ANNO XXXII N. 2 

MARZO-APRILE 1980 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Pubblicazione bimestrale di servizio 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1980 


ABBONAMENTI ANNO 1980 

ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 20.000 

� 3.500

UN NUMERO SEPARATO �� � � � � � � � � � � � � 

Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n, 387001 

Stampato in Italia -Printed in Italv 

Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n 11089 del 13 luglio 1966 

(1219183) Roma, 1980 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la cura 

Sezione seconda: 
Sezione terza: 

Sezione quarta: 
Sezione quinta: 
Sezione sesta: 
Sezione settima: 

Sezione ottava: 

del/'avv. Franco Favara) 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
la cura del/'avv. Oscar Fiumara) . 

GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
la cura degli avvocati Carlo Carbone, 
Carlo Sica e Antonio Cingolo) � 

GIURISPRUDENZA CIVILE la cura degli avvocati 
Adriano Rossi e Antonio Catrical�) 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA la cura 
de/l'avv. Raffaele Tamiozzo) . 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA la cura de/l'avvocato 
Carlo Baf�le) . 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI la cura degli avvocati Sergio 
La Porta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) . 

GIURISPRUDENZA PENALE la cura de/l'avv. Paolo 
Di Tarsia Di Be/monte) . 

pag. 235 
� 265 

� 289 
� 308 
� 340 
� 352 

� 448 
� 460 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


QUESTIONI . pag. 39 
LEGISLAZIONE � 47 
CONSULTAZIONI � 69 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 


Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bowgna; 
Giovanni CoNTU, Cagliari; Francesco GUICCIARDI, Genova; Mar�ello DELLA 
VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Raffaele 
CANANZI, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDII, Potenza; 
Francesco ARGAN, Torino; Mauri2lio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, 
Trieste; Giancar�o MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

BAFILE, C., Nuove riflessioni sul giudizio di terzo grado nel nuovo 
processo tributario . I, 429 

BAFILE, C., Osservazioni sulla natura giuridica della dichiarazione 
tributaria . . . . I, 361 

BAFILE, C., Presunzione di legittimit� dell'accertamento tributario e 
� onere della prova . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 377 

CARAMAZZA, I. F., L'istruttoria nel processo amministrativo: brevi note 
ai margini di un progetto di riforma . . . . . . . . II, 39 

CONTI, M.-, Sull'applicazione del principio di non discriminazione al 

I .
regime fiscale degli alcoli 
273

' 

DI 
PACE, M., Nuove decisioni della Corte costituzionale in materia di 
prescrizione dei diritti dei lavoratori . . . . . I, 238 

DI TARSIA DI BELMONTE, P., Il peculato delle ((Macchine blu� I, 460 

LA PORTA, S., Esercizio dello � ius postulandi � per una p.a. e sindacato 
di terzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 335 

TAMIOZZO, R., Cognizione legale e conoscenza effettiva del vincolo di 
notificazione di cose di interesse storico artistico . . . . I, 348 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


APPALTO 

-Appalto di servizi -Rifiuto di sottoscrizione 
del contratto formale da 
parte dell'aggiudicatario -Cauzione 
provvisoria -Incameramento -Ristoro 
dei danni ulteriori rappresentati 
dal maggior onere del nuovo 
contratto -Esclusione, 456. 

AVVOCATURA DELLO STATO 

-Rappresentanza e difesa in giudizio 
-Rappresentanza da parte di 
un funzionario nei giudizi pretorili Esibizione 
dell'atto di conferimento 
del mandato -Necessit� -Esclusione, 
con nota di S. LA PORTA, 334. 

COMBATTENTI E REDUCI 

-Qualit� di deportato civile -Riconoscimento 
-Diniego -Onere probatorio 
dell'interessato -Limiti -Effetti, 
344. 

COMPETENZA CIVILE 

-Impugnazione di atti connessi -Competenza 
del T.A.R. del Lazio -Atto 
generale e atto applicativo -Annullamento 
dell'atto generale -Domanda 
proposta in via subordinata non 
sposta la competenza esclusiva 
del T.A.R. del Lazio, 346. 

COMUNIT� EUROPEA 

-Diritti fondamentali -Diritto di propriet� 
-Libert� di esercizio dell'attivit� 
professionale -Tutela -Limiti 
-Fattispecie: divieto temporaneo 
di nuovi impianti di viti, 265. 

-Libera circolazione delle merci Disposizioni 
fiscali discriminatorie Regime 
fiscale degli alcoli -Contrassegni 
di Stato sui recipienti contenenti 
il prodotto destinato alla 

vendita al minuto, con nota di M. 
CONTI, 273. 

-Libera circolazione delle merci -Disposizioni 
fiscali interne discriminatorie 
-Criteri di valutazione -Regime 
fiscale degli alcoli, con nota di 

M. CONTI, 272. 
CONTRATTI 

-Appalto-concorso -Interesse all'impugnazione 
dell'atto di aggiudicazione 
-Presupposti -Limiti -Effetti, 

346. 
-Appalto-concorso -Omessa presentazione 
di documenti -Esclusione Rilevanza 
del documento ai fini della 
valutazione delle offerte -Legittimit� 
dell'esclusione -Sussiste, 346. 
-Appalti-concorso -Procedimento di 
aggiudicazione -Fasi -Scelta del 
progetto ed esame del progetto scelto 
-Potere di introdurre modifiche 

o varianti -Individuazione del relativo 
momento, 347. 
-Capitolati d'oneri predisposti dalle 
amministrazioni statali per regolare 
i propri contratti -Natura regolamentare 
per i contratti interessanti 
lo Stato, 448. 

-Cauzione definitiva -Natura -Incameramento 
in ipotesi di inadempienza 
-Prova del danno subito 
dalla p.a, -Necessit�, 448. 

-Fornitura eseguita parzialmente -Risoluzione 
per inadempimento -Necessit� 
di preventiva assegnazione di 
un termine per le ulteriori consegne 
-Esclusione, 448. 

- 
Mancata approvazione -Rilevanza 
sull'obbligo di adempimento del privato 
contraente -Escllusione, 448. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Ordinanza di rimessione alla Corte 
costituzi!male -Indicazioni richieste 
a pena di inammissibilit�, 256. 


INDICB ANALITICO-ALFABBTICO DELLA GIURISPRUDENZA 

-Regio decreto di esecuzione di convenzione 
internazionale sull'estradizione 
-� atto normativo equiparabile 
a legge formale, con nota di 

M. DI PACE, 259. 
-Sentenza interpretativa di precedente 
sentenza -Inammissibilit�, nota 
di M. DI PACE, 238. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 

-Amnistia e indulto -Rapporto tra 
legge di delegazione e decreto presidenziale, 
256. 

-Reato -Nullum crimen sine lege Utilizzazione 
di concetti di comune 
esperienza -Legittimit� costituzionale, 
256. 

DEMANIO 

-Beni culturali -Cose di interesse artistico 
-Trasferimento della propriet� 
-Obbligo di denuncia -Notifica 
nulla del vincolo ex legge 1089/1939 Inesistenza 
dell'obbligo, con nota di 

R. TAMIOZZO, 348. 
-Beni culturali -Cose di interesse artistico 
-Vincolo ex art. 2 legge 10 
giugno 1939, n. 1089 -Legittimazione 
passiva -Individuazione -Possibilit� 
di notifica all'esecutore testamentario 
-Sussiste, con nota di R. TAMrnzzo, 
350. 
-Beni culturali -Cose di interesse artistico 
-Vincolo ex art. 2 legge 1o 
giugno 1939, n. 1089 -Notificazione Forma 
-Effetti, con nota di R. TAMrnzzo, 
350. 
-Beni culturali -Cose di interesse artistico 
-Vincolo ex art. 2, legge lo 
giugno 1939, n. 1089 -Notificazione Natura 
-Effetti, con nota di R. TAMIOzzo, 
347. 
-Demanio storico artistico -Beni culturali 
-Beni culturali di propriet� 
privata -Beni vincolati -Ordinanze 
di restauro -Competenza -Competenza 
esclusiva del Ministro -Sussiste, 
con nota di R. TAMIOZZO, 340. 

DIRITTO INTERNAZIONALE 

-Convenzione italo-francese -Reati 
punibili nel paese richiedente con 
la pena di morte -Illegittimit� costituzionale, 
con note di M. Dr PACE, 

259. 
ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Immobili soggetti a vincolo archeologico 
-Indennit� di espropriazione 
-Natura edificatoria -Sussiste, 

324. 
-Servit� di elettrodotto volontaria e 
coattiva -Espropriazione di azienda 
elettrica e delle linee di conduzione 
con costituzione di servit� di elettrodotto 
su fondo dell'espropriato Natura 
coattiva della servit�, 308. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Ricorso giurisdizionale -Impugnazione 
-Termine -Dies a quo per la 
proposizione dell'appello -Notificazione 
della sentenza di primo grado 
-Individuazione -Amministrazione 
statale patrocinata dall'Avvocatura 
dello Stato -Notificazione 
presso l'Avvocatura -Necessit� --Sussiste, 
342. 

GIURISDIZIONE CIVILE 

-Controversie tra enti previdenziali e 
assistiti per mancato accreditamento 
dei contributi -Giurisdizione del 
giudice ordinario del lavoro, 319. 

-Controversie tra enti pubblici e dipendenti 
per risarcimento danni per 
omesse prestazioni contributive Giurisdizione 
esclusiva del giudice 
amministrativo, 319. 

-Enti pubblici riconosciuti come enti 
ospedalieri dalla legge 12 febbraio 
1968, n. 132 -Attribuzione di 
strutture per l'esercizio della pubblica 
funzione -Giurisdizione del giudice 
amministrativo sulle controversie 
attinenti ai beni attribuiti o non 
attribuiti, 302. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Corte dei conti -Violazione 
delle norme valutarie -Responsabilit� 
di una banca quale 
agenzia della Banca d'Italia -Giurisdizione 
della Corte dei conti, 293. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Diritti patrimoniali conseguenziali 
-Rapporto di pubblico 
impiego -Improcedibilit� del ricorso 
per cassazione, 306. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Provvedimenti urgenti del 
sindaco -Constatazione si�la esi



YDJ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

to comparativo -Annullamento del 
relativo procedimento in sede giurisdizionale 
-Rinnovazione -Riferimento 
ai criteri di massima in precedenza 
adottati -Legittimit� -Sussiste, 
345. 
-Promozioni -Scrutini per merito 
comparativo -Rinnovazione -Giudizi 
relativi agli scrutinati non ricorrenti 
-Conservazione da parte dell'amministrazione 
-Illegittimit�, 344. 
-Provvedimenti emanati su presupposti 
erronei e viziati -Annullamento 
in sede giurisdizionale -Necessit� 
di non adottare provvedimenti 
contraddittori con il principio di 
coerenza dell'azione amministrativa Fattispecie 
in tema di rinnovazione 
di scrutinio per merito comparativo, 
annullato in sede giurisdizionale -
Proclusione alla rinnovazione del 
punteggio dei soli ricorrenti . Effetti, 
345. 
-Retribuzioni -Equo indennizzo -
Personale militare -Menomazione 
iniziale e aggravamento successivo -
Infermit� contratta in epoca anteriore 
alla legge 1094/1970 con aggravamento 
successivo -Misura del1'
equo indennizzo -Criteri, 342. 
LAVORO 
-Diritti del lavoratore non concernenti 
la retribuzione -Prescrizione -
Decorrenza durante il rapporto di 
lavoro -Questione di legittimit� costituzionale 
-Infondatezza, con nota 
di M. Dr PACE, 239. 
-Uso dell'autovettura di serv1z10 per 
percorso casa-ufficio -Distrazione -
Insussistenza, con nota di P. Dr TARSIA 
DI BELMONTE, 460; 
PREVIDENZA 
-Risarcimento danni per mancato versamento 
di contributi previdenziali -
Prescrizione -Decorrenza, 329. 
PROCEDIMENTO PENALE 
-Difesa e difensori -Di fiducia -Sostituto 
del difensore -Nozione e 
funzione, 466. 
-Difesa e difensori -Incompatibilit� -
Difensore unico di pi� imputati -
Interdipendenza di posizioni processuali 
-Nozione, 465. 
-Difesa e difensori -Incompatibilit� -
Effetti � Nullit� -Decorrenza, 466. 
-Difesa e difensori -In genere -Nominato 
dalla parte -Sostituto del 
difensore -Incompatibilit� della difesa 
-Tempo della sostituzione -
Occorre aver riguardo alla posizione 
del sostituto, 466. 
REATO 
-Furto -Circostanze aggravanti -Mezzo 
fraudolento -Nozione, 465. 
-Truffa -In genere -Truffa negoziale 
-Fattispecie, 465. 
stenza dei presupposti -Apprezzamento 
discrezionale -Difetto di giurisdizione 
del G.O. -Fattispecie, 289. 

-Tutela dei lavoratori per il conseguimento 
di prestazioni amministrative 
-Istituti di patronato -Loro 
finanziamento posto dal d.l. C.p.S. 
29 luglio 1947, n. 804, a carico degli 
Istituti che gestiscono le varie forme 
di previdenza sociale -Norma di 
azione e norma di relazione -Determinazione 
dei soggetti tenuti alla 
contribuzione -Discrezionalit� amministrativa 
-Giurisdizione ordinaria 
ed amministrativa, 299. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Promozioni -Promozioni per meri


-Diritti relativi alla retribuzione Decorrenza 
della prescrizione durante 
il rapporto di lavoro -Questione 
di legittimit� costituzionale -Inammissibilit�, 
con nota di M. Dr PACE, 

239. 
-Prescrizione -Diritti del lavoratore 
non aventi carattere retributivo Decorrenza 
della prescrizione decennale 
durante il rapporto di lavoro Legittimit� 
costituzionale, con note 
di M. Dr PACE, 238. 

-Stabilit� del rapporto -Accertamento 
-Competenza del giudice della 
controversia di lavoro, con nota di 

M. Dr PACE, 239. 
PECULATO 


INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Lezione di iiinte11esse ~egittimo Illegittimo 
diniego di licenza edilizia 
-Difetto di rilevanza della questione 
sollevata, 235. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposte sui redditi di ricchezza mobile 
-Plusvalenza -Trasformazione 
di societ� di persone in societ� 
di capitali -Beni diversi dall'avvia� 
mento -Iscrizione in bilancio -Tassabilit� 
-Riferimento ai valori risultanti 
dalle dichiarazioni della societ� 
trasformata, 412. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Plusvalenze -Vendita di azioni 
-Intento speculativo presunto Esclusione 
-Proposito di far elevare 
il prezzo delle azioni acquistate Non 
� necesario, con nate di C. 
BAFILE, 429. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Riserve occulte -Supervalutazione 
delle giacenze rispetto alle rimanenze 
-Applicabilit� art. 107 del 

t.u. delle imposte dirette -Esclusione 
-Accertamento nel periodo cui 
si riferiscono le rimanenze sottovalutate, 
con note di C. BAFILE, 420. 
-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
ed altri tributi diretti -Agevolazione 
per l'industrializzazione dell'Italia 
settentrionale -Svolgimento 
di attivit� nelle zone depresse per 
l'incremento produttivo e l'occupazione 
di mano d'opera, 427. 

- 
Imposte fondiarie -Fabbricati -Agevolazione 
per le case di abitazione 
non di lusso -Licenza di costruzione 
-� necessaria, 441. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registro -Agevolazione 
per il Mezzogiorno -Acquisto di terreni 
e fabbricati per il primo impianto 
di stabilimenti industriali Acquisto 
di opifici industriali inattivi 
-Esclusione, 396. 

-Imposta di registro -Concessione 
servizio di illuminazione -Istituzione 
dell'ENEL -Continuazione del servizio 
da parte della societ� -Obbligazione 
per l'imposta di registro, 401. 

-Imposta di registro -Rimborso Atto 
nullo -Condizioni, 401. 

-Imposta di successione -Presunzione 
per mobili, danaro e gioielli -Inventario 
di eredit� beneficiata -Requisiti 
-Effetto verso gli altri eredi Si 
produce, 442. 

-Imposta di successione -Solidariet� 
-Legatio -Responsabilit� sussidiaria 
dell'erede -Effetto dell'accerto 
verso il legatario -Si estende 
all'erede, con nota di C. BAFILE, 361. 

-Imposte di fabbricazione -Olio di 
oliva -Esecuzione a favore delle zone 
terremotate del Belice -Olio 
fabbricato al di fuori per conto di 
residenti -Si applica, 408. 

-Imposte di fabbricazione -Olio di 
oliva -Soggetto passivo -Posizione 
dei produttori delle olive -Irrilevanza, 
408. 

-Imposte di registro e altre imposte 
indirette -Condanna dell'amministrazione 
alle spese -Art. 148 legge di 
registro abrogata -Giudizi promossi 
anteriormente e decisi successivamente 
all'insediamento delle nuove 
commissioni -Applicabilit�, 416. 

-Imposte doganali -Diritti di prelievo 
-Giorno dell'importazione -Definizione 
in base ai regolamenti comunitari 
-Norme nazionali sui dazi 
doganali -Irrilevanza, 352. 

-Imposte doganali -Diritti di prelievo 
-Natura -Disciplina normativa, 

352. 
-Imposte doganali -Prescrizione Decorrenza 
-Registrazione della bolletta 
-Omessa liquidazione dell'imposta 
-Decorrenza dal momento dell'importazione 
definitiva, 397. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Accertamento tributario -Imposte 
doganali -Presunzione di legittimit� 
-Esclusione -Onere della prova, 
con nota di C. BAFILE, 377. 

-Contenzioso tributario -Commissione 
centrale -Contestazione sulla tassabilit� 
del reddito -Decisione fondata 
su ragioni giuridiche diverse 
da quelle prospettate dalla parte e 


X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

assunte nella decisione impugnata Legittimit�, 
con nota di C. BAFILE, 

420. 
-Contenzioso tributario -Giudizio di 
terzo grado -Estimazione semplice 
e complessa -Accertamento dell'intento 
speculativo -Connessione con 
questione di applicazione della legge 
-Decisione sull'intera controversia, 
con nota di C. BAFILE, 429. 
-Dichiarazione -Imposta di successione 
-Natura -Effetti -Vincolativit� 
-Esclusione -Revocabilit� -� 
ammessa, con nota di C. BAFILE, 361. 
-Prescrizione -Sospensione -Imposta 
di registro -Agevolazione per le 
case di abitazione non di lusso Rivendita 
dell'area senza indicazione 
di provenienza -Configurabilit�, 406. 
-Repressione delle violazioni -Infrazioni 
valutarie -Provvedimento di 
irrogazione di sanzioni -Presunzione 
di legittimit� -Esclusione -Onere 
della prova, con nota di C. Bafile, 

377. 
TRIBUTI LOCALI 

-Redditi di lavoro autonomo non assimilabili 
ai redditi di impresa -Assogettamento 
alla ILOR -Illegittimit� 
costituzionale, 246. 

URBANISTICA 

-Piano regolatore -Previsione di massima 
per espropri e sistemazioni Contestualit� 
con l'approvazione del 
piano -Non � richiesta, 343. 

-Piano regolatore -Variante -Beni 
patrimoniali indisponibili dello Stato 
-Destinazione diversa da quella 
prevista nel vincolo -Consenso dell'amministrazione 
proprietaria -Necessit� 
-Non sussiste -Limiti, 343. 

-Piano regolatore -Variante -Opposizione 
-Beni patrimoniali indisponibili 
dello Stato -Opposizione da 
parte dell'amministrazione proprietaria 
-Legittimit� della reiezione da 
parte della Regione, 343. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

lo giugno 1979, n. 40 
]o giugno 1979, n. 41 
21 giugno 1979, n. 54 
25 marzo 1980, n. 35 
26 marzo 1980, n. 42 
14 aprile 1980, n. 49 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 

13 dicembre 1979, nella causa 44/79 
27 febbraio 198J, nella causa 169/78 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 23 febbraio 1979, n. 1212 
Sez. I, 24 aprile 1979, n. 2318 
Sez. I, 23 maggio 1979, n. 2990 
Sez. I, 17 settembre 1979, n. 4790 
Sez. Un., 18 ottobre 1979, n. 5428 
Sez. I, 22 ottobre 1979, n. 5493 
Sez. I, 25 ottobre 1979, n. 5594 
Sez. I, 29 ottobre 1979, n. 5646 
Sez. I, 5 novembre 1979, n. 5723 
Sez. I, 7 novembre 1979, n. 5740 
Sez. I, 7 novembre 1979, n. 5742 
Sez. I, 9 novembre 1979, n. 5771 
Sez. I, 9 novembre 1979, n. 5779 
Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5944 
Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5951 
Sez. I, 17 novembre 1979, n. 5970 
Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6021 
Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6022 
Sez. I, 19 novembre 1979, n. 6028 

pag. 238 
)) 239 
� 259 
� 235 
)) 246 
� 256 

pag. 265 
� 272 

pag. 448 
� 361 
� 377 
� 396 
� 289 
� 397 
� 401 
� 406 
� 408 
� 308 
� 412 
� 416 
� 420 
� 427 
� 377 
� 408 
� 319 
� 429 
� 441 


XII 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 19 novembre 1979, n. 
Sez. I, 10 dicembre 1979, n. 
Sez. I, 14 dicembre 1979, n. 

6033 
6381 
6519 

Sez. Un., 18 dicembre 1979, n. 6568 
Sez. Un., 4 gennaio 1980, n. 2 
Sez. Un., 18 gennaio 1980, n. 416 
Sez. I civile, 22 gennaio 1980, n. 485 
Sez. Un., 23 gennaio 1980, n. 557 
Sez. I, 25 gennaio 1979, n. 562 . 
Sez. Un., 25 marzo 1980, n. 1989 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. PI., 7 dicembre 1979, n. 32 

Sez. IV, 11 dicembre 
Sez. IV, 18 dicembre 
Sez. IV, 18 dicembre 
Sez. VI, 7 dicembre 
Sez. VI, 14 dicembre 
Sez. VI, 14 dicembre 


1979, n. 1144 
1979, n. 1195 
1979, n. 1198 

1979, n. 848 
1979, n. 886 
1979, n. 889 

Sez. VI, 25 gennaio 1980, n. 73 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. VI, 14 dicembre 1978 
Sez. VI, 12 febbraio 1979, n. 7715 
Sez. II, 28 giugno 1979, n. 318 
Sez. I, 20 luglio 1979 . . . . . 

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pag. 456 

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)) 442 

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)) 329 <: 
)) 293 
)) 299 
)) 334 
)) 302 
)) 352 
)) 306 

pag. 342 
)) 343 
)) 344 
� 344 
)) 346 
)) 346 
)) 347 
350 

pag. 460 

)) 340 

)) 465 

)) 465 


PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


COMUNITA ECONOMICA EUROPEA 

-Decisioni CECA -Efficacia su territorio 
Stati membri, 69. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA 

-Espropriazione per pubblica utilit� Beni 
indivisi -Offerta indennit� Accettazione, 
69. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Costruzione 
di sedi uffici giudiziari 
in Sicilia -Atti del procedimento di 
espropriazione -Competenza degli 
organi regionali o statali, 69. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Danni 
conseguenti all'esecuzione di 
opera pubblica -Pregiudizio causato 
all'esercizio di imprese -Indennizzabilit�, 
69. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Indennit� 
aggiuntiva -Separato indennizzo 
per frutti pendenti -Ammissibilit�, 
69. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Opere 
pub):>liche di competenza statale 
-Determinazione dell'indennit� Cr~
teri contenuti nella legge 28 genna10 
1977, n. IO -Applicabilit�, 70. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Sardegna 
-Opere da seguirsi con 
finanziamenti straordinari per il 
Mezzogiorno -Competenza degli organi 
statali -Configurabilit�, 70. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Sardegna 
-Opere da realizzarsi con 
contributi erogati dalla Cassa per il 
Me:z:zogiorno -Competenza degli orgam 
statali -Configurabilit�, 70. 

-Espropriazione per pubblica utilit� Sardegna 
-Opere finanziate dalla 
Cassa per il Mezzogiorno -Competenza 
degli organi statali -Configurabilit�, 
70. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Impiego pubblico -Personale delle 
Ferrovie dello Stato -Indennit� di 
buonuscita corrisposta dall'OPAFS Sequestrabilit� 
e pignorabilit�, 70. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Imposta generale sull'entrata -Prodotti 
tessili -Fili di gomma -Crino 
artificiale e filati metallici -Esenzione 
-Decorrenza, 70. 

-Imposta generale sull'entrata -Prodotti 
tessili -Prodotti impiegati nelle . 
fabbricazioni previste nella tabella 
allegato B alla legge 12 agosto 1957, 

n. 757 -Esenzione, 71. 
IMPOSTA VALORE AGGIUNTO 

-Imposta sul Valore Aggiunto -Corrispettivi 
per trasporto aeropostale 
interno, impossibilit�, limiti, 71. 

-Imposta sul Valore Aggiunto -Esenzioni 
per corrispettivi concernenti 
pubblici servizi -Natura, 71. 

IMPOSTE DI FABBRICAZIONE 

-Imposta di fabbricazione sulle fibre 
artificiali e filamento continuo -Canone 
di abbonamento annuale -Riduzione 
proporzionale al periodo di 
inattivit� degli impianti -Calcoli, 71. 

IMPOSTE IPOTECARIE 

-Tributi erariali indiretti -Imposte 
ipotecarie -Tardiva richiesta di trascrizione 
di atto -Pena pecuniaria Possibilit� 
di riduzione, 71. 

RISCOSSIONE 

-Esattore -Ritardo nell'esecuzione 
dello sgravio o nel versamento dell'importo 
degli sgravi non potuti 
eseguire -Sanzioni, 72. 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

I 

1 

I i 

LEGISLAZIONE 

~' 

! 

QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I 

I � Norme dichiarate incostituzionali pag. 47 
li � Questioni dichiarate infondate � 48 
III � Questioni proposte � 51 



PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1980, n. 35 -Pres. Amadei -Rel. 

Astuti-Lombardo (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministrii (avv. Sta


to Azzariti). 

Responsabilit� civile -Lesione di interesse legittimo -Illegittimo diniego 
di licenza edilizia -Difetto di rilevanza della questione sollevata. 
(Cost., artt. 24, 42 e 113; legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31). 

L'art. 31 comma primo della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, 
non mira a tutelare direttamente il privato in un interesse che consideri 
suo particolare imponendo un correlativo obbligo generale a caric� di 
ogni altro soggetto, ma configura un precetto rivolto in via diretta a 
regolare la materia edilizia nell'aspetto e nelle implicazioni di portata 
pubblicistica, precetto che solo indirettamente il privato pu� invocare 
dinanzi agli organi della giustizia amministrativa; l'articolo anzidetto 
non � sedes mateni.ae idonea per una pronuncia sulla prospettata questione 
di legittimit� costituzionale del principio di non risarcibilit� della 
lesione di un interesse legittimo (1). 

(omissis) L'ordinanza di ,J:1imessione solleva, ,]n riferimento all'art. 42, 
e di rifilesso agiH aritt. 24 e 113 della Costituzione, Ja questione di Jegit


(1) La questione di legittimit� costituzionale era stata prospettata soprattutto 
in relazione ail'art. 42 Cost., argomentandosi che gli illegittimi rifiuti della licenza 
(ora concessione) edilizia produrrebbero �un effetto di ablazione senza ristoro� 
della propriet� privata. La Corte costituzionale non ha raccolto l'indicazione 
cos� fornita dal giudice a quo, evidentemente non ritenendo opportuno rendere 
una ulteriore pronuncia su un tema -l'inerenza o meno dello jus aedificandi 
alla propriet� dell'area edificabile -che attualmente (dopo la sentenza 
Corte Cost. 30 gennaio 1980, n. 5) sta formando oggetto di attenta e approfondita 
riconsiderazione nelle sedi ministeriali e parlamentare. 
La sentenza in rassegna ha invece preso in considerazione -sia pur pervenendo 
nella specie ad una 'pronuncia di inammissibilit� -il noto problema 
della risarcibilit� o meno dei pregiudizi arrecati ad interessi legittimi, ed ha 
avvertito che tale problema �si impone ormai all'attenzione del legislatore� e 
�richiede prudenti soluzioni normative>>, in tal modo implicitamente escludendo 
la possibilit� di pervenire de jure condito a conclusioni diverse da quelle in 
proposito adottate dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. 

Merita segnalare anche che la Corte costituzionale ha confermato la validit� 
della tradizionale distinzipne tra �norme di re}azione � e �norme di azione>>, 
come risulta dal brano della motivazione riprodotto nella massima. 

2 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

timit� costituzionale dell'art. 31 della legge urbanistica 17 agosto 1942, 

n. 1150, � i111 tanto in quanto, secondo l'i111terpreta:ziione domdnante, esso 
nOlll consente l'eserci:ziio de1l'a:ziione di risarcimento nei confronti della 
pubblica amministrazione che abbia iillegittimamente negato, sospeso o 
revocato una� Licenza edhlizia, quando attraverso atti positivd o negativi 
si sia con ci� atrt:UJarta UIIl!a compressione del diritto di propriet� sul terreno 
da edificare, tale da produrre UlllO svuotamento di 11Hevanrte entit� 
ed incisivit� del suo <eontenuto �. 
Nel giudi2Jio a quo la p110prieta11i:a di un suolo edificatorio sito �in comU111e 
di Canicatt�, le cui reiterate domande di licenza edilizia eriano 
state duI100te olrtre quindici anni respinte con provvedimenti due volte 
annu11ati dai! Consiglio di giusti:ziia amministra1liva per la Regione sioiJiiJaina, 
e di:sattese anche dopo U:n giudizio di ottempe11anza e fa inutile 
nomina rdd un commissario ad acta, aveva 1convenuto davanti al tribunale 
di Agrigento la oiv.ioa ammdrnstrazione e �i sindaci suocedutisi nel governo 
del comune, chiedendone ila condanna al risa11dmento dci danni: 
ma !hl �tribunale, ravvisando nella fattispecie una 1esi0111e di interessi legittimi 
e non dd diritti soggettivi, aveva dichiarato hl difetto di giurisdizione 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria a conoscere della proposta 
domanda. 

La Corte di appello di Palermo, ritenuto che la decisione della causa, 
in ordine ai diversi profili della pretesa risarcitoria, si poteva � in diretta 
dipendenzia defila configurabild!t� di una responsabilit� della pubbliaa 
ammiillistrazione per l'i1legittimo di:niego dehla Licenza edihl.ziia �, oss1ervava 
iehe nehla consohidata giurisprudenza della Corte di cassazione 
la facolt� di edifioare, pur inerendo al diritto di propriet� di cui costitui:
soe peculiare e conoreta manifestazione, �si atteggia nei ieonfronti della 
pubbhica 0Jlllmini1stra2Jione, -alla quale spetta, in forza di 111orme di 
a2lione, di potere discrezionale di concedere 1a �l~cenza ahl'uopo necessama 
-: 111on come diritto soggettivo ma come semplice interesise legittimo: 
e che 1conseguentemente l"illegi.ttimo diniego di li<eenza edil:izia, 
pur quando H giudice amministrativo abbia dichianato J'obbHgo delJ'amministra2lione 
di rilasda�re la �Licenzia stessa, non pu� tuttavia dar Juogo 
ad aziione aivhle di risarcimento dei danni subiti dal proprieta11io. Pertanto, 
� preoluse <eos� le gi� tentate vie di UJila interpretazi0111e dell'articolo 
2043 cod. civ. iehe 1includa nel concetto di danno !ingiusto, ieui la 
norma fia riferimento, anche .Je lesioni di interessi legittimi, o della 
valorizziazione del rapporto tra '.tinteressi legittimi e sottostanti ,SJituazii0111r:
i soggettive tutelate in via diretta e generale�, l'o11dinanza di rimessione 
osservava che 1a propriet� � un .diritto garamitito daJJa Costituzione, 
!i cui contenuti essen2liiaiH debbono trov.are nclla disciplina legislativa 
piena tu1lela anche contro le lesioni <ehe comunque pos�s�ano derivargli 
da1l'ese110izio illegit1Jimo de1le pubbliche potest�. Svolgeva quindi 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

diffuse considerazioni, -,con riferimenti. ailila ,giurisprudenza idi questa 
Corte e della Corte di cassaziione -, su1la inerenza della facolt� di edifioare 
alla propri.et� foncliairia urbana, anche nella pii� recente fogis1azi1one 
urbanis1Jiica, e concludeva che i diviieti opposti dadie autorit� ammmistrativ'e 
a:lJla edificazione mediante provviedimen1rl., positivi o negativi, 
~hlegittimi, ,senza tuttawa iinicorrere 1m ,responsabiihlt� patrimoniaile, comporterebbero 
� UJil effetto ,di 1abla2lione senza ristoro � dclla propriet� 
p11ivata, con violazione non solo della garanzia sancita daM'art. 42, secondo 
e 'terzo comma, dehla Cos1ituzione, ma ,ainche del disposto degli articoli 
24 e 113, � ilin cui � sancita, in generale e nei confronti deJla pubbLiica 
1aimmiiniistra2lione, J'mviolabilit� del :dicitto alla ,difesa per la tutela 
dei propri diritti �. 

Sono ben comprensibili le cons1dera2liorni che hanno condotto la 
Corte ,di mellito, di f�ronte ,a] deplorevole compol'tamento tenuto da una 
ammio::ristrazione comUJilale, responsabile d1 uilla serie di atti i1legittimi 
reitemti in spregio aihle decisioni del giudice ammirnswativo, con grave 
pregiudiziio d'un pvivato proprietario, 1a sollevare l'arduo problema, t�m.to 
discusso in dottmma come nehla giuriisprudenza, de1la responsabJJiit� civile 
delle pubbllliche aimmimistmziond per ilil ,risaroimen:to dei dam:rl derivati 
ai soggetti privati dalla emanazione di atti o provvedimenti amIninistra1rl.
vii :iilJegittimi, lesdvii di 1situaziorri idi interesse legittimo. Problema 
'di indubbia ,gravdt�, e di partico1are attualit� iin relazfl.Oille alle 
restrizioni connesse alla moderna disoipliina urban:iJs1rl.co-edi1i.2lia, che, anche 
a giudizio di questa Corte, si impone ormai ahl'atten2lione del legislatore. 
Ma trattasi 'di un problema complesso, che ,11�JchLiede prudenti 
soluziioni normative, non solo nella disciplina sostanziJale ma 0.111Jche nel 
regolamento dehle competen2ie giurisdi2liona1i.: probJema idi 011dine genem1e, 
che non pu� ovviamente es,sere i:i:iJsolto da questa Corte in un giudi:
zfo sulla l~gitmmit� costituzionale dell'art. 31 della Jegge urbanistica, 
in rela2li0i11e alla ipotesi cli ii.Hegittimo dini.ego di ,filcenza ediJJi2l�la. 

La disposizione de1l'art. 31, primo comma (dmasrta sostanmalmente 
intatta dopo le integrazioni Mitrodotte dahl'airt. 10 dehla legge 6 agosto 
1967, n. 765, .e modificata da11'1a:rt. 21 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, 
con ia sostituzione delJ'espresS!i.one �concessione�, alle parole �licenza 
eru1i2liia �), in quanto r1chiede per ,]'eseroizdo dehla facolt� di ediificare, 
un provvedimento dell'.autori1� comunale, appare perfettamente Jegittima, 
e non rileva, di per s�, iin 011cline al problema della msarcibilit� dei 
danni eventualmente de11ivati da un 'legittimo provvedimento dii diniego, 
essendo evidente, 'Secondo la pacifica interpretazione dehla Corte di cassazione, 
che essa non mira a tutelare 1clirettamente ffil privato Mi nn intJeresse 
che consideri 1suo pairtJ:iJcolare imponendo un co11reilativo obb~igo 
generale a cacioo cLi ogni altro soggetto, ma configura un pTecetto rivolto 
in via cliretta a regolare la materia edili2lia ncll'aspetto e nelle 


238 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

imp1ica:zfoni di portata pubbLidstfoa, precetto che solo !indiirettamente il 

privato pu� invocare dinanzi agli organi della giusttlzia amministrativa. 

E dunque ev,idente ohe il giudice a quo non � chiamato, per deci


dere la controversia di menito, a fare appl.iioazione del d!isposto dell'arti


oolo 31 della legge urbanistioa, il quale non rappresenta comunque la 

sedes materiae 1iidonea 1a dar luogo ad una pronuncia di questa Corte 

sulla questione di costituzionalit� prospettata, nei termini sopra riferiti, 

daill'oodilnamza idi rimessione; questione che pertanto risulta, a1lo stato, 

i:namm!iss~bi.le per difetto di 11Hevanza. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 1� giugno 1979, n. 40 -Pres. Amadei -Rel. 
Andl1ioli -Riggio Luigi e Cassa di Rllisparmio di Calabri.a e Lucania 
(n.ip.) e Presidente del Consiglio dei Minist11i (avv. Stato Carafa). 

Corte costituzionale -Sentenza interpretativa di precedente sentenza Inammissibilit�. 
(Cost., artt. 3, 24 e 134; cod. ci''� art. 2948). 

Lavoro -Prescrizione -Diritti del lavoratore non aventi carattere retri


butivo -Decorrenza della prescrizione decennale durante il rapporto 

di lavoro . Legittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 3 e 24; cod. civ., art. 2946). 

Tra i provvedimenti, necessariamente tipici, che possono essere 
emessi dalla Corte costituzionale, non vi � l'accertamento, con autorit� 
vincolante per gli altri giudici, del contenuto di sue precedenti sentenze 
(1). 

(1-5) Nuove decisioni della Corte costituzionale in materia di prescrizione 
dei diritti dei lavoratori. 

1. -Con otto decisioni (sei sentenze portanti i numeri 40, 41, 42, 43, 44, 45, 
e due ordinanze numeri 5,1 e 52 del 1979) de1le quali le pi� interessanti sono la 
n. 40 e 41/79, la Corte costituzionale ha ribadito, puntualizzando e precisando, 
princi'pi gi� affermati in diverse precedenti sentenze, in materia di decorrenza 
della prescrizione dei diritti dei <lavoratori. 
L'affermazione contenuta nella sentenza n. 40/79, secondo la quale non rientra 
tra i poteri della Corte costituzionale quello di interpretare in via autentica, 
ed in modo vincolante per gli altri giudici, precedenti sue sentenze, deve ritenersi 
esatta: finterpretazione di precedenti decisioni non pu� mai costituire 
l'oggetto esclusivo o principale di un'ordinanza di rimessione o di un ricorso, 
e perci� neppure di una decisione della stessa Corte. 

In tal senso � da ritenere corretta l'argomentazione, di natura processuaJe, 
secondo la quale il potere di emettere una � sorta di provvedimento di secondo 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 239 

Non contrasta con gli artt. 3 e 24 Cost. l'art. 2946 cod. civ. nella parte 
in cui consente il decorso della prescrizione decennale in costanza del 
rapporto di lavoro non stabile, di quei diritti del lavoratore, come quello 
alla qualifica, che, fatti valere in via autonoma, non si risolvono nel 
diritto alla retribuzione tutelata dall'art. 36 Cost. (2). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 1� giugno 1979, n. 41 -Pres. Amadci -Rel. 
Andrioli -Cinci:rirpini (avv. Ventma) c. E.N.E.L. (avv. Scognamigliio) 
e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Carafa). 

Lavoro -Diritti relativi alla retribuzione -Decorrenza della prescri7lione 
durante il rapporto di lavoro -Questione di legittimit� costituzionale Inammissibilit�. 
(Cost., artt. 3, 36, 38; cod. civ., artt. 2948, 2955 e 2956). 

Lavoro -Stabilit� del rapporto -Accertamento -Competenza del giudice 
della controversia di lavoro. 

Lavoro -Diritti del lavoratore non concernenti la retribuzione -Prescri� 
zione . Decorrenza durante il rapporto di lavoro � Questione di legittimit� 
costituzionale � Infondatezza. 
(Cost., artt. 3, 36, 38; cod. civ., art. 2946). 

E inammissibile la questione di costituzionalit�, in riferimento agli 
artt. 3, secondo comma, 36 e 38 Cost., degli artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, 

grado... � che accerti il contenuto di una precedente 'decisione e non investa la 
norma impugnata non � 'previsto tra quelli tipici attribuiti alla Corte costituzionale. 


Ma tale principio sottintende essenzialmente J'equiparazione degli effetti 
delle sentenze di accoglimento (ed in .particolare di quelle di accoglimento parziale 
c.d. manipolative -additive cfr. Cons. Stato, VI, 7 dicembre 1973, n. 568, 
in Cons. Stato, 1973, 1, 1194) alle norme di legge (in tal senso: Corte cost., 

n. 108 del 1970, in Giur. cast., 1970, 1493; ed anche in motivazione delle sentenze 
nn. 44/79, 42/79 e soprattutto n. 41/79 quando si parla di �norma di diritto, 
che sorge dal connubio tra Je tre disposizioni, dichiarate parzialmente i1legittime, 
e il dispositivo�). 
Ne consegue J'altro principio, pure affermato dalla Corte in quasi tutte le 
sentenze in esame, che spetta ai giudici comuni (ed in definitiva alla Cassazione) 
l'accertamento degli effetti (normativi) delle decisioni della Corte, attraverso 
l'interpretazione della norma modificata dalle sentenze di accogJimento, 
anche in relazione alla successiva legislazione, in modo da � coglierne in tutto 

o in parte .!'incompatibilit� a stregua dei criteri, dettati dall'art. 12 disp. �prel. 
cod. civ.�. 
Resta naturalmente ferma la possibilit� di emettere sentenze (interpretative), 
di norme modificate da sentenze di accoglimento, qualora ricorrono i 



240 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
2916 n. 1 cod. civ. nella parte in cui consentono la decorrenza della prescrizione 
in costanza del rapporto di lavoro stabile alle dipendenze di enti 
pubblici, anche economici, o di imprese private (3). 
L'accertamento delle condizioni essenziali per la stabilit� del rapporto 
di lavoro rientra nella competenza del giudice (ordinario o amministrativo) 
della controversia individuale di lavoro (4). 
Non contrasta con gli artt. 3, secondo comma, 36 e 38, secondo comma, 
della Costituzione, l'art. 2946 cod. civ. nella parte in cui consente il 
decorso della prescrizione decennale dei diritti del lavoratore non aventi 
carattere retributivo, durante la pendenza del rapporto di lavoro (5). 
I 
(omissis) Riferii.,ta all'art. 2948, n. 4, la questiione � inammissibile ove 
si rifletta, come �si deve, che il giudice unico, nel vedficame la rilevanza, 
ha a chiare note aff,ermato che il raipporto di lavoro del Riggio era privo 
di stabilit�. Ch� delle due 'l'una: o si 1legge, come sembra preferire il 
giuc:Lice a quo, :iil dispositivo deHa senten:m 63/ 1966 avulso da1la motiva-
2'Jione, ed a1lora la ,stabi1it� o meno del rapporto non inoide menomamente 
'su1la attuaJle vigenza del:1a norma, cos� come risultante dal dispositivo 
dclla sentenza 63/1966; o si riico1lega ril idisposriitivo ali1a motivazioe 
per lfanitare la vigenza dclla norma ai rapporti non stabili, ed al!lora 
l'iins1labi1le 1rapporto del Riiggio non pu� non esservi assogget:tato rendendo 
privo di at:tuale interesse il sollevato incidente di costituzionalit�. 
Ma altra e ben pi� mdkale ragione sancisce Ia inammiss1ibilit� della 
ques1Jione: 1in buona sostanza �il giudice unico 1s0Mecita dalla Corte la 
interpretia~ione, oon autorit� vincolante per gli altri giudici, della sentenza 
del 1966 e di due delle altre sentenze che l'han segUJi.ita. Senonch� 
presupposti del giudizio di costituzionalit� intervenendo sulla interpretazione 
adottata dai giudici ordinari (CRISAFULLI, Sentenze interpretative della Corte 
costituzionale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1967). 
* * * 
2. -Con sentenza 10 giugno 1966, n. 63 (in questa Rassegna, 1966, 1, 758) 
la Corte costituzionale dichiarava l'illegittimit� costituzionale degli artt. 2948 
n. 4, 2955 n. 2, e 2956 n. 1 limitatamente alla parte in cui consentivano che la 
prescrizione del diritto alla retribuzione decorresse in costanza del rapporto di 
lavoro. In successiv,e sentenze (n. 143 del 20 novembre 11969, in questa Rassegna, 
1969, 1, 1002, in materia di prescrizione biennale degli stipendi dei dipendenti 
statali, n. 86 del 29 aprile 1971, in questa Rassegna, 1971, 1, 543 e soprattutto 
n. 174 del 12 dicembre 1972 in Foro it. 1973, .1, 22), veniva 'precisato che la dichiarata 
iHegittimit� costituzionale dell'art. 2948 n. 4 non trovava applicazione 
nei casi in cui fosse assicurata Ja stabilit� del rapporto di lavoro e fosse data 
garanzia, per 'legge, di appositi rimedi giurisdizionali contro ogni illegittima 
ille-: 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 241 

siffatto compito non spetta ahla Corte, tra i cUJ� provvedimenti necessa11iJamente 
tipici non 1si annovera n� pu� annoverarsi :l'accertamento del 
contenuto di precedenti sue 1senten2le, una SOl'ta cio� di provvedimento 
di secondo grado, del quale oggetto immediato non � la disposizione o 
lii gruppo di nomne impugnavi, ma altra sua sentenza. 

A parametri deLla 1costitu:cionail�t� deJ:l'art. 2946 il giudice unico assume 
(non l'art. 36, ma) gli artt. 3 e 24, che sarebbero offesi se le ragioni, 
che hamm.o indotto a drlire fondata 1a questJione di costLtuziional4t� delle 
norme disoiphlnaumoi di presorimOlll� brevi e presuntive, non fossero utilizzate 
al fine di di.ire fondata la questione :di costituzionailit� deJJI'art. 2946, 
se invocato al .fine di es�tinguere di!dttii che, pur avendo [J tltolo fogit1JiJmante 
nel rapporto di favoro, non Sii 11isolvono in prestazioni pecunia


1

nie e, pi� in generale, 1sipaziano nell'ordinamento dell'impresa. 
In taJe guisa prospettata, la questJione appare diversa dall'incidente 
su 1oui ha por1Jato iJI suo esame fa Corte nelle sentenze n. 86/1971 e 

n. 115/1971, che non possono quindi es�sere dnvooate come precedenti di 
fatto: nel priimo 1oaso dJ. datore di lavoro eria un ente pubblico ec_onomko, 
al quale li lavoratori erano l:egati da 1rapporto mUllJ��to dli stabilit�, 
laddove iiJl giudice a quo ha -lo si ripete -negato stabilit� al rapporto, 
oggetto dehla presente questJione, e nel secOllldo 1aaso dJ. diritto alla qualifica 
si 1esaUJ:riva nelle prestazi01I1i retribU!tJive e uale osmosi ha indotto 
la Corte a nitenere iJrnHevante la questione di 1costi1Ju2l�!onaLit� dell'art. 2946 
daippokh� la premessa maggiore del sillogismo, !�!n cui si sarebbe ,:risolta 
la pronunoia definitivia deLla controversia idii lavoro, sarebbe stata fornita, 
in tema di prescrizione, degli 1artt. 2948, n. 4, 2955, n. l, e 2956, n. 1. 
Ne1la ipotesi 1ohe ne oocupa, il giudice unico ha fatto propria la 
prospettazione deiliLa Cassa, intesa ad iiidentificare nella qualifioa un di-

risoluzione del rapporto, quali quelli previsti dalle leggi 15 luglio .1966, n. 604 
e soprattutto dall'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavoratori). 
Con sentenza n. 115 del 21 maggio 11975 (in Foro it., 1975, l, 1309) fa Corte ri� 
badiva che il rprincipio affermato ne1la sentenza n. 63 del 1966 non si estendeva 
ai rapporti di impiego sia dei dipendenti dello Stato, sia dei dipendenti di altri 
enti pubblici, anche di carattere economico. 

Le Sezioni Unite della cassazione con sentenza 12 aprile 1976, n. 1268 (in 
Foro it., 1976, 1, 9.15 e con numerose note di commento nella Riv. giur. lav., 
1976, tra le quali quella del giudice relatore delle sentenze in esame, ANDRIOLI, 
Stabilit� del rapporto di lavoro e norme sui licenziamenti individuali, ivi, 1976, 
l, 271) interpretavano la giurisprudenza costituzionale stabilendo che la normativa 
sulla decorrenza della prescrizione in pendenza del rll1Jporto di Javoro era 
divenuta inapplicabile soltanto per i rapporti privi di stabilit�, e precisando 
che � deve ritenersi stabile ogni rapporto che, indipendentemente dal carattere 
pubblico o privato del datore di lavoro, sia regolato da una disciplina la quale 
sul piano sostanziale subordini Ja legittimit� e l'efficacia della risoluzione alla 
sussistenza di circostanze obiettive e 'predeterminate, e sul piano processuale, 
affidi al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilit� di rimuovere 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ritto del lavoratore, ohe � autonomo ,ri.spetto al diritto alle retribuzioni, 
e a diire assoggettato H primo non alle preS'oriziond brevi�. e presuntive, 
ma aihla 01dinarfa p:resonizione decennale, n� ques1:a Corte pu�, senza 
evadere daii suod compiti istituzionali, giudicare se il Riggio il quale, 
a mpporto definito, :rivendicava le differenze dii retribuzione e l'iincremento 
dehlia indenni.t� di anzianit�, che gli 1sarebbero derivati dal~'avere 
egli espletato mansioni superi.ori. a quelle contrattuai1i, in U111 contesto 
normativo, iin cui non si era ancora 1inserito l'art. 13 fogge 300/1970, sostitutivo 
dehl'airt. 2103 e.e., avesse fatto vail!e11e, vuoi sul piiano sostanziale 
vuoi sul piano processuale, un � bene dehla v>ita � diverso dail diritto 
a d:iffel'ellZe di :retribuzione e ai11a .integrazione della <inderniit� �dii anziianit� 
(diritto quest'ultimo, che -� appena iil caso di mlevarlo -naisce 

con 1a �cessazione del 'l'apporto). 

Ma :iJl modo dii prospettlazione non pu� non lim<itare J'obietto della 
pronuncia 1che ila Corte va a rendere sotto un dupHce punto di vista: 

-sul piano dehla fatHspooie, vengono dn considerazione quei diritti, 
che deri.vano al lavoratore non solo e non tanto dal 'l'apporto di cui � 
partecipe, quanto dailil'assetto dell'impresa in �cui � inserito, e che, comunque, 
non �Si risolvono, senza .residuo, in quei beni tuteJati dall'articrno 
36 Cost., che Ja Corte costituzionale assunse a parametro nella sentenza 
63/1966 ~retribuzione proporzionata a11a quantit� e alla qualit� 
del suo lavoro e fo ogni 'caso suff1ioiente ad as�sicurare a s� e a!lla famiglia 
un'esistenza Jibera e dignitosa; diritto al :rtliposo settimanrue e alle 
ferie amma1i retribuite); 

-sul piano della dinamica processuale poi, non � da Iasdare in 

ombra il rilievo che pur nei casi in cui al lavoratore rivengono diritti, 

gli effetti del licenziamento illegittimo�, con esplicito richiamo (anche se non 

esclusivo) alla disciplina de1l'art ..18 dello statuto dei Javortatori in materia di 

riassunzione per licenziamento illegittimo. 

A tale principio si sono adeguate le successive sentenze della Corte di cas


sazione (Cass., 23 dicembre 1976, n. 4732, in Foro it., 1977, 1, 300; Cass., 21 giugno 

1978, n. 3060, ivi, 78, 1, 11630 e Cass., 12 luglio 1978, n. 3541, ivi 1978, l, 2752) men


tre parte della giurisprudenza di merito (v. Foro it., 1978, .1, 2752, in nota) ha 

continuato a sostenere l'indifferenza della stabilit� del rapporto di lavoro sulla 

prescrizione dei diritti retributivi, in quanto dopo la sentenza n. 63 del 1966 

Corte cost. la prescrizione di ta1i diritti non decorreva mai in costanza di rap


porto di lavoro. 

Le numerose ordinanze che nuovamente rinviavano all'esame della Corte 

costituzionale l'art. 2948 n. 4, (in Giust. civ., 1979, III, 95), avevano quale scopo 

non tanto l'interpretazione autentica della sentenza n. 63 del 1966, ma che Ja 

dichiarazione di illegittimit� costituzionale, contenuta nella citata sentenza, 

fosse riferita a tutti i rapporti di lavoro (stabiH o non stabili, pubblici o 'pri


vati). In tal senso, ad esempio, nell'ordinanza del Trib. di Cosenza 4 luglio 1977, 

(a seguito deI!a quale � stata emessa la sentenza n. 40/79 in rassegna) si con


trastava l'applicazione ristrettiva della sentenza n. 63/1966 fatta dalla stessa 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 243 

che silano autonomi rispetto aii beni, che ricevono tutela nell'art. 36 Cost., 
sar� da assodare di volta in volta se su taLi diritti. si richieda nella 
controversia instaurata avanti i1l ,giudice ad�to senteinza con autorit� di 
cosa giudicata e se di tarle domanda sus�sistano le condizioni di fondatezza 
(tinteresse e �egit>tiimazione ad agire). 

Se si tengono per ferme queste premesse, l'affermazione dii �infondatezza 
deJla questione discende dagLi artt. 3 e 24, quale espressione, ad 
un tempo sostanziale e processuale, di quei di.vitti, che, nel senso e 
soltanto nel s�enso ohe si � chia11ito, si presentano. autonomi rispetto 
agli ailt11i beni tutelatd nell'art 36 Cost., al quale la questione di costitUZJionalit� 
� stata coordiinata neHa sentenza 63/1966. 

II 

(omissis) Inco1mabiJe � iil so1oo che divide Je parti in causa nella 
intel1pretazdone dei precedenti di questa Corte: l'attore afferma che le 
sentenze, successive alla ,sent. 63/1966, non hanno potuto intaccare la 
impresorittibii1it� dei orecHti patdmoniali dei lavoratori del settore privato, 
su �oui non han presa la legislazione successiva n� gH statuti speciali 
de!�ld enti pubblici anche economid, che as�sumano La veste di dato11i 
di �avoro; l'E.N.E.L. invece al quale la legge 6 dicembre 1962, n. 1643, 
at1mibuisce pe11sonaildt� di di:ritto pubbliico (art. 1) poodsando che il rapporto 
di lavoro dei dipendenti � regolato da norme di dil'itto privato 
e su base contrarttuale, co1lettiva e indiv1duale (art. 13), sd richiama 
reiteratamente alla sent. 115/1975, ne1la quale questa Corte, per dire 
irrilevante la questione di costituzionalit� dell'art. 2946, in allora soUe-

Corte costituzionale nelle successive decisioni in quanto non � risultante dal 
dispositivo�.� 

La Corte costituzionale, a parte le formule di volta in volta adottate (inam� 
missibilit� invece di quella abituale di infondatezza, sulle quali v. CRISAFULLI 
in Giur. Cast., 1979, 341), con il complesso delle sentenze in esame, nel respingere 
,le questioni di costituzionalit�, ha ribadito la �portata normativa� di 
tutta le precedente giurisprudenza costituzionale in materia di decorrenza deHa 
prescrizione dei crediti dei lavoratori, affermando altres� che spetta al giudice 
comune la verifica, di volta in volta, con riferimento ad un dato rapporto di 
lavoro e alla sua regolamentazione, della sussistenza delle due condizioni di 
stabilit� del rapporto �chiaramente puntualizzate nella sentenza n. 174/72 �. 

L'importanza del complesso de1le decisioni annotate sta proprio nel fatto 
che con esse la Corte ha inteso, almeno in via di principio, respingere la tesi 
che in tutti i rapporti di lavoro la prescrizione dei crediti retributivi non decorresse 
durante la durata del rapporto, come invece continuava a sostenere, 
in massima parte, la giurisprudenza di merito. 

Il giudice della controversia di lavoro dovr� sempre valutare, per Ia decorrenza 
della prescrizione deila retribuzione in corso di rapporto, se un dato 
rapporto sia garantito da stabilit� con riferimento alla possibilit� dell'annul




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

244 

vata da!Lla Corte d'1appe1lo di Milano, ha affermato che l'assimilazione 
dei rapportii di lavoro dei dipendenti di entii pubblioi economid a quelli 
di diritllo p11ivato � possibi:le solo .al fine di ~denttfi:care ~l giudice munito 
di potere giu11isdimonale per .cliriimere ila rnLatiiva contiroversia senza mutare 
�il .carattere pubblicistico del primo rapporto. 

Ambo le prospettazioni non colgono nel �segno pe11ch�, ianohe ad 
ammettere, .oon ;l'attore, che ~l �dispositivo deHa sentenza 63/1966 debba 
leggersi avulso dalla motivazione, la norma di diJritto, che sorge dal 
connubio tria le tre d~sposh:iioni, dichiarate parnia1mente i:Lleg;ittime, e il 
di!sposit�ivo, non pu� reputarsi di grndo surpel1iore a11a ~egislazione, che 
l'ha seguita, e tale da esimere g;li ope1ratori pratici, �che a val1i livelli 
sono chiaimatii :ad �1ntende11la e ad applicarla, dal cogJJeme in tutto o in 
parte ~a ~noornpatibiMt� a .stJregua dei oriteri dettati nell'art. 12 diisp. 
prelim. cod. civ. 

D'altro 1canrbo, non � da pretermettere che questa Corte non si � 
limitata a formu1are nella soo.t. 115 del 1975 le superiori proposizioni, 
ma ha soggilllil.1to ohe le garan:ll�.e di stahlHt�, iconnesse al carattere pubblicistiico 
del rapporto di lavoro dei dipendentii degl!i enti pubblici economici, 
sono � as�sicm1ate, nella regolamenta:ll�.one OiI'ganka o nella disciplina 
ocol1ettiva, dai1la fine del rapporto �soltanto per icause precise e 
determinate� e �ad ammonire che � icomlllil.1que, I'interpretazione delle 
norme ocontenute nei contmttii collettivi e la determinazione della portata 
di questa attengono aUa competenza del giudice oodinal1io {v. sent. 

n. 143 del 1969) �. NeLla quale �sent. n. 143 del 1969, che ebbe a dichiarare 
non fiondata la questione di costitu:ll�.onaLit� dcll'ar:t. 2, comma primo, 
dJ. 295/1939 1su11a prescrizione decennale di stipendi, pensioni ed 
emolumentii dovutii dallo Stato, !in :viferimento agli artt. 3 e 36 Cost., 
lamento .del licenziamento iJ.legittimo e della completa reintegrazione del lavoratore 
nella posizione giuridica 'preesistente. 

Sul punto, molto interessante � l'affermazione contenuta nella sentenza numero 
42 e n. 44/79 che � di competenza del giudice ordinario valutare "se sia 
da stimare vera la reintegrazione nel posto di lavoro ove si neghi l'esecutoriet� 
forzata della !>entenza, che tale reintegrazione ordini �. 

Ove si tenga conto del contrasto di giurisprudenza e dottrina (v. D'ANTONA, 
Reintegrazione nel posto di lavoro, Padova, 1979) sul problema deLl'esecuzione 
coattiva della sentenza ex art. 18 dello statuto dei lavoratori, sembra quanto mai 
opportuno .l'auspicio della Corte insito nelle parole � il Parlamento ben potr� 
approvare leggi che pongano punti fermi nel tutt'aJtro che univoco contesto�). 

* * * 

3. -� principio pacifico che la domanda del lavoratore intesa ad ottenere 
l'accertamento di una determinata qualifica, � soggetta alla .prescrizione decennale 
ex art. 2946 cod. civ. (Cass., 18 marzo 1977, n. 1080, in Foro it., 1977, l, li108). 
Con sentenze n. 86 del 1971 e n. 115 del 1975 la Corte costituzionale aveva 
dichiarato inammissibile, 'per difetto di rilevanza, la questione di costituzionalit� 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 245 

v;enne affermato il principio, cui questa Corte intende mantenersi fedele, 
che � spetta aiJ. .giiudke di merito stabilire, nei smgoli casi, se � 
stato posto in essere un rapporto .di pubblico impiego, o se Jo Stato o 
l'ente pubblico si � assoggettato alla disciplina rdi diritto comune del 
rapporto di lavoro �. 

Continuit� che � vibadita .con ampiezza :di !�mpldca:zfoni nella sentenza 
174/1972, in cui !la Corte, chiamata a scrutinare il rapporto oocrente 
tra La sentenza 63 del 1966 e la successiva legislazione, ha affermato che 
la ilegge 300/1970 mppresenta la necess1aria dntegirazione deLla legge 604/ 
1966 e che � U!Ila vera stabi!Lit� non si asskura se ahl'�anm.uli1amento dell'avvenuto 
,filoenziamento non si faooia seguire .La completa reintegrazione 
ne1la posizione giu11idrica preesistente fatta i1legittimamente cess�are � subo11dinando 
al ver�ficarsi delle due condizrioni il corso delle prescr�izioni 
brevi e p11esuncive durante :iJl rapporto di .lavoro privato. 

Orbene, oeome nel campo dei raippovti di favoro dei dipendenti degli 
imprienditovi privati Jia v;evifioa delle due condri:z;ionri, cU!� la stabiilit� deve 
11isipo00ere, rientra nella competenza del 1giudi1ce rde1la o0it1troversia individuale 
dJ favoro, cos� nel campo de1le controve11sie dei dipendoom degli 
enti pubb1i'oi economici, qual � 1l'E.N.E.L., 11ien1Jra nella competenza del 
giudice del lavoro la ve11ifica del modo 1n cui regolamenti (se ne esistono) 
e contratti collettivi assicurino al dipendente que1la stabilit�, 
comprensiva, per 1dir~a con la da ultimo richiamata sent. 174/1972, dell'annullamento 
:giiur�sdizionale dell'avvenuto licenziamento e della completa 
reinteg.ra2lione nella posizione giuridica preesistente, dn vrirt� della 
quale hl corso de1la prescriizione quinquennale �in costanza de~ irapporto 
di lavoro non suona, nei limiti .in cui tale presor�zione opem, offesa ai 
precetti della Costituzione assunti dal pretore di Ascold Pdceno a parametri 
de1la questione di costituzionalit� deg1i artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 
e 2956, n. 1, del codice civile (artt. 3, 24 e 36 Cost.). 

de1!'art. 2946 cod. civ. con riferimento all'art. 36 Cost. in quanto tale norma 
riguardava i crediti retributivi e non il diritto al riconoscimento della qualifica. 

La questione riproposta in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. � stata dichiarata 
infondata dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 40 e 41 del 1979, 
con pronuncie nelle quali, dopo aver ribadito che la regola deLla non decorrenza 
della prescrizione in pendenza del rapporto di lavoro vale solo per i 
crediti da retribuzione e non per tutti i diritti del lavoratore, si respinge l'eccezione 
di incostituzionalit� deH'art. 2946 cod. dv. �nei sensi di cui in motivazione>>, 
ritenendosi ancorata alla prospettazione del giudice a quo. 

Invero, discutendosi di rapporti di �lavoro ormai cessati, � sembrato alla 
Corte che non fosse pi� possibile l'accertamento (in via principale) del diritto 
alla qualifica, ma che oggetto della controversia dovesse essere soltanto il trattamento 
economico (pur affermando 'per� che la verifica della esistenza de1le 
condizioni dell'azione e dell'interesse ad agire fosse di competenza del giudice 

a quo). 

MICHELE DIPACE 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Pertanto la questione di .costituzionaliit� degJi artt. 2948, 

n. 4, 2955, n. 2, e 2956, n. 1, anche iin cons~derazione del fatto che J'articolo 
2103 (.presmztione di lavoro) .ood. civ. � stato sosttituito con l'articolo 
13 legge 300/ 1970, entrata in W.gore hl 22 agosto 1970 ~data anteniore 
alla cessazione del rnpporto di lavoro del Cinciripini avvenuta il 
31 gennaio 1974 e al~a notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, 
effettuata !hl 6 ottobre 1974) e che l'art. 40 legge 300/1970 liasda salve Je 
condi:lli.oni dei contratti co1lettivi e degli aocoroi si([]dacal�i pii� favorevoli 
ai �lavoratori, deve dirsi inammissibile (omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 26 marzo 1980, n. 42 -Pres. Amadeii -Rel. 
Paladirn -Bianchi e Chiesa (avv. Uckmar e Barile), Romano e Verna 
(avv. Granelli) e Presidente del Consiglio dei Ministri (avv. Stato 
Cipparrone). 

Tributi locali -Redditi di lavoro autonomo non assimilabili ai redditi 
di impresa � Assoggettamento alla ILOR � Hlegittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3 e 53; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. I). 

Non pu� postularsi l'esistenza di un inscindibile continuum tra redditi 
di lavoro autonomo e redditi d'impresa, anche se v'� una zona grigia 
tra tali redditi. Contrastano con gli artt. 3 e 53 Cast. l'art. 4, n. 1, della 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, e l'art. 1, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 599, in quanto non escludono i redditi di lavoro autonomo, 
che non siano assimilabili ai redditi d'impresa, dalla imposta locale 
sui redditi (1). 

(omissis) AlJ'or:igine del problema che la Corte � chiamata a risolvere, 
stanno le profonde modifiche .introdotte quanto alJ'ambito di applicazione 
dell'imposta mesame, a partire dai progetti governativi di rifor


(1) La sentenza, andando forse un po' al di l� di quella che era l'ambito 
delle ordinanze di rimessione (le quali concernevano redditi derivanti dall'esercizio 
di professioni), sembrerebbe aveJ'e aggiunto, alle tre categorie di redditi 
�esclusi dall'imposta� ILOR gi� previsti nel secondo comma, lettere a), b) e e), 
dell'art. 1 del d.P.R. n. 599 del 1973, altre due categorie di redditi, entrambe comprese 
nella formula �redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili 
ai redditi d'impresa�, e cio� i �redditi di lavoro autonomo>>, com'� noto definiti 
nell'art. 49 del d.P.R. n. 597 del 1973, e quei �redditi derivanti da altre 
attivit� occasionali� -redditi questi ultimi previsti, con espressione in parte 
solo residuale dall'art. 77 dello stesso d.P.R. n. 597 -che siano �derivanti da 
attivit�... di lavoro autonomo� (e non anche da �attivit� commerciali�). 
A tali conclusioni si perviene in esito ad una prima lettura della sentenza, 
doverosamente integrandone il dispositivo con la motivazione, ove si fa espli



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 247 

ma t11ibutariia sino all'entrata iin vigore deLla legge-delega n. 825 del 1971 
e defila rCOnseguente Jegge�delegata n. 599 del 1973. 

Concepito e denominato -ini:z,iailmente -come �riimposta locaile sui 
redditi patrimoniali �, questo tributo avrebbe dovuto colpire i redditi 
di capitaile, 1i redditi dii te11reni e di fabbl'tcati, i redditi agrari e quelli 
derivanti da1l'esercizio di imp11ese 1oomme110ia1i: reailizzando con ci� una 
discriminaziorne qualitativa dei redditi stessi, che era destinata per definizione 
-come chiariva espressamente la 1relazione a1l'art. 4 del disegno 
di legge n. 1639, presentato dal Governo alla Camera dei deputati 
iil 1� lugl!io 1969 -a laisroiaire esenti i redditi di lavoro, qualunque fosse 
la loro fonte e la loro natura. L'originaria configurazione del tributo venne 
:invece 1abbandonata -per motiivii che non sono mai stati ufficialmente 
esposti in modo organico -nel seguito dei lavaci preparatoci, a 
cominciare dal testo alternativo, elaborato irn seno ailila sesta Commissione 
permanente de1la Camera. ln un p11ilrno tempo, fa denominazione 
prescelta dal progetto governativo fu dunque ampliata, nel senso di 
prevedere urn'� dim.posta locale sui redditi patriimoniaJi, d'[mpresa e -professionali 
>>, estesa anche a carico dei liberi professionisti, rsia pure con 
le rstesse deduzioni gii� predisposte a beneficio degli imprenditori che 
prestassero contirnuamvamente la pmp11ia opera nelle !imprese tin questione. 
Irn un secondo 1tempo, si prefer� trattare -sintetiaamente di 
� imposta locale sui redditi �, in quanto applicabile alla generalit� dei 
� singoli redditi prodotti nel territorio de1lo Stato, esrc1usi que1li ,di fa. 
vom subordil11ato � (secondo �~l definitivo disposto dell'art. 4, n. 1, della

1

legge-delega n. 825 del 1971). 

cito riferimento ai redditi da attivit� occasionali di lavoro autonomo, ai redditi 
� derivanti dalla collaborazione a giornali riviste ed enciclopedie � (redditi, 
questi, diversi da quelli derivanti dalla utilizzazione economica del diritto d'autore), 
ed ai redditi di cui all'art. 49 citato, comma terzo, lettera e). 

Peraltro, non risolto -e perci� aperto ad ogni soluzione -sembra essere 
rimasto il problema del trattamento dei redditi derivanti dalla utilizzazione 
economica di brevetti e di diritti d'autore, e, in genere, ai redditi di cui all'articolo 
49, comma terzo, lettera b). Tali redditi traggono infatti origine dalla 
utilizzazione (in una �attivit� con terzi�) di entit� che l'ordinamento giuridico 
ha configurato e qualificato come �beni immateriali >>, come � oggetti � di 
diritti assoluti, sostanzialmente separando tali entit� dalle attivit� intellettuali 
'poste in essere per la loro creazione. Il che � di tutta evidenza se soJo si ha 
presente la posizione, ad esempio, dell'erede dell'inventore, autore, ecc. Tra 
l'altro, non va dimenticato che la fattispecie costitutiva di ciascun bene immateriale 
non � completa n� con la creazione in mente retenta n� con la mera 
estrinsecazione della creazione intellettuale, dal momento che a questa estrinsecazione 
deve far seguito o un accertamento costitutivo della pubblica amministrazione 
(ad esempio, fa concessione di un brevetto) o quanto meno l'attuazione 
e l'uso concreto di quanto �creato�. 

Inoltre, l'esclusione dallo ILOR, se riguarda i redditi di lavoro autonomo 
continuativi ed occasionali realizzati oltre che dalle persone fisiche anche dalle 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A conclusione di taiLi svi,Juppi, potrebbe parere che fimposta abbia 
completamente smaI1rito l.'infaiale ragion d'essere. Non a caso, ne1la 
rela2lione ministeriale a1lo schema di deoreto delegato per l'istituzione 
del:l'ILOR si affierma appunto che essa � v1iene ad assumere... la prevalente 
funzione di fattore disorillmimante il trattamento tributario dei redditi 
diverni da quehli idi lavoro subordinato�. Ed 1anche in dottrina vari 
autori rag:ionaino deLI'imposta medesima -a costo di una certa impreoi1sione 
di li1J.1Jguaggio -come d'una sorta di addizionaile o come d'una 
rinnovata I�Jmposta comp,lementare; o, pii� 1sempldcemente, ne mettono 
in rilievo iJl ,oarattere aocessorio rispetto all'IRPEF e all'IRPEG, fatta 
sailva l'esclusiione del lavoro dipendente (nonch� degiLi altri redditi specificamente 
ri.guavdati daille lettere b) e e) de1l'art. 1, secondo comma, 
del decreto istitutivo). 

Senonch�, a ben vedere, nel \nigente ordimamento de1l'ILOR continuano 
a riflettersi i motivi ispiratori de1l'originania concezione. Da un 
lato, nell'ambito del presupposto identificato diaiLI'art. 1 del d.P.R. n. 599 
del 1973, tutti 1i redditi diversi da queli1i di .lavoro autonomo 1sono :pur 
sempre redditi fondati o contraddistinti, iJn ogni caso, da una significativa 
componente di capitale; sicch� sembra lecito desumerne che lo 
stesso Javoro autonomo sfa stato 'iJnquadmto dal legisJatore tributario 
f�ra Je attivit� produttive di redditi misti, di capitale e non sOil.o di lavoro. 
D'altro Jato, una tale 1ipotesi interpretativa � largamente confie111mata 
da1l'lart. 7 del deoreto istitutivo: poich� l'aver previsto una comune dedu21ione, 
sia per i redditi di lavoro autonomo sia per i redditi agrari 

o d'impresa quando le prestazioni personali del soggetto passivo del 
tributo costituiscano � la sua occupazione prevalente '" sembra forni:ire 
associazioni (o societ�) fra professionisti e artisti, non opera allorch� tali asso


ciazioni abbiano assunto la struttura di societ� in nome collettivo, in acco


mandita semplice o di capitali: infatti i redditi realizzati nell'ambito di tali 

forme societarie si connotano sempre quali redditi d'impresa ai sensi de11'arti


colo 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, per quanto riguarda le societ� di 

persone, ed ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, per quanto 

riguarda le societ� di capitali. 

Gli argomenti addotti dalla Corte nella motivazione deHa sentenza rece


piscono orientamenti che in questi anni erano pi� volte emersi negli scritti 

dei commentatori dei 'provvedimenti legislativi per la riforma tributaria. Cionon


dimeno, la sentenza risulta non del tutto convincente laddove minimizza le dif


ferenze esistenti tra lavoro autonomo e lavoro subordinato e le diseguaglianze 

che la soluzione adottata finisce per creare a danno di quest'ultimo. 

Invero, il lavoro autonomo presenta, sia pure in dimensioni ridotte, tutti i 

connotati (ed i vantaggi economici) dell'attivit� imprenditoriale. Il lavoratore 

" in proprio � non subisce fa sottrazione del �plusvalore � (neLI'accezione mar


xiana) ad opera del �padrone�, e crea per s� (e non per altri) un avviamento 

che solo episodicamnete emerge alla rilevanza tributaria. Del resto, anche te


nendo conto dei soli dati formali, la disciplina normativa sottopone i redditi 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 249 

la riprova che anche per i lavoratod autonomi sia 1stato cos� peri.seguito 
l'imtento di � e1imimare da1l'imponibile fa parte ,che sa. pu� considerare 
formata dal Javoro del soggetto� (come precisava .la citata irelazlione al 
disegno govemanivo n. 1639 del 1969). E, coerentemente, l'Avvocatura 
dello Stato non esa.ta, nella sua memoria, a dare peir scontata fa premessa 
che l'ILOR si 1configuri tuttora � come imposta reaJe proporzionale 
finalizzata all1a tassazione oggettiva da. rtutm ,i 1redditi caratterizzati, 
totaJmente o anche solo parzial!IIlente, da elementi di patr,imonrl.a1it� �. 

(omissis) Nello sforzo di sostenere t1a costituzionalit� dei1l'assoggettamento 
del lavoro autonomo aH'imposta locale sui redditi, l'Avvooatura 
de1lo Stato ha 1svolto due ordini di 1consiiderazioni, pertinenti entrambe 
alla si1stemazion.e concettuale delle attivit� cos� colpire. I:n prJmo Juogo, 
tanto in sede giu:rtlid1ca quanto in sede economica, il Javoro autonomo

1

rappresenterebbe un fenomeno ben differeilZJiiato dal Javoro da.pendente. 
In secondo luogo, sussisterebbe invece una strettissima �contiguit�� fra 
i redditi ,d[ 1lavoro autonomo 1e i redda.ti d'impresa, tale che non sarebbe 
ragionevole .la con1Jraipposi~ione dei lavoratori autonomi (e dei liberi 
professionisti, in partko.lar modo) ai piccoli imrprenda.tori ed agli ,stessi 
commercianti. 

N� f'U[}O n� J'aUro ,a,ssunto valgono per� a giiusti!ficare Ja 1scelta legislativa 
1in questione. I maroati tratti distintivi del Javoro autonomo 
nei ieonfronti del Javoro dipendente sono 1certo incontestabil:i, sul ,pa_ano

1

del diritto tributarJo come gii� sul piano del diritto dv:ile. Ma la discriminazione 
qualitativa dei redditi non iimp1iica soltanto che le rispettive 
fonti di produzione silano 1diverse; bens� dchiede -pe1r dimostrarsi 
costituzlionalmente Jegittiima -che a questa diversit� corrisponda una 

di lavoro autonomo ad imposizione IRPEF � al netto �, a simiglianza di quanto 
accade per i redditi di impresa, mentre i redditi di lavoro subordinato sono 
sottoposti ad imposizione IRPEF � al lordo >>, limitata e per di 'Pi� degressiva 
essendo Ja detrazione consentita per spese di produzione del reddito. 

Inoltre, la sentenza non d� adeguato rilievo alla circostanza che il momento 
di prelievo dell'imposta sui redditi � diverso per i1 lavoro autonomo e per 
quello subordinato, e giunge a porre sullo stesso piano, contro l'evidenza, �percezione 
� e � dichiarazione � dei redditi. 

D'altro canto, forse un po' troppo facile � il �rimuovere� siccome formalmente 
non rilevante la ben maggiore sicurezza dell'accertamento dei redditi da 
lavoro subordinato; quasi che la difficoH� di un completo accertamento dei 
redditi da lavoro autonomo e la �onest� media,, dei contribuenti non costituissero, 
di per s�, dati suscettibili di essere considerati �oggettivi"� 

Comunque, la sentenza lascia spazi cospicui ad una 'pi� realistica separazione, 
dall'area del lavoro autonomo, di non poche attivit� -oggi comprese 
in tale area -caratterizzate dall'apporto di � fattori della produzione � da ricomprendersi 
o quanto meno assimilarsi alla nozione di � capitale � (attrezzature 
eccedenti i minori �ferri del mestiere�, organizzazione imprenditoriale, 
avviamento, ecc.). 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

250 

peculiare e differenziata capacit� oontnibutiva, proprfa dei redd:itii incisi 
rispetto ai redditi esalusi dal tliibuto, a rpai11it� dii ammontare della base 
imponibile. E n1u:Hia consente di desumer�e, n� dai lavori preparatori n� 
daJ testo delle norme Diigua11danti l'dmposta in esame, che la capacit� 
posta a base de1l'ILOR possa farsi consistere nelle caratteristiche diff�erenziaJi 
rde11e vani.e fol1Ille di Javoro, per s� considemto. 

D'altra parte, per dare la prova di una maggiore attitudine dei lavoratori 
autonomi aLla contribuzione, non giiova rpostulare l'esistenza di 
un inscindiibHe continuum, comprensivo dei redditi di Javoro autonomo 
(e specialmente dei redditi professionali) unitamente aii �redditi d'impresa: 
la cui discrj.miinazione qualitativa, rispetto lllli redditi esclusi dall'ILOR, 
non viene �oontestata -per fo meno di massima -sul piano 
della ilegittri.mit� costituzionale. Inidi1soutibhlmente, pu� essere a11duo stabii1ire 
-al .limite -se singole specie �di attivit� Javorative aipparteng:
aino all'area imprenditoniale oppure a:l lavoro aJUtonomo strettamente 
inteso. Cos� pure, sono sempre controver&i .m dottrina gli stessi criteri 
di definizione dei concetti d'impresa e d'imprenditore; e le difficolt� si 
accentuaino nel oampo .tributamo, poich� le nozioni adottate dall'art. 51 
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, 1diffeniscono in parte daiLle configurazioni 
dvii:Jist:iiohe, Sii.a nel senso �di riguwdare soggetti passivi che non 
sono veri e proprJ tillnrprendito11i commemiali, sia nel senso di colpire 
attivit� �diverse da quehle oons:idenate nell'art. 2195 �cod. civ. Ma Ja presenza 
dii 'UIIla zona grigia, intermedia f�ra i redditi �sJcuramente :imprenditoriali 
e quelli sicuramente lavorativi, non toglie che -sul piano 
normativo -altro siano il lavoro autonomo illl genere e ile tibere professioni 
illl specie, altro :le attivit� pecu!Jari de1le ~mprese �commoociaili (o 
giuI1idicamente assiimiJate od assimilabili ad esse). 

Le reailt� del lavoro e �dell'impresa sono b"1lS� interferenti: tanto � 
vero che l'art. 2238 cod. civ. prevede 10he Q'eserdzio deJJa professiione 
possa c�stituire �eJemento di un'attivit� orgainizzata in fo.rnna d'impresa
�; e che la stessa Corte ha ipotizzato -neHa sentenza n. 17 del 
1976 -�che determinate attiivit� professionali... r1chiedano oggi un'organizzazione 
a base imprenditoriaJe �. P['ecisamente daJJ'art. 2238 cod. civ. 
si ricava per�, con certezza, che iil libero professionista come taile non 
� un :imprenditore. E ne danno larghissima conferma iJ carattere pe:risonale 
delle rprestazJioni ex art. 2232 cod. dv., ile caraitter.i�stiche forme e 
misure .di compenso che in proposito impone <l'art. 2233, hl �diverso rischio 
che grava 1su1l'imprenditore, rispetto al prestatore di opera intellettuale. 

Del resto, se anche si restringe J'iindagi:ne ai11'011d:iinamento tributario 
immediatamente !anteriore alla riforma del 1971, � vero che ii redditi 
d'impresa ne venhmno considerati di categoria C-1, quando si trattasse 
di attivit� �organizzate prevalentemente con il lavoro proprio del 
cont:rii.buente 1e dei componenti della famiglia� (secoodo J'art. 85 del 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 251 

d.P.R. n. 645 del 1958); ma non � meno vero che la relativa aliquota 
de11'imposta di dcchezza moblie risultava allora identica a quelJ.a �Stabilita 
per fa categoria C-2, ossia per i rediliti di lavoro �subordinato (anche 
se -da ultimo -le rispettive quote esenti erano state .diversifi� 
.cate dall'art. 1 della legge n. 801 del 1970). 
(omissis) In ogru caso, di fronte alla iproduziorne accolta dall'art. 4, 

n. 1, deLla legge 111. 825 del 1971 e dail:l'ar.t. 1 del d.P.R. n. 599 deil 1973 
-che isottopongono all'ILOR tanto i redditi rdi Javoro autonomo quanto 
ri redditi d':imp.resia, come pure i redditi agrari e di terreni I�n genere, 
i redditi di fabbricati, i redditi di capitale -non 1si pu� non concludere 
che il legiSilatore ha adottato Jn sostanza (quali che fossero le intenziOIO.
I� degli autori della viforma triibutaria) una scelta di comodo, utile 
per superare le difficolt� operative inerenti ahl'esatta determinazione 
di una categoria cos� composita come quella costiituirta dai redditi patrimonia1i. 
Sotto 41 profilo in esame, per�, solu:z;ioni del genere non risultano 
compatibili con i principi costituzionali di eguaglianza e di 
capacit� contributiva. Come questa Corte ha pi� volte .chiarito (cfr. le_ 
sentenze n. 103 e n. 109 del 1967, n. 99 del 1968, n. 200 del 1976), le preSW12l�OIO.
I� tributarie non sono di per s� ilJegHtime, ma debbono fondarsi 
su � irndici concretamente :rivelatori rdi rJ.ochezza � ovvero su � fattii reali�, 
quand'anohe difficilmente accertabili, aff1inch� l'imposirione non abbia 
una �base fdttii.:2li.a �. V~ceversa, la presunzione su cui dovrebbe reggersi 
l'assoggettamento del lavoro autonomo all'ILOR �S� dimostra cos� ilO.controllabiJe 
ed indiscriminata, da rivelarsi per ci� isolo irragionevole e 
dunque lesiva de1l'eguag1ianza tributarJa. 
Analoghi motivJ mducono ad escludere che ~a giustificazione delle 
norme impugnate possa farsi consistere -secondo �le insistite argomenta:
zJioni dell'Avvocatura de1lo Stato -nella ciocostanza che a formare 
i red~ti di lavoro autonomo concorrerebbe �una componente produttiva 
patrimOlll�aile (anche 1se in misura ridotta o miin.ima) �; sfoch� 
l'imposta tenderebbe appunto a colpire la �generica patrimonialit� � 
dei redditli stessi, non dJversamente dagJi altri redditi misti. 

In realt�, anche questa configurazione del lavoro autonomo risulta 
postulata assai pi� che dimostrata. Non a caso, l'Avvocatura dello Stato 
� costretta a riconoscere ohe la regola da essa affermata subisce, 
quanto meno, .a1cl.11Ile eocezioni: dal momento che �non rsempre � -come 
priec1sa Ja memoria deposJtata ril 22 novembre 1979 -�il reddito di 
lavoro professionale pu� essere riferito, anche per parte modesta�, ad 
Un!a � base genericamente patrimonialistica �. Ma, una volta fatta questa 
necessariia ammissione, la pretesa giustificazione rimru::ie senz'altro privata 
del suo fondamento. Bd effettiivamente non � in tali termini, cos� 
generalizzati ed aipprossJmativJ, che si pu� salvare una pl'esunzione tributaria 
come queHa in esame: non incidente sul quantum ma sull'an 

3 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

252 

dei1l'obbligazi0111e tributaria, cio� sulla stessa esistenza e non sulla sola 
consiistenza del :presupposto del tnibuto. 

D'altronde, Ja comune esperienza �limostra che 1l!Ila significativa componente 
patrimoniale, nOil!ch� difettare :in alcune eocezion!aili i(potesi, manca 
addimitrura per ci� che riguarda una maggior rparte dei redditi da 
lavoro autonomo. � 1infatti ben noto che i beni s�trwrnentailii generalmente 
necessari per produrre i redditi stessi non hanno, di mas&ima, 
natUI'a e dimeinisfolli�. economiche tali che i[ Jegi\Sllatore tributario ne possa 
ragionevolmente tener conto, ai f�a::ri di un'imposta sul tipo dell'ILOR. 
Ed � aincor rpi� conclusiva la considerazione che, nei confronti di I�!lltere 
categori.e di llavocatori autonomi, la patrimO!Iltialit� del reddito non pu� 
essere neppure ipotizzata o postulata: 1n linea di fatto, per attivit� 
lavorative come quelle degli autori di opere lletterarie e �scientifiche o dei 
titolari. di :redditi �derivanti dahla collaborazione a giomalJi., riviste ed 
enciclopedie� (di cci all'art. 49, terzo comma, lett. a, del d.P.R. n. 597 
del 1973); :in linea di diritto, circa �i redditi derivanti dalla partecipazione 
ad associazioni :in partecipazione ill1 qUJa1it� idi associato quando 
l'apporto � oostituito esclusivamente dalla prestazione idi favoro � (secondo 
l'espreSISa previsione dell'art. 49, terzo comma, lett. e); per non 
dire dei redditi di favoro autonomo occasionale, assoggettati integralmente 
all'ILOR senza ohe i modelli per la 1dichiarazione aa:muale dei 
redditi cOD1sentano nemmeno di effettuare le deduzioni disposte dall'art. 
7 del d.P.R. n. 599 del 1973. 

N� si dimostra producente addurre il carattere sos1Jamfalmente patrimoniale 
della clientela, dalla quale i Hberi professionisti (come pure 
altni !avocatori autonomi) ricavano il loro reddito. Sotto questo stesso 
aisrpetto, non possono venir confuse e ridotte ad un'artificiosa unit� 
fattispecie che si presentano aisisai divers:ilficate: in quanto � ben diverso 
H caso delle societ� di _professionilistd, ai fini deJJle qualJi. Ja clientela di 
uno dei .soci rpu� anohe venir equiparata ad un apporto di capitale, 
dal caso del pr-ofessionista isolato, che non 'disponga -intuitu personae 
-se non di clienti acquisiti mediante le sue proprie prestazioni. 
Ed � aipptl!Ilto quest'U!ltima la situazione .che �hl legisJ.atore dimos.tra di 
considera.Te normale: come si desume -indirettamente -dall'art. 35 
della legge n. 392 del 1978, che non attribuisce al conduttore il �diritto 
ad una indenlDI�t� per Ja ipevdita dell'avvJ!aimento qualora s[ tratti di 
immobili �destinati aiH'eswcizio di attivit� pirofessionali �, diverisamente 
da d� che si verifica -idi regola -per le atmvit� mdustri.ali, commer


ciali e artigiana!li. 

Se a tutto d� si aggirnlge 1che i finanziamenti agevolati e gli altri 
contmbuti delila mano pubblica, in conto interessi od anche in conto 
capitale, sono sistematicamente concessi a:l!le grandi ed alle piccole impvese, 
mentre non vanno quasi mai a beneficio del lavoro autonomo 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

strettamente inteso (e, in particol1ar modo, delle ilibere pirofessioru), se 
ne ricava una ulteriore conferma delrnmpos,sib.iJiit� di !inquadrare indiscriminatamente 
i redditi di lavoro autonomo f�ra i redditi misti, !in ,ragione 
della loro asserita pattlmonialit�. 

A compensare gli squi1ibri derivanti dailil'art. l, non basta la deduzione 
prevista dall'art. 7 del d.P;R. n. 599 del 1973, nella mi1S'lll"a del cinquanta 
per cento del reddito annuo di J.avoro autonomo, da un minimo 
di due� miJ.iO!l'.lli e cinqueoentoxmla fino a un massimo di sette milioni e 
cinquecentomila lire (rispettivamente elevati a sei milioni e dodici milioni, 
per effetto dcll',wt. 11 della Jegge 2 1dicembre 1975, !Il. 576). Malgrado 
sii tratti di un notevole abbattimento alfa base, questo beneficio 
non fa che ribadire -1sul piano giuridi:co -l'iililegittima presU!llZione 
ohe i redditi !in esame ricadano tira i redditii mistii e ,sia!llo pertanto equiparabili 
ai redditi d'impresa: dal momento che la deduzione non 1spetta 
ai ,soli lavoratori autonomi, ma si appliica -secondo iiJ. carpoverso dell'art. 
7 -aglii ,stessi redditi agrari ed :imprenditoriali, � a condizione 
che iiJ. soggetto presti J.a propria opera ne1l'irnpresa e tale :prestazione 
costituisca la sua oocupa2�ione prevalente�. 

Ci� ,ohe � ,pi� grave, la discriminazione qualitativa dei red.cliti si 

degrada in tal senso a discriminazione quantitativa; e l'limposta locale 

sui redditi, quasi concepita come U!l1 dupJicato dell':imposta pevsonale, 

si trasfomna corrispondentemente -secondo certe .impostazioni dottri


nali -da propo:raion.a!le in progressiva. In base ahla ratio originaria della 

deduzione, essa mirava e verosimilmente mira, come 1si � gii� ricordato, 

a J.asoiare esente que1la parte dei redditi m1sti ohe ,si presume !impu


tabile al [avoro dei soggetti ipassiw ,del tributo. Senonch�, mentre ope


razioni del genere sii addicono ai redditi d'iimpresa, esse deformano le 

caratteristiche del lavoro autonomo, in 011dine al quale non � certo so


stenibile eh~ l'elevatezza del reddito valga da solfa a mutare -sopra 

una determi!ll!ata 1soglia -la stessa �na1Jum dehl'attivit� colipita dailil'im


posta. 

Per li JavoratorJ autonomi, in altre parole, l'avere stabiilito :in modo 

meocamco che fino a due milioni e c�JIJ:queoentomila lire (ora elevatd a 

sei milioni) i l�ro redditi ffiano quailificahlli di puro lavoro, che da questa 

aif�.ria fino a qumdiai milioni (oria elevati a ventiquat1Jro) si tratti di red


&1li. misti, 1che o[tre un tale tetto essi debbano invece venire imputati 

ad una componente di puro capitale, rappresenta iiJ. frutto d'una presun


zione tributaria basata sopra un'altra presua:J.2'�one: cio� su1la premessa, 

gi� idi per 1s� irragionevole, che �. !'edditi idi Jiaivoro autonomo ,siano tutti 

assimilabili ai redditi d'impresa, dalla quale in sostanza procede l'art. 1 

del d.P.R. n. 599 del 1973. 

A questo pU!llto, per superare ilce censure mosse alla legittimit� co


stituzionale del['ILOR, nehla parte concernente i'I lavoro autonomo, non 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

resterebbe ohe cercare giustificazioni estrinseche rispetto ai presupposti 
del tributo. Ma a.Illohe rm siffatto tentativo, variamente operato gi� nel 
corso dei lavori preparatori della legge-delega per ila riforma tributaTia, 
appaTe destirnato 1a1l'insuocesso. 

Ln primo luogo, non giova addurre -come si Jegge neg.lii atti d'intervento 
del Pres1idente del Consiglio dei ministri -�fa considerazione, 
non ignorata dal Jegis:latore, ohe i 1redcliti di lavoro autonomo, inddpendentemente 
da:ll'effioienza degli apparati amministrativi preposti, <Sono 
per Joro niatura meno suscettibili di completo ed integra:le aocertamento 
capace di eliminare in -modo :assoluto sottra:zrl.oni alla imposizione �. Di 
fatto, pu� ben darsi che l'irntento di reagire all'evasione tr�butaria dei 
lavoratori autonomi (e, J,n particolar modo, dei Hberi .professiornisti), 
abbia pesato sulle scelte poste a fondacrnento de1l'ILOR, nella sua v;ersione 
<0onclusiva. Uff[oiailmente, per�, :l'argomento dell'evasione � stato 
pi� volte 1oontestato, non senza una certa inclignazione, durante i lavori 
preparatol1i della legge n. 825 del 1971: a partire 1dalla .relazione di maggioranza 
de1la quirnta Commissione permanente de:lla Camera, �l� dove 
si precisa che �un trattamento fiscale commisurato, anche solo parzialmente, 
,ad una presun:zrl.one idi evasione sarebbe in stridente contraddi2ione 
con i motivd ispirato11i della 111iforma, che mirano all'acquisizione 
di dichiarazioni veritiere�, risolvendosi quindi in �un invJto iincliretto � 
all'evasione <Stessa. E d'altra parte, 1se questa ne fosse la giustificazione, 
l'ILOR non ristabiliirebbe affatto U!Ila superuore eguaglianza fra i contribuenti, 
bens� aggraverebbe le sperequa:zrl.oni gi� in atto fra coloro ,che 
diichial1aino i propri .redditi in temimi assolutamente o almeno re:lativ;amente 
esatti e quanti dnvece presentano 1dichi:arazioni incomplete o iinfedeLi 
(o adclirittura omettono di presentarle): poich� 11a ci,ricostanza che 
cliohiarazioni, aocertamenti e rettifiohe siano comuni alil'IRPEF e all'ILOR, 
verrebbe ancora una vo:lta a premiare 1ohi sfugge del tutto od in parte 
a:ll'imposta personale, evadendo in ta:l modo -parallelamente -anche 
llimposta 1ooale sui �redcliti. 

Ln secondo :luogo, ai fini dell'attuale decisione non � probante osservare 
-come gi� riferiva .la quinta Commissione permanente del 
Senato -che 1i �redditi di lavoro autonomo iSonO preventivamente depurati 
da tutte fo �spese di iprodU2lione; div;er,samente dai redditi di lavoro 
dipendente, che in tal senso non benef�oiaino 1altro che di una detrazione 
fissa. Da un ilato, la deduzione de1le �spese inerenti a:ll'eser;cizio

1

dell'arte o professione effiettivamente .sostenute � nel periodo d'dmposta, 
nonch� delle � srpese per l'acquisto di beni strumentaH � ~cli cui al primo 
ed al secondo comma dell'art. 50 del d.P.R. n. 597 de:l 1973), pe11segue 
l'ovvia esigenza idi considerare un reddito netto anzich� un reddito ilorido. 
D'1altro lato, se ioi� comportas<Se una irragionevole disparJt� di trattamento 
fra lavoratori autonomi e ,subordinati, ~l rimedio dovrebbe con



PARTE, I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sistere m 'Uila diversa regolamentazione de1la base imponibile dell'imposta 
pe11sonaLe e non certo nell'introduzione di una nuova ed apposita 
imposta, come queLla .locale sui redditi. 

In terzo luogo, non regge nemmeno il. rilfovo -proposto dall'Avvocatura 
dehlo Stato -che -non sussisterebbe � una piena uniformit� dei 
sistemi di accertamento e di riscossione � dehle somme rispettivamente 
dovute dai Javora:tori autonomi e dai lavoratori diipenden1Ji, quanto all'imposta 
sul reddito delle pe11sone fisiche. Per meglio dire, !i>l 1l1i1ievo � incontestabile 
di per se stesso, specialmente rper chi abbia riguardo agli anni 
aintecedentii. 'la cosiddetta autotassa2lione rintrodotta daJJ.'art. 17 deMa legge 

n. 576 del 1975. In quel primo biemrlo di apipliicazione dehla riforma tributaria, 
,cui sri riferiscono tutte le 011dinanze di rimessione, era ,infatti 
normale che l'imposta poosonale fosse pagata dai :lavoratom autonomi a 
due -tre anni di distani:a da1la produrione del reddito cos� colpito; tanto 
� vero ohe J'art. 16, secondo comma, deLla rioo11data legge n. 576 prevedeva 
che tl'IRPEF e rl'ILOR dovute per il 1974 potessero �essere iscritte 
nei ruotli entro iJ 31 dicembre 1976 �, in vrista dehla successiva riscossione 
� dn quattro rate ,consecutive� (ed analogamente disponevano 
l'art. 1 della egge n. 169 e l'art. 3 del d.P.R. n. 920 del 1976). 
Qui pure, tuttavia, H :vi.medio andava naturalmente escogitato all'interno 
della disciplina dell'IRPEF: per esempio, maggiorando J'ammontare 
deLl'dmposta medesima in ragione del tempo trascorso fra la dichiaira:
llione (o Ja rpe:ocezione) del Tedddto ed il versamento del relativo 
tributo, an:llich� istituire un'imrposta specifica. Ci� che pi� conta, fin 
d'allora vari redditi idi lavoro autonomo vendvaino -in rparte -colpiti 
alla fonte, meddante le ritenute prevruste ,daJJ.'art. 25 del d.P.R. n. 600 del 
1973, senza che ~I deoreto istitutivo deLl'ILOR tenesse ~I minimo conto 
di oi�, atl fine 1di ridurre corretlativamen1e .l'incidenza deLl'limposta locale: 
il che rappi;-esenta la riprova che la giustifica:llione delrl'imposta stessa 
non pu� fairsd consistere -neanche m relazione agli anini 1974 e 1975 nel 
rita11dato pagamento dell'IRPEF da parte dei 1Jitolari di redditi non 
denivanti da rlavoro dipendente. 

Da nessun punto di vasta, l'indisorimirnata sottoposi2'lione dei redditi 
di Javoro iautonomo aLl'ILOR si presenta, dJUnque, costit'll2liona1mente 
difenddhlle. Tuttavia, ci� non significa 1che taH redditi vadano comunque 
sottratti all'imposta, tlocale, pur :dove 1sussistano vai11de iragioni per as1similarli 
ai redditi d'M:npresa e, pi� tin generale, per ~scnivetli frra i reddi1Ji 
mistri. Aillo stato aittuaile de1l'o11dinamento tributario, che non pu� 
essere dive11samente articolato dalla Corte 1stes1sa, Ja distinzione fra 
redditi di lavoro e 1i redddti d'impresa dovir� essere operata a11a ,stregua 
dell'art. 51 del d.P.R. n. 597 detl 1973: dal quale gi� risulta un ampliiamento 
della nozione d'impresa, !I'ispetto aii. cnite11i adottati nel codice 


256 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

civ.ile. Ma il legirsJatore potr� bene stabilire -nei 1imiti dcli.a ragiionevolezza 
-ulteriori criteri, specificativi di quelli dettati dall'art. 51. 

L'ihlegittimit� <:ostitwtlonaJe deiLl'art. 4, n. 1, della legge n. 825 del 
1971 e dell'art. 1 del rd.P.R. n. 599 del 1973 va pertanto d:id:�arata nella 
pairte ilil oui ta1i norme non escludono i redditi idi lavoro autooomo, che 
non possano venire aissdmilati ai redditi d'impresa. 

Quainto linveoe afil.'art. 7 del predetto decreto non occorre che, negli 
stessi termi.ini, ne venga pronunciato l'annuUamento: poich� Ja dlisoiplina 
rdelile deduzioni a favore dei lavoratori autonomi � resa a sua volta 
inoperante, cil'Ca i .rapporti ai qualli nnn possa pi� essere appJicato 
!'art. 1, gi� illn forza deUa dichiarazione d'illegittimit� rparziale deLla disciplina 
riguardante il presupposto dell'imposta locale sui redditi. Ci� 
considerato, rimane assorbita anohe la questione riguardante !hl. rpreteso 
contrasto fra l'art. 7 e l'art. 76 Cost., rper Ja mancata concessione deJ 
reJativo beneficio a favore dei rredditi di 1avoro autnnomo occasionaJe: 
questione che il g;iUJdice a quo ha so1levato congiUIIltairnente, ed anzi subordinatamente, 
rirsrpetto aLl'impugnativia rdehl'art. 1 del d.P.R. n. 599 del 
19773. (omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 aprile 1980, n. 49 � Pres. Amadei -Rel. 
Reale -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Gentile). 

Corte costituzionale -Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale Indicazioni 
richieste a pena di inammissibilit�. 

�Costiltuzione della Repubblica -Amnistia e indulto -Rapporto tra legge 

di delegazione e decreto presidenziale. 

(Cost., art. 79; legge 3 agosto 1978, n. 405 e d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413). 

Costituzione del!la Repubblica -Reato -� Nul!lum crlmen sine lege � Utilizzazione 
di concetti di comune esperienza -Legittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 3; d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2). 

Deve essere dichiarata inammissibile la questione ~i legittimit� costi


tuzionale sollevata in via incidentale con ordinanza di rimessione la 

quale non contenga le indicazioni necessarie per una verifica della rile


vanza della questione prospettata. 

Non contrasta con l'art. 79 Cost. il decreto presidenziale di clemenza 

che riproduca senza modificazioni e letteralmente le disposizioni della 

legge di delegazione. 

Non contrasta con il principio nullum crimen si.ne lege e con il princi


pio di eguaglianza una legge la quale, nel definire le spese, utilizzi concetti 

di comune esperienza o desumibili da altre fonti legislative e dalla pre



PAR~ I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

gressa elaborazione giurisprudenziale; pertanto, l'art. 2, lettera c, del 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, non contrasta con l'art. 3 Cost. 
(omissis) Le centosette 011<linanze del pretore di Scicli 'sono kLentiche 
(tramJJe una) nella m.otrl.va:llione, ma nessuna di esse reca indicazione alcuna 
del fatto-reato asoritto aJJ'imputato o agli ,imputati cui l'ordimmza si riferisce, 
tutte limitandosi all'affermazione che �il reato in questione � stato 
commesso ed aocertato in data ianteriore al 15 marzo 1978 �, 

Alcune di ta1i ordinanze, poi, non IQOiltengono nemmeno l'iinclicazione 
del nome deirnmputato, che pu� desumersi soltanto dall'avvenuta notifica 
dell'Ol'diinanza alla parte. 

N� iil Tiferimento, ohe le 011<linanze naturalmente 1contengono, alla 
norma del provvedirrnento di amnistia n. 413 del 1978, della quale denunziano 
ila illlcostituzionalit�, cio� all'art. 2 (comma secondo) iett. c, n. 1, 
del detto deoreto ipresiden:lliale, consente di risalire al 'reato d.mputato. 
fufatti Ja dtiata nomna elenca una serie di 1reati che vengono esclusi 
dall'amnistia, per aJouni dei quali stabilisce eccezioni ahla esctlusione. 
D'altra parte ,iJ. richiamo che fa dettia nomna fu all'art. 41, 1ett. b, della 
legge 17 agosto 1942, n. 1150, e alle successive sue modificazioni, allarga 
l'ambito delle fatti1Specie ipreviiste. 

Pertanto, tutte le questioni isollevate �on Je dette ordinanze dal pretore 
di Soicli sono funaimmissibili., se non altro per l'impossibilit� di un qualsiasi 
contro1lo sulla rilevanza delle questioni medesime. 

(omissis) � id:iiscusso in dottrina �ill rapporto, derivante daJJl:a normativa 
CO!Stituzio~e, fra :legge �di delegazione e decreto presdidenziale: n� 
mancano sorittori .secondo i quali le Camere non possono diiscip1inare m 
tutto e per tutto H provvedimento �di clemenza, e hl decreto presidenziale 
non pu� lilnita11si a ,riprodurre letteralmente iJ. contenuto de1la Jegge di 
delegazione,_ spettando, inveoe, aJ Presidente non soltanto, come � rpacifico, 
iil potere.dovere de1Ja eJ:!lanazione del provvedimento nel rispetto dei criteri 
fissati dalla legge, ma quello della integrazione e specificazione anche 
tecnica della n011mativa. Senonch�, mentre � pacifico, ed � stato ritenuto 
da1la Corte (sent. 110/1962), che la legge delegante possa consentilI'e �un 
qualche potere di scelta � ai1 decreto presidenziale, e ohe questo, in ogni 
caso, in un certo ambito di discrezionalit� .specialmente tecnica, possa 
meglio spedfioare d termini della demenza, deve anche ritenersi acquisita 
(come espressamente dichiarato dalla C0J1te con sent. 171/1973) da legdttimit� 
costitu:llionale de1la prassi secondo la quale la Jegge :delegante disciplina 
pu;ntuailrmente :iJl contenuto del provvedimento di clemenza, e i1 
decreto presidenziale lo riproduce testurumente. 

Non esiste, dunque, la denunziata vioLazione dell'art. 79 della Costitu:
llione nel faHo -ohe il d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413 riproduca senza modifioazioni 
e 1letteraLmente le disposizioni della legge 3 agosto 1978, in. 405; 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

258 

n� sono peci:tinenti gli altri parametri citati genericamente e senza alcuna 
motivazione. 

Pi� delicata 'si presenta la questione 1sotto il profilo della possibhle 
violazione del principio di eguaglianza, in sede di applicazione della legge, 
e �a causa della non perfetta rpuntua1izzazione del suo contenuto precettivo, 
implicando detta questione in primo luogo la determinazione dell'ambito 
in cui opera l'1airt. 3 della Costituzione. 

Anche senza attribuire valo~ assoluto alla tesi dell'Avvocatura, che 
il p11incipio di eguaglianza 1possa essere 1invocato 1solo a proposito delle 
norme dilegge e non mai della loro interpretazione (non potendosli. astrattamente 
escludere l'ipotesi che �l'assoluta mdeterm~natezza della norma 
si tradoca in .ineluttabile disparit� deUa sua app:licazione, e quindi .in 
concreta ddiseguaglianza 'imputabile alla norma 1stessa), si deve ritenere 
che una legge la quale nel definire le specie utilizzi concetti di comune 
esperienza o desumibili da 1altre fonti legislative e daJJa pregressa elabo


0

razione giurisprudenziale nnn imponga al giudice alcun onere 1che esorbiti 
dal normale, anche :se difficile, compito dehla interpretamone.. 

Non �sono poche le norme penali che per '1a latitudine della loro 
previsione, non suscettibile di una descrimone tassativa, richiedono, per 
la foro interpretazione, id rkol'So del giudice a concetti di comune esperienza, 
o -come :si esprime la sentenza n. 191 del 1970 -� a nozinni 
proprie del 'linguaggio e dehla intelligenza comuni �. Basti menzionare ad 
esempio: gli artt. 529 cod. pen., (atti osceni), 594 e 595 (offesa all'onore e 
decoro e alla �reputazione), 591 (abbandono di persona incapace �per altra 
causa�), 570 ~condotta cnntraria a1l'o11dine e ai11a morale della famiglia), 
705 (oommercio non autorizzato di �1oose preziose�), 708 (possesso di 
oggetti di valore non confacenti al proprio stato), 61 nn. 1 e 7 (agigravanti 
per motivi abbietti e futild e per danno patrimoniale di rilevante gravit�), 
62 ml. 2 e 4 (attenuanti per motivi di pairtkolare valore morale e sociale 
e per 1d�nno patrirrnoniale di speciale tenuit�). 

La Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare che ml principio nullum 
crimen sine lege � nnn � attuato nehla legislazione penale seguendo sempre 
un criterio idi rigorosa descrizione del fatto; spesso le nOI!Jlle penali 
&i limitano ad una descrizione 'sommarua, o all'uso di esipressiO!Ili meramente 
mdicative, realizzando nel m1glior modo possibile J'esigenza di una 
precisione tipica dei fatti costituenti reato� (sent. 27/1961). 

(omissis) Ora � ben vero �ohe la fo11mulazione tecnica del prnvvedimento 
di amnistia del 1978, e in ispecie dell'art. 2, lett. e, n. l, che elenca 
le esolusioni ogigettive dell'amnistia .in materia di reati urba!lllistrnci con le 
relative eccezioni, non � particolamnente perspicua e puntuale, s� da 
rendere -come � stato :rilevato in dottrina -1disag.evole, faticosa e 
� macchinosa � Ja sua app:l!i.cazione. Ma le drifficolt� mte:ripiretative che la 
stessa dottrina e le decisioni dei giudici di merito e della Cassaz;iooe 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

aiutano a superare, non conducono a esdudere la possibilit� di una 
sostanziale unifomnit� appL:iicatliva non inferi.ore a quella norma1mente 
consentita per non poche altre Jeggi. 

(omissis) Lo stabhlire in 1concreto, e rispetto a1le singole fattiJSpecie, 
il valore dei termi!lli �limitata entit�� e � 1il1Ilitate modificazioni� richiede 
senza dubbio un apprezzamento del giudice compreso entro un certo 
margi!lle idi idisore2'lionalit�. Ma gi� la Cassazione, ahla quale i!ll definitiva 
spetta di �comporre a unit� ile eventuali rilevanti ,differenze i!llterpretative 
dei giudici dii merito, ha avuto occasione di indicare criteri .integrativi del 
precetto Jett�raile delila legge des:unti sia dalla legislazione �relativa aill'edi1iziia 
economica e popolare, sia dalla individuata volont� del legislatore di 
escludere dal beneficio delil'amnistia le costruzioni idi carattere speculativo 
e idi includervi Je piocole unit� immobiliari unifaanhliari e le costruzioni 
:rurali di piocole dimensioni con riguardo alle necessit� elemental'i e alle 
esigenze agcicole di una fiamiglia colonica. 

E per quanto riguarda poi l'esistenza o inesistenza di interessi pubblici 
tutelati da vincoli paesaggistici, basta ricordare che la dispo~
izione del decreto di clemen2la si :riiferisce a vincoli �previsti da strumenti 
normativi ed urbanistici �, per escludere che esistano per il giudice 
difficili problemi di dnte:ripretazione, dovendo eg1i limitarsi ad, accertare 
non l'interesse paesaggistico, ma l'esistenza di quei vincoli legislativi o 
ammi!llistra tivi. 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1979, n. 54 -Pres. Amadei -Rel. 
Paladiin -Cui11ier (avv. Mel1ini) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(vice avv. gen. Chiarotti). 

Corte costituzionale -Regio decreto di esecuzione di convenzione internazionale 
sull'estradizione -� atto normativo equiparabile a legge 
formale. 

(r.d. 30 giugno 1870, n. 5726; Conv. 12 maggio 1870 tra Italia e Francia). 
Diritto internazionale -Convenzione italo-francese -Reati punibili nel 

paese richiedente con la pena di morte -Illegittimit� costituzionale. 

