ANNO XXXII N. 2 MARZO-APRILE 1980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1980 ABBONAMENTI ANNO 1980 ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 20.000 � 3.500 UN NUMERO SEPARATO �� � � � � � � � � � � � � Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n, 387001 Stampato in Italia -Printed in Italv Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n 11089 del 13 luglio 1966 (1219183) Roma, 1980 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la cura Sezione seconda: Sezione terza: Sezione quarta: Sezione quinta: Sezione sesta: Sezione settima: Sezione ottava: del/'avv. Franco Favara) GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE la cura del/'avv. Oscar Fiumara) . GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE la cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) � GIURISPRUDENZA CIVILE la cura degli avvocati Adriano Rossi e Antonio Catrical�) GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA la cura de/l'avv. Raffaele Tamiozzo) . GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA la cura de/l'avvocato Carlo Baf�le) . GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI la cura degli avvocati Sergio La Porta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) . GIURISPRUDENZA PENALE la cura de/l'avv. Paolo Di Tarsia Di Be/monte) . pag. 235 � 265 � 289 � 308 � 340 � 352 � 448 � 460 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI . pag. 39 LEGISLAZIONE � 47 CONSULTAZIONI � 69 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bowgna; Giovanni CoNTU, Cagliari; Francesco GUICCIARDI, Genova; Mar�ello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Raffaele CANANZI, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDII, Potenza; Francesco ARGAN, Torino; Mauri2lio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancar�o MAND�, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE, C., Nuove riflessioni sul giudizio di terzo grado nel nuovo processo tributario . I, 429 BAFILE, C., Osservazioni sulla natura giuridica della dichiarazione tributaria . . . . I, 361 BAFILE, C., Presunzione di legittimit� dell'accertamento tributario e � onere della prova . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 377 CARAMAZZA, I. F., L'istruttoria nel processo amministrativo: brevi note ai margini di un progetto di riforma . . . . . . . . II, 39 CONTI, M.-, Sull'applicazione del principio di non discriminazione al I . regime fiscale degli alcoli 273 ' DI PACE, M., Nuove decisioni della Corte costituzionale in materia di prescrizione dei diritti dei lavoratori . . . . . I, 238 DI TARSIA DI BELMONTE, P., Il peculato delle ((Macchine blu� I, 460 LA PORTA, S., Esercizio dello � ius postulandi � per una p.a. e sindacato di terzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 335 TAMIOZZO, R., Cognizione legale e conoscenza effettiva del vincolo di notificazione di cose di interesse storico artistico . . . . I, 348 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Appalto di servizi -Rifiuto di sottoscrizione del contratto formale da parte dell'aggiudicatario -Cauzione provvisoria -Incameramento -Ristoro dei danni ulteriori rappresentati dal maggior onere del nuovo contratto -Esclusione, 456. AVVOCATURA DELLO STATO -Rappresentanza e difesa in giudizio -Rappresentanza da parte di un funzionario nei giudizi pretorili Esibizione dell'atto di conferimento del mandato -Necessit� -Esclusione, con nota di S. LA PORTA, 334. COMBATTENTI E REDUCI -Qualit� di deportato civile -Riconoscimento -Diniego -Onere probatorio dell'interessato -Limiti -Effetti, 344. COMPETENZA CIVILE -Impugnazione di atti connessi -Competenza del T.A.R. del Lazio -Atto generale e atto applicativo -Annullamento dell'atto generale -Domanda proposta in via subordinata non sposta la competenza esclusiva del T.A.R. del Lazio, 346. COMUNIT� EUROPEA -Diritti fondamentali -Diritto di propriet� -Libert� di esercizio dell'attivit� professionale -Tutela -Limiti -Fattispecie: divieto temporaneo di nuovi impianti di viti, 265. -Libera circolazione delle merci Disposizioni fiscali discriminatorie Regime fiscale degli alcoli -Contrassegni di Stato sui recipienti contenenti il prodotto destinato alla vendita al minuto, con nota di M. CONTI, 273. -Libera circolazione delle merci -Disposizioni fiscali interne discriminatorie -Criteri di valutazione -Regime fiscale degli alcoli, con nota di M. CONTI, 272. CONTRATTI -Appalto-concorso -Interesse all'impugnazione dell'atto di aggiudicazione -Presupposti -Limiti -Effetti, 346. -Appalto-concorso -Omessa presentazione di documenti -Esclusione Rilevanza del documento ai fini della valutazione delle offerte -Legittimit� dell'esclusione -Sussiste, 346. -Appalti-concorso -Procedimento di aggiudicazione -Fasi -Scelta del progetto ed esame del progetto scelto -Potere di introdurre modifiche o varianti -Individuazione del relativo momento, 347. -Capitolati d'oneri predisposti dalle amministrazioni statali per regolare i propri contratti -Natura regolamentare per i contratti interessanti lo Stato, 448. -Cauzione definitiva -Natura -Incameramento in ipotesi di inadempienza -Prova del danno subito dalla p.a, -Necessit�, 448. -Fornitura eseguita parzialmente -Risoluzione per inadempimento -Necessit� di preventiva assegnazione di un termine per le ulteriori consegne -Esclusione, 448. - Mancata approvazione -Rilevanza sull'obbligo di adempimento del privato contraente -Escllusione, 448. CORTE COSTITUZIONALE -Ordinanza di rimessione alla Corte costituzi!male -Indicazioni richieste a pena di inammissibilit�, 256. INDICB ANALITICO-ALFABBTICO DELLA GIURISPRUDENZA -Regio decreto di esecuzione di convenzione internazionale sull'estradizione -� atto normativo equiparabile a legge formale, con nota di M. DI PACE, 259. -Sentenza interpretativa di precedente sentenza -Inammissibilit�, nota di M. DI PACE, 238. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Amnistia e indulto -Rapporto tra legge di delegazione e decreto presidenziale, 256. -Reato -Nullum crimen sine lege Utilizzazione di concetti di comune esperienza -Legittimit� costituzionale, 256. DEMANIO -Beni culturali -Cose di interesse artistico -Trasferimento della propriet� -Obbligo di denuncia -Notifica nulla del vincolo ex legge 1089/1939 Inesistenza dell'obbligo, con nota di R. TAMIOZZO, 348. -Beni culturali -Cose di interesse artistico -Vincolo ex art. 2 legge 10 giugno 1939, n. 1089 -Legittimazione passiva -Individuazione -Possibilit� di notifica all'esecutore testamentario -Sussiste, con nota di R. TAMrnzzo, 350. -Beni culturali -Cose di interesse artistico -Vincolo ex art. 2 legge 1o giugno 1939, n. 1089 -Notificazione Forma -Effetti, con nota di R. TAMrnzzo, 350. -Beni culturali -Cose di interesse artistico -Vincolo ex art. 2, legge lo giugno 1939, n. 1089 -Notificazione Natura -Effetti, con nota di R. TAMIOzzo, 347. -Demanio storico artistico -Beni culturali -Beni culturali di propriet� privata -Beni vincolati -Ordinanze di restauro -Competenza -Competenza esclusiva del Ministro -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 340. DIRITTO INTERNAZIONALE -Convenzione italo-francese -Reati punibili nel paese richiedente con la pena di morte -Illegittimit� costituzionale, con note di M. Dr PACE, 259. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Immobili soggetti a vincolo archeologico -Indennit� di espropriazione -Natura edificatoria -Sussiste, 324. -Servit� di elettrodotto volontaria e coattiva -Espropriazione di azienda elettrica e delle linee di conduzione con costituzione di servit� di elettrodotto su fondo dell'espropriato Natura coattiva della servit�, 308. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Ricorso giurisdizionale -Impugnazione -Termine -Dies a quo per la proposizione dell'appello -Notificazione della sentenza di primo grado -Individuazione -Amministrazione statale patrocinata dall'Avvocatura dello Stato -Notificazione presso l'Avvocatura -Necessit� --Sussiste, 342. GIURISDIZIONE CIVILE -Controversie tra enti previdenziali e assistiti per mancato accreditamento dei contributi -Giurisdizione del giudice ordinario del lavoro, 319. -Controversie tra enti pubblici e dipendenti per risarcimento danni per omesse prestazioni contributive Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 319. -Enti pubblici riconosciuti come enti ospedalieri dalla legge 12 febbraio 1968, n. 132 -Attribuzione di strutture per l'esercizio della pubblica funzione -Giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie attinenti ai beni attribuiti o non attribuiti, 302. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Corte dei conti -Violazione delle norme valutarie -Responsabilit� di una banca quale agenzia della Banca d'Italia -Giurisdizione della Corte dei conti, 293. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Diritti patrimoniali conseguenziali -Rapporto di pubblico impiego -Improcedibilit� del ricorso per cassazione, 306. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Provvedimenti urgenti del sindaco -Constatazione si�la esi YDJ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO to comparativo -Annullamento del relativo procedimento in sede giurisdizionale -Rinnovazione -Riferimento ai criteri di massima in precedenza adottati -Legittimit� -Sussiste, 345. -Promozioni -Scrutini per merito comparativo -Rinnovazione -Giudizi relativi agli scrutinati non ricorrenti -Conservazione da parte dell'amministrazione -Illegittimit�, 344. -Provvedimenti emanati su presupposti erronei e viziati -Annullamento in sede giurisdizionale -Necessit� di non adottare provvedimenti contraddittori con il principio di coerenza dell'azione amministrativa Fattispecie in tema di rinnovazione di scrutinio per merito comparativo, annullato in sede giurisdizionale - Proclusione alla rinnovazione del punteggio dei soli ricorrenti . Effetti, 345. -Retribuzioni -Equo indennizzo - Personale militare -Menomazione iniziale e aggravamento successivo - Infermit� contratta in epoca anteriore alla legge 1094/1970 con aggravamento successivo -Misura del1' equo indennizzo -Criteri, 342. LAVORO -Diritti del lavoratore non concernenti la retribuzione -Prescrizione - Decorrenza durante il rapporto di lavoro -Questione di legittimit� costituzionale -Infondatezza, con nota di M. Dr PACE, 239. -Uso dell'autovettura di serv1z10 per percorso casa-ufficio -Distrazione - Insussistenza, con nota di P. Dr TARSIA DI BELMONTE, 460; PREVIDENZA -Risarcimento danni per mancato versamento di contributi previdenziali - Prescrizione -Decorrenza, 329. PROCEDIMENTO PENALE -Difesa e difensori -Di fiducia -Sostituto del difensore -Nozione e funzione, 466. -Difesa e difensori -Incompatibilit� - Difensore unico di pi� imputati - Interdipendenza di posizioni processuali -Nozione, 465. -Difesa e difensori -Incompatibilit� - Effetti � Nullit� -Decorrenza, 466. -Difesa e difensori -In genere -Nominato dalla parte -Sostituto del difensore -Incompatibilit� della difesa -Tempo della sostituzione - Occorre aver riguardo alla posizione del sostituto, 466. REATO -Furto -Circostanze aggravanti -Mezzo fraudolento -Nozione, 465. -Truffa -In genere -Truffa negoziale -Fattispecie, 465. stenza dei presupposti -Apprezzamento discrezionale -Difetto di giurisdizione del G.O. -Fattispecie, 289. -Tutela dei lavoratori per il conseguimento di prestazioni amministrative -Istituti di patronato -Loro finanziamento posto dal d.l. C.p.S. 29 luglio 1947, n. 804, a carico degli Istituti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale -Norma di azione e norma di relazione -Determinazione dei soggetti tenuti alla contribuzione -Discrezionalit� amministrativa -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa, 299. IMPIEGO PUBBLICO -Promozioni -Promozioni per meri -Diritti relativi alla retribuzione Decorrenza della prescrizione durante il rapporto di lavoro -Questione di legittimit� costituzionale -Inammissibilit�, con nota di M. Dr PACE, 239. -Prescrizione -Diritti del lavoratore non aventi carattere retributivo Decorrenza della prescrizione decennale durante il rapporto di lavoro Legittimit� costituzionale, con note di M. Dr PACE, 238. -Stabilit� del rapporto -Accertamento -Competenza del giudice della controversia di lavoro, con nota di M. Dr PACE, 239. PECULATO INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA RESPONSABILIT� CIVILE -Lezione di iiinte11esse ~egittimo Illegittimo diniego di licenza edilizia -Difetto di rilevanza della questione sollevata, 235. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposte sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza -Trasformazione di societ� di persone in societ� di capitali -Beni diversi dall'avvia� mento -Iscrizione in bilancio -Tassabilit� -Riferimento ai valori risultanti dalle dichiarazioni della societ� trasformata, 412. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenze -Vendita di azioni -Intento speculativo presunto Esclusione -Proposito di far elevare il prezzo delle azioni acquistate Non � necesario, con nate di C. BAFILE, 429. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Riserve occulte -Supervalutazione delle giacenze rispetto alle rimanenze -Applicabilit� art. 107 del t.u. delle imposte dirette -Esclusione -Accertamento nel periodo cui si riferiscono le rimanenze sottovalutate, con note di C. BAFILE, 420. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile ed altri tributi diretti -Agevolazione per l'industrializzazione dell'Italia settentrionale -Svolgimento di attivit� nelle zone depresse per l'incremento produttivo e l'occupazione di mano d'opera, 427. - Imposte fondiarie -Fabbricati -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Licenza di costruzione -� necessaria, 441. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Agevolazione per il Mezzogiorno -Acquisto di terreni e fabbricati per il primo impianto di stabilimenti industriali Acquisto di opifici industriali inattivi -Esclusione, 396. -Imposta di registro -Concessione servizio di illuminazione -Istituzione dell'ENEL -Continuazione del servizio da parte della societ� -Obbligazione per l'imposta di registro, 401. -Imposta di registro -Rimborso Atto nullo -Condizioni, 401. -Imposta di successione -Presunzione per mobili, danaro e gioielli -Inventario di eredit� beneficiata -Requisiti -Effetto verso gli altri eredi Si produce, 442. -Imposta di successione -Solidariet� -Legatio -Responsabilit� sussidiaria dell'erede -Effetto dell'accerto verso il legatario -Si estende all'erede, con nota di C. BAFILE, 361. -Imposte di fabbricazione -Olio di oliva -Esecuzione a favore delle zone terremotate del Belice -Olio fabbricato al di fuori per conto di residenti -Si applica, 408. -Imposte di fabbricazione -Olio di oliva -Soggetto passivo -Posizione dei produttori delle olive -Irrilevanza, 408. -Imposte di registro e altre imposte indirette -Condanna dell'amministrazione alle spese -Art. 148 legge di registro abrogata -Giudizi promossi anteriormente e decisi successivamente all'insediamento delle nuove commissioni -Applicabilit�, 416. -Imposte doganali -Diritti di prelievo -Giorno dell'importazione -Definizione in base ai regolamenti comunitari -Norme nazionali sui dazi doganali -Irrilevanza, 352. -Imposte doganali -Diritti di prelievo -Natura -Disciplina normativa, 352. -Imposte doganali -Prescrizione Decorrenza -Registrazione della bolletta -Omessa liquidazione dell'imposta -Decorrenza dal momento dell'importazione definitiva, 397. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento tributario -Imposte doganali -Presunzione di legittimit� -Esclusione -Onere della prova, con nota di C. BAFILE, 377. -Contenzioso tributario -Commissione centrale -Contestazione sulla tassabilit� del reddito -Decisione fondata su ragioni giuridiche diverse da quelle prospettate dalla parte e X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO assunte nella decisione impugnata Legittimit�, con nota di C. BAFILE, 420. -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado -Estimazione semplice e complessa -Accertamento dell'intento speculativo -Connessione con questione di applicazione della legge -Decisione sull'intera controversia, con nota di C. BAFILE, 429. -Dichiarazione -Imposta di successione -Natura -Effetti -Vincolativit� -Esclusione -Revocabilit� -� ammessa, con nota di C. BAFILE, 361. -Prescrizione -Sospensione -Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso Rivendita dell'area senza indicazione di provenienza -Configurabilit�, 406. -Repressione delle violazioni -Infrazioni valutarie -Provvedimento di irrogazione di sanzioni -Presunzione di legittimit� -Esclusione -Onere della prova, con nota di C. Bafile, 377. TRIBUTI LOCALI -Redditi di lavoro autonomo non assimilabili ai redditi di impresa -Assogettamento alla ILOR -Illegittimit� costituzionale, 246. URBANISTICA -Piano regolatore -Previsione di massima per espropri e sistemazioni Contestualit� con l'approvazione del piano -Non � richiesta, 343. -Piano regolatore -Variante -Beni patrimoniali indisponibili dello Stato -Destinazione diversa da quella prevista nel vincolo -Consenso dell'amministrazione proprietaria -Necessit� -Non sussiste -Limiti, 343. -Piano regolatore -Variante -Opposizione -Beni patrimoniali indisponibili dello Stato -Opposizione da parte dell'amministrazione proprietaria -Legittimit� della reiezione da parte della Regione, 343. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE lo giugno 1979, n. 40 ]o giugno 1979, n. 41 21 giugno 1979, n. 54 25 marzo 1980, n. 35 26 marzo 1980, n. 42 14 aprile 1980, n. 49 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 13 dicembre 1979, nella causa 44/79 27 febbraio 198J, nella causa 169/78 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 23 febbraio 1979, n. 1212 Sez. I, 24 aprile 1979, n. 2318 Sez. I, 23 maggio 1979, n. 2990 Sez. I, 17 settembre 1979, n. 4790 Sez. Un., 18 ottobre 1979, n. 5428 Sez. I, 22 ottobre 1979, n. 5493 Sez. I, 25 ottobre 1979, n. 5594 Sez. I, 29 ottobre 1979, n. 5646 Sez. I, 5 novembre 1979, n. 5723 Sez. I, 7 novembre 1979, n. 5740 Sez. I, 7 novembre 1979, n. 5742 Sez. I, 9 novembre 1979, n. 5771 Sez. I, 9 novembre 1979, n. 5779 Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5944 Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5951 Sez. I, 17 novembre 1979, n. 5970 Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6021 Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6022 Sez. I, 19 novembre 1979, n. 6028 pag. 238 )) 239 � 259 � 235 )) 246 � 256 pag. 265 � 272 pag. 448 � 361 � 377 � 396 � 289 � 397 � 401 � 406 � 408 � 308 � 412 � 416 � 420 � 427 � 377 � 408 � 319 � 429 � 441 XII RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Sez. I, 19 novembre 1979, n. Sez. I, 10 dicembre 1979, n. Sez. I, 14 dicembre 1979, n. 6033 6381 6519 Sez. Un., 18 dicembre 1979, n. 6568 Sez. Un., 4 gennaio 1980, n. 2 Sez. Un., 18 gennaio 1980, n. 416 Sez. I civile, 22 gennaio 1980, n. 485 Sez. Un., 23 gennaio 1980, n. 557 Sez. I, 25 gennaio 1979, n. 562 . Sez. Un., 25 marzo 1980, n. 1989 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. PI., 7 dicembre 1979, n. 32 Sez. IV, 11 dicembre Sez. IV, 18 dicembre Sez. IV, 18 dicembre Sez. VI, 7 dicembre Sez. VI, 14 dicembre Sez. VI, 14 dicembre 1979, n. 1144 1979, n. 1195 1979, n. 1198 1979, n. 848 1979, n. 886 1979, n. 889 Sez. VI, 25 gennaio 1980, n. 73 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 14 dicembre 1978 Sez. VI, 12 febbraio 1979, n. 7715 Sez. II, 28 giugno 1979, n. 318 Sez. I, 20 luglio 1979 . . . . . I ~ ~ f. ~ Y. pag. 456 r: ~ )) 442 f )) 324 1. )) 329 <: )) 293 )) 299 )) 334 )) 302 )) 352 )) 306 pag. 342 )) 343 )) 344 � 344 )) 346 )) 346 )) 347 350 pag. 460 )) 340 )) 465 )) 465 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI COMUNITA ECONOMICA EUROPEA -Decisioni CECA -Efficacia su territorio Stati membri, 69. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA -Espropriazione per pubblica utilit� Beni indivisi -Offerta indennit� Accettazione, 69. -Espropriazione per pubblica utilit� Costruzione di sedi uffici giudiziari in Sicilia -Atti del procedimento di espropriazione -Competenza degli organi regionali o statali, 69. -Espropriazione per pubblica utilit� Danni conseguenti all'esecuzione di opera pubblica -Pregiudizio causato all'esercizio di imprese -Indennizzabilit�, 69. -Espropriazione per pubblica utilit� Indennit� aggiuntiva -Separato indennizzo per frutti pendenti -Ammissibilit�, 69. -Espropriazione per pubblica utilit� Opere pub):>liche di competenza statale -Determinazione dell'indennit� Cr~ teri contenuti nella legge 28 genna10 1977, n. IO -Applicabilit�, 70. -Espropriazione per pubblica utilit� Sardegna -Opere da seguirsi con finanziamenti straordinari per il Mezzogiorno -Competenza degli organi statali -Configurabilit�, 70. -Espropriazione per pubblica utilit� Sardegna -Opere da realizzarsi con contributi erogati dalla Cassa per il Me:z:zogiorno -Competenza degli orgam statali -Configurabilit�, 70. -Espropriazione per pubblica utilit� Sardegna -Opere finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno -Competenza degli organi statali -Configurabilit�, 70. IMPIEGO PUBBLICO -Impiego pubblico -Personale delle Ferrovie dello Stato -Indennit� di buonuscita corrisposta dall'OPAFS Sequestrabilit� e pignorabilit�, 70. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Imposta generale sull'entrata -Prodotti tessili -Fili di gomma -Crino artificiale e filati metallici -Esenzione -Decorrenza, 70. -Imposta generale sull'entrata -Prodotti tessili -Prodotti impiegati nelle . fabbricazioni previste nella tabella allegato B alla legge 12 agosto 1957, n. 757 -Esenzione, 71. IMPOSTA VALORE AGGIUNTO -Imposta sul Valore Aggiunto -Corrispettivi per trasporto aeropostale interno, impossibilit�, limiti, 71. -Imposta sul Valore Aggiunto -Esenzioni per corrispettivi concernenti pubblici servizi -Natura, 71. IMPOSTE DI FABBRICAZIONE -Imposta di fabbricazione sulle fibre artificiali e filamento continuo -Canone di abbonamento annuale -Riduzione proporzionale al periodo di inattivit� degli impianti -Calcoli, 71. IMPOSTE IPOTECARIE -Tributi erariali indiretti -Imposte ipotecarie -Tardiva richiesta di trascrizione di atto -Pena pecuniaria Possibilit� di riduzione, 71. RISCOSSIONE -Esattore -Ritardo nell'esecuzione dello sgravio o nel versamento dell'importo degli sgravi non potuti eseguire -Sanzioni, 72. XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I 1 I i LEGISLAZIONE ~' ! QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I I � Norme dichiarate incostituzionali pag. 47 li � Questioni dichiarate infondate � 48 III � Questioni proposte � 51 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1980, n. 35 -Pres. Amadei -Rel. Astuti-Lombardo (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministrii (avv. Sta to Azzariti). Responsabilit� civile -Lesione di interesse legittimo -Illegittimo diniego di licenza edilizia -Difetto di rilevanza della questione sollevata. (Cost., artt. 24, 42 e 113; legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31). L'art. 31 comma primo della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, non mira a tutelare direttamente il privato in un interesse che consideri suo particolare imponendo un correlativo obbligo generale a caric� di ogni altro soggetto, ma configura un precetto rivolto in via diretta a regolare la materia edilizia nell'aspetto e nelle implicazioni di portata pubblicistica, precetto che solo indirettamente il privato pu� invocare dinanzi agli organi della giustizia amministrativa; l'articolo anzidetto non � sedes mateni.ae idonea per una pronuncia sulla prospettata questione di legittimit� costituzionale del principio di non risarcibilit� della lesione di un interesse legittimo (1). (omissis) L'ordinanza di ,J:1imessione solleva, ,]n riferimento all'art. 42, e di rifilesso agiH aritt. 24 e 113 della Costituzione, Ja questione di Jegit (1) La questione di legittimit� costituzionale era stata prospettata soprattutto in relazione ail'art. 42 Cost., argomentandosi che gli illegittimi rifiuti della licenza (ora concessione) edilizia produrrebbero �un effetto di ablazione senza ristoro� della propriet� privata. La Corte costituzionale non ha raccolto l'indicazione cos� fornita dal giudice a quo, evidentemente non ritenendo opportuno rendere una ulteriore pronuncia su un tema -l'inerenza o meno dello jus aedificandi alla propriet� dell'area edificabile -che attualmente (dopo la sentenza Corte Cost. 30 gennaio 1980, n. 5) sta formando oggetto di attenta e approfondita riconsiderazione nelle sedi ministeriali e parlamentare. La sentenza in rassegna ha invece preso in considerazione -sia pur pervenendo nella specie ad una 'pronuncia di inammissibilit� -il noto problema della risarcibilit� o meno dei pregiudizi arrecati ad interessi legittimi, ed ha avvertito che tale problema �si impone ormai all'attenzione del legislatore� e �richiede prudenti soluzioni normative>>, in tal modo implicitamente escludendo la possibilit� di pervenire de jure condito a conclusioni diverse da quelle in proposito adottate dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. Merita segnalare anche che la Corte costituzionale ha confermato la validit� della tradizionale distinzipne tra �norme di re}azione � e �norme di azione>>, come risulta dal brano della motivazione riprodotto nella massima. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO timit� costituzionale dell'art. 31 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, � i111 tanto in quanto, secondo l'i111terpreta:ziione domdnante, esso nOlll consente l'eserci:ziio de1l'a:ziione di risarcimento nei confronti della pubblica amministrazione che abbia iillegittimamente negato, sospeso o revocato una� Licenza edhlizia, quando attraverso atti positivd o negativi si sia con ci� atrt:UJarta UIIl!a compressione del diritto di propriet� sul terreno da edificare, tale da produrre UlllO svuotamento di 11Hevanrte entit� ed incisivit� del suo <eontenuto �. Nel giudi2Jio a quo la p110prieta11i:a di un suolo edificatorio sito �in comU111e di Canicatt�, le cui reiterate domande di licenza edilizia eriano state duI100te olrtre quindici anni respinte con provvedimenti due volte annu11ati dai! Consiglio di giusti:ziia amministra1liva per la Regione sioiJiiJaina, e di:sattese anche dopo U:n giudizio di ottempe11anza e fa inutile nomina rdd un commissario ad acta, aveva 1convenuto davanti al tribunale di Agrigento la oiv.ioa ammdrnstrazione e �i sindaci suocedutisi nel governo del comune, chiedendone ila condanna al risa11dmento dci danni: ma !hl �tribunale, ravvisando nella fattispecie una 1esi0111e di interessi legittimi e non dd diritti soggettivi, aveva dichiarato hl difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria a conoscere della proposta domanda. La Corte di appello di Palermo, ritenuto che la decisione della causa, in ordine ai diversi profili della pretesa risarcitoria, si poteva � in diretta dipendenzia defila configurabild!t� di una responsabilit� della pubbliaa ammiillistrazione per l'i1legittimo di:niego dehla Licenza edihl.ziia �, oss1ervava iehe nehla consohidata giurisprudenza della Corte di cassazione la facolt� di edifioare, pur inerendo al diritto di propriet� di cui costitui: soe peculiare e conoreta manifestazione, �si atteggia nei ieonfronti della pubbhica 0Jlllmini1stra2Jione, -alla quale spetta, in forza di 111orme di a2lione, di potere discrezionale di concedere 1a �l~cenza ahl'uopo necessama -: 111on come diritto soggettivo ma come semplice interesise legittimo: e che 1conseguentemente l"illegi.ttimo diniego di li<eenza edil:izia, pur quando H giudice amministrativo abbia dichianato J'obbHgo delJ'amministra2lione di rilasda�re la �Licenzia stessa, non pu� tuttavia dar Juogo ad aziione aivhle di risarcimento dei danni subiti dal proprieta11io. Pertanto, � preoluse <eos� le gi� tentate vie di UJila interpretazi0111e dell'articolo 2043 cod. civ. iehe 1includa nel concetto di danno !ingiusto, ieui la norma fia riferimento, anche .Je lesioni di interessi legittimi, o della valorizziazione del rapporto tra '.tinteressi legittimi e sottostanti ,SJituazii0111r: i soggettive tutelate in via diretta e generale�, l'o11dinanza di rimessione osservava che 1a propriet� � un .diritto garamitito daJJa Costituzione, !i cui contenuti essen2liiaiH debbono trov.are nclla disciplina legislativa piena tu1lela anche contro le lesioni <ehe comunque pos�s�ano derivargli da1l'ese110izio illegit1Jimo de1le pubbliche potest�. Svolgeva quindi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE diffuse considerazioni, -,con riferimenti. ailila ,giurisprudenza idi questa Corte e della Corte di cassaziione -, su1la inerenza della facolt� di edifioare alla propri.et� foncliairia urbana, anche nella pii� recente fogis1azi1one urbanis1Jiica, e concludeva che i diviieti opposti dadie autorit� ammmistrativ'e a:lJla edificazione mediante provviedimen1rl., positivi o negativi, ~hlegittimi, ,senza tuttawa iinicorrere 1m ,responsabiihlt� patrimoniaile, comporterebbero � UJil effetto ,di 1abla2lione senza ristoro � dclla propriet� p11ivata, con violazione non solo della garanzia sancita daM'art. 42, secondo e 'terzo comma, dehla Cos1ituzione, ma ,ainche del disposto degli articoli 24 e 113, � ilin cui � sancita, in generale e nei confronti deJla pubbLiica 1aimmiiniistra2lione, J'mviolabilit� del :dicitto alla ,difesa per la tutela dei propri diritti �. Sono ben comprensibili le cons1dera2liorni che hanno condotto la Corte ,di mellito, di f�ronte ,a] deplorevole compol'tamento tenuto da una ammio::ristrazione comUJilale, responsabile d1 uilla serie di atti i1legittimi reitemti in spregio aihle decisioni del giudice ammirnswativo, con grave pregiudiziio d'un pvivato proprietario, 1a sollevare l'arduo problema, t�m.to discusso in dottmma come nehla giuriisprudenza, de1la responsabJJiit� civile delle pubbllliche aimmimistmziond per ilil ,risaroimen:to dei dam:rl derivati ai soggetti privati dalla emanazione di atti o provvedimenti amIninistra1rl. vii :iilJegittimi, lesdvii di 1situaziorri idi interesse legittimo. Problema 'di indubbia ,gravdt�, e di partico1are attualit� iin relazfl.Oille alle restrizioni connesse alla moderna disoipliina urban:iJs1rl.co-edi1i.2lia, che, anche a giudizio di questa Corte, si impone ormai ahl'atten2lione del legislatore. Ma trattasi 'di un problema complesso, che ,11�JchLiede prudenti soluziioni normative, non solo nella disciplina sostanziJale ma 0.111Jche nel regolamento dehle competen2ie giurisdi2liona1i.: probJema idi 011dine genem1e, che non pu� ovviamente es,sere i:i:iJsolto da questa Corte in un giudi: zfo sulla l~gitmmit� costituzionale dell'art. 31 della Jegge urbanistica, in rela2li0i11e alla ipotesi cli ii.Hegittimo dini.ego di ,filcenza ediJJi2l�la. La disposizione de1l'art. 31, primo comma (dmasrta sostanmalmente intatta dopo le integrazioni Mitrodotte dahl'airt. 10 dehla legge 6 agosto 1967, n. 765, .e modificata da11'1a:rt. 21 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, con ia sostituzione delJ'espresS!i.one �concessione�, alle parole �licenza eru1i2liia �), in quanto r1chiede per ,]'eseroizdo dehla facolt� di ediificare, un provvedimento dell'.autori1� comunale, appare perfettamente Jegittima, e non rileva, di per s�, iin 011cline al problema della msarcibilit� dei danni eventualmente de11ivati da un 'legittimo provvedimento dii diniego, essendo evidente, 'Secondo la pacifica interpretazione dehla Corte di cassazione, che essa non mira a tutelare 1clirettamente ffil privato Mi nn intJeresse che consideri 1suo pairtJ:iJcolare imponendo un co11reilativo obb~igo generale a cacioo cLi ogni altro soggetto, ma configura un pTecetto rivolto in via cliretta a regolare la materia edili2lia ncll'aspetto e nelle 238 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO imp1ica:zfoni di portata pubbLidstfoa, precetto che solo !indiirettamente il privato pu� invocare dinanzi agli organi della giusttlzia amministrativa. E dunque ev,idente ohe il giudice a quo non � chiamato, per deci dere la controversia di menito, a fare appl.iioazione del d!isposto dell'arti oolo 31 della legge urbanistioa, il quale non rappresenta comunque la sedes materiae 1iidonea 1a dar luogo ad una pronuncia di questa Corte sulla questione di costituzionalit� prospettata, nei termini sopra riferiti, daill'oodilnamza idi rimessione; questione che pertanto risulta, a1lo stato, i:namm!iss~bi.le per difetto di 11Hevanza. I CORTE COSTITUZIONALE, 1� giugno 1979, n. 40 -Pres. Amadei -Rel. Andl1ioli -Riggio Luigi e Cassa di Rllisparmio di Calabri.a e Lucania (n.ip.) e Presidente del Consiglio dei Minist11i (avv. Stato Carafa). Corte costituzionale -Sentenza interpretativa di precedente sentenza Inammissibilit�. (Cost., artt. 3, 24 e 134; cod. ci''� art. 2948). Lavoro -Prescrizione -Diritti del lavoratore non aventi carattere retri butivo -Decorrenza della prescrizione decennale durante il rapporto di lavoro . Legittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3 e 24; cod. civ., art. 2946). Tra i provvedimenti, necessariamente tipici, che possono essere emessi dalla Corte costituzionale, non vi � l'accertamento, con autorit� vincolante per gli altri giudici, del contenuto di sue precedenti sentenze (1). (1-5) Nuove decisioni della Corte costituzionale in materia di prescrizione dei diritti dei lavoratori. 1. -Con otto decisioni (sei sentenze portanti i numeri 40, 41, 42, 43, 44, 45, e due ordinanze numeri 5,1 e 52 del 1979) de1le quali le pi� interessanti sono la n. 40 e 41/79, la Corte costituzionale ha ribadito, puntualizzando e precisando, princi'pi gi� affermati in diverse precedenti sentenze, in materia di decorrenza della prescrizione dei diritti dei <lavoratori. L'affermazione contenuta nella sentenza n. 40/79, secondo la quale non rientra tra i poteri della Corte costituzionale quello di interpretare in via autentica, ed in modo vincolante per gli altri giudici, precedenti sue sentenze, deve ritenersi esatta: finterpretazione di precedenti decisioni non pu� mai costituire l'oggetto esclusivo o principale di un'ordinanza di rimessione o di un ricorso, e perci� neppure di una decisione della stessa Corte. In tal senso � da ritenere corretta l'argomentazione, di natura processuaJe, secondo la quale il potere di emettere una � sorta di provvedimento di secondo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 239 Non contrasta con gli artt. 3 e 24 Cost. l'art. 2946 cod. civ. nella parte in cui consente il decorso della prescrizione decennale in costanza del rapporto di lavoro non stabile, di quei diritti del lavoratore, come quello alla qualifica, che, fatti valere in via autonoma, non si risolvono nel diritto alla retribuzione tutelata dall'art. 36 Cost. (2). II CORTE COSTITUZIONALE, 1� giugno 1979, n. 41 -Pres. Amadci -Rel. Andrioli -Cinci:rirpini (avv. Ventma) c. E.N.E.L. (avv. Scognamigliio) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Carafa). Lavoro -Diritti relativi alla retribuzione -Decorrenza della prescri7lione durante il rapporto di lavoro -Questione di legittimit� costituzionale Inammissibilit�. (Cost., artt. 3, 36, 38; cod. civ., artt. 2948, 2955 e 2956). Lavoro -Stabilit� del rapporto -Accertamento -Competenza del giudice della controversia di lavoro. Lavoro -Diritti del lavoratore non concernenti la retribuzione -Prescri� zione . Decorrenza durante il rapporto di lavoro � Questione di legittimit� costituzionale � Infondatezza. (Cost., artt. 3, 36, 38; cod. civ., art. 2946). E inammissibile la questione di costituzionalit�, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 36 e 38 Cost., degli artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, grado... � che accerti il contenuto di una precedente 'decisione e non investa la norma impugnata non � 'previsto tra quelli tipici attribuiti alla Corte costituzionale. Ma tale principio sottintende essenzialmente J'equiparazione degli effetti delle sentenze di accoglimento (ed in .particolare di quelle di accoglimento parziale c.d. manipolative -additive cfr. Cons. Stato, VI, 7 dicembre 1973, n. 568, in Cons. Stato, 1973, 1, 1194) alle norme di legge (in tal senso: Corte cost., n. 108 del 1970, in Giur. cast., 1970, 1493; ed anche in motivazione delle sentenze nn. 44/79, 42/79 e soprattutto n. 41/79 quando si parla di �norma di diritto, che sorge dal connubio tra Je tre disposizioni, dichiarate parzialmente i1legittime, e il dispositivo�). Ne consegue J'altro principio, pure affermato dalla Corte in quasi tutte le sentenze in esame, che spetta ai giudici comuni (ed in definitiva alla Cassazione) l'accertamento degli effetti (normativi) delle decisioni della Corte, attraverso l'interpretazione della norma modificata dalle sentenze di accogJimento, anche in relazione alla successiva legislazione, in modo da � coglierne in tutto o in parte .!'incompatibilit� a stregua dei criteri, dettati dall'art. 12 disp. �prel. cod. civ.�. Resta naturalmente ferma la possibilit� di emettere sentenze (interpretative), di norme modificate da sentenze di accoglimento, qualora ricorrono i 240 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 2916 n. 1 cod. civ. nella parte in cui consentono la decorrenza della prescrizione in costanza del rapporto di lavoro stabile alle dipendenze di enti pubblici, anche economici, o di imprese private (3). L'accertamento delle condizioni essenziali per la stabilit� del rapporto di lavoro rientra nella competenza del giudice (ordinario o amministrativo) della controversia individuale di lavoro (4). Non contrasta con gli artt. 3, secondo comma, 36 e 38, secondo comma, della Costituzione, l'art. 2946 cod. civ. nella parte in cui consente il decorso della prescrizione decennale dei diritti del lavoratore non aventi carattere retributivo, durante la pendenza del rapporto di lavoro (5). I (omissis) Riferii.,ta all'art. 2948, n. 4, la questiione � inammissibile ove si rifletta, come �si deve, che il giudice unico, nel vedficame la rilevanza, ha a chiare note aff,ermato che il raipporto di lavoro del Riggio era privo di stabilit�. Ch� delle due 'l'una: o si 1legge, come sembra preferire il giuc:Lice a quo, :iil dispositivo deHa senten:m 63/ 1966 avulso da1la motiva- 2'Jione, ed a1lora la ,stabi1it� o meno del rapporto non inoide menomamente 'su1la attuaJle vigenza del:1a norma, cos� come risultante dal dispositivo dclla sentenza 63/1966; o si riico1lega ril idisposriitivo ali1a motivazioe per lfanitare la vigenza dclla norma ai rapporti non stabili, ed al!lora l'iins1labi1le 1rapporto del Riiggio non pu� non esservi assogget:tato rendendo privo di at:tuale interesse il sollevato incidente di costituzionalit�. Ma altra e ben pi� mdkale ragione sancisce Ia inammiss1ibilit� della ques1Jione: 1in buona sostanza �il giudice unico 1s0Mecita dalla Corte la interpretia~ione, oon autorit� vincolante per gli altri giudici, della sentenza del 1966 e di due delle altre sentenze che l'han segUJi.ita. Senonch� presupposti del giudizio di costituzionalit� intervenendo sulla interpretazione adottata dai giudici ordinari (CRISAFULLI, Sentenze interpretative della Corte costituzionale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1967). * * * 2. -Con sentenza 10 giugno 1966, n. 63 (in questa Rassegna, 1966, 1, 758) la Corte costituzionale dichiarava l'illegittimit� costituzionale degli artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, e 2956 n. 1 limitatamente alla parte in cui consentivano che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorresse in costanza del rapporto di lavoro. In successiv,e sentenze (n. 143 del 20 novembre 11969, in questa Rassegna, 1969, 1, 1002, in materia di prescrizione biennale degli stipendi dei dipendenti statali, n. 86 del 29 aprile 1971, in questa Rassegna, 1971, 1, 543 e soprattutto n. 174 del 12 dicembre 1972 in Foro it. 1973, .1, 22), veniva 'precisato che la dichiarata iHegittimit� costituzionale dell'art. 2948 n. 4 non trovava applicazione nei casi in cui fosse assicurata Ja stabilit� del rapporto di lavoro e fosse data garanzia, per 'legge, di appositi rimedi giurisdizionali contro ogni illegittima ille-: ~= 1:: ~~~ ~:: f; PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 241 siffatto compito non spetta ahla Corte, tra i cUJ� provvedimenti necessa11iJamente tipici non 1si annovera n� pu� annoverarsi :l'accertamento del contenuto di precedenti sue 1senten2le, una SOl'ta cio� di provvedimento di secondo grado, del quale oggetto immediato non � la disposizione o lii gruppo di nomne impugnavi, ma altra sua sentenza. A parametri deLla 1costitu:cionail�t� deJ:l'art. 2946 il giudice unico assume (non l'art. 36, ma) gli artt. 3 e 24, che sarebbero offesi se le ragioni, che hamm.o indotto a drlire fondata 1a questJione di costLtuziional4t� delle norme disoiphlnaumoi di presorimOlll� brevi e presuntive, non fossero utilizzate al fine di di.ire fondata la questione :di costituzionailit� deJJI'art. 2946, se invocato al .fine di es�tinguere di!dttii che, pur avendo [J tltolo fogit1JiJmante nel rapporto di favoro, non Sii 11isolvono in prestazioni pecunia 1 nie e, pi� in generale, 1sipaziano nell'ordinamento dell'impresa. In taJe guisa prospettata, la questJione appare diversa dall'incidente su 1oui ha por1Jato iJI suo esame fa Corte nelle sentenze n. 86/1971 e n. 115/1971, che non possono quindi es�sere dnvooate come precedenti di fatto: nel priimo 1oaso dJ. datore di lavoro eria un ente pubblico ec_onomko, al quale li lavoratori erano l:egati da 1rapporto mUllJ��to dli stabilit�, laddove iiJl giudice a quo ha -lo si ripete -negato stabilit� al rapporto, oggetto dehla presente questJione, e nel secOllldo 1aaso dJ. diritto alla qualifica si 1esaUJ:riva nelle prestazi01I1i retribU!tJive e uale osmosi ha indotto la Corte a nitenere iJrnHevante la questione di 1costi1Ju2l�!onaLit� dell'art. 2946 daippokh� la premessa maggiore del sillogismo, !�!n cui si sarebbe ,:risolta la pronunoia definitivia deLla controversia idii lavoro, sarebbe stata fornita, in tema di prescrizione, degli 1artt. 2948, n. 4, 2955, n. l, e 2956, n. 1. Ne1la ipotesi 1ohe ne oocupa, il giudice unico ha fatto propria la prospettazione deiliLa Cassa, intesa ad iiidentificare nella qualifioa un di- risoluzione del rapporto, quali quelli previsti dalle leggi 15 luglio .1966, n. 604 e soprattutto dall'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavoratori). Con sentenza n. 115 del 21 maggio 11975 (in Foro it., 1975, l, 1309) fa Corte ri� badiva che il rprincipio affermato ne1la sentenza n. 63 del 1966 non si estendeva ai rapporti di impiego sia dei dipendenti dello Stato, sia dei dipendenti di altri enti pubblici, anche di carattere economico. Le Sezioni Unite della cassazione con sentenza 12 aprile 1976, n. 1268 (in Foro it., 1976, 1, 9.15 e con numerose note di commento nella Riv. giur. lav., 1976, tra le quali quella del giudice relatore delle sentenze in esame, ANDRIOLI, Stabilit� del rapporto di lavoro e norme sui licenziamenti individuali, ivi, 1976, l, 271) interpretavano la giurisprudenza costituzionale stabilendo che la normativa sulla decorrenza della prescrizione in pendenza del rll1Jporto di Javoro era divenuta inapplicabile soltanto per i rapporti privi di stabilit�, e precisando che � deve ritenersi stabile ogni rapporto che, indipendentemente dal carattere pubblico o privato del datore di lavoro, sia regolato da una disciplina la quale sul piano sostanziale subordini Ja legittimit� e l'efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze obiettive e 'predeterminate, e sul piano processuale, affidi al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilit� di rimuovere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ritto del lavoratore, ohe � autonomo ,ri.spetto al diritto alle retribuzioni, e a diire assoggettato H primo non alle preS'oriziond brevi�. e presuntive, ma aihla 01dinarfa p:resonizione decennale, n� ques1:a Corte pu�, senza evadere daii suod compiti istituzionali, giudicare se il Riggio il quale, a mpporto definito, :rivendicava le differenze dii retribuzione e l'iincremento dehlia indenni.t� di anzianit�, che gli 1sarebbero derivati dal~'avere egli espletato mansioni superi.ori. a quelle contrattuai1i, in U111 contesto normativo, iin cui non si era ancora 1inserito l'art. 13 fogge 300/1970, sostitutivo dehl'airt. 2103 e.e., avesse fatto vail!e11e, vuoi sul piiano sostanziale vuoi sul piano processuale, un � bene dehla v>ita � diverso dail diritto a d:iffel'ellZe di :retribuzione e ai11a .integrazione della <inderniit� �dii anziianit� (diritto quest'ultimo, che -� appena iil caso di mlevarlo -naisce con 1a �cessazione del 'l'apporto). Ma :iJl modo dii prospettlazione non pu� non lim<itare J'obietto della pronuncia 1che ila Corte va a rendere sotto un dupHce punto di vista: -sul piano dehla fatHspooie, vengono dn considerazione quei diritti, che deri.vano al lavoratore non solo e non tanto dal 'l'apporto di cui � partecipe, quanto dailil'assetto dell'impresa in �cui � inserito, e che, comunque, non �Si risolvono, senza .residuo, in quei beni tuteJati dall'articrno 36 Cost., che Ja Corte costituzionale assunse a parametro nella sentenza 63/1966 ~retribuzione proporzionata a11a quantit� e alla qualit� del suo lavoro e fo ogni 'caso suff1ioiente ad as�sicurare a s� e a!lla famiglia un'esistenza Jibera e dignitosa; diritto al :rtliposo settimanrue e alle ferie amma1i retribuite); -sul piano della dinamica processuale poi, non � da Iasdare in ombra il rilievo che pur nei casi in cui al lavoratore rivengono diritti, gli effetti del licenziamento illegittimo�, con esplicito richiamo (anche se non esclusivo) alla disciplina de1l'art ..18 dello statuto dei Javortatori in materia di riassunzione per licenziamento illegittimo. A tale principio si sono adeguate le successive sentenze della Corte di cas sazione (Cass., 23 dicembre 1976, n. 4732, in Foro it., 1977, 1, 300; Cass., 21 giugno 1978, n. 3060, ivi, 78, 1, 11630 e Cass., 12 luglio 1978, n. 3541, ivi 1978, l, 2752) men tre parte della giurisprudenza di merito (v. Foro it., 1978, .1, 2752, in nota) ha continuato a sostenere l'indifferenza della stabilit� del rapporto di lavoro sulla prescrizione dei diritti retributivi, in quanto dopo la sentenza n. 63 del 1966 Corte cost. la prescrizione di ta1i diritti non decorreva mai in costanza di rap porto di lavoro. Le numerose ordinanze che nuovamente rinviavano all'esame della Corte costituzionale l'art. 2948 n. 4, (in Giust. civ., 1979, III, 95), avevano quale scopo non tanto l'interpretazione autentica della sentenza n. 63 del 1966, ma che Ja dichiarazione di illegittimit� costituzionale, contenuta nella citata sentenza, fosse riferita a tutti i rapporti di lavoro (stabiH o non stabili, pubblici o 'pri vati). In tal senso, ad esempio, nell'ordinanza del Trib. di Cosenza 4 luglio 1977, (a seguito deI!a quale � stata emessa la sentenza n. 40/79 in rassegna) si con trastava l'applicazione ristrettiva della sentenza n. 63/1966 fatta dalla stessa PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 243 che silano autonomi rispetto aii beni, che ricevono tutela nell'art. 36 Cost., sar� da assodare di volta in volta se su taLi diritti. si richieda nella controversia instaurata avanti i1l ,giudice ad�to senteinza con autorit� di cosa giudicata e se di tarle domanda sus�sistano le condizioni di fondatezza (tinteresse e �egit>tiimazione ad agire). Se si tengono per ferme queste premesse, l'affermazione dii �infondatezza deJla questione discende dagLi artt. 3 e 24, quale espressione, ad un tempo sostanziale e processuale, di quei di.vitti, che, nel senso e soltanto nel s�enso ohe si � chia11ito, si presentano. autonomi rispetto agli ailt11i beni tutelatd nell'art 36 Cost., al quale la questione di costitUZJionalit� � stata coordiinata neHa sentenza 63/1966. II (omissis) Inco1mabiJe � iil so1oo che divide Je parti in causa nella intel1pretazdone dei precedenti di questa Corte: l'attore afferma che le sentenze, successive alla ,sent. 63/1966, non hanno potuto intaccare la impresorittibii1it� dei orecHti patdmoniali dei lavoratori del settore privato, su �oui non han presa la legislazione successiva n� gH statuti speciali de!�ld enti pubblici anche economid, che as�sumano La veste di dato11i di �avoro; l'E.N.E.L. invece al quale la legge 6 dicembre 1962, n. 1643, at1mibuisce pe11sonaildt� di di:ritto pubbliico (art. 1) poodsando che il rapporto di lavoro dei dipendenti � regolato da norme di dil'itto privato e su base contrarttuale, co1lettiva e indiv1duale (art. 13), sd richiama reiteratamente alla sent. 115/1975, ne1la quale questa Corte, per dire irrilevante la questione di costituzionalit� dell'art. 2946, in allora soUe- Corte costituzionale nelle successive decisioni in quanto non � risultante dal dispositivo�.� La Corte costituzionale, a parte le formule di volta in volta adottate (inam� missibilit� invece di quella abituale di infondatezza, sulle quali v. CRISAFULLI in Giur. Cast., 1979, 341), con il complesso delle sentenze in esame, nel respingere ,le questioni di costituzionalit�, ha ribadito la �portata normativa� di tutta le precedente giurisprudenza costituzionale in materia di decorrenza deHa prescrizione dei crediti dei lavoratori, affermando altres� che spetta al giudice comune la verifica, di volta in volta, con riferimento ad un dato rapporto di lavoro e alla sua regolamentazione, della sussistenza delle due condizioni di stabilit� del rapporto �chiaramente puntualizzate nella sentenza n. 174/72 �. L'importanza del complesso de1le decisioni annotate sta proprio nel fatto che con esse la Corte ha inteso, almeno in via di principio, respingere la tesi che in tutti i rapporti di lavoro la prescrizione dei crediti retributivi non decorresse durante la durata del rapporto, come invece continuava a sostenere, in massima parte, la giurisprudenza di merito. Il giudice della controversia di lavoro dovr� sempre valutare, per Ia decorrenza della prescrizione deila retribuzione in corso di rapporto, se un dato rapporto sia garantito da stabilit� con riferimento alla possibilit� dell'annul RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 244 vata da!Lla Corte d'1appe1lo di Milano, ha affermato che l'assimilazione dei rapportii di lavoro dei dipendenti di entii pubblioi economid a quelli di diritllo p11ivato � possibi:le solo .al fine di ~denttfi:care ~l giudice munito di potere giu11isdimonale per .cliriimere ila rnLatiiva contiroversia senza mutare �il .carattere pubblicistico del primo rapporto. Ambo le prospettazioni non colgono nel �segno pe11ch�, ianohe ad ammettere, .oon ;l'attore, che ~l �dispositivo deHa sentenza 63/1966 debba leggersi avulso dalla motivazione, la norma di diJritto, che sorge dal connubio tria le tre d~sposh:iioni, dichiarate parnia1mente i:Lleg;ittime, e il di!sposit�ivo, non pu� reputarsi di grndo surpel1iore a11a ~egislazione, che l'ha seguita, e tale da esimere g;li ope1ratori pratici, �che a val1i livelli sono chiaimatii :ad �1ntende11la e ad applicarla, dal cogJJeme in tutto o in parte ~a ~noornpatibiMt� a .stJregua dei oriteri dettati nell'art. 12 diisp. prelim. cod. civ. D'altro 1canrbo, non � da pretermettere che questa Corte non si � limitata a formu1are nella soo.t. 115 del 1975 le superiori proposizioni, ma ha soggilllil.1to ohe le garan:ll�.e di stahlHt�, iconnesse al carattere pubblicistiico del rapporto di lavoro dei dipendentii degl!i enti pubblici economici, sono � as�sicm1ate, nella regolamenta:ll�.one OiI'ganka o nella disciplina ocol1ettiva, dai1la fine del rapporto �soltanto per icause precise e determinate� e �ad ammonire che � icomlllil.1que, I'interpretazione delle norme ocontenute nei contmttii collettivi e la determinazione della portata di questa attengono aUa competenza del giudice oodinal1io {v. sent. n. 143 del 1969) �. NeLla quale �sent. n. 143 del 1969, che ebbe a dichiarare non fiondata la questione di costitu:ll�.onaLit� dcll'ar:t. 2, comma primo, dJ. 295/1939 1su11a prescrizione decennale di stipendi, pensioni ed emolumentii dovutii dallo Stato, !in :viferimento agli artt. 3 e 36 Cost., lamento .del licenziamento iJ.legittimo e della completa reintegrazione del lavoratore nella posizione giuridica 'preesistente. Sul punto, molto interessante � l'affermazione contenuta nella sentenza numero 42 e n. 44/79 che � di competenza del giudice ordinario valutare "se sia da stimare vera la reintegrazione nel posto di lavoro ove si neghi l'esecutoriet� forzata della !>entenza, che tale reintegrazione ordini �. Ove si tenga conto del contrasto di giurisprudenza e dottrina (v. D'ANTONA, Reintegrazione nel posto di lavoro, Padova, 1979) sul problema deLl'esecuzione coattiva della sentenza ex art. 18 dello statuto dei lavoratori, sembra quanto mai opportuno .l'auspicio della Corte insito nelle parole � il Parlamento ben potr� approvare leggi che pongano punti fermi nel tutt'aJtro che univoco contesto�). * * * 3. -� principio pacifico che la domanda del lavoratore intesa ad ottenere l'accertamento di una determinata qualifica, � soggetta alla .prescrizione decennale ex art. 2946 cod. civ. (Cass., 18 marzo 1977, n. 1080, in Foro it., 1977, l, li108). Con sentenze n. 86 del 1971 e n. 115 del 1975 la Corte costituzionale aveva dichiarato inammissibile, 'per difetto di rilevanza, la questione di costituzionalit� ~jjj g r= &. �r1a11111&11111m1a1111trtir111w111r111.r1111111111r1111r1111tl PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 245 v;enne affermato il principio, cui questa Corte intende mantenersi fedele, che � spetta aiJ. .giiudke di merito stabilire, nei smgoli casi, se � stato posto in essere un rapporto .di pubblico impiego, o se Jo Stato o l'ente pubblico si � assoggettato alla disciplina rdi diritto comune del rapporto di lavoro �. Continuit� che � vibadita .con ampiezza :di !�mpldca:zfoni nella sentenza 174/1972, in cui !la Corte, chiamata a scrutinare il rapporto oocrente tra La sentenza 63 del 1966 e la successiva legislazione, ha affermato che la ilegge 300/1970 mppresenta la necess1aria dntegirazione deLla legge 604/ 1966 e che � U!Ila vera stabi!Lit� non si asskura se ahl'�anm.uli1amento dell'avvenuto ,filoenziamento non si faooia seguire .La completa reintegrazione ne1la posizione giu11idrica preesistente fatta i1legittimamente cess�are � subo11dinando al ver�ficarsi delle due condizrioni il corso delle prescr�izioni brevi e p11esuncive durante :iJl rapporto di .lavoro privato. Orbene, oeome nel campo dei raippovti di favoro dei dipendenti degli imprienditovi privati Jia v;evifioa delle due condri:z;ionri, cU!� la stabiilit� deve 11isipo00ere, rientra nella competenza del 1giudi1ce rde1la o0it1troversia individuale dJ favoro, cos� nel campo de1le controve11sie dei dipendoom degli enti pubb1i'oi economici, qual � 1l'E.N.E.L., 11ien1Jra nella competenza del giudice del lavoro la ve11ifica del modo 1n cui regolamenti (se ne esistono) e contratti collettivi assicurino al dipendente que1la stabilit�, comprensiva, per 1dir~a con la da ultimo richiamata sent. 174/1972, dell'annullamento :giiur�sdizionale dell'avvenuto licenziamento e della completa reinteg.ra2lione nella posizione giuridica preesistente, dn vrirt� della quale hl corso de1la prescriizione quinquennale �in costanza de~ irapporto di lavoro non suona, nei limiti .in cui tale presor�zione opem, offesa ai precetti della Costituzione assunti dal pretore di Ascold Pdceno a parametri de1la questione di costituzionalit� deg1i artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1, del codice civile (artt. 3, 24 e 36 Cost.). de1!'art. 2946 cod. civ. con riferimento all'art. 36 Cost. in quanto tale norma riguardava i crediti retributivi e non il diritto al riconoscimento della qualifica. La questione riproposta in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. � stata dichiarata infondata dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 40 e 41 del 1979, con pronuncie nelle quali, dopo aver ribadito che la regola deLla non decorrenza della prescrizione in pendenza del rapporto di lavoro vale solo per i crediti da retribuzione e non per tutti i diritti del lavoratore, si respinge l'eccezione di incostituzionalit� deH'art. 2946 cod. dv. �nei sensi di cui in motivazione>>, ritenendosi ancorata alla prospettazione del giudice a quo. Invero, discutendosi di rapporti di �lavoro ormai cessati, � sembrato alla Corte che non fosse pi� possibile l'accertamento (in via principale) del diritto alla qualifica, ma che oggetto della controversia dovesse essere soltanto il trattamento economico (pur affermando 'per� che la verifica della esistenza de1le condizioni dell'azione e dell'interesse ad agire fosse di competenza del giudice a quo). MICHELE DIPACE RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Pertanto la questione di .costituzionaliit� degJi artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2, e 2956, n. 1, anche iin cons~derazione del fatto che J'articolo 2103 (.presmztione di lavoro) .ood. civ. � stato sosttituito con l'articolo 13 legge 300/ 1970, entrata in W.gore hl 22 agosto 1970 ~data anteniore alla cessazione del rnpporto di lavoro del Cinciripini avvenuta il 31 gennaio 1974 e al~a notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, effettuata !hl 6 ottobre 1974) e che l'art. 40 legge 300/1970 liasda salve Je condi:lli.oni dei contratti co1lettivi e degli aocoroi si([]dacal�i pii� favorevoli ai �lavoratori, deve dirsi inammissibile (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1980, n. 42 -Pres. Amadeii -Rel. Paladirn -Bianchi e Chiesa (avv. Uckmar e Barile), Romano e Verna (avv. Granelli) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Cipparrone). Tributi locali -Redditi di lavoro autonomo non assimilabili ai redditi di impresa � Assoggettamento alla ILOR � Hlegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3 e 53; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. I). Non pu� postularsi l'esistenza di un inscindibile continuum tra redditi di lavoro autonomo e redditi d'impresa, anche se v'� una zona grigia tra tali redditi. Contrastano con gli artt. 3 e 53 Cast. l'art. 4, n. 1, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, e l'art. 1, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, in quanto non escludono i redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi d'impresa, dalla imposta locale sui redditi (1). (omissis) AlJ'or:igine del problema che la Corte � chiamata a risolvere, stanno le profonde modifiche .introdotte quanto alJ'ambito di applicazione dell'imposta mesame, a partire dai progetti governativi di rifor (1) La sentenza, andando forse un po' al di l� di quella che era l'ambito delle ordinanze di rimessione (le quali concernevano redditi derivanti dall'esercizio di professioni), sembrerebbe aveJ'e aggiunto, alle tre categorie di redditi �esclusi dall'imposta� ILOR gi� previsti nel secondo comma, lettere a), b) e e), dell'art. 1 del d.P.R. n. 599 del 1973, altre due categorie di redditi, entrambe comprese nella formula �redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi d'impresa�, e cio� i �redditi di lavoro autonomo>>, com'� noto definiti nell'art. 49 del d.P.R. n. 597 del 1973, e quei �redditi derivanti da altre attivit� occasionali� -redditi questi ultimi previsti, con espressione in parte solo residuale dall'art. 77 dello stesso d.P.R. n. 597 -che siano �derivanti da attivit�... di lavoro autonomo� (e non anche da �attivit� commerciali�). A tali conclusioni si perviene in esito ad una prima lettura della sentenza, doverosamente integrandone il dispositivo con la motivazione, ove si fa espli PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 247 ma t11ibutariia sino all'entrata iin vigore deLla legge-delega n. 825 del 1971 e defila rCOnseguente Jegge�delegata n. 599 del 1973. Concepito e denominato -ini:z,iailmente -come �riimposta locaile sui redditi patrimoniali �, questo tributo avrebbe dovuto colpire i redditi di capitaile, 1i redditi dii te11reni e di fabbl'tcati, i redditi agrari e quelli derivanti da1l'esercizio di imp11ese 1oomme110ia1i: reailizzando con ci� una discriminaziorne qualitativa dei redditi stessi, che era destinata per definizione -come chiariva espressamente la 1relazione a1l'art. 4 del disegno di legge n. 1639, presentato dal Governo alla Camera dei deputati iil 1� lugl!io 1969 -a laisroiaire esenti i redditi di lavoro, qualunque fosse la loro fonte e la loro natura. L'originaria configurazione del tributo venne :invece 1abbandonata -per motiivii che non sono mai stati ufficialmente esposti in modo organico -nel seguito dei lavaci preparatoci, a cominciare dal testo alternativo, elaborato irn seno ailila sesta Commissione permanente de1la Camera. ln un p11ilrno tempo, fa denominazione prescelta dal progetto governativo fu dunque ampliata, nel senso di prevedere urn'� dim.posta locale sui redditi patriimoniaJi, d'[mpresa e -professionali >>, estesa anche a carico dei liberi professionisti, rsia pure con le rstesse deduzioni gii� predisposte a beneficio degli imprenditori che prestassero contirnuamvamente la pmp11ia opera nelle !imprese tin questione. Irn un secondo 1tempo, si prefer� trattare -sintetiaamente di � imposta locale sui redditi �, in quanto applicabile alla generalit� dei � singoli redditi prodotti nel territorio de1lo Stato, esrc1usi que1li ,di fa. vom subordil11ato � (secondo �~l definitivo disposto dell'art. 4, n. 1, della 1 legge-delega n. 825 del 1971). cito riferimento ai redditi da attivit� occasionali di lavoro autonomo, ai redditi � derivanti dalla collaborazione a giornali riviste ed enciclopedie � (redditi, questi, diversi da quelli derivanti dalla utilizzazione economica del diritto d'autore), ed ai redditi di cui all'art. 49 citato, comma terzo, lettera e). Peraltro, non risolto -e perci� aperto ad ogni soluzione -sembra essere rimasto il problema del trattamento dei redditi derivanti dalla utilizzazione economica di brevetti e di diritti d'autore, e, in genere, ai redditi di cui all'articolo 49, comma terzo, lettera b). Tali redditi traggono infatti origine dalla utilizzazione (in una �attivit� con terzi�) di entit� che l'ordinamento giuridico ha configurato e qualificato come �beni immateriali >>, come � oggetti � di diritti assoluti, sostanzialmente separando tali entit� dalle attivit� intellettuali 'poste in essere per la loro creazione. Il che � di tutta evidenza se soJo si ha presente la posizione, ad esempio, dell'erede dell'inventore, autore, ecc. Tra l'altro, non va dimenticato che la fattispecie costitutiva di ciascun bene immateriale non � completa n� con la creazione in mente retenta n� con la mera estrinsecazione della creazione intellettuale, dal momento che a questa estrinsecazione deve far seguito o un accertamento costitutivo della pubblica amministrazione (ad esempio, fa concessione di un brevetto) o quanto meno l'attuazione e l'uso concreto di quanto �creato�. Inoltre, l'esclusione dallo ILOR, se riguarda i redditi di lavoro autonomo continuativi ed occasionali realizzati oltre che dalle persone fisiche anche dalle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A conclusione di taiLi svi,Juppi, potrebbe parere che fimposta abbia completamente smaI1rito l.'infaiale ragion d'essere. Non a caso, ne1la rela2lione ministeriale a1lo schema di deoreto delegato per l'istituzione del:l'ILOR si affierma appunto che essa � v1iene ad assumere... la prevalente funzione di fattore disorillmimante il trattamento tributario dei redditi diverni da quehli idi lavoro subordinato�. Ed 1anche in dottrina vari autori rag:ionaino deLI'imposta medesima -a costo di una certa impreoi1sione di li1J.1Jguaggio -come d'una sorta di addizionaile o come d'una rinnovata I�Jmposta comp,lementare; o, pii� 1sempldcemente, ne mettono in rilievo iJl ,oarattere aocessorio rispetto all'IRPEF e all'IRPEG, fatta sailva l'esclusiione del lavoro dipendente (nonch� degiLi altri redditi specificamente ri.guavdati daille lettere b) e e) de1l'art. 1, secondo comma, del decreto istitutivo). Senonch�, a ben vedere, nel \nigente ordimamento de1l'ILOR continuano a riflettersi i motivi ispiratori de1l'originania concezione. Da un lato, nell'ambito del presupposto identificato diaiLI'art. 1 del d.P.R. n. 599 del 1973, tutti 1i redditi diversi da queli1i di .lavoro autonomo 1sono :pur sempre redditi fondati o contraddistinti, iJn ogni caso, da una significativa componente di capitale; sicch� sembra lecito desumerne che lo stesso Javoro autonomo sfa stato 'iJnquadmto dal legisJatore tributario f�ra Je attivit� produttive di redditi misti, di capitale e non sOil.o di lavoro. D'altro Jato, una tale 1ipotesi interpretativa � largamente confie111mata da1l'lart. 7 del deoreto istitutivo: poich� l'aver previsto una comune dedu21ione, sia per i redditi di lavoro autonomo sia per i redditi agrari o d'impresa quando le prestazioni personali del soggetto passivo del tributo costituiscano � la sua occupazione prevalente '" sembra forni:ire associazioni (o societ�) fra professionisti e artisti, non opera allorch� tali asso ciazioni abbiano assunto la struttura di societ� in nome collettivo, in acco mandita semplice o di capitali: infatti i redditi realizzati nell'ambito di tali forme societarie si connotano sempre quali redditi d'impresa ai sensi de11'arti colo 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, per quanto riguarda le societ� di persone, ed ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, per quanto riguarda le societ� di capitali. Gli argomenti addotti dalla Corte nella motivazione deHa sentenza rece piscono orientamenti che in questi anni erano pi� volte emersi negli scritti dei commentatori dei 'provvedimenti legislativi per la riforma tributaria. Cionon dimeno, la sentenza risulta non del tutto convincente laddove minimizza le dif ferenze esistenti tra lavoro autonomo e lavoro subordinato e le diseguaglianze che la soluzione adottata finisce per creare a danno di quest'ultimo. Invero, il lavoro autonomo presenta, sia pure in dimensioni ridotte, tutti i connotati (ed i vantaggi economici) dell'attivit� imprenditoriale. Il lavoratore " in proprio � non subisce fa sottrazione del �plusvalore � (neLI'accezione mar xiana) ad opera del �padrone�, e crea per s� (e non per altri) un avviamento che solo episodicamnete emerge alla rilevanza tributaria. Del resto, anche te nendo conto dei soli dati formali, la disciplina normativa sottopone i redditi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 249 la riprova che anche per i lavoratod autonomi sia 1stato cos� peri.seguito l'imtento di � e1imimare da1l'imponibile fa parte ,che sa. pu� considerare formata dal Javoro del soggetto� (come precisava .la citata irelazlione al disegno govemanivo n. 1639 del 1969). E, coerentemente, l'Avvocatura dello Stato non esa.ta, nella sua memoria, a dare peir scontata fa premessa che l'ILOR si 1configuri tuttora � come imposta reaJe proporzionale finalizzata all1a tassazione oggettiva da. rtutm ,i 1redditi caratterizzati, totaJmente o anche solo parzial!IIlente, da elementi di patr,imonrl.a1it� �. (omissis) Nello sforzo di sostenere t1a costituzionalit� dei1l'assoggettamento del lavoro autonomo aH'imposta locale sui redditi, l'Avvooatura de1lo Stato ha 1svolto due ordini di 1consiiderazioni, pertinenti entrambe alla si1stemazion.e concettuale delle attivit� cos� colpire. I:n prJmo Juogo, tanto in sede giu:rtlid1ca quanto in sede economica, il Javoro autonomo 1 rappresenterebbe un fenomeno ben differeilZJiiato dal Javoro da.pendente. In secondo luogo, sussisterebbe invece una strettissima �contiguit�� fra i redditi ,d[ 1lavoro autonomo 1e i redda.ti d'impresa, tale che non sarebbe ragionevole .la con1Jraipposi~ione dei lavoratori autonomi (e dei liberi professionisti, in partko.lar modo) ai piccoli imrprenda.tori ed agli ,stessi commercianti. N� f'U[}O n� J'aUro ,a,ssunto valgono per� a giiusti!ficare Ja 1scelta legislativa 1in questione. I maroati tratti distintivi del Javoro autonomo nei ieonfronti del Javoro dipendente sono 1certo incontestabil:i, sul ,pa_ano 1 del diritto tributarJo come gii� sul piano del diritto dv:ile. Ma la discriminazione qualitativa dei redditi non iimp1iica soltanto che le rispettive fonti di produzione silano 1diverse; bens� dchiede -pe1r dimostrarsi costituzlionalmente Jegittiima -che a questa diversit� corrisponda una di lavoro autonomo ad imposizione IRPEF � al netto �, a simiglianza di quanto accade per i redditi di impresa, mentre i redditi di lavoro subordinato sono sottoposti ad imposizione IRPEF � al lordo >>, limitata e per di 'Pi� degressiva essendo Ja detrazione consentita per spese di produzione del reddito. Inoltre, la sentenza non d� adeguato rilievo alla circostanza che il momento di prelievo dell'imposta sui redditi � diverso per i1 lavoro autonomo e per quello subordinato, e giunge a porre sullo stesso piano, contro l'evidenza, �percezione � e � dichiarazione � dei redditi. D'altro canto, forse un po' troppo facile � il �rimuovere� siccome formalmente non rilevante la ben maggiore sicurezza dell'accertamento dei redditi da lavoro subordinato; quasi che la difficoH� di un completo accertamento dei redditi da lavoro autonomo e la �onest� media,, dei contribuenti non costituissero, di per s�, dati suscettibili di essere considerati �oggettivi"� Comunque, la sentenza lascia spazi cospicui ad una 'pi� realistica separazione, dall'area del lavoro autonomo, di non poche attivit� -oggi comprese in tale area -caratterizzate dall'apporto di � fattori della produzione � da ricomprendersi o quanto meno assimilarsi alla nozione di � capitale � (attrezzature eccedenti i minori �ferri del mestiere�, organizzazione imprenditoriale, avviamento, ecc.). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 250 peculiare e differenziata capacit� oontnibutiva, proprfa dei redd:itii incisi rispetto ai redditi esalusi dal tliibuto, a rpai11it� dii ammontare della base imponibile. E n1u:Hia consente di desumer�e, n� dai lavori preparatori n� daJ testo delle norme Diigua11danti l'dmposta in esame, che la capacit� posta a base de1l'ILOR possa farsi consistere nelle caratteristiche diff�erenziaJi rde11e vani.e fol1Ille di Javoro, per s� considemto. D'altra parte, per dare la prova di una maggiore attitudine dei lavoratori autonomi aLla contribuzione, non giiova rpostulare l'esistenza di un inscindiibHe continuum, comprensivo dei redditi di Javoro autonomo (e specialmente dei redditi professionali) unitamente aii �redditi d'impresa: la cui discrj.miinazione qualitativa, rispetto lllli redditi esclusi dall'ILOR, non viene �oontestata -per fo meno di massima -sul piano della ilegittri.mit� costituzionale. Inidi1soutibhlmente, pu� essere a11duo stabii1ire -al .limite -se singole specie �di attivit� Javorative aipparteng: aino all'area imprenditoniale oppure a:l lavoro aJUtonomo strettamente inteso. Cos� pure, sono sempre controver&i .m dottrina gli stessi criteri di definizione dei concetti d'impresa e d'imprenditore; e le difficolt� si accentuaino nel oampo .tributamo, poich� le nozioni adottate dall'art. 51 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, 1diffeniscono in parte daiLle configurazioni dvii:Jist:iiohe, Sii.a nel senso �di riguwdare soggetti passivi che non sono veri e proprJ tillnrprendito11i commemiali, sia nel senso di colpire attivit� �diverse da quehle oons:idenate nell'art. 2195 �cod. civ. Ma Ja presenza dii 'UIIla zona grigia, intermedia f�ra i redditi �sJcuramente :imprenditoriali e quelli sicuramente lavorativi, non toglie che -sul piano normativo -altro siano il lavoro autonomo illl genere e ile tibere professioni illl specie, altro :le attivit� pecu!Jari de1le ~mprese �commoociaili (o giuI1idicamente assiimiJate od assimilabili ad esse). Le reailt� del lavoro e �dell'impresa sono b"1lS� interferenti: tanto � vero che l'art. 2238 cod. civ. prevede 10he Q'eserdzio deJJa professiione possa c�stituire �eJemento di un'attivit� orgainizzata in fo.rnna d'impresa �; e che la stessa Corte ha ipotizzato -neHa sentenza n. 17 del 1976 -�che determinate attiivit� professionali... r1chiedano oggi un'organizzazione a base imprenditoriaJe �. P['ecisamente daJJ'art. 2238 cod. civ. si ricava per�, con certezza, che iil libero professionista come taile non � un :imprenditore. E ne danno larghissima conferma iJ carattere pe:risonale delle rprestazJioni ex art. 2232 cod. dv., ile caraitter.i�stiche forme e misure .di compenso che in proposito impone <l'art. 2233, hl �diverso rischio che grava 1su1l'imprenditore, rispetto al prestatore di opera intellettuale. Del resto, se anche si restringe J'iindagi:ne ai11'011d:iinamento tributario immediatamente !anteriore alla riforma del 1971, � vero che ii redditi d'impresa ne venhmno considerati di categoria C-1, quando si trattasse di attivit� �organizzate prevalentemente con il lavoro proprio del cont:rii.buente 1e dei componenti della famiglia� (secoodo J'art. 85 del PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 251 d.P.R. n. 645 del 1958); ma non � meno vero che la relativa aliquota de11'imposta di dcchezza moblie risultava allora identica a quelJ.a �Stabilita per fa categoria C-2, ossia per i rediliti di lavoro �subordinato (anche se -da ultimo -le rispettive quote esenti erano state .diversifi� .cate dall'art. 1 della legge n. 801 del 1970). (omissis) In ogru caso, di fronte alla iproduziorne accolta dall'art. 4, n. 1, deLla legge 111. 825 del 1971 e dail:l'ar.t. 1 del d.P.R. n. 599 deil 1973 -che isottopongono all'ILOR tanto i redditi rdi Javoro autonomo quanto ri redditi d':imp.resia, come pure i redditi agrari e di terreni I�n genere, i redditi di fabbricati, i redditi di capitale -non 1si pu� non concludere che il legiSilatore ha adottato Jn sostanza (quali che fossero le intenziOIO. I� degli autori della viforma triibutaria) una scelta di comodo, utile per superare le difficolt� operative inerenti ahl'esatta determinazione di una categoria cos� composita come quella costiituirta dai redditi patrimonia1i. Sotto 41 profilo in esame, per�, solu:z;ioni del genere non risultano compatibili con i principi costituzionali di eguaglianza e di capacit� contributiva. Come questa Corte ha pi� volte .chiarito (cfr. le_ sentenze n. 103 e n. 109 del 1967, n. 99 del 1968, n. 200 del 1976), le preSW12l�OIO. I� tributarie non sono di per s� ilJegHtime, ma debbono fondarsi su � irndici concretamente :rivelatori rdi rJ.ochezza � ovvero su � fattii reali�, quand'anohe difficilmente accertabili, aff1inch� l'imposirione non abbia una �base fdttii.:2li.a �. V~ceversa, la presunzione su cui dovrebbe reggersi l'assoggettamento del lavoro autonomo all'ILOR �S� dimostra cos� ilO.controllabiJe ed indiscriminata, da rivelarsi per ci� isolo irragionevole e dunque lesiva de1l'eguag1ianza tributarJa. Analoghi motivJ mducono ad escludere che ~a giustificazione delle norme impugnate possa farsi consistere -secondo �le insistite argomenta: zJioni dell'Avvocatura de1lo Stato -nella ciocostanza che a formare i red~ti di lavoro autonomo concorrerebbe �una componente produttiva patrimOlll�aile (anche 1se in misura ridotta o miin.ima) �; sfoch� l'imposta tenderebbe appunto a colpire la �generica patrimonialit� � dei redditli stessi, non dJversamente dagJi altri redditi misti. In realt�, anche questa configurazione del lavoro autonomo risulta postulata assai pi� che dimostrata. Non a caso, l'Avvocatura dello Stato � costretta a riconoscere ohe la regola da essa affermata subisce, quanto meno, .a1cl.11Ile eocezioni: dal momento che �non rsempre � -come priec1sa Ja memoria deposJtata ril 22 novembre 1979 -�il reddito di lavoro professionale pu� essere riferito, anche per parte modesta�, ad Un!a � base genericamente patrimonialistica �. Ma, una volta fatta questa necessariia ammissione, la pretesa giustificazione rimru::ie senz'altro privata del suo fondamento. Bd effettiivamente non � in tali termini, cos� generalizzati ed aipprossJmativJ, che si pu� salvare una pl'esunzione tributaria come queHa in esame: non incidente sul quantum ma sull'an 3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 252 dei1l'obbligazi0111e tributaria, cio� sulla stessa esistenza e non sulla sola consiistenza del :presupposto del tnibuto. D'altronde, Ja comune esperienza �limostra che 1l!Ila significativa componente patrimoniale, nOil!ch� difettare :in alcune eocezion!aili i(potesi, manca addimitrura per ci� che riguarda una maggior rparte dei redditi da lavoro autonomo. � 1infatti ben noto che i beni s�trwrnentailii generalmente necessari per produrre i redditi stessi non hanno, di mas&ima, natUI'a e dimeinisfolli�. economiche tali che i[ Jegi\Sllatore tributario ne possa ragionevolmente tener conto, ai f�a::ri di un'imposta sul tipo dell'ILOR. Ed � aincor rpi� conclusiva la considerazione che, nei confronti di I�!lltere categori.e di llavocatori autonomi, la patrimO!Iltialit� del reddito non pu� essere neppure ipotizzata o postulata: 1n linea di fatto, per attivit� lavorative come quelle degli autori di opere lletterarie e �scientifiche o dei titolari. di :redditi �derivanti dahla collaborazione a giomalJi., riviste ed enciclopedie� (di cci all'art. 49, terzo comma, lett. a, del d.P.R. n. 597 del 1973); :in linea di diritto, circa �i redditi derivanti dalla partecipazione ad associazioni :in partecipazione ill1 qUJa1it� idi associato quando l'apporto � oostituito esclusivamente dalla prestazione idi favoro � (secondo l'espreSISa previsione dell'art. 49, terzo comma, lett. e); per non dire dei redditi di favoro autonomo occasionale, assoggettati integralmente all'ILOR senza ohe i modelli per la 1dichiarazione aa:muale dei redditi cOD1sentano nemmeno di effettuare le deduzioni disposte dall'art. 7 del d.P.R. n. 599 del 1973. N� si dimostra producente addurre il carattere sos1Jamfalmente patrimoniale della clientela, dalla quale i Hberi professionisti (come pure altni !avocatori autonomi) ricavano il loro reddito. Sotto questo stesso aisrpetto, non possono venir confuse e ridotte ad un'artificiosa unit� fattispecie che si presentano aisisai divers:ilficate: in quanto � ben diverso H caso delle societ� di _professionilistd, ai fini deJJle qualJi. Ja clientela di uno dei .soci rpu� anohe venir equiparata ad un apporto di capitale, dal caso del pr-ofessionista isolato, che non 'disponga -intuitu personae -se non di clienti acquisiti mediante le sue proprie prestazioni. Ed � aipptl!Ilto quest'U!ltima la situazione .che �hl legisJ.atore dimos.tra di considera.Te normale: come si desume -indirettamente -dall'art. 35 della legge n. 392 del 1978, che non attribuisce al conduttore il �diritto ad una indenlDI�t� per Ja ipevdita dell'avvJ!aimento qualora s[ tratti di immobili �destinati aiH'eswcizio di attivit� pirofessionali �, diverisamente da d� che si verifica -idi regola -per le atmvit� mdustri.ali, commer ciali e artigiana!li. Se a tutto d� si aggirnlge 1che i finanziamenti agevolati e gli altri contmbuti delila mano pubblica, in conto interessi od anche in conto capitale, sono sistematicamente concessi a:l!le grandi ed alle piccole impvese, mentre non vanno quasi mai a beneficio del lavoro autonomo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE strettamente inteso (e, in particol1ar modo, delle ilibere pirofessioru), se ne ricava una ulteriore conferma delrnmpos,sib.iJiit� di !inquadrare indiscriminatamente i redditi di lavoro autonomo f�ra i redditi misti, !in ,ragione della loro asserita pattlmonialit�. A compensare gli squi1ibri derivanti dailil'art. l, non basta la deduzione prevista dall'art. 7 del d.P;R. n. 599 del 1973, nella mi1S'lll"a del cinquanta per cento del reddito annuo di J.avoro autonomo, da un minimo di due� miJ.iO!l'.lli e cinqueoentoxmla fino a un massimo di sette milioni e cinquecentomila lire (rispettivamente elevati a sei milioni e dodici milioni, per effetto dcll',wt. 11 della Jegge 2 1dicembre 1975, !Il. 576). Malgrado sii tratti di un notevole abbattimento alfa base, questo beneficio non fa che ribadire -1sul piano giuridi:co -l'iililegittima presU!llZione ohe i redditi !in esame ricadano tira i redditii mistii e ,sia!llo pertanto equiparabili ai redditi d'impresa: dal momento che la deduzione non 1spetta ai ,soli lavoratori autonomi, ma si appliica -secondo iiJ. carpoverso dell'art. 7 -aglii ,stessi redditi agrari ed :imprenditoriali, � a condizione che iiJ. soggetto presti J.a propria opera ne1l'irnpresa e tale :prestazione costituisca la sua oocupa2�ione prevalente�. Ci� ,ohe � ,pi� grave, la discriminazione qualitativa dei red.cliti si degrada in tal senso a discriminazione quantitativa; e l'limposta locale sui redditi, quasi concepita come U!l1 dupJicato dell':imposta pevsonale, si trasfomna corrispondentemente -secondo certe .impostazioni dottri nali -da propo:raion.a!le in progressiva. In base ahla ratio originaria della deduzione, essa mirava e verosimilmente mira, come 1si � gii� ricordato, a J.asoiare esente que1la parte dei redditi m1sti ohe ,si presume !impu tabile al [avoro dei soggetti ipassiw ,del tributo. Senonch�, mentre ope razioni del genere sii addicono ai redditi d'iimpresa, esse deformano le caratteristiche del lavoro autonomo, in 011dine al quale non � certo so stenibile eh~ l'elevatezza del reddito valga da solfa a mutare -sopra una determi!ll!ata 1soglia -la stessa �na1Jum dehl'attivit� colipita dailil'im posta. Per li JavoratorJ autonomi, in altre parole, l'avere stabiilito :in modo meocamco che fino a due milioni e c�JIJ:queoentomila lire (ora elevatd a sei milioni) i l�ro redditi ffiano quailificahlli di puro lavoro, che da questa aif�.ria fino a qumdiai milioni (oria elevati a ventiquat1Jro) si tratti di red &1li. misti, 1che o[tre un tale tetto essi debbano invece venire imputati ad una componente di puro capitale, rappresenta iiJ. frutto d'una presun zione tributaria basata sopra un'altra presua:J.2'�one: cio� su1la premessa, gi� idi per 1s� irragionevole, che �. !'edditi idi Jiaivoro autonomo ,siano tutti assimilabili ai redditi d'impresa, dalla quale in sostanza procede l'art. 1 del d.P.R. n. 599 del 1973. A questo pU!llto, per superare ilce censure mosse alla legittimit� co stituzionale del['ILOR, nehla parte concernente i'I lavoro autonomo, non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO resterebbe ohe cercare giustificazioni estrinseche rispetto ai presupposti del tributo. Ma a.Illohe rm siffatto tentativo, variamente operato gi� nel corso dei lavori preparatori della legge-delega per ila riforma tributaTia, appaTe destirnato 1a1l'insuocesso. Ln primo luogo, non giova addurre -come si Jegge neg.lii atti d'intervento del Pres1idente del Consiglio dei ministri -�fa considerazione, non ignorata dal Jegis:latore, ohe i 1redcliti di lavoro autonomo, inddpendentemente da:ll'effioienza degli apparati amministrativi preposti, <Sono per Joro niatura meno suscettibili di completo ed integra:le aocertamento capace di eliminare in -modo :assoluto sottra:zrl.oni alla imposizione �. Di fatto, pu� ben darsi che l'irntento di reagire all'evasione tr�butaria dei lavoratori autonomi (e, J,n particolar modo, dei Hberi .professiornisti), abbia pesato sulle scelte poste a fondacrnento de1l'ILOR, nella sua v;ersione <0onclusiva. Uff[oiailmente, per�, :l'argomento dell'evasione � stato pi� volte 1oontestato, non senza una certa inclignazione, durante i lavori preparatol1i della legge n. 825 del 1971: a partire 1dalla .relazione di maggioranza de1la quirnta Commissione permanente de:lla Camera, �l� dove si precisa che �un trattamento fiscale commisurato, anche solo parzialmente, ,ad una presun:zrl.one idi evasione sarebbe in stridente contraddi2ione con i motivd ispirato11i della 111iforma, che mirano all'acquisizione di dichiarazioni veritiere�, risolvendosi quindi in �un invJto iincliretto � all'evasione <Stessa. E d'altra parte, 1se questa ne fosse la giustificazione, l'ILOR non ristabiliirebbe affatto U!Ila superuore eguaglianza fra i contribuenti, bens� aggraverebbe le sperequa:zrl.oni gi� in atto fra coloro ,che diichial1aino i propri .redditi in temimi assolutamente o almeno re:lativ;amente esatti e quanti dnvece presentano 1dichi:arazioni incomplete o iinfedeLi (o adclirittura omettono di presentarle): poich� 11a ci,ricostanza che cliohiarazioni, aocertamenti e rettifiohe siano comuni alil'IRPEF e all'ILOR, verrebbe ancora una vo:lta a premiare 1ohi sfugge del tutto od in parte a:ll'imposta personale, evadendo in ta:l modo -parallelamente -anche llimposta 1ooale sui �redcliti. Ln secondo :luogo, ai fini dell'attuale decisione non � probante osservare -come gi� riferiva .la quinta Commissione permanente del Senato -che 1i �redditi di lavoro autonomo iSonO preventivamente depurati da tutte fo �spese di iprodU2lione; div;er,samente dai redditi di lavoro dipendente, che in tal senso non benef�oiaino 1altro che di una detrazione fissa. Da un ilato, la deduzione de1le �spese inerenti a:ll'eser;cizio 1 dell'arte o professione effiettivamente .sostenute � nel periodo d'dmposta, nonch� delle � srpese per l'acquisto di beni strumentaH � ~cli cui al primo ed al secondo comma dell'art. 50 del d.P.R. n. 597 de:l 1973), pe11segue l'ovvia esigenza idi considerare un reddito netto anzich� un reddito ilorido. D'1altro lato, se ioi� comportas<Se una irragionevole disparJt� di trattamento fra lavoratori autonomi e ,subordinati, ~l rimedio dovrebbe con PARTE, I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sistere m 'Uila diversa regolamentazione de1la base imponibile dell'imposta pe11sonaLe e non certo nell'introduzione di una nuova ed apposita imposta, come queLla .locale sui redditi. In terzo luogo, non regge nemmeno il. rilfovo -proposto dall'Avvocatura dehlo Stato -che -non sussisterebbe � una piena uniformit� dei sistemi di accertamento e di riscossione � dehle somme rispettivamente dovute dai Javora:tori autonomi e dai lavoratori diipenden1Ji, quanto all'imposta sul reddito delle pe11sone fisiche. Per meglio dire, !i>l 1l1i1ievo � incontestabile di per se stesso, specialmente rper chi abbia riguardo agli anni aintecedentii. 'la cosiddetta autotassa2lione rintrodotta daJJ.'art. 17 deMa legge n. 576 del 1975. In quel primo biemrlo di apipliicazione dehla riforma tributaria, ,cui sri riferiscono tutte le 011dinanze di rimessione, era ,infatti normale che l'imposta poosonale fosse pagata dai :lavoratom autonomi a due -tre anni di distani:a da1la produrione del reddito cos� colpito; tanto � vero ohe J'art. 16, secondo comma, deLla rioo11data legge n. 576 prevedeva che tl'IRPEF e rl'ILOR dovute per il 1974 potessero �essere iscritte nei ruotli entro iJ 31 dicembre 1976 �, in vrista dehla successiva riscossione � dn quattro rate ,consecutive� (ed analogamente disponevano l'art. 1 della egge n. 169 e l'art. 3 del d.P.R. n. 920 del 1976). Qui pure, tuttavia, H :vi.medio andava naturalmente escogitato all'interno della disciplina dell'IRPEF: per esempio, maggiorando J'ammontare deLl'dmposta medesima in ragione del tempo trascorso fra la dichiaira: llione (o Ja rpe:ocezione) del Tedddto ed il versamento del relativo tributo, an:llich� istituire un'imrposta specifica. Ci� che pi� conta, fin d'allora vari redditi idi lavoro autonomo vendvaino -in rparte -colpiti alla fonte, meddante le ritenute prevruste ,daJJ.'art. 25 del d.P.R. n. 600 del 1973, senza che ~I deoreto istitutivo deLl'ILOR tenesse ~I minimo conto di oi�, atl fine 1di ridurre corretlativamen1e .l'incidenza deLl'limposta locale: il che rappi;-esenta la riprova che la giustifica:llione delrl'imposta stessa non pu� fairsd consistere -neanche m relazione agli anini 1974 e 1975 nel rita11dato pagamento dell'IRPEF da parte dei 1Jitolari di redditi non denivanti da rlavoro dipendente. Da nessun punto di vasta, l'indisorimirnata sottoposi2'lione dei redditi di Javoro iautonomo aLl'ILOR si presenta, dJUnque, costit'll2liona1mente difenddhlle. Tuttavia, ci� non significa 1che taH redditi vadano comunque sottratti all'imposta, tlocale, pur :dove 1sussistano vai11de iragioni per as1similarli ai redditi d'M:npresa e, pi� tin generale, per ~scnivetli frra i reddi1Ji mistri. Aillo stato aittuaile de1l'o11dinamento tributario, che non pu� essere dive11samente articolato dalla Corte 1stes1sa, Ja distinzione fra redditi di lavoro e 1i redddti d'impresa dovir� essere operata a11a ,stregua dell'art. 51 del d.P.R. n. 597 detl 1973: dal quale gi� risulta un ampliiamento della nozione d'impresa, !I'ispetto aii. cnite11i adottati nel codice 256 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO civ.ile. Ma il legirsJatore potr� bene stabilire -nei 1imiti dcli.a ragiionevolezza -ulteriori criteri, specificativi di quelli dettati dall'art. 51. L'ihlegittimit� <:ostitwtlonaJe deiLl'art. 4, n. 1, della legge n. 825 del 1971 e dell'art. 1 del rd.P.R. n. 599 del 1973 va pertanto d:id:�arata nella pairte ilil oui ta1i norme non escludono i redditi idi lavoro autooomo, che non possano venire aissdmilati ai redditi d'impresa. Quainto linveoe afil.'art. 7 del predetto decreto non occorre che, negli stessi termi.ini, ne venga pronunciato l'annuUamento: poich� Ja dlisoiplina rdelile deduzioni a favore dei lavoratori autonomi � resa a sua volta inoperante, cil'Ca i .rapporti ai qualli nnn possa pi� essere appJicato !'art. 1, gi� illn forza deUa dichiarazione d'illegittimit� rparziale deLla disciplina riguardante il presupposto dell'imposta locale sui redditi. Ci� considerato, rimane assorbita anohe la questione riguardante !hl. rpreteso contrasto fra l'art. 7 e l'art. 76 Cost., rper Ja mancata concessione deJ reJativo beneficio a favore dei rredditi di 1avoro autnnomo occasionaJe: questione che il g;iUJdice a quo ha so1levato congiUIIltairnente, ed anzi subordinatamente, rirsrpetto aLl'impugnativia rdehl'art. 1 del d.P.R. n. 599 del 19773. (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1980, n. 49 � Pres. Amadei -Rel. Reale -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Gentile). Corte costituzionale -Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale Indicazioni richieste a pena di inammissibilit�. �Costiltuzione della Repubblica -Amnistia e indulto -Rapporto tra legge di delegazione e decreto presidenziale. (Cost., art. 79; legge 3 agosto 1978, n. 405 e d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413). Costituzione del!la Repubblica -Reato -� Nul!lum crlmen sine lege � Utilizzazione di concetti di comune esperienza -Legittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2). Deve essere dichiarata inammissibile la questione ~i legittimit� costi tuzionale sollevata in via incidentale con ordinanza di rimessione la quale non contenga le indicazioni necessarie per una verifica della rile vanza della questione prospettata. Non contrasta con l'art. 79 Cost. il decreto presidenziale di clemenza che riproduca senza modificazioni e letteralmente le disposizioni della legge di delegazione. Non contrasta con il principio nullum crimen si.ne lege e con il princi pio di eguaglianza una legge la quale, nel definire le spese, utilizzi concetti di comune esperienza o desumibili da altre fonti legislative e dalla pre PAR~ I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE gressa elaborazione giurisprudenziale; pertanto, l'art. 2, lettera c, del d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, non contrasta con l'art. 3 Cost. (omissis) Le centosette 011<linanze del pretore di Scicli 'sono kLentiche (tramJJe una) nella m.otrl.va:llione, ma nessuna di esse reca indicazione alcuna del fatto-reato asoritto aJJ'imputato o agli ,imputati cui l'ordimmza si riferisce, tutte limitandosi all'affermazione che �il reato in questione � stato commesso ed aocertato in data ianteriore al 15 marzo 1978 �, Alcune di ta1i ordinanze, poi, non IQOiltengono nemmeno l'iinclicazione del nome deirnmputato, che pu� desumersi soltanto dall'avvenuta notifica dell'Ol'diinanza alla parte. N� iil Tiferimento, ohe le 011<linanze naturalmente 1contengono, alla norma del provvedirrnento di amnistia n. 413 del 1978, della quale denunziano ila illlcostituzionalit�, cio� all'art. 2 (comma secondo) iett. c, n. 1, del detto deoreto ipresiden:lliale, consente di risalire al 'reato d.mputato. fufatti Ja dtiata nomna elenca una serie di 1reati che vengono esclusi dall'amnistia, per aJouni dei quali stabilisce eccezioni ahla esctlusione. D'altra parte ,iJ. richiamo che fa dettia nomna fu all'art. 41, 1ett. b, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e alle successive sue modificazioni, allarga l'ambito delle fatti1Specie ipreviiste. Pertanto, tutte le questioni isollevate �on Je dette ordinanze dal pretore di Soicli sono funaimmissibili., se non altro per l'impossibilit� di un qualsiasi contro1lo sulla rilevanza delle questioni medesime. (omissis) � id:iiscusso in dottrina �ill rapporto, derivante daJJl:a normativa CO!Stituzio~e, fra :legge �di delegazione e decreto presdidenziale: n� mancano sorittori .secondo i quali le Camere non possono diiscip1inare m tutto e per tutto H provvedimento �di clemenza, e hl decreto presidenziale non pu� lilnita11si a ,riprodurre letteralmente iJ. contenuto de1la Jegge di delegazione,_ spettando, inveoe, aJ Presidente non soltanto, come � rpacifico, iil potere.dovere de1Ja eJ:!lanazione del provvedimento nel rispetto dei criteri fissati dalla legge, ma quello della integrazione e specificazione anche tecnica della n011mativa. Senonch�, mentre � pacifico, ed � stato ritenuto da1la Corte (sent. 110/1962), che la legge delegante possa consentilI'e �un qualche potere di scelta � ai1 decreto presidenziale, e ohe questo, in ogni caso, in un certo ambito di discrezionalit� .specialmente tecnica, possa meglio spedfioare d termini della demenza, deve anche ritenersi acquisita (come espressamente dichiarato dalla C0J1te con sent. 171/1973) da legdttimit� costitu:llionale de1la prassi secondo la quale la Jegge :delegante disciplina pu;ntuailrmente :iJl contenuto del provvedimento di clemenza, e i1 decreto presidenziale lo riproduce testurumente. Non esiste, dunque, la denunziata vioLazione dell'art. 79 della Costitu: llione nel faHo -ohe il d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413 riproduca senza modifioazioni e 1letteraLmente le disposizioni della legge 3 agosto 1978, in. 405; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 258 n� sono peci:tinenti gli altri parametri citati genericamente e senza alcuna motivazione. Pi� delicata 'si presenta la questione 1sotto il profilo della possibhle violazione del principio di eguaglianza, in sede di applicazione della legge, e �a causa della non perfetta rpuntua1izzazione del suo contenuto precettivo, implicando detta questione in primo luogo la determinazione dell'ambito in cui opera l'1airt. 3 della Costituzione. Anche senza attribuire valo~ assoluto alla tesi dell'Avvocatura, che il p11incipio di eguaglianza 1possa essere 1invocato 1solo a proposito delle norme dilegge e non mai della loro interpretazione (non potendosli. astrattamente escludere l'ipotesi che �l'assoluta mdeterm~natezza della norma si tradoca in .ineluttabile disparit� deUa sua app:licazione, e quindi .in concreta ddiseguaglianza 'imputabile alla norma 1stessa), si deve ritenere che una legge la quale nel definire le specie utilizzi concetti di comune esperienza o desumibili da 1altre fonti legislative e daJJa pregressa elabo 0 razione giurisprudenziale nnn imponga al giudice alcun onere 1che esorbiti dal normale, anche :se difficile, compito dehla interpretamone.. Non �sono poche le norme penali che per '1a latitudine della loro previsione, non suscettibile di una descrimone tassativa, richiedono, per la foro interpretazione, id rkol'So del giudice a concetti di comune esperienza, o -come :si esprime la sentenza n. 191 del 1970 -� a nozinni proprie del 'linguaggio e dehla intelligenza comuni �. Basti menzionare ad esempio: gli artt. 529 cod. pen., (atti osceni), 594 e 595 (offesa all'onore e decoro e alla �reputazione), 591 (abbandono di persona incapace �per altra causa�), 570 ~condotta cnntraria a1l'o11dine e ai11a morale della famiglia), 705 (oommercio non autorizzato di �1oose preziose�), 708 (possesso di oggetti di valore non confacenti al proprio stato), 61 nn. 1 e 7 (agigravanti per motivi abbietti e futild e per danno patrimoniale di rilevante gravit�), 62 ml. 2 e 4 (attenuanti per motivi di pairtkolare valore morale e sociale e per 1d�nno patrirrnoniale di speciale tenuit�). La Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare che ml principio nullum crimen sine lege � nnn � attuato nehla legislazione penale seguendo sempre un criterio idi rigorosa descrizione del fatto; spesso le nOI!Jlle penali &i limitano ad una descrizione 'sommarua, o all'uso di esipressiO!Ili meramente mdicative, realizzando nel m1glior modo possibile J'esigenza di una precisione tipica dei fatti costituenti reato� (sent. 27/1961). (omissis) Ora � ben vero �ohe la fo11mulazione tecnica del prnvvedimento di amnistia del 1978, e in ispecie dell'art. 2, lett. e, n. l, che elenca le esolusioni ogigettive dell'amnistia .in materia di reati urba!lllistrnci con le relative eccezioni, non � particolamnente perspicua e puntuale, s� da rendere -come � stato :rilevato in dottrina -1disag.evole, faticosa e � macchinosa � Ja sua app:l!i.cazione. Ma le drifficolt� mte:ripiretative che la stessa dottrina e le decisioni dei giudici di merito e della Cassaz;iooe PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE aiutano a superare, non conducono a esdudere la possibilit� di una sostanziale unifomnit� appL:iicatliva non inferi.ore a quella norma1mente consentita per non poche altre Jeggi. (omissis) Lo stabhlire in 1concreto, e rispetto a1le singole fattiJSpecie, il valore dei termi!lli �limitata entit�� e � 1il1Ilitate modificazioni� richiede senza dubbio un apprezzamento del giudice compreso entro un certo margi!lle idi idisore2'lionalit�. Ma gi� la Cassazione, ahla quale i!ll definitiva spetta di �comporre a unit� ile eventuali rilevanti ,differenze i!llterpretative dei giudici dii merito, ha avuto occasione di indicare criteri .integrativi del precetto Jett�raile delila legge des:unti sia dalla legislazione �relativa aill'edi1iziia economica e popolare, sia dalla individuata volont� del legislatore di escludere dal beneficio delil'amnistia le costruzioni idi carattere speculativo e idi includervi Je piocole unit� immobiliari unifaanhliari e le costruzioni :rurali di piocole dimensioni con riguardo alle necessit� elemental'i e alle esigenze agcicole di una fiamiglia colonica. E per quanto riguarda poi l'esistenza o inesistenza di interessi pubblici tutelati da vincoli paesaggistici, basta ricordare che la dispo~ izione del decreto di clemen2la si :riiferisce a vincoli �previsti da strumenti normativi ed urbanistici �, per escludere che esistano per il giudice difficili problemi di dnte:ripretazione, dovendo eg1i limitarsi ad, accertare non l'interesse paesaggistico, ma l'esistenza di quei vincoli legislativi o ammi!llistra tivi. CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1979, n. 54 -Pres. Amadei -Rel. Paladiin -Cui11ier (avv. Mel1ini) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Chiarotti). Corte costituzionale -Regio decreto di esecuzione di convenzione internazionale sull'estradizione -� atto normativo equiparabile a legge formale. (r.d. 30 giugno 1870, n. 5726; Conv. 12 maggio 1870 tra Italia e Francia). Diritto internazionale -Convenzione italo-francese -Reati punibili nel paese richiedente con la pena di morte -Illegittimit� costituzionale. (Cast., artt. 3, 10, 27; r.d. 30 giugno 1870, n. 5726; legge 30 giugno 1963, n. 300). La Corte costituzionale � competente a decidere sulla legittimit� costituzionale di un regio decreto con cui � stata data esecuzione ad un trattato sull'estradizione, atteso che, per la funzione assolta dalle convenzioni stesse e dai rispettivi ordini di esecuzione e per il riferimento a tali fonti da parte delle disposizioni generali dei codici penali e di RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO procedura penale regolanti l'estradizione passiva, tale atto pu� essere equiparato alla legge formale (1). � costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3, primo comma e 27, quarto comma Cast., il r.d. 30 giugno 1870, n. 5726, nella parte in cui consente l'estradizione per i reati sanzionati con la pena di morte nell'ordinamento dello stato richiedente (2). (omissis) Ne11e oridinanre di rmvio si ritiene �SOtt:iJnteso, pur senza offrirne la dianostrazione, 1ohe 1l'atto con il quale � stata data � piena ed :iintiera esecuzione... a11a Convenzione per la reciproca estradizione dei malfattori tra l'Italia e fa Francia, sottoscritta a Pamigi il 12 maggio 1870 �, sia sindacabile da questa Corte, in quMJ.to dotato della forza e del valore propri deLle leggi. A prima vista, .l'ianplicita premessa delle argomentazioni svolte dai giudici a quibus pal'rebbe smenHta dalla iaircostMJ.Za ohe �si tratti di un regio decreto, cio� di una fonte che durante Ja vigenza de11o Statuto albertino veniva utilizzata -in lmea di maissiana -per l'esercizio di 1 potest� regolamentari e non dii potest� legislative. Ma l'ostacolo formale dev'esser superato, in vista delila prassi che allora si seguiva nell'adeguamento del diritto ill1tern.o ia11e convenzioni sull'estradizione, deiIJ.a funzione assolta claNe �convenzioni stesse e dai rispettivi or:dind dii esecuzione, del rango riconosciuto a tali fonti da rparte delle disposizioni generali ohe erano e sono dettate dai codici penali e di procedura penale per regolare l'estradizione passiva. ln effetti, non solo nei priani decenni del Regno d'Italia, nel corso dei quali si considerava che.quelli pert:iinenti alil'estradizione fossero affam amminiistratiw {in quanto riservati alle deliberazioni del Governo), (1-2) La decisione � pubblicata integralmente in Giur. Cost., 11979, I, 414, con note di richiami ed in Foro it., 1979, 1, 1943, con in nota il testo del nuovo progetto di convenzione italo-francese e delle note scambiate dai due .governi. 1SuHa natura normativa degli ordini di esecuzione di convenzioni internazionali sull'estradizione, cfr. QUADRI, voce Estradizione (dir. internaz.) in Enci� clopedia del diritto, 1%7, XVI; Cass. pen., Hl, 13 settembre 1%3, Accardo, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1963, .1, 1217 con nota di CANSACCHI e SINISCALCO. Per un esempio di regio decreto oggetto di giudizio di costituzionalit� e per il quale erano sorti dubbi sulla natura di atto con forza di legge, cfr. Corte cost., 20 luglio 1978, n. 74, in Giur. Cost., 1978, l, 855. Sull'inapplicabilit� deLl'art. 11 deHa convenzione europea di estradizione (firmata a Parigi i.I 13 dicembre 1957 e ratificata dn Italia con J.egge 30 gennaio 1%3, n. 300) relativo al divieto di estradizione nel caso in cui la legge dello stato richiedente �preveda la pena di morte (salvo garanzia che la pena non sar� eseguita) nei rapporti con la Francia, che non ha provveduto alfa ratifica, cfr. Cass. pen., I, 22 novembre 1977, PALERMO, in Giust. pen. 11978, II, 221; Cass. pen. I, 9 maggio 1977, CAPIZZI, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1978, 1466, con nota di DELOGU, Diritti punibili con la pena di morte ed estradizione passiva. MICHELE DIPACE PARTE. I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 261 ma anche in ,seguito 1all'entrata in vigore del codice penale del 1889 (che introdusse in tal campo fa garanzia giurisdizionale), numerose convenrioni han!Ilo ricevuto eseouzione nel nostro oridi!Ilamento per mezzo d!