che le verranno sottoposti, sentiti i Ministeri interessati, dalla Presidenza del Consiglio. 

Le norme delegate saranno emanate con decreto del Presidente della Repubblica, 
su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri interess�ti e con 
quello per il tesoro, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. 

ART. 5 -Il Governo della Repubblica � delegato a procedere, nel termine di� tre 
anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla raccolta in testi unici, 
con le modificazioni ed integrazioni ritenute necessarie per il loro adeguamento e per 
il loro coordinamento anche con le altre disposizioni vigenti, delle norme emanate 
in base alla presente legge. 

I testi unici saranno emanati con decreti del Presidente della Repubblica, su 

proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri interessati, previo 

parere del Consiglio di Stat~ e deliberazione del Consiglio dei Ministri. 

ART. 6 -La presente legge non concerne: il Ministero degli affari esteri; il Ministero 
della difesa; l'ordinamento delle Forze armate e dei Corpi di polizia; l'ordinamento 
e le attribuzioni degli uffici giudiziari di ogni ord.ine e grado, del Consiglio 
di Stato, della Corte dei Conti, della Giustizia militare e dell'Avvocatura dello Stato; 
l'ordinamento delle Scuole e degli Istituti d'istruzione di ogni ordine e grado; le 
Amministrazioni e le Aziende autonome dello Stato. 

� Osservazioni � : 

Il disegno di legge, di cui si tratta, come risulta evidente dal testo innanzi ripor


tato, � caratterizzato dallo scopo precipuo di rendere pi� funzionale lo svolgimento 

dell'attivit� amministrativa. Tale scopo si dovr� realizzare, in armonia con i principi 

costituzionali, attraverso tre mezzi fondamentali, indicati nel titolo del disegno stesso, 

collegati l'uno all'altro: il cosiddetto decentramento, il riordinamento degli uffici, la 

semplificazione delle procedure. 

Per quanto riguarda il primo qi questi tre mezzi, rilevato che almeno in parte, 

legislativamente, il decentramento � stato gi� attuato con vari provvedimenti, in 

relazione ai principi e criteri direttivi, fissati nell'art. 1, il collegamento tra pi� appro



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

priata valutazione degli interessi pubblici e snellimento delle procedure, da un lato, 
e decentramento, dall'altro, mentre evidenzia lo scopo sopra individuato, consente di 
mantenere, pure .prescindendo da quelle funzioni per le quali sia essenziale la esplicazione 
da parte delle Amministrazioni centrali, l'attuazione del decentramento entro 
limiti opportuni. Ci� che si armonizza con la semplice � facolt� � di attribuire carattere 
defi_nitivo agli atti degli organi periferici, in quanto l'uguaglianza di trattamento 

o per lo meno l'unit� di indirizzo rispetto. a situazioni identiche od anche solo analoghe 
deve pur tenersi nel debito conto. 
Il sottolineato scopo della funzionalit� dell'attivit� amministrativa trova riscontro 
anche nel mezzo del riordinamento degli uffici (art. 2), il quale deve tendere ad evitare 
tutto quanto pu� rappresentare inutile complicazione e sterile formalismo oppure 
soltanto difetto di chiarezza nell'attribuzione delle competenze, mentre la facolt� del 
Ministro di avocare a s� la trattazione di determinati affari e la prevista possibilit� 
di ricorso gerarchico rispondono ap-j,unto all'esigenza di contenere una indiscriminata 
estensione del decentramento, delle cui ipotizzabili conseguenze si � gi� fatto cenno. 

Al medesimo scopo ancor pi� chiaramente � diretta l� semplificazione delle procedure 
(art. 3), il cui equilibrio si rinviene nel contemperamento dell'interesse della 
collettivit� e dell'interesse dei singoli. Possono apparire forse generiche le espressioni 
in proposito usate di � tempestivit� ed efficienza� dell'azione amministrativa e forse 
scarsi i criteri indicati per il raggiungimento degli obbiettivi prospettati, ma, in effetti, 
una maggiore precisazione dei principi ed una pi� ampia elencazione dei criteri sarebbero 
controproducenti, come del resto risulta dalle salvezze formulate laddove i criteri 
si sono pi� dettagliatamente configurati: cos�, per esempio, nella prevista sostituzione 
delle dichiarazioni di parte alla documentazione amministrativa a carico dei cittadini 
si � aggiunto l'inciso " ove possibile � ed opportunamente, giacch� molte volte ci� se 
sgram di un onere il cittadino pu� rappresentare un aggravio per l'Amministrazione 
complicandone l'attivit� e risolvendosi, al postutto, in un danno del cittadino stesso, 
quanto meno sotto l'aspetto del tempo occorente per l'adozione dei provvedimenti. 

Comunque, in definitiva, molto � lecito attendersi dai provvedimenti delegati, nel 
senso di un avvicinamento tra collettivit� e singoli, alla stregua dello scopo, cui mira 
la delega richiesta dal Governo, e dei mezzi previsti per la realizzazione di tale scopo, 
pur se in rapporto a tutto ci� dipender� dalla concreta applicazione, degli emanandi 
provvedimenti delegati, nello svolgimento dell'attivit� amministrativa il raggiungimento 
degli obiettivi, che si vogliono perseguire. 


A conclusione sembra il caso di porre in luce l'espressa esclusione di .applicazione 
della delega a taluni uffici amministrativi, alla scuola ed alle magistrature dello Stato 
(art. 6), che ovviamente hanno funzioni ed esigenze particolari, onde ogni accomunamento 
sarebbe del tutto impensabile. 

PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI 
SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' 

DISPOSIZIONI DI LEGGE DELLE QUALI E' STATA DICHIARATA L'ILLEGITTIMITA' 
COSTITUZIONALE 

D.P.R. 5 APRILE 1951, N. 203 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione 
degli organi delle Amministrazioni comunali): artt. 74, 75, 76. 
� Delle d�sposizioni degli artt. 74 e 75 (trasfuse negli artt. 43 della legge 23 marzo 
1956, n. 136, e 82, 83 del d.p.r. 16 maggio 196o, n. 570), limitatamente alle parti che 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

170 

riguardano i consigli comunali, � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, in 
riferimento all'art. 108, secondo comma, della Costituzione. Della disposizione dell'art. 
76, limitatamente alle parole � Il consiglio comunale >>, l'illegittimit� � stata 
dichiarata a norma dell'art. 27 della legge l l marzo 1953, n. 87 (Corte Cost., sent. 
27 dicembre 1965, n. 93, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; per riferimenti, 
v., infra, sub d.p.r. 16 maggio 1960, n. 570). 

LEGGE 18 MAGGIO 195I, N. 328 (Attribuzioni e funzionamento degli organi delle 
Amministrazioni provinciali): art. 2. 

Della disposizione indicata, nella parte che attribuisce ai Consigli provinciali, in 
materia di contenzioso elettorale, una competenza analoga a quella dei Consigli comunali, 
� stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, a norma dell'art. 27 della legge 
II marzo 1953, n. 87, in relazione alla pronuncia di illegittimit� resa per altre disposizioni 
(Corte Cost., sent. 27 dicembre 1965, n. 93, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 
ed. spec.; per riferimenti, v., infra, sub d.p.r. 16 maggio 1960, n. 570). 

LEGGE 23 MARZO 1956, N. 136 (Modificazioni al testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali): art. 43. 

Della disposizione dell'indicato art. 43, nella parte che riguarda i Consigli comunali, 
� stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 108, secondo 
comma, della Costituzione (Corte Cost., sent. 27 dieembre 1965, n. 93, G.U. 31 dicembre 
I965, n. 326 ed. spec.; per riferimenti, v., infra, sub d.p.r. 16 maggio 1960, n. 570). 

