MARZO-APRILE 1977

ANNO XXIX -N. 2 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 
197 7 



ABBONAMENTI -

ANNo L. 12.75.0 
UN NUMERO SEPARATO � . . . . . . . . � . . � . . . . . � 2.250 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � Printed in ltalr 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 


(7219053) Roma, 1977 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 

de/l'avv. Giuseppe Ange/ini-Rota e de/l'avv. Franco 
Favara) . pag. 20 I 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Arturo M�rzano) . � 229 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIde/
l'avv. Carlo Carbone) . � 249 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA 
cato Adriano Rossi) 
CIVILE 
. 
(a cura de/l'avvo
� 266 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
de/l'avv. Ugo Gargiulo e de/l'avv. Raffaele Tamiozzo) 
� 276 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
vocato Carlo Baf�le) . 
(a cura del/'av� 
� 296 � 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura de/l'avv. Paolo Vittoria) 
. � 331 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura de/l'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) . � 348 

Porte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI � NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE � pag. 41 
CONSULTAZIONI � 52 


La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE A_VVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE 
MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMrnzzo, Firenze; Francesco 
GuICCIARDI, Genova; Adriano RossI, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, 
,Lecce; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, 
Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio 
DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


BAFILE C., I caratteri fondamentali del nuovo processo tributario 
delineati dalle Sezioni Unite . . . . . . . . . . . . I, 302 

I, 289

CARAMAZZA I., In tema di competenza per connessione 

MARZANO A., Ancora sui rapporti tra la normativa comunitaria e gli 
interventi nazionali diretti a contenere l'aumento dei prezzi . . . I, 229 

VITTORIA P., Ritardata consegna dei lavori e tutela degli interessi 
dell'appaltatore negli appalti pubblici . . . . . . . . . I, 333 

m1111r1,1a111111tr111111111111111111t11&1111l.1r111111;r1111i111111�1111t1 



PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRIATTO 
AMMINISTRATIVO 
CIT� 

-Antiche utenze -Pagamento del canone 
-Riconoscimento -Provvedimento 
della P.A. -Valore meramente 
ricognitivo, 267. 

-Competenza e giurisdizione -Tribunali 
regionali delle acque e tribunale 
superiore -Sottensione di utenza Giurisdizione 
del tribunale superiore 
-Fattispecie, 340. 

-Concessione e derivazione -Sottensione 
-Parziale -Indennizzo -Mancata 
determinazione -Illegittimit� 
della concessione, 341. 

-Concessione e derivazione -Sottensione 
di utenza -Esclusione allo 
stato e riserva di ulteriori sperimentazioni 
-Valutazione perplessa -Insussistenza, 
340. 

-Concessione e derivazione -Sottensione 
di utenza -Silenzio-rifiuto sull'istanza 
.di liquidazione del compenso 
-Impugnazione -Previa impugnazione 
dei provvedimenti del procedimento 
di concessione -Necessit� Esclusione, 
341. 

APPALTO 

..:_ 
Appalto di opere pubbliche -Maggiori 
richieste dell'appaltatore -Onere 
della tempestiva riserva -Forma Equipollenti 
-Inammissibilit� -Fattispecie 
in tema di ritardata consegna, 
con nota di P. VITTORIA, 332. 

ARBITRATO 

-Lodo -Impugnazione per nullit� Motivi 
di impugnazione -Oggetto del 
compromesso -Valutazione di beni Applicazione 
di un criterio non previsto 
-Omessa pronunzia sull'oggetto 
del compromesso -Insussistenza, 331. 

-Atto presupposto -Effetti della decisione 
di riforma in appello sugli 
atti conseguenziali, 281.� 

-Competenza -Edilizia scolastica Passaggio 
alle Regioni -Effetti, 284. 

-Concessioni amministrative -Imprese 
esercenti pubbliche attivit� -Gestioni 
commissariali -Funzione e natura 
-Competenza del giudice -Foro 
della P.A. -Limiti -Cause in cui � 
parte una P.A., 273. 

-Silenzio-rifiuto -Normativa applicabile 
-Estensione, 287. 

-.sottensione di utenza -Liquidazione 
del compenso -Inerzia dell'amministrazione 
-Sifomiio-rifiuto -Ammissibilit�, 
341. 

-Vizi -Violazione di legge -Jura novit 
curia -Applicabilit� -Fattispeci~, 283. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Consiglio di Stato -Tribunali Amministrativi 
Regionali -Atti di organi 
centrali dello Stato -Ricorsi proposti 
anteriormente all'insediamento dei 

T.A.R. -Passaggio medio tempore 
della materia alle Regioni -Competenza 
del Consiglio di Stato in unico 
grado -Permane, 276. 
-Improponibilit�. assoluta della domanda 
-Procedimento penale -Ordine 
di espulsione di testimone dall'aula 
-Pomanda di risarcimento, 259. 

-Provvedimenti disciplinari contro 
magistrati -Ricorso alle sezioni unite 
della Corte di cassazione -Difetto di 
giurisdizione del giudice amministrativo, 
249. 

-Regolamento di giurisdizione -Intervento 
adesivo: legittimazione, 259. 

-Risarcimento danni -Interessi moratori 
dovuti dalla P.A. -Giurisdizione 
dell'A.G.O. -Sussiste, 286. 



INDICE DBLLA GIURISPRUDENZA 
vu 

...,... 
Sanit� pubblica � Profilassi �della tu� 
bercolosi bovina e bonifica degli allevamenti. 
Veterinario condotto: com� 
pensi � Controversie � Giurisdizione 
dell'A.G.O., 254. 

COMUNE 

-Elezione a sindaco � Parenti o affini 
del segretario comunale � Esclusione, 

201. 
~ 
Elezioni comunali � Ineleggibilit� � 
Stipendiati o salariati da ente dipen� 
dente � Litiganti con il comune � Illegittimit� 
costituzionale, 202. 

- 
Elezioni comunali -Presidente d'ente 
sovvenzionato dal comune � Ineleggibilit�, 
201. 

COMUNITA EUROPEE 

-Agricoltura � Organizzazione comune 
dei mercati nel settore dei cereali Vendite 
da parte di uno Stato membro 
a prezzo inferiore al prezzo indicativo 
-Incompatibilit� con l'organizzazione 
comune dei mercati, con 
nota di A. MARZANO, 229. 

-Corte di giustizia -Questioni pregiudiziali 
di interpretazione � Efficacia 
vincolante delle sentenze � Limiti, con 
nota di A. MARZANO, 229. 

�-Regole di concorrenza -Aiuti concessi 
dagli Stati -Incompatibilit� con 
il mercato comune � Limite, con 
nota di A. MARZANO, 229. 

CONTRATTI AGRARI 

-Mezzadria � Coltivatore diretto concedente 
� Cessazione della proroga Non 
previsione di indennizzo -Legittimit� 
costituzionale, 224. 

DANNO 

-Comportamento del precettore o del 
maestro in classe � Imprevedibilit� 
dell'evento, 274. 

-Incidenza della svalutazione � Petitum 
-Immutabilit� -Sussiste, 275. 

-Obbligo di impedire l'evento -Presunzione 
di responsabilit� -Sussiste, 
274. 

EDILIZIA 

-Piano regolatore -Attrezzature pubbliche 
� Minimi previsti dal D.M. 
2 aprile 1968 � Maggiorazione -Limiti, 
277. 

-Piano regolatore -Competenza e giurisdizione 
� Ricorso contro provvedimento 
dell'Amministrazione statale ,
Passaggio medio tempore de1lia materia 
alle Regioni � Competenza del 
Consiglio di Stato in unico grado � 
Permane, 276. 

-Piano regolatore generale -Divieto 
di costruzione � Lottizzazione convenzionata 
� Necessit� di motivazione 
idonea � Sussiste, 277. 

-Piano regolatore generale -Licenze 
di costruzione -Pareri -Obbligo del 
parere della Soprintendenza ai Monumenti 
� Previsione contenuta nel 

p.r.g. � Legittimit� � Sussiiste, 277. 
- 
Piano regolatore generale � Necessit� 
della relazione ecOOJ.omico-finanzrarfa 
ex art. 30 :I. .17 agosto 1942, 

n. 1150 � Non sussiste, 277. 
-Piano regolatore generale -Necessit� 
di ripubblicazione ex art. 9 L J.,150/ 
1942 a seguito di modifiche d'ufficio 
� Non sussiste, 277. 

- 
Piano regolatore generale -Piani 
particolareggiati � Rinvio -Effetti, 

277. 
-Piano regolatore generale -Reiezione 
delle osservazioni dei privati . Necessit� 
di analitica motivazione � Non 
sussiste, 277. 


-Piano regolatore generale . Tabelle 
d'ambito � Modifiche d'ufficio � Relazione 
e limiti, 277. 


ESECUZIONE FISCALE 

- 
Ingiunztone ex �r.d..14 aprile .1910, 

n. 639 � Caratteristiche del titolo esecutivo 
e del precetto -Opposizione � 
Inversione processuale -Prova � One-' 
re dell'opponente, 266. 
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Norme di procedura � Disponibilit� 
delle prove -Applicabilit� � Limiti, 

283. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

VIII 

-Procedimento -Giudizio di appello Impugnabilit� 
delle ordinanze di sospensione 
-Non sussiste, 286. 

-Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit� 
del ricorso straordinario 
al Capo dello Stato -Applicabilit� 
dell'art. 295 c.p.c. -Necessit� di deferimento 
all'Adunanza Plenaria -Sussiste, 
282. 

-Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit� 
di altro giudizio -Applicabilit� 
dell'art. 295 c.p.c. -Sussiste, 285. 

-Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit� 
di giudizio civile rispetto al 
giudizio amministrativo -Effetti, 

282. 
-Ricorso giurisdizionale -Appello Intervento 
-Mancata preventiva proposizione 
del ricorso in primo grado 
-Inammissibilit� dell'intervento Sussiste, 
281. 

-Ricorso giurisdizionale -Giudizio di 
appt!llo -Deduzione in appello di 
inammissibilit� del giudizio di primo 
grado -Forma -Mancata proposizione 
di appello incidentale -Preclusione, 
285. 

- 
Ricorso giurisdizionale -Piano regolatore 
-Impugnabilit� delle deliberazioni 
comunali prima della emanazione 
del decreto ministeriale di approvazione 
-Limiti, 276. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Stipendi ed emolumenti vari -Decorrenza 
della prescrizione -Effetti 
della retrodatazione di una nomina Fattispecie, 
286. 

IMPOSTA DI FABBRICAZIONE 

-Olii minerali -Prescrizione trentennale 
in caso di frode -Prescrizione 
del reato -Irrilevanza, 322. 

-Olii minerali -Soggetto passivo Frode 
-Autore della trasgressione diverso 
dal fabbricante -� obbligato 
per il tributo, 322. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

J 

-Enunciazione -Denuncia di contratto 
verba!le -Sottosorcrzione di una sola 
parte -� sufficiente, 301. 

-Enunciazione -Sentenza dichiarativa 
di fallimento enunciante societ� di 
fatto -Prededuzione del credito di 
imposta come spesa giudiziale, 314. 

-Prescrizione -Interruzione -Ricorso 
alla Commissione -Effetto dell'interruzione 
fino al passaggio in giudicato 
della decisione in relazione a 
tutti i mezzi di impugnazione, 319. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Contrabbando -Aggravante della recidiva 
-Disciplina speciale -Legittimit� 
costituzionale, 208. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Competenza e giurisdizione -Giurisdizione 
ordinaria -Azioni di mero 
accertamento nelle materie devolute 
alla giurisdizione delle commissioni Improponibilit�, 
con nota di C. BAFILE, 
302. 

-Competenza e giurisdizione -Nuovo 
ordinamento del contenzioso tributario 
-Azioni di mero accertamento Improponibilit�, 
con nota di C. BAFILE, 
302. 

-Fallimento -Proposizione di domanda 
ordinaria -Inammissibilit� -Riassunzione 
del processo in forma di 
domanda di insinuazione -Ammissibilit� 
-Prosecuzione del processo a 
noma dell'art. SO c.p.c. -Si verifica, 

296. 
- 
Imposta sul valore globale -Autonomia 
dall'imposta di registro e di 
successione -Prescrizione -Atti interruttivi 
relativi alla imposta di registro 
e di successione -Estensione 
degli effetti all'imposta sul valore 
globale -Esclusione, 326. 

IMPUGNAZIONE 

-Giudice del gravame -Potere di rilevare 
ex officio la svalutazione -Sussiste, 
275. 

-Giudizio di rinvio -Potere del giudice 
di rinvio di rilevare la svalutazione 
ex officio -Sussiste -Limiti, 

275. 
LAVORO 

-Controversie -Passaggio dal rito ordinario 
al rito del lavoro -Notifica 
al contumace, 213. 



INDICE DJ!U,A GIURISPRUDENZA 

-Crediti di familiari di lavoratore deceduto 
-Provvisionale -Concedibilit�, 
214. 

-Risarcimento del maggior danno di 
svalutazione monetaria -Efficacia 
nel tempo della novella 1973 -Irretroattivit�, 
214. 

-Sciopero -Limitazioni per ordinanza 
contigibile e urgente -Legittimit� costituzionale, 
205. 

OCCUPAZIONE 

-Espropriazione per pubblica utilit� Occupazione 
d'urgenza di area inferiore 
a quella della dichiarazione di 

p.u. -Impugnabilit� -Limiti, 281. 
- 
Occupazione d'urgenza -Edilizia scolastica 
-D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 Competenza 
regionale -Sussiste, 284. 

-Stato e Regioni-Art. 10 d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 8 -Competenza prefettizia 
-Limiti, 284. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Debiti di valore e di valuta -Svalutazione 
monetaria -Funzione e natura, 
275. 

-Interpretazione -Obbligo di congrua 
motivazione, 266. 

-Interpretazione del contratto -Appalto 
-Appalto di opere pubbliche Fattispecie, 
con nota di P. VITTORIA, 

332. 
-Obbligazioni pecuniarie -Risarcimento 
del maggior danno da svalutazione 
monetaria -Limitazione ai 
soli crediti dei lavoratori dipendenti 
-Ragionevolezza, 212. 

PIANO REGOLATORE 

-Impugnabilit� dell'atto di approvazione 
-Presupposti -Limiti -Assenza 
di piani particolareggiati -Effetti, 
277. 

- 
Modifiche d'ufficio -Natura e limiti, 

277. 
-Natura -Controinteressati -Titolarit� 
di un mero interesse di fatto -
Inconfigurabilit� di controinteressati 
sostanziali -Sussiste, 277. 

-Piano regolatore generale -Atti preparatori 
-Pareri -Necessit� del parere 
del Ministero della P.I. -Non 
sussiste, 277. 

-Piano regolatore generale -Firma degli 
atti -Mancata sottoscrizione di 
elementi cartografici e i:Hustrativi Effetti, 
277. 

-Piano regolatore generale -Struttura 
urbanistica -Mutamenti sopravvenuti 
-Valutazione -Obbligo � Limiti, 

277. 
-Poteri del Ministero LL.PP. in tema 
di tutela del paesaggio e di complessi 
di interesse storico� -Vincoli 
preesistenti -Possibilit� di imporre 
ulteriori limitazioni -�Sussiste, 277. 

PRESCRIZIONE 

-Decorrenza -Insussistenza di un atto 
della P. A. ricognitivo dell'utenza Irrilevanza, 
267. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Infortuni sul lavoro � Infortunio in 
itinere -Omessa preVlisione legislativa, 
210. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Controversia di lavoro -Parti in causa 
-Parit� di posizioni processuali Sussiste, 
212. 

PROCED�MENTO PENALE 

-Facolt� di astenersi dal testimoniare 
-Conviventi more uxorio e concubini 
-Non spetta, 208. 

-Parte civile -Costituzione -Revoca Tacita 
-Esercizio di autonoma azione 
civile -Revoca della precedente 
costituzione -Esclusione, 348. 

-Sentenza penale -Interessi civili Provvisionale 
-Stato di bisogno della 
parte civile -Irrilevanza ai fini della 
concessione d,ella provvisionale, 348. 

-Soggetti del diritto d'impugnazione � 
Parte civile � Spese -Rimborso -Condizioni, 
349. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA: DELLO STATO 

REGIONE 

-Competenza in materia di opere pubbliche 
-D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 Funzioni 
riservate allo Stato -Opere 
dirette al soddisfacimento di interessi 
nazionali o ultraregionali, 284. 

RESPONSABILITA. CIVILE 

-Dovere di vigilanza � Relativit� del 
dovere � Modalit� di esercizio, 274. 

-Responsabilit� per atto illecito � 
Maestro eLementare � Precettore Obbligo 
di vigilanza � Responsabilit� 
per non aver potuto impedire il 
fatto � Sussiste, 274. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Giudizio di secondo grado � Appello 
incidentale � Necessit� di notifica a 
controparte � Sussiste, 283. 

SERVIT� 

-Servit� prediali e servit� personali � 
Peso reale su di un fondo � Diritto 
di sequela � Rapporto obbligatorio, 

266. 
SICILIA 

-Demanio � Trasferimento di funzioni 
pubbliche -Opera anche per il 
passato, 222. 

STATO CIVILE 

-Residenza -Dimora � Indici � Permanenza 
del soggetto in una localit� Volont� 
soggettive, 273. 

TRATTATI E CONVENZIONI INTER� 
NAZIONALI 

-G.A.T.T. � Norme relative ai diritti 
doganali -Diritto per i servizi amministrativi 
-Applicabilit� alle merci 
provenienti dai Paesi aderenti al 
G.A.T.T., con nota di A. MARZANO, 

238. 
TRIBUNALE REGIONALE AMMINISTRATIVO 


-Competenza e giurisdizione � Spostamento 
di competenza per ragioni 
di connessione fra atti contestualmente 
impugnati (atto generale, emanato 
da organo centrale dello Stato 
-Atto applicativo, emanato da 
organo locale) -Sussiste, con nota di 

R. TAMIOZZO, 288. 
UNIVERSIT� 

-Dete11minazione differenziale detle retribuzioni 
degli incarichi � Legittimit� 
costituzionale, 225. 

-Incarichi gratuiti � Legittimit� costituzionale, 
225. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

12 gennaio 197'i, n. 3 
12 gennaio 1977, n. 4 
12 gennaio 1977, n. 5 
12 gennaio 1977, n. 6 
12 gennaio 1977, n. 8 
14 gennaio 1977, n. 13 
14 gennaio 1977, n. 14 
14 gennaio 1977, n. 15 
14 gennaio 1977, n. 16 
18 gennaio 1977, n. 27 
18 gennaio 1977, n. 30 
20 gennaio 1977, n. 41 
20 gennaio 1977, n. 44 
20 gennaio 1977, n. 45 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 

3 febbraio 1977, nella causa 52/76 . . . . . . . . . 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 27 gennaio 1976, n. 255 

Sez. Un., 2 marzo 1976, n. 684 . 

Sez. I, 25 novembre 1976, n. 4444 

Sez. I, 10 gennaio 1977, n. 73 

Sez. Il, 10 gennaio 1977, n. 76 

Sez. I, 25 gennaio 1977, n. 366 

Sez. I, 9 febbraio 1977, n. 548 

Sez. I, 14 febbraio 1977, n. 646 

Sez. Un., 14 febbraio 1977, n. 664 

Sez. I, 19 febbraio 1977, n. 773 

Sez. I, 23 febbraio 1977, n. 792 

Sez. I, 4 marzo 1977, n. 876 . 

Sez. III, 4 marzo 1977, n. 894 

Sez. Un., 8 marzo 1977, n. 942 

Sez. I, 8 marzo 1977, n. 951 . 

Sez. I, 16 marzo 1977, n. 1039 

Sez. III, 21 marzo 1977, n. 1112 

Sez. I, 26 marzo 1977, n. 1184 

Sez. I, 26 aprile 1977, n. 1576 . 

pag. 201 
)) 205 
)) 208 
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pag. 249 

)) 254 

)) 266 

)) 331 

)) 266 

)) 267 

)) 273 

)) 296 

)) 259 

)) 332 

)) 273 

)) 301 

)) 274 

)) 302 

)) 314 

)) 319 

)) 275 

)) 322 

� 326 


XD RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

7 dicembre 1976, n. 24 
16 dicembre 1976, n. 25 
17 gennaio 1977, n. 1 . 

Tribunale di Genova, 30 marzo 1977 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 30 settembre 1976, n. 826 
Sez. IV, 30 settembre 1976, n. 827 
Sez. IV, 19 ottobre 1976, n. 944 

Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 957 
Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 961 
Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 967 
Sez. V, 1� ottobre 1976, n. 1213 
Sez. V, 19 ottobre 1976, n. 1293 
Sez. V, 29 ottobre 1976, n. 1323 
Sez. VI, 19 ottobre 1976, n. 323 
Sez. VI, 19 ottobre 1976, n. 355 
Ad. Plen., 19 aprile 1977, n. 5 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. IV, 27 giugno 1974, n. 1289 

Sez. IV, 27 giugno 1974, n. 1291 

Sez. Ili, 30 giugno 1975, n. 6085 

pag. 340 
341 
)) 341 

pag. 238 

pag. 276 
)) 276 
)) 281 
)) 282 
)) 283 
)) 284 
)) 285 
)) 285 
)) 286 
)) 286 
)) 287 
)) 288 

pag. 348 
)) 348 
)) 349 



PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


AERONAUTICA E AEROMOBILI 

-Affidamento in concessione alla Societ� 
Aeroporti di Roma della gestione 
del sistema aeroportuale della 
Capitale -Mancato versamento alla 
concessionaria dei diritti aeroportuali 
da parte della Societ� di Navigazione 
Alitalia ed ltavia -Applicabilit�, 
52. 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

-Amministrazione dello Stato e degli 
Enti pubblici -Enti pubblici strumentali 
-ONIG -Gestione Commissariale 
-Nomina di vice Commissario, 
52. 

-Amministrazione dello Stato e degli 
Enti pubblici -ONIE -Gestione commissariale 
-Funzioni vicarie, 52. 

-Enti pubblici -L. 20 marzo 1975, n. 70 
sul riordinamento degli Enti e del 
rapporto di lavoro del personale dipendente 
-Disposizioni di immediata 
applicabilit� -Norme sui limiti 
di et� per collocamento a riposo, 52. 

-Enti pubblici edilizi -Soppressione Liquidazione 
-Disciplina delle relative 
procedure, 52. 

-Enti pubblici edilizi -Soppressione Organo 
della liquidazione -Mutamento, 
continuit� della procedura di liquidazione, 
53. 

-Potest� di accertamento -Sul conto 
di privati -Tramite autorit� o Banca 
-Legittimit� -Abuso di ufficio Configurabilit�, 
53. 

BENEFICENZA E ASSISTENZA 

-Ciechi civili -Assegno vitalizio -Diniego 
-Commissione di revisione Ricorso 
-Omissione -Acquiescenza, 

53. 
BORSA 

-Agenti di cambio -Operazioni di borsa 
-Divieto -Operazioni per conto 
altrui -Ammissibilit� -Limiti, 53. 

-Agenti di cambio -Operazioni di borsa 
-Divieto -Rappresentanti alle 
grida -Applicabilit�, 53. 

-Rappresentanti alle grida -Doveri Dichiarazione 
di impegno -Necessit� 
-Dichiarazione di inesistenza di 
incompatibilit� -Necessit� -Lb;niti, 
54. 

-Rappresentanti alle grida -Doveri e 
incompatibilit� -Violazioni -Contestazioni, 
54. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Cassa DD.PP. -Mandati di pagamento 
-Estinzione -Mediante accreditamento 
in c/c postale -Condizioni 
e garanzie -Nuova normativa generale 
-Applicabilit�, 54. 

-Vendita di materiale fuori uso -Disciplina 
derogatrice di quella generale 
di contabilit� -Possibilit� di avvalersi 
della disciplina generale, in 
particolare per le vendite e trattative 
private, 54. 

-Vendite -Materiale fuori uso -Nozione, 
54. 

DANNI DI GUERRA 

-Ripristino del bene in opera e luogo 
diverso -Autorizzazione -Certificato 
di regolare esecuzione dei lavori 
-Competenza al rilascio -Criteri 
di individuazione dell'organo, 

55. 
DAZI DOGANALI 

-Bollette doganali -Girata -Compensazione 
con crediti dello Stato � Li� 
miti, 55. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XIV 

-Bollette doganali -Girata -Firma Autenticazione, 
55. 

-Bollette doganali -Girata a titolo di 
pegno, regolare o irregolare -Compensazione 
con crediti dello Stato Limiti, 
55. 

-Bollette doganali -Natura -Trasferimento 
-Costituzione di pegno -Disciplina, 
55. 

DEMANIO 

'-Demanio ~ Servit� militari -Modificazioni 
allo stato delle cose nella propriet� 
privata -Diritto all'indennizzo 
-Titolarit�, 55. 

-Demanio -Servit� militare -Modificazioni 
allo stato delle cc;>se nella propriet� 
privata -Indennizzabilit� -Limiti, 
56. 

DIFESA DELLO STATO 

-Avvocatura dello Stato -Patrocinio 
degli impiegati pubblici -Dipendenti 
dell'Amministrazione dell'Interno, 56. 

-Avvocatura dello Stato -Patrocinio� 
degli impiegati pubblici -Dipendente 
dell'Amministrazione dell'Interno 
-Procedimento penale, 56. 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

-Alloggio economico -Assegnatario Cessione 
in propriet� -Trasferimento 
volontario -Gravi motivi -Autorizzazione 
dell'Amministrazione -Necessit�, 
56 . 

-Alloggio economico -Assegnatario Cessione 
in propriet� -Trasferimento 
volontario -Nozione e limiti, 56. 

-Edilizia popolare ed economica alloggi 
di servizio -Esclusione dal principio 
generale dell'impiego unitario 
dei fondi stanziati per la realizzazione 
di programmi di intervento di 
edilizia abitativa -Limiti, 57. 

-Enti ediliz.j soppressi -Operazioni di 
liquidazione -Domande di riconoscimento 
di crediti -Presentate prima 
del 31 dicembre 1973 -Validit� ed 
efficacia -Legge 4 dicembre 1956, numero 
.1404, 57. 

-Enti edilizi soppressi -Operazioni di 
liquidazione -Domande di riconoscimento 
di crediti -Termini -Decorrenza, 
57. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Espropriazioni -Indennit� di esproprio 
-Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva 
-Accertamento della condizione 
soggettiva di coltivatore, 57. 

-Espropriazioni -Indennit� di esproprio 
-Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva 
-Accertamento delle condizioni 
oggettive di coltivazione del 
fondo, 57. 

-Espropriazioni -Indennit� di esproprio 
-Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva 
in favore del coltivatore non 
proprietario costretto ad abbandonare 
il fondo -Coltivatore usufruttuario 
-Spettanze dell'indennit�, 58. 

-Espropriazioni -Indennit� di esp~oprio 
-Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva 
in favore del coltivatore non 
proprietario costretto ad abbandonare 
il fondo -Possibilit� di utile trasformazione 
dell'azienda agricola sul 
fondo residuo -Irrilevanza ai fini 
dell'esclusione dell'indennit� aggiuntiva, 
58. 

-Espropriazioni -Indennit� di esproprio 
-Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva 
in favore del proprietario 
coltivatore diretto -Proprietario coltivatore 
titolare di pensione di invalidit� 
-Spettanza dell'indennit� aggiuntiva, 
58. 

-Legge sulla casa -Ambito di applicazione 
-Limiti, 58. 

-Legge sulla casa -Competenza temporanea 
-Venir meno -Effetti, 58. 

-Legge sulla casa -Insediamenti produttivi 
-Espropriazione delle aree Disciplina 
applicabile, 58. 

FERROVIE 

-Trasporto di cose -Furto di colli Maggior 
frequenza di furti -Dolo o 
colpa grave del vettore -Effetti, 59. 

FORESTE 

-Foreste -Polizia forestale -Agenti 
scopritori di violazioni -Compartecipazione 
ai proventi delle pene pecuniarie 
-Limiti, 59. 

-Foreste -Polizia forestale -Agenti 
scopritori di violazioni -Compartecipazione 
ai proventi delle pene pecu



INDICE DELLE CONSUJ.;TAZIONI 
�xv 

niarie stabilite come sanzioni pena


li . -Successiva depenalizzazione delle 
violazioni -Effetti, 59. 
IMPIEGO PUBBLICO 

-Impiegata statale .divorziata -Stato 
�di impossidenza �e disoccupazione 
dell'ex coniuge -Spettanza di quote 
aggiuntive di famiglia del figlio a 
carico -Limiti, 59. 

-Impiegato pubblico -Separazione 
personale dal coniuge -Ordine del 
giudice ali' Amministrazione datrice 
di lavoro di pagare direttamente parte 
della retribuzione del dipendente 
in favore dell'altro coniuge -Superamento 
del limite di legge -Eseguibilit� 
del provvedimento solo nel limite 
di legge -Posizione e rimedi della 
P. A. in relazione alla sua estraneit� 
o alla sua partecipazione algiudizio 
sugli effetti patrimoniali separazione, 
59. 

-Membri del consiglio di amministrazione 
e del collegio sindacale del fondo 
di previdenza del personale provinciale 
del catasto e dei servizi tecnici 
erariali -Compensi speciali -Non 
spettanza, 60. 

-Prestazioni lavorative degli autoferrotramvieri 
nel settimo giorno lavorathio 
consecutivo -Spettanza di speciali 
compensi -Limiti, 60. 

-Prestazioni lavorative degli autoferrotramvieri 
nel settimo giorno lavorativo 
consecutivo al di l� di previsioni 
di contratti collettivi o individuali 
� Compensi speciali � Prescrizione, 

60. 
,..-Pubblico dipendente -Incompatibilit� 
-Attivit� di amministratore di 
. condomini -Sussistenza della incom


patibilit� -Limiti, 60. 

IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE 


-Tasse sulle concessioni governative . 
Esercizio di attivit� senza rilascio 
del necessario atto soggetto a tassa 
ovvero senza assolvimento della relativa 
tassa -Accertamento -Applicazione 
e pagamento delle pene pe


. i;:.1;1iarie preyiste � Asservimento al 
tributo -Esclusicg1e, 60. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

...,. 
Agevolazioni tributarie per la esecuzione 
dei piani regolatori -Acquisto 
di immobili da parte del Comune 
per esecuzione di opere previste 
da P. R. adottato ma non ancora 
approvato con D. P. � Applicabilit�, 
61. . 

-Amministrazioni dello Stato� -Contratti 
di locazione passivi -Registrazione 
gratuita -Esclusione, 61. 

-Atti simulati -Contratti di enfiteusi 
di terreni lottizzati -Impugnativa, 61. 

-Contratti dello Stato -Appalti di servizi 
di pulizia -Disciplina, 61. 

-Contratti dello Stato -Appalto di 
servizi di pulizia � Imposta sul valore 
aggiunto (I.V.A.) � Prestazioni 
successive al 31 dicembre 1972 per 
contratti stipulati prima -Imposta 
sull'entrata (I.G.E.) � Detraibilit� � 
Legge 9 ottobre 1971, n. 825, 61. 

-Contratti dello Stato � Appalto di 
servizi di pulizia -Imposta sul valore 
aggiunto (I.V.A.) -Rivalsa verso 
lo Stato -Ammissibilit�, 61. 

-Contratti dello Stato -Locazioni passive 
-Disciplina -d.P.R. 26 ottobre 
11972, n. 634, art. 55 6o comma, 62. 

-Contratti di enfiteusi -Rinuncia al 
diritto di indennizzo per migliora, 
menti -Tassazione dei canoni capitalizzati 
-Imposta suppletiva sulla 
rinuncia � Assoggettabilit� e termine, 
62. 

-Contratto di agenzia -Prescrizione di 
onerosit� � Registrazione a tassa fissa 
-Omessa registrazione -Equiparazione 
-Aliquota proporzionale Successiva 
richiesta Prescrizione, 

62. 
-Contratto di agenzia -Prescrizione 
di onerosit� -Tassa proporzionale -
Assoggettabilit�, 62. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Pagamento del tributo -Fideiussione 
con richiesta di dilazione -Condizioni 
di .efficacia .~ Accettazione -Necessit�, 
62. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XVI 

-Pagamento del tributo -Fideiussione 
con richiesta di dilazione -Rifiuto 
dell'Amministrazione -Possibilit� di 
valersi della garanzia -Limiti, 62. 

IMPOSTA DI FABBRICAZIONE 

-Birra, Pagamento differito -Cauzione 
-Onere -Esonero -Limiti, 63. 

-Oli Min�rali -Esenzione -Olio� combustibile 
e da gas impiegati nei processi 
di lavorazione in unico stabilimento 
o in unico ciclo -Spettanza, 
63. 

IMPOSTE DIRETTE 

-Accertamento -Notifica al contribuente 
-Sopratassa per incompleta 

o infedele denuncia -Amministratore 
di societ� -Notifica alla societ� Insufficienza, 
63. 
- 
Accertamento -Notifica al contribuente 
-Sopratassa per incompleta o 
infedele denuncia -Amministratore 
di societ� -Responsabilit� solidale, 

63. 
- 
Dichiarazione infedele -Carattere generale 
della definizione contenuta 
nell'art. 245 t.u. 29 gennaio 1958, numero 
645, 63. 

IMPOSTE E TASSE 

-Imposte indirette -Disposizioni per 
la definizione agevolata delle pendenze 
ex d:I. 5 novembre .1973, n. 660 Presupposti 
di applicabilit�, 64. 

-Riforma tributaria -Enti territoriali 
e locali -Entrate sostitutive criteri 
di determinazione delle somme attribuite, 
64. 

IMPOSTE VARIE 

-Imposta comunale �sull'incremento di 
valore degli immobili in VI aliquota 
-Delibera comunale -Comunicazione 
al ministero -Termine -Perentorie 
lA, 64. 

-Imposta comunale sull'incremento di 
valore degli immobili in VI M -Aliquote 
-Delibera consiliare -Comunicazione 
al Ministero -Termine Osservanza 
-Ricezione -Non � necessaria, 
64. 

-Imposte comunali sulla pubblicit� e 
diritti sulle pubbliche affissioni Esenzioni, 
64. 

LOTTO E LOTTERIE 

-Denuncia di vincita -Presentazione 
della bolletta -Termini -Effettuazione 
a mezzo posta -Data di spedizione 
o data di ricezione -Prevalenza, 
65. 

NAVI E NAVIGAZIONE 

-Nave italiana aggiudicazione a cittadino 
straniero a seguito di vendita 
giudiziaria -Assenza di trattati internazionali 
con il paese di appartenenza 
dell'aggiudicatario -Necessit� 
della procedura di dismissione della 
bandiera, 65. 

-Nave italiana -Aggiudicazione a straniero 
a seguito di vendita giudiziaria 
-Trattato con il Paese di appartenenza 
dell'aggiudicatario che prevede 
la necessit� della dismissione 
di bandiera per la normalizzazione 
di nave di uno degli Stati contraenti 
salvo il caso di vendita giudiziaria 
non necessariet� della procedura di 
dismissione, 65. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Contributi previdenziali -Omesso 
versamento -Risarcimento del danno 
-Prescrizione -Decorrenza, 65. 

-Contributi previdenziali -Omesso 
versamento -Risarcimento del danno 
-Transazione -Invalidit� specie 
e limiti, 66. 

-Contributi previdenziali -Omesso 
versamento da parte della P. A. dato� 
re di lavoro -Risarcimento del danno 
-Transazione -Validit�, 66. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Impugnazione remissione di querela 
-Sentenza dichiarativa non doversi 
procedere -Interesse all'assoluzione 
nel merito -Sussistenza, 66. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso straordinario -Revocazione Ammissibilit�, 
66. 



lNDICE DELLE CONSULTAZlONl xvn 

-Ricorso straordinario -Rinunzia Notifica 
all'organo che ha emesso 
l'atto -Obbligo di trasmissione al 
ministero competente, 66. 

-Ricorso straordinario -Rinunzia Perfezionamento 
-Disciplina anteriore 
al d.P.R. 1199/71 -Formalit� occorrenti, 
66. 

STRADE 

-Autotutela amministrativa -Costruzioni 
abusive -Decreto di demolizione 
-Esecuzione -Appalto dei lavori -
Deserzione della gara -Provvedimenti 
conseguenti, 67. 

-Autotutela amministrativa -Costruzioni 
abusive -Decreto di demolizione 
-Esecuzione -Ricorso all'A.G.O. Possibilit�, 
67. 

-Cartelli pubblicitari collocati lungo 
ed in vista di strade statali -Gestione 
dell'A.N.A.S. in regime di esclusiva 
-� Insegne � commerciali -Applicabilit� 
-Esclusione, 67. 

TRIBUTI LOCALI 

-Imposta incremento valore aree fabbricabili 
-Trasferimento area per 
espropriazione per pubblica utilit� Ritenuta 
e versamento dell'imposta Autorit� 
cui spetta, 67. 


:XVIII RASSEGNA DELL1AWOCATURA 

LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -Norme dichiarate incostituzionali 
II -Questioni dichiarate non fondate 
III -. Questioni proposte . 

DELLO S'.l'ATO 
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1 

I 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 3 -Pres. Rossi -Rel. Volterra 
-Ogliari (avv. Sicardi e Giorgianni) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. Angelini Rota). 

Comune � Elezioni comunali � Presidente d'ente sovvenzionato dal comune � 
Ineleggibilit�. 

{Cost. art. 3; legge 2 febbraio 1961 n. 95, art. 2; d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, art. 15). 

L'art. 3 lettera e) della legge n. 95 del 1961, ove si dispone che �tre 
rappresentanti del comune di Milano designati dal Consi1dio comunale� 
facciano parte del consiglio di amministrazio1;e dell'ente �Museo della 
scienza e della tecnica �, non prescrive che detti rappresentanti siano 
estratti dai consiglieri comunali; non pu� quindi ravvisarsi nella disposizione 
predetta una deroga al principio posto dall'art. 15 n. 3 del d.P.R. 
16 maggio 1960, n. 570, principio che non pu� ritenersi derogato dalla 
generica indicazione legislativa che il comune abbia propri rappresentanti 
in un ente (1). 

Il 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 44 -Pres. Rossi -Rel. 
Elia -Tavarnese (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. Gargiulo). 

Comun� � Elezione a sindaco � Parenti o affini del segretarlo comunale � 
Esclusione. 

{Cost. art. 51; d.P.R. 16 maggio 1960; n. 570; art. 6). 

Non contrasta con l'art. 51 Cast. l'esclusione della nomina a sindaco 
di chi sia, con il segretario comunale, in uno dei rapporti di parentela 

(1) Sull'art. 15 n. 3 del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, cfr. Corte cost. 11 luglio 
1961 n. 42, in Foro it. 1961, I, 1397, 26 marzo 1969 n. 46, in questa Rassegna, I, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

202 

o affinit� indicati dall'art. 6 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (auspicandosi, 
peraltro, una diversa e pi� equilibrata soluzione legislativa). 
III 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 45 -Pres. Rossi -Rel. 
Elia -Catalano (avv. Giannini) Rengo (avv. De Cesaris). 

Comune . Elezioni comunali � Ineleggibilit� � Stipendiati o salariati da ente 
dipendente � Litiganti con il comune � Illegittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 51; d.P.Reg. sic. 20 agosto 1960 n. 3, art. 5; d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, 
art. 15 n. 3 e 6). 

Contrastano con l'art. 51 Cost. e sono costituzionalmente illegittimi: 
L'art. 5 n. 3 del testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali 
della� Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della Regione 
siciliana 20 agosto 1960, n. 3, limitatamente alla parte in cui considera 
ineleggibili coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti 

o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del Comune, 
che abbiano fatto venir meno questa situazione prima della convalida 
delle elezioni; l'art. 15 n. 3 del testo unico delle leggi per la composizione 
'e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali approvato 
con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera 
ineleggibili coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti 
o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del Comune, 
che abbiano fatto venir meno questa situazione prima della convalida 
della elezione,� e l'art. 15 n. 6 del testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato 
con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui 
considera ineleggibili coloro che, avendo lite pendente con il Comune 
abbiano rinunciato al giudizio prima della convalida della elezione (2). 
377, 28 maggio 1975 n. 129, ivi, 479, e in Giur. cost., 1975, 2705 con nota di SoRACE; 
cfr. anche Cass. 12 marzo 1973, n. 684, in Foro it., 1973, I, 1384, e Cass. 
5 febbraio 1977, n. 493, ivi, 1977, I,� 620. In dottrina, DAVOLI, Consiglieri comunali, 
provinciali e regionali: rieleggibilit�, incompatibilit� e decadenze, 1970, 
e Bosc1A, L'ordinamento elettorale: comuni province regioni, 1976. 

L'orientamento giurisprudenziale contrastato dalla Corte costituzionale era 
stato espresso da Cass. 13 luglio 1972 n. 2353, in Foro it., 1973, I, 462, ove indicazione 
di altri precedenti, e Cass. 8 luglio 1974 n. 1987, in Giust. civ., 1974, I, 
1963. , 

(2) La sentenza n. 45 del 1977 fa applicazione d('l principio affermato nella 
menzionata sentenza 28 maggio 1975 n. 129. Sull'art. 15 n. 6 del d.P.R. 16 maggio 
1960 n. 570, cfr. anche Corte cost. 29 marzo 1972 n. 58, in Giur. cost. 1972, 
1046, con nota di ELIA, e in Foro it., 1972, I, 1170, con richiami. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I 

(Omissis). -Il principio affermato in via interpretativa dalla recente 
giurisprudenza della Cassazione va pi� esattamente riassunto nell'affermazione 
che solo il legislatore, nel porre le norme di organizzazione di 
enti che rientrano nelle categorie come sopra elencate e nell'apprezzarne 
i compiti e le finalit� in relazione a quelli del Comune, pu� escludere che 
la presenza di consiglieri comunali nell'amministrazione di detti enti determini 
quella situazione conflittuale che in linea di principio sussiste e va 
eliminata. 

In queste ipotesi, ha motivato la Cassazione, il divieto viene a cessare, 
dovendosi escludere che una situazione di contrasto, anche soltanto potenziale, 
di interessi fra il soggetto che rappresenta il Comune stesso possa 
concretizzarsi in dipendenza di una funzione che il primo esplica per 
disposizione di legge quale rappresentante del secondo e nella quale, pertanto, 
non pu� verificarsi, secondo l'apprezzamento del legislatore, quel 
conflitto che la legge vuole evitare. 

Da varie recenti pronunzie della magistratura ordinaria pu� desumersi 
l'accoglimento del principio che anche una disposizione legislativa 
nella quale sia genericamente prevista la presenza in un ente di un 
rappresentante del Comune, anche se non sia specificatamente indicato 
che rivesta la carica di membro del consiglio comunale, abbia l'efficacia 
di escludere l'ineleggibilit� di cui alla richiamata legge del 1960. 

Nella sua ordinanza il giudice a quo chiede alla Corte di verificare 
la legittimit�, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della deroga come 
sopra formulata in via interpretativa, in quanto, afferma, neppure il legislatore 
pu� dettare trattamenti differenti in situazioni identiche. 

(Omissis). -Coerentemente ai principi che emergono dalle sentenze 
della Corte non pu� accogliersi l'orientamento giurisprudenziale per cui 
anche una generica indicazione legislativa che il Comune abbia propri 
rappresentanti in un ente valga a togliere il contrasto di interessi del 
cumulo delle posizioni di vigilato e di vigilante, di sovvenzion.ato e di 
sovvenzionante, di direttore e di sottoposto che la Corte ha considerato 
inconcepibile sotto il profilo logico e giuridico e come causa ineluttabile 
di ineleggibilit� a consigliere comunale. 

Tale orientamento, motivato sulle considerazioni esposte al n. l, 
facendo riferimento Pi� ad un presunto contrasto di interessi tra vari 
enti che a quello dei titolari dei diversi uffici, che, invece, la Corte ha 
ritenuto a fondamento della norma di cui all'art. 15, n. 3, citato, viola 
i principi costituzionali di uguaglianza in materia di elettorato passivo 


204 

RASSEGN~ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non sussistendo alcuna necessit� organica (specificatamente rilevata dal 
legislatore in base a valutazioni immuni da irragionevolezza) che i rappresentanti 
del Comune siano nel contempo consiglieri del Comune medesimo. 
Passando all'esame della norma denunziata, va rilevato che l'art. 4, 

lett. e), della legge 1958, n. 332, e l'art. 2, lett. e), della legge n. 95 del 1961 
hanno la conseguente identica formulazione � l'Ente � retto da un Consiglio 
di amministrazione composto ... e) da tre rappresentanti del comune 
di Milano, designati dal Consiglio comunale �. 

Da detta dizione pu� solo ricavarsi la disposizione normativa che tre 
dei consiglieri d'amministrazione dell'ente devono essere rappresentanti 
del Comune di Milano, designati dal Consiglio comunale fra le persone 
che questo, con la pi� ampia discrezionalit�, ritiene idonee: non � affatto 
prescritto che questi consiglieri debbano necessariamente essere consiglieri 
comunali. 

L'amplissima libert� di scelta affidata dal legislatore al consiglio comunale 
di Milano e l'assoluta mancanza nella norma impugnata di una specifica 
indicazione della qualifica di consigliere comunale per i rappresentanti 
del Comune in seno al consiglio di amministrazione dell'Ente � Leonardo 
da Vinci � non solo non consente di desumere secondo un'interpretazione 
conforme a Costituzione la tacita volont� del legislatore di introdurre una 
particolare deroga all'art. 15 del t.u. n. 370 del 1960, ma neppure ritiene 
che lo stesso legislatore abbia in questo caso specifico e con la norma 
impugnata implicitamente escluso nel suo apprezzamento l'esistenza anche 
potenziale di ogni e qualunque conflitto di interessi, o di interferenza 
organizzativa o di collegamento funzionale fra il Comune di Milano e 
l'Ente in parola nonch� di ogni e qualunque dualismo inerenti al cumulo 
della posizione di destinatari di ordini, di benefici o di controlli con 
quella di direzione, di erogazione e di vigilanza. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -La questione non � fondata. Infatti prevale nella disciplina 
dell'art. 6, per la parte denunziata, la considerazione dei fini posti 
in rilievo nell'art. 97, primo comma, Cost., e cio� del buon andamento 
e della imparzialit� della amministrazione. Tali obbiettivi, come � noto, 
non valgono soltanto per la pubblica amministrazione in senso stretto. 

Ci� non significa che la disciplina dell'art. 6 adotti il congegno pi� 
idoneo allo scopo di conseguire le finalit� predette: � anzi da auspicare 
una soluzione legislativa pi� equilibrata, che tenga conto oltrech� delle 
esigenze della pubblica amministrazione, anche della espressione della 
volont� popolare nei riflessi che in fatto possa avere sulla elezione alla 
carica di sindaco. -(Omissis). 

: 

-



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 205 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 4 -Pres. Rossi -Rel. Crisafulli 
-Atti relativi a denunzia presentata da Sindacati del personale 
della scuola e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Carafa). 

Lavoro -Sciopero -Limitazioni per ordinanza contigiblle e urgente � Legittimit� 
costituzionale. 

(Cost. art. 40, 70, 76 e 77; t. u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 20). 

Le ordinanze di cui all'art. 20 del testo unico del 1934 della legge 
comunale e provinciale sono provvedimenti amministrativi e non innovano 
al diritto oggettivo; esse, nella perdurante assenza della normativa 
prevista dall'art. 40 Cast., possono porre limiti al diritto di sciopero, poich� 
la tutela della salute e la incolumit� delle persone sono interessi pubblici 
ric�mosciuti dalla Costituzione e preminenti rispetto agli interessi di 
categoria (1). 

(Omissis). -Giova preliminarmente rilevare che i ripetuti richiami 
dell'ordinanza del pretore alle sentenze di questa Corte nn. 8 del 1956 
e 26 del 1961 non sono del tutto pertinenti, stante la diversit� tra l'art. 2 
del t.u..della legge di pubblica sicurezza, cui quelle decisioni avevano riferimento, 
e l'art. 20 del t.u. comunale e provinciale, che forma oggetto del 
presente giudizio (di contenuto identico al successivo art. 55, sul quale 
si fonda l'analogo potere del Sindacato, quando.la situazione cui provvedere 
non ecceda l'ambito territoriale di un solo Comune). Mentre, infatti, 
nell'art. 2 non si rinviene alcuna delimitazione di materie, autorizzandosi 
il Prefetto, �nel caso di urgenza e per grave necessit� pubblica�, a adot


(1) L'ordinanza di rimessione 6 giugno 1974 del Pretore di Rieti � in Giur. 
cast., 1974, 2576. 
Sulle ordinanze libere di cui all'art. 2 della legge di pubblica sicurezza, 
cfr. Corte cost. 2 luglio 1956 n. 8, in Giur. it., 1956, I, 1, 863 con nota di CRISAFULLI, 
Cass. 16 giugno 1958, n. 2068, in Foro it., 1958, I, 1092, con nota di DE 
FINA, e 1959, I, 1754, con commento di ANDRIOLI, e Corte cost. 27 maggio 1961 

n. 26, in Giur. cost., 1961, 886, con nota di CRISAFULLI. 
Merita segnalare che l'art. 40 Cost. pone una � riserva (probabilmente assoluta) 
di legge� per la regolamentazione dell'esercizio del diritto di sciopero; 
e, com'� noto, la citata sentenza n. 26 del 1961 ha individuato un limite al 
potere di ordinanza nella presenza di una � riserva di legge �. La sentenza in 
rassegna ha superato l'ostacolo in considerazione della � perdurante assenza 
della normativa prevista dall'art. 40 Cost. : il che potrebbe indurre a ritenere 
che il predetto limite diviene operante solo se e quando l'attivit� legislativa 
effettivamente riempie lo spazio ad essa riservato (ed invero lo horror vacui 
si fa sentire in ogni sistema politico e giuridico). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tare �i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico 
e della sicurezza pubblica�, l'art. 20 del t.u. del 1934, per un verso, circoscrive 
il p�tere ,prefettizio a materie determinate, ancorandolo, per altro 
verso, ai soli motivi di sanit� o di sicurezza pubblica. 

Quel che tuttavia accomuna le due disposizioni, insieme con altre che 
� superfluo rammentare qui partitamente, e consente di ricondurre 
provvedimenti rispettivamente previsti entro la pi� ampia categoria concettuale 
delle c.d. � ordinanze libere � �, in primo luogo, che il contenuto 
dei provvedimenti stessi non � prestabilito dalla legge, ma da questa 
rimesso alla scelta discrezionale dell'organo agente, secondo richiesto 
dalle circostanze, diverse da caso a caso, che ne impongono l'emanazione; 
in secondo luogo, che dette circostanze non sono, a loro volta, previste 
-n�, di regola, sono prevedibili in astratto -da specifiche disposizioni 
di legge. Onde la distinz�one, corrente nella dottrina, tra � atti � necessitati 
.. "' ordinanze � necessitate; i primi, come le seconde, fondantisi sulla 
urgente necessit�; ma i primi, emessi in attuazione di norme legislative 
che ne prefissano il contenuto; le altre, nell'esplicazione di poteri soltanto 
genericamente prefigurati dalle norme che li attribuiscono e perci� suscettibili 
di assumere vario contenuto, per adeguarsi duttilmente alle mutevoli 
situazioni. 

Ci� precisato, dev'essere qui ribadito (ed a fortiori), con riguardo 
all'art. 20 del t.u. comunale e provinciale, quanto la Corte ebbe a rilevare, 
nelle decisioni sopra ricordate, per l'art. 2 del t.u. di p.s., e cio�� che le 
ordinanze prefettizie, anche se e quando (eventualmente) normative, non 
sono certamente ricomprese tra le fonti del nostro ordinamento giuridico; 
non innovano al diritto oggettivo; n�, tanto meno, sono equiparabili ad 
atti con forza di legge, per il sol fatto di essere eccezionalmente autorizzate 
a provvedere in deroga alla legge. Le ordinanze ex art. 20 del t.u. 
comunale e provinciale, sia che si rivolgano (come nella specie � avvenuto) 
a destinatari determinati, prescrivendo loro un comportamehto puntuale, 
sia che dispongano per una generalit� di soggetti e per una serie di casi 
possibili, ma sempre entro i limiti, anche temporali, della concreta situazione 
di fatto che si tratta di fronteggiare; sono provvedimenti amministrativi, 
soggetti, come ogni altro, ai controlli giurisdizionali esperibili nei 
confronti di tutti gli atti amministrativL 

Non sussiste pertanto la denunciata violazione del disposto degli 
artt. 70, 76 e 77 della Costituzione. 

Nemmeno � violato l'art. 40 Cost., che -com'� ovvio -viene qui 
in considerazione unicamente perch� la questione va decisa nei limiti 
della rilevanza e della conseguente prospettazione fattane dal giudi~e 
a quo, essendo appena il caso di osservare che, di per s�, l'art. 2q del t.u. 
della legge comunale e provinciale non ha alcun necessario riferimento. 
al diritto di sciopero, l'esercizio del quale pu� semplicemente rappresentare 
talora (come, appunto, nella specie) una delle svariatissime situa



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COStITUZIONALE 

zioni suscettibili di tiare occasione all'adozione di un'ordinanza contingibile 
ed urge11te n~�;�e materie dalla anzidetta disposizione indicate.. 

Ora, in ordine all'art. 40 Cost., la giurisprudenza di questa Corte � 
costante, a partire dalla sentenza n. 123 del 1962 sino alla pi� recente 
sentenza n. 222 del 1976, nel senso che, non essendosi dal legislatore provveduto 
ad emanare le leggi regolatrici previste dalla norma costituzionale, 
i limiti � coessenziali � al diritto di sciopero (non meno che a qualsiasi 
altro: sentenza n. 123 del 1962 cit.) vanno frattanto desunti dalla legislazione 
vigente, se ed in quanto compatibili, beninteso con i principi del 
mutato ordinamento costituzionale, ed in particolare con la garanzia direttamente 
apprestata dallo stesso art. 40: giacch�, se cos� non fosse, si 
perverrebbe all'� assurdo di un diritto suscettibile di svolgersi per un 
tempo indeterminato all'infuori di ogni limite� (sentenza n. 31 del 1969). 

Sempre alla stregua dei criteri in precedenza enunciati dalla Corte in 
numerose decisioni, la tutela della salute e dell'incolumit� delle persone 
non pu� non limitare il concreto esercizio del diritto di sciopero, cos� 
come avviene per altri interessi, che trovano del pari tjconoscimento nel 
testo costituzionale e � la cui salvaguardia, insieme a quella della sicurezza 
verso l'esterno, costituisce la prima ed essenziale ragion d'essere 
dello Stato� (sentenza da ultimo cit.). Interessi siffatti sono perci� tra 
quelli che devono considerarsi � assolutamente preminenti rispetto agli 
~Itri collegati all'autotutela degli interessi di categoria � (sentenza n. 123 
del 1962) od a quelli che si riconnettono alle ulteriori e diverse finalit� 
cui l'esercizio del diritto di sciopero pu�, in ipotesi, essere legittimamente 
rivolto. 

Consegue da quanto premesso che, nella perdurante assenza di nuova 
apposita normativa, i particolari limiti che all'esercizio del diritto di 
sciopero possono derivare dall'applicazione dell'art. 20 del t.u. comunale 
e provinciale del 1934 trovano il loro fondamento nell'art. 32 Cost., a 
norma del quale � la Repubblica tutela la salute come fondamentale 
diritto dell'individuo e interesse della collettivit� �, poich� tra i motivi 
legittimanti il Prefetto a provvedere con ordinanze contingibili e urgenti 
vi sono espressamente menzionati quelli �di sanit��� (concretamente invocati 
nel caso de quo dall'ordinanza del Prefetto di Rieti). Ed a conclusioni 
analoghe deve giungersi altres� per i motivi �di sicurezza�, che hanno 
riferimento alla integrit� fisica ed incolumit� delle persone e costituiscono 
perci� concetto diverso da quello di �ordine pubblico� (distintamente 
richiamato, infatti, nell'art. 2 del t.u. di p.s.): non potendosi dubitare che 
l'interesse alla tutela di quei beni rientri nel nucleo essenziale degli interessi 
generali, preminenti su ogni altro, sottostanti all'intera Costituzione 
e da questa perci� recepiti e garantiti (anche espressamente, attraverso 
l'ampia formulazione dell'art. 2 relativo ai � diritti inviolabili dell'uomo
�). -(Omissis). 


208 

RASSEGNA DEI..L'AWOCATURA DELI.O STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 5 -Pres. Rossi -Rel. 
Oggioni -Tosi ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. Gozzi). 

Imposte doganali � Contrabbando -Aggravante della recidiva � Disciplina 
speciale � Legittimit� costituzionale. 
(Cost. art. 3; d.P.R. 23. gennaio 1973, n. 43, art. 296). 

Poich� la determinazione della misura delle sanzioni penali � di strettCJ 
spettanza d.el legislatore e poich� il reato di contrabbando doganale presenta 
peculiari caratteristiche collegate con la lesione -mediante l'eva� 
sione tributaria -di primari interessi finanziari dello Stato, non contrasta 
con l'art. 3 Cast. l'art. 296 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, ove l'aggravante 
della recidiva � disciplinata diversamente da quanto disposto dall'art. 
9 del D.L. 11 avrile 1974. n. 99 (1). 

(1) La pronuncia conferma orientamenti emersi in precedenza nelle sentenze 
Corte cost. 1'9 gennaio 1972 n. 9 (in questa Rassegna, 1972, 8), 15 novembre 
1972, n. 157 (ivi, 1973, 23) e 22 maggio 1974 n. 144 (ivi, 1974, 844). 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 6 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi 
-Sinigaglia (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. Angelini Rota). 

Procedimento penale � Facolt� di astenersi dal testimoniare � Conviventi 
more uxorio e concubini -Non spetta. 
(Cost. art. 3; cod. proc. pen., art. 350). 

Rapporto di coniugio e unione di fatto (ancorch� da tale unione vi 
sia prole) danno luogo a situazioni diverse: non contrasta perci� con l'articolo 
3 Cast. la disposizione che accorda la facolt� di astenersi dal testimoniare 
solo ai prossimi congiunti, quali definiti dall'ult. comma dell'art. 
307 cod. pen. (1). 

(Omissis). -La situazione che, si assume, sarebbe stata omessa nella 
previsione di cui alla normativa denunciata, sarebbe propria di chi (come 

(1) La sentenza -significativamente -non trae alcun argomento dall'articolo 
29 Cost., sebbene detto articolo fosse stato al centro di contrastanti 
deduzioni nell'ordinanza di rimessione del pretore di Cagliari (in Gazz. Uff., 
25 giugno 1975 n. 166) e nella memoria dell'Avvocatura generale dello Stato. 
Merita anche osservare che la motivazione della sentenza ha dato notevole 
rilievo al . momento dell'avvertimento di cui all'art. 350 comma terzo c.p.p. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

l'imputata nel processo a quo, di falsa testimonianza) sia legato ad altro 
soggetto di sesso diverso da una relazione sentimentale e da. rapporti 
sessuali (con la nascita di un figlio dall'unione), ed essa sarebbe identica, 
di fatto ed oggettivamente, a quella che caratterizza il rapporto� coniugale. 

La relazione � instaurata, quindi, tra il coniuge e l'unione di fatto tra 
le dette persone. Ed infatti solo codesta situazione � descritta. Ed il riferimento 
che viene operato in narrativa, alla esistenza di un figlio nato 
dall'unione tra i due conviventi e nella motivazione, ai loro propositi 
educativi della prole comune, non tende a cogliere e mettere in rilievo 
un rapporto genitore-figlio suscettibi,le d'essere accostato alla parentela 
ctiscendente ma giova unicamente a colorare sul piano soggettivo e psicologico 
l'unica soluzione come sopra rappresentata. 

Ad avviso de�la Corte, le due situazioni poste a raffronto, come � 
evidente, sono nettamente diverse. 

Manca pertanto il necessario presupposto perch� di fro;nte ad un 
trattamento differenziato (quale � quello che risulta dal contenuto positivo 
e negativo dell'art. 350 del codice di procedura penale, in relazione 
all'art. 307, ultimo comma, del codice penale) possa utilmente prospettarsi 
e quindi dirsi fondato il denunciato contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 
-(Omissis). 

Giova, a tal riguardo, tener preliminarmente presente che il legislatore 
ha accordato ai prossimi congiunti la facolt� di astenersi dal deporre 
nel processo penale, perch� ha ritenuto meritevole di tutela il sentimento 
familiare (latamente inteso) e, nel possibile contrasto tra l'interesse pubblico, 
della giustizia, che su tutti gravi il dovere di deporre, e l'interesse 
privato, ancorato al detto sentimento, che i prossimi congiunti dell'imputato, 
non siano travagliati dal conflitto psicologico tra il dover deporre 
e dire la verit� ed il desiderio o la volont� di non deporre per non danneggiare 
l'imputato, ha altres� ritenuto prevalente l'interesse privato e 
non in generale ed in modo assoluto ma se ed in quanto l'interessato 
(e cio� il teste) reputi di non dovere o potere superare quel conflitto, ed' 
a tale fine non ha imposto un divieto di testimoniare (come invece disponeva 
l'art. 147 del codice di procedura civile prima della pronuncia di 
illegittimit� costituzionale di cui alla sentenza n. 248 del 1974), ma solo 
una facolt� di astenersi dal deporre. 

Ci� posto, va considerato che per i prossimi congiunti di cui all'ultimo 

comma dell'art. 307 del codice penale, nell'art. 350 del codice di proce


dura penale si ha una tutela per categorie di soggetti, individuate sulla 

base di tipici rapporti giuridici (coniugio, parentela e affinit�), presup


ponendosi che -secondo l'id quod plerumque accidit -tali soggetti 

sono portatori dei detti interessi e perseguono quei determinati scopi; 

e che a proposito delle situazioni che sarebbero state omesse, l'esistenza 

degli stessi interessi e il perseguimento degli stessi scopi si presentano 


210 

RASSEGNA DELL1AVVOCATUAA DELLO STATO 

come dati del tutto eventuali e comunque non necessari ed in ogni caso 

da dimostrare. 

Che in concreto nelle situazioni previste ed in quelle omesse possano 
anche ricorrere eguali interessi, in s� e finalisticamente considerati,� non 
rileva. Nei due casi, la loro presenza � rispettivamente presunta o da 
dimostrare. Ci� comporta che, nel processo, solo nel primo di detti casi il 
giudice possa con immediatezza e sicurezza accertare se il soggetto chiamato 
a deporre debba essere avvertito, a sensi del terzo comma dell'articolo 
350 del codice di procedura penale, della facolt� di astenersi dal 
deporre. Per accertare, nel secondo dei due casi, se la situazione (ivi 
considerata) presenti i caratteri per cui in� fatto possa essere accostata al 
rapporto di coniugio, e se in essa in concreto ricorra il sopraddetto inte� 
resse privato, con il relativo sentimento familiare, occorre, invece, una 
indagine che pu� anche non essere breve n� facile. Ed allora per tale caso 
affiora in modo prevalente l'esigenza pubblicistica che il corso del processo 
non subisca ingiustificate remore in contrasto con il carattere 
inqwsitorio e con i principi della oralit� e della concentrazione. 

De iure condendo, la normale presenza di quegli interessi, per�, non 
dovrebbe rimanere senza una tutela per le dette situazioni omesse ed in 
particolare per quella che ricorre nella specie. E sarebbe, quindi, compito 
del legislatore di valutare, per detti intere.ssi, l'importanza e la diffusione 


CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 8 -Pres. Rossi -Rel. Amadei 
-Livio (n.p.), I.N.A.I.L. (avv. Graziani) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). 

Previdenza e assistenza -Infortuni sul lavoro -Infortunio in itinere -Omessa 

previsione legislativa. 

(Cost., art. 38 e 76; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2). 

L'omissione del Governo, che lasci decorrere inutilmente il termine 
per l'esercizio della funzione legislativa delegatagli, pu� comportare solo 
una responsabilit� politica verso il Parlamento, e non d� luogo ad una 
illegittimit� costituzionale: non contrasta con l'art. 76 Cast. l'art. 2 del 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che non ha previsto espressamente l'infortunio 
in itinere (1). 
(1) La sentenza ha affermato il principio -del resto pacifico -che 
l'inutile decorso del termine fissato ai sensi dell'art. 76 cost. pu� solo dar 
luogb ad una responsabilit� politica del Governo (un inciso in tal senso � 
reperibile anche in Corte cost. 27 marzo 1974 n. 83). Circa la emanazione del 
decreto legislativo al di l� dei limiti temporali stabiliti dalla legge delegante, 
Corte cost. 19 dicembre 1963 n. 163, in Foro it., 1964, I, 1, con nota di P1zzoRUSSO, 
e 9 febbraio 1967 n. 13, in Giur. cost., 1967, 111, con nota di CI<n>NETIL 

PARTE 1, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis). -Rileva anzitutto la Corte che il problema dell'infortunio 
in itinere (quello cio� nel quale incorre il lavoratore nello spostarsi dalla 
casa di abitazione al luogo di lavoro e viceversa), che viene minutamente 
disciplinato e tutelato da molte legislazioni straniere, non trova da noi 
una specifica regolamentazione tanto che � sfata la giurisprudenza, e principalmente 
quella della Corte di cassazione, a darsi carico di ovviare a 
tale manchevolezza affermando in modo costante che l'infortunio in itinere 
pu�.considerarsi avvenuto � in occasione di lavoro � qualora sussista 
un collegamento tra la attivit� lavorativa e il rischio al quale il lavoratore 
� esposto durante il percorso per recarsi al luogo di lavoro e viceversa. 
Ma il nesso deve ritenersi sussistente solo quando siffatto infortunio 
dipenda da un certo rischio legato strettamente alla attivit� lavorativa 
per il cui espletamento non sia estraneo il rischio stesso, definito come 
� specifico improprio � o � generico aggravato �. E, sempre secondo la 
Corte di cassazione, l'accertamento di questo rischio particolare va affidato 
alla esclusiva valutazione del giudice di merito risolvendosi in un 
apprezzamento, di fatto, non censurabile, se sorretto da congrua motivazione 
esente da vizi sul piano logico-giuridico. 

La Corte non � chiamata a pronunciarsi sulla esattezza di questo 
orientamento giurisprudenziale: appare chiaro, tuttavia, da quanto precede, 
la esigenza di un sollecito intervento legislativo in-materia ~i previdenza 
ed assicurazione dell'infortunio in itinere. 

Ed infatti, con la legge 19 gennaio 1963, n. 15, si conferiscono al Governo 
due� distinte deleghe: la prima (art. 30) per modificare, correggere. 
ampliare le norme vigenti in materia di infortuni sul lavoro � riordinandole 
e riunendole in un solo provvedimento legislativo�; la seconda 
(contenuta nell'art. 31) diretta a far emanare dal Govemo �norme intese 
a disciplinare l'istituto dell'infortunio in itinere � e ci� � entro un anno 
dall'entrata in vigore della legge�. 

Tuttavia malgrado la inequivoca imperativit� della delega, non � stato 
emanato il decreto delegato e si � lasciato decorrere inutilmente il termine 
previsto. 

La disciplina vig�nte sulla infortunistica del lavoro � pertanto frutto 
della delega che non riguarda la materia dell'infortunio in itinere, ed ha 
diversa origine, oggetto e finalit�, tanto vero che faticosamente e genericamente 
la giurisprudenza si pronuncia per regolare la questione in 
esame. 

� evidente dunque l'errore in cui � incorso il giudice 
/ 
a quo denunciando, 
per violazione degli artt. 76 e 38 della Costituzione, l'art. 2 del d.P.R. 
30 giugno 1965, n. 1124. 

Non pu� infatti pretendere il giudice a quo che il legislatore delegato 
avesse il dovere di comprendere in detto articolo anche le modalit� 
riguardanti l'infortunio in itinere cos� come descritto nell'art. 31 della legge 
di delega 19 gennaio 1963, n. 15. Per provvedere a quest'ultimo compito 


212 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il legislatore aveva una delega particolare, proprio quella indicata nel 
citato art. 31, ma di questa non ha inteso far uso e quando ha formulato 
l'art. 2 del decreto impugnato si � valso per la sua stesura solo della 
normativa di cui all'art. 30 che non faceva alcun cenno, n� poteva farlo, 
all'infortunio in itinere, per la cui disciplina, come si � detto, era stata 
disposta una delega particolare. 

Cos� essendo, la omissione del legislatore delegato pu� comportare 
evidentemente una sua responsabilit� politiea verso il Parlamento, non 
certo una violazione di legge costituzionalmente apprezzabile. 

Ne consegue che resta cos� assorbita la questione riguardante l'art. 3b 
della Costituzione nel cui ambito dovranno domani essere comprese anche 
le ipotesi di eventi lesivi occorsi in itinere al lavoratore quando tale 
infortunio sar�, dalla legge, previsto e regolato. 

Questa Corte, pertanto, deve dichiarare non fondata la questione di 
legittimit� costituzionale, con riferimento all'art. 76 della Costituzione 
poich� manca il termine di raffronto data la carenza di qualsiasi normativa 
sull'infortunio in itinere. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 gennaio 1977, n. 13 -Pres. Rossi -Rel. 
Gionfrida -Monte dei Paschi di Siena (avv. Simi), Soc. aerea Mediterranea 
(avv. Marazza), altri (n.p.), e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Azzariti). 

Procedimento civile -Controversia di lavoro � Parti in causa � Parit� di 
posizioni processuali � Sussiste. 
(Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. civ., artt. 414, 416 e 418). 

Obbligazioni e contratti � Obbligazioni pecuniarie � Risarcimento del maggior 
danno da svalutazione monetaria � Limitazione ai soli crediti dei 
lavoratori dipendenti � Ragionevolezza. 
(Cost., art. 3; cod. proc. civ., art. 429). 

Come il convenuto in una controversia di .lavoro dinanzi al Pretore 
� tenuto a pena di decadenza a indicare nel primo .suo atto (la comparsa 
di risposta) difese eccezioni e prove, cos� anche l'attore in detta controversia 
� tenuto a pena di decadenza a indicare nel primo suo atto (il 
ricorso introduttivo) difese eccezioni e prove; parimenti deve dirsi per 
l'attore in riconvenzione e il convenuto rispetto alla domanda riconvenzionale. 
Non sussiste pertanto diseguaglianza tra le posizioni processuali 
delle parti in lite. 

I meccanismi di conservazione del valore dell'oggetto di prestazioni 
pecuniarie non si risolvono in un depauperamento del patrimonio del 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 213 

debitore e solo eliminare l'arricchimento che costui, altrimenti, nel caso 
di ritardato adempimento, conseguirebbe per effetto della svalutazione 
monetaria. Il trattamento privilegiato riservato ai crediti di lavoro � giustificato 
dalla qualit� di tali crediti, i quali sono garantiti da pi� precetti 
costituzionali (artt. 1, 3 cpv. 4, 34 e 36 Cast.), nonch� dal sussistere di 
un interesse generale al tempestivo pagamento delle spettanze dei lavoratori; 
peraltro, nei riguardi dei lavoratori dipendenti a pi� alto reddito 
la funzione di riequilibrio economico assume carattere prevalente rispetto 
a quella di sostentamento (1). 