�. [iegi deoreti, anmch� ne1la forma dehla il.egge. Ci� � costantemente avvenuto fino a quando la legge 11 agosto 1897, n. 379, ha reso operante la convenzione fra l'Italia e San Martlno; ed ha continuato a verificarsi iin vari casi ~come risulta -aid esempio -dal rJd. l3 diicembre 1923, n. 3181, su1l'estradiziione fra .J'Ltalia e l'Austria, o dal riel. 19 fogilio 1924, n. 1559, 1relatiivo rulla Cecoslovacohiia), a1loroh� in dottrina sii era gi� diffusa l'opinione che i trattati dovessero eseguirsi mediante leggi formali, ogni qualvolta richiedessero un adattamento consistente nell'emanazione, nell'abrogazione o ne11a modificazione idi norme legislative. Ora, poco importa fissare ilil questa 1sede fa ricostruzione dogmatica di tali fenomeni: verificando se i decreti esecutivi di convenzioni sull'estradizione .1Jrovassero diretto fondamento nell'art. 5 dello Statuto albertino, al quale fa esplicito rifemimento anche J'atto di cui presentemente �si discute; oppure se tali decreti non �intendessero effettuare altro che la promuilgazione o la .pubbLicazione di convenriO'.lli aventi per se stesse forza e valore di Jegge, come si tendeva a ri.ren�re nel seoolo scorso. � significativo, in ogni caso, che sin d'allora Je norme pat1Jizie suhl'estiradizione iiincidessero iiin un� materia altrtlmenti regolata da norme interne di rango Jegi�slativo: rispetto alle qua1i i corrispondenti deoreti esecutivi non potevano, dunque, non porsi come fonti equiparate alle eggi formali, a pena di vedersi privati di qualunque effetto. Ed ancora pi� probante � il dato -sottolineato dalla dottrina dell'epoca che l'art. 6 del codice penale del 1889 e il'art. 635 del codice di procedura penale del 1913 (S!peCificando �iii ,disposto deIJ'am. 855 del codice d!�. procedura penale del 1865) rinvfassero esplicitamente, al pari dell'art. 13 del coruce penale og~ in vigore, ad trattati di estradizione: COiliSiderandoJi atti a �derogare al comune o:ridmamento legisilativo, senza affatto distiinguere secondo che 11'orrline di esecuziO'.lle dei trattati stessi fosse contenuto in leggi fonmali oppure �iin re!�i deoreti. L'wnmissibildt� delle questioni so1Ievate dai giudici a quibus � stata per� messa variamente in dubbio, sotto altrtl profili, nell'atto di .tnter vento del Presidente del Consig1io dei mims1mi e nella ,successiva memo ria deIJ'Avvooatura dello Stato. llll priimo luogo, si assume che l'art. 11 della conven:ziione europea, prevedendo ohe l'estradizione possa essere negata quam.do si tratti di rea1li pU1Iliti con Ja pena capitale dall'ondinamento dello Stato nichwdente e questo nOIIl oftira a1Io Stato richiesto adeguate garanzie che la pena medesima non verir� eseguita, avrebbe semplicemente recepito e codificato una preeS!�.stente cOIIlsuetudine �intemazionale: cui l'atto esecutivo della convenziooe italo-francese del 1870 si sarebbe conformato, in forza 262 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO del dispositivo di aidattamento automatico alle �norme del diritto internazionale generalmente riconosciute�, stabilito dal primo comma dell'art. 10 Cost. (omissis) Ma la tesi non ,regge, poich� non risulta -e non ha ricevuto dimostrazioni di sorta da parte dell'Avrocatura dello Stato -che la clausola contenuta nehl'airt. 11 della 1convenzione europea coririsponda ad una norma iinternazionale generai1mente riconosciuta: 111� cogente per tutti gili Stati :riiohiedenti o ll"iohiesti, n� facoltiizzante per ii solli Stati che abbiano abolito la pena di morte. In contrasto con siffatte concezioni universa1istiche ide1l'estradizione, sta :invece una realt� 1rappresentata da convdnzioni e da comportamenti diver.si secondo ii singoli Stati interessati. Del Testo, lo stesso Stato italiano ha concorso a smenti.re quelle concezioni, idail momento che ha ii1nvece 1sentito -anche e soprattutto negli anni pi� 1recenti (art. 17 della ,convenzione Italia-Libano del 10 luglio 1970; art. 31 dehla convenzione Italia-Marocco del 12 febbraio 1971; airt. 35 della convenzione Italia-Romania dell'll novembre 1972; art. 8 della convenziOllle Itahla-U.S.A. del 18 gennaio 1973; art. 30 dehla convenzione Italia-Spagna del 22 maggio 1973; arit. 3 della convenzione ItaliaAustra1ia del 28 novembre 1973) -1l'esigenza di concludere iappositi aocol'di bilaterali con gli Stati nei quali si commina la pena capitale, per poterne ottenere l'uno o ['altro tipo di garanzie preventive a vantaggio degli imputati o dei condannati estradrundi. (omissis) Nel m&ito, � vero che la condizione giuridica dello straniero -secondo il capoverso dell'art. 10 Cost. -� � regolata da1la fogge iin conformit� delle norme e dei trattati 1internazionali �; ma ci� non significa che 1si debba presumere la legittimit� costituzionale di tutte le leggi ordiniarie emanate mesecuzione dei trattati stessi. N� la prevalenza della costituzione pu� essere afferimata limitatamente a quei soli disposti ohe si riferiscono esplicitamente agli stranieri in genere ed a11'estraidizione i�Jil specie: come nel caso dell'art. 26, secondo comma, Cost., che esclude l'estraidi2lione �pell" reati politiici � Anche i111 questo oa:mpo iinveoe, qualora non v1engano in C0111siderazione �norme del diritto internazionale generalimente ciconosciute �, s'impone Ja comune esigenza di veci.rfioaTe la conformit� de1le leggi e delle fonti equiparate rispetto ad ogni iilOI1IDa o principio costituzionale: coo particolare !ciguardo agli atti esecutivi di ooco11di su11'estradiziooe cos� remotii nel tempo, da far suppor,re che Ja fondamentale corrispondenza delJe concezioni punitive, gii� proprie degli 011dinamenti dello Stato richiedente e de1lo Stato richiesto, sia stata in qualche punto compromesisa con l'entrata i111 vigore della nuova Costituzione. Effettivamente, poteva esser logico che ila convenzione italo-francese del 1870 non 'contenesse iIJ.essuna mserva re1a1liva alla pena capitale, a1loroh� questo tipo 'di �sanZlione era previsto dalle legislazioni penali PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE di entrambi g1i Stati contraenti; mentre l'equiparazione dei delitti sanzionati icon la morte a tutti gli altri reati. per i qua1i si ammette l'estradizione non � pi� legittima allo stato attuale del nostro ordinamento, da quando l'iabo1iziane de1la pena caipitale � 1stata riaffermata nell'art. 27, quarto comma, della Costituzione. Malgrado l'eviidente divaliio 1ohe separa dl caso dei soggetti p�nibili iin Italia da que1lo dei 1soggetti per i quali sia ,stata ["khiesta il.'estradizione, non pu� 1consentfosi che in tema dii beni e di vail.ori fondamentailii iper 1'011cli.namento interno le autorit� itail.iane attuino discriminazioni, siia pure cooperando 1con le autorit� deil.lo Stato rriohiedente. Per conseguenza, deve considerarsi lesivo della Costituzione che lo Stato italiano concorra all'esecuzione di pene che in nessllJila ipotesi, e per nessun tipo di reati, potrebbero esse;re inflitte dn Italia nei!. tempo di pace, se non su1la base idi una revisione costituzdonale. Non va trascurato, .in questo senso, che la � garanzia giurisdiziionale � derivante dailiil.'art. 662 cod. pr'oc. pen. implica fa � pTeviia deliberazione favorevole� della sezione istruttorJ!a 'Presso la competente Cocte d'appello: deliberazione favorevole che non rende � obhligatoda il.'estradizio� ne>>, in base al terzo oomma dell'artkolo stesso; ma indipendentemente dalla quale non sono ese1:10itabili i poteri ministeriail.i di oonicessione del soggetto estradando. Ai fini di tale deliberazione occorre accertare -in particolar modo -la comrpatibilii.t� idehl'estradizione con ii p;rindpi cui s'informano, secondo Costiituzione, reato e pena neil.l'ordinamento interno. E questo aspetto essenziale de1la garanzia riimarrebbe ,svuotato, se i giudici Mail.i:ani potessero veder,si legittimamente obbliigati -data la generica formulazione delil.'accorido italo-francese dei!. 1870 -a decidere che vengano estradati soggetti passibili della pena capitale, .in quanto condannati od 1imputati all'estero. Resta poi fermo che la disposizione deil.l'art. 27, quarto comma, non dev'essere llisolatamente concepita, ma va interpretata ed 1aprpJfoata alla luce della complessiva disciplina 'oostituzionail.e, co1legando.la priincipalmente a que11a 1indispensabile eguaglianza idi tutti i soggetti davanti aJla ~egge, che le sezioni istruttocie delle Corti d'appello 1di Trieste e di Torma hanno invocato mediante 11 richiamo a1l'art. 3 Cost. Id testuale riferimento delil'art. 3, primo comma, ai soli dttadinii non esclude, in effetti, che l'eguaglianza davanti alla legge sia garantita agH stessi stranieri, l� dove si tratti di assicmare Ja tutela dei diritti liilviolabili de1l'uomo (come questa Corte ha precisato, nelle sentenze n. 120 del 1967, n. 104 del 1969 e n. 144 dei!. 1970); e tale � appunto il diritto ailla v1ta, specificamente pirotetto -in sede penale -dall'art. 27, quarto comma. Entro questi limiti, valgono anohe nel caso in esame gli assunti della sentenza n. 25 del 1966, con oui la Corte ha definito l'eguaglianzia come un � prinoipio generale che condiziona tutto 1l'oriwnamento nella sua obiettiv:a struttura �: ossia RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO come un divieto �che la fogge ponga in essere una dii<scip1ina che diret� tamente o cindirettamoote dia vita ad una non giustificata disparit� di trattamento dehle &i.tuazioni giuriddiche, indipendentemente dalla natura e dalla quailid�cazione dei soggetti ai quali queste vengano imputate �. Ci� � tanto pi� vero, in quanto un'essenziale parit� di trattamento deve essere mantenuta � negli stessi rapporti tira strani.eri e stranieri quand'anche aippartenenti a Stati divwsi. Sotto quest'ultimo pmfilo, assumono una detemninante i�Jmpovtanza la ratifica della convenzione europea di estraidcizione (autorizzata dahla legge 30 geninai.o 1963, n. 300) e fa contestuale riserva con cui l'Italia ha manifestato la volont� di non concedere l'estll'adizione per delitti puniti con fa morte da1l'ordinamento dello Stato riiohiedente. Medi8[).te quegli at<ti, lo Stato !�taliano ha assunto un I�mpegno che moorettamente garantisce i cittadini� degli stessi Stati i quali non abhiano ratificato La convenzione europea; giacch� non troverebbero una giustificazione �di oodine costituzionale comportamenti diversi delle nostre autorit�, che !�!n tal campo assoggettassero ad opposti trattamenti gli uni rispetto agli ailtri soggetti interessati, secondo il.e varie irelazioni internazionali esistenti fra l'Italia e i rispettivi Stati di provenienza. Un tale impegno � stato d'altra parte xafforzato, per effetto delle ricovdate convenziond biJatei.�ali suLI'estradJizione, recentemente concluse fra J'ltail.ia ed altri Stati nei quali si prevede la pena capitale. Sta pure in forme diverse -ora disponendo che l'estradizione sia concessa per gli 1stessi reati puniti con la morte, 1sempre che ~o Stato richiedente offra �garanzie ritenute sufficienti�, ora affermando senz'altro che la pena in questione �non verr� applicata�, ora giiungendo a stabilire ohe la pena medesima � sar� sostituita� da quella prewsta in suo luogo nell'ordinamento del Paese richiesto -tutte queste convenziond confermano J'esigenza che oorri1spondenti gaPanzie vengano prestabillite ed offerte in ogni caso, P<?Y non Jedere '1'eguaglianza :Era i �soggetti estradandi idi qualunque ccmdizdone. Non prevedendo !in tal �senso ga11anzie di sorta, che le autorit� giudi ziarie e politiche del nostro ordiinamento siano specificamente vincolate ad �aipplroare od esigere, il regio decreto che ha dato esecuzione alla con venzione italo-francese del 1870 viola pertanto gli artt. 3, pmmo comma, e 27, quarto comma, della Costituzione. Fino a quando non sar� stato ccma1uso con la Francia il. nuovo accordo su1l'estTadizione, vale per� il generail.e 1rimedio prndi,spos,to dall'art. 10, secondo ,comma, n. 3, del codke penale, in adempimento degli obblighi altema1Jivi che tradizionalmente si suole nitenere grovanti sugli Stati: o consegnare o puni:re. A richiesta del Ministero della giustizia, sono infatti puniti �secondo la legge italiana� i colpevoli di delitti commessi in terri torio estero, sanzionati con almeno tre anni di reclusione, allorch� l'estra dizione non sia stata o non possa esser concessa. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 13 dicembire 1979, nella causa 44/79 � Pres. Kutscher � Avv. Gen. CapotOTti � Domanda di ipronunda pregiudiziale proiposta da:l Verwa!ltu:ngsgericht di Neustadt ain der WeiillstraStse nella causa Hauer c. Land Rhei!ll!land-Pfalz. Interv.: Governo Rep. fed. Germania (ag. Seidel), Consigilio deJle C.E. (ag. Schloh e Bmutigam) e Commis.siO!lle deNe C.E. (ag. Froweiill e Ehler.m31Dll1). Comunit� europea -Diritti fondamentali � Diritto di propriet� � Libert� di esercizio dell'attivit� professionale � Tutela -Limiti � Fattispecie: divieto temporaneo di nuovi impianti di viti. � (Trattato e.E.E., artt. 39 e 222; regolamenti e.E.E. del Consiglio 24 aprile 1978, n. 816, 17 maggio 1976, n. 1162, mod. con reg. 23 novembre 1978, n. 2776, S febbraio 1979, n. 337; eost., art. 42). Il divieto di nuovi impianti di viti, stabilito, per un periodo limitato, dal regolamento n. 1162/76, costituisce una restrizione dell'esercizio del diritto di propriet� che � giustificata dagli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunit� e non lede la sostanza del diritto di propriet� riconosciuto e tutelato dall'ordinamento giuridico comunitario; una limitazione del libero esercizio della professione di viticultore, quand'anche esistesse, sarebbe giustificata dagli stessi motivi che giustificano le restrizioni dell'esercizio del diritto di propriet� (1). (Omissis) IN DIRITTO. -1. � CO!ll ordinanza 14 dicembre �1978, pervenuta in cancelleria il 20 marzo 1979, il Verwaltungsgericht di Neu.stadt an der Weintrasse ha sottoposto a questa Corte, a norma deLl'art. 177 del T:rat (1) In mancanza di un codice scritto dei diritti fondamentali nell'ordinamento comunitario, la Corte si era gi� richiamata, in precedenti pronunzie (sentenza 12 novembre 1969, nella causa 29/69, STAUDER, in Racc . .1969, 419; le due sentenze, citate in motivazione, 17 dicembre 1970, nella causa U/70, INTER� NATIONALE HANDELSGESELLSCHAFT, in Racc. 11970, 1125, e 14 maggio 1974, nella causa 4/73, Now, in Racc., 1974, 491; per una completa rassegna della Giurisprudenza della Corte sul tema della protezione dei diritti fondamentali cfr. PHILIP, La Cour de justice des C.E. et la protection des droits fondamentaux dans l'ordre juridique communautaire, ia::i Annuaire fran�ais de droit international, 1975, p. 386; CAPOTORTI, Il diritto comunitario dal punto di vista del giudice nazionale; in Riv. dir. intern. priv. e proc., 1977, p. S.14) ai principi generali del diritto, alle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 266 tato C.E.E., due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione del regolamento del Consiglio 17 maggio 1976, n. 1162, recante provvedimenti intesi ad a!deguare hl potenziale viticolo alle esigenze del mercato (G. U. n. L 135, pag. 32), modificato dal regolamento 23 novembre 1978, n. 2776 (G. U. n. L 133, pag. 1). 2. -Rislll!lta dagli atti che, il 6 giugno 1975, Ja sig.ra Hauer aveva chiesto ahl'autor.it� competente del Lmd Rheinland-Pfalz ,J'autorizzaZiione per un nuovo impianto <li vii.ti su un fondo di sua propriet� nella zona di Bad Dlirkheim. La domanda veniva respinta con la motivazione che il fondo era inidoneo alla viticoltura ai sensi della normativa tedesca in mateda, e cio� la Jegge tedesca 10 marzo 1977, recante provvedimentd per il settore vitivimcolo (Weinwiirtschaftsgesetz). La sig,ra Hauer fuceva opposizione contro questo provvedimento H 22 gennaio 1976. Mentre era pendente questa opposizione, veniva adottato il regolamento 17 maggio 1976, n. 1162, che all'arrt. 2 vietava, per un peDiodo di tre annd, qualsiasi nuovi impianto di viti. L'opposizione veniva respinta dahl'Amministrazione con provvedimento 21 ottobre 1976, per 1il duplice motivo che tiJl fondo era inidoneo alla viiHcoltura e che i nuovi impianti di viti erano vietati dal regolamento comunitario sumll1enzionato. 3. -Dopo che l'iinteres,sato aveva proposto ricorso �contro questo provvedimento dinanzi al Verwaltungsgericht, l'Amministrazione ammetteva, in seguito ai risultati di perizie effettuate sulle uve rnocolte nella parcella catastale 1�Jn questione e ad una transazione con vari altlri proprietari di fondi limitrofi, che il fondo della ricorrente possedeva i requisiti minimi per poterSii considerare, ai sensi della normativ0a nazionaJe, idoneo alla viticoltura, e si dichiarava disposta a 1ooncedere la richiesta autorizzazione dopo la �soadenza del divieto di effettuare nuovi !i.mpianti, stabilito dal tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, ai diritti fondamentali ri conosciuti e garantiti dalle Costituzioni di tali Stati, aggiungendo che � le con venzioni internazionali per la protezione dei diritti deLI'uomo, alla cui stipula zione gli Stati membri abbiano partecipato o alle quali abbiano aderito, possono offrire utili indicazioni che vanno tenute in considerazione nel quadro del diritto comunitario �. Interessante �, nella sentenza sopra riportata, il riferimento espresso che la Corte fa alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo 4 novembre 1950, e in particolare all'art. 1 del suo protocollo addizionale 20 marzo 1952 (rat. in 'ltaHa con legge 4 agosto .1955, n. 848), considerato l'espressione del principio, comune agli Stati membri, del rispetto della propriet� privata, il quale consente, per�, che il �proprietario sia privato del suo diritto per ragioni di pubblica utilit� o subisca limitazioni nell'esercizio del diritto stesso per esigenze di interesse generale. Tenuto conto delle norme e delle prassi costituzionali dei nove Stati membri, che consentono al legislatore nazionale di disciplinare l'uso della propriet� privata nell'interesse generale -ha quindi precisato la Corte -appare ineccepibile una normativa comunitaria che contempli PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 267 regolamento comunitario. Risulta pertanto chiaro che attualmente la controvevsiia fra Je parti verte esolusivamente su questioni di dirritrt:o comu� nitario (omissis). Sulla tutela dei diritti fondamentali nell'ordinamento giuridico-comunitario. (omissis) 13. -Nehl'oridinanza di rinvio, di Verwaltungsgeri:cht aggiunge che, per ilil caso Jiri cui il regolamento n. 1162/76 andasse interipretato nel senso che illl divieto ivi �sandrt:o ha portata gen~ale, vale a dirre si applica anche ai terreni idonei �ai1la viticoltura, Ja relativa disposizione'' oodrebbe probabi1mente considerata inappl1cabile ne1la Repubblica foderale di Germania, poiiOh� sarebbe dubbia Ja sua compatibilit� con 1a tutela dei diritti fondamen1Jali, garantita dagli ai;tt. 12 e 14 dehla Legge fondamentale, in materia di diritto di propriet� e, rispettivamente, di libero eseroizio 1 de11'attivit� professionale. 14. -Come affermato dalla Corte nelJa sentenm 17 dioembre 1970 (lnternationale Handelsgesellschaft, Ra.oc. pag. 1125), eventuali questioni relative alba violazione �di diritti fondamentali mediante atti emanati daille istituzioni dela Comunit� possono esseve valutate unicamente alla stregua del diritto comunitario. n rdchiiamo a criteri di valutazione 1speciali, propri de1la legislazione o del 1sistema costituzionale di uno Stato membro, incrinerebbe i:nevitabi'1mente l'unit� del mercato comune e comprometterebbe J:a coesione della Comunit�, giacch� menomerebbe l'unit� e J'efficacia del diritto comunitario. 15. -La C0tI1te ha altres� dichiarato, ne11a sentenza summenzionata e, in seguito, nella sentenza 14 maggio 1974 (Nold, Racc. pag. 491) che i analoghe limitazioni al diritto di propriet�, purch� esse �siano realmente gius1liificate ida ob:iettdvi di &ntleresse generailJe deilllJa Comun:iJt� e :non costitJUi'Sciano un intervento inaccettabile e sproporzionato, rispetto ai fini perseguiti, neJ.Ie prerogative del proprietario, tale da fodere addirittura ila sostanza del diritto di propriet� � (per un altro richiamo alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo cfr. anche la sentenza 28 ottobre 1975, nella causa 36/75, RUTILI, in Racc., 1975, 1219). In dottrina, recentemente, cfr. SoRENSEN, Punti di contatto fra la convenzione europea dei diritti dell'uomo ed il diritto delle Comunit� europee, in Riv. dir. europeo, 19718, �li63; ROTTOLA, Il problema della tutela dei diritti fondamentali nell'ambito dell'ordinamento comunitario, ibidem, 11978, 219; FERRAR! BRAVO, Problemi tecnici dell'adesione delle C.E. alla convenzione europea dei diritti dell'uomo, ibidem, 1979, 347; ROTTOLA, L'adesione della Comunit� alla convenzione europea dei diritti dell'uomo, ibidem, 1980, 19; CAPURSO, Tutela dei diritti fondamentali e ordinamento comunitario, in Dir. e societ�, 1978, 213; SASSE, I diritti fondamentali, in Politiche comunitarie e giurisprudenza della Corte di Giustizia. Atti del Convegno di studi dell'A.l.G.E., Siena, 1977, pag. 243; GREMENTINI, La tutela dei diritti fondamentali nelle C.E., ibidem, pag. 373. 4 268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diritti fondament1ali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto, di cui essa garantisce l'osservanza; nel garantire la tutela di taili diritti, essa � tenuta ad Jispi!I"aaisi alle tradizioni 1costituzionali comuni agli Stati membri e non potrebbe, quindi, ammettere provvedimenti incompatibili con i di:dtti follldamentali 1niconosciuti e garantiti dahle Costituzioni 1di tali Stati; i trattati iinternazionali in materia di tutefa dei dircitti dell'uomo, oui �gli Stati membri hanm.o coope!I"ato o aderito, possono del paru fornire elementi di oui occovre tenere OOIIlto nell'ambito del dirritto comunitario. Questo orientamento � stato ruaffermato dailla dichiarazione comune de11'Aisisemblea, del Consiglio e dehla Comm:iisisJone, rdel 5 apriile 1977, fa quale, dopo avere ricO!I"dato fa giurisprudenza della Corte, fa riferimento tainto 0Ji. di:riitti garantiti dalle CostituziOiO.i. 1degli Stati membri, quanto alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libe!I"t� fondamentali, del 4 novembre 1950 {G. U. 1977, n. C 103, pag. 1). 16. -Alla luce rdi quanto esposto, 1si deve iritene!I"e che i dubbi sollevati dal Verwaltungsgericht in merito al:la compatibilit� del regolamento n. 1162/76 1con le norme volte alla tutela rdei diritti fondamentali 1concernano la legittimit� del 1regolamento 1sotto il profilo rdel diritto com�nitario; a questo proposito, oooorre valutare 1separatamente l'eventuale Jesione del diritto di propriet� e 'le eventuali limitazioni dcl diritto al libero esercizio dell'attivit� professionale. Sul diritto di propriet�. 17. -Nehl'orientamemo giuridico comunitarcio, iJ .dirutto di iprop:riiet� � tutelato ahla 1stregua dei principi comuni alle Costituzioni deg.li Stati membri, reoepi.ti nel Protocollo addizionale aJla Convenzione europea di salvaguardia dei 1dircitti dell'uomo. 18. -. L'art. 1 �di detto Protocollo xecita: � Ogni persona fisica e morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu� essere p.rivato del!J.a sua propriet� salvo che pe!I" causa di u1Jilit� pubblfoa e nelle condizioni previste daLla legge e rd!ai priincipi generaili del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al 1diritto degli Stati 1di mettere in vigore le leggi da essi giudkate neoesisarie per regolare l.'uso dei beni in modo conforme all'interesse gene!I"ale e per assicurare ~I pagamento deilJe .imposte e di altre contribuzioni o delle ammea:JJde "� 19. -Questa norma, dopo aver affermato ~I principio del rispetto della propri.et�, contempla due forme di possibili lesioni dei diritti del proprietario, vale a 1dire que11e consistenti nel privare iii proprietario del suo diritto e quelle consistenti nel limitaI'e l'esercizio di questo. Nel caso di specie, � incontestabi:le che il divieto di nuovi d.mpiamti non pu� conside PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE rarsi come un atto comportante la privazione della propriet�, atteso che il proprietario rimane libero di disporre dei propri beni e di destinarli a quailsiasii. altro uso non vietato. Per contro, non v'� dubbio <che detto divieto limiti l'esercizio del dinitto di propriet�. L'art. l, secondo romma, del Brotocollo, che sandsce il diritto degli Stati �di mettere in vigore le leggi da essi giudicate neces,sarie per regolare il.'ruso dei beni in modo conforme ,aJJ'interesse generale�, fOIID]sce un'iinidioazione importante in proposito in quanto ammette in linea di principio la liceit� delle restrizioni ahl'eserciziio del diritto di propriet�, a condizione che queste irestino nel Limite di quanto giudicato dagili Stati � necesisami.o � ai fini della tutela del!'� interesse generale �. Questa norma non permette tuttavia di fornire una soluzione sufficientemente precisa alla questione sollevata daJ Verwaltungsgericht. 20. -Per fa 1soluzione di detta questione occorre pertanto tener conto aHires� delile ;im:licaziioni fornite dalle norme e dalle prassi costituzionali dei nove Stati membri. A questo proposito va an:zlltutto constatato che tali norme e prassi consentono al legislatore dii disciplinare il.'ruso della propriet� privata nell'mteresse generale. Talune Costituzioni fainno iriforimento, a questo proposito, agli obblighi inerenti alla propriet� (legge fondamentale della Repubblica federale di Germania, art. 14, secondo comma, prima false), alla funzione sociale de11a stessa (Costituzione della Repubblica italiana, art. 42, secondo comma), ail. principio che J'uso idi essa va subo11dinato alle esigenze del bene comune �legge fOilJdamentale della Repubblica federale di Germania, art. 14, secondo comma, seconda frase, e Costituzione della Rerpubblioa iruandese, art. 43, secondo comma, n. 2), o a quelle della giustizia sociale (Costituzione della Repubblica irlandese, art. 43, secondo comma, n. 1). In tutti gli 1Stati membri, vari testi legislativi hanno dato concreta espressione a questa funzione sociale del diritto di propriet�; in ciascuno di essi vigono norme in materia di economii.a agricola e forestale, di regime delle acque, di proteri.one dehl'ambiente naturale, idi programmazione territortlale e di urbanistica, ohe limittano, talvolta notevolmente, l'uso delJa propriet� fOI1Jiliaria. 21. -In pamcolare, 'in tutti i paesi della Comunit� m cui si coltiva la vite, vigono norme imperative, anche 1se non tutte deil.Ja 1stessa severJt�, in materia di impianto dehle v,ifil, di selezione delJe variet� e di metodi di coltura. In nessuno di essi queste norme sono considerate incompatibili irn linea di principio, colla tutela del diritto di prop1det�. 22. -� pertanto lecito affermare, alla luce dei principi costituzionali comuni .agli Stati membni e dehle prassi legislative costanti nelle pi� varie materie, che nessuna ragione :di principio impediva di assoggettare a limitazioni, con il regolamento n. 1162/76, l'impianto di nuovi vigneti. Si 270 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO tratta di Limitazioni note, in forme identiche o arrmloghe, all'o11dinamento costituzionale di tutti gli Stati memb11i, e da questo 'riconosoiute ,Jegittime. 23. -Questa ,constatazione non esaurisce tuttavia la questione ,sollevata dal VerwaltU:I1Jgsgericht: �anohe �se non ,si pu� contestare, .fili linea di prinoipio, la faoolt� della Comunit� di �stabilire Limiti �alil'esercizio del diritto di propriet� nell'ambito di un'organizzmone 1cornune di meroato e ai fini di una po1itica �S1lrutturale, occorre altres� esammaire se le J,imita� zioni imposte dalla normativa controvel1sa 1siiano realmente giustilicate da obiettivi di interesse generale della Comunit� e non costituiscano un'dntervento inacoettabhle e sproporzionato risrpetlto ai fini perseguiti nelle prerogative del proprietario, tale da ledere addi11ittura la sostanza del diritto di propriet�. Questa � in~atti la �censura formulata daH!a ricorrente nella causa principale, la quale sostiene che solamente nell'ambito di una politica volta al miglioramento qualitativo �i!l Legd,slatore pu� porre limiti alla disponibilit� della propriet� dei fondi destinati alla viticoltura, sicch� essendo il suo fondo iidoneo alla viticoltura, hl suo diritto sarebbe ��llltangibile. Occo11re pertanto individuare gli obiettivi perseguiti 1001 � 1regolamento controverso, onde valutare se esistJa un raprporto �ragionevole fra i provvedimenti disposti con detto Q'egolamento e g1i obiettivi rperseguiti da1la Comunit�. 24. � Le norme del regolamento n. 1162/76 vanno considerate nell'ambito dell'organizzazione -comune del mer-cato vitiviruicolo, la quale � .strettamente connessa alla poliiti<Ca stJrutturale della Comunit� nel settore di cui t:riattasi. Gli �scopi di questa sono enunziati nel regolamento 28 aprile 1970, n. 816, relativo a disposizioni complementari in materia di organizzazione comune del me11cato vitivinicolo (G. U. n. L 99, pag. 1) -sul quale si fonda .il regolamento controver.so -e nel regolamento 5 febbraio 1979, n. 337, �relativo. all'organizzazione comUllle del mercato vitivinicolo (G. U. n. L 54, pag. 1), che ha dato organica sistemazione al complesso de1le noJ.1Il1e �che reggono l'organizzazione oomune�di questo mercato. Il titolo III di detto regolamento, mtitolato � norme relative aLla produzione e al controllo dello sviluppo degli �impianti�, contiene attualmente la discirp1�ltla giuridica di base ~n materia. Un altro elemento che consente di indiwduare Ja rpoHtica seguita dalla Comunit� in materia � la risoluzione del Consiiglio del 21 aprile 1975, concernente i nuovi orientamenti mtesi ad equilibrare H mer,cato dei vini da pasto (G. U. n. C 90, pag. 1). 25. -Dall'msiieme di queste norme risulta ohe questa politica, inaugurata e parzialmente attuata d:alla Comunit�, consiste nell'o11ganizzazione comune dei mercati legata al miglioramento delle strutture del settore vitivinicolo. Taile azione mira, nell'ambito degli orientamenti enunziati dall'art. 39 del Trattato CEE, 1a un duplice obiettivo: istabilizzare dure PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE volmente il mercato virncolo aid un livello di rprezzi remunerativo per i produttori ed equo per i 'consumatori, e migliorare la qualit� dei vini messi in commercio. Per il conseguimento di questi due obiettivi, l'equilibrio quruntitativo e il miglioramento qualitativo, Ja normativa comunitaria sul merooto vitivimcolo ha iprevisto un'ampia gamma di interventi tanto nella fase delJa produzione che in quella della distribu.2lione dei vini. 26. -A questo proposito, ooc011re anzitutto ricordare le disiposiziioni delil'art. 17 del regolamento n. 816/70, riprese in forma pi� eilaborata dall'art. 31 del regolamento n. 337/79, secondo cui gli Stati membrli redigono piani di previsione relatiVii aLI'impianto delle viti ed alla produzione, da coordinaTsi neH'ambito del piano 'comund<tario obbl!igatorio. Per I'attua2lione di questo piano possono essere adottati provvedimenti relativi all'impianto, al reimpianto, all'estirpazione o all'abbandono di vigneti. 27.-� iin tale ambito che si inserisce .il regolamento n. 1162/76. Dal suo preambolo e dalla situa:ziione economica nella quale esso � stato adottato, caratterizzata dal formarsi, a partire dalla vendemmia del 1974, di eccedenze di .produzione aventi carattere permanente, risulta che questo 11egolamento mira a due obiettivi: far f�ronte sul momento al continuo aumento deHe eocedenze e permettere alle istituziOlrli di attuare, in un periodo di tempo adeguato, una polhica strutturale volta a fuvori.re le produzioni di alta qualit�, nel rispetto delle peouliaini.t� e delile esigenze delle varie regioni vinicole della Comunit�, oon un'adeguata scelta dei terreni e delle variet�, oltre che ,con la di1S0iplina dei metodi di produzione. 28. -Onde vemre incontro a questa ,duplice esigenza, iJ Consiglio ha sancito, con iJ regolamento n. 1162/76, il di1vieto generale di nuovJ imp[aa:iti, senza operare, salvo che per akune ipotesi ben individuate idi carattere eccezionale, �aiouna di1stinzione in relazione alla natura dei terreni. Va rilevato che il 1provvedi��ento del Consiglio, ne1la sua struttura generale, ha carattere temporaneo, in quanto volto a far fronte sul momento ad una eccedenza congiunturale, ed a 1consentiire ail tempo stesso l'elaborazione di iprovvedimenti definitivii idi carattere strutturatle. 29 -Cosi inteso, hl provvedimento ,oontroveriso non ,stab.iilisce alcuna illecita limita:ziione dell'esercizio del diritto di propriet�. Infatti ilo sfruttamento dei nuovii vigneti, .in una situaziione caratterizzata da una sovraproduzione dU!revole, averebbe, sotto ~l profilo econolnioo, ['unico effetto di aumentare le eccedenze; 'inoltre, l'estensione delle aree coltivate comporterebbe, in questa fase, Jl rischio di rendere pi� difficile l'attuazione della politica struttU11ale a livello comunitario, qualora questa fosse fondata su orliteri pi� :severi di queLii contemplati dalle attuali normative nazionali per quanto �concerne la scelta dei terreni idonei alla ~iticoltura. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 272 30. -Da questo esposto consegue che 11 divieto di nuovi impianti di viti, stabi1iito, per un periiodo limitato, dal 'rngolamento n. 1162/76, costituisce una restrizione .dell'eserdzio ,del d]ritto idi propriet� che � giustifioata dagli obiettivi di interesse generale 1periseguiti da1la Comunit� e non lede fa sostanza del diritto di propviet� riconosciuto e tutelato dall'ordinamento giUII'iidiico comlllil�tario. Sulla libert� di esercizio dell'attivit� professionale. 31. -La 'ricorrente nella causa prmc:iipale sostiene poi che il divieto di nuovi impianti, sancito dal :regolarrnento n. 1162/76, viola un suo diritto fondamentale in quanto ha l'effetto �di limitare la sua libert� di eseroirtare la propria attiivit� professionale idi vitkultrice. 32. -Come .}a Corte ha gi� avuto modo �di affemnare nella sentenza 14 maggio 1974, Now, summenzionata, bench� rovdinamento costituzionale di vari Stati membri tuteli il libero esercizio delle attivit� professionali, i diritti .riconosciuti in materia, il.ungi dal 1costituire prnrogative assolute, vanno considerati 1anch'essi alla luoe de1la funzione sociale delle attivit� oggetto della tutela. Nel caso ,di specie, va viilevato che il provvedimento comuni1tario controvei;so non incide in alcun modo sull'accesso alla professione d� viticoiltore, n� sul Jibero esei;cizio idi questa professione sui terreni 1attualmenrte destinati alla vitiooltura. Qualora H divieto di nuovi impianti dovesse incidere sul libero eserciri.o dehla professione di viticoltore, tale restrizione sarebbe semplicemente una conseguenza dei limiti posti all'esevcizio del diritto di propriet� e 1Sli. confonderebbe �on. questi. La limita2iione del libero esercizio della professione di viticoltore, qualora esistesse, sarebbe dunque giustificata dagli 1stessi motivi che giustificano ~e restrizioni dell'esel1Cizio del 1diritto di propriet�. 33. -. Dal complesso delle considerazioni svolte in precedenza, risulta che ,}'esiairne del regolamento n. 1162/76, sotto U profilo dei dubbi 'sollevati dal Verwaltungsgericht, non ha rivelato ailcun elemento atto ad inficiarne la vialidit� fil quanto contrastante con i principi che, nella Comunit�, reggono la tutela dei dirri.ttii fondamentali (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 27 febbraio 1980, nella causa 169/78 -Pres. KutS'cher -Avv. Gen. Reischl -Commissione delle Comunit� europee (ag. Abate) c. Repubblica italiana (avv. Stato Fanelli e BragugLia). Comunit� europea -Libera circolazione delle merci -Disposizioni fiscali interne discriminatorie -Criteri di valutazione -Reghne fiscale degli alcoli. (Trattato C.E.E., art. 95; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, conv. in legge 18 dicembre 1970, r n. 1034, art. 6). r~ tl !'' f . w lfaflftflllftllf:llllllllffi.i.11lfilftill�&rlflitlili.rll~f8111fMI.'. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 273 Comunit� europea -Libera circolazione delle merci -Disposizioni fiscali discriminatorie -Regime fiscale degli alcoli -Contrassegni di Stato sui recipienti contenenti il prodotto destinato alla vendita al minuto. (Trattato e.E.E., art. 95; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, conv. in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 6). La valutazione della compatibilit� con l'art. 95 del trattato di un regime fisoale nazionale applicabile in un settore merceologico pu� essere compiuta anche su un solo elemento del tutto isolabile del regime stesso, pur se sia preferibile una valutazione unitaria che tenga conto di tutti gli aspetti del medesimo (fattispecie in cui, nell'ambito del regime fiscale sugli alcoli, si esamina la disciplina dei contrassegni di Stato, apposti sui recipienti contenenti acquavite t1.estinata alla vendita al minuto, indi; pendentemente da quella relativa ai diritti erariali riscossi alla produzione e all'IVA riscossa sulle vendite) (1). Il regime fiscale italiano di cui all'art. 6 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, conv. in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, -in forza del quale, per l'apposizione di contrassegni di Stato sui ~ecipienti contenenti acquavite destinata alla vendita al minuto, � dovuta un'imposta differenziata per quanto concerne da una parte le acquaviti ottenute dalla distillazione di cereali e di canna da zucchero (whisky, rum) e, dall'altra, le acquaviti di vino e di vinacce (brandy, grappa) -, � incompatibile, per quanto riguarda i prodotti importati dagli altri Stati membri, con l'art. 95 del trattato (2). (.1~2) -1. -Con sentenze coeve la Corte si � pronunciata su altre controve. nsie �s�imilliall1i ne1e oause il68/78 ~COMMISSIONE c. FRANCIA), 170/78 (COMMISSIONE c. REGNO UNITO), 171/78 (COMMISSIONE c. DANIMARCA), 55/79 (COMMISSIONE c. IRLANDA). 1SUillll'aipp!Jilcazione dcl pniiooipfo di non diiiscrimdnazione ali regime fiscalie degl~ aJlioold. La Commissione aveva proposto, in forza dehl'art ..169 del Trattato C.E.E., dei ricorsi tendenti a far dichiarare che non solo la Repubblica italiana, ma anche la Repubblica francese e il Regno di Danimarca, applicando un regime fiscale non uniforme in materia di acquaviti, erano venuti meno agli obblighi loro imposti tdialfil'art. 95 tde1 Trnttato C.E.E. La Oommissione aveva mo.IJtre ~O. posto un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno Unito, riscuotendo sui vini di bassa gradazidhe alcolica un'imposta di consumo relativamente mag~ giore 1clii. quelll:a gmv>ainte sUiltJJa bitrtm, era 1ainche esso venuto meno aig1IJi. obbiliighli impostigli dall'art. 95, secondo comma, del Trattato. Con un quinto ricorso la Commissione mirava a far dichiarare che l'Irlanda, applicando in maniera discriminatoria disposizioni relative alla riscossione dell'imposta di consumo (excise) sugli alcolici, sulla birra e sui succhi di frutta fermentati (made-wine), aveva trasgredito l'art. 95, primo comma, del Trattato. La Corte, nelle sentenze relative alle tre cause riguardanti le contestazioni mosse alla Francia (causa 168/78), ahl'Italia (causa 169/78, di cui alla sentenza qui sopra pubblicata) e alla Danimarca (causa 17.1/78), ha premesso una parte generale comune sull'inte11Pretazione dell'art. 95, primo e secondo comma, nella quale ha precisato: -a termini dell'art. 95, primo comma, � nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 274 (omissis) IN DIRITTO. -1. -Con atto introduttivo depos.itato il 7 agosto 1978, Ia Commissione ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far constatare che Ia Repubblica italiana, assoggettando le acqU1aviti ad U!Il regime fiscale differenziato, � venuta meno agli obblighi incombentile in forza dell'art. 95 del Trattato CEE. 2. -Nehlo stesso tempo, la Commissione ha promosso dinanzi alla Corte due �ricorsi, contro il Regno di Danimaiioa e fa Repubbtlioa francese, vertenti su questioni analoghe. Tutti e 1.ire gli atti :introduttivi contengono CODJS:iderazioni di carattere generale da cui 1cisulta che i ricorsi sono stati proposti nell'ambito di un'azione volta a garantire iii rispetto, da parte degli Stati membri iinteressati, degli obblighi [oro ~mposti in materia dal T�rattato. :�: pertanto opportuno chiarire preliiminrurmente ailcune questioni idi �principio comll!Ili alle tre ca'l.llse, e concernenti finterpretazione dehl'art. 95 iin relazione alle peculiari �carattedstiche del mercato delle aoquaviti. Sull'interpretazione dell'art. 95. 3. -L'art. 95, primo comma, II'ecita. � nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai ;prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivo~a natura, superiori a quelle applii.cate direttamente o !indirettamente ai prodotti na:cionaJ.i similari �. H. secondo cominterne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari�; -nel comma secondo si aggiunge, che � inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni �; -dette disposizioni, complementari a quelle relative ahl'abolizione dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente, hanno lo sco'po di garantire in condizioni normali di concorrenza la libera circolazione delle merci tra gli Stati membri, con l'eliminazione di qualsiasi forma di protezione che possa risultare dall'applicazione di imposizioni interne discriminatorie; -la disamina del mercato degli alcolici induce a trarre una duplice conclusione: in primo luogo, esiste un numero indeterminato di bevande che vanno definite � prodotti similari� ai sensi dell'art. 95, primo comma, ed in secondo luogo, anche in caso di impossibilit� di ritrovare un adeguato grado di analogia tra i prodotti considerati, esistono cionondimeno tra tutti gili alcolici dei tratti comuni adeguatamente rilevanti per ammettere l'esistenza, in ogni caso, d'un rapporto di concorrenza almeno parziale o potenziale; -risulta quindi che l'art. 95, considerato globalmente, pu� applicarsi indi stintamente a tutti i prodotti di cui trattasi. La Corte ha, quindi, ritenuto incompatibili con l'art. 95 del trattato tutti i regimi fiscali controversi nelle tre cause, statuendo che sono venuti meno agli obbIDigihi wpostii: dialillJa n=a stessia, per quanto riguairida i p.rodot1ii !importati dla.gilli! ail1mi Stati mern!blii: PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 275 ma precisa che � Jinoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli Stati membri imposizioni interne �mtese a proteggere indiireit:tamente altre produzioni �. 4. -Nel sistema del .Trattato, Je diisposizioni citate costituiscono un'rinteg;razione di quelle relative all'abolizione dei dazi dogarrmli e delle tasse di effetto equivadente. Esse �sono .intese a gariantire fa .Jibera drcoJazione de1le meoci J.�ra gli Stati membri dn nonna.li condizioni di concoirrenza, mediainte J'eliminazione di og;ni forma di protel'lione che possa risultare dall'applicazione di tributi interni aventi carattere 1discriminatorio nei confronti di meoci ori.ginarie di altri Stati membri. Come ha giustamente sostenuto la Commissione, l'art. 95 � volto a ga:mntiire l'assoluta neutralit� dei tributi in.temi riguardo a1la concorrenza f.ra merci nal'lionali e meoci importate. 5. -11 principio fondamentale cin mater.ia � costituito dal pr.imo comma dell'art. 95, che impone di valutare comparativamente gli oneri �fiscali gravanti sulle me11ci nazionali e su quelle importate che possano essere considerate � similari. �. Tale �disposi:ztlone, come questa Corte ha gi� avuto modo di sottolineare nella �Sentenza 10 ottobre 1978 (causa 148/77, HANSEN & BALLE, Racc., pag. 1787), via ti.nterpiretata estensivamente, in modo da consentirne �l'applical'lione a tutti i regimi fiscali i1I1Compatihlli con la parit� di trattamento :lira le meroi di ;produzione nazionade e quelle :importate. La nozione di �prodotti simillad � va pertainto interpre1Jata -la Francia, applicando un regime fiscale non uniforme in materia di ac quaviti per quanto riguarda, da una parte, Je acquaviti di ginepro e le altre bevande alcoliche ottenute dalia distillazione dei cereali (in particolare il whisky), e, dall'altra� parte, Je acquaviti di vino e di frutta, come risulta dagli arti~ coU 403 e 406 del code g�n�ral des imp�ts; -l'Italia (come da sentenza annotata), applicando, attraverso l'apposizione di contrassegni di �Stato sui recipienti contenenti acquaviti destinate alla ven dita al minuto, un'imposta differenziata in materia di acquaviti, a norma della }egislazione fiscale nazionale e in particolare dell'art. 6 del decreto legge 26 otto bre 1970, n. 745, convertito nehla Jegge 18 dicembre 1970, n. 1034, per quanto con cerne, da una 'Parte, le acquaviti ottenute dalia distillazione di cereali e di canna da zucchero (whisky, rum) e, dall'altra, le acquaviti di vino e di vinacce (brandy, grappa); -la Danimarca, applicando un'imposta differenziata in materia di acquaviti (favorendo la � aqvavit � nazionale) a norma della legislazione fiscale nazionale oggi coordinata con la legge 4 apdle 1978, n. 151. Al Regno Unito, nehla causa 170/78, era stato contestato di riscuotere sul vino di bassa gradazione alcolica un'imposta di consumo maggiore di quella gravante sulla birra. Qui la Corte ha emesso sentenza interJocutoria, riservan dosi di pronunciarsi definitivamente dopo aver acquisito elementi e notizie ri chiesti alle parti. Quanto all'Irlanda, nella causa 55/79, la Corte ha ritenuto che anch'essa ha trasgredito l'art. 95 o, aaernativamente, l'art. 30 (divieto di restrizioni quanti 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con sufficiente elasticit�. Nella sentenza 17 febbraio 1976 (causa 45/75, REWE, Racc., pag. 181), la Corte ha pl'ecisato che vanno considerati similari i prodotti ohe �abbiano, agli oochi del .consumatore, prop.riiet� analoghe e l'ispondano alJe medesime esigenze �. La sfera di applicazione del primo �oomma dell'art. 95 va quindi determmata iin base non gi� al oriterio de1J'�asso1uta identit�, ma a quello de11'aIJJalogia o de1la comparabilit� sotto H profilo dell'impiego. 6. � U secondo comma dell'art. 95 � inteso a completare il disposto del primo comma vietando qualsiasi forma di protezionismo fiscale fa:t:diretto ai darnnd di prodotti che, pur non essendo similari ai sensi del primo comma, si trovino do111ondimeno .in conc0I1renza, anche pamale, indiretta o potenziale, con taluni prodotti del paese !importatore. La Corte ha gfa messo in dl~evo taluni aspetti di questa disposizione nellla sentenza 4 aprile 1968 (causa 27/67, FINK�FRUCHT, Racc., pag. 297), ove si afferma che, ai fini deN'appUcazione del secondo comma dell'art. 95, � sufficiente che iJ prodotto importato 1si trovi .i,n concorrenza col prodotto nazionale protetto in uno o pi� impieghi economici, anohe se non costituisca un vero e proprio prodotto similare ai sensi dell'arrt 95, primo comma. 7. � Mentre il criterio di valutazione stabilito daJ primo comma � 11 confronto degH oneri jjiscali, iin base ail:le aLiquote, ial calcolo dell'im� ponibiJe o ad altre modaHt� di app1icazione, il sec()[ldo comma, data la difficolt� di stabiHre un 1confronto abbastanza preciso ka i prodotti tative all'importazione) del trattato, applicando in maniera differenziata, sempre per quanto riguarda i prodotti importati dagli altri :Stati membri, disposizioni relative alla riscossione dell'imposta di consumo (excise) sugli alcolici, suLla birra e sui succhi di frutta fermentati (made-wine), ai sensi in particolare, delle lm'positions of Duties (n. 221) (Excise Duties) Order, 1975. 2. � Le statuizioni deHa Corte non appaiono convincenti. Suscita perplessit�, anzitutto, la motivazione in base alla quale � stata respinta l'eccezione di irricevibfilit� del ricorso della Commissione, che aveva isolato !a questiope relativa ai . contraS;S.egni di Stato, separandola da tutti gli altri aspetti del regime fiscale detle acquaviti. . In realt�, non sembra contestabile che J'art. 95 del Trattato, vietando le discriminazioni in materia di imposizione interna, ha riguardo al complesso degli oneri fiscali che colpiscono i prodotti importati e i prodotti nazionali da porre a confronto. La norma non tollera, perci�, valutazioni atomistiche, dovendosi, invece, giudicare dell'eventuale sussistenza della differenziazione di trattamento con esclusivo riiguardo al carico fiscale globale che grava sui prodotti considerati. Solo cos�, fra J:'altro, pu� tenersi adeguato conto degli oneri che gravano soltanto sul prodotto nazionale: oneri che, invece, non potrebbero venire in giusta considerazione se fossero valutati con riferimento ad una sola delle componenti dell'im'posizione globale sui prodotti importati. La Corte, invece, ha ritenuto che sia soltanto � preferibile � valutare unitariamente il regime fiscale dei prodotti considerati, ma che, ciononostante, sia sempre possibile valutare a parte gli elementi � isolabili � di tale regime. Quali ~: PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 277 interessati contempla un criterio pi� globale, vale a dire il carattere protezionistico del sistema fiscale interno. 8. -Per quanto concerne l'applicazione nel caso di ispecie deJ. criterio delila siimiJlarit�, che determina fa portata del div.ieto sancito dall'art. 95, primo 1comma, le par1Ji hanno espresso punti di vista tra Joro divergenti. Secondo fa Commissiooe, tutte Je aoquaviti, indipendentemente daHa materia prima impiegata per ila loro produzione, hanno proprfot� analoghe e soddisfano sostan:zfralmente le medesime esigenze dei consumatori. Pe:rtanto, qruali che siano rle �caratteristiche peculiari dei vari prodotti arppartenenti a questa �catego:rfa e le abitudini dei consumatori nelle varie regioni della Comunit�, le acquaviti, m quanto prrodotti finiti, 1costitUJirebbero, agli oochi dei coosumatori, un unico mercato. Va rilevato che questo modo di vedere si � tradotto ne1le proposte sottoposte dalJa Commissione ail Consiglio per .J'istituziooe di un'organizzaziooe comune del mercato dell'aLcole, fondata sulil'applicaiiione di una aliquota uniforme per tutti i prodotti interessati, 1commisUlt'ata al loco contenuto alcolko. 9. -I Governi dei tre Stati membr�i -convenuti contestano questa tesi, sostenendo che � possibile indiv�iduare, fira le acquaviti, varie categorie di prodotti, che si distinguono per le materie prime impiegate, siano tali elementi e quale criterio consenta di distinguerli dagli elementi � non isolabili � non �, per�, detto in alcun modo; e, in realt�, appare ben difficile ammettere che ria .proposta distinzione possa fondarsi su elementi obiettivi e coerenti con la ratio dell'art. 95. 3. -Un altro aspetto delrla decisione che offre il fianco alla critica � quello che riguarda l'accertamento della ricorrenza, nella specie, dei presupposti per l'applicazione 'del primo comma ovvero del secondo comma dell'art. 95. La Corte ha ritenuto che non fosse necessario pronunciarsi sul punto se i vari tipi di acquavite. (di vino, di vinacce, di frutta, di cereali, di canna, ecc.) siano o no, parzi�hnente o totalmente, prodotti � similari� fra loro, ai sensi deU'art. 95, primo comma. E ci� in quanto non potrebbe comunque negarsi che tutte le acquaviti siano, senza eccezione, prodotti concorrenti, con la conseguenza che sarebbe incontestabile .l'applicabilit� ad esse della norma di cui al secondo comma dell'art. 95. A parte i rilievi che rpossono muoversi sul punto dell'effettiva esistenza di questo preteso rapporto di concorrenza fra tutte le acquaviti (che, in realt�, non sono affatto direttamente sostituibili le une con le altre ai fini del soddisfacimento delle esigenze -notoriamente ben differenziate -dei consumatori), non sembra esatta l'implicita, completa parificazione dei contenuti dispositivi delle due norme previste dall'art. 95. iin effetti, tali norme non si differenziano soltanto per Ja maggiore o minore ampiezza delle fattispecie considerate (se cos� fosse, non si capirebbe perch�, invece di dettare un'unica disposizione per la fattispecie pi� ampia e com.prensiva -queHa del secondo comma -, gli autori del Trattato abbiano sentito il bisogno di ripetere le stesse identiche Z78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per le loro peculiari. caratteristiche e per le abitudini dei �consumatori riscontrab11i nei vari. Stati membri. 10. -La Commissione obietta, a questo proposito, che la valutazfone de1le caratteristiche delle va11ie bevande alcoliche, e le abitudini dei consumatori, variaino ne1lo .spazio e �nel tempo, sicch� ta1i critel1i. non possono costituire un valido parametro per quanto riguarda Ja situaZJione comples1siva nelila Comtllilit�. Inoltre, essa sottolinea :11 pericolo che le abitudini dei consumatoci vengano oristalLizzate mediante classif~ cazioni fiscali operate dagli Stati. 11. -La Corte, nel valutare �le tesi delle parti, rileva che ai fini dell'applicazione de1l'axt. 95 alle 1speoifiche situazioni naZJionali ahle quali si riferiscono i ci.corsi della Commissione occorre tener presente la situazione generale del meroato delle bevande alcoliche nella Comunit�. A questo proposito, � opportuno tener conto di tre ordini di considerazioni: a) Innanzitutto non deve dimentica11si che i prodotti di cui trattasi, quali .che siano le loro carattwistkhe peculiari, hanno connotati generici comuni. Essi sono tutti ottenuti mediante un processo di distillazione ed hanno tutti, come caratteristiche prmoipale, un tenore relativamente elevato .di alcole ~doneo al consumo umano. Ne consegue che nell'ambito della pi� vasta categoma delle bevande alcoliche, le acquavit�i costituiscono un gruppo unitario, identificato da caratteristiche comuni; statuizioni per una serie di ipotesi -quelle del primo comma -gi� comprese nelfa previsione della norma �pi� generale), ma anche e soprattutto per la diversit� degli obblighi imposti, nell'un caso e nell'altro, agli Stati membri. Il primo comma dell'art. 95 vieta, infatti, in modo assoluto, ogni tassazione discriminatoria dei prodotti importati � simili � ai prodotti interni. Esso impone,. cio�, una rigorosa uniformit� delle aliquote di tassazione dei due gruppi di prodotti, a prescindere da ogni concreta indagine sulle effettive condizioni della loro reciproca concorrenza. n secondo comma proibisce, invece, per i prodotti che non possano dirsi � similari �, soltanto le imposizioni che abbiano effettivamente un concreto e dimostrato effetto protettivo del prodotto nazionale; e le 'Proibisce, di conseguenza, soltanto nella misura in cui possa ritenersi obiettivamente esistente la loro attitudine a produrre l'effetto medesimo. La norma, cio�, non impone un'asso1uta uniformit� di aliquote (come nel caso dei prodotti similari), ma esige soltanto che eventuali discriminazioni siano contenute al di sotto del livello che pu� dirsi effettivamente idoneo a determinare distorsioni della concorrenza (cos� la sentenza della Corte del 4 apriJe 1%8, in causa 27/67, FINK-FRUCHT, in Racc., 1968, 297). Non sembra, perci�, che possa condividersi il criterio adottato dalla Corte nel caso ll1 esaim:e. Accertare se ~e iacquaivitii ,i,n di1sciws1sione fossero o no � simdlari � fra foro e, nell'ipotesi negativa, se potessero considerarsi quali prodotti concorrenti non poteva ritenersi irrilevante. Meno ancora, poi, pu� approvarsi l'affermazione apodittica secondo cui non sarebbe contestabile il carattere protezionistico del regime italiano dei contrassegni di Stato: affermazione che non PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 279 b) nonostante questi oormotati comllll1i, � possibile :individuare, all'interno di questo gruppo, prodotti aventi caratteristiche io:JJdividuali pi� o meno spiccate, deirivanti o dalla materna prima impiegata (sotto questo profilo si possono distinguere in particolare gli alcoli di vino dii frutta, di cereali e di canna), o dal pmcesso di fabbl1icazione, o, infine, dall'addizione di sostJanze aromatiche. Tali caratteristiche individuali permettono appunto di definire vaviet� tipiche di acquaviti, tant'� vero che talune di esse sono tutelate da apposite denominazioni d'origine; e) al tempo stesso, non si pu� tuttavia trascurare i1l fatto che fra le acquaviti esistono, accanto ai prodotti bene definiti e destinati ad usi relativamente precisi, prodotti aventi caratteristiche meno spiccate e destinate agli usi pi� diversi. Sii tmtta, in primo luogo, dei numerosi prodotti ottenuti dai cosiddetti alcoli �neutri�, che sono alicoli di varia origine, lira i quali quehli di melasso e di patate; tali prodotti sono accomunati dal fatto che le caratteristiche peculiari di ciascuno di essi derivano esclusivamente dall'aggiunta di sostanze aromatiche, di sapore pi� o meno spiccato. In secondo luogo, vi sono, fra le acquaviti, prodotti ohe, poich� si prestano ad essere cOIJJsumati nei modi pi� vari e cio� allo stato puro, o con l'aggiunta di acqua, oppure miscelati con altri liquidi, posso~o trovarsi in .concorrenza .con un numero pi� o meno grande idi prodotti aloolici le curi modalit� di consumo sono pi� limitate. Orbene, i tre ricorsi promossi dinanzi alfa Corte sono carat� terizzati dal fatto che in ciascuno di essi, oltre che di acquaviti aventi � sufl�ragiata 1dia ailiorm .concreto ~:rnemento dii provia e, soprattutto, non � integrata dall'indispensabile indicazione del livello al di sotto del quale il tributo non avrebbe 'pi� questo ritenuto effetto protezionistico e non urterebbe, quindi, contro il divieto del secondo comma dell'art. 95 (che, come si � detto, non impone affatto un'indiscriminata e assoluta parificazione di aliquote). 4. -La decisione, infine, si presta ad alcuni rilievi a proposito del modo in cui la Corte ha affrontato, nei suoi termini generali, il problema dell'appli� cazione dell'art. 95 nei casi in cui il trattamento fiscale interno di un determinato prodotto (o di prodotti ritenuti fra loro similari) si articoli in una scala di aliquote via via pi� onerose, in funzione di determinate circostanze obiettive (non rilevanti, in ipotesi, ai fini dell'identit� merceologica del prodotto considerato). Non sembra dubbio che non pu� assolutamente considerarsi incompatibile con l'art. 95 del Trattato la pura e semplice drcostanza, in s� considerata, che in luogo di un regime fiscale unico e indifferenziato su tutti i prodotti di una certa specie, uno Stato. membro ritenga di adottare un sistema di tassazione differenziata, che preveda, accanto ad un'aliquota ordinaria, aliquote diverse 'per determinati tipi di prodotti individuati, ad esempio, in funzione della materia prima utilizzata. Su questo punto, la giurisprudenza della Corte appare sufficientemente univoca. Gi� Iie1la sentenza del 22 giugno 1976, resa nella causa 127/75, BoBIE GETRANKEVERTRIEB, in Racc., 1976, .1079, venne, infatti, chiaramente affermato che l'art. 95 del Trattato �non limita la libert� di ciascuno Stato membro di isti 280 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO carattedstiche ben pireoise, di uno o pi� prodottii che si prestano ad una vasta gamma idi impieghi. 12. -Ques�malrsi del merieato delle acquaviti peirmette di pervenire �a due conclus�iQ!lli. In primo luogo, fra le acqUJaviti, intese come Ulll'rumca �categoria, vi � un numero impirecisato di bevande che vanno qualificate come � l)J["odotti similari� ai 'sensi :dell'art. 95, l)J["funo comma, per quanto a causa deLla natura degli elementi da prnndere in consliderazione al:la 'stregua di 1011iteri distdm.tivi quali il 1gusto e "1e abitudini dei consumatori, possa essere difficile, i�ll1 casi particofari, accertare l'esistenza deil oaratteire della similarit�. In secondo luogo, anche nelle ipotesi :in cui non sii possa dlevare un suffioiente grado di similarit� 1 tra i prodotti :interessat�., fo caratteristiche che aocomunaino tutte le aoquawrti sono comunque abbastanza �spiccate da parmettere di affermare che in ogni caso esiste un rapporto di conoorrenza almeno parziale o potenziale. Ne .consegue .che l'art. 95, secondo comma, pu� trovare applicazione nei casi in cui la similarit� fra particolari tipi di acquavite sia dubbiia o oontestata. 13. -Da quanto esposto risulta -ohe l'art. 95, nel suo complesso, pu� applicaTs�i indistintamente a 1tu1lti i prodotti considerati. Pertanto, � suffioiente accertare se l'applicazione �di U!I1 determinato regime fiscale nazionaJe abbiia carattere idisoxii.miniatorio o, eventualmente, protezionituire il sistema fiscale che ritiene pi� idoneo per ciascun prodotto�. L'art. 95 non impone, cio�, di adottare un determinato tipo di tassazione (ad aliquota unica owero ad aliquote differenziate o progressive), ma, al contrario, � proprio il sistema fiscale autonomamente scelto da ciascuno Stato per un determinato prodotto che costituisce il necessario punto di riferimento per stabilire se i tributi gravanti, di volta in volta, sul prodotto similare di un altro Stato mem bro siano conformi a quanto stabilisce l'art. 95. Altrettanto chiaramente, nella sentenza del 10 ottobre 1978 nella causa 148/77, HANSEN, in Racc., 1978, 1787, � stato ribadito che, �nello stato attuale detJJla sua evdllu:cixme, e dJn .maITTJoonza di uni!fica2'Jiione o ar.rnonizmzione dei1Ie norme rilevanti in materia, il diritto comunitario non vieta agJi Stati membri di concedere agevolazioni fiscali, sotto forma di esenzione da tributi o riduzioni di questi, a taluni tipi di .prodotti alcoolici o a talune categorie di �produttori �. In maniera ancor pi� netta e precisa, lo stesso concetto � stato confer mato, poi, dalla sentenza resa 1'8 gennaio 1980 nella causa 21/79, COMMISSIONE c. ITALIA (in questa Rassegna, ante, pag. 55, con nota di A. !MARZANO), relativa al regime di tassazione dei prodotti petroliferi rigenerati. Si legge in tale sentenza che � il Trattato non vieta, neJI'ambito deJle legislazioni fiscali nazionali, che vengano imposti oneri tributari diversi su prodotti idonei a servire ai medesimi fini economici �, E ci� soprattutto quando risulti che i costi di produzione sono oggettivamente molto diversi a seconda della materia prima utilizzata o del metodo di produzione. Nulla si oppone, dunque, a che gli Stati membri adottino meccanismi fiscali basati su un'imposizione differenziata dello stesso prodotto, in funzione di ele PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 281 tisico, vale a dicre se sussista una disparit� quanto all'aliquota o alle modalit� de1l'imposiZJione, e se tale disparit� possa favodre una determdnata produziOIIle nazionale. � 'su questo piano 1che occorre esaminare, nell'ambito di ciascuno dei ricorsi proposti dalla Commissione, i rapporti economici fra i prodotti interessati e le 1carattea:ii1stiche dei regimi fisoaili oggetto de1le contiroverisie. 14. -Nel corso dei singoli procedimenti, le parti si sono richiamate, per quanto conceme la distinzione fra le varie oategorie di prndotti alcolici, a ta1une affermazioni del1a Corte figuranti nella gi� menzionata sentenza HANSEN & BA_LLE, pronu111:llia:ta qUJa[lto !i presenti ricorsi erano ancora pellldenti. In pairticola:re, .si � fatto ci.ferimento ad un passo di tale sentenza in cui si afferma 1che � nello stadio attuale dcli.a sua evOiluzione, ed in mancanZJa dii unificazione o arunonizzaziOIIle .delle norme rilevanti in materna, il diri.tto comunitario non vieta agli Stati membri di concedere agevolaziOllli Eisca1i, sotto forma di esenzione da 1tributi o riduzione di questi, a taluni tipi di prodotti a1co1ici o a talune categorie di produtto:ci � e che � agevolamoni fi.soali del genere possono... servite a legittimi filni economici e sooia1i, quali l'uso, da parte della distilleria, di determinate materie iprime, la conservazione della produzione di bevande alcoliche tipiche di alto livello qualitativo, o il mantenimento in vita di talUtn.e oategori.e dii imprese, come le distillerie agricole �. 15. -Poich� taluni dei Governi convenut!i sa sono Tichiamati a queste affermazioni per giustificare i propri �regimi f�s,cal!i, la Corte ha ohiesto menti obiettivi che caratterizzino le varie fattispecie, quali, in particolare, le materie 'prime 'impiegate. E questo principio � stato ripetuto, contro Ja contraria opinione espressa dalla Commissione (che riteneva di poter trarre argomenti dalla citata sentenza nella causa 148/77) anche nella sentenza in ras segna. Al paragrafo 16 di questa sentenza si legge, tuttavia, che non sarebbe lecito intendere il principio nel senso che si possano giustificare disparit� fiscali � di carattere discriminatorio o protezionistico �. L'affermazione, neHa sua astrattezza, non � certo contestabile, ma richiede di essere precisata e chiarita, affinch� possa costituire valido criterio di giudizio nelle singole circostanze. In quaili casi, insomma, un trattamento fiscale differenziato dello stesso prodotto (o di prodotti similari) pu� dirsi discriminatorio o protezionistico? A questa domanda Ja sentenza in esame non fornisce risposta in termini generali, s� che resta difficilmente valutabile, secondo pa� rametri oggettivi, l'esattezza della soluzione adottata nel caso di specie. Su1la questione appare necessario, 'perci�, un ulteriore approfondimento, al quaJle si ritiene che Ja Corte potr� pervenir.e in occasione di altre analoghe vertenze gi� sottoposte al suo esame. In termini estremamente sintetici, sembra si possa afformare che un re gime fiscale differenziato per uno stesso prodotto o per prodotti similari pu� dirsi effettivamente incompatibile con l'art. 95 del Trattato in due soli casi. Il primo � quello in cui il trattamento di ciascuna delle sottocategorie fissate da1la legge nazionale non venga esteso ai prodotti importati dagli altri Stati 1 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO 282 a1la Commissione di pronULnziarsi sulla compatihlLit� 'col diritto comunitario de1l'applioamooe di aliquote d'imposta differenziate aJ.J.e vari.e categorie di bevande a1coliche e .di predsare le sue dnten:zJi.oni in proposito, in vista dell'armonizzazione de11e legislazioni fiscali. La Commissione, dopo avere ribadito 1a 'PrOpllia convinzione che tutte Je acquaviti sono prodotti siimffilairi e '1a propria inten:zJi.()[le di 1sosteinere J'adozione, ar1meno in linea di �principio, idi un'aliquota d'imposta unica, nei futuri. regolamentii comunitari, fa Tilevare �che ri problemi relativi all'impiego �di determinate materie prime, 1alla conservazione della produzione di bevande alcoJ.~che idi arlto livello qual:itativo e arl1a struttwria economica delle imprese produttiiioi, cui si rfferusioe :la Corte nella sentenza citata, possono venire risolti mediante aiuti alla produzione o sistemi di compensazione fra i produttori, che tengano conto delle differenze fra i costi delle materie prime impiegate. Essa sottolinea che, gi� fin d'ora, questo obiettivo � stato conseguito, per ci� che concerne le acquaviti di vino, nell'ambito dell'organizzazione comune dei mevcati. viti-virncoli. A suo avviso, meccanismi dd. questo gene[ie permettono di assicurare buone prospettive di mercato a taluni prodotti sfavoviti dai costi di produ2Jione, senza che si renda necessario ricorirere a questo fine a �siistemi di aliquote d'imposta differenziate. 16. -Di fronte a queste prese di posi2lione, la Corte fa rilevare che ne1la sentenza HANSEN & BALLE, essa ha emesso -nell'attuale fase membri che posseggano i requisiti oggettivi necessari per essere classificati nella sottocategoria di cui si tratta. Il secondo � quello in cui nella stessa determinazione astratta delle sottocategorie fiscali venga operata una discriminazione illecita, nel senso che un gruppo di fattis'pecie assoggettate ad una determinata tassazione venga individuato, non gi� in funzione di caratteristiche oggettive riscontrabili tanto nei prodotti nazionaJi quanto in quelli importati, ma in funzione di caratteristiche attinenti (in maniera pi� o meno esplicita) proprio alla iloro provenienza. Non pu� assolutamente ammettersi, invece, che, al di fuori di queste due precise e ben delimitate ipotesi, possa ugualmente affermarsi la violazione del l'art. 95 nei casi in cui al prodotto importato non venga applicato, sempre e soltanto, il trattamento fiscale pi� favorevole fra tutti quehli previsti �per il corrispondente prodotto nazionale. Era questa la tesi sostenuta neHa presente causa dalla Commissione, sulla base di una discutibile interpretazione di alcuni passi della sentenza resa nella citata causa 148/77. La Corte l'ha respinta in termini sufficientemente netti, precisando (aJ par. 16) che eventuali agevolazioni fiscali accordate a prodotti interni devono essere estese soltanto ai prodotti importati che soddisfino ahle stesse condizioni, e non gi� a tutti i prodotti che possano dirsi genericamente � similari �. � auspicabile che tale principio venga confermato e ribadito dalla giu� risprudenza deHa Corte. La tesi della Commissione �, infatti, palesemente inac� cettabile, in quanto comporterebbe, in pratica, la completa negazione di quella PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 283 di evoluzione del diritto comunitario -la legittimit� di talune esenzioni ~ riduzioni d'.imposta, ma a condizione che gili Stati membri che concedono tali agevolazioni fiscali le estendano aHe merci importate che soddisfano le stesse condizioni. Occorre sottolineare che .Ja legittimit� di tali regimi di favore � stata riconosciuta sopr:;tttutto per permettere la conservazione di produzioni e di imprese che, senza queste speciali agevolazioni, non sarebbero pi� reddillie a causa dell'aumento dei costi di produzione. Per �contro, non � lecito intendere le consideirazioni svolte nella citata sentenza nel senso ch'esse possono giustificare disparit� fiS1cali di carattere discriminatorio o protezionistico. Sull'oggetto della controversia e sulla ricevibilit� del ricorso. 17. -Il ricorso proposto dalla Comm~ssione ri!'.',Uarda li contrassegni d� Stato apposti, ai sensi defila 1legislazione J�iscale italiana -ed in particolare dell.'01rt. 6 del decreto legge 26 ottobre 1970, n. 745 (G. U. delJa Repubblica italiana pag. 7193), convertito nella legge 18 dicembre 1970, n. 1034 (G. U de1la Repubblica italiana, pag. 8543) -sui recipienti autonomia fiscale dei singoli Stati membri che, al Jivello attuale dell'evoluzione del diritto comunitario, non � in alcun modo contestabile. Se, invero, al prodotto importato dovesse essere sempre applicato il: trattamento pi� favorevole fra tutti quelli previsti all'interno per le varie sottocategorie del prodotto corrispondente, la sovranit� fiscale dello Stato membro finirebbe col ridursi a1la assurda facolt� di creare onerose discriminazioni a danno esclusivo dei prodotti nazionali. Da tali considerazioni, sembra, quindi, che possa ricevere conferma il prin� cipio secondo cui una corretta valutazione delle varie fattispecie in cui si pongono problemi di discriminazione fiscale fra prodotti interni a prodotti importati deve sempre partire dalla premessa che i precetti dell'art. 95 del Trattato vanno riferiti, non a categorie merceologiche astratte, ma alle cate-� gorie fiscali in concreto istituite da ciascuna legislazione nazionaJe. L'osservanza del principio di non discriminazione, va, cio�, sempre accertata separatamente per ciascuna di queste categorie fiscali, e non gi� istituendo indebite comparazioni fra prodotti appartenenti a categorie diverse. La norma comunitaria fa obbligo, infatti, agli Stati membri di estendere gli eventuali trattamenti fiscali agevolati o, comunque, differenziati previsti per i prodotti nazionali ai prodotti importati che posseggono tutti i requisiti ne cessari secondo la legge nazionale. Essa non impone, cio�, l'adozione di alcun sistema fiscale definito in astratto, ma assume, al contrario, come necessario punto di riferimento del principio di non discriminazione 'proprio il sistema autonomamente stabilito, di volta in volta, da ciascuno Stato membro, con tutte de sue caratteristiche e con le differenziazioni di categorie e di aliquote che in esso sono previste. MARCELLO CONTI 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 284 contenenti l'acquavite destinata alla vendita al minuti. In base alle aliquote, comm~surate alfa capacit� dei recipienti, sono, per le acquaviti di cereali e di canna da zucchero, un multiplo di quelle previste per le acquaviti di vino e di vinaiccia. La Commi,ssione sostiene che questo regime fiscale � incompatibile coll'art. 95 del Tirattato, in quanto assoggetta ad aliquote pi� elevate prodotti che 1sono per Ja maggior parte importati, dservando de aliquote pi� favorevoli alle iacquaviti di vino e di vdnacce, prodotti tipicamente italiani. 18. -Nel ricorso la Commissione fa osservare che il regime dej contrassegni di Stato non � che uno deglii aspetti del regime fiscale i,taliano in materia di alcoli; questo comprende anche altri tributi, quali il � diritto erariale �, riscosso alla produzione, e l'imposta sul valore aggiunto, riscossa sulle vendite, i quali, in ragione dei loro aspetti discriminatori, sono attualmente oggetto idi procedimenti per violazione del T1rattato promossi fo forza dell'art. 169 di questo. 19. -Secondo il Governo italiiano, il ricoriso � iriricevdbiJe ,in quanto la Commissione, proponendolo, ha scisso la questione relativa ai contrassegni di Stato dagli altri aspetti del regime fiscale delle bevande alcoliche, rendendo cos� impossibile fa valutazione unitaria deJJa materia, con H rischio che Ja Corte, chiamata a pronunmarsi su questo aspetto marginale, sia indotta a pregiudicare la deoisfone sull'insieme del iregime fiscale controve:rao. 20. -Questa eccezione di irricevibilit� non pu� essere accolta, in quanto, nonostante possa 'aippanire preferibile valutare tl!rl!itariamente i:l sistema fiiscale oggetto, nei suoi vari aspetti, delle critiche della Commissione, ~a disciplina dei con1Jrassegni di Stato oostitullislce, ne11'ambito del_ regime fiscale controveriso, un elemento del tutto isolabile ed atto pertanto ad e$Sere valutato a parte. E. quindi ovvio che la sentenza della Corte non potir� trascendere i fatti oggetto del dcorso n�, di conseguenza, pregiudicare la decisione su altre questioni connesse. 21 -Va ri.coroato inoltre che, secondo il Governo italiiano, il rkorso proposto m via principale in base alJ'art. 95, priirno comma, � irricevibile in quanto lia Commissione lo ha al tempo stesso fondato, in suboroine, suJ. secondo comma dello stesso articolo, formularndo in termini estremamente generici la censura ,di violari.one di quest'ultima disposizione mossa ahla Repubblica italiana. 22. -A proposito di questa eccezione del Governo italiano, � sufficiente osservare che essa attiene in realt� W. merirto delJa con1lroversia e pertanto va esaminata congiuntamente a questo. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 285 23. -Quanto al merito, il Govemo dtaliano svolge due gruppi di avgomenti, dguardanti, ri.spettivamente: -.!'assenza di siirnilarit�, ai sensi dell'art. 95, primo comma, fra i prodotti assoggettati al trattamento fiscale differenziato, e -la mancanza del1a protezione indiretta di prodotti nazfonali ai sensi dell'art. 95, secondo comma. Sulla qualificazione del regime fiscale controverso. 24. -In coerenza con Ja tesi sopra ricordata, la CommisSii:one ,sostiene che i ;prodotti classificati dalla legislazione itaJiana in &verse �categorie fisca1i -da una pa�:r>te le acquaviti di cereaJi e dii canna, e, dall'altra, le acquaviti di v;ino e di vinacce -vanno considerati � similari � ai sensi dell'art. 95, primo comma, del Trattato. 25. -Nel ,riicorso, la Commissione deduce in subordine, pe1r il caso in cui la Corte non iriconosca l'esistenza di un rappovto dii similarit� fra i prodotti considerati, la v;iolazione, da parte della Repubblica italiana, dell'art. 95, secondo comma. Secondo la Commissione i vari tipi di acquaviite di cui 1lrattasi, nonostante .le loro caratteristiche peculiari, si trovano per .Io meno, in quanto reciprocamente sostituibili, nella situazione di concorrenza contemplata da11'art. 95, secondo comma. Ci� troi verebbe conferma nel fatto che taluni Stati si sono adoperati per ottenere, per le denominazioni di origine di certe acquavi1ti, una tutela che SJarebbe priva di interesse se questi prodotti fossero del tutto diversi da altri prodotti concorrenti. 26. -Per quanto ,concerne '1'app1icazione dell'art. 95, primo comma, il Governo itooano nega che ii prodotti classificati ,in diverse categorie ai fini del 1contrassegno di Stato -da rnla parte Je acquavHii di cereali e di canna, dall'altra ,Je acquaviti dii vino e vinacce -possano essere cnnsiderati � similari � ai sensi della suddetta disposi:done. Richiamandosi ai cr�.teri :indicati dalla Corte ne11a citata sentenza REWE, esso sottolinea che, senza voler sminuire l'importanza che Je caratteristiche del prodotto possono avere agli occhi deJ corusu:rnartore, non si pu� privilegiare questo aspetto a taJ punto da trascUII'are i criteri oggettivi basati sutla diversit� della materia prima, sul tiJpo di acole e sul procedimento dii fabbricazione; infatti, daJle varue mate:r�.e prime -v;ino, vinacce, frutta, meJaisso, cereai1i o succo di canna -si ottengono, con diversi procedimenti, svariati tipi di acqua~ite, ciasouno dei quali costituisce, per cos� dire, un mnndo 1a parte, e che qualsiasi consumatore pu� distinguere senz'aJcuna difficolt�. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 27. -Secondo il Governo convenuto, ,i prodotti di curi si tratta nella fathlspeoie sono � assolutamente divevsi � tra loro a causa della materia p11ima di base, sfa che ri diverisi procedimenti di fabbricazione e delle 'oaratteristiche peculiari dei :prodotti, .risultanti dall'effetto combinato di questi due e1ementi. L'esperienza insegna che la scelta dei consumatori � sempre esti;emamente preoisa, determinata dal gusto, dalle abitudini, dalle propriet� vere o presunte dei prodotti, anche sotto il profilo sanitari.o. 28. -InoltJre, il Governo italiano si �richiama alfa classificazione doganale, ed in particolare alla sudivisione della sottovoce 22.09 E della Tariffa Doganale Comune, secondo la quale, appunto il rum ed il whisky ;costitUJiscono gruppi a parte. Esso lJa poi rilevare che, nella nomenclatura delle statistiche doganali, il whisky e l'acquavite di vino o di vinacce sono rispett>iV1amente contraddistinti da un diverso numero di statistica. 29. -11 Governo itai1iano �considera rinfondata 1a censura di discriminazione formUJlata da11a Commissione, in quanto, a suo avviso, ,il prezzo del contrassegno di Stato � udentico per ,le acquiviti dd oerea1i e di canna importate e per quelle prodotte in ltJailia, e gli alcoli di vii!Ilo e dU vinaoce importati sono gravati nella stessa misura degli a1co1i corrispondenti di produzione nazionale. In tal modo, a prodottJi identici, quale che sia la loro provenienza, verrebbe rii.servato un'identico trattamento. 30. -Quanto all'applicazione dell'art. 95, secondo comma, H Govermo italiano assume che questa norma si riferisce non gi�, come sembra ritenere la Commissione, alla tassazJione differenziata dei prodotti nazionali e du quelli importati, bens� al carattere protezionistico di un determinato sistema fis�ca1e nazionale; orbene, risulta che, nonostante le aliquote differenziate, 'le importazioni di whisky in Italia hanno vegistrato un mass~ooio incremento, mentre dl consumo delle acquaviti di vino e di vinacce � aumentato in misura molto limitata. In sostanza, 1a Commdssione tenterebbe, con la sua azione, di imporre il livellamento delle aliquote, col pretesto 1che tutte le aoquaVliti :sono tra foro similari, o almeno concorrenti, ai sensi dell'a1:"t. 95. 31. -La classif�ircaziane doganale delle bevande alcoliche, concepita in funzione delle esigenze del commerdo con l'estero, nan pu�, nel caso di specie, fornire elementi deais.ivi per valutare 1a sussistenza del carattere della shrrilarit� ai sensi dell'ar,t. 95, primo comma, del Trnttato. Questa considerazione vale del pari per quanto concerne le statistiche doganali, che hanno lo scopo di fl.1egistraire ,l'ampiezza dei movimenti delle meroi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE ckJissiJ�icate ndle varie voci, ma non possono fornire indicazioni quanto all'eventuale rapporto di concorrenza fra le merci �Classificate in questa o quella 1categoria. Ci� � tanto pi� vero in quanto fa classi:ficazione adottata daUa legislazione fiscale italiana corrisponde solo vagamente alla suddivisiione della sottovoce 22.09 C della Tariffa Doganale Comune. 32. -H Governo italiano ha senz'altro ragione quanto sottolinea l'importanza, ai fini dell'individuazione dei caratteri distini1liv1i tipici delle diverse acquaviti, della materia prima e del procedimento di fabbricazione. La Corte ha tenuto conto di questi elementi nella sentenza REWE, in cui ha considerato le propriet� del prodotto e le es~genze dci consumatori idonei criter.i di valutazione ai fini dell'accertamento dell'esi: stenza della similarit�. Cionondimeno, quand'anche fosse possibile identificare alcune bevande tipiche aventi propriet� ben precise e pertanto idonee ad impieghi specifici, non �si potrebbe comunque 1ignorare l'esistenza, sul mercato, di altre bevande alcoliche atte ad essere consumate nei modi pi� vari, allo stato puro, .con acqua o miscelate con altri liquidi, e capaci, qumdi di soddisfare bi:sogni pi� diffusi; fra queste, vi sono iil whisky ed il rum, iJ. cui trattamento fiscale � oggetto de1la presente controversia. � soprattutto la versatilit� di queste bevande che consente di ritenerle similwi a moltissime altre bevande alcoliche, o con queste concorrenti, almeno parzialmente. 33. -Considerati tutti questi elementi, Ja Corte non rit�ene necessario pronunziarsi, ai fini de1Ja decisione della controversia, sulla questione di sapere se �le bevande alcoliche di cui trattasi ,siano o no, parziialmente o totalmente, prodotti similari ai sensi dell'art. 95, primo comma, in quanto non si pu� ragionevolmente negare che se esse siiano, senza alcuna eccezione, in concorrenza, quanto meno parziale, con i prodotti nazionali ai �quali j,l ricorso si riferisce e, d'altronde non � contestabile il carattere protezionistico, ai sensi dell'art. 95, secondo �comma, del regime J�iscale italiano. 34. -Infatti, 1come � stato mustrato in precedenza, Je acquaviti di cereali ed il rum, in quanto prodotti ottenuti medtl.ante dist�llazione, hanno in comune con le acquaviti di vino e di v;inacoia tante propriet�, da costituire per il consumatore, almeno m certi 1casi, un'alternativa a tali bevande. 35. -AUa luce di quanto esposto, risulta evidente .il cariattere protezionistico del regime fiscale criticato dalla Commissione. Esso � infatti contraddistinto dal fatto che i prodotti nazionali pi� tipici, vale a dire le acquaviti di vino e di vinacce, rientrano nella categoria fisicale 288 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO pm agevolata, mentre due tipi di prodotti quasi totalmente Jmportati da altri Stati membri, vale a dire le acquaV1iti di cereali ed il rum, sono assoggettati 1ad un trattamento fiscale pi� gravoso. Il fatto che esista anche una produzione nazionale di queste acquaV'iti non modil�ica tale giudi2fo, in quanto � pacifico che si tratta idi quantitativi di entit� minima e, per giunta, i prodotti venduti sotto queste denominazioni sono in realt� -come ha sostenuto fa Commissione senza essere 1contrad detta -ottenuti tagliando i prodotti importati con un'alta percentuale di alcole di vino di produzione italiana. 36. -In base alile cons.1derazioni sopra esposte sii deve constatare ohe H regime fiscale applicato nella Repubbli<;a ital!iana, quale 111isulta da1le disposizioni legislative sUllilmenzionate, � ill!compartibiJe, per quanto concerne fiimposizione, da una parte delle bevande alcoJ.iche ottenute dalla distli1lazione dei cereali e de1la canna da zucchero, e dall'altra delle acquaviti di vino e vinacce, con quanto disposto daH'art. 95 del Trattato. (omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 ottobre 1979, n. 5428 . Pres. Novelli . Rei. Ruperto � P. M. Berri � Ministero degli Interni (avv. Stato, Gargiulo) c. Mattina Antonio ed altri (avv. Basile) e Comune di Gela (avv. Morreale). Giurisdizione civile � Giurisdizione onlinaria ed amministrativa � Provve dimenti ul"genti del sindaco � Constatazione dell'esistenza del presup� posti � Apprezzamento discrezionale � Difetto di giurisdizione dell' A.G.O.. Fattispecie. Il giudice ordinario pu� indagare sull'esistenza dei presupposti al cui concorso la legge astrattamente conferisce alla p. a. il potere di sopprimere o comprimere con provvedimenti contingibili e urgenti gli altrui diritti soggettivi, affievolendoli ad interessi legittimi, ma deve limitare tale indagine alla sussistenza dei soli presupposti obiettivamente identificabili sulla base cio� di una semplice constatazione, senza compiere alcun apprezzamento di natura discrezionale (1). (omissis) Col primo motivo il Ministero dell'Interno, denU1I1ziando violazione dell'art. 69 d.l.p. Reg. Sic. 29 ottobre 1955, n. 6, in relazione all'ai:t 360 n. 1 cod. proc. oiv., censura l'impuwnata .sentenza per avere affel"mato la giurisdi:llione dell'a.g.o. sulla base di un'evidente confusione tra carenza e scorretto esercizio di potere in materia di provvedimenti contingibi1i ed urgenti. Pur dovendosi certamente condividere alcune delle critiche formulate dal ricorrente avverso la motivazione della Corte d'appello, il dispositivo dell'impugnata sentenza � da >ritenersi esatto e l'esposta censura priva, nella sostanza, di fondamento. (1) Nella specie esaminata non si faceva nessuna questione sul modo di esecuzione deH'ordinanza, ma solo se ne censurava la legittimit� per averla il sindaco emessa fuori dai limiti dei suoi poteri, perc..h�, neLla specie, non esisteva l'urgente necessit�. Aveva affermato la Corte che �sotto l'aspetto oggettivo il potere in esame attribuito al sindaco � latissimo, di contep.uto assolutamente vario e imprevedibile. � condizionato soltanto daUa necessit�, e cio� imprescindibilit� per l'interesse pubblico e dall'urgenza, e cio� dal pericolo del ritardo relativamente a tale interesse; necessit� e urgenza debbono, quindi coesistere perch� questa presuppone fa prima >>. E poi la Corte aveva aggiunto: � L'esistenza del potere si valuta non in astratto, bens� in concreto, e cio� neHe sue concrete manifestazioni, che consentono di valutare la coincidenza dei suoi Hmiti nel caso specifico con quelli stabiliti daLla legge, cio� consentono di stabilire se ci sia stato un concreto esercizio del potere stesso o se, piuttosto esso non sia apparente "� Ed infine la Corte aveva affermato: � La necessit� e la urgenza assumono il carat RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO � invero senz'altro da ribadire il principio pi� volte affermato da questo Supremo Collegio e richiamato nel Ticorso, secondo cui non basta, per radicare la giurisdizione del giudice ordinario, che il privato deduca la totale carenza del potere discrezionale che la p.a. abbia ritenuto di esercitare, occorrendo altres� la sostanziale aderenza della deduzione stessa alla norma che Tegola in astratto la materia controversia, cos� come, paraHelamente, non basta la pura e semplice denunzia della violazione dei limiti posti dalla legge alla violazione di quel potere, quando poi la prospettata violazione si risolva nella sostanziale denunzia di un vizio di legittimit� dell'atto amministrativo. PuTe da riaffermare � la (prevalente) giurisprudenza delle Sezioni Unite n�llo specifico tema dei provvedimenti contingibili ed urgenti, secondo la quale, sempre ai fini della giurisdizione, il giudice ordinario deve bens� indagare sull'esistenza anche in concreto dei presu}Jposti nel cui corso la legge astrattamente conferisce alla p.a. il potere di sopprimere o comprimere con tali provvedimenti gli altrui diritti soggettivi affievolendoli in meri interessi legittimi; ma, tuttavia, limitando tale indagine all'accertamento della sussistenza o meno dei soli presupposti obiettivamente identificabili, ossia di quei presupposti che possano essere concretamente identificati sulla base di una constatazione che non involga apprezzamenti di natura discrezionale. Ci� posto � bens� vero che la r�col1Tenza d'una situa;z;ione di pericolo ovviabile con le misure oggetto d'un provvedimento contingibile ed urgente non pu� essere verificata dal giudice senza scendere a sindacare un apprezzamento discrezionale dell'autorit� che il provvedimento medesimo abbia emesso e, quindi, non pu� essere negata senza spostare l'indagine dal piano del difetto dei presupposti a quello dell'esercizio scorretto del potere della p.a., come -giusta la critica del ricorrente ha finito per fare la Corte di Caltanissetta seguendo le linee interpretative d'un noto indirizzo giurisprudenziale minoritario. Infatti, l'ev�ntuale inconsistenza delle ragioni addotte da chi emette il provvedimento tere di condizioni per la sussistenza concreta del potere esercitato nel caso specifico: la mancanza di esso determina la mancanza del potere e, quindi, l'impossibilit� di affievolimento del diritto �. Ora � evidente che una censura del genere, rivolta ad accertare in concreto resistenza dell'urgente necessit�, si risolve in un vero e proprio sindacato sul l'eccesso di potere amministrativo che al giudice ordinario � prec1uso e implica una confusione tra carenza di potere ed esercizio di potere che occorre terier presente ai fini della discriminazione della giurisdizione ordinaria e amministra tiva. La Corte Suprema, infatti, ha insegnato, proprio in materia di provvedimenti contingibili ed urgenti ai fini deUa giurisdizione, che (sentenza 4 dicembre 1971, n. 3519, in Rass. Avv. Stato, 1972, I, 36): �Ricorre fa carenza di potere non solo quando nessuna norma attribuisca all'amministrazione un determinato potere, ma anche quando il potere che le � dalla Jegge attribuito venga dall'amministrazione utilizzato in una situazione che non � in alcun modo inquadrabile !'AJ!'U! I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE per giustificare la necessit� e l'urgenza, attiene propriamente al modo d'esercizio concreto del potere e, dunque, non pu� non risolversi in un semplice vizio di legittimit� dell'atto, denunziabile solo in sede di giurisdizione amministrativa. Tuttavia, altrettanto vero � che nella specie la carenza di potere del sindaco venne dedotta dagli attori davanti al Tribunale, non solo col negare la ricorrenza in concreto della necessit� e dell'urgenza, ma anche, e specificamente, contestando che fossero proprio essi attori gli � interessati � cui pu� essere ingiunto �di eseguire gli ordini� ogtetto dei provvedimenti previsti dal suocitato art. 69, o a spese dei quali gli ordini medesimi possono essere � eseguiti d'ufficio � (donde la domanda di rimborso della somma spesa e di risarcimento dei danni, formulata nelle conclusioni-dell'atto di citazione). E non pu� revocarsi in dubbio che l'individuazione dei suddetti � interessati �, vale a dire dei soggetti su cui deve gravare l'onere finanziario dell'esecuzione degli ordini come sopra emanati, esuli dalla sfera di discrezionalit� concessa in materia alla p.a. A quest'ultimo proposito, basti pensare che l'adempimento d'un tale onere si traduce di fatto in una vera e propria � prestazione patrimoniale � (la quale, ai sensi dell'art. 23 Cost., non � pu� essere imposta se non in base alla legge�) per ritenere agevolmente che l'individuazione del soggetto su cui deve ricadere in concreto l'obbligo della spesa di esecuzione sia rigorosamente vincolata dalla stessa legge che autorizza l'emissione del provvedimento contingibile ed urgente. Dicesi vincolata, nel senso che la scelta non � punto discrezionale, ma deve necessariamente cadere sul solo soggetto tenuto ad eliminare il pericolo che giustifica l'ordine; essendo, altrimenti, quest'ultimo da considerarsi emanato in totale carenza di potere. Ne discende che, a stregua dei princ�pi sopra esposti, deve ritenersi senz'altro radicata la giurisdizione del giudice ordinario quando l'attore nella fattispecie legale contemplata, in astratto, dalla norma che Jo conferisce: in tali casi le situazioni giuridiche soggettive dei cittadini, garantite dalle norme di relazione che presiedono ai rapporti fra costoro ed il potere pubblico, conservano la loro consistenza e trovano la loro tutela davanti al giudice dei diritti soggettivi. Ricorre, per contro, Jo scorretto esercizio di potere quando la fogge consente aWamministrazione di incidere sulla sfera giuridica dei cittadini, disponendo anche dei loro diritti soggettivi, ma l'attivit� amministrativa, in cui .I'eser� cizio di quel potere si estrinsechi, pur inquadrandosi nella fattispecie legale, risulti viziata, quanto alla forma, quanto al contenuto o quanto alla competenza dell'organo che l'ha posta in essere, per contrasto con quelle norme di azione che assicurano il corretto .esercizio dei poteri delila pubblica amministrazione: nel qual caso Ja situazione soggettiva del cittadino, degradata, nei confronti di questa, al rango di interesse legittimo, non pu� trovare tutela se non davanti al giudice amministrativo. A radicare la giurisdizione del giudice ordinario, non basta, dunque, che il privato fondi Ia sua pretesa sulla radicale negazione dell'esistenza del potere 292 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO deduca appunto la carenza del potere della p.a. sostenendo di non trovarsi in una situazione di diritto o di fatto, che lo legittimi passivamente all'onere delle spese di esecuzione del provvedimento contingibile ed urgente; mentre appartiene poi al merito della causa ogni accertamento circa l'effettivo nesso tra soggetto e casa, da cui pu� sorgere concretamente la legittimazione stessa. Sotto tale profilo, dunque, e con tale motivazione, � da considerarsi esatto il dispositivo dell'impugnata sentenza. Pure infondato � il secondo motivo, col quale il ricorrente, denunziando �Violazione dell'art. 100 cod. proc. dv., tn relazione agli mtt. 2043 cod. civ. e 28 Cost. �,deduce una subord1inata censura, sostenendo che se l'ordinanza del sindaco �sia stata, come �t.itenuto dalila Cocte d'appello, emanata sulla base di un potere inesistente, � non si vede perch� e come lo Stato debba risponderne�, essendo .imdisoutibi.le la dipendenza solo funzionale e non anche organica del sindaco da11o Stato stesso �quando esercita funzioni stataH �. A parte ogni pregiudiziale considerazione sulla deducibilit�. di tale censura, non avendo il Ministero appellato la sentenza di primo grado sul punto del dichiarato difetto di legittimazione passiva del Comune di Gela, va infatti decisamente osservato, ai fini di ritenere comunque senza fondamento il motivo, che a far sorgere la responsabilit� dello Stato per l'attivit� illegittima d'un organo pubblico, basta �l'astratta riferibilit� ad esso Stato dell'attivit� medesima, prescindendo non solo dagli eventuali vizi di legittimit� ma anche dalla concreta sussistenza del potere esercitato dall'organo. Tanto si desume dai princ�pi generali, come questo S.C. ha gi� avuto o~casione di precisare, e rimane confermato dalla stessa norma dell'art. 28 Cost. richiamato dal ricorrente; la quale norma, nel sancire la responsabilit� anche dello Stato per gli atti compiuti dai funzionari e dipendenti di esso �in violazione di diritti�, non opera infatti alcuna distinzione in relazione al vizio da cui gli atti medesimi siano affetti. Il ricorso va pertanto ~igettato. (omissis). discrezionale che la pubblica amministrazione ritenne di esercitare, ma occorre che quehla negazione presenti sostanzia.le aderenza alla norma che regola in astratto la materia controversa; n� basta, a maggior ragione, che si denunzi, in via di mera prospettazione, la violazione, dei limiti entro i quali la legge vo1le che l'esercizio del potere fosse contenuto, quando tale denunzia si risolva, in realt�, in quella di una dei vizi di legittimit� dehllatto amministrativo (incompetenza, etJCesso di potere, violazione di legge) dei quali solo il giudice amministrativo pu� conoscere. Se cos� non fosse, H sindacato del giudice ordinario sugli atti della pubblica amministrazione finirebbe per estendersi oltre ogni Hmite, fino a sconfinare, specialmente in presenza dehl'eccesso di potere in una delle sue varie manifesta:z;ioni, ne11a pi� penetrante indagine sul processo formativo delila volont� dehl'organo dell'amministrazione �. V. anche Sez. Un., 4 marzo 1974, in Giust. civ., 1974, 875. .r'ARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 293 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 gennaio 1980, n. 2 -Pres. Rossi Est. Sandu11i -P. M. Gambogi (coni. conf.) -Banco dii Napoli (avv. Sorrentino, Palmieri) c. Corte dei Conti (avv. Stato Cairafa). Giurisdizione civile -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Corte dei conti -Violazione delle norme valutarie -Responsabilit� di una banca quale agenzia della Banca d'Italia � Giurisdizione della Corte dei conti. (r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; t.u. delle leggi sulla Corte dei conti, art. 52; d.!. 28 luglio 1955, n. 586, sulla negoziazione e cessione delle valute estere allo Stato, art. 6; d.!. 6 giugno 1956, n. 476, in materia valutaria, artt. 10, 14). . In ipotesi di illegale esportazione di valuta, conseguente ad un comportamento colposo di una banca (nella specie, Banco di Napoli), autorizzata dalla Banca d'Italia a svolgere, quale sua agenzia, la funzione di controllo preventivo sui pagamenti ed accrediti all'estero (funzione affidata all'ufficio italiano dei cambi ed esercitata ex lege per mezzo della Banca d'Italia), la cognizione della responsabilit� amministrativa dell'istituto di credito, per il pregiudizio arrecato allo Stato con l'illegittima concessione del cosiddetto benestare bancario, � compresa nell'ambito della giurisdizione di responsabilit� della Corte dei conti; ai sensi ed agli artt. 52 del r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, 81 e 82 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 e 103 comma secondo Cast., tenuto conto che l'indicata autorizzazione, da parte della Banca d'Italia, instaura un rapporto di servizio' tra lo Stato e l'Istituto di credito, e che detta illegale esportazione di valuta, qualificabile come effetto di atti inerenti a quel rapporto di servizio, � un fatto potenzialmente lesivo degli interessi patrimoniali dello Stato (1). (omissis) I quattro motivi di ricorso, fra foro intimamente connessi, vanno esaminati congiuntamente. Con il primo, H Banco ricorrente sostiene che, in materia di resp()[lsabilit� amminis1Jrat1iva per danni :prodotti aH'Brario dello Stato la giurisdizione de1la Corte dei conti non possa esercitM1SI�, a norma dell'art. 52 del r.d. 12 luglio 1943, n. 1214, nei confronti de1le persone giuridiche; e con il secondo, che -essendo il connrollo dei rpagamentii. e degli accrediti all'estero affidate all'Ufficio Ita1iaino dei Cambi, il quale per certe attivit� si avvale della Banca d'Ha.Ma -fra Ie aziende di credito autorizzate a fungere da agenzie della Banca d'Itali� e lo Stato non intercorra alcun 'rapporto di dipendenza. (1) Sentenza di grande rilievo per la quale cfr. F. PIGA, Responsabilit� delle banche agenti nel regime del monopolio dei cambi e giurisdizione della Corte dei conti, in Giust. civ., 1980, I, 908. 294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con U terzo, il ricorrente contesta la ,jpotizzabilit� di un danno deH'Era11io (.presupposto defila giurisdizione di .responsabihl.t�); in quanto il lamentato pregiudizio per 'l'economia nazionale integrerebbe Ja .semp1ice lesione di un interesse de1la collettivit�; e, con il quarto, contesta la competenza giurisdizionale della Corte dei conti a conoscere delle infrazioni vailutarie. Con Ie riassunte censure il ricorrente sostiene in sostanza che la responsabiJit� amministrativa vailga a radicare, in caso di danno patrimoniale dell'Erario delio Stato (e non .di mera lesione �di un interesse de1la collettivit�), Ja giurisdizione della Corte dei conti soltanto nei .confronti di persone fiSJ�!che legate a1lo Stato da un rapporto di dipendenza. Il problema che si pone � se, in caso di illegale esportazione di valuta, conseguente al comportamento �colposo, �di una banca (rnella specie, Banco di Napoli), autorizzata� dalla Banca d'Italia a svolgere, quale sua agen:ziia, la funzione di contro11o preventivo suii pagamenti ed accrediti all'estero affidata all'Ufficio Italiano dei Cambi ed eseroitata ex lege per mezzo della Banca d'Italia, Jia cognizione della responsabilit� amministrativa dell'listituto ba[J)cai:fo per -il pregiudizio deri.vato alilo Stato dal suo atteggiamento co1pevole, per avere concesso illegittimamente il cosiddetro benestare bancario, sia compresa nell'ambito della giurisdizione di responsabilit� della Corte dei conti? Intimamente collegati ad esso .sono iJl quesii.to se vicorra un .rapporto di serViizio fra lo Stato e l'Istituto di credito, autorizzato dalla Banca d'Italia a svolgere fa funzione di controllo sui pagamenti ed aoorediti all'estero, e la questione se il pregiudizio che derivi allo Stato dalla illegale esportazione di valuta dntegri un evento di danno per l'Erario dello Stato ai sensi ed agJi effetti dell'art. 52 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (t,u. delle leggi sulila Corte dei conti) e degli artt. 81 e 82 del 1r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, suJl'iamm1nJ.strazione del patrimonio e suhla contabilit� generale 'dello Stato. 