LEGGE 30 LUGLIO 1959, N. 559 (Condono in materia tributaria per sanzioni non 
aventi natura penale): art. 2, comma terzo. 

Di tale disposizione, nella parte in cui l'applicazione del condono � condizionata 
a che intervenga la definizione amministrativa dell'accertamento tributario� entro un 
anno dall'entrata in vigore della legge, � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, 
in riferimento all'art. 3 della Costituzione ~Corte Cost., sent. 22 dicembre 1965, n. 85, 

G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dalla Commissione distrettuale 
delle imposte di La Spezia con ordinanza del 28 aprile 1964, G.U. 29 agosto 
1964, n. 212, segnalata in questa Rassegna, 1964, II, I33)� 
D,'.P.R. 9 MAGGlO Ig6o, N. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la 
elezione degli organi delle amministrazioni comunali): artt. 82, 83, 84. 

Le disposizioni degli artt. 82 e 83, nelle parti che riguardano i Consigli comunali, 
sono state dichiarate costituzionalmente illegittime, in riferimento all'art. 108, secondo 
comma, della Costituzione. Per 1a disposizione dell'art. 84, e sempre per la parte concernente 
i Consigli comunali, l'illegittimit� � stata dichiarata a norma dell'art. 27 
della legge l l marzo 1953, n. 87 (Corte Cost., sent. 27 dicembre 1965, n. 93, G.U. 
3I dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). Le questioni di legittimit� concernenti le indicate 
disposizioni e quelle�-di cui infra -del d.p.r. � 5 aprile 1951, n. 203, della legge 
18 maggio 1951, n. 328 e della legge 23 marzo 1956, n. 136, sono state esaminate dalla 
Corte a seguito delle deliberazioni di rimessione del 24 e 29 gennaio 1965 del Consiglio 
comunale di Sperlonga (rispettivamente in G.U. 3 aprile 1965, n. 85 e G.U. 30 aprile 
1965, n. 109), del 7 febbraio lg65 del Consiglio comunale di Montenero Valcocchiara 

(G.U. I5 maggio 1965, n. 122) e del 24 marzo 1965 del Consiglio comunale di Bergamo 
(G.U. 15 maggio 1965, n. 122); �1e deliberazioni stesse sono state segnalate in questa 
Rassegna, retro, II, 49-50 e �SI, con richiamo anche a precedenti pronunce della Corte 
Costituzionale, con le quali, sotto altri profili, le questioni erano state ritenute non 
fondate. 
D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 867 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle province di Frosin�ne, Latina, 
Roma e Viterbo): art. unico. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 171 

Della disposizione indicata, per la parte in cui rende obbligatoria erga omnes la 
clausola I I dell'accordo di lavoro 30 settembre 1959 per la provincia di Roma, � stata 
dichiarata l'illegittimit� costituzionale, in relazione all'art. I della legge I4 luglio 
I959� n. 74I, per violazione degli artt. 76 e 77, comma primo, de la Costituzione (Corte 
Cost., sent. 27 dicembre I965, n. rno, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.; questione 
rimessa con ordinanza 26 febbraio I965 del Pretore di Roma, G.U. I5 maggio I965, 

n. 122, segnalata retro, II, 82). 
LEGGE 9 FEBBRAIO I963, N. 97 (Estensione dei contratti collettivi di lavoro del settore 
del credito registrati in applicazione della legge 14 luglio 1959, n. 741): art. unico. 

La legge indicata � stata dichiarata costituzionalmente illegittima, in riferimento 
all'art. 39 della Costituzione (Corte Cost., sent, 22 dicembre 1965, n. 88, G.U. 3I dicembre 
I965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dal Pretore di Roma con ordinanza 
6 ottobre Ig64, G.U. 27 marzo I965, n. 78, segnalata retro, II, 5I). 

LEGGE 25 FEBBRAIO I963, N. 289, artt. 3, 4� 
LEGGE 5 LUGLIO 1965, N. 798, artt. 2, 3 (Norme in materia di previdenza ed assistenza 
a favore degli avvocati e procuratori). 

Delle disposizioni indicate � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale, limitatamente 
a quanto da esse previsto per i giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale e per 
le sentenze della Corte stessa (Corte Cost., sent. 6 dicembre 1965, n. 75, G.U. II dicembre 
I965, n. 309 ed. spec.; questione sollevata dalla stessa Corte Costituzionale, con 
ordinanza del 12 novembre 1965, G.U. 13 novembre I965, n. 284; v., infra, 175). 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DICHIARATA 
NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 15 (Autorizzazione a procedere). 

La questione di legittimit� costituzionale della disposizione indicata � stata dichiarata 
non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 28 della Costituzione (Corte Cost., 
sent. 27 dicembre 1965, n. 99, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; la questione 
era stata rimessa dal Pretore di Riva del Garda con ordinanza del 9 febbraio I965, 

G.U. 3 aprile 1965, n. 85, segnalata retro, II, 46). 
CODICE DI PROCEDURA PENALE, artt. 22, 23, 9I (Legittimazione attiva e passiva all'esercizio 
dell'azione civile -Esercizio dell'azione civile nel procedimento penale -Diritto 
di costituirsi parte civile). 

La questione di legittimit� costituzionale sollevata, per le disposizioni indicate, 
in relazione agli artt. 3I6, 3I7 e 320 del codice civile, ed in quanto esse attribuiscono 
al solo genitore esercente la patria potest� la legittimazione alla costituzione di parte 
civile in rappresentanza del figlio minore offeso dal reato, � stata dichiarata non fondata, 
in riferimento all'art. 29 della Costituzione (Corte Cost., sent. 27 dicembre I965, 

n. IOI, G.U. 3I dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dal Pretore di Tricarico 
con ordinanza del Io giugno I964, G.U. I2 settembre I964, n. 225, segnalata 
in questa Rassegna, I964, II, I78). 
R.D. 29 SETTEMBRE I93I, N. I207, convertito nella 
LEGGE I 1 GENNAIO I932, N. I8 (Disciplina del commercio dei cambi). 
Le questioni di legittimit� costituzionale delle norme concernenti la facolt� del 
Ministro delle Finanze di emanare provvedimenti per la disciplina del commercio 
dei cambi sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 76, 77 e 41 della 
Costituzione (Corte Cost., sent. 22 dicembre I965, n. 86, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 

19 



RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 

172 

ed. spec). Le questioni erano state sollevate dal Tribunale e dalla Corte di Appello 
di Roma, rispettivamente con ordinanze del 20 dicembre I963 (G.U. 30 maggio I964, 

n. I32 e v., in� questa Rassegna, I964, II, 94) e del 26 febbraio I965 (G.U. 5 giugno 
1965, n. I39� e v., retro, II,� 79). 
T.u. 3 MARZO I934� N. 383 (Legge comunale e provinciale): artt. 87, ultimo comma, 
I40, ultimo comma, I65 e 296, ultimo comma. 
Le questioni di legittimit� costituzionale delle disposizioni indicate, concernenti 
i poteri dei prefetti in ci� che attiene a contratti degli enti locali e di consorzi, sono 
state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 5, 128, I30 ed alla IX disposizione 
transitoria e finale della Costituzione (Corte Cost., sent. 27 dicembre I965, 

n. 94, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dal Tribunale di 
Messina con ordinanza del I7 marzo I964, G.U. 25 luglio I964, n. I82, segnalata in 
questa Rassegna, I964, Il, I33)� 
LEGGE 5 MARZO I942, N. I86 (Provvedimenti vari in materia di valutazione agli 
effetti dell'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza): art. 4, 
secondo comma. 