(Cast., artt. 3, 10, 27; r.d. 30 giugno 1870, n. 5726; legge 30 giugno 1963, n. 300). 

La Corte costituzionale � competente a decidere sulla legittimit� costituzionale 
di un regio decreto con cui � stata data esecuzione ad un 
trattato sull'estradizione, atteso che, per la funzione assolta dalle convenzioni 
stesse e dai rispettivi ordini di esecuzione e per il riferimento 
a tali fonti da parte delle disposizioni generali dei codici penali e di 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

procedura penale regolanti l'estradizione passiva, tale atto pu� essere 
equiparato alla legge formale (1). 

� costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3, primo 
comma e 27, quarto comma Cast., il r.d. 30 giugno 1870, n. 5726, nella 
parte in cui consente l'estradizione per i reati sanzionati con la pena di 
morte nell'ordinamento dello stato richiedente (2). 

(omissis) Ne11e oridinanre di rmvio si ritiene �SOtt:iJnteso, pur senza 
offrirne la dianostrazione, 1ohe 1l'atto con il quale � stata data � piena ed 
:iintiera esecuzione... a11a Convenzione per la reciproca estradizione dei 
malfattori tra l'Italia e fa Francia, sottoscritta a Pamigi il 12 maggio 
1870 �, sia sindacabile da questa Corte, in quMJ.to dotato della forza e 
del valore propri deLle leggi. 

A prima vista, .l'ianplicita premessa delle argomentazioni svolte dai 
giudici a quibus pal'rebbe smenHta dalla iaircostMJ.Za ohe �si tratti di 
un regio decreto, cio� di una fonte che durante Ja vigenza de11o Statuto 
albertino veniva utilizzata -in lmea di maissiana -per l'esercizio di

1

potest� regolamentari e non dii potest� legislative. Ma l'ostacolo formale 
dev'esser superato, in vista delila prassi che allora si seguiva nell'adeguamento 
del diritto ill1tern.o ia11e convenzioni sull'estradizione, deiIJ.a 
funzione assolta claNe �convenzioni stesse e dai rispettivi or:dind dii esecuzione, 
del rango riconosciuto a tali fonti da rparte delle disposizioni 
generali ohe erano e sono dettate dai codici penali e di procedura penale 
per regolare l'estradizione passiva. 

ln effetti, non solo nei priani decenni del Regno d'Italia, nel corso 
dei quali si considerava che.quelli pert:iinenti alil'estradizione fossero affam 
amminiistratiw {in quanto riservati alle deliberazioni del Governo), 

(1-2) La decisione � pubblicata integralmente in Giur. Cost., 11979, I, 414, con 
note di richiami ed in Foro it., 1979, 1, 1943, con in nota il testo del nuovo progetto 
di convenzione italo-francese e delle note scambiate dai due .governi. 

1SuHa natura normativa degli ordini di esecuzione di convenzioni internazionali 
sull'estradizione, cfr. QUADRI, voce Estradizione (dir. internaz.) in Enci� 
clopedia del diritto, 1%7, XVI; Cass. pen., Hl, 13 settembre 1%3, Accardo, in 
Riv. it. dir. e proc. pen. 1963, .1, 1217 con nota di CANSACCHI e SINISCALCO. 

Per un esempio di regio decreto oggetto di giudizio di costituzionalit� e per 
il quale erano sorti dubbi sulla natura di atto con forza di legge, cfr. Corte cost., 
20 luglio 1978, n. 74, in Giur. Cost., 1978, l, 855. 

Sull'inapplicabilit� deLl'art. 11 deHa convenzione europea di estradizione 
(firmata a Parigi i.I 13 dicembre 1957 e ratificata dn Italia con J.egge 30 gennaio 
1%3, n. 300) relativo al divieto di estradizione nel caso in cui la legge dello 
stato richiedente �preveda la pena di morte (salvo garanzia che la pena non 
sar� eseguita) nei rapporti con la Francia, che non ha provveduto alfa ratifica, 
cfr. Cass. pen., I, 22 novembre 1977, PALERMO, in Giust. pen. 11978, II, 221; Cass. 
pen. I, 9 maggio 1977, CAPIZZI, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1978, 1466, con nota di 
DELOGU, Diritti punibili con la pena di morte ed estradizione passiva. 

MICHELE DIPACE 


PARTE. I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 261 

ma anche in ,seguito 1all'entrata in vigore del codice penale del 1889 
(che introdusse in tal campo fa garanzia giurisdizionale), numerose convenrioni 
han!Ilo ricevuto eseouzione nel nostro oridi!Ilamento per mezzo 
d!�. [iegi deoreti, anmch� ne1la forma dehla il.egge. Ci� � costantemente 
avvenuto fino a quando la legge 11 agosto 1897, n. 379, ha reso operante 
la convenzione fra l'Italia e San Martlno; ed ha continuato a verificarsi 
iin vari casi ~come risulta -aid esempio -dal rJd. l3 diicembre 1923, 

n. 3181, su1l'estradiziione fra .J'Ltalia e l'Austria, o dal riel. 19 fogilio 1924, 
n. 1559, 1relatiivo rulla Cecoslovacohiia), a1loroh� in dottrina sii era gi� 
diffusa l'opinione che i trattati dovessero eseguirsi mediante leggi formali, 
ogni qualvolta richiedessero un adattamento consistente nell'emanazione, 
nell'abrogazione o ne11a modificazione idi norme legislative. 
Ora, poco importa fissare ilil questa 1sede fa ricostruzione dogmatica 
di tali fenomeni: verificando se i decreti esecutivi di convenzioni sull'estradizione 
.1Jrovassero diretto fondamento nell'art. 5 dello Statuto albertino, 
al quale fa esplicito rifemimento anche J'atto di cui presentemente 
�si discute; oppure se tali decreti non �intendessero effettuare altro 
che la promuilgazione o la .pubbLicazione di convenriO'.lli aventi per se 
stesse forza e valore di Jegge, come si tendeva a ri.ren�re nel seoolo 
scorso. � significativo, in ogni caso, che sin d'allora Je norme pat1Jizie 
suhl'estiradizione iiincidessero iiin un� materia altrtlmenti regolata da norme 
interne di rango Jegi�slativo: rispetto alle qua1i i corrispondenti deoreti 
esecutivi non potevano, dunque, non porsi come fonti equiparate alle 
eggi formali, a pena di vedersi privati di qualunque effetto. Ed ancora 
pi� probante � il dato -sottolineato dalla dottrina dell'epoca che 
l'art. 6 del codice penale del 1889 e il'art. 635 del codice di procedura 
penale del 1913 (S!peCificando �iii ,disposto deIJ'am. 855 del codice d!�. procedura 
penale del 1865) rinvfassero esplicitamente, al pari dell'art. 13 
del coruce penale og~ in vigore, ad trattati di estradizione: COiliSiderandoJi 
atti a �derogare al comune o:ridmamento legisilativo, senza affatto 
distiinguere secondo che 11'orrline di esecuziO'.lle dei trattati stessi fosse 
contenuto in leggi fonmali oppure �iin re!�i deoreti. 

L'wnmissibildt� delle questioni so1Ievate dai giudici a quibus � stata 

per� messa variamente in dubbio, sotto altrtl profili, nell'atto di .tnter


vento del Presidente del Consig1io dei mims1mi e nella ,successiva memo


ria deIJ'Avvooatura dello Stato. 

llll priimo luogo, si assume che l'art. 11 della conven:ziione europea, 
prevedendo ohe l'estradizione possa essere negata quam.do si tratti di 
rea1li pU1Iliti con Ja pena capitale dall'ondinamento dello Stato nichwdente 
e questo nOIIl oftira a1Io Stato richiesto adeguate garanzie che la pena 
medesima non verir� eseguita, avrebbe semplicemente recepito e codificato 
una preeS!�.stente cOIIlsuetudine �intemazionale: cui l'atto esecutivo 
della convenziooe italo-francese del 1870 si sarebbe conformato, in forza 


262 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

del dispositivo di aidattamento automatico alle �norme del diritto internazionale 
generalmente riconosciute�, stabilito dal primo comma dell'art. 
10 Cost. 

(omissis) Ma la tesi non ,regge, poich� non risulta -e non ha ricevuto 
dimostrazioni di sorta da parte dell'Avrocatura dello Stato -che 
la clausola contenuta nehl'airt. 11 della 1convenzione europea coririsponda 
ad una norma iinternazionale generai1mente riconosciuta: 111� cogente per 
tutti gili Stati :riiohiedenti o ll"iohiesti, n� facoltiizzante per ii solli Stati che 
abbiano abolito la pena di morte. In contrasto con siffatte concezioni 
universa1istiche ide1l'estradizione, sta :invece una realt� 1rappresentata da 
convdnzioni e da comportamenti diver.si secondo ii singoli Stati interessati. 
Del Testo, lo stesso Stato italiano ha concorso a smenti.re quelle 
concezioni, idail momento che ha ii1nvece 1sentito -anche e soprattutto 
negli anni pi� 1recenti (art. 17 della ,convenzione Italia-Libano del 10 luglio 
1970; art. 31 dehla convenzione Italia-Marocco del 12 febbraio 1971; 
airt. 35 della convenzione Italia-Romania dell'll novembre 1972; art. 8 
della convenziOllle Itahla-U.S.A. del 18 gennaio 1973; art. 30 dehla convenzione 
Italia-Spagna del 22 maggio 1973; arit. 3 della convenzione ItaliaAustra1ia 
del 28 novembre 1973) -1l'esigenza di concludere iappositi 
aocol'di bilaterali con gli Stati nei quali si commina la pena capitale, 
per poterne ottenere l'uno o ['altro tipo di garanzie preventive a vantaggio 
degli imputati o dei condannati estradrundi. 

(omissis) Nel m&ito, � vero che la condizione giuridica dello straniero 
-secondo il capoverso dell'art. 10 Cost. -� � regolata da1la fogge 
iin conformit� delle norme e dei trattati 1internazionali �; ma ci� non 
significa che 1si debba presumere la legittimit� costituzionale di tutte le 
leggi ordiniarie emanate mesecuzione dei trattati stessi. N� la prevalenza 
della costituzione pu� essere afferimata limitatamente a quei soli disposti 
ohe si riferiscono esplicitamente agli stranieri in genere ed 
a11'estraidizione i�Jil specie: come nel caso dell'art. 26, secondo comma, 
Cost., che esclude l'estraidi2lione �pell" reati politiici � Anche i111 questo 
oa:mpo iinveoe, qualora non v1engano in C0111siderazione �norme del diritto 
internazionale generalimente ciconosciute �, s'impone Ja comune esigenza 
di veci.rfioaTe la conformit� de1le leggi e delle fonti equiparate rispetto 
ad ogni iilOI1IDa o principio costituzionale: coo particolare !ciguardo 
agli atti esecutivi di ooco11di su11'estradiziooe cos� remotii nel tempo, 
da far suppor,re che Ja fondamentale corrispondenza delJe concezioni 
punitive, gii� proprie degli 011dinamenti dello Stato richiedente e de1lo 
Stato richiesto, sia stata in qualche punto compromesisa con l'entrata i111 
vigore della nuova Costituzione. 

Effettivamente, poteva esser logico che ila convenzione italo-francese 
del 1870 non 'contenesse iIJ.essuna mserva re1a1liva alla pena capitale, 
a1loroh� questo tipo 'di �sanZlione era previsto dalle legislazioni penali 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

di entrambi g1i Stati contraenti; mentre l'equiparazione dei delitti sanzionati 
icon la morte a tutti gli altri reati. per i qua1i si ammette l'estradizione 
non � pi� legittima allo stato attuale del nostro ordinamento, 
da quando l'iabo1iziane de1la pena caipitale � 1stata riaffermata nell'art. 27, 
quarto comma, della Costituzione. 

Malgrado l'eviidente divaliio 1ohe separa dl caso dei soggetti p�nibili 
iin Italia da que1lo dei 1soggetti per i quali sia ,stata ["khiesta il.'estradizione, 
non pu� 1consentfosi che in tema dii beni e di vail.ori fondamentailii 
iper 1'011cli.namento interno le autorit� itail.iane attuino discriminazioni, 
siia pure cooperando 1con le autorit� deil.lo Stato rriohiedente. Per 
conseguenza, deve considerarsi lesivo della Costituzione che lo Stato italiano 
concorra all'esecuzione di pene che in nessllJila ipotesi, e per nessun 
tipo di reati, potrebbero esse;re inflitte dn Italia nei!. tempo di pace, 
se non su1la base idi una revisione costituzdonale. 

Non va trascurato, .in questo senso, che la � garanzia giurisdiziionale � 
derivante dailiil.'art. 662 cod. pr'oc. pen. implica fa � pTeviia deliberazione 
favorevole� della sezione istruttorJ!a 'Presso la competente Cocte d'appello: 
deliberazione favorevole che non rende � obhligatoda il.'estradizio� 
ne>>, in base al terzo oomma dell'artkolo stesso; ma indipendentemente 
dalla quale non sono ese1:10itabili i poteri ministeriail.i di oonicessione del 
soggetto estradando. Ai fini di tale deliberazione occorre accertare -in 
particolar modo -la comrpatibilii.t� idehl'estradizione con ii p;rindpi cui 
s'informano, secondo Costiituzione, reato e pena neil.l'ordinamento interno. 
E questo aspetto essenziale de1la garanzia riimarrebbe ,svuotato, se i 
giudici Mail.i:ani potessero veder,si legittimamente obbliigati -data la generica 
formulazione delil.'accorido italo-francese dei!. 1870 -a decidere che 
vengano estradati soggetti passibili della pena capitale, .in quanto condannati 
od 1imputati all'estero. 

Resta poi fermo che la disposizione deil.l'art. 27, quarto comma, non 
dev'essere llisolatamente concepita, ma va interpretata ed 1aprpJfoata alla 
luce della complessiva disciplina 'oostituzionail.e, co1legando.la priincipalmente 
a que11a 1indispensabile eguaglianza idi tutti i soggetti davanti aJla 
~egge, che le sezioni istruttocie delle Corti d'appello 1di Trieste e di Torma 
hanno invocato mediante 11 richiamo a1l'art. 3 Cost. Id testuale riferimento 
delil'art. 3, primo comma, ai soli dttadinii non esclude, in effetti, 
che l'eguaglianza davanti alla legge sia garantita agH stessi stranieri, l� 
dove si tratti di assicmare Ja tutela dei diritti liilviolabili de1l'uomo (come 
questa Corte ha precisato, nelle sentenze n. 120 del 1967, n. 104 del 1969 
e n. 144 dei!. 1970); e tale � appunto il diritto ailla v1ta, specificamente pirotetto 
-in sede penale -dall'art. 27, quarto comma. Entro questi limiti, 
valgono anohe nel caso in esame gli assunti della sentenza n. 25 del 1966, 
con oui la Corte ha definito l'eguaglianzia come un � prinoipio generale 
che condiziona tutto 1l'oriwnamento nella sua obiettiv:a struttura �: ossia 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

come un divieto �che la fogge ponga in essere una dii<scip1ina che diret� 
tamente o cindirettamoote dia vita ad una non giustificata disparit� di 
trattamento dehle &i.tuazioni giuriddiche, indipendentemente dalla natura 
e dalla quailid�cazione dei soggetti ai quali queste vengano imputate �. 

Ci� � tanto pi� vero, in quanto un'essenziale parit� di trattamento 
deve essere mantenuta � negli stessi rapporti tira strani.eri e stranieri 
quand'anche aippartenenti a Stati divwsi. Sotto quest'ultimo pmfilo, assumono 
una detemninante i�Jmpovtanza la ratifica della convenzione europea 
di estraidcizione (autorizzata dahla legge 30 geninai.o 1963, n. 300) e fa contestuale 
riserva con cui l'Italia ha manifestato la volont� di non concedere 
l'estll'adizione per delitti puniti con fa morte da1l'ordinamento dello Stato 
riiohiedente. Medi8[).te quegli at<ti, lo Stato !�taliano ha assunto un I�mpegno 
che moorettamente garantisce i cittadini� degli stessi Stati i quali 
non abhiano ratificato La convenzione europea; giacch� non troverebbero 
una giustificazione �di oodine costituzionale comportamenti diversi delle 
nostre autorit�, che !�!n tal campo assoggettassero ad opposti trattamenti 
gli uni rispetto agli ailtri soggetti interessati, secondo il.e varie irelazioni 
internazionali esistenti fra l'Italia e i rispettivi Stati di provenienza. 

Un tale impegno � stato d'altra parte xafforzato, per effetto delle 
ricovdate convenziond biJatei.�ali suLI'estradJizione, recentemente concluse 
fra J'ltail.ia ed altri Stati nei quali si prevede la pena capitale. Sta pure 
in forme diverse -ora disponendo che l'estradizione sia concessa per 
gli 1stessi reati puniti con la morte, 1sempre che ~o Stato richiedente offra 
�garanzie ritenute sufficienti�, ora affermando senz'altro che la pena in 
questione �non verr� applicata�, ora giiungendo a stabilire ohe la pena 
medesima � sar� sostituita� da quella prewsta in suo luogo nell'ordinamento 
del Paese richiesto -tutte queste convenziond confermano J'esigenza 
che oorri1spondenti gaPanzie vengano prestabillite ed offerte in ogni 
caso, P<?Y non Jedere '1'eguaglianza :Era i �soggetti estradandi idi qualunque 
ccmdizdone. 

Non prevedendo !in tal �senso ga11anzie di sorta, che le autorit� giudi


ziarie e politiche del nostro ordiinamento siano specificamente vincolate 

ad �aipplroare od esigere, il regio decreto che ha dato esecuzione alla con


venzione italo-francese del 1870 viola pertanto gli artt. 3, pmmo comma, 

e 27, quarto comma, della Costituzione. 

Fino a quando non sar� stato ccma1uso con la Francia il. nuovo accordo 

su1l'estTadizione, vale per� il generail.e 1rimedio prndi,spos,to dall'art. 10, 

secondo ,comma, n. 3, del codke penale, in adempimento degli obblighi 

altema1Jivi che tradizionalmente si suole nitenere grovanti sugli Stati: o 

consegnare o puni:re. A richiesta del Ministero della giustizia, sono infatti 

puniti �secondo la legge italiana� i colpevoli di delitti commessi in terri


torio estero, sanzionati con almeno tre anni di reclusione, allorch� l'estra


dizione non sia stata o non possa esser concessa. 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 13 dicembire 1979, 
nella causa 44/79 � Pres. Kutscher � Avv. Gen. CapotOTti � Domanda di 
ipronunda pregiudiziale proiposta da:l Verwa!ltu:ngsgericht di Neustadt 
ain der WeiillstraStse nella causa Hauer c. Land Rhei!ll!land-Pfalz. 
Interv.: Governo Rep. fed. Germania (ag. Seidel), Consigilio deJle C.E. 
(ag. Schloh e Bmutigam) e Commis.siO!lle deNe C.E. (ag. Froweiill e 
Ehler.m31Dll1). 

Comunit� europea -Diritti fondamentali � Diritto di propriet� � Libert� 
di esercizio dell'attivit� professionale � Tutela -Limiti � Fattispecie: 
divieto temporaneo di nuovi impianti di viti. � 

(Trattato e.E.E., artt. 39 e 222; regolamenti e.E.E. del Consiglio 24 aprile 1978, n. 816, 
17 maggio 1976, n. 1162, mod. con reg. 23 novembre 1978, n. 2776, S febbraio 1979, n. 337; 
eost., art. 42). 

Il divieto di nuovi impianti di viti, stabilito, per un periodo limitato, 
dal regolamento n. 1162/76, costituisce una restrizione dell'esercizio del 
diritto di propriet� che � giustificata dagli obiettivi di interesse generale 
perseguiti dalla Comunit� e non lede la sostanza del diritto di propriet� 
riconosciuto e tutelato dall'ordinamento giuridico comunitario; una limitazione 
del libero esercizio della professione di viticultore, quand'anche 
esistesse, sarebbe giustificata dagli stessi motivi che giustificano le restrizioni 
dell'esercizio del diritto di propriet� (1). 

(Omissis) IN DIRITTO. -1. � CO!ll ordinanza 14 dicembre �1978, pervenuta 
in cancelleria il 20 marzo 1979, il Verwaltungsgericht di Neu.stadt an der 
Weintrasse ha sottoposto a questa Corte, a norma deLl'art. 177 del T:rat


(1) In mancanza di un codice scritto dei diritti fondamentali nell'ordinamento 
comunitario, la Corte si era gi� richiamata, in precedenti pronunzie 
(sentenza 12 novembre 1969, nella causa 29/69, STAUDER, in Racc . .1969, 419; le 
due sentenze, citate in motivazione, 17 dicembre 1970, nella causa U/70, INTER� 
NATIONALE HANDELSGESELLSCHAFT, in Racc. 11970, 1125, e 14 maggio 1974, nella causa 
4/73, Now, in Racc., 1974, 491; per una completa rassegna della Giurisprudenza 
della Corte sul tema della protezione dei diritti fondamentali cfr. PHILIP, La 
Cour de justice des C.E. et la protection des droits fondamentaux dans l'ordre 
juridique communautaire, ia::i Annuaire fran�ais de droit international, 1975, 

p. 386; CAPOTORTI, Il diritto comunitario dal punto di vista del giudice nazionale; 
in Riv. dir. intern. priv. e proc., 1977, p. S.14) ai principi generali del diritto, alle 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

266 

tato C.E.E., due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione del 
regolamento del Consiglio 17 maggio 1976, n. 1162, recante provvedimenti 
intesi ad a!deguare hl potenziale viticolo alle esigenze del mercato 

(G. U. n. L 135, pag. 32), modificato dal regolamento 23 novembre 1978, 
n. 2776 (G. U. n. L 133, pag. 1). 
2. -Rislll!lta dagli atti che, il 6 giugno 1975, Ja sig.ra Hauer aveva chiesto 
ahl'autor.it� competente del Lmd Rheinland-Pfalz ,J'autorizzaZiione per 
un nuovo impianto <li vii.ti su un fondo di sua propriet� nella zona di 
Bad Dlirkheim. La domanda veniva respinta con la motivazione che il 
fondo era inidoneo alla viticoltura ai sensi della normativa tedesca in 
mateda, e cio� la Jegge tedesca 10 marzo 1977, recante provvedimentd per 
il settore vitivimcolo (Weinwiirtschaftsgesetz). La sig,ra Hauer fuceva 
opposizione contro questo provvedimento H 22 gennaio 1976. Mentre era 
pendente questa opposizione, veniva adottato il regolamento 17 maggio 
1976, n. 1162, che all'arrt. 2 vietava, per un peDiodo di tre annd, qualsiasi 
nuovi impianto di viti. L'opposizione veniva respinta dahl'Amministrazione 
con provvedimento 21 ottobre 1976, per 1il duplice motivo che tiJl fondo era 
inidoneo alla viiHcoltura e che i nuovi impianti di viti erano vietati dal 
regolamento comunitario sumll1enzionato. 
3. -Dopo che l'iinteres,sato aveva proposto ricorso �contro questo provvedimento 
dinanzi al Verwaltungsgericht, l'Amministrazione ammetteva, 
in seguito ai risultati di perizie effettuate sulle uve rnocolte nella parcella 
catastale 1�Jn questione e ad una transazione con vari altlri proprietari di 
fondi limitrofi, che il fondo della ricorrente possedeva i requisiti minimi 
per poterSii considerare, ai sensi della normativ0a nazionaJe, idoneo alla 
viticoltura, e si dichiarava disposta a 1ooncedere la richiesta autorizzazione 
dopo la �soadenza del divieto di effettuare nuovi !i.mpianti, stabilito dal 
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, ai diritti fondamentali ri


conosciuti e garantiti dalle Costituzioni di tali Stati, aggiungendo che � le con


venzioni internazionali per la protezione dei diritti deLI'uomo, alla cui stipula


zione gli Stati membri abbiano partecipato o alle quali abbiano aderito, possono 
offrire utili indicazioni che vanno tenute in considerazione nel quadro del 
diritto comunitario �. 

Interessante �, nella sentenza sopra riportata, il riferimento espresso che 
la Corte fa alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo 4 novembre 
1950, e in particolare all'art. 1 del suo protocollo addizionale 20 marzo 
1952 (rat. in 'ltaHa con legge 4 agosto .1955, n. 848), considerato l'espressione del 
principio, comune agli Stati membri, del rispetto della propriet� privata, il 
quale consente, per�, che il �proprietario sia privato del suo diritto per ragioni 
di pubblica utilit� o subisca limitazioni nell'esercizio del diritto stesso per esigenze 
di interesse generale. Tenuto conto delle norme e delle prassi costituzionali 
dei nove Stati membri, che consentono al legislatore nazionale di disciplinare 
l'uso della propriet� privata nell'interesse generale -ha quindi precisato 
la Corte -appare ineccepibile una normativa comunitaria che contempli 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 267 

regolamento comunitario. Risulta pertanto chiaro che attualmente la 
controvevsiia fra Je parti verte esolusivamente su questioni di dirritrt:o comu� 
nitario (omissis). 

Sulla tutela dei diritti fondamentali nell'ordinamento giuridico-comunitario. 

(omissis) 13. -Nehl'oridinanza di rinvio, di Verwaltungsgeri:cht aggiunge 
che, per ilil caso Jiri cui il regolamento n. 1162/76 andasse interipretato nel 
senso che illl divieto ivi �sandrt:o ha portata gen~ale, vale a dirre si applica 
anche ai terreni idonei �ai1la viticoltura, Ja relativa disposizione'' oodrebbe 
probabi1mente considerata inappl1cabile ne1la Repubblica foderale di 
Germania, poiiOh� sarebbe dubbia Ja sua compatibilit� con 1a tutela dei 
diritti fondamen1Jali, garantita dagli ai;tt. 12 e 14 dehla Legge fondamentale, 
in materia di diritto di propriet� e, rispettivamente, di libero eseroizio

1

de11'attivit� professionale. 

14. -Come affermato dalla Corte nelJa sentenm 17 dioembre 1970 
(lnternationale Handelsgesellschaft, Ra.oc. pag. 1125), eventuali questioni 
relative alba violazione �di diritti fondamentali mediante atti emanati daille 
istituzioni dela Comunit� possono esseve valutate unicamente alla stregua 
del diritto comunitario. n rdchiiamo a criteri di valutazione 1speciali, propri 
de1la legislazione o del 1sistema costituzionale di uno Stato membro, incrinerebbe 
i:nevitabi'1mente l'unit� del mercato comune e comprometterebbe J:a 
coesione della Comunit�, giacch� menomerebbe l'unit� e J'efficacia del 
diritto comunitario. 
15. -La C0tI1te ha altres� dichiarato, ne11a sentenza summenzionata e, 
in seguito, nella sentenza 14 maggio 1974 (Nold, Racc. pag. 491) che i 
analoghe limitazioni al diritto di propriet�, purch� esse �siano realmente gius1liificate 
ida ob:iettdvi di &ntleresse generailJe deilllJa Comun:iJt� e :non costitJUi'Sciano 
un intervento inaccettabile e sproporzionato, rispetto ai fini perseguiti, neJ.Ie 
prerogative del proprietario, tale da fodere addirittura ila sostanza del diritto di 
propriet� � (per un altro richiamo alla Convenzione europea per la salvaguardia 
dei diritti dell'uomo cfr. anche la sentenza 28 ottobre 1975, nella causa 36/75, 
RUTILI, in Racc., 1975, 1219). 

In dottrina, recentemente, cfr. SoRENSEN, Punti di contatto fra la convenzione 
europea dei diritti dell'uomo ed il diritto delle Comunit� europee, in Riv. 
dir. europeo, 19718, �li63; ROTTOLA, Il problema della tutela dei diritti fondamentali 
nell'ambito dell'ordinamento comunitario, ibidem, 11978, 219; FERRAR! BRAVO, Problemi 
tecnici dell'adesione delle C.E. alla convenzione europea dei diritti dell'uomo, 
ibidem, 1979, 347; ROTTOLA, L'adesione della Comunit� alla convenzione europea 
dei diritti dell'uomo, ibidem, 1980, 19; CAPURSO, Tutela dei diritti fondamentali 
e ordinamento comunitario, in Dir. e societ�, 1978, 213; SASSE, I diritti 
fondamentali, in Politiche comunitarie e giurisprudenza della Corte di Giustizia. 
Atti del Convegno di studi dell'A.l.G.E., Siena, 1977, pag. 243; GREMENTINI, La 
tutela dei diritti fondamentali nelle C.E., ibidem, pag. 373. 

4 



268 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diritti fondament1ali costituiscono parte integrante dei principi generali 
del diritto, di cui essa garantisce l'osservanza; nel garantire la tutela di 
taili diritti, essa � tenuta ad Jispi!I"aaisi alle tradizioni 1costituzionali comuni 
agli Stati membri e non potrebbe, quindi, ammettere provvedimenti incompatibili 
con i di:dtti follldamentali 1niconosciuti e garantiti dahle Costituzioni 
1di tali Stati; i trattati iinternazionali in materia di tutefa dei dircitti 
dell'uomo, oui �gli Stati membri hanm.o coope!I"ato o aderito, possono del 
paru fornire elementi di oui occovre tenere OOIIlto nell'ambito del dirritto 
comunitario. Questo orientamento � stato ruaffermato dailla dichiarazione 
comune de11'Aisisemblea, del Consiglio e dehla Comm:iisisJone, rdel 5 apriile 1977, 
fa quale, dopo avere ricO!I"dato fa giurisprudenza della Corte, fa riferimento 
tainto 0Ji. di:riitti garantiti dalle CostituziOiO.i. 1degli Stati membri, quanto 
alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle 
libe!I"t� fondamentali, del 4 novembre 1950 {G. U. 1977, n. C 103, pag. 1). 

16. -Alla luce rdi quanto esposto, 1si deve iritene!I"e che i dubbi sollevati 
dal Verwaltungsgericht in merito al:la compatibilit� del regolamento 
n. 1162/76 1con le norme volte alla tutela rdei diritti fondamentali 1concernano 
la legittimit� del 1regolamento 1sotto il profilo rdel diritto com�nitario; 
a questo proposito, oooorre valutare 1separatamente l'eventuale Jesione 
del diritto di propriet� e 'le eventuali limitazioni dcl diritto al libero 
esercizio dell'attivit� professionale. 
Sul diritto di propriet�. 

17. -Nehl'orientamemo giuridico comunitarcio, iJ .dirutto di iprop:riiet� 
� tutelato ahla 1stregua dei principi comuni alle Costituzioni deg.li Stati 
membri, reoepi.ti nel Protocollo addizionale aJla Convenzione europea di 
salvaguardia dei 1dircitti dell'uomo. 
18. 
-. L'art. 1 �di detto Protocollo xecita: 
� Ogni persona fisica e morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. 
Nessuno pu� essere p.rivato del!J.a sua propriet� salvo che pe!I" causa di 
u1Jilit� pubblfoa e nelle condizioni previste daLla legge e rd!ai priincipi generaili 
del diritto internazionale. 
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al 1diritto degli 
Stati 1di mettere in vigore le leggi da essi giudkate neoesisarie per regolare 
l.'uso dei beni in modo conforme all'interesse gene!I"ale e per assicurare 
~I pagamento deilJe .imposte e di altre contribuzioni o delle ammea:JJde "� 

19. -Questa norma, dopo aver affermato ~I principio del rispetto della 
propri.et�, contempla due forme di possibili lesioni dei diritti del proprietario, 
vale a 1dire que11e consistenti nel privare iii proprietario del suo 
diritto e quelle consistenti nel limitaI'e l'esercizio di questo. Nel caso di 
specie, � incontestabi:le che il divieto di nuovi d.mpiamti non pu� conside

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

rarsi come un atto comportante la privazione della propriet�, atteso che 
il proprietario rimane libero di disporre dei propri beni e di destinarli 
a quailsiasii. altro uso non vietato. Per contro, non v'� dubbio <che detto 
divieto limiti l'esercizio del dinitto di propriet�. L'art. l, secondo romma, 
del Brotocollo, che sandsce il diritto degli Stati �di mettere in vigore le 
leggi da essi giudicate neces,sarie per regolare il.'ruso dei beni in modo 
conforme ,aJJ'interesse generale�, fOIID]sce un'iinidioazione importante in 
proposito in quanto ammette in linea di principio la liceit� delle restrizioni 
ahl'eserciziio del diritto di propriet�, a condizione che queste irestino 
nel Limite di quanto giudicato dagili Stati � necesisami.o � ai fini della tutela 
del!'� interesse generale �. Questa norma non permette tuttavia di fornire 
una soluzione sufficientemente precisa alla questione sollevata daJ Verwaltungsgericht. 


20. -Per fa 1soluzione di detta questione occorre pertanto tener conto 
aHires� delile ;im:licaziioni fornite dalle norme e dalle prassi costituzionali 
dei nove Stati membri. A questo proposito va an:zlltutto constatato che 
tali norme e prassi consentono al legislatore dii disciplinare il.'ruso della 
propriet� privata nell'mteresse generale. Talune Costituzioni fainno iriforimento, 
a questo proposito, agli obblighi inerenti alla propriet� (legge fondamentale 
della Repubblica federale di Germania, art. 14, secondo comma, 
prima false), alla funzione sociale de11a stessa (Costituzione della Repubblica 
italiana, art. 42, secondo comma), ail. principio che J'uso idi essa va 
subo11dinato alle esigenze del bene comune �legge fOilJdamentale della 
Repubblica federale di Germania, art. 14, secondo comma, seconda frase, 
e Costituzione della Rerpubblioa iruandese, art. 43, secondo comma, n. 2), o 
a quelle della giustizia sociale (Costituzione della Repubblica irlandese, 
art. 43, secondo comma, n. 1). In tutti gli 1Stati membri, vari testi legislativi 
hanno dato concreta espressione a questa funzione sociale del diritto 
di propriet�; in ciascuno di essi vigono norme in materia di economii.a agricola 
e forestale, di regime delle acque, di proteri.one dehl'ambiente naturale, 
idi programmazione territortlale e di urbanistica, ohe limittano, talvolta 
notevolmente, l'uso delJa propriet� fOI1Jiliaria. 
21. -In pamcolare, 'in tutti i paesi della Comunit� m cui si coltiva la 
vite, vigono norme imperative, anche 1se non tutte deil.Ja 1stessa severJt�, 
in materia di impianto dehle v,ifil, di selezione delJe variet� e di metodi 
di coltura. In nessuno di essi queste norme sono considerate incompatibili 
irn linea di principio, colla tutela del diritto di prop1det�. 
22. -� pertanto lecito affermare, alla luce dei principi costituzionali 
comuni .agli Stati membni e dehle prassi legislative costanti nelle pi� varie 
materie, che nessuna ragione :di principio impediva di assoggettare a 
limitazioni, con il regolamento n. 1162/76, l'impianto di nuovi vigneti. Si 

270 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

tratta di Limitazioni note, in forme identiche o arrmloghe, all'o11dinamento 
costituzionale di tutti gli Stati memb11i, e da questo 'riconosoiute ,Jegittime. 

23. -Questa ,constatazione non esaurisce tuttavia la questione ,sollevata 
dal VerwaltU:I1Jgsgericht: �anohe �se non ,si pu� contestare, .fili linea di 
prinoipio, la faoolt� della Comunit� di �stabilire Limiti �alil'esercizio del 
diritto di propriet� nell'ambito di un'organizzmone 1cornune di meroato 
e ai fini di una po1itica �S1lrutturale, occorre altres� esammaire se le J,imita� 
zioni imposte dalla normativa controvel1sa 1siiano realmente giustilicate da 
obiettivi di interesse generale della Comunit� e non costituiscano un'dntervento 
inacoettabhle e sproporzionato risrpetlto ai fini perseguiti nelle prerogative 
del proprietario, tale da ledere addi11ittura la sostanza del diritto 
di propriet�. Questa � in~atti la �censura formulata daH!a ricorrente nella 
causa principale, la quale sostiene che solamente nell'ambito di una politica 
volta al miglioramento qualitativo �i!l Legd,slatore pu� porre limiti alla 
disponibilit� della propriet� dei fondi destinati alla viticoltura, sicch� 
essendo il suo fondo iidoneo alla viticoltura, hl suo diritto sarebbe ��llltangibile. 
Occo11re pertanto individuare gli obiettivi perseguiti 1001 � 1regolamento 
controverso, onde valutare se esistJa un raprporto �ragionevole fra i 
provvedimenti disposti con detto Q'egolamento e g1i obiettivi rperseguiti 
da1la Comunit�. 
24. � Le norme del regolamento n. 1162/76 vanno considerate nell'ambito 
dell'organizzazione -comune del mer-cato vitiviruicolo, la quale � .strettamente 
connessa alla poliiti<Ca stJrutturale della Comunit� nel settore di 
cui t:riattasi. Gli �scopi di questa sono enunziati nel regolamento 28 aprile 
1970, n. 816, relativo a disposizioni complementari in materia di organizzazione 
comune del me11cato vitivinicolo (G. U. n. L 99, pag. 1) -sul 
quale si fonda .il regolamento controver.so -e nel regolamento 5 febbraio 
1979, n. 337, �relativo. all'organizzazione comUllle del mercato vitivinicolo 
(G. U. n. L 54, pag. 1), che ha dato organica sistemazione al complesso 
de1le noJ.1Il1e �che reggono l'organizzazione oomune�di questo mercato. 
Il titolo III di detto regolamento, mtitolato � norme relative aLla 
produzione e al controllo dello sviluppo degli �impianti�, contiene attualmente 
la discirp1�ltla giuridica di base ~n materia. Un altro elemento che 
consente di indiwduare Ja rpoHtica seguita dalla Comunit� in materia � 
la risoluzione del Consiiglio del 21 aprile 1975, concernente i nuovi orientamenti 
mtesi ad equilibrare H mer,cato dei vini da pasto (G. U. n. C 90, 
pag. 1). 
25. -Dall'msiieme di queste norme risulta ohe questa politica, inaugurata 
e parzialmente attuata d:alla Comunit�, consiste nell'o11ganizzazione 
comune dei mercati legata al miglioramento delle strutture del settore 
vitivinicolo. Taile azione mira, nell'ambito degli orientamenti enunziati 
dall'art. 39 del Trattato CEE, 1a un duplice obiettivo: istabilizzare dure

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

volmente il mercato virncolo aid un livello di rprezzi remunerativo per i 
produttori ed equo per i 'consumatori, e migliorare la qualit� dei vini 
messi in commercio. Per il conseguimento di questi due obiettivi, l'equilibrio 
quruntitativo e il miglioramento qualitativo, Ja normativa comunitaria 
sul merooto vitivimcolo ha iprevisto un'ampia gamma di interventi 
tanto nella fase delJa produzione che in quella della distribu.2lione 
dei vini. 

26. -A questo proposito, ooc011re anzitutto ricordare le disiposiziioni 
delil'art. 17 del regolamento n. 816/70, riprese in forma pi� eilaborata 
dall'art. 31 del regolamento n. 337/79, secondo cui gli Stati membrli redigono 
piani di previsione relatiVii aLI'impianto delle viti ed alla produzione, 
da coordinaTsi neH'ambito del piano 'comund<tario obbl!igatorio. Per I'attua2lione 
di questo piano possono essere adottati provvedimenti relativi 
all'impianto, al reimpianto, all'estirpazione o all'abbandono di vigneti. 
27.-� iin tale ambito che si inserisce .il regolamento n. 1162/76. Dal 
suo preambolo e dalla situa:ziione economica nella quale esso � stato adottato, 
caratterizzata dal formarsi, a partire dalla vendemmia del 1974, di 
eccedenze di .produzione aventi carattere permanente, risulta che questo 
11egolamento mira a due obiettivi: far f�ronte sul momento al continuo 
aumento deHe eocedenze e permettere alle istituziOlrli di attuare, in un 
periodo di tempo adeguato, una polhica strutturale volta a fuvori.re le 
produzioni di alta qualit�, nel rispetto delle peouliaini.t� e delile esigenze 
delle varie regioni vinicole della Comunit�, oon un'adeguata scelta dei 
terreni e delle variet�, oltre che ,con la di1S0iplina dei metodi di produzione. 

28. -Onde vemre incontro a questa ,duplice esigenza, iJ Consiglio ha 
sancito, con iJ regolamento n. 1162/76, il di1vieto generale di nuovJ imp[aa:iti, 
senza operare, salvo che per akune ipotesi ben individuate idi carattere 
eccezionale, �aiouna di1stinzione in relazione alla natura dei terreni. Va 
rilevato che il 1provvedi��ento del Consiglio, ne1la sua struttura generale, 
ha carattere temporaneo, in quanto volto a far fronte sul momento ad una 
eccedenza congiunturale, ed a 1consentiire ail tempo stesso l'elaborazione 
di iprovvedimenti definitivii idi carattere strutturatle. 
29 -Cosi inteso, hl provvedimento ,oontroveriso non ,stab.iilisce alcuna 
illecita limita:ziione dell'esercizio del diritto di propriet�. Infatti ilo sfruttamento 
dei nuovii vigneti, .in una situaziione caratterizzata da una sovraproduzione 
dU!revole, averebbe, sotto ~l profilo econolnioo, ['unico effetto di 
aumentare le eccedenze; 'inoltre, l'estensione delle aree coltivate comporterebbe, 
in questa fase, Jl rischio di rendere pi� difficile l'attuazione della 
politica struttU11ale a livello comunitario, qualora questa fosse fondata su 
orliteri pi� :severi di queLii contemplati dalle attuali normative nazionali 
per quanto �concerne la scelta dei terreni idonei alla ~iticoltura. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

272 

30. -Da questo esposto consegue che 11 divieto di nuovi impianti di 
viti, stabi1iito, per un periiodo limitato, dal 'rngolamento n. 1162/76, costituisce 
una restrizione .dell'eserdzio ,del d]ritto idi propriet� che � giustifioata 
dagli obiettivi di interesse generale 1periseguiti da1la Comunit� e non 
lede fa sostanza del diritto di propviet� riconosciuto e tutelato dall'ordinamento 
giUII'iidiico comlllil�tario. 
Sulla libert� di esercizio dell'attivit� professionale. 

31. -La 'ricorrente nella causa prmc:iipale sostiene poi che il divieto 
di nuovi impianti, sancito dal :regolarrnento n. 1162/76, viola un suo diritto 
fondamentale in quanto ha l'effetto �di limitare la sua libert� di eseroirtare 
la propria attiivit� professionale idi vitkultrice. 
32. -Come .}a Corte ha gi� avuto modo �di affemnare nella sentenza 
14 maggio 1974, Now, summenzionata, bench� rovdinamento costituzionale 
di vari Stati membri tuteli il libero esercizio delle attivit� professionali, 
i diritti .riconosciuti in materia, il.ungi dal 1costituire prnrogative 
assolute, vanno considerati 1anch'essi alla luoe de1la funzione sociale delle 
attivit� oggetto della tutela. Nel caso ,di specie, va viilevato che il provvedimento 
comuni1tario controvei;so non incide in alcun modo sull'accesso 
alla professione d� viticoiltore, n� sul Jibero esei;cizio idi questa professione 
sui terreni 1attualmenrte destinati alla vitiooltura. Qualora H divieto di nuovi 
impianti dovesse incidere sul libero eserciri.o dehla professione di viticoltore, 
tale restrizione sarebbe semplicemente una conseguenza dei limiti 
posti all'esevcizio del diritto di propriet� e 1Sli. confonderebbe �on. questi. 
La limita2iione del libero esercizio della professione di viticoltore, qualora 
esistesse, sarebbe dunque giustificata dagli 1stessi motivi che giustificano 
~e restrizioni dell'esel1Cizio del 1diritto di propriet�. 
33. -. Dal complesso delle considerazioni svolte in precedenza, risulta 
che ,}'esiairne del regolamento n. 1162/76, sotto U profilo dei dubbi 'sollevati 
dal Verwaltungsgericht, non ha rivelato ailcun elemento atto ad inficiarne 
la vialidit� fil quanto contrastante con i principi che, nella Comunit�, 
reggono la tutela dei dirri.ttii fondamentali (omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 27 febbraio 1980, 
nella causa 169/78 -Pres. KutS'cher -Avv. Gen. Reischl -Commissione 
delle Comunit� europee (ag. Abate) c. Repubblica italiana (avv. Stato 
Fanelli e BragugLia). 
Comunit� europea -Libera circolazione delle merci -Disposizioni fiscali 
interne discriminatorie -Criteri di valutazione -Reghne fiscale degli 
alcoli. 
(Trattato C.E.E., art. 95; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, conv. in legge 18 dicembre 1970, r 
n. 1034, art. 6). r~ 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 273 

Comunit� europea -Libera circolazione delle merci -Disposizioni fiscali 

discriminatorie -Regime fiscale degli alcoli -Contrassegni di Stato 

sui recipienti contenenti il prodotto destinato alla vendita al minuto. 

(Trattato e.E.E., art. 95; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, conv. in legge 18 dicembre 1970, 

n. 1034, art. 6). 
La valutazione della compatibilit� con l'art. 95 del trattato di un 
regime fisoale nazionale applicabile in un settore merceologico pu� essere 
compiuta anche su un solo elemento del tutto isolabile del regime stesso, 
pur se sia preferibile una valutazione unitaria che tenga conto di tutti gli 
aspetti del medesimo (fattispecie in cui, nell'ambito del regime fiscale 
sugli alcoli, si esamina la disciplina dei contrassegni di Stato, apposti 
sui recipienti contenenti acquavite t1.estinata alla vendita al minuto, indi; 
pendentemente da quella relativa ai diritti erariali riscossi alla produzione 
e all'IVA riscossa sulle vendite) (1). 

Il regime fiscale italiano di cui all'art. 6 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, 
conv. in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, -in forza del quale, per l'apposizione 
di contrassegni di Stato sui ~ecipienti contenenti acquavite destinata 
alla vendita al minuto, � dovuta un'imposta differenziata per quanto 
concerne da una parte le acquaviti ottenute dalla distillazione di cereali 
e di canna da zucchero (whisky, rum) e, dall'altra, le acquaviti di vino e 
di vinacce (brandy, grappa) -, � incompatibile, per quanto riguarda i 
prodotti importati dagli altri Stati membri, con l'art. 95 del trattato (2). 

(.1~2) -1. -Con sentenze coeve la Corte si � pronunciata su altre controve.
nsie �s�imilliall1i ne1e oause il68/78 ~COMMISSIONE c. FRANCIA), 170/78 (COMMISSIONE 

c. REGNO UNITO), 171/78 (COMMISSIONE c. DANIMARCA), 55/79 (COMMISSIONE c. 
IRLANDA). 1SUillll'aipp!Jilcazione dcl pniiooipfo di non diiiscrimdnazione ali regime fiscalie 
degl~ aJlioold. 
La Commissione aveva proposto, in forza dehl'art ..169 del Trattato C.E.E., 
dei ricorsi tendenti a far dichiarare che non solo la Repubblica italiana, ma 
anche la Repubblica francese e il Regno di Danimarca, applicando un regime 
fiscale non uniforme in materia di acquaviti, erano venuti meno agli obblighi 
loro imposti tdialfil'art. 95 tde1 Trnttato C.E.E. La Oommissione aveva mo.IJtre ~O. 
posto un ricorso diretto a far dichiarare che il Regno Unito, riscuotendo sui 
vini di bassa gradazidhe alcolica un'imposta di consumo relativamente mag~ 
giore 1clii. quelll:a gmv>ainte sUiltJJa bitrtm, era 1ainche esso venuto meno aig1IJi. obbiliighli 
impostigli dall'art. 95, secondo comma, del Trattato. Con un quinto ricorso la 
Commissione mirava a far dichiarare che l'Irlanda, applicando in maniera discriminatoria 
disposizioni relative alla riscossione dell'imposta di consumo (excise) 
sugli alcolici, sulla birra e sui succhi di frutta fermentati (made-wine), 
aveva trasgredito l'art. 95, primo comma, del Trattato. 

La Corte, nelle sentenze relative alle tre cause riguardanti le contestazioni 
mosse alla Francia (causa 168/78), ahl'Italia (causa 169/78, di cui alla sentenza 
qui sopra pubblicata) e alla Danimarca (causa 17.1/78), ha premesso una parte 
generale comune sull'inte11Pretazione dell'art. 95, primo e secondo comma, nella 
quale ha precisato: 

-a termini dell'art. 95, primo comma, � nessuno Stato membro applica 
direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

274 

(omissis) IN DIRITTO. -1. -Con atto introduttivo depos.itato il 7 agosto 
1978, Ia Commissione ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato 
CEE, un ricorso inteso a far constatare che Ia Repubblica italiana, assoggettando 
le acqU1aviti ad U!Il regime fiscale differenziato, � venuta meno 
agli obblighi incombentile in forza dell'art. 95 del Trattato CEE. 

2. -Nehlo stesso tempo, la Commissione ha promosso dinanzi alla 
Corte due �ricorsi, contro il Regno di Danimaiioa e fa Repubbtlioa francese, 
vertenti su questioni analoghe. Tutti e 1.ire gli atti :introduttivi contengono 
CODJS:iderazioni di carattere generale da cui 1cisulta che i ricorsi 
sono stati proposti nell'ambito di un'azione volta a garantire iii rispetto, 
da parte degli Stati membri iinteressati, degli obblighi [oro ~mposti in 
materia dal T�rattato. :�: pertanto opportuno chiarire preliiminrurmente 
ailcune questioni idi �principio comll!Ili alle tre ca'l.llse, e concernenti finterpretazione 
dehl'art. 95 iin relazione alle peculiari �carattedstiche del mercato 
delle aoquaviti. 
Sull'interpretazione dell'art. 95. 

3. -L'art. 95, primo comma, II'ecita. � nessuno Stato membro applica 
direttamente o indirettamente ai ;prodotti degli altri Stati membri imposizioni 
interne, di qualsivo~a natura, superiori a quelle applii.cate direttamente 
o !indirettamente ai prodotti na:cionaJ.i similari �. H. secondo cominterne, 
di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente 
ai prodotti nazionali similari�; 

-nel comma secondo si aggiunge, che � inoltre, nessuno Stato membro 
applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere 
indirettamente altre produzioni �; 

-dette disposizioni, complementari a quelle relative ahl'abolizione dei dazi 
doganali e delle tasse di effetto equivalente, hanno lo sco'po di garantire in 
condizioni normali di concorrenza la libera circolazione delle merci tra gli Stati 
membri, con l'eliminazione di qualsiasi forma di protezione che possa risultare 
dall'applicazione di imposizioni interne discriminatorie; 

-la disamina del mercato degli alcolici induce a trarre una duplice conclusione: 
in primo luogo, esiste un numero indeterminato di bevande che vanno 
definite � prodotti similari� ai sensi dell'art. 95, primo comma, ed in secondo 
luogo, anche in caso di impossibilit� di ritrovare un adeguato grado di analogia 
tra i prodotti considerati, esistono cionondimeno tra tutti gili alcolici dei 
tratti comuni adeguatamente rilevanti per ammettere l'esistenza, in ogni caso, 
d'un rapporto di concorrenza almeno parziale o potenziale; 

-risulta quindi che l'art. 95, considerato globalmente, pu� applicarsi indi


stintamente a tutti i prodotti di cui trattasi. 

La Corte ha, quindi, ritenuto incompatibili con l'art. 95 del trattato tutti 

i regimi fiscali controversi nelle tre cause, statuendo che sono venuti meno agli 

obbIDigihi wpostii: dialillJa n=a stessia, per quanto riguairida i p.rodot1ii !importati 

dla.gilli! ail1mi Stati mern!blii: 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 275 

ma precisa che � Jinoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli 
Stati membri imposizioni interne �mtese a proteggere indiireit:tamente altre 
produzioni �. 

4. -Nel sistema del .Trattato, Je diisposizioni citate costituiscono 
un'rinteg;razione di quelle relative all'abolizione dei dazi dogarrmli e delle 
tasse di effetto equivadente. Esse �sono .intese a gariantire fa .Jibera drcoJazione 
de1le meoci J.�ra gli Stati membri dn nonna.li condizioni di concoirrenza, 
mediainte J'eliminazione di og;ni forma di protel'lione che possa 
risultare dall'applicazione di tributi interni aventi carattere 1discriminatorio 
nei confronti di meoci ori.ginarie di altri Stati membri. Come ha 
giustamente sostenuto la Commissione, l'art. 95 � volto a ga:mntiire l'assoluta 
neutralit� dei tributi in.temi riguardo a1la concorrenza f.ra merci 
nal'lionali e meoci importate. 
5. -11 principio fondamentale cin mater.ia � costituito dal pr.imo 
comma dell'art. 95, che impone di valutare comparativamente gli oneri 
�fiscali 
gravanti sulle me11ci nazionali e su quelle importate che possano 
essere considerate � similari. �. Tale �disposi:ztlone, come questa Corte ha gi� 
avuto modo di sottolineare nella �Sentenza 10 ottobre 1978 (causa 148/77, 
HANSEN & BALLE, Racc., pag. 1787), via ti.nterpiretata estensivamente, in 
modo da consentirne �l'applical'lione a tutti i regimi fiscali i1I1Compatihlli 
con la parit� di trattamento :lira le meroi di ;produzione nazionade e quelle 
:importate. La nozione di �prodotti simillad � va pertainto interpre1Jata 

-la Francia, applicando un regime fiscale non uniforme in materia di ac


quaviti per quanto riguarda, da una parte, Je acquaviti di ginepro e le altre 

bevande alcoliche ottenute dalia distillazione dei cereali (in particolare il whisky), 

e, dall'altra� parte, Je acquaviti di vino e di frutta, come risulta dagli arti~ 

coU 403 e 406 del code g�n�ral des imp�ts; 

-l'Italia (come da sentenza annotata), applicando, attraverso l'apposizione 

di contrassegni di �Stato sui recipienti contenenti acquaviti destinate alla ven


dita al minuto, un'imposta differenziata in materia di acquaviti, a norma della 

}egislazione fiscale nazionale e in particolare dell'art. 6 del decreto legge 26 otto


bre 1970, n. 745, convertito nehla Jegge 18 dicembre 1970, n. 1034, per quanto con


cerne, da una 'Parte, le acquaviti ottenute dalia distillazione di cereali e di canna 

da zucchero (whisky, rum) e, dall'altra, le acquaviti di vino e di vinacce 

(brandy, grappa); 

-la Danimarca, applicando un'imposta differenziata in materia di acquaviti 

(favorendo la � aqvavit � nazionale) a norma della legislazione fiscale nazionale 

oggi coordinata con la legge 4 apdle 1978, n. 151. 

Al Regno Unito, nehla causa 170/78, era stato contestato di riscuotere sul 

vino di bassa gradazione alcolica un'imposta di consumo maggiore di quella 

gravante sulla birra. Qui la Corte ha emesso sentenza interJocutoria, riservan


dosi di pronunciarsi definitivamente dopo aver acquisito elementi e notizie ri


chiesti alle parti. 

Quanto all'Irlanda, nella causa 55/79, la Corte ha ritenuto che anch'essa ha 

trasgredito l'art. 95 o, aaernativamente, l'art. 30 (divieto di restrizioni quanti




276 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

con sufficiente elasticit�. Nella sentenza 17 febbraio 1976 (causa 45/75, 
REWE, Racc., pag. 181), la Corte ha pl'ecisato che vanno considerati similari 
i prodotti ohe �abbiano, agli oochi del .consumatore, prop.riiet� analoghe 
e l'ispondano alJe medesime esigenze �. La sfera di applicazione del 
primo �oomma dell'art. 95 va quindi determmata iin base non gi� al oriterio 
de1J'�asso1uta identit�, ma a quello de11'aIJJalogia o de1la comparabilit� 
sotto H profilo dell'impiego. 

6. � U secondo comma dell'art. 95 � inteso a completare il disposto 
del primo comma vietando qualsiasi forma di protezionismo fiscale fa:t:diretto 
ai darnnd di prodotti che, pur non essendo similari ai sensi del primo 
comma, si trovino do111ondimeno .in conc0I1renza, anche pamale, indiretta 

o potenziale, con taluni prodotti del paese !importatore. La Corte ha gfa 
messo in dl~evo taluni aspetti di questa disposizione nellla sentenza 
4 aprile 1968 (causa 27/67, FINK�FRUCHT, Racc., pag. 297), ove si afferma 
che, ai fini deN'appUcazione del secondo comma dell'art. 95, � sufficiente 
che iJ prodotto importato 1si trovi .i,n concorrenza col prodotto nazionale 
protetto in uno o pi� impieghi economici, anohe se non costituisca un 
vero e proprio prodotto similare ai sensi dell'arrt 95, primo comma. 
7. � Mentre il criterio di valutazione stabilito daJ primo comma 
� 11 confronto degH oneri jjiscali, iin base ail:le aLiquote, ial calcolo dell'im� 
ponibiJe o ad altre modaHt� di app1icazione, il sec()[ldo comma, data la 
difficolt� di stabiHre un 1confronto abbastanza preciso ka i prodotti 
tative all'importazione) del trattato, applicando in maniera differenziata, sempre 
per quanto riguarda i prodotti importati dagli altri :Stati membri, disposizioni 
relative alla riscossione dell'imposta di consumo (excise) sugli alcolici, suLla 
birra e sui succhi di frutta fermentati (made-wine), ai sensi in particolare, delle 
lm'positions of Duties (n. 221) (Excise Duties) Order, 1975. 

2. � Le statuizioni deHa Corte non appaiono convincenti. 
Suscita perplessit�, anzitutto, la motivazione in base alla quale � stata respinta 
l'eccezione di irricevibfilit� del ricorso della Commissione, che aveva 
isolato !a questiope relativa ai . contraS;S.egni di Stato, separandola da tutti gli 
altri aspetti del regime fiscale detle acquaviti. . 

In realt�, non sembra contestabile che J'art. 95 del Trattato, vietando le 
discriminazioni in materia di imposizione interna, ha riguardo al complesso 
degli oneri fiscali che colpiscono i prodotti importati e i prodotti nazionali da 
porre a confronto. La norma non tollera, perci�, valutazioni atomistiche, dovendosi, 
invece, giudicare dell'eventuale sussistenza della differenziazione di trattamento 
con esclusivo riiguardo al carico fiscale globale che grava sui prodotti 
considerati. Solo cos�, fra J:'altro, pu� tenersi adeguato conto degli oneri che 
gravano soltanto sul prodotto nazionale: oneri che, invece, non potrebbero 
venire in giusta considerazione se fossero valutati con riferimento ad una sola 
delle componenti dell'im'posizione globale sui prodotti importati. 

La Corte, invece, ha ritenuto che sia soltanto � preferibile � valutare unitariamente 
il regime fiscale dei prodotti considerati, ma che, ciononostante, sia 
sempre possibile valutare a parte gli elementi � isolabili � di tale regime. Quali 

~: 



PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 277 

interessati contempla un criterio pi� globale, vale a dire il carattere 
protezionistico del sistema fiscale interno. 

8. -Per quanto concerne l'applicazione nel caso di ispecie deJ. criterio 
delila siimiJlarit�, che determina fa portata del div.ieto sancito dall'art. 
95, primo 1comma, le par1Ji hanno espresso punti di vista tra Joro 
divergenti. Secondo fa Commissiooe, tutte Je aoquaviti, indipendentemente 
daHa materia prima impiegata per ila loro produzione, hanno proprfot� 
analoghe e soddisfano sostan:zfralmente le medesime esigenze dei 
consumatori. Pe:rtanto, qruali che siano rle �caratteristiche peculiari dei 
vari prodotti arppartenenti a questa �catego:rfa e le abitudini dei consumatori 
nelle varie regioni della Comunit�, le acquaviti, m quanto prrodotti 
finiti, 1costitUJirebbero, agli oochi dei coosumatori, un unico mercato. Va 
rilevato che questo modo di vedere si � tradotto ne1le proposte sottoposte 
dalJa Commissione ail Consiglio per .J'istituziooe di un'organizzaziooe 
comune del mercato dell'aLcole, fondata sulil'applicaiiione di una 
aliquota uniforme per tutti i prodotti interessati, 1commisUlt'ata al loco 
contenuto alcolko. 
9. -I Governi dei tre Stati membr�i -convenuti contestano questa 
tesi, sostenendo che � possibile indiv�iduare, fira le acquaviti, varie 
categorie di prodotti, che si distinguono per le materie prime impiegate, 
siano tali elementi e quale criterio consenta di distinguerli dagli elementi 
� non isolabili � non �, per�, detto in alcun modo; e, in realt�, appare ben difficile 
ammettere che ria .proposta distinzione possa fondarsi su elementi obiettivi 
e coerenti con la ratio dell'art. 95. 

3. -Un altro aspetto delrla decisione che offre il fianco alla critica � quello 
che riguarda l'accertamento della ricorrenza, nella specie, dei presupposti per 
l'applicazione 'del primo comma ovvero del secondo comma dell'art. 95. La Corte 
ha ritenuto che non fosse necessario pronunciarsi sul punto se i vari tipi di 
acquavite. (di vino, di vinacce, di frutta, di cereali, di canna, ecc.) siano o no, 
parzi�hnente o totalmente, prodotti � similari� fra loro, ai sensi deU'art. 95, 
primo comma. E ci� in quanto non potrebbe comunque negarsi che tutte le 
acquaviti siano, senza eccezione, prodotti concorrenti, con la conseguenza che 
sarebbe incontestabile .l'applicabilit� ad esse della norma di cui al secondo comma 
dell'art. 95. 
A parte i rilievi che rpossono muoversi sul punto dell'effettiva esistenza 
di questo preteso rapporto di concorrenza fra tutte le acquaviti (che, in realt�, 
non sono affatto direttamente sostituibili le une con le altre ai fini del soddisfacimento 
delle esigenze -notoriamente ben differenziate -dei consumatori), 
non sembra esatta l'implicita, completa parificazione dei contenuti dispositivi 
delle due norme previste dall'art. 95. iin effetti, tali norme non si differenziano 
soltanto per Ja maggiore o minore ampiezza delle fattispecie considerate 
(se cos� fosse, non si capirebbe perch�, invece di dettare un'unica disposizione 
per la fattispecie pi� ampia e com.prensiva -queHa del secondo comma -, gli 
autori del Trattato abbiano sentito il bisogno di ripetere le stesse identiche 



Z78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per le loro peculiari. caratteristiche e per le abitudini dei �consumatori 
riscontrab11i nei vari. Stati membri. 

10. -La Commissione obietta, a questo proposito, che la valutazfone 
de1le caratteristiche delle va11ie bevande alcoliche, e le abitudini dei 
consumatori, variaino ne1lo .spazio e �nel tempo, sicch� ta1i critel1i. non 
possono costituire un valido parametro per quanto riguarda Ja situaZJione 
comples1siva nelila Comtllilit�. Inoltre, essa sottolinea :11 pericolo 
che le abitudini dei consumatoci vengano oristalLizzate mediante classif~
cazioni fiscali operate dagli Stati. 
11. -La Corte, nel valutare �le tesi delle parti, rileva che ai fini 
dell'applicazione de1l'axt. 95 alle 1speoifiche situazioni naZJionali ahle quali 
si riferiscono i ci.corsi della Commissione occorre tener presente la 
situazione generale del meroato delle bevande alcoliche nella Comunit�. A 
questo proposito, � opportuno tener conto di tre ordini di considerazioni: 
a) Innanzitutto non deve dimentica11si che i prodotti di cui trattasi, 
quali .che siano le loro carattwistkhe peculiari, hanno connotati generici 
comuni. Essi sono tutti ottenuti mediante un processo di distillazione 
ed hanno tutti, come caratteristiche prmoipale, un tenore relativamente 
elevato .di alcole ~doneo al consumo umano. Ne consegue che nell'ambito 
della pi� vasta categoma delle bevande alcoliche, le acquavit�i costituiscono 
un gruppo unitario, identificato da caratteristiche comuni; 

statuizioni per una serie di ipotesi -quelle del primo comma -gi� comprese 
nelfa previsione della norma �pi� generale), ma anche e soprattutto per la diversit� 
degli obblighi imposti, nell'un caso e nell'altro, agli Stati membri. 

Il primo comma dell'art. 95 vieta, infatti, in modo assoluto, ogni tassazione 
discriminatoria dei prodotti importati � simili � ai prodotti interni. Esso impone,. 
cio�, una rigorosa uniformit� delle aliquote di tassazione dei due gruppi 
di prodotti, a prescindere da ogni concreta indagine sulle effettive condizioni 
della loro reciproca concorrenza. n secondo comma proibisce, invece, per i 
prodotti che non possano dirsi � similari �, soltanto le imposizioni che abbiano 
effettivamente un concreto e dimostrato effetto protettivo del prodotto nazionale; 
e le 'Proibisce, di conseguenza, soltanto nella misura in cui possa ritenersi 
obiettivamente esistente la loro attitudine a produrre l'effetto medesimo. La 
norma, cio�, non impone un'asso1uta uniformit� di aliquote (come nel caso dei 
prodotti similari), ma esige soltanto che eventuali discriminazioni siano contenute 
al di sotto del livello che pu� dirsi effettivamente idoneo a determinare 
distorsioni della concorrenza (cos� la sentenza della Corte del 4 apriJe 1%8, in 
causa 27/67, FINK-FRUCHT, in Racc., 1968, 297). 

Non sembra, perci�, che possa condividersi il criterio adottato dalla Corte 
nel caso ll1 esaim:e. Accertare se ~e iacquaivitii ,i,n di1sciws1sione fossero o no � simdlari 
� fra foro e, nell'ipotesi negativa, se potessero considerarsi quali prodotti 
concorrenti non poteva ritenersi irrilevante. Meno ancora, poi, pu� approvarsi 
l'affermazione apodittica secondo cui non sarebbe contestabile il carattere protezionistico 
del regime italiano dei contrassegni di Stato: affermazione che non 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 279 

b) nonostante questi oormotati comllll1i, � possibile :individuare, 
all'interno di questo gruppo, prodotti aventi caratteristiche io:JJdividuali 
pi� o meno spiccate, deirivanti o dalla materna prima impiegata (sotto 
questo profilo si possono distinguere in particolare gli alcoli di vino 
dii frutta, di cereali e di canna), o dal pmcesso di fabbl1icazione, o, infine, 
dall'addizione di sostJanze aromatiche. Tali caratteristiche individuali 
permettono appunto di definire vaviet� tipiche di acquaviti, tant'� vero 
che talune di esse sono tutelate da apposite denominazioni d'origine; 

e) al tempo stesso, non si pu� tuttavia trascurare i1l fatto che fra 
le acquaviti esistono, accanto ai prodotti bene definiti e destinati ad 
usi relativamente precisi, prodotti aventi caratteristiche meno spiccate 
e destinate agli usi pi� diversi. Sii tmtta, in primo luogo, dei numerosi 
prodotti ottenuti dai cosiddetti alcoli �neutri�, che sono alicoli di 
varia origine, lira i quali quehli di melasso e di patate; tali prodotti 
sono accomunati dal fatto che le caratteristiche peculiari di ciascuno 
di essi derivano esclusivamente dall'aggiunta di sostanze aromatiche, 
di sapore pi� o meno spiccato. In secondo luogo, vi sono, fra le acquaviti, 
prodotti ohe, poich� si prestano ad essere cOIJJsumati nei modi pi� vari 
e cio� allo stato puro, o con l'aggiunta di acqua, oppure miscelati 
con altri liquidi, posso~o trovarsi in .concorrenza .con un numero pi� o 
meno grande idi prodotti aloolici le curi modalit� di consumo sono 
pi� limitate. Orbene, i tre ricorsi promossi dinanzi alfa Corte sono carat� 
terizzati dal fatto che in ciascuno di essi, oltre che di acquaviti aventi 

� sufl�ragiata 1dia ailiorm .concreto ~:rnemento dii provia e, soprattutto, non � integrata 
dall'indispensabile indicazione del livello al di sotto del quale il tributo 
non avrebbe 'pi� questo ritenuto effetto protezionistico e non urterebbe, quindi, 
contro il divieto del secondo comma dell'art. 95 (che, come si � detto, non 
impone affatto un'indiscriminata e assoluta parificazione di aliquote). 

4. -La decisione, infine, si presta ad alcuni rilievi a proposito del modo 
in cui la Corte ha affrontato, nei suoi termini generali, il problema dell'appli� 
cazione dell'art. 95 nei casi in cui il trattamento fiscale interno di un determinato 
prodotto (o di prodotti ritenuti fra loro similari) si articoli in una 
scala di aliquote via via pi� onerose, in funzione di determinate circostanze 
obiettive (non rilevanti, in ipotesi, ai fini dell'identit� merceologica del prodotto 
considerato). 
Non sembra dubbio che non pu� assolutamente considerarsi incompatibile 
con l'art. 95 del Trattato la pura e semplice drcostanza, in s� considerata, che 
in luogo di un regime fiscale unico e indifferenziato su tutti i prodotti di una 
certa specie, uno Stato. membro ritenga di adottare un sistema di tassazione 
differenziata, che preveda, accanto ad un'aliquota ordinaria, aliquote diverse 
'per determinati tipi di prodotti individuati, ad esempio, in funzione della materia 
prima utilizzata. 

Su questo punto, la giurisprudenza della Corte appare sufficientemente univoca. 
Gi� Iie1la sentenza del 22 giugno 1976, resa nella causa 127/75, BoBIE GETRANKEVERTRIEB, 
in Racc., 1976, .1079, venne, infatti, chiaramente affermato che 
l'art. 95 del Trattato �non limita la libert� di ciascuno Stato membro di isti




280 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

carattedstiche ben pireoise, di uno o pi� prodottii che si prestano ad una 
vasta gamma idi impieghi. 

12. -Ques�malrsi del merieato delle acquaviti peirmette di pervenire 
�a due conclus�iQ!lli. In primo luogo, fra le acqUJaviti, intese come 
Ulll'rumca �categoria, vi � un numero impirecisato di bevande che vanno 
qualificate come � l)J["odotti similari� ai 'sensi :dell'art. 95, l)J["funo comma, 
per quanto a causa deLla natura degli elementi da prnndere in consliderazione 
al:la 'stregua di 1011iteri distdm.tivi quali il 1gusto e "1e abitudini 
dei consumatori, possa essere difficile, i�ll1 casi particofari, accertare 
l'esistenza deil oaratteire della similarit�. In secondo luogo, anche nelle 
ipotesi :in cui non sii possa dlevare un suffioiente grado di similarit�
1

tra i prodotti :interessat�., fo caratteristiche che aocomunaino tutte le 
aoquawrti sono comunque abbastanza �spiccate da parmettere di affermare 
che in ogni caso esiste un rapporto di conoorrenza almeno parziale 

o potenziale. Ne .consegue .che l'art. 95, secondo comma, pu� trovare applicazione 
nei casi in cui la similarit� fra particolari tipi di acquavite 
sia dubbiia o oontestata. 
13. -Da quanto esposto risulta -ohe l'art. 95, nel suo complesso, pu� 
applicaTs�i indistintamente a 1tu1lti i prodotti considerati. Pertanto, � 
suffioiente accertare se l'applicazione �di U!I1 determinato regime fiscale 
nazionaJe abbiia carattere idisoxii.miniatorio o, eventualmente, protezionituire 
il sistema fiscale che ritiene pi� idoneo per ciascun prodotto�. L'art. 95 

non impone, cio�, di adottare un determinato tipo di tassazione (ad aliquota 

unica owero ad aliquote differenziate o progressive), ma, al contrario, � proprio 

il sistema fiscale autonomamente scelto da ciascuno Stato per un determinato 

prodotto che costituisce il necessario punto di riferimento per stabilire se i 

tributi gravanti, di volta in volta, sul prodotto similare di un altro Stato mem


bro siano conformi a quanto stabilisce l'art. 95. 

Altrettanto chiaramente, nella sentenza del 10 ottobre 1978 nella causa 

148/77, HANSEN, in Racc., 1978, 1787, � stato ribadito che, �nello stato attuale 

detJJla sua evdllu:cixme, e dJn .maITTJoonza di uni!fica2'Jiione o ar.rnonizmzione dei1Ie 

norme rilevanti in materia, il diritto comunitario non vieta agJi Stati membri 

di concedere agevolazioni fiscali, sotto forma di esenzione da tributi o riduzioni 

di questi, a taluni tipi di .prodotti alcoolici o a talune categorie di �produttori �. 

In maniera ancor pi� netta e precisa, lo stesso concetto � stato confer


mato, poi, dalla sentenza resa 1'8 gennaio 1980 nella causa 21/79, COMMISSIONE c. 

ITALIA (in questa Rassegna, ante, pag. 55, con nota di A. !MARZANO), relativa al 

regime di tassazione dei prodotti petroliferi rigenerati. Si legge in tale sentenza 

che � il Trattato non vieta, neJI'ambito deJle legislazioni fiscali nazionali, che 

vengano imposti oneri tributari diversi su prodotti idonei a servire ai medesimi 

fini economici �, E ci� soprattutto quando risulti che i costi di produzione sono 

oggettivamente molto diversi a seconda della materia prima utilizzata o del 

metodo di produzione. 

Nulla si oppone, dunque, a che gli Stati membri adottino meccanismi fiscali 

basati su un'imposizione differenziata dello stesso prodotto, in funzione di ele




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 281 

tisico, vale a dicre se sussista una disparit� quanto all'aliquota o alle 
modalit� de1l'imposiZJione, e se tale disparit� possa favodre una determdnata 
produziOIIle nazionale. � 'su questo piano 1che occorre esaminare, 
nell'ambito di ciascuno dei ricorsi proposti dalla Commissione, i rapporti 
economici fra i prodotti interessati e le 1carattea:ii1stiche dei regimi 
fisoaili oggetto de1le contiroverisie. 

14. -Nel corso dei singoli procedimenti, le parti si sono richiamate, 
per quanto conceme la distinzione fra le varie oategorie di prndotti 
alcolici, a ta1une affermazioni del1a Corte figuranti nella gi� menzionata 
sentenza HANSEN & BA_LLE, pronu111:llia:ta qUJa[lto !i presenti ricorsi erano 
ancora pellldenti. In pairticola:re, .si � fatto ci.ferimento ad un passo di tale 
sentenza in cui si afferma 1che � nello stadio attuale dcli.a sua evOiluzione, 
ed in mancanZJa dii unificazione o arunonizzaziOIIle .delle norme rilevanti in 
materna, il diri.tto comunitario non vieta agli Stati membri di concedere 
agevolaziOllli Eisca1i, sotto forma di esenzione da 1tributi o riduzione 
di questi, a taluni tipi di prodotti a1co1ici o a talune categorie di 
produtto:ci � e che � agevolamoni fi.soali del genere possono... servite a 
legittimi filni economici e sooia1i, quali l'uso, da parte della distilleria, 
di determinate materie iprime, la conservazione della produzione di 
bevande alcoliche tipiche di alto livello qualitativo, o il mantenimento 
in vita di talUtn.e oategori.e dii imprese, come le distillerie agricole �. 
15. -Poich� taluni dei Governi convenut!i sa sono Tichiamati a queste 
affermazioni per giustificare i propri �regimi f�s,cal!i, la Corte ha ohiesto 
menti obiettivi che caratterizzino le varie fattispecie, quali, in particolare, le 
materie 'prime 'impiegate. E questo principio � stato ripetuto, contro Ja contraria 
opinione espressa dalla Commissione (che riteneva di poter trarre argomenti 
dalla citata sentenza nella causa 148/77) anche nella sentenza in ras


segna. 

Al paragrafo 16 di questa sentenza si legge, tuttavia, che non sarebbe lecito 

intendere il principio nel senso che si possano giustificare disparit� fiscali 

� di carattere discriminatorio o protezionistico �. 

L'affermazione, neHa sua astrattezza, non � certo contestabile, ma richiede 

di essere precisata e chiarita, affinch� possa costituire valido criterio di giudizio 
nelle singole circostanze. In quaili casi, insomma, un trattamento fiscale differenziato 
dello stesso prodotto (o di prodotti similari) pu� dirsi discriminatorio 
o protezionistico? A questa domanda Ja sentenza in esame non fornisce 
risposta in termini generali, s� che resta difficilmente valutabile, secondo pa� 

rametri oggettivi, l'esattezza della soluzione adottata nel caso di specie. 

Su1la questione appare necessario, 'perci�, un ulteriore approfondimento, 

al quaJle si ritiene che Ja Corte potr� pervenir.e in occasione di altre analoghe 

vertenze gi� sottoposte al suo esame. 

In termini estremamente sintetici, sembra si possa afformare che un re


gime fiscale differenziato per uno stesso prodotto o per prodotti similari pu� 

dirsi effettivamente incompatibile con l'art. 95 del Trattato in due soli casi. 

Il primo � quello in cui il trattamento di ciascuna delle sottocategorie fissate 

da1la legge nazionale non venga esteso ai prodotti importati dagli altri Stati

1



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO

282 

a1la Commissione di pronULnziarsi sulla compatihlLit� 'col diritto comunitario 
de1l'applioamooe di aliquote d'imposta differenziate aJ.J.e vari.e 
categorie di bevande a1coliche e .di predsare le sue dnten:zJi.oni in proposito, 
in vista dell'armonizzazione de11e legislazioni fiscali. La Commissione, 
dopo avere ribadito 1a 'PrOpllia convinzione che tutte Je acquaviti 
sono prodotti siimffilairi e '1a propria inten:zJi.()[le di 1sosteinere J'adozione, 
ar1meno in linea di �principio, idi un'aliquota d'imposta unica, nei 
futuri. regolamentii comunitari, fa Tilevare �che ri problemi relativi all'impiego 
�di determinate materie prime, 1alla conservazione della produzione 
di bevande alcoJ.~che idi arlto livello qual:itativo e arl1a struttwria economica 
delle imprese produttiiioi, cui si rfferusioe :la Corte nella sentenza citata, 
possono venire risolti mediante aiuti alla produzione o sistemi di compensazione 
fra i produttori, che tengano conto delle differenze fra i costi delle 
materie prime impiegate. Essa sottolinea che, gi� fin d'ora, questo obiettivo 
� stato conseguito, per ci� che concerne le acquaviti di vino, nell'ambito 
dell'organizzazione comune dei mevcati. viti-virncoli. A suo avviso, meccanismi 
dd. questo gene[ie permettono di assicurare buone prospettive di 
mercato a taluni prodotti sfavoviti dai costi di produ2Jione, senza che 
si renda necessario ricorirere a questo fine a �siistemi di aliquote d'imposta 

differenziate. 

16. -Di fronte a queste prese di posi2lione, la Corte fa rilevare 
che ne1la sentenza HANSEN & BALLE, essa ha emesso -nell'attuale fase 
membri che posseggano i requisiti oggettivi necessari per essere classificati 
nella sottocategoria di cui si tratta. Il secondo � quello in cui nella stessa determinazione 
astratta delle sottocategorie fiscali venga operata una discriminazione 
illecita, nel senso che un gruppo di fattis'pecie assoggettate ad una 
determinata tassazione venga individuato, non gi� in funzione di caratteristiche 
oggettive riscontrabili tanto nei prodotti nazionaJi quanto in quelli 
importati, ma in funzione di caratteristiche attinenti (in maniera pi� o meno 
esplicita) proprio alla iloro provenienza. 

Non pu� assolutamente ammettersi, invece, che, al di fuori di queste due 

precise e ben delimitate ipotesi, possa ugualmente affermarsi la violazione del


l'art. 95 nei casi in cui al prodotto importato non venga applicato, sempre e 

soltanto, il trattamento fiscale pi� favorevole fra tutti quehli previsti �per il 

corrispondente prodotto nazionale. 

Era questa la tesi sostenuta neHa presente causa dalla Commissione, sulla 

base di una discutibile interpretazione di alcuni passi della sentenza resa nella 

citata causa 148/77. La Corte l'ha respinta in termini sufficientemente netti, 

precisando (aJ par. 16) che eventuali agevolazioni fiscali accordate a prodotti 

interni devono essere estese soltanto ai prodotti importati che soddisfino ahle 

stesse condizioni, e non gi� a tutti i prodotti che possano dirsi genericamente 

� similari �. 

� auspicabile che tale principio venga confermato e ribadito dalla giu� 

risprudenza deHa Corte. La tesi della Commissione �, infatti, palesemente inac� 

cettabile, in quanto comporterebbe, in pratica, la completa negazione di quella 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 283 

di evoluzione del diritto comunitario -la legittimit� di talune esenzioni 
~ riduzioni d'.imposta, ma a condizione che gili Stati membri che concedono 
tali agevolazioni fiscali le estendano aHe merci importate che 
soddisfano le stesse condizioni. Occorre sottolineare che .Ja legittimit� 
di tali regimi di favore � stata riconosciuta sopr:;tttutto per permettere 
la conservazione di produzioni e di imprese che, senza queste speciali 
agevolazioni, non sarebbero pi� reddillie a causa dell'aumento dei costi 
di produzione. Per �contro, non � lecito intendere le consideirazioni svolte 
nella citata sentenza nel senso ch'esse possono giustificare disparit� fiS1cali 
di carattere discriminatorio o protezionistico. 

Sull'oggetto della controversia e sulla ricevibilit� del ricorso. 

17. -Il ricorso proposto dalla Comm~ssione ri!'.',Uarda li contrassegni 
d� Stato apposti, ai sensi defila 1legislazione J�iscale italiana -ed in 
particolare dell.'01rt. 6 del decreto legge 26 ottobre 1970, n. 745 (G. U. delJa 
Repubblica italiana pag. 7193), convertito nella legge 18 dicembre 1970, 
n. 1034 (G. U de1la Repubblica italiana, pag. 8543) -sui recipienti 
autonomia fiscale dei singoli Stati membri che, al Jivello attuale dell'evoluzione 
del diritto comunitario, non � in alcun modo contestabile. Se, invero, 
al prodotto importato dovesse essere sempre applicato il: trattamento pi� favorevole 
fra tutti quelli previsti all'interno per le varie sottocategorie del prodotto 
corrispondente, la sovranit� fiscale dello Stato membro finirebbe col ridursi 
a1la assurda facolt� di creare onerose discriminazioni a danno esclusivo dei 
prodotti nazionali. 

Da tali considerazioni, sembra, quindi, che possa ricevere conferma il prin� 
cipio secondo cui una corretta valutazione delle varie fattispecie in cui si pongono 
problemi di discriminazione fiscale fra prodotti interni a prodotti importati 
deve sempre partire dalla premessa che i precetti dell'art. 95 del 
Trattato vanno riferiti, non a categorie merceologiche astratte, ma alle cate-� 
gorie fiscali in concreto istituite da ciascuna legislazione nazionaJe. L'osservanza 
del principio di non discriminazione, va, cio�, sempre accertata separatamente 
per ciascuna di queste categorie fiscali, e non gi� istituendo indebite 
comparazioni fra prodotti appartenenti a categorie diverse. 

La norma comunitaria fa obbligo, infatti, agli Stati membri di estendere 

gli eventuali trattamenti fiscali agevolati o, comunque, differenziati previsti per 

i prodotti nazionali ai prodotti importati che posseggono tutti i requisiti ne


cessari secondo la legge nazionale. Essa non impone, cio�, l'adozione di alcun 

sistema fiscale definito in astratto, ma assume, al contrario, come necessario 

punto di riferimento del principio di non discriminazione 'proprio il sistema 

autonomamente stabilito, di volta in volta, da ciascuno Stato membro, con 

tutte de sue caratteristiche e con le differenziazioni di categorie e di aliquote 

che in esso sono previste. 

MARCELLO CONTI 

5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

284 

contenenti l'acquavite destinata alla vendita al minuti. In base alle 
aliquote, comm~surate alfa capacit� dei recipienti, sono, per le acquaviti 
di cereali e di canna da zucchero, un multiplo di quelle previste 
per le acquaviti di vino e di vinaiccia. La Commi,ssione sostiene che 
questo regime fiscale � incompatibile coll'art. 95 del Tirattato, in quanto 
assoggetta ad aliquote pi� elevate prodotti che 1sono per Ja maggior 
parte importati, dservando de aliquote pi� favorevoli alle iacquaviti di 
vino e di vdnacce, prodotti tipicamente italiani. 

18. -Nel ricorso la Commissione fa osservare che il regime dej 
contrassegni di Stato non � che uno deglii aspetti del regime fiscale i,taliano 
in materia di alcoli; questo comprende anche altri tributi, quali 
il � diritto erariale �, riscosso alla produzione, e l'imposta sul valore 
aggiunto, riscossa sulle vendite, i quali, in ragione dei loro aspetti 
discriminatori, sono attualmente oggetto idi procedimenti per violazione 
del T1rattato promossi fo forza dell'art. 169 di questo. 
19. -Secondo il Governo italiiano, il ricoriso � iriricevdbiJe ,in quanto la 
Commissione, proponendolo, ha scisso la questione relativa ai contrassegni 
di Stato dagli altri aspetti del regime fiscale delle bevande alcoliche, 
rendendo cos� impossibile fa valutazione unitaria deJJa materia, 
con H rischio che Ja Corte, chiamata a pronunmarsi su questo aspetto 
marginale, sia indotta a pregiudicare la deoisfone sull'insieme del iregime 
fiscale controve:rao. 
20. -Questa eccezione di irricevibilit� non pu� essere accolta, in 
quanto, nonostante possa 'aippanire preferibile valutare tl!rl!itariamente 
i:l sistema fiiscale oggetto, nei suoi vari aspetti, delle critiche della 
Commissione, ~a disciplina dei con1Jrassegni di Stato oostitullislce, ne11'ambito 
del_ regime fiscale controveriso, un elemento del tutto isolabile ed 
atto pertanto ad e$Sere valutato a parte. E. quindi ovvio che la sentenza 
della Corte non potir� trascendere i fatti oggetto del dcorso n�, di 
conseguenza, pregiudicare la decisione su altre questioni connesse. 
21 -Va ri.coroato inoltre che, secondo il Governo italiiano, il rkorso 
proposto m via principale in base alJ'art. 95, priirno comma, � irricevibile 
in quanto lia Commissione lo ha al tempo stesso fondato, in suboroine, 
suJ. secondo comma dello stesso articolo, formularndo in termini estremamente 
generici la censura ,di violari.one di quest'ultima disposizione 
mossa ahla Repubblica italiana. 

22. -A proposito di questa eccezione del Governo italiano, � sufficiente 
osservare che essa attiene in realt� W. merirto delJa con1lroversia 
e pertanto va esaminata congiuntamente a questo. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 285 

23. -Quanto al merito, il Govemo dtaliano svolge due gruppi di 
avgomenti, dguardanti, ri.spettivamente: 
-.!'assenza di siirnilarit�, ai sensi dell'art. 95, primo comma, fra 
i prodotti assoggettati al trattamento fiscale differenziato, e 
-la mancanza del1a protezione indiretta di prodotti nazfonali ai 
sensi dell'art. 95, secondo comma. 

Sulla qualificazione del regime fiscale controverso. 

24. -In coerenza con Ja tesi sopra ricordata, la CommisSii:one ,sostiene 
che i ;prodotti classificati dalla legislazione itaJiana in &verse 
�categorie fisca1i -da una pa�:r>te le acquaviti di cereaJi e dii canna, e, 
dall'altra, le acquaviti di v;ino e di vinacce -vanno considerati � similari
� ai sensi dell'art. 95, primo comma, del Trattato. 
25. -Nel ,riicorso, la Commissione deduce in subordine, pe1r il caso 
in cui la Corte non iriconosca l'esistenza di un rappovto dii similarit� 
fra i prodotti considerati, la v;iolazione, da parte della Repubblica italiana, 
dell'art. 95, secondo comma. Secondo la Commissione i vari tipi 
di acquaviite di cui 1lrattasi, nonostante .le loro caratteristiche peculiari, 
si trovano per .Io meno, in quanto reciprocamente sostituibili, nella situazione 
di concorrenza contemplata da11'art. 95, secondo comma. Ci� troi 
verebbe conferma nel fatto che taluni Stati si sono adoperati per ottenere, 
per le denominazioni di origine di certe acquavi1ti, una tutela che SJarebbe 
priva di interesse se questi prodotti fossero del tutto diversi da altri 
prodotti concorrenti. 
26. -Per quanto ,concerne '1'app1icazione dell'art. 95, primo comma, 
il Governo itooano nega che ii prodotti classificati ,in diverse categorie 
ai fini del 1contrassegno di Stato -da rnla parte Je acquavHii di cereali e 
di canna, dall'altra ,Je acquaviti dii vino e vinacce -possano essere 
cnnsiderati � similari � ai sensi della suddetta disposi:done. Richiamandosi 
ai cr�.teri :indicati dalla Corte ne11a citata sentenza REWE, esso 
sottolinea che, senza voler sminuire l'importanza che Je caratteristiche 
del prodotto possono avere agli occhi deJ corusu:rnartore, non si pu� privilegiare 
questo aspetto a taJ punto da trascUII'are i criteri oggettivi 
basati sutla diversit� della materia prima, sul tiJpo di acole e sul procedimento 
dii fabbricazione; infatti, daJle varue mate:r�.e prime -v;ino, vinacce, 
frutta, meJaisso, cereai1i o succo di canna -si ottengono, con diversi 
procedimenti, svariati tipi di acqua~ite, ciasouno dei quali costituisce, 
per cos� dire, un mnndo 1a parte, e che qualsiasi consumatore pu� 
distinguere senz'aJcuna difficolt�. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

27. -Secondo il Governo convenuto, ,i prodotti di curi si tratta 
nella fathlspeoie sono � assolutamente divevsi � tra loro a causa della 
materia p11ima di base, sfa che ri diverisi procedimenti di fabbricazione 
e delle 'oaratteristiche peculiari dei :prodotti, .risultanti dall'effetto combinato 
di questi due e1ementi. L'esperienza insegna che la scelta dei 
consumatori � sempre esti;emamente preoisa, determinata dal gusto, dalle 
abitudini, dalle propriet� vere o presunte dei prodotti, anche sotto il 
profilo sanitari.o. 
28. -InoltJre, il Governo italiano si �richiama alfa classificazione doganale, 
ed in particolare alla sudivisione della sottovoce 22.09 E della 
Tariffa Doganale Comune, secondo la quale, appunto il rum ed il 
whisky ;costitUJiscono gruppi a parte. Esso lJa poi rilevare che, nella 
nomenclatura delle statistiche doganali, il whisky e l'acquavite di vino 
o di vinacce sono rispett>iV1amente contraddistinti da un diverso numero 
di statistica. 
29. -11 Governo itai1iano �considera rinfondata 1a censura di discriminazione 
formUJlata da11a Commissione, in quanto, a suo avviso, ,il prezzo 
del contrassegno di Stato � udentico per ,le acquiviti dd oerea1i e di canna 
importate e per quelle prodotte in ltJailia, e gli alcoli di vii!Ilo e dU 
vinaoce importati sono gravati nella stessa misura degli a1co1i corrispondenti 
di produzione nazionale. In tal modo, a prodottJi identici, quale 
che sia la loro provenienza, verrebbe rii.servato un'identico trattamento. 
30. -Quanto all'applicazione dell'art. 95, secondo comma, H Govermo 
italiano assume che questa norma si riferisce non gi�, come sembra 
ritenere la Commissione, alla tassazJione differenziata dei prodotti nazionali 
e du quelli importati, bens� al carattere protezionistico di un 
determinato sistema fis�ca1e nazionale; orbene, risulta che, nonostante 
le aliquote differenziate, 'le importazioni di whisky in Italia hanno 
vegistrato un mass~ooio incremento, mentre dl consumo delle acquaviti 
di vino e di vinacce � aumentato in misura molto limitata. In sostanza, 
1a Commdssione tenterebbe, con la sua azione, di imporre il livellamento 
delle aliquote, col pretesto 1che tutte le aoquaVliti :sono tra foro similari, 
o almeno concorrenti, ai sensi dell'a1:"t. 95. 
31. -La classif�ircaziane doganale delle bevande alcoliche, concepita in 
funzione delle esigenze del commerdo con l'estero, nan pu�, nel caso di 
specie, fornire elementi deais.ivi per valutare 1a sussistenza del carattere 
della shrrilarit� ai sensi dell'ar,t. 95, primo comma, del Trnttato. Questa 
considerazione vale del pari per quanto concerne le statistiche doganali, 
che hanno lo scopo di fl.1egistraire ,l'ampiezza dei movimenti delle meroi 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

ckJissiJ�icate ndle varie voci, ma non possono fornire indicazioni quanto 
all'eventuale rapporto di concorrenza fra le merci �Classificate in questa o 
quella 1categoria. Ci� � tanto pi� vero in quanto fa classi:ficazione adottata 
daUa legislazione fiscale italiana corrisponde solo vagamente alla 
suddivisiione della sottovoce 22.09 C della Tariffa Doganale Comune. 

32. -H Governo italiano ha senz'altro ragione quanto sottolinea l'importanza, 
ai fini dell'individuazione dei caratteri distini1liv1i tipici delle 
diverse acquaviti, della materia prima e del procedimento di fabbricazione. 
La Corte ha tenuto conto di questi elementi nella sentenza REWE, 
in cui ha considerato le propriet� del prodotto e le es~genze dci 
consumatori idonei criter.i di valutazione ai fini dell'accertamento dell'esi:
stenza della similarit�. Cionondimeno, quand'anche fosse possibile 
identificare alcune bevande tipiche aventi propriet� ben precise e pertanto 
idonee ad impieghi specifici, non �si potrebbe comunque 1ignorare l'esistenza, 
sul mercato, di altre bevande alcoliche atte ad essere consumate 
nei modi pi� vari, allo stato puro, .con acqua o miscelate con altri 
liquidi, e capaci, qumdi di soddisfare bi:sogni pi� diffusi; fra queste, 
vi sono iil whisky ed il rum, iJ. cui trattamento fiscale � oggetto de1la 
presente controversia. � soprattutto la versatilit� di queste bevande che 
consente di ritenerle similwi a moltissime altre bevande alcoliche, o 
con queste concorrenti, almeno parzialmente. 
33. -Considerati tutti questi elementi, Ja Corte non rit�ene necessario 
pronunziarsi, ai fini de1Ja decisione della controversia, sulla questione 
di sapere se �le bevande alcoliche di cui trattasi ,siano o no, parziialmente 
o totalmente, prodotti similari ai sensi dell'art. 95, primo comma, in 
quanto non si pu� ragionevolmente negare che se esse siiano, senza 
alcuna eccezione, in concorrenza, quanto meno parziale, con i prodotti 
nazionali ai �quali j,l ricorso si riferisce e, d'altronde non � contestabile 
il carattere protezionistico, ai sensi dell'art. 95, secondo �comma, del 
regime J�iscale italiano. 
34. -Infatti, 1come � stato mustrato in precedenza, Je acquaviti di 
cereali ed il rum, in quanto prodotti ottenuti medtl.ante dist�llazione, 
hanno in comune con le acquaviti di vino e di v;inacoia tante propriet�, 
da costituire per il consumatore, almeno m certi 1casi, un'alternativa a 
tali bevande. 
35. -AUa luce di quanto esposto, risulta evidente .il cariattere protezionistico 
del regime fiscale criticato dalla Commissione. Esso � infatti 
contraddistinto dal fatto che i prodotti nazionali pi� tipici, vale a dire 
le acquaviti di vino e di vinacce, rientrano nella categoria fisicale 

288 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
pm agevolata, mentre due tipi di prodotti quasi totalmente Jmportati 
da altri Stati membri, vale a dire le acquaV1iti di cereali ed il rum, 
sono assoggettati 1ad un trattamento fiscale pi� gravoso. Il fatto che 
esista anche una produzione nazionale di queste acquaV'iti non modil�ica 
tale giudi2fo, in quanto � pacifico che si tratta idi quantitativi di entit� 
minima e, per giunta, i prodotti venduti sotto queste denominazioni sono 
in realt� -come ha sostenuto fa Commissione senza essere 1contrad


detta -ottenuti tagliando i prodotti importati con un'alta percentuale 

di alcole di vino di produzione italiana. 

36. -In base alile cons.1derazioni sopra esposte sii deve constatare 
ohe H regime fiscale applicato nella Repubbli<;a ital!iana, quale 111isulta 
da1le disposizioni legislative sUllilmenzionate, � ill!compartibiJe, per quanto 
concerne fiimposizione, da una parte delle bevande alcoJ.iche ottenute dalla 
distli1lazione dei cereali e de1la canna da zucchero, e dall'altra delle acquaviti 
di vino e vinacce, con quanto disposto daH'art. 95 del Trattato. 
(omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 ottobre 1979, n. 5428 . Pres. Novelli . 
Rei. Ruperto � P. M. Berri � Ministero degli Interni (avv. Stato, Gargiulo) 
c. Mattina Antonio ed altri (avv. Basile) e Comune di Gela 
(avv. Morreale). 

Giurisdizione civile � Giurisdizione onlinaria ed amministrativa � Provve


dimenti ul"genti del sindaco � Constatazione dell'esistenza del presup� 

posti � Apprezzamento discrezionale � Difetto di giurisdizione dell' A.G.O.. 

Fattispecie. 

Il giudice ordinario pu� indagare sull'esistenza dei presupposti al cui 
concorso la legge astrattamente conferisce alla p. a. il potere di sopprimere 
o comprimere con provvedimenti contingibili e urgenti gli altrui 
diritti soggettivi, affievolendoli ad interessi legittimi, ma deve limitare 
tale indagine alla sussistenza dei soli presupposti obiettivamente identificabili 
sulla base cio� di una semplice constatazione, senza compiere alcun 
apprezzamento di natura discrezionale (1). 

(omissis) Col primo motivo il Ministero dell'Interno, denU1I1ziando 
violazione dell'art. 69 d.l.p. Reg. Sic. 29 ottobre 1955, n. 6, in relazione 
all'ai:t 360 n. 1 cod. proc. oiv., censura l'impuwnata .sentenza per avere 
affel"mato la giurisdi:llione dell'a.g.o. sulla base di un'evidente confusione 
tra carenza e scorretto esercizio di potere in materia di provvedimenti 
contingibi1i ed urgenti. 

Pur dovendosi certamente condividere alcune delle critiche formulate 
dal ricorrente avverso la motivazione della Corte d'appello, il dispositivo 
dell'impugnata sentenza � da >ritenersi esatto e l'esposta censura priva, 
nella sostanza, di fondamento. 

(1) Nella specie esaminata non si faceva nessuna questione sul modo di 
esecuzione deH'ordinanza, ma solo se ne censurava la legittimit� per averla il 
sindaco emessa fuori dai limiti dei suoi poteri, perc..h�, neLla specie, non esisteva 
l'urgente necessit�. 
Aveva affermato la Corte che �sotto l'aspetto oggettivo il potere in esame 
attribuito al sindaco � latissimo, di contep.uto assolutamente vario e imprevedibile. 
� condizionato soltanto daUa necessit�, e cio� imprescindibilit� per 
l'interesse pubblico e dall'urgenza, e cio� dal pericolo del ritardo relativamente 
a tale interesse; necessit� e urgenza debbono, quindi coesistere perch� questa 
presuppone fa prima >>. E poi la Corte aveva aggiunto: � L'esistenza del potere 
si valuta non in astratto, bens� in concreto, e cio� neHe sue concrete manifestazioni, 
che consentono di valutare la coincidenza dei suoi Hmiti nel caso specifico 
con quelli stabiliti daLla legge, cio� consentono di stabilire se ci sia stato un 
concreto esercizio del potere stesso o se, piuttosto esso non sia apparente "� 
Ed infine la Corte aveva affermato: � La necessit� e la urgenza assumono il carat




RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

� invero senz'altro da ribadire il principio pi� volte affermato da 
questo Supremo Collegio e richiamato nel Ticorso, secondo cui non basta, 
per radicare la giurisdizione del giudice ordinario, che il privato deduca 
la totale carenza del potere discrezionale che la p.a. abbia ritenuto di esercitare, 
occorrendo altres� la sostanziale aderenza della deduzione stessa 
alla norma che Tegola in astratto la materia controversia, cos� come, 
paraHelamente, non basta la pura e semplice denunzia della violazione dei 
limiti posti dalla legge alla violazione di quel potere, quando poi la prospettata 
violazione si risolva nella sostanziale denunzia di un vizio di legittimit� 
dell'atto amministrativo. 

PuTe da riaffermare � la (prevalente) giurisprudenza delle Sezioni 
Unite n�llo specifico tema dei provvedimenti contingibili ed urgenti, 
secondo la quale, sempre ai fini della giurisdizione, il giudice ordinario deve 
bens� indagare sull'esistenza anche in concreto dei presu}Jposti nel cui 
corso la legge astrattamente conferisce alla p.a. il potere di sopprimere 

o comprimere con tali provvedimenti gli altrui diritti soggettivi affievolendoli 
in meri interessi legittimi; ma, tuttavia, limitando tale indagine 
all'accertamento della sussistenza o meno dei soli presupposti obiettivamente 
identificabili, ossia di quei presupposti che possano essere concretamente 
identificati sulla base di una constatazione che non involga apprezzamenti 
di natura discrezionale. 
Ci� posto � bens� vero che la r�col1Tenza d'una situa;z;ione di pericolo 
ovviabile con le misure oggetto d'un provvedimento contingibile 
ed urgente non pu� essere verificata dal giudice senza scendere a sindacare 
un apprezzamento discrezionale dell'autorit� che il provvedimento 
medesimo abbia emesso e, quindi, non pu� essere negata senza spostare 
l'indagine dal piano del difetto dei presupposti a quello dell'esercizio 
scorretto del potere della p.a., come -giusta la critica del ricorrente ha 
finito per fare la Corte di Caltanissetta seguendo le linee interpretative 
d'un noto indirizzo giurisprudenziale minoritario. Infatti, l'ev�ntuale 
inconsistenza delle ragioni addotte da chi emette il provvedimento 

tere di condizioni per la sussistenza concreta del potere esercitato nel caso 
specifico: la mancanza di esso determina la mancanza del potere e, quindi, 
l'impossibilit� di affievolimento del diritto �. 

Ora � evidente che una censura del genere, rivolta ad accertare in concreto 

resistenza dell'urgente necessit�, si risolve in un vero e proprio sindacato sul


l'eccesso di potere amministrativo che al giudice ordinario � prec1uso e implica 

una confusione tra carenza di potere ed esercizio di potere che occorre terier 

presente ai fini della discriminazione della giurisdizione ordinaria e amministra


tiva. La Corte Suprema, infatti, ha insegnato, proprio in materia di provvedimenti 

contingibili ed urgenti ai fini deUa giurisdizione, che (sentenza 4 dicembre 1971, 

n. 3519, in Rass. Avv. Stato, 1972, I, 36): �Ricorre fa carenza di potere non solo 
quando nessuna norma attribuisca all'amministrazione un determinato potere, 
ma anche quando il potere che le � dalla Jegge attribuito venga dall'amministrazione 
utilizzato in una situazione che non � in alcun modo inquadrabile 

!'AJ!'U! I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

per giustificare la necessit� e l'urgenza, attiene propriamente al modo 
d'esercizio concreto del potere e, dunque, non pu� non risolversi in un 
semplice vizio di legittimit� dell'atto, denunziabile solo in sede di giurisdizione 
amministrativa. 

Tuttavia, altrettanto vero � che nella specie la carenza di potere del 
sindaco venne dedotta dagli attori davanti al Tribunale, non solo col 
negare la ricorrenza in concreto della necessit� e dell'urgenza, ma anche, 
e specificamente, contestando che fossero proprio essi attori gli � interessati
� cui pu� essere ingiunto �di eseguire gli ordini� ogtetto dei 
provvedimenti previsti dal suocitato art. 69, o a spese dei quali gli 
ordini medesimi possono essere � eseguiti d'ufficio � (donde la domanda 
di rimborso della somma spesa e di risarcimento dei danni, formulata 
nelle conclusioni-dell'atto di citazione). E non pu� revocarsi in dubbio 
che l'individuazione dei suddetti � interessati �, vale a dire dei soggetti 
su cui deve gravare l'onere finanziario dell'esecuzione degli ordini come 
sopra emanati, esuli dalla sfera di discrezionalit� concessa in materia 
alla p.a. 

A quest'ultimo proposito, basti pensare che l'adempimento d'un tale 
onere si traduce di fatto in una vera e propria � prestazione patrimoniale 
� (la quale, ai sensi dell'art. 23 Cost., non � pu� essere imposta se 
non in base alla legge�) per ritenere agevolmente che l'individuazione 
del soggetto su cui deve ricadere in concreto l'obbligo della spesa di 
esecuzione sia rigorosamente vincolata dalla stessa legge che autorizza 
l'emissione del provvedimento contingibile ed urgente. Dicesi vincolata, 
nel senso che la scelta non � punto discrezionale, ma deve necessariamente 
cadere sul solo soggetto tenuto ad eliminare il pericolo che 
giustifica l'ordine; essendo, altrimenti, quest'ultimo da considerarsi emanato 
in totale carenza di potere. 

Ne discende che, a stregua dei princ�pi sopra esposti, deve ritenersi 
senz'altro radicata la giurisdizione del giudice ordinario quando l'attore 

nella fattispecie legale contemplata, in astratto, dalla norma che Jo conferisce: 
in tali casi le situazioni giuridiche soggettive dei cittadini, garantite dalle norme 
di relazione che presiedono ai rapporti fra costoro ed il potere pubblico, conservano 
la loro consistenza e trovano la loro tutela davanti al giudice dei diritti 
soggettivi. Ricorre, per contro, Jo scorretto esercizio di potere quando la fogge 
consente aWamministrazione di incidere sulla sfera giuridica dei cittadini, disponendo 
anche dei loro diritti soggettivi, ma l'attivit� amministrativa, in cui .I'eser� 
cizio di quel potere si estrinsechi, pur inquadrandosi nella fattispecie legale, 
risulti viziata, quanto alla forma, quanto al contenuto o quanto alla competenza 
dell'organo che l'ha posta in essere, per contrasto con quelle norme di azione 
che assicurano il corretto .esercizio dei poteri delila pubblica amministrazione: 
nel qual caso Ja situazione soggettiva del cittadino, degradata, nei confronti di 
questa, al rango di interesse legittimo, non pu� trovare tutela se non davanti 
al giudice amministrativo. 

A radicare la giurisdizione del giudice ordinario, non basta, dunque, che il 
privato fondi Ia sua pretesa sulla radicale negazione dell'esistenza del potere 


292 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

deduca appunto la carenza del potere della p.a. sostenendo di non trovarsi 
in una situazione di diritto o di fatto, che lo legittimi passivamente 
all'onere delle spese di esecuzione del provvedimento contingibile ed 
urgente; mentre appartiene poi al merito della causa ogni accertamento 
circa l'effettivo nesso tra soggetto e casa, da cui pu� sorgere concretamente 
la legittimazione stessa. 

Sotto tale profilo, dunque, e con tale motivazione, � da considerarsi 
esatto il dispositivo dell'impugnata sentenza. 

Pure infondato � il secondo motivo, col quale il ricorrente, denunziando 
�Violazione dell'art. 100 cod. proc. dv., tn relazione agli mtt. 2043 
cod. civ. e 28 Cost. �,deduce una subord1inata censura, sostenendo che se 
l'ordinanza del sindaco �sia stata, come �t.itenuto dalila Cocte d'appello, 
emanata sulla base di un potere inesistente, � non si vede perch� e come 
lo Stato debba risponderne�, essendo .imdisoutibi.le la dipendenza solo 
funzionale e non anche organica del sindaco da11o Stato stesso �quando 
esercita funzioni stataH �. 

A parte ogni pregiudiziale considerazione sulla deducibilit�. di tale 
censura, non avendo il Ministero appellato la sentenza di primo grado 
sul punto del dichiarato difetto di legittimazione passiva del Comune 
di Gela, va infatti decisamente osservato, ai fini di ritenere comunque 
senza fondamento il motivo, che a far sorgere la responsabilit� dello 
Stato per l'attivit� illegittima d'un organo pubblico, basta �l'astratta riferibilit� 
ad esso Stato dell'attivit� medesima, prescindendo non solo dagli 
eventuali vizi di legittimit� ma anche dalla concreta sussistenza del 
potere esercitato dall'organo. 

Tanto si desume dai princ�pi generali, come questo S.C. ha gi� 
avuto o~casione di precisare, e rimane confermato dalla stessa norma 
dell'art. 28 Cost. richiamato dal ricorrente; la quale norma, nel sancire 
la responsabilit� anche dello Stato per gli atti compiuti dai funzionari 
e dipendenti di esso �in violazione di diritti�, non opera infatti alcuna 
distinzione in relazione al vizio da cui gli atti medesimi siano affetti. 

Il ricorso va pertanto ~igettato. (omissis). 

discrezionale che la pubblica amministrazione ritenne di esercitare, ma occorre 
che quehla negazione presenti sostanzia.le aderenza alla norma che regola in 
astratto la materia controversa; n� basta, a maggior ragione, che si denunzi, 
in via di mera prospettazione, la violazione, dei limiti entro i quali la legge vo1le 
che l'esercizio del potere fosse contenuto, quando tale denunzia si risolva, in 
realt�, in quella di una dei vizi di legittimit� dehllatto amministrativo (incompetenza, 
etJCesso di potere, violazione di legge) dei quali solo il giudice amministrativo 
pu� conoscere. Se cos� non fosse, H sindacato del giudice ordinario sugli 
atti della pubblica amministrazione finirebbe per estendersi oltre ogni Hmite, 
fino a sconfinare, specialmente in presenza dehl'eccesso di potere in una delle 
sue varie manifesta:z;ioni, ne11a pi� penetrante indagine sul processo formativo 
delila volont� dehl'organo dell'amministrazione �. 

V. anche Sez. Un., 4 marzo 1974, in Giust. civ., 1974, 875. 

.r'ARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 293 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 gennaio 1980, n. 2 -Pres. Rossi Est. 
Sandu11i -P. M. Gambogi (coni. conf.) -Banco dii Napoli (avv. 
Sorrentino, Palmieri) c. Corte dei Conti (avv. Stato Cairafa). 

Giurisdizione civile -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Corte 
dei conti -Violazione delle norme valutarie -Responsabilit� di una 
banca quale agenzia della Banca d'Italia � Giurisdizione della Corte 
dei conti. 

(r.d. 12 luglio 1934, n. 1214; t.u. delle leggi sulla Corte dei conti, art. 52; d.!. 28 luglio 1955, 
n. 586, sulla negoziazione e cessione delle valute estere allo Stato, art. 6; d.!. 6 giugno 1956, 
n. 476, in materia valutaria, artt. 10, 14). . 
In ipotesi di illegale esportazione di valuta, conseguente ad un 
comportamento colposo di una banca (nella specie, Banco di Napoli), 
autorizzata dalla Banca d'Italia a svolgere, quale sua agenzia, la funzione 
di controllo preventivo sui pagamenti ed accrediti all'estero (funzione 
affidata all'ufficio italiano dei cambi ed esercitata ex lege per mezzo della 
Banca d'Italia), la cognizione della responsabilit� amministrativa dell'istituto 
di credito, per il pregiudizio arrecato allo Stato con l'illegittima concessione 
del cosiddetto benestare bancario, � compresa nell'ambito della 
giurisdizione di responsabilit� della Corte dei conti; ai sensi ed agli 
artt. 52 del r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, 81 e 82 del r.d. 18 novembre 1923 

n. 2440 e 103 comma secondo Cast., tenuto conto che l'indicata autorizzazione, 
da parte della Banca d'Italia, instaura un rapporto di servizio' 
tra lo Stato e l'Istituto di credito, e che detta illegale esportazione di 
valuta, qualificabile come effetto di atti inerenti a quel rapporto di servizio, 
� un fatto potenzialmente lesivo degli interessi patrimoniali dello 
Stato (1). 
(omissis) I quattro motivi di ricorso, fra foro intimamente connessi, 
vanno esaminati congiuntamente. 