11 problema proposto attiene ai Limiti delle attri.buzioni giurisdizionali della Corte dei conti iin materia di � contabHit� pubb1ica �. La competenza giurisdizionale della Corte dei conti, in tale materia, �' copre -secondo fa tradizione legislativa e l'elabo:r~azione giurisprudenziale -oltre a tutto i:l campo della rendiconta:ziione dei pubbl!ici fllil1ZI�onari e degli agenm all'amministrazione, quello della responsabi.J.ii.t�, I�nerente al rapporto di servizio degli stessi nei confronti dehl'amministra: ziione (<cosiddetta responsabilit� amministrativa); e le fonti �di diritto positivo relative alla giurisdizione di responsabiHt� vanno indiv11duate nella citata disposizione dell'art. 82, p1:1imo comma, del r,d. 18 novembre 1923, n. 2440, la quale stabilisce che sono assoggettati alla giurisdizione di responsabiilit� gli dmpiegati che, per azione o ammissione, anche soltanto col.posa, nell'eserci:ziio delle loro funzioni, abbiano cagionato danno PARTE I, SEZ. III. GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 295 allo Stato, e nella norma deH'art. 52, pl1imo comma, del rid. 12 luglio 1934, n. 1214, la quale prevede Ja giurisdizione de1la Corte dei conti, per i � fUJilZionari �, !impiegati ed agenti, civili e mi:litarii, che nell'eseroizio delle loro funZJioni, per azioni od omissioni ,imputabili anche a sola colpa o negligenza cagionino danno a1lo Stato �. Invero, i:n taluni terimim -non delimitando la Costituzione le cennate aree -si � espressa la giurisdizione de1le Sezioni Unite de1la Corte Suprema (sent. 20 luglio 1968, n. 2616; sent. 5 febbraio 1969, n. 363; sent. 18 lug1io 1979, n. 4244; sent. 8 ottobre 1979, n. 5184), fa quale ha ritenuto che ,l'art. 103, secondo comma, della Costituzione, abbia 1inteso assegnare -data la nozione polivalente di �contabilit� pubblica� -alla Corte dei conti una competenza girurisdizionale generale nelJa deLineata materia, si da ricomprendere -tendendo la giudsdizione di conto a seguire l'evolversi della finanza pubbHca (dello Stato e degli enti territoriali miil1ori) verso forme pi� complesse ed articolate at1linenti ad estese finalit� pubblilche -nell'ambito del contenzioso contab1le Ja giurisdizione di responsabilit� per danni, oriiginati nel corso di un rapporto idi impiego e di serviZJio e connessi alla gestione finanziariia e patmimoniale svolta dall'amministrazione dello Stato e di 1altro ente pubbJico. Si �, quindi, affermato dalla Corte Suprema (cfr., da ultimo, sent. 18 lug1io 1979, n. 4244; sent. 8 ottobre 1979, n. 5184) che, al fine di determinaire l'ambito della giumsdizione di responsahl1it�, debbono concorrere i seguenti requisiti (soggettivi ed oggettivi): che il danno sia lamentato dallo Stato (o d:a altro ente pubblico territortlale o non economico); che sia chiamato a rispondere un soggetto legato all'amministrazione pubblica da un ,rapporto d'impiego o di servizio; e che 11 danno s.ia causato nell'esercizio idi un'attivit� ,merente a tale ,raipporto. Restano, per d�, assoggettati alla giurisdiZJione della Corte dei conti in materia di responsabilit� amministrativa tutti i giudizi per danni arrecati allo Staio ( o ad altro ente pubbliico) dai sogget1li che, inseriti nel suo apparato organizzatorio, svolgano la loro attivit� nella sfera .d:i esso. Il problema da l'isolvere �, qulindi, se, nel caso d:i specie, ricorra un rapporto di servizio fra lo Stato e ,l'istituto baincario, autorizzato dalla Banoa d'Itahla a svolgere Ja fUJnZJione di contro1lo (rpreventivo) suHe operazioni di accredito alJ'estero d:i valuta che, affidata all'Ufficio Italiano dei Cambi, viene svolta ex lege dalJa Banca ,d'Italia. Trnttasi cio� di stabiillirn se il rapporto tra lo Stato ed iil cennato istituto di credito sia tale da �inserirlo ne1l'apparato organizzatorio dello Stato, investendolo di una pubblica funzione di controllo ed obbldgamdoJo cos� a tenere il medesimo comportamento imposto ai soggetti che, rivestiti di un pubblico ufficio, siamo legati all'amministrazione da un mpporto di dipendenza, e cio� ad operare m conformit� delle presrcrizioni di legge o di regolamento e deJJe istruzioni d,nterne di servizio. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 296 Nella disamina della delineata questfone, occorre muovere dai dati normativi. L'art. 2, quarto comma, del d.l.lgt. 17 maggio 1945, n. 331 (Costituzione del:l'Ufficio Italiano dei Cambi e passaggio ad esso dei poteri dell'Istituto Nazionaile per i cambi eseroitante le funzioni di controllo suHe opera2'Jioni di pagamento e di aocredito all'estero, svolte a mezzo della Banca d'Itailia) dispone che �l'Ufficio Italiano dei Cambi effettua le operazioni di sua competenza a mezzo della Banca d'Italia e delle b:arnche da questa autorizzate a fungere da sue agenzie�. L'art. 6 del dJ. 28 luglio 1955, n. 586 (Nuove norme suUa negoziazione e ila cessione di valute estere allo Stato) prescrive che le banche presso le qualii. sono ,istituii.ti i conti in valuta estera hanno l'obbligo di controllare che l'utilizzo, per pagamenti a1l',estero di importazioni dd merci, delle somme accredidate nei conti abbia luogo in conformit� aLle disposizioni emanate dal Miirui:stero per hl CommeI'cio con l'estero. Il d.l. 6 giugno 1956, h. 476, (Nuove norme valutiairie e istituzione dii un meroato libero di bigliietti di Stato e di banca esteri), poi, stabilisce, nell'art. 10, primo comma, lett. d, che la Banca d'Italia e Ie aziende dii credito autorizzate a fungere da sue agenzie possano, in base a1le autorizzazioni ministeriali, cedere i biglietti di Stato e di banca esteri ai restidenti per il pagamento dei debiti denivanti da operazioni effettuate in base ad autorizllazioni ministeriali; e, nell'art. 14, 1che alle banche � vietato dare esecuzione ad operazioni non effettuate in conformit� delle disposizioni contenute nel deoreto legge. Infine, il deoreto del Ministro per il commercio con l'estero del 20 novembre 1967, (vigente ail'epoca dei fatti, contenente la discip[fa1a delle importazioni e delle esportazioni e de1le denunce e dei benestare delle stesse, dispone, nell'art. 1, primo comma, che Je importazioni di merci sono consentite, mediante provvedimenti autorizzatoci, su presentazione del ben~tare bancario rilasciato daJila Banca d'Itailia e dalle Aziende di credito autorizzate a fungeTe da agenzie di questa; e, nell'art. 3 che i benestare bancari, denominati Mod. A Import, devono essere compilati in conformit� delle disposizioni di legge. Dalla riportata normativa � dato trarre le seguenti linee di disciplina delle operazioni di pagamento e di accredito di valuta aM'estero per importazioni di merci: la funzione di vigHanza e di controilJo, eseguita riguardo alle cennate operaziOilli, al fine 1dd consentire il foro svoJgiimento in conformit� delle disposizioni emanate dal Ministero per il commercio con J'estero, � espletata daill'Uffioio Italiano Cambi mediante l'attivit� operativa defila Banca d'Italia e dehle banche da questa autorizzate a fimgere da sue agenzie; gli 4sti1luti di credito, operanti �come agenzie della Banca d'Italia, 1sono tenuti a rilasciare, al fine dii pemnettere l'intervento dei provvedimenti autocizzatoI1i governativi, cui � condizionata la legit PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE timit� delle operazioni, i benestare bancari (denominati Mod. A Import), accertanti la regolarit� dei pagamenti e degli accrediti di valuta all'estero da effettuare peir importazioni di mevci. In base a ta1i direttirici pu� :r�Jevarsi ,come le banche, autorizzate da1la Banca d'Italia a fungere da sue iagenzie, vengano a svolgere, in ordine alle opevazioni di pagamento e di accredito idi valuta all'estero, in occasione di importazioni di merci, la fimzione di vigiilainza e di controllo, propriia dell'Ufficio itailiano cambi 'ed assegnata alla banca d'Italia. E -poich� fa Banca d'Italia, proposta a pubblico ufficio investito della difesa del visparmio e dell'esercizio del ,credito, si trova con lo Stato-ammJlllistrazione in un rapporto di servizio -deve ritenersi che in siffatta relazione con l'ente pubblico-Stato vengano a 1lrovirursi ,anche le banche che svolgano (in posi:zlione ausii.IJiarfa) la funzione di contro1Io per conto (quali sue agenzie) della Banca d'Italia. N� osta a tale affermazione la circostanza che si tratti di persone giuridiche, giacch� -come si vitiene dalla pi� autorevole dottrina possono trovarsi in rapporto di servizio con un ente pubblico, oltre a persone fisiche, anche persone giuridiche (ed enti di fatto), che siano preposti ad uffici (ed assegnati a funzioni o servizi pubblici). Ed ,j,n tal senso si sono gi� espresse le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (con 1a sent. 5 febbraio 1969, n. 363), le quali hanno Ilitenuto che un rapporto di servizio possa instaurarsi quando un istituto di credito, prestando un servizio ad esso assegnato da un ente pubblico, venga ad inserirsi nell'apparato organizzatorio di questo. Posto, adunque, che la Banca che svolge, quale agenzia della Banca d'Italia la funzione di vigilanza e di contro1lo suhle operazioni di pagamento e dii aocred.ito all'estero, propria dell'Ufficio itaUano oombi, debba considerarsi in rapporto di servizio con lo Stato per essere investito (dn viia ausiliaria) di una funzione pubblica e preposta (dn via VJ�caria) ad un ufficio ed a oompi1li dello Stato, viene in considerazione iii determinante profilo 1se il pregiudizio derivante allo Stato dalil.'illega:le esportazione di valuta, conseguente al non covretto esercizio, da parte della banca, della funzione di vigilanza sull,e opeiiazioni di pagamento e di accredito a1l'estero in occasdone idi importazioni di meI1Ce, integri (o meno) urn evento di danno per l'Brario dello Stato ai sensi ed agli effetti dell'art. 52 del t.u. delle Jeggi suMa Corte dei conti (approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214). In ovdine al tema delineato, va ,rilevato come -non riscontrandosi nella lettera de1Ia legge ,aikuna qualificazione oggettiva del dairmo erariale e non incontrandosi alcun limite ai fini del co1legamento dell'antigiuridi cit� ad un 1comportamento soggettivamente concreto -la concessione ontologiica del danno erariale debba essere individuata nella (ingiusta) lesione di un dnteresse (economicamente valutabile) di pertinenza de1lo Stato. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 298 Va, quindi, determinato quale sia l'interesse economicamente ri�levante de1lo Stato che venga leso dall'illegale esportazione di valuta in conseguenza deH'iJ1legittilmo accredito di valuta all'estero iJn occasione di i.mportiaz.ioni di merci, che sia stato autorizzato a causa del non corretto esemi2lio della funzione di controllo preventivo da parte deHa banca, operante quale agenzia del.la BaDJca d'Italia. Lo Stato-comunit�, nell'attuale momento storico, mira, mediante l'opera del suo complesso ed iairticolato apparato, ad assicurare, 1con cura attenta e so1lecita, l'equiliblrio economico deLLa societ�, costituente finalit� pubblica primaria dello Stato moderno. ALl'uopo, � stato predisposto un coordinato e graduato �sistema di strumenti norimativi, giudi:dari ed amm:inistrativ. i �rivolto ad attuare attraverso predeterminate e sipecifiche fun. :doni demandate ad organi dello Stato-amministraz.ione, la tutela �concreta de1l'ilnteresse generale del corpo sociale aLla salV1agua11dia, .a:ll'increme:nto ed al progresso delil'economia nazionale. E sotto questo aspetto, e cio� in rorrelatlone ed a causa delle predette fun2lioni, il detto interesse deve �onsiiderarsi asstllilto come. proprio dallo Stlato; per modo che ogni fatto �che ne ostacoli e ne comprometta la realizzazione e comunque iincida negativamente sul conseguilmento rin concreto dei fini cui sono preordinate le funzioni pubbliche di cui si discute, integra -ohre a1la menomazione deLla detta sfera funzionale anche la 1lesione de1lo speciifico interesse pubblico cui essa risulta coordinata e di cui lo Stato, appunto per .le funzioni di cui � investiito, � titolare. E tale 1lesione � senza dubbio astrattamente idonea a tradursi in un pregiudizio economico ed a configurare perci� un danno antigiuridico (dr. per riferimenti generali, a proposito della tutela di iinteressi de1la collettivit� riferibili ad enti pubblici <in ragione de1le specifiche fun. zioni di cui gli enti stessi siano investiti, sent. sez. un., 19 giugno 1979, n. 10, �in tema di salvaguardia dell'assetto urbanistico del ternitorio). Ed � indubbio che tale interesse (di natura eminentemente pubblillca) sia valutabi.le anche in termmi economici, �in quanto la sua desione � suscettibile di ripercuotersi pregiudizievolmente sulla situazione della economia nazionale, incidendo negativamente su11a ocUJlata e regoJare utilizzazione delle di�sponibilit� valutarie e quindi sull'equilibrio de1La bilancia dei pagamenti e sUJlla situa2lione complessiva dell'economia. Ora, basta questa possibiHt�, sia pure venificata in v:ia generale ed astriatta, osisia la mera ipotizzabi1it� di un danno economkamente rilevante coLlegarto alla lesione di un interesse proprio dello Stato peff"Ch� COIIJCOI'm -lll aggiunta ,a11'elemento del rapporto idi serv.izio -l'altro elemento delila fattispeoie 1che, secondo ile norme citate, costituisce il fondamento de1la giurisdizione della Corte dei conti in tema di responsabilit� amministmtiva. I' ~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 299 Stabilire, poi, se il pregiudizio economico per lo Stato sussista in conoreto, quale ne sia la consistenza e con quali oriteri e parametr�i debba essere valutato e commisurato, � questione che attiene al � meriito � e che non pu� essere es:aminata in questa sede. In conc1usione, va rigettato il riicorso per regolamento di giuidsdizione e, conseguentemente, va dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 gennaio 1980, n. 416 -Pres. Rossi - Rel. Franceschem -P. M. Saja (conal. conf.) -Cassa di Previdenza e di Assistenza a favore dei Dottori Commercia1istd (avv. Cervati) c. Ministed Lavoro e Previdenza Sociale e Tesoro (avv. Stato Mamloni). Giurisdizione civile -Tutela dei lavoratori per il conseguimento di prestazioni amministrative -Istituti di patronato -Loro finanziamento posto dal dJ. C.p.S. 29 luglio 1947, n. 804, a carico degli Istituti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale -Norma di azione e norma di relazione Determinazione dei soggetti tenuti alla contribuzione -Discrezionalit� amministrativa -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa. Sussiste la giurisdizione dell'a.g.o. in tema di determinazione concreta, da parte della pubblica amministrazione, degli istituti che gestiscono varie forme di previdenza sociale e tenuti a contribuire al finanziamento di istituti di patronato ed assistenza sociale, ai sensi del d.l.C.p.S. 29 luglio 1947, n. 804, perch� quest'ultimo non pone una norma di azione, bens� indica, senza lasciare spazio ad alcun potere discrezionale della P.A. quali siano i soggetti tenuti alla contribuzione (1). (omissis) II d.l.C.p.S. 29 luglio 1947, n. 804, contriene norme suil riconoscimento giuridico degli istituti di patronato e di assistenza sociale. L'art. 1 stabilisoe che �spetta� a tali istituti �l'esercizio dell'assistenza e tutela dei .Iavoratori e dei loro aventi causa per il conseguimento in sede amministrativa delle prestazioni di qualsiasi genere previste da leggi, statuti e contratti :regolanti la previdenza e fa quiescenza �. Dopo aver riservato alle assooiiazioni nazionali di lavoratori la costi (1) Sul punto il Consiglio di Stato con sentenza 25 ottobre 1977, n. 828, aveva invece dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo, individuando nella norma di cui all'art. 4 del d.l.C.p.S. 29 luglio 1947, n. 804, una tipica norma di azione, disciplinante l'attivit� della p.a., volta al fine del perseguimento del pubbHco interesse e pertanto suscettibile di tutela solo subordinata e riflessa, tipicamente inerente ad una situazione di interesse legittimo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 300 tuzione di detti Istituti (art. 2) e avere chisciiplinato il contenuto essen-. zi<hle dei relativi statuti (art. 3), il decreto legiS<lativo 'stabfuHsce (art. 4) che �al finanziamento deg1i Istituti di patronato e di assistenza sociale si provvede con i'l prelevamento di un"aliquota percentuale sul gett:ito dei contributi incassati, a termine di legge o di contratto collettivo, dagli fatituti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale �. Tale aliquota -prosegue 'l'avticolo -� � determinato ogni anno con decreto del Ministro per 11 ilavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per il tesoro, in mrusura non superiore 'alite 0,50 per 'oeinto dei contributi versati agli istituti di previdenza�. L'art. 5, stabilisce quindi, ail primo comma, le mod<hlit� 'con '1e quaJ.i detti fondi debbono essere versati � dag1i Istituti ohe gestiscono le varie forme di previdenza �. In relazione alla questione di giurisdizione, che ritenne proposta dinnanzi a s�, il Consiglio di Stato ha osservato che non era dato dubitare delila giuri.sdiZlione del giudice amministrativo nella materia in esame. I ricorsi vertevano, infatti, sulla �appld.cazione di una nonr.na di azione intesa a disciplinare l'attivit� della pubblica amministraziione. Ad avviso del Consiglio di Stato, il sistema di finanzian:nento previsto dalla .legge con le operazioni de~date �ad amministrazioni oentrnli dello Stato, anche per quanto atmene aill'aiocertamento avente per oggetto la tindividuazione degli Enti tenuti, secondo .1a 1egge (e non disoreziionailime:nte determinati dalla p.a.) a1la �contribuzione, � chiaramente inteso ail perseguimento ,dJi un �interesse pubblico (repenimento dei mezzi necesSlari. al fa.mziionamento degli enm di patronato); non a riconoscere direttamente a determinati soggetti (Istituti di patronato per un verso; Oasse ed Enti di previdenza per l'altro), posizioni autonome con rilevanza dnterna, esorbitanti, cio�, dalla sfera della p.a., per assicurare loro, direttamente ed !immediatamente, una posizione soggettiv,a. La tutela dei soggetti �, dunque subordinata e riflessa, dando cos� ~uogo ad un interesse kg.ittimo dei medesimi, non ad un loro diritto soggettivo. Osserva iil Colilegio che la riportata argomentazione non fornisce adeguata giustificazione della relativa statuizione. Infatti non appare esatta la definiziione della intera nonnatiV1a contenuta nel d.L C.p.S. iin esame quale norma d'aziione, nel cui ambito non potevano emergere che posizioni di interesse legittimo in f�avore dei 1soggetti 1coinvolH nella sua applicazione. 1..Ja dedsione impugnata ha omesso di rilevare che, nell'ambito di tale normativa, hl legislatore ha stabilito, per Ja provv~sta dci fondi, un �silstema impositivo di contenuto patrimoniale nei 1oonf)ronti degli Istituti � ohe gestiscono le varie forme di previdenza ,, e che Je disposizioni che contengono J'imposizione non possono considerarsi quali norme di azione nel momento !in cui indicano i -sog PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE getti obbligati aLla prestazione e comunque, sotto una opinabile definizione della natura delle norme non .si pu� esauri..re l'indagine essenziale in tema di riparto della giurisdizione, vaile a dire quella �dio:"etta a qualificare 1a posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo che � dedotta quale causa petendi; indagine rispetto alla quale que!Ja definizione, proposta da:Jila dottmna pu� fornire ausilio solo se rigorosamente verificata nel dato positivo. Nella specie l'ente rkorrente sollecita con la propria domanda, J'accertamento che Ja normativa di 1cui al d.l. C,p.S. n. 804 del 1947 non pu� essere applicata nci suoi confronti in quanto esso non � collocabile ne�la sfera degli enti contemplati quali soggetti passiv� del prelievo. La norma, in quanto prevede questo � prelevamento�, rientra tra quelle che impongono i cosiddetti doveri di prestazione �introducendo un procedimento lato sensu oblatorio (a contenuto obbligatorio) riconducibile alla previsione di cui ailil'art. 23 della Costituzione, pmcesso applicabile a qualsiasi prestazione patrimoniale o pevsonafo � iimposta � in base alla legge (Corte costituzionaile, sent. 23 maggio 1973, n. 67) e che consente l'assegnazione ad organi amministrati.vi di compiti non soltanto meramente esecutivi, ma anche di determinare elementi, presupposti o limiti, varilamente lindividuabiiH, di una prestazione iimponibiile, ~n base a dati od apprezzamenti tecniioi (Corte costituzionale, da sentenze n. 4, 30 e 122 del 1957 e n. 99 del 1968 e .n. 21 e 72 del 1969). In tali casi si ha un co1legamento tra atti normativi primari, culi solo spetta imporre le po:"estazioni, e successivi provvewmentli ministeriali, che ne dipendono (Corte costituzionale, sent. n. 129 del 1969). NeHa normat�va in esame, tale ipotesi appunto si vecifiica: ma il compito demandato alla pubblica amministrazione concerne unicamente (per quanto attiene all'imposizione) fa determinazione de!Ja aliquota annualmente dovuta (art. 4, secondo comma) mentre la determinazione dei soggetti obbligati � contenuta nella fogge stessa che la individua (primo comma) negLi � Istituti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale �. Poich� l'imposizione di prestazioni patrimoniali incide 1su pos1z1ooi di diritto soggettlivo, e poich� la disposizione ora citata non lascia alcun margine di discrezionaHt� (n� avirebbe potuto Jiasciarla) a!Ja ipubhlica amministrazione nella determinazione dei soggetti colpiti dalil'imposizione medesima, sembra e'Vlidente che ove un ente -come avviene nelila specie -chieda un oocertamento negativo circa �la propria appartenenza alla categoria indicata nell'art. 4, primo comma della legge dtata, deduce, come causa petendi l'accertamento di una tipica posizione dd diritto sQggettiivo, e la carenza, ,in �radlice, del potere della pubblica amministrazione di inddere su di essa: H che tim:dica senza mcertezze la giurisdizione del giudice o:rxlinario suJila relativa controversia, OO!llle ha stab:iiliito ~ 302 RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO fermissima giurisprudenza di questa suprema corte (da ultimo: sent. n. 152 del 1979). Ben si intende ohe, con ci�, non si vuole �indulgere a:Ua teoria della prospettazione, essendo oonsoio il Collegio �che a radicare Ja giurisdizione del giudice ordinari.o occorire �che la negazione del potere di affievolimento del d:iiritto soggettivo, presente �sostanziale aderenza alla norma che regola in astratto la materia controversa (cfr. Cass., sent. n. 3510 � del 1971; n. 1500 del 1976; n. 455 del 1977). Ma tale d.ndagine -come si � gi� visto -�indica che sussiste .in astratto questa aderenza, nel senso che la questione sottoposta al giudice cOll!siste nella definizione deHa categoria degli enti assoggettabili al prelievo finan:zfario secondo la legge e della riconduoibi!li!t� in �concreto idi determinati enti neHa categori. a stessa. La determinazione delilJa giillirisdizione del giudice ordinairio non pu� essere .impedita dal rilievo ohe l'individuazione dei �soggetti obbLigati e la determinazione dell'aliquota del prelievo sono strettaimente e funzionalmente collegate, e che, avendo �i ricorrenti impugnato �anche la misura dell'aliquota dinnanzi al giudice amministrativo, questi poteva e doveva decidere incidenter tantum anche sull'altra questione. L'obiezione non ha alcuna rilevanza e conoludenza. Infatti la questione della assoggettabiJit� al prelievo � ovviiamente pregiudiziale rispetto 1alla questione relativa al quantum debeatur, ed � da questa ben dismnta. Pertanto l'esame della seconda questione acquista �rilevanza rprocessuale e pratica utilit� solo se e quando la prima si risol\ne in senso affermativo; ma a fronte dii essa iil giudice amministrativo avrebbe dovuto .dichiarare il propriio difetto di giurisdizione e quindi astenersi dal pronunziare e sull'una e sull'altra proprio per il collegamento tra di loro esistente, e che � di dipendenza dell'una �dall'altra. D'alt11a parte, la tempestiva 1impugnazione dehla decisione del giudice amministrativo ha impedito che la statuizione sulla giurisdizione potesse costituire una preclusione opponibile in questa sede. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 gennaio 1980, n. 557 -Pres. Rossi - Rel. Biile -P. M. Saja Cconcl. conf.) -Pio I1s1lituto S. Spirito ed Ospedali Riuniti di Roma (avv. Radius e Fusieo) c. Universit� degli StUJdi di Roma (avv. Gianniru e Sa1JJJduli1i) e Ministeri Sanit� e Interno (1avv. Stato Freni). Giurisdizione civile -Enti pubblici riconosciuti come enti ospedalieri dalla legge 12 febbraio 1968, n. 132 � Attribuzione di strutture per l'esercizio della pubblica funzione -Giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie attinenti ai beni attribuiti o non attribuiti. Al riconoscimento, effettuato ad opera della legge 12 dicembre 1958 n. 132, come enti ospedalieri, degli enti pubblici che alla entrata in vigore PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 303 della detta legge provvedevano esclusivamente al ricovero e alla cura degli infermi, consegue soltanto l'individuazione delle strutture istituzionali per mezza delle quali l'ente � posto in grado di svolgere la propria attivit�, e non anche l'attribuzione di un diritto reale dell'ente ospedaliero su edifici che sono ad esso destinati solo per l'esercizio di una pubblica funzione: rientra pertanto nella cognizione del giudice amministrativo la controversia avente per oggetto la pretesa dell'ente ospedaliero di rivendicare la propriet� di taluni beni non attribuitigli, trattan-' dosi invece di interesse legittimo collegato con l'interesse pubblico al quale la fattispecie � strettamente inerente. (omissis) 1. -Il Consiglio di Stato ha ritenuto :H decreto presidenziale impugnato daJJ.'Universit� di Roma illegittimo per violazione di legge pe11ch� aveva dichiarato il Po1ioJ�nico dii Roma compreso nell'ente ospedaliero � Pio Istituto di S. Spiirito e Ospedatl:i lriuniti �, sebbene la J.egge 26 ottobre 1964, n. 1149, �avesse destinato lo istesso Poliolinico all'Universit�, per le esigenze di ampliamento e ammodernamento de1le diniche e degli istituti delle facolt� di medidna e chirurgia. Secondo il Piio Istituto ricorrente ila decisione deve essere cassata per difetto di giurisdizione in quanto ha sostanzialmente pronunziato in materia di diritti soggettivi, finendo per negare l'esistenza del diritto reale da esso vantato sul Policlinico, ed in quanto, si basa su una legge che, .cJiisponendo di fatto un'espropI1iazione senza indennizzo, appare sospetta di illegittimit� costitu:llionale. La tesi � fondata. 2. -I padiglioni e le aree del Policlinico Umberto I di Roma furono concessi Jn uso perpetuo al Pio Istituto di S. Spiri.to e Ospedali riuniti di Roma con convenzione del 22 gennaio 1898, approvata con legge 25 febbraio 1900, n. 56. Tale regime ha avuto termine con la citata legge 26 ottobre 1964, n. 1149, che ha � �revocato� la �concessione� (�airt. 1, secondo comma), dopo avere destinato �l'intera area con padiglioni e sew:i:lli del Poli.clinico Umberto I 1di Roma � all'Universit� di Roma per le esigenze prima ricordate (art. 1, primo comma). Suocessiivamente � entrata �in vigore la fogge 12 febbraio 1968, n. 132, la quale prevede espressamente a1l'art. 1 che l'assistenza ospedaliera � svolta dagli enti ospedalieri (primo comma) e inoltre �dalle cliniche e dagli istituti universitari di tjcovero e cura, per i quali, fevmo �restando (.1) Dooisione da condhr.idere. In senso difforme cfir. Cass., Sez. Un., n. 522/11978, che per� si riferisce �a pretese dei nuo'Vi� enti ospedalieri cos.frtuiti per distacco, dliJ Tivend!itcare Wa propdet� di ta/Juni beni non attribudti. 304 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO quanto previsto per gli stessi dalle disposizioni particolari, si applicano, Hmitatamente 1all'ese:rdzio dell'attivit� aissistenziale, le norme della presente legge� (terzo comma). Proprio ai sensi di tale legge -e preaisament degli artt. 3, 4 e 54, concernenti rispettivamente: il riconoscimento come enti ospedalieri degli enti pubblici ohe all'entrata in vigore de1la norma provvedevano esclusivamente al ricovero e alla cura degli 1infermi; l'emanazione al riguardo dii decreti del presidente della regione; e, anteriormente all'integrale attuazione dell'ordinamento regionale, di decreti del Presidente della Repubblica -� stato emesso H d.P.R. 19 febbraio 1970, n. 167, contenente il riconoscimento �del Pfo Istiituto .come ente ospedaHero e la ricognizione degli ospedaLi m essi compresi. Nella prospet<tiva delle citate disposizioni quindi il decreto si � limitato ad :iindividuaire �le strutture istituzionali dell'ente ospedaliero attraverso ile quali esso � posto in grado di svolgere la proprJ.a attivit� di assistenza, onde da queste finalit� esula -n� potrebbe es1sere altrimenti -ogni 1intento di attribuire all'ente la propriet� dei singoli ospedali considerati nel provvedimento. Coerentemente con questa �ilmpostazione l'Universit� di Roma ha impugnato dinnanzi il Consiglio di Stato il decreto presidenziale (per la parte in cui menzionava il PoliicLinico fra gli ospedali del Pio Istituto) non certo per ottenere l'accertamento di un proprio diritto reaile, ma per difendere la 1sfera deHe propri.e attn:iibuzioni istituzionali, ritenendo che la struttura funzionale costiituita dal Policlinico, era stata iinserita nella propria organizzazfone della legge n. 1149 del 1964 e che con tale legge il decreto presidenz1ale si poneva conseguentemente in contrasto. � perci� chiaro come 1il Consiglio di Stato -dichiarando fi11egittimit� del deoreto per viiolazione di legge -non abbia in alcun modo giudicato in materia �di diritti .soggettivi, e come le eventuali questioni che al .r.iguavdo avrebbero potuto sor.gere sono (['imaste impregiudicate. 3. -� del tutto estranea al tema in esame la diversa questione concernente la natura e gli effetti idei provvedimenti emanati ai sensi dell'art. 5 della legge n. 132 del 1968, �in mater.i.a .di costituzione di 1enti ospedalieri. mediante distacco di ospedali da enti pubblici aventii come sicopo, oltre l'assistenza ospedaliera, anche finalit� diverse; .in questa ipotesi l'amministrazione procede � all'indiviiduazione e alJl'inventario dei beni che sono trasferiti all'ente ospeda1iero � (art. 5, secondo comma). Interpretando tale disposizione le 1sezioni Uillite han!Ilo affermato che essa comporta effetti patrimoniali nel senso che tialuni beni sono devoJuti all'ente al quale sono trasfevite le funzioni cui i beni stessi �era:no destinati, e sono sottratti ai precedenti titolari, .cui quelle funzioni pi� non competono, con la conseguenza che la .controversia avente ad oggetto la pretesa del nuovo ente ospedia1iero costituito per d1stacco di rrivendicare PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 305 la propriet� di taluni beni non attribuitigli � devoluta a1la cognizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria (cfr. sent. n. 522 del 1978). E d'altro canto -mettendo 'in rilievo la peculiare natura de1la situazione giuridica in �Cui versa l'ente pubb1ico investito di una pubblica funzione rispetto ai beni destinati arl1resercizio della fun:z;ione 1stessa, dei quar1i ha la disponibilit� appunto in 1ragione di tale .investitura -harnno poi precisato che il provvedimento in esame non ha carattere ablatorio, onde non pu� essere riconosduta alcuna tutela giurisdizionale arlla pretesa di iilndennizzo avan:z;ata dall'ente pubblico che abbai perso la titolairit� dei beni, per effetto deHa perdita della titolarit� deLla funzione (dr. sent. n. 1335 del 1976). La presente fattispecie peraltro non si dinquadra nell'amb~to de1l'art. 5 della :legge n. 132 del 1968, sebbene in quell'art. 4, trattandosi di r"iconoscimento �di un ente ospeda;liero esistente, nei coni�ronti del quale deve escludersi ogni effetto traslativo di diritti rea�1i. 4. � La posd:z;ione soggettiva fatta valere daH'Universiit� dinnanzi i1 Consiglio di Stato ha natura idi interesse legittimo, essendo -al.la stregua dell'ordinamento positivo -collegata con l'interes,se pubblico in fun� zione del quale la legge conferisce all'autorit� il potere di provvedere (cfr. �sent. n. 1094 ded 1974). La legge n. 132 del 1968, 1riocdinando radicalmente ,j;l settore dell'assistenza ospedaliera, ha stabiJito quali enti possono svolgere tale attivit� ed ha conferito ad ovgani dell'amministrazione centrale o regionale una certa serie di poteri per la gestione dell'area funzionale individuata dallo specifico interesse pubblico perseguito. Pertanto <l'autorit�, nedJ.'esercizio di queste attribuzioni, deve contemplare -insieme con l1interesse pubblico al 'corretto svolgimento dell'attii.Vlit� ospedaliera -anche glri interessi particolari degli enti abHitati a tale svolgimento, che (in quanto collegati con l'interesse generale in virt� di una correlazione posta dalla legge) meritano la definri:zfone di interessi legittimi. Rra talii enti -per espressa di:sposi:z;ione dell'airt. l, terzo 'comma, della legge in esame -rientrano certamente le Universit�. L:a dedsione del Consiglio di Stato quindi non ha ecceduto i limiti della giurisdizione amministrativa. 5. -Le conolusfoni oca enunciate non si pongono in contrasto con la gii� ricovdata sentenza n. 1335 del 1976, 1con 'la quale .Je sezioni unite -fo un caso in cui era stato costituito un .ente ospedaliero per distacco di un ospedale darll'Istituto nazionale della prevmdenza sociale, ari 'sensi dell'art. 5 della 'legge n. 132 del 1968 -hanno esoluso la 1configurabilit� (non solo di un diritto soggettivo all'indennizzo, avendo H provvedimento natura organizzatoria ,e non ablatoria, ma anche di un interes,se legittimo, i�1 quanto di fronte ad atti di �esercizio del potere organizzatorio della pubbJiica amministrazione sono concepibili unicamente interessi di fatto, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rispetto a coloro che n911 abbiano, in vi1t� di una illOrma di Jegge, una posizione soggettiva qualificata nell'ambito della sfora di incidenza del medesimo potere. Su1la base di tali premesse la sentenza ha ,dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione ancorando la decisione al rilievo delJ'inesistenza neH'ordinai:mento di alcuna norma �che tuteli Ia pretesa dell'I.N.P.S. ad opporsi o a resistere alla riorganizzazione del settore sanitario �. Nel aaso in esame invece la medesima legge n. 132 del 1968 -come si � detto -prevede Ia correlazione fra il potere organizzat011io dell'ammilllistJrazione pubbldca (centrale o regionale) e J'rnnteresse dei soggetti considerati � aH'intemo � dehl'area funzionale deputata aiM'assistenza ospedaliera e fra questi soggetti -portatori quindi di altrettanti [nteressi legit�imi -sono 1comprese le Unive11sit�. La differenza tra la presente fattispecie e que1la concernente I'I.N.P.S., ente strumentale dello Stato, per nulla considerato da1la Jegge attributiva del potere di provvedere, non esige ulteriori :hllustrazioni. 6. _-Una volta stabiUto che la posizione soggettiva dell'Ulllivel'.1Sit� di Roma deve essere definita di interesse Jegittimo, ai sensi della Jegge 12 febbmiio 1968, n. 132, il problema di gimisdizione 'sottoposto alle sezioni unite � risolto. E quindi la questione di legittimit� costituzionale deUa 1 legge 26 ottobre 1964, n. 1149, per assevito contrasto con l'art. 42, terzo comma, Cost., � ,irrilevante. Invero 'l'esame di tale legge -ammesso che possa assumere importanza ai fini delila valutazione del merito dell'impugnazione proposta dall'Universit� dinnanzi la giurisdfaione ammini1strativa -non spiega alcuna efficacia ai fini della decisione delle sezioni unite, che vimane rigorosamente drcoscritta all'ambito dei motivi ineJ'.lenti ail1a giurisdizfone (art. 111, terzo comma, Cost.; art. 362, primo comma, cod. proc. civ.). 7. -Il dcorso deve _quindi essere .respinto. (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 marzo 1980, n. 1989 -Pres. Rossi - Rel. Fanelli -P. M. SHocchi -Scir� Alessandro, Gestivo Giuseppe, Lo Verso Girolamo, Rema Giuseppe (avv. Fondar�) c. Presidente deHa Regione Sid1iana (avv. Stato Freni). Giurisdizione civile -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Diritti patrimoniali conseguenziali -Rapporto di pubblico impiego Improcedibilit� del ricorso per cassazione. � improcedibile, ai sensi dell'art. 369, secondo comma, �n. 4, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione insieme al quale non siano stati depositati gli atti o i documenti su cui lo stesso si fonda (1). (1) Nel ricorso veniva chiesto l'annullamento di sentenza del Tribunale di Paillel1lllo, :in sede di appellilo, che ~weva dichiarato il difetto di giurisdizione PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 307 (omissis) Si sostiene con esso che ai decreti assessociali in data 30 giugno 1973, di estensfone ai ricorrenti, dipendenti regfonaJ.i, dei benefici previisti per gli sta1laJ1i dai d.P.R. 28 ottobre 1970, nn. 1070-1079, si dovrebbe attribuire natura di riconoscimento, equiparabile -secondo UIIl.a giurisprudenza che i rico11renti non !1iohiamano, ma che evidentemente presuppongono (cfr. Cass., 20 febbraio 1962, n. 346; 5 agosto 1963, n. 2195; 30 giugno 1968, n. 1667; 21 ottobre 1971, n. 2954; 29 gennaio 1973, n. 6) -alla declaratoria di i;J;legittiimit� di atto amministrativo (di diniego delle pretese poi �riconosciute fondate) dalla quale discendono diritti pat11imonia1i conseguenziali devoluti dall'art. 7 deltla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nonch� gi� dall'art. 30 del r.d.l. 26 giugno 1924, n. 1054, alJa cogni2lione del giudice 011d1nario; e tale qualificazione dei provvedimenti in questione discenderebbe, secondo i riicorirenti, oltrech� dal comportamento tenuto dall'ammdnistra2lione in 011ctine aLla foro esecuzione (rifiutata malgrado reiterate diffide), dai suc�cessivi decreti (30 marzo 1974, peraltro non registrati dalla Corte dei conti) di revoca dei precedenti. Orbene, tali atti non risultano esibiti dai ricorrenti che tuttavia su di essi fondano iJ proprio ricorso; n� Io sono .stati da:J:la resistente amministrazione, la quale ha esibito soltanto una nota con cui essa amministrazione comunicava all'avvocatura de1lo Stato la �sopravvenuta emanazione dei decreti di revoca; e poi:oh� questa Corte -che nel giudicare su1la giurisdizione � dnvestita dei noti, pi� �ampi poteri di 1indagine, estesi al diretto esame degli atti -non v.iene cos� posta in grado �di valutare la fondatezza delle ragioni addotte, n� d'ufficio ravvisa altre ragioni che possono autonomamente consentire di decidere la questione sottopostale, non pu� che farsi aprp1icazione del disposto di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., alla stregua del quale il �r;icorso � improcedibile se �insieme ad esso non siano, fra l'altro, depositati gli atti e i documenti sui quali si fonda. (omissis). deJlli'a.g.o., sostenendosi dai ricorrenti (clipendenti delfo Regione SdciJ!liana) 1lia :possibilit� di quallificare nellL'aimbiito dei � diriitti patmmoniatli. oonseguenzli.al!i,, iil dill1itto ad ottenere il:'estensione dci benefici previsti per glii impiegati statali. dai d!PR 28 o1Jtobre .1970, nn. 107041079 e denega-ti d~fa Regione Siiailliiana con propil"io atto di autotutela. H Tribunaile �aveva mvece negato tale assunto, :ritenendo che la materia attenesse comunque al rapporto di pubblico im'piego. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 novembre 1979, n. 5740 -Pres. San du!Hi -Est. Liipari -P. M. Ferraiuolo �~conf.). Opera Sila {Avv. Stato Cevaro) c. E.N.E.L. (avv. Guerra e Patern�). Espropriazione per pubblica utilit� -Servit� di elettrodotto volontaria e coattiva -Espropriazione di azienda elettrica e delle linee di conduzione con costituzione di servit� di elettrodotto su fondo dell'espropriato -Natura coattiva della servit�. La servit� relativa a condutture elettriche, gravante su di un fondo rimasto al proprietario dell'azienda elettrica espropriata nella sua globalit� a favore dell'E.N.E.L. con legge-provvedimf?,nto, ha natura coattiva e non volontaria (1). (omissis). 1. -Si discute in causa se la servit� di elettrodotto sorta a seguito del tr:asforimento all'E.N.E.L. di una centrale elettrica e dei relativi impianti, fra cui una ,J,�nea elettmca che in origine attraversava solo il fondo del soggetto espropdato da cui era stata scovporata l'azienda elettrica, debba consideravsi servit� coattiva o (volontaria) costituita per destinazione del padre di famiglia, e se conseguentemente l'onere finanziario per lo 1spostamento della linea medesima (crichiiesto dail gravato) resti a carico de1l'E.N.E.L. (titolare del diritto di servit�) ai sensi dell'art. 1068 cod. civ. Al problema i giudici di primo e secondo grado hanno dato �soluzioni opposte. Per il tribUIIlale la servit� di elettrodotto, indipendentemente dalle sue modalit� di costituzione, � sempre una servit� coattiva; per la Corte d'�a:ppeHo la coattivit� dipende daJie modalit� costitutive ed � (1) La sentenza che si annota, accogliendo la tesi sostenuta dll'Avvocatura, relativamente alla particolarissima fattispecie esaminata, ne ha tratto spunto per una attenta e approfondita disamina della giurisprudenza della stessa S,C. in ordine al�a costituzione di servit� coattive. Richiamandosi espressamente a.i noto insegnamento giurisprudenziale in materia di accordi sull'indennit� di espropriazione e sulla natura pubblicistica di essi, quando intervengono. in una determinata fase del procedimento espropriativo (v. per riferimenti G. LANDI e A. QUARANTA, Rassegna di giurisprudenza sull'espropriazione per pubblica utilit�, Milano, 1973, p. 109 ss e da ultimo Cass., 6 ottobre 1977, n. 4263 e 5 febbraio 1977, n. 5332) la sentenza ritiene in via generale, che anche l'accordo tra le parti in ordine aLla costituzione non escluda la natura � coattiva� della servit�, quando l'atto negoziale sia inter PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 309 ravvisabile ogni qualvolta la servit� venga in essere in esecuzione dell'obb'ligo di legge di costituirla. Con H presente rico11so per cassazione si censura il ragionamento svolto dalla Corte d'appello per inquadrare la servit� considerata negli schemi deMa destinazione del padre di famig;Lia, escludendone la coattivit�, non riagganciaMle ad alcun modello legale, e si sostiiene che il decreto presidenziale di trasferimento coattivo dell'azienda elettrica rappresenta un idoneo titolo costitutivo della servit� coattiva di elettrodotto nelle forme del provvedimento esprnpdaDivo. In tale suo nucleo, laddove ipotizza sia stata costituita una servit� coattiva, escludendo la sussistenza degli estremi della costituzione per destina:ziione del padre di fomiglia, cui si � sov.rapposta da legge.provvedimento di espropriazione elettrica, il ricorso � fondato. La soluzione del problema nell'indicato 1senso comporta, preliminarmente, 1che ripercorrendo l'iter �logico deUa decisione impugnata e quello del ricorso, che ne analizza miticamente le linee argomentative in modo non del tutto persuasivo, si puntualizzi, sulle linee. dello svolgimento della giurisprudenza di questo C.S., il concetto di servit� coattiva nell'angolazione dei modi di costituziione con particolare riferimento alfi.potesi della destinazione del pad11e di famiglia. 2. -Secondo la Corte del merito la distinzione ka servit� coattiva e volontaria si fonda sul modo .di costituzione nel quale deve �riiflettersi quantomeno la volont� di eseguire un obbligo di legge, volont� esclusa necessariamente quando il titolo costitutivo sia un fatto g�uridiico e non un atto, sicch� laddove si ravvisa servit� per destinazione del padre di famiglia non pu� mai parlarsi di coattiviit�. Secondo il ricorrente entrambi g1i anelli del ragionamento svolto sarebbero censurabili perch� non il modo di costituzione, ma i�l contenuto tipico rispetto al qu�le la �servit� pu� venire imposta, qualifica la coattivit�, e perch� � il tipo di serVrit� che determina il modo di costituzione (e non viceversa) �sicch�, la constatazione che la destinazione del padre di venuto per realizzare l'obbligo della costituzione, ammettendo cos�, in via generale, che l'atto di autonomia privata si sostituisca a quello pubblicistico, cons.ervando per�, questo � 11 dato caratteristico, il suo legame con il momento pubblrucis1lico, che 1oonmnua ad avere ~a sua d1nf1uenza su1 rapporto (v. P. RESCIGNO, Manuale del diritto privato, Napoli, 1973, 449. Per una diversa impostazione del problema della distinzione tra servit� volontarie o coattive v. per� M. CONFORTI, Note sulla usucapibilit� delle servit� coattive, in Riv. dir. civ. 1971, I, 331). Si tratta di una tematica di estremo interesse su cui soltanto ora la dottrina, s'pecie privatistica, sta cominciando a portare l'attenzione con il necessario approfondimento, cog,liendo le reciproche influenze e condizionamenti dei due momenti pubblicistico e privatistico (v. per riferimenti L. V. MoscARINI, Profili civilistici del contratto di diritto pubblico, Teramo, 1979). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO famiglia � incompatibile con la coattivit� (stante la tassativit� dei modi di costituzione) dovrebbe portare ad escludere il ricorso alla suddetta figura e non gi� al ripudio della qualificazione in termini di coattivit�. Con .]l primo di essi si sostiene che le servit� coattive sono quelle qualdficate tali dal coddce e dalle leggi speciali, ovvero la cui costituzione � imposta dalla legge con un dato �contenuto al proprietari.o di un fondo a favore di un altro fondo; e che in presenza di detta qualit�, che ne caratterizza il contenuto, si ha sempre una servJt� coattiva. I.I motivo, nell'assolutezza della sua enunciazione, prova troppo perch� postula la costante pr.e".ailenza oggettiva della tipicit� del contenuto della servit� e genera1izza l'ii.ndifferenza del modo di costituzione, mentre occorre tener conto anche della componente soggettiva, nel senso che la coattivit� resta ferma solo quando l'accordo negoziale cui si addiviene � voluto soltanto per evitare che altrimenti la costituzione sia effettuata per atto di ]mperio; per converso fo stesso contenuto, tipico della servit� di elettrodotto pu� essere sussunto in un negozio posto in essere del tutto spontaneamente (e non come atto dovuto). Non � esatto quindi che una servit� di elettrodotto, stante il proprio contenuto, sia solo e sempre una servit� coattiva. E non � nemmeno esatto che il modo di costituzione sia comunque indifferente ai fini della qualificazione in termini di coattivit�, potendosi ipotizzare figure costitutive che non sono riconducibili all'atto volontario come atto di .soggezione all'asservimento che sarebbe altrimenti autoritativamente imposto, nelle quali, pertanto, la componente volontaristica � di ostacolo alla ricostruzione in termini di coatti-vilt�; ed una di queste figure �, sicuramente, la destinazione del padre di famiglia. 3. -Delle enunciate proposizioni occorre ora p'!"ocedere con una sia pur succ�IIlta �illustraZJione, corroborata da riscontri giu11isprudenziali. Il codice civile vigente, all'art. 1031, distingue servit� �coattive e servit� volontarie, contemplando separatamente quelle venute in essere per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (ed a questa classificazione corrispondono tre capi del titolo VI, sulle servit� predia:li, che fanno seguito al pdmo contenente .Je disposizioni generali). Si � pe11Ci� proposta da tal.Uno una classificazione tripartita delle servit�, individuando nell'usucapione e nella destinazione del padre di famiglia fattispecie non negoziali (da cui esulerebbe ogni componente vuoi di coattivit�, vuoi di volontariet�). Ma fa messa in evidenza di un tertium genus non sembra giustificata dovendosi ravvisare anche nelle ipotesi dell'usucapione e deLla stessa destinazione dcl padre di famiglia a monte ddle relati.ve fattispecie un elemento volontaristico (rispetto al quale � ulteriormente possibile la verifica in base a.I criterio della sottrazione aH'ineluttabile provvedimento imperativo). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE La sistemativa del codice, quale risulta da1l'art. 1031, non � molto felice nella -individuazione del crlterio distimtivo ka servit� coattive e servit� volontarie; tuttavia esiste una communis opinio, sia in dottrina che in .giurisprndenza incennrata sul � diritto � di ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione deHa servit�, potendosi far ricorso .a;l contratto (e al testamento) quale strumento cli attuazione di tale � ditritto � (cfr. il n. 490 della Relazione al Re circa la possibilit� che le servit� coattive 1siano costituite per contratto al pari dii quelle volontarie). La servit� � coattiva perch� non � dato modo di sottrarsi ai1la pretesa in tal senso avanzata, ove non si ritenga di porre in essere il comportament_�> imposto dalla legge con strumenti convenzionali. La coattivit� � compatibile con una pluralit� concorrente di modi di costituzione, ivi compreso il negozio giuridico cui il proprietario del fondo addiviene per evitare che fimposi2lione si realizzi comunque imperativamente. Per converso l'atto negoziale posto in essere indipendentemente da tale mtento, ma come spontanea manifestazione dii autonomia, nonostante la tipicit� del contenuto, d� origine ad una servit� volontaria. Si � pertanto ritenuto nehla giur.isprudenza di questa S.C. che un atto di natura negoziale costituisce una servit� coattiva quando nella concreta fattispecie sia ravvisabile il � diritto � del proprietario di un fondo di ottenere, da pa�rte del propr:ietario di un altro fondo, fa costituzione di una specifiica servit� prevista dalla 1egge secoindo schemi di rigida tipicit� e che proprio perd� viene denominata coattiva (Cass., 66/78). Se � vero, infatti, che le servit� volontarie sono convenzionali, nel senso che trovano la loro fonte nel contr:atto e nel testamento, non � vero all'opposto che .tutte Je servit� costituite a mezzo di negozi siano sempre e necessariamente volontarie, giacch� anche le servit� coattive possono essere costituite mediante contratto (arg. ex. art. 1032, cod. civ.) e restano soggette al regime giu11idioo proprio de11a coattivit� (Cass., 732/69, 1613/62). Le S.U. di questa Corite, fino dalla sentenza n. 2768 del 1963, hanno chiarito in particolare che la servit� di elettrodotto pu� rioondurisi ad una pluralit� di fonti norimative, essendo ipotizzabile una costituzione negoziale, facente capo alla volont� degli interessati anche mndipendentemente dal concorso dei �requisiti idi legge che configurano JJa coattivit�, trovando il relativo di'ritto reale ,esdusivairnente nelle clausole del contratto 1a propria regolaa:nentazilone che si sovrappone a quella Iegale. E ad analoghe conclusioni � pervenuta questa S.C. a proposito delta servit� de1la funicolare aerea (Cas,s., 2515/67). Ri:spetto all'atto negoziale (o pi� in generale di fronte alla componente volontaristica deJ:la fattdspecie) si tratta di stabilire se esso trovi la su:a genesi neLI'intento di evitare l'attuazione coattiva della servit�; sovviene l'analogia con i trasferimenti coattivi in cui gli accordi sulla 312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO md.sura de1findennit� rientrano nel quadro della soggezione al provvedimento ab1ativo, mentre la stessa i�inalit� di conseguire il bene pu� essere raggiunta alternativamente con un negozio traslativo intervenuto tra privato e p.a. Alla stregua di questa impostazione non appa'I'e persuasivo fargomento sul quale la sentenza ]mpugnata fa leva per escludere Ja coattiv�. t� della servit� costituita per dest>inazione del padre di famiglia, ricollegata in tesi ad una fattispecie da cui esula ogni elemento volontaristico, e che quindi non potrebbe rappresentare 1'esecuzione di un obbl~go di legge, poich� soltanto in termini di .intento negoziale ha 11ilievo la distinzione fra chi adempie un atto dovuto e chi, invece, addiviene ad uno spontaneo cregolamento negoziale; se la volont� non assume rilievo nella fattispecie dovrebbe residualmente qualificarsi la servit� come coattiva, stante la sussistenza degli estremi di tipicit� legale e la carenza di elementi volontaristici di segno contrario. Ritiene peraltro H Collegio, come si � gi� avuto occasione di rilevare, che anche le servit� costituite per usucapione e per destinazione del padre d!i famiglia siano assimilabili alle servit� volontarie. 4. -Si � discusso in dottrina ed in giurisprudenza se sia ammissibile la costituzione coattiva di servit� per usucapione e per destinazione del padre di famiglia. La soluzione giurisprudenziale � stata positiva nel primo caso (cfr. Cass., Sez. Un., 1822/71), negativa ncl secondo caso (dr. Cass., 17 :luglio 1939 per qualche riferimento sotto il vecchio coclioe). Opera qui ancora il criterio che si � venuto delineando del raffironto tra fattispecie legale ed atteggiamento dJ -ohi la pone in es.sere nella consapevolezza .di non potersi sottrarre alla pretesa di controparte. Mentre �rispetto all'usucapione i comportamenti di fatto possono essere qualificati daHa componente della ritenuta doverosirt� deMa sogge: zione a:ll'altrui pretesa e cor.relativamente della legittimit� della pretesa propria, rispetto alla destina:zione del padre di famiiwlla J:a ciocost0ll1Za basilare che di 1comportamento considerato si riflette su atti che si svolgono nella sfera di godimento del proprio diTitto di propriet�, (essendosi venuta a determinare per autonoma scelta del dominus l'inservienza di una parte del fondo rispetto all'altra), esclude che venga in considerazione il diri.tto di taluno e 1a soggeztlone di altri, siicoh� in ogni 1 caso la servit� costituita in questo modo, a prescindere dal suo conte nuto, � 1r~conducib1le ad una matrice di assoluta spontaneit�, alle scelte dell'ottimale utilizzazione dei ;propni. beni immobiH. A base della destinaztlone vi � sempre un comportamento di fatto libero a:S1Solutamente discrezionale del padre di famiglia, il qua:le non pu� :ohe portare talla costituzione di una servit� volontacia. Quel che con ta � comunque :ill dominus, che nel determinare un certo assetto :nel suo PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE fondo, aveva di mira finalit� dalle quali certamente esulava l'intento di realizzare una situazione aMa quale alt!ri avrebbe potuto costringerlo in attuazione di una volont� di Iegge. Di conseguenza il secondo motivo di ricorso, tutto teso a dimostrare che la servit� iconsiderata, essendo sicuramente coattiva, non era riconducibile allo schema della destinazione del padre di famiglia che svrutturailmente non comporta 1a coatttlvit�, non cogJde nel segno risolvendo in una petizione di principio. Esso muove da UIIla esatta notazione (l'imposisibhlit� di costitui�re serviit� coattive per destinazione del padre di famiglia) anche se argomentata in maniera non del tutto convincente (neH'aggainoio al solo principio della tassativit� nei modi di costitUZ1ione ex art. 1032 cod. dv.) per esoludere che la servi1t� di elettrodotto in esame, essendo aprioristicamente coattiva, potesse annoverarsi fra quelle costituite per destinazione del� padre di famig1ia, dovendosi desumere il mezzo di costituzione dalla .qualit� de1la servdt� e non viceversa. In verit� la sentenza impugnata � partita dalla premessa teorica che ~e 1servit� per destinazione de} padre di famiglia non possono essere coattive, pe'r dimostrare che in concreto esistevano i presupposti deHa relativa costituzione. Contro questa motivazione 1'attacco � possibile su due piani: quello della enunciazione di principio e quello della applicazione pratica. Sotto il primo profilo vi � convergenza fra sentenza e ricorrente. Se quindi la servit� in esame dovesse restare inquadrata negli schemi del la destinazione del padre di famiglia le conclusioni delLa sentenza im pugnata, che portano ad esoludeve la coattivit�, pur con ,1e correz.ioni ar gomentative cui si � fatto cenno, �11isulterebbero ineocepibili. Ma deve escludersi, sul piano strutturale, che ricorrano in concreto gli estremi delle fattispecie legali dell'art. 1062, cod. dv., perch� per effetto del D.P.R. 10 mrurzo 1965, n. 682 non si � reaiJ:izzato un mero trasferimento della propriet� di rparte deJ fondo origima:rio comportante, come coilJSeguenza non puntualmente considerata al momento della separazione, iii sorgere della servit� medesima per aver cessato i fondi di appartenere al medesimo proprietario � senza alcuna disposizione relativa ailla servit� � essendovi stato invece contestuale trasferimento delle propriet� della centrale e delle lin~ elettriche, iw ,compresa :quella considerata comportante il trapasso delle �relative servit� di elettrodotto sui fondi arlmui e conste stualmente la costituzione per atto espropriativo di una nuova servit� di elettrodotto sulla parte residua del fondo espropriato necessariamente coattiva perch� imposta dalla legge provvedimento. V[ � stata, cio�, sovrappoffizione sullo schema defila destinazione del padre di famiglfa neutrale sulla sorte della servit� del suddetto provve dimento espropriattlvo che non si � limitato a separare ~'unica prropriet� (nelle forme del tvasfedmento coattivo del suolo), ma ha trasferito RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'impianto elettrico enudeandolo dalla pi� vasta propriet� deU'espropI1i.ato, secondo un'esiigenza di funzionalit� che non comportava il disinteresse per la situazione delle linee e1ettdche (hl cui attraversamento del fondo residuo veniva ex post a sfociare nella servit� per effetto della preordi� nata situazione �di inservienza attuata dall'unico originari.o proprietari.o), ma implicava la considerazione immediata e diretta dell'iimpianto espropriandolo nella sua complessit� e totalit�, ponendolo in condizioni di funzionare e, quinidi, trasferendo da un ilato le servit� di elettrodotto insi< sten1Ji. su fondi non appartentd al proprietario espropriato, e costituendo dall'alitm residualmente, in via espropmativa, la servdt� (nuova) per l'attraversamento della parte di fondo rimasta in propriet� dehl'espropriato. Esattamente, quindi, att<raverso il collegamento del secondo con il I terzo mezzo viene sottoposto a Tev.isione cri.tica l'tinquadramento della servit� dd elettrodotto in esame fra que~1e costituite per destinazione del padre di famiglia che non esaurisce, �contrariamente a quel che � sembrato alla sentenza impugnata, le possibilit� :riicostruttive; fil effetti i giudici del merito non hanno considerato la situazione sui generis rappresentata dalla espropriazione in attuazione della legge di nazdonalizzaziione della energia elettrica, :la cui evidente dimensiione pubbMcisttica mal si attaglda alla figura deHa destinaziione del padre di famiglia caratterizzata dalla �indifferenza per :la serv.it� ev.ideinzii.ata dai11a separazione di parte del fondo, mentre nel caso in esame l'accento va posto non sulla scorporazione di parte del suolo, ma sul trasferimento dell'azienda elett:riica di produzione e distribuzione nel1a sua globailit�, e quindd anche deHa rete di distribuzione, con espropriazione della serv�it� esistente, e con Ja oosti.tuzione, pure iilrl via di espropriazione delle servit� coattive di elettrodotto, del tratto di 1.inea, rappresentante il necessario segmento di saldatura, esistente sulla parte di fondo residuo dell'espropriato. 5. -Sembm quilldd al Col1egio che hl nodo problematico della causa, ev.iideniiato nel terzo motivo, si sciolga riconoscendo ~a coatt;ivtit� deHa serV1it� dd elettrodotto in esame costdtuita, relativamente al tratto di liinea che attraversa l'area residuale di propviet� dell'Opera SILA, con atto espropdativo dal rdch!iamato d.P.R. 18 maggio 1965, n. 682. Con il terzo motivo del .r:ioorso l'Opera SILA, denunciando la violazione degH artt. 1032, cod. civ. e 4, n. 10, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, nonch� de1l'a:rit. 1, secondo comma, dcl d.P.R. 18 marzo 1965, n. 682, censura Ja sentenza per avere esduso la possibile esistenza dd un titolo di costituzione della servit� �ddverso dalla destinazione del padre �di fomigilia e ravvisa nel suddetto deoreto n. 682 la fonte della servit� di elettrodotto per atto di espropmazione (formalmente 1legislativo, ma �sostanzialmente ammiruistrattivo). La tesi � giur1dicamente esatta, ma H suo accoglimento comporta il superamento delle obieziond acutamente mosse dalla difesa dell'E.N.E.L. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA! CIVILE Va premesso che, ai sensi dell'art. 1, secondo comma del d.P.R. n. 682, il trasfe.Timento comprende tutti i beni mobili ed immobili dell'azienda dettrica considerata, nonch� i rn1ativi rapporti giuridiid, gli aocessoLi e le pertinenze attiinenti, a1l'atthdt� di produzione, impor.uazione trasporto, trasformazione, distnibuzione e vendita dell'energia e[ettrica. Ne segue che sono trasferite le linee elettrkhe delJa rete di distribuzione e le relative servit� di elettrodotto gi� preesistenti, mentre per quanto attiene al tratto esistente swla parte rnsidU!a del fondo. deU'opera, la servit� che originariamente non esisteva, viene creata iin forza della legge provvedimento quale corollario impilicito, ma certo, dell'operato trasferumento rinteso nehla sua globalit� e nella sua attitudine funzionale. Non v.i � dubbio che Ja serviit� coattiva di elettrodotto pu� costitwrsi per atto ammi!Ilistrativo in genere e per deoPeto di esprop['�azione per pubblica utilit� in specie; tale costituzione si realizza senza necessit� di dover procedere alla espropriazione diretta del suolo attraversato dalle condutture. Il fondamento normativo di tale soluzione si � rinvenuto nell'art. 1 della legge fondamentale sulle espropriazoini del 1865, il quale prevede non solo la espropriazione di 'immobili, ma anohe quelJa di diritti relativi 1ad immobhli. Il termine � trasferimento �, contenuto nel predetto articolo, si ritiene infatti comprensivo non soltanto delle successioni traslattlve, ma anche di quelle costitutive. Ammessa la costituzione di servit� coatmve di elettrodotto in forza di procedimento amministrativo di espropriazione (dr. Cass., 2763/38, 2189/53, 406 e 2350/59, 2668/63; 1018/64, 2422/66, 1732/67, 434/68 e 991/71) non vale osservare che [etterallmente l'art. 1032 cod. dv. si limiita a ricordare l'atto amministrativo senza contemplare espressamente la legge, pePch� nella specie �l'atto normamvo considerato si caratterizza per la sua qualit� t:ipica di legge provvedimento, di atto cio�, formalmente legislativo ma sostanzialmente amministrativo; siooh� non si tratta di una prescrizione astratta che, per iDJCidere nelle siituazioni giuridiche soggettive, necessita del 1ramite deH'atto amministrativo, ma di un provvedimento che �dispone direttamente ed .immediatamente pur essendo as.sistito formalmente dalla forza di legge. Ne consegue ohe fi.mputazione della fonte � niconducibile al modeilJo legale dell'art. 1032 cod. civ., trattandosi di atto esrpropriativo rpianamente 1riconducib!i:le a:llo schema delle fonti costitutive deHa servit� coattiva. E del resto l'adozione della forma della legge avrebbe consentito di prescindere dall.a eilencazione legale, mentre il .contenuto .provvedimentale rendeva immediatamente orperante hic et nunc la relativa previsione, per aHro suscettibile di inquadramento m una categoria gi� contemplata, queHa appunto delll'atto ammini:strativo (sostanziale). Nemmeno � decisiva l'obiezione, pur essa di carattere formale, che fa leva sul tenore �testua!le del decreto, rilevando che in es�so non si RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO menziona espressamente la costituzione della se1.1Vit� qui considerata. Effettivamente un puntuale richiamo testuale non pu� leggersi neil d.P.R. n. 682 (e se vi fosse Ia presente 1controversia non sarebbe nemmeno sorta, o comunque avrebbe trovato pi� agevole soluzione); ma ad avviso del Colllegio la costituzione della servit� coattiva pu� desumersi con sicurezm dell'intel'pretazione sistematica e finalistica del predetto decreto, da cui si ricava che tale costituzione fu voluta, in modo implicito ma 'certo, essendo postulata dail!lo scopo perseguito. Nel deioreto, cos� come nell'art. 1 della legge 25 giugno 1865, n. 2539, si pallia genericamente dli �trasferimento�, ma l'espressione � suscetti! bille d:i essere mtesa ne11a sua massima latitudine con riferimento anche ai trasferimenti costitutivi. . L'atto normativo 1P'rovvedimenta[e qui considerato ha riguardato siouramente J'azienda elettrka nel suo oomplesso; ci� si ricava Ida un Iato daJlle norme delLa fogge di nazionalizza2'lione dalJI'aluro deHa formula onnicomprensiva e fatissima delll'atto di attuazione ,specif�co di cui a[ citato d.P.R. n. 682; proprio ila massima latitudine di principio e la ripetitivit� applicativa dci singoli provvedimenti esecutivi spiega 1(pmr non gustificandola) la genericit� delle formule impiegate. Si � voluto sicuramente esipropriaire lo 'stabHimento di produzione e la rete di distribuzione, e quindi ,Je linee elettriohe che [a formavano, e non sii dubita che con 1o staibiilimento e Je condutture ohe si dipartono sono pure state tirasferite le servit� 'relative; in tale trasferimento non ricadeva lii tratto di attraversamento del fondo gi� idi propriet� dell'espropriato, perch� in tale attravevsamento, stante la umcit� del titolare dell'area e delll'e[ettrodotto, non potevano ravvisairsi i connotati della serv1t� in senso 1tecnico. Ma deve ritenersi che sia stata costituita su quel tratto J:a servit� di elettrodotto in correlazione con H trasiferimento delle condutture, onde rendere possibi:Ie ~iii .fmraionamento della rete, giacch� non awebbe avuto senso un espropriazione eilettdca, a 1spettro onniioompirensivo, parailizzata nella sua funzionalit� dagli adempimenti relativi alla separata costituzione deill:a servit� coattiva. N� vale replicare che la costituzione per espmpriazione della servit� sarebbe stata superflua nelle �specie giacch� l'asservimento de[ fondo attraversato restava uigua:lmente assicurato con [o strumento deilla destinazione del padre di. famiglia. Trattasi di .soluzione res&duale, rprettamente privatistica, sulla quale si deve ripiegare 'solo se ~e �sollecitazioni interipretative del d.P.R. non consentano di giustificare la tesi della globalit� del[a discipil:ina del tira:sfedmento con esso esdusivamente attuata. In quest� prospettiva la scissione del diritto dri propriet� sulle condutture dal diritto di effettuare l'attraversamento (che si trasferisce se preesistente, e �si costituisce ex novo ove sorto per effetto della stessa legge provvedimento che ha toccato solVanto una parte del fondo, quella I fil ~~ I ~:: ,. k i:: ~: (: ~;: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA' CIVILE cio� su cui insisteva <lo stabilimento di produzione dell'energia elettrica) non troverebbe ailcuna giustificazione; all'opposto la costituzione del diritto di servit� si presenta razionalmente quale essenziale componente dell'operato trasferimento globale dell'amenda e1ettrica, nella pienezza della sua funzionalit�. Iii criterio dell'integrazione interpretativa, alla stregua della adeguatezza del trasferimento agli scopi della fogge dri. naziona.ilizzazione, porta quindi a ritenere che !i:I 11lrasferimento de:Lle condutture e delle servit� relative esistenti, si complet� necessar:iamnte con fa costi.tuzion per espropriazione del diritto di attraversamento della parte residua del fondo dell'espropriato, secondo una misura di coattiviit� coerente con ile fiml�lit� del decreto, teso a realizzare il trasferimento coattivo dell'azienda elettrica secondo la massima Jatitudine deill'espressione ed a prescindere quindi daUa possibilit� del conseguimento deg1li stes�si risultati secondo strumenti privatistici dai quali esulava Ja componente della coattivit�. II decreto tn esame, strumenrto tipicamente coattivo, realizzando fa espropriazione de11'azienda elettrica ha quindi operato non soltanto il trasferimento dehle servit� gi� esistenti, ma ila costituzione ex novo del titolo (espropriativo) per la �soggezione del fondo rimasto aM'espropriato per l'attraversamento con Ie conduttUJre 1ohe, facendo parte della rete di dtstribuzione, erano .contestuailmente passate in propriet� dell'ENEL. La difesa dell'ENEL peraltro contesta che ail:la soluzione della costituzione ex novo per atto espropriativo de11a serviit� di elerttrodotto coattivo nel caso di specie si potesse giungere in difetto di ip:tevia autorizzazione deila competente autorit� amministrativa. H rilievo, solo apparentemente suggestivo, non ha decisivo valore contro ila tesi aooo1ta da[ Co11egio perch� postuila un ica1lregamento fra coattivit� ed autorizzazione molto pi� stretto di quel ohe la legge ri chiede e che va apprezZJato prendendo le mosse dall'art. 108 del t.u. del 1933 il quale prevede ta:le autorizzazione in Hnea di massima per fim pianto anche sul proprio fondo di ainee di trasmi1ssione e distribuzione deH'ene11gia elettrica di alta tensione, e quindi al successivo art. 119 pone ili <presupposto dell'ottenuta autorizza~ione per findiividuazione del soggetto cui il proprietario � tenuto a consentire il passaggio, che altri menti non pu� essere preteso icoattivamente nei suoi confronti. Secondo J'unanime giurisprudenza di questa Corte ~�autorizza~ione, :prevista daiH'art. 108 e dchiamata dall'arrt. 119 del t.u., &i pone quaile presupposto necessario perch� una 'linea di tmsmis�sione e distribuzione d:i energia elettrica possa essere .impiantata ed esercitata sul fondo altrui mediante .separato e �Successivo atto di costituzione del.fa servit� coattiva di elettrodotto (Cass., 2768/63, 1822/71, 3262/75 e 4983/77). 318 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Scopo della norma che prev,ede 1l'autorizzazione � chiaramente quello di drcoscrivere soggettivamente l'ambito deHa soggezione ailla servit� cihe � imposta non gi� nei confronti di chiunque pl'etende il passaggio di linee elettriche, ma isolo di coloro che dimostrino, avendo appunto ottenuto l'autorizzazione, di av1er titolo ad effettuado. Orbene nel caso di specie l'autorizzazione :prende anzitutto rilievo con 1riguardo alil'originaria costruzione de1l'elettrodotto da pairte dell'Opera Sila, che era tenuta a servirsene ai sensi del richiamato art. 108 del t.u. E poich� tale elettrodotto � stato trasiferito aM'ENEL, in forza del pi� volte richiamato d.P.R. n. 682 del 1965, deve ritenersi che la linea � passata aU'ENEL e unitamente all'autorizzazione che la contemplava, essendosi verificata la modificazione 1soggettiva del titolare vuoi deJ di11H1to rea:le, vuoi del provvedimento autorizzativo che ne costituisce il presupposto. Non si verte quillldi in ipotesi in cui J'autol'izzazione faceva difetto; ma l'autorizzazione originariamente rilasciata ad un certo 1soggetto, per effetto del trasferimento coattivo degli impianti e de1Ha rete di distribuzione, viene a far capo aJl'ENEL destinaitario del relativo provvedimento. A seguito dell'operato t:msferirrnento -cio� -�le linee elettriche autorizzate �SU 1riohiesta de11'0:pera SHa �sono da iritenere autorizzate a favore de1l'ENBL e quindi la costituzione della servit� di elettrodotto passivo operata dal sUJddetto decreto presidenziale non risulta viziata d!ailla manoanza di autorizzazione ad hoc, operando l'original'i:a autorizzazione a suo tempo rilasciata anche nei confronti deill'ENBL. Non �era quindi necessario che I'ENEL si provvedesse rdi nuove autorizzazioni ,rispetto alle linee elettrkhe ad esso trasferite, e nOill � pertanto invocabile la mancanza di una specifica autorizzazione ad hoc per escludere fa possibi!lit� di costituzione della servit� coattiva limitatamente aill'aUraversamento della propriet� residuale dell'Opera Sila. Superate le obiezioni del ,oontroricorrente deve conclusivamente ritenersi che 1l'ipotesi costitutiva della destinazione del paid(['e di famiglia non sia invocabile neHa situazione :di specie ca!I'atterizza1Ja ida:l sopravveniire di una legge provvedimento che ha operato il trasifedmento coattivo dell'azrenda elettdca nella globaHt� e ifunziona'Llt� dell'impianto al di !fuori degli schemi del1a volontariet� sia pure intesa in senso ~ato. Taile .legge non si � limitata a ,separare i fondi fira cui origina11iamente era stata realizzata ila situazione ,di asservimento, senza .interessar. si di tale situazione ~regolata ,conseguenzia!1mente ape legis secondo hl modello dell'art. 1062 ,cod. civ.), ma ha pronunciata una espropriazione che abbraccia l'intero impianto di produzione e distribuzione, rii.flettendosi sipeciificamente sUJlle condutture elettriche trasferite unitamente alle servit� di elettrodotto eventualmente presisitenti e con costituzione conitestuale di una nuova servit� relativamente a!11'at1Jraversamento deUa iparte resiiduale del fondo dell'esproprfato, secondo una disciplina che non PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 319 ripete il suo titolo da quel 1che H dominus :vo1le originariamente disporre, ma da:hla nuova situazione che con ila legge provvedimento si � intesa disdiplinare. E una volta ricondotta tl!a ,servit� in esame aililo schema de1la coattivit� espropriativa, valorizzando la Jegge provvedimento n. 682 del 1965, non vi � dubbio che debba essere applicata al rigua1:1do la discipliina dettata ida!l t.u. del 1933 per fa servit� di edettrodotto coart:tivo sa!lva espressa deroga oontenuta nel provvedimento idi costituzione (attesa la sua forza legislativa lforma!le); � perail1lro sicuro che sul tema deH'onere delle spese di spostamento il decreto legislativo in esame non si � pronunciato. Pertanto dalla quailifi.cazione dehla servit� come c�atti.va consegue che, contrariamente a quel che ha ritenuto [a Corte del merito, le spese di -spostamento restano a 1carico dell'ENEL, apparendo giustificata fa richiesta di rimborso de1l'Opera Sii1a (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, 8ez. Un., 19 novembre 1979, n. 6021 -Pres. Rossi -Est. Fanelli -P.M. Saja (conf.) Marchello (avv. Sciortino e Di Stefano) c. Ministero deHa Pubblica Istruzione (avv. Stato Onufrio) e I.N.P.S. (avv. Romoli). Giurisdizione civile -Controversie tra enti pubblici e dipendenti per risarcimento danni per omesse prestazioni contributive -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Giurisdizione civile � Controversie tra enti previdenziali e assistiti per mancato accreditamento dei contributi Giurisdizione del giudice ordinario del lavoro. Le controversie promosse da dipendenti pubblici nei confronti dell'ente datore di lavoro e rifiettenti il riconoscimento del danno per omesso versamento dei contributi e conseguente perdita del diritto alla prestazione previdenziale rientrano �nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ,0). Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e alla competenza di quello del lavoro la controversia tra un lavoratore e un istituto previdenziale relativa al mancato accreditamento di contributi e alla eventuale prescrizione del relativo diritto (2). (1-2) La decisione, che � conforme all'indirizzo costante del S.C. richiamato in motivazione, si segnala per sottolineare la fermezza con cui il S.C. ribadisce il principio che � controversia previdenziale solo quella che si svolge tra ente previdenziale e assistito, mentre rientra neLl'ambito delle controversie di pubblico impiego que1la fra dipendente e P .A., anche se relativa a questioni afferenti al rapporto previdenziale (omesso versamento dei contributi). 320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Con l'unico motivo del ricorso principale, denunciandosi violazione e fulsa applicazione diegJi artt. 2li16 cod. civ., delle leggi 12 agosto 1962, n. 1062, e degli artt. 1, 5, 409 e 442 cod. [proc. civ., e vizi di motivazione, si sostiene ohe iJl problema delLa gitlll'i:sdizione, Ol'dinairi.a o ammin}strativa, in ordine al!le controversie proposte da dipendenti di enti pubbllici per conseguire il risarcimento del danno derivante da irregolarit� contributiva � 1superato e risolto daJ.fa. nuova disc:iJplina dettata, per ile controversiie prevtldenziali della legge n. 533 del 1973, in quanto, a:lla stregua del primo comma deilJl'art. 442 'COd. rproc. civ., nella sua nuova formulaziione, le controve!'sie previdenziail:i �l'iguaridano il �rapporto contributivo, quello avente ad oggetto 'l'erogazione delle prestazioni previdenziali, ed i!1 rapporto fra !datore di ilavoro e prestatore d'opera relativo a1la posizione as,sicurativa e aJl risarcimento de!! danno per omessa contribuzione; e poich� nella nuova disposizione manca -rispetto alla precedente -ogni richiamo ai rapporti indicati nelJl'art. 409, 1'a ghwisdizione del pretore deve intendersi' estesa ad ogni controversia in materia di 1Sictlll'ezza 'sociale, e comporta quindi Ja esclusione di ogni altra giurisdizione, ad eccezione di quel1a della Corte dei conti, con la con1 seguenza che tutte [e allt,re controversie previdenziali relative a rapporti di pubblico impiego appartengono alla giurisdizione del pretore; e non v'� dubbio ohe vi rientri anche la controversia in esame, !la quale, sotto qualsiasi profilo {accertamento de11'esistenm dell'obbligo contributivo, regolarizzazione deHa posi2lione prevideil2liale del prestatore, costituzione dei presupposti per [a prestazione previdenziaile, risaircimento del danno delle omiissioni contributive) � di carattere previdenziale. Il ricorso � iinfondato, anche se non possono condiv1dersri. le ragioni addotte dalla sentenza impugnata, '1a cui motivazione va quillldi coriretta. Contriariamente a quanto affermato dalla dcorrente, ae controversie riguardanti il risarcimento del danno da omissione contributiva attengono .ail rapporto di lavoro o d'impiego, e non ai :rapporto previdenziale, e ne seguono quillldi fa 'sorte sul piano giurisd:irionaile. Caratteristica essell2l�all.e del 1rapporto :previdenziale �, infatti, quefila di avere sempre come titolare attivo o passivo un istituto previdenziale; sia che 1si tratti del .rapporto concernente gli obblighi contributivi del datore idi lavoro (eventualmente anche del o per conto del lavoratore), e che dntercorre fu-a questo e l'ente assicuratore, sia ohe si 1Jratti del rapporto relativo a:i diritti deill'assi!curato alle prestazioni, intercorrente lf�ra questo e l'ente. Viceversa la omissione contributiva, a parte ila responsabi:1it� del datore di lavoro nei coruf�ronti dell'ente previdenziale, sail2lionata anche penalmente, deterimina nei confronti del prestatore d'opera, per espressa previsione Jegislativa {art. 2116, secondo comma, cod. civ.) una responsabilit� cui viene riconosciuto camttere contrattuaile, trattallldosi di ob PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE bligo che si :rii:collega ad rapporto idi !lavoro, ed a~ quale rimane estraneo l'ente assicuratore. Invero, il rappo11to risarcitorio si ipellfeziona e si concreta con la pe11di1la tota�e o parrzia:le dehla prestazione a rcausa dell'mdempienza, fon.danidosi 1a responsabilit� ex �art. 2116 appunto �su tali due elementi (inadempimento dell'obbligo di erogare i contributi e conseguente perdita del diritto ailila prestazione previdenziale). Iil danno viene liquidato secondo ile norme comuni {art. 1223 e seguenti .cod. civ.) senz:a che venga in alcun modo in quesiti.one la disciplina previdenziale. Pa111li Mi causa 1sono soltanto 1i �soggetti del vapporto di 'lavoro, tant'� che non riconre neoessit� di integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Istituto, per essere questo, 1come si � �detto, esitmneo a detto rapporto i(Ca:ss., 13 dicembre 1972, n. 3590). Da ci� discende �che la rcontroversia non rientra nel novero di quelle � derivantJi. dalil'aipplicamone delle norme riguardanti le assicurazioni sociaiH, gli infortuni sul lavoro, '1e mailaittJi.e profession~i, gli as.segni fumiliari nonoh� ogni altra forma rdi previdenza e di assri'stenza obibliiJgatoria �, definite appunto quali �controversie previdenziali dell'art. 442, primo comma, cod. proc. civ., cos� come lo erano rdaJltl'analogo testo dell'abrogato art. 459, primo comma. :� quanto ritenuto daliJ.a orma:i costante giurisprudenza di questa Corte, sia con �riguaroo ai rapporto di lavoro privato .(sent. 18 gennaio 1977, n. 2502, H maggio 1973, rn. 1262, 13 dicembre 1972, n. 3590), sia con riguardo ail xapporto d'impiego pubblico, con ~a conseguenza, in questa seconda ipotesi, che Ja relativa 1controve11Sia appartiene a11a giurisdizione esclusiva dcl giudice amministrativo, in quanto relativa al 1 detto rarpporto e perci� rientrarnte nell'ampia previsione di cui all'art. 29, n. 1 deil t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, richiamata idaJil'art. 7, cpv., delila [egge 6 dicembre 1971, n. 1034: cos�, dopo iniziali contrars1Ji, la sentenza dii queste Sezioni Unite 18 settembre 1970, n. 1570, con ampia dimostrazione; e, ,indi, �le sentenze 14 novembre 1972, rn. 3570; 20 aprile 1972, n. 630; 9 ottobre 1974, n. 2700; 15 marzo 1975, n. 1002; 21 maggio 1975, n. 2002; 8 settembre 1976, n. 3115; 14 maggio 1977, n. 1924; 6 l�ligosto 1977, n. 3573. Il cennato orientamento si � affermato suifila base di una interpretaZlione del oit. art. 29, n. 1 del t.u. n. 26 �giugrno 1924, n. 1054 dcl Consiglio di Stato, nonch� rdetll'airt. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1058, sulla giunta provirnrciaile ammmi:strativa, richiamati dargli art. 2, 4 e 7 della [egge 6 dicembre 197'1, n. 1034, istitutiva rdei tribunali ammitttlstirativi regionali, volta a salvaguardare, �senza apportarvi rlimitazioni, fa regola tmdizion.ale seconido cui Ja giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo I�!ll materia di rpubbJico impiego si �estende a tutte le � questioni � derivanti da tale irapporto, se in questo, �considerato nelila sua costituzione o nel suo �svo1gimento, trovi fa sua ortlg:ine il diritto o l'interesse del quale si RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 322 lamenta La Jesione; onde in detta giurisdizione non possono non essere ricomprese ile questioni 1concernenti liil risarcimento dei danni da omissione contributiva, in quanto esse 1invo1gono l'aoce:ritamento deMa legittimit� del 1comportamento deJIJl'ente pubblico datore di lavoro in relazione ahla dedotta prestazione contributiva, nascente dal raipporto d'impiego, cUJ� H raipporto assicurativo � genericamente colJegato. E rtaJe principio si applica anahe a que1La forma di risail1Ci.mento Tappresentata dalla costituzione idi una rendita vitalizia ex art. 13 della legge 12 agosto 1972, n. 1338, che non pu� non ricevere trattamento analogo a q�elJlo ohe .compete al risaoci:mento ex art. 2116 cod. oiv., come ex 1professo ritenuto e dimostrato dalle citare sentenze n. 1924/77 e n. 1002/75. N� a ,diversa sOluzione pu� condu:rire, come vorrebbe la ricorrente, la sop.ravvenuta nuova msoiJpHma delle controversie di :lavoro e previdenziali, Ja quaile ha attribuito alla competenza deil pretore [e controveJ. 1Sie in materia di previdenza, e assistenza obbligatori.e, S[pecif�cata neill'art. 442, primo comma, cit., sen2ia pi� ['ipeitere hl !l1�lferimento, che era contenuto nell'ultimo inciso del primo comma del 0011rispon!dente, ora soppresso art. 459, ai rapporti dndi.cati daJ['a!llora art. 429 (ora 409); da ci� volendosi desumere che, una volta eliminato il �riferimento (limitativo) a;gli specifici Tap.porti idi Javoro in tale d!i:sposizione i!Ild:icati, qua\lsrasi controversia previldenziale, e dunque ia:nche 1se inerente a Tappo11to di pubbaiico impiego, sarebbe attratta lllehla giurisdizione-competenza del pretore. Invero, una volta escluso che quelle relative ad omissione contributiva siano contToversie previdenziali, � Vla!IJ.O argomentare dal.La norma che a tali �controversie si cifierisce e da una sua determinata interpretamone; non �senza, comunque, rilevare ohe [a eliminazione di queil rifedmenrto � diretto ad attrarre nel1a nuova d:isdpllina prooessua'1e le cause relative a�!le assicmazioni obbligatorie non gi� dei rpubblii.ci impiegati, ma di tutti i J:avoratori privati ed assimilati, aincorch� autonomi e non menzionati nel iprecedente airt. 409 (quindd anche dei liberi :professionisti), oltreoh� dei titolari idi pensione sociale, la quale prescinde daihla preesistenza di un rapporto di Javoro subo11dinato. In itali sensi, iin conJformit� a quanto espressamente ritenuto dailla giurisprudenza di questa Corte �~sent. 1002/75, 2002/75, 1924/77, 774/78, cit. nonch� 17 novembre 1978 !Il. 5536) va corretta la motivazione della impugnata sentenza, fomno res1Ja!Ildone il dispositivo quanto alla attribuzione al giuidice ammin!is1Jrativo della cognizione deJlle domande che, come esposto rin narrativa, siano intese unicamente a!d ottenere dal datore di lavoro il risarcimento del danno, sia in forma generica, sia nella forma di cui all'art. 13 della [egge del 1962 .~salvo a 1s1Jabi�lirsi, da parte del giudice 1competente, �se e come spetti), ivi compreso anohe iJ. versa PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA. CIVILE mento dei contributi non prescritti, cui non si � fatto pi� riferimento nei1le conclusioni finali, ma che comunque nell'atto introduttivo del giudizio � richiesto, pur 1sempre in via risa:mitoria, in favore del lavoratore, e non direttamente in favore dehl'lstituto {potendosi fun 1Jale ultima iipotesi discutere se spetti aH'iasskurato, ed in qua:le �sede !Sia da esso azionabHe, un diritto a �che H datore di lavoro vevsi rulil'ente asskuratore i contriibutii dovuti ed omessi: dr. Cass., n. 4113 e 4114 diel 1975). Dive:rsa �soluzione .deve invece darsi quanto alJa domanda proposta nei confronti de1l'INPS, che la sentenza iII11pugnata sembra aver ritenuto parimenti appartenente nelila giurisdizione amminist:rativa, in quanfo connessa con la prima. Di es�sa l'Istituto, col 1suo ricorso incidentale, sostiene Ia natura previdenziale, in quanto si discute esclusivamente di prescrizione o meno di contributi assicuratiivi e conseguentemente del diritto o meno della Marche1lo a f�rui�re o non in futuro di prestazioni previdenziali, e quindi l'appartenenza al!la giucisdizione ordinaria in wrt� dell'art. 442 cod. pa:oc. civ. U ricovso � fondato, anohe 1se per mgione diversa da quella addotta. Invero, nell'atto introduttivo del giudizio la Marohelllo chiedeva che l'INPS venisse condannato a corrisponderle le rp.restazionii dovute, e, pii� genericamente, ne1le conclusioni finali, che i convenu�i tutti fossero condannati, per quanto di rispettiva comrp.etenza, al :risarcimento �dei danni: e che un 1dsarcimento dannd fosse chiesto anche nei conl�ronti dell'INPS sembm aver ritenuto i�l Tribunale allorch� ha di�sposto un supplemento di cOlllsulenza tecnica iper accertare l'ammontare del risarcimento dovuto drulil'lstituto per la omissione dell'aooreddtamento dei contributi versati deM'Bducarnidato nel periodo 11949-1952. Orbene, tanto nella originacia quanto in questa ultima formulazione la domanda nei confronti dell'INPS � del tutto estranea, sia soggettivamente che oggettivamente, al rapporto d'impiego (n�, in materia di giuri: sdizione, pu� operare ila connessione, come invece sembra affermare fimpugnata sentenza), e, sia che attenga a:lla pretesa a prestazioni previdenziali, sia che attenga alla sostitutiva pretesa risarcitoria, ha per oggetto di.Titti soggettivi, e non pu� �Che rientrare, quindi, neilla giulii.sdiziOllle del giudiice ordinario. E questo !indirperrdentemente diaHa eccepita presorizione, dovendo la giudsdiizione determinarsi in base aLla domanda. In conclusia.n.e, va dichiairata la giurisdizione del giudice 0!llministrativo quanto ai1le domande proposte nei conl�ronti 1del Ministero della pubblica istruzione e dell'Educandato, e quella del giudice ordinario quanto �aJHe domarrde proposte nei confronti de1l'I.N.P.S., cassando dunque in parte qua Ia sentenza impugnata, e rinviando la causa allo stesso giudice (omissis). 324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 1dirembre 1979, n. 6519 -Pres. Mira belli -Est. Corda P. M. Ferraiuolo (diff.). -Regione SiciJliana (avv. Stato Favara) c. Oab:iJbbo (avv. G. Ste1la RJchi:er). Espropriazione per p.u. -Immobili soggetti a vincolo archeologico -Indennit� di espropriazione -Natura edificatoria � Sussiste. Un terreno sottoposto a vincolo archeologico, se edificabile prima dell'apposizione, del V<incolo, conserva la tale natura anche ai fini della determinazione dell'indennit� di espropriazione (1). (omissis) 1. -Col primo motivo di 1censura, fa ricorrente denuncia: a) �violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359; degli airtt. 11, 18, 54 e 55 della Jegge 1� giugno 1939, n. 1089; dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, come inserito da1Ua Jegge 6 agosto 1967, n. 765; b) �insufficiente e contraddittoria motivazione drca [punti decisivi �. Sostiene che l'area espropriata awebbe dovuto essere valutata come agricola, poich� la stessa aveva pe11duto ogni ipotenziailit� ecli.ficatoria allorch� fu sottoposta al vincolo arohoologico. L'assoluto divieto di edificazione, infatti, gi� disposto dall!le citate norme della [egge del 1939, s�arebbe staro :ribacli.to, e reso �assoluto�, da.Ila �Successiva disposizione contenuta neLla c,d. �legge ponte� del 1%7. Col secondo motivo denuncia: 1) � violazione e falsa applicazione dell'art. 40 della fogge 25 giugno 1865, n. 2358; violazione e falsa ap:plicazione delJl'art. 41-quinquies de1la legge 17 agosto 1942 n. 1150 �; b) � omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo �. Lamenta che fa Oorte dii �appello abbia vailutato iH �deprezzamento � della parte � :residua � del fondo tenendo a parametro il valore edificatorio del fondo stesso; e sostiene clle ila doglianza mossa !in appello dall'espropriata, circa l'omes�sa valutazione del detto �deprezzamento�, (1) Riconoscendo espressamente di modificare la sua "precedente gmnsprudenza (v. sent. 112 agosto 1976, n. 3033, in Giust. civ., 1976, I, .1559) la sentenza che si annota ha affermato il principio che ai fini della determinazione dell'indennit� di esproprio anche un terreno soggetto a vincolo archeologico pu� essere considerato edificatorio. A tale conclusione il S.C. � giunto in base alla considerazione che non sempre -anche se ci� corrisponde alla normalit� dei casi -l'edificazione determina � un uso del reperto archeologico incompatibile con il suo carattere storico o, comunque, tale da recare pregiudizio alla sua conservazione e integrit� �. Secondo la sentenza in rassegna poich� non potrebbe escludersi -sia pure in via teorica ed astratta -la possibilit� di una utilizzabilit� edilizia PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA: CIVILE 325 avrebbe dovuto essere �oonsi!derata, se realmente sus�s>istente, soJo con riferimento �aihla � utJilizzabhlit� 1agricola � tdel terreno. Questi motivii -rche per la sostanziale unicit� della questione giuvidica .prospettata ipossono essere trattati congiun1lamente -sono infondati. Anziitutto, va chiarito che non � affatto pertinente iJ richiamo alila legge 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. �1legge ponte�) che, con l'art. 17, ha introdotto, nella :legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, rart. 41-quinquies, il cUJi quinto comma dispone che �qualora 1l'agglomerato urbano rivesta caratere �storico, artistico o di 1par1Jkolare pregio ambientale sono consentite esclusivamente opere idi consolidamento o di restauro, senza alterazione dei volumi. Le aree libere sono ~nedifioahiili fino a1I'approvazione tdel piano generale �. Si tratta, come anche appare ictu oculi, di una !llOI1IIla diretta a salvaguardare 1l'integrit� degli �agglomerati. urbani�, ii quaili. sono cosa concettualmente diversa da1le � zone archeologiche �. La norma, cio�, mira alla conservazione di un insieme di .costruzioni ammassate in una drcoscrii.tta zona di territorio � u11banizzato � (tiipioo esempio ne <sono i cid. �.cent~i storil�i �), di cui � 1riconosoiuto iil carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale; mentre ila fattispecie iin esame, com'� pacifico fra le parti e neM'<impostazione della sentenza impugnata, riguMlda iil caso di una zona dii terreno extraurbano da:l quaJe affiorano reperti archeologici. IJ problema proposto, perci�, Via risolto unicamente sutHa base delle disposizioni contenute neLla fogge 1� giugno 1939, n. 1089, dettata per l� tutela deLle cose di iinteresse artistico e �stol1�JCo. �L'art. 11, primo comma, di detta 'legge stabiJtisce: �Le cose previste dagli airtt. 1 e 2 appartenenti �aLle Province, ai Comuni, agli enti e ad istituti ~egalmente riconosciuti, non possono essere demolite, rimosse, modificate o res1Jaurate senza l'autorizzazione del Ministero per J'educazione nazionale {ora, per i;l rJd. 29 maggio 1944, n. 142, dehla pubblica i:struzione). Il secondo comma aggiunge: �Le .cose medesime non pos del terreno vincolato a mezzo di speciali costruzioni, dovrebbe necessariamente considerarsi edificabile un terreno che gi� prima del vincolo avesse tale qualit� � perch� Ja formulazione di una regola .generale non 'pu� tener conto delle mere valutazioni di carattere statistico, ma deve ricomprendere tutti i casi astratta mente ipotizzabili �. L'assunto non pu� non destare gravi perplessit�. A prescindere, infatti, dalla estrema dubbiezza che -sia pure in via del tutto astratta -possano ipotizzarsi costruzioni speciali che possano in qualche modo non turbare ed essere, quindi, incompatibili con la salvaguardia del bene archeologico, ci� che appare non accettabile � l'affermazione che una controversia, in cui si discute di due interessi concreti o reali, possa essere risolta su11a base di affermazioni del tutto generiche, mentre era necessario quanto meno accertare -o mandare 326 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO sono essere adibite aid usi non compa1Jibilli con il .loro carattere storico e artistico, oppure tali da !recare pregiudizio alla fo['o conservamone e integrit� �. 11 suocessivo art. 12, poi, estende le disposizioni di cui ai riportati primo e secondo comma dell'art. 11 a1le cose di propriet� privata � notificate � ai sensi deg1i artt. 2, 3 e 5 delJla 'legge. A sua volta, il'art. 1, 1riohiamato dal primo comma dell'art. 11, stabilisce 1che sono soggette a1la detta -legge, fra 1l'altro, le cose � immobili e mobilli � 1che presentano interesse 1artistico, storico archeologico e etnografico. Ora, coordinando <il primo comma dell'art. 11 con J'art. 1 della if.egge in esame, si eviince con chiarezza che anche ~e rcose Jmmobhli (e non solo quelJle mobili) possono essere assoggettate a vincolo; per oui non pu� revocarsi in dubbio che sia stato legittimamente sottoposto a vincOtlo aocheologico il iterreno 1pe[' cui � causa, nel quale instano i :reperti dell'antica citt� dJi Cauoana. Tale conclusione, per�, non sembra di tal portata da autorizzare l'iai�fermaZJione ohe, ai fini deH'esipropriazione (e, pi� precisamente, deilJ.a determinazione dell'indennit� relativa), �hl. terreno stesso debba essere considerato come assolutamente inedificabile, cio� di �Semplice vailore agricolo. L'enunciazione del contrario princiipio, per la verit�, � contenuta in una precedente sentenza di questa stessa Corte Suprema, anche abbastanza recente {12 agosto 1976, n. 3303). la quale -;pronunciando su una fattispecie del tutto analoga a quelJJ.a ora in esame -ha affermato che <l'immobile cui sia stato imposto il vincolo archeologico ai .sensi defila fogge 1� giugno 1939, n. 1089, in quanto nel suo sottosuolo, o affioranti, si conservano i resti di un'antica citt�, � �soggetto a viincolo assOlluto di inedificabilit� e, pertanto valutabile ai fini della determinazione dell'indennirt� di esproprio, come suolo agricolo. Si � precisato -in tale sentenZJa -che H primo e il secondo comma dell'art. 11 pongono, rispettivamente, due limiti di diversa intensit�, di ad accertare in sede di rinvio, se tale accertamento non era stato fatto -se una siffatta possibilit� di costruzione speciale nella specie ricorreva, dtpendendo soltanto da tale accertamento la possibilit� di una qualificazione come edifi� catorio del sito espropriato. L'indennit� di esproprio, infatti, va liquidata in base al valore reale di un suolo e non ad una astratta suscettibhlit� edificator�a, v. come lo stesso S.C. ha pi� volte insegnato (v. fra tante sent. Cass., 30 giugno 1978, n. 2733). V'� anzi, da aggiungere che ai fini della determinazione delJa indennit� dovuta deve tenersi conto della speciale suscettibilit� edificatoria del terreno che deve considerarsi particolarmente ridotta quando siano necessarie costru zioni speciali per utilizzarla, corrispondendo a tale speciale tipologia costruttiva, pi� costosa, un minor valore commerciale. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE natura pubblicistica, alla propriet� privata di beni di interesse artistico e storico. lil primo comma pone un divieto di camttere relaitivo, i:n quanto, per espressa disposizione di legge, pu� 1essere modificato nel contenuto da una autorizzazione della competente autorit� con ila quale, fermo restando il ilimite, viene imposto al privato !',adempimento di oneri per lo svolgimento di attJivit� in ordine alle quaH il divieto operava. La Jegge, cio�, prevedendo la modificabilit� del 1contenuto del limite, attribuisce alla pubblica amministrazione il potere di valutare, positivamente o negatiV1amente, fa possibilit� di coesistenza dell'interesse pubblico alla conservazione del bene e di quello privato alla demolizione, rinnovazione e restaurazione dehla -cosa vincolata. H secondo �comma, a 1sua volta, pone un divieto -che ha carattere assoluto, dato che Ja ~egge non riserva alla pubblica amministrazione li.I potere di permettere, valutate Je ciocostanze concrete, le attivit� oggetto del divieto stesso (fermo dmanendo, ovviiamente, il ipotere di revoca deJ decreto di imposizione del limite). La fogge Sitessa, oio�, ha operato a priori, negativamente, ila vailutazione della coesistenza dell'interesse pubblico (a una uti1izzazione della cosa compatibile coo il suo carattere storico o 1artiisvico, ovvero a una utilizzazione che non ne pregiudkhi la conservazione o l'i:ntegrit�) con 1l'interesse priviato a una utilizzazione contrastante; mentre all'interp.rete � ilasdata solo la possibiilit� di qualificare I'incompatibiilit� deM'uso della cosa con l'interesse pubblico alla conservazione del cariattere sitorico o artistico, ovvero a1la integrit� di essa. Si �, quindi, chiarito -sempre neHa oitata sentenza di questa Corte Suprema -che la ratio della diversa disciplina sta nella considerazione che, nella 1prima ipotesi, ll:a eventuale modificazione del co11J1:enuto del limite non comporta, secondo un giudizio tecnico-discrezion:aile della pubblica amministrazione alcun pregiudizio a!ll'interesse pubblico il cui perseguiimenro cosDi�tuisce il fine �dell'assoggettamento. Infatti, 1a legge prevede ['autorizza:z;ione al compimento dell'attivit� vietata: con tale provvedimento Ia pubblica amministrazione modifica H contenuto dcl limite e pu� imporire al privato una serie di condi2lioni per Jo svolgimento ,di attivit� prima vietata, al fine di salvaguardare J'interesse pubblico protetito. Ne1la seconda iipotesi, invece, I'uso istesso del bene, incompatibile con ~l ,suo carattere storico o artistilco, o pregiudizievole per la natura del bene come tale, determina la Lesione dell'interesse pubblico predetto e preclude, quindi, ila possibilit� di rprovvedimentJi autorizzat!i.vi delfa pubblica ammini,stirazione, pur condizionati a determinate cautele: nell'ipotesi considera:tJa, l'esercizio dei diritti del privato sul bene pu� essere legittimato 'Soltanto daUa revoca idel decreto 'di imposizione del vincolo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 328 2. -Ora, per�, non ritiene �il Collegio di poter condividere a pieno tal.e uhima conclusione (anche se �sostanzia1mente esatta aippare l'impostazione generale del iproblema), gi:aooh� la stessa parte del ;presupposto -dato .come dimostrato, ma che in reailt� aippare indimostrabile -che l'edificazione comporti per 1sua stessa natura, sempre e necessariamente, un uso del reperto wcheologico incompatibile coll suo oarattere stOTico o, comunque, :tale da �recare pregiudizio a11a sua conserva:ziione e integrit�. La verit� � 1che una regola siffatta, se pu� ritenerni aipplicabile alla generalit� dei casi, pu� essere enunciata solo trascurando di considerare un particolare tipo di costruzioni che, ideate ron determinati accorgimenti, e inte11igentemente ubicato, possono anche essere realizzate senza che i reperti archeologici fissi al suolo, o affio:mnti, subiscano un � uso non compatibWe con il ca1J:1attere storico o arN1stico, oppure mle da recare pregiudizio alfa Joro conservazione e dntegmt� �. E poich� un talle .#po di cosvruzioni � astirattamente concepibile, �La regola enunciata nella precedente sentewa di questa stessa Corte sembra perdere valore di generalit� {proprio .peroh� ha del tutto omesso la consriJde:razione di esse). Infatti, se � pur vero che dal secondo comma dell'art. 11 pu� trarsi ila regola che sono assolutamente 'vietate tutte quelle costruzioni che, in quaisiasi modo, s'.Illaturano o, comunque, danneggiano i reperti attheologid fissi ail suolo, o affioranti, senza che la pubblica amministra2lione possa, tramiite autorizzazioni o licenze, derogare comunque al divieto, � altrettanto vero che '1a detta Hmita:zfone dd carattere assoluto non pu� sussistere fa relazione a que1le costruzioni che, come si � detto, non determinano affatto il pregiudizio. N� la validit� di questa affermazione resta vulnerata dahla considerazione che la pubblica amministrazione, in concreto, esaminerebbe col massimo rigore la concedihllit� di una autorizzazione alla :reailizzazione di simili costruzioni, rendendo in pratica quasi nuMe le pos,sibilit� di una concreta attuazione, poich� la formulazione di una regola generaJle non pu� tener conto delle mere vailutazioni di carattere statistico, ma deve ricomprendere tutti i casi astrattamente ipotizzabili. Quello in questione, del resto, � un caso che [o stesso legislrutore sembra avere esipressamente considerato allorch�, nell'art. 18 della legge in esame, ha disposto (primo comma) che � I proprietari, possessori e detentori, a qualsiasi titolo, delle cose mobi:li e immobili contemplate dail!la presente legge, hanno 1l'obbligo dd sottoporre alla competente Soprintendenza ,i !lJa:-ogetti delle opere di qua;lunque genere che intendano eseguire, al fine di ottenere la preventiva approvazione �. Laddove � chiaro che, netl'amp�a dizione di � opere di qualunque genere � possono bene essere ricomprese anche le costruzioni (ideate e ubicate neil modo pi� sop,ra .indicato) su terreni nei quali ii.nstarno, o affiorano, 1reperti archeolo gid inamovibili. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 329 �, quindi, indubitabille, ,se rsono esatte -come sembra -'le osservazioni ora fatte, che anche il terreno sottoposto a :vincolo ,arrheologico, se gi� si poteva considerare edificabile prima de1l'imposizione del vincolo, conserva rtafo sua natura anche ai fini della determinaziione deJ1'indennit� di una eventuale espropriazione 1ohe venga suocessivamente attuata. m semplice fatto della sottorposizione al vincolo archeologico non vaile, cio�, a far s� che, h1 caso di espropriazione, debba essere va~utaito come agricolo un terreno ohe, prima deHa imposizione, era edificabile (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 dicembre 1979, n. 6568 -Pres. Rossi� Est. Persico -P. M. Gambogi (conf.) -P1resiidenza del Consiglio (avv. Stato Cerocchi) c. Cappellato {avv. Agostini). Previdenza � Risarcimento danni per mancato versamento di contributi previdenziali -Prescl'i1Jione -Decorrenza. La prescrizione del diritto al risarcimento del danno spettante al dipendente nei confronti del datore di lavoro che ha omesso il versamento dei contributi previdenziali inizia a decorrere dal giorno in cui � sorto il diritto del dipendente alla prestazione previdenziale (1). (omissis) Col primo motivo del ricorso, denunziando violazione ed errata applicazione dell'art. 2116 cod. dv. in relazione aH'art. 360 lll. 3 cod. proc. dv., si censura iil punto della statuizione dmpugnata ireiettivo dell'eccezione di .prescrizione e si sostiene essere errata l'identificazione del momento iniziale della prescrizione del diritto al risarcimento del danno con:seguirto a mancata od irregolare contribuzione daHa data cli maturazione del di:vitto aJJa pensione, anzich� -come ritenuto con ila pi� recente 1sentenza n. 11743/75 deHe S.U. -da quella ne!Jla quaile si � verificaita la prescrizione dei contributi omessi. Anche tale motivo deve essere dichiarato infondato. La giurisprudenza di questa Corte, a.nJaliticamehte riiportaita nehla sentenza n. 1743/75, registrava una posizione di tesi -1secondo fa quaile il diritto a;l risarcimento del danno ex art. 2116, secondo comma, cod. civ. (1) Con fa decisione che si annota le Sezioni Unite del S.C. hanno sostanzialmente accolto l'indirizzo adottato dalla sezione specializzata, pur apportandovi un correttivo (decorrenza non dal provvedimento definitivo di diniego, ma dalla maturazione del diritto alla pensione) abbandonando cos� il principio che le stesse Sezioni unite avevano affermato con Ja loro pi� recente pronunzia in materia, a cui si era richiamata Ja difesa dell'amministrazione. Malgrado i dubbi che la delicata materia so1leva, non sembra ormai possibile ottenere un diverso orientamento. 330 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO pu� essere fatto vaJeve, e Ja prescrizione decorrere, dal momento nel qua�e i requisiti rper ~l conseguimento deLla rprestazione ;pensionistica siano venuti ad esistenza ,e ,sia emerso il rapporto causale tira inadempimento contributivo e danno risavdbile �peI'dita totale o rparziale della rpensione); -una pos1izione di antites�i -secondo la quale quel momento va individuato nel giorno in ,cui si � verificato 1l'in:adempimento (od, al massimo, in queHo della cessazione del rapporto di lavoro) H quale, Iedendo il diritto ad una regolare posizione assicurativa, produce di per s� un danno concreto ed attuale, suscettibile e di risarcimento -; ed una posizione di sintesi -secondo la quale due sono i beni tutelati (la regolare posizione assicurativa e la prestazione previdenziale) due le relative azioni (quella generale di inadempimento e quella specifica ex art. 2116, secondo comma, cod. ,civ.), e distinti i momenti di azionabilit� del diritto e di inizio della prescrizione (quando essendosi verificato l'evento-rischio, l'Istituto abbia rifiutato con provvedimento definitivo di corrispondere in tutto od in parte la prestazione pensionistica; e, rispettivamente, quando si � vericato l'inadempimento contributivo fino alla cessazione del rapporto). Chiamate a dirimere �11 contrasto, queste Sezioni Unite con la riohiamata sentenza (e con quella n. 2234/75) ebbero ad affermare un diveriso principio, a tenore del qua�e Ja ip:resorizione (decennale) del diritto al risacimento del danno, che il Javoratore ha sofferto per le mancate prestazioni dell'I.N.P.S., nei confronti del datore di lavoro, che non ha versato i contributi, prende in ogni caso a decorrere dal tempo in cui � maturata la 1prescrizione dei contributi medesimi. Pur ribadendo l'autonomia del rarprporto contributivo (corrente t<ra il datore di 1lavoro e .l'Istituto) ne11'ambito del comrpJesso irapporto giuridico ,previdenzirule, si rivenne di pover individuare il tratto di ri~evanza dell'interesse del favorntore alla rngolarit� della posizione contributiva nel nesso tra l'inadempimento della obbMgazione conuributiva e l'inadempimento (totale o parziale) rle1il'obbligazione preV'idenziaie; nesso iche :ver[' ebbe escluso a rpriori (e con esso il danno costituente presupposto per l'esrperibilit� dehl'azione risarcitoria ex art. 2116 cod. dv.) quando orperi il rprincipio dehl'automatkit� delila prestazione preV'idenziale (e cio� quando l'evento-rischio si verifichi entro il decennio di debenza contributiva durante il qua1e il requis!ito dii contribuzione � figurativamente oomputato, fil caso di inadempimento da parte del datore di lavoro, anche ai fini della determinazione della misura della pensione: art. 401 n. 153/69; art. 23-ter legge n. 485/72 di iconversione del d.l. n. 267/72); .ohe potrebbe essere eliso a posteriori finch� sia eliminab~le la stessa inadempienza contributirva (artt. 55 T.d.Ln. 1827/75 e 41 legge n. 152/69), e, .oon essa, Jo stes,so pericolo di danno 1 futtNo de11la peridita ,totale o parziale della pensione, aniche m�'aiante domanda di condanna del datme di lavoro in ,sede giudiziaria ail pagamento dei contributi non prescritti; ma che, viceversa, si manifesterebbe PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE nella sua pienezza quando J.'i!lladempimento rcontributivo, ledendo con il'intervenuta prescrizione in modo irreversibile �a posizione assicurativa del lavorntore, comprometterebbe definitivamente ii:1 dirirtto del medesimo ahla prestazione previdenzia�e, e d� in maniera eziologicamente causale, pur ne� non ancora verifioato evento-rischio {et�, invaJlidit�, mo11te), data ila essenzia!1it� deM'elemento gi� maturato de1la fattispecie risarcitoria e la regolarit� causa�e che gli ailtri non ancora presenti vengano in futuro ad esistenza. La pliausibilit� de� neo :introdotto principio giurisprude:rraiale � srtata immediatamente contestata dai1la sezione ilavoro delJla Corte la quale con una serie di pronunzie (1413-4-5/75; 4169/75; 2931/76; 3586/76; 1080�13603700- 5314/77; .2616-4233-4/78), iribadita J'autonomia per contenuto e presupposti delil'azione a 1tutela della posi:zJione assicura:tiva rispetto a queUa di danno da peridita della prestazione pensionistica per ornis�sione contributiva, e riitenuro che il rapipor.to l'isa11citorio ex art. 2U6, secondo comma, cod. civ., si rconoreta neJ momento della mancata o parziale corresponsione deJila pensione causata da mancata ed irregolare con1lribu:zJione, ha affermato che solo ail vedf�carsi di ..entrambJ detti presupposti si concreta la lesione del diiritto e comincia dJl corso della presorizione dell'azione, ed ha ide:nrbificato (nella pi� parte de�le pronunzie) il �relafilvo momento nella emanazione del provvedimento definitivo di �rifiuto dei11a prestazione da parte dehl'Istituto previdenziale. Ed � dtl consolidarsi di tale giurisprudenza che ha determinato [a rimessione del 1ricorso a1le SeZJioni Unte per un !lluovo esame dclla questione. Il Collegio, dopo meditato rJpensamento, prende atto de1la bont� degli argomenti addotti dalla sezione specializzata della Corte e ne convail~ da �a conclusione ohe va, per�, .riferita al momento della maturazione de� dimtto ailla prestazione :prev1ildenziale, non ravvisando �ragioni va1ide che includono ad insistere nel precedente :indirizzo. A ben vedere, esso �si discosta dagli stessi orientamenti mamfestam nel passato daille Sezioni Uni�te, sia �in tema di autonomfa dei rapporti contributivo ed assicurativo entro 1l'ambito de� comrp�esso .rapporto gimiidico previidenziaile (sent. 1%1/72) con la conseguente .prev.isione di una tutela deHa posizione contributiva non diretta e di condanna ail versamento dei contributi, bens� strumentale e di condanna generica ai danni (S.U. sent. n. 403/74; 2887/69), salvo il rimedio di rcui aLl'art. 13 de�la degge n. 1338/62; sia in tema di :identif�ca2lione della fattispecie risarcitoria ex art. 2116, secondo comma, cod. dv., sUJlla base di due elementi fondamentali di fatto, dati dail:la inadempienza contributiva e dailil:a pe11dita totale o :parziale de1la :pensione, con �a conseguenza .ohe l'obbligazione risarcitoria matura aill'�esaurimento della fattrspecie sitessa, che segna il momento di azionabilit� de� diritto del lavoratore (S.U. sent. n. 638/66). 332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO InOILtre, pur ispirata al dichiarato intento di non 'lasciare a lungo senza tutela il ,soggetto a cui favore la fat,tisipecie � daJJ:a legge prevista, in attesa del suo completamento, finisce col .trasformare l'azione concessa al medesimo !dalla norma in esame in ~ione di condanna generica e con Jo 1scaricare sul lavoratore stesso, se solerte, [e conseguenze deN'attesa di compiletamento defila fattispecie Jiquidait:OTia e, se inerte, i risohi de1la prescrizione de11'<a:zlione, con perdita deHa stessa prestazione suocedmea. N� persuade la funzione di discrimine assegnata alla prescrizione dei contributi omessi {in tutto od in pa11te) come il isoli.o momento prima del qua.le sairebbe non configurabile o 1sanabdlle hl danno ~la reg011arit� della posizione contributiva senza che venga fil di1scussione H danno futuro alJa posizione as,sicurativa (pe11dita tota[e o parziale della pensione), mentre dopo di esso, non soccorrendo pi� ailcun �altro rimedio giuridico, ila tutela deMa. posizione assicurativa dovrebbe avere necessario riferimento alla conseguenza finale prodotta dall'inadempimento del datore di il:avoro e rappresentlilta dailla perdita (tota.le o parzia[e) deH:a prestazione assicurativa. In realt� � lo stesso disposto delil'art. 13 della legge n. 1338/62 a chiarire che di definitivo nei1a !lesione della posiizione contributiva vi � solo il modo di regolarizzazione (che non pu� pi� opemrsi mediante accredito tardivo dei contributi), essendo possi!bile superare fa rnevanza deHa pres0J1i:zfone dei contributi stes1si mediante l'ademrpimento {da parte del datore idi lavoro old, in via sostitutiva e salvo riWlllsa, del lavomtore, sia medio tempore che dopo il verificarsi dell'eventua[e rischio) di un'obbligazione secondaria succedanea a quella inadempiuta (versamento all'Istituto della riserva matematica necessaria) idonea a produrre identit� di effetti i(costituzione idi rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata a1la pensione obb[dgatoria ohe spetterebbe al lavoratore dipendente in 1relazione ai contributi omes1si) e ad impedire identicamente Ila producibiHt� del danno specifico e J'operativ> it� deihl'azione prevista 1daH'art. 2116, secondo comma, cod. civ. Ch�, mzi, proprio tale disposto, in unione agJ:i a1tri anche gi� messi in rii:salto nei11a precedente 1sentenza (diritti del lavoratore alJ.a illiformazione periodica sulilo svolg1imento deHa posizione 1contributiva: art. 38 statuto [a;voratori; accredito dei contributi non presoritti, omes,si da aziende in ,crisi o faJLMte, mediante prelievo dalile <riserve deH'Ist!ituto: art. 39 statuto 'lavoratori) pernuadono non solo della tutela mrettamente aocOI1data dailil'o11dinamento ailila posizione contributiva del lavoratore in relazione aMa 'legittima 'aspettativa di un utile svolgimento del Tapporto assicurativo ~sernza iehe oocorra qui -non richiedendolo ['economia della deoisfone -delinearne il titoJo di legittimazione, ~�ambito ed d mezzi) ma anche che una taile tutela, sia essa intesa ad elimililare fio:adempi PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE mento contributivo ovvero a sterilizzare gli effetti dannosi, � esterna a:Ha fattispecie !risarcitoria descritta nell'art. 2116, secondo comma, cod. civ. ed anZii ne preclude J'avveramento. A11a stessa �conclusione conduce l'esegesi di quest'uiltima norma, la quale, operando sul :piano delile :prestazioni previdemdaili, configura in termini correlativi 11'obbligo delile :pTestazioni previdenziali dovute dal� nst:ituto per fil congegno dell'automatismo e 1l'obbligazione del datore di lavoro ahl'eq'll!ivailente sostitutivo nummario, entrambi valutati -a prescindere dai mqdi e tempi dell'inadempimento deH'obb1igazione contributiva e dalla quantit� di essa eventualmente prescritta -al momento dell'av�versamento del �rischio, ed avente come conrtenuto identicamente il quantum di prestazione corrispondente ai oont�rii.buti dovuti. Ma la ragione idi fondo che osta alila anticipazione dehl'azfone di danno specifico ex art. 2116, secondo comma, cod. civ., configu:mta come unitaria, ail momento nel quale i .contributi (totailmente o :parzia!1mente) omessi si sono prescritti, sta nella portata costitutiva di entrambi gli elementi :(omissione contributiva e :pei:idita, totaile o ;paaiaJe, deHa :prestazione pensionistica) della fattispecie �i:iisaocitoria e de!! irelativo nesso egiologico, richiesti a1I momento dell'avveramento del!l'evento-riischio, sicch� ila nonnale :prevedihhlit� di futuro avveramento di ques�t'u1timo accadimento, secondo regolarit� causale, non vale ad attuailizzare fa responsabfildt� del soggetto {datore di \lavoro) ail quale sia im:putabhle l'omissione contributiva senza .Ohe si :possa dimostrare anohe non la isola eventuai1it� bens� [a <:onoretezza di un danno alla posizione assicurativa, sebbene idi futura maniifes:tazione: dimostrazione impossibile rprima del completamento dehla fattispecie risarcitoria. A parte, infatti, fa gi� rilevata :possibiilit� per iii datore di favoro di neutralizzare [a funzione causaile delil'omis:sione dei contributi presoritti, e indirpendentemente daHa :possibilit� che l'even:to"'11i:schio non �si ireailizzi, ]l sistema �conosce molteplici e ricorrenti oosi di Jlesione della posizione contributiva che non integrano danno rr.isarcibfile ex a1rt. 2116, secondo comma, 1cod. dv. per mancanza di rilllessi :sulla erogazione o sulila misura del!la prestazione pensionli!stica. Bd i casi gi� posti in il:uce in dott11ina e ne1la giui:iisprudenza sono di per s� illuminanti: com'� per H parziale !inadempimento cadente oltre il quinquennio posto a base di determinazione tdelila iretribuzione annua pensionabHe; per l'omissione contributiva che eoceda il periodo massimo di amiianit� contributiva; per que1Ha assorbita dahl'adeguamento fogalle della pensione ai trattamenti minimi. Invece del tutto estraneo aJl:la fattispecie risamitoria -epiperci� lin:idoneo a procras.tinare nel tempo 'I'iillizio del deco�rso della prescrizione del diritto -� il provvedimento definitivo con i~ quaile l'ii!stituto rrifiuta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (in tutto od in parte) f'erogazione delil:a prestazdone al maturare del-iii 1',evento, per la constatata def�denza (od insufficienZia) contributiva. Trattasi di un atto �condusivo di un .procedimento r.igidamente ed analiticamente prefissato da�la legge (nella �erogazione, decorrenza, misura I ed altre modalit� dehla prestazione previidenziale) e relativa ad un'obbli gazione ex lege legata ail solo verificarsi di ailcuni fatti, atto al quale non pu� che assegnarsi natura idiohiairativa ~quail.e che ne sia l'esatta definizione dogmatica: aoclaramenito, accertamento esecutivo, ricognitivo, eoc.) pevch� emanato nell'eserni21io di un potere ohe si esaurisce nel Il'�adempimento deJJe operazioni (materiali e giuridiche) necessarie ad assicumre l'autonomia della funzione: S.U. n. 1261/75. L'azione per dl conseguimento della rpresOO.:ZJione -ed ~dentkamente quella per :il conseguimento dei danni da denegata pa:-estazione ex art. 2116, secondo comma, cod. dv. -nei confronti dei soggetti dspettivamente obbligati (I1stri:tuto previden:lliaJe o datore 9-i 1}avoro), sono sotto il profilo della causa petendi, normaH azioni esperibirli dinnanzi al giudice ordinario, ai sensi delJl'art. 2 della '1egge n. 2248 del 1865 aJ'1. E; e non coinvolgono, cons�eguentemente, la verifica della legittimit� o meno deill'atto amministrativo di diniego, per appiLicarlo o disap:plioavlo, sostituendosi la statuizione del giudice all'esito �di autonomo aoceritamento deilil.a fondatezm o meno della pretesa. E la pienezza di autonomia idi un tale accertamento si estende nel giudizio su domanda 1risardtorfa ex art. 2116, secondo comma, cod. civ., anche a quei presupposti dhe nel giudizio su domanda di prestazione previdenziale soggiacerebbero al preliminare procedimento amministrativo, ad effetto condi2lionante (ma per breve durata: art. 443 cod. pa:-oc. civ. ex ilegge n. 533/73) la procedibilit� �dell'a2lione o la �pToseguibilit� del �giudi2iio, ma non riconducibile aiWirnpedimento contemplato dall'articolo 2935 ood. ciiv. �(sent. n. 2336/77) (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I dviQe, 22 gennaio 1980, n. 485 -Pres. La Fa11ina -Est. D'Orsi -P. M. Dettori (concl. .conf.) -P.refettuta di Varese {avv. Sta:to Cosentmo) c. Steri. Avvocatura dello Stato -Rappresentanza e difesa in giudizio -Rappre sentanza .fi parte di un funzionario nei giudizi pretorili. -Esibizione dell'atto di conferimento del mandato -Necessit� -Esclusione. Per l'esercizio -nei giudizi di pretura -dello jus postuilandi da parte di un funzionario dell'Amministrazione statale non � necessaria l'esibizione n� del provvedimento d'incarico adottato dall'Amministrazione e-: <=: ~: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 335 interessata n� dell'avviso espresso dall'Avvocatura dello Stato in ordine al concreto uso della facolt� spettante alla p.a. di stare in giudizio � di persona� (1). {omissis) L'art. 3 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, sulla rappresentanza e diliiesa ,in giudizio dello Stato stabilisce ,che � rinnan21i a:He preture ed agli uffici di conciiliazione Je amministrazioni dello Stato possono, intesa l'Avvocatura dello Stato, essere rappresentate dai ;propri funzionari, che siano per taili �riconosciuti �. Questa disposizione � stata inteI1pretata dal pretore di GaJllarnte nel senso che il funzionario, il quaJe si presenta in giudizio per rappresentare l'amministrazione dJi 'Oui fa pa11te, deve essere 'ailmeno munito di � un atto dii designazione da parte dell'amministrazione rinteressata (da cui riswlti che il funzionario � come taile riconosciuto) :preceduto dai pa:rere dell'Avvocatura dello Stato�. Nonostante, quindi, la presenza iiin gfoldrizio del dott. Umberto Calandrella, funzionario dehla BrefettuTa di Varese, il pretore ha dichiarato la contumacia deM'ammrinistrazione citata, non ha :ammesso la produ (1) Esercizio dello � ius postulandi � per una ,p.a. e sindacato di terzi. 1. -Oome �sd desume dail!La seD!tenza 1n rassegna, il ~retore aveva ritenuto che iJB fUIIJ!2Jionario cornpaocso in g,i1Ucli7Ji.o a raippresenitare l'AmminIIB'trazione statale convenuta dovesse dar conto dei propri poteri esibendo l'atto col quale, �sentita l'Arvvocatooa deilllo Stato>>, IJ!'Ammfu::J!ilstimzione limrte.res�sa1la fu aves.se investito dell'incarico a norma dell'art. 3, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611. La Cassazione, oltre ad escludere -con 'puntuale applicazione dei principi in tema di rapporto organico -la necessit� della dimostrazione di uno specifico atto di investitura del funzionario nel potere di rappresentare ~�amministrazione, ha negato altres� riilevanza esterna all'avviso deLI'Avvocatura dello Stato richiesto dalla norma citata. Tale notazione, forse neppure strettamente necessaria per la decisione del caso di specie (nel quale la costituzione in giudizio della p.a. a seguito della notifica dell'atto di citazione presso l'Avvocatura consentiva di ritenere avvenuta per fatti concludenti la valutazione dell'Organo ilegale circa l'opportunit� di un ricorso all'art. 3, r.d. 1611/1933), rappresenta ulteriore puntualizzazione -sotto diverso profilo -di recenti affermazioni giurisprudenziali in tema di ra'.ppresentanza e difesa in giudizio delle p.a. 2. -Occupandosi di un'ipotesi di patrocinio facoltativo di Enti pubblici non statali le S.U. della Cassazione, cui s'era offerta l'occasione di comporre un iniziale contrasto giurisprudenziale, avevano avuto modo di negare rilevanza esterna al.ratto col quale uno di tali enti aveva deliberato di affidare il proprio patrocinio all'Avvocatura dello Stato (cfr. sentenza 24 febbraio 1975, n. 700, in questa Rassegna 1975, I, 696). Osserv� in quel caso la Corte Suprema che l'ordinamento ha affidato, in via istituzionale, all'Avvocatura la tutela in giudizio degli interessi pubblici e che le norme in tema di patrocinio facoltativo non sono dettate � in vista di un particolare vantaggio da attribuire alle amministrazioni ed agU enti in esse indicati, bens� unicamente in vista dell'interesse pubblico a che fa loro difesa e rappresentanza in giudizio sia esercitata da RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione in giudizio dei documenti, esibiti dail. Calandrella ed ha accolto l'opposiziooe. Questa statuizione � censurata dall'Avvocatura dello Stato con due mezzi di annuillamento, coo 'i quaili, <lamentando 'la vJdlazione degli artt. l, 2 e 3 del r.d. n. 1611 del 1933 e dell'art. 9 della [egge n. 316 del 1967, in a:'elazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., nega ['esigenza di un formale atto sc:riitto di designazione del funzionario che si presenta in giud!�zio e pone fil rnft�r01IJJto tra I'art. 1 del detto decreto, che dconosce J'jus postulandi agli avvocati dello Stato, con la semplice constata:llione dellla loro qualit� e l'art. 3 che davanti ai pretori e ad coocilliatori Tkonosce lo stesso potere ai funzionari deH'amministrazione interessata, con la sempJ.ii.ce constatazione della foro quailirt� . .A!ggill!tlge ,che 1'� intesa� con �l'Avvocatura del!lo Stato � un mero atto interno e ohe � cosa ben dive11sa dailil:a � delega � [a quale � invece, prevista dall"art. 2 (per !'&potesi in cui H giudi:llio si svoLga fuori della sede degli uffici deLl'Avvocatura e questa vogJia delegare funzionari quello stesso organo cui � istituzionalmente affidata la difesa di tutti gli interessi, patrimoniali e non 'patrimoniali, dello Stato considerato ne1la sua unitariet� �. Nel diverso caso venuto ora al suo esame la Corte 1Suprema, negando che nell'inciso �intesa l'Avvocatura dello Stato� possa ravvisarsi il: riferimento ad un atto diretto a legittimare -in concreto -l'esercizio dello jus postulandi ne1le forme dell'art. 3, r.d. 1611/1933, ha osservato che l'esigenza di sentire l'organo, cui � istituzionalmente demandata la rappresentanza e difesa dello Stato iin ,~ud.ii~o. trova ragione neJJIJa appovtWl!it�, per i[I'Amministrazione, di ricevere consiglio e indirizzo circa la condotta della lite. Sia pure in maniera diversa la sentenza del 1975 e quella sopra riprodotta concorrono, dunque, a tratteggiare i compiti dell'Avvocatura ed a svincolare l'esercizio deLlo jus postulandi per le p.a. da ogni possibilit� di sindacato in ordine all'esistenza ed ai limiti del �mandato�. L'orientamento di cui s'� dato rapido conto offre oggi occasione per accennare, altres�, ad alcune norme della legge 3 aprile 1979, n. 1103, dalle quali possono ritenersi 'positivamente fissati tanto il principio dell'irrilevanza, verso ter2li., ,dielllJe 1ilni00se ~ria AmmiinisitrazJioni ed A vvooaitura ciirca :L'esercizio delilia rappresenrtJamza !iJn gi'llldiziio deiLJJa prwa -quanto ['ailJtro, secondo .cui .L'Avvocatura � istituzionalmente investita della tutela giudiziale degli interessi pubblici, in genere, suscettibili di essere ricondotti allo 'Stato nella sua unitariet� quando pure affidati aHa cura (amministrativa) di organi ed enti strutturalmente (ma non funzionalmente) esterni all'apparato statuale in senso stretto. In ragione delil'inerenza alla materia oggetto della sentenza in esame (e di queffi!Ja del! L975 che s'� rioovdata) vengono dm rilllievo gl.ti airtt. 1lil e l3 deilJJJa legge ~ 103/1979, essendo appena iJ caso di segnalare l'art. 10 che, prevedendo l'estensione ~ de1le funzioni dell'Avvocatura dello Stato alle regioni a statuto ordinario, rappresenta diretta espressione del! principio che vuole assicurato anche sul piano giudiziale un perseguimento organico, e non settoriale o soggettivistico, degli interessi generali della comunit�. @ (:~j ~:= i~~ ,.. 3. -L'art. 13 della fegge n. 103/1979 dispone che nei procedimenti di ~:= inisuazione>tardiva di crediti al passivo fallimentare (art. 101, r.d. 16 marzo 1942, ~:~ 1=: ili' 1:; I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 337 dehl'ammmistrazione interessata o rprocu:riatori legali esercenti nei!. circondario in cui si �svolge iil giudizio). Il mezzo � fondato. Della legge, male applicata dal pretore, sono ben chiare la lettera e Ja ratio. Sitarndo alla fottera deilla nonna appare 1che �fintesa � con ~'Avvocatura defilo Stato attiene al!l'at1J:ivit� interna deiH'amminist:riazfone, alla fase, cio�, rpreoedente a1la propos�izione de1la J:ite (�se l'rumministrazione � attri ce) o alla costituzione in giudizio (se � convenuta) e non riguarda il giudice ~gairante di interes'Si diversi da quel1i delJ'amministrazione attiva) e al]Jlpare, altres�, che i1l ,funzionario il quaile rarppresenta ~�amministrazione, o, meglio, nella oui rpersona ista in giudizio l'amministrazione) deve soltanto fars1i �riconoscere� per taile dal giudice e daHa controparte. La facolt�, cio�, �di rappresentare '1'amminis1Jrazione aprpartiene al .funzionario per la 'Sua qualifica e non in virt� Idi delega o mandato. Sia la delega che il ma11!dato rpresuppongono, �infoltiti, alterit� idi soggetti, n. 267) ed .in quelli per l'ammortamento di titoli di credito (artt. 2016 segg. cod. dv.) Jle Aimlmio:.iiisrtmz�oni stiatallli, Ile Regioni e glli enti che sii avv.ailgono del patrocinio dell'Avvocatura a sensi dell'art. 43, r.d. ,1611/,1933 sono rappresentati da propri funzionari, che siano per tali riconosciuti. La ncmma agg;�llmge .che nei giudizi I�IIl m!ateria dii :poosioillli. me Amminli.st:ra� zioni statali, quando non ritengano di avvalersi del patrocinio deLI'Avvocatura dello Stato, possono delegare un .proprio funzionario a sostenere, anche oralmente, nel corso del giudizio, la loro posizione. Per quanto qui interessa, l'attenzione va richiamata non tanto sui primi due commi della norma (il primo dei quali, oltre tutto, parrebbe muovere da una pacifica soluzione del problema pi� generale della necessit� di un'assistenza legale, prevalentemente negata -invece -� nelle procedure di ammissione di credito al passivo fallimentare sia pure con riferimento alle domande ex art. 93, legge fall.: cfr. Cass., 26 ottobre 1976, n. 3875 e Cass., 28 lu~lio '1972, n. 2587, in Foro it., 1977, I, 1248 e 1973, I, 2584) quanto sulla disposizione relativa ai giudizi in materia di pensioni, da considerare in relazione agli artt. 79, r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e 3 legge 21 marzo 1953, n. 161 e, dunque, attinente soprattutto all'attivit� di difesa. Bench� non possa escludersi che una controversia in materia di pensioni involga, al di J� degli aspetti patrimoniali del singolo caso, questioni di massima rilevanti in tutto il settore del pubblico impiego, non v'� -nella norma -alcun esplicito accenno ad un �avviso� dehl'Avvocatura circa l'opportunit� di delegare un funzionario a sostenere in giudizio la posizione dell'amministrazione, e sembrerebbe -anzi -che la legge abbia inteso rimettere a quest'ultima la valutazione prudente, ma esclusiva, di non avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura. Con tutta evidenza, per�, il significato della disposizione non pu� essere quello, prima fac�e apparente e che, in ultima analisi, risulterebbe inconciliabile con la disposizione dell'art. 1, primo comma, r.d. 1611/1933 e con l'attribuzione all'Avvocatura, in via istituzionale, del compito di rappresentare e difendere le Amministrazioni statali in giudizio. Sembra quindi pi� corretto ritenere che la norma in esame -destinata ad alleggerire compiti sempre pi� gravosi 338 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO iaddove il fun2'!ionario � incarid:inato nella struttura deiI'amministrazione in base a:l rapporto organico. A chiari<re questo concetto ibasta il semplice raffronto con la diversa terminologia usata dal legislatore nell'articolo 2 del detto decreto (ove si parla di delega da parte dell'Avvocatura nei giudizi che si svolgono fuori della sede degli uffici dell'Avvocatura medesima) e nehl'a:rt. 4 ove 1a 'rappresentanza innanzi a:lle preture e agli Uffici di conciliazione dehl',amministrazione de11e Ferrovie dehlo Stato, si rpar.la di agenti muniti di �mandato� generale o ,sipecia'1e rper ciascun ~udizio. Ma anche fa ratio della disposizione coincide in tal senso. La fogge, imat1Ji, nel solo interesse dell'amministrazione ha prescI'itto iche essa, prima di avventurarsi in una lite, senta l'organo tecnico cui � J,stituzionalmente demandata 1a rappresentanza e 1a difesa dehlo Stato in giudizio e ci� per avere consiglio e indirizzo circa la condotta dehla J,ite, delila quale poi, in caso di aippe1lo o di 'ricoriso per cassazione, dovr� necessariamente occuparisi l'Avvocatura deMo Stato. non abbia inteso escludere la necessit� o, almeno, l'opportunit� ma solo presuppcmre !l'esistenza di sipeid�che �intese � tira Ammi!lllis~e e Avvocatura im'Plicitamente limitandone la rilevanza sul solo piano � interno �. 4. -Maggior interesse presenta, ai fini in esame, l'art. 11 della legge n. 103/.1979 che, modificando la disposizione contenuta nell'art. ~3, r.d. 30 ottobre 11933, n. 1611, in tema di patrocinio facoltativo, ha significativamente precisato che una volta intervenuto ['atto (statale) di autorizzazione al patrocinio delll!'Avvoaatum questa a&>rume ra rappresien.too.m e difesa in giiuddzro degli enti � in via organk:a ed esclusiva�; e che gli enti i quali, per particolari controversie (diverse da quelle comportanti conflitto di interessi con lo Stato e ,le regioni), intendano non avvalersi del patrocinio autorizzato debbono adottare .aipposita motivata delibera. La norma, che mutatis mutandis trova piara~11e!lo netl primo comma deLJ.'artii colo 5, r.d. '1611/1933, appare rilevante in due direzioni; per ci� che esplicita mente enuncia in ordine ai caratteri del "patrocinio affidato all'Avvocatura ed altres� -e proprio in relazione a tali sottolineati caratteri -per ci� che lascia all'interprete di desumere ciI1Ca la rilevanza di una intesa tra ente patrocinato ed avvocatura non solo nella fase istruttoria del procedimento di autorizzazione ma, questa intervenuta, anche ai fini del non uso del patrocinio. Vale, in effetti, considerare che l'organicit� del patrocinio da parte della Avvocatura comporta non solo -com'� evidente -che controversie con identico oggetto siano affidate all'Avvocatura ma che questa provveda pure alla raippresentanza e difesa in giudizio deg,li enti in tutte le controversie che presentino questioni connesse, dipendenti o comunque interferenti con altre costituenti oggetto di giudizi nei quali il patrocinio risulti gi� affidato all'Avvo catura stessa solo in tal modo potendo reailizzarsi le condizioni capaci di assicurare una unicit� di indirizzo difensivo e, quindi, quella 'Pi� efficace (perch� �organica�) tutela giudiziale di interessi pubblici che � J'obbiettivo della legge. Nasce di qui l'esigenza, strumentale, di preventive � intese� tra ente ed Avvocatura, dal momento che il primo non potrebbe -senza il consiglio tecnico della seconda -procedere a1la individuazione delle controversie nelle PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 339 Non si tratta in altre parole di una delega che ~l funzionario deve ricevere idal.l'Avvocatura, delega che, �come gi� si � visto, � prevista in altre e d�.verse ipotesi. E in reailt� la delega potrebbe essere 1richiesta solo nel caso in cui l'Avvocatum dello Stato si costituisse esisa in giudizio davanti ail pretore e poi delegasse funzionari deM'ammimst.razione interessata, ove ila [iite si svolgesse in un ufficio giudizia1fo diverso dail J.uogo di sede de11'Aivvocatura. In questo caso il rapporto di delega si spiega peroh� H funzionari.o si presenta in giudizi.o in .luogo dell'Avvocatura; ma quando J'amministrazione sta in g�.udiz�.o a mezzo dei suoi fuD.2lionari si iha, in sostanza, iiil caso delJa parte che sta in giud�.zio � rper.sonailmente � e l'amminiistrMione non pu� 1stare altrimenti in giudizio che a mezzo dei suoi organi. 'Bd � proprio nella noz;ione del rapporto ovgainico che come gi� detto va esclusa, per H funzionario che viene in giudizio iper :l'amministrazione, l'esigenza di esibire un atto di designazione. Questo, se � stato emesso, � atto interno, che riguarda �. vari compiti dei funzionari del!l'ufficio e non interessa :iil giudice. Il riico11so deve, quindi, essere accolto (omissis). quali avvalersi o di quelle, viceversa, nelle quali non avvalersi del patrocinio gi� autorizzato, in via generale, a conclusione del procedimento di cui all'art. 43, r.d. 1611/1933 (come modificato dalla legge 103/1979). Ma in un caso e nell'altro, vale a dire tanto agli effetti del provvedimento di autorizzazione quanto agli effetti della determinazione di non avvalersi -in casi speciali -del patrocinio, J:a norma tace dell'avviso dell'Avvocatura e delle intese intercorse tra questa e l'ente in ordine alla specifica controversia giudiziale o a determinati settori del contenzioso dell'ente in tal modo autorizzando a ritenere che tali atti sono destinati ad esaurire la loro efficacia all'interno della p.a., potendo semmai risultare rilevanti ai fini del controHo degli organi di vigilanza sulla delibera di cui al penultimo comma dell'art. 43, cit., nuovo testo. In altri termini, una volta intervenuta l'autorizzazione in parola il concreto esercizio dello jus postulandi da parte dell'Avvocatura deve porsi in relazione con la istituzionale competenza dell'organo legale a provvedere alfa tutela in giudizio di interessi 'pubblici generali e non v'�. luogo, per il giudice e per gli altri soggetti del processo, ad indagare su uno specifico atto di conferimento del mandato n� sui ~imiti del potere di rappresentanza in ipotesi correlati aJJ.'oggettiva definizione delle materie di contenzioso attratte nell'ambito del � patrocinio organico � a seguito dell'avviso espresso, in via generale e preventiva o con riguardo a specifiche controversie, dall'Avvocatura. SERGIO LAPORTA SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CASSAZIONE PBNALE, Sez. VI, 12 febbraio 1979, n. 77115 -Pres. Ugazzi - Rel. Cersosino -P. M. Bruno -Bonacina (avv. Patan� e Di Pietropaolo) e Comitato di quartiere parte civile {avv. Di Batti.ISta). Demanio -Demanio storico artistico -Beni culturali -Beni culturali di propriet� privata -Beni vincolati -Ordinanze di restauro -Competenza -Competenza esclusiva del Ministro -Sussiste. � di spettanza esclusiva del Ministro per i beni culturali e ambientali la competenza ad emanare ordinanze di restauro (di beni vincolati come cose di interesse storico artistico) ai sensi dell'art. 16 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, come richiamato dal terzo comma dell'art. 2 della legge 21 dicembre 1961, n. 1552 {1). (1) Esistono forti perplessit� in dottrina e giurisprudenza a ritenere che, laddove la legge 1� giugno 1939 n. 1089 parla di provvedimenti �del Ministro�, tali provvedimenti non debbano essere emanati necessariamente dal Ministro, ma possano essere adottati anche dai Soprintendenti; ne sono sicuramente esclusi, ad esempio, sfa i 'provvedimenti impositivi del vincolo ex art. 3, sia tutti i provvedimenti la cui emanazione � condizionata aJ. previo parere del Consiglio Nazionale per i beni culturali e ambientali (cfr. in termini Trib. Bologna, 3 agosto� 1951, in Foro Jt., .1951, I, 1555; �CANTUCCI, La tutela giuridica delle cose di interesse artistico e storico, Padova, 1953, 342 e 355; CAPACCIOLI, Sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico, Milano, 1%2, 5 segg.; ALIBRANDI-F'ERRI, I beni culturali e ambientali, MHano, 1978, 299 e sgg.). TaJ.i pevplessit� permangono indipendentemente dagli effetti collegati alla necessit� di attuare a favore dei Soprintendenti, quali dirigenti degli organi periferici dell'amministrazione per i beni culturali e ambientali, la delega prevista dahl'art. 14 del d.P.R. 748/1972. La definizione dei compiti delle Soprintendenze quali organi tecnici amministrativi locali non consultivi, ma deliberativi che agiscono con potest� autonoma venne enunciata dahla Suprema Corte �di cassazione fin dal lontano 20 febbraio 1948 (cfr. Dee. n. 263, in Riv. Amm., 1948, 145); con la decisione che si annota il Supremo Collegio, con riferimento aHa fattispecie legale prevista PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA dalla norma di cui all'art. 70 della legge 1089/1939 (�Salvo che non sia 'prevista una pena pi� grave, chiunque trasgredisca ad un ordine, dato dal Ministro per ]',eduoamcme n<aziomilie -ora per !i beil!� cu:Lturnllli e ambllien1Jaild -fil conformit� della presente legge, � punito con Je .pene di cui all'art. 650 del codice penale�) ha osservato che presupposto del giudizio circa l'ottemperanza o meno da painte del des�tinatariio delilfatto iairnminis1:trativo aJl COIIJ!ando 1enunciato � llia ilegiittimit� del] provveclimeaJ:to oMlChe in J:clazLo�l1Je aa['oogam:o ohe .io ha emesso � necessario cio� accertare che l'atto imperativo della p.a. sia stato emesso dall'organo a cui la legge ha conferito il potere di imporre una delle condotte necessarie alla conservazione dei beni considerati dalla legge meritevoli di tutela; sotto tale specifico profilo la Cassazione ha Di.levato che sia i provvedimenti 'previsti dagli artt. 14, 15 e 16 della legge 1089 del 1939, sia quello di cui all'art. 2 della legge n. 1552 del 1961 (� ill Ministro per i beni culturali e ambientali pu� adottare i provvedimenti di cui all'art..16 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, anche per le cose di propriet� privata, che abbiano formato oggetto di notificazione ai sensi degli artt. 2, 3 e 5 della detta legge�) possono essere emessi solo dal Ministro, previo parere obbligatorio del Consiglio Nazionale dei beni culturali e ambientali, .fatto salvo il caso di assoluta urgenza (cfr. art. 4 Jegge 1552/1961) e non anche dai Soprintendenti, come risulta dall'esame e dal tenore letterale delle norme surrichiamate e delle altre disposizioni normative della stessa legge (cfr. artt. 11, 12, 18, 20, 22 e 60). � Dalla valutazione globale degli articoli stessi -motiva testualmente la Cassazione -risulta evidente l'intento del legislatore di conferire all'autorit� politica -posta a capo de1l'amministra2lione dei beni culturali -il potere di adottare gli interventi pi� incisivi e penetranti per la maggiore incidenza delle limitazioni imposte e delle conseguenze giuvidico-economiche da essi derivanti �. Conclude 'pertanto il Supremo Collegio affermando che i provvedimenti in ipotesi emanati dal Soprintendente sono da considerarsi inesistenti per incompetenza assoluta dell'organo; quanto alla delegabilit� ai �Soprintendenti di siffatte competenze ex art. 14 d.P.R. 748/1972 riteniamo che essa andrebbe esclusa ogniqualvolta sia richiesto il parere del ConsigJio Nazionale: una conferma indiretta a tale conclusione sembra potersi ricavare dall'art. 6 della legge n. 44/1975 la quale ha attvibuito alle Soprintendenze il potere di adottare i provvedimenti di cui agli artt. 14 e 15 della !legge 1089 dd 1929, e non ha richiam~to anche l'art. 16 della stessa legge, cosicch� i provvedimenti da� questo ultimo articolo contemplati non possono che essere ritenuti cli competenza esoliusi'Vla dell Mmllistro (lin SeaJ:so contml1�lo alllle tesru de.llia Oassa2lione, cfr. Pretore Roma, 21 giugno 1977, in Proc. pen. c. Bonacina Cesare; Pret. Roma, dee. 13 novembre ,1979, in proc. c. Rossignoli Arturo; in dottrina cfr. A. POSTIGLIONE, Sulla competenza ad emettere ordinanze di restauro di beni culturali di propriet� privata, in Il Consiglio di Stato, 1979, Il, 763 e sgg.; dello stesso autore: Ruolo delle soprintendenze per i beni ambientali ed architettonici nella giurisprudenza, nota a sent. Pret. Roma, 13 novembre 1979, n. 21843, in I Tribunali amministrativi regionali, 1979, Il, 417; Inosservanza delle ordinanze delle sopraintendenze per il restauro dei beni culturali e sanzioni penali, nota a sentTrib. Roma, I pen., 25 maggio 1978, in Il Consiglio di Stato, 1978, II, 907 e sgg. R. TAMIOZZO 342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pl., 7 dicembre 1979, n. 32 -Pres. (f�f.) Imperatrice -Est. Dato -Ministero difesa (Avvocatura Stato) c. Santoro (avv. Festa) -Appello avverso dee. T.A.R. Lazio, I Sez., 27 agosto 1976, n. 477. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Impugnazione -Termine -� Dies a quo � per la proposizione dell'appello -Notificazione della sentenza di primo grado -Individuazione -Amministrazione statale patrocinata dall'Avvocatura dello Stato -Notificazione presso l'Avvocatura -Necessit� � Sussiste. Impiego pubblico � Retribuzioni � Equo indennizzo � Personale militare � Menomazione brlziale e aggravamento successivo -Infermit� contrat� ta in epoca anteriore alila legge 1094/ 1970 con aggravamento successivo � Misura dell'equo indennizzo � Criteri. In relazione all'applicabilit� dell'art. 285 cod. proc. civ. anche in tema I di not.ificazione di sentenze degli organi giurisdizionali amministrativi, e di individuazione del luogo di notificazone delle stesse, qualora si tratti di sentenza emessa nei confronti di una pubblica amministrazione costituita I ritualmente in primo grado col patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, essa I andr� notificata presso quest'ultima, con conseguente irrilevanza, ai fini f:~ della decorrenza del termine per la proposizione dell'appello, della notifi-fil � cazione effettuata direttamente presso l'amministrazione (1). Im,.. Trova applicazione anche a favore del personale militare {cui � stato esteso dalla legge 23 dicembre 1970, n. 1094, il beneficio dell'equo inden-' I ,.. nizzo, previsto per i pubblici impiegati dall'art. 68 del t.u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e disciplinato dal d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686) ~ il costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui, qualora la dipendenza dell'infermit� da causa di servizio sia stata riconosciuta anteriormente all'entrata in vigore della legge di previsione del beneficio, ma la perdita dell'integrit� fisica si sia manifestata o aggravata in epoca successiva, il beneficio deve essere riconosciuto, ove beninteso sussistano le altre .condizioni richieste dalla legge; in tale ipotesi al dipendente spetter� la differenza fra l'importo liquidabile a seguito dell'aggravai mento e quello che avrebbe potuto essere liquidato all'atto in cui si era manifestata la menomazione indennizzabile solo per effetto di legge If sopravvenuta (2). (1-2) Con espresso riferimento all'ipotesi in cui parte in nistra2iione non statale dr. Ad. PI., 23 marzo 1979, n. 9, 1979, I, 710. @ !I C�: r: f:: i:: causa sia un'ammit in questa Rassegna, e t f @ ! ~~~ ~: _.......,~ASr'~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 343 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 dicembre 1979, n. 1144 -Pres. Santaniel. lo -Est. Delfino -Regione Friuli-Venezia Giulia (avv.ti Pacia e Rkci) c. Mmistero Difesa e ahro (avv. Stato Azzariti). Appello avverso dee. T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 16 marza 1978, n. 79. Urbanistica � Piano regolatore � Variante -Beni patrimoniali indisponibili dello Stato � Destinazione diversa da quella prevista nel vincolo Consenso dell'amministrazione proprietaria -Necessit� -Non sussiste � Limiti. Urbanistica -Piano regolatore � Variante -Opposizione -Beni patrimoniali indisponibili dello Stato -Opposizione da parte dell'amministrazione proprietaria -Legittimit� della reiezione da parte della Regione. Urbanistica � Piano regolatore � Prevlsione di massima per espropri e sistemazioni � Contestualit� con l'approvazione del piano -Non � richiesta. Non � necessario il consenso dell'amministrazione proprietaria di un bene patrimoniale indisponibile per legittimare una variante a piano regolatore generale comunale che preveda una destinazione di detto bene diversa da quella per la quale esso risulta vincolato, trattandosi di una astratta previsione urbanistica che non comporta l'espropriazione, ma si limita a prevederne la futura possibilit�, da concretarsi peraltro con l'adozione di altri successivi provvedimenti {1). Non � richiesto il preventivo esame, da parte del consiglio comunale interessato, ai fini della reiezione da parte della Regione di una opposizione avverso la variante di un piano regolatore comunale che abbia inciso sulla destinazione di un bene patrimoniale indisponibile dello Stato, qualora trattasi di opposizione non formulata ai sensi e nelle forme previste dagli artt. 9 e 10 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (2). Non essendo richiesta necessaria contestualit� della predisposizione del piano finanziario di massima ex art. 30 legge 17 agosto 1942, n. 1150, e delle spese occorrenti per gli espropri e le necessarie sistemazioni rispetto all'approvazione del piano regolatore generale e alle varianti ad esso, la previsione di massima pu� essere predisposta anche successivamente, e cio� al momento della effettiva espropriazione (3). (1-3) Cfr. Sez. IV, 29 aprile 1977, n. 439, in Il Consiglio di Stato, 1977, I, 565; Sez. VI, 9 giugno 1978, n. 737, ivi, 1978, I, 1186. 344 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 dicembre 1979, n. 1195 -Pres. Santalllie1lo -Est. Grassi -Prefetto di Roma 'ed altro {avv. Stato Onufrio) c. Pallotta {1avv. Cervati) -Appello avverso dee. T.A.R. Lazio, I Sez. 1� febbraio 1978, n. 143. Combattenti e reduci -Qualit� di deportato civile -Riconoscimento Diniego -Onere probatorio dell'interessato -Limiti -Effetti. Non incombe sull'interessato al riconoscimento della qualit� di deportato civile un onere probatorio rigorosamente inteso, n� il compito dell'amministrazione pu� essere circoscritto all'esame della rilevanza delle prove fornite dall'interessato, essendo invece compito specifico della stessa amministrazione, ogni qualvolta ricorrano i presupposti del fumus boni juf))i.S, effettuare gli opportuni accertamenti per valutare appieno la eventuale fondatezza della domanda; conseguentemente va dichiarata la illegittimit� di un provvedimento prefettizio di diniego di riconoscimento di detta qualifica, basato sul rifiuto di prendere in considerazione la documentazione fornita dal richiedente, documentazione dalla quale emerga comunque un utile principio di prova, quali ad esempio gli atti di notoriet� rilasciati da soggetti che hanno dichiarato di essere stati diretti compartecipi e testimoni dei fatti riguardanti il richiedente (1). (1) Cfr. in termini Cons. Stato, Sez. IV, 1� luglio 1977, n. 657, in Il Consiglio di Stato, 1977, I, 11122; Parere Cons. Stato n. 1817 del1'11 dicembre 1974; ivi, 1975, II, 1297; T.A.R. Lazio, 1Sez. staccata di Latina, 18 aprile 1980, in ricorso Franzese c. Prefetto di Frosinone, in via di pubblicazione, nella quale ultima si ichiiarisoe espresSlalllW!lte che, ove non ,si ritenesse SllllSsilstente l'obbiliigo per l'amministrazione di esaminare gli elementi di prova forniti dall'interessato e di compiere seri e diligenti accertamenti volti a reperire obiettiv~ dati di riscontro dei fatti indicati, ci si porrebbe in contrasto con i 'pmncipi generali del sistema probatorio, con la ulteriore conseguenza di rendere quasi sempre impossibile per i soggetti interessati ottenere il riconoscimento della quailiifica di deportato civile, poich� l'onere di documentazione ben difficilmente potrebbe essere assolto data la particolare situazione di occupazione bellica esistente all'epoca dei fatti, il lungo tempo trascorso e l'inesistenza, nel:la maggior parte dei casi, di documentazione coeva agli elementi da provare. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 dicembre 1979, n. 1198 -Pres. Mezzalllotte -Est. Imperatrice -Arrace (avv. Abbamonte) c. Ministero inte:mo (avv. Stato VittoI1ia) e Soiuba e altri (n,c.). Impiego pubblico -Promozioni -Scrutini per merito comparativo -Rinnovazione -Giudizi relativi agli scrutinati non ricorrenti -Conservazione da parte dell'amministrazione -Illegittimit�. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 345 Impiego pubblico -Provvedimenti emanati su presupposti erronei o vi� ziati -Annullamento in sede giurisdizionale -Necessit� di non adottare provvedimenti contraddittori con il principio di coerenza dell'azione amministrativa -Fattispecie in tema di rinnovazione di scrutinio per merito comparativo, annullato in sede giurisdizlionale Preclusione alla rinnovazione del punteggio dei soli ricorrenti -Effetti. Impiego pubblico -Promozioni -Promozioni per merito comparativo Annullamento del relativo procedimento in sede giurisdizionale Rinnovazione -Riferimento ai criteri di massima in precedenza adottati -Legittimit� � Sussiste. Ove intervenga l'annullamento giurisdizionale di un procedimento di promozione di pubblici impiegati per merito comparativo, deve ritenersi illegittimo l'operato dell'amministrazione che, in sede di rinnovazione, lasci del tutto invariati i giudizi relativi agli scrutinati che non abbiano proposto ricorso, sia pure con nuova, formale formulazione, e provveda invece a variare numericamente solo ,i giudizi degli scrutinati che avevano proposto ricorso, senza peraltro che tale variazione comporti alcun mutamento del risultato comparativo (1). Poich� tutti gli atti della pubblica amministrazione sono assistiti dalla presunzione di legittimit� fintantoch� essi sono tenuti in vita, l'attivit� successiva di quest'ultima non pu� che svolgersi in coerenza con i suoi atti di cui non si sia ritenuto di promuovere l'annullamento d'ufficio, in mancanza di impugnazione di parte; di tal che la stessa p.a. � tenuta a non adottare altri provvedimenti contraddittori con i precedenti non annullati, quale che sia la loro rispettiva autonomia nei distinti procedimenti di cui sono parti: conseguentemente il Consiglio di amministrazione non pu�, in uno scrutinio annullato ed ancor meno in quello rinnovato, rettificare gli elementi di valutazione ai fini di una promozione per merito comparativo, rispetto a come essi erano stati qualificati nello scrutinio immediatamente precedente, desumendone quindi un punteggio di gran lunga inferiore in danno del ricorrente, e ci� particolarmente nell'ipotesi in cwi non risulti che agli elementi di giudizio in precedenza valutati si siano aggiunti elementi sopravvenuti, meno favorevoli all'interessato (2). In sede di rinnovazione di un procedimento di scrutinio per merito comparativo possono essere richiamati i criteri di massima che non risultino travolti dal giudizio di annullamento e che non debbono quindi essere rinnovati, mantenendo di contra ferma la loro determinazione prioritaria (3). (1-3) Sulla promozione per merito comparativo in tema di pubblico impiego cfr. Sez. Vii, 23 marzo 1979, n. 182, in questa Rassegna, 1979, I, 716 e giurisprudenza ivi richiamata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 346 CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 dicembre 1979, n. 848 -Pres. Laschena Est. Maffezzoni -Comitato interministel'ia'le ;prezzi (avv. Stato 0 D'Amato) c. Comune di Riapa1lo (avv. Raggi) e Soc. Tirrenia Gas e altri {n.c.) -Regolamento di competenza. Competenza civile -Impugnativa di atti connessi -Competenza del T.A.R. del Lazio -Atto generale e atto applicativo -Annullamento dell'atto generale -Domanda proposta in via subordinata -Non sposta la competenza esclusiva del T.A.R. del Lazio. Anche nel caso in cui la richiesta di annullamento di un atto di contenuto generale �sia proposta in sede di ricorso giurisdizionale amministrativo solo in via subordinata, e beninteso qualora tale atto abbia efficacia su tutto il territorio nazionale e risulti emanato da un organo dell'amministrazione centrale dello Stato ai sensi dell'art. 3 terza comma della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sussiste la competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in considerazione della irrilevanza della circostanza che la domanda stessa sia proposta in via subordinata, stante la preclusione, in sede di giudizio per regolamento di competenza, ad accertare e prevedere se la domanda stessa risulter� o meno sottratta alla decisione finale del giudice amministrativo (1)). (1) Decisione 'pienamente da condividere in quanto fa esatta applicazione, con specifico riferimento alla domanda subordinata, dei principi fissati da una pacifica giurisprudenza in tema di competenza del T.A.R. del Lazio (cfr. in termini Sez. IV, 7 dicembre 1979, n. 1.132, in Il Consiglio di Stato, 1979, I, 1770; Sez. VI, 7 marzo 1978, n. 322 e 17 marzo 1978, n. 374, entrambe in questa Rassegna, 1978, I, 586-587 e giurisprudenza ivi richiamata; Sez. VI, 30 ottobre �1979, n. 748 in Il Consiglio di Stato, 1979, I, 1485; Sez. VI, 14 dicembre 1979, n. 900, ivi, 1979, I, 1859). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 14 dicemhre 1979, n. 886 -Pres. Anelli Est. Vii.:i:ighlio -Cassa per �hl Mezzogiorno (avv. Stato Marzano) e Soc. de Bartolomeis (avv. Mereu) c. A.J.P.P.A. (avv. Cervati), S.A.G.E.C.O. (avv. AU!la), PonteHo <(:avv. Capaocioli e Spada), Consorzio I.A.T.O. (avv. Fortini e Rossini), Soc. SiJderbeton (avv. Mel;pignano), Impresa Molinal1i {avv. Giordano), Azienda municipalizzata acquedotto di Palermo ~avv. Fornario) -Appello avverso dee. T.A.R. Lazio, III Sez., 31 ottobre 1977, n. 630. Contratti -Appalto-concorso -Interesse all'inlpugnazione dell'atto di aggiudicazione -Presupposti -Limiti -Effetti. Contratti -Appalto-concorso -Omessa presentazione di documenti -Esclusione -Rilevanza del documento ai fini della valutazione delle offerte -Legittimit� dell'esclusione -Sussiste. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 347 Contratti � Appalto-concorso -Procedimento di aggiudicazione -Fasi Scelta del progetto ed esame del progetto scelto -Potere di introdurre modifiche o varianti � Individuazione del relativo momento. In considerazione della irrilevanza. deU'elemento prezzo nel sistema dell'appalto-concorso ai fini della scelta del contraente, deve ritenersi titolare dell'interesse a richiedere l'annullamento della aggiudicazione anche il concorrente che lamenti vizi del procedimento relativo e la cui offerta sia superiore a quella presentata dall'aggiudicatario: ci� in quanto, fra l'altro, ove si addivenga alla rinnovazione della procedura, nulla esclude che anche l'offerta maggiore sia presa in considerazione congiun� tamente a tutte le altre presentate dai partecipanti all'appalto-concorso (1). Ove manchi una esplicita norma del bando per un appalto-concorso, deve essere considerata legittima, in sede di procedimento per l'aggiudicazione del contratto pubblico, l'esclusione di uno dei concorrenti disposta dalla Commissione giudicatrice per omessa presentazione di documenti rilevanti ai fini della valutazione delle offerte (2). La procedura di aggiudicazione di un appalto-concorso � caratterizzata da due fasi distinte: a) quella che si conclude con la scelta del progetto e che, riferendosi alla valutazione delle offerte in comparazione fra loro, � caratterizzata dal principio della par cO!Ildkio; b) quella relativa all'esame del progetto prescelto da parte dei competenti organi tecnici dell'amministrazione, destinata a concludersi con la stipulazione del contratto; tale seconda fase � caratterizzata dalla� esigenza di assicurare la migliore rispondenza del progetto alle finalit� dell'opera pubblica da realizzare e pertanto in tale fase ben pu� la p.a. esercitare il potere di apportare modifiche o varianti al progetto stesso. (1-2) Sulla legittimit� dell'esclusione in relazione alla rilevanza dei documenti :mancanti cfr. in termini Sez. VI, 11 marzo 1976, n. 452, in Il Consiglio di Stato, 1976, I, 340. Sulla inesistenza di un interesse immediato alla impugnazione de} criterio adottato dall'amministrazione per la scelta di uno o di altro tipo di procedimento per la selezione del contraente cfr. Sez. IV, 4 maggio 1979, n. 300, in questa Rassegna, 1979, I, 7.13. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 14 dicembre 1979, n. 889 -Pres. Anelli Est. V!irgiilio -Sensi (avv. Guarino) c. Mmistero rpubblica istruzione (avv. Stato Gargiulo). Demanio -Beni culturali � Cose di interesse artistico -Vincolo ex art. 2, legge 1 giugno 1939, n. 1089 -Notificazione -Natura -Effetti. 9 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Demanio � Beni culturali � Cose di interesse artistico -Trasferimento della propriet� � Obbligo di denuncia � Notifica nulla del vincolo ex legge 1089/1939 -Inesistenza dell'obbligo. L'art. 2 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, sottopone alla disciplina di tutela delle cose di interesse artistico anche i beni di propriet� privata, mobili e immobili, che siano stati dichiarati di interesse particolarmente importante e, come tali, abbiano formato oggetto di notificazione in forma amministrativa; detta notificazione rientra come elemento costitutivo nella fattispecie procedimentale di imposizione del vincolo, con la conseguenza che, in difetto di essa, non sorgono i vari vincoli previsti dalla legge, ivi compresi quelli ex artt. 9, 11, 12, 14, 15 e 17 della citata legge 1089 (1). � (1-4) Cognizione legale � conoscenza effettiva del vincolo di notificazione di cose di interesse storico artistico. La prima decisione in rassegna afferma perentoriamente in motivazione che � ... dalla qualit� di comproprietario del bene (storico artistico) non deriva la legittimazione alla ricezione deHe !lOtifiche stabilite in via generale da1Yarticolo 139 cod. proc. civ. e, per Je forme in via amministrativa, dagli artt. 3 e sgg. r.d. 17 agosto 1907, n. 642 �. Ben diversa ampiezza attribuisce alle forn:ie di notifica previste daill'art. 139 cod. �proc. civ., in relazione, al vincolo ex art. 3, legge 1� giugno �1939, n. 1089, la seconda decisione massimata. E invero ci sembra quest'ultima ben pi� aderente alla ratio peculiare della speciale normativa in considerazione. Intanto, anche il comproprietario del bene da vincolare non solo pu�, ma deve essere ritenuto uno dei possibili destinatari de11a notifica. La giurisprudenza formatasi anche in tema di art. 6 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, in materia di tutela paesaggistica (cfr. ad es. Cons. Stato, Sez. IV, 9 dicembre 1975, n. 1197, in Il Consiglio di Stato, 1975, I, 1316) ha precisato che per la notificazione della dichiarazione ex art. 6 citato vale esclusivamente �la cognizione legale che meglio corrisponde, rispetto alla conoscenza effettiva, alJa esigenza ispiratrice della normativa (identica sia in tema di tutela paesaggistica che storico-artistica) di certezza obiettiva circa l'operativit� del vincolo. Nel caso che ha formato ,oggetto di esame della decisione n. 889 si verteva in tema di immobili, e pi� precisamente di terreni vincolati ,in ragione del Joro ilnteresse aocheOllol?)iico dn quanto rneJ sottoS1Uo~o risUJLtaivano contooiuti :resti di una necropoli etrusca; i relativi decreti ministeriali erano stati notificati ad .uno dei compro'prietari pro indiviso e all'amministratore dei terreni, procuratore speciale di uno dei comproprietari nella vendita della rispettiva quota. Che iJl roimp:rQprietario pro iinldi'Vli:so nO!Il debba eSISere riternruto legdttitmo a ricevere le notifiche ex art. 139 cod. proc. civ. � conclusione che pu� lasciare fortemente perplessi, ma che comunque non rileva in maniera determinante; da tale premessa peraltro non pu� scaturire anche la conseguenza di ritenere che, sia pure limitatamente alla propria quota, il vincolo al medesimo comproprietario notificato non abbia 'prodotto interi gli effetti che al vincolo sono propri, ivi compreso, in particolare, quello di obbligare il comproprietario alla denunzia di eventuali alienazioni con la conseguente possibilit� per l'amministrazione di esercitare il diritto di prelazione previsto per legge. Sembra peraltro la stessa formulazione normativa dell'art. 3 della legge 1089/1939 idonea a confermare che il legislatore non ha affatto attribuito valore PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 349 Premesso che dalla qualit� di comproprietario di un bene di interesse storico artistico non deriva la legittimazione alla ricezione delle notifiche stabilite in via generale dall'art. 139 cod. 'proc. civ. e, per le forme in via amministrativa, dagli artt. 3 e ss. r.d. 17 agosto 1907, n. 642, in caso di omissione o nullit� della notificazione del vincolo ex art. 2 della legge 1� giugno 1939, n. 1089 non incombono sul proprietario del bene i vari vincoli e obblighi che la legge ricollega al vincolo, ivi compreso l'obbligo previsto dagli artt. 30 e ss. di denunzia di trasferimento della propriet� del bene stesso ai fini dell'eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte. dell'amministrazione (2). determinante alla cognizione legale, come invece parrebbe ritenuto� nella motivazione della decisione n. 889: quale � infatti la ragione di consiiderare garantita la certezza obiettiva circa l'operativit� piena del vincolo ove questo risulti in ipotesi notificato al solo detentore occasionale del bene? Si pensi ad esempio al conduttore del fondo: niun .dubbio che la notifica effettuata a tale soggetto risulti valida ed efficace pienamente, a tutti gli effetti (cfr. in termini CANTUCCI, La tutela. giuridica delle cose d'interesse artistico e storico, Padova, 1953, 345 e sgg.; CAPACCIOLI, Sulla tutela delle cose d'interesse artistico e storico, Milano, 1962, 11 e sgg.; ALIBRANDI-FERRI, I beni culturali e ambientali, Milano, 1978, 231 e sgg.; in 'particolare nell'ultima opera citata si chiarisce espressamente che � ... la circostanz~ che il legislatore, senza espressamente prevedere un atto di riconoscimento dell'interesse pubblico qualificato delle cose in questione, abbia tuttavia, col prevedere la notificazione, presupposto attraverso questa un atto dli tail! fatua, nO'.tl! autorizza a l1�tenere che netl! .sistema defila �~, per metatesi concettuale, nella notificazione si identifichi lo stesso atto di riconoscimento dell'interesse artistico e storico quaHficato �; cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 11 maggio rl%0, n. 319, in Foro Amm.vo, 1%0, I, 583), e ci� indipendentemente dalla circostanza che il conduttore abbia o m�n,o comunicato al proprietario l'avvenuta imposizione del vincolo; di tal che il proprietario, ove non sia stato avvertito, non sar� in condizione di conoscere de1la esistenza del vincolo che grava sul. suo bene (la notifica del vincolo � del tutto regolare anche se effettuata a mani del detentore del fondo invito domino, come riconosciuto espressamente in dottrina: cfr. ALIBRANDI-FERRI, op. cit., 236): non per questo per� egli potr� sottrarsi e all'obbligo della denunzia preventiva all'amministrazione di eventuali alienazioni, e alla soggezione all'eventuale esercizio del diritto di prelazione ex art. 31 legge 1089 (qualora l'alienazione sia a titolo oneroso), e, infine; agli automatici effetti ex art. 61 stessa legge (nullit� di pieno diritto delle alienazioni) in caso di violazione dell'obbligo della denunzia. Se dunque in tali limiti va ritenuta la efficacia della cognizione legale del vincolo, appare evidente che l'ampiezza dei poteri di intervento dell'amministrazione non pu� essere minimamente posta in discussione: ecco perch� -e del tutto rettamente -Ja s�conda decisione che si annota (n. 73/80) considera legittima la notificazione anche se effettuata a mani addirittura non del . l'esecutore testamentario, ma del rappresentante dell'esecutore testamentario, con piena, conseguenziale efficacia anche in tale ripotesi nei confronti degli eredi proprietari. E, si� badi bene, nella fattispecie trattata nella decisione n. 73 si versava in tema di beni mobili, laddove nella decisione 889, trattandosi di immobili, un uJteriore conforto alla esattezza delle valutazioni dell'amminist111azione (che riteneva di aver bene notifiaato iidr viincollo �a un oomiPfroprietario e all'amministrazione dei terreni de quibus) viene offerto anche, sia pure indi RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 25 gennaiio 1980, n. 73 -P.res. Daniele Est. Berruti -Collin {avv. Bonie11o) c. Provincia di Bolzano (avv. Stato Favara). Demanio -Beni culturali -Cose di interesse artistico -Vincolo ex art. 2 legge 1� giugno 1939, n. 1089 -Notificazione -Forma -Effetti. Demanio -Beni culturali -Cose di interesse artisti~o -Vincolo ex art. 2 legge 1� giugno 1939, n. 1089 -Legittimazione passiva -Individuazione Possibilit� di notifica all'esecutore testamentario -Sussiste. Trova applicazione, ai fini della notificazione del vincolo di interesse particolarmente imp~rtante ex art. 2 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, l'art. 139 cod. proc. civ. con riferimento alle prescrizioni di cui all'art. 53 del r.d. 30 gennaio 1913, n. 363, espressamente dchiamato dall'art. 73 della citata legge 1089, essendo le forme ivi previste idonee a conseguire la legale comunicazione del provvedimento da parte del destinatario (3). rettamente, dalla circostanza che l'amministrazione aveva ottemperato alla prescrizione di cui all'ultimo comma dell'art. 2, legge 1089/1939, che im'pone la trascrizione del vincolo di notifica nei registri deLla conservatoria delle ipoteche, trascrizione che -come � noto -ha carattere di pubblicit� notizia; essa cio� non � rilevante dn ordine alla efficacia del vincolo, efficacia che sussisterebbe anche verso i terzi aventi causa, indtpendentemente dalla trascrizione medesima (cfr. PESCATORE, Efficacia della trascrizione della notifica di particolare. interesse artistico relativa a beni immobili, in Giur. compi. Cass. Civ., 1944, 352); f.erma talbe speciifioa natur;a, nO\ll pu� peirailrtro trascura'fSJi. W. rilevanza che la presenza di siffatta, ulteriore garanzia riveste ai fini della esatta individuazione della ratio della normativa 'in considerai;ione, volta evidentemente a garantire -quanto pi� possibile -l'amministrazione dalle malizie che il privato pu� porrre e pone in essere per sottrarsi alle conseguenze dell'imposizione del vincolo: la trascrizione del vincolo, infatti, rende irrilevanti le vicende deLla propriet� �del bene, i passaggi successivi da uno a 'pi� proprietari, gli eventuali conferimenti del bene in societ� di comodo, l'alienazione successiva da parte della societ� aterzi che adducano l'ignoranza (inescistente sul piano giuridico) del vincolo in quanto, in ipotesi, non rivelata dal dante causa pi� o meno occulto. La conclusione non pu� essere diversa ove si abbia presente la natura reale del vincolo: esso segue il bene e la nullit� delle alienazioni fatte all'insaputa dell'amministrazione ne costituisce conseguenza automatica, ineluttabile, collegata come 'essa � alla prioritaria esigenza della effettiva protezione del bene, esigenza di fronte alla quale le posizioni soggettive dndividuali non possono che essere co!Jocate in Jinea subordinata. L'esalusione della natura ricettizia dell'atto di notificazione del vincolo di tutela storico artistica giustifica altres� l'opinione, recepita in sede giurisprudenziale (cfr. ad es. Sez. IV, 28 settembre 1967, n. 430, in Foro Amm.vo, 1967, I, 2, 1265; in dottrina SANDULLI, Natura e funzione della notifica e della pubblicit� delle cose private di interesse artistico e storico qualificate, in Riv. Trim. dir. proc. civ., 1954, 1029 e sgg.), secondo cui alla notifica va attribuita una efficacia PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 351 Con riferimento alla previsione di cui all'art. 3 della legge 1� giugno 1939, n. 1089 (che comprende fra i possibili notificatari del provvedimento di vincolo di interesse storico artistico indistintamente i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo del bene), va ritenuto che il legislatore abbia accolto il principio della notificazione unica n~i confronti del soggetto che all'epoca della notifica risulti avere un potere anche solo di fatto sul bene, senza necessit� di indagine sulla esistenza eventuale di altri soggetti investiti di poteri diversi e poziori; conseguentemente anche al soggetto investito di semplici poteri di amministrazione e possesso di beni compresi in un asse ereditario {quale, ad esempio, il rappresentante dell'esecutore testamentario) legittimamente pu� essere eseguita la notificazione del vincolo che sar� quindi riferibile alla sfera giuridica dell'esecutore ed efficace nei confronti degli eredi proprietari, senza alcun obbligo di notificazione anche nei confronti di questi ultimi (4). che sU'pera gli stessi soggetti che hanno attuali rapporti di fatto o di diritto con la cosa; con l'ulteriore, importantissima conseguenza che, nel caso di trasferimento mortis causa di cose di interesse storico e artistico vincolate al de cuius in vita, dovr� ritenersi sufficiente a vincolare gli eredi al rispetto della normativa di tutela la mera comunicazione -effettuata da parte dei co1npetenti organi, anche periferici, dell'amministrazione dei beni culturali e ambientai.i nelle forme e con le modalit� previste dall'art. 53 del r.d. 30 gennaio 1913, n. 363, espressamente richiamate dall'art. 73 della legge .1089/1939, e cio� anche con semplice lettera raccomandata con ricevuta di ritorno -che quei determimiaiti beni (mohllii o immobill!i) compI1esii neila,'asse eredii�ariio sono stati oggetto di vincolo di notifica di interesse particolarmente importante, vincolo del quale sar� sufficiente indicare gli estremi: tale comunicazione, se costituisce mezzo sufficiente a responsabilizzare gli eredi circa gli obblighi connessi ailila detenziione dii beni vincohat�, non napprese.nta comunque ailche mezzo necessacr- io �a tal1 fine, posto che l'ant. 30 dtel'lia .Jiegge 1089 ai~ secondo comrrna impone ex lege wi obbQliJgo per gllli enecli, pcr-escindendo irn maniera chi!arn da ogni esigenza di preventivo '1ii111Jnovo ili notifica ari medesimi dei viincolii a suo tempo imposti al de cuius: il che costituisce una indubbia conferma di quanto sopra si � sostenuto circa la effettiva ampiezza della efficacia del vincolo indipendentemente e al di J� della cognizione legale strettamente intesa con riferimento ai notificatari formali del medesimo. Su particolari aspetti del vincolo di notifica (anche di terreni agricoli, sotto i quali -risulti accertata l'esistenza di reperti archeologici) nonch� del diritto di prelazione ex legge '1089/1939 ricordiamo in giurisprudenza: Cass., 26 giugno 1956, n. 2291, in Giur. lt., 1957, I, 1, 285; Cass., 21 agosto 1962, n. 2613, in Giust. Ciy. Mass., il962, il241; Sez. IV, 4 mairzo 1964, n. 199, irn Il Consiglio di Stato, 1964, I, 525, C.si. 30 aprile 11966, n. 370, ivi, 1966, I, 841; Sez. IV, 22 novembre 1967, n. 632, ivi, 1967, I, 2207; Sez. VI, 27 ottobre .1970, n. 701, ivi, 1970, I, :1781; Sez. IV, 7 luglio 1972, n. 659, ivi, 1972, .I, 1320; Sez. IV, 18 dicembae 1973, n. 1253, ivi, 1973, I, 1846; Sez. IV, 18 gennaio 1977, n. 1, ivi, 1977, I, 1 (e in questa Rassegna, 1977, I, 555 con nota di commento); Sez. VI, 15 febbraio 1977, n. 96, ivi, 1977, I, 220. RAFFAELE TAMIOZZO SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 gennaio 1979, n. 562 -Pres. Iannuzzi Est. Lipari -P. M. Raja (conf.) -Arduini c. Ministero dellle Finanze {avv. Stato Marzano). Tributi ,erariali indiretti -Imposte doganali -Diritti di prelievo -Giorno dell'importazione -Definizione in base ai regolamenti comunitari Nonne nazionali sui dazi doganali -Irrilevanza. (Reg. Consiglio C.E.E. 5 febbraio 1964, n. 14 e 4 aprile 1962, n. 19; d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, disp. preliminari art. 6). Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Diritti di prelievo -Natura Disciplina normativa. Ai fini della liquidazione dei diritti di prelievo comunitari, il � giorno dell'importazione �, da determinare secondo le norme regolamentari del Consiglio della C.E.E., � quello in cui la dichiarazione della merce viene accettata dagli Uffici doganali, e questa regola, �ontenuta in alcuni regolam�nti di de/erminati settori (cereali e carni suine) ha portata generale ed � applicabile anche nei settori (nella specie carni bovine) nei quali il regolamento nulla dispone espressamente. Ai fini della individuazione del giorno dell'importazione � irrilevante la norma dell'art. 6 delle disposizioni preiiminari alla tariffa doganale approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723 (1). I diritti di prelievo previsti dai regolamenti della Comunit� Economica Europea, in sostituzione dei dazi doganali di importazione ed' esportazione, sono disciplinati dai regolamenti comunitari che li autorizzano, (.1,2) Sull'argomento della prima massima sono intervenute numerose pro nuncie tutte conformi (nn. 639, 936, 748, 1214 tutte del 1979) a conferma di un principio ormai consolidato (da u1timo Cass,, 7 novembre 1978, n. 5068, in questa Rassegna, 1979, I, 2111). La 'sentenza che si 'commenta offre una motiivaziione pi� ampia suL1a quale pu� proporsi quaLche osservazione. Nulla da osservare sul punto che la fonte normativa dei diritti di prelievo � il RegoLamento del Consiglio della C.E.E. e di conseguenza sul valore vinco lante dell'interpretazione data al regolamento dal11a Corte di Giustizia. Del pari ineccepibile 1a estensione del1a regola contenuta in �un regoJ.amento di settore e del relativo giudicato all'intera materia dei diritti di prelievo. Eccessivamente asso1uta e generalizzata sembra invece L'affermazione che i dimt1li di prellievo non sono ,soggettri ,ablle norme �srui dazi doganJaild', sailvo espresso richiamo. La questione non � nuova. Come � noto, il nuovo t.u. sulle leggi dogana1i (d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43) comprende aWart. 34 fra i diritti doganali �i prelievi e le a:ltre imposizioni PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 353 oltrech� dalle norme statuali per il coordinamento dei regolamenti medesimi, ma non anche, salvo espresso richiamo, delle norme sui dazi doganali {2). {omissis) 1. -Ai sensi dell'art. 6, n. 1, delle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali d'importazione, approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, �i dazi si applicano secondo J'atliquota vigente at1la data in cui � accettata dalla dogana <la dichiarazione di '.EI�portazione �, � salivo quanto disposto nei punti successivi �, ed il punto 2 del medesimo art. 6 stabilisce �Quando, dopo la data indicata nel precedente punto l, interviene una variazione del dazio, l'importatore pu� 1chiedere l'applicazione del dazio pi� favorevole, purch� la merce non sia stata gi� las.ciata alla libera disponibiJit� dell'importatore stesso �, Si � discusso nella presente causa della interpretazione del citato art. 6, n. 2, -nel presupposto de1la sua assunzione quale regola del decidere -�per stabillire se 'Ja richie~ta di applicazione del dazio pi� favorevole, nel silenzio defila legge, possa effettuarsi con piena libert� di fo11me, e quindi anche oralmente, o debba lrivestire necessariamente la forma soritta. Al ;problema i giudici di primo e secondo grado hanno dato soluzioni antit�etiohe. Con i:l ipri!mo mezzo del ricorso il �contribuente dissente dalle conclusioni raggiunte daJ1la Corte d'a;pipeillo e sostiene, lamentando, Ja violazione dell'art. 6 n. 2, dt., e 1l'insuf�fidenza e contraddittoriet� della motivazione, che in forza del principio generale della .libert� deHa forma, non derogato nel caso della disciplina del procedimento doganale, deve ritenersi vallida ila richiesta oraile di applicazione del regime tributario pi� favorevole per H contributo in vigore alla data dello sdoganamento. Con il :secondo motivo, lamentando la violaziione deLI'art. 6, cit., si deduce che tale norma non � applicabile ne1la specie, trattandosi di un all'importazione o all'esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative no11me di app1icazione � e dispone all'art. 35 che i diritti di confine � sono applicati e riscossi secondo le disposizioni... dei regolamenti comunitari e relative norme di applicazione �. Se i diritti di 1preHevo hanno la loro fonte di imposizione neHa no11ma comunitaria, soggetto attivo del .tributo � lo Stato nazionale che per l'accertamento e la riscossione esercita i poteri secondo le norme deHa sua legislazione. �: noto, in.fiatti che l'evasione dai diritti di prelievo � punita come reato di contrabbando dallo Stato italiano secondo 1e norme doganali, come pure .spetta esclusivamente a1lo stato nazionale la giurisdizione in materia (anche la giurisprudenza de1la Corte di Giustizia � pacifica sul punto: 4 aprL1e �1974 nelle cause 178, 179 e �180/1973, in questa Rassegna, 1974, I, 589 e 5 maggio 11977 ne1la causa 110/76, ivi, 1977, I, 615). In sostanza i .diritti comunitari sono dei tributi formalmente nazionaii imposti con norma comunitaria. � pertanto inevitabile una sovrapposizione di norme comunitarie e di norme interne. La questione � stata esaminata anche in sede RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prelievo comunitario e non di un dazio doganale in senso proprio e venendo in considerazione la disciplina comunitaria, giusta ila quale, ai fini dell'a< pplkazione dei rprelievi, occorre avere riguardo unicamente a:l giorno in cui Ia merce viene messa definitivamente in libera pratica in Italia (e do� al giorno delil'effettuato sdoganamento). Infine, nel terzo mezzo, si afforma che la di'S!posizione delil'art. 6, n. 2, se venisse interpretata cos� come l'hanno intesa i giudici genovesi con rigua:rido ai prelievi ,comunitari dovrebbe ritenersi incostituzionale, per violazione de~li artt. 11 e 76 Cost., poich� da un fato J'o1idinamento comunitario prescrive che ai f�:ni del prelievo occorre avere ,riguardo solo a:lla data dello sdoganamento, e dall'altro fa legge di delega <(1� febbraio 1965, n. 13) imponeva al Governo ila rigorosa applicazione deHa discirpllina comunitaria. 2. -In ovdine fogico va perliminarmente esaminato il secondo motivo. Se infatti dovesse ritenersi, come .il Collegio ritiene, che la disposizione dell'art. 6, n. ~. delle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali di importazione, approvati con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, non si applica ai prelievi comunitari, il centro focale della causa si sposta sulla interpretazione dei regolamenti CEE e non importa pi� stabilire se il suddetto art. 6, n. 1, sia suscettibile di una lettura che nella fattispecie porterebbe, per altra via, al medesimo risultato pratico. Ed una vdita esclusa l'incidenza dell'art. 6, n. l, dt., sulla materia dei prelievi comunitari resta assorbito con il :secondo, anche il terzo motivo con il quale si deduce l'incostituzionalit� della interpretazione che la Corte d'appello ne aveva dato. Ritiene i:1 CoUegio, uniformandosi all'orientamento giurisprudenziaile gi� espresso in precedenza, iche il sceondo motivo muova da una esatta impostazione laddove assume che la chiave di soluzione della controvevsia costituzionale con le sentenze 27 dicembre 1973, n. 183 e 30 ottobre 1975, n. 232, ivi, 1974, I, 57 e 1975, I, 812. In via generale pu� dirsi che la norma comunitaria concerne fa sostanza dell'imposizione e quella nazionale l'esercizio delle potest� formali, ammini� strative e giudsdiziona~i, ma non seanpre, come ne} caso di specie, � agevole questa separazione che rpoi non sempre � osservata daHe norme. � ormai assolutamente pacifico che le norme comunitarie, in ogni materia, hanno efficacia immediata ed automatica nell'ordinamento nazionale e creano� direttamente diritti soggettivi a favore dei singoli, senza condizione di compe tibilit� con H diritto� interno sul quale prevalgono e senza necessit� di inter vento ilegislativo nazionale di ricezione. Di conseguenza di fronte al~'a norma de~ regolamento comunitario che riferi,sce espressamente i'l prelievo al giorno dell'importazione non pu� sicuramente aver rilevanza la norma nazionale, anche se si verte in materia piuttosto procedimentale che sostanziale. Ma da ci� sembra eccessiva L'illazione che i diritti di prelievo non sono disci:plinati dalle norme sui dazi doganaH, salvo espresso richiamo (dal che. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 355 debba trarsi esclusivamente dalle norme comunitarie in materia di prelievi, ma che tale mutamento di prospettiva giu:nidka non igiovi alfimportatore' dovendosi intendere alla stregua del diritto comunitario, cos� come vincolativamente interipretato dalla Corte di giustizia delle comunit� europee, per �giorno dell'importazione� cui avere rife11imento ai fini dell'applicazione del prelievo, �quello in cui :la dichiarazione di importazione de1la merce viene accettata dagli uffici doganali� {disattendendo l'opposto orientamento espresso da questo Supremo Collegio che .J'aveva fatto coincidere con la data dello sdoganamento; Cass., 4004/75) ed essendo pacifico in causa �che fa modificazione tariffaria intervenne ad accettazione doganale avvenuta. Pertanto il motivo deve essere respinto restando stabfili1o che anche per lo specifico prelievo sulle carni bovine, esclusa l'appUcabi.Jit� dell'art. 6, cit., della legge nazionale (con conseguente assorbimento dei motivi secondo e terzo 1che attengono alla esegesi della predetta norma), alla stregua del diritto comunitario, occorre fare 1riferimen1:0 a1l'aliquota vigente a1la data di accettazione della dichiarazione di importazione, senza che ri:levino i mutamenti eventualmente intervenuti nella misura deII'aliquota medesima in pendenza del procedimento doganale che si conclude con Io sdoganamento. L'Avvocatura dello Stato ha obiettato nel controricorso che la censura in esame dovrebbe essere dichiarata inammissibile, perch� relativa a questione nuova, proposta solo neHa comparsa conclusionale del giudizio di secondo grado, e non deducibile come tale, per la prima volta in sede di 1legittimit�; e �sostiene che nel merito l'assunto della distinzione tra dazi e prelievi rion ha giuridico fondamento. Ma l'obiezione non ha consistenza poich� fa tesi dell'applicabilit� della �disdp.lina comunitaria (e non di quella sui dazi doganali) non pu� dirsi tardivamente dedotta. Ed discenderebbe fillegittimit� deUe norme sopra ri:condate degli artt. 34 e 35 de1 t.u.); .parrebbe piuttosto corretta l'affermazione opposta che ai diritti di preHevo si appHcano le norme nazionali, se non derogate dai regolamenti comunitari e con questi non incompatibili. Ed infatti, anche neI caso di specie, sarebbe pur sempre necessario ricorrere alle norme nazionali (vi si accenna nieil1Yu1H1ima parte idelliJJa sentanza) per ~a noZJiolll!e di aocettaZJkme deillia diichiara21ione, per venid�care i requismti d~ V1ai]id~t� e dri furuna, liJl momento de� perfezionamelll! to ecc. � bens� vero che nella sentenza si accenna a11a possibiilit� che la legge doganale, ma non anche la tariffa, integri le lacune della normativa comunitaria. Non � per� a .parlarsi di (eccezionali) 1acune bens� di ordinaria e voluta duplicit� di normazione a due diversi liveHi, giacch� la norma comunitaria .presuppone la norma nazionale come normalmente (e necessariamente) operante ove non derogata. � poi evi.dente che se lia vera e propria tariffa dei dazi doganali non pu� trovare applicazione per i diritti di prelievo che sono tutt'altro tributo, sia le disposizioni preliminari sia anche altre. norme della tariffa (quali le classificazioni merciologiche) diverse dallia cifra del tributo doganale, RASSEGNI\ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' infatti la stessa amministrazione nella memoria e nella discussione orale ha richiamato la sopravvenuta decisione interpretativa 15 giugno 1976 della Corte di giustizia ohe risolve il problema, nel presupposto dell'applicabi lit� de1la specie del diritto comunitario, in senso ad essa favorevole, ricordando che della questione Ja Sezione ha gi� avuto occasione di occuparsi. Come � noto nel .processo di �cassazione i1l contro1lo di ilegittimit� non pu� estendersi aHa risoJ.uzione di nuove questioni di diritto e di temi di contestazione diversi da quelli 1proposti nel giudizio cli merito, salvo si tra_tti di .questioni ri1levabili d'ufficio, ovvero '---nell'ambito delle questioni trattate-:-di profili nuovi di diritto da 'considerarsi �compresi nel dibattito perch� fondati sugli �Stessi elementi di fatto �gi� dedotti. Orbene nel caso in esame prima ancora .di procedere alla .interpretazione della tariffa doganale occorreva stabHire se effettivamente a tale disciplina normativa dovesse attingersi la regula iuris per decidere '1a Jite, accertando se il diritto di prelievo in questione fosse o meno assimilabile ai dazi doganali e se quindi dovesse prevalere Ja disciplina comunitaria anche in ordine alla determinazione del concetto di giorno dell'importazione. In verit� Ia causa risente_ del vizio di impostazione iniziale, essen. dosi focailizzata findagine sul problema inteq>retativo 1di .una data norma prima ancora di stabilire se taile norma -:-dettata per i dazi doganali nazionali -fosse applicabile anche ai prelievi comunitari, e se quindi Ja determinazione del tributo dovesse effettuarsi alla stregua della tariffa o con riferimen�to ai prindpi del diritto comunitario. E poich� era indubitabile, ed accertato in fatto, che si trattasse di prelievi comunitari, la individuazione deHe norme applicabiili restava riserv;:tta al giudice indipendentemente daMe deduzioni deMe ;parti, ridotte, alla stregua del brocardo � iura novit curia � a mera sollecitazione ed indicazione per la esplicazione di poteri d'ufficio. possono ben essere applicabili ai diritti di prelievo, sempre se compatibili con i regolamenti comunitari. Su11'argomento specifico va precisato che con d.P.R. 22 settembre 1978, n. 695, � stato modificato l'art. 6 deHe disposizioni preliiminari a1la tariffa doganale per adeguarlo, con espresso riferimento alla menzionata sentenza della Corte di Giustizia alfa norimativa. comunitaria; la norma nazionale ha cos� acquisito, anche forma1mente, carattere esecutivo e attuativo del regolamento comunitario. AJ:La modifica de1le disposizioni pre1iminari � stata tuttavia data decorrenza daH'H settembre 1976, cio� dahla data deHa pubb1icazione nella Gazzetta Ufficiale della C.E.E. della sentenza della Corte di Giustizja; ci� ha creato dubbi di compatibilit� e gi� .sul problema delila decorrenza � intervenuta Fordinanza ddla Corte di cassazione 16 marzo 1979, n..107, che ha rimesso aLla Corte di Giustizia la risoluzione delila questione preliiminare della determinazione degli effetti sui rapporti anteriori deLle pronuncie interpretative dei regolameruti e J'ordinanza deUa Corte di appehlo� di Veneziia 8 marzo� 1979 che ha sollevato la questione di legittimit� �costituzionaJle. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Non quindi sulla base di nuovi elementi di fatto e di una impostazione giuridica del tutto svincolata dal precedente tema della lite, ma �nel solco del quesito dell'individuazione dell'ambito materiale e dei criteri temporali di applicazione della tariffa doganale andava considerato :il richiamo alla normativa sui prelievi. 3. Ci� posto, restando superata I'ecc~zione di inammissibilit�, Ia questione va iricondotta come esattamente osserva l'Avvocaturra deMo Stato, alla ricognizione del puntuale orientamento di questo S.C., iJ quaile ha ripetutamente sottolineato che i cosiddetti prelievi comunitari, previsti dai regolamenti della comunit� europea, in sostituzione dei dazi doganali di importazione ed esportazione, configurano una nuova..categoria di diritti di confine, del tutto autonoma �rispetto a que1la dei dazi doganali, e quindi sono disciplinati da:Me disposizioni dei regolamenti �comunitari che H prevedono, ma non anche, sailvo espresso richiamo dalle norme sui dazi doganali. Per �escludere l'analogia giuridica e funzionale tra prelievi comunitari e dazi doganali � sufficiente rilevare che tali diritti di prelievo sono stati introdotti, in sostituzione di dazi doganali in via di eliminazione all'interno deMa CEE, per graduare il passaggio al regime del mercato comune, importante la totale soppressione di dazi medesimi; si convenne, perci�, di sospendere da un lato i dazi doganali disposti dai singoli Stati membri della comunit�, con diritti. �di prelievo nella misura stabilita dalla CEE, in modo da conseguire, senza gravi turbamenti all'interno di taluno degli Stati stessi, fa �rapida e puntuale organizza2lione del mercato medesimo. Ne consegue che i prelievi si contrappongono ai dazi perch� non rispondono, attesa la loro finalit�, alla funzione protettiva della economia dello Stato, nei confronti degli altri soggetti intemazionali, mirando ad attuare l'integrazione delle economie con taluni paesi con i quali si rientra nell'ambito di settore della specifica comunit� economica che si contrappone, nella sua globalit� ed unit� economica, agli Stati terzi. L'inquadramento dei prelievi fira i diritti di confine, nella legislazione nazionale, dipende dalla circostanza che detti prelievi sono certamente� imposizioni che presuppongono fimportazione_ o l'esportazione, ma non comporta l'assimilazione ad una o all'altra delle categorie di diritti di confine ivi contemplate; per la loro �peculiarit� detti diritti si presentano con connotati del tutto autonomi e non sono ricondudbi.Ii ai tipi normativi preesistenti; ed a tale nuova categoria di diritti di confine non si applicano, pertanto, ile disposiziom della tariffa dei dazi doganali, che regolano soltanto detti dazi, mentre �i prelievi comunitari sono disciplinati per ilo 1pi� da leggi speciali, e precisamente da Regolamenti che �H istituiscono e che, .come � noto, esplicano efficacia giuridica immediata e diretta nell'ambito territoriale degli Stati membri della Comunit� e quindi vengono a far parte dell'ordinamento giuridico italiano. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Atteso i:1 carattere speciale di questa normazione � ovvio che in caso di lacune della medesima deve farsi ricorso a fonti pi� generali del diritto interno, ed ;j,n questi limiti p�� venire in considerazione la fogge dogana!le, ma non la 'tariffa che rileva solo se ed in quanto ad essa facciano esP'resso riferimento ile fonti comunitarie o fonti integrative nazionali {che non si pongano in ,contrasto, sul punto con quelle prevalenti comunitarie). Puntualmente ne11a sentenza n. 4004 del 1975 si � escluso che neLla legislazione nazionale si rinvengano agganci nel senso della applicabilit� deH'art. 6 della tariffa� ai prelievi comunitari; conseguentemente viene meno la 'rilevanza del problema -che altrimenti si porrebbe -de11a compatibilit� di tale ,richiamo 'COn la disciplina specifica comunitaria circa il momento di riferimento temporale per l'applicazione dei pre[ievi medesimi. Indubbiamente ta'1e aggancio, come si ricava in via generale dal regolamento 4 aprHe 1962 n. 19, � nel senso che iii prelievo che deve esser riscosso � que11o applicabile � nel ,giomo della importazione �. Si tratta quindi di staiblire quaJle sia I'esatta portata di tale espressione. Il regime dei prelievi, creato dalla CEE per attuare I'organizzazione dei mercati agricoli, venne istituito con i regolamenti del 4 apTile 1962 (n. 19 per i .cereaili, n. 20 per le �carni suine, n. 21 per le uova, n. 22 per il poHame). Ai11e carni bovine si p�rovvide successivamente con il regolamento 5 febbraio 1964 n. 13. (Poi abrogato e sostituito dal regolamento n. 805 del 27 giugno 1968). Nei regolamenti n. 19 e 21 si stabilisce espressamente che l'ammontare del prelievo che deve essere riscosso � quello applicabile il giorno dell'importazione. Invece il regolamento n. 14 del 1964 non contiene alcuna disposizione specifica diretta a stabilire il momento della riscossione dei prelievi stessi. Tuttavia non pu� dubitarsi che si tratti di principio avente carattere generale1 in quanto introduce una 'regola fondamentale, comune a tutto il sistema; ed invero, una volta stabilito, nel settore di prodotti agricoli, che fa misura di prelievo applicabile � queMa vi.gente nel giorno deMa importazione, non era necessario riaffermarlo per ogni ulteriore esclusione del regime medesimo ad un determinato prodotto agricolo. .La rigorosit� della conolusione in tal senso � gi� stata affermata in linea di principio dalla sentenza n. 4004 deil 1975, e ribadita puntua1mente in recentissime sentenze della Sezione (4980/78 ed altre conformi) in fattispecie relative specificamente alla importazione di cami disciplinata daJ predetto regolamento n. 14, alfa stregua di un canone interpretativo di chiara evidenza concettuale, dovendosi addurre una iragione specifica per di�ssociare eventualmente per un dato :prodotto la misura del prelievo dal riferimento temporale assunto in via generaile a base del sistema applicativo dei prelievi. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Resta cos� 1stabilito �che <il vi-ferimento al giorno dell'importazione deve ritenersi implidtamente recepito in ogni regolamento impositivo di prelievi specificamente dettato :per un particolare prodotto. Ne consegue che l'inteI1pretazione della relativa 1locurione effettuata dalla Corte di giustizia con riguardo ad un singolo regolamento deve spiegare i suoi effetti vincolanti anche per tutti igli altri regolamenti riguardanti H �regime dei iprelievi.. Il procedimento inte11pretativo si articola, cio�, ad un duplice livelfo: si postuila anzitutto .l'operativit� del riferimento al giomo dell'importazione (anche a prescindere da una specifica previsione in tal senso) e si estende il vincolo tiella inte11pretazione che della ilocuzione fa Corte di Giustizia ha dato con riguardo ad un determinato regoiamento a tutti gli altri regolamenti che comportino (implicitamente, ma sicuramente) i:l medesimo aggancio temporale. Determinante per la decisione deUa controversia � dunque, fa sentenza 15 giugno 1976 della Corte di giustizia della Comunit� europea, la quale in una vicenda analoga a que11a in esame, con lI"iferimento ai prelievi comunitari sui cereali, operando la interpretazione rimessa alla sua esclusiva competenza dell'art. 177 dcl trattato CEE su so1lecitazione del Tribunale di Genova che era chiamato a dividere una questione �che investiva [a stessa problematica ora in esame, ha ritenuto che il preHevo applicabile � sempre quello vigente il giorno della importazione da identificarsi con fa data in cui fa dichiarazione di importazione della merce viene accettata dag:li uffici doganali. Prendendo atto della situazione sopravvenuta una recentissima pronuncia della sezione (Cass. 4980/78 cit.); mentre da un lato ha ribadito findirizzo circa la distinzione dei prelievi dai dazi doganali (sulla scia del:le precedenti decisioni 1104 del 1973 e 4004 del 1973) riconducendo la normativa applicabHe alle fonti di di-ritto comunitario (recepito ape legis nell'ordinamento italiano), ha ritenuto vincolante per i giudici italiani !'interpretazione della espressione � giorno dell'importazione � data dalla Corte di Giustizia della comunit�, anche relativamente alle importazioni di carni. Appare perci� del tutto ultroneo sollecitare una nuova interpretazione del:la medesima Jocuzione, in quanto espressione di un principio operante anche rispetto alle importazioni di carne, esplicando la precedente pronuncia della Corte ila sua dficaoia vincolante non solo ove :si 1Jratti di appHcare i regolamenti n. 19 del 1962 e 120 del 1967, ma ogni qualvolta H riferimento temp�rale al �gio11no del.l'importazione� venga a costituire la norma del decidere � non potendo fa disposizione non essere intesa nehla medesima accezione, postulando Ia 1sua stessa assunrione a cTitevio giuridico l'omogeneit� della soluzione da aocog:liere. Ed � appena il caso di soggiungere che �gJli ulteriori problemi che potrebbero porsi a proposito della puntualizzazione della soluzione interpretativa accolta che J1isolvendo la formula �.giorno deH'importazione �, 360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in quella � giorno de1la accettazione della dichiarazione di importazione � lascia un ulteriore margine di dubbio circa la identificazione in astratto dei momenti rprocedimentali di perfezionamento di tale accettazione, nel giudizio in esame non vengono �in considerazione perch� non si � fatta questione al riguardo, essendo pacifico in causa che la � accettazione (riferita alla procedura all'uopo prevista dal diritto nazionale) intervenne quando ancora non si erano prodotte ile modificazion.i tarriffarie. 4. In ,conclusione fa sentenza jmpugnata deve essere confermata, essendo petvenuta ad una esatta soluzione attraverso una motivazione scorretta. L'opportuna rettificazione concettuale, ,cui questo S.C. � facultizzato dalla norma de11'.art. 384 comma 2 c.p.c., porta alila fissazione dei seguenti principi giuridici: a) i diritti di prelievo previsti dai regolamenti deHa Comunit� economica europea, in sostituzione dei dazi doganali di !importazione ed esportazione, 1sono disciplinati dalle disposizioni dei regolamenti comunitari che lli autoriz~o, oltrech� da1le norme statuali per l'applicazione ed il coordinamento ,dei regolamenti medesimi, ma non anche, salvo espresso 'richiamo, dalile norme sui dazi doganali; b) per deternninare ila misura. dei diritti di rpTelievo, su1le carni bovine macellate ai sensi del reg. 5 febbraio 1964 n. 14 non deve farsi riferimento all'art. odelle� disposizioni prel. alla tariffa doganale approvata con d.P.R. 26 giugno 1965 n. 723 (in base al quale l'applicazione della aliquota pi� favorevole sopravvenuta dopo l'accettazione della dichiarazione doganale, ma prima dello sdoganamepto, resta subordinata alla presentazione di apposita richiesta dell'importatore, restando impregiudicato se detta richiesta debba necessariamente rivestire la forma scritta, o possa anche essere fatta oralmente), ma alle norme comunitarie, le quali, con disposizione non riprodotta nel regolamento considerato, ma che deve ritenersi espressione di un principio generale operante nell'intero settore dei prelievi, si richiama al giiorno della importazione; e) aii sensi dell'art. 177 d.el trattato istitutivo .deMa Comunit� economica emopea {Tatificato con t 14 ottobre 1957 n. 1203) fo sentenze emesse dalla Corte di giustizia del:la Comunit� in via pregiudiziaie vincolano il giudice nazionale in 011dine alla interpretazione data dalle norme e degli atti comunitari. � L'obbligo previsto dal medesimo articolo per '1e giurisdizioni di ultima [stanza di deferire alla Corte di giustizia Je questioni .interpretative non opera quando _l'estensione della efficacia della sentenza che ha stabi[ito fa iportata della espressione contenuta in una data disposizione regolamentare, ad al1Jro regolamento comunitario discende dalla ricorrenza implicita de1la medesima locuzione nella norma comunitaria da appHcare; ~: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 361 d) La sentenza della Corte di giustizia 'che fissa il significato della espressione � igiorno dell'imrportazione � nel senso � giorno della accettazione della dichiarazione di importazione da parte degli uffici doganaH � (sentenza 15 giugno 1976) wn riguarido ai regolamenti n. 19 <lel 1962, spiega la sua efficacia anche rispetto al regolamento n. 14 del 1964 che non contiene tale espressione, ma deve ritenersi vi faccia implicito �riferimento. CORTE DI CASSAZIONE, Sez: I, 24 aprile 1979 n. 2318 -Pres. Falletti Est. Scanzano -P.M. Leo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Lonardi. Tributi in genere -Dichiarazione -Imposta di successione -Natura -Effetti -Vincolativit� -Esclusione -Revocabilit� -� ammessa. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 7 e 51; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15; cod. civ., art. 2732). Tributi erariali indiretti -Imposta di successione -Solidariet� -Legato Responsabilit� sussidiarla dell'erede -Effetto dell'accerto verso il legata. rio -Si estende all'erede. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). La dichiarazione del contribuente in tema di imposta di successione � un atto di cooperazione con cui l'obbligato rende noto il presupposto dell'obbligazione tributaria e dei relativi elementi quantitativi atti a consentire l'immediata liquidazione dell'imposta principale e destinati ad essere valutati nel procedimento di accertamento di valore, ma essa non � n� un atto negoziale con effetti vincolanti per il dichiarante n� una conf essibne; la dichiarazione, se pure pu� acquistare eff�tti definitivi a seguito del pagamento dell'imposta in base ad essa liquidata, pu� essere modificata con successiva dichiarazione o con opportune precisazioni nel giudizio di opposizione all'accertamento, anche oltre i limiti dell'art. 2732 e.e. (1). (1-2) ~sservazioni sulla natura giuridica della dichiarazione. tributaria. 'l) La .pronunzia ha affrontato, per vero con scarso approfondimento, il vastissimo problema deHa natura giuridica dehla dichiarazione tributaria, offrendo una so1uzione che non pu� essere condivisa. Be=h� riferita alla dichiarazione p~ l'imposta di .successione deHa legge abrogata, la motivazione dellia sentenza offre l'occasione per considerare unitariamente il p�roblema della dichiarazione in genere, anche sotto il vigore delle leggi della riforma tributaria. La dichiarazione sarebbe, secondo I<a S.C., semplicemente la comunicazione non vincolante di elementi informativi in base ai quali l'ufficio liquida 1'imposta prindpale; la dichiarazione, quindi, non ha va1ore n� di manifestazione di volont� n� di confessione, e pu� essere revocata o modificata liberamente sia 362 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO La solidariet� dell'erede per l'imposta di successione sul legato (art. 66 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270) va intesa come responsabilit� sussidiaria dell'erede,. bench� non assistita da beneficio di esecuzione; ne consegue che l'obbligazione sussidiaria non pu� eccedere ci� che � dovuto dall'obbligato principale (2). {omissis) Col primo motivo del �ricorso principale si denunzia violazione degli aTtt. 51, 52, 55, 64 e 66 �rid. 30 dicembre 1973, n. 3270; 12 legge 12 giu~no 1930, n. 742; 1324, 1334, 1372, 2730 e 2732 cod. civ., nonoh� insuffi nd corso del procedimento di accertamento sia in sede contenziosa nel giudizio contro l'accertamento. Ed � da notare che nel caso di specie si discuteva de1la vinco1ativit� di una seconda dichiarazione ben consapevoLmente espressa; si � quindi ritenuto ammissibi1e non 1a rettilica di un errore o una giustificata correzione, ma un puro e .semplice cambiamento di pr0posito. � iSuH'esdusione del. va1ore confessorio dehla dichiarazione la S.C. si era gi� pronunciata con tLa sent. 20 gennaio 11972, n. 115.1 (in questa Rassegna, 1972, I, 294); oggi, confermando questo indirizzo, si nega anche il valore negoziale dehla dkhiarazione. Della retrattabi1it� deHa dichiarazione aveva fatto un cenno la sent. delle Sez. Un., 27 settembre 1965, n. 2048 (ivi, 1%5, I, 1242), ma senza un esame diretto del problema. 