La questione di legittimit� costituzionale della disposizione, che prevede una 

sopratassa del dieci per cento per ritardato pagamento delle imposte liquidate in base 
alla decisione della Commissione distrettuale, � stata dichiarata non fondata, in riferimento 
agli artt. 3, 24 e I I3 della Costituzione (Corte Cost., sent. 6 dicembre I965, 

n. 76, G.U. I I dicembre I965, n. 309 ed. spec.; la questione era stata rimessa dalla 
Commissione provinciale delle imposte di Ascoli Piceno con ordinanza del 20 giugno 
I963, G.U. I2 settembre I964, n. 225, segnalata in questa Rassegna, I964, II, I8o). 
l.EGGE 25 GIUGNO 1952, N. 766 (Ratifica ed esecuzione del Trattato istitutivo della 
Comunit� Economica Europea del carbone e dell'acciaio e relativi annessi). 

Le questioni sollevate per le disposizioni degli artt. 33, secondo comma, 41 e 92, 
ultimo comma del trattato istitutivo della Comunit� economica europea del carbone 
e dell'acciaio, recepite nell'ordinamento dello Stato con la legge di ratifica indicata, 
sono state dichiarati! non fondate, in riferimento agli artt. 102 e I I3 della Costituzione 
~Corte Cost., sent. 27 dicembre I965, n. 98, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.; 
questione rimessa dal Tribunale di Torino con ordinanza I I dicembre Ig64, G.U. 
I7 aprile I965, n. 98, segnalata retro, II, 48). 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 

comcE CIVILE, art. 27I, primo comma (Azione per la dichiarazione giudiziale di 

I

paternit� naturale -Termine). 

Il Tribunale di Torino ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento 
agli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
sollevata per la disposizione dell'art. 27I del codice civile, nella parte con 
cui � stabilito un termine biennale, con la decorrenza ivi precisata, per la proposizione 
dell'azione intesa a conseguire la dichiarazione giudiziale di paternit� naturale. La 
questione risulta proposta, in particolare, con riferimento alla disparit� di trattamento 
che risulterebbe fatta ai nati prima del IO luglio I939 rispetto a quelli nati dopo l'entrata 
in vigore del nuovo codice (Ord. 28 maggio I965, G.U. 3I dicembre Ig65, n. 326 
ed. spec.; la sentenza I6 febbraio I963, n. 7 della Corte Costituzionale, richiamata 
nell'ordinanza, � pubblicata in G.U. 23 febbraio I963, n. 53 ed. spec.). 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 178 

CODICE PENALE: 
art. 204 (Accertamento di pericolosit�, pericolosit� sociale presunta); 
art. 222 (Ricovero in manicomio giudiziario). 

Per i motivi di cui a conforme ordinanza della Corte di Appello di Genova (retro, 
II, I3), la Sezione istruttoria presso la stessa Corte ha ritenuto non manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale delle norme indicate, in riferimento 
all'art. I3, primo e secondo comma, della Costituzione (Ord. I5 luglio I965, 

G.U. 27 novembre I965, n. 297 ed. spec.). 
CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 398 (Poteri del pretore nei procedimenti con istruzione 
sommaria). 

In relazione alla disposizione indicata, per la parte in cui si d� facolt� al pretore 
di emettere decreto di citazione a giudizio senza previo interrogatorio dell'imputato 
e senza previa contestazione del fatto. il Tribunale di Ferrara (Ord. 21 settembre I965, 

G.U. I I dicembre I965, n. 309 ed. spec.) ed i Pretori di Ronciglione (Ord. I2 ottobre 
I965, G.U. 11 dicembre I965, n. 309 ed. spec.) e di Caltagirone (Ord. I2 novembre 1965, 
G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.) hanno ritenuto non manifestamente infondata 
la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 24, comma secondo, 
e 3 della Costituzione. (Il riferimento all'art. 3 � soltanto nell'ordinanza del Pretore 
di Ronciglione; per altre ordinanze di rimessione della stessa questione, cfr., retro, Il, 
78, 107, 142). 
CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 505 (Giudizio direttissimo davanti al pretore). 

Il Pretore di Prizzi ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli 
artt. IOI, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo equarto comma, e 112 della 
Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale della disposizione indicata 
cc nella parte in cui conferisce al pretore poteri di pubblico ministero ovvero nella parte 
in cui conferisce al pretore poteri di giudice� (Ord. 24 luglio I965, G.U. 27 novembre 
1965, n. 297 ed. spec.). 

LEGGE 30 SETTEMBRE 1920, N. I349� art. I3, secondo comma, modificato dal. 

R.D. 1 I GENNAIO 1923, N. 138, art. 5 (Disposizioni relative al commercio e provvedimenti 
contro gli aumenti eccessivi dei prezzi). 
In relazione alle disposizioni indicate, in quanto consentono al Prefetto di discrezionalmente 
accogliere o rigettare le istanze per la conciliazione amministrativa di 
contravvenzioni, il Pretore di Cortina d'Ampezzo ha ritenuto non manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale, per ipotizzato contrasto con le 
norme di cui agli artt. I I2, 25, 3 e 102 della Costituzione (Ord. 8 settembre 1965, G.U. 
27 novembre I965, n. 297 ed. spec.). 

R.D. 5 GIUGNO I939� N. 1016 (Approvazione del testo unico per la protezione della 
selvaggina e per l'esercizio della caccia): art. 40. 
Nel rilievo della mancata indicazione di fini e limiti per il potere conferito con 
la disposizione indicata al Comitato provinciale della caccia, il Pretore di Verona ha 
ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale (Ord. 
29 settembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). 

R.D. 6 MAGGIO I940, N. 635 (Regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi 
di pubblica sicurezza): art. 225. 
Della legittimit� costituzionale della disposizione indicata, che pone determinati 
obblighi a carico degli esercenti mestieri girovaghi, ha dubitato il Pretore di Pizzo, 
per ipotizzato contrasto con gli artt. 41, I6, 13 e 3 della Costituzione, ed in relazione 
agli artt. I2I e 7 del t.u. I8 giugno 1931, n. 773 (Ord. 30 giugno 1965, G.U. 27 novembre 
1965, n. 297 ed. spec.). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

174 

LECCE 8 GENNAIO 1952, N. 6, art. 69 modificato da 

LEGGE 31 LUGLIO 1956, N. 991, art. 17 (Disposizioni sulla Cassa nazionale di previdenza 
ed assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori). 

In relazione alle disposizioni indicate, che prevedono !'irricevibilit� di atti del 
procedimento non in regola con gli adempimenti contributari a favore della Cassa di 
previdenza per gli avvocati e procuratori, il Pretore di Moncalieri ha ritenuto non 
manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimento 
cc agli artt. 24, primo comma, 102, primo e secondo comma, e l l l, secondo comma 
(ovvero l 13, primo e secondo comma) della Costituzione� (Ord. 26 aprile 1965, G.U. 
l3novembre 1965, n. 284 ed. spec.; per riferimenti a precedenti ordinanze di rimessione 
della stessa questione e di questioni analoghe, cfr. retro, II, 15, 48). 

LEGGE l l MARZO 1953, N. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della 
Corte Costituzionale): art. 30,' terzo comma. 