La disposizione che ha introdotto la rivalutazione dei crediti dei lavoratori 
subordinati non � retroattiva; non pu� quindi tenersi conto della 
svalutazione monetaria verificatosi prima della entrata in vigore della 
legge 11 agosto 1973, n. 533 (2). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 gennaio 1977, n. 14 -Pres. Rossi -Rel. 
Gionfrida -Valente ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Azzariti). 

Lavoro -Controversie -Passaggio dal rito ordinario al rito del lavoro � � 
Notifica al contumace. 
(Cost., art. 24; cod. proc. civ. art. 435, come modificato da I. 11 agosto 1973 n. 533). 

Contrastano con l'art. 24 Cast. le disposizioni processuali che non assicurino 
all'interessato la conoscibilit� del momento di iniziale decorrenza 
di un termine; pertanto, � costituzionalmente illegittimo il combinato 
disposto dell'art. 426 del codice di procedura civile, come modificato dall'art. 
1 della legge 11 agosto 1973, n. 533 e dell'art. 20 della legge medesima, 
nella parte in cui -con riguardo alle cause pendenti al momento dell'entrata 
in vigore della legge -non � prevista la comunicazione anche 
alla parte contumace dell'ordinanza che fissa l'udienza di discussione 
ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti. 

(1) Dopo la grande svalutazione monetaria degli anni 1939 -1947, i giudici 
ordinari hanno difeso il principio nominalistico (art. 1227 comma primo cod. 
civ.) mediante la distinzione tra crediti di valuta e crediti di valore e una 
interpretazione rigosa dell'art. 1224 comma secondo cod. civ. La Corte costi� 
tuzionale ha ora prudentemente evitato di aderire alla tesi secondo cui i 
crediti del lavoratore subordinato sarebbero dall'art. 429 ultimo somma c.p.c. 
(novellato) stati trasformati in crediti di valore; ed invero parrebbe pi� esatto 
ritenere che detti crediti sono tuttora crediti di valuta (cfr. anche AscARELLI, 
Obbligazioni pecuniarie, in Commentario Scialoja e Branca, 1959, 174). 

-


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

214 

III 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 gennaio 1977, n. 15 -Pres. Rossi -Rel. 
Gionfrida -Greccia ed altri (n.p.), e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Azzariti). 

Lavoro -Risarcimento del maggior danno di svalutazione monetaria Efficacia 
nel tempo della novella del 1973 -Irretroattivit�. 

(Cost., art. 24; cod. proc. civ., art. 426; I. 11 agosto 1973 n. 533, art. 20). 

Contrasta con l'art. 24 Cast. l'art. 435, comma secondo, c.p.c .. come 
modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533, (sul nuovo rito 
del lavoro), nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del 
decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione sia comunicato 
all'appellante e che da tale comunicazione decorra .. il termine per 
la notificazione dell'appellato (3). 

IV 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 gennaio 1977, n. 16 -Pres. Rossi -Rel. 
Gionfrida -Salimene (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. Azzariti). 

Lavoro -Crediti di familiari di lavoratore deceduto -Provvisionale . Concedibillt�. 


(Cost., art. 3; cod. proc. civ., art. 423). 

L'art. 423 c.p.c. � applicabile anche a favore dei superstiti indicati 
dall'art. 2122 primo comma cod. civ.: � pertanto infondata la questione 
1i legittimit� costituzionale di detto art. 423. 

Se ci� �, si va delineando -all'interno della categoria dei crediti di valuta 
-una tripartizione tra crediti indicizzati per legge, crediti indicizzati per 
contratto (l'art. 5 del D.L. 7 febbraio 1977 n. 15 � sato soppresso dalla legge 
di conversione 7 aprile 1977 n. 102), e crediti la cui indicizzazione � vietata 
dalla legge (ad esempio, cfr. art. 1 comma quarto del d.l. 24 luglio 1973 n. 426); 
tripartizione che trova fondamento e giustificazione nella �qualit� del credito 
�. Del resto, la � causa del credito � � da tempo indicata come � fondamento " 
del regime dei privilegi (art. 2745 cod. civ.), e -su altro versante -� alla 
base della legislazione per il c.d. � credito agevolato �. La tendenza ad attenuare 
l'unitariet� della disciplina delle obbligazioni pecuniarie non opera 
direttamente sul valore della moneta all'interno dello Stato, anche se conduce 
ad un pi� completo assoggettamento della moneta alla volont� del � principe "� 

Va segnalato che> J.a Corte costituzionale ha ammesso che rivalutazione 
dei crediti di lavoro possa rispondere, oltre che ad esigenze di � sostenta




215

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

.I. 

(Omissis). -La premessa esegetica comune a tutte le ordinanze 

che, cio�, debba desumersi, dalla detta mancanza (nell'art. 414) di 
una espressa statuizione di decadenza, la effettiva inesistenza di preclusione 
per l'attivit� defensionale dell'attore (a fronte della diversa disciplina 
stabilita, dall'art. 416, per il convenuto -�, infatti, palesemente 
erronea. 

La retta interpretazione delle norme consente, invero, di pervenire 
alla conclusione che si realizza, invece, nella concreta dialettica del nuovo 
processo del lavoro, una perfetta simmetria di posizione tra le parti. 

Tale simmetria -gi� sottolineata nella Relazione alle Commissioni 
riunite della Camera nel corso della V legislatura (ove, con suggestione 
di immagine, si contrappone all'obbligo del convenuto di � vuotare il 
sacco � fin dal principio, quello analogo dell'attore di � dire, senza riserva 
alcuna, fin dall'atto introduttivo tutto ci� che attiene alla sua difesa e 
fornire il materiale su cui si basa la pretesa�) -� ancora, tra l'altro, 
ribadita nella� Relazione alla Commissione Giustizia e Lavoro del Senato 
nella VI legislatura, venendo additata come una componente essenziale 
di quella reciproca collaborazione che, nello spirito della buona fede 
processuale informativo del codice del 1942 (alla cui formulazione originaria 
si � inteso riportarsi), condiziona, in pratica, lo svolgimento del 
nuovo rito, nei suoi caratteri di concentrazione, immediatezza ed oralit�. 

La lettura sistematica del dato normativo conferma, del resto, senza 

margine alcuno di dubbio, il carattere paritario della disciplina dell'atti


dt� defensionale delle parti. 

La stessa sanzione che per il convenuto si trova espressamente sancita 
nell'art. 416 deve, invero, ritenersi prevista per l'attore, sia pure in modo 
'mplicito, ma non per questo meno chiaro, in base al disposto dell'art. 414 

n. 5 e dell'art. 420. 
Infatti, poich� il comma quinto di questa ultima norma consente al 
giudice di ammettere all'udienza di discussione, oltre i mezzi di prova 
gi� proposti, quelli che la parte -e, quindi, anche l'attore -non poteva 
proporre prima, ne consegue che, successivamente alla presentazione del 
ricorso, non potranno essere ammesse le prove che lo stesso attore poteva 
e doveva indicare ai sensi dell'art. 414 ultimo comma. 

mento � (garantite anche dall'art. 36 Cost.), ad esigenze di � riequilibrio economico 
�. 

(2) Diverso l'orientamento prevalente della Corte di cassazione: cfr. Cass. 8 
febbraio 1975 n. 495, in Foro it., 1975, I, 279, Cass. 28 giugno 1976 n. 2471, ivi 
1976, I, 1797, ove � indicazione di altri precedenti, Cass. 16 novembre 1976 
n. 4258, ivi, 1976 I, 2732, e 20 gennaio 1977 n. 300, ivi, 1977, I, 339. 
(3) La giurisprudema. (a quanto consta, solo di merito) era propensa a ritenere 
non perentorio il termine di dieci giorni del quale si discute, fermo restando 
l'onere per rappellante di non comprimere il termine a comparire. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

216 

Valgono analoghe considerazioni per quanto concerne la modificabilit� 
delle domande, eccezioni e conclusioni, che il comma primo dell'articolo 
420 cit. subordina, allo stesso modo per l'attore che per il convenuto, 
alla ricorrenza �di � gravi motivi � da accertarsi dal giudice. 

Le preclusioni sono dunque nel sistema (nel contesto del quale adempiono 
alle cennate esigenze di accelerazione e semplificazione della procedura): 
e si rivolgono senza discriminazione cos� all'attore come al convenuto, 
con riguardo rispettivamente al ricorso introduttivo e alla comparsa 
di risposta, che sono gli unici atti di parte antecedente all'udienza di 
discussione. 

II 

(Omissis). -Entrambe le questioni muovono -come in narrativa 
detto -dal presupposto (da cui, poi, traggono opposti corollari) della 
non equiparabilit�, quanto alla disciplina delle rispettive attivit� difensive, 
della posizione dell'attore in riconvenzione e di quella del convenuto. 

Tale presupposto non �, per�, esatto. 

Come dalla dottrina riconosciuto gi� con riguardo al processo ordinario 
(anche nell'ambito del quale manca, come nel nuovo rito del lavoro, 
una specifica completa regolamentazione della fattispecie conseguente 
alla proposizione di domanda riconvenzionale si verifica, con riferimento 
appunto alla riconvenzionale, un rovesciamento simmetrico della posizione 
delle parti, in quanto l'attore assume la veste di convenuto e, viceversa, 
il convenuto quella di attore. 

Discende da ci� che la disciplina dell'attivit� difensiva dell'attore nei 
riguardi della riconvenzionale, si ricava, per via di analogia �(e nei limiti, 
ovviamente, delle specifiche modalit� che la fattispecie impone), dalla 
disciplina relativa all'attivit� processuale del convenuto rispetto alla 
domanda principale. 

Con specifico riguardo al rito del lavoro, ci� equivale a dire che l'attore 
nei cui confronti sia proposta domanda riconvenzionale ha in sostanza 
gli stessi poteri, e correlativamente incorre (quanto al loro esercizio) 
nelle stesse preclusioni, che l'art. 416 prevede per il convenuto. 

Con l'unica differenza, sul piano formale, che il termine di riferimento 
�, per il convenuto in riconvenzione, non gi� l'udienza fissata 
ex art. 415, bens� la nuova udienza, la cui fissazione deve essere richiesta 
contestualmente alla proposizione della riconvenzionale, in base al peculiare 
meccanismo apprestato dall'art. 418. 

Anche in questo caso, pertanto, la dimostrata erroneit� della pre


messa (travolgendo le conclusioni che da essa si traggono) conferma la 

non fondatezza delle questioni di illegittimit� costituzionale formulate. 

La Corte �, infine, chiamata a decidere della legittimit� costituzionale 

dell'art. 429, comma terzo, del codice di procedura civile, come modifi




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

cato dalla legge del 1973, per la parte in cui prevede, a favore del lavoratore, 
l'obbligo del giudice di �determinare il maggior danno eventualmente 
sub�to per la diminuzione di valore del credito �. 

Di tale norma varie ordinanze prospettano -come detto -il contrasto 
con l'art. 3 della Costituzione; e ci� sotto vari profili, attinenti, da 
un lato, alla ingiustificata disparit� di trattamento dei crediti del lavoratore 
rispetto in genere agli altri crediti di carattere pecuniario e in 
particolare ai crediti del datore di lavoro nascenti dallo stesso rapporto; 
dall'altro lato, alla ingiustificata identit� di trattamento (quanto al rilievo 
dato alla svalutazione) di tutti i crediti di lavoro, senza distinguere la 
diversa posizione sociale-economica delle varie categorie di lavoratori 
(che vanno dal modesto dipendente all'alto dirigente) e delle varie categorie 
dei datori di lavoro (che analogamente vanno dal piccolo artigiano 
al grande imprenditore). 

Osserva innanzi tutto, la Corte che non occorre -prendere posizione 
sul problema (allo stato ancora dibattuto e di cui � cenno, in particolare, 
nell'ordinanza del pretore di Arcidosso), se la disciplina introdotta dall'art. 
429 impugnato abbia �operato una trasformazione dei crediti del 
lavoratore aventi (ab origine) carattere pecuniario in crediti di valore� 
ovvero si sia limitata ad apportare delle deroghe in ordine ai presupposti 
del risarcimento del danno per inadempimento delle obbligazioni pecuniarie. 


Una volta, infatti, che della norma in esame (cui si collega, in via 
di integrazione, l'art. 150 disp. attuaz. cod. proc. civ. come sostituito dall'art. 
9 della legge n. 533 del 1973) � chiaro il contenuto pratico voluto. 
dal legislatore -assicurare cio� al lavoratore (con riferimento al mancato 
o ritardato pagamento delle prestazioni in suo favore alla scadenza 
e a decorrere da tale momento) l'adeguamento delle somme dovutegli, 
in funzione delle variazioni in aumento degli indici dei prezzi calcolati 
per la scala mobile -non assumono, evidentemente, rilievo, sul piano 
del giudizio di costituzionalit�, le implicazioni dommatiche (quanto all'attuale 
inquadramento ed alla astratta classificazione dei crediti del lavoratore) 
che l'introdotta disciplina prospetta: di questa interessando unicamente 
valutare il contenuto, sotto il profilo della razionalit� o meno della 
diversificazione dei crediti di lavoro rispetto agli altri crediti pecuniari. 

Ora, proprio tale razionalit�, con riferimento alla scelta legislativa 
nella specie operata, non pu�, ad avviso della Corte, revocarsi in dubbio. 

La prima (e, di per s�, gi� decisiva) giustificazione del trattamento 
privilegiato attribuito ai crediti di lavoro sta, infatti, nella qualit� 
stessa del credito che trova, nello sfondo, il presidio e la garanzia (per 
cos� dire rafforzata) di pi�1 precetti costituzionali, quali quelli contenuti 
negli artt. 1, 3 cpv., 4, 34 e 36. 

Nel contesto di tale peculiare tutela razionalmente si colloca la normativa 
denunziata, apprestando un meccanismo di conservazione del 


218 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

valore in senso economico delle prestazioni dovute al lavoratore, volto 
a preservare (o, comunque, ripristinare) quel �potere di acquisto di 
beni reali� che si connete alla retribuzione ed alle indennit� di fine 
rapporto (costituenti la parte indiscutibilmente prevalente dei crediti 
del lavoratore) e nel contempo ad eliminare il vantaggio che (in precedenza) 
conseguiva il datore di lavoro col ritardato adempimento, 
il quale lo poneva, a fronte del solo rischio del pagamento degli interessi 
legali, in condizioni di lucrare gli effetti della svalutazione monetaria 
e di disporre delle somme di spettanza del lavoratore. Il che, 
in altre parole, equivale a dire che il meccanismo esaminato non si 
risolve (ex altero latere) in un depauperamento del patrimonio del datore 
di lavoro (soccombente): dal quale viene recuperato,. con manovra 
sostanzialmente riequilibratrice, quel tanto di arricchimento conseguito 
dal datore di lavoro che non ha compensato la forza di lavoro, 
il cui frutto ha investito nella propria struttura organizzativa. 

Non va, poi, trascurato l'elemento funzionale concorrente (che si 
combina con gli altri sin qui esaminati con carattere di maggiore o 
minore prevalenza, a seconda del tipo di rapporto di lavoro considerato) 
rappresentato dalla �remora� che la disciplina denunciata ingenera 
rispetto -pi� che a manovre dilatorie nel processo (cui la stessa 
attuale strutturazione del rito, improntata a criteri di accelerazione, 
contribuisce a porre rimedio)�_ al fatto stesso del non puntuale adempimento 
alla scadenza delle prestazioni destinate ad assolvere esigenze 
primarie del lavoratore. 

Tale remora basterebbe, di per s�, a giustificare la norma in esame, 
ove si consideri che il pagamento tempestivo delle spettanze dei lavoratori, 
oltrech� all'interesse individuale dei medesimi, risponde ad un 
interesse generale della intera collettivit� e che -proprio con riguardo 
alle prestazioni retributive -� stata gi� sottolineata (v. sentenza di 
questa Corte n. 54 del 1967) la legittimit� di norme di tutela risolventisi 
nella previsione, addirittura, di sanzioni penali per il caso del mancato 

o ritardato adempimento. 
La ratio stessa della disciplina impugnata ne giustifica la man� 
cata estensione ai crediti del datore di lavoro, nei riguardi dei quali, 
evidentemente, non ricorrono la sottolineata esigenza di garanzia di bisogni 
primari e la predetta funzione di riequilibrio economico: dimodoch�, 
anche sotto tale aspetto, il dubbio di costituzionalit� si rivela 
non fondato. 

Lo stesso � a dire per quanto attiene al profilo (su cui si sofferma 
il pretore di Arcidosso) di mancata diversificazione della disciplina sul 
punto della svalutazione in rapporto alla posizione -�non certo di 
debolezza � -di alcune categorie di prestatori d'opera, quali, ad esempio, 
i dirigenti e, correlativamente, alla posizione � non preminente �, 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

in cui si trovano categorie di datori di lavoro, come i piccoli imprenditori, 
gli artigiani, etc. 

A parte, infatti, che a tale rilievo sarebbe sufficiente opporre l'esigenza, 
propria della legislazione per nome generali, di modellarsi sul� 
l'id quod plerumque accidit (onde l'impossibilit� di tener conto delle situa� 
zioni limite o, comunque, estreme), gli � che, in realt�, anche rispetto 
ai rapporti peculiari sopra cennati non difettano le regioni che giu� 
stificano l'applicazione del meccanismo ex art. 429; anche se, nel concreto, 
queste, poi, si combinano in diversa misura e intensit�: assumendo, 
ad esempio, nei rispetti di un dirigente, la funzione di riequilibrio 
economico, carattere certamente prevalente rispetto a quella di 
sostentamento. 

Considerazione a parte richiede, infine, il rilievo, contenuto nelle 
ordinanze del pretore di Roma, di violazione dell'art. 3 della Costituzione, 
per il trattamento ingiustificatamente pi� favorevole riservato ai 
crediti di lavoro (rispetto agli altri crediti pecuniari), quanto alla possibilit� 
di decorrenza del diritto alla rivalutazione da data anteriore 
all'entrata in vigore della legge n. 533 del 1973. 

Il problema di applicabilit� della disciplina dettata dagli artt. 1 
(come modificativo dell'art. 429 cod. proc. civ.) e 9 (come sostitutivo 
dell'art. 150 disp. attuaz. cod. proc. civ.) della legge n. 533 del 1973 ai 
crediti sorti. anteriormente alla entrata in vigore della detta legge non 
pu� dirsi univocamente risolto in dottrina e in giurisprudenza: giacch� 
alla tesi che -pur riconoscendo l'applicabilit� di tale disciplina ai 
.crediti di lavoro maturati anteriormente alla entrata in vigore della 
legge (semprech� l'inadempimento si sia protratto oltre la data predet� 
ta) -ritiene che l'adeguamento debba farsi con riguardo e limitatamente 
alla svalutazione successiva, si contrappone la tesi secondo cui l'adeguamento 
deve operarsi tenendo conto anche della svalutazione intervenuta 
prima della entrata in vigore della legge. 

A giudizio della Corte va condivisa la prima delle due esposte soluzioni, 
la quale risponde al principio della irretroattivit� della legge che 
(ancorch� non sempre costituzionalmente garantito) costituisce espressione 
di civilt� giuridica e non risulta, nella specie, derogato n� esplicitamente, 
n� implicitamente. 

Deve, infatti, anzitutto escludersi che la retroattivit� nel senso so


praindicato discenda dalla disposizione transitoria dell'art. 20, comma 

primo, della legge del 1973 citata (che dispone l'applicabilit� delle norme 

della legge stessa anche � ai giudizi in corso al momento della sua 

entrata in vigore�) : se non altro perch�, -come ha di recente rico


nosciuto la stessa Corte di Cassazione, che pur ha aderito alla prima 

tesi -la detta disposizione si riferisce alle norme di natura proces


suale e non anche alle norme di carattere sostanziale come quella 

del comma terzo dell'art. 429. 


220 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� possono condividersi le altre argomentazioni che desumono la 
efficacia retroattiva della norma dalla dizione dello stesso art. 429, l� 
dove questo indica come decorrenza il giorno della � maturazione del 
diritto�;, dal fatto che la norma, essendo diretta ad ovviare alle conseguenze 
del fenomeno della svalutazione (il quale presuppone il decorso 
di un non breve periodo di tempo), resterebbe svuotata della sua ragione 
d'essere qualora non prendesse in considerazione gli effetti della 
svalutazione anteriore alla sua entrata in vigore, una volta che, ad impedire 
l'incidenza della svalutazione successiva, sarebbe bastato il meccanismo 
complessivo che assicura la rapidit� del processo del lavoro; ed 
inoltre dalle enunciazioni che sarebbero contenute nei lavori preparatori. 

Infatti, l'espressione �con decorrenza dal giorno della maturazione 
del diritto �, che si riferisce, non solo alla somma corrispondente alla 
diminuizione di valore del credito, ma anche agli interessi legali, � dettata 
al fine di determinare il dies a quo indipendentemente da atti di 
costituzione in mora (analogamente a quanto prescritto dall'art. 1282 
cod. civ. per il decorso degli interessi corrispettivi). 

E, nel contesto di tale espressione, il riferimento al giorno della 
maturazione del diritto fa parte del contenuto precettivo innovativo della 
norma e non rappresenta una disposizione collaterale avente carattere 
intertemporale. 

Il secondo degli argomenti sopra indicati trascura �poi di considerare 
che l'intervallo temporale entro cui pu� verificarsi la svalutazione 
del credito non � soltanto costituito dalla durata del processo ma 
anche e soprattutto dal periodo di tempo (normalmente) intercorrente 
tra la maturazione del diritto e l'inizio del processo. 

Infine, per quanto attiene ai lavori preparatori, � da osservare che 
-se pure alcuni parlamentari, nei loro interventi (soprattutto nel 
corso della legislatura precedente a quella in cui il testo della disposizione 
fu approvato) consideravano la norma come retroattiva -, quando 
il problema fu discusso ex-prof esso, un emendamento diretto ad 
escludere l'efficacia retroattiva nel senso sopra precisato non venne accolto 
proprio in base alla considerazione, espressa dal relatore Martinazzoli 
(Senato, VI Legislatura -Commissioni riunite -29 marzo 1973), 
che esso era superfluo in quanto la irretroattivit� gi� discendeva dai 
principi generali. 

Dovendosi quindi escludere, per quanto fin qui detto, che risulti, 
nella specie, espressamente od implicitamente voluta una deroga al principio 
di irretroattivit� consacrato nell'art. 11 delle preleggi, resta confermato 
che, secondo la corretta interpretazione della norma denunziata, 
nell'ipotesi di crediti maturati anteriormente alla data di entrata in 
vigore della legge, deve tenersi conto soltanto della svalutazione posteriore 
alla data predetta. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Ci�, del resto, risponde pienamente alla applicazione che del suddetto 
principio di irretroattivit� fa l'art. 161 delle disposizioni di attuazione 
del codice civile rispetto al decorso degli interessi corrispettivi, 
di cui all'art. 1282 cod. civ., sui crediti di somme di denaro divenuti 
esigibili prima dell'entrata in vigore dello stesso codice; nonch� la giurisprudenza, 
ormai da tempo consolidata, della Corte di Cassazione sui 
limiti di applicazione della disposizione innovativa di cui all'art. 1224 
cod. civ. concernente la risarcibilit� del maggior danno dipendente dalla 
mora, nella ipotesi di inadempimento verificatosi prima della entrata 
in vigore dello stesso codice. 

Pertanto, anche sotto il profilo della prospettata decorrenza del diritto 
alla rivalutazione � anche da data anteriore alla entrata in vigore 
della legge 1973, n. 533 �, la questione di costituzionalit� dell'art. 429, 
comma terzo, non � fondata, poich� muove da una non esatta interpretazione 
della norma denunziata. 

III. 
(Omissis). -Con sentenza n. 14 del 1977, questa Corte ha gi� avuto 
modo di affermare, richiamando la propria precedente giurisprudenza 
(cfr. sent. n. 159 del 1971 e n. 255 del 1974), che, nel quadro della garanzia 
costituzionale della difesa, ove un termine sia prescritto per il 
compimento di tale attivit�, la cui omissione si risolva in pregiudizio 
della situazione tutelata, deve essere assicurata all'interessato la conoscibilit� 
del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde 
poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli. 

Con siffatto principio, appunto, contrasta la disposizione impugnata, 
giacch� ricollega il dies a quo del termine per la notificazione del decreto 
presidenziale di fissazione dell'udienza ad un evento (quale il deposito 
del provvedimento) di cui � ben possibile che la parte non abbia 
tempestiva conoscenza. 

N� le conseguenze pregiudizievoli per il diritto di difesa possono essere, 
nella specie, superate accedendo alla tesi (condivisa dalla prevalente 
dotrina) che il termine in questione sia di tipo ordinatorio. 

La ritenuta non perentoriet� del termine consentirebbe, infatti, di 
escludere, che pur dopo il suo decorso, resti all'appellante preclusa la 
notificazione del decreto, ma non lo porrebbe al riparo dalle conseguenze 
che -con particolare riguardo al procedimento di impugnazione possono 
riconnettersi alla violazione del termine a comparire che -proprio 
in dipendenza della non tempestiva conoscenza del decreto -l'appellante 
non fosse stato in grado di rispettare. 

Il pregiudizio della difesa (nel senso sopra indicato) neppure pu� 
essere, d'altra parte, (sempre) evitato con l'uso della normale diligenza 
da parte del procuratore dell'appellante. 


222 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Basta considerare l'ipotesi in cui il Presidente del tribunale abbia 
(come gli � consentito dal comma primo dell'art. 435 cit.) fissato l'udienza 
di discussione in coincidenza con la scadenza del termine (di 35 
giorni) risultante dall'esatto computo di dieci giorni previsti per la no� 
tifica del ricorso (ex comma secondo) e dei 25 giorni stabiliti come 
termine minimo di comparizione (ex comma terzo art. 435 cit.). 

Con riferimento a tale ipotesi, la diligenza dovrebbe, infatti, spingersi 
(con ci� sup~rando il limite della normalit�) fino al punto di un 
controllo giornaliero: anche oltre il termine (meramente ordinatorio) di 
giorni cinque (dal deposito del ricorso) per la emanazione del decreto 
presidenziale di fissazione d'udienza. 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 gennaio 1977 n. 27 -Pres. Rossi -Rel. Volterra 
-Commissario dello Stato per la Regione siciliana (sist. avv. 
gen. Azzariti) e Regione Sicilia (avv. Villari). 

Sicilia -Demanio -Trasferimento di funzioni-pubbliche � Opera anche 
per il passato. 

(Statuto Sicilia, art. 32). 

Il trasferimento dei beni demaniali dallo Stato alla Regione deve essere 
qualificato non come vicenda successoria ma come passaggio di 
poteri fra enti pubblici per il quale l'ente subentrante pu� esplicare 
ogni potere pubblicistico o privatistico sui beni trasferiti, non esercitato 
dall'ente che precedentemente lo gestiva. (1) 

(Omissis). -Con il ricorso in epigrafe il Commissario dello Stato 
presso la Regione siciliana impugna la legge approvata dall'Assemblea 
regionale siciliana nella seduta del 13 marzo 1975 e chiede che ne sia 

(1) Nel senso che lo Stato, in attesa del passaggio di funzioni alle Regioni, 
esercita sui beni demaniali da trasferire non una mera attivit� di conservazione 
ma pienezza di poteri per la soddisfazione dei pubblici interessi, Corte cost., 4 maggio 
1972, n. 79, in questa Rassegna, 1972, 567. 
Su questioni concernenti il trasferimento dei beni pubblici assegnati alle 
Regioni, FALZONE, I beni delle regioni a statuto ordinario, in Riv. trim. dir. pub., 
1971, 289; per le Regioni a statuto speciale, cfr. Corte cost., 23 marzo 1960, n. 13, in 
Foro it. 1960, I, 717, 17 aprile 1968, n. 21, ivi, 1968, I, 1124, e 17 novembre 1971, n. 178, 
in Giur. cast., 1971, 2179, con nota di BARTOLE. 

Esattamente � stato osservato (Cass. S.U., 15 aprile 1976, n. 1335 e 1336, la 
seconda in questa Rassegna, 1976, 580) che il trasferimento di beni destinati ad 
un pubblico servizio al seguito del passaggio di quest'ultimo da una ad altra 
persona giuridica pubblica � vicenda non ablatoria ma organizzatoria. Sulla successione 
tra enti pubblici, cfr. anche Cass., 24 luglio 1958, n. 2689, in Foro it., 
1958, I, 1252, Cass., 3 ottobre 1959, n. 2642, in Giust. civ., 1961, I, 1633, e Cass., 19 maggio 
1969, n. 1738. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dichiarata l'illegittimit� costitt1zionale per violazione dell'art. 32 dello 
statuto speciale e del d.P.R. 1� dicembre 1961, n. 1825. Le violazioni 
denunziate sono indicate nella disposizione dell'art. 1 della legge impugnata, 
la quale dichiara estinti i debiti per canoni relativi alle utenze, 
sia fornite di titolo legittimo, sia di fatto, di acqua derivata dai canali 
dell'antico demanio esistenti in Sicilia, dovuti sino al 31 dicembre 1946 e 
non ancora corrisposti e nella disposizione dell'art. 2 della medesima 
legge, la quale dichiara che con effetto dal 1� gennaio 1947 i canoni relativi 
alle utenze di acqua di cui all'art. 1 comunque e per qualunque 
uso esercitate, sono determinati a norma dell'art. 35 del t. u. n. 1775 del 
1933 e successive aggiunte e modificazioni. 

Lo Stato assume che tale disciplina e regolamentazione non possono 
avere effetto per il periodo antecedente alla data di approvazione 
del'elenco dei canali assegnati e che per tanto la legge regionale avrebbe 
disposto di diritti di cui la Regione non .era ancora titolare. 

Si sostiene invece ex adverso che la titolarit� dei diritti sui beni 
spetterebbe alla Regione sin dall'entrata in vigore dello Statuto ed una 
volta riuniti nello stesso soggetto titolarit� ed esercizio del potere, le 
due situazioni non potrebbero essere pi� disgiunte. (Omissis). 

Ritiene d'altra parte la Corte che alla vicenda del trasferimento di 
beni demaniali dallo Stato alla Regione non presiedono principi identici 
a quelli delle successioni tra privati, dovendosi valutare, caso per caso, 
le specifiche norme dirette a regolare la materia anche in relazione all'oggetto 
del trasferimento. 

Ora, mentre, oggettivamente, dalla situazione esistente risulta l'imprescindibile 
ed indifferibile necessit� per la Regione di regolarizzare 
una situazione abnorme assoggettando ad un regime unitario le concessioni 
e le derivazioni e sopprimendo le gravissime sperequazioni esistenti 
in materia, � evidente che tale regolarizzazione, senza la quale la 
Regione non ha la possibilit� di esercitare i poteri che le sono assegnati 
dalla legge sul demanio idrico, non pu� essere compiutamente 
realizzata senza previamente provvedere a rimuovere l'enorme cumulo 
di canoni non corrisposti e le conseguenze giuridiche ed economiche che 
derivano da una siffatta situazione e senza provvedere a stabilir~ uniformemente 
per le utenze di acqua pubblica la determinazione dei relativi 
canoni. 

Sul piano normativo, inoltre, massimo rilievo assume, nella spede, 
l'art. 7 del d.P.R. 1� dicembre 1961, n. 1825. 

Tale norma, mantenendo fermi gli effetti degli atti di gestione o � 
amministrazione ordinaria e straordinaria compiuti dallo Stato anteriormente 
al trasferimento, mostra come la Regione, in mancanza della 
disposizione stessa, avrebbe potuto incidere non solo sulle situazioni 
ancora pendenti, ma anche su quelle gi� definiti e come lo Stato non 
possa, a seguito del trasferimento, compiere ulteriori atti di gestione fra 


224 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i quali indubbiamente rientrano l'individuazione, l'accertamento e la per


cezione dei crediti relativi a canoni non ancora esatti. 

In tal modo il trasferimento di specie pi� che una successione pu� 
qualificarsi come un passaggio di poteri fra enti pubblici per il quale 
l'ente subentrante pu� esplicare ogni potere pubblicistico e privatistico 
sul bene, non esercitato dall'ente che precedentemente lo gestiva. 

La legge regionale impugnata non riimlta pertanto invadere la sfera 

dei poteri dello Stato. 

Con l'art. 1, disponendo l'estinzione dei debiti per canoni relativi 
alle utenze di acqua derivata dai canali demaniali dell'antico demanio 
esistente in Sicilia, dovuti sino al 31 dicembre 1946, la regione esercita 
legislativamente un potere a lei conferito rispetto ai beni demaniali 
assegnatile e che lo Stato non aveva esercitato. Con la precisazione � non 
ancora corrisposti � che esclude dalla disposizione i canoni gi� riscossi 
dallo Stato e con la norma del comma secondo dell'art. 2: � Non si 
far� luogo a rimborso per le somme gi� pagate alla data di entrata 
in vigore della presente legge � evita che la norma regionale possa statuire 
in merito alle attivit� compiute dallo Stato in ordine ai beni 
demaniali prima dell'assegnazione alla Regione. 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 gennaio 1977, n. 30 -Pres. Rossi -Rel. 
Gionfrida -Zanetti ed altri (n.p.). 

Contratti agrari � Mezzadria � Coltivatore diretto concedente � Cessazione 
della proroga -Non previsione di indennizzo -Legittimit� costituzionale. 
� 
(Cost., artt. 3 e 44; d.!. C.p.S. 1 aprile 1947 n. 273). 

Non contrasta con gli artt. 3 e 44 Cost. la disposizione che non prevede 
indennizzo a favare del mezzadro o colono nel caso di ritorno alla 
terra del proprietario coltivatore diretto (1). 

(Omissis). -Le due norme poste a raffronto dal giudice a quo disciplinano, 
in realt�, situazioni diverse. 

L'ipotesi sub lett. b dell'art. 1 d.l.C.p.S. 1947, n. 273, evidenzia, invero, 
un'esigenza di contemperamento fra gli opposti interessi in giuoco del 
proprietario e del coltivatore, riconducibile ad un pi� generale paradigma 

(1) La pronuncia sottolinea la diversit� tra l'ipotesi in essa esaminata e la 
ipotesi del proprietario che si avvale della facolt� di eseguire opere di trasformazione: 
per quest'ultima, cfr. la sentenza Corte cost., 23 aprile 1974, n. 107, in 
questa Rassegna, 1974, 809. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 225 

di conflitto capitale-lavoro. Ed in tale quadro (sul presupposto che per 
stabilire equi rapporti sociali � non basti assicurare la tutela di una 
sola delle due parti del rapporto�) ha operato la Corte, ripristinando, 
da un lato, il diritto del proprietario a rientrare in possesso del fondo 
onde eseguirvi le programmate opere di trasformazione ed introducendo, 
dall'altro, il diritto dell'ex coltivatore ad un �equo indennizzo� (che 
viene, in tal modo, a rappresentare, nei rispetti del � proprietario una 
componente del costo complessivo della operazione economica di trasformazione 
agraria). 

Ben diversa, invece, � la situazione contemplata nella lett. a dell'articolo 
1 d.l.C.p.S. 1947 citato. 

In tale ultima disposizione -in cui l'eccezione alla proroga del contratto 
di affitto si giustifica, non in funzione di un investimento di capitali 
sul fondo, sibbene di un ritorno alla terra dello stesso proprietario, 
(anch'esso) diretto coltivatore -vengono, infatti, in contrapposizione 
interessi non gi� tra loro diversi, sibbene omogenei, per la comune attinenza 
alla esplicazione di una attivit� lavorativa sul fondo. 

Una eventuale previsione di indennizzo (anche) nella specie, lungi 
dall'assolvere ad una funzione di riequilibrio, realizzerebbe, pertanto, un 
risultato opposto, in quanto, nella tutela del coltivatore affittuario, non 
terrebbe conto (frapponendo un ostacolo alla sua realizz�zione) dell'interesse 
-pure � di lavoro � -del proprietario coltivatore. 

Resta cos� dimostrato che la norma denunziata si sottrae ai dubbi 
(come dal tribunale formulati) di contrasto con gli artt. 44 e 3 della Costituzione. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 41 -Pres. Rossi -Rel. 
Gionfrida -Saitta ed altri (avv. Saitta) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Universit� -Incarichi gratuiti � Legittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3 e 36; I. 24 febbraio 1967 n. 62, art. 11). 

Universit� -Determinazione differenziate delle retribuzioni degli incarichi � 
Legittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3 e 36; d.P.R. 5 giugno 1965 n. 749, art. 25 e d.P.R. 28 dicembre 1970 

n. 1079, art. 20). 
I vantaggi che possono derivare ad un soggetto dalla prestazione di 
un servizio dello Stato (nella specie, l'insegnamento universitario), quali 
il miglioramento di attitudini e capacit� personali ed un prestigio che 
possa tradursi in concreta promozione di atti'vit� professionali private 
(ove compatibili), possono giustificare l'assenza di corrispettivo a carico 

111111111111r11111rfl1111~1111rr1111m1r1~r11111r11rtr1111{r1r1;1111111r11 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

226 

dello Stato per il predetto servizio, allorch� colui che lo presta ne abbia 
liberamente accettato la gratuit� (1). 
Non ingiustificata � una diversificazione delle retribuzioni collegata a 
diversit� di titoli scientifici. 

(Omissis). -Con ordinanza 18 aprile 1972, emessa sui ricorsi riuniti 
proposti da Domenico Ceruso ed altri (a vario titolo incaricati di insegnamento 
nell'Ateneo di Messina) contro il Ministero della pubblica istruzione 
ed il Rettore della predetta, Universit�, l'adito Consiglio di Stato 
-Sezione VI giurisdizionale -denunciava, per sospetta violazione degli 
artt. 3 e 36 della Costituzione: 

a) l'art. 11, comma primo, della legge 1967, n. 62, �nel punto in 
cui implicitamente consente il conferimento di incarichi universitari senza 
retribuzione�; 

b) l'art. 25, commi secondo e terzo, del d.P.R. 1965, n. 749, e l'art. 20 
del d.P.R. 1970, n. 1079, �per la parte in cui, discostandosi dalla disciplina 
generale del trattamento di cumulo consentito di pubblici impieghi, di 
cui all'art. 99 r.d. 1923, n. 2960, stabiliscono una retribuzione minore per 
gli incarichi di insegnamento universitario conferiti rispettivamente ai 
professori di ruolo (e aggregati ex art. 11 legge 1966, n. 585) e ad assistenti 
ordinari, incaricati esterni, liberi docenti e cultori della materia, in quanto 
ricoprano altro ufficio con retribuzione a carico dello Stato o di altro 
ente pubblico o privato �; 

c) l'art. 25, comma primo, d.P.R. 1965, n. 749, e l'art. 20 d.P.R. 1970, 

n. 1079, �nel punto in cui stabiliscono, per lo espletamento del servizio 
di incarico universitario, retribuzioni differenziate a seconda della qualifica 
di provenienza dell'incaricato�. (Omissis). 
Non v'� dubbio che le mansioni svolte dall'incaricato a titolo gratuito 
sono le stesse che esplica l'incaricato retribuito e che identica (a parte, 
ovviamente, il trattamento economico) � anche la complessiva disciplina 
dei rispettivi rapporti (cfr. art. 2 r.d.l. 1946, n. 534): oggetto dei quali 
sono una attivit� di insegnamento, in ogni caso, a titolo ufficiale e una 
attivit� di ricerca, nell'ambito della libert� che a ciascuna di esse � 
connaturale. 

(1) La sentenza ha cautamente evitato di qualificare l'incaricato gratuito come 
funzionario onorario, lasciando intendere che l'assenza di una retribuzione in 
danaro non esclude (oltre che il sussistere di altre remunerazioni) anche il sussistere 
di un rapporto di servizio. 
Sulla gratuit� dell'ufficio di conciliatore, Corte cost., 5 aprile 1970, n. 70; sulla 
gratuit� dell'attivit� degli avvocati chiamati alla difesa dei poveri, Corte cost., 
22 dicembre 1964, n. 114, 16 giugno 1970, n. 97, 27 luglio 1972, n. 149 e 12 aprile 1973, 

n. 35. 
Di notevole interesse l'affermazione secondo cui la � acquisizione di elementi 
di miglioramento ed affinamento delle attitudini e qualit� � di un servitore dello 
Stato pu� costituire una contropartita (o una delle contropartite) del servizio 
prestato. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Ci� non pertanto la possibilit� del conferimento di incarichi non retribuiti 
resta giustificata. 

Pur prescindendo dal riferimento (che, con riguardo all'attivit� di 
insegnamento -anche gratuito -non sarebbe puntuale) alla � funzione 
onoraria� a cui si � invece riferita la Corte per ritenere la legittimit� 
delle norme sulla gratuit� dell'ufficio di conciliatore e sulla limitata compensabilit� 
delle prestazioni di componenti commissioni elettorali (con le 
sentenze 1971, n. 70, e 1965, n. 67), � decisivo, infatti, il rilievo assolutamente 
peculiare che nella specie assumono gli elementi caratterizzanti 
della possibilit� di larghi margini di autonomia per lo svolgimento di altre 
attivit� professionali (che restano consentite ed anzi di fatto agevolate, 
nei limiti in cui la titolarit� dell'incarico pu� tradursi in ulteriore qualificazione 
professional~) e soprattutto della libera scelta, che, nella esaminata 
ipotesi, attiene non al solo momento dell'accettazione dell'ufficio, sibbene 
si radica in un momento anteriore, quale quello della richiesta, che 
spontaneamente proviene dallo stesso interessato. 

Gli �, in realt�, che l'insegnamento universitario -anche quando non 

procura diretti corrispettivi economici -resta attivit� pur sempre ambita, 

in vista di finalit� che (anche a prescindere dalla prospettiva, per altro 

normalmente ricorrente, di un inquadramento definitivo) riguardano la 

stessa acquisizione di elementi di miglioramento ed affinamento delle 

attitudini e qualit� del soggetto interessato. 

Ne d� conferma la genesi stessa del fenomeno esaminato, sorto in 

risposta ad esigenze delle Universit�, per la copertura di corsi che non 

si era in grado di retribuire, ed anche degli stessi aspiranti docenti, cui 

si intendeva consentire, nella maniera pi� estesa possibile, l'accesso all'in


segnamento. 

A ci� deve, poi, aggiungersi l'elemento (di cui si � in precedenza 

fatto cenno) del prestigio, che l'esplicazione dell'attivit� di insegnamento, 

appunto, conferisce al docente e che � suscettibile di tradursi in concreti 

vantaggi nell'ambito dell'attivit� professionale che il medesimo collateral


mente svolga. 

Si tratta -� pur, vero -di vantaggi potenzialmente conseguibili 

anche dall'incaricato retribuito e, comunque, eventuali (la cui verificabilit� 

in concreto dipende, caso per caso, dalla possibilit� che il docente abbia 

di utilizzare in maniera pi� o meno proficua il suo tempo libero). 

Gli � per� che, nel caso dell'insegnamento gratuito, il fatto stesso del


l'accettazione (ed anzi della richiesta) dell'incarico (pur) senza retribu


zione lascia fondatamente presumere che -per valutazione dello stesso 

interessafo -le condizioni per la realizzazione dei vantaggi sopra detti 

sussistono effettivamente in concreto. 

Deve quindi concludersi -tenendo presenti gli elementi che carat


terizzano l'incarico gratuito ed in considerazione della intensit� e della 

maniera (reciprocamente combinata) con cui incidono nel relativo rap



228 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

porto -che non si verifica nella specie, in ragione della mancanza di 
un corrispettivo economico, violazione dei precetti di cui agli articoli 
della Costituzione 3 e 36 richiamati. 

La seconda questione -di legittimit� costituzionale degli artt. 25, 
commi secondo e terzo, d.P.R. 1965, n. 749, e 20 d.P.R. 1970, n. 1079, �per 
la parte in cui, discostandosi dalla disciplina generale del trattamento di 
cumulo consentito di pubblici impieghi, di cui all'art. 99 r.d. 1923, n. 2960, 
stabiliscono una retribuzione minore per gli incarichi di insegnamento 
universitario� -�, a sua volta, manifestamente infondata, per quanto 
riguarda l'art. 25, commi secondo e terzo, citato, il quale � gi� stato 
dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza di questa Corte 

n. 11 del 1972; ed inoltre non fondata, per quanto attiene all'art. 20 d.P.R. 
1970, n. 1079, nei cui riguardi (contrariamente a quanto mostra di ritenere 
il giudice a quo) non va estesa la declaratoria di cui alla sentenza 
indicata, trattandosi di norma che riguarda la determinazione della retribuzione, 
e non gi� della sua percentuale di riduzione in caso di cumulo. 
Non fondata �, infine, anche la terza questione di legittimit� del primo 
comma dell'art. 25 d.P.R. 1966 citato. 

La disposizione impugnata (contrariamente a quanto dedotto) non 
prevede, infatti, una ingiustificata diversificazione della retribuzione di 
prestazioni identiche, sibbene, in realt�, prevede una progressione economica 
per i� professori incaricati, razionalmente collegata a determinati 
titoli scientifici; il conseguimento dei quali presuntivamente incide, in 
senso migliorativo, sulla qualit� stessa della prestazione, che -ex art. 36 
della Costituzione -� pur un elemento di riferimento della retribuzione. 

ERRATA CORRIGE 

Nella massima della sentenza Corte cost. n. 262 del 1976 (supra, I, 54), 
le parole �la relazione di un disegno di legge non pervenuto all'approvazione 
ad opera del Parlamento � devono intendersi sostituite dalle parole 
� la intenzione manifestata dal legislatore con l'approvazione di una legge 
successiva a quella sub judice �. 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 3 febbraio 1977, 
nella causa 52/76 -Pres. Kutscher -Avv. gen. Reischl -Domanda di 
pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Cittadella nella causa 
Benedetti (avv. Ubertazzi e Capelli) c. Munari e A.I.M.A. -Interv.: 
Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Marzano) e Commissione 
delle Comunit� europee (ag. Maestripieri). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel 
settore dei cereali �Vendite da parte di uno Stato membro a prezzo 
inferiore al prezzo indicativo � Incompatibilit� con l'organizzazione 
comune dei mercati. 

(Regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120; regolamento del Consiglio 13 giugno 
1967, n. 132; regolamento della Commissione 27 febbraio 1970, n. 376). 

Comunit� Europee � Regole di concorrenza � Aiuti concessi dagli Stati . 
Incompatibilit� con il mercato comune � Limite. 

(Trattato CEE, art. 92, n. 1). 

Comunit� Europee � Corte di giustizia � Questioni pregiudiziali di inter� 
pretazione � Efficacia vincolante delle sentenze � Limiti. 

(Trattato CEE, art. 177). 

Il regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, che istituisce una 
organizzazione com.une dei mercati nel settore dei cereali, va interpretato 
nel senso che l'attivit� di uno Stato membro consistente nell'acquistare 
grano duro sul mercato mondiale e nel rivenderlo poi sul mercato comunitario 
a prezzo inferiore al prezza indicativo � incompatibile con l'organizzazione 
comune dei mercati (1). 

(1-3) Ancora sui rapporti �tra la normativa comunitaria e gli interventi 
nazionali diretti a contenere l'aumento dei prezzi. 

1. � Con la sentenza in rassegna la Corte di giustizia ha richiamato i principi 
gi� enunciati nella sentenza 22 gennaio 1976, 'resa nella causa 60/75, Russo (in 
questa Rassegna, 1976, I, 36, con nota di commento di MARZANO, Interventi dello 
Stato sul mercato nazionale e responsabilit� nei confronti dei singoli per attivit� 
in contrasto con la normativa comunitaria), precisando, peraltro, che �qualora 
fosse accertato che, nella fattispecie, si � trattato di assegnazioni di cereali ad 
una cerchia limitata di molini, in qualche modo autorizzata dagli organi comunitari, 
la suddetta nozione potrebbe non trovare applicazione�, che �il regolamento 
n. 120/67 � inteso a porre lo sviluppo della produzione agricola comunit�ria 
(nozione che non comprende necessariamente le ulteriori fasi del circuito economico, 
dalla produzione del pane fino al consumo) al riparo delle variazioni dei 
4 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nello stabilire che sono incompatibili col mercato comune gli aiuti 
concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, l'art. 92, n. 1, precisa 
che il relativo divieto si applica solo � nella misura in cui (tali aiuti) inci


dono sugli scambi tra Stati membri � e ferme restando le deroghe previste 
dal Trattato, e specialmente quelle di cui al n. 2 del suddetto articolo 
(2). 

La sentenza emessa dalla Corte di giustizia delle Comunit� europee 
a norma dell'art. 177 del trattato CEE ha lo scopo di risolvere questioni di 
diritto e vincola il giudice nazionale quanto all'interpretazione delle norme 
e degli atti comunitari rilevanti nella causa (3). 

(Omissis). -Con ordinanza 27 aprile 1976, pervenuta in cancelleria 
il 25 giugno successivo, il Pretore di Cittadella ha sottoposto a questa 
Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, una serie di questioni vertenti 
in sostanza sul comportamento dell'Azienda di Stato per gli interventi 
sul mercato agricolo (AIMA) nei riguardi di varie disposizioni del 
diritto comunitario. 

prezzi mondiali e, in tal modo, a garantire un equo tenore di vita alla popolazione 
agricola �, e che � gli interventi di uno Stato membro aventi lo scopo di arginare 
l'aumento dei prezzi al consumo di taluni generi alimentari a base di cereali non 
sono, perci�, incompatibili con l'organizzazione comune del mercato, purch� non 
mettano in pericolo gli obiettivi o il funzionamento di tale organizzazione �. 
Da segnalare, quanto alla strumentalizzazione del ricorso all'art. 177 del trattato 
CEE, il severo monito implicito nei rilievi della Corte di giustizia in 
merito al fatto che il rinvio pregiudiziale fosse stato disposto dal giudice nazionale 
contemporaneamente all'autorizzazione alla chiamata in causa dell'A.l.M.A. 
(�senza attendere, quindi, le spiegazioni dell'ente�) e con una descrizione del 
comportamento dell'A.I.M.A. �che il giudice nazionale ha fatto propria, desumendola, 
come risulta dal fascicolo, dalle allegazioni delle parti nella causa 
principale �: rilievi che hanno indotto la stessa Corte di giustizia ad ipotizzare 
la discutibile pertinenza delle questioni proposte ai fini della decisione della 
causa di merito, con riserva che � s'impone tanto pi� nei casi in cui tali questioni 
vertano s�l comportamento di una persona fisica o giuridica che non sia ancora 
parte in causa e non sia stata posta in grado di giustificarsi �. 
2. -La precisazione, contenuta nella seconda massima, imposta del resto dal 
testo stesso dell'art. 92 del trattato CEE, � quanto mai opportuna, essendosi gi� 
in altri casi potuto rilevare che il divieto degli aiuti viene talora dedotto senza 
tener presente che tale divieto assume rilevanza nel solo caso e nella sola 
� misura in cui gli aiuti incidano sugli scambi tra Stati membri �; e la precisazione 
� tanto pi� opportuna in quanto la stessa Corte di giustizia ha in altra 
occasione inteso l'analoga limitazione contemplata all'art. 86 del Trattato come 
rivolta solo a � delimitare la sfera d'applicazione delle norme comunitarie in rapporto 
alle leggi nazionali� (sentenza 6 marzo 1974, nelle cause 6/73 e 7 /73, I.C.I., 
in questa Rassegna, 1974, I, 569, con nota di commento). 
3. -Il principio di cui alla terza massima � di ovvia validit�, ma la sua 
effettiva rilevanza risulta in tutta la sua portata quando si consideri che la 
questione in argomento proposta dalle parti interessate era in effetti rivolta a 
far affermare, nel tentativo di eludere i principi affermati dalla Corte costituzionale 
nella sentenza 30 ottobre 1975, n. 232 (in questa Rassegna, 1975, I, 813), f 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 231 

Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una causa pendente 
fra l'impresa molitoria Luigi Benedetti, attrice, e l'impresa Munari F.lli, 
causa avente ad oggetto il risarcimento dei danni che la prima avrebbe 
subito in funzione della concorrenza sleale che le avrebbe fatto la seconda, 
vendendo certi quantitativi di farina a prezzo inferiore a quello di mercato. 

La convenuta nella causa principale non ha contestato la realt� di 
tali vendite, ma ha attribuito all'AIMA la piena responsabilit� di even� 
tuali danni, avendole questo ente ceduto grano tenero a prezzi inferiori 
a quello di mercato. 

Con la suddetta ordinanza 27 aprile 1976, il Pretore ha autorizzato 
la chiamata in causa dell'AIMA, sottoponendo contemporaneamente a 
questa Corte -senza attendere, quindi, le spiegazioni dell'ente -le 
questioni di cui si � fatto cenno. 

Con la prima e la seconda questione si chiede se la normativa comunitaria 
del mercato dei cereali autorizzi gli enti d'intervento, ed in parti-� 
colare l'AIMA, ad adottare unilateralmente le decisioni che, secondo tali 

che �in presenza di una norma comunitaria che la Corte dichiari direttamente 
efficace, il giudice nazionale deve disapplicare la normativa interna deviante '" 
per essere � inammissibile che il giudice a quo possa subordinare il suo dovere 
di applicare il diritto comunitario (cos� come esso � stato interpretato dalla 
Corte di giustizia) ad una pronuncia della Corte costituzionale �: impostazione 
sulla cui erroneit�, gi� a suo tempo denunciata in questa Rassegna (1975, I, 338 e 
812 e segg., in nota), v. da ultimo: BERRI, Preteso potere del giudice ordinario di 
disapplicare leggi interne costituzionalmente illegittime, perch� riproduttive di 
regolamenti comunitari direttamente applicabili, in Studi di diritto europeo in 
onore di Riccardo Monaco, 1977, pagg. 13-23. 

4. -Quanto alle soluzioni proposte per il Governo italiano � sufficiente riprodurne 
qui di seguito il riassunto che ne � stato fatto dalla Corte di giustizia nella 
parte in fatto della sentenza in rassegna, e dal quale risulta, anche se in necessaria 
sintesi, l'impostazione di principio sostenuta: impostazione volta ad evidenziare, 
in particolare, e secondo prospettiva di indagine rimasta peraltro estranea 
alla motivazione della sentenza, che interventi ed attivit� non possono assumersi 
compatibili o no con il trattato CEE e con la normativa comunitaria derivata 
a seconda che siano propri delle Istituzioni comunitarie o degli Stati membri 
(che una norma del trattato CEE, cio�, non pu� assumersi o no violata a 
seconda dell'autorit�, nazionale o comunitaria, alla quale la violazione debba essere 
riferita), e che determinate iniziative, di conseguenza, non possono compromettere 
o no gli obiettivi ed il funzionamento dell'organizzazione comune dei mercati 
a seconda che siano assunte da uno Stato membro o dalle Istituzioni comunitarie. 
(Omissis). -Il Governo della Repubblica Italiana critica anzitutto il procedimento 
seguito nella causa di merito e sottolinea l'irritualit� di un rinvio 
. pregiudiziale disposto prima che fosse stato instaurato il contraddittorio con 

una delle parti in causa. 

� Esso rileva l'estraneit� delle questioni poste dal giudice nazionale al thema 
decidendum della causa di merito -e la superfluit�, quindi, di una fase incidentale 
-nonch� l'errore di prospettiva dal quale i quesiti sono condizionati. 
A suo avviso, risulta evidente il proposito delle parti in causa di ricondurre le 
questioni formulate nella fattispecie nell'ambito dell'orientamento adottato dalla 



232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questioni, sarebbero state prese, e se tale comportamento costituisca violazione 
del divieto di discriminazione, sancito dall'art. 40, n. 3, secondo 
comma, del Trattato. ' 

Con la terza questione si chiede se il comportamento che viene attribuito 
all'AIMA costituisca un aiuto statale ai sensi degli artt. 92-94 del 
Trattato e 22 del regolamento (CEE) del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, 
relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali 

(G.U. pag. 2269). 
Con la quarta e la quinta questione si chiede se un'impresa dotata 
di ingenti mezzi finanziari, che possono consentirle di operare sul mercato 
senza tener conto del comportamento e delle reazioni dei concorrenti, 
sia un'impresa in posizione dominante ai sensi degli artt. 86 e 90 del 
Trattato, nonch� del regolamento CEE 4 aprile 1962, n. 26 (G.U. pag. 993) 
-anche nel caso in cui tale impresa sia un ente d'intervento -e se 
un determinato comportamento di siffatta impresa costituisca abuso di 

posizione dominante. 

Con la sesta questione, formulata per il caso di risposta negativa ai 
quesiti 1) e 2) e di risposta affermativa ai quesiti 3), 4) e 5) dell'ordinanza 
di rinvio, si chiede se l'ente d'intervento sia obbligato a risarcire i danni 
derivanti dal suo comportamento. 

Infine, la settima questione verte sull'efficacia dell'interpretazione data 
da questa Corte. 

Corte di Giustizia nelle sentenze 31/74 e 60/75 (loc. cit.). Pur contestando tale 
impostazions del problema, il Governo italiano ritiene tuttavia opportuno prendere 
in esame detta giurisprudenza. 

� Le affermazioni di principio assolutamente negative contenute nella sent((
nza 31/74 sembrano in certa misura attenuate nella sentenza 60/75. In particolare, 
il potere d'intervento degli Stati membri, che veniva escluso a priori 
nella prima sentenza, � stato praticamente ammesso nella seconda, nei limiti 
in cui esso non pregiudichi gli obiettivi ed il funzionamento delle organizzazioni 
comuni dei mercati agricoli. Ogni questione di merito si risolve quindi in una 
indagine sulla legittimit� o meno del modo in cui lo Stato considerato abbia 
esercitato tale potere. 

� L'orientamento della Corte di Giustizia � fondato sull'affermata completezza 
ed autosufficienza dell'organizzazione comune dei mercati, sulla inammissibilit� 
d'interventi nazionali non espressamente consentiti dalla normativa comunitaria, 
ed in particolare sui principi enunciati negli artt. 19, 20 e 27 del 
regolamento n. 120. 

�Va anzitutto rilevato che gli Stati membri sono per loro natura sovrani, 
mentre, secondo l'art. 4, n. l, 2� comma, del Trattato CEE, � ciascuna istituzione 
agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dal presente �Trattato �. 
L'indagine dev'essere rivolta non tanto ad accertare se gli Stati membri possano 
adottare determinate iniziative, quanto piuttosto a verificare se, per tali 
iniziative, possano ass~ersi competenti le istituzioni comunitarie. 

� Dal testo degli artt. 19 e 20 del regolamento n. 120 risulta che queste 
norme si riferiscono, in coerenza con la � ratio � e con le finalit� del sistema, 
alle perturbazioni che interessino il territorio comunitario nel suo complesso. 

I 

I 
I 


~ I 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 233 

In mancanza di dati precisi circa la natura e le modalit� delle attivit� 
dell'AIMA considerate nella fattispecie, � opportuno chiarire che questa 
Corte, dovendo limitarsi, nell'esercitare i poteri attribuitile dall'art. 177, 
ad interpretare il diritto comunitario, non pu� procedere alla valutazi�ne 
od alla qualificazione di tali attivit� o delle relative norme di diritto 
interno. 

D'altra parie, avendo questa Corte chiesto al Governo italiano, all'AIMA 
e alla Commissione di essere pi� ampiamente informata al fine di comprendere 
meglio il tenore delle questioni formulate dal giudice a quo, 
le informazioni supplementari ottenute, se pur non eliminano ogni dubbio 
circa la compatibilit� del comportamento dell'AIMA col diritto comunitario, 
non confermano, tuttavia, su taluni punti essenziali, la descrizione 
del comportamento stesso che il giudice nazionale ha fatto propria, 
desumendola, come risulta dal fascicolo, dalle allegazioni delle parti nella 
causa principale. 

Infine, bench� non spetti a questa Corte di valutare se le questioni 
sottopostele in forza dell'art. 177 siano pertinenti ai fini della pronunzia 
nella causa principale, va osservato che la riserva sopra espressa s'impone 

La portata limitat� di tali norme � confermata da quanto disposto nei regolamenti 
del Consiglio che definiscono le norme generali da applicare nel settore 
dei cereali in caso di perturbazioni. Le disposizioni di questi regolamenti riguardano 
l'intero territorio della Comunit�, e sono comunque del tutto inidonee 
a sanare situazioni di penuria localizzate ed a garantire gli approvvigionamenti 
necessari ad un solo Stato membro (o parte di esso). Una difficolt� di approvvigionamento 
che interessi uno solo degli Stati membri o che riguardi un prodotto 
il cui consumo abbia particolare rilievo in un solo Stato membro non 
pu�, invero, trovare adeguata soluzione a livello comunitario. Si deve quindi 
ammettere che lo Stato membro (data la sua competenza in materia monetaria 
e di bilancio) ha la facolt� di adottare i provvedimenti necessari per porre 
rimedio ad una situazione di pregiudizio limitata al territorio nazionale. La 
legittimit� di siffatti interventi andrebbe comunque riconosciuta, quanto meno, 
relativamente a perturbazioni dovute a cause diverse da quelle considerate nella 
normativa comunitaria, e ci� senza alcuna necessit� di ricorrere all'applicazione 
dell'art. 103 del Trattato CEE. 

�Per la soluzione delle questioni pregiudiziali in esame non ci si pu�, 
riferire 'ai principi enunciati nella sentenza 60/75, poich� il thema decidendum 
della causa di merito non pu� a priori essere ricondotto ad una violazione 
della normativa comunitaria sulle modalit� di vendita dei prodotti detenuti 
dagli enti d'intervento. 

� E ovvio, infatti, che questi enti non possono disporre dei prodotti da 
essi in tale qualifica detenuti, secondo modalit� ed a prezzi diversi da quelli 
prescritti dalla normativa comunitaria; di conseguenza, la prima parte delle 
prime due questioni sottoposte alla Corte del giudice nazionale va senz'altro 
risolta in senso negativo. 

� Quanto alla seconda parte delle stesse questioni, va precisato che destinatario 
della norma contenuta nell'art. 40, n. 3, 2� comma, del Trattato CEE 
� il legislatore comunitario, non gi� gli Stati membri o gli enti d'intervento. 
Una soluzione in tal senso sarebbe, peraltro, priva di rilevanza per la definizione 
della questione di merito. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

234 

tanto pi� nei casi in cu� tali questioni vertano sul comportamento di una 
persona fisica o giuridica che non sia ancora parte in causa e non sia stata 
posta in grado di giustificarsi. 

Sulla prima e sulla seconda questione. 

Ci� posto, la prima e la seconda questione vanno risolte facendo rinvio 
alla precedente giurisprudenza di questa Corte. Nella sentenza 22 gennaio 
1976 (causa 60/75, Russo-A/MA, Racc. pag. 56), � stato affermato 
quanto segue: � Il regolamento 13 giugno 1967, n. 120, che costituisce 
un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, va interpretato 
nel senso che: 

a) l'attivit� di uno Stato membro consistente nell'acquistare grano 
duro sul mercato mondiale e nel rivenderlo poi sul mercato comunitario 
a prezzo inferiore al prezzo indicativo � incompatibile con l'organizzazione 
comune dei mercati; 

b) il singolo produttore ha diritto, in forza della disciplina comunitaria, 
a che non vengano frapposti ostacoli alla possibilit� di ricavare un 
prezzo che si avvicini a quello indicativo e che, comunque, non sia inferiore 
a quello d'intervento; 

� In primo luogo, va tenuto presente che l'AIMA, soggetto distinto dallo 
Stato e dotato di autonoma personalit� giuridica, oltre ai compiti inerenti all'in� 
tervento, volge anche un'ulteriore, differente ed autonoma funzione pubblicistica, 
del tutto indipendente da quella svolta nell'ambito delle organizzazioni 
comuni dei mercati agricoli. 

�Inoltre, si deve considerare che la questione di cui trattasi concerne il 
commercio delle farine di grano tenero, per le quali non esiste alcuna disciplina 
comunitaria del mercato interno. I singoli operatori (del settore della macinazione 
e del commercio della farina) non possono quindi vantare alcuna 
situazione tutelata dalla normativa comunitaria. 

�Il Governo italiano sottolinea che l'AIMA, nella sua funzione di ente d'in


tervento, osserva scrupolosamente le norme comunitarie in materia. Le ope


razione su cui verte la causa principale sono attuate nell'esercizio di una 

distinta e autonoma funzione connessa a finalit� di pubblico interesse, la quale 

implica assegnazione di frumento acquistato e venduto in relazione a tali dif


ferenti specifiche finalit�. Nella fattispecie, si tratta quindi tutt'al pi� di va


lutare se il funzionamento dell'organizzazione comune dei mercati possa venire 

compromesso dalle iniziative con le quali un ente di diritto pubblico senza 

scopo di lucro procede all'assegnazione di quantitativi di frumento (nei limiti, 

con le modalit�, e secondo le direttive che risultano dai provvedimeni delle 

competenti autorit� governative) all'esclusivo fine di contenere, a favore delle 

categorie di consumatori meno abbienti, il prezzo al minuto del pane. Tale 

questione dovrebbe, comunque, essere risolta in senso negativo. 

� Lo stesso Governo precisa trattarsi di �assegnazioni condizionate, alle quali 

si procede con prodotti acquistati (in base a provvedimenti autoritativi) a 

prezzo politico, per uno scopo specifico, e con obbligo per gli assegnatari di 

cedere la farina ottenuta, a prezzo vincolato, ai soli panificatori che siano muniti 

di apposite autorizzazioni prefettizie, i quali sono inoltre tenuti ad impiegare la 

farina per la produzione del pane normalmente acquistato, a prezzo politico, 



235

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

e) nell'ipotesi che il danno causato al produttore derivi da un intervento 
dello Stato membro in contrasto col diritto comunitario, lo Stato 
dovr� risponderne, nei confronti del soggetto leso, in conformit� alle 
disposizioni di diritto interno relative alla responsabilit� della pubblica 
amministrazione �. 

Ricordando i termini di questa pronunzia � opportuno, in primo 
luogo, richiamare l'attenzione del giudice nazionale sul fatto che n� l'ordinanza 
di rinvio n� il fascicolo forniscono elementi precisi che consentano 
di stabilire se il comportamento dell'AIMA ora in esame vada qualificato 
come una � vendita sul mercato comunitario �. In particolare, qualora 
fosse accertato che, nella fattispecie, si � trattato di assegnazioni di 
cereali ad una cerchia limitata di molini, in qualche modo autorizzate 
dagli organi comunitari, la suddetta nozione potrebbe non trovare applicazione. 


In secondo luogo va ricordato, com'� stato fatto nella predetta sentenza, 
che il regolamento n. 120/67 � inteso a porre lo sviluppo della pro-

dalle categorie dei consumatori meno abbienti. La rilevanza dell'interesse pubblico 
di tali interventi � del resto riconosciuta dalle stesse istituzioni comunitarie, 
che pi� volte hanno assunto iniziative del tutto analoghe. P�r di pi�, 
� in conformit� alla decisione del Consiglio 18 maggio 1976 (G. V. n. L 136, del 
25.5.1976, pag. 9) che l'AIMA, in quanto ente d'intervento, ha ceduto al Governo 
italiano 100.000 tonnellate di grano tenero da essa detenuto: il prodotto � stato 
destinato all'industria molitoria, per la trasformazione in farina da usare nella 
produzione di pane normale, che possa essere acquistato dai consumatori meno 
abbienti. 

�Se le assegnazioni effettuate dall'AIMA dovessero considerarsi idonee a 
compromettere gli obiettivi o il funzionamento dell'organizzazione comune dei 
mercati, alla stessa conclusione si dovrebbe necessariamente pervenire quanto 
alle analoghe iniziative adottate dalle istituzioni comunitarie. In tale ipotesi, si 
dovrebbe ammettere altres� la legittimit� di azioni giudiziarie e domande di 
risarcimento contro le istituzioni comunitarie, in particolare per le cessioni di 
grano tenero che sono state disposte dal Consiglio. L'assurdit� stessa di tali 
conseguenze mette in rilievo la necessit� di escludere che gli interventi in 
questione possano essere ritenuti vietati dalla normativa comunitaria o con 
questa incompatibili. 

� Per quanto riguarda la situazione dei singoli, il Governo italiano richiama 

la summenzionata sentenza 60/75, che confermerebbe la necessit� di distinguere, 

nell'ambito delle norme direttamente efficaci, quelle idonee ad attribuire diritti 

ai singoli e quelle che tali non sono. 

� Nella fattispecie in esame, che riguarda il commercio di un prodotto 

per il quale manca una disciplina comunitaria relativa al mercato interno, � 

comunque impossibile rinvenire norme dalle quali il singolo possa assumersi 

direttamente tutelato, o ipotizzare situazioni soggettive dei singoli delle quali 

possa dedursi la lesione o il pregiudizio. 

�La tesi sopra svolta rende in ogni caso superfluo un esame particolareg


giato delle altre questioni pregiudiziali. 

� Tuttavia, per quanto concerne la terza di tali questioni, va osservato che 

negli interventi in discussione non � possibile ravvisare gli estremi di un aiuto 

alle imprese molitorie, aiuto la cui ammissibilit� sarebbe discutibile. In primo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

236 

duzione agricola comunitaria (nozione, questa, che non comprende necessariamente 
le ulteriori fasi del circuito economico, dalla produzione del 
pane fino al consumo) al riparo dalle variazioni dei prezzi mondiali e, 
in tal modo, a garantire un equo tenore di vita alla popolazione agricola; 
gli interventi di uno Stato membro aventi lo scopo di arginare l'aumento 
dei prezzi al consumo di taluni generi alimentali a base di cereali non sono, 
perci�, incompatibili con l'organizzazione comune del mercato, purch� 
non mettano in pericolo gli obiettivi o il funzionamento di tale organizzazione. 


Data la mancanza di precisi dati e dettagliati accertamenti sui fatti, 
la prima e la seconda questione vanno risolte ripetendo quanto affermato 
nella prima parte, fino alla lettera b), del citato dispositivo della sentenza 
22 gennaio 1976. 

Sulla terza questione. 