Con il primo, H Banco ricorrente sostiene che, in materia di resp()[lsabilit� 
amminis1Jrat1iva per danni :prodotti aH'Brario dello Stato la 
giurisdizione de1la Corte dei conti non possa esercitM1SI�, a norma dell'art. 
52 del r.d. 12 luglio 1943, n. 1214, nei confronti de1le persone giuridiche; 
e con il secondo, che -essendo il connrollo dei rpagamentii. e degli 
accrediti all'estero affidate all'Ufficio Ita1iaino dei Cambi, il quale per 
certe attivit� si avvale della Banca d'Ha.Ma -fra Ie aziende di credito 
autorizzate a fungere da agenzie della Banca d'Itali� e lo Stato non intercorra 
alcun 'rapporto di dipendenza. 

(1) Sentenza di grande rilievo per la quale cfr. F. PIGA, Responsabilit� delle 
banche agenti nel regime del monopolio dei cambi e giurisdizione della Corte 
dei conti, in Giust. civ., 1980, I, 908. 

294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con U terzo, il ricorrente contesta la ,jpotizzabilit� di un danno 
deH'Era11io (.presupposto defila giurisdizione di .responsabihl.t�); in quanto 
il lamentato pregiudizio per 'l'economia nazionale integrerebbe Ja .semp1ice 
lesione di un interesse de1la collettivit�; e, con il quarto, contesta la 
competenza giurisdizionale della Corte dei conti a conoscere delle infrazioni 
vailutarie. 

Con Ie riassunte censure il ricorrente sostiene in sostanza che la 
responsabiJit� amministrativa vailga a radicare, in caso di danno patrimoniale 
dell'Erario delio Stato (e non .di mera lesione �di un interesse 
de1la collettivit�), Ja giurisdizione della Corte dei conti soltanto nei .confronti 
di persone fiSJ�!che legate a1lo Stato da un rapporto di dipendenza. 

Il problema che si pone � se, in caso di illegale esportazione di 
valuta, conseguente al comportamento �colposo, �di una banca (rnella 
specie, Banco di Napoli), autorizzata� dalla Banca d'Italia a svolgere, 
quale sua agen:ziia, la funzione di contro11o preventivo suii pagamenti ed 
accrediti all'estero affidata all'Ufficio Italiano dei Cambi ed eseroitata 
ex lege per mezzo della Banca d'Italia, Jia cognizione della responsabilit� 
amministrativa dell'listituto ba[J)cai:fo per -il pregiudizio deri.vato alilo Stato 
dal suo atteggiamento co1pevole, per avere concesso illegittimamente il 
cosiddetro benestare bancario, sia compresa nell'ambito della giurisdizione 
di responsabilit� della Corte dei conti? 

Intimamente collegati ad esso .sono iJl quesii.to se vicorra un .rapporto 
di serViizio fra lo Stato e l'Istituto di credito, autorizzato dalla Banca 
d'Italia a svolgere fa funzione di controllo sui pagamenti ed aoorediti 
all'estero, e la questione se il pregiudizio che derivi allo Stato dalla 
illegale esportazione di valuta dntegri un evento di danno per l'Erario 
dello Stato ai sensi ed agJi effetti dell'art. 52 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 
(t,u. delle leggi sulila Corte dei conti) e degli artt. 81 e 82 del 1r.d. 18 novembre 
1923, n. 2440, suJl'iamm1nJ.strazione del patrimonio e suhla contabilit� 
generale 'dello Stato. 

11 problema proposto attiene ai Limiti delle attri.buzioni giurisdizionali 
della Corte dei conti iin materia di � contabHit� pubb1ica �. 
La competenza giurisdizionale della Corte dei conti, in tale materia, 

�' 

copre -secondo fa tradizione legislativa e l'elabo:r~azione giurisprudenziale 
-oltre a tutto i:l campo della rendiconta:ziione dei pubbl!ici fllil1ZI�onari 
e degli agenm all'amministrazione, quello della responsabi.J.ii.t�, I�nerente 
al rapporto di servizio degli stessi nei confronti dehl'amministra:
ziione (<cosiddetta responsabilit� amministrativa); e le fonti �di diritto 
positivo relative alla giurisdizione di responsabiHt� vanno indiv11duate 
nella citata disposizione dell'art. 82, p1:1imo comma, del r,d. 18 novembre 
1923, n. 2440, la quale stabilisce che sono assoggettati alla giurisdizione 
di responsabiilit� gli dmpiegati che, per azione o ammissione, anche soltanto 
col.posa, nell'eserci:ziio delle loro funzioni, abbiano cagionato danno 


PARTE I, SEZ. III. GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 295 

allo Stato, e nella norma deH'art. 52, pl1imo comma, del rid. 12 luglio 1934, 

n. 1214, la quale prevede Ja giurisdizione de1la Corte dei conti, per i 
� fUJilZionari �, !impiegati ed agenti, civili e mi:litarii, che nell'eseroizio delle 
loro funZJioni, per azioni od omissioni ,imputabili anche a sola colpa o 
negligenza cagionino danno a1lo Stato �. 
Invero, i:n taluni terimim -non delimitando la Costituzione le cennate 
aree -si � espressa la giurisdizione de1le Sezioni Unite de1la Corte 
Suprema (sent. 20 luglio 1968, n. 2616; sent. 5 febbraio 1969, n. 363; sent. 
18 lug1io 1979, n. 4244; sent. 8 ottobre 1979, n. 5184), fa quale ha ritenuto 
che ,l'art. 103, secondo comma, della Costituzione, abbia 1inteso assegnare 
-data la nozione polivalente di �contabilit� pubblica� -alla Corte dei 
conti una competenza girurisdizionale generale nelJa deLineata materia, si 
da ricomprendere -tendendo la giudsdizione di conto a seguire l'evolversi 
della finanza pubbHca (dello Stato e degli enti territoriali miil1ori) 
verso forme pi� complesse ed articolate at1linenti ad estese finalit� 
pubblilche -nell'ambito del contenzioso contab1le Ja giurisdizione di 
responsabilit� per danni, oriiginati nel corso di un rapporto idi impiego 
e di serviZJio e connessi alla gestione finanziariia e patmimoniale svolta 
dall'amministrazione dello Stato e di 1altro ente pubbJico. 

Si �, quindi, affermato dalla Corte Suprema (cfr., da ultimo, sent. 
18 lug1io 1979, n. 4244; sent. 8 ottobre 1979, n. 5184) che, al fine di determinaire 
l'ambito della giumsdizione di responsahl1it�, debbono concorrere 
i seguenti requisiti (soggettivi ed oggettivi): che il danno sia lamentato 
dallo Stato (o d:a altro ente pubblico territortlale o non economico); che 
sia chiamato a rispondere un soggetto legato all'amministrazione pubblica 
da un ,rapporto d'impiego o di servizio; e che 11 danno s.ia causato 
nell'esercizio idi un'attivit� ,merente a tale ,raipporto. 

Restano, per d�, assoggettati alla giurisdiZJione della Corte dei conti 
in materia di responsabilit� amministrativa tutti i giudizi per danni arrecati 
allo Staio ( o ad altro ente pubbliico) dai sogget1li che, inseriti nel 
suo apparato organizzatorio, svolgano la loro attivit� nella sfera .d:i esso. 

Il problema da l'isolvere �, qulindi, se, nel caso d:i specie, ricorra un 
rapporto di servizio fra lo Stato e ,l'istituto baincario, autorizzato dalla 
Banoa d'Itahla a svolgere Ja fUJnZJione di contro1lo (rpreventivo) suHe operazioni 
di accredito alJ'estero d:i valuta che, affidata all'Ufficio Italiano dei 
Cambi, viene svolta ex lege dalJa Banca ,d'Italia. 

Trnttasi cio� di stabiillirn se il rapporto tra lo Stato ed iil cennato 
istituto di credito sia tale da �inserirlo ne1l'apparato organizzatorio dello 
Stato, investendolo di una pubblica funzione di controllo ed obbldgamdoJo 
cos� a tenere il medesimo comportamento imposto ai soggetti che, rivestiti 
di un pubblico ufficio, siamo legati all'amministrazione da un mpporto 
di dipendenza, e cio� ad operare m conformit� delle presrcrizioni di legge 

o di regolamento e deJJe istruzioni d,nterne di servizio. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

296 

Nella disamina della delineata questfone, occorre muovere dai dati 
normativi. 

L'art. 2, quarto comma, del d.l.lgt. 17 maggio 1945, n. 331 (Costituzione 
del:l'Ufficio Italiano dei Cambi e passaggio ad esso dei poteri dell'Istituto 
Nazionaile per i cambi eseroitante le funzioni di controllo suHe 
opera2'Jioni di pagamento e di aocredito all'estero, svolte a mezzo della 
Banca d'Itailia) dispone che �l'Ufficio Italiano dei Cambi effettua le operazioni 
di sua competenza a mezzo della Banca d'Italia e delle b:arnche 
da questa autorizzate a fungere da sue agenzie�. 

L'art. 6 del dJ. 28 luglio 1955, n. 586 (Nuove norme suUa negoziazione 
e ila cessione di valute estere allo Stato) prescrive che le banche presso 
le qualii. sono ,istituii.ti i conti in valuta estera hanno l'obbligo di controllare 
che l'utilizzo, per pagamenti a1l',estero di importazioni dd merci, delle 
somme accredidate nei conti abbia luogo in conformit� aLle disposizioni 
emanate dal Miirui:stero per hl CommeI'cio con l'estero. 

Il d.l. 6 giugno 1956, h. 476, (Nuove norme valutiairie e istituzione dii un 
meroato libero di bigliietti di Stato e di banca esteri), poi, stabilisce, nell'art. 
10, primo comma, lett. d, che la Banca d'Italia e Ie aziende dii credito 
autorizzate a fungere da sue agenzie possano, in base a1le autorizzazioni 
ministeriali, cedere i biglietti di Stato e di banca esteri ai restidenti 
per il pagamento dei debiti denivanti da operazioni effettuate in base ad 
autorizllazioni ministeriali; e, nell'art. 14, 1che alle banche � vietato dare 
esecuzione ad operazioni non effettuate in conformit� delle disposizioni 
contenute nel deoreto legge. 

Infine, il deoreto del Ministro per il commercio con l'estero del 
20 novembre 1967, (vigente ail'epoca dei fatti, contenente la discip[fa1a delle 
importazioni e delle esportazioni e de1le denunce e dei benestare delle 
stesse, dispone, nell'art. 1, primo comma, che Je importazioni di merci 
sono consentite, mediante provvedimenti autorizzatoci, su presentazione 
del ben~tare bancario rilasciato daJila Banca d'Itailia e dalle Aziende di 
credito autorizzate a fungeTe da agenzie di questa; e, nell'art. 3 che i 
benestare bancari, denominati Mod. A Import, devono essere compilati 
in conformit� delle disposizioni di legge. 

Dalla riportata normativa � dato trarre le seguenti linee di disciplina 
delle operazioni di pagamento e di accredito di valuta aM'estero per 
importazioni di merci: la funzione di vigHanza e di controilJo, eseguita 
riguardo alle cennate operaziOilli, al fine 1dd consentire il foro svoJgiimento 
in conformit� delle disposizioni emanate dal Ministero per il commercio 
con J'estero, � espletata daill'Uffioio Italiano Cambi mediante l'attivit� 
operativa defila Banca d'Italia e dehle banche da questa autorizzate a 
fimgere da sue agenzie; gli 4sti1luti di credito, operanti �come agenzie della 
Banca d'Italia, 1sono tenuti a rilasciare, al fine dii pemnettere l'intervento 
dei provvedimenti autocizzatoI1i governativi, cui � condizionata la legit



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

timit� delle operazioni, i benestare bancari (denominati Mod. A Import), 
accertanti la regolarit� dei pagamenti e degli accrediti di valuta all'estero 
da effettuare peir importazioni di mevci. 

In base a ta1i direttirici pu� :r�Jevarsi ,come le banche, autorizzate 
da1la Banca d'Italia a fungere da sue iagenzie, vengano a svolgere, in 
ordine alle opevazioni di pagamento e di accredito idi valuta all'estero, in 
occasione di importazioni di merci, la fimzione di vigiilainza e di controllo, 
propriia dell'Ufficio itailiano cambi 'ed assegnata alla banca d'Italia. 

E -poich� fa Banca d'Italia, proposta a pubblico ufficio investito 
della difesa del visparmio e dell'esercizio del ,credito, si trova con lo 
Stato-ammJlllistrazione in un rapporto di servizio -deve ritenersi che 
in siffatta relazione con l'ente pubblico-Stato vengano a 1lrovirursi ,anche le 
banche che svolgano (in posi:zlione ausii.IJiarfa) la funzione di contro1Io per 
conto (quali sue agenzie) della Banca d'Italia. 

N� osta a tale affermazione la circostanza che si tratti di persone 
giuridiche, giacch� -come si vitiene dalla pi� autorevole dottrina possono 
trovarsi in rapporto di servizio con un ente pubblico, oltre a 
persone fisiche, anche persone giuridiche (ed enti di fatto), che siano 
preposti ad uffici (ed assegnati a funzioni o servizi pubblici). 

Ed ,j,n tal senso si sono gi� espresse le Sezioni Unite di questa 
Suprema Corte (con 1a sent. 5 febbraio 1969, n. 363), le quali hanno 
Ilitenuto che un rapporto di servizio possa instaurarsi quando un istituto 
di credito, prestando un servizio ad esso assegnato da un ente pubblico, 
venga ad inserirsi nell'apparato organizzatorio di questo. 

Posto, adunque, che la Banca che svolge, quale agenzia della Banca 
d'Italia la funzione di vigilanza e di contro1lo suhle operazioni di pagamento 
e dii aocred.ito all'estero, propria dell'Ufficio itaUano oombi, debba 
considerarsi in rapporto di servizio con lo Stato per essere investito (dn 
viia ausiliaria) di una funzione pubblica e preposta (dn via VJ�caria) ad un 
ufficio ed a oompi1li dello Stato, viene in considerazione iii determinante 
profilo 1se il pregiudizio derivante allo Stato dalil.'illega:le esportazione di 
valuta, conseguente al non covretto esercizio, da parte della banca, della 
funzione di vigilanza sull,e opeiiazioni di pagamento e di accredito a1l'estero 
in occasdone idi importazioni di meI1Ce, integri (o meno) urn evento di 
danno per l'Brario dello Stato ai sensi ed agli effetti dell'art. 52 del t.u. 
delle Jeggi suMa Corte dei conti (approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214). 

In ovdine al tema delineato, va ,rilevato come -non riscontrandosi 

nella lettera de1Ia legge ,aikuna qualificazione oggettiva del dairmo erariale 

e non incontrandosi alcun limite ai fini del co1legamento dell'antigiuridi


cit� ad un 1comportamento soggettivamente concreto -la concessione 

ontologiica del danno erariale debba essere individuata nella (ingiusta) 

lesione di un dnteresse (economicamente valutabile) di pertinenza de1lo 

Stato. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

298 

Va, quindi, determinato quale sia l'interesse economicamente ri�levante 
de1lo Stato che venga leso dall'illegale esportazione di valuta in 
conseguenza deH'iJ1legittilmo accredito di valuta all'estero iJn occasione di 
i.mportiaz.ioni di merci, che sia stato autorizzato a causa del non corretto 
esemi2lio della funzione di controllo preventivo da parte deHa banca, 
operante quale agenzia del.la BaDJca d'Italia. 

Lo Stato-comunit�, nell'attuale momento storico, mira, mediante 
l'opera del suo complesso ed iairticolato apparato, ad assicurare, 1con cura 
attenta e so1lecita, l'equiliblrio economico deLLa societ�, costituente finalit� 
pubblica primaria dello Stato moderno. ALl'uopo, � stato predisposto un 
coordinato e graduato �sistema di strumenti norimativi, giudi:dari ed amm:inistrativ.
i �rivolto ad attuare attraverso predeterminate e sipecifiche fun. 
:doni demandate ad organi dello Stato-amministraz.ione, la tutela �concreta 
de1l'ilnteresse generale del corpo sociale aLla salV1agua11dia, .a:ll'increme:nto 
ed al progresso delil'economia nazionale. 

E sotto questo aspetto, e cio� in rorrelatlone ed a causa delle predette 
fun2lioni, il detto interesse deve �onsiiderarsi asstllilto come. proprio 
dallo Stlato; per modo che ogni fatto �che ne ostacoli e ne comprometta la 
realizzazione e comunque iincida negativamente sul conseguilmento rin 
concreto dei fini cui sono preordinate le funzioni pubbliche di cui si 
discute, integra -ohre a1la menomazione deLla detta sfera funzionale anche 
la 1lesione de1lo speciifico interesse pubblico cui essa risulta coordinata 
e di cui lo Stato, appunto per .le funzioni di cui � investiito, � 
titolare. E tale 1lesione � senza dubbio astrattamente idonea a tradursi 
in un pregiudizio economico ed a configurare perci� un danno antigiuridico 
(dr. per riferimenti generali, a proposito della tutela di iinteressi 
de1la collettivit� riferibili ad enti pubblici <in ragione de1le specifiche fun. 
zioni di cui gli enti stessi siano investiti, sent. sez. un., 19 giugno 1979, 

n. 10, �in tema di salvaguardia dell'assetto urbanistico del ternitorio). 
Ed � indubbio che tale interesse (di natura eminentemente pubblillca) 
sia valutabi.le anche in termmi economici, �in quanto la sua desione � 
suscettibile di ripercuotersi pregiudizievolmente sulla situazione della 
economia nazionale, incidendo negativamente su11a ocUJlata e regoJare 
utilizzazione delle di�sponibilit� valutarie e quindi sull'equilibrio de1La 
bilancia dei pagamenti e sUJlla situa2lione complessiva dell'economia. 

Ora, basta questa possibiHt�, sia pure venificata in v:ia generale ed 
astriatta, osisia la mera ipotizzabi1it� di un danno economkamente rilevante 
coLlegarto alla lesione di un interesse proprio dello Stato peff"Ch� 
COIIJCOI'm -lll aggiunta ,a11'elemento del rapporto idi serv.izio -l'altro 
elemento delila fattispeoie 1che, secondo ile norme citate, costituisce il fondamento 
de1la giurisdizione della Corte dei conti in tema di responsabilit� 
amministmtiva. 

I' 


~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 299 

Stabilire, poi, se il pregiudizio economico per lo Stato sussista in 
conoreto, quale ne sia la consistenza e con quali oriteri e parametr�i debba 
essere valutato e commisurato, � questione che attiene al � meriito � e che 
non pu� essere es:aminata in questa sede. 

In conc1usione, va rigettato il riicorso per regolamento di giuidsdizione 
e, conseguentemente, va dichiarata la giurisdizione della Corte dei 
conti. (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 gennaio 1980, n. 416 -Pres. Rossi -
Rel. Franceschem -P. M. Saja (conal. conf.) -Cassa di Previdenza e 
di Assistenza a favore dei Dottori Commercia1istd (avv. Cervati) c. 
Ministed Lavoro e Previdenza Sociale e Tesoro (avv. Stato Mamloni). 

Giurisdizione civile -Tutela dei lavoratori per il conseguimento di prestazioni 
amministrative -Istituti di patronato -Loro finanziamento 
posto dal dJ. C.p.S. 29 luglio 1947, n. 804, a carico degli Istituti che 
gestiscono le varie forme di previdenza sociale -Norma di azione e 
norma di relazione Determinazione dei soggetti tenuti alla contribuzione 
-Discrezionalit� amministrativa -Giurisdizione ordinaria ed 
amministrativa. 

Sussiste la giurisdizione dell'a.g.o. in tema di determinazione concreta, 
da parte della pubblica amministrazione, degli istituti che gestiscono varie 
forme di previdenza sociale e tenuti a contribuire al finanziamento di 
istituti di patronato ed assistenza sociale, ai sensi del d.l.C.p.S. 29 luglio 
1947, n. 804, perch� quest'ultimo non pone una norma di azione, bens� 
indica, senza lasciare spazio ad alcun potere discrezionale della P.A. 
quali siano i soggetti tenuti alla contribuzione (1). 

(omissis) II d.l.C.p.S. 29 luglio 1947, n. 804, contriene norme suil riconoscimento 
giuridico degli istituti di patronato e di assistenza sociale. 
L'art. 1 stabilisoe che �spetta� a tali istituti �l'esercizio dell'assistenza e 
tutela dei .Iavoratori e dei loro aventi causa per il conseguimento in sede 
amministrativa delle prestazioni di qualsiasi genere previste da leggi, 
statuti e contratti :regolanti la previdenza e fa quiescenza �. 

Dopo aver riservato alle assooiiazioni nazionali di lavoratori la costi


(1) Sul punto il Consiglio di Stato con sentenza 25 ottobre 1977, n. 828, 
aveva invece dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo, individuando 
nella norma di cui all'art. 4 del d.l.C.p.S. 29 luglio 1947, n. 804, una 
tipica norma di azione, disciplinante l'attivit� della p.a., volta al fine del perseguimento 
del pubbHco interesse e pertanto suscettibile di tutela solo subordinata 
e riflessa, tipicamente inerente ad una situazione di interesse legittimo. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

300 

tuzione di detti Istituti (art. 2) e avere chisciiplinato il contenuto essen-. 
zi<hle dei relativi statuti (art. 3), il decreto legiS<lativo 'stabfuHsce (art. 4) che 
�al finanziamento deg1i Istituti di patronato e di assistenza sociale si 
provvede con i'l prelevamento di un"aliquota percentuale sul gett:ito dei 
contributi incassati, a termine di legge o di contratto collettivo, dagli 
fatituti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale �. Tale 
aliquota -prosegue 'l'avticolo -� � determinato ogni anno con decreto 
del Ministro per 11 ilavoro e la previdenza sociale, di concerto con il 
Ministro per il tesoro, in mrusura non superiore 'alite 0,50 per 'oeinto dei 
contributi versati agli istituti di previdenza�. 

L'art. 5, stabilisce quindi, ail primo comma, le mod<hlit� 'con '1e quaJ.i 
detti fondi debbono essere versati � dag1i Istituti ohe gestiscono le varie 
forme di previdenza �. 

In relazione alla questione di giurisdizione, che ritenne proposta 
dinnanzi a s�, il Consiglio di Stato ha osservato che non era dato dubitare 
delila giuri.sdiZlione del giudice amministrativo nella materia in esame. 

I ricorsi vertevano, infatti, sulla �appld.cazione di una nonr.na di azione 
intesa a disciplinare l'attivit� della pubblica amministraziione. Ad avviso 
del Consiglio di Stato, il sistema di finanzian:nento previsto dalla .legge 
con le operazioni de~date �ad amministrazioni oentrnli dello Stato, 
anche per quanto atmene aill'aiocertamento avente per oggetto la tindividuazione 
degli Enti tenuti, secondo .1a 1egge (e non disoreziionailime:nte 
determinati dalla p.a.) a1la �contribuzione, � chiaramente inteso ail perseguimento 
,dJi un �interesse pubblico (repenimento dei mezzi necesSlari. al 
fa.mziionamento degli enm di patronato); non a riconoscere direttamente 
a determinati soggetti (Istituti di patronato per un verso; Oasse ed Enti 
di previdenza per l'altro), posizioni autonome con rilevanza dnterna, 
esorbitanti, cio�, dalla sfera della p.a., per assicurare loro, direttamente 
ed !immediatamente, una posizione soggettiv,a. 

La tutela dei soggetti �, dunque subordinata e riflessa, dando cos� 
~uogo ad un interesse kg.ittimo dei medesimi, non ad un loro diritto 
soggettivo. 

Osserva iil Colilegio che la riportata argomentazione non fornisce 
adeguata giustificazione della relativa statuizione. 

Infatti non appare esatta la definiziione della intera nonnatiV1a contenuta 
nel d.L C.p.S. iin esame quale norma d'aziione, nel cui ambito non 
potevano emergere che posizioni di interesse legittimo in f�avore dei 1soggetti 
1coinvolH nella sua applicazione. 1..Ja dedsione impugnata ha omesso 
di rilevare che, nell'ambito di tale normativa, hl legislatore ha stabilito, 
per Ja provv~sta dci fondi, un �silstema impositivo di contenuto patrimoniale 
nei 1oonf)ronti degli Istituti � ohe gestiscono le varie forme di previdenza 
,, e che Je disposizioni che contengono J'imposizione non possono 
considerarsi quali norme di azione nel momento !in cui indicano i -sog



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

getti obbligati aLla prestazione e comunque, sotto una opinabile definizione 
della natura delle norme non .si pu� esauri..re l'indagine essenziale 
in tema di riparto della giurisdizione, vaile a dire quella �dio:"etta a 
qualificare 1a posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo che 
� dedotta quale causa petendi; indagine rispetto alla quale que!Ja definizione, 
proposta da:Jila dottmna pu� fornire ausilio solo se rigorosamente 
verificata nel dato positivo. 

Nella specie l'ente rkorrente sollecita con la propria domanda, J'accertamento 
che Ja normativa di 1cui al d.l. C,p.S. n. 804 del 1947 non pu� 
essere applicata nci suoi confronti in quanto esso non � collocabile ne�la 
sfera degli enti contemplati quali soggetti passiv� del prelievo. 

La norma, in quanto prevede questo � prelevamento�, rientra tra 
quelle che impongono i cosiddetti doveri di prestazione �introducendo un 
procedimento lato sensu oblatorio (a contenuto obbligatorio) riconducibile 
alla previsione di cui ailil'art. 23 della Costituzione, pmcesso applicabile 
a qualsiasi prestazione patrimoniale o pevsonafo � iimposta � in 
base alla legge (Corte costituzionaile, sent. 23 maggio 1973, n. 67) e che 
consente l'assegnazione ad organi amministrati.vi di compiti non soltanto 
meramente esecutivi, ma anche di determinare elementi, presupposti o 
limiti, varilamente lindividuabiiH, di una prestazione iimponibiile, ~n base a 
dati od apprezzamenti tecniioi (Corte costituzionale, da sentenze n. 4, 30 e 
122 del 1957 e n. 99 del 1968 e .n. 21 e 72 del 1969). 

In tali casi si ha un co1legamento tra atti normativi primari, culi solo 
spetta imporre le po:"estazioni, e successivi provvewmentli ministeriali, 
che ne dipendono (Corte costituzionale, sent. n. 129 del 1969). 

NeHa normat�va in esame, tale ipotesi appunto si vecifiica: ma il 
compito demandato alla pubblica amministrazione concerne unicamente 
(per quanto attiene all'imposizione) fa determinazione de!Ja aliquota 
annualmente dovuta (art. 4, secondo comma) mentre la determinazione 
dei soggetti obbligati � contenuta nella fogge stessa che la individua 
(primo comma) negLi � Istituti che gestiscono le varie forme di previdenza 
sociale �. 

Poich� l'imposizione di prestazioni patrimoniali incide 1su pos1z1ooi 
di diritto soggettlivo, e poich� la disposizione ora citata non lascia alcun 
margine di discrezionaHt� (n� avirebbe potuto Jiasciarla) a!Ja ipubhlica 
amministrazione nella determinazione dei soggetti colpiti dalil'imposizione 
medesima, sembra e'Vlidente che ove un ente -come avviene nelila 
specie -chieda un oocertamento negativo circa �la propria appartenenza 
alla categoria indicata nell'art. 4, primo comma della legge dtata, deduce, 
come causa petendi l'accertamento di una tipica posizione dd diritto sQggettiivo, 
e la carenza, ,in �radlice, del potere della pubblica amministrazione 
di inddere su di essa: H che tim:dica senza mcertezze la giurisdizione del 
giudice o:rxlinario suJila relativa controversia, OO!llle ha stab:iiliito ~ 


302 RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO 

fermissima giurisprudenza di questa suprema corte (da ultimo: sent. 

n. 152 del 1979). 
Ben si intende ohe, con ci�, non si vuole �indulgere a:Ua teoria della 
prospettazione, essendo oonsoio il Collegio �che a radicare Ja giurisdizione 
del giudice ordinari.o occorire �che la negazione del potere di affievolimento 
del d:iiritto soggettivo, presente �sostanziale aderenza alla norma 
che regola in astratto la materia controversa (cfr. Cass., sent. n. 3510 � 
del 1971; n. 1500 del 1976; n. 455 del 1977). Ma tale d.ndagine -come si � 
gi� visto -�indica che sussiste .in astratto questa aderenza, nel senso 
che la questione sottoposta al giudice cOll!siste nella definizione deHa 
categoria degli enti assoggettabili al prelievo finan:zfario secondo la 
legge e della riconduoibi!li!t� in �concreto idi determinati enti neHa categori.
a stessa. 

La determinazione delilJa giillirisdizione del giudice ordinairio non pu� 
essere .impedita dal rilievo ohe l'individuazione dei �soggetti obbLigati e la 
determinazione dell'aliquota del prelievo sono strettaimente e funzionalmente 
collegate, e che, avendo �i ricorrenti impugnato �anche la misura 
dell'aliquota dinnanzi al giudice amministrativo, questi poteva e doveva 
decidere incidenter tantum anche sull'altra questione. L'obiezione non ha 
alcuna rilevanza e conoludenza. Infatti la questione della assoggettabiJit� 
al prelievo � ovviiamente pregiudiziale rispetto 1alla questione relativa al 
quantum debeatur, ed � da questa ben dismnta. Pertanto l'esame della 
seconda questione acquista �rilevanza rprocessuale e pratica utilit� solo se 
e quando la prima si risol\ne in senso affermativo; ma a fronte dii essa 
iil giudice amministrativo avrebbe dovuto .dichiarare il propriio difetto di 
giurisdizione e quindi astenersi dal pronunziare e sull'una e sull'altra 
proprio per il collegamento tra di loro esistente, e che � di dipendenza 
dell'una �dall'altra. 

D'alt11a parte, la tempestiva 1impugnazione dehla decisione del giudice 
amministrativo ha impedito che la statuizione sulla giurisdizione potesse 
costituire una preclusione opponibile in questa sede. (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 gennaio 1980, n. 557 -Pres. Rossi -
Rel. Biile -P. M. Saja Cconcl. conf.) -Pio I1s1lituto S. Spirito ed Ospedali 
Riuniti di Roma (avv. Radius e Fusieo) c. Universit� degli StUJdi di 
Roma (avv. Gianniru e Sa1JJJduli1i) e Ministeri Sanit� e Interno (1avv. 
Stato Freni). 

Giurisdizione civile -Enti pubblici riconosciuti come enti ospedalieri dalla 
legge 12 febbraio 1968, n. 132 � Attribuzione di strutture per l'esercizio 
della pubblica funzione -Giurisdizione del giudice amministrativo 
sulle controversie attinenti ai beni attribuiti o non attribuiti. 

Al riconoscimento, effettuato ad opera della legge 12 dicembre 1958 

n. 132, come enti ospedalieri, degli enti pubblici che alla entrata in vigore 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 303 

della detta legge provvedevano esclusivamente al ricovero e alla cura 
degli infermi, consegue soltanto l'individuazione delle strutture istituzionali 
per mezza delle quali l'ente � posto in grado di svolgere la propria 
attivit�, e non anche l'attribuzione di un diritto reale dell'ente ospedaliero 
su edifici che sono ad esso destinati solo per l'esercizio di una 
pubblica funzione: rientra pertanto nella cognizione del giudice amministrativo 
la controversia avente per oggetto la pretesa dell'ente ospedaliero 
di rivendicare la propriet� di taluni beni non attribuitigli, trattan-' 
dosi invece di interesse legittimo collegato con l'interesse pubblico al 
quale la fattispecie � strettamente inerente. 

(omissis) 1. -Il Consiglio di Stato ha ritenuto :H decreto presidenziale 
impugnato daJJ.'Universit� di Roma illegittimo per violazione di legge 
pe11ch� aveva dichiarato il Po1ioJ�nico dii Roma compreso nell'ente ospedaliero 
� Pio Istituto di S. Spiirito e Ospedatl:i lriuniti �, sebbene la J.egge 
26 ottobre 1964, n. 1149, �avesse destinato lo istesso Poliolinico all'Universit�, 
per le esigenze di ampliamento e ammodernamento de1le diniche e 
degli istituti delle facolt� di medidna e chirurgia. 

Secondo il Piio Istituto ricorrente ila decisione deve essere cassata per 
difetto di giurisdizione in quanto ha sostanzialmente pronunziato in materia 
di diritti soggettivi, finendo per negare l'esistenza del diritto reale da 
esso vantato sul Policlinico, ed in quanto, si basa su una legge che, .cJiisponendo 
di fatto un'espropI1iazione senza indennizzo, appare sospetta di 
illegittimit� costitu:llionale. 

La tesi � fondata. 

2. -I padiglioni e le aree del Policlinico Umberto I di Roma furono 
concessi Jn uso perpetuo al Pio Istituto di S. Spiri.to e Ospedali riuniti 
di Roma con convenzione del 22 gennaio 1898, approvata con legge 25 febbraio 
1900, n. 56. 
Tale regime ha avuto termine con la citata legge 26 ottobre 1964, 

n. 1149, che ha � �revocato� la �concessione� (�airt. 1, secondo comma), 
dopo avere destinato �l'intera area con padiglioni e sew:i:lli del Poli.clinico 
Umberto I 1di Roma � all'Universit� di Roma per le esigenze prima ricordate 
(art. 1, primo comma). 
Suocessiivamente � entrata �in vigore la fogge 12 febbraio 1968, n. 132, 
la quale prevede espressamente a1l'art. 1 che l'assistenza ospedaliera � 
svolta dagli enti ospedalieri (primo comma) e inoltre �dalle cliniche e 
dagli istituti universitari di tjcovero e cura, per i quali, fevmo �restando 

(.1) Dooisione da condhr.idere. In senso difforme cfir. Cass., Sez. Un., 

n. 522/11978, che per� si riferisce �a pretese dei nuo'Vi� enti ospedalieri cos.frtuiti 
per distacco, dliJ Tivend!itcare Wa propdet� di ta/Juni beni non attribudti. 

304 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

quanto previsto per gli stessi dalle disposizioni particolari, si applicano, 
Hmitatamente 1all'ese:rdzio dell'attivit� aissistenziale, le norme della presente 
legge� (terzo comma). 

Proprio ai sensi di tale legge -e preaisament degli artt. 3, 4 e 54, 
concernenti rispettivamente: il riconoscimento come enti ospedalieri degli 
enti pubblici ohe all'entrata in vigore de1la norma provvedevano esclusivamente 
al ricovero e alla cura degli 1infermi; l'emanazione al riguardo 
dii decreti del presidente della regione; e, anteriormente all'integrale 
attuazione dell'ordinamento regionale, di decreti del Presidente della 
Repubblica -� stato emesso H d.P.R. 19 febbraio 1970, n. 167, contenente 
il riconoscimento �del Pfo Istiituto .come ente ospedaHero e la ricognizione 
degli ospedaLi m essi compresi. 

Nella prospet<tiva delle citate disposizioni quindi il decreto si � limitato 
ad :iindividuaire �le strutture istituzionali dell'ente ospedaliero attraverso 
ile quali esso � posto in grado di svolgere la proprJ.a attivit� di 
assistenza, onde da queste finalit� esula -n� potrebbe es1sere altrimenti 
-ogni 1intento di attribuire all'ente la propriet� dei singoli ospedali 
considerati nel provvedimento. 

Coerentemente con questa �ilmpostazione l'Universit� di Roma ha impugnato 
dinnanzi il Consiglio di Stato il decreto presidenziale (per la parte 
in cui menzionava il PoliicLinico fra gli ospedali del Pio Istituto) non 
certo per ottenere l'accertamento di un proprio diritto reaile, ma per 
difendere la 1sfera deHe propri.e attn:iibuzioni istituzionali, ritenendo che la 
struttura funzionale costiituita dal Policlinico, era stata iinserita nella 
propria organizzazfone della legge n. 1149 del 1964 e che con tale legge 
il decreto presidenz1ale si poneva conseguentemente in contrasto. 

� perci� chiaro come 1il Consiglio di Stato -dichiarando fi11egittimit� 
del deoreto per viiolazione di legge -non abbia in alcun modo 
giudicato in materia �di diritti .soggettivi, e come le eventuali questioni 
che al .r.iguavdo avrebbero potuto sor.gere sono (['imaste impregiudicate. 

3. -� del tutto estranea al tema in esame la diversa questione concernente 
la natura e gli effetti idei provvedimenti emanati ai sensi dell'art. 
5 della legge n. 132 del 1968, �in mater.i.a .di costituzione di 1enti ospedalieri. 
mediante distacco di ospedali da enti pubblici aventii come sicopo, 
oltre l'assistenza ospedaliera, anche finalit� diverse; .in questa ipotesi 
l'amministrazione procede � all'indiviiduazione e alJl'inventario dei beni 
che sono trasferiti all'ente ospeda1iero � (art. 5, secondo comma). 
Interpretando tale disposizione le 1sezioni Uillite han!Ilo affermato che 
essa comporta effetti patrimoniali nel senso che tialuni beni sono devoJuti 
all'ente al quale sono trasfevite le funzioni cui i beni stessi �era:no destinati, 
e sono sottratti ai precedenti titolari, .cui quelle funzioni pi� non 
competono, con la conseguenza che la .controversia avente ad oggetto la 
pretesa del nuovo ente ospedia1iero costituito per d1stacco di rrivendicare 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 305 

la propriet� di taluni beni non attribuitigli � devoluta a1la cognizione 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria (cfr. sent. n. 522 del 1978). E d'altro 
canto -mettendo 'in rilievo la peculiare natura de1la situazione giuridica 
in �Cui versa l'ente pubb1ico investito di una pubblica funzione rispetto 
ai beni destinati arl1resercizio della fun:z;ione 1stessa, dei quar1i ha la disponibilit� 
appunto in 1ragione di tale .investitura -harnno poi precisato che 
il provvedimento in esame non ha carattere ablatorio, onde non pu� 
essere riconosduta alcuna tutela giurisdizionale arlla pretesa di iilndennizzo 
avan:z;ata dall'ente pubblico che abbai perso la titolairit� dei beni, per 
effetto deHa perdita della titolarit� deLla funzione (dr. sent. n. 1335 
del 1976). 

La presente fattispecie peraltro non si dinquadra nell'amb~to de1l'art. 5 
della :legge n. 132 del 1968, sebbene in quell'art. 4, trattandosi di r"iconoscimento 
�di un ente ospeda;liero esistente, nei coni�ronti del quale deve 
escludersi ogni effetto traslativo di diritti rea�1i. 

4. � La posd:z;ione soggettiva fatta valere daH'Universiit� dinnanzi i1 
Consiglio di Stato ha natura idi interesse legittimo, essendo -al.la stregua 
dell'ordinamento positivo -collegata con l'interes,se pubblico in fun� 
zione del quale la legge conferisce all'autorit� il potere di provvedere 
(cfr. �sent. n. 1094 ded 1974). 
La legge n. 132 del 1968, 1riocdinando radicalmente ,j;l settore dell'assistenza 
ospedaliera, ha stabiJito quali enti possono svolgere tale attivit� 
ed ha conferito ad ovgani dell'amministrazione centrale o regionale una 
certa serie di poteri per la gestione dell'area funzionale individuata dallo 
specifico interesse pubblico perseguito. 

Pertanto <l'autorit�, nedJ.'esercizio di queste attribuzioni, deve contemplare 
-insieme con l1interesse pubblico al 'corretto svolgimento 
dell'attii.Vlit� ospedaliera -anche glri interessi particolari degli enti abHitati 
a tale svolgimento, che (in quanto collegati con l'interesse generale 
in virt� di una correlazione posta dalla legge) meritano la definri:zfone di 
interessi legittimi. Rra talii enti -per espressa di:sposi:z;ione dell'airt. l, 
terzo 'comma, della legge in esame -rientrano certamente le Universit�. 

L:a dedsione del Consiglio di Stato quindi non ha ecceduto i limiti 
della giurisdizione amministrativa. 
5. -Le conolusfoni oca enunciate non si pongono in contrasto con la 
gii� ricovdata sentenza n. 1335 del 1976, 1con 'la quale .Je sezioni unite -fo 
un caso in cui era stato costituito un .ente ospedaliero per distacco di un 
ospedale darll'Istituto nazionale della prevmdenza sociale, ari 'sensi dell'art. 
5 della 'legge n. 132 del 1968 -hanno esoluso la 1configurabilit� (non 
solo di un diritto soggettivo all'indennizzo, avendo H provvedimento 
natura organizzatoria ,e non ablatoria, ma anche di un interes,se legittimo, 
i�1 quanto di fronte ad atti di �esercizio del potere organizzatorio della 
pubbJiica amministrazione sono concepibili unicamente interessi di fatto, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rispetto a coloro che n911 abbiano, in vi1t� di una illOrma di Jegge, una 
posizione soggettiva qualificata nell'ambito della sfora di incidenza del 
medesimo potere. Su1la base di tali premesse la sentenza ha ,dichiarato 
il difetto assoluto di giurisdizione ancorando la decisione al rilievo delJ'inesistenza 
neH'ordinai:mento di alcuna norma �che tuteli Ia pretesa 
dell'I.N.P.S. ad opporsi o a resistere alla riorganizzazione del settore 
sanitario �. 

Nel aaso in esame invece la medesima legge n. 132 del 1968 -come 
si � detto -prevede Ia correlazione fra il potere organizzat011io dell'ammilllistJrazione 
pubbldca (centrale o regionale) e J'rnnteresse dei soggetti 
considerati � aH'intemo � dehl'area funzionale deputata aiM'assistenza ospedaliera 
e fra questi soggetti -portatori quindi di altrettanti [nteressi 
legit�imi -sono 1comprese le Unive11sit�. 

La differenza tra la presente fattispecie e que1la concernente I'I.N.P.S., 
ente strumentale dello Stato, per nulla considerato da1la Jegge attributiva 
del potere di provvedere, non esige ulteriori :hllustrazioni. 

6. _-Una volta stabiUto che la posizione soggettiva dell'Ulllivel'.1Sit� di 
Roma deve essere definita di interesse Jegittimo, ai sensi della Jegge 
12 febbmiio 1968, n. 132, il problema di gimisdizione 'sottoposto alle sezioni 
unite � risolto. E quindi la questione di legittimit� costituzionale deUa
1

legge 26 ottobre 1964, n. 1149, per assevito contrasto con l'art. 42, terzo 
comma, Cost., � ,irrilevante. 

Invero 'l'esame di tale legge -ammesso che possa assumere importanza 
ai fini delila valutazione del merito dell'impugnazione proposta 
dall'Universit� dinnanzi la giurisdfaione ammini1strativa -non spiega 
alcuna efficacia ai fini della decisione delle sezioni unite, che vimane rigorosamente 
drcoscritta all'ambito dei motivi ineJ'.lenti ail1a giurisdizfone 
(art. 111, terzo comma, Cost.; art. 362, primo comma, cod. proc. civ.). 

7. -Il dcorso deve _quindi essere .respinto. (omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 marzo 1980, n. 1989 -Pres. Rossi -
Rel. Fanelli -P. M. SHocchi -Scir� Alessandro, Gestivo Giuseppe, Lo 
Verso Girolamo, Rema Giuseppe (avv. Fondar�) c. Presidente deHa 
Regione Sid1iana (avv. Stato Freni). 

Giurisdizione civile -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Diritti 
patrimoniali conseguenziali -Rapporto di pubblico impiego Improcedibilit� 
del ricorso per cassazione. 

� improcedibile, ai sensi dell'art. 369, secondo comma, �n. 4, cod. 
proc. civ., il ricorso per cassazione insieme al quale non siano stati depositati 
gli atti o i documenti su cui lo stesso si fonda (1). 

(1) Nel ricorso veniva chiesto l'annullamento di sentenza del Tribunale 
di Paillel1lllo, :in sede di appellilo, che ~weva dichiarato il difetto di giurisdizione 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 307 

(omissis) Si sostiene con esso che ai decreti assessociali in data 
30 giugno 1973, di estensfone ai ricorrenti, dipendenti regfonaJ.i, dei 
benefici previisti per gli sta1laJ1i dai d.P.R. 28 ottobre 1970, nn. 1070-1079, si 
dovrebbe attribuire natura di riconoscimento, equiparabile -secondo 
UIIl.a giurisprudenza che i rico11renti non !1iohiamano, ma che evidentemente 
presuppongono (cfr. Cass., 20 febbraio 1962, n. 346; 5 agosto 1963, 

n. 2195; 30 giugno 1968, n. 1667; 21 ottobre 1971, n. 2954; 29 gennaio 1973, 
n. 6) -alla declaratoria di i;J;legittiimit� di atto amministrativo (di 
diniego delle pretese poi �riconosciute fondate) dalla quale discendono 
diritti pat11imonia1i conseguenziali devoluti dall'art. 7 deltla legge 6 dicembre 
1971, n. 1034, nonch� gi� dall'art. 30 del r.d.l. 26 giugno 1924, n. 1054, 
alJa cogni2lione del giudice 011d1nario; e tale qualificazione dei provvedimenti 
in questione discenderebbe, secondo i riicorirenti, oltrech� dal comportamento 
tenuto dall'ammdnistra2lione in 011ctine aLla foro esecuzione 
(rifiutata malgrado reiterate diffide), dai suc�cessivi decreti (30 marzo 1974, 
peraltro non registrati dalla Corte dei conti) di revoca dei precedenti. 
Orbene, tali atti non risultano esibiti dai ricorrenti che tuttavia su 
di essi fondano iJ proprio ricorso; n� Io sono .stati da:J:la resistente 
amministrazione, la quale ha esibito soltanto una nota con cui essa amministrazione 
comunicava all'avvocatura de1lo Stato la �sopravvenuta emanazione 
dei decreti di revoca; e poi:oh� questa Corte -che nel giudicare 
su1la giurisdizione � dnvestita dei noti, pi� �ampi poteri di 1indagine, estesi 
al diretto esame degli atti -non v.iene cos� posta in grado �di valutare la 
fondatezza delle ragioni addotte, n� d'ufficio ravvisa altre ragioni che 
possono autonomamente consentire di decidere la questione sottopostale, 
non pu� che farsi aprp1icazione del disposto di cui all'art. 369, secondo 
comma, n. 4 cod. proc. civ., alla stregua del quale il �r;icorso � improcedibile 
se �insieme ad esso non siano, fra l'altro, depositati gli atti e i documenti 
sui quali si fonda. (omissis). 

deJlli'a.g.o., sostenendosi dai ricorrenti (clipendenti delfo Regione SdciJ!liana) 1lia :possibilit� 
di quallificare nellL'aimbiito dei � diriitti patmmoniatli. oonseguenzli.al!i,, iil 
dill1itto ad ottenere il:'estensione dci benefici previsti per glii impiegati statali. dai 
d!PR 28 o1Jtobre .1970, nn. 107041079 e denega-ti d~fa Regione Siiailliiana con propil"io 
atto di autotutela. H Tribunaile �aveva mvece negato tale assunto, :ritenendo che la 
materia attenesse comunque al rapporto di pubblico im'piego. 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 novembre 1979, n. 5740 -Pres. San


du!Hi -Est. Liipari -P. M. Ferraiuolo �~conf.). Opera Sila {Avv. Stato 

Cevaro) c. E.N.E.L. (avv. Guerra e Patern�). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Servit� di elettrodotto volontaria e 
coattiva -Espropriazione di azienda elettrica e delle linee di conduzione 
con costituzione di servit� di elettrodotto su fondo dell'espropriato 
-Natura coattiva della servit�. 

La servit� relativa a condutture elettriche, gravante su di un fondo 
rimasto al proprietario dell'azienda elettrica espropriata nella sua globalit� 
a favore dell'E.N.E.L. con legge-provvedimf?,nto, ha natura coattiva 
e non volontaria (1). 

(omissis). 1. -Si discute in causa se la servit� di elettrodotto sorta 
a seguito del tr:asforimento all'E.N.E.L. di una centrale elettrica e dei 
relativi impianti, fra cui una ,J,�nea elettmca che in origine attraversava 
solo il fondo del soggetto espropdato da cui era stata scovporata l'azienda 
elettrica, debba consideravsi servit� coattiva o (volontaria) costituita 
per destinazione del padre di famiglia, e se conseguentemente l'onere 
finanziario per lo 1spostamento della linea medesima (crichiiesto dail gravato) 
resti a carico de1l'E.N.E.L. (titolare del diritto di servit�) ai sensi 
dell'art. 1068 cod. civ. 

Al problema i giudici di primo e secondo grado hanno dato �soluzioni 
opposte. Per il tribUIIlale la servit� di elettrodotto, indipendentemente 
dalle sue modalit� di costituzione, � sempre una servit� coattiva; per la 
Corte d'�a:ppeHo la coattivit� dipende daJie modalit� costitutive ed � 

(1) La sentenza che si annota, accogliendo la tesi sostenuta dll'Avvocatura, 
relativamente alla particolarissima fattispecie esaminata, ne ha tratto spunto 
per una attenta e approfondita disamina della giurisprudenza della stessa 
S,C. in ordine al�a costituzione di servit� coattive. 
Richiamandosi espressamente a.i noto insegnamento giurisprudenziale in 
materia di accordi sull'indennit� di espropriazione e sulla natura pubblicistica 
di essi, quando intervengono. in una determinata fase del procedimento espropriativo 
(v. per riferimenti G. LANDI e A. QUARANTA, Rassegna di giurisprudenza 
sull'espropriazione per pubblica utilit�, Milano, 1973, p. 109 ss e da ultimo 
Cass., 6 ottobre 1977, n. 4263 e 5 febbraio 1977, n. 5332) la sentenza ritiene in 
via generale, che anche l'accordo tra le parti in ordine aLla costituzione non 
escluda la natura � coattiva� della servit�, quando l'atto negoziale sia inter



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 309 

ravvisabile ogni qualvolta la servit� venga in essere in esecuzione dell'obb'ligo 
di legge di costituirla. 

Con H presente rico11so per cassazione si censura il ragionamento 
svolto dalla Corte d'appello per inquadrare la servit� considerata negli 
schemi deMa destinazione del padre di famig;Lia, escludendone la coattivit�, 
non riagganciaMle ad alcun modello legale, e si sostiiene che il 
decreto presidenziale di trasferimento coattivo dell'azienda elettrica 
rappresenta un idoneo titolo costitutivo della servit� coattiva di elettrodotto 
nelle forme del provvedimento esprnpdaDivo. 

In tale suo nucleo, laddove ipotizza sia stata costituita una servit� 
coattiva, escludendo la sussistenza degli estremi della costituzione per 
destina:ziione del padre di fomiglia, cui si � sov.rapposta da legge.provvedimento 
di espropriazione elettrica, il ricorso � fondato. 

La soluzione del problema nell'indicato 1senso comporta, preliminarmente, 
1che ripercorrendo l'iter �logico deUa decisione impugnata e quello 
del ricorso, che ne analizza miticamente le linee argomentative in modo 
non del tutto persuasivo, si puntualizzi, sulle linee. dello svolgimento della 
giurisprudenza di questo C.S., il concetto di servit� coattiva nell'angolazione 
dei modi di costituziione con particolare riferimento alfi.potesi 
della destinazione del pad11e di famiglia. 

2. -Secondo la Corte del merito la distinzione ka servit� coattiva 
e volontaria si fonda sul modo .di costituzione nel quale deve �riiflettersi 
quantomeno la volont� di eseguire un obbligo di legge, volont� esclusa 
necessariamente quando il titolo costitutivo sia un fatto g�uridiico e non 
un atto, sicch� laddove si ravvisa servit� per destinazione del padre 
di famiglia non pu� mai parlarsi di coattiviit�. 
Secondo il ricorrente entrambi g1i anelli del ragionamento svolto 
sarebbero censurabili perch� non il modo di costituzione, ma i�l contenuto 
tipico rispetto al qu�le la �servit� pu� venire imposta, qualifica la coattivit�, 
e perch� � il tipo di serVrit� che determina il modo di costituzione 
(e non viceversa) �sicch�, la constatazione che la destinazione del padre di 

venuto per realizzare l'obbligo della costituzione, ammettendo cos�, in via 
generale, che l'atto di autonomia privata si sostituisca a quello pubblicistico, 
cons.ervando per�, questo � 11 dato caratteristico, il suo legame con il momento 
pubblrucis1lico, che 1oonmnua ad avere ~a sua d1nf1uenza su1 rapporto (v. P. RESCIGNO, 
Manuale del diritto privato, Napoli, 1973, 449. Per una diversa impostazione del 
problema della distinzione tra servit� volontarie o coattive v. per� M. CONFORTI, 
Note sulla usucapibilit� delle servit� coattive, in Riv. dir. civ. 1971, I, 331). 
Si tratta di una tematica di estremo interesse su cui soltanto ora la dottrina, 
s'pecie privatistica, sta cominciando a portare l'attenzione con il necessario 
approfondimento, cog,liendo le reciproche influenze e condizionamenti dei due 
momenti pubblicistico e privatistico (v. per riferimenti L. V. MoscARINI, Profili 
civilistici del contratto di diritto pubblico, Teramo, 1979). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

famiglia � incompatibile con la coattivit� (stante la tassativit� dei modi 
di costituzione) dovrebbe portare ad escludere il ricorso alla suddetta figura 
e non gi� al ripudio della qualificazione in termini di coattivit�. 

Con .]l primo di essi si sostiene che le servit� coattive sono quelle 
qualdficate tali dal coddce e dalle leggi speciali, ovvero la cui costituzione 
� imposta dalla legge con un dato �contenuto al proprietari.o di un fondo 
a favore di un altro fondo; e che in presenza di detta qualit�, che ne 
caratterizza il contenuto, si ha sempre una servJt� coattiva. 

I.I motivo, nell'assolutezza della sua enunciazione, prova troppo perch� 
postula la costante pr.e".ailenza oggettiva della tipicit� del contenuto della 
servit� e genera1izza l'ii.ndifferenza del modo di costituzione, mentre 
occorre tener conto anche della componente soggettiva, nel senso che 
la coattivit� resta ferma solo quando l'accordo negoziale cui si addiviene 
� voluto soltanto per evitare che altrimenti la costituzione sia effettuata 
per atto di ]mperio; per converso fo stesso contenuto, tipico della servit� 
di elettrodotto pu� essere sussunto in un negozio posto in essere 
del tutto spontaneamente (e non come atto dovuto). Non � esatto quindi 
che una servit� di elettrodotto, stante il proprio contenuto, sia solo e 
sempre una servit� coattiva. E non � nemmeno esatto che il modo di 
costituzione sia comunque indifferente ai fini della qualificazione in termini 
di coattivit�, potendosi ipotizzare figure costitutive che non sono 
riconducibili all'atto volontario come atto di .soggezione all'asservimento 
che sarebbe altrimenti autoritativamente imposto, nelle quali, pertanto, 
la componente volontaristica � di ostacolo alla ricostruzione in termini 
di coatti-vilt�; ed una di queste figure �, sicuramente, la destinazione del 
padre di famiglia. 
3. -Delle enunciate proposizioni occorre ora p'!"ocedere con una 
sia pur succ�IIlta �illustraZJione, corroborata da riscontri giu11isprudenziali. 
Il codice civile vigente, all'art. 1031, distingue servit� �coattive e 
servit� volontarie, contemplando separatamente quelle venute in essere 
per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (ed a questa 
classificazione corrispondono tre capi del titolo VI, sulle servit� predia:li, 
che fanno seguito al pdmo contenente .Je disposizioni generali). Si � 
pe11Ci� proposta da tal.Uno una classificazione tripartita delle servit�, 
individuando nell'usucapione e nella destinazione del padre di famiglia 
fattispecie non negoziali (da cui esulerebbe ogni componente vuoi di 
coattivit�, vuoi di volontariet�). 

Ma fa messa in evidenza di un tertium genus non sembra giustificata 
dovendosi ravvisare anche nelle ipotesi dell'usucapione e deLla stessa 
destinazione dcl padre di famiglia a monte ddle relati.ve fattispecie 
un elemento volontaristico (rispetto al quale � ulteriormente possibile 
la verifica in base a.I criterio della sottrazione aH'ineluttabile provvedimento 
imperativo). 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

La sistemativa del codice, quale risulta da1l'art. 1031, non � molto 
felice nella -individuazione del crlterio distimtivo ka servit� coattive 
e servit� volontarie; tuttavia esiste una communis opinio, sia in dottrina 
che in .giurisprndenza incennrata sul � diritto � di ottenere da parte del 
proprietario di un altro fondo la costituzione deHa servit�, potendosi 
far ricorso .a;l contratto (e al testamento) quale strumento cli attuazione 
di tale � ditritto � (cfr. il n. 490 della Relazione al Re circa la possibilit� 
che le servit� coattive 1siano costituite per contratto al pari dii quelle 
volontarie). La servit� � coattiva perch� non � dato modo di sottrarsi 
ai1la pretesa in tal senso avanzata, ove non si ritenga di porre in 
essere il comportament_�> imposto dalla legge con strumenti convenzionali. 
La coattivit� � compatibile con una pluralit� concorrente di modi di 
costituzione, ivi compreso il negozio giuridico cui il proprietario del 
fondo addiviene per evitare che fimposi2lione si realizzi comunque imperativamente. 
Per converso l'atto negoziale posto in essere indipendentemente 
da tale mtento, ma come spontanea manifestazione dii autonomia, 
nonostante la tipicit� del contenuto, d� origine ad una servit� volontaria. 


Si � pertanto ritenuto nehla giur.isprudenza di questa S.C. che un atto 
di natura negoziale costituisce una servit� coattiva quando nella concreta 
fattispecie sia ravvisabile il � diritto � del proprietario di un fondo di 
ottenere, da pa�rte del propr:ietario di un altro fondo, fa costituzione 
di una specifiica servit� prevista dalla 1egge secoindo schemi di rigida 
tipicit� e che proprio perd� viene denominata coattiva (Cass., 66/78). 

Se � vero, infatti, che le servit� volontarie sono convenzionali, nel 
senso che trovano la loro fonte nel contr:atto e nel testamento, non � 
vero all'opposto che .tutte Je servit� costituite a mezzo di negozi siano 
sempre e necessariamente volontarie, giacch� anche le servit� coattive 
possono essere costituite mediante contratto (arg. ex. art. 1032, cod. 
civ.) e restano soggette al regime giu11idioo proprio de11a coattivit� (Cass., 
732/69, 1613/62). Le S.U. di questa Corite, fino dalla sentenza n. 2768 
del 1963, hanno chiarito in particolare che la servit� di elettrodotto 
pu� rioondurisi ad una pluralit� di fonti norimative, essendo ipotizzabile 
una costituzione negoziale, facente capo alla volont� degli interessati 
anche mndipendentemente dal concorso dei �requisiti idi legge che configurano 
JJa coattivit�, trovando il relativo di'ritto reale ,esdusivairnente 
nelle clausole del contratto 1a propria regolaa:nentazilone che si sovrappone 
a quella Iegale. E ad analoghe conclusioni � pervenuta questa 

S.C. a proposito delta servit� de1la funicolare aerea (Cas,s., 2515/67). 
Ri:spetto all'atto negoziale (o pi� in generale di fronte alla componente 
volontaristica deJ:la fattdspecie) si tratta di stabilire se esso trovi 
la su:a genesi neLI'intento di evitare l'attuazione coattiva della servit�; 
sovviene l'analogia con i trasferimenti coattivi in cui gli accordi sulla 


312 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

md.sura de1findennit� rientrano nel quadro della soggezione al provvedimento 
ab1ativo, mentre la stessa i�inalit� di conseguire il bene pu� 
essere raggiunta alternativamente con un negozio traslativo intervenuto 
tra privato e p.a. 

Alla stregua di questa impostazione non appa'I'e persuasivo fargomento 
sul quale la sentenza ]mpugnata fa leva per escludere Ja coattiv�.
t� della servit� costituita per dest>inazione del padre di famiglia, ricollegata 
in tesi ad una fattispecie da cui esula ogni elemento volontaristico, 
e che quindi non potrebbe rappresentare 1'esecuzione di un obbl~go di 
legge, poich� soltanto in termini di .intento negoziale ha 11ilievo la distinzione 
fra chi adempie un atto dovuto e chi, invece, addiviene ad uno 
spontaneo cregolamento negoziale; se la volont� non assume rilievo nella 
fattispecie dovrebbe residualmente qualificarsi la servit� come coattiva, 
stante la sussistenza degli estremi di tipicit� legale e la carenza di 
elementi volontaristici di segno contrario. Ritiene peraltro H Collegio, 
come si � gi� avuto occasione di rilevare, che anche le servit� costituite 
per usucapione e per destinazione del padre d!i famiglia siano assimilabili 
alle servit� volontarie. 

4. -Si � discusso in dottrina ed in giurisprudenza se sia ammissibile 
la costituzione coattiva di servit� per usucapione e per destinazione 
del padre di famiglia. La soluzione giurisprudenziale � stata positiva 
nel primo caso (cfr. Cass., Sez. Un., 1822/71), negativa ncl secondo caso 
(dr. Cass., 17 :luglio 1939 per qualche riferimento sotto il vecchio 
coclioe). 
Opera qui ancora il criterio che si � venuto delineando del raffironto 
tra fattispecie legale ed atteggiamento dJ -ohi la pone in es.sere nella 
consapevolezza .di non potersi sottrarre alla pretesa di controparte. 

Mentre �rispetto all'usucapione i comportamenti di fatto possono essere 
qualificati daHa componente della ritenuta doverosirt� deMa sogge:
zione a:ll'altrui pretesa e cor.relativamente della legittimit� della pretesa 
propria, rispetto alla destina:zione del padre di famiiwlla J:a ciocost0ll1Za 
basilare che di 1comportamento considerato si riflette su atti che si svolgono 
nella sfera di godimento del proprio diTitto di propriet�, (essendosi 
venuta a determinare per autonoma scelta del dominus l'inservienza 
di una parte del fondo rispetto all'altra), esclude che venga in considerazione 
il diri.tto di taluno e 1a soggeztlone di altri, siicoh� in ogni

1

caso la servit� costituita in questo modo, a prescindere dal suo conte


nuto, � 1r~conducib1le ad una matrice di assoluta spontaneit�, alle scelte 

dell'ottimale utilizzazione dei ;propni. beni immobiH. 

A base della destinaztlone vi � sempre un comportamento di fatto 

libero a:S1Solutamente discrezionale del padre di famiglia, il qua:le non 

pu� :ohe portare talla costituzione di una servit� volontacia. Quel che con


ta � comunque :ill dominus, che nel determinare un certo assetto :nel suo 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

fondo, aveva di mira finalit� dalle quali certamente esulava l'intento 
di realizzare una situazione aMa quale alt!ri avrebbe potuto costringerlo 
in attuazione di una volont� di Iegge. 

Di conseguenza il secondo motivo di ricorso, tutto teso a dimostrare 
che la servit� iconsiderata, essendo sicuramente coattiva, non era riconducibile 
allo schema della destinazione del padre di famiglia che 
svrutturailmente non comporta 1a coatttlvit�, non cogJde nel segno risolvendo 
in una petizione di principio. Esso muove da UIIla esatta notazione 
(l'imposisibhlit� di costitui�re serviit� coattive per destinazione del padre 
di famiglia) anche se argomentata in maniera non del tutto convincente 
(neH'aggainoio al solo principio della tassativit� nei modi di costitUZ1ione 
ex art. 1032 cod. dv.) per esoludere che la servi1t� di elettrodotto in 
esame, essendo aprioristicamente coattiva, potesse annoverarsi fra quelle 
costituite per destinazione del� padre di famig1ia, dovendosi desumere il 
mezzo di costituzione dalla .qualit� de1la servdt� e non viceversa. 

In verit� la sentenza impugnata � partita dalla premessa teorica 
che ~e 1servit� per destinazione de} padre di famiglia non possono essere 
coattive, pe'r dimostrare che in concreto esistevano i presupposti deHa 
relativa costituzione. 

Contro questa motivazione 1'attacco � possibile su due piani: quello 
della enunciazione di principio e quello della applicazione pratica. 

Sotto il primo profilo vi � convergenza fra sentenza e ricorrente. 

Se quindi la servit� in esame dovesse restare inquadrata negli schemi del


la destinazione del padre di famiglia le conclusioni delLa sentenza im


pugnata, che portano ad esoludeve la coattivit�, pur con ,1e correz.ioni ar


gomentative cui si � fatto cenno, �11isulterebbero ineocepibili. Ma deve 

escludersi, sul piano strutturale, che ricorrano in concreto gli estremi 

delle fattispecie legali dell'art. 1062, cod. dv., perch� per effetto del D.P.R. 

10 mrurzo 1965, n. 682 non si � reaiJ:izzato un mero trasferimento della 

propriet� di rparte deJ fondo origima:rio comportante, come coilJSeguenza 

non puntualmente considerata al momento della separazione, iii sorgere 

della servit� medesima per aver cessato i fondi di appartenere al medesimo 

proprietario � senza alcuna disposizione relativa ailla servit� � essendovi 

stato invece contestuale trasferimento delle propriet� della centrale e 

delle lin~ elettriche, iw ,compresa :quella considerata comportante il 

trapasso delle �relative servit� di elettrodotto sui fondi arlmui e conste


stualmente la costituzione per atto espropriativo di una nuova servit� 

di elettrodotto sulla parte residua del fondo espropriato necessariamente 

coattiva perch� imposta dalla legge provvedimento. 

V[ � stata, cio�, sovrappoffizione sullo schema defila destinazione del 

padre di famiglfa neutrale sulla sorte della servit� del suddetto provve


dimento espropriattlvo che non si � limitato a separare ~'unica prropriet� 

(nelle forme del tvasfedmento coattivo del suolo), ma ha trasferito 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'impianto elettrico enudeandolo dalla pi� vasta propriet� deU'espropI1i.ato, 
secondo un'esiigenza di funzionalit� che non comportava il disinteresse 
per la situazione delle linee e1ettdche (hl cui attraversamento del fondo 
residuo veniva ex post a sfociare nella servit� per effetto della preordi� 
nata situazione �di inservienza attuata dall'unico originari.o proprietari.o), 
ma implicava la considerazione immediata e diretta dell'iimpianto espropriandolo 
nella sua complessit� e totalit�, ponendolo in condizioni di 
funzionare e, quinidi, trasferendo da un ilato le servit� di elettrodotto insi<
sten1Ji. su fondi non appartentd al proprietario espropriato, e costituendo 
dall'alitm residualmente, in via espropmativa, la servdt� (nuova) per l'attraversamento 
della parte di fondo rimasta in propriet� dehl'espropriato. 
Esattamente, quindi, att<raverso il collegamento del secondo con il 

I

terzo mezzo viene sottoposto a Tev.isione cri.tica l'tinquadramento della 
servit� dd elettrodotto in esame fra que~1e costituite per destinazione 
del padre di famiglia che non esaurisce, �contrariamente a quel che � 
sembrato alla sentenza impugnata, le possibilit� :riicostruttive; fil effetti 
i giudici del merito non hanno considerato la situazione sui generis 
rappresentata dalla espropriazione in attuazione della legge di nazdonalizzaziione 
della energia elettrica, :la cui evidente dimensiione pubbMcisttica 
mal si attaglda alla figura deHa destinaziione del padre di famiglia caratterizzata 
dalla �indifferenza per :la serv.it� ev.ideinzii.ata dai11a separazione 
di parte del fondo, mentre nel caso in esame l'accento va posto non 
sulla scorporazione di parte del suolo, ma sul trasferimento dell'azienda 
elett:riica di produzione e distribuzione nel1a sua globailit�, e quindd anche 
deHa rete di distribuzione, con espropriazione della serv�it� esistente, 
e con Ja oosti.tuzione, pure iilrl via di espropriazione delle servit� coattive 
di elettrodotto, del tratto di 1.inea, rappresentante il necessario segmento 
di saldatura, esistente sulla parte di fondo residuo dell'espropriato. 

5. -Sembm quilldd al Col1egio che hl nodo problematico della causa, 
ev.iideniiato nel terzo motivo, si sciolga riconoscendo ~a coatt;ivtit� deHa 
serV1it� dd elettrodotto in esame costdtuita, relativamente al tratto di 
liinea che attraversa l'area residuale di propviet� dell'Opera SILA, con 
atto espropdativo dal rdch!iamato d.P.R. 18 maggio 1965, n. 682. 
Con il terzo motivo del .r:ioorso l'Opera SILA, denunciando la violazione 
degH artt. 1032, cod. civ. e 4, n. 10, della legge 6 dicembre 1962, 

n. 1643, nonch� de1l'a:rit. 1, secondo comma, dcl d.P.R. 18 marzo 1965, 
n. 682, censura Ja sentenza per avere esduso la possibile esistenza 
dd un titolo di costituzione della servit� �ddverso dalla destinazione del 
padre �di fomigilia e ravvisa nel suddetto deoreto n. 682 la fonte della 
servit� di elettrodotto per atto di espropmazione (formalmente 1legislativo, 
ma �sostanzialmente ammiruistrattivo). 
La tesi � giur1dicamente esatta, ma H suo accoglimento comporta 
il superamento delle obieziond acutamente mosse dalla difesa dell'E.N.E.L. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA! CIVILE 

Va premesso che, ai sensi dell'art. 1, secondo comma del d.P.R. 

n. 682, il trasfe.Timento comprende tutti i beni mobili ed immobili dell'azienda 
dettrica considerata, nonch� i rn1ativi rapporti giuridiid, gli 
aocessoLi e le pertinenze attiinenti, a1l'atthdt� di produzione, impor.uazione 
trasporto, trasformazione, distnibuzione e vendita dell'energia e[ettrica. 
Ne segue che sono trasferite le linee elettrkhe delJa rete di distribuzione 
e le relative servit� di elettrodotto gi� preesistenti, mentre per quanto 
attiene al tratto esistente swla parte rnsidU!a del fondo. deU'opera, la 
servit� che originariamente non esisteva, viene creata iin forza della 
legge provvedimento quale corollario impilicito, ma certo, dell'operato 
trasferumento rinteso nehla sua globalit� e nella sua attitudine funzionale. 
Non v.i � dubbio che Ja serviit� coattiva di elettrodotto pu� costitwrsi 
per atto ammi!Ilistrativo in genere e per deoPeto di esprop['�azione per 
pubblica utilit� in specie; tale costituzione si realizza senza necessit� di 
dover procedere alla espropriazione diretta del suolo attraversato dalle 
condutture. Il fondamento normativo di tale soluzione si � rinvenuto nell'art. 
1 della legge fondamentale sulle espropriazoini del 1865, il quale 
prevede non solo la espropriazione di 'immobili, ma anohe quelJa di diritti 
relativi 1ad immobhli. Il termine � trasferimento �, contenuto nel predetto 
articolo, si ritiene infatti comprensivo non soltanto delle successioni 
traslattlve, ma anche di quelle costitutive. 

Ammessa la costituzione di servit� coatmve di elettrodotto in forza 
di procedimento amministrativo di espropriazione (dr. Cass., 2763/38, 
2189/53, 406 e 2350/59, 2668/63; 1018/64, 2422/66, 1732/67, 434/68 e 991/71) 
non vale osservare che [etterallmente l'art. 1032 cod. dv. si limiita a ricordare 
l'atto amministrativo senza contemplare espressamente la legge, 
pePch� nella specie �l'atto normamvo considerato si caratterizza per la 
sua qualit� t:ipica di legge provvedimento, di atto cio�, formalmente 
legislativo ma sostanzialmente amministrativo; siooh� non si tratta di 
una prescrizione astratta che, per iDJCidere nelle siituazioni giuridiche 
soggettive, necessita del 1ramite deH'atto amministrativo, ma di un 
provvedimento che �dispone direttamente ed .immediatamente pur essendo 
as.sistito formalmente dalla forza di legge. Ne consegue ohe fi.mputazione 
della fonte � niconducibile al modeilJo legale dell'art. 1032 cod. 
civ., trattandosi di atto esrpropriativo rpianamente 1riconducib!i:le a:llo 
schema delle fonti costitutive deHa servit� coattiva. E del resto l'adozione 
della forma della legge avrebbe consentito di prescindere dall.a 
eilencazione legale, mentre il .contenuto .provvedimentale rendeva immediatamente 
orperante hic et nunc la relativa previsione, per aHro suscettibile 
di inquadramento m una categoria gi� contemplata, queHa appunto 
delll'atto ammini:strativo (sostanziale). 

Nemmeno � decisiva l'obiezione, pur essa di carattere formale, che 
fa leva sul tenore �testua!le del decreto, rilevando che in es�so non si 


RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

menziona espressamente la costituzione della se1.1Vit� qui considerata. 
Effettivamente un puntuale richiamo testuale non pu� leggersi neil 

d.P.R. n. 682 (e se vi fosse Ia presente 1controversia non sarebbe nemmeno 
sorta, o comunque avrebbe trovato pi� agevole soluzione); ma ad 
avviso del Colllegio la costituzione della servit� coattiva pu� desumersi 
con sicurezm dell'intel'pretazione sistematica e finalistica del predetto 
decreto, da cui si ricava che tale costituzione fu voluta, in modo implicito 
ma 'certo, essendo postulata dail!lo scopo perseguito. 
Nel deioreto, cos� come nell'art. 1 della legge 25 giugno 1865, n. 2539, 
si pallia genericamente dli �trasferimento�, ma l'espressione � suscetti!
bille d:i essere mtesa ne11a sua massima latitudine con riferimento anche 
ai trasferimenti costitutivi. . 

L'atto normativo 1P'rovvedimenta[e qui considerato ha riguardato siouramente 
J'azienda elettrka nel suo oomplesso; ci� si ricava Ida un Iato 
daJlle norme delLa fogge di nazionalizza2'lione dalJI'aluro deHa formula onnicomprensiva 
e fatissima delll'atto di attuazione ,specif�co di cui a[ citato 

d.P.R. n. 682; proprio ila massima latitudine di principio e la ripetitivit� 
applicativa dci singoli provvedimenti esecutivi spiega 1(pmr non gustificandola) 
la genericit� delle formule impiegate. Si � voluto sicuramente 
esipropriaire lo 'stabHimento di produzione e la rete di distribuzione, e 
quindi ,Je linee elettriohe che [a formavano, e non sii dubita che con 1o 
staibiilimento e Je condutture ohe si dipartono sono pure state tirasferite 
le servit� 'relative; in tale trasferimento non ricadeva lii tratto di attraversamento 
del fondo gi� idi propriet� dell'espropriato, perch� in tale 
attravevsamento, stante la umcit� del titolare dell'area e delll'e[ettrodotto, 
non potevano ravvisairsi i connotati della serv1t� in senso 1tecnico. Ma 
deve ritenersi che sia stata costituita su quel tratto J:a servit� di elettrodotto 
in correlazione con H trasiferimento delle condutture, onde rendere 
possibi:Ie ~iii .fmraionamento della rete, giacch� non awebbe avuto 
senso un espropriazione eilettdca, a 1spettro onniioompirensivo, parailizzata 
nella sua funzionalit� dagli adempimenti relativi alla separata costituzione 
deill:a servit� coattiva. 
N� vale replicare che la costituzione per espmpriazione della servit� 
sarebbe stata superflua nelle �specie giacch� l'asservimento de[ fondo 
attraversato restava uigua:lmente assicurato con [o strumento deilla destinazione 
del padre di. famiglia. 

Trattasi di .soluzione res&duale, rprettamente privatistica, sulla quale 
si deve ripiegare 'solo se ~e �sollecitazioni interipretative del d.P.R. non 
consentano di giustificare la tesi della globalit� del[a discipil:ina del 
tira:sfedmento con esso esdusivamente attuata. 

In quest� prospettiva la scissione del diritto dri propriet� sulle condutture 
dal diritto di effettuare l'attraversamento (che si trasferisce se 
preesistente, e �si costituisce ex novo ove sorto per effetto della stessa 
legge provvedimento che ha toccato solVanto una parte del fondo, quella 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA' CIVILE 

cio� su cui insisteva <lo stabilimento di produzione dell'energia elettrica) 
non troverebbe ailcuna giustificazione; all'opposto la costituzione del 
diritto di servit� si presenta razionalmente quale essenziale componente 
dell'operato trasferimento globale dell'amenda e1ettrica, nella pienezza 
della sua funzionalit�. 

Iii criterio dell'integrazione interpretativa, alla stregua della adeguatezza 
del trasferimento agli scopi della fogge dri. naziona.ilizzazione, 
porta quindi a ritenere che !i:I 11lrasferimento de:Lle condutture e delle 
servit� relative esistenti, si complet� necessar:iamnte con fa costi.tuzion 
per espropriazione del diritto di attraversamento della parte residua 
del fondo dell'espropriato, secondo una misura di coattiviit� coerente 
con ile fiml�lit� del decreto, teso a realizzare il trasferimento coattivo 
dell'azienda elettrica secondo la massima Jatitudine deill'espressione 
ed a prescindere quindi daUa possibilit� del conseguimento deg1li stes�si 
risultati secondo strumenti privatistici dai quali esulava Ja componente 
della coattivit�. 

II decreto tn esame, strumenrto tipicamente coattivo, realizzando fa 
espropriazione de11'azienda elettrica ha quindi operato non soltanto il 
trasferimento dehle servit� gi� esistenti, ma ila costituzione ex novo 
del titolo (espropriativo) per la �soggezione del fondo rimasto aM'espropriato 
per l'attraversamento con Ie conduttUJre 1ohe, facendo parte della 
rete di dtstribuzione, erano .contestuailmente passate in propriet� dell'ENEL. 


La difesa dell'ENEL peraltro contesta che ail:la soluzione della costituzione 
ex novo per atto espropriativo de11a serviit� di elerttrodotto coattivo 
nel caso di specie si potesse giungere in difetto di ip:tevia autorizzazione 
deila competente autorit� amministrativa. 

H rilievo, solo apparentemente suggestivo, non ha decisivo valore 

contro ila tesi aooo1ta da[ Co11egio perch� postuila un ica1lregamento fra 

coattivit� ed autorizzazione molto pi� stretto di quel ohe la legge ri


chiede e che va apprezZJato prendendo le mosse dall'art. 108 del t.u. del 

1933 il quale prevede ta:le autorizzazione in Hnea di massima per fim


pianto anche sul proprio fondo di ainee di trasmi1ssione e distribuzione 

deH'ene11gia elettrica di alta tensione, e quindi al successivo art. 119 

pone ili <presupposto dell'ottenuta autorizza~ione per findiividuazione del 

soggetto cui il proprietario � tenuto a consentire il passaggio, che altri


menti non pu� essere preteso icoattivamente nei suoi confronti. 

Secondo J'unanime giurisprudenza di questa Corte ~�autorizza~ione, 

:prevista daiH'art. 108 e dchiamata dall'arrt. 119 del t.u., &i pone quaile 

presupposto necessario perch� una 'linea di tmsmis�sione e distribuzione 

d:i energia elettrica possa essere .impiantata ed esercitata sul fondo altrui 
mediante .separato e �Successivo atto di costituzione del.fa servit� coattiva 
di elettrodotto (Cass., 2768/63, 1822/71, 3262/75 e 4983/77). 

318 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Scopo della norma che prev,ede 1l'autorizzazione � chiaramente quello 
di drcoscrivere soggettivamente l'ambito deHa soggezione ailla servit� 
cihe � imposta non gi� nei confronti di chiunque pl'etende il passaggio 
di linee elettriche, ma isolo di coloro che dimostrino, avendo appunto 
ottenuto l'autorizzazione, di av1er titolo ad effettuado. 

Orbene nel caso di specie l'autorizzazione :prende anzitutto rilievo 
con 1riguardo alil'originaria costruzione de1l'elettrodotto da pairte dell'Opera 
Sila, che era tenuta a servirsene ai sensi del richiamato art. 108 
del t.u. E poich� tale elettrodotto � stato trasiferito aM'ENEL, in forza 
del pi� volte richiamato d.P.R. n. 682 del 1965, deve ritenersi che la 
linea � passata aU'ENEL e unitamente all'autorizzazione che la contemplava, 
essendosi verificata la modificazione 1soggettiva del titolare vuoi 
deJ di11H1to rea:le, vuoi del provvedimento autorizzativo che ne costituisce 
il presupposto. 

Non si verte quillldi in ipotesi in cui J'autol'izzazione faceva difetto; 
ma l'autorizzazione originariamente rilasciata ad un certo 1soggetto, per 
effetto del trasferimento coattivo degli impianti e de1Ha rete di distribuzione, 
viene a far capo aJl'ENEL destinaitario del relativo provvedimento. 
A seguito dell'operato t:msferirrnento -cio� -�le linee elettriche autorizzate 
�SU 1riohiesta de11'0:pera SHa �sono da iritenere autorizzate a favore 
de1l'ENBL e quindi la costituzione della servit� di elettrodotto passivo 
operata dal sUJddetto decreto presidenziale non risulta viziata d!ailla manoanza 
di autorizzazione ad hoc, operando l'original'i:a autorizzazione a suo 
tempo rilasciata anche nei confronti deill'ENBL. 

Non �era quindi necessario che I'ENEL si provvedesse rdi nuove 
autorizzazioni ,rispetto alle linee elettrkhe ad esso trasferite, e nOill � 
pertanto invocabile la mancanza di una specifica autorizzazione ad hoc 
per escludere fa possibi!lit� di costituzione della servit� coattiva limitatamente 
aill'aUraversamento della propriet� residuale dell'Opera Sila. 

Superate le obiezioni del ,oontroricorrente deve conclusivamente ritenersi 
che 1l'ipotesi costitutiva della destinazione del paid(['e di famiglia 
non sia invocabile neHa situazione :di specie ca!I'atterizza1Ja ida:l sopravveniire 
di una legge provvedimento che ha operato il trasifedmento coattivo 
dell'azrenda elettdca nella globaHt� e ifunziona'Llt� dell'impianto al 
di !fuori degli schemi del1a volontariet� sia pure intesa in senso ~ato. 

Taile .legge non si � limitata a ,separare i fondi fira cui origina11iamente 
era stata realizzata ila situazione ,di asservimento, senza .interessar.
si di tale situazione ~regolata ,conseguenzia!1mente ape legis secondo 
hl modello dell'art. 1062 ,cod. civ.), ma ha pronunciata una espropriazione 
che abbraccia l'intero impianto di produzione e distribuzione, rii.flettendosi 
sipeciificamente sUJlle condutture elettriche trasferite unitamente alle servit� 
di elettrodotto eventualmente presisitenti e con costituzione conitestuale 
di una nuova servit� relativamente a!11'at1Jraversamento deUa iparte 
resiiduale del fondo dell'esproprfato, secondo una disciplina che non 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 319 

ripete il suo titolo da quel 1che H dominus :vo1le originariamente disporre, 
ma da:hla nuova situazione che con ila legge provvedimento si � intesa 
disdiplinare. 

E una volta ricondotta tl!a ,servit� in esame aililo schema de1la coattivit� 
espropriativa, valorizzando la Jegge provvedimento n. 682 del 1965, 
non vi � dubbio che debba essere applicata al rigua1:1do la discipliina dettata 
ida!l t.u. del 1933 per fa servit� di edettrodotto coart:tivo sa!lva espressa 
deroga oontenuta nel provvedimento idi costituzione (attesa la sua forza 
legislativa lforma!le); � perail1lro sicuro che sul tema deH'onere delle spese 
di spostamento il decreto legislativo in esame non si � pronunciato. 

Pertanto dalla quailifi.cazione dehla servit� come c�atti.va consegue 
che, contrariamente a quel che ha ritenuto [a Corte del merito, le spese 
di -spostamento restano a 1carico dell'ENEL, apparendo giustificata fa 
richiesta di rimborso de1l'Opera Sii1a (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, 8ez. Un., 19 novembre 1979, n. 6021 -Pres. 
Rossi -Est. Fanelli -P.M. Saja (conf.) Marchello (avv. Sciortino e 
Di Stefano) c. Ministero deHa Pubblica Istruzione (avv. Stato Onufrio) 
e I.N.P.S. (avv. Romoli). 

Giurisdizione civile -Controversie tra enti pubblici e dipendenti per risarcimento 
danni per omesse prestazioni contributive -Giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo. 

Giurisdizione civile � Controversie tra enti previdenziali e assistiti per 
mancato accreditamento dei contributi Giurisdizione del giudice 
ordinario del lavoro. 

Le controversie promosse da dipendenti pubblici nei confronti dell'ente 
datore di lavoro e rifiettenti il riconoscimento del danno per omesso 
versamento dei contributi e conseguente perdita del diritto alla prestazione 
previdenziale rientrano �nella giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo ,0). 

Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e alla competenza 
di quello del lavoro la controversia tra un lavoratore e un istituto 
previdenziale relativa al mancato accreditamento di contributi e alla 
eventuale prescrizione del relativo diritto (2). 

(1-2) La decisione, che � conforme all'indirizzo costante del S.C. richiamato 
in motivazione, si segnala per sottolineare la fermezza con cui il S.C. ribadisce 
il principio che � controversia previdenziale solo quella che si svolge tra ente 
previdenziale e assistito, mentre rientra neLl'ambito delle controversie di pubblico 
impiego que1la fra dipendente e P .A., anche se relativa a questioni afferenti 
al rapporto previdenziale (omesso versamento dei contributi). 



320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Con l'unico motivo del ricorso principale, denunciandosi 
violazione e fulsa applicazione diegJi artt. 2li16 cod. civ., delle leggi 12 
agosto 1962, n. 1062, e degli artt. 1, 5, 409 e 442 cod. [proc. civ., e vizi di 
motivazione, si sostiene ohe iJl problema delLa gitlll'i:sdizione, Ol'dinairi.a 

o ammin}strativa, in ordine al!le controversie proposte da dipendenti di 
enti pubbllici per conseguire il risarcimento del danno derivante da irregolarit� 
contributiva � 1superato e risolto daJ.fa. nuova disc:iJplina dettata, 
per ile controversiie prevtldenziali della legge n. 533 del 1973, in quanto, 
a:lla stregua del primo comma deilJl'art. 442 'COd. rproc. civ., nella sua nuova 
formulaziione, le controve!'sie previdenziail:i �l'iguaridano il �rapporto contributivo, 
quello avente ad oggetto 'l'erogazione delle prestazioni previdenziali, 
ed i!1 rapporto fra !datore di ilavoro e prestatore d'opera relativo 
a1la posizione as,sicurativa e aJl risarcimento de!! danno per omessa contribuzione; 
e poich� nella nuova disposizione manca -rispetto alla 
precedente -ogni richiamo ai rapporti indicati nelJl'art. 409, 1'a ghwisdizione 
del pretore deve intendersi' estesa ad ogni controversia in materia 
di 1Sictlll'ezza 'sociale, e comporta quindi Ja esclusione di ogni altra 
giurisdizione, ad eccezione di quel1a della Corte dei conti, con la con1


seguenza che tutte [e allt,re controversie previdenziali relative a rapporti 
di pubblico impiego appartengono alla giurisdizione del pretore; e non 
v'� dubbio ohe vi rientri anche la controversia in esame, !la quale, sotto 
qualsiasi profilo {accertamento de11'esistenm dell'obbligo contributivo, 
regolarizzazione deHa posi2lione prevideil2liale del prestatore, costituzione 
dei presupposti per [a prestazione previdenziaile, risaircimento del danno 
delle omiissioni contributive) � di carattere previdenziale. 

Il ricorso � iinfondato, anche se non possono condiv1dersri. le ragioni 
addotte dalla sentenza impugnata, '1a cui motivazione va quillldi coriretta. 

Contriariamente a quanto affermato dalla dcorrente, ae controversie 
riguardanti il risarcimento del danno da omissione contributiva attengono 
.ail rapporto di lavoro o d'impiego, e non ai :rapporto previdenziale, 
e ne seguono quillldi fa 'sorte sul piano giurisd:irionaile. 

Caratteristica essell2l�all.e del 1rapporto :previdenziale �, infatti, quefila 
di avere sempre come titolare attivo o passivo un istituto previdenziale; 
sia che 1si tratti del .rapporto concernente gli obblighi contributivi del 
datore idi lavoro (eventualmente anche del o per conto del lavoratore), 
e che dntercorre fu-a questo e l'ente assicuratore, sia ohe si 1Jratti del 
rapporto relativo a:i diritti deill'assi!curato alle prestazioni, intercorrente 
lf�ra questo e l'ente. 

Viceversa la omissione contributiva, a parte ila responsabi:1it� del 
datore di lavoro nei coruf�ronti dell'ente previdenziale, sail2lionata anche 
penalmente, deterimina nei confronti del prestatore d'opera, per espressa 
previsione Jegislativa {art. 2116, secondo comma, cod. civ.) una responsabilit� 
cui viene riconosciuto camttere contrattuaile, trattallldosi di ob



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

bligo che si :rii:collega ad rapporto idi !lavoro, ed a~ quale rimane estraneo 
l'ente assicuratore. 

Invero, il rappo11to risarcitorio si ipellfeziona e si concreta con la 
pe11di1la tota�e o parrzia:le dehla prestazione a rcausa dell'mdempienza, fon.danidosi 
1a responsabilit� ex �art. 2116 appunto �su tali due elementi (inadempimento 
dell'obbligo di erogare i contributi e conseguente perdita 
del diritto ailila prestazione previdenziale). 

Iil danno viene liquidato secondo ile norme comuni {art. 1223 e seguenti 
.cod. civ.) senz:a che venga in alcun modo in quesiti.one la disciplina 
previdenziale. 

Pa111li Mi causa 1sono soltanto 1i �soggetti del vapporto di 'lavoro, tant'� 
che non riconre neoessit� di integrazione del contraddittorio nei confronti 
dell'Istituto, per essere questo, 1come si � �detto, esitmneo a detto 
rapporto i(Ca:ss., 13 dicembre 1972, n. 3590). 

Da ci� discende �che la rcontroversia non rientra nel novero di quelle 
� derivantJi. dalil'aipplicamone delle norme riguardanti le assicurazioni sociaiH, 
gli infortuni sul lavoro, '1e mailaittJi.e profession~i, gli as.segni fumiliari 
nonoh� ogni altra forma rdi previdenza e di assri'stenza obibliiJgatoria �, 
definite appunto quali �controversie previdenziali dell'art. 442, primo 
comma, cod. proc. civ., cos� come lo erano rdaJltl'analogo testo dell'abrogato 
art. 459, primo comma. 

:� quanto ritenuto daliJ.a orma:i costante giurisprudenza di questa 
Corte, sia con �riguaroo ai rapporto di lavoro privato .(sent. 18 gennaio 
1977, n. 2502, H maggio 1973, rn. 1262, 13 dicembre 1972, n. 3590), sia 
con riguardo ail xapporto d'impiego pubblico, con ~a conseguenza, in 
questa seconda ipotesi, che Ja relativa 1controve11Sia appartiene a11a giurisdizione 
esclusiva dcl giudice amministrativo, in quanto relativa al

1

detto rarpporto e perci� rientrarnte nell'ampia previsione di cui all'art. 29, 

n. 1 deil t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, richiamata idaJil'art. 7, cpv., delila [egge 
6 dicembre 1971, n. 1034: cos�, dopo iniziali contrars1Ji, la sentenza dii queste 
Sezioni Unite 18 settembre 1970, n. 1570, con ampia dimostrazione; 
e, ,indi, �le sentenze 14 novembre 1972, rn. 3570; 20 aprile 1972, n. 630; 9 ottobre 
1974, n. 2700; 15 marzo 1975, n. 1002; 21 maggio 1975, n. 2002; 8 settembre 
1976, n. 3115; 14 maggio 1977, n. 1924; 6 l�ligosto 1977, n. 3573. 
Il cennato orientamento si � affermato suifila base di una interpretaZlione 
del oit. art. 29, n. 1 del t.u. n. 26 �giugrno 1924, n. 1054 dcl Consiglio 
di Stato, nonch� rdetll'airt. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1058, sulla giunta 
provirnrciaile ammmi:strativa, richiamati dargli art. 2, 4 e 7 della [egge 
6 dicembre 197'1, n. 1034, istitutiva rdei tribunali ammitttlstirativi regionali, 
volta a salvaguardare, �senza apportarvi rlimitazioni, fa regola tmdizion.ale 
seconido cui Ja giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo I�!ll 
materia di rpubbJico impiego si �estende a tutte le � questioni � derivanti 
da tale irapporto, se in questo, �considerato nelila sua costituzione o nel 
suo �svo1gimento, trovi fa sua ortlg:ine il diritto o l'interesse del quale si 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

322 

lamenta La Jesione; onde in detta giurisdizione non possono non essere 
ricomprese ile questioni 1concernenti liil risarcimento dei danni da omissione 
contributiva, in quanto esse 1invo1gono l'aoce:ritamento deMa legittimit� 
del 1comportamento deJIJl'ente pubblico datore di lavoro in relazione 
ahla dedotta prestazione contributiva, nascente dal raipporto d'impiego, 
cUJ� H raipporto assicurativo � genericamente colJegato. 

E rtaJe principio si applica anahe a que1La forma di risail1Ci.mento Tappresentata 
dalla costituzione idi una rendita vitalizia ex art. 13 della 
legge 12 agosto 1972, n. 1338, che non pu� non ricevere trattamento analogo 
a q�elJlo ohe .compete al risaoci:mento ex art. 2116 cod. oiv., come 
ex 1professo ritenuto e dimostrato dalle citare sentenze n. 1924/77 e 

n. 1002/75. 
N� a ,diversa sOluzione pu� condu:rire, come vorrebbe la ricorrente, 
la sop.ravvenuta nuova msoiJpHma delle controversie di :lavoro e previdenziali, 
Ja quaile ha attribuito alla competenza deil pretore [e controveJ.
1Sie in materia di previdenza, e assistenza obbligatori.e, S[pecif�cata neill'art. 
442, primo comma, cit., sen2ia pi� ['ipeitere hl !l1�lferimento, che era 
contenuto nell'ultimo inciso del primo comma del 0011rispon!dente, ora 
soppresso art. 459, ai rapporti dndi.cati daJ['a!llora art. 429 (ora 409); da 
ci� volendosi desumere che, una volta eliminato il �riferimento (limitativo) 
a;gli specifici Tap.porti idi Javoro in tale d!i:sposizione i!Ild:icati, qua\lsrasi 
controversia previldenziale, e dunque ia:nche 1se inerente a Tappo11to 
di pubbaiico impiego, sarebbe attratta lllehla giurisdizione-competenza del 
pretore. 

Invero, una volta escluso che quelle relative ad omissione contributiva 
siano contToversie previdenziali, � Vla!IJ.O argomentare dal.La norma 
che a tali �controversie si cifierisce e da una sua determinata interpretamone; 
non �senza, comunque, rilevare ohe [a eliminazione di queil rifedmenrto 
� diretto ad attrarre nel1a nuova d:isdpllina prooessua'1e le cause 
relative a�!le assicmazioni obbligatorie non gi� dei rpubblii.ci impiegati, 
ma di tutti i J:avoratori privati ed assimilati, aincorch� autonomi e non 
menzionati nel iprecedente airt. 409 (quindd anche dei liberi :professionisti), 
oltreoh� dei titolari idi pensione sociale, la quale prescinde daihla preesistenza 
di un rapporto di Javoro subo11dinato. 

In itali sensi, iin conJformit� a quanto espressamente ritenuto dailla 
giurisprudenza di questa Corte �~sent. 1002/75, 2002/75, 1924/77, 774/78, 
cit. nonch� 17 novembre 1978 !Il. 5536) va corretta la motivazione della 
impugnata sentenza, fomno res1Ja!Ildone il dispositivo quanto alla attribuzione 
al giuidice ammin!is1Jrativo della cognizione deJlle domande che, 
come esposto rin narrativa, siano intese unicamente a!d ottenere dal datore 
di lavoro il risarcimento del danno, sia in forma generica, sia nella 
forma di cui all'art. 13 della [egge del 1962 .~salvo a 1s1Jabi�lirsi, da parte 
del giudice 1competente, �se e come spetti), ivi compreso anohe iJ. versa



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA. CIVILE 

mento dei contributi non prescritti, cui non si � fatto pi� riferimento 
nei1le conclusioni finali, ma che comunque nell'atto introduttivo del giudizio 
� richiesto, pur 1sempre in via risa:mitoria, in favore del lavoratore, 
e non direttamente in favore dehl'lstituto {potendosi fun 1Jale ultima iipotesi 
discutere se spetti aH'iasskurato, ed in qua:le �sede !Sia da esso azionabHe, 
un diritto a �che H datore di lavoro vevsi rulil'ente asskuratore 
i contriibutii dovuti ed omessi: dr. Cass., n. 4113 e 4114 diel 1975). 

Dive:rsa �soluzione .deve invece darsi quanto alJa domanda proposta 
nei confronti de1l'INPS, che la sentenza iII11pugnata sembra aver ritenuto 
parimenti appartenente nelila giurisdizione amminist:rativa, in quanfo connessa 
con la prima. 

Di es�sa l'Istituto, col 1suo ricorso incidentale, sostiene Ia natura previdenziale, 
in quanto si discute esclusivamente di prescrizione o meno 
di contributi assicuratiivi e conseguentemente del diritto o meno della 
Marche1lo a f�rui�re o non in futuro di prestazioni previdenziali, e quindi 
l'appartenenza al!la giucisdizione ordinaria in wrt� dell'art. 442 cod. 
pa:oc. civ. 

U ricovso � fondato, anohe 1se per mgione diversa da quella addotta. 

Invero, nell'atto introduttivo del giudizio la Marohelllo chiedeva che 
l'INPS venisse condannato a corrisponderle le rp.restazionii dovute, e, pii� 
genericamente, ne1le conclusioni finali, che i convenu�i tutti fossero condannati, 
per quanto di rispettiva comrp.etenza, al :risarcimento �dei danni: 
e che un 1dsarcimento dannd fosse chiesto anche nei conl�ronti dell'INPS 
sembm aver ritenuto i�l Tribunale allorch� ha di�sposto un supplemento 
di cOlllsulenza tecnica iper accertare l'ammontare del risarcimento dovuto 
drulil'lstituto per la omissione dell'aooreddtamento dei contributi versati 
deM'Bducarnidato nel periodo 11949-1952. 

Orbene, tanto nella originacia quanto in questa ultima formulazione 
la domanda nei confronti dell'INPS � del tutto estranea, sia soggettivamente 
che oggettivamente, al rapporto d'impiego (n�, in materia di giuri:
sdizione, pu� operare ila connessione, come invece sembra affermare 
fimpugnata sentenza), e, sia che attenga a:lla pretesa a prestazioni previdenziali, 
sia che attenga alla sostitutiva pretesa risarcitoria, ha per 
oggetto di.Titti soggettivi, e non pu� �Che rientrare, quindi, neilla giulii.sdiziOllle 
del giudiice ordinario. E questo !indirperrdentemente diaHa eccepita 
presorizione, dovendo la giudsdiizione determinarsi in base aLla domanda. 

In conclusia.n.e, va dichiairata la giurisdizione del giudice 0!llministrativo 
quanto ai1le domande proposte nei conl�ronti 1del Ministero della 
pubblica istruzione e dell'Educandato, e quella del giudice ordinario 
quanto �aJHe domarrde proposte nei confronti de1l'I.N.P.S., cassando dunque 
in parte qua Ia sentenza impugnata, e rinviando la causa allo stesso 
giudice (omissis). 


324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 1dirembre 1979, n. 6519 -Pres. Mira


belli -Est. Corda P. M. Ferraiuolo (diff.). -Regione SiciJliana (avv. Stato 

Favara) c. Oab:iJbbo (avv. G. Ste1la RJchi:er). 

Espropriazione per p.u. -Immobili soggetti a vincolo archeologico -Indennit� 
di espropriazione -Natura edificatoria � Sussiste. 

Un terreno sottoposto a vincolo archeologico, se edificabile prima 
dell'apposizione, del V<incolo, conserva la tale natura anche ai fini della 
determinazione dell'indennit� di espropriazione (1). 

(omissis) 1. -Col primo motivo di 1censura, fa ricorrente denuncia: 

a) �violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 40 della legge 25 giugno 
1865, n. 2359; degli airtt. 11, 18, 54 e 55 della Jegge 1� giugno 1939, 

n. 1089; dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, come 
inserito da1Ua Jegge 6 agosto 1967, n. 765; b) �insufficiente e contraddittoria 
motivazione drca [punti decisivi �. 
Sostiene che l'area espropriata awebbe dovuto essere valutata come 
agricola, poich� la stessa aveva pe11duto ogni ipotenziailit� ecli.ficatoria 
allorch� fu sottoposta al vincolo arohoologico. L'assoluto divieto di edificazione, 
infatti, gi� disposto dall!le citate norme della [egge del 1939, s�arebbe 
staro :ribacli.to, e reso �assoluto�, da.Ila �Successiva disposizione 
contenuta neLla c,d. �legge ponte� del 1%7. 

Col secondo motivo denuncia: 1) � violazione e falsa applicazione 
dell'art. 40 della fogge 25 giugno 1865, n. 2358; violazione e falsa ap:plicazione 
delJl'art. 41-quinquies de1la legge 17 agosto 1942 n. 1150 �; b) 
� omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo �. 

Lamenta che fa Oorte dii �appello abbia vailutato iH �deprezzamento � 
della parte � :residua � del fondo tenendo a parametro il valore edificatorio 
del fondo stesso; e sostiene clle ila doglianza mossa !in appello 
dall'espropriata, circa l'omes�sa valutazione del detto �deprezzamento�, 

(1) Riconoscendo espressamente di modificare la sua "precedente gmnsprudenza 
(v. sent. 112 agosto 1976, n. 3033, in Giust. civ., 1976, I, .1559) la sentenza 
che si annota ha affermato il principio che ai fini della determinazione dell'indennit� 
di esproprio anche un terreno soggetto a vincolo archeologico pu� 
essere considerato edificatorio. 
A tale conclusione il S.C. � giunto in base alla considerazione che non 
sempre -anche se ci� corrisponde alla normalit� dei casi -l'edificazione 
determina � un uso del reperto archeologico incompatibile con il suo carattere 
storico o, comunque, tale da recare pregiudizio alla sua conservazione e integrit�
�. 

Secondo la sentenza in rassegna poich� non potrebbe escludersi -sia 
pure in via teorica ed astratta -la possibilit� di una utilizzabilit� edilizia 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA: CIVILE 325 

avrebbe dovuto essere �oonsi!derata, se realmente sus�s>istente, soJo con 
riferimento �aihla � utJilizzabhlit� 1agricola � tdel terreno. 

Questi motivii -rche per la sostanziale unicit� della questione giuvidica 
.prospettata ipossono essere trattati congiun1lamente -sono infondati. 


Anziitutto, va chiarito che non � affatto pertinente iJ richiamo alila 
legge 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. �1legge ponte�) che, con l'art. 17, ha 
introdotto, nella :legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, rart. 41-quinquies, 
il cUJi quinto comma dispone che �qualora 1l'agglomerato urbano 
rivesta caratere �storico, artistico o di 1par1Jkolare pregio ambientale sono 
consentite esclusivamente opere idi consolidamento o di restauro, senza 
alterazione dei volumi. Le aree libere sono ~nedifioahiili fino a1I'approvazione 
tdel piano generale �. 

Si tratta, come anche appare ictu oculi, di una !llOI1IIla diretta a salvaguardare 
1l'integrit� degli �agglomerati. urbani�, ii quaili. sono cosa 
concettualmente diversa da1le � zone archeologiche �. La norma, cio�, 
mira alla conservazione di un insieme di .costruzioni ammassate in una 
drcoscrii.tta zona di territorio � u11banizzato � (tiipioo esempio ne <sono i 
cid. �.cent~i storil�i �), di cui � 1riconosoiuto iil carattere storico, artistico 

o di particolare pregio ambientale; mentre ila fattispecie iin esame, com'� 
pacifico fra le parti e neM'<impostazione della sentenza impugnata, riguMlda 
iil caso di una zona dii terreno extraurbano da:l quaJe affiorano 
reperti archeologici. 
IJ problema proposto, perci�, Via risolto unicamente sutHa base delle 
disposizioni contenute neLla fogge 1� giugno 1939, n. 1089, dettata per l� 
tutela deLle cose di iinteresse artistico e �stol1�JCo. 

�L'art. 11, primo comma, di detta 'legge stabiJtisce: �Le cose previste 
dagli airtt. 1 e 2 appartenenti �aLle Province, ai Comuni, agli enti e ad 
istituti ~egalmente riconosciuti, non possono essere demolite, rimosse, 
modificate o res1Jaurate senza l'autorizzazione del Ministero per J'educazione 
nazionale {ora, per i;l rJd. 29 maggio 1944, n. 142, dehla pubblica 
i:struzione). Il secondo comma aggiunge: �Le .cose medesime non pos


del terreno vincolato a mezzo di speciali costruzioni, dovrebbe necessariamente 

considerarsi edificabile un terreno che gi� prima del vincolo avesse tale qualit� 

� perch� Ja formulazione di una regola .generale non 'pu� tener conto delle mere 

valutazioni di carattere statistico, ma deve ricomprendere tutti i casi astratta


mente ipotizzabili �. 

L'assunto non pu� non destare gravi perplessit�. A prescindere, infatti, 

dalla estrema dubbiezza che -sia pure in via del tutto astratta -possano 

ipotizzarsi costruzioni speciali che possano in qualche modo non turbare ed 

essere, quindi, incompatibili con la salvaguardia del bene archeologico, ci� che 

appare non accettabile � l'affermazione che una controversia, in cui si discute 

di due interessi concreti o reali, possa essere risolta su11a base di affermazioni 

del tutto generiche, mentre era necessario quanto meno accertare -o mandare 



326 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

sono essere adibite aid usi non compa1Jibilli con il .loro carattere storico 
e artistico, oppure tali da !recare pregiudizio alla fo['o conservamone e 
integrit� �. 

11 suocessivo art. 12, poi, estende le disposizioni di cui ai riportati 
primo e secondo comma dell'art. 11 a1le cose di propriet� privata � notificate 
� ai sensi deg1i artt. 2, 3 e 5 delJla 'legge. 

A sua volta, il'art. 1, 1riohiamato dal primo comma dell'art. 11, stabilisce 
1che sono soggette a1la detta -legge, fra 1l'altro, le cose � immobili 
e mobilli � 1che presentano interesse 1artistico, storico archeologico e etnografico. 


Ora, coordinando <il primo comma dell'art. 11 con J'art. 1 della if.egge 
in esame, si eviince con chiarezza che anche ~e rcose Jmmobhli (e non solo 
quelJle mobili) possono essere assoggettate a vincolo; per oui non pu� 
revocarsi in dubbio che sia stato legittimamente sottoposto a vincOtlo 
aocheologico il iterreno 1pe[' cui � causa, nel quale instano i :reperti dell'antica 
citt� dJi Cauoana. Tale conclusione, per�, non sembra di tal portata 
da autorizzare l'iai�fermaZJione ohe, ai fini deH'esipropriazione (e, pi� 
precisamente, deilJ.a determinazione dell'indennit� relativa), �hl. terreno 
stesso debba essere considerato come assolutamente inedificabile, cio� 
di �Semplice vailore agricolo. 

L'enunciazione del contrario princiipio, per la verit�, � contenuta in 
una precedente sentenza di questa stessa Corte Suprema, anche abbastanza 
recente {12 agosto 1976, n. 3303). la quale -;pronunciando su 
una fattispecie del tutto analoga a quelJJ.a ora in esame -ha affermato 
che <l'immobile cui sia stato imposto il vincolo archeologico ai .sensi defila 
fogge 1� giugno 1939, n. 1089, in quanto nel suo sottosuolo, o affioranti, si 
conservano i resti di un'antica citt�, � �soggetto a viincolo assOlluto di 
inedificabilit� e, pertanto valutabile ai fini della determinazione dell'indennirt� 
di esproprio, come suolo agricolo. 

Si � precisato -in tale sentenZJa -che H primo e il secondo comma 
dell'art. 11 pongono, rispettivamente, due limiti di diversa intensit�, di 

ad accertare in sede di rinvio, se tale accertamento non era stato fatto -se 

una siffatta possibilit� di costruzione speciale nella specie ricorreva, dtpendendo 

soltanto da tale accertamento la possibilit� di una qualificazione come edifi� 

catorio del sito espropriato. 

L'indennit� di esproprio, infatti, va liquidata in base al valore reale di un 

suolo e non ad una astratta suscettibhlit� edificator�a, v. come lo stesso S.C. ha 

pi� volte insegnato (v. fra tante sent. Cass., 30 giugno 1978, n. 2733). 

V'� anzi, da aggiungere che ai fini della determinazione delJa indennit� 

dovuta deve tenersi conto della speciale suscettibilit� edificatoria del terreno 

che deve considerarsi particolarmente ridotta quando siano necessarie costru


zioni speciali per utilizzarla, corrispondendo a tale speciale tipologia costruttiva, 

pi� costosa, un minor valore commerciale. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

natura pubblicistica, alla propriet� privata di beni di interesse artistico 
e storico. 

lil primo comma pone un divieto di camttere relaitivo, i:n quanto, per 
espressa disposizione di legge, pu� 1essere modificato nel contenuto da 
una autorizzazione della competente autorit� con ila quale, fermo restando 
il ilimite, viene imposto al privato !',adempimento di oneri per lo svolgimento 
di attJivit� in ordine alle quaH il divieto operava. La Jegge, cio�, 
prevedendo la modificabilit� del 1contenuto del limite, attribuisce alla 
pubblica amministrazione il potere di valutare, positivamente o negatiV1amente, 
fa possibilit� di coesistenza dell'interesse pubblico alla conservazione 
del bene e di quello privato alla demolizione, rinnovazione e 
restaurazione dehla -cosa vincolata. 

H secondo �comma, a 1sua volta, pone un divieto -che ha carattere 
assoluto, dato che Ja ~egge non riserva alla pubblica amministrazione li.I 
potere di permettere, valutate Je ciocostanze concrete, le attivit� oggetto 
del divieto stesso (fermo dmanendo, ovviiamente, il ipotere di revoca deJ 
decreto di imposizione del limite). La fogge Sitessa, oio�, ha operato 
a priori, negativamente, ila vailutazione della coesistenza dell'interesse 
pubblico (a una uti1izzazione della cosa compatibile coo il suo carattere 
storico o 1artiisvico, ovvero a una utilizzazione che non ne pregiudkhi la 
conservazione o l'i:ntegrit�) con 1l'interesse priviato a una utilizzazione 
contrastante; mentre all'interp.rete � ilasdata solo la possibiilit� di qualificare 
I'incompatibiilit� deM'uso della cosa con l'interesse pubblico alla 
conservazione del cariattere sitorico o artistico, ovvero a1la integrit� 
di essa. 