In relazione alla indicata disposizione, e per la rilevata interpretazione giurisprudenziale 
corrente della stessa, volta ad escludere ogni rilievo della sopravvenuta dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale di norme di legge, rispetto ad atti compiuti, 
secondo le norme stesse.. e precedenti ad una sentenza o altro provvedimento del 
giudice, pur non divenuti ancora irrevocabili, il Tribunale di Ferrara ha sollevato la 
questione di legittimit� costituzionale, in riferimento all'art. 136, primo comma, della 
Costituzione (Ord. 6 luglio 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). 

n.P.R. 14 LUGLIO 1960, N. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini): art. unico. 
Per ritenuto eccesso rispetto alla legge di delega l 4 luglio l959, n. 7 41, ed in 
riferimento all'art. 76 della Costituzione, il Pretore di Cavalese ha rimesso alla Corte 
Costituzionale la questione di legittimit� della disposizione indicata, nella parte con 
cui � resa obbligatoria erga omnes la norma di cui all'art. 30 dell'accordo collettivo 
24 luglio 1959, che fissa il termine entro il quale l'imprenditore deve pagare ai dipendenti 
la retribuzione pattuita (Ord. 26 ottobre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 
ed spec.; per altre questioni relative allo stesso d.p.r. n. 1032 del 1960, cfr. retro, II, 
IIl, ov~ altri richiami). 

D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 867 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
operai dipendenti dalle imprese edili ed affini, delle province di Frosinone, Latina, 
Roma e Viterbo): art. unico. 
La questione di legittimit� costituzionale della indicata disposizione, nella parte 
con cui � reso obbligatorio erga omnes l'art. l l del contratto integrativo 30 settembre 

l.959 per la provincia di Roma, � stata dal Pretore di Albano Laziale ritenuta non 
manifestamente infondata, per eccesso rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959, 
n. 741 ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione (Ord. 8 settembre 1965, 
G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). L'illegittimit� della disposizione � intanto 
gi� stata dichiarata (Corte Cost., sent. 27 dicembre 1965, n. 100, retro, 170). 
D.P.R. 2 GENNAIO 1962, N. 934 (Norme sul trattamento economico e normativo degli 
impiegati, dei commessi e del personale ausiliario delle aziende di credito� con pi� di 
cento dipendenti) : art. unico. 
In relazione alla disposizione indicata, per la parte con cui � resa obbligatoria 
erga omnes la norma di cui al comma nono dell'accordo nazionale lo agosto 1955, 
che impone alle aziende di dare notizia del lavoro straordinario, preventivamente, alle 
organizzazioni sindacali dei lavoratori, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, 
ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, 
per ipotizzato eccesso rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959, n. 741, in rifer�



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 175 

mento agli artt. 76 e 77 della Costituzione (Ord. 10 marzo 1965, G.U. 13 novembre 
1965, n. 284 ed. spec.). 

LEGGE 18 APRII..E 1962, N. 208 (Modifiche alla tassa per l'occupazione di spazi ed 
aree pubbliche): art. 7. 

In quanto con la disposizione indicata, sia pure in via transitoria, si disciplin� 
l'imposizione, per l'occupazione di aree e spazi pubblici, secondo il sistema tariffario 
vigente prima della pronuncia di illegittimit� costituzionale dell'art. 195 del t.u. 14 settembre 
1931, n. 1175 (Corte Cost., sent. 30 gennaio 1962, n. 2, G.U. 3 febbraio 1g62, 

n. 31 ed. spec.), e cio� secondo un sistema gi� riconosciuto in contrasto con l'art. 23 
della Costituzione, il Tribunale di Torino ha ritenuto non manifestamente infondata 
la sollevata questione di legittimit� costituzionale, in riferimento al detto art. 23, ed 
inoltre all'art. 136, della Costituzione (Ord. 21 maggio 1965, G.U. 31 dicembre 1965, 
n. 326 ed. spec.). 
LEGGE 19 .GENNAIO 1963, N. 15 (Disposizioni in tema di assicurazione obbligatoria 
per gli infortuni sul lavor� e .le malattie professionali"): art. 4. 

In relazione all'indicata disposizione, che pone a carico del datore di lavoro 
l'onere della retribuzione al lavoratore infortunato, per il periodo di carenza dell'assicurazione, 
il Pretore di Cinquefondi ha ritenuto non manifestamente infondata la 
questione di legittimit� costituzionale, in riferimento agli artt. 36 e 38 della Costituzione 
(Ord. 28 maggio 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). La questione, 
peraltro, era stata gi� in precedenza rimessa alla Corte Costituzionale, che, in riferimento 
agli artt. 3, primo comma, 23 e 38 della Costituzione, l'ha dichiarata non fondata 
(Sent. 9 giugno 1965, n. 44, segnalata retro, II, 77). 

LEGGE 25 FEBBRAIO 1963, N, 289, artt. 3, 4� 
LEGGE 5 LUGLIO 1965, N. 798, artt. 2, 3 (Norme in materia di previdenza ed assistenza 
a favore degli avvocati e procuratori). 

La questione di legittimit� delle norme indicate, per la parte relativa all'obbligo 
del pagamento dei contributi, a favore della Cassa di previdenza per gli avvocati e 
procuratori, anche per i giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale, � stata da questa 
stessa sollevata, " in riferimento al principio costituzionale dell'assoluta gratuit� degli 
atti del procedimento davanti alla Corte Costituzionale, desumibile dagli artt. 134 e 
137 della Costituzione e dalle leggi costituzionali 9 febbraio 1948, n. 1 e 11 marzo 
1953� n. 1, e recepito nell'art. 21, della legge 11 marzo 1953� n. 87 e nell'art. 3 della 
legge 18 marzo 1958, n. 265 � (Ord. 12 novembre 1965, G.U. 13 novembre 1965, n. 284 
ed. spec.). Delle dette disposizioni, nei limiti precisati, la Corte ha poi dichiarato l'illegittimit� 
costituzionale (Sent. 6 dicembre 1965, n. 75, segnalata retro, 171). 

D.P.R. 31 DICEMBRE 1963, N. 2105 (Modificazioni alle circoscrizioni territoriali degli 
uffici giudiziari) : art. 9. 
In relazione alla disposizione indicata, ed in quanto la modifica delle circoscrizioni 
territoriali degli uffici giudiziari si risolverebbe, per i procedimenti penali in corso, nella 
sottrazione del cittadino al giudice naturale precostituito, il Tribunale di Salerno ha 
ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in 
riferimento all'art. 25 della Costituzione (Ord. 22 ottobre 1965, G.U. 11 dicembre 1965, 

n. 309 ed. spec.). 
LEGGE 5 DICEMBRE 1964, N. 1267 (Provvedimenti in materia di imposta di bollo): 
art. 1. 

Della legittimit� costituzionale della disposizione indicata, per la parte concernente 
l'aumento dell'imposta :fissa di bollo per gli atti giudiziari, ha dubitato il Pretore 
di Pieve di Cadore, con riferimento al principio di cui all'art. 53 della Costituzione 
(Ord. 27 febbraio 1965, G.U. 13 novembre 1965, n. 284 ed. spec.). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

176 

LEGGE 3 FEBBRAIO 1965, N. 14 (Regolamentazione delle assuntorie nelle ferrotranvie 
esercitate in regime di concessione). 

Per ipotizzato contrasto della legge indicata, che regola i rapporti degli assuntori 
con le aziende concessionarie di ferrotranvie, con gli artt. 35, primo comma, 36, 38 e 
41, secondo comma, della Costituzione, il Pretore di Napoli ha rimesso la questione 
all'esame della Corte Costituzionale (Ord.9 giugno 1965, G.U. 27 novembre 1965, n. 297 
ed. spec.). 

DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI, SULLE QUESTIONI 
SOLLEVATE, SONO INTERVENUTE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITTJZIONALE 
DI INAMMISSIBILITA', DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITU


ZIONE DEGLI ATTI PER IL GIUDIZIO DI RILEVANZA (*) 

CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 28 (Autorit� del f{iudicato penale in altri giudizi 
civili o amministrativi). 

Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. So del 6 dicembre 196s, G.U. 
11 dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; ord. di rimessione 23 ottobre 1964 del Tribunale 
di S. Maria C.V., G.U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, retro, II, 47. 