Con tale questione viene chiesto se il comportamento di un ente 
d'intervento �che si avvalga di finanziamenti istituzionali dello Stato� 
per acquistare cereali a condizioni diverse da quelle stabilite dalla normativa 
comunitaria, rivendendoli successivamente a prezzi inferiori a 

luogo, la modesta entit� dei quantitativi di prodotto ceduto e il carattere eccezionale 
delle assegnazioni escludono a priori una possibile incidenza di queste 
ultime sulla concorrenza; inoltre, nessun vantaggio deriva dal minor prezzo 
del frumento alle imprese molitorie (alle quali � imposto il prezzo di vendita 
della �farina); infine, le assegnazioni dell'AIMA si risolvono in effetti in una sovvenzione 
a favore dei consumatori meno abbienti, e quindi in una forma di 
assistenza espressamente consentita dall'art. 92, n. 2, lett. a), del Trattato CEE. 

�Per quanto riguarda la quarta e la quinta questione, il richiamo agli 
artt. 86 e 90 del Trattato va anch'esso considerato non pertinente nel giudizio 
di merito, non potendosi parlare di posizione dominante o di abuso di posizione 
dominante relativamente ad attivit� istituzionali svolte nell'esclusivo interesse 
pubblico e manifestamente senza alcun fine di lucro. 

� La sesta questione riguarda un problema gi� esaminato e risolto, in sostanza, 
nella causa 60/75. Nella relativa sentenza la Corte ha affermato che 
� nell'ipotesi che il danno causato al produttore derivi da un intervento dello 
Stato membro in contrasto col diritto comunitario, lo Stato dovr� risponderne, 
nei confronti del soggetto leso, in conformit� alle disposizioni di diritto interno 
relative alla responsabilit� della pubblica amministrazione�. 

� La massima enunciata dalla Corte � senz'altro giustificata, in quanto una 
semplice affermazione di principio circa l'esigenza di un criterio uniforme risulterebbe 
in concreto inoperante, data la diversit� degli ordinamenti giuridici 
nazionali. 

� L'ultima questione pregiudiziale, relativa all'efficacia vincolante, per il giu


dice di merito, dell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia, nella sua 

esclusiva competenza, va senza dubbio risolta affermativamente�. -(Omissis). 


(A. M.) 
' 

' 

~ 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

quelli minimi previsti, costituisca un aiuto statale alle imprese, ai sensi 
degli artt. 92-94 del Trattato e dell'art. 22 del regolamento n. 120/67 /CEE. 

Secondo l'art. 92 �del Trattato, gli aiuti statali che, favorendo talune 
imprese e talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, 
sono incompatibili con il mercato comune, � nella misura in cui incidono 
sugli scambi tra Stati membri�. 

In mancanza di precisazioni quanto agli effetti del comportamento cui 
si riferisce la questione in esame, questa va risolta ricordando la suddetta 
limitazione del divieto sancito dall'art. 92, n. 1, nonch� le deroghe al 
divieto stesso, contemplate dal n. 2 di quest'articolo. 

Sulla quarta e sulla quinta questione. 

Per quanto riguarda tali questioni, gi� succintamente riferite, va 
osservato che n� il testo delle stesse n� gli elementi contenuti nel fascicolo 
della causa permettono di stabilire se l'impresa considerata sia un'impresa 
pubblica, ai sensi dell'art. 90, n. 1, del Trattato, ovvero un'impresa incaricata 
della gestione di servizi d'interesse economico generale, ai sensi 
del n. 2 dello stesso articolo. 

Tale distinzione � tuttavia essenziale per valutare in qual misura 
si applichino le norme del Trattato relative alla concorrenza. 
In mancanza di dati precisi, dette questioni non possono essere 
utilmente risolte. 

Sulla sesta questione. 

Essendo stata formulata solo per il caso di risposta negativa ai 
quesiti 1) e 2) e di risposta affermativa ai quesiti 3), 4) e 5), la sesta 
questione, date le considerazioni sopra svolte, � divenuta priva di 
oggetto. 

Sulla settima questione. 

Con tale questione si chiede quale efficacia l'interpretazione del diritto 
comunitario data dalla Corte di Giustizia abbia per il giudice di merito, 
e se ci� che la Corte � dice per diritto � vincoli detto giudice alla stessa 
stregua di come esso � vincolato dal � punto di diritto � stabilito dalla 
Corte di Cassazione. 

Nell'ambito del procedimento di cui all'art. 177, la Corte di Giustizia 
non � competente ad interpretare il diritto interno ed a valutare i suoi 


238 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

effetti. Essa non pu�, quindi, in tal sede, procedere a raffronti di alcun 
genere tra gli effetti dei provvedimenti dei giudici nazionali e quelli delle 
proprie pronunzie. 

A norma dell'art. 177, la Corte di Giustizia � competente a � pronunciarsi
� sull'interpretazione �del presente Trattato� e su quella �degli 
atti compiuti dalle istituzioni della Comunit� �. Ne consegue che una 
sentenza emessa in via pregiudiziale ha lo scopo di risolvere questioni 
di diritto e vincola il giudice nazionale quanto all'interpretazione delle 
norme e degli atti comunitari cui essa si riferisce. 

� in tal senso che va quindi risolta la questione formulata dal giudice 

a quo. 

TRIBUNALE DI GENOVA, 30 marzo 1977 -Pres. Gavotti -Rel. Castellana 


Ditta Mario Lyon (avv. Semenza e Giudice) c. Amministrazione delle 

finanze (avv. Stato Guicciardi). 

Trattati e convenzioni internazionali -G.A.T.T. -Norme relative ai diritti 
doganali -Diritto per i servizi amministrativi -Applicabilit� alle merci 
provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T. 

(G.A.T.T.. art. II, n. 1, Iett. b; legge 5 aprile 1950, n. 295, art. 2; I. 15 giugno 1950, 
n. 330, art. 2; I. 24 giugno 1971, n. 447). 
Il diritto per i servizi amministrativi, istituito con la legge 15 giugno 
1950, n. 330 e soppresso con la legge 24 giugno 1971, n. 447, era applicabile 
anche alle merci provenienti da Paesi aderenti al G.A.T.T., essendo anche 
a tali merci riferita la legge 15 giugno 1950, n. 330 (1). 

(Omissis). -Passando, quindi, al merito, osserva il Tribunale che 
sussiste, sull'argomento in esame, un autorevole precedente in termini, 
costituito dalla sentenza 21 maggio 1973 n. 1455 delle S.U. della Corte 
di Cassazione. 

Tale decisione, per giungere alla conclusione della non applicabilit� 
del diritto per servizi amministrativi alle merci provenienti da paesi 
aderenti all'accordo G.A.T.T., percorre un elaborato iter logico, del quale 
� opportuno riferire i momenti essenziali. 

(1) La decisione in rassegna, analoga a molte altre rese in argomento dallo 
stesso Tribunale, va segnalata per la lineare invalidazione della differente soluzione 
adottata dalla Corte di cassazione nelle sentenze 21 maggio 1973, n. 1455 e 
20 ottobre 1976, n. 3616, commentate, rispettivamente, nella prima e nella seconda 
parte della motivazione. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 239 

Premesso che i diritti in parola -non costituenti diritti di confine 
in senso stretto, n�, nonostante il nome, corrispettivi per servizi resi si 
inquadrano nella categoria dei diritti doganali in senso ampio, cio� fra 
gli altri diritti, diversi da quelli di confine, che comunque sono riscossi 
in sede di importazione, rileva la Corte che la normativa al riguardo 
applicabile � quella dell'art. II, lett. b) dell'accordo G.A.T.T., il quale, 
dopo essersi occupato dei diritti di confine (droits de douane proprement 
dits), disponendo che per i prodotti compresi nella lista essi si applicano 
in misura non superiore a quella indicata nella lista medesima, stabilisce, 
quanto ai diritti doganali diversi dai diritti di confine (autres droits ou 
imposition de toute nature perd�s � l'importation ou � l'occasion de 
l'importation), che essi non possono essere pi�� elevati di quelli vigenti 
alla data dell'accordo. 

La Corte, quindi, ponendosi il problema se l'ordine di esecuzione del 
trattato dato con legge 5 Aprile 1950 n. 295, abbia reso immediatamente 
operanti le relative disposizioni (o comunque quelle che qui interessano) 
nel diritto interno, come fonti di diritti soggettivi e di obblighi per i 
soggetti di questo, perviene alla soluzione affermativa, rilevando come 
la disposizione in esame non abbia un contenuto meramente programmatico, 
tale da esigere ulteriori specificazioni legislative nell'ordinamento 
interno, ma sia, come suol dirsi, self executing, risolvendosi nell'imposizione 
di un obbligo di non fare (divieto di inasprimento del carico tributario) 
di per s� sufficientemente definito nella sua negativit�. 

Tuttavia, poich� la legge 15 Giugno 1950 n. 330, istitutiva del diritto 

per servizi amministrativi, � successiva nel tempo al predetto ordine di 

esecuzione, e poich� si tratta di fonti dotate di pari efficacia formale, si 

pone il problema se il pi� recente testo normativo �non abbia derogato 

al precedente, sia pur con le conseguenze che una tale ipotesi postulerebbe 

sul piano delle responsabilit� internazionali. 

L'orientamento della Corte di cassazione risulta condiviso, invece, quanto alla 
diretta applicabilit� delle norme del G.A.T.T. ed alla ritenuta non ravvisabilit�, 
nella specie, di un possibile contrasto con la normativa comunitaria. 

A tale proposito, come del resto per la tesi accolta con la decisione in 

rassegna � quindi sufficiente richiamare quanto gi� osservato a commento della 

sentenza 20 ottobre 1976, n. 3616 delle Sezioni unite della Corte di cassazione 

(cf.: G.A.T.T. e diritto per i servizi amministrativi, in questa Rassegna, 1976, I, 

932, con richiamo ai precedenti). 

Sui rapporti tra clausole del G.A.T.T. e normativa comunitaria cfr., da ultimo: 
CAPELLI, Normativa comunitaria e normativa G.A.T.T. Riflessioni sui rapporti fra 
diritto comunitario e diritto internazionale, in Studi di diritto europeo in onore 
di Riccardo Monaco, 1977, pagg. 25-57, con ampi richiami di dottrina e giurisprudenza. 




' , 

240 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO 

A tale problema, peraltro, la Suprema Corte d� risposta negativa, 
osservando che n� le disposizioni della legge n. 330 (in particolare l'art. 4, 
relativo al regime transitorio nel passaggio dall'abolito diritto di licenza 
al nuovo diritto per servizi amministrativi), n� i lavori preparatori della 
legge stessa (stante il principio della prevalenza della mens legis rispetto 
alla mens legislatoris) consentivano un sicuro orientamento nel senso 
sopra ipotizzato e che, pertanto, nella persistente incertezza interpretativa, 
doveva trovare applicazione il canone ermeneutico, secondo cui � da 
presumere che lo Stato non abbia inteso sottrarsi all'impegno internazionale: 
conclusione avvalorata, secondo la stessa Corte, sia dal rilievo 
che il non elevato numero, all'epoca, di paesi aderenti al G.A.T.T. non 
faceva del nuovo diritto per servizi amministrativi un � ramo secco � 
nel momento stesso in cui veniva istituito, sia, pi� in generale, dalla 
considerazione che il brevissimo tempo intercorso fra le due leggi citate 
rendeva difficilmente ipotizzabile un brusco mutamento da parte dello 
Stato italiano. 

Contro tali autorevoli argomentazioni, la Amministrazione convenuta 
induce alcuni nuovi elementi di riflessione. 

Anzitutto essa rileva come la sentenza 24 ottobre 1973 (in causa 9/73) 
della Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, successiva alla sentenza 
sopra richiamata dalle S.U., sia andata, rispetto a questa, in contrario 
avviso per quanto concerne l'attitudine delle norme del G.A.T.T. a generare, 
nei singoli, diritti soggettivi, cio� a produrre situazioni di vantaggio, 
delle quali possa essere pretesa giudizialmente la tutela. 

Tale decisione rileverebbe -secondo la convenuta Amministrazione 
-non solo per il principio (negativo) che essa esprime, ma anche perch�, 
se la giurisprudenza italiana persistesse nell'opposto avviso dell'attitudine 
del G.A.T.T. a costituire diritti soggettivi in capo ai singoli, ad esso 
verrebbe ad essere attribuita, nel nostro Stato, una rilevanza diversa 
da quella che alle stesse norme � riconosciuta negli ordinamenti di altri 
Stati aderenti, verificandosi cos� una sostanziale disapplicazione del 
principio di reciprocit�, cui � condizionata l'efficacia medesima dell'accordo 
nei rapporti internazionali. 

Questa prima argomentazione della convenuta, considerata in entrambi 
i suoi aspetti, non appare, al Collegio, decisiva. In primo luogo va considerato 
che la Corte di Cassazione, avendo recentemente ripreso in esame 
la questione dell'immediata efficacia del G.A.T.T. nell'ordinamento italiano, 
in virt� dell'9rdine di esecuzione di cui alla legge n. 295 del 1950, ha 
ribadito, con le sentenze n. 2 e 10 del 1975, la soluzione affermativa ancora 
una volta affidandola al rilievo che potrebbe non aversi immediata vinco




PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. 'COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

lativit� interna, per effetto dell'ordine di esecuzione, solo se la norma 
internazionale si esaurisse in una enunciazione programmatica: circostanza 
questa che giustamente � stata esclusa, dalle due pi� recenti 
sentenze, relativamente al principio della parit� tributaria sancito nell'art. 
4 dell'accordo in questione, e che, a maggior ragione, � da escludere, 
come appunto aveva gi� fatto la sentenza del 1973, riguardo all'art. 2, 
stante il contenuto meramente proibitivo (e dunque, per definizione, non 
implicante integrazioni) di tale norma. 

A ci� va aggiunto che la decisione della Corte di Giustizia delle 
Comunit�, nel suo riferirsi alla portata dell'accordo G.A.T.T., non ha lo 
\ 
stesso peso che dovrebbe esserle attribuito se essa avesse direttamente 
provveduto all'interpretazione di un atto comunitario. 

D'altra parte, il problema dell'efficacia del G.A.T.T. � stato esaminato 
dalla Corte sotto il profilo della possibilit�, per i singoli cittadini della 
Comunit�, di esigerne l'osservanza anche in contrasto con un atto comunitario: 
aspetto questo che esula dalla vicenda qui considerata. 

Quanto, poi, all'indicato pericolo che l'atteggiamento della giurisprudenza 
italiana, in quanto diverso da quello della giurisprudenza comunitaria 
o di altri Stati in punto di efficacia del G.A.T.T., comprometta lo 
stesso principio di reciprocit� postulato da quest'ultimo, ritiene il Collegio 
che il problema possa avere, eventualmente, rilevanza a livello della suprema 
giurisdizione nazionale, ma che, quando quest'ultima abbia l'orientamento 
sopra constatato, non basterebbero eventuali dissonanze nella 
giurisprudenza di merito a ricomporre il principio di reciprocit�, anzi 

esse produrrebbero soltanto ulteriori diseguaglianze nella diseguaglianza. 

Assai pi� penetrante e, a parere del Collegio, decisiva � l'ulteriore 
argomentazione che l'Amministrazione convenuta propone circa il rapporto 
fra la legge 5 Aprile 1950 n. 295 (contenente l'ordine di esecuzione 
dell'accordo G.A.T.T.) e la legge 15 Giugno 1950 n. 330 (istitutiva del 
diritto per servizi amministrativi). 

Come sopra esposto, la sentenza della Suprema Corte del 1973 si era 
rapidamente sbarazzata dell'ipotesi che la seconda delle due leggi avesse 
derogato alla prima: a tal fine si era utilizzata una generica presunzione 
di conformit� dell'ordinamento interno agli impegni internazionali e, 
proprio per rendere possibile il ricorso a tale presunzione, si era postulata 
la sostanziale irrilevanza della volont� del legislatore, cos� come espressa 
nei lavori preparatori. 

Sennonch�, secondo la convenuta Amministrazione, pronunzie pi� 
recenti della stessa Suprema Corte, e precisamente le gi� citate sentenze 

n. 2 e 10 del 1975, anch'esse rese in tema di accordo G.A.T.T. e di sopravvenuta 
normazione interna, indurrebbero ad una sostanziale rivalutazione 

242 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della volont� effettiva del legislatore e della importanza dei .lavori preparatori 
con correlativo ridimensionamento dell'accennato criterio presuntivo. 
Si legge, infatti, nella sentenza n. 10, che i principi stabiliti dall'accordo 
G.A.T.T. vanno, bens�, tenuti presenti sempre che, tuttavia, � l'interpretazione 
della singola fattispecie normativa -nel porre la qua�e 
lo Stato esercita la sua sovranit�, non compromessa all'interno dalla 
pur recepita, ma non prioritaria, norma pattizia internazionale -non 
indichi una diversa volont� legislativa �. 

�Ed � noto -incalza significativamente la sentenza -che, dei lavori 
preparatori, deve tenersi conto ai fini ermeneutici, per illuminare il 
significato delle singole disposizioni normative, quando, come nella specie, 
essi non si sovrappongono ma si armonizzino con la volont� della legge, 
quale risulta obiettivata nel testo legislativo e .quale si desume dal significato 
proprio delle parole, dalla mens legis, dalla sua ratio e dal suo 
coordinamento con altre norme del sistema nel quale viene ad inserirsi �. 

Il passo test� riportato registra, rispetto alla totale noncuranza della 
sentenza del 1973 verso i lavori preparatori e la voluntas legislatoris, un 
indubbio mutamento di angolazione. Tuttavia, poich� anche si parla di 
mens legis (e sembra pur sempre condizionarsi al non contrasto con 
questa la rilevanza dei lavori preparatori), occorre chiarire in che senso, 
ed in quale direzione, potrebbe, nel caso in esame, essere ricercata la 
mens legis, intesa nell'ampio significato di momento oggettivo della 
legge e di appartenenza di questa ad un sistema tendenzialmente organico. 
L'indagine � doverosa e non risulta compiuta nella sentenza del 1973, ove 
il concetto � usato esclusivamente in termini negativi (per paralizzare la 
rilevanza dei lavori preparatori), ma non esplicitato in termini positivi 
(attraverso la individuazione di quella che sarebbe, nella specie, la 
mens legis postulata diversamente dalla mens legislatoris). 

In via di prima approssimazione va subito escluso che la mens legis 
(nell'ampio significato di momento oggettivo-sistematico) possa identificarsi, 
in un caso come quello in esame, nella stessa preesistenza dell'accordo 
internazionale, in quanto componente del � sistema � entro cui 
la norma nuova va ad inserirsi. Se cos� fosse, il discorso si risolverebbe 
in una petizione di principio e la accennata presunzione di volont� di 
osservanza degli impegni internazionali, anzich� una direttiva ermeneutica 
da utilizzarsi nel dubbio, costituirebbe un aprioristico ed assoluto 
impedimento alla stessa concepibilit� di norme interne che deroghino 
ad accordi internazionali, una volta recepiti. 

Di momento oggettivo, capace di condizionare negativamente la interpretazione 
della legge n. 330 del 1950, come proposto dall'Amministrazione 
Finanziaria e suggerito dai lavori preparatori, potrebbe parlarsi solo 
in senso diverso: o perch� la legge stessa contenga alcune disposizioni 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

che, al di l� di quelle in cui potrebbe essersi espressa la contingente 
volont� del legislatore, rivelino, in un complessivo ed oggettivo bilancio 
della legge, una valenza globalmente diversa; o perch�, nel sistema, gi� 
esistono (al di l� dell'accordo internazionale in s�) cos� numerose o 
specifiche manifestazioni di osservanza dell'impegno internazionale, cos� 
univoche espressioni di prassi politico-normative conformi all'impegno 
assunto, da rendere oggettivamente inattendibile la eventualit� che una 
nuova norma possa essere, nel dubbio, interpretata in modo da risultare 
contro corrente. Ma, nella specie, n� l'una n� l'altra di tali situazioni 
sussiste ed anzi sembrano prospettarsi indicazioni in senso contrario. 

La legge n. 330 non contiene disposizioni che, nel contrasto con altre 
conformi ai lavori preparatori, possano distogliere l'interprete da questi 
ultimi e portarlo ad una diversa intelligenza globale del testo normativo; 
anzi esistono spunti, come la disciplina transitoria di cui all'art. 4, 
specificatamente riferita ai paesi aderenti all'accordo G.A.T.T., che la 
Suprema Corte, nella sentenza del 1973, si � sforzata di svilire (si tratterrebbe 
della disciplina transitoria dell'abolizione del diritto di licenza 
e non della disciplina transitoria della istituzione del diritto per servizi 
amministrativi), ma ai quali, in realt�, � assai pi� facile e meno forzato 
dare un senso, supponendo che anche ai paesi aderenti al G.A.T.T. la 
legge intendeva applicare il nuovo tributo. 

Quanto, poi, all'esistenza di manifestazioni normative parallele, capaci 
di attestare una complessiva ed oggettiva volont� di osservanza del 
trattato, non solo l'indagine non registra risultati sufficientemente univoci, 
ma anzi va rilevato come, nell'ambito della stessa Comunit� Europea, 
l'abolizione del diritto per servizi amministrativi e di altri analoghi sia 
stata oggetto di una programmazione differita nel tempo ed abbia anche 
dato luogo ad inadempimenti da parte dello Stato italiano, sicch� sarebbe 
arduo ricavare, da un presunto spirito internazionalistico della nostra 
Repubblica, costantemente espresso in immediati adeguamenti normativi 
agli impegni internazionali, la tesi che la legge n. 330, al di l� del contingente 
pensiero del legislatore, debba essere necessariamente interpretata, 
sul piano oggettivo, nel senso della sua non riferibilit� ai paesi aderenti 
al G.A.T.T. 

D'altronde, o si ha riguardo al momento contingente dell'emanazione 

della legge, ed allora potr� dirsi, con la Corte di Cassazione, che i paesi 

aderenti al G.A.T.T. erano pochi nel 1950, cosicch� la non riferibilit� ad 

essi del diritto per servizi amministrativi non rendeva quest'ultimo un 

� ramo secco � all'atto stesso della sua istituzione; ma, in questo caso, 

proprio perch� si ha riguardo al � momento contingente �, occorre, per 

coerenza, dare anche il necessario rilievo ai lavori preparatori. Oppure, 

per respingere la rilevanza di quest'ultimi, la legge viene considerata in 

s�, in certo senso al di fuori del tempo, ed allora non pu� non assumere 


244 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

significato la previsione (quale era possibile sin dal 1950) e comunque il 
fatto (puntualmente verificatosi) dell'adesione di numerosissimi paesi al 
G.A.T.T., di talch�, confrontandosi con questa pi� ampia ed oggettiva 
realt�, la legge n. 330, se interpretata nel senso voluto dalla Suprema 
Corte, darebbe luogo, appunto, all'ipotesi del � ramo secco �. 

In ogni caso, poi, sempre sul piano della identificazione dell'habitat 
sistematico, capace eventualmente di attribuire alla legge in esame un 
significato piuttosto che un altro, non � trascurabile il rilievo che, essendo 
i paesi della C.E.E. aderenti al G.A.T.T., sarebbe stata fuor di luogo 
la programmazione, differita nel tempo, dell'abolizione del diritto per 
servizi amministrativi (e di altre prestazioni patrimoniali analoghe), se 
questo gi� fosse stato escluso, per tali paesi, sin dalla data della sua 
istituzione; e, soprattutto, inspiegabile sarebbe (se tali diritti gi� non 
esistevano in siffatto ambito) la legge abolitiva 24 giugno 1971 n. 447, 
avuto presente che questa fissa al 30 Giugno 1968 la data retroattiva 
dell'abolizione per i paesi C.E.E. e, comunque, per le vicenze che l'hanno 
preceduta (ivi compresa una sentenza sfavorevole all'Italia di un organo 
di giustizia supernazionale), appare non certo rivolta ad abolire il diritto 
in questione per i pochi (e scarsrupente rilevanti), paesi non legati da 
alcun accotdo, bens� intesa ad adeguarsi ad uno spirito pattizio fino a 
quel momento non sufficientemente osservato. 

Le esposte considerazioni, che gi� potrebbero essere autosufficienti 
ai fini dell'interpretazione da compiere, valgono quanto meno ad escludere 
l'ostacolo, sopra ipotizzato in funzione di una presunta mens legis, alla 
utilizzabilit� dei lavori preparatori come strumento interpretativo della 
legge n. 330. Ed allora, una volta che si ponga in quest'ordine di idee, 
il discorso � estremamente semplice. 

Premesso che, nel 1950, non era ancora sorta una problematica intorno 
alle c.d. tasse di effetto equivalente (la cui categoria fu individuat� soltanto 
in relazione alle norme del trattato istitutivo della C.E.E.), va ricordato 
che il ministro proponente, nell'illustrare il disegno che sarebbe poi divenuto 
la legge n. 330, rilevava bens� la incompatibilit� del precedente 
�diritto di licenza� con il G.A.T.T. e la necessit�, quindi, di disporne 
(come in effetti avvenne) l'abolizione; ma al tempo stesso precisava che 
�in sostituzione viene proposta la imposizione sulle merci importate 
dall'estero di un diritto per servizi amministrativi che, nell'aliquota 
ridotta dello 0,50% compatibile quindi con gli obblighi internazionali di 
cui sopra, � inteso a reintegrare l'Erario della spesa che sostiene per i 
servizi relativi alle importazioni �. � Gli stessi accordi -ribadisce il 
relatore alla Camera con riferimento alla disciplina internazionale di 
cui tratta~i, ostativa al mantenimento del diritto di licenza -consentono 
per� che sulle merci importate o esportate siano imposti diritti intesi a 
compensare l'Amministrazione delle spese dei suoi servizi, e di questa 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

facolt� lo Stato si avvale per istituire, con l'art. 2 del disegno di legge 
in esame, un modesto diritto per i servizi amministrativi che, stabilito 
nell'aliquota dello 0,50% del valore, si rende compatibile con gli obblighi 
internazionali suindicati"� 

E chiaro, cio�, che il legislatore italiano non ha semplicemente introdotto 
in modo generico il diritto in parola, senza porsi il problema dei 
paesi aderenti al G.A.T.T., ma, in sede di elaborazione della legge, ha 
specificatamente considerato tali paesi, concludendo che il diritto per 
servizi amministrativi doveva applicarsi anche ad essi, perch� non in 
contrasto cqn l'accordo internazionale. Il legislatore, insomma, ha voluto 
che tale diritto si applicasse anche alle merci provenienti da paesi dell'area 
G.A.T,T., e di fronte ad una cos� esplicita scelta, la cui sanzione 
non sembra altrimenti ravvisabile che sul piano internazionale o su quello 
del rapporto politico fra istituzione parlamentare e paese, appare vano 
Io sforzo di invocare una contrastante mens legis, della quale, peraltro 
e come sopra dimostrato, non sembra possibile identificare alcuna convincente 
traccia. Semmai v'� da aggiungere che, essendo stata ritenuta 
dal legislatore la legittimit� del diritto per servizi amministrativi sulla 
base dello stesso accordo G.A.T.T., in quanto tali diritti rientrerebbero 
fra le redevances (compensi per prestazioni) autorizzate dall'art. VIII di 

.detto accordo, cade anche l'argomento che la citata sentenza del 1973 
della Corte di Cassazione riteneva di poter trarre dalla inverosimiglianza 
dell'ipotesi che lo Stato italiano, dopo solo due mesi dall'ordine di 
esecuzione dell'accordo, intendesse, in un non mutato contesto generale. 
cambiare inopinatamente il proprio atteggiamento. 

Per quanto possa valere tale argomento (che peraltro attiene, cos� 

come � espresso, al momento politico-contingente della legge e dunque 

non � del tutto in linea con l'angolazione prescelta dalla predetta sen


tenza), certo � che ad esso, sempre sullo stesso piano contingente, pu� 

replicarsi che lo Stato italiano, con la scelta di cui sopra, non ha inteso 

violare il patto internazionale, ma anzi adeguarsi ad esso, introducendo 

una previsione che riteneva autorizzata dall'art. VIII del G.A.T.T. e 

conforme allo spirito di questo. 

Rimane, a questo punto, da verificare se, sulla decisione da adottarsi, 

possa avere influenza il fatto che il legislatore italiano ha errato nel 

ritenere che il diritto per servizi amministrativi potesse rientrare nel 

novero dei corrispettivi per prestazioni di servizi, come oggi retrospetti


vamente pu� dirsi alla luce della ricca giurisprudenza formatasi sul tema 

specialmente in campo comunitario. A tale problema, dell'errore tecnico 

del legislatore, risponde, peraltro, in modo esplicito la citata sentenza 

n. 10 del 1975 della Corte di Cassazione, osservando che �ogni indagine 
circa la esattezza o meno del presupposto del provvedimento legislativo... 
e circa l'idoneit� o meno... rispetto allo scopo perseguito... � stata ormai 
compiuta in sede normativa e non � pi� possibile in sede giurisdizionale, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

246 

non potendo il giudice disapplicare o modificare una norma giuridica 
affermando che ess� � sbagliata �. 

Il rilievo appare pienamente fondato al Collegio, che lo fa proprio, 
non senza soggiungere che l'ammettere un potere del giudice come quello 
sopra ipotizzato, equivarrebbe, in sostanza, ad introdurre una inconcepibile 
sindacabilit� della legge per � falso supposto di fatto � o per � illogicit�
�, come avviene sul ben diverso terreno del vizio di eccesso di potere 
degli atti amministrativi. 

Non ignora, infine, questo Tribunale che le Sezioni Unite della Suprema 
Corte si sono di nuovo pronunciate sull'argomento (diritti per 
servizi amministrativi in rapporto ai paesi aderenti al G.A.T.T.) con la 
recentissima sentenza 20 Ottobre 1976 n. 3616 raggiungendo, pur con 
motivazione che si d� carico di varie posizioni argomentative nel frattempo 
maturate, la medesima conclusione della sentenza n. 1455 del 
1973. 

Le considerazioni, con cui tale recente pronuncia respinge certe 
nuove prospettazioni date dall'Amministrazione Finanziaria a sue vecchie 
tesi, sono senz'altro condivise dal Collegio: ci� va detto per quanto 
riguarda il rinnovato tentativo di costruire i diritti in questione come 
compensi per servizi (contro di che la Corte agevolmente replica essere 
tali diritti proporzionali al valore della merce, mentre le � redevances � 
si commisurano al costo del servizio reso) e, soprattutto, per quanto 
attiene alla negata attitudine del G.A.T.T. ad attribuire diritti soggettivi 
ai singoli, tesi che l'Amministrazione ripropone con l'apparente conforto 
di alcune decisioni della Corte di Giustizia della C.E.E. (12 Dicembre 1972 
in cause riunite nn. 22-24 e 24 Ottobre 1973 in causa n. 9). Di detta argomentazione 
gi� si � detto nel corso della presente sentenza e non. resta, 
quindi, che prendere atto della coincidenza fra quanto esposto e quanto 
ribadito dalle Sezioni Unite, specie per quanto concerne l'osservazione 
che le sentenze comunitarie esaminavano un problema di rapporto fra 
il G.A.T.T. e norme e.E.E., mentre, nel caso in esame, non viene in 
rilievo n� la validit�, n� l'interpretazione di alcun a~to o regolamento 
comunitario. 

Peraltro la recente pronuncia della S.C. conclude nel senso che� la 
presunzione del non discostamento dello Stato dall'impegno internazionale 
vale pur sempre ad escludere che la legge n. 330 del 1950 abbia 
istituito i diritti per servizi amministrativi� anche con riferimento alle 
merci provenienti da paesi dell'area G.A.T.T.; o, rispondendo ad uno 
specifico argomento dell'Amministrazione, nega che a diversa conclusione 
possano indurre i principi enunciati dalla sentenza n. 10 del 1975, pur 
sempre ispirata al costante insegnamento che � la legge deve essere 
interpretata secondo la sua effettiva portata e l'intenzione perseguita 
dal legislatore vale nella misura in cui si � effettivamente trasfusa ed 
oggettivata nella norma �. 



PARTE I, SEZ. 11, Gi�RIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

�Da tale .conclusione il Collegio, oltre che per le considerazioni suesposte, 
ritiene di dover dissentire per i seguenti altri rilievi. 

Il fatto stessb che si debba ricorrere ad una �presunzione� (quella 
di osservanza dell'obbligo internazionale) indica che la norma non � 
univoca nel senso di estendere, o no, i diritti per servizi amministrativi 
anche alle merci provenienti da paesi G.A.T.T. 

In altri termini, non si � esplicitata nella oggettivit� della norma n� 
la volont� di includere n� quella di escludere tali paesi. 

Ed allora delle due l'una: o si ammette che la presunzione di cui 
sopra � � assoluta � (nel senso che il legislatore avrebbe l'onere di prevedere 
espressamente la prevalenza della norma interna sulla norma pattizia, 
pur anteriore, questa altrimenti prevalendo sempre, nel silenzio), ma allora, 
pi� che di un criterio interpretativo, come tale giustificato da una situazione 
di dubbio, si tratterebbe di una vera e propria norma attinente 
all'efficacia di fonti di produzione del diritto ed il silenzio, anzich� elemento 
di perplessit� da superare in via ermeneutica, sarebbe un fattore formalmente 
qualificativo della legge, che automaticamente la renderebbe soggetta 
alla prevalenza della norma di origine pattizia (costruzione di 
difficile sostenibilit� ed, a quanto consta, da nessuno sostenuta, men che 
mai dalla Corte di Cassazione che parla di fonti pariordinate e di non 
univoco contenuto dell'una rispetto all'altra); oppure si tratta di presunzione, 
per cos� dire, � relativa �, ed allora, postoch� la � prova contraria � 
non pu� trovarsi nella oggettivit� della legge, che appunto non � univoca, 
l'eventuale spunto contrario (la cui possibilit� di esistenza condiziona il 
eoncetto stesso di presunzione relativa) non pu� ricavarsi se non da 
elementi estrinseci, quali sono proprio i lavori preparatori, che, nella 
specie, evidenziano la precisa, circostanziata ed univoca volont� del 
Parlamento nazionale di estendere la disciplina dei diritti per servizi 
amministrativi anche ai paesi dell'area G.A.T.T. 

D'altra parte, anche a voler affrontare il problema in termini oggettivi 
di mens legis, di � sistema�, di �volont� della legge come entit� autonoma 
>>, indipendente dalla accidentalit� (fra queste considerando anche 
il pensiero del Parlamento) che l'hanno generata; anche a volersi porre, 
cio�, dal punto di vista del pi� ortodosso positivismo giuridico, la soluzione 
non cambierebbe. 

Poich�, infatti, i diritti per servizi amministrativi sono stati aboliti 

dalla legge 24 Giugno 1971 n. 447, con decorrenza dal 30 Giugno 1968 per 

i paesi, della C.E.E., che sono anche tutti aderenti al G.A.T.T., ne risulte


rebbe -se gi� gli accennati diritti non fossero stati riferibili a tali 

paesi -la � inutilit� � di una disposizione legislativa, il che � conclusione 

inammissibile secondo gli accennati dogmi del positivismo giuridico. 

Al contrario occorre dare, postoch� esiste, un significato sistematico 

alla legge del 1971 (particolarmente al suo art. 1) e ci�, proprio sul piano 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

248 

della portata oggettiva delle norme e del loro valore come momento di 
un sistema, costringe alla conclusione che la legge n. 330 del 1950 si 
riferisse necessariamente anche ai paesi aderenti al G.A.T.T. 

Le esposte considerazioni, implicando che il diritto per servizi amministrativi, 
previsto dalla legge n. 330 del 1950, fosse, sino alla sua abolizione, 
applicabile anche alle merci provenienti da paesi aderenti al 
G.A.T.T., comportano il rigetto della domanda dell'attrice. 

La delicatezza della materia trattata ed il discostamento della presente 
decisione da autorevoli precedenti in termini � giustificano la totale compensazione 
delle spese di causa. -(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 gennaio 1976, n. 255 -Pres. La 
Porta -Est. Corasaniti -P. M. Pedace (Concl. Conf.) -Ministero di 
Grazia e Giustizia (avv. Zagari) c. Ramat (avv.ti Corizia, Conso, 

P. Berile). 
Competenza e giurisdizione -Provvedimenti disciplinari contro magistrati 
-Ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione � Difetto 
di giurisdizione del giudice amministrativo. 
(Cost., artt. 101, 104, 107, 113; legge 24 marzo 1958 n. 195, art. 17). 

E manifestamente infondata la questione di costituzionalit� delle 
norme che prevedono il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione 
avverso i provvedimenti in materia disciplinare emessi nei confronti dei 
magistrati: pertanto il giudice amministrativo non ha giurisdizione sulle 
decisioni della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. 


I detti procedimenti -in entrambi i quali fu annullata istruttoria 
per mancato invito all'incolpato a nominarsi un difensore, rinnovata 
l'istruttoria stessa e disposto il rinvio a giudizio dell'incolpato -furono 
fissati alla stessa udienza del 23 aprile 1974 ed in questa sede riuniti. 

La Sezione disciplinare, dichiarava il dott. Marco Ramat responsabile 
delle imputazioni a lui ascritte e gli infliggeva la sanzione della censura. 

Ricorre il dott. Ramat a queste Sezioni Unite. 

Contro la sentenza il Dott. Marco Ramat proponeva tre distinti ricorsi 
uno davanti a queste Sezioni Unite, uno davanti al Consiglio di Stato, 
uno davanti al T.A.R. di Firenze. 

Il Ministero di grazia e giustizia ha proposto regolamento preventivo 
di giurisdizione relativamente al giudizo davanti al T.A.R. della Toscana 
(analogo regolamento ha proposto relativamente al giudizio davanti al 
Consiglio di Stato) chiedendo che sia dichiarato il difetto di giurisdizione 
del giudice amministrativo. 

Resiste il dott. Ramat con controricorso. 

La sentenza � integralmente pubblicata, con ampia nota di precedenti dottrinari 
e giurisprudenziali 'in Foro it. 1976, I, 597. � 

In relazione � tale sentenza ed all'ordinanza 6 novembre 1975 emessa dal 
Supremo Collegio (cfr. Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1976, n. 25) v. G. VOLPE, La legge 
ferrea delle corporazioni e i magistrati, in Foro it. 1976, I, 599. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il resistente ha riproposto in questa sede, come mezzo a fine perch� 
sia affermata la giurisdizione del giudice amministrativo da lui adito, 
la questione di legittimit� costituzionale della norma (art. 17 ult. comma 
della legge 24 marzo 1958, n. 195) che assoggetta le decisioni della Sezione 
disciplinare del Consiglio Superiore al ricorso davanti alle Sezioni Unite 
della Corte di Cassazione. 

La rilevanza della questione � evidente, trattandosi della legittimit� 
cqstituzionale o no di una norma di legge espressamente attributiva del 
potere giurisdizionale per la decisione sui ricorsi in parola. 

Per valutare, poi, la consistenza della questione stessa, occorre partire 
dalla considerazione della posizione assegnata dalla Costituzione alla 
Magistratura ordinaria. 

� noto che tale posizione � contrassegnata dall'autonomia e dalla 
indipendenza e che queste non sono soltanto d'ordine funzionale, cio� 
non sono assicurate soltanto per quel che attiene all'esercizio della. funzione 
giurisdizionale considerata nei singoli atti in cui essa si svolge 
concretamente e nell'intrinseco contenuto di questi. L'esigenza di sottrarre 
l'intrinseco della funzione giurisdizionale nel senso suindicato a qualsiasi 
interferenza estranea (in particolar modo dell'esecutivo) � norma-principio 
costituzionale intimamente connessa con la stessa rilevanza costituzionale 
della funzione giurisdizionale, e trova la sua espressione nell'art. 101, 
comma 2� della Costituzione (i giudici sono soggetti soltanto alla legge), 
precetto riferibile a qualsiasi giudice, prima che nell'art. 104 e ss. Cost., 
precetti riferibili alla sola Magistratura ordinaria. Vero � che dagli 
artt. 104 e ss. Cost. (in particolare dagli artt. 104, 105, 107) si desume 
l'apprestamento ad opera della Costituzione, in coerenza c�n l'art. 101, 
comma ZO, di un sistema di garanzia volte a porre la Magistratura ordinaria, 
in quanto investita in via generale della funzione giurisdizionale 
(art. 102, comma 1� Cost.) nelle migliori condizioni estrinseche per esercitare 
correttamente, nell'intrinseco, la detta funzioi;ie. Il sistema si concreta 
in primo luogo nella riserva al Consiglio Superiore della Magistratura 
(qualificato ai fini dell'autonomia) da ci�; che entrano nella sua composizione, 
in proporzione numerica prevalente, appartenenti alle varie categorie 
di magistrati, dei provvedimenti concernenti le assegnazioni, le 
promozioni, i trasferimenti dei magistrati e dei provvedimenti disciplinari 
riguardanti i magistrati, ma comprende la previsione di garanzie sostanziali 
per il singolo magistrato, con l'inamovibilit�. 

In relazione a tale sistema, assumono rilevanza sia la Magistratura 

come complesso di organi, cio� di uffici (qualificato dall'attribuzione in 

via generale della funzione giurisdizionale e dal particolare statuto dei 

titolari degli uffici), sia la Magistratura come ordo personarum (cio� come 


PARTE I, SEZ. Ili, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

collettivit� di persone che hanno la titolarit� -o almeno virtuale -di 
uffici giudiziari, ed esercitano in quanto tali professionalmente l'attivit� 
che tale titolarit� comporta) sia infine il singolo Magistrato (come titolare 
di uffici giudiziari e in ogni caso come componente l'ordine, oltre che come 
titolare di un rapporto di pubblico impiego); la sentenza della Corte 
cost. n. 142 del 1973. 

Quanto all'ordine � da dire che esso, nonostante le ovvie differenze, 
presenta aspetti che ricordano quelli degli ordini delle libere professioni, 
perch� l'appartenenza dei singoli ad esso � determinata non solo dalla 
investitura di uffici giudiziari, ma anche dall'esercizio prefessionale di 
una data attivit� (non importa se in regime di pubblico impiego anzich� 
in regime di lavoro autonomo) e perch� il suo fine (che � il solo nel caso 
dell'ordine giudiziario, mentre non � il solo nel caso degli ordini professionali) 
� la gestione di un patrimonio di valori morali ed in particolare 
di valori di deontologia professionale. 

Quanto al singolo magistrato � da dire che in relazione alla titolarit�, 
almeno virtuale, di un ufficio giudiziario alle connesse garanzie di indipendenza 
ed alla appartenenza all'ordine 'giudiziario, esso pur partecipando 
ad un rapporto di pubblico impiego con lo Stato, assume una 
posizione nettamente distinta rispetto a quella degli impiegati dello 
Stato. Quanto al rapporto fra ordine e singole magistrato, � da soggiungere 
che tale rapporto, poich� non concerne i diritti e gli interessi 
connessi all'investitura degli uffici ed alla prestazione di attivit� lavorativa 
-i quali sono regolati nel quadro del rapporto di pubblico impiego 
-non pu� che concernere la partecipazione del singolo Magistrato al 
patrimonio morale della collettivit� e la soggezione di essi singolo Magistrato 
alla relativa deontologia professionale. 

Tutto ci� consente di ritenere che, mentre si giustificano particolari 
qualificazioni, proposte dalla dottrina, della indipendenza del magistrato 
come esterna e interna-qualificaz.ione che peraltro sarebbero forse 
meglio precisate con riferimento alla indipendenza degli organi, dell'ordine 
dei singoli magistrati -la Magistratura � tutelata dalla Costituzione in 
ognuno di tali suoi elementi od aspetti. 

E di qui l'ulteriore conseguenza che una norma non appare senz'altro 
sospetta di incostituzionalit� per il fatto di non realizzare appieno o addirittura 
di comprimere uno dei beni tutelati, se � strettamente necessaria, 
e nei limiti in cui � strettamente necessaria, per la tutela di un altro 
dei beni stessi, sempre che vi sia ragionevole equilibrio fra la mancata 
attuazione o la compressione dell'uno e la garanzia dell'altro che questo 
non debba considerarsi preminente rispetto al primo. 

Alla stregua di tali concetti vanno esaminate le singole questioni di 
legittimit� costituzionale. 
La questione circa la legittimit� costituzionale della norma concernente 
la giurisdizione di impugnazione di queste Sezioni Unite sulle deci



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

252 

sioni della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore � posta da un 
lato con riferimento alla diversit� di regolamentazione rispetto alla normativa 
comune concernente la tutela dei diritti e degli interessi legittimi 
in materia di pubblico impiego (art. 113, comma 1� e 3�, comma 20 Cost.), 
diversit� che sarebbe ingiustificata, tanto pi� che alla normativa comune 
si adegua la sottoposizione di tutti gli altri provvedimenti del Consiglio 
Superiore riguardanti i Magistrati alla giurisdizione di annullamento del 
Consiglio di Stato (art. 17, comma 2� della legge n. 195 del 1958; sentenza 
della Corte costituzionale n. 44 del 1968). 

Dall'altro lato la questione � posta con riferimento all'asserito contrasto 
della detta giurisdizione di queste Sezioni Unite, in quanto giurisdizione 
domestica, con i principi di imparzialit� e di indipendenza interna 
del giudice (artt. 101, comma 2�; art. 104, comma 1�, art. 107, 
comma 1� Cost.). 

Sotto il primo profilo � agevole rilevare che la diversificazione del 
regime di impugnazione dei provvedimenti disciplinari concernenti i 
magistrati da quello dei provvedimenti disciplinari concernenti impiegati 
pubblici e da quello stesso degli altri provvedimenti concernenti i magistrati 
discende dall'avere la legge atteggiato la funzione della Sezione 
disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura come giurisdizione 
(in unico grado) ed i provvedimenti disciplinari concernenti i magistrati 
come atti giurisdizionali (cfr. su quest'ultimo punto gli argomenti desumibili 
dalle adozioni per il procedimento di forme processuali, mutuate 
dal processo penale; dal conferimento del potere di promuovere l'azione 
disciplinare ad organi estranei a quello decidente; dalla configurazione 
del provvedimento, espressamente qualificato sentenza, come atto a rilevanza 
esterna senza bisogno della assunzione della forma del decreto 
del Presidente della Repubblica; cfr. del resto, sia pur al dichiarato fine 
di riconoscere alla Sezione disciplinare la legittimazione a sollevare 
l'incidente di costituzionalit� la sentenza della Corte Costituzionale n. 12 
del 1971). Sicch� l'assoggettamento dei detti provvedimenti all'impugnazione 
davanti alle Sezioni Unite della Cassazione costituisce null'altro 
che applicazione dell'art. 111 della Costituzione (non occorre attardarsi 
a dimostrare la scarsa attendibilit� dell'ipotesi -la quale sarebbe 
unica nel nostro ordinamento e per di pi� in contrasto con l'art. 113 della 
Costituzione in questo, e nel caso che si rinvengono nella disciplina 
degli ordini professionali -la Corte di Cassazione assuma la veste di 
giudice in unico grado di una impugnazione contro provvedimenti amministrativi). 


Ora tale strutturazione, oltre a risultare da disposizioni di cui non 

viene denunciata l'illegittimit� costituzionale (artt. 32, 34, 35 r.d.l. 31 mag


gio 1946, n. 511) e addirittura da norme costituzionali (art. 107, comma 2�, 

Cost. attributivo dell'azione disciplinare al Ministro della giustizia), ed 

oltre a ricollegare il sistema alla tradizione (cfr. sentenza di queste 



PARm I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 253 

Sezioni Unite nn. 240 e 413 del 1969) e la Sezione disciplinare con i 
giudici disciplinari istituiti con le leggi preesistenti alla Costituzione (il 
che la sottrae al sospetto di illegittimit� costituzionale in relazione all'art. 
102, comma 20 Cost.), � giustificata appunto dalla particolare proposizione 
del Magistrato. Si � gi� detto che, pur essendo il Magistrato parte 
di un rapporto di pubblico impiego, la sua posizione si distingue da 
quella degli altri impiegati dello Stato per le garanzie di autonomia e di 
indipendenza ed � qualificata dalla appartenenza all'ordine giudiziario. 
Si � detto del compito dell'ordine relativo alla deontologia profession�le 
e della soggezione alle regole di tale deontologia del magistrato in quanto 
;:lppartenente all'ordine. Tutto ci� fa s� che la disciplina del magistrato � 
non si esaurisce, come la disciplina del pubblico impiegato, in regole 
dirette a rafforzare i doveri inerenti al rapporto di impiego, ma ha 
anche, e prevalentemente, carattere di deontologia professionale. Vi � 
quanto basta per giustificare la diversificazione di trattamento del procedimento 
disciplinare del magistrato� (la sua trasformazione in processo) 
rispetto al procedimento disciplinare del pubblico impiegato. E si pu� 
inoltre sottolineare, quanto alla ragionevolezza della diversificazione: 
a) la concordanza fra il carattere di deontologia professionale della disciplina 
dei magistrati, che si ritrova nella materia disciplinare dei magistrati 
come in quella delle professioni liberali, ed il fatto che anche 
il procedimento disciplinare dei professionisti assume di regola, nella 
fase finale, carattere giurisdizionale; b) l'essere la diversificazione limitata 
alla materia disciplinare, mentre non sarebbe forse apparsa giustificabile 

se operata anche in riferimento agli altri aspetti della posizione del 
magistrato, riconducibile al rapporto di pubblico impiego. Sotto questo 
profilo, la questione � dunque manifestamente infondata. 

Sotto il secondo profilo, la questione � stata dichiaratamente prospettata 
in relazione a quella concernente la legittimit� costituzionale della 
autodichiarazione della Corte dei Conti, sollevata da queste Sezioni 
Unite e dichiarata infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza 

n. 135 del 1975. Ora tenuto conto di quanto affermato con la detta 
sentenza, la questione deve ritenersi manifestamente infondata anche 
sotto il secondo profilo, l'esigenza primaria, cui si riferisce l'art. 101, 
comma 2�, Cost. di imparzialit� o indipendenza-imparzialit� del giudice 
deve ritenersi insoddisfatta soltanto se la legge sia congegnata in modo 
da rendere inevitabile (cio� non evitabile con i normali strumenti della 
ricusazione e della astensione), la coincidenza o la dipendenza tra giudice 
e soggetto ad organo che ha posto in essere l'atto, ovvero � parte del 
rapporto, oggetto del giudizio. Ed � agevole rilevare che ci� non si 
verifica per le Sezioni Unite le quali sono chiamate a giudicare di atti 
posti in essere dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore, organo 
rispetto al quale versano in posizione di estraneit� (fra l'altro, anche per 
quel che concerne le persone, il Primo Presidente della Corte di Cassazione 

254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non fa parte della Sezione disciplinare) e di reciproca indipendenza 
(la posizione dei Magistrati delle Sezioni Unite rispetto al Consiglio 
Superiore � per definizione di indipendenza in quanto alla stessa estinzione 
ed al funzionamento del Consiglio � affidata dalla Costituzione l'indipendenza 
del Magistrato) e di situazioni giuridiche alle quali esse versano 
parimenti in posizione di estraneit� (questa � esclusa dall'ipotetico interesse 
dei componenti le Sezioni Unite, come singoli, alla soluzione di un 
dato senso delle questioni di principio in relazione alla possibilit� di essere 
sottoposti a procedimento disciplinare). Che, se, poi, la considerazione 
si sposta dal giudice al giudicabile quanto singolo Magistrato ed alle 
garanzie di indipendenza che a lui spettano come tale, prospettandosi 
che esse siano menomate da ci� che i componenti dell'organo giudicante 
appartengono al medesimo ordine cui egli appartiene, allora � da obbiettare; 
a) che esser giudicato dai propri pari � garanzia di indipendenza 
p~r lo stesso singolo componente l'ordine; b) che in ogni caso le garanzie 
del singolo Magistrato coesistono, nella Costituzione, con quelle apprestate 
all'ordine giudiziario; c) che � proprio della disciplina considerata come 
deontologia professionale essere interpretata da organi composti di appartenenti 
all'ordine professionale; d) che non costituisce squilibrio tra la 
tutela del Magistrato come singolo e quella dell'ordine giudiziario la 
strutturazione della disciplina dei magistrati in riferimento al suo prevalente 
carattere di deontologia professionale ed il conseguente affidamento 
della sua interpretazione a magistrati. 

Anche sotto il secondo profilo la questione � dunque manifestamente 
infondata. 

Va pertanto �lichiarato il difetto di giurisdizionale del giudice amministrativo, 
con le conseguenze di legge in ordine alle spese ed onorari 
del presente regolamento. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 marzo 1976, n. 684 -Pres. Boccia Est. 
Arienzo -P. M. Del Grosso (conci. conf.) -Paone (avv. Sandulli) 

c. Ministero Sanit� (avv. Stato Azzariti). 
Competenza e giurisdizione -Sanit� pubblica � Profilassi della tubercolosi 

bovina e bonifica degli allevamenti � Veterinario condotto: compensi � 

Controversie -Giurisdizione dell'A.G.O. 

(r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 4; d .pres. 11 febbraio 1961, n. 264 artt. 3, 4; I. 9 
giugno 1964, n. 615; I. 23 gennaio 1968 n. 33). 
Appartiene alla giurisdizione dell'A.G.O. la domanda del veterinario 
comunale con cui si chiede il compenso dell'attivit� svolta per la profilassi 
della tubercolosi bovina e la bonifica degli allevamenti secondo il \

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255

PARm I, SEZ. III, GWRIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONB 

piano nazionale predisposto con decreto ministeriale; infatti tale attivit� 
esula dalle funzioni del veterinario condotto e dell'ufficiale governativo. 

Paone Raffaele, con citazione 23 settembre 1974, ha convenuto dinanzi 
al tribunale di Napoli il Ministro della Sanit�, la Regione Campania e il 
Veterinario Provinciale e ha esposto che egli, veterinario condotto del 
comune di Castellammare di Stabia, aveva eseguito, nell'ambito del territorio 
comunale, negli anni 1969-1973 operazioni di bonifica antitubercolare 
di allevamenti bovini retribuibili con la somma di L. 75.097.000, mentre gli 
erano state corrisposte soltanto L. 6.102.000 nella misura stabilita dall'articolo 
30 del decreto del Ministro per la sanit� 1 giugno 1969 n. 1039 in 
illegittima deroga alle tariffe professionali. L'attore ha chiesto, pertanto, 
la condanna dei convenuti al pagamento in suo favore di L. 68.994.910, 
pur avendo in precedenza adito, con atto 3 luglio 1974, il tribunale amministrativo 
regionale della Campania per ottenere l'annullamento del citato 
art. 30, che aveva stabilito i compensi a favore dei veterinari autorizzati 
ad eseguire la profilassi della tubercolosi bovina. 

Successivamente, con atto 6 novembre 1974, il Paone ha proposto, nei 
confronti delle stesse parti, ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, 
illustrato con memoria, al quale resiste con controricorso il Ministero 
della sanit�; non si sono costituiti la Regione Campania ed il Veterinario 
provinciale. 

.. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il ricorrente afferma che la presente controversia rientri nella giurisdizione 
del giudice ordinario avendo per oggetto il suo diritto soggettivo 
al pagamento dei compensi per le operazioni di profilassi antitubercolari 

La questione ha carattere di novit�. 

Per riferimenti pu� richiamarsi la decisione emessa dal Cons. Stato, V, 29 no


vembre 1974, n. 560, iri Foro amministrativo 1974, I, 2, 1384 con la quale � stato sta


bilito che l'art. 12, n. 20, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, contenente l'elencazione 

delle materie nelle quali il medico provinciale continua ad agire come organo 

dello Stato anche dopo il trasferimento alle Regioni degli uffici dei medici e dei 

veterinari provinciali -dato il carattere chiaramente eccezionale rispetto al 

modello organizzatorio introdotto dal decreto delegato -deve essere interpretato 

in senso restrittivo relativamente alle attribuzioni spettanti ai predetti sanitari 

quali preposti agli uffici speciali di sanit� marittima, aerea e di confine ai fini 

della profilassi internazionale delle malattie infettive. 

Per una questione di giurisdizione relativa alla mancata percezione di � di


ritti sanitari � da parte di un veterinaio condotto di un comune nel quale era 

stato istituito con decreto prefettizio -poi annullato del giudice amministra


tivo -uno speciale servizio di sorveglianza veterinaria da esercitarsi mediante 

l'attivit� di libero professionista, cfr. Cass. 16 marzo 1970, n. 681 in Foro it., 1970, 

I, 1394. 



256 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei bovini, svolte nell'interesse di soggetti non aventi diritto all'assistenza 
veterinaria gratuita e non rientranti, comunque, nel rapporto di impiego 
comunale n� tra i compiti riservati ai veterinari condotti come ufficiale 
governativi (artt. 3 e 4 d.P.R. 11 febbraio 1961 n. 264). Sostiene, quindi, 
la remunerabilit� delle suddette attivit� in base alle tariffe professionali 
e l'illegittimit� dell'art. 30 d.m. 1 giugno 1968 n. 1039, che, emesso senza 
una norma di legge che ne prevedesse l'emanazione, aveva ridotto i compensi 
spettantigli ai sensi dell'art. 4 t.u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934 

n. 1265. 
L'assunto del ricorrente � fondato, atteso che l'attivit� professionale 
espletata per la bonifica sanitaria degli allevamenti bovini dalla tubercolosi, 
indetta con la I. 9 giugno 1964 n. 615, modificata dalla I. 23 giugno 
1968 n. 33, secondo i piani nazionali predisposti con il decreto di 
esecuzione del Ministro per la sanit� 1 giugno 1968 n. 1039, non rientra 
tra i compiti di istituto del rapporto di impiego di veterinario condotto 
comunale n� fra quelli di ufficiale governativo. 

In occasione della costituzione del Ministero per la sanit� fu previsto; 
come organo periferico, l'Ufficio del veterinario provinciale (art. 4 I. 13 marzo 
1968 n. 296) e nella disciplina dei servizi e degli organi che esercitano 
la loro attivit� nel campo dell'igiene e della sanit� pubblica (artt. 3 e 4 

I. 11 febbraio 1961 n. 264) fu regolato l'ufficio del veterinario comunale 
con la attribuzione di specifiche competenze al veterinario condotto in 
quanto tale e in quanto ufficiale governati_vo. Nell'ambito del rapporto di 
impiego, il veterinario condotto comunale ha compiti di assistenza zooiatrica 
gratuita agli aventi diritto di polizia, di ispezione e di vigilanza 
sanitaria sulle malattie contagiose degli animali ecc.; nell'esercizio di tali 
funzioni � ufficiale governativo e, come tale, dipende dal veterinario provinciale 
(art. 3 cit.). Per effetto di questa dipendenza -che, pur connessa, 
esula dal rapporto di impiego col comune -diretta ad assicurare il collegamento 
con gli organi periferici del Ministero per la sanit�, provvede 
all'applicazione delle disposizioni concernenti la polizia veterinaria; alla 
vigilanza sullo stato sanitario del patrimonio zootecnico, informandone 
il veterinario provinciale, nonch� all'esecuzione delle leggi e dei regolamenti 
interessanti i servizi sanitari; e, infine, alla formulazione di proposte 
di provvedimenti nell'interesse del servizio e di pareri sul rilascio 
di autorizzazioni o di licenze di competenza del sindaco per l'esercizio di 
attivit� soggette a controllo sanitario (art. 4 cit.). Le cennate funzioni 
demandate al veterinario condotto comunale, oltre a quelle di diretta assistenza 
zooiatrica a favore delle persone non abbienti nell'ambito del territorio 
del comune (art. 4 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265), hanno un prevalente 
contenuto di controllo sanitario amministrativo per assicurare, nel pubblico 
interesse, in diretta dipendenza funzionale con l'organo periferico 
dell'amministrazione sanitaria centrale, la vigilanza e le operazioni di 
controllo specificamente previste dalla legge. In particolare, poi, il rego

PARTB I, SBZ. III, GIURI$, SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

lamento di polizia veterinaria (d.m. 8 febbraio 1954 n. 320, emanato a 
norma dell'art. 358 R.D. 27 luglio 1934 n. 1265) specifica i compiti del 
veterinario condotto di inchiesta epizoologica a seguito di denuncia di 
malattia; di vigilanza varia (stalle, mercati, concentramenti di animali, 
stazioni di monta ecc.) e quelli dei trattamenti immunizzanti, nonch� 
le indagini cliniche per rilevare l'esistenza, la forma e la diffusione della 
tubercolosi negli allevamenti. Quanto al primo gruppo di compiti (inchieste 
epizoologiche e vigilanza generale nel territorio comunale per assicurare 
tutti i controlli di polizia veterinaria), esulano da essi le attivit� profilattiche 
disposte in base ad un piano di risanamento nazionale e quanto al 
secondo gruppo di funzioni del veterinario condotto i trattamenti immunizzanti 
sono limitati a quelli previsti, come obbligatori, dal regolamento 
di polizia veterinaria (art. 65 Reg.to) o resi dal Prefetto �in esecuzione 
delle disposizioni del regolamento stesso�; mentre le indagini cliniche, 
integrate da prove di laboratorio, per l'accertamento della tubercolosi 
sono disposte, di volta in volta, dal sindaco sulle denunce pervenutegli 
relative a casi di tubercolosi bovina clinicamente manifesta. 

Tali essendo le funzioni dei veterinari condotti comunali, derivanti 
dal rapporto di impiego o con esso connesse e quelle attribuitegli quale 
ufficiale governativo alla dipendenza funzionale del veterinario provinciale 
nell'esercizio dei compiti di polizia, di vigilanza e di ispezione, le operazioni 
di bonifica sanitaria, che il ricorrente assume di aver svolte nel territorio 
del comune di Castellammare di Stabia, in ottemperanza dei provvedimenti 
emanati dal veterinario provinciale in esecuzione del D.M. n. 1039 
del 1968, non rientrano tra quelle di istituto del veterinario condotto in 
quanto dirette, su piano nazionale, alla profilassi della tubercolosi bovina 
senza distinzione dei soggetti beneficiari della campagna e consistenti 
nell'esame clinico degli animali infetti; nell'esecuzione della prova antitubercolare 
entrotermica; nella marcatura del capo e nella compilazione 
della scheda. Le prestazioni di ordine profilattico suddette furono disposte 
per finalit�, temporaneamente limitate, che esulano dai compiti istituzionali 
del veterinario condotto e de quelli, ad essi collegati, di ufficiale 
governativo essendo dirette al risanamento degli allevamenti dalla tubercolosi 
e dalla brucellosi con copertura della spesa nello stato di previsione 
del bilancio del Ministero per la sanit� in base ai piani profilattici approvati 
con decreto del detto Ministero di concerto con quello dell'Agricoltura 
e Foreste, previo parere di un'apposita commissione, e su provvedimenti 
di esecuzione adottati dal veterinario provinciale (art. 3 I. 9 giugno 
1936 n. 615) dei programmi di risanamento e di profilassi (art. 4 cit. 
modificato dalla I. 9 aprile 1964 n. 615). Il risanamento degli allevamenti 
� stato attuato mediante piani nazionali di profilassi nei quali sono stati 
stabiliti i casi in cui sono obbligatori i trattamenti immunizzanti; l'esecuzione 
delle prove diagnostiche; la marcatura e l'abbattimento degli animali 
infetti. In esecuzione del programma di risanamento, venne emesso il gi� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

citato D.M. 1 giugno 1968 n. 1039 che contiene disposizioni per la identificazione 
degli animali mediante contrassegni distinti per provincia e per 
l'esecuzione delle prove diagnostiche, affidate ai veterinari operanti sotto 
il controllo del veterinario provinciale e da questi autorizzati ove non 
esistano veterinari condotti comunali con funzioni di ufficiale governativo, 
ai quali, peraltro, spettano: 1) la valutazione delle prove � sempre che 
non ne siano impediti dai propri compiti di istituto e possano assicurare 
la continuit� e la tempestivit�� dei propri interventi; 2) le misure di polizia 
veterinaria attinenti al risanamento degli allevamenti. L'estraneit� delle 
operazioni, disposte con le citate leggi ed il relativo regolamento di esecuzione, 
rispetto al rapporto di impiego comunale e di ufficiale governativo, 
emerge gi� dalla portata letterale della norma sopra citata, che distingue 
le operazioni di risanamento da quello di istituto col riservare al veterinario 
comunale le misure di polizia anche attinenti al risanamento, in 
quanto di sua competenza nell'ambito territoriale del comune e col demandargli 
i compiti esecutivi delle prove diagnostiche, condizionatamente alla 
sua disponibilit� oltre i propri compiti di istituto (art. 5 terzo comma 

D.M. cit.). E tale interpretazione � confermata, sul piano razionale, dal 
carattere eccezionale delle operazioni di profilassi; dal loro contenuto di 
generalit� che le distingue da quelle previste dal 'regolamento di polizia 
veterinaria nell'ambito territoriale del comune e sulla base di denunce; 
dalla natura dell'attivit�, risolvendosi la stessa in compiti operativi e materiali 
che esulano da quelli di vigilanza e polizia istituzionalmente riservati 
ai veterinari condotti; e, infine, dalla circostanza che esse sono disposte 
indiscriminatamente a favore di soggetti abbienti e non abbienti. 
L'interesse pubblico connesso alle operazioni di profilassi e di risanamento 
attiene alla finalit� e al carattere obbligatorio delle stesse s� da 
giustificare l'assunzione della spesa e dell'organizzazione a carico dello 
Stato, ma non pu� farlo rientrare nei doveri derivanti dal rapporto di 
impiego di veterinario condotto comunale, regolato .dalla legge, e in 
quello di ufficiale governativo, tanto che al veterinario comunale � consentito 
sottrarsi alle dette prestazioni straordinarie se i suoi compiti di 
istituto gli impediscono di assicurare la continuit� e la tempestivit� del 
proprio intervento. 
N� pu� sostenersi che la P.A. possa imporre ai veterinari condotti 
comunali lo svolgimento di funzioni non rientranti nel rapporto di impiego 
e di stabilire particolari tariffe in base agli artt. 57 e 63 R.D. 3 febbraio 
1901 n. 45 e all'art. 61 T.U. n. 1265 del 1934 delle leggi sanitarie, in 
quanto quest'ultima norma prevede l'attribuzione al veterinario condotto 
del potere di particolare accertamento per il rilascio di certificati nell'interesse 
privato del richiedente, ;mentre quelle risalenti al regolamento di 
esecuzione della legge sanitaria del 22 dicembre 1888 n. 5849, oltre a non 
contenere alcun elemento utile alla tesi della resistente P.A., sono supe-

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I 
................................................................. I 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 259 

rate dal regolamento 8 febbraio 1954 n. 320 e dalle 1. 13 marzo 1958 n. 296 
e 11 febbraio 1961 n. 264 sopra citate. 

In conseguenza, essendo la P.A. carente del potere di imporre, mediante 
l'art. 30 del D.M. 1 giugno 1968 n. 1039, le prestazioni di profilassi della 
tubercolosi bovina con tariffe diverse da quelle previste dall'art. 4 T.U. 
sulle leggi sanitarie 27 luglio 1934 n. 1265 nell'ambito del rapporto di 
impiego del veterinario condotto comunale e di quello di ufficiale governativo, 
che rappresentano un semplice presupposto e non il titolo per le 
dette prestazioni, il ricorso va accolto, dichiarandosi la giurisdizione del 
giudice ordinario sulla domanda del ricorrente diretta ad ottenere i com-� 
pensi spettantigli per le prestazioni svolte, nel territorio del comune di 
Castellammare di Stabia, in base ai piani emessi ai sensi del citato decreto 
ministeriale. 

A seguito dell'accoglimento del ricorso e per effetto del diniego che 
le operazioni di profilassi antitubercolari rientrino fra i compiti attribuiti 
al veterinario condotto comunale dall'art. 3 D.P.R. 11 febbraio 1961 

n. 264 non ha rilevanza la questione di illegittimit� costituzionale di detta 
norma, sollevata, in via subordinata, dal ricorrente... -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 febbraio 1977, n. 664 -Pres. Stella 
Richter -Est. Sgroi -P. M. Trotta (concl. conf.) -Ministero di Grazia 
e Giustizia (avv. Stato Azzariti) c. Corigliano (n.c.) e Viola. 

Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione � Intervento 
adesivo: legittimazione. 
(Cod. proc. civ., art. 41). 

Competenza e giurisdizione � Improponibilit� assoluta della domanda 
Procedimento penale � Ordine di espulsione di testimone dall'aula 
Domanda di risarcimento. 
(Cod. prov. civ., art. 55). 

La legittimazione a proporre ricorso per regolamento preventivo di 
giurisdizione spetta anche a chi sia volontariamente intervenuto nel giudizio 
di merito per sostenere le ragioni di uno dei contendenti (1). 

E improponibile, per difetto assoluto di giurisdizione, la domanda proposta 
da un testimone contro il presidente di un collegio giudicante penale 
diretta ad ottenere il risarcimento che danno sia per il mancato rinvio 
dell'udienza dopo la presentazione da parte sua dell'istanza di ricusazione 
del presidente, sia per essere stato espulso dall'aula (2). 

(1-2) Si pubblica integralmente l'interessante decisione che presenta carattere 
di novit�. 
Per il richiamo di alcuni precedenti dottrinari e giurisprudenziali cfr. Giustizia 
civile, 1977, I, 201. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

260 

Il Ministero di Grazia e Giustizia, che � volontariamente intervenuto 
nel giudizio di merito per sostenere in via adesiva le ragioni del convenuto 
dott. Viola, � legittimato a proporre il regolamento di giurisdizione, 
considerato che l'intervento gli ha fatto assumere la qualit� di parte 
e che l'art. 41 c.p.c. riconosce indiscriminatamente la legittimazione a ciascuna 
parte (cfr. Cass. 23 agosto 1973 n. 2376; Cass. 13 dicembre 1971 

n. 3621). Non giova opporre che colui che abbia spiegato intervento adesivo 
dipendente non pu� proporre impugnazione in via autonoma (cfr. 
Cass. 23 febbraio 1973 n. 533; Cass. 14 agosto 1972 n. 2415), dato che il 
regolamento di giurisdizione non pu� definirsi come impugnazione in 
senso proprio (ck Cass. 4 marzo 1975 n. 808; Cass. 28 ottobre 1974 n. 3203). 
Se, poi, si riflette che la questione di giurisdizione pu� essere tanto 
rilevata ex officio dal giudice quanto promossa mediante il regolamento 
dalla stessa parte che ha adito il giudice (al fine di dirimere il dubbio 
sorto spontaneamente o per effetto delle altrui contestazioni), si ha una 
ulteriore conferma dell'impossibilit� di precludere all'interventore adesivo 
dipendente il ricorso allo strumento particolare del regolamento preventivo 
per far decidere immediatamente le questioni di giurisdizione. 
A maggior ragione, allorch� nell'ambito del sistema difensivo della parte 
adiuvata (che, nella specie, � proprio incentrato sulla negazione di qualsiasi 
tutela giurisdizionale in rapporto alla pretesa fatta valere dall'attore), 
� ricompresa la questione del difetto assoluto di giurisdizione che da 
quella negazione direttamente discende, la conclusione accolta si rivela 
sicura. 