2) Esamin1amo preliminarmente le ragioni esposte in motivazione per escludere il valore vincoLante della d1ohiarazione. Poich� la base imponibi1e {nella S[lecie il va1ore venale in comune commercio) � un e1emento obiettivo, attribuire alla dichiarazione va1ore di atto negozta1e con effetti vincolanti significherebbe violare 1'art. 53 Cost., rimettendo La determinazione deHa obbligazione tributaria al potere dispositivo delle parti. Condividiamo interamente la premessa che la base imponibile (e non solo il valore venale �in comune commercio nelle imposte indirette, ma ogni valllltazione di estimazione sempl'1ce o, secondo la terminologia legislativa attuale, ogni deteilminazione di {(valore norma1e �) � un dato obiettivo e preesistente che il procedimento di accertamento deve soltanto dichiarare, senza nulla aggiungere, meno che mai con effetto costitutivo, al rapporto obbligatorio gi� sorto (BAFILE, Introduzione al diritto tributario, Padova, 1978, 140). Ci sembra tuttavia fragilissima La seconda proposizione essenzialmente per due ragioni: primo, .perch� il riconoscimento da parte del contribuente, che d� Luogo ad una prima e provvisoria liquidazione del tributo, non � certo incompatibile con il principio di legalit� e indisponibilit� (per FAmministrazione) dell'obbligazione che sar� oggetto di .accertamento, �s� che non � a .parlarsi di determinazione del1'obbligazione dmessa al potere dispositivo de1le .parti (plurale) ma solo di unilaterale accettazione da parte del debitore degli effetti che si sono prodotti ex lege; secondo perich� i1 principio costituzionale dell'art. 53 Cost., che infomna tutta lia struttura dehl'obb1iga,zione tributaria, deve pur essere compatibile con una regola di irretrattabilit�; altrimenti, con il sospetto che il contribuente possa restare vincolato ad una base imponibile eocedente la sua -capacit� contributiva o il dato obiettivo del valore normale, non si dovrebbe mai ammettere 1a definitivit� de1l'aocertamento, il concordato e magari nemmeno il giudicato. Ma poich� una irretrattabilit� della base imponibile � una necessit� insopprimibile, sembra evidente che la forma che meno PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 363 cienza e contraddittoriet� di motivazione. Secondo l'Amministrazione ricorrente, in materia tributaria la dichiarazione del contribuente � una dichiarazione di volont� o di giudizio destinata a produrre effetti giuridici nel procedimento amministrativo di accertamento e iliquidazione dell'imposta: � cio� un atto di disposizione con effetti negoziali immediatamente vincolanti, e non un mezzo di prova. In ~articolre il valore indicato nella denuncia di successione non 1potvebbe essere ritrattato per pretesi errori nella determinazione del valore stesso, essendo soggetta tale denuncia sol� sacrifica i1 diritto. del soggetto passivo e che maggionmente garantisce 1a sua sfera, sia il riconoscimento contenuto nella dichiarazione. Minor rilievo ha, a nostro giudizio, l'esclusione del valore confessorio della dichiarazione, perch� riteniamo che in effetti 1a diiChiarazione non si� una confessione. Non possiamo tuttavia condividere la condusione che .lia dichiarazione, non essendo nemmeno un mezzo di iprova, possa essere revocata o modificata oltre i limiti posti dall'art. 2732 e.e . .Che cosa sar� ahlora la dichiarazione? Non di certo un atto superfluo, se la sua omissione � severamente sanzionata. La risposta che si tenta di dare (un atto di cooperazione con cui si a:ende noto i1.presupposto de11'obbHgazione e dei re1ativi elementi quantitativi, destinati ad essere valutati nel procedi mento di accertamento) non soddisfa l'esigenza di una qualificazione dell'atto, ma � anche evidentemente erronea giacch� la dichiarazione ha solo seconda riamente, come si vedr�, la funzione di servire all'ufficio come offerta di infor mazioni da impiegare nel procedimento di accertamento, mentre la sua fun zione primaria � quella di consentire una immediata riscossione (prima dell'ac certamento) della parte del tributo liquidabile in base a quanto dichiarato. Ci� eviidenzia fa necessit� d1 attribuire ahla dichiarazione un proprio effetto giuridico, autonomo rispetto all'accertamento. La sentenza esamina marginalmente anche l'aspe'tto della irretrattabilit� che riconnette, con riferimento 1specifico alfa imposta di successione (art. 7, r.d. 30 dicembre -1923, n. 3270) a1 pagamento dell'imposta. Anche a questo r1guardo 1a pronunzia � contraddittoria e inappagante. Poich� sulla base de11a dichiarazione viene .sempre riscossa immediatamente un'imposta, verrebbe a cadere la possibHit� di rettificare 1a dichiarazione in 1sede di accertamento o addirittura i11 sede contenziosa; ma, a1 contrario, il pagamento deWimposta non � in genere preclusivo del dfo:itto al� rimborso, quando esso non sia preceduto da una determinazione irretrattabile. Infine la sentenza in esame non riesce ne1 tentativo di sup;;rare iI contrasto con una quantit� �di a1tre .pronunzie (fra le altre Sez. Un., 12 febbraio 1974, n. 404, in questa Rassegna, 1974, I, %7) che !risolvendo la questione degli interessi sull'imposta comp1ementare nel caso di �dichiarazione integrativa �l valore, affermano che daMa data deiUa presentazione del1a dichiarazione integrativa viene a cessare, nei limiti, la situazione di antigiur1dicit� che. aveva dato causa dell'obbligazione di interessi; e ci� in base a11a considerazione che fa dichia� � razione � vincolante ed incondizionata e consente aWAmmini.strazione di percepire 1a cori:ispondente imposta, anche se non viene accolta dahl'ufficio e prosegue i1 giudizio per !:La determinazione definitiva. Da ci� discende con evidenza d'un canto che la dichiarazione iprodoce un effetto immediato vincoiLante per il dichiarante, dahl'alitro che questo effetto � prodotto dahla dichiarazione come ta1e e non come elemento che si 1combina con 1'accertamento. La contraddizione tra 1e due proposizioni � insuperabile; se la dkhiarazione fosse 10 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 364 tanto all'impugna:cione per vizi del consenso, alla correzione per errori ~ materiali ed all.a Tevoca per eNori di diritto. Ove poi venisse qualificata come atto di riconoscimento ad effetti meramente probatori, non potrebbe ad essa negarsi il valore di una confessione, soggetta alla disciplina dell'art. 2732 cod. civ. e quindi vincolante per il I contribuente. Ancora pi� vincolante, infine dovrebbe xiteneTsi la denuncia integrativa .(art. 12, legge 12 giugno 1930, n. 742), in quanto quailificata da un preciso proposito correttivo e diretta ad evitare effetti dannosi per il contribuente stesso. I ~ La censura non � fondata. un atto di cooperazione utile solo per l'accertamento, non rpotrebbe far venire meno 1l'obb1igazione di interessi, specie quando, pendendo gi� controversia su1l'aocertamento, t'ufficio non provvede al�a liquidazione di una ulteriore frazione di imposta; meno che mai potrebbe far cessare L'antigiuridicit� del fatto imputabile una dichiarazione revocabile e che, se tale fosse, non consentirebbe la percezione de1la relativa imposta. Fin qui Le considerazioni de~la sentenza in rassegna che non valgono ad escludere H valore vincolante della dichiarazione e ancor meno a definire la natura e g1i effetti di tale atto. 3) Le conclusioni della sentenza vanno anche oltre quella impostazione della dottrina che considera la dichiarazione tributaria una dichiarazione di scienza (GIANNINI, I concetti fondamentali del diritto tributario, Torino, 1956, 300; MICHELI, Corso di diritto tributario, Tori~o, 1976, 164; POTITO, L'ordinamento tributario italiano, Milano, .1978, 75 e 381; BASCIU, Contributo allo studio dell'obbligazione tributaria, Naipo1i, 11966, 210; CICOGNANI, Le fonti dell'obbligazione tributaria, Padova, 1977, 293 ss.). Anche la di1chiarazione di scienza, se pure non di contenuto confessorio ovvero con carattere confessorio in certi casi o per Limitata rparte (BERLIRI, Corso istituzionale di diritto tributario, Miliano, 1974, 253 ss.) � pur sempre un atto con cui si assume un impegno swlla veridicit� di quanto si afferma e che produce degli effetti, come ogni dichiarazione giuridicamente rilevante (MAND�, Sulla retrattabilit� della dichiarazione tributaria, in questa Rassegna, 1%5, I, l243). :Si deve comunque ritenere che la .definizione della dichiarazione come manifestazioni di �scienza o� come atto di informazione, che risaJe �ad epoca assai remota (la prima e pi� approfondita formulazione ri�sale a VANONI, La dichiarazione tributaria e la sua irretrattabilit�, in Riv. dir. finanz., 1937, I, 255, ora in Opere giuridiche, Milano 1961, I, 351) debba essere abbandonata, specialmente in relazione alla recente legislazione. 4) In una posizione distinta si trova iL Russo (Natura ed effetti giuridici della dichiarazione tributaria, in Riv. dir. finanz., 11966, I, 231; Diritto e processo nella teoria dell'obbligazione tributaria, Milano 1969, 311 ss.) che, negandone il carattere negoziale, concepisce la dkhiarazione tributaria atto di liquidazione dell'imposta, inerente do� esclusivamente al quantum, ed incapace di influire in qualsiasi modo su11'an, in ci� accogliendo la tesi del CAPACCIOLI (L'accertamento tributario, in Riv. dir. finanz., .1966, I, 3 ora in Diritto e processo, Padova 1978, 615 e 624) che concepisce l'intero rprocedimento di aocertamento come limitato aHa determinazione della base imponibile. Ma questa costruzione da un lato � contraddittoria perch� come atto che determina la base imponibile in modo irretrattabile ai fini deHa 1iquidazione, ~a dichiarazione PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 365 Conviene premettere che, avendo rigua:rdo ailla data di apertura dehla successione e di presentazione della denuncia di cui si discute, la valutazione de1l'imponibHe � dis�iplinata dalle norme del titolo III del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, che hanno abrogato quelle incompatibili contenute nella legge 12 giugno 1930, n. 742, tra cui l'art. 12 richiamato dall'Amministrazione (v. Cass., 2804/73). Secondo l'art. 15 del rJd.il. n. 1639 le imposte di successione concernenti beni immobili sono 'commisurate sul valore venale in comune commercio non pu� essere che un atto negoziale da un altro lato � eccessivamente restrittiva perch� '1a dichiarazione, come 'l'accertamento, non concerne soltanto la base imponibile. 5) Nemmeno pu� essere accoita la pi� controversa costruzione della dichiarazione come confessione stragiudiziale. � chiaro che ~a dichiarazione non � soltanto un mezzo di prova, come tale sostituibHe con altri mezzi, ma � soprattutto un atto giuridico di complesso contenuto destinato a produrre effetti non semplicemente probatori. Baster� pensare aHa pi� importante, ma non unica, funzione de11a dichiarazione ossia a1la determinazione deLla base imponibile, per constare come una tale dichiarazione di valore non 'attiene aUa verit� di fatti ma aMa ,determinazione di effetti sulla obbUgazione. Lo stesso � a dirsi per altri contenuti della dichiarazione concernenti o indicazione vincolanti di talune situazioni {quali il domicilio fiscale o i1 Luogo in c.i sono conservate le scritture contabi1i) o talune opzioni che H .dichiarante pu� dare per domandare la deduzione di imposta oppure per preferire H 'sistema di determinazione forfettaria del reddito netto, e soprattutto, specie ,per l� dichiarazioni pi� complesse che si fanno suHa base del bi1ancio, per operare una quantit� di oce1te responsabili nella esposizione dei componenti attivi e passivi. Tutto ci� non ha a che fare con la prova di fatti. NaturaiLmente la dichiarazione, come ogni atto giuddico, pu� anche conte nere i1 riconoscimento de1la verit� di fatti, ma non � questo l'elemento princi pale e ,caratterizzante della dichiarazione (Russo, Diritto e processo, cit., 331). 6) L'inadeguatezza de11e tesi esaminate pu� essere individuata ,essenziaL mente nel considerare la dichiarazione come priva di effetti propri e destinata a servire per l'accertamento, per assorbirsi in esso; cos� considerata la dichia razione si rive1a un mezzo strumentale o un elemento (informativo o di prova) suill qua1e sar� costruito H .provved1mento del1'ufficio. Questo costrutto � domi nato dalla premessa che Ja determinazione concreta deli1'obbliigazione in una somma certa e ldquida sia sempre operata da un ,provvedimento. deWufficio rispetto al quale la dichiarazione ha funzione preparatoria o di � presupposto procedimentale � (CAPACCIOLI, L'accertamento, cit., 628). Questa premessa, che forse poteva essere confortata dalia legislazione remota, non trova alcun riscontro nel sistema normativo vigente. La dichi,arazione � oggi un dovere generalizzato in tutti i tributi {ad eccezione di quehli a meocanismo elementare�che non richiedono nessun proce dimento di liquidazione) e si presenta sempre con una caratteristica comune: consentire una crapida pericezione del tributo gi� liqu1dato o facilmente liqui dabile in base alla dichiarazione. Questo si rivela con evjdenza lo scopo fonda mentale della dkhiarazione, anche se essa ha, volta a vo1ta, anche aLtre fina11it� di oarattere i,struttorio o strumentale rispetto a11'aroertrumento. Poich� l'accer tamento definitivo importa un tempo non breve, si � semp,re avvertita la 366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei beni stessi al giorno del trasferimento, anche quando non sia stato di:chiarato alcun va:lore nella denuncia del contribuente. La 1egge assume quindi dlevante un dato che, sebbene in concreto variabile dn relazione ai marigini di osdhlazione connaturali ad ogni apprezzamento di fotto, � in definitiva un elemento di natura obiettiva. Non potrebbe, d'altronde, essere altrimenti, dal momento che l'art. 53 Cost. esige che ,le imposte siano� adeguate alla capacit� contributiva del soggetto paissivo. Se cos� �, M volere attribuire alla denuncia di successione H valore di un atto negoziale con ~ffetti vincolanti -come J'Amministrazione ipre necessit� di predisporre un meccanismo procedimentale che assicuri un'anti� cipata perx:ezione deHa parte .de1 �tributo non ,controve11sa, con riserva per FAmministrazione di prendere una (o pi�) ulteriore frazione del tributo quando sar� stata definitivamente determinata l'�bbligazione; in sostanza la stessa ratio che ha dato lruogo al1a distinzione ben definita, e rHevante per vari fini, tra imposta prindpale e imposta complementare, si ritrova in tutti i tributi (1BAFILE, Introduzione, cit., 22). La �dichiarazione mira soprattutto a rendere possibile questo dsultato. Nella pi� recente legislazione questa finalit� ha acquisito ancora maggior rilievo nella considerazione che, di fronte al numero straordinariamente cresciuto di contribuenti e in vista di una auspicata maggiore responsabilizzazione di essi, 1'accertamento non possa raggiungere tutti i soggetti pa,ssivi e debba progressivamente restringersi nunieri:camente {anche con ipotesi di sorteggio), con 1a tendenza a far assumere aihla dichiarazione la funzione di determinazione non solo provvisoria ma anche definitiva della obbhlgazione. Come da tempo ha limpidamente messo in luce il CAPACCIOLI (L'accertamento, cit., 614) l'accertamento � una sequenza �a composizione variabile� che pu� arrestar.si in momenti diversi del suo svolgimento e rpu� consistere anche in un solo atto, quale la dichiarazione. Ci� � stato evidenziato, per trarne diverse conseguenze, anche recentemente da BASCIU, Riflessioni in margine alle c.d. questioni di fatto relative a valutazioni estimative (in Riv. dir. finanz., 1978, I, 659). � appena necessario a tail proposito ricordare come neglii ul1:imi anni, con progressione ravvicinata, la dichiarazione � diventata i1 mezzo per 'l'autoliiqu1dazione e il versamento dell'imposta da :parte del contribuente; con la riforma ci� fu previsto solo per l'I.R.P.E.G. e per l'I.VA., ma si � poi esteso ahl!'IR.P.E.F. e a11'I.LOR; contemporaneamente � rimasta fe:rnna la regola tradizionale deLL'iscrizione nel ruo1o principale del1e imposte dovute in base alla dichiarazione, allargando ta1e possibliit� con l'introduzione dell'art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 u1timamente modificato con il d.P.R. 27 settembre 1979, n. 506. L'intento del legislatore di aHeggerire il lavoro degli uffici tributari, valorizzando L'iniziativa del contribuente che si concreta con la di:chiarazione � di tutta evidenza, s� che non si rpu� ormai continuare ad affermare che la dichiarazione ha soltanto un valore :strumentale rispetto aWaccertamento dell'ufficio, anche se questa ,secondaria funzione � anche ;perseguita da11a dichiarazione. Lo stesso indirizzo' non .si riscontra nelle imposte indirette, ove ipera1tro una modesta riforma per trasferire alJliniziativa deL contribuente tutta l'operazione di liquidazione e versamento si � avuta per la registrazione delle locazioni PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARii,. 367 tende significa ricondurre la determinazione dehl'obbligazione tributaria al potere dispositivo delle parti e quindi consentire -contro i fondamentali iprincipi del sistema -che il ipresupposto quantitativo del itributo possa essere� creato fittiziamente e �rimanere svincolato dagli elementi obiettivi e reali che, anche secondo ilo 1spirito del precetto costituzionale, debbono costituire fa base della determinazione. Per le stesse ragioni deve respin~ersi l'equiparazione della denuncia di successione ad una confessione: e ci�, 1sia perch� appunto i(come ha gi� affermato questa Corte con la sentenza 20 gennaio 1972, n. 151) Ja determi� (art..16 bis d.P.R. n. 634/�1972, introdotto con il d.P.R. 23 dicembre 1977, n. 953); si pu� tuttavia ritenere che se nelle imposte indirette � rimasta limitata la tendenza a conferire maggiore iniziativa al contribuente, ci� � dovuto alla difficolrt� deHa operazione di liquidazione di questi tributi (ma non � escluso che gradualmente vengano studiati sistemi di semplificazione che consentono un pi� ampio ricorso allia responsablil;izzazione dei contribuenti); per fu stessa ragione non si fa eseguire al contribuente Ia liquidazione deU'i:rnposta sui redditi soggetti a tassazione separata, a causa della diffico1t� della, operazione stessa. Ma se 1pure neHe imposte indirette sopravvive il necessario intervento deH'ufficio per la liqu1dazione dell'imposta 1principale, non � tuttavia diversa la funzione del1la dichiarazione, che deve contenere tutti gli elementi necessari per La determinazione dell'imposta, mentre ~a liquidazione che deve fare l'ufficio resta una operazione meramente tecnica eseguita esclusivamente suUa base della dichiarazione. La stessa funzione di rendere subito percettibile la parte dd tributo secondo quanto i1 contribuente riconosce dovuto ha 1a dichiarazione doganale (artt. 61, 65 e 83, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43). Naturalmente la dichiarazione pu� avere, nei vari tributi, anche altri contenuti ed assolvere ad altre funzioni; pu� essere anche un atto con il quale si domanda il rimborso de1l'imposta gi� versata e pu� contenere vari altri dementi informativi uti1i per l'accertamento o specifiche manifestazioni di volont� di particoiare rilevanza {ad esempio J.e destinazione doganale); ma trattasi di elementi secondari e spesso accidentali che sono al di fuori della finaLit� fondamentale. Funzione solo apparentemente diversa ha la dichiarazione del sostituto di imposfa. Questa solitamente viene presentata dopo che il sostituto� ha gi� adempiuto aL suo dovere di eseguire la ritenuta e i1 versamento ed ha valore di ricaipitoJ.azione e di conferma delle operazioni eseguite; ma questa inversione cronologica � in definitiva un fatto tecnico-organizzativo, che oggi si verifica anche per i contribuenti che debbono eseguire il versamento diretto prima deHa presentazione della dichiarazione. In ambedue i casi il dichiarante ' con la dichiarazione manifesta quanto secondo La legge egH � tenuto ad operare; e se dalla dichiarazione risulta che non tutto quanto doveva essere versato � stato corrisposto, si proceder� subito aJ.La Iscrizione a ruo1o, allo stesso modo per n contribuente come �per n sostituto di imposta, deHe somme ancora dovute in base alla dichiarazione, operando eventua1mente le correzioni ammesse dall'art. 36 bis de1 d.P.R. n. 600/1973. 7) Da quanto. sin qui esposto, si pu� affermare che fa dichiarazione ha un valore negoziale; � una manifestazione unilaterale di volont� con la quale il dichiarante fa la ricognizione de1 debito; con essa 11 soggetto passivo, 368 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO nazione dell'imponibile non � materia che rientri nei poteri dis1positivi del contribuente, sia pevch� Ja denuncia stessa non si presta ad essere qualificata come un vero e proprio mezzo di prova. Ne consegue ohe, come � stato ritenuto con la sentenza su indicata, proprio con riferimento all'imposta si successione, ila denuncia pu� essere modificata dal contribuente anche oltre i limiti deM'art. 2732 cod. dv., con successiva dichiarazione o con opportune precisazioni nel giudizio di opposizione all'accertamento. E ne1lo stesso ordine di idee � la sentenza delle Sezioni Unite n. 2048/65, che ha negato l'irretrattabilit� della dichiarazione unica di cui alla ilegge 11 gennaio 1951, n. 25. riconoscendosi debitore aocetta di pagare, o spontaneamente .paga, l'imposta cui si considera soggetto. Per questa ragione la dichiarazione, ove l'imposta non sia stata pagata anteriormente o. non venga pagata contestua1mente, �costituisce titolo per. 1a riscossione delle imposte dovute in base agili impo nibili in essa indicati e deHe ritenute indicate dal �sostituto di imposta� (art. 9, ult. comma, d.P.R. n. 600/1973). La dichiarazione dovr� allora servire non soltanto a fornire e1ementi che l'ufficio uti1izzer�, assieme ad altri, per l'accertamento, ma soprattutto a 11ender�e possib~J,e una immed]ata (o addkittum anticipata) liqUJidazione e riscos sione; ed � per questo che la dichiarazione deve contenere tutti gli elementi, attivi e passivi, necessari per la determinazione degli imponibili, tanto che se tale indicazione manca la dichiarazione si considera omessa {art. 1, d.P.R. n. 600/J973). Ed � evidente che eguale natura e caratteristiche ha la dichiarazione nelle imposte indirette che deve contenere egua1mente, con l'indicazione di tutti gil elementi necessari, il riconoscimento de1l'obbligazione, se pure la liquidazione in cifra sar� eseguita dall'ufficio con una operazione tecnica. Infatti anche n~J!.e imposte indirette la dichiarazione costituisce il titolo per la riscossione delil'imposta principale. Si pu� anzi osservare che nelle fmposte indirette la dichiarazione non � necessaria quando esiste un negozio che si sottopone a .registrazione ed � per l'appunto prevista in tutti i .oasi in cui non esiste un negozio contenente gi� tutti g1i dementi necessari; 1a dichiarazione pertanto ha ila stessa funzione del negozio che sostituisce si che la sua natura negoziale � ancor pi� evidente. L'immediata concatenazione che 1a legge stabilisce tra dichiarazione e riscossione, senza necessit� di accertamento {iscrizione a ruolo de1le imposte sui redditi dichiarati quando gi� non abbia avuto luogo H versamento diretto, ingiunzione .per il pagamento dell'imposta �:Principale non corrisposta conte stualmente) riconferma che rla dichiarazione � un riconosdmento di debito in base al qualie pu� ,procedersi a1la riscossione a titolo definitivo, cosa che sarebbe ben difficile giustificare se la dichiarazione �avesse soHanto contenuto di scienza. Neli1e varie imposte e ne11e varie situazioni � naturn1mente diverso il contenuto de1la dichiarazione. Ogni volta rche la dichiarazione contiene una valutazione delfa base imponibile (evidentissima ne11e imposte indirette� ma presente anche ne11e imposte dirette quando sulla composizione del reddito infiluisce un va1ore normale) � particolarmente evidente 1a dichiarazione di volont� che fa il contribuente accettando di corrispondere l'imposta su queHra base imponibile. Ma anche negli altri casi in cui (come ne!rl'I.V.A.) la dichiara zione contiene una ricapito1azione di dati storici, non si pu� rpadare di mera PARTE I, SEZ, VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 369 Con tale orientamento non conti:asta la sentenza 29 ottobre 1973, n. 2804, in quanto essa non riguarda fo sipedfico rpToblema qui considerato, ed equipara (pera!ltro .con una osservazione del tutto incidentale) la dichiarazione integrativa alla confessione solo per rilevare che la dichiarazione stessa, consentendo all'Amministrazione di applicare iI tributo su1'1a maggiore somma dkhiarata, esonera i!l contribuente, dailla data della sua presentazione, da;l corrispondente debito degli .1nteressi. In definitiva, in tema di imposta di successione la denuncia del contribuente non � altro che un atto di cooperazione con cui �l'obbligato rende informazione ;perch� la dichiarazione, attraverso la indicazione di e1ementi analitici di cui si riconosce l'imputazione, ha pur sempre lo scopo (conclusivo) di far emettere dal dirchiarante il riconoscimento deI suo debito per provocarne '.l'adempimento, con fa salvezza di una eventuale rettifica, ma con il fine di una determinazione definitiva (nei limiti del dichiarato) de1l'obbligazione. 8) Da quanto detto non discende che i!'obbligazione tributaria nasce daHa dichiarazione, n� che questa ha carattere costitutivo e, meno che mai, che � lasciata a1 potere dispositivo delile parti la detel'minazione del1'obbligazione con violazione deiil'art. 53 Cost., come si afferma neHa sentenza in esame. Certamente per i sostenitori de11a teoria costitutiva deH'acceri:amento (imposizione) sar� difficile negare i1 valore negoziale de1la dichiarazione (ALLORIO, Diritto processuale tributario, Torino, 11969, 74 e 579). Ma senza affrontare questo problema, �S� (!>U� affermare che Ira natura negoziale deHa dichiarazione emerge in ogni .oaso, anche movendo dal1Ja premessa, prevalente nella giuris; prudenza ed aHa quale riteniamo di aderire (BAFILE, Introduzione, cit., 131) che J.'aocertamento � a contenuto dichiarativo. Assumendo per fermo che unica fonte dell'obbligazione tributaria � la legge e che l'obbHgazione sorge, completa di ogni �SUO elemento, a~ momento deH'avvernmento del presupposto si che ogni altra attivit� necessaria per rendere certa e liquida Yobb1igazione che gi� non 1o sia � necessariamente dichiarativa, la dichiarazione si presenta come il primo atto con il quale dailla parte del debitore, si produce l'effetto di dichiarare Fobbligazione gi� sorta. n negozio giuridico con effetto dichiarativo, che non � certo sconosciuto al1a teoria generale, trova nel diritto tributario una ap;plicazione vastissima 1che non � dato rinvenire negli altri settori de1 di.ritto. Seguendo la teoria dichiarativa, non si pu� riconoscere ar11a dichiarazione effetto costituivo; ma ci� non esclude che la dichiarazione abbia egualmente contenuto negoziale. Ci� risponde ad evidenti esigenze concrete ed a regole comuni de1!'011dinament�. Dal1a imposizione tributaria nasce una obbliigazione che, pur caratterizzata da particolari connotati, � pur sempre una obbligazione, neI significato unitario che .ad essa deve riconoscersi. In ogni situazione giuridica � sempre consentita e fiavorita la ,definizione del confJiitto di interessi fra creditore e debitore ne1 modo normale delil'adempimento; sarebbe irragionevole, incivile e praticamente impossibi1e concepire come necessaria per la definizione del rapporto obbligatorio una pronunzia giurisdizionale. Ed � ovvio che quando irl mpporto obbltigatorio viene padfioamente esaurito negli innumerevoJti modi in �cui ci� avviene, valore preminente ha sempre 11 comportamento del debitore; solitamente protagonista deUa situazione � H debitore che, con atti espliciti o impli:citi .di iniziativa� o di comportamento, determina una definizione pacifica 370 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO j noto all'amministrazione il presupposto dell;obbligazione tributaria e dei relativi elementi quantitativi atti a consentire ['immediata liquidazione dell'imposta principale, e destinati comunque ad essere valutati nel procedimento di accertamento del valore venale dei beni caduti in successione. I i,_ � bens� vero che, quando alfa >liquidazione dell'imposta segua ]l rpagamento, gli effetti della denuncia diventano definitivi. Ci� per�, non perch� la denuncia stessa sia un atto negoziale in s� irrevocabile, ma perch�, quando una determinata fase del rapporto tributario debba ritenersi esaurita (come avviene in caso di pagamento), la deWobbLig� o provoca una pi� o meno Jraboriosa attiv.it� finar1'izzata a1l'adem pimento. A questa esigenza .si adegua anche L'obbligazione tributaria ne1Ia quale al debitore � Lasciata la posizione di protagonista. � vero che nei mpporti tribu tari �sono conferiti ailiChe a1 creditore partico1ari ;poteri per ottenere in via amministrativa una determinazione autoritaria dell'obbligazione. Ma anche in questo momento viene valoriz2lata la possibilit� di ottenere anteriormente un risultato, a1meno parziale, attraverso l'iniziativa de1 debitore, s� da non rendere sempre necessario Faocertamento autoritario; ci� ris�ponde, oltre che. ad una esigenza pratica e organizzativa, anche ad una regola civile di non imporre accertai:nenti di autorit�, spesso accompagnati da sanzioni e da oneri accessori (interessi) al debitore che intenda spontaneamente adempiere tempestivamente e fedelmente. Come nei rapporti di diritto comune � sempre dato al debitore, anche neHe obbligazioni ex lege, di dichiarare, neHe forme pi� ldbere, i1 proprio obbligo anche ;per prevenire g1i effetti di un ritardato adempimento, cos� nel Fobbiigazione tributaria viene tipizzato il modo e il tempo di manifestare la propria intenzione in 011dine aill'obbl!igazione, facendo anche deHa dichiarazione un dovere. A ben riflettere, il dovere di dichiarazione, non � affatto una sovraipposizione innatuiale aI rapporto obbligatorio, perch� � neHa natura del rapporto �che il debitore sia chiamato ad esprimere, in forme che ben possono essere regolamentate, 1a sua .posizione circa il riconoscimento e L'adempimento dell'obbligazione. Ci� si coordina ancora con uno dei caratteri dell'obbliga / zione tributaria che, al contrario di quella ordinaria, viene sempre adempiuta per frazioni prima del definitivo accertamento. Una dichiarazione di ricognizione del debito, che presenta qua1che analogia con la dichiarazione tributaria, � stata introdotta anche in rapporti pretta _mente privatistici: con l'art. 3 del d.l. 23 dicembre. 1976, n. 857, convertito con modificazioni nena legge 29 febbraio 1977, n. 39, sull'assicurazione obbligatoria della responsabilit� civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, � stato stabi1ito per i sinistri di modesta entit� l'obbligo dell'assicuratore di comunicare (dichiarare) a1 danneggiato La misura dellia somma che si offre iPer i1 risarcimento ovvero i motivi per i quali non ritiene di fare }'offerta. Anche questa � una dichiarazione obbHgatorria (anche quaJDdo � di con tenuto negativo) e san2lionata, che deve essere conforme a dati oggettivi di valutazione (� l'offerta deve essere congrua�) e che produce immediatamente effetto per i1 creditore non solo in caso di accettazione ma anche quando non venga accettata, come titolo ail .pagamento del.la somma offerta in conto di un eventuale maggiore accertamento. Anche�.-questa � una dichiarazione nego ziale, che -si inserisce su una obbHgazione gi� sorta ex lege con lo scopo di provocarne L'adempimento totale o eventualmente solo parziale. Restano natu PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 371 ri1:Jetizione del tributo pagato incontra precise ilimitazioni, ed ��consentita solo nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 7, r.d.iI. 30 dicembre 1923, n. 3270). Deve quindi conoludersi che l'indicazione, ad opera del contribuente, di un certo valore della denuncia di successione non impedisce neppure al contribuente stesso di ottenere, nel procedimento di accertamento, che venga determinato l'effettivo valore venale, eventua~mente inferiore, con i normali mezzi consentiti dalila fogge, e di dimostrare che i[ valore indicato non corrisponde a queHo effettivo. ra1mente molte differenze tra questa dichiarazione e que11a tributaria, ma ci sembra importante individuare nei raipporti privati di obbligazione un dovere di dichiarazione di natura negoziale, con il quale il debitore fa una ricognizone del debito gi� sorto, che ben si condlia .con l'obbligazione legale. 9) Le considerazioni gi� fatte consentono di superare l'eccezione che si muove ad una inconciliabrnt� tra negozio giuridico � dovere di dichiarazione (Russo, Natura ed effetti, cit.); la volont� che sostiene il negozio dovrebbe essere necessariamente una volont� libera. Ci� potrebbe essere esatto se la dichiarazione avesse valore costitutivo, o se fosse la fonte di una obbligazione che si � liberi di far nascere, ma non sembra pertinente rispetto ad una manifestazione di volont� diretta a riconoscere una obbHgazione gi� sorta e che sar� accertata d'autorit� in manicanza deHa dichia1:1azione. II debitore, che � gi� tale, ed ha perfino interesse a manifestare .Ja sua �presa di posizione, pu� ben essere tenuto dichiararsi (>libero resta il cont.enuto de!La dichiarazione) suH'effetto che ritiene essersi prodotto dal'1'avveramento del presupposto. Pi� consistente � Finconiciliabilit� rilevata tra dichiarazione e confessione (sent. 20 gennaio 1972, n. 151, cit.); intesa la confessione come uno dei possibili mezzi di prova, � in effetti poco convincente un dovere .di confessare a proprio danno. Ma se si supera questa impostazione deMa dichiarazione, non si pu� vedere una contraddizione tra il dO\�ere di dichiar�zione e il riconosc!mcnto del debito che � per .t'appunto il fine deHa dichiarazione. .10) Un ampio approfondimento del tema ha recentemente offerto il D'AMATI (La dichiarazione tributaria e la crisi del negozio giuridico, nonch� Funzione giuridica dell'avviso di accertamento, in Dir. e prat. trib., 1977, I, 481 e 1201). Partendo dalla negazione deUa teoria costitutiva, 1'A. concepisce la dichiarazione come � atto normativo non autoritario posto in essere dal singolo � con il quale il contribuente detta un assetto normativo de1la fattispecie .tributaria destinato ad assumere i caratteri propri de1 negozio giuridico. Nell'ambito de11'autonomia privata, la dichiarazione � al<1ora la espressione uniliaterale, ma destinata ad esternarsi ed a giovare al soggetto a .cui � diretta, del regolamento del rapporto che il debitore intende ottenere. Ci sembra questa la pi� corretta proposta di qualificazione della dichiarazione. Non possiamo tuttavia seguire questo Autore nel�l'ulteriore costruzione deH'accertamento come atto, simile aHa dithiarazione, con ili quale L'Amministrazione a sua volta determina un assetto normativo dello stesso rapporto, ponendo� a fronte della dichiarazione un atto che ad esso si contrawone in modo paritetico, creando le premesse, ove non si raggiunga lo scopo della risoluzione del conflitto, per la decisione giurisdizionale. Non pu� essere condi 372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Col s�condo motivo la ricorrente, denunziando violazione e fa.Isa applicazione dell'art. 66, r1dJ. 30 dicembre 1923, n. 3270 e dei principi generali �suLla �soHdariet�, sostiene, che essendo l'erede obbligato aI pagamento de1l'iJmposta, dovuta �sul legato, in via diretta solidalmente -<:ol legatario, e non in via sostitutiva, � ben possibile che la stessa imposta venga determinata in misuira diversa per ciascuno di essi, e non pu� il primo giovarsi dell'accertamento del minore valore eseguito nei confronti del visa una v1s10ne privatistica deH'aocertamento e non �si pu� accedere alfa proposta di mettere sullo stesso 1piano la dichiarazione e l'accertamento. Ma, conservando al!l'accertamento il suo carattere di :provvedimento amministrativo, si pu� bene definire fa �dichiarazione un atto negoz1al� unilaterale con H quale H debitore esprime, con effetti che giovano ahl'Amministrazione, que1 che ritiene ]l'assetto normativo degld interes�si, ossia il suo modo di determinare g1i effetti deLL'avveramento del :presupposto neL!a sua sfera giuridica; questa dichiarazione, che in ogni caso produce effetti immediati, potr� anche risultare il modo unk:o con il quale si determinano gl<i effetti definitivi. In conclusione fa dichiarazione deve essere riguardata come una manifestazione di voJ,ont� cont~nente il riconoscimento della obb1igazione gi� .sorta o deg1i elementi essenziaLi di essa con la qua1e il dichiarante si vincola all'adempimento; siffatta dichiarazione uni1aterale di volont� � sempre produttiva di effetti immediati e vantaggiosi per l'Amministrazione che conserva integro i1l potere di accertamento pur potendo intanto pretendere ['adempimento nei limiti de1 dichi�airato. 11) Consegue da quanto precede che 1a dichiarazione non pu� essere concepita come autoaccertamento, come atto, cio�, che ha la stessa natura del- 1'accertamento che eventualimente sostituisce. L'accertamento � una potest� attribuita aH'Amministrazione, intrasferibile ed irrinunciabile. Autoaccertamento � una espression.e in s� contraddittoria; in nessun caso l'accertamento potr� provenire dal soggetto passivo. Quel che � un potere e un dovere del soggetto passivo � un negozio .giuridico privatistico, ben conci1iabile con la 1potest� attribuita al!l'Arnministrazione che opera �su un piano ben diverso. I1l dichiarante, crune debitore, ordina� riamente pu� (e nei rapporti tributari deve) offrire una definizione pacifica ddl'obbfigazione e darvi adempimento secondo queHa che ritiene fa sua libera interpretazione e qualificazione del presupposto. Al dichiarante � riconosciuto il potere di autoldqu1dare l'imposta, perch� questa � una operazione meramente tecnica di applicazione dei criteri di l<egge alla situazione base da esso riconosciuta; ma cosa diversa � l'accertamento che, Q:>ure .avendo per oggetto la stessa individuazione con effetto dichiarativo deL!a situazione base cui � rivoLta 1a dichiarazione, consiste non certo in un riconoscimento da parte de1 debitore ma ne1~a deteflminazione autoritaria d.a parte del creditore. Non vi � inconcil<iabi1it� tra manifestazione di volont� del soggetto privato e potest� pubbliica di accertamento. ,12) SuUa premessa che la dichiarazione ha come scopo fa ricognizione del debho, essa dovr� �Ccmtenere, quando 1a natura del tributo lo richiede, id. 11iconoscimento non soltanto di nudi fatti, ma anche degLi effetti che i fatti producono e, se necessario, quaLificazioni giuridiche e comunque assunzione - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA: 373 secondo. Non gioverebbe, quindi, alla tesi accolta dalla Corte di merito, l'aTgomento secondo cui 1l'erede, come obbligato in via di garanzia, non potrebbe esser tenuto a pagare sul legato una imposta maggiore di queHa 'dovuta dal legatario. La censura non � fondata. Poich� essa riguarda un'argomentazione concorrente, svolta dalla Corte di merito a conforto di una statuizione di responsabilit� suMa interipretazione della legge (MANZONI, La dichiaraizone dei redditi. Natura e funzioni. Possibilit� di integrazioni e rettifiche, in Riv. dir. finanz., 1979, I, 617). Ci� � stato escluso da alcune pronunzie (Cass., 10 maggio 1975, n. 1815 e 28 giugno 1976, n. 2435, in questa Rassegna, 1975, I, 1072 e 1976, I, 1026) con le quali � stato affermato che il soggetto passivo ha l'obbligo di dichiarare fedelmente soltanto i nudi fatti e tuttaipi� di proporre, senza assumerne la responsabilit�, le valutazioni giuridiche, con la conseguenza che il ritardato adempimento che consegue ad una erronea applicazione della legge (nella specie non detraibilit� di oneri) non pu� dar luogo all'obbligo degli interessi (o della maggiorazione di aliquote). � Questa proposizione riiposa ancora su11a premessa ( cri.ticata a1' n. 6) che la dichiarazione abbia solo valore strumentaJ,e per l'immancabile accertamento. tanto che le menzionate sentenze ritengono di poter trasferire a1 rapporto contribuente-finanza H brocardo, dettato per l'attivit� giurisdizionale, da mihi factum dabo tibi ius. Ma se la dichiarazione deve servire a Liquidare l'imposta e deve quindi contenere il riconoscimento di un debito (e non solo la verit� di un fatto), necessariamente dovr� anche esporre o presupporre H risultato di una vaLutazione de11e norme, tributarie e non, che concorrono a determinare l'obbiigazione, con la conseguente assunzione di responsabilit� da parte del dichiarante delle conseguenze di una errata va1utazione giuridica, sia essa maliziosa o incoLpevole. Ci� risu1ta chiaro daHe norme che impongono di dichiarare tutti gli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degH imponibilii secondo le norme che disciplinano le imposte (art. 1 d.P.R. n. 600/1973); e, a seconda deUa natura de1 reddito dichiarato, si dovr� affrontare una serie pii.1 o meno compLessa di operazioni tecnico-giuridiche che, nel caso de11a dich~arazione dei redditi di una grande impresa, posson� rappresentare una vera palestra di questioni. Lo stesso � 1per 1'�I.V.A. (art. 28 d.P.R. n. 633/.1972) la icui dichiarazione imp~ica una serie di distinzioni tra operazioni soggette aU'imposta, non imponibm e esenti, ammesse a1J.a rivalsa e non, ecc. Anche la diichiarazione per l'imposta di successione, bench� pi� semplice, comporta una valutazione di norme, anche non tributarie, per individuare i beni che secondo la legge si considerano compresi nell'asse ereditario e 1e passivit� detraibili (art. 37 d.P.R. 637/1972). Infine I.a dichiarazione doganale deve contenere non soitanto la descrizione deMe merci per ciascun coHo, ma anche l'indicazione della qual~t�, composizione e quantit� secondo .le denominazioni della tariffa e conseguentemente !!indicazione dell'importo dei tributi da pagare (art. 57, d.P.R. 23 gennaio �1973., n. 43); spetta dunque a1' dichiarante risolvere, sa1vo accertamento in rettifica, 1�e questioni, spesso difficili, di qua1ificazione e dassificazione. Ma tutto questo � perfettamente coerente ai principi generaH. In ogni situazione giuridica, ogni soggetto, e particolarmente i1 debitore, deve compiere le sue valutazioni e stab~lire responsabilmente il suo comportamento; RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO che si regge su altre ragioni autonome di cui si � dimostrata la validit� ~: i:' nell'esame del mezzo precedente la quesitone ora prospettata potrebbe ritenersi addirittura assorbita. � il caso tuttavia di osservare che l'argomentazione suddetta costituisce un'�esatta interpreta2!ione del sistema della legge. Secondo l'art. 66 del r.d;l. 3270/23 sono solidai1mente tenuti verso I l'Amministrazione dello Stato,� per le tasse sui trasferimenti a causa di morte, ciascuno degli eredi per fa totalit� delle ~asse, salvo il regresso dovr� per suo conto verificare se la obbli.gaizone deve essere adempiuta o se pu� non esserlo perch� estinta o perch� il titolo pu� essere invalddato o perch� pu� rproporre una valida eccezione, sapendo di dover assumere la responsabilit� delle conseguenze dell'inadempimento che dovesse risulitare ingiustificato. Ma in ogni momento de1la vita, anche .nei comportamenti !Pi� semplici, ciascuno si imbatte in una quantit� di regole giuridiche, di diritto privato e di diritto pubblico ed anche penali, suNe quali deve misurare le sue azioni. E cos� � anche, non potrebbe essere diversamente, per i rapporti tributari. � al contrario artificiosa la separazione tra nudi fatti ed effetti giuridici di essi. Anche sotto il profilo ora delineato, La dichiarazione si riconferma come atto. negoziale che per l'appunto � formato perch� produca effetti in conformit� delJe nol'me giuridiche e non per fornire elementi di conoscenza. 13) Le considerazioni che precedono valgono a confutare J.a tesi che la dichiarazione, come anche l'accertamento, produca effetto soltanto surna quantit� imponibil~ -e rigua11di questo .solo settore, con esclusione di ogni rilevanza su1 fatto presupposto e sulle condizioni legali della imposizione, che cio� la dichiarazione serva a stabilire il quantum ma non l'an deH'obbligazione (CAPACCIOLI, Accertamento, cit., 615, ss.; Russo, Natura ed effetti, cit., 247 e Diritto e processo, cit., 300 ss.). Questa teoria si, muove ancora sul1a premessa, ad altri effetti negata, che la dichiarazione ha solo valore strumentale rispetto aWaccertamento, come atto che concerne un solo elemento delFobbLigazione che deve necessariamente comporsi con altri elementi perch� risulti determinata la prestazione. Si � visto invece che la dichiarazione � capace, anche da sola, di detel'minare in modo completo e definitivo l'obbligazione e di costituire H titolo dell'adempimento; essa infatti, dovendo contenere tutti gli elementi necessari per la determinazione de!J'imponibile, e in molti casi anche la lriquidazione dell'imposta, abbraccia sia Fan che iL' quantum. 14) Le conclusioni fin qui raggiunte consentono di affermare che la dichiarazione, quale atto negoziale, non pu� essere revocata, corretta o modificata ad nutum o per semp1ice dissenso. Essa produrr� effetti vincolanti, anche se saranno consentiti, come 1per tutti, i negozi giuridici, mezzi di invalidazione. Va surperato anche H .problema de,Ha revocabilit� delila confessione ex art. 2732 e si dovranno considerare soltanto i rimedi consentiti per i negozi. A questo punto la problematica diventa mo1to ampia e in questa sede possiamo solo dare de~le indicazioni. La nullit� della dichiarazione pu� ben essere configurata, ma, a rparte le nu11it� specifiche .dell'art. 8 del d.P.R. n. 600, sembra difficile ipotizzare per la dichiarazione una de!ile cause di nu11it� dell'art. �1418 cod. civ.; peraltro per H dichiarante la dichiarazione di nu!ilit� si risolve, a suo danno, in dichiarazione omessa. Pi� concreto � iL problema deHa annullabilit�. Deve ritenersi ammissibile, senza particolarit� specifiche, 1'annul.Iamento per incapacit� naturale del11'art. 1425 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 375 verso gli altiri eredi ed i 1legatari, i fogatari per �le tasse relative ai beni a .qiascuno di essi devoluti. Affinch� l~ norima ~cui corrisponde queHa analoga all'art. 12, in relazione all'art. 8, del dil.l. 8 marzo 1945, n. 90, in tema di imposta gilobale) possa ritenersi coerente col precetto deJI'a:rt. 53 Cost., essa, nei rapporti fra erede e 1legatario, dev'essere necessariamente interipretata nel senso che fa tassa relaViva ai beni oggetto del legato � dovuta in via principale ed effettiva dal legatario, che beneficia del corri cod. civ.; dovrebbe anche ammettersi, bench� poco verosimile, l'impugnazione per dolo ed anche per vio1enza, specie se esercitata da un terzo. 11 problema �si incentra su11'errore. � certamente ammissibi1e, e non costituisce impugnazione de11a dichiarazione, l'a correzione di errori materiali. L'errore su1 fatto deve essere ricondotto �alla regola .della essenzia.Jlt� e riconoscibilit�; solo entro questi limiti (errore sull'identit� e qualit� dell'oggetto) pu� �ritenersi ammissibile l'impugnazione de1la dichiarazione sul punto deHa valutazione estimativa, che viene .ritenuta vincolante anche dagli autori che ne ammettono in generai.e fa rettificabiLit�. (Russo, Natura ed effetti, cit., 250). A11o stesso modo de1Yerrore sul fatto, va riguard�to l'errore di diritto suHa norma non tributaria che attiene a1 pres1.11pposto dell'obbHgazione. Natura1mente l'annullamento, eventua1mente parziafo, debla dichiarazione deve essere .pronunziato in sede. ,giurisdizionale. L'Amministrazione non ha il potere di rkonoscere l'errore e di rinunciare ag1i effetti, ad essa favorevolii, della dichiarazione. Ooocorre allora� stabilire 1a sede e i modi per 1a proposizione dehl'impugnazione. � questo un u1teriore vasto problema sul quale ci limitiamo ad esporre solo brevi cenni. Certamente L'impugnazione del1a dichiarazione � oggetto di una controversia di imposta soggetta a1le rego1e comuni del contenzioso tributario.. Bisogna per� stabilire se debba essere impugnat� direttamente la dichiarazione, ovvero se questa possa essere impugnata assieme all'atto suocessivo delJ'ufficio che mette in riscossione l'imposta Jd,quidata suUa dichiarazione (ruolo, avviso di liquidazione, ingiunzione o an�he accertamento), ovvero, quando questo atto non esista perch� L'imposta � stata gi� versata, assieme a11'atto, esplicito o di silienzio-rigetto, conseguente a11a domanda di rrmborso (MANZONI, La dichiarazione, cit., 621). In tutta questa prob1ematica la difficolt� maggiore � rappresentata dal termine di decadenza per l'impugnazione de11a dichiarazione: se cio� con l'impugnazione del negozio, sia compatibi1e il termine di decadenza dehl'art. 16 del d,P.R. n. 636fil972 o altri termini specifici de1 prooedimento tributario. Se comunque si ammettesse la proposizione della domanda entro un termine ampio, deve coo11dinarsi questa possibilit� con i1 termine di decadenza assegnato all'Ammini�strazione per Ia retti.fica de11a dichiarazione, potendo nascer~ solo dopo l'annullamento 1'interess�e a1lia rettificazione (o ahl'aocertamento di ufficio) de11a dichiarazione originariamente !ritenuta congrua. Diversamente �si �presenta La correzione dehla dichiarazione iper errore 'Cli diritto su1la norma tributaria. La natura rigorosamente .!ega1e de11a obbligazione :comporta i<l dovere di defin�.re il rapporto di imposta in conformit� de1la liegge. Di conseguenza, fino a quando non siano intervenuti atti con effica! Cia preclusiva che si �Sovrappongono alla dkhiara:i;ione o non s1ano maturati i termini .di ,prescrizione o di .decadenza per il rimborso de11'imiposta pagata, 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO spondente trasferimento di �ricchezza, e che l'obbligazione posta, al rigua11do, a carico de1l'erede � una obbligazione di garanzia che ha ~a funzione di rai�forzare il credito dell'erario. Risponde allora ai principi di questo tipo di obbligazione che il suo oggetto non pu� eccedere ci� che � dovuto dall'obbligato principale, pur quando il coobbligato non possa invocare il beneficio dell'escussione (omissis). il dkhiarante pu� domandare J.a correzione deHa dichiarazione e l'ufficio in questo caso ha il potere, trattandosi de1la corretta applicazione deHa norma tributaria, di riconoscere 'l'errore e di rendere concreti g1i effetti cleHa correzione, tenendone conto negli atti della riscossione o nell'accertamento ovvero disponendo H rimborso de~I'imposta gi� pagata. La correzione deg1i errori material<i potr� sempre essere disposta. .14) La seconda massima pone L'ulteriore questione degli effetti che la dkhiarazione produce ne1l'obbl<igazione solidale quando ciascuno degli obbligati sia tenuto aUa dichiarazione. In base al prindpio ormai consoHdato delila solidariet� 011dinaria che caratterizza l'obbligazione tributaria, g,Jti atti di accertamento (in senso ampio) e le pronunzie giurisdizionali producono effetto per il soggetto cui si riferiscono, separatamente e indipendentemente dai diver.si effetti che potranno prodursi per gli altri coobbligati in tempi, modi e sedi diverse. Ci� vale ovviamente anche per J.a dichiarazione� i cui effetti, Limitati al dichiarante, non si estendono ai coobbligati. Si pone un problema particolare nei casi in cui J.a legge ammette (art. 1, sesto comma, d.P,R. n. 600/1973; art. 36, u1t. comma, d.P.R. 637/1972) che la dichiarazione presentata da uno dei coobbligailli esonera gili alttri e produce effetto per essi (BAFILE, Introduzione, cit., S.8 e ,144), ma quando ciascuno degli obbligati ha �presentato la 'Sua dichiarazione non pu� mai esservi estensione degli effetti ad altri, come non pu� esservi estensione degli effetti, favorevoli e sfavorevo1i, di successivi atti di accertamento. N� a questa rego1a rpu� farsi eccezione per la soHdariet� fra eredi e legatari per l'imposta di successione (art. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270; art. 46, d.P.R. n. 637/1972) che � .pur sempre una ordinaria sol!idariet�. Non pu� sostenerisi che l'erede sia so1tanto una responsabile de11'imrposta a cariieo de1 legatario; se cos� fosse l'erede non sarebbe affatto tenuto alfa dichiarazione n� ,sarebbe �legittimato a partecipare al procedimento di accertamento; verrebbe chiamato soltanto ad adempiere l'obbligo altrui e non potrebbe giustificarsi a'esc1usione del beneficio di escussione. Invece 1'erede, che ha iL dovere di presentare la dichiarazione ed � destinatario deH'accertamento, � a tutti gli effetti un condebitore 1per il quale, come in ogni altra ipotesi di sol1idariet�, la definitiva determinazione del1a obbligazione (per effetto della dichiarazione, del- 1'accertamento, de~ concordato, del giudicato) pu� essere difforme da quella di altri coobbligati. Nell'ipotesi inversa a quella considerata in cui l'erede abbia ottenuto un .accertamento definitivo pi� favorevole �di queHo che il legatario ha lasdato che si formasse, 'Certamente la sua responsabiLit� resta nei Hmiti (minori) di quanto nei suoi confronti � accertato; e ci� rperch� L'erede non � un responsabile di imposta. Lo stesso criterio deve val'ere ne!Fipotesi che L'erede abbia dichiarato un obbligo pi� grave di que1lo accertato verso iI !legatario, senza che ci� vioH i1 principio dell'art. 53 Cost. CARLO BAFILE PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 377 I CORTE DI CASSAZI~NE, Sez. I, 23 maggio 1979, n. 2990 -Pres. Fail:letti Est. Caturani -P. M. Del Grosso (conf.) Cobal (avv. Vinciguerra) .c. Mini stero del Tesoro (avv. Stato Camerini). Tributi in genere -Repressione delle violazioni -Infrazioni valutarie Provvedimento di irrogazione di sanzioni -Presunzione di legittimit� Esclusione -Onere della prova. Il provvedimento che irroga le sanzioni non � assistito da una presunzione di legittimit� tale da imporre al destinatario debitore l'onere di superare detta presunzione fornendo la prova contraria alla fondatezza del credito; grava invece sull'Amministrazione l'onere di provare i fatti che costituiscono la sua pretesa, anche se l'iniziativa dell'azione processuale proviene dal debitore (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5951 -Pres. Vigorita -Est. Lipari -P. M. Ferraiolo (conf.). Zanotta (avv. Antonini) c. Ministero deHe Finanze (avv. Stato Rossi). Tributi in genere -Accertamento tributario -Imposte doganali -Presunzione di legittimit� -Esclusione -Onere della prova. L'accertamento tributario, soggetto al principio di legalit�, non gode di una presunzione di legittimit� di fronte al giudice che .deve verificare la fondatezza della pretesa dell'Amministrazione come di quella di qualsiasi altro soggetto,� spetta pertanto all'Amministrazione l'onere di provare, sia pure con presunzioni, i fatti che costituiscono il presupposto del suo credito (2). I (omissis) Con i tre motivi del ricorso ohe, affrontando fa istessa questione, que1la centrale de1la causa, possono esaminarsi congiuntamente, la ricorrente deduce: a) che la 1sentenza impugnata, non avendo ,considerato che soltanto il proprietario deve fare la dichiarazione prevista daLI'art. 5, (1-2) Presunzione di legittimit� dell'accertamento tributario e onere della prova. '1. -Con le due pronunzie sopra riJportate � stato scalzato un rprincipio che, pi� apparentemente che realmente, ha dominato rper decenni. � stato numerose vo1te affermato, anche recentemente, che .di fronte ad un atto di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 3.78 secondo comma, d.I. 6 giugno 1956, n. 476, avrebbe omesso l'esame dell'atto notorio 14 novembre 1970 da cui risulta che i�l marito, morto ab intestato, lasci� unica erede fa figlia Letizia; b) comunque essa ricorrente non aveva alcun onere di provare la estinzione del conto all'estero rperch� era estranea al fatto aMegato, e non provato, daHa pubblica amministrazoine {esistenza del conto); e) infine, la corte del merito avrebbe errato nell'affermare che i de�creti emessi dal ministro del tesoro sono assistiti dalla presunzione di >legittimit� e nell'avere quindi attribuito a;lla pubblka amministrazione la posizione di convenuta in senso formale e .sostanziale, addossando alla opponente l'intero onere di provare il contrario di quanto dedotto dall'autorit� ammimstrativa nel suo .prowedimento. Le censure sopra riassunte sono fondate nei limiti segnati dalle considerazioni che seguono. La Corte di Trieste, andando in diverso avviso rispetto a:1le conclusioni cui rpervennero i giudici di primo grado, ha ritenuto il rprincipio relativo alla presunzione di >legittimit� �degli atti amministrativi, quale principio genera'1e, operi nel processo anche nei confronti del decreto ministeriale impugnato, onde ha affermato che l'autorit� amministrativa assume in giudizio la posizione di convenuta in senso formale o sostanziale. Da tale rpremessa fa sentenza impugnata ha quindi tratto ila conclusione che, basandosi nella fattispecie l'atto del ministro su verbali di pubblici ufficiali e su documenti deLla opponente che provano con il loro possesso senza alcun dubbio fa titolarit� da parte sua del conto corrente e delle azioni estere e quindi l'impiego di valuta nazionale aM'estero1 deve ritenel'si la fondatezza del contenuto del rprovvedimento amministrativo. Ora tutto il �ragionamento svolto dailla Corte in tanto pu� accogliersi in quanto si Titenga esatta fa premessa maggiore del sillogismo svolto neHa sentenza, che cio� possa esplicare qualche rilievo dn giudizio la cosiddetta .presunzione di 1legittimit� dell'atto amministrativo impugnato. aocertamento il debitore, attore nd giudizio, ha l'onere di dare la prova contraria dei fatti posti a base deLL'atto, mentre l'Amministrazione � esonerata dal dimostrare 1a fondatezza del suo credito. Ci� � stato riconfermato non so1tanto con riferimento ahl'ingiunzione amministrativa (fra le tante v. Cass. 22 gennaio 1974, n. '178, in Riv. Leg. Fisc., 1974, 1078), ma anche in relazione aWoxidinanza dell'intendente e al decreto ministeriaie (il8 luglio 1973, n. 2094 e 9 agosto 1973, 2299, ivi, 1973-, 2301 e .1974, 200); la stessa regola � stata estesa anche ai provvedimenti sanzionatori de11e ammende depenahlzzate (6 dicembre 1977, n. 5280, in Foro it., .1978, I, 646). A sostegno di tale proposizione � stato ri�ordato che il debitore � attore in senso sostanziale nel giudizio diretto all'aoc;ertamento negativo deL suo debito e 1che l'atto amministrativo di aocertamento, nelle sue varie forme, � assistito da presunzione di J.egittimit�. In realt� questa enunciazione � stata alquanto mitizzata ed applicata in modo acritico, s� da ingenerare un certo abuso da parte degli uffici ammi ~ PARTE i, SEZ, VI, GltiR:tSPRUi>ENZA 1'RiilUTAR�A In reailt� una taile affe:ranazione costituisoe il fondamento di un indi� rizzo giurisprudenziale hl quale si � consolidato con !Particolare riferimento alla mgiunzione fiscale. Si � sostenuto in proposito che nel procedimento monitorio fiscale regolato dai! T.d. 14 aprile 1910, n. 639, 11'opposizione del debitore costituisce la domanda giudiziale che arpre un ordinario processo cognitivo diretto aill'aocerta:mento negativo delJla pretesa tdbutaria, !Processo nel quale il debitore contro 1cui H titolo esecutivo � fatto valere ne contesta il fondamento ed assume perci� la veste di attore e ronere di provare quanto afferma (Cass., 25 novembre 1976, n. 4444, Foro it., Rep. 1977, voce Riscossione delle imposte, n. 117; 9 maggio 1969, n. 1585, id., Rep. 1970, voce Esazione, n. 157; 24 luglio 1968, n. 2673 e 30 marzo 1968, n. 975, id., Rep. 1968, voce cit., nn. 145, 139). La motivazione deJJ'indirizzo acoennato si fonda suhla peculiare caratte� ristica della ingiunzione fiscale nella teorica del processo monitorio ingiun� zionai1e, fa cui funzione -,si � osservato -dsiede nella sollecita risroossione dei crediti delJJ.a rpubblica ammill1istrazione, i quali sono assistiti dahla presunzione di legittimit� siccome attestanti dai competenti uffici dello Stato e degli altri enti pubblici (Sez. Un., 19 aprile 1955, n. 1079, id., Rep. 1955, voce cit., n. 99; 15 ottobre 1957, n. 3829, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 51, 63). E poich� la ingiunzione fiscale ha efficacia esecutiva che non viene meno a seguito della orpposizione dell'intimato, nel relativo giudizio, a differenza di quanto avviene in caso di opposi:ziione ad ingiun:ziione ordinaria, [a domanda giudiziale � costituita non da1la .ingiunzione ma daill'atto di opposizione con cui si ~mpugna un credito deJJa pubblica amministrazione munito idi efficacia esecutiva, onde � l'opponente tenuto a provare, per la sua quailit� di attore, finfondatezza del credito da 1lui impugnato. Per ila verit�, fa motivazione dell'i!Ildirizzo lin esame presta il fianco ahla critica e non giustifica, a giudizio del collegio, ila posizione di privi nistrativi troppo sicuri dietro lo scudo de!Ja .presunzione di legittimit�. Ma se si Libera i1 .problema dal mito, risu1ter� che Le sentenze ora intervenute sono assai meno demolitorie di quanto potrebbe apparire. 2. � Gi� in passato le stesse pa:onunzie che avevano affermato l'inversione dell'onere del1a prova, avevano 1predsato che il debitore non deve necessaria� mente produrre spedfici ed autonomi mezzi di prova, ma pu� fondoce la sua domanda sugLi stessi elementi di prova addotti daLI'Amministrazione, ed in tali caso il giudice non pu� rigettare La domanda assumendo a ragione del decidere esclusivamente la presunzione di legittimit� dell'accertamento, ma deve valutare il merito del1e oprposte tesi ,per dimostrare ['.attendibilit� dell'una e l'erroneit� deIJ'aLtra (1sent. 9 agosto 1973, n. 2299 cit.). In so,stanza era ben possibiLe verificare in sede giurisdizionaLe l'adeguatezza delila prova prodotta da1L'Amministrazione, iL che significava annacquare di molto ~a regola delfin� versione dell'onere de1Ia iprova. D'aLtra parte solitamente i�aacertamento � accompagnato da un principio di prova roocolta nel procedimento amministrativo, s� che neMa sostanza il 11 380 RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO legio deJJ.'autorit� amministrati.va innanzi al :giudice, per quanto concerne la soggezione delle parti agli oneri probatori dei rispettivi assunti. Mentre :la �dottrina pi� antica .giustificava la imperativit� del provve dimento sulla base deHa presunzione di legittimit� deU'atto amministra tivo, attualmente prevail.e in dottrina l'iTIJclirizzo secondo cui la presunzione di legittimit� non opera di fronte al giudice, dal momento che, secondo il diritto positivo, J.'on,ere della prova non incombe soltanto sulJ'attore come dovrebbe essere se una talle presunzione avesse un effettivo signi ficato. I:l provvedimento amministrativo � invece imperativo nel senso che si realizza da se ,stesso quando non vi � bisogno di una azione specifica mente esecutoria, essendo manifestazione di un potere pubblico. Ci� tuttavia non pu� essere !inteso come deroga al poc:incipio costituzionale della necessaria verificazione giudiziaile delle pretese delJa pubblica ammi nistrazione, come di quelle di qualsiasi altro soggetto. Orbene, poi.ch� 11 provvedimento � ablatorio in quanto impone a[ destinatario un sacrificio patrimoniale, si comprende come, essendo esso 1rigidamente ancorato ail principio di ilegalit�, anche costituzionalmente �garantito (art. 23 Cast.), 1a prevalenza che caratterizza [a posizione dell'autorit� amministrativa non impedisca al privato idi adire iil giudice ordinario, al fine di �controllare, 1come per qualsiasi altro credito, la fondatezza deilla pretesa fatta valere dalla pubblica amministrazione e non gi� per rimuovere una presunzione di legittimit� da cui fatto sarebbe assistito. Partendo invece dal presupposto de1la presunzione a favore dehla pubblica amministrazione, � agevole il passo ohe conduce ad affermare, come � accaduto nel presente giudizio, che questa posizione di vantaggio dell'autorit� amministrativa nel processo pone da un lato a carico del debitore si trova effettivamente nelila necessit� di confutare la prova esistente anteriormente a11'introduzione del ip(("ocesso. � per questo che, come avevamo accennato, le recenti decisioni de11a Suprema Corte si rivelano in concreto non tanto innovative. Sar� opportuno tentare di riordinare le idee sul vasto i(lroblema. 3. -AMa connessione tra presunzione di Jegittimit� dell'accertamento e onere defila prova � stata data eccessiva <rilevanza; la presunzione di [egittimit� non comporta necessariamente L'inversione dell'onere della i(lrova e pu� sopravvivere anche se 1a prova resta a carico deWAmministrazione. In .sostanza 1a :S.C. per giungere a negare il vantaggio deM'Amministrazione in tema di prova, � andata troppo avanti su1 punto deHa presunzione di legittimit�. Senza aff.rontare iri questa sede i1l vastissimo problema deLl'accertamento, possiamo rico11dare che questo �, i(ler costante giurisprudenza defila stessa S.C. {6 ottobre 1972, n. 2:863, in questa Rassegna, 11973, I, 910; 16 giugno 1972, n. 1888, ivi, 1972 11152; 6 dicembre 1974 n. 4041, ivi, .1975, I, 214), un atto amministrativo, emanato suhla base di un procedimento liegil.sl0Jtill/'amente definito se1 condo regole precise; anche se esso non ha natura costitutiva, � tuttavia capace di :liARfii �, SEZ. \i�, G�ili�SPRubENZA TRIBUTAR�A 381 destinatario l'onere di superare Ja detta presunzione, dall'ailtro esonera la pubblica autorit� dail dimostrare a sua volta fa fondatezza del proprio credito. H punto centrale della :indagine, una volta che si � svuotato di concreto contenuto il �cosiddetto rprincipio di legittimit� deH'atto amministrativo, pu� quindi risolversi nel dilemma se la prova dei presupposti di fatto della imposizione amministrntiva �spetti a11'autorit� amministrativa, ovvero non debba ritenersi che la prova della inesistenza di ta:li presupposti .spetti al destinatario del provvedimento. Certamente incombe su quest'ulitmo la prova dei fatti impeditivi della pretesa (es. fatti ohe determinano una esenzione fiscale) ovveTo la prova dei fatti estintivi (come potrebbe essere il pagamento dell'imposta). Ma aJl di fuori di queste ipotesi ohe non danno luogo a dubbi di sorta, si pone in tutta la sua ampiezza il problema in esame, .j,I quaJle deve essere deciso nel senso 1che grava sull'autorit� amministrativa fa prova (positiva) dei fatti che costituiscono il fondamento della sua pretesa. 1La portata �di tale principio non ha, in linea di massima, alcuna influenza nel processo, nei casi in cui la prova dei fatti costitutivi del diritto fato valere in giudizio risulti in re ipsa da atti pubblici (processi verbaJli, certificati, ecc.), i quali godono per legge di fede privilegiata (art. 2700 cod. civ.) e Je cui risultanze possono essere rimosse soltanto attraverso 110 strumento della querela di falso (art. 221 segg. cod. proc. civ.). Il principio tuttavia manifesta tutta la sua importanza aliloroh� si verifichi una fattispecie in cui il fatto dedotto dalila pubblica amministrazione nel suo provvedimento non sia assistito da una prova specifica e questa non sia stata raggiunta n� durante fistruttoria amministrativa n� nel corso del giudizio innanzi al .giudice (cfr. per questo potere istruttorio della pubblica amministrazione nel processo civile, Cass., 17 ottobre 1974, n. 2886, id., Rep. 1974, voce Cambio e valuta, n. 1, in tema di infrazioni di.IChiarare L'obbligazione tributaria reon effetto vincolante. In quanto atto amministrativo, L'aJCCertamento � sicuramente assistito da presunzione di legittimit� ed � anche esecutorio. Ci� non esdude, ovviamente, che l'aocertamento sia impugnabile e che nel processo, suL diritto soggettivo, fobbligazione venga accertata indipendentemente dallla presunzione di Legittimit� dehl'accertamento. De1 resto anche le sentenze in esame non negano che l'accertamento sia deL tutto privo di presunzione di legittimit�; .precisano soltanto che questa � non opera di fronte aL giudi.oe �, il quale, per norma costituzionaLe, dovr� ;procedere a11a � necessaria verifica giudizia1e de1le pretese defila pubblica amministrazione, come di quehla di quaLsiasi altro soggetto�. Pi� approfonditamente deve dirsi che la controversia di imposta ha per oggetto 1a sussistenza sostanziale de1l'obb1igazione, non llimpugnazione de1L'accertamento; � un processo di accertamento del raP1Porto di obbligazione (Cass. 5 marzo 1980, n. 1472, in Foro it. 1980, I, 622) nd quare li'atto dell'Amministrazione � s� un antecedente necessario (giurisdizione condizionata), ma non 3$2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO valutarie). Infatti, se i rapporti ed i verbali degli agenti doganali fanno fede fino a querela di falso dehle attestazioni in essi contenute circa i fatti obiettivamente contestati e l'attivit� d'indagine compiuta dai pubblici ufficia!li referenti e verbalizzati in confomnit� rul'art. 2700 cod. civ., tuttavia, quando non riferiscono n� i fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale n� que11i da Jui compiuti ma fatti diversi ovvero fatti della cui verit� egli si � convinto in �virt� di presunzioni e di considerazioni fogiche, i predetti rnpporti e ve11bali forniscono ail giudice un materiale �Che al pi� pu� essere considerato meramente indiziario. In queste i.ipotesi (che sono cio� :fuori della efficacia probatori'! privilegiata del documento) � �di primaria :importanza, al fine deHa soluzione del quesito proposto, indiv1duaTe il contenuto de1le situazioni soggettive fatte valere dalla pubblica amministrazione. La dottrina pi� Tecente ha osservato, a proposito dei provvedimenti ablatori, �che per essi si verifica �una �prima sequenza di atti, disciplinata dal diritto amministrativo mediante apposito procedimento i~ quale culmina con un provvedimento costitutivo di un !rapporto obbligatorio, in quanto da esso nascono diritti (per la pubblica amministrazione) ed obblighi rper :hl desttnatario. SoffeIIJllando ~'indagine su tale rapporto � sorto il quesito se esso dia vita ad una obbligazione propria del diritto civile ovvero non debba ravvisarsi in essa una obbligazione pubMica propria del diritto araministrativo. IJ problema .che non � di teoria generale ma di diritto positivo � stato �risolto nel nostro 011dinamento nel senso che l'obbligazione come situazione soggettiva � tendenzialmente unitaria, derivi essa dal contrntto ovvero dal provvedimento amministrativo o da1la legge. Vero � che :la pubblica amministrazione gode nell'accertamento dei presurpposti deMa imposi2lione �di ampi poteri istruttori e di rpoteri stru l'oggetto deLlia pronunzia; poich� il giudizio non tende a rimuovere l'atto di aocertamento, ma ad aiccertare L'obb1igazione ind1pendentemente da esso, non si pone affatto la necessit� di esdudere la presunzione di legitt1mit� per stabilire iL regime della prova ne} processo. L'intero procedimento di a;ocertamento � ooncepito per l'esigenza di dare certezza e liquidit� a11'obbliigazione tributaria al di fuori del processo ed anteriormente ad esso; ma se si d� avvio alJla fase giurisdizionale, contribuente ed Amministrazione, come debitore e creditore, �Si ritrovano in una .posizione di parit� come soggetti di un .rapporto obb1igatorio La cui sussistenza andr� verificata inrupendentemente da11'accertamento, tanto che glii eventuali vizi formaLi del1'�aiacertamento diventano irrilevanti nel processo che ha ![>er oggetto ~a sussilstt:nza sostanziale deN.'obbltiga2lione. A tal proposito � di notevole interesse [a precisazione de11a S.C. suhl.a coesistenza di una potest� amministrativa strumentale in una � �Prima sequenza di atti � �disciplinata �dal dkitto amministrativo mediante apposito procedimento che si esaurisce con ~�emanazione de11'accertamento e dell'obbligazione patrimoniale che nasce daL1a PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 383 menta;li variamente disciiplinati, ma trattasi di situazioni soggettive che, attenendo alla prima fase di cui sopra si � discorso, si linseriscono in rapporti giuridici i cui termini sono in genere potest�Jsog;gezione ovvero potest�-interesse legittimo. Nelilo svolgimento di questi rapporti l'autorit� amministrativa compie una serie di operazioni giuridiche spesso molto complesse, le quali si richiamano a1le regole rp:roprie della economria, della tecnica mercantile, delil'estimo e cos� via. Trattasi tuttavia di poteri che si esauriscono con fa emanazione del provvedimento ablatorio, il cui contenuto � rigidamente determinato daUa legge in presenza dei presupposti di faHo dalla stessa previsti. Poioh� il provvedimento � costitutivo di una obbligazione a contenuto patrimoniale (pagamento di una somma di danaro), esso � soggetto interamente al principio di Iegalit� sancito daU'art. 23 Cost., secondo cui nessuna prestazione patrimoniale pu� essere imposta se non suJila base deHa legge. Ci� dimostra che nell'ambito del rapporto obbligatorio (costituito col provvedimento impositivo), l'autorit� amministrativa � un soggetto che vanta un credito nei confronti di un altro, anche se esso trova il suo fondamento giuridico negli accertamenti compiuti nella p1rima fase 1cui si � accennato. L'interesse pubblico che permea questo �rapporto dall'esterno non impedisce Jnfatti -come si � premesso -�che Ja sua disciplina sia proprio quella del diritto comune, come � dimostrato del resto dai risultati cui recentemente � pervenuta l'elaborazione giurisprudenziale di questa Corte in tema di sOilidariet� tributaria (Cass., 26 febbraio 1975, n. 768, id., Rep. 1975, voce Tributi in genere, n. 302). La prevalenza de1l'interesse :pubblico pu� do� incidere soltanto dall'esterno sul rapporto, eliminandolo o correg legge e che � soggetta (pur con moLte partico:!arit�, occorre precisare) alla disciplina fondamentale deil diritto comune. :e chiaro pertanto che l'accertamento non rpone l'Amministrazione in una posizione di privilegio nel processo, su diritti soggettivi, e non condiziona la caipacit� di difesa del debitore. Non vi � allora una correlazione possibile tra rpresunzione di Legittimit�, che opera fuori del processo, e onere della prova. Ma aMo stesso tempo la soluzione che si vorr� dare aL rprobliema delL'onere deUa .prova, non esclude che l'accertamento sia e resti, a1 di fuori de1 rprocesso, un atto amministrativo assistito da .presunzione di Legittimit�. 4. -Ci� chiarito va affrontato il problrema deH'onere del1a prova come tale. :e �Sicuramente esatta l'affermazione che oggetto rde1 rapporto giuridico di imposta � una obbligazione 011dinaria (nel senso unitario rispondente a quel fondamentale concetto che non ammette differenziazioni), perdipi� rigorosamente lregaLe, risrpetto a1Ia qua1e, �sul piano sostanziate, l'Amministrazione � niente di pi� che un creditore. Ne consegue necessariamente che, in via generale, grava sull'Amministrazione (creditore) l'onere �di 1provare il presupposto di fatto che, neWambito deHa norma di imposizione, ha fato sorgere l'obbligazione; ed � inconfutabilre L'affermazione che questa regorla di fondamentale rildevo sostanzia1e non ,subisce modifica per i1 fatto che 011dinariamente il processo tributario si presenti, come RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO gendolo, ma questo ovviamente non smentisce, anzi conferma Ja esattezza de1le precedenti considerazioni. Swla base dei rilievi di cui sopra � quindi agevole trarre fa conclusione che, aillorquando ila rpubblica amministrazione sia convenuta in giudizio in seguito alla impugnativa del provvedimento ablatorio da parte del destinatario ,che si ritenga leso nei suoi ,diritti, J'oggetto del giudizio rigua1ida, come nei rapporti obbligatori del diritto privato, [a effettiva esistenza del credito vantato daH'autorit� amministrativa, onde, anche se l'iniziativa dell'azione proviene per la massima parte dei casi dal destinatario, a causa deJlla esecutoriet� delle pretese amministrative, questo non indde sulla posizione sostanziale delle parti davanti al giudice. Non � quindi ~'attore 'che deve provare fa iHegittimit� del credito vantato dall.a pubblica amministrazione, ma, essendo questa ultima che dail punto di vista sostanziale si affeitrna creditrice nei confronti dell'altra parte, � ['autorit� amministrativa ,che subisce J'onere della prova dei fatti costitutivi (per fogge) della sua pretesa, mentre grava sul destinatario ohe eccepisca fa :inefficacia di quei fatti {in quanto provati dalla contToparte) ovvero che assuma che il diritto si � modificato o estinto, J'onere di :provare i fatti sui quali la eccezione si fonda {art. 2697 cod. civ.). La conclusione cui si � pervenuti trova testuale conferma nel sistema delle presunzioni legali relative che sono previste dalla legge a favore dell'amministrazione finanziaria. Infatti, l'art. 197 t.u. sulle imposte dirette statuisce che in tema di imposte di ricchezza mobile si presume cessionario de1l'azienda debitrice del tributo chi eserciti la stes,sa attivit� commerciale dei medesimi focali. azione di accertamento negativo promossa dal1 debitore. E giustamente � stata rice!'cata una riconferma nei11'esistenza di numerose presunzioni legali !'elative a vantaggio de11'Amministrazione, appunto per trarne la conclusione che, in mancanza di queste, l'onere delila pl'ova segue La regola normale del~ L'art. U97 cod. dv. E di conseguenza 1'onere deLla pl'ova sar� invece a carico deL soggetto passirvo sia quando eccepisce J/inefficacia dei fatti provati dal creditore o assuma che i1 diritto si � modificato o estinto, ,sia quando invoca fatti da cui discendano vantaggi {presupposto di agevolazioni) o comunque ad esso favorevolii (detrazioni, passivit� deducibili, ecc.). 5. -Questa enunciazione generale ha tuttavia in concreto una dimensione assai Limitata s� che, in definitiva, finisce con riemergere, se non la rego1'a, la constatazione che spetta al soggetto passivo fornire una prova contraria �~ ai fatti accertati. Come esattamente ,ancora si legge nelle sentenze in esame, � la pubblica Amministrazione non pu� dar vita ad aLcun provvedimento il quale incida nehl.a sfera patrimoniaLe dei dttadini ,senza aver prima, neM'ambito stesso del procedimento che conduce aLL'emanazione deWatto amministrativo, offerto I' . . ~:: a se stessa 1a prova dei presupposti di fatto che possono condurre alL'emanam zione del provvedimento�. L'accertamento, dunque, contiene sempre aLmeno ~='. l<� t=:: un principio di prova, che risponde ai requisiti stabiliti nel!La legge che regola iL procedimento. L'aiocertamento allora, non per 1a pI'esunzione di ,legittimit�, ilii1 ~; 1~~ ~:: 11';. . . w. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 385 Se la norma tende ad aLleviare la posizione rprocessuale de1la finanza, ne risulta che di Tegola -ove cio� non operi la detta presunzione la situazione dell'autorit� amministrativa � soggetta ai normali oneri probatoTi e quindi fa rprova investe, di fronte al giudice, tutta quanta la situazione-base deilila imposizione. Inoltre, � nell'ambito deLla stessa attivit� amministrativa che si desume il principio rper 'OUi la pubblica amministrazione non pu� dar vita ad alcun provvedimento ~l quale incida nella sfera patrimoniale dei cittadini senza aveT prima, neH'ambito stesso del procedimento che con duce alla emanazione dell'atto amministrativo, offerto a se stessa la prova dei presupposti di fatto che possono condurre alla emanazione del prov vedimento. Si consideri tutto il complesso sistema che disciplina l'or ganizzazione degli uffici tributari, tendente all'esatto accertamento delle pretese del fisco, attraverso la istruzione amministrativa circa la ricor renza dei presupposti economici della imposizione. E con riguardo alle infrazioni valutarie, che interessano il presente giudizio, si ponga mente al procedimento previsto dal d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, per gli illeciti valutari: tale procedimento si compone di una relazione dell'ufficio di polizia tributaria, di una decisione di apposita commissione e di una decisione conclusiva del ministro del tesoro che applica la sanzione am ministrativa, con apposita contestazione ed istruttoria anche se informale. Da11e considerazioni che precedono discende che, in applicazione dei suddetti principi, l'autorit� amminristrativa deve avere la prova del presup posto di fatto della imposizione il cui accertamento va compiuto dail giudice ordinario ed � questa prova (positiva) che da essa si richiede in giudizio ove vi sia incertezza iin ordine alla esistenza di quel presup ma iper la ,sostanza degli dementi istruttori �che lo accompagnano, pone il soggetto �Passivo nelLa necessit� di fronteg;giare una prova gi� acqu~sita anteriormente a11'introduzione del processo; ,l'Amministrazione non � a11ora un comune 1creditore che V�anta un �credito di cui deve dare 1a dimostrazione, ma un particolare creditore che ha gi� dimostrato (� a se stessa�, va1e a dire . nell'osservanza de1 .prindpio di Legalit�) H :presupposto deUa sua pretesa con i mezzi �che la legge. riconosce idonei. Ci� non significa che, sul !Piano formale, L'accertamento � inattaccabile; ma certamente, sul !Piano sostanzia1e, esiste gi� una dimostrazione che .pone il creditore in una situazione di vantaggio. Senza dubbio spetter� al giudice � La necessaria verificazione giudizia1e delle pretese deHa pubblica amministra zione�, ma questa verificazione dovr� essere fatta con l'osservanza de11e stesse norme ohe sono state osservate ne1 procedimento amministrativo. Si deve aggiungere che !'.Amministrazione nel procedimento amministrativo si avvale di mezzi che confedscono all'istruttoria una particolare validit�. Olitre agli atti pubblici di fede privilegiata, i vari strumenti dei quali. 1'Am� ministrazione si avvale sono tali da offrire, di norma, una .seria attendibilit�. Baster� pensare che La prova, sempre documentale, � affidata aM'acquisizione di documenti (art. 32, n. 3, 5, 6 e 7 e 35 d.P.R. n. 600/�1973�; art. 51, n. 4 e 6 d.P.R. n. 633/1972), all'acquisizione di informazioni desumibili da registrazione 386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO posto, secondo le regole generali che disciplinano l'onere de11a prova (art. 2697 cod. civ.). In questo senso deve essere intesa ed ulteriormente svolta la ormai costante giurisprudenza di questo Supremo coMegio secondo oui, al limitato fine di accertarre [a legittimit� o meno del decreto ministeriale che !irroga una pena pecuniaria per infrazione valutaria, il giudice ordinario ha il potere di esaminare i relativi presupposti di fa:tto e di diritto e perci� di accertare l'esistenza de11a violazione e Ia responsabilit� dehl'incolpato con un apprezzamento 'ohe, quanto agli elementi di fatto, si sottrae, se adeguatamente motivato, a:I sindacato in sede di legittimit� '(Sez. Un., 19 gennaio 1970, n. 101, id., Rep. 1970, voce Cambio e valuta, n. 16). Nella fattispecie il decreto del ministro -deHa cui legittimit� si contende -aveva accertato a �carico de11a ricorrente i1a violazione dell'art. 5, secondo comma, dii. 6 giugno 1956,_n. 476, che prevede l'obbligo per i residenti ohe divengono proprietari di titoli azionari e di obbliga2lioni emessi o pagabi'li all'estero di farne dichiarazione a;l.la Banca d'Italia. In base a questa disposizione il ministro del tesoro afferm� nel predetto decreto che H possesso dei documenti dimostrava che il conto all'estero ed i titoli ad essi relativi erano di 1pertinenza deM'incolpata e che, in base alle risultanze emerse daH'istruHoria, era verosimile che fa CobaI avesse ricevuto tali disponibillit� dal marito per successione ereditaria. Orbene, Ia Corrte del merito, senza tenere in akun conto i presupposti di fatto del decreto impugnato, che pur era necessario controllare, al fine di prevenire al giudizio di Jegittimit� della pretesa amministrativa, ha ritenuto ila ricorrente responsabile per un titolo diverso rispetto a e a1tre fonti documentarie (art. 32, n. 8 e 34, d.P.R. n. 600/.1973, ar.t. 5:1, n. 5 d;P.R. n. 633/�1972; art. 48, d.P1R. n. 637/1972) ovvero alla constatazione diretta verbalizzata in contradittorio (art. 32, n. ,1 e 33 d.P.R. n. 600/1973; art. 5,1, n. :1 e 52, d.P.R. n. 633/1972; art. 26 d.P.R. n. 637/197f2) o ancora dal coordinamento di informazioni a base documentaria fornite (o che saranno fornite in futuro) dall'anagrafe tributaria, o infine, dalla confessione del contribuente rilevata direttamente con l'invito a comparire presso ['ufficio o a comrpHare questionari ovvero indirettamente attraverso 1e scritture contabild o alt,re registrazioni. Sono .poi numerose �le presunzioni non soltanto legati, ma anche semplici che operano a vantaggio delL'-Amministrazione. Ed in proposito si deve ricordare che oon la sentenza 8 novembre 1973, n. 2922 (in questa Rassegna .1974, I, 23,7) si precis� che La prova per presunzioni non deve soddisfare resigenza de11a necessit� o ineluttabilit� o certezza assoluta del fatto dedotto, ma ;pu� ragionevo1mente raggiungere un risu1tato di iprobabi1it� o verosimigl<ianza secondo l'id quod plerumque accidit, anche ai fini della determinazione del:La base imponibile oon sufficiente approssimazione. iA ta} fine � molto importante, coone metodo �di indagine, il:a seconda delfo sentenze in rassegna che, per l<'aippunto, pur a1 �di fuori ,di regole forma1i sul1'onere della prova, d� il giusto va1ore sostanziale agli clementi di prova raoco1ti in ,sede amministrativa. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 387 quello risultante daJl suddetto decreto, avendo affermato che neHa fattispecie era provata in base al possesso dei documenti (di cui non si precisa neppure Ia natura ed il contenuto) la qualit� di proprietaria della Cobal e quindi fimpiego da parte sua di valuta nazionale all'estero. Infatti -come ~I decreto impugnato 'l'iconosce secondo gli accertamenti compiuti dalila Corte d'appello -non .fu la Coba~ a costituire i conti all'estero, onde l'unico accertamento ,che andava compiuto '.riguardava la (attuale) qualit� di proprietaria della ricorrente, quale erede del defunto marito. E tale accertamento la Corte triestina ha omesso del tutto, essendosi 11imitata a sottolineare il possesso dei documenti 'relativi al conto estero da parte della Cobal all'atto del passaggio della frontiera, ma non tenendo in alcun conto l'atto notorio 14 novembre 1970 (dalla Cobal esibito in primo grado) da .cui risultava -come � pacifico tra le parti che il marito ing. Pizzarelli era morto ab intestato lasciando unica erede la figlia Letizia. � mancato quindi qualsiasi accertamento sul presupposto diretto della imposizione dedotto nel provvedimento impugnato (quaJit� di proprietaria dei titoli della Cobal quale erede detl defunto marito). In conclusione, il ricorso, nei t,re motivi in cui si articola, deve essere accolto nei termini dianzi precisati, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice, il quale nella definizione della controversia si atterr� al seguente principio di diritto: � Poioh� non sussiste innanzi al giudice ordinario fa presunzione di legittimit� del provvedimento amrninistratiyo {nella specie decreto del ministro del tesoro emesso in materia valutaria) ove in sede giudiziaria insorga controversia circa la esistenza dei presupposti di fatto della Infine una vera e propria inversione dell'onere della prova si ha nel caso di accertamento sintetico (art. 38, richiamato dagli artt. 40 e 41 d.P.R. numero 600/1973). In 'conoltusione, se formalmente � consentilto a;l contribuente verificare, attraverso i1 processo 1'adeguatezza delLa proV'a raccoJ.ta neL procedimento amministrativo potendo con ci� ottenere che il difetto di prova si risolva a danno dell'Amministrazione cui incombe l'onere, tuttavia nehla sostanza non � sufficiente una mera contestazione deLla prova (il semp1ice affermare non � vero) per porre L'Amminiistrazione neLla necessit� di fornire una prova; Ol'dinariamente L'accertamento contiene gi� una prova, di notevoLe va11dit� concreta, che pone di fatto l'Amministrazione nella condizione di non dover fare prove ulteriori deLLa sua pretesa, .se non vengono prodotte prove contrarie. Relathramente a1 processo tributario innanzi aHe commissioni, dominato da1 principio inquisitorio, � ancor pi� evtdente La corrispondenza tra J'istruttoria eseguita in sede amministrativa e quella che con gli stessi mezzi (art. 35, d.P.R. n. 636/'1972) pu� compiere i1 giudice per verificare rinadeguatezza deUa pmva gi� offerta dali1'Ammin1strazione; anche in questo caso ill contribuente, che potr� solo produrre prove documentali e soHecitare un'istruttoria che il giudice dispone di ufficio, si trova nelJ.a condizione di dover rimuovere una prova precostituita. CARLO iBAFlLE 388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO impos1z10ne, il giudice ordinario non 1pu� limitarsi a prendere atto di quanto risulta dal provvedimento, ma deve procedere tin via autonoma al controllo drca la effettiva esistenza dei presupposti. D'ailtra parte, non operando �l'accennata presunzione, tutto l'onere probatorio non pu� porsi esclusivamente a carico del destinatario del provvedimento, i1l quale, se rper ragioni che attengono aHa esecutoriet� delle pretese fatte vailere dalla pubblica amministrazione (e non quindi per ila presunzione di legittimit� del provvedimento che, come si � accennato, non � operante), assume !l'iniziativa del processo, la sua qualit� di attore in giudizio non esclude che l'indagine del giudice verta pur sempre su di un diritto di credito, i cui presupposti di fatto, secondo Ie regole generali, devono essere provati, in caso di. incertezza circa la loro �esistenza oggettiva, dalla autorit� amministrativa che quella pretesa coltiva, mentre incombe sul destinatario del provvedimento l'onere della prova dei fatti modificativi o estintivi, secondo le regole generali desumibili dall'art. 2697 cod. civ.� (omissis). II (omissis) Con il secondo motivo si investe l'accertamento di fatto del giudice di merito il quale ha �ritenuto che �sussistessero gli estremi della obbligazione tributaria evasa, s� da risultare giustificata la pretesa del fisco nella misura specificata neH'ingiunzione. Si deduce, anzitutto, al riguardo '.il vizio di omessa, o quantomeno insufficiente, motivazione �su un punto decisivo della controversia; l'esistenza del presupposto di fatto della obbligazione t�ributaria specificata. Si lamenta, inoltre, �che non sia stato dato ingresso a1la prova volta a dimostrare ila regolarit� deM'aocredito bancario al D'Asdia, assunto quale indice del contrabbando, e, quindi, dell'evasione del credito doganale per pretesa generidt� de1la deduzione (mentre solo �nella memoria si censura la concorrente motivazione in termini di carenza della novit� della prova). Il ricorrente riconosce che l'ingiunzione fiscale � assistita, quale atto amministrativo, dalla presunzione di legittimit�, e d� atto che, opponendosi a tale ingiunzione viene ad assumere '1a qualit� di attore, sottostando pertanto aill'onere di provarne la i1legittimit� (sostanziale), ma sostiene che nel giudizio di opposizione i�l giudice � tenuto ad accertare in ogni caso, in via preliminare, la effettiva sussistenza del presupposto del tributo di �cui la finanza pretende il pagamento. La difesa dell'amministrazione obietta che il ragionamento -cos� impostato � intrinsecamente contraddittorio poich� una volta accettato H presupposto della presunzione di legittimit� deve coerentemente trarsene i�l corollario che l'opponente a1l'ingiunzione, di cui sia �Stata riconosciuta dal giudice la legittimit� formale, � tenuto a fornire la dimostrazione delila inesistenza del presupposto della obbligazione tributaria (il cui adempi PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA mento viene richiesto con il'ingiunzione) secondo 1a logica propria del giudizio di accertamento negativo. Osserva i:1 Collegio che questa censura se nella dialettica argomenta� tiva rpresta i1l fianco alla riferita critica, nel suo nucleo essenziale � fondata foddove afferma esattamente che qualora insorga controversia circa l'esi� stenza dei presupposti di fatto della obbligazione tributaria, in sede di opposizione aM'ingiunzione fiscale, il giudice non pu� Hmitarsi a prendere atto di quanto risulta dall'ingiunzione medesima, ma � tenuto a procedere in via autonoma al controllo dei presupposti controversi; e ci� perch� non orpera in sede giurisdizionale il principio di legittimit� deH'atto amministrativo incidente sUJH'onere della prova che grava in base ai rprincirpi generali 'Sull'amministrazione relativamente ai presU!pposti .del di:nitto azionato (cfr. rper il mutamento di giurisprudenza in tal senso fa !recentissima sentenza della sezione 23 maggio 1979 n. 2990). Vaocoglimento di tale censura non risulta peraltro determina!l'.'e J'annullamento della impugnata sentenza. Dall'esame della relativa questione non � tuttavia possibile prescin� � dere in coerenza con 11 principio di cui al comma II dell'art. 384 c;p.c. che impone alla Cassazione di �correggere rla motivazione deHe sentenze che giungono ad appagante soluzione attraverso affermazioni giuridiche non condividibili contro '1e quali si appuntano le censure dei ricorrenti. Nel caso di specie la Corte d'aprpeMo di Trieste con una motivazione di non limpido dettato, ma il cui procedimento logico giuridico � egualmente possibile cogliere, ipur avendo �ritenuto che fa pretesa tributaria deMa finanza contenuta nella ingiunzione fiscale fosse assistita da presunzione di legittimit�, comportante l'inversione dell'onere probatorio (ed � il'erronea premessa da cui neppure il ricorrente � riuscito a liberarsi nonostante l'esatta intuizione circa il controllo giudiziario dei rpresupposti deM'obbligazione) non si � Iimitata a �rilevare che era fallita ria prova di inesistenza dei presupposti deLl'ingiunzione a carico dell'opponente, ma ha ulteriormente osservato che dal materiale acquisito agH atti (e quindi nel rispetto dell'onere de11a prova) emergevano sufficienti elementi (indi� ziari) atti a� confortare� H buon fondamento della ingiunzione medesima. Non quindi fa mera presunzione di 'legittimit� dell'atto amministrativo, ma la valutazione degli elementi probatori (sia �pure di carattere indiziario e presuntivo ma non riconducibili all'emanazione deM'atto amministrativo come tale) acquisiti al processo ha convinto la Corte deHa fondatezza deMa obbligazione tributaria, essendo faHita 1a prova contraria alla presUh� zione e risultando inammissibile quella ulteriormente dedotta in grado d'appello vuoi rper novit� vuoi rper genericit�. Rispetto ad una motivazione cos� articolata non appare dedsivo ribaltare l'enunciazione teorica in tema di legittimit� dell'atto amministrativo e di ripartizione dell'onere probatorio poich� i!l giudice del merito, nonostante I'errore giuridico all'uopo commesso, in definitiva ha ritenuto rpro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vato in causa positivamente, sia pure attraverso elementi indizfa.ri, il presupposto dell'obbligazione, e il relativo convincimento non viene scailfito daUe censure del motivo, sicch� una volta operata Ia necessaria puntualizzazione correttiva ila sentenza pu� restare ferma, inammissibile apparendo l'ulteriore ,censura con ila quale si addebita alla Corte di non avere ritenuto vi:nta la presunzione quantunque fosse s�tato negato ingresso alla prova circa ila effettiva destinazione del versamento di L. 4.500.000 al D'Asdia purch� il diniego della prova, articolato sotto il duplice profilo deil difetto di novit� e della genericit�, viene sindacato in sede di ricorso esclusivamente sotto quest'ultimo aspetto, e solo nella memoria �si affronta criticamente H tema della �novit��, sicch� per quanto attiene a tale ragione di reiezione ila sentenza risulta sorretta da autonoma motivazione non investita da censura. DeMe tesi enunciate occorre ora dare dimostrazione. 4. -n tema della cosiddetta presunzione di legittimit� degli atti amministrativi � stato sottoposto ad appirofondit� �revisione critica con fa citata sentenza n. 2990 del 1979 le cui argomentazioni il Colilegio dntende qui ribadire in sede di correzione della motivazione delila sentenza impugnata. Secondo un consolidato indirizzo giurisiprudenziaile nel procedimento di ingiunzione fiscale l'opposizione del debitore si qualifica come domanda giudiziale �ohe apre un ordinario processo cognitivo diretto all'accertamento negativo della pretesa tributaria, nel quale il debitore contro cui il titolo esecutivo � fatto valere ne contesta il fondamento ed assume perci� la veste di attore con l'onere di provare quanto afferma. Ll processo monitorio -si assume -� diretto ailla ,sollecita riscossione dei crediti della p.a., assistiti dalla presunzione di legittimit�, perch� risultanti da atti amministrativi contenenti le attestazioni dei competenti uffici de1lo Stato e degli altri enti pubblici; e poich� 11'efficacia esecutiva deH'ingiunzione fiscale non viene meno a seguito di opposizione dell'intimato, nel rrelativo giudizio (diversamente da quanto accade in sede di opposizion.e ad ingiunzione ordinaria), fa domanda giudiziale non va ravvisata nell'ingiunzione ma dall'atto di opposizione e l'opponente, per la sua qualit� di attore, � tenuto a provare finfondatezza del credito da lui impugnato. La posizione di privilegio dell'autorit� amministrativa innanzi al giudice che ne consegue per quanto concerne la soggezione delle parti agili oneri probatori dei rispettivi assunti, non appare giustificabile, sicch� anche al livello della interrpretazione adeguatrice, che tenga �conto dei principi fondamentali in materia di eguaglianza di legalit� delle prestazioni imposte e di tutela giurisdizionale nei confronti della p.a., se ne impone :hl riesame. La dottrina pi� antica basava la imperativit� del provvedimento amm~ nistrativo sulla presunzione di >legittimit� dell'atto; ma gli orientamenti PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA pi� recenti e qualificati escludono che tale presunrione di 1legittimit� operi di fronte al giudice, poich� in diritto positivo ~'onere della prova non incombe soltanto sull'attore in opposizione destinatario del provvedimento, come dovrebbe essere se una tale presunzione avesse un effettivo significato. lil provvedimento amministrativo, pur essendo caratterizzato dalla imperativit� (nel senso che si realizza da 1s� stesso quando non vi � bisogno di una azione specificamente esecutoria, quale manifestazione di un potere pubblico), non si 1sottrae al principio costituzionale della necessaria ;verificazione giudiziale anche delle pretese della p.a., come di queJ.le di qualsiasi �lltro soggetto. Rispetto al provvedimento ablatorio, che impone al destinatario un sacrificio patrimoniale (con la garanzia deMa riserva di legge ex art. 23 Cost.), fa prevalenza della posizione dell'autorit� amministrativa non impedisce al privato di adire il giudice ordinario, per fare controHare, come per qualsiasi altro credito, la fondatezza della pretesa della p.a. (e non gi� per rimuovere una presunzione di legittimit� .da oui l'atto sarebbe assistito). Argomentando, iinvece, in termini di presunzione di legittimit� dell'atto a favore della p.a., si finisce col porre da un lato a carico del destinatario l'onere del superamento di tale preslllilzione, e dall'altro si esonera la pubblica autorit� .dal dimostrare a �sua volta la fondatezza del proprio 1creditoi Sgombrato lil campo dalla suggestione del principio di presunzione di Jegittimit� dell'atto amministrativo si tratta di stabilire (ed in questo senso esatta e perspicua appare la notazione criHca del ricorrente) se ,Ja prova dei presupposti di fatto della imposizione �spetta all'autorit� amministrativa, ovvero se la prova della inesistenza di tali presupposti incomba al destinatario del provvedimento. Ritiene ill Collegio che ila prima alternativa sia queHa esatta, gravando sull'autorit� amministrativa fa prova (positiva) dei fatti che costituiscono il fondamento della sua pretesa. Il principio spiega i suoi effetti nei casi in cui la prova dei fatti costitutivi del �diritto fatto valere in giudizio non risulti lin re ipsa da atti pubblici (processi verbali, certificati, ecc.) i quali godono per Iegge di fede privilegiata (art. 2700 cod. civ.) e Je cui risultanze possono essere rimosse soltanto attraverso lo strumento della querela �di falso (art. 221 �ss. cod. proc. civ.), trattandosi, come nel caso di specie, di cil.'1costanze non corroborate da prova specifica nemmeno raggiunta n� durante l'istruttoria amministrativa n� nel corso del giudizio innanzi al giudice (cfr. per questo potere istruttorio della p.a. nel processo civile, Cass. 17 ottobre 1974 n. 2886, in tema di infrazioni valutarie). Come � noto i rapporti ed i verbali degli agenti doganali fanno ifede fino a querela di falso delle attestazioni in essi contenute drca i fatti obiettivamente contestati e l'attivit� d'indagine dai medesimi compiuta, altrimenti forniscono al giudice un materiale meramente indiziari.o (ma come tale sufficiente a sorreggere fa pretesa). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si tratta a questo punto di individuare il contenuto delle situazioni soggettive fatte valere dalla p.a. Al riguardo -a proposito dei provvedi� menti ablatori -.la dottrina ha evidenziato una fase procedimentale disciplinata dal di:ritto amministrativo culminante nella emanazione di un prov� vedimento costitutivo di un rapporto obbligatorio, da cui nascono diritti (per la rp.a.) ed obblighi {per H destinatario); e tale obbligazione, alla stregua del diritto positivo vigente, � 'stata ritenuta equiparabile alle obbHgazioni proprie del diritto civile poich� nel nostro ordinamento \!.'obbligazione come situazione soggettiva e tendenzialmente unitaria, derivi essa dal contratto ov�vero dal provvedimento amministrativo o dalla legge. La p.a. gode nell'accertamento dei presupposti della imposizione di ampi poteri istruttori e di poteri strumentali variamente disci:pHnati, generalmente riconducibili all'alternativa potest�-soggezione ovvero potest�interesse legittimo, che si esauriscono per� con la emanazione del provvedimento ablatorio, ti:l cui �contenuto � '.rigidamente determinato dalla legge lin presenza dei pres'Ulpposti di fatto dailla stessa previsti. Tale provvedimento costitutivo di una obbligazione e contenuto patrimoniale (pagamento di una somma di danaro), deve conformarsi, come si � accennato, al principio di legalit� sancito dall'art. 23 Cost., secondo cui nessuna prestazione patrimoniale pu� essere imposta se non sulla base della legge. Ne consegue che nell'ambito del rapporto obbligatorio (costituito col provvedimento impositivo), ['autorit� amministrativa � equiparata a qualsiasi soggetto che vanti un credito nei confronti di un altro (pur trovando tale credito fondamento giuridico negli accertamenti compiuti nella fase di accertamento amministrativo). La prevalenza delH'interesse pubblico � suscettibil� di incidere soltanto .dall'esterno sul ,rapporto, eliminandolo e correggendolo, ma non impedisce ohe tl rapporto obbligatorio una volta sorto, sia disciplinato aHa stregua del diritto comune. Ne consegue che ogni quailvolta ila p.a. sia convenuta in giudizio m seguito, alla impugnativa del provvedimento ablatorio da parte del destinatario che si ritenga 'leso nei suoi .diritti, l'oggetto del giudizio riguarda, come nei rapporti obbligatori del �diritto privato, Ja effettiva esistenza del credito vantato dall'autorit� amministrativa, mentre non ri'leva Ia circostanza che l'iniziativa dell'azione nella massima parte dei casi sia presa dall'obbligato, stante la immediata esecutoriet� delle pretese amministrative. Non � quindi 11'attore ~n opposizione ad ingiunzione fiscale che deve provare Ja i!llegittimit� del credito vantato dalla p.a., ma spetta a questa ultima, che dal punto di vista sostanziaJle si afferma creditrice nei confironti deH'altra parte, l'oneTe deMa prova dei fatti costitutivi (peT 'legge) della sua rpretesa {che naturalmente pu� essere assolto con esclusivo ricorso allo �strumento delJa prova indiziaria); mentre grava sul destinatario che eocepisca la inefficacia di quei fatti (in quanto provati dalila controparte) ovvero che assuma che il diritto si � modificato o estinto, ['onere di provare i fatti sui quali Ia eccezione si fonda (art. 2697 cod. civ.). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ,La conclusione cui si � pervenuti trova testuale conferma nel sistema di diritto positivo deHe presunzioni legali relative che sono previste dalla legge a favore de11a amministirazione finanziaria. Se ne trae, invero, !iJ corohlario che ogni qualvolta esse non operano la p.a. � 'soggetta ai 1I1orma1i oneri probatori e quindi ila prova investe, di i.fronte al .giudice, tutta quanta la situazione-base della imposizione. Si aggiunga ohe in linea di principio la :p.a. non pu� dar vita ad alcun provvedimento inddente neHa 1sfera patrimoniale dei cittadini senza aver pdma verificato, nell'ambito del procedimento relativo alla emanazione di questo, sul piano probatorio, 1a sussistenza dei :presupposti di fatto giustificativi. L'autorit� amministrativa deve accertare prima di emettere il provvedimento ablativo iii presupposto di fatto del:la imposizione e :la verifica (positiva) di tale presupposto va compiuta dal giudice ordinario in giudizio con onere probatorio a carico de11a amministrazione medesima secondo :la regola generale dettata dall'art. 2967 cod. civ. Anche in sede di opposizione ad ingiunzione fiscale proposta dal contribuente aJ giudice 011dinario ,spetta iJI potere dri esaminare i presupposti di fatto e di diritto dell'obbligazione tributaria con apprezzamento che, quanto agli elementi di fatto, si sottrae, se adeguatamente motivato, al sindacato in ,sede di -legittimit�. S. -Alla <luce degli enunciati principi il Collegio pu� procedere all'esame analitico delle censUJre contenute nel secondo mezzo. Sostiene il ricorrente che l'obhl1gazione rper �tributi doganali evasi si basava su un presupposto di fatto inesistente o comunque assolutamente inidoneo ed esattamente rileva che non spettava a Jui dimostrare tale inesistenza dovendo il giudice accertare preliminarmente l'effettiva sussis �tenza del presupposto di fatto cui l'amministrazione ancora la propria pretesa. Tale tesi, depUJrata daMe premesse concessive da cui muove in termini di presunzione di legittimit� delil'atto amministrativo e di spettanza deH'onere evidenzia un vizio di motivazione in ,diritto della sentenza impugnata di cui si � dato ampiamente conto nel precedente paragrafo. .L'errore giuridico della motivazione -come si � fatto cenno -non si riflette :peraltro �sul dispositivo, perch� :la Corte d'Appeilllo non si � Hmitata ad enunciare la presunzione di ilegittimit� e l'inversione dell'onere dehla prova esaurendo fa motivazione nella mancata dimostrazione da parte del contribuente de11a inesistenza del presupposto, avendo integrato il proprio ragionamento nel senso che a1Ha stregua del riesame del materiale acquisito agli atti ila pretesa dell'amministrazione risultava fondata su una adeguata prova indiziaria non vinta da:lla controprova (facente carico all'interessato). La Corte, cio�, non si � ancorata ai 1prest11pposti concettuali da cui iha preso ile mosse, ma ha valutato Je prove in atti qual.i prove positive dell'ob RASSEGNA DELL1AWOCATlJRA DELL� STATO bligazione azionata, sia pure al :liveiHo della prova indiziaria, tenendo conto da un lato della sentenza penale e dall'altro del tenore del verbale della p.a. Anzitutto non rileva per la Corte l'assoluzoine dal reato di associazione a delinquere stante J'autonomia della figura criminosa rispetto a quella 'di contrabbando; mentre la pronuncia di estinzione del reato di contrabbando non esclude di per s� la sussistenza del fatto reato costituente J'evasione dehla obbligazione tributaria di cui si richiede l'adempimento. La sentenza impugnata d� atto ohe dalle decisioni penali non si ricava direttamente ed immediatamente fa prova (positiva) del presupposto del tributo, ma valorizza fa drcostanza che lo Zanotta (nei cui confronti pendevano innumerevoli denunce per reati doganali) aveva effettuato un versamento bancario di L. 4.500.000 al D'Asdia {sicuramente dedito al contrabbando), per :finanziare l'operazione di ~mportazione clendestina idi tabacchi Javorati (circostanza emergente dal raipporto della p.a.) e fa mancata giustificazione del titolo di tale versamento; e mentre considera tali fatti adeguati elementi .indiziari deLla introduzione nel nostro paese di sigarette per un quantitativo -corrispondente il!He somme in evasione dei diritti doganali, �ritiene che il valore probatorio di tali elementi non sia stato neutralizzato dalla tesi �difensiva diretta ad imputare :il versamento al prezzo di 1compravendita di autoveicoli usati, agevolmente dimostrab:i:le trattandosi di beni soggetti a iregistrazione, ma concretamente non dimostrata. L'ingiunzione fiscale, dunque, secondo Ja Corte, � basata su1la corrispondenza :llra ammontare della somma versata per finanziare 'l'operazione di contrabbando e quantitativo di sigarette introdotte :nel territorio dello Stato dopo essere state acquistate all'estero con detta somma. Un rngionamento siffatto pu� sembrare pi� o meno persuasivo e pi� o meno convincente sul piano del merito, ma resta intangibile suJ piano della fogittimit� cui � istituzionalmente circoscritto il suindicato di questa Suprema Corte, purch� immune da vizi fogid e giuridici e sorretto da adeguata motivazione. Esso non viene vailidamente attaccato negandone J'idoneit� indiziaria �ohe non va ricondotto al parametro della necessaria inferenza ma a queLlo delila probabilit� e verosomiglianza del fatto ignoto da desumere p�resuntivamente) e non si muovono doglianze di legittimit� circa questo nesso, ma solo di merito circa l'idoneit� dell'apprezzamento. Il ricorrente in effetti non contesta ,che fa somma fosse idonea a procurare ['acquisto del quantitativo di tabacco di contrabbando dpotizzato daJ11a finanza, avendo mirato fondamentalmente nel corso del processo a mmpere il collegamento fra l'accreditamento ed iil prezzo pagato per :l'acquisto deHe sigarette di contrabbando attraverso la 'dimostrazione della causa iecita del versamento relativo a rapporti di affari intercorsi con H D'Asdia. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Questa linea difensiva si armonizza con la corretta ricostruzione della fattispecie di opposizione aM'ingiunzione fiscale in termini probatori sopra delineata. Ricondotto in capo a1l'amministrazione l'onere probatorio in ord1ne al presupposto del tributo ed essendo possibile assolvere detto onere anche attraverso elementi indiziari integranti la prova per presunzioni, spettava all'interessato paralizzare 1a forza indiziante del fatto di finanziamento (per contrabbandare), dimostrando che il pagamento deLla somma si collegava allo svolgimento di regolari e 1leciti rapporti d'affari. La Corte d'Appe1lo ha incensurabilmente ritenuto da un fato i'idoneit� degli elementi indiziari e daM'altro il .fallimento delila prova contratta, {sia pure nell'ottica errata della inesistenza del presupiposto) poich� non '.l'isul tavano rapporti d'affari fra lo Zanotta ed H D'Asdia, che pur sarebbero stati di agevole documentazione attenendo, asseritamente, al commercio � di autoveicoli usati formalizzato nelle registrazioni al P.R.A. N� pu� imputarsi alla Corte. di avere ritenuto contraddittoriamente da un Iato che non era stata fornita la prova dell'assunto, e da1l'altro negato ingresso ai mezzi di prova ulteriormente aII'uopo dedotti dal mo mento .che ta:le prova non era stata ammessa per ragioni relative alfa sua concludenza ed a1la ritualit� della proposizione in apipe1lo e non gi� perch� superfluamente diretta a ribadke circostanze gi� acquisite. La Corte ha ritenuto invero, che ila prova dedotta in grado di appello non fosse ammissibile ex art. 345 per diif�tto di intrinseca novit�, e che comunque, quand'anche fosse su:perabIIe >l'ostacolo relativo, risultasse assolutamente generica perch� non incentrata sul fatto essenzia1le del titolo della puntuale operazione bancairia .considerata e non corroborata di ri scontro documentale al riguardo. Con la seconda censura del mezzo, il ricorrente 1si limita pertanto a denunciare una contraddittoriet� che non sussiste circoscrivendo la cen sura alla insufficienza della motivazione senza prendere in considerazione la tesi giuridica della novit� che costitutiva, peraltro, [a concorrente ratio decidendi deLla reiezione. Solo tardivamente nella memoria insuscettibile come tale di allargare l'ambito de1la materia del .contendere, si tenta una critica al riguardo, �di cui il CoLlegio non pu� darsi carico. La ratio di esclusione della prova per genericit� appare al Co11egio del tutto corretta perch� non inentrata suLio specifico accreditamento, ma anche se non lo fosse la mancata impugnazione del profilo giuridico atti nente alla novit� basterebbe a far salva la decisione su.i punto. Anche il secondo motivo risulta pertanto da disattendere, avendo in definitiva accertato la Corte la sussistenza dei presupposti della obbliga zione tributaria anhe nella prospettiva dell'onere probatorio a carico della finanza, attraverso una valutazione di� elementi di fatto in ordin� alla prova presuntiva che si sottrae a censura .(omissis). RASSEGNA DID..L'AWOCATURA Dm.LO STATO 396 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 settembre 1979, n. 4790 -Pres. Granata Est. Carnevale -P. M. Antoci (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. Soc. SlCLA. Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Agevolazione per il Mezzogiorno -Acquisto di tererni e fabbricati per il primo impianto di stabilimenti industriali -Acquisto di opifici industriali inattivi -Esclusione. (t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 109). L'agevolazione dell'art. 109 del t.u. sull'industrializzazione del Mezzogiorno, che ha lo scopo di incrementare la formazione del patrimonio industriale del Mezzogiorno, ha per oggetto l'acquisto di terreni e fabbricati nella loro individualit� strutturale e funzionale e .non come elementi costitutivi di un'azienda industriale, anche se inattiva. Pertanto se pure il fine dell'agevolazione �, oltre al primo impianto, anche la riattivazione, ricostruzione, ampliamento, ristrutturazione e ammodernamento di opifici industriali esist�enti, essa � diretta al trasferimento di immobili che, anche se gi� destinati ad uso industriale, costituiscono entit� avulsa dagli altri elementi costitutivi dell'azienda (1). (Omissis). -Con l'unko motivo del suo ricorso ~'Amministrazione finanziaria -denunciando la violazione dell'articolo 109 dei t.u. 30 giugno 1967, n. 1523 in relazione aM'art. 360, n. 3, cod. �pToc. civ. -si duole che ila Corte del merito, .confondendo .l'oggetto dell'agevolazione (trasferimento di terreni e fabbricati) con ilo scopo degli atti agevruati .(ampliamento, trasformazione, ricostruzione e riattivazione di stabilimenti gi� esistenti), abbia ritenuto aipp1licabile ['agevolazione prevista dalla norma avanti richiamata ad un trasfedmento, come quello in questione, avente per oggetto un complesso industriale rper fa produzione di faterizi e affini, completo nelle sue attrezzature e funzionante fino a t�redici giorni prima della conclusione del contratto di compravendita. La censura � fondata. L'agevolazione fiscale prevista dall'art. 109 del t.u. 30 giugno 1967 n. 1523 postula, infatti, ai fini della sua applicazione, che l'atto agevolato abbia per oggetto un trasferimento di terreni o di fabbricati diretto .a:lla realizzazione di un nuovo impianto industriale o alla riattivazione, ristrut( 1) Decisione esatta che chiude la via a tentativi di deviazione. In senso conforme Cass. 13 dicembre .1975, n. 4098 (in questa Rassegna, 1975, I, .1199), la quale precisa che la trasformazione di un impianto esj,stente per una produzione diversa non pu� rientrare neU'agevolazione, e 6 dicembre 1974, n. 4032 (ivi, 1975, I, 210). ~ I I. �: ~: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA turazione, ampliamento, rkostruzione, ammodernamento di un impianto industriale gi� esistente. Come emerge dehla formulazione letterale deMa no'I'ma, l'atto agevolato deve avere .per, oggetto, in ogni caso, il trasferimento di terreni o fabbricati, considerati nella iloro individualit� strutturale e funzionaJe e non gi� come elemento costitutivo di un'azienda industrirule, anche se inattiva; mentre, ai fini della concessione dell'agevolazione, il trasferimento finalizzato al primo impianto di una iniziativa industriale � del tutto equiparato a queHo effettuato a scopo di riattivazione, ristrutturazione, ampliamento, ricostruzione o ammodernamento di un opificio industriaJe gi� esistente, anohe se temporaneamente non ,funzionante. I risultati raggiunti in sede di interpretazione Jetteraile trovano confevma neMa ratio della norma agevolativa: che � quella di incrementare fa formazione del patrimonio industriale del mezzogiorno mediante la realiz-� zazione di nuove iniziative industriali o la riattivazione o il potenziamento di que11e esistenti. Conseguent�mente, �l'agevolazione, mentre � applicabile ai trasferi menti di te:rireni o .fabbricati che, anche se gi� destinati ad uso industriale, costituiscano entit� avulse dagli altri elementi costitutivi dell'azienda, non pu� essere applicata ai trasferimenti di opifici industriali costituenti un'unit� funzionale, anche se temporaneamente inattivi. La sentenza impugnata -che ha ritenuto applicabile l'agevolazione anche al �caso del trasferimento di un compilesso industriale considerato come unit� funzionale, anche �se temporaneamente inattivo -deve quindi essere cassata e la causa deve essere rinviata, per un nuovo esame ailla stregua dei principi di diritto avanti enunciati (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 ottobre 1979, n. 5493 -Pres. MirabeHi � Est. Carnevrule -P. M. La Valva (conf.) � Ministero delile Finanze (avv. Stato Cipparrone) c. Soc. Carapelli. Tributi erariali indiretti � Imposte doganali � Prescrizione . Decorrenza . Registrazione della bolletta � Omessa liquidazione dell'imposta � Decorrenza dal momento dell'importazione definitiva. (d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 84, lett. a e d). Il termine di prescrizione per la riscossione dei diritti doganali decorre, a norma dell'art. 84 lett. a) del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 45, dalla data della bolletta per i diritti in essa liquidati e non riscossi e per quelli dovuti in conseguenza di erronea liquidazione per errore di calcolo o erronea applicazione della tariffa. Nel caso che con la bolletta non sia affatto liquidato un diritto doganale, il termine decorre dalla data di 398 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO importazione definitiva, ossia dalla data in cui i diritti sono divenuti esigibili a norma della lettera d) dell'art. 83 {1). (Omissis). ~ Con i due motivi del suo ricorso -che. per la stretta connessione delle questioni giuridiohe con essi prospettate � opportuno esaminaTe �congiuntamente -'I'Amministrazione finanziaria -denunciando la violazione dell'art. 27 :della leg.ge 25 settembre 1940, n. 1424, e dell'art. 94 del r.d. 13 febbrao 1896 n. 65, in relazione dell'art. 11 delle disposizioni suLla legge in .genera:le, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 84, Jett. a) e lett. d), del t.u. 23 gennaio 1973, n. 43, fa contraddittoriet� della motivazione in relazione all'art. 84, lett. a), dello stesso testo unico e l'omessa ed insuff�dente motivazione in Telazione all'art. 164 del citato �r.d. n. 65 del 1896 sostiene 'Che fa Corte del merito, qualora avesse fatto corretta applicazione dei principi sulla successione deiHe foggi nel tempo, avrebbe dovuto consideraTe 'ohe '1'art .. 27 della Iegge 25 settembre 1940 n. 1424, vigente nel tempo in cui il termine prescrizionale (in quaihmque momento si collochi il dies a quo) era cominciato a decorrere, non contiene alcuna norma di contenuto analogo a quel[o della norma di cui alil'art. 84, Jett. d), del t.u. 23 .gennaio 1973 :n. 43, e che dal combinato disposto degli aTtt. 27, lett. a), della Jegge .doganaile del 1940 e 94, [ett. b), del regolamento doganale si desume il 1principio che, in caso di Tevisione delile scritture doganali (ipotesi nella qua!le deve ritenersi compresa quella della concessione di un'esenzione :non dovuta), Ja prescrizione decorre dalla data deLla boLletta. Soggiunge che anche finterpretazione data dalla stessa Corte aM'art. 84, lett. a), del testo unico del 1973 � erronea ed iHogka, in quanto nella previsione .della norma � compresa, oHre aM'ipotesi di errore quantitativo, anche quella di qualsiasi errore di applicazione della tariffa, neJ.Ja quale non pu� non sussumersi l'ipotesi dell'erronea esenzione di una merce da t1[l determinato didtto doganale. Deduce a:ltres� iche la Corte del meTito, nell'appHcare J'�airt. 84, Jett. d), del testo unico del 1973, ha erroneamente ritenuto che 11'esigibilit� del credito relativo ai diritti doganali coindda necessariamente 'con il momento dell'importazione deMa merce, :non considerando (,1) Questione nuova sulJLa cui soluzione � Lecito qua:Lche dubbio. Secondo ili'eS1J)ressione testuale della lettera a) dell'art. 84 deL d.P .R. 23 gennaio 1973, n. 43, so1tanto Jlerrore di ca1co1o presuppone necessariamente una liquidazione, mentre l'erronea applicazione dehla tariffa pu� consistere anche ne1la totale omissione di liquidazione di un diritto dovuto. Mentre i1 calcolo per essere errato deve esistere s� che 1a correzione � strettamente legata al ca1co1o gi� fotto, ~'.errore di appldoazione deHa tariffa non si coUega necessariamente ad un diritto gi� liquidato (erroneamente) ma pu� ben riguardare un diritto non Liquidato affatto. La ratio dei1la norma � che possono essere corretti nel quinquennio gli errori di applicazione deHa Legge (quakosa di simi1e al supplemento); e non sembra che si possa distinguere tra errori che hanno portato al1a liquidazione di un diritto in misura inferiore ed errori dai quali � derivato i1 tota1e difetto di Hquidazione. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA che nelle operazioni a dazio sospeso contemplate daill'art. 164 del regolamento doganale {come era quella 1che ha dato luogo alla controversia) il recupero dei diritti doganali � differito al momento deilla emissione della bolletta definitiva e che, nel sistema deHa ilegge doganale, .l'obbJi:go del pagamento dei diritti sorge 'Sempre con fa registrazione della bolletta, per cui la norma avanti richiamata non pu� non riferi.rsi al.ile ipotesi in cui, in conseguenza della sospensione dell'esazione dei diritti, questi siano divenuti esigibili solo dopo l'emissione de1la bolletta. La tesi dell'Amministrazione finanziaria, pur dandosi atto del note vole ipegno con cui sono state sostenute, non possono essere condivise. La questione de11'applicabilit� al rapporto controverso delle norme in materia di decorrenza de11a presicrizione del diritto dello Stato alila riscossione dei tributi doganali contenute, 'rispettivamente, nella legge 25 settembre 1940, n. 1424, nel ,vigore della quale � indubbiamente sorta l'obbl1gazione tributaria 1doganale e si � proceduto aHa 'liquidazione del tributo, o nel d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, in vigore alla data in cui fu emessa l'ingiunzione per il pagamento de1l'imposta, non riveste -anzitutto -concreta rHevanza -e pu� quindi esserne pretermesso J'esame -, in quanto la disposizione di cui alla lettera a) del secondo comma dell'art. 27 dell'abrogata legge doganale � stata testualmente riprodotta nella [ettera a) dell'art. 84 del vigente testo unico delle disposizioni, �legislative in materia doganale e la disposizione di 1cui ,alla lettera d) del detto art. 84, pur non trovando nell'abrogata Jegge doganale alcuna disposizione espressa corrispondente, costituisce espressione del principio generale, da ritenersi implicito anche nel sistema della legge doganale e perci� applicabile anche nel vigore della stessa legge, secondo cui la, prescrizione -come testualmente dispone l'art. 2935 cod. civ., 'che lo ha espressamente sancito comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere. Poich� il diritto deltlo Stato a11a riscossione dei diritti" di confine sulle merci estere pu� essere fatto valere dal giorno in cui la merce � stata definitivamente importata, si tratta di stabilire se l'ipotesi, verificatasi nel caso in esame, in cui la dogana, avendo eJ'.'lroneamente adottato il procedimento c.d. di dazio sospeso in relazione a merci definitivamente immerse al consumo nel territorio doganale per Ie quali era dubbia 1l'assoggettabilit� ail tributo doganale successivamente preteso, abbia omesso di liquidarlo nella boHetta definitiva possa essere sussunta nell'ambito di applicazione della disposizione di cui alla ~ettera a) del secondo comma dell'art. 27 della legge 25 settembre 1940, n. 1424 e deH'art. 84 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, con, Ja conseguenza che ila prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione del tributo debba farsi decorrere (invece che dal giorno dell'importazione deMa merce, come ha ritenuto ila Corte di merito) dalla data della detta bolletta definitiva, �come sostiene l'Amministrazione finanziaria nel suo ricorso. 400 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO La norma richiamata dall'Amministrazione ricorrente dispone testualmente che � i:l termine (di prescrizione dei diritti doganali) decorre... daHa data della bolletta per i diritti in essa liquidati e non �riscossi in tutto o in parte, per qualsiasi causa o dovuti in conseguenza di errori di calcolo nella 1liquidazione o di erronea applicazione de1le tariffe �, Come emerge dal suo tenore letterale, essa si riferisce a due distinte ipotesi -quella, prevista nella prima parte, della mancata riscossione, per qualsiasi causa, dei didtti regolarmente iliquidati ne1la bolJletta e quella contemplata nella seconda parte, dei diritti dovuti in conseguenza di un'inesatta liquidazione derivante da errori di calcolo o da err�nea applicazione delle tariffe -aventi per� entrambe comune presupposto l'avvenuta :liquidazione, nella bolletta, del diritto doganale rispetto al quale il termine di prescrizione viene fatto decorrere dalla data della bolletta. L'ipotesi, verificatasi nel �caso in esame, della maneata Hquidazione di un determinato diritto doganale nella bolletta nella quale sono stati liquidati alUri diritti sorti in relazione alla medesima operazione di importazione non pu� farsi rientrare in alcuna delle dette due ipotesi. Non nella prima, la quale postula che il diritto dogana!le sia stato esattamente tliquidato nella bolletta e sia stato soltanto non riscosso, in tutto o in parte, per qualsiasi causa. Non ne1la seconda, in quanto l'erronea liquidazione di un tributo doganale, dipendente da un errore di calcolo nell'applicazione della tariffa prevista per :la merce estera importata o dall'applicazione di una tariffa diversa da questa, non pu� considerarsi, sotto i>l profilo 1logico�giuridico, equivalente o analoga alla totaile omissione ddla liquidazione dello stesso tributo. Nel caso dell'erronea liquidazione del tributo lo Stato ha esericitato il suo diritto mediante 1'emissione della bolletta: d� �ohe spiega perch� il termine de1la prescrizione cominci a decorrere dalla data di quest'ultima. Nel caso, invece, in cui la bolletta contenga fa liquidazione di alcuni soltanto dei diritti doganali �relativi ad una determinata operazione, riguardo ai �tributi dei quali sia stata completamente omessa la Hquidazione non � configurabile alcun atto di esercizio del diritto che possa giustificare lo spostamento dell'inizio della decorreriza deHa prescrizione dal giorno dell'importazione definitiva deLla merce -nel qua1le il diritto doganale � divenuto esigibile o, d� �Che � :lo stesso, pu� essere fatto valere -alfa data della bo1letta. I principi suesposti trovano applicazione anche nel caso in cui sia stato adottato il procedimento di dazio sospeso (del quale peraltro non ricorrevano i presupposti nella specie esame), giacch�, in tal caso, i1l diritto dello Stato alla riscossione dei tributi dovuti su1la merce importata so:r.ge e pu� essere fatto valere al momento dell'importazione definitiva ed il termine della .prescrizione decorre daiJ.la data della bolletta definitiva per i diritti in questa liquidati, anche se erroneamente. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 La tesi che l'obbligazione tributaria doganale sorga solo con ila regi� strazione della bolletta trova, infine, ila sua inequivocabile smentita nei principi igenerali in tema di obbligazioni tributarie (di cui queiJ..la doganale costituisce una species), in base ai quali 1l'obbligazione sorge per effetto del verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge e non gi� dall'ema� nazione dell'atto impositivo, e, con particolare riferimento aLle norme doganali, ne1le norme contenute nell'art. 4 della legge 25 settembre 1940, n. 1424 e nell'art. 36 del d.P.R. 23 .gennaio 1973, n. 43). n� riicorso deve quindi essere rigettato (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1979, n. 5594 � Pres. Mira� belli � Est. Batfimetli � P. M. La Valva (conf.). E.N.E.L. (avv. Patruno) c. Ministero delle Finanze {avv. Stato Viola). Tribut.i erariali indiretti � Imposta di registro -Rimborso -Atto nullo � Condizioni. � (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 14). Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Concessione servizio di illuminazione -Istituzione dell'ENEL -Continuazione del servizio da parte della societ� -Obbligazione per l'imposta di registro. (legge 6 dicembre �962, n. 1643, artt. 2, 4). Il rimborso dell'imposta di registro a norma dell'art. 14 n. 2 dell'abrogata legge di registro � ammesso alla condizione che il vizio radicale e indipendente. dal.la volont� delle parti abbia dato luogo a dichiarazione di nullit� pronunciata con sentenza. Ci� non si verifica nel caso che, pur dopo l'entrata in vigore della legge istitutiva dell'E.N.E.L., la societ� elettrica ancora nel possesso degli impianti, abbia deliberatamente e consapevolmente stipulato un contratto soggetto a registrazione (1). L'entrata in vigore della legge 6 dicem.bre 1-962, n. 1643, sulla nazionalizzazione dell'energia elettrica non ha prodotto automaticamente ed immediatamente il trasferimento all'E.N.E.L. degli impianti che sono rimasti nel possesso delle rispettive imprese fino al momento del successivo trqsf erimento operato con decreto. Conseguentemente � normalmente dovuta l'imposta di registro sull'atto di concessione in favore di una societ� nazionalizzata (2). (omissis) Prima di passare a1l'esame specifico dei due motivi di impugnazione va ribadito, come premessa 1comune a quanto si andr� ad osservare� in merito ai motivi suddetti, che esattamente � stato rite� (1.,2) Conformi sono Le sentenze in pari data n. 5595-5602. La :prima massima, su1la base di: giurisprudenza :pacifica, puntualizza opportunamente che. non pu� �parlarsi di nullit� radicale rispetto ad un ne~ozio deliberatamente 402 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ;nuto nella sentenza impugnata (in conformit�, d'altronde, con quanto questa Corte di cassazione ha avuto gi� occasione di affermare con le sentenze n. 2100 del 18 lugUo 1973 e n. 3500 del 16 ottobre 1976) che per il semplice fatto della pubblicazione della legge n. 1643 del 6 dicembre 1962 sulla nazionalizzazione delila energia elettrica mediante la creazione dell'E. N.E.L. non si effettu� automaticamente il trnpasso al nuovo Ente degli impianti gestiti dalle varie imprese esercenti 11'industria elettrica, in quanto fa stessa Jegge prevedeva, all'art. 2, che il Governo avrebbe dovuto emanare decreti disciplinanti i suddetti trasfedmenti, stabilendo, all'art. 4; i criteri cui detti decreti avrebbero dovuto uniformarsi; in attuazione della delega, il decreto n. 36 del 1963 stabil� che i singoli trasferimenti avrebbero avuto effetto dal�a data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei decreti attuanti i trasferimenti medesimi. Ne consegu� che fino alla data suddetta le singole faniprese continuarono ~egittimamente a produrre e dist�ribuire energia, n� d'altra parte sarebbe stato. possibile una diversa soluzione, posto che il semplice fatto dell'istituzione del nuovo Ente non conferiva immediatamente ad esso alcuna possibilit� concreta di sostituirsi, al momento deJfa pubblicazione della Jegge n. 1643, alle imprese da nazionalizzare, essendo a ci� necessaria sia una strutturazione dell'Ente stesso, sia fa mate: riale apprensione del complesso di beni destinati all'attivit� di produzione e distribuzione dell'ene11gia, il che non poteva avvenire automaticamente neMo stesso istante su tutto il territorio nazionale per semplice forza di Iegge. Tanto ci� � vero che Io stesso decreto n. 36 del 1963 previde, �al secondo comma dell'art. 2, che anche dopo il trasferimento conseguente alla pubblicazione del relativo decreto sulfa Gazzetta Ufficiale Je singole imprese avrebbero continuato ad essere amministrate, per gli atti di ordinaria amministrazione necessari per la gestione dell'impresa (e quindi per tutto ci� che atteneva alfa normale attivit� di produzione e distribuzione deH'energia), dai precedenti legali rappresentanti, in qualit� di custodi, ponendo addirittura a carico di costoro, icome obbligo, ila suddetta prosecuzione deH'attivit� di 011dinaria amministrazione. Inoltre, sotto altro profilo, va confermato c10 che pure Ia sentenza impugnata ha sostanzialmente posto alla base deHa soluzione data alla stiipulato con piena consapevolezza deHa titolarit� (eventualmente dubbia) de!Ja legittimazione. Nella seconda massima, dalla premessa, riilevante a molteplici fini, che al momento della nazionalizzazione non viene a mancare immediatamente la capacit� e tito1ari� delle imprese elettriche, si fa discendere ,l'esatta affermazione che i negozi da queste stipulati sono regolarmente soggetti all'imposta di registro, anche se degl<i effetti tributari dovr� rispondere l'E.N.E.L. secondo il principio pi� volte affermato della speciale successione nei rapporti (cfr. Relazione avv. Stato, ,1970, 75, II, 626). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA controversia: che cio� questa attiene, specificamente, non alla soluzione di questioni fra irrupresa nazionalizzata ed E.N.E.L., ma rpi� semplicemente ad una questione di obbligo, da parte di quest'u1timo, del pagamento di imposta di registro, ossia di una imposta 1che, per i principi fondamentali della Jegge del 1923 aH'erpoca vigente (r,d. 30 dicembre 1923, n. 3269); era (come .Io � anche oggi dopo Ja riforma tributaria del 1972) strettamente ed essenzialmente, anzi unicamente, Jegata al compimento di un determinato atto e alla sua presentazione per fa registrnzione, e che si applica in base a ci� che risulta daiH'atto registrato e agli effetti giuridico-e.conomici che esso produce, indipendentemente da qualsiasi altra 1considerazione attinente ai rapporti fra le parti. Come !imposta legata alla registrazione, inoltre, essa non tiene conto delle vicende successive aHa registrazione stessa, essendo Ja legittimit� del tributo unicamente coHegata a1lla situazione esistente al momento della registrazione, s� .che solo in limit~ti casi � ammesso Ja restituzione ail tributo (ai s~nsi dell'art. 14, nella cui no11mativa non -rientra certamente il caso di spede), mentre, in linea di massima, non � mai ammessa fa restituzione del tributo legalmente percetto � per qualsiasi evento ulteriore � (art. 12). Disposizione, quest'uiltima, alla quale non si sottrae il caso di specie, sebbene I'irruposta sia stata pagata in due momenti distinli, una prima volta dalla societ� concessionaria ed una seconda volta daH'E.N.E.L., perch� ci� avvenne in forza de1la natura specifica del rapporto, di cui non era determinabHe con precisione, al momento de1la registrazione, il contenuto economico (dipendente dalila quantit� di energia che .sarebbe stata erogata ai singoli utenti e dai corrispettivi pagati in funzione di detta variabi1le); si arp�plic�, cio�, il disposto dell'art. 56, secondo cui l'imposta si applica sui proventi lordi da dichiararsi in via provvisoria e presuntiva al momento della registrazione, salva la liquidazione definitiva de11'imposta a seguito di dichiaraizone del .contribuente sul risultato effettivo deH'esercizio tassato. E anche in tal caso il pagamento dell'imposta � comunque collegato al momento della registrazione, costituendo il successivo pagamento null'altro 'che il compimento dell'iter della <liquidazione, a titolo di imposta complementare, comunque coHegato all'adempimento di un obbligo nascente da un rapporto di imposta perfetto e completo al momento della registrazione deLI'atto. Ci� premesso, deve riconoscersi �che entrambi i motivi di ricorso sono infondati. Quanto al primo motivo, infatti, va osservato che erroneamente il ricorrente afferma che, per il semplice fatto deHa pubblicazione della legge di nazionalizzazione, era venuto meno ogni potere dei Comuni di distribuire sul proprio territorio l'energia elettrica, per cui la proroga di concessione operata dopo ila pubblicazione deUa legge doveva rite RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 404 I nersi nulla e improduttiva di effetti ai fini del pagamento dell'imposta di registro. A parte, infatti; che rper quanto osservato circa la natura e i pre supposti dell'imposta in questione, 1l'atto doveva ,comunque � scontare l'imposta per il solo fatto della sua presentazione per la registrazione e che tale obbligo si estendeva anche al successivo pagamento, dell'imposta sul conguaglio dei proventi; a parte che nel caso di specie si era fuori delJe tassative ipotesi di nullit� previste dall'art. 14 della legge di registro, poich� l'unica disposizione di detta norma da cui il caso di specie potrebbe ritenersi, in 'ipotesi, regolamentato, � quella del n. 2, che pre vede la restituizone di imposte per atti soggetti a �vizio radicale� che, indipendentemente dalla volont� delle parti, induca la nullit� dell'atto fin dal�l'origine (presupposti tutti �che difetterebbero nella specie, non potendo par.larsi di nullit� .assoluta per la prospettata.carenza di Jegi1:ti m�zione del Comune, ed essendo comunque l'atto stato compiuto volon tariamente sul volontario e cosciente presupposto dell'esistenza di detta legittimazione), e sempre ,che la nu11it� sia stata dichiarata con sentenza pronunziata in ,contraddittorio fra i �contraenti (presupposto questo che pure manca, avendo 1l'E.N.E.L. preferito. agire nei confronti del fisco anzich� nei confronti del Comune e deHa societ� concessionaria ;per far dichiarare la nullit� della proroga della 'concessione), a parte, infine,_ cl!e, una volta riconosciuto ilegittimaimente tassato l'atto, .i'E.N.E.L. era tenuto a subirne Ie conseguenze, per effetto proprio deMa legge di nazionalizzazione, che prevedeva, ai nn. 1) e 9) de1l'art. 4, '1a successione de1l'E.N.E.L. in tutti i rapporti giuridici gi� deLle imprese ed attinenti alle attivit� nazionalizzate (a fra questi rapporti senza dubbio rientrava il rapporto tributario in esame); a parte tutto ci�, '1a stessa premessa � della tesi del ricorrente � errata. � da escludersi, infatti, ogni ipotesi di nullit� dell'atto (in relazione alla quale, 'comunque, si � esaminata l'infondatezza della tesi sotto 11 profilo del diritto tributario), in quanto va riconosciuto, per quanto innanzi osservato in generale circa Ie modalit� dei trasferimenti delle imprese {e delle relativ,e attivit�) aM'E.N.E.L., che al 1� gennaio 1963, pubblicata '1a Jegge di nazionalizzazione, ma non ancora attuato alcun trasferimento di beni e di strutture al nuovo Ente, che di fatto non esisteva n� era in condizione di operare, i Comuni non avevano perduto il potere di distribuzione deLl'energia sul proprio territorio e :il conse~ guente potere di farne ,concessione a privati: si trattava infatti di un servizio pubblico essenziale ed in.dispensabile per la vita deMa collettivit�, servizio che doveva comunque essere assicurato, e pertanto, in mancanza, sia pure provvisoria della concreta possibilit� del nuovo Ente di assicurare il servizio, ad esso dovevano continuare a provvedere i. Comuni, fino a quando <l'E.N.E.L. non fosse in condizioni di provvedervi PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA direttamente in proprio; il che non poteva avvenire, sia pure solo dal punto di vista de1la legittimazione al servizio e della titolarit� giuridica di esso, se non dalla data dei trasferimenti all'Ente delle imprese che il servizio effettuavano (mentre, di fatto, anche dopo tale m�mento continuarono a provvedervi, fino alla consegna definitiva degli impianti e delle attrezzature, i lega:li rappresentanti di dette imprese, a norma del ricordato secondo comma dell'art. 2 del decreto n. 36 del 1963). Legittimamente, pertanto, fu prorogata la concessione del Comune alla societ� elettrica, legittimamente quest'ultim_a continu� a distribuire l'energia e legittimamente, di conseguenza la societ�, adempiendo ad uno specifico obbligo di legge (e non gi� per propria autonoma scelta), present� alla registrazione la denuncia di proroga della concessione, ossia denunci�, in concreto, che tuttora era in essere il rapporto dal quale discendeva l'obbligo dal pagamento dell'imposta di registro, la quale deve riconoscersi quindi, anche soto tale profilo, legittimamente riscossa. Ugualmente infondato � il secondo motivo di dcorso, .::on cui si sostiene '1a non debenza da parte dell'E.N.E.L., 'dell'imposta, in quanto quest'ultima doveva comunque far capo ad esso Ente, e non aHa Societ�, per effetto del decreto presidenziale n. 342 del 18 marzo 1965, H cui art. 5 stabil� che a decorrere dal 1� gennaio 1963 erano di pertinenza dell'E.N.E.L. i risultati di gestfone delle imprese nazionalizzate. A parte I'impossiibiJlit� che, all'atto della registrazione (1963) e anche del pagamento dell'imposta definitiva di �conguag.lio (1%4) potesse tenersi presente una disposizione emanata nell'anno 1965, ed a parte che comunque tale disposizione, al pari di � qualsiasi evento ulteriore �, non poteva produrre effetti sulla tassazione, per il ricordato principio fondamentale sancito dall'art. 12 della 1legge di registro del 1923, va osservato che da norma in questione era intesa unicamente a disciiplinare i rapporti fra E.N.E.L. ed :imprese nazionalizzate, ma non poteva certo influire sul diverso rapporto fra '1'E.N.EL ed il fisco, rapporto cui l'E.N.E.L. era legittimato, come innanzi ricordato, a sensi del n. 1) dell'art. 4 della legge n. 1643. In altri termini, una questione del genere J'E.N.E.L. avrebbe potuto in ipotesi �solleva11la nei confronti della S.G.P.E., agendo specificamente contro quest'ultima ed eventualmente contro il Comune, ma non pu� sollevarla nei confronti ,~lella Finanza, cui l'imposta � comunque dovuta in conseguenza� della legittimit� della tassazione. La norma in esame, invero, produce effetti pi� limitati, nel senso che i proventi della gestione del 1963, per quanto attiene aJla distribuzione di energia nel Comune, spettano all'E.N.E.L., naturalmente con i relativi oneri, fra cui senza dubbio va compreso quello fiscale, il che conferma piuttosto la legittimit� della tassazione (cui l'E.N.E.L. sarebbe stato soggetto, per traslazione, in ,via indiretta, in conseguenza del rendiconto dell'impresa) che non quella della tesi opposta, sostenuta dal ricorrente (omissis). 406 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1979, n. 5646 � Pres. Mirabelli � Est. Bologna -P. M. Antoci (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Pagano) c. MazzareHa (avv. Mazzarella). Tributi in genere . Prescrizione � Sospensione � Imposta di registro � Agevolazione per le case di abitazione non di lusso � Rivendita dell'area senza indicazione di provenienza � Configurabilit�. (cod. civ., art. 2941, n. 8; legge 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 20). � configurabile� una causa di sospensione della prescrizione tra il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del debito e il creditore (art. 2941 n. 8 cod. civ.) nell'ipotesi di registrazione di atto di rivendita di area precedentemente acquistata con agevolazioni al fine della costruzione di case di abitazione non di lusso (art. 14, legge 2 luglio 1949, n. 408), che non contenga alcun riferimento al precedente atto e non fornisca indicazioni idonee al rilevamento della decadenza (1). (omissis) Con 'tl �primo motivo di ricorso (violazione degU artt. 2 e 9 legge <regionale 1sidliana del 28 aprHe 1954, n. 11, dell'art. 1 [egge regionale. siciliana del 18 ottobre 1954, n. 37, degli artt. 2935 e 2941, n. 8 cod. civ.; vizi motivazionaili) si deduce che la prescrizione dell'azione deH'Amministrazione finanziaria per il .pagamento della imposta di registro (in materia di decadenza dai benefici fiscali per mancata costruzione sull'area oggetto del trasferimento agevolato) non pu� decorr.::re daiHa data di registrazioni dell'atto di riven_dita quando in detto atto n�n l'isulti alcun 'riferimento al.Ja operazione agevolata e quando i due atti siano stati registrati presso uffici diversi: tale situazione comporterebbe sia l'impossibilt� giuridica di far vaJere il proprio diritto (art. 2935 cod. civ.) sia una causa di sospensione ab origine della prescrizione per effetto del dolo del debitore d'imposta (art. 2941, n. 8 cod. civ.). La censura � sostanzialmente fondata sotto H profilo dell'insufficiente motivazione sul punto dell'applicabilit� nella specie de11'art. 2941, n. 8, in tema di sospensione deHa prescrizione per doloso occuJtamento del debito da parte del debitore. L'art. 2935 cod. civ., disponendo che la prescrizion� ,comincia a decorrere �dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere, si 1riferisc� soltanto alla possibi!lit� legale e non alla possibilit� materiale di ese:ocitare il diritto con :la conseguenza che semplici ostacoli di fatto, tra �cui � la stessa ignoranza del diritto, non impediscono il decorso della prescrizione (in tal senso, Cass. 1976, n. 4054 e numerose altre decisioni). Pertanto (1) Decisione importante sul punto della sospensione della ,prescrizione per comportamento doloso� de1 .debitore, che ha un precedente in Cass. 27 no-jj: '=b" 1975, n. 3%6, in qu~t. R~'"""� 1975, I, 1112. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA non sembra corretto il richiamo alla impossibilit� giuridica, contenuta nella censura in �relazione a.Ua mancata indicazione {sull'atto di rivendita) del carattere H1gevolato del trasferimento in capo al soggetto alienante, situazione questa che non aveva consentito all'Amministrazione finanziaria (in via di fatto) l'i'Il!dividuazione del:la decadenza del soggetto alienante dai benefici fiscali concessi al suo precedente aoquisto sotto la condi2lione di realizzare. la .prevista costruzione sull'area acquistata. Formulata tale premessa, �si deve .precisare, conformemente a1l'orientamento di questa Corte (Cass. 1975 n. 3966; 1971 n. 725; 1970 n. 2271), che l'azione dell'Amministrazione finanziaria diretta al recupero deLl'imposta ordinaria di registro nella ipotesi di decadenza dalle agevolazioni fiscali concess�e in materia di aree edificabili e �di costruzioni ediHzie, per gili atti successivi alJa entrata in vigore delle leggi 2 febbraio 1960, n. 35 e 6 ottobre 1962 n. 1893 si prescrive con decorso dal!la data della denunzia (cui le parti sono obbligate) dell'avvenuta verificazione delle condizioni 1 da cui dipende :l'agevolazione tributaria {cos� come 1stabiilito daH'art. 6, d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito con modificazioni nelila ~egge 7 febbraio 1968, n. 26); al contrario per gli atti anteriori all'entrata lin vigore dalle foggi citate la medesima azion,e si prescrive non daHa data di registrazion� dell'atto agevolato (ad es. acquisto di terreno per edificazioni di a!llogg.i non di lusso) ma dalla �registrazione dell'atto successivo comportante ila decadenza dalle agevolazioni gi� conces1se per effetto della rivendita dei terreni stessi prima della progettata edificazione: in quest'ultima ipotesi (che � quella in esame) sempre secondo H citato orientamento giurisprndenziale, pu� operare la disposizione di cui alJ'art. 2941, n. 8 cod. civ. (sospensione de1la prescrizione per doloso occwltamento del debito), se :l'atto comportante decadenza dalle agevolazioni gi� concesse (ad es. ~'atto di rivendita) non fornisca all'amministrazione finanziaria le indicazioni idonee al rilevamento de1la decadenza stessa. Sulla quesl:ione dell'applicabilit� de1l'art. 2941, n. 8 cod. dv. la sentenza impugnata ha adottata la tesi contraria al citato orientamento di questa Corte sulla base di una motivazione del tutto insufficiente e consistente nella seguente apodittica proposizione: � non sembra che possa ravvisarsi una ipotesi di dolo, secondo la relativa ricevuta nozione, nella omissione di .riferimento all'anteriore atto di acquisto delll'area da parte del Mazzarella nell'atto di rivendita a1lo Sbaochi e ne11a presentazione di quest'ultimo atto per la rngistrazione ad ufficio diverso da queLlo che aveva eseguita la registrazione detll'anteriore atto di acquisto�. L'insufficienza si palesa tanto pi� evidente in quanto � accompagnata da1la omessa precisazione ohe I'atto anteriore di acquisto {non indicato nel successivo atto di rivendita) aveva avuto un trattamento tributario agevolato e 1che detta agevolazione era stata concessa alla condizione del compimento di operazioni �successive ~quali l'edificazione) (omissis). 408 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 novembre 1979, n. 5723 -Pres. La Farina -Est. Martinelli -P. M. Sifocchi (conf.). La Rosa c. Minjstero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Tributi erariali indiretti -Imposte di fabbricazione -Olio d'oliva -Esenzione a favore delle zone terremotate del Belice -Olio fabbricato al di fuori per conto di residenti -Si applica. (legge 6 febbraio 1970, n. 21, art. 26). Poich� nelle imposte indirette che ammettono .la rivalsa, contribuente effettivo � colui che subisce la rivalsa, a questo � diretta nella sostanza l'agevolazione stabilita dalle norme di incentivazione; conseguentemente l'esenzione dall'imposta di fabbricazione sull'olio di oliva stabilito per le zone terremotate del Belice trova applicazione nel caso che l'oleificio, che si trovi fuori delle zone agevolate, abbia lavorato le olive per conto di persone residenti in dette zone (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 novembre 1979, n. 5970 -Pres. Mirabe1li -Est. Caocavale -P. M. La Valva (conf.). Lo Bianco (avv. Antonuccio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cippairrone). Tributi erariali indiretti . Imposte di fabbricazione -Olii.o di oliva . getto passivo � Posizione dei produttori delle olive -Irrilevanza. (d.l. 9 no.vembre 1966, n. 912, artt. 17, 19 e 33). SogL'imposta di fabbricazione sull'olio di oliva � diretta a colpire i fabbricanti, cio� gli esercenti degli oleifici, senza alcuna considerazione per i produttori e coltivatori delle olive che facciano ricorso ai frantoi per la molitura (2). (.1-2) Le due decisioni danno ben diversa rilevanza al contribuente �di fatto, tenuto alla rivalsa verso il contribuente di diritto. La prima pronunzia non ipu� essere condivisa. 1Se il fenomeno delfa tras1azione de11'imposta � indubbiamente rillevante per il legislatore che dispone L'agevolazione, non sembra possibile, in difetto di espresse norme, aippLkare l'esenzione con riferimento aLla posizione di persone diverse dal contribuente; Fagevo1azione, come l'imposizione, interessa soltanto il contFibuente e non a1tri soggetti. E non sembra pensabHe che un'agevo1azione di questo tiipo .possa, come mezzo al fine, riferirsi a qualunque soggetto che in ogni parte del~a nazione abbia rprodotto o importato o venduto un qualcosa poi finito in mano ad un cittadino residente nelila zona agevolata. }~ f t II: 1� ~ I~ .........,~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I (omissis) Con il primo motivo la ricorrente principale, lamentando la violazione degli artt. 26 legge 5 febbraio 1970, n. 21, 11 bis d.l. 1 giugno 1971, n. 289, convertito nella legge 20 luglio 1971, n. 491, 1� d.l. 12 febbraio 1973, n. 8, convertito con modifiche nella legge 15 aprHe 1973, n. 94; 25 d.l. 18 dicembre 1970, n. 1012, convertito con modificazioni nella legge 12 febbraio 1971, n. 8, in relazione all'art. 360, n. 3 -cod. proc. civ., censura fimpugnata sentenza per aver omesso di considerare che l'esenzione (o agevolazione) nell'imposta di fabbricazione, nel caso di diritto di rivalsa, come nella spede, � diretta a favorire con H contribuente di diritto, ovverosia il produttore del bene o servizio, ma il contribuente <;Ii fatto (acquirente)i cosicch� in subiecta materia (l'esenzione doverva es:sere riconosciuta: posto �che la lavorazione dell'olio era stata effettuata per conto di residenti nei comuni colpiti dal terremoto ed indicati neHa legge n. 21 del 1970. La ricorrente, insiste, inoltre, su1l'applicabilit� dell'esenzione, anche a:i tributi indiretti dovuti per periodi antecedenti all'entrata in vigore della legge, stante il suo carattere retroattivo. Con il secondo motivo aa� ricorrente, Jamentando Ja violazione dell'art. 91 cod. proc. dv., censura fimpugnata sentenza per averfa con~ dannata al rimborso delle spese processuali. Il primo motivo �del ricorso pvincipale � fondato. Invero, nell'ipotesi d'imposte indirette (l.G.E., imposta di fabbrica , zione sull'olio di oliva, I.V.A. ecc.) in cui � consentita '1a �tras.Jazione �di diritto� dell'imposta dal produttore o 1da altro intermediario delfo scambio sul consumatore, attraverso 11 riconoscimento del �diritto di rivalsa in favore dei primi, poich� il contribuente � di fatto� � colui che � tenuto al rimborso dell'imposta dovuta aH'erario da altro soggetto, consegue che ogni esenzione o agev�lazione su tali tipi di tributo � diretta, nella sostanza, a favorire il contribuente di fatto e non quella di diritto, H qua1le � soltanto tenuto ad anticipare il tributo alilo Stato o ad altro ente impositore, potendosi, sempre rivalere, per il relativo ammontare erogato nei conl�ronti del contribuente di fatto. Identico principio � stato in precedenza affermato da ques�ta Corte per quanto riguarda l'l.V.A. e � la sua esenzione in favore della Cassa del Mezzogiorno in qualunque veste tale ente intervenga nell'operazione sia quale contribuente di d~ritto che di fatto, in quest'ultimo caso quale soggetto sottoposto a diritto di rivalsa quindi, a rimborso del tributo (cfr. Cass., Sez. I, 4576/79). Il principio anzidetto trova conforto nella considerazione che, nella sostanza, lo 1scopo economico su cui si fonda ogni tipo di tributo che incide sui consumi � queMo di colpire Ie manifestazioni dndirette di capacit� economiche espresse dai consumi, anche se sotto il profilo giuridico obbligato aLl'imposta � il fabbricante o colui che riceve iJ pagamento. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 410 Pertanto, una volta affermato che �l'esenzione prevista dall'art. 26, legge n. 21 del 1970, si estende a tutti i tiipi di imposte siano esse dirette o indirette (cos� come questa Corte ha affermato con giurisprudenza ormai costante), e, quindi, anche aUe imposte di fabbricazione, costituirebbe un evidente assurdo logico e giuridico riconoscere detta esenzione in favore del solo produttore, al quale la <legge ex art. 25 ~egge cit. riconosce il diritto di rivallsa, e non nei confronti, del cliente residente, in uno dei comuni �colpiti dal sisma, rper conto del quale � stata effettuata la lavorazione de1l'olio da parte di un oleificio, non sito in tale zona e al quale si sia dovuto necessariamente ricorrere per mancanza di impianti attivati neMe zone colpite dal sisma. Invero, non pu� non rilevaTsi che i'esenzione, riguardante �l'imposta di fabbricazione in esame non � diretta a favorire l'imprenditore o la ripresa economica della sua attivit�, che ha subito danni a seguito del sisma, posto che per il maggior costo di rproduzione, dipendente dal pagamento dell'imposta di fabbricazione H titolare di un oleificio ha un diritto di rivalsa. Ora, poich� il destinatario del beneficio tributario non pu� che essere il consumatore o colui che utilizza ['opera deH'oleificio, sarebbe del tutto assurdo negare l'esenzione a coloro che, residenti nei comuni .colpiti dai! sisma e previsti dalla legge di esenzione, siano costretti ad utilizzare J'attivit� di oleifici siti fuori del territorio, che ha subito la calamit� naturale, in mancanza di adeguate strutture nella zona sinistrata, rendendoli soggetti al diritto di rivll!lsa di cui all'art. 25 <legge cit. (omissis). II (omissis) Ugualmente privo di fondamento si rivela il secondo mezzo di annullamento, il quale trae origine da una ostinata interferenza concettuale che H ricorrente ha coltivata nelle sue difese per tutto ii.il corso del giudizio tra i presupposti della imposta sulla produzione e quelli della imposta di fabbricazione. A norma dell'art. 17 del d.l. 9 novembre 1966, n. 912, .gi� dtato, �['olio di oliva di pressione commestibide � � soggetto daMa 1mposta di fabbricazione e l'art. 19 dello stesso decreto dispone che � gli esercenti degli oleifici nei quali si ottiene olio di oliva di pressione commestibile... devono presentare apposita �dichiarazione al competente ufficio tecnico delle imposte di fabbricazione... � il quaile provvede a1la Jiqu1dazione del tributo, salvo conguaglio. Non v'� ll!lcun dubbio che si versa in tema di tributi diretti a colpire i fabbricanti e cio� nella specie, gli esercenti degli oleifici e non i produttori e cio� i coltivatori o comunque i detentori delle olive che facciano ricorso ai frantoiani per la molitura. Ne discende quindi che non sono applicabili a1la fattispecie le norme della stessa legge relativ�e ai produttori, n� � consentito far. ricorso a PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA criteri estranei alla disciplina della imposta di fabbricazione in generale. Il dettato :poi dell'art. 33 dello stesso decreto, relativo al privilegio che assiste il credito dello Stato per la riscossione della imposta di fabbrica� zione di cui si discute, �sulle materie prime, rSui prodotti, sul macchinario e sul materiaile mobile, anche se di propriet� di terzi, esistente neLle fabbriche e nei magazzini annessi� � stata ricordata giustamente dalla Corte di P�lel'Il1o a convalida della qualit� di debitore assegnata dalla Jegge al titolare del frantoio, e rcio� al fabbricante, per il suo .evidente carattere estensivo�del vincolo a garanzia del 1credito, aJ!le cose �anche se di propriet� di terzi � e perci� estraneo al raipporto debitorio rinvenute nel frantoio e nei suoi magazzini. Questo Supremo Collegio nella sua sentenza del 5 novembre 1976 ha appunto definito, per contro, �produttore� dell'olio, �il coltivatore di olive che, con fa trasformazione delle olive in olio, ancorch� otten�ta con l'ausilio di terzi, cessionari delle olive, immette l'olio nel consumo per il conseguimento di un utile �. Non ha fondamento .J'affermazione del ricorrente per Ja quale Ja disposizione delil'art. 19 prima trascritto nei suoi termini essenziali, non si rivolga a quei rfrantoiani che moliscono per conto terzi e quindi, in genere agli esevcenti di piccoli frantoi, come il suo, in quanto ad essi non pu� attribuirsi fa qu�ilifica di �produttori�; il traguardo della norma viene in tal modo spostato, come si � gi� detto all'inizio, dalla �fabbricazione� cui essa si dirige e cio� dai1l'opera di trasformazione del .frutto in olio di pressione commestiMle, alla � produzione �, .complesso di comportamenti di ben diversa natura, estranei a1�a norma, dei quali si � dianzi accennato, lrl terzo mezzo si riduice a denuncia della illegittimit� costituzionale dello stesso art. 19 del dil. 9 novembre 1966 n. 912 neHa tinterpretazione dei giudici di merito, in quanto imporrebl;>e ad un cittadino, il frantoiano, di corrisponder� un tributo per conto di altro cittadino, il vero produttore, violando il principio di eguagHanza dei cittadini di .fronte a11a fogge e ponendo a carico del primo l'erogazione�di somme che rappresentano il soddisfacimento di un onere tributario altrui, in violazione cos� anche del principio della effettiva capacit� tributaria (articoli 3 e 5~ della Costituzione). La manifesta info:qdatezza deMa questione sollevata in tali termini dal ricorrente discende senz'arltro dalle considerazioni gi� esposte in or dine al secondo motivo del ricorso. Il frantoiano, ossia l'esercente la moli tura delle olive altrui e �fabbricante� de1l'olio di oliva :di pressione com mestibHe, non � chiamato affatto a corrispondere un tributo per conto di un altro cittadino rche sarebbe il vero destinatario delila imposizione e do� H �produttore �, con violazione del diritto di eguaglianza di fronte alla fogge e della effettiva capacit� tributaria del soggetto destinatario della norma: il tributo in discussione, come si � gi� ampiamente chiarito, � una vera e propria imposta di fabbricazione, la quale pone il presupposto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO oggettivo deMa specifica imposizione ne1l'atto della trasformazione del frutto in olio commestibHe e de1la quale esclusivamente il frantoiano risulta senza ,dubbio nella posizione soggettiva rilevante, mentre per capacit� contributiva deve intendersi l'idoneit� soggettiva alla obbligazione di imposta, deducibile dal rpresupposto cui la prestazione � !Collegata {Corte Costituzionale: sentenza, n. 144 del 1972) e c�is� nella specie appunto J'operazione de1la fabbricazione, mentre la valutazione del legislatore in punto di presupposto della impostazione si sottrae al sindacato di costituzionalit� (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 novembre 1979, n. 5742 -Pres. Mirabeilli Est. ZappuHi -P. M. Grossi (conf.) Soc. Corte1lo (avv. Tabet) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Rossi). Tributi erariali diretti -Imposte sui redditi di ricchezza mobile -Plusva lenza -Trasformazione di societ� di persone in societ� di capitali Beni diversi dall'avviamento -Iscrizione in bilancio -Tassabilit� Riferimento ai valori risultanti dalle dichiarazioni della societ� tra sformata. (t.u, 29 gennaio 1968, n. 645, artt. 100 e 106; cod. civ., art. 2427). Se pure la trasformazione di una societ� di persone in societ� di capitali non comporta l'estinzione della prima e la creazione di un nuovo soggetto, sono tuttavia tassabili le plusvalenze dei beni diversi dall'avviamento, risultanti dal confronto tra il valore iscritto in bilancio dalla nuova societ� e il valore risultante dalle dichiarazioni della societ� trasformata (1). {omissis) La societ� ricorrente ha 'censurato fa decisione impugnata, con ~'unico motivo del ricorso, lamentando la violazione de1l'art. 100 del t.u. su1le Imposte Dirette approvato �Con D.P. 29 gennaio 1958, n. 645 rper (.1) Decisione corretta di notevole interesse. La premessa che la trasformazione di una societ� di persone in societ� di caipitale, anche se iI'eaLizza la rego}arizzazione di una .societ� di fatto, non comporta trasfer1mento di patrimonio da uno ad altro soggetto, giacch� La trasformazione � una mOdif�.cazione statutaria di un soggetto che resta iL medesimo nella sua continuit�, � ormai pacifica {Cass. 26 �lughl.o 1968, n. 2708, in questa Rassegna, �1969, I, 86� con ampia nota di F. FAVARA; 23 settembre �1971, n. '2645, ivi, 1972, I, 84). Ci� esclude che la trasfoI'lilazione possa dare luogo a realizzo del bene mediante alienazione, ma non esclude che possa aversi egualmente una plusva PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 avere Ja Commissione Tributaria Centrale erroneamente applicato quella norma sulla tassabilit� deLle plusvalenze a una mera trasformazione di una societ� in nome collettivo in altra per azioni sebbene tale operazione non desse luogo a plusvalenza imponibiJe, la quale si pu� avere �solo quando vi sia �realizzo di beni relativi alil'impresa a un prezzo superiore al costo non ammortizzato � e sebbene non vi fosse stato, pertanto, un conseguente trasferimento dei beni da un soggetto ad un ailtro. Il motivo non pu� essere accolto, dovendosi pur correggere la motivazione della decisione impugnata. Invero, non pu� pu!'e riconoscersi, in difformit� da quest'ultima, che, come precisato neHa citata sentenza 23 settembre 1971 n. 2645, con richiamo ad altri precedenti giurisprudenziali, la trasformazione di una societ� di persone, sia essa in nQme �collettivo e anche semplicemente di fatto, in societ� di capitoli, incide soltanto sulla organizzazione e 1sul:la 1struttura, senza che ci� comporti �l'estinzione della prima societ� e :la creazione di un nuovo e diverso centro di imputazione di diritti ed obblighi, avendosi la continuazione deMa vecchia societ�, che, in una altra veste, resta titolare dei rapporti giuridici da essa costituiti precedentemente alla trasformazione. Ma ci� importa, ai fini delil'applicabiilit� dell'imposta di ricchezza mobi1e sulle eventuali plusvalenze, che non possa aversi que:H'acquisto de1l'azienda con pagamento specifico di una somma per i1 suo avviamento, al quale � condizionata, secondo l'art. 2427 cod. civ., la iscrizione neiI'at lenza in conseguenza di una � dichiarazione accertati�va � ossia deLFiscrizione in bilancio. In tal caso, come gi� osservava i1 FAVARA neHa citata nota, ci� che d� luogo a1la plusva1enza, non � la trasformazione in s�, ma il fatto che in ,conseguenza di essa la societ� diventa necessariamente tassabHe in base a bilancio. n rilievo ,pi� importante del1a pronunzia � queJ.I.o che si legge nella parte finale; con la trasformazione non deve mai potersi verificare un sa1to di imposta e ci� proprio perch� .trattasi di un unico soggetto trasformato rispetto al quale, nel1a continuit� della sua vita, gli incrementi patrimoniald vanno con siderati '.Per l'intero arco di tempo, anteriore e posteriore alila trasformazione. Non pu� cio� accadere che questo soggetto raggiunga H risu1tato di dare ai suoi beni una va1utazione in �aumento, senza corrispondere la relativa iill!POSta sul1a plusvalenza, posto che detta valutazione stabil:iisce if .<lenitivo punto di partenza degli uLteriori incrementi. Sotto questo riguardo ben potrebbe essere tassato come plusvalenza anche l'avviamento, ove esso venga iscritto in bilancio; se infatti di norma � vietato iscrivere l'avviament� nel bilancio quando non sia stato pagato un prezzo per l'acquisto dell'azienda (art. 2427 cod. civ.), � pur vero che al momento deLla trasformazione deve operarsi La stima del patrimonio sociale (art. 2498) ne11a quale pu� essere ricompreso L'avviamento che potr� figurare neLI'attivo de1 bilancio. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 414 tivo del bilancio dell'avviamento stesso, come affermato >limitatamente al medesimo ne1la citata� sentenza, senza che ci� possa escludere fa tassabillit� delle plusvalenze relative agli altri beni dell'azienda secondo il relativo bHancio. Occorre, infatti, porre in rilievo che la tassabilit� -delle plusvalenze non relative all'avviamento, non � dovuta soltanto per il loro � realizzo � espressamente previsto dall'art. 100, e considerato nulla decisione impugnata, ma da un quailsiasi aumento nel tempo del ,valore di scambio dei beni per uno stesso cespite patrimoniale appartenente ad una societ� >commerciale, H quale divenga certo e imponibile non 1soltanto �con I'aJ.ienaziOIIle del cespite stesso (sia mediante � realizzo � di quel bene sia mediante assegnazione in natura ai soci), ma anche per effetto 'di una dichiarazione accertativa della � plusvalen:m �, emessa daMa societ� contribuente da tassare in base al bilancio, sotto fomna di iscrizione nel medesimo ai sensi dei11'art. -106 del citato t.u. (Cass. 18 �luglio 1973 n. 2101). La dedotta identit� sostanziale della societ� ne1le successive forme assunte attraverso .la trasformaz�one, che, come sostenuto da1la resistente, esclude il trasferimento dei beni, importa che fa dichiarazione del nuovo valore iscritta nel bilancio non pu� non avere effetto vincolante per l'accertamento di quell'aumento risultante dal raffronto con dichiarazioni Que~ che importa � che le plusvalenze sono costituite da quanto emerge nel bilancio ed in questi Limiti, senza peraltro che possa escludersi nuILa di quanto nel biLancio figura, per non dar �luogo a salti di imposta. IL problema pi� de1icato � que1lo di stabilire l'a1tro punto di raffronto dei valori patr~moniaLi. A tal riguardo la sentenza in esame ha affermato, sbrigativamente .perch� la questione non era controversa, che per il raffronto vanno utiLizmti i valori che si possono desumere da � altre dichiarazioni precedenti �. Le dichiarazioni dei redditi non contengono valutazioni patrimoniali e non possono servire a~lo scopo. Forse l'espressione �.dichiarazioni� va intesa neL senso ampio di dichiarazione tributaria fatta ai fini di aLtre imposte (indirette) al momento in cui i beni sono entrati ne1 patrimonio dehla �societ� poi trasformata (conferimento, acquisto, donazione, importazione, ecc.). In definitiva quegli .stessi elementi che si uti1izzano quando ~a ;plusvalenm � tassata, a seguito di realizzo, nei confronti del1a 'societ� �di .persone, sono va1idi nel caso di .trasformazione da cui discende una iscrizione in bilancio. Nella ilegisLazione attuale � espressamente stabilito che Jia trasformazione de1La (>OCiet� da uno agli altri dei tipi indicati neWart. 2200 cod. civ., non costituisce realizzo delle .p1usva1enze (e nemmeno dehle minusva1enze) ancorch� risulitanti dalla reLazione di stima fatta a norma del1'art. 2498 (art. 15, d.P.R. 698/1973); 1a stessa norma, .tuttavia, fa saliva Vapplicazione deH'art. '12 de11o stesso d.P.R. 11 qua~e stabiL~s'Ce 'Che si tiene sempre conto de11e p1usvalenze i.!Scritte in bilancio indipendentemente da!lLa cessione dei beni o da1la distribuzione ai soci. In sostanza valgono g1i stessi principi, con la differenza che oggi il :raffronto dei valori e (o sar�) semplificato, rperch� anche l<a societ� di persone � tenuta a1lia formazione del bilancio (,art. -13 d.P.R. n. 600/1973~. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA e denunzie de1la medesima societ� nella sua forma precedente. E ci� perch� la tassabilit� delle 1plusvalenze non � stata considerata Jimitatamente al caso del �realizzo� conseguito attraverso alienazioni e trasferimenti, ma � stata previs�ta anche per gli aumenti di va.Jore che risultino conseguiti attraverso i bilanci di �Cui al suddetto art. 106. � pur vero che Ja plusvalenza risultante dal bilancio appare attraverso un rraffronto non con altro precedente bilancio, al quale non era obbligata la societ� in nome collettivo, bens� con le dichiarazioni tributarie della stessa, ma, anche se ci� non ha formato oggetto di specifico rilievo della ricorrente, deve osservare questa Suprema Corte che il citato art. 106 fa riferimento non �solo aJile plusvalenze realizzate, ma a tutte quelle �iscritte in bilancio >>, e �tali devono cons1derarsi anche quelle desumibili dai raffronti dei vailori ivi indicati 'Con quelli che si possano desumere da altre dichiarazioni precedenti della 1stessa societ�. Inoltre, una conferma indiretta ma inequivoca della tassabiJit�. della plusvalenza in questione attraverso la trasformazione della societ� si evince chiaramente dalla L. 18 marzo 1965, n. 170, avente come titolo il � trattamento tributario delle, trasformazioni, fusioni e concentrazioni delile societ� commerciali�, art. l, nella Jettera A) assoggetta a norma di favore in esso prevista la � trasformazioni di societ� regolarmente cos-tituite... in societ� di diverso .tipo >>, comprendendo que1le delle societ� in nome co11ettivo in altre di.capitale, e daiM'art. 2 statuisce espressamente che �i redditi e le plusvalenze tassabili in conseguenza dell~ operazioni di trasformazione e di fusione � ammesse ai benefici di quella legge non sono assoggettabili alil'imposta di ricchezza mobiile e all'impos�ta sulle 1societ� nehl'esercizio in cui � realizzata la trasformazione stessa, al verificarsi di determinate situazioni non risultanti neHa specie. � evidente che se [e plusvalenze non fossero state tassabili .n� nei casi di trasformazione di 1societ�, che di per s� escludono il realizzo del maggior valore attraverso trasferimento tra soggetti diversi,� n� nel caso che risultino in un bilancio non preceduto da altrp della stessa societ�, la norma di cui all'art. 2 non avrebbe avuto ragione di essere, almeno per le trasformazioni di �societ�, mentre �, ih ta[ modo, manifesto, .come rilevato nella decisione impugnata, che immediata � la tassabHit� in tutte fo ipotesi n�n previste dailla nonna agevolatrice; posta 'Come eccezionale rispetto a1la regola generale. Non � poi, fuor di luogo rilevare che vi sarebbe, al contrario, in ogni .caso uri �salto di �imposta� attraverso quclle trasformazior).i della so�iet� nel pur riconoscibiile divario tra Je indicazioni di valore deHe precedenti denunzie tributarie e quelle del primo bilancio della nuova societ�, con ingiustificato vantaggio del contribuente e in contrasto con il principio deH'adeguamento dell'imposizione aMa capacit_� contributiva del singolo soggetto, considerato nell'art. 53 deHa Costituzione (omissis). ..... .~ I 416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO & ,,. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1979, n. 5771 -Pres. Mirabelli.Est. Martinelli -P. M. Raja (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara) c. Castaldo. Tributi erariali indiretti -Imposte di registro e altre imposte indirette C~ ndanna dell'amministrazione alle spese -Art. 148 legge di registro abrogata -Giudizi promossi anteriormente e decisi successivamente all'insediamento delle nuove commissioni -Applicabilit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148; d.P.R. 26 otobre 1972, n. 634, artt. 77 e 80). I L'art. 80 del d.P.R. n. 634 del 1972 non ha determinato l'automatica abrogazione dell'art. 148 della legge di registro di natura processuale, ed esulante per tale sua natura dalla previsione della norma di diritto inter� temporale di cui all'art. 77, per quelle cause che risultano proposte prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972 o dell'insediamento delle nuove commissioni tributarie, atteso che l'art. 148, quale necessario corollario del precedente sistema contenzioso tributario, permane in vigore fino a che ques.t'ultimo non venga definitivamente sostituito con la attuazione del nuovo sistema contenzioso {1). (omissis). Con l'unico motivo del 1ricorso, l'Amministrazione finanziaria dello Stato, 1lamentando la violazione degli artt. 148 Iegge sul registro abrog. deH'art. 80, 73 d.P.R. n. 634 del 1972; in relazione a11'art. 360, n. 3 cod. proc. civ., censura l'impugnata sentenza per aver, erroneamente ritenuto non applicabHe I'art. 148 Iegge sul registro abrog. (per quanto attiene H regolamento delle spese processuali) in ordine ad un giudizio, nel quaile l'Amministrazione Finanziaria sia stata dichiar:ata soccombente, e che, rigua;ridando rapporti tributari, rico11egati ad atti formati e ~egistrati o denunciati sotto Ia vigenza dell'abrogata ilegge, o per i quali non siano decorsi, i relativi termini per gli adempimenti fiscali e che sia deciso soltanto, in periodo successivo aWentrata in vtgore deilla legge n. 634 del 1972, omettendo, cos� di tener presente che 'l'art. 77 d.P.R. citato dispone l'ultrattivit� de11e disposizioni, contenute nella vecchia fogge suil registro per gli atti formati, registrati o denunciati prima dell'entrata in vigore della nuova legge, o per i quali non siano decorsi i termini per tale adempimento. La censura � fondata, seppure, sotto un diverso profilo giuridico. Va in primo 1luogo rilevato che .il problema proposto dail ricorso � se ~�art. 148 della legge sul registro abrog., che prevede .fa possibiHt� de11a condanna dell'Amministrazione Finanziaria alle spese processuali, nel caso di sua soccombenza, ove .fa domanda giudiziaie �del contribuente sia stata prece (1) Questione nuova, decisa cori motivazione ineccepibiie. � 1� & ~~ ~: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA duta dall'esperimento del ricorso in via amministrativa, e siano almeno decorsi novanta giorni dalla sua presentazione, sia tutt'ora applicabile per quei rapporti tributari ricollegati -come nella specie -ad atti formati sotto la vigenza della vecchia legge stil registro e in ordine ai quali �si sia provveduto alla prescritta registrazione o denuncia, o non siano decorsi i termini per tali adempimenti, ove la pronuncia del giudice ordinario, investito dalla domanda del contribuente intervenga dopo la entrata in vigore della legge 26 ottobre 1972, n. 634. La �ricorrente ritiene di dover pervenire alla conclusione che l'art. 148 della legge sul registro abrog. debba, ugualmente, trovare applicazione anche sotto la vigenza della nuova legge con riferimento al combinato disposto di cui agli arti �coli 77, 80 legge n. 634 del 1972, il quale prevede che alla data di entrata in vigore della nuova legge, che debbono ritenersi abrogate le disposizioni della vecchia normativa sull'imposta del registro, salve le ipotesi di � ultrattivit� �, delle medesime nei casi previsti dall'art. 77, norma di indubbia natura transitoria. Tuttavia il richiamo a tale ultima disposizione appare fuori foogo. �, infauti, indubbio che la �portata di detta disposizione � limitata ai rapporti di diritto sostanziale; mentre, per converso, per gli effetti di didtto processuale deve trovare necessaria applicazione il pr.incipio generale per il quale questi sono regolati dalla llegge in vigore al momento del loro compimento. Ora � indubbio che circa la natura processuale dell'art. 148 legge stil reg. abrog. non possono sorgere dubbi di sorta, atteso che detta norma, seppure ricollegata -nella sua ratio legis -alla tutela mediata di un interesse sostanziale della p.a. (conferimento alla medesima di uno � spatium deliberandi � tale da renderle possibile l'autoannullamento di atti illegittimi senza �l'assunzione dei rischi disicendenti dalla �soccombenza giudiziale), �, comunque, diretta a regolare uno degli effetti precipui dal processo, ov.verosia queJ.lo dell'onere e de11'obbligo delle sipese processuali. Deve essere precisato, per� che non tutti gli effetti di carattere processuale rientrano nelrl'ambito della nuova legisrlazione, ove siano ricollegabili ad atti processuali compiuti sotto la vigenza della pregressa legge, o siano rkollegabHi a presupposti, processuali che debbano preesistere al momento della �costituzione del rapporto processuale. Orbene, anche se non� pu� in verun modo dubitarsi che �l'obbligo del pagamento delle spese iprocessuali, in quanto discendente dalla soccombenza della parte non pu� che nascere al momento deLla decisione della causa �Che costituisce ia :fatto .generatore 1degH effetti regolati daLla legge, iperailtro, non pu� non rHevarsi che la proposizione o meno del ricorso in sede amministrativa o il decorso del termine di novanta giorni per la proposizione della domanda innanzi al giudice ordinario non costituiScono una condizione di proponibirlit� dell'azione, avendo tali circostanze soltanto, influenza al fine di consentire il carico de1le spese processuali nei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 418 confronti della p.a. soccombente; e atteso ohe indipendentemente dalla proposizione del ricorso amministrativo � consentita la condanna deHa p.a. alle spese processuali, ove sia decorso l'anzidetto termine dilatorio dalla data di proposizione delfa domanda giudiziale, secondo quanto affer-� mato con costante giurisprudenza di questa Corte. L'acclarata natura processuale della disposizione di cui aH'art. 148 legge abrog. e fa conseguenziale inapplicabilit� della norma di diritto intertemporale, prevista neH'art. 77 d.P.R. n. 634 del 1972 non pu� comportare, quindi, .la automatica disapplicazione dell'anzidetto art. 148, ai sensi dell'art. 80 d.P.R. citato, iper qu~i giudizi, ,che come quello in esame, risultano proposti prima dell'entrata in vigore della nuova legge sul conten 1 zioso tributario ~d.P.R. n. 636 del 1972) e delil'insediamento delle nuove Commissioni Tributarie. Invero, la portata dell'art. 148 � ben pi� ampia e trascende il mero ambito deMa materia riguardante fimposta di registro, anche se la norma � prevista, 'come sedes materie, da una rr�egge che regola tal.e tipo di trib�rto. Infatti, detta disposizione, si inserisce nel pi� ampio contesto del sistema contenzioso, vigente prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 636 del 1972, fondato per fa imposta indiretta {salva espressa deroga leg.isila . tiva), a diversit� di quanto � previsto iper le imposte dirette, sulla possibilit� da parte del contribuente della libera scelta della tutela contenziosa sia in sede giurisdizionale ordinaria che amministrativa, tutto ci� al fine di garantire uno � spartium deliberandi �, in favore de1la p.a. che la ponesse in condizioni di rinnovare eventuali errori o illegittimit� inficianti, la sua pretesa tributaria attraverso il rimedio dell'annuilamento di ufficio. Orbene, neH'ottica di tarre ratio legis � del tutto evidente che, ove H contribuente avesse inteso. proporre esclusivamente .l'azione innanzi al giudice ordinario o avere comunque, proposto ila domanda giudiziale nella pendenza del ricorso innanzi alla Commissione Tributaria, avrebbe cos� assunto, con tale sua libera scelta, il rischio della mancata rifusione delle spese processuali, nel caso di accoglimento de11a sua domanda, qualora la pronuncia del giudice ordinario fosse intervenuta prima del decorso del novantesimo giorno dalla proposizione del ricorso in sede amministrativa o della domanda giudiziale, oppure nell'ipotesi in cui 1a p.a. avesse proceduto all'annuHamento di ufficio dell'atto ,f.mpositivo nell" ambito di tale termine. Ora proprio in considerazione della circostanza che, all'atto dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972 continuava a permanere in vigore il vecchio sistema contenzioso fino a che non si fosse provveduto all'insediamento delle nuove commissioni, si deve ritenere, che nella permanenza della libera scelta della tutela contenziosa da parte del contribuente,. dovesse trovare ulteriore applicazione l'art. 148, necessario corollario del sistema contenzioso, sopravvissuto, seppure per breve tempo alla data di entrata in vigore dei d.P.R. n. 634 e 636 del 1972. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Infatti, va considerato eh('! fa disposizione prevista ne1l'art. 148 non ha pi� senso soltanto con '1'entrata in vigore dela nuovo sistema contenzioso e finsedimento. delle nuove commissioni tributarie, atteso che attualmente, non � pi� consentita 1a possibilit� della �libera scelta del tirpo di tutela contenziosa (principio deHa giurisdizione concorrente), in quanto i�l ricorso al1le Commissioni Tributarie � divenuto obbligatorio per. ogni specie di tributo e pregiudiziale alla tutela giurisdizionale ordinaria, che non assume pi� carattere autonomo rispetto a quella amministrativa, avendo natura di sovraordinazione e di annullamento rispetto alla prima. Pertanto il richiamo all'art. 80 del d.P.R. n. 634 del 1972, effettuato dal giudice di merito, non assume atlcun ri:lievo, �considerato �che ~I riferimento indifferenziato di detta disposizione alle norme contenute nella �legge del d.P.R. n. 634 del 1972 ai fini della loro abrogazione con effetto ex tunc, non ;pu� incidere su que11e norme di carattere processuale, come� quella di cui all'art. 148 la cui ultrattivit�, � necessariamente collegata alla sopravvivenza seppure . a carattere temporaneo, del vecchio . srstema contenzioso. Infatti, l'art. 80 non pu� che riguardare nel suo effetto abrogativo immediato, 1le norme della vecchia legge sul registro di carattere sostanziale. In proposito assume un indubbia rilevanza ermeneutica J'argomento che si ritrae dal richiamo contenuto da:M'atto aMa �disposizione di 1diritto intertemporale, contenuta nell'art.. 77 che indubbiamente � diretta sul piano del diritto transitorio a regolare gli effetti sorgenti dalla �successione della legge in materia di rapporti sostanziali. Da ci� consegue che i rapporti processuali, sul piano del diritto intertemporale rimangono soggetti �l iJ,rincipio di carattere generale, che gli atti del processo sono regolati da11a fogge processuale in vigore al momento del loro compimento ed esulano, quindi, dalla disciplina contenuta negli artt. 77 e 80. Per completezza di motivazione non p_u� non �r�ilevarsi, che, anche a prescindere daHe precedenti considerazioni, J'art. 148 doveva ritenersi ugualmente appilicabile nella fattispecie, atteso che fa domanda giudiziale risulta proposta prima d�ll'entrata in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972 (ovverosia in data 6 dicembre 1972), mentre iii provvedimento di annullamento di ufficio dell'Amministrazione Finanziaria e la pronuncia deHa sentenza, che ha dichiarato cessata la materia del contendere, seppure successivi all'entrata in vigore di tale legge, sono intervenuti entro il termine di novanta giorni da11a proposizione della domanda giudiziale. Ora con riferimento alla ratio legis, su cui si fonda !l'art. 148, che, come si � detto al fine di assicurare �lo spartium deliberandi sull'Amministrazione Finanziaria, d� rilevanza giul1idica aMa scelta �sul tipo di tutela contenziosa effettuata dal contribuente, al momento della prop�sizione della domanda giudiziale, il fatto generatore, previsto dalla norma, va individuato a tale data; cosicch� va ritenuta applicabile ila �legge in vigore 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al momento della proposizione della domanda {ex art. 11 preleggi), nella specie antecedente all'entrata .in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972, anche considerando che al momento della pubblicazione della sentenza permaneva, ancora, in vigore il vecchio sistema contenzioso, al quale la disposizione di cui all'art. 148 era collegata. Dall'accoglimento del rkorso consegue che la causa va Tinviata ad altro giudice, per H nuovo esame, '(anche in ordine alle spese processuali, di questo giudizio di Cassazione), il quaile si atterr� al principio enunciato da questa Corte che cos� si enuclea � ��� L'art. 80 del d.P.R. n. 634 del 1972 non ha dete11minato l'automatica abrogazione dell'art. 148 legge sul reg. abrogata, di natura processuale, ed esulante per tale sua natura dalla previsione della norma di diritto intertemporale di cui a1l'art. 77, per que1le cau.se che .risultano proposte prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972, o dell'insediamento delle nuove Commissioni tributarie atteso -che l'art. 148, quale necessario coro11ario del precedente sistema con:t�nzioso tributario, permane in vigore fino a che quest'ultimo non venga definitivamente sostituito con 1'attuazione del nuovo sistema contenzioso (omissis). CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I, 9 novembre 1979, n. 5779 -Pres. Mirabelli -Est. Carnevale -P. M. La Valva (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Rossi) -c. Soc. Detroit -Sem (avv. A1lorio). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Commissione centrale -Contestazione sulla tassabilit� del reddito -Decisione fondata su ragioni giuridiche diverse da quelle prospettate dalla parte e assunte nella decisione impugnata -Legittimit�. (d.P.R. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 46; cod. proc. civ., art. 112). ' Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Riserve occulte -Supervalutazione delle giacenze rispetto alle rimanenze Applicabilit� art. 107 del t.u. delle imposte dirette -Esclusione Accertamento nel periodo cui si riferiscono le rimanenze sottova� lutate. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 107). La Commissione centrale ha il potere, in base al principio iura novit curia, di porre a fondamento della decisione ragioni giuridiche diverse da quelle prospettate dalla parte e assunte nella decisione impugnata quando nel ricorso contro l'accertamento sia stata comunque contestata la tassabilit� del reddito (1). (1-2) Si deve dissentire su ambedue le massime. I termini della controversia possono cos� sintetizzarsi: una societ� in nome collettivo definisce per concordato l'imponibile dell'anno 1964 che porta, tra Jlaltro, una deter PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 421 Qualora nel bilancio di un esercizio siano indicate le giacenze iniziali per un valore superiore a quelle delle rimanenze finali dell'esercizio precedente, il reddito sottratto alla tassazione � riferito al periodo d'imposta dell'anno precedente nel quale le rimanenze sono state sottovalutate e non pu� essere accertato nell'esercizio successivo, non potendo trovare applicazione l'art. 107 del t.u. delle imposte dirette (2). (omissis) Con il primo motivo del suo ricorso l'Amministrazione finanziaria -denunciando la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 2907 cod. civ. e 46 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, in relazione all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ. -si duole che la commissione tributaria centrale abbia rigettato il suo ricorso per motivi, come queHi dell'inapplicabilit� dell'art. 107 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 posto a base dell'accertamento impunato dalla societ� Detroit-SEM e dell'immodificabilit� e della non integrabilit� dei concordati relativi agli accertamenti concernenti i redditi pl;'odotti negli esercizi precedenti a quello del 1965, del tutto estranei alla materia del contendere ed attinenti a questioni non rilevabili d'ufficio, tanto pi� che sulla regolarit� formale del procedimento di aocertamento si sarebbe formato H giudicato implicito a seguito delle decisioni di merito intervenute nei precedenti gradi del giudizio. m~nata cifra per rimanenze (finali) al 31 d1cembre; nel successivo periodo di imposta la .societ�, nel frattempo trasformatasi in anonima, espone nel bilancio come giacenze (iniziati) al 1� gennaio una somma doppia. Poich� ci� altera evidentemente i dati di biLancio, .t'ufficio acoerta neLlo stesso anno .1965, cui si r1f.er.isce H bilancio, un maggiore reddito corrispondente alla differenza tra i due va'1ori. Ricorre La societ� deducendo che 1a differenza dei valori era giustificata in quanto corrispondente al valore concordato nell'anno �,1964 per Fintero reddito imponibile dal quale non poteva enuclearsi il valore delle rimanenze. La commissione d1strettua1e accogrn.e il r:icorso e fa decisione � confermata dalla comm~ssione provincia1e suHia base di quanto dedotto dai! con tribuente. La Commissione .centra1e adita daWufficio, senza minimamente con siderare 'la questione come pro.spettata dal ricorrente e come decisa nei pre cedenti gradi, ha affermato che, non potendo trovare applicazione l'art. 107 de1 testo unico del 1958, il maggior reddito andava accertato non nell'eser cizio �1%5, ma ne!J'esercizio 1964 nel qua1e era stato sottratto alla tassazione con sottovalutazione delle rimanenze, cosa che pera1tro I'ufficio nemmeno poteva fare perch� per quelrl'anno era stato concluso un. concordato e la successiva dkhiarazione non costituiva valida ragione per modificare il con cordato per sopravvenuta conoscenza di eiementi nuovi. Ha quindi confermato l'annu11amento deH'accertamento non perch� il reddito non esiste oggettiva mente o non � tassabile, ma perch� esso andava accertato in. un esercizio diverso. Questo la Commissione centrate ben poteva fare (prima massima) secondo il princ�!P�O iura novit curia ed � ne1la sostanza conforme a 1egge (seconda massima). In via generale nel giudizio innanzi alle commissioni., imperniato sul ri corso motivato, come non � possibile giudicare su ricorso di generica con 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censura di extrapetizione proposta con il motivo avanti riassunto non coglie nel s�gno. Il vizio di ultra od extra petizione -come questa Corte Suprema ha affermato con un indirizzo ormai consolidato -ricorre quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti (e cio� pronunciando su questioni da esse non dedotte o su eccezioni non rilevabili d'ufficio), attribuisca un bene n�n richiesto o diverso da quel,Jo richiesto, con ci� violando l'inderogabile esigenza, rigpondente ad uno dei connotati essenziali defila funzione giurisdizionaJe, della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. n medesimo vizio -ponendosi con riferimento esclusivo alle questioni rimesse al potere dispositivo de1le parti, cio� a que1le concernenti la domanda, nei suoi essenziali elementi soggetti ed oggettivi, e le eccezioni in� senso proprio, vale a dire quelle eccezioni correlate a diritti potestativi il cui esercizio � rise~ato in modo esclusivo al rispettivo titolare -non � quindi configurabile con riguardo all'identificazione delJe norme in base alle quali >la cop.troversia deve essere decisa, rientrando nel potere-dovere del giudice -alla stregua del principio jura novit curia, attinente aLI'essenza stessa deHa giurisdizione -fa ricerca de1le ragioni giuridiohe pi� idonee a giustificare ,Ja sua pronuncia sulle domande e sulle eccezioni in senso proprio proposte dalle parti. testazione del1'aocertamento, cos� non � possibile accogliere il ricorso per motivi diversi da queLLi dedotti; si pone, tra �l'altro, anche un probJema di contraddittorio e nel caso non potrebbe essere pi� chiaro che Ia duplice ragione deL decidere (riferimento del reddito ad un diverso periodo ed immodificabiHt� del concordato) � giunta assolutamente inaspettata in terzo grado. Affermare che la comrfiiss�ione pu� sempre di ufficio fare applicaca: cione di una delle moltdssime norme della legge sostanziale delile quaJ,i non si � mai sospettata la pertinenza, significa pr:vare le parti di ogni garanzia di difesa. Ma Ia legge sostanziale non � di per s� applicabile se non in relazione ad una situazione di fatto che il ricorso deve individuare e sulla quale il controinteressato deve essere messo in condizione di fare deduzioni difensive in fatto, oLtre che in diritto. Iura novit curia significa che suli fatto dedotto ed individuato, il giudice, anche �senza una indicazione delila parte, deve applicare I.a norma .pertinente, ma non che il giudice pu� decidere su un presupposto diverso da quello dedotto; e non pu� mascherarsi come ricerca della norma giuridica pertinente, l'applicazione di una norma ad un presupposto diverso da quello che � stato contr�verso. E �di fronte ad un ricorrente che sostiene di aver giustamente indicato come valore ddle giacenze una certa cifra, rispondere che l'accertamento non ha individuato il giusto periodo di imposta non significa applicare la norma giuridica al rapporto dedotto. Ci� vai.e per il processo tributario di primo grado. Assai pi� ristretto e il potere del giudice neI giudizio di appello. Ma � assurdo estendere la statuizione deHa massima al giudizio di terzo grado deHa Commissione centrale ed � veramente sorprendente 1'affermazione che innanzi a questa � '1a controversia era stata devoluta nella sua interezza e senza alcuna limitazione�. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . f23 .Poich� la societ� Detroit-SEM -nell'impugnare J'accertamento del reddito che, secondo l'ufficio tributario, sarebbe stato sottratto all'imposizione negli esercizi precedenti a quehlo rispetto a;l quale era stata presentata dalla stessa societ� la dichiarazione da cui lo stesso reddito sarebbe emerso -aveva contestato sia 11'esistenza del reddito, sia la sua tassabilit�, e la controversia, in seguito all'appello proposto dall'Amministra ~ione contro la decisione de1l:a commissione provinciale che ne aveva esclusa l'esistenza, era stata devoluta alla commissione tributaria centrale nelila sua interezza e senza alcuna limitazione, la medesima conimissiione tributaria centrale non � quindi incorsa nel denunciato vizio di extra� petizione per avere addotto, a giustificazione de11a sua pron�ncia di conferma della decisione impugnata davanti ad essa, ragioni .giuridiche �diverse sia da que1le prospettate dalla societ� Detroit-SEM nel suo ricorso e nelle successive difese sia da quelle poste dalla commissione provinciale a fondamento della sua dedsiqne. La commissione tributaria centrale -tenuto conto dell'estensione della materia controversa devoluta alla sua cognizione -aveva, ~nfatti, il potere-dovere di esaminare la questione :relativa a:Lla tassabilit� del reddito, la quaJle 1si poneva, nell'o:rdiine logico, come preliminare �rispetto a queHa concernente la sua esistenza; e -nel ritenere che il reddito accertato, se pur esistente, sarebbe stato riferibile ad un periodo di tassazione diverso Anche i1 giudizio di terzo gr.ado �, speciaLmente oggi, di merito quando non cade suLla valutazione estimativa (cass. 22 dicembre 1977 n. 5086 in questa Rassegna, 1977, I, 874, con nota di C. BAFILE); non � dubbio tuttavia che nel ricorso �debbono essere esposti il fatto, le questioni ed i capi della decisione contestata indicando .gli artico![ di legge o di regolamento che si affermano violati o erroneamente applicati� (art. 46 r:d. 8 h1g1io 1937 n. 1516) ovvero � ~�esposizione sommaria di fatti e i motivi del1'impugnazione � i qua1i potranno vertere su � vio1azione di legge e questioni di fatto� (artt. 25 e 26 d.P.R. n. 636/.1972). 1In nessun caso il giudizio di terzo grado potr� .abbracciare tutta la ma teria controversa e controvertibile nei precedenti gradi ove non esista un motivo di fatto e di diritto specificamente dedotto in via principale o in via incidentale. Meno che mai a vantaggio �de1 1resistente potr� essere 'immutato il fatto presupposto della decisione. La �seconda massima non ha centrato i1 problema. L'esigenza, implicita ne1La normativa del t.u. del 1958 ma fondamentale della scienza della conta biJiit� (oggi espressam~nte codificata neU'art. 62 del d.P.R. n. 597/1973 e nel l'art. 2425 bis cod. civ.), che le rimanenze finali coincidano con le giacenze iniziali, � di ovvia necessit�: 1e rimanenze finalii stanno aH'attivo deI bilancio prece dente e le giacenze iniziali al passivo del bilancio seguente; alterando i valori, iL bi-lancio seguente viene ad essere irreaLe nel passivo. Da ci� consegue che H bi1ancio che <reca 1'a1terazione � quello che va rettificato e non iil prece dente che .poteva ben essere rego1are. � deI tutto errato il ragionamento che il reddito si sarebbe prodotto nel! f'esen:izio �.precedente ne1 qu3!le le rimanenze �sono state sottovalutate e che il successivo biLancio d� soltanto la dimostrazione di questa sottovalutazione. 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da quello indicato dall'ufficio tributario nell'atto di accertamento ha pronunciato entro i limiti della controversia sottoposta al suo esame, avendo soltanto individuato una diversa ragione giuridica, di carattere preliminare rispetto a quella addotta dalla decisione impugnata, idonea a giustificare la pronuncia di annullamento dell'accertamento di questa contenuta. La ragione giuridica addotta dalla commissione tributaria centrale attiene, infine, aHa sus�sistenza dei presupiposti dell'a!ccertamento -e non gi�, come erroneamente affernna il'Amministrazione ricorrente, aUa regolarit� formale del procedimento di accertamento; e concerne, quindi, una questione di .carattere sostanziale, la cui rilevabilit� d'ufficio non incontrava alcuna preclusione nel fatto che non fosse stata specificamente dedotta dalla societ� Detroit-SEM nel ricorso da questa pr~osto contro l'accertaimento. Con i:1 secondo motivo -denunciand� la violazione e Ja falsa appilicazione degli artt. 3, 17, 31, 32, 35 e 107 del t.u. 29 .gennaio 1958 n. 645, nonch� l'i!11sufficienza e la contraddittoriet� dclla motivazione -J'Amministrazione finanziaria sosti�ne 1che ~l �reddito, pari alla differenza tra iJ valore deMe merci giacenti in magazzi!11o ail 1� gennaio 1965 e quello delle stesse merci ail 31 dicembre 1964, emerso da:lla diohiarazione dei redditi presentata dalia societ� Detroit-SEM per il'esercizio 1965, era tassabile in questo esercizio e non -come ha ritenuto invece la commissione tributaria centrale -negli esercizi precedenti, giaoch� dichiarare, per un determinato esercizio, che iii valore delle giacenze iniziaili � superiore a quello deHe rimanenze dell'esercizio immediatamente precedente equivale a sottrarre iii reddito alla tassazione in queH'esercizio, facendo apipadre Di fronte a due valori diversi che devono essere necessariamente uguali, mentre � necessario ristabilire l'eguagLianza, non interessa sapere quale dei due valori � giusto e quale � alterato. Potrebbe anche essersi verificata una sottovalutazione de1le rimanenze, ma ci� non autorizza H contribuente ad aumentare i1 valore di queste ne1lfesercizio successivo, e meno che mai �il non aver rett~ficato la valutazione deLle rimanenze o Faver conco11dato questo valore consente al contribuente di sottrarre a tas�sazione un reddito ne1l'esercizio successivo. Il valore dichiarato o concordato � vi=o1ante anche per H contribuente. Ma la sottovalutazione deLLe rimanenze (ne11a specie meramente ipotizzata) non � affatto una necessdit�; potrebbe esservil stata un',1neccep1bilie valutazione, o anche una sopravvaJiutazione, ed esservi egualmente un divario perch� viene arbitrariamente innalzato i[ valore delle giacenze. In ogni caso quel che risulta scorretto e da rettificare � il bilancio che porta le giacenze aumentate, perch� questo espone nel passivo una somma non ammissibile e di conseguenza sottrae aUa tassazione una parte del reddito in quelJJ'esercizio. Bisogna ancora osservare che il problema della individuazione de~ periodo di imposta al! quale Q'aocertamento va �riferito non pu� affatto por.si per le rimanenze. L'intero s1stema di impostazione del conto dei profitti e delle I,. 1:: !i -� . lm . lfiiir!@1ilf.trifir~ir1if#�f:i.i�l.�jJtJJ�#�f#Ftlll�l���J1illfir��r� PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 425 come gi� tassato per l'intero un reddito che � stato tassato solo per una parte. La tesi dell'Amministrazione finanziaria non pu� essere condivisa. L'imposta sui redditi di 'ricchezza mobile -come emevge dal combinato disposto degli artt. 81 e 3 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 (sotto il rigore del quale sorse H 'rapporto tributario in relazione a:l. quale � stata pronunciata Ja decisione impugnata) -aveva rper oggetto il reddito netto, in denaro o in natura, prodotto dail soggetto in un determinato periodo di imposta, cui cordspondeva una obbligazione tributaria autonoma. L'autonomia dEill'obbligazione tributaria relativa a ciascun periodo di imposta comportava ohe non era consentito, di regola, tener conto di un presupposto di imposta verificatosi in un dato periodo ai fini della determinazione del reddito imponibile concernente un periodo di imposta successivo, ancorch� esso fosse emerso in questo periodo. L'art. 107 del citato t.u. 29 gennaio 1958 n. 645) derogando a questa regola -disponeva che i redditi sottratti a tassazione negil.i eseroiti precedenti concorrevano a foI1lllare il reddito imponibile del periodo di imposta nel quale erano stati imputati a capitale o distribuiti o comunque erano emersi dail bilancio. Dato iJ suo carattere eccezionale, la norma, come era confeT>mato dai suoi precedenti (art. 22 de1la legge 5 gennaio 1956 n. 1; art. 24 del r.d. 3 giugno 1943 n. 589) ed � stato esattamente posto in evidenza dalla decisione impugnata, poteva trovare applicazione soltanto a quei Tedditi, sottratti all'imposizione nei periodi di imposta in cui erano stati prodotti, rispetto ai quali il competente ufficio distrettuale delle :imposte diTette non avrebbe potuto procedere aMa rettifica dei redditi compresi nelle perdite comporta che il 'corrispettivo dei beni prodotti, ma non ceduti in un esercizio determinato, viene imputato per una parte ne11'esercizio in cui sono prodotti (in base ad un valore stimato che � appunto queLlo deL!e rimanenze) e per ~�eventuale eccedenza ne1l'eseroizio in cui sono ceduti in base al prezzo realmente conseguito che costituisce il ricavo). Vi � sempre uno scavailcamento da un esercizio aH'altro, ma in ogni caso i1 valore complessivo sar� sempre corrispondente aL ricavo. In conoreto dar bene ceduto per il corrispettivo x si dovr� dedurre la rimanenza stimata pari a y gi� imputata nelL'esel'Cizio iprecedente (,per questo ile giacenze iniziali, d'importo uguale alle rimanenze finali, vanno coLlocate nel pas,sivo); ma neL comples�so, anche se rilpartito in due esercizi, il 1provento attivo sar� sempre il medesimo e corrispondente al corrispettivo conseguito. Ma poich� le rimanenze sono un valore stimato con criteri che per quanto dettagliata.mente disciplinati sono pur sempre elastici e prudenziali, resta neLla discrezione ,del contribuente un notevole margine di valutazione che rende �difficile l'accertamento in crettifica. D'altra parte non vi � interesse ad una rigorosa rettifica delle valutazioni, sa1vo casi evidenti di vio}azione di legge, pel'Ch� la valutazione contenuta delle rimanenze sar� sempre compensata da un maggiore rkavo neLl'esercizio successiv�. In definitiva � fasciata aMa discrezione de11'imprenditore la possibilit� di ripartire i1 reddito fra due esercizi restringendo e dilatando, pur entro i limiti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 426 dichiarazioni relative ai medesimi periodi di imposta per essere scaduti i termini di decadenza 1previsti per 1l'accertamento dall'art. 32 del testo unico ipi� volte citato. II reddito <risultante dalla differenza -emersa attraverso il raffronto dalle dichiarazioni dei redditi presentate in relazione ai corrispondenti periodi di imposta -tra H valore delle rimanenze finaild di un esercizio e queHo delle giacenze iniziali del.l'esercizio Jmmediatamente successivo non pu� ritenersi prodotto, contrariamente a quanto sostiene l'Amminiistrazione ricorrente in quest'ultimo esercizio, giacch� -come ha �ritenuto l'ufficio dei1le imposte in �sede di accertamento -in questo esercizio non 1 era stata realizzata alcuna attivit� produttiva di nuovo Teddito, ma si era soltanto riportato ailla sua effettiva espressione monetaria il valore delle merci sottova�lutate al momento della chiusuTa dell'esercizio precedente al fine di occultare una parte del reddito prodotto ncl corso dello stesso ese11cizio. La. sottrazione del r~ddito all'imposizione si era veri.ficata perci� non gi� nel periodo di imposta corrisipondente aill'esercizio successivo, ma in que1lo relativo all'esercizio precedente nel quale iJl Teddito medesimo era stato prodotto ed occultato mediante l'indicazione di un vailore monetario delle riinanenze inferiore a quello corrispondente al loro vailore reale. La dichiarazione, per un determinato eserci2lio, di un valore delle giacenze iniziali superiore a quehlo delle rimanenze finali dell'esercizio immediatamente precedente dimostrava indubbiamente che un reddito era stato sottratto ahl'imposizione: ma tale ,sottrazione era avvenuta nell'esercizio precedente, nel quale il reddito era stato prodotto e si era dehla ragionevolezza e senza !Possibilit� di rettifica del!l'ufficio, ~a valutazione deHe rimanenze. � Essendo connaturale ail sistema delil'imposUWione del conto dei profitti e delilie pe11dite lo slittamento da un esercizio all'altro delJle componenti attive de1 bil�ncio iper ci� che attiene alJe rimanenze, non si pu� minimamente porre n� problema del riferimento deH'aocertamento aWuno o al!l'alitro esercizio. Se Ie giacenze inmali sono sQPravvtaliutate in ogni caso potr� essere retti ficato i1 bila11-cio che contiene questa posta, anche se sarebbe stato !POSsibHe rettificare il bilancio precedente per sottovalutazione deHe rimanenze e ci� si � preferito non fare. La discrezione che � Jiasciata ail contribuente spetta anche a11'ufficio. In tutto questo problema forse non. entra affatto L'art. �107 del t.u. del 1958. Si tratta �di cosa assai ipi� modesta deMe riserve occU!Lte che riemergono in un successivo periodo e d'altra parte, almeno oggi, la corrispondenza tra rimanenze e giacenze interessa non soltanto 1e societ�, ma ogni imprenditore. Ma se anche le riserve occulte, che sicuramente riguardano redditi prodotti in precedenti periodi di imposta, sono tassabili. in quello in cui emergono nel bilancio, a maggior mgione sar� rettificabile nel periodo in cui affi�ra l'in genua manovra diretta a ridurre il �reddito di quehl� stesso periodo. C. BAFILE PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 perci� realizzato il presupposto dell'obbligazione tributaria, mentre dalla dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio successivo ne era soltanto emersa la prova. Conseguentemente, iI reddito pari alla differenza tra .il valore deHe merci giacenti in magazzino al 1� gennaio 1965 e quello delle stesse merci al 31 dicembre 1964, emerso dailila diichiari:izione dei redditi presentata dailla societ� Detroit-SEM per f'eserci.ri.o 1965, sarebbe stato tassabile nel periodo di imposta corrispondente a questo esercizio solo se si fossero verificati tutti :i presupposti -di cui la decisione impugnata, con statuizione sul punto in alcun modo censurata dall'Amministrazione ricorrente, ha esoluso la ricorrenza -necessari ai fini dell'applicabilit� de1l'art. 107 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5944 -Pres. MirabelJi -Est. ZappuHi -P. M. La Vailva ~conf.). Soc. Roccolo c. Ministero .delle Finanze (avv. Stat� Camerini). Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile ed altri tributi diretti -Agevolazione per l'industrializzazione dell'Italia settentrionale -Svolgimento di attivit� nelle zone depresse per l'incremento produttivo e l'occupazione di mano d'opera (legge 29 luglio 1957, n. 635, art. 8). L'agevolazione per le nuove imprese artigiane e piccole industrie dell'Italia settentrionale ha come presupposto lo svolgimento nelle zane agevolate di attivit� effettiva e concreta idonea ad incrementare la produzione e l'incremento della mano d'opera; non soddisfa tali esigenze una attivit� intermediaria, anche se accompagnata da progettazioni, coordinamento, finanziamenti e simili, e se pure esercitata in forma di impresa (1). {omissis) La ,societ� ricorrente ha censurato la decisione ~mpugnata, con I'unico motivo dei! ricorso, per violazione dell'art. 8 della legge 29 Jugldo 1957, n. 635, lamentando che la commissione centraile abbia erroneamente affermato che essa, anche se ufficialmente dassificata impresa edhle, era stata priva di propria attivit� imprenditoriale per mancanza di personale dipendente e per 11'affidamento a terzi della costruzione, senza determinaa:e (1) Decisione esatt1ssima, che si riallaccia a11a precedente 6 lug1io 1977 n. 2967 (in questa Rassegna .1977, I, 694); in passato, con diverso criterio, si era estesa 1'agevo1azione ad imprese aventi sede neUe zone agevolate che svolgevano attivit� all'esterno (16 gennaio .1975, n. 166, ivi, 1975, 1086). 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alcun incremento nello sviluppo del territorio economkamente arretrato al quale si riferiva rla ~egge n� alcuna occupazione di mano d'opera. Secoodo [a ricorrente, la � novit� � dell'impresa e il suo operato avevano, invece, ugualmente agevolato, di!rettamente o indirettamente, l'OIOCupazione di mano d'opera e lo sviluppo ecooomico della zona, mentre la costituzione del l'imrpresa risultava dai cevtificati della camera di commercio e fo svolgi mento di un'attivit� !imprenditoriale noo poteva essere negato per la sua forma 'di societ�, non essendo necessaria, a tal fine, la presenza .di perso nale dipendente. Infine, sosteneva rla societ� che la sua attivit� di progetta-, zione, acquisto di terreni, fornitura di materiali e attrezzature aveva con sentito que11'occupazione che aitrimenti non si sarebbe verifioata. H motivo � infondato. Invero, fine fondfimentaile del citato art. 8 della [egge 29 luglio 1957, n. 635, � stato quello di incrementare, attraverso l'agevolazione fiscale da esso prevista, nelle zone cosiddette economicamente depresse Je attivit� produttiive e la conseguente occupazione di mano d'opera da parte di imprese artigiane o piocole inclrustirie, in se stesse considerate e non nei riflessi che ile stesse potevano avere indirettamente nelle zone suddette.� Per tal motivo questo Supremo collegio, da un lato iha ripetutamente affermato fosigenza per J'appilicazione del beneficio in questione della �novit� � de11'impresa, indipendentemente dal mutamento del titolare (Cass., 22 febbraio 1979, n. 1131), con esclusione della stessa quando si tratti soltanto di trasformaziOn.e, ampliamento e miglioramento dell'azienda (Cass., 24 maggio 1978, n. 2592), e, d'altro lato, ha escluso l'app1icabilit� del beneficio stesso quando� �si tratta di impresa che abbia solo fa sede nel Comune compreso tra queHi previsti dalla citata [egge, senza svolgere alcuna concreta attivit� nel medesimo. Al contrario, sono state ammesse al beneficio anche imprese produttive di servizi, quali i trasporti, quando, attraverso l'assunzione di personale e l'dinstallazione in loco di autorimesse, officine e altre attrezzature, si realizza quella attivit� nel Comune anche se essa si estende in altre zone (Cass., 27 luglio 1976, n. 2985; 16 gennaio 1975, n. 100) mentre i1l beneficio non � applicabi!le quando l'attivit� dell'.impresa si svolga esclusivamente fuori del territorio di quel comune, con assen2la in quest'ultimo di un incr�mento deHa produzione (Cass. 6 luglio 1977, n. 2967). Come appare da questo complessivo indirizzo �giurisprudenmale, � stata costantemente richiesta per l'applicazione del beneficio fiscale in questione una effettiva e concreta attivit� diretta e immediata nelle zone depresse, si'a sotto H profilo dell'incremento produttivo sia sotto quello dell'occupazione proficua di mano d'opera. Invece, la mera attiv.it� intermediaria, anche se accompagnata da . progettazioni, coordinamento, finanziamento e altro, indipendentemente dalla sua classif�cabilit� come industriale o commerciale, non pu� ritenersi compresa nel campo di applicazione della citata norma, pur se PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 relativa ad una impresa, pe11ch� il mero carattere imprenditoriale dell'attivit� e del soggetto contribuente non � sufficiente ad attribuire il diritto al beneficio fisoale previsto, occorrendo, invece, ila stretta connessione tira quella attivit� e l'oocupazione di mano d'opera locale insieme aWincremento economico. lil mero coo:rdinamento delle attivit� produttive di altri imprenditori, locaili o no, rpur se accompagnata da progettazioni e finanziamenti di indubbia utiHt�, non d� 'luogo ad una 111uova e diversa attivit� produttiva rispetto a quelle svolte dalle imprese appaltatrici o comunque da essa incaricate -(omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6022 -Pres. NoveMi -Est. Granata -P. M. Gambogi (diff.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. Loi (avv. AMorio). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado Estimazione semplice e complessa -,Accertamento dell'intento speculativo -Connessione con questione di applicazione della legge -Decisione sull'mtera controversia. Tributi erariali diretti � Imposta� sui redditi di ricchezza mob:ile -Plusvalenze -Vendita di azioni -Intento speculativo presunto -Esclusione � Proposito di far elevare il prezzo delle azioni acquistate -Non � necessario. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 81). Nell'ordinamento processuale tributario anteriore alla riforma l'estimazione complessa, conoscibile dalla Commissione centrale e dal giudice ordinario, era caratterizzata dalla inscindibilit� di questioni di fatto e di diritto per un.a ragione di economia processuale in modo da evitare o ridurre il frazionamento del giudizio e le conseguenti complicazioni procedimentali di sospensione o di rinvio. Di conseguenza se una questione di mero fatto (nella specie sussistenza dell'intento speculativo) � connessa con una o pi� questioni di diritto (nella specie stabilire se nella vendita di azioni l'intento speculativo presenti una natura giuridica particolare) sull'intera questione pu� pronunziarsi la Commissione eentrale (1). (1-2) Nuove riflessioni sul giudizio di terzo grado nel nuovo processo tributario. 1) Dopo Ia fondamentaiLe pronunzia dehla S.C. 22 novembre 1977 n. 5086 (in questa Rassegna 1977, I, 874, con nota di C. BAFILE, Osservazioni sul giudizio di terzo grado nel nuovo contenzioso tributario) che, affrontando per la prima vo1ta il probLema, delrl.ne� con ampio approfondimento tutti i caratteri 430 RASSEGNA DELL'AWOCATUR~ DELLO STATO Nella vendita di azioni l'intento speculativo non si presenta con caratteri di particolarit�: n� esso � connaturale all'operatione sol perch� definita atto commerciale dall'art. 3 dell'abrogato codice di commercio, n� esso deve consistere, con un quid pluiris rispetto ad una ordinaria operazione speculativa, nel proposito di determinare un artificioso rialza delle azioni in vista della prossima rivendita {2). (omissis) Con i tre motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente peT le re�iproche interferenze che le conSiiderazioni motive appresso svolte metteranno in '1uice, 1l'Amministrazione deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario relativamente ail diretto accertamento della esistenza o meno, in concreto, dell'dntento speculativo, trattandosi di questione di estimazione semplice (primo motivo); comunque ~a non necessit�, alla stregua della normativa del 1877 app:Hcabile a1Ia specie, del giudizio di terzo grado, sono intervenute varie altre sentenze che offrono lo spunto per ulteriori approfondimenti. In via generale viene mantenuta la Iinea de1la prima decisione che, fra le numerose proposizioni rprob1ematiche, fece emergere in modo particolare la conNnuit� dal vecchio aL nuovo processo attraverso la conservazione, pur con diversa terminologia Legislativa, della contrapposizione tra estimazione semplice e estimazione complessa: Con la sent. 19 settembre .1978 n. 4195 {ivi, 1979, I, 189), riaffermando la perfetta identit� di oggetto dei due giudizi a1ternativi di terzo grado della Commissione centra1e e deHa corte di aippehlo, fu ancora utilizzato i1 concetto di estimazione ,complessa (questioni di fatto che costituiscono il necessario presupposto per }'applicazione deLla legge) per rkomprendere nei poteri decisori deL giudice di terzo grado le questioni di fatto presupposto dehle agevolazioni. E d� sebbene con precedente decisione 13 Luglio .1976, n. 2629 (ivi, 1976, I, 11035) si fosse affermato che l'a.ocertamento dei presupposti de1l'agevo1azione, sempre conoscibili dal giudke di terzo grado, non � mai ricondudbi1e a1l'estimazione, n� sempLke n� complessa. � noto che tradizionalimente per estimazione complessa si intende tutto ci� che, 1cadendo nelll'area del giudizio di terzo grado, si concreta" in una valutazione giuridica pi� o meno estesa anche al fatto, si che non ha �gran signM:�cato la precisazione che 1a applicazione di una norma di agevolazione non attiene aHa estimazione (valutazione) in senso stretto. � invece significativo i1 fatto che pi� recentemente, in una delilie prime definizioni deL giudizio di terzo grado si sia voluto rkondurre anche l'accertamento de1 presupposto deWagevolazione aLl'estimazione complessa, non senza un proposito di valorizzare questo colllOetto come unico criterio di caratterizzazione d<el giudizio di terzo grado. Un'ulteriore conferma .si trova nelLa sent. 12 maggio ,1979, n. 27319 (ivi, 1979, I, 763) che, utilizmndo gLi stessi criteri, riconduce esattamente alila estimazi01J1e sempldce 1e questioni di v.aLutazione deLla �prova suhl'esistenza de1 presupposto deJ.La imposizione; anche in questo caso si � al di fuori de1la vera e propria vaLutazione estimativa, ma � opinione concorde che tutte le questioni sulla valutazione de1la prova non esorbitano dai11a estimazione semplice (sono invece di estimazione complessa Le questioni suhl'onere dd1a prova), come pure vi sono compresi tutti i problemi suWesiistenza dd presupposto o di un elemento di i~ .!: ! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 di tale intento per la tassazione delle rplusvalenze in genere e -con riferimento all'espressa qualificazione ex art. 3 cod. comm. del 1882, de1la comrpravendita di azioni come atto di commercio -per Ja tassa. zione deNe plusvalenze relative a siffatti titoli in rparticolare (secondo motivo); fa erroneit� in diritto delila nozione di intento specUilativo in materia di commercio di azioni adottata dalila Corte di aippelJlo e la conseguente arbitraria svalutazione degli elementi di fatto diversamente e correttamente apprezzati, invece, dai primi giudiici (terzo motivo). E corrispondentemente denunzia: �con ~l primo mezzo, violazione degli artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e 22 r.d.l. 7 gosto 1936, n. 1639, in relazione all'art. 360 nn. 1 e 3 cod. proc. civ. -difetto di giurisdizione; con :il secondo mezzo, violazione degli artt. 3, 8 e 30 t.u. 24 agosto 1977, n. 4021, 3 legge 8 giugno, 1936 n. 1231, 6 legge 11 gennaio 1951, n. 25 e 1 'legge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione aill'art. 360 n. 3 cod. esso, come fu tra Faltro affermato con la menzionata sent. 22 novembre 1977, n. 5086. Partendo dal:Ie stesse esatte premesse � pervenuta ad una dubbia conclusione sul punto de11'accerta.mento de!W'intento speculativo la sent. 19 febbraio 1979, n. 1075 (ivi, 1979, 496); sul problema dell'iintento speculatiirvo avremo occasione di tornare commentando la sentenza ora intervenuta; intanto interessa l'affermazione che l'estimazione comp1lessa �, oggi come ieri, il concetto guida de1 giudizio di terzo grado. Con la sent..10 ap11He 1979, n. 2046 (ivi, 1979, I, 719) lia S.C. ha mostrato una certa esitazione ad utilizzare ancora la contrapposizione tra estimazione semplice e complessa, anche se nel caso deciso (legittimit� deU'accertamento motivato sinteticamente) ha poi seguito gli stessi criteri. Giudicando sorprendentemente �isolata� La importante gi� menzionata sentenza n. 5086 del 1977, ha mantenuto in termini a1quanto generici la definizione deil. giudizio di terzo grado; dovendo per� affrontare La decisione, non ha potuto evitare di ripetere che rientrano nei poteri deHa Commissione centrale le questioni di fatto che sono necessario presupposto per l'applicazione � della legge, il che va1e a dire, pur non volendo usare quel termine, 1a tradizionale nozione di 1 estimazione comp1essa. La stessa ,prudenza emerge dail!la pronuncia delle :Sez. un. ora intervenuta; ins~stentemente riferisce la sua statuizione �all'ordinamento processuale tributario anteriore aHa riforma del .1972 �, quasi temendo che sul punto possano essere intervenute innovazioni. Si deve pera1tro ritenere che, non ostante quest� riserbo (forse Oipportuno in una situazione di specie che non dava occasione ![ler invadere il nuovo contenzioso) non si possa tornare indietro rispetto alla decisione numero 5086 del 1977; un diverso� cammino, in ogni caso di ben difficile impostazione, o1'tre ad incontrare 1e gravi diflkoLt� delila costruzione di nuovi concetti, urterebbe anohe contro problemi di legittimit� costituzionale, ove si volesse diversamente delineare neHa sostanza il giudizio di terzo grado; se poi si volessero proporre, come peraltro ha fatto iJ! legislatore deILa riforma, novit� �S01tanto terminologiche, sarebbe opera inutile, anzi dannosa. 2) La seriten:l)a che si commenta ha so:l!1evato un aspetto nuovo del pro blema, proponendo una solluzione, che si vorrebbe in armonia con Ja tradi 432 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO proc. dv.; con il terzo mezzo, violazione delle norme gi� indicate nella rubrica del mezzo precedente, nonch�_ degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione aN'art. 360 nn. 3 e 5 �Cod~ rproc. civ.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione ,all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. Infondato nel primo e nel secondo mezzo, H ricorso � fondato e va accolto, per quanto di ragione, in relazione al ~erzo. Premesso ohe nella rpresente causa il problema di giurisdizione va deciso 'alila stregua dell'or,dinamento processuale ,1Jributario anteriore aHa riforma del 1972, assendosi il giudizio davanti aihle Commissioni tributarie concluso e quello davanti al giudke ordinario avendo avuto inizio nel 1968 (art. 43; quarto com:ma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636), va subito rilevato come nella tormentata elaborazione giudsrprudenziale delle nozioni di estimazione semplice e di estimazione cdmplessa, volta - in qucll'ordinamento -ana delimitazione, in funzione della prima, delzione, ma che so1leva mo1ti dubbi. Si deve premettere che non esistono le paventate differenze tra vecchio e nuovo ordinamento iprocessuale, si che la statuizione � perfettamente attuale. Ora partendo dalla corretta premessa che, ordinariamente, l'a.ocertamento dell'intento speculativo � una questione di mero fatto o di vailutazione deLlra prova (in ci� correggendo La menzionata sentenza 19 febbraio 1979, n. 11075), ha tuttavia ritenuto che il-giudice ordinario (o <la Commissione centrale) potesse egualmente accertare L'esistenza deH'intento speculativo essendo questa questione connessa ad alit:re implricanti l'appMcazione delLa legge. � Le questioni -di fatto involgenti questioni di diritto rellative ,aLL'interpretazione di norme giuridiche, cio� alila sussumib�lit� dei fatti nella astratta fattispecie impositiva e quindi, ancora, aL1a interpretazione dehla norma che questa configura� sono di estimazione complessa; fin qui fa ;proposizione -� ineccepibile, come ipure lo � la opportuna precisazione che il fatto considevahlle va riferito non solo al quantum ma ,anche alll'an dell'imposirdone. Ma, prosegue fa sentenza, occorre da iprima identificare la fattispecie normativa per poi utiilmente !Passare a verificarne 1a realizzazione in concreto; l'inscindibUit� dei due momenti dei quahl consta la composita ma unica questione si spiega � con una ragione di ecorn;>m�a processuale '" in quanto si porta alL'esame del medesimo giudice davanti al quale il profilo ipi� strettamente di diritto sarebbe in ogni caso ded-i:tcibiLe, anche i1 profilo pi� strettamente di fatto � in guisa da evitare o da ridurre il frazionamento del gjudizio e le conseguenti complicazioni procedimentali ,di sospensione (da parte de1L'organo eventualmente investito di giurisdizione soltanto sul secondo profilo) o di rinvio (da parte de11'ovgano eventualmente investito di giurisdizione soltanto sul primo profilo�). Aiccade cos� che La medesima questione di fatto, �secondo insorga oppur no insieme ad essa la corrispondente questione di qua1ificazione giuridica �, rimane fuori daL1'area de11a estimazione complessa o vi rientra. E ci� spiegherebbe 1La diversit� delle conclusioni attinte della giurisprudenza nella appLicazione concreta delle nozioni di estimazione semplice e complessa. Venendo poi aHa questione specifica La S.C., riilevato che si discuteva non soltanto deH'intento ,speculativo ma anche della identificazione in dfa:ito della fattispecie impositiva {si discuteva del momento al quale andava riferito l'intento speculativo e se, argomento della 1seconda massima, esso fosse conrrai: ~:: ~~~ ~~~ E:: jll i:: .............,~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 l'area di cogni:zJi.one riservata alile commissioni tiributarie cli merito e, per converso, preclusa al controllo 'diretto e della commissione centrale e del giudice ordinario, punto fermissdmo � quello della estraneit� a taile area delle questioni 'cli fatto� involgenti questioni di diritto relative ailla interpretazione rdi norme giuridiche (Cass., Sez. Un., 4 agosto 1977, n. 3465), cio� alla sussumibiilit� dei fatti neWastratta fattispecie impositiva e quindi, ancora, �alla interpretazione ldeHa norma che questa con1 figura (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 1978, n. 356). Oi� perch�, al verificarsi di tale evidenza, la questione, anche quando coinvolga hl fatto estimativo (questo riferito -secondo 1.liil indirizzo giurisprudenziale costantemente seguito, con 1l'unioa eoceziorne�di Cass., 7 dicembre 1%7, n. 2899, da questa Corte Suprema: ofr. da ul1timo e Tiassuntivamente Oass., 22 novembre 1977, n. 5086; anteriormente, fra le tante, Cass., Sez. Un., 17 maggio 1975, n. 1926; Cass., 18 tlugilio 1973, n. 3094 -non solo al quantum, ma anche aM'an della imposizione), non � pi� di fatto soltanto, ma diventa turale alila vendita di azioni o, al contrario, se per questa operazione si richiedesse un intento speculativo con connotazioni particolari, questioni tutte inerenti al� paradigma legale della fattispecie) ha ritenuto che il giudice ordinario potesse deddere l'intera questione e quindi anche quehla di puro fatto siccome attratta nelle altre questioni di qua1ificazione giuridica. Non :si pu� aderire a questa conclusione; in particolare non sembra che la ragione d'essere dehl'estimazione complessa sia di � economia ;processuale � ed ancor meno pu� ammettersi che una questione possa essere portata ad uno o ad altro giudice a seconda che � insorga oppur no �, in modo che ben potrebbe essere specios<>, una connessa questione; nemmeno pu� dirsi che questa sia la ragione per la quale l1a giurisprudenza � sempre stata tormentata. Le premesse esatte da cui la decisione � partita non configuran<> minimamente una tade elrasticit� che, rimessa i!Mmitatamente al potere dispositivo deHe parti, avrebbe comportato addirittura uno spostamento de11ra giurisdizione; ;per decenni si � tentato di al!1argare n campo dehl'estimazione complessa iper rendere possibile la inJIPugnazione (in terzo .grado innanzi alfa Commissione centrale ed eventualmente per due gradi innan2:i aU'A.G.0.), ma non si � mai ricorso ad un tale f.acii!issimo espediente e mai Jia giurisdizione ha avaMato simild tentativi. Infine nel .s~stema processuale � sempre rimasta dominante la regola deLla sospensione de1 giudizio di valutazione per la risoluzione di una questione pregiudiziale di diritt<> (imposte indirette) e de1 rinvio per rinnovare il giudizio di valilitazione {imposte dirette). � vero che H problema diventava pi� difficile ne1 processo innanzi aH'A.G.O., che non era di impugnazione; non si escludeva peraltro nemmeno in questo caso una possibili.t� di rinvio alla commi,ssione d:1 meriiito. Oggi comunque � stabrnta con precisione la regola de1 rinvio quando a seguito della decisione de1 giudice di .terzo grado occo11re ripetere (<> compiere per la prima volta) H giudizio di mera valutazione. Quali e quante possono essere le questioni di diritto connesse o pregiudiziali ad una valutazione, esaurita la decisione di queste, resta un pr<>blema di pura stima quantitativa (valutazione estimativa) � che deve essere affrontata dalla com RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO anche, e ancor prima, di diritto, posto che, preliminarmente all'indagine volta ad accertare fa sussistenza del fatto ,tributariamente rilevante, sorge in siffatta situazione la necessit� di stabiJ1ire quale sia tal fotto; 1 occorre, cio�, da prima identif�oore la fattispecie normativa rper poi poter utilmente passare a 'Verif�caroe la reailiz:mzione in concreto. La insoindibillit� dei due momenti, pur fogicamente distinguibili, dei quali consta la composita, ma, ai fini qui considerati, unica questione cos� !insorta, si spiega con una ragione ,di economia processuale, essa consentendo di portare aH'esame del medesimo giudice, da'Voo.ti al quale hl profilo pi� strettamente di diritto sarebbe in ogni caso deducibile, anche e direttamente il profilo pi� strettamente di fatto, in guisa da evitare o da ridurre -in corrispondenza dell'area oggettiva e dellle fasi processuaLi in cui ta:le meccanismo opera -il frazionamento del missione di merito e non ipotr� mai essere affrontata, quali che siano le possibili connessioni, dal giudice .di terzo grado. E ci� non vale soltanto per la vera e propria valutazione estimativa (di quantit�) ma anche per tutte le questioni di puro fatto che si fanno rientrare neL concetto (allargato) idi estimazione sempLice; l'esistenza del fatto presupposto, la valutazione deUa prova, l'esistenza deWintento S\I)ecuLativo ecc., sono tutte questioni di mero fatto decidibHi solitanto daJJLe comm~ssionJ. di merito, Potranno sorgere accanto a queste, diverse questioni implicanti valutazioni giuridiche, connesse o pregiudiziaLi, ma Jia .decisione di queste questioni rimarr� sempre distinta e non .determiner� attrazione ohe possa superare la necessit� del rinvio. Questo naturalmente non significa che H giudizio di terzo grado � di sola legittimit� come quelilo di cassazione. A:l contrario tiJJ.1 giudizio � di medto (tranne che rper l'impugnazione per vizi del procedimento de1le decisioni di soLa valutazione estimativa), ma � sempre incentrato su una questione di diritto; quando questa esiste i1 giudizio � esteso anche al fatto che ne costituisce il presupiposto, ma mai aLla questione di� puro fatto. Mentre nel .giudizio di cassazione esiste La distinzione tra giudizio rescindente e giudizio rescissorio si che lia questione di diritto � giudicata in astratto disgiuntamente dal fatto, nel giudizio di terzo grado La ques.tione di diritto � giudicata in concreto unitamente ail fatto, ma nell'uno e nell!alrt:ro caso quel che rende ammissibile i~ giudizio � una questione di� appLicazione della legge. Potrebbe in oondusione dirsi, �per rendere 1pi� chiaro i1 concetto, che al fine di stabiLire 1',ammissibilit� delfimpugnazione di terzo grado occorre prima verificare ,l'esistenza di una questione di applicazione della legge (tributaria e non); ove questa esista .il giudizio che � di merito si estende a1 fatto che ne � il !Presupposto. Non sarebbe invece corretto il procedimento opposto, partire cio� da una questione �di mero fatto per stabHire se questa � complkata da questioni di diritto; La questione di mero fatto resta tale anche 'se accanto ad essa possono sorgere distinte, se pure .connesse, questioni di diritto. In ogni caso � sempre inibito aLle parti di modificare i hl.miti dellia potest� decisortlia del gdudice creando, pi� o meno art:ificiosaimente, connessioni o pregiudiziali. 3) Quanto detto giustifica la particoliare configurazione del giudizio innanzi alla Commissione centrale, imperniata sul ricorso che .deve contenere i parti PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA� 435 giudizio e de conseguenti complicazioni procedimentali di sospensione (da parte dell'origano 'eventualmente investito dii giurisdizione soltanto sul secondo profilo) o di rinvdo {da parte dell'organo eventuailmente investito di giur�sdi:zJione soltanto suil rprimo prof�.llo). Dalla adozione di un critetfo siffatto di delimitazlione dell'area della estimazione �Semplice deriva, dunque, che, una vodta insorta controversia, per esplicito o per �mplilcito, sul paradigma legale, anche l'accertamento del fatto storico da tarle ipamdiigma assunto tra i suoi elementi fuoriesce da quehl'area, con �l'ulteriore conseguenza che la medesima questione di fatto, secondo insorga oppur no insieme ad essa la coI'I'ispondente questione di qualificazione giuridica e cio� di indivliduazione del paradigma normativo alla cui stregua va individuato il fatto giuridicamente nMevante ai fini impositivi considerati, rimane fuori da detta area o vi rientra, con i correlativd effetti in punto di giurisdizione. Cos�! colari e specifici motivi. Non � dubbio che, se ipure La norma del1'art. 26 del d.P.R. n. 636 � moLto pi� stringata del corrispondente art. 46 de1 r.d. 8 lugLio 1937, n. 1616, H ricorso ai1'~a Commissione centrare deve contenere, oltre aHa narrazione dei. fatti, l'dndicazione di motirvi spec[ci dai qua:Jli 11iswti, sia pure senza 1a necessit� del1a menzione ddle norme, quaLi censure di violazione di 1egge si .intendono proporre. Non � di certo esatta la sent. 9 novembre 1979, n. 5779 (in questo fascicolo pag. 420) che ha ritenuto rientrante nel potere del giudice di terzo grado Ia indriviiduazione <li ufficio deLLa nol'ma da apip1icare in ddffo!'mit� deLle deduzioni delila parte. Sotto questo nigua!'do rn giuclizio �leLla Commissione centrale � a cognizione ristretta, come queno di cassazione. Ci� potrebbe sembrare contraddittorio posto che il giudizio di terzo grado, salvo iL limite de1'la valutazione estimativa, � di merito e in definitiva non mo1to diverso da quello d� aippelLo. L'articolazione in mdtivi si giustifica perch� i1 giudizio di terzo grado comporta sempre una questione di applicazione deLla legge, che � i1 .punto centrale della controversia, che ;pu� e deve essere enunciata in modo che risulti evidente quale norma giuridica si assume violata; 1a cognizione dei fotti verr� come conseglUenza dehla questione di diritto. Il giudice in questo caso giudicher� anche il fatto (come la Cassazione suHe questioni di giuri sdizione), ma mai soltanto il fatto. In tal modo si � esc1uso che il motivo del ricorso al giudice di terzo� grado possa riguardare soltanto l�!l fatto; � lecita questa conoLusione posto che ghl artt. 26 e 40 deL d.P.R. n. 636 espressamente stabidiscono che i1 ricorso � proponibile ;per violazione di legge e questioni di fatto escluse quelle di valutazione estimativa? Esiste cio� una possibildt� di impugnare Jia decisione di secondo grado per motivi di mero fatto, diversi .daLla valutazione estima tiva, ma che non comportano anche una vaLutazione giuridica? Si deve rispondere negativamente. Diversamente non sarebbe pi� sostenibile che i1 giudizio di terzo grado si pu� delimitare con �l'estimazione comp1essa. Le questioni di mero fatto sono di estimazione semp1ice, cio� di valutazione estimativa vera e propnia o di accertamento del fatto :presupposto deH'obbLigazione. Per poter ricorrere in terzo grado deve essere impegnata l'interipretazione o l'applkazione di una nol'ma giuridka, anche attraverso la contestazione della va11dit� di un negozio giuridico o di un atto amministra 436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO almeno in larga paTte, si spiega la diversit� dehle conclusti.oni at,tinte daJJ.a giurisprudenm di questa Corte Suprema IIlell'applioazione concreta delle rnoz,ioni di estimazione semplice e ,di estimazione complessa con riferimento, fra :l'altro, propruo all'accertamento deLl'intento speculativo, considerato oggetto, talvolta, di estimazione semplice sul rilievo che si tratterebbe di una ques1Jione ,di mero fatto (Cass., Sez. Un., n. 1926 del 1975 citata e, a questa puramente richiamandosi, Cass., 3 maggio 1979, n. 2553; Cass., Sez. Un., 26 febbraio 1963, n. 468), altra ,volta, :invece, cli. estimazione complessa sull'opposto ruHevo trattarsi di questione coinvo1gente un problema di qualificazione giuridica del fatto (Cass., Sez. Utn., 20 febbraio 1969, n. 565; Cass., 19 fobbraio 1979, n. 1074; sostanzialmente anche Cass., n. 2899 del 1967 citata). La questione 'di .giurisdizione riproposta dall'Amministrazione dello Stato. con il primo mezzo va dunque ,risolta alla stregua del principio, tivo; il giudizio sulla norma si aHarga aHa cogmz1one del fatto sul quale spiega effetto. Potr� accadere in concreto� che 1'impugnazione � rivolta prevalentemente suL fatto peDch� .1a norma che deve essere aipplicata � chiara, ma deve sempre trattarsi di impugnazione che tende al<la applicazione di una norma. 4) La decisione di terzo grado che apPlica la norma con cognizione del fatto � di merito, pronuncia direttamente su1 rapporto e quindi, se non deve essere dpetuto il giudizio sul'1a vaLutazione estimativa, non �omporta il rinvio; ib giudizio di terzo grado � infatti di gravame e non di impugnazione in senso stretto (annuHamento), ad eccezione de11'impugn�zione per vizi del procedimento� contro 1a dedsione di valutazione estimativa, che � invece di annullamento. Di conseguenza il giudizio di terz� grado, non ostante la necessit� deMa deduzione di specifici motivi, � simHe aLL'appeHo. Esattissima ed ihluminante � a tal pr�posito la sent.' 26 settembre 1978, n. 4321 (ivi, 1979, I, 70) che ha precisato come i1 giudice di terzo grado deve decidere nel merito, senza rinviare, anche se nei precedenti gradi non � mai stata pronunciata decisione di merito per essersi risolta la lite su una questi�ne 1preliminare; la decisione. di terzo grado, come queLla di appeHo, sostituisce la pronunzia impugnata e quindi, se supera le eccezioni preliminari su!Je quaili le precedenti decisioni si erano arrestate, pu� bene essere di merito, anche se � la prima che interviene su1 .punto. Il giudice di terzo grado non potr� invece pronunciare nel merito quando rileva che iL giudizio nei precedenti gradi debba essere rinnovato perch� infi ciato da un vizio radicale di difetto di contraddittorio o di. irregoLare compo sizione del coHegio; in t�l caso deve essere disposto H rinvio al ,secondo o al primo grado {art. 29 in relazione aWart. 24); egualmente il rrinvio deve rite nersi necessario (art. 353 1c,p.c.) quando il giudice di terzo grado riconosce sussistente ;la g1ul'.1isdizdone de1le commissioni negata nei gradi ,precedenti. � evidente 1che �la decisione di terzo grado, anche quando rinvia, � sempre definitiva e immediatamente impugnabile (Cass., 28 aprile ,1979, n. 2469, ivi, 19.79, I, 755). 5) H concetto di estima2lrone �complessa con hl quale deve del~mita11sI il giudizio di terzo grado, bench� affinato soprattutto con riferimento aL}e im �m. , �m. , PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 secondo cui, nel previgente contenzioso tributario, si � fuori dall'area della estimazione semplice, tm l'altro, quail!do si controverta non soltanto suHa sussistenza in fatto degli elementi che si assumono costitutivi -neill'an e nel quantum -dell'imposizione tI1ibutal1ia (nel caso di specie: l'h1tento specu1ativo), ma anche sia in discussione, per esplicito e rper implioito, la identifica2lione in diritto della fattispecie lega!le impositiva, di guida che oocorra risolvere questa ultima questione, per indiVliiduare quali siano i fatt:i giuridicamente r�:levanti, al cui accertamento si deve procedere: 'sioch�, quando sia in �discussione non solo il fatto, ma anche, e prima, il suo modello legaile, rientra neHa competenza giu<risdizionale del giudice ordinario la cognizdone de11'mtera questione e quindi anche l'accertamento della sussistenza, o meno, in con .creto del 'fatto ritenuto giuridi1Camente riilevante. poste dirette, vale per tuti i tributi; de1 resto anche per le imposte indirette si ha una vasta esperienza sulla distinzione che un tempo dava Luogo aLla competenza di diverse �commissioni. L'estimazione si .presenta tuttavia con caratteri differenziati nelle diverse imposte. Nelle imposte di registro e di �Successione 1a determinazione della base imponibile consiste in una valutazione a stima dei valori di mercato (� un probLema preva1entemente tecnico); a1 contrario neWI.V A. Ia base impo nibU.e si determina con la ricapitolazione di tutte le operazioni. imiponibili (� un pr�blema di prova storica), a meno ohe non si proceda ad accertamento induttivo. NeHe imposte dirette si combinano questi due caratteri in quanto la base imponibile pu� discendere sia da11a determinazione di valori normau sia daLla individuazione degli eventi che hanno dato iluogo a rincavi ed a costi. Come ben si vede la valutazione a stima secondo i valori correnti � la pi� tipica estimazione semplice suMa quale raramente, e so1o in via pre giudiziaLe, .possono innestarsi questioni di didtto. Nelila determinazione della base imponibiLe mediante la ricostruzione degH eventi che hanno determi nato H fatto economico, da condurre col rospetto di precise regoLe, � pi� frequente 1a possibi1it� di dover affrontare valutazioni giuridiche. In base a questa constatazione si � tentato (BASCIU, Riflessioni in mar gine alle c.d. questioni di fatto relative a valutazioni estimative, in Riv. dir. finanz . .., 1978, I, 659) di delimitare i1 giudizio di terzo grado in reLazione al tipo� di accertamento oggetto deLI'tmpugnazione, Limitando per� L'indagine alle imposte dirette. Quando � accertato il reddito effettivo sulla base della veri fica dei fatti storici che lo hanno prodotto, non si procede a valutazioni in senso tecnico; quando invece viene accertato H reddito medio (come ne1 caso dell'accertamento induttivo) si compie una vera valutazione. Ne~ primo caso si dentra sempre nei poteri del giudke dD terzo gr.ado, nel secondo ordinaria mente no. Questa teoria, pur ben costruita, non persuade. Innanzi tutto essa � troppo generica. La controversia, che non sempre involge l'intero accertamento pu� avere oggetti disparati che vanno verificati caso per caso; anche ne1l'accerta mento analitico del reddito effettivo possono rientrare valutazioni vere e 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Orbene nella specie -ed ecco emergere la connessione del primo mezzo con il secondo e con il terzo -gi� nel 1giudizio di rner.ito davanti al Tribunale e IJ?Oi aJ.1a Corte d'appeHo era insorta questione, :prima ohe sulla esistenza in fatto dell'intento speculativo, su1la sua necessit� dn diritto secondo il paradigma normativo della fattispecie impositiva e, comunque, sulla sua nozione esatta 1alla stregua di questa. Da un lato, invero, i1l Loi (cfr. p. 6 e ss. dell'appello pvinoipale) aveva fatto fin dall'inizio questione circa il momento al quale andava rifevito, ovviamente a :tevmini del paradigma novmativo, il"accertamento della esistenza di siffatto intento; dall'iailtro l'ammdnistrazione finanziaria (cfr. p. 8 della comparsa �di risposta ed appello inddentale) aveva dedotto che �sarebbe . . stata di per s� sufficiente wla tassabilit�� de1le plusvalenze in controversia, ovviamente ancora a termini dello schema legale, � fa connessione del reddito realizzato con la sfera economica nella quale operava � il Loi. Tanto che 1a Corte di appello, prima di procedere aH'apprezzamento di fatto civca ila esLi.stenza dell'intento speculativo, ha avvertito l'esigenza di premettere, in diritto, il'affermazione della sua ne- proprie (valori normald) sulle qualii va a cadere .l'impugnazione, mentre l'accertamento del valore medio pu� importare questioni di diritto. Ma soprattuto non sembra sostenibile che l'accertamento dei fatti storici da cui discende iL reddito effettivo (dvo1to cio� a verificare la completezza, la veridicit� e l'esattezza deLla dichiarazione) .possa essere interamente devoluto ail giudice di terzo grado, anche 1se riguarda meri fatti. Lo stabilire se, in via di fatto e di vaLutazione deHa prova, la dichiarazione � completa (se ad es. alcune operazioni economiche sono state omesse), non pu� essere materia del giudizio di terzo grado. In definitiva si vorrebbe identificare la valutazione estimativa con lia stima in senso tecnico e quindi ricomprendere ogni altra questione ne1 giu dizio di terzo grado, restringendo cos� il concetto .di estimazione semplice. La determinazione de1La base imponibile, finch� resta un problema di quantit�; non esorbita dahla estimazione semp1ice. Non sembra peraltro che .possa giu stificarsi la diversa considerazione deLla valutazione di quantit� a seconda che ad essa si giunga ricostruendo il reddito effettivo o apprezzando H reddito medio o ancora con il criterio misto, molto diffuso nella pratica, di apportare correttivi di reddito medio alla base :analitica della dichiarazione deL 'reddito effettivo. Nulla autorizza a concludere che l'accertamento analitico (o le compo nenti: di esso oggetto di 1impugnazione) sia inconciliabi:le con la va1utaMone estimativa. 1Sembra dunque di dover tornare al criterio deHa estimazione complessa, riferibilie ad ogni tiipo di accertamento e ad ogni tipo di imposta, per verificare, in ogni specifica controversia, se siano dedotti motivi che esorbitano dalla va1utazione estimativa, .intesa oltre che come stima tecnica, come ricerca {vailutazione delwa prova) dei nudi fatti: che compongono i1l presupposto dell'imposizione. CARLO BAFILE PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA cessit� alla stregua de1la disciplina normativa; la individuazione del momento in -cui, ancora secondo lo schema legale, esso deve sussistere ai fini della tassabilit� della �plusvalenza; infine, la stessa sua nozione giuridica, sia in generale, che con 11iferimento in part]colare a'l commercio dei titoli aZJionari. Ed appunto Ia prima e 1a terza di taili proposizioni �.n diritto formano oggetto delle censure daill'ammind.stra2lione svolte, rispettivamente, con il secondo motivo (che, quindi, prospetta soltanto una nuova argomentazione girtm1dica in OI'dine ad un problema di dd.ritto -appunto Ja necessit�, o meno, de1l':i<ntento speculativo gi� 'dibattuto in causa, ed � pertanto ammissibile) e con fa �prima parte del terzo motivo. Onde deve negarsi che sussista ill difetto di wiurisdizione denunziato con il pr.imo motivo che va respinto. Parimenti infonda.to � :iJl .secondo motivo. � padfica nella giurisprudenza di rquesta Corte Suprema l'affermazione che la di:sdp1ina tributaria anteriore alla legge 5 gennaio 1956, n. 1 -.disciplina certamente applioabile al caso, trattandosi di plusvalenze rea1izzate nel 1955 ed attesa la .retroattivit� (Cass., 4 giugno 1975, n. 2225; Cass., Sez. Un., 18 settembre 1970, n. 1575; Cass., 11 �luglio 1963 del 1876) della cita legge, n. 1 del 1956, trasfusa nel testo uruico, n. 645 del 1958 -va interpretata, pur in mancanza di una esplicita disposi-, zione ail �rigua11do, nel senso che fa .plusvalenza, per .costituire reddito tassabile, deve ricollegarsi ad un'attivit� di speculazfone del soggetto o anche ad un intento speculativo (Cass., Sez. Un., n. 1575 dcl 1970 citata; Cass., n. 2899 del 1967 citata; Cass., 11 <luglio 1963, n. 1879; Cass., n. 1876 del 1963 oitata). N� a conclusioni diveI'se pu� condurre, con riferimento specifico afrle plusvalenze azionarie, il richiamo a1fort. 3 de11'ahrogato codice di commercio, dov�endosi corn:Hvidere, al 11igua'lido di siffatta tesi non pi� riproposta dall'amministrazione �.n tempi recenti, l'opinione negativa espressa con costante giurisprudenz,a dailla commissione centrale quando ne fu Jinvestita (Sez. Un., 24 novembre 1945, n. 79346; Sez. I, 12 maggio 1946, n. 82032; sostanzialmente conforme Sez. I, 28 aprile 1945, n. 75599; Sez. I, 24 maggio 1958, n. 556~), sul rilievo che fa qualificazione come :commerciale di un atto da parte �di quel codice importava l'assoggettamento di esso alla 1disciplina delle �leggi commericiali, a1lora di.versa dalla comune diiscip.Iina civile, ma non :iJmportava pure che 1Jale atto, in dipendenza soltanto dalla detta qualificazione, fosse preo!1dinato aid uno scopo speculativo e dovesse per conseguenza considerarsi necessal1iamente tale ai 1diversi effetti della disciplina tributaria, lin rapporto a11a quaile, invece,. la finalit� speculativa dell'atto in 1concreto posto in essere dall'agente deve sussistere ed essere accertata come reailt� storica. � invece fondato, nei limi1Ji delle considerazioni che seguono, il terzo mo~ivo. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Non trova r,~scontro nel reale contenuto de11a decisione impugnata l'affermamone della dcorrente, secondo cui la Corte d'appello avrebbe � identifilcato ilo speculatore con colui che degli affari fa ['oggetto abituale della sua attivit�, in tal modo postuliaIJJdo una profes,sionaH.t� che... non � richiesta �. Invero la Corte di merito {cfr. rp. 15 de11a !Sua sentenza) si � limitata a ravvisare �nella frequenza di orpera21ioni �similari poste in essere dal soggetto� soltanto �una circostanza sintomatica� deM'dntento speculativo, cos� individuando nelQ'a:bitua:lit� non l'essenza della speculativit�, ma un mero :indice rivelatore di essa, e ritenendola quindi soltanto rudonea, in astratto, a fondare una presunmone, in concreto rimessa all'apprezzamento libero del giudice. Ma la Corte d'appello � ancora effettivamente in errore quando, dorpo avere correttamente ravvisato, in generale, J'operazione speculativa nell'aqudsto di un bene con d!I preordinato intento di alienarlo 'ad un prezzo supeniore, ed avere sottolineato come un intento siffatto deve preesistere al momento de:H'acquisto in guisa da preordinare �l'ii.nte<ra operazione di compera e successiva rivendita al conseguimento della plusvalenza, ha poi enll!IlZiato una nozione dd intento speculativo peculiare a1le �plusvalenze rreaJ.izzate meddante �la vendita ,dd titoli a2tlonari �, dicendo necessario � in linea di principio �, rispetto ad esse accertate che � :l'aoquisto dei titoli azionari ,sia stato determinato... dal deliberato proposito ,dd compiere una certa at1liwt� volta a farr elevare ar1lificiosamente, in un prossimo futuro, la quotazione delle azioni onde rivenderle ad un prezzo superiore a quello di acquisto � (cfr. pp. 14 e 15 sentenza impugnata). In tal guisa, la Corte di merito ha configurato, ad fini defila tas-sabildt� de11e plusvalenze azionari.e, una nozione 1giur,idioa di intento speculativo in cui � rilchiesto un quid pluris rispetto a quello necessario rper la tassabiJlit� di ogni altra plusvalenza di diversa provenienza, che non trova alcun riscontro nella elaborazione 1giu:ni.srprrudenziale e dottrinale del -concetto con riiferimento 01lla dis-ciplina legale del 1877, n� neHa successiva sua t'raduzione in norma positiva ad opera, :prima, della legge n. 1 del 1956 e del successivo t_esto unico n. 645 del 1958, e poi, del d.P.R. 29 settembre 1972, n. 597. Al contr�rio, l'intento speculativo, che, in ambiti e secoIJJdo criterii diversi in ciascuna ddle tre d1isdp1ine susseguitesi nel tempo sulla materia, condiziona la tassabilit� delle plusvalenie; ha una ,configurazione normativa unica per tutti gili oggetti suscettibili di comme11oio e si risolve nel prorposdto di ,acquistare un bene per poi -rivenderlo ad un prezzo aumentato, non importa per quali ragioni, al fine di lucrare la differenza positiva; il'eventuaile disegno ,dd influire !in qua:1che modo sul me11cato allo scopo di favorire ~a lievitazione del prezzo, quando rkorra, potr� 'rendere di tutta ev1denza l'intento specu PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 lativo, ma non � un elemento necessario della fattispecie legale, questa realJi.zzam:dosi pur quando l'agente confidi I�.n run positivo andamento deilla vicenda mercantile anche indipendentemente da un qualsiasi intervento deviante, suo o di altri (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1979, :n. 6028 -Pres. Vigo �rita -Est. Gualtieri -P .M. V.a:lente (corrf.). Soc. TerminilLlo Residence (avv. Galantuoci) c. Min1stero delle Finanze (avv. Stato d'Amico). Tributi erariali diretti -Imposte fondiarie -Fabbricati -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Licenza di abitabilit� -� necessaria. (legge 2 luglio 1949, n. 408, art. 13). L'agevolazione dell'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408 sull'imposta sui fabbricati presuppone la dichiarazione di abitabilit� che non pU� avere equipollenti; l'effettiva abitazione, rilevante per la diversa agevolazione prevista dall'art. 17 della stessa legge, non pu� valere ai fini dell'art. 13 (1). (omissis) Con '1'umco motivo del ricorso, den~iando violazione dell'art. 13 legge 2 ti.ruglio 1949, n. 408, in relazione agli artt. 111 Costituzione e 360 n. 3 codice di rito, la soc. Termini11o Res1qence Exicelsior deduce che ila Coim:nissione Tributaria Centrale ha errato nel ritenere che non spettavano �d essa ricorrente le agevo1a2lioni fiscali iprev1ste ,dail citato art. 13 sul presupposto che ila mancanza del cermficato di abitabHit� delfedificio costituiva un 0stacolo insuperahlle alla concessione dehle stesse, mentre avrebbe dovuto tener conto sia dell'effettiva oocuipazione degll� appartamenm, sia del fatto che essa societ� aveva rpToposto oprpositlone 011 veTbaile 171, costituente un puro atto di rappresaglia avverso ['azione del1a societ� medeSI�ma, 'diretta a far soiogliere hl silenzio-rifiuto del Comune di�. RI�.eti. Inoltre la Commissione a.nzidetta non avrebbe considerato che il rilascio de11a licemia ric]:.esta ai sensi del rJd. 27 luglio 1934, n. 1295 si configura come atto pienamente autonomo rispetto agli aicCeTtamenti. di carattere specificamente rurban[stico ed ediHzio, lin quanto ila [i<::enza c.d. di abitabi�it� rilasdata ai sensi dell'art. 221 t.u. sulle [eggl� sanitarie co stituisce solo un acce!l"tamento dell'insussistenza di cause di insalubrit� ed � tipko atto del sindaco quale ufficiale idi governo per J:a tutela dii fini igienici e sanitari. La censura � infondata. (1) Decisione di evidente esattezza. 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A norma dell'art. 13 !legge 2 luglio 1949, n. 408, recante disposizioni per l'incremento delle costruzioni edilizie, � 1concessa !l'esenzione ventidnquennale cl:a!ll'imposta sui fabbrioati e relative sovrimposte alle case di abitazione, noiD. aventi H carattere di abitazioni di Jusso, Ia cuii costruzione sia ini:z,i:ata entro il 31 dicembre 1953 ed ultimata entro i1l biennio succesSiivo a1l',inizio {tali termini hanno subito numerose proroghe in virt� di dispos!izioni di leggi posteriori) a far tempo � da:1la data di dkhia:ra:done di abitabilit��, Dalla chiara esrpresS'ione letterale della norma .�Jn esame nonch� daille fina:1it� perseguite del legisiatore si evince in modo inequ!ivocab:ile che la suddetta diohia:razione costituisce .condizione �indispensabile per ipoteT fruire dell'agevolazione fiscale. Ta:le tesi, come ha esattamente osservato la Commdssfone Tributada Centrale, trova conforto proprio nell'art. 17 della stessa legge n. 408 del 1949, fa1ddove il 1legislatore ha previsto a1JJiche l'ipotesi dell'effettiva abita:zrl.one, disponendo che �ai trasferimenti di case, costruite.ai sens1i dell'art. 13, che abbiano foogo entro quattro anni daUa dichiarazione idi abitabillit� o daill'effettiva �abitazione, � aocoridata la riduzione a1Ia met� dell'a:rnposta di registro e al quarto dell'imposta ipotecaria �. � di tutta evilidenza � che il Iegisfatore ha posto sullo stesso piano il 1requiisito dell'effettiva abitazione e que1lo deMa dichiarazione di abitabilit� soltanto quando si tratta di stabilire la decorrenza del termine di quattro anni entro il quale il trasferimento delle case cui all'art. 13 pu� avveniire a tasso agevolato per quanto cOilJ.cerne J'i:rnposta di registro e fimposta ipotecaria. Orbene, !l'avere egili cons'iderato all'art. 13, relativamente all'imposta sui fabbricati, al fine di stabilire :l'ilJJiizio deHa esenzione venticinquennale, so�ltanto ila ,c],ichiara:z,ione di abitabilit�, induce ad eso1udere .che gli effetti di tale dicJhiaTazione possano essere iattcibuiti ad altTa diversa documentazione. 'La decisione impugnata, essendosi attenutta ai suespbsti principi, non merita 1oensura (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 dkembire 1979, n. 6381 -Pres. Sanduilli -Est. Borruso -P. M. Grossi {conf.). Ministero deUe Finanze (avv. Stato D'Avanzo) c. Castioni (avv. Avezza). Tributi erariali indiretti � -Imposta di successione -Presunzione .per mobili, danaro e gioielli -Inventario di eredit�' beneficiata -Requisiti Effetto verso gli altri eredi -Si produce. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; cod. civ., artt. 485 e 510). L'effetto di superare la presunzione legale posta dall'art. 31 dell'abrogata legge sulla imposta di successione � attribuito non all'accettazione con beneficio di inventario, ma all'inventario inteso come docu '\ :-: f: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA' 443 mento compilato con le previste garanzie; conseguentemente l'inventario che sia stato compiuto con l'osservanza della forma e dei termini previsti dalla legge civile da uno degli eredi accettanti con beneficio di inventario giova anche agli altri eredi che hanno accettato in modo puro e semplice (1). (omissis) Sostiene la Finanza che fa Corte d'appello di Mhlano, nel ritenere vinta ne11a specie La presunzione legale <li esistenza nell'asse ereditario di . gioieli denaro e mobilia, avrebbe vd.olato l'art. 31 della :legge n. 3270 del 1923 nonJch� gli �artt. 485 e 510 oeod. civ. in quanto: 1) i coeredi Castioni, ad eooezione di Werina non avevano mai compiuta alctllila diahiarazione individuale di accettazione dell'eredit� col beneficio d'inventario; 2) i suddetti coeredi avrebbero dovuto, anzi, rendere [a suddetta dichiarazione ii.n1dividuale idi accettazione con benef�lcio d'<inventarrio entro il perentorio termdne di 40 giorni dal compimento di quest'ultimo, ai sensi del tassativo disposto dell'ultimo �comma dell'airt. 485 cod. civ.; 3) 1'aipp1icazione estensiva del beneficio consentita dalil'art. 510 cod. civ. non ipu�� pi� operarre nel momento in �cui nei riguardi degli altri chiamat! �. siasi -come nel caso iin esame -�gi� verificata una autonoma fattispecie acquisitiva deM'eredit� pura e �semp1ice. Con l'ultimo punto del motivo di dcorso la F1nainm assume ipo!�. che la Corte d'appello -decidendo ila .controversia sul nilhlevo mai prospettato dalle parti che, ai fini del superamento de1la presunz!i.one fiscale, l',arrt. 31 della legge 3270 del 1923 avrebbe soltanto riohiesto fa completezza e la tempesthnit� deHa redazione dell'inventario, sioch� sarebbe a .tal fine indifferente che tutti o .solo taluni dei chiamati abbiano o meno oocettato �l'eredit� col beneficio d'inventario -avrebbe finito col giudicare � extraipetita � vd.olando cos� 1'1art. 112 cod. proc. civ. Le prime tre censure possono essere esaminate cong!i.untamente, ii.nddendo tutte :sulla medesima questione se, qualora vi sia una pforalit� di chiamati dei quali alcuni in possesso ed uno o pi� alrtri non in possesso di beni ereditari, ['inventario compiuto da uno di questi ultimi nel termine prescritto diaill'aTt. 487, �secondo comma 1cod. dv. ma oltre il termine di tre mesi dall'apertura della successione, fissato dall'art. 485 (1) Con altra recente decisione (29 marzo 1978, n. 2689, in questa Rassegna, 1978, I, 614) era stato affermato che fosse valLdo agli effetti della prova contraria un inventario comunque fatto nelle va1ide forme, anche se formato da 1m soggetto {ne11a specie Legatario) non legittimato ad accettare con il beneficio del1'inventario. Sono da confermare le perplessit� sul1a validit� di un inventario (sia pure inteso come documento) compilato senza le premesse sostanziali (accettazione con beneficio) sul1e quali dovrebbe produrre effetto. 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I rper g1i altri chiamati possessor.i di beni ereditari, sia didoneo al fine di escludere per tutti J'applicazione delLa presunziione posta dalil'art. 31, pnimo comma, della fogge nributaria suille successtioni 30 dioembre 1923, n. 3270, in base al quale, nel!le trasmissioni a causa di morte, si presume I il'esistenza .di gioielli e cli 1denaro tin ragione del 2 %' del vailore totale degli altri beni della eredit� e di mobilia fil ragione del 5 %. I A ta11e questione ila Corte d'appello idi M~liano ha dato u:oo. esatta soluziione, come rHevasi dal capoverso del medestimo airt. 31 {non modificato nella parte �Ohe qui interessa dalla legge 31 ottobre 1966, n. 948) ove �si Jegge: � Al su aocennato criterio presuntivo non si iricorre solamente quamdo: -da invennari di tutela o idi eredit� beneficiata o fallimentare o fatti fil seguito ad apposizione �di suggelli, disposta dall'autorit� giudiziaria immediatamente dopo d'apertura della successione, risulti un vafore minore od anche l'inestistenza assoluta �di gdoielilii. denaro e mobilia; -dagli stessi inventari o da atti o dichiarazioni delle parti Tisuilti un valore superiore. In tali casi 1S1i ha riguardo al v�alore dei gioielli, del denaro e deJla mobiJlia quaile risulta da detti documenti. Dailla predetta disposizione, rinterpretata nellla �sua lettera e nella sua � ratio �, nei .suoi dettagli e nel suo complesso, TisUJlta chiaramente che: 1) i<l Jeg1sfatoire ha attribuito l'effetto di 1superare la presunzione legail.e posta nel rpTimo comma del citato art. 31 non al beneficio d'mvenitario (cio� a que11a particolare �situazione di diritto ti.n. virt� dellla quale !L'erede risponde dei debiti ereditari soltanto � !infra et non ultra vires hereditatTs �), bens� all'inventario inteso come 1documento, futto per godere del suddetto beneficio. Se cos� non fosse, non si spiegherebbe, h1fatti, perch� il medesimo effetto di superare Ja presunzione legale � de quo � sia accordato dail. legis!latore anche per 1g1i inventari fatti in situazioni tip�IChe �diverse dal beneficio d'inventario, come nel ooso del]il'apertura idi un.a rutela, della wchdarazione di un :l'a!hlimento o della ,gemplice �apposizione di suggelli dillsposta dall'autorit� giudiziaria. Tale convincimento � avvalorato da!Lia considerazione che il citato wt. 31 (compreso nel capo III de1la legge del 23 intitolato: �Dei beni soggetti ahla ta:ssa di successione e del modo di determinarne il vail.ore �) si preoccupa di stab~lire non gi� i Hmiti dclla a:<esponsabiilit� degli eredi, bens� esclusivamente il vaJore, agli ef-. fettJi fiscali, dell'eredit� globalmente intesa e .di ricorrere, per [a ricostruzione di tale effetivo valore, ad una presunzione legale per quei beni mobiili dei quali -come per il denaro i gioielli e Ja mobilia -gil.i eredi possono appropriarsi senza alcuna :formalit� e ohe, �pertanto, essi sono sol:iiti non denunciare al Fisco agli effetti dell'imposta successoria. Questa essendo la ratio deHa suddetta presunzione -legale, ben si comprende come il fogislatore ne abbia previsto il superamento in tutti i cas!i. nei. PA.RTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA quali ila reale consisterrna de1l'asse ereditario (minore o maggiore di quella presunta per legge), sia accertata da un inventario compilato con le tipiche garanzie che fintervento di un pubblko u:ffioiale e il Tigoroso 1rispetto di una determinata procedura giudizia,nia {art. 769-777 cod. proc. civ.) assicurano t(cfr. in senso anailogo Cass., �Sent. n. 2689 del 78 e 2683 del 72); 2) il legislatore non ha minimamente preteso che l'inventario, pe:r vincere ila presunzione di cui trattasi, dovesse essere compiuto immediatamente dopo 1l'apertura delila successione o, comunque, non oltre un certo termine particolare, limitandosi a rprete.ndere che, per 1lalle effotto, l'dnventario sfa fatto entro i tel'lllini previsti dal cOld. civ. Ha s� preteso immediatezza, ma soltanto per J'aipposizione dei suggeHi, non gi� per .l'inventar.io redatto dopo la iloro apposizione. Eppure gi� nel vigore del codice civile del 1865 (vigente al momento dell'emainazione de1la legge tributaria sulle successioni del 1923) ~�erede che si fosse trovato �nel possesso reale dell'eredit�� (come si esprimeva l'art. 959 di quel codice) poteva fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione, mentre quehlo che .non fosse stato nel suddetto possesso �conservava sempre iii diritto di .fare J'inventario, ove non fossero state proposte contro di 1Jui istanze, fin.ch� il. tempo rper accettare non fosse prescritto� (art. 962). Nella indubbia c0I11sapevo:Iezza di una siffatta discipHna giuridica il legislatore fiJsoaile del 1923 avrebbe potuto ben prevedere termini brevissimi speciali iper la compilazione degJi ;in. ventari �donei a far superare ila presunzione di cui ail citato art. 31 qua!lora avesse riconnesso, come motivo di fondo, talle idoneit� alil'dmmediatezza de1l'linventario: il non ave:rtlii imposti non rpu� non essere segno della iTrHevanm ,ohe ha attribuito a rtale immediatezza, quando la rispondenza delil'inventario al vero sia garantita -a prescindere dal momento in cui sia �stato ricostruita la reaile consistenzia dell'asse ereditario -da:l fatto 'Ohe sia eseguito da un pubblico ufficiale nella stretta osservanza della procedura giudiziariia. P.i� precisamente, 1si potrebbe; forse, sostenere che uno 1speciale tel'mine dnvalicabhle di natura fiscale vi sia in proposito: e questo potrebbe essere quello di 4 mesi -rper la dicmairazione di accettazione col beneficio d'inventario {con conseguenti riflessi sul termine per dli oompimenrto delfinventario) da1la morte del �de cuiiu:s � se questa 1si � verificata in Italia (o di 6 ovvero di 18 se si � verificata fuori d'Italia rispetJ1Jivamente in Europa o altrove). Ci� pe.roh� l'art. 56 ultimo comma della citata legge del 1923 dispone che, in ognli caso, ila predetta dichiarazione deve essere fatta, ai :fimi fisoaili, entro il rtermine predetto (che � pO!i quello stabi[iito rper la denunzia tributaria di suocesslione). Ma non � quii il 1caso di risolvere tale questione, in quam:to ila dkhiara:zJione di accettazione con il beneficio d'!inventario fu resa da Pierina Castioni ben prima che scadessero quattro mesi dalla morte del padre. 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se, dunque, a prescindere dall'ultima 1consi!dera2lione ,sovraesposta i termini e ile forme previsti nehla legge civile devono essere rigorosamente 1r1spettate per superare 'la presunzione di cui al oitarto art. 31 come � stato sempre ritenuto dalla giumsprudenza di questa Corte {dr. da :ultimo in tal 1senso Cass., ,sent. n. 2048 ,del 79, 3487 del 75, 3665 del 74, 463 del 73), pena la reviviscenza deLla presunzione di cui trattasi, se, in a:lt:re .pardle rper suiperarila � necessado non fa compilazione di un qualsiasi inventario ma soltanto quello che costiituisce requiis:i:to perch� !il chiamato all'eredit� possa goder� del beneficio d'inventario, ci� � peroh� solo mediante tale rigorosa osservanza 1si ha quella garanzia dd ser.iet� che il fogislatore ha preteso, non gi� perch� VI� sia una maggiore vioinan:z;a nel tempo al momento in cui, aperta fa successione, denaro gioielli e mobilda avirebbero potuto essere fatti� agevolmente sparire. Questo, certamente, � un pericolo che avrebbe :potuto essere evitato dal leg[1sfatore fiscale attribuendo efficacia liberatoria dalla rpresunzione �de qua� soltanto alla apposizione immediata dei siggilli (entro un teirmd. ne brevi!ss,imo che invece manca anche nella ,legislazione fiscale) pericolo che non pu� negarsi esista quando l'invental1io di eredd,t� beneficiata sia redatto entro i terrnini prevLsiti dal codice oiviile {o anche <lal citato art. 56 de11a [egge 1Jr1ibutacia �SIU'lle successioni) in quanto tali termina, in ogni caso, sono cos� ampi da non assicurare affatto che il pericolo dell'occultamento sia scongiurato. Da tutto d� deriva che sarebbe andare al di l� di quanto voluto dal legislatore, imrpedire ai coeredi Castioni di �superare fa presuI12l�one � de qua � sol perich�, in tal modo, 'S� riconoscerebbe efficaJCia ad un inventario :fatto 1tr.a lil terzo e il quarto mese daH'apertur.a della successione ~anzich� entro i tre mesi) e, quindi, meno immediato. Devesi, pertanto, concludere che quando un .inventario �sia fatto neJ.[' osservanza rigorosa 1di rtutte le modalit� e di tutti ii tevrmni pre'Wsti per l'acquisizione del relatJiV'O beneficio (come iiudubbiiamente nellla specie �quello richiesto da Pderina Castioni), tale dooumento offre tutte le garanzie di seriet� pretese dal legislatore rper il -superamento della presunzione di cui ail dtato art. 31, -sioch� perde qualsiasi importanza accertare, in tal oaso, se il sUJddetto beneficio, iindiscutihllmente rag�giunto ailmeno da uno dei coeredi, possa, per effetto delJJ.'art. 510 cod. civ. essere esteso anche 1agli ,altri coeredi 1che l'applicazione dell'ultimo comma dell" art. 485 vorrebbe gi� eredi rpuri e semplici per non aver richiesto d'ii.nvental'lio entJro 3 mesi dall'apertura della successione. Come torna a ripetersi, 1a questione di tale estensibi,Jdt� riguarda, infatti, ii li.miti del!la responsabilit� dei coeredi mentre l'art. 31 di. cui trattasi concerne il sistema rprnbatorio relativo alla 1consiiistenza dell'eredit� devoluta, consistenza rkositruJibi>le ~n base a presunzioni ~egal:i ,solo quando manchino determinanti documenti, tassativamente 1mdiJoati dal ilegis'latore, :Ldonei a ricostruirla ne1la sua :realt�, sicch�, una volta che tale consistenza ef PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA fettiva sia stata legittimamente acoertata dalJa F~nanza in base e per effetto di un documento degno di fede, esso non pu� non avere v�alore per tutti gli eredi in quanto sogg~t1li del medesimo raplporto tributariio. Quanto poi all'ultima censura prospettata dal ricorrente, � appena iJ caso di osservare che i THievi posti daili1a Corte d'appello a base della sua decisione attengono 01lil'interpreta7lione oggettiva d:i una norma di ~egge, eseguita, sia pure d'ufficio e qUJi.ndi indipendentemente dalle argomentazioni degli appellanti, ma esclusivamente al fine di assicurare loro il bene da essi richiesto (cio� la riezione della pretesa fiscale), sicch� in essa non pu� mai ravvisarsi ailcuna extrapetizione (omissis). SEZIONE SETTI:MA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 febbraio 1979, n. 1212 -Pres. La Farina -Est. Sensa!le -P. M. Minetti {conf.). Societ� italiana per il gas ~avv. Guerra) c. Amministrazione difesa {avv. Stato Turin). Contratti -Capitolati d'oneri predisposti dalle amministrazioni statali per regolare i propri contratti -Natura regolamentare per i contratti interessanti lo Stato. (r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 45; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 7, 88; d.m. 20 giugno 1930, n. 35). Contratti -Mancata �approvazione -Rilevanza sull'obbligo di adempimento del privato contraente -Esclusione. (r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 103; r.d. 18 novembre 1?23, n. 2440, art. 19; legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F, art. 336). Contratti -Fornitura esegUita parzialmente -Risoluzione per inadempimento -Necessit� di .preventiva assegnazione di un termine per le ulteriori consegne -Esclusione. � (d.m. 20 giugno 1930, n. 35, art. 72). Contratti -Cauzione definitiva -Natura -Incameramento in ipotesi di madempienza -Prova del danno subito dalla p.a. -Necessit�. (r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 54; d.m. 20 giugno 1930, n. 35, artt. 20, 23). Le condizioni generali d'oneri approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, per gli acquisti di vestiario ed altro da parte dell'Amministrazione della difesa hanno valore ed efficacia di fonti normative secondarie (di natura regolamentare) e l'interpretazione fattane dal giudice del merito � sindacabile in sede di legittimit� (1). Poich� l'approvazione costituisce requisito d'efficacia del contratto per la pubblica amministrazione e non anche per l'altra parte la sua mancanza non esclude l'inadempimento del contraente privato (2). (1) Giurisprudenza costante, della quale � offerto ampio panorama critico da G. RoEHRSENN, I capitolati d'oneri, in Rass. lavori pubblici, 1980, I, 1. Cass. 19 novembre 1971, n. 3331, dtata in motivarione, s1 legge in questa Rassegna, 1971, I, 1518. La giurisprudenza � pure pacifica nel riconoscere natura negoziale ai capitolati generali d'oneri in quanto richiamati' nei cohtratti di Enti pubblici PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 449 In ipotesi di esecuzione soltanto parziale di una pubblica fornitura, correttamente � ritenuta l'inutilit�, ai fini della rescissione del contratto, della preventiva assegnazione di un termine perentorio per le ulteriori consegne quando l'obbligato abbia gi� offerto di eseguire la propria prestazione secondo modalit� non consentite dalla legge (3). La cauzione prevista dagli artt. 17 e segg. delle Condizioni generali d'oneri per gli acquisti di vestiario ed altro da parte dell'Amministrazione della difesa-esercito, approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, non � assimilabile alla clausola penale ed ai fini del suo incameramento l'Amministrazione � tenuta a fornire la prova del danno effettivamente subito dall'inadempimento dell'altro contraente (4). (omissis) Con il primo motivo la � Societ� irta:liana per il gas �, quaJe inco11pora:nte della soc. � C.L.E.UJC.A. �, denun2Jia ilia violazione e la 'falsa appHcazione degli artt. 17 e 20 dehle � Oondi:ziion!i generaili d'onero�, a'.PIJ1"0vate con d.m. 20 giugno 1930 n. 35, e dell'art. 1382 cod. civ., in �relazione all'art. 360, n. 3 'cod. rproc. civ., icenS1Urando Ja sentenza impugnata per avere -la Corte di merito -erroneamente attcibuito a!lla cauzione prevista nelle citate � Conldizion!i � (ohe riiproducono testualmente ['art. 5 delle Condizioni genemli del Ministero dei Lavori Pubblici, approvato con diversi daMo Stato: v. in ta!l senso Cass. 20 marzo 1972, n. 850, in Foro it., 1972, I, 3221. (2) ~pHcazione di principio pacifico. Ne~ senso che 1'ineft�cacia del contratto ,per mancanza dehla prescritta approvazione pu� essere dedotta solo da1l'Amministrazione e non da1 contraente privato, cfr. Cass; 116 aprile 1970, n. 1061, in Giust. civ., ,1970, I, 1632. 1SuMa facolt� di recesso deH'aggiudicatario per la scadenza de} termine previ\Sto .per ['approvazione Cass. 19 giugno 1975, n. 2467, in questa Rassegna, .1975, I, 764. (3) A sensi della legge 6 ottobre 1950, n. 835, la fornitura oggetto del contratto era riservata aHe industrie del centro-sud e i1 contraente (privato aveva nelila specie chiesto, dopo una parziale esecuzione, di essere autoriz2lato ad effettuare le u1teriori consegne con merce prodotta in un proprio stabilimento del nord, adducendo 1a sopravvenuta cessazione per motivi tecnico-economici deM'attivit� deLlo stabilimento meridionale. I giudici di merito hanno ritenuto che la richiesta equivalesse ad ammissione di definitivo inadempimento. Tale valutazione, condivisa dailla Cassazione, irisulta ineccepibile, una vo1ta che 1'a1lestimento de11a merce con (partico1ari modaLit� doveva ritenel1Si elemento essenziale del negozio. (4) SU!lLa funzione de1La cauzione definitiva e su11a differenza di questa dal1a dausola a:ienale oltre che da!lla caparra penitenziale e daUa 1caparra confermatoria, cfr. Cass. 5 aprile J974, n. 97�1, in questa Rassegna, ,1974, I, 1459. La richiamata Cass. 26 gennaio 1978, n. 360, in questa Rassegna, 1978, I, 132, si sofferma particolarmente suLl'esaurimento della funzione de11a cauzione con la conolusione del1o svo1g1mento del contratto, escludendo �'utilizzabilit� della cauzione stessa, dopo H ooHaudo, per i1 pagamento de1le retribuzioni ai lavoratori dipendenti dal1'appa1tatore. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 16 foglio 1962, n. 1063) Ja natura e [a funzione di :olausola penale, confondendo tre istituti che le �Condizioni� tengono ben distinti e cio� la cauzione provvi,soria di cui all'art. 12 (che funge da oaparra confirmatol1ia), le multe previste in misura fissa dagli art. 69 e ss. ~che ih:anno una finalit� sanzionatoria per il caso d'inadempimento, prescinidendo dal 11isarcimento del danno) e fa cauzione (ohe realizza una garanzia reale gener.ica, .finalizzata ad assistere qualsiasi ragione d� credito effettivamente esistente a favore delll'Amminisrrazione, senza rperailtro esonerarla mlla prova sia dell'esistenza del danno, .sia del SUO �mmontaTe). Con iil 'secondo motivo la soci~� ricorrente denunzlia !iJ vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato daMe parti (art. 360, n. 5 cod. proc. civ.), censurando la sentenza impugnata rper non avere -Ja Corte d� merito svolto un'adeguata mda!�i'.Ile suglii elementi differenziatori dclJa cauzione di cui aigli artt. 17 e ss. dalle multe previste dagli artt. 69 e ss. delile � Condizioni generali d'oneri � e per avere, da un lato, riconosciuto [a pattu.i2lione di una clausola penale e, dail!l'a:ltTo, ritenuto Jegittimo J'!incameramento parziale della cauzione ad opera dell'Amministrazione, !incompatibHe con fa funzione deJla olausola penale di anticipata liquidazione del danno ed �in vidlazione al precetto deilJ'a:rt. 1384 cod. oiv., che riserva soltanto al giudice la riduzione della penale. Con :il terzo motivo la ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 27 del d.m. 20 giugno 1930, n. 35 ed H vizio dii contraddittoriet� della motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dal1le parti (art. 360, n. 3 e 5 cod. proc. civ.), censure la sentenza !impugnata per avere esolUJSo -Ja Corte .di merito -ohe, prima dell'apprmnazione del contratto n. 17367 ~di cui non era inmata l'esecuzione) da parte del competente Minist~o, fa soc. � C.L.E.D.C.A. � potesse efficacemente recedere dal contratto e� per avere, quindi, configurato come inadempimento il legittimo esercizio de.hla potest� di recesso. Con ti!l quarto motivo, !infine, ~si denunzia il vizio di omessa motivazione su Uill punto decisivo della controversia {ar.t. 360, n. 5 cod. iproc. civ.) rper non avere -[a Corte d'appello -rilevato, in relaziione al contratto n. 17197 {parzialmente eseguito), ohe ['Amministrazione, prima dii ritenere risoJto H contratto stesso e. scaduto il termine utiile per la consegna, awebbe dovuto 'assegnare aJ contraente iprivato .un te11mine � perentorio rper '1e ulteriori consegne, e decorso :inutilmente tale termine, far eseguire in danno del fornitore inadempiente fo consegne non eseguite (art. 72 e 76), anche !in ossequio al principio della formalit� e tdpilCit� che regola tl'attdv.it� amministrativa. A\ll'esame delle prospettate censure deve rpremettersi che, in relazione ai due contratti di fornitura n. 17197 del 18 aprile 1968 e n. 17367 del 5 Jugliio deUo stesso �anno, si controverte fra Je parti sia deHa configurabilit� dell'iinademipimento deH'dmpresa fornitrice sia deil!le conseguenze di PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN. MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI esso e oio� della Jegittimit�, mailgrado il'inademrpimento, dell'incameramento da parte de11'Amministrazione della oau;;o;ione versata dalla soc. � C.L.E.D.C.A. � all'atto della stipulazione del contratto. La societ� ricorrente nega che vi sia stato inadempimento da parte sua: quanto al secondo contmtto, di cui non era stata iniziata -l'esecuzione, perch�, prima ohe esso 'ricevesse la prescritta approvaziione del Ministero delila Difesa, la societ� fornitrice, con la lettera -del 29 ottobre 1968, aveva mamfes1ato la ;volont� di recesso ed aveva esereitato ~a relativa potest� concess�a:le da11'art. 27 del capitolato generaile di oneri (terzo motivo); quanto ai! primo contratto, parzialmente eseguito, peroh�, a norma d�gl� artt. 72 e 76 delJle � Conwioni � '1'Amministmziione avrebbe dovuto assegmire alla 1societ� un tennine ~ntorio per le ulteriori consegne e, solo dopo il'inutile decorso di esso, avrebbe potu1o ritenere risolto il contratto (quarto motivo). La societ� �riCOIU"ente sostiene, poi, che anche nel caso in CUi fosse <eonfigumbiJJ.e i�Jl. >SUO maidempimento, il'AmmfilistraZione non avrebbe potuto incamerare fa oauzione, vevsata ai sensi dell'art. 18 delle � Costituziioni �, senza la prova dell'effettivo danno subito, perch� detta cauzione non pu� essere inquadrata 111el10 sohema della cl81U1Sola penale, ma costituisce un pegno irregolare o una garanzia reale generica (primo e secondo motivo). Un'mteriore precisazione si rende, �preliminannente, necessaria in ordine al sindacato di questa Corte circa l'interpretazione deil:le rcondiziiorui generali d'oneri, che, secondo J'Ammiruistr�aziione resistente, sarebbe escluso; sailvo il controllo che siano state rispettate ile regole giuridiche di ermeneutiica, trnttandosi di disciplina avente 111atura neg_?ziale. Pi� volte questa Corte ha affermato che disposiziiom contenute ne11e Condizioni generali d'oneri hanno natma ed efficacia di norme regolamentari, sempre che si tratti di contratti interessanti il'Amminti.strazione statale, nei �ui confronti :hl privato contraente � dn una posizione di subordinazione. ohe �giust:i'fica [a sua sottoposizione ailla potest� regolamentare. In tali termini e con preciso riferimento ahle Condizioni generali d'oneri per gli acquisti dli vestiario ed ailtro da iparte de!ll'A:mminist! l'azione del!l.a Difesa-Esercito, approvato con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, l'affermazione � ripetuta ne11e 1sentenze 12 giugno 1968, n. 1568; 23 Juglio 1969, n. 2766; 19 n�v:embre 1971, n. 3331 e n�n � sostanziailmente smentita da:Ha p!i� recente decis[one n. 4386 del 12 novembre 1977, ipur se con questi si � riconosciuto H potere del gi:udilce di ridurre equamente Je multe previste negli artt. 69 e ss. dehle citate Condizioni generali nel loro conoreto inserimento nel contratto, sul presupposto de11a prevalenza della disciplina primaria ed foderogabile dettata .dall'art. 1384 cod. civ. Tale affermazione discende dalla considerazione ahe, nel vigente ordinamento, frequentemente la legge prevede fa pos-sibfilit� che disposizioni !l'egOilamentari vengano adottate con decreti ministeriaili. Per ci� che attiene a11e Condizioni d'oneri, il'art. 45 del rJdJI. 23 mal$gi�O 1924, n. 827, conte 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nente norme per l'esecu:zfone del d.lgt. 18 novembre 1923, n. 2440, sull'amministraizone del patrimonio e sulla contabiilit� generale delJo Stato, stabilisce ohe i oapitolatii d'oneri, per ogni genere di contratto, sono approvati da ciascun Miniistero; e risulta emanato in conformit� al d.ilgt. 2240/23, che, all'art. 7, prevede i capitolati d'oneri ed, ahl'art. 88, conferisce al Governo '1'inoarico di modificare le no:mne vigenti dn materia, con faCOilt� di emanare ogni altra disposizione di complemento, di coo11dinamento e di attuazione. Trattasi, dunque, di una disciplina che, malgrado sfa, dal punto di vista formale, manifestaz;ione di potest� amministriativa, ha natura sostanzialmente normativa, anche se derivata e secondama, ed aisisume tale efficacia dn virt� della iprevdsione che � contenuta, con ca1rattere generale, in provvedimenti iohe hanno natura nomnativa primaria. Se ne 11iicava il corollario che, .quando la controversia verte sulla interpretazione non del regolamento patttlzio degl'dnteressi patrimoniald riservati aiLl'autonomia privata, ma dehle nomne delle Condizioni generali direttamente ed in s� considerate, tale interpretazione � smdacabile lin sede di ~egittdmit� e l'esame delle norme anzidette 11ientra nei compiti istituzionali di questa Corte. Fatte .queste precisia:z;ioni, 1l'esiaime del terzo e del quarto motivo, con i quali 1si nega l'inadempimento della soc. � C.L.E.D.C.A. �, deve logica mente precedere quello dei primi due, che postuilano l'esistenza del rnnadempimento e vigua:rdano Je coDJseguenze che se ne devono trarre in ordine ai :diritti ed agLi obbldghi dellle parti. Le censure formulate con il terzo e con il quarto motivo sono infondate ed in relazione ad esse ~ ricorso Via rigettato. L'art. 27 delle CondiZJioni d'onerii, premesso ohe rill contratto deve ottenere ['approvazione del Ministero o dell'autorit� aill'uopo delegata entro t1re mesi dal giorno dehla sua stipulazione, 1staihi!lisce che, in caso di ritardo oltre ti1 detto termine, l'aggiudicatario avr� ddritto dli ottenere lo scio~imento del contratto e potr� essere !liberato dal suo dmpegno, noti:ficanido all'Amministrazione appaltante 1.l!Ila dichi!arnzione contenente taile 1sua volont�. Di fronte 1ail 1chl�ro dettato .dehlia disposizione, non � censurabHe il convincimento della Corte di merito, secondo cui fa lettera del 29 otto. bre 1968 (con la quale !l:a soc. � C.L.E.D,C.A. �, nel comunicare [a cessazione, per ragioni teonico-economiche, dell'attivit� del suo stalbilimento di Napoli, chiese di essere autorizzata ad effettuare le ulteriori forniture con naiftaHna iprodotta ncllo 1stabi1imento di Fidenza), lungi dal contenere Ja prrescritta diohiarazione di rrecesso, esprimeva fa voJont� di procedere ailla esecuzione del contratto con modalit� non consentite dalla legge 6 ottobre 1950, n. 835, che rdservava alle industrie del 1centro-sud Je forniture in questione, ed equivaleva ad una 1ammissione di definitivo inadempimento. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI N� :pu� condividersi l'assunto da:lfa ricorrente, secondo cui non pu� configurarsi dl suo inadempimento in 'relazione aid un contratto non an!cora a:p:provato e, 'qu�ndi, non ancora efficace. �La risposta fornita da:hla sentenza impugnata � certamente �corretta. Dato che nei contratti ad evidenza :pubblica .!'attivit� dell'Amministrazione, non diversamente dalla sua attivit� unilaterale, � volta ail perseguimento del pubbliico interesse, la successiva approvazione, .f�.TIJalizzata al controllo dell'attivit� amminisllratdva, costituisce un requisito di efficacia ideHa manifesta:z;ione di volont� della pubblica amministrazione e non anche di quella del privato, la oui dmmediata efficacia discende dail vincolo �contrattuale, a prresoindere dallla sua successiva approvazione (hl che, avverte la Corte d'appehlo, �, nel caso, espressamente previsto d!aH'airt. 12 del contratto stesso). Ne consegue che 1l'inadempimento della societ� ricorrente non � esduso dalla mancata approvazione, che, anzi, � contenuta nell'atto con il qua:le l'Amministrazione ha manifesta:to Ja volont� ,di consiiderare risolto hl contratto, rpr�prio sul presupposto de111'ol1lllrui accertato inadempimento dell'altro contraente, tale da non rendere necessaria ['approvazione di un contratto destinato aHa risoluzione. Del pari, la sentenza impugnata� si sottrae alle censure formulate con il quarto motivo, avendo, con motivazione logicamente coerente, considerato, in relazione al contratto gi� approvato e :parzialmente eseguito, che, non potendo fa � CL.E.D.C.A. � completare la fornitura con le modalit� previste nel contratto ed avendo chiaramente manifestato tale .impossibilit� con la Iettera del 29 ottobre 1968, J'assegnazione del termine ;perentorio, ;previsto dall'iart. 72 idehle Condizioni d'oneri, 11isuJ� tava ormai inutill:e. Non vane obiettare che, oon taile motivazione, la Corte di merito ha violato il principio della tirpioit� degH atti amministrativi, che qui non � pertinentemente invocato. Infatti, nel caso concreto, non si tratta di stabilire se le .finalit� d'interesse :pubblico che fa 'legge assegna ad un determi<rmto atto amministrativo possano essere realizzate a!l di fuori dell'esercizio di una formale attivit� di diritto pubblico e se al conseguimento di quei fini �sia preordinato un certo tipo di atto, ma si tratta di valutare H comportamente dell'Amministrazione, impostole daHa disciplina negoziale, e di stabHire, nel concorso dd U!Il reciproco ~naidempdmento di obblighi 1oontrattuali, quale debba ritenersi prevailente in modo da giustificare quehlo deH'altro contraente, valutazione che [a Corte di merito hd compiuto con la corretta motivazione poc'anzi !richiamata. Dovendosi mantenere ferma J:a sentenza impugnata ne1la parte in cui ha affermato ['inadempimento della soc. � C.L.E.D.C.A. �, deve passarsi aH'esame dei primi due motivi di ricorso, ohe � necessario compiere congiuntamente, in quanto entrambi attengono alla qualificazione giuridica deMa cauzione prevista dagli artt. 17 e ss. delle Condizioni d'oneri. L'art. 17 'stabilisce che ailla sti:pulazione del contiratto, il deliberatario deve prestare la cauzione definitiva, che si distingue da que11a provvisoria, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 454 prevista dall'art. 12 ed avente fa diversa finalit� di dissuadere ill concorrente aUa gara dal :sottrarsi, 'dopo J',aggiudioazione, alla sottoscrii;ione del relativo verbale o altla stipulazione de1 contratto. La cauzione definitiva -detta l'art. 20 -� sta a garanzia dehl'adempimento di tutti gli obblighi del contratto, dal risarcimento dei danni derivanti dall'inadempimento degilii obblighi stessi nonch� del rimborso delae somme pagate in pi� dahl'Amministrazione per conto dell'impresario inadempiente, salvo l'esperimento di ogni ailtra azione nel 'caso che l'Amministrazione lo ritenga necessario a tutela dei propri interessi�. La Corte di merito, :Erazionaniclo la citata disposizione in tre distinte .ipotesi (adempimento di tutti 1gli obblig:hi del contratto; risarcimento dei danni de:riiva:nti dall.l'inadempimento degli obblighi stessi; rimborso di somme erogate in pi� dail:l'Aimminist:riazione !in oaso di esecuzione d'ufficio in danno dell'assuntore), ha ritenuto che, con riferimento ailla prima ipotesi, la cauzione adempie ahla �stessa funzione della clausola ipenaile (art. 1382 cod. civ.), esonerando J:Amministmzione dalla prova del danno, che pu� anche mancare, a differenm deHa seconda ipotesi, 1che, riferendosi ad un !inesatto adempimento, impone all'Amministrai;ione l'onere deHa prova del danno subito. N� alla configurazione della cauzione come clausola penalle nella :prima ipotesi osta, secondo la Corte napoletana, ~a possibilit� del suo incameramento parziale (art. 76 deLla Cond. gen.), essendosi voluto espressamente reg�h�re, accanto ahla ipotesi d'inadempimento totale, disciplinata dall'art. 1382 cod. civ., a:oche queHa dell'inadempimento parziail�, senza innovare in ordine all'esonero dell'Amministrazione dailJa prova del danno, che possa essere eventualmente derivato da tale parziaie adempimento. La costruzione giuridic~ della cauzione, contenuta nella sentenza impugnata, non � convincente e contrasta con ~'affermazione di questa Corte, ohe, occupandosi dell'art. 5 del d.m. 28 maggio 1895, dal contenuto del tutto 1simile a quello dell'art. 20 del d.m. 20 giugno 1930, n. 35, ha riconosduto allla cauzione versata dall'appaltatore Ia funzione di dare garanzia all'Amministrazione appailtante di tutte �le obbligazioni del contratto, del risarcimento dei danni derivanti daill'inademp:imento delle obbligazioni stesse, nonch� del rimborso delile somme � eventualmente versate in pi� (Oa:ss., 26 gennaio 1978, 111. 360). Le Conidizioni generali d'oneri interessanti il caso concreto non consentono una .diveI1S1a interpretamone. La uni1Jaria disciplina deMa cauzione nell'art. 20 non ne consente una qual!if�cazione rpooivalente, 1ahe postuli �sul piano della sua disciplina una differenziazione d'ipotesi. La previsione di differenti ipotesi, ~ungi dal consentire un'arbitraria frantumazione delila nozione e della funzione della cauzione, ne impone una configurazione che si attagli, a tutte le ipotesi considerate. E se 1si tiene conto di taile impostazione, inquadrare PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI la cauzione ne1lo schema della clausola penale non � giuridioamente corretto. Oi� � confermato dail testo dell'art. 20, che, con <!'espressione �fa cauzione sta a garanzia... �, richiama concettualmente g!H estremi di una garanzia reale generica, finalizzata aid assistere qualsiasi ragione di credito effettivamente esistente a favore dell'Amministrazione; ed all'art. 20 fa eco l'art. 23 che vincola la cauzione all'adempimento di �tutti� gli obblighi contrattuali del contraente privato. Ulteriore 1conferma si trae daMa considerazione che J'uso dclle parole �cauzione �, � cauzione in contanti �, � deposito cauzionale � viene �genericamente assunto nelJla 1Jratioa negoziale rper fodioare la funzione di garanzia attuata mediante la consegna ail creditore di una determinata quanvit� di cose fongibili (che rimane, perci�, nettiaimente distinta dal pegno, ma ohe realizza, per la natura stessa dehle cose adoperate, una pi� intensa funzione di garanzia �rispetto a quella assicurata dal pegno). Si tratta, 1Jer Jo 1Ji�, di denaro o di titoli di 1credito al portatore, consegnati a garanzia di crediti quasi sempre eventuali, nascenti da un pi� ampio ral>l>orto esistente fra [e parti. Lo_ ,schema normativo della dausola penale, deil. resto, mal si adatta a comprendere la cauzione <disciplinata dailile condizioni d'oneri, sia perch� l.a clausola penale si attua mediante un nego:zJio concettualmente autonomo per iil caso d'inadempimento o di ritardo ne!Ll'adempimento, mentre la cau:cione � �regOilata in modo da operare in relazione ad ipotesi anche diverse; ,sfa ipereh� la previsione di un incameramento parziale della cau:z;ione non si addice alla <Clausola ipenale, che Tealizza una liquida:cione fissa e predeterminata del danno e che 'riserva inderogabilmente al giudice hl :potere di ridurre fa penale in .caso di adempimento parziale o di ammontare manifestamente eccessivo di essa. A talle interipretazione non osta la' riserva, fotta all'Amminlistrazione, di ogni ailtra azione nel caso ohe essa .io Titenga necessario a tutela dei propri interessi, �Ohe, per la sua ampiez:zia e genedcit� e iper la sua operatiwt� in relazione �a tutte Ie diverse ipotesi contenute nell'art. 20, non pu� essere equiparata ad una convenzione di risarcibilit� del da111Ilo ulteriore, che riellla �disciplina della olausola 1penale imipedisce la .limitazione del ds�arcimento a1La penale e non esonera, per la differenza, dalla prova del idainno effettivo. N� argomenti contrari possono trarsi dall'art. 76 nella parte in cui prevede, come conseguenza defila �rescissione� del contratto, la confisca de11a cauzione. Infatti non p{i� dubitarsi che non si tratta di 1confisoa amministrativa, sanzione repressiva 'di un iJleoito amministratJivo inflitta con un atto ablativo deHa pubbHca amministrazione, da cui deriva che Ia cosa confiscata passi in propriet� di questa o comunque rimanga ad essa definitivamente 1acquisiita senza indennizzo. La confisca di cui all'art. 76 ha il pi� <limitato effetto di .convertire il titolo del possesso da parte dell'Amministrazione della caurione versata presso una RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 456 sezione dehla Tesoreria iprovinoiale (art. 18), '.Per cui es1sa cessa di essere un deposito cauzionale per trasformarsi in una entrata patrimonia1le, senza pregiuilizio .per il limite delila risarcibilit� del danno effettivo. I primi due motivi deil ricorso vanno, pertanto, accolti e J<a sentenza impugnata va cassata con 1rinvio, anche per H regolamento delile spese di questa fase iprocessuale, aid altra sezione delila Corte di appello di Napoli, ohe 1si umformer� al principio, 1secondo cui ~a cauzione rprevista dagli artt. 17 e s�s. delle Condizioni generali d'oneri rper gH ocquisti di vestiario ed ailtro da rpairte dell'Amministrazione deMa Difesa-Esercito, approvate 1con d.m. 20 gtugno 1930, n. 35, non � ass1mHab:He aiLla clausola rpeniaile e non .� soggetta, quindi, alla disciplina degli artt. 1382-1384 cod. civ., ma costituisce una garanzia reale generica finalizzata ad assistere qualsiasi ragione di oredito effettivamente esistente a favore dell'Amministrazione, che non � esonerata dalla prova deil danno effettivamente subito a causa dell'inadempimento de11'a:ltro contraente (omissis). CORTE DI CASSAZIONE,, Sez. I, 19 novembre 1979, n. 6033 -Pres. La Farina -Est. Sandulli -P. M. Gl'imaldi (conf.). Amministrazione pp.tt. {avv. Stato Onufrio) c. Bichi. Appalto -Appalto cli servb.i -Rifiuto cli sottoscrizione del contratto formale da parte dell'aggiudicatario -Cauzione provvisoria -Incameramento -Ristoro dei danni ulteriori rappresentati dal maggior onere del nuovo contratto -Esclusione. (legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F, art. 332). L'aggiudicatario dell'appalto di un pubblico servizio che non si presti alla sottoscrizione del formale contratto riproduttivo dell'aggiudicazione oltre a perdere la cauzione provvisoria, legittimamente incamerata dall'Amministrazione, � tenuto al rimborso delle spese da questa sopportate per la nuova gara ma non pure al risarcimento degli ulteriori danni (nella_ specie indicati nel maggior prezza di aggiudicazione risultante dalla nuova gara) (1). (omissis) Con ['runico motivo, Ja ricorrente -:denunciata il.a violazione e Ja falsa ap:pJicazione degli 1artt. 332 delila fogge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sulle opere pubbliche; 65 n. 8 del r.d. 25 maggio 1924, (�1) Per una div�rsa vaLutazione delle conseguenze deL rifiuto dehl'aggiudicatario di addivenire a11a stipuLazione formale del contratto, cfr. Cass . .17 maggio 1974, n. 1470, in questa Rassegna, 1974, I, 1468: in tale occasione il rifiuto di sottoscrizione de,l contratto fu .ritenuto inadempienza grave, ta1e da fondare i1 diritto de11'Amministrazione di rescindere i1 contmtto a sensi e per gLi effetti PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 457 n. 827, regolamento ,per l'amministrazione del patrimonio e per <la contabfilit� deMo Stato; 1453 e 1223 cod. civ. -sii duole che la Corte del merito abbia ritenuto che l'aggiudioatariio delil'aippa:lto di un pubblico servizio, i1l quale 1si 1rif�.uti di sottoscrivere il contratto riproduttivo dell'aggiudicazione, sia tenuto -oltre iche ailla perdita de1la cauzione provvisoria -soltanto al rimborso dclle rsrpese del iriappai1to e non anche al risaraimento dehl'u1teriore danno subito dall'Amministriazione. La ,censura � infondata. La Corte d'appello, ha ritenuto che la persona rimasta aggiudicataria di un pubblico servizio, in un'asta disciplinata dailile Lleggi di contabilit� genera!le de11o Sta:to, la quale si rifiuti di sottooorivere !il forma:le contratto riproduttivo dell'aggiUJdicazione -oltre a perdere la cauzione rproV'Visoria che l'Amministrazione ha il diritto di incamerare -sia tenuta sol1Janto a:l rimboriso delle 1spese 'Vlive occorise :per il riaippa:lto della fornitura a prezzi maggiorati e non anche al risarcimento dell'ulteriore danno subito dall'Amministrazione per aver dovuto ricorrere al riappalto (consistente neilfa differenza tra la somma dovuta al nuovo fornitore e quehla che si sarebbe pagata aH'aggirudioatario inadempiente). �Secondo ila tesi de1l'Ammimstvazione ricorrente -fa qua!le non contesta l'rapplicabiliit� all'appalto dei servizi deHa norma de1l'art. 332 deHa legge 20 marzo 1865, n. 2248, aill. F, sui lavori rpubblici, ritenuta dai1la pli� autorevole dottrina di applicazione .genetl'a:le -fa disposizione normativa contenuta nel citato art. 332, la quale stJabiHisce rche, ,in caso dell'art. 340 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F. � pure da ricordare che $econdo Cass. 22 novembre ,1971, n. 3373, in Giust. civ., ,1972, I, 918, 1'obbldgazione di prestarsi a:lla redazione del contratto formaJ.e funge da condizione risolutiva del contratto stesso (perfezionatosi col verbale di aggiudicazione) cos� da non richiedere un forma1e �pro\rvedimento di riso1uzione. Suhl'operata assimilazione, quoad effectum, della cauzione provvisoria ahla cilausola penate cfr., ~er a1tri riferimenti, Cass. 5 aprile .1974, n. 971, in questa Rassegna, 1974, I, 1459, e Jie diverse notazioni di Cass. 23 febbraio !1979, n. 1212, in questo fascicolo, relative per� alla cauzione definitiva. Pu� essere utile considerare che, nel caso esaminato da.Ma sentenza in rassegna, l'aggiudicatario aveva comunicato di non voler onorare L'impegno in quanto assunto per errore di cak:o1o e che, in ta1e prospettiva, sarebbe riuscito di qualJChe Interesse verificare se La definitivit� <lelfinadempimento (e non la mera inosservanza del termine per ia �Stipu1a del contratto formale) non va1esse a legittimare La pretesa al risarcimento deL maggior danno, del quale 1'Ammini<strazion~ aveva fornito la prova. In effetti, i riildevi svolitID nelila sentenza suUa base di un letterale raffronto tra gili artt. 332 e 340 delila legge n. 2248/1865, aLL. F, non chiariscono perich�, ferma la natura meramente riproduttiva del contratto destinato a formaLizzare un vinco1o gi� perfezionatosi con L'aggiudicazione, l'aggiudiicatario inadempiente sia tenuto a1 solo rimborso delrle spese del:la nuova gara quando abbia Lasciato tota!lmente ineseguito Fobbldgo assunto e debba, invece, risaricire (anche) H danno ulteriore in ipotesi di �inadempienze attinenti aLl'esecuzione de1 contratto�, 458 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO di :riifiuto del deliberatario di st~pU!lare il contratto, J'ammirustrazione pu� � procedere ad un nuovo incanto a 1spese del medesimo �, dovrebbe essere �interpretata nel quadro del principio generale secondo cUJi chi non adempie ad un'obbligazione � tenuto a 1risarrcire fintero danno ohe sia conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento, s� da ricomprendere nell'ambito coDJCettuale delle �spese� tutti g\li esborsi dovuti affrontare dailil'Amministrazione in conseguenza del riappalto della fornitura, .inclusa la SipeSa rper H suo maggior costo, giacch� -eqUJivalendo il verbale di aggiudicazione ad ogni effetto legale al contratto -il rifiuto deWaggiudiootario di sottoscrivere ,iJ formale negozio non differerebbe in nulla daJl'inadempiimento vero e proprio, onde dovrebbe essere sanzionato con l'integrale �risarcimento del danno. Tale tesri non � condivisibile. Il problema proposto attiene al semrp[ke profilo dcll'interpretazione delle statuizioni legisilative contenute negli artt. 332 e 340 della Jegge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubbiliiici. L'art. 332 dispone che � qualora :il deJiberatario non sia in misura di stipulare il contratto defimtivo entro il termine fissato nell'atto di deliberazione, J'amministrazrione potr� procedere ad un nuovo dncanto a spese del medesimo, <il quale perder� la �somma che avr� depositato per la sicurezza delil'asta �. I.I successivo art. 340 stabilisce ohe, .in oaso di inadempienza del contratto da parte de1l'appaltatore, a1l'amministrazione � dovuto ((il ri;;ardmento dei danni derivatile dalla stipulazione di un nuovo contratto e daM'esecuzione di ufficio �. Dalla interpretazione e dalla comparazione delle due norme su riportate appare �chiaro come 'la cauzione provviiso:riia, oltre a svolgere fa precipua funzione di garanzia, esplichi anche l'ulteriore funzfone di rprovvedere, automaticamente e forfettariamente, in caso di inadempimento, al ristoro del �conseguente pregiudizio. E -non potendo essere ridotta la cau2lione provvisoria, eccessiva nei suo ammontare, rper non essere prevista nell'art. 332 una siffatta possibilit� -deve ritenersi, per la medesima considerazione, che non possa essere chiesta dall'amministrazione ll:a risarcibilit� dell'ulteriore danno, non consistente nelle spese della nuova asta eventualmente indetta. Invero l'art. 332 consente all'amministrazione di pretendere, oltre l'incameramento della oauzione provvisoria, soltanto i1l rimborso delle spese della nuova gara, in quanto esso, non prevendo -�ail contrario dell'art. 340, .che si riferisce alle inadempienze attinenti a:Ha esecuzione del contratto -la rpossibHi!t� del risarcimento dei danni (ulteriori), non pu� non aver inteso escludere il ristoro degli altri danni. PARTE i, SllZ. VII, �ttJRtS. IN MATERIA l>I AC�UE llD APPALtt PtmBLICI Di .conseguenza -determinando 1a oau:z;ione provvisoria preventivamente .l'ammontare del rdanno, secondo ila valutazione discrezionale del:la pubbH!ca amministra:ziione, che !Ile 1stabilisce la entit� neLl'iavv.iso d'asta deve ritenersi infondata la ipretesa dell'amministrazione di ottenere oltre aJ.lla rriten:zJione della cauzione :provvisor1a ed al trimbo11so dehle spese del �riappalto, hl risarcimento dei maggiora d1ann[. L'unico motivo di ricorso �, quindi, da disattendere. In conolusione, H rkoriso va rigettato (omissis). SEZIONE OTIAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 14 dicembre 1978 -Pres. Giorgioni - Rel. Faccini -P. M. Marucci (conf.) -Rie. P.M. c. Romeo. Peculato -Uso dell'autovettura di servizio per percorso casa-ufficio Distrazione -Insussistenza. (cod. pen., art. 314; r.d. 3 aprile 1926, n. 746, regolamento sul servizio automobilistico per le amministrazioni dello Stato, art. 4). Non commette il delitto di peculato per distrazione il pubblico funzionario che, fa uso dell'autovettura destinata al funzionamento dei servizi tecnici dell'Amministrazione (nella specie, Consiglio superiore della magistratura), per compiere vari percorsi cittadini, ivi compreso l'accompa� gnamento casa-ufficio (1) � .(omiss.is) Il Procuratore geinerale osserva linnanzi tutto che il 'ricorso � inammissibile nei confronti di Vittoria Todaro e Antonio Nardiell.o, poich� !iJ. medesimo Procuratore .generale chiese iil foro proscioglimento II peculato delle � macchine blu �. (.1) La sentenza, che risolve La nota questione deHe � macchine blu>>, � ipubb1icata sU!l Foro it., .1980, II, 178, con note critiche di P. CANAVELLI e di A. LENER. Ivi sono anche riportate la nota deHa Presi,denza del Consiglio dei Ministri ~ Ministero dei Trasporti e due decisioni in materia deilla Commhsione di controUo sugld atti delLa Regione Molise. All'indirizzo assunto daLla Cassazione con 1La sentenza che si annota si sono adeguati, nei numerosi pro� cessi ana1oghi nei qua:li L'Avvocatura ha assunto la difesa di pubblici funzionari, i giudici istruttori, che hanno emanato sentenze di proscioglrimento. Per la particolarit� deLla disdphlna legislativa appMcabiLe, si pubblica qui di seguito una memoria difensiva redatta in difesa di ta1uni dipendenti della Cassa per il Mezzogiorno, nei cui confronti � stata appunto emessa sentenza di proscioglimento. La comunicazione giudiziaria con 1a quale 1a Procura deMa RepubbLica di Roma infurma di procedere ad indagini su11a configurabilit� del reato di pecuLato continuato negli atti posti in essere per discipilinare il servizio di autovetture e di trasporto con a:utopulmans di dirigenti e de1 personale del!la Cassa per il Mezzogiorno, non costituirebbe, per La ben nota natura assoLutamente preliminare ed introduttiva di quest'atto previsto daWart. 