CODICE DI PROCED~RA PENALE, art. 392, primo comma (Forme dell'istruzione). 

Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 82 del 6 dicembre 1965, G.U. 
11 dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; le ordinanze di remissione del Tribunale di Sondrio 
e del Pretore di Milano, rispettivamente del 14 e del 24 maggio 1965, pubblicate 
entrambe in G.U. 17 luglio 1965, n. 178, sono segnalate retro, II, 107. 

R.D. 4 FEBBRAIO 1915, N. 148 (Legge comunale e provinciale): art. 158. 
Manifesta infondatezza dichiarata con la sentenza n. 99 del 27 dicembre 1965, 
G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; ordinanza di remissione 9 febbraio 1965 del 
Pretore di Riva del Garda, G.U. 3 aprile 1965, n. 85, e retro, 11, 46 (sub art. 15 cod. 
proc. pen.). 
R.D. 4 FEBBRAIO 1915, N. 148 (Legge comunale e provinciale): art. 158. 
R.D. 3 MARZO 1934, N. 383 (Legge comunale e provinciale): art. 22. 
Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 77 del 6 dicembre 1965, G.U. 
11 dicembre 1965, n. 309; ordinanze di rimessione del 14 febbraio 1964 del Tribunale 
di Vallo della Lucania (G.U. 27 giugno 1964, n. 157, ed in questa Rassegna, 1964, 
Il, 92) e del 10 e 11 novembre 1g64 del Pretore di Augusta (G.U. 27 febbraio 1965, 

n. 52, e retro, Il, 13). 
R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3269 (Legge del registro): artt. 106, 107, 108 e 118. 
Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 78 del 6 dicembre 1965, G.U. 
II dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; ord. di rimessione del giudice conciliatore di 
Palermo del 30 gennaio 1g65, G.U. 5 giugno 1965, n. 139, segnalata retro, Il, 78. 

T.U. 8 LUGLIO 1924 (Testo unico delle disposizioni legislative per l'imposta di fabbricazione 
sugli spiriti): art. 37, terzo comma. 

Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 81 del 6dicembre 1965, G.U. 
II dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; ord. di rimessione del 30 aprile 1965 del Tribunale 
di Belluno, G.U. 17 luglio 1g65, n. 178; segnalata retro, II, 107. 

(") Il presente elenco viene fatto per aggiornamento di informazione, con riguardo alla 
segnalazione, in questa Rassegna, delle ordinanze di rimessione. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 177 

LEGGE 4 APaII.E 1956, N. 212 (Norme per la disciplina della propaganda elettorale): 
art. 8, comma primo. 

Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 97 del 27 dicembre 1965, G.U. 
31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; ord. di rimessione del Pretore di Assisi del 12 maggio 
1965, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, e v. retro, II, 109. 

D.P.R. 26 APRILE 1957, N. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 
4 aprile 1952, n. 218 sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria 
per l'invalidit�, la vecchiaia ed i superstiti): art. IO, ultimo comma. 
Restituzione degli atti, per il giudizio di rilevanza, disposta con ordinanza n. 92 
del 22 �dicembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; ord. di rimessione del 
Tribunale di Genova, del 23 marzo 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, segnalata retro, 
Il, I09. 

LEGGE 21 DICEMBRE 196o, N. 1521 (Disciplina transitoria delle locazioni di immobili 
urbani): art. 2, lett. a. 

Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 95 del 27 dicembre 196~5-, G.U. 
31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; ord. di rimessione del 25 giugno 1964 del Tribunale 
di Venezia, G.U. 13 marzo 1965, n. 65, segnalata retro, II, :Si. 

LEGGE 18 APRILE 1962, N. 167 (Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili 
per l'edilizia economica e popolare): art. 9, primo, secondo, terzo e quinto 
comma; art. IO, primo e secondo comma; art. 12, secondo comma. 

Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 79 del 6 dicembre 196:;, G.U. 
JI dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; ord. di rimessione del 16 dicembre 1964 del Consiglio 
di Stato, G.U. 3 aprile 1965, n. 85, e v. retro, II, 51. 

LEGGE 30 APRILE 1962, N. 283 (Disciplina igienica della produzione e della vendita 
delle sostanze alimentari e delle bevande): art. 5, lett. g. 

Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 83 del 6 dicembre 1965, G.U. 
I 1 dicembre 1965, n. 309; ord. di rimessione del 3 novembre 1964 del Pretore di Grosseto, 
G.U. 13 marzo 1965, n. 65, segnalata retro, II, 51. 

LEGGE 29 SE'ITEMBRE 1962, N. 1492 (Norme di modifica ed integrazione delle leggi 
IO agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 1959, n. 555, recanti provvedimenti 
per il Mezzogiorno): art. 2, ultimo comma. 

Restituzione degli atti, per il giudizio di rilevanza, disposta con ordinanza n. 96 
del 27 dicembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.: ord. di rimessione del 
Consiglio di Stato, del 27 maggio 1964, G.U. 31 ottobre 1964, n. 269, segnalata in 
questa Rassegna, 1964, II, 181. 



CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Espropriazione di sorgente gi� concessa. 

1) Se, espropriato un fondo nel quale si trova una sorgente di acqua pubblica data 
in concessione al proprietario anche per la irrigazione di altri fondi non colpiti dalla 
espropriazione, per la determinazione dell'indennit� di esproprio torni applicabile il 
criterio dell'art. 40 legge sull'espropriazione, valutando il valore dei fondi residui 
tenendo conto della loro qualit� di irrigui antecedente alla privazione dell'acqua 
rispetto a quella conseguita dopo tale privazione (n. 85). 

2) Se all'espropriato che per effetto della espropriazione non possa pi� usufruire 
della concessione di acqua pubblica spetti un indennizzo per la privazione dell'acqua 
(n. 85). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Commissione Prov.le per la disciplina dei lavori di facchinaggio. 

1) Se in caso di assenza o impedimento del Direttore dell'Ufficio Provinciale del 
Lavoro e della massima occupazione, la presidenza della Commissione Provinciale 
per la disciplina dei lavori di facchinaggio possa essere legittimamente assunta, in 
sede deliberante, dal Vice Direttore dell'Ufficio Provinciale del lavoro e della massima 
occupazione (n. 304). 

Fusione di enti pubblici -Cessione all'I.N.A.M. dei beni immobili dell'I.N.P.S., 

I.N.A.I.L. e I.A.S.A.I. 
2) Se la fusione nell'l.N.A.M. degli enti contemplati dall'art. 28, 1. 11 gennaio 
1943, n. 138 ebbe effetto giuridico il 10 giugno 1943 nel senso che in tale data gli 
enti predetti cessarono di essere soggetti autonomi di rapporti giuridici (n. 305). 

Uffici in palazzo condominale. 

3) Se al pregiudizio di fatto subito da un pubblico ufficio, conduttore di una 
porzione d'immobile condominiale, a causa della deliberazione condominale di abolire 
il servizio di portierato, si accompagni, per ci� solo, un pregiudizio giuridico rilevante 
in sede civile o penale (n. 306). 

APPALTO 

Albo nazionale appaltatori -Validit� dei certificati. 

1) Se le limitazioni di validit� apposte sui certificati rilasciati ai sensi della 

1. 10 febbraio 1962, n. 67 ed attestanti l'avvenuta presentazione della domanda di 
iscnz10ne all'albo nazionale degli appaltatori abbiano rilevanza sulla efficacia dei 
certificati stessi (n. 289). 
Compenso a corpo non previsto. 

2) Se l'appaltatore abbia diritto a compenso per oneri necessari a:lla esecuzione 
del contratto che non abbiano trovato indicazione di corrispettivo nei prezzi a misura � � 
pattuiti (n. 290). ~ 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

179 

ASSICURAZIONI 

Assicurazioni sociali -Sacerdoti e religiosi. 