Si �, quindi, chiarito -sempre neHa oitata sentenza di questa Corte 
Suprema -che la ratio della diversa disciplina sta nella considerazione 
che, nella 1prima ipotesi, ll:a eventuale modificazione del co11J1:enuto del 
limite non comporta, secondo un giudizio tecnico-discrezion:aile della 
pubblica amministrazione alcun pregiudizio a!ll'interesse pubblico il cui 
perseguiimenro cosDi�tuisce il fine �dell'assoggettamento. Infatti, 1a legge 
prevede ['autorizza:z;ione al compimento dell'attivit� vietata: con tale 
provvedimento Ia pubblica amministrazione modifica H contenuto dcl 
limite e pu� imporire al privato una serie di condi2lioni per Jo svolgimento 
,di attivit� prima vietata, al fine di salvaguardare J'interesse pubblico 
protetito. Ne1la seconda iipotesi, invece, I'uso istesso del bene, incompatibile 
con ~l ,suo carattere storico o artistilco, o pregiudizievole per 
la natura del bene come tale, determina la Lesione dell'interesse pubblico 
predetto e preclude, quindi, ila possibilit� di rprovvedimentJi autorizzat!i.vi 
delfa pubblica ammini,stirazione, pur condizionati a determinate cautele: 
nell'ipotesi considera:tJa, l'esercizio dei diritti del privato sul bene pu� 
essere legittimato 'Soltanto daUa revoca idel decreto 'di imposizione del 
vincolo. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

328 

2. -Ora, per�, non ritiene �il Collegio di poter condividere a pieno 
tal.e uhima conclusione (anche se �sostanzia1mente esatta aippare l'impostazione 
generale del iproblema), gi:aooh� la stessa parte del ;presupposto 
-dato .come dimostrato, ma che in reailt� aippare indimostrabile -che 
l'edificazione comporti per 1sua stessa natura, sempre e necessariamente, 
un uso del reperto wcheologico incompatibile coll suo oarattere stOTico o, 
comunque, :tale da �recare pregiudizio a11a sua conserva:ziione e integrit�. 
La verit� � 1che una regola siffatta, se pu� ritenerni aipplicabile alla 
generalit� dei casi, pu� essere enunciata solo trascurando di considerare 
un particolare tipo di costruzioni che, ideate ron determinati accorgimenti, 
e inte11igentemente ubicato, possono anche essere realizzate 
senza che i reperti archeologici fissi al suolo, o affio:mnti, subiscano un 
� uso non compatibWe con il ca1J:1attere storico o arN1stico, oppure mle 
da recare pregiudizio alfa Joro conservazione e dntegmt� �. E poich� un 
talle .#po di cosvruzioni � astirattamente concepibile, �La regola enunciata 
nella precedente sentewa di questa stessa Corte sembra perdere valore 
di generalit� {proprio .peroh� ha del tutto omesso la consriJde:razione di 
esse). Infatti, se � pur vero che dal secondo comma dell'art. 11 pu� 
trarsi ila regola che sono assolutamente 'vietate tutte quelle costruzioni 
che, in quaisiasi modo, s'.Illaturano o, comunque, danneggiano i reperti 
attheologid fissi ail suolo, o affioranti, senza che la pubblica amministra2lione 
possa, tramiite autorizzazioni o licenze, derogare comunque al 
divieto, � altrettanto vero che '1a detta Hmita:zfone dd carattere assoluto 
non pu� sussistere fa relazione a que1le costruzioni che, come si � detto, 
non determinano affatto il pregiudizio. 

N� la validit� di questa affermazione resta vulnerata dahla considerazione 
che la pubblica amministrazione, in concreto, esaminerebbe col 
massimo rigore la concedihllit� di una autorizzazione alla :reailizzazione 
di simili costruzioni, rendendo in pratica quasi nuMe le pos,sibilit� di 
una concreta attuazione, poich� la formulazione di una regola generaJle 
non pu� tener conto delle mere vailutazioni di carattere statistico, ma 
deve ricomprendere tutti i casi astrattamente ipotizzabili. 

Quello in questione, del resto, � un caso che [o stesso legislrutore 
sembra avere esipressamente considerato allorch�, nell'art. 18 della legge 
in esame, ha disposto (primo comma) che � I proprietari, possessori e 
detentori, a qualsiasi titolo, delle cose mobi:li e immobili contemplate 
dail!la presente legge, hanno 1l'obbligo dd sottoporre alla competente 
Soprintendenza ,i !lJa:-ogetti delle opere di qua;lunque genere che intendano 
eseguire, al fine di ottenere la preventiva approvazione �. Laddove � chiaro 
che, netl'amp�a dizione di � opere di qualunque genere � possono bene 
essere ricomprese anche le costruzioni (ideate e ubicate neil modo pi� 
sop,ra .indicato) su terreni nei quali ii.nstarno, o affiorano, 1reperti archeolo


gid inamovibili. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 329 

�, quindi, indubitabille, ,se rsono esatte -come sembra -'le osservazioni 
ora fatte, che anche il terreno sottoposto a :vincolo ,arrheologico, 
se gi� si poteva considerare edificabile prima de1l'imposizione del vincolo, 
conserva rtafo sua natura anche ai fini della determinaziione deJ1'indennit� 
di una eventuale espropriazione 1ohe venga suocessivamente attuata. 
m semplice fatto della sottorposizione al vincolo archeologico non vaile, 
cio�, a far s� che, h1 caso di espropriazione, debba essere va~utaito come 
agricolo un terreno ohe, prima deHa imposizione, era edificabile (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 dicembre 1979, n. 6568 -Pres. Rossi� 
Est. Persico -P. M. Gambogi (conf.) -P1resiidenza del Consiglio (avv. 
Stato Cerocchi) c. Cappellato {avv. Agostini). 

Previdenza � Risarcimento danni per mancato versamento di contributi 
previdenziali -Prescl'i1Jione -Decorrenza. 

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno spettante al 
dipendente nei confronti del datore di lavoro che ha omesso il versamento 
dei contributi previdenziali inizia a decorrere dal giorno in cui � 
sorto il diritto del dipendente alla prestazione previdenziale (1). 

(omissis) Col primo motivo del ricorso, denunziando violazione ed 
errata applicazione dell'art. 2116 cod. dv. in relazione aH'art. 360 lll. 3 
cod. proc. dv., si censura iil punto della statuizione dmpugnata ireiettivo 
dell'eccezione di .prescrizione e si sostiene essere errata l'identificazione 
del momento iniziale della prescrizione del diritto al risarcimento del 
danno con:seguirto a mancata od irregolare contribuzione daHa data cli 
maturazione del di:vitto aJJa pensione, anzich� -come ritenuto con ila 
pi� recente 1sentenza n. 11743/75 deHe S.U. -da quella ne!Jla quaile si � 
verificaita la prescrizione dei contributi omessi. 

Anche tale motivo deve essere dichiarato infondato. 

La giurisprudenza di questa Corte, a.nJaliticamehte riiportaita nehla 
sentenza n. 1743/75, registrava una posizione di tesi -1secondo fa quaile 
il diritto a;l risarcimento del danno ex art. 2116, secondo comma, cod. civ. 

(1) Con fa decisione che si annota le Sezioni Unite del S.C. hanno sostanzialmente 
accolto l'indirizzo adottato dalla sezione specializzata, pur apportandovi 
un correttivo (decorrenza non dal provvedimento definitivo di diniego, 
ma dalla maturazione del diritto alla pensione) abbandonando cos� il principio 
che le stesse Sezioni unite avevano affermato con Ja loro pi� recente pronunzia 
in materia, a cui si era richiamata Ja difesa dell'amministrazione. 
Malgrado i dubbi che la delicata materia so1leva, non sembra ormai possibile 
ottenere un diverso orientamento. 



330 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

pu� essere fatto vaJeve, e Ja prescrizione decorrere, dal momento nel 
qua�e i requisiti rper ~l conseguimento deLla rprestazione ;pensionistica siano 
venuti ad esistenza ,e ,sia emerso il rapporto causale tira inadempimento 
contributivo e danno risavdbile �peI'dita totale o rparziale della rpensione); 
-una pos1izione di antites�i -secondo la quale quel momento va individuato 
nel giorno in ,cui si � verificato 1l'in:adempimento (od, al massimo, 
in queHo della cessazione del rapporto di lavoro) H quale, Iedendo il 
diritto ad una regolare posizione assicurativa, produce di per s� un danno 
concreto ed attuale, suscettibile e di risarcimento -; ed una posizione 
di sintesi -secondo la quale due sono i beni tutelati (la regolare posizione 
assicurativa e la prestazione previdenziale) due le relative azioni 
(quella generale di inadempimento e quella specifica ex art. 2116, secondo 
comma, cod. ,civ.), e distinti i momenti di azionabilit� del diritto e di 
inizio della prescrizione (quando essendosi verificato l'evento-rischio, l'Istituto 
abbia rifiutato con provvedimento definitivo di corrispondere in tutto 
od in parte la prestazione pensionistica; e, rispettivamente, quando si 
� vericato l'inadempimento contributivo fino alla cessazione del rapporto). 

Chiamate a dirimere �11 contrasto, queste Sezioni Unite con la riohiamata 
sentenza (e con quella n. 2234/75) ebbero ad affermare un diveriso 
principio, a tenore del qua�e Ja ip:resorizione (decennale) del diritto al 
risacimento del danno, che il Javoratore ha sofferto per le mancate prestazioni 
dell'I.N.P.S., nei confronti del datore di lavoro, che non ha 
versato i contributi, prende in ogni caso a decorrere dal tempo in cui 
� maturata la 1prescrizione dei contributi medesimi. 

Pur ribadendo l'autonomia del rarprporto contributivo (corrente t<ra 
il datore di 1lavoro e .l'Istituto) ne11'ambito del comrpJesso irapporto giuridico 
,previdenzirule, si rivenne di pover individuare il tratto di ri~evanza 
dell'interesse del favorntore alla rngolarit� della posizione contributiva 
nel nesso tra l'inadempimento della obbMgazione conuributiva e l'inadempimento 
(totale o parziale) rle1il'obbligazione preV'idenziaie; nesso iche :ver['
ebbe escluso a rpriori (e con esso il danno costituente presupposto per 
l'esrperibilit� dehl'azione risarcitoria ex art. 2116 cod. dv.) quando orperi 
il rprincipio dehl'automatkit� delila prestazione preV'idenziale (e cio� quando 
l'evento-rischio si verifichi entro il decennio di debenza contributiva durante 
il qua1e il requis!ito dii contribuzione � figurativamente oomputato, fil caso 
di inadempimento da parte del datore di lavoro, anche ai fini della determinazione 
della misura della pensione: art. 401 n. 153/69; art. 23-ter legge 

n. 485/72 di iconversione del d.l. n. 267/72); .ohe potrebbe essere eliso a 
posteriori finch� sia eliminab~le la stessa inadempienza contributirva (artt. 55 
T.d.Ln. 1827/75 e 41 legge n. 152/69), e, .oon essa, Jo stes,so pericolo di danno
1

futtNo de11la peridita ,totale o parziale della pensione, aniche m�'aiante 
domanda di condanna del datme di lavoro in ,sede giudiziaria ail pagamento 
dei contributi non prescritti; ma che, viceversa, si manifesterebbe 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

nella sua pienezza quando J.'i!lladempimento rcontributivo, ledendo con il'intervenuta 
prescrizione in modo irreversibile �a posizione assicurativa del 
lavorntore, comprometterebbe definitivamente ii:1 dirirtto del medesimo ahla 
prestazione previdenzia�e, e d� in maniera eziologicamente causale, pur 
ne� non ancora verifioato evento-rischio {et�, invaJlidit�, mo11te), data ila 
essenzia!1it� deM'elemento gi� maturato de1la fattispecie risarcitoria e la 
regolarit� causa�e che gli ailtri non ancora presenti vengano in futuro ad 
esistenza. 

La pliausibilit� de� neo :introdotto principio giurisprude:rraiale � srtata 
immediatamente contestata dai1la sezione ilavoro delJla Corte la quale con 
una serie di pronunzie (1413-4-5/75; 4169/75; 2931/76; 3586/76; 1080�13603700-
5314/77; .2616-4233-4/78), iribadita J'autonomia per contenuto e presupposti 
delil'azione a 1tutela della posi:zJione assicura:tiva rispetto a queUa 
di danno da peridita della prestazione pensionistica per ornis�sione contributiva, 
e riitenuro che il rapipor.to l'isa11citorio ex art. 2U6, secondo comma, 
cod. civ., si rconoreta neJ momento della mancata o parziale corresponsione 
deJila pensione causata da mancata ed irregolare con1lribu:zJione, ha 
affermato che solo ail vedf�carsi di ..entrambJ detti presupposti si concreta 
la lesione del diiritto e comincia dJl corso della presorizione dell'azione, ed 
ha ide:nrbificato (nella pi� parte de�le pronunzie) il �relafilvo momento nella 
emanazione del provvedimento definitivo di �rifiuto dei11a prestazione da 
parte dehl'Istituto previdenziale. 

Ed � dtl consolidarsi di tale giurisprudenza che ha determinato [a 
rimessione del 1ricorso a1le SeZJioni Unte per un !lluovo esame dclla 
questione. 

Il Collegio, dopo meditato rJpensamento, prende atto de1la bont� 
degli argomenti addotti dalla sezione specializzata della Corte e ne convail~
da �a conclusione ohe va, per�, .riferita al momento della maturazione 
de� dimtto ailla prestazione :prev1ildenziale, non ravvisando �ragioni va1ide 
che includono ad insistere nel precedente :indirizzo. 

A ben vedere, esso �si discosta dagli stessi orientamenti mamfestam 
nel passato daille Sezioni Uni�te, sia �in tema di autonomfa dei rapporti 
contributivo ed assicurativo entro 1l'ambito de� comrp�esso .rapporto gimiidico 
previidenziaile (sent. 1%1/72) con la conseguente .prev.isione di una 
tutela deHa posizione contributiva non diretta e di condanna ail versamento 
dei contributi, bens� strumentale e di condanna generica ai danni 

(S.U. sent. n. 403/74; 2887/69), salvo il rimedio di rcui aLl'art. 13 de�la degge 
n. 1338/62; sia in tema di :identif�ca2lione della fattispecie risarcitoria 
ex art. 2116, secondo comma, cod. dv., sUJlla base di due elementi fondamentali 
di fatto, dati dail:la inadempienza contributiva e dailil:a pe11dita 
totale o :parziale de1la :pensione, con �a conseguenza .ohe l'obbligazione 
risarcitoria matura aill'�esaurimento della fattrspecie sitessa, che segna il 
momento di azionabilit� de� diritto del lavoratore (S.U. sent. n. 638/66). 

332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

InOILtre, pur ispirata al dichiarato intento di non 'lasciare a lungo 
senza tutela il ,soggetto a cui favore la fat,tisipecie � daJJ:a legge prevista, 
in attesa del suo completamento, finisce col .trasformare l'azione concessa 
al medesimo !dalla norma in esame in ~ione di condanna generica 
e con Jo 1scaricare sul lavoratore stesso, se solerte, [e conseguenze 
deN'attesa di compiletamento defila fattispecie Jiquidait:OTia e, se inerte, 
i risohi de1la prescrizione de11'<a:zlione, con perdita deHa stessa prestazione 
suocedmea. 

N� persuade la funzione di discrimine assegnata alla prescrizione dei 
contributi omessi {in tutto od in pa11te) come il isoli.o momento prima 
del qua.le sairebbe non configurabile o 1sanabdlle hl danno ~la reg011arit� 
della posizione contributiva senza che venga fil di1scussione H danno 
futuro alJa posizione as,sicurativa (pe11dita tota[e o parziale della pensione), 
mentre dopo di esso, non soccorrendo pi� ailcun �altro rimedio 
giuridico, ila tutela deMa. posizione assicurativa dovrebbe avere necessario 
riferimento alla conseguenza finale prodotta dall'inadempimento del datore 
di il:avoro e rappresentlilta dailla perdita (tota.le o parzia[e) deH:a prestazione 
assicurativa. 

In realt� � lo stesso disposto delil'art. 13 della legge n. 1338/62 a 
chiarire che di definitivo nei1a !lesione della posiizione contributiva vi 
� solo il modo di regolarizzazione (che non pu� pi� opemrsi mediante 
accredito tardivo dei contributi), essendo possi!bile superare fa rnevanza 
deHa pres0J1i:zfone dei contributi stes1si mediante l'ademrpimento {da parte 
del datore idi lavoro old, in via sostitutiva e salvo riWlllsa, del lavomtore, 
sia medio tempore che dopo il verificarsi dell'eventua[e rischio) di un'obbligazione 
secondaria succedanea a quella inadempiuta (versamento 
all'Istituto della riserva matematica necessaria) idonea a produrre identit� 
di effetti i(costituzione idi rendita vitalizia reversibile pari alla pensione 
o quota di pensione adeguata a1la pensione obb[dgatoria ohe spetterebbe 
al lavoratore dipendente in 1relazione ai contributi omes1si) e ad 
impedire identicamente Ila producibiHt� del danno specifico e J'operativ>
it� deihl'azione prevista 1daH'art. 2116, secondo comma, cod. civ. 

Ch�, mzi, proprio tale disposto, in unione agJ:i a1tri anche gi� messi 
in rii:salto nei11a precedente 1sentenza (diritti del lavoratore alJ.a illiformazione 
periodica sulilo svolg1imento deHa posizione 1contributiva: art. 38 
statuto [a;voratori; accredito dei contributi non presoritti, omes,si da 
aziende in ,crisi o faJLMte, mediante prelievo dalile <riserve deH'Ist!ituto: 
art. 39 statuto 'lavoratori) pernuadono non solo della tutela mrettamente 
aocOI1data dailil'o11dinamento ailila posizione contributiva del lavoratore in 
relazione aMa 'legittima 'aspettativa di un utile svolgimento del Tapporto 
assicurativo ~sernza iehe oocorra qui -non richiedendolo ['economia della 
deoisfone -delinearne il titoJo di legittimazione, ~�ambito ed d mezzi) 
ma anche che una taile tutela, sia essa intesa ad elimililare fio:adempi




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

mento contributivo ovvero a sterilizzare gli effetti dannosi, � esterna 
a:Ha fattispecie !risarcitoria descritta nell'art. 2116, secondo comma, cod. 

civ. ed anZii ne preclude J'avveramento. 
A11a stessa �conclusione conduce l'esegesi di quest'uiltima norma, la 
quale, operando sul :piano delile :prestazioni previdemdaili, configura in 
termini correlativi 11'obbligo delile :pTestazioni previdenziali dovute dal� 

nst:ituto per fil congegno dell'automatismo e 1l'obbligazione del datore di 
lavoro ahl'eq'll!ivailente sostitutivo nummario, entrambi valutati -a prescindere 
dai mqdi e tempi dell'inadempimento deH'obb1igazione contributiva 
e dalla quantit� di essa eventualmente prescritta -al momento 
dell'av�versamento del �rischio, ed avente come conrtenuto identicamente il 
quantum di prestazione corrispondente ai oont�rii.buti dovuti. 

Ma la ragione idi fondo che osta alila anticipazione dehl'azfone di 
danno specifico ex art. 2116, secondo comma, cod. civ., configu:mta come 
unitaria, ail momento nel quale i .contributi (totailmente o :parzia!1mente) 
omessi si sono prescritti, sta nella portata costitutiva di entrambi gli 
elementi :(omissione contributiva e :pei:idita, totaile o ;paaiaJe, deHa :prestazione 
pensionistica) della fattispecie �i:iisaocitoria e de!! irelativo nesso 
egiologico, richiesti a1I momento dell'avveramento del!l'evento-riischio, sicch� 
ila nonnale :prevedihhlit� di futuro avveramento di ques�t'u1timo accadimento, 
secondo regolarit� causale, non vale ad attuailizzare fa responsabfildt� 
del soggetto {datore di \lavoro) ail quale sia im:putabhle l'omissione 
contributiva senza .Ohe si :possa dimostrare anohe non la isola eventuai1it� 
bens� [a <:onoretezza di un danno alla posizione assicurativa, 
sebbene idi futura maniifes:tazione: dimostrazione impossibile rprima del 
completamento dehla fattispecie risarcitoria. 

A parte, infatti, fa gi� rilevata :possibiilit� per iii datore di favoro di 
neutralizzare [a funzione causaile delil'omis:sione dei contributi presoritti, 
e indirpendentemente daHa :possibilit� che l'even:to"'11i:schio non �si ireailizzi, 
]l sistema �conosce molteplici e ricorrenti oosi di Jlesione della posizione 
contributiva che non integrano danno rr.isarcibfile ex a1rt. 2116, secondo 
comma, 1cod. dv. per mancanza di rilllessi :sulla erogazione o sulila misura 
del!la prestazione pensionli!stica. 

Bd i casi gi� posti in il:uce in dott11ina e ne1la giui:iisprudenza sono di 
per s� illuminanti: com'� per H parziale !inadempimento cadente oltre 
il quinquennio posto a base di determinazione tdelila iretribuzione annua 
pensionabHe; per l'omissione contributiva che eoceda il periodo massimo di 
amiianit� contributiva; per que1Ha assorbita dahl'adeguamento fogalle della 
pensione ai trattamenti minimi. 

Invece del tutto estraneo aJl:la fattispecie risamitoria -epiperci� lin:idoneo 
a procras.tinare nel tempo 'I'iillizio del deco�rso della prescrizione 
del diritto -� il provvedimento definitivo con i~ quaile l'ii!stituto rrifiuta 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(in tutto od in parte) f'erogazione delil:a prestazdone al maturare del-iii 
1',evento, per la constatata def�denza (od insufficienZia) contributiva. 
Trattasi di un atto �condusivo di un .procedimento r.igidamente ed 
analiticamente prefissato da�la legge (nella �erogazione, decorrenza, misura 

I

ed altre modalit� dehla prestazione previidenziale) e relativa ad un'obbli


gazione ex lege legata ail solo verificarsi di ailcuni fatti, atto al quale 
non pu� che assegnarsi natura idiohiairativa ~quail.e che ne sia l'esatta 
definizione dogmatica: aoclaramenito, accertamento esecutivo, ricognitivo, 
eoc.) pevch� emanato nell'eserni21io di un potere ohe si esaurisce nel


Il'�adempimento deJJe operazioni (materiali e giuridiche) necessarie ad 
assicumre l'autonomia della funzione: S.U. n. 1261/75. 

L'azione per dl conseguimento della rpresOO.:ZJione -ed ~dentkamente 
quella per :il conseguimento dei danni da denegata pa:-estazione ex art. 2116, 
secondo comma, cod. dv. -nei confronti dei soggetti dspettivamente 
obbligati (I1stri:tuto previden:lliaJe o datore 9-i 1}avoro), sono sotto il profilo 
della causa petendi, normaH azioni esperibirli dinnanzi al giudice ordinario, 
ai sensi delJl'art. 2 della '1egge n. 2248 del 1865 aJ'1. E; e non coinvolgono, 

cons�eguentemente, la verifica della legittimit� o meno deill'atto amministrativo 
di diniego, per appiLicarlo o disap:plioavlo, sostituendosi la statuizione 
del giudice all'esito �di autonomo aoceritamento deilil.a fondatezm o 
meno della pretesa. 

E la pienezza di autonomia idi un tale accertamento si estende nel 
giudizio su domanda 1risardtorfa ex art. 2116, secondo comma, cod. civ., 
anche a quei presupposti dhe nel giudizio su domanda di prestazione 
previdenziale soggiacerebbero al preliminare procedimento amministrativo, 
ad effetto condi2lionante (ma per breve durata: art. 443 cod. pa:-oc. 

civ. ex ilegge n. 533/73) la procedibilit� �dell'a2lione o la �pToseguibilit� 
del �giudi2iio, ma non riconducibile aiWirnpedimento contemplato dall'articolo 
2935 ood. ciiv. �(sent. n. 2336/77) (omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I dviQe, 22 gennaio 1980, n. 485 -Pres. 
La Fa11ina -Est. D'Orsi -P. M. Dettori (concl. .conf.) -P.refettuta di 
Varese {avv. Sta:to Cosentmo) c. Steri. 

Avvocatura dello Stato -Rappresentanza e difesa in giudizio -Rappre 
sentanza .fi parte di un funzionario nei giudizi pretorili. -Esibizione 
dell'atto di conferimento del mandato -Necessit� -Esclusione. 

Per l'esercizio -nei giudizi di pretura -dello jus postuilandi da 
parte di un funzionario dell'Amministrazione statale non � necessaria l'esibizione 
n� del provvedimento d'incarico adottato dall'Amministrazione 

e-: 

<=: 

~: 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 335 

interessata n� dell'avviso espresso dall'Avvocatura dello Stato in ordine 
al concreto uso della facolt� spettante alla p.a. di stare in giudizio � di 
persona� (1). 

{omissis) L'art. 3 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, sulla rappresentanza 
e diliiesa ,in giudizio dello Stato stabilisce ,che � rinnan21i a:He preture 
ed agli uffici di conciiliazione Je amministrazioni dello Stato possono, 
intesa l'Avvocatura dello Stato, essere rappresentate dai ;propri funzionari, 
che siano per taili �riconosciuti �. 

Questa disposizione � stata inteI1pretata dal pretore di GaJllarnte nel 
senso che il funzionario, il quaJe si presenta in giudizio per rappresentare 
l'amministrazione dJi 'Oui fa pa11te, deve essere 'ailmeno munito di � un 
atto dii designazione da parte dell'amministrazione rinteressata (da cui 
riswlti che il funzionario � come taile riconosciuto) :preceduto dai pa:rere 
dell'Avvocatura dello Stato�. 

Nonostante, quindi, la presenza iiin gfoldrizio del dott. Umberto Calandrella, 
funzionario dehla BrefettuTa di Varese, il pretore ha dichiarato 
la contumacia deM'ammrinistrazione citata, non ha :ammesso la produ


(1) Esercizio dello � ius postulandi � per una ,p.a. e sindacato di terzi. 
1. -Oome �sd desume dail!La seD!tenza 1n rassegna, il ~retore aveva ritenuto 
che iJB fUIIJ!2Jionario cornpaocso in g,i1Ucli7Ji.o a raippresenitare l'AmminIIB'trazione 
statale convenuta dovesse dar conto dei propri poteri esibendo l'atto col quale, 
�sentita l'Arvvocatooa deilllo Stato>>, IJ!'Ammfu::J!ilstimzione limrte.res�sa1la fu aves.se 
investito dell'incarico a norma dell'art. 3, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611. 
La Cassazione, oltre ad escludere -con 'puntuale applicazione dei principi 
in tema di rapporto organico -la necessit� della dimostrazione di uno specifico 
atto di investitura del funzionario nel potere di rappresentare ~�amministrazione, 
ha negato altres� riilevanza esterna all'avviso deLI'Avvocatura dello Stato richiesto 
dalla norma citata. 

Tale notazione, forse neppure strettamente necessaria per la decisione del 
caso di specie (nel quale la costituzione in giudizio della p.a. a seguito della 
notifica dell'atto di citazione presso l'Avvocatura consentiva di ritenere avvenuta 
per fatti concludenti la valutazione dell'Organo ilegale circa l'opportunit� di un 
ricorso all'art. 3, r.d. 1611/1933), rappresenta ulteriore puntualizzazione -sotto 
diverso profilo -di recenti affermazioni giurisprudenziali in tema di ra'.ppresentanza 
e difesa in giudizio delle p.a. 

2. -Occupandosi di un'ipotesi di patrocinio facoltativo di Enti pubblici 
non statali le S.U. della Cassazione, cui s'era offerta l'occasione di comporre 
un iniziale contrasto giurisprudenziale, avevano avuto modo di negare rilevanza 
esterna al.ratto col quale uno di tali enti aveva deliberato di affidare il proprio 
patrocinio all'Avvocatura dello Stato (cfr. sentenza 24 febbraio 1975, n. 700, in 
questa Rassegna 1975, I, 696). Osserv� in quel caso la Corte Suprema che l'ordinamento 
ha affidato, in via istituzionale, all'Avvocatura la tutela in giudizio 
degli interessi pubblici e che le norme in tema di patrocinio facoltativo non 
sono dettate � in vista di un particolare vantaggio da attribuire alle amministrazioni 
ed agU enti in esse indicati, bens� unicamente in vista dell'interesse 
pubblico a che fa loro difesa e rappresentanza in giudizio sia esercitata da 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione in giudizio dei documenti, esibiti dail. Calandrella ed ha accolto 
l'opposiziooe. 
Questa statuizione � censurata dall'Avvocatura dello Stato con due 
mezzi di annuillamento, coo 'i quaili, <lamentando 'la vJdlazione degli artt. l, 
2 e 3 del r.d. n. 1611 del 1933 e dell'art. 9 della [egge n. 316 del 1967, 
in a:'elazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., nega ['esigenza di un formale 
atto sc:riitto di designazione del funzionario che si presenta in giud!�zio 
e pone fil rnft�r01IJJto tra I'art. 1 del detto decreto, che dconosce J'jus 
postulandi agli avvocati dello Stato, con la semplice constata:llione dellla 
loro qualit� e l'art. 3 che davanti ai pretori e ad coocilliatori Tkonosce 
lo stesso potere ai funzionari deH'amministrazione interessata, con la 
sempJ.ii.ce constatazione della foro quailirt� . 
.A!ggill!tlge ,che 1'� intesa� con �l'Avvocatura del!lo Stato � un mero 
atto interno e ohe � cosa ben dive11sa dailil:a � delega � [a quale � invece, 
prevista dall"art. 2 (per !'&potesi in cui H giudi:llio si svoLga fuori della 
sede degli uffici deLl'Avvocatura e questa vogJia delegare funzionari 
quello stesso organo cui � istituzionalmente affidata la difesa di tutti gli 
interessi, patrimoniali e non 'patrimoniali, dello Stato considerato ne1la sua 
unitariet� �. 
Nel diverso caso venuto ora al suo esame la Corte 1Suprema, negando che 
nell'inciso �intesa l'Avvocatura dello Stato� possa ravvisarsi il: riferimento ad 
un atto diretto a legittimare -in concreto -l'esercizio dello jus postulandi 
ne1le forme dell'art. 3, r.d. 1611/1933, ha osservato che l'esigenza di sentire 
l'organo, cui � istituzionalmente demandata la rappresentanza e difesa dello 
Stato iin ,~ud.ii~o. trova ragione neJJIJa appovtWl!it�, per i[I'Amministrazione, di 
ricevere consiglio e indirizzo circa la condotta della lite. 
Sia pure in maniera diversa la sentenza del 1975 e quella sopra riprodotta 
concorrono, dunque, a tratteggiare i compiti dell'Avvocatura ed a svincolare 
l'esercizio deLlo jus postulandi per le p.a. da ogni possibilit� di sindacato in 
ordine all'esistenza ed ai limiti del �mandato�. 
L'orientamento di cui s'� dato rapido conto offre oggi occasione per 
accennare, altres�, ad alcune norme della legge 3 aprile 1979, n. 1103, dalle quali 
possono ritenersi 'positivamente fissati tanto il principio dell'irrilevanza, verso 
ter2li., ,dielllJe 1ilni00se ~ria AmmiinisitrazJioni ed A vvooaitura ciirca :L'esercizio delilia 
rappresenrtJamza !iJn gi'llldiziio deiLJJa prwa -quanto ['ailJtro, secondo .cui .L'Avvocatura 
� istituzionalmente investita della tutela giudiziale degli interessi pubblici, in 
genere, suscettibili di essere ricondotti allo 'Stato nella sua unitariet� quando 
pure affidati aHa cura (amministrativa) di organi ed enti strutturalmente (ma 
non funzionalmente) esterni all'apparato statuale in senso stretto. 
In ragione delil'inerenza alla materia oggetto della sentenza in esame (e di 
queffi!Ja del! L975 che s'� rioovdata) vengono dm rilllievo gl.ti airtt. 1lil e l3 deilJJJa legge ~ 
103/1979, essendo appena iJ caso di segnalare l'art. 10 che, prevedendo l'estensione ~ 
de1le funzioni dell'Avvocatura dello Stato alle regioni a statuto ordinario, rappresenta 
diretta espressione del! principio che vuole assicurato anche sul piano 
giudiziale un perseguimento organico, e non settoriale o soggettivistico, degli 
interessi generali della comunit�. 
@ 
(:~j 
~:= 
i~~ ,.. 
3. -L'art. 13 della fegge n. 103/1979 dispone che nei procedimenti di ~:= 
inisuazione>tardiva di crediti al passivo fallimentare (art. 101, r.d. 16 marzo 1942, ~:~ 
1=: 
ili' 
1:; 
I 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 337 

dehl'ammmistrazione interessata o rprocu:riatori legali esercenti nei!. circondario 
in cui si �svolge iil giudizio). 
Il mezzo � fondato. 
Della legge, male applicata dal pretore, sono ben chiare la lettera 
e Ja ratio. 

Sitarndo alla fottera deilla nonna appare 1che �fintesa � con ~'Avvocatura 
defilo Stato attiene al!l'at1J:ivit� interna deiH'amminist:riazfone, alla fase, 
cio�, rpreoedente a1la propos�izione de1la J:ite (�se l'rumministrazione � attri


ce) o alla costituzione in giudizio (se � convenuta) e non riguarda il 
giudice ~gairante di interes'Si diversi da quel1i delJ'amministrazione attiva) 
e al]Jlpare, altres�, che i1l ,funzionario il quaile rarppresenta ~�amministrazione, 
o, meglio, nella oui rpersona ista in giudizio l'amministrazione) 
deve soltanto fars1i �riconoscere� per taile dal giudice e daHa controparte. 
La facolt�, cio�, �di rappresentare '1'amminis1Jrazione aprpartiene 
al .funzionario per la 'Sua qualifica e non in virt� Idi delega o mandato. 
Sia la delega che il ma11!dato rpresuppongono, �infoltiti, alterit� idi soggetti, 

n. 267) ed .in quelli per l'ammortamento di titoli di credito (artt. 2016 segg. 
cod. dv.) Jle Aimlmio:.iiisrtmz�oni stiatallli, Ile Regioni e glli enti che sii avv.ailgono del 
patrocinio dell'Avvocatura a sensi dell'art. 43, r.d. ,1611/,1933 sono rappresentati 
da propri funzionari, che siano per tali riconosciuti. 
La ncmma agg;�llmge .che nei giudizi I�IIl m!ateria dii :poosioillli. me Amminli.st:ra� 
zioni statali, quando non ritengano di avvalersi del patrocinio deLI'Avvocatura 
dello Stato, possono delegare un .proprio funzionario a sostenere, anche oralmente, 
nel corso del giudizio, la loro posizione. 

Per quanto qui interessa, l'attenzione va richiamata non tanto sui primi 
due commi della norma (il primo dei quali, oltre tutto, parrebbe muovere da 
una pacifica soluzione del problema pi� generale della necessit� di un'assistenza 
legale, prevalentemente negata -invece -� nelle procedure di ammissione di 
credito al passivo fallimentare sia pure con riferimento alle domande ex art. 93, 
legge fall.: cfr. Cass., 26 ottobre 1976, n. 3875 e Cass., 28 lu~lio '1972, n. 2587, in 
Foro it., 1977, I, 1248 e 1973, I, 2584) quanto sulla disposizione relativa ai giudizi 
in materia di pensioni, da considerare in relazione agli artt. 79, r.d. 12 luglio 1934, 

n. 1214 e 3 legge 21 marzo 1953, n. 161 e, dunque, attinente soprattutto all'attivit� 
di difesa. Bench� non possa escludersi che una controversia in materia di 
pensioni involga, al di J� degli aspetti patrimoniali del singolo caso, questioni 
di massima rilevanti in tutto il settore del pubblico impiego, non v'� -nella 
norma -alcun esplicito accenno ad un �avviso� dehl'Avvocatura circa l'opportunit� 
di delegare un funzionario a sostenere in giudizio la posizione dell'amministrazione, 
e sembrerebbe -anzi -che la legge abbia inteso rimettere a 
quest'ultima la valutazione prudente, ma esclusiva, di non avvalersi del patrocinio 
dell'Avvocatura. 
Con tutta evidenza, per�, il significato della disposizione non pu� essere 
quello, prima fac�e apparente e che, in ultima analisi, risulterebbe inconciliabile 
con la disposizione dell'art. 1, primo comma, r.d. 1611/1933 e con l'attribuzione 
all'Avvocatura, in via istituzionale, del compito di rappresentare e difendere 
le Amministrazioni statali in giudizio. Sembra quindi pi� corretto ritenere 
che la norma in esame -destinata ad alleggerire compiti sempre pi� gravosi 




338 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

iaddove il fun2'!ionario � incarid:inato nella struttura deiI'amministrazione 
in base a:l rapporto organico. A chiari<re questo concetto ibasta il semplice 
raffronto con la diversa terminologia usata dal legislatore nell'articolo 
2 del detto decreto (ove si parla di delega da parte dell'Avvocatura 
nei giudizi che si svolgono fuori della sede degli uffici dell'Avvocatura 
medesima) e nehl'a:rt. 4 ove 1a 'rappresentanza innanzi a:lle preture e agli 
Uffici di conciliazione dehl',amministrazione de11e Ferrovie dehlo Stato, 
si rpar.la di agenti muniti di �mandato� generale o ,sipecia'1e rper ciascun 

~udizio. 

Ma anche fa ratio della disposizione coincide in tal senso. 

La fogge, imat1Ji, nel solo interesse dell'amministrazione ha prescI'itto 
iche essa, prima di avventurarsi in una lite, senta l'organo tecnico 
cui � J,stituzionalmente demandata 1a rappresentanza e 1a difesa dehlo 
Stato in giudizio e ci� per avere consiglio e indirizzo circa la condotta 
dehla J,ite, delila quale poi, in caso di aippe1lo o di 'ricoriso per cassazione, 
dovr� necessariamente occuparisi l'Avvocatura deMo Stato. 

non abbia inteso escludere la necessit� o, almeno, l'opportunit� ma solo presuppcmre 
!l'esistenza di sipeid�che �intese � tira Ammi!lllis~e e Avvocatura 
im'Plicitamente limitandone la rilevanza sul solo piano � interno �. 

4. -Maggior interesse presenta, ai fini in esame, l'art. 11 della legge 
n. 103/.1979 che, modificando la disposizione contenuta nell'art. ~3, r.d. 30 ottobre 
11933, n. 1611, in tema di patrocinio facoltativo, ha significativamente precisato 
che una volta intervenuto ['atto (statale) di autorizzazione al patrocinio 
delll!'Avvoaatum questa a&>rume ra rappresien.too.m e difesa in giiuddzro degli enti 
� in via organk:a ed esclusiva�; e che gli enti i quali, per particolari controversie 
(diverse da quelle comportanti conflitto di interessi con lo Stato e ,le 
regioni), intendano non avvalersi del patrocinio autorizzato debbono adottare 
.aipposita motivata delibera. 

La norma, che mutatis mutandis trova piara~11e!lo netl primo comma deLJ.'artii


colo 5, r.d. '1611/1933, appare rilevante in due direzioni; per ci� che esplicita


mente enuncia in ordine ai caratteri del "patrocinio affidato all'Avvocatura ed 

altres� -e proprio in relazione a tali sottolineati caratteri -per ci� che 

lascia all'interprete di desumere ciI1Ca la rilevanza di una intesa tra ente 

patrocinato ed avvocatura non solo nella fase istruttoria del procedimento di 

autorizzazione ma, questa intervenuta, anche ai fini del non uso del patrocinio. 

Vale, in effetti, considerare che l'organicit� del patrocinio da parte della 

Avvocatura comporta non solo -com'� evidente -che controversie con 

identico oggetto siano affidate all'Avvocatura ma che questa provveda pure 

alla raippresentanza e difesa in giudizio deg,li enti in tutte le controversie che 

presentino questioni connesse, dipendenti o comunque interferenti con altre 

costituenti oggetto di giudizi nei quali il patrocinio risulti gi� affidato all'Avvo


catura stessa solo in tal modo potendo reailizzarsi le condizioni capaci di 

assicurare una unicit� di indirizzo difensivo e, quindi, quella 'Pi� efficace (perch� 

�organica�) tutela giudiziale di interessi pubblici che � J'obbiettivo della legge. 

Nasce di qui l'esigenza, strumentale, di preventive � intese� tra ente ed 
Avvocatura, dal momento che il primo non potrebbe -senza il consiglio 
tecnico della seconda -procedere a1la individuazione delle controversie nelle 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 339 

Non si tratta in altre parole di una delega che ~l funzionario deve 
ricevere idal.l'Avvocatura, delega che, �come gi� si � visto, � prevista in 
altre e d�.verse ipotesi. E in reailt� la delega potrebbe essere 1richiesta solo 
nel caso in cui l'Avvocatum dello Stato si costituisse esisa in giudizio 
davanti ail pretore e poi delegasse funzionari deM'ammimst.razione interessata, 
ove ila [iite si svolgesse in un ufficio giudizia1fo diverso dail J.uogo di 
sede de11'Aivvocatura. 

In questo caso il rapporto di delega si spiega peroh� H funzionari.o 
si presenta in giudizi.o in .luogo dell'Avvocatura; ma quando J'amministrazione 
sta in g�.udiz�.o a mezzo dei suoi fuD.2lionari si iha, in sostanza, iiil caso 
delJa parte che sta in giud�.zio � rper.sonailmente � e l'amminiistrMione non 
pu� 1stare altrimenti in giudizio che a mezzo dei suoi organi. 'Bd � proprio 
nella noz;ione del rapporto ovgainico che come gi� detto va esclusa, per H 
funzionario che viene in giudizio iper :l'amministrazione, l'esigenza di esibire 
un atto di designazione. Questo, se � stato emesso, � atto interno, che 
riguarda �. vari compiti dei funzionari del!l'ufficio e non interessa :iil giudice. 

Il riico11so deve, quindi, essere accolto (omissis). 

quali avvalersi o di quelle, viceversa, nelle quali non avvalersi del patrocinio 
gi� autorizzato, in via generale, a conclusione del procedimento di cui all'art. 43, 

r.d. 1611/1933 (come modificato dalla legge 103/1979). 
Ma in un caso e nell'altro, vale a dire tanto agli effetti del provvedimento 
di autorizzazione quanto agli effetti della determinazione di non avvalersi -in 
casi speciali -del patrocinio, J:a norma tace dell'avviso dell'Avvocatura e delle 
intese intercorse tra questa e l'ente in ordine alla specifica controversia giudiziale 
o a determinati settori del contenzioso dell'ente in tal modo autorizzando 
a ritenere che tali atti sono destinati ad esaurire la loro efficacia all'interno 
della p.a., potendo semmai risultare rilevanti ai fini del controHo degli organi 
di vigilanza sulla delibera di cui al penultimo comma dell'art. 43, cit., nuovo 
testo. In altri termini, una volta intervenuta l'autorizzazione in parola il concreto 
esercizio dello jus postulandi da parte dell'Avvocatura deve porsi in 
relazione con la istituzionale competenza dell'organo legale a provvedere alfa 
tutela in giudizio di interessi 'pubblici generali e non v'�. luogo, per il giudice 
e per gli altri soggetti del processo, ad indagare su uno specifico atto di conferimento 
del mandato n� sui ~imiti del potere di rappresentanza in ipotesi 
correlati aJJ.'oggettiva definizione delle materie di contenzioso attratte nell'ambito 
del � patrocinio organico � a seguito dell'avviso espresso, in via generale e 
preventiva o con riguardo a specifiche controversie, dall'Avvocatura. 

SERGIO LAPORTA 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CASSAZIONE PBNALE, Sez. VI, 12 febbraio 1979, n. 77115 -Pres. Ugazzi -
Rel. Cersosino -P. M. Bruno -Bonacina (avv. Patan� e Di Pietropaolo) 
e Comitato di quartiere parte civile {avv. Di Batti.ISta). 

Demanio -Demanio storico artistico -Beni culturali -Beni culturali di 
propriet� privata -Beni vincolati -Ordinanze di restauro -Competenza 
-Competenza esclusiva del Ministro -Sussiste. 

� di spettanza esclusiva del Ministro per i beni culturali e ambientali 
la competenza ad emanare ordinanze di restauro (di beni vincolati come 
cose di interesse storico artistico) ai sensi dell'art. 16 della legge 1� giugno 
1939, n. 1089, come richiamato dal terzo comma dell'art. 2 della legge 
21 dicembre 1961, n. 1552 {1). 

(1) Esistono forti perplessit� in dottrina e giurisprudenza a ritenere che, 
laddove la legge 1� giugno 1939 n. 1089 parla di provvedimenti �del Ministro�, 
tali provvedimenti non debbano essere emanati necessariamente dal Ministro, 
ma possano essere adottati anche dai Soprintendenti; ne sono sicuramente 
esclusi, ad esempio, sfa i 'provvedimenti impositivi del vincolo ex art. 3, sia 
tutti i provvedimenti la cui emanazione � condizionata aJ. previo parere del 
Consiglio Nazionale per i beni culturali e ambientali (cfr. in termini Trib. 
Bologna, 3 agosto� 1951, in Foro Jt., .1951, I, 1555; �CANTUCCI, La tutela giuridica 
delle cose di interesse artistico e storico, Padova, 1953, 342 e 355; CAPACCIOLI, 
Sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico, Milano, 1%2, 5 segg.; 
ALIBRANDI-F'ERRI, I beni culturali e ambientali, MHano, 1978, 299 e sgg.). 
TaJ.i pevplessit� permangono indipendentemente dagli effetti collegati alla 
necessit� di attuare a favore dei Soprintendenti, quali dirigenti degli organi 
periferici dell'amministrazione per i beni culturali e ambientali, la delega 
prevista dahl'art. 14 del d.P.R. 748/1972. 

La definizione dei compiti delle Soprintendenze quali organi tecnici amministrativi 
locali non consultivi, ma deliberativi che agiscono con potest� autonoma 
venne enunciata dahla Suprema Corte �di cassazione fin dal lontano 

20 febbraio 1948 (cfr. Dee. n. 263, in Riv. Amm., 1948, 145); con la decisione che 
si annota il Supremo Collegio, con riferimento aHa fattispecie legale prevista 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

dalla norma di cui all'art. 70 della legge 1089/1939 (�Salvo che non sia 'prevista 
una pena pi� grave, chiunque trasgredisca ad un ordine, dato dal Ministro per 
]',eduoamcme n<aziomilie -ora per !i beil!� cu:Lturnllli e ambllien1Jaild -fil conformit� 
della presente legge, � punito con Je .pene di cui all'art. 650 del codice 

penale�) ha osservato che presupposto del giudizio circa l'ottemperanza o 
meno da painte del des�tinatariio delilfatto iairnminis1:trativo aJl COIIJ!ando 1enunciato � 
llia ilegiittimit� del] provveclimeaJ:to oMlChe in J:clazLo�l1Je aa['oogam:o ohe .io ha emesso 
� necessario cio� accertare che l'atto imperativo della p.a. sia stato emesso 
dall'organo a cui la legge ha conferito il potere di imporre una delle condotte 
necessarie alla conservazione dei beni considerati dalla legge meritevoli di 
tutela; sotto tale specifico profilo la Cassazione ha Di.levato che sia i provvedimenti 
'previsti dagli artt. 14, 15 e 16 della legge 1089 del 1939, sia quello di cui 
all'art. 2 della legge n. 1552 del 1961 (� ill Ministro per i beni culturali e 
ambientali pu� adottare i provvedimenti di cui all'art..16 della legge 1� giugno 
1939, n. 1089, anche per le cose di propriet� privata, che abbiano formato 
oggetto di notificazione ai sensi degli artt. 2, 3 e 5 della detta legge�) possono 
essere emessi solo dal Ministro, previo parere obbligatorio del Consiglio Nazionale 
dei beni culturali e ambientali, .fatto salvo il caso di assoluta urgenza 
(cfr. art. 4 Jegge 1552/1961) e non anche dai Soprintendenti, come risulta 
dall'esame e dal tenore letterale delle norme surrichiamate e delle altre disposizioni 
normative della stessa legge (cfr. artt. 11, 12, 18, 20, 22 e 60). 

� Dalla valutazione globale degli articoli stessi -motiva testualmente la 
Cassazione -risulta evidente l'intento del legislatore di conferire all'autorit� 
politica -posta a capo de1l'amministra2lione dei beni culturali -il potere di 
adottare gli interventi pi� incisivi e penetranti per la maggiore incidenza delle 
limitazioni imposte e delle conseguenze giuvidico-economiche da essi derivanti
�. 

Conclude 'pertanto il Supremo Collegio affermando che i provvedimenti 
in ipotesi emanati dal Soprintendente sono da considerarsi inesistenti per 
incompetenza assoluta dell'organo; quanto alla delegabilit� ai �Soprintendenti 
di siffatte competenze ex art. 14 d.P.R. 748/1972 riteniamo che essa andrebbe 
esclusa ogniqualvolta sia richiesto il parere del ConsigJio Nazionale: una conferma 
indiretta a tale conclusione sembra potersi ricavare dall'art. 6 della 
legge n. 44/1975 la quale ha attvibuito alle Soprintendenze il potere di adottare 
i provvedimenti di cui agli artt. 14 e 15 della !legge 1089 dd 1929, e non ha 
richiam~to anche l'art. 16 della stessa legge, cosicch� i provvedimenti da� questo 
ultimo articolo contemplati non possono che essere ritenuti cli competenza 
esoliusi'Vla dell Mmllistro (lin SeaJ:so contml1�lo alllle tesru de.llia Oassa2lione, cfr. Pretore 
Roma, 21 giugno 1977, in Proc. pen. c. Bonacina Cesare; Pret. Roma, dee. 
13 novembre ,1979, in proc. c. Rossignoli Arturo; in dottrina cfr. A. POSTIGLIONE, 

Sulla competenza ad emettere ordinanze di restauro di beni culturali di propriet� 
privata, in Il Consiglio di Stato, 1979, Il, 763 e sgg.; dello stesso autore: 
Ruolo delle soprintendenze per i beni ambientali ed architettonici nella giurisprudenza, 
nota a sent. Pret. Roma, 13 novembre 1979, n. 21843, in I Tribunali 
amministrativi regionali, 1979, Il, 417; Inosservanza delle ordinanze delle 
sopraintendenze per il restauro dei beni culturali e sanzioni penali, nota a sentTrib. 
Roma, I pen., 25 maggio 1978, in Il Consiglio di Stato, 1978, II, 907 e sgg. 

R. TAMIOZZO 

342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pl., 7 dicembre 1979, n. 32 -Pres. (f�f.) Imperatrice 
-Est. Dato -Ministero difesa (Avvocatura Stato) c. Santoro 
(avv. Festa) -Appello avverso dee. T.A.R. Lazio, I Sez., 27 agosto 1976, 

n. 477. 
Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Impugnazione -Termine 
-� Dies a quo � per la proposizione dell'appello -Notificazione 
della sentenza di primo grado -Individuazione -Amministrazione 
statale patrocinata dall'Avvocatura dello Stato -Notificazione presso 
l'Avvocatura -Necessit� � Sussiste. 

Impiego pubblico � Retribuzioni � Equo indennizzo � Personale militare � 
Menomazione brlziale e aggravamento successivo -Infermit� contrat� 
ta in epoca anteriore alila legge 1094/ 1970 con aggravamento successivo 
� Misura dell'equo indennizzo � Criteri. 

In relazione all'applicabilit� dell'art. 285 cod. proc. civ. anche in tema 

I 

di not.ificazione di sentenze degli organi giurisdizionali amministrativi, e di 
individuazione del luogo di notificazone delle stesse, qualora si tratti di 
sentenza emessa nei confronti di una pubblica amministrazione costituita 

I 

ritualmente in primo grado col patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, essa I 
andr� notificata presso quest'ultima, con conseguente irrilevanza, ai fini f:~ 
della decorrenza del termine per la proposizione dell'appello, della notifi-fil

� 

cazione effettuata direttamente presso l'amministrazione (1). 

Im,.. 

Trova applicazione anche a favore del personale militare {cui � stato 
esteso dalla legge 23 dicembre 1970, n. 1094, il beneficio dell'equo inden-' 

I 
,..

nizzo, previsto per i pubblici impiegati dall'art. 68 del t.u. approvato con 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e disciplinato dal d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686) ~ 
il costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui, qualora la 
dipendenza dell'infermit� da causa di servizio sia stata riconosciuta anteriormente 
all'entrata in vigore della legge di previsione del beneficio, ma 
la perdita dell'integrit� fisica si sia manifestata o aggravata in epoca 
successiva, il beneficio deve essere riconosciuto, ove beninteso sussistano 
le altre .condizioni richieste dalla legge; in tale ipotesi al dipendente 
spetter� la differenza fra l'importo liquidabile a seguito dell'aggravai 


mento e quello che avrebbe potuto essere liquidato all'atto in cui si era 
manifestata la menomazione indennizzabile solo per effetto di legge If 

sopravvenuta (2). 

(1-2) Con espresso riferimento all'ipotesi in cui parte in 
nistra2iione non statale dr. Ad. PI., 23 marzo 1979, n. 9, 
1979, I, 710. 

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causa sia un'ammit 
in questa Rassegna, 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 343 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 11 dicembre 1979, n. 1144 -Pres. Santaniel.
lo -Est. Delfino -Regione Friuli-Venezia Giulia (avv.ti Pacia e Rkci) 

c. Mmistero Difesa e ahro (avv. Stato Azzariti). Appello avverso dee. 
T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 16 marza 1978, n. 79. 
Urbanistica � Piano regolatore � Variante -Beni patrimoniali indisponibili 
dello Stato � Destinazione diversa da quella prevista nel vincolo Consenso 
dell'amministrazione proprietaria -Necessit� -Non sussiste 
� Limiti. 

Urbanistica -Piano regolatore � Variante -Opposizione -Beni patrimoniali 
indisponibili dello Stato -Opposizione da parte dell'amministrazione 
proprietaria -Legittimit� della reiezione da parte della Regione. 

Urbanistica � Piano regolatore � Prevlsione di massima per espropri e 
sistemazioni � Contestualit� con l'approvazione del piano -Non � 
richiesta. 

Non � necessario il consenso dell'amministrazione proprietaria di un 
bene patrimoniale indisponibile per legittimare una variante a piano 
regolatore generale comunale che preveda una destinazione di detto bene 
diversa da quella per la quale esso risulta vincolato, trattandosi di una 
astratta previsione urbanistica che non comporta l'espropriazione, ma 
si limita a prevederne la futura possibilit�, da concretarsi peraltro con 
l'adozione di altri successivi provvedimenti {1). 

Non � richiesto il preventivo esame, da parte del consiglio comunale 
interessato, ai fini della reiezione da parte della Regione di una opposizione 
avverso la variante di un piano regolatore comunale che abbia 
inciso sulla destinazione di un bene patrimoniale indisponibile dello 
Stato, qualora trattasi di opposizione non formulata ai sensi e nelle forme 
previste dagli artt. 9 e 10 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (2). 

Non essendo richiesta necessaria contestualit� della predisposizione 
del piano finanziario di massima ex art. 30 legge 17 agosto 1942, n. 1150, 
e delle spese occorrenti per gli espropri e le necessarie sistemazioni rispetto 
all'approvazione del piano regolatore generale e alle varianti ad esso, la 
previsione di massima pu� essere predisposta anche successivamente, 
e cio� al momento della effettiva espropriazione (3). 

(1-3) Cfr. Sez. IV, 29 aprile 1977, n. 439, in Il Consiglio di Stato, 1977, I, 565; 
Sez. VI, 9 giugno 1978, n. 737, ivi, 1978, I, 1186. 



344 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 dicembre 1979, n. 1195 -Pres. Santalllie1lo 
-Est. Grassi -Prefetto di Roma 'ed altro {avv. Stato Onufrio) c. 
Pallotta {1avv. Cervati) -Appello avverso dee. T.A.R. Lazio, I Sez. 
1� febbraio 1978, n. 143. 

Combattenti e reduci -Qualit� di deportato civile -Riconoscimento Diniego 
-Onere probatorio dell'interessato -Limiti -Effetti. 

Non incombe sull'interessato al riconoscimento della qualit� di deportato 
civile un onere probatorio rigorosamente inteso, n� il compito dell'amministrazione 
pu� essere circoscritto all'esame della rilevanza delle 
prove fornite dall'interessato, essendo invece compito specifico della 
stessa amministrazione, ogni qualvolta ricorrano i presupposti del fumus 
boni juf))i.S, effettuare gli opportuni accertamenti per valutare appieno 
la eventuale fondatezza della domanda; conseguentemente va dichiarata 
la illegittimit� di un provvedimento prefettizio di diniego di riconoscimento 
di detta qualifica, basato sul rifiuto di prendere in considerazione la 
documentazione fornita dal richiedente, documentazione dalla quale emerga 
comunque un utile principio di prova, quali ad esempio gli atti di notoriet� 
rilasciati da soggetti che hanno dichiarato di essere stati diretti compartecipi 
e testimoni dei fatti riguardanti il richiedente (1). 

(1) Cfr. in termini Cons. Stato, Sez. IV, 1� luglio 1977, n. 657, in Il Consiglio 
di Stato, 1977, I, 11122; Parere Cons. Stato n. 1817 del1'11 dicembre 1974; ivi, 
1975, II, 1297; T.A.R. Lazio, 1Sez. staccata di Latina, 18 aprile 1980, in ricorso 
Franzese c. Prefetto di Frosinone, in via di pubblicazione, nella quale ultima 
si ichiiarisoe espresSlalllW!lte che, ove non ,si ritenesse SllllSsilstente l'obbiliigo per 
l'amministrazione di esaminare gli elementi di prova forniti dall'interessato e 
di compiere seri e diligenti accertamenti volti a reperire obiettiv~ dati di riscontro 
dei fatti indicati, ci si porrebbe in contrasto con i 'pmncipi generali del 
sistema probatorio, con la ulteriore conseguenza di rendere quasi sempre impossibile 
per i soggetti interessati ottenere il riconoscimento della quailiifica 
di deportato civile, poich� l'onere di documentazione ben difficilmente potrebbe 
essere assolto data la particolare situazione di occupazione bellica esistente 
all'epoca dei fatti, il lungo tempo trascorso e l'inesistenza, nel:la maggior parte 
dei casi, di documentazione coeva agli elementi da provare. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 dicembre 1979, n. 1198 -Pres. Mezzalllotte 
-Est. Imperatrice -Arrace (avv. Abbamonte) c. Ministero inte:mo 
(avv. Stato VittoI1ia) e Soiuba e altri (n,c.). 

Impiego pubblico -Promozioni -Scrutini per merito comparativo -Rinnovazione 
-Giudizi relativi agli scrutinati non ricorrenti -Conservazione 
da parte dell'amministrazione -Illegittimit�. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 345 

Impiego pubblico -Provvedimenti emanati su presupposti erronei o vi� 
ziati -Annullamento in sede giurisdizionale -Necessit� di non adottare 
provvedimenti contraddittori con il principio di coerenza dell'azione 
amministrativa -Fattispecie in tema di rinnovazione di scrutinio 
per merito comparativo, annullato in sede giurisdizlionale Preclusione 
alla rinnovazione del punteggio dei soli ricorrenti -Effetti. 


Impiego pubblico -Promozioni -Promozioni per merito comparativo Annullamento 
del relativo procedimento in sede giurisdizionale Rinnovazione 
-Riferimento ai criteri di massima in precedenza adottati 
-Legittimit� � Sussiste. 

Ove intervenga l'annullamento giurisdizionale di un procedimento 
di promozione di pubblici impiegati per merito comparativo, deve ritenersi 
illegittimo l'operato dell'amministrazione che, in sede di rinnovazione, 
lasci del tutto invariati i giudizi relativi agli scrutinati che non 
abbiano proposto ricorso, sia pure con nuova, formale formulazione, e 
provveda invece a variare numericamente solo ,i giudizi degli scrutinati 
che avevano proposto ricorso, senza peraltro che tale variazione comporti 
alcun mutamento del risultato comparativo (1). 

Poich� tutti gli atti della pubblica amministrazione sono assistiti 
dalla presunzione di legittimit� fintantoch� essi sono tenuti in vita, 
l'attivit� successiva di quest'ultima non pu� che svolgersi in coerenza 
con i suoi atti di cui non si sia ritenuto di promuovere l'annullamento 
d'ufficio, in mancanza di impugnazione di parte; di tal che la stessa p.a. 
� tenuta a non adottare altri provvedimenti contraddittori con i precedenti 
non annullati, quale che sia la loro rispettiva autonomia nei distinti 
procedimenti di cui sono parti: conseguentemente il Consiglio di amministrazione 
non pu�, in uno scrutinio annullato ed ancor meno in quello 
rinnovato, rettificare gli elementi di valutazione ai fini di una promozione 
per merito comparativo, rispetto a come essi erano stati qualificati nello 
scrutinio immediatamente precedente, desumendone quindi un punteggio 
di gran lunga inferiore in danno del ricorrente, e ci� particolarmente 
nell'ipotesi in cwi non risulti che agli elementi di giudizio in precedenza 
valutati si siano aggiunti elementi sopravvenuti, meno favorevoli all'interessato 
(2). 

In sede di rinnovazione di un procedimento di scrutinio per merito 
comparativo possono essere richiamati i criteri di massima che non 
risultino travolti dal giudizio di annullamento e che non debbono quindi 
essere rinnovati, mantenendo di contra ferma la loro determinazione 
prioritaria (3). 

(1-3) Sulla promozione per merito comparativo in tema di pubblico impiego 
cfr. Sez. Vii, 23 marzo 1979, n. 182, in questa Rassegna, 1979, I, 716 e giurisprudenza 
ivi richiamata. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

346 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 dicembre 1979, n. 848 -Pres. Laschena Est. 
Maffezzoni -Comitato interministel'ia'le ;prezzi (avv. Stato

0

D'Amato) c. Comune di Riapa1lo (avv. Raggi) e Soc. Tirrenia Gas e 
altri {n.c.) -Regolamento di competenza. 

Competenza civile -Impugnativa di atti connessi -Competenza del 

T.A.R. del Lazio -Atto generale e atto applicativo -Annullamento dell'atto 
generale -Domanda proposta in via subordinata -Non sposta 
la competenza esclusiva del T.A.R. del Lazio. 
Anche nel caso in cui la richiesta di annullamento di un atto di 
contenuto generale �sia proposta in sede di ricorso giurisdizionale amministrativo 
solo in via subordinata, e beninteso qualora tale atto abbia 
efficacia su tutto il territorio nazionale e risulti emanato da un organo 
dell'amministrazione centrale dello Stato ai sensi dell'art. 3 terza comma 
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sussiste la competenza esclusiva 
del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in considerazione della 
irrilevanza della circostanza che la domanda stessa sia proposta in via 
subordinata, stante la preclusione, in sede di giudizio per regolamento di 
competenza, ad accertare e prevedere se la domanda stessa risulter� o 
meno sottratta alla decisione finale del giudice amministrativo (1)). 

(1) Decisione 'pienamente da condividere in quanto fa esatta applicazione, 
con specifico riferimento alla domanda subordinata, dei principi fissati da una 
pacifica giurisprudenza in tema di competenza del T.A.R. del Lazio (cfr. in 
termini Sez. IV, 7 dicembre 1979, n. 1.132, in Il Consiglio di Stato, 1979, I, 1770; 
Sez. VI, 7 marzo 1978, n. 322 e 17 marzo 1978, n. 374, entrambe in questa Rassegna, 
1978, I, 586-587 e giurisprudenza ivi richiamata; Sez. VI, 30 ottobre �1979, 
n. 748 in Il Consiglio di Stato, 1979, I, 1485; Sez. VI, 14 dicembre 1979, n. 900, 
ivi, 1979, I, 1859). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 14 dicemhre 1979, n. 886 -Pres. Anelli Est. 
Vii.:i:ighlio -Cassa per �hl Mezzogiorno (avv. Stato Marzano) e Soc. 
de Bartolomeis (avv. Mereu) c. A.J.P.P.A. (avv. Cervati), S.A.G.E.C.O. 
(avv. AU!la), PonteHo <(:avv. Capaocioli e Spada), Consorzio I.A.T.O. 
(avv. Fortini e Rossini), Soc. SiJderbeton (avv. Mel;pignano), Impresa 
Molinal1i {avv. Giordano), Azienda municipalizzata acquedotto di 
Palermo ~avv. Fornario) -Appello avverso dee. T.A.R. Lazio, III Sez., 
31 ottobre 1977, n. 630. 

Contratti -Appalto-concorso -Interesse all'inlpugnazione dell'atto di aggiudicazione 
-Presupposti -Limiti -Effetti. 

Contratti -Appalto-concorso -Omessa presentazione di documenti -Esclusione 
-Rilevanza del documento ai fini della valutazione delle offerte 
-Legittimit� dell'esclusione -Sussiste. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 347 

Contratti � Appalto-concorso -Procedimento di aggiudicazione -Fasi Scelta 
del progetto ed esame del progetto scelto -Potere di introdurre 
modifiche o varianti � Individuazione del relativo momento. 

In considerazione della irrilevanza. deU'elemento prezzo nel sistema 

dell'appalto-concorso ai fini della scelta del contraente, deve ritenersi 

titolare dell'interesse a richiedere l'annullamento della aggiudicazione 

anche il concorrente che lamenti vizi del procedimento relativo e la cui 

offerta sia superiore a quella presentata dall'aggiudicatario: ci� in quanto, 

fra l'altro, ove si addivenga alla rinnovazione della procedura, nulla 

esclude che anche l'offerta maggiore sia presa in considerazione congiun� 

tamente a tutte le altre presentate dai partecipanti all'appalto-concorso (1). 

Ove manchi una esplicita norma del bando per un appalto-concorso, 
deve essere considerata legittima, in sede di procedimento per l'aggiudicazione 
del contratto pubblico, l'esclusione di uno dei concorrenti disposta 
dalla Commissione giudicatrice per omessa presentazione di documenti 
rilevanti ai fini della valutazione delle offerte (2). 

La procedura di aggiudicazione di un appalto-concorso � caratterizzata 
da due fasi distinte: a) quella che si conclude con la scelta del 
progetto e che, riferendosi alla valutazione delle offerte in comparazione 
fra loro, � caratterizzata dal principio della par cO!Ildkio; b) quella relativa 
all'esame del progetto prescelto da parte dei competenti organi 
tecnici dell'amministrazione, destinata a concludersi con la stipulazione 
del contratto; tale seconda fase � caratterizzata dalla� esigenza di assicurare 
la migliore rispondenza del progetto alle finalit� dell'opera pubblica 
da realizzare e pertanto in tale fase ben pu� la p.a. esercitare il potere 
di apportare modifiche o varianti al progetto stesso. 

(1-2) Sulla legittimit� dell'esclusione in relazione alla rilevanza dei documenti 
:mancanti cfr. in termini Sez. VI, 11 marzo 1976, n. 452, in Il Consiglio di 
Stato, 1976, I, 340. 

Sulla inesistenza di un interesse immediato alla impugnazione de} criterio 
adottato dall'amministrazione per la scelta di uno o di altro tipo di procedimento 
per la selezione del contraente cfr. Sez. IV, 4 maggio 1979, n. 300, in questa 
Rassegna, 1979, I, 7.13. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 14 dicembre 1979, n. 889 -Pres. Anelli 


Est. V!irgiilio -Sensi (avv. Guarino) c. Mmistero rpubblica istruzione 

(avv. Stato Gargiulo). 

Demanio -Beni culturali � Cose di interesse artistico -Vincolo ex art. 2, 
legge 1 giugno 1939, n. 1089 -Notificazione -Natura -Effetti. 

9 



348 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Demanio � Beni culturali � Cose di interesse artistico -Trasferimento 
della propriet� � Obbligo di denuncia � Notifica nulla del vincolo 
ex legge 1089/1939 -Inesistenza dell'obbligo. 

L'art. 2 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, sottopone alla disciplina 
di tutela delle cose di interesse artistico anche i beni di propriet� privata, 
mobili e immobili, che siano stati dichiarati di interesse particolarmente 
importante e, come tali, abbiano formato oggetto di notificazione in 
forma amministrativa; detta notificazione rientra come elemento costitutivo 
nella fattispecie procedimentale di imposizione del vincolo, con 
la conseguenza che, in difetto di essa, non sorgono i vari vincoli previsti 
dalla legge, ivi compresi quelli ex artt. 9, 11, 12, 14, 15 e 17 della citata 
legge 1089 (1). 

� (1-4) Cognizione legale � conoscenza effettiva del vincolo di notificazione 
di cose di interesse storico artistico. 
La prima decisione in rassegna afferma perentoriamente in motivazione 

che � ... dalla qualit� di comproprietario del bene (storico artistico) non deriva 
la legittimazione alla ricezione deHe !lOtifiche stabilite in via generale da1Yarticolo 
139 cod. proc. civ. e, per Je forme in via amministrativa, dagli artt. 3 e sgg. 

r.d. 17 agosto 1907, n. 642 �. 
Ben diversa ampiezza attribuisce alle forn:ie di notifica previste daill'art. 139 
cod. �proc. civ., in relazione, al vincolo ex art. 3, legge 1� giugno �1939, n. 1089, 
la seconda decisione massimata. 

E invero ci sembra quest'ultima ben pi� aderente alla ratio peculiare della 
speciale normativa in considerazione. 

Intanto, anche il comproprietario del bene da vincolare non solo pu�, ma 
deve essere ritenuto uno dei possibili destinatari de11a notifica. La giurisprudenza 
formatasi anche in tema di art. 6 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, in 
materia di tutela paesaggistica (cfr. ad es. Cons. Stato, Sez. IV, 9 dicembre 
1975, n. 1197, in Il Consiglio di Stato, 1975, I, 1316) ha precisato che per la 
notificazione della dichiarazione ex art. 6 citato vale esclusivamente �la cognizione 
legale che meglio corrisponde, rispetto alla conoscenza effettiva, alJa esigenza 
ispiratrice della normativa (identica sia in tema di tutela paesaggistica 
che storico-artistica) di certezza obiettiva circa l'operativit� del vincolo. 

Nel caso che ha formato ,oggetto di esame della decisione n. 889 si verteva 
in tema di immobili, e pi� precisamente di terreni vincolati ,in ragione del Joro 
ilnteresse aocheOllol?)iico dn quanto rneJ sottoS1Uo~o risUJLtaivano contooiuti :resti di 
una necropoli etrusca; i relativi decreti ministeriali erano stati notificati ad 
.uno dei compro'prietari pro indiviso e all'amministratore dei terreni, procuratore 
speciale di uno dei comproprietari nella vendita della rispettiva quota. 

Che iJl roimp:rQprietario pro iinldi'Vli:so nO!Il debba eSISere riternruto legdttitmo 
a ricevere le notifiche ex art. 139 cod. proc. civ. � conclusione che pu� lasciare 
fortemente perplessi, ma che comunque non rileva in maniera determinante; 
da tale premessa peraltro non pu� scaturire anche la conseguenza di ritenere 
che, sia pure limitatamente alla propria quota, il vincolo al medesimo comproprietario 
notificato non abbia 'prodotto interi gli effetti che al vincolo sono 
propri, ivi compreso, in particolare, quello di obbligare il comproprietario alla 
denunzia di eventuali alienazioni con la conseguente possibilit� per l'amministrazione 
di esercitare il diritto di prelazione previsto per legge. 

Sembra peraltro la stessa formulazione normativa dell'art. 3 della legge 
1089/1939 idonea a confermare che il legislatore non ha affatto attribuito valore 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 349 

Premesso che dalla qualit� di comproprietario di un bene di interesse 
storico artistico non deriva la legittimazione alla ricezione delle 
notifiche stabilite in via generale dall'art. 139 cod. 'proc. civ. e, per le forme 
in via amministrativa, dagli artt. 3 e ss. r.d. 17 agosto 1907, n. 642, in 
caso di omissione o nullit� della notificazione del vincolo ex art. 2 della 
legge 1� giugno 1939, n. 1089 non incombono sul proprietario del bene 
i vari vincoli e obblighi che la legge ricollega al vincolo, ivi compreso 
l'obbligo previsto dagli artt. 30 e ss. di denunzia di trasferimento della 
propriet� del bene stesso ai fini dell'eventuale esercizio del diritto di 
prelazione da parte. dell'amministrazione (2). 

determinante alla cognizione legale, come invece parrebbe ritenuto� nella motivazione 
della decisione n. 889: quale � infatti la ragione di consiiderare garantita 
la certezza obiettiva circa l'operativit� piena del vincolo ove questo risulti 
in ipotesi notificato al solo detentore occasionale del bene? Si pensi ad esempio 
al conduttore del fondo: niun .dubbio che la notifica effettuata a tale soggetto 
risulti valida ed efficace pienamente, a tutti gli effetti (cfr. in termini CANTUCCI, 
La tutela. giuridica delle cose d'interesse artistico e storico, Padova, 1953, 345 
e sgg.; CAPACCIOLI, Sulla tutela delle cose d'interesse artistico e storico, Milano, 
1962, 11 e sgg.; ALIBRANDI-FERRI, I beni culturali e ambientali, Milano, 1978, 231 
e sgg.; in 'particolare nell'ultima opera citata si chiarisce espressamente che 
� ... la circostanz~ che il legislatore, senza espressamente prevedere un atto di 
riconoscimento dell'interesse pubblico qualificato delle cose in questione, abbia 
tuttavia, col prevedere la notificazione, presupposto attraverso questa un atto 
dli tail! fatua, nO'.tl! autorizza a l1�tenere che netl! .sistema defila �~, per metatesi 
concettuale, nella notificazione si identifichi lo stesso atto di riconoscimento 
dell'interesse artistico e storico quaHficato �; cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 
11 maggio rl%0, n. 319, in Foro Amm.vo, 1%0, I, 583), e ci� indipendentemente 
dalla circostanza che il conduttore abbia o m�n,o comunicato al proprietario 
l'avvenuta imposizione del vincolo; di tal che il proprietario, ove non sia stato 
avvertito, non sar� in condizione di conoscere de1la esistenza del vincolo che 
grava sul. suo bene (la notifica del vincolo � del tutto regolare anche se effettuata 
a mani del detentore del fondo invito domino, come riconosciuto espressamente 
in dottrina: cfr. ALIBRANDI-FERRI, op. cit., 236): non per questo per� 
egli potr� sottrarsi e all'obbligo della denunzia preventiva all'amministrazione 
di eventuali alienazioni, e alla soggezione all'eventuale esercizio del diritto di 
prelazione ex art. 31 legge 1089 (qualora l'alienazione sia a titolo oneroso), e, 

infine; agli automatici effetti ex art. 61 stessa legge (nullit� di pieno diritto 
delle alienazioni) in caso di violazione dell'obbligo della denunzia. 

Se dunque in tali limiti va ritenuta la efficacia della cognizione legale del 
vincolo, appare evidente che l'ampiezza dei poteri di intervento dell'amministrazione 
non pu� essere minimamente posta in discussione: ecco perch� 
-e del tutto rettamente -Ja s�conda decisione che si annota (n. 73/80) considera 
legittima la notificazione anche se effettuata a mani addirittura non del


. 
l'esecutore testamentario, ma del rappresentante dell'esecutore testamentario, 
con piena, conseguenziale efficacia anche in tale ripotesi nei confronti degli 
eredi proprietari. E, si� badi bene, nella fattispecie trattata nella decisione 

n. 73 si versava in tema di beni mobili, laddove nella decisione 889, trattandosi 
di immobili, un uJteriore conforto alla esattezza delle valutazioni dell'amminist111azione 
(che riteneva di aver bene notifiaato iidr viincollo �a un oomiPfroprietario 
e all'amministrazione dei terreni de quibus) viene offerto anche, sia pure indi

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 25 gennaiio 1980, n. 73 -P.res. Daniele Est. 
Berruti -Collin {avv. Bonie11o) c. Provincia di Bolzano (avv. 
Stato Favara). 

Demanio -Beni culturali -Cose di interesse artistico -Vincolo ex art. 2 
legge 1� giugno 1939, n. 1089 -Notificazione -Forma -Effetti. 

Demanio -Beni culturali -Cose di interesse artisti~o -Vincolo ex art. 2 
legge 1� giugno 1939, n. 1089 -Legittimazione passiva -Individuazione Possibilit� 
di notifica all'esecutore testamentario -Sussiste. 

Trova applicazione, ai fini della notificazione del vincolo di interesse 
particolarmente imp~rtante ex art. 2 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, 
l'art. 139 cod. proc. civ. con riferimento alle prescrizioni di cui all'art. 53 
del r.d. 30 gennaio 1913, n. 363, espressamente dchiamato dall'art. 73 della 
citata legge 1089, essendo le forme ivi previste idonee a conseguire la 
legale comunicazione del provvedimento da parte del destinatario (3). 

rettamente, dalla circostanza che l'amministrazione aveva ottemperato alla prescrizione 
di cui all'ultimo comma dell'art. 2, legge 1089/1939, che im'pone la 
trascrizione del vincolo di notifica nei registri deLla conservatoria delle ipoteche, 
trascrizione che -come � noto -ha carattere di pubblicit� notizia; 
essa cio� non � rilevante dn ordine alla efficacia del vincolo, efficacia che sussisterebbe 
anche verso i terzi aventi causa, indtpendentemente dalla trascrizione 
medesima (cfr. PESCATORE, Efficacia della trascrizione della notifica di particolare. 
interesse artistico relativa a beni immobili, in Giur. compi. Cass. Civ., 
1944, 352); f.erma talbe speciifioa natur;a, nO\ll pu� peirailrtro trascura'fSJi. W. rilevanza 
che la presenza di siffatta, ulteriore garanzia riveste ai fini della esatta 
individuazione della ratio della normativa 'in considerai;ione, volta evidentemente 
a garantire -quanto pi� possibile -l'amministrazione dalle malizie che il 
privato pu� porrre e pone in essere per sottrarsi alle conseguenze dell'imposizione 
del vincolo: la trascrizione del vincolo, infatti, rende irrilevanti le vicende 
deLla propriet� �del bene, i passaggi successivi da uno a 'pi� proprietari, 
gli eventuali conferimenti del bene in societ� di comodo, l'alienazione successiva 
da parte della societ� aterzi che adducano l'ignoranza (inescistente sul 
piano giuridico) del vincolo in quanto, in ipotesi, non rivelata dal dante causa 
pi� o meno occulto. 

La conclusione non pu� essere diversa ove si abbia presente la natura 
reale del vincolo: esso segue il bene e la nullit� delle alienazioni fatte all'insaputa 
dell'amministrazione ne costituisce conseguenza automatica, ineluttabile, 
collegata come 'essa � alla prioritaria esigenza della effettiva protezione del 
bene, esigenza di fronte alla quale le posizioni soggettive dndividuali non possono 
che essere co!Jocate in Jinea subordinata. 

L'esalusione della natura ricettizia dell'atto di notificazione del vincolo di 
tutela storico artistica giustifica altres� l'opinione, recepita in sede giurisprudenziale 
(cfr. ad es. Sez. IV, 28 settembre 1967, n. 430, in Foro Amm.vo, 1967, I, 
2, 1265; in dottrina SANDULLI, Natura e funzione della notifica e della pubblicit� 
delle cose private di interesse artistico e storico qualificate, in Riv. Trim. dir. 
proc. civ., 1954, 1029 e sgg.), secondo cui alla notifica va attribuita una efficacia 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 351 

Con riferimento alla previsione di cui all'art. 3 della legge 1� giugno 
1939, n. 1089 (che comprende fra i possibili notificatari del provvedimento 
di vincolo di interesse storico artistico indistintamente i proprietari, 
possessori o detentori a qualsiasi titolo del bene), va ritenuto 
che il legislatore abbia accolto il principio della notificazione unica n~i 
confronti del soggetto che all'epoca della notifica risulti avere un potere 
anche solo di fatto sul bene, senza necessit� di indagine sulla esistenza 
eventuale di altri soggetti investiti di poteri diversi e poziori; conseguentemente 
anche al soggetto investito di semplici poteri di amministrazione 
e possesso di beni compresi in un asse ereditario {quale, ad esempio, 
il rappresentante dell'esecutore testamentario) legittimamente pu� essere 
eseguita la notificazione del vincolo che sar� quindi riferibile alla sfera 
giuridica dell'esecutore ed efficace nei confronti degli eredi proprietari, 
senza alcun obbligo di notificazione anche nei confronti di questi 
ultimi (4). 

che sU'pera gli stessi soggetti che hanno attuali rapporti di fatto o di diritto 
con la cosa; con l'ulteriore, importantissima conseguenza che, nel caso di trasferimento 
mortis causa di cose di interesse storico e artistico vincolate al 
de cuius in vita, dovr� ritenersi sufficiente a vincolare gli eredi al rispetto della 
normativa di tutela la mera comunicazione -effettuata da parte dei co1npetenti 
organi, anche periferici, dell'amministrazione dei beni culturali e ambientai.i 
nelle forme e con le modalit� previste dall'art. 53 del r.d. 30 gennaio 1913, 

n. 363, espressamente richiamate dall'art. 73 della legge .1089/1939, e cio� anche 
con semplice lettera raccomandata con ricevuta di ritorno -che quei determimiaiti 
beni (mohllii o immobill!i) compI1esii neila,'asse eredii�ariio sono stati oggetto 
di vincolo di notifica di interesse particolarmente importante, vincolo 
del quale sar� sufficiente indicare gli estremi: tale comunicazione, se costituisce 
mezzo sufficiente a responsabilizzare gli eredi circa gli obblighi connessi 
ailila detenziione dii beni vincohat�, non napprese.nta comunque ailche mezzo necessacr-
io �a tal1 fine, posto che l'ant. 30 dtel'lia .Jiegge 1089 ai~ secondo comrrna impone 
ex lege wi obbQliJgo per gllli enecli, pcr-escindendo irn maniera chi!arn da ogni esigenza 
di preventivo '1ii111Jnovo ili notifica ari medesimi dei viincolii a suo tempo imposti 
al de cuius: il che costituisce una indubbia conferma di quanto sopra si � 
sostenuto circa la effettiva ampiezza della efficacia del vincolo indipendentemente 
e al di J� della cognizione legale strettamente intesa con riferimento 
ai notificatari formali del medesimo. 
Su particolari aspetti del vincolo di notifica (anche di terreni agricoli, sotto 
i quali -risulti accertata l'esistenza di reperti archeologici) nonch� del diritto 
di prelazione ex legge '1089/1939 ricordiamo in giurisprudenza: Cass., 26 giugno 
1956, n. 2291, in Giur. lt., 1957, I, 1, 285; Cass., 21 agosto 1962, n. 2613, in Giust. 
Ciy. Mass., il962, il241; Sez. IV, 4 mairzo 1964, n. 199, irn Il Consiglio di Stato, 
1964, I, 525, C.si. 30 aprile 11966, n. 370, ivi, 1966, I, 841; Sez. IV, 22 novembre 
1967, n. 632, ivi, 1967, I, 2207; Sez. VI, 27 ottobre .1970, n. 701, ivi, 1970, I, :1781; 
Sez. IV, 7 luglio 1972, n. 659, ivi, 1972, .I, 1320; Sez. IV, 18 dicembae 1973, n. 1253, 
ivi, 1973, I, 1846; Sez. IV, 18 gennaio 1977, n. 1, ivi, 1977, I, 1 (e in questa Rassegna, 
1977, I, 555 con nota di commento); Sez. VI, 15 febbraio 1977, n. 96, ivi, 
1977, I, 220. 

RAFFAELE TAMIOZZO 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 gennaio 1979, n. 562 -Pres. Iannuzzi 


Est. Lipari -P. M. Raja (conf.) -Arduini c. Ministero dellle Finanze 

{avv. Stato Marzano). 

Tributi ,erariali indiretti -Imposte doganali -Diritti di prelievo -Giorno 
dell'importazione -Definizione in base ai regolamenti comunitari Nonne 
nazionali sui dazi doganali -Irrilevanza. 

(Reg. Consiglio C.E.E. 5 febbraio 1964, n. 14 e 4 aprile 1962, n. 19; d.P.R. 26 giugno 1965, 

n. 723, disp. preliminari art. 6). 
Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Diritti di prelievo -Natura Disciplina 
normativa. 

Ai fini della liquidazione dei diritti di prelievo comunitari, il � giorno 
dell'importazione �, da determinare secondo le norme regolamentari del 
Consiglio della C.E.E., � quello in cui la dichiarazione della merce viene 
accettata dagli Uffici doganali, e questa regola, �ontenuta in alcuni regolam�nti 
di de/erminati settori (cereali e carni suine) ha portata generale 
ed � applicabile anche nei settori (nella specie carni bovine) nei quali il 
regolamento nulla dispone espressamente. Ai fini della individuazione del 
giorno dell'importazione � irrilevante la norma dell'art. 6 delle disposizioni 
preiiminari alla tariffa doganale approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, 

n. 723 (1). 
I diritti di prelievo previsti dai regolamenti della Comunit� Economica 
Europea, in sostituzione dei dazi doganali di importazione ed' esportazione, 
sono disciplinati dai regolamenti comunitari che li autorizzano, 

(.1,2) Sull'argomento della prima massima sono intervenute numerose pro


nuncie tutte conformi (nn. 639, 936, 748, 1214 tutte del 1979) a conferma di un 

principio ormai consolidato (da u1timo Cass,, 7 novembre 1978, n. 5068, in questa 

Rassegna, 1979, I, 2111). La 'sentenza che si 'commenta offre una motiivaziione pi� 

ampia suL1a quale pu� proporsi quaLche osservazione. 

Nulla da osservare sul punto che la fonte normativa dei diritti di prelievo 

� il RegoLamento del Consiglio della C.E.E. e di conseguenza sul valore vinco


lante dell'interpretazione data al regolamento dal11a Corte di Giustizia. Del pari 

ineccepibile 1a estensione del1a regola contenuta in �un regoJ.amento di settore 

e del relativo giudicato all'intera materia dei diritti di prelievo. 


Eccessivamente asso1uta e generalizzata sembra invece L'affermazione che i 

dimt1li di prellievo non sono ,soggettri ,ablle norme �srui dazi doganJaild', sailvo espresso 

richiamo. La questione non � nuova. 

Come � noto, il nuovo t.u. sulle leggi dogana1i (d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43) 

comprende aWart. 34 fra i diritti doganali �i prelievi e le a:ltre imposizioni 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 353 

oltrech� dalle norme statuali per il coordinamento dei regolamenti medesimi, 
ma non anche, salvo espresso richiamo, delle norme sui dazi 
doganali {2). 

{omissis) 1. -Ai sensi dell'art. 6, n. 1, delle disposizioni preliminari 
alla tariffa dei dazi doganali d'importazione, approvata con d.P.R. 26 giugno 
1965, n. 723, �i dazi si applicano secondo J'atliquota vigente at1la data 
in cui � accettata dalla dogana <la dichiarazione di '.EI�portazione �, � salivo 
quanto disposto nei punti successivi �, ed il punto 2 del medesimo art. 6 
stabilisce �Quando, dopo la data indicata nel precedente punto l, interviene 
una variazione del dazio, l'importatore pu� 1chiedere l'applicazione 
del dazio pi� favorevole, purch� la merce non sia stata gi� las.ciata alla 
libera disponibiJit� dell'importatore stesso �, 

Si � discusso nella presente causa della interpretazione del citato 
art. 6, n. 2, -nel presupposto de1la sua assunzione quale regola del 
decidere -�per stabillire se 'Ja richie~ta di applicazione del dazio pi� 
favorevole, nel silenzio defila legge, possa effettuarsi con piena libert� di 
fo11me, e quindi anche oralmente, o debba lrivestire necessariamente la 
forma soritta. 

Al ;problema i giudici di primo e secondo grado hanno dato soluzioni 
antit�etiohe. 

Con i:l ipri!mo mezzo del ricorso il �contribuente dissente dalle conclusioni 
raggiunte daJ1la Corte d'a;pipeillo e sostiene, lamentando, Ja violazione 
dell'art. 6 n. 2, dt., e 1l'insuf�fidenza e contraddittoriet� della motivazione, 
che in forza del principio generale della .libert� deHa forma, non derogato 
nel caso della disciplina del procedimento doganale, deve ritenersi 
vallida ila richiesta oraile di applicazione del regime tributario pi� favorevole 
per H contributo in vigore alla data dello sdoganamento. 

Con il :secondo motivo, lamentando la violaziione deLI'art. 6, cit., si 
deduce che tale norma non � applicabile ne1la specie, trattandosi di un 

all'importazione o all'esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle 
relative no11me di app1icazione � e dispone all'art. 35 che i diritti di confine 
� sono applicati e riscossi secondo le disposizioni... dei regolamenti comunitari 
e relative norme di applicazione �. Se i diritti di 1preHevo hanno la loro fonte 
di imposizione neHa no11ma comunitaria, soggetto attivo del .tributo � lo 
Stato nazionale che per l'accertamento e la riscossione esercita i poteri secondo 
le norme deHa sua legislazione. �: noto, in.fiatti che l'evasione dai diritti di 
prelievo � punita come reato di contrabbando dallo Stato italiano secondo 
1e norme doganali, come pure .spetta esclusivamente a1lo stato nazionale la 
giurisdizione in materia (anche la giurisprudenza de1la Corte di Giustizia � 
pacifica sul punto: 4 aprL1e �1974 nelle cause 178, 179 e �180/1973, in questa 
Rassegna, 1974, I, 589 e 5 maggio 11977 ne1la causa 110/76, ivi, 1977, I, 615). In 
sostanza i .diritti comunitari sono dei tributi formalmente nazionaii imposti con 
norma comunitaria. � pertanto inevitabile una sovrapposizione di norme comunitarie 
e di norme interne. La questione � stata esaminata anche in sede 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prelievo comunitario e non di un dazio doganale in senso proprio e venendo 
in considerazione la disciplina comunitaria, giusta ila quale, ai fini dell'a<
pplkazione dei rprelievi, occorre avere riguardo unicamente a:l giorno 
in cui Ia merce viene messa definitivamente in libera pratica in Italia 
(e do� al giorno delil'effettuato sdoganamento). 

Infine, nel terzo mezzo, si afforma che la di'S!posizione delil'art. 6, n. 2, 
se venisse interpretata cos� come l'hanno intesa i giudici genovesi con 
rigua:rido ai prelievi ,comunitari dovrebbe ritenersi incostituzionale, per 
violazione de~li artt. 11 e 76 Cost., poich� da un fato J'o1idinamento comunitario 
prescrive che ai f�:ni del prelievo occorre avere ,riguardo solo a:lla 
data dello sdoganamento, e dall'altro fa legge di delega <(1� febbraio 1965, 

n. 13) imponeva al Governo ila rigorosa applicazione deHa discirpllina 
comunitaria. 
2. -In ovdine fogico va perliminarmente esaminato il secondo 
motivo. 
Se infatti dovesse ritenersi, come .il Collegio ritiene, che la disposizione 
dell'art. 6, n. ~. delle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali 
di importazione, approvati con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, non si 
applica ai prelievi comunitari, il centro focale della causa si sposta sulla 
interpretazione dei regolamenti CEE e non importa pi� stabilire se il suddetto 
art. 6, n. 1, sia suscettibile di una lettura che nella fattispecie 
porterebbe, per altra via, al medesimo risultato pratico. 

Ed una vdita esclusa l'incidenza dell'art. 6, n. l, dt., sulla materia dei 
prelievi comunitari resta assorbito con il :secondo, anche il terzo motivo 
con il quale si deduce l'incostituzionalit� della interpretazione che la 
Corte d'appello ne aveva dato. 

Ritiene i:1 CoUegio, uniformandosi all'orientamento giurisprudenziaile 
gi� espresso in precedenza, iche il sceondo motivo muova da una esatta 
impostazione laddove assume che la chiave di soluzione della controvevsia 

costituzionale con le sentenze 27 dicembre 1973, n. 183 e 30 ottobre 1975, n. 232, 

ivi, 1974, I, 57 e 1975, I, 812. 

In via generale pu� dirsi che la norma comunitaria concerne fa sostanza 

dell'imposizione e quella nazionale l'esercizio delle potest� formali, ammini� 

strative e giudsdiziona~i, ma non seanpre, come ne} caso di specie, � agevole 

questa separazione che rpoi non sempre � osservata daHe norme. 

� ormai assolutamente pacifico che le norme comunitarie, in ogni materia, 

hanno efficacia immediata ed automatica nell'ordinamento nazionale e creano� 

direttamente diritti soggettivi a favore dei singoli, senza condizione di compe


tibilit� con H diritto� interno sul quale prevalgono e senza necessit� di inter


vento ilegislativo nazionale di ricezione. Di conseguenza di fronte al~'a norma 

de~ regolamento comunitario che riferi,sce espressamente i'l prelievo al giorno 

dell'importazione non pu� sicuramente aver rilevanza la norma nazionale, anche 

se si verte in materia piuttosto procedimentale che sostanziale. 

Ma da ci� sembra eccessiva L'illazione che i diritti di prelievo non sono 

disci:plinati dalle norme sui dazi doganaH, salvo espresso richiamo (dal che. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 355 

debba trarsi esclusivamente dalle norme comunitarie in materia di 
prelievi, ma che tale mutamento di prospettiva giu:nidka non igiovi alfimportatore' 
dovendosi intendere alla stregua del diritto comunitario, cos� 
come vincolativamente interipretato dalla Corte di giustizia delle comunit� 
europee, per �giorno dell'importazione� cui avere rife11imento ai fini dell'applicazione 
del prelievo, �quello in cui :la dichiarazione di importazione 
de1la merce viene accettata dagli uffici doganali� {disattendendo l'opposto 
orientamento espresso da questo Supremo Collegio che .J'aveva fatto coincidere 
con la data dello sdoganamento; Cass., 4004/75) ed essendo pacifico 
in causa �che fa modificazione tariffaria intervenne ad accettazione doganale 
avvenuta. 

Pertanto il motivo deve essere respinto restando stabfili1o che anche 
per lo specifico prelievo sulle carni bovine, esclusa l'appUcabi.Jit� dell'art. 
6, cit., della legge nazionale (con conseguente assorbimento dei 
motivi secondo e terzo 1che attengono alla esegesi della predetta norma), 
alla stregua del diritto comunitario, occorre fare 1riferimen1:0 a1l'aliquota 
vigente a1la data di accettazione della dichiarazione di importazione, 
senza che ri:levino i mutamenti eventualmente intervenuti nella misura 
deII'aliquota medesima in pendenza del procedimento doganale che si 
conclude con Io sdoganamento. 

L'Avvocatura dello Stato ha obiettato nel controricorso che la censura 
in esame dovrebbe essere dichiarata inammissibile, perch� relativa a 
questione nuova, proposta solo neHa comparsa conclusionale del giudizio 
di secondo grado, e non deducibile come tale, per la prima volta in sede 
di 1legittimit�; e �sostiene che nel merito l'assunto della distinzione tra 
dazi e prelievi rion ha giuridico fondamento. Ma l'obiezione non ha consistenza 
poich� fa tesi dell'applicabilit� della �disdp.lina comunitaria (e non 
di quella sui dazi doganali) non pu� dirsi tardivamente dedotta. Ed 

discenderebbe fillegittimit� deUe norme sopra ri:condate degli artt. 34 e 35 
de1 t.u.); .parrebbe piuttosto corretta l'affermazione opposta che ai diritti di 
preHevo si appHcano le norme nazionali, se non derogate dai regolamenti 
comunitari e con questi non incompatibili. Ed infatti, anche neI caso di specie, 
sarebbe pur sempre necessario ricorrere alle norme nazionali (vi si accenna 
nieil1Yu1H1ima parte idelliJJa sentanza) per ~a noZJiolll!e di aocettaZJkme deillia diichiara21ione, 
per venid�care i requismti d~ V1ai]id~t� e dri furuna, liJl momento de� perfezionamelll!
to ecc. 

� bens� vero che nella sentenza si accenna a11a possibiilit� che la legge 
doganale, ma non anche la tariffa, integri le lacune della normativa comunitaria. 
Non � per� a .parlarsi di (eccezionali) 1acune bens� di ordinaria e voluta duplicit� 
di normazione a due diversi liveHi, giacch� la norma comunitaria .presuppone 
la norma nazionale come normalmente (e necessariamente) operante 
ove non derogata. � poi evi.dente che se lia vera e propria tariffa dei dazi 
doganali non pu� trovare applicazione per i diritti di prelievo che sono tutt'altro 
tributo, sia le disposizioni preliminari sia anche altre. norme della tariffa 
(quali le classificazioni merciologiche) diverse dallia cifra del tributo doganale, 



RASSEGNI\ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

' 

infatti la stessa amministrazione nella memoria e nella discussione orale 

ha richiamato la sopravvenuta decisione interpretativa 15 giugno 1976 della 

Corte di giustizia ohe risolve il problema, nel presupposto dell'applicabi


lit� de1la specie del diritto comunitario, in senso ad essa favorevole, 

ricordando che della questione Ja Sezione ha gi� avuto occasione di 

occuparsi. 

Come � noto nel .processo di �cassazione i1l contro1lo di ilegittimit� non 
pu� estendersi aHa risoJ.uzione di nuove questioni di diritto e di temi 
di contestazione diversi da quelli 1proposti nel giudizio cli merito, salvo 
si tra_tti di .questioni ri1levabili d'ufficio, ovvero '---nell'ambito delle questioni 
trattate-:-di profili nuovi di diritto da 'considerarsi �compresi nel dibattito 
perch� fondati sugli �Stessi elementi di fatto �gi� dedotti. 

Orbene nel caso in esame prima ancora .di procedere alla .interpretazione 
della tariffa doganale occorreva stabHire se effettivamente a tale 
disciplina normativa dovesse attingersi la regula iuris per decidere '1a Jite, 
accertando se il diritto di prelievo in questione fosse o meno assimilabile 
ai dazi doganali e se quindi dovesse prevalere Ja disciplina comunitaria 
anche in ordine alla determinazione del concetto di giorno dell'importazione. 
In verit� Ia causa risente_ del vizio di impostazione iniziale, essen.
dosi focailizzata findagine sul problema inteq>retativo 1di .una data norma 
prima ancora di stabilire se taile norma -:-dettata per i dazi doganali nazionali 
-fosse applicabile anche ai prelievi comunitari, e se quindi Ja 
determinazione del tributo dovesse effettuarsi alla stregua della tariffa 

o con riferimen�to ai prindpi del diritto comunitario. 
E poich� era indubitabile, ed accertato in fatto, che si trattasse di 
prelievi comunitari, la individuazione deHe norme applicabiili restava 
riserv;:tta al giudice indipendentemente daMe deduzioni deMe ;parti, ridotte, 
alla stregua del brocardo � iura novit curia � a mera sollecitazione ed indicazione 
per la esplicazione di poteri d'ufficio. 

possono ben essere applicabili ai diritti di prelievo, sempre se compatibili con 
i regolamenti comunitari. 
Su11'argomento specifico va precisato che con d.P.R. 22 settembre 1978, 

n. 695, � stato modificato l'art. 6 deHe disposizioni preliiminari a1la tariffa 
doganale per adeguarlo, con espresso riferimento alla menzionata sentenza 
della Corte di Giustizia alfa norimativa. comunitaria; la norma nazionale ha 
cos� acquisito, anche forma1mente, carattere esecutivo e attuativo del regolamento 
comunitario. AJ:La modifica de1le disposizioni pre1iminari � stata tuttavia 
data decorrenza daH'H settembre 1976, cio� dahla data deHa pubb1icazione 
nella Gazzetta Ufficiale della C.E.E. della sentenza della Corte di Giustizja; 
ci� ha creato dubbi di compatibilit� e gi� .sul problema delila decorrenza � 
intervenuta Fordinanza ddla Corte di cassazione 16 marzo 1979, n..107, che ha 
rimesso aLla Corte di Giustizia la risoluzione delila questione preliiminare della 
determinazione degli effetti sui rapporti anteriori deLle pronuncie interpretative 
dei regolameruti e J'ordinanza deUa Corte di appehlo� di Veneziia 8 marzo� 
1979 che ha sollevato la questione di legittimit� �costituzionaJle. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Non quindi sulla base di nuovi elementi di fatto e di una impostazione 
giuridica del tutto svincolata dal precedente tema della lite, ma �nel solco 
del quesito dell'individuazione dell'ambito materiale e dei criteri temporali 
di applicazione della tariffa doganale andava considerato :il richiamo 
alla normativa sui prelievi. 

3. Ci� posto, restando superata I'ecc~zione di inammissibilit�, Ia questione 
va iricondotta come esattamente osserva l'Avvocaturra deMo Stato, 
alla ricognizione del puntuale orientamento di questo S.C., iJ quaile ha ripetutamente 
sottolineato che i cosiddetti prelievi comunitari, previsti dai 
regolamenti della comunit� europea, in sostituzione dei dazi doganali di 
importazione ed esportazione, configurano una nuova..categoria di diritti 
di confine, del tutto autonoma �rispetto a que1la dei dazi doganali, e quindi 
sono disciplinati da:Me disposizioni dei regolamenti �comunitari che H prevedono, 
ma non anche, sailvo espresso richiamo dalle norme sui dazi 
doganali. 
Per �escludere l'analogia giuridica e funzionale tra prelievi comunitari 
e dazi doganali � sufficiente rilevare che tali diritti di prelievo sono stati 
introdotti, in sostituzione di dazi doganali in via di eliminazione all'interno 
deMa CEE, per graduare il passaggio al regime del mercato comune, importante 
la totale soppressione di dazi medesimi; si convenne, perci�, di 
sospendere da un lato i dazi doganali disposti dai singoli Stati membri 
della comunit�, con diritti. �di prelievo nella misura stabilita dalla CEE, 
in modo da conseguire, senza gravi turbamenti all'interno di taluno 
degli Stati stessi, fa �rapida e puntuale organizza2lione del mercato medesimo. 
Ne consegue che i prelievi si contrappongono ai dazi perch� non 
rispondono, attesa la loro finalit�, alla funzione protettiva della economia 
dello Stato, nei confronti degli altri soggetti intemazionali, mirando ad 
attuare l'integrazione delle economie con taluni paesi con i quali si rientra 
nell'ambito di settore della specifica comunit� economica che si contrappone, 
nella sua globalit� ed unit� economica, agli Stati terzi. 

L'inquadramento dei prelievi fira i diritti di confine, nella legislazione 
nazionale, dipende dalla circostanza che detti prelievi sono certamente� 
imposizioni che presuppongono fimportazione_ o l'esportazione, ma non 
comporta l'assimilazione ad una o all'altra delle categorie di diritti di 
confine ivi contemplate; per la loro �peculiarit� detti diritti si presentano 
con connotati del tutto autonomi e non sono ricondudbi.Ii ai tipi normativi 
preesistenti; ed a tale nuova categoria di diritti di confine non si 
applicano, pertanto, ile disposiziom della tariffa dei dazi doganali, che 
regolano soltanto detti dazi, mentre �i prelievi comunitari sono disciplinati 
per ilo 1pi� da leggi speciali, e precisamente da Regolamenti che �H istituiscono 
e che, .come � noto, esplicano efficacia giuridica immediata e diretta 
nell'ambito territoriale degli Stati membri della Comunit� e quindi vengono 
a far parte dell'ordinamento giuridico italiano. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Atteso i:1 carattere speciale di questa normazione � ovvio che in caso 
di lacune della medesima deve farsi ricorso a fonti pi� generali del diritto 
interno, ed ;j,n questi limiti p�� venire in considerazione la fogge dogana!le, 
ma non la 'tariffa che rileva solo se ed in quanto ad essa facciano esP'resso 
riferimento ile fonti comunitarie o fonti integrative nazionali {che non si 
pongano in ,contrasto, sul punto con quelle prevalenti comunitarie). 

Puntualmente ne11a sentenza n. 4004 del 1975 si � escluso che neLla legislazione 
nazionale si rinvengano agganci nel senso della applicabilit� 
deH'art. 6 della tariffa� ai prelievi comunitari; conseguentemente viene 
meno la 'rilevanza del problema -che altrimenti si porrebbe -de11a 
compatibilit� di tale ,richiamo 'COn la disciplina specifica comunitaria circa 
il momento di riferimento temporale per l'applicazione dei pre[ievi medesimi. 


Indubbiamente ta'1e aggancio, come si ricava in via generale dal regolamento 
4 aprHe 1962 n. 19, � nel senso che iii prelievo che deve esser 
riscosso � que11o applicabile � nel ,giomo della importazione �. 

Si tratta quindi di staiblire quaJle sia I'esatta portata di tale espressione. 
Il regime dei prelievi, creato dalla CEE per attuare I'organizzazione 
dei mercati agricoli, venne istituito con i regolamenti del 4 apTile 1962 

(n. 19 per i .cereaili, n. 20 per le �carni suine, n. 21 per le uova, n. 22 per il 
poHame). Ai11e carni bovine si p�rovvide successivamente con il regolamento 
5 febbraio 1964 n. 13. (Poi abrogato e sostituito dal regolamento n. 805 del 
27 giugno 1968). 
Nei regolamenti n. 19 e 21 si stabilisce espressamente che l'ammontare 
del prelievo che deve essere riscosso � quello applicabile il giorno dell'importazione. 
Invece il regolamento n. 14 del 1964 non contiene alcuna 
disposizione specifica diretta a stabilire il momento della riscossione dei 
prelievi stessi. 

Tuttavia non pu� dubitarsi che si tratti di principio avente carattere 
generale1 in quanto introduce una 'regola fondamentale, comune a tutto 
il sistema; ed invero, una volta stabilito, nel settore di prodotti agricoli, che 
fa misura di prelievo applicabile � queMa vi.gente nel giorno deMa importazione, 
non era necessario riaffermarlo per ogni ulteriore esclusione del 
regime medesimo ad un determinato prodotto agricolo. 

.La rigorosit� della conolusione in tal senso � gi� stata affermata in 
linea di principio dalla sentenza n. 4004 deil 1975, e ribadita puntua1mente 
in recentissime sentenze della Sezione (4980/78 ed altre conformi) in fattispecie 
relative specificamente alla importazione di cami disciplinata daJ 
predetto regolamento n. 14, alfa stregua di un canone interpretativo di 
chiara evidenza concettuale, dovendosi addurre una iragione specifica per 
di�ssociare eventualmente per un dato :prodotto la misura del prelievo dal 
riferimento temporale assunto in via generaile a base del sistema applicativo 
dei prelievi. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Resta cos� 1stabilito �che <il vi-ferimento al giorno dell'importazione deve 
ritenersi implidtamente recepito in ogni regolamento impositivo di prelievi 
specificamente dettato :per un particolare prodotto. Ne consegue che 
l'inteI1pretazione della relativa 1locurione effettuata dalla Corte di giustizia 
con riguardo ad un singolo regolamento deve spiegare i suoi effetti vincolanti 
anche per tutti igli altri regolamenti riguardanti H �regime dei iprelievi.. 

Il procedimento inte11pretativo si articola, cio�, ad un duplice livelfo: 
si postuila anzitutto .l'operativit� del riferimento al giomo dell'importazione 
(anche a prescindere da una specifica previsione in tal senso) e si estende 
il vincolo tiella inte11pretazione che della ilocuzione fa Corte di Giustizia ha 
dato con riguardo ad un determinato regoiamento a tutti gli altri regolamenti 
che comportino (implicitamente, ma sicuramente) i:l medesimo 
aggancio temporale. 

Determinante per la decisione deUa controversia � dunque, fa sentenza 
15 giugno 1976 della Corte di giustizia della Comunit� europea, la 
quale in una vicenda analoga a que11a in esame, con lI"iferimento ai prelievi 
comunitari sui cereali, operando la interpretazione rimessa alla sua esclusiva 
competenza dell'art. 177 dcl trattato CEE su so1lecitazione del Tribunale 
di Genova che era chiamato a dividere una questione �che investiva [a 
stessa problematica ora in esame, ha ritenuto che il preHevo applicabile � 
sempre quello vigente il giorno della importazione da identificarsi con fa 
data in cui fa dichiarazione di importazione della merce viene accettata 
dag:li uffici doganali. 

Prendendo atto della situazione sopravvenuta una recentissima pronuncia 
della sezione (Cass. 4980/78 cit.); mentre da un lato ha ribadito 
findirizzo circa la distinzione dei prelievi dai dazi doganali (sulla scia del:le 
precedenti decisioni 1104 del 1973 e 4004 del 1973) riconducendo la normativa 
applicabHe alle fonti di di-ritto comunitario (recepito ape legis nell'ordinamento 
italiano), ha ritenuto vincolante per i giudici italiani !'interpretazione 
della espressione � giorno dell'importazione � data dalla Corte 
di Giustizia della comunit�, anche relativamente alle importazioni di carni. 
Appare perci� del tutto ultroneo sollecitare una nuova interpretazione 
del:la medesima Jocuzione, in quanto espressione di un principio operante 
anche rispetto alle importazioni di carne, esplicando la precedente pronuncia 
della Corte ila sua dficaoia vincolante non solo ove :si 1Jratti di appHcare 
i regolamenti n. 19 del 1962 e 120 del 1967, ma ogni qualvolta H riferimento 
temp�rale al �gio11no del.l'importazione� venga a costituire la 
norma del decidere � non potendo fa disposizione non essere intesa nehla 
medesima accezione, postulando Ia 1sua stessa assunrione a cTitevio giuridico 
l'omogeneit� della soluzione da aocog:liere. 

Ed � appena il caso di soggiungere che �gJli ulteriori problemi che 
potrebbero porsi a proposito della puntualizzazione della soluzione interpretativa 
accolta che J1isolvendo la formula �.giorno deH'importazione �, 


360 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in quella � giorno de1la accettazione della dichiarazione di importazione � 
lascia un ulteriore margine di dubbio circa la identificazione in astratto 
dei momenti rprocedimentali di perfezionamento di tale accettazione, nel 
giudizio in esame non vengono �in considerazione perch� non si � fatta 
questione al riguardo, essendo pacifico in causa che la � accettazione 
(riferita alla procedura all'uopo prevista dal diritto nazionale) intervenne 
quando ancora non si erano prodotte ile modificazion.i tarriffarie. 