L'attore ha chiesto -previo l'accertamento delrillegittimit� e dell'arbi


trariet� del comportamento tenuto dal dott. Viola, nel corso dello svolgi


mento di un processo penale, quale presidente del Collegio giudicante 

e concretatosi nella disapplicazione degli artt. 63 e 432 c.p.p. il predetto 

sia condannato al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, della 

somma di L. 104.600, pari a quella che egli ha dovuto sborsare a favore 

della Cassa delle ammende in esecuzione dell'ordinanza dichiarativa del


l'inammissibilit� dell'istanza di ricusazione da esso istante proposta nei 

confronti dello stesso dott. Viola. 

Con il primo motivo il Ministero sostiene che, in mancanza dell'auto


rizzazione prescritta dall'art. 56 c.p.c. (della quale il Corigliano non si 

� munito per promuovere il giudizi�), il giudice ordinario � privo di giuri


sdizione in ordine alla domanda di risarcimento. 

Con il secondo motivo il Ministero eccepisce l'improponibilit� assoluta 

della domanda in quanto il Corigliano avrebbe dedotto a fondamento della 

sua pretesa non un diritto soggettivo, ma l'interesse semplice, comune 

ad ogni cittadino (e, come tale, privo di tutela giurisdizionale) all'ammi


nistrazione imparziale della giustizia. 

L'ass�nto del difetto assoluto di giurisdizione (al quale si � associato 
il dott. Viola) � sostanzialmente esatto. 



PARTE I, S�Z. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 261 

Poich� la domanda � stata rivolta esclusivamente contro il dott. Viola, 
mentre da una parte occorre verificare la rilevanza del difetto dell'autorizzazione 
di cui all'art. 56 c.p.c., dall'altra parte non sorge la questione 
-risolta affermativamente da questa S.C. (cfr. Cass. 6 novembre 1975 

n. 3719), ma di controversa soluzione in dottrina -della coincidenza 
o meno dei limiti entro i quali il giudice � chiamato a rispondere civilmente 
del suo operato rispetto all'ambito della responsabilit�, per il 
medesimo operato, dell'Amministrazione statale. 
Ad avviso del ricorrente l'autorizzazione ministeriale pu� ricomprendersi 
fra quelle condizioni e quei iimiti, non arbitrari n� irrazionali, della 
responsabilit� civile del magistrato, ai quali -in vista della singolarit� 
della funzione giurisdizionale, della natura dei provvedimenti giudiziali 
e della posizione super partes del giudice -si � riferita la Corte Costituzionale 
nella sentenza 14 marzo 1968 n. 2, per affermarne la sostanziale 
legittimit�. Quell'autorizzazione, infatti, mira a garantire l'indipendenza 
del giudice, altrimenti esposto ad attacchi diuturni di contendenti soccombenti 
o di imputati condannati, con conseguente paralisi della giustizia. 
B questa, per il ricorrente, la ragione dell'attribuzione al Ministero della 
Giustizia, cui spetta la responsabilit� politica del funzionamento dell'amministrazione 
giudiziaria, del potere di � filtrare le istanze risarcitorie macroscopicamente 
assurde�: finch� il Ministro non abbia esercitato tale potere, 
l'autorit� giudiziaria non pu� conoscere delle domande di responsabilit� 
civile del magistrato. 

A sostegno della tesi della carenza assoluta di giurisdizione il ricorrente 
richiama la analoga conclusione adottata da queste S.U. (cfr. Cass. 
30 settembre 1968 n. 3029) per l'ipotesi di azione esecutiva intrapresa su 
beni di Stati esteri, nonostante il diniego dell'autorizzazione del Guardasigilli, 
prevista dall'art. 1 del r.d. 30 agosto 1925 n. 1621, conv. nella legge 
15 luglio 1926 n. 1263. 

B da ricordare in proposito che di questa disciplina la Corte Costituzionale 
ha riconosciuto la legittimit� (con sentenza 13 luglio 1963 n. 135), 
tranne che nel punto della esclusione di qualsiasi impugnativa contro i 
decreti ministeriali; ma �, altres�, da ricordare che la stessa Corte (con 
sentenza 19 febbraio 1965 n. 4) ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale 
della normativa (art. 158 t.u. 4 febbraio 1915 n. 148 e 22 t.u. 3 marzo 1934 

n. 383) concernente la garanzia amministrativa a favore dei sindaci e 
dei prefetti. 
Tuttavia il discorso in questa direzione non deve essere approfondito 
perch� manca il presupposto della rilevanza della questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 56 c.p.c. con (eventuale) riferimento agli artt. 3, 24 
e 28 Cost., e non vi �, pertant�, ragione di verificare se la questione stessa 
sia o non sia manifestamente infondata. 

Per vero, una volta esclusa la rilevanza di una questione di legittimit� 
costituzionale, il giudice non � tenuto a delibarne la fondatezza, 

6 


262 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giacch� lo stabilire se la sua risoluzione sia strumentale rispetto alla 
definizione della causa costituisce un giudizio in linea logica preliminare 
rispetto all'indagine diretta ad accertare o ad escludere che la questione 
di legittimit� sia manifestamente infondata (cfr. Cass. 21 giugno 1974 

n. 1829; Cass. 29 ottobre 1970 n. 2230). 
Sotto questo profilo la questione incidentale di legittimit� costituzionale 
� inammissibile quando il giudice a quo pu� definire il giudizio 
prescindendo dalla risoluzione di essa (cfr. Corte Cost. 29. aprile 1971 

n. 86); il che val quanto dire che una simile questione, se relativa a norma, 
la cui eliminazione dall'ordinamento giuridico non potrebbe incidere sulla 
definizione del giudizio a quo, si presenta come manifestamente irrilevante 
(cfr. Corte Cost. 28 novembre 1968 n. 116). 
In sede di regolamento di giurisdizione rileva la questione di legittimit� 
costituzionale di una norma dalla cui permanenza o eliminazione 
dell'ordinamento giuridico dipenda l'attribuzione della controversia ad 
un ordine giurisdizionale piuttosto che ad un altro (cfr. Cass. 25 marzo 

.1974 n. 129) ovvero la negazione di qualsiasi tutela in via giurisdizionale. 
Non � questa, peraltro, l'ipotesi che si profila nella specie, rispetto alla 
quale non la norma che consente di individuare la giurisdizione, ma 
quella che subordina la domanda di risarcimento all'autorizzazione ministeriale 
pu� essere sospettata di incostituzionalit�. In questa prospettiva 
l'eventuale accoglimento dell'assunto della improponibilit� assoluta della 
domanda del Corigliano (in quanto non ancorata ad .una qualsiasi posizione 
soggettiva giuridicamente �tutelata) rende superflua, alla luce dei 
riferiti principi, l'indagine intorno alla corrispondenza ai precetti costituzionali 
della disciplina dell'autorizzazione ministeriale ex art. 56 c.p.c. 

Ed � proprio tale assunto che si rivela sicuramente fondato. 

Secondo l'indirizzo di questa S.C., sussiste l'improponibilit� assoluta 
della domanda allorch� si invochi l'attivit� giurisdizionale rispetto ad 
una situazione soggettiva che, per difetto di una norma che la tuteli, 
resta fuori del campo giuridico e non � configurabile n�.come diritto soggettivo 
n� come interesse legittimo. Tale ipotesi si verifica quando il giudice 
-di fronte ad una domanda intesa a far derivare dall'ordinamento 
giuridico una volont� concreta di legge, specificante quella astratta resa 
operante dai fatti giuridici, ad essa conformi o contrari, allegati a base 
delle pretese o delle eccezioni -accerta che manca qualsiasi astratta 
volont� di legge: il che esclude ogni possibilit� per il giudice di estrarre 
una volont� concreta dall'ordinamento, cio� l'esercizio della giurisdizione 
sul merito. In tal caso pu� dirsi che la giurisdizione difetta in modo assoluto, 
argomentando dall'ultimo comma dell'art. 382 c.p.c. (cfr. Cass. 23 maggio 
1975 n. 2056). 

Il difetto assoluto di giurisdizione -come riflesso dell'improponibilit� 
assoluta della domanda, rilevabile anche in s.ede di regolamento 
preventivo -sussiste, tuttavia, solo quando la mancanza di una norma 



PARTE I, SEZ. !II, GIURlS. �SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 263 

o di un principio di diritto, che tutelino la posizione soggettiva dedotta, 
risulti incontestabilmente dalla stessa formulazione dell'oggetto della 
domanda astrattamente considerato e non sia necessario risolvere �questioni 
concernenti la contrastata interpretazione di norme giuridiche o, comunque, 
riflettenti la applicabilit� alla detta posizione soggettiva delle norme 
e dei principi giuridici invocati dall'attore (cfr. Cass. 6 novembre 1975 
n. 3719; Cass. 6 ottobre 1975 n. 3165). 
Nella specie, l'attore ha, innanzi tutto, invocato a fondamento della 
domanda la violazione dell'art. 63 cod. proc. pen., senza avvedersi che al 
dovere di astensione del giudice, da tale norma configurato, non � correlativa 
alcuna posizione giuridicamente tutelata dei soggetti che non siano 
parti del rapporto processuale rispetto al quale si assume la sussistenza 
dei motivi di astensione. Lo si deduce senza margini di equivoco dal rilievo 
che quando il predetto dovere non sia stato osservato dal giudice quei 
motivi, in quanto si traducano in cause di ricusazione, possono essere 
fatti valere soltanto dal pubblico ministero, dall'imputato, dalla persona 
civilmente obbligata per l'ammenda dal responsabile civile e dalla parte 
civile (1:1rt. 65 cod. proc. pen.). Siffatto potere non spetta, invece, a chi 
(come il Corigliano) abbia assunto la veste di testimone. 

Questo rilievo tronca alla radice qualsiasi discorso che si potrebbe 
pur svolgere, fra l'altro, in ordine: 

1) alla possibilit� di contestare, in sede di giudizio di responsabilit� 
civile; la legittimit� dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilit� della 
istanza di ricusazione da parte di chi non abbia coltivato l'impugnativa 
che la legge ammette (art. 69, comma 4 cod. proc. pen.); 

2) alla possibilit� di indirizzare la domanda di risarcimento del 
danno ex art. 55 c.p.c. nei confronti di un giudice diverso da quello che 
ebbe a pronunciare il provvedimento che viene indicato e si pone come 
direttamente produttivo del danno. 

Ancora pi� inconsistente � la pretesa di postulare in astratto una 
situazione soggettiva del testimone a ottenere il rinvio del dibattimento 
a tempo indeterminato, previsto dall'art. 432 cod. proc. pen., del quale pure 
l'attore lamenta la disapplicazione, nel singolare tentativo di postularla 
come fattore produttivo di un danno giuridicamente rilevante nella propria 
sfera. 

Anche a questo proposito si potrebbe osservare che il provvedimento 
di rinvio presuppone un'espressa norma autorizzativa o l'esistenza di 
una causa di assoluta necessit�; e che, qualora la pretesa di ottenere il 
rinvio sia ancorata alla avvenuta presentazione dell'istanza di ricusazione, 
la gi� rilevata carenza di legittimazione a proporre tale istanza 
rivela nella maniera pi� limpida l'insussistenza dell'unico presupposto 
che dovrebbe fondare quella pretesa. 

Peraltro, l'inesistenza di una tutela giuridica avente per oggetto la 
suindicata. pretesa e per titolare (destinatario) il testimone (che per di 


264 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEUO STATO 

pi� abbia gi� deposto) supera l'esigenza di approfondire questo tema, 
col rischio di sconfinare nell'orbita del merito della causa. 

L'esame della domanda sotto il profilo della disapplicazione delle 
due norme richiamate dall'attore mette, dunque, capo ad un risultato negativo 
circa la sua proponibilit�. Ma tale esame non pu� esaurire il compito 
del giudice regolatore della giurisdizione, il quale, andando al di l� 
delle esorbitanze narrative e delle professioni di fede politico-ideologica 
che costellano il prolisso atto di citazione, pu� ricostruire una pretesa fatta 
valere in giudizio con riferimento all'illegittimit� dell'ordine di espulsione 
dall'aula, desumendola dalla denuncia di scorretto esercizio, da parte del 
presidente Viola, del potere di allontanare dalla sala coloro che assistono 
all'udienza. 

A questo proposito il primo comma dell'art. 433 cod. proc. pen. (che 
pu� ritenersi implicitamente invocato dall'attore) stabilisce che il potere 
di polizia e di disciplina delle udienze appartiene al presidente e che 
�tutto ci� che egli prescrive per il mantenimento dell'ordine deve essere 
immediatamente eseguito�, 

Come esattamente rileva il Ministero ricorrente, questa regola del 
processo penale trova puntuale corrispondenza in analoghe norme per 
gli altri tipi di processo (artt. 128 e 129 cod. proc. civ.; artt. 58 e 59 del 
regolamento 17 agosto 1907 n. 642, per il Consiglio di Stato; art. 19 

1. 6 dicembre 1971 n. 1034, per i T.A.R.; art. 26 del regolamento 13 agosto 
1933 n. 1038, per la Corte dei Conti; art. 17 delle norme integrative, per 
i giudizi davanti alla Corte Costituzionale). 
Si tratta di un complesso di norme, attributive di poteri il cui esercizio 
ha per fine l'ordinato svolgimento dei giudizi e, di riflesso, dell'attivit� 
di amministrazione della giustizia (anche costituzionale). 

Il pieno dispiegarsi di tali poteri assume un cos� rilevante interesse 
che i comportamenti idonei ad intralciarlo, quando attingono un certo 
livello di gravit�, sono repressi mediante sanzioni penali. 

In particolare, il potere di polizia delle udienze, previsto dall'art. 433 
cod. proc. pen., nonostante la parziale identit� della formula verbale, 
non si riconduce alla potest� di polizia nella sua accezione tecnica, cos� 
come il potere di disciplina delle udienze, di cui � menzione nella stessa 
norma, non si inserisce nel quadro del potere disciplinare come potere 
di Supremazia speciale, non foss'altro perch� manca tra il presidente e il 
soggetto subordinato al suo potere disciplinare il presupposto di un precostituito 
rapporto continuativo e istituzionale. A conferma della sostanziale 
autonomia di connotazioni dei poteri or ora menzionati stanno la 
diversit� degli organi che ne sono i rispettivi titolari, l'eterogeneit� delle 
funzioni che ciascuno di tali organi esplica, le differenti finalit� per il 
cui conseguimento ciascuno di quei poteri � stato attribuito. 

Per stare nei limiti del caso dedotto senza entrare inutilmente nel 
dettaglio delle accennate distinzioni, basta qui rilevare che degli �obblighi 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 265 

e delle sanzioni per coloro che assistono alle udienze � si occupa l'art. 434 
cod. proc. pen., il cui secondo comma stabilisce che � per ordine di chi 
esercita il potere di polizia della udienza il trasgressore (degli obblighi 
contemplati dal primo comma), quando non deve essere arrestato, � 
espulso dalla sala con divieto di assistere alla continuazione del dibattimento
�. 

In linea di principio, non pu� essere coronato da successo il tentativo, 
che l'attore implicitamente compie di scorgere una posizione di vantaggio 
tutelata come diritto soggettivo perfetto (avente per titolare colui che 
presenzia al dibattimento e per contenuto l'interesse a continuare in tale 
presenza) l� dove finiscono gli obblighi di comportamento posti a carico 
di coloro che assistono alle udienze, fra i quali il testimone che abbia 
gi� deposto non assume una veste differenziata. 

Tanto meno pu� farsi questione di diritto soggettivo (la cui lesione 
solamente pu� fondare la domanda di risarcimento, nella specie proposta) 
allorch�, non contestandosi l'esistenza del potere di espulsione dalla sala 
di udienza, si deduca che la situazione di soggezione al predetto potere, 
in cui versano coloro che presenziano al dibattimento, si trasfigura in una 
posizione di vantaggio nel caso in cui quel potere sia stato malamente 
esercitato. 

Poich�, insomma, non esiste alcuna norma che prenda in considerazione 
per fame oggetto di una specifica e diretta protezione l'interesse 
del teste che abbia gi� deposto a presenziare al dibattimento penale, si 
realizza, in rapporto alla pretesa fatta valere in giudizio, un'ipotesi di 
improponibilit� assoluta della domanda. Infatti, nemmeno pu� ipotizzarsi 
la giurisdizione di un giudice diverso da quello ordinario; e non soltanto 
perch� si versa in tema di domanda di accertamento della responsabilit� 
civile del giudice, ma anche perch� situazioni tutelate come interessi legittimi 
(neppure invocate dall'attore) devono ritenersi del tutto estranee alla 
materia controversa, non potendo ovviamente chiedersi al giudice speciale 
la declaratoria di illegittimit� di un atto compiuto dal giudice ordinario 
nell'esercizio della propria giurisdizione. 

Infine, se l'attore ha inteso farsi interprete e portatore dell'esigenza 
della garanzia di un legittimo svolgimento del corso del dibattimento, 
come espressione specifica del generico interesse ad una corretta ed equanime 
amministrazione della giustizia, la posizione dedotta non risulta 
affatto differenziata rispetto a quella di qualsiasi cittadino e, come tale, 
resta sguarnita di protezione giurisdizionale... -(Omissis). 

lllll�lltlJlliltlJlllllllrlllllllBlllllllllllllllllllllljflllli:lt 



@ 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1976, n. 4444 -Pres. Caporaso 
-Est. Sposato -P. M. Serio (Conf.). Ministero del Tesoro (avvocato 

i

dello Stato Di Tarsia) c. Corsi Milena (avv. Canaletti). 

I

Esecuzione fiscale -Ingiunzione ex r.d. 14 aprile 1910, n. 639 -Caratteri


fil 

stiche del titolo esecutivo e del precetto -Opposizione -Inversione 
processuale -Prova -Onere dell'opponente. 
(!. 14 genaio 1910, n. 639; cod. proc. civ., art. 404). 


L'ingiunzione fiscale, regolata da r.d. 14/4/1910, n. 639 cumula le 
caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto: l'opposizione contro 
di essa pu� essere pertanto proposta secondo la normativa propria dell'opposizione 
all'esecuzione prevista dal Codice di rito, in 'cui il debitore, 
contro cui il titolo esecutivo � fatto valere, assume la veste di attore, 
con l'onere .di provare le proprie allegazioni (1). 

(1) Giurisprudenza costante, per un; esempio cfr. tra le altre, Cass. I, 22 luglio 
1976, n. 2902 in Foro it., 1976, I, 2101. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 10 gennaio 1977, n. 76 -Pres. Benedicenti 
-Est. Baroni -P. M. Penaiuolo (conf.) -Somino Marcella ed 
altri (avv. Piperno) c. Ente Esposizione Universale di Roma -E.U.R. 
(avv. Stato Bruno). 

Servit� -Servitit prediali e servit� personali -Peso reale su di un fondo Diritto 
di sequela -Rapporto obbligatorio. 
(cod. civ. art. 1027). 

Obbligazioni e contatti -Interpretazione -Obbligo di congrua motivazione. 
(coci. civ. art. 1362). 


Dato il disposto dell'art. 1027 e.e., non trovano ingresso nel nostro 
ordinamento le servit� personali (o, secondo altra terminologia, irregolari) 
intese come limitazioni al diritto di propriet� su una cosa a beneficio di 
una persona: pu� tuttavia concedersi a favore di una persona, il diritto 
di trarre alcune utilit� su un fondo senza gravare questo di un peso 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 267 

reale, dando vita, in questo caso, �ad un rapporto obbligatorio, privo cwe 
degli attributi della realit� e non assistito dal diritto di sequela (1). 

E comunque rimesso all'interpretazione del giudice del merito stabilire 
se da un contratto di compravendita possa desumersi una manifestazione 
di voloni�, esplicita o implicita, diretta a costituire tra due 
fondi una servit� prediale oppure un diritto personale di godimento a 
favore dell'acquirente: inc�rnbe per� allo stesso giudice offrire congrua 
motivazione circa le ragioni attraverso le quali � pervenuto al suo convincimento 
(2). 

(1-2) Entrambe le massime si presentano esatte nell'applicazione dei principi 
generali sinora seguiti in .giurisprud�nza in tema di diritti reali ed ermeneutica 
del negozio. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 gennaio 1977, n. 366 -Pres. Iannuzzi -
Rel. Carnevale -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv; 
stato Albisinni) c. Condominio della Roggia Mora e Industria Filati 
e tessuti Crespi S.p.A. (avv.ti Viola -Scarpa -Hess). 

Acque pubbliche ~ Antiche utenze -Pagamento del canone � Riconoscimento 
� Provvedimento della P.A. -Valore meramente ricognitivo. 

Prescrizione � Decorrenza � Insussistenza di un atto della P.A. ricognitivo 
dell'utenza -Irrilevanza. 

L'obbligo del pagamento del canone annuo, per le �antiche utenze� 

di acque pubbliche trae titolo -al pari del diritto dell'antico utente alla 

derivazione -unicamente dalla legge, senza che l'eventuale provvedi


mento ricognitivo adottato dalla p. A, possa assurgerne a fonte (1). 

Non incide pertanto sulla decorrenza della prescrizione del� diritto 

della p. A. al pagamento del canone l'eventuale inesistenza del provvedi


mento in parola, si che l'Amministrazione interessata pu� esercitare il 

suo diritto alle singole scadenze, senza dover attendere l'esito del proce


dimento di riconoscimento (2). 

La questione cli diritto sottoposta alla Corte d'Appello di Torino e 
riproposta dall'Amministrazione ricorrente all'esame di questa Corte 
Suprema, la quale non ha avuto finora occasione di occuparsene, � 
stata esattamente risolta dalla sentenza impugnata, anche se la motiva


(1-2) Con la pronunzia che si riporta, il S.C. affronta la problematica delle� 
utenze di acqua pubblica, distinguendola in base al titolo onde esse derivano e alle 
posizioni giuridiche che si realizzano nei confronti degli interessati oltre che delle 
Autorit� Amministrative. Non constano precedenti. 



268 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

zione addotta, a causa delle lacune e degli errori che contiene, ha fornito 
lo spunto ad alcune delle censure avanti riassunte. 

Le considerazioni che seguono valgono, quindi, oltre che a confutare 
gli argomenti prospettati dall'Amministrazione ricorrente, ad integrare 
e a correggere la detta motivazione. �� 

� opportuno premettere che la giurisprudenza di questa Corte Suprema, 
in conformit� a quanto sostenuto dalla dottrina, � costante nel 
ritenere che i titolari delle antiche utenze di acque pubbliche -cio� 
coloro che abbiano derivato ed utilizzato acque pubbliche per tutto il 
trentennio anteriore alla pubblicazione della legge 10 agosto 1884, n. 2644 
-hanno un diritto soggettivo all'utilizzazione e alla derivazione dell'acqua, 
nella stessa misura e con le medesime modalit� dell'uso precedente. 


Tale diritto non sorge per effetto del provvedimento di riconoscimento 
-il quale non ha carattere costitutivo, rientrando nella categoria 
di provvedimenti amministrativi di accertamento, la cui nota distintiva 
� appunto quella di non dar vita ad una nuova situazione giuridica, ma 
di limitarsi a riconoscere l'esistenza di una preesistente situazione giuridica, 
conferendole l'efficacia della certezza legale -, ma ha la propria 
fonte direttamente nella legge. 

L'art. 2, lett. B), del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, attribuendo il diritto 
di derivare ed utilizzare acqua pubblica a coloro che hanno derivato ed 
utilizzato acqua pubblica per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione 
della legge 10 agosto 1884, n. 2644, considera, infatti, l'elemento 
sostanziale della derivazione e dell'utilizzazione dell'acqua pubblica nel 
detto trentennio come presupposto necessario e sufficiente per la continuazione 
della derivazione e dell'utilizzazione dell'acqua pubblica, nei 
limiti della quantit� di acqua e di forza motrice effetti\ramente utilizzata 
nel periodo suindicato. 

Mentre per le nuove utenze il provvedimento amministrativo di concessione 
rappresenta il titolo costitutivo del diritto di derivare e di utilizzare 
acqua pubblica, determinandone altres� il contenuto e la durata; 
rispetto alle antiche utenze il provvedimento di riconoscimento non 
determina, quindi, il sorgere del . diritto, ma, dovendo limitarsi all'accertamento 
del presupposto legale ed operando retroattivamente, presuppone 
la legittimit� della derivazione e dell'utilizzazione intervenute medio 
tempore, rendendola, per l'effetto preclusivo che gli � proprio, non pi� 
contestabile sia nei rapporti con la P.A. sia nei riguardi dei terzi. 

La differenza di effetti tra il provvedimento di concessione di una 
nuova istanza e quello di riconoscimento di un'antica utenza trova conferma, 
oltre che nella diversa formulazione letterale delle disposizioni 
contenute, rispettivamente, nelle lettere b) e c) dell'art. 2 del T.U. 11 dicembre 
1933, n. 1775, nella disposizione dell'art. 4 dello stesso testo unico, 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVIl.E 

la quale -nello stabilire che le utenze riconosciute e da riconoscere 
hanno la stessa durata massima stabilita dall'art. 21 per le varie specie 
di concessioni -ne fissa la decorrenza non gi� dalla data del provvedimento 
di riconoscimento, ma indistintamente dal 1 febbraio 1917. 

Tale differenza di effetti spiega poi come la posizione soggettiva del 
titolare di un'antica utenza prima del provvedimento di riconoscimento 
abbia una consistenza diversa e sia quindi tutelabile davanti ad un 
giudice diverso, rispetto a quella del soggetto che abbia presentato una 
istanza diretta ad ottenere una concessione. 

Quella del primo ha consistenza di diritto soggettivo, il cui contenuto 
non � circoscritto al solo riconoscimento dell'utenza, ma comprende altres� 
la facolt� di continuare a derivare ed utilizzare il quantitativo di acqua 
pubblica e di forza motrice effettivamente utilizzato nel trentennio pi� 
volte indicato; e pu� essere tutelata davanti al Tribunale regionale delle 
acque pubbliche. La posizione del secondo -come quella di chiunque 
aspiri a una concessione su un bene demaniale -�, invece, di mero 
interesse legittimo ed � tutelabile davanti al Tribunale superiore delle 
acque pubbliche, quale giudice degli interessi nella materia delle acque 
pubbliche. 

La differenza tra le posizioni dei due soggetti viene meno una volta 
che, in favore del secondo, sia intervenuto il provvedimento di concessione. 

A conclusione di un lungo processo che, avviato con la legge 10 agosto 
1884, n. 2644, ebbe le sue tappe pi� significative nel D.L. Lgt. 20 novembre 
1916, n. 1664, e nel R.D.L. 29 ottobre 1919, n. 2161, la disciplina delle 
antiche utenze risulta, nel vigente testo unico delle leggi sulle acque 
pubbliche e sugli impianti elettrici (R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775), del 
tutto simile a quella delle concessioni. 

Al pari del concessionario, il titolare di un'antica utenza ha, nei 
confronti della P.A., un diritto soggettivo alla derivazione ed all'utilizzazione 
dell'acqua pubblica, destinato ad affievolirsi ove si verifichi l'esigenza 
del suo sacrificio per ragioni di pubblico interesse. 

Le antiche utenze, al pari delle concessioni, hanno -salvo alcune carattere 
temporaneo, essendone stata abolita la perpetuit� con il D.L. 
Lgt. 20 novembre 1916, n. 1664, il quale, con disposizione riprodotta nel 
gi� citato art. 24 del vigente testo unico, stabil� per esse la stessa durata 
massima prevista per le concessioni, con decorrenza, in ogni caso, dal 
1� febbraio 1917; sono rinnovabili alla scadenza nei modi, nei termini e 
alle condizioni stabiliti per la rinnovazione delle concessioni; e ne pu� 
essere pronunciata la decadenza negli stessi casi in cui la P.A. pu� pronunciare 
la decadenza della concessione. 

Esse, infine, come le concessioni, non sono gratuite, in quanto la loro 
gratuit� totale o parziale fu abolita con l'art. 6 del R.D.L. 25 febbraio 1924, 

n. 456, il quale, con disposizione sostanzialmente riprodotta nel primo 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comma dell'art. 38 del testo unico in vigore, stabil� che il canone, nella 
misura e con le eventuali riduzioni previste per le concessioni, dovesse 
essere applicato � anche sui diritti di derivazione ed utilizzazione rico" 
nosciuti e da riconoscersi ai sensi degli artt. 2 e 125 del R.D.L. 9 ottobre 
1919, n. 2161 � (contenenti disposizioni successivamente riprodotte negli 
artt. 2 e 24 del testo) e che �l'obbligo del pagamento del canone dovesse 
decorrere� dal 1� luglio 1924, qualllnque fosse il tempo in cui i diritti 
stessi fossero stati o sarebbero stati dichiarati e riconosciuti �; 

Come emerge dal tenore letterale di queste norme, H diritto della 

P.A. al pagamento de� canone -quale situazione attiva del rapporto 
obbligatorio nascente dalla derivazione e dell'utilizzazione dell'acqua pubblica 
da parte del titolare di un'antica utenza -� sorto, quindi, il 
1� luglio 1924, indipendentemente dal ri~~noscimento ed in qualunque 
momento sia intervenuto o intervenga il relativo provvedimento. 
Il riconoscimento dell'antica utenza, come non ha .effetto costitutivo 
rispetto al diritto del suo titolare di derivare ed utilizzare l'acqua pubblica 
nella stessa misura e con le stesse modalit� del trentennio anteriore alla 
pubblicazione della pi� volte citata legge n. 2644 del 1884, non vale neppure 
a far sorgere l'obbligo dell'utente -e il corrispondente diritto della 
Amministrazione -di pagal"e il canone, la cui misura, riferita all'uso 
per la durata di un anno, � determinata per legge (v. artt. 35 e 36 del 
Testo unico e successive modificazioni) in relazione alla quantit�, alle 
modalit� di uso e alla destinazione dell'acqua pubblica derivata o 
utilizzata. 

L'obbligo del pagamento del canone annuo a decorrere dal' 1� luglio 

1924 ha, quindi, la propria fonte, al pari del diritto del�'antico utente alla 

derivazione e all'utilizzazione dell'acqua pubblica, esclusivamente nella 

legge e come unico fatto generatore la derivazione e l'utilizzazione del


l'acqua, alle quali il canone deve essere commisurato in :base ai para


metri anch'essi legalmente fissati. 

Il provvedimento di riconoscimento delle antiche utenze -oltre a 

non spiegare alcuna influenza sulla sua nascita -non incide sulla decor


renza della prescrizione del diritto della P.A. al pagamento del canone. 

La P.A. -consistendo il fatto generatore del credito relativo al 
canone esclusivamente nella derivazione e nell'utilizzazione dell'acqua 
pubblica -pu�, infatti, esercitare il suo diritto alle singole scadenze, 
provvedendo all'accertamento e alla riscossione del canone ai sensi del 


T.U. 14 aprile 1910, n. 636, espressamente richiamato dall'art. 39 del T.U. 
11 dicembre 1933, ri. 1775, senza dovere attendere l'esaurimento del procedimento 
di riconoscimento. 
Per sostenere che la prescrizione non possa decorrere se non 'dalla ,, 
data del provvedimento di riconoscimento, non varrebbe invocare, peral


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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tro, il principio, sancito dall'art. 2935 del vigente codice, secondo cui la 

prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu� essere 

fatto valere. 

Tale principio -che, essendo gi� ammesso, nonostante il silenzio 

della legge, dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti anche sotto 

il rigore del codice civile del 1865, � applicabile, dato il suo carattere 

interpretativo, anche alla prescrizione dei diritti sorti nel vigore di quel 

codice -non ha, come � noto, una portata assoluta e generale, in quanto 

l'impossibilit� dell'esercizio del diritto, cui la legge attribuisce rilevanza 

di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, � solo quella che 

deriva da cause giuridiche che ostacolino l'esercizio del diritto e non 

comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, 

come quelli che trovino la loro causa nell'ignoranza, da parte del titolare, 

del fatto generatore del suo diritto e nel ritardo con cui egli proceda ad 

accertarlo o a farlo accertare per la mancata comunicazione dello stesso 

fatto da parte del debitore. 

La pendenza del procedimento di riconoscimento non pu�, infine, 

integrare una causa di sospensione della prescrizione, dando luogo, tutt'al 

pi�, ad un ostacolo di mero fatto all'esercizio del diritto e, soprattutto,� 

non rientrando in alcuna delle cause di sospensione previste dalla legge. 

Tali cause, com'� noto, sono tassativamente indicate dagli artt. 2941 

e 2942 cod. civ., i quali non sono suscettibili di applicazione analogica e 

di interpretazione estensiva, e sono limitate a quelle che consistono in 

veri e propri impedimenti di ordine giuridico, con esclusione degli impe


dimenti di mero fatto. 

Le considerazioni svolte in occasione dell'esame del primo motivo 
. rendono pi� agevole la dimostrazione dell'infondatezza anche del secondo 

motivo, con il quale l'Amministrazione ricorrente -denunciando la 

violazione e la falsa applicazione degli artt. 2135 e 2144 cod. civ. 1865 e 

degli artt. 2946 e 2948 cod. civ. vigente nonch� dell'art. 252 disp. trans. 


sostiene che la Corte del merito ha, in ogni caso, errato nel ritenere 

applicabile la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, cod. 

civ. vigente, invece della prescrizione ordinaria decennale prevista dall'art. 
2946 dello stesso codice. Deduce in proposito che il principio, affermato 
da questa Corte Suprema con le sentenze 16 gennaio 1925 n. 118 e 
12 giugno 1969 n. 2080 ed al quale la Corte del merito ha espressamente 
dichiarato di volersi uniformare, riguarda i canoni dovuti per� le concessioni 
e non anche quelli dovuti per le antiche utenze riconosciute e pu� 
essere applicato, tutt'al pi�, ai canoni dovuti per tali utenze successivamente 
al riconoscimento. Ai canoni dovuti per il periodo anteriore, per 
i quali, fino a quando non vi sia stata una determinazione, quanto meno 
provvisoria, da parte dell'Amministrazione, non sarebbe ipotizzabile il 

RASSEGNA DELI..'AVVOCATURA DELLO STATO 

pagamento ad anno o a termini pi� brevi, l'art. 2948, n. 4, cod. civ. non 
potrebbe, invece, trovare applicazione, tanto pi� che le somme richieste, 
a causa del mancato riconoscimento, avrebbero natura pi� di indennizzo, 
che non di canone. 

In contrario deve rilevarsi -anzitutto, che, in base al sistema risultante 
dal vigente testo unico delle leggi sulle acque pubbliche e sugli 
impianti elettrici, i canoni annui dovuti per la derivazione e l'utilizzazione 
di acqua pubblica hanno la stessa natura -di corrispettivo per l'uso 
particolare del bene demaniale -qualunque sia il titolo (concessione, 
antica utenza riconosciuta o da riconoscere, autorizzazione all'anticipata 
utilizzazione) in base al quale la derivazione e l'utilizzazione dell'acqua 
pubblica hanno avuto luogo. 

In particolare, deve escludersi che i canoni dovuti dal titolare di 

un'antica utenza per il periodo anteriore al riconoscimento abbiano natura 
di indennit�, in quanto la derivazione e l'utilizzazione dell'acqua. pubblica, 
anche prima che intervenga il provvedimento di riconoscimento, non 
costituiscono un'attivit� illecita, ma rappresentano atti di esercizio di un 
diritto soggettivo avente natura e caratteri analoghi a quelli del diritto 
del concessionario. 

L'obbligo del pagamento del canone sorge, in ogni caso, direttamente 

dalla legge e non dal provvedimento amministrativo; il quale svolge 

rispetto ad esso il limitato ruolo di atto di accertamento; trova il suo 

fatto generatore nella deriv~zione e nell'utilizzazione dell'acqua pubblica; 

ed ha come contenuto la prestazione periodica, a scadenza annuale, di 

una somma di danaro commisurata, in base a parametri fissati dalla 

legge, alla quantit�, alle modalit� di uso e alla destinazione dell'acqua 

pubblica derivata o utilizzata. 

Trattandosi di prestazioni periodiche dipendenti da una causa debendi 
continuativa, quale la derivazione e l'utilizzazione dell'acqua pubblica 
per la durata stabilita dalla legge o dal provvedimento di concessione o 
di autorizzazione all'utilizzazione anticipata, la prescrizione applicabile al 
diritto dell'Amministrazione al pagamento dei canoni � quella quinquennale 
prevista dall'art. 2948, n. 4, cod. civ. relativamente agli interessi e, 
in generale, a tutto ci� che deve pagarsi periodicamente ad anno o in 
termini pi� brevi, nel cui ambito debbono comprendersi non soltanto 
le prestazioni periodiche aventi carattere accessorio rispetto a un debito 
. principale,. ma anche -in conformit� al criterio, informatore delle varie 
ipotesi contemplate nei nn. 1 e 4 del citato art. 2948, di liberare il debitore 
delle prestazioni scadute, non richiede tempestivamente dal creditore, 
quando le prestazioni siano periodiche, in relazione ad una causa debendi 
continuativa -le prestazioni periodiche che, pur essendo tra loro auto


nome, trovino tutte la loro fonte in un unico rapporto giuridico. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 273 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 febbraio 1977, n. 548 -Pres. Iannuzzi -
Rel. Scanzano -P. M. Pedace (conf.). Gestione Commissariale Governativa 
delle Ferrovie Cancello -Benevento (avv. Stito) c. Pastore 
Giuseppe e Jannace Angelo, Lidia e Tommaso (avv. Marrapese). 

Atto amministrativo � Concessioni amministrative � Imprese esercenti 
pubbliche attivit� � Gestioni commissariali �.Funzione e natura -Competenza 
del giudice � Foro della P.A. � Limiti � Cause in cui � parte 
una P.A. 

La gestione commissariale di un'impresa esercente attivit� di pubblico 
interesse non elimina il regime della concessione, anzi d� luogo ad 
un'attivit� che � svolta con gli strumenti di impresa propri del concessionario, 
ma non � idonea ad inserire il Commissario governativo (nonch� 
agisca sotto la vigilanza del Ministero che lo ha nominato) nell'organizzazione 
della P.A. (1). 

Dato il disposto dell'art. 6 del r.d. 30-10-1933, n. 1611 e dell'art. 25 c.p.c. 
che limita la competenza del foro erariale alle cause in cui � � parte 
nell'Amministrazione dello Stato�, non vi � ragione di deroga agli ordinari 
criteri di determinazione territoriale del foro (2). 

(1-2) La pronunzia risolve in maniera corretta il problema di competenza 
territoriale, anche in considerl'!Zione della natura dell'organo preposto, in qualit� 
di commissario governativo alla gestione di un'impresa esercente attivit� di pubblico 
interesse. Non constano precedenti specifici. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 febbraio 1977, n. 792 -Pres. Mirabelli -
Rel. Zappulli -P. M. Pedace (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. Stato 
Cavalli) c. Kautle Michele (avv. Andreini). 

Stato civile -Residenza � Dimora � Indici � Permanenza del soggetto in una 
localit� � Volont� soggettive. 
(cod. civ. art. 43). 

La residenza, nel concetto accolto dall'art. 43 e.e. � caratterizzata, oltre 
che dall'elemento oggettivo della permanenza in un determinato luogo, 
anche dalla volont� di rimanervi s� che va distinta dalla dimora, che a 
causa delle particolari esigenze della vita moderna pu� avere anche una 
notevole e reiterata durata, senza importare peraltro la prova dell' elemento 
soggettivo di rimanere in quella localit� (1). 

(1) Ancora una pronuncia della S.C. diretta a delimitare il concetto di dimora 
(utile anche rper il nuovo regime del diritto di famiglia). Per specifici precedenti 
cfr. Cass., 17 gennaio 1972, n. 126, Giust. Civ. Mass., 1972, 71; Cass., 12 febbraio 1973, 
n. 435, Giust. Civ. Mass., 1973, 224 e, in dottrina FORCHIELLI, Domicilio, residenza e 
dimora, Encicl. dir., Milano 1964, XIII, 842 segg. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

274 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 marzo 1977, n. 894 -Pres. La 
Farina -Rel. Schermi -P. M. Raja (conf.) -Rizzo Donato Luigi e 
Rizzo Tecla (avv. Carbone) c. Ministero della Pubblica Istruzione 
(avv. stato Tarin). 

Responsabilit� civile -Responsabilit� per atto illecito -Maestro elemen


tare -Precettore � Obbligo di vigilanza -Responsabilit� per non aver 

potuto impedire il fatto � Sussiste. 

Danno -Obbligo di impedire l'evento -Presunzione di responsabilit� Sussiste. 


Responsabilit� civile -Dovere di vigilanza -Relativit� del dovere -Moda� 
lit� di esercizio. 

Danno -Comportamento del precettore o del maestro in classe -Imprevedibilit� 
dell'evento. 

La nozione di �precettore di cui all'art. 2048 e.e. ricomprende anche 
la figura del maestro elementare, che pertanto � responsabile dell'atto 
illecito di un suo allievo, compiuto nel periodo in cui era sotto l� sua 
vigilanza, salvo le prove di non aver potuto impedire il fatto (1). 

Costituisce prova liberatoria dalla presunzione di responsabilit� la 
dimostrazione di aver esercitato la vigilanza nella misura dovuta, unitamente 
alla impossibilit� di impedire l'evento causativo del danno, per la 
sua repentivit� ed imprevedibilit�, s� da non consentire un preventivo 
ed efficace intervento da parte del precettore (2). 

Il contenuto del dovere di vigilanza non pu� essere determinato in 
assoluto, ma � relativo, in rapporto al normale grado di maturazione 
degli alunni: deve pertanto essere esercitato in misura massima nell'ambito 
di una prima classe elementare (3). 

Non pu� considerarsi esimente dalla detta presunzione il comportamento 
del precettore che si limiti � con la sua stessa �presenza� a mantenere 
nell'aula una �situazione di normalit�� appunto perch� trattandosi 
di una prima classe elementare era sempre possibile (e pertanto non 
imprevedibile) che qualche alunno compisse atti inconsueti. 

(1-4) Sull'equiparazione al precettore del maestro elementare, Cass., 13 aprile 
1973, n. 1056, Giust. Civ., 1973, I, 898, Cass., 3 febbraio 1972, n. 260, Giust. Civ. 
Mass., 1972, 140, con richiami. Circa il contenuto del dovere di vigilanza in relazione 
all'obbligo di evitare l'evento cfr. DE CuPis, Fatti illeciti, Commentario del 
Codice Civile a cura di Branca e Scialoja, Bologna 1968, pag. 323. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 275 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 marzo 1977, n. 1112 -Pres. De Santis 

-Rel. Degini -P. M. Leo (conf.) -Ministero della Pubblica Istruzione 

(avv. Stato La Porta) c. Gennaro Pier Luigi e Giovanni (avv. Barrera). 

Obbligazioni e contratti � Debiti di valore e di valuta � Svalutazione monetaria 
� Funzione e natura. 

Danno � Incidenza della svalutazione � Petitum � Immutabilit� � Sussiste. 

Impugn�zione -Giudice del gravame � Potere di rilevare ex officio la svalu� 
tazione � Sussiste. 

Impugnazione -Giudizio di rinvio � Potere del giudice di rinvio di rilevare 
la svalutazione ex officio � Sussiste � Limiti. 

Nei debiti di valore, per rendere .effettiva la reintegrazione patrimoniale, 
deve tenersi conto della sopravvenuta svalutazione monetaria attribuendo 
al creditore una quantit� di valuta sufficiente a restituire al 
suo patrimonio la consistenza che avrebbe avuto se non si fosse prodotto 
il danno (1). 

L'incidenza della svalutazione non altera pertanto il �petitum � che 
rimane quello originario e pu� farsi valere sino al momento della liquidazione 
finale (2). 

La svalutazione pu� di conseguenza essere rilevata d'ufficio dal giudice 

dell'impugnazione che ~ tenuta a rivedere -sino a che non si � fermato 

il giudicq.to sulla condanna -la liquidazione del danno in relazione ai 

valori monetari del momento in cui emette la decisione (3). 

Al medesimo a�certamento � tenuto anche il giudice del rinvio, 

quando per effetto della cassazione della sentenza, sia ancora sub judice 

la concreta promessa di condanna� a carico del responsabile del danno 

unitamente alla determinazione delle somme che deve esser pagata a 

titolo di risarcimento (4). 

(1-4) Circa il principio enunciato sub (1) cfr. Cass., 22 novembre 1974, n. 3789 
in Giust. Civ. Mass., 1974, 1629, la S.C. aveva gi� affermato il principio della rilevabilit� 
di ufficio della svalutazione indipendentemente da un'espressa menzione nel 
gravame con la sentenza 7 aprile 1972, n. 1070, in Giust. Civ. Mass., 1972, 579, mai 
per� nel giudizio di rinvio: di qui l'intt;resse della decisione. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 settembre 1976, n. 826 -Pres. Uccellatore 
-Est. Trotta -Soc. Grande Unione Magazzini (avv. Conti) c. 
Ministero Lavori Pubblici (n.c.), Comune di Rieti (avv. Nigro) e 
Regione Lazio (avv.ti Zaccagnini, Amata e Lagonegro). 

Competenza e giurisdizione � Consiglio di Stato � Tribunali Amministra� 
tivi Regionali � Atti di organi centrali dello Stato � Ricorsi proposti 
anteriormente all'insediamento dei T.A.R. � Passaggio medio tem� 
pore della materia alle Regioni � Competenza del Consiglio di Stato 
in unico grado � Permane. 

� irrilevante ai fini dello spostamento della competenza il trasferimento 
medio tempore dallo Stato alla Regione della materia (ad esempio 
urbanistica) oggetto di ricorsi contro provvedimenti di organi centrali 
dello Stato, la cui cognizione in sede giurisdizionale resta pertanto del 
Consiglio di Stato, in via transitoria ex art. 38 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, 
beninteso qualora i ricorsi medesimi risultino proposti fino a tre mesi 
dalla data di insediamento dei Tribunali Amministrativi Regionali (1). 

(1) Giurisprudenza consolidata in termini, nonch�, in particolare, sul principio 
che la circostanza del passaggio alle Regioni della competenza in materia 
urbanistica dopo il provvedimento emanato dagli organi statali non ha l'effetto 
di trasformare quest'ultimo in atto regionale (cfr., ad es., Sez. IV, 14 novembre 
1975, n. 1041, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1215; Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 932, 
ivi 1975, I, 1095; Ap. 3 luglio 1973, n. 7, ivi, 1973, I, 869). 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 settembre 1976, n. 827 -Pres. Uccellatore 
-Est. Giovannini -Soc. S.P.E.M.E. (avv. Sandulli A.M.) c. 
Ministero lavori pubblici (avv. Stato Ferri), Regione Campania (n.c.) 
e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). 

Edilizia -Piano regolatore � Competenza e giurisdizione -Ricorso contro 
provvedimento dell' Amm.ne statale � Passaggio medio tempore della 
materia alle Regioni � Competenza del Consiglio di Stato in unico 
grado � Permane. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Piano regolatore � 
Impugnabilit� delle deliberazioni comunali prima della emanazione 
del decreto ministeriale di approvazione � Limiti. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Piano regolatore -Natura -Controinteressati -Titolarit� di un mero interesse 
di fatto -Inconfigurabilit� di controinteressati sostanziali Sussiste. 


Piano regolatore -Impugnabilit� dell'atto di approvazione -Presupposti Limiti 
-Assenza di piani particolareggiati -Effetti. 

Edilizia -Piano regolatore generale -Reiezione delle osservazioni dei privati 
-Necessit� di analitica motivazione -Non sussiste. 

Piano regolatore -Modifiche d'ufficio -Natura e limiti. 

Piano regolatore -Poteri del Ministero LL.PP. in tema di tutela del paesaggio 
e di complessi di interesse storico � Vincoli preesistenti -Possibilit� 
di imporre ulteriori limitazioni -Sussiste. 

Piano regolatore -Piano regolatore generale -Atti preparatori -Pareri Necessit� 
del parere del Ministero della P'.I. -Non sussiste. 

Edilizia -Piano regolatore generale -Necessit� di ripubblicazione ex 
art. 9 L. 1150/1942 a seguito di modifiche d'ufficio -Non sussiste. 

Edilizia -Piano regolatore generale � Tabelle d'ambito -Modifiche d'ufficio Relazione 
e limiti. 

Edilizia -Piano regolatore -Attrezzature pubbliche -Minimi previsti dal 

D.M. 2 aprile 1968 -Maggiorazione -Limiti. 
Edilizia -Piano regolatore generale -Necessit� della relazione economicofinanziaria 
ex art. 30 L. 17 agosto 1942 n. 1150 -Non sussiste. 

Edilizia � Piano regolatore generale -Piani particolareggiati -Rinvio � 
Effetti. 

Edilizia -Piano regolatore generale -Licenze di costruzione � Pareri Obbligo 
del parere della Soprintendenza ai Monumenti -Previsione 
contenuta nel p.r.g. -.Legittimit� -Sussiste. 

Piano regolatore -Piano regolatore generale -Struttura urbanistica � 
Mutamenti sopravvenuti -Valutazione -Obbligo -Limiti. 

Piano regolatore -Piano regolatore generale � Firma degli atti -Mancata 
sottoscrizione di elementi cartografici e illustrativi -Effetti. 

Edilizia -Piano regolatore generale -Divieto di costruzione � Lottizzazione 
convenzionata -Necessit� di motivazione idonea � Sussiste. 

Sussiste la competenza del Consiglio di Stato in ordine alla impugnativa 
di un decreto ministeriale che approva il piano regolatore generale 
di un comune qualora sia stato effettuato il deposito del ricorso al 
Consiglio di Stato prima del 1� aprile 1974, data di scadenza del termine 
di tre mesi dall'insediamento dei Tribunali Amministrativi Regionali, ci� 
ai sensi dell'art. 38 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, senza che alcun effetto 


278 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

possa derivare dal passaggio alle Regioni -medio tempore -della materia 
urbanistica (1). 

In relazione alla particolare natura, meramente preparatoria, delle 
deliberazioni degli organi comunali di adozione del piano regolatore, di 
accettazione o rigetto delle modifiche indicate dal Ministero, di controdeduzione 
alle osservazioni dei privati, esse non sono impugnabili autonomamente 
e cio� indipendentemente dalla impugnazione del decreto 
ministeriale di approvazione del piano (2). 

Stante la natura di provvedimento generale rivestita dal piano regolatore 
gene.rate, non possono configurarsi controinteressati al medesimo, 
non essendo tali neppure i privati che abbiano prodotto osservazioni al 
piario regolatore in senso contrario alle pretese avanzate dai ricorrenti 
in sede di impugnativa giurisdizionale (3). 

Considerato che il privato pu� subire una lesione attuale e concreta 
per effetto della approvazione del piano regolatore generale (indipendentemente 
dalla esistenza di piani particolareggiati), qualora, ad esempio, 
dal medesimo piano regolatore generale derivi �la caducazione di una 
lottizzazione della quale il privato risulti titolare, sussiste sempre la 
possibilit� di impugnativa, in sede giurisdizionale, del provvedimento che 
approva detto piano regolatore generale (4). 

La generica deduzione della esistenza di un palese contrasto con gli 
interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione di 
un piano regolatore generale costituisce sufficiente motivazione per la 
reiezione da parte del Comune delle osservazioni presentate dai privati 
al piano medesimo, non costituendo queste rimedi giuridici in senso 
tecnico (5). 

(1-17) Sulla prima massima cfr. Sez. IV, n. 826/1976 che precede. 

Sul principio secondo cui, in relazione alla qualificazione di provvedimento 
generale propria del piano regolatore, non sussiste la possibilit� di configurare 
controinteressati in senso formale cfr. Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42, in Il Consiglio 
di Stato 1976, I, 17; Sez. IV, 14 novembre 1975, n. 1041, ivi, 1975, I, 1215; 
Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 932, ivi, 1975, I, 1095. 

Sulla natura delle osservazioni dei privati quali semplici forme di collaborazione 
alla formazione del piano cfr. Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 933 (che afferma 
anche altri principi ribaditi nella presente decisione) in Il Consiglio di Stato, 1975, 
I, 1103; Sez. IV, 19 febbraio 1974, n. 187, ivi, 1974, I, 212; Sez. IV, 14 aprile 1973, 

n. 421, ivi, 1973, I, 551; Sez. IV, 20 marzo 1973, n. 245, ivi, 1973, I, 393; Sez. IV, 26 aprile 
1972, n. 319, ivi, 1972, I, 602; Sez. IV, 14 dicembre 1971, n. 1160, ivi, 1971, I, 2363; 
Sez. IV, 10 luglio 1970, n. 522, ivi, 1970, I, 1236; Sez. IV, 8 novembre 1967, n. 537, 
ivi, 1967, I, 2104. 
L'interpretazione dell'art. 10, secondo comma, della legge urbanistica nel testo 
modificato dalla I. 6 agosto 1967, n. 765, accolta dalla decisione in rassegna, 
secondo cui � insussistente il limite del rispetto delle caratteristiche essenziali 
del piano per le modificazioni ivi consentite (lett. a, b, ce d) ha trovato in passato 
conferma nelle decisioni della Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 932, gi� citata e 22 ottobre 
1974, n. 668, ivi 1974, I, 1181, entrambe con specifico riferimento a modificazioni 
riconosciute indispensabili per assicurare la tutela del paesaggio e di com



PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 279 

A norma dell'art. 10, 2� co., della L. 17 agosto 1942 n. 1150, le modifiche 
ivi previste (lettere a, b, c, d) possono anche incidere sulle caratteristiche 
essenziali del piano stesso (6). 

A norma dell'art. 10, 2� co., della L. 17 agosto 1942 n. 1150, in sede 
di formazione del piano regolatore generale il Ministro dei Lavori Pubblici 
pu� introdurre d'ufficio ulteriori limitazioni ai fini di tutela del 
paesaggio e di complessi storici, in aggiunta ai vincoli di cui alle leggi 
1� giugno 1939 n. 1089 e 29 giugno 1939 n. 1497 in ipotesi gi� in precedenza 
imposti (7). 

In sede di modifiche d'ufficio apportate per la tutela di beni culturali 
e ambientali ad un piano regolatore generale non � necessario il parere 
del Ministero dalla P.I. (ora Ministero per i beni culturali e ambientali), 
essendo sufficiente ex art. 2 L. 1� giugno 1971 n. 291 il parere del Consiglio 
Superiore dei Lavori Pubblici, il quale ha carattere sostitutivo di ogni 
altro parere (8). 

Qualora al piano regolatore generale in sede di approvazione il 
Ministero dei LL.PP. apporti modifiche d'ufficio, queste non comportano 
la necessit� di una nuova pubblicazione del piano ex art. 9 L. 17 agosto 
1942 n. 1150 (9). 

Considerata la particolare natura delle tabelle d'ambito, che non 
rivestono funzione prescrittiva autonoma, ma servono solo ad evidenziare 
in forma sintetica i rapporti fra insediamenti abitativi e attrezzature 

plessi storici, monumentali, ambientali e archeologici; ci� in relazione all'art. 7, 

n. 3 della l. 1150/1942, a norma del quale il piano regolatore generale indica i 
vincoli da osservart nel settore di tutela in esame, e non si limita ad una funzione 
meramente ricognitiva, ma ha il potere di imporre costitutivamente stru� 
menti di tutela dell'interesse ambientale; lo stesso art. 10, 2� comma, lett. c, nel 
testo modificato dalla citata I. 765/1967 consente al Ministero LL.PP. la facolt� di 
introdurre d'ufficio modifiche con funzione di tutela paesaggistica, monumentale 
e archeologica. 
Sul principio secondo cui non � ri�hiesta una nuova pubblicazione del piano 
ex art. 9 legge urbanistica pur in pr�senza di rilevanti modifiche apportate in 
sede di approvazione e rientranti nell'ambito dei poteri spettanti al Ministero 
LL.PP., e ci� in quanto nel procedimento per l'emanazione di un piano regolatore 
generale la finalit� della pubblicazione ha diretto riferimento solo delle osservazioni 
sul progetto adottato dal Comune cfr. Sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 672, 
ivi 1974, I, 1203. 

L'interpretazione del vigente art. 30 l. 1150/1942 � costante nel senso indicato 
11ella decisione che si annota, e cio� di escludere che la relazione economico-finanziaria 
costituisca elemento essenziale del p.r.g., di tal che un piano privo di adeguate 
previsioni economico-finanziarie non per questo deve ritenersi privo di 
validit� (cfr. in termini Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 891, ivi, 1971, I, 1748; Sez. IV, 
10 luglio 1970, n. 522 gi� ricordata; Sez. IV, 28 febbraio 1970, n. 138, ivi, 1970, I, 
194; Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 774, ivi, 1966, I, 2000; Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 257, 
ivi, 1967, I, 1078). 

Pienamente da condividere � altres� la riconosciuta possibilit� della previsione. 
nel pi~o regolatore generale dell'obbligo di acquisire anche il parere della 
locale Soprintendenza ai Monumenti con riferimento a costruzio.ni � da eseguirsi 



280 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubbliche, le modifiche introdotte d'ufficio in sede di approvazione del 

I 

piano regolatore, dalle quali risultino chiaramente i rapporti in ipotesi 

l: 
mutati, non si risolvono in vizio del piano ove sia mancato l'adeguamento i� 

I ~ 

delle tabelle d'ambito alle modifiche stesse (10). 

I singoli piani regolatori possono prevedere limiti maggiori rispetto 
a quelli minimi di attrezzature pubbliche previste dal D.M. LL.PP. 2 aprile 
1968 purch� il superamento di tali limiti minimi non appaia palesemente 
eccessivo, arbitrario e quindi assolutamente privo di valida giustificazione 
(11). 1 

Poich� la relazione economico-finanziaria prevista dall'art. 30 L. 
17 agosto 1942 n. 1150 pu� intervenire anche in un momento successivo 
al piano regolatore generale, in sede di deliberazione, da parte del 
comune, dell'espropriazione di aree private ex art. 18 L. citata, ne consegue 
la piena validit� del piano anche se alcune sue parti, introdotte a seguito 
di modificazioni ministeriali, siano prive di adeguate previsioni economicofinanziarie 
(12). 

Considerato che il piano regolatore generale contiene di regola norme 
meramente programmatiche, � legittimo il rinvio, contenuto nel medesimo, 
ai futuri piani particolareggiati per la definitiva disciplina urbanistica 
delle singole zone, nonch� il conseguente divieto in esso previsto, 
di lottizzare anche nelle zone gi� urbanizzate per le quali sia obbligatoriamente 
imposta la formazione dei predetti piani particolareggiata di 
esecuzione (13). 

Non � illegittima la previsone -contenuta in un piano regolatore 
generale -dell'obbligo di acquisire anche il parere della Soprintendenza 
ai Monumenti in sede di rilascio di licenze edilizie per zane di 
interesse storico, paesaggistico e ambientale e pertanto assoggettate alla 
speciale disciplina di cui alle leggi 1 giugno 1939 n. 1089 e 29 giugno 1939 

n. 1497 (14). 
Solo qualora sussistano mutamenti di fatto di particolare consistenza 
della struttura urbanistica, sopravvenuti in pendenza del procedimento 

in zone di riconosciuto valore storico, paesistico e ambientale �: questa affermazione 
� stata criticata in dottrina (cfr. per riferimenti Giurisprudenza it., 1977, 
III, 98 in nota), evidentemente trascurandosi che la tutela del bene di interesse 
storico e ambientale � una tutela oggettiva, per una qualit�, cio�, che � in re ipsa 
e per la quale la sanzione formale dell'Amministrazione per .i beni culturali e 
ambientali ha valore semplicemente dichiarativo, non gi� costitutivo, fermo restando, 
come � noto, il potere di intervento indipendentemente dalla imposizione 
formale del vincolo (arg. ex art. 20, 2� comma, 1. 1 giugno 1939, n. 1089) o dall� 
inclusione nell'elenco delle localit� tutelate (arg. ex art. 8, 1. 29 giugno 1939, 

n. 1497). 
Sulla necessit� di una congrua valutazione al fine di contemperare le opposte 
esigenze nonch� di una adeguata motivazione per destinare ad altra fin�lit� un'area 
che abbia gi� formato oggetto di una convenzione di lottizzazione regolarmente 
approvata cfr. T.A.R. Lombardia, 4 giugno 1975, n. 151, in I Tribunali Amministrativi 
Regionali, 1975, I, 3039. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 281 

per la formazione del piano regolatore generale, di essi il Ministero dei 
LL.PP. (ora la Regione) dovr� tener conto in sede di approvazione del 

p.r.g. (15). 
La mancata sottoscrizione di elementi cartografici a carattere meramente 
sussidiario e illustrativo (come le tabelle d'ambito e di settore) 
� irrilevante al fine di infirmare la legittimit� ai un provvedimento di 
approvazione del piano regolatore generale qualora risultino regolarmente 
firmate dal Ministro dei lavori pubblici tutte le planimetrie relative 
alle destinazioni di zona, ai vincoli e alle prescrizioni di piano (16). 

E illegittimo l'assoggettamento -contenuto in un piano regolatore 
generale -a zona di conservaz,ione, con limitati interventi per attrezzature 
pubbliche, di un'area che a suo tempo ha formato oggetto� di convenzione 
e lottizzazione a favore del proprietario, con la motivazione della 
esistenza di un caso di forza maggiore, qualora detto requisito non risulti 
prospettato in sede di indagine compiuta dagli organi tecnici comunali 
e non emerga alcuna giustificazione, circa le modifiche imposte dal piano 
rispetto alla previgente edificabilit� dell'area, n� dal decreto ministeriale 
n� dal parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, emanati in 
sede di reiezione delle osservazioni presentate dal privato interessato (17). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 ottobre 1976, n. 944 -Pres. De Capua Est. 
Imperatrice -Comune di Perugia (avv. Cesarini) c. Fuso ed altra 
(avv. Piras), Regione Umbria (avv. Brizioli) e Piselli (avv. Maiori) Appello 
T.A.R. Umbria 13 gennaio 1975 n. 17 e 28 novembre 1975 

n. 303 in Rassegna T.A.R. 1975, /, 369 e 1976, I, 240: �annulla in parte. 
Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Appello � Intervento � 
Mancata preventiva proposizione del ricorso in primo grado � Inammissibilit� 
dell'intervento � Sussiste. 

Occupazione � Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza 
di area inferiore a� quella della dichiarazione di p.u. � Impugnabilit� � 
Limiti. 

Atto amministrativo � Atto presupposto � Effetti della decisione di riforma 
in appello sugli atti conseguenziali. 

Il soggetto che, pur essendovi legittimato, non abbia impugnato in 
primo grado un provvedimento oggetto di giudizio, non pu� intervenire 
nel giudizio di appello conseguente a ricorso da altri proposto, e l'intervento 
relativo va pertanto dichiarato inammissibile (1). 

(1-3) Decisione, pienamente da condividere, sulla forma dell'intervento nel 
giudizio amministrativo e sui riflessi in appello; essa si allinea alla giurisprudenza 
-ormai in fase di consolidazione -secondo cui i limiti del potere-dovere 
del Consiglio di Stato nel giudizio di appello ai sensi dell'art. 35, I. 6 dicem




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

82 

Qualora l'area da espropriare, indicata in un provvedimento di occupazione 
d'urgenza, risulti per effetto di modifiche riduttive, collegate a 
sopravvenute mutazioni dello stato dei lu,oghi, di estensione inferiore a 
quella fissata nel precedente provvedimento di dichiarazione di pubblica 
utilit� e l'Amministrazione riproduca il primitivo provvedimento di dichiarazione 
di p.u. in quello successivo di occupazione, quest'ultimo deve 
considerarsi atto confermativo del precedente, con conseguente inammissibilit� 
della impugnativa del medesimo nella parte confermativa (2). 

Qualora per effetto della riforma in secondo grado della sentenza del 

T.A.R. che abbia annullato un provvedime11to sopravvenga la reviviscenza 
di quest'ultimo, va riformata in appello anche la sentenza di primo 
grado con la quale sia stato pronunciato l'annullamento di un atto conseguenziale, 
come ad esempio il decreto di espropriazione delle aree rispetto 
al decreto di occupazione d'urgenza (3). 
bre 1971, n. 1034, si individuano con riferimento a quelli contemplati dal codice 
di procedura civile espressamente per il giudice di appello e non per la Corte di 
cassazione. 

Sul giudizio di appello del Consiglio di Stato, in genere, cfr. Sez. V, 22 aprile 
1976, n. 669, in Foro Amm.vo, 1976, I, 2, 926, in questa Rassegna 1976, I, 779. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 957 (ordinanza) � 
Pres. De Capua -Est. Giovannini -Soc. CEMITAL (avv. Pallottino) c. 
Regione Piemonte (avv.ti Casetta e Romanelli) e Comune di Torino 
(avv. Salvucci) -Appello T.A.R. Piemonte 18 novembre 1975 n. 320 
in Rassegna T.A.R. 1976, I, 98: deferim. Apl. 

Giustizia amministrativa � Procedimento � Sospensione � Pregiudizialit� 
di giudizio civile rispetto al giudizio amministrativo � Effetti. 

Giustizia amministrativa � Procedimento � Sospensione � Pregiudizialit� 
del ricorso straordinario al Capo dello Stato � Applicabilit� dell'articolo 
295 c.p.c. � Necessit� di deferimento all'Adunanza Plenaria � 
Sussiste. 

Mentre � discrezionale la facolt� conferita al giudice amministrativo 
di sospendere il processo ex art. 295 c.p.c. in attesa di conoscere l'esito 
di un giudizio civile pendente su di una questione pregiudiziale, � da 
ritenere che sussista invece l'obbligo della sospensione per il giudice 
amministrativo laddove il giudizio sulla questione pregiudiziale sia anche 
esso un giudizio amministrativo (1). 

(1-2) Concordano sull'applicabilit�, in genere, dell'art. 295 c.p.c. anche T.A.R. 
del Piemonte 18 novembre 1975, n. 320 (in I Tribunali Amministrativi Regionali, 
1976, I, 98) e T.A.R. Lazio I, Sez. 20 novembre 1974, n. 82 (in Il Consiglio di Stato, 
1974, spec. 405), in linea con la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 283 

Deve essere deferita al Consiglio di Stat� in Adunanza Plenaria la 
decisione in ordine alla possibilit� o meno di sospendere il giudizio 
amministrativo ex art. 295 c.p.c. qualora risulti pendente un ricorso straordinario 
al Capo dello Stato su di una questione pregiudiziale (2). 

Un contrasto viene invece evidenziato dalla Sez. IV a proposito della possibilit� 
della sospensione in pendenza di un ricorso straordinario al Capo dello Stato 
su una questione pregiudiziale e ci� in relazione alla natura meramente amministrativa 
del decreto presidenziale, cui � estraneo l'effetto del passaggio in cosa 
giudicata. 

Sulle contrastanti posizioni al riguardo e sulla qualificazione, sopra ricordata, 
della decisione sul ricorso straordinario si segnalano: Sez. V, 20 aprile 1951, n. 372, 
in Raccolta dee. Cons. Stato 1951, 386; Sez. V, 10 aprile 1970, n. 391, in Il C:onsiglio 
di Stato, 1970, I, 645; Cass., 15 febbraio 1973, n. 466, in Giustizia Civile Mass., 1973, 
239; Cass., 21 giugno 1969, n. 2234, ivi, 1969, 1152; Cass., 3 aprile 1963, n. 829, in 
Foro It. Mass., 1963, 238; Cass., 29 marzo 1971, n. 903, in Giust. Civ. Mass., 1971, 
485; Cass., 28 settembre 1968, n; 2992, ivi, 1968, 1569; Cass., 8 maggio 1959, n. 1352, 
ivi, 1959, 456. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 961 -Pres. De Capua Est. 
Schinaia -Soc. coop. Tenaciter (avv.ti Viola e Metarozzo) c. Del 
Monaco (avv. Bartimmo), Lincei ed altri (n.c.) -Appello T.A.R. 
Campania 21 maggio 1975 n. 54, in Rassegna T.A.R. 197S, I, 2377: 
annulla. 

Atto amministrativo -Vizi -Violazione di legge � Jura novit curia � Appll� 
cabilit� � Fattispecie. 

Giustizia amministrativa � Norme di procedura � Disponibilit� delle prove � 
Applicabilit� � Limiti. 

Ricorsi amministrativi � Giudizio di secondo grado � Appello incidentale � 
Necessit� di notifica a controparte � Sussiste. 

Anche nel giudizio amministrativo � il giudice tenuto ad accertare 
quale sia la norma di cui si lamenta la violazione in sede di ricorso 
contro un atto asseritamente affetto dal vizio di violazione di legge, 
essendo irrilevante, per il noto principio jura novit curia, l'eventuale 
errore in cui il ricorrente sia incorso nella indicazione della norma 
violata (1). 

A <#tferenza del sistema vigente nel processo civile, nel giudizio 

amministrativo si applica il sistema dispositivo delle prove e pertanto ben 

pu� il giudice amministrativo disporre discrezi,onalmente l'acquisizione 

di prove in base alle semplici deduzioni in fatto offerte dai contendenti (2). 

(1-3) Vedi nota alla precedente dee. n. 944/Sez. IV. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

284 

Le censure alla sentenza di primo grado che non hanno formato 
oggetto n� di appello principale n� di appello incidentale rituale (e cio� 
proposto con memoria da notificarsi formalmente ad alcuna delle parti 
ai sensi dell'art. 37 cpv. R.D. 26 giugno 1924 n. 1084) non possono essere 
dal giudice di secondo grado (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 967 -Pres. Uccellatore 
-Est. Schinaia -Arminio (avv.ti Fornario, Monone e Flammia) 

c. Prefetto di Avellino e Provveditore 00.PP. della Campania (avv. Stato 
Ferri) e Comune di Vallata (avv.ti Matarazzo e Viola). 
Atto amministrativo -Competenza -Edilizia scolastica -Passaggio aile 
Regioni � Effetti. 

Occupazione � Occupazione d'urgenza � Edilizia scolastica � D.P.R. 15 gennaio 
1972 n. 8 � Competenza regionale � Sussiste. 

Regione � Competenza in materia di opere pubbliche � D.P.R. 15 gennaio 
1972 n. 8 � Ftmzioni riservate allo Stato � Opere dirette al soddisfacimento 
di interessi nazionali o ultraregionali. 

Occupazione� Stato e Regioni� Art. 10 D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 � Competenza 
prefettizia � Limiti. 

Alle Regioni a statuto ordinario � stata attribuita dal D.P.R. 15 gennaio 
1972 n. 8 -con effetto dal 1� aprile 1972 -la competenza sui vincoli 
per l'esproprio delle aree da destinare a costruzione di edifici scolastici, 
trattandosi di vincoli relativi alla pianificazione urbanistica compresa in 
detto D.P.R., con la conseguenza che a partire dalla. data indicata il 
Provveditore regionale alle opere pubbliche ha perduto ogni competenza 
ad emanare provvedimenti di proroga dell'efficacia di vincoli in precedenza 
emanati in subiecta materia (1). 