Se nei confronti di Sacerdoti e Religiosi convenzionati con Ospedali ed altri Enti 
Sanitari Militari, debbano essere applicate le norme relative alle assicurazioni obbligatorie 
(n. 67). 

COMUNI E PROVINCIE 

Piste Sciistiche. 

1) Se spetti o meno un indennizzo ai proprietari di terreni siti in localit� montane 
i quali consentono che, per alcuni mesi all'anno, i loro terreni siano destinati a piste 
sciistiche (n. 117). 

2) Se l'obbligo correlativo gravi sull'Amministrazione comunale o sull'Azienda di 
Soggiorno (n. 117). 

CONT ABILITA' GENERALE DELLO STATO 

Albo nazionale appaltatori -Validit� dei certificati. 

1) Se le limitazioni di validit� apposte sui certificati rilasciati ai sensi della 
I; 10 febbraio 1962, n. 67 ed attestanti l'avvenuta presentazione delle domande di 
iscrizione all'albo nazionale degli appaltatori abbiano rilevanza sulla efficacia dei 
certificati stessi (n. 208). 

Contratti della P.A. -Determinazione del prezzo. 

2) Se nei contratti della P.A. (nella specie risoluzione consensuale di concessione) 
sia possibile rimettere a terzi arbitratori la determinazione del prezzo (n. 209). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Fondo interbancario di garanzia. 

Se per ottenere l'intervento del fondo interbancario di garanzia di cui all'art. 36, 

I. 2 giugno 1961, n ..454 sia necessario che gli istituti di credito mutuanti dimostrino 
di aver posto in essere infruttuosamente tutte le possibili azioni per il recupero del 
credito (n. 58). 
DANNI DI GUERRA 

Criteri di coordinamento degli indennizzi e contributi. 

1) Quali sono i criteri di coordinamento delle indennit� e contributi previsti nella 

I. 27 dicembre 1953, n. 968 sui danni di guerra con i vari tipi di interventi o retribuzioni 
gi� forniti dallo Stato in base alla precedente legislazione (n. 117). 
2) In particolare se, ricorrendo le condizioni per l'applicazione dell'art. 55, 30 e 40 
comma (beni ripristinati direttamente dallo Stato o con finanziamenti a totale carico 
dello Stato) la liquidazione del contributo previsto nella norma possa comportare un 
ulteriore esborso a favore del danneggiato (n. 117). 

Riparazioni a spese dello Stato. 

3) Se, nel caso di azione di rimborso da parte dell'Amministrazione nei confronti 
dei proprietari di fabbricati danneggiati dalla guerra e riparati a spese dello Stato ai 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

180 

sensi del d.l. 10 aprile 1947, n. 261, il termine di prescrizione sia inizialmente sospeso 
fin quando non sia stato liquidato d'ufficio il contributo per danni di guerra e 
cominci a decorrere solo da tale momento (n u8). 

4) Se il termine di prescrizione di cui sopra possa ritenersi sospeso nel periodo 
intercorrente tra l'entrata in vigore della 1. 27 dicembre 1953, n. 968 e quella del 

d.P.R. 30 giugno 1959, n. 638 (n. 118). 
5) Se il termine di prescrizione di cui sopra possa ritenersi sospeso nel periodo 
anteriore alla entrata in vigore della 1. 27 dicembre 1953, n. 968 (n. u8). 

DEMANIO. 

Tenuta di Castelporziano. 

1) Se i contributi dovuti al Consorzio di Bonifica di Ostia e Maccarese per i 
terreni della tenuta di Castelporziano, compresa nella dotazione della Presidenza della 
Repubblica, debbano far carico a quest'ultimo, che ne ha l'uso ai sensi della 

1. 9 agosto 1938, n. �1077, oppure debbano essere corrisposti dal Demanio, che ne ha 
la propriet� (n. 202). 
Utilizzazione di beni del Demanio da parte di Amministrazioni dello Stato e di 
Aziende Autonome. 

2) Se l'A.N.A.S. per l'utHizzazione di beni del demanio dello Stat9 � tenuta alla 
corresponsione di un canone (n. 203). 
3) Se l'Amministrazione militare per l'utilizzazione dei beni predetti � tenuta alla 
corresponsione di un canone (n. 203). 

ELETTRICITA' 

E.N.E.L. -Rapporti facenti capo alle imprese private -Fattispecie. 
Quale sia la sorte del rapporto fideiussorio in caso di sostituzione ex lege del 
soggetto debitore (Fattispecie in tema di successione dell'E.N.E.L. ad impresa elettrica) 

(n. 21). 
ESECUZIONE FISCALE 

.4.zione contro il fidei11ssore. 

1) Se all'azione giudiziaria contro il fideiussore che abbia prestato garanzia per il 
pagamento di un debito di imposte dirette arretrato sia legittimata l'Amministrazione 
finanziaria oppure l'Esattoria (n. 72). 

2) Se per tale azione l'Amministrazione sia tenuta a rispettare il termine di decadenza 
previsto dall'art. 1957 e.e. (n. 72). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Cessione dell'indennit�. 

1) Se la Cassa DD.PP. possa legittimamente rifiutare l'esecuzione di decreti di 
svincolo emanati a favore di cessionari delle indennit� di esproprio per p.u., qualora 
nell'emanazione di detti decreti non siano stati sentiti i cedenti espropriati n� venga 
fornita una dichiarazione di assenso di questi ultimi (n. 210). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 
181 

Regione Siciliana. 

2) Se, nel caso di occupazione temporanea di terreni fatta dall'U.N.R.R.A. CASAS 
(ora l.S.E.S.), qualora nel corso del giudizio promosso dal proprietario per il risarcimento 
dei danni conseguenti all'occupazione ultrabiennale intervenga decreto di espropriazione 
definitiva a favore dell'Ente Regione, possa affermarsi la sopravvenuta 
carenza di legittimazione passiva dell'I.S.E.S. (n. 2u). 

Retrocessione di beni espropriati. 

3) Se la parziale esecuzione dell'opera per la quale si � proceduto ad espropriazione 
comporti l'applicabilit� dell'art. 63 della legge sulle espropriazioni o l'art. 61 

(n. 212). 
4) Se il diritto di prelazione a favore dei proprietari espropriati previsto dall'articolo 
6o deve trovare il necessario presupposto nella decisione dell'autorit� amministrativa 
competente a sensi dell'art. 61 (n. 212). 

Sorgente di acqua pubblica in concessione. 

5) Se, espropriato un fondo nel quale &i trova una sorgente di acqua pubblica 
data in concessione al proprietario anche per la irrigazione di altri fondi non colpiti 
dall'espropriazione, per la determinazione dell'indennit� di esproprio torni applicabile 
il criterio dell'art. 40 legge sull'espropriazione, valutando il valore dei fondi residui 
tenendo conto della loro qualit� di irrigui antecedente alla privazione dell'acqua 
rispetto a quella conseguita dopo tale privazione (n. 213). 

6) Se all'espropriato che per effetto della espropriazione non possa pi� usufruire 
della concessione di acqua pubblica spetti un indennizzo per la privazione dell'acqua 

(n. 
213). 
IMPIEGO PUBBLICO 

G.E.S.C.A.L. 
-Ritenute sugli stipendi dei dipendenti per bollo di quietanza e addizionale 
pro-Calabria. 
1) Se sia legittimo porre a carico dei dipendenti l'importo della tassa di bollo 
sulle quietanze (n. 592). 