4. In ,conclusione fa sentenza jmpugnata deve essere confermata, essendo 
petvenuta ad una esatta soluzione attraverso una motivazione 
scorretta. L'opportuna rettificazione concettuale, ,cui questo S.C. � facultizzato 
dalla norma de11'.art. 384 comma 2 c.p.c., porta alila fissazione dei 
seguenti principi giuridici: 

a) i diritti di prelievo previsti dai regolamenti deHa Comunit� economica 
europea, in sostituzione dei dazi doganali di !importazione ed esportazione, 
1sono disciplinati dalle disposizioni dei regolamenti comunitari 
che lli autoriz~o, oltrech� da1le norme statuali per l'applicazione ed il 
coordinamento ,dei regolamenti medesimi, ma non anche, salvo espresso 
'richiamo, dalile norme sui dazi doganali; 

b) per deternninare ila misura. dei diritti di rpTelievo, su1le carni 
bovine macellate ai sensi del reg. 5 febbraio 1964 n. 14 non deve farsi 
riferimento all'art. odelle� disposizioni prel. alla tariffa doganale approvata 
con d.P.R. 26 giugno 1965 n. 723 (in base al quale l'applicazione della aliquota 
pi� favorevole sopravvenuta dopo l'accettazione della dichiarazione 
doganale, ma prima dello sdoganamepto, resta subordinata alla presentazione 
di apposita richiesta dell'importatore, restando impregiudicato se 
detta richiesta debba necessariamente rivestire la forma scritta, o possa 
anche essere fatta oralmente), ma alle norme comunitarie, le quali, con 
disposizione non riprodotta nel regolamento considerato, ma che deve 
ritenersi espressione di un principio generale operante nell'intero settore 
dei prelievi, si richiama al giiorno della importazione; 

e) aii sensi dell'art. 177 d.el trattato istitutivo .deMa Comunit� economica 
emopea {Tatificato con t 14 ottobre 1957 n. 1203) fo sentenze emesse 
dalla Corte di giustizia del:la Comunit� in via pregiudiziaie vincolano il 
giudice nazionale in 011dine alla interpretazione data dalle norme e degli 
atti comunitari. 

� L'obbligo previsto dal medesimo articolo per '1e giurisdizioni di ultima 
[stanza di deferire alla Corte di giustizia Je questioni .interpretative non 
opera quando _l'estensione della efficacia della sentenza che ha stabi[ito fa 
iportata della espressione contenuta in una data disposizione regolamentare, 
ad al1Jro regolamento comunitario discende dalla ricorrenza implicita 

de1la medesima locuzione nella norma comunitaria da appHcare; 

~: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 361 

d) La sentenza della Corte di giustizia 'che fissa il significato della 
espressione � igiorno dell'imrportazione � nel senso � giorno della accettazione 
della dichiarazione di importazione da parte degli uffici doganaH � 
(sentenza 15 giugno 1976) wn riguarido ai regolamenti n. 19 <lel 1962, spiega 
la sua efficacia anche rispetto al regolamento n. 14 del 1964 che non 
contiene tale espressione, ma deve ritenersi vi faccia implicito �riferimento. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez: I, 24 aprile 1979 n. 2318 -Pres. Falletti Est. 
Scanzano -P.M. Leo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Baccari) c. Lonardi. 

Tributi in genere -Dichiarazione -Imposta di successione -Natura -Effetti 
-Vincolativit� -Esclusione -Revocabilit� -� ammessa. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 7 e 51; r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15; cod. civ., 
art. 2732). 
Tributi erariali indiretti -Imposta di successione -Solidariet� -Legato Responsabilit� 
sussidiarla dell'erede -Effetto dell'accerto verso il legata.
rio -Si estende all'erede. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66). 
La dichiarazione del contribuente in tema di imposta di successione � 
un atto di cooperazione con cui l'obbligato rende noto il presupposto dell'obbligazione 
tributaria e dei relativi elementi quantitativi atti a consentire 
l'immediata liquidazione dell'imposta principale e destinati ad essere 
valutati nel procedimento di accertamento di valore, ma essa non � n� un 
atto negoziale con effetti vincolanti per il dichiarante n� una conf essibne; 
la dichiarazione, se pure pu� acquistare eff�tti definitivi a seguito del 
pagamento dell'imposta in base ad essa liquidata, pu� essere modificata 
con successiva dichiarazione o con opportune precisazioni nel giudizio di 
opposizione all'accertamento, anche oltre i limiti dell'art. 2732 e.e. (1). 

(1-2) ~sservazioni sulla natura giuridica della dichiarazione. tributaria. 
'l) La .pronunzia ha affrontato, per vero con scarso approfondimento, il 
vastissimo problema deHa natura giuridica dehla dichiarazione tributaria, offrendo 
una so1uzione che non pu� essere condivisa. 
Be=h� riferita alla dichiarazione p~ l'imposta di .successione deHa legge 
abrogata, la motivazione dellia sentenza offre l'occasione per considerare unitariamente 
il p�roblema della dichiarazione in genere, anche sotto il vigore delle 
leggi della riforma tributaria. 
La dichiarazione sarebbe, secondo I<a S.C., semplicemente la comunicazione 
non vincolante di elementi informativi in base ai quali l'ufficio liquida 1'imposta 
prindpale; la dichiarazione, quindi, non ha va1ore n� di manifestazione di 
volont� n� di confessione, e pu� essere revocata o modificata liberamente sia 



362 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

La solidariet� dell'erede per l'imposta di successione sul legato (art. 66 

r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270) va intesa come responsabilit� sussidiaria 
dell'erede,. bench� non assistita da beneficio di esecuzione; ne consegue 
che l'obbligazione sussidiaria non pu� eccedere ci� che � dovuto dall'obbligato 
principale (2). 
{omissis) Col primo motivo del �ricorso principale si denunzia violazione 
degli aTtt. 51, 52, 55, 64 e 66 �rid. 30 dicembre 1973, n. 3270; 12 legge 
12 giu~no 1930, n. 742; 1324, 1334, 1372, 2730 e 2732 cod. civ., nonoh� insuffi


nd corso del procedimento di accertamento sia in sede contenziosa nel giudizio 
contro l'accertamento. Ed � da notare che nel caso di specie si discuteva de1la 
vinco1ativit� di una seconda dichiarazione ben consapevoLmente espressa; si � 
quindi ritenuto ammissibi1e non 1a rettilica di un errore o una giustificata 
correzione, ma un puro e .semplice cambiamento di pr0posito. � 

iSuH'esdusione del. va1ore confessorio dehla dichiarazione la S.C. si era 

gi� pronunciata con tLa sent. 20 gennaio 11972, n. 115.1 (in questa Rassegna, 1972, 

I, 294); oggi, confermando questo indirizzo, si nega anche il valore negoziale 

dehla dkhiarazione. Della retrattabi1it� deHa dichiarazione aveva fatto un cenno 

la sent. delle Sez. Un., 27 settembre 1965, n. 2048 (ivi, 1%5, I, 1242), ma senza 

un esame diretto del problema. 

2) Esamin1amo preliminarmente le ragioni esposte in motivazione per escludere 
il valore vincoLante della d1ohiarazione. 

Poich� la base imponibi1e {nella S[lecie il va1ore venale in comune commercio) 
� un e1emento obiettivo, attribuire alla dichiarazione va1ore di atto 
negozta1e con effetti vincolanti significherebbe violare 1'art. 53 Cost., rimettendo 
La determinazione deHa obbligazione tributaria al potere dispositivo delle 
parti. Condividiamo interamente la premessa che la base imponibile (e non 
solo il valore venale �in comune commercio nelle imposte indirette, ma ogni 
valllltazione di estimazione sempl'1ce o, secondo la terminologia legislativa 
attuale, ogni deteilminazione di {(valore norma1e �) � un dato obiettivo e preesistente 
che il procedimento di accertamento deve soltanto dichiarare, senza 
nulla aggiungere, meno che mai con effetto costitutivo, al rapporto obbligatorio 
gi� sorto (BAFILE, Introduzione al diritto tributario, Padova, 1978, 140). Ci 
sembra tuttavia fragilissima La seconda proposizione essenzialmente per due 
ragioni: primo, .perch� il riconoscimento da parte del contribuente, che d� 
Luogo ad una prima e provvisoria liquidazione del tributo, non � certo incompatibile 
con il principio di legalit� e indisponibilit� (per FAmministrazione) 
dell'obbligazione che sar� oggetto di .accertamento, �s� che non � a .parlarsi di 
determinazione del1'obbligazione dmessa al potere dispositivo de1le .parti (plurale) 
ma solo di unilaterale accettazione da parte del debitore degli effetti 
che si sono prodotti ex lege; secondo perich� i1 principio costituzionale dell'art. 
53 Cost., che infomna tutta lia struttura dehl'obb1iga,zione tributaria, deve 
pur essere compatibile con una regola di irretrattabilit�; altrimenti, con il 
sospetto che il contribuente possa restare vincolato ad una base imponibile 
eocedente la sua -capacit� contributiva o il dato obiettivo del valore normale, 
non si dovrebbe mai ammettere 1a definitivit� de1l'aocertamento, il concordato 
e magari nemmeno il giudicato. Ma poich� una irretrattabilit� della base imponibile 
� una necessit� insopprimibile, sembra evidente che la forma che meno 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 363 

cienza e contraddittoriet� di motivazione. Secondo l'Amministrazione ricorrente, 
in materia tributaria la dichiarazione del contribuente � una dichiarazione 
di volont� o di giudizio destinata a produrre effetti giuridici nel 
procedimento amministrativo di accertamento e iliquidazione dell'imposta: 
� cio� un atto di disposizione con effetti negoziali immediatamente vincolanti, 
e non un mezzo di prova. In ~articolre il valore indicato nella 
denuncia di successione non 1potvebbe essere ritrattato per pretesi errori 
nella determinazione del valore stesso, essendo soggetta tale denuncia sol� 

sacrifica i1 diritto. del soggetto passivo e che maggionmente garantisce 1a sua 

sfera, sia il riconoscimento contenuto nella dichiarazione. Minor rilievo ha, 

a nostro giudizio, l'esclusione del valore confessorio della dichiarazione, perch� 

riteniamo che in effetti 1a diiChiarazione non si� una confessione. Non possiamo 

tuttavia condividere la condusione che .lia dichiarazione, non essendo nemmeno 

un mezzo di iprova, possa essere revocata o modificata oltre i limiti posti 

dall'art. 2732 e.e . 

.Che cosa sar� ahlora la dichiarazione? Non di certo un atto superfluo, 

se la sua omissione � severamente sanzionata. La risposta che si tenta di dare 

(un atto di cooperazione con cui si a:ende noto i1.presupposto de11'obbHgazione 

e dei re1ativi elementi quantitativi, destinati ad essere valutati nel procedi


mento di accertamento) non soddisfa l'esigenza di una qualificazione dell'atto, 

ma � anche evidentemente erronea giacch� la dichiarazione ha solo seconda


riamente, come si vedr�, la funzione di servire all'ufficio come offerta di infor


mazioni da impiegare nel procedimento di accertamento, mentre la sua fun


zione primaria � quella di consentire una immediata riscossione (prima dell'ac


certamento) della parte del tributo liquidabile in base a quanto dichiarato. 

Ci� eviidenzia fa necessit� d1 attribuire ahla dichiarazione un proprio effetto 

giuridico, autonomo rispetto all'accertamento. 

La sentenza esamina marginalmente anche l'aspe'tto della irretrattabilit� 

che riconnette, con riferimento 1specifico alfa imposta di successione (art. 7, 

r.d. 30 dicembre -1923, n. 3270) a1 pagamento dell'imposta. Anche a questo 
r1guardo 1a pronunzia � contraddittoria e inappagante. Poich� sulla base de11a 
dichiarazione viene .sempre riscossa immediatamente un'imposta, verrebbe a 
cadere la possibHit� di rettificare 1a dichiarazione in 1sede di accertamento o 
addirittura i11 sede contenziosa; ma, a1 contrario, il pagamento deWimposta 
non � in genere preclusivo del dfo:itto al� rimborso, quando esso non sia preceduto 
da una determinazione irretrattabile. 
Infine la sentenza in esame non riesce ne1 tentativo di sup;;rare iI contrasto 
con una quantit� �di a1tre .pronunzie (fra le altre Sez. Un., 12 febbraio 1974, 

n. 404, in questa Rassegna, 1974, I, %7) che !risolvendo la questione degli interessi 
sull'imposta comp1ementare nel caso di �dichiarazione integrativa �l valore, 
affermano che daMa data deiUa presentazione del1a dichiarazione integrativa viene 
a cessare, nei limiti, la situazione di antigiur1dicit� che. aveva dato causa 
dell'obbligazione di interessi; e ci� in base a11a considerazione che fa dichia� � 
razione � vincolante ed incondizionata e consente aWAmmini.strazione di percepire 
1a cori:ispondente imposta, anche se non viene accolta dahl'ufficio e 
prosegue i1 giudizio per !:La determinazione definitiva. Da ci� discende con 
evidenza d'un canto che la dichiarazione iprodoce un effetto immediato vincoiLante 
per il dichiarante, dahl'alitro che questo effetto � prodotto dahla dichiarazione 
come ta1e e non come elemento che si 1combina con 1'accertamento. La 
contraddizione tra 1e due proposizioni � insuperabile; se la dkhiarazione fosse 
10 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

364 

tanto all'impugna:cione per vizi del consenso, alla correzione per errori 

~ 

materiali ed all.a Tevoca per eNori di diritto. 

Ove poi venisse qualificata come atto di riconoscimento ad effetti meramente 
probatori, non potrebbe ad essa negarsi il valore di una confessione, 
soggetta alla disciplina dell'art. 2732 cod. civ. e quindi vincolante per il 

I contribuente. Ancora pi� vincolante, infine dovrebbe xiteneTsi la denuncia 
integrativa .(art. 12, legge 12 giugno 1930, n. 742), in quanto quailificata 
da un preciso proposito correttivo e diretta ad evitare effetti dannosi 
per il contribuente stesso. 

I

~

La censura non � fondata. 

un atto di cooperazione utile solo per l'accertamento, non rpotrebbe far venire 
meno 1l'obb1igazione di interessi, specie quando, pendendo gi� controversia 
su1l'aocertamento, t'ufficio non provvede al�a liquidazione di una ulteriore 
frazione di imposta; meno che mai potrebbe far cessare L'antigiuridicit� del 
fatto imputabile una dichiarazione revocabile e che, se tale fosse, non consentirebbe 
la percezione de1la relativa imposta. 

Fin qui Le considerazioni de~la sentenza in rassegna che non valgono ad 
escludere H valore vincolante della dichiarazione e ancor meno a definire la 
natura e g1i effetti di tale atto. 

3) Le conclusioni della sentenza vanno anche oltre quella impostazione 
della dottrina che considera la dichiarazione tributaria una dichiarazione di 
scienza (GIANNINI, I concetti fondamentali del diritto tributario, Torino, 1956, 
300; MICHELI, Corso di diritto tributario, Tori~o, 1976, 164; POTITO, L'ordinamento 
tributario italiano, Milano, .1978, 75 e 381; BASCIU, Contributo allo studio dell'obbligazione 
tributaria, Naipo1i, 11966, 210; CICOGNANI, Le fonti dell'obbligazione 
tributaria, Padova, 1977, 293 ss.). Anche la di1chiarazione di scienza, se pure non 
di contenuto confessorio ovvero con carattere confessorio in certi casi o per 
Limitata rparte (BERLIRI, Corso istituzionale di diritto tributario, Miliano, 1974, 
253 ss.) � pur sempre un atto con cui si assume un impegno swlla veridicit� 
di quanto si afferma e che produce degli effetti, come ogni dichiarazione 
giuridicamente rilevante (MAND�, Sulla retrattabilit� della dichiarazione tributaria, 
in questa Rassegna, 1%5, I, l243). 

:Si deve comunque ritenere che la .definizione della dichiarazione come 
manifestazioni di �scienza o� come atto di informazione, che risaJe �ad epoca 
assai remota (la prima e pi� approfondita formulazione ri�sale a VANONI, La 
dichiarazione tributaria e la sua irretrattabilit�, in Riv. dir. finanz., 1937, I, 255, 
ora in Opere giuridiche, Milano 1961, I, 351) debba essere abbandonata, specialmente 
in relazione alla recente legislazione. 

4) In una posizione distinta si trova iL Russo (Natura ed effetti giuridici 
della dichiarazione tributaria, in Riv. dir. finanz., 11966, I, 231; Diritto e processo 
nella teoria dell'obbligazione tributaria, Milano 1969, 311 ss.) che, negandone 
il carattere negoziale, concepisce la dkhiarazione tributaria atto di liquidazione 
dell'imposta, inerente do� esclusivamente al quantum, ed incapace di 
influire in qualsiasi modo su11'an, in ci� accogliendo la tesi del CAPACCIOLI 
(L'accertamento tributario, in Riv. dir. finanz., .1966, I, 3 ora in Diritto e processo, 
Padova 1978, 615 e 624) che concepisce l'intero rprocedimento di aocertamento 
come limitato aHa determinazione della base imponibile. Ma questa 
costruzione da un lato � contraddittoria perch� come atto che determina la 
base imponibile in modo irretrattabile ai fini deHa 1iquidazione, ~a dichiarazione 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 365 

Conviene premettere che, avendo rigua:rdo ailla data di apertura dehla 
successione e di presentazione della denuncia di cui si discute, la valutazione 
de1l'imponibHe � dis�iplinata dalle norme del titolo III del r.d. 
7 agosto 1936, n. 1639, che hanno abrogato quelle incompatibili contenute 
nella legge 12 giugno 1930, n. 742, tra cui l'art. 12 richiamato dall'Amministrazione 
(v. Cass., 2804/73). 

Secondo l'art. 15 del rJd.il. n. 1639 le imposte di successione concernenti 
beni immobili sono 'commisurate sul valore venale in comune commercio 

non pu� essere che un atto negoziale da un altro lato � eccessivamente restrittiva 
perch� '1a dichiarazione, come 'l'accertamento, non concerne soltanto la base 
imponibile. 

5) Nemmeno pu� essere accoita la pi� controversa costruzione della 
dichiarazione come confessione stragiudiziale. � chiaro che ~a dichiarazione non 
� soltanto un mezzo di prova, come tale sostituibHe con altri mezzi, ma � 
soprattutto un atto giuridico di complesso contenuto destinato a produrre 
effetti non semplicemente probatori. Baster� pensare aHa pi� importante, ma 
non unica, funzione de11a dichiarazione ossia a1la determinazione deLla base 
imponibile, per constare come una tale dichiarazione di valore non 'attiene aUa 
verit� di fatti ma aMa ,determinazione di effetti sulla obbUgazione. Lo stesso 
� a dirsi per altri contenuti della dichiarazione concernenti o indicazione vincolanti 
di talune situazioni {quali il domicilio fiscale o i1 Luogo in c.i sono 
conservate le scritture contabi1i) o talune opzioni che H .dichiarante pu� dare 
per domandare la deduzione di imposta oppure per preferire H 'sistema di 
determinazione forfettaria del reddito netto, e soprattutto, specie ,per l� dichiarazioni 
pi� complesse che si fanno suHa base del bi1ancio, per operare una 
quantit� di oce1te responsabili nella esposizione dei componenti attivi e passivi. 
Tutto ci� non ha a che fare con la prova di fatti. 

NaturaiLmente la dichiarazione, come ogni atto giuddico, pu� anche conte


nere i1 riconoscimento de1la verit� di fatti, ma non � questo l'elemento princi


pale e ,caratterizzante della dichiarazione (Russo, Diritto e processo, cit., 331). 

6) L'inadeguatezza de11e tesi esaminate pu� essere individuata ,essenziaL


mente nel considerare la dichiarazione come priva di effetti propri e destinata 

a servire per l'accertamento, per assorbirsi in esso; cos� considerata la dichia


razione si rive1a un mezzo strumentale o un elemento (informativo o di prova) 

suill qua1e sar� costruito H .provved1mento del1'ufficio. Questo costrutto � domi


nato dalla premessa che Ja determinazione concreta deli1'obbliigazione in una 

somma certa e ldquida sia sempre operata da un ,provvedimento. deWufficio 

rispetto al quale la dichiarazione ha funzione preparatoria o di � presupposto 

procedimentale � (CAPACCIOLI, L'accertamento, cit., 628). Questa premessa, che 

forse poteva essere confortata dalia legislazione remota, non trova alcun riscontro 

nel sistema normativo vigente. 

La dichi,arazione � oggi un dovere generalizzato in tutti i tributi {ad 

eccezione di quehli a meocanismo elementare�che non richiedono nessun proce


dimento di liquidazione) e si presenta sempre con una caratteristica comune: 

consentire una crapida pericezione del tributo gi� liqu1dato o facilmente liqui


dabile in base alla dichiarazione. Questo si rivela con evjdenza lo scopo fonda


mentale della dkhiarazione, anche se essa ha, volta a vo1ta, anche aLtre fina11it� 

di oarattere i,struttorio o strumentale rispetto a11'aroertrumento. Poich� l'accer


tamento definitivo importa un tempo non breve, si � semp,re avvertita la 



366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei beni stessi al giorno del trasferimento, anche quando non sia stato 
di:chiarato alcun va:lore nella denuncia del contribuente. La 1egge assume 
quindi dlevante un dato che, sebbene in concreto variabile dn relazione 
ai marigini di osdhlazione connaturali ad ogni apprezzamento di fotto, � 
in definitiva un elemento di natura obiettiva. 

Non potrebbe, d'altronde, essere altrimenti, dal momento che l'art. 53 
Cost. esige che ,le imposte siano� adeguate alla capacit� contributiva del 
soggetto paissivo. 

Se cos� �, M volere attribuire alla denuncia di successione H valore 
di un atto negoziale con ~ffetti vincolanti -come J'Amministrazione ipre


necessit� di predisporre un meccanismo procedimentale che assicuri un'anti� 
cipata perx:ezione deHa parte .de1 �tributo non ,controve11sa, con riserva per 
FAmministrazione di prendere una (o pi�) ulteriore frazione del tributo quando 
sar� stata definitivamente determinata l'�bbligazione; in sostanza la stessa ratio 
che ha dato lruogo al1a distinzione ben definita, e rHevante per vari fini, tra 
imposta prindpale e imposta complementare, si ritrova in tutti i tributi 
(1BAFILE, Introduzione, cit., 22). La �dichiarazione mira soprattutto a rendere 
possibile questo dsultato. 

Nella pi� recente legislazione questa finalit� ha acquisito ancora maggior 
rilievo nella considerazione che, di fronte al numero straordinariamente cresciuto 
di contribuenti e in vista di una auspicata maggiore responsabilizzazione 
di essi, 1'accertamento non possa raggiungere tutti i soggetti pa,ssivi e 
debba progressivamente restringersi nunieri:camente {anche con ipotesi di sorteggio), 
con 1a tendenza a far assumere aihla dichiarazione la funzione di 
determinazione non solo provvisoria ma anche definitiva della obbhlgazione. 
Come da tempo ha limpidamente messo in luce il CAPACCIOLI (L'accertamento, 
cit., 614) l'accertamento � una sequenza �a composizione variabile� che pu� 
arrestar.si in momenti diversi del suo svolgimento e rpu� consistere anche in 
un solo atto, quale la dichiarazione. Ci� � stato evidenziato, per trarne diverse 
conseguenze, anche recentemente da BASCIU, Riflessioni in margine alle c.d. 
questioni di fatto relative a valutazioni estimative (in Riv. dir. finanz., 1978, 
I, 659). 

� appena necessario a tail proposito ricordare come neglii ul1:imi anni, 
con progressione ravvicinata, la dichiarazione � diventata i1 mezzo per 'l'autoliiqu1dazione 
e il versamento dell'imposta da :parte del contribuente; con la 
riforma ci� fu previsto solo per l'I.R.P.E.G. e per l'I.VA., ma si � poi esteso 
ahl!'IR.P.E.F. e a11'I.LOR; contemporaneamente � rimasta fe:rnna la regola tradizionale 
deLL'iscrizione nel ruo1o principale del1e imposte dovute in base alla 
dichiarazione, allargando ta1e possibliit� con l'introduzione dell'art. 36 bis del 

d.P.R. n. 600/1973 u1timamente modificato con il d.P.R. 27 settembre 1979, n. 506. 
L'intento del legislatore di aHeggerire il lavoro degli uffici tributari, valorizzando 
L'iniziativa del contribuente che si concreta con la di:chiarazione � di 
tutta evidenza, s� che non si rpu� ormai continuare ad affermare che la dichiarazione 
ha soltanto un valore :strumentale rispetto aWaccertamento dell'ufficio, 
anche se questa ,secondaria funzione � anche ;perseguita da11a dichiarazione. 

Lo stesso indirizzo' non .si riscontra nelle imposte indirette, ove ipera1tro 
una modesta riforma per trasferire alJliniziativa deL contribuente tutta l'operazione 
di liquidazione e versamento si � avuta per la registrazione delle locazioni 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARii,. 367 

tende significa ricondurre la determinazione dehl'obbligazione tributaria 
al potere dispositivo delle parti e quindi consentire -contro i fondamentali 
iprincipi del sistema -che il ipresupposto quantitativo del itributo 
possa essere� creato fittiziamente e �rimanere svincolato dagli elementi 
obiettivi e reali che, anche secondo ilo 1spirito del precetto costituzionale, 
debbono costituire fa base della determinazione. 

Per le stesse ragioni deve respin~ersi l'equiparazione della denuncia di 
successione ad una confessione: e ci�, 1sia perch� appunto i(come ha gi� 
affermato questa Corte con la sentenza 20 gennaio 1972, n. 151) Ja determi� 

(art..16 bis d.P.R. n. 634/�1972, introdotto con il d.P.R. 23 dicembre 1977, n. 953); 
si pu� tuttavia ritenere che se nelle imposte indirette � rimasta limitata la 
tendenza a conferire maggiore iniziativa al contribuente, ci� � dovuto alla 
difficolrt� deHa operazione di liquidazione di questi tributi (ma non � escluso 
che gradualmente vengano studiati sistemi di semplificazione che consentono 
un pi� ampio ricorso allia responsablil;izzazione dei contribuenti); per fu stessa 
ragione non si fa eseguire al contribuente Ia liquidazione deU'i:rnposta sui 
redditi soggetti a tassazione separata, a causa della diffico1t� della, operazione 
stessa. Ma se 1pure neHe imposte indirette sopravvive il necessario intervento 
deH'ufficio per la liqu1dazione dell'imposta 1principale, non � tuttavia diversa 
la funzione del1la dichiarazione, che deve contenere tutti gli elementi necessari 
per La determinazione dell'imposta, mentre ~a liquidazione che deve fare 
l'ufficio resta una operazione meramente tecnica eseguita esclusivamente suUa 
base della dichiarazione. 

La stessa funzione di rendere subito percettibile la parte dd tributo 
secondo quanto i1 contribuente riconosce dovuto ha 1a dichiarazione doganale 
(artt. 61, 65 e 83, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43). 

Naturalmente la dichiarazione pu� avere, nei vari tributi, anche altri 
contenuti ed assolvere ad altre funzioni; pu� essere anche un atto con il 
quale si domanda il rimborso de1l'imposta gi� versata e pu� contenere vari 
altri dementi informativi uti1i per l'accertamento o specifiche manifestazioni 
di volont� di particoiare rilevanza {ad esempio J.e destinazione doganale); 
ma trattasi di elementi secondari e spesso accidentali che sono al di fuori 
della finaLit� fondamentale. 

Funzione solo apparentemente diversa ha la dichiarazione del sostituto di 
imposfa. Questa solitamente viene presentata dopo che il sostituto� ha gi� 
adempiuto aL suo dovere di eseguire la ritenuta e i1 versamento ed ha valore 
di ricaipitoJ.azione e di conferma delle operazioni eseguite; ma questa inversione 
cronologica � in definitiva un fatto tecnico-organizzativo, che oggi si verifica 
anche per i contribuenti che debbono eseguire il versamento diretto prima 
deHa presentazione della dichiarazione. In ambedue i casi il dichiarante ' con 
la dichiarazione manifesta quanto secondo La legge egH � tenuto ad operare; 
e se dalla dichiarazione risulta che non tutto quanto doveva essere versato 
� stato corrisposto, si proceder� subito aJ.La Iscrizione a ruo1o, allo stesso 
modo per n contribuente come �per n sostituto di imposta, deHe somme ancora 
dovute in base alla dichiarazione, operando eventua1mente le correzioni ammesse 
dall'art. 36 bis de1 d.P.R. n. 600/1973. 

7) Da quanto. sin qui esposto, si pu� affermare che fa dichiarazione ha 
un valore negoziale; � una manifestazione unilaterale di volont� con la quale 
il dichiarante fa la ricognizione de1 debito; con essa 11 soggetto passivo, 



368 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

nazione dell'imponibile non � materia che rientri nei poteri dis1positivi del 
contribuente, sia pevch� Ja denuncia stessa non si presta ad essere 
qualificata come un vero e proprio mezzo di prova. Ne consegue ohe, 
come � stato ritenuto con la sentenza su indicata, proprio con riferimento 
all'imposta si successione, ila denuncia pu� essere modificata dal contribuente 
anche oltre i limiti deM'art. 2732 cod. dv., con successiva dichiarazione 
o con opportune precisazioni nel giudizio di opposizione all'accertamento. 
E ne1lo stesso ordine di idee � la sentenza delle Sezioni Unite 

n. 2048/65, che ha negato l'irretrattabilit� della dichiarazione unica di cui 
alla ilegge 11 gennaio 1951, n. 25. 
riconoscendosi debitore aocetta di pagare, o spontaneamente .paga, l'imposta 

cui si considera soggetto. Per questa ragione la dichiarazione, ove l'imposta 

non sia stata pagata anteriormente o. non venga pagata contestua1mente, 

�costituisce titolo per. 1a riscossione delle imposte dovute in base agili impo


nibili in essa indicati e deHe ritenute indicate dal �sostituto di imposta� (art. 9, 

ult. comma, d.P.R. n. 600/1973). 

La dichiarazione dovr� allora servire non soltanto a fornire e1ementi che 

l'ufficio uti1izzer�, assieme ad altri, per l'accertamento, ma soprattutto a 

11ender�e possib~J,e una immed]ata (o addkittum anticipata) liqUJidazione e riscos


sione; ed � per questo che la dichiarazione deve contenere tutti gli elementi, 

attivi e passivi, necessari per la determinazione degli imponibili, tanto che se tale 

indicazione manca la dichiarazione si considera omessa {art. 1, d.P.R. n. 600/J973). 

Ed � evidente che eguale natura e caratteristiche ha la dichiarazione nelle 

imposte indirette che deve contenere egua1mente, con l'indicazione di tutti 

gil elementi necessari, il riconoscimento de1l'obbligazione, se pure la liquidazione 

in cifra sar� eseguita dall'ufficio con una operazione tecnica. Infatti anche 

n~J!.e imposte indirette la dichiarazione costituisce il titolo per la riscossione 

delil'imposta principale. 

Si pu� anzi osservare che nelle fmposte indirette la dichiarazione non � 

necessaria quando esiste un negozio che si sottopone a .registrazione ed � 

per l'appunto prevista in tutti i .oasi in cui non esiste un negozio contenente 

gi� tutti g1i dementi necessari; 1a dichiarazione pertanto ha ila stessa funzione 

del negozio che sostituisce si che la sua natura negoziale � ancor pi� evidente. 

L'immediata concatenazione che 1a legge stabilisce tra dichiarazione e 

riscossione, senza necessit� di accertamento {iscrizione a ruolo de1le imposte 

sui redditi dichiarati quando gi� non abbia avuto luogo H versamento diretto, 

ingiunzione .per il pagamento dell'imposta �:Principale non corrisposta conte


stualmente) riconferma che rla dichiarazione � un riconosdmento di debito 

in base al qualie pu� ,procedersi a1la riscossione a titolo definitivo, cosa che 

sarebbe ben difficile giustificare se la dichiarazione �avesse soHanto contenuto 

di scienza. 

Neli1e varie imposte e ne11e varie situazioni � naturn1mente diverso il 

contenuto de1la dichiarazione. Ogni volta rche la dichiarazione contiene una 

valutazione delfa base imponibile (evidentissima ne11e imposte indirette� ma 

presente anche ne11e imposte dirette quando sulla composizione del reddito 

infiluisce un va1ore normale) � particolarmente evidente 1a dichiarazione di 

volont� che fa il contribuente accettando di corrispondere l'imposta su queHra 

base imponibile. Ma anche negli altri casi in cui (come ne!rl'I.V.A.) la dichiara


zione contiene una ricapito1azione di dati storici, non si pu� rpadare di mera 



PARTE I, SEZ, VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 369 

Con tale orientamento non conti:asta la sentenza 29 ottobre 1973, 

n. 2804, in quanto essa non riguarda fo sipedfico rpToblema qui considerato, 
ed equipara (pera!ltro .con una osservazione del tutto incidentale) la 
dichiarazione integrativa alla confessione solo per rilevare che la dichiarazione 
stessa, consentendo all'Amministrazione di applicare iI tributo su1'1a 
maggiore somma dkhiarata, esonera i!l contribuente, dailla data della sua 
presentazione, da;l corrispondente debito degli .1nteressi. 
In definitiva, in tema di imposta di successione la denuncia del contribuente 
non � altro che un atto di cooperazione con cui �l'obbligato rende 

informazione ;perch� la dichiarazione, attraverso la indicazione di e1ementi 
analitici di cui si riconosce l'imputazione, ha pur sempre lo scopo (conclusivo) 
di far emettere dal dirchiarante il riconoscimento deI suo debito per provocarne 
'.l'adempimento, con fa salvezza di una eventuale rettifica, ma con il 
fine di una determinazione definitiva (nei limiti del dichiarato) de1l'obbligazione. 

8) Da quanto detto non discende che i!'obbligazione tributaria nasce daHa 
dichiarazione, n� che questa ha carattere costitutivo e, meno che mai, che � 
lasciata a1 potere dispositivo delile parti la detel'minazione del1'obbligazione 
con violazione deiil'art. 53 Cost., come si afferma neHa sentenza in esame. 
Certamente per i sostenitori de11a teoria costitutiva deH'acceri:amento (imposizione) 
sar� difficile negare i1 valore negoziale de1la dichiarazione (ALLORIO, 
Diritto processuale tributario, Torino, 11969, 74 e 579). Ma senza affrontare 
questo problema, �S� (!>U� affermare che Ira natura negoziale deHa dichiarazione 
emerge in ogni .oaso, anche movendo dal1Ja premessa, prevalente nella giuris;
prudenza ed aHa quale riteniamo di aderire (BAFILE, Introduzione, cit., 131) 
che J.'aocertamento � a contenuto dichiarativo. 

Assumendo per fermo che unica fonte dell'obbligazione tributaria � la 
legge e che l'obbHgazione sorge, completa di ogni �SUO elemento, a~ momento 
deH'avvernmento del presupposto si che ogni altra attivit� necessaria per 
rendere certa e liquida Yobb1igazione che gi� non 1o sia � necessariamente 
dichiarativa, la dichiarazione si presenta come il primo atto con il quale 
dailla parte del debitore, si produce l'effetto di dichiarare Fobbligazione gi� 
sorta. n negozio giuridico con effetto dichiarativo, che non � certo sconosciuto 
al1a teoria generale, trova nel diritto tributario una ap;plicazione vastissima 
1che non � dato rinvenire negli altri settori de1 di.ritto. Seguendo la teoria 
dichiarativa, non si pu� riconoscere ar11a dichiarazione effetto costituivo; ma 
ci� non esclude che la dichiarazione abbia egualmente contenuto negoziale. 

Ci� risponde ad evidenti esigenze concrete ed a regole comuni de1!'011dinament�. 
Dal1a imposizione tributaria nasce una obbliigazione che, pur caratterizzata 
da particolari connotati, � pur sempre una obbligazione, neI significato 
unitario che .ad essa deve riconoscersi. In ogni situazione giuridica � sempre 
consentita e fiavorita la ,definizione del confJiitto di interessi fra creditore e 
debitore ne1 modo normale delil'adempimento; sarebbe irragionevole, incivile 
e praticamente impossibi1e concepire come necessaria per la definizione del 
rapporto obbligatorio una pronunzia giurisdizionale. Ed � ovvio che quando 
irl mpporto obbltigatorio viene padfioamente esaurito negli innumerevoJti modi 
in �cui ci� avviene, valore preminente ha sempre 11 comportamento del debitore; 
solitamente protagonista deUa situazione � H debitore che, con atti espliciti o 
impli:citi .di iniziativa� o di comportamento, determina una definizione pacifica 



370 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

j 
noto all'amministrazione il presupposto dell;obbligazione tributaria e dei 
relativi elementi quantitativi atti a consentire ['immediata liquidazione 
dell'imposta principale, e destinati comunque ad essere valutati nel procedimento 
di accertamento del valore venale dei beni caduti in successione. 

I

i,_

� bens� vero che, quando alfa >liquidazione dell'imposta segua ]l rpagamento, 
gli effetti della denuncia diventano definitivi. 

Ci� per�, non perch� la denuncia stessa sia un atto negoziale in s� 
irrevocabile, ma perch�, quando una determinata fase del rapporto tributario 
debba ritenersi esaurita (come avviene in caso di pagamento), la 

deWobbLig� o provoca una pi� o meno Jraboriosa attiv.it� finar1'izzata a1l'adem


pimento. 

A questa esigenza .si adegua anche L'obbligazione tributaria ne1Ia quale al 

debitore � Lasciata la posizione di protagonista. � vero che nei mpporti tribu


tari �sono conferiti ailiChe a1 creditore partico1ari ;poteri per ottenere in via 

amministrativa una determinazione autoritaria dell'obbligazione. Ma anche in 

questo momento viene valoriz2lata la possibilit� di ottenere anteriormente un 

risultato, a1meno parziale, attraverso l'iniziativa de1 debitore, s� da non rendere 

sempre necessario Faocertamento autoritario; ci� ris�ponde, oltre che. ad una 

esigenza pratica e organizzativa, anche ad una regola civile di non imporre 

accertai:nenti di autorit�, spesso accompagnati da sanzioni e da oneri accessori 

(interessi) al debitore che intenda spontaneamente adempiere tempestivamente 

e fedelmente. 

Come nei rapporti di diritto comune � sempre dato al debitore, anche 

neHe obbligazioni ex lege, di dichiarare, neHe forme pi� ldbere, i1 proprio 

obbligo anche ;per prevenire g1i effetti di un ritardato adempimento, cos� nel


Fobbiigazione tributaria viene tipizzato il modo e il tempo di manifestare la 

propria intenzione in 011dine aill'obbl!igazione, facendo anche deHa dichiarazione 

un dovere. A ben riflettere, il dovere di dichiarazione, non � affatto una 

sovraipposizione innatuiale aI rapporto obbligatorio, perch� � neHa natura del 

rapporto �che il debitore sia chiamato ad esprimere, in forme che ben possono 

essere regolamentate, 1a sua .posizione circa il riconoscimento e L'adempimento 

dell'obbligazione. Ci� si coordina ancora con uno dei caratteri dell'obbliga


/

zione tributaria che, al contrario di quella ordinaria, viene sempre adempiuta 

per frazioni prima del definitivo accertamento. 

Una dichiarazione di ricognizione del debito, che presenta qua1che analogia 

con la dichiarazione tributaria, � stata introdotta anche in rapporti pretta


_mente privatistici: con l'art. 3 del d.l. 23 dicembre. 1976, n. 857, convertito con 

modificazioni nena legge 29 febbraio 1977, n. 39, sull'assicurazione obbligatoria 

della responsabilit� civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, � 

stato stabi1ito per i sinistri di modesta entit� l'obbligo dell'assicuratore di 

comunicare (dichiarare) a1 danneggiato La misura dellia somma che si offre 

iPer i1 risarcimento ovvero i motivi per i quali non ritiene di fare }'offerta. 

Anche questa � una dichiarazione obbHgatorria (anche quaJDdo � di con


tenuto negativo) e san2lionata, che deve essere conforme a dati oggettivi 

di valutazione (� l'offerta deve essere congrua�) e che produce immediatamente 

effetto per i1 creditore non solo in caso di accettazione ma anche quando non 

venga accettata, come titolo ail .pagamento del.la somma offerta in conto di 

un eventuale maggiore accertamento. Anche�.-questa � una dichiarazione nego


ziale, che -si inserisce su una obbHgazione gi� sorta ex lege con lo scopo di 

provocarne L'adempimento totale o eventualmente solo parziale. Restano natu



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 371 

ri1:Jetizione del tributo pagato incontra precise ilimitazioni, ed ��consentita 
solo nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 7, r.d.iI. 30 dicembre 
1923, n. 3270). 

Deve quindi conoludersi che l'indicazione, ad opera del contribuente, 
di un certo valore della denuncia di successione non impedisce neppure 
al contribuente stesso di ottenere, nel procedimento di accertamento, 
che venga determinato l'effettivo valore venale, eventua~mente inferiore, 
con i normali mezzi consentiti dalila fogge, e di dimostrare che i[ valore 
indicato non corrisponde a queHo effettivo. 

ra1mente molte differenze tra questa dichiarazione e que11a tributaria, ma ci 
sembra importante individuare nei raipporti privati di obbligazione un dovere 
di dichiarazione di natura negoziale, con il quale il debitore fa una ricognizone 
del debito gi� sorto, che ben si condlia .con l'obbligazione legale. 

9) Le considerazioni gi� fatte consentono di superare l'eccezione che si 
muove ad una inconciliabrnt� tra negozio giuridico � dovere di dichiarazione 
(Russo, Natura ed effetti, cit.); la volont� che sostiene il negozio dovrebbe 
essere necessariamente una volont� libera. Ci� potrebbe essere esatto se la 
dichiarazione avesse valore costitutivo, o se fosse la fonte di una obbligazione 
che si � liberi di far nascere, ma non sembra pertinente rispetto ad una manifestazione 
di volont� diretta a riconoscere una obbHgazione gi� sorta e che 
sar� accertata d'autorit� in manicanza deHa dichia1:1azione. II debitore, che � 
gi� tale, ed ha perfino interesse a manifestare .Ja sua �presa di posizione, pu� 
ben essere tenuto dichiararsi (>libero resta il cont.enuto de!La dichiarazione) 
suH'effetto che ritiene essersi prodotto dal'1'avveramento del presupposto. 

Pi� consistente � Finconiciliabilit� rilevata tra dichiarazione e confessione 
(sent. 20 gennaio 1972, n. 151, cit.); intesa la confessione come uno dei possibili 
mezzi di prova, � in effetti poco convincente un dovere .di confessare a proprio 
danno. Ma se si supera questa impostazione deMa dichiarazione, non si pu� 
vedere una contraddizione tra il dO\�ere di dichiar�zione e il riconosc!mcnto 
del debito che � per .t'appunto il fine deHa dichiarazione. 

.10) Un ampio approfondimento del tema ha recentemente offerto il D'AMATI 
(La dichiarazione tributaria e la crisi del negozio giuridico, nonch� Funzione 
giuridica dell'avviso di accertamento, in Dir. e prat. trib., 1977, I, 481 e 1201). 
Partendo dalla negazione deUa teoria costitutiva, 1'A. concepisce la dichiarazione 
come � atto normativo non autoritario posto in essere dal singolo � con 
il quale il contribuente detta un assetto normativo de1la fattispecie .tributaria 
destinato ad assumere i caratteri propri de1 negozio giuridico. Nell'ambito 
de11'autonomia privata, la dichiarazione � al<1ora la espressione uniliaterale, ma 
destinata ad esternarsi ed a giovare al soggetto a .cui � diretta, del regolamento 
del rapporto che il debitore intende ottenere. 

Ci sembra questa la pi� corretta proposta di qualificazione della dichiarazione. 
Non possiamo tuttavia seguire questo Autore nel�l'ulteriore costruzione 
deH'accertamento come atto, simile aHa dithiarazione, con ili quale L'Amministrazione 
a sua volta determina un assetto normativo dello stesso rapporto, 
ponendo� a fronte della dichiarazione un atto che ad esso si contrawone in 
modo paritetico, creando le premesse, ove non si raggiunga lo scopo della 
risoluzione del conflitto, per la decisione giurisdizionale. Non pu� essere condi




372 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Col s�condo motivo la ricorrente, denunziando violazione e fa.Isa 
applicazione dell'art. 66, r1dJ. 30 dicembre 1923, n. 3270 e dei principi 
generali �suLla �soHdariet�, sostiene, che essendo l'erede obbligato aI pagamento 
de1l'iJmposta, dovuta �sul legato, in via diretta solidalmente -<:ol legatario, 
e non in via sostitutiva, � ben possibile che la stessa imposta venga 
determinata in misuira diversa per ciascuno di essi, e non pu� il primo 
giovarsi dell'accertamento del minore valore eseguito nei confronti del 

visa una v1s10ne privatistica deH'aocertamento e non �si pu� accedere alfa proposta 
di mettere sullo stesso 1piano la dichiarazione e l'accertamento. 

Ma, conservando al!l'accertamento il suo carattere di :provvedimento amministrativo, 
si pu� bene definire fa �dichiarazione un atto negoz1al� unilaterale 
con H quale H debitore esprime, con effetti che giovano ahl'Amministrazione, 
que1 che ritiene ]l'assetto normativo degld interes�si, ossia il suo modo di 
determinare g1i effetti deLL'avveramento del :presupposto neL!a sua sfera giuridica; 
questa dichiarazione, che in ogni caso produce effetti immediati, potr� 
anche risultare il modo unk:o con il quale si determinano gl<i effetti definitivi. 

In conclusione fa dichiarazione deve essere riguardata come una manifestazione 
di voJ,ont� cont~nente il riconoscimento della obb1igazione gi� .sorta 

o deg1i elementi essenziaLi di essa con la qua1e il dichiarante si vincola 
all'adempimento; siffatta dichiarazione uni1aterale di volont� � sempre produttiva 
di effetti immediati e vantaggiosi per l'Amministrazione che conserva 
integro i1l potere di accertamento pur potendo intanto pretendere ['adempimento 
nei limiti de1 dichi�airato. 
11) Consegue da quanto precede che 1a dichiarazione non pu� essere concepita 
come autoaccertamento, come atto, cio�, che ha la stessa natura del-
1'accertamento che eventualimente sostituisce. L'accertamento � una potest� attribuita 
aH'Amministrazione, intrasferibile ed irrinunciabile. Autoaccertamento � 
una espression.e in s� contraddittoria; in nessun caso l'accertamento potr� 
provenire dal soggetto passivo. 

Quel che � un potere e un dovere del soggetto passivo � un negozio .giuridico 
privatistico, ben conci1iabile con la 1potest� attribuita al!l'Arnministrazione 
che opera �su un piano ben diverso. I1l dichiarante, crune debitore, ordina� 
riamente pu� (e nei rapporti tributari deve) offrire una definizione pacifica 
ddl'obbfigazione e darvi adempimento secondo queHa che ritiene fa sua libera 
interpretazione e qualificazione del presupposto. Al dichiarante � riconosciuto 
il potere di autoldqu1dare l'imposta, perch� questa � una operazione meramente 
tecnica di applicazione dei criteri di l<egge alla situazione base da esso 
riconosciuta; ma cosa diversa � l'accertamento che, Q:>ure .avendo per oggetto 
la stessa individuazione con effetto dichiarativo deL!a situazione base cui � 
rivoLta 1a dichiarazione, consiste non certo in un riconoscimento da parte 
de1 debitore ma ne1~a deteflminazione autoritaria d.a parte del creditore. Non 
vi � inconcil<iabi1it� tra manifestazione di volont� del soggetto privato e potest� 
pubbliica di accertamento. 

,12) SuUa premessa che la dichiarazione ha come scopo fa ricognizione del 
debho, essa dovr� �Ccmtenere, quando 1a natura del tributo lo richiede, id. 11iconoscimento 
non soltanto di nudi fatti, ma anche degLi effetti che i fatti 
producono e, se necessario, quaLificazioni giuridiche e comunque assunzione 


-


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA: 373 

secondo. Non gioverebbe, quindi, alla tesi accolta dalla Corte di merito, 
l'aTgomento secondo cui 1l'erede, come obbligato in via di garanzia, non 
potrebbe esser tenuto a pagare sul legato una imposta maggiore di queHa 

'dovuta dal legatario. 
La censura non � fondata. Poich� essa riguarda un'argomentazione 
concorrente, svolta dalla Corte di merito a conforto di una statuizione 

di responsabilit� suMa interipretazione della legge (MANZONI, La dichiaraizone dei 
redditi. Natura e funzioni. Possibilit� di integrazioni e rettifiche, in Riv. dir. 
finanz., 1979, I, 617). 

Ci� � stato escluso da alcune pronunzie (Cass., 10 maggio 1975, n. 1815 e 
28 giugno 1976, n. 2435, in questa Rassegna, 1975, I, 1072 e 1976, I, 1026) con le 
quali � stato affermato che il soggetto passivo ha l'obbligo di dichiarare fedelmente 
soltanto i nudi fatti e tuttaipi� di proporre, senza assumerne la responsabilit�, 
le valutazioni giuridiche, con la conseguenza che il ritardato adempimento 
che consegue ad una erronea applicazione della legge (nella specie non 
detraibilit� di oneri) non pu� dar luogo all'obbligo degli interessi (o della 
maggiorazione di aliquote). � 

Questa proposizione riiposa ancora su11a premessa ( cri.ticata a1' n. 6) che la 
dichiarazione abbia solo valore strumentaJ,e per l'immancabile accertamento. 
tanto che le menzionate sentenze ritengono di poter trasferire a1 rapporto 
contribuente-finanza H brocardo, dettato per l'attivit� giurisdizionale, da mihi 
factum dabo tibi ius. Ma se la dichiarazione deve servire a Liquidare l'imposta 
e deve quindi contenere il riconoscimento di un debito (e non solo la verit� 
di un fatto), necessariamente dovr� anche esporre o presupporre H risultato 
di una vaLutazione de11e norme, tributarie e non, che concorrono a determinare 
l'obbiigazione, con la conseguente assunzione di responsabilit� da parte 
del dichiarante delle conseguenze di una errata va1utazione giuridica, sia essa 
maliziosa o incoLpevole. 

Ci� risu1ta chiaro daHe norme che impongono di dichiarare tutti gli elementi 
attivi e passivi necessari per la determinazione degH imponibilii secondo le 
norme che disciplinano le imposte (art. 1 d.P.R. n. 600/1973); e, a seconda 
deUa natura de1 reddito dichiarato, si dovr� affrontare una serie pii.1 o meno 
compLessa di operazioni tecnico-giuridiche che, nel caso de11a dich~arazione dei 
redditi di una grande impresa, posson� rappresentare una vera palestra di 
questioni. Lo stesso � 1per 1'�I.V.A. (art. 28 d.P.R. n. 633/.1972) la icui dichiarazione 
imp~ica una serie di distinzioni tra operazioni soggette aU'imposta, non imponibm 
e esenti, ammesse a1J.a rivalsa e non, ecc. Anche la diichiarazione per 
l'imposta di successione, bench� pi� semplice, comporta una valutazione di 
norme, anche non tributarie, per individuare i beni che secondo la legge si 
considerano compresi nell'asse ereditario e 1e passivit� detraibili (art. 37 

d.P.R. 637/1972). Infine I.a dichiarazione doganale deve contenere non soitanto 
la descrizione deMe merci per ciascun coHo, ma anche l'indicazione della qual~t�, 
composizione e quantit� secondo .le denominazioni della tariffa e conseguentemente 
!!indicazione dell'importo dei tributi da pagare (art. 57, d.P.R. 23 gennaio 
�1973., n. 43); spetta dunque a1' dichiarante risolvere, sa1vo accertamento 
in rettifica, 1�e questioni, spesso difficili, di qua1ificazione e dassificazione. 
Ma tutto questo � perfettamente coerente ai principi generaH. In ogni 
situazione giuridica, ogni soggetto, e particolarmente i1 debitore, deve compiere 
le sue valutazioni e stab~lire responsabilmente il suo comportamento; 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

che si regge su altre ragioni autonome di cui si � dimostrata la validit� ~: 
i:' 
nell'esame del mezzo precedente la quesitone ora prospettata potrebbe 
ritenersi addirittura assorbita. � il caso tuttavia di osservare che l'argomentazione 
suddetta costituisce un'�esatta interpreta2!ione del sistema della 
legge. Secondo l'art. 66 del r.d;l. 3270/23 sono solidai1mente tenuti verso I 
l'Amministrazione dello Stato,� per le tasse sui trasferimenti a causa di 
morte, ciascuno degli eredi per fa totalit� delle ~asse, salvo il regresso 
dovr� per suo conto verificare se la obbli.gaizone deve essere adempiuta o se 
pu� non esserlo perch� estinta o perch� il titolo pu� essere invalddato o 
perch� pu� rproporre una valida eccezione, sapendo di dover assumere la 
responsabilit� delle conseguenze dell'inadempimento che dovesse risulitare ingiustificato. 
Ma in ogni momento de1la vita, anche .nei comportamenti !Pi� semplici, 
ciascuno si imbatte in una quantit� di regole giuridiche, di diritto privato e 
di diritto pubblico ed anche penali, suNe quali deve misurare le sue azioni. 
E cos� � anche, non potrebbe essere diversamente, per i rapporti tributari. 
� al contrario artificiosa la separazione tra nudi fatti ed effetti giuridici di essi. 
Anche sotto il profilo ora delineato, La dichiarazione si riconferma come 
atto. negoziale che per l'appunto � formato perch� produca effetti in conformit� 
delJe nol'me giuridiche e non per fornire elementi di conoscenza. 
13) Le considerazioni che precedono valgono a confutare J.a tesi che la 
dichiarazione, come anche l'accertamento, produca effetto soltanto surna quantit� 
imponibil~ -e rigua11di questo .solo settore, con esclusione di ogni rilevanza 
su1 fatto presupposto e sulle condizioni legali della imposizione, che cio� la 
dichiarazione serva a stabilire il quantum ma non l'an deH'obbligazione 
(CAPACCIOLI, Accertamento, cit., 615, ss.; Russo, Natura ed effetti, cit., 247 e 
Diritto e processo, cit., 300 ss.). Questa teoria si, muove ancora sul1a premessa, 
ad altri effetti negata, che la dichiarazione ha solo valore strumentale rispetto 
aWaccertamento, come atto che concerne un solo elemento delFobbLigazione 
che deve necessariamente comporsi con altri elementi perch� risulti determinata 
la prestazione. Si � visto invece che la dichiarazione � capace, anche da sola, 
di detel'minare in modo completo e definitivo l'obbligazione e di costituire 
H titolo dell'adempimento; essa infatti, dovendo contenere tutti gli elementi 
necessari per la determinazione de!J'imponibile, e in molti casi anche la lriquidazione 
dell'imposta, abbraccia sia Fan che iL' quantum. 
14) Le conclusioni fin qui raggiunte consentono di affermare che la dichiarazione, 
quale atto negoziale, non pu� essere revocata, corretta o modificata 
ad nutum o per semp1ice dissenso. Essa produrr� effetti vincolanti, anche se 
saranno consentiti, come 1per tutti, i negozi giuridici, mezzi di invalidazione. 
Va surperato anche H .problema de,Ha revocabilit� delila confessione ex art. 2732 
e si dovranno considerare soltanto i rimedi consentiti per i negozi. 
A questo punto la problematica diventa mo1to ampia e in questa sede 
possiamo solo dare de~le indicazioni. La nullit� della dichiarazione pu� ben 
essere configurata, ma, a rparte le nu11it� specifiche .dell'art. 8 del d.P.R. n. 600, 
sembra difficile ipotizzare per la dichiarazione una de!ile cause di nu11it� dell'art. 
�1418 cod. civ.; peraltro per H dichiarante la dichiarazione di nu!ilit� si 
risolve, a suo danno, in dichiarazione omessa. 
Pi� concreto � iL problema deHa annullabilit�. Deve ritenersi ammissibile, 
senza particolarit� specifiche, 1'annul.Iamento per incapacit� naturale del11'art. 1425 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 375 

verso gli altiri eredi ed i 1legatari, i fogatari per �le tasse relative ai beni 
a .qiascuno di essi devoluti. Affinch� l~ norima ~cui corrisponde queHa 
analoga all'art. 12, in relazione all'art. 8, del dil.l. 8 marzo 1945, n. 90, in 
tema di imposta gilobale) possa ritenersi coerente col precetto deJI'a:rt. 53 
Cost., essa, nei rapporti fra erede e 1legatario, dev'essere necessariamente 
interipretata nel senso che fa tassa relaViva ai beni oggetto del legato � 
dovuta in via principale ed effettiva dal legatario, che beneficia del corri


cod. civ.; dovrebbe anche ammettersi, bench� poco verosimile, l'impugnazione 
per dolo ed anche per vio1enza, specie se esercitata da un terzo. 

11 problema �si incentra su11'errore. � certamente ammissibi1e, e non costituisce 
impugnazione de11a dichiarazione, l'a correzione di errori materiali. 
L'errore su1 fatto deve essere ricondotto �alla regola .della essenzia.Jlt� e riconoscibilit�; 
solo entro questi limiti (errore sull'identit� e qualit� dell'oggetto) 
pu� �ritenersi ammissibile l'impugnazione de1la dichiarazione sul punto deHa 
valutazione estimativa, che viene .ritenuta vincolante anche dagli autori che 
ne ammettono in generai.e fa rettificabiLit�. (Russo, Natura ed effetti, cit., 250). 

A11o stesso modo de1Yerrore sul fatto, va riguard�to l'errore di diritto 
suHa norma non tributaria che attiene a1 pres1.11pposto dell'obbHgazione. 

Natura1mente l'annullamento, eventua1mente parziafo, debla dichiarazione 
deve essere .pronunziato in sede. ,giurisdizionale. L'Amministrazione non ha il 
potere di rkonoscere l'errore e di rinunciare ag1i effetti, ad essa favorevolii, 
della dichiarazione. 

Ooocorre allora� stabilire 1a sede e i modi per 1a proposizione dehl'impugnazione. 
� questo un u1teriore vasto problema sul quale ci limitiamo ad 
esporre solo brevi cenni. 

Certamente L'impugnazione del1a dichiarazione � oggetto di una controversia 
di imposta soggetta a1le rego1e comuni del contenzioso tributario.. Bisogna 
per� stabilire se debba essere impugnat� direttamente la dichiarazione, ovvero 
se questa possa essere impugnata assieme all'atto suocessivo delJ'ufficio che 
mette in riscossione l'imposta Jd,quidata suUa dichiarazione (ruolo, avviso di 
liquidazione, ingiunzione o an�he accertamento), ovvero, quando questo atto non 
esista perch� L'imposta � stata gi� versata, assieme a11'atto, esplicito o di 
silienzio-rigetto, conseguente a11a domanda di rrmborso (MANZONI, La dichiarazione, 
cit., 621). In tutta questa prob1ematica la difficolt� maggiore � rappresentata 
dal termine di decadenza per l'impugnazione de11a dichiarazione: se 
cio� con l'impugnazione del negozio, sia compatibi1e il termine di decadenza 
dehl'art. 16 del d,P.R. n. 636fil972 o altri termini specifici de1 prooedimento 
tributario. Se comunque si ammettesse la proposizione della domanda entro 
un termine ampio, deve coo11dinarsi questa possibilit� con i1 termine di decadenza 
assegnato all'Ammini�strazione per Ia retti.fica de11a dichiarazione, potendo 
nascer~ solo dopo l'annullamento 1'interess�e a1lia rettificazione (o ahl'aocertamento 
di ufficio) de11a dichiarazione originariamente !ritenuta congrua. 

Diversamente �si �presenta La correzione dehla dichiarazione iper errore 'Cli 
diritto su1la norma tributaria. La natura rigorosamente .!ega1e de11a obbligazione 
:comporta i<l dovere di defin�.re il rapporto di imposta in conformit� 
de1la liegge. Di conseguenza, fino a quando non siano intervenuti atti con effica!
Cia preclusiva che si �Sovrappongono alla dkhiara:i;ione o non s1ano maturati 
i termini .di ,prescrizione o di .decadenza per il rimborso de11'imiposta pagata, 



376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
spondente trasferimento di �ricchezza, e che l'obbligazione posta, al 
rigua11do, a carico de1l'erede � una obbligazione di garanzia che ha ~a 
funzione di rai�forzare il credito dell'erario. Risponde allora ai principi 
di questo tipo di obbligazione che il suo oggetto non pu� eccedere ci� 
che � dovuto dall'obbligato principale, pur quando il coobbligato non 
possa invocare il beneficio dell'escussione (omissis). 
il dkhiarante pu� domandare J.a correzione deHa dichiarazione e l'ufficio in 
questo caso ha il potere, trattandosi de1la corretta applicazione deHa norma 
tributaria, di riconoscere 'l'errore e di rendere concreti g1i effetti cleHa correzione, 
tenendone conto negli atti della riscossione o nell'accertamento ovvero 
disponendo H rimborso de~I'imposta gi� pagata. La correzione deg1i errori 
material<i potr� sempre essere disposta. 

.14) La seconda massima pone L'ulteriore questione degli effetti che la dkhiarazione 
produce ne1l'obbl<igazione solidale quando ciascuno degli obbligati sia 
tenuto aUa dichiarazione. In base al prindpio ormai consoHdato delila solidariet� 
011dinaria che caratterizza l'obbligazione tributaria, g,Jti atti di accertamento 
(in senso ampio) e le pronunzie giurisdizionali producono effetto per 
il soggetto cui si riferiscono, separatamente e indipendentemente dai diver.si 
effetti che potranno prodursi per gli altri coobbligati in tempi, modi e sedi 
diverse. Ci� vale ovviamente anche per J.a dichiarazione� i cui effetti, Limitati 
al dichiarante, non si estendono ai coobbligati. Si pone un problema particolare 
nei casi in cui J.a legge ammette (art. 1, sesto comma, d.P,R. n. 600/1973; 
art. 36, u1t. comma, d.P.R. 637/1972) che la dichiarazione presentata da uno dei 
coobbligailli esonera gili alttri e produce effetto per essi (BAFILE, Introduzione, cit., 

S.8 e ,144), ma quando ciascuno degli obbligati ha �presentato la 'Sua dichiarazione 
non pu� mai esservi estensione degli effetti ad altri, come non pu� 
esservi estensione degli effetti, favorevoli e sfavorevo1i, di successivi atti di 
accertamento. 
N� a questa rego1a rpu� farsi eccezione per la soHdariet� fra eredi e legatari 
per l'imposta di successione (art. 66 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270; 
art. 46, d.P.R. n. 637/1972) che � .pur sempre una ordinaria sol!idariet�. Non 
pu� sostenerisi che l'erede sia so1tanto una responsabile de11'imrposta a cariieo 
de1 legatario; se cos� fosse l'erede non sarebbe affatto tenuto alfa dichiarazione 
n� ,sarebbe �legittimato a partecipare al procedimento di accertamento; 
verrebbe chiamato soltanto ad adempiere l'obbligo altrui e non potrebbe giustificarsi 
a'esc1usione del beneficio di escussione. Invece 1'erede, che ha iL dovere 
di presentare la dichiarazione ed � destinatario deH'accertamento, � a tutti gli 
effetti un condebitore 1per il quale, come in ogni altra ipotesi di sol1idariet�, la 
definitiva determinazione del1a obbligazione (per effetto della dichiarazione, del-
1'accertamento, de~ concordato, del giudicato) pu� essere difforme da quella di 
altri coobbligati. Nell'ipotesi inversa a quella considerata in cui l'erede abbia 
ottenuto un .accertamento definitivo pi� favorevole �di queHo che il legatario 
ha lasdato che si formasse, 'Certamente la sua responsabiLit� resta nei Hmiti 
(minori) di quanto nei suoi confronti � accertato; e ci� rperch� L'erede non � 
un responsabile di imposta. Lo stesso criterio deve val'ere ne!Fipotesi che 
L'erede abbia dichiarato un obbligo pi� grave di que1lo accertato verso iI 
!legatario, senza che ci� vioH i1 principio dell'art. 53 Cost. 

CARLO BAFILE 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 377 

I 

CORTE DI CASSAZI~NE, Sez. I, 23 maggio 1979, n. 2990 -Pres. Fail:letti 


Est. Caturani -P. M. Del Grosso (conf.) Cobal (avv. Vinciguerra) .c. Mini


stero del Tesoro (avv. Stato Camerini). 

Tributi in genere -Repressione delle violazioni -Infrazioni valutarie Provvedimento 
di irrogazione di sanzioni -Presunzione di legittimit� Esclusione 
-Onere della prova. 

Il provvedimento che irroga le sanzioni non � assistito da una presunzione 
di legittimit� tale da imporre al destinatario debitore l'onere di 
superare detta presunzione fornendo la prova contraria alla fondatezza 
del credito; grava invece sull'Amministrazione l'onere di provare i fatti 
che costituiscono la sua pretesa, anche se l'iniziativa dell'azione processuale 
proviene dal debitore (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5951 -Pres. Vigorita 
-Est. Lipari -P. M. Ferraiolo (conf.). Zanotta (avv. Antonini) c. 
Ministero deHe Finanze (avv. Stato Rossi). 

Tributi in genere -Accertamento tributario -Imposte doganali -Presunzione 
di legittimit� -Esclusione -Onere della prova. 

L'accertamento tributario, soggetto al principio di legalit�, non gode 
di una presunzione di legittimit� di fronte al giudice che .deve verificare 
la fondatezza della pretesa dell'Amministrazione come di quella di qualsiasi 
altro soggetto,� spetta pertanto all'Amministrazione l'onere di provare, 
sia pure con presunzioni, i fatti che costituiscono il presupposto del suo 
credito (2). 

I 

(omissis) Con i tre motivi del ricorso ohe, affrontando fa istessa questione, 
que1la centrale de1la causa, possono esaminarsi congiuntamente, 
la ricorrente deduce: a) che la 1sentenza impugnata, non avendo ,considerato 
che soltanto il proprietario deve fare la dichiarazione prevista daLI'art. 5, 

(1-2) Presunzione di legittimit� dell'accertamento tributario e onere 
della prova. 
'1. -Con le due pronunzie sopra riJportate � stato scalzato un rprincipio 
che, pi� apparentemente che realmente, ha dominato rper decenni. � stato 
numerose vo1te affermato, anche recentemente, che .di fronte ad un atto di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

3.78 

secondo comma, d.I. 6 giugno 1956, n. 476, avrebbe omesso l'esame dell'atto 
notorio 14 novembre 1970 da cui risulta che i�l marito, morto ab intestato, 
lasci� unica erede fa figlia Letizia; b) comunque essa ricorrente non aveva 
alcun onere di provare la estinzione del conto all'estero rperch� era estranea 
al fatto aMegato, e non provato, daHa pubblica amministrazoine {esistenza 
del conto); e) infine, la corte del merito avrebbe errato nell'affermare che 
i de�creti emessi dal ministro del tesoro sono assistiti dalla presunzione 
di >legittimit� e nell'avere quindi attribuito a;lla pubblka amministrazione 
la posizione di convenuta in senso formale e .sostanziale, addossando alla 
opponente l'intero onere di provare il contrario di quanto dedotto dall'autorit� 
ammimstrativa nel suo .prowedimento. 

Le censure sopra riassunte sono fondate nei limiti segnati dalle considerazioni 
che seguono. 

La Corte di Trieste, andando in diverso avviso rispetto a:1le conclusioni 
cui rpervennero i giudici di primo grado, ha ritenuto il rprincipio 
relativo alla presunzione di >legittimit� �degli atti amministrativi, quale 
principio genera'1e, operi nel processo anche nei confronti del decreto 
ministeriale impugnato, onde ha affermato che l'autorit� amministrativa 
assume in giudizio la posizione di convenuta in senso formale o sostanziale. 
Da tale rpremessa fa sentenza impugnata ha quindi tratto ila conclusione 
che, basandosi nella fattispecie l'atto del ministro su verbali di 
pubblici ufficiali e su documenti deLla opponente che provano con il 
loro possesso senza alcun dubbio fa titolarit� da parte sua del conto 
corrente e delle azioni estere e quindi l'impiego di valuta nazionale 
aM'estero1 deve ritenel'si la fondatezza del contenuto del rprovvedimento 
amministrativo. 

Ora tutto il �ragionamento svolto dailla Corte in tanto pu� accogliersi 
in quanto si Titenga esatta fa premessa maggiore del sillogismo svolto 
neHa sentenza, che cio� possa esplicare qualche rilievo dn giudizio la 
cosiddetta .presunzione di 1legittimit� dell'atto amministrativo impugnato. 

aocertamento il debitore, attore nd giudizio, ha l'onere di dare la prova contraria 
dei fatti posti a base deLL'atto, mentre l'Amministrazione � esonerata 
dal dimostrare 1a fondatezza del suo credito. Ci� � stato riconfermato non 
so1tanto con riferimento ahl'ingiunzione amministrativa (fra le tante v. Cass. 
22 gennaio 1974, n. '178, in Riv. Leg. Fisc., 1974, 1078), ma anche in relazione 
aWoxidinanza dell'intendente e al decreto ministeriaie (il8 luglio 1973, n. 2094 
e 9 agosto 1973, 2299, ivi, 1973-, 2301 e .1974, 200); la stessa regola � stata estesa 
anche ai provvedimenti sanzionatori de11e ammende depenahlzzate (6 dicembre 
1977, n. 5280, in Foro it., .1978, I, 646). 

A sostegno di tale proposizione � stato ri�ordato che il debitore � attore 
in senso sostanziale nel giudizio diretto all'aoc;ertamento negativo deL suo debito 
e 1che l'atto amministrativo di aocertamento, nelle sue varie forme, � assistito 
da presunzione di J.egittimit�. 

In realt� questa enunciazione � stata alquanto mitizzata ed applicata in 
modo acritico, s� da ingenerare un certo abuso da parte degli uffici ammi


~ 



PARTE i, SEZ, VI, GltiR:tSPRUi>ENZA 1'RiilUTAR�A 

In reailt� una taile affe:ranazione costituisoe il fondamento di un indi� 
rizzo giurisprudenziale hl quale si � consolidato con !Particolare riferimento 
alla mgiunzione fiscale. Si � sostenuto in proposito che nel procedimento 
monitorio fiscale regolato dai! T.d. 14 aprile 1910, n. 639, 11'opposizione del 
debitore costituisce la domanda giudiziale che arpre un ordinario processo 
cognitivo diretto aill'aocerta:mento negativo delJla pretesa tdbutaria, !Processo 
nel quale il debitore contro 1cui H titolo esecutivo � fatto valere 
ne contesta il fondamento ed assume perci� la veste di attore e ronere 
di provare quanto afferma (Cass., 25 novembre 1976, n. 4444, Foro it., 
Rep. 1977, voce Riscossione delle imposte, n. 117; 9 maggio 1969, n. 1585, 
id., Rep. 1970, voce Esazione, n. 157; 24 luglio 1968, n. 2673 e 30 marzo 1968, 

n. 975, id., Rep. 1968, voce cit., nn. 145, 139). 
La motivazione deJJ'indirizzo acoennato si fonda suhla peculiare caratte� 
ristica della ingiunzione fiscale nella teorica del processo monitorio ingiun� 
zionai1e, fa cui funzione -,si � osservato -dsiede nella sollecita risroossione 
dei crediti delJJ.a rpubblica ammill1istrazione, i quali sono assistiti dahla 
presunzione di legittimit� siccome attestanti dai competenti uffici dello 
Stato e degli altri enti pubblici (Sez. Un., 19 aprile 1955, n. 1079, id., Rep. 
1955, voce cit., n. 99; 15 ottobre 1957, n. 3829, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 51, 
63). E poich� la ingiunzione fiscale ha efficacia esecutiva che non viene meno 
a seguito della orpposizione dell'intimato, nel relativo giudizio, a differenza 
di quanto avviene in caso di opposi:ziione ad ingiun:ziione ordinaria, [a 
domanda giudiziale � costituita non da1la .ingiunzione ma daill'atto di 
opposizione con cui si ~mpugna un credito deJJa pubblica amministrazione 
munito idi efficacia esecutiva, onde � l'opponente tenuto a provare, per 
la sua quailit� di attore, finfondatezza del credito da 1lui impugnato. 

Per ila verit�, fa motivazione dell'i!Ildirizzo lin esame presta il fianco 
ahla critica e non giustifica, a giudizio del collegio, ila posizione di privi


nistrativi troppo sicuri dietro lo scudo de!Ja .presunzione di legittimit�. Ma se 
si Libera i1 .problema dal mito, risu1ter� che Le sentenze ora intervenute sono 
assai meno demolitorie di quanto potrebbe apparire. 

2. � Gi� in passato le stesse pa:onunzie che avevano affermato l'inversione 
dell'onere del1a prova, avevano 1predsato che il debitore non deve necessaria� 
mente produrre spedfici ed autonomi mezzi di prova, ma pu� fondoce la 
sua domanda sugLi stessi elementi di prova addotti daLI'Amministrazione, ed 
in tali caso il giudice non pu� rigettare La domanda assumendo a ragione del 
decidere esclusivamente la presunzione di legittimit� dell'accertamento, ma 
deve valutare il merito del1e oprposte tesi ,per dimostrare ['.attendibilit� dell'una 
e l'erroneit� deIJ'aLtra (1sent. 9 agosto 1973, n. 2299 cit.). In so,stanza era ben 
possibiLe verificare in sede giurisdizionaLe l'adeguatezza delila prova prodotta 
da1L'Amministrazione, iL che significava annacquare di molto ~a regola delfin� 
versione dell'onere de1Ia iprova. 
D'aLtra parte solitamente i�aacertamento � accompagnato da un principio 
di prova roocolta nel procedimento amministrativo, s� che neMa sostanza il 

11 



380 RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO 

legio deJJ.'autorit� amministrati.va innanzi al :giudice, per quanto concerne 

la soggezione delle parti agli oneri probatori dei rispettivi assunti. 

Mentre :la �dottrina pi� antica .giustificava la imperativit� del provve


dimento sulla base deHa presunzione di legittimit� deU'atto amministra


tivo, attualmente prevail.e in dottrina l'iTIJclirizzo secondo cui la presunzione 

di legittimit� non opera di fronte al giudice, dal momento che, secondo 

il diritto positivo, J.'on,ere della prova non incombe soltanto sulJ'attore 

come dovrebbe essere se una talle presunzione avesse un effettivo signi


ficato. I:l provvedimento amministrativo � invece imperativo nel senso che 

si realizza da se ,stesso quando non vi � bisogno di una azione specifica


mente esecutoria, essendo manifestazione di un potere pubblico. Ci� 

tuttavia non pu� essere !inteso come deroga al poc:incipio costituzionale 

della necessaria verificazione giudiziaile delle pretese delJa pubblica ammi


nistrazione, come di quelle di qualsiasi altro soggetto. 

Orbene, poi.ch� 11 provvedimento � ablatorio in quanto impone a[ 

destinatario un sacrificio patrimoniale, si comprende come, essendo esso 
1rigidamente ancorato ail principio di ilegalit�, anche costituzionalmente 
�garantito (art. 23 Cast.), 1a prevalenza che caratterizza [a posizione dell'autorit� 
amministrativa non impedisca al privato idi adire iil giudice 
ordinario, al fine di �controllare, 1come per qualsiasi altro credito, la fondatezza 
deilla pretesa fatta valere dalla pubblica amministrazione e non 
gi� per rimuovere una presunzione di legittimit� da cui fatto sarebbe 

assistito. 

Partendo invece dal presupposto de1la presunzione a favore dehla 

pubblica amministrazione, � agevole il passo ohe conduce ad affermare, 

come � accaduto nel presente giudizio, che questa posizione di vantaggio 

dell'autorit� amministrativa nel processo pone da un lato a carico del 

debitore si trova effettivamente nelila necessit� di confutare la prova esistente 
anteriormente a11'introduzione del ip(("ocesso. 
� per questo che, come avevamo accennato, le recenti decisioni de11a 
Suprema Corte si rivelano in concreto non tanto innovative. 
Sar� opportuno tentare di riordinare le idee sul vasto i(lroblema. 

3. -AMa connessione tra presunzione di Jegittimit� dell'accertamento e 
onere defila prova � stata data eccessiva <rilevanza; la presunzione di [egittimit� 
non comporta necessariamente L'inversione dell'onere della i(lrova e pu� sopravvivere 
anche se 1a prova resta a carico deWAmministrazione. 
In .sostanza 1a :S.C. per giungere a negare il vantaggio deM'Amministrazione 
in tema di prova, � andata troppo avanti su1 punto deHa presunzione 
di legittimit�. 

Senza aff.rontare iri questa sede i1l vastissimo problema deLl'accertamento, 
possiamo rico11dare che questo �, i(ler costante giurisprudenza defila stessa 

S.C. {6 ottobre 1972, n. 2:863, in questa Rassegna, 11973, I, 910; 16 giugno 1972, 
n. 1888, ivi, 1972 11152; 6 dicembre 1974 n. 4041, ivi, .1975, I, 214), un atto amministrativo, 
emanato suhla base di un procedimento liegil.sl0Jtill/'amente definito se1


condo regole precise; anche se esso non ha natura costitutiva, � tuttavia capace di 


:liARfii �, SEZ. \i�, G�ili�SPRubENZA TRIBUTAR�A 381 

destinatario l'onere di superare Ja detta presunzione, dall'ailtro esonera 
la pubblica autorit� dail dimostrare a sua volta fa fondatezza del proprio 
credito. 

H punto centrale della :indagine, una volta che si � svuotato di concreto 
contenuto il �cosiddetto rprincipio di legittimit� deH'atto amministrativo, 
pu� quindi risolversi nel dilemma se la prova dei presupposti di 
fatto della imposizione amministrntiva �spetti a11'autorit� amministrativa, 
ovvero non debba ritenersi che la prova della inesistenza di ta:li presupposti 
.spetti al destinatario del provvedimento. 

Certamente incombe su quest'ulitmo la prova dei fatti impeditivi 
della pretesa (es. fatti ohe determinano una esenzione fiscale) ovveTo la 
prova dei fatti estintivi (come potrebbe essere il pagamento dell'imposta). 
Ma aJl di fuori di queste ipotesi ohe non danno luogo a dubbi di sorta, si 
pone in tutta la sua ampiezza il problema in esame, .j,I quaJle deve essere 
deciso nel senso 1che grava sull'autorit� amministrativa fa prova (positiva) 
dei fatti che costituiscono il fondamento della sua pretesa. 

1La portata �di tale principio non ha, in linea di massima, alcuna 
influenza nel processo, nei casi in cui la prova dei fatti costitutivi del 
diritto fato valere in giudizio risulti in re ipsa da atti pubblici (processi 
verbaJli, certificati, ecc.), i quali godono per legge di fede privilegiata 
(art. 2700 cod. civ.) e Je cui risultanze possono essere rimosse soltanto 
attraverso 110 strumento della querela di falso (art. 221 segg. cod. proc. civ.). 
Il principio tuttavia manifesta tutta la sua importanza aliloroh� si verifichi 
una fattispecie in cui il fatto dedotto dalila pubblica amministrazione 
nel suo provvedimento non sia assistito da una prova specifica e questa 
non sia stata raggiunta n� durante fistruttoria amministrativa n� nel 
corso del giudizio innanzi al .giudice (cfr. per questo potere istruttorio 
della pubblica amministrazione nel processo civile, Cass., 17 ottobre 1974, 

n. 2886, id., Rep. 1974, voce Cambio e valuta, n. 1, in tema di infrazioni 
di.IChiarare L'obbligazione tributaria reon effetto vincolante. In quanto atto 
amministrativo, L'aJCCertamento � sicuramente assistito da presunzione di legittimit� 
ed � anche esecutorio. 

Ci� non esdude, ovviamente, che l'aocertamento sia impugnabile e che 
nel processo, suL diritto soggettivo, fobbligazione venga accertata indipendentemente 
dallla presunzione di Legittimit� dehl'accertamento. De1 resto anche le 
sentenze in esame non negano che l'accertamento sia deL tutto privo di presunzione 
di legittimit�; .precisano soltanto che questa � non opera di fronte 
aL giudi.oe �, il quale, per norma costituzionaLe, dovr� ;procedere a11a � necessaria 
verifica giudizia1e de1le pretese defila pubblica amministrazione, come 
di quehla di quaLsiasi altro soggetto�. 

Pi� approfonditamente deve dirsi che la controversia di imposta ha per 
oggetto 1a sussistenza sostanziale de1l'obb1igazione, non llimpugnazione de1L'accertamento; 
� un processo di accertamento del raP1Porto di obbligazione (Cass. 
5 marzo 1980, n. 1472, in Foro it. 1980, I, 622) nd quare li'atto dell'Amministrazione 
� s� un antecedente necessario (giurisdizione condizionata), ma non 



3$2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

valutarie). Infatti, se i rapporti ed i verbali degli agenti doganali fanno 
fede fino a querela di falso dehle attestazioni in essi contenute circa i 
fatti obiettivamente contestati e l'attivit� d'indagine compiuta dai pubblici 
ufficia!li referenti e verbalizzati in confomnit� rul'art. 2700 cod. civ., tuttavia, 
quando non riferiscono n� i fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale 
n� que11i da Jui compiuti ma fatti diversi ovvero fatti della cui verit� 
egli si � convinto in �virt� di presunzioni e di considerazioni fogiche, i 
predetti rnpporti e ve11bali forniscono ail giudice un materiale �Che al pi� 
pu� essere considerato meramente indiziario. 

In queste i.ipotesi (che sono cio� :fuori della efficacia probatori'! privilegiata 
del documento) � �di primaria :importanza, al fine deHa soluzione 
del quesito proposto, indiv1duaTe il contenuto de1le situazioni soggettive 
fatte valere dalla pubblica amministrazione. 

La dottrina pi� Tecente ha osservato, a proposito dei provvedimenti 
ablatori, �che per essi si verifica �una �prima sequenza di atti, disciplinata 
dal diritto amministrativo mediante apposito procedimento i~ quale culmina 
con un provvedimento costitutivo di un !rapporto obbligatorio, in 
quanto da esso nascono diritti (per la pubblica amministrazione) ed 
obblighi rper :hl desttnatario. 

SoffeIIJllando ~'indagine su tale rapporto � sorto il quesito se esso dia 
vita ad una obbligazione propria del diritto civile ovvero non debba 
ravvisarsi in essa una obbligazione pubMica propria del diritto araministrativo. 


IJ problema .che non � di teoria generale ma di diritto positivo � 
stato �risolto nel nostro 011dinamento nel senso che l'obbligazione come 
situazione soggettiva � tendenzialmente unitaria, derivi essa dal contrntto 
ovvero dal provvedimento amministrativo o da1la legge. 

Vero � che :la pubblica amministrazione gode nell'accertamento dei 
presurpposti deMa imposi2lione �di ampi poteri istruttori e di rpoteri stru


l'oggetto deLlia pronunzia; poich� il giudizio non tende a rimuovere l'atto di 
aocertamento, ma ad aiccertare L'obb1igazione ind1pendentemente da esso, non 
si pone affatto la necessit� di esdudere la presunzione di legitt1mit� per stabilire 
iL regime della prova ne} processo. 

L'intero procedimento di a;ocertamento � ooncepito per l'esigenza di dare 
certezza e liquidit� a11'obbliigazione tributaria al di fuori del processo ed anteriormente 
ad esso; ma se si d� avvio alJla fase giurisdizionale, contribuente ed 
Amministrazione, come debitore e creditore, �Si ritrovano in una .posizione di 
parit� come soggetti di un .rapporto obb1igatorio La cui sussistenza andr� 
verificata inrupendentemente da11'accertamento, tanto che glii eventuali vizi 
formaLi del1'�aiacertamento diventano irrilevanti nel processo che ha ![>er oggetto 
~a sussilstt:nza sostanziale deN.'obbltiga2lione. A tal proposito � di notevole 
interesse [a precisazione de11a S.C. suhl.a coesistenza di una potest� amministrativa 
strumentale in una � �Prima sequenza di atti � �disciplinata �dal dkitto 
amministrativo mediante apposito procedimento che si esaurisce con ~�emanazione 
de11'accertamento e dell'obbligazione patrimoniale che nasce daL1a 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 383 

menta;li variamente disciiplinati, ma trattasi di situazioni soggettive che, 
attenendo alla prima fase di cui sopra si � discorso, si linseriscono in 
rapporti giuridici i cui termini sono in genere potest�Jsog;gezione ovvero 
potest�-interesse legittimo. Nelilo svolgimento di questi rapporti l'autorit� 
amministrativa compie una serie di operazioni giuridiche spesso 
molto complesse, le quali si richiamano a1le regole rp:roprie della economria, 
della tecnica mercantile, delil'estimo e cos� via. 

Trattasi tuttavia di poteri che si esauriscono con fa emanazione del 
provvedimento ablatorio, il cui contenuto � rigidamente determinato daUa 
legge in presenza dei presupposti di faHo dalla stessa previsti. Poioh� 
il provvedimento � costitutivo di una obbligazione a contenuto patrimoniale 
(pagamento di una somma di danaro), esso � soggetto interamente 
al principio di Iegalit� sancito daU'art. 23 Cost., secondo cui nessuna prestazione 
patrimoniale pu� essere imposta se non suJila base deHa legge. Ci� 
dimostra che nell'ambito del rapporto obbligatorio (costituito col provvedimento 
impositivo), l'autorit� amministrativa � un soggetto che vanta un 
credito nei confronti di un altro, anche se esso trova il suo fondamento 
giuridico negli accertamenti compiuti nella p1rima fase 1cui si � accennato. 
L'interesse pubblico che permea questo �rapporto dall'esterno non impedisce 
Jnfatti -come si � premesso -�che Ja sua disciplina sia proprio 
quella del diritto comune, come � dimostrato del resto dai risultati cui 
recentemente � pervenuta l'elaborazione giurisprudenziale di questa Corte 
in tema di sOilidariet� tributaria (Cass., 26 febbraio 1975, n. 768, id., Rep. 
1975, voce Tributi in genere, n. 302). La prevalenza de1l'interesse :pubblico 
pu� do� incidere soltanto dall'esterno sul rapporto, eliminandolo o correg


legge e che � soggetta (pur con moLte partico:!arit�, occorre precisare) alla 
disciplina fondamentale deil diritto comune. 

:e chiaro pertanto che l'accertamento non rpone l'Amministrazione in una 
posizione di privilegio nel processo, su diritti soggettivi, e non condiziona 
la caipacit� di difesa del debitore. Non vi � allora una correlazione possibile 
tra rpresunzione di Legittimit�, che opera fuori del processo, e onere della 
prova. 

Ma aMo stesso tempo la soluzione che si vorr� dare aL rprobliema delL'onere 
deUa .prova, non esclude che l'accertamento sia e resti, a1 di fuori de1 rprocesso, 
un atto amministrativo assistito da .presunzione di Legittimit�. 

4. -Ci� chiarito va affrontato il problrema deH'onere del1a prova come tale. 
:e �Sicuramente esatta l'affermazione che oggetto rde1 rapporto giuridico 
di imposta � una obbligazione 011dinaria (nel senso unitario rispondente a 
quel fondamentale concetto che non ammette differenziazioni), perdipi� rigorosamente 
lregaLe, risrpetto a1Ia qua1e, �sul piano sostanziate, l'Amministrazione 
� niente di pi� che un creditore. 

Ne consegue necessariamente che, in via generale, grava sull'Amministrazione 
(creditore) l'onere �di 1provare il presupposto di fatto che, neWambito 
deHa norma di imposizione, ha fato sorgere l'obbligazione; ed � inconfutabilre 
L'affermazione che questa regorla di fondamentale rildevo sostanzia1e non ,subisce 
modifica per i1 fatto che 011dinariamente il processo tributario si presenti, come 



RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO 

gendolo, ma questo ovviamente non smentisce, anzi conferma Ja esattezza 
de1le precedenti considerazioni. 
Swla base dei rilievi di cui sopra � quindi agevole trarre fa conclusione 
che, aillorquando ila rpubblica amministrazione sia convenuta in 
giudizio in seguito alla impugnativa del provvedimento ablatorio da 
parte del destinatario ,che si ritenga leso nei suoi ,diritti, J'oggetto del 
giudizio rigua1ida, come nei rapporti obbligatori del diritto privato, [a 
effettiva esistenza del credito vantato daH'autorit� amministrativa, onde, 
anche se l'iniziativa dell'azione proviene per la massima parte dei casi dal 
destinatario, a causa deJlla esecutoriet� delle pretese amministrative, 
questo non indde sulla posizione sostanziale delle parti davanti al giudice. 
Non � quindi ~'attore 'che deve provare fa iHegittimit� del credito 
vantato dall.a pubblica amministrazione, ma, essendo questa ultima che 
dail punto di vista sostanziale si affeitrna creditrice nei confronti dell'altra 
parte, � ['autorit� amministrativa ,che subisce J'onere della prova dei fatti 
costitutivi (per fogge) della sua pretesa, mentre grava sul destinatario ohe 
eccepisca fa :inefficacia di quei fatti {in quanto provati dalla contToparte) 
ovvero che assuma che il diritto si � modificato o estinto, J'onere di 
:provare i fatti sui quali la eccezione si fonda {art. 2697 cod. civ.). 
La conclusione cui si � pervenuti trova testuale conferma nel sistema 
delle presunzioni legali relative che sono previste dalla legge a favore 
dell'amministrazione finanziaria. 
Infatti, l'art. 197 t.u. sulle imposte dirette statuisce che in tema di 
imposte di ricchezza mobile si presume cessionario de1l'azienda debitrice 
del tributo chi eserciti la stes,sa attivit� commerciale dei medesimi focali. 
azione di accertamento negativo promossa dal1 debitore. E giustamente � 
stata rice!'cata una riconferma nei11'esistenza di numerose presunzioni legali 
!'elative a vantaggio de11'Amministrazione, appunto per trarne la conclusione 
che, in mancanza di queste, l'onere delila pl'ova segue La regola normale del~ 
L'art. U97 cod. dv. E di conseguenza 1'onere deLla pl'ova sar� invece a carico 
deL soggetto passirvo sia quando eccepisce J/inefficacia dei fatti provati dal 
creditore o assuma che i1 diritto si � modificato o estinto, ,sia quando 
invoca fatti da cui discendano vantaggi {presupposto di agevolazioni) o comunque 
ad esso favorevolii (detrazioni, passivit� deducibili, ecc.). 
5. -Questa enunciazione generale ha tuttavia in concreto una dimensione 
assai Limitata s� che, in definitiva, finisce con riemergere, se non la rego1'a, 
la constatazione che spetta al soggetto passivo fornire una prova contraria �~ 
ai fatti accertati. 
Come esattamente ,ancora si legge nelle sentenze in esame, � la pubblica 
Amministrazione non pu� dar vita ad aLcun provvedimento il quale incida 
nehl.a sfera patrimoniaLe dei dttadini ,senza aver prima, neM'ambito stesso 
del procedimento che conduce aLL'emanazione deWatto amministrativo, offerto I' . 
. 
~:: 
a se stessa 1a prova dei presupposti di fatto che possono condurre alL'emanam 
zione del provvedimento�. L'accertamento, dunque, contiene sempre aLmeno ~='. 
l<� 
t=:: 
un principio di prova, che risponde ai requisiti stabiliti nel!La legge che regola 
iL procedimento. L'aiocertamento allora, non per 1a pI'esunzione di ,legittimit�, ilii1 
~; 
1~~ 
~:: 
11';. . 
. w. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 385 

Se la norma tende ad aLleviare la posizione rprocessuale de1la finanza, 

ne risulta che di Tegola -ove cio� non operi la detta presunzione 


la situazione dell'autorit� amministrativa � soggetta ai normali oneri 

probatoTi e quindi fa rprova investe, di fronte al giudice, tutta quanta 

la situazione-base deilila imposizione. 

Inoltre, � nell'ambito deLla stessa attivit� amministrativa che si 

desume il principio rper 'OUi la pubblica amministrazione non pu� dar vita 

ad alcun provvedimento ~l quale incida nella sfera patrimoniale dei 

cittadini senza aveT prima, neH'ambito stesso del procedimento che con


duce alla emanazione dell'atto amministrativo, offerto a se stessa la prova 

dei presupposti di fatto che possono condurre alla emanazione del prov


vedimento. Si consideri tutto il complesso sistema che disciplina l'or


ganizzazione degli uffici tributari, tendente all'esatto accertamento delle 

pretese del fisco, attraverso la istruzione amministrativa circa la ricor


renza dei presupposti economici della imposizione. E con riguardo alle 

infrazioni valutarie, che interessano il presente giudizio, si ponga mente 

al procedimento previsto dal d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, per gli illeciti 

valutari: tale procedimento si compone di una relazione dell'ufficio di 

polizia tributaria, di una decisione di apposita commissione e di una 

decisione conclusiva del ministro del tesoro che applica la sanzione am


ministrativa, con apposita contestazione ed istruttoria anche se informale. 

Da11e considerazioni che precedono discende che, in applicazione dei 

suddetti principi, l'autorit� amminristrativa deve avere la prova del presup


posto di fatto della imposizione il cui accertamento va compiuto dail 

giudice ordinario ed � questa prova (positiva) che da essa si richiede 

in giudizio ove vi sia incertezza iin ordine alla esistenza di quel presup


ma iper la ,sostanza degli dementi istruttori �che lo accompagnano, pone il 
soggetto �Passivo nelLa necessit� di fronteg;giare una prova gi� acqu~sita anteriormente 
a11'introduzione del processo; ,l'Amministrazione non � a11ora un 
comune 1creditore che V�anta un �credito di cui deve dare 1a dimostrazione, 
ma un particolare creditore che ha gi� dimostrato (� a se stessa�, va1e a dire 
. nell'osservanza de1 .prindpio di Legalit�) H :presupposto deUa sua pretesa con 


i mezzi �che la legge. riconosce idonei. 

Ci� non significa che, sul !Piano formale, L'accertamento � inattaccabile; 

ma certamente, sul !Piano sostanzia1e, esiste gi� una dimostrazione che .pone il 

creditore in una situazione di vantaggio. Senza dubbio spetter� al giudice 

� La necessaria verificazione giudizia1e delle pretese deHa pubblica amministra


zione�, ma questa verificazione dovr� essere fatta con l'osservanza de11e stesse 

norme ohe sono state osservate ne1 procedimento amministrativo. 

Si deve aggiungere che !'.Amministrazione nel procedimento amministrativo 

si avvale di mezzi che confedscono all'istruttoria una particolare validit�. 

Olitre agli atti pubblici di fede privilegiata, i vari strumenti dei quali. 1'Am� 

ministrazione si avvale sono tali da offrire, di norma, una .seria attendibilit�. 

Baster� pensare che La prova, sempre documentale, � affidata aM'acquisizione 

di documenti (art. 32, n. 3, 5, 6 e 7 e 35 d.P.R. n. 600/�1973�; art. 51, n. 4 e 

6 d.P.R. n. 633/1972), all'acquisizione di informazioni desumibili da registrazione 



386 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

posto, secondo le regole generali che disciplinano l'onere de11a prova 
(art. 2697 cod. civ.). 

In questo senso deve essere intesa ed ulteriormente svolta la ormai 
costante giurisprudenza di questo Supremo coMegio secondo oui, al 
limitato fine di accertarre [a legittimit� o meno del decreto ministeriale 
che !irroga una pena pecuniaria per infrazione valutaria, il giudice ordinario 
ha il potere di esaminare i relativi presupposti di fa:tto e di diritto e perci� 
di accertare l'esistenza de11a violazione e Ia responsabilit� dehl'incolpato 
con un apprezzamento 'ohe, quanto agli elementi di fatto, si sottrae, 
se adeguatamente motivato, a:I sindacato in sede di legittimit� '(Sez. Un., 
19 gennaio 1970, n. 101, id., Rep. 1970, voce Cambio e valuta, n. 16). 

Nella fattispecie il decreto del ministro -deHa cui legittimit� si 
contende -aveva accertato a �carico de11a ricorrente i1a violazione dell'art. 
5, secondo comma, dii. 6 giugno 1956,_n. 476, che prevede l'obbligo per 
i residenti ohe divengono proprietari di titoli azionari e di obbliga2lioni 
emessi o pagabi'li all'estero di farne dichiarazione a;l.la Banca d'Italia. 

In base a questa disposizione il ministro del tesoro afferm� nel 
predetto decreto che H possesso dei documenti dimostrava che il conto 
all'estero ed i titoli ad essi relativi erano di 1pertinenza deM'incolpata e 
che, in base alle risultanze emerse daH'istruHoria, era verosimile che fa 
CobaI avesse ricevuto tali disponibillit� dal marito per successione 
ereditaria. 

Orbene, Ia Corrte del merito, senza tenere in akun conto i presupposti 
di fatto del decreto impugnato, che pur era necessario controllare, al 
fine di prevenire al giudizio di Jegittimit� della pretesa amministrativa, 
ha ritenuto ila ricorrente responsabile per un titolo diverso rispetto a 

e a1tre fonti documentarie (art. 32, n. 8 e 34, d.P.R. n. 600/.1973, ar.t. 5:1, n. 5 
d;P.R. n. 633/�1972; art. 48, d.P1R. n. 637/1972) ovvero alla constatazione diretta 
verbalizzata in contradittorio (art. 32, n. ,1 e 33 d.P.R. n. 600/1973; art. 5,1, 

n. :1 e 52, d.P.R. n. 633/1972; art. 26 d.P.R. n. 637/197f2) o ancora dal coordinamento 
di informazioni a base documentaria fornite (o che saranno fornite in 
futuro) dall'anagrafe tributaria, o infine, dalla confessione del contribuente 
rilevata direttamente con l'invito a comparire presso ['ufficio o a comrpHare 
questionari ovvero indirettamente attraverso 1e scritture contabild o alt,re registrazioni. 
Sono .poi numerose �le presunzioni non soltanto legati, ma anche semplici 
che operano a vantaggio delL'-Amministrazione. Ed in proposito si deve ricordare 
che oon la sentenza 8 novembre 1973, n. 2922 (in questa Rassegna .1974, 
I, 23,7) si precis� che La prova per presunzioni non deve soddisfare resigenza 
de11a necessit� o ineluttabilit� o certezza assoluta del fatto dedotto, ma ;pu� 
ragionevo1mente raggiungere un risu1tato di iprobabi1it� o verosimigl<ianza 
secondo l'id quod plerumque accidit, anche ai fini della determinazione del:La 
base imponibile oon sufficiente approssimazione. iA ta} fine � molto importante, 
coone metodo �di indagine, il:a seconda delfo sentenze in rassegna che, per 
l<'aippunto, pur a1 �di fuori ,di regole forma1i sul1'onere della prova, d� il 
giusto va1ore sostanziale agli clementi di prova raoco1ti in ,sede amministrativa. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 387 

quello risultante daJl suddetto decreto, avendo affermato che neHa fattispecie 
era provata in base al possesso dei documenti (di cui non si 
precisa neppure Ia natura ed il contenuto) la qualit� di proprietaria della 
Cobal e quindi fimpiego da parte sua di valuta nazionale all'estero. 

Infatti -come ~I decreto impugnato 'l'iconosce secondo gli accertamenti 
compiuti dalila Corte d'appello -non .fu la Coba~ a costituire i 
conti all'estero, onde l'unico accertamento ,che andava compiuto '.riguardava 
la (attuale) qualit� di proprietaria della ricorrente, quale erede del defunto 
marito. E tale accertamento la Corte triestina ha omesso del tutto, essendosi 
11imitata a sottolineare il possesso dei documenti 'relativi al conto 
estero da parte della Cobal all'atto del passaggio della frontiera, ma non 
tenendo in alcun conto l'atto notorio 14 novembre 1970 (dalla Cobal 
esibito in primo grado) da .cui risultava -come � pacifico tra le parti che 
il marito ing. Pizzarelli era morto ab intestato lasciando unica erede 
la figlia Letizia. � mancato quindi qualsiasi accertamento sul presupposto 
diretto della imposizione dedotto nel provvedimento impugnato (quaJit� di 
proprietaria dei titoli della Cobal quale erede detl defunto marito). 

In conclusione, il ricorso, nei t,re motivi in cui si articola, deve essere 
accolto nei termini dianzi precisati, con la conseguente cassazione della 
sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice, il quale nella 
definizione della controversia si atterr� al seguente principio di diritto: 

� Poioh� non sussiste innanzi al giudice ordinario fa presunzione di 
legittimit� del provvedimento amrninistratiyo {nella specie decreto del 
ministro del tesoro emesso in materia valutaria) ove in sede giudiziaria 
insorga controversia circa la esistenza dei presupposti di fatto della 

Infine una vera e propria inversione dell'onere della prova si ha nel caso 
di accertamento sintetico (art. 38, richiamato dagli artt. 40 e 41 d.P.R. numero 
600/1973). 

In 'conoltusione, se formalmente � consentilto a;l contribuente verificare, 
attraverso i1 processo 1'adeguatezza delLa proV'a raccoJ.ta neL procedimento 
amministrativo potendo con ci� ottenere che il difetto di prova si risolva a 
danno dell'Amministrazione cui incombe l'onere, tuttavia nehla sostanza non 
� sufficiente una mera contestazione deLla prova (il semp1ice affermare non � 
vero) per porre L'Amminiistrazione neLla necessit� di fornire una prova; Ol'dinariamente 
L'accertamento contiene gi� una prova, di notevoLe va11dit� concreta, 
che pone di fatto l'Amministrazione nella condizione di non dover fare 
prove ulteriori deLLa sua pretesa, .se non vengono prodotte prove contrarie. 

Relathramente a1 processo tributario innanzi aHe commissioni, dominato 
da1 principio inquisitorio, � ancor pi� evtdente La corrispondenza tra J'istruttoria 
eseguita in sede amministrativa e quella che con gli stessi mezzi (art. 35, 

d.P.R. n. 636/'1972) pu� compiere i1 giudice per verificare rinadeguatezza deUa 
pmva gi� offerta dali1'Ammin1strazione; anche in questo caso ill contribuente, 
che potr� solo produrre prove documentali e soHecitare un'istruttoria che il 
giudice dispone di ufficio, si trova nelJ.a condizione di dover rimuovere una 
prova precostituita. 
CARLO iBAFlLE 



388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

impos1z10ne, il giudice ordinario non 1pu� limitarsi a prendere atto di 
quanto risulta dal provvedimento, ma deve procedere tin via autonoma 
al controllo drca la effettiva esistenza dei presupposti. D'ailtra parte, non 
operando �l'accennata presunzione, tutto l'onere probatorio non pu� porsi 
esclusivamente a carico del destinatario del provvedimento, i1l quale, se rper 
ragioni che attengono aHa esecutoriet� delle pretese fatte vailere dalla pubblica 
amministrazione (e non quindi per ila presunzione di legittimit� del 
provvedimento che, come si � accennato, non � operante), assume !l'iniziativa 
del processo, la sua qualit� di attore in giudizio non esclude che 
l'indagine del giudice verta pur sempre su di un diritto di credito, i cui 
presupposti di fatto, secondo Ie regole generali, devono essere provati, in 
caso di. incertezza circa la loro �esistenza oggettiva, dalla autorit� amministrativa 
che quella pretesa coltiva, mentre incombe sul destinatario 
del provvedimento l'onere della prova dei fatti modificativi o estintivi, 
secondo le regole generali desumibili dall'art. 2697 cod. civ.� (omissis). 

II 

(omissis) Con il secondo motivo si investe l'accertamento di fatto del 
giudice di merito il quale ha �ritenuto che �sussistessero gli estremi della 
obbligazione tributaria evasa, s� da risultare giustificata la pretesa del fisco 
nella misura specificata neH'ingiunzione. 

Si deduce, anzitutto, al riguardo '.il vizio di omessa, o quantomeno 
insufficiente, motivazione �su un punto decisivo della controversia; l'esistenza 
del presupposto di fatto della obbligazione t�ributaria specificata. 
Si lamenta, inoltre, �che non sia stato dato ingresso a1la prova volta a 
dimostrare ila regolarit� deM'aocredito bancario al D'Asdia, assunto quale 
indice del contrabbando, e, quindi, dell'evasione del credito doganale per 
pretesa generidt� de1la deduzione (mentre solo �nella memoria si censura 
la concorrente motivazione in termini di carenza della novit� della prova). 

Il ricorrente riconosce che l'ingiunzione fiscale � assistita, quale atto 
amministrativo, dalla presunzione di legittimit�, e d� atto che, opponendosi 
a tale ingiunzione viene ad assumere '1a qualit� di attore, sottostando 
pertanto aill'onere di provarne la i1legittimit� (sostanziale), ma sostiene 
che nel giudizio di opposizione i�l giudice � tenuto ad accertare in ogni 
caso, in via preliminare, la effettiva sussistenza del presupposto del tributo 
di �cui la finanza pretende il pagamento. 

La difesa dell'amministrazione obietta che il ragionamento -cos� impostato 
� intrinsecamente contraddittorio poich� una volta accettato H presupposto 
della presunzione di legittimit� deve coerentemente trarsene i�l 
corollario che l'opponente a1l'ingiunzione, di cui sia �Stata riconosciuta dal 
giudice la legittimit� formale, � tenuto a fornire la dimostrazione delila 
inesistenza del presupposto della obbligazione tributaria (il cui adempi




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

mento viene richiesto con il'ingiunzione) secondo 1a logica propria del 
giudizio di accertamento negativo. 

Osserva i:1 Collegio che questa censura se nella dialettica argomenta� 
tiva rpresta i1l fianco alla riferita critica, nel suo nucleo essenziale � fondata 
foddove afferma esattamente che qualora insorga controversia circa l'esi� 
stenza dei presupposti di fatto della obbligazione tributaria, in sede di 
opposizione aM'ingiunzione fiscale, il giudice non pu� Hmitarsi a prendere 
atto di quanto risulta dall'ingiunzione medesima, ma � tenuto a procedere 
in via autonoma al controllo dei presupposti controversi; e ci� perch� non 
orpera in sede giurisdizionale il principio di legittimit� deH'atto amministrativo 
incidente sUJH'onere della prova che grava in base ai rprincirpi 
generali 'Sull'amministrazione relativamente ai presU!pposti .del di:nitto azionato 
(cfr. rper il mutamento di giurisprudenza in tal senso fa !recentissima 
sentenza della sezione 23 maggio 1979 n. 2990). 

Vaocoglimento di tale censura non risulta peraltro determina!l'.'e J'annullamento 
della impugnata sentenza. 

Dall'esame della relativa questione non � tuttavia possibile prescin� � 
dere in coerenza con 11 principio di cui al comma II dell'art. 384 c;p.c. che 
impone alla Cassazione di �correggere rla motivazione deHe sentenze che 
giungono ad appagante soluzione attraverso affermazioni giuridiche non 
condividibili contro '1e quali si appuntano le censure dei ricorrenti. 

Nel caso di specie la Corte d'aprpeMo di Trieste con una motivazione di 
non limpido dettato, ma il cui procedimento logico giuridico � egualmente 
possibile cogliere, ipur avendo �ritenuto che fa pretesa tributaria deMa 
finanza contenuta nella ingiunzione fiscale fosse assistita da presunzione 
di legittimit�, comportante l'inversione dell'onere probatorio (ed � il'erronea 
premessa da cui neppure il ricorrente � riuscito a liberarsi nonostante 
l'esatta intuizione circa il controllo giudiziario dei rpresupposti 
deM'obbligazione) non si � Iimitata a �rilevare che era fallita ria prova di 
inesistenza dei presupposti deLl'ingiunzione a carico dell'opponente, ma 
ha ulteriormente osservato che dal materiale acquisito agH atti (e quindi 
nel rispetto dell'onere de11a prova) emergevano sufficienti elementi (indi� 
ziari) atti a� confortare� H buon fondamento della ingiunzione medesima. 

Non quindi fa mera presunzione di 'legittimit� dell'atto amministrativo, 
ma la valutazione degli elementi probatori (sia �pure di carattere indiziario 
e presuntivo ma non riconducibili all'emanazione deM'atto amministrativo 
come tale) acquisiti al processo ha convinto la Corte deHa fondatezza 
deMa obbligazione tributaria, essendo faHita 1a prova contraria alla presUh� 
zione e risultando inammissibile quella ulteriormente dedotta in grado 
d'appello vuoi rper novit� vuoi rper genericit�. 

Rispetto ad una motivazione cos� articolata non appare dedsivo ribaltare 
l'enunciazione teorica in tema di legittimit� dell'atto amministrativo 
e di ripartizione dell'onere probatorio poich� i!l giudice del merito, nonostante 
I'errore giuridico all'uopo commesso, in definitiva ha ritenuto rpro



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vato in causa positivamente, sia pure attraverso elementi indizfa.ri, il presupposto 
dell'obbligazione, e il relativo convincimento non viene scailfito 
daUe censure del motivo, sicch� una volta operata Ia necessaria puntualizzazione 
correttiva ila sentenza pu� restare ferma, inammissibile apparendo 
l'ulteriore ,censura con ila quale si addebita alla Corte di non avere ritenuto 
vi:nta la presunzione quantunque fosse s�tato negato ingresso alla prova 
circa ila effettiva destinazione del versamento di L. 4.500.000 al D'Asdia 
purch� il diniego della prova, articolato sotto il duplice profilo deil difetto 
di novit� e della genericit�, viene sindacato in sede di ricorso esclusivamente 
sotto quest'ultimo aspetto, e solo nella memoria �si affronta criticamente 
H tema della �novit��, sicch� per quanto attiene a tale ragione 
di reiezione ila sentenza risulta sorretta da autonoma motivazione non 
investita da censura. 

DeMe tesi enunciate occorre ora dare dimostrazione. 

4. -n tema della cosiddetta presunzione di legittimit� degli atti amministrativi 
� stato sottoposto ad appirofondit� �revisione critica con fa citata 
sentenza n. 2990 del 1979 le cui argomentazioni il Colilegio dntende qui 
ribadire in sede di correzione della motivazione delila sentenza impugnata. 
Secondo un consolidato indirizzo giurisiprudenziaile nel procedimento 
di ingiunzione fiscale l'opposizione del debitore si qualifica come domanda 
giudiziale �ohe apre un ordinario processo cognitivo diretto all'accertamento 
negativo della pretesa tributaria, nel quale il debitore contro cui il 
titolo esecutivo � fatto valere ne contesta il fondamento ed assume perci� 
la veste di attore con l'onere di provare quanto afferma. 

Ll processo monitorio -si assume -� diretto ailla ,sollecita riscossione 
dei crediti della p.a., assistiti dalla presunzione di legittimit�, perch� 
risultanti da atti amministrativi contenenti le attestazioni dei competenti 
uffici de1lo Stato e degli altri enti pubblici; e poich� 11'efficacia esecutiva 
deH'ingiunzione fiscale non viene meno a seguito di opposizione dell'intimato, 
nel rrelativo giudizio (diversamente da quanto accade in sede di 
opposizion.e ad ingiunzione ordinaria), fa domanda giudiziale non va ravvisata 
nell'ingiunzione ma dall'atto di opposizione e l'opponente, per la sua 
qualit� di attore, � tenuto a provare finfondatezza del credito da lui 
impugnato. 