In forza della disciplina introdotta dal D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8, 
quando si tratti di opere, da realizzare da Enti territoriali subregionali 
(come i comuni), che rivestono interesse regionale, sussistono le condizioni 
per l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario della competenza ad 
emanare i relativi provvedimenti di occupazione di urgenza preordinati 

(14) La decisione riveste un particolare interesse in quanto fissa alcuni principi 
interpretativi del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, sul passaggio alle Regioni della 
competenza in materia di espropri e occupazioni di aree da destinare all'edilizia 
scolastica; si ricordi che, mentre l'art. 2, lett. c) n. 2 di detto d.P.R. trasferisce 
alle Regioni le funzioni amministrative concernenti i lavori pubblici per le opere 
di edilizia scolastica, il successivo art. 8 alla lettera i) mantiene ferma la competenza 
degli organi statali in ordine alla edilizia universitaria. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 285 

all'esproprio delle aree da destinare all'edilizia scolastica, con conseguente 
incompetenza del Prefetto nella materia in esame (2). 

Per la permanenza allo Stato della funzione relativa alla esecuzione 
di opere ex art. 8 lett. m) D.P.R. 15 gennaio 1972 � necessario che l'esecuzione 
dell'opera sia diretta a soddisfare un interesse nazionale o di pi� 
tegioni, non essendo sufficiente a tal fine che l'opera sia semplicemente 
ricompresa in un piano statale (3). 

Solo per la definizione di procedimenti amministrativi che abbiano 
comportato assunzione di impegni ex art. 49 della legge di contabilit� 
dello Stato prima del 1� aprile 1972 (data di trasferimento delle funzioni 
amministrative alle Regioni ex D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8) resta ferma 
la competenza dello Stato ex art. 10 del citato D.P.R. n. 8 (4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 1� ottobre 1976, n. 1213 -Pres. Di Pace . 
Est. Pranzetti -Castagno ed altri (avv. Videtta) c. Comune. di Torino 
(avv. Salvucci) -Appello T.A.R. Piemonte 31 ottobre 1974 nn. 70, 71, 
72 e 73 in Rassegna Cons. Stato 1974 spec. 224: annulla. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Giudizio di appello . 
Deduzione in appello di inammissibilit� del giudizio di primo grado � 
Forma � Mancata proposizione di appello incidentale -Preclusione. 

Non possono essere sollevati nel giudizio di appello proposto dal 
soccombente in primo grado motivi di inammissibilit� del giudizio 
innanzi al T.A.R. qualora la parte vincitrice in primo grado non abbia 
dedotto tali motivi con atto formale di appello incidentale (1). 

(1) Per richiami in genere sul giudizio di appello vedi nota alla precedente 
dee. n. 944/Sez. IV. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 19 ottobre 1976, n. 1293 -Pres. Roehrssen 
-Est. Biagini -Comune di Pistoia (avv. Lessona) c. Petrucci e altri 
(avv.ti Baldi Papini e Bujani) -Appello T.A.R. Toscana 28 gennaio 1976 

n. 75 in Rassegna T.A.R. 1976, I, 982. 
Giustizia amministrativa -Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit� 
di altro giudizio -Applicabilit� dell'art. 295 c.p.c. -Sussiste. 

Poich� anche nel giudizio amministrativo trova applicazione l'art. 295 
c.p.c., il giudice deve sospendere il processo qualora egli stesso o giudice 
diverso debbano giudicare su altra questione pregiudiziale, il cui esito 
possa comportare il rischio di contrasto di giudicati (1). 

(1) Vedi no1Ja a precedente dee. n. 957/Sez. IV. 

286 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 29 ottobre 1976, n. 1323 -Pres. (ff.) Pranzetti 
-Est. Catallozzi -Zito (avv. Sari.toro) c. Prefetto di Roma e 
Comune di Roma (avv. Rago) -Appello ordinanza T.A.R. Lazio I Sez. 
28 luglio 1975 n. 960: pronuncia di inammissibilit�. 

Giustizia amministrativa � Procedimento � Giudizio di appello � Impugna� 
bilit� delle ordinanze di sospensione -Non sussiste. 

Poich� le decisioni sulle domande di sospensione avanzate al T.A.R. 
hanno natura di ordinanza, esse non sono impugnabili (1). 

(1) La decisione conferma un orientamento consolidato del Consiglio di 
Stato, ancorato alla dizione letterale dell'art. 28 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 (cfr. 
Sez. VI 3 giugno 1975 n. 183, in Il Consiglio di Stato, 1975, I, 920; Sez. VI 14 
marzo 1975 n. 107, ivi, 1975, I, 347; Sez. IV 12 luglio 1974 n. 386, ivi, 1974, I, 958, 
nonch�, in tema di provvedimenti di sospensione della Giunta giurisdizionale 
amministrativa della Val d'Aosta Sez. VI 23 ottobre 1963 n. 773, ivi, 1963, I, 1454. 
Sul piano formale il provvedimento emesso sulla sospensiva manca di discussione 
in pubblica udienza ed � caratterizzato da una motivazione sommaria; 
dal punto di vista sostanziale esso � estraneo alla definizione del rapporto nonch�, 
in particolare, carente dell'effetto preclusivo tipico del giudicato; la possibilit�, 
sempre presente, della sua riproposizione -in relazione ad eventuali 
modifiche dello status quo -oltre alla mancata espressa previsione della sua 
impugnabilit� sembra cos� precluderne il gravame. 

In dottrina cfr. ]ANNOTTA R., Sull'appellabilit� del provvedimento del Tribunale 
Amministrativo Regionale in tema di sospensiva, in Riv. dir. proc. 1975, 
160; PALEOLOGO G., Sulla sospensione del provvedimento impugnato e sulla adozione 
di altre misure cautelari da parte dei Tribunali Amministrativi Regionali, 
in Il Consiglio di Stato 1971, II, '1940; SEPE-PEs, Le nuove leggi di giustizia amministrativa, 
Milano 1972, 256; FERRERO G., La sospensione dei provvedimenti negativi 
nel giudizio cautelare ed i suoi riflessi sul comportamento della p.a., 
in Foro Amm.vo 1975, Il, 416; GARGIULO, Sulla ammissibilit� della domanda di 
sospensione delle decisioni giurisdizionali amministrative, in Foro It. 1948, III, 

183. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 19 ottobre 1976, n. 323 -Pres. Am -Est. 
Zanda -Rega (avv.ti Costa e Sgueglia) c. Ministero pubblica istruzione 
(n.c.). 

Impiego pubblico -Stipendi ed emolumenti vari � Decorrenza della prescrizione 
-Effetti della retrodatazione di una nomina � Fattispecie. 

Competenza e giurisdizione -Risarcimento danni -Interessi moratori 
dovuti dalla p.a. -Giurisdizione dell'A.G.O. � Sussiste. 

Ai sensi del R.D.L. 19 gennaio 1939 n. 295, qualora il diritto patrimoniale 
del pubblico impiegato sorga in relazione ad un provvedimento di 
nomina o promozione, la prescrizione inizia a decorrere dal momento in 


287

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

cui il provvedimento viene portato ad effettiva conoscenza dell'interessato; 
pertanto da tale data inizier� a decorrere il relativo termine in 
relazione ai provvedimenti di nomina di insegnanti elementari ex L. 
27 febbraio 1963 n. 226 anche per quanto concerne gli effetti economici 
della retrodatazione, il cui dies a quo per determinare la decorrenza della 
prescrizione va per l'appunto riferito al momento della comunicazione 
all'interessato del provvedimento ministeriale che ha disposto la retrodatazione 
stessa (1). 

Sussiste giurisdizione dell'A.G.O. in materia di corresponsione di interessi 
moratori a titolo di risarcimento danni per mancata tempestiva 
soddisfazione da parte della p.a. di diritti patrimoniali di pubblici dipendenti 
(2). 

(1-2) Per una fattispecie analoga cfr. parere Sez. I, 3 maggio 1974 n. 38 bis, 
in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1049. 

Sui criteri di applicazione dell'art. 2 R.D.L. 19 febbraio 1939 n. 295 in 
materia di prescrizione delle rate di stipendio, assegni e pensioni dei dipen� 
denti dello Stato cfr. Sez. IV, 20 febbraio 1973 n. 129 in questa Rassegna 
1973, I, 545 con nota di commento; Sez. IV 30 marzo 1971 n. 358 in Il Consiglio 
di Stato 1971, I, 423; Sez. IV 20 aprile 1971 n. 471, ivi 1971, I, 751; Corte dei Conti, 
Sez. Controllo, delib. 13 gennaio 1972 n. 470, ivi, 1972, II, 385; T.A.R. Piemonte 
19 gennaio 1976 n. 1 in I Tribunali Regionali Amministrativi 1976, I, 827; Corte . 
Cost. 21 maggio 1975 n. 115 in Foro it. 1975, I, 1309; parere Sez. III 7 marzo 1973, 

n. 781 in Il Consiglio d� Stato, 1975, I, 559. 
In dottrina cfr. CAVALLARI, La decorrenza della prescrizione biennale a favore 
dello Stato sugli stipendi dei dipendenti, in Il Consiglio di Stato 1973, II, 996; 
VIRGA, Il pubblico impiego, Milano 1975, 463; ALIBRANDI A., La prescrizione estintiva 
degli stipendi e degli assegni nel pubblico impiego, in Funzione amm. 1974, 5. 

Per quanto concerne la seconda massima della decisione in esame cfr. Sez. 
V 29 aprile 1976 n. 712, in Foro Amm. 1976, I, 2, 940; Cass. SS.UU. 28 aprile 1976 

n. 1497 in Il Consiglio di Stato 1976, II, 799; Cass. 28 giugno 1975 n. 2549, ivi, 
1975, II, 1163. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 19 ottobre 1976, n. 355 -Pres. Daniele Est. 
Santoni Rugiu G. -Epifani ed altri (avv.ti Viviani e Mereu) c. 

l.N.A.M. (avv.ti Scanga, Galanti e Solarino). 
Atto amministrativo � Silenzio-rifiuto � Normativa applicabile � Estensione. 

L'entrata in vigore del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 non ha comportato 
l'abrogazione dell'art. 5 T.U. 3 marza 1934 n. 383 che continua a 
disciplinare l'istituto del silenzio-rifiuto della p.a., con la conseguenza 
della impugnabilit� di tale comportamento solo se sia decorso il termine 



288 

RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO 

di 120 giorni dalla richiesta alla p.a. di provvedere, sia stato quindi notificato 
alla medesima aniministrazione atto di messa in mora e siano, 
infine decorsi 60 giorni dalla notificazione dell'atto di messa in mora (1). 

(1) Sulla interpretazione del silenzio-rigetto della p.a. in relazione all'art. 6 
D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 e all'art. 20, 1� co., L. 6 dicembre 1971 n. 1034 
cfr. Sez. IV 3 luglio 1973 n. 670, in questa Rassegna 1973, I, 1126 con nota di 
commento. 
La decisione che si annota, relativa al silenzio-rifiuto, si allinea alla giurisprudenza 
del Consiglio di Stato (cfr. Csi 25 febbraio 1975 n. 58 in Il Consiglio 
di Stato 1975, I, 213) e di alcuni Tribunali Amministrativi Regionali; ad es. T.A.R. 
Toscana 28 novembre 1974 n. 151, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, 
II, 53 (con nota di Gentile, Spunti critici sul silenzio-rifiuto e sul silenzio-rigetto); 

T.A.R. Toscana 13 febbraio 1975 n. 14, ivi, 1975, I, 606; T.A.R. Toscana 16 ottobre 
1975 n. 367, ivi, 1975, I, 3458; T.A.R. Toscana 26 novembre 1975 n. 426, ivi, 1976, 
I, 217; T.A.R. Calabria 12 dicembre 1975, n. 261, ivi, 1976, I, 688; T.A.R. Emilia-Romagna 
11 marzo 1976 n 118, ivi, 1976, I, 1911; T.A.R. Emilia-Romagna 11 marzo 
1976, n. 122, ivi, 1976, I, 1920; T.A.R. Basilicata 19 maggio 1976 n. 31, ivi, 1976, I, 
2593; T.A.R. Basilicata 25 giugno 1976 n. 44, ivi, 1976, I, 3128; T.A.R. Lombardia 
31 agosto 1976 n. 371, ivi, 1976, I, 3393; T.A.R. Basilicata 22 settembre 1976 n. 58, 
ivi, 1976, I, 3716. 
Hanno, invece ritenuto che, ai fini della formazione del silenzio-rifiuto, non 
siano pi� necessari n� la preventiva istanza n� l'inutile decorso dei 120 gg. 
dalla presentazione della stessa, ma che si debba applicare anche al silenzio-rifiuto 
il pi� agevole sistema, risultante dalla nuova disciplina normativa sul 
silenzio-rigetto (ai sensi dei citati artt. 6 D.P.R. 1199/1971 e 20 L. 1034/1971), e 
cio� il semplice -atto di diffida con assegnazione di un termine non inferiore 
a 90 giorni T.A.R. Sicilia 18 aprile 1975, n. 102, ivi, 1975, I, 1732; T.A.R. Sicilia 
9 luglio 1975 n. 189, ivi, 1975, I, 2849; T.A.R. Lazio III Sez. 23 giugno 1975 n. 255, 
ivi, 1975, I, 1956; T.A.R. Lazio III Sez. 16 febbraio 1976 n. 91, ivi, 1976, I, 812; 

T.A.R. Campania 25 febbraio 1976 n. 220, ivi, 1976, I, 1586; T.A.R. Lazio III Sez. 
31 maggio 1976 n. 285, ivi, 1976, I, 2262; T.A.R. Campania 13 luglio 1976 n. 536, 
ivi, 1976, I, 3087. 
In dottrina cfr. GIALLOMBARDO, Silenzio-rigetto e silenzio-rifiuto nell'attuale 
momento legislativo e giurisprudenziale, in I Tribunali Amministrativi Regionali 
1975, II, 221 con ampi richiami; SALONE, � Silenzio-rifiuto�: abrogazione dell'art. 
5 del T.V. n. 383 del 1934 e termine per provvedere da parte della pubblica 
amministrazione, in Il Consiglio di Stato 1974, II, 1290. 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 19 aprile 1977, n. 5 -Pres. Uccellatore Est. 
Caianiello -Ministero Pubblica Istruzione e Provveditorato agli 
Studi di Lecce (avv. Stato Caramazza) c. Di Secl� ed altri (avv. 
Caprioli). 

Tribunale regionale amministrativo � Competenza e giurisdizione � Spo� 
stamento di competenza per ragioni di connessione fra atti conte� 
stualmente impugnati (atto generale, emanato da organo centrale dello 
Stato � atto applicativo, emanato da organo locale) -Sussiste. 

In caso di impugnativa contestuale di due atti connessi, legati da 
rapporto di presupposizione, si verifica uno spostamento di competenza 



289

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

in favore del giudice naturale dell'atto nei cui confronti si configura l'interesse 
sostanziale all'annullamento in capo al ricorrente (1). 

Quando tale atto sia quello presupposto, emanato da organo centrale 
dello Stato con efficacia per tutto il territorio nazionale, lo spostamento 
di competenza avviene in favore del T.A.R. per il Lazio (2). 

(Omissis). -La questione sottoposta all'esame della Adunanza Plenaria 
consiste nello stabilire se nel caso di contemporanea impugnativa 
di atti presupposti generali non aventi carattere normativo, e quindi non 
immediatamente lesivi, emessi da una autorit� centrale dello Stato, e di 
atti applicativi dei primi emessi da un'autorit� periferica, la competenza 
del Tribunale Amministrativo Regionale vada radicata con riferimento 
ai primi o ai secondi. 

Nella specie, in uno con i provvedimenti applicativi emanati dal Provveditore 
agli Studi di Bari, � impugnata l'ordinanza ministeriale del 
28 novembre 1975 con la relativa circolare 1 dicembre 1975 n. 317, esplicativa 
dell'ordinanza stessa, e cio� l'atto generale che detta norma disciplinante 
l'immissione in ruolo degli insegnanti di scuola materna statale 
in possesso di abilitazione di cui alla classe LV, tabella C. annessa al 

D.P.R. 29 aprile 1957 n. 972. 
(1-2) In tema di competenza per connessione 

Con la decisione in rassegna, il Consiglio di Stato, fedele alla propria tradizione 
pretoria, ha colmato una delle pi� gravi lacune della legge istitutiva 
dei T.A.R.: una legge in cui l'esigenza di concisione sembra troppo spesso far 
premio su quella opposta di completezza. 

L'istituto dello spostamento di competenza per ragioni di connessione � 
uno tra quelli che non risultano contemplati dal legislatore del 1971: tale lacuna 
legislativa sembra, d'altronde, perfettamente spiegabile con la scarsa attenzione 
dedicata per il passato al problema da dottrina a giurisprudenza : la 
questione assumeva, infatti, ben modesto rilievo in un sistema che devolveva 
quasi tutte le controversie alla competenza del Consiglio di Stato e laddove essa 
si presentava, si presentava con le peculiari caratteristiche del conflitto � verticale 
� fra competenze di tipo funzionale, s� che le relative analisi dottrinarie 
ed elaborazioni giurisprudenziali (che giungevanc;>, in genere, a soluzioni negative), 
appaiono, nella mutata situazione odierna, oltre che scarne nel numero, 
scarsamente utilizzab�li nei risultati. 

Nel mutato assetto del processo amministrativo la questione assume ben 
diversa rilevanza e la 'sua soluzione presenta, per converso, difficolt� ben minori 
che per il passato. Da un lato, infatti, devesi rilevare che lo spostamento 
di competenza per ragioni di connessione � istituto utile�-se non essenziale in 
ogni tipo di processo commesso ad una pluralit� di organi giudicanti, in 
quanto finalizzato al rispetto del principio di economia dei giudizi ed alla prevenzione 
del rischio dei conflitti di giudicati; dall'altro giova osservare che il 
riparto della competenza fra Tribunali Amministrativi Regionali secondo un 
criterio di territorialit� elimina ogni ostacolo all'ammissibilit� di una modificazione 
di competenza per ragioni di connessione, � con la conseguenza di consentire 
l'appagamento della esigenza, vivamente avvertita, di assicurare il simul




290 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Da un punto di vista generale, prendendo in considerazione isolata 
mente gli atti impugnati, sulla base dei criteri distributivi della competenza 
fra i Tribunali Amministrativi Regionali previsti dagli artt. 2 e 3 
della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nella specie sarebbero rispettivamente 
competenti: A) il Tribunale Amministrativo avente sede in Roma per att 
ministeriali (criterio ex art. 3, terzo comma, della legge 1034); B) il Tribi:. 
nale Amministrativo Regionale per la Puglia per l'atto emanato dal Prov 
veditore agli Studi di Bari (criterio ex art. 2 sub. B) n. 1 legge citata). 

A conclusione diversa, invece, si deve pervenire a giudizio di queste 
sezioni riunite in Adunanza Plenaria nel caso di contestuale impugnativa 
di atti fra loro coll�gati da un nesso di conseguenzialit� necessaria, specie 
quando l'atto presupposto sia un atto amministrativo a contenuto normativo 
la cui invalidit� sia, a sua volta, causa invalidante dell'atto conseguenziale. 
In tale caso sono evidenti le. esigenze di concentrazione desu" 
mibili dai principi del sistema oltrech� dalla logica, anche in mancanw 
di una norma che preveda espressamente lo spostamento della compe 
tenza per ragioni di connessione. 

Invero gli atti generali a contenuto normativo non sono idonei d� 
regola ad esplicare la loro efficacia nella sfera dei soggetti se non attraverso 
concreti atti applicativi che, pertanto, operano, tra l'altro, da un 
lato come condizioni di efficacia dei primi sulle posizioni giuridiche dei 

taneus processus, e quindi la concentrazione delle impugnative presso un solo 
giudice, nell'ipotesi in cui siano da impugnare pi� atti collegati che, isolatamente 
considerati, rientrino . . . nella sfera di cognizione di diversi Tribunali 
amministrativi �. (1) 

In perfetta linea con l'anticipazione formulata in sede di � obiter dieta ,, 
dalla IV sezione, nella sentenza ora citata, l'Adunanza Plenaria, con la decisione 
in rassegna, ha affrontato quella che � forse la pi� delicata delle ipotesi di 
connessione e cio� quella di due atti connessi con rapporto di presupposizione, 
in quanto l'uno costituisce puntuale applicazione ed esecuzione dell'altro, avent< 
carattere generale ed astratto. Ipotesi tanto delicata ed importante che per 
essa, e per essa soltanto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ammetteva 
uno spostamento di competenza in favore della G.P.A. nel previgente ordinamento 
processuale amministrativo (2). 

Si aggiunga che l'ipotesi integra probabilmente anche un caso di � connessione 
necessaria >>, in quanto la formulazione logica dell'oggetto del giudizio non 
pu� prescindere dall'esame congiunto di entrambi gli atti (3) e l'interesse all'annullamento 
in capo al ricorrente non pu� essere configurato se non in relazione 
ad essi atti, in quanto compresenti, s� che la sussistenza della connessione 
prospettata appare pregiudiziale all'esame del merito del ricorso (4). 

(1) Cos� gi� Sez. IV, 23 aprile 1974, n. 315. 
(2) Cfr. dee. gi� citata e sez. V, 26 maggio 1962, n. 459; 4 giugno 1962, n. 490; 21 maggio 
1960, n. 371. 
(3) ANDREANI, La competenza per territorio dei T.A.R., Giuffr�, Milano, 1974; 214. 
(4) BERTI, Connessione e giudizio amministrativo, Cedam, Padova, 1970, p. 38-39, n. 25. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 291 

soggetti e dall'altro come condizioni di impugnabilit� degli stessi poich� 
solo cos� essi vengono ad incidere sulle posizioni giuridiche predette. 

In tal caso la contestuale impugnativa dei due atti viene ad ingenerare 
un rapporto di conseguenzialit� necessaria per i due giudizi, ogni qual 
volta la domanda di annullamento dell'atto applicativo venga proposta 
come conseguenza della denunciata illegittimit� e, quindi, della domanda 
di annullamento dell'atto normativo. 

In questa ipotesi, infatti, � evidente che il giudizio, sebbene nominalmente 
introdotto con la impugnativa di una pluralit� di atti tende 
alla tutela di unico interesse e verte nella sostanza su unico oggetto e cio� 
sulla verifica della legittimit� dell'atto normativo di base onde l'annullamento 
di quello applicativo si produca sostanzialmente come una operazione 
d'ordine conseguenziale, derivata cio� dell'annullamento dell'atto 
normativo presupposto. 

Essendo dunque unico l'oggetto del giudizio, sia pure preordinato ad 
una pluralit� di statuizioni di annullamento, unico deve essere il giudice 
della controversia, la quale per altro, anche in relazione all'atto normativo, 
non pu� essere occasionata, come si � detto, che dalla emanazione 
dell'atto applicativo quando quello presupposto, come per lo pi� accade, 
non sia risultato autonomamente lesivo. Pertanto nella ipotesi comune, 
e cio� quando la lesione si verifichi per effetto dell'atto applicativo occorre 

Posto dinanzi all'alternativa se lo spostamento di competenza dovesse avvenire 
in pr� del giudice naturale dell'atto � presupponente � o se invece fosse il 
giudice dell'atto presupposto ad esercitare la sua <<vis attractiva �, l'Adunanza 
Plenaria ha coraggiosamente optato, nella specie, per il secondo corno del dilemma, 
disattendendo una precedente giurisprudenza (5) (riecheggiata anche 
dall'ordinanza di remissione della Sezione) in applicazione di una tesi pragma� 
tica e � sostanzialistica � che non pu� non essere condivisa. 

La precedente giurisprudenza, per vero, oltre che essere stata emanata nel 

contesto di un processo amministrativo assai diverso da quello odierno, si era 

altres� formata in una ottica del tutto particolare, che aveva di mira il pro


blema della disapplicazione �incidenter tantum�. Poich�, infatti, veniva (come 

tuttora viene) denegato al G.A. il relativo potere, si considerava l'impugnazione 

dell'atto presupposto uno strumento necessario perch� il giudice ne potesse 

sindacare la legittimit�, ma si �confinava tale sindacato ad una mera strumen


talit�, funzionalizzata al giudizio sull'atto conseguente (6). 

La pi� recente giurisprudenza sembra, peraltro, aver cambiato orientamento, 
in quanto costruisce la decisione sull'impugnativa degli atti presupposti come 
decisione principale e non incidentale (7). � 

Probabilmente entrambi gli orientamenti meritano approvazione, in quanto 

la loro (apparente) contraddittoriet� deriva dall'aver considerato due diversi 

aspetti di una realt� composita (8). 

(5) Sez. V, 26 maggio 1962, n. 459. 
(6) .&ANDULLI, Il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, Morano, 1963, 479 e 187 e ss. 
(7) LUCIFREDI-CAIANIELLO, I Tribunali Amministrativi Regionali, ed. 1972, 131. 
(8) Cfr. LUCIFREDI-CAIANIELLO, op. !oc. cit. 

292 

RASSEGNA DELL'AWOCAttJRA Dbl..LO STATO 

stabilire quale dei due criteri attributivi di competenza debba considerarsi 
prevalente, se cio� quello riferito all'atto normativo presupposto o quello 
riferito all'atto applicativo per effetto del quale diviene impugnabile 
l'esercizio del potere svolto dalla pubblica Amministrazione per l'effettiva 
lesione dell'interesse legittimo del soggetto. 

Alla stregua delle considerazioni test� svolte, secondo cui nelle ipotesi 
del genere di quelle indicate la cognizione del giudice, sia pur invocata al 
fine della pronunzia di una pluralit� di statuizioni di annullamento, investe 
anzitutto ed in via preminente i profili di legittimit� dell'atto presupposto 
e solo in via derivata quelli dell'atto applicativo che viene inficiato 
dalla invalidit� del primo, sembra evidente che questo viene ad assumere 
nel giudizio una posizione subordinata, perch� in sostanza il suo annullamento 
si produce come necessaria conseguenza della cognizione dei 
vizi che investono l'atto normativo presupposto. 

Diversa � l'ipotesi in cui la sostanza delle censure si rivolga non 
nei confronti dell'atto generale presupposto, che pur viene formalmente 
impugnato, bens� a vizi propri dell'atto applicativo. In questi casi la 
p;revisione che la soddisfazione degli interessi del ricorrente possa sortire 
esclusivamente dal riconoscimento di tali vizi e non da quelli dell'atto 
presupposto, per cui l'impugnazione di questi si riduce ad un puro espediente 
formale posto in essere senza reale rilevanza sostanziale, ma pi� 

La relazione di presuppos1z1one pu� assumere, infatti, -in rapporto all'interesse 
del ricorrente -due profili� diametralmente opposti: talvolta, invero, 
la legittimit� dell'atto presupposto � revocata in dubbio in via incidentale, 
essendo confinato l'interesse del ricorrente all'annullamento dell'atto conseguenziale, 
rispetto al quale la legittimit� o meno di quello presupposto assume 
rilievo meramente strumentale. Altre volte, invece, l'interesse principale del ricorrente 
ha ad oggetto l'annullamento dell'atto presupposto, rispetto al quale 
l'atto applicativo rappresenta semplice � strumento di accesso � alla giurisdizione. 


Orbene, una sana concezione � pragmatica � del processo ha indotto il Supremo 
Consesso Amministrativo a ritenere che la vis attractiva debba essere 
esercitata dalla competenza del giudice naturale dell'atto che costituisce l'oggetto 
� sostanziale � dell'impugnativa e quindi nel primo caso da quella del giudice 
dell'atto conseguenziale, nel secondo da quella del giudice dell'atto presupposto. 


Nel caso in esame la difesa dello Stato aveva sollevato un'altra questione, 
peraltro non affrontata dal Consiglio di Stato, evidentemente perch� ritenuta 
assorbita da quella risolta come sopra si � visto. 

Si era sostenuto, infatti, che accanto ad un riparto di competenze territoriale 
(derogabile) esiste anche per il giudizio amministrativo un riparto di competenze 
funzionale (inderogabile) sia in senso verticale, fra T.A.R. e Consiglio 
di Stato -o Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana (9) 

(9) Cfr. art. 37 I. 1034/71, art. 12 d.P.R. 29/1972, n. 599; T.A.R. Lazio I, 19 gennaio 1975, 
ri. 100 in Trib. Amm. Reg., 1975, I, 475; Cons. Stato, IV, 27 settembre 1974, n. 592, Il Consiglio 
di Stazo, 1974, I, 1032. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 293 

che altro, nel tentativo di eludere il normale criterio della competenza; 
per tali ipotesi� � certo che quest'ultimo debba rimanere fermo. Nella ipotesi 
in esame, invece, attribuire al Tribunale Regionale che sarebbe competente 
per l'atto applicativo isolatamente considerato, anche le censure 
che concernono vizi dell'atto generale presupposto, comporterebbe la 
sottrazione dell'oggetto principale della controversia al tribunale suo 
proprio e che nella ipotesi di atti di autorit� statali la cui efficacia non 
� territorialmente limitata alla circoscrizione di un solo Tribunale Amministrativo, 
� il Tribunale Amministrativo Regionale con sede in Roma 
(art. 3, terzo comma, legge n. 1034). 

A questa ipotesi � poi certamente assimilabile quella in cui, nella 
contestuale impugnazione di un atto normativo presupposto e di un atto 
applicativo, si propongono congiuntamente sia censure rivolte al primo 
e che indipendentemente dalle altre potrebbero_ condurre in via derivata 
all'annullamento del secondo, sia censure autonomamente riguardanti questo. 
Infatti anche in questa ipotesi rimangono valide le considerazioni 
1iopra rivolte con l'esigenza di� concentrazione e di economia processuale 

-sia in senso orizzontale, fra Tribunali Amministrativi delle varie Regioni e 
Tribunale Amm.vo �con. sede in Roma� (art. 3, 3<> comma, prima parte), da 
considerarsi cosa diversa -dal punto di vista concettuale -dal Tribunale 
Regionale del Lazio. . 

Che esistano, infatti, (oltre a quella prevista per i giudizi di ottemperanza) 
ipotesi di competenza funzionale (con tutte le relative caratterisiche di inderogabilit�, 
sindacabilit� d'ufficio, ecc.) previste dalla 1. 1034/71 non sembra dubitabile, 
ove solo si amplii il campo di esame, estendendolo, dalla limitata lettura 
dell'art. 31 della legge istitutiva, ad una sua valutazione nella pi� ampia 
prospettiva del suo combinato disposto con gli artt. 34, 1i> e 2� comma, e 35, 
20 comma, che prevedono decisioni sulla competenza in sede di appello. 

Orbene, tra le ipotesi di competenza funzionale indubbiamente contemplata 
dai citati artt. 34 e 35, sembra doversi ricomprendere quella � aggiuntiva � 
del T.A.R del Lazio, il quale, a norma dell'art. 3, L. 1034/7,1, � non, solo territorialmente 
competente -come tutti gli altri T.A.R. -a conoscere degli atti 
con efficacia limitata alla Regione Lazio e dei rapporti d'impiego dei pubblici 
dipendenti ivi in servizio, ma � anche competente per tutti gli atti statali 
con efficacia ultraregionale, in virt� di un criterio attributivo di una competenza 
chiaramente �per materia�, e quindi funzionale ed inderogabile (10). Sintomaticamente, 
d'altronde, tale attribuzione � aggiuntiva � di competenza � fatta 
dal legislatore non in favore del � T.A.R. per il Iazio � ma del � T.A.R. con sede 
in Roma,,, s� che lo stesso organo giurisdizionale sembra operare in due distinte 
vesti a seconda che di un affare sia investito a' sensi dei primi due 
commi dell'art. 3 L. 1034/71 o invece dell'ultimo comma, prima parte, della 

stessa norma. 
La questione, come si � detto, non � stata decisa dal Consiglio di Stato 
con la sentenza in rassegna e rimane tuttora aperta. 

I. F. CARAMAZZA 
(10) In tal senso SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, XII ed., 966, 967, 969; ANDREANI, op. 
cit., 50 e 235. 
8 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

294 

e le conseguenti conclusioni, per la competenza del Tribunale Ammini


strativo del Lazio. 

N�, nel caso in esame, pu� soccorrere il criterio previsto nel secondo 

comma dell'art. 3 della legge n. 1034, il quale prevede che, per gli atti 

emessi da organi centrali dello Stato relativi a pubblici dipenqenti in 

servizio presso gli uffici aventi sede nella circoscrizione del Tribunale 

Amministrativo Regionale, la competenza spetti al Tribunale Amministra


tivo Regionale medesimo. 

� difatti di tutta evidenza che questo criterio di competenza, possa 

trovare applicazione solo nella ipotesi in cui l'invocata statuizione di 

annullamento produca effetti esclusivamente nell'ambito della circoscrizio


ne del Tribunale ove si trova la sede di servizio del ricorrente e non 

anche quando si producano effetti che travalicano tale ambito, cio� inter


feriscano anche nella sfera giuridica di altri pubblici dipendenti le cui 

sedi di servizio si trovino nella circoscrizione di altri tribunali. 

Ora, quando l'impugnativa principale concerna un atto generale a 

contenuto normativo, gli effetti che derivano dalla eventuale pronunzia 

di annullamento non si producono esclusivamente nella sfera giuridica 

del ricorrente e comunque solo nell'ambito della circoscrizione del tribu


nale in cui si trovi la sua sede di servizio, essendo noto che la giurispru


denza di questo Consiglio di Stato (Sez. VI, 3 giugno 1966. n. 517) si � da 

tempo consolidata nel ritenere che l'annullamento degli atti normativi 

ha efficacia erga omnes, essendo produttivo di effetti anche al di fuori 

dei limiti soggettivi del giudicato e quindi anche nei confronti dei terzi 

estranei al processo con il solo limite degli effetti gi� prodotti ed esauriti. 

L'esistenza di un tale principio nel nostro ordinamento trova un 

implicito riconoscimento anche in sede legislativa, in quanto il d.P.R. 

24 novembre 1971, n. 1099, proprio perch� ha supposto l'efficacia erga 

omnes dell'annullamento degli atti normativi, ha disposto al terzo com


ma dell'art. 14, sia pur con riferimento, data la sedes materiae, al ricorso 

straordinario al Capo dello Stato (ma la ratio � identica e quindi comune 

deve ritenersi il presupposto), che qualora il decreto di decisione di que


sto ricorso pronunci l'annullamento di atti amministrativi� generali a 

carattere normativo, del decreto stesso debba essere data pubblicit� nelle 

medesime forme di pubblicazione degli atti annullati. 

Per quel che concerne gli atti ministeriali impugnati con il ricorso 
in ordine al quale � stato proposto il presente regolamento preventivo 
di competenza, almeno al primo, cio� all'ordinanza ministeriale del 
� 28 novembre 1975, non pu� non riconoscersi carattere normativo in senso 
proprio, tanto se si ha riguardo al carattere generale ed astratto delle 
disposizioni di esso quanto se si tiene presente l'effetto innovativo delle 
relative statuizioni nei confronti dell'assetto normativo precedente. L'ordinanza 
ministeriale suddetta, disciplinando le modalit� di definitiva delle 
sedi alle insegnanti non di �ruolo di scuola materna statale nominate 



PARTB I, SEZ. V, GlURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

in ruolo in base all'art. 1 della legge 19 luglio 1974, n. 349, detta, difatti, 

disposizioni a contenuto astratto e generale, con carattere di novit� rispet


to alla normativa preesistente perch� tendente appunto a disciplinare 

aspetti non ancora regolati da essa o richiesta da generali esigenze ine


renti all'applicazione della stessa. Poich� tale ordinanza � stata impugnata 
-in via principale, dalla eventuale statuizione di annullamento deriverebbero 
effetti nei confronti di tutti i destinatari di essa, effetti dunque che 
travalicherebbero la circoscrizione del tribunale ove trovasi la sede di 
servizio delle ricorrenti. Inoltre, poich� non � stata fatta acquiescenza 
da parte dell'amministrazione intimata alla scelta dell'ufficio giurisdizionale 
operata dal ricorrente, ma essendo stata ritualmente sollevata dalla 
amministrazione medesima la questione di incompetenza del tribunale , 
adito mediante proposizione del presente regolamento preventivo di 
competenza, questa Adunanza Plenaria deve statuire, prescindendo del 
tutto dalle considerazioni di opportunit� profilate nell'ordinanza di riunione 
e nella memoria delle ricorr~nti bens� esclusivamente sulla base 
dei criteri di distribuzione della competenza in astratto previsti dalla 
legge n. 1034 del 1971 ed illustrati alla luce delle considerazioni che precedono; 
ci� comporta la devoluzione dell'intera controversia alla competenza 
del Tribunale Amministq1tivo Regionale avente sede in Roma. -(Omissis). 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 febbraio 1977, n. 646 � Pres. Novelli Est. 
d'Orsi -P. M. Ped<J,ce (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Siconolfi) c. Fallimento Soc. S.I.R.U. (avv. Busi). 

Imposte e tasse in genere � Fallimento � Proposizione di domanda ordi� 
narla � Inammissibilit� � Riassunzione del processo in forma di domanda 
di insinuazione � Ammissibilit� -Prosecuzione del processo 
a norma dell'art. 50 c.p.c. -Si verifica. 

(r.d. 16 marzo 1962 n. 267, artt. 24 e 93; c.p.c. art. 50). 
Sebbene non possa parlarsi di discriminazione di competenza tra il 
tribunale ordinario e il tribunale fallimentare della stessa sede, tuttavia 
per il principio dell'effetto conservativo della domanda ogni volta che 
tra le parti si sia instaurato un valido rapporto processuale (art. 50 c.p.c.), 
deve ammettersi che il processo instauratosi dopo la dichiarazione di 
fallimento nelle forme ordinarie possa proseguire, ove sia riassunto nel 
termin~, con la domanda di insinuazione, con salvezza dei termini di decadenza 
(applicazione all'ipotesi di domanda ordinaria successiva a decisione 
di commissione, successivamente riproposta con domanda di insinuazione) 
(1). 

(Omissis). -Questa Corte Suprema ha, nella precedente sentenza 

n. 879 del 22 marzo 1972, affermato che qualsiasi pretesa creditoria verso 
la massa fallimentare, anche se di natura tributaria, deve essere accertata 
secondo le norme stabilite dagli artt. 93 ss. L.F. e che l'azione giudiziaria 
diretta all'accertamento, nei confronti del fallimento, di una pretesa creditoria, 
se proposta senza l'osservanza delle forme e della sede processuale 
prevista dalla legge fallimentare, � assolutamente inidonea a pro� 
durre l'effetto a cui � diretta. 
(1) Decisione di molto interesse. E' pacifico che tribunale fallimentare e 
tribunale ordinario sono due sezioni dello stesso tribunale, tanto che, quando 
per esigenze del meccanismo processuale non � possibile l'impiego della domanda 
di insinuazione (come nel caso che attore debba esser la curatela che intende 
impugnare un atto di accertamento soggetto a termine di decadenza) l'azione 
si propone con citazione nei modi ordinari innanzi al tribunale del luogo in 
cui � stato dichiarato il fallimento (cass. 19 novembre 1974, n. 3719, in questa 
Rassegna, 1974, I, 212). L'inammissibilit� della domanda ordinaria in pendenza 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 297 

In questo cas� -secondo tale sentenza -dovrebbe parlarsi di inam


missibilit� della domanda, trattandosi di pronuncia negativa puramente 

processuale. 

Ora questa decisione, emessa tra le stesse parti nel processo conse


guente al ricorso dell'Amministrazione finanziaria avverso la sentenza della 

Corte d'appello di Bologna, che aveva dichiarato improponibile la doman


da proposta in via ordinaria per l'accertamento della legittimit� del credito 

tributario de quo � stata considerata dal Tribunale come una pronuncia 

sulla competenza, intesa in senso ampio, di talch� con il ricorso per 

dichiarazione tardiva di credito, in data 7 settembre 1972 (presentato il 

termine previsto dall'art. 50 cod. proc. civ.) si sarebbe avuta la continua


zione del processo e non la proposizione di una domanda ex novo. 

La questione � stata, invece, risolta in senso opposto dalla Corte 
d'appello, la quale ha osservato: 

a) che la Finanza aveva dato l'avvio ad un processo che nella sua 
interezza era diverso per la sede, la forma e gli effetti da quello che essa 
avrebbe dovuto inderogabilmente instaurare; 

b) che la proposizione della domanda fuori del processo fallimentare 
avanti al Tribunale ordinario frustrava l'esigenza fondamentale di formare 
un unico stato passivo, allo scopo di ripartire l'attivo in proporzione dei 
vari crediti; 

e) che la conseguente inammissibilit� della domanda in sede ordinaria 
dava luogo ad una situazione � pit1 ampia e pi� grave di quella 
della semplice proposizione di domanda a giudice non competente�; 

d) �che il vizio dell'atto introduttivo era insanabile, perch� trattavasi 
di assoluta inidoneit� della domanda a produrre l'effetto a cui era diretta. 
Avverso questa pronuncia sono fondate le doglianze che l'Ammini


strazione Finanziaria ha formulato nei due mezzi di ricorso. 

Con il primo mezzo l'Amministrazione delle Finanze dello Stato denuncia 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 2966 cod. civ., 53 comma 
secondo T.U. 24 agosto 1877 n. 1421 e 120 comma primo reg. 11 luglio 1907 

n. 560, in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e censura la sentenza 
impugnata per aver ritenuto che la Finanza era decaduta dall'azione, 
non avendo tempestivamente azionato il suo credito col sistema del 
di fallimento, che avrebbe dovuto proporsi con la domanda di insinuazione, 
anche quando essa costituisce prosecuzione del processo innanzi alle Commissioni 
(Cass. 22 marzo 1972 n. 879, ivi, 1973, I, 329) si basa su ragioni di rito e 
non di competenza. Tuttavia la regola dell'effetto conservativo della domanda 
con conseguente traslatio iudicii entro lo stesso processo � estensibile (semprech� 
la riassunzione abbia luogo nel termine dell'art. 50 c.p.c.), all'ipotesi che 
il giudice adito originariamente non possa pronunziarsi per ragioni di rito, 
anche diverse dalla incompetenza. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricorso ex art. 101 L.F. e per aver negato ogni efficacia impeditiva della 
decadenza alla citazione del 3 ottobre 1967. 

Cos� decidendo la Corte d'appello avrebbe recepito con spirito acritico 
la precedente sentenza di questa Corte Suprema, estendendola indebitamente 
ad una situazione completamente difforme e non avrebbe considerato 
che la decadenza viene impedita dal solo fatto dell'instaurazione 
del giudizio nel termine fissato, ancorch� non intervenga una pronuncia 
sul merito della pretesa azionata: 

La diversa forma dell'atto iniziale non dovrebbe aver rilievo, stante 
la regolare costituzione del convenuto, n� sussisterebbe diversit� di effetti, 
atteso che entrambi i mezzi tecnici (atto di citazione e ricorso ex art. 101 
L.F.) sarebbero preordinati allo stesso scopo. 

Infine l'obiezione che a causa dell'adozione del mezzo della citazione 

sarebbe rimasta frustrata l'esigenza fondamentale di formare un unico 

stato passivo, non sarebbe rilevf'mte, perch� anche con il ricorso ex art. 101 

L.F., lo stato passivo non verrebbe modificato automaticamente in caso 
.di accoglimento, ma si tratterebbe solo di influire nella formazione dello 
stato di ripartizione. 
Con il secondo mezzo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 50 cod. proc. civ., 53 comma secondo, T.U. 24 agosto 1877 

n. 4021 e 120 comma primo reg. 11 luglio 1907 n. 560, in relazione all'articolo 
360 n. 3 cod. proc. civ. e sostiene che la declaratoria di inammissibilit� 
statuita da questa Corte Suprema discenderebbe dal difetto del presupposto 
processuale attinente all'adizione di un organo (tribunale ordinario), 
invece che di un altro (Tribunale fallimentare) appartenenti, per�, entrambi, 
allo stesso ufficio giudiziario. Si sarebbe trattato, quindi, di una questione 
di competenza, ancorch� in senso lato, con la conseguenza che si renderebbe 
applicabile alla specie il disposto di cui all'art. 50 cod. proc. civ. 
Del resto -continua la ricorrente -l'art. 24 L.F., con lo stabilire 
che il Tribunale, il quale ha dichiarato il fallimento, � competente a conoscere 
di tutte le azioni che ne derivano (eccettuate quelle reali immobiliari) 
comproverebbe perfino che si tratterebbe non di competenza in senso 
lato; ma in senso stretto. Conseguentemente la domanda presentata dalla 
Finanza in sede ordinaria il 3 ottobre 1967, in termine utile per impedire 
la decadenza avrebbe conservato tale effetto impeditivo. � 

I due mezzi che per ragioni di logica connessione possono essere esaminati 
congiuntamente sono, come gi� si � detto, fondati. 
Deve essere innanzi tutto precisato che la sentenza di questa Corte 

n. 819 del 22 marzo 1972 si occup� solo della questione relativa all'ammissibilit� 
in sede diversa da quella fallimentare dell'azione della Finanza 
tendente ad ottenere la declaratoria di legittimit� di quattro avvisi di 
accertamento, ai fini dell'imposta. di ricchezza mobile per plusvalenze .realizzate 
nel corso del processo di fallimento dalla vendita di terreni e fabbri� 
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PARTE 1, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA 299 

cati, e ritenne che la domanda proposta in sede ordinaria fosse inammissibile: 
ma nulla disse circa la possibilit� di �continuare� la causa nella 
sede appropriata da lei indicata. 

E in realt� dai vari principi enucleabili dal testo della motivazione e 
rispondenti ad un costante indirizzo giurisprudenziale: 

1) necessit� di accertare, secondo lo speciale procedimento di verificazione 
dello stato passivo (artt. 93 ss. L.F.) tutte le pretese creditorie 
anche di natura tributaria che si vogliono far valere verso il fallito; 

2) esigenza di assoggettare alla procedura esecutiva concorsuale 
anche i crediti verso la massa fallimentare, quelli, cio�, sorti durante 
l'amministrazione fallimentare e, come tali, prededucibili dall'attivo, discende 
solo la conseguenza della inammissibilit� della domanda in sede ordinaria 
ed � quindi arbitrario ricavare anche quella della decadenza dall'azione. 


In sostanza il quesito che i mezzi .di ricorso sottopongono all'esame 
di questa Corte consiste nello stabilire se la pronuncia con cui viene 
dichiarata inammissibile la domanda giudiziale proposta nei confronti 
del fallimento in sede ordinaria, anzich� in sede fallimentare, possa rientrare 
in quelle di cui all'art. 50 cod. proc. civ., che dichiarano l'incompetenza 
del giudice adito. E il quesito pu� ulteriormente esse:�e scisso in 
due interrogativi, consistenti l'uno nell'accertare se la discriminazione tra 
tribunale ordinario e tribunale fallimentare possa rientrare nel concetto 
di differenza di competenze e l'altro (qualora al primo dovesse dare risposta 
negativa) se la disciplina �della traslatio iudicii prevista dall'art. 50 cod. 
proc. civ. possa essere utilmente invocata anche quando non possa essere 
inquadrata nel concetto di competenza la differenza esistente nell'ambito 
di attivit� di due organi giudiziari. 

Al primo interrogatorio deve darsi senz'altro ~isposta negativa. �, 
infatti, difficile sostenere che tra il giudice in sede ordinaria e quello che 
opera in sede fallimentare, vi sia diversit� di competenza, specie quando 
entrambi sono organi di un medesimo ufficio giudiziario. 

Quelli che parlano di competenza funzionale del giudice fallimentare 
si riferiscono all'inderogabilit� territoriale del giudice che dichiara il fallimento 
e quindi usano il termine di competenza funzionale (che, com'� 
noto non ha trovato ingresso nel vigente codice di procedura civile) entro 
i tipici schemi in cui essa vien fatta consistere (diversit� di competenza 
per gradi e competenza territoriale inderogabile). 

Gli � che quando non si tratta di organi giurisdizionali diversi non 
si pu� fare questione di competenza e, nel caso come quello di specie, 
di tribunale a pi� sezioni, una sola delle quali tratti la materia fallimentare, 
deve solo parlarsi di ripartizione di compiti tra organi dello stesso 
ufficio giudiziario e di diversit� di rito. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

300 

La risposta al secondo interrogativo deve invece essere positiva. 

Nel nostro sistema processuale vige la regola generale dell'effetto 

conservativo della domanda e tale regola trova applicazione ogni qualvolta 

tra le parti si sia instaurato un valido rapporto processt1.ale, di talch� 

a tale momento risalgono gli effetti sostanziali dell'accoglimento (o del 

rigetto) della domanda operato dalla sentenza di merito, anche se il giudice 

primieramente adito non poteva pronunciarsi per ragioni di rito. 

La restrizione di questa regola ai soli casi di incompetenza in senso 

stretto non � giustificabile sul piano razionale, in quanto non si vede per 

qual ragione dovrebbe avvantaggia~si di essa la parte che commette l'erro


r� di adire un giudice incompetente, e, cio�, un ufficio giudiziario diverso, 

e non anche che commette l'errore di adire un organo diverso dello 

stesso ufficio giudiziario (competente per territorio, materia e valore). 

Ci� che conta, ai fini della continuit� della lite tra il giudizio conclusosi 

con una pronuncia formale di incompetenza (o, con una pronuncia a 

questa assimilabile, quanto agli effetti) e quello riassunto dalla parte 

presso l'organo giudiziario che potr� real:mente provvedere nel merito, 

� la tempestivit� della riassunzione (sei mesi dalla pronuncia), altrimenti 

il processo si estingue. 

Questa regola, posta dall'ultimo comma dell'art. 50 cod. proc. civ. fa 

leva appunto sul rilievo che il giudizio non pu� considerarsi esaurito, 

finch� manca una pronuncia sul merito, nonostante che un giudice abbia 
' emesso una sentenza di contenuto puramente formale. 

La precedente sentenza di questa Corte, riconoscendo giustificato il 

rifiuto della Corte d'appello di provvedere sul merito della domanda, per


ch� questa doveva essere proposta ad un organo diverso dello stesso ufficio 

giudiziario, al pari di una pronuncia di incompetenza, non ha chiuso il 

rapporto processuale; ma ha lasciato alle parti la possibilit� di continuarlo 

davanti all'organo dello stesso ufficio giudiziario indicato nella sentenza 

medesima. 

Deve conclusivamente ritenersi che il principio della continuit� della 

lite non opera solo quando vi sia nullit� insanabile dell'atto introduttivo 

del rapporto processuale o quando questo sia stato instaurato tra persone 

diverse da quelle che debbono continuare la lite; e non anche nei casi 

in cui, stante la regolarit� del rapporto stesso, la pronuncia di merito 

del giudice erroneamente adito, qualora fosse emessa, avrebbe in s� la 

forza di diventare tra le parti giudicato. E val la pena di ricordare che in 

materia fallimentare le pronunce emesse al di fuori della procedura con


corsu�le, non sono inesistenti; ma sono solo inopponibili alla massa e ben 

possono essere fatte valere successivamente nei confronti del fallito ritor


nato in bonis (cfr. sent. 30 maggio 1967 n. 1210; 8 febbraio 1963 n. 221). 

-(Omissis). 



PARTE I, SE~. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 301 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo 1977, n. 876 -Pres. Iannuzzi Est. 
Scanzano -P. M. Trotta (conf.). -Chevron Oil Italiana c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro � Enunciazione � Denuncia di contratto verbale � Sottoscrizione 
di una sola parte � � sufficiente. 

(r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, artt. 62 e 79). 
Nei contratti per i quali non � richiesta la forma scritta ad substan� 
tiam, la denuncia sottoscritta da un solo contraente � idonea ad enunciare 
un negozio bilaterale (1). 

(Omissis). -Col primo motivo la ricorrente, denunciando violazione 
e falsa applicazione degli artt. 1321 cod. civ. e 18, quarto comma e 79 

r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., sostiene 
che un atto enunciativo di un negozio bilaterale, se non sia sottoscritto da 
entrambe le parti (come non lo era l'atto registrato a Mestre, siccome 
firmato soltanto dalla S.E.I.), non pu� qualificarsi �scrittura privata�, e 
non realizza il presupposto necessario affinch� in sede di registrazione 
possa applicarsi l'aliquota d'imposta prevista per quel negozio. La mancanza 
-soggiunge -di requisiti formali previsti al riguardo dal citato 
art. 79, impedisce poi che l'atto stesso possa essere considerato come una 
denuncia verbale di contratto di appalto. 
La censura non ha fondamento. 

La ricorrente, nel sottolineare il dato formale che la scrittura presentata 
per la registrazione a Mestfe era firmata da una sola delle parti, 
non contesta che essa enunciasse, come concluso e perfezionato in tutti 
i suoi elementi, un determinato contratto: cio� quello che il tribunale, 
con una interpretazione condivisa dalla Corte d'appello, ha qualificato 
come appalto di servizi sul rilievo che l'obbligazione fondamentale della 

S.E.I. era quella di apprestare e tenere in efficienza alcuni punti di vendita 
di carburanti, per lo smercio dei prodotti della Caltex e sotto i colori 
di questa. Poich� un tale contratto non richiede necessariamente la forma 
scritta, la mancanza della sottoscrizione di una delle parti non aveva 
alcuna rilevanza agli effetti della legge di registro: a norma della quale . 
era sufficiente l'atto cos� presentato perch� l'ufficio avesse il potere-dovere 
di applicare l'imposta dovuta per il negozio che da esso risultava stipulato 
(art. l, terzo comma r.d. 1923 n. 3269). 
(1) Decisione di evid~nte esattezza. Quando il titolo della tassazion�e � la 
denuncia di contratto ;verbale, che pu� essere, e solitamente �, sottoscritta da 
una sola parte, � suffitiente per l'enunciazione di un tale contratto una dichiarazione 
unilaterale, cos� come � sufficiente l'atto unilaterale per la registrazione 
del contratto palese. 

302 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Ed invero questa Corte ha gi� affermato che, ai fini qui considerati, 
il presupposto dell'imposta in argomento si verifica, per i contratti per 
i quali non sia richiesta la forma scritta ad substantiam, anche quando 
il consenso sia espresso da un contraente per iscritto e dall'altro verbalmente 
(cass. 16 maggio 1963 n. 1244; 10 novembre 1965 n. 2349). 

Ci� detto, appare finanche superfluo il rilievo con cui la Corte di Venezia 
ha ritenuto l'atto de quo equiparabile ad una denuncia di contratto 
verbale. � agevole tuttavia confutare la contraria opinione della ricorrente, 
osservando che, in materia, l'uso dei moduli previsti dall'art. 79 del 

R. decreto citato assolve ad esigenze di comodit� e di speditezza, proprie 
dell'Ufficio e dello stesso contribuente e non attiene certamente ai presupposti 
della tassazione. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 marzo 1977, n. 942 -Pres. Danzi Est. 
Scanzano -P. M. Berri (conf.) -Fallimento Soc. Immobiliare Ligure 
Laziale ed altro (avv. Guidi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Cavalli). 

Imposte e tasse in genere � Competenza e giurisdizione � Nuovo ordinamento 
del contenzioso tributario � Azioni di mero accertamento Improponibilit�. 


(d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, artt. 1 e 16). 
Imposte e tasse in genere � Competenza e giurisdizione � Giurisdizione 
ordinaria ~ Azioni di mero accertamento nelle materie devolute alla 
giurisdizione delle commi:Ssioni � Improponibilit�. 

(d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 1, 16 e 46; I. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, art. 6). 
L'azione di mero accertamento, � di carattere generale ed ammissibile 
in via di principio in tutti i rapporti, ma essa resta attratta, potendone 
risultare limitata o anche esclusa, nella giurisdizione prestabilita per 
il rapporto controverso. Poich� nel nuovo contenzioso delle Commissioni 
tributarie la tutela giurisdizionale, sia pure in funzione di completo riesame 
del merito del rapporto, si svolge attraverso l'impugnativa di uno 
specifico atto. dell'amministrazione che pu� essere costituito anche dal 
rifiuto, espresso o legalmente presunto, di rimborso, � �da escludere la 
ammissibilit� dell'azione di mero accertamento nel processo speciale tributario 
(1). 

(1-2) I caratteri fondamentali del nuovo processo tributario delineati 
dalle Sezioni Unite. 

La sentenza sopra riportata, di enorme interesse, � intervenuta nello stesso 
processo nel quale etra stata pronunciata la ben nota ordinanza 5 agosto 1975 
(Div. e Prat. Trib., 1975, Il, 486) alla quale ha fatto seguito la sentenza della 

Corte Costituzionale 3 agosto 1976 n. 215 (in questa Rassegna, 1976, I, 925); 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 303 

Nelle materie devolute alla giurisdizione delle Commissioni tributarie, 
non residua alcuna attribuzione dell'A.G.O., nemmeno per l'azione 
di mero accertamento. N� ci� comporta la reintroduzione del precetto del 
solve et repete perch�, fermo rimanendo il principio della esecutoriet� 
dell'atto amministrativo di accertamento, il contribuente che, in contrasto 
con l'orientamento espresso in via generale dall'Amministrazione finanziaria, 
abbia motivo di ritenere che non sussista il presupposto di un 
tributo applicabile in via di autotassazione (nella specie I.V.A.), pu� astenersi 
dall'assolvere l'obbligazione per reagire innanzi alla Commissione 
contro l'atto col quale l'Amministrazione vanta la sua pretesa, affrontando 
il rischio delle relative sanzioni, oppure pu� adempiere l'obbligazione e 
chiedere il rimborso reagendo contro il rifiuto, espresso o presunto, di 
restituzione (2). 

(Omissis). -Il curatore del fallimento della S.p.A. Immobiliare Ligure 
Laziale e della S.p.A. Immobiliare Genovese S. Nazaro, in occasione della 
vendita di immobili compresi nell'attivo dei fallimenti stessi, riscosse cautelativamente 
l'imposta sul valore aggiunto relativa a tali operazioni e, 
secondo le direttive impartite dal giudice delegato, ne vers� l'importo su 
distinti conti correnti bancari. 

questo processo ha cos� fornito l'occasione per un radicale chiarimento di 
molti problemi che toccano le basi essenziali del nuovo processo speciale 
tributario. 

Risolta, ormai definitivamente, la questione della natura giurisdizionale 
delle commissioni, erano rimaste ancor vive molte polemiche sulla ricerca 
di uno spazio ancora residuo della giurisdizione ordinaria sulle stesse imposte 
elencate nell'art. 1 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636; in particolare si tentava 
di sostenere la proponibilit� innanzi all'A.G.O. dell'azione di mero accertamento 
ricercando nell'art. 16 del d.P.R. n. 636 una limitazione della materia devoluta 
alla giurisdizione delle commissioni e riaffermando la sopravvenienza della giurisdizione 
ordinaria su tutto quanto non sarebbe espressamente, e in vfa derogativa, 
attribuito alla giurisdizione di altro giudice (MICHELI, Osservazioni sulla 
Costituzionalit� del nuovo contenzioso tributario, Riv. Dir. finanz., 1974, II, 100; 
TasAURO, Sui rimedi giurisdizionali contro l'iscrizione a ruolo di somme 'non 
dovute, ivi, 297; id., Limiti di esclusivit� della giurisdizione delle Commissioni 
tributarie, ivi, 1976, Il, 102; FAZZALARI, Il nuovo contenzio150 tributario � nato 
morto? Riv. dir. proc. 1974, 485; GLENDI, Problemi di tutela giurisdizionale agli 
effetti dell'I.V.A. e connesse questioni di legittimit� costituzionale, Div. e prat. 
trib., 1975, II, 330; MERCATALI, Le azioni di accertamento negativo dopo la ri� 
forma del contenzioso: lo spettro del salve et repete, Giust. Civ. 1975, IV,c3; 
id., Appunti minimi su alcuni problemi di costituzionalit� del �nuovo processo 
tributario, con postilla di MICHELI, Riv. dir. finanz. 1976, II, 3; ritiene invece 
ammissibile l'azione di mero accertamento ma solo innanzi alle Commissioni, 
CAPACCIOLI, La nuova disciplina del contenzioso tributario, le fasi dinanzi alle 
commissioni di primo e secondo grado, Rass. giur. ENEL, 1974, 313). 

Una prima importante considerazione della sentenza in rassegna � che la 
nuova disciplina del contenzioso tributario ha semplificato notevolmente quella 
presistente, in coerenza con un preciso indirizzo della legge delega (art. 10, pri




RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

304 

Indi, autorizzato dallo stesso giudice, convenne avanti al Tribunale 
di Genova, con citazione del 14 giugno 1974, l'Amministrazione delle Finanze 
dello Stato e, contestando il diverso orientamento da questa espresso 
con un telegramma del 10 febbraio 1973 e con la circolare n. 6 del 17 gennaio 
1974, chiese che il giudice adito dichiarasse non soggette ad I.V.A. 
le operazioni di liquazione dell'attivo compiute ai sensi dell'art. 105 

I. fall. e perci� non dovute le somme che a quel titolo erano state, come 
sopra, cautelatamente riscosse. 
Avendo la convenuta Amministrazione eccepito, con la comparsa di 
costituzione, il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. sulla base dell'art. 1 
lett. d) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, concernente la nuova disciplina 
del contenzioso tributario, lo stesso curatore, con ricorso del 1� agosto 1974, 
ha proposto, ai sensi dell'art. 41 c.p.c. istanza di regolamento di giurisdizione, 
illustrata con memoria. 

L'Amministrazione delle Finanze ha presentato controricorso. 

Con ordinanza del 19 giugno-5 agosto 1975 queste Sezioni Unite, qualificata 
la domanda proposta dal curatore avanti al Tribunale come azione 
di accertamento negativo del debito d'imposta, ebbero a rilevare: 

a) che alla stregua d.ella nuova disciplina del contenzioso tributario 
una tale azione poteva sembrare non pi� ammissibile; 

mo comma) s� che non si rivelano commendevoli, specie sul piano pratico, gli 
sforzi, spesso tenaci, di ricreare una bipartizione di giurisdizione, con tutte le 
gravi conseguenze di incertezza sulla discriminazione e perfino di impossibilit� 
di coordinamento delle due giurisdizioni, ove potessero sovrapporsi nello stesso 
rapporto. i 

Ma queste preoccupazioni non hanno ragion d'essere, giacch� � di tutta 
evidenza che la giurisdizione delle Commissioni, per le imposte elencate nell'art. 
1, � � generale >>, abbraccia cio� tutto quanto pu� essere oggetto di controversia 
per dette imposte, che restano escluse dalla giurisdizione dell'A.G.O. 
L'art. 16 � norma che concerne il procedimento; non definisce la giurisdizione 
e non restringe la portata dell'art. 1. L'individuazione dell'atto dmpugnabile ai 
fini della ammissibilit� del ricorso e della decorrenza del termine relativo, anche 
quando d� luogo a complesse questioni, non � problema che tocca la delimitazione 
della giurisdizione. Per molti decenni si � discusso della individuazione 
del provvedimento impugnabile innanzi al Consiglio di Stato, ma non si 
� mai pensato di sostenere che la non impugnabilit� per ragioni di ordine 
processuale di un atto amministrativo incidente su interessi legittimi, autorizzasse 
il ricorso all'azione ordinaria. 

Ora le Sezioni Unite hanno ulteriormente chiarito che l'attribuzione ad un 
giudice speciale di una determinata materia, pu� anche comportare, in r�lazione 
al relativo sistema processuale, � una obiettiva delimitazione della materia 
astrattamente controvertibile �; se quindi una determinata azione non risulta 
ammissibile nel processo di giurisdizione speciale, ne conseguir� che quella 
azione sar� assolutamente improponibile, non gi� che quell'azione resti attribuita 
alla giurisqizione dell'A.G.O. quando il rapporto controverso, per i suoi 
caratteri oggettivi e,.sostanziali, sia compreso nella giurisdizione speciale. 

Sulla base di questa esattissima premessa, � facile constatare che con il 
nuovo ordinamento del contenzioso tributario, strutturato processualmente come 



-


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 305 

b) che, se in materia tributaria la tutela dei diritti soggettivi era 
consentita solo attraverso il ricorso alle nuove commissioni, si rendeva 
necessario rimettere alla Corte costituzionale l'esame della questione di 
legittimit� delle norme istitutive di dette commissioni: norme che sembravano 
in contrasto con gli artt. 24 e 102 Cost., in quanto venivano 
a menomare la tutela giurisdizionale (ove ai nuovi organi dovesse attribuirsi 
natura amministrativa), o venivano a creare nuove giurisdizioni 
speciali (ove a detti organi dovesse attribuirsi natura giurisdizionale), 
ed in contrasto altres� con l'art. 108 Cost., in qua:p.to non assicuravano 
appieno l'indipendenza e l'imparzialit� dei componenti. 

Con sentenza del 3 agosto 1976 n. 215 la Corte Costituzionale, cos� investita, 
ha ritenuto la questione, infondata sotto il primo aspetto (al riguardo 
rilevando che la nuova disciplina del contenzioso tributario realizzava 
quella revisione di giurisdizioni speciali preesistenti; consentita dalla Disp. 
trans. VI della Costituzione) ed inammissibile sotto il secondo aspetto, 
siccome irrilevante ai fini del presente giudizio. 

A seguito della pubblicazione di tale sentenza, � stata fissata l'udienza 
odierna, nella quale il ricorso � stato discusso. 

ricorso contro atti (espliciti o di silenzio), r� inconciliabile l'azione di mero 
accertamento; e la conseguenza � che una tale azione � assolutamente improponibile, 
sia innanzi alle Commissioni che all'A.G.O. Sarebbe del resto insostenibile 
che per lo stesso petitum sostanziale la giurisdizione possa appartenere 
ad uno o ad altro giudice, ed a discrezione del contribuente, a seconda che 
il mezzo meramente processuale prescelto sia la impugnazione dell'atto di accertamento 
o la domanda di rimborso o la preventiva azione di mero accertamento, 
quando poi la proposizione dell'azione di mero accertamento non 
escluderebbe che possa sopravvenire l'atto di accertamento al quale deve seguire 
il ricorso alla Commissione. 

II. -Quanto detto assorbe la questione dell'abrogazione dell'art. 6 della 
legge 20 marzo 1965, n. 2248, ali. E. 
In realt� questa norma non � stata abrogata e resta anzi il cardine del sistema 
giurisdizionale tributario, giacch� permane la regola generale che le controversie 
di imposta, ove non sia diversamente disposto, sono soggette alla giurisdizione 
ordinaria; e sono ancora molti i tributi rimasti nell'attribuzione dell'A.
G.O. appunto in forz� dell'art. 6 della legge del 1865. Ma ci� non esclude che 
interi settori (tutte le controversie afferenti a determinate imposte) siano devoluti 
ad una giurisdizione speciale con criterio di generalit� s� che in queste 
materie non vi sia nessun residuo di giurisdizione ordinaria, quale che possa 
essere il mezzo processuale esperito o esperibile; e non deve meravigliare se la 
speciale giurisdizione delle Commissioni occupa uno spazio quantitativamente 
maggiore della giurisdizione ordinaria. 

Il dato rilevante � che la giurisdizione delle commissioni non � determinata, 

sempre in via derogativa alla giurisdizione ordinaria, per un numero chiuso di 

controversie elencate tassativamente in una norma, ma � invece una giurisdi


zione generale entro quell'ambito determinato, per specie di tributi, nell'art. 1. 

Da ci� consegue che l'art. 16, (che, come si � gi� visto non pu� valere a 
restringere l'art. 1) non pu� essere interpretato rigidamente, s� da escludere la 
tutela giurisdizionale di talune situazioni. Non solo l'espressione �accertamento� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il curatore dei fallimenti ricorrenti, con riferimento agli artt. 1 e 16 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sulla revisione della disciplina del contenzioso 
tributario, sostiene che le controversie devolute alla cognizione esclusiva 
delle nuove commissioni sono quelle derivanti da un atto d'imp�� 
sizione dell'Amministrazione finanziaria .o dal rifiuto di questa -espresso 
o pre:mnto -di restituire somme indebitamente pagate e non anche quelle 
che l'art. 6 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E riserva all'autorit� 
giudiziaria ordinaria: e ci� perch� la tradizionale disciplina della tutela 
giurisdizionale dei diritti soggettivi (estranea all'oggetto della riforma del 
contenzioso tributario) non avrebbe potuto essere modificata senza una 
esplicita abrogazione (che invece � mancata) del citato art. 6. Afferma 
conclusivamente e chiede sia dichiarato, che la proposta azione di accertamento 
negativo del debito d'imposta rientra nella giurisdizione dell'A.
G.O. 
Il ricorso � privo di fondamento. 
L'azione di mero accertamento (pur con i limiti che la pi� attenta 
dottrina e la giurisprudenza le hanno asegnato al fine di evitare che ne 

deve essere intesa nel senso ampio e comprensivo di ogni provvedimento che 
dichiara l'obbligazione tributaria, ma anche atti diversi dei quali non pu� essere 
negata l'impugnabilit� devono, almeno in via interpretativa, ricomprendersi 
nell'art. 16. 

Non � questa la sede per tentare una approfondita disamina di tutti i 
provvedimenti impugnabili; si pu� intanto rilevare che vanno ricompresi nella 
nozione di accertamento, oltre a vari atti dichiarati espressamente soggetti a 
ricorso nelle singole leggi di imposta (art. 36, 37, 38 e 39 d.P.R. 602/1973; art. 9, 
legge 12 novembre 1976 n. 751, che concernono tutti atti diversi dall'accertamento 
in senso stretto), altri atti diversamente denominati (come l'avviso di 
liquidazione nelle imposte di registro e di successione), e non si pu� escludere 
che altri atti che creano l'esigenza della tutela giurisdizionale debbono essere 
considerati come atto impugnabile ex art. 16, salvo a vedere nei singoli casi 
come possa per essi operare il termine per l'impugnazione; fra questi ultimi 
atti possono enumerarsi oltre agli atti del procedimento catastale (inclusi nell'ar. 
1 ma dimenticati nell'art. 16), il concordato e la dichiarazione, ovviamente 
nei limiti (molto controversi) entro i quali l'impugnazione pu� ritenersi ammissibile. 
Allo stesso modo ove si ipotizzi che l'Amministrazione possa avere 
interesse all'iniziativa processuale, sar� sempre la Commissione l'organo da 
adire. 

Ma la conclusione per ora importante � che ogni perplessit� sulla ammis


sibilit� della tutela giurisdizionale in particolari situazioni relativamente alle 

imposte elencate nell'art. 1 deve riguardare il se e il come debba essere pro


posto il ricorso ex art. 16, mai potendosi ipotizzare che limitazione, condizio


namento o esclusione della proponibilit� del ricorso alla Commissione pos


sono significare sopravvivenza della giurisdizione ordinaria. 