2) Se debba far carico ai dipendenti l'addizionale pro-Calabria prevista dall'art. 18 

1. 26 novembre 1955, n. u77 (n. 592). 
Impiegati dell'U.l.C. -Ferie. 

3) Se, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo Regolamento del Personale per 
l'Ufficio Italiano Cambi, recante l'innovazione del diritto alle ferie progressivamente 
maturantesi anche prima del compimento dell'anno di servizio (principio poi sancito 
nella nota sentenza della Corte Costituzionale), siasi verificato, per l'anno in cui 
avvenne l'innovazione, il cumulo di un doppio periodo di ferie (n. 593). 

Indennit� di buonauscita del Fondo di Previdenza per il personale doganale. 

4) Se l'indennit� di buonauscita del Fondo di Previdenza per il personale doganale 
pu� essere sequestrata nella misura di un quinto per debiti verso lo Stato (n. 594). 

Ricostruzione di carriere -Sanitari -Aiuti e assistenti non di ruolo. 

5) Se per l'applicazione della norma di cui all'art. 7, !. 10 maggio 1944, n. 336 sia 
condizione indispensabile, in concorso con altre ivi indicate, il possesso della qualit� 
di ai�to o assistente non di ruolo alla entrata in vigore della legge (n. 595). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

182 

Sottufficiale assunto in impiego civile. 

6) Se per gli effetti di cui all'art. 57, 1. 31 luglio 1954, n. 599 (domanda di impiego 
civile) possa essere accordata la rimessione in termini al sottufficiale che adduca di 
non aver potuto presentare tempestivamente la domanda a causa di uno stato di 
incapacit� di intendere e volere non accertato giudizialmente (n. 596). 

Sottufficiali passati all'impiego civile -Richiamo. 
7) Quali siano le posizioni di stato ed il trattamento spettante ai sottufficiali passati 
all'impiego civile e contestualmente richiamati alle armi per speciali esigenze (n. 597). 

IMPORTAZIONI ED ESPORTAZIONI 

Acquaviti straniere (Whisky). 

Se sia legittimo, avuto riguardo agli artt. 4 e 41 Costituzione e alle norme comunitarie 
europee �sulla libert� di commercio, il d.m. 12 settembre 1956, il quale impone 
all'importatore di acquaviti straniere la presentazione di un certificato rilasciato dall'autorit� 
doganale estera (n. 36). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni fiscali per l'edilizia -Prova dell'abitabilit�. 
Se sia aromissibHe prova testimoniale diretta a dimostrare, in mancanza del 
certificato di abitabilit�, la sussistenza del requisito della effettiva abitazione, previsto 
dall'art. l 7 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 per l'applicazione dei relativi benefici fiscali 

(n. 228). 
IMPOSTA DI R. M. 

Tassabilit� delle riserve. 

1) Se la nuova aliquota prevista dall'art. 90 t.u. 29 gennaio 1959, n. 645 riservata 
alle quote di reddito destinate a riserva legale o statutaria in eccedenza del ventesimo 
dell'utile di bilancio, sia applicabile anche alle riserve straordinarie (n. 30). 

2) Se la suddetta aliquota ridotta si possa applicare agli accantonamenti operati 
in sede di destinazione dell'utile di esercizio (n. 30). 

2) Se il suddetto beneficio debba essere limitato ai redditi conseguiti per attivit� 
esclusivamente creditorie (n. 30). 

IMPOSTA SUL PATRIMONIO 

Accertamento nei confronti di persona defunta. 

Se possa ritenersi valido l'accertamento intestato a nome di persona defunta e 
notificato presso il domicilio della stessa, anche quando vi sia perfetta identit� nel 
nome tra l'accertato e il suo erede (n. 12). 

IMPOSTE E TASSE 

Imposte di fabbricazione -U.T.I.F. 

1) Se la norma dell'art. 6 del d.l. 23 ottobre 1964, n. 987, convertito in 1. 13 
dicembre 1964, n. 1349, con la quale si dispone che le spese relative a servizi svolti 
dagli Uffici Tecnici delle Imposte di Fabbricazione, richiesti dalle ditte in anticipo o 



PARTE II, CONSULTAZIONI 
183 

prolungamento del normale orario di ufficio, debbano essere, in ogni caso, poste a 
carico delle ditte medesime, abbia portata generale ovvero limitata al solo settore dei 
filati delle fibre artificiali e sintetiche, cui il citato d.l. unicamente attiene (n. 398). 

2) Se la norma di cui sopra trovi applicazione ai servizi effettuati dagli Uffici 
Tecnici delle Imposte di Fabbricazione presso gli opifici, stabilimenti e fabbriche 
soggetti a vigilanza speciale (n. 398). 

3) Quale sia da ritenere, ai fini dell'applicabilit� della norma di cui sopra, il 
normale orario di ufficio (n. 398). 

Imposta di famiglia. 

4) Se, in sede di interpretazione dell'art. 117 t.u. per la finanza locale (r.d. 14 
settembre 1931, n. 1175), sull'imposta di famiglia, agli effetti della deducibilit� dei 
redditi delle imposte, sovrimposte e tasse, si debba tener conto dei tributi effettivamente 
pagati o dei tributi che saranno in avvenire dovuti, sui redditi stessi, per effetto 
della definizione degli imponibili e non ancora iscritti�a ruolo (n. 399). 

Riscossione. 

5) Se all'azione giudiziaria contro il fideiussore che abbia prestato garanzia per 
il pagamento di un debito di imposte dirette arretrato sia legittimata 'l'Amministrazione 
Finanziaria oppure l'Esattoria (n. 400). 

6) Se per tale azione l'Amministrazione sia tenuta a rispettare il termine di decadenza 
previsto dall'art. 1957 e.e. (n. 400). 

INVALIDI DI GUERRA 

Opera Nazionale Invalidi di Guerra. 

1) Se la 1. IO agosto 1950, n. 648 sulle pensioni di guerra abbia abrogato tutte le 
precedenti disposizioni in materia, ancorch� non incompatibili, e segnatamente quelle 
(art. 19 r.d. 12 luglio 1923, n. 1491 riprodotto nell'art. 6 r.d.l. 29 aprile 1937, n. 682) che 
escludono la corresponsione dell'assegno integrativo all'invalido che gode di stipendio 

o pensione normale a carico dello Stato o di uno degli enti indicati nell'art. 10 r.d. 
n. 
1491 del 1923 (n. 20). 
2) Se l'Opera Nazionale Invalidi di Guerra sia uno degli enti indicati nell'art. IO 
r.d.l. 12 luglio 1923, n. 1�491 (n. 20). 
ISTRUZIONI SUPERIORE 

Interruzione degli studi universitari. 

1) Se l'art. 149 t.u. 31 agosto 1933, n. 1592 commini una forma di decadenza per 
il caso in cui lo studente non abbia sostenuto gli esami per otto anni consecutivi, o 
se invece si tratta di inefficacia dei risultati conseguiti (n. 17). 

2) Se lo studente che non abbia sostenuto gli esami per otto anni a causa di 
ricovero. in manicomio per detto periodo, sia soggetto alla sanzione prevista dall'articolo 
149 (n. 17). 

LAVORO 

Commissione Prov.le per la disciplina dei lavori di facchinaggio. 

Se in caso di assenza o impedimento del Direttore dell'Ufficio Prov.le del lavoro 
e della massima occupazione, la presidenza della Commissione provinciale per la <lisci




184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

plina dei lavori di facchinaggio possa essere legittimamente assunta, in sede deliberante, 
dal Vice Direttore dell'Ufficio Provincia:le del lavoro e della massima occupazione 
(n. 39). 

NOTIFICAZIONE 


Accertamento nei confronti di persona defunta. 