La posizione di privilegio dell'autorit� amministrativa innanzi al giudice 
che ne consegue per quanto concerne la soggezione delle parti agili 
oneri probatori dei rispettivi assunti, non appare giustificabile, sicch� 
anche al livello della interrpretazione adeguatrice, che tenga �conto dei principi 
fondamentali in materia di eguaglianza di legalit� delle prestazioni 
imposte e di tutela giurisdizionale nei confronti della p.a., se ne impone :hl 
riesame. 

La dottrina pi� antica basava la imperativit� del provvedimento amm~
nistrativo sulla presunzione di >legittimit� dell'atto; ma gli orientamenti 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

pi� recenti e qualificati escludono che tale presunrione di 1legittimit� operi 
di fronte al giudice, poich� in diritto positivo ~'onere della prova non 
incombe soltanto sull'attore in opposizione destinatario del provvedimento, 
come dovrebbe essere se una tale presunzione avesse un effettivo 
significato. lil provvedimento amministrativo, pur essendo caratterizzato 
dalla imperativit� (nel senso che si realizza da 1s� stesso quando non vi 
� bisogno di una azione specificamente esecutoria, quale manifestazione di 
un potere pubblico), non si 1sottrae al principio costituzionale della necessaria 
;verificazione giudiziale anche delle pretese della p.a., come di queJ.le 
di qualsiasi �lltro soggetto. 

Rispetto al provvedimento ablatorio, che impone al destinatario un 
sacrificio patrimoniale (con la garanzia deMa riserva di legge ex art. 23 
Cost.), fa prevalenza della posizione dell'autorit� amministrativa non impedisce 
al privato di adire il giudice ordinario, per fare controHare, come 
per qualsiasi altro credito, la fondatezza della pretesa della p.a. (e non 
gi� per rimuovere una presunzione di legittimit� .da oui l'atto sarebbe 
assistito). 

Argomentando, iinvece, in termini di presunzione di legittimit� dell'atto 
a favore della p.a., si finisce col porre da un lato a carico del destinatario 
l'onere del superamento di tale preslllilzione, e dall'altro si esonera la pubblica 
autorit� .dal dimostrare a �sua volta la fondatezza del proprio 1creditoi 

Sgombrato lil campo dalla suggestione del principio di presunzione 
di Jegittimit� dell'atto amministrativo si tratta di stabilire (ed in questo 
senso esatta e perspicua appare la notazione criHca del ricorrente) se ,Ja 
prova dei presupposti di fatto della imposizione �spetta all'autorit� amministrativa, 
ovvero se la prova della inesistenza di tali presupposti incomba 
al destinatario del provvedimento. 

Ritiene ill Collegio che ila prima alternativa sia queHa esatta, gravando 
sull'autorit� amministrativa fa prova (positiva) dei fatti che costituiscono 
il fondamento della sua pretesa. 

Il principio spiega i suoi effetti nei casi in cui la prova dei fatti costitutivi 
del �diritto fatto valere in giudizio non risulti lin re ipsa da atti pubblici 
(processi verbali, certificati, ecc.) i quali godono per Iegge di fede 
privilegiata (art. 2700 cod. civ.) e Je cui risultanze possono essere rimosse 
soltanto attraverso lo strumento della querela �di falso (art. 221 �ss. cod. 
proc. civ.), trattandosi, come nel caso di specie, di cil.'1costanze non corroborate 
da prova specifica nemmeno raggiunta n� durante l'istruttoria amministrativa 
n� nel corso del giudizio innanzi al giudice (cfr. per questo 
potere istruttorio della p.a. nel processo civile, Cass. 17 ottobre 1974 n. 2886, 
in tema di infrazioni valutarie). Come � noto i rapporti ed i verbali degli 
agenti doganali fanno ifede fino a querela di falso delle attestazioni in essi 
contenute drca i fatti obiettivamente contestati e l'attivit� d'indagine dai 
medesimi compiuta, altrimenti forniscono al giudice un materiale meramente 
indiziari.o (ma come tale sufficiente a sorreggere fa pretesa). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si tratta a questo punto di individuare il contenuto delle situazioni 
soggettive fatte valere dalla p.a. Al riguardo -a proposito dei provvedi� 
menti ablatori -.la dottrina ha evidenziato una fase procedimentale disciplinata 
dal di:ritto amministrativo culminante nella emanazione di un prov� 
vedimento costitutivo di un rapporto obbligatorio, da cui nascono diritti 
(per la rp.a.) ed obblighi {per H destinatario); e tale obbligazione, alla 
stregua del diritto positivo vigente, � 'stata ritenuta equiparabile alle 
obbHgazioni proprie del diritto civile poich� nel nostro ordinamento \!.'obbligazione 
come situazione soggettiva e tendenzialmente unitaria, derivi essa 
dal contratto ov�vero dal provvedimento amministrativo o dalla legge. 

La p.a. gode nell'accertamento dei presupposti della imposizione di 
ampi poteri istruttori e di poteri strumentali variamente disci:pHnati, generalmente 
riconducibili all'alternativa potest�-soggezione ovvero potest�interesse 
legittimo, che si esauriscono per� con la emanazione del provvedimento 
ablatorio, ti:l cui �contenuto � '.rigidamente determinato dalla 
legge lin presenza dei pres'Ulpposti di fatto dailla stessa previsti. Tale provvedimento 
costitutivo di una obbligazione e contenuto patrimoniale (pagamento 
di una somma di danaro), deve conformarsi, come si � accennato, 
al principio di legalit� sancito dall'art. 23 Cost., secondo cui nessuna 
prestazione patrimoniale pu� essere imposta se non sulla base della 
legge. Ne consegue che nell'ambito del rapporto obbligatorio (costituito 
col provvedimento impositivo), ['autorit� amministrativa � equiparata a 
qualsiasi soggetto che vanti un credito nei confronti di un altro (pur 
trovando tale credito fondamento giuridico negli accertamenti compiuti 
nella fase di accertamento amministrativo). La prevalenza delH'interesse 
pubblico � suscettibil� di incidere soltanto .dall'esterno sul ,rapporto, eliminandolo 
e correggendolo, ma non impedisce ohe tl rapporto obbligatorio 
una volta sorto, sia disciplinato aHa stregua del diritto comune. 

Ne consegue che ogni quailvolta ila p.a. sia convenuta in giudizio m 
seguito, alla impugnativa del provvedimento ablatorio da parte del destinatario 
che si ritenga 'leso nei suoi .diritti, l'oggetto del giudizio riguarda, 
come nei rapporti obbligatori del �diritto privato, Ja effettiva esistenza del 
credito vantato dall'autorit� amministrativa, mentre non ri'leva Ia circostanza 
che l'iniziativa dell'azione nella massima parte dei casi sia presa dall'obbligato, 
stante la immediata esecutoriet� delle pretese amministrative. 

Non � quindi 11'attore ~n opposizione ad ingiunzione fiscale che deve 
provare Ja i!llegittimit� del credito vantato dalla p.a., ma spetta a questa 
ultima, che dal punto di vista sostanziaJle si afferma creditrice nei confironti 
deH'altra parte, l'oneTe deMa prova dei fatti costitutivi (peT 'legge) 
della sua rpretesa {che naturalmente pu� essere assolto con esclusivo 
ricorso allo �strumento delJa prova indiziaria); mentre grava sul destinatario 
che eocepisca la inefficacia di quei fatti (in quanto provati dalila controparte) 
ovvero che assuma che il diritto si � modificato o estinto, ['onere 
di provare i fatti sui quali Ia eccezione si fonda (art. 2697 cod. civ.). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

,La conclusione cui si � pervenuti trova testuale conferma nel sistema 
di diritto positivo deHe presunzioni legali relative che sono previste dalla 
legge a favore de11a amministirazione finanziaria. Se ne trae, invero, !iJ 
corohlario che ogni qualvolta esse non operano la p.a. � 'soggetta ai 1I1orma1i 
oneri probatori e quindi ila prova investe, di i.fronte al .giudice, tutta quanta 
la situazione-base della imposizione. 

Si aggiunga ohe in linea di principio la :p.a. non pu� dar vita ad alcun 
provvedimento inddente neHa 1sfera patrimoniale dei cittadini senza aver 
pdma verificato, nell'ambito del procedimento relativo alla emanazione 
di questo, sul piano probatorio, 1a sussistenza dei :presupposti di fatto 
giustificativi. 

L'autorit� amministrativa deve accertare prima di emettere il provvedimento 
ablativo iii presupposto di fatto del:la imposizione e :la verifica 
(positiva) di tale presupposto va compiuta dal giudice ordinario in giudizio 
con onere probatorio a carico de11a amministrazione medesima secondo :la 
regola generale dettata dall'art. 2967 cod. civ. 

Anche in sede di opposizione ad ingiunzione fiscale proposta dal contribuente 
aJ giudice 011dinario ,spetta iJI potere dri esaminare i presupposti 
di fatto e di diritto dell'obbligazione tributaria con apprezzamento che, 
quanto agli elementi di fatto, si sottrae, se adeguatamente motivato, al 
sindacato in ,sede di -legittimit�. 

S. -Alla <luce degli enunciati principi il Collegio pu� procedere all'esame 
analitico delle censUJre contenute nel secondo mezzo. 
Sostiene il ricorrente che l'obhl1gazione rper �tributi doganali evasi si 
basava su un presupposto di fatto inesistente o comunque assolutamente 
inidoneo ed esattamente rileva che non spettava a Jui dimostrare tale 
inesistenza dovendo il giudice accertare preliminarmente l'effettiva sussis
�tenza del presupposto di fatto cui l'amministrazione ancora la propria 
pretesa. 

Tale tesi, depUJrata daMe premesse concessive da cui muove in termini 
di presunzione di legittimit� delil'atto amministrativo e di spettanza 
deH'onere evidenzia un vizio di motivazione in ,diritto della sentenza impugnata 
di cui si � dato ampiamente conto nel precedente paragrafo. 

.L'errore giuridico della motivazione -come si � fatto cenno -non si 
riflette :peraltro �sul dispositivo, perch� :la Corte d'Appeilllo non si � Hmitata 
ad enunciare la presunzione di ilegittimit� e l'inversione dell'onere dehla 
prova esaurendo fa motivazione nella mancata dimostrazione da parte del 
contribuente de11a inesistenza del presupposto, avendo integrato il proprio 
ragionamento nel senso che a1Ha stregua del riesame del materiale acquisito 
agli atti ila pretesa dell'amministrazione risultava fondata su una adeguata 
prova indiziaria non vinta da:lla controprova (facente carico all'interessato). 

La Corte, cio�, non si � ancorata ai 1prest11pposti concettuali da cui iha 
preso ile mosse, ma ha valutato Je prove in atti qual.i prove positive dell'ob



RASSEGNA DELL1AWOCATlJRA DELL� STATO 

bligazione azionata, sia pure al :liveiHo della prova indiziaria, tenendo conto 
da un lato della sentenza penale e dall'altro del tenore del verbale della p.a. 

Anzitutto non rileva per la Corte l'assoluzoine dal reato di associazione 
a delinquere stante J'autonomia della figura criminosa rispetto a 
quella 'di contrabbando; mentre la pronuncia di estinzione del reato di 
contrabbando non esclude di per s� la sussistenza del fatto reato costituente 
J'evasione dehla obbligazione tributaria di cui si richiede l'adempimento. 


La sentenza impugnata d� atto ohe dalle decisioni penali non si ricava 
direttamente ed immediatamente fa prova (positiva) del presupposto del 
tributo, ma valorizza fa drcostanza che lo Zanotta (nei cui confronti pendevano 
innumerevoli denunce per reati doganali) aveva effettuato un versamento 
bancario di L. 4.500.000 al D'Asdia {sicuramente dedito al contrabbando), 
per :finanziare l'operazione di ~mportazione clendestina idi tabacchi 
Javorati (circostanza emergente dal raipporto della p.a.) e fa mancata 
giustificazione del titolo di tale versamento; e mentre considera tali fatti 
adeguati elementi .indiziari deLla introduzione nel nostro paese di sigarette 
per un quantitativo -corrispondente il!He somme in evasione dei diritti 
doganali, �ritiene che il valore probatorio di tali elementi non sia stato 
neutralizzato dalla tesi �difensiva diretta ad imputare :il versamento al 
prezzo di 1compravendita di autoveicoli usati, agevolmente dimostrab:i:le 
trattandosi di beni soggetti a iregistrazione, ma concretamente non dimostrata. 


L'ingiunzione fiscale, dunque, secondo Ja Corte, � basata su1la corrispondenza 
:llra ammontare della somma versata per finanziare 'l'operazione 
di contrabbando e quantitativo di sigarette introdotte :nel territorio dello 
Stato dopo essere state acquistate all'estero con detta somma. 

Un rngionamento siffatto pu� sembrare pi� o meno persuasivo e pi� 

o meno convincente sul piano del merito, ma resta intangibile suJ piano 
della fogittimit� cui � istituzionalmente circoscritto il suindicato di questa 
Suprema Corte, purch� immune da vizi fogid e giuridici e sorretto da 
adeguata motivazione. 
Esso non viene vailidamente attaccato negandone J'idoneit� indiziaria 
�ohe non va ricondotto al parametro della necessaria inferenza ma a queLlo 
delila probabilit� e verosomiglianza del fatto ignoto da desumere p�resuntivamente) 
e non si muovono doglianze di legittimit� circa questo nesso, ma 
solo di merito circa l'idoneit� dell'apprezzamento. 

Il ricorrente in effetti non contesta ,che fa somma fosse idonea a procurare 
['acquisto del quantitativo di tabacco di contrabbando dpotizzato 
daJ11a finanza, avendo mirato fondamentalmente nel corso del processo a 
mmpere il collegamento fra l'accreditamento ed iil prezzo pagato per 
:l'acquisto deHe sigarette di contrabbando attraverso la 'dimostrazione 
della causa iecita del versamento relativo a rapporti di affari intercorsi 
con H D'Asdia. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Questa linea difensiva si armonizza con la corretta ricostruzione della 

fattispecie di opposizione aM'ingiunzione fiscale in termini probatori sopra 

delineata. 

Ricondotto in capo a1l'amministrazione l'onere probatorio in ord1ne al 

presupposto del tributo ed essendo possibile assolvere detto onere anche 

attraverso elementi indiziari integranti la prova per presunzioni, spettava 

all'interessato paralizzare 1a forza indiziante del fatto di finanziamento 

(per contrabbandare), dimostrando che il pagamento deLla somma si 

collegava allo svolgimento di regolari e 1leciti rapporti d'affari. 

La Corte d'Appe1lo ha incensurabilmente ritenuto da un fato i'idoneit� 

degli elementi indiziari e daM'altro il .fallimento delila prova contratta, {sia 

pure nell'ottica errata della inesistenza del presupiposto) poich� non '.l'isul


tavano rapporti d'affari fra lo Zanotta ed H D'Asdia, che pur sarebbero 

stati di agevole documentazione attenendo, asseritamente, al commercio 
� di autoveicoli usati formalizzato nelle registrazioni al P.R.A. 

N� pu� imputarsi alla Corte. di avere ritenuto contraddittoriamente 

da un Iato che non era stata fornita la prova dell'assunto, e da1l'altro 

negato ingresso ai mezzi di prova ulteriormente aII'uopo dedotti dal mo


mento .che ta:le prova non era stata ammessa per ragioni relative alfa sua 

concludenza ed a1la ritualit� della proposizione in apipe1lo e non gi� 

perch� superfluamente diretta a ribadke circostanze gi� acquisite. 

La Corte ha ritenuto invero, che ila prova dedotta in grado di appello 

non fosse ammissibile ex art. 345 per diif�tto di intrinseca novit�, e che 

comunque, quand'anche fosse su:perabIIe >l'ostacolo relativo, risultasse 

assolutamente generica perch� non incentrata sul fatto essenzia1le del titolo 

della puntuale operazione bancairia .considerata e non corroborata di ri


scontro documentale al riguardo. 

Con la seconda censura del mezzo, il ricorrente 1si limita pertanto a 

denunciare una contraddittoriet� che non sussiste circoscrivendo la cen


sura alla insufficienza della motivazione senza prendere in considerazione 

la tesi giuridica della novit� che costitutiva, peraltro, [a concorrente ratio 

decidendi deLla reiezione. Solo tardivamente nella memoria insuscettibile 

come tale di allargare l'ambito de1la materia del .contendere, si tenta una 

critica al riguardo, �di cui il CoLlegio non pu� darsi carico. 

La ratio di esclusione della prova per genericit� appare al Co11egio del 

tutto corretta perch� non inentrata suLio specifico accreditamento, ma 

anche se non lo fosse la mancata impugnazione del profilo giuridico atti


nente alla novit� basterebbe a far salva la decisione su.i punto. 

Anche il secondo motivo risulta pertanto da disattendere, avendo in 

definitiva accertato la Corte la sussistenza dei presupposti della obbliga


zione tributaria anhe nella prospettiva dell'onere probatorio a carico della 

finanza, attraverso una valutazione di� elementi di fatto in ordin� alla 

prova presuntiva che si sottrae a censura .(omissis). 


RASSEGNA DID..L'AWOCATURA Dm.LO STATO

396 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 settembre 1979, n. 4790 -Pres. Granata


Est. Carnevale -P. M. Antoci (conf.). -Ministero delle Finanze 

(avv. Stato Vitaliani) c. Soc. SlCLA. 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Agevolazione per il Mezzogiorno 
-Acquisto di tererni e fabbricati per il primo impianto di 
stabilimenti industriali -Acquisto di opifici industriali inattivi -Esclusione. 


(t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 109). 
L'agevolazione dell'art. 109 del t.u. sull'industrializzazione del Mezzogiorno, 
che ha lo scopo di incrementare la formazione del patrimonio industriale 
del Mezzogiorno, ha per oggetto l'acquisto di terreni e fabbricati 
nella loro individualit� strutturale e funzionale e .non come elementi costitutivi 
di un'azienda industriale, anche se inattiva. Pertanto se pure il fine 
dell'agevolazione �, oltre al primo impianto, anche la riattivazione, ricostruzione, 
ampliamento, ristrutturazione e ammodernamento di opifici 
industriali esist�enti, essa � diretta al trasferimento di immobili che, anche 
se gi� destinati ad uso industriale, costituiscono entit� avulsa dagli altri 
elementi costitutivi dell'azienda (1). 

(Omissis). -Con l'unko motivo del suo ricorso ~'Amministrazione 
finanziaria -denunciando la violazione dell'articolo 109 dei t.u. 30 giugno 
1967, n. 1523 in relazione aM'art. 360, n. 3, cod. �pToc. civ. -si duole che ila 
Corte del merito, .confondendo .l'oggetto dell'agevolazione (trasferimento 
di terreni e fabbricati) con ilo scopo degli atti agevruati .(ampliamento, 
trasformazione, ricostruzione e riattivazione di stabilimenti gi� esistenti), 
abbia ritenuto aipp1licabile ['agevolazione prevista dalla norma avanti richiamata 
ad un trasfedmento, come quello in questione, avente per oggetto 
un complesso industriale rper fa produzione di faterizi e affini, completo 
nelle sue attrezzature e funzionante fino a t�redici giorni prima della conclusione 
del contratto di compravendita. 

La censura � fondata. 

L'agevolazione fiscale prevista dall'art. 109 del t.u. 30 giugno 1967 

n. 1523 postula, infatti, ai fini della sua applicazione, che l'atto agevolato 
abbia per oggetto un trasferimento di terreni o di fabbricati diretto .a:lla 
realizzazione di un nuovo impianto industriale o alla riattivazione, ristrut(
1) Decisione esatta che chiude la via a tentativi di deviazione. In senso 
conforme Cass. 13 dicembre .1975, n. 4098 (in questa Rassegna, 1975, I, .1199), 
la quale precisa che la trasformazione di un impianto esj,stente per una produzione 
diversa non pu� rientrare neU'agevolazione, e 6 dicembre 1974, n. 4032 
(ivi, 1975, I, 210). 
~ 

I I. 
�: 
~: 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

turazione, ampliamento, rkostruzione, ammodernamento di un impianto 
industriale gi� esistente. 

Come emerge dehla formulazione letterale deMa no'I'ma, l'atto agevolato 
deve avere .per, oggetto, in ogni caso, il trasferimento di terreni o fabbricati, 
considerati nella iloro individualit� strutturale e funzionaJe e non gi� 
come elemento costitutivo di un'azienda industrirule, anche se inattiva; 
mentre, ai fini della concessione dell'agevolazione, il trasferimento finalizzato 
al primo impianto di una iniziativa industriale � del tutto equiparato 
a queHo effettuato a scopo di riattivazione, ristrutturazione, ampliamento, 
ricostruzione o ammodernamento di un opificio industriaJe gi� esistente, 
anohe se temporaneamente non ,funzionante. 

I risultati raggiunti in sede di interpretazione Jetteraile trovano confevma 
neMa ratio della norma agevolativa: che � quella di incrementare fa 
formazione del patrimonio industriale del mezzogiorno mediante la realiz-� 
zazione di nuove iniziative industriali o la riattivazione o il potenziamento 
di que11e esistenti. 

Conseguent�mente, �l'agevolazione, mentre � applicabile ai trasferi


menti di te:rireni o .fabbricati che, anche se gi� destinati ad uso industriale, 

costituiscano entit� avulse dagli altri elementi costitutivi dell'azienda, 

non pu� essere applicata ai trasferimenti di opifici industriali costituenti 

un'unit� funzionale, anche se temporaneamente inattivi. 

La sentenza impugnata -che ha ritenuto applicabile l'agevolazione 

anche al �caso del trasferimento di un compilesso industriale considerato 

come unit� funzionale, anche �se temporaneamente inattivo -deve quindi 

essere cassata e la causa deve essere rinviata, per un nuovo esame ailla 

stregua dei principi di diritto avanti enunciati (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 ottobre 1979, n. 5493 -Pres. MirabeHi � 
Est. Carnevrule -P. M. La Valva (conf.) � Ministero delile Finanze 
(avv. Stato Cipparrone) c. Soc. Carapelli. 

Tributi erariali indiretti � Imposte doganali � Prescrizione . Decorrenza . 
Registrazione della bolletta � Omessa liquidazione dell'imposta � Decorrenza 
dal momento dell'importazione definitiva. 

(d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 84, lett. a e d). 
Il termine di prescrizione per la riscossione dei diritti doganali decorre, 
a norma dell'art. 84 lett. a) del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 45, dalla 
data della bolletta per i diritti in essa liquidati e non riscossi e per quelli 
dovuti in conseguenza di erronea liquidazione per errore di calcolo o 
erronea applicazione della tariffa. Nel caso che con la bolletta non sia 
affatto liquidato un diritto doganale, il termine decorre dalla data di 


398 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

importazione definitiva, ossia dalla data in cui i diritti sono divenuti 
esigibili a norma della lettera d) dell'art. 83 {1). 

(Omissis). ~ Con i due motivi del suo ricorso -che. per la stretta 
connessione delle questioni giuridiohe con essi prospettate � opportuno 
esaminaTe �congiuntamente -'I'Amministrazione finanziaria -denunciando 
la violazione dell'art. 27 :della leg.ge 25 settembre 1940, n. 1424, e dell'art. 94 
del r.d. 13 febbrao 1896 n. 65, in relazione dell'art. 11 delle disposizioni suLla 
legge in .genera:le, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 84, Jett. a) e 
lett. d), del t.u. 23 gennaio 1973, n. 43, fa contraddittoriet� della motivazione 
in relazione all'art. 84, lett. a), dello stesso testo unico e l'omessa ed insuff�dente 
motivazione in Telazione all'art. 164 del citato �r.d. n. 65 del 1896 sostiene 
'Che fa Corte del merito, qualora avesse fatto corretta applicazione 
dei principi sulla successione deiHe foggi nel tempo, avrebbe dovuto consideraTe 
'ohe '1'art .. 27 della Iegge 25 settembre 1940 n. 1424, vigente nel tempo 
in cui il termine prescrizionale (in quaihmque momento si collochi il 
dies a quo) era cominciato a decorrere, non contiene alcuna norma di 
contenuto analogo a quel[o della norma di cui alil'art. 84, Jett. d), del t.u. 
23 .gennaio 1973 :n. 43, e che dal combinato disposto degli aTtt. 27, lett. a), 
della Jegge .doganaile del 1940 e 94, [ett. b), del regolamento doganale si 
desume il 1principio che, in caso di Tevisione delile scritture doganali 
(ipotesi nella qua!le deve ritenersi compresa quella della concessione di 
un'esenzione :non dovuta), Ja prescrizione decorre dalla data deLla boLletta. 
Soggiunge che anche finterpretazione data dalla stessa Corte aM'art. 84, 
lett. a), del testo unico del 1973 � erronea ed iHogka, in quanto nella previsione 
.della norma � compresa, oHre aM'ipotesi di errore quantitativo, anche 
quella di qualsiasi errore di applicazione della tariffa, neJ.Ja quale non pu� 
non sussumersi l'ipotesi dell'erronea esenzione di una merce da t1[l determinato 
didtto doganale. Deduce a:ltres� iche la Corte del meTito, nell'appHcare 
J'�airt. 84, Jett. d), del testo unico del 1973, ha erroneamente ritenuto 
che 11'esigibilit� del credito relativo ai diritti doganali coindda necessariamente 
'con il momento dell'importazione deMa merce, :non considerando 

(,1) Questione nuova sulJLa cui soluzione � Lecito qua:Lche dubbio. Secondo 
ili'eS1J)ressione testuale della lettera a) dell'art. 84 deL d.P .R. 23 gennaio 1973, 


n. 43, so1tanto Jlerrore di ca1co1o presuppone necessariamente una liquidazione, 
mentre l'erronea applicazione dehla tariffa pu� consistere anche ne1la totale 
omissione di liquidazione di un diritto dovuto. Mentre i1 calcolo per essere 
errato deve esistere s� che 1a correzione � strettamente legata al ca1co1o 
gi� fotto, ~'.errore di appldoazione deHa tariffa non si coUega necessariamente ad 
un diritto gi� liquidato (erroneamente) ma pu� ben riguardare un diritto non 
Liquidato affatto. La ratio dei1la norma � che possono essere corretti nel quinquennio 
gli errori di applicazione deHa Legge (quakosa di simi1e al supplemento); 
e non sembra che si possa distinguere tra errori che hanno portato 
al1a liquidazione di un diritto in misura inferiore ed errori dai quali � 
derivato i1 tota1e difetto di Hquidazione. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

che nelle operazioni a dazio sospeso contemplate daill'art. 164 del regolamento 
doganale {come era quella 1che ha dato luogo alla controversia) il 
recupero dei diritti doganali � differito al momento deilla emissione della 
bolletta definitiva e che, nel sistema deHa ilegge doganale, .l'obbJi:go del 
pagamento dei diritti sorge 'Sempre con fa registrazione della bolletta, per 
cui la norma avanti richiamata non pu� non riferi.rsi al.ile ipotesi in cui, 
in conseguenza della sospensione dell'esazione dei diritti, questi siano 
divenuti esigibili solo dopo l'emissione de1la bolletta. 

La tesi dell'Amministrazione finanziaria, pur dandosi atto del note


vole ipegno con cui sono state sostenute, non possono essere condivise. 

La questione de11'applicabilit� al rapporto controverso delle norme 
in materia di decorrenza de11a presicrizione del diritto dello Stato alila 
riscossione dei tributi doganali contenute, 'rispettivamente, nella legge 
25 settembre 1940, n. 1424, nel ,vigore della quale � indubbiamente sorta 
l'obbl1gazione tributaria 1doganale e si � proceduto aHa 'liquidazione del 
tributo, o nel d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, in vigore alla data in cui fu 
emessa l'ingiunzione per il pagamento de1l'imposta, non riveste -anzitutto 
-concreta rHevanza -e pu� quindi esserne pretermesso J'esame -, 
in quanto la disposizione di cui alla lettera a) del secondo comma dell'art. 
27 dell'abrogata legge doganale � stata testualmente riprodotta nella 
[ettera a) dell'art. 84 del vigente testo unico delle disposizioni, �legislative 
in materia doganale e la disposizione di 1cui ,alla lettera d) del detto art. 84, 
pur non trovando nell'abrogata Jegge doganale alcuna disposizione espressa 
corrispondente, costituisce espressione del principio generale, da ritenersi 
implicito anche nel sistema della legge doganale e perci� applicabile 
anche nel vigore della stessa legge, secondo cui la, prescrizione -come 
testualmente dispone l'art. 2935 cod. civ., 'che lo ha espressamente sancito comincia 
a decorrere dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere. 

Poich� il diritto deltlo Stato a11a riscossione dei diritti" di confine 
sulle merci estere pu� essere fatto valere dal giorno in cui la merce 
� stata definitivamente importata, si tratta di stabilire se l'ipotesi, 

verificatasi nel caso in esame, in cui la dogana, avendo eJ'.'lroneamente 
adottato il procedimento c.d. di dazio sospeso in relazione a merci definitivamente 
immerse al consumo nel territorio doganale per Ie quali 
era dubbia 1l'assoggettabilit� ail tributo doganale successivamente preteso, 
abbia omesso di liquidarlo nella boHetta definitiva possa essere sussunta 
nell'ambito di applicazione della disposizione di cui alla ~ettera a) 
del secondo comma dell'art. 27 della legge 25 settembre 1940, n. 1424 e 
deH'art. 84 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, con, Ja conseguenza che ila 
prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione del tributo debba 
farsi decorrere (invece che dal giorno dell'importazione deMa merce, 
come ha ritenuto ila Corte di merito) dalla data della detta bolletta definitiva, 
�come sostiene l'Amministrazione finanziaria nel suo ricorso. 


400 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

La norma richiamata dall'Amministrazione ricorrente dispone testualmente 
che � i:l termine (di prescrizione dei diritti doganali) decorre... 
daHa data della bolletta per i diritti in essa liquidati e non �riscossi in 
tutto o in parte, per qualsiasi causa o dovuti in conseguenza di errori 
di calcolo nella 1liquidazione o di erronea applicazione de1le tariffe �, 

Come emerge dal suo tenore letterale, essa si riferisce a due distinte 
ipotesi -quella, prevista nella prima parte, della mancata riscossione, 
per qualsiasi causa, dei didtti regolarmente iliquidati ne1la bolJletta e 
quella contemplata nella seconda parte, dei diritti dovuti in conseguenza 
di un'inesatta liquidazione derivante da errori di calcolo o da err�nea 
applicazione delle tariffe -aventi per� entrambe comune presupposto 
l'avvenuta :liquidazione, nella bolletta, del diritto doganale rispetto al 
quale il termine di prescrizione viene fatto decorrere dalla data della 
bolletta. 

L'ipotesi, verificatasi nel �caso in esame, della maneata Hquidazione 
di un determinato diritto doganale nella bolletta nella quale sono stati 
liquidati alUri diritti sorti in relazione alla medesima operazione di 
importazione non pu� farsi rientrare in alcuna delle dette due ipotesi. 
Non nella prima, la quale postula che il diritto dogana!le sia stato esattamente 
tliquidato nella bolletta e sia stato soltanto non riscosso, in tutto 

o in parte, per qualsiasi causa. Non ne1la seconda, in quanto l'erronea 
liquidazione di un tributo doganale, dipendente da un errore di calcolo 
nell'applicazione della tariffa prevista per :la merce estera importata o 
dall'applicazione di una tariffa diversa da questa, non pu� considerarsi, 
sotto i>l profilo 1logico�giuridico, equivalente o analoga alla totaile omissione 
ddla liquidazione dello stesso tributo. 
Nel caso dell'erronea liquidazione del tributo lo Stato ha esericitato 
il suo diritto mediante 1'emissione della bolletta: d� �ohe spiega perch� il 
termine de1la prescrizione cominci a decorrere dalla data di quest'ultima. 
Nel caso, invece, in cui la bolletta contenga fa liquidazione di alcuni 
soltanto dei diritti doganali �relativi ad una determinata operazione, 
riguardo ai �tributi dei quali sia stata completamente omessa la Hquidazione 
non � configurabile alcun atto di esercizio del diritto che possa 
giustificare lo spostamento dell'inizio della decorreriza deHa prescrizione 
dal giorno dell'importazione definitiva deLla merce -nel qua1le il diritto 
doganale � divenuto esigibile o, d� �Che � :lo stesso, pu� essere fatto 
valere -alfa data della bo1letta. 

I principi suesposti trovano applicazione anche nel caso in cui 
sia stato adottato il procedimento di dazio sospeso (del quale peraltro 
non ricorrevano i presupposti nella specie esame), giacch�, in tal caso, 
i1l diritto dello Stato alla riscossione dei tributi dovuti su1la merce importata 
so:r.ge e pu� essere fatto valere al momento dell'importazione definitiva 
ed il termine della .prescrizione decorre daiJ.la data della bolletta 
definitiva per i diritti in questa liquidati, anche se erroneamente. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 

La tesi che l'obbligazione tributaria doganale sorga solo con ila regi� 
strazione della bolletta trova, infine, ila sua inequivocabile smentita nei 
principi igenerali in tema di obbligazioni tributarie (di cui queiJ..la doganale 
costituisce una species), in base ai quali 1l'obbligazione sorge per effetto 
del verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge e non gi� dall'ema� 
nazione dell'atto impositivo, e, con particolare riferimento aLle norme 
doganali, ne1le norme contenute nell'art. 4 della legge 25 settembre 1940, 

n. 
1424 e nell'art. 36 del d.P.R. 23 .gennaio 1973, n. 43). 
n� riicorso deve quindi essere rigettato (omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1979, n. 5594 � Pres. Mira� 
belli � Est. Batfimetli � P. M. La Valva (conf.). E.N.E.L. (avv. Patruno) 

c. Ministero delle Finanze {avv. Stato Viola). 
Tribut.i erariali indiretti � Imposta di registro -Rimborso -Atto nullo � 

Condizioni. 
� 

(r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3269, art. 14). 
Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Concessione servizio di 
illuminazione -Istituzione dell'ENEL -Continuazione del servizio da 
parte della societ� -Obbligazione per l'imposta di registro. 
(legge 6 dicembre �962, n. 1643, artt. 2, 4). 

Il rimborso dell'imposta di registro a norma dell'art. 14 n. 2 dell'abrogata 
legge di registro � ammesso alla condizione che il vizio radicale 
e indipendente. dal.la volont� delle parti abbia dato luogo a dichiarazione 
di nullit� pronunciata con sentenza. Ci� non si verifica nel caso che, pur 
dopo l'entrata in vigore della legge istitutiva dell'E.N.E.L., la societ� 
elettrica ancora nel possesso degli impianti, abbia deliberatamente e 
consapevolmente stipulato un contratto soggetto a registrazione (1). 

L'entrata in vigore della legge 6 dicem.bre 1-962, n. 1643, sulla nazionalizzazione 
dell'energia elettrica non ha prodotto automaticamente ed 
immediatamente il trasferimento all'E.N.E.L. degli impianti che sono 
rimasti nel possesso delle rispettive imprese fino al momento del successivo 
trqsf erimento operato con decreto. Conseguentemente � normalmente 
dovuta l'imposta di registro sull'atto di concessione in favore di 
una societ� nazionalizzata (2). 

(omissis) Prima di passare a1l'esame specifico dei due motivi di 
impugnazione va ribadito, come premessa 1comune a quanto si andr� 
ad osservare� in merito ai motivi suddetti, che esattamente � stato rite� 

(1.,2) Conformi sono Le sentenze in pari data n. 5595-5602. La :prima massima, 
su1la base di: giurisprudenza :pacifica, puntualizza opportunamente che. 
non pu� �parlarsi di nullit� radicale rispetto ad un ne~ozio deliberatamente 



402 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

;nuto nella sentenza impugnata (in conformit�, d'altronde, con quanto 
questa Corte di cassazione ha avuto gi� occasione di affermare con 
le sentenze n. 2100 del 18 lugUo 1973 e n. 3500 del 16 ottobre 1976) che per 
il semplice fatto della pubblicazione della legge n. 1643 del 6 dicembre 1962 
sulla nazionalizzazione delila energia elettrica mediante la creazione dell'E.
N.E.L. non si effettu� automaticamente il trnpasso al nuovo Ente degli 
impianti gestiti dalle varie imprese esercenti 11'industria elettrica, in 
quanto fa stessa Jegge prevedeva, all'art. 2, che il Governo avrebbe 
dovuto emanare decreti disciplinanti i suddetti trasfedmenti, stabilendo, 
all'art. 4; i criteri cui detti decreti avrebbero dovuto uniformarsi; in 
attuazione della delega, il decreto n. 36 del 1963 stabil� che i singoli 
trasferimenti avrebbero avuto effetto dal�a data di pubblicazione sulla 
Gazzetta Ufficiale dei decreti attuanti i trasferimenti medesimi. 

Ne consegu� che fino alla data suddetta le singole faniprese continuarono 
~egittimamente a produrre e dist�ribuire energia, n� d'altra 
parte sarebbe stato. possibile una diversa soluzione, posto che il semplice 
fatto dell'istituzione del nuovo Ente non conferiva immediatamente 
ad esso alcuna possibilit� concreta di sostituirsi, al momento deJfa 
pubblicazione della Jegge n. 1643, alle imprese da nazionalizzare, essendo 
a ci� necessaria sia una strutturazione dell'Ente stesso, sia fa mate:
riale apprensione del complesso di beni destinati all'attivit� di produzione 
e distribuzione dell'ene11gia, il che non poteva avvenire automaticamente 
neMo stesso istante su tutto il territorio nazionale per semplice 
forza di Iegge. Tanto ci� � vero che Io stesso decreto n. 36 del 1963 
previde, �al secondo comma dell'art. 2, che anche dopo il trasferimento 
conseguente alla pubblicazione del relativo decreto sulfa Gazzetta Ufficiale 
Je singole imprese avrebbero continuato ad essere amministrate, per gli 
atti di ordinaria amministrazione necessari per la gestione dell'impresa 
(e quindi per tutto ci� che atteneva alfa normale attivit� di produzione 
e distribuzione deH'energia), dai precedenti legali rappresentanti, in 
qualit� di custodi, ponendo addirittura a carico di costoro, icome 
obbligo, ila suddetta prosecuzione deH'attivit� di 011dinaria amministrazione. 


Inoltre, sotto altro profilo, va confermato c10 che pure Ia sentenza 
impugnata ha sostanzialmente posto alla base deHa soluzione data alla 

stiipulato con piena consapevolezza deHa titolarit� (eventualmente dubbia) de!Ja 

legittimazione. 

Nella seconda massima, dalla premessa, riilevante a molteplici fini, che 
al momento della nazionalizzazione non viene a mancare immediatamente la 
capacit� e tito1ari� delle imprese elettriche, si fa discendere ,l'esatta affermazione 
che i negozi da queste stipulati sono regolarmente soggetti all'imposta 
di registro, anche se degl<i effetti tributari dovr� rispondere l'E.N.E.L. secondo 
il principio pi� volte affermato della speciale successione nei rapporti (cfr. Relazione 
avv. Stato, ,1970, 75, II, 626). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

controversia: che cio� questa attiene, specificamente, non alla soluzione 
di questioni fra irrupresa nazionalizzata ed E.N.E.L., ma rpi� semplicemente 
ad una questione di obbligo, da parte di quest'u1timo, del pagamento di 
imposta di registro, ossia di una imposta 1che, per i principi fondamentali 
della Jegge del 1923 aH'erpoca vigente (r,d. 30 dicembre 1923, n. 3269); 
era (come .Io � anche oggi dopo Ja riforma tributaria del 1972) strettamente 
ed essenzialmente, anzi unicamente, Jegata al compimento di un 
determinato atto e alla sua presentazione per fa registrnzione, e che 
si applica in base a ci� che risulta daiH'atto registrato e agli effetti 
giuridico-e.conomici che esso produce, indipendentemente da qualsiasi 
altra 1considerazione attinente ai rapporti fra le parti. Come !imposta 
legata alla registrazione, inoltre, essa non tiene conto delle vicende 
successive aHa registrazione stessa, essendo Ja legittimit� del tributo 
unicamente coHegata a1lla situazione esistente al momento della registrazione, 
s� .che solo in limit~ti casi � ammesso Ja restituzione ail tributo 
(ai s~nsi dell'art. 14, nella cui no11mativa non -rientra certamente il caso 
di spede), mentre, in linea di massima, non � mai ammessa fa restituzione 
del tributo legalmente percetto � per qualsiasi evento ulteriore � 
(art. 12). 

Disposizione, quest'uiltima, alla quale non si sottrae il caso di specie, 
sebbene I'irruposta sia stata pagata in due momenti distinli, una prima 
volta dalla societ� concessionaria ed una seconda volta daH'E.N.E.L., 
perch� ci� avvenne in forza de1la natura specifica del rapporto, di cui 
non era determinabHe con precisione, al momento de1la registrazione, 
il contenuto economico (dipendente dalila quantit� di energia che .sarebbe 
stata erogata ai singoli utenti e dai corrispettivi pagati in funzione di 
detta variabi1le); si arp�plic�, cio�, il disposto dell'art. 56, secondo cui 
l'imposta si applica sui proventi lordi da dichiararsi in via provvisoria 
e presuntiva al momento della registrazione, salva la liquidazione definitiva 
de11'imposta a seguito di dichiaraizone del .contribuente sul risultato 
effettivo deH'esercizio tassato. E anche in tal caso il pagamento dell'imposta 
� comunque collegato al momento della registrazione, costituendo 
il successivo pagamento null'altro 'che il compimento dell'iter 
della <liquidazione, a titolo di imposta complementare, comunque coHegato 
all'adempimento di un obbligo nascente da un rapporto di imposta 
perfetto e completo al momento della registrazione deLI'atto. 

Ci� premesso, deve riconoscersi �che entrambi i motivi di ricorso sono 
infondati. 

Quanto al primo motivo, infatti, va osservato che erroneamente il 
ricorrente afferma che, per il semplice fatto deHa pubblicazione della 
legge di nazionalizzazione, era venuto meno ogni potere dei Comuni di 
distribuire sul proprio territorio l'energia elettrica, per cui la proroga 
di concessione operata dopo ila pubblicazione deUa legge doveva rite



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

404 

I 

nersi nulla e improduttiva di effetti ai fini del pagamento dell'imposta 

di registro. 

A parte, infatti; che rper quanto osservato circa la natura e i pre


supposti dell'imposta in questione, 1l'atto doveva ,comunque � scontare 

l'imposta per il solo fatto della sua presentazione per la registrazione e 

che tale obbligo si estendeva anche al successivo pagamento, dell'imposta 

sul conguaglio dei proventi; a parte che nel caso di specie si era fuori 

delJe tassative ipotesi di nullit� previste dall'art. 14 della legge di registro, 

poich� l'unica disposizione di detta norma da cui il caso di specie 

potrebbe ritenersi, in 'ipotesi, regolamentato, � quella del n. 2, che pre


vede la restituizone di imposte per atti soggetti a �vizio radicale� che, 

indipendentemente dalla volont� delle parti, induca la nullit� dell'atto 

fin dal�l'origine (presupposti tutti �che difetterebbero nella specie, non 

potendo par.larsi di nullit� .assoluta per la prospettata.carenza di Jegi1:ti


m�zione del Comune, ed essendo comunque l'atto stato compiuto volon


tariamente sul volontario e cosciente presupposto dell'esistenza di detta 

legittimazione), e sempre ,che la nu11it� sia stata dichiarata con sentenza 

pronunziata in ,contraddittorio fra i �contraenti (presupposto questo che 

pure manca, avendo 1l'E.N.E.L. preferito. agire nei confronti del fisco 

anzich� nei confronti del Comune e deHa societ� concessionaria ;per far 

dichiarare la nullit� della proroga della 'concessione), a parte, infine,_ 

cl!e, una volta riconosciuto ilegittimaimente tassato l'atto, .i'E.N.E.L. era 

tenuto a subirne Ie conseguenze, per effetto proprio deMa legge di 

nazionalizzazione, che prevedeva, ai nn. 1) e 9) de1l'art. 4, '1a successione 

de1l'E.N.E.L. in tutti i rapporti giuridici gi� deLle imprese ed attinenti 

alle attivit� nazionalizzate (a fra questi rapporti senza dubbio rientrava 

il rapporto tributario in esame); a parte tutto ci�, '1a stessa premessa 

� della tesi del ricorrente � errata. 
� da escludersi, infatti, ogni ipotesi di nullit� dell'atto (in relazione 
alla quale, 'comunque, si � esaminata l'infondatezza della tesi sotto 11 
profilo del diritto tributario), in quanto va riconosciuto, per quanto 
innanzi osservato in generale circa Ie modalit� dei trasferimenti delle 
imprese {e delle relativ,e attivit�) aM'E.N.E.L., che al 1� gennaio 1963, 
pubblicata '1a Jegge di nazionalizzazione, ma non ancora attuato alcun 
trasferimento di beni e di strutture al nuovo Ente, che di fatto non 
esisteva n� era in condizione di operare, i Comuni non avevano perduto 
il potere di distribuzione deLl'energia sul proprio territorio e :il conse~ 
guente potere di farne ,concessione a privati: si trattava infatti di un 
servizio pubblico essenziale ed in.dispensabile per la vita deMa collettivit�, 
servizio che doveva comunque essere assicurato, e pertanto, in 
mancanza, sia pure provvisoria della concreta possibilit� del nuovo Ente 
di assicurare il servizio, ad esso dovevano continuare a provvedere i. 
Comuni, fino a quando <l'E.N.E.L. non fosse in condizioni di provvedervi 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

direttamente in proprio; il che non poteva avvenire, sia pure solo dal 
punto di vista de1la legittimazione al servizio e della titolarit� giuridica 
di esso, se non dalla data dei trasferimenti all'Ente delle imprese che 
il servizio effettuavano (mentre, di fatto, anche dopo tale m�mento continuarono 
a provvedervi, fino alla consegna definitiva degli impianti e delle 
attrezzature, i lega:li rappresentanti di dette imprese, a norma del ricordato 
secondo comma dell'art. 2 del decreto n. 36 del 1963). Legittimamente, 
pertanto, fu prorogata la concessione del Comune alla societ� 
elettrica, legittimamente quest'ultim_a continu� a distribuire l'energia e 
legittimamente, di conseguenza la societ�, adempiendo ad uno specifico 
obbligo di legge (e non gi� per propria autonoma scelta), present� alla 
registrazione la denuncia di proroga della concessione, ossia denunci�, in 
concreto, che tuttora era in essere il rapporto dal quale discendeva l'obbligo 
dal pagamento dell'imposta di registro, la quale deve riconoscersi 
quindi, anche soto tale profilo, legittimamente riscossa. 

Ugualmente infondato � il secondo motivo di dcorso, .::on cui si 
sostiene '1a non debenza da parte dell'E.N.E.L., 'dell'imposta, in quanto 
quest'ultima doveva comunque far capo ad esso Ente, e non aHa Societ�, 
per effetto del decreto presidenziale n. 342 del 18 marzo 1965, H cui art. 5 
stabil� che a decorrere dal 1� gennaio 1963 erano di pertinenza dell'E.N.E.L. 
i risultati di gestfone delle imprese nazionalizzate. 

A parte I'impossiibiJlit� che, all'atto della registrazione (1963) e anche 
del pagamento dell'imposta definitiva di �conguag.lio (1%4) potesse tenersi 
presente una disposizione emanata nell'anno 1965, ed a parte che comunque 
tale disposizione, al pari di � qualsiasi evento ulteriore �, non poteva 
produrre effetti sulla tassazione, per il ricordato principio fondamentale 
sancito dall'art. 12 della 1legge di registro del 1923, va osservato che da 
norma in questione era intesa unicamente a disciiplinare i rapporti 
fra E.N.E.L. ed :imprese nazionalizzate, ma non poteva certo influire 
sul diverso rapporto fra '1'E.N.EL ed il fisco, rapporto cui l'E.N.E.L. 
era legittimato, come innanzi ricordato, a sensi del n. 1) dell'art. 4 della 
legge n. 1643. In altri termini, una questione del genere J'E.N.E.L. avrebbe 
potuto in ipotesi �solleva11la nei confronti della S.G.P.E., agendo specificamente 
contro quest'ultima ed eventualmente contro il Comune, ma non 
pu� sollevarla nei confronti ,~lella Finanza, cui l'imposta � comunque 
dovuta in conseguenza� della legittimit� della tassazione. 

La norma in esame, invero, produce effetti pi� limitati, nel senso che 
i proventi della gestione del 1963, per quanto attiene aJla distribuzione 
di energia nel Comune, spettano all'E.N.E.L., naturalmente con i relativi 
oneri, fra cui senza dubbio va compreso quello fiscale, il che conferma 
piuttosto la legittimit� della tassazione (cui l'E.N.E.L. sarebbe 
stato soggetto, per traslazione, in ,via indiretta, in conseguenza del rendiconto 
dell'impresa) che non quella della tesi opposta, sostenuta dal 
ricorrente (omissis). 


406 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1979, n. 5646 � Pres. Mirabelli 
� Est. Bologna -P. M. Antoci (conf.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Pagano) c. MazzareHa (avv. Mazzarella). 

Tributi in genere . Prescrizione � Sospensione � Imposta di registro � 
Agevolazione per le case di abitazione non di lusso � Rivendita dell'area 
senza indicazione di provenienza � Configurabilit�. 
(cod. civ., art. 2941, n. 8; legge 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 20). 

� configurabile� una causa di sospensione della prescrizione tra il 

debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del debito e il creditore 
(art. 2941 n. 8 cod. civ.) nell'ipotesi di registrazione di atto di rivendita 
di area precedentemente acquistata con agevolazioni al fine della costruzione 
di case di abitazione non di lusso (art. 14, legge 2 luglio 1949, 

n. 408), che non contenga alcun riferimento al precedente atto e non 
fornisca indicazioni idonee al rilevamento della decadenza (1). 
(omissis) Con 'tl �primo motivo di ricorso (violazione degU artt. 2 e 9 
legge <regionale 1sidliana del 28 aprHe 1954, n. 11, dell'art. 1 [egge regionale. 
siciliana del 18 ottobre 1954, n. 37, degli artt. 2935 e 2941, n. 8 cod. civ.; 
vizi motivazionaili) si deduce che la prescrizione dell'azione deH'Amministrazione 
finanziaria per il .pagamento della imposta di registro (in 
materia di decadenza dai benefici fiscali per mancata costruzione sull'area 
oggetto del trasferimento agevolato) non pu� decorr.::re daiHa data 
di registrazioni dell'atto di riven_dita quando in detto atto n�n l'isulti 
alcun 'riferimento al.Ja operazione agevolata e quando i due atti siano 
stati registrati presso uffici diversi: tale situazione comporterebbe sia 
l'impossibilt� giuridica di far vaJere il proprio diritto (art. 2935 cod. civ.) 
sia una causa di sospensione ab origine della prescrizione per effetto del 
dolo del debitore d'imposta (art. 2941, n. 8 cod. civ.). 

La censura � sostanzialmente fondata sotto H profilo dell'insufficiente 
motivazione sul punto dell'applicabilit� nella specie de11'art. 2941, n. 8, 
in tema di sospensione deHa prescrizione per doloso occuJtamento del 
debito da parte del debitore. 

L'art. 2935 cod. civ., disponendo che la prescrizion� ,comincia a decorrere 
�dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere, si 1riferisc� soltanto 
alla possibi!lit� legale e non alla possibilit� materiale di ese:ocitare il 
diritto con :la conseguenza che semplici ostacoli di fatto, tra �cui � la 
stessa ignoranza del diritto, non impediscono il decorso della prescrizione 
(in tal senso, Cass. 1976, n. 4054 e numerose altre decisioni). Pertanto 

(1) Decisione importante sul punto della sospensione della ,prescrizione 
per comportamento doloso� de1 .debitore, che ha un precedente in Cass. 27 no-jj: 
'=b" 1975, n. 3%6, in qu~t. R~'"""� 1975, I, 1112. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

non sembra corretto il richiamo alla impossibilit� giuridica, contenuta 
nella censura in �relazione a.Ua mancata indicazione {sull'atto di rivendita) 
del carattere H1gevolato del trasferimento in capo al soggetto alienante, 
situazione questa che non aveva consentito all'Amministrazione 
finanziaria (in via di fatto) l'i'Il!dividuazione del:la decadenza del soggetto 
alienante dai benefici fiscali concessi al suo precedente aoquisto sotto 
la condi2lione di realizzare. la .prevista costruzione sull'area acquistata. 

Formulata tale premessa, �si deve .precisare, conformemente a1l'orientamento 
di questa Corte (Cass. 1975 n. 3966; 1971 n. 725; 1970 n. 2271), che 
l'azione dell'Amministrazione finanziaria diretta al recupero deLl'imposta 
ordinaria di registro nella ipotesi di decadenza dalle agevolazioni fiscali 
concess�e in materia di aree edificabili e �di costruzioni ediHzie, per gili 
atti successivi alJa entrata in vigore delle leggi 2 febbraio 1960, n. 35 
e 6 ottobre 1962 n. 1893 si prescrive con decorso dal!la data della denunzia 
(cui le parti sono obbligate) dell'avvenuta verificazione delle condizioni

1

da cui dipende :l'agevolazione tributaria {cos� come 1stabiilito daH'art. 6, 

d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito con modificazioni nelila ~egge 
7 febbraio 1968, n. 26); al contrario per gli atti anteriori all'entrata lin 
vigore dalle foggi citate la medesima azion,e si prescrive non daHa data 
di registrazion� dell'atto agevolato (ad es. acquisto di terreno per edificazioni 
di a!llogg.i non di lusso) ma dalla �registrazione dell'atto successivo 
comportante ila decadenza dalle agevolazioni gi� conces1se per effetto della 
rivendita dei terreni stessi prima della progettata edificazione: in quest'ultima 
ipotesi (che � quella in esame) sempre secondo H citato orientamento 
giurisprndenziale, pu� operare la disposizione di cui alJ'art. 2941, 
n. 8 cod. civ. (sospensione de1la prescrizione per doloso occwltamento del 
debito), se :l'atto comportante decadenza dalle agevolazioni gi� concesse 
(ad es. ~'atto di rivendita) non fornisca all'amministrazione finanziaria 
le indicazioni idonee al rilevamento de1la decadenza stessa. 
Sulla quesl:ione dell'applicabilit� de1l'art. 2941, n. 8 cod. dv. la sentenza 
impugnata ha adottata la tesi contraria al citato orientamento di 
questa Corte sulla base di una motivazione del tutto insufficiente e consistente 
nella seguente apodittica proposizione: � non sembra che possa 
ravvisarsi una ipotesi di dolo, secondo la relativa ricevuta nozione, nella 
omissione di .riferimento all'anteriore atto di acquisto delll'area da parte 
del Mazzarella nell'atto di rivendita a1lo Sbaochi e ne11a presentazione 
di quest'ultimo atto per la rngistrazione ad ufficio diverso da queLlo 
che aveva eseguita la registrazione detll'anteriore atto di acquisto�. 

L'insufficienza si palesa tanto pi� evidente in quanto � accompagnata 
da1la omessa precisazione ohe I'atto anteriore di acquisto {non 
indicato nel successivo atto di rivendita) aveva avuto un trattamento 
tributario agevolato e 1che detta agevolazione era stata concessa alla 
condizione del compimento di operazioni �successive ~quali l'edificazione) 

(omissis). 


408 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
I 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 novembre 1979, n. 5723 -Pres. La 
Farina -Est. Martinelli -P. M. Sifocchi (conf.). La Rosa c. Minjstero 
delle Finanze (avv. Stato Soprano). 
Tributi erariali indiretti -Imposte di fabbricazione -Olio d'oliva -Esenzione 
a favore delle zone terremotate del Belice -Olio fabbricato al 
di fuori per conto di residenti -Si applica. 
(legge 6 febbraio 1970, n. 21, art. 26). 
Poich� nelle imposte indirette che ammettono .la rivalsa, contribuente 
effettivo � colui che subisce la rivalsa, a questo � diretta nella sostanza 
l'agevolazione stabilita dalle norme di incentivazione; conseguentemente 
l'esenzione dall'imposta di fabbricazione sull'olio di oliva stabilito per le 
zone terremotate del Belice trova applicazione nel caso che l'oleificio, 
che si trovi fuori delle zone agevolate, abbia lavorato le olive per conto 
di persone residenti in dette zone (1). 
II 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 novembre 1979, n. 5970 -Pres. Mirabe1li 
-Est. Caocavale -P. M. La Valva (conf.). Lo Bianco (avv. Antonuccio) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cippairrone). 
Tributi erariali indiretti . Imposte di fabbricazione -Olii.o di oliva . 
getto passivo � Posizione dei produttori delle olive -Irrilevanza. 
(d.l. 9 no.vembre 1966, n. 912, artt. 17, 19 e 33). 
SogL'imposta 
di fabbricazione sull'olio di oliva � diretta a colpire i 
fabbricanti, cio� gli esercenti degli oleifici, senza alcuna considerazione 
per i produttori e coltivatori delle olive che facciano ricorso ai frantoi 
per la molitura (2). 
(.1-2) Le due decisioni danno ben diversa rilevanza al contribuente �di 
fatto, tenuto alla rivalsa verso il contribuente di diritto. La prima pronunzia 
non ipu� essere condivisa. 1Se il fenomeno delfa tras1azione de11'imposta � indubbiamente 
rillevante per il legislatore che dispone L'agevolazione, non sembra 
possibile, in difetto di espresse norme, aippLkare l'esenzione con riferimento 
aLla posizione di persone diverse dal contribuente; Fagevo1azione, come l'imposizione, 
interessa soltanto il contFibuente e non a1tri soggetti. E non sembra 
pensabHe che un'agevo1azione di questo tiipo .possa, come mezzo al fine, riferirsi 
a qualunque soggetto che in ogni parte del~a nazione abbia rprodotto o 
importato o venduto un qualcosa poi finito in mano ad un cittadino residente 
nelila zona agevolata. 
}~
f 
t II: 

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~ 
I~ 

.........,~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

(omissis) Con il primo motivo la ricorrente principale, lamentando 
la violazione degli artt. 26 legge 5 febbraio 1970, n. 21, 11 bis d.l. 1 giugno 
1971, n. 289, convertito nella legge 20 luglio 1971, n. 491, 1� d.l. 12 febbraio 
1973, n. 8, convertito con modifiche nella legge 15 aprHe 1973, n. 94; 
25 d.l. 18 dicembre 1970, n. 1012, convertito con modificazioni nella legge 
12 febbraio 1971, n. 8, in relazione all'art. 360, n. 3 -cod. proc. civ., censura 
fimpugnata sentenza per aver omesso di considerare che l'esenzione (o 
agevolazione) nell'imposta di fabbricazione, nel caso di diritto di rivalsa, 
come nella spede, � diretta a favorire con H contribuente di diritto, 
ovverosia il produttore del bene o servizio, ma il contribuente <;Ii fatto 
(acquirente)i cosicch� in subiecta materia (l'esenzione doverva es:sere riconosciuta: 
posto �che la lavorazione dell'olio era stata effettuata per 
conto di residenti nei comuni colpiti dal terremoto ed indicati neHa 
legge n. 21 del 1970. La ricorrente, insiste, inoltre, su1l'applicabilit� dell'esenzione, 
anche a:i tributi indiretti dovuti per periodi antecedenti all'entrata 
in vigore della legge, stante il suo carattere retroattivo. 

Con il secondo motivo aa� ricorrente, Jamentando Ja violazione dell'art. 
91 cod. proc. dv., censura fimpugnata sentenza per averfa con~ 
dannata al rimborso delle spese processuali. 

Il primo motivo �del ricorso pvincipale � fondato. 
Invero, nell'ipotesi d'imposte indirette (l.G.E., imposta di fabbrica


, zione sull'olio di oliva, I.V.A. ecc.) in cui � consentita '1a �tras.Jazione �di 
diritto� dell'imposta dal produttore o 1da altro intermediario delfo scambio 
sul consumatore, attraverso 11 riconoscimento del �diritto di rivalsa 
in favore dei primi, poich� il contribuente � di fatto� � colui che � 
tenuto al rimborso dell'imposta dovuta aH'erario da altro soggetto, 
consegue che ogni esenzione o agev�lazione su tali tipi di tributo � diretta, 
nella sostanza, a favorire il contribuente di fatto e non quella di diritto, 
H qua1le � soltanto tenuto ad anticipare il tributo alilo Stato o ad altro 
ente impositore, potendosi, sempre rivalere, per il relativo ammontare 
erogato nei conl�ronti del contribuente di fatto. Identico principio � stato 
in precedenza affermato da ques�ta Corte per quanto riguarda l'l.V.A. e 

� la sua esenzione in favore della Cassa del Mezzogiorno in qualunque veste 
tale ente intervenga nell'operazione sia quale contribuente di d~ritto che 
di fatto, in quest'ultimo caso quale soggetto sottoposto a diritto di rivalsa 
quindi, a rimborso del tributo (cfr. Cass., Sez. I, 4576/79). 

Il principio anzidetto trova conforto nella considerazione che, nella 
sostanza, lo 1scopo economico su cui si fonda ogni tipo di tributo che 
incide sui consumi � queMo di colpire Ie manifestazioni dndirette di 
capacit� economiche espresse dai consumi, anche se sotto il profilo 
giuridico obbligato aLl'imposta � il fabbricante o colui che riceve iJ 
pagamento. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

410 

Pertanto, una volta affermato che �l'esenzione prevista dall'art. 26, 
legge n. 21 del 1970, si estende a tutti i tiipi di imposte siano esse dirette 

o indirette (cos� come questa Corte ha affermato con giurisprudenza 
ormai costante), e, quindi, anche aUe imposte di fabbricazione, costituirebbe 
un evidente assurdo logico e giuridico riconoscere detta esenzione 
in favore del solo produttore, al quale la <legge ex art. 25 ~egge cit. 
riconosce il diritto di rivallsa, e non nei confronti, del cliente residente, 
in uno dei comuni �colpiti dal sisma, rper conto del quale � stata effettuata 
la lavorazione de1l'olio da parte di un oleificio, non sito in tale zona e 
al quale si sia dovuto necessariamente ricorrere per mancanza di impianti 
attivati neMe zone colpite dal sisma. 
Invero, non pu� non rilevaTsi che i'esenzione, riguardante �l'imposta 
di fabbricazione in esame non � diretta a favorire l'imprenditore o la 
ripresa economica della sua attivit�, che ha subito danni a seguito del 
sisma, posto che per il maggior costo di rproduzione, dipendente dal 
pagamento dell'imposta di fabbricazione H titolare di un oleificio ha un 
diritto di rivalsa. Ora, poich� il destinatario del beneficio tributario non 
pu� che essere il consumatore o colui che utilizza ['opera deH'oleificio, 
sarebbe del tutto assurdo negare l'esenzione a coloro che, residenti nei 
comuni .colpiti dai! sisma e previsti dalla legge di esenzione, siano costretti 
ad utilizzare J'attivit� di oleifici siti fuori del territorio, che ha subito la 
calamit� naturale, in mancanza di adeguate strutture nella zona sinistrata, 
rendendoli soggetti al diritto di rivll!lsa di cui all'art. 25 <legge cit. (omissis). 

II 

(omissis) Ugualmente privo di fondamento si rivela il secondo mezzo 
di annullamento, il quale trae origine da una ostinata interferenza concettuale 
che H ricorrente ha coltivata nelle sue difese per tutto ii.il corso 
del giudizio tra i presupposti della imposta sulla produzione e quelli 
della imposta di fabbricazione. A norma dell'art. 17 del d.l. 9 novembre 
1966, n. 912, .gi� dtato, �['olio di oliva di pressione commestibide � 
� soggetto daMa 1mposta di fabbricazione e l'art. 19 dello stesso decreto 
dispone che � gli esercenti degli oleifici nei quali si ottiene olio di oliva 
di pressione commestibile... devono presentare apposita �dichiarazione al 
competente ufficio tecnico delle imposte di fabbricazione... � il quaile 
provvede a1la Jiqu1dazione del tributo, salvo conguaglio. Non v'� ll!lcun 
dubbio che si versa in tema di tributi diretti a colpire i fabbricanti e 
cio� nella specie, gli esercenti degli oleifici e non i produttori e cio� i 
coltivatori o comunque i detentori delle olive che facciano ricorso ai 
frantoiani per la molitura. 

Ne discende quindi che non sono applicabili a1la fattispecie le norme 
della stessa legge relativ�e ai produttori, n� � consentito far. ricorso a 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

criteri estranei alla disciplina della imposta di fabbricazione in generale. 
Il dettato :poi dell'art. 33 dello stesso decreto, relativo al privilegio che 
assiste il credito dello Stato per la riscossione della imposta di fabbrica� 
zione di cui si discute, �sulle materie prime, rSui prodotti, sul macchinario 
e sul materiaile mobile, anche se di propriet� di terzi, esistente neLle fabbriche 
e nei magazzini annessi� � stata ricordata giustamente dalla Corte 
di P�lel'Il1o a convalida della qualit� di debitore assegnata dalla Jegge al 
titolare del frantoio, e rcio� al fabbricante, per il suo .evidente carattere 
estensivo�del vincolo a garanzia del 1credito, aJ!le cose �anche se di propriet� 
di terzi � e perci� estraneo al raipporto debitorio rinvenute nel frantoio 
e nei suoi magazzini. 

Questo Supremo Collegio nella sua sentenza del 5 novembre 1976 ha 
appunto definito, per contro, �produttore� dell'olio, �il coltivatore di 
olive che, con fa trasformazione delle olive in olio, ancorch� otten�ta con 
l'ausilio di terzi, cessionari delle olive, immette l'olio nel consumo per il 
conseguimento di un utile �. 

Non ha fondamento .J'affermazione del ricorrente per Ja quale Ja disposizione 
delil'art. 19 prima trascritto nei suoi termini essenziali, non si 
rivolga a quei rfrantoiani che moliscono per conto terzi e quindi, in genere 
agli esevcenti di piccoli frantoi, come il suo, in quanto ad essi non pu� 
attribuirsi fa qu�ilifica di �produttori�; il traguardo della norma viene in 
tal modo spostato, come si � gi� detto all'inizio, dalla �fabbricazione� cui 
essa si dirige e cio� dai1l'opera di trasformazione del .frutto in olio di 
pressione commestiMle, alla � produzione �, .complesso di comportamenti 
di ben diversa natura, estranei a1�a norma, dei quali si � dianzi accennato, 

lrl terzo mezzo si riduice a denuncia della illegittimit� costituzionale 
dello stesso art. 19 del dil. 9 novembre 1966 n. 912 neHa tinterpretazione dei 
giudici di merito, in quanto imporrebl;>e ad un cittadino, il frantoiano, di 
corrisponder� un tributo per conto di altro cittadino, il vero produttore, 
violando il principio di eguagHanza dei cittadini di .fronte a11a fogge e 
ponendo a carico del primo l'erogazione�di somme che rappresentano il 
soddisfacimento di un onere tributario altrui, in violazione cos� anche 
del principio della effettiva capacit� tributaria (articoli 3 e 5~ della Costituzione). 


La manifesta info:qdatezza deMa questione sollevata in tali termini 

dal ricorrente discende senz'arltro dalle considerazioni gi� esposte in or


dine al secondo motivo del ricorso. Il frantoiano, ossia l'esercente la moli


tura delle olive altrui e �fabbricante� de1l'olio di oliva :di pressione com


mestibHe, non � chiamato affatto a corrispondere un tributo per conto 

di un altro cittadino rche sarebbe il vero destinatario delila imposizione 

e do� H �produttore �, con violazione del diritto di eguaglianza di fronte 

alla fogge e della effettiva capacit� tributaria del soggetto destinatario della 

norma: il tributo in discussione, come si � gi� ampiamente chiarito, � una 

vera e propria imposta di fabbricazione, la quale pone il presupposto 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

oggettivo deMa specifica imposizione ne1l'atto della trasformazione del 
frutto in olio commestibHe e de1la quale esclusivamente il frantoiano 
risulta senza ,dubbio nella posizione soggettiva rilevante, mentre per capacit� 
contributiva deve intendersi l'idoneit� soggettiva alla obbligazione 
di imposta, deducibile dal rpresupposto cui la prestazione � !Collegata {Corte 
Costituzionale: sentenza, n. 144 del 1972) e c�is� nella specie appunto J'operazione 
de1la fabbricazione, mentre la valutazione del legislatore in punto 
di presupposto della impostazione si sottrae al sindacato di costituzionalit� 

(omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 novembre 1979, n. 5742 -Pres. Mirabeilli Est. 
ZappuHi -P. M. Grossi (conf.) Soc. Corte1lo (avv. Tabet) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Rossi). 

Tributi erariali diretti -Imposte sui redditi di ricchezza mobile -Plusva


lenza -Trasformazione di societ� di persone in societ� di capitali 


Beni diversi dall'avviamento -Iscrizione in bilancio -Tassabilit� 


Riferimento ai valori risultanti dalle dichiarazioni della societ� tra


sformata. 

(t.u, 29 gennaio 1968, n. 645, artt. 100 e 106; cod. civ., art. 2427). 

Se pure la trasformazione di una societ� di persone in societ� di 
capitali non comporta l'estinzione della prima e la creazione di un nuovo 
soggetto, sono tuttavia tassabili le plusvalenze dei beni diversi dall'avviamento, 
risultanti dal confronto tra il valore iscritto in bilancio dalla nuova 
societ� e il valore risultante dalle dichiarazioni della societ� trasformata 
(1). 

{omissis) La societ� ricorrente ha 'censurato fa decisione impugnata, 
con ~'unico motivo del ricorso, lamentando la violazione de1l'art. 100 del 

t.u. su1le Imposte Dirette approvato �Con D.P. 29 gennaio 1958, n. 645 rper 
(.1) Decisione corretta di notevole interesse. La premessa che la trasformazione 
di una societ� di persone in societ� di caipitale, anche se iI'eaLizza 
la rego}arizzazione di una .societ� di fatto, non comporta trasfer1mento di 
patrimonio da uno ad altro soggetto, giacch� La trasformazione � una mOdif�.cazione 
statutaria di un soggetto che resta iL medesimo nella sua continuit�, 
� ormai pacifica {Cass. 26 �lughl.o 1968, n. 2708, in questa Rassegna, �1969, I, 86� 
con ampia nota di F. FAVARA; 23 settembre �1971, n. '2645, ivi, 1972, I, 84). 

Ci� esclude che la trasfoI'lilazione possa dare luogo a realizzo del bene 
mediante alienazione, ma non esclude che possa aversi egualmente una plusva



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 

avere Ja Commissione Tributaria Centrale erroneamente applicato quella 
norma sulla tassabilit� deLle plusvalenze a una mera trasformazione di 
una societ� in nome collettivo in altra per azioni sebbene tale operazione 
non desse luogo a plusvalenza imponibiJe, la quale si pu� avere �solo 
quando vi sia �realizzo di beni relativi alil'impresa a un prezzo superiore 
al costo non ammortizzato � e sebbene non vi fosse stato, pertanto, un 
conseguente trasferimento dei beni da un soggetto ad un ailtro. 

Il motivo non pu� essere accolto, dovendosi pur correggere la motivazione 
della decisione impugnata. 

Invero, non pu� pu!'e riconoscersi, in difformit� da quest'ultima, che, 
come precisato neHa citata sentenza 23 settembre 1971 n. 2645, con richiamo 
ad altri precedenti giurisprudenziali, la trasformazione di una societ� di 
persone, sia essa in nQme �collettivo e anche semplicemente di fatto, in 
societ� di capitoli, incide soltanto sulla organizzazione e 1sul:la 1struttura, 
senza che ci� comporti �l'estinzione della prima societ� e :la creazione di 
un nuovo e diverso centro di imputazione di diritti ed obblighi, avendosi 
la continuazione deMa vecchia societ�, che, in una altra veste, resta titolare 
dei rapporti giuridici da essa costituiti precedentemente alla trasformazione. 


Ma ci� importa, ai fini delil'applicabiilit� dell'imposta di ricchezza 

mobi1e sulle eventuali plusvalenze, che non possa aversi que:H'acquisto 

de1l'azienda con pagamento specifico di una somma per i1 suo avviamento, 

al quale � condizionata, secondo l'art. 2427 cod. civ., la iscrizione neiI'at


lenza in conseguenza di una � dichiarazione accertati�va � ossia deLFiscrizione 

in bilancio. In tal caso, come gi� osservava i1 FAVARA neHa citata nota, ci� 

che d� luogo a1la plusva1enza, non � la trasformazione in s�, ma il fatto che 

in ,conseguenza di essa la societ� diventa necessariamente tassabHe in base 

a bilancio. 

n rilievo ,pi� importante del1a pronunzia � queJ.I.o che si legge nella parte 

finale; con la trasformazione non deve mai potersi verificare un sa1to di 

imposta e ci� proprio perch� .trattasi di un unico soggetto trasformato rispetto 

al quale, nel1a continuit� della sua vita, gli incrementi patrimoniald vanno con


siderati '.Per l'intero arco di tempo, anteriore e posteriore alila trasformazione. 

Non pu� cio� accadere che questo soggetto raggiunga H risu1tato di dare 

ai suoi beni una va1utazione in �aumento, senza corrispondere la relativa 

iill!POSta sul1a plusvalenza, posto che detta valutazione stabil:iisce if .<lenitivo 

punto di partenza degli uLteriori incrementi. 

Sotto questo riguardo ben potrebbe essere tassato come plusvalenza anche 

l'avviamento, ove esso venga iscritto in bilancio; se infatti di norma � vietato 

iscrivere l'avviament� nel bilancio quando non sia stato pagato un prezzo 

per l'acquisto dell'azienda (art. 2427 cod. civ.), � pur vero che al momento 

deLla trasformazione deve operarsi La stima del patrimonio sociale (art. 2498) 

ne11a quale pu� essere ricompreso L'avviamento che potr� figurare neLI'attivo 

de1 bilancio. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

414 

tivo del bilancio dell'avviamento stesso, come affermato >limitatamente al 
medesimo ne1la citata� sentenza, senza che ci� possa escludere fa tassabillit� 
delle plusvalenze relative agli altri beni dell'azienda secondo il relativo 
bHancio. 

Occorre, infatti, porre in rilievo che la tassabilit� -delle plusvalenze non 
relative all'avviamento, non � dovuta soltanto per il loro � realizzo � espressamente 
previsto dall'art. 100, e considerato nulla decisione impugnata, ma 
da un quailsiasi aumento nel tempo del ,valore di scambio dei beni per uno 
stesso cespite patrimoniale appartenente ad una societ� >commerciale, H 
quale divenga certo e imponibile non 1soltanto �con I'aJ.ienaziOIIle del cespite 
stesso (sia mediante � realizzo � di quel bene sia mediante assegnazione 
in natura ai soci), ma anche per effetto 'di una dichiarazione accertativa 
della � plusvalen:m �, emessa daMa societ� contribuente da tassare in base 
al bilancio, sotto fomna di iscrizione nel medesimo ai sensi dei11'art. -106 del 
citato t.u. (Cass. 18 �luglio 1973 n. 2101). 

La dedotta identit� sostanziale della societ� ne1le successive forme 
assunte attraverso .la trasformaz�one, che, come sostenuto da1la resistente, 
esclude il trasferimento dei beni, importa che fa dichiarazione del nuovo 
valore iscritta nel bilancio non pu� non avere effetto vincolante per 
l'accertamento di quell'aumento risultante dal raffronto con dichiarazioni 

Que~ che importa � che le plusvalenze sono costituite da quanto emerge 
nel bilancio ed in questi Limiti, senza peraltro che possa escludersi nuILa 
di quanto nel biLancio figura, per non dar �luogo a salti di imposta. 

IL problema pi� de1icato � que1lo di stabilire l'a1tro punto di raffronto 
dei valori patr~moniaLi. A tal riguardo la sentenza in esame ha affermato, 
sbrigativamente .perch� la questione non era controversa, che per il raffronto 
vanno utiLizmti i valori che si possono desumere da � altre dichiarazioni precedenti
�. Le dichiarazioni dei redditi non contengono valutazioni patrimoniali 
e non possono servire a~lo scopo. Forse l'espressione �.dichiarazioni� va intesa 
neL senso ampio di dichiarazione tributaria fatta ai fini di aLtre imposte 
(indirette) al momento in cui i beni sono entrati ne1 patrimonio dehla �societ� 
poi trasformata (conferimento, acquisto, donazione, importazione, ecc.). 

In definitiva quegli .stessi elementi che si uti1izzano quando ~a ;plusvalenm 
� tassata, a seguito di realizzo, nei confronti del1a 'societ� �di .persone, sono 
va1idi nel caso di .trasformazione da cui discende una iscrizione in bilancio. 

Nella ilegisLazione attuale � espressamente stabilito che Jia trasformazione 
de1La (>OCiet� da uno agli altri dei tipi indicati neWart. 2200 cod. civ., non 
costituisce realizzo delle .p1usva1enze (e nemmeno dehle minusva1enze) ancorch� 
risulitanti dalla reLazione di stima fatta a norma del1'art. 2498 (art. 15, 

d.P.R. 698/1973); 1a stessa norma, .tuttavia, fa saliva Vapplicazione deH'art. '12 
de11o stesso d.P.R. 11 qua~e stabiL~s'Ce 'Che si tiene sempre conto de11e p1usvalenze 
i.!Scritte in bilancio indipendentemente da!lLa cessione dei beni o da1la distribuzione 
ai soci. 
In sostanza valgono g1i stessi principi, con la differenza che oggi il 
:raffronto dei valori e (o sar�) semplificato, rperch� anche l<a societ� di persone 
� tenuta a1lia formazione del bilancio (,art. -13 d.P.R. n. 600/1973~. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

e denunzie de1la medesima societ� nella sua forma precedente. E ci� 
perch� la tassabilit� delle 1plusvalenze non � stata considerata Jimitatamente 
al caso del �realizzo� conseguito attraverso alienazioni e trasferimenti, 
ma � stata previs�ta anche per gli aumenti di va.Jore che risultino 
conseguiti attraverso i bilanci di �Cui al suddetto art. 106. 

� pur vero che Ja plusvalenza risultante dal bilancio appare attraverso 
un rraffronto non con altro precedente bilancio, al quale non era obbligata 
la societ� in nome collettivo, bens� con le dichiarazioni tributarie della 
stessa, ma, anche se ci� non ha formato oggetto di specifico rilievo della 
ricorrente, deve osservare questa Suprema Corte che il citato art. 106 fa 
riferimento non �solo aJile plusvalenze realizzate, ma a tutte quelle �iscritte 
in bilancio >>, e �tali devono cons1derarsi anche quelle desumibili dai raffronti 
dei vailori ivi indicati 'Con quelli che si possano desumere da altre 
dichiarazioni precedenti della 1stessa societ�. 

Inoltre, una conferma indiretta ma inequivoca della tassabiJit�. della 
plusvalenza in questione attraverso la trasformazione della societ� si evince 
chiaramente dalla L. 18 marzo 1965, n. 170, avente come titolo il � trattamento 
tributario delle, trasformazioni, fusioni e concentrazioni delile 
societ� commerciali�, art. l, nella Jettera A) assoggetta a norma di favore 
in esso prevista la � trasformazioni di societ� regolarmente cos-tituite... in 
societ� di diverso .tipo >>, comprendendo que1le delle societ� in nome co11ettivo 
in altre di.capitale, e daiM'art. 2 statuisce espressamente che �i redditi 
e le plusvalenze tassabili in conseguenza dell~ operazioni di trasformazione 
e di fusione � ammesse ai benefici di quella legge non sono assoggettabili 
alil'imposta di ricchezza mobiile e all'impos�ta sulle 1societ� nehl'esercizio in 
cui � realizzata la trasformazione stessa, al verificarsi di determinate situazioni 
non risultanti neHa specie. � evidente che se [e plusvalenze non fossero 
state tassabili .n� nei casi di trasformazione di 1societ�, che di per s� 
escludono il realizzo del maggior valore attraverso trasferimento tra soggetti 
diversi,� n� nel caso che risultino in un bilancio non preceduto da 
altrp della stessa societ�, la norma di cui all'art. 2 non avrebbe avuto 
ragione di essere, almeno per le trasformazioni di �societ�, mentre �, ih ta[ 
modo, manifesto, .come rilevato nella decisione impugnata, che immediata 
� la tassabHit� in tutte fo ipotesi n�n previste dailla nonna agevolatrice; 
posta 'Come eccezionale rispetto a1la regola generale. 

Non � poi, fuor di luogo rilevare che vi sarebbe, al contrario, in ogni 
.caso uri �salto di �imposta� attraverso quclle trasformazior).i della so�iet� 
nel pur riconoscibiile divario tra Je indicazioni di valore deHe precedenti 
denunzie tributarie e quelle del primo bilancio della nuova societ�, con 
ingiustificato vantaggio del contribuente e in contrasto con il principio 
deH'adeguamento dell'imposizione aMa capacit_� contributiva del singolo 
soggetto, considerato nell'art. 53 deHa Costituzione (omissis). 


..... .~ 

I

416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO & 

,,. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1979, n. 5771 -Pres. Mirabelli.Est. 
Martinelli -P. M. Raja (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Favara) c. Castaldo. 

Tributi erariali indiretti -Imposte di registro e altre imposte indirette C~
ndanna dell'amministrazione alle spese -Art. 148 legge di registro 
abrogata -Giudizi promossi anteriormente e decisi successivamente 
all'insediamento delle nuove commissioni -Applicabilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148; d.P.R. 26 otobre 1972, n. 634, artt. 77 e 80). 
I 

L'art. 80 del d.P.R. n. 634 del 1972 non ha determinato l'automatica 
abrogazione dell'art. 148 della legge di registro di natura processuale, ed 
esulante per tale sua natura dalla previsione della norma di diritto inter� 
temporale di cui all'art. 77, per quelle cause che risultano proposte prima 
dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972 o dell'insediamento delle 
nuove commissioni tributarie, atteso che l'art. 148, quale necessario corollario 
del precedente sistema contenzioso tributario, permane in vigore fino 
a che ques.t'ultimo non venga definitivamente sostituito con la attuazione 
del nuovo sistema contenzioso {1). 

(omissis). Con l'unico motivo del 1ricorso, l'Amministrazione finanziaria 
dello Stato, 1lamentando la violazione degli artt. 148 Iegge sul registro 
abrog. deH'art. 80, 73 d.P.R. n. 634 del 1972; in relazione a11'art. 360, n. 3 
cod. proc. civ., censura l'impugnata sentenza per aver, erroneamente ritenuto 
non applicabHe I'art. 148 Iegge sul registro abrog. (per quanto attiene 
H regolamento delle spese processuali) in ordine ad un giudizio, nel quaile 
l'Amministrazione Finanziaria sia stata dichiar:ata soccombente, e che, 
rigua;ridando rapporti tributari, rico11egati ad atti formati e ~egistrati o 
denunciati sotto Ia vigenza dell'abrogata ilegge, o per i quali non siano 
decorsi, i relativi termini per gli adempimenti fiscali e che sia deciso 
soltanto, in periodo successivo aWentrata in vtgore deilla legge n. 634 del 
1972, omettendo, cos� di tener presente che 'l'art. 77 d.P.R. citato dispone 
l'ultrattivit� de11e disposizioni, contenute nella vecchia fogge suil registro 
per gli atti formati, registrati o denunciati prima dell'entrata in vigore 
della nuova legge, o per i quali non siano decorsi i termini per tale 
adempimento. 

La censura � fondata, seppure, sotto un diverso profilo giuridico. Va 
in primo 1luogo rilevato che .il problema proposto dail ricorso � se ~�art. 148 
della legge sul registro abrog., che prevede .fa possibiHt� de11a condanna 
dell'Amministrazione Finanziaria alle spese processuali, nel caso di sua 
soccombenza, ove .fa domanda giudiziaie �del contribuente sia stata prece


(1) Questione nuova, decisa cori motivazione ineccepibiie. 
� 

1� 

& 

~~ 

~: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

duta dall'esperimento del ricorso in via amministrativa, e siano almeno 
decorsi novanta giorni dalla sua presentazione, sia tutt'ora applicabile 
per quei rapporti tributari ricollegati -come nella specie -ad atti formati 
sotto la vigenza della vecchia legge stil registro e in ordine ai quali 
�si sia provveduto alla prescritta registrazione o denuncia, o non siano 
decorsi i termini per tali adempimenti, ove la pronuncia del giudice 
ordinario, investito dalla domanda del contribuente intervenga dopo la 
entrata in vigore della legge 26 ottobre 1972, n. 634. La �ricorrente ritiene 
di dover pervenire alla conclusione che l'art. 148 della legge sul registro 
abrog. debba, ugualmente, trovare applicazione anche sotto la vigenza 
della nuova legge con riferimento al combinato disposto di cui agli arti
�coli 77, 80 legge n. 634 del 1972, il quale prevede che alla data di entrata 
in vigore della nuova legge, che debbono ritenersi abrogate le disposizioni 
della vecchia normativa sull'imposta del registro, salve le ipotesi 
di � ultrattivit� �, delle medesime nei casi previsti dall'art. 77, norma di 
indubbia natura transitoria. 

Tuttavia il richiamo a tale ultima disposizione appare fuori foogo. 
�, infauti, indubbio che la �portata di detta disposizione � limitata ai 
rapporti di diritto sostanziale; mentre, per converso, per gli effetti di 
didtto processuale deve trovare necessaria applicazione il pr.incipio generale 
per il quale questi sono regolati dalla llegge in vigore al momento del 
loro compimento. 

Ora � indubbio che circa la natura processuale dell'art. 148 legge stil 
reg. abrog. non possono sorgere dubbi di sorta, atteso che detta norma, 
seppure ricollegata -nella sua ratio legis -alla tutela mediata di un 
interesse sostanziale della p.a. (conferimento alla medesima di uno � spatium 
deliberandi � tale da renderle possibile l'autoannullamento di atti illegittimi 
senza �l'assunzione dei rischi disicendenti dalla �soccombenza giudiziale), 
�, comunque, diretta a regolare uno degli effetti precipui dal processo, 
ov.verosia queJ.lo dell'onere e de11'obbligo delle sipese processuali. 

Deve essere precisato, per� che non tutti gli effetti di carattere processuale 
rientrano nelrl'ambito della nuova legisrlazione, ove siano ricollegabili 
ad atti processuali compiuti sotto la vigenza della pregressa legge, 

o siano rkollegabHi a presupposti, processuali che debbano preesistere al 
momento della �costituzione del rapporto processuale. 
Orbene, anche se non� pu� in verun modo dubitarsi che �l'obbligo del 
pagamento delle spese iprocessuali, in quanto discendente dalla soccombenza 
della parte non pu� che nascere al momento deLla decisione della 
causa �Che costituisce ia :fatto .generatore 1degH effetti regolati daLla legge, 
iperailtro, non pu� non rHevarsi che la proposizione o meno del ricorso in 
sede amministrativa o il decorso del termine di novanta giorni per la 
proposizione della domanda innanzi al giudice ordinario non costituiScono 
una condizione di proponibirlit� dell'azione, avendo tali circostanze soltanto, 
influenza al fine di consentire il carico de1le spese processuali nei 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

418 

confronti della p.a. soccombente; e atteso ohe indipendentemente dalla 
proposizione del ricorso amministrativo � consentita la condanna deHa 

p.a. alle spese processuali, ove sia decorso l'anzidetto termine dilatorio 
dalla data di proposizione delfa domanda giudiziale, secondo quanto affer-� 
mato con costante giurisprudenza di questa Corte. 
L'acclarata natura processuale della disposizione di cui aH'art. 148 
legge abrog. e fa conseguenziale inapplicabilit� della norma di diritto intertemporale, 
prevista neH'art. 77 d.P.R. n. 634 del 1972 non pu� comportare, 
quindi, .la automatica disapplicazione dell'anzidetto art. 148, ai sensi dell'art. 
80 d.P.R. citato, iper qu~i giudizi, ,che come quello in esame, risultano 
proposti prima dell'entrata in vigore della nuova legge sul conten


1

zioso tributario ~d.P.R. n. 636 del 1972) e delil'insediamento delle nuove 
Commissioni Tributarie. 

Invero, la portata dell'art. 148 � ben pi� ampia e trascende il mero 
ambito deMa materia riguardante fimposta di registro, anche se la norma 
� prevista, 'come sedes materie, da una rr�egge che regola tal.e tipo di trib�rto. 

Infatti, detta disposizione, si inserisce nel pi� ampio contesto del 
sistema contenzioso, vigente prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 636 
del 1972, fondato per fa imposta indiretta {salva espressa deroga leg.isila


. tiva), a diversit� di quanto � previsto iper le imposte dirette, sulla possibilit� 
da parte del contribuente della libera scelta della tutela contenziosa 
sia in sede giurisdizionale ordinaria che amministrativa, tutto ci� al fine 
di garantire uno � spartium deliberandi �, in favore de1la p.a. che la 
ponesse in condizioni di rinnovare eventuali errori o illegittimit� inficianti, 
la sua pretesa tributaria attraverso il rimedio dell'annuilamento di 
ufficio. Orbene, neH'ottica di tarre ratio legis � del tutto evidente che, ove 
H contribuente avesse inteso. proporre esclusivamente .l'azione innanzi al 
giudice ordinario o avere comunque, proposto ila domanda giudiziale 
nella pendenza del ricorso innanzi alla Commissione Tributaria, avrebbe 
cos� assunto, con tale sua libera scelta, il rischio della mancata rifusione 
delle spese processuali, nel caso di accoglimento de11a sua domanda, 
qualora la pronuncia del giudice ordinario fosse intervenuta prima del 
decorso del novantesimo giorno dalla proposizione del ricorso in sede 
amministrativa o della domanda giudiziale, oppure nell'ipotesi in cui 1a 

p.a. avesse proceduto all'annuHamento di ufficio dell'atto ,f.mpositivo nell"
ambito di tale termine. 
Ora proprio in considerazione della circostanza che, all'atto dell'entrata 
in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972 continuava a permanere in vigore 
il vecchio sistema contenzioso fino a che non si fosse provveduto all'insediamento 
delle nuove commissioni, si deve ritenere, che nella permanenza 
della libera scelta della tutela contenziosa da parte del contribuente,. 
dovesse trovare ulteriore applicazione l'art. 148, necessario corollario del 
sistema contenzioso, sopravvissuto, seppure per breve tempo alla data di 
entrata in vigore dei d.P.R. n. 634 e 636 del 1972. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Infatti, va considerato eh('! fa disposizione prevista ne1l'art. 148 non 
ha pi� senso soltanto con '1'entrata in vigore dela nuovo sistema contenzioso 
e finsedimento. delle nuove commissioni tributarie, atteso che 
attualmente, non � pi� consentita 1a possibilit� della �libera scelta del tirpo 
di tutela contenziosa (principio deHa giurisdizione concorrente), in quanto 
i�l ricorso al1le Commissioni Tributarie � divenuto obbligatorio per. ogni 
specie di tributo e pregiudiziale alla tutela giurisdizionale ordinaria, che 
non assume pi� carattere autonomo rispetto a quella amministrativa, 
avendo natura di sovraordinazione e di annullamento rispetto alla prima. 

Pertanto il richiamo all'art. 80 del d.P.R. n. 634 del 1972, effettuato dal 
giudice di merito, non assume atlcun ri:lievo, �considerato �che ~I riferimento 
indifferenziato di detta disposizione alle norme contenute nella �legge del 

d.P.R. n. 634 del 1972 ai fini della loro abrogazione con effetto ex tunc, 
non ;pu� incidere su que11e norme di carattere processuale, come� quella 
di cui all'art. 148 la cui ultrattivit�, � necessariamente collegata alla 
sopravvivenza seppure . a carattere temporaneo, del vecchio . srstema contenzioso. 
Infatti, l'art. 80 non pu� che riguardare nel suo effetto abrogativo 
immediato, 1le norme della vecchia legge sul registro di carattere sostanziale. 
In proposito assume un indubbia rilevanza ermeneutica J'argomento 
che si ritrae dal richiamo contenuto da:M'atto aMa �disposizione di 1diritto 
intertemporale, contenuta nell'art.. 77 che indubbiamente � diretta sul 
piano del diritto transitorio a regolare gli effetti sorgenti dalla �successione 
della legge in materia di rapporti sostanziali. 

Da ci� consegue che i rapporti processuali, sul piano del diritto intertemporale 
rimangono soggetti �l iJ,rincipio di carattere generale, che gli 
atti del processo sono regolati da11a fogge processuale in vigore al momento 
del loro compimento ed esulano, quindi, dalla disciplina contenuta 
negli artt. 77 e 80. 

Per completezza di motivazione non p_u� non �r�ilevarsi, che, anche a 
prescindere daHe precedenti considerazioni, J'art. 148 doveva ritenersi 
ugualmente appilicabile nella fattispecie, atteso che fa domanda giudiziale 
risulta proposta prima d�ll'entrata in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972 
(ovverosia in data 6 dicembre 1972), mentre iii provvedimento di annullamento 
di ufficio dell'Amministrazione Finanziaria e la pronuncia deHa 
sentenza, che ha dichiarato cessata la materia del contendere, seppure 
successivi all'entrata in vigore di tale legge, sono intervenuti entro il 
termine di novanta giorni da11a proposizione della domanda giudiziale. 

Ora con riferimento alla ratio legis, su cui si fonda !l'art. 148, che, 
come si � detto al fine di assicurare �lo spartium deliberandi sull'Amministrazione 
Finanziaria, d� rilevanza giul1idica aMa scelta �sul tipo di tutela 
contenziosa effettuata dal contribuente, al momento della prop�sizione 
della domanda giudiziale, il fatto generatore, previsto dalla norma, va 
individuato a tale data; cosicch� va ritenuta applicabile ila �legge in vigore 


420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al momento della proposizione della domanda {ex art. 11 preleggi), nella 
specie antecedente all'entrata .in vigore del d.P.R. n. 634 del 1972, anche 
considerando che al momento della pubblicazione della sentenza permaneva, 
ancora, in vigore il vecchio sistema contenzioso, al quale la disposizione 
di cui all'art. 148 era collegata. 

Dall'accoglimento del rkorso consegue che la causa va Tinviata ad 
altro giudice, per H nuovo esame, '(anche in ordine alle spese processuali, 
di questo giudizio di Cassazione), il quaile si atterr� al principio enunciato 
da questa Corte che cos� si enuclea � ��� L'art. 80 del d.P.R. n. 634 
del 1972 non ha dete11minato l'automatica abrogazione dell'art. 148 legge 
sul reg. abrogata, di natura processuale, ed esulante per tale sua natura 
dalla previsione della norma di diritto intertemporale di cui a1l'art. 77, 
per que1le cau.se che .risultano proposte prima dell'entrata in vigore del 

d.P.R. n. 634 del 1972, o dell'insediamento delle nuove Commissioni tributarie 
atteso -che l'art. 148, quale necessario coro11ario del precedente 
sistema con:t�nzioso tributario, permane in vigore fino a che quest'ultimo 
non venga definitivamente sostituito con 1'attuazione del nuovo sistema 
contenzioso (omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I, 9 novembre 1979, n. 5779 -Pres. Mirabelli 
-Est. Carnevale -P. M. La Valva (conf.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Rossi) -c. Soc. Detroit -Sem (avv. A1lorio). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Commissione centrale -Contestazione 
sulla tassabilit� del reddito -Decisione fondata su ragioni 
giuridiche diverse da quelle prospettate dalla parte e assunte nella 
decisione impugnata -Legittimit�. 

(d.P.R. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 46; cod. proc. civ., art. 112). ' 
Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Riserve 
occulte -Supervalutazione delle giacenze rispetto alle rimanenze Applicabilit� 
art. 107 del t.u. delle imposte dirette -Esclusione Accertamento 
nel periodo cui si riferiscono le rimanenze sottova� 
lutate. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 107). 
La Commissione centrale ha il potere, in base al principio iura novit 
curia, di porre a fondamento della decisione ragioni giuridiche diverse da 
quelle prospettate dalla parte e assunte nella decisione impugnata quando 
nel ricorso contro l'accertamento sia stata comunque contestata la tassabilit� 
del reddito (1). 

(1-2) Si deve dissentire su ambedue le massime. I termini della controversia 
possono cos� sintetizzarsi: una societ� in nome collettivo definisce 
per concordato l'imponibile dell'anno 1964 che porta, tra Jlaltro, una deter



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 421 

Qualora nel bilancio di un esercizio siano indicate le giacenze iniziali 
per un valore superiore a quelle delle rimanenze finali dell'esercizio precedente, 
il reddito sottratto alla tassazione � riferito al periodo d'imposta 
dell'anno precedente nel quale le rimanenze sono state sottovalutate e non 
pu� essere accertato nell'esercizio successivo, non potendo trovare applicazione 
l'art. 107 del t.u. delle imposte dirette (2). 

(omissis) Con il primo motivo del suo ricorso l'Amministrazione 
finanziaria -denunciando la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 
2907 cod. civ. e 46 del r.d. 8 luglio 1937 n. 1516, in relazione all'art. 360 n. 3, 
cod. proc. civ. -si duole che la commissione tributaria centrale abbia 
rigettato il suo ricorso per motivi, come queHi dell'inapplicabilit� dell'art. 
107 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 posto a base dell'accertamento 
impunato dalla societ� Detroit-SEM e dell'immodificabilit� e della non 
integrabilit� dei concordati relativi agli accertamenti concernenti i redditi 
pl;'odotti negli esercizi precedenti a quello del 1965, del tutto estranei alla 
materia del contendere ed attinenti a questioni non rilevabili d'ufficio, 
tanto pi� che sulla regolarit� formale del procedimento di aocertamento 
si sarebbe formato H giudicato implicito a seguito delle decisioni di merito 
intervenute nei precedenti gradi del giudizio. 

m~nata cifra per rimanenze (finali) al 31 d1cembre; nel successivo periodo di 

imposta la .societ�, nel frattempo trasformatasi in anonima, espone nel bilancio 

come giacenze (iniziati) al 1� gennaio una somma doppia. Poich� ci� altera 

evidentemente i dati di biLancio, .t'ufficio acoerta neLlo stesso anno .1965, cui 

si r1f.er.isce H bilancio, un maggiore reddito corrispondente alla differenza tra i 

due va'1ori. Ricorre La societ� deducendo che 1a differenza dei valori era 

giustificata in quanto corrispondente al valore concordato nell'anno �,1964 per 

Fintero reddito imponibile dal quale non poteva enuclearsi il valore delle 

rimanenze. La commissione d1strettua1e accogrn.e il r:icorso e fa decisione � 

confermata dalla comm~ssione provincia1e suHia base di quanto dedotto dai! con


tribuente. La Commissione .centra1e adita daWufficio, senza minimamente con


siderare 'la questione come pro.spettata dal ricorrente e come decisa nei pre


cedenti gradi, ha affermato che, non potendo trovare applicazione l'art. 107 

de1 testo unico del 1958, il maggior reddito andava accertato non nell'eser


cizio �1%5, ma ne!J'esercizio 1964 nel qua1e era stato sottratto alla tassazione 

con sottovalutazione delle rimanenze, cosa che pera1tro I'ufficio nemmeno 

poteva fare perch� per quelrl'anno era stato concluso un. concordato e la 

successiva dkhiarazione non costituiva valida ragione per modificare il con


cordato per sopravvenuta conoscenza di eiementi nuovi. Ha quindi confermato 

l'annu11amento deH'accertamento non perch� il reddito non esiste oggettiva


mente o non � tassabile, ma perch� esso andava accertato in. un esercizio 

diverso. 

Questo la Commissione centrate ben poteva fare (prima massima) secondo 

il princ�!P�O iura novit curia ed � ne1la sostanza conforme a 1egge (seconda 

massima). 

In via generale nel giudizio innanzi alle commissioni., imperniato sul ri


corso motivato, come non � possibile giudicare su ricorso di generica con




422 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censura di extrapetizione proposta con il motivo avanti riassunto 
non coglie nel s�gno. 

Il vizio di ultra od extra petizione -come questa Corte Suprema ha 
affermato con un indirizzo ormai consolidato -ricorre quando il giudice, 
interferendo nel potere dispositivo delle parti (e cio� pronunciando su 
questioni da esse non dedotte o su eccezioni non rilevabili d'ufficio), attribuisca 
un bene n�n richiesto o diverso da quel,Jo richiesto, con ci� violando 
l'inderogabile esigenza, rigpondente ad uno dei connotati essenziali 
defila funzione giurisdizionaJe, della corrispondenza tra il chiesto e il 
pronunciato. 

n medesimo vizio -ponendosi con riferimento esclusivo alle questioni 
rimesse al potere dispositivo de1le parti, cio� a que1le concernenti 
la domanda, nei suoi essenziali elementi soggetti ed oggettivi, e le eccezioni 
in� senso proprio, vale a dire quelle eccezioni correlate a diritti potestativi 
il cui esercizio � rise~ato in modo esclusivo al rispettivo titolare -non 
� quindi configurabile con riguardo all'identificazione delJe norme in base 
alle quali >la cop.troversia deve essere decisa, rientrando nel potere-dovere 
del giudice -alla stregua del principio jura novit curia, attinente aLI'essenza 
stessa deHa giurisdizione -fa ricerca de1le ragioni giuridiohe pi� 
idonee a giustificare ,Ja sua pronuncia sulle domande e sulle eccezioni in 
senso proprio proposte dalle parti. 

testazione del1'aocertamento, cos� non � possibile accogliere il ricorso per 
motivi diversi da queLLi dedotti; si pone, tra �l'altro, anche un probJema di 
contraddittorio e nel caso non potrebbe essere pi� chiaro che Ia duplice 
ragione deL decidere (riferimento del reddito ad un diverso periodo ed immodificabiHt� 
del concordato) � giunta assolutamente inaspettata in terzo 
grado. Affermare che la comrfiiss�ione pu� sempre di ufficio fare applicaca:
cione di una delle moltdssime norme della legge sostanziale delile quaJ,i 
non si � mai sospettata la pertinenza, significa pr:vare le parti di ogni garanzia 
di difesa. 

Ma Ia legge sostanziale non � di per s� applicabile se non in relazione 
ad una situazione di fatto che il ricorso deve individuare e sulla quale il 
controinteressato deve essere messo in condizione di fare deduzioni difensive 
in fatto, oLtre che in diritto. Iura novit curia significa che suli fatto dedotto 
ed individuato, il giudice, anche �senza una indicazione delila parte, deve applicare 
I.a norma .pertinente, ma non che il giudice pu� decidere su un presupposto 
diverso da quello dedotto; e non pu� mascherarsi come ricerca della 
norma giuridica pertinente, l'applicazione di una norma ad un presupposto 
diverso da quello che � stato contr�verso. E �di fronte ad un ricorrente che 
sostiene di aver giustamente indicato come valore ddle giacenze una certa 
cifra, rispondere che l'accertamento non ha individuato il giusto periodo di 
imposta non significa applicare la norma giuridica al rapporto dedotto. 

Ci� vai.e per il processo tributario di primo grado. Assai pi� ristretto 
e il potere del giudice neI giudizio di appello. Ma � assurdo estendere la statuizione 
deHa massima al giudizio di terzo grado deHa Commissione centrale 
ed � veramente sorprendente 1'affermazione che innanzi a questa � '1a controversia 
era stata devoluta nella sua interezza e senza alcuna limitazione�. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . f23 

.Poich� la societ� Detroit-SEM -nell'impugnare J'accertamento del 
reddito che, secondo l'ufficio tributario, sarebbe stato sottratto all'imposizione 
negli esercizi precedenti a quehlo rispetto a;l quale era stata presentata 
dalla stessa societ� la dichiarazione da cui lo stesso reddito sarebbe 
emerso -aveva contestato sia 11'esistenza del reddito, sia la sua tassabilit�, 
e la controversia, in seguito all'appello proposto dall'Amministra


~ione contro la decisione de1l:a commissione provinciale che ne aveva 
esclusa l'esistenza, era stata devoluta alla commissione tributaria centrale 
nelila sua interezza e senza alcuna limitazione, la medesima conimissiione 
tributaria centrale non � quindi incorsa nel denunciato vizio di extra� 
petizione per avere addotto, a giustificazione de11a sua pron�ncia di conferma 
della decisione impugnata davanti ad essa, ragioni .giuridiche �diverse 
sia da que1le prospettate dalla societ� Detroit-SEM nel suo ricorso e nelle 
successive difese sia da quelle poste dalla commissione provinciale a fondamento 
della sua dedsiqne. 

La commissione tributaria centrale -tenuto conto dell'estensione 

della materia controversa devoluta alla sua cognizione -aveva, ~nfatti, il 

potere-dovere di esaminare la questione :relativa a:Lla tassabilit� del reddito, 

la quaJle 1si poneva, nell'o:rdiine logico, come preliminare �rispetto a queHa 

concernente la sua esistenza; e -nel ritenere che il reddito accertato, se 

pur esistente, sarebbe stato riferibile ad un periodo di tassazione diverso 

Anche i1 giudizio di terzo gr.ado �, speciaLmente oggi, di merito quando non 
cade suLla valutazione estimativa (cass. 22 dicembre 1977 n. 5086 in questa 
Rassegna, 1977, I, 874, con nota di C. BAFILE); non � dubbio tuttavia che nel 
ricorso �debbono essere esposti il fatto, le questioni ed i capi della decisione 
contestata indicando .gli artico![ di legge o di regolamento che si 
affermano violati o erroneamente applicati� (art. 46 r:d. 8 h1g1io 1937 n. 1516) 
ovvero � ~�esposizione sommaria di fatti e i motivi del1'impugnazione � i qua1i 
potranno vertere su � vio1azione di legge e questioni di fatto� (artt. 25 e 26 

d.P.R. n. 636/.1972). 
1In nessun caso il giudizio di terzo grado potr� .abbracciare tutta la ma


teria controversa e controvertibile nei precedenti gradi ove non esista un 

motivo di fatto e di diritto specificamente dedotto in via principale o in via 

incidentale. Meno che mai a vantaggio �de1 1resistente potr� essere 'immutato 

il fatto presupposto della decisione. 

La �seconda massima non ha centrato i1 problema. L'esigenza, implicita 

ne1La normativa del t.u. del 1958 ma fondamentale della scienza della conta


biJiit� (oggi espressam~nte codificata neU'art. 62 del d.P.R. n. 597/1973 e nel


l'art. 2425 bis cod. civ.), che le rimanenze finali coincidano con le giacenze iniziali, 

� di ovvia necessit�: 1e rimanenze finalii stanno aH'attivo deI bilancio prece


dente e le giacenze iniziali al passivo del bilancio seguente; alterando i valori, 

iL bi-lancio seguente viene ad essere irreaLe nel passivo. Da ci� consegue che 

H bi1ancio che <reca 1'a1terazione � quello che va rettificato e non iil prece


dente che .poteva ben essere rego1are. 

� deI tutto errato il ragionamento che il reddito si sarebbe prodotto nel!
f'esen:izio �.precedente ne1 qu3!le le rimanenze �sono state sottovalutate e che il 
successivo biLancio d� soltanto la dimostrazione di questa sottovalutazione. 



424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

da quello indicato dall'ufficio tributario nell'atto di accertamento ha 
pronunciato 
entro i limiti della controversia sottoposta al suo esame, avendo 
soltanto individuato una diversa ragione giuridica, di carattere preliminare 
rispetto a quella addotta dalla decisione impugnata, idonea a giustificare 
la pronuncia di annullamento dell'accertamento di questa contenuta. 
La ragione giuridica addotta dalla commissione tributaria centrale 
attiene, infine, aHa sus�sistenza dei presupiposti dell'a!ccertamento -e non 
gi�, come erroneamente affernna il'Amministrazione ricorrente, aUa regolarit� 
formale del procedimento di accertamento; e concerne, quindi, una 
questione di .carattere sostanziale, la cui rilevabilit� d'ufficio non incontrava 
alcuna preclusione nel fatto che non fosse stata specificamente 
dedotta dalla societ� Detroit-SEM nel ricorso da questa pr~osto contro 
l'accertaimento. 
Con i:1 secondo motivo -denunciand� la violazione e Ja falsa appilicazione 
degli artt. 3, 17, 31, 32, 35 e 107 del t.u. 29 .gennaio 1958 n. 645, 
nonch� l'i!11sufficienza e la contraddittoriet� dclla motivazione -J'Amministrazione 
finanziaria sosti�ne 1che ~l �reddito, pari alla differenza tra iJ 
valore deMe merci giacenti in magazzi!11o ail 1� gennaio 1965 e quello delle 
stesse merci ail 31 dicembre 1964, emerso da:lla diohiarazione dei redditi 
presentata dalia societ� Detroit-SEM per il'esercizio 1965, era tassabile in 
questo esercizio e non -come ha ritenuto invece la commissione tributaria 
centrale -negli esercizi precedenti, giaoch� dichiarare, per un 
determinato esercizio, che iii valore delle giacenze iniziaili � superiore a 
quello deHe rimanenze dell'esercizio immediatamente precedente equivale 
a sottrarre iii reddito alla tassazione in queH'esercizio, facendo apipadre 
Di fronte a due valori diversi che devono essere necessariamente uguali, 
mentre � necessario ristabilire l'eguagLianza, non interessa sapere quale dei 
due valori � giusto e quale � alterato. 
Potrebbe anche essersi verificata una sottovalutazione de1le rimanenze, ma 
ci� non autorizza H contribuente ad aumentare i1 valore di queste ne1lfesercizio 
successivo, e meno che mai �il non aver rett~ficato la valutazione deLle rimanenze 
o Faver conco11dato questo valore consente al contribuente di sottrarre 
a tas�sazione un reddito ne1l'esercizio successivo. Il valore dichiarato o 
concordato � vi=o1ante anche per H contribuente. Ma la sottovalutazione 
deLLe rimanenze (ne11a specie meramente ipotizzata) non � affatto una necessdit�; 
potrebbe esservil stata un',1neccep1bilie valutazione, o anche una sopravvaJiutazione, 
ed esservi egualmente un divario perch� viene arbitrariamente 
innalzato i[ valore delle giacenze. 
In ogni caso quel che risulta scorretto e da rettificare � il bilancio che 
porta le giacenze aumentate, perch� questo espone nel passivo una somma 
non ammissibile e di conseguenza sottrae aUa tassazione una parte del reddito 
in quelJJ'esercizio. 
Bisogna ancora osservare che il problema della individuazione de~ periodo 
di imposta al! quale Q'aocertamento va �riferito non pu� affatto por.si per le 
rimanenze. L'intero s1stema di impostazione del conto dei profitti e delle I,. 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 425 

come gi� tassato per l'intero un reddito che � stato tassato solo per 
una parte. 

La tesi dell'Amministrazione finanziaria non pu� essere condivisa. 

L'imposta sui redditi di 'ricchezza mobile -come emevge dal combinato 
disposto degli artt. 81 e 3 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 (sotto il 
rigore del quale sorse H 'rapporto tributario in relazione a:l. quale � stata 
pronunciata Ja decisione impugnata) -aveva rper oggetto il reddito netto, 
in denaro o in natura, prodotto dail soggetto in un determinato periodo di 
imposta, cui cordspondeva una obbligazione tributaria autonoma. 