Tuttavia l'art. 16, per quanto possa essere interpretato estensivamente,. quan


to al numero dei provvedimenti impugnabili, conserva il suo chiaro sig.ificato 

;�:�.�.�:�.�.�.'.�.�.�.�.�.�..-.-J 


PARTE I, .SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 307 

risulti snaturata l'essenza della giurisdizione) � indubbiamente un'azione 
di carattere generale, ammissibile, in linea di principio, ogni qual volta 
si verifichi una situazione di obiettiva incertezza in s� capace di determinare 
un pregiudizio attuale e giuridicamente rilevante, che possa essere 
eliminato solo a mezzo di pronuncia giudiziale. 

Vero � altres� che il giudice ordinario � idealmente investito di tutta 
la giurisdizione, onde, per norma, egli � competente a pronunciare su 
ogni domanda che non sia attribuita dalla legge alla cognizione di un 
giudice speciale. 

Questi principi cessano per� di trovare applicazione quando, dal 
sistema normativo di rapporti attribuiti alla giurisdizione di un giudice 
speciale e dai presupposti sulla cui base sono individuate le relative 
controversie, sia desumibile una volont� del legislatore di realizzare, con 
l'esclusivit� di quella giurisdizione, un'obiettiva delimitazione della materia 
astrattamente controvertibile. Cos�, ad esempio, non si dubita che, 
riguardo ai rapporti che rientrano nella competenza giurisdizionale della 
Corte dei conti od in quella esclusiva del Tribunale amministrativo regionale, 
debba negarsi, ancorch� ne siano coinvolti diritti soggettivi, la 

di caratterizzazione del processo tributario come di impugnazione, successivo 
quindi ad una manifestazione dell'Amministrazione della sua pretesa e sempre 
inconciliabile con l'azione di mero accertamento. 

III. -Lo � spettro � del solve et repete col quale si � tentato di avvalorare 
l'ammissibilit� dell'azi�ne di mero accertamento non poteva provocare l'effetto 
sperato. Le Sezioni Unite hanno efficacemente replicato che, sul presupposto 
dell'esecutoriet� dell'atto amministrativo di accertamento, � del tutto normale 
che il ricorso non escluda il pagamento del tributo quando l'atto da impugnare 
sia in tutto o in patre eseguibile e clie del pari � connaturale al sistema che 
il pagamento debba precedere il ricorso quando per la disciplina sostanziale 
del tributo esso debba avvenire per autotassazione o versamento diretto (IVA 
e imposte dirette); in altri casi (come l'imposta principale di registro) il pagamento 
� assolutamente preliminare all'esistenza stessa del rapporto. 
Forse sull'alternativa, ammessa dalla sentenza in nota, tra il non adempiere 
l'obbligazione che si assume inesistente e l'adempiere per poi domandare il 
rimborso, almeno per l'ipotesi considerata dell'IVA, pu� sorgere qualche perplessit�, 
giaceh� l'adempimento. deve essere accompagnato (o segu�to) dalla dichiarazione 
che � un riconoscimento del debito e non sembra che possano 
ammettersi dichiarazioni condizionate; al cont�'ibuente che non intende conformarsi 
alle direttive generali dell'Amministrazione o comunque assuma la insussistenza 
dell'obbligazione non � data altra via (il che esclude in radice la necessit� 
del pagamento anteriormente alla domanda in via giurisdizionale) che 
l'astenersi da ogni adempimento, sostanziale e formale, per poi impugnare l'eventuale 
accertamento, affrontando il rischio delle soprattasse e l'onere degli 
interessi. 

Ma pi� in generale l'eventualit� del pagamento del tributo come preliminare 
al ricorso contro il rifiuto di rimborso, secondo il disposto del terzo comma 
dell'art. 16 � soltanto apparente. Questa norma disciplina il ricorso contro il 
diniego di rimborso, predisponendo un meccanismo di silenzio-rifiuto, per i 
tributi c.d. �senza imposizione� e nei casi in cui il diritto al rimborso sia 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DliLLO STATO

308 

proponibilit� di un'azione di mero accertamento avanti l'A.G.O. Ci� vale, 
appunto, anche nel nuovo sistema del contenzioso tributario. 

Anteriormente alla riforma realizzata in attuazione della legge delega 
9 ottobre 1971 n. 825, un'azione di accertamento negativo della obbligazione 
tributaria era ammessa in materia di imposte indirette e non anche 
in materia di imposte dirette, riguardo alle quali l'azione giudiziaria, era 
subordinata ad un atto di accertamento su cui fosse intervenuta decisione 
definitiva della commii>sione, anche distrettuale, ed alla iscrizione 
dell'imposta a ruolo (art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639). 

Il D.P. 26/10/1972 n. 636, pur non esaurendo l'intera materia del 
contenzioso fiscale (v. infatti le disposizioni particolari dettate, in proposito, 
per le imposte di bollo, concessioni governative, spettacoli, pubblicit� 
ed affissioni) disciplina la tutela giurisdizionale del contribuente in 
maniera unitaria e generale per tutte le imposte dirette ed indirette, 
contemplate nell'art. 1, che alla lettera d) menziona l'I.V.A. (della quale 
appunto si discute). 

Secondo l'art. 16 di tale decreto, il termine per proporre ricorso alla 
commissione di primo grado decorre dalla notificazione di uno specifico 
atto dell'Amministrazione (l'avviso di accertamento, l'ingiunzione, il ruolo, 
il provvedimento che irroga le sanzioni pecuniarie) e, nei casi di paga-

sopravvenuto; la limitazione al diritto sopravvenuto al rimborso riconferma 
quanto si � detto pocanzi sull'impossibilit� di adempimento condizionato di 
un'obbligazione che si assume infondata� ab origine, quando esista una dichiarazione. 
Ma l'intero terzo comma dell'art. 16 sembra essere piuttosto una norma 
programmatica del sistema processuale in vista di un futuro diverso assetto 
delle norme sostanziali di imposizione o una norma di completamento even� 
tualmente utilizzabile in situazioni del tutto anomale, piuttosto che un precetto 
di attuale efficacia ed utilit�. 

Infatti nessuno dei tributi elencati nell'art. 1 � � senza imposizione � e per 

tutti le singole leggi di imposta dettano norme specifiche (diverse dal terzo 

comma dell'art. 16 e che su questO prevalgono) sui rimborsi. 

Per tributi senza imposizione (prescindiamo in questa sede dal complesso 

problema della ammissibilit� concettuale dell'atto di imposizione) devono in


tendersi quelli di meccanismo elementare il cui adempimento ha luogo senza 

accertamento (bollo, concessioni governative, tasse automobilistiche, e simili); 

ed � evidente che per tutti i tributi soggeti alla giurisdizione delle Commissioni 

questo fenomeno non si verifica mai, nemmeno quando � prevista l'autoliquida


zione e il pagamento anticipato per versamento diretto, perch� � sempre in sede 

di dichiarazione e di accertamento che viene determinata l'obbligazione tribu


taria il cui anticipato parziale adempimento non ha valore definitivo. 

Tuttalpi� potrebbe parlarsi di adempimento senza accertamento nel solo 

caso della ritenuta di imposta, che estingue l'obbligazione e il rapporto giuri


dico formale, s� che le controversie possono avete origine soltanto sotto forma 

di domanda di rimborso. 

Ma per questi e per tutti gli altri rimborsi le norme particolari' descipli~ 

nano il relativo procedimento amministrativo preliminare al ricorso alle com


missioni dettando regole diverse da quelle del terzo� comma dell'art. 16, anche 

per quanto concerne il silenzio, e ci� sia per il rimborso di somme originaria



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 309 

mento di imposta che si assuma non dovuta, dalla data del rifiuto 
(espresso o presunto) di restituzione della somma pagata: rifiuto che si 
considera atto d'imposizione. 

Poich� (come gi� hanno accennato queste Sezioni Unite con la predetta 
ordinanza e come riconosce in definitiva, Io stesso ricorrente) la 
citata disposizione ha una portata pi� ampia della mera disciplina del 
termine per ricorrere (cui fa riferimento la sua rubrica), la tutela giurisdizionale 
del contribuente, cos� come articolata .nel nuovo testo, si 
svolge, sia pure in funzione di tin completo esame del merito del rapporto 
tributario, attraverso la impugnativa di uno specifico atto dell'Amministrazione 
finanziaria (che pu� essere costituito anche dal rifiuto, espresso 

o legalmente presunto, .di restituzione di somme che si assumano non 
dovute): e ci� esclude che gli organi del nuovo sistema del contenzioso 
fiscale possano essere aditi con una domanda di mero accertamento 
preventivo. N� basterebbe a giustificare la contraria opinione l'art. 15 
lett. c) del citato decreto secondo cui il ricorso alla Commissione deve 
indicare l'atto controverso, ovvero l'ufficio contro cui il ricorso � proposto. 
La menzione alternativa dell'ufficio pu� infatti spiegarsi con 
riferimento alla ipotesi (art. 16, 2� comma) in cui manca un atto dell'ente 
impositore in forma esplicita. 
mente non dovute, �sia per il rimborso il cui diritto sia sopravvenuto. (art. 37 
e 38 d.P.R. n. 602/1973; art. 75, d.P.R. 634/1972; art. 47, d.P.R. 637/1972). 

In tutti questi casi non solo esiste normalmente un accertamento, ma � 
anche necessariamente preliminare al ricorso in sede giurisdizionale un ricorso 
amministrativo allo stesso ufficio o all'ufficio gerarchicamente superiore (intendente 
di finanza) la cui decisione amministrativa costituisce il provvedimento 
impugnabile innanzi alla commissione. E' quindi veramente inimmaginabile 
un'azione di mero accertamento. 

In definitiva non esiste in concreto l'ipotesi del pagamento del tributo 
come unica condizione per la proponibilit� del ricorso giurisdizionale; il 
pagamento pu� essere un obbligo che la legge impone, anche prima dell'accer� 
tamento, ma il ricorso � sempre diretto contro l'�ccertamento (o la decisione 
amministrativa) e il rimborso � la conseguenza della dichiarazione di illegitti� 
mit� dell'accertamento. 

IV. -La sentenza in rassegna potrebbe valere indirettamente come conferma 
dell'ammissibilit� dell'azione di mero accertamento per le imposte rimaste 
soggette alla giurisdizione dell'A.G.O. 
Invero, ad un pi� rigoroso esame, l'azione di mero accertamento non sembra 
mai configurabile nei rapporti tributari per ragioni pi� radicali (v. Relazione 
Avv. Stato 1970..75, Il, 599 e segg.). Ma si pu� oggi osservare che, almeno 
per i tributi toccati dalla riforma, il mero accertamento � sempre escluso, 
perch� l'azione in sede ordinaria � sempre condizionata da un preventivo ricorso 
amministrativo e pu� essere introdotta solo a seguito della decisione 
almeno in un grado e talvolta anche in due gradi ed entro un termine perentorio 
da essa; anche per i tributi senza accertamento (imposizione), che sono 
frequenti nei rapporti devoluti al giudice ordinario, � sempre necessariamente 



310 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questa essendo la nuova disciplina, � da vedere se l'azione di mero 
accertamento rimanga affidata alla cognizione del giudice ordinario, o 
sia da ritenere ormai, riguardo alle imposte contemplate nell'art. 1 del 

D.P. n. 635 citato, assolutamente improponibile. 
La soluzione del problema in questo ultimo senso appare gi� sottintesa 
nell'ordinanza su indicata, con cui queste Sezioni Unite hanno dubitato 
della legittimit� costituzionale dell'intero nuovo sistema del contenzioso 
fiscale, ritenendo appunto, tra l'altro, che � appare ancor pi� 
dubbio che il legislatore delegato abbia voluto consentire un'azione di 
accertamento negativo della pretesa tributaria, dinanzi all'A.G.O. �. 

L'opinione cos� adombrata ha ricevuto l'autorevole conforto della 
Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 215/76, emessa all'esito del 
giudizio provocato con la ripetuta ordinanza, dopo avere dichiarato 
costituzionalmente legittimo il detto nuovo sistema con riferimento agli 
artt. 24, 102 -2� comma e disp. VI transitoria della Costituzione, ha 
dichiarato irrilevante ogni altra questione relativa ad aspetti singoli della 
disciplina interna delle nuove commissioni, testualmente osservando: 
� ... ammesso che l'azione di accertamento negativo non trovi pi� spazio 
nel nuovo quadro della disciplina processuale del contenzioso tributario 
-il che riceverebbe conferma dai lavori preparatori e da notevole parte 
della �dottrina -chiaro appare che, attualmente la sua devoluzione al 

preliminare la decisione amministrativa. Tutto questo, tuttavia, non pu� considerarsi 
limitativo del diritto di tutela giurisdizionale, perch� � sempre assicurato, 
con disciplina non sempre omogenea, il principio del silenzio-rigetto 
(art. 38 e 39, d.P.R. n. 640/1972; art. 11 e 12, d.P.R. n. 641/1972; art. 33 d.P.R. 

n. 642/1972; art. 20 d.P.R. n. 638/1972; art. 24 d.P.R. n. 639/1972). 
V. -Ancora un assai importante contributo � offerto dalla decisione in 
rassegna al chiarimento dei fondamentali caratteri del processo speciale tributario. 
Il processo � di impugnazione di uno specifico atto dell'Amministrazione, 
che pu� essere costituito anche dal rifiuto di restituzione di somme 
che si assumono non dovute espresso o legalmente presunto, tuttavia l'impugnativa 
dell'atto � � in funzione di un completo esame del merito del rapporto 
tributario �. Con queste poche parole � esattamente precisata la natura 
del processo tributario. Il processo � nella forma di impugnazione -di atti ma 
nella sostanza di accertamento del rapporto; � cio� molto simile al processo 
innanzi al giudice amministrativo quando ha per oggetto diritti soggettivi sui 
quali incide un atto amministrativo da impugnare nel termine (SANDULLI, Il giudizio 
davanti al Consiglio di Stato, Napoli, 1963, 143); ovvero, secondo altra 
terminologia, � per la dinamica processuale un processo di impugnazione-annullamento 
e per l'oggetto di impugnazione-merito (Russo, Il nuovo processo 
tributario, Milano, 1974, 72 e s.). 
Sulla premessa che il contribuente � titolare di un diritto soggettivo e che 
nella fase giurisdizionale, venute a mancare le potest� autoritarie dell'Amministrazione 
che caratterizzano il procedimento amministrativo, le parti si tro




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 311 

giudice ordinario potrebbe derivare soltanto da una dichiarazione di 
globale illegittimit� afferente l'esistenza stessa delle nuove commissioni 
tributarie�; ed ha enunciato il giudizio conclusivo di irrilevanza, aggiungendo 
che � �.. ritenute legittime, nei loro presupposti di esistenza, tali 
commissioni, l'azione di accertamento negativo non viene ripristinata 
nella materia de qua... �. 

Alla base dei rilievi su riferiti sono ragioni che il collegio condivide. 

La nuova disciplina del contenzioso tributario realizza, nella materia 
considerata, un sistema compiuto di organi di tutela giurisdizionale e 
semplifica notevolmente la disciplina preesistente. Tale semplificazione 
corrisponde ad un preciso disegno del legislatore, che nelia legge delega 

(L. 1971 n. 825) ne ha sottolineato l'esigenza sia riguardo alla fase amministrativa 
del rapporto tributario (art. 11 n. 6), sia riguardo alla fase 
contenziosa (art. 10, 1� comma). 
La tesi che pretende residuata un'azione di accertamento preventivo 
proponibile avanti l'A.G.O., contraddice in linea di principio questo disegno 
di semplificazione e lo pregiudica gravemente sul piano pratico. 

Posto, infatti, che la proposizione di detta azione non impedirebbe 
all'Amministrazione finanziaria di compiere autonomamente gli atti diretti 

vano in una pos1z1one paritetica, il processo deve necessariamente avere contenuto 
di accertamento, con cognizione piena, della obbligazione tributaria che 
� sorta in base alla legge e non pu� essere stata influenzata da una potest� dell'Amministrazione, 
s� che � estraneo al processo il controllo del legittimo uso 
del potere. L'atto amministrativo di accertamento capace di diventare irretrattabile 
se non impugnato nel termine, � pertanto un necessario antecedente del 
processo giurisdizionale, ma non ne � l'oggetto; la decisione della commissione, 
pertanto, definisce nel merito l'obbligazione (dichiarativa di accertamento) e non 
giudica della legittimit� dell'atto impugnato (non costitutiva di annullamento). 

Conseguenza di ci� � che non sono rilevanti nel processo tributario (come 
in quello ordinario) e vizi formali dell'atto di accertamento e del procedimento 
relativo, in quanto oggetto della decisione � la sostanza dell'obbligazione che va 
accertata indipendentemente da eventuali irregolarit� in procedendo (per una 
applicazione del principio v. Cass. 7 aprile 1976, n. 1223; in questa Rassegna, 
1976, I, 608); possono assumere tuttavia rilevanza i vizi formali quando da essi 
discendano effetti sostanziali, come nel caso di nullit� di atti che non possono 
essere ripetuti o rispetto ai quali sono maturati termini di decadenza, ecc., 
quando cio� non si contesti la validit� formale dell'atto ma la conseguente 
decadenza dal diritto di conseguire il credito. A tal fine � utile l'asperienza fatta 
nel passato ordinamento in relazione alle imposte indirette nelle quali si distinguevano 
i vizt sostanziali, o che si convertivano in sostanziali, deducibili innanzi 
all'A.G.O. sotto forma di decadenza dell'Amministrazione dal potere di accertare 
la base imponibile e vizi meramente formali sottratti all'esame del giudice che 
accerta il rapporto (Cass. 16 maggio 1973, n. 1386, in questa Rassegna, 1973, 
I, 1153). 

C. BAFILE 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEUO STATO 

ad accertare i presupposti dell'obbligazione tributaria ed a reprimere 
eventuali evasioni, � sufficiente ipotizzare una tale evenienza per comprendere 
quali e quanti problemi possano venire a complicare lo svolgimento 
del rapporto tributario: la reazione del contribuente avanti alla 
commissione per evitare che l'atto dell'Amministrazione diventi definitivo, 
la eventualit� -che il contenuto di tale atto renda necessaria la deduzione 
di motivi diversi da quelli posti a base dell'azione giudiziaria di accertamento 
negativo, la difficolt� di trovare in mancanza di previsioni legislative, 
un assetto soddisfacente e sicuro del rapporto fra i due procedimenti, 
sono soltanto gli aspetti pi� evidenti della possibilit� che resti 
frustrato quell'intento di generale semplificazione, che � a base della 
intera riforma tributaria. 

N� il testo legislativo in cui, per quanto attiene al contenzioso, quell'intento 
� stato tradotto,� offre alcun conforto alla tesi del ricorrente. 
A quella tesi non giova il fatto che tra le norme abrogate dall'art. 46 
del D.P. 636 del 1972 11on sia menzionato l'art. 6 della L. 20 marzo 1865 

n. 2248 all. E, trattandosi di disposizione che, in quanto incompatibile con 
la nuova disciplina, � divenuta inoperante per effetto del richiamo generico 
ed onnicomprensivo, di cui all'ult. parte del primo comma del citato 
art. 46. 
� invece, contro la tesi del ricorrente, molto pi� significativo, oltre 
al fatto che nel testo definitivo dell'art. 16 del ripetuto decreto presidenziale 
sia stato soppresso, in accoglimento del parere della commissione 
parlamentare, il terzo comma, che lasciava aperta la possibilit� di una 
-azione di mero accertamento, il rilievo che, a differenza di quanto 
espressamente disposto in precedenti testi legislativi in materia (come 
nell'art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639 sulla riforma degli ordinamenti 
tributari, nell'art. 23 l. 8 marzo 1943 n. 153 sulla costituzione, le attribuzioni 
ed il funzionamento delle commissioni censuarie e nell'art. 285 del 

T.V. Fin. locale approvato .con r.d. 14 settembre 1931 n. 1175) manca nel 
nuovo testo una disposizione diretta a mantenere ferma la competenza 
dell'A.G.O., ex art. 6 della citata legge 20 marzo 1865. 
Resta da vedere, se escludendosi la proponibilit� assoluta dell'azione 
di accertamento preventivo, non venga, indirettamente, ad essere rientrodotto 
nell'ordinamento il principio salve et repete (le cui espressioni 
normative sono state via via dichiarate costituzionalmente illegittime, a 
partire dalla sent. 31 marzo 1961 n. 21 della Corte costituzionale). �, infatti, 
questa, un'obiezione comunemente formulata contro la tesi qui accolta. 

Il principio su indicato era espresso con norme che precludevano 
la tutela giurisdizionale al contribuente che non avesse previamente sodcijsfatto 
il debito d'imposta; e coesisteva con quelle dell'esecutoriet� 
dell'atto amministrativo di imposizione tributaria (v., ad es., gli artt. 149 
e 145 della legge organica di� registro di cui al r.d. 30/12/1923 n. 3269), 
differenziandosene nell'essenza e nel modo di operare. Mentre il primo 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 

(cio� il salve et repete) incideva in modo effettivo sulla proponibilit� 
dell'azione giudiziaria ed importava un vero e proprio difetto temporaneo 
di giurisdizione dell'A.G.O., il secondo esprime una qualit� comune ai 
provvedimenti amministrativi ed attribuisce alla P.A. una facolt� (quella 
di realizzare coattivamente la propria pretesa) che pu� in pratica non 
essere esercitata e rimanere inoperante nel corso del processo in cui 
si controverta sulla legittimit� di quella pretesa. 

Scomparso ormai nella legge di riforma qualsiasi norma che possa 
giustificare il primo di detti principi, la disciplina che ne risulta (quale 
interpretata da questo collegio) comporta solo che rimanga in vigore il 
diverso principio della esecutoriet� dell'atto amministrativo: principio 
che, peraltro, � temperato con una serie di disposizioni atte ad evitare o 
ridurre l'eventualit� che il contribuente paghi somme che successivi provvedimenti 
giurisdizionali dimostrino non dovute (v. artt. 54 e 73 D.P. 
633/72 sull'imposta di registro, 44 e 54 D.P. 637/72 relativo all'imposta sulle 
successioni e donazioni, art. 18 D.P. 635/72 sulle imposte ipotecarie e 
catastali, e per quanto riguarda specificamente l'imposta sul valore aggiunto, 
artt. 60 e 61 D.P. 26/10/1972 n. 633), e che -giova ripetere non 
ha alcuna relazione con il salve et repete (v. anche corte cost., sent. 
7 luglio 1962 n. 86). 

In definitiva, ed in concreto, colui che, in contrasto con l'orientamento 
espresso in via generale dall'Amministrazione finanziaria con circolari 
ed atti analoghi, abbia motivo di ritenere che non sussista il presupposto 
di un tributo applicabile in via di autotassazione (come l'I.V.A.) ha 
questa alternativa: o si astiene dall'assolvere l'obbligazione tributaria 
reagendo poi, avanti la Commissione di primo grado, agli eventuali atti 
con cui la detta Amministrazione � intende realizzare la corrispondente 
pretesa, ed affrontando il rischio delle relative sanzioni, o adempie senza 
altro l'obbligazione su indicata, reagendo poi, ex art. 16, secondo comma 

D.P. 26/10/1972 n. 636, contro il rifiuto -espresso o presunto -di restituzione 
della somma pagata. In entrambe le ipotesi, il pagamento (graduale, 
nella prima, giusta il disposto degli artt. 60 e 61 D.P. 633/72, ed 
integrale nella seconda) costituiscono non gi� osservanza del principio 
salve et repete, ma un ossequio, rispettivamente, alla esecutoriet� dell'atto 
amministrativo e della decisione giurisdizionale, o al precetto di diritto 
tributario sostanziale. 
Deve conclusivamente affermarsi che, riguardo ai tributi indicati nell'art. 
1 D.P. 26 ottobre 1972 n. 636, un'azione preventiva di accertamento 
negativo del debito d'imposta non � proponibile n� avanti la commissione 
tributaria n� avanti al giudice ordinario e conseguentemente dichiararsi 
il difetto assoluto di giurisdizione in ordine alla domanda proposta avanti 
al Tribunale di Genova dalla curatela dei fallimenti ora ricorrenti. In tali 
sensi il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

314 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 marzo 1977, n. 951 -Pres. Iannuzzi Est. 
Caturani -P. M. Trotta (conf.). Fallimento di Stefano c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Pierantozzi). 

Imposta di registro -Enunciazione -Sentenza dichiarativa di fallimento 
enunciante societ� di fatto -Prededuzione del credito di imposta 
come spesa giudiziale. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 72; r.d.l. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 91 e 111). 
Quando la sentenza dichiarativa di fallimento si fonda sulla enunciazione 
di una societ� di fatto a norma dell'art. 72 della legge di registro, 
l'imposta sulla convenzione enunciata costituisce spesa del giudizio falli.
mentare da prenotare a norma dell'art. 91 della legge fallimentare per 

ess�re rimborsata nei modi ivi previsti (1). 

(Omissis). -Con il secondo motivo del ricorso il curatore del fallimento 
deduce violazione degli art. l, 62, 72 R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269; 
91 e 111 n. 1 legge 16 marzo 1942 n. 267 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. 
e censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto che la c.d. tassa di 
titolo sulla enunciazione della societ� di fatto tra i falliti, di cui era 
menzione nella sentenza dichiarativa di fallimento fosse da ammettere 
alla riscossione in prededuzione, ai sensi dell'art. 111 n. 1 L.F., non trattandosi 
di spesa necessaria alla .Procedura fallimentare, come erroneamente 
ritenuto dal giudice del merito, in quanto ha origine da un fatto 
non degli organi fallimentari, ma dei falliti (costituzione della societ�), 
anteriore alla dichiarazione di fallimento ed � semplic~mente occasionata 
dal giudizio. Pertanto, il ricorso alla prededuzione non era in questo caso 

(1) La precedente sentenza 12 marzo 1973, n. 682, richiamata nel testo, fu 
pubblicata, unitamente ad altre due pronunzie connesse, in questa Rassegna, 
1974, I, 194, con tre note critiche di A. C.HICCO, c. BAFILE e F. MARIUZZO. La sentenza 
ora intervenuta ha cambiato nettamente orientamento, riconoscendo la 
validit� delle critiche mosse alla precedente. 
La decisione � basata sulla distinzione tra enunciazione giudiziale (art. 72) 
e enunciazione convenzionale (art. 62) che possono ambedue essere contenute 
in sentenza (v. da ultimo Cass. 1<> ottobre 1976, n. 3205 in questa Rassegna, 
1977, I, 156); nel caso di enunciazione giudiziale, I'� intima compenetrazione tra 
convenzione verbale e sentenza � fa s� che la registrazione della sentenza, con 
l'unitaria liquidazione dell'imposta fissa e di titolo, faccia carico alla curatela 
come spesa del processo da anticipare o da prenotare a norma dell'art. 91 della 
legge fallimentare, restando esclusa l'insinuazione e la partecipazione al concorso. 

Diversa, sembrerebbe, � la conclusione quando l'enunciazione contenuta 
in sentenza sia da ricondurre all'art. 62; ma anche in tal caso pu� presentarsi 
la stessa necessit� per la curatela di sostenere la spesa della registrazione se 
utile per conseguire un risultato, come nel caso che la curatela, diventando 
parte istante, richiede nel suo interesse la registrazione di una convenzione 
stipulata dal fallito. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

consentito dalla legge, avendola l'art. 91 L.F. limitato alle sole imposte 
di bollo e di registrazione (a tassa fissa) della sentenza dichiarativa del 
fallimento. 

Il motivo � infondato. 
La questione che il ricorrente sottopone all'esame del collegio � gi� 
stata esaminata da questa Suprema Corte con sentenza 12 marzo 1973 

n. 682 che ebbe ad affermare il seguente principio: quando la sentenza 
dichiarativa del fallimento di una societ� di fatto, palese od occulta che 
sia, contiene l'enunciazione di un patto sociale mai sottoposto a registrazione, 
la sentenza medesima costituisce l'occasione, non la causa per 
la appli�azione dell'imposta di registro sull'atto enunciato che resta un 
fatto negoziale diverso ed estraneo all'atto enunciante. In conseguenza, 
l'imposta di registro afferente all'atto enunciato non costituisce un credito 
privilegiato, ai sensi dell'art. 111 n. 1 legge fallimentare e, pertanto, non 
pu� essere prededotta come spesa giudiziale. 
Tale risultato fu raggiunto, considerando che la cosiddetta imposta 
di enunciazione deve ritenersi afferente non gi� all'atto in s� come 
espressione scritta di una volont� negoziale, bens� al fatto negoziale 
diverso ed estraneo per lo pi� precedente all'atto ed ivi richiamato. 

Sulla base della distinzione tra � fatto enunciato � che rappresenta 
l'oggetto principale dell'atto ed � atto enunciante >>, che dichiara ed attesta 
l'evento negoziale ma non lo costituisce, in quella occasione questa Corte 
afferm� che mentre la imposta fissa di registro dovuta sulla sentenza 
dichiarativa di fallimento della societ� di fatto � dovuta in quanto attiene 
all'atto giudiziario quale ne sia il contenuto e la relativa spesa � pertanto 
necessaria ai fini dello svolgimento del processo fallimentare (art. 111 n. 1 
L.F.), l'imposta sulla convenzione sociale richiamata nella sentenza attiene 
invece al contenuto dell'atto ed in quanto colpisce la costituzione della 
societ�, essa � soltanto occasionalmente percetta in pendenza del fallimento, 
tanto che se l'erario, anche prima della dichiarazione di fallimento 
della societ� di fatto, si venisse a trovare in possesso di un atto 
che enunciasse la esistenza di quest'ultima, l'imposta di titolo sarebbe 
dovuta anche prima della sentenza dichiarativa del fallimento. 

Un ulteriore approfondimento del problema induce tuttavia, il collegio 
a discostarsi dal precedente giurisprudenziale richiamato, in base alle 
considerazioni che seguono. La precedente pronuncia di questo S.C. 
esattamente riconosce che l'imposta di titolo � applicabile soltanto con 
l'atto enunciante (nella specie, la sentenza dichiarativa di fallimento della 
societ� di fatto), ma esclude che essa afferisca all'atto enunciante � sembrando 
pi� aderente all� realt� giuridica e tecnologica riconoscere che 
l'atto rappresenta soltanto la condizione formale e tecnica per l'applicazione 
dell'imposta e non gi� la causa che invece � costituita dal patto 
sociale�. L'atto enunciante, secondo l'indirizzo accennato, si limita a 
dichiarare ed attestare l'evento negoziale, ma non lo costituisce, diver



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

316 

samente dal fatto negoziale (convenzione verbale di societ�) che rappresenta 
l'oggetto principale dell'atto. 

Senonch�, l'argomento che fa leva sul dato sostanziale dell'imposizione, 
per inferirne che l'imposta di titolo dovuta sulla sentenza ha come 
fondamento causale la convenzione verbale ivi enunciata, non appare 
risolutivo del problema nel senso accolto dal precedente richiamato. 

Il quesito che il collegio deve risolvere, anche se attiene ad un 
momento del .processo fallimentare, dovendosi decidere se l'imposta di 
titolo sulla sentenza che dichiara il fallimento di una societ� di fatto sia 
prededucibile � come spesa giudiziale per gli atti richies~i dalla legge, 
dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura della procedura � 
(art. 91 e 111 n. 1 L.P.) ovvero non debba ritenersi un credito concorsuale, 
da insinuare al passivo del fallimento, � di puro diritto tributario. 

Pu� dirsi pacifico -ed � dato riconosciuto del resto dal precedente 
richiamato di questo S.C. -che il contratto verbale di societ� non � 
di per s� soggetto ad aicuna imposizione; neppure all'imposta fissa di 
registro, prevista eccezionalmente dalla legge soltanto per alcuni tipi di 
contratti verbali tra i quali non rientra la convenzione costitutiva, di una 
societ� di fatto (art. 1 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269). 

Trattasi quindi di convenzione per cui vale la regola -tipica della 
imposta di registro che � imposta d'atto -secondo cui la sua soggezione 
all'imposta presuppone. che' essa sia enunciata in un atto sottoposto 
alla registrazione, sempre che sussistano i requisiti richiesti in tema di 
enunciazione dalla legge del registro (art. 62, 72). 

Il punto centrale dell'indagine riguarda in tal modo l'istituto della 
enunciazione: al riguardo questa Corte Suprema ha avuto occasione di 
precisare che per l'applicabilit� dell'art. 72 della legge di registro. secondo 
cui, quando le sentenze pronunziano su domande che si basano 
su convenzioni non ridotte in iscritto o per le quali non siano stati enunciati 
titoli registrati si applica, oltre alla tassa .dovuta sulla sentenza, 
anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi, 
secondo la sua natura, se fosse stata' precedentemente registrata -� 
necessario che la convenzione non registrata sia dedotta a fondamento 
dell'istanza sulla quale ha pronunciato la sentenza accogliendola o respingendola 
e che, quindi, il giudice ne debba necessariamente tenere 
conto, ponendola a base della decisione. In mancanza dell'indicato rapporto 
tra la convenzione non registrata e la decisione, si � fuori dalla 
previsione dell'art. 72 e si ricade, invece, nell'ambito della disposizione 
dell'art. 62, la quale si applica anche alle ent:inciazioni di convenzioni non 
registrate, contenute nei provvedimenti del giudice (Cass. 25 febbraio 1967 

n. 433; 9 luglio 1962 n. 1799; 10 ottobre 1961 n. 2063). 
A tal fine si � ritenuto che il rapporto tra la convenzione e la decisione 
ex art. 72 deve essere immediato e diretto, dovendo trattarsi proprio 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

della convenzione su cui la decisione si basa, restandone cos� escluse le 
altre eventuali le quali costituiscono dei meri antecedenti logico-giuridici. 

Ora il rapporto esistente tra la convenzione verbale di societ� enunciata 
nella sentenza di fallimento e quest'ultima � qualificato dal fatto 
che la convenzione verbale costituisce fondamento logico insopprimibile 
sul quale la sentenza si basa, sia per quanto concerne l'accertamento del 
vincolo societario sia per gli effetti che da questo accertamento discendono. 

Non sembra infatti corretto ritenere cha la situazione dedotta a fondamento 
dell'istanza di fallimento sia soltanto lo stato di insolvenza, ove 
si rifletta che a monte di quest'ultima si colloca la' posizione del soggetto 
la cui insolvenza deve essere accertata e questa � diversamente qualificata 
dagli aspetti diversi che la figura dell'imprenditore assume nelle singole 
fattispecie, a seconda che si tratti di un imprenditore individuale o sociale. 

Il collegio ritiene quindi che la fattispecie deve essere inquadrata 
nell'ambito dell'art. 72 della legge di registro, onde nei confronti di tale 
disposizi0ne sar� esaminato il particolare problema che si agita nel 
presente giudizio. 

Come si � innanzi rilevato, l'art. 72 -a differenza dall'art. 62 della 
legge di registro del 1923 -non si accontenta, ai fini della imposizione, 
di una .mera connessione fra l'atto enunciato e l'atto enunciante, ma 
subordina il sorgere della obbligazione tributaria al presupposto che 
la sentenza abbia fondato il proprio sillogismo, ai fini della definizione 
della controversia, sulla esistenza di una convenzione non scritta, del cui 
contenuto il provvedimento giudiziale d� atto, facendone discendere determinate 
conseguenze giuridiche. 

Pu� dirsi, quindi, che la fattispecie della imposizione per enunciazione, 
ex art. 72 L.R., � complessa, non essendo sufficiente, al fine della produzione 
degli effetti di diritto tributario, che il dato sostanziale del conferimento 
dei beni nella societ� di fatto si sia un tempo verificato e che 
un tale accadimento sia menzionato in sentenza, ma si chiede, in ogni 
caso, eh~ uno dei momenti logici sui quali si fonda la decisione sia costituito 
dall'accertamento della esistenza della convenzione verbale. Questa 
allora entra nell'orbita del mondo tributario sia perch� attraverso la 
certificazione contenuta in ~entenza, si attribuisce al relativo negozio 
certezza giuridica, sia perch� le parti del rapporto proces_suale, attraverso 
la pronuncia giudiziale, subiscono gli effetti che l'ordinamento 
ricollega alla accertata esistenza della convenzione. 

La fattispecie costitutiva della obbligazione tributaria trova, quindi, 
per l'art. 72 L.R., il suo momento perfezionativo nella pronuncia (e conseguente 
registrazione) della sentenza dichiarativa di fallimento, a nulla 
rilevando che l'erario possa esigere il tributo per un evento esterno al 
fallimento, come accade quando la societ� di fatto sia enunciata in un 
diverso atto giuridico (anche di natura negoziale). 


318 

RASSE~A DELL'AVVOCATlJRA DELLO STATO 

In tal caso, infatti, il problema proposto non ha posibilit� di sorgere, 
in quanto, avendo l'~rario gi� il potere di imposizione in base ad una 
diversa (ed equipollente) fattispecie, la sentenza dichiarativa di fallimento 
sconter� in tal caso soltanto l'imposta fissa di registro, come atto 
giudiziale. 

La costituzione dell'obbligo tributario in sede di pronuncia della 
sentenza di fallimento inoltre non realizza un evento di natura occasionale, 
ma perfeziona la fattispecie della enunciazione, secondo la tecnica 
adottata dall'art. 72 L.R., cos� come la avrebbe perfezionata un successivo 
at~o in cui le parti del contratto verbale di societ�, riconoscendone l'esistenza, 
ne avessero trasfuso il contenuto in un documento scritto 
(art. 62 L.R.). 

D'altra parte, la convenzione verbale acquista consistenza giuridica 
secondo gli accertamenti contenuti in sentenza, onde quest'ultima non 
pu� essere considerata� come � mera forma� dell'atto enunciato avente 
per altra via esistenza autonoma anche prescindendo da essa, ma rappresenta 
nel processo formativo della fattispecie tributaria il momento conclusivo 
di un processo diretto a certificare ed accertare l'esistenza di un 
negozio giuridico secondo le particolari modalit� che l'istruttoria avr� 
determinato in concreto. L'intima compenetrazione tra convenzione verbale 
e sentenza costituisce in tal modo l'aspetto sostanziale del fenomeno 
che d� unit� strutturale all'intera fattispecie. 

In questa prospettiva, il riferimento al valore dei beni conferiti in 
societ�, ai fini della determinazione della base imponibile, con riguardo 
al momento in cui i conferimenti furono eseguiti, (Cass. S.U. 14 giugno 1967 

n. 1331, 25 ottobre 1972 n. 3229) non incide sulla esattezza dei rilievi che 
precedono, giacch� -come bene ha sottolineato in memoria l'avvocatura 
generale dello Stato -trattasi di regola valida per ogni trasferimento 
di beni il cui valore si determina con riguardo al momento in cui la 
convenzione diventa giuridicamente efficace e non con riguardo al momento 
della registrazione (art. 33 L.R.; 41 penultimo comma e 48 comma 
20 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634). N� sarebbe esatta l'obiezione che non 
pu� darsi decisiva rilevanza, ai fini della perfezione della fattispecie, alla 
pronuncia di un provvedimento che incide, sulla vita stessa della societ� 
accertata, giacch� -� il fallimento non estingue il contratto di societ�, 
ma ne determina soltanto lo scioglimento: la societ� cio� continua a 
vivere, sia pure ai fini della liquidazione concorsuale ed in ci� risiede 'il 
fondamento dell'obbligo di registrazione cui va incontro il curatore sia 
per quanto concerne l'imposta fissa sulla� sentenza che per l'imposta di 
titolo. 
Si colloca perfettamente nel quadro dell'indirizzo accolto, la giurisprudenza 
di questo S.C., la quale ha in materia statuito che la tariffa 
applicabile � quella vigente al momento della sentenza enunciante e non 
quella che esiste all'atto della costituzione della societ� (Cass. 12 no




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 319 

veinbre 1965 n. 2387) e che la prescrizione del credito d'imposta decorre 
solo dalla enunciazione (Cass. 20 giugno 1969 n. 2175). 

In conclusione, cos� come l'imposta fissa sulla sentenza di fallimento, 
l'imposta di titolo sulla enunciazione della societ� di fatto costituisce 
una spesa che il fallimento ha l'onere di subire per lo svolgimento della 
procedura fallimentare perch� gli effetti giuridici che conseguono al 
fallimento della societ� di fatto possano espandersi in tutta la loro 
ampiezza. 

In quanto tale, essa � una spesa per cui l'art. 91 L.F. consente, in 
mancanza del danaro occorrente nell'attivo fallimentare, la prenotazione 
a debito e quindi la prededuzione prevista dall'art. 111 n. 1. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1977, n. 1039 -Pres. Rossi Est. 
Falcone -P. M. La Valva (conf.). Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Freni) c. Chiussi (avv. Romano). 

Imposta di registro � Prescrizione � Interruzione � Ricorso alla Com� 
missione � Effetto dell'interruzione fino al passaggio in giudicato 
della decisione in relazione a tutti i mezzi di impugnazione. 

(r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 140, 141 e 143; e.e. art. 2943; r.d. 7 agosto 1936, art. 29). 
La prescrizione interrotta a norma dell'art. 140 dell'abrogata legge di 
registro, dal ricorso del contribuente, non corre (rimane sospesa) fino al 
passaggio in giudicato della decisione della Commissione; di conseguenza 
il ricorso contro l'accertamento di valore interrompe la prescrizione con 
effetto fino al decorso di sei mesi dalla notificazione della decisione della 
commissione provinciale impugnabile ex art. 29 terza comma del d.l. 
7 agosto 1936 n. 1639 (1). 

(Omissis). -Ritenuta l'ammissibilit� del ricorso, occorre passare 
all'esame del primo motivo, con il qua_le l'amministrazione, censurando 
la sentenza denunziata per avere fatto coincidere l'inizio del termine di 
prescrizione, dopo l'interruzione verificatasi per effetto del procedimento 

(1) Pu� dirsi pacifica l'affermazione che, a seguito della riforma dell'ordinamento 
del contenzioso attuata con il d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, l'effetto interruttivo 
durevofe dalla prescrizione (art. 2943 e.e.) va riconosciuto sia al ricorso 
alla commissione, sia alla domanda giudiziale sia anche, nei casi in cui � ancora 
consentito, al ricorso amministrativo vero e proprio (v. C. BAFILE, Considerazioni 
sull'interruzione della prescrizione sulle imposte indirette, in questa Rassegna, 
1969, I, 280). L'affermazione della decisione in nota che l'art. 141 sia, al pari 
dell'art. 143, da considerarsi abrogato sembra eccessiva, non tanto perch� i ricorsi 
amministrativi non sono spariti dall'ordinamento (specie per imposte diverse 
per le quali valgono come principi generali le norme della legge di registro: 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

320 

promosso dal contribuente dinanzi alle commissioni tributarie, con la 
data di notificazione della decisione della commissione provinciale in sede 
di valutazione, sostiene che tale decorrenza deve essere, invece, fissata nel 
momento in cui la decisione stessa passa in giudicato (art. 2945, secondo 
comma, cod. civ.). 

Questa censura � fondata. 

Non pu� essere revocato in dubbio che i giudici di appello, pur senza 
compiervi esplicito riferimento, hanno ritenuto di dover fare applicazione 
del primo comma dell'art. 141 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, il 
quale, dopo aver disposto che la domanda del contribuente in via 
amministrativa sia per rimborso di tassa, sia per opposizione a richiesta 
di tassa complementare o suppletiva, interrompe la prescrizione in favore 
di entrambe le parti, detta la norma secondo cui la prescnz1one 
rimane sospesa fino a che l'amministrazione finanziaria non abbia notificato 
al ricorrente la propria decisione. 

Orbene, � utile ricordare che quest'ultima norma fu introdotta nel 

R.D. 3269 del 1923 per colmare una lacuna rilevata nel corrispondente 
art. 131 del T.U. 20 maggio 1897 n. 217, lacuna che aveva dato luogo ad 
incertezze giurisprudenziali essendosi in un primo tempo ritenuto che col 
decorso del biennio (termine allora previsto per la prescrizione dell'imposta 
di registro artt. 126-127) dalla presentazione del ricorso da parte 
del contribuente, la prescrizione si sarebbe compiuta anche se sul ricorso 
stesso non fosse stato �provveduto, ed essendo stato, successivamente, 
affermato il diverso principio che l'interruzione della prescrizione prodotta 
dal 'ricorso (in via amministrativa) durava fino all'emanazione della 
decisione . 
Questa affermazione venne giustificata, facendo richiamo alla regola 
� actiones semel deductae in judicio salvae permanent � con il rilievo che 
non poteva accogliersi in principio che consentisse alla finanza di eccepire 
la prescrizione quando essa stessa aveva lasciato trascorrere il biennio 
senza decidere il ricorso. 

L'effetto interruttivo fino alla notificazione della decisione, fu quindi, 
espressamente previsto con riferimento al ricorso amministrativo, quale 

Cass. 28 maggio 1966, n. 1396 e 26 agosto 1971, n. 2582, ivi, 1966, I, 693 e 1971, 
I, 1467), ma anche perch� il particolare effetto del ricorso del contribuente 
definito nell'art. 141 (interruzione a favore di ambedue le parti estesa a tutta 
la materia tassabile) non � venuto meno, ma si � trasferito al ricorso giurisdizionale. 
Pi� che di abrogazione dell'art. 141 deve parlarsi di assorbimento o 
unificazione degli artt. 140 e 141 in relazione al ricorso giurisdizionale. 

Esattissima � la precisazione che la prescrizione interrotta non corre fino 
al passaggio in giudicato della decisione da determinare in relazione a tutti 
i mezzi di impugnazione possibili, e quindi anche al ricorso ex art. 29, terzo 
comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per il quale vale il termine di sei mesi 
dalla notificazione della decisione. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 321 

veniva disciplinato dall'art. 141 e dal successivo art. 143 del R.D. 30 dicembre 
1923 n. 3269. 
Consegue che, con la sostituzione del ricorso alle commissioni tributarie 
a quello amministrativo, per effetto del R.D.L. 7 agosto 1936 

n. 1639 del R.D. 8 luglio 1937 n. 1516, la disciplina posta dall'art. 141 deve 
ritenersi, per quanto interessa in questa sede, abrogata insieme con 
quella contenuta nell'art. 143 Ed, infatti, posto che alle commissioni 
tributarie � stata riconosciuta, dalla costante giurisprudenza di questa 
Corte, la natura di organo giurisdizionale, deve ritenersi che gli effetti 
del ricorso alle commissioni, con il quale si instaurava un giudizio, non 
potevano non esser.e identici, ai fini della interruzione della prescrizione, 
a quelli attribuiti alla domanda giudiziale; e cio� a quelli stabiliti dall'art. 
140. 
Orbene, l'art. 140 detta, appunto, la regola invocata dalla amministrazione 
ricorrente -conforme a quella di carattere generale dell'art. 2943 
cc -secondo la quale la prescrizione interrotta mediante domanda giudiziale 
rim?;me sospesa finch� dura il giudizio promosso con la domanda, 
fino al momento, cio�, in cui il giudizio pu� proseguire ad iniziativa di 
una delle parti nella stessa od in una� fase ulteriore. 

Nella specie, la notificazione della decisione della commissione provinciale 
in sede di valutazione, non poneva termine alla pendenza del procedimento, 
in quanto esso poteva proseguire in un'ulteriore fase di impugnazione. 


Non si dubita, infatti, che il ricorso al tribunale ammesso contro la � 
decisione della commissione provinciale di valutazione, dal terzo comma 
dell'art. 29 del R.D. 7 agosto 1936 n. 1639, per difetto di calcolo ed errore 
di apprezzamento, rappresenti un mezzo di impugnazione di sola legittimit�, 
sia pure limitato alla deducibilit� dei motivi anzidetti (Cass. 14 marzo 
1973 n. 721; 24 marzo 1974 n. 884; 8 maggio 1967 n. 896) e, che, pertanto 
(senza che sia qui necessario accennare ai rapporti di tale mezzo d'impugnazione 
con il ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 Costituzione, 
anche esso ammissibile contro le decisioni di cui si discute), soltanto il 
compimento del termine di sei mesi, decorrente dalla notificazione della 
decisione �pronunziata sulla controversia, di cui all'art. 146 della legge 
di registro, fa passare in giudicato la decisione della commissione provinciale. 


Erroneamente, pertanto, la sentenza impugnata ha individuato il 
momento in cui l'effetto interruttivo della prescrizione verificatasi con la 
proposizione del ricorso' alle commissioni tributarie era cessato, e la 
prescrizione era ripresa a decorrere, nella data di notificazione della 
decisione della commissione provinciale (8 luglio 1960); invece che in 
quella, posteriore di sei mesi, in cui la decisione stessa era diventata 
definitiva perch� non pi� impugnabile (8 genn�.io 1961). -(Omissis). 


322. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 marzo 1977, n. 1184 -Pres. Caparoso � 
Est. D'Orsi -P. M. Cutrupia (conf.) Braga c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Cascino). 

Imposta di fabbricazione -Olii minerali � Soggetto passivo � Frode � Autore 
della trasgressione diverso dal fabbricante �~:I!: obbligato per 
il tributo. .� � 

(d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 artt. 12, 13, 18 e 23; d.1. 3 dicembre 1953 n. 878, art. 5). 
Imposta di f�bbricazione � Olii minerali � Prescrizione trentennale in 
caso di frode � Prescrizfone del reato � Irrilevanza. 

(d.1. 28 febbraio 1939 n. 334, art. 19). 
Se di norma soggetto passivo dell'imposta di fabbricazione sugli olii 
minerali � il fabbricante, tuttavia, nei casi di frode, soggetto passivo pu� 
essere chiunque (commerciante o anche consumatore) commette una 

� trasgressione sanzionata (1). 

La prescrizione trentennale dell'imposta di fabbricazione sugli olii 
minerali nell'ipotesi di frode non � infiuenzata dalla dichiarazione di 
prescrizione del reato (2). 

(Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 13, 18 e 23 del r. decreto legge 28 febbraio 
1939 n. 334 e dell'arL 5 del D.L. 3 dicembre 1953 n. 878 (conv. in legge 
31 gennaio 1954 i;i. 2) in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e, partendo 
dalla premessa 'che il loro dante causa Ezio Braga non era un fabbricante 
di prodotti petroliferi, ma soltanto il consigliere di amministra


(1-2) Massime di evidente esattezza. 

L'inadempimento del fabbricante non esonera gli altri soggetti che abbiano 
commerciato o utilizzato in frode i prodotti sottratti al normale procedimento 
di accertamento all'origine, dal pagamento del tributo (e della connessa sanzione 
penale). Nell'ipotesi inversa di abusiva destinazione dei prodotti ad un 
uso diverso da quello in vista del quale erano stati estratti dalb stabilimento 
in esenzione o con aliquota agevolata ad opera di soggetti diversi dal fabbricante 
o (anche a sua insaputa o contro la sua volont�) anche il fabbricante 
risponde del tributo (v. Relazione Avv. Stato, 1970-75, II, 909). 

La prescrizione dell'imposta, per l'espressa norma dell'art. 19 del d.l. 28 febbraio 
1939, n. 334, � indipendente dalla prescrizione del reato; non sembra, pertanto, 
possa essere rilevante la distinzione tra prescrizione del reato e prescrizione 
dell'azione penale. Si deve invece precisare che, in base all'ultimo comma 
del menzionato art. 19, la promozione dell'azione penale interrompe la prescrizione 
del tributo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il 
processo penale, anche se di proscioglimento e che in base ai fatti accertati nel 
giudizio penale, anche se non costituenti reato, pu� essere sempre accertato 
l'obbligo tributario (Cass. 15 gennaio 1973, n. 177 e 17 aprile 1973, n. 1104, in 
questa Rassegna 1973, I, 403 e 1974, I, 216). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

zione di una societ� che si dedicav~ al commercio dei prodotti stessi, 
sostengono che soggetto passivo dell'imposta di fabbricazione sui prodotti 
petroliferi � esclusivamente il fabbricante. Ci� risulterebbe dal r. decreto 
28 febbraio 1939 n. 334 (convertito in legge 2 giugno 1939 n. 739) e dal 
concorde indirizzo della giurisprudenza e della dottrina. 

Erroneamente la Corte d'appello, per far gravare l'imposta sul Braga, 
avrebbe fatto riferimento all'art. 13 del suddetto decreto legge, perch� 
tale articolo si riferirebbe ai depositi fiduciari (ipotesi non ricorrente 
nel caso in esame) e la Corte d'appello, richiamando tale articolo e 
l'art. 18, avrebbe finito per ritenere soggetto passivo dell'imposta di 
fabbricazione sui prodotti petroliferi qualsiasi commerciante avente depositi 
di carburante e di olii minerali. 

N� la pretesa d'imposta poteva esser fondata sull'art. 23, prevedente 
l'ipotesi di reato per evasione dell'imposta medesima, in �quanto anche 
tale articolo farebbe riferimento esclusivamente al fabbricante e l'inciso, 
che la pena viene comminata indipendentemente dal pagamento del� 
l'imposta evasa, non sarebbe sufficiente a far diventare debitore d'imposta 
chi gi� non lo sia. 

Il mezzo � infondato. 

La Corte d'appello � partita dalla premessa che in materia di imposta 
di fabbricazione non sempre il soggetto passivo dell'imposta medesima si 
identifica col fabbricante ed ha ricordato l'art. 13 secondo cui, allorquando 
i prodotti soggetti ad imposta sono in deposito negli appositi 
magazzini e serbatoi delle ditte che ne esercitano il commercio, il tributo 
viene corrisposto dalle stesse ditte commerciali a misura che i prodotti 
petroliferi vengono estratti per il consumo (e non pi� dal fabbricante). 

Ha poi aggiunto che l'obbligazione tributaria non muta natura qualora 
non venga volontariamente adempiuta (costituisca o no l'evasione una 
ipotesi di reato) ed ha ricordato che ai sensi dell'art. 18 della legge 
7 gennaio 1929 n. 4, in tema di repressione delle violazioni delle leggi 
finanziarie, se il contravventore debba rispondere, oltre che della contravvenzione, 
anche del pagamento del tributo, l'autorit� finanziaria pu� 
procedere alla riscossione del tributo medesimo, senza attendere l'esito 
del giudizio penale. 

Ha, quindi, osservato che la possibilit� prevista dalla legge che i 
prodotti petroliferi siano estratti in esenzione del tributo per particolari 
impieghi, fa s� che il soggetto passivo dell'imposta possa talvolta essere 
identificato addirittura nel consumatore e, in genere, in chiunque arbitrariamente 
muti la destinazione del prodotto agevolato, risolvendosi 
l'immutazione in un fatto nuovo, che determina il sorgere della obbligazione 
tributaria. 

Applicando questi principi al caso in esame ha conclusivamente 
ritenuto che, come appariva precisato nell'ingiunzione fiscale, attraverso 
il richiamo della sentenza 11 aprile 1964 del Giudice istruttore di Varese 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e dei processi verbali della polizia tributaria, ricorreva l'ip�tesi della 
sottrazione di prodotti petroliferi al pagamento della relativa imposta 
di fabbricazione (dovuta in L. 120.593.910) e il soggetto passivo della 
imposta ben poteva esere identificato nel Braga, che, in concorso con 
persone rimaste ignote e con pi� l:;\Zioni esecutive del medesimo disegno 
criminoso, aveva perpetrato detta sottrazione, approfittando della sua 
qualit� di consigliere delegato della s.p.a. SAB avente depositi� di carburante 
e di olii minerali in Varese ed esercente il commercio di prodotti 
petroliferi in genere attraverso la societ� SABOIL anch'essa di Varese. 

Ora. questo ragionamento appare scevro .di errori di diritto e immune 
da vizi logici, per quanto riguarda la valutazione di fatto. 

La tesi che debitore d'imposta sarebbe solo e sempre il fabbricante che 
costituisce il motivo portante della difesa dei ricorrenti -non pu� 
essere condivisa nella sua assolutezza perch� non pone alcuna differenza 
tra il normale svolgimento del rapporto tributario e quello anomalo 
costituito dalla frode attuata dal fabbricante o da altri. � evidente, 
infatti, che un fabbricante del prodotto c'� sempre; ma se il prodotto 
fabbricato clandestinamente viene rinvenuto nella fase di commercio, 
sarebbe contrario ad ogni principio logico e giuridico il ritenere che il 
commerciante, il quale, per la mancanza di documentazione idonea, � a 
conoscenza dell'illecita provenienza del prodotto, possa, tacendo il nome 
del fabbricante, evitare che l'erario riscuota l'imposta di fabbricazione. 

Il principio che l'imposta di fabbricazione grava sul fabbricante � in 
linea generale esatto; ma vale nel normale processo produttivo e commerciale 
e non nei casi di frode. 

Questa interpretazione risulta agevolmente da tutta la normativa 
del capo VIII del D.L. 28 febbraio 1939 n. 334, cos� come modificato 
dapprima con il D.L. 3 dicembre 1953 n. 878 e poi con il D.L. 5 maggio 
1957 n. 271. 

I relativi articoli che puniscono: 

a) chi fabbrica o raffina clandestinamente gli olii minerali e derivati; 

b) chi con qualunque mezzo sottrae i prodotti petroliferi all'accertamento 
o al pagamento dell'imposta; 
e) chi destina i prodotti stessi ad usi diversi da quelli previsti 
nelle tabelle A e B allegate alla legge; 

d) chi miscela prodotti petroliferi liberi da tributo per ottenere 
altri prodotti petroliferi non esenti o comunque �soggetti ad aliquota 
d'imposta superiore a quella assolta su una qualsiasi delle sostanze 
impiegate nella miscela, comminano in ogni ipotesi la pena, indipendentemente 
dal pagamento dell'imposta evasa. 

Essi, cio�, in tutti questi casi d'imposta non pagata (o corrisposta in 
misura inferiore) creano debitore d'imposta colui che � stato scoperto 
come autore della trasgressione. E se i trasgressori sono pi�, tutti rispondono 
dell'imposta.. Ciascuno dei suddetti articoli usa il termine � chiun



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 325 

que � proprio per indicare che imposta e pena fanno capo al trasgressore, 
indipendentemente dalla sua veste. 

E del resto un principio simile si trova anche nella legge doganale, 
in cui, assorbendosi nella multa il tributo evaso, sono solidalmente 
responsabili tutti coloro, cui direttamente o indirettamente, pu� ricollegarsi 
il fatto di contrabbando (art. 136, 137 legge 25 settembre 1940, 

n. 1424). 
L'interpretazione dell'art. 23 propugnata dai ricorrenti nel senso 
che la condanna (del non fabbricante, che abbia con qualunque mezzo 
sottratto prodotti petroliferi al pagamento dell'imposta di fabbricazione) 
non assorbe il pagamento dell'imposta; ma che l'imposta deve 
essere sempre corrisposta dal fabbricante, (se e quando verr� scoperto) 
�, adunque, esatta solo nella prima parte e cio�, che il pagamento della 
multa non assorbe l'imposta; ma non nella seconda. 

Con il secondo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa 
applicazione dell'art. 19 del r. decreto legge 28 febbraio 1939 n. 334 e 
dell'art. 157 cod. pen., in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. e sostengono 
che la declaratoria del Giudice istruttore penale di non doversi 
procedere per prescrizione, avrebbe fatto venir meno anche la pretesa 
tributaria, perch� nel vige)1te codice penale la prescrizione riguarderebbe 
il reato (e non l'azione penale), di talch�, prescritto il reato, sarebbe 
venuto meno qualsiasi effetto ad esso ricollegabile. 

Il mezzo � infondato. 

La Corte d'appello ha precisato in proposito che la declaratoria di 
non doversi procedere nei confronti del Braga, per essersi il reato ascrittogli 
estinto per prescrizione, non poteva invalidare la pretesa dell'Amministrazione 
finanziaria, stante che a norma dell'art. 19 del r. decreto 
legge 28 febbraio 1939 n. 334 (convertito in legge 2 giugno 1939 n. 739) il 
diritto alla percezione dell'imposta si prescrive in trent'anni in caso di 
frode e resta integro anche se sia prescritta l'azione penale. 

Cos� decidendo la Corte d'appello ha fatto corretta applicazione del 
suddetto articolo 19. 

La norma, com'� di tutta evidenza, pone una distinzione tra prescrizione 
dell'imposta (in caso di frode) e prescrizione dell'azione penale 
stabilendo i termini diversi. La prima si prescrive in trent'anni e, siccome 
il verbale di accertamento � del 1961 e le violazioni non sono anteriori 
al 30 maggio 1956, il termine. non � ancora decorso. 

La tesi dei ricorrenti, secondo cui, investendo la prescrizione il reato 
(e non l'azione penale), una volta maturata la prescrizione penale, sarebbe 
venuto meno il fatto stesso, cui � ricollegata l'imposizione tributaria, 
non pu� essere seguita. 

In primo luogo essa contrasta con il testo della norma. Questa, parlando 
di azione penale prescritta e di permanenza del diritto dello Stato 
alla riscossione del tributo e fissando per la prescrizione del tributo ter-

IO 


326 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

mini distinti, a seconda che la mancata imposizione sia stata o meno 
dovuta a frode del contribuente, dimostra che Il legislatore ha regolato 
la materia tributaria indipendentemente da quella penale, di talch� non 
resta spazio all'interprete per operare assimilazioni chiaramente escluse. 

Aggiungasi che la legge in questione � posteriore di vari �anni al 
vigente codice penale, che, superando le dispute sorte in dottrina sotto 
il codice penale del 1889 (che nell'art. 91 parlava di prescrizione dell'azione 
penale) ha (parlando di prescrizione del reato, art. 157) seguito l'indirizzo 
dottrinario prevalente, che attribuisce alla prescrizione natura sostanziale. 

Se, dunque, il legislatore del r. decreto legge del 1939 torn� a parlare 
di prescrizione dell'azione penale, lo fece proprio per chiarire che venuta 
meno la rilevanza penale del fatto per il decorso del tempo, non era venuto 
meno il fatto storico nei suoi aspetti tributari. 

E del resto il principio che anche in materia penale il reato prescritto 
continua a dover essere considerato per effetti diversi da quelli punitivi, 
non pu� essere contestato e, in proposito vengono addotti come esempi 
della dottrina le norme del 1� e 3� comma dell'art. 170 cod. pen., secondo 
cui il reato prescritto pu� essere accertato dal giudice nel caso sia il 
presupposto di un altro reato, oppure ai fini dell'aggravamento della pena, 
quando sia connesso ad altro reato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 aprile 1977, n. 1576 -Pres. Mirabelli Est. 
Battimelli -P. M. �La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Sacchetto) c. De Giorgio. 

Imposte e tasse in genere -Imposta sul valore globale -Autonomia dalla 
imposta di registro e di successione -Prescrizione -Atti interruttivi 
relativi alla imposta di registro e di successione -Estensione degli 
effetti all'imposta sul valore globale -Esclusione. 
(d.!. 8 marzo 1945 n. 90, artt. 6, 9 e 11). 

L'imposta sul valore globale dei beni trasferiti per successione e donazione, 
� una imposta reale del tutto autonoma dalla imposta di successione 
e di registro relativa al trasferimentp; conseguentemente gli atti 
interruttivi della prescrizione relativi alla imposta sul trasferimento (di 
registro e di successione) non estendono gli effetti all'imposta sul valore 
globale (1). 

(1) La massima non pu� essere condivisa. L'autonomia dell'imposta sul 
valore globale � un dato ormai pacifico (Cass. 20 maggio 1976, n. 1804, in questa 
Rassegna, 1976, I, 803); non sembra tuttavia che possa affermarsi che l'imposta 
sul valore globale trova nel trasferimento a titolo gratuito non la sua ragion 
d'essere ma solo I'� occasione� per la tassazione di un patrimonio e che il 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 327 

(Omissis). -Premesso, infatti, che erroneamente la ricorrente Amministrazione 
attribuisce alla sentenza impugnata una contraddittoriet� di 
motivazione, per aver prima qualificato come supplemento di imposta 
la somma richiesta con la seconda ingiunzione fiscale e per aver poi, nonostante 
ci�, ritenuto di dover estendere alla pretesa relativa a tale supplemento 
l'interruzione della prescrizione verificatasi a seguito della prima 
ingiunzione (in quanto la Corte di merito non ha affatto qualificato come 
supplementare la seconda imposta richiesta, ma ha testualmente detto 
che fu in seguito liquidata anche l'imposta sul valore globale, non ha 
qualificato come suppletiva la seconda ingiunzione ed ha espressamente 
escluso che potesse configurarsi un rapporto di supplementarit� fra le 
due imposte), va osservato che l'impugnazione dell'Amministrazione si 
fonda su di una concezione dell'imposta sul valore globale e su di una 
interpretazione della giurisprudenza di questa Corte in materia di interruzione 
di prescrizione in relazione all'imposta di registro, che non possono 
essere accolte. 

A tal proposito, � necessario chiarire che l'imposta sul valore globale, 
applicabile anche agli atti a titolo oneroso fra parenti ed affini entro un 
certo grado, per effetto di una presunzione di liberalit� in contrasto col 

relativo atto costituisce solo la prova dell'esistenza di una base imponibile. L'imposta 
sul valore globale presuppone non solo l'esistenza di un patrimonio, 
ma anche il suo trasferimento (per successione o per donazione), s� che si ricollega, 
non solo occasionalmente � agli effetti giuridico-economici� del titolo del 
trasferimento. 

Ci� chiarito la completa unificazione del procedimento (art. 11 d.l. 8 marzo 
1945, n. 90) per la liquidazione dell'imposta sul valore globale e quella di 
registro e di successione che d� luogo ad unicit� di atti (unica dichiarazione, 
unico accertamento, unica decisione) comporta la estensione degli effetti degli 
atti compiuti ad ambedue i tributi. Questa norma non dichiara soltanto applicabili 
le norme delle leggi di registro e di successione, ma unifica il procedimento, 
di conseguenza se a seguito di i.;mica dichiarazione si esegue un unico 
accertamento che vale per ambedue le imposte, non possono separarsi gli effetti 
intermttivi di questi atti, specie se si considera che solo a seguito dell'accertamento 
possono risultare superati i limiti di valore dai quali emerge l'obbligazione 
per l'imposta sul valore globale. Quando poi, come nel caso, l'imposta 
sul valore globale � dovuta su atto tra vivi apparentemente a titolo oneroso 
che l'ufficio pretende a titolo gratuito perch� stipulato tra prossimi congiunti, 
la pretesa (contestata) di pagamento dell'imposta progressiva di registro che 
implica l'accertamenfo della natura gratuita o onerosa del negozio (se sia� o no 
superata la presunzione dell'art. 5) � addirittura pregiudiziale all'obbligazione 
di imposta sul valore globale. Inoltre applicando all'imposta sul valore globale 
le disposizioni delle leggi di registro e di successione relative alla prescrizione, 
sono da applicare anche quelle (art. 140 e 141 legge di registro, 89 e 90 
legge sulle successioni) che affermano la regola che l'interruzione della prescrizione 
si estende a tutta la materia tassabile; e non pu� dubitarsi che l'imposta 
sul valore globale sia materia tassabile direttamente inerente al trasferimento 

(per successione o per atto fra vivi). 



328; RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

contenuto dell'atto, � un'imposta di natura reale, non personale, come 
risulta, a tacer d'altro, dal fatto che detta imposta, quando � applicata in 
occasione di successioni mortis causa, si commisura sull'intero valore 
dell'asse ereditario e non su quello delle singole quote e legati (il che 
comporta una esasperazione, fra l'altro, del principio della progressivit�, 
incidendo sulla capacit� contributiva dei beneficiati, qualora pi� di uno 
di essi concorra alia ripartizione dell'asse ereditario), che il relativo 
debito di imposta si configura come debito della massa (ed � quindi deducibile 
dall'attivo ereditario ai fini dell'imposta di successione) e che non 
si fa luogo ad imposizione qualora il valore dell'asse sia inferiore ad una 
certa cifra. 

Il carattere di realit� dell'imposta, da configurarsi come imposta patrimoniale, 
che colpisce la ricchezza del �de cuius � al momento dell'apertura 
della successione, � confermato, anche a proposito di tassazione di 
donazione o di atti di liberalit� presunti, dal fatto che, per l'applicazione 
dell'imposta medesima, si tiene conto non solo del patrimonio relitto, 
ma altres� degli atti di liberalit� in precedenza compiuti, ossia anche delle 
donazioni: con la conseguenza che anche queste ultime (e cos� pure le 
liberalit� presunte) sono sottoposte al pagamento dell'imposta, al momento 
in cui vengono poste in essere, ma tale pagamento non esaurisce la 
pretesa fiscale. Al momento dell'apertura della successione, infatti, la 
materia imponibile � determinata effettuando la collazione delle donazioni, 
applicando sull'intero asse cos� determinato la relativa imposta 
progressiva e poi ripartendo il carico di imposta, proporzionalmente, fra 
tutti i beneficiati, salva compensazione con l'ammontare dell'imposta gi� 
pagata al momento della tassazione delle donazioni. 

Ne consegue che la tassazione degli atti di liberalit� �i fini dell'imposta 
sul valore globale costituisce nient'altro che una tassazione anticipata 
dell'asse ereditario futuro, tassazione che non libera completamente il 
debitore di imposta, il quale rimane soggetto all'eventuale richiesta di 
ulteriore imposta al momento dell'applicazione dell'imposta medesima 
sul futuro asse ereditario. 

Se questi sono i caratteri dell'imposta, ne consegue che essa non 
� affatto una imposta d'atto, una imposta, cio�, la cui percezione � conseguenza 
immediata della registrazione di un determinato atto (come lo � 
l'imposta di registro, che, seppure colpisce indirettamente la ricchezza, 
tuttavia ha per oggetto diretto gli effetti che discendono da un determinato 
atto sottoposto a registrazione, con la conseguenza che, in mancanza di 
registrazione, il trasferimento di ricchezza che viene posto in essere � 
sottratto alla tassazione); ma � un'imposta di tutt'altra natura, che trova 
nell'atto di donazione sottoposto a registrazione non la ragion d'essere 
della sua applicazione, bens� unicamente l'occasione per la tassazione 
anticipata e provvisoria di Ui1 patrimonio la cui effettiva consistenza sar� 
valutata e tassata solo in un secondo momento. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA �329 

Dalla qui affermata autonomia dell'imposta sul valore globale rispetto 
a quella di registro consegue che l'imposta di cui si discute nel presente 
giudizio non pu�, contrariamente a quanto ritenuto dall'Amministrazione 
delle Finanze, essere qualificata come supplementare rispetto all'imposta 
di registro percepita al momento della registrazione (imposta proporzionale) 
o a quella, ugualmente di registro, richiesta con la prima ingiunzione 
(imposta progressiva), in quanto, seppure � vero che all'imposta globale 
si applica, quanto alla sua riscossione, la normativa dell'imposta di registro, 
ci� non comporta (anzi esclude, come dimostra proprio il fatto che 
si sia ritenuta necessaria un'apposita previsione normativa in tal senso) 
che l'estensione all'imposta globale dei principi vigenti in tema di riscossione 
di imposta di registro significhi che la prima costituisca una ulteriore 
esplicazione della seconda; con la conseguenza che l'imposta globale 
non percepita al momento della registrazione e successivamente pretesa 
non pu� essere considerata come un supplemento dell'imposta di registro, 
con aut9matica estensione ad essa di tutte le conseguenze di una imposizione 
suppletiva. 