304 cod. proc. pen. ne11a formuLazione di cui a1L'art. 3 della fogge 15 dicembre 1972, n. 773, ragione valida a giustificare una memoria difensiva in questa fase, se non ipremesse dimostrare, attraverso L'indicazione deLla speciale normativa che ha - PARTE l, SEZ. Vii!, Git!RISPRtib�NZA PENALE 461 con la 'stessa formula adottata nena sentenza di rpuimo grado: �perch� H fatto non costituisce reato>>, pur specificando �per difetto di do!lo �: la fo11muUia del proscioglimento l'esta comunque identica e non potrebbe certo disporsi iil rinvio a giudizio deg1i Mn.putati so!lo per un'eventuaile variante della sua motivazione. Osserva poi che ri:l >ricorso non pu� essere accolto nei confronti del Romeo. n problema si incentra tutto sull'esame dell'art. 4 del regolamento sul serv.i:ziio automobHistico per [e ammimstra:ziioni dello Stato aipprovato con r.d. 3 aprhle 1926, n. 746, al fine di � cooIXlinare e compJ.etare le norme che disaiJplinano l'uso degli autoveicoli � da parte di que1le ammirustrazioni: � con decreto da emanarsi dal ministero competente, di concerto �con quello per le finanze, 1sar� determ~Il!ato per ciascuna ammini posto in essere quell'Istituto sui generis che � la Cassa per i1 Mezzogiorno, l!asso1uta regolarit� formale e sostanzia~e degli atti coII11piuti da1 suo Presidente e da1 suo Direttore Generale e quindi 1a totale inconsistenza de:lla notitia criminis, intorno a11a quale l'Ufficio de1 Pubbhlco Ministero intende indagare. * * * L'Ecc.mo ufficio precedente � gra m possesso, per averli chiesti alfa Cassa per il Mezzogiorno, che ha puntualmente adempiuto con nota 5 febbraio 1976 all'ordine di esibizione, dei documenti concernenti il servizio automobilistico, sicch� iL compito di questa difesa � notevoomente facilitato dahla perfetta conoscenza che i1 Magistrato ha deliLa .situazione. I1 servizio di trasporto � stato deliberato daL consiglio d'amministrazione, per quanto concerne le autovetture destinate al trasporto dei dirigenti, nehla seduta del 29 ottobre 11953 ne11a quale si disciplin� organicamente e minutamente il servizio stesso e, nella sua fase esecutiva, con successivi ordini di servizio. la servizio di automezzi per iJJ trasporto del persona1e � stato invece deldberato �per 1a prima volta ne11a seduta del 27 febbraio 1957 neUa quale si determinarono gli itinerari, l'onere stesso (neJ.la misura di hlre .100 a carico de1la Cassa e di Lire 80 a carico de1 .personaLe). Suocessive deliberazioni de1 consiglio d'amministrazione hanno, come � noto iprovveduto al costo deL servizio, a11'autorizzazione ai nuovi contratti, aWistituzione di nuovi itinerari, alla ripartizione de} modificato onere pro-capite, ecc. Le deliberazioni, atti come � pur noto collegiaili, risuLtano essere state prese con L'intervento dei componenti deliL'organo collegiale sufficienti ad iII11prirner Loro validit� ed efficacia giuridica e con ila presenza degli organi di contro11o [previsti dalla legge (coliLegio dei revisori dei conti). In questa limp1da situazione di fatto nella quale, se una impressione � .possibile trarre, essa � soltanto que1La di un particolare scrupolo ne11'attuazione esecutiva delle delibere e in una certamente non estensiva interpretazione de1le stesse (basti considerare ghl ordini di servizio 30 giugno 1954; 3-0 novembre 1956, 5 a,pri�e 1960; aLlegato n. 8 senza data), resta da stabilire se ci si trovi di fronte a comportamenti leciti ed a legittimi atti amministrativi oppure no. 11 pecuLato infatti, in ordine a1 quale l'Eoc.ma Procura indaga, sarebbe configurabi1e sola.mente se gli atti posti in essere fossero non solo illegittimi 462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strazione hl numero deg,1i autoveicoli da assegnarsi per hl funzionamento dei servdzi tecnici � � . � � 1in nessun caso � consentito ['impiego degli autoveicoM per ragioni personali �. Deve :im. proposito dlevarsi 1subito ohe rassegnazione deLle automobili statali alle varie ammilllist:razioni risulta autorizzata rcon :La stes,sa legge annuale del b11ancio de1lo Stato che contiene le �relative aprposrizioni nei singdli 1caipito1i di spesa; seguono quindi deoceti ministeriali di assegnazione ai diversi uffici; qu�stii infine emanano le disposizioni mteme per ll.a distribuzione e l'uso del:le vetture. Nella futtiisrpecie, come rammenta anche l'impugnata sentenzia, si ebbe il decreto interministeriale 12 marzo 1966 che assegn� 16 automobili al Consigllio �supel1iore della magistratura e quindi l'ovdine di servizio 29 ottobre 1969 di quest'ultimo, che mise tre delle suddette veUure a disposizione dei magistrati segretar.i. . Ora, la siffatta regolamentazione emerge ohe ila singola amministrazione statale dispone rper :legge idi un �ceI'to numero di autoveicolii., desi dal ipunto di vista amministrativo, ma, per la loro arbitrariet� e per iL dolo rp.enale con iL quaile fossero stati realiizzati, delle mere parvenze di atti amministrativi integranti neHa realt� 1a condotta criminosa descritta nella fattispecie dehl'art. 314 cod. pen. * * * Tanto per� non � dato affermare n� in ordine ali1a iHegittimit�, n� a maggior ragione in ordine ahl'illiceit� dei comportamenti che debbono essere presi in considerazione, se si tiene conto deILe norme che disciplinano L'attivit� degli organi della Cassa e si valuta La natura giuridica di questa. Come � noto, La Cassa per H Mezzogiorno, creata per la 'soluzione cooridinata ed organica dei (problemi .socio-economici deH'ltaliia meridionale, � stata concepita cmne un Istituto sui generis che, pur facendo parte deLl'organizzazione amministrativa de1Lo Stato, fosse fornito di autonomia giuridica e finanziaria, tanto che in dottrina, r.illevandosi esattamente Jie particolarit� funzionald e strutturaLi de1la Cassa, si sono prospettate diverise teorie suHa sua natura giuridica, tutte imperniate sulla � specialit� � del nuovo organismo. Alcuni infatti 1a definiscono un � Ente ,statale � consiiderandoLa un quid medium tra la persona giuridica .pubbliica e l'Azienda di Stato, alitri la quaHficano come un organo straordinario dell'amministrazione deHo rStato, tesi quest'ultima ripresa in taLune affermazioni giurisprudenziali (v. Cass. dv., �Sez. III, 21 giugno 1974, n. 1863; v. Enciclopedia del Diritto, voce: Cassa .per H Mezzogiorno). Ma pi� determinante, ai fini di questa memoria, � considerare che la Cassa � un organismo ad hoc, dotato di disponibilit� finanziaria assicurata fino al termine stabiliito de11'espletamento dei suoi compiti, che ha per finaildt� istiJtuzfonafo esclusivamente questo espLetamento mediante attivit� qualificata come rivolta alila realdzzazione di opere pubbliche straordinarie e come .tale autonoma ed indipendente, sotto L'aspetto funzionale, dalil'ordinaria attivit� amministrativa dello Stato. Ai fini di garantire la spedita esecuzione del ,piano di opere straordinarie dirette ail (progresso economico e sociaLe deH'Italia meridionale, � stato previsto un 1congegno di finanziamento del tutto rpartico1are e diverso, l>ARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 463 gnandone l'uso per il fun2'Jionamento dei :servizi tecn<ki con sue disposi zioni �interne, ispirate ai noti criteri {fil discrezionalit� che le sono propri. L'ufficio dispone Ia ddstribuzione e la destina2'Jione deHe vetture, cui sii debbono adeguare i suoi .funzionarii, inter.pre1Jando � cos� ne]la maniera pi� idonea il !funzionamento dei suoi servi:zJi. Esso pu� dunque ritenere corri1spondente alle esigenze dello svolgi mento dei propri compiti, fra 1l'altro, anche il'uso dell'autoveicolo da parte dii qualche .funZJionario, con autista, per compiere vari percorsi e itinerari dttad:ini, ivi icompreso l'accompagnamento casa-ufficio. H funzionario in tail modo non si appropria n� distrae alcunch� dalla destina:zJione di ufficio, dal momento che at:tua 1e disposiizioni dello stesso. E i dirigenti del medesimo, a loro volta, J.ecitamente e doverosamente individuano quelild che sono, a foro avviso, i mezzii migliori per :ili funzio namento dei suoi 1servizi. quanto aLla fonte ed allla possibilit� di impiego, dagli 011dinari finanziamenti effettuati in base a1 bilancio de11o !Stato (v. Enciclopedia del Diritto, loc. cit.). Secondo la sua legge istitutiva e quehle successive di rifinanziamento e di proroga dehla sua durata, 1a Cassa ha una disponibilit� finanziaria o dotazione consistente in una raiccolta di somme di varia provenienza, somme che 1a Cassa non pu� destinare a scopi diversi (ove si eccettui il'attivit� strumentale necessaria per i1 raggiungimento delle finalit� istituzionali: cfr. Cass. civ., 21 giugno 1974, citata), ma deve impiegare ne11a esecuzione delle opere aHe quali � preposta. Come � stato rilevato in dottrina, caratteristica di questa attribuzione di somme, nell'ambito dell'obbligo di destinazione, � la .libert� per la Cassa di utilizzare le somme stesse secondo La necessit� di quella esecuzione, disponendo anticipatamente di somme destinate ad eseocizi futuri, utilizzando residui, impiegando indifferentemente le somme disponibili per L'una o per l'altra categoria di opere, senza che questo impiego incontri iL vincolo costituito dailJJa distribuzione deglii stanziamenti nei dive11si oap�to1i di biJ.ancio. Questo sistema � queLLo normalmente previsto nella legge istitutiva ed in quelle successive {v. ad es. art. 17, legge 6 ottobre 19711, n. 453), mentre solo eccezionalmente talune Leggi hanno rprevisto, sempre nel .quadro di uno stanziamento di somme a favore deLla Cassa per il Mezzogiorno �svincolato dalil'anno finanziario, 1a dpartizione dehle disponibilit� finanziarie nei vari campi di intervento (v. in questo senso art. 4, d.1. 6 marzo 1976, n. 33). Conformemente a tale caratteristica di autonomia e di svincolio da1 sistema finanziario e di bilancio dell'amministrazione ordinaria dello Stato, la Cassa non ha un proprio bilancio di previsione, ma un bilancio consuntivo che � sottratto aL controlilo del M�l!listero de1 tesoro. Infatti a norma de!L'art. 22 della .Jegge 26 giugno �1965, n. 717, H bilancio stesso � sottoposto aL Ministro per gli interventi stirao11dinari nel Mezzogiorno che Jo presenta annuaLmente al Parl:amento. Questo sistema legislativo ha un suo puntuale riscontro neLla previsione deg1i organi della Cassa e in (partico1are dei 1suoi organi ,di controllo: la fogge infatti, che attribuisce .L'amministrazione deWistituto ad un solo organo co11egiail. e, �11 suo Consiig1hlo d'Amministrazione, prevede, come O.l'gano di riscontro e di controllo contabile e di 1legittimit�, il collegio dei revisori dei conti. Al di RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO 464 Ed invero, per � servmo tecnico� deve intendersi ogni att:ivtit� dell'uffi. oio, 11'.lel ,suo ambito di competenza; cosicch� iil tliimite all'anzidetta discreziOll'.lalldt� 1saT� soltanto quello �indicato nel citato terzo comma delJ'art. 4 deoreto dcl 1926: !':impiego deM'autoveicolo per iragioni per<sonali di carattere privato. �L'esame apprdfondito, infine, caso per caso, su1l'eventuale travalicamento di tale limite srpetta al giudice di merito, la oui valutazione di fatto � naturalmente insindacabile in questa sede di mera iegitt:imit�. 1Per questi motivi, visti ig1li mtt. 387 e 531 cod. proc. rpen., chiede che la corte voglia irespinigere :ill ricorso nei confronti del Romeo e dichiararlo inammissibile nei confrOll'.lti dei coimputati �. fuori deL contro11o esercitato da questo Coli1egio, la Cassa non � soggetta al controlllo normalmente esercitato da11a Corte dei conti 1su1le amministrazioni dello Stato. * * * Se queste sono 'le disposizioni legislative che rdiscipldnano l'attivit� deLla Cassa per iL Mezzogiorno e dei suoi organi e se sono caratterizzate da una notevole specialit� che le differenzia dalla legislazione Ol'dinaria, se � vero che, come si � visto �Sopra e come risulta da11a documentazione esibita, che il servizio di autotrasporto rdei dirigenti e del personale � stato deldberato e disdphlnato neLla piena ortodossia e rispetto dehle norme di Legge (artt. 20 e 21, Legge 10 agosto .1950, n. 646; 9-17, d.P.R. 30 giugno .1967, n. 11523; art. 6, legge 6 ottobre 1971, n. 853), non pu� in nessun modo escludersi la liceit� e la Legittimit� degld atti amministrativi posti in essere e dei conseguenti comportamenti del dr. Francesco Coscia. In particolare non pu� certo richiamarsi la vigente normativa sul servizio automobiListico per 1e amministrazioni del�o Stato .(r,d. 3 aprile 1926, n. 746; d,P.R. 9 novembre .1952, n. 1503; :legge 9 aprile 1953, n. 318; legge 26 aprile 1975, n. 132, art. 30), ]a quale � riferibile, come la lettura dei vari articoH persuade agevo1mente, aDle amministrazioni ordinarie de11o Stato: quelle Leggi infatti ed in particolare queLla fondamentale del 1926 che approva i~ regolamento del servizio automobilistico, si rifer.tscono non solo a11e amministrazioni defilo Stato 011dinarie, ma indicano le autorit� a1le quaM la vettura automobile ipu� essere assegnata e prevedono 1a determinazione de1 numero degli autoveicoli da assegnarsi per ciascuna amministrazione per il funzionamento dei servizi tecnici, determinazione che dovr� essere stabilita con decreto de1 Ministro competente di concerto con il Ministro delle finanze. Le autorit� elencate nell'art. 2 .di quel decreto sono tutte appartenenti alle amministrazioni ordi� narie deHo Stato, n� ille successive dtsposizioni di legge hanno modificato quel sistema, onde non pu� non ritenersi che ila citata nol'ffiativa abbia un campo di applicazione limitato e che ~a Cassa per il Mezzogiorno (per la sua autonomia, per ~a sua specia1it� e per fa particolarit� deL1a disciplina prevista, non fosse tenuta all'applicazione deHe suindicate leggi. 1Si confida .pertanto che L'Ecc.ma Procura della Repubbldca di Roma ravvisi l'aissollllta infondatezza deLla notitia criminis e provveda ai conseguenzia1i atti di sua competenza. RAOLO DI TARSIA DI BELMONTE PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 465 La �corte, 1considerato che le puntuali argomentazioni del p.g. non possono non essere condivise peroh� pienamente aderenti ad esatti criteri di ermeneutica inte.ripretativa della normatiiva ohe disciplina il servizio automobilistico de1le amminist.riazi:oni statali, le fa proprie e decide in conformit� (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 28 giugno 1979, n. 318 -Pres. Napoletano -Rel. Cuomo -P. M. Santaniello (conf.) -Rie. P.M. in proc. Anfiero. Reato -Furto -Circostanze aggravanti -Mezzo fraudolento -Nozione. (cod. pen., art. 625, comma primo, n. 2). Reato -Truffa -In genere -Truffa negoziale -Fattispecie. (cod. pen., art. 640). In tema di furto, l'uso del mezza fraudolento previsto dall'art. 625, n. 2 cod. pen. ricorre ogni qualvolta l'agente ponga in essere una qualsiasi insidia con la quale eluda, sovrasti o elimini la normale vigilanza e custodia della cosa mobile esercitata direttamente dal detentore ovvero anche indirettamente con mezzi destinati a proteggere e conservare il bene nella sua sfera di disponibilit�. Non ha giuridica rilevanza il fatto che la insidia sia adoperata prima o dopo l'asportazione materiale della cosa, ma basta che essa si esplichi nel corso dell'azione !esecutiva che si conclude col definitivo impossessamento della cosa da parte dell'autore del reato. Commette il reato di truffa contrattuale colui che consegua il possesso di una autovettura, stipulando un contratto di noleggio in conseguenza dell'uso di artifici e raggiri, e non restituisca alla scadenza l'autovettura stessa (1). ('1) In conformit� aLla nota decisione delLe 1Sezioni Unite de1la Cassazione anche in ta~ caso deve ritenersi che il momento consumativo della truffa decorra daHa data deH'impossessamento e non da queMa deMa stipulazione del contratto (v. in questa Rassegna, 1969, I, 369, P. DI TARSIA, Il momento consumativo del reato di truffa e il reato continuato). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 il:u~io 1979 � Pres. Vigorita -Rel. De Castello -P. M. D'Agostino (conf.) -Rie. Aloisi ed alltri. Procedimento penale -Difesa e difensori -Incompatibilit� -Difensore unico di pi� imputati -Interdipendenza di posizioni processuali Nozione. (cod. proc. pen., art. 133) 466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Procedimento penale -Difesa e difensori -Incompatibilit� -Effetti -Nullit� -Decorrenza. (cod. proc. pen., artt. 133, 185, comma primo, n. 3). Procedimento penale -Difesa e difensori � Di fiducia -Sostituto del difensore -Nozione e funzione. (cod. proc. pen., art. 127). Procedimento penale � Difesa e difensori -In genere -Nominato dalla parte -Sostituto del difensore -Incompatibilit� della difesa -Tempo della sostituzione -Occorre aver riguardo alla posizione del sostituto. (cod. proc. pen., artt. 127, 133). L'incompatibilit� di difesa che non sorge per il solo fatto della pluralit� di imputati, n� per imputazione di concorso nello stesso reato, n� in una diversit� di posizioni giuridiche o di interessi o in una divergenza tra le affermazioni di pi� imputati e neppure per una dichiarazione di un imputato non favorevole ad altro o per una chiamata di correo da parte di chi confessi e accusi di correit� chi nega; per aversi incompatibilit� occorre che sussista, con accertamento da farsi di caso in caso secondo le peculiari circostanze di specie, una situazione di interdipendenza di posizioni processuali, per cui un imputato abbia interesse a sostenere una tesi difensiva che riesca di pregiudizio per altro imputato, cosicch� si renda inefficiente la comune difesa, almeno nei confronti di uno degli imputati, essendo impossibile, per il conflitto di posizioni processuaZi, la prospettazione di tesi difensive tra loro logicamente conciliabili. La incompatibilit� di difesa produce i suoi effetti processuali -violazione dell'art. 133 del cod. proc. pen. e conseguente nullit� ex art. 185, primo comma n. 3 dello stesso codice -solo dal momento in cui in concreto si � determinata la situazione di interdipendenza e di conflitto tra pi� imputati idonea a costituire la incompatibilit� e non si estende retroattivamente alla precedente fase o al precedente momento processuale in cui tra quegli stessi imputati la situazione di conflitto non sussisteva. Il sostituto del difensore non � un rappresentante del difensore, la cui attivit� si compie in nome di questi e a questi si riporti, ma � -come lo definisce espressamente la legge "--un difensore che sostituisce, in caso di legittimo impedimento, quello gi� nominato dalla parte limitatamente al tempo in cui si verifica il bisogno della sostituzione, di guisa che lo stesso, nel tempo processuale in cui interviene, � in realt� il vero difensore con pienezza ed autonomia di esercizio di tutti i diritti della difesa e correlativa assunzione di obblighi. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 467 Nell'ipotesi in cui, per legittimo impedimento del difensore nominato dalla parte, lo stesso abbia un sostituto, per ipoter determinare se, per il tempo in cui � avvenuta la sostituzione, si sia o non verificata una situazione di incompatibilit� della difesa, occorre aver riguardo alla posizione del sostituto -che abbia nello stesso tempo assistito altro imputato -e non gi� a quella del difensore nominato (1). (1) La giurisprudenza della Su;prema Corte conferma i criteri restrittivi che vanno appLiicati in tema di incompatibilrit� della difesa, 1che si sono pi� volrte segnalati in questa RC1,Ssegna (11974, I, 271). V. anche I giudizi di costituzionalit� e il contenzioso dello Stato negli anni 1971-1975, III, p. 887: � H conflitto di interessi fra coimputati �, I ~~ ' i . I I PARTE SECONDA QUESTIONI L'istruttoria nel processo amministrativo: brevi note ai margini di un progetto di riforma (*) (*) Il materiale utilizzato per la redazione di queste note � quello preparato per la p8rtecipazione al Seminario: � La riforma del processo amministrativo � tenutosi il 19 aprile 1980 pre&so l'Istituto di diritto pubblico ad iniziativa dell'Universit� degli Studi di Roma. Ad esso, coordinato dal prof. avv. Mario Nigro, hanno partecipato il consigliere di Stato Pasquale DE LISE, il senatore Antonino MuRMURA, il prof. avv. Franco ScocA e l'autore delle presenti note. U ;processo amministrativo � da tempo sotto a:ccusa: la sua struttura, ormai obsoleta, � stata, di recente, definita da fonte molto autorevole come � asfittica� ed � inadeguata�. Molto opportuna aprpare, quindi, l'iniziativa riformatrice assunta dai! Governo de11a Repubb1ka con 1a presentazione de1 disegno di legge n. 583 della corrente legis1atura (11). (1) Si riporta, qui di seguito, l'articolato: Art. 1. -Il Governo della Repubblica � delegato ad emanare, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, norme aventi valore di legge ordinaria per la nuova disciplina del processo dinanzi ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato. Le norme delegate dovranno attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi: 1) realizzare una organica riforma del procedimento giurisdizionale, tenendo presenti gli indirizzi della giurisprudenza e le norme del codice di procedura civile; 2) procedere alla revisione e alla integrazione delle norme sulla giurisdizione del giudice amministrativo. Nella revisione dovranno essere: a) assicurata la protezione delle situazioni giuridiche soggettive di collettivit� e gruppi tutelati dall'ordinamento giuridico; b) sistemate organicamente le materie devolute alla giurisdizione anche di merito e alla giurisdizione esclusiva, estendendo la giurisdizione esclusiva anche a materie connesse o conseguenti a quelle gi� devolute al giudice amministrativo; e) esclusa l'applicabilit� del regolamento pre� ventivo di giurisdizione nel giudizio amministrativo; 3) disciplinare organicamente il riparto della competenza tra i tribunali amministrativi regionali, tenendo fermo il carattere derogabile della competenza stessa, salvo i casi in cui il carattere funzionale della medesima discenda necessariamente da norme aventi valore di legge costituzionale o dall'oggetto del giudizio; 4) disciplinare sistematicamente: a) gli atti cli parte nel giudizio, eliminando le cause di decadenza che non abbiano fondamento in ragioni sostanziali di tutela degli interessi pubblici o privati; b) i provvedimenti del giudice, anche tenendo conto del sistema del codice di procedura civile; 5) realizzare uno svolgimento pi� rapido del processo ed as.sicurare che nel corso del medesimo sia esperibile una completa tutela interinale del ricorrente mediante la previsione di una pi� estesa disciplina delle misure cautelari; 6) assicurare, nel rispetto del principio del contraddittorio, un efficace sistema proba� torio, introducendo tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, salvo quelli che, per la loro natura, non possano essere esperiti nei confronti della pubblica amministra� zione, prevedendo che all'ammissione e all'assunzione delle prove provveda di regola un magi� strato istruttore e disponendo che la prova testimoniale possa essere ammessa dal collegio nei soli casi in cui i fatti controversi non siano altrimenti dimostrabili; 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In effetti, La scarna ed arcaica normativa che tuttora regge n processo amministrativo poteva essere sufficiente quando questo si svolgeva in unico grado ed era volto a decidere quasi esc!JUsivamente azioni di impugnazione. L'estendersi dehle ipotesi di giudizi su rapporti ha determinato una vera e 1Prorpria crisi di carenza strutturale, superata solo in virt� della dutti1it� dehla giurisprudenza amministrativa che, grazie ahle sue celebrate virt� pretorie, materiate di fantasia e di rigore giuridico, � riuscita a far rientrare neHe anguste vesti� dell'originario processo tutta una nuova materia con esse incongruente (si jpensi, ad esempio, a~ modo in cui � stato superato il problema del termine di decadenza per le azioni aventi ad oggetto il recupero di somme srpettanti a pubbliici dipendenti). La generaldzzazione de1 doppio grado, con l'istituzione dei Tribunalii Amministrativi RegionaJi, ha determinato, poi, una crisi di tipo � tecnologico'" invol 7) disciplinare compiutamente la sospensione, la interruzione e l'estinzione del giudizio, procedendo, per la interruzione, ad una revisione del sistema vigente, che tenga conto della peculiarit� del processo amministrativo; 8) disciplinare organicamente il sistema delle pronunce sul ricorso e il loro contenuto, con particolare riferimento alla indicazione di criteri idonei per l'esecuzione; 9) disciplinare il giudizio in materia di pubblico impiego, in modo da assicurare una pi� adeguata tutela della posizione del ricorrente, tenendo conto degli orientamenti legislativi in materia di lavoro privato e di processo del lavoro e prevedendo l'attribuzione al giudice amministrativo di poteri di ordinanza per disporre il pagamento di somme prima dell'emanazione della sentenza o la cessazione di comportamenti illegittimi diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libert� e dell'attivit� sindacale nonch� del diritto di sciopero; I 10) procedere ad una compiuta revisione della vigente normativa in materia di esecuzione della sentenza, in modo da assicurare: a) l'adozione in sede amministrativa di tutte le misure, anche sostitutive, occorrenti per il ripristino e per la reintegrazione della �situazione di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, salvo che non si sia determinata una situazione che renda incompatibile tale attuazione; b) l'esecuzione in via giurisdizionale della Isentenza amministrativa, nei casi in cui !'esecuzione in via amministrativa sia mancata o sia stata incompleta o inadeguata, conferendo al giudice i necessari poteri di intervento ordinatorio e sostitutivo, da esercitarsi anche in fasi ulteriori fino al completo adempimento da parte dell'amministrazione; I 11) disciplinare il sistema delle impugnazioni, prevedendone l'applicabilit� a tutte le decisioni del giudice di primo grado, anche se rese nei giudizi di ottemperanza; 12) procedere alla revisione della disciplina in materia di revocazione, in modo da adeguarla a quella prevista dal codice di procedura civile e da assicurarne l'esperimento da parte dei controinteressati ai quali sia mancata la notificazione del ricorso; 13) procedere da una sistematica disciplina dell'appello al Consiglio di Stato, in particolare: a) assicurando la tutela dei soggetti controinteressati nel giudizio di primo grado in armonia con la natura del processo amministrativo; b) ponendo il divieto di domande nuove in appello, salvo che non attengano a vizi del procedimento o della sentenza di primo grado; e) disciplinando l'effetto devolutivo dell'appello, in modo che la riemersione dei motivi introdotti in primo grado e respinti o non esaminati da quel giudice sia connessa all'onere di iniziativa, rispettivamente, dell'appellante o dell'appellato, gi� ricorrenti; d) ammettendo l'effetto traslativo dell'appello; e) ponendo in via generale il divieto di nuove prove testimoniali in appeJlo e prevedendo che, ove occorra, la loro assunzione sia delegata al giudice di primo grado. Art. 2. -Le norme previste dalla presente legge saranno emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere del Consiglio di Stato in Adunanza generale e successivo parere deJJe Commissioni permanenti affari costituzionali della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in seduta congiunta. Qualora i pareri previsti nel comma precedente non siano espressi nel termine di quarantacinque giorni dalla data di ricevimento della richiesta, il Governo potr� dare ulteriore corso alla iniziativa. PARTE II, QUESTIONI 41 gendo una problematica processuale ben nota da tempo al giudizio civile ma fino ahlora priva di interes�se per il processo amministrativo, che era, quindi, sfornito del necessario strumentario. La omogeneit� dei rapporti di diritto sostanziale tutelati dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva con que11i conosciuti dal giudice civile e la esistenza d un'affinata discipldna del \l)rocesso civile, ricco di una codificazione ultracentenaria e della correliata elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, hanno fatto s� che le aspirazioni ad una riforma del processo ammini,stra1Jivo si' s-iiano incanaliate neMia dire:ll�one di un trapianto integrale o quasi integrale deMa normativa processuakivilistica. Su tale �JJinea, appunto, si muove il disegno di legge-delega .sopra riportato che, nel suo iprimo principio direttivo, richiama � gLi indirizzi della giurisprudenza e le norme del .codice di rprocedura civi1e � (codice di procedura civile pi� volte in seguito espressamente o implicitamente richiamato). Lo stesso dicasi deWelaborato del Consiglio di Stato (H c.d. �progetto Levi Sandri �) che dovrebbe costituire l'ossatura del provvedimento delegato e .che, in partico1are per quanto riguarda !"istruttoria, in puntuale applioazione del criterio direttivo n. 6 deMa delega, rinvia sostanria1mente a tutto l/i<s�trurmentar.io dviil:istico, con la soJ.a -ovvia -esclusione de1la confessione e de1 giuramento, con una qualche cautelosa limitazione a1la prova testimoniale (2) e �con un sintomatico rinvio al criterio del �prudente apprezzamento� del giudice nella valutazione delle prove. A tal punto sembra necessario chiederni .se sia esatto concepire U processo amministrativo come struttura unitaria, unitariamente discipldnabile o se, per oa:so, l'unit� del<1a veste esteriore, giiustificata aLl'oni�gine, non contenga, invece, dentro di s� aJ.meno due diverse sostanze, non ridudbiili ad unica discip1ina. Sembra .che 1a seconda risposta, che gi� si profilava valrida sin da1 1923, quando fu attribuita al giud1ce amministrativo una competenza a giudicare, in via esclusiva, in materia di impiego pubb1ico, sia oggi l'unica accettabile. In sede di giurisdizione esc1usiva, quanto meno .per la massima parte di essa, il giudice � chiamato a decidere un conflitto tra posizioni omogenee, uguaLi e di segno contrario, s� che la parte resistente nreg;liio potrebbe quali ficarsi parte convenuta, in perfetta anaJ.ogia con quanto avviene nel processo civile. In tale tipo dii g;iudiizio, opportunamente esteso dalla liegge istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali alila materia delJe concessioni e che sarebbe forse opportuno estendere anche ad altre materie, quali l'esproprio per pubblica uti1it�, ampliando �a1tres� i poteri decisori dd giudice, la omogeneit� deI1e controversie giuclicaMli con quelle oggetto del giudizio dvilie giiusill�ca -ed anzi richiede -una estensione ddlta normativa contenuta nel relativo codiloe di procedura. NeM'un caso come nell'altro si tratta, infatti, di appldcare norme di relazione e 1a sporadica applicazione di norme d� azione da parte de1 giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva non appare effettualmente molto diversa da una qualsiasi disapplicazione incidenter tantum operata daJ. giudice ordinario. Una tale estensione dehle regole e delle garanzie del processo civile aware, in questi casi, oltretutto, necessaria per evitare una disparit� di trattamento di dubbia costituzionalit� in danno dei dipendenti pubbldci rispetto a quelli privati, disparit� tanto pi� grave se si considera che la linea di tendenza evolutiva tende a ridurre sempre pi� le differenze tra le due categorie di prestatori di 1avoro, in quanto, �se, da un 1ato, H rapporto privato appare sempre pi� presidiato da garanzie di tipo squisitamente pubblicistico (si 1pensi alla �giusta causa�, al nuovo rito del lavoro, allo Statuto dei lavoratori)., dall'altro comincia a sf�.m"!rsi il momento autoritativo ne11a regolamentazione del rapporto (2) Gi� contenuta nel progetto Roehrssen-Guicciardi del 1964. 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di impiego pubblico, che si � andata � contrattualizzando � (3). Non a caso tra 1e proposte di riforma del processo amministrativo ve ne � anche una che prevede, in materia di pubbli,co impiego, una ,estensione al giudice amministrativo di tutti i poteri attribui:ti aL Pretore~giudice del Lavoro. La estensione di tutta J,a normativa processuakivilistica al giudizio 'amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, ivi compresa 1a normativa suLla istruzione probatoria (che costituisce oggetto specifico deHe presenti notazioni), appare, dunque, quanto mai opportuna. Lo stesso non sembra, per�, potersi affermare per. quanto riguarda quel ben diverso ttpo di processo con oui si esercita la giurisdizione generale di legittimit�, almeno fino a quando questa rester� strutturata ieome giudizio di impugnazione ed in ordine al quale sembra doveroso .chiedersi se L'attuale sistema istruttorio sia veramente inadeguato. Indubbiamente, l'attuale normativa sul� L'istruttoria probatoria � estremamente scarna, tanto �scarna da risolrversi in un unico articolo di legge e che risale, per di pi�, al 1889. Alludo all'art. 44, primo comma, dell'attuale testo unico sul Consiglio di Stato, i1 quale prevede una istruttoria meramente documentale e solo in via eccezionale una sua integrazione mediante richiesta alL'amministrazione di � nuovi schiarimenti e documenti �, ovvero ordini � a11'amministrazione medesima di fare nuove verificazioni �. Rffispetito a �tale norma fondiarrnen1lai1e, non aggiungono alcunch� di sostanZliaLe n� la preViiisWone deWammissibhlrut� di � qualunque a1tro mezzo ~struttW"io � neiii g;i.umZli cLi merito, 'sancita da1 comma suocesSli.vo, �!Il quanto tali g1udizii rappresentano rarissime ipotesi, di importanza assolutamente marginale, n� le norme di cui agli articoli 26 e seguenti del regoLamento di procedura deL Consi,g,1io di Stato, che disciplinano non i mezzi di prova ma ,1e modailit� de1la loro assunzione, n�, infine, la legge istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali che ha, in materia, soltanto sancito un modesto ampliamento dei poteri istruttori del Presidente negli artt. 21 e 23 (non sembra, infatti, che la quanto mai opportuna abrogazione dell'onere di deposito di copia deH'atto impugnato da parte del ricorrente possa considerarsi ricompresa nelLa materia dell'istruzione probatoria, n� sembra che l'art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 90, che introduce la perizia come strumento di prova in a1cuni ;processi amministrativi, possa considerarrsi innovazione di 1portata generale rispetto a quell'unico art. 44 del testo unico che rappresenta tuttora L'alfa e L'omega normativo dell'istruttoria nel processo amministrativo). Sta di fatto, ;per�, che la giurisprudenza, con quella fantasia e con quel rigore di cui si � detto, ha elaborato, intorno a questa scarna ed arcaica norma, tutto un sistema che sembra assai pi� congruente con il processo in cui deve inserirsi di quanto non possa essere un integrale e brutale trapianto del 1sistema probatorio civilistico. Non bisogna, infatti, dimenticarre iehe l'istruttoria, in ogni giudizio, costituisce i1 �punto di contatto del diritto processuaLe con i1 diritto sostanziale.. ., il momento neL quale il diritto sostanziale incide su11a struttura ed essenza stessa de1 processo� (4). Tanto vero che le norme sul sistema istruttorio non sono norme di diritto ;proceduraLe, ma norme di diritto sostanziale (5). Non a caso fa prova � stata definita come � complemento de1 fatto nella fattispecie,, (6) e non per caso il sistema istruttorio civile � disciplinato neLla sua (3) M. NIGRO, Trasformazioni dell'amministrazione e tutela giurisdizionale differenziata, in Riv. Trim. dir. proc. civ., 1980, 1. (4) F. SATTA, Principi di giustizia amministrativa, ed. 1978, 233. (5) V. ANDRIOLI, Prova, voce del Nss. Dig. lt. (6) F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, ed. 1957, 272. PARTE II, QUESTIONI 4 fase statica daL codice civile e non da que1lo di procedura, in quanto quest'u1timo contempla solo iL momento dinamico deLlo svoLgimento de1le prove nel processo (7). Il processo civile nasce e v1ve come strumento creato per comporre il conflitto tra due .private autonomie, padrpne e responsabili esclusive dehla situazione di diritto. Tutt'aara <Struttura ha, invece, iL processo amministrativo, che tutt'oggi, nonostante ogni ammirevole sforzo di rinnovamento dottrinario, risU'lta ancorato al:lo schema de1 giudizio di impugnazione di un atto come sua spina dorsale (8). Si � o;>arLato in proposito e, vorrei dire, moLto puntualmente, di una �sostanziate ambiguit�� (9) del processo amministrativo, tuttora oscillante tra quehla natura di giurisdizione di diritto obiettivo che gli deriva dahle sue omgini non giurisdizionali e La natura sostanziale deUe posizioni in esso tutelate che tende, invece, a configurarlo come processo di parti. Una taile contraddittoriet� � stata, d'a1tronde, sanzionata da1 Costituente, che ha .garantito, da un Lato, L'interesse legittimo come posizione sostanziale nelL'art. 24 dehla Costituzione; ha confermato, daWaltro, la natura del giudizio amministrativo come giudizio di impugnazione di un atto nell'art. '113. L'interesse legittimo, d'altronde, sembm esaurire [a sua d1mensione di posizione sostanziare ne1 momento di accesso aHa giurisdizione, il cui. esercizio si condude non gi� con hl. suo riconoscimento o disconoscimento come bene deLLa vita, ma con 1'annu1Wamento di un atto (anche) nel pubbld!co interesse o con iL rigetto. de1 ricorso. D'altrronde le posizioni contrapo;>oste del ricorrente e del resistente non sono s1mmetriche: aU'esistenza di un interesse sostanziale ex parte actoris, non corrisponde una anailoga posizione ex parte rei, in quanto L'amministrazione non � portatrice di un interesse analogo e di segno contrario, ma � tito1are di una astratta legittimazione a res1stere. Una astratta legittimazione che a;>otrebbe tradursi nehla formuLa: interesse a1la conservazione dehl'atto. I1 che, a ben vedere, significa che l'ammini�strazione resistente non deduce in giudizio null'alitro che fa presunzione di 1e:gittimit� dell'atto amministrativo. Volendo .sernpLificare con una figurazione che non aspira, certo, ad alcun rigore dottrinario e che risponde solo ad un:a schematizzazione, potrebbe dirsi�! che la posizione dei!. difensore deLl'amministrazione restistente nel processo ammi�!ni�!strativo �, per qualche verso, speculiare a quelilia del rpubbLtico ministero neL proces.so penale. Cos� come i:l rpubbLico mirnstero deduce sempre filumanentemente in giJUdiz.io la pretesa pUni�!tiva dcllo Stato, anche quando conting�ntemente conclude .per l'assoltuzi.one deill"timputato -s� che Je sue conclusfoni non vincollano H giudice -cos� itl difensore del~'amministratione deduce sempre in giud:klio Jia 1legittiocmt� dellllatto impugnato e lo potremmo def�ntire, in questo senso, ed tiirl contrapposto al titolare dehl'azione penaile, come titolare dehl'� eccezione m:mnini.s.trativa �. Tale essendo La realt� del processo amministrativo, se ne pu� accettare fa quaLtificaztione come processo di parti o processo accusatorio, cos� come viene com1Unemente definito, solo nei Limiti dn cui con tale def�nitione si intenda (7) S. SATTA, Diritto processuale civile, VI ed., 153. Cfr. anche relazione al disegno di legge di iniziativa parlamentare Salomone ed altri 27 luglio 1978, n. 2361 � VII legislatura � in Atti parlamentari della Camera, in corso di ripresentazione nell'attuale legislatura con il n. 1243. (8) M. NIGRO, Linee di una riforma necessaria e possibile del processo amministrativo, in Riv. dir. proc., 1978, 249. (9) M. NIGRO, Il giudice amministrativo oggi, in Foro it., 1978, V, 161 ss. e Problemi veri e falsi della giustizia amministrativa dopo la legge sui Tribunali regionali, in Riv. Trim. dir. pubblico, 1972, 1815. 17 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la necessit� di una piena attuazione deL principio deL contraddittorio, volrta ad assicurare un'assoluta garanzia di difesa. Oltre tali Mmiti la qualificazione definitoria sembra divenire incongruente con LI.a struttura de1 processo, de1la cui � ambiguit�� si � gi�. detto. Si tratta di un'ambiguit� che si riflette, ovviamente, sul sistema istruttorio, che appare essere divenuto, nella prassi, cosa assai diversa da quella descritta dalla dottrina tradizionale. Quest'ultima parla di un sistema istruttorio dispositivo assad simiLe a quehlo del processo civiie e ohe da quello differisce soltanto perch� realizzato -con � metodo acquisitivo �, e cio� con Ll'intervento integrativo de1 giudice, s� che nel i[Jrocesso amministra�i. vo non pu� parlarsi di un onere del!lia prova, ma .di un � onere deL principio di .prova (10). 1Se -cos� fosse, non v'� dubbio che le norme suhl'istruttoria sarebbero inadeguate a dare piena garanzia di difesa a1 ricorrente. Ora, per�, c'� da chiedevsi se fa pvassi non si 1sia aLLontanata dalla teoria: se il metodo � acquisitivo � non sia, in realt�, divenuto inquisitivo, se tale metodo non ridondi m si!stema e se tale sistema non sia, per caso, iiil pi� congruente con iL principio del \Libero convincimento deL giudice adottato come regola di giudizio (111). Mi sembra che sia stata colta molto bene Ja reaLt� deL nostro processo 'ammin1strativo quando, analrizzandosene proprio ~'istruttoria, si � riconosciuta in esso una miscela di eLementi dispositivi e di eLementi inquisitori, ma con una taJe prevalenza dei secondi sui pvimi da dover quasi dubitare che di miscela o di combinazione si potesse parlare (12). Da una pur sommaria disamina dei repertori �di giurisprudenza, si pu� osservare, infatti, che, innanzitutto, il giudice amministrativo si riserva la facolrt� di scegLiere la parte a cui addossare ~'onere del'la prova. Non sollO, ma, ci� fatto, sii. riserva di trarre l!iberamente argomento di prova del mancato assolvimento dell'onere (13). Il che significa che quella che nel processo civile � la principale regola di giudizio (art. 2697 cod. .civ.), non so1o non costituisce irego1a di giudizio nel processo amministrativo, ma viene utilizzata nel suo momento funzionale come strumento di Libero convincimento. La differenza non potrebbe essere '!ȝ llleUa e decisa. Facendo un passo avanti, sembra necessario osservare, poi, come non sembri esatto dndividuare un onere di principio di prova e che sembrerebbe, invece, pi� esatro riconoscere nel processo amminmstratiivo un mero onere di allegaziione di fuUi verisimrig.Liantii o � storicamente attendibili � (14). A taL punto non resta che conoludere osservando che i1 cosiddetto onere del principio di prova si risolve in un onere di corretta formwazione dei motivi (15) con commissione al giudice amministrativo di un potere inquisitorio per l'accertamento dei fatti, sia pure attraverso un istrumentario ben delimitato. A questo si aggiunga che, operando un vero e proprio � ampliamento ortopedico � dell'art. 44 deL testo unico sul Consiglio di Stato, la giurisprudenza ammiITT:istrativa ha diilatiato tla :portata della norma, ammettendo come principi di prova atti notori, perizie giurate, ecc. ed avvalendosi, per ,Le verificazioni, di organi sovraordinati rispetto a quello chiamato in giudizio e di amministrazioni diverse rispetto a quelle resistenti. Un tale sistema combinato con (10) Per tutti, cfr. F. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo, ed. 1953; A.M. SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, ed. 1963. (11) Cons. Giust. amm.va reg. sic., 29 aprile 1960, n. 203. (12) M. NIGRO, Il giudice amministrativo �signore della prova�, in Foro it., 1967, V, 9. (13) Per tutti: T.A.R. Veneto, 3 luglio 1975, n. 311. (14) CANNADA-BARTOLI, Processo amministrativo, voce del Novissimo Digesto. (15) Cfr. Cons. Stato, VI, 13 luglio 1954, n. 577. PARTE II, QUESTIONI 45 la peculiare sensibi1it� acquisita da1 giudice ammini,strativo nel corso di una attivit� ,seco}are, sembra perfettamente omogeneo con il tipo di processo in cui si inserisce e soprattutto con il tipo di diritto sostantivo da amministrare. D'altra parte, il sistema istruttorio vigente appare sicuramente sufficiente nelle sue dimensioni amp1iate dalla giurisprudenza (per tutti i casi in cui l'impugnazione si fonda ,sui motivi defila incompetenza e de11a violazione di legge. Dei dubbi rpotrebbero sorgere soltanto quando fosse denunziato un vizio di eccesso di potere sintomatizzato da elementi extracartolari o quando debba ricostruirsi la data rprecisa di certi aiccadimenti (quale, ad esempio, L'inizio di una costruzione). Dubbi dominati, comunque, c1alil'mcertezza di fondo sulila compatibilit� logica del principio di separazione dei poteri (o di quanto ne rimane) con l'affidamento al giudice -in sede di sindacato dell'atto -di ,strumenti di accertamento defila realt� diversi da que11i utilizzati (o uti:lizzabi1i) daM'amministrazione neil procedimento che a quell'atto ha condotto 06). Sembra, per�, che ogni perplessit� possa essere fugata se si interpreta correttamente la natura di quel peouJdare strumento che � ra verificazione prevista dai1 pi� vollte citato art. 44. La locuzione � verificariorte '" come gi� msegnava Vittorio Emanuele Orlando (17), deve, infatti, intendersi come comprensiva di tutti i mezzi di (prova astrattamente ipotizzabi1i su1 piano logico: accessi, ispezioni, esperimenti, perizie,'testimonianze, ecc. Storicamente, .la norma nacque in un momento in cui il processo dinanzi al Consiglio di Stato veniva considerato nulla pi� che la prosecuzione del procedimento amministrativo: in rapporto, con esso, quasi strumentale. Era, dunque, perfettamente naturale che l'affare, in caso di insufficiente istruzione, tornasse dinanzi all'Amministrazione per una integrazione. � fin troppo ovvio che in tali termini una simile disc1pldna sarebbe, oggi], maccettabii.J1e. Ma le norme, si sa, non sono :immobiiLi: vivono e mutano con la giudsprudenza, che le trasforma, giorno dopo giorno. Oggi, dopo quasi un secolo di evo1uzione, il rapporto di famulativit� fra !!Amministrazione ed il suo giudice si � invertito: non � pi� il secondo a costituire strumentale pro1ungam.ento de11a prima, ma La prima a fungere da � braccio secolare " del secondo che, per sindacarne gli atti, la utilizza non gi� come parte, ma come vevo e proprio �ausiliare �, commettendo l'incarico ad orgarn sovraordinati o ad amministrazioni diverse da quella in causa. IJ vecchio sistema istruttorio, con il comprensivo schema deHe verifica: ciorn, Oiltre che presentarsi come perfettamente congruente con il riparto deHe cOIIlq,)etenze tra amministrazione e giurisdizione, consente, dunque, al giudice amministrativo una rice:oca de11a � verit� rea1e " perfettamente analoga a quella del pi� ricco sistema probatorio: certo, manca i1 momento garantistico della giurisdizione {mancato giuramento dei testimoni {'18) o deglii esperti, vevbaliizazioni non fidefacienti, ecc.). Ma l'inconveniente appare bilaI1JCiato da una serie cospicua di �controgaranzie '" quaiLi l'alterit� dell'organo verificante rispetto a quello parte in causa, H timore reverenzia1e de11'amministrazione nei confronti del giudice amministrativo, i1 controfilo delle parti, che assistono in contmddittorio alle attiwt� di vedfica2lione, ed infine dil controfilo del giudice, �signore defila prova� (119), che ha ben dimostrato di saper Leggere fra le righe di ogni documento. (16) Cons. Stato, IV, 21 giugno 1961, n. 359. (17) Cit. in F. SATTA, op. cit., 248. (18) Cons. Stato, V, 5 maggio 1942, n. 295. (19) M. NIGRO, Il giudice, cit. 46 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Tirando le fila del discorso fin qui svolto, si possono formulare due conclusioni. La prima � che nel !Processo amministrativo di iII11Pugnazione, L'attuale sistema probatorio -magari. integrato da u1teriori aiperture giurisprudenziafil -sembra tuttora va1ido e perfettamente m Hnea con :iJI! tdrpo di processo in cui si inseriisoe e con i1 tipo di dirrJtto sostantivo da applicare. Sicuramente mo1to pi� congruente, in ogni caso, deL sistema rprocessuaIcivilistico che, trapiantato sic sempliciter nel processo amministrativo, .provocherebbe, in tempi pi� o meno 1runghi, propr.io per queMe necessarie interconnessioni fra diritto sostanzia1e e diritto processuale cui si accennava, ded veri e propri sconvolgimenti, e mo1to probabilmente La crisi definitiva dell'interesse [egittimo ,come categoria giuridica. Non che 1a cosa sarebbe di per s� un gran ma1e, in quanto nul1a impone che vada garantita L'intangibilit� del concetto di interesse legittimo, aLtre voite definito � categoria astrusa e non commestibile oltr'Alipe �. Sta di fatto, rper�, che su di esso si � affinata una tradizione dottrinaria e giurisprudenziale il cui abbandono comporterebbe, accanto aHa sicura rinuncia a1l'uti1izzazione di un patrimonio di esperienza, un non altrettanto sicuro vantaggio sul piano della certezza de1 diritto in materia di riiparto deLle competenze, come dimostrano IIesperienze straniere aoohe recenti. D'a1t,ronde, una normativa sulla procedura non � certo la sede pi� adatta per fintroduzione di priincipi lnnov:atori di una tale portata sul piano del diritto sostantivo. La seconda conalusione cui sembra di poter giungere parte dalla constatazione che l'attuale assetto deL processo amministrativo riposa su di un I diriitto di formazione schiettamente giuriisprudenzia:le, costruito su poche norme ' scritte: sistema di tipo anglosassone che ha come iPresupposto La ipiena fiducia ne1 giudice. Una fiducia, bisogna dire, pienamente meritata rperch� iW giudice . I amministrativo italiano � sicuramente un buon giudice ed ha sempre dimostrato grnnde sensibilit� nella dcerica delilia realt� sottesa dagli atti sottoposti al suo esame per la realizzazione di una giustizia sostanziaile. ft L'introduzione di normative analitiche ed articolate su11a prova diminuirebbe enorimemente H margine di Libert� del! magistrato, inciderebbe suUa formazione del suo convincimento, che non sarebbe pi� iliLbero, ma astretto da regole ' l fisse di assolvimento di oneri e di rispetto d~ risultanze a valore pi� o meno v.i:ncolante. I I La proposta riforma dell'istruttoria dovrebbe quindi, essere forse pi� meditata di quanto non sia finora stata: nelle prospettive attuald il rischio che si corre � quel1o di rinunciare sicuramente ad un buon giudice senza avere la certezza di ottenere, in contropartita, una legge aLtrettanto buona. I I i:; IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA I ~ ~: ~j I� f LEGISLAZIONE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI d.I. 18 novembre 1966, n. 976 Cmodif. da l89ge 23 dicembre 1966, n. 1142) nella parte in cui per l'applicazione dell'addizionale ai contributi di miglioria, fa riferimento all'anno di esazione dei contributi stessi o di un loro rateo. Sentenza 22 aprile 1980, n. 54, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. d.I. 27 giugno 1967, n. 460 art. 3, comma primo Cconv. con modif. In legge 28 lugll<o 1967, n. 62<8) a) sulla parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare la diversa composizione della famiglia anagrafica del conduttore o subconduttore rispetto a quella risultante dai registri anagrafici; b) nonch� nella parte in cui non attribuisce rilevanza alle variazioni eventualmente sopravvenute nella composizione della famiglia anagrafica del conduttore o subconduttore dopo il 1� gennaio 1967, fino al definitivo arretramento in sede di merito delle condizioni giustificative del vincolo. Sentenza 22 aprile 1980, n. 56, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. d.I. 11 dicembre 1967, n. 1132 (conv. in legge 7 febbraio 1978, n. 27) nella parte in cui si riferisce, per l'applicazione dell'addizionale, ai contributi di miglioria. Sentenza 22 aprile 1980, n. 54, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. legge 26 novembre 1969, n. 8313, art. 4, comma sesto, in quanto, ricorrendo l'ipotesi di clausola risolutiva espressa, non consente al giudice di tener conto, ai fini del diniego del rilascio dell'immobile locato, e con gli stessi poteri di valrutazione eseraitabiU per 1a concessione del termine ,di grazia, del pagamento integrale delle pigioni scadute, effettuato dal conduttore nel corso del giudizio. Sentenza 25 marzo 1980, n. 34, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 26 novembre 969, n. 833, art. 7, quarto comma (modif. da d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56, c:onv. In legge 18 dicembre 1970, n. 1034) nella parte in cui non riconosce al lavoratore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito superiore a quello risultante dall'iscrizione nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno 1979. Sentenza 22 aprile 1980, n. 56, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. legge 28 ottobre 1970, n. 801, artt. 6 e 9 nella parte in cui si riferisce, per l'applicazione dell'addizionale, ai contributi di miglioria. Sentenza 22 aprile 1980, n. 54, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 48 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 9 ottobre 1971, n. 852, art. 4, n. 1 in quanto non esclude i redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi d'impresa, dall'imposta locale sui redditi. Sentenza 26 marzo 1980, n. 42, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1, secondo comma in quanto non esclude i redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi d'impresa, dall'imposta locale sui redditi. Sentenza 26 marzo 1980, n. 42, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 27 lugUo 1978, n. 392, art. 5, 59, n. 1, 65 nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessit� del locatore dai contratti in corso alla data 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. Sentenza 27 febbraio 1980, n. 22, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. II -QUESTIONI DICHIARATE NON �FONDATE Codice civile, art. 1284, primo comma (artt. 3 e 47 della Costituzione. Sentenza 22 aprile 1980, n. 60, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. c�odice di procedura civile, art. 41'5 e 416 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 62, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. codice di procedura civile, artt. 415 e 416 (artt. 3, secondo comma, e 24 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 61, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. codice di procedura civile, art. 416 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 65, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. codice di procedura civile, art. 421, quarto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 64, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. codice di procedura civUe, art. 431, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 63, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. codice penale, art. 341 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 51, G. U. -23 aprile 1980, n. 112. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 1, comma quarto, parte prima (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 45, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 23 magg�io 1950, n. 253, art. 7, comma primo nel testo di cui all'art. 1 �quinquies della� legge 3'1 luglio 1975, n. 363 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 46, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 7, comma secondo, nel testo di cui all'art. 1 �quinquies della legge 31 luglio 1975, n. 363 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 44, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 8, comma secondo (art. 3 della Co� stituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 48, G. U. 23 aprile 1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge .23 maggio 1950, n. 253, art. 10, n. 1 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 47, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. d.P.R. 11 gennaio 11956, n. 20, artt. 2, primo, secondo e terzo comma, �5 e 6, .primo comma Cmodlf. da legge 11 luglio 1956, n. 734) (artt. 3, 36, primo comma, e 38, primo e secondo comma, della Costituzione)". Sentenza 13 marzo 1980, n. 26, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. 11, coma secondo Cmodlf. da legge 28 aprile 1967, n. 264 e da legge 14 maggio 1969, n. 252, art. 1) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 55, G. U. 22 aprile 1980, n. 118. d.P.R. 115 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma Cmodif. da legCJe 5 maggio 1'976, n. 313, art. 5) (artt. 3, 24, 27, primo e terzo comma, 101 e 102 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 50, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 26 1tovembre 1969, n. 833, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56 Cconv. in legge 18 dicembre 1970, n. 1034) (art. 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 4 agosto 1973, n. 495, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. JO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO legge 2.2 dicembre 1973, n. 841, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. d.P.R. 29 dicembre 11973, n. 1092, art. 81, comma terzo (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 55, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1 �bis (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 2�bis, comma primo, parte prima (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 45, G. U. 23 aprile 1980, n. 112 ). legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1 e 1-bis (art. 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1-ter (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. d.I. 13 .maggio 1976, n. 228, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n, 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 22 maggio 1976; n. 349, art. 1 (artt. 3 e �42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 4 febbraio 1977, n. 21, art. 1, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 43, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 21 febbraio 1977, n. 28, art. 1 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 8 agosto 1977, n. 510, art. 1 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 'legge 27 lugltio 1978, n. 392, artt. 59, n. 1 e 61 (artt. 42 e 47 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 58, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. PARTE II, LEGISLAZIONE )1 legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 30 e 46 (artt. 3, primo e secondo comma, e 24 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 57, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34 e 57 (artt. 3, 35, 36, 41, 42 e 47 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 36. legge 2.7 luglio 1978, n. 392, art. 58 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 27 luglla 1978, .n. 392, art. 6u (artt. 3, 42 e 47 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 58, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. �legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 2, lettera c J n. 1 (artt. 3 e 79 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 49, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. �d.~R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 1, lettera c J n. 1 (artt. 3 e 79 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 49, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2 lettera a) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 aprile 1980, n. 58, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera c) (artt. 3 e 79 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1980, n. 49, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 314/4 pr�imo e terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Palermo, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 64/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. codice civile, artt. 2096 e 2120 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 4 gennaio 1980, n. 107, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. codice civile art. 2675 (artt. 3, 28, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze 5 febbraio 1979, n. 83/1980, G. U. 5 aprile 1980, n. 98. 52 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.0 STATO codice civile, artt. 2952 e 2942 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello dell'Aquila, ordinanza 23 ottobre 1979, n. 93/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. codice di procedura civile, art. 51 (art. 3, comma primo, della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 21 novembre 1979, n. 16/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. codice d'i procedura civile, art. 246 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Bergamo, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 84/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. codice di procedura civile, art. 54,5 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Reggio-Emilia, ordinanza 14 dicembre 1979, n. 43/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. codice penale, art. 164, ultimo comma [modif. da legge 7 giugno 1974, n. 220, art. 12] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 14 novembre 1979, n. 36/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. codice penale, artt. 204 e 222, p,.p. (artt. 3 e 13, comma secondo, della costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 16 novembre 1979, n. 68/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. codice penale, art. 341 (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanza 27 settembre 1979, n. 985, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. codice penale, artt. 3'57, 358 e 314 {artt. 3 e 47 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 30 gennaio 1980, n. 231, G. U. 26 marzo 198�, n. 83. codice penale, art. 523 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 4/1980, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. codice penale, art. 584 (art. 3 della Costituzione). Corte d'assise di Cagliari, ordinanza 13 novembre 1979, n. 17/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. Corte d'assiste d'appello di Cagliari, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 82/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. PARTE II, LEGISLAZIONE codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione).) Pretore di Viadana, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 26/1980, G. U. 19 mar� zo 1980, n. 78. codice d� procedura penale, artt. 18, 45, n. 4 e 46 (artt. 25, primo comma, 101, secondo comma e 107, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanza 7 novembre 1979, n. 984, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 17 luglio 1979, n. 44/1980, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3, comma primo, e 24 comma secondo, della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 20 aprile 1979, n. 1013, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. codice penale militare di pace, art. 58, ultimo comma (art. 3 della Costi� tuzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 31 ottobre 1979, n. 15/1980, G. u. 12 marzo 1980, n. 71. codice penale militare di pace, art. 264 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Roma, sezione autonoma di Cagliari, ordinanza 16 ottobre 1979, n. 987, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. Tribunale militare territoriale di Palermo, ordinanza 19 ottobre 1979, n. 1024, G. U. 12 marzo.'l!J80, n; 71. Tribunale di Genova, ordinanza 2 ottobre 1979, n. 55/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. � codice .penale mllltare di pace, art. 309 (art. 13, terzo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 24 ottobre 1979, n. 12/ 1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. r.d. 22 dicembre 1972, n. 1210-sexies, art. 78 (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/ 1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 19 ottobre 1923, n. 2616, art. 16 (artt. 101, secondo comma e 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n.11/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. r.d. 30 dicembre 1923, n. 2'903, art. 29 (artt. 101, secondo comma e 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/ 1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66, prima parte (art. 53, primo comma, della Costituzione) . . Corte 'd'�ppello di Rom�;�� ordirtanzav 26.'maggio t979, n..~3/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. � � � � � r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29, n. 1 e 39 (artt. 3, 34, commi primo e secondo, e 25, primo comma, della Costituzione). Corte di Cassazione, sezioni unite, ordinanze (tre) 29 gennaio e 22 marzo 1979, nn. 104, 105 e 106/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. Concordato 11 febbraio 1929 tra Santa Sede e Stato Italiano, art. 34, commi quarto, quinto e sesto [immesso con legge 27 maggio 1929, n. 847, art. il (artt. 2, 3, 7, 24, 25; 101 e 102 della Costituzione). Corte d'Appello di Milano, ordinanza 18 maggio 1979, n. 1025, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. r.d.I. 26 gennaio 1931, n. 122, art. 12 [conv. in legge 18 giugno 1931, n. 9l9l (artt. 101, secondo comma e 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 5, lettera d�) (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, ordinanza 4 luglio 1977, n. 940/1979, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. r.d. �9 settembre 1941, n. 1022, art. 9, comma secondo (art. 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/ 1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, art. 15 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. . r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, art. 50, secondo comma (artt. 101, secondo comma e 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. PARTE II, LEGISLAZIONE JJ r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 99, quinto comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 7 febbraio 1979, n. 62/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. r.d. 30 marzo 1942, n. 327, art. 1104 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 13 novembre 1979, n. 110/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. legge 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 41 e 17 (artt. 3, 9 e 112 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 23 ottobre 1979, n. 1018, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. d.I. 8 marzo 1945, n. 90, art. 12, primo comma, primo inciso (art. 53, primo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 26 maggio 1979, n. 63/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 4 maggio 1951, n. 570, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/ 1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 2 luglio 1952, n. 7(13, art. 39 (artt. 70 e 72 della Costituzione). Corte d'appello di Milano, ordinanza 13 novembre 1979, n. 96/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. legge H marzo 1955, n. 160, artt. 9 e 15 (artt. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campani~, ordinanza 20 febbraio 1979, n. 996, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. d.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, cut. 1 O (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 3 dicembre 1979, n. 77/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 1� dicembre 1956, n. 1426, artt. 2, 3, 4 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Piedimonte Matese, ordinanza 21 agosto 1979, n. 33/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. legge 1 � dicembre 1956, n. 1426, artt. 3 e 4 (artt. 3, primo comma, 53, primo comma e 108, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Piacenza, ordinanza 17 novembre 1979, n. 2/1980, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. Pretore di Bressanone, ordinanza 21 dicembre 1979, n. 189/1980, G. V. 9 aprile 1980, n. 98. Pretore di Bressanone, ordinanza 21 dicembre 1979, n. 189/1980, G. V. 9 aprile 1980, n. 98. 56 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1, n. 5 (art. 16 della Costituzione). Pretore di Codroipo, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 67/1980, G. V. 2 aprile 1980, n. 92. leg9e 27 dicembre 1956, ,n. 1423, art. 2 (art. 16 della Costituzione). Pretore di Latisana, ordinanza 27 novembre 1979, n. 1/1980, G. V. 12 marzo 1980, n. 71. Pretore di Legnano, ordinanze (due) 3 e 6 dicembre 1979, nn. 47 e 48/1980, G. V. 29 marzo 1980, n. 85. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (artt. 36, comma terzo, 53, comma primo, e 3, comma primo, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 30 novembre 1979, n. 70/1980, G. V. 2 aprile 1980, n. 92. legge 20 febbraio 1958, n. 75, art+. 3, nn. 5 e 8, e 4, n. 2 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 4/1980, G. V. 12 marzo 1980, n. 71. legge 24 marzo 1958, n. 195, art. 40 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 10 ottobre 1979, n. 65/1980, G. V. 26 marzo 1980, n. 85. legge 2 aprile 1958, n. 339, art+. 1 e 14 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 5 novembre 1979, n. 25/1980, G. V. 19 marzo 1980, n. 78. d.P.R. 15 giug,no 1959, n. 393, artt. 82, primo comma, e 91, comma tredicesimo, n. 2 [modif. da legge 9 luglio 1967, n. 572, art. 21 (art. 3 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Frosinone, ordinanza 9 gennaio 1980, n. 100, G. V. 30 aprile 1980, n. 118. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 1,21 [modif. da legge 5 maggi,o 1976, n. 313, art. 51 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sal�, ordinanza 2 febbraio 1979, n. 1017, G. V. 12 marzo 1980, n. 71. Pretore di Roma, ordinanze (due) 29 settembre 1979, nn. 1026 e 1027, G. V. 12 marzo 1980, n. 71. Pretore di San Severo, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 131/1980, G. V. 9 aprile 1980, n. 98. Pr�tore di Gubbio, ordinanza 7 dicembre 1979, n. 78/1980, G. V. 9 aprile 1980, n. 98. Pretore di Bressanone, ordinanza 23 novembre 1979, n. 188/1980, G. V. 9 aprile 1980, n. 98. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. da legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5] (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Tolmezzo, ordinanza 15 gennaio 1980, n. 163, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. da legge 5 maggio 1976, n. 313] (artt. 3 e 101 della Costituzione). Pretore di Cammarata, ordinanza 18 ottobre 1979, �n. 20/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. Pretore di Cammarata, ordinanza 11 ottobre 1979, n. 21/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. Pretore di Cercara Friddi, ordinanza 5 ottobre 1979, n. 23/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. Pretore di Cammarata, ordinanza 8 novembre 1979, n. 142/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. d.P.R. 15 CJiugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma [modif. da legge 5 mag� gio 1976, n. 313, art. 5] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Venafro, ordinanza 26 novembre 1979, n. 22/1989, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. Pretore di Taranto, ordinanza 27 novembre 1979, n. 71/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di CLES, ordinanze (cinque) 23 novembre 1979, nn. 6, 7, 8, 9, 10/1980, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, comma terzo, quarta ipotesi [modif. da legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Grosseto, ordinanza 25 giugno 1979, n. 86/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. d,P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, comma terzo e quarto (artt. 3 e 102 della Costituzione). Pretore di Empoli, ordinanza 29 gennaio 1980, n. 257, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. d.P.R. 16 marzo 1960, n. 570, art. 15, n. 3 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Isernia, ordinanza 7 novembre 1979, n. 999, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lettera a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 7 novembre 1979, n. 27/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 58 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 12 agosto 1962, n. 133,8, art. 2, secondo comma, lettera a) (artt. 3 e 38, comma secondo, della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 15 novembre 1979, � n. 38/1980, G. U. 26 marzo 1980, Il. 85. legge 12 agosto 1962, n. 133~. art. 13, quarto e quinto comma (art. 24 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 18 ottobre 1979, n. 989, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. d.P.R. 12 febbraio 1'965 n. 162 art. 76 (artt. 3, 11 e 41 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 18 gennaio 1980, n. 113, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Corte d'appello di Lecce, ordinanza 16 ottobre 1979, n. 992, G. U. 12 marzo 1980, Il. 71. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1114, art. 3 e all. 4 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Perugia, ordinanza 14 novembre 1979, n. 39/1980, G. U. 26 marJ zo 1980, n. 85. i d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Macerata, ordinanza 13 novembre 1979, n. 30/1980, G. U. 19 marf f zo 1980, n. 78. r f I f d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3, 38 e 24 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 25 gennaio 1979, n. 87/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. I ' d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, secondo comma (artt. 76 e 77 della Costituzione). ! Tribunale di Torino, ordinanza 15 novembre 1979, n. 90/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale dell'Aquila, ordinanza 19 settembre 1979, n. 42/1980, G. U. 26 marI zo 1980, n. 85. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145, primo c:omma, punto A) [modif. da legge 27 dicembre 1975, n. 780] (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Vercelli, ordinanze (due) 12 gennaio 1979, nn. 31 e 32/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 6, c:omma sec�ondo (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 30 giugno 1979, n. 88/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. t i ! ! ! PARTE II, LEGISLAZIONE legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3, 34, commi primo e secondo, e 25, primo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanze (tre) 29 gennaio e 22 marzo 1979, nn. 104, 105 e 106/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 4 {art. 97, primo e secondo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 75/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Potenza, ordinanza 4 dicembre 1979, n. 61/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 22 ottobre 19771, n. � 865, artt. 16 e 20 (artt. 3, 42 e 43 della Costituzione). Corte d'appello di Genova, ordinanza 13 luglio 1979, n. 1022, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. legge 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 7, 19 e 21 (artt. 3, 34, commi primo e secondo, e 25, primo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanze (tre) 29 gennaio e 22 marzo 1979, nn. 104, 105 e 106/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. d.P.R. 26 settembre 1972, n. 643, artt. 2 e 6 (art. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Mondov�, ordinanza 6 luglio 1979, n. 176/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge reg. Emilia-Romagna 11 ottobre 1972, n. 9, art. 4 (artt. 117 e 123 della Costituzione e art. 25 dello statuto regionale dell'Emilia-Romagna). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 20 dicembre 1978, n. 28/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. Legge reg. Emilia-Romagna 11 ottobre 1972, n. 9, art. 4, secondo comma (artt. 117, 118, terzo comma, 121, 123 della Costituzione e 25, 57 dello statuto regionale dell'Emilia-Romagna). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 8 novembre 1978, n. 29/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 8 novembre 1978, n. 35/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 art. 43 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Trento, ordinanza 22 ottobre 1979, n. 34/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 60 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (art. 97, primo e secondo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 6 dicem bre 1979, n. 75/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. d.P.R. 2�6 ottobre 1972, n. 63'6, art. 39 (artt. 24, primo comma, e 113, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Prato, ordinanza 29 ottobre 1979, n. 995, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 11 maggio 1979, n. 177/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, n. 180/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, n. 181/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, n. 182/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6, 14 e 15 (artt. 3, 53 e 42 della Co! stituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 4 aprile 1979, [@ n. 982, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. r'.: i�' 'i! legge 15 d1ic:embre 1'972 n. 772, art. 11 (artt. 103, secondo comma e 25, ~ ~ ' primo comma, della Costituzione). ' I I . Tribunale militare territoriale di La Spezia, ordinanza 23 ottobre 1979, n. 97I 1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. . . . . .d.I. 22 genna�io 1973, n. 2, artt. 1 e 4 [c:onv. in legge 23 marzo 1973, n. 36J , (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 6 apr1le 1979, n. 54/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. d,P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1'83, 195, 334, primo comma, n. 2 [modif. da legge 14 -aprile 1975, n. 103, art. 451 (artt. 3 e 27 della Costi I tuzione). ffi Pretore di Torino, ordinanza 30 novembre 1979, n. 76/1980, G. U. 2 aprile 1980, . . n. 92. l i i:: legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 12 (art. 3, primo comma, della Costi [,. tuzione). ~=: Tribunale di Catania, ordinanza 10 gennaio 1980, n. 112, G. U. 16 aprile 1980, i� ~:: n. 105. m >: ili rf:' i:: ~:: ~~ ~= i:' ~~~ PARTE II, LEGISLAZIONE 61 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74, commi secondo e terzo (artt. 3, 53 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Modena, ordinanza 10 aprile 1979, n. 1015, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 202/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di lo grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 203/ 1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di 1� grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 204/ 1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di 1� grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 205/ 1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di 1� grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 206/ 1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 1, c�omma primo lettera AJ, e 7, com� ma primo, secondo e quarto (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Modena, ordinanza 22 febbraio 1978, n. 18/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 7, 8, 92 e 98 (artt. 76, 77 e 3 della Costituzione). Commissione tributaria di 2� grado di Alessandria, ordinanza 5 novembre 1979, n. 119/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15 (artt. 24, primo comma, e 113, primo comma della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Prato, ordinanza 29 ottobre 1979, n. 995, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Cagliari, ordinanza 20 settembre 1979, n. 98/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. legge 15 novembre 1973, n. 734, artt. 2, 3 e 15 (artt. 3, 28, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 febbraio 1979, n. 83/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. legge reg. Veneto 26 novembre 1973, n. 25, art. 50, comma sesto e tabella ivi contenute (artt. 3, 97, primo comma, 117 e 123 della Costituzione) .. Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 5 luglio 1978, n. 983/1979, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. legge 18 dicembre 1973, n. 836, art. 27 (artt. 36 e 3 della Costituzione). Corte dei conti -sezioni riunite, ordinanza 16 maggio 1979, n. 95/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). Pretore di Pistoia, ordinanza 7 novembre 1979, n. 5/1980, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 5 ottobre 1979, n. 53/1980, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. Pretore di Isernia, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 79/1980, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. legge 18 dicembre 1973, n. 877, art. 13, primo e secondo comma (artt. 3 e 35 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 10 dicembre 1979, n. 102/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. Pretore di Orvieto, ordinanza 1o dicembre 1979, n. 101/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. legge 20 dicembre 1�973; n. 831 (artt. 3, primo comma, 97, primo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 3 luglio 1979, n. 56/ 1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 20 dicembre 1973, n. 8311, art+. 7, 9, 10, 14, 17, 18, 21 (artt. 3, primo comma, 97, primo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 3 luglio 1979, n. 56/ 1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 27 dicembre 1973, n. 852, art. 2, primo comma (artt. 3 e 39, primo comma, della Costituzione)). Pretore di Roma, ordinanza 9 ottobre 1979, n. 52/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, terzo comma (artt. 3, 29, 31, 36 e 38 della Costituzione). Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, ordinanza 11 dicembre 1978, n. 94/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 133, primo comma (artt. 3, primo comma e 97, primo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, ordinanza 27 luglio 1979, n. 196/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. legge 18 a:prile 1975, n. 11 O, artt. 2 e 3 (art. 25 della Costituzione). Tribunale di Pisa, ordinanza 24 ottobre 1979, n. 98/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 48, ultimo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). ,; Corte d'appello di Torino. Sezione di sorveglianza, ordinanza 8 ottobre 1979, n. 933, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. . ~ !:: ~ PARTE Il, LEGISLAZIONE legge 18 novembre 1975, n. 764, art. 7 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Asti, ordinanza 16 ottobre 1979, n. 1020, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. legge reg. Lazio 2 dicembre 1975, n. 79, art. 1 (artt. 76 e 117 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 20 ottobre 1979, n. 1023, G. U. 12 marzo 1980, n.71. Pretore di Roma, ordinanza 19 novembre 1979, n. 57/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 22 dicembre 1975, n. 665, artt. 26 e 28 (art. 3 della Costituzione)). Tribunale di Catania, ordinanza 3 dicembre 1979, n. 45/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 71, comma quarto (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Macerata, ordinanza 14 dicembre 1979, n. 50/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 23 dicembre 1975, n. 698, art. 9 [modif. da legge 1� agosto 1977, n. 563] (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Asti, ordinanza 16 ottobre 1979, n. 1019, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Grumello del Monte, ordinanze (otto) 3 ottobre 1979, nn. 1003, 1004, 1005, 1006, 1007, 1008, 1009 e 1010, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 novembre 1976, n. 19/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. Pretore di Milano, ordinanza 20 novembre 1979, n. 46/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. Tribunale di Treviso, ordinanza 2 novembre 1979, n. 49/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. Pretore di Lanciano, ordinanze (due) nn. 59 e 60/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. Pretore di Codroipo, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 66/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. Pretore di Cremona, ordinanze (tre) 21 febbraio e 7 febbraio 1979, nn. 116, 117, e 118/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98). Pretore di Gradisca d'Isonzo, ordinanza 17 dicembre 1979, n. 201/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. Pretore di Maddaloni, ordinanze (cinque) 24 gennaio 1980, nn. 211, 212, 213, 214 e 215, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Pretore di Arone, ordinanza 23 gennaio 1980, n. 223, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Catania, ordinanza 19 febbraio 1980, n. 230, G. U. 23 aprile 1980, n.112. 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 1 O maggio 1976, n. 319, art. 25, primo comma, primo paragrafo (art. 3, comma primo della Costituzione). Pretore di Mestre, ordinanza 7 novembre 1979, n. 14/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. legge '22 maggio 1976, n. 349, art. 1 bis, .primo comma (art. 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 7 luglio 1976, n. 1001/1979, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. legge 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1 quarter (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Pavia, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 72/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, primo comma (artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ferrara, ordinanze (due) 13 ottobre 1978, nn. 997 e 998/1979, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 3 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Milano, ordinanza 7 giugno 1979, n. 89/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 3, ultimo comma (artt. 3 31 e 53 della Costituzione). Commissio.e tributaria di secondo grado di Padova, ordinanza 25 settembre 1979, n. 990, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. legge prov. Trento 3 dicembre 1976, n. 41, art. 27, comma secondo e terzo (artt. 116 della Costituzione e 8 e 15 dello statuto autonomo della regione Trentino- Alto Adige). I Pretore di Fondo, ordinanza 17 dicembre 1979, n. 40/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. I j legge 28 gennaio 1977, n. 1O, art. 14 (artt. 3 e 42, comma terzo, della Costi tuzione). Corte d'appello di Potenza, ordinanza 4 dicembre 1979, n. 61/1980, G. U. 26 marzo 1980, n..85. legge 28 gennaio 1977, n. 1O, art. 14 (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione). Corte d'appello di Genova, ordinanza 13 luglio 1979, n. 1022, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234, art. 3, primo c�omma (artt. 4, 5 e 13 dello !. statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e 116 della Costituzione). I t: Tribunale di Trento, ordinanza 20 dicembre 1979, n. 91/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. .. I PARTE II, LEGISLAZIONE legge 16 maggio 1977, n. 3.()5 (art. 80 della Costituzione). Corte d'assise d'appello di Milano, ordinanza 3 dicembre 1979, n. 99/1980, ,G. U. 16 aprile 1980, n. 103. legge 28 novembre 1977, n. 10, art. 17, lettera b (art. 3 della Costituzione). Pretore di Trapani, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 85/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 6 luglio 1979, n. 176/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di lo grado di Mondov�, ordinanza 11 maggio 1979, n. 177/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, n. 180/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di lo grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, n. 181/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. Commissione tributaria di lo grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1980, n. 182/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 23 dicembre 1977, n. 928, art. 1, comma secondo (art. 3 della Costituzione). Pretore di Voltri, ordinanza 20 novembre 1979, n. 69/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge Z7 dicem,bre 1977, n. 968, art. 8, quarto cpv. (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 28 dicembre 1979, n. 114/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. legge 10 maggio 197'8, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 42 e 136 della Costituzione). Corte d'appello di Caltanissetta, sezione agraria, ordinanza 5 dicembre 1979, n. 41/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. legge 22 maggio 1978, n. 1'94, artt. 4, 5, 6, 8, 9, H, 12, 13, 14, 15, 19, 20, 21, 22 artt. 2 e 3, primo e secondo comma, 29, 30, 31, 32 della Costituzione). Giudice tutelare di Ivrea, ordinanza 16 novembre 1979, n. 1012, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 5 e 59 (art. 3 della Costituzione). Giudice conciliatore di Torino, ordinanza 29 agosto 1979, n. 73/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, ottavo comma, e 59 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Salerno, ordinanza 6 novembre 1979, n. 988, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 lugU.o 1978, n. 392, art. 57 (artt. 3 e 36, comma primo, della Costituzione). Giudice conciliatore di Palermo, ordinanza 7 aprile 1979, n. 81/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 58 (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 26 ottobre 1979, n. 184/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 10 ottobre 1979, n. 981, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. Giudice conciliatore di Palermo, ordinanza 5 dicembre 1979, n. 24/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59 (art. 42, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 29 ottobre 1979, n. 185/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge a.7 luglio 1978, n. 392, artt. 59 e 65 (art. 3 della Costituzione). Giudice conciliatore di Livorno, ordinanza 12 marzo 1979, n. 200/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Voltri, ordinanza 20 novembre 1979, n. 69/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65, pl'imo comma (artt. 3 e 42 della Costituzione). Giudice conciliatore di Milano, ordinanza 7 novembre 1979, n. 1011, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. legge 3 agosto '1978, n. 405 (artt. 3, 79 e 101 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 4 ottobre 1979, n. 13/1980, G. U. 19 marzo 1978, n. 78. legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 4, lettera bJ (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Livorno, ordinanza 27 aprile 1979, n. 1002, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera e) (artt. 3, 79 e 101 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 4 ottobre 1979, n. 13/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera a) (artt. 3 e 24, cpv., della Costituzione). Pretore di Pieve di Cadore, ordinanza 21 novembre 1979, n. 1028, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. Tribunale di Belluno, ordinanza 19 ottobre 1979, n. 92/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 4 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Livorno, ordinanza 27 aprile 1979, n. 1002, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 4, primo c:omma, !etera bJ (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 19 giugno 1979, n. 3/1980, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. d.P.R. 22 settembre 1978, n. 699, art+. 1, n. 3 e 3 (art. 11 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 19 ottobre 1979, n. 103/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. d.I. 29 maggio 1979, n. 163, art. 57, c:omma sec:ondo (artt. 70, 101, 24, primo comm�, 42, 3 della Costituzione). Pretore di Udine, ordinanza 14 dicembre 1979, n. 51/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. d.I. 29 maggio 1979, n. 163, art. 57, primo e sec:ondo c:omma (artt. 24, primo e secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 20 giugno 1979, n. 1021, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. d.P.R. 4 agosto 1979, n. 413, art. 2, lettera a) (artt. 3 e 2, cpv., della Costituzione). Pretore di Pieve di Cadore, ordinanza 7 novembre 1979, n. 1014, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. legge 13 agosto 1979, n. 374, art. 1 (artt. 3, 24, 77 e 113 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 9 ottobre 1979, n. 1016, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. d.P.R. 22 settembre 1979, n. 695, art+. 1, n. 3 e 3 (art. 2 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanza 8 marzo 1979, n. 37/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 68 d.I. 12 novembre 1979, n. 571 (artt. 3, 42 e 56 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, ordinanza 29 novembre 1979, n. 74/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (art. 42, comma terzo, dello statuto reg. siciliana, e art. 76 della Costituzione). Presidente giunta reg. Sicilia, ricorso 19 marzo 1980, n. 5, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. d.I. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 8 [modif. da legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 5, 115, 117, 118, 119, 123 e 97 della Costituzione). Presidente giunta reg. Veneto, ricorso 12 aprile 1980, n. 8, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. legge reg. Umbria, riappr. il 4 febbraio 1980 (art. 17 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 3 marzo 1980, n. 4, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. legge reg. Lombard1ia, riappr. 13 marzo 1980 (artt. 117, 3, 36, 97 e 119 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ordinanza 14 aprile 1980, n. 9, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. i ' ' f: f: -� -I1: CONSULTAZIONI COMUNITA ECONOMICA EUROPEA Decisioni CECA -Efficacia su territorio Stati membri (trattato di Parigi 18 aprile 1951 -legge 25 giugno 1952, n. 766). Se le decisioni dell'alta autorit� (ora commissione unica) della Comunit� Europea del Carbone e dell'Acciaio, ed in particolare quelle a carattere generale, abbiano efficacia immediata nell'ordinamento di ciascuna degli Stati membri (a seguito, per le decisioni generali, della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit� Europee), o invece sia necessario un atto dello Stato membro di riproduzione o di ricezione (n. 26). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA Espropriazione per pubblica utilit� -Beni indivisi -Offerta indennit� Accettazione (legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 25; legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 12). Se, in ipotesi di espropriazione per pubblic� utilit� di un bene oggetto di compropriet�, l'accettazione dell'indennit� offerta debba provenire da tutti i proprietari (n. 482). Espropriazione per pubblica utilit� -Costruzione di sedi di uffici giudiziari in Sicilia -Atti del procedimento d'espropriazione -Competenza degli organi regionali o statali (legge 15 febbraio 1957, n. 26; d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878, art. 3). Se spetta agli organi regionali ovvero a quelli statali la competenza in ordine agli atti di un procedimento d'espropriazione preordinato alla realizzazione di sedi di uffici giudiziari da costruirsi a cura dei Comuni col contributo dello Stato (n. 483). Espropriazione per pubblica utilit� -Danni conseguenti all'esecuzione di opera pubblica -Pregiudizio causato all'esercizio di imprese -lndennizzabilit� (legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46). Se sia dovuto un indennizzo ai soggetti esercenti attivit� commerciali, industriali o artigianali che subiscano danni permanenti per effetto dell'esecuzione di un'opera di pubblica utilit� (n. 481). Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� aggiuntiva -Separato indennizzo per frutti pendenti -Ammissibilit� (legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 17, secondo comma). Se il colono, al quale spetti l'indennit� aggiuntiva di espropriazione a sensi dell'art. 17 legge 22 ottobre 1971, n. 865, abbia titolo a conseguire un'indennit� per la perdita dei frutti pendenti (n. 479). 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I Espropriazione per pubblica utilit� -Opere pubbliche di competenza statale Determinazione dell'indennit� -Criteri contenuti nella legge 28 gennaio 1977, I~ [ r~ . . n. IO -Applicabilit� (legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14; legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16; legge 25 giugno 1865, n. 2359). Se le modificazioni apportate dall'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, ffi i~~ ~-:� ai criteri di determinazione dell'indennit� stabiliti dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865, si applichino anche alle espropriazioni per la esecuzione di opere pubbliche di competenza statale (n. 480). Espropriazione per pubblica utilit� -Sardegna -Opere da seguirsi con finanziamenti straordinari per il Mezzogiorno -Competenza degli organi statali Configurabilit� (legge 2 maggio 1976, n. 183). Se spettino agli organi statali o a quelli regionali le funzioni amministrative inerenti alle procedure o espropriazione per opere pubbliche da realizzarsi, in Sardegna, coi finanziamenti straordinari da erogarsi dallo Stato in base alla legge 2 maggio 1976, n. 183 (n. 486). Espopriazione per pubblica utilit� -Sardegna -Opere da realizzarsi con contributi erogati dalla Cassa per il Mezzogiorno -Competenza degli organi statali -Configurabilit� (d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, art. 14). Se competano agli organi statali o a quelli regionali le funzioni amministrative inerenti ai procedimenti d'espropriazione e di occupazione d'urgenza preordinati alla esecuzione, in Sardegna, �li opere pubbliche da realizzarsi col contributo statale (n. 485). Espropriazione per pubblica utilit� -Sardegna -Opere finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno -Competenza degli organi statali -Configurabilit� (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 -d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, art. 2, 14). Se competano agli organi statali o a quelli regionali le funzioni amministrative inerenti a procedimenti di espropriazione per l'esecuzione, in Sardegna, di opere pubbliche finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno (n. 484). IMPIEGO PUBBLICO Impiego pubblico -Personale delle Ferrovie dello Stato -Indennit� di buonuscita corrisposta dall'OPAFS -Sequestrabilit� e pignorabilit� (legge 14 dicembre 1973, n. 829, art. 44). Se l'indennit� di buonuscita spettante al personale delle Ferrovie dello Stato sia suscettibile di sequestro o pignoramento per debiti verso il fondo di previdenza ovvero per la realizzazione di crediti da risarcimento del danno causato alla Pubblica Amministrazione (n. 887). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Imposta generale sull'entrata -Prodotti tessili -Fili di gomma -Crino artificiale e filati metallici -Esenzione -Decorrenza (legge lo marzo 1968, n. 245, art. 1; legge 12 agosto 1957, n. 757, all. C). Se l'art. 1 della legge lo marzo 1968, n. 245 -che ha aggiunto nuovi prodotti a quelli elencati ai fini dell'esenzione dall'imposta generale sull'entrata, nella tabella allegato c della legge 12 agosto 1957, Il. 757 -abbia natura interpretativa e quindi efficacia retroattiva (n. 184). I la --. ~ .-~I . . . ��l�~�JY1����1�~z4'��11a PARTE II, CONSULTAZIONI Imposta generale sull'entrata -Prodotti tessili -Prodotti impiegati nelle fabbricazione previste nella tabella allegato B alla legge 12 agosto 1957, n. 757 Esenzione (legge 12 agosto 1957, n. 757, art. 9, all. B). Se i prodotti tessili � filati� non inclusi ai fini della esenzione dall'imposta generale sull'entrata, nella tabella allegato C della legge 12 agosto 1957, n. 757, possano assoggettarsi a tributo quando ne sia provato l'impiego nelle fabbricazioni per le quali � dovuta l'imposta �una tantum� a sensi dell'allegato B della citata legge (n. 185). IMPOSTA VALORE AGGIUNTO Imposta sul Valore Aggiunto -Corrispettivi per trasporto aeropostale interno, impossibilit�, limiti (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10; d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687). Se, agli effetti dell'art. 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo dell'IVA, modificato con il d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687, siano esenti da imposte i corrispettivi pagati alle compagnie aeree che, in base a convenzione, eseguono il trasporto aeropostale interno (n. 22). Imposta sul Valore Aggiunto -Esenzioni per corrispettivi concernenti pubblici servizi -Natura (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687). Se l'esenzione dall'IVA prevista con riguardo a servizi pubblici debba ritenersi configurare un'esenzione appaltativa ricomprendente tutte le operazioni comunque inerenti al servizio, anche ai fini dell'allestimento di questo, ovvero sia limitato ai corrispettivi pagati dagli utenti del servizio (n. 23). IMPOSTE DI FABBRICAZIONE Imposta di fabbricazione sulle fibre artificiali e filamento continuo -Canone di abbonamento annuale -Riduzione proporzionale al periodo di inattivit� degli impianti -Calcoli (d.l. 7 ottobre 1961, n. 1029; d.l. 3 gennaio 1947, n. 1, art. 43). Se, ai fini dell'applicazione dell'imposta di fabbricazione, ed in particolare del calcolo della riduzione proporzionale del canone di abbonamento annuale da praticare in relazione alla interruzione della produzione ed all'inattivit� degli impianti, possa farsi riferimento per il periodo dal 1949 al 1961 alla circolare n. 48 del 12 febbraio 1949 esplicativa del decreto ministeriale 7 febbraio 1949 determinativo della capacit� produttiva annuale dell'apparato pro� duttivo concernente le fibre artificiali a filamento continuo (n. 38). IMPOSTE IPOTECARIE Tributi erariali indiretti -Imposte ipotecarie -Tardiva richiesta di trascrizione di atto -Pena pecuniaria -Possibilit� di riduzione ( d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, art. 17; legge 7 gennao 1929, n. 4, art. 63). Se possa ridursi la pena pecuniaria applicabile per l'ipotesi di tardivit� (od omissione) della richiesta di trascrizione di un atto obbligatoriamente soggetto a detta formalit� (n. 17). 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I m RISCOSSIONE Esattore -Ritardo nell'esecuzione dello sgravio o nel versamento dell'importo degli sgravi non potuti eseguire; Sanzioni (d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, art. 143; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, art. 26; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, art. 36; d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, art. 147). Se il ritardo dell'agente di riscossione nell'eseguire sgravi per indebito o nel versare l'ammontare degli sgravi non potuti eseguire sia sanzionabile attualmente con la pena pecuniaria precisata nell'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n..603, al quale deve intendersi effettuato il rinvio � formale � disposto dall'art. 143, comma secondo, d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, sulle inadempienze dell'esattore (n. 46).