L'autonomia dEill'obbligazione tributaria relativa a ciascun periodo 
di imposta comportava ohe non era consentito, di regola, tener conto di 
un presupposto di imposta verificatosi in un dato periodo ai fini della 
determinazione del reddito imponibile concernente un periodo di imposta 
successivo, ancorch� esso fosse emerso in questo periodo. 

L'art. 107 del citato t.u. 29 gennaio 1958 n. 645) derogando a questa 
regola -disponeva che i redditi sottratti a tassazione negil.i eseroiti precedenti 
concorrevano a foI1lllare il reddito imponibile del periodo di 
imposta nel quale erano stati imputati a capitale o distribuiti o comunque 
erano emersi dail bilancio. 

Dato iJ suo carattere eccezionale, la norma, come era confeT>mato dai 
suoi precedenti (art. 22 de1la legge 5 gennaio 1956 n. 1; art. 24 del r.d. 
3 giugno 1943 n. 589) ed � stato esattamente posto in evidenza dalla decisione 
impugnata, poteva trovare applicazione soltanto a quei Tedditi, 
sottratti all'imposizione nei periodi di imposta in cui erano stati prodotti, 
rispetto ai quali il competente ufficio distrettuale delle :imposte diTette 
non avrebbe potuto procedere aMa rettifica dei redditi compresi nelle 

perdite comporta che il 'corrispettivo dei beni prodotti, ma non ceduti in un 
esercizio determinato, viene imputato per una parte ne11'esercizio in cui sono 
prodotti (in base ad un valore stimato che � appunto queLlo deL!e rimanenze) 
e per ~�eventuale eccedenza ne1l'eseroizio in cui sono ceduti in base al 
prezzo realmente conseguito che costituisce il ricavo). Vi � sempre uno scavailcamento 
da un esercizio aH'altro, ma in ogni caso i1 valore complessivo 
sar� sempre corrispondente aL ricavo. In conoreto dar bene ceduto per il 
corrispettivo x si dovr� dedurre la rimanenza stimata pari a y gi� imputata nelL'esel'Cizio 
iprecedente (,per questo ile giacenze iniziali, d'importo uguale alle 
rimanenze finali, vanno coLlocate nel pas,sivo); ma neL comples�so, anche se 
rilpartito in due esercizi, il 1provento attivo sar� sempre il medesimo e corrispondente 
al corrispettivo conseguito. Ma poich� le rimanenze sono un valore 
stimato con criteri che per quanto dettagliata.mente disciplinati sono pur sempre 
elastici e prudenziali, resta neLla discrezione ,del contribuente un notevole 
margine di valutazione che rende �difficile l'accertamento in crettifica. D'altra 
parte non vi � interesse ad una rigorosa rettifica delle valutazioni, sa1vo casi 
evidenti di vio}azione di legge, pel'Ch� la valutazione contenuta delle rimanenze 
sar� sempre compensata da un maggiore rkavo neLl'esercizio successiv�. 
In definitiva � fasciata aMa discrezione de11'imprenditore la possibilit� di ripartire 
i1 reddito fra due esercizi restringendo e dilatando, pur entro i limiti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

426 

dichiarazioni relative ai medesimi periodi di imposta per essere scaduti 
i termini di decadenza 1previsti per 1l'accertamento dall'art. 32 del testo 
unico ipi� volte citato. 

II reddito <risultante dalla differenza -emersa attraverso il raffronto 
dalle dichiarazioni dei redditi presentate in relazione ai corrispondenti 
periodi di imposta -tra H valore delle rimanenze finaild di un esercizio e 
queHo delle giacenze iniziali del.l'esercizio Jmmediatamente successivo non 
pu� ritenersi prodotto, contrariamente a quanto sostiene l'Amminiistrazione 
ricorrente in quest'ultimo esercizio, giacch� -come ha �ritenuto 
l'ufficio dei1le imposte in �sede di accertamento -in questo esercizio non

1

era stata realizzata alcuna attivit� produttiva di nuovo Teddito, ma si 
era soltanto riportato ailla sua effettiva espressione monetaria il valore 
delle merci sottova�lutate al momento della chiusuTa dell'esercizio precedente 
al fine di occultare una parte del reddito prodotto ncl corso dello 
stesso ese11cizio. 

La. sottrazione del r~ddito all'imposizione si era veri.ficata perci� non 
gi� nel periodo di imposta corrisipondente aill'esercizio successivo, ma in 
que1lo relativo all'esercizio precedente nel quale iJl Teddito medesimo era 
stato prodotto ed occultato mediante l'indicazione di un vailore monetario 
delle riinanenze inferiore a quello corrispondente al loro vailore reale. 

La dichiarazione, per un determinato eserci2lio, di un valore delle 
giacenze iniziali superiore a quehlo delle rimanenze finali dell'esercizio 
immediatamente precedente dimostrava indubbiamente che un reddito 
era stato sottratto ahl'imposizione: ma tale ,sottrazione era avvenuta 
nell'esercizio precedente, nel quale il reddito era stato prodotto e si era 

dehla ragionevolezza e senza !Possibilit� di rettifica del!l'ufficio, ~a valutazione 

deHe rimanenze. � 

Essendo connaturale ail sistema delil'imposUWione del conto dei profitti e 

delilie pe11dite lo slittamento da un esercizio all'altro delJle componenti attive 

de1 bil�ncio iper ci� che attiene alJe rimanenze, non si pu� minimamente porre 

n� problema del riferimento deH'aocertamento aWuno o al!l'alitro esercizio. 

Se Ie giacenze inmali sono sQPravvtaliutate in ogni caso potr� essere retti


ficato i1 bila11-cio che contiene questa posta, anche se sarebbe stato !POSsibHe 

rettificare il bilancio precedente per sottovalutazione deHe rimanenze e ci� si 

� preferito non fare. La discrezione che � Jiasciata ail contribuente spetta anche 

a11'ufficio. 

In tutto questo problema forse non. entra affatto L'art. �107 del t.u. del 

1958. Si tratta �di cosa assai ipi� modesta deMe riserve occU!Lte che riemergono 

in un successivo periodo e d'altra parte, almeno oggi, la corrispondenza tra 

rimanenze e giacenze interessa non soltanto 1e societ�, ma ogni imprenditore. 

Ma se anche le riserve occulte, che sicuramente riguardano redditi prodotti 

in precedenti periodi di imposta, sono tassabili. in quello in cui emergono nel 

bilancio, a maggior mgione sar� rettificabile nel periodo in cui affi�ra l'in


genua manovra diretta a ridurre il �reddito di quehl� stesso periodo. 

C. BAFILE 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 

perci� realizzato il presupposto dell'obbligazione tributaria, mentre dalla 
dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio successivo ne era soltanto 
emersa la prova. 

Conseguentemente, iI reddito pari alla differenza tra .il valore deHe 
merci giacenti in magazzino al 1� gennaio 1965 e quello delle stesse merci 
al 31 dicembre 1964, emerso dailila diichiari:izione dei redditi presentata dailla 
societ� Detroit-SEM per f'eserci.ri.o 1965, sarebbe stato tassabile nel periodo 
di imposta corrispondente a questo esercizio solo se si fossero verificati 
tutti :i presupposti -di cui la decisione impugnata, con statuizione sul 
punto in alcun modo censurata dall'Amministrazione ricorrente, ha esoluso 
la ricorrenza -necessari ai fini dell'applicabilit� de1l'art. 107 del t.u. 
29 gennaio 1958, n. 645 (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5944 -Pres. MirabelJi 
-Est. ZappuHi -P. M. La Vailva ~conf.). Soc. Roccolo c. Ministero 
.delle Finanze (avv. Stat� Camerini). 

Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile ed altri 
tributi diretti -Agevolazione per l'industrializzazione dell'Italia settentrionale 
-Svolgimento di attivit� nelle zone depresse per l'incremento 
produttivo e l'occupazione di mano d'opera 
(legge 29 luglio 1957, n. 635, art. 8). 

L'agevolazione per le nuove imprese artigiane e piccole industrie dell'Italia 
settentrionale ha come presupposto lo svolgimento nelle zane 
agevolate di attivit� effettiva e concreta idonea ad incrementare la 
produzione e l'incremento della mano d'opera; non soddisfa tali esigenze 
una attivit� intermediaria, anche se accompagnata da progettazioni, coordinamento, 
finanziamenti e simili, e se pure esercitata in forma di 
impresa (1). 

{omissis) La ,societ� ricorrente ha censurato la decisione ~mpugnata, 
con I'unico motivo dei! ricorso, per violazione dell'art. 8 della legge 29 Jugldo 
1957, n. 635, lamentando che la commissione centraile abbia erroneamente 
affermato che essa, anche se ufficialmente dassificata impresa edhle, era 
stata priva di propria attivit� imprenditoriale per mancanza di personale 
dipendente e per 11'affidamento a terzi della costruzione, senza determinaa:e 

(1) Decisione esatt1ssima, che si riallaccia a11a precedente 6 lug1io 1977 
n. 2967 (in questa Rassegna .1977, I, 694); in passato, con diverso criterio, si era 
estesa 1'agevo1azione ad imprese aventi sede neUe zone agevolate che svolgevano 
attivit� all'esterno (16 gennaio .1975, n. 166, ivi, 1975, 1086). 
14 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alcun incremento nello sviluppo del territorio economkamente arretrato 

al quale si riferiva rla ~egge n� alcuna occupazione di mano d'opera. Secoodo 

[a ricorrente, la � novit� � dell'impresa e il suo operato avevano, invece, 

ugualmente agevolato, di!rettamente o indirettamente, l'OIOCupazione di mano 

d'opera e lo sviluppo ecooomico della zona, mentre la costituzione del


l'imrpresa risultava dai cevtificati della camera di commercio e fo svolgi


mento di un'attivit� !imprenditoriale noo poteva essere negato per la sua 

forma 'di societ�, non essendo necessaria, a tal fine, la presenza .di perso


nale dipendente. Infine, sosteneva rla societ� che la sua attivit� di progetta-, 

zione, acquisto di terreni, fornitura di materiali e attrezzature aveva con


sentito que11'occupazione che aitrimenti non si sarebbe verifioata. 

H motivo � infondato. 

Invero, fine fondfimentaile del citato art. 8 della [egge 29 luglio 1957, 

n. 635, � stato quello di incrementare, attraverso l'agevolazione fiscale da 
esso prevista, nelle zone cosiddette economicamente depresse Je attivit� 
produttiive e la conseguente occupazione di mano d'opera da parte di 
imprese artigiane o piocole inclrustirie, in se stesse considerate e non nei 
riflessi che ile stesse potevano avere indirettamente nelle zone suddette.� 
Per tal motivo questo Supremo collegio, da un lato iha ripetutamente 
affermato fosigenza per J'appilicazione del beneficio in questione della 
�novit� � de11'impresa, indipendentemente dal mutamento del titolare 
(Cass., 22 febbraio 1979, n. 1131), con esclusione della stessa quando si 
tratti soltanto di trasformaziOn.e, ampliamento e miglioramento dell'azienda 
(Cass., 24 maggio 1978, n. 2592), e, d'altro lato, ha escluso 
l'app1icabilit� del beneficio stesso quando� �si tratta di impresa che 
abbia solo fa sede nel Comune compreso tra queHi previsti dalla citata 
[egge, senza svolgere alcuna concreta attivit� nel medesimo. Al contrario, 
sono state ammesse al beneficio anche imprese produttive di servizi, quali 
i trasporti, quando, attraverso l'assunzione di personale e l'dinstallazione 
in loco di autorimesse, officine e altre attrezzature, si realizza quella 
attivit� nel Comune anche se essa si estende in altre zone (Cass., 
27 luglio 1976, n. 2985; 16 gennaio 1975, n. 100) mentre i1l beneficio non � 
applicabi!le quando l'attivit� dell'.impresa si svolga esclusivamente fuori 
del territorio di quel comune, con assen2la in quest'ultimo di un incr�mento 
deHa produzione (Cass. 6 luglio 1977, n. 2967). 
Come appare da questo complessivo indirizzo �giurisprudenmale, � 

stata costantemente richiesta per l'applicazione del beneficio fiscale in 

questione una effettiva e concreta attivit� diretta e immediata nelle 

zone depresse, si'a sotto H profilo dell'incremento produttivo sia sotto 

quello dell'occupazione proficua di mano d'opera. 

Invece, la mera attiv.it� intermediaria, anche se accompagnata da 

. progettazioni, coordinamento, finanziamento e altro, indipendentemente 
dalla sua classif�cabilit� come industriale o commerciale, non pu� ritenersi 
compresa nel campo di applicazione della citata norma, pur se 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 

relativa ad una impresa, pe11ch� il mero carattere imprenditoriale dell'attivit� 
e del soggetto contribuente non � sufficiente ad attribuire il 
diritto al beneficio fisoale previsto, occorrendo, invece, ila stretta connessione 
tira quella attivit� e l'oocupazione di mano d'opera locale insieme 
aWincremento economico. 

lil mero coo:rdinamento delle attivit� produttive di altri imprenditori, 
locaili o no, rpur se accompagnata da progettazioni e finanziamenti di 
indubbia utiHt�, non d� 'luogo ad una 111uova e diversa attivit� produttiva 
rispetto a quelle svolte dalle imprese appaltatrici o comunque da essa 
incaricate -(omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 novembre 1979, n. 6022 -Pres. 
NoveMi -Est. Granata -P. M. Gambogi (diff.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Freni) c. Loi (avv. AMorio). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado Estimazione 
semplice e complessa -,Accertamento dell'intento speculativo 
-Connessione con questione di applicazione della legge -Decisione 
sull'mtera controversia. 

Tributi erariali diretti � Imposta� sui redditi di ricchezza mob:ile -Plusvalenze 
-Vendita di azioni -Intento speculativo presunto -Esclusione � 
Proposito di far elevare il prezzo delle azioni acquistate -Non � necessario. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 81). 
Nell'ordinamento processuale tributario anteriore alla riforma l'estimazione 
complessa, conoscibile dalla Commissione centrale e dal giudice 
ordinario, era caratterizzata dalla inscindibilit� di questioni di fatto e 
di diritto per un.a ragione di economia processuale in modo da evitare 

o ridurre il frazionamento del giudizio e le conseguenti complicazioni 
procedimentali di sospensione o di rinvio. Di conseguenza se una questione 
di mero fatto (nella specie sussistenza dell'intento speculativo) � 
connessa con una o pi� questioni di diritto (nella specie stabilire se nella 
vendita di azioni l'intento speculativo presenti una natura giuridica particolare) 
sull'intera questione pu� pronunziarsi la Commissione eentrale (1). 
(1-2) Nuove riflessioni sul giudizio di terzo grado nel nuovo processo 
tributario. 

1) Dopo Ia fondamentaiLe pronunzia dehla S.C. 22 novembre 1977 n. 5086 
(in questa Rassegna 1977, I, 874, con nota di C. BAFILE, Osservazioni sul giudizio 
di terzo grado nel nuovo contenzioso tributario) che, affrontando per la 
prima vo1ta il probLema, delrl.ne� con ampio approfondimento tutti i caratteri 



430 RASSEGNA DELL'AWOCATUR~ DELLO STATO 

Nella vendita di azioni l'intento speculativo non si presenta con 
caratteri di particolarit�: n� esso � connaturale all'operatione sol perch� 
definita atto commerciale dall'art. 3 dell'abrogato codice di commercio, 
n� esso deve consistere, con un quid pluiris rispetto ad una ordinaria 
operazione speculativa, nel proposito di determinare un artificioso rialza 
delle azioni in vista della prossima rivendita {2). 

(omissis) Con i tre motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente 
peT le re�iproche interferenze che le conSiiderazioni motive appresso 
svolte metteranno in '1uice, 1l'Amministrazione deduce il difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario relativamente ail diretto accertamento 
della esistenza o meno, in concreto, dell'dntento speculativo, trattandosi 
di questione di estimazione semplice (primo motivo); comunque ~a non 
necessit�, alla stregua della normativa del 1877 app:Hcabile a1Ia specie, 

del giudizio di terzo grado, sono intervenute varie altre sentenze che offrono 
lo spunto per ulteriori approfondimenti. 

In via generale viene mantenuta la Iinea de1la prima decisione che, fra 
le numerose proposizioni rprob1ematiche, fece emergere in modo particolare 
la conNnuit� dal vecchio aL nuovo processo attraverso la conservazione, pur 
con diversa terminologia Legislativa, della contrapposizione tra estimazione 
semplice e estimazione complessa: 

Con la sent. 19 settembre .1978 n. 4195 {ivi, 1979, I, 189), riaffermando la 
perfetta identit� di oggetto dei due giudizi a1ternativi di terzo grado della 
Commissione centra1e e deHa corte di aippehlo, fu ancora utilizzato i1 concetto 
di estimazione ,complessa (questioni di fatto che costituiscono il necessario 
presupposto per }'applicazione deLla legge) per rkomprendere nei poteri decisori 
deL giudice di terzo grado le questioni di fatto presupposto dehle agevolazioni. 
E d� sebbene con precedente decisione 13 Luglio .1976, n. 2629 (ivi, 
1976, I, 11035) si fosse affermato che l'a.ocertamento dei presupposti de1l'agevo1azione, 
sempre conoscibili dal giudke di terzo grado, non � mai ricondudbi1e 
a1l'estimazione, n� sempLke n� complessa. � noto che tradizionalimente 
per estimazione complessa si intende tutto ci� che, 1cadendo nelll'area del 
giudizio di terzo grado, si concreta" in una valutazione giuridica pi� o meno 
estesa anche al fatto, si che non ha �gran signM:�cato la precisazione che 1a 
applicazione di una norma di agevolazione non attiene aHa estimazione (valutazione) 
in senso stretto. � invece significativo i1 fatto che pi� recentemente, 
in una delilie prime definizioni deL giudizio di terzo grado si sia voluto 
rkondurre anche l'accertamento de1 presupposto deWagevolazione aLl'estimazione 
complessa, non senza un proposito di valorizzare questo colllOetto come 
unico criterio di caratterizzazione d<el giudizio di terzo grado. 

Un'ulteriore conferma .si trova nelLa sent. 12 maggio ,1979, n. 27319 (ivi, 1979, 
I, 763) che, utilizmndo gLi stessi criteri, riconduce esattamente alila estimazi01J1e 
sempldce 1e questioni di v.aLutazione deLla �prova suhl'esistenza de1 presupposto 
deJ.La imposizione; anche in questo caso si � al di fuori de1la vera e propria 
vaLutazione estimativa, ma � opinione concorde che tutte le questioni sulla valutazione 
de1la prova non esorbitano dai11a estimazione semplice (sono invece di 
estimazione complessa Le questioni suhl'onere dd1a prova), come pure vi sono 
compresi tutti i problemi suWesiistenza dd presupposto o di un elemento di 

i~

.!: 

! 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 

di tale intento per la tassazione delle rplusvalenze in genere e -con 
riferimento all'espressa qualificazione ex art. 3 cod. comm. del 1882, 
de1la comrpravendita di azioni come atto di commercio -per Ja tassa.
zione deNe plusvalenze relative a siffatti titoli in rparticolare (secondo 
motivo); fa erroneit� in diritto delila nozione di intento specUilativo in 
materia di commercio di azioni adottata dalila Corte di aippelJlo e la 
conseguente arbitraria svalutazione degli elementi di fatto diversamente 
e correttamente apprezzati, invece, dai primi giudiici (terzo motivo). 
E corrispondentemente denunzia: �con ~l primo mezzo, violazione degli 
artt. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e 22 r.d.l. 7 gosto 1936, 

n. 1639, in relazione all'art. 360 nn. 1 e 3 cod. proc. civ. -difetto di giurisdizione; 
con :il secondo mezzo, violazione degli artt. 3, 8 e 30 t.u. 24 agosto 
1977, n. 4021, 3 legge 8 giugno, 1936 n. 1231, 6 legge 11 gennaio 1951, 
n. 25 e 1 'legge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione aill'art. 360 n. 3 cod. 
esso, come fu tra Faltro affermato con la menzionata sent. 22 novembre 1977, 

n. 5086. 
Partendo dal:Ie stesse esatte premesse � pervenuta ad una dubbia conclusione 
sul punto de11'accerta.mento de!W'intento speculativo la sent. 19 febbraio 
1979, n. 1075 (ivi, 1979, 496); sul problema dell'iintento speculatiirvo avremo 
occasione di tornare commentando la sentenza ora intervenuta; intanto interessa 
l'affermazione che l'estimazione comp1lessa �, oggi come ieri, il concetto 
guida de1 giudizio di terzo grado. 

Con la sent..10 ap11He 1979, n. 2046 (ivi, 1979, I, 719) lia S.C. ha mostrato una 
certa esitazione ad utilizzare ancora la contrapposizione tra estimazione semplice 
e complessa, anche se nel caso deciso (legittimit� deU'accertamento motivato 
sinteticamente) ha poi seguito gli stessi criteri. Giudicando sorprendentemente 
�isolata� La importante gi� menzionata sentenza n. 5086 del 1977, 
ha mantenuto in termini a1quanto generici la definizione deil. giudizio di terzo 
grado; dovendo per� affrontare La decisione, non ha potuto evitare di ripetere 
che rientrano nei poteri deHa Commissione centrale le questioni di 
fatto che sono necessario presupposto per l'applicazione � della legge, il che 
va1e a dire, pur non volendo usare quel termine, 1a tradizionale nozione di

1

estimazione comp1essa. 

La stessa ,prudenza emerge dail!la pronuncia delle :Sez. un. ora intervenuta; 
ins~stentemente riferisce la sua statuizione �all'ordinamento processuale tributario 
anteriore aHa riforma del .1972 �, quasi temendo che sul punto possano 
essere intervenute innovazioni. 

Si deve pera1tro ritenere che, non ostante quest� riserbo (forse Oipportuno 
in una situazione di specie che non dava occasione ![ler invadere il 
nuovo contenzioso) non si possa tornare indietro rispetto alla decisione numero 
5086 del 1977; un diverso� cammino, in ogni caso di ben difficile impostazione, 
o1'tre ad incontrare 1e gravi diflkoLt� delila costruzione di nuovi concetti, 
urterebbe anohe contro problemi di legittimit� costituzionale, ove si 
volesse diversamente delineare neHa sostanza il giudizio di terzo grado; se poi 
si volessero proporre, come peraltro ha fatto iJ! legislatore deILa riforma, novit� 
�S01tanto terminologiche, sarebbe opera inutile, anzi dannosa. 

2) La seriten:l)a che si commenta ha so:l!1evato un aspetto nuovo del pro


blema, proponendo una solluzione, che si vorrebbe in armonia con Ja tradi




432 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
proc. dv.; con il terzo mezzo, violazione delle norme gi� indicate nella 
rubrica del mezzo precedente, nonch�_ degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in 
relazione aN'art. 360 nn. 3 e 5 �Cod~ rproc. civ.; omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione, in relazione ,all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. 
Infondato nel primo e nel secondo mezzo, H ricorso � fondato e va 
accolto, per quanto di ragione, in relazione al ~erzo. 
Premesso ohe nella rpresente causa il problema di giurisdizione va 
deciso 'alila stregua dell'or,dinamento processuale ,1Jributario anteriore 
aHa riforma del 1972, assendosi il giudizio davanti aihle Commissioni tributarie 
concluso e quello davanti al giudke ordinario avendo avuto 
inizio nel 1968 (art. 43; quarto com:ma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636), 
va subito rilevato come nella tormentata elaborazione giudsrprudenziale 
delle nozioni di estimazione semplice e di estimazione cdmplessa, volta -
in qucll'ordinamento -ana delimitazione, in funzione della prima, delzione, 
ma che so1leva mo1ti dubbi. Si deve premettere che non esistono le 
paventate differenze tra vecchio e nuovo ordinamento iprocessuale, si che la 
statuizione � perfettamente attuale. Ora partendo dalla corretta premessa che, 
ordinariamente, l'a.ocertamento dell'intento speculativo � una questione di 
mero fatto o di vailutazione deLlra prova (in ci� correggendo La menzionata 
sentenza 19 febbraio 1979, n. 11075), ha tuttavia ritenuto che il-giudice ordinario 
(o <la Commissione centrale) potesse egualmente accertare L'esistenza deH'intento 
speculativo essendo questa questione connessa ad alit:re implricanti l'appMcazione 
delLa legge. 
� Le questioni -di fatto involgenti questioni di diritto rellative ,aLL'interpretazione 
di norme giuridiche, cio� alila sussumib�lit� dei fatti nella astratta fattispecie 
impositiva e quindi, ancora, aL1a interpretazione dehla norma che 
questa configura� sono di estimazione complessa; fin qui fa ;proposizione -� 
ineccepibile, come ipure lo � la opportuna precisazione che il fatto considevahlle 
va riferito non solo al quantum ma ,anche alll'an dell'imposirdone. Ma, prosegue 
fa sentenza, occorre da iprima identificare la fattispecie normativa per 
poi utiilmente !Passare a verificarne 1a realizzazione in concreto; l'inscindibUit� 
dei due momenti dei quahl consta la composita ma unica questione si spiega 
� con una ragione di ecorn;>m�a processuale '" in quanto si porta alL'esame del 
medesimo giudice davanti al quale il profilo ipi� strettamente di diritto sarebbe 
in ogni caso ded-i:tcibiLe, anche i1 profilo pi� strettamente di fatto � in 
guisa da evitare o da ridurre il frazionamento del gjudizio e le conseguenti 
complicazioni procedimentali ,di sospensione (da parte de1L'organo eventualmente 
investito di giurisdizione soltanto sul secondo profilo) o di rinvio (da 
parte de11'ovgano eventualmente investito di giurisdizione soltanto sul primo 
profilo�). Aiccade cos� che La medesima questione di fatto, �secondo insorga 
oppur no insieme ad essa la corrispondente questione di qua1ificazione giuridica 
�, rimane fuori daL1'area de11a estimazione complessa o vi rientra. E ci� 
spiegherebbe 1La diversit� delle conclusioni attinte della giurisprudenza nella 
appLicazione concreta delle nozioni di estimazione semplice e complessa. 
Venendo poi aHa questione specifica La S.C., riilevato che si discuteva non 
soltanto deH'intento ,speculativo ma anche della identificazione in dfa:ito della 
fattispecie impositiva {si discuteva del momento al quale andava riferito l'intento 
speculativo e se, argomento della 1seconda massima, esso fosse conrrai: 
~:: 
~~~ 
~~~ 
E:: 
jll 
i:: 

.............,~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 

l'area di cogni:zJi.one riservata alile commissioni tiributarie cli merito e, 
per converso, preclusa al controllo 'diretto e della commissione centrale 
e del giudice ordinario, punto fermissdmo � quello della estraneit� 
a taile area delle questioni 'cli fatto� involgenti questioni di diritto relative 
ailla interpretazione rdi norme giuridiche (Cass., Sez. Un., 4 agosto 1977, 

n. 3465), cio� alla sussumibiilit� dei fatti neWastratta fattispecie impositiva 
e quindi, ancora, �alla interpretazione ldeHa norma che questa con1


figura (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 1978, n. 356). Oi� perch�, al verificarsi 
di tale evidenza, la questione, anche quando coinvolga hl fatto estimativo 
(questo riferito -secondo 1.liil indirizzo giurisprudenziale costantemente 
seguito, con 1l'unioa eoceziorne�di Cass., 7 dicembre 1%7, n. 2899, da questa 
Corte Suprema: ofr. da ul1timo e Tiassuntivamente Oass., 22 novembre 
1977, n. 5086; anteriormente, fra le tante, Cass., Sez. Un., 17 maggio 
1975, n. 1926; Cass., 18 tlugilio 1973, n. 3094 -non solo al quantum, ma 
anche aM'an della imposizione), non � pi� di fatto soltanto, ma diventa 

turale alila vendita di azioni o, al contrario, se per questa operazione si richiedesse 
un intento speculativo con connotazioni particolari, questioni tutte inerenti 
al� paradigma legale della fattispecie) ha ritenuto che il giudice ordinario 
potesse deddere l'intera questione e quindi anche quehla di puro fatto siccome 
attratta nelle altre questioni di qua1ificazione giuridica. 

Non :si pu� aderire a questa conclusione; in particolare non sembra che 
la ragione d'essere dehl'estimazione complessa sia di � economia ;processuale � 
ed ancor meno pu� ammettersi che una questione possa essere portata ad uno 

o ad altro giudice a seconda che � insorga oppur no �, in modo che ben potrebbe 
essere specios<>, una connessa questione; nemmeno pu� dirsi che 
questa sia la ragione per la quale l1a giurisprudenza � sempre stata tormentata. 
Le premesse esatte da cui la decisione � partita non configuran<> minimamente 
una tade elrasticit� che, rimessa i!Mmitatamente al potere dispositivo 
deHe parti, avrebbe comportato addirittura uno spostamento de11ra giurisdizione; 
;per decenni si � tentato di al!1argare n campo dehl'estimazione 
complessa iper rendere possibile la inJIPugnazione (in terzo .grado innanzi alfa 
Commissione centrale ed eventualmente per due gradi innan2:i aU'A.G.0.), 
ma non si � mai ricorso ad un tale f.acii!issimo espediente e mai Jia giurisdizione 
ha avaMato simild tentativi. 

Infine nel .s~stema processuale � sempre rimasta dominante la regola 
deLla sospensione de1 giudizio di valutazione per la risoluzione di una questione 
pregiudiziale di diritt<> (imposte indirette) e de1 rinvio per rinnovare il 
giudizio di valilitazione {imposte dirette). � vero che H problema diventava 
pi� difficile ne1 processo innanzi aH'A.G.O., che non era di impugnazione; non 
si escludeva peraltro nemmeno in questo caso una possibili.t� di rinvio alla 
commi,ssione d:1 meriiito. 

Oggi comunque � stabrnta con precisione la regola de1 rinvio quando a 
seguito della decisione de1 giudice di .terzo grado occo11re ripetere (<> compiere 
per la prima volta) H giudizio di mera valutazione. Quali e quante 
possono essere le questioni di diritto connesse o pregiudiziali ad una valutazione, 
esaurita la decisione di queste, resta un pr<>blema di pura stima 
quantitativa (valutazione estimativa) � che deve essere affrontata dalla com




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche, e ancor prima, di diritto, posto che, preliminarmente all'indagine 
volta ad accertare fa sussistenza del fatto ,tributariamente rilevante, 
sorge in siffatta situazione la necessit� di stabiJ1ire quale sia tal fotto;

1

occorre, cio�, da prima identif�oore la fattispecie normativa rper poi 
poter utilmente passare a 'Verif�caroe la reailiz:mzione in concreto. La 
insoindibillit� dei due momenti, pur fogicamente distinguibili, dei quali 
consta la composita, ma, ai fini qui considerati, unica questione cos� 
!insorta, si spiega con una ragione ,di economia processuale, essa consentendo 
di portare aH'esame del medesimo giudice, da'Voo.ti al quale 
hl profilo pi� strettamente di diritto sarebbe in ogni caso deducibile, 
anche e direttamente il profilo pi� strettamente di fatto, in guisa da 
evitare o da ridurre -in corrispondenza dell'area oggettiva e dellle 
fasi processuaLi in cui ta:le meccanismo opera -il frazionamento del 

missione di merito e non ipotr� mai essere affrontata, quali che siano le possibili 
connessioni, dal giudice .di terzo grado. 

E ci� non vale soltanto per la vera e propria valutazione estimativa (di 
quantit�) ma anche per tutte le questioni di puro fatto che si fanno rientrare 
neL concetto (allargato) idi estimazione sempLice; l'esistenza del fatto presupposto, 
la valutazione deUa prova, l'esistenza deWintento S\I)ecuLativo ecc., sono 
tutte questioni di mero fatto decidibHi solitanto daJJLe comm~ssionJ. di merito, 
Potranno sorgere accanto a queste, diverse questioni implicanti valutazioni 
giuridiche, connesse o pregiudiziaLi, ma Jia .decisione di queste questioni rimarr� 
sempre distinta e non .determiner� attrazione ohe possa superare la 
necessit� del rinvio. 

Questo naturalmente non significa che H giudizio di terzo grado � di sola 
legittimit� come quelilo di cassazione. A:l contrario tiJJ.1 giudizio � di medto 
(tranne che rper l'impugnazione per vizi del procedimento de1le decisioni di 
soLa valutazione estimativa), ma � sempre incentrato su una questione di 
diritto; quando questa esiste i1 giudizio � esteso anche al fatto che ne costituisce 
il presupiposto, ma mai aLla questione di� puro fatto. 

Mentre nel .giudizio di cassazione esiste La distinzione tra giudizio rescindente 
e giudizio rescissorio si che lia questione di diritto � giudicata in astratto 
disgiuntamente dal fatto, nel giudizio di terzo grado La ques.tione di diritto � 
giudicata in concreto unitamente ail fatto, ma nell'uno e nell!alrt:ro caso quel 
che rende ammissibile i~ giudizio � una questione di� appLicazione della legge. 

Potrebbe in oondusione dirsi, �per rendere 1pi� chiaro i1 concetto, che al 
fine di stabiLire 1',ammissibilit� delfimpugnazione di terzo grado occorre prima 
verificare ,l'esistenza di una questione di applicazione della legge (tributaria e 
non); ove questa esista .il giudizio che � di merito si estende a1 fatto che ne � 
il !Presupposto. Non sarebbe invece corretto il procedimento opposto, partire 
cio� da una questione �di mero fatto per stabHire se questa � complkata da 
questioni di diritto; La questione di mero fatto resta tale anche 'se accanto ad 
essa possono sorgere distinte, se pure .connesse, questioni di diritto. 

In ogni caso � sempre inibito aLle parti di modificare i hl.miti dellia potest� 
decisortlia del gdudice creando, pi� o meno art:ificiosaimente, connessioni o pregiudiziali. 


3) Quanto detto giustifica la particoliare configurazione del giudizio innanzi 
alla Commissione centrale, imperniata sul ricorso che .deve contenere i parti



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA� 435 

giudizio e de conseguenti complicazioni procedimentali di sospensione (da 
parte dell'origano 'eventualmente investito dii giurisdizione soltanto sul 
secondo profilo) o di rinvdo {da parte dell'organo eventuailmente investito 
di giur�sdi:zJione soltanto suil rprimo prof�.llo). 

Dalla adozione di un critetfo siffatto di delimitazlione dell'area della 
estimazione �Semplice deriva, dunque, che, una vodta insorta controversia, 
per esplicito o per �mplilcito, sul paradigma legale, anche l'accertamento 
del fatto storico da tarle ipamdiigma assunto tra i suoi elementi 
fuoriesce da quehl'area, con �l'ulteriore conseguenza che la medesima 
questione di fatto, secondo insorga oppur no insieme ad essa la coI'I'ispondente 
questione di qualificazione giuridica e cio� di indivliduazione 
del paradigma normativo alla cui stregua va individuato il fatto giuridicamente 
nMevante ai fini impositivi considerati, rimane fuori da detta 
area o vi rientra, con i correlativd effetti in punto di giurisdizione. Cos�! 

colari e specifici motivi. Non � dubbio che, se ipure La norma del1'art. 26 del 

d.P.R. n. 636 � moLto pi� stringata del corrispondente art. 46 de1 r.d. 8 lugLio 
1937, n. 1616, H ricorso ai1'~a Commissione centrare deve contenere, oltre aHa 
narrazione dei. fatti, l'dndicazione di motirvi spec[ci dai qua:Jli 11iswti, sia pure 
senza 1a necessit� del1a menzione ddle norme, quaLi censure di violazione di 
1egge si .intendono proporre. Non � di certo esatta la sent. 9 novembre 1979, 
n. 5779 (in questo fascicolo pag. 420) che ha ritenuto rientrante nel potere 
del giudice di terzo grado Ia indriviiduazione <li ufficio deLLa nol'ma da apip1icare 
in ddffo!'mit� deLle deduzioni delila parte. Sotto questo nigua!'do rn giuclizio �leLla 
Commissione centrale � a cognizione ristretta, come queno di cassazione. 
Ci� potrebbe sembrare contraddittorio posto che il giudizio di terzo 
grado, salvo iL limite de1'la valutazione estimativa, � di merito e in definitiva 
non mo1to diverso da quello d� aippelLo. 

L'articolazione in mdtivi si giustifica perch� i1 giudizio di terzo grado 

comporta sempre una questione di applicazione deLla legge, che � i1 .punto 

centrale della controversia, che ;pu� e deve essere enunciata in modo che 

risulti evidente quale norma giuridica si assume violata; 1a cognizione dei 

fotti verr� come conseglUenza dehla questione di diritto. Il giudice in questo 

caso giudicher� anche il fatto (come la Cassazione suHe questioni di giuri


sdizione), ma mai soltanto il fatto. 

In tal modo si � esc1uso che il motivo del ricorso al giudice di terzo� 

grado possa riguardare soltanto l�!l fatto; � lecita questa conoLusione posto che 

ghl artt. 26 e 40 deL d.P.R. n. 636 espressamente stabidiscono che i1 ricorso � 

proponibile ;per violazione di legge e questioni di fatto escluse quelle di 

valutazione estimativa? Esiste cio� una possibildt� di impugnare Jia decisione 

di secondo grado per motivi di mero fatto, diversi .daLla valutazione estima


tiva, ma che non comportano anche una vaLutazione giuridica? 

Si deve rispondere negativamente. Diversamente non sarebbe pi� sostenibile 
che i1 giudizio di terzo grado si pu� delimitare con �l'estimazione comp1essa. 
Le questioni di mero fatto sono di estimazione semp1ice, cio� di valutazione 
estimativa vera e propnia o di accertamento del fatto :presupposto 
deH'obbLigazione. Per poter ricorrere in terzo grado deve essere impegnata 
l'interipretazione o l'applkazione di una nol'ma giuridka, anche attraverso la 
contestazione della va11dit� di un negozio giuridico o di un atto amministra




436 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

almeno in larga paTte, si spiega la diversit� dehle conclusti.oni at,tinte daJJ.a 
giurisprudenm di questa Corte Suprema IIlell'applioazione concreta delle 
rnoz,ioni di estimazione semplice e ,di estimazione complessa con riferimento, 
fra :l'altro, propruo all'accertamento deLl'intento speculativo, considerato 
oggetto, talvolta, di estimazione semplice sul rilievo che si tratterebbe 
di una ques1Jione ,di mero fatto (Cass., Sez. Un., n. 1926 del 1975 
citata e, a questa puramente richiamandosi, Cass., 3 maggio 1979, n. 2553; 
Cass., Sez. Un., 26 febbraio 1963, n. 468), altra ,volta, :invece, cli. estimazione 
complessa sull'opposto ruHevo trattarsi di questione coinvo1gente 
un problema di qualificazione giuridica del fatto (Cass., Sez. Utn., 20 febbraio 
1969, n. 565; Cass., 19 fobbraio 1979, n. 1074; sostanzialmente anche 
Cass., n. 2899 del 1967 citata). 

La questione 'di .giurisdizione riproposta dall'Amministrazione dello 
Stato. con il primo mezzo va dunque ,risolta alla stregua del principio, 

tivo; il giudizio sulla norma si aHarga aHa cogmz1one del fatto sul quale 
spiega effetto. Potr� accadere in concreto� che 1'impugnazione � rivolta prevalentemente 
suL fatto peDch� .1a norma che deve essere aipplicata � chiara, ma 
deve sempre trattarsi di impugnazione che tende al<la applicazione di una 
norma. 

4) La decisione di terzo grado che apPlica la norma con cognizione del 
fatto � di merito, pronuncia direttamente su1 rapporto e quindi, se non deve 
essere dpetuto il giudizio sul'1a vaLutazione estimativa, non �omporta il rinvio; 
ib giudizio di terzo grado � infatti di gravame e non di impugnazione 
in senso stretto (annuHamento), ad eccezione de11'impugn�zione per vizi del 
procedimento� contro 1a dedsione di valutazione estimativa, che � invece di annullamento. 


Di conseguenza il giudizio di terz� grado, non ostante la necessit� deMa 
deduzione di specifici motivi, � simHe aLL'appeHo. Esattissima ed ihluminante � a 
tal pr�posito la sent.' 26 settembre 1978, n. 4321 (ivi, 1979, I, 70) che ha precisato 
come i1 giudice di terzo grado deve decidere nel merito, senza rinviare, 
anche se nei precedenti gradi non � mai stata pronunciata decisione di 
merito per essersi risolta la lite su una questi�ne 1preliminare; la decisione. di 
terzo grado, come queLla di appeHo, sostituisce la pronunzia impugnata e 
quindi, se supera le eccezioni preliminari su!Je quaili le precedenti decisioni 
si erano arrestate, pu� bene essere di merito, anche se � la prima che interviene 
su1 .punto. 

Il giudice di terzo grado non potr� invece pronunciare nel merito quando 

rileva che iL giudizio nei precedenti gradi debba essere rinnovato perch� infi


ciato da un vizio radicale di difetto di contraddittorio o di. irregoLare compo


sizione del coHegio; in t�l caso deve essere disposto H rinvio al ,secondo o al 

primo grado {art. 29 in relazione aWart. 24); egualmente il rrinvio deve rite


nersi necessario (art. 353 1c,p.c.) quando il giudice di terzo grado riconosce 

sussistente ;la g1ul'.1isdizdone de1le commissioni negata nei gradi ,precedenti. 

� evidente 1che �la decisione di terzo grado, anche quando rinvia, � sempre 

definitiva e immediatamente impugnabile (Cass., 28 aprile ,1979, n. 2469, ivi, 

19.79, I, 755). 

5) H concetto di estima2lrone �complessa con hl quale deve del~mita11sI il 
giudizio di terzo grado, bench� affinato soprattutto con riferimento aL}e im



�m. 
, �m. 
, 
PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 

secondo cui, nel previgente contenzioso tributario, si � fuori dall'area 
della estimazione semplice, tm l'altro, quail!do si controverta non soltanto 
suHa sussistenza in fatto degli elementi che si assumono costitutivi 
-neill'an e nel quantum -dell'imposizione tI1ibutal1ia (nel caso 
di specie: l'h1tento specu1ativo), ma anche sia in discussione, per esplicito 
e rper implioito, la identifica2lione in diritto della fattispecie lega!le 
impositiva, di guida che oocorra risolvere questa ultima questione, per 
indiVliiduare quali siano i fatt:i giuridicamente r�:levanti, al cui accertamento 
si deve procedere: 'sioch�, quando sia in �discussione non solo 
il fatto, ma anche, e prima, il suo modello legaile, rientra neHa competenza 
giu<risdizionale del giudice ordinario la cognizdone de11'mtera questione 
e quindi anche l'accertamento della sussistenza, o meno, in con


.creto del 'fatto ritenuto giuridi1Camente riilevante. 

poste dirette, vale per tuti i tributi; de1 resto anche per le imposte indirette 

si ha una vasta esperienza sulla distinzione che un tempo dava Luogo aLla 

competenza di diverse �commissioni. 

L'estimazione si .presenta tuttavia con caratteri differenziati nelle diverse 

imposte. Nelle imposte di registro e di �Successione 1a determinazione della 

base imponibile consiste in una valutazione a stima dei valori di mercato (� 

un probLema preva1entemente tecnico); a1 contrario neWI.V A. Ia base impo


nibU.e si determina con la ricapitolazione di tutte le operazioni. imiponibili (� 

un pr�blema di prova storica), a meno ohe non si proceda ad accertamento 

induttivo. NeHe imposte dirette si combinano questi due caratteri in quanto 

la base imponibile pu� discendere sia da11a determinazione di valori normau 

sia daLla individuazione degli eventi che hanno dato iluogo a rincavi ed a 

costi. 

Come ben si vede la valutazione a stima secondo i valori correnti � la 

pi� tipica estimazione semplice suMa quale raramente, e so1o in via pre


giudiziaLe, .possono innestarsi questioni di didtto. Nelila determinazione della 

base imponibiLe mediante la ricostruzione degH eventi che hanno determi


nato H fatto economico, da condurre col rospetto di precise regoLe, � pi� 

frequente 1a possibi1it� di dover affrontare valutazioni giuridiche. 

In base a questa constatazione si � tentato (BASCIU, Riflessioni in mar


gine alle c.d. questioni di fatto relative a valutazioni estimative, in Riv. dir. 

finanz . .., 1978, I, 659) di delimitare i1 giudizio di terzo grado in reLazione al 

tipo� di accertamento oggetto deLI'tmpugnazione, Limitando per� L'indagine alle 

imposte dirette. Quando � accertato il reddito effettivo sulla base della veri


fica dei fatti storici che lo hanno prodotto, non si procede a valutazioni in 

senso tecnico; quando invece viene accertato H reddito medio (come ne1 caso 

dell'accertamento induttivo) si compie una vera valutazione. Ne~ primo caso 

si dentra sempre nei poteri del giudke dD terzo gr.ado, nel secondo ordinaria


mente no. 

Questa teoria, pur ben costruita, non persuade. Innanzi tutto essa � troppo 

generica. La controversia, che non sempre involge l'intero accertamento pu� 

avere oggetti disparati che vanno verificati caso per caso; anche ne1l'accerta


mento analitico del reddito effettivo possono rientrare valutazioni vere e 



438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Orbene nella specie -ed ecco emergere la connessione del primo 
mezzo con il secondo e con il terzo -gi� nel 1giudizio di rner.ito davanti 
al Tribunale e IJ?Oi aJ.1a Corte d'appeHo era insorta questione, :prima ohe 
sulla esistenza in fatto dell'intento speculativo, su1la sua necessit� dn 
diritto secondo il paradigma normativo della fattispecie impositiva e, 
comunque, sulla sua nozione esatta 1alla stregua di questa. Da un lato, 
invero, i1l Loi (cfr. p. 6 e ss. dell'appello pvinoipale) aveva fatto fin dall'inizio 
questione circa il momento al quale andava rifevito, ovviamente 
a :tevmini del paradigma novmativo, il"accertamento della esistenza di 
siffatto intento; dall'iailtro l'ammdnistrazione finanziaria (cfr. p. 8 della 
comparsa �di risposta ed appello inddentale) aveva dedotto che �sarebbe 

. . 

stata di per s� sufficiente wla tassabilit�� de1le plusvalenze in controversia, 
ovviamente ancora a termini dello schema legale, � fa connessione 
del reddito realizzato con la sfera economica nella quale operava
� il Loi. Tanto che 1a Corte di appello, prima di procedere aH'apprezzamento 
di fatto civca ila esLi.stenza dell'intento speculativo, ha avvertito 
l'esigenza di premettere, in diritto, il'affermazione della sua ne-

proprie (valori normald) sulle qualii va a cadere .l'impugnazione, mentre l'accertamento 
del valore medio pu� importare questioni di diritto. 

Ma soprattuto non sembra sostenibile che l'accertamento dei fatti storici 
da cui discende iL reddito effettivo (dvo1to cio� a verificare la completezza, 
la veridicit� e l'esattezza deLla dichiarazione) .possa essere interamente devoluto 
ail giudice di terzo grado, anche 1se riguarda meri fatti. Lo stabilire se, 
in via di fatto e di vaLutazione deHa prova, la dichiarazione � completa (se ad 
es. alcune operazioni economiche sono state omesse), non pu� essere materia 
del giudizio di terzo grado. 

In definitiva si vorrebbe identificare la valutazione estimativa con lia 

stima in senso tecnico e quindi ricomprendere ogni altra questione ne1 giu


dizio di terzo grado, restringendo cos� il concetto .di estimazione semplice. La 

determinazione de1La base imponibile, finch� resta un problema di quantit�; 

non esorbita dahla estimazione semp1ice. Non sembra peraltro che .possa giu


stificarsi la diversa considerazione deLla valutazione di quantit� a seconda che 

ad essa si giunga ricostruendo il reddito effettivo o apprezzando H reddito 

medio o ancora con il criterio misto, molto diffuso nella pratica, di apportare 

correttivi di reddito medio alla base :analitica della dichiarazione deL 'reddito 

effettivo. Nulla autorizza a concludere che l'accertamento analitico (o le compo


nenti: di esso oggetto di 1impugnazione) sia inconciliabi:le con la va1utaMone 

estimativa. 

1Sembra dunque di dover tornare al criterio deHa estimazione complessa, 
riferibilie ad ogni tiipo di accertamento e ad ogni tipo di imposta, per verificare, 
in ogni specifica controversia, se siano dedotti motivi che esorbitano 
dalla va1utazione estimativa, .intesa oltre che come stima tecnica, come ricerca 
{vailutazione delwa prova) dei nudi fatti: che compongono i1l presupposto dell'imposizione. 


CARLO BAFILE 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

cessit� alla stregua de1la disciplina normativa; la individuazione del 
momento in -cui, ancora secondo lo schema legale, esso deve sussistere 
ai fini della tassabilit� della �plusvalenza; infine, la stessa sua nozione 
giuridica, sia in generale, che con 11iferimento in part]colare a'l commercio 
dei titoli aZJionari. Ed appunto Ia prima e 1a terza di taili proposizioni 
�.n diritto formano oggetto delle censure daill'ammind.stra2lione 
svolte, rispettivamente, con il secondo motivo (che, quindi, prospetta 
soltanto una nuova argomentazione girtm1dica in OI'dine ad un problema 
di dd.ritto -appunto Ja necessit�, o meno, de1l':i<ntento speculativo gi� 
'dibattuto in causa, ed � pertanto ammissibile) e con fa �prima parte 
del terzo motivo. 

Onde deve negarsi che sussista ill difetto di wiurisdizione denunziato 
con il pr.imo motivo che va respinto. 

Parimenti infonda.to � :iJl .secondo motivo. 

� padfica nella giurisprudenza di rquesta Corte Suprema l'affermazione 
che la di:sdp1ina tributaria anteriore alla legge 5 gennaio 1956, 

n. 1 -.disciplina certamente applioabile al caso, trattandosi di plusvalenze 
rea1izzate nel 1955 ed attesa la .retroattivit� (Cass., 4 giugno 1975, 
n. 2225; Cass., Sez. Un., 18 settembre 1970, n. 1575; Cass., 11 �luglio 1963 
del 1876) della cita legge, n. 1 del 1956, trasfusa nel testo uruico, n. 645 
del 1958 -va interpretata, pur in mancanza di una esplicita disposi-, 
zione ail �rigua11do, nel senso che fa .plusvalenza, per .costituire reddito 
tassabile, deve ricollegarsi ad un'attivit� di speculazfone del soggetto o 
anche ad un intento speculativo (Cass., Sez. Un., n. 1575 dcl 1970 citata; 
Cass., n. 2899 del 1967 citata; Cass., 11 <luglio 1963, n. 1879; Cass., n. 1876 
del 1963 oitata). N� a conclusioni diveI'se pu� condurre, con riferimento 
specifico afrle plusvalenze azionarie, il richiamo a1fort. 3 de11'ahrogato 
codice di commercio, dov�endosi corn:Hvidere, al 11igua'lido di siffatta tesi 
non pi� riproposta dall'amministrazione �.n tempi recenti, l'opinione negativa 
espressa con costante giurisprudenz,a dailla commissione centrale 
quando ne fu Jinvestita (Sez. Un., 24 novembre 1945, n. 79346; Sez. I, 
12 maggio 1946, n. 82032; sostanzialmente conforme Sez. I, 28 aprile 1945, 
n. 75599; Sez. I, 24 maggio 1958, n. 556~), sul rilievo che fa qualificazione 
come :commerciale di un atto da parte �di quel codice importava l'assoggettamento 
di esso alla 1disciplina delle �leggi commericiali, a1lora di.versa 
dalla comune diiscip.Iina civile, ma non :iJmportava pure che 1Jale 
atto, in dipendenza soltanto dalla detta qualificazione, fosse preo!1dinato 
aid uno scopo speculativo e dovesse per conseguenza considerarsi necessal1iamente 
tale ai 1diversi effetti della disciplina tributaria, lin rapporto 
a11a quaile, invece,. la finalit� speculativa dell'atto in 1concreto posto 
in essere dall'agente deve sussistere ed essere accertata come reailt� 
storica. 
� invece fondato, nei limi1Ji delle considerazioni che seguono, il terzo 

mo~ivo. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Non trova r,~scontro nel reale contenuto de11a decisione impugnata 
l'affermamone della dcorrente, secondo cui la Corte d'appello avrebbe 
� identifilcato ilo speculatore con colui che degli affari fa ['oggetto abituale 
della sua attivit�, in tal modo postuliaIJJdo una profes,sionaH.t� che... 
non � richiesta �. 

Invero la Corte di merito {cfr. rp. 15 de11a !Sua sentenza) si � limitata 
a ravvisare �nella frequenza di orpera21ioni �similari poste in essere dal 
soggetto� soltanto �una circostanza sintomatica� deM'dntento speculativo, 
cos� individuando nelQ'a:bitua:lit� non l'essenza della speculativit�, 
ma un mero :indice rivelatore di essa, e ritenendola quindi soltanto 
rudonea, in astratto, a fondare una presunmone, in concreto rimessa all'apprezzamento 
libero del giudice. 

Ma la Corte d'appello � ancora effettivamente in errore quando, dorpo 
avere correttamente ravvisato, in generale, J'operazione speculativa nell'aqudsto 
di un bene con d!I preordinato intento di alienarlo 'ad un prezzo 
supeniore, ed avere sottolineato come un intento siffatto deve preesistere 
al momento de:H'acquisto in guisa da preordinare �l'ii.nte<ra operazione 
di compera e successiva rivendita al conseguimento della plusvalenza, 
ha poi enll!IlZiato una nozione dd intento speculativo peculiare 
a1le �plusvalenze rreaJ.izzate meddante �la vendita ,dd titoli a2tlonari �, dicendo 
necessario � in linea di principio �, rispetto ad esse accertate che 
� :l'aoquisto dei titoli azionari ,sia stato determinato... dal deliberato proposito 
,dd compiere una certa at1liwt� volta a farr elevare ar1lificiosamente, 
in un prossimo futuro, la quotazione delle azioni onde rivenderle ad un 
prezzo superiore a quello di acquisto � (cfr. pp. 14 e 15 sentenza impugnata). 


In tal guisa, la Corte di merito ha configurato, ad fini defila tas-sabildt� 
de11e plusvalenze azionari.e, una nozione 1giur,idioa di intento speculativo 
in cui � rilchiesto un quid pluris rispetto a quello necessario rper 
la tassabiJlit� di ogni altra plusvalenza di diversa provenienza, che non 
trova alcun riscontro nella elaborazione 1giu:ni.srprrudenziale e dottrinale 
del -concetto con riiferimento 01lla dis-ciplina legale del 1877, n� neHa successiva 
sua t'raduzione in norma positiva ad opera, :prima, della legge 

n. 1 del 1956 e del successivo t_esto unico n. 645 del 1958, e poi, del d.P.R. 
29 settembre 1972, n. 597. Al contr�rio, l'intento speculativo, che, in 
ambiti e secoIJJdo criterii diversi in ciascuna ddle tre d1isdp1ine susseguitesi 
nel tempo sulla materia, condiziona la tassabilit� delle plusvalenie; 
ha una ,configurazione normativa unica per tutti gili oggetti suscettibili 
di comme11oio e si risolve nel prorposdto di ,acquistare un bene per 
poi -rivenderlo ad un prezzo aumentato, non importa per quali ragioni, 
al fine di lucrare la differenza positiva; il'eventuaile disegno ,dd influire !in 
qua:1che modo sul me11cato allo scopo di favorire ~a lievitazione del 
prezzo, quando rkorra, potr� 'rendere di tutta ev1denza l'intento specu

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 

lativo, ma non � un elemento necessario della fattispecie legale, questa 
realJi.zzam:dosi pur quando l'agente confidi I�.n run positivo andamento deilla 
vicenda mercantile anche indipendentemente da un qualsiasi intervento 
deviante, suo o di altri (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1979, :n. 6028 -Pres. Vigo
�rita -Est. Gualtieri -P .M. V.a:lente (corrf.). Soc. TerminilLlo Residence 
(avv. Galantuoci) c. Min1stero delle Finanze (avv. Stato d'Amico). 

Tributi erariali diretti -Imposte fondiarie -Fabbricati -Agevolazione per 
le case di abitazione non di lusso -Licenza di abitabilit� -� necessaria. 
(legge 2 luglio 1949, n. 408, art. 13). 

L'agevolazione dell'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408 sull'imposta 
sui fabbricati presuppone la dichiarazione di abitabilit� che non pU� 
avere equipollenti; l'effettiva abitazione, rilevante per la diversa agevolazione 
prevista dall'art. 17 della stessa legge, non pu� valere ai fini dell'art. 
13 (1). 

(omissis) Con '1'umco motivo del ricorso, den~iando violazione dell'art. 
13 legge 2 ti.ruglio 1949, n. 408, in relazione agli artt. 111 Costituzione 
e 360 n. 3 codice di rito, la soc. Termini11o Res1qence Exicelsior deduce 
che ila Coim:nissione Tributaria Centrale ha errato nel ritenere che non 
spettavano �d essa ricorrente le agevo1a2lioni fiscali iprev1ste ,dail citato 
art. 13 sul presupposto che ila mancanza del cermficato di abitabHit� delfedificio 
costituiva un 0stacolo insuperahlle alla concessione dehle stesse, 
mentre avrebbe dovuto tener conto sia dell'effettiva oocuipazione degll� 
appartamenm, sia del fatto che essa societ� aveva rpToposto oprpositlone 
011 veTbaile 171, costituente un puro atto di rappresaglia avverso ['azione 
del1a societ� medeSI�ma, 'diretta a far soiogliere hl silenzio-rifiuto del 
Comune di�. RI�.eti. 

Inoltre la Commissione a.nzidetta non avrebbe considerato che il 

rilascio de11a licemia ric]:.esta ai sensi del rJd. 27 luglio 1934, n. 1295 si 

configura come atto pienamente autonomo rispetto agli aicCeTtamenti. di 

carattere specificamente rurban[stico ed ediHzio, lin quanto ila [i<::enza c.d. 

di abitabi�it� rilasdata ai sensi dell'art. 221 t.u. sulle [eggl� sanitarie co


stituisce solo un acce!l"tamento dell'insussistenza di cause di insalubrit� 

ed � tipko atto del sindaco quale ufficiale idi governo per J:a tutela dii 

fini igienici e sanitari. 

La censura � infondata. 

(1) Decisione di evidente esattezza. 

442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A norma dell'art. 13 !legge 2 luglio 1949, n. 408, recante disposizioni 
per l'incremento delle costruzioni edilizie, � 1concessa !l'esenzione ventidnquennale 
cl:a!ll'imposta sui fabbrioati e relative sovrimposte alle case 
di abitazione, noiD. aventi H carattere di abitazioni di Jusso, Ia cuii costruzione 
sia ini:z,i:ata entro il 31 dicembre 1953 ed ultimata entro i1l biennio 
succesSiivo a1l',inizio {tali termini hanno subito numerose proroghe in 
virt� di dispos!izioni di leggi posteriori) a far tempo � da:1la data di 
dkhia:ra:done di abitabilit��, 

Dalla chiara esrpresS'ione letterale della norma .�Jn esame nonch� daille 
fina:1it� perseguite del legisiatore si evince in modo inequ!ivocab:ile che 
la suddetta diohia:razione costituisce .condizione �indispensabile per ipoteT 
fruire dell'agevolazione fiscale. Ta:le tesi, come ha esattamente osservato 
la Commdssfone Tributada Centrale, trova conforto proprio nell'art. 17 
della stessa legge n. 408 del 1949, fa1ddove il 1legislatore ha previsto a1JJiche 
l'ipotesi dell'effettiva abita:zrl.one, disponendo che �ai trasferimenti di 
case, costruite.ai sens1i dell'art. 13, che abbiano foogo entro quattro anni 
daUa dichiarazione idi abitabillit� o daill'effettiva �abitazione, � aocoridata 
la riduzione a1Ia met� dell'a:rnposta di registro e al quarto dell'imposta 
ipotecaria �. � di tutta evilidenza � che il Iegisfatore ha posto sullo stesso 
piano il 1requiisito dell'effettiva abitazione e que1lo deMa dichiarazione 
di abitabilit� soltanto quando si tratta di stabilire la decorrenza del 
termine di quattro anni entro il quale il trasferimento delle case cui 
all'art. 13 pu� avveniire a tasso agevolato per quanto cOilJ.cerne J'i:rnposta 
di registro e fimposta ipotecaria. 

Orbene, !l'avere egili cons'iderato all'art. 13, relativamente all'imposta 
sui fabbricati, al fine di stabilire :l'ilJJiizio deHa esenzione venticinquennale, 
so�ltanto ila ,c],ichiara:z,ione di abitabilit�, induce ad eso1udere .che gli effetti 
di tale dicJhiaTazione possano essere iattcibuiti ad altTa diversa documentazione. 


'La decisione impugnata, essendosi attenutta ai suespbsti principi, 
non merita 1oensura (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 dkembire 1979, n. 6381 -Pres. Sanduilli 
-Est. Borruso -P. M. Grossi {conf.). Ministero deUe Finanze 
(avv. Stato D'Avanzo) c. Castioni (avv. Avezza). 

Tributi erariali indiretti � -Imposta di successione -Presunzione .per mobili, 
danaro e gioielli -Inventario di eredit�' beneficiata -Requisiti Effetto 
verso gli altri eredi -Si produce. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; cod. civ., artt. 485 e 510). 
L'effetto di superare la presunzione legale posta dall'art. 31 dell'abrogata 
legge sulla imposta di successione � attribuito non all'accettazione 
con beneficio di inventario, ma all'inventario inteso come docu


'\ :-: 

f: 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA' 443 

mento compilato con le previste garanzie; conseguentemente l'inventario 
che sia stato compiuto con l'osservanza della forma e dei termini previsti 
dalla legge civile da uno degli eredi accettanti con beneficio di inventario 
giova anche agli altri eredi che hanno accettato in modo puro 
e semplice (1). 

(omissis) Sostiene la Finanza che fa Corte d'appello di Mhlano, nel 
ritenere vinta ne11a specie La presunzione legale <li esistenza nell'asse 
ereditario di . gioieli denaro e mobilia, avrebbe vd.olato l'art. 31 della 
:legge n. 3270 del 1923 nonJch� gli �artt. 485 e 510 oeod. civ. in quanto: 

1) i coeredi Castioni, ad eooezione di Werina non avevano mai 
compiuta alctllila diahiarazione individuale di accettazione dell'eredit� 
col beneficio d'inventario; 

2) i suddetti coeredi avrebbero dovuto, anzi, rendere [a suddetta 
dichiarazione ii.n1dividuale idi accettazione con benef�lcio d'<inventarrio entro 
il perentorio termdne di 40 giorni dal compimento di quest'ultimo, ai 
sensi del tassativo disposto dell'ultimo �comma dell'airt. 485 cod. civ.; 

3) 1'aipp1icazione estensiva del beneficio consentita dalil'art. 510 cod. 

civ. non ipu�� pi� operarre nel momento in �cui nei riguardi degli altri chiamat!
�. siasi -come nel caso iin esame -�gi� verificata una autonoma 
fattispecie acquisitiva deM'eredit� pura e �semp1ice. 
Con l'ultimo punto del motivo di dcorso la F1nainm assume ipo!�. che 
la Corte d'appello -decidendo ila .controversia sul nilhlevo mai prospettato 
dalle parti che, ai fini del superamento de1la presunz!i.one fiscale, 
l',arrt. 31 della legge 3270 del 1923 avrebbe soltanto riohiesto fa completezza 
e la tempesthnit� deHa redazione dell'inventario, sioch� sarebbe 
a .tal fine indifferente che tutti o .solo taluni dei chiamati abbiano o meno 
oocettato �l'eredit� col beneficio d'inventario -avrebbe finito col giudicare 
� extraipetita � vd.olando cos� 1'1art. 112 cod. proc. civ. 

Le prime tre censure possono essere esaminate cong!i.untamente, ii.nddendo 
tutte :sulla medesima questione se, qualora vi sia una pforalit� 
di chiamati dei quali alcuni in possesso ed uno o pi� alrtri non in 
possesso di beni ereditari, ['inventario compiuto da uno di questi ultimi 
nel termine prescritto diaill'aTt. 487, �secondo comma 1cod. dv. ma oltre 
il termine di tre mesi dall'apertura della successione, fissato dall'art. 485 

(1) Con altra recente decisione (29 marzo 1978, n. 2689, in questa Rassegna, 
1978, I, 614) era stato affermato che fosse valLdo agli effetti della prova contraria 
un inventario comunque fatto nelle va1ide forme, anche se formato da 
1m soggetto {ne11a specie Legatario) non legittimato ad accettare con il beneficio 
del1'inventario. Sono da confermare le perplessit� sul1a validit� di un inventario 
(sia pure inteso come documento) compilato senza le premesse sostanziali (accettazione 
con beneficio) sul1e quali dovrebbe produrre effetto. 

444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

rper g1i altri chiamati possessor.i di beni ereditari, sia didoneo al fine di 
escludere per tutti J'applicazione delLa presunziione posta dalil'art. 31, 
pnimo comma, della fogge nributaria suille successtioni 30 dioembre 1923, 

n. 3270, in base al quale, nel!le trasmissioni a causa di morte, si presume 
I

il'esistenza .di gioielli e cli 1denaro tin ragione del 2 %' del vailore totale 
degli altri beni della eredit� e di mobilia fil ragione del 5 %. 

I

A ta11e questione ila Corte d'appello idi M~liano ha dato u:oo. esatta 
soluziione, come rHevasi dal capoverso del medestimo airt. 31 {non modificato 
nella parte �Ohe qui interessa dalla legge 31 ottobre 1966, n. 948) 
ove �si Jegge: � Al su aocennato criterio presuntivo non si iricorre solamente 
quamdo: 

-da invennari di tutela o idi eredit� beneficiata o fallimentare o 
fatti fil seguito ad apposizione �di suggelli, disposta dall'autorit� giudiziaria 
immediatamente dopo d'apertura della successione, risulti un 
vafore minore od anche l'inestistenza assoluta �di gdoielilii. denaro e mobilia; 

-dagli stessi inventari o da atti o dichiarazioni delle parti Tisuilti 
un valore superiore. In tali casi 1S1i ha riguardo al v�alore dei gioielli, del 
denaro e deJla mobiJlia quaile risulta da detti documenti. 

Dailla predetta disposizione, rinterpretata nellla �sua lettera e nella 
sua � ratio �, nei .suoi dettagli e nel suo complesso, TisUJlta chiaramente 
che: 

1) i<l Jeg1sfatoire ha attribuito l'effetto di 1superare la presunzione 
legail.e posta nel rpTimo comma del citato art. 31 non al beneficio d'mvenitario 
(cio� a que11a particolare �situazione di diritto ti.n. virt� dellla 
quale !L'erede risponde dei debiti ereditari soltanto � !infra et non ultra 
vires hereditatTs �), bens� all'inventario inteso come 1documento, futto per 
godere del suddetto beneficio. 

Se cos� non fosse, non si spiegherebbe, h1fatti, perch� il medesimo 
effetto di superare Ja presunzione legale � de quo � sia accordato dail. 
legis!latore anche per 1g1i inventari fatti in situazioni tip�IChe �diverse dal 
beneficio d'inventario, come nel ooso del]il'apertura idi un.a rutela, della 
wchdarazione di un :l'a!hlimento o della ,gemplice �apposizione di suggelli 
dillsposta dall'autorit� giudiziaria. Tale convincimento � avvalorato da!Lia 
considerazione che il citato wt. 31 (compreso nel capo III de1la legge 
del 23 intitolato: �Dei beni soggetti ahla ta:ssa di successione e del modo 
di determinarne il vail.ore �) si preoccupa di stab~lire non gi� i Hmiti 
dclla a:<esponsabiilit� degli eredi, bens� esclusivamente il vaJore, agli ef-. 
fettJi fiscali, dell'eredit� globalmente intesa e .di ricorrere, per [a ricostruzione 
di tale effetivo valore, ad una presunzione legale per quei beni 
mobiili dei quali -come per il denaro i gioielli e Ja mobilia -gil.i eredi 
possono appropriarsi senza alcuna :formalit� e ohe, �pertanto, essi sono 
sol:iiti non denunciare al Fisco agli effetti dell'imposta successoria. Questa 
essendo la ratio deHa suddetta presunzione -legale, ben si comprende 
come il fogislatore ne abbia previsto il superamento in tutti i cas!i. nei. 


PA.RTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

quali ila reale consisterrna de1l'asse ereditario (minore o maggiore di 
quella presunta per legge), sia accertata da un inventario compilato 
con le tipiche garanzie che fintervento di un pubblko u:ffioiale e il Tigoroso 
1rispetto di una determinata procedura giudizia,nia {art. 769-777 cod. 
proc. civ.) assicurano t(cfr. in senso anailogo Cass., �Sent. n. 2689 del 78 
e 2683 del 72); 

2) il legislatore non ha minimamente preteso che l'inventario, pe:r 
vincere ila presunzione di cui trattasi, dovesse essere compiuto immediatamente 
dopo 1l'apertura delila successione o, comunque, non oltre 
un certo termine particolare, limitandosi a rprete.ndere che, per 1lalle effotto, 
l'dnventario sfa fatto entro i tel'lllini previsti dal cOld. civ. Ha s� 
preteso immediatezza, ma soltanto per J'aipposizione dei suggeHi, non 
gi� per .l'inventar.io redatto dopo la iloro apposizione. Eppure gi� nel 
vigore del codice civile del 1865 (vigente al momento dell'emainazione 
de1la legge tributaria sulle successioni del 1923) ~�erede che si fosse trovato 
�nel possesso reale dell'eredit�� (come si esprimeva l'art. 959 di 
quel codice) poteva fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura 
della successione, mentre quehlo che .non fosse stato nel suddetto 
possesso �conservava sempre iii diritto di .fare J'inventario, ove non fossero 
state proposte contro di 1Jui istanze, fin.ch� il. tempo rper accettare 
non fosse prescritto� (art. 962). Nella indubbia c0I11sapevo:Iezza di una 
siffatta discipHna giuridica il legislatore fiJsoaile del 1923 avrebbe potuto 
ben prevedere termini brevissimi speciali iper la compilazione degJi ;in. 
ventari �donei a far superare ila presunzione di cui ail citato art. 31 qua!lora 
avesse riconnesso, come motivo di fondo, talle idoneit� alil'dmmediatezza 
de1l'linventario: il non ave:rtlii imposti non rpu� non essere segno della 
iTrHevanm ,ohe ha attribuito a rtale immediatezza, quando la rispondenza 
delil'inventario al vero sia garantita -a prescindere dal momento in 
cui sia �stato ricostruita la reaile consistenzia dell'asse ereditario -da:l 
fatto 'Ohe sia eseguito da un pubblico ufficiale nella stretta osservanza 
della procedura giudiziariia. P.i� precisamente, 1si potrebbe; forse, sostenere 
che uno 1speciale tel'mine dnvalicabhle di natura fiscale vi sia in 

proposito: e questo potrebbe essere quello di 4 mesi -rper la dicmairazione 
di accettazione col beneficio d'inventario {con conseguenti riflessi 
sul termine per dli oompimenrto delfinventario) da1la morte del �de 
cuiiu:s � se questa 1si � verificata in Italia (o di 6 ovvero di 18 se si � verificata 
fuori d'Italia rispetJ1Jivamente in Europa o altrove). Ci� pe.roh� 
l'art. 56 ultimo comma della citata legge del 1923 dispone che, in ognli 
caso, ila predetta dichiarazione deve essere fatta, ai :fimi fisoaili, entro 
il rtermine predetto (che � pO!i quello stabi[iito rper la denunzia tributaria 
di suocesslione). Ma non � quii il 1caso di risolvere tale questione, in 
quam:to ila dkhiara:zJione di accettazione con il beneficio d'!inventario fu 
resa da Pierina Castioni ben prima che scadessero quattro mesi dalla 
morte del padre. 


446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se, dunque, a prescindere dall'ultima 1consi!dera2lione ,sovraesposta i 
termini e ile forme previsti nehla legge civile devono essere rigorosamente 
1r1spettate per superare 'la presunzione di cui al oitarto art. 31 come 
� stato sempre ritenuto dalla giumsprudenza di questa Corte {dr. da 
:ultimo in tal 1senso Cass., ,sent. n. 2048 ,del 79, 3487 del 75, 3665 del 74, 
463 del 73), pena la reviviscenza deLla presunzione di cui trattasi, se, in 
a:lt:re .pardle rper suiperarila � necessado non fa compilazione di un qualsiasi 
inventario ma soltanto quello che costiituisce requiis:i:to perch� !il 
chiamato all'eredit� possa goder� del beneficio d'inventario, ci� � peroh� 
solo mediante tale rigorosa osservanza 1si ha quella garanzia dd 
ser.iet� che il fogislatore ha preteso, non gi� perch� VI� sia una maggiore 
vioinan:z;a nel tempo al momento in cui, aperta fa successione, denaro 
gioielli e mobilda avirebbero potuto essere fatti� agevolmente sparire. 

Questo, certamente, � un pericolo che avrebbe :potuto essere evitato 
dal leg[1sfatore fiscale attribuendo efficacia liberatoria dalla rpresunzione 
�de qua� soltanto alla apposizione immediata dei siggilli (entro un teirmd.
ne brevi!ss,imo che invece manca anche nella ,legislazione fiscale) pericolo 
che non pu� negarsi esista quando l'invental1io di eredd,t� beneficiata 
sia redatto entro i terrnini prevLsiti dal codice oiviile {o anche 
<lal citato art. 56 de11a [egge 1Jr1ibutacia �SIU'lle successioni) in quanto tali 
termina, in ogni caso, sono cos� ampi da non assicurare affatto che il 
pericolo dell'occultamento sia scongiurato. 

Da tutto d� deriva che sarebbe andare al di l� di quanto voluto 
dal legislatore, imrpedire ai coeredi Castioni di �superare fa presuI12l�one 
� de qua � sol perich�, in tal modo, 'S� riconoscerebbe efficaJCia ad un inventario 
:fatto 1tr.a lil terzo e il quarto mese daH'apertur.a della successione 
~anzich� entro i tre mesi) e, quindi, meno immediato. 

Devesi, pertanto, concludere che quando un .inventario �sia fatto neJ.['
osservanza rigorosa 1di rtutte le modalit� e di tutti ii tevrmni pre'Wsti 
per l'acquisizione del relatJiV'O beneficio (come iiudubbiiamente nellla specie 

�quello richiesto da Pderina Castioni), tale dooumento offre tutte le garanzie 
di seriet� pretese dal legislatore rper il -superamento della presunzione 
di cui ail dtato art. 31, -sioch� perde qualsiasi importanza accertare, 
in tal oaso, se il sUJddetto beneficio, iindiscutihllmente rag�giunto 
ailmeno da uno dei coeredi, possa, per effetto delJJ.'art. 510 cod. civ. essere 
esteso anche 1agli ,altri coeredi 1che l'applicazione dell'ultimo comma dell"
art. 485 vorrebbe gi� eredi rpuri e semplici per non aver richiesto 
d'ii.nvental'lio entJro 3 mesi dall'apertura della successione. Come torna a 
ripetersi, 1a questione di tale estensibi,Jdt� riguarda, infatti, ii li.miti del!la 
responsabilit� dei coeredi mentre l'art. 31 di. cui trattasi concerne il 
sistema rprnbatorio relativo alla 1consiiistenza dell'eredit� devoluta, consistenza 
rkositruJibi>le ~n base a presunzioni ~egal:i ,solo quando manchino 
determinanti documenti, tassativamente 1mdiJoati dal ilegis'latore, :Ldonei 
a ricostruirla ne1la sua :realt�, sicch�, una volta che tale consistenza ef



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

fettiva sia stata legittimamente acoertata dalJa F~nanza in base e per 
effetto di un documento degno di fede, esso non pu� non avere v�alore 
per tutti gli eredi in quanto sogg~t1li del medesimo raplporto tributariio. 

Quanto poi all'ultima censura prospettata dal ricorrente, � appena 
iJ caso di osservare che i THievi posti daili1a Corte d'appello a base della 
sua decisione attengono 01lil'interpreta7lione oggettiva d:i una norma di 
~egge, eseguita, sia pure d'ufficio e qUJi.ndi indipendentemente dalle argomentazioni 
degli appellanti, ma esclusivamente al fine di assicurare 
loro il bene da essi richiesto (cio� la riezione della pretesa fiscale), 
sicch� in essa non pu� mai ravvisarsi ailcuna extrapetizione (omissis). 


SEZIONE SETTI:MA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 febbraio 1979, n. 1212 -Pres. La 
Farina -Est. Sensa!le -P. M. Minetti {conf.). Societ� italiana per il 
gas ~avv. Guerra) c. Amministrazione difesa {avv. Stato Turin). 

Contratti -Capitolati d'oneri predisposti dalle amministrazioni statali 
per regolare i propri contratti -Natura regolamentare per i contratti 
interessanti lo Stato. 

(r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 45; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 7, 88; d.m. 20 giugno 
1930, n. 35). 
Contratti -Mancata �approvazione -Rilevanza sull'obbligo di adempimento 
del privato contraente -Esclusione. 

(r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 103; r.d. 18 novembre 1?23, n. 2440, art. 19; legge 
20 marzo 1865, n. 2248, ali. F, art. 336). 
Contratti -Fornitura esegUita parzialmente -Risoluzione per inadempimento 
-Necessit� di .preventiva assegnazione di un termine per le 
ulteriori consegne -Esclusione. � 

(d.m. 20 giugno 1930, n. 35, art. 72). 
Contratti -Cauzione definitiva -Natura -Incameramento in ipotesi di 
madempienza -Prova del danno subito dalla p.a. -Necessit�. 

(r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 54; d.m. 20 giugno 1930, n. 35, artt. 20, 23). 
Le condizioni generali d'oneri approvate con d.m. 20 giugno 1930, 

n. 35, per gli acquisti di vestiario ed altro da parte dell'Amministrazione 
della difesa hanno valore ed efficacia di fonti normative secondarie (di 
natura regolamentare) e l'interpretazione fattane dal giudice del merito 
� sindacabile in sede di legittimit� (1). 
Poich� l'approvazione costituisce requisito d'efficacia del contratto 
per la pubblica amministrazione e non anche per l'altra parte la sua mancanza 
non esclude l'inadempimento del contraente privato (2). 

(1) Giurisprudenza costante, della quale � offerto ampio panorama critico 
da G. RoEHRSENN, I capitolati d'oneri, in Rass. lavori pubblici, 1980, I, 1. 
Cass. 19 novembre 1971, n. 3331, dtata in motivarione, s1 legge in questa 
Rassegna, 1971, I, 1518. 
La giurisprudenza � pure pacifica nel riconoscere natura negoziale ai capitolati 
generali d'oneri in quanto richiamati' nei cohtratti di Enti pubblici 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 449 

In ipotesi di esecuzione soltanto parziale di una pubblica fornitura, 
correttamente � ritenuta l'inutilit�, ai fini della rescissione del contratto, 
della preventiva assegnazione di un termine perentorio per le ulteriori 
consegne quando l'obbligato abbia gi� offerto di eseguire la propria 
prestazione secondo modalit� non consentite dalla legge (3). 

La cauzione prevista dagli artt. 17 e segg. delle Condizioni generali 
d'oneri per gli acquisti di vestiario ed altro da parte dell'Amministrazione 
della difesa-esercito, approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, non � 
assimilabile alla clausola penale ed ai fini del suo incameramento l'Amministrazione 
� tenuta a fornire la prova del danno effettivamente subito 
dall'inadempimento dell'altro contraente (4). 

(omissis) Con il primo motivo la � Societ� irta:liana per il gas �, quaJe 
inco11pora:nte della soc. � C.L.E.UJC.A. �, denun2Jia ilia violazione e la 'falsa 
appHcazione degli artt. 17 e 20 dehle � Oondi:ziion!i generaili d'onero�, a'.PIJ1"0vate 
con d.m. 20 giugno 1930 n. 35, e dell'art. 1382 cod. civ., in �relazione 
all'art. 360, n. 3 'cod. rproc. civ., icenS1Urando Ja sentenza impugnata per 
avere -la Corte di merito -erroneamente attcibuito a!lla cauzione 
prevista nelle citate � Conldizion!i � (ohe riiproducono testualmente ['art. 5 
delle Condizioni genemli del Ministero dei Lavori Pubblici, approvato con 

diversi daMo Stato: v. in ta!l senso Cass. 20 marzo 1972, n. 850, in Foro it., 
1972, I, 3221. 

(2) ~pHcazione di principio pacifico. Ne~ senso che 1'ineft�cacia del contratto 
,per mancanza dehla prescritta approvazione pu� essere dedotta solo 
da1l'Amministrazione e non da1 contraente privato, cfr. Cass; 116 aprile 1970, 
n. 1061, in Giust. civ., ,1970, I, 1632. 1SuMa facolt� di recesso deH'aggiudicatario 
per la scadenza de} termine previ\Sto .per ['approvazione Cass. 19 giugno 1975, 
n. 2467, in questa Rassegna, .1975, I, 764. 
(3) A sensi della legge 6 ottobre 1950, n. 835, la fornitura oggetto del 
contratto era riservata aHe industrie del centro-sud e i1 contraente (privato aveva 
nelila specie chiesto, dopo una parziale esecuzione, di essere autoriz2lato ad 
effettuare le u1teriori consegne con merce prodotta in un proprio stabilimento 
del nord, adducendo 1a sopravvenuta cessazione per motivi tecnico-economici 
deM'attivit� deLlo stabilimento meridionale. I giudici di merito hanno ritenuto 
che la richiesta equivalesse ad ammissione di definitivo inadempimento. Tale 
valutazione, condivisa dailla Cassazione, irisulta ineccepibile, una vo1ta che 1'a1lestimento 
de11a merce con (partico1ari modaLit� doveva ritenel1Si elemento essenziale 
del negozio. 
(4) SU!lLa funzione de1La cauzione definitiva e su11a differenza di questa 
dal1a dausola a:ienale oltre che da!lla caparra penitenziale e daUa 1caparra confermatoria, 
cfr. Cass. 5 aprile J974, n. 97�1, in questa Rassegna, ,1974, I, 1459. 
La richiamata Cass. 26 gennaio 1978, n. 360, in questa Rassegna, 1978, I, 132, si 
sofferma particolarmente suLl'esaurimento della funzione de11a cauzione con la 
conolusione del1o svo1g1mento del contratto, escludendo �'utilizzabilit� della 
cauzione stessa, dopo H ooHaudo, per i1 pagamento de1le retribuzioni ai lavoratori 
dipendenti dal1'appa1tatore. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 16 foglio 1962, n. 1063) Ja natura e [a funzione di :olausola penale, 
confondendo tre istituti che le �Condizioni� tengono ben distinti e cio� 
la cauzione provvi,soria di cui all'art. 12 (che funge da oaparra confirmatol1ia), 
le multe previste in misura fissa dagli art. 69 e ss. ~che ih:anno una 
finalit� sanzionatoria per il caso d'inadempimento, prescinidendo dal 
11isarcimento del danno) e fa cauzione (ohe realizza una garanzia reale 
gener.ica, .finalizzata ad assistere qualsiasi ragione d� credito effettivamente 
esistente a favore delll'Amminisrrazione, senza rperailtro esonerarla 
mlla prova sia dell'esistenza del danno, .sia del SUO �mmontaTe). 
Con iil 'secondo motivo la soci~� ricorrente denunzlia !iJ vizio di 
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della 
controversia prospettato daMe parti (art. 360, n. 5 cod. proc. civ.), censurando 
la sentenza impugnata rper non avere -Ja Corte d� merito svolto 
un'adeguata mda!�i'.Ile suglii elementi differenziatori dclJa cauzione 
di cui aigli artt. 17 e ss. dalle multe previste dagli artt. 69 e ss. delile 
� Condizioni generali d'oneri � e per avere, da un lato, riconosciuto [a 
pattu.i2lione di una clausola penale e, dail!l'a:ltTo, ritenuto Jegittimo J'!incameramento 
parziale della cauzione ad opera dell'Amministrazione, !incompatibHe 
con fa funzione deJla olausola penale di anticipata liquidazione 
del danno ed �in vidlazione al precetto deilJ'a:rt. 1384 cod. oiv., che riserva 
soltanto al giudice la riduzione della penale. 

Con :il terzo motivo la ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 27 
del d.m. 20 giugno 1930, n. 35 ed H vizio dii contraddittoriet� della motivazione 
su un punto decisivo della controversia prospettato dal1le parti 
(art. 360, n. 3 e 5 cod. proc. civ.), censure la sentenza !impugnata per 
avere esolUJSo -Ja Corte .di merito -ohe, prima dell'apprmnazione del 
contratto n. 17367 ~di cui non era inmata l'esecuzione) da parte del 
competente Minist~o, fa soc. � C.L.E.D.C.A. � potesse efficacemente recedere 
dal contratto e� per avere, quindi, configurato come inadempimento 
il legittimo esercizio de.hla potest� di recesso. 

Con ti!l quarto motivo, !infine, ~si denunzia il vizio di omessa motivazione 
su Uill punto decisivo della controversia {ar.t. 360, n. 5 cod. iproc. 
civ.) rper non avere -[a Corte d'appello -rilevato, in relaziione al 
contratto n. 17197 {parzialmente eseguito), ohe ['Amministrazione, prima 
dii ritenere risoJto H contratto stesso e. scaduto il termine utiile per la 
consegna, awebbe dovuto 'assegnare aJ contraente iprivato .un te11mine � 
perentorio rper '1e ulteriori consegne, e decorso :inutilmente tale termine, 
far eseguire in danno del fornitore inadempiente fo consegne non eseguite 
(art. 72 e 76), anche !in ossequio al principio della formalit� e tdpilCit� che 
regola tl'attdv.it� amministrativa. 

A\ll'esame delle prospettate censure deve rpremettersi che, in relazione 
ai due contratti di fornitura n. 17197 del 18 aprile 1968 e n. 17367 del 
5 Jugliio deUo stesso �anno, si controverte fra Je parti sia deHa configurabilit� 
dell'iinademipimento deH'dmpresa fornitrice sia deil!le conseguenze di 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN. MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

esso e oio� della Jegittimit�, mailgrado il'inademrpimento, dell'incameramento 
da parte de11'Amministrazione della oau;;o;ione versata dalla soc. 

� C.L.E.D.C.A. � all'atto della stipulazione del contratto. La societ� ricorrente 
nega che vi sia stato inadempimento da parte sua: quanto al 
secondo contmtto, di cui non era stata iniziata -l'esecuzione, perch�, 
prima ohe esso 'ricevesse la prescritta approvaziione del Ministero delila 
Difesa, la societ� fornitrice, con la lettera -del 29 ottobre 1968, aveva 
mamfes1ato la ;volont� di recesso ed aveva esereitato ~a relativa potest� 
concess�a:le da11'art. 27 del capitolato generaile di oneri (terzo motivo); 
quanto ai! primo contratto, parzialmente eseguito, peroh�, a norma d�gl� 
artt. 72 e 76 delJle � Conwioni � '1'Amministmziione avrebbe dovuto assegmire 
alla 1societ� un tennine ~ntorio per le ulteriori consegne e, solo 
dopo il'inutile decorso di esso, avrebbe potu1o ritenere risolto il contratto 
(quarto motivo). La societ� �riCOIU"ente sostiene, poi, che anche nel caso 
in CUi fosse <eonfigumbiJJ.e i�Jl. >SUO maidempimento, il'AmmfilistraZione non 
avrebbe potuto incamerare fa oauzione, vevsata ai sensi dell'art. 18 delle 
� Costituziioni �, senza la prova dell'effettivo danno subito, perch� detta 
cauzione non pu� essere inquadrata 111el10 sohema della cl81U1Sola penale, 
ma costituisce un pegno irregolare o una garanzia reale generica (primo 
e secondo motivo). 
Un'mteriore precisazione si rende, �preliminannente, necessaria in 
ordine al sindacato di questa Corte circa l'interpretazione deil:le rcondiziiorui 
generali d'oneri, che, secondo J'Ammiruistr�aziione resistente, sarebbe escluso; 
sailvo il controllo che siano state rispettate ile regole giuridiche di ermeneutiica, 
trnttandosi di disciplina avente 111atura neg_?ziale. 

Pi� volte questa Corte ha affermato che disposiziiom contenute ne11e 
Condizioni generali d'oneri hanno natma ed efficacia di norme regolamentari, 
sempre che si tratti di contratti interessanti il'Amminti.strazione 
statale, nei �ui confronti :hl privato contraente � dn una posizione di 
subordinazione. ohe �giust:i'fica [a sua sottoposizione ailla potest� regolamentare. 
In tali termini e con preciso riferimento ahle Condizioni generali 
d'oneri per gli acquisti dli vestiario ed ailtro da iparte de!ll'A:mminist!
l'azione del!l.a Difesa-Esercito, approvato con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, 
l'affermazione � ripetuta ne11e 1sentenze 12 giugno 1968, n. 1568; 23 Juglio 
1969, n. 2766; 19 n�v:embre 1971, n. 3331 e n�n � sostanziailmente smentita 
da:Ha p!i� recente decis[one n. 4386 del 12 novembre 1977, ipur se con questi 
si � riconosciuto H potere del gi:udilce di ridurre equamente Je multe 
previste negli artt. 69 e ss. dehle citate Condizioni generali nel loro 
conoreto inserimento nel contratto, sul presupposto de11a prevalenza 
della disciplina primaria ed foderogabile dettata .dall'art. 1384 cod. civ. 

Tale affermazione discende dalla considerazione ahe, nel vigente ordinamento, 
frequentemente la legge prevede fa pos-sibfilit� che disposizioni 
!l'egOilamentari vengano adottate con decreti ministeriaili. Per ci� che attiene 
a11e Condizioni d'oneri, il'art. 45 del rJdJI. 23 mal$gi�O 1924, n. 827, conte



452 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nente norme per l'esecu:zfone del d.lgt. 18 novembre 1923, n. 2440, sull'amministraizone 
del patrimonio e sulla contabiilit� generale delJo Stato, 
stabilisce ohe i oapitolatii d'oneri, per ogni genere di contratto, sono 
approvati da ciascun Miniistero; e risulta emanato in conformit� al 
d.ilgt. 2240/23, che, all'art. 7, prevede i capitolati d'oneri ed, ahl'art. 88, 
conferisce al Governo '1'inoarico di modificare le no:mne vigenti dn materia, 
con faCOilt� di emanare ogni altra disposizione di complemento, di coo11dinamento 
e di attuazione. 

Trattasi, dunque, di una disciplina che, malgrado sfa, dal punto di 
vista formale, manifestaz;ione di potest� amministriativa, ha natura sostanzialmente 
normativa, anche se derivata e secondama, ed aisisume tale 
efficacia dn virt� della iprevdsione che � contenuta, con ca1rattere generale, 
in provvedimenti iohe hanno natura nomnativa primaria. 

Se ne 11iicava il corollario che, .quando la controversia verte sulla 

interpretazione non del regolamento patttlzio degl'dnteressi patrimoniald 

riservati aiLl'autonomia privata, ma dehle nomne delle Condizioni generali 

direttamente ed in s� considerate, tale interpretazione � smdacabile 

lin sede di ~egittdmit� e l'esame delle norme anzidette 11ientra nei compiti 

istituzionali di questa Corte. 

Fatte .queste precisia:z;ioni, 1l'esiaime del terzo e del quarto motivo, con 

i quali 1si nega l'inadempimento della soc. � C.L.E.D.C.A. �, deve logica


mente precedere quello dei primi due, che postuilano l'esistenza del


rnnadempimento e vigua:rdano Je coDJseguenze che se ne devono trarre in 

ordine ai :diritti ed agLi obbldghi dellle parti. 

Le censure formulate con il terzo e con il quarto motivo sono 

infondate ed in relazione ad esse ~ ricorso Via rigettato. 

L'art. 27 delle CondiZJioni d'onerii, premesso ohe rill contratto deve 

ottenere ['approvazione del Ministero o dell'autorit� aill'uopo delegata 

entro t1re mesi dal giorno dehla sua stipulazione, 1staihi!lisce che, in caso 

di ritardo oltre ti1 detto termine, l'aggiudicatario avr� ddritto dli ottenere 

lo scio~imento del contratto e potr� essere !liberato dal suo dmpegno, 

noti:ficanido all'Amministrazione appaltante 1.l!Ila dichi!arnzione contenente 

taile 1sua volont�. 

Di fronte 1ail 1chl�ro dettato .dehlia disposizione, non � censurabHe il 

convincimento della Corte di merito, secondo cui fa lettera del 29 otto.
bre 1968 (con la quale !l:a soc. � C.L.E.D,C.A. �, nel comunicare [a cessazione, 
per ragioni teonico-economiche, dell'attivit� del suo stalbilimento 
di Napoli, chiese di essere autorizzata ad effettuare le ulteriori forniture 
con naiftaHna iprodotta ncllo 1stabi1imento di Fidenza), lungi dal contenere 
Ja prrescritta diohiarazione di rrecesso, esprimeva fa voJont� di procedere 
ailla esecuzione del contratto con modalit� non consentite dalla legge 
6 ottobre 1950, n. 835, che rdservava alle industrie del 1centro-sud Je forniture 
in questione, ed equivaleva ad una 1ammissione di definitivo 

inadempimento. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

N� :pu� condividersi l'assunto da:lfa ricorrente, secondo cui non pu� 
configurarsi dl suo inadempimento in 'relazione aid un contratto non 
an!cora a:p:provato e, 'qu�ndi, non ancora efficace. �La risposta fornita da:hla 
sentenza impugnata � certamente �corretta. Dato che nei contratti ad 
evidenza :pubblica .!'attivit� dell'Amministrazione, non diversamente dalla 
sua attivit� unilaterale, � volta ail perseguimento del pubbliico interesse, 
la successiva approvazione, .f�.TIJalizzata al controllo dell'attivit� amminisllratdva, 
costituisce un requisito di efficacia ideHa manifesta:z;ione di 
volont� della pubblica amministrazione e non anche di quella del privato, 
la oui dmmediata efficacia discende dail vincolo �contrattuale, a prresoindere 
dallla sua successiva approvazione (hl che, avverte la Corte d'appehlo, 
�, nel caso, espressamente previsto d!aH'airt. 12 del contratto stesso). 

Ne consegue che 1l'inadempimento della societ� ricorrente non � 
esduso dalla mancata approvazione, che, anzi, � contenuta nell'atto 
con il qua:le l'Amministrazione ha manifesta:to Ja volont� ,di consiiderare 
risolto hl contratto, rpr�prio sul presupposto de111'ol1lllrui accertato inadempimento 
dell'altro contraente, tale da non rendere necessaria ['approvazione 
di un contratto destinato aHa risoluzione. 

Del pari, la sentenza impugnata� si sottrae alle censure formulate 
con il quarto motivo, avendo, con motivazione logicamente coerente, 
considerato, in relazione al contratto gi� approvato e :parzialmente eseguito, 
che, non potendo fa � CL.E.D.C.A. � completare la fornitura con 
le modalit� previste nel contratto ed avendo chiaramente manifestato 
tale .impossibilit� con la Iettera del 29 ottobre 1968, J'assegnazione del 
termine ;perentorio, ;previsto dall'iart. 72 idehle Condizioni d'oneri, 11isuJ� 
tava ormai inutill:e. Non vane obiettare che, oon taile motivazione, la Corte 
di merito ha violato il principio della tirpioit� degH atti amministrativi, 
che qui non � pertinentemente invocato. Infatti, nel caso concreto, non si 
tratta di stabilire se le .finalit� d'interesse :pubblico che fa 'legge assegna 
ad un determi<rmto atto amministrativo possano essere realizzate a!l di 
fuori dell'esercizio di una formale attivit� di diritto pubblico e se al 
conseguimento di quei fini �sia preordinato un certo tipo di atto, ma si 
tratta di valutare H comportamente dell'Amministrazione, impostole daHa 
disciplina negoziale, e di stabHire, nel concorso dd U!Il reciproco ~naidempdmento 
di obblighi 1oontrattuali, quale debba ritenersi prevailente in modo 
da giustificare quehlo deH'altro contraente, valutazione che [a Corte di 
merito hd compiuto con la corretta motivazione poc'anzi !richiamata. 

Dovendosi mantenere ferma J:a sentenza impugnata ne1la parte in cui 
ha affermato ['inadempimento della soc. � C.L.E.D.C.A. �, deve passarsi 
aH'esame dei primi due motivi di ricorso, ohe � necessario compiere 
congiuntamente, in quanto entrambi attengono alla qualificazione giuridica 
deMa cauzione prevista dagli artt. 17 e ss. delle Condizioni d'oneri. 

L'art. 17 'stabilisce che ailla sti:pulazione del contiratto, il deliberatario 

deve prestare la cauzione definitiva, che si distingue da que11a provvisoria, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

454 

prevista dall'art. 12 ed avente fa diversa finalit� di dissuadere ill concorrente 
aUa gara dal :sottrarsi, 'dopo J',aggiudioazione, alla sottoscrii;ione 
del relativo verbale o altla stipulazione de1 contratto. La cauzione definitiva 
-detta l'art. 20 -� sta a garanzia dehl'adempimento di tutti gli 
obblighi del contratto, dal risarcimento dei danni derivanti dall'inadempimento 
degilii obblighi stessi nonch� del rimborso delae somme pagate in 
pi� dahl'Amministrazione per conto dell'impresario inadempiente, salvo 
l'esperimento di ogni ailtra azione nel 'caso che l'Amministrazione lo 
ritenga necessario a tutela dei propri interessi�. La Corte di merito, 
:Erazionaniclo la citata disposizione in tre distinte .ipotesi (adempimento 
di tutti 1gli obblig:hi del contratto; risarcimento dei danni de:riiva:nti dall.l'inadempimento 
degli obblighi stessi; rimborso di somme erogate in pi� 
dail:l'Aimminist:riazione !in oaso di esecuzione d'ufficio in danno dell'assuntore), 
ha ritenuto che, con riferimento ailla prima ipotesi, la cauzione 
adempie ahla �stessa funzione della clausola ipenaile (art. 1382 cod. civ.), 
esonerando J:Amministmzione dalla prova del danno, che pu� anche 
mancare, a differenm deHa seconda ipotesi, 1che, riferendosi ad un !inesatto 
adempimento, impone all'Amministrai;ione l'onere deHa prova del 
danno subito. N� alla configurazione della cauzione come clausola penalle 
nella :prima ipotesi osta, secondo la Corte napoletana, ~a possibilit� del 
suo incameramento parziale (art. 76 deLla Cond. gen.), essendosi voluto 
espressamente reg�h�re, accanto ahla ipotesi d'inadempimento totale, 
disciplinata dall'art. 1382 cod. civ., a:oche queHa dell'inadempimento parziail�, 
senza innovare in ordine all'esonero dell'Amministrazione dailJa 
prova del danno, che possa essere eventualmente derivato da tale parziaie 
adempimento. 

La costruzione giuridic~ della cauzione, contenuta nella sentenza 

impugnata, non � convincente e contrasta con ~'affermazione di questa 

Corte, ohe, occupandosi dell'art. 5 del d.m. 28 maggio 1895, dal contenuto 

del tutto 1simile a quello dell'art. 20 del d.m. 20 giugno 1930, n. 35, ha 

riconosduto allla cauzione versata dall'appaltatore Ia funzione di dare 

garanzia all'Amministrazione appailtante di tutte �le obbligazioni del 

contratto, del risarcimento dei danni derivanti daill'inademp:imento delle 

obbligazioni stesse, nonch� del rimborso delile somme � eventualmente 

versate in pi� (Oa:ss., 26 gennaio 1978, 111. 360). 

Le Conidizioni generali d'oneri interessanti il caso concreto non 

consentono una .diveI1S1a interpretamone. 

La uni1Jaria disciplina deMa cauzione nell'art. 20 non ne consente 

una qual!if�cazione rpooivalente, 1ahe postuli �sul piano della sua disciplina 

una differenziazione d'ipotesi. La previsione di differenti ipotesi, ~ungi 

dal consentire un'arbitraria frantumazione delila nozione e della funzione 

della cauzione, ne impone una configurazione che si attagli, a tutte le 

ipotesi considerate. E se 1si tiene conto di taile impostazione, inquadrare 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

la cauzione ne1lo schema della clausola penale non � giuridioamente 
corretto. 

Oi� � confermato dail testo dell'art. 20, che, con <!'espressione �fa 
cauzione sta a garanzia... �, richiama concettualmente g!H estremi di una 
garanzia reale generica, finalizzata aid assistere qualsiasi ragione di 
credito effettivamente esistente a favore dell'Amministrazione; ed all'art. 
20 fa eco l'art. 23 che vincola la cauzione all'adempimento di �tutti� 
gli obblighi contrattuali del contraente privato. 

Ulteriore 1conferma si trae daMa considerazione che J'uso dclle parole 
�cauzione �, � cauzione in contanti �, � deposito cauzionale � viene �genericamente 
assunto nelJla 1Jratioa negoziale rper fodioare la funzione di 
garanzia attuata mediante la consegna ail creditore di una determinata 
quanvit� di cose fongibili (che rimane, perci�, nettiaimente distinta dal 
pegno, ma ohe realizza, per la natura stessa dehle cose adoperate, una 
pi� intensa funzione di garanzia �rispetto a quella assicurata dal pegno). 
Si tratta, 1Jer Jo 1Ji�, di denaro o di titoli di 1credito al portatore, consegnati 
a garanzia di crediti quasi sempre eventuali, nascenti da un pi� 
ampio ral>l>orto esistente fra [e parti. 

Lo_ ,schema normativo della dausola penale, deil. resto, mal si adatta 
a comprendere la cauzione <disciplinata dailile condizioni d'oneri, sia perch� 

l.a clausola penale si attua mediante un nego:zJio concettualmente autonomo 
per iil caso d'inadempimento o di ritardo ne!Ll'adempimento, mentre 
la cau:cione � �regOilata in modo da operare in relazione ad ipotesi anche 
diverse; ,sfa ipereh� la previsione di un incameramento parziale della 
cau:z;ione non si addice alla <Clausola ipenale, che Tealizza una liquida:cione 
fissa e predeterminata del danno e che 'riserva inderogabilmente al 
giudice hl :potere di ridurre fa penale in .caso di adempimento parziale o 
di ammontare manifestamente eccessivo di essa. 
A talle interipretazione non osta la' riserva, fotta all'Amminlistrazione, 
di ogni ailtra azione nel caso ohe essa .io Titenga necessario a tutela dei 
propri interessi, �Ohe, per la sua ampiez:zia e genedcit� e iper la sua operatiwt� 
in relazione �a tutte Ie diverse ipotesi contenute nell'art. 20, non pu� 
essere equiparata ad una convenzione di risarcibilit� del da111Ilo ulteriore, 
che riellla �disciplina della olausola 1penale imipedisce la .limitazione del 
ds�arcimento a1La penale e non esonera, per la differenza, dalla prova del 
idainno effettivo. N� argomenti contrari possono trarsi dall'art. 76 nella 
parte in cui prevede, come conseguenza defila �rescissione� del contratto, 
la confisca de11a cauzione. Infatti non p{i� dubitarsi che non si tratta 
di 1confisoa amministrativa, sanzione repressiva 'di un iJleoito amministratJivo 
inflitta con un atto ablativo deHa pubbHca amministrazione, da 
cui deriva che Ia cosa confiscata passi in propriet� di questa o comunque 
rimanga ad essa definitivamente 1acquisiita senza indennizzo. La confisca 
di cui all'art. 76 ha il pi� <limitato effetto di .convertire il titolo del 
possesso da parte dell'Amministrazione della caurione versata presso una 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

456 

sezione dehla Tesoreria iprovinoiale (art. 18), '.Per cui es1sa cessa di essere 
un deposito cauzionale per trasformarsi in una entrata patrimonia1le, 
senza pregiuilizio .per il limite delila risarcibilit� del danno effettivo. 

I primi due motivi deil ricorso vanno, pertanto, accolti e J<a sentenza 
impugnata va cassata con 1rinvio, anche per H regolamento delile spese 
di questa fase iprocessuale, aid altra sezione delila Corte di appello di 
Napoli, ohe 1si umformer� al principio, 1secondo cui ~a cauzione rprevista 
dagli artt. 17 e s�s. delle Condizioni generali d'oneri rper gH ocquisti di 
vestiario ed ailtro da rpairte dell'Amministrazione deMa Difesa-Esercito, 
approvate 1con d.m. 20 gtugno 1930, n. 35, non � ass1mHab:He aiLla clausola 
rpeniaile e non .� soggetta, quindi, alla disciplina degli artt. 1382-1384 cod. 
civ., ma costituisce una garanzia reale generica finalizzata ad assistere 
qualsiasi ragione di oredito effettivamente esistente a favore dell'Amministrazione, 
che non � esonerata dalla prova deil danno effettivamente 
subito a causa dell'inadempimento de11'a:ltro contraente (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE,, Sez. I, 19 novembre 1979, n. 6033 -Pres. La 
Farina -Est. Sandulli -P. M. Gl'imaldi (conf.). Amministrazione pp.tt. 
{avv. Stato Onufrio) c. Bichi. 

Appalto -Appalto cli servb.i -Rifiuto cli sottoscrizione del contratto formale 
da parte dell'aggiudicatario -Cauzione provvisoria -Incameramento 
-Ristoro dei danni ulteriori rappresentati dal maggior onere 
del nuovo contratto -Esclusione. 
(legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F, art. 332). 

L'aggiudicatario dell'appalto di un pubblico servizio che non si presti 
alla sottoscrizione del formale contratto riproduttivo dell'aggiudicazione 
oltre a perdere la cauzione provvisoria, legittimamente incamerata dall'Amministrazione, 
� tenuto al rimborso delle spese da questa sopportate 
per la nuova gara ma non pure al risarcimento degli ulteriori danni 
(nella_ specie indicati nel maggior prezza di aggiudicazione risultante dalla 
nuova gara) (1). 

(omissis) Con ['runico motivo, Ja ricorrente -:denunciata il.a violazione 
e Ja falsa ap:pJicazione degli 1artt. 332 delila fogge 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. F, sulle opere pubbliche; 65 n. 8 del r.d. 25 maggio 1924, 
(�1) Per una div�rsa vaLutazione delle conseguenze deL rifiuto dehl'aggiudicatario 
di addivenire a11a stipuLazione formale del contratto, cfr. Cass . .17 maggio 
1974, n. 1470, in questa Rassegna, 1974, I, 1468: in tale occasione il rifiuto 
di sottoscrizione de,l contratto fu .ritenuto inadempienza grave, ta1e da fondare 
i1 diritto de11'Amministrazione di rescindere i1 contmtto a sensi e per gLi effetti 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 457 

n. 827, regolamento ,per l'amministrazione del patrimonio e per <la contabfilit� 
deMo Stato; 1453 e 1223 cod. civ. -sii duole che la Corte del 
merito abbia ritenuto che l'aggiudioatariio delil'aippa:lto di un pubblico 
servizio, i1l quale 1si 1rif�.uti di sottoscrivere il contratto riproduttivo dell'aggiudicazione, 
sia tenuto -oltre iche ailla perdita de1la cauzione provvisoria 
-soltanto al rimborso dclle rsrpese del iriappai1to e non anche 
al risaraimento dehl'u1teriore danno subito dall'Amministriazione. 
La ,censura � infondata. 

La Corte d'appello, ha ritenuto che la persona rimasta aggiudicataria 
di un pubblico servizio, in un'asta disciplinata dailile Lleggi di contabilit� 
genera!le de11o Sta:to, la quale si rifiuti di sottooorivere !il forma:le contratto 
riproduttivo dell'aggiUJdicazione -oltre a perdere la cauzione rproV'Visoria 
che l'Amministrazione ha il diritto di incamerare -sia tenuta 
sol1Janto a:l rimboriso delle 1spese 'Vlive occorise :per il riaippa:lto della fornitura 
a prezzi maggiorati e non anche al risarcimento dell'ulteriore danno 
subito dall'Amministrazione per aver dovuto ricorrere al riappalto (consistente 
neilfa differenza tra la somma dovuta al nuovo fornitore e quehla 
che si sarebbe pagata aH'aggirudioatario inadempiente). 

�Secondo ila tesi de1l'Ammimstvazione ricorrente -fa qua!le non 
contesta l'rapplicabiliit� all'appalto dei servizi deHa norma de1l'art. 332 
deHa legge 20 marzo 1865, n. 2248, aill. F, sui lavori rpubblici, ritenuta 
dai1la pli� autorevole dottrina di applicazione .genetl'a:le -fa disposizione 
normativa contenuta nel citato art. 332, la quale stJabiHisce rche, ,in caso 

dell'art. 340 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F. � pure da ricordare che 
$econdo Cass. 22 novembre ,1971, n. 3373, in Giust. civ., ,1972, I, 918, 1'obbldgazione 
di prestarsi a:lla redazione del contratto formaJ.e funge da condizione risolutiva 
del contratto stesso (perfezionatosi col verbale di aggiudicazione) cos� da non 
richiedere un forma1e �pro\rvedimento di riso1uzione. 

Suhl'operata assimilazione, quoad effectum, della cauzione provvisoria ahla 
cilausola penate cfr., ~er a1tri riferimenti, Cass. 5 aprile .1974, n. 971, in questa 
Rassegna, 1974, I, 1459, e Jie diverse notazioni di Cass. 23 febbraio !1979, n. 1212, 
in questo fascicolo, relative per� alla cauzione definitiva. 

Pu� essere utile considerare che, nel caso esaminato da.Ma sentenza in 
rassegna, l'aggiudicatario aveva comunicato di non voler onorare L'impegno in 
quanto assunto per errore di cak:o1o e che, in ta1e prospettiva, sarebbe riuscito 
di qualJChe Interesse verificare se La definitivit� <lelfinadempimento (e non la 
mera inosservanza del termine per ia �Stipu1a del contratto formale) non 
va1esse a legittimare La pretesa al risarcimento deL maggior danno, del quale 
1'Ammini<strazion~ aveva fornito la prova. In effetti, i riildevi svolitID nelila sentenza 
suUa base di un letterale raffronto tra gili artt. 332 e 340 delila legge n. 2248/1865, 
aLL. F, non chiariscono perich�, ferma la natura meramente riproduttiva del 
contratto destinato a formaLizzare un vinco1o gi� perfezionatosi con L'aggiudicazione, 
l'aggiudiicatario inadempiente sia tenuto a1 solo rimborso delrle spese 
del:la nuova gara quando abbia Lasciato tota!lmente ineseguito Fobbldgo assunto 
e debba, invece, risaricire (anche) H danno ulteriore in ipotesi di �inadempienze 
attinenti aLl'esecuzione de1 contratto�, 



458 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

di :riifiuto del deliberatario di st~pU!lare il contratto, J'ammirustrazione 
pu� � procedere ad un nuovo incanto a 1spese del medesimo �, dovrebbe 
essere �interpretata nel quadro del principio generale secondo cUJi chi 
non adempie ad un'obbligazione � tenuto a 1risarrcire fintero danno ohe 
sia conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento, s� da ricomprendere 
nell'ambito coDJCettuale delle �spese� tutti g\li esborsi dovuti 
affrontare dailil'Amministrazione in conseguenza del riappalto della fornitura, 
.inclusa la SipeSa rper H suo maggior costo, giacch� -eqUJivalendo il 
verbale di aggiudicazione ad ogni effetto legale al contratto -il rifiuto 
deWaggiudiootario di sottoscrivere ,iJ formale negozio non differerebbe in 
nulla daJl'inadempiimento vero e proprio, onde dovrebbe essere sanzionato 
con l'integrale �risarcimento del danno. 