Se possa ritenersi valido l'accertamento intestato a nome di persona defunta e 
notificato presso il domicilio della stessa, anche quando vi sia perfetta identit� nel 
nome tra l'accertato e il suo erede (n. 23). 

OPERE PUBBLICHE 

Compenso a corpo non previsto. 

Se l'appaltatore abbia diritto a compenso per oneri necessari alla esecuzione del 
contratto che non abbiano trovato indicazione di corrispettivo nei prezzi a misura 
pattuiti (n. 65). 

PENSIONI 

Assegno integrativo. 

1) Se la 1. 10 agosto 1950, n. 648 sulle pensioni di guerra abbia abrogato tutte le 
precedenti disposizioni in materia, ancorch� non incompatibili, e segnatamente quelle 
(art. 19 r.d. 12 luglio 1923, n. 1491 riprodotto nell'art. 6 r.d.l. 29 aprile 1937, n. 682) 

IIche escludono la corresponsione dell'assegno integrativo all'invalido che goda di 
stipendio o pensione normale a carico dello Stato o di uno degli enti indicati nell'art. 
10 r.d. n. 1491 del 1923 (n. 108). 

I

2) Se l'Opera Nazionale Invalidi di Guerra sia uno degli enti indicati nell'art. 10 

r.d. 12 luglio 1923, n. 1491 (n. 108). 
I 

~ 

PIANI REGOLATORI 

I 

Falsificazione. 

II 
~ 

Se sia ammissibile l'intervento in giudizio dell'Amministrazione dei LL.PP. nel i 
procedimento promosso per pretesa falsificazione di piano regolatore (n. 13). 

POLIZIA 

Licenza di P.S. per la vendita di alcoolici. 

Se sussista l'obbligo per il Prefetto ed il Questore di sentire il parere degli organi 
previsti dall'art. 1, 1. 478 del 1949, anche nel caso che le domande di licenza di 
esercizio di vendita di alcoolici e superalcoolici da concedersi in soprannumero per 
esigenze turistiche debbano essere respinte (n. 35). 

I

PRESCRIZIONE 

f 

Contributi previdenziali. f 

1) Se la prescrizione del diritto al risarcimento ex �art. 2116, 20 co., e.e. sia quinquennale 
ovvero decennale (n. 52). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 185 

2) Se il termine di prescrizione di cui sopra cominci a decorrere dal giorno della 
cessazione del rapporto ovvero dall'et� di pensionamento del lavoratore (n. 52). 

Recupero contributi danni di guerra. 

3) Se, nel caso di azione di rimborso da parte dell'Amministrazione nei confronti 
dei proprietari di fabbricati danneggiati dalla guerra e riparati a spese dello Stato 
ai sensi del d.l. 10 aprile 1947, n. 261, il termine di prescrizione sia inizialmente 
sospeso fin quando non sia stato liquidato d'ufficio il contributo per danni di guerra 
e cominci a decorrere solo da tale momento (n. 53). 

4) Se il termine di prescrizione di cui sopra possa ritenersi sospeso nel periodo 
intercorrente tra l'entrata in vigore della legge 27 dicembre 1953, n. 968 e quella del 

d.P.R. 30 giugno 1959, n. 638 (n. 53). 
5) Se il termine di prescrizione di cui sopra possa ritenersi sospeso nel periodo 
anteriore alla entrata in vigore della legge 27 dicembre, 1953, n. 968 (n. 53). 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

Contributi previdenziali. 

1) Se la prescrizione del diritto al risarcimento ex art. 2u6, 20 co., e.e. sia quinquennale 
ovvero decennale (n. 52). 

2) Se il termine di prescrizione di cui sopra cominci a decorrere dal giorno della 
cessazione del rapporto ovvero dall'et� di pensionamento del lavoratore (n. s2). 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Intervento in giudizio. 

Se sia ammissibile l'intervento in giudizio dell'Amministrazione dei LL.PP. nel 
procedimento promosso per pretese falsificazioni di piano regolatore (n. 34). 

PROPRIETA' INTELLETTUALE 

Diritto di utilizzazione economica. 

Se sia applicabile il termine di decadenza dal diritto di utilizzazione economica 
previsto dall'art. 29, 1. 22 aprile 1941, n. 633 al qtso in cui, in occasione di una nuova 
edizione di un'opera dell'ingegno, non solo se ne modifichi il titolo, ma se ne attui 
altresi un rifacimento e un ampliamento tali da poterla considerare quale opera 
nuova (n. 22). � 

REGIONI 

Lavori pubblici di competenza regionale -Norme applicabili. 

l) Se ai lavori pubblici di competenza regionale sia applicabile il disposto dell'art. 
6 legge regionale 20 settembre 1957, n. 53, anche dopo l'entrata in vigore del 
nuovo capitolato generale di appalto, che in materia di sospensione dei lavori contiene 
norme in parte diverse da quelle della legge regionale citata (n. 131). 

Regione Siciliana -Espropriazione per p.u. 

2) Se, nel caso di occupazione temporanea di terreni fatta dall'U.N.R.R.A. CASAS 
(ora I.S.E.S.), qualora nel corso del giudizio promosso dal proprietario per il risarci




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

186 

mento dei danni conseguenti all'occupazione ultrabiennale intervenga decreto di espropriazione 
definitiva a favore dell'Ente Regione, possa affermarsi la sopravvenuta 
carenza di legittimazione passiva dell'l.S.E.S. (n. 132). 

SANITARI 

Aiuti e assistenti non 'di ruolo . Ricostruzione di carriere. 

Se per fapplicazione della norma di cui all'art. 7 1. ro maggio 1944, n. 336 sia 
condizione indispensabile, in concorso con altre ivi indicate, il possesso della qualit� 
di aiuto o assistente non di ruolo all'entrata in vigore della legge (n. 8). 

STRADE 

Licenze d'accesso ad impianti distributori di carburante. 

Se le licenze rilasciate dalla Provincia per l'accesso ad impianti di distributori di 
carburante lungo una strada provinciale poi passata allo Stato, possano essere considerate 
autorizzazioni provvisorie statali, con la conseguenza per l'utente di pagare allo 
Stato stesso i canoni relativi maturati tra la data in cui la strada � stata presa in 
consegna dallo Stato e la data del rilascio da parte dell' A.N.A.S. della nuova licenza 

(n. 61). 
TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Accordo italo-tedesco 2 giugno 1961. 
Se sia possibile, ai sensi dell'art. 3 dell'Accordo italo-tedesco del 2 giugno 1961, 
reso esecutivo con d.P.R. 14 aprile 1962, n. 1263, il trasferimento all'Erario dei saldi 
di conti infruttiferi di propriet� di ditte tedesche, alle quali furono a suo tempo 
versati quali contributi da parte del Governo italiano allo sforzo bellico (n. 22). 

TRASPORTO 

Impiego di automezzi militari in caso di sciopero -Liceit� -Patente di guida. 
r) Se sia lecito l'impiego di automezzi militari attrezzati per il trasporto di persone 
in caso di interruzione dei normali servizi di pubblici trasporti a causa di sciopero 
ed in sostituzione degli autobus civili, semprech� vi sia autorizzazione dell'Ispettorato 
Compartimentale della Motorizzazione Civile competente per territorio, previo nulla 
osta del Prefetto (n. 54). 
2) Se per la guida di tali autocarri sia necessario la patente di Categoria D o sia 
invece sufficiente la patente militare (n. 54). 

TURISMO E SPETTACOLO 

Enti Provinciali Turismo. 

Se il d.m. di nomina dei componenti il Consiglio di Amministrazione dell'Ente 
Provinciale del Turismo, previsto dall'art. 5 del d.P.R. 27 agosto r96o, n. 1044, abbia 
natura dichiarativa o costitutiva (n. 19).