Ci� perch� la legge di registro prevede come supplementari sempre 
e soltanto le imposte di registro, non qualsiasi ulteriore pretesa di imposta 
nascente o occasionata dalla registrazione, e perch� la natura dell'imposta 
globale � tale che per essa non � prevedibile un'ipotesi di ta_ssazione 
supplementare in aggiunta a quella principale, bens�, al massimo, 
una tassazione complementare. 

Dai principi anzidetti discende l'infondatezza del ricorso dell'amministrazione, 
basato sull'inaccettabile presupposto che dalla registrazione 
in quanto tale, derivi un unico complesso rapporto tributario, che comprende 
non solo l'imposta di registro, ma anche eventuali altre imposte. 
Dalla registrazione in quanto tale, infatti, deriva l'unico rapporto tributario 
attinente all'imposta di registro (in qualsiasi modo essa possa colpire 
tutti gli effetti dell'atto, il che per� � un altro aspetto della questione), 
mentre, in occasione della registrazione, pu� essere azionata altra 
pretesa fiscale, che trovi la sua ragion d'essere non direttamente dagli 
effetti giuridico-economici dell'atto registrato, ma dalla prova, risultante 
dall'atto, della esistenza di una diversa base imponibile (nel caso dell'imposta 
sul valore globale, dell'esistenza di un determinato patrimonio). 

Pertanto, l'interruzione dei termini della prescrizione del diritto dell'Amministrazione 
a percepire l'imposta di registro, ossia la possibilit�, 
per l'Amministrazione, di esplicare ulteriori pretese fiscali su altri effetti 
dell'atto, non tassati al momento della registrazione per errore dell'ufficio, 
non comporta, per ci� solo, l'interruzione della prescrizione di un diritto 
diverso, relativo ad altro tipo di imposta, svincolata, nei suoi presupposti, 
dai suddetti effetti giuridico-economici dell'atto in questione: trattandosi 


330 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

appunto, contrariamente a quanto affermato dall'Amministrazione ricorrente, 
non gi� di un unico rapporto tributario nascente' dall'atto, bens� 
.di due rapporti diversi, vige il principio secondo cui � ab actione ad 
actionem non fit interruptio �, per cui l'interruzione della prescrizione in 
relazione all'imposta di registro in genere non pu� valere come interruzione 
della prescrizione di un diritto diverso, quale quello alla percezione 
dell'imposta sul valore globale. 

N� queste conclusioni, contrariamente a quanto ritenuto dal ricor


rente, che ha invocato un consolidato orientamento giurisprudenziale di 

questa Corte in materia di estensione dell'efficacia dell'atto interruttivo 

della prescrizione dell'imposta di registro, sono in contrasto con l'orien


tamento suddetto. Premesso infatti che la norma dell'art. 140 della legge 

di registro del 1923 � intesa a disciplinare la prescrizione dell'imposta di 

registro, non di altre imposte a questa connessa, e che l'estensione di 

questa normativa all'imposta sul valore globale non pu� significare altro 

che anche in materia di imposta globale si applicano, quanto all'interru


zione della prescrizione, gli stessi principi, e non gi� che le sorti in con


creto della prescrizione di una delle due imposte si estendono alla pre


scrizione dell'altra, va ossetvato che la giurisprudenza invocata dal ricor


rente � nel senso che, una volta interrotta la prescrizione per la pretesa 

fiscale derivante da uno degli effetti giuridico-economici dell'atto regi


strato, tale interruzione si estende anche alla pretesa fiscale che abbia 

per oggetto uno o pi� altri effetti del medesimo atto (ai fini dell'imposta 

di registro), che siano sfuggiti all'originaria tassazione. Ci� � una conse


guenza del principio generale secondo cui l'imposta colpisce tutto l'atto 

(ossia tutti gli effetti che ne discendono per i contraenti), per cui, seppure 

l'atto sia stato presentato alla registrazione e sottoposto a tassazione per 

uno dei suoi effetti, esso pu� sempre essere nuovamente tassato per un 

effetto diverso, opp�re per una diversa qualificazione giuridica dell'effetto 

gi� tassato: l'atto costituisce, cio�, un'unitaria base imponibile, e la pre


scrizione interrotta per una delle conseguenze di esso resta interrotta 

anche per le altre conseguenze sfuggite a tassazione: l'estensione dell'in


terruzione, in sostanza, opera in presenza di una pluralit� di disposizioni, 

tutte sottoposte alla medesima imposta che siano contenute in un unico 

atto. 

Ma allorquando, come nel caso di specie, si tratti non gi� di una plu


ralit� di disposizioni e di effetti giuridici sottoposti alla medesima impo


sta, bens� di un'unica disposizione che dia origine a due imposte diverse, 

ognuna delle due pretese tributarie � soggetta alla vita sua propria; anche 

agli effetti della prescrizione, e le vicende di un rapporto non possono inter


ferire nelle vicende dell'altro, qualora questo trovi la sua giustificazione 

non in uno degli effetti che la convenzione contenuta nell'atto produce 

per tutti o per qualcuno dei contraenti, bens� in una base imponibile 

completamente svincolata e indipendente da tali effetti. -(Omissis). 

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SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1977, n. 73 -Pres. Novelli Est. 
Falletti -P. M. Morozzo -Ministeri del tesoro e dei trasporti e 
dell'aviazione civile (avv. Stato Chiarotti) c. S.p.A. Ferrovie Torino 
Nord (avv. Stato Lorenzoni). 

Arbitrato � Lodo � Impugnazione per nullit� � Motivi di impugnazione � 
Oggetto del compromesso � Valutazione di beni � Applicazione di 
un criterio non previsto � Omessa pronunzia sull'oggetto del com� 
promesso � Insussistenza. 

(Cod. proc. civ., art. 849 comma primo, n. 4). 

Se il concessionario d'una ferrovia dichiarato decaduto propone giudizio 
arbitrale per ottenere la corresponsione del compenso dovuto a 
termini della convenzione per le opere e le provviste eseguite e l'Amministrazione 
eccepisce che la determinazione del compenso debba avvenire 
non solo alla stregua dei criteri stabiliti dalla convenzione, ma anche di 
quelli previsti in via generale dall'art. 15 del R.D.L. 2 agosto 1929, n. 2150, 
in tema di concessioni di ferrovie, l'oggetto del compromesso va individuato 
nel valore da attribuirsi alle opere e provviste della ferrovia, essendo 
questo l'oggetto finale della pronunzia. Pertanto, l'assunto che il lodo abbia 
determinato il valore in base ad un criterio diverso da quello che in ipotesi 
avrebbe dovuto esser applicato, si risolve nella postulazione di uri errar in 
judicando, che investe il modo della decisione della controversia, e non di 
un errar in procedendo, cui d� invece luogo l'omessa pronunzia sull'oggetto� 
del compromesso (1). 

(Omissis). -Col primo motivo le amministrazioni ricorrenti lamentano 
che erroneamente la corte di appello ha.escluso che gli arbitri, applicando 
criteri di stima diversi da quelli stabiliti nella convenzione � inter 

(1) La qualificazione come errores in procedendo dei vizi del lodo previsti 
come mezzi di impugnazione dall'art. 829, comma l, c.p.c. � in giurisprudenza 
pacifica: sul punto, cfr. Cass. 21 marzo 1969, n. 899, Giust. civ. Rep. 1969, compromesso 
e arbitrato, 81; Cass. 15 novembre 1967, n. 2737, Giur. it. 1969, I, 1, 158, 
nonch�, con riguardo ad un caso di omessa pronunzia, Cass. 9 ottobre 1971, 
n. 2791, Riv. leg. fisc. 1971, 433; amplius, Relaz. Avv. Stato 1971-1975, III, n. 386, 
pag. 321 e segg.; e L'appalto, Rassegna di giurisprudenza commentata a cura di 
G. Jannuzzi e G. Trotta, Milano, 1974, II, pag. 1146 e seguenti. 
In dottrina, cfr., SATTA, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 
1971, IV, 2, sub art. 829, pag. 333 e seguenti. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

332 

partes �, abbiano esorbitato dai limiti della clausola compromissoria (violazione 
dell'art. 829 n. 4 c.p.c.). 
La censura non � fondata. 

Nella specie oggetto della controversia devoluta agli arbitri era il 
valore da attribuirsi alle opere e provviste della ferrovia, cio� la deterI 
minazione del compenso correlativamente dovuto alla societ� conces


I

sionaria, a seguito della sua decadenza dalla concessione. I criteri che a 
tale scopo gli arbitri dovevano applicare costituivano non l'oggetto della 
controversia (nel senso precipuo e coincidente con cui l'art. 829 n. 4 cit. 

I definisce �l'oggetto del compromesso�), ma il modo della sua decisione, 
non l'oggetto finale della pronuncia, ma l'anteriorit� logica e giuridica, il 

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tramite strumentale delle questioni attraverso le quali veniva ad esplicarsi 
il giudizio. 

Gli arbitri, come la corte di appello ha correttamente spiegato con 
diffusa illustrazione di questo concetto, hanno deciso tutta e soltanto 
la causa ad essi proposta, svolgendo appunto ed esaurendo il loro giudizio 
nella stima del valore anzidetto, e nella determinazione del conseguente 
compenso. Se nel procedere a questa pronuncia e nel risolvere le questioni 
inerenti, essi hanno respinto la tesi delle amministrazioni (secondo 
cui il testo dell'art. 16 della convenzione, a norma del quale doveva effettuarsi 
la stima, andava interpretato con l'apporto limitativo dei principi 
desumibili dall'art. 15 del r.d.l. n. 2150/1929), l'errore eventuale di questo 
giudizio, sia pure nel senso negativo del criterio cos� disatteso, non consisterebbe 
in un'omissione di pronuncia (quale difetto estrinseco alla medesima 
per mancanza di attivit�) ma in un vizio della pronuncia emanata, 
nel merito del suo contenuto: � error in judicando �, non � error in procedendo
�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 febbraio 1977, n. 773 -Pres. Rossi Est. 
Zappulli -P. M. Raja (conf.) -La Rocca (avv. Bongiorno Pincitore) 

c. E.A..S. (avv. Stato Pierantozzi). 
Obbligazioni e contratti -Interpretazione del contratto -Appalto � Appalto 
di opere pubbliche -Fattispecie. 
(Cod. civ., artt. 1361 e 1362). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore � 
Onere della tempestiva riserva -Forma -Equipollenti -Inammissibilit� 
-Fattispecie in tema di ritardata consegna. 

(D.c.a. 6 luglio 1954: capitolato generale di appalto per le opere e le forniture finanziate 
dalla Cassa per il Mezzogiorno, art. 13, ultimo comma; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 
artt. 36 e segg., 54 e segg. e 89). 
Le norme contrattuali debbono interpretarsi in connessione tra loro, 
attribuendo ad ognuna d'esse il senso che risulta dal loro complesso. 
Viola questa regola la sentenza che -interpretando un capitolato speciale 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 333 

d'appalto che riserva all'ente appaltante la facolt� di effettuare consegne 
parziali -nello stabilire se tale facolt� escluda o no il rimborso dei conseguenti 
maggiori oneri o compensi per l'appalt(ltore, omette di valutare 
la norma di capitolato generale che, per il caso di consegne tardive e 
indipendentemente dalla loro legittimit�, prevede la facolt� dell'appaltatore 
di recedere dal contratto e, se questo non gli sia consentito, di 
formulare richieste per eventuali maggiori oneri dipendenti dal ritardo 
verificatosi successivamente all'istanza di recesso (1). 

Le riserve previste dal rego1amento per i lavori pubblici di cui al 

R.D. 25 maggio 1895, n. 350 sono condizione necessaria e determinante per 
l'ammissibilit� di qualsiasi istanza dell'appaltatore per il rimborso di maggiori 
oneri, dipendenti o no da inadempienza del committente, e non possono 
n� devono essere sostituite da altro atto equipollente. (Nel caso deciso, 
riguardante un contratto cui era applicabile il Capitolato generale per 
i lavori della Cassa per il Mezzagiorno del 6 luglio 1954 e nel quale l'Amministrazione 
s'era riservata la facolt� di frazionare le consegne, si discuteva 
se l'appaltatore, per avere diritto al compenso dei maggiori oneri 
derivanti da consegne che assumeva avvenute in ritardo, oltre a formulare 
la riserva all'atto delle consegne, avesse dovuto in precedenza costituire 
in mora l'Amministrazione) (2). 
(1) Sulla prima parte della massima, cfr., fra le pi� recenti decisioni, 
Cass. 8 febbraio 1974, n. 378, Giust. civ. Mass., 1974, 177 e Cass. 3 aprile 1970, 
n. 895, ivi, 1970, 493; sulla applicazione ai capitolati di appalto delle regole relative 
alla interpretazione dei contratti, cfr. Relaz. Avv. Stato 1971-1975, III, 217. 
(2) Ritardata consegna dei lavori e tutela degli interessi dell'appaltatore 
negli appalti pubblici. 
1.1. -Il capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero 
dei lavori pubblici, approvato con il d.m. 28 maggio 1895, disciplinando la 
consegna dei lavori, si limitava a stabilire all'art. 14, primo comma, che la consegna 
dei lavori non poteva essere ritardata oltre tre mesi dall'approvazione 
del contratto, ma non disciplinava gli effetti del ritardo nella consegna dovuto a 
fatto dell'Amministrazione appaltante. 
Il nuovo capitolato generale, approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
dopo aver fissato il termine della consegna in 45 giorni dalla registrazione del 
decreto di approvazione del contratto (art. 10, comma primo), ha invece disciplinato 
gli effetti del ritardo ed ha attribuito all'appaltatore la facolt� di 
domandare il recesso dal contratto con diritto al rimborso di determinate spese. 
Ha per� riconosciuto �affAmministra2:ione appaltante il potere di rifiutare lo 
scioglimento del rapporto, con la conseguenza che, se si proceda tardivamente 
alla consegna, l'appaltatore ha diritto ad un compenso per i maggiori oneri 
dipendenti dal ritardo (art. 10, comma ottavo). 

1.2. -L'applicazione dell'art. 14 del d.m. 28 maggio 1895 ha dato luogo al 
problema della tutela degli interessi dell'appaltatore in presenza del protrarsi 
di una condotta omissiva dell'Amministrazione appaltante: interesse, di fronte 
al protrarsi del ritardo nella consegna, ad essere sciolto dall'obbligo di dare 
esecuzione al contratto; interesse, anche in caso di esecuzione del contratto, al 
risarcimento del danno cagionatogli dalla ritardata consegna. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

334 

(Omissis). -Il ricorrente La Rocca ha censurato, nell'unico motivo 
del suo ricorso, la sentenza impugnata a) per violazione degli artt. 1362 
e 1367 cod. civ. e degli artt. 34-65 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sul regolamento 
per i lavori pubblici; b) per omessa, insufficiente e contraddittoria 
motivazione su un punto decisivo. Egli ha sostenuto che, nonostante 
la riserva contrattuale per la esecuzione di consegne parziali e ritardate 
da parte dell'ente committente di cui all'art. 20 del capitolato speciale, 
l'appaltatore aveva diritto, ai sensi dell'art. 13 del capitolato generale 
per le opere della Cassa del Mezzogiorno, in caso di tardiva consegna, al 
pagamento .dei maggiori oneri dipendenti dal ritardo, da richiedersi nelle 
modalit� prescritte dal citato regolamento, cos� come egli aveva fatto, e 
che era erronea, pertanto, l'applicazione fatta dalla corte di merito dei 

Sia nel primo c.aso (Cass. 23 gennaio 1931, n. 222, Giur. it., 1931, I, l, 340) sia 
nel secondo (Cass. 26 giugno 1976, n. 2395, Giust. civ., 1976, I, 1414) si � ritenuto 
che il mancato rispetto del termine stabilito per la consegna dei lavori non 
valga per s� a costituire il diritto dell'appaltatore alla risoluzione del contratto 
e/o al risarcimento dei danni e che sia all'uopo necessaria la costituzione in 
mora del creditore (art. 1217 cod. civ.). 

Nella seconda decisione, la Corte di cassazione ha osservato che non v'� 
gi� un problema di qualificazione del termine della consegna come ordinatorio 

o essenziale, giacch� questo sorge con riguardo ai termini posti per le obbligazioni 
dedotte in contratto, quanto quello se per costituire in mora il creditore 
� sufficiente la scadenza del termine o � necessaria l'intimazione, giacch� il comportamento 
cui � tenuta l'Amministrazione appaltante va ricondotto alla figura 
della cooperazione, cui il creditore � tenuto per rendere possibile l'adempimento 
da parte del debitore (sull'argomento, cfr., Relaz. 1971-1975, III, 226; L'Appalto, 
Rassegna di giurisprudenza commentata a cura di Carnevale e Ferrati, Milano, 
I, 633 e segg.). 
1.3. -La formulazione dell'art. 10, comma ottavo, del d.P.R. 16 luglio 1962, 
n. 1063 consente di escludere che il ritardo nella consegna dei lavori possa 
valere a fondare un diritto alla risoluzione del contratto ed al risarcimento 
dei danni (Trib. Roma 12 luglio 1973, Arb. App. 1974, 185); ma impone anche di 
escludere che, in presenza d'un ritardo nella consegna dovuto a� fatto dell'Amministrazione, 
l'appaltatore sia tenuto a costituire in �mora l'Amministrazione 
prima di poter utilmente dichiarare la propria volont� di recedere dal contratto: 
ed invero la norma � chiara nel ricollegare il sorgere della facolt� di 
chiedere il recesso al decorso del termine stabilito per la consegna. 
Che una previa diffida non sia necessaria, si argomenta poi da quanto 
disposto per il caso di mancato accoglimento dell'istanza di recesso, da cui si 
desume che l'istanza ha la medesima funzione della diffida. 

L'ultima parte del comma ottavo dispone infatti che ove l'istanza dell'impresa 
non sia accolta e si proceda tardivamente alla consegna, l'appaltatore ha 
diritto ad un compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo. Il compenso 
� cio� dovuto solo se la consegna avvenga ancora dopo il decorso del termine 
che dovr� essere assegnato all'Amministrazione per dichiarare se accetta o no 
lo scioglimento del contratto, non potendosi attribuire altro significato alla 
ripetizione della clausola della tardiva consegna, dopo quella � se la consegna 
non avvenga nel termine stabilito>>, con cui il comma ottavo inizia. Con la 
conseguenza che il pregresso ritardo resta privo d� rilevanza, avendo l'appalta


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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 335 

principi in materia di mora del creditore, che infine la sentenza era altres� 
inficiata dalla violazione delle norme di legge sull'interpretazione dei contratti. 


L'ente resistente ha eccepito pregiudizialmente l'inammissibilit� di questo 
motivo perch� �tenta inammissibilmente di sindacare nel merito le 
valutazioni � del giudice di appello sul contenuto del contratto e sull'asserita 
inadempienza del committente. L'eccezione va disattesa perch� il 
ricorrente ha lamentato la violazione delle norme di legge sull'interpretazione 
dei contratti, poste dagli artt. 1362-1367 cod. civ. per essere mancate 
l'indagine complessiva da parte di quel giudice sulle varie clausole 
richiamate, sia del capitolato speciale sia di quello generale per le opere 

tore mostrato di non attribuirvene, col non manifestare la sua volont� di recedere 
dal contratto. 
D'altro canto, il diritto dell'appaltatore al rimborso delle spese in caso di 

scioglimento del contratto ed al compenso per i maggiori oneri in caso di 
esecuzione, per venir in essere, presuppongono un'ulteriore dichiarazione di 
volont� dell'Amministrazione che, facendo seguito a quella con cui l'appaltatore 

chiede di recedere dal contratto, accoglie tale istanza o la rigetta (nel qual caso 
la dichiarazione potr� trovare espressione anche nel silenzio mantenuto sulla 
domanda). 

Ne deriva che, in caso di mantenimento del contratto, il diritto al compenso 
per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo nella consegna, se non presuppone 
la previa costituzione in mora, richiede che l'appaltatore abbia prima della 
consegna dichiarato di voler recedere dal contratto, dichiarazione che assolve 
alla stessa funzione della costituzione in mora e nel sistema strutturato dalla 
norma � volta a consentire all'Amministrazione la scelta tra dare o no esecuzione 
al contratto, tra sopportare l'uno o l'altro tipo di onere connesso alle 
due soluzioni offertele. ' 

Ci� che non � evidentemente ammissibile � che l'appaltatore non protesti 
la sua volont� di recedere dal contratto e chieda, a consegna avvenuta, il pagamento 
del compenso per i maggiori oneri dipesi dal ritardo (cfr., sul punto, 
Cass. 26 giugno 1976, n. 2395, cit.). 

1.4. -Da quanto si � venuto dicendo emerge che il diritto dell'appaltatore 
al compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo, prima di poter essere 
esercitato deve essere venuto ad esistenza e ci� richiede che se ne sia completata 
la fattispecie costitutiva; elemento di questa � in ogni caso una previa dichiarazione 
dell'appaltatore (che, in capitolati che si rifacciano allo schema del vecchio 
capitolato generale per gli appalti dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, 
sar� volta a porre in mora l'Amministrazione appaltante;� in quelli che seguano 
lo schema del nuovo capitolato generale, sar� volta a domandarle che consenta 
al recesso). 
Il diritto dell'appaltatore al compenso, una volta sorto, non sfugge all'applicazione 
della regola per cui la tempestiva riserva costituisce modo e tempo 
dell'esercizio d'ogni pretesa dell'appaltatore traente origine dal contratto (cfr. 
Relaz. 1971-1975, III, 287 e segg.: in particolare, ivi richiamate, Cass. 3 ottobre 1973, 

n. 2486, in questa Rassegna 1973, I, 981, e App. Roma 10 luglio 1972, Arb. app. 1974, 
27); tanto pi� che an e quantum della pretesa sono condizionati dal ritardo interposto 
dall'Amministrazione nell'operare la consegna dopo aver rifiutato il recesso 
all'appaltatore. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della Cassa del Mezzogiorno, nonch� del regolamento per i contratti del 
Ministero dei Lavori Pubblici, richiamato nel capitolato speciale e applicabile 
per legge, e una loro interpretazione nella reciproca connessione, 
secondo le norme che regolano tale materia. 


Il motivo, ammissibile per tale suo contenuto, va riconosciuto fondato. 
La sentenza impugnata, infatti, � motivata con la affermazione della 
applicabilit� degli artt. 13 del capitolato generale e 20 e 23 del capitolato 
speciale concernenti la facolt� dell'amministrazione concedente di eseguire 
le consegne in partite separate e le sospensioni per difficolt� e impedimenti 
nella disponibilit� dei terreni, e sulla conseguente conformit� a tali norme 
del comportamento dell'ente nel valersi delle facolt� concessegli, ma non 
ha collegato quelle medesime clausole contrattuali con l'ultimo comma 

La dichiarazione dell'appaltatore (di diffida o di recesso), inerente alla fase 
costitutiva del diritto non lo esonera cio� da quella di esercizio del diritto 
stesso una volta costituito. 

Per converso, l'esercizio del diritto, che si attua con la riserva apposta in 
sede di consegna dei lavori, non risolve in s� l'intera attivit� richiesta all'appaltatore 
per manifestare il suo interesse ad ottenere un maggior compenso; l'atto 
di esercizio del diritto presuppone cio� che questo sia sorto e dunque che l'appaltatore 
abbia manifestato il proprio interesse all'Amministrazione, prima che 
questa si sia determinata alla consegna. 

Un ultimo punto richiede d'essere considerato ed � quello della forma della 
diffida ovvero della dichiarazione di recesso. Se si considera che la riserva da 
un lato individua una forma dall'altro il tempo della manifestazione della pretesa 
dell'appaltatore e se si osserva che l'una e l'altro si pongono in relazione 
con un atto volto a documentare un'operazione inerente al rapporto, appare 
chiaro che la diffida come la dichiarazione di recesso non hanno nella riserva 
la forma di manifestazione necessaria, mancando l'operazione e l'atto volto a 
documentarla. 

2. -Le considerazioni svolte nella prima parte hanno avuto riguardo alla 
disciplina del ritardo nella consegna, nei contratti in cui per la consegna dei 
lavori sia previsto un solo termine. Ci si deve ora soffermare sulla fattispecie 
rappresentata dai contratti a consegne frazionate, dai contratti cio� in cui sia 
previsto che la consegna venga fatta in pi� parti (art. 10, ult. comma, r.d. 25 maggio 
1895, n. 350; art. 10, penult. comma, d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). In questi, 
salvo diversa disposizione del capitolato speciale, la data della consegna sar� a 
tutti gli effetti (e perci� anche agli effetti del tempo utile per la ultimazione 
dei lavori: artt. 34, comma primo, d.m. 28 maggio 1895 e 29, comma primo, 
d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) quella dell'ultimo verbale di consegna e, in caso 
di urgenza, l'impresa potr� cominciare i lavori anche parzialmente pei tratti 
gi� consegnati. 
In rapporto alla disciplina degli effetti del ritardo, la fattispecie del contratto 
a consegne frazionate d� luogo ad un �solo rilevante problema: se sia 
ipotizzabile un interesse dell'appaltatore al rispetto di un ordine anche temporale 
nella consegna delle partite iniziale ed intermedie, s� che, anche prima 
del decorso del termine stabilito per il completamento della consegna, egli 
possa denunziare all'Amministrazione appaltante la inosservanza dei termini 
in ipotesi fissati o comunque di tempi da considerare essenziali per la esecuzione 
del contratto da parte dell'appaltatore, non solo nel termine fissato per 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 337 

del citato art. 13 del capitolato generale, del quale � mancata ogni menzione 
e valutazione. Questo comma, invece, prevede espressamente per 
il caso di �tardive consegne� indipendentemente dalla loro legittimit�, 
la facolt� dell'appaltatore, di chiedere di recedere dal contratto, e qualora 
ci� non gli sia consentito, di �formulare, nei modi prescritti dal regolamento 
approvato con r.d. 25 maggio 1895, richieste per eventuali maggiori 
oneri dipendenti dal ritardo, verificatisi successivamente all'istanza di 
recesso�. 

E tanto pi� necessario appare l'esame di questa norma nella interpretazione 
complessiva delle condizioni del contratto in questione in quanto 
l'art. 54 terzo comma del citato regolamento pone espressamente a 
carico dell'appaltatore l'onere, per la tutela dei propri interessi e diritti, 
di esporre espressamente e tempestivamente nel registro di contabilit� le 
sue riserve, precisando nel termine dei quindici giorni successivi le corri


la ultimazione dei lavori, ma anche in corrispondenza degli oneri economici dallo 
stesso previsti per e~eguire la propria prestazione. 

La disciplina degli effetti del ritardo trova invece piena applicazione in 
rapporto alla . inosservanza del termine finale che pu� dar luogo a due casi. 
Se prima del �decorso di quel termine non sia stata eseguita alcuna consegna 
e dopo che il termine sia decorso l'appaltatore reagisca, il caso si riconduce 
senza residui a quello del contratto a unica consegna. Se l'esecuzione del contratto 
sia iniziata, l'applic.abilit� della disciplina sul ritardo non pu� incontrare 
ostacoli, essendo ammessa la possibilit� di una solo parziale esecuzione del contratto 
(art. 345 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F) e richiedendo lo scioglimento del 
contratto il concorso della volont� dell'Amministrazione. In questo caso non 
pu� esservi ostacolo a ritenere che la dichiarazione di diffida o recesso assuma 
in concreto la forma della riserva; d'altro canto, una volta che l'appaltatore 
abbia chiesto di recedere dal contratto e l'Amministrazione non abbia accolto la 
domanda, la dichiarazione resta rilevante in rapporto a tutta la successiva attivit� 
di consegna, anche se eseguita in modo frazionato. 

3.1. � Nel caso venuto all'esame della Corte di cassazione, il capitolato speciale, 
dopo aver stabilito il tempo utile per la ultimazione dei lavori correlandolo 
alla data del verbale di consegna, aveva riservato all'Amministrazione la facolt� 
di operare consegne parziali, facendo in questo caso decorrere il tempo utile 
per la esecuzione dei lavori afferenti ad ogni consegna dalla data di questa. 
Il capitolato speciale, dunque, mentre obbligava l'appaltatore ad eseguire le 
singole partite di lavori ciascuna in un dato termine decorrente dalle diverse 
consegne, non disponeva n� in ordine al termine finale della consegna n� in 
ordine a quello iniziale. 
Sul termine della consegna disponeva il capitolato generale per le opere 
della Cassa per il Mezzogiorno del 6 luglio 1954, il cui art. 13 stabiliva che la 
consegna dei lavori dovesse farsi entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto, 
previsione, questa, evidentemente non riferibile a contratti a consegne 
frazionate. 

L'ultimo comma dell'art. 13. del capitolato generale dettava poi una disciplina 
degli effetti del ritardo ordinata sulla richiesta di recesso e perci� coincidente 
con quella poi introdotta dal capitolato generale dei lavori pubblici 
del 1962. Prevedendo il caso di mancato accoglimento dell'istanza di recesso, 
l'art. 13 disponeva che in caso di mancato accoglimento e di conseguente tardiva 

�11S111�1111mmr111111111111111r11r11r�11r11111111111111� 



338 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

"\ 

spondenti domande di indennit� e indicando con precisione le cifre di 
compenso cui crede di avere diritto e le ragioni di ciascuna domanda. 

Pertanto, la corte di merito doveva prendere in esame anche quella 
clausola contenuta nell'ultimo comma del citato art. 13 del capitolato 
generale, in relazione pure alle norme del citato regolamento sulle riserve 
per maggiori oneri, per accertare se, ammesso il potere dell'ente committente 
di ritardare o suddividere le consegne dei lavori, fosse stato escluso 

o meno il rimborso dei conseguenti maggiori oneri e compensi per 
l'appaltatore. 
Al riguardo, nella sentenza di appello � stato pure affermato che 
quelle riserve non potevano valere come intimazioni di messa in mora 
del committente per la sua mancata collaborazione in quanto formulate 
in occasione delle successive consegne dei lavori, i cui effetti venivano 
ad esaurirsi nel momento stesso nel quale veniva fatto il rilievo, ma non 
sollecitavano l'adempimento dell'onere. 

consegna, l'appaltatore pu� formulare nei modi prescritti dal Regolamento 
approvato con r.d. 28 maggio 1895, n. 350 richieste per eventuali maggiori oneri 
dipendenti dal ritardo, verificatosi successivamente all'istanza di recesso. 

Emerge infine dalla sentenza che l'appaltatore, in occasione delle successive 
consegne dei lavori, aveva fatto iscrivere riserve nella contabilit�. Dalla sentenza 
non risulta, invece, n� se l'appaltatore, prima di ricevere le consegne, avesse 
chiesto di recedere dal contratto, n� se i compensi richiesti concernessero anche 
la consegna dopo della quale per la prima volta era stato denunziato il ritardo 
mediante la riserva o solo le consegne successive alla prima. 

3.2. -Il caso deciso dalla Corte di appello poneva evidentemente un primo 
problema: se, data la facolt� dell'Amministrazione di eseguire la consegna in 
pi� tempi e la ritenuta conseguente assenza di termini per la consegna, l'appaltatore 
poteva trovare tutela al proprio� interesse a non rimanere indefinitamente 
vi:ncolato al contratto. 
La Corte di appello ha considerato che l'interesse dell'appaltatore era tutelabile, 
ma che allo scopo sarebbe occorsa .una messa in mora dell'Amministrazione 
mentre non potevano valere come messa in mora le riserve, perch� 
ogni volta successive alla consegna. Il riferimento alla messa in mora anzich� 
alla dichiarazione di recesso prevista dall'art. 13 del capitolato generale dimostra 
che la Corte di appello ritenne che nel caso, prima di poter chiedere di 
recedere dal contratto (ci� che avrebbe presupposto la inosservanza di un termine), 
l'appaltatore avrebbe dovuto invitare l'Amministrazione ad operare la 
consegna. 

La Cassazione ha per contro ritenuto che, per stabilire la portata delle 
clausole del capitolato speciale che prevedevano la facolt� di frazionare la consegna, 
non potesse prescindersi dalla considerazione della disposizione del capitolato 
generale relativa alla disciplina del ritardo nella consegna. 

3. 3. -Postulata la necessit� -quantomeno in via di ipotesi -di rapportare la 
fattispecie concreta alla disciplina dell'art. 13 del capitolato generale, sorgeva 
l'altro problema, se il modo in concreto seguito dall'appaltatore per far valere 
il proprio diritto al compenso fosse stato idoneo allo scopo. 
A questo riguardo la Cassazione ha osservato che l'art. 13 del capitolato 
richiamava il regolamento del 1895; che questo prevede quale unico e specifico 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 339 

Ma, salva ogni questione sul diritto o meno ai maggiori compensi di 
cui al menzionato art. 13 del capitolato generale, va considerato che con 
riferimento all'ipotesi considerata, il citato art. 54 del regolamento del 
1895, in esso richiamato, prevede quale unico e specifico mezzo, necessario 
e determinante per la tutela dei diritti ed interessi dell'appaltatore, la 
suddetta indicazione delle riserve nel registro di contabilit�. 

Per queste ultime questa Suprema Corte ha affermato che esse non 
possono ({Ssere surrogate da fatti o atti equipollenti (Cass. 18 aprile 1975, 

n. 1458). 
�, quindi, in contrasto con quell'art. 54 del regolamento l'addebito fatto 
dalla corte di merito all'appaltatore di aver espresso le proprie contestazioni 
sul comportamento dell'ente committente nelle riserve previste da 
tale norma invece che in un precedente atto di messa in mora, non 

mezzo, necessario e determinante per la tutela dei diritti ed interessi dell'appaltatore, 
la indicazione delle riserve nel registro di contabilit�; che le riserve 
non possono essere surrogate da fatti o atti equipollenti; che era perci� in 
contrasto con il regolamento del 1895 il rilievo negativo attribuito dalla Corte 
di appello al fatto che l'appaltatore avesse espresso le proprie contestazioni 
sul comportamento dell'ente committente nelle riserve anzich� in un precedente 
atto di messa in mora, non previsto nel sistema posto da quel regolamento 
e comunque non idoneo a sostituirle. � 

La portata di queste affermazioni va delimitata con riguardo alla fattispecie 
decisa. 

� chiaro, infatti, ch� l'art. 13, ult. comma, ult. alinea, del capitolato generale 
per le opere della Cassa del 6 luglio 1954 disciplina il modo in cui va fatta 
valere la pretesa al compenso per ritardo verificatosi successivamente all'istanza 
di recesso non accolta, disciplina cio� il modo di esercizio di un diritto' che in 
tanto � venuto in essere in quanto la consegna dei lavori viene dall'Amministrazione 
eseguita non dopo il solo decorso del termine, ma anche dopo che l'appaltatore 
ha chiesto di recedere dal contratto. 

La regola enunciata dalla Cassazione in sede di applicazione dell'art. 13 


d'una disposizione che, come s'� visto, ha la stessa portata dell'art. 10 del 

d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 -va dunque intesa nel senso che nel sistema 
strutturato da questa norma, sul presupposto che nel suo ambito di applicazione 
ricada anche un contratto che dia facolt� di eseguire consegne frazionate 
senza per queste fissare un termine, non vi sia posto anche per una 
costituzione in mora, essendo sufficiente una dichiarazione di recesso e le 
riserve successive a ogni consegna. 
Diversamente interpretata la decisione sarebbe chiaramente erronea. 

Ne deriva anche, in conformit� dei principi esposti ai punti 1 e 2 e con 
riguardo al caso di specie, che non potrebbe dar luogo a compenso se non 
il maggior onere dipendente dalle consegne intervenute dopo la dichiarazione 
di recesso, se questa vi sia stata, salvo il problema di merito del valore da 
darsi, nel complesso delle clausole contrattuali, a quella che �ttribuisce ali'Amministrazione 
la facolt� di operare consegne ripartite e la possibilit� di 
ipotizzare e di rinvenire in concreto, in un caso siffatto, un ritardo nella t�nsegna. 


P. VITTORIA 

340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

previsto nel sistema posto da quel regolamento e comunque non idoneo 
a sostituirle. 

A causa delle concorrenti violazioni delle norme di legge sull'interpretazione 
dei contratti e sulla obbligatoriet� delle riserve negli appalti regolati, 
per legge o per richiamo contrattuale da quel regolamento, la sentenza 
impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della stessa Corte 
di appello. Quest'ultima dovr� attenersi al principio in virt� del quale, 
ai sensi degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. le norme contrattuali devono interpretarsi 
in connessione tra loro, attribuendo ad ognuna di esse il senso 
che risulta dal loro complesso, e a quello per il quale le riserve previste 
dal citato regolamento per i lavori pubblici sono condizione necessaria e 
determinante per l'ammissibilit� di qualsiasi istanza dell'appaltatore per 
il rimborso di maggiori oneri, dipendenti o no da inadempienza del committente, 
e non possono n� devono essere sostituite da altro atto equipollente. 
-(Omissis). 

I 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 7 dicembre 1976, n. 24 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Jannotta -E.N.E.L. (avv. Mazzullo) c. Ministero dei 
lavori pubblici ed Ente per la valorizzazione del territorio del Fucino 
(avv. Stato Albisinni). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Competenza e giurisdizione -Tribunali 
regionali delle acque e tribunale superiore -Sottensione di utenza Giurisdizione 
del tribunale superiore -Fattispecie. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 45, 47, 140 e 143). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione -Sottensione 
di utenza -Esclusione allo stato e riserva di ulteriori sperimentazioni 
-Valutazione perplessa -Insussistenza. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, ai:tt. 45 e 47). 
Rientra nella giurisdizione del tribunale superiore delle acque pubbliche 
conoscere del ricorso proposto contro un provvedimento di .concessione 
di acqua pubblica di cui si lamenti che, pur realizzando una 
sottensione di utenza, non sia stato preceduto da adeguata istruzione 
sulle condizioni che la consentono e non contenga la determinazione dell'indennizzo 
(1). 

(1) (3) Sulla prima parte della prima massima, cfr., per un caso analogo, 
Trib. sup. acque 27 maggio 1974 n. 9, in questa Rassegna 1974, I, 1297, nonch� 
Trib. sup. acque 16 dicembre 1976 n. 25 che segue. 
Nel senso che l'interesse dell'utente sotteso alla determinazione dell'indennizzo 
sia un interesse legittimo da tutelare attraverso l'impugnazione del provvedimento 
che attua la sottensione, Trib. sup. acque 29 ottobre 1974 n. 23, in 
questa Rassegna 1975, I, 780; Trib. sup. acque 2 marzo 1974 n. 3, ivi, 1974, I, 736; 
Trib. sup. acque 19 dicembre 1973 n. 38, ibidem, 1974, I, 496. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 341 

Il provvedimento di concessione di un'acqua pubblica non � illegittimo 
per valutazione perplessa ove, sulla base di conoscenze acquisite in 
modo congruo, escluda un'interferenza con altra utenza, anche se riservi 
a un pi� lungo periodo di osservazione la verifica di tale dato; � altres� 
legittima in questo caso la .clausola che colleghi l'obbligo dell'indennizza 
da sottensione al risultato delle successive sperimentazioni (2). 

II 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 16 dicembre 1976, n. 25 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Jannotta -E.N.E.L. (avv. Mazzullo) c. Ministero dei lavori 
pubblici e Ente per la valorizzazione del territorio del .Fucino (avv. 
Stato Albisinni). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione e derivazione -Sottensione � 
Parziale � Indennizzo � Mancata determinazione � Illegittimit� della 
concessione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175, art. 47). 
E illegittimo e va pertanto annullato il provvedimento di concessione 
di un'acqua pubblica che, pur dando luogo ad una parziale sottensione di 
utenza, non contenga la determinazione dell'indennizzo da corrispondere 
al precedente concessionario (3). 

III 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 17 gennaio 1977, n. 1 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Quaranta -Fallimento Soc. COFIC (avv. Fortini) .c. Ministero 
dei lavori pubblici (avv. Stato Albisinni) e Ente autonomo bonifica 
Arezzo Perugia Siena e Terni (avv. Compagno). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Sottensione 
di utenza � Silenzio-rifiuto sull'istanza di liquidazione del compenso � 
Impugnazione � Previa impugnazione dei provvedimenti del procedimento 
di concessione � Necessit� � Esclusione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 45). 
Atto ammmistrativo � Sottensione di utenza � Liquidazione del com� 
penso � Inerzia dell'amministrazione � Silenzio rifiuto � Ammissibilit�. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 45). 
L'ordinanza di ammissione ad istruttoria ed il successivo provvedimento 
di concessione per un'importante utilizzazione d'acqua incompa


(2) Non constano precedenti in termini. 
La massima pu� essere ricollegata al principio per cui rilevante per la 
legittimit� del provvedimento amministrativo � lo stato di fatto (e di diritto) 

11 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tibile con altra minore gi� concessa costituiscono il presupposto perch� 
sorga l'interesse all'attribuzione del compenso in favore del precedente 
concessionario: la mancata impugnazione di quei provvedimenti non d� 
perci� luogo ad inammissibilit� del ricorso proposto contro il silenzio
�: 
rifiuto formatosi sull'istanza diretta alla liquidazione del compenso (4). 


E legittimo il ricorso alla procedura del silenzio-rifiuto di fronte alla 
inerzia dell'amministrazione nel liquidare il compenso spettante ai titolari 
sottesi di minori utilizzazioni concesse e non ancora attuate (5). 

I 

(Omissis). -1. -Preliminarmente deve essere affermata la giuri


sdizione di questo Tribunale Superiore in ordine al ricorso in esame. 

Infatti con quest'ultimo sono state dedotte censure circa la legitti


mit� del provvedimento di concessione all'Ente Fucino e del procedi


mento amministrativo preordinato alla emanazione dello stesso provve


dimento. 

Tali censure sono state dedotte in vista della tutela della posizione di 

vantaggio che l'E.N.E.L. assume di avere, in quanto concessionario delle 
acque che hanno origine della Fonte Grande. 

Tale posizione � da identificare come interesse legittimo in quanto gli 
artt. 45 e 47 T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, attribuiscono all'Amministrazione 
il potere di estinguere o ridurre una precedente concessione per 
accordare un'altra concessione a favore di un altro utente. 

esistente al momento della sua emanazione: sul punto cfr., da ultimo, Cons. 
Stato, Sez. IV, 26 agosto 1976 n. 712, Cons. Stato 1976, I, 910. 

(4) Non constano precedenti in termini. 
Trib. sup. acque 13 dicembre 1972 n. 47, Giust. civ. 1973, I, 339, resa in una 
controversia tra utente sotteso e nuovo concessionario in cui si discuteva della 
determinazione dell'indennizzo previsto dall'art. 45 comma secondo, ha affermato 
che l'esercizio del diritto dell'utente sotteso non incontra preclusione nel non 
aver egli presentato opposizioni nel procedimento di concessione. 

Trib. sup. acque 13 febbraio 1976 n. l, Cons. Stato 1976, Il, 202, resa sempre 
in una controversia tra privati, ha poi affermato che l'esercizio del diritto dell'utente 
sotteso non � precluso dalla mancata impugnazione del provvedimento 
che dispone la sotten!rione. 

(5) Nello stesso senso cfr. Trib. sup. acque 8 giugno 1965 n. 15, Foro amm. 
1965, I, 663 che ha ritenuto illegittimo ed annullato il provvedimento con cui 
l'Amministrazione s'era rifiutata di procedere alla determinazione dell'indennizzo 
ex art. 45 ult. comma T. U., assumendo che il provvedervi esulava dai propri 
poteri. 
Trib. sup. acque 8 giugno 1965 n. 15 �, in massima, pubblicata anche in 
questa Rassegna, 1966, I, 210 con annotazione critica. 
In argomento, cfr. altres�, Cass. 25 marzo 1953 n. 756, Acque Bon. costr., 
1953, 43.7 con nota di P. FRANCO. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 343 

Nella specie l'E.N.E.L. deduce in giudizio il pregiudizio che sarebbe 
stato causato alla derivazione, a suo tempo accordatagli, dalla concessione 
disposta con il provvedimento impugnato. 

Quindi si verte proprio nella fattispecie in base alla quale l'Amministrazione 
ha il potere di incidere sulla posizione di vantaggio del precedente 
concessionario. 

La conclusione suesposta in ordine all'esistenza della giurisdizione e 
di questo Tribunale Superiore deve essere confermata anche con riferimento 
a quella parte del ricorso relativo all'indennizzo che spetterebbe 
all'Ente ricorrente. 

Infatti da un lato la questione dell'indennizzo non � formulata come 
una domanda di accertamento di un obbligo di dover dare da parte dell'Amministrazione 
resistente e come richiesta di condanna ad una prestazione; 
dall'altro, attesa la discrezionalit� della determinazione dell'indennizzo, 
sia in base all'art. 45 T.U. citato (T.S.A. 8 giugno 1965, n. 15), sia 
secondo l'art. 47 della stessa norma, l'Ente ricorrente non pu� dedurre 
nel presente giudizio se non una posizione di interesse legittimo. 

Infine non si pu� trascurare di rilevare che la predeterminazione dell'indennizzo 
a favore del concessionario, che ha subito la sottensione, costituisce 
una condizione di legittimit� del provvedimento di sottensione, 
come � stato gi� precisato da questo Tribunale Superiore (sent. 8 giugno 
1965, n. 15). 

2. -Relativamente al merito del ricorso in esame si deve precisare 
quanto segue: infondata � la prima censura, con la quale si deduce il 
difetto di accertamento delle condizioni previste rispettivamente degli 
artt. 45 e 47 T.U. per disporre la sottensione. Invero dagli atti acquisiti 
al giudizio risulta che il provvedimento impugnato fu preceduto da una 
indagine idrologica curata dalla Sezione autonoma del Genio Civile per 
il servizio idrografico di Napoli. 
A conclusione di tale indagine fu esclusa l'incidenza della concessione, 
richiesta dall'Ente Fucino, a scopo irriguo, su quella gi� accordata all'Enel. 

Le conclusioni dell'indagine idrologica non sono apodittiche, ma conseguono 
al fatto di aver rilevato che la portata della Fonte Grande (al 
gennaio 1961) era di 310 I. sec. mentre la portata della galleria drenante, 
nello stesso periodo era di 52 I. sec. 

La portata della Fonte Grande corrisponde a quella massima normale 
della stessa Fonte, accertata indipendentemente dalla fuoruscita di acqua 
dalla galleria drenante. 

Ai rilievi del servizio idrografico si devono aggiungere quelli controdedotti 
dall'Ente Fucino per contrastare l'opposizione delle Societ� elettriche 
(Societ� Romana di Elettricit� e Societ� Idroelettriche Liri) assorbite 
in prosieguo dall'E.N.E.L. 

Secondo l'Ente Fucino la eduzione di acqua dalla galleria drenante 
era ininfluente sulla entit� di acqua derivabile a scopo elettrico; infatti 


344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la galleria arrivava ad un livello superiore a quello della sorgente Fonte 

Grande, che alimenta le concessioni a scopo elettrico, inoltre la intro


duzione di materiale colorante nella galleria drenante non aveva dimo


strato che sussistesse interferenza tra la stessa galleria e la sorgente. 

Sia le osservazioni del servizio idrografico, sia le controdeduzioni dell'Ente 

Fucino e le opposizioni delle Societ� elettriche furono oggetto di esame 

da parte della sezione autonoma di Avezzano del Genio Civile che escluse 

il pregiudizio, alle utenze industriali in atto, dalla eventuale concessione 

a favore dell'Ente Fucino. 

Le conclusioni del servizio idrografico e della sezione autonoma furono . 

accolte dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, giust� il parere 15 set


tembre 1966, n. 1207, della Sezione IV dello stesso Consiglio. 

Pertanto � da escludere sia il difetto di istruttoria, sia la carenza degli 

apprezzamenti formulati in sede amministrativa. 

3. -Del pari infondata � la censura di perplessit�. 
Invero nel corso del procedimento amministrativo non � stato for. � 

mulato alcun dubbio circa la ininfluenza della derivazione dalla galleria 

drenante su quella disposta per finalit� elettriche. 

L'assenza di dubbio era connesso al livello delle conoscenze acquisite 

durante il periodo di osservazione relativo al sistema idrografico della 

zona del Fucino (marzo 1960 -giugno 1961). 

Eventuali interferenze tra le due derivazioni potevano essere pro


spettate in via probabilistica, attesa la vicinanza delle due scaturigini; 

tuttavia la verifica sperimentale di questa ipotesi postulava un pi� lungo 

periodo di osservazione. 

Al riguardo deve essere esclusa la perplessit� amministrativa posto 

che comunque era stata raggiunta una conclusione certa, circa l'assenza 

di interferenza tra le derivazioni; d'altra parte la riserva di ulteriori osser


vazioni non pu� ridondare in perplessit� in quanto la complessit� dei 

fenomeni idrologici non permette la formulazione di conclusioni ultima


tive, essendo necessario verificare costantemente i dati idonei a dare una 

raffigurazione il pi� possibile esatta di una realt� endogena. 

La provvisoriet� degli apprezzamenti, in conseguenza della evoluzione 
delle osservazioni, giustifica la disposizione, fissata con il provvedimento 
impugnato, secondo la quale l'Ente Fucino sar� tenuto ad indennizzare 
eventualmente l'E.N.E.L., qualora ulteriori sperimentazioni dovessero dimostrare 
la interferenza tra le derivazioni. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -1) -Il ricorso proposto dall'E.N.E.L. � infondato per la 
parte relativa al difetto di accertamento circa l'interferenza della concessione 
disposta per uso potabile, a favore dell'Ente Fusino, con quella 
della quale era in godimento l'E.N.E.L. Invero dagli atti acquisiti al I 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 345 

giudizio risulta che il provvedimento impugnato fu preceduto da una 
indagine idrologica, condotta dalla Sezione autonoma del Genio Civile 
per il servizio idrografico, con sede in Napoli, i risultati di tali indagini 
furono illustrati nella relazione 3 aprile 1962, curata dalla stessa .Sezione 
Autonoma, (all. 6 fascicolo Avvocatura Generale dello Stato, depositato 
il 22 giugno 1974). Sulla base di tale relazione, comprendente le risorse 
idriche del bacino del Fucino, fu espresso l'avviso che la concessione 
richiesta dall'Ente Fucino, per l'approvvigionamento idrico dei borghi 
rurali strada 14 e 8000, era compatibile con la permanenza della concessione 
a suo tempo disposta per finalit� idroelettriche e della quale era 
in godimento l'E.N.E.L. (cfr. lettera 17 aprile 1964 della Sezione autonoma 
del Genio Civile di Napoli, all. 9 fascicolo citato). Gli apprezzamenti del 
servizio idrologico furono confermati dalla Sezione autonoma del Genio 
Civile di Avezzano, (relazione istruttoria 10 dicembre 1964 -all. 10 fascicolo 
citato) e dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (cfr. voto 15 settembre 
1966 n. 1208, all. 11 fascicolo citato). Pertanto deve essere e:>cluso 
che nella specie in esame sia stata omessa una congrua istruttoria sul 
rapporto tra la domanda di concessione dell'Ente Fucino e la concessione 
goduta dall'E.N.E.L.; n� d'altra parte� quest'ultimo ente ha dedotto, posteriormente 
al deposito dei documenti relativi all'istruttoria amministrativa, 
ulteriori censure circa eventuali carenze di accertamento di 
apprezzamento, rilevanti sotto il profilo dell'eccesso di potere. 

2) -Fondata � la censura relativa al difetto di previsione di compensi 
a favore dell'E.N.E.L. per la riduzione della quantit� d'acqua derivabile, 
in conseguenza della concessione disposta con il provvedimento impugnato. 
L'incidenza di quest'ultima concessione su quella precedente � 
indubbia, giusta quanto risulta dagli atti istruttori citati sopra. 

Pertanto l'Amministrazione avrebbe dovuto disporre la concessione 
a favore dell'Ente Fucino previa determinazione del compenso a favore 
del precedente concessionario. 

Invero la legittimit� del provvedimento di sottenzione di utenza di 
acqua � condizionata, tra l'altro, alla predeterminazione del compenso a 
favore del concessionario precedente, che subisce il pregiudizio (Trib. 
Sup. Acque, 8 giugno 1965 n. 15). N� ha rilevanza la modestia della 
derivazione disposta a favore dell'Ente Fucino. 

Invero l'entit� dell'acqua derivabile, ed incidente, come nella specie, 
su una precedent~. concessione, pu� �influire sulla portata del compenso 
oltre che costituire la ragione della compatibilit� della concessione precedente 
con quella seguente (Trib. Sup. Acque 24 ottobre 1960 n. 30). Tuttavia 
non pu� dedursi dalla modestia della derivazione l'esonero dall'obbligo 
di fissare la natura e la misura del compenso a favore del concessionario 
pregiudicato (cfr. sent. citata). . 

Il ricorso pertanto deve essere accolto e deve essere disposto l'annullamento 
del provvedimento impugnato. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

346 

, 

III 

(Omissis) -. 1. Ha carattere preliminare l'esame delle eccezioni di 
inammissibilit� del ricorso, sollevate dall'Avvocatura Generale dello Stato 
sotto il duplice profilo, da un lato, della asserita necessit� della impugnazione 
dell'ordinanza ministeriale di ammissione ad istruttoria n. 1101 del 
31 gennaio 1966 o quanto meno del decreto di concessione all'Ente Autonomo 
Valdichiana n. 1141 del 29 aprile 1971, e dall'altro, della mancanza 
nell'Amministrazione dell'obbligo di provvedere, ai sensi dell'art. 45 del 

T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, sulla istanza della Societ� COFIC diretta 
all'attribuzione del compenso per la sottensione di utenza. 

Le eccezioni sono destituite di fondamento. 

Osserva il Collegio, sotto il primo profilo, che oggetto della impugnazione 
in questa sede � il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza diretta alla 
liquidazione del compenso previsto dall'art. 45 del T.U. n. 1775 del 1933. 
Rispetto a tale impugnazione appare irrilevante la circostanza che lo 
attuale ricorrente non si sia gravato o non abbia coltivato le impugnazioni 
contro l'ordinanza di ammissione ad istruttoria della domanda di 
concessione presentata dall'Ente Autonomo Valdichiano ovvero contro lo 
stesso decreto di concessione al predetto Ente, giacch� proprio la citata 
concessione costituisce il presupposto perch� si realizzi la fattispecie della 
sottensione di utenza la quale legittima alla richiesta di attribuzione del 
compenso previsto dall'art. 45 sopracitato. 

Sotto il secondo profilo � sufficiente osservare che se � vero che 
l'art. 45 del T.U. 1933 n. 1775 non attribuisce un diritto soggettivo 
perfetto all'utente sotteso di ottenere il compenso per la sottensione, 
attesi gli aspetti di discrezionalit� amministrativa presenti nel relativo 
potere dell'Amministrazione pubblica, non � meno vero che, quando siano 
in concreto accertati tutti i presupposti per l'esercizio del potere stesso, 
sussiste l'obbligo dell'Amministrazione di provvedere sulla istanza del 
concessionario stesso, sicch� legittimamente la ricorrente Societ� COFIC 
si � avvalsa della procedura del silenzio-rifiuto di fronte alla perdurante 
inerzia dell'amministrazione. 

2. Nel merito, il ricorso � fondato. 
Deve, al riguardo, premettersi che in sede di impugnazione del silenziorifiuto, 
il giudice di legittimit� non � chiamato a pronunciarsi sulla fondatezza 
dell'istanza avanzata dal privato nei confronti della Pubblica 
Amministrazione e sulla quale vi � stata l'inerzia di quest'ultima, bens� 
deve accertare la sussistenza nell'Amministrazione dell'obbligo di provvedere 
sull'istanza medesima e la rituale evidenziazione, attraverso la procedura 
all'uopo prevista, del silenzio con valore di rifiuto della prestazione 
domandata. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 347 

Ci� premesso � da rilevare che nella specie la concessione in favore 
della Soc. Valtiberina, dante causa dell'attuale ricorrente, venne assentita 
con decreto interministeriale 1 marzo 1965 n. 701. Successivamente, in 
favore dell'Ente Autonomo Valdichiana venne adottato il decreto interministeriale 
29 aprile 1971 n. 1141, con il quale si assent� all'Ente la concessione 
di derivazione dell'acqua, senza per� che si provvedesse alla revoca 
della precedente concessione assentita alla Valtiberina. In sostanza, quindi, 
con il decreto del 1971 si determin� proprio la situazione di sottensione 
di utenza che costituisce presupposto per l'attribuzione del compenso 
previsto dall'art. 45 del T.U. 

� vero che nell'indicato decreto del 1971 si poneva in rilievo che 
per effetto dell'art. 9 della legge 18 ottobre 1961 n. 1048, istitutiva dell'Ente 
Autonomo per l'irrigazione della Valdichiana, si sarebbe dovuto 
procedere alla dichiarazione di decadenza delle preesistenti concessioni 
incompatibili, ma nel decreto stesso si preannunciava soltanto un provvedimento 
in tal senso nei confronti della Soc. COFIC senza che al predetto 
preannuncio sia poi seguita l'adozione del necessario provvedimento 
amministrativo. 

D'altronde, lo stesso Ministero dei Lavori Pubblici, con nota del 
14 maggio 1968, sentita l'Avvocatura Generale dello Stato, comunicava 
alla COFIC che, conformemente all'insegnamento delle Sezioni Unite 
della Cassazione, si sarebbe dato applicazione all'art. 45 del T.U. successivamente 
alla emissione del decreto di concessione maggiore. 

In tale situazione, non appare dubbio che si sia proprio verificata 
la fattispecie disciplinata dall'ultimo comma del citato art. 45, secondo 
il quale nel caso in cui la minore incompatibile utilizzazione sia stata 
concessa, ma non ancora atuata, l'Amministrazione deve fissare il compenso 
per la sottensione. N� d'altra parte pu� assumere rilievo la circostanza 
che in epoca precedente alla adozione del primo provvedimento 
di concessione (decreto 1 marzo 1965 n. 701) la societ� interessata avesse 
presentato una domanda di variante, giacch� fino a quando l'Amministrazione 
non provvede sulla variante, resta ferma la concessione gi� 
assentita. 

Deve, quindi, concludersi che nella specie sussisteva l'obbligo della 
Amministrazione di pronunciarsi sull'istanza, presentata in data 26 gennaio 
1973, diretta alla determinazione del compenso previsto dall'art. 45 
del T.U. n. 1775 del 1933, sicch� deve procedersi all'accertamento dell'esistenza 
di detto obbligo di provvedere, salva restando la discrezionalit� 
dell'Amministrazione stessa circa il contenuto del provvedimento 
che dovr� essere emanato. -(Omissis). 


SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 27 giugno 1974, n. 1289 � Pres. Udina � 
Rel. Auriemma � P. M. Corrias (conf.) � Rie. Ferrari. 

Procedimento penale � Parte civile � Costituzione � Revoca � Tacita � 
Esercizio di autonoma azione civile � Revoca della precedente costi� 
tuzione � Esclusione. 

(Cod. proc. pen. art. 101, 102). 

La proposizione di una autonoma azione civile tendente al risarcimento 
del danno conseguente a reato non costituisce revoca tacita della 
costituzione di parte civile gi� intervenuta nel giudizio penale (1). 

(1) V. in questo stesso senso, Cass. 30 gennaio 1970 n. 290 (114.536) che ha 
stabilito la com'Petenza del giudice precedentemente adito, e cio� al giudice 
penale, la competenza a decidere sull'azione risarcitoria, salve le richieste della 
parte convenuta ai servizi dell'art. 39 c.p.c. nella litispendenza. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 27 giugno 1974, n. 1291 � Pres. Udina 
Rel. Poidimani � P. M. Corrias (conf.) � Rie. Orsini. 

Procedimento penale �. Sentenza penale � Interessi civili � Provvisionale � 
Stato di bisogno della parte civile � Irrilevanza ai fini della concessione 
della provvisionale. 

(Cod. proc. pen. art. 489). 

Lo stato di bisogno della parte civile non costituisce condizione necessaria 
alla concessione della, provvisionale prevista dall'art. 489 cod. 
proc. pen. (1). 

(1) In tema di provvisionale, � stato affermato che: 
-l'assegnazione di una provvisionale pu� essere fatta d'ufficio ed anche 
in appello (Cass. 15 ottobre 1952 rie. Galante in Giust. Pen. 1953, III, 3; 13 ottobre 
1970 in Cass. pen. mass. annotato 1971, 1488, nn. 2212); 

-la concessione di una provvisionale � sottratta alle regole sancite dal Il 
comma dell'art. 278 c.p.c., secondo cui essa deve essere contenuta nei limiti della 
quantit� per la quale il giudice gi� ritenga raggiunta la prova e ci� perch� 



350 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'imputato verso la parte civile intervenuta in detto giudizio; se il 
dubbio concerne l'elemento soggettivo del reato e la relativa formula sia 
compatibile con l'esercizio dell'azione civile (ex artt. 2050, 2051, 2052, 2053, 
2054 eccetera) detta soccombenza si verifica, avendo la parte~civile, col 
suo intervento in appello, contrastato l'attivit� processuale dell'imputato 
diretta al conseguimento dell'assoluzione con formula preclusiva dell'esercizio 
dell'azione civile (1). 

(1) La massima � correttamente ispirata al principio civilistico della soccombenza, 
inteso non nel senso meramente obiettivo -notoriamente insufficiente ma 
anche in quello soggettivo, che impone la valutazione del comportamento 
processuale e del nesso di causalit� fra la soccombenza e la lite (v. Costituzione 
di parte civile, accessoriet� e immanenza, in questa Rassegna, 1970, I, 332). 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 349 

l'assegnazione di una provvisionale in sede penale ha carattere meramente delibativo 
e non acquista efficacia di giudicato in sede civile (Cass. 23 gennaio 
1967 in Cass. pen. mass. ann. 1967, 1345, m.2059; 29 maggio 1968 ivi 1969, 688, 

m. 1040; 13 ottobre 1970, ivi, 1971, 1488, m. 2212). In senso contrario a questa 
giuris'prudenza, si era in precedenza affermato che l'unico criterio cui il giudice 
deve ispirarsi nella determinazione della provvisionale risiede nel rapporto qualitativo 
tra la misura concreta di quest'ultima e il maggior importo dei danni 
richiesti dalla parte interessata e considerato in via di massima spettante (Cass. 
3 dicembre 1958 in Giust. pen. 1959, III, 243); a ben vedere peraltro questa affermazione 
non � contraria a quelle pi� recenti, essendosi limitata ad invocare 
un criterio ispiratore della decisione e non gi� una norma che, per il noto 
principio ubi lex voluit .dixit, non � applicabile in sede penale. Infatti il testo 
dell'art. 489 c.p.c. non ri'produce l'inciso � nei limiti della quantit� per cui ritiene 
gi� raggiunta la prova '".che si legge nell'ultimo comma dell'art. 278 c.p.c.; 
-conformemente a questa affermazione, da taluno si ritiene che la decisione 
sulla provvisionale comporta un accertamento sommario e superficiale 

(v. GuALANDI -v. Provvisionale in Nuovissimo Dig. It.; MANZINI -Trattato di dir. 
proc. pen. it. I, 1967, p. 400; ROGNONI -Condanna generica e provvisionale per 
danni, 1961, p. 207); in senso contrario, per l'affermazione cio�, basata nell'evidente 
analogia di situazioni (I'eadem ratio), che il procedimento ex art. 489 c.p.c. 
rivestirebbe il carattere di una condanna parziale definitiva, v. CORDERO -Condanna 
generica a favore delle p.c. ed applicazione impropria dei concetti di 
interesse ad agire e legittimazione, in Riv. dir. proc. pen. 1957, p. 224; GIARDA Considerazioni 
in tema di condanna generica e di provvisionale ex art. 489, Il 
comma c.p.c., ivi 1969, III-IV; 

-la provvisionale pu�. essere concessa anche a favore di chi ha subito un 
danno di esclusiva natura non patrimoniale (Cass. 20 ottobre 1969 in Cass. Pen. 
Mass. Annotato, 1971, 429, m. 569); 

-le disposizioni delle sentenze relative alla provvisionale non devono essere 
specificamente motivate (Cass. 3 marzo 1975 in Cass. pen. Mass. Annotato, 1976, 
257, m. 181). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 giugno 1975, n. 6085 -Pres. Iannittipiro 
F. -Rel. Iannaccone -P. M. Sangiorgio (conf.) -Rie. Fresia. 

Procedimento penale � Soggetti del diritto d'impugnazione -Parte civile . 
Spese � Rimborso � Condizioni. 

(Cod. proc. pen. artt. 25, 195, 202 e 213). 

La condanna dell'imputato alle spese a favore della parte civile deve 
giustificarsi con la sua soccombenza relativamente alla pretesa risarcitoria 
della parte civile; in caso di conferma dell'assoluzione dubitativa occorre 
distinguere circa la vitalit� o meno di tale pretesa, nel senso che se il dubbio 
concerne la commissione o la sussistenza del fatto o il nesso di causalit� 
tra condotta ed evento, l'originaria preclusione a far ulteriormente 
valere in giudizio civile la pretesa, non d� luogo a soccombenza in appello 



PARTE SECONDA 


11111r111r11r1a1r11r1!11r11111rr11r111�1111r1t1������1 



LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I � NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

d.I. C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 18, nella parte in cui nega l'indennit� 
di fine rapporto, prevista dall'art. 9, al personale di cui all'art. 8, ultimo comma, 
legge 28 luglio 1961, n. 831. 
Sentenza 20 aprile 1977, n. 65, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 31, primo comma, nella parte in cui non 
estende la proroga dei termini, ivi accordata nel caso di morte del contribuente, 
anche nel caso di perdita delle capacit�. 
Sentenza 20 aprile 1977, n. 63, G. U. 24 aprile 1977, n. 113. 

legge 22 luglio 1975, n. 319, artt. 4 e 9, nella parte in cui, per le pensioni 
di anzianit� agli ultrasettantenni e per le pensioni d'invalidit�, � stabilita una 
decurtazione di pensione per coloro che conservano l'iscrizione agli albi. 

Sentenza 20 aprile 1977, n. 62, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

le9ge 22 gennaio 1934, n. 36 (artt. 24, secondo comma, 3, primo comma, 
4 e 41, della Costituzione). 

Sentenza 30 marzo 1977, n. 54, G. U. 6 aprile 1977, n. 84. 

r.d. :30 gennaio 1941, n. U arff. 97 e :105 (art. 25, primo comma, della 
Costituzione). 
Sentenza 30 marzo 1977, n. 52 G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 

dl.P.R. 26 ottobre 197,2, n. 636, art. 44, pri�mo e terzo comma (artt. 3, 24 e 
76 della Costituzione). 

Sentenza 20 aprile 1977, n. 63, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 8 (a:r;t. 13, terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 20 aprile 1977, n. 64, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 

legge 22 luglio 1975, n. 319 (artt. 3, 4, 36, 38 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 20 aprile 1977, n. 62, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

codice civile, art. 155, terzo comma (art. 3, primo comma, e 25, primo 
comma della Costituzione). 
Tribunale per i minorenni di Ancona, ordinanza 21 dicembre 1976, G. U. 
13 aprile 1977, n. 100. 

codice di procedura civile, art. 409 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 4 ottobre 1976, G. U. 9 marzo 1977, n. 66. 

c�odice di procedura civ.ile, art. 429, terzo comma (artt. 3, 35, primo comma, 
e 36 della Costituzione). 
Pretore di Palmi, ordinanza 20 dicembre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 

codice penale, art. 2, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Sessa Aurunca, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, 

n. 59. 
codoic:e penale, art. 81 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Rovereto, ordinanza 12 novembre 1976, G. U. 9 marzo 1977, n. 66. 

codice penale, art. 204, secondo comma (artt. 3, 13, 27, 32, secondo comma, 
della Costituzione). 
Pretore di Monza, ordinanza 29 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

codice penale, art. 222 (artt. 3, 13, 27, 32, secondo comma, della Costituzione.) 
Pretore di Monza, ordinanza 29 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

codice penale, art. 339, primo comma (art. 3 della Costituzione. 

Pretore di Assisi, ordinanza 11 novembre 1976, G. U. 9 marzo 1977, n. 66. 

codice penale, art. 550 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Cremona, ordinanza 3 dicembre 1976, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 


codice penale, artt. 624 e 626 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Nard�, ordinanza 31 dicembre 1976, G. U. 16 marzo 1977, n. 73. 

codice penale, artt. 697 e 699 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Chiavenna, ordinanza 23 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 


codice di procedura penale, artt. 151, secondo e terzo comma, 263 bis 

(art. 24, secondo comma, della Costituzione). 
Giudice istruttore del Tribunale di Salerno, ordinanza 30 dicembre 1976, 

G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, artt. 381, sec�ondo comma, 205 e 576, terzo 
comma (art. 3 della Costituzione). 

Giudice istruttore presso il Tribunale di Cassino, ordinanza 27 ottobre 1976, 

G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 
codice di procedura penale, artt. 435 e 436 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 18 gennaio 1977, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 

codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma (artt. 3 e 97, primo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 2 dicembre 1976, G. U. 
6 aprile 1977, n. 94. 

�legge 20 marzo 1865, n. Z248, allegato F, art. 378 (artt. 3 e 112 della 
Costituzione). 

Pretore di Bracciano, ordinanza 23 dicembre 1976, G. U. 23.marzo 1977, n. 80. 

r.d. 23 dicembre 1923, n. 3267, artt. ~6 e Z9 (artt. 24, secondo comma, e 25 
della Costituzione). 
Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 6 aprile 
1977, Il. 94. 

r.d. 16 maggio 1926, n. 1126, artt. 41 e 42 (artt. 24, secondo comma, e 25 
della Costituzione). 
Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 6 aprile 
1977, n. 94. 

legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 7 e 29 della Costituzione). 

Corte d'appello de L'Aquila, ordinanza 23 novembre 1976, G. U. 13 aprile 
1977, n. 100. 

r.d. 8 genna.io 1931, n. 148, art. 27, ultimo comma, allegato A (art. 3, primo 
comma, e 36, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Venezia, ordinanza 11 novembre 1974, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. 

r.d. 8 gennaio 11931, n. 148, art. 58, secondo comma allegato A, art. 53, 
nono e ottavo comma, allegato A (artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 113, 
primo e secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Potenza, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 

legge 7 marzo 1938, n. 141, artt. 78 e 80 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 18 marzo 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 

r.d.I. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 2 (art. 3 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 30 novembre 1976, G. U. 27 aprile 
1977, n. 113. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

44 

r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10 (artt. 3 e 38, secondo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale di Bolzano, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 

legge ,6 luglio 1939, n. 1272, (artt. 3, primo e secondo comma, 4, primo e 
secondo comma, e 37, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 1 ottobre 1976, G. U. 16 marzo 1977, n. 73. 

r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, art. 53 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale supremo militare, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 16 marzo 
1977, n. 73. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 49 (artt. 3 e 24, secondo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale di Grosseto, ordinanza 22 dicembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art+. 99 quinto comma e ~09 (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 23 novembre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 

r.d. 16 marzo 11942, n. 267, art. '209, secondo comma (artt. 24, secondo 
comma, e 3, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanze (tre) 18 marzo, 21 e 28 ottobre 1976, 

G. U. 7 marzo e 27 aprile 1977, nn. 59 e 113. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Co� 
stituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 18 marzo 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 

d.l.lgt. 18 gennaio 1945, n. 39, art. 3, lettera A (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di La Spezia, ordinanza 25 gennaio 1977, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 

d.l.C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 1� dicembre 1976, 
G. U. 16 marzo 1977, n. 73. 
d.P.R. 9 maggio 1950, n. 203, art. 65 (art. 3 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 8 ottobre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 
legge 8 marzo 1951, n. 122, art. 1 O artt. 3 e 51 p.p. della Costituzione. 
Tribunale di Viterbo, ordinanza 17 febbraio 1977, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 



PARm II, LEGISLAZIONE� ,45 

legge 8 marzo 1951, n. 127 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Busto Arsizio, ordinanz� 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 
1977, n. 100. 

legge reg. SicUiana 20 marzo ,1951, n. 29, artt, 56 e 61 (artt. 3, primo 
comma, 24, primo, secondo comma e 113, primo comma). 

Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 20 ottobre 1976, 

G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 
d.P.R. 2-5 ottobre 1955, n. 932, art. 1 O (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Salerno, ordinanza 30 dicembre 1976, 
G;U. 20 aprile 1977, n. 107. 

legge 27 novembre :1956, n. �1407, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ordinanza 9 giugno 1976, 

G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 
d.P.R. 1 O gennaio 1957, n. 3, art. 146 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, 
della Costituzione). 
Corte d� cassazione, ordinanza 28 ottobre 1976, G. U. 13 arile 1977, n. 100. 

d.P.R. 20 marzo 195~. n. 361, art. 7, quarto comma (artt. 3 e 51 della 
Costituzione). 
Tribunale di Bari, ordinanza 16 novembre 1976, G. U. 20 april� 1977, n. 107. 

d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. M9 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1976, G. U. �13 aprile 
1977, n. 100. 

legge 2 luglio 1957, n. 474, art. 15 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Catania, ordinanza 2 dicembre 1976, G. U. 2 marzo 
1977, n. 59. 

legge 27 febbraio 1958, n. 64, art. 2 (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Tribunale di Bari, ordinanza 16 novembre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. -107. 

legge 21 marzo 1958, n. 267, art. 5 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 7 ottobre 1975, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. '16 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanze (due) 18 
ottobre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 


46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 16 marzo 1960, n. 570 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 
1977, n. 100. 

legge 20 magg'lo 1965, n. 507 (art. 3, primo comma e 25, secondo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 11 dicembre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. 

d.P.R. 30 g�iugno 1965, n. 1124, art. 74, secondo comma (artt. 38 e 3, primo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Reggio Emilia, ordinanze (due) 6 dicembre 1976, G. U. 9 marzo 
1977, n. 66. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 111 e 112 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
I ~ 

Pretore di Avellino, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 

d.1P.R. 30 giugito 1965, n. 1124, art. 293, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
i 

Pretore di Lecce, ordinanza 10 novembre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. 

I 

~ 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 (art. 3 della Costituzione). 1 

I 
~ 

Tribunale di Avezzano, ordinanza 6 ottobre 1976, G: U. 6 aprile 1977, n. 94. 

legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 10 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Volturara Appula, ordinanza 18 dicembre 1976, G. U. 6 aprile 
1977, n. 94. 

legge 17 febbraio 19lt8, n. 108 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 

I !

1977, n. 100. 

f 

f

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 16 (artt. 3 e 36, primo comma, della 
Costituzione). I 

Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 
17 novembre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. 

I 

legge 18 ma�rzo 11968, n. 249, artt. 44 bis e 45-50 (artt. 3 e 24, primo e 
secondo comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 28 ottobre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

I 

legge 1 � agosto 1969, n. 478, art. 9 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

I

Tribunale di Milano, ordinanza 7 ottobre 1975, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, primo comma, lettera c) (art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 18 gennaio 1977, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7 (art. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Treviso, ordinanze (due) 27 novembre e 18 dicembre 1976, 

G. U. 9 e 23 marzo 1977, nn. 66 e 80. 
le9ge 20 maggio 19'70, n. 300, art. 7, primo, secondo e quinto comma 

(artt. 2 e 3 della Costituzione). 

Tribunale di Parma, ordinanza 1� dicembre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. 

legge J5 magg'io 1970, n. 352, art. 50 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 
1977, n. 100. 

ct.P.R. 20 dicembre 1970, n. 1079, art. 2, primo comma (artt. 1 e 76 della 
Costituzione). 

Consiglio di Stato, ordinanza 30 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 

legge 11 febbrai,o 1971, n. 11, art. 14 (artt. 24, 113, 3 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 20 ottobre 
1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 

legge 11 giugno 1971, n. 426, artt. 1 e 45 (artt. 21, 41 e 9 della Costituzione). 

Pretore di Otina, ordinanze (tre) 7 febbraio 1977, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 5, 114, 119, 128, 36, 52, 53 e 81, 
quarto comma, 97, 117, 118 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 18 gennaio 1977, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

legge 22 otobre '1971, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, della 
Costituzione). 

Corte d'appello de. L'Aquila, ordinanza 10 novembre 1976, G. U. 13 aprile 
1977, n. 100. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 43, quinto comma (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, ordinanze (due) 21 ottobre 
e 17 novembre 1976, G. U. 6 e 13 aprile 1977, nn. 94 e 100. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Rovigo, ordinanza 9 aprile 1976, 

G. U. 30 marzo 1977, n. 87. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 69 (artt. 3, 24 e 41 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Lucca, ordinanza 23 novembre 
1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELl.O STATO

48 

d.P.R. 2'6 ottobre 1972, n. 636, artt. 6, 14, 15 (artt. 3, 53 e 42 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Perugia, ordinanza 16 giugno 1976, 

G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 12, ultimo c�omma (artt. 3 e 35, primo. 
comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ordinanza 3 maggio 1976, 

G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 35, secondo comma, e 39, primo 
comma (artt. 3, 24, 76 e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Perugia, ordinanza 16 giugno 1976, 

G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Latina, ordinanze (quattro) 
7 maggio 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 
Commissione tributaria di secondo grado di Gorizia, ordinanze (due) 
30 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 
Commissione tributaria di secondo grado di Foggia, ordinanza 18 dicembre 
1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 
Commissione tributaria di secondo grado di Avellino, ordinanza 5 gennaio 
1977, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44, .primo comma (artt. 3, 24 e 76 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Frosinone, ordinanze (tre) 
5 ottobre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44, terzo comma (artt. 3 e 24, primo 
e secondo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado .di Enna, ordinanza 12 luglio 1976, 
G~ U. 6 aprile 1977, n. 94. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (art. 53, primo camma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Livorno, ordinanza, 15 giugno 
1976, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53, primo comma, della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Lucca, ordinanza 22 dicembre 
1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

d.P.R. 30 dicembre '1972, n. 1035, art. 17 artt. 3 e 24, primo comma, della 
Costituzione). 
Pretore di Massa Marittima, ordinanza 20 ottobre 1976, G. U. 9 marzo 
1977, n. 66. 

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PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 39 (art. 3, primo comma, e 38, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 30 ottobre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183, 185, 195 (artt. 2, 3, 21 e 41 
della Costituzione). 
Tribunale di Bolzano, ordinanza 7 dicembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 

legge 4 agosto 1973, n. 495 (art. 3 deila Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 11 settembre 1976, G. U. 23 marzo 1977, n. 80. 

legge 11 agosto 1973, n. 533 (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Oppido Mamertina, ordinanza 27 novembre 1976, G. U. 2 marzo 
1977, n. 59. 

legge reg. Calabria 30 agosto 1973, n. 114, ,artt. 1 e 3 (artt. 3 e 25, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Scalea, ordinanza 19 gennaio 1977, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. 

legge 20 dicembre 1973, n. '831 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 27 ottobre 1976, 

a. u. 2 marzo 1977, n. 59. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 219, terzo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 7 maggio , 1976, 

G. U. 27 aprile 1977, n. 113. 
,legge .reg. Emilia-Romagna 1211 gennaio 1974, n. S (a1;tt. 42, 3 e 39 della 
Costituzione). 

Pretore di Fornovo di Taro, ordinanza 9 febbraio 1977, G. U. 27 aprile 
1977, n. 113. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974 (artt. 117 e 25, secondo comma, della 
Costituzione). 

Giudice conciliatore di Montecatini Terme, ordinanza 19 novembre 1976, 

G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 
d.I. 8 luglio 1974, n. 255 (artt: 3 e 11 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 

d.t 8 luglio 1974, n. 261, art. 6, secondo e te~o comma (artt. 3 e 4 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 14 aprile 
1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

50 

legge 2 agosto 1974, n. 350 (artt. 3, primo e secondo comma, 24, secondo 
comma, e 76 della Costituzione). 

Commissione Tributaria di primo grado di Pisa, ordinanza 3 maggio 1976, 

G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 
legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 11 settembre 1976, G. U. 23 marzo 1977, n. 80. 

legge 22 luglio 1975, n. 319, art. 7 e tabelle A � B � C � E � F (artt. 3, 36, 
38, 53 della Costituzione). 

Pretore di Palermo, ordinanza 4 gennaio 1977, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 

legge 22 luglio 1975, n. 319, artt. 7 e 9 e tabelle A ed F (artt. 3, 36 e 38 
della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 13 gennaio 1977, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

legge H luglio 1975, n. 354, art. 54, ultimo comma (art. 27, secondo 
(artt. 27, secondo comma, 3, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Sezione di sorveglianza di Bologna, ordinanza 1� ottobre 1976, G. U. 2 marzo 
1977, n. 59. 

legge 26 �luglio 1875, n. 354, 'art. 54, ultimo c:omma (art. 27, secondo 
comma, 3, primo e s~condo comma, della Costituzione). 
Sezione di sorveglianza di Bologna, ordinanza 15 settembre 1976, G. U. 2 marzo 
1977, n. 59. 

legge 31 luglio 1975, n. 363 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 11 settembre 1976, G. U. 23 marzo 1977, n. 80. 


legge 29 lugU.o 1975, n. 426, art. 15, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Giudice delegato del tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 3 gennaio 1977, 

G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 
legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 72, primo e secondo comma, e 80, 
secondo comma (art. 25, secondo comma, della Costituzione). 
Corte d'Appello di Roma, ordinanze (due) 5 e 14 ottobre 1976, G. U. 2 e 
23 marzo 1977, nn. 59 e 80. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Ferrara, ordinanza 6 novembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 



PARTB II, LEGISLAZIONE 

d.I. 18 settembre 1976, n. 648, art. 42, primo comma (artt. 3 e 53, primo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Napoli, ordinanza 27 ottobre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. 

legge 24 dlc:embre 1976, n. 898, art. 3 (artt. 8, nn. 3, 5, 6 e 26, 16, primo 
comma e 107 dello statuto speciale regionale Trentino-Alto Adige). 

Presidente della giunta provinciale di Bolzano, ricorso 18 febbraio 1977, 

n. 
6, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 
Presidente della giunta provinciale di Trento, ricorso 18 febbraio 1977, n. 7, 
G. U. 2 marzo 1977, n. 59. 
d.I. 1� febbraio 1977, n. 13 (art. 7 dello statuto speciale regionale). 
Presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta, ricorso depositato 
il 10 marzo 1977, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. 


CONSULTAZI,ONI 


AERONAUTICA E AEROMOBILI 

Affidamento in concessione alla Societ� Aeroporti di Roma della gestione del 
sistema aeroportuale della Capitale -Mancato versamento alla concessionaria 
dei diritti aeroportuali da parte della Societ� di Navigazione Alitalia 
ed ltavia -Applicabilit� (dell'art. 802 cod. nav. -Art. 1 l. 10 novembre 1973 

N. 755 -Art. 802 cod. nav.). 
Se agli effetti dell'applicabilit� dell'art. 802 cod. navig. -a termine del quale 
il Direttore dell'Aer�>porto non pu� autorizzare la partenza dell'aeromobile se 
l'esercente e il comandante non hanno provveduto, tra l'altro, al pagamento 
delle tasse e dei diritti aeroportuali -abbia rilievo la circostanza che l'aeroporto 
pubblico sia gestito direttamente dallo Stato ovvero da Enti o Societ� 
in regime di concessione (n. 29). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Enti pubblici strumentali ONIG 
-Gestione Commissariale -Nomina di vice Commissario. 

Se, in difetto di specifiche disposizioni nella normativa propria di un determinato 
Ente pubblico, l'organo Straordinario di tale Ente pubblico, nominato 
dall'Amministrazione avente poteri di vigilanza e controllo in sostituzione dei 
normali organi statutari, possa avere struttura complessa (gestione commissariale 
affidata ad un Commissario ed a un vice Commissario) (n. 393). 

Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -ONIE -Gestione commissariale 
-Funzioni vicarie (art. 4 R.D.L. 18 agosto 1942 n. 1175). 

Se, nel caso di gestione commissariale affidata ad un Commissario e ad un 
vice Commissario, la funzione vicaria gi� spettante ad un organo statutario nei 
confronti dell'organo sostituito con l'organo straordinario a struttura complessa 
vada riferita a quest'ultimo considerato nel suo complesso (n. 394). 

Enti pubblici -L. 20 marzo 1975 n. 70 sul riordinamento degli Enti e del rapporto 
di lavoro del personale dipendente -Disposizioni di immediata applicabilit� Norme 
sui limiti di et� per collocamento a riposo -(art. 25 l. 20 marzo 1975 

n. 70-D.M. 6 giugno 1972 n. 5004). 
Se l'art. 25 della legge 20 marzo 1975 n. 70 sul riordinamento degli Enti pubblici 
e del rapporto di lavoro del personale dipendente, che prevede il collocamento 
a riposo del personale dal primo giorno del mese successivo a quello 
del compimento del 65 anno di et�, sia di immediata applicabilit� in sostituzione 
di normative regolamentari dei singoli Enti pubblici con essa contrastante (nella 
specie in sostituzione delle disposizioni del regolamento organico del personale 
dei convitti e colonie climatiche per orfani e figli di ferrovieri e. delle case di 
riposo per i ferrovieri pensionati, approvato con d.m. 6 giugno 1972 n. 5004) 

(n. 400). 
Enti pubblici edilizi -Soppressione -Liquidazione -Disciplina delle relative 
procedure -(art. 8 l. 4 dicembre 1956 n. 1404 -Art. 1 l. 19 gennaio 1974 n. 9 Art. 
16 l. 30 dicembre 1972 n. 1036). 

Se, nell'ambito della procedura di liquidazione della GESCAL -ISES -INCIS 
affidata a comitati istituiti presso il Ministero dei Lavori Pubblici (art. 1 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

legge 19 gennaio 1974 n. 9), debba trovare applicazione l'art. 8 della legge 4 dicembre 
1956 n. 1404 per il quale coloro che hanno diritti da far valere nei confronti 
degli Enti in liquidazione devono presentare apposita domanda di riconoscimento 
entro il termine perentorio, di sessanta giorni dall'inizio della procedura 
liquidatoria (n. 401). 

Enti pubblici edilizi -Soppressione -Organo della liquidazione -Mutamento, 
continuit� della procedura di liquidazione -(art. 1 l. 19 gennaio 1974 n. 9 Art. 
4 ter D.L. 14 dicembre 1974 n. 658 -Legge 15 febbraio 1975 n. 7). 

Art. 8 l. 4 dicembre 1956 n. 1404). 

Se, per effetto dell'art. 4 ter del d.l. 14 dicembre 1974 n. 658 (aggiunto con 
la legge di conversione 15 febbraio 1975 n. 7) che ha disposto la cessazione dell'attivit� 
dei comitati istituiti presso il Ministero dei Lavori Pubblici (art. 1 
della legge 19 gennaio 1974 n. 9) per la liquidazione della GESCAL -ISES -INCIS 
ed ha ripristinato la competenza dell'ufficio liquidazioni del Ministero del Tesoro, 
debbano ritenersi riaperti i termini stabili dall'art. 8 della legge 4 dicembre 
1956 n. 1404 per presentare domanda di riconoscimenti dei diritti da far 
valere nei confronti degli Enti in liquidazione (n. 402). 

Potest� di accertamento -Sul conto di privati -Tramite autorit� o Banca -Legittimit� 
-Abuso di ufficio -Configurabilit� -(Cod. pen. art. 323 . R.D. 18 
giugno 1931, n. 773, art. 134). 

Se sia legittimo da parte della pubblica amministrazione svolgere attivit� 
di indagine nei confronti di un privato cittadino e� in particolare se la richiesta 
di informazioni pi� o meno riservate svolte tramite autorit� amministrative o 
istituti bancari nel conto di privati cittadini sia legittimo ovvero comporti a 
carico del funzionario operante responsabilit� penali (in particolare: art. 323 cod. 
pen.) (n. 412). 

BENEFICENZA E ASSISTENZA 

Ciechi civili � Assegno vitalizio � Diniego � Commissione di revisione � Ricorso � 
Omissione � Acquiescenza � (d.P.R. 15 gennaio 1956, n. 32, art. 25). 

Se il mancato ricorso alla commissione di revisione dell'opera nazionale ciechi 
civili a norma dell'art. 25 del regolamento approvato con d.P.R. 15 gen� 
naio 1956, n. 32, comporti acquiescenza al provvedimento negativo su istanza 
di assegno a vita adottato dal comitato di liquidazione dell'opera stessa (n. 5). 

BORSA 

Agenti di cambio � Operazioni di borsa � Divieto � Operazioni per conto altrui . 
Ammissibilit� -Limiti -(r.d.l. 7 marzo 1925, n. 222, art. 5, r.d.l. 30 giugno 1932, 

n. 815, art. 10). 
Se con il divieto, posto dall'art. 5 del r.d.l. 7 marzo 1925, n. 222 e ribadito 
dall'art. 10 del r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815, di fare operazioni di borsa in proprio, 
si sia voluto inibire agli agenti di cambio, oltre che di compiere operazioni nel 
proprio interesse, anche di conc�udere operazioni in nome proprio ma per conto 
altrui, come commissionari (n. 32). ' 

Agenti di cambio -Operazioni di borsa -Divieto -Rappresentanti alle grida Appl'icabilit� 
-(r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815, art. 10, r.d. 9 aprile 1925, n. 376, 
art. 11, r.d.l. 7 marza 1925, n. 222, art. l, 2� comma). 

Se il divieto di cui all'art. 10 del r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815, secondo il quale 
gli agenti di cambio non possono fare in proprio, n� direttamente n� a mezzo 
di interposte persone, ivi comprese i componenti� la famiglia, i procuratori ed 
impiegati del proprio ufficio, alcuna operazione di borsa, sia applibabile anche ai 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

54 

rappresentanti alle grida in forza dell'art. 11 del r.d. 9 aprile 1925, n. 376, per 
il quale i doveri e le incompatibilit� professionali stabiliti per gli agenti di 
cambio si applicano anche ai rappresentanti (n. 31). 

Rappresentanti alle grida -Doveri -Dichiarazione di impegno -Necessit� -Dichiarazione 
di inesistenza di incompatibilit� -Necessit� -Limiti -(l. 23 maggio 1956, 

n. 515, art. 4 lett. m, r.d. 9 aprile 1925, n. 376, art. 11). 
Se possa richiedersi da parte dell'amm.ne ai rappresentanti alle grida una 
dichiarazione scritta di impegno ad osservare la normativa vigente simile a 
quella che per il disposto dell'art. 4 lett. m) della legge 23 maggio 1956, n. 515, 
deve essere presentata dai partecipanti al concorso per agenti di cambio ovvero 
possa richiedersi soltanto una dichiarazione di inesistenza di come di incompatibilit� 
(n. 34). 

Rappresentanti alle grida -Doveri e incompatibilit� -Violazioni -Contestazioni 

(r.d. 9 aprile 1925, n. 376, art. 11). 
Se la contestazione delle violazioni dei doveri ed incompatibilit� professionali 
dei rappresentanti alle grida, come previsti dall'art. 11 del r.d. 9 aprile 
1925, n. 376, vada effettuata personalmente al rappresentante, dandosene per� 
contestuale notizia all'agente di cambio (n. 33). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

Cassa DD.PP. -Mandati di pagamento -Estinzione -Mediante accreditamento 
in c/c postale -Condizioni e garanzie -Nuova normativa generale -Applicabilit� 
-(r.d. 2 gennaio 1913, n. 453, art. 19, d. Min. Tesoro 22 novembre 1954, 
art. 285, d.P.R. 25 gennaio 1962, n. 71, art. 1 lett. d), disp. prel. cod. civ., 
artt. 3 e 4, 2� comma). 

Se la disposizione di cui all'art. 285 delle istruzioni per servizio dei depositi 
definitivi amministrati dalla cassa deposti e prestiti, approvate con d.m. 22 novembre 
1954, secondo cui l'interessato il quale chieda che il mandato di pagamento 
sia estinto mediante accreditamento in conto corrente postale deve manifestare 
il consenso al prelevamento d'ufficio di quelle somme che fossero state 
indebitamente liquidate o accreditate, debba intendersi abrogata per effetto dell'art. 
1, lett. d) del d.P.R. 25 gennaio 1962, n. 71 che facultizza in via generale 
ogni creditore dell'amministrazione a chiedere l'estinzione degli ordini di restituazione 
dei depositi mediante accreditamento in conto corrente postale (n. 316). 

Vendita di materiale fuori uso -Disciplina derogatrice di quella generale di contabilit� 
-(l. dicembre 1971, n. 1103) -Possibilit� di avvalersi della disciplina 
generale, in particolare per le vendite e trattative private. 

Se nella ripresa della 1. 3 dicembre 1971, n. 1103 che, in deroga alla disciplina 
generale di contabilit�, autorizza alcune amministrazioni (nella specie quella 
della difesa) di portare il ricavato della vendita di materiali fuori uso sui capitali 
di spesa della stessa amministrazione venditrice, ma nel contempo pone alcune 
limitazioni in ordine alle modalit� di vendite (in particolare escludendo la possibilit� 
della trattativa privata), sia consentito a tali amministrazioni di non avvalersi 
di detta legge e quindi di vendere secondo le modalit� e gli effetti della 
disciplina generale di contabilit� (n. 321). 

Vendite -Materiale fuori uso -Nozione (l. 3 dicembre 1971, n. 1103). 

Se per materiale fuori uso vendibile secondo le modalit� e gli effetti della 

1. 3 dicembre 1971, n. 1103, si debba intendere solo quello oggettivamente e materialmente 
inservibile o anche quello non pi� adeguato per ragioni tecniche 
alle necessit� ed esigenze dell'amministrazione proprietaria (n. 322). 
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PARTE II, CONSULTAZIONI 55 

DANNI DI GUERRA 

Ripristino del bene in opera e luogo diverso -Autorizzazione -Certificato di 
regolare esecuzione dei lavori -Competenza al rilascio -Criteri di individuazione 
dell'organo -(1. 27 dicembre 1953, n. 968, artt. 4, 17, 30 e 32). 

Se, nella ipotesi di autorizzato ripristino in sito e in opera diversa di un 
bene danneggiato dalla guerra, l'individuazione dell'organo tecnico dell'Amministrazione 
statale competente al rilascio del certificato di regolare esecuzione 
dei lavori debba operarsi in ragione della natura del bene danneggiato ovvero 
di quella del bene ripristinato (n. 154). 

DAZI DOGANAU 

Bollette doganali -Girata -Compensazione con crediti dello Stato -Limiti -(e.e. 
artt. 1278 e 1250). 


Se, nel caso di girata di bollette doganali, la compensazione con crediti 
dello Stato sia soggetta ai limiti di cui all'art. 1248 e.e., secondo cui la semplice 
cessione del credito impedisce la compensazione coi crediti sorti posteriormente 
(n. 98). 


Bollette doganali -Girata -Firma -Autenticazione -(r.d. 18 novembre 1923, 

n. 2440, art. 69, terzo comma -d.l. 24 aprile 1964, n. 211, art. 1, e.e. art. 2009). 
Se per la girata di bollette doganali sia richiesto, a mente dell'art. 69, terzo 
comma della legge di contabilit� generale dello Stato, che la firma del girante 
risulti autenticata da notaio (n. 100). 

Bollette doganali -Girata a titolo di pegno, regolare o irregolare -Comp,ensazione 
con crediti dello Stato -Limiti -(e.e. artt. 1248, 1250, 1851,2800, 2801 e 
2805 -r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 505). 

Se nel caso di costituzione di pegno, regolare o irregolare, effettuata mediante 
girata di bollette doganali, la compensazione con crediti dello Stato sia 
soggetta ai limiti di cui all'art. 1248 e.e., secondo cui la semplice cessione del 
credito impedisce la compensazione coi crediti sorti posteriormente (n. 99). 

Bollette doganali -Natura -Trasferimento -Costituzione di pegno -Disciplina 


(e.e. -artt. 1248, 1250, 1851, 2800, 2801 e 2805). 
Se le bollette doganali possano configurarsi come titoli di credito impropri 
e, in particolare, come semplici documenti di legittimazione, soggetti, in caso 
di trasferimento, alla disciplina della cessione dei crediti come pure a quella del 
pegno, regolare o irregolare, dei crediti (n. 97). 

DEMANIO 

Demanio -Servit� militari -Modificazioni allo stato delle cose nella propriet� 
privata -Diritto all'indennizzo -Titolarit� -(art. 3 l. 20 dicembre 1932, n. 1849, 
art. 14-15, r.d. 4 maggio 1936, n. 1388, art. 27 l. 25 giugno 1865, n. 2359). 

Se l'indennizzo previsto dall'art. 3 legge 20 dicembre 1932, n. 1849 a fronte 
di modifiche a�lo stato delle cose nella propriet� privata apportate in sede di 
imposizione di servit� militari debba corrispondersi solo al titolare del diritto 
di propriet� (o all'enfiteuta) dell'immobile modificato ovvero anche ad altro 
soggetto titolare di diverso diritto reale o diritto personale di godimenti sul 
bene (n. 278). 



56 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Demanio -Servit� militare -Modificazioni allo stato delle cose nella propriet� 
privata -Indennizzabilit� -Limiti -(art. 3, l. 20 dicembre 1932, n. 1849, 

l. 8 marzo 1968, n. 180, art. 9-14, r.d. 4 maggio 1936, n. 1388). 
Se nel concetto di � modificazione dello stato delle cose � nelle private propriet�, 
che disposta dall'autorit� militare in sede di imposizione di servit� 
militare giustifica la corresponsione di apposito indennizzo, rientrino esclusivamente 
le modifiche materiali dello stato della propriet� immobiliare (ivi compresa 
la rimozione di strutture permanenti con carattere di pertinenze immobiliari) 
ovvero vi rientrino anche i trasferimenti in altra sede di attrezzature e 
materiali inerenti ad attivit� gi� svolte nell'immobile vincolato e che debbano 
cessare perch� incompatibili con le esigenze militari (n. 277). 

DIFESA DELLO STATO 

Avvocatura dello Stato -Patrocinio degli impiegati pubblici -Dipendenti della 
Amministrazione dell'Interno -(art. 44, t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 32, 

l. 22 maggio 1975, n. 152). 
Se la norma di cui all'art. 44, t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, la quale disciplina 
la procedura per l'assunzione della difesa del pubblico dipendente da parte dell'Avvocatura 
dello Stato (istanza dell'interessato; richiesta dell'Amministrazione; 
provvedimenti dell'avvocato generale), sia stato modificato dall'art. 32, 1. 22 maggio 
1975, n. 152, per quanto concerne la libert� di scelta del dipendente tra la 
richiesta di patrocinio dell'Avvocatura dello Stato e l'affidamento dell'incarico a 
professionista del foro libero (n. 40). 

Avvocatura dello Stato -Patrocinio degli impiegati pubblici -Dipendente della 
Amministrazione dell'Interno -Procedimento penale -(art. 32, l. 22 maggio 
1975, n. 152, art. 128 c.p.p.). � 

Se la disciplina della difesa d'ufficio nel procedimento penale di cui all'art. 
128 c.p.p. sia stata modificata dall'art. 31, 1. 22 maggio 1975, n. 152 (n. 41). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggio economico -Assegnatario -Cessione in propriet� -Trasferimento volontario 
-Gravi motivi -Autorizzazione dell'Amministrazione -Necessit� 


(d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 16, quarto, quinto e sesto comma, l. 27 aprile 
1962, n. 231, art. 8). 
Se, nei casi in cui l'assegnatario di alloggio abbia gravi motivi per trasferirsi 
altrove, debba chiedere la preventiva autorizzazione dell'Amministrazione 
per non incorrere riella decadenza dal diritto all'acquisto della propriet� dell'alloggio 
ai sensi del sesto comma dell'art. 16 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 
(cos� come modificato con l'art. 8 della legge 27 aprile 1962, n. 231) (n. 266). 

Alloggio economico -Assegnatario -Cessione in propriet� -Trasferimento volontario 
-Nozione e limiti -(d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 16, quarto, quinto 
e sesto comma, l. 27 aprile 1962, n. 231, art. 8). 

Se per � trasferimento volontario dell'interessato � -trasferimento che � 
causa di perdita del diritto all'acquisto della propriet� dell'alloggio -di cui 
al sesto comma dell'art. 16 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (cos� come modificato 
con l'art. 8 della 1. 27 aprile 1962, n. 231) debba intendersi in trasferimento da 
una sede di ufficio ad altra sede situata in comune diverso che sia avvenuto a 
domanda dell'assegnatario dell'alloggio e non disposto d'autorit� ovvero debba 
intendersi in qualunque trasferimento dell'abitazione anche nell'ambito dello 
stesso comune, purch� non imposto dalla esistenza di gravi e sopravvenuti 
motivi (n. 265). 



57

PARTE II, CONSULTAZIONI 

Edilizia popolare ed economica alloggi di servizio -Esclusione dal principia 
generale dell'impiego unitario dei fondi stanziati per la realizzazione di programmi 
di intervento di edilizia abitativa -Limiti -(art. 1, comma secondo, 


l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Se la locuzione legislativa � alloggi la cui concessione sia essenzialmente condizionata 
alla prestazione in loco di un deaterminato servizio presso Pubbliche 
Amministrazioni � contenuta nel comma secondo dell'art. 1 della legge 22 ottobre 
1971, n. 865 -che esclude i fondi destinati tra l'altro alla costruzione degli 
anzidetti alloggi all'applicazione del principio generale (stabilito dal comma prime> 
dello stesso articolo) dell'impiego unitario di tutti i fondi stanziati per la realizzazione 
di programmi di intervento di edilizia abitativa -si riferisca al generico 
obbligo di residenza dell'impiegato nel luogo ove ha sede l'ufficio cui � 
destinato ovvero si riferisca esclusivamente a quelle pi� ~pecifiche situazioni, che, 
ai fini della regolarit� delle prestazioni, sono strettamente collegate con la presenza 
sul posto del dipendente (n. 268). 


Enti edilizi soppressi -Operazioni di liquidazione -Domande di riconoscimento 
di crediti -Presentate prima del 31 dicembre 1973 -Validit� ed efficacia Legge 
4 dicembre 1956, n. 1404 -(art. 8, d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, art. 13). 


Se possa ritenersi valida ed efficace ai sensi dell'art. 8 della I. 4 dicem-� 
bre 1956, n. 1404, una domanda di riconoscimento di crediti nei confronti degli 
enti operanti nel settore dell'edilizia residenziale pubblica (GESCAL-1.S.E.S.INCIS), 
soppressi in base all'art. 1 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, presentata 
nell'intervallo di tempo intercorrente tra la data di pubblicazione dello stesso 

d.P.R. (3 marzo 1973) e la data dalla quale prende effetto la soppressione e la 
conseguente messa in liquidazione (31 dicembre 1973) (n. 273). 
Enti edilizi soppressi -Operazioni di liquidazione -Domande di riconoscimento 
di crediti -Termini -Decorrenza -(l. 4 dicembre 1956, n. 1404 art. 8, d.P.R. 
30 dicembre 1972, n. 1036, artt. 13 e 16). ' 


Se il termine di sessanta giorni di cui all'art. 8 della I. 4 dicembre 1956, 

n. 1404, per la presentazione delle domande di riconoscimento di crediti nei confronti 
degli enti operanti nel settore dell'edilizia residenziale pubblica (GESCAL1.
S.E.S.-INCIS), soppressi in base all'art. 13 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, 
debba computarsi a decorrere dal 31 dicembre 1973 (n. 272). 
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA 

Espropriazioni -Indennit� di esproprio -Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva Accertamento 
della condizione soggettiva di coltivatore -(art. 17, l. 22 ottobre 
1971, n. 865). 


-Se, per quanto attiene all'accertamento delle condizioni soggettive � di coltivatore
� considerate nell'art. 17 della I. 22 ottobre 1971, n. 865, ai fini della 
corresponsione dell'indennit� aggiuntiva di esproprio, debba fondamentalmente 
compiersi sulla base di prove documentali da fornirsi dagli stessi interessati 
(n. 362). 

Espropriazioni -Indennit� di esproprio -Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva Accertamento 
delle condizioni oggettive di coltivazione del fondo -(art. 17, 


l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Se, ai fini della corresponsione dell'indennit� aggiuntiva di esproprio prevista 
dall'art. 17, I. 22 ottobre 1971, n. 865, in relazione ai fondi coltivati, allorch� 
una diretta ispezione non consenta di rilevare l'effettivo sfruttamento agricolo 
del fondo (trattandosi di terreni coltivati a rotazione con periodi annuali di 
riposo) possano trarsi utili criteri di orientamento dalla classifica catastale 
del terreno (n. 363). 




58 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazioni -Indennit� di esproprio -Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva 
in favore del coltivatore non proprietario costretto ad abbandonare il fondo Coltivatore 
usufruttuario -Spettanze dell'indennit� -(art. 17, comma secondo, 

l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Se, ai fini della corresponsione dell'indennit� aggiuntiva di esproprio prevista 
dall'art. 17, comma secondo, della legge 22 ottobre 1971, � n. 865, in favore 
del coltivatore (gestore dell'azienda agricola) non proprietario (( costretto ad 
abbandonare il fondo, la posizione dell'usufruttuario� (coltivatore diretto) sia 
parificata a quella dell'affittuario, colono, ecc. (n. 365). 

Epropriazioni -Indennit� di esproprio -Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva 
in favore del coltivatore non proprietario costretto ad abbandonare il fondo Possibilit� 
di utile trasformazione dell'azienda agricola sul fondo residuo Irrilevanza 
ai fini dell'esclusione dell'indennit� aggiuntiva -(art. 17, comma 
secondo, l. 22 ottobre 1971, n. 865). 

Se, al fine di escludere la corresponsione dell'indennit� aggiuntiva di esproprio 
prevista dall'art. 17, comma secondo, della 1. 22 ottobre 1971, n. 865, in 
favore del coltivatore non proprietario � costretto ad abbandonare il fondo �, 
abbia rilievo la circostanza che l'azienda agricola possa essere trasformata, 
consentendo le caratteristiche dell'area residua una proficua conduzione con 
diverse colture concretamente praticabili (364). 

Espropriazioni -Indennit� di esproprio -Fondo agricolo -Indennit� aggiuntiva 
in favore del proprietario coltivatore diretto -Proprietario coltivatore titolare 
di pensione di invalidit� -Spettanza dell'indennit� aggiuntiva -(art. 17, 
comma primo, l. 22 otobre 1971, n. 865). 

Se l'indennit� aggiuntiva di esproprio prevista dal comma primo dell'art. 17 
della 1. 22 ottobre 1971, n. 865, in favore del proprietario diretto coltivatore vada 
corrisposta anche al proprietario, coltivatore diretto gestore dell'azienda agricola 
titolare di pensione di invalidit� (n. 366). 

Legge sulla casa -Ambito di applicazione -Limiti -(l. 22 ottobre 1971, n. 865, 
art. 9). 

Se la disciplina espropriativa dettata dalla 1. 22 ottobre 1971, n. 865, sulla 
casa si applichi a materie diverse da quelle dell'edilizia e dell'urbanistica, purch� 
riguardanti opere connesse o interdipendenti con le specificate materie 

(n. 371). 
Legge sulla casa -competenza temporanea -Venir meno -Effetti -(l. 22 ottobre 
1971, n. 865, artt. 11, 12 e 20, d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8). 

Se col venir meno della speciale competenza delegata temporanea stabilita 
dagli artt. 11, 12 e 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 -in seguito alla emanazione 
del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 -sia tornata a rivivere per quanto riguarda 
le espropriazioni per opere statali, la competenza generale degli organi dello 
Stato (n. 372). 

Legge sulla casa -Insediamenti produttivi -Espropriazione delle aree -Disciplina 
applicabile -(l. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, l. 25 giugno 1865, n. 2359). 

Se per le espropriazioni di aree da destinare a insediamenti produttivi su 
iniziativa dei comuni o di consorzi di comuni ai sensi dell'art. 27 della I. 22 ottobre 
1971, n. 865, possa mai applicarsi la disciplina generale dettata dalla legge 
25-6-1865, n. 2359 (n. 373). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

FERROVIE 

Trasporto di cose -Furto di colli -Maggior frequenza di furti -Dolo o colpa 
grave del vettore -Effetti -(d.P.R. 30 mar<JO 1961, n. 197, artt. 50 e 52). 

Se la maggiore frequenza di furti sui colli trasportati dalle Ferrovie dello 
Stato possa costituire ragione sufficiente per sostenere il dolo o la colpa grave 
del vettore ai fini dell'applicazione dell'art. 52 delle condizioni e tariffe per il 
trasporto di cose (n. 444). 

FORESTE 

Foreste -Polizia forestale -Agenti scopritori di violazioni -Compartecipazione 
ai proventi delle pene pecuniarie -Limiti -(l. .9 ottobre 1967, n. 950). 

Se allorch� una legge prevede la compartecipazione degli agenti accertatori 
delle infrazioni ai proventi di pene pecuniarie applicabili come sanzioni penali, 
senza nulla disporre per le sanzioni pecuniarie applicabili come sanzioni amministrative, 
la compartecipazione possa ritenersi estesa anche a queste ultime 

(n. 18). 
Foreste -Polizia forestale -Agenti scopritori di violazioni -Compartecipazione 
ai proventi delle pene pecuniarie stabilite come sanzioni penali -Successiva 
depenalizzazione delle violazioni -Effetti -(l. 9 ottobre 1967, n. 950). 

Se, nel caso di violazioni che una volta comportavano sanzioni penali con 
l'applicazione di pene pecuniarie per i cui proventi era prevista la compartecipazione 
degli agenti scopritori e che sono state successivamente depenalizzate 
(senza alcuna espressa previsione per la compartecipazione degli agenti scopritori 
al provento delle sanzioni amministrative con l'applicazione di pene pecuniarie), 
possa ritenersi persistere il diritto degli agenti scopritori alla compartecipazione 
dei proventi delle pene pecuniarie relative alle violazioni depenalizzate 
(n. 19). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Impiegata statale divorziata -Stato di impossidenza e disoccupazione dell'ex 
coniuge -Spettanza di quote aggiuntive di famiglia del figlio a carico -Limiti � 

(l. 8 aprile 1952, n. 212, art. 8, d.P.R. 3 giugno 1955, n. 592, art. 3, l. 1� dicem� 
bre 197(), n. 898). 
Se alla dipendente statale divorziata, il cui ex marito risulti sprovvisto di 
risorse cos� da non poter corrispondere l'assegno alimentare al figlio fissato dal 
tribunale, possa competere la corresponsione della quota aggiuntiva di famiglia 
(n. 814). 

Impiegato pubblico -Separazione personale dal coniuge -Ordine del giudice 
all'Amministrazione datrice di lavoro di pagare direttamente parte della 
retribuzione del dipendente in favore dell'altro coniuge -Superamento del 
limite di legge -Eseguibilit� del provvedimento solo nel limite di legge Posizione 
e rimedi della P. A. in relazione alla sua estraneit� o alla sua partecipazione 
al giudizio sugli effetti patrimoniali separazione -(art. 156 e.e., 
art. 7 l. 19 maggio 1975, n. 151, art. 33 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, t.u. 5 gennaio 
1950, n. 180). 

Se, nel caso in cui in relazione ad un giudizio di separazione personale tra 
coniugi il giudice ordini all'Amministrazione, terza datrice di lavoro di uno dei 
coniugi, il pagamento diretto in favore dell'altro coniuge di parte della retribuzione 
del suo dipendente in misura superiore al quinto (o alle somme entro 
tale limite rimaste disponibili) previsto dall'art. 33 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(statuto impiegati civili dello Stato) e dal t.u. 5 gennaio 1950, n. 180 (sul sequestro, 
pignoramento, cessione degli stipendi e salari dei pubblici dipendenti), l'Ammini� 
strazione debba comunque limitarsi a dare esecuzione all'anzidetto provvedimento 
nel limite di legge, proponendo immediatamente i rimedi consentiti 
(reclamo avverso l'ordinanza o impugnazione della sentenza) solo allorch� essa 
sia stata parte in causa ed attendendo invece eventuali azioni giudiziarie promosse 
nei suoi confronti per ottenere l'integrale esecuzione del provvedimento, 
per far valere in quella sede la parziale inefficacia nei riguardi di essa amministrazione 
del ripetuto provvedimento emesso in un giudizio al quale essa era 
rimasta estranea (n. 624). 

Membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale del fondo di 
previdenza del personale provinciale del catasto e dei servizi tecnici erariali 
-Compensi speciali � Non spettanza � (d.P.R. 19 luglio 1974 n. 486 � 
Art. 2 l. 15 novembre 1973 n. 734). 

Se possano essere corrisposti compensi speciali ai membri del consiglio di 
amministrazione e del collegio sindacale del fondo di previdenza per il perso� 
nale provinciale del catasto e dei servizi tecnici erariali, per l'attivit� da loro, 
svolta ai fini della istruttoria delle pratiche da sottoporre a delibera collegiale, 
nonch� ai fini dell'esecuzione delle delibere stesse (n. 823). 

Prestazioni lavorative degli autoferrotramvieri nel settimo giorno lavorativo 
consecutivo -Spettanza di speciali compensi -Limiti -(art. 2126 comma se� 
condo cod. civ.). 

Se ai dipendenti autoferrotramvieri delle gestioni commissariali governative 
competa uno speciale compenso (straordinario e festivo) per il lavoro prestato 
durante il settimo giorno consecutivo, quando tale prestazione sia prevista dal 
contratto collettivo o, in mancanza da quello individuale (n. 818). 

Prestazioni lavorative degli autoferrotramvieri nel settimo giorno lavorativo 
consecutivo al di la di previsioni di contratti collettivi o individuali . Compensi 
speciali � Prescrizione -(art. 2948 n. 4 cod. civ., art. 2126 comma 2� e.e.). 

Se il diritto al compenso speciale spettante agli autoferrotramvieri (arg. ex 
art. 2126 comma secondo e.e.) per il lavoro prestato durante il settimo giorno 
consecutivo, allorch� tale prestazione non sia prevista dal contratto collettivo 
n� da quello individuale, si prescriva in cinque ovvero in dieci anni (n. 819). 

Pubblico dipendente � Incompatibilit� -Attivit� di amministratore di condomini 
-Sussistenza della incompatibilit� -Limiti -(d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, 
art. 60). 

Se l'attivit� di amministratore di condomini sia di per s� incompatibile con 
quella di pubblico impiegato ai sensi dell'art. 60 del t.u. 10 gennaio 1957 n. 3 
ovvero lo diventi solo quando per il modo in cui viene esercitata, rivesta i 
caratteri della professionalit� (n. 817). 

IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE 

Tasse sulle concessioni governative -Esercizio di attivit� senza rilascio del necessario 
atto soggetto a tassa ovvero senza assolvimento della relativa tassa 
� Accertamento � Applicazione e pagamento delle pene pecuniarie previste . 
Ass<;rtimento del tributo -Esclusione � (art. 9 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641). 

Se, nel caso di soggetto che eserciti un'attivit� per la quale sia necessario 
un atto soggeto a tassa sulle concessioni governative senza aver ottenuto l'atto 
stesso o senza aver assolto la relativa tassa, il pagamento della pena.pecuniaria 
prevista dall'art. 9 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641 conseguito all'accertamento della 
infrazione esoneri il contribuente dal pagamento del tributo non versato (n. 6). 


61

PARTE II, CONSULTAZIONI 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni tributarie per la esecuzione dei piani regolatori -Acquisto di immobili 
da parte del Comune per esecuzione di opere previste da P.R. adottato 
ma non ancora approvato con D.P. -Applicabilit� � (l. 28 giugno 1943 

(n. 666). 
Se sia applicabile la disposizione di cui alla legge 28 giugno 1943 n. 666 
(che prevede l'assoggettamento alle imposte fisse minime di registro ed ipotecarie 
degli atti di acquisto dei Comuni per la esecuzione dei piani regolatori) 

. nel caso di acquisto da parte del Comune di un terreno al fine di realizzare 
opere ed impianto in conformit� delle prestazioni del piano regolatore da esso 
adottato ma non ancora approvato con il previsto decreto presidenziale e l'approvazione 
intervenga successivamente alla data di stipula dell'acquisto (n. 458). 

Amministrazioni dello Stato -Contratti di locazione passivi -Registrazione gratuita 
-Esclusione -(d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, artt. 52, 54, 55, sesto comma 
e 57). 

Se sia possibile la registrazione gratuita di contratti di locazione passiva di 
immobili da parte di amministrazioni dello Stato ovvero se in tali contratti 
in cui sia parte lo Stato sia obbligata al pagamento la sola parte privata contraente 
(n. 456). 

Atti simulati -Contratti di enfiteusi di terreni lottizzati -Impugnativa � (R.D. 
30 dicembre 1923 n. 3269, art. 43 , cod. civ., art. 975). 

Se siano impugnabili per simulazione i diversi contratti con i quali per la 
esecuzione di un piano di fabbricazione corrispondente alla lottizzazione di un 
comprensorio, il proprietario abbia stipulato, per i singoli lotti di terreno, diversi 
contratti di enfiteusi per la durata di trenta anni, e con cui gli enfiteuti 
abbiano assunto l'obbligo di migliorare il fondo con la esecuzione della costruzione 
conforme alla Convenzione di lottizzazione ed abbiano rinunciato al diritto 
per indennizzo del miglioramento apportato al fondo, stabilendosi in corrispettivo 
un canone annuo in misura irrisoria (n. 461). 

Contratti dello Stato -Appalti di servizi di pulizia -Disciplina -(d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 634, art. 5 -d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, art. 38). 

Quale sia il trattamento tributario, agli effetti della imposta .di r.egistro 
come disciplinata dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, cui vanno soggetti i contratti 
di appalto dei servizi di pulizia dei locali stipulati dallo Stato (n. 466). 

Contratti dello Stato -Appalto di servizi di pulizia -Imposta sul valore aggiunto 
(I.V.A.) -Prestazioni successive al 31 dicembre 1972 per contratti stipulati 
prima -Imposta sull'entrata (l.G.E.) � Detraibilit� -l. 9 ottobre 1971, n. 825 
-(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 89). 

Se i corrispettivi dei contratti di appalto dei servizi di pulizia dei locali, 
stipulati dallo Stato anteriormente all'entrata in vigore della legge 9 ottobre 
1971, n. 825, relativi a prestazioni effettuate dopo il 31 dicembre 1972 e come 
tali da assoggettare. all'imposta sul valore aggiunto debbano essere depurati 
dell'ammontare dell'imposta sull'entrata a suo tempo dovuta ai sensi della disposizione 
transitoria di cui all'art. 89 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (n. 468). 

Contratti dello Stato � Appalto di servizi di pulizia � Imposta sul valore aggiunto 
(I.V.A.)-Rivalsa verso lo Stato� Ammissibilit� -(d.P.R. 26 ottobre 1973, n. 633, 
artt. 18 e 21). 

Se l'importo dell'imposta sul valore aggiunto pagata sui corrispettivi dei 
contratti di appalto dei servizi di pulizia dei locali stipulati dallo Stato sia 
soggetto a rivalsa ai sensi dell'art. 18 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (n. 467). 



62 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Contratti dello Stato -Locazioni passive -Disciplina -d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 634, art. 55, 6 comma -(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, all. A, parte 1 art. 5, 
n. 2 -d.P.R. 26 ottobre 1972, n 634, all. A, parte 2, art. 3). 
Quale sia il trattamento tribuario, agli effetti della imposta di registro come 
disciplinata dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, cui vanno soggetti i contratti di 
locazione passiva stipulati dallo Stato (n. 465). 

Contratti di enfiteusi -Rinuncia al diritto di indennizza per miglioramenti Tassazione 
dei canoni capitalizzati -Imposta suppletiva sulla rinuncia -Assoggettabilit.
� e termine -(R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 136 -cod. civ. 
art. 975). 

Se, relativamente a contratti con i quali siano state costituite enfiteusi con 
rinuncia degli infiteuti al diritto di indennizzo per i miglioramenti apportati 
ai fondi, essendo stata corrisposta l'imposta di registro sul solo ammontare 
dei canoni capitalizzati e non essendosi proceduto ad accertamento di maggior 
valore, possa tassarsi in via suppletiva e nel termine di tre anni dalla registrazione, 
il valore della rinuncia all'indennizzo per i miglioramenti (n. 462). 

Contratto di agenzia -Prescrizione di onerosit� -Registrazione a tassa fissa Omessa 
registrazione -Equiparazione -Aliquota proporzionale -Successiva 
richiesta -Prescrizione -(R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 136, 2 comma 
e 138). 

Se la registrazione a tassa fissa di un contratto di agenzia, da presumersi 
oneroso in base alla relativa disciplina legale, possa essere equiparata all'ipotesi 
di omessa registrazione ai fini della applicabilit� del termine di prescrizione 
ventennale di cui all'art. 138 legge di registro ovvero se la successiva tassazione 
con aliquota proporzionale debba ritenersi suppletiva e come tale soggetta a 
prescrizione triennale ai sensi dell'art. 136 cpv. legge di registro (n. 470). 

Contratto di agenzia -Prescrizione di onerosit� -Tassa proporzionale -Assoggettabilit� 
-(R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, all. A., artt. 1, 91 e 92). 

Se la tassazione di un contratto di agenzia possa essere effettuata con imposta 
fissa ex art. 91 della tariffa all. A alla legge di registro ovvero debba 
essere effettuata con l'imposta proporzionale di cui al successivo art. 92, allorch� 
il contratto in questione debba presumersi oneroso sulla base della relativa 
disciplina legale esplicitamente richiamata (n. 469). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Pagamento del tributo -Fideiussione con richiesta di dilazione -Condizioni di 
efficacia -Accettazione -Necessit� -(d.l. 9 gennaio 1940 n. 2, art. 46 -R.D. 26 
gennaio 1940 n. 10, art. 117 -d.P.R. 4 febbraio 1955 n. 72, art. 16). 

Se, in materia di IGE, la fideiussione prestata da un terzo non debitore 
di imposte e diretta ad ottenre una rateizzazione del pagamento debba, per essere 
ritenuta valida ed efficace, seguire il procedimento previsto dalla legge e 
in particolare essere accettata ai sensi dell'art. 117 del R.D. 26 gennaio 1940 n. 10 

o consentita dall'intendente di finanza ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 4 febbraio 
1955 n. 72 (n. 171). 
Pagamento del tributo -Fideiussione con richiesta di dilazione -Rifiuto dell'Amm.
ne -Possibilit� di valersi della garanzia -Limiti -(R.D. 26 gennaio 
1940 n. 10, art. 117 -Cod. civ. artt. 1333, 2 comma e 1936). 

Se l'amministrazione, dopo che sia stata presentata da un terzo fideiussione 
diretta ad ottenere concessione di rateizzazione del pagamento dell'imposta generale 
sull'entrata, posa rifiutare la rateizzazione e servizi non di meno della 
garanzia, agendo contro il terzo, per il rafforzamento del proprio credito tributario 
(n. 172). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

IMPOSTE DI FABBRICAZIONE 

Birra -Pagamento differito -Cauzione -Onere -Esonero -Limiti -(d.m. 8 luglio 
1924, artt. 4 e 9 -d.P.R. 2 febbraio 1970 n. 62, artt. 15 e 22 -l. 15 dicembre 1971, 

n. 1161, ar.t. 19 -d.P.R. 23 gennaio 1973 n, 43, artt. 79 e 90). 
Se, per effetto dell'art. 79 del t.u. 23 gennaio 1973 n. 43 che, sostituendo 
l'art. 15 del d.P.R. 2 febbraio 1970 n. 62 in tema di pagamento differito di diritti 
doganali, ha eliminato il richiamo alla disposizione di esonero dall'obbligo di 
pagare cauzione di cui al successivo art. 22 (ora arf. 90 del t.u. n. 43/73), sia 
applicabile l'esonero dalla cauzione di cui all'art. 19 della legge 15 dicembre 1971 

n. 1161 anche per il pagamento della imposta di fabbricazione sulla birra da 
farsi non all'atto della presentazione della dichiarazione di lavoro, ma dopo 
ottenuto il prodotto (n. 27). 
Oli Minerali -Esenzione -Olio combustibile e da gas impiegati nei processi di 
lavorazione in unico stabilimento o in unico ciclo -Spettanza -(d.l. 23 ottobre 
1964, n. 989 tab. A, lett. H), punto 1 -d.l. 23 ottobre 1964, n. 989, tab. A, 
lett. H), punto 4 -l. 15 dicembre 1971, n. 1161, art. 23). 

Se, nel caso in cui due societ� operanti nel settore petrolchimico provvedano 
ad utilizzare, sia pure a scopi diversi, sfruttando la complementariet� nella 
lavorazione del prodotto, in unico stabilimento, non separabile se non idealmente, 
competa, relativamente all'olio combustibile e all'olio da gas impiegati 
per la realizzazione� dei processi di lavorazione denominati � cracking � e 
� quenching �, la esenzione dalla imposta di fabbricazione olii minerali prevista 
dalla tabella A, lett. H), punti 1 e 4, allegata al d.l. 23 ottobre 1964, n. 989, 
in quanto il detto complesso debba considerarsi unico stabilimento petrolchimico 
malgrado la molteplicit� dei procedimenti di lavorazione (n. 38). 

IMPOSTE DIRETTE 

Accertamento -Notifica al contribuente -Sopratassa per incompleta o infedele 
denuncia -Amministratore di societ� -Notifica alla societ� -Insufficienza 


(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 268 -R.d. 17 settembre 1931, n. 1608, articolo 
32, 3 comma). 
Se dal fatto che nell'art. 268 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 sia prevista la 
comunicazione dell'accertamento � al contribuente � e non � all'autore della violazione
� (come era previsto dall'art. 32, 3 comma, del R.d. 17 settembre 1931, 

n. 1608) possa dedursi, in deroga al principio generale che il rapporto giuridico 
in materia di imposte dirette si concreta necessariamente attraverso la fase 
del preventivo accertamento e relativa notificazione, la non obbligatoriet� della 
notificazione dell'accertamento della sopratassa per incompleta o infedele denuncia 
della dichiarazione dei redditi all'amministratore di una societ� diretta 
d'imposta e la sufficienza della notificazione eseguita solo a quest'ultima. (n. 31). 
Accertamento -Notifica al contribuente -sopratassa per incompleta o infedele 
denuncia -Amministratore di societ� -Responsabilit� solidale -(d.P.R. 29 
gennaio 1958, n. 645, artt. 244, 2 comma, e 268). 

Se sia obbligatoria la notificazione dell'accertamento della sopratassa per 
incompleta o infedele denuncia nella dichiarazione dei redditi di una societ� 
all'amministratore sottoscrittore della dichiarazione, al fine di far valere contro 
lo stesso la responsabilit� solidale attribuitagli dall'art. 244, 2 comma, del 29 
gennaio 1958, n. 645 (n. 32). 

Dichiarazione infedele -Carattere generale della definizione contenuta nell'articolo 
245 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 -(art. 245 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, articolo 
184 bis t.u. 29 gennaio 1958 n. 645). 

Se la definizione della infedele dichiarazione fornita dall'art. 245 t.u. 29 
gennaio 1958 n. 645 (t.u. imposte dirette) abbia valore di principio generale al 


64 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


quale si debba fare necessario riferimento ogni qualvolta detta locuzione compaia 
in particolari disposizioni dello stesso t.u. come, tra le altre, quella di 
cui all'art. 184bis sulla maggiorazione d'imposta per ritardata iscrizione a ruolo 

(n. 30). 
IMPOSTE E TASSE 

Imposte indirette -Disposizioni per la difinizione agevolata delle pendenze ex 

d.l. 5 novembre 1973 n. 660 -Presupposti di applicabilit� -( d.l. 5 novembre 
1973 n. 660 l. 19 dicembre 1973 n. 823). 
Se costituiscano presupposti indefettibili di applicabilit�, in materia di impostazione 
indiretta, delle norme per la definizione agevolata delle pendenze 
tributarie di cui al d.l. 5 novembre 1973 n. 660 convertito con I. 19 dicembre 
1973 n. 823: A) l'esistenza di una controversia nell'applicazione del tributo ovvero 
nella determinazione della base imponibile; B) l'esistenza attuale di un 
credito dello Stato per il tributo in contestazione o parte di esso (n. 609). 

Riforma tributaria -Enti territoriali e locali -Entrate sostitutive criteri di determinazione 
delle somme attribuite -(l. 9 ottobre 1971 n. 825, art. 14, d.P.R. 
26 ottobre 1972 n. 638, artt. 2, 3 e 9, lo comma). 

Se nella determinazione delle somme da corrispondere agli Enti indicati all'art. 
14 della legge 9 ottobre 1971 n. 825 debbano essere calcolate anche le entrate 
riscosse nell'anno di riferimento per indennit� di mora, soprattasse, diritti 
di statistica, multe e ammende ovvero debbano essere calcolate le sole 
somme ricevute per tributi e contributi o attribuite per compartecipazioni al 
provento di tributi erariali (n. 598). 

IMPOSTE VARIE 

Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili in VI aliquota Delibera 
comunale -Comunicazione al ministero -Termine -Perentorie lA 

(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 16 -R.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 273). 
Se sia perentorio per il comune il termine per la comunicazione al Ministero 
delle Finanze della copia autentica della deliberazione consiliare che fissa 
per l'anno in corso la misura delle aliquote dell'imposta comunale sull'incremento 
di valore degli immobili ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 643 (n. 101). 
Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili in VI M -Aliquote Delibera 
consiliare -Comunicazione al Ministero -Termine -Osservanza Ricezione 
-Non � necessaria (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 16, 30 comma). 

Se il termine di quindici giorni previsto dal 3� comma dell'art. 16 del d.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 643 si riferisca alla sola trasmissione al Ministero delle Finanze 
della copia autentica della delibera consiliare che fissa le aliquote dell'imposta 
comunale sull'incremento di valore degli immobili ovvero sia obbligo 
del Comune di curare l'arrivo a destinazione entro il termine predetto (n. 103). 

Imposte comunali sulla pubblicit� e diritti sulle pubbliche affissioni -Esenzioni 

(d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 639, artt. 6 e 20 n. 6; cod. civ. art. 1122; r.d. 14 
settembre 1931 n. 1175, artt. 192 e 195). 
Se in virt� dell'art. 20 n. 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 639, relativo alle 
imposte comunali sulla pubblicit� e ai diritti sulle pubbliche affissioni, possano 
ritenersi esenti da imposta le esposizioni pubblicitarie relative ai giornali collocate 
non all'interno bens� sulle edicole o sui negozi entro la proiezione immaginaria 
in altezza del filo di gronda, intesa sia come prolungamento delle 
pareti sia come sovrapposizione alla gronda stessa (n. 100). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

LOTTO E LOTTERIE 

Denuncia di vincita -Presentazione della bolletta -Termini -Effettuazione a 
mezzo posta -Data di spedizione o data di ricezione -Prevalenza (R,.d.l. 19 
ottobre 1938 n. 1933, artt. 26 e 34 -l. 24 dicembre 1969 n. 1003, art. 1, d.P.R. 
24 novembre 1971 n. 1199, art. 9, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, art. 17, d.P.R. 
29 settembre 1973 n. 600, art. 12, secondo comma). 

Se il principio della validit� della data di spedizione quale data di presentazione 
dell'atto contenuto sia nell'art. 9 del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, sia 
nell'art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 che nell'art. 12, 2� comma, del d.P.R. 
29 settembre 1973 n. 600 -Sia estensibile alla denuncia delle vincite, al lotto 
e alla presentazione delle bollette a mezzo posta, per le quali sono previsti 
dagli artt. 26 e 34 del R.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933 termini perentori di presentazione 
(n. 42). 

NAVI E NAVIGAZIONE 

Nave italiana aggiudicazione a cittadino straniero a seguito di vendita giudiziaria 
-Assenza di trattati internazionali con il paese di appartenenza dell'aggiudicatario 
-Necessit� della procedura di dismissione della bandiera -(art. 156 
cocl. navig., art. 157 cod. navig.). 

Se, in linea generale ed in mancanza di specifiche norme internazionali, nel 
caso di vendita giudiziaria di nave italiana operata a favore di straniero da 
parte di autorit� giudiziaria dello stato di appartenenza dell'acquirente debba 
trovare applicazione la procedura di dismissione della bandiera di cui all'art. 157 
cod. navig. (n. 141). 

Nave italiana -Aggiudicazione a straniero a seguito di vendita giudiziaria -Trattato 
con il Paese di appartenenza dell'aggiudicatario che prevede la necessit� 
della dismissione di bandiera per la normalizzazione di nave di uno 
degli Stati contraenti salvo il caso di vendita giudiziaria non necessariet� 
della procedura di dismissione -(art. 156 cod. navig., art. 157 cod. navig.). 

Se sia necessaria (e legittima) la procedura di dismissione di bandiera nei 
casi in cui il trasferimento della nave italiana ed una straniera sia avvenuta a 
seguito di vendita gi�diziaria operata da parte dell'autorit� giudiziaria italiana 
e l'acquirente sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia stipulato un 
accordo in cui (come � il caso della Grecia) si prevede che �le navi di una delle 
due parti non possono essere nazionalizzati dall'altra parte senza la dichiarazione 
di dismissione di bandiera autorizzata dall'autorit� dello Stato di provenienza
� ma si fa salvo, espressamente, il caso di �vendita giudiziaria� (n. 142). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Contributi previdenziali -Omesso versamento -Risarcimento del danno -Prescrizione 
-Decorrenza -(cod. civ. art. 2116, secondo comma, cod. civ. art. 2946). 

Se la prescrizione del diritto al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2116, 
secondo comma, cod. civ., che il lavoratore abbia sofferto per mancata presta_
zione dell'INPS, nei confronti del datore di lavoro che non abbia versato a suo 
tempo i contributi previdenziali dovuti per legge, inizi a decorrere: a) dalla cessazione 
del rapporto di lavoro; ovvero: b) dal conseguimento dell'et� pensionabile; 
ovvero: c) dal definitivo rifiuto da parte dell'INPS di corrispondere, in tutto o in 
parte, la pensione nella misura che sarebbe altrimenti spettata nel presupposto 
di una regolare contribuzione; ovvero, infine: d) dal tempo in cui � maturata a 
danno dell'INPS la prescrizione del diritto a riscuotere i contributi medesimi 

(n. 113). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r 
r 
Se la transazione tra lavoratore e datore di lavoro in ordine al risarcimento 
del danno da omessa contribuzione previdenziale ai sensi dell'art. 2116, secondo 
comma, cod. civ., .sia: a) annullabile ex art. 2113, secondo comma, cod. civ. (e nel 
termine semestrale di decadenza di cui all'art. 6, secondo comma, della legge 
11 agosto 1973, n. 533); ovvero: b) affetta da nullit� assoluta ex art. 2115, terzo 
comma, cod. civ., ovvero, infine: c) non ricada in una delle due sanzioni di invalidit�, 
in quanto la prestazione risarcitoria costituirebbe un diritto pienamente 
disponibile del lavoratore (n. 114). 

Contributi previdenziali -Omesso versa.mento da parte della P. A. datore di la


voro -Risarcimento del danno -Transazione -Validit� -(cod. civ. art. 2116, 
secondo comma, cod. civ. art. 2115, terzo comma, cod. civ. art. 2113, secondo 
comma, cod. civ. art. 1966, secondo comma). 

Se la transazione tra lavoratore e datore di lavoro quando quest'ultimo sia 
una amministrazione dello Stato, in ordine al risarcimento del danno da omessa 
contribuzione previdenziale ai sensi dell'art. 2116, secondo comma, cod. civ., sia 
affetta dalla invalidit� (e soggetta all'annullabilit�) prevista dall'art. 2113, secondo 
comma, cod. civ. o da quelia (nullit� assoluta) di cui all'art. 2115, terzo comma 
cod. civ. (n. 115). 

I 

PROCEDIMENTO PENALE 

1 

Impugnazione remissione di querela -Sentenza dichiarativa non doversi procedere 
-Interesse all'assoluzione nel merito -Sussistenza -(cod. pen. art. 152, 
cod. proc. pen., artt. 152 e 190, quarto comma). 

Se sia ammissibile l'impugnazione proposta nell'interesse di imputati i quali, 
contro una sentenza che abbia dichiarato di non doversi procedere nei loro confronti 
per essere i reati estinti per remissione di querela, chiedono l'assoluzione 
nel merito (n. 21). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Ricorso straordinario -Revocazione -Ammissibilit� -(d.P.R. 24 novembre 1971, 

n. 1199, art. 15, cod. proc. civ., art. 395). 
Se sia ammissibile nuovo ricorso straordinario per revocazione avverso la 
decisione emessa dal Capo dello Stato su ricorso straordinario in tutti i casi 
previsti dall'art. 395 c.p.c. (n. 34). 

Ricorso straordinario -Rinunzia -Notifica all'organo che ha emesso l'atto -Obbligo 
di trasmissione al ministero competente -(d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, 
art. 9, secondo e terzo comma). 

Se nel caso di rinunzia a ricorso straordinario, not�ficata all'organo che ha 
emanato l'atto impugnato ai sensi dell'art. 9, secondo comma, del d.P.R. 24 novembre 
1971, n. 1199, l'organo che ha ricevuto l'atto abbia l'obbligo, ai sensi del 
successivo terzo comma, di trasmettere immediatamente l'atto di rinunzia al 
ministero competente alla istruzione del ricorso (n. 33). 

Ricorso straordinario -Rinunzia -Perfezionamento -Disciplina anteriore al 

d.P.R. 1199/71 -Formalit� occorrenti -(d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 9, 
secondo comma, r.d. 21 aprile 1942, n. 444, art. 61). 
Se, anteriormente all'entrata in vigore del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, la 
rinunzia a ricorso straordinario potesse ritenersi perfezionata con la sola notifica 



PARTE II, CONSULTAZIONI 67 


dell'atto di rinuncia all'ente od organo che aveva emesso il provvedimento impugnato 
ovvero occorresse per il perfezionamento della rinuncia, in applicazione 
analogica dell'art. 61 del r.d. 21 aprile 1942, n. 444, contenente il regolamento di 
esecuzione delle leggi sul Consiglio di Stato, la presentazione a cura del rimm� 
ziante, con la prova dell'eseguita notificazione, al ministero competente all'istru� 
zione del ricorso (n. 32). 

STRADE 

Autotutela amministrativa � Costruzioni abusive . Decreto di demolizione . Esecuzione 
� Appalto dei lavori � Deserzione della gara . Provvedimenti conseguenti 
� (r.d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 37, 38 e 41). 

Quali provvedimenti debba adottare l'amministrazione (nella specie: A.N.A.S.) 
in esecuzione di ordinanze prefettizie di demolizione di costruzioni abusive lungo 
le strade o le autostrade statali, posfo che siano andate deserte le gare di appalto 
nonch� le licitazioni private dei lavori di demolizione (n. 114). 

Autotutela amministrativa � Costruzioni abusive � Decr�to di demolizione . Esecuzione 
� Ricorso all'A.G.0. � Possibilit� � (cod. proc. civ., art. 612). 

Se l'amministrazione (nella specie: A.N.A.S.) possa, in alternativa all'esecuzione 
in via di autotutela amministrativa, adire il giudice ordinario per l'esecuzione 
forzata di un decreto prefettizio di demolizione di costruzioni abusive lungo 
le strade o le autostrade (n. 115). 

Cartelli pubblicitari collocati lungo ed in vista di strade statali . Gestione del� 
l'A.N.A.S. in regime di esclusiva . �Insegne� commerciali . Applicabilit� . 
Esclusione . (art. 37, 1. 7 febbraio 1961, n. 59, art. 11 d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, 
art. 19 d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420, art. 2568 e.e.). 

Se nell'ambito di previsione dell'art. 37 della legge 7 febbraio 1961, n. 59 -che 
sancisce la gestione dell'A.N.A.S., in regime di esclusiva, della esposizione di pubblicit� 
con qualunque mezzo lungo le strade statali o in vista di esse -rientrino 
anche le esposizioni di � insegne � commerciali in senso stretto (assegni distintivi 
dell'azienda indicativa dei locali nei quali essa � ubicata) che non presentino elementi 
ulteriori diretti a reclamizzare l'attivit� esercitata ed i relativi prodotti 

(n. 113). 
TRIBUTI LOCALI 

Imposta incremento valore aree fabbricabili � Trasferimento area per espropriazione 
per pubblica utilit� � Ritenuta e versamento dell'imposta � Autorit� cui 
spetta � (1. 5 marzo 1963, n. 246, art. 6, sesto comma). 

Se spetti all'autorit� giudiziaria che dispone lo svincolo dell'indennit� di 
espropriazione, ovvero alla Cassa Depositi e Prestiti, nel caso di trasferimento di 
area fabbricabile conseguente ad un provvedimento di espropriazione per pubblica 
utilit�, dispone la ritenuta d'imposta sugli incrementi di valore delle aree 
fabbricabili nonch�. il versamento dell'imposta stessa al comune interessato (n. 10). 



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