Tale tesri non � condivisibile. 

Il problema proposto attiene al semrp[ke profilo dcll'interpretazione 
delle statuizioni legisilative contenute negli artt. 332 e 340 della Jegge 
20 marzo 1865, n. 2248, all. F, sui lavori pubbiliiici. 

L'art. 332 dispone che � qualora :il deJiberatario non sia in misura di 
stipulare il contratto defimtivo entro il termine fissato nell'atto di deliberazione, 
J'amministrazrione potr� procedere ad un nuovo dncanto a 
spese del medesimo, <il quale perder� la �somma che avr� depositato per 
la sicurezza delil'asta �. 

I.I successivo art. 340 stabilisce ohe, .in oaso di inadempienza del 
contratto da parte de1l'appaltatore, a1l'amministrazione � dovuto ((il 
ri;;ardmento dei danni derivatile dalla stipulazione di un nuovo contratto 
e daM'esecuzione di ufficio �. 
Dalla interpretazione e dalla comparazione delle due norme su riportate 
appare �chiaro come 'la cauzione provviiso:riia, oltre a svolgere fa precipua 
funzione di garanzia, esplichi anche l'ulteriore funzfone di rprovvedere, 
automaticamente e forfettariamente, in caso di inadempimento, al ristoro 
del �conseguente pregiudizio. 

E -non potendo essere ridotta la cau2lione provvisoria, eccessiva 
nei suo ammontare, rper non essere prevista nell'art. 332 una siffatta 
possibilit� -deve ritenersi, per la medesima considerazione, che non 
possa essere chiesta dall'amministrazione ll:a risarcibilit� dell'ulteriore 
danno, non consistente nelle spese della nuova asta eventualmente 
indetta. 

Invero l'art. 332 consente all'amministrazione di pretendere, oltre 
l'incameramento della oauzione provvisoria, soltanto i1l rimborso delle 
spese della nuova gara, in quanto esso, non prevendo -�ail contrario 
dell'art. 340, .che si riferisce alle inadempienze attinenti a:Ha esecuzione 
del contratto -la rpossibHi!t� del risarcimento dei danni (ulteriori), non 
pu� non aver inteso escludere il ristoro degli altri danni. 


PARTE i, SllZ. VII, �ttJRtS. IN MATERIA l>I AC�UE llD APPALtt PtmBLICI 

Di .conseguenza -determinando 1a oau:z;ione provvisoria preventivamente 
.l'ammontare del rdanno, secondo ila valutazione discrezionale del:la 
pubbH!ca amministra:ziione, che !Ile 1stabilisce la entit� neLl'iavv.iso d'asta deve 
ritenersi infondata la ipretesa dell'amministrazione di ottenere oltre 
aJ.lla rriten:zJione della cauzione :provvisor1a ed al trimbo11so dehle spese 
del �riappalto, hl risarcimento dei maggiora d1ann[. 

L'unico motivo di ricorso �, quindi, da disattendere. 

In conolusione, H rkoriso va rigettato (omissis). 


SEZIONE OTIAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 14 dicembre 1978 -Pres. Giorgioni -
Rel. Faccini -P. M. Marucci (conf.) -Rie. P.M. c. Romeo. 

Peculato -Uso dell'autovettura di servizio per percorso casa-ufficio Distrazione 
-Insussistenza. 
(cod. pen., art. 314; r.d. 3 aprile 1926, n. 746, regolamento sul servizio automobilistico 

per le amministrazioni dello Stato, art. 4). 

Non commette il delitto di peculato per distrazione il pubblico funzionario 
che, fa uso dell'autovettura destinata al funzionamento dei servizi 
tecnici dell'Amministrazione (nella specie, Consiglio superiore della magistratura), 
per compiere vari percorsi cittadini, ivi compreso l'accompa� 
gnamento casa-ufficio (1) � 

.(omiss.is) Il Procuratore geinerale osserva linnanzi tutto che il 'ricorso 
� inammissibile nei confronti di Vittoria Todaro e Antonio Nardiell.o, 
poich� !iJ. medesimo Procuratore .generale chiese iil foro proscioglimento 

II peculato delle � macchine blu �. 
(.1) La sentenza, che risolve La nota questione deHe � macchine blu>>, � 
ipubb1icata sU!l Foro it., .1980, II, 178, con note critiche di P. CANAVELLI e di 

A. LENER. Ivi sono anche riportate la nota deHa Presi,denza del Consiglio dei 
Ministri ~ Ministero dei Trasporti e due decisioni in materia deilla Commhsione 
di controUo sugld atti delLa Regione Molise. All'indirizzo assunto daLla 
Cassazione con 1La sentenza che si annota si sono adeguati, nei numerosi pro� 
cessi ana1oghi nei qua:li L'Avvocatura ha assunto la difesa di pubblici funzionari, 
i giudici istruttori, che hanno emanato sentenze di proscioglrimento. 
Per la particolarit� deLla disdphlna legislativa appMcabiLe, si pubblica qui 
di seguito una memoria difensiva redatta in difesa di ta1uni dipendenti della 
Cassa per il Mezzogiorno, nei cui confronti � stata appunto emessa sentenza 
di proscioglimento. 

La comunicazione giudiziaria con 1a quale 1a Procura deMa RepubbLica di 
Roma infurma di procedere ad indagini su11a configurabilit� del reato di 
pecuLato continuato negli atti posti in essere per discipilinare il servizio di 
autovetture e di trasporto con a:utopulmans di dirigenti e de1 personale del!la 
Cassa per il Mezzogiorno, non costituirebbe, per La ben nota natura assoLutamente 
preliminare ed introduttiva di quest'atto previsto daWart. 304 cod. 
proc. pen. ne11a formuLazione di cui a1L'art. 3 della fogge 15 dicembre 1972, n. 773, 
ragione valida a giustificare una memoria difensiva in questa fase, se non 
ipremesse dimostrare, attraverso L'indicazione deLla speciale normativa che ha 


-


PARTE l, SEZ. Vii!, Git!RISPRtib�NZA PENALE 461 

con la 'stessa formula adottata nena sentenza di rpuimo grado: �perch� 
H fatto non costituisce reato>>, pur specificando �per difetto di do!lo �: 
la fo11muUia del proscioglimento l'esta comunque identica e non potrebbe 
certo disporsi iil rinvio a giudizio deg1i Mn.putati so!lo per un'eventuaile 
variante della sua motivazione. 

Osserva poi che ri:l >ricorso non pu� essere accolto nei confronti del 
Romeo. 

n problema si incentra tutto sull'esame dell'art. 4 del regolamento 
sul serv.i:ziio automobHistico per [e ammimstra:ziioni dello Stato aipprovato 
con r.d. 3 aprhle 1926, n. 746, al fine di � cooIXlinare e compJ.etare le 
norme che disaiJplinano l'uso degli autoveicoli � da parte di que1le ammirustrazioni: 
� con decreto da emanarsi dal ministero competente, di concerto 
�con quello per le finanze, 1sar� determ~Il!ato per ciascuna ammini


posto in essere quell'Istituto sui generis che � la Cassa per i1 Mezzogiorno, 
l!asso1uta regolarit� formale e sostanzia~e degli atti coII11piuti da1 suo Presidente 
e da1 suo Direttore Generale e quindi 1a totale inconsistenza de:lla 
notitia criminis, intorno a11a quale l'Ufficio de1 Pubbhlco Ministero intende 
indagare. 

* * * 

L'Ecc.mo ufficio precedente � gra m possesso, per averli chiesti alfa Cassa 
per il Mezzogiorno, che ha puntualmente adempiuto con nota 5 febbraio 1976 
all'ordine di esibizione, dei documenti concernenti il servizio automobilistico, 
sicch� iL compito di questa difesa � notevoomente facilitato dahla perfetta conoscenza 
che i1 Magistrato ha deliLa .situazione. I1 servizio di trasporto � stato 
deliberato daL consiglio d'amministrazione, per quanto concerne le autovetture 
destinate al trasporto dei dirigenti, nehla seduta del 29 ottobre 11953 ne11a 
quale si disciplin� organicamente e minutamente il servizio stesso e, nella 
sua fase esecutiva, con successivi ordini di servizio. 

la servizio di automezzi per iJJ trasporto del persona1e � stato invece deldberato 
�per 1a prima volta ne11a seduta del 27 febbraio 1957 neUa quale si 
determinarono gli itinerari, l'onere stesso (neJ.la misura di hlre .100 a carico 
de1la Cassa e di Lire 80 a carico de1 .personaLe). Suocessive deliberazioni de1 
consiglio d'amministrazione hanno, come � noto iprovveduto al costo deL servizio, 
a11'autorizzazione ai nuovi contratti, aWistituzione di nuovi itinerari, alla 
ripartizione de} modificato onere pro-capite, ecc. Le deliberazioni, atti come � 
pur noto collegiaili, risuLtano essere state prese con L'intervento dei componenti 
deliL'organo collegiale sufficienti ad iII11prirner Loro validit� ed efficacia 
giuridica e con ila presenza degli organi di contro11o [previsti dalla legge 
(coliLegio dei revisori dei conti). 

In questa limp1da situazione di fatto nella quale, se una impressione � 
.possibile trarre, essa � soltanto que1La di un particolare scrupolo ne11'attuazione 
esecutiva delle delibere e in una certamente non estensiva interpretazione de1le 
stesse (basti considerare ghl ordini di servizio 30 giugno 1954; 3-0 novembre 1956, 
5 a,pri�e 1960; aLlegato n. 8 senza data), resta da stabilire se ci si trovi di 
fronte a comportamenti leciti ed a legittimi atti amministrativi oppure no. 

11 pecuLato infatti, in ordine a1 quale l'Eoc.ma Procura indaga, sarebbe 
configurabi1e sola.mente se gli atti posti in essere fossero non solo illegittimi 



462 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strazione hl numero deg,1i autoveicoli da assegnarsi per hl funzionamento 
dei servdzi tecnici � � . � � 1in nessun caso � consentito ['impiego degli 
autoveicoM per ragioni personali �. 

Deve :im. proposito dlevarsi 1subito ohe rassegnazione deLle automobili 
statali alle varie ammilllist:razioni risulta autorizzata rcon :La stes,sa legge 
annuale del b11ancio de1lo Stato che contiene le �relative aprposrizioni nei 
singdli 1caipito1i di spesa; seguono quindi deoceti ministeriali di assegnazione 
ai diversi uffici; qu�stii infine emanano le disposizioni mteme per 

ll.a distribuzione e l'uso del:le vetture. 
Nella futtiisrpecie, come rammenta anche l'impugnata sentenzia, si 
ebbe il decreto interministeriale 12 marzo 1966 che assegn� 16 automobili 
al Consigllio �supel1iore della magistratura e quindi l'ovdine di servizio 
29 ottobre 1969 di quest'ultimo, che mise tre delle suddette veUure a 
disposizione dei magistrati segretar.i. . 

Ora, la siffatta regolamentazione emerge ohe ila singola amministrazione 
statale dispone rper :legge idi un �ceI'to numero di autoveicolii., desi


dal ipunto di vista amministrativo, ma, per la loro arbitrariet� e per iL dolo 
rp.enale con iL quaile fossero stati realiizzati, delle mere parvenze di atti amministrativi 
integranti neHa realt� 1a condotta criminosa descritta nella fattispecie 
dehl'art. 314 cod. pen. 

* * * 

Tanto per� non � dato affermare n� in ordine ali1a iHegittimit�, n� a 
maggior ragione in ordine ahl'illiceit� dei comportamenti che debbono essere 
presi in considerazione, se si tiene conto deILe norme che disciplinano L'attivit� 
degli organi della Cassa e si valuta La natura giuridica di questa. Come � 
noto, La Cassa per H Mezzogiorno, creata per la 'soluzione cooridinata ed organica 
dei (problemi .socio-economici deH'ltaliia meridionale, � stata concepita 
cmne un Istituto sui generis che, pur facendo parte deLl'organizzazione amministrativa 
de1Lo Stato, fosse fornito di autonomia giuridica e finanziaria, 
tanto che in dottrina, r.illevandosi esattamente Jie particolarit� funzionald e 
strutturaLi de1la Cassa, si sono prospettate diverise teorie suHa sua natura 
giuridica, tutte imperniate sulla � specialit� � del nuovo organismo. Alcuni infatti 
1a definiscono un � Ente ,statale � consiiderandoLa un quid medium tra la persona 
giuridica .pubbliica e l'Azienda di Stato, alitri la quaHficano come un organo 
straordinario dell'amministrazione deHo rStato, tesi quest'ultima ripresa in 
taLune affermazioni giurisprudenziali (v. Cass. dv., �Sez. III, 21 giugno 1974, 

n. 1863; v. Enciclopedia del Diritto, voce: Cassa .per H Mezzogiorno). Ma pi� 
determinante, ai fini di questa memoria, � considerare che la Cassa � un 
organismo ad hoc, dotato di disponibilit� finanziaria assicurata fino al termine 
stabiliito de11'espletamento dei suoi compiti, che ha per finaildt� istiJtuzfonafo 
esclusivamente questo espLetamento mediante attivit� qualificata come rivolta 
alila realdzzazione di opere pubbliche straordinarie e come .tale autonoma ed 
indipendente, sotto L'aspetto funzionale, dalil'ordinaria attivit� amministrativa 
dello Stato. Ai fini di garantire la spedita esecuzione del ,piano di opere 
straordinarie dirette ail (progresso economico e sociaLe deH'Italia meridionale, � 
stato previsto un 1congegno di finanziamento del tutto rpartico1are e diverso, 

l>ARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 463 

gnandone l'uso per il fun2'Jionamento dei :servizi tecn<ki con sue disposi


zioni �interne, ispirate ai noti criteri {fil discrezionalit� che le sono propri. 

L'ufficio dispone Ia ddstribuzione e la destina2'Jione deHe vetture, cui sii 

debbono adeguare i suoi .funzionarii, inter.pre1Jando � cos� ne]la maniera 

pi� idonea il !funzionamento dei suoi servi:zJi. 

Esso pu� dunque ritenere corri1spondente alle esigenze dello svolgi


mento dei propri compiti, fra 1l'altro, anche il'uso dell'autoveicolo da 

parte dii qualche .funZJionario, con autista, per compiere vari percorsi e 

itinerari dttad:ini, ivi icompreso l'accompagnamento casa-ufficio. 

H funzionario in tail modo non si appropria n� distrae alcunch� 

dalla destina:zJione di ufficio, dal momento che at:tua 1e disposiizioni 

dello stesso. 

E i dirigenti del medesimo, a loro volta, J.ecitamente e doverosamente 

individuano quelild che sono, a foro avviso, i mezzii migliori per :ili funzio


namento dei suoi 1servizi. 

quanto aLla fonte ed allla possibilit� di impiego, dagli 011dinari finanziamenti 
effettuati in base a1 bilancio de11o !Stato (v. Enciclopedia del Diritto, loc. cit.). 
Secondo la sua legge istitutiva e quehle successive di rifinanziamento e di proroga 
dehla sua durata, 1a Cassa ha una disponibilit� finanziaria o dotazione 
consistente in una raiccolta di somme di varia provenienza, somme che 1a Cassa 
non pu� destinare a scopi diversi (ove si eccettui il'attivit� strumentale necessaria 
per i1 raggiungimento delle finalit� istituzionali: cfr. Cass. civ., 21 giugno 
1974, citata), ma deve impiegare ne11a esecuzione delle opere aHe quali 
� preposta. Come � stato rilevato in dottrina, caratteristica di questa attribuzione 
di somme, nell'ambito dell'obbligo di destinazione, � la .libert� per la 
Cassa di utilizzare le somme stesse secondo La necessit� di quella esecuzione, 
disponendo anticipatamente di somme destinate ad eseocizi futuri, utilizzando 
residui, impiegando indifferentemente le somme disponibili per L'una o per 
l'altra categoria di opere, senza che questo impiego incontri iL vincolo costituito 
dailJJa distribuzione deglii stanziamenti nei dive11si oap�to1i di biJ.ancio. 
Questo sistema � queLLo normalmente previsto nella legge istitutiva ed in quelle 
successive {v. ad es. art. 17, legge 6 ottobre 19711, n. 453), mentre solo eccezionalmente 
talune Leggi hanno rprevisto, sempre nel .quadro di uno stanziamento 
di somme a favore deLla Cassa per il Mezzogiorno �svincolato dalil'anno finanziario, 
1a dpartizione dehle disponibilit� finanziarie nei vari campi di intervento 

(v. in questo senso art. 4, d.1. 6 marzo 1976, n. 33). Conformemente a tale 
caratteristica di autonomia e di svincolio da1 sistema finanziario e di bilancio 
dell'amministrazione ordinaria dello Stato, la Cassa non ha un proprio bilancio 
di previsione, ma un bilancio consuntivo che � sottratto aL controlilo del M�l!listero 
de1 tesoro. Infatti a norma de!L'art. 22 della .Jegge 26 giugno �1965, n. 717, 
H bilancio stesso � sottoposto aL Ministro per gli interventi stirao11dinari nel 
Mezzogiorno che Jo presenta annuaLmente al Parl:amento. 
Questo sistema legislativo ha un suo puntuale riscontro neLla previsione 
deg1i organi della Cassa e in (partico1are dei 1suoi organi ,di controllo: la fogge 
infatti, che attribuisce .L'amministrazione deWistituto ad un solo organo co11egiail.
e, �11 suo Consiig1hlo d'Amministrazione, prevede, come O.l'gano di riscontro 
e di controllo contabile e di 1legittimit�, il collegio dei revisori dei conti. Al di 



RASSEGNA DELL1AVVOCATURA DELLO STATO

464 

Ed invero, per � servmo tecnico� deve intendersi ogni att:ivtit� dell'uffi.
oio, 11'.lel ,suo ambito di competenza; cosicch� iil tliimite all'anzidetta 
discreziOll'.lalldt� 1saT� soltanto quello �indicato nel citato terzo comma delJ'art. 
4 deoreto dcl 1926: !':impiego deM'autoveicolo per iragioni per<sonali 
di carattere privato. 

�L'esame apprdfondito, infine, caso per caso, su1l'eventuale travalicamento 
di tale limite srpetta al giudice di merito, la oui valutazione di 
fatto � naturalmente insindacabile in questa sede di mera iegitt:imit�. 

1Per questi motivi, visti ig1li mtt. 387 e 531 cod. proc. rpen., chiede che 
la corte voglia irespinigere :ill ricorso nei confronti del Romeo e dichiararlo 
inammissibile nei confrOll'.lti dei coimputati �. 

fuori deL contro11o esercitato da questo Coli1egio, la Cassa non � soggetta al 
controlllo normalmente esercitato da11a Corte dei conti 1su1le amministrazioni 
dello Stato. 

* * * 

Se queste sono 'le disposizioni legislative che rdiscipldnano l'attivit� deLla 
Cassa per iL Mezzogiorno e dei suoi organi e se sono caratterizzate da una 
notevole specialit� che le differenzia dalla legislazione Ol'dinaria, se � vero che, 
come si � visto �Sopra e come risulta da11a documentazione esibita, che il 
servizio di autotrasporto rdei dirigenti e del personale � stato deldberato e 
disdphlnato neLla piena ortodossia e rispetto dehle norme di Legge (artt. 20 e 21, 
Legge 10 agosto .1950, n. 646; 9-17, d.P.R. 30 giugno .1967, n. 11523; art. 6, legge 
6 ottobre 1971, n. 853), non pu� in nessun modo escludersi la liceit� e la 
Legittimit� degld atti amministrativi posti in essere e dei conseguenti comportamenti 
del dr. Francesco Coscia. 

In particolare non pu� certo richiamarsi la vigente normativa sul servizio 
automobiListico per 1e amministrazioni del�o Stato .(r,d. 3 aprile 1926, n. 746; 
d,P.R. 9 novembre .1952, n. 1503; :legge 9 aprile 1953, n. 318; legge 26 aprile 1975, 

n. 132, art. 30), ]a quale � riferibile, come la lettura dei vari articoH persuade 
agevo1mente, aDle amministrazioni ordinarie de11o Stato: quelle Leggi infatti ed 
in particolare queLla fondamentale del 1926 che approva i~ regolamento del 
servizio automobilistico, si rifer.tscono non solo a11e amministrazioni defilo Stato 
011dinarie, ma indicano le autorit� a1le quaM la vettura automobile ipu� essere 
assegnata e prevedono 1a determinazione de1 numero degli autoveicoli da 
assegnarsi per ciascuna amministrazione per il funzionamento dei servizi 
tecnici, determinazione che dovr� essere stabilita con decreto de1 Ministro 
competente di concerto con il Ministro delle finanze. Le autorit� elencate 
nell'art. 2 .di quel decreto sono tutte appartenenti alle amministrazioni ordi� 
narie deHo Stato, n� ille successive dtsposizioni di legge hanno modificato quel 
sistema, onde non pu� non ritenersi che ila citata nol'ffiativa abbia un campo 
di applicazione limitato e che ~a Cassa per il Mezzogiorno (per la sua autonomia, 
per ~a sua specia1it� e per fa particolarit� deL1a disciplina prevista, non fosse 
tenuta all'applicazione deHe suindicate leggi. 
1Si confida .pertanto che L'Ecc.ma Procura della Repubbldca di Roma ravvisi 
l'aissollllta infondatezza deLla notitia criminis e provveda ai conseguenzia1i atti 
di sua competenza. 

RAOLO DI TARSIA DI BELMONTE 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 465 

La �corte, 1considerato che le puntuali argomentazioni del p.g. non 
possono non essere condivise peroh� pienamente aderenti ad esatti 
criteri di ermeneutica inte.ripretativa della normatiiva ohe disciplina il 
servizio automobilistico de1le amminist.riazi:oni statali, le fa proprie e 
decide in conformit� (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 28 giugno 1979, n. 318 -Pres. Napoletano 
-Rel. Cuomo -P. M. Santaniello (conf.) -Rie. P.M. in proc. 
Anfiero. 

Reato -Furto -Circostanze aggravanti -Mezzo fraudolento -Nozione. 
(cod. pen., art. 625, comma primo, n. 2). 

Reato -Truffa -In genere -Truffa negoziale -Fattispecie. 
(cod. pen., art. 640). 

In tema di furto, l'uso del mezza fraudolento previsto dall'art. 625, 

n. 2 cod. pen. ricorre ogni qualvolta l'agente ponga in essere una 
qualsiasi insidia con la quale eluda, sovrasti o elimini la normale vigilanza 
e custodia della cosa mobile esercitata direttamente dal detentore 
ovvero anche indirettamente con mezzi destinati a proteggere e conservare 
il bene nella sua sfera di disponibilit�. Non ha giuridica rilevanza 
il fatto che la insidia sia adoperata prima o dopo l'asportazione materiale 
della cosa, ma basta che essa si esplichi nel corso dell'azione !esecutiva 
che si conclude col definitivo impossessamento della cosa da parte dell'autore 
del reato. 
Commette il reato di truffa contrattuale colui che consegua il possesso 
di una autovettura, stipulando un contratto di noleggio in conseguenza 
dell'uso di artifici e raggiri, e non restituisca alla scadenza l'autovettura 
stessa (1). 

('1) In conformit� aLla nota decisione delLe 1Sezioni Unite de1la Cassazione 
anche in ta~ caso deve ritenersi che il momento consumativo della truffa 
decorra daHa data deH'impossessamento e non da queMa deMa stipulazione del 
contratto (v. in questa Rassegna, 1969, I, 369, P. DI TARSIA, Il momento consumativo 
del reato di truffa e il reato continuato). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 il:u~io 1979 � Pres. Vigorita -Rel. De 
Castello -P. M. D'Agostino (conf.) -Rie. Aloisi ed alltri. 

Procedimento penale -Difesa e difensori -Incompatibilit� -Difensore 

unico di pi� imputati -Interdipendenza di posizioni processuali 


Nozione. 

(cod. proc. pen., art. 133) 



466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Procedimento penale -Difesa e difensori -Incompatibilit� -Effetti -Nullit� 
-Decorrenza. 

(cod. proc. pen., artt. 133, 185, comma primo, n. 3). 

Procedimento penale -Difesa e difensori � Di fiducia -Sostituto del difensore 
-Nozione e funzione. 

(cod. proc. pen., art. 127). 

Procedimento penale � Difesa e difensori -In genere -Nominato dalla 
parte -Sostituto del difensore -Incompatibilit� della difesa -Tempo 
della sostituzione -Occorre aver riguardo alla posizione del sostituto. 

(cod. proc. pen., artt. 127, 133). 

L'incompatibilit� di difesa che non sorge per il solo fatto della pluralit� 
di imputati, n� per imputazione di concorso nello stesso reato, 
n� in una diversit� di posizioni giuridiche o di interessi o in una divergenza 
tra le affermazioni di pi� imputati e neppure per una dichiarazione 
di un imputato non favorevole ad altro o per una chiamata di correo 
da parte di chi confessi e accusi di correit� chi nega; per aversi incompatibilit� 
occorre che sussista, con accertamento da farsi di caso in caso 
secondo le peculiari circostanze di specie, una situazione di interdipendenza 
di posizioni processuali, per cui un imputato abbia interesse a 
sostenere una tesi difensiva che riesca di pregiudizio per altro imputato, 
cosicch� si renda inefficiente la comune difesa, almeno nei confronti 
di uno degli imputati, essendo impossibile, per il conflitto di posizioni 
processuaZi, la prospettazione di tesi difensive tra loro logicamente conciliabili. 


La incompatibilit� di difesa produce i suoi effetti processuali -violazione 
dell'art. 133 del cod. proc. pen. e conseguente nullit� ex art. 185, 
primo comma n. 3 dello stesso codice -solo dal momento in cui in 
concreto si � determinata la situazione di interdipendenza e di conflitto 
tra pi� imputati idonea a costituire la incompatibilit� e non si estende 
retroattivamente alla precedente fase o al precedente momento processuale 
in cui tra quegli stessi imputati la situazione di conflitto non 
sussisteva. 

Il sostituto del difensore non � un rappresentante del difensore, la 
cui attivit� si compie in nome di questi e a questi si riporti, ma � 
-come lo definisce espressamente la legge "--un difensore che sostituisce, 
in caso di legittimo impedimento, quello gi� nominato dalla parte 
limitatamente al tempo in cui si verifica il bisogno della sostituzione, di 
guisa che lo stesso, nel tempo processuale in cui interviene, � in realt� 
il vero difensore con pienezza ed autonomia di esercizio di tutti i diritti 
della difesa e correlativa assunzione di obblighi. 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 467 

Nell'ipotesi in cui, per legittimo impedimento del difensore nominato 
dalla parte, lo stesso abbia un sostituto, per ipoter determinare se, 
per il tempo in cui � avvenuta la sostituzione, si sia o non verificata una 
situazione di incompatibilit� della difesa, occorre aver riguardo alla 
posizione del sostituto -che abbia nello stesso tempo assistito altro 
imputato -e non gi� a quella del difensore nominato (1). 

(1) La giurisprudenza della Su;prema Corte conferma i criteri restrittivi che 
vanno appLiicati in tema di incompatibilrit� della difesa, 1che si sono pi� volrte 
segnalati in questa RC1,Ssegna (11974, I, 271). V. anche I giudizi di costituzionalit� 
e il contenzioso dello Stato negli anni 1971-1975, III, p. 887: � H conflitto di 
interessi fra coimputati �, 

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PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


L'istruttoria nel processo amministrativo: brevi note ai margini di un 
progetto di riforma (*) 

(*) Il materiale utilizzato per la redazione di queste note � quello preparato per la 
p8rtecipazione al Seminario: � La riforma del processo amministrativo � tenutosi il 19 aprile 
1980 pre&so l'Istituto di diritto pubblico ad iniziativa dell'Universit� degli Studi di Roma. 
Ad esso, coordinato dal prof. avv. Mario Nigro, hanno partecipato il consigliere di Stato 
Pasquale DE LISE, il senatore Antonino MuRMURA, il prof. avv. Franco ScocA e l'autore delle 
presenti note. 

U ;processo amministrativo � da tempo sotto a:ccusa: la sua struttura, ormai 
obsoleta, � stata, di recente, definita da fonte molto autorevole come � asfittica� 
ed � inadeguata�. Molto opportuna aprpare, quindi, l'iniziativa riformatrice 
assunta dai! Governo de11a Repubb1ka con 1a presentazione de1 disegno di legge 

n. 583 della corrente legis1atura (11). 
(1) Si riporta, qui di seguito, l'articolato: 
Art. 1. -Il Governo della Repubblica � delegato ad emanare, entro 180 giorni dalla data 
di entrata in vigore della presente legge, norme aventi valore di legge ordinaria per la nuova 
disciplina del processo dinanzi ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato. 

Le norme delegate dovranno attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi: 
1) realizzare una organica riforma del procedimento giurisdizionale, tenendo presenti 
gli indirizzi della giurisprudenza e le norme del codice di procedura civile; 

2) procedere alla revisione e alla integrazione delle norme sulla giurisdizione del giudice 
amministrativo. Nella revisione dovranno essere: a) assicurata la protezione delle situazioni 
giuridiche soggettive di collettivit� e gruppi tutelati dall'ordinamento giuridico; b) sistemate 
organicamente le materie devolute alla giurisdizione anche di merito e alla giurisdizione 
esclusiva, estendendo la giurisdizione esclusiva anche a materie connesse o conseguenti a 
quelle gi� devolute al giudice amministrativo; e) esclusa l'applicabilit� del regolamento pre� 
ventivo di giurisdizione nel giudizio amministrativo; 

3) disciplinare organicamente il riparto della competenza tra i tribunali amministrativi 
regionali, tenendo fermo il carattere derogabile della competenza stessa, salvo i casi in cui 
il carattere funzionale della medesima discenda necessariamente da norme aventi valore di 
legge costituzionale o dall'oggetto del giudizio; 

4) disciplinare sistematicamente: a) gli atti cli parte nel giudizio, eliminando le cause 
di decadenza che non abbiano fondamento in ragioni sostanziali di tutela degli interessi 
pubblici o privati; b) i provvedimenti del giudice, anche tenendo conto del sistema del codice 
di procedura civile; 

5) realizzare uno svolgimento pi� rapido del processo ed as.sicurare che nel corso del 
medesimo sia esperibile una completa tutela interinale del ricorrente mediante la previsione 
di una pi� estesa disciplina delle misure cautelari; 

6) assicurare, nel rispetto del principio del contraddittorio, un efficace sistema proba� 
torio, introducendo tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, salvo quelli 
che, per la loro natura, non possano essere esperiti nei confronti della pubblica amministra� 
zione, prevedendo che all'ammissione e all'assunzione delle prove provveda di regola un magi� 
strato istruttore e disponendo che la prova testimoniale possa essere ammessa dal collegio nei 
soli casi in cui i fatti controversi non siano altrimenti dimostrabili; 



40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In effetti, La scarna ed arcaica normativa che tuttora regge n processo 
amministrativo poteva essere sufficiente quando questo si svolgeva in unico 
grado ed era volto a decidere quasi esc!JUsivamente azioni di impugnazione. 

L'estendersi dehle ipotesi di giudizi su rapporti ha determinato una vera 
e 1Prorpria crisi di carenza strutturale, superata solo in virt� della dutti1it� dehla 
giurisprudenza amministrativa che, grazie ahle sue celebrate virt� pretorie, materiate 
di fantasia e di rigore giuridico, � riuscita a far rientrare neHe anguste 
vesti� dell'originario processo tutta una nuova materia con esse incongruente (si 
jpensi, ad esempio, a~ modo in cui � stato superato il problema del termine 
di decadenza per le azioni aventi ad oggetto il recupero di somme srpettanti a 
pubbliici dipendenti). 

La generaldzzazione de1 doppio grado, con l'istituzione dei Tribunalii Amministrativi 
RegionaJi, ha determinato, poi, una crisi di tipo � tecnologico'" invol


7) disciplinare compiutamente la sospensione, la interruzione e l'estinzione del giudizio, 
procedendo, per la interruzione, ad una revisione del sistema vigente, che tenga conto della 
peculiarit� del processo amministrativo; 

8) disciplinare organicamente il sistema delle pronunce sul ricorso e il loro contenuto, 
con particolare riferimento alla indicazione di criteri idonei per l'esecuzione; 

9) disciplinare il giudizio in materia di pubblico impiego, in modo da assicurare una 
pi� adeguata tutela della posizione del ricorrente, tenendo conto degli orientamenti legislativi 
in materia di lavoro privato e di processo del lavoro e prevedendo l'attribuzione al giudice 
amministrativo di poteri di ordinanza per disporre il pagamento di somme prima dell'emanazione 
della sentenza o la cessazione di comportamenti illegittimi diretti ad impedire o 
limitare l'esercizio della libert� e dell'attivit� sindacale nonch� del diritto di sciopero; 

I 

10) procedere ad una compiuta revisione della vigente normativa in materia di esecuzione 
della sentenza, in modo da assicurare: a) l'adozione in sede amministrativa di tutte 
le misure, anche sostitutive, occorrenti per il ripristino e per la reintegrazione della �situazione 
di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, salvo che non si sia determinata una 
situazione che renda incompatibile tale attuazione; b) l'esecuzione in via giurisdizionale della 

Isentenza amministrativa, nei casi in cui !'esecuzione in via amministrativa sia mancata o sia 
stata incompleta o inadeguata, conferendo al giudice i necessari poteri di intervento ordinatorio 
e sostitutivo, da esercitarsi anche in fasi ulteriori fino al completo adempimento da 
parte dell'amministrazione; 

I 

11) disciplinare il sistema delle impugnazioni, prevedendone l'applicabilit� a tutte le 
decisioni del giudice di primo grado, anche se rese nei giudizi di ottemperanza; 

12) procedere alla revisione della disciplina in materia di revocazione, in modo da adeguarla 
a quella prevista dal codice di procedura civile e da assicurarne l'esperimento da 
parte dei controinteressati ai quali sia mancata la notificazione del ricorso; 

13) procedere da una sistematica disciplina dell'appello al Consiglio di Stato, in particolare: 
a) assicurando la tutela dei soggetti controinteressati nel giudizio di primo grado in 
armonia con la natura del processo amministrativo; b) ponendo il divieto di domande nuove 
in appello, salvo che non attengano a vizi del procedimento o della sentenza di primo grado; 
e) disciplinando l'effetto devolutivo dell'appello, in modo che la riemersione dei motivi introdotti 
in primo grado e respinti o non esaminati da quel giudice sia connessa all'onere di 
iniziativa, rispettivamente, dell'appellante o dell'appellato, gi� ricorrenti; d) ammettendo 
l'effetto traslativo dell'appello; e) ponendo in via generale il divieto di nuove prove testimoniali 
in appeJlo e prevedendo che, ove occorra, la loro assunzione sia delegata al giudice 
di primo grado. 

Art. 2. -Le norme previste dalla presente legge saranno emanate con decreto del Presidente 
della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere 
del Consiglio di Stato in Adunanza generale e successivo parere deJJe Commissioni permanenti 
affari costituzionali della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in seduta congiunta. 


Qualora i pareri previsti nel comma precedente non siano espressi nel termine di quarantacinque 
giorni dalla data di ricevimento della richiesta, il Governo potr� dare ulteriore corso 
alla iniziativa. 


PARTE II, QUESTIONI 41 

gendo una problematica processuale ben nota da tempo al giudizio civile ma 
fino ahlora priva di interes�se per il processo amministrativo, che era, quindi, 
sfornito del necessario strumentario. La omogeneit� dei rapporti di diritto 
sostanziale tutelati dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva 
con que11i conosciuti dal giudice civile e la esistenza d un'affinata discipldna 
del \l)rocesso civile, ricco di una codificazione ultracentenaria e della correliata 
elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, hanno fatto s� che le aspirazioni 
ad una riforma del processo ammini,stra1Jivo si' s-iiano incanaliate neMia dire:ll�one 
di un trapianto integrale o quasi integrale deMa normativa processuakivilistica. 

Su tale �JJinea, appunto, si muove il disegno di legge-delega .sopra riportato 
che, nel suo iprimo principio direttivo, richiama � gLi indirizzi della giurisprudenza 
e le norme del .codice di rprocedura civi1e � (codice di procedura civile 
pi� volte in seguito espressamente o implicitamente richiamato). Lo stesso 
dicasi deWelaborato del Consiglio di Stato (H c.d. �progetto Levi Sandri �) che 
dovrebbe costituire l'ossatura del provvedimento delegato e .che, in partico1are 
per quanto riguarda !"istruttoria, in puntuale applioazione del criterio direttivo 

n. 6 deMa delega, rinvia sostanria1mente a tutto l/i<s�trurmentar.io dviil:istico, con 
la soJ.a -ovvia -esclusione de1la confessione e de1 giuramento, con una qualche 
cautelosa limitazione a1la prova testimoniale (2) e �con un sintomatico rinvio al 
criterio del �prudente apprezzamento� del giudice nella valutazione delle prove. 
A tal punto sembra necessario chiederni .se sia esatto concepire U processo 
amministrativo come struttura unitaria, unitariamente discipldnabile o se, per 
oa:so, l'unit� del<1a veste esteriore, giiustificata aLl'oni�gine, non contenga, invece, 
dentro di s� aJ.meno due diverse sostanze, non ridudbiili ad unica discip1ina. 
Sembra .che 1a seconda risposta, che gi� si profilava valrida sin da1 1923, quando 
fu attribuita al giud1ce amministrativo una competenza a giudicare, in via 
esclusiva, in materia di impiego pubb1ico, sia oggi l'unica accettabile. 

In sede di giurisdizione esc1usiva, quanto meno .per la massima parte di 
essa, il giudice � chiamato a decidere un conflitto tra posizioni omogenee, 
uguaLi e di segno contrario, s� che la parte resistente nreg;liio potrebbe quali 
ficarsi parte convenuta, in perfetta anaJ.ogia con quanto avviene nel processo 
civile. In tale tipo dii g;iudiizio, opportunamente esteso dalla liegge istitutiva dei 
Tribunali amministrativi regionali alila materia delJe concessioni e che sarebbe 
forse opportuno estendere anche ad altre materie, quali l'esproprio per pubblica 
uti1it�, ampliando �a1tres� i poteri decisori dd giudice, la omogeneit� deI1e 
controversie giuclicaMli con quelle oggetto del giudizio dvilie giiusill�ca -ed anzi 
richiede -una estensione ddlta normativa contenuta nel relativo codiloe di procedura. 
NeM'un caso come nell'altro si tratta, infatti, di appldcare norme di 
relazione e 1a sporadica applicazione di norme d� azione da parte de1 giudice 
amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva non appare effettualmente molto 
diversa da una qualsiasi disapplicazione incidenter tantum operata daJ. giudice 
ordinario. Una tale estensione dehle regole e delle garanzie del processo civile 
aware, in questi casi, oltretutto, necessaria per evitare una disparit� di trattamento 
di dubbia costituzionalit� in danno dei dipendenti pubbldci rispetto a 
quelli privati, disparit� tanto pi� grave se si considera che la linea di tendenza 
evolutiva tende a ridurre sempre pi� le differenze tra le due categorie di 
prestatori di 1avoro, in quanto, �se, da un 1ato, H rapporto privato appare sempre 
pi� presidiato da garanzie di tipo squisitamente pubblicistico (si 1pensi alla 
�giusta causa�, al nuovo rito del lavoro, allo Statuto dei lavoratori)., dall'altro 
comincia a sf�.m"!rsi il momento autoritativo ne11a regolamentazione del rapporto 

(2) Gi� contenuta nel progetto Roehrssen-Guicciardi del 1964. 

42 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di impiego pubblico, che si � andata � contrattualizzando � (3). Non a caso tra 
1e proposte di riforma del processo amministrativo ve ne � anche una che 
prevede, in materia di pubbli,co impiego, una ,estensione al giudice amministrativo 
di tutti i poteri attribui:ti aL Pretore~giudice del Lavoro. La estensione 
di tutta J,a normativa processuakivilistica al giudizio 'amministrativo in sede 
di giurisdizione esclusiva, ivi compresa 1a normativa suLla istruzione probatoria 
(che costituisce oggetto specifico deHe presenti notazioni), appare, dunque, 
quanto mai opportuna. 

Lo stesso non sembra, per�, potersi affermare per. quanto riguarda quel 
ben diverso ttpo di processo con oui si esercita la giurisdizione generale di legittimit�, 
almeno fino a quando questa rester� strutturata ieome giudizio di impugnazione 
ed in ordine al quale sembra doveroso .chiedersi se L'attuale sistema 
istruttorio sia veramente inadeguato. Indubbiamente, l'attuale normativa sul� 
L'istruttoria probatoria � estremamente scarna, tanto �scarna da risolrversi in un 
unico articolo di legge e che risale, per di pi�, al 1889. Alludo all'art. 44, primo 
comma, dell'attuale testo unico sul Consiglio di Stato, i1 quale prevede una 
istruttoria meramente documentale e solo in via eccezionale una sua integrazione 
mediante richiesta alL'amministrazione di � nuovi schiarimenti e documenti �, 
ovvero ordini � a11'amministrazione medesima di fare nuove verificazioni �. 
Rffispetito a �tale norma fondiarrnen1lai1e, non aggiungono alcunch� di sostanZliaLe n� 
la preViiisWone deWammissibhlrut� di � qualunque a1tro mezzo ~struttW"io � neiii g;i.umZli 
cLi merito, 'sancita da1 comma suocesSli.vo, �!Il quanto tali g1udizii rappresentano 
rarissime ipotesi, di importanza assolutamente marginale, n� le norme di cui 
agli articoli 26 e seguenti del regoLamento di procedura deL Consi,g,1io di Stato, 
che disciplinano non i mezzi di prova ma ,1e modailit� de1la loro assunzione, 
n�, infine, la legge istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali che ha, in 
materia, soltanto sancito un modesto ampliamento dei poteri istruttori del 
Presidente negli artt. 21 e 23 (non sembra, infatti, che la quanto mai opportuna 
abrogazione dell'onere di deposito di copia deH'atto impugnato da parte 
del ricorrente possa considerarsi ricompresa nelLa materia dell'istruzione probatoria, 
n� sembra che l'art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 90, che introduce 
la perizia come strumento di prova in a1cuni ;processi amministrativi, possa 
considerarrsi innovazione di 1portata generale rispetto a quell'unico art. 44 del 
testo unico che rappresenta tuttora L'alfa e L'omega normativo dell'istruttoria 
nel processo amministrativo). 

Sta di fatto, ;per�, che la giurisprudenza, con quella fantasia e con quel 
rigore di cui si � detto, ha elaborato, intorno a questa scarna ed arcaica 
norma, tutto un sistema che sembra assai pi� congruente con il processo in 
cui deve inserirsi di quanto non possa essere un integrale e brutale trapianto 
del 1sistema probatorio civilistico. 

Non bisogna, infatti, dimenticarre iehe l'istruttoria, in ogni giudizio, costituisce 
i1 �punto di contatto del diritto processuaLe con i1 diritto sostanziale.. ., 
il momento neL quale il diritto sostanziale incide su11a struttura ed essenza 
stessa de1 processo� (4). Tanto vero che le norme sul sistema istruttorio non 
sono norme di diritto ;proceduraLe, ma norme di diritto sostanziale (5). Non a 
caso fa prova � stata definita come � complemento de1 fatto nella fattispecie,, 
(6) e non per caso il sistema istruttorio civile � disciplinato neLla sua 

(3) M. NIGRO, Trasformazioni dell'amministrazione e tutela giurisdizionale differenziata, in 
Riv. Trim. dir. proc. civ., 1980, 1. 
(4) F. SATTA, Principi di giustizia amministrativa, ed. 1978, 233. 
(5) V. ANDRIOLI, Prova, voce del Nss. Dig. lt. 
(6) F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, ed. 1957, 272. 

PARTE II, QUESTIONI 4 

fase statica daL codice civile e non da que1lo di procedura, in quanto quest'u1timo 
contempla solo iL momento dinamico deLlo svoLgimento de1le prove nel processo 
(7). 

Il processo civile nasce e v1ve come strumento creato per comporre il 
conflitto tra due .private autonomie, padrpne e responsabili esclusive dehla 
situazione di diritto. Tutt'aara <Struttura ha, invece, iL processo amministrativo, 
che tutt'oggi, nonostante ogni ammirevole sforzo di rinnovamento dottrinario, 
risU'lta ancorato al:lo schema de1 giudizio di impugnazione di un atto 
come sua spina dorsale (8). 

Si � o;>arLato in proposito e, vorrei dire, moLto puntualmente, di una 
�sostanziate ambiguit�� (9) del processo amministrativo, tuttora oscillante 
tra quehla natura di giurisdizione di diritto obiettivo che gli deriva dahle sue 
omgini non giurisdizionali e La natura sostanziale deUe posizioni in esso tutelate 
che tende, invece, a configurarlo come processo di parti. Una taile contraddittoriet� 
� stata, d'a1tronde, sanzionata da1 Costituente, che ha .garantito, da un 
Lato, L'interesse legittimo come posizione sostanziale nelL'art. 24 dehla Costituzione; 
ha confermato, daWaltro, la natura del giudizio amministrativo come 
giudizio di impugnazione di un atto nell'art. '113. L'interesse legittimo, d'altronde, 
sembm esaurire [a sua d1mensione di posizione sostanziare ne1 momento di 
accesso aHa giurisdizione, il cui. esercizio si condude non gi� con hl. suo riconoscimento 
o disconoscimento come bene deLLa vita, ma con 1'annu1Wamento di un 
atto (anche) nel pubbld!co interesse o con iL rigetto. de1 ricorso. D'altrronde le 
posizioni contrapo;>oste del ricorrente e del resistente non sono s1mmetriche: 
aU'esistenza di un interesse sostanziale ex parte actoris, non corrisponde una 
anailoga posizione ex parte rei, in quanto L'amministrazione non � portatrice 
di un interesse analogo e di segno contrario, ma � tito1are di una astratta 
legittimazione a res1stere. Una astratta legittimazione che a;>otrebbe tradursi 
nehla formuLa: interesse a1la conservazione dehl'atto. I1 che, a ben vedere, 
significa che l'ammini�strazione resistente non deduce in giudizio null'alitro che 
fa presunzione di 1e:gittimit� dell'atto amministrativo. Volendo .sernpLificare con 
una figurazione che non aspira, certo, ad alcun rigore dottrinario e che risponde 
solo ad un:a schematizzazione, potrebbe dirsi�! che la posizione dei!. difensore 
deLl'amministrazione restistente nel processo ammi�!ni�!strativo �, per qualche verso, 
speculiare a quelilia del rpubbLtico ministero neL proces.so penale. Cos� come i:l rpubbLico 
mirnstero deduce sempre filumanentemente in giJUdiz.io la pretesa pUni�!tiva 
dcllo Stato, anche quando conting�ntemente conclude .per l'assoltuzi.one deill"timputato 
-s� che Je sue conclusfoni non vincollano H giudice -cos� itl difensore 
del~'amministratione deduce sempre in giud:klio Jia 1legittiocmt� dellllatto impugnato 
e lo potremmo def�ntire, in questo senso, ed tiirl contrapposto al titolare 
dehl'azione penaile, come titolare dehl'� eccezione m:mnini.s.trativa �. 

Tale essendo La realt� del processo amministrativo, se ne pu� accettare 
fa quaLtificaztione come processo di parti o processo accusatorio, cos� come 
viene com1Unemente definito, solo nei Limiti dn cui con tale def�nitione si intenda 

(7) S. SATTA, Diritto processuale civile, VI ed., 153. 
Cfr. anche relazione al disegno di legge di iniziativa parlamentare Salomone ed altri 
27 luglio 1978, n. 2361 � VII legislatura � in Atti parlamentari della Camera, in corso di ripresentazione 
nell'attuale legislatura con il n. 1243. 

(8) M. NIGRO, Linee di una riforma necessaria e possibile del processo amministrativo, in 
Riv. dir. proc., 1978, 249. 
(9) M. NIGRO, Il giudice amministrativo oggi, in Foro it., 1978, V, 161 ss. e Problemi veri 
e falsi della giustizia amministrativa dopo la legge sui Tribunali regionali, in Riv. Trim. dir. 
pubblico, 1972, 1815. 
17 



44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la necessit� di una piena attuazione deL principio deL contraddittorio, volrta ad 
assicurare un'assoluta garanzia di difesa. Oltre tali Mmiti la qualificazione 
definitoria sembra divenire incongruente con LI.a struttura de1 processo, de1la 
cui � ambiguit�� si � gi�. detto. Si tratta di un'ambiguit� che si riflette, ovviamente, 
sul sistema istruttorio, che appare essere divenuto, nella prassi, cosa 
assai diversa da quella descritta dalla dottrina tradizionale. Quest'ultima parla 
di un sistema istruttorio dispositivo assad simiLe a quehlo del processo civiie 
e ohe da quello differisce soltanto perch� realizzato -con � metodo acquisitivo �, 
e cio� con Ll'intervento integrativo de1 giudice, s� che nel i[Jrocesso amministra�i.
vo non pu� parlarsi di un onere del!lia prova, ma .di un � onere deL principio 
di .prova (10). 1Se -cos� fosse, non v'� dubbio che le norme suhl'istruttoria 
sarebbero inadeguate a dare piena garanzia di difesa a1 ricorrente. Ora, per�, 
c'� da chiedevsi se fa pvassi non si 1sia aLLontanata dalla teoria: se il metodo 
� acquisitivo � non sia, in realt�, divenuto inquisitivo, se tale metodo non 
ridondi m si!stema e se tale sistema non sia, per caso, iiil pi� congruente con 
iL principio del \Libero convincimento deL giudice adottato come regola di 
giudizio (111). Mi sembra che sia stata colta molto bene Ja reaLt� deL nostro 
processo 'ammin1strativo quando, analrizzandosene proprio ~'istruttoria, si � 
riconosciuta in esso una miscela di eLementi dispositivi e di eLementi inquisitori, 
ma con una taJe prevalenza dei secondi sui pvimi da dover quasi dubitare 
che di miscela o di combinazione si potesse parlare (12). Da una pur sommaria 
disamina dei repertori �di giurisprudenza, si pu� osservare, infatti, che, 
innanzitutto, il giudice amministrativo si riserva la facolrt� di scegLiere la 
parte a cui addossare ~'onere del'la prova. Non sollO, ma, ci� fatto, sii. riserva 
di trarre l!iberamente argomento di prova del mancato assolvimento dell'onere 
(13). Il che significa che quella che nel processo civile � la principale 
regola di giudizio (art. 2697 cod. .civ.), non so1o non costituisce irego1a di 
giudizio nel processo amministrativo, ma viene utilizzata nel suo momento 
funzionale come strumento di Libero convincimento. La differenza non potrebbe 
essere '!ȝ llleUa e decisa. Facendo un passo avanti, sembra necessario osservare, 
poi, come non sembri esatto dndividuare un onere di principio di prova 
e che sembrerebbe, invece, pi� esatro riconoscere nel processo amminmstratiivo 
un mero onere di allegaziione di fuUi verisimrig.Liantii o � storicamente attendibili 
� (14). 

A taL punto non resta che conoludere osservando che i1 cosiddetto onere 
del principio di prova si risolve in un onere di corretta formwazione dei 
motivi (15) con commissione al giudice amministrativo di un potere inquisitorio 
per l'accertamento dei fatti, sia pure attraverso un istrumentario ben 
delimitato. 

A questo si aggiunga che, operando un vero e proprio � ampliamento ortopedico 
� dell'art. 44 deL testo unico sul Consiglio di Stato, la giurisprudenza 
ammiITT:istrativa ha diilatiato tla :portata della norma, ammettendo come principi 
di prova atti notori, perizie giurate, ecc. ed avvalendosi, per ,Le verificazioni, 
di organi sovraordinati rispetto a quello chiamato in giudizio e di amministrazioni 
diverse rispetto a quelle resistenti. Un tale sistema combinato con 

(10) Per tutti, cfr. F. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo, ed. 1953; A.M. 
SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, ed. 1963. 
(11) Cons. Giust. amm.va reg. sic., 29 aprile 1960, n. 203. 
(12) M. NIGRO, Il giudice amministrativo �signore della prova�, in Foro it., 1967, V, 9. 
(13) Per tutti: T.A.R. Veneto, 3 luglio 1975, n. 311. 
(14) CANNADA-BARTOLI, Processo amministrativo, voce del Novissimo Digesto. 
(15) Cfr. Cons. Stato, VI, 13 luglio 1954, n. 577. 

PARTE II, QUESTIONI 45 

la peculiare sensibi1it� acquisita da1 giudice ammini,strativo nel corso di una 
attivit� ,seco}are, sembra perfettamente omogeneo con il tipo di processo in cui 
si inserisce e soprattutto con il tipo di diritto sostantivo da amministrare. 

D'altra parte, il sistema istruttorio vigente appare sicuramente sufficiente 
nelle sue dimensioni amp1iate dalla giurisprudenza (per tutti i casi in cui l'impugnazione 
si fonda ,sui motivi defila incompetenza e de11a violazione di legge. 
Dei dubbi rpotrebbero sorgere soltanto quando fosse denunziato un vizio di 
eccesso di potere sintomatizzato da elementi extracartolari o quando debba 
ricostruirsi la data rprecisa di certi aiccadimenti (quale, ad esempio, L'inizio di 
una costruzione). 

Dubbi dominati, comunque, c1alil'mcertezza di fondo sulila compatibilit� logica 
del principio di separazione dei poteri (o di quanto ne rimane) con l'affidamento 
al giudice -in sede di sindacato dell'atto -di ,strumenti di accertamento 
defila realt� diversi da que11i utilizzati (o uti:lizzabi1i) daM'amministrazione 
neil procedimento che a quell'atto ha condotto 06). 

Sembra, per�, che ogni perplessit� possa essere fugata se si interpreta 
correttamente la natura di quel peouJdare strumento che � ra verificazione prevista 
dai1 pi� vollte citato art. 44. La locuzione � verificariorte '" come gi� msegnava 
Vittorio Emanuele Orlando (17), deve, infatti, intendersi come comprensiva 
di tutti i mezzi di (prova astrattamente ipotizzabi1i su1 piano logico: accessi, 
ispezioni, esperimenti, perizie,'testimonianze, ecc. Storicamente, .la norma nacque 
in un momento in cui il processo dinanzi al Consiglio di Stato veniva considerato 
nulla pi� che la prosecuzione del procedimento amministrativo: in rapporto, con 
esso, quasi strumentale. Era, dunque, perfettamente naturale che l'affare, in caso 
di insufficiente istruzione, tornasse dinanzi all'Amministrazione per una integrazione. 
� fin troppo ovvio che in tali termini una simile disc1pldna sarebbe, 
oggi], maccettabii.J1e. Ma le norme, si sa, non sono :immobiiLi: vivono e mutano 
con la giudsprudenza, che le trasforma, giorno dopo giorno. Oggi, dopo quasi 
un secolo di evo1uzione, il rapporto di famulativit� fra !!Amministrazione ed 
il suo giudice si � invertito: non � pi� il secondo a costituire strumentale 
pro1ungam.ento de11a prima, ma La prima a fungere da � braccio secolare " del 
secondo che, per sindacarne gli atti, la utilizza non gi� come parte, ma come 
vevo e proprio �ausiliare �, commettendo l'incarico ad orgarn sovraordinati 

o ad amministrazioni diverse da quella in causa. 
IJ vecchio sistema istruttorio, con il comprensivo schema deHe verifica:
ciorn, Oiltre che presentarsi come perfettamente congruente con il riparto deHe 
cOIIlq,)etenze tra amministrazione e giurisdizione, consente, dunque, al giudice 
amministrativo una rice:oca de11a � verit� rea1e " perfettamente analoga a quella 
del pi� ricco sistema probatorio: certo, manca i1 momento garantistico della 
giurisdizione {mancato giuramento dei testimoni {'18) o deglii esperti, vevbaliizazioni 
non fidefacienti, ecc.). Ma l'inconveniente appare bilaI1JCiato da una serie 
cospicua di �controgaranzie '" quaiLi l'alterit� dell'organo verificante rispetto 
a quello parte in causa, H timore reverenzia1e de11'amministrazione nei confronti 
del giudice amministrativo, i1 controfilo delle parti, che assistono in 
contmddittorio alle attiwt� di vedfica2lione, ed infine dil controfilo del giudice, 
�signore defila prova� (119), che ha ben dimostrato di saper Leggere fra le righe 
di ogni documento. 

(16) Cons. Stato, IV, 21 giugno 1961, n. 359. 
(17) Cit. in F. SATTA, op. cit., 248. 
(18) Cons. Stato, V, 5 maggio 1942, n. 295. 
(19) M. NIGRO, Il giudice, cit. 

46 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Tirando le fila del discorso fin qui svolto, si possono formulare due 
conclusioni. 

La prima � che nel !Processo amministrativo di iII11Pugnazione, L'attuale 
sistema probatorio -magari. integrato da u1teriori aiperture giurisprudenziafil 
-sembra tuttora va1ido e perfettamente m Hnea con :iJI! tdrpo di processo 
in cui si inseriisoe e con i1 tipo di dirrJtto sostantivo da applicare. 

Sicuramente mo1to pi� congruente, in ogni caso, deL sistema rprocessuaIcivilistico 
che, trapiantato sic sempliciter nel processo amministrativo, .provocherebbe, 
in tempi pi� o meno 1runghi, propr.io per queMe necessarie interconnessioni 
fra diritto sostanzia1e e diritto processuale cui si accennava, ded veri 
e propri sconvolgimenti, e mo1to probabilmente La crisi definitiva dell'interesse 
[egittimo ,come categoria giuridica. 

Non che 1a cosa sarebbe di per s� un gran ma1e, in quanto nul1a impone 
che vada garantita L'intangibilit� del concetto di interesse legittimo, aLtre voite 
definito � categoria astrusa e non commestibile oltr'Alipe �. Sta di fatto, rper�, 
che su di esso si � affinata una tradizione dottrinaria e giurisprudenziale il cui 
abbandono comporterebbe, accanto aHa sicura rinuncia a1l'uti1izzazione di un 
patrimonio di esperienza, un non altrettanto sicuro vantaggio sul piano della 
certezza de1 diritto in materia di riiparto deLle competenze, come dimostrano 

IIesperienze straniere aoohe recenti. D'a1t,ronde, una normativa sulla procedura 
non � certo la sede pi� adatta per fintroduzione di priincipi lnnov:atori di una 
tale portata sul piano del diritto sostantivo. 


La seconda conalusione cui sembra di poter giungere parte dalla constatazione 
che l'attuale assetto deL processo amministrativo riposa su di un 

I

diriitto di formazione schiettamente giuriisprudenzia:le, costruito su poche norme 
' scritte: sistema di tipo anglosassone che ha come iPresupposto La ipiena fiducia 
ne1 giudice. Una fiducia, bisogna dire, pienamente meritata rperch� iW giudice 

.

I

amministrativo italiano � sicuramente un buon giudice ed ha sempre dimostrato 
grnnde sensibilit� nella dcerica delilia realt� sottesa dagli atti sottoposti 
al suo esame per la realizzazione di una giustizia sostanziaile. ft 

L'introduzione di normative analitiche ed articolate su11a prova diminuirebbe 
enorimemente H margine di Libert� del! magistrato, inciderebbe suUa formazione 
del suo convincimento, che non sarebbe pi� iliLbero, ma astretto da regole '

l 

fisse di assolvimento di oneri e di rispetto d~ risultanze a valore pi� o meno 
v.i:ncolante. 

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La proposta riforma dell'istruttoria dovrebbe quindi, essere forse pi� 
meditata di quanto non sia finora stata: nelle prospettive attuald il rischio che 
si corre � quel1o di rinunciare sicuramente ad un buon giudice senza avere 
la certezza di ottenere, in contropartita, una legge aLtrettanto buona. 

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IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA 

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LEGISLAZIONE 


I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

d.I. 18 novembre 1966, n. 976 Cmodif. da l89ge 23 dicembre 1966, n. 1142) 
nella parte in cui per l'applicazione dell'addizionale ai contributi di miglioria, 
fa riferimento all'anno di esazione dei contributi stessi o di un loro rateo. 

Sentenza 22 aprile 1980, n. 54, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

d.I. 27 giugno 1967, n. 460 art. 3, comma primo Cconv. con modif. In legge 
28 lugll<o 1967, n. 62<8) a) sulla parte in cui non riconosce al locatore il diritto 
di provare la diversa composizione della famiglia anagrafica del conduttore 
o subconduttore rispetto a quella risultante dai registri anagrafici; b) nonch� 
nella parte in cui non attribuisce rilevanza alle variazioni eventualmente 
sopravvenute nella composizione della famiglia anagrafica del conduttore o 
subconduttore dopo il 1� gennaio 1967, fino al definitivo arretramento in sede 
di merito delle condizioni giustificative del vincolo. 
Sentenza 22 aprile 1980, n. 56, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

d.I. 11 dicembre 1967, n. 1132 (conv. in legge 7 febbraio 1978, n. 27) 
nella parte in cui si riferisce, per l'applicazione dell'addizionale, ai contributi 
di miglioria. 
Sentenza 22 aprile 1980, n. 54, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

legge 26 novembre 1969, n. 8313, art. 4, comma sesto, in quanto, ricorrendo 
l'ipotesi di clausola risolutiva espressa, non consente al giudice di tener 
conto, ai fini del diniego del rilascio dell'immobile locato, e con gli stessi 
poteri di valrutazione eseraitabiU per 1a concessione del termine ,di grazia, del 
pagamento integrale delle pigioni scadute, effettuato dal conduttore nel corso 
del giudizio. 

Sentenza 25 marzo 1980, n. 34, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

legge 26 novembre 969, n. 833, art. 7, quarto comma (modif. da d.I. 
26 ottobre 1970, n. 745, art. 56, c:onv. In legge 18 dicembre 1970, n. 1034) nella 
parte in cui non riconosce al lavoratore il diritto di provare che il conduttore 
o subconduttore gode di un reddito superiore a quello risultante dall'iscrizione 
nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno 1979. 

Sentenza 22 aprile 1980, n. 56, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

legge 28 ottobre 1970, n. 801, artt. 6 e 9 nella parte in cui si riferisce, 
per l'applicazione dell'addizionale, ai contributi di miglioria. 

Sentenza 22 aprile 1980, n. 54, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 



48 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 


legge 9 ottobre 1971, n. 852, art. 4, n. 1 in quanto non esclude i redditi 
di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi d'impresa, dall'imposta 
locale sui redditi. 

Sentenza 26 marzo 1980, n. 42, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1, secondo comma in quanto non 
esclude i redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi 
d'impresa, dall'imposta locale sui redditi. 
Sentenza 26 marzo 1980, n. 42, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

legge 27 lugUo 1978, n. 392, art. 5, 59, n. 1, 65 nella parte in cui esclude 
il diritto di recesso per necessit� del locatore dai contratti in corso alla data 
30 luglio 1978 e non soggetti a proroga. 

Sentenza 27 febbraio 1980, n. 22, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON �FONDATE 

Codice civile, art. 1284, primo comma (artt. 3 e 47 della Costituzione. 
Sentenza 22 aprile 1980, n. 60, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

c�odice di procedura civile, art. 41'5 e 416 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 22 aprile 1980, n. 62, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

codice di procedura civile, artt. 415 e 416 (artt. 3, secondo comma, e 24 
della Costituzione). 

Sentenza 22 aprile 1980, n. 61, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

codice di procedura civile, art. 416 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 22 aprile 1980, n. 65, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

codice di procedura civile, art. 421, quarto comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Sentenza 22 aprile 1980, n. 64, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

codice di procedura civUe, art. 431, terzo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Sentenza 22 aprile 1980, n. 63, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

codice penale, art. 341 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 14 aprile 1980, n. 51, G. U. -23 aprile 1980, n. 112. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 1, comma quarto, parte prima (art. 3 
della Costituzione). 

Sentenza 14 aprile 1980, n. 45, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

legge 23 magg�io 1950, n. 253, art. 7, comma primo nel testo di cui all'art. 
1 �quinquies della� legge 3'1 luglio 1975, n. 363 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 14 aprile 1980, n. 46, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 7, comma secondo, nel testo di cui 
all'art. 1 �quinquies della legge 31 luglio 1975, n. 363 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 14 aprile 1980, n. 44, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 8, comma secondo (art. 3 della Co� 
stituzione). 

Sentenza 14 aprile 1980, n. 48, G. U. 23 aprile 1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

legge .23 maggio 1950, n. 253, art. 10, n. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 14 aprile 1980, n. 47, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

d.P.R. 11 gennaio 11956, n. 20, artt. 2, primo, secondo e terzo comma, �5 e 6, 
.primo comma Cmodlf. da legge 11 luglio 1956, n. 734) (artt. 3, 36, primo comma, 
e 38, primo e secondo comma, della Costituzione)". 
Sentenza 13 marzo 1980, n. 26, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 

legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. 11, coma secondo Cmodlf. da legge 
28 aprile 1967, n. 264 e da legge 14 maggio 1969, n. 252, art. 1) (art. 3 della 
Costituzione). 

Sentenza 22 aprile 1980, n. 55, G. U. 22 aprile 1980, n. 118. 

d.P.R. 115 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma Cmodif. da legCJe 
5 maggio 1'976, n. 313, art. 5) (artt. 3, 24, 27, primo e terzo comma, 101 e 102 
della Costituzione). 
Sentenza 14 aprile 1980, n. 50, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

legge 26 1tovembre 1969, n. 833, art. 1 (art. 42 della Costituzione). 
Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 


d.I. 
26 ottobre 1970, n. 745, art. 56 Cconv. in legge 18 dicembre 1970, 
n. 
1034) (art. 42 della Costituzione). 
Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 
legge 4 agosto 1973, n. 495, art. 1 (art. 42 della Costituzione). 
Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 



JO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

legge 2.2 dicembre 1973, n. 841, art. 1 (art. 42 della Costituzione). 

Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

d.P.R. 29 dicembre 11973, n. 1092, art. 81, comma terzo (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 aprile 1980, n. 55, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1 (art. 42 della Costituzione). 

Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1 �bis (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 2�bis, comma primo, parte prima (art. 3 
della Costituzione). 

Sentenza 14 aprile 1980, n. 45, G. U. 23 aprile 1980, n. 112 ). 

legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1 e 1-bis (art. 42 della Costituzione). 
Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1-ter (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

d.I. 13 .maggio 1976, n. 228, art. 1 (art. 42 della Costituzione). 
Sentenza 25 marzo 1980, n, 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 
legge 22 maggio 1976; n. 349, art. 1 (artt. 3 e �42 della Costituzione). 

Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

legge 4 febbraio 1977, n. 21, art. 1, terzo comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 

Sentenza 14 aprile 1980, n. 43, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

legge 21 febbraio 1977, n. 28, art. 1 (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

legge 8 agosto 1977, n. 510, art. 1 (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Sentenza 25 marzo 1980, n. 33, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

'legge 27 lugltio 1978, n. 392, artt. 59, n. 1 e 61 (artt. 42 e 47 della Costituzione). 


Sentenza 22 aprile 1980, n. 58, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 


PARTE II, LEGISLAZIONE )1 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 30 e 46 (artt. 3, primo e secondo comma, 
e 24 della Costituzione). 

Sentenza 22 aprile 1980, n. 57, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34 e 57 (artt. 3, 35, 36, 41, 42 e 47 della 
Costituzione). 

Sentenza 25 marzo 1980, n. 36. 

legge 2.7 luglio 1978, n. 392, art. 58 (art. 42 della Costituzione). 
Sentenza 25 marzo 1980, n. 32, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 


legge 27 luglla 1978, .n. 392, art. 6u (artt. 3, 42 e 47 della Costituzione). 
Sentenza 22 aprile 1980, n. 58, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

�legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 2, lettera c J n. 1 (artt. 3 e 79 della 
Costituzione). 
Sentenza 14 aprile 1980, n. 49, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

�d.~R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 1, lettera c J n. 1 (artt. 3 e 79 della 
Costituzione). 

Sentenza 14 aprile 1980, n. 49, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2 lettera a) (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 22 aprile 1980, n. 58, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 
d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera c) (artt. 3 e 79 della Costituzione). 
Sentenza 14 aprile 1980, n. 49, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 314/4 pr�imo e terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale per i minorenni di Palermo, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 64/1980, 

G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 
codice civile, artt. 2096 e 2120 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 4 gennaio 1980, n. 107, G. U. 23 aprile 1980, 


n. 112. 
codice civile art. 2675 (artt. 3, 28, 36 e 97 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze 5 febbraio 1979, 


n. 83/1980, G. U. 5 aprile 1980, n. 98. 

52 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.0 STATO 

codice civile, artt. 2952 e 2942 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte d'appello dell'Aquila, ordinanza 23 ottobre 1979, n. 93/1980, G. U. 
16 aprile 1980, n. 105. 

codice di procedura civile, art. 51 (art. 3, comma primo, della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 21 novembre 1979, n. 16/1980, G. U. 19 marzo 
1980, n. 78. 

codice d'i procedura civile, art. 246 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Bergamo, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 84/1980, G. U. 9 aprile 
1980, n. 98. 

codice di procedura civile, art. 54,5 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Reggio-Emilia, ordinanza 14 dicembre 1979, n. 43/1980, G. U. 
26 marzo 1980, n. 85. 

codice penale, art. 164, ultimo comma [modif. da legge 7 giugno 1974, 

n. 220, art. 12] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 14 novembre 1979, n. 36/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 

codice penale, artt. 204 e 222, p,.p. (artt. 3 e 13, comma secondo, della costituzione). 


Tribunale di Como, ordinanza 16 novembre 1979, n. 68/1980, G. U. 2 aprile 
1980, n. 92. 

codice penale, art. 341 (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Pietrasanta, ordinanza 27 settembre 1979, n. 985, G. U. 5 marzo 
1980, n. 64. 

codice penale, artt. 3'57, 358 e 314 {artt. 3 e 47 della Costituzione). 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 30 gennaio 1980, n. 231, G. U. 26 marzo 
198�, n. 83. 

codice penale, art. 523 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 4/1980, G. U. 12 marzo 1980, 

n. 71. 
codice penale, art. 584 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'assise di Cagliari, ordinanza 13 novembre 1979, n. 17/1980, G. U. 
19 marzo 1980, n. 78. 
Corte d'assiste d'appello di Cagliari, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 82/1980, 

G. U. 9 aprile 1980, n. 98. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione).) 

Pretore di Viadana, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 26/1980, G. U. 19 mar� 
zo 1980, n. 78. 

codice d� procedura penale, artt. 18, 45, n. 4 e 46 (artt. 25, primo comma, 
101, secondo comma e 107, terzo comma, della Costituzione). 

Pretore di Pietrasanta, ordinanza 7 novembre 1979, n. 984, G. U. 5 marzo 1980, 

n. 64. 
codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 17 luglio 1979, n. 44/1980, G. U. 5 marzo 1980, 

n. 64. 
codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3, comma primo, e 24 
comma secondo, della Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 20 aprile 1979, n. 1013, G. U. 5 marzo 1980, 

n. 64. 
codice penale militare di pace, art. 58, ultimo comma (art. 3 della Costi� 
tuzione). 

Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/1980, 

G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 
codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 31 ottobre 1979, n. 15/1980, 

G. u. 12 marzo 1980, n. 71. 
codice penale militare di pace, art. 264 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Roma, sezione autonoma di Cagliari, 
ordinanza 16 ottobre 1979, n. 987, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 

Tribunale militare territoriale di Palermo, ordinanza 19 ottobre 1979, n. 1024, 

G. U. 12 marzo.'l!J80, n; 71. 
Tribunale di Genova, ordinanza 2 ottobre 1979, n. 55/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. � 

codice .penale mllltare di pace, art. 309 (art. 13, terzo comma, della Costituzione). 


Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 24 ottobre 1979, n. 12/ 
1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 

r.d. 22 dicembre 1972, n. 1210-sexies, art. 78 (artt. 101, secondo comma, 
e 108, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/ 
1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d. 19 ottobre 1923, n. 2616, art. 16 (artt. 101, secondo comma e 108, secondo 
comma, della Costituzione). 
Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n.11/1980, 

G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 
r.d. 30 dicembre 1923, n. 2'903, art. 29 (artt. 101, secondo comma e 108, 
secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/ 
1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 66, prima parte (art. 53, primo comma, 
della Costituzione) . 
. Corte 'd'�ppello di Rom�;�� ordirtanzav 26.'maggio t979, n..~3/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. � � � � � 

r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29, n. 1 e 39 (artt. 3, 34, commi primo e 
secondo, e 25, primo comma, della Costituzione). 
Corte di Cassazione, sezioni unite, ordinanze (tre) 29 gennaio e 22 marzo 1979, 
nn. 104, 105 e 106/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

Concordato 11 febbraio 1929 tra Santa Sede e Stato Italiano, art. 34, commi 
quarto, quinto e sesto [immesso con legge 27 maggio 1929, n. 847, art. il 

(artt. 2, 3, 7, 24, 25; 101 e 102 della Costituzione). 

Corte d'Appello di Milano, ordinanza 18 maggio 1979, n. 1025, G. U. 12 marzo 
1980, n. 71. 

r.d.I. 26 gennaio 1931, n. 122, art. 12 [conv. in legge 18 giugno 1931, n. 9l9l 
(artt. 101, secondo comma e 108, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/1980, 

G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 
r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 5, lettera d�) (art. 3 della Costituzione). 
Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, ordinanza 4 luglio 1977, n. 940/1979, 

G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 
r.d. �9 settembre 1941, n. 1022, art. 9, comma secondo (art. 108, secondo 
comma, della Costituzione). 
Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/ 
1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 

r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, art. 15 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/1980, 

G. U. 26 marzo 1980, n. 85. . 
r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, art. 50, secondo comma (artt. 101, secondo 
comma e 108, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/1980, 

G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 

PARTE II, LEGISLAZIONE JJ 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 99, quinto comma (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione). 
Corte d'appello di Roma, ordinanza 7 febbraio 1979, n. 62/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 

r.d. 30 marzo 1942, n. 327, art. 1104 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 13 novembre 1979, n. 110/1980, G. U. 16 aprile 
1980, n. 105. 

legge 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 41 e 17 (artt. 3, 9 e 112 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 23 ottobre 1979, n. 1018, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. 

d.I. 8 marzo 1945, n. 90, art. 12, primo comma, primo inciso (art. 53, primo 
comma, della Costituzione). 
Corte d'appello di Roma, ordinanza 26 maggio 1979, n. 63/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 

legge 4 maggio 1951, n. 570, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 30 ottobre 1979, n. 11/ 
1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 

legge 2 luglio 1952, n. 7(13, art. 39 (artt. 70 e 72 della Costituzione). 

Corte d'appello di Milano, ordinanza 13 novembre 1979, n. 96/1980, G. U. 
16 aprile 1980, n. 105. 

legge H marzo 1955, n. 160, artt. 9 e 15 (artt. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per la Campani~, ordinanza 20 febbraio 
1979, n. 996, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 

d.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, cut. 1 O (artt. 3 e 32 della Costituzione). 
Pretore di Palermo, ordinanza 3 dicembre 1979, n. 77/1980, G. U. 2 aprile 1980, 

n. 92. 
legge 1� dicembre 1956, n. 1426, artt. 2, 3, 4 (art. 3, primo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Piedimonte Matese, ordinanza 21 agosto 1979, n. 33/1980, G. U. 
19 marzo 1980, n. 78. 

legge 1 � dicembre 1956, n. 1426, artt. 3 e 4 (artt. 3, primo comma, 53, 
primo comma e 108, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Piacenza, ordinanza 17 novembre 1979, n. 2/1980, G. U. 12 marzo 
1980, n. 71. 


Pretore di Bressanone, ordinanza 21 dicembre 1979, n. 189/1980, G. V. 9 aprile 
1980, n. 98. 
Pretore di Bressanone, ordinanza 21 dicembre 1979, n. 189/1980, G. V. 9 aprile 
1980, n. 98. 
56 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1, n. 5 (art. 16 della Costituzione). 

Pretore di Codroipo, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 67/1980, G. V. 2 aprile 
1980, n. 92. 

leg9e 27 dicembre 1956, ,n. 1423, art. 2 (art. 16 della Costituzione). 

Pretore di Latisana, ordinanza 27 novembre 1979, n. 1/1980, G. V. 12 marzo 
1980, n. 71. 
Pretore di Legnano, ordinanze (due) 3 e 6 dicembre 1979, nn. 47 e 48/1980, 

G. V. 29 marzo 1980, n. 85. 
d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (artt. 36, comma terzo, 53, comma 
primo, e 3, comma primo, della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 30 novembre 1979, n. 70/1980, G. V. 2 aprile 
1980, n. 92. 

legge 20 febbraio 1958, n. 75, art+. 3, nn. 5 e 8, e 4, n. 2 (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Torino, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 4/1980, G. V. 12 marzo 
1980, n. 71. 

legge 24 marzo 1958, n. 195, art. 40 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 10 ottobre 1979, 

n. 65/1980, G. V. 26 marzo 1980, n. 85. 
legge 2 aprile 1958, n. 339, art+. 1 e 14 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 5 novembre 1979, n. 25/1980, G. V. 19 marzo 1980, 

n. 78. 
d.P.R. 15 giug,no 1959, n. 393, artt. 82, primo comma, e 91, comma tredicesimo, 
n. 2 [modif. da legge 9 luglio 1967, n. 572, art. 21 (art. 3 della Costituzione). 
Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Frosinone, ordinanza 9 gennaio 
1980, n. 100, G. V. 30 aprile 1980, n. 118. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 1,21 [modif. da legge 5 maggi,o 1976, 
n. 313, art. 51 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Sal�, ordinanza 2 febbraio 1979, n. 1017, G. V. 12 marzo 1980, n. 71. 
Pretore di Roma, ordinanze (due) 29 settembre 1979, nn. 1026 e 1027, G. V. 
12 marzo 1980, n. 71. 
Pretore di San Severo, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 131/1980, G. V. 9 aprile 
1980, n. 98. 
Pr�tore di Gubbio, ordinanza 7 dicembre 1979, n. 78/1980, G. V. 9 aprile 1980, 

n. 98. 
Pretore di Bressanone, ordinanza 23 novembre 1979, n. 188/1980, G. V. 9 aprile 
1980, n. 98. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. da legge 5 maggio 1976, 
n. 313, art. 5] (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Tolmezzo, ordinanza 15 gennaio 1980, n. 163, G. U. 9 aprile 1980, 

n. 98. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. da legge 5 maggio 1976, 
n. 313] (artt. 3 e 101 della Costituzione). 
Pretore di Cammarata, ordinanza 18 ottobre 1979, �n. 20/1980, G. U. 19 marzo 
1980, n. 78. 
Pretore di Cammarata, ordinanza 11 ottobre 1979, n. 21/1980, G. U. 19 marzo 
1980, n. 78. 
Pretore di Cercara Friddi, ordinanza 5 ottobre 1979, n. 23/1980, G. U. 19 marzo 
1980, n. 78. 
Pretore di Cammarata, ordinanza 8 novembre 1979, n. 142/1980, G. U. 9 aprile 
1980, n. 98. 

d.P.R. 15 CJiugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma [modif. da legge 5 mag� 
gio 1976, n. 313, art. 5] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Venafro, ordinanza 26 novembre 1979, n. 22/1989, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 
Pretore di Taranto, ordinanza 27 novembre 1979, n. 71/1980, G. U. 2 aprile 
1980, n. 92. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Pretore di CLES, ordinanze (cinque) 23 novembre 1979, nn. 6, 7, 8, 9, 
10/1980, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, comma terzo, quarta ipotesi [modif. 
da legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Grosseto, ordinanza 25 giugno 1979, n. 86/1980, G. U. 9 aprile 1980, 

n. 98. 
d,P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, comma terzo e quarto (artt. 3 e 102 
della Costituzione). 

Pretore di Empoli, ordinanza 29 gennaio 1980, n. 257, G. U. 23 aprile 1980, 

n. 112. 
d.P.R. 16 marzo 1960, n. 570, art. 15, n. 3 (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Tribunale di Isernia, ordinanza 7 novembre 1979, n. 999, G. U. 5 marzo 1980, 

n. 64. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lettera a) (art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Pistoia, ordinanza 7 novembre 1979, n. 27/1980, G. U. 19 marzo 
1980, n. 78. 


58 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge 12 agosto 1962, n. 133,8, art. 2, secondo comma, lettera a) (artt. 3 e 
38, comma secondo, della Costituzione). 


Pretore di Pisa, ordinanza 15 novembre 1979, � n. 38/1980, G. U. 26 marzo 1980, 
Il. 85. 


legge 12 agosto 1962, n. 133~. art. 13, quarto e quinto comma (art. 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 18 ottobre 1979, n. 989, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 

d.P.R. 12 febbraio 1'965 n. 162 art. 76 (artt. 3, 11 e 41 della Costituzione). 
Tribunale di Ravenna, ordinanza 18 gennaio 1980, n. 113, G. U. 30 aprile 1980, 
n. 118. 
d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). 
Corte d'appello di Lecce, ordinanza 16 ottobre 1979, n. 992, G. U. 12 marzo 
1980, Il. 71. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1114, art. 3 e all. 4 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Perugia, ordinanza 14 novembre 1979, n. 39/1980, G. U. 26 marJ 


zo 1980, n. 85. 

i 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Macerata, ordinanza 13 novembre 1979, n. 30/1980, G. U. 19 marf
f 

zo 1980, n. 78. 

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f 

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d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3, 38 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 25 gennaio 1979, n. 87/1980, G. U. 9 aprile 1980, 
n. 98. 
I ' 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, secondo comma (artt. 76 e 77 della 
Costituzione). 
!

Tribunale di Torino, ordinanza 15 novembre 1979, n. 90/1980, G. U. 9 aprile 
1980, n. 98. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Tribunale dell'Aquila, ordinanza 19 settembre 1979, n. 42/1980, G. U. 26 marI 


zo 1980, n. 85. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145, primo c:omma, punto A) [modif. da 
legge 27 dicembre 1975, n. 780] (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Tribunale di Vercelli, ordinanze (due) 12 gennaio 1979, nn. 31 e 32/1980, G. U. 
19 marzo 1980, n. 78. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 6, c:omma sec�ondo (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Milano, ordinanza 30 giugno 1979, n. 88/1980, G. U. 16 aprile 1980, 

n. 105. t 
i 

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PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3, 34, commi primo e secondo, 
e 25, primo comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanze (tre) 29 gennaio e 22 marzo 1979, 
nn. 104, 105 e 106/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10, n. 4 {art. 97, primo e secondo comma, 
della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 6 dicembre 
1979, n. 75/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). 


Corte d'appello di Potenza, ordinanza 4 dicembre 1979, n. 61/1980, G. U. 
26 marzo 1980, n. 85. 

legge 22 ottobre 19771, n. � 865, artt. 16 e 20 (artt. 3, 42 e 43 della Costituzione). 


Corte d'appello di Genova, ordinanza 13 luglio 1979, n. 1022, G. U. 12 marzo 
1980, n. 71. 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 7, 19 e 21 (artt. 3, 34, commi primo e 
secondo, e 25, primo comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanze (tre) 29 gennaio e 22 marzo 1979, 
nn. 104, 105 e 106/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

d.P.R. 26 settembre 1972, n. 643, artt. 2 e 6 (art. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Mondov�, ordinanza 6 luglio 1979, 

n. 176/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
legge reg. Emilia-Romagna 11 ottobre 1972, n. 9, art. 4 (artt. 117 e 123 della 
Costituzione e art. 25 dello statuto regionale dell'Emilia-Romagna). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 20 dicembre 
1978, n. 28/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 

Legge reg. Emilia-Romagna 11 ottobre 1972, n. 9, art. 4, secondo comma 

(artt. 117, 118, terzo comma, 121, 123 della Costituzione e 25, 57 dello statuto regionale 
dell'Emilia-Romagna). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 8 novembre 
1978, n. 29/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 8 novembre 
1978, n. 35/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 art. 43 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Trento, ordinanza 22 ottobre 1979, 

n. 34/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 

60 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (art. 97, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 6 dicem


bre 1979, n. 75/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

d.P.R. 2�6 ottobre 1972, n. 63'6, art. 39 (artt. 24, primo comma, e 113, primo 
comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Prato, ordinanza 29 ottobre 1979, 

n. 995, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 11 maggio 1979, 

n. 
177/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, 
n. 
180/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, 
n. 
181/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, 
n. 182/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6, 14 e 15 (artt. 3, 53 e 42 della Co!


stituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 4 aprile 1979, 

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n. 982, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 
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legge 15 d1ic:embre 1'972 n. 772, art. 11 (artt. 103, secondo comma e 25, 

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primo comma, della Costituzione). 
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.
Tribunale militare territoriale di La Spezia, ordinanza 23 ottobre 1979, n. 97I 
1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. . 
. . 

. 

.d.I. 22 genna�io 1973, n. 2, artt. 1 e 4 [c:onv. in legge 23 marzo 1973, n. 36J , 

(artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 6 apr1le 1979, n. 54/1980, G. U. 26 marzo 1980, 

n. 85. 
d,P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1'83, 195, 334, primo comma, n. 2 
[modif. da legge 14 -aprile 1975, n. 103, art. 451 (artt. 3 e 27 della Costi


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tuzione). 
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Pretore di Torino, ordinanza 30 novembre 1979, n. 76/1980, G. U. 2 aprile 1980, .

. 

n. 92. 
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legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 12 (art. 3, primo comma, della Costi


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tuzione). 
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Tribunale di Catania, ordinanza 10 gennaio 1980, n. 112, G. U. 16 aprile 1980, i� 
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n. 105. 
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PARTE II, LEGISLAZIONE 
61 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74, commi secondo e terzo (artt. 3, 53 
e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Modena, ordinanza 10 aprile 1979, 

n. 1015, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, 
n. 
202/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di lo grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 203/ 
1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di 1� grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 204/ 
1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di 1� grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 205/ 
1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di 1� grado di Ivrea, ordinanza 7 marzo 1979, n. 206/ 
1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 1, c�omma primo lettera AJ, e 7, com� 
ma primo, secondo e quarto (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Modena, ordinanza 22 febbraio 
1978, n. 18/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 7, 8, 92 e 98 (artt. 76, 77 e 3 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di 2� grado di Alessandria, ordinanza 5 novembre 
1979, n. 119/1980, G. U. 30 aprile 1980, n. 118. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15 (artt. 24, primo comma, e 113, primo 
comma 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Prato, ordinanza 29 ottobre 1979, 

n. 995, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (artt. 3 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Cagliari, ordinanza 20 settembre 
1979, n. 98/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. 

legge 15 novembre 1973, n. 734, artt. 2, 3 e 15 (artt. 3, 28, 36 e 97 della 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 febbraio 1979, 

n. 83/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. 
legge reg. Veneto 26 novembre 1973, n. 25, art. 50, comma sesto e tabella 
ivi contenute (artt. 3, 97, primo comma, 117 e 123 della Costituzione) .. 

Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, ordinanza 5 luglio 1978, 

n. 983/1979, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 
legge 18 dicembre 1973, n. 836, art. 27 (artt. 36 e 3 della Costituzione). 

Corte dei conti -sezioni riunite, ordinanza 16 maggio 1979, n. 95/1980, G. U. 
23 aprile 1980, n. 112. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). 

Pretore di Pistoia, ordinanza 7 novembre 1979, n. 5/1980, G. U. 12 marzo 1980, 

n. 71. 
Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 5 ottobre 1979, n. 53/1980, G. U. 
12 marzo 1980, n. 71. 
Pretore di Isernia, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 79/1980, G. U. 12 marzo 
1980, n. 71. 

legge 18 dicembre 1973, n. 877, art. 13, primo e secondo comma (artt. 3 e 
35 della Costituzione). 

Pretore di Orvieto, ordinanza 10 dicembre 1979, n. 102/1980, G. U. 16 aprile 
1980, n. 105. 
Pretore di Orvieto, ordinanza 1o dicembre 1979, n. 101/1980, G. U. 16 aprile 
1980, n. 105. 

legge 20 dicembre 1�973; n. 831 (artt. 3, primo comma, 97, primo comma, e 
107, terzo comma, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 3 luglio 1979, n. 56/ 
1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 

legge 20 dicembre 1973, n. 8311, art+. 7, 9, 10, 14, 17, 18, 21 (artt. 3, primo 
comma, 97, primo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 3 luglio 1979, n. 56/ 
1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 

legge 27 dicembre 1973, n. 852, art. 2, primo comma (artt. 3 e 39, primo 
comma, della Costituzione)). 

Pretore di Roma, ordinanza 9 ottobre 1979, n. 52/1980, G. U. 26 marzo 1980, 

n. 85. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, terzo comma (artt. 3, 29, 31, 36 e 
38 della Costituzione). 
Corte dei conti, sezione III giurisdizionale, ordinanza 11 dicembre 1978, 

n. 94/1980, G. U. 16 aprile 1980, n. 105. 
d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 133, primo comma (artt. 3, primo comma 
e 97, primo comma, della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, ordinanza 27 luglio 1979, 

n. 196/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98. 
legge 18 a:prile 1975, n. 11 O, artt. 2 e 3 (art. 25 della Costituzione). 

Tribunale di Pisa, ordinanza 24 ottobre 1979, n. 98/1980, G. U. 26 marzo 1980, 

n. 85. 
legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 48, ultimo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). 


,; 

Corte d'appello di Torino. Sezione di sorveglianza, ordinanza 8 ottobre 1979, 

n. 933, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. .
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PARTE Il, LEGISLAZIONE 

legge 18 novembre 1975, n. 764, art. 7 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Asti, ordinanza 16 ottobre 1979, n. 1020, G. U. 12 marzo 1980, n. 71. 

legge reg. Lazio 2 dicembre 1975, n. 79, art. 1 (artt. 76 e 117 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 20 ottobre 1979, n. 1023, G. U. 12 marzo 1980, 

n.71. 
Pretore di Roma, ordinanza 19 novembre 1979, n. 57/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 

legge 22 dicembre 1975, n. 665, artt. 26 e 28 (art. 3 della Costituzione)). 

Tribunale di Catania, ordinanza 3 dicembre 1979, n. 45/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 71, comma quarto (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Macerata, ordinanza 14 dicembre 1979, n. 50/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 

legge 23 dicembre 1975, n. 698, art. 9 [modif. da legge 1� agosto 1977, 

n. 563] (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Asti, ordinanza 16 ottobre 1979, n. 1019, G. U. 12 marzo 1980, 

n. 71. 

legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Grumello del Monte, ordinanze (otto) 3 ottobre 1979, nn. 1003, 
1004, 1005, 1006, 1007, 1008, 1009 e 1010, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 

Pretore di Civitavecchia, ordinanza 27 novembre 1976, n. 19/1980, G. U. 
19 marzo 1980, n. 78. 

Pretore di Milano, ordinanza 20 novembre 1979, n. 46/1980, G. U. 26 marzo 1980, 

n. 85. 
Tribunale di Treviso, ordinanza 2 novembre 1979, n. 49/1980, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 
Pretore di Lanciano, ordinanze (due) nn. 59 e 60/1980, G. U. 26 marzo 1980, n. 85. 
Pretore di Codroipo, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 66/1980, G. U. 2 aprile 1980, 

n. 
92. 
Pretore di Cremona, ordinanze (tre) 21 febbraio e 7 febbraio 1979, nn. 116, 
117, e 118/1980, G. U. 9 aprile 1980, n. 98). 
Pretore di Gradisca d'Isonzo, ordinanza 17 dicembre 1979, n. 201/1980, G. U. 
9 aprile 1980, n. 98. 
Pretore di Maddaloni, ordinanze (cinque) 24 gennaio 1980, nn. 211, 212, 213, 
214 e 215, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Pretore di Arone, ordinanza 23 gennaio 1980, n. 223, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 

legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Catania, ordinanza 19 febbraio 1980, n. 230, G. U. 23 aprile 1980, 

n.112. 


64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 1 O maggio 1976, n. 319, art. 25, primo comma, primo paragrafo (art. 3, 
comma primo della Costituzione). 

Pretore di Mestre, ordinanza 7 novembre 1979, n. 14/1980, G. U. 19 marzo 1980, 

n. 78. 
legge '22 maggio 1976, n. 349, art. 1 bis, .primo comma (art. 24, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 7 luglio 1976, n. 1001/1979, G. U. 5 marzo 1980, 

n. 64. 
legge 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1 quarter (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Pavia, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 72/1980, G. U. 26 marzo 1980, 

n. 85. 
legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, primo comma (artt. 3, 29, 31 e 53 
della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Ferrara, ordinanze (due) 13 ottobre 
1978, nn. 997 e 998/1979, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 3 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di 1� grado di Milano, ordinanza 7 giugno 1979, 

n. 89/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 3, ultimo comma (artt. 3 31 e 53 della 
Costituzione). 

Commissio.e tributaria di secondo grado di Padova, ordinanza 25 settembre 
1979, n. 990, G. U. 5 marzo 1980, n. 64. 

legge prov. Trento 3 dicembre 1976, n. 41, art. 27, comma secondo e terzo 

(artt. 116 della Costituzione e 8 e 15 dello statuto autonomo della regione Trentino-
Alto Adige). 


I

Pretore di Fondo, ordinanza 17 dicembre 1979, n. 40/1980, G. U. 26 marzo 1980, 

n. 85. 
I

j 

legge 28 gennaio 1977, n. 1O, art. 14 (artt. 3 e 42, comma terzo, della Costi


tuzione). Corte d'appello di Potenza, ordinanza 4 dicembre 1979, n. 61/1980, G. U. 
26 marzo 1980, n..85. 

legge 28 gennaio 1977, n. 1O, art. 14 (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione). 

Corte d'appello di Genova, ordinanza 13 luglio 1979, n. 1022, G. U. 12 marzo 
1980, n. 71. 


d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234, art. 3, primo c�omma (artt. 4, 5 e 13 dello 
!.

statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e 116 della Costituzione). 

I t:

Tribunale di Trento, ordinanza 20 dicembre 1979, n. 91/1980, G. U. 16 aprile 
1980, n. 105. 


.. I 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 16 maggio 1977, n. 3.()5 (art. 80 della Costituzione). 

Corte d'assise d'appello di Milano, ordinanza 3 dicembre 1979, n. 99/1980, 
,G. U. 16 aprile 1980, n. 103. 

legge 28 novembre 1977, n. 10, art. 17, lettera b (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Trapani, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 85/1980, G. U. 16 aprile 1980, 

n. 105. 
legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 6 luglio 1979, 

n. 
176/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di lo grado di Mondov�, ordinanza 11 maggio 1979, 
n. 
177/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di 1� grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, 
n. 
180/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di lo grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1979, 
n. 
181/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
Commissione tributaria di lo grado di Mondov�, ordinanza 25 maggio 1980, 
n. 182/1980, G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
legge 23 dicembre 1977, n. 928, art. 1, comma secondo (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Voltri, ordinanza 20 novembre 1979, n. 69/1980, G. U. 2 aprile 1980, 

n. 92. 
legge Z7 dicem,bre 1977, n. 968, art. 8, quarto cpv. (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Ravenna, ordinanza 28 dicembre 1979, n. 114/1980, G. U. 30 aprile 
1980, n. 118. 

legge 10 maggio 197'8, n. 176, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 42 e 
136 della Costituzione). 

Corte d'appello di Caltanissetta, sezione agraria, ordinanza 5 dicembre 1979, 

n. 41/1980, G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 
legge 22 maggio 1978, n. 1'94, artt. 4, 5, 6, 8, 9, H, 12, 13, 14, 15, 19, 
20, 21, 22 artt. 2 e 3, primo e secondo comma, 29, 30, 31, 32 della Costituzione). 

Giudice tutelare di Ivrea, ordinanza 16 novembre 1979, n. 1012, G. U. 12 marzo 
1980, n. 71. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 5 e 59 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Torino, ordinanza 29 agosto 1979, n. 73/1980, G. U. 
2 aprile 1980, n. 92. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, ottavo comma, e 59 (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Salerno, ordinanza 6 novembre 1979, n. 988, G. U. 5 marzo 1980, 

n. 64. 

66 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 27 lugU.o 1978, n. 392, art. 57 (artt. 3 e 36, comma primo, della 
Costituzione). 

Giudice conciliatore di Palermo, ordinanza 7 aprile 1979, n. 81/1980, G. U. 
2 aprile 1980, n. 92. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 58 (art. 42, secondo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 26 ottobre 1979, n. 184/1980, G. U. 23 aprile 
1980, n. 112. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 10 ottobre 1979, n. 981, G. U. 5 marzo 1980, 

n. 
64. 
Giudice conciliatore di Palermo, ordinanza 5 dicembre 1979, n. 24/1980, 
G. U. 19 marzo 1980, n. 78. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59 (art. 42, secondo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 29 ottobre 1979, n. 185/1980, G. U. 23 aprile 
1980, n. 112. 

legge a.7 luglio 1978, n. 392, artt. 59 e 65 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Livorno, ordinanza 12 marzo 1979, n. 200/1980, 

G. U. 23 aprile 1980, n. 112. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Voltri, ordinanza 20 novembre 1979, n. 69/1980, G. U. 2 aprile 
1980, n. 92. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65, pl'imo comma (artt. 3 e 42 della 
Costituzione). 

Giudice conciliatore di Milano, ordinanza 7 novembre 1979, n. 1011, G. U. 
12 marzo 1980, n. 71. 

legge 3 agosto '1978, n. 405 (artt. 3, 79 e 101 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 4 ottobre 1979, n. 13/1980, G. U. 19 marzo 1978, 

n. 78. 
legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 4, lettera bJ (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Livorno, ordinanza 27 aprile 1979, n. 1002, G. U. 5 marzo 1980, 

n. 64. 
d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera e) (artt. 3, 79 e 101 della 
Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 4 ottobre 1979, n. 13/1980, G. U. 19 marzo 1980, 

n. 78. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera a) (artt. 3 e 24, cpv., della 
Costituzione). 
Pretore di Pieve di Cadore, ordinanza 21 novembre 1979, n. 1028, G. U. 
12 marzo 1980, n. 71. 
Tribunale di Belluno, ordinanza 19 ottobre 1979, n. 92/1980, G. U. 16 aprile 
1980, n. 105. 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Livorno, ordinanza 27 aprile 1979, n. 1002, G. U. 5 marzo 
1980, n. 64. 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 4, primo c:omma, !etera bJ (art. 3 della 
Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 19 giugno 1979, n. 3/1980, G. U. 12 marzo 
1980, n. 71. 

d.P.R. 22 settembre 1978, n. 699, art+. 1, n. 3 e 3 (art. 11 della Costituzione). 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 19 ottobre 1979, n. 103/1980, G. U. 
30 aprile 1980, n. 118. 

d.I. 29 maggio 1979, n. 163, art. 57, c:omma sec:ondo (artt. 70, 101, 24, 
primo comm�, 42, 3 della Costituzione). 
Pretore di Udine, ordinanza 14 dicembre 1979, n. 51/1980, G. U. 19 marzo 
1980, n. 78. 

d.I. 29 maggio 1979, n. 163, art. 57, primo e sec:ondo c:omma (artt. 24, 
primo e secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Bologna, ordinanza 20 giugno 1979, n. 1021, G. U. 12 marzo 
1980, n. 71. 

d.P.R. 4 agosto 1979, n. 413, art. 2, lettera a) (artt. 3 e 2, cpv., della 
Costituzione). 
Pretore di Pieve di Cadore, ordinanza 7 novembre 1979, n. 1014, G. U. 
12 marzo 1980, n. 71. 

legge 13 agosto 1979, n. 374, art. 1 (artt. 3, 24, 77 e 113 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 9 ottobre 1979, n. 1016, G. U. 12 marzo 1980, 

n. 71. 
d.P.R. 22 settembre 1979, n. 695, art+. 1, n. 3 e 3 (art. 2 della Costituzione). 
Corte d'appello di Venezia, ordinanza 8 marzo 1979, n. 37/1980, G. U. 19 marzo 
1980, n. 78. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

68 

d.I. 12 novembre 1979, n. 571 (artt. 3, 42 e 56 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, ordinanza 29 novembre 
1979, n. 74/1980, G. U. 2 aprile 1980, n. 92. 

d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (art. 42, comma terzo, dello statuto reg. 
siciliana, e art. 76 della Costituzione). 
Presidente giunta reg. Sicilia, ricorso 19 marzo 1980, n. 5, G. U. 26 marzo 
1980, n. 85. 

d.I. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 8 [modif. da legge 29 febbraio 1980, 
n. 33] (artt. 5, 115, 117, 118, 119, 123 e 97 della Costituzione). 
Presidente giunta reg. Veneto, ricorso 12 aprile 1980, n. 8, G. U. 23 aprile 
1980, n. 112. 

legge reg. Umbria, riappr. il 4 febbraio 1980 (art. 17 della Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 3 marzo 1980, n. 4, G. U. 
12 marzo 1980, n. 71. 

legge reg. Lombard1ia, riappr. 13 marzo 1980 (artt. 117, 3, 36, 97 e 119 della 
Costituzione). 
Presidente del Consiglio dei Ministri, ordinanza 14 aprile 1980, n. 9, G. U. 
23 aprile 1980, n. 112. 

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CONSULTAZIONI 


COMUNITA ECONOMICA EUROPEA 

Decisioni CECA -Efficacia su territorio Stati membri (trattato di Parigi 
18 aprile 1951 -legge 25 giugno 1952, n. 766). 

Se le decisioni dell'alta autorit� (ora commissione unica) della Comunit� 
Europea del Carbone e dell'Acciaio, ed in particolare quelle a carattere generale, 
abbiano efficacia immediata nell'ordinamento di ciascuna degli Stati 
membri (a seguito, per le decisioni generali, della loro pubblicazione nella 
Gazzetta Ufficiale delle Comunit� Europee), o invece sia necessario un atto 
dello Stato membro di riproduzione o di ricezione (n. 26). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA 

Espropriazione per pubblica utilit� -Beni indivisi -Offerta indennit� Accettazione 
(legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 25; legge 22 ottobre 1971, 

n. 865, art. 12). 
Se, in ipotesi di espropriazione per pubblic� utilit� di un bene oggetto 
di compropriet�, l'accettazione dell'indennit� offerta debba provenire da tutti 
i proprietari (n. 482). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Costruzione di sedi di uffici giudiziari in 
Sicilia -Atti del procedimento d'espropriazione -Competenza degli organi 
regionali o statali (legge 15 febbraio 1957, n. 26; d.P.R. 30 luglio 1950, 

n. 878, art. 3). 
Se spetta agli organi regionali ovvero a quelli statali la competenza in 
ordine agli atti di un procedimento d'espropriazione preordinato alla realizzazione 
di sedi di uffici giudiziari da costruirsi a cura dei Comuni col contributo 
dello Stato (n. 483). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Danni conseguenti all'esecuzione di opera 
pubblica -Pregiudizio causato all'esercizio di imprese -lndennizzabilit� 
(legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46). 

Se sia dovuto un indennizzo ai soggetti esercenti attivit� commerciali, industriali 
o artigianali che subiscano danni permanenti per effetto dell'esecuzione 
di un'opera di pubblica utilit� (n. 481). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� aggiuntiva -Separato indennizzo 
per frutti pendenti -Ammissibilit� (legge 22 ottobre 1971, n. 865, 
art. 17, secondo comma). 

Se il colono, al quale spetti l'indennit� aggiuntiva di espropriazione a sensi 
dell'art. 17 legge 22 ottobre 1971, n. 865, abbia titolo a conseguire un'indennit� 
per la perdita dei frutti pendenti (n. 479). 



70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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Espropriazione per pubblica utilit� -Opere pubbliche di competenza statale Determinazione 
dell'indennit� -Criteri contenuti nella legge 28 gennaio 1977, I~ 

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n. IO -Applicabilit� (legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14; legge 22 ottobre 
1971, n. 865, art. 16; legge 25 giugno 1865, n. 2359). 
Se le modificazioni apportate dall'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, ffi 

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ai criteri di determinazione dell'indennit� stabiliti dalla legge 22 ottobre 1971, 

n. 865, si applichino anche alle espropriazioni per la esecuzione di opere 
pubbliche di competenza statale (n. 480). 
Espropriazione per pubblica utilit� -Sardegna -Opere da seguirsi con finanziamenti 
straordinari per il Mezzogiorno -Competenza degli organi statali Configurabilit� 
(legge 2 maggio 1976, n. 183). 

Se spettino agli organi statali o a quelli regionali le funzioni amministrative 
inerenti alle procedure o espropriazione per opere pubbliche da 
realizzarsi, in Sardegna, coi finanziamenti straordinari da erogarsi dallo Stato 
in base alla legge 2 maggio 1976, n. 183 (n. 486). 

Espopriazione per pubblica utilit� -Sardegna -Opere da realizzarsi con contributi 
erogati dalla Cassa per il Mezzogiorno -Competenza degli organi 
statali -Configurabilit� (d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, art. 14). 

Se competano agli organi statali o a quelli regionali le funzioni amministrative 
inerenti ai procedimenti d'espropriazione e di occupazione d'urgenza 
preordinati alla esecuzione, in Sardegna, �li opere pubbliche da realizzarsi col 
contributo statale (n. 485). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Sardegna -Opere finanziate dalla Cassa 
per il Mezzogiorno -Competenza degli organi statali -Configurabilit� 

(d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 -d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, art. 2, 14). 
Se competano agli organi statali o a quelli regionali le funzioni amministrative 
inerenti a procedimenti di espropriazione per l'esecuzione, in Sardegna, 
di opere pubbliche finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno (n. 484). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Impiego pubblico -Personale delle Ferrovie dello Stato -Indennit� di buonuscita 
corrisposta dall'OPAFS -Sequestrabilit� e pignorabilit� (legge 14 dicembre 
1973, n. 829, art. 44). 

Se l'indennit� di buonuscita spettante al personale delle Ferrovie dello 
Stato sia suscettibile di sequestro o pignoramento per debiti verso il fondo 
di previdenza ovvero per la realizzazione di crediti da risarcimento del danno 
causato alla Pubblica Amministrazione (n. 887). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Imposta generale sull'entrata -Prodotti tessili -Fili di gomma -Crino artificiale 
e filati metallici -Esenzione -Decorrenza (legge lo marzo 1968, 

n. 245, art. 1; legge 12 agosto 1957, n. 757, all. C). 
Se l'art. 1 della legge lo marzo 1968, n. 245 -che ha aggiunto nuovi 
prodotti a quelli elencati ai fini dell'esenzione dall'imposta generale sull'entrata, 
nella tabella allegato c della legge 12 agosto 1957, Il. 757 -abbia 
natura interpretativa e quindi efficacia retroattiva (n. 184). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 

Imposta generale sull'entrata -Prodotti tessili -Prodotti impiegati nelle fabbricazione 
previste nella tabella allegato B alla legge 12 agosto 1957, n. 757 Esenzione 
(legge 12 agosto 1957, n. 757, art. 9, all. B). 

Se i prodotti tessili � filati� non inclusi ai fini della esenzione dall'imposta 
generale sull'entrata, nella tabella allegato C della legge 12 agosto 1957, n. 757, 
possano assoggettarsi a tributo quando ne sia provato l'impiego nelle fabbricazioni 
per le quali � dovuta l'imposta �una tantum� a sensi dell'allegato B 
della citata legge (n. 185). 

IMPOSTA VALORE AGGIUNTO 

Imposta sul Valore Aggiunto -Corrispettivi per trasporto aeropostale interno, 
impossibilit�, limiti (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10; d.P.R. 23 dicembre 
1974, n. 687). 

Se, agli effetti dell'art. 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo dell'IVA, 
modificato con il d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 687, siano esenti da imposte 
i corrispettivi pagati alle compagnie aeree che, in base a convenzione, eseguono 
il trasporto aeropostale interno (n. 22). 

Imposta sul Valore Aggiunto -Esenzioni per corrispettivi concernenti pubblici 
servizi -Natura (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; d.P.R. 23 dicembre 1974, 

n. 687). 
Se l'esenzione dall'IVA prevista con riguardo a servizi pubblici debba ritenersi 
configurare un'esenzione appaltativa ricomprendente tutte le operazioni 
comunque inerenti al servizio, anche ai fini dell'allestimento di questo, ovvero 
sia limitato ai corrispettivi pagati dagli utenti del servizio (n. 23). 

IMPOSTE DI FABBRICAZIONE 

Imposta di fabbricazione sulle fibre artificiali e filamento continuo -Canone 
di abbonamento annuale -Riduzione proporzionale al periodo di inattivit� 
degli impianti -Calcoli (d.l. 7 ottobre 1961, n. 1029; d.l. 3 gennaio 1947, n. 1, 
art. 43). 

Se, ai fini dell'applicazione dell'imposta di fabbricazione, ed in particolare 
del calcolo della riduzione proporzionale del canone di abbonamento annuale 
da praticare in relazione alla interruzione della produzione ed all'inattivit� 
degli impianti, possa farsi riferimento per il periodo dal 1949 al 1961 alla 
circolare n. 48 del 12 febbraio 1949 esplicativa del decreto ministeriale 7 febbraio 
1949 determinativo della capacit� produttiva annuale dell'apparato pro� 
duttivo concernente le fibre artificiali a filamento continuo (n. 38). 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Tributi erariali indiretti -Imposte ipotecarie -Tardiva richiesta di trascrizione 
di atto -Pena pecuniaria -Possibilit� di riduzione ( d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 635, art. 17; legge 7 gennao 1929, n. 4, art. 63). 

Se possa ridursi la pena pecuniaria applicabile per l'ipotesi di tardivit� 
(od omissione) della richiesta di trascrizione di un atto obbligatoriamente 
soggetto a detta formalit� (n. 17). 


72 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I m

RISCOSSIONE 

Esattore -Ritardo nell'esecuzione dello sgravio o nel versamento dell'importo 
degli sgravi non potuti eseguire; Sanzioni (d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, 
art. 143; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, art. 26; d.P.R. 29 settembre 1973, 

n. 603, art. 36; d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, art. 147). 
Se il ritardo dell'agente di riscossione nell'eseguire sgravi per indebito o 
nel versare l'ammontare degli sgravi non potuti eseguire sia sanzionabile attualmente 
con la pena pecuniaria precisata nell'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, 
n..603, al quale deve intendersi effettuato il rinvio � formale � disposto dall'art. 
143, comma secondo, d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858, sulle inadempienze 
dell'esattore